The back-up plan

di TheSecretKey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** termometri ***
Capitolo 2: *** i capelli rossi no! ***



Capitolo 1
*** termometri ***


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Daidaidai, muoviti! L’aero sta partendo e io non posso uscire fuori con te, se non ti decidi cosa cavolo fare,” grugnì esasperata Martina. Stritolava quell’affarino nelle sue mani e digrignava i denti.
Tre minuti spesi a camminare avanti e indietro nell’angusto spazio della toilette dell’aereo,  a tartassare un malcapitato test di gravidanza, erano bastati a renderla nevrotica. E se il test non le avesse rivelato entro breve un misero positivo o negativo, poco importava perché un quarto d’ora prima aveva minacciato la commessa della farmacia dell’aeroporto di venderle sei confezioni di test. Insomma se il primo avesse fatto cilecca, almeno uno degli altri cinque le avrebbe rivelato la verità. Già, perché l’incosciente aveva pensato bene di darci dentro, alcuni giorni prima, con il suo ragazzo storico e, perché no, provare ad avere un bambino, smettendo di  prendere la pillola. Se non fosse successo il finimondo a casa sua, forse, a quest’ora, non starebbe pregando inginocchiata sul water di non avere un figlio dalui. Certo, il figlio lo desiderava già da molto ormai, ma non più con lui!
Muovitimuovitimuoviti,” ripeté in continuazione con le mani giunte e la testa bassa, sperando che qualcuno lassù ascoltasse le sue preghiere. E proprio quando alzò la testa con gli occhi serrati, pronta ad affrontare le terribili conseguenze di quell’assurda scopata – ma pur sempre degna di entrare nella storia –, una scossa violenta attraversò l’aereo e la fece sobbalzare all’indietro. Di conseguenza, il malcapitato test, che cadde dalle sue mani, planò sul pavimento e scivolò sotto lo spiraglio della porta, fermandosi fuori dalla sua portata. Maledetti ingegneri d’aerei che non sanno nemmeno come diavolo si costruiscono delle porte del bagno, pensò Martina mentre si rialzava da terra e faceva alcuni respiri profondi prima di uscire dal bagno.
Calma e sangue freddo, ora vado fuori, raccolgo il test e lo guardo. Poi, se è  positivo mi butto giù dall’aereo in volo. 
Se è negativo, mi godo in santa pace il viaggio.
Detto ciò, Martina aprì la porta con decisione e cominciò a guardarsi intorno con circospezione, fino ad inginocchiarsi per terra e rovistare ovunque nei dintorni alla ricerca del test.
Ricordati, Martina, sangue freddo. Non può essere sparito nel nulla.
Dava le spalle ad una parete, di fronte a lei ve ne era un’altra, e ai due lati si accedeva alla cabina del pilota e alla seconda classe. Non poteva essere andato lontano, neanche se avesse avuto un paio di gambe…
All’improvviso si ritrovò ad osservare un paio di Nike air shox nere striate di bianco.
“Ciao, stai cercando questo?”
Aveva parlato un ragazzo che in quel momento la sovrastava, e in mano aveva il suo test. Continuava a rigirarselo tra le mani osservandolo con accurata perizia.
È un test di gravidanza, hai finito di guardarlo?, si chiese sarcasticamente Martina, che aveva allungato una mano per sfilarglielo. Ma dovette ritirarla perché si rese conto che sarebbe apparso come un grosso gesto di maleducazione.
