La radura

di Kitsune Blake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo viaggio ***
Capitolo 2: *** Dopo la battaglia ***
Capitolo 3: *** Emozioni ***
Capitolo 4: *** Malesseri ***
Capitolo 5: *** Pensieri proibiti ***
Capitolo 6: *** Incontri e separazioni ***
Capitolo 7: *** Dubbio e speranza ***
Capitolo 8: *** Punto di non ritorno ***
Capitolo 9: *** Sogno e realtà ***
Capitolo 10: *** Attesa. Su due fronti ***
Capitolo 11: *** Scontri ***
Capitolo 12: *** E nella notte, attimi di pace ***
Capitolo 13: *** Rivelazioni ***
Capitolo 14: *** Furia ***
Capitolo 15: *** Amore, dolore ***
Capitolo 16: *** Destino incombente ***
Capitolo 17: *** Un altro viaggio ***



Capitolo 1
*** Il primo viaggio ***


La mano demoniaca lotta e protegge.

La mano umana alleva e sostiene.

-Inuyasha, the movie4: Song of Parting-

 

Il primo viaggio

 

Quell’inverno nevicava spesso, quasi ogni giorno.

Una ragazza stava osservando il mondo esterno, attraverso la piccola finestra della sua portantina. Non aveva mai messo piede fuori dal palazzo prima d’ora, quindi non aveva mai visto alberi e piante diversi da quelli del suo cortile. Sarebbe stato meglio se il trasloco fosse avvenuto in primavera, almeno in questo modo la natura sarebbe stata più variopinta e più divertente. Ma anche così non era male. Nevicava copiosamente, e la terra verso l’orizzonte si confondeva col cielo, tanto il colore era simile. Ci si poteva accorgere della lontananza degli oggetti solo grazie ai radi alberi, i cui tronchi scuri erano in enorme contrasto con la neve che gravava sui rami. Tutto questo a lei piaceva, e giurò anche di aver visto una piccola volpe candida scivolare veloce da un albero all’altro, forse alla ricerca di un riparo.

Un sussulto interruppe il filo di pensieri della giovane, che sentì una voce maschile provenire dall’esterno. “Vi prego di perdonarci principessa, ma questa neve ci impedisce di vedere gli ostacoli sul sentiero”. La voce era dolce e riverente.

“Non preoccupatevi, non è successo niente. Vi ringrazio, anzi, per l’enorme sforzo che fate per me” disse dolcemente la ragazza, che non era per nulla infastidita da quel viaggio scomodo. Oltre ad apprezzare il paesaggio, infatti, la principessa era dispiaciuta per quei poveri inservienti, costretti a portarla al nuovo palazzo in una giornata così gelida. Si sentiva vagamente in colpa.

Tuttavia lei non sapeva che coloro che si erano offerti di accompagnarla erano ben consci del viaggio che li aspettava. Guerrieri, servi e paggi non avevano vacillato nemmeno per un istante nella loro scelta, perché adoravano la loro piccola padrona. Ormai era diventata grande, ed era in età da marito, ma tutti l’avevano vista crescere. Il suo animo era dolce, buono e delicato come il profumo di una rosa di maggio, e aveva sempre trattato bene i suoi servitori.

Per questo motivo tutti i componenti della scorta erano decisi a portare la principessa sana e salva alla meta. La giornata era fredda e pungente, certo, ma così come lo era per loro lo era anche per i briganti della zona, che difficilmente si sarebbero fatti vedere. Era più probabile infatti che fossero al riparo in qualche locanda, a sperperare i beni rubati per bere sake e intrattenersi con donne “molto ben disposte”. Tutto sommato, quindi, la giornata era ideale per trasportare la loro principessa nella sua nuova dimora, dove il padre la stava aspettando ansiosamente.

