Every star far away

di meiousetsuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Every star far away

EVERY STAR FAR AWAY

Capitolo 1)

"Forza, apriti stupidissimo armadio! Se non ti decidi con le buone ti apro io a calci!"
La pazienza non era mai stata in punto di forza di Haruka, che detto fatto mise in atto il suo proposito tempestando lo sportello di colpi sempre più forti, finchè con un gran fracasso l'armadietto si spalancò, riversando nel corridoio il suo eterogeneo contenuto; la vecchia tuta da ginnastica piena di strappi che non aveva riconsegnato, i libri di poesie, i quaderni degli appunti, la cuffietta da piscina che non trovava più da tempo e finalmente l'elegante busta azzurra con il suo sigillo di ceralacca fiammante.
"Haruka-chan! Forza, racconta, hai trovato anche oggi una lettera del tuo ammiratore? Ti prego, raccontaci!"
"Sì, Haru-chan, dì la verità, hai capito chi è che ti scrive tutti i giorni? Diccelo!"
Le compagne si stringevano intorno a lei, con le loro vivaci uniformi bianche e rosse e le loro voci cristalline echeggiavano nei severi corridoi dell'edificio scolastico creando un piacevole diversivo.

"Dai non essere così timida, vogliamo sapere!"
"Shhh! Ragazze, piano adesso ci guardano tutti!" Così dicendo Haruka nascose la lettera dietro la schiena, sorridendo piena di imbarazzo e nel contempo impaziente che le sue amiche la lasciassero in pace e capissero finalmente il suo carattere schivo, il desiderio di restare sola per assaporare pienamente quel meraviglioso momento che attendeva tutta la giornata da ormai più di un mese. Era così presa dai suoi pensieri da non sentire il suono della campanella che annunciava la fine del primo turno di lezioni.
"Tenou Haruka, cosa significa questo? Basta, oggi invece di pranzare verrete dal Preside a spiegare perchè ogni giorno provocate tutto questo baccano... e questa roba sparsa per terra? Non lo sai che voi delle medie dovete lasciare le aule e i corridoi in perfetto ordine visto che servono per alcune nostre lezioni? Non possiamo certo perdere tempo a sistemare i guai combinati da un mucchio di ragazzine!"

"Sì, scusi, senpai, lei ha ragione, però... - Haruka si volse in direzione delle studentesse del liceo con lo sguardo glaciale che riservava da sempre alle persone per le quali nutriva disprezzo - le mie compagne non hanno colpa, sono io che le ho chiamate, quindi ne risponderò io sola!"
"Basta Yumiko -kun, ora non ti sembra di esagerare?"
La voce che proveniva dalle spalle di Haruka era gentile e ferma nello stesso tempo, ma... malgrado la reazione più istintiva fosse voltarsi per vedere a chi appartenesse, la ragazza non riusciva a muoversi.
"Che mi succede? Provo una strana sensazione che non ho mai sentito prima... è... paura! Ma perchè? Questa persona mi sta difendendo, eppure è come se la sua presenza fosse un cattivo presagio, mi sembra di ricordare qualcosa... è assurdo!"

Yumiko era interdetta, poche persone mettevano in dubbio le sue affermazioni, però una come lei che viveva secondo le regole non poteva rifiutarsi di ascoltare qualcuno evidentemente più grande di lei.
"Io ho parlato nell'interesse della scuola, ma se ritieni di potertene occupare meglio tu..."
"Non ce ne sarà bisogno, ora le ragazze sistemeranno tutto e la prossima volta faranno più attenzione, vero?"
"Sì, sì, ora mettiamo tutto a posto, facciamo subito!" Solo Haruka non si unì alle altre restando paralizzata in un silenzio assente, finché finalmente tornò in sé, e ritrovato l'uso della parola si voltò in tempo per vedere la ragazza di spalle ormai lontana nel corridoio.
"Grazie senpai, io... sei un'amica".
L'altra si fermò un momento.
"Certo, Tenou Haruka. Non potrebbe essere altrimenti. Non dispiacerti per delle sciocchezze, cerca di essere felice e divertiti ora che ne hai tempo".
"Cosa? Non capisco..."
Ma la studentessa del liceo era già andata via, come scomparendo, lasciando solo una fugace visione di lunghi capelli verde scuro.

Haruka rimase incerta quei pochi secondi che furono sufficienti a decidere se seguire quella strana ragazza e chiederle come mai conoscesse il suo nome o lasciare perdere tutto; ma sì, in fondo se l'altra voleva andare via di fretta doveva avere i suoi motivi e lei non era certi tipo da impicciarsi e poi tutto sommato si era trattato davvero di una cosa di poco conto.
Però essendo abituata a essere onesta con se stessa, non poteva fare a meno di ammettere che le fosse rimasto un pò di nervoso addosso. Durante le due ore di lezione che restavano, questo pensiero continuò ad andare e venire a sprazzi, ma quando al suono della campanella uscì per prima sfrecciando nel viale e facendo turbinare al suo passaggio le ultime foglie rosse e brune con le quali il vento autunnale aveva giocato, disponendole poi in un instabile e delicato disegno, si sentì di nuovo bene e felice.

Correre le dava sempre delle sensazioni nuove e piacevoli come se da un momento all'altro, raccogliendo tutte le sue forze in uno scatto, avesse potuto sollevarsi in aria, libera come una creatura alata.
Ma anche così andava bene e quando giunse al centro di Shinjuku*, incurante dei capelli spettinati, del soprabito che aveva tolto e che strofinava per terra, pensando alla lettera che attendeva nella cartella aumentò ancora l'andatura fino a raggiungere il grattacielo dalle pareti cristalline dove la sua famiglia occupava, fin dalla sua costruzione, gli ultimi due piani.

Haruka entrò rapidamente facendo come al solito l'occhietto alla figlia dell'uscere. Era così graziosa quella ragazzina, tanto timida e si faceva in quattro per lei, arrivando a portarle su la posta per evitarle il disturbo di prendere l'ascensore. Già, l'ascensore... trenta piani a piedi erano troppi! Stava per premere il pulsante verde, quando la porta si spalancò di fronte a lei.
"Oh, buonasera, mamma".
La donna le passò lieve a fianco avvolta dal frusciare dei suoi vestiti e da un delicato e raffinato profumo.
"Buonasera a te Haruka".
Il tono di voce non tradiva nessuna emozione particolare, ma Haruka sogghignò soddisfatta tra sè e sè mentre le porte automatiche si richiudevano mettendo tra loro una barriera argentea. La sua matrigna odiava che lei la chiamasse mamma, ma non l'avrebbe mai ammesso rischiando di rivelare agli occhi di tutti la sua assoluta insensibilità

Certo non poteva neanche dire che quella donna le rovinasse la vita; malgrado la disapprovazione che poteva leggere nei suoi occhi, come un momento prima, quando l'aveva vista rinetrare sudata, scarmigliata e trascinandosi dietro il soprabito nuovo pieno di pestate, non le aveva mai mosso apertamente dei rimproveri.
La loro convivenza era più che accettabile, però restava il fatto che nessuna poteva prendere il posto di sua madre, e ogni tanto si sentiva in dovere di farle ricordare come stavano le cose.

AVVISO IMPORTANTE! Solo in questo capitolo, sono in dovere di fare un chiarimento: se siete fan di Sailor Moon, potreste aver già letto questa storia, che ho scritto più di 10 anni fa, (e mi scuso infatti dello stile acerbo!) su di un altro sito, dedicato solo agli shoujo manga: Siì, è la stessa, già pubblicata a mio nome, o meglio, mio nickname, Meiou Setsuna, col mio assoluto consenso, da due amiche autrici del sito. Hprovveduto ad avvisare l'amministrazione di EFP precedentemente, quindi tutto è regolare! Vorrei evitare il disturbo di rileggerla, se la state riconoscendo, è uguale! GRAZIE!

* Shinjuku è il più elegante ed esclusivo distretto di Tokyo
Alcune regole scolastiche sembreranno assurde, ma la storia si svolge nel 1992, e ho avuto una consulenza riguardo le scuole di alto livello di quegli anni, c'erano ancora dei limiti che ora sono superati

Ex Capitolo 2)

Il numero 29 si accese per un breve istante e un attimo dopo Haruka fu a casa: si tolse le scarpe al volo e andò di filato in camera sua. La stanza era grande e confortevole con la sua tenda blu drappeggiata intorno all'ampia finestra.
"Allora! Apriamo la busta, ecco... Ah! - gli occhi le bruciavano come per la febbre - ma chi, chi può essere? Chissà se è un bastardo che se la ride alle mie spalle... no, non è possibile che sia così, sento che ho ragione ma perchè mi scrive delle lettere così meravigliose e non dice il suo nome, perchè?"
"Haruka, anche oggi mi sei passata vicino sorridente come un raggio di sole, trasparente come un alito di vento, tanto che ho pensato che se avessi avvicinato una mano per sfiorarti l'avresti attraversata prendendoti gioco di me..."
"Ahh!" Con un sospiro, Haruka si buttò sul letto stanca ed emozionata e preda di sentimenti forti e contraddittori.

'E dire che quando l'anno scorso ho iniziato le scuole medie mi prendevano tutte in giro perchè ero l'unica a non fare il filo a qualche ragazzo! I cioccolatini di San Valentino, gli urli isterici alle partite... uff! Stupidaggini, io non sarò mai così ridicola! E quella sciocca di Yuki che diceva che la fissavo quando ci spogliavamo in palestra, e... - un'ombra si dipinse nei suoi occhi profondi - sì, forse. La guardavo. Guardavo quella ragazza in un modo che non avrei dovuto. Ma che importa, a tredici anni capita di essere confuse e fare qualche strano pensiero, ma ora so che non è così; tanto meglio'.
Haruka era immersa nei suoi ricordi, la morte di sua madre avvenuta due anni prima e poco dopo il secondo matrimonio di suo padre con una donna ricchissima che potesse essere d'aiuto nel mantenere le tradizioni di famiglia; l'ingresso nella nuova scuola, visto che fare dispetto alla sua matrigna aveva voluto iscriversi per le medie nella scuola pubblica del suo quartiere; l'istituto era misto, ma le classi erano separate e il sospetto che le piacesse anche troppo osservare le sue compagne più carine ridere leggermente tra loro e muoversi in modo aggraziato con le loro uniformi nuove... certo che lei si sentiva poco a sua agio con quei fiocchetti e la gonna a pieghe.

E poi la sorpresa di quella prima lettera e quella doppia di trovarne un'altra il giorno successivo e ancora e poi ancora. Sorrise.
Adesso la gonna non le dava fastidio... forse solo per correre ma le faceva piacere sentirsi femminile, mettersi anche un pò di lucidalabbra rosa, pettinarsi bene, anche se gli sguardi eloquenti che i ragazzi le riservavano dopo il suo cambiamento la infastidivano molto spingendola a preferire comunque tenute sportive per uscire la sera e riservare la gonna per la scuola, dove era evidente che lui la vedeva ed era proprio lui l'unica persona della quale le importasse.
Aveva già provato almeno dieci volte a ripassare l'elenco di tutti quelli che conosceva almeno un pochino, ma non riusciva a trovare un minimo indizio per sospettare più uno che un altro. Le sue meditazioni furono interrotte da un lieve bussare.
"Avanti".
"Haruka-san, suo padre desidera parlarle nella sua biblioteca. Posso rispondere che andrà subito?"
"Non c'è bisogno Azusa, vado io".

