Let's kill tonight.

di xLumosFlame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** - capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** - capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** - capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** - capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** - capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** - capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** - capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** - capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** - capitolo 1 ***


Capitolo 1.

Il mio urlo un po' troppo acuto squarciò il silenzio che pervadeva la casa. Erano le dieci di sera passate, probabilmente avevo anche disturbato la coppia di anziani che abita l'appartamento affianco al nostro. I miei genitori piombarono in camera mia tutti preoccupati, chissà cosa pensavano mi fosse successo, e invece mi trovarono seduta davanti al computer con gli occhi spalancati e un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
- Beh?! - chiese mia madre con tono allarmato. Io non riuscendo in quel momento a formulare una frase di senso compiuto mi limitai ad indicare il monitor, sulla quale era aperta la pagina del sito ufficiale dei Cobra Starship nella sezione “Events”. A quel punto i miei capirono.
- Quand'è che vengono qui? - chiese mio padre portandosi il palmo della mano alla fronte come se già sapesse che non poteva dirmi di no.
- Il 28 maggio. - mi precedette mia madre che nel frattempo si era chinata vicino a me per leggere le date del tour. - C'è scritto che è un sabato, perciò non ci dovrebbero essere problemi. -
Mi girai verso di lei e le diedi un bacio sulla guancia, poi tornai a saltellare sul posto e ridacchiare come un'ebete fissando imperterrita quell'ammasso di pixel che formavano la parola Seattle. SEATTLE. I Cobra Starship sarebbero venuti proprio qui.
- Allo Showbox SoDo... - continuò lei continuando a leggere.
- Prevedibile. - commentai.
- Non è proprio qua dietro, lo sai vero? - intervenne mio padre.
Girai lentamente la testa fin quando lui entrò nel mio campo visivo e lo guardai con la coda dell'occhio e le sopracciglia inarcate. - Papà, - dissi con tono superiore – non iniziare a farmi la predica proprio adesso. Sappiamo tutti che io andrò a quel concerto. Mi avete sempre mandata a un sacco di altri eventi dello Showbox, ora dammi una scusa valida per cui dovrei mancare proprio a questo. -
Lui si mise a ridere. - Oh, le chiedo scusa sua maestà! - esclamò prima di dirigersi verso la porta e tornare a fare qualunque cosa stesse facendo prima. Mia madre mi diede un bacio sulla testa e lo seguì.
Ringraziai Santo Tomo per non aver dei genitori iperprotettivi e mi affrettai a prendere il cellulare. Composi il numero di Alice, la mia amica conosciuta su Twitter circa quattro anni prima che ho scoperto abitare un po' prima dell'Occidental Park (che si trova praticamente sulla 1st Avenue South, la stessa dello Showbox, ma più a Nord). A dire il vero stavo già messaggiando con lei ma certe cose vanno dette a voce.
Ci mise un bel po' a rispondere, forse pensava che avessi fatto partire la chiamata per sbaglio come capitava ogni tanto, ma alla fine dopo uno dei tanti tuuu sentii la sua voce sorpresa.
- Giulia perché mi stai chiamando..? -
- I COBRA ALLO SHOWBOX IL 28 MAGGIO! - gridai tutto d'un fiato.
Ci fu una pausa. Quando finalmente riuscì ad associare le mie parole al loro significato la sentii urlare un soffocato – Oddio davvero?! -
- Sì e tu vieni con me vero? -
- Ma che domande fai? Che poi non ho un ossessione per Gabe grande quanto la tua ma un pensierino glielo farei volentieri eh! -
- Beh magari la prossima volta perché prima c'è il mio turno. - dissi io seria.
- Come scusa? - chiese non capendo di cosa stavo parlando.
- Andiamo, non mi lascerò sfuggire questa occasione. -

 

 

*****
Guess who's back? :D mi sa che dovete ringraziare la mia amica Giulia che mi ha chiesto di scrivere una ff su di lei e Gabe Saporta LOL perché io ne stavo scrivendo un'altra ma un tragico blocco mi ha impedito di andare avanti. Sigh. Ad ogni modo, come capirete da soli questa è solo un'introduzione e bla bla bla non vi interrompo più e alla prossima (che bello dirlo di nuovo!), sciao C:

Alice.

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Capitolo 2
*** - capitolo 2 ***


Capitolo 2.

SEI MESI DOPO
Ci misi tutto il giorno prima a decidere cosa indossare. Niente sembrava abbastanza adeguato, eppure ero stata ad un sacco di altri concerti. Beh ma questa volta era diverso, questa volta avevo un piano a cui tra l'altro avrebbe collaborato quel figo del padre di una mia amica che lavorava lì! Faceva uno di quegli omoni a mio parere fortunatissimi che stanno sotto al palco per assicurarsi che nessun fan impazzito tenti di salirci o di tirare giù/strappare dei pezzi del o della cantante. In questo caso lui avrebbe dovuto fare l'esatto contrario, assicurarsi che io entri nel backstage. Potrebbe rischiare il posto per questo, ma lo sappiamo tutti che tra gli amici di sua figlia io sono la sua preferita. Almeno credo. Non importa, comunque ha accettato l'incarico anche a condizione di non dire niente ai miei e se riusciamo nell'impresa gli sarò debitrice a vita. Perciò ci voleva un abbigliamento consono (e anche eventualmente veloce da sfilare!).
- Vuoi che ti accompagno io? - chiese mio padre mentre per sicurezza mi provavo davanti allo specchio un'alternativa alla canottiera scelta in precedenza.
- No grazie! - mi affrettai a rispondere, non volevo certo che rovinasse i miei piani diabolici.
- Sicura? Guarda che è difficile trovare parcheggio là vicino... - osservò.
- Non di mattina! Suvvia, non credo che proprio tutti siano così ossessionati da loro da andare ad accamparsi là davanti. - risposi mentre mi rimettevo la canottiera rosa pallido su cui avevo scarabocchiato la scritta “Gabe Saporta made me go bad”.
- Ma è pericoloso! Chissà che ora sarà quando dovrai tornare a casa. Secondo me è meglio se ti accompagno e ti vengo a prendere dopo, come abbiamo sempre fatto. -
- Non ti preoccupare per il dopo, probabilmente dormirò da Alice che non abita lontano. - dissi mentre raccattavo la mia felpa nera e la borsa dello stesso colore da sopra il letto.
- Ma.. -
- Ciao papi! - lo interruppi passandogli di fianco uscendo dalla mia stanza.
Dopo aver salutato mia madre e mio fratello che stava facendo colazione (anche se mi stupii trovarlo alzato già alle nove di mattina) mi avviai verso il garage e salii in macchina. Misi il cd Hot Mess e alzai il volume, avviandomi verso casa della mia amica.