Il signore in effetti era molto in ansia, pur sapendo che sua figlia era in buone mani. Da quando sua moglie era morta era diventato sempre più protettivo. Ne era certo, con la scorta che aveva sarebbe stata ben protetta praticamente da tutto. Ma non dai demoni. Girava voce infatti che a nord fossero scoppiate grosse battaglie fra demoni molto potenti. Basta che restino dove sono, pensò lui, una volta che la mia bambina sarà qui sarà del tutto al sicuro…

Infatti nemmeno il palazzo da cui venivano era più una dimora intoccabile. Le guerre tra feudatari si stavano espandendo a macchia d’olio in tutto il Paese, e la loro terra era ormai stretta da una morsa. Il signore non amava combattere e sacrificare i suoi uomini, ma era stato costretto a farlo per avere quel podere, che era perfetto per celarsi alle guerre: si trovava in mezzo a una fitta foresta, al riparo da spie nemiche e occhi indiscreti. Lì lui e Izayoi avrebbero vissuto serenamente, fino a che non avessero trovato un marito ricco e adatto alla giovane. Possibilmente un potente feudatario che li avrebbe ulteriormente protetti.

Nel frattempo Izayoi era tornata a contemplare il paesaggio. Gli alberi si stavano infittendo: larici e pini erano sempre più numerosi, e la strada adesso era in salita. Non nevicava quasi più, solo qualche fiocco minuscolo cadeva lentamente per andare a perdersi in quel mare candido. Il cielo imbruniva.

Mancava poco all’arrivo. Ma la principessa non riuscì a resistere e si addormentò.

 

L’angolo dell’autrice

Ecco concluso il primo capitolo! Nonostante sia molto descrittivo, spero che vi sia piaciuto. A presto! ^^

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Capitolo 2
*** Dopo la battaglia ***


Dopo la battaglia

 

Il padre della nostra principessa non aveva torto. A nord si era appena conclusa una lunga battaglia.

Proprio in quelle lande gelide, un uomo correva in mezzo a una foresta. Era talmente veloce che difficilmente lo si sarebbe distinto in mezzo alla coltre bianca, poteva essere anche un animale. Benché avesse il fiato corto l’uomo corse senza sosta, finché non arrivò sul ciglio di un ripido pendio, per guardare il paesaggio sottostante.

Era uno sfacelo. Molti alberi erano crollati, gli animali e i demoni minori erano tutti fuggiti verso sud, lasciando la terra vuota e senza vita. I villaggi nella valle erano in fiamme.

Ma al nostro uomo non importava di quegli stupidi umani. Abitavano nel suo territorio e in un certo modo ne era infastidito, ma non aveva mai perso tempo a perseguitarli, e loro avevano timore di lui. Comunque erano tutti morti. Erano rimasti coinvolti nella battaglia, insomma si erano trovati semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un peso in meno, pensò il demone (perché di un demone si trattava), mentre con un sospiro di dolore si sedeva a terra a riprendere fiato.

Era stato uno scontro molto lungo più che duro, quello. Ma il demone aveva vinto e aveva conquistato il suo premio. La spada si era battuta fino all’ultimo per avere il dominio del suo nuovo padrone, il quale ad un certo punto la estrasse dal fodero e si mise a contemplarla.

Sounga. Una spada dritta, lunga e sottile, dall’impugnatura lucente, semplice ed elegante. Splendida quanto letale.

Ma ora non avrebbe più distrutto nulla, perché era sotto il suo controllo. Mentre il demone la riponeva nel suo fodero l’arma ebbe un fremito: era ancora molto ribelle, ma non avrebbe più osato mettersi contro il suo padrone.

Inu No Taisho aveva ripreso abbastanza fiato. Era tempo di andare ormai. Si alzò da terra, e ora che l’effetto della stanchezza era svanito si poteva facilmente notare perché gli uomini e gli altri demoni lo temessero. Egli era un daiyokai, un demone superiore. La sua figura si presentava alta e imponente. Qualunque sovrano della specie umana sarebbe stato nulla in confronto a lui.