Fu al piano di sopra in un lampo e prima di annunciarsi si lisciò automaticamente le pieghe del vestito.
"Sono io."
"Entra pure". Takeshi* Tenou era ancora un bellissimo uomo, ma somigliava poco alla figlia se si escludevano gli occhi di quel particolare verde-azzurro, ma anche li la similitudine finiva col colore; i suoi erano avidi e maliziosi, tanto che Haruka finiva spesso per ascoltare i suoi discorsi tenendo le palpebre quasi chiuse, con lo sguardo diretto verso i complicati disegni del tappeto che suo nonno aveva riportato da un viaggio in India.
"Babbo, potresti spegnere la sigaretta?"
"Ah già, dimenticavo - Takeshi storse le labbra in un sorriso freddo, mentre schiacciava il mozzicone nel posacenere di marmo - la mia figlia salutista. Ascolta Haruka, è un pò che non mi chiedi del denaro, ora sei grande, avrai bisogno di varie cose, bei vestiti, andare a cena in un locale di classe con i tuoi amici. Tieni".

Staccò un vistoso assegno e lo depose con noncuranza davanti a lei, poi prese qualcosa da un cassetto.
"Per te. Le chiavi del tuo motorino".
"Oh grazie, babbo, grazie! - Haruka si era illuminata di gioia mentre stringeva forte tra le mani il suo preziosissimo regalo- credevo che non me lo avresti mai comprato visto che..."
"Haruka! Ti ricordo che guidare a dodici anni il motorino dei tuoi amici senza il patentino è stato estremamente stupido e quindi indegno di un appartenente alla nostra famiglia. Non credere che io ci sia passato su. Però voglio darti fiducia. E tu mi ripagherai, credo".
Oh no. Conosceva bene quel tono di voce. Ora stava per dirle qualcosa di estremamente sgradevole e quello era lo zuccherino per mandare giù un boccone molto amaro. Strinse le braccia per proteggersi in un gesto che le era caratteristico.
"Ti ascolto".

"Bene, perchè desidero che tu non mi interrompa. Oggi è tornato a casa tuo fratello - un lampo scintillò negli occhi di Haruka dando loro un riflesso duro - è stato cacciato dal college per motivi che non voglio discutere questa sera. Comunque è qui, sta con tua madre, ora".
"Tua moglie non è..."
"Silenzio! Mi sembra che la chiami così, o devo pensare che ci sia dell'ironia nelle tue parole? Molto bene, vedo che non hai niente da rispondere. Sai benissimo che Aki** ha un'indole particolare, insomma dei nervi molto fragili, però come mio unico figlio maschio deve imparare a ricoprire il mio ruolo; ma devo ammettere che hai più carattere di lui e proprio per questo mi aspetto che sia tu a mettere un freno a quei vostri litigi infantili e stupidi; niente scenate e soprattutto niente violenza, non so se sono stato chiaro. Questo è tutto".
Il corpo di Haruka tremava di collera repressa come se volesse spezzarsi da un momento all'altro e solo il suo grande orgoglio fece si che potesse trattenere le lacrime di rabbia. Il primo impulso fu di tirargli in faccia le chiavi e stracciare l'assegno in mille pezzetti, ma si controllò. Perchè dargli questa soddisfazione?
Suo fratello non sarebbe scomparso ugualmente, invece lei avrebbe potuto andare a correre col mototrino tutti i giorni dopo la scuola, e quindi incontrarlo il meno possibile. Sì, era l'unica soluzione ragionevole.

"Ho capito. Non sarò io a cercare nessuna lite".
"Siamo d'accordo allora. Vai adesso, devo completare dei documenti". Haruka uscì dalla stanza quasi senza fare rumore scomparendo il più velocemente possibile, infuriata, sì, anche con se stessa per non essere riuscita ancora una volta a prendere le cose più alla leggera. Mentre tornava al piano di sotto, verso la sua stanza, si asciugò il sudore che le aveva imperlato la fronte col dorso della mano.
"Vedo che non hai ancora impararto le buone maniere! Tieni - una mano curata ed un candido fazzoletto si pararono davanti agli occhi esterrefatti della ragazza - non mi dai il benvenuto?"

Note Autrice: Il nome Takeshi*, 剛志 significa "forte samurai". Il nome di Haruka,che non viene mai scritto in kanji, potrebbe essere Haru-Kaori, "profumo di Primavera", oppure Haru- Kaze, "vento di Primavera"... comunque la Primavera c'è! Quindi ho scelto di chiamare il fratello Aki**, cioè "Autunno", nome correntemente in uso. Questo personaggio è originale e come tale mi appartiene.

Vorrei ringraziare tantissimo Skullrose per aver preferito la storia, e Shadow_84 per averla inserita tra le seguite, e naturalmente i 62 lettori (credo lettrici!) silenziosi. A presto!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Documento senza titolo ex Capitolo 3)

Ad una prima osservazione le somiglianze erano evidenti; la linea delicata del naso e dell'ovale del viso, i capelli fini e sottili, la linea slanciata. Ma era pressochè impossibile indovinare che si trattasse di gemelli eterozigoti. Difatti, se Haruka aveva un sorriso aperto, il fratello rivelava invece una bocca di taglio sottile in tutto simile a quella del padre, capelli di un biondo pallido e degli occhi grigi e acquosi nei quali le emozioni erano raramente decifrabili.
Ma era proprio l'argento di quelle iridi che lei non poteva sopportare, lo stesso che splendeva nel volto intenso e triste di sua madre. Per uno scherzo del destino, guardandosi potevano leggere l'uno nell'altra l'anima di uno dei loro genitori intrappolata in un involucro che non le apparteneva.

"Bentornato Aki, mi hai spaventata - accennò un sorriso - e grazie, ma questo tipo di buone maniere non è nel mio stile".
"Ah, che bugiarda! Lo so bene che non hai avuto paura, ti ho solo irritata da morire". Lei mantenne un perfetto controllo; il primo che avesse dimostrato apertamente il suo nervosismo avrebbe perso.
"Non dire sciocchezze, sapevo che eri qui. Anzi ti dirò una volta per tutte che non ho voglia di ricominciare a litigare. Due anni fa eravamo bambini e dopo la morte di mamma... è stato quello che è stato. Adesso è passato. Possiamo essere amici, non pensi?"
"Oh, sì! Anch'io non avrei davvero motivo di avercela con te. Basta che sia chiara una cosa - la voce di Aki divenne un bisbiglio mentre si avvicinava all'orecchio della sorella - tu non invadi, come posso dire... il mio campo di competenza; i soldi che voglio chiedere al babbo e alla mamma, come voglio spenderli, anzi più precisamente con chi. Da parte mia non ho bisogno d'altro, m'importa solo che tu sia cieca muta e sorda. E naturalmente anch'io chiuderò un occhio su tutte le tue faccende, mia cara. Lo chiamerei un accordo onesto, Haruka-chan".

Come aveva potuto credere che fosse cambiato? Non era certo per affetto che la chiamava così: era il suo modo ipocrita di ricordarle che era stato lui a nascere venticinque minuti prima e tutto ciò che questo comportava in una famiglia conformista come la loro. Ma era troppo intelligente per cadere in una trappola così ingenua. In quanto all'altra faccenda non lo giudicava affatto, anzi il parallelo tra lo svanire dei suoi soldi e l'intensificarsi della frequentazione di casa da parte dei suoi amichetti, fin da quando avevano poco più di dieci anni, le aveva sempre fatto pena. Quel ragazzo non sapeva cosa fosse un sentimento vero.
"Per me va bene, Aki - oniisan". *
"Oh! Quanto rispetto! Sai, a volte provo una sincera ammirazione per la tua ironia, di solito le donne ne sono alquanto prive... ma tu sei speciale. Dopo tutto sei mia sorella".
"Toglimi solo una curiosità. Cosa hai raccontato per giustificare la tua espulsione?"

"Uhm... vedo che non posso imbrogliarti. Ma nostro padre non crederebbe mai a qualcosa di così tremendo sul suo figlio adorato - Aki calcò con compiacimento le ultime tre parole - quindi ha preso per oro colato la mia storia sul giovane professore che, avendo ricevuto da me un secco rifiuto, si è inventato per vendetta di avermi trovato con un ragazzino di una classe inferiore, che orribile menzogna! L'ho convinto nella mia bontà a non fare causa all'Istituto e tutto verrà insabbiato al più presto. Ho sempre avuto questo tipo di talento".
Haruka era profondamente indignata. Questo era ingiusto, non le importava della sua vita intima ma non potevano essere altre persone a pagare per lui.
"Sei solo un vile, Aki, forse lo sai già, e non ti dispiace affatto. Solo ricordati che non farai nulla del genere qui. Al primo accenno, il nostro patto è rotto e non risponderò delle mie azioni!"

"Calma, calma. Sempre pronta a prendere fuoco, paladina delle cause perse! Avevo già deciso di tenermi fuori dai guai; niente in contrario se frequento qualcuno della mia età, spero. E comunque - Aki serrò all'improvviso il polso di Haruka in una morsa provocandole una fitta acuta - non è una saggia idea sfidarmi. E ho la tua parola, so quanto ci tieni, poi conviene anche a te che..."
All'inizio non riusciva a capire cosa fosse successo. Come mai si ritrovava a guardare l'altro lato del corridoio e sentiva una specie di formicolio tramutarsi in un bruciore intenso? Ah, sì. Sua sorella l'aveva colpito con la mano libera con tutte le sue forze, così veloce che non aveva potuto intuire il movimento. Maledetta.
"Io non ho niente da nascondere, verme! Ho cercato di venirti incontro, ma con te è impossibile! Una verità però l'hai detta; ho promesso, finchè non farai nulla di nocivo ad altri, in caso contrario, non temo affatto le tue stupide minacce".
"Ricorda quello che ti dico adesso, Haruka. Tutti abbiamo un segreto. Scoprirò il tuo e quel giorno sarò io a farti piangere. Ma sono sportivo e per il resto anch'io rispetterò il nostro accordo".

La cena fu un vero supplizio, era così stanca di finti sorrisi che le dolevano i muscoli del viso. Finalmente potè chiudersi in camera sua, accendere lo stereo, e quando fu certa che nessuno potesse sentirla scoppiò in un breve pianto liberatore. Quella giornata cominciata così bene, era terminata nel peggiore dei modi. Si era fatto tardi, e nel giro di pochi minuti si addormentò profondamente, affranta dallo stress.
Che strano sogno... fluttuava nell'aria, sempre più in alto, fino a librarsi sopra la città, poi sulla terra, che diventava piccola piccola. Ed ecco nel buio dello spazio lontano accendersi le stelle e poi una luce azzurra, anzi blu elettrico e lei ne era avvolta strettamente, come se la proteggesse e la vestisse di qualcosa di impalpabile, sembrava polvere d'ali di farfalla. Era una sensazione di benessere, di liberazione.