“Era un termometro, vero?” chiese osservando Martina ancora semidistesa per terra, la quale era però assortita a capire il significato di “era” nella domanda del ragazzo. Cosa vuol dire era? Non starà mica insinuando che… “Si è rotto. Mi dispiace tantissimo,” ammise portando distrattamente una mano dietro al collo, come a voler proteggere se stesso. “Stavo andando a parlare con una hostess quando, beh, questo termometro di plastica è uscito dalla porta del bagno e l’ho calpestato.” Con una certa difficoltà finì il suo discorso. “Non si può riparare, lo screen si è spaccato. Penso… penso sia da buttare.”
Martina pensò che non valeva la pena arrabbiarsi. Appena il ragazzo se ne fosse andato, sarebbe ritornata in bagno con le sue cinque confezioni di test, che però – da deficiente! – aveva lasciato in valigia.
Ehi, ripensandoci mi ha fatto un favore. Meglio restare nel dubbio…
Si rialzò lentamente, rassettandosi la gonna a pieghe e il dolcevita di cotone alla bell’e buona, e osservò il ragazzo che doveva probabilmente essere all’ultimo anno delle medie. Portava un taglio alla moicana, molto corto, senza creste superflue e aveva due occhi penetranti, di un intenso blu oceano. Era un normalissimo ragazzo, come tanti altri, vestiva come gli altri ed era molto impacciato, vuoi il piccolo incidente col test/termometro o la tipica goffaggine degli adolescenti.
“Sì, è mio. Tranquillo era usa e getta,” tentai di chiudere il discorso. “Grazie per non essere scappato via comunque, sarei impazzita se non avessi saputo che fine avesse fatto.”
Non avrebbe comunque saputo fino alla fine del viaggio il risultato del test, ma ora era più tranquilla: rimanere nel dubbio era la soluzione migliore.
 “Uhm, okay…”
Vennero però interrotti dalla hostess che li raggiungeva a passo svelto, nella sua elegante mise rossa e bianca.
“Signori, siete pregati di raggiungere il vostro posto e allacciare le cinture, l’aereo è in fase di decollo,” spiegò concisa la hostess, mentre i passeggeri tornavano al loro posto. Li seguiva con lo sguardo per assicurarsi che eseguissero i suoi ordini.
“Io, ehm, devo usare un attimo il bagno. Poi vado subito a sedermi. Promesso!” disse col viso in fiamme e le braccia alzate vicino al petto in posizione di difesa.
Allora non sono l’unica che pensa che questa morde. Hostess, pff, tutte uguali.
Martina fu la prima a sedersi accanto al finestrino in una delle ultime file da tre posti passeggero, di cui uno, il più esterno era già occupato da un uomo con una ventiquattr’ore in grembo, l’auricolare agganciato alla giacca e una cuffia nell’orecchio. Si affacciò al finestrino e notò chelentamente si alzavano, prendendo quota. Era ancora troppo bassa per scorgere le nuvole e le città o interi Paesi divenire dei puntini su sfondo verde, ma presto si sarebbe lasciata tutto alle spalle.
Poi tornò composta, e proprio mentre allacciava la cintura di sicurezza, il ragazzo di prima le si sedette accanto.
“Wow, sei seduta anche tu qua?” domandò guardandosi intorno alla ricerca di altri posti liberi, nel tentativo di capire se avesse sbagliato fila.
“Posto C3, fila 4, lieta di fare la tua conoscenza,” disse Martina sfoggiando un sincero sorriso, che si rispecchiò nei suoi occhi castani simili a quelli di una cerbiatta.
“Posto C2, fila 4 è onorato di fare la tua conoscenza, signorina C3,” sorrise anche lui. “Scherzi a parte, sono Martina, in migrazione verso un nuovo continente!”
“Piacere, io sono Eric, tredicenne disperato che rompe termometri…” “Sarà un vero spasso viaggiare con te, Eric,” disse Martina, pronta a dare una nuova rotta alla sua vita.
 