Portava un kimono bianco, raccolto alle caviglie da stivali leggeri e scuri. Tale kimono era quasi totalmente ricoperto da un’armatura nera, fatta eccezione per le gambe e parte del petto. Anche le braccia erano coperte da protezioni: i sode* erano molto ampi, di un colore grigio lucente; essi conferivano al demone, già di per sé estremamente potente, un’ulteriore aura di regalità. I kote* erano aderenti all’avambraccio, leggeri e decorati con semplicità. Una soffice pelliccia candida ricadeva morbidamente dalle spalle del daiyokai, coprendolo fino ai piedi. Sulla schiena portava la spada chiamata Sounga, mentre sul fianco sinistro portava altre due spade, chiamate Tessaiga e Tenseiga.

Ma ciò che più incuteva timore e riverenza non erano le armi che portava con sé, almeno non solo.

Il suo sguardo. Il viso di Inu No Taisho poteva essere quello di un ragazzo: essendo un demone infatti non subiva i segni dell’età come gli uomini comuni. I suoi lineamenti erano perfetti, ma i suoi occhi erano ciò che colpiva di più: si potrebbe dire che fossero del colore del topazio o dell’ambra, o ancora del colore del miele. Uno sguardo profondo e tagliente che rispecchiava gli anni che il Grande Demone Cane aveva vissuto ma che nel fisico non mostrava. Aveva inoltre degli splendidi e lunghi capelli d’argento, raccolti in una coda. Tutto l’insieme gli conferiva un portamento fiero e regale, degno del rispetto di chiunque, umano o demone che fosse.

Inu no Taisho si stava appunto alzando per andarsene, quando qualcosa di minuscolo arrivò saltellando e gli atterrò sulla spalla, in mezzo alla folta pelliccia.

“Mio signore, sono così contento nel vedervi sano e salvo!” Il piccolo demone pulce si aggrappò al collo del daiyokai e prese a succhiare il suo sangue.

“Myoga…” disse Inu no Taisho con tono paziente, “non dovresti preoccuparti tanto…è stata una battaglia lunga, ma non difficile”. Tolse la pulce dal collo e la mise sul palmo della mano.

“Ma mi sembravate in difficoltà…” Myoga aveva assunto un tono preoccupato.

Il demone sospirò. “Non hai visto bene. Vuol dire ti trovavi ad una buona distanza di sicurezza dal luogo dello scontro.” Aveva una nota divertita nella voce.

La pulce parve in evidente imbarazzo. “Ma guardate chi sta arrivando padrone!”

Una sagoma indefinita si avvicinava in volo. Inu No Taisho guardava la figura con uno sguardo indecifrabile, gli occhi color topazio scurivano mentre il giorno volgeva al termine. Totosai…, pensò, non so perché, ma non prevedo nulla di buono…

Non distolse lo sguardo finché il vecchio demone fabbro Totosai, sul dorso del suo bue volante, non atterrò con un tonfo al limitare della foresta. Il daiyokai lo raggiunse, il passo leggero e silenzioso.

“Cosa ti porta qui Totosai? Ho come l’impressione che tu sia arrivato con cattive notizie.”

Il fabbro si schiarì la gola. “Eh, purtroppo sì. Ho saputo che avete sconfitto e conquistato Sounga infine. Potrei darle un’occhiata?”

Inu No Taisho non se lo fece ripetere, e consegnò la spada al vecchio demone. Sapeva che nessuno meglio di lui avrebbe saputo analizzare quell’arma. D’altronde Totosai era il miglior costruttore di spade in circolazione: era infatti l’autore delle due katana che il daiyokai aveva con sé, Tessaiga e Tenseiga.

Mentre il fabbro analizzava Sounga, il silenzio era assoluto. Nessun rumore proveniva dalla valle, se non si teneva conto del crepitare delle fiamme nei villaggi, e nemmeno dalla foresta, che sembrava disabitata. Inu No Taisho era immobile e teso nell’attendere il verdetto.

“Sì,” disse infine Totosai, “Sounga è completamente vostra ora. Ma resta comunque un grosso problema.” Il Grande Demone lo guardò senza dire nulla, in attesa che continuasse.