Ma sentiva anche un vuoto in fondo al cuore, l'impressione di aver perso qualcosa di fondamentale. Poco dopo un'altra luce, che era semioscurata, aumentò d'intensità e ben presto, malgrado la distanza, quel chiarore di un pallido celeste si avvicinò sempre più velocemente, fino a che le particelle più esterne delle due sfere luminose presero a danzare insieme.
E lì, al centro di questo corpo astrale si stagliava una sagoma incerta. Man mano si fece più netta fino ad assumere una forma femminile, con i capelli che si confondevano col colore che li circondava. Un'inspiegabile nostalgia e desiderio la attraevano verso quella apparizione, ma per quanto si sforzasse non poteva uscire dalla sua zona. La disperazione stava per impadronirsi di lei quando, da una lontananza incalcolabile, più rapidamente di prima, una terza fonte di energia si approssimò alle precedenti. La figura che si trovava al suo interno era visibile in modo più limpido, però la sua presenza le comunicava solo un senso di familiarità.

La donna, che era attorniata da una luce di un verde molto più cupo, le voltava le spalle, ma si poteva udire la sua voce.
"Haruka, tu non dovresti fare questo sogno. È troppo presto e vedere cose che non sei ancora in grado di comprendere può farti soffrire inutilmente. Noi non ti abbiamo chiamata ma la tua forza è grande e ci stai trovando da sola nelle profondità della tua memoria. Non cercarci ora. Quando passato presente e futuro si condenseranno di nuovo in un solo attimo, allora ti accorgerai di conoscere già tutte le risposte. È il tuo destino che correrà incontro a te, non bruciare i tempi, non spezzare gli equilibri. E ora - la ragazza girò di scatto il viso verso di lei- svegliati, Haruka!"

* Oniisan, è il "signor fratello maggiore"

Angolino autrice&ringraziamenti:

Grazie a Julia98 per la tua recensione, a Skullrose per aver inserito la storia tra le preferite, ed a Fragile Guerriera (che bel nick!), Julia98, Plvssll2010, e Shadow84 per stare seguendo, e naturalmente a quei 54 lettori (direi sempre, lettrici!) che hanno letto sia il primo che il secondo capitolo!


ex Capitolo 4)

Obbedendo a quell'arcano ordine i suoi occhi si spalancarono e lei si ritrovò seduta nel letto. Fuori albeggiava. Che diavolo, non aveva mai fatto un sogno tanto realistico, se il termine non fosse stato così fuori luogo; aveva l'impressione che si sarebbe rivelato terribilmente importante.
Ma soprattutto era certa che contenesse un'informazione molto interessante. Certo! La voce! La voce che le echeggiava ancora nella testa apparteneva indiscutibilmente alla misteriosa compagna di scuola che l'aveva appoggiata il giorno precedente. Non poteva sbagliarsi, dimenticare questi dettagli. Pian piano richiamò alla mente il volto del sogno; era stato solo un secondo ma un particolare lo ricordava bene, degli intensi occhi fiammeggianti che sarebbe stato difficile credere appartenessero a un essere umano. Era il caso di controllare quella mattina stessa e se la sua supposizione si fosse rivelata esatta, avrebbe ottenuto una spiegazione a tutti i costi.

Il freddo era più pungente che nei giorni precedenti, il cielo maggiormente velato da nuvole grigie, ma Haruka, che stava provando il suo motorino nuovo, non notò tutte queste trasformazioni. Si sentiva meglio, dallo scoraggiamento era passata alla ricerca di una soluzione; per carattere affrontava al più presto ogni problema che si presentava. Giunta al cancello della scuola, non potè resistere alla tentazione di fare il suo ingresso su una ruota sola, sollevando polvere tutt'intorno.
"Hai una motocicletta!"
"Haru-chan sei bellissima su questo motorino blu, solo tu potevi osare di entrarci a scuola!"
"Mi fai fare un giro con te?"
"Certo ragazze, se volete nell'ora di ricreazione vi porto a turno a fare una corsetta, va bene?"

"Oooh, grazie, Haruka-chan!" Parcheggiò il suo amato mezzo di trasporto, assicurandolo bene con la catena e raggiunse l'aula giusto sul suono della campanella. Per tutta la mattina, cercò invano di concentrarsi sulle diverse materie, ma le parole degli insegnanti le giungevano in modo intermittente, frammezzate dal suono dei suoi pensieri. Le ore parevano secoli, ma alla fine fu annunciato l'intervallo del pranzo; pochi secondi dopo, l'armadietto venne aperto, questa volta al primo tentativo e l'agognata lettera passò nelle sue mani.
Haruka tirò un sospiro di sollievo; la sera prima si sentiva così depressa da temere superstiziosamente che da quel giorno tutte le cose che la rendevano felice potessero finire all'improvviso. E ora restava la seconda missione, rintracciare la ragazza del sogno. Cercando di non dare nell'occhio scivolò veloce verso la mensa riservata alle liceali. No, non si trovava li, l'avrebbe notata subito. In compenso c'era quella odiosa Yumiko, l'unica che potesse aiutarla; decise che il buon fine della sua indagine valeva una piccola umiliazione.
"Yumiko-san, scusi se la disturbo durante il pranzo". Il silenzio si sarebbe potuto tagliare col coltello. Nessuno in quasi due anni aveva visto Haruka Tenou fare un inchino, se si escludeva il breve cenno della testa all'entrata dei professori. La stessa Yumiko non si capacitava, tanto da perdere la ghiotta occasione di mettere a posto quella ragazzina.
"Co... cosa vuoi?"

"Mi chiedevo se poteva dirmi il nome di quella sua amica che è passata ieri durante, uhmm... l'incidente... ha lasciato cadere un orecchino e vorrei restituirglielo". "Non è mia amica, non ho la minima idea di come si chiami".
Una viva delusione si dipinse sul volto di Haruka, tanto che le altre, comprensivamente, la chiamarono a sedere con loro.
"Ci dispiace, non possiamo aiutarti, nessuno la conosce! L'abbiamo vista la prima volta ieri... forse è una nuova".
"No, io ho aiutato a trascrivere sui registri le iscrizioni del trimestre e c'erano solo tre del primo anno, si vede che è più grande".
"Non pratica nessuno sport, sarebbe passata a ritirare il tesserino, ho raccolto io le adesioni".
"Non l'ho rivista".
"Nell'intervallo non passeggia nel parco".
"Non l'ho mai vista". Assurdo.
Se glielo avessero raccontato avrebbe stentato a crederci.
Una perfetta estranea, che sapeva il suo nome e cognome, si era introdotta come niente fosse nell'Istituto, procurata un'uniforme e girando disinvolta nei corridoi era sopraggiunta al momento giusto per evitare che accompagnandola in presidenza scoprissero la lettera che teneva apertamente in mano e come se non bastasse si era eclissata con sicurezza nella direzione dell'uscita. Naturalmente c'era la possibilità che nel dormiveglia avesse rielaborato queste impressioni creando quella bizzarra visione, ma sentiva che le cose stavano diversamente. Non aveva mai creduto alle coincidenze ed il sogno continuava ad ossessionarla.

Di arrendersi non se ne parlava neppure, però decise di evitare di crearsi problemi supplementari alimentando le sue ansie. Prima o poi la verità sarebbe affiorata in modo spontaneo, era un processo inevitabile.
Ragionando tra sé e sé raggiunse casa, si precipitò all'interno dell'ascensore scordando per la prima volta di salutare la sua piccola amica e arrivata al 29° piano aprì la porta togliendosi le scarpe, quindi entrò senza far rumore per non segnalare la sua presenza. Cosa stava facendo? Una vampata le arrossò il volto. Si stava nascondendo, temeva di incontrare suo fratello. Mai! Si vergognò tantissimo di aver nutrito un sentimento così avvilente, e sbattendo la cartella per terra, salutò a gran voce.
"Sono tornata!"
Pochi istanti dopo, l'uscio di una saletta sembrò socchiudersi da solo.
"Vieni, pure, Haruka, stiamo prendendo il tè."
La voce solitamente incolore della matrigna aveva un'inflessione più dolce; d'altronde, non aveva mai fatto mistero della sua preferenza per il figliastro, che la blandiva con moine e false affettuosità. Tanto valeva cercare di prendere le cose per il verso buono e al limite, come in ogi farsa che si rispetti, mettere tutto al ridicolo. La invitavano al loro gioco? Avrebbe giocato.
"Bentrovata, mamma, e anche a te, Aki-san".

Un barlume di malizia attraversò lo sguardo del ragazzo e un sorrisetto crudele scoprì in un angolo della bocca i denti candidi. Aveva capito ancora prima che emettesse un suono, gli era bastato scorgere l'espressione composta di lei nell'affacciarsi sulla soglia. Poteva rivelarsi divertente.
"Figlia mia, devo dire che il ritorno di tuo fratello ha un buon effetto su di te. Mi sembra che col suo esempio diventi più calma e gentile, forse hai bisogno di avere intorno delle figure forti che sappiano indicarti come comportarti".
'Stupida!'
fu il muto commento.

In quanto a fornire una risposta menzognera, preferì tacere, guardando fissamente il basso tavolino da tè invece di incontrare il ghigno di Aki, che certamente se la stava spassando un mondo.
"Madre cara, posso versarti ancora da bere?"
"No, grazie, una tazza è sufficiente per me".
"Allora, Haruka-chan, permettimi di servirti, sarai stanca dopo una giornata a scuola, siediti, preparerò tutto io".
"Ti ringrazio".
Così non andava... Haruka era tesa e si stava pentendo di aver intrapreso quella recita per amore dell'armonia familiare, si sentiva già nauseata dopo soli cinque minuti, in particolar modo constatando il poco lume intellettuale di quella donna che osservava con evidente approvazione la loro, a dire il vero, poco convincente messa in scena. Fu il suo sangue freddo a impedirle di lanciare un terribile urlo di dolore, ma nel serrare i denti si ferì un labbro e il gusto dolciastro del sangue ben presto le riempì la bocca, mentre i suoni le giungevano attutiti dalle fitte lancinanti che le martellavano le tempie.

 

Vorrei ringraziare le carissime Julia 98 e Amearize, per aver recensito, e Sadow84, Fragile Guerriera, Plvssll2010 che seguono la storia, Skullrose per averla inserita tra le ricordate... e non di meno le 50 amiche che continuano a farmi l'onore di leggere...siete preziose!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Documento senza titolo ex Capitolo 5)

"Aki, avresti dovuto prestare più attenzione, hai messo a rischio tua sorella".
"Oh, perdonami, Haruka-chan, non so come sia successo, volevo versarti l'acqua finchè era bollente e non ho visto il coperchio della teiera aperto... mi dispiace tantissimo - una nota bramosa guizzò nella sua voce - ti ho fatto molto male?"
"No, per fortuna la gonna dell'uniforme è di stoffa pesante e ho anche i calzettoni... certo mi sono scottata, ma basterà un pò di crema, ce n'è sempre a casa". Resistette eroicamente, ricacciando indietro le lacrime mentre la matrigna ordinava alla cameriera di portarle la cassetta del pronto soccorso e Aki le si affaccendava intorno.

Ce la fece a raggiungere la sua stanza lamentandosi solo un pochino, ma rimasta sola crollò sul pavimento senza fiato. Sollevò piano l'abito; realmente il tessuto di lana aveva parzialmente ostacolato il getto dell'acqua, altrimenti la gamba sarebbe stata gonfia, invece aveva solo una brutta ustione, ma neache la sentiva, paragonata alla sofferenza che c'era nel suo cuore.
Il motivo per cui si accorgeva di piangere, era che stava inghiottendo le lacrime. Perchè, perchè nessuno capiva le sue buone intenzioni? Quella era la stupida rivalsa per lo schiaffo della sera precedente. Non doveva subire ancora. Qualcuno era stato maltrattato, lei, ora poteva ritenersi libera dalla promessa. La faccenda andava chiusa una volta per tutte.
"... e senza farmene accorgere... oh! Non sarebbe carino bussare prima di entrare? Sto parlando..."
Haruka gli strappò violentemente il telefono dalle mani, aprì la finestra e lo lanciò sul tetto dell'edificio accanto.