Dopo un paio d'ore parcheggiai e andai a citofonarle appena più in là. Mi aveva chiesto se doveva tenermi un posto in garage, ma poi decidemmo che tornare a piedi di notte fonda non sarebbe stata una buona idea. Quando scese ci abbracciammo forte, era un sacco di tempo che non ci vedevamo di persona nonostante ci tenessimo in contatto tutti i giorni. Non era cresciuta di un centimetro, continuava ad arrivarmi al naso.
- Come stai? - mi chiese continuando a sorridere.
- Agitata. E tu? -
- Anche, ma al momento prevale la fame perché non ho fatto colazione! -
Decidemmo così di andare a prendere uno Starbucks, tanto non mi avrebbe fatto male. Volevamo andare in quello più vicino allo Showbox ma optammo per quello sotto casa sua visto che ormai le facevano sempre uno sconto.
Poco dopo salimmo in macchina e cercammo un parcheggio nei dintorni di quel fatidico locale dove si sarebbe tenuto il concerto. Era quasi mezzogiorno. Notammo che purtroppo c'era già della gente davanti, d'altronde questa era l'unica possibilità di vedere i Cobra per i fan di Seattle e dintorni.
Verso le quattro mentre io tenevo il posto ad entrambe Alice andò a comprare un paio di panini e qualche schifezza per intrattenerci (io comunque avevo con me i cicles che non si sa mai), ma il pomeriggio sembrava non finire mai. Nonostante mi stessi divertendo a stare in compagnia della mia amica l'ansia saliva e controllavo l'ora ripetutamente. Loro erano già lì dentro? Quando sarebbero arrivati? Un sacco di domande mi rimbombavano nella testa.
Quando finalmente si fecero le sette le porte aprirono e ci fu permesso di entrare. Ci precipitammo il più velocemente possibile verso il palco facendoci largo tra la massa di ragazzini (soprattutto femmine, molte più giovani di noi) e persino qualche adulto ma la prima fila era già stata conquistata. Sgomitando un po' riuscimmo comunque ad andarci molto vicino.
Con estrema lentezza, ma anche le nove arrivarono. Qualche tecnico vagava sul palco ma continuava a non esserci traccia di nessun membro dei Cobra Starship. Pensai che era sicuramente colpa di Gabe che doveva stare davanti allo specchio a farsi bello. Non che non lo fosse già, naturalmente. Ad ogni modo con mezz'ora buona di ritardo le luci si spensero completamente. La folla emise un boato che aumentò quando il palco si illuminò poco dopo e la band era comparsa sul palco. Strillai più forte che potei stritolando il braccio di Alice che aveva già iniziato a saltare mentre si sentivano le prime note di Good Girls Go Bad. Quando Gabe si girò verso il pubblico e incominciò a cantare trattenni il fiato. Quella mezz'ora di ritardo era servita eccome, era stupendo nel vero senso della parola. Indossava dei jeans di un colore non definito tra il marrone, il viola e il rosso, una t-shirt bianca con una stampa sul giallo e un cappello abbinato che verso la fine lanciò al pubblico ma finì troppo indietro perché riuscissi a prenderlo... Però mi consolò il fatto che durante You Make Me Feel ha allungato la mano e sono riuscita a toccargliela!
Quando poco meno di due ore dopo stava per salutare annunciando la fine del concerto Phil (il padre della mia amica) mi fece l'occhiolino che mi fece capire che era tempo di agire. Diedi un bacio sulla guancia di Alice per salutarla (le avevo parlato del mio piano ma non si fidava e aveva deciso di restarne fuori, bah peggio per lei l'avrei raggiunta a casa sua dopo) e mi lanciai letteralmente verso il palco scavalcando in un modo o nell'altro chiunque mi ostacolasse, tenendo comunque ben stretta la borsa. Phil mi prese e mi trascinò fuori (mi aveva fatto mettere in posizione strategica tutto verso destra) e dopo esserci ricomposti dove nessuno poteva vederci mi chiese se stavo bene. Dopo avergli risposto di sì ci battemmo il cinque e lo seguii velocemente su per una scala che a quanto pare ci avrebbe condotti nel camerino. Infatti mi ritrovai in un corridoio, ma la mano di Phil mi indicò la prima porta a sinistra. “Cobra Starship dressing room” diceva il cartello appeso alla porta. Il mio cervello sembrò fermarsi all'istante insieme a tutto il resto. A quanto pare anche l'uomo a cui avrei fatto una statua sul momento se ne accorse, perché vedendo che me ne stavo lì impalata pensò bene di bussare. E mi resi conto che il mio cuore stava ancora funzionando solo quando me lo ritrovai praticamente in gola sentendo che all'interno della stanza c'era qualcuno che si avvicinava. 

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Capitolo 3
*** - capitolo 3 ***


Capitolo 3.

I passi cessarono.
- Chi è? - riconobbi la voce di Ryland.
Cosa dovevo rispondere?! Guardai Phil con aria allarmata ma fortunatamente un'altra voce proveniente dall'interno della stanza ci interruppe.
- Apri subito che devono essere quei cocktail strabuoni che fanno qua sotto che abbiamo ordinato io e Vicky! - urlò Gabe precipitandosi verso la porta.
Che aprì prima che io riuscissi a capire quello che stava succedendo.
- Voi non siete cocktail! - esclamò deluso dopo averci visti.
- A quanto pare no, ma vi ho portato la ragazza di cui vi parlavo. - disse Phil.
COSA? Gli aveva parlato di me? Diventai più o meno del colore dei pomodori. Okay volevo sparire.
Gabe mi sorrise e allungò la mano. Gliela strinsi (di nuovo, ma stavolta era tutta per me!).
- Piacere, Gabe! -
- Oh so bene chi sei. - fu tutto quello che riuscì ad uscirmi dalla bocca in quel momento.
- Lo vedo! - esclamò fissandomi la canottiera. Realizzai cosa ci avevo scritto sopra, dio che imbarazzo. - E il tuo nome è..? -
- Giulia. - risposi con un filo di voce mentre mi sforzai di non trattenergli la mano.
- Non è un nome americano... - considerò squadrandomi dalla testa ai piedi.
- Mia madre è italiana, l'ha scelto lei. - spiegai.
- Io torno a fare il mio lavoro! - disse Phil facendomi sobbalzare, ero talmente immersa nei miei pensieri che mi ero dimenticata della sua presenza. - È in buone mani vero? - chiese a Gabe facendo un cenno con la testa verso di me.
- Ci puoi contare capo! - rispose il cantante sorridendo e facendo un gesto con la mano per salutarlo. - Quanti anni hai? - mi chiese poi prendendomi alla sprovvista.
- Diciannove... Perché? -
- Okay sei abbastanza grande, no perché siamo di fretta e pensavo che potresti venire in hotel con noi! O hai qualcuno che ti aspetta? -
Oddio. Questo non era nei piani. Pensai ad Alice, che effettivamente mi stava aspettando a casa sua. Aveva sicuramente preso un taxi o un pullman per tornarci, a saperlo le avrei lasciato le chiavi della mia macchina! Mi sentivo in colpa ad averla abbandonata così, ma andiamo avrebbe sicuramente capito.
- No, no non c'è problema! - risposi tornando alla realtà.
- Grande! Ragazzi, Giulia si unisce a noi stasera! - esclamò aprendo di più la porta e rivolgendosi a qualcuno alle sue spalle.
Guardai oltre Gabe e notai un tavolino di cristallo con sopra della roba da mangiare accanto a un divanetto in pelle nero, dove però c'era solo Alex che alzò lo sguardo dal display del suo cellulare e mi salutò con la mano. Riuscii a scorgere anche Nate che evidentemente si stava ancora cambiando perché era senza maglia, ma si girò lo stesso a vedere di cosa stesse parlando il cantante. Quest'ultimo si chiuse subito la porta alle spalle prima che potessi vedere anche Ryland, che per quanto ne sapevo poteva anche essere senza vestiti, e solo allora notai che non indossava le stesse cose del concerto ma si era cambiato sorprendentemente in fretta, era decisamente più elegante.
Prima che uno di noi potesse aggiungere qualcosa un rumore alle mie spalle mi fece voltare di scatto. Dovevo tenere gli occhi aperti, nessuno sapeva che ero lì! Fortunatamente era solo Victoria che usciva dal suo camerino di fronte a quello dei ragazzi. Il vestitino nero e beige che portava sul palco era stato sostituito con uno rosso di raso.
Nel vedermi si irrigidì un po', ero così brutta o non se l'aspettava? Ad ogni modo Gabe mi mise un braccio intorno alle spalle e avanzammo verso la sua tastierista.
- Lei è Giulia, e si unisce a noi stasera. -
- Sì ho sentito che hai detto qualcosa a riguardo... Piacere Vicky. - disse stringendomi la mano.
- Ma non sono ancora pronti quei cretini? Ce l'avevano tanto con me che dovevo fare in fretta e poi! -
- Alex mi sembra sia pronto, gli altri non so io ero qui a far conoscenza! -