Lo spadaio riprese a parlare. Sapeva che il suo signore aveva il suo palazzo fra quelle montagne, perciò cercò di essere il più delicato possibile. “Il combattimento che si è svolto in questi giorni ha fatto sì che l’aria e la terra di questa zona si impregnassero dell’aura demoniaca di Sounga. Ne ho la certezza, perché ho fatto un giro di perlustrazione molto ampio”. Sospirò. “Ampio abbastanza da comprendere tutto il vostro territorio.”

Il daiyokai non si scompose. “Cosa intendi dire con questo?”

“Voglio dire che…che sarete costretto ad allontanarvi da qui. L’aura demoniaca di Sounga è estremamente potente, e la spada si nutre di essa. Se resterete in questa zona abbastanza a lungo Sounga potrebbe riprendere il controllo…sarebbe più potente che mai e potrebbe uccidervi!” Totosai fece una pausa. “Ma potete stare tranquillo, nel giro di mezzo secolo l’aura maligna si esaurirà da sola.”

Ecco spiegato perché Sounga continuava ad agitarsi. Inu No Taisho rimase un attimo in silenzio. Infine sorrise. “Se servirà ad evitare altri scontri inutili, allora me ne andrò. Tanto non ho mai amato stare fermo in un unico luogo.”

Myoga intervenne. “Ma signore…vostro figlio…”

“Sesshomaru è un demone forte, ed è più che in grado di cavarsela da solo ormai. Potrà sempre trovarmi quando ne avrà voglia. Dovrò andare a sud.” Sia Totosai che Myoga non ebbero nulla da ribattere: era chiaro che quella era la sua ultima risposta.

Il daiyokai andava verso la foresta, ma si fermò poco prima di entrarvi. “Devo fare in fretta. Myoga, resta con Totosai. Ci vedremo presto”. La pulce saltellò verso il grosso bue volante, mentre Inu no Taisho si trasformava in un enorme cane bianco, dagli occhi rossi e scintillanti.

Il cane demoniaco partì di corsa, mentre Myoga e Totosai rimasero a guardarlo per un po’. “Chissà quando lo rivedremo”, disse la pulce, “il suo sangue è sempre così gustoso!”

Inu no Taisho correva nella foresta, muovendosi leggero e senza difficoltà, nonostante la sua grossa stazza. Alla sua destra, fra le nubi scure, si intravedeva un pallido sole morente. In quello stesso momento, una principessa si addormentava serena dopo un lungo viaggio.

 

Note: i *sode sono le protezioni per le spalle, mentre  i *kote sono le protezioni per le braccia, tipici elementi delle armature dei samurai.

L’angolo dell’autrice: ecco il mio secondo capitolo! Ho ritenuto opportuno introdurre anche il secondo protagonista, oltre che iniziare la storia. Spero che abbiate gradito! ^^

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Capitolo 3
*** Emozioni ***


Emozioni

 

Ormai fuori era totalmente buio.

Izayoi dormì per l’ora di viaggio che le rimaneva, e venne svegliata dalla luce di una lanterna che si avvicinava alla portantina.

“Principessa, siamo arrivati.”

Quando fu pronta per uscire, un soldato le prese delicatamente la mano e l’aiutò a scendere. Il sontuoso kimono ricamato era molto ingombrante con tutta quella neve. La ragazza cercò di tenerlo sollevato in qualche modo: era un regalo del padre, le dispiaceva che si rovinasse.

“Non preoccupatevi per il kimono signorina Izayoi, lo riporteremo come nuovo. Ma dovete sbrigarvi ad entrare, o vi prenderete un malanno…” Gli accompagnatori erano tutti molto stanchi, ma volevano portare completamente a termine la loro missione. La principessa non sarebbe stata del tutto al sicuro finché non fosse entrata in casa.

La giovane arrivò così alla veranda. Aveva appena messo piede sull’ultimo gradino, quando la porta scorrevole si aprì di scatto. Qualcuno le corse incontro. “Oh, Izayoi! Figlia mia, che piacere vederti…!” Il vecchio volto dell’uomo era segnato dalle preoccupazioni, che per tutta la giornata lo avevano afflitto.