 
 
 
Ake&Syl’s corner
 
Saaalve gente! Piaciuto il primo capitolo? Io e Syl speriamo di si.. ci tenevo a ringraziare soprattutto Nessie efp che ha gentilmente beatato e ha dato consigli utilissimi senza ai quali ora sarei persa; e anche Io Narrante efp ovviamente, che ha creato il meravilioso banner.. ma quanto è brava?! E’ la prima storia che scriviamo insieme la ff è ispirata al film The back-up plan, meglio conosciuto come Piacere sono un po’ incinta. Spero che continuiate a leggere in tanti e che possiate divertirvi! A presto :**

 
  

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Capitolo 2
*** i capelli rossi no! ***


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CAPITOLO 1
 

 
 
 
Ad una settimana dall’arrivo nel nuovo Paese, Martina aveva deciso di prendere in mano le redini della sua vita, giungendo alla conclusione che le x rosse scandite regolarmente ogni ventisei giorni sul calendario, dovessero sparire drasticamente. Era una nuova svolta per la sua vita, intraprendente, certo e per molti versi, ad occhi esterni, insensata. Perché Martina allora voleva un figlio? Per vantarsene come un gioiello con le amiche? Era un riflesso incondizionato della sua mente che, come un campanello d’allarme, la avvertiva che la soglia dei trenta era pericolosamente vicina? Neppure lei sapeva spiegarselo probabilmente, ma era certa ormai che avrebbe tentato quell’ultima possibilità.
La sua ultima spiaggia.
L’inseminazione artificiale.
All’epoca della sua relazione - non più di una settimana prima in realtà -, all’insaputa di Marco, quell’asino del suo ex, aveva provato ad avere un bambino, smettendo, negli ultimi giorni, di utilizzare i contraccettivi prescritti dalla ginecologa. 
Per la prima volta si ritrovò a pensare all’enorme cazzata che aveva fatto e pregò i santi del cielo che gli spermatozoi di quel mulo si fossero disintegrati grazie all’alto tasso di acidità corporea che covava in quei giorni nei suoi confronti. Martina si sarebbe detestata se il figlio fosse stato di Marco. Lo avrebbe amato incondizionatamente, certo, ma per non dover affrontare la scomoda verità, pensò che dopotutto era meglio non provare a rifare il test. Anzi, da folle pensò di scacciare la possibile paternità di Marco cercando appunto, di fare un’inseminazione.
 Sono folle, completamente andata. Ma è l’unica cosa da fare, rifletté Martina, indecisa sul da farsi. Insomma, con o senza padre, avrebbe avuto quel bambino.
 