Poco dopo eravamo tutti e sei seduti in un macchinone nero diretto all'hotel dove i Cobra avrebbero alloggiato quella notte. Nonostante chiacchierassero volentieri con me non potevo non sentirmi un minimo a disagio visto che per gli altri erano chiare le intenzioni di Gabe. E non capivo ancora cos'era questa eleganza visto che era mezzanotte passata e l'unico tragitto che avrebbero dovuto fare a piedi sarebbe stato dalla macchina alla camera. Mi sentivo a disagio anche per questo motivo, loro erano tutti belli agghindati ed io oltre al fatto che ero sicuramente spettinata indossavo dei pantaloncini di jeans, una canottiera a dir poco imbarazzante e delle Converse lerce. Pensai ad Alice, lei sempre le Converse aveva. Decisi che era meglio avvertirla subito perché magari dopo non ne avrei avuto il tempo, così presi il cellulare e mi impegnai a trovare le parole adatte, qualcosa come: “Vero che non mi uccidi se ti dico che Gabe mi ha chiesto di andare in hotel con loro visto che erano di fretta e perciò non posso dormire da te questa notte? c: giuro che passo a salutarti domani mattina se non mi perdo per tornare alla macchina D: ti voglio bene ...invio. Non avevo la minima idea di come avrebbe reagito, e la cosa mi spaventava un po'. Lo scoprii non molto tempo dopo quando ricevetti la risposta: “Sei scandalosa! Ma hai fatto bene dai ahah però a pensarci bene se ti uccidessi moriresti felice no? valuterò la cosa. Ora devo solo trovare una scusa da dire ai miei, farò del mio meglio D: ci vediamo domani, però dai un bacio a Gabe da parte mia brutta troia che non sei altro :3” Direi che era andata bene!
Quando arrivammo all'hotel, uno moooolto lussuoso che però non conoscevo, mi dissero che avevano già fatto il check-in quella mattina perciò dovevano solo recuperare le chiavi delle stanze e mandare qualcuno a prendere le borse da portare su. Ma non ce n'erano tante, potevano benissimo portarsele da soli! Bah. Poi quando entrammo tutti in ascensore Alex invece che premere il pulsante che ci avrebbe portati al 14esimo piano dove si trovavano le nostre stanze ne premette due più in su, quello che indicava la terrazza. Okay mi stavo spaventando. Ma man mano che l'ascensore saliva riuscivo a sentire della musica il cui volume diventava sempre più alto. E quando le porte si aprirono venni accecata da luci colorate che andavano da una parte all'altra, e un sacco di gente si girò verso di noi. Una festa, ora era tutto chiaro! Sinceramente ne rimasi delusa, Gabe mi aveva portato lì solo per quello? E come facevano ad avere tutte quelle energie, cavolo erano appena scesi dal loro palco! Poi io avevo saltato e urlato abbastanza, e a parte il fatto che ho sempre odiato le discoteche ballare in mezzo a un sacco di gente (più grande di me) mai vista prima era l'ultima cosa di cui avevo voglia avendo vicino uno degli uomini più sexy che io abbia mai visto. Ma ormai ero lì, cosa potevo fare? Il resto della band si sparse immediatamente per la pista, mentre il cantante mi afferrò il polso e grazie al cielo mi condusse al bancone del bar dove c'era ancora qualche posto vuoto.
- Cosa vuoi da bere? - mi chiese alzando la voce per farsi sentire.
- Niente, grazie lo stesso! - se più tardi mi avesse portata in camera volevo essere consapevole di quello che facevo, non come quelle poche volte che era successo con altri ragazzi.
- Andiamo, guarda che mi offendo! - disse facendo la faccia da cucciolo bastonato.
- E va bene, facciamo un Sex On The Beach. - risposi sperando che lo interpretasse anche come un chiaro messaggio subliminale.
Le sue labbra si curvarono in un sorriso e ordinò al barista il mio drink e un altro dal nome incomprensibile per lui. Parlammo un po' godendoci (per lo meno io) il panorama di un bel pezzo di Seattle, anche se per la maggior parte del tempo rimasi con gli occhi puntati su di lui, quando dopo che entrambi finimmo di bere mi chiese se avevo voglia di ballare.
- A dire la verità non tanta... - risposi mentre il mio viso tornava rosso.
Gabe si alzò e mi tese la mano. Ma gli avevo detto che non volevo ballare! Se mi avesse trascinata in pista sarei sicuramente morta di vergogna, me lo sentivo. Ma come al solito non avevo alternative, perciò mi alzai senza però dargli la soddisfazione di potermi portare ovunque. Vedendo che la mia mano non si avvicinava alla sua girò i tacchi e si avviò verso l'ascensore. L'ascensore? Mi affrettai a seguirlo.
- Allora vedi che vuoi stare con me... - sussurrò girandosi di scatto quando gli fui dietro una volta arrivati all'ascensore, facendomi sobbalzare. Mi aveva fregato, e con ciò? Solo perché mi stava letteralmente mandando a puttane gli ormoni non aveva il diritto di provocarmi ulteriormente!
Le porte si aprirono e prima che me ne accorgessi mi aveva afferrata per un braccio e buttata dentro con lui facendo in modo che nessuno ci vedesse. Il mio braccio ora era libero ma non mi allontanai di un centimetro dal suo corpo. Una vampata di calore mi pervase completamente, e mi chiesi se l'avesse sentita anche lui.


 

*****
Piccolo appunto personale diretto: GIULIA NON MI UCCIDERE NON TE LO VOLEVO DIRE PRIMA MA HO DOVUTO SEPARARE I CAPITOLI SUVVIA LO SO CHE IN FONDO MI VUOI ANCORA BENE AHAHAHAHAHAH (e nell'insultarmi cerca di non spoilerare nelle recensioni anche se si capisce già tutto asdfghjk) :3

Alice.

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Capitolo 4
*** - capitolo 4 ***


Capitolo 4.