“Padre, sono contenta di vedervi in salute…vi ho fatto preoccupare tanto…” Pur se stanca e affamata, la giovane si lasciò cullare per un po’ dall’abbraccio dell’amatissimo genitore.

“Tesoro, ora che sei qui tutto è passato”. L’uomo sciolse l’abbraccio e si aprì in un sorriso caldo e gentile. “Vieni, ti ho già preparato il futon. Ma prima c’è la cena che ti aspetta.”

Izayoi si ritrovò poco più tardi in una stanza molto piccola e intima, adibita ai pasti a cui avrebbero partecipato solo lei e suo padre. Di quei tempi non si potevano certo tenere molti banchetti. La zuppa era calda e ristoratrice, la ragazza la mangiò molto volentieri.

Poco dopo Izayoi raggiunse la sua stanza. Il futon era adagiato poco lontano da un vivace fuocherello, che scoppiettava al centro della camera. La luna crescente, che entrava da una finestrella, accarezzava il futon con la sua tenue luce azzurra, creando uno splendido gioco di colori coi bagliori movimentati del fuoco. La principessa però era troppo stanca per rimanerne affascinata, e si spogliò subito.

Il kimono era davvero difficile da togliere. Ogni strato doveva essere accuratamente ripiegato e posato nell’armadio. Tuttavia Izayoi ormai era abituata a questo lavoro. Infatti non aveva mai voluto che una serva l’aiutasse. Si tolse l’ultimo strato, rivelando la pelle liscia e candida, si lavò e si pettinò i lunghi capelli scuri, e dopo essersi messa una vestaglia si mise sotto le coperte.

Si addormentò subito, cullata dallo scoppiettio delle fiamme che si stavano esaurendo.

***

Ancora buio. Buio ovunque. Izayoi era ferma: aveva troppa paura di muoversi, non sapeva dove avrebbe messo i piedi. Intorno a lei si udiva chiaramente un rumore. Non c’erano dubbi, era una voce. Ma questa voce non diceva parole, anzi, proprio non parlava. Era un mugolio irregolare, ma continuo.

La ragazza non sapeva che fare. Il lieve gemito sembrava familiare, e pareva che la chiamasse. Decise di andare a vedere. Fece appena un passo quando sentì un secondo rumore. Un fruscio, dietro di lei. Si voltò di scatto e si svegliò, la fronte imperlata di sudore.

La principessa si mise seduta e fece un respiro profondo. “Era solo un sogno…” Sì sentì sollevata e fece per rimettersi a dormire, ma qualcosa la bloccò. Un fruscio, fuori. Un brivido le corse lungo la schiena, si sentiva agghiacciata.

Con improvviso coraggio si alzò. Devo stare calma…non sono sola a casa…sarà solo il vento che soffia fra i rami… Si avvicinò alla porta scorrevole che dava all’esterno. Una parte di lei le diceva di aprirla e chiedere se ci fosse qualcuno, mentre un’altra, la più coscienziosa, le diceva di tornare a dormire e non pensarci più. Dopotutto, che collegamento poteva esserci fra il suo sogno e un rumore nel bosco? Mille altri suoni sarebbero stati identici a quello. Ma, dopotutto, non sempre le azioni umane sono legate al caso.

Izayoi aprì la porta con incertezza, e una brezza gelida le sfiorò il viso. Il rumore non si sentiva più. Il cielo nero e stellato si confondeva con la macchia scura di alberi di fronte a lei, ma dal bosco nessun fruscio.

Ecco, come pensavo. Era solo un colpo di vento…

Ed eccolo di nuovo. Quel rumore.

Qualcosa si muoveva nella foresta. La ragazza strizzò gli occhi per vedere meglio, ma la luna era nascosta dietro una nuvola di passaggio. Si poteva solo utilizzare l’udito. La cosa che avanzava nel bosco, qualunque cosa fosse, doveva avere un passo molto leggero perché non si sentivano passi, solo il lieve fruscio dei rami di conifere che venivano toccati durante il cammino.