"Questo per evitare di distrarti! E ora apri bene le orecchie, perchè ti chiarirò come stanno le cose. Questo è l'ultimo scherzetto che fai, mi hai dimostrato chiaramente che il nostro patto era una buffonata per te e credevi di tenermi in pugno menre agivi a tuo piacimento! Hai esagerato, dovevi essere più furbo. Da adesso in poi pretendo la massima correttezza, in caso contrario, provvederò a ricordartelo - prima che Aki potesse accennare una reazione, Haruka lo sollevò di peso dalle spalle e lo sbattè furiosamente contro la parete - e non pensare di ricattarmi... se la nostra famiglia soffrirà nello scoprire che persona sei veramente, è un tuo problema, io non esiterò. E rispondimi!"
Presa dalla rabbia, alzò una pesante sedia per scagliargliela addosso.
"Fermati, non farlo! - Aki non era un ragazzo delicato fisicamente, anzi atletico come la sorella, ma temeva di restare ferito sul viso - Hai ragione, oggi ho sbagliato, non si ripeterà, te lo giuro!"
Lei poggiò la sedia a posto, girò la maniglia, imboccò la porta.
"Io non ti odio, spero che questo tu lo capisca".
Aki si rialzò con calma, riflettendo in silenzio.
"Fai male a non odiarmi, Haruka; ti darebbe la forza necessaria, invece ti senti così nobile, così dannatamente superiore - lanciò un'occhiata verso l'attacco del telefono che penzolava tristemente dal muro - io spezzerò queste certezze e quando avrò finito con te, neanche tu stessa ti riconoscerai. Hai sbagliato a sottovalutarmi, piccola intrigante".

Una doccia tiepida era quello che ci voleva. Haruka si rinfrescò facendo attenzione a non bagnare la gamba fasciata, ma non riusciva a rilassarsi; si rendeva conto di aver creato un implacabile nemico, ma a poter tornare indietro l'avrebbe rifatto. Le carte erano state scoperte da parte di tutti e due e pur intuendo che lui non avrebbe seguito un gioco leale, senza l'ostacolo di mantenere in superficie una finta armonia, poteva difendersi senza difficoltà. E finalmente la tanto sospirata lettera. Le dita le tremavano di felicità, e avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre.
"Tu sei dovunque, nell'aria che respiro, nei ricordi di una sera d'estate, tra pagine non ancora scritte. Mi parli attraverso ogni cosa bella e da voci diverse e in modi nuovi, riconosco sempre la parola Amore".
Sì, era giusto, la vita non poteva consistere solo in una dura lotta, e quella era la sua ricompensa. Si addormentò tranquilla come una bambina con la lettera sotto il cuscino.

In quell'ultimo mese, le cose parevano andare meglio. Suo fratello non l'aveva più provocata, forse tornare a scuola l'aveva distratto, ma la loro fredda cortesia era solo una maschera che ricopriva un antico astio pronto ad esplodere con la prima scintilla. Questo pensiero l'abbandonò per lasciare posto alla gioia, mentre ritirava la nuova lettera.
"... il manto della notte sta scendendo a offuscare il sole che tramonta, ma questo spettacolo è solo la pallida imitazione delle tue ciglia quando ombreggiano i tuoi occhi radiosi. Giove, Signore del Cielo, questa sera è acceso dai raggi lunari e sembra volersi fare così vicino, come per vegliarci..."
Qualcosa non andava. La mente pronta di Haruka registrò immediatamente un'anomalia; apparentemente non c'era nulla di strano, lo stile era il solito del misterioso mittente, ma... sì! Ecco cos'era!
Ricordava benissimo, qualche settimana prima la professoressa di scienze li aveva invitati a guardare, quella notte, un interessante fenomeno visibile a occhio nudo, che si ripeteva una volta l'anno; la congiunzione di Giove con la Luna! Quella lettera, probabilmente tutte, erano state scritte almeno il mese precedente!

Forse il motivo era semplice, il ragazzo era talmente timido che doveva farsi coraggio prima di consegnarle... no, niente del genere. Sentiva, con la chiaroveggenza degli innamorati, che si trattava di ben altro e l'avrebbe scoperto a ogni costo. Ma come? Un'idea le attraversò il cervello come un fulmine; era fin troppo facile, bastava nascondersi in un punto strategico del corridoio e saltare fuori nel momento in cui apriva l'armadietto. Si accorse con meraviglia di non aver mai analizzato razionalmente la situazione.
Come faceva a forzarlo con tanta abilità? E se non avesse voglia in realtà di sapere di chi si trattava, se fosse stata una grande delusione, o peggio la fine di tutto? Però rifiutarsi di conoscere la verità non aveva mai risolto i problemi, così rafforzò la sua decisione di svelare tutti i segreti della sua inconsueta storia d'amore.

Il giorno successivo Haruka si sentiva tesa come una corda di violino mentre entrava a scuola alle sette e trenta con sommo stupore del guardiano che normalmente la aspettava per ultima, prima di chiudere il cancello ai ritardatari. Perfetto! Entrando in infermeria e lasciando la porta socchiusa aveva tutto sotto controllo restando invisibile. Una mezz'ora più tardi il corridoio brulicava di fanciulle e di qualche raro ragazzo che accompagnava la fidanzata fino all'aula. Bene, l'avrebbe identificato con certezza, nessuno tranne lui sarebbe stato interessato a fermarsi lì da solo.

 Spazietto!! Voglio ringraziare enormemente Julia98 e Amaerize per le loro preziose recensioni,
e Anto62, Fragile Guerriera, Shadow 84, plvssll2010,Skullrose, più 56 lettrici silenziose... quattro di più, che bello!

 ex Capitolo 6)

"Ti senti bene? Cosa fai in ginocchio per terra?"
Ci doveva essere la volontà di qualche demone a tramare contro di lei.
"Ehm, dottoressa, non l'ho sentita arrivare..."
"Me ne sono accorta! Ho accompagnato una ragazza che è svenuta, e sono entrata dalla porta dello spogliatoio... ma che stai facendo?"
"Ecco, c'è qualcuno che ruba dal mio armadio e speravo di sorprenderlo!"
"Oh, mi dispiace! Resta pure".
"Grazie, lei è gentile". Haruka tornò a spiare dalla fessura, ma senza risultato. Che peccato! Se la dottoressa non fosse sopraggiunta e non si fosse dovuta girare a parlare con lei, l'avrebbe visto. Doveva essere successo proprio in quel minuto. Magari domani... no! Impossibile, doveva esserci! Cercò dovunque, gettando tutto alla rinfusa, ma nessuna busta azzurra fece capolino.

Che incredibile sfortuna! Passando, doveva averla udita rispondere ad alta voce, oppure l'aveva scorta e quindi spaventato o offeso, aveva deciso di non lasciare niente. Una grande amarezza si impadronì di lei. Nella sua fantasia immaginava una persona diversa, molto romantica, ma anche forte, invece pur di sfuggire non aveva esitato a privarla delle sue tenere parole. Ma anche lei aveva sbagliato tentando di barare senza dargli la possibilità di sentirsi pronto ad incontrarla. D'accordo, invece di lamentarsi prima del tempo, si sarebbe regolata con la lettera successiva; certamente avrebbe contenuto qualche indicazione o chiarimento. Tentando di convincersi dell'esattezza della sua tesi, Haruka si avviò sconsolata in aula.
Il giorno dopo ancora nulla. Stava davvero male, preda di rimorsi per la sua impazienza e divorata dalla curiosità di capire quello sfasamento temporale, ma dovette tenere i suoi dubbi per sè e la sera, per far passare qualche ora, andò con i suoi a teatro, tentando di distrarsi, ma il dramma a cui assisteva finì per guastare maggiormente il suo umore. Durante il secondo atto, preferì scendere al bar del piano terra e bere una coppa di champagne; le voci degli attori arrivavano nel salone vuoto, creando un'atmosfera surreale, come ascoltare solo l'audio di un televisore. Cercò di gustare il suo drink ma in realtà non aveva passione per l'alcool. Le scappò un sorriso. Sarebbe divenuta il tipo "bevo per dimenticare"?

Sapeva già che la risposta era 'no'. Rassegnata, tornò al suo palco e non disse più nulla, neanche mentre tornava a casa nella lussuosa berlina di suo padre e fu particolarmente silenziosa anche la giornata seguente, ma gli altri non se ne curavano, o così sembrava.
"Haruka-chan, ti prego!" La ragazza bruna la seguì trafelata, raggiungendola pochi metri dopo, dove si era fermata per aspettarla.
"Sono in ritardo, mi accompagneresti col motorino, se è possibile andare in due..."
"Certo, sali e tieniti forte!" Sfrecciarono audacemente tra le macchine e presto furono nel cortile dell'Istituto.
"Non ti ringrazierò mai abbastanza..."
"Che dici, è stato un piacere! Piuttosto corri, sta suonando la prima campanella".
Saliti i tre piani tutti d'un fiato, entrata solo pochi secondi dopo l'orario esatto, si ricordò di non aver provato per la prima volta a controllare se c'era posta... tanto non si illudeva.

Però quando terminò le lezioni del pomeriggio diede uno sguardo, così, per sicurezza. C'era! Non credeva ai suoi occhi, forse era un miraggio; li chiuse, contò fino a dieci, li aprì di nuovo. Era lì, reale e palpabile. L'esultanza le fece dimenticare tutto, non si era accorta di quanto le mancasse, finchè si vide riflessa nella cabina dell'ascensore, sembrava addirittura un'altra persona rispetto a quell'immagine sbiadita che lo stesso specchio le rimandava la sera innanzi.
L'appartamento era vuoto e trovò un biglietto che le diceva di cenare senza aspettare nessuno, che tutto era pronto nel frigorifero; ignorò totalmente l'invito, soddisfatta di essere sola. Si mise comoda, indossando il pigiama verde, e si sedette sul folto tappeto del salone, portando con sè un semplice bicchiere d'acqua.
"....non sono nato invano se potrò un giorno, ascoltare la canzone del tuo cuore. Genshi Koijiro".
La sorpresa salì come un'onda, impedendole quasi di respirare. Le aveva rivelato il suo nome. In quei cinque giorni non aveva scritto, perchè stava meditando se compiere questo passo, decidendo alla fine di portare avanti il suo corteggiamento. Haruka strinse il foglio al petto, ridendo e piangendo allo stesso tempo.