Una voce metallica annunciò che eravamo arrivati al nostro piano. Con un gesto da gentiluomo Gabe mi fece passare per prima, ma mi girai verso di lui non sapendo verso quale stanza dirigermi. Ci scambiammo uno sguardo e mi condusse più o meno verso la metà del corridoio, infilando poi la tessera magnetica nella serratura della stanza 269. Wow. Anche stavolta mi fece entrare prima di lui e accese le luci. Si illuminò una suite più grande di quanto mi aspettassi.
- Gabe, è stupenda... - sussurrai facendo qualche passo avanti sperando però che non mi avesse sentito. L'ingresso era un piccolo corridoio (con una porta sulla destra che portava senza dubbio al bagno) che si apriva su una camera tutta sul beige e mogano su cui mi soffermai un attimo.
La parete di fronte a me era occupata quasi interamente da una finestra che dava sulla parte di Seattle che non ero riuscita a vedere dalla terrazza. Nell'angolo a sinistra un grande armadio in legno con accanto una scrivania, preceduta da una sottilissima tv al plasma. Sulla destra invece tra due comodini bassi vi era il letto matrimoniale, appoggiato ad un muro sul quale erano stati appesi tre quadri non troppo grandi che raffiguravano delle immagini astratte. Poco oltre vidi un paio di poltrone rivolte verso la finestra e un tavolino con accanto un enorme vaso che conteneva quelle che mi sembrarono canne di bambù.
Feci per voltarmi verso di lui e mi ritrovai il suo corpo quasi a contatto con il mio. Si era già tolto la giacca. Alzai lo sguardo (nonostante fossi abbastanza alta lui mi superava di parecchio) e vidi che mi stava sorridendo. Mi alzò delicatamente il mento con una mano e facendomi quasi morire di infarto prese a baciarmi sul collo. Chiusi gli occhi, anche se la cosa non mi aiutò perché riuscivo a sentire il battito del mio cuore tanto era forte, e sentendo che Gabe avanzava indietreggiai fidandomi di lui. Le sue mani stavano scorrendo lentamente lungo la mia schiena quando si incrociarono all'altezza della vita e mi sfilarono la canottiera che finì chissà dove. Dopo qualche passo le mie gambe trovarono il letto, e invece che fermarmi mi lasciai cadere all'indietro con il cantante ancora attaccato che mi finì sopra.
Aprii gli occhi giusto un attimo prima che rotolasse da un lato facendomi finire sopra di lui. Iniziai a sbottonagli lentamente la camicia lasciando una scia di baci sul suo petto, e sentii le sue mani scivolarmi prima lungo i fianchi per poi solleticarmi sempre più su fino al gancio del reggiseno con il quale giocherellò abilmente facendomi impazzire. In tutta risposta quando tutti i bottoni della sua maledetta camicia furono finalmente lontani delle rispettive asole le mie labbra non si fermarono e presi a lasciargli piccoli morsi poco sopra i pantaloni che già portava a vita bassa. Che poco dopo sfilai e allontanai il più possibile. A quel punto si liberò definitivamente della camicia e le sue mani percorsero di nuovo la mia schiena fino ad arrivare al fondo, dove premettero con più insistenza per poi scivolare sul davanti e slacciarmi i pantaloncini di jeans, poi anche loro vennero buttati malamente da qualche parte. Nel frattempo mi ero risdraiata su di lui e gli stavo ricoprendo di baci la scapola per poi passare al collo fino ad arrivare a mordicchiargli il lobo dell'orecchio, quando si girò improvvisamente e con mia grande sorpresa sentii le sue labbra che premevano contro le mie. Pensavo che baciarsi appassionatamente durante il sesso fosse da innamorati, ed era chiaro che nonostante la mia ossessione per lui io ero solo una delle tante fans, e invece notai con piacere che la sua lingua non si faceva problemi a farsi largo nella mia bocca.
Credo che quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, perché presi a baciarlo con tale insistenza passandogli le mani tra i suoi morbidissimi capelli scuri che senza esitare ulteriormente cercò il mio reggiseno e lo sganciò lasciandoselo cadere addosso. Anche quello fu presto tolto di mezzo quando ci capovolgemmo. Realizzai che ero sdraiata praticamente nuda sul letto di una lussuosa suite e avevo niente meno che Gabe Saporta in boxer a cavalcioni. Però c'era qualcosa che ancora non andava. Mi affrettai a levargli l'unico indumento che gli era rimasto addosso. Adesso sì che si iniziava a ragionare!


 

 

*****
CONTENTA GIULIA?! (o dovrei dire Billy? uwu) Spero almeno sia di tuo gradimento visto quanto mi hai dolcemente rotto le palle :3 Direi che me ne merito due di recensioni, positive ovviamente, per ripagare l'altra e soprattutto per la faticaccia che ho fatto a scrivere 'sto capitolo ecco èé

Alice.

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Capitolo 5
*** - capitolo 5 ***


Capitolo 5.

Quella mattina mi svegliai di soprassalto dopo aver sognato di inciamparmi e cadere nel vuoto. Che sensazione orribile! Mi stupii soprattutto di aver sognato qualcosa visto che avevo dormito così profondamente. Mi chiesi perché i miei occhi ci stessero mettendo così tanto ad abituarsi alla luce, e soprattutto perché ce ne fosse così tanta. Fissai il soffitto di quel beige chiaro eccessivamente luminoso, e solo allora mi tornò in mente tutto; le tende non erano state tirate la sera precedente, ecco perché filtrava un sacco di luce attraverso quella finestra così grande. Pian piano tutte le sensazioni percepibili si risvegliarono, e girando lentamente la testa verso destra vidi che i miei capelli scuri sparsi sul cuscino si confondevano con quelli di qualcun altro. Gabe. Alla sua vista iniziarono ad affiorare nella mia mente immagini varie di quella notte e pensai che avevo fatto bene a non bere tanto. Sbirciai sotto le lenzuola, e nel vedere i nostri corpi senza niente addosso un'altra ondata di immagini mi passò davanti agli occhi.
Lui era a pancia in su ancora immerso nel mondo dei sogni, e il suo braccio sinistro passava sotto al mio collo. Mi girai sul lato destro del mio corpo appoggiando una mano sul suo petto che si alzava e abbassava lentamente, doveva essere sicuramente la posizione in cui ci eravamo addormentati, poi chinai la testa sulla sua spalla. Feci un respiro profondo e lasciai che il suo profumo mi riempisse le narici. Poi presi a giocherellare con i suoi capelli con la mano libera nell'attesa che si svegliasse. Chiusi gli occhi godendomi quel momento. Non mi interessava sapere che ore fossero (anche se a giudicare dal sole già alto non doveva essere proprio presto), volevo solo starmene lì accoccolata a quell'uomo. Sì perché aveva quasi trentadue anni. Era abbastanza scandalosa come cosa ma a quanto pare non interessava a nessuno dei due, meglio così.
Ero immersa nei miei pensieri mentre continuavo ad accarezzargli il petto e passare le dita tra i suoi capelli, quando Gabe si mosse di colpo facendomi capire che si era svegliato anche lui. Mi affrettai a togliergli le mani di dosso in preda all'imbarazzo.
- Perché hai smesso, era così rilassante.. - sussurrò stiracchiandosi.
Era sveglio già da prima? Mi paralizzai.
Girò lentamente la testa e baciò la mia. - Buongiorno eh. -continuò divertito sempre sussurrando.
- B-buongiorno anche a te.. - bofonchiai. Poi riuscii finalmente ad alzare lo sguardo e gli feci una smorfia.
- Cazzo se è tardi! Ci abbiamo proprio dato dentro! - esclamò poco dopo con quel suo tono di voce bastardo che risultava sempre e costantemente allegro. Non riuscii a trattenere un sorriso, non so dire con esattezza se fosse per compiacimento, imbarazzo (ma questa volta in senso positivo) o semplicemente perché non potevo credere l'avesse detto così come se nulla fosse.
Ad ogni modo, avere fretta quella mattina era l'ultimo dei miei desideri. Ma con la consapevolezza che dovevo comunque farmi una ragione di quello che aveva appena detto Gabe mi alzai leggermente e lo vidi che puntava lo sguardo su qualcosa di fronte a noi. Effettivamente quando misi a fuoco la tv al plasma notai che sotto lampeggiava una scritta verde chiaro. 10:37 a.m. diceva. Okay non era proprio presto ma nemmeno un ritardo clamoroso! Lo guardai in cerca di una spiegazione.
- Servono la colazione solo fino alle undici! - urlò saltando giù dal letto.
A quel punto scoppiai a ridere. Si poteva essere più cretini di così?! Scesi anch'io dal letto, più delicatamente, e mi ricordai che non indossavo nulla. Questo voleva dire che... Sì, quando mi girai anche il cantante era completamente nudo. Per lo più chinato, che raccoglieva vestiti vari sparsi a terra dalla sera precedente. Altre immagini. Ero un caso perso, non c'è nulla da fare. Mi affrettai a recuperare la biancheria, lavarmi velocemente e rivestirmi, non troppo contenta del fatto che fosse già finito tutto.
- Hey ma che fai? - mi sentii afferrare i fianchi da dietro mentre prendevo la mia borsa.
- Raccatto le mie cose per andarmene..? - dissi girandomi con un tono che risultò un po' troppo menefreghista.
- Ma come, non credevo volessi lasciare Gabey a fare colazione tutto solo! - mi rinfacciò infilando le mani nelle tasche posteriori dei miei jeans intrappolandomi così tra le sue braccia.
- Ma io non credevo..! Okay allora andiamo che tutto 'sto parlare di colazione mi ha fatto venire fame. - dissi cercando di trattenere la sorpresa, davvero non mi aspettavo che mi volesse tra i piedi anche fuori dalle lenzuola.
- Secondo me invece sono tutte le energie che hai perso ieri notte. - ribatté con disinvoltura. Sarebbe andato avanti ancora per molto? Non poteva parlarmi dell'accaduto in quel modo, i miei poveri ormoni (e le mie ovaie) non lo avrebbero sopportato.