Per diversi minuti Izayoi cercò di intravedere qualcosa, sporgendosi dalla finestra. Una volta che gli occhi si furono abituati all’oscurità, una sagoma era ben distinguibile tra le fronde. Sembrava che cercasse qualcosa. Avanzava lentamente e in silenzio.

Poi la creatura si girò nella direzione della principessa. Non la guardò, forse non si era accorta che Izayoi la spiava, ma la ragazza ebbe comunque un brivido. Due occhi dorati la fissavano.

La principessa fece un sospiro troppo forte per la sorpresa. Gli occhi dorati ora guardavano lei. La luna fece capolino da dietro le nuvole, e Izayoi fece un sobbalzo. La figura che la fissava non era qualcosa, ma qualcuno.

La ragazza era impietrita. Non sapeva se urlare, se scappare o se chiedere aiuto. Ma non riusciva a fare niente di tutto ciò. Rimase ferma dov’era, come se le gambe e la voce avessero deciso improvvisamente di abbandonarla.

Quegli occhi continuavano a fissarla, e ora si stavano avvicinando.

Sempre più vicini.

In un attimo, che per Izayoi sembrò una vita, la figura fece un balzo e atterrò silenziosa sul ciglio della porta. La principessa cadde all’indietro con un gemito soffocato, e si trovò sovrastata dall’uomo che ora incombeva su di lei. Con orrore si rese conto di avere di fronte un demone. La paura aveva preso possesso di ogni parte del suo essere, le sembrava quasi di non respirare.

Le deboli braci del fuoco ormai spento si riflettevano negli occhi d’ambra del demone, che guardava Izayoi con sguardo severo.

“Umana. Che fai sveglia a un’ora così tarda? Tutti quelli come te dovrebbero dormire adesso”.

La ragazza cercò di parlare, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. Il demone continuava a guardarla con severità.

“Sai”, riprese con un sorriso indecifrabile, “le vostre leggende dicono che chiunque incroci il mio cammino viene ucciso brutalmente”. Si inginocchiò a terra, in modo da essere alla stessa altezza della giovane, che non si era alzata.

Izayoi tremò e guardò il demone, gli occhi scuri colmi di terrore. “I-io…non...”

Il demone si avvicinò al suo viso, tornando serio. “Non è stato molto carino da parte tua spiarmi…ora devo ucciderti…” Si rialzò.

La ragazza ormai non si sentiva più alcuna forza. A momenti sarebbe stata uccisa. Perché era stata così curiosa? Rimpianse di avere aperto la porta. Pensò a suo padre, a quanto avrebbe sofferto, e chiuse gli occhi. Una lacrima calda le rigò il viso.

Ma non successe nulla.

Riaprì gli occhi. Il demone era ancora in piedi davanti a lei, immobile. La sua espressione era ancora seria, ma il suo sguardo aveva qualcosa di diverso. Non era spaventoso quanto prima. Poi parlò, e a Izayoi parve quasi che urlasse, tant’era il silenzio che regnava intorno a loro.

“Stanotte non ho voglia di uccidere. Ritieniti fortunata.”

Le voltò le spalle e fece per andarsene, ma all’ultimo si girò a guardare la ragazza con la coda dell’occhio. Uno sguardo profondo e tagliente. “Non raccontare a nessuno di avermi visto stanotte. Non ci sarebbero buone conseguenze per te”. Detto questo con un balzo fu al limitare della foresta, e ben presto sparì fra gli alberi.

Izayoi non si mosse per diversi minuti. Aveva davvero rischiato grosso. Giurò a se stessa che non avrebbe mai più fatto nulla di tanto sconsiderato. Ancora tremante, andò a chiudere la porta e infine raggiunse il suo letto. Le venne in mente il sogno, e poi il demone, il suo sguardo penetrante.