Una scelta che si rispetti va analizzata nel più infimo dettaglio, incoraggiata da persone mature e non data mai per scontato. Per questo, prima di compiere la gran cazzata della sua vita, Martina chiese consiglio ai suoi due migliori amici. Sophia, la bambina paffutella che al tempo delle scuole elementari le rubava sempre la merendina, ma che nonostante ciò era la sua amichetta preferita, ora alla veneranda età di venticinque anni era diventata una bellissima donna in carriera, emigrata all’estero per incrementare il fenomeno italiano della fuga di cervelli. Laureata infatti con 110 e lode alla Sapienza a Roma, non si era rassegnata ad un infausto destino di lavoratrice precaria, e, sfruttando i risparmi, era andata a vivere a New York pochi anni prima, trovando lavoro presso un’attività commerciale come manager dirigenziale.
L’azienda, situata nell’ampio magazzino di Macy’s all’incrocio di Madison Street e la Avenue, si occupava di abbigliamento e oggettistica per bambini, e lì Martina aveva inviato il suo curriculum, aiutata dall’amica a cercare lavoro. Inutile dire, che, in qualità di manager dirigenziale, Sophia si era sobbarcata sulle spalle il peso di quel fardello. Oltre ad assicurarle un impiego, l’amica d’infanzia le aveva fatto avere il recapito telefonico di un ragazzo che abitava in periferia, guarda caso, l’ex compagno di corsi alla Sapienza, scappato anch’egli all’estero. Precisamente, Riccardo, l’unico conoscente oltre a Sophia a New York. Era un ragazzo carino, avrebbe sicuramente attirato l’attenzione di Martina se non fosse stato così imbranato… e interessato sin dai tempi dell’università ad una sola cosa nelle donne.
Per questo sarebbero stati solo ottimi amici e buoni coinquilini.
 Sophia, ricevuta la grande notizia durante il primo turno di lavoro di Martina, evitò per poco un arresto cardiaco.
“ No dico, ma ti è andato di volta il cervello? Hai idea di tutte quelle balene che passano di qua ogni giorno, quelle che devono reggere nove mesi un fagiolo nella pancia, quelle che per nove mesi non fanno sesso… no, ci hai pensato a questo? Eh? È una disgrazia, per non parlare dell’allattamento al seno, delle colichette, le poppate, i pianti e Dio solo sa cos’altro!” esclamò portandosi le mani ai capelli biondi e scompigliati, onde evitare di fare qualche gesto più folle.
“Mi stai dando della balena per caso?” domandò stizzita Martina, con sguardo assassino.
“Se speri di portare avanti il tuo progetto mamma forever alone, allora sì, carissima. Tu. Diventerai. Una. Balena!” e dopo un respiro profondo ricominciò la predica “Ah, e non dimentichiamo che vuoi fare l’inseminazione! Assurdo, ti è completamente dato di volta il cervello.” borbottò tra sé Sophia, appoggiandosi con la schiena allo scaffale con fare rassegnato e stropicciandosi gli occhi stancamente, benché fossero solo le nove di mattina. Martina sospirò, cercando di non farsi vedere dall’amica in procinto di piangere. Si diresse precipitosamente a sedersi dietro allo scaffale di passeggini, nascondendo la testa tra le gambe e cominciò a singhiozzare silenziosamente. Odiava mostrarsi debole, lei che era sempre stata così determinata e coraggiosa. Ma Sophia proprio sembrava non capire l’importanza di avere quel figlio e il modo in cui l’avrebbe avuto.
“Ascolta Marti” disse poco dopo, quando la raggiunse e si accovacciò accanto a lei, “non metto in dubbio che sia un miracolo avere un figlio, ma questa è una decisione che va presa in due, non potrai mai sostituirti alla figura di un padre che mancherà nella vita di questo bimbo e… non lo so, sei davvero sicura di volerlo? Insomma, non guardare solo il fattore poppate-puppate, un giorno quando crescerà ce la farai a mantenere economicamente sia te che lui?”. Non avrebbe mai saputo garantire al suo bimbo un padre presente, ma sperava che l’affetto che lei gli avrebbe donato gli sarebbe bastato. E i soldi non erano un problema, avrebbe cercato i lavori più impensabili e faticosi pur di dare una vita serena a suo figlio.
“Lui verrà sempre al primo posto e, anche se sono appena uscita da una situazione complicata, sento che questo è il momento giusto” farfugliò alzando la testa dai jeans impregnati d’acqua e tirando su col naso. “O adesso o mai più, non voglio aspettare il grande amore, quello che mi cambierà la vita per avere un figlio. Io voglio qualcuno adesso, oggi, che riempia le mie giornate col suo sorriso, con la sua presenza , che… non mi abbandoni.” E mentre spiegava, Sophia le poggiò una mano sulla spalla tesa, per farle capire che lei c’era e sarebbe stata sempre al suo fianco.
“E voglio essere una madre presente che lo ascolti e ci sia sempre nei suoi momenti più bui e in quelli più belli. Forse, lo voglio anche per sopperire quella mancanza di affetto che i miei mi hanno fatto sentire. Potrà essere un motivo sciocco, o banale, ma voglio fare questo passo. E’ importante per me, mi farà maturare ed essere più consapevole delle scelte che farò”. L’amica l’avvicinò a sé per stringerla, certa che l’unica cosa di cui avesse bisogno in questo momento fosse una famiglia, un appoggio su cui fare affidamento e sia lei che Riccardo non glielo avrebbero mai negato.
“Oh, vieni qua, fatti abbracciare. Io ci sarò sempre, per qualsiasi cosa. Se avrai bisogno di sostegno, di qualcuno che ti aiuti a finire le vaschette di gelato, puoi contare su di me, non ti abbandono!” la cullò, carezzandole i capelli con gesti lenti e sicuri. “Ovviamente, non fare affidamento su di me per risolvere i tuoi conflitti ormonali da camera, per quelli può darti una mano Riki”.
“Beh, sicuramente lo chiederò a lui!” esclamò Martina di nuovo di buon umore e sorridente, asciugandosi una lacrima sulla guancia.
Andrà tutto bene, pensò rilassata e felice di aver trovato un sostegno nella sua amica.
 