Scendemmo al piano terra diretti al ristorante, dove dopo una rapida occhiata scorgemmo Victoria, Ryland e un'altra ragazza seduti a un tavolo sulla destra e li raggiungemmo. Il chitarrista ci presentò Samantha, una bionda sui 25 con cui probabilmente aveva passato la notte. Dei restanti due membri dei Cobra Starship non c'era traccia, o erano ancora a letto o avevano già mangiato, in ogni caso nessuno fece domande a riguardo.
Andai a prendere qualche fetta di torte varie dall'aria deliziosa e un bicchiere di succo d'arancia, e poco dopo essermi riseduta al mio posto arrivò anche Gabe con il piatto che straripava di bacon, wurstel, uova, patate fritte e qualche ciambella. Ed io che avevo cercato di contenermi! Come faceva a mangiare così tanto in un momento come quello? Ah già, lui non aveva appena passato la notte con la causa principale delle sue frustrazioni sessuali.
Alzai lo sguardo verso l'orologio da parete al di là dei banconi con il cibo, le lancette segnavano le 10 e 54. Il ristorante stava per chiudere. Mentre quel figo dell'Uruguay finiva di abbuffarsi ne approfittai per dare uno sguardo al cellulare che prima avevo infilato nella tasca dei jeans, cosa che si rivelò utile visto che trovai quattro messaggi. Uno da Phil, uno da mia mamma e due da Alice. Lessi il primo: “Non ti ho più vista dopo averti accompagnata al camerino, ne sei uscita sana e salva? Spero di sì, e soprattutto che ne sia valsa la pena. Qui comunque nessuno si è accorto di niente ;)” ooh, altro che se mi ero divertita. Quello da mia madre diceva semplicemente: “Ciao tesoro, chiamaci al più presto per farci sapere se stai bene” ma sempre morta dovevo essere? Bah, avrei risposto più tardi anche a lei. E poi c'erano quelli da Alice: “Boh io mi sono svegliata alle 9 per paura che arrivassi presto e di te comunque non c'è traccia D: spero almeno che sia perché vi siete dati da fare èé e comunque buongiorno :3” e “MA VI SVEGLIATE?! So che i Cobra hanno un'altra tappa domani, non se ne vanno mai? D: sì okay l'invidia inizia a farsi sentire, ma dettagli. Muoviti comunque!” che risaliva a una ventina di minuti fa.
- Credo sia ora di andare. - disse ad un certo punto Vicky. - Gabe muoviti, io inizio ad andare a prendere la mia roba. -
Il cantante si ripulì velocemente la bocca e scattò in piedi facendomi cenno di seguirlo in camera. Recuperai la mia borsa, e una volta tornati giù alla reception tutta la band (comprese un paio di ragazze extra oltre me) era presente per fare il check-out.
- Penso che sia il momento di salutarci... - disse Gabe mentre oltrepassavamo la porta girevole per uscire. No, io non volevo che finisse così.
Lo abbracciai, e lui ricambiò stringendomi forte. Ne approfittai per inspirare un'ultima volta il suo profumo. - Grazie. - fu tutto quello che riuscii a dirgli. Nonostante tutto era stato davvero gentile con me, non mi importava se l'avesse fatto solo per piacere personale o meno.
- A te! - mi rispose facendomi l'occhiolino quando lo lasciai andare.
Un paio di saluti e baci sulle guance a tutti (e foto, mi concessero anche quelle) e poi loro salirono in macchina e io mi trovai da sola, le altre ragazze a quanto pare erano già tornate alle loro vite di sempre. A battere, pensai. Per quanto mi riguardava non erano nemmeno fan della band ma solamente troiette accalappiate alla festa sulla terrazza.
Non avendo idea di dove andare girai l'angolo e fortunatamente trovai la fermata di un taxi poco più avanti. Presi il primo e mi feci portare allo Showbox SoDo, dove c'era la mia macchina che mi attendeva pronta per andare da Alice. Morivo letteralmente dalla voglia di raccontarle tutto! Anche se ancora non sapevo che la notizia più grande ce l'aveva lei.

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Capitolo 6
*** - capitolo 6 ***


Capitolo 6.

Quando il citofono emise quel suo strano suono era quasi mezzogiorno. Alleluia quella scema ce l'aveva fatta ad arrivare! Fortunatamente i miei non erano in casa, così potevamo urlare quanto volevamo e nessuno avrebbe saputo niente di cosa aveva combinato Giulia. Andai ad aprire a aspettai che salisse per quattro piani prima di trovarmela davanti. Neanche il tempo di salutarci che stavamo già saltando come due idiote tutte emozionate. Sì perché in fin dei conti ero felice per lei, ci mancherebbe. Solo che aveva sempre la solita fortuna!
Comunque, ci sedemmo sul divano e mi raccontò tutto mentre io ascoltavo a bocca aperta. Allora Gabe era davvero tanto gentile quanto cretino! Che bello. Dovevo conoscerlo. E l'avrei fatto. Sì perché dopo aver finito di commentare tuuuutto quel che c'era da commentare le presi le mani (il terrore nei suoi occhi in quel momento fu tanto indescrivibile quanto divertente) e le chiesi chiaramente:
- Ricordi mia zia Jennifer, quella di Los Angeles? -
Ci pensò un attimo poi annuì.
- Bene sta via per tutta l'estate e ha detto che non c'è problema se mi lascia la casa e posso portare un'amica! - continuai tutto d'un fiato.
- Ed è un modo per chiedermi se vengo con te? -
- No era per dire... Certo idiota! -
- Oddio. -
- Sai cosa significa vero? -
- Muoio. -
- Beh vedi di sopravvivere perché quest'estate avremo parecchio da fare. -
- Perché mi vuoi far morire così giovane? -
- Andiamo, se sei sopravvissuta a una notte con Gabriel Eduardo sei pronta a tutto, persino a rifarlo. -
- Ma perché ti ostini a chiamarlo così? -
- Che ti devo dire, mi diverte! -