Quando si fu un pò ripresa, rilesse la lunga lettera, osservando meglio la firma.
"Koijiro*... sei uno che segue il suo destino! E io sono felice che tu lo faccia. Immensamente felice".
Si alzò di malavoglia per andare in camera sua, evitando di incontrare i suoi familiari se fossero rientrati all'improvviso. Si mise a letto, e fece mente locale.
"In segreteria ci metteranno un attimo ad indicarmi la classe, o forse può dispiacersi; devo aspettare che mi chieda un appuntamento... bè, io lo rintraccio, per il resto deciderò al momento."
Presa da dolci prospettive, faticò ad addormentarsi.
"Haruka-san, le ho preparato il cappotto pesante, oggi fa molto freddo, e l'ombrello blu con i fiori, o preferisce qualcos'altro?"
"Va benissimo Azusa, grazie!" Uscì di fretta, infilando il cappotto mentre scendeva al piano terra, e si incamminò verso la fermata dell'autobus; pioveva a vento e portare il motorino sarebbe stato rischioso, era sì spericolata, ma non incosciente, anche se la tentazione era forte... sospirando annoiata seguì la prima idea.
"Oh, no! Aspetti per favore!"

Il conducente non la vide e si allontanò a velocità sostenuta. Uffa, non restava che andare a piedi, ma allora avrebbe dovuto uscire vari minuti prima per fare in tempo e poi l'ombrello tanto grande si impigliava con gli altri dei passanti, facendola procedere come una lumaca. Tra i due mali, era meglio bagnarsi un po' che prendere un'altra sgridata per la sua condotta non sempre esemplare, Un attimo e un oggetto blu con fiori bianchi stampati volò nel cestino dei rifiuti; adesso poteva sgusciare tra la folla rapidamente, anche se l'infittirsi della pioggia le stava facendo rimpiangere il suo gesto. Come se non bastasse, arrivò comunque in ritardo di dieci minuti.
"Tenou, sarei curioso di ascoltare la scusa di oggi! Anzi, torna fuori, entrerai alla seconda ora!"
"Ma professore, io..."
"E domani porterai la giustificazione!"
"Almeno mi lasci prendere una cosa nell'armadietto... è il mio impermeabile."
"Uhm, d'accordo, ti accompagnerà il bidello, poi andrai subito fuori!"

Haruka non aveva esitato; non si parlava nemmeno di non impadronirsi subito della lettera, era più importante che confessare di non avere niente per ripararsi e chiedere all'insegnante di farsi prestare un ombrello. Però, quanto freddo faceva... ormai si stava inzuppando fino al midollo e inoltre rinunciò ad aprire la busta, per evitare che l'acqua sciogliesse l'inchiostro **. Trascorsi i cinquanta minuti, grondando da tutte le parti si fece aprire e datasi una specie di asciugata in bagno, rientrò in classe, tra l'ilarità delle sue compagne che avevano capito tutto. Man mano che le ore seguenti trascorrevano Haruka iniziò a sentirsi piuttosto male; brividi le correvano lungo la spina dorsale, non sentiva più i piedi e inghiottire le faceva bruciare la gola.

 * Il nome Koijiro potrebbe essere scritto come: "l'uomo della storia d'amore"
** Nelle lettere, si usa spesso il tradizionale inchiostro minerale, che non asciuga bene subito

Un saluto speciale alle carissime Julia98 e Amaerize, che stanno lasciano sempre una dolce recensione... e, non meno importanti, Fragile Guerriera, Shadow84, Anto62, Plvssll2010, Skullrose.Lettrici silenziose, siete scese a 42... sob! Baci dalla vostra Setsuna.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Documento senza titolo ex Capitolo 7)

Considerò seriamente di tornare a casa, ma questo significava ritardare il suo piano. Nell'intervallo di pranzo si diresse subito in segreteria.
"Spiacente, non posso fornirti questa informazione".
"Perchè no? È importante, io..."
"Sono desolata, ma non diamo i nominativi degli studenti se non ai genitori che ne facciano richiesta al Preside, o al corpo insegnanti. Potrai comunque leggere il nome sui quadri dei risultati del trimestre."
"Ma mancano due mesi!"
"Non è colpa mia." Haruka non si arrese e prese in considerazione le varie alternative, ma non era in nessuna squadra sportiva, o associazione, finchè...

"Aspetta, credo di poterti aiutare! Genshi Koijiro non mi suona del tutto nuovo".
La responsabile del Club di Inglese era affabilissima.
"Vuoi che ti aiuti a cercare? Dico, per non farti sciupare tempo..." La ragazza arrossì vivacemente.
"Veramente... sai, mi vergogno, all'inizio non ero tanto brava, così ho fatto molti errori trascrivendo i nomi, noi naturalmente dobbiamo scrivere tutto in inglese e le prime schede che ho compilato sono così pasticciate, preferirei che tu non le vedessi. Ecco qui. C'è solo l'iniziale, Genshi K, ma ti assicuro che non c'è nessun altro a scuola con questo cognome, abbiamo fatto una ricerca di traduzione, è inusuale qui a Tokyo; e in realtà non si è mai fatto vedere. È nella 2°F".
"Ti sono debitrice!"
Haruka si precipitò alla ricerca dell'aula, ma non riuscì a scovarla.
"Scusami, ma a che piano si trova la 2°F?"
"Non c'è più".
"Che vuol dire che non c'è più?"
"È stata sciolta l'anno scorso, c'erano troppo pochi alunni". Giusto, le iscrizioni del club erano quelle vecchie. Era difficile non scoraggiarsi, ma un pensiero la tirò su; escludere l'ipotesi dello scherzo, il ragazzo esisteva e studiava lì, anche se ormai più che in una scuola le sembrava di essere nel castello delle streghe al luna-park.
La donna del sogno che svaniva nel nulla e la paradossale situazione di non poter sapere dietro quale di quelle porte tutte uguali si nascondeva il fantomatico Koijiro. In realtà, chiedendo alle sue amiche più pettegole glielo avrebbero servito su un piatto d'argento, però sarebbero diventati lo zimbello dell'intero istituto.

Per carità! Tanto valeva attendere che si facesse avanti, o il tabellone dei voti di febbraio... pazienza, era solo questione di tempo. La mente di Haruka volava tra le nuvole, attutendo i sintomi dell'influenza, tanto che si rese conto di essere debole e febbricitante solo quando cercò di alzarsi di scatto; appoggiandosi al banco, evitò di cadere ma si preoccupò, pensando al tragitto di ritorno. Se avesse chiamato suo padre, come giustificare la sua leggerezza nel mancare di salvaguardare la salute?
Non che si dispiacesse troppo per lei, ma non tollerava che perdesse dei giorni di lezione. Provò a telefonare per richiedere un taxi, ma le linee erano intasate; per forza di cose, rimaneva l'autobus. L'attese quindici lunghi minuti, sempre più malconcia, e dopo un'altra mezz'ora finalmente girava la chiave nella serratura.

"Sono a casa! Azusa, puoi prepararmi un thè bollente, per favore? C'è nessuno?"
Tutto taceva. Che sciocca, mercoledì era il giorno del bridge, e di libertà per i collaboratori domestici; tutto sommato, pur essendo costretta a curarsi per conto suo, l'idea di ripetere il rito del giorno precedente le faceva piacere.
Forse un buon bagno caldo si sarebbe rivelato un toccasana; poggiò la cartella nella sua stanza e la lettera sul letto, dove stese anche il pigiama e andò a lavarsi. Immersasi nella vasca, cercò sollievo nel calore intenso e nel vapore, ma era tardi per ricacciare con questo stratagemma la febbre ormai alta, anzi, essersi messa in acqua peggiorò ulteriormente la situazione. Avrebbe dovuto asciugarsi i capelli e avvolgersi subito nelle coperte. Maledicendo la sua irriflessività, si alzò non senza sforzo sulle gambe traballanti e avvoltasi nel primo asciugamano che capitò a portata, respirando affannosamente, corse in camera.
"... dove il Cielo si tuffa nel Mare c'è una sottile fascia di un prezioso colore, quello che vive anche sulla Terra grazie a te... uh, davvero poetico, sono colpito!"
"Che fai in camera mia, sul mio letto? E togli le tue mani schifose dalla mia lettera!"
Aki aveva lanciato il pigiama della sorella sulla sedia e con tutte le scarpe si era comodamente disteso, trovando inevitabilmente la busta ancora sigillata.

Era l'occasione che aspettava; non aveva mai smesso di tenere sotto controllo ogni gesto di Haruka, spiando i suoi mutamenti d'umore senza riuscire a capire fino allora la ragione della contentezza che le leggeva in faccia da qualche giorno.
In quelle pagine, c'erano tutte le risposte. Interessante. Si mise a sedere.
"D'accordo, me ne vado e ti restituisco questo scritto, ma dimmi non ti vergogni affatto di quello che stai facendo? Che direbbero nostro padre e nostra madre della tua corrispondenza segreta con un uomo - lei ascoltò allibita la voce severa di Aki - te, che considerano un modello di serietà, che mi hai anche osteggiato dall'alto della tua morale, quale delusione immensa per loro!"
Possibile che in fondo al suo cuore albergasse una specie di istinto fraterno? Certo lo esprimeva con la solita arroganza e prepotenza, più che affetto era piuttosto definibile senso di possesso per una donna della sua tribù, ma si sentì intenerita all'idea di recuperare almeno parzialmente i rapporti con uno dei suoi familiari.
"Aki, io... aspetta, intanto devo coprirmi, sto morendo di freddo, poi parliamo quanto vuoi; ti assicuro che non faccio nulla di cui..."

"Ah! Ah! Ah! Sei troppo spassosa! Che vuoi che mi importi se ti piace qualcuno, o che i vecchi abbiano un collasso ad immaginare la mia sorellina... ma tu hai la febbre, sei pallida, forza mettiti comoda! - avrebbe voluto cacciarlo via, coprendolo degli insulti che meritava, ma un capogiro violento la assalì e si ritrovò seduta senza accorgersene al posto del fratello che si inginocchiò ai suoi piedi - mi correggo, sono certo che non sei andata oltre questo puerile scambio di messaggi, ci giocherei qualunque cosa che non è il tuo amante!"
"Certo che no, lurido..."
"Shh, non arrabbiarti, non ce la fai neanche a muoverti, altrimenti mi avresti già colpito. Eppure, se ti vedesse adesso, così indifesa, con gli occhioni che luccicano, credo che ci farebbe un pensierino - lei si risollevò colma d'ira, senza riuscire a rispondergli per il disgusto, ma il ragazzo in quel momento era molto più forte e presala per le braccia, la rimise giù come una bambola - ma il suo ardore sarebbe mal riposto, non è vero cara? Pagherei per vedere la sua espressione quando..."
"Taci. Non ti permetto di sporcare i miei sentimenti con le tue frasi velenose".

Aveva appena sussurrato, ma nel perfetto silenzio della sera, le parole risuonarono cupamente e pareva di sentire perfino il sordo rumore delle lacrime che non riusciva a impedire le solcassero il volto. Era assolutamente sfinita.
"Haruka-chan, devo dedurre che non lo sai veramente - gli sguardi si intrecciarono in un'attesa spasmodica - che tu non potrai mai amare un uomo!"
L'effetto fu quello di una coltellata inflitta alle spalle con un pugnale dalla lama di ghiaccio.

 Angolo autrice:Ringrazio sempre tantissimo Julia98 e Amaerize per le loro puntualissime recensioni, e Miss Writerper la sua new entry! E naturalmente le care Shadow84, Anto62, Plvssll2010, Fragile Guerriera , Skullrose... e siete tornate 50!!!
Mi fate felice...

ex  Capitolo 8)

Avvertimento: attenendomi, come è doveroso e giusto,ai limiti del rating giallo da me segnalato, in questo capitolo sarà presente una breve scena, motivata dalla storia, di leggero accenno di molestie.