Riccardo, invece, accolse con entusiasmo la novità di un bambino in arrivo; ebbe, come dire, una reazione inversa a quella di Sophia poche ore prima.
“Oh Martina, ma è fantastico! Non ci posso credere, avrai un bambino!”.
Aspetta di sapere dove abiterà questo pargoletto, si disse mentalmente Martina, sicura che per i primi mesi sarebbe rimasta da Riccardo, nella speranza che poi, il problema “casa” venisse risolto il più presto possibile. Non disdegnava la nuova abitazione, ma avrebbe fortemente voluto trovare una casa un po’ fuori dal centro abitato, con un bel giardino per far correre il bambino, spazi aperti e tanti stimoli che in un appartamento all’undicesimo piano di una palazzina di vecchietti decrepiti non avrebbe sicuramente trovato. Doveva cercare degli annunci sul giornale, poco ma sicuro.
“Ehi, ehi, frena! Non so quante siano le possibilità che da questa cosa... inseminazione, venga fuori un bambino, ok? Cioè, non sempre funziona, però lo voglio sperare”.
Ricordava di aver letto in un sito che solo il 70 % delle inseminazioni artificiali terminavano con una gestazione a lieto fine, ma avrebbe chiesto maggiori chiarimenti, l’indomani, al ginecologo presso il quale aveva programmato la visita.
“E se magari il figlio fosse di quell’ebete... com’è che si chiama? Ah sì, Marco. Che nome sciatto” farfugliò con una strana smorfia, provocando l’ilarità di Martina. “In quel caso cosa fai?” la interrogò, gesticolando con le mani in aria, per tentare di spazzare via quella possibilità che sperava non si avverasse. Ipotesi, che anche secondo Martina non era da prendere in considerazione, perché si augurava seriamente che fossero dei bradipi, quei dannati spermatozoi cerebrolesi del suo ex.
“Non ne sono sicura, ma penso che ne chiederò l’affidamento. Non voglio mentire al bambino, quando mi chiederà perché non ha un papà. Non voglio fare le cose di nascosto, se dovesse essere suo, verrà a saperlo, fine della storia”.
“Aspetta, quindi tu farai “sesso” con un ipotetico individuo dai capelli rossi e le lentiggini?”.
“Ehi, io non farò sesso con nessuno, e comunque se vuoi offrirti volontario, per me va bene”.
“Ma se non farai sesso con nessuno, allora come fa a nascere un bambino?” chiese realmente interessato Riccardo, aspettandosi sul serio una risposta.
Ma è cretino o sta scherzando?Si domandò Martina allibita.
“Lascia perdere, citrullo” disse lei, coprendosi gli occhi con le mani, ancora incredula.
“E comunque, non so se ricordi, ma sto facendo la corte alla cameriera del bar qui sotto. Se si venisse a sapere che sono un probabile pretendente alla tua..” e guardando in basso indicò distrattamente la pancia di Martina, “..Perderei tutta la mia notorietà nella società femminile. Perciò no, grazie, per questa volta passo.” Annunciò fieramente sbattendo una mano sul ripiano della cucina.
Peeerfetto, spermatozoo con i capelli rossi sul binario cinque in arrivo! E non dire che non ti avevo avvertito!”.
 
 
Ake&Syl’s corner
Buona sera girls, allora, il capitolo vi è piaciuto? speriamo beene! E’ ancora presto per capire gli sviluppi della storia, ma abbiamo una Martina che è arrivata a New York da una settimana e divorata dal dubbio, col pericolo di portare avanti una gravidanza inaspettata decide di fare l’inseminazione artificiale.. un metodo poco ortodosso di concepire, maa se ci fossimo trovate nella sua situazione, avremmo davvero avuto il coraggio di scoprire se fossimo incinta di qualcuno che non amiamo più? Forse, nell’incertezza avremmo anche noi avanzato l’idea di compire un gesto tanto insensato. Ma sarà sostenuta dai suoi amici e chissà, col tempo arriverà qualcun altro.. u.u Comunque, ringrazio tantissimo Sandra, che ha gentilmente betato il capitolo al posto di Nessie ma tornerà, tornerà.. torni, vero?!
Syl, incoraggiamo queste donzelle a lasciare qualche commentino? Non ci arrabbiamo se ci dite cosa ne pensate della storia fino ad ora, anche se fa schifo!.. no ok, magari non così eccessive, ma ci siamo capite, no? :D
Alla prossima!
 
 Ake&Syl
  

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