 

Mentre tornavo a casa quella sera rischiai più volte di tamponare qualcuno, la mia testa era altrove. Era a Los Angeles. Non riuscivo ancora a realizzare che avrei passato buona parte dell'estate a pedinare gente varia con la quale avevo parlato, e non solo, soltanto nei miei film mentali. E se fossi riuscita ad andare di nuovo a letto con Gabe? Non credo che ne sarei uscita viva questa volta. Ma ci rendiamo conto? La città dove vivevano gran parte delle nostre band preferite e di conseguenza gran parte dei protagonisti dei nostri sogni (principalmente erotici)... Però non dovevo neanche illudermi, magari avrebbero deciso all'ultimo di fare un tour estivo tutti insieme appassionatamente. Come il Warped Tour! Bisognava assolutamente controllare la lista delle band che vi avrebbero preso parte. Non avevamo sicuramente abbastanza soldi per seguirlo tutto, anche se l'intenzione ci sarebbe anche stata. E poi in fin dei conti i Cobra Starship abitavano a New York...
Ma quanti viaggi mi stavo facendo? Basta, era ora di tornare alla realtà, parcheggiare e prepararsi alla sottomissione di tutte le domande dei miei finendo per raccontare loro del fantastico concerto-barra-giorno dopo passato con Alice. Solo ed esclusivamente con lei, sìsì.
Appena entrai in casa salutai tutti e mi fiondai sotto la doccia, ne avevo assolutamente bisogno nonostante devo ammettere che mi dispiaceva lavar via le ultime tracce di Gabe su di me. Effettivamente sarebbe stato più opportuno fare la doccia in hotel, ma sarebbe stata un'impresa vista la fretta generale rispetto al tempo che ci impiego di solito, perciò andava bene così.
A cena non riuscii a mangiare quasi niente, ero ancora sotto shock... per tutto. In due giorni appena ne erano successe di tutti i colori e dovevo ancora riprendermi. In più con la testa piena di pensieri dovevo anche preoccuparmi di inventare storie credibili da raccontare ai miei genitori, ma per fortuna non erano di quelli che pretendono di sapere ogni minimo dettaglio della tua vita.
Quando poi andai a letto non ne parliamo, nonostante la stanchezza non riuscivo a chiudere occhio. Messaggiai con Alice fino alle due e mezza di mattina, dopo di che mi addormentai con il sorriso sulle labbra pensando a cosa stava succedendo nemmeno 24 ore prima.

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Capitolo 7
*** - capitolo 7 ***


Capitolo 7.

UN MESE DOPO
Arrivammo al Tacoma International Airport giusto in tempo. C'erano stati problemi a far partire la mia macchina, così all'ultimo abbiamo dovuto chiamare mio padre perché ci accompagnasse lui. Perché Alice non aveva ancora la patente? Saremmo potute andare con la sua, ma per una qualche assurda ragione aveva paura di guidare e quella mattina era venuta fin da me in metro con le valigie e tutto, era pazza secondo me. In fin dei conti però era stato meglio farci accompagnare, la mia povera macchinina non mi avrebbe mai perdonato se l'avessi fatta marcire parcheggiata per due mesi in un posto che non era il suo garage accogliente.
Ad ogni modo, il volo per Los Angeles era previsto per le quattro e dieci di quel pomeriggio. Perciò a questo punto avevamo poco meno di due ore per fare il check-in, depositare i bagagli e bla bla bla, mangiare perché stavamo letteralmente morendo di fame e cazzeggiare un po' nei negozi del terminal.
Tutto andò secondo i piani, specialmente durante l'ultima fase dove girammo osservando le borse delle persone chiedendoci chi di loro stesse trasportando serpenti, andammo alla ricerca di un William Beckett con le cuffie nelle orecchie che cantava “So kiss me goodbyyyyyyyyeeee!”, di un Pete Wentz alle prese con una cabina telefonica o ancora meglio di un Gabe Saporta che cantava mentre gli agenti gli passavano i metal-detector addosso, oppure ci aspettavamo di sentire da un momento all'altro la voce di Travie McCoy che annunciava una turbolenza. Sì, di Maja Ivarsson che faceva la puttana con il tipo che controlla cos'hai nel bagaglio a mano ce ne fregava poco. Restava il fatto che eravamo un caso perso, ma questo già si sapeva.
Quando ci imbarcammo eravamo emozionatissime. Non sapevamo davvero cosa aspettarci da quella vacanza, ma di sicuro non saremmo rimaste tutto il tempo a prendere il sole ecco.
Intorno alle sei l'aereo atterrò a LAX. Eravamo sane e salve, fortunatamente il volo era andato più che bene. Il clima poi era perfetto, a quell'ora si stava da dio. Andammo a raccattare le valigie e fare tutto quello che c'era da fare per poi prendere un taxi diretto a Venice dalle parti di Brooks Avenue, dove si trovava la casa.
Non era una di quelle ville strepitose che ti saltano subito in mente non appena senti nominare Los Angeles, ma era comunque un bel posticino. E poi eravamo più vicine alla spiaggia di quanto mi aspettassi.
Superato a fatica il cancello grigio e quei pochi gradini per via della quantità industriale di valigie e borsoni vari che ci eravamo portate dietro riuscimmo finalmente a mettere piede in casa.
L'arredamento mi piaceva molto, era moderno e rendeva la casa ancora più accogliente di quanto già sembrasse. C'erano ampie finestre grazie alla quale quei colori caldi davano l'idea di essere ancora più luminosi.
Girammo un po' anche per il piano di sopra per scoprire le diverse stanze e poi, sfinite, ci accasciammo sul letto della camera da letto principale, quella dove avrebbe dormito lei. Non avevamo proprio voglia di metterci lì a disfare le valigie, volevamo solo riposarci dopo tutto quel viaggio. Che poi alla fine non era stato nemmeno così stancante ma eravamo pigre e andava bene così, un po' di riposo non ce lo negava nessuno.