"Non è vero, sei un bugiardo, capisci solo quello che è basso e miserabile come te, le persone le compri - Haruka era in piena crisi isterica, singhiozzava e gridava con la poca voce rimastale - per questo subiscono la tua presenza!" Sollevò i pugni, ma lui la bloccò prontamente con entrambe le mani.

"Stasera non sei nella posizione di azzittirmi, non ti conviene agitarti tanto - rise di gusto - ma sei così cieca? Anche la grande Haruka, allora ha paura di qualcuno - lei smise di reagire paralizzata dal panico - di se stessa! Fin da piccoli, le cose mi apparivano così chiare; noi siamo uguali, però tu non vuoi ammetterlo e hai cercato di ripararti dietro un paravento di carta azzurra; di gusto, devo riconoscerlo! Sei la mia gemella, abbiamo lo stesso sangue... non ti piace l'idea, vero? Quando ti sarai arresa la smetterai di darti tante arie".

"Basta, non ti sopporto, non voglio più ascoltare, questa è l'ultima volta che ti rivolgo la parola! Io amo Koijiro in tutti i sensi, hai capito?"
"Quanta passione! Sembri sicura, forse ti sto offendendo ingiustamente... fidati, sarei felice di sapere che sto sbagliando e tu - Aki la fissò come un serpente che si prepara a mordere - puoi dimostrarmelo".

No, non poteva accadere realmente, doveva trattarsi di un incubo e forse desiderandolo abbastanza forte sarebbe riuscita a svegliarsi in tempo. Il pollice di Aki premeva sulle labbra serrate di Haruka, attraversandole da un angolo all'altro mentre il suo fiato evaporava a contatto con l'epidermide bruciante di lei. Un nodo le attanagliava lo stomaco dipandosi in crampi che salivano fino alla gola, provocandole la necessità di vomitare e nel contempo immobilizzandole il corpo. Poi sentì una mano sfiorarle l'interno di una gamba e risalire fino all'asciugamano.

Tutto il suo essere si ribellò ed esplose in una disperata difesa, chiamando a raccolta l'energia rimasta in ogni singolo nervo e muscolo e concentrandola in un'unica possibilità. Con un urlo disumano scattò in piedi, rovesciando l'incredulo Aki all'indietro, e gli sferrò un calcio violentissimo all'inguine, lasciandolo a rantolare sul pavimento, lo scavalcò in un lampo,e preso al volo il cappotto, sotto il quale era rimasta nuda, si lanciò fuori casa.

Ogni passo sembrava l'ultimo che fosse in grado di fare, invece era già piuttosto lontana quando udì il fratello che la chiamava inseguendola.
"Fermati stupida, dove pensi di andare sotto questa pioggia, non hai neppure le scarpe, volevo solo spaventarti, te lo giuro! Torna indietro! Se prendi una polmonite io non ho colpa, lo sai che non avrei potuto farti niente, guarda che non ho voglia di ammalarmi anch'io per te, Haruka!"

L'unica cosa che contasse al mondo, era mettere la maggiore distanza possibile tra sè e quell'orrore correndo tra le macchine che frenavano appena in tempo, con i piedi tagliati e il soprabito ormai fradicio che non la schermava affatto dal gelo pungente. Ma era il suo cuore ad essere ferito più gravemente. Le pulsava tanto da scoppiare battendo in tutte le vene, e il dolore che la opprimeva la vinse, facendola crollare vicino a una panchina del parco.

"Perchè, perchè a me?! Cosa ho fatto di male? Voglio sparire, voglio uccidere Aki... - il tocco di una mano tra i capelli la fece trasalire; non era più appoggiata al sedile di ferro, ma alle ginocchia di qualcuno - senpai, sei tu? Cosa..."
"Sono qui per aiutarti. Non puoi restare in giro sola in queste condizioni".

Si lasciò trascinare in un taxi e l'ultima cosa che ricordò fu di sentirsi portare di peso dall'autista su per le scale. Poi fu il buio. Il fazzoletto freddo le diede sollievo, tanto da provare a socchiudere gli occhi indolenziti; non credeva che una persona contenesse tante lacrime, e queste le offuscavano la vista, formando un velo bianco attraverso il quale si muoveva una figura dai capelli lunghi.
"Mamma...?"
"Mi dispiace, Haruka, sono soltanto io. Hai delirato tutta la notte, ho temuto di dover chiamare un medico, ma credo non preferissi questo tipo di pubblicità; la tua famiglia è molto nota qui. Sentivo che avresti combattuto da sola - le sorrise molto dolcemente - e così è stato".

"Mi è successa una cosa terribile, non mi sono mai sentita tanto umiliata... io non sono cattiva, non volevo provocare questo..."

Si ritrovò ad abbracciare la sua amica, sfogando la tensione nel pianto, e accorgendosi un po' alla volta di sentirsi meglio, in quel letto tiepido, con indosso un morbido pigiama nero.
"Ascolta Haruka, voglio dirti qualcosa di importante; io sapevo cosa sarebbe successo, ma non avevo nessun potere di impedirlo, in un certo senso doveva accadere perchè intraprendessi il cammino per diventare colei che sarà un esempio per molte altre".

"Non capisco, sono una come tante... e poi come hai previsto i miei fatti personali? Sei una veggente?"
L'altra ebbe un'espressione divertita.

"Purtroppo no, ma conosco il passato... so di chiederti qualcosa di molto difficile, ma io sono già oltre; puoi credermi? - si, poteva, fu evidente senza esprimersi con le parole - Tu sei molto speciale, l'essenza stessa della libertà, ma questo non è sufficiente; devi vivere secondo la tua natura, solo allora si manifesterà il tuo potere, quando avrai appreso ad amare veramente - le strinse affettuosamente una mano - e sarà così! Ma prima... no, non mi è concesso dire di più".

Haruka era terribilmente confusa.
"Ma cosa c'entra mio fratello in tutto questo, quel maledetto pervertito che mi ha detto che sono uguale a lui?"
"Una persona sadica e meschina non sarà mai uguale a una nobile e pura, mi comprendi? Il suo cuore è nero, e non accettando la sua inferiorità ha tentato di ferirti nel peggiore dei modi, per farti sentire colpevole e assoggettata mentalmente. Questa è la differenza incolmabile che c'è tra voi due. Non devi più preoccuparti, da oggi non ti nuocerà più in alcun modo".

"Senpai, ti ringrazio infinitamente, ne avevo bisogno, e so che mi dici la verità! Però lui intendeva anche..."
"La sorte può mostrarsi spietata a volte; a rendere necessaria quella prova era il fatto che, senza una tale scossa, non avresti mai dubitato seriamente".

"Dub... " Le sillabe morirono sulle sue labbra - possibile che quella ragazza leggesse nei recessi più nascosti della sua mente? Alludeva proprio...
"Ama te stessa, fai ciò che ti rende felice, non lasciarti dominare da vane paure senza nome, perchè non c'è niente di sbagliato in te. Ora ti sei stancata troppo, bevi un altro bicchiere di infuso ti farà riposare, - esausta bevve senza protestare,e uno stato di dormiveglia la raggiunse in pochi minuti - mi senti ancora, Haruka?"

"Uhm... sì, ti ascolto".
"Noi ci incontreremo ancora, prima che tu abbia ricordato, potrò starti vicina una terza volta, quando sarà l'occasione a richiederlo, e ti darò un'indicazione. Per adesso, sogni d'oro".

Menre osservava rassicurata il respiro regolare della ragazza, immersa in un sonno profondo, la strana donna dai capelli verdi chiuse delicatamente la porta alle sue spalle. Ma Quanto aveva dormito? Attraverso la finestra il cielo era di un blu scuro, e le prime stelle iniziavano a trapuntarlo; consultò un orologio al quarzo.
"Le nove di sera?! Sono qui da almeno ventiquattr'ore..."

 

Angolino autrice: grazie Julia98,Amaerize e Fragile Guerriera per le loro importantissime recensioni; e anche a Miss Writer, Skullrose,, Plvssll2010, Shadow84, Anto62 per il loro sostegno... e le 51 lettrici silenziose!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Documento senza titolo

ex Capitolo 9)

Accese la luce; a parte il lettino c'erano solo un computer, un telescopio e diverse macchine, il tutto in perfetto ordine, come se non fosse mai stato usato. Un arredamento alquanto insolito. Su di una poltroncina da scrivania, dei jeans, una giacca, il suo capppotto perfettamente asciugato e vicino un paio di mocassini.
Sopra, un biglietto.
"Questa sera ti faranno una proposta; accettala. I patti saranno conformi ai tuoi desideri e verranno mantenuti rigorosamente, mentre inseguire un'immediata vendetta ti precipiterebbe in una spirale d'odio dalla quale non potresti riemergere. Noi contiamo su di te. Aiutaci".
Noi? Domamdandosi il senso di quelle frasi, Haruka si vestì alla svelta, senza perdere tempo provando a chiamare la sua ospite, era evidente che non si trovava lì, rammaricandosi invece di non averle nuovamente chiesto il nome. Bussarono alla porta. Chi poteva essere? Magari ci aveva ripensato.
"Arrivo, prego... - una statua sarebbe stata più viva; negli occhi sbarrati si rifletteva una sagoma scura - babbo!"

"Lasciami entrare, figlia mia - lei non disse nulla ma spostò il braccio liberando il passaggio. Era evidente che sapeva - ieri, io e tua... mia moglie siamo tornati alle tre e mezza e non trovando nè te nè tuo fratello, i tuoi vestiti e l'asciugamano in giro e anche tutti gli ombrelli a posto, ci siamo spaventati da morire pensando che vi avessero rapiti. Ma verso le cinque, ha telefonato una donna, intimandoci di non raccontare niente a nessuno e ci ha spiegato dove eravate, ma con indicazioni così vaghe che abbiamo impiegato ore a rintracciarvi. Aki era da un amico, aveva bevuto molto e vedendoci lì, ha pensato che ci avessi raggiunto e detto ogni cosa, quindi ha confessato tutto per non aggravare la sua posizione; la figlia del portiere ha sentito tutto quello che gridava fuori dall'atrio e testimonierebbe contro di lui. Mia moglie è voluta restare lì".
Provò l'ultima disillusione; erano adatti l'una agli altri, non c'era posto per lei in quel nucleo familiare.
"Haruka... - no, non era possibile, non credeva alle sue pupille; Takeshi Tenou era in ginocchio davanti a lei - ti prego, ti scongiuro, non denunciarlo alla polizia! Fallo per me, per la famiglia Tenou che è onorata e rispettata da innumerevoli generazioni, perderemmo tutto, nessuno farebbe più affari con me, saremmo rovinati!"