Si mise sotto le coperte. Che paura ho avuto…quel demone sembrava proprio terribile…

E si addormentò, stremata dalle emozioni che aveva provato quella notte.

 

L’angolo dell’autrice:

Ed eccoci al terzo capitolo. I due protagonisti si sono incontrati. Ora le loro vite prenderanno una piega inaspettata…spero che il capitolo vi sia piaciuto. La vostra opinione è importante per me! Alla prossima! ^^

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Capitolo 4
*** Malesseri ***


Malesseri

 

L’inverno arrivò al suo culmine.

Nevicava quasi ogni giorno, e il freddo era davvero pungente. La neve candida ricopriva completamente la casa e i dintorni. Non c’erano demoni in vista, le uniche creature che si aggiravano nella foresta erano i cervi e gli animaletti più piccoli, che ogni tanto si mostravano nei dintorni della dimora, infreddoliti e in cerca di cibo. Non si lasciavano avvicinare da Izayoi, ma lei non mancava mai di lasciar loro qualcosa da mangiare, fuori dalla sua stanza, nella veranda.

Infatti la principessa aveva ripreso la sua vita tranquilla. Si prendeva premurosamente cura della casa e di suo padre, che aveva sempre sofferto molto il freddo. Pensava spesso a quella notte, ma la paura era passata. Come promesso, non aveva parlato a nessuno del demone comparso sulla soglia della sua camera. E la sua vita era tornata alla normalità.

Più o meno.

Ogni notte infatti Izayoi faceva sempre quel sogno, lo stesso che aveva fatto nella notte dell’incontro col demone. Sentiva sempre quel lamento, quella richiesta di aiuto. Lei avrebbe voluto soccorrerlo, chiunque fosse, ma la voce non aveva una fonte precisa. Arrivava da ogni angolo e le risuonava nelle orecchie. Ad un certo punto quel mugolio diventava davvero forte e intenso, tanto che la principessa ogni volta si svegliava all’improvviso e in un bagno di sudore.

Dopo la prima volta, una sola cosa era diversa nel sogno: infatti non era più completamente buio. Se Izayoi si concentrava un attimo, poteva vedere dove si trovava. Era un bosco. Per essere più precisi, era uno spiazzo in mezzo al bosco. Una radura. Ma ogni volta che la ragazza si sforzava di vedere meglio, un dolore le trafiggeva il petto, lasciandola senza fiato. Ed ecco che la voce, che nel frattempo non aveva mai smesso di gemere, si faceva più forte e la costringeva a svegliarsi.

Tuttavia Izayoi non si fece mai eccessivi problemi per quel sogno. Pensava che a causarlo fosse semplicemente l’inquietudine di aver cambiato casa, il disagio di non conoscere l’ambiente in cui si trovava. Presto sarebbe passato, pensava.

***

Accadde che un giorno, all’improvviso, il vecchio padre si ammalò. Gliel’aveva detto Izayoi di stare tranquillo a casa, ma lui non l’aveva ascoltata, e mentre lei si occupava di rammendare un vecchio abito del padre, quest’ultimo aveva deciso di andare a fare un bagno nella sorgente termale che si trovava nella foresta a diversi minuti di cammino.

Quando tornò a casa la ragazza si era accorta da un pezzo della sua assenza, e lo rimproverò. “Padre, sapete benissimo che con questo gelo sarebbe meglio non uscire di casa…”

Lui la guardò, mentre si asciugava e si metteva degli abiti caldi. “Suvvia tesoro…sono solo andato a farmi un bel bagno caldo!”

Lei rispose al suo sguardo con un’espressione torva. Era come sua madre. Difficilmente perdeva la pazienza ma se accadeva era meglio mettersi in salvo il più presto possibile. Ma questa volta Izayoi represse la rabbia e fece un sospiro rassegnato. “Ormai quel che è fatto è fatto. Ma promettetemi di non uscire più di casa, finché farà così freddo.” Lo guardò con gli occhi lucidi e pieni di preoccupazione.

“E va bene mia cara…” Finì di vestirsi. Se mi guarda così, come faccio a dire di no…?