Ma quando riaprii gli occhi la sveglia sul comodino segnava le 9.40 p.m. Mi girai verso la mia amica e vidi che ancora dormiva. Un rumore proveniente dal mio stomaco mi fece notare che avevo parecchia fame, così mi alzai a fatica dal letto e scesi in cucina. Aprii il frigo ma al suo interno trovai solamente un paio di bottiglie d'acqua. Già, Alice me l'aveva detto che quella sera teoricamente avremmo dovuto fare la spesa se volevamo nutrirci in qualche modo.
- Giuuuuuuuliaaaaaaaa! - sentii urlare dal piano di sopra.
- Oi! - urlai in tutta risposta.
- Dove sei?! -
- Indovina! -
- Tanto non c'è niente in frigo! -
Scoppiai a ridere, mi conosceva troppo bene. La mia fame intanto aumentava e la cosa non mi piaceva. Tornai su con la speranza che Alice si fosse trasformata magicamente in un cheese burger ma la trovai seduta sulla moquette blu che frugava nella sua borsa.
- Cosa cerchi? -
- Il portafoglio. -
- Hai davvero intenzione di andare a fare la spesa adesso? - chiesi con il tono più svogliato che potessi usare.
- Ma ti pare? Però io non resisto a stare a digiuno fino a domani, perciò rimettiti le scarpe che andiamo a mangiarci un trancio di pizza. -
Non me lo feci ripetere due volte e corsi a cercare le scarpe e la borsa.
In poco tempo eravamo fuori casa, con l'aspetto di due barbone ma questo non aveva importanza, volevamo solo del cibo. Non sapendo dove andare decidemmo di raggiungere la spiaggia, sul lungomare ci sarebbe sicuramente stato qualche bar.
Infatti poco più in là ne trovammo uno, poi con diverse focacce, pizzette e lattine in mano andammo ad accamparci in riva al mare.
Ad un certo punto le prime note di “Misery Business” dei Paramore ci fecero spaventare, ed Alice si ritrovò a parlare al telefono con sua madre tutta arrabbiata e preoccupata perché non aveva più avuto notizie di noi. A quel punto sbiancai e mi resi conto che nemmeno io avevo avvertito i miei; mi feci coraggio e cercai il mio cellulare. Sedici chiamate perse e tre messaggi, bene! Richiamai alla svelta mia madre preparandomi psicologicamente a dover subire il suo cazziatone, chiedendomi se almeno in vacanza potevo vivere un po' in pace.
Quando la tortura fu finita per entrambe ci chiedemmo cosa ne avremmo fatto di noi stesse in quel momento.
- Potremmo andare a casa a guardare un film, sinceramente non ho voglia di girare a vuoto questa sera... - propose.
- Ma per stare a casa potevamo rimanere a Seattle e facevamo prima! Andiamo, siamo qui da cinque ore e ancora non abbiamo incontrato nessun band member, sto cominciando a deprimermi sai? -
- Non è che ogni dove ti giri c'è un personaggio famoso eh! - ribatté dopo aver riso.
- Che peccato... allora vada per il film, però promettimi che domani andiamo a caccia. -
- Promesso baby! -
E detto questo ci avviammo verso casa. A dire il vero ci impiegammo più di mezz'ora perché nessuna delle due ricordava quale fosse la via giusta, ma questa è un'altra storia.

 

 

*****
Siccome la maggior parte delle persone che hanno letto questo capitolo non hanno sfortunatamente la minima idea di che cosa stavo parlando quando descrivevo cosa facevano le nostre protagoniste nell'aeroporto, in questo video troverete le risposte a tutte le vostre domande, enjoy! ;)

Alice.

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Capitolo 8
*** - capitolo 8 ***


Capitolo 8.

Quella notte non riuscii a chiudere occhio. Erano passati otto giorni dal nostro arrivo a Los Angeles e anche se solitamente non rientravamo a casa troppo tardi perché fortunatamente non eravamo fanatiche dei locali e della vita notturna, quella sera non me la sentivo proprio di uscire. Non so cosa mi fosse preso, sentivo solo un gran mal di testa e avevo un pensiero fisso che stranamente non riguardava i band members. Alice ovviamente rimase a casa con me, passammo la sera sul divano con il suo portatile a guardare diversi episodi della CobraCam e a rimpinzarci di popcorn. A dire il vero era lei quella che ci aveva dato dentro, io non avevo molta fame, altra cosa che mi preoccupò visto quanto mangio di solito.
Rimane il fatto che verso le due di notte io ero ancora lì a girarmi e rigirarmi nel mio letto, o meglio quello degli ospiti, con gli occhi rossi metà per il sonno e metà per le lacrime. Cosa mi stava succedendo? E poi tra l'altro di solito dormivo con Alice nel suo letto, quella sera invece avevo pensato che sarebbe stato meglio per me stare un po' da sola, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che volevo addormentarmi al suo fianco. Mi sentivo al sicuro vicino a lei. Dio, se mi sentivo stupida! E impotente. Ma dopo un po' presi finalmente la mia decisione: mi alzai senza accendere la luce e cominciai a camminare lentamente con le braccia tese davanti a me a mo' di zombie per non andare a sbattere da qualche parte. Attraversai parte del corridoio fino a raggiungere una porta che sperai fosse quella giusta, la aprii e iniziai a tastare le cose intorno a me accertandomi che quella fosse la stanza in cui volevo entrare. Ancora qualche passo e raggiunsi il suo letto, ma sapendo che dormiva dalla parte più vicina alla porta ci girai attorno facendo attenzione a non inciamparmi in una qualsiasi cosa. Mi sdraiai il più delicatamente possibile mentre speravo con tutto il cuore che non si svegliasse perché l'avrei sicuramente spaventata, ma andò tutto bene perché a quanto pare dormiva profondamente. Beata lei. Percepii che era raggomitolata sotto le lenzuola e cercai in qualche modo di infilarmici anch'io. Era un peccato che mi desse la schiena, avrei tanto voluto prenderle la mano... però a pensarci bene avrei solo rischiato di svegliarla. Perciò rimasi lì, a fissare il soffitto nero come tutto ciò che mi circondava. Mi chiesi se mi sarei ritrovata in quella situazione se anche avessimo incontrato prima qualche band member. Probabilmente no, perché mi sarei concentrata su come andare a letto con lui. Eravamo a Los Angeles porca miseria, possibile che non avessimo ancora incontrato nessuno? Nemmeno percorrendo Sunset Boulevard, niente!
Dopo un tempo indeterminato che però mi sembrò infinito sentii Alice che si muoveva. Era sveglia? Stava solo sognando? Il mio cuore iniziò a battere sempre più velocemente. Lei intanto si era girata verso di me, ma dal suo respiro regolare e dal fatto che non aveva ancora urlato alla mia vista capii che stava ancora dormendo. Mi girai sul fianco sinistro in modo da esserle faccia a faccia. Pensai che era ora che mi calmassi così cercai di rilassarmi il più possibile, tanto ero al sicuro adesso.
Mi stavo finalmente per addormentare quando qualcosa mi sfiorò la coscia. Aprii gli occhi di scatto e quel filo di luce che riusciva a filtrare attraverso le persiane chiuse mi permise di distinguere i lineamenti di Alice. Che aveva gli occhi aperti e mi stava guardando. Un brivido mi percorse tutta la spina dorsale.
- Hey. - sussurrò.
Le presi la mano senza una parola.
- Qual buon vento ti porta qui? - continuò sorridendo.
- Se ti dicessi che avevo solo bisogno di starti vicino cosa penseresti? -
- Beh penserei che hai fatto bene a venire da me allora. E mi farebbe piacere perché è una cosa molto dolce. -
Non sapevo cosa dire. Perché dovevo sempre mettermi in difficoltà?
- Tutto bene, comunque? - mi chiese vedendo che non parlavo.
- Adesso sì... abbastanza. -
- Cosa c'era che non andava? Li incontreremo prima o poi, abbiamo ancora un sacco di tempo... -
- Non è per questo che ero giù di morale... credo che... non so, è una sensazione strana. - dissi in preda al panico.
- Se hai voglia di parlarne comunque sappi che io ci sono sempre. -
- È proprio di questo che si tratta... -
- Pensi che passiamo troppo tempo insieme? - chiese preoccupata.
- No, no, al contrario! - oddio ma cosa stavo blaterando?
- Mi dispiace, non riesco a capire... -
- Non importa dai, anzi forse è meglio così. - conclusi, volevo uscire dal discorso il prima possibile. Ma inevitabilmente una lacrima mi scese giù per la guancia.
Alice se ne accorse e me la asciugò delicatamente con le dita. Non ce la facevo più, non potevo chiudermi sempre in me stessa, dovevo agire! E se avessi rovinato tutto?
- Muoio dalla voglia di dirtelo credimi, ma ho troppa paura della tua reazione. - dissi alla fine.
- Così mi spaventi però. - e non aveva tutti i torti.
- No tranquilla è... diciamo un complesso mentale che mi perseguita da un po' di tempo. -
- Facciamo così: io non insisto e faccio finta che tu non mi abbia detto niente, e tu quando sei pronta e te la senti me lo dirai, okay? Però sappi che sono curiosa. -
- Direi che è un ottimo compromesso. - risposi. Come faceva ad avere sempre la soluzione adatta? La stavo adorando. - Grazie, per tutto. - continuai.
- È solo il mio dovere! - disse strappandomi un sorriso.
- Ora è meglio che dorma un po' siccome non ho ancora chiuso occhio. -
- Comprensibile dai. -
- Notte tesoro. -
- Buona notte, ti voglio bene. -

Ti amo, pensai.