"E io? - la voce di Haruka sembrava quella di un vulcano - cosa sarebbe stato di me non conta nulla?! Sei un bastardo come quel mostro di tuo figlio! Mi fate schifo tutti e due, lo sai che lui voleva..."
"No, impossibile! Quando siamo sopraggiunti dal suo amico, era..."
"Non riesci a dirlo, eh? Ti costa troppo guardare in faccia la realtà! Io lo sapevo benissimo, quello che non puoi capire è che non è necessario che una violenza sia fisica, avrebbe distrutto il mio rispetto per me stessa, come morire e tu mi domandi di proteggerlo!"
"Sei sempre stata generosa, riconosco che non ti ho apprezzata come avrei dovuto... cerca di metterti nei miei panni, tra qualche anno sarò vecchio e per necessità oltre i veri curatori del patrimonio, ci dovrà essere un rappresentante ufficiale, il mio figlio maschio! Ho già sistemato tutto con i nostri avvocati, lui non avrà uno yen più di te e non potrà ingannarti su questo; tu devi solo ricevere nella banca che sceglierai i tuoi dividendi e farne quello che preferisci. Inoltre non hai da preoccuparti; ce ne andremo nella villa di Osaka, l'intero appartamento con la piscina resterà a te, te l'ho appena intestato, il notaio attende solo la tua firma; tutto, e per cominciare... - le mise in mano un assegno da 150 milioni di yen* - ne avrai altri uguali due volte l'anno dai miei fondi personali, più quello che ti spetta dei guadagni. Accetta!"

Un sorriso amaro le deformò il viso; erano davvero padre e figlio, soldi alla mano si sentivano i padroni del mondo, ma lei non era in vendita, il tipo d'offerta non l'interessava a sufficienza.
"E Aki?" Takeshi risollevò la schiena, ma restò ancora sul pavimento.
"Aki andrà in Svizzera fino alla maggiore età, in un collegio particolare, insomma sarà assisitito da uno psicoanalista e seguirà oltre gli studi un programma di riabilitazione. Andremo noi a trovarlo il più spesso possibile, credimi, non lascerò che diventi un criminale, ma tu aiutami!"
"Aiutami!"
"Aiutaci! " Le pareva che quelle parole si sdoppiassero, finchè focalizzò il messaggio dell'amica. L'aveva tratta dai guai due volte e lei pagava i suoi debiti; certo il prezzo era alto.
"Non vendicarti".
Cercò di realizzare se le bastasse non vederli più, lasciarli marcire nella loro miseria spirirtuale e chissà se suo fratello poteva essere curato... perchè adesso aveva la certezza che fosse pazzo.

"Azusa verrebbe con noi, mia moglie non può farne a meno, porteremo via tutte le nostre cose, creerai il tuo ambiente".
"Contiamo si di te
". Certamente c'era un fine. Aveva fiducia in quella ragazza. A già!
"Alzati. Piuttosto la persona che ha telefonato, ha detto il suo nome?"
"No mi ha solo indicato il palazzo dove trovarti; ho domandato all'usciere che ti aveva notata salire le scale con un autista di taxi, mezza spogliata e abbiamo capito per eliminazione che eri riuscita a entrare in qualche modo in questo ufficio".
"Ufficio? Qui abita la mia amica, che mi ha raccolta..."
"Cosa dici, Haruka? Sei rimasta da sola, l'uomo è risceso subito; la febbre doveva essere alta. L'affittuario è un centro di ricerche astronomiche, ma questa sede sarà operativa tra un anno; ieri avevano consegnato degli scatoloni, la porta sarà rimasta incidentalmente aperta. È stata un 'allucinazione".

Svanita l'ultima occasione di scoprire l'identità della ragazza, Haruka fece mente locale; avrebbe vissuto la sua vita, e cercato di dimenticare.
"Accetto".
"Grazie, te ne sono riconoscente".
"Fai bene a ringraziarmi! Tra poche ore rientrerò, cercate di essere già partiti. E addio".
Era trascorso solo un giorno, ma sembrava un'eternità. Haruka si girava e rigirava nel suo nuovo letto, che le avevano prontamente consegnato, nella camera che aveva scelto al 30° piano, vicino alla piscina, con una immensa vetrata. I postumi dell'influenza la infastidivano ancora molto, ma restare a casa da scuola significava ritardare la ripresa della sua normale esistenza quotidiana e soprattutto mancare la lettera, oltre a quella di giovedì!
Ma il vero tormento era un altro; doveva scoprire quella cosa. Supplicherebbe Koijiro di darle un appuntamento ed eliminata la magia derivante dall'idealizzazione di qualcuno che pareva uscire da una favola, le possibilità si sarebbero ridotte a due: lo sbocciare di una fantastica storia d'amore, oppure... non riusciva ad analizzare le sue sensazioni di fronte all'altra eventualità, che appariva d'altronde così remota, assurda. Ma quello che voleva era una prova.

"Haru-chan! Ieri non hai avvertito dell'assenza, ma io ti ho copiato gli appunti! Hai preso il raffreddore, eh?"
"Eh sì, ragazze, il dottore mi ha ordinato di riposare... ora devo scappare!"
Mancavano cinque minuti alle otto, e dal pavimento appena lavato senza neanche un'ombra, ebbe la certezza di essere la prima a entrare. Stavolta fu lei a mettere una lettera nel suo armadio, bene in mostra. Mentre svolgeva il tema di storia, immaginava la scena da tutte le angolazioni. Lui apriva lo sportello, e...

*Considerando il cambio dello Yen, nell'anno 1992, quello della terza serie, parliamo (CIRCA!) di 2.000.000 di euro

Per chi gradiva avere questa informazione: il luogo dove viene portata Haruka, è lo studio di Setsuna nel fumetto, dalla parte corrispondente alla 3° fino alla 5° serie, li ha sempre una "identità terrena"!
E allora... 2.000.000 di grazie a Julia98, Amaerize,Fragile Guerriera per le loro puntualissime recensioni, e a Plvssll2010, Shadow84, Anto62, Skullrose, Miss Writer per il sostegno

ex Capitolo 10)

"Koijiro-san, sarai sorpreso da questa novità. Sono successe delle cose che vorrei spiegarti di persona, sappi che solo tu puoi togliere un terribile macigno dal mio cuore; se è vero che mi vuoi bene, non negarti. Mi piacerebbe incontrarti dopo la scuola, davanti al mercato dei fiori. Ci sarai? Haruka".
Alle quattro, la chiavetta girava, e pochi secondi dopo il sigillo vermiglio veniva infranto.
"Ci sarò ". Era stato così semplice! Lasciò li la cartella, per non essere impacciata e sfrecciò verso il luogo prestabilito. Cos'erano quei cristalli freddi? Neve! Per fortuna era ben imbacuccata, altrimenti sarebbe stato un guaio. E non poteva scegliere un posto un pò più vicino? Accidenti a lei, l'avrebbe trovato trasformato in un pupazzo, la nevicata stava volgendo in una vera e propria tormenta. Presto uno spettrale mantello si stese sulla città, la folla si ritirò e i passi attutiti dal soffice e scricchiolante tappeto furono distintamente udibili nell'inquietante silenzio
La piazzetta era quella, ma di ragazzi neppure l'ombra! Stava per tirare un pugno ad un albero, quando sentì una specie di musica.
"Haruka". La stava chiamando. Anche con la sua vista perfetta sarebbe stato difficile scorgere subito quella figuretta vestita di un abito che la mimetizzava con la coltre che le si era depositata intorno e sul cappuccio, appoggiato parzialmente a coprire i capelli madreperlacei; ma soprattutto la carnagione di quel visetto affilato gareggiava in biancore con l'elemento algido.

Gli occhi nerissimi racchiudevano tutta la vitalià di quel corpo, però alcuni fiori anch'essi chiari, che giacevano ai suoi piedi - abbanonati dai venditori - le davano l'aspetto di un'immagine scolpita ornata di offerte votive. Non si soffermò a cercare la ragione per la quale sapeva, la riconosceva e basta. Quando le fu vicina, si guardarono a lungo, senza osare colmare l'infima distanza che le divideva con la potenza di un fiume in piena.
"Chi sei?"
"Il mio mio nome è Kaori Genshi". *
"Tu... sei la persona del club d'Inglese, Genshi K, - l'altra annuì - e anche..."
"La sorella di Koijiro. Non volevo mentirti, ma onorare un giuramento e poi... potrai mai perdonarmi?"
Avrebbe voluto essere veloce come il vento, mentre arrancava col suo leggero fardello tra le braccia, rimpiangendo di essere a piedi e piuttosto lontana dall'Ospedale Centrale. Kaori le aveva rivolto un timidissimo sorriso, con gli occhi traboccanti di lacrime e si era accasciata al suolo, come la principessa della leggenda che venne sciolta da un raggio di sole. Si era precipitata a raccoglierla e aveva notato con terrore un innaturale rossore affiorarle dalla fronte lattea; stava sudando sangue. Questo voleva dire...

"Mi dispiace confermare i suoi sospetti, Genshi-san ha una forma molto avanzata di leucemia, purtroppo è una malattia ereditaria della sua famiglia, possiamo fare poco per lei, tranne praticarle una trasfusione per arginare momentaneamente la crisi anemica e darle qualcosa per abbassare la temperatura. Ma come ha potuto vedere, il processo di degenerazione delle cellule del suo sangue è arrivato troppo oltre, temo che non uscirà più di qui. Vada a parlarle quanto vuole".
Haruka cercò la camera di rianimazione al termine di un lungo corridoio; i muri, le infermiere, la luce, tutto era spaventosamente candido, come se avesse nevicato anche dentro, fin nel suo cuore. Kaori spariva tra le coperte come prima tra le falde; le sembrò per un attimo d'essere ancora al punto di partenza e si sentì completamente impotente. Una ragnatela di tubicini trasparenti si collegava alle braccia sottili, e il respiro era appena un soffio.

"Haruka... - lei si sedette sul bordo del letto, tenedole delicatamente la mano - vorrei spiegarti tutto, è giusto, ma ti prego di una cosa; non interrompermi, perchè non ce la farei a ripetermi. Vuoi?"
"Certo che voglio, ma non devi giustificarti - oh Dei, non fatela morire, non portatela via così presto! - penso di aver capito..."
"Ascolta, per favore. Quest'estate, mio fratello entrò nella fase più acuta del male e decise con i nostri genitori di non tornare più a scuola; vedendolo tanto soffrire, scelsi di nascondergli che avevo avvertito anch'io i primi sintomi. Passai tutto il periodo di vacanza facendogli compagnia e un giorno mi rivelò di essere perdutamente innamorato di una ragazza meravigliosa ma irraggiungibile, specie nelle sue condizioni. Mi raccontò tante cose che mi sembrava di conoscerti e alla fine, ti venni a trovare; eri proprio uguale alla sua descrizione, bella e fiera".

L'accento tremante di quelle parole fece palpitare più forte il cuore di Haruka. La verità era sempre stata davanti a lei, bastava non sfuggirle; se avesse davvero voluto, il mistero si sarebbe mostrato meno intricato di quanto le piacesse credere.
"Dopo averti vista, mi venne un'idea; Koijiro teneva un diario segreto e ogni giorno vi componeva una lettera che non ti avrebbe mai spedito e mi dispiaceva troppo sapere che non avrebbe avuto occasione di farsi apprezzare; in fondo, quelle dediche ti appartenevano, così cominciai a copiarle di nascosto e trovai il modo di recapitartele; entrando in prima media, avevi ereditato il suo vecchio armadietto e a casa c'era ancora una copia delle chiavi. Ero indietro di quasi cinque settimane, però non ti accorgevi di nulla, l'ho capito, qualche volta ti guardavo da lontano, eri molto felice!"
Le dita si contrassero tra quelle di Haruka.
"Ti stai affaticando, è meglio..."
"Lascia che continui! Lo preferisco. La notte del ventuno ottobre entrai nella stanza di mio fratello, perchè volevo ammirare con lui l'allineamento di Giove con la Luna... era davanti alla finestra, con gli occhi chiusi e sorrideva, il diario aperto su di una pagina col tuo nome; volevo togliergli la penna di mano, ma quando l'ho toccata, è scivolata giù. Non avevo mai sentito una mano così fredda. Ero disperata, ma i suoi ultimi pensieri erano stati per te e a qualunque costo volevo portare a termine il compito che mi ero assegnato. E poi, desideravo che avessi quella lettera, perchè era la più importante di tutte; il mio povero fratello amava due cose, gli Astri e te, una volta mi spiegò che tra di voi c'erano delle affinità incredibili, eravate ugualmente stelle luminose che indicano un sicuro cammino attraverso l'oscurità... lui ti vedeva... in ogni stella lontana. Quando ormai era troppo tardi, mi resi conto dell'errore, ma non c'era modo di riprenderla con certezza che non mi notasse nessuno, così invece di restare a casa per un periodo di recupero tornai a scuola anche il giorno seguente. Naturalmente non ti eri fatta trarre in inganno, mi cercavi e mi sei arrivata vicinissima".