Lei abbassò lo sguardo. “Grazie. Fra pochi minuti sarà servito il pranzo…vi aspetterò”. Detto questo, uscì dalla stanza del padre.

Tuttavia l’uomo non aveva fame, si sentiva debole. Vuoi vedere che Izayoi ci ha azzeccato…? Decise di mettersi sotto le coperte. Non sapeva quanto tempo fosse passato, sta di fatto che ad un certo punto sentì delle voci concitate intorno a sé e qualcuno che lo spostava. Gli venne messo qualcosa di freddo sulla fronte, e provò sollievo.

“Abbiamo terminato il ghiaccio…bisognerà procurarsene un po’. Non abbiamo tempo per lasciare congelare dell’acqua”, disse una voce femminile.

Rispose una voce maschile. “Vado io, il laghetto non è lontano da qui.”

“No. Per favore, lasciate che vada io…avrei dovuto controllarlo meglio, invece mi sono distratta…” Era Izayoi. Il padre ebbe una stretta al cuore. Sua figlia si sentiva in colpa per l’accaduto, lo capiva dalla sua voce tremante, dal suo respiro affannoso.

L’uomo sentì altre voci, alcune agitate, altre dolci, altre preoccupate. Ma non sentiva chiaramente. Infine l’ultima.

“Basta così, ho detto che andrò io.” Era ancora sua figlia, ma questa volta aveva assunto un tono risoluto, che non ammetteva repliche.

“Vi prego principessa, fate attenzione…copritevi bene…”

Il vecchio non riuscì a sentire altro, e si addormentò.

***

Izayoi uscì di casa in poco tempo. Si era coperta bene, come le era stato consigliato. In effetti faceva molto freddo, e lei tremò quando una sferzata di vento freddo le colpì il viso. Però non nevicava, il che era davvero una fortuna. Un pallido sole faceva capolino fra le nubi bianche, rischiarando il cielo pomeridiano. Avrebbe fatto luce per altre tre ore almeno.

Effettivamente si sarebbe potuta congelare dell’acqua lasciandola all’esterno, ma il vecchio signore era parso subito grave. Si trattava di una vera e propria emergenza. Il problema era che non si trovava ghiaccio nelle immediate vicinanze della casa, perciò l’unica soluzione rimasta per fare rifornimento era il laghetto. Quest’ultimo non si trovava molto distante dalle terme in cui suo padre era andato a fare il bagno, e la sua superficie era completamente ghiacciata. Per questo motivo Izayoi aveva con sé una sacca e un piccolo martelletto, che avrebbe usato per rompere la superficie solida del lago.

La ragazza ci mise una mezz’ora per arrivare alla meta: la neve era alta e i vestiti pesanti le ostacolavano un po’ il cammino. Ma una volta preso il ghiaccio sarebbe ripartita subito. Aveva calcolato che sarebbe tornata poco prima del tramonto.

In ansia per la salute del padre, appena arrivata vicino al laghetto Izayoi si precipitò a prendere il ghiaccio, noncurante di chi avesse di fronte, dall’altro lato dello specchio d’acqua.

“Sembri molto preoccupata”. Una voce fredda e tagliente sovrastò il rumore del martelletto che rompeva il ghiaccio.

Izayoi ebbe un brivido. Aveva già sentito quella voce, e se la ricordava molto bene, ma non voleva assolutamente alzare lo sguardo per averne conferma.

Il demone riprese a parlare. “Temi forse che sia qui per fare ciò che non ho fatto nel nostro primo incontro?”

Fu più forte di lei. Alzò lo sguardo, puntandolo verso i suoi occhi. Erano più chiari dell’altra volta. Quella famosa notte le braci morenti li rendevano dorati, scuri e profondi. Questa volta la neve vi si rifletteva, rendendoli brillanti e del colore del topazio. Il demone stava seduto ai piedi di un albero, sulla riva opposta del piccolo laghetto.

Questa volta Izayoi riuscì a parlare. “