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Capitolo 9
*** - capitolo 9 ***


Capitolo 9.

Nei giorni successivi i miei viaggi mentali iniziarono letteralmente ad uccidermi. E non potevo non pensare al mio problema dal momento che ci convivevo insieme. Quei rari momenti in cui ci dovevamo separare per un qualsiasi motivo li sfruttavo chiudendomi da qualche parte a piangermi addosso. Sarei andata avanti così ancora per molto? Sì, se lei non si decideva a ridarmi il mio cuore. Credo fosse successo tutto pian piano, ma quando mi sono accorta che me l'aveva rubato era troppo tardi. Ci stavo male principalmente perché sapevo che non avrebbe mai e poi mai ricambiato questi sentimenti, e che quindi se le avessi confessato quello che provavo per lei probabilmente avrei mandato a puttane anche la nostra amicizia. Speravo solo nell'arrivo di qualcosa che travolgesse al più presto quell'orribile situazione.

- Andiamo in centro questo pomeriggio? - propose Alice con la bocca piena di insalata, dodici giorni dopo il nostro arrivo a Los Angeles.
- Perché no. - risposi osservandola mentre con le mani ripescava dalla scodella delle povere foglie di insalata annegate nell'aceto.
- Perché mi guardi così? -
- Mai sentito parlare di posate? -
- …Ma sono trasgressiva. - fu tutto quello che rispose; scoppiammo a ridere, affermava sempre cose di questo tipo quando non sapeva dare una spiegazione.
Comunque dopo pranzo andammo in camera a prepararci, perché sì eravamo ancora in pigiama infatti quel pasto è stato anche la nostra colazione, e verso le due e mezza ci incamminammo verso la fermata del pullman. Per raggiungere direttamente le parti di Sunset Boulevard ce ne volevano ben due, per questo partivamo sempre così presto.
Quel giorno anche a Venice c'era particolarmente traffico, sarà che era sabato ma non potevi girare l'angolo senza rischiare di finire sotto una macchina. Specialmente Alice, lei da tutta la vita non riusciva ad attraversare la strada senza il rischio di essere investita. Quando finalmente raggiungemmo la fermata per fortuna non ci toccò aspettare molto. L'unica pecca è che anche se il pullman arrivò quasi subito era strapieno, e così anche il secondo.

 

Già odiavo le persone in generale, ma gli autobus/metro/tram pieni in cui fai la fine di una sardina inscatolata mi hanno sempre fatto proprio imbestialire. Per fortuna ho sempre avuto tanta pazienza. Fin troppa a dire il vero. Perciò quando notai che anche il secondo pullman che avrebbe portato me e Giulia nel centro di Los Angeles straripava di gente non potei non prepararmi al peggio. Una volta entrate cercammo subito di fiondarci dall'altra parte del mezzo rispetto alle porte, con la speranza che qualche fortunato che era riuscito a prendere posto si fosse levato alla svelta. Quando finalmente mi trovai in una posizione minimamente stabile mi girai per controllare che la mia amica fosse ancora lì con me, e invece ci misi un po' a trovarla constatando che era rimasta bloccata tra due omoni. Mi schiacciai lì dove potevo attendendo la fermata successiva che grazie al cielo era quella del tizio seduto nel posto a me più vicino, e prima che qualcuno potesse porre fine ad un momento di gloria come quello il mio sedere stava già sostituendo quello di quel tizio là. Mi trovavo quindi in una di quelle situazioni in cui l'unica cosa che non bisogna fare è guardare in faccia le persone in modo da dare loro l'occasione di guardarti male perché vogliono proprio quel posto lì. Ruotai quindi la mia testa il più possibile verso sinistra fingendomi particolarmente interessata al panorama, cosa che mi è sempre riuscita piuttosto bene.
Stava andando tutto bene quando il pullman inchiodò improvvisamente per non so che motivo e uno mi finì praticamente in braccio, così mi girai perché mi aveva fatto prendere un colpo e prima ancora di notare che c'era veramente troppa gente per riuscire a muoversi spalancai gli occhi alla vista di chi mi era appena finito addosso.
- Ehm, scusami tanto! - borbottò mantenendo la concentrazione sullo schermo del suo iPhone.
Le mie labbra stavano formando le parole “non fa niente, figurati” ma dalla mia bocca non usciva un suono. Alzò lo sguardo.
- Tutto bene? - mi chiese guardandomi di sbieco.
- Eh? Oh sì sì certo è solo che tu sei... - mi bloccai di nuovo.
- Pete Wentz? - chiese con un sorriso.
- Precisamente. - sussurrai con lo sguardo ancora fisso su di lui.
- …Respira. -
Risi portandomi una mano alla fronte; non era possibile che tutte 'ste figure di merda me le dovessi sempre fare io. Avrei voluto chiamare Giulia ma tanto non sarebbe riuscita a raggiungermi senza fare del male a qualcuno, che peccato avrei voluto vedere la sua faccia in un momento del genere!
- Maaa, hai da fare stasera? -
Ci misi un po' per capire che stava parlando con me visto che io ero mezza rintronata e lui continuava a non alzare lo sguardo da quel fottuto cellulare. Non ci potevo comunque credere che mi avesse appena fatto una domanda del genere, perciò spalancai gli occhi.
- Ehm, immagino di no... -
- Bene, se ti va passa di qua verso le undici. - disse porgendomi una specie di biglietto da visita che aveva appena tirato fuori dalla tasca posteriore dei jeans. - E porta tanti amici. -
- D'accordo, ma come mai? - non riuscivo a capire.
- Faccio il dj lì questa notte e mi fa piacere se c'è tanta gente, specialmente le fan! - spiegò facendomi l'occhiolino. - Ah e insieme a me suona anche il mio amico Gabe Saporta, immagino tu lo conosca se conosci me. - aggiunse.
In quel momento rischiai un infarto. - Già, come potrei non conoscerlo... - dissi con più nonchalance possibile.
- Credo che questa sia la mia fermata. - disse guardandosi intorno.
- Posso chiederti un piccolo favore? - chiesi prima che se ne andasse.
- Certo! Beh dipende. -
- Niente di che, soltanto se per favore esci dalla prima porta e prima di scendere saluti quella ragazza con i capelli neri e la maglietta bianca, si chiama Giulia, le spiegherò poi tutto io. -
- No problem, allora ci vediamo stasera mi raccomando! -
- Okay a stasera Pete, grazie! - esclamai mentre lui già si stava facendo largo tra quell'ammasso di persone.

 

- Ciao Giulia! - sentii esclamare da una voce che avevo già sentito ma che non riuscii immediatamente ad associare. Alzai lo sguardo ma l'uomo che mi aveva appena salutata stava scendendo. Non riuscii perciò a vederlo subito in faccia, ma quando il pullman ripartì mi girai schiacciandomi contro il vetro per cercare di riconoscerlo. Un momento, era forse Pete Wentz?!

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