"Davvero? Ma sorvegliavo gli armadietti e se..."
"Oh, Haruka! Quella era la parte sbagliata, ero alle tue spalle. Lo stress emotivo, unito alla debolezza fisica, mi provocarono uno svenimento - sì, ricordava! - il paravento ci separava, mentre spiegavi alla dottoressa il motivo della tua presenza... ti vedevo per la prima volta con gli occhi di Koijiro, non con l'atteggiamento spavaldo che mostri a tutti, ma spontanea, e talmente ingenua, lì, in ginocchio dietro la porta che io..."
"Hai avuto compassione di me, e hai continuato a scrivere, firmando, per regalarmi l'illusione di essere tanto importante per qualcuno".

 * Genshi Kaori, scritto con i dovuti kanji (sigh!) si può leggere " Profumo del fantasma della morte". (Ci terrei tanto a dire che non sono "impazzita" con l'italiano... quando Haruka cerca "lo studente" nelle varie classi, l'equivoco si crea perchè in Giapponese non c'è il genere, quindi studente/studentessa sono la stessa parola, a meno che si specifichi, ma credendo che non ce ne fosse bisogno, Haruka non l'ha fatto...)
(Kaori Genshi è un personaggio da me creato, e come tale mi appartiene.)
Julia 98, Amaerize, Fragile Guerriera, ormai siete tre colonne portanti... e YasV una bella novità!
Grazie sempre del vostro appoggio Anto62, Shadow84, Plvssll,Skullrose, Withc4ever,Miss Writer! siamo alla fine, manca un capitolo... baci, Setsuna

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Documento senza titolo

ex Capitolo 11)

Kaori scosse lievemente la testa, facendo baluginare alcune ciocche di capelli.
"Non è così... lui non si sarebbe arrabbiato con me, lo sentivo; ho usato il suo nome per farti accettare l'adorazione che nutro per te. Non detestarmi ancora, dovrai aspettare solo un poco e dopo..."
"Smetti di dire sciocchezze! Ti riprenderai - non era abile con le bugie, come convincerla di non guardare con crescente terrore l'ombra viola spandersi sotto le sue ciglia, fino alle guance, soprattutto rispondendole con la voce rotta dai singulti - e io sarò sempre con te. Non mi importa chi sia di voi, la dolcezza che emergeva da quei versi, la sicurezza che mi infondevano, non sono mai mutate. Ho amato un'anima divisa in due, lo spirito di uno, filtrato attraverso le mani dell'altra... ah, certo, la carta azzurra è molto femminile! - la ragazza rispose con gli occhi alla battuta di Haruka - Era la completezza a rendere tutto così celestiale, si può essere molto egoisti con l'oggetto del proprio desiderio, invece non chiedevate nulla in cambio dell'enorme amore che avete riversato su di me; per questo non importa che... Kaori-chan, tu mi avresti mai domandato di trovarci?"

"Forse. Ma sei stata pronta prima; quando ho trovato il tuo messaggio sono precipitata nel panico, poi ho compreso che probabilmente era l'ultima occasione, so di essere allo stremo".
"Un'ultima cosa - rinunciò a mentirle ancora sulle possibilità di salvezza, avrebbe insultato il suo coraggio - io e tuo fratello ci siamo mai..."
"Incontrati? Sì, più di una volta, l'inverno scorso e in primavera, quando gareggiavi nei duecento metri. Koijiro era sempre dietro la rete, vicino alla tua postazione, quando vincesti il campionato studentesco, si fece forza, e venne a chiederti una fotografia per l'album scolastico, ma ti rifiutasti, dicendo che non ci tenevi a finire nell'archivio di qualche maniaco. Oh, è così buffo!"
Un breve richiamo della memoria, ed eccolo lì, il ragazzo impacciato che s'inchinava profondamente, con la macchinetta fotografica in mano, però... quando rialzò la testa non c'era nessun volto, o colore di capelli, espressione, nè altezza, nè corporatura. Totalmente privo di significato, tanto da rimuoverlo all'istante. Nessuna magica scintilla.

La verità le si lanciò addosso brutalmente per annientarla, ma Haruka non ne fu ferita; aveva aperto le porte del suo cuore e la paura, la vergogna, l'incertezza, non trattenute, erano fuggite essendo inadatte a vivere con lei e attraverso quel varco, la valanga di emozioni fu libera di passare senza alcun danno. Non si era innamorata di lui, perchè nessun uomo in carne ed ossa poteva attrarla. Tutto qui.
Kaori aveva chiuso gli occhi, si stava assopendo e forse, con discrezione, l'aveva lasciata sola a combattere la sua battaglia.
"Ora hai bisogno di riposo, principessa. Ti auguro una soave notte".
E chinatasi su di lei, baciò teneramente quelle labbra ardenti.

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Il terzo mestolino d'acqua era scivolato sulla pietra liscia, formando una piccola pozzanghera dalla quale il riverbero del sole primaverile si espandeva in un breve cerchio intorno, finchè alcuni petali di un tenue rosa, piovvero ad impedire quel riflesso. Haruka attendeva ogni anno con impazienza la stagione della fioritura, ma adesso le sembrava solo un naturale complemento al suo stato d'animo, essere circondata dalla decadenza della bellezza. La tomba di Kaori era semplice, adornata da un soffice tappeto d'erba e da molti omaggi che venivano rinnovati continuamente; era lì a pregare e a celebrare il rituale, quando si accorse di aver perduto la cognizione del tempo.
Sollevò lo sguardo e pensò tra sè e sè che i ciliegi stavano piangendo. Lei invece non aveva più versato una lacrima, dal mattino che si era risvegliata nella sala d'aspetto dell'ospedale ed entrata nella stanza, senza aspettare il permesso di nessuno, aveva trovato il letto vuoto, ad eccezione di un pacchetto con degli abiti bianchi ripiegati.

Per alcune settimane era rimasta a casa, inebetita, poi un giorno si alzò, fece un bagno, mangiò qualcosa di sostanzioso e si ripresentò a scuola, senza spiegazioni e nessuno osò chiedergliele, perchè la ragazzina di prima, disposta allo scherzo, affettuosa con tutti, era profondamente cambiata, forse cresciuta, ma troppo in fretta ed in un modo che aveva lasciato il segno.
No, compiere quindici anni non c'entrava affatto. In quanto ai professori, ricevettero una lettera dalla famiglia che parlava di una malattia e d'altra parte lei recuperò il programma nel giro di un mese, lasciandoli talmente ammirati da proporla per un prestigioso liceo per l'anno seguente. Misericordiosamente era sopraggiunta la fine dell'ultimo trimestre e Haruka decise di utilizzare al meglio il tempo della vacanza.

All'ultimo momento prima della chiusura, si iscrisse nuovamente nella squadra di atletica, per la felicità delle sue compagne, poi si dedicò allo studio per la patente, o almeno, saper guidare la macchina... al diavolo, le regole degli altri non la toccavano più, se l'avessero fermata, avrebbe fatto come tutti i teppisti ricchi; un bel mazzo di banconote e il poliziotto leggerebbe la sua data di nascita meravigliosamente male. Restava una cosa da fare.
Le lunghe ciocche color castano miele caddero morbidamente sul terreno; ora la trasformazione era completa; si era liberata di qualcosa dal significato ingombrante, che la opprimeva tutte le volte che si vedeva nello specchio, impedendole di rendere palese la sua forza, la determinazione...

"E la corazza che hai costruito intorno al tuo cuore - non ebbe bisogno di voltarsi, per sapere di chi si trattava - posso comprenderti, ma non resisterà a lungo".
"Senpai... cosa vuoi da me, perchè mi sei vicina, non mi conosci neanche!"
"Io ti conosco da sempre. A suo tempo ogni cosa si chiarirà, ma finchè non sarà così non potremo più incontrarci, non me ne è data la possibilità. Non girarti, è meglio, visto che da adesso comincerai a dimenticarmi".
"Cosa?"
"Sta tranquilla, ci sarà bisogno di me e allora comparirò di nuovo... intanto avrai buona compagnia. Tu credi nei sogni, Haruka?"

L'ombra si ritirò lentamente, portando con se i primi brandelli di memoria. Per vari giorni a seguire, tutti commentavano che quella notte Tokyo era apparsa come in balia di un incantesimo; il rumore dei treni e delle interminabili code di autovetture era sparito, al contrario, suoni più flebili sembravano apparentemente amplificati; i richiami degli animali, il chiacchierio dell'acqua nelle fontane, lo strormire delle fronde.
La brezza accarezzò templi, alberi, case, si divertì ad assecondare le acrobazie di alcuni pipistrelli, poi finì per solleticare la vetrata di un elegante palazzo. Dietro quel cristallo adamantino,una camera addormentata. Il ticchettio della sveglia si fece più insistente mentre, durante quell'angosciosa visione di distruzione e rovina, tornava l'aggraziata forma della fanciulla coi capelli come il mare, incorniciata da un fumo luminoso.

Haruka abbracciò più stretto il cuscino.

OWARI

Ragazze è finita.. .ma non vi siete liberate di me! (o si? al vostro buon... Cristallo del Cuore?) Da Sabato troverete la seconda storia di questa "Trilogia di Haruka", si intitola "Take me Away" e questa volta l'ambientazione è nel pieno della 3° serie, anzi, specificatamente tutto ruoterà intorno al famoso episodio 106!)

Amiche che mi avete accompagnata fin qui! GRAZIE a tutte coloro che si sono fatte vive!

Di Julia98, consiglio la lettura di Migliore amico
Di Amaerize, Chocolate or not chocolate?
Di Yas V, 11
Di Miss_Writer, Fireflies in July
Di Fragile Guerriera, Tu sei, Tu sai
Di Skull rose, Ricordando te
Di Shadow84, Padre e figlia? Haruki e Haruka

Grazie infinite anche ad Anto62, Witch4ever, Plvssll2010, aspetto volentieri che abbiate l'ispirazione!
E naturalmente, alle 45 lettrici superstiti di tanta prova... mi piacerebbe avervi ancora con me! Baci dalla vostra Setsuna

Disclaimer: i personaggi originali di questa storia non appartengono a me, bensì all'autrice e a coloro che ne detengono i diritti, ed è stata scritta senza alcun scopo di lucro, ma esclusivamente amatoriale.

 

 

 

 

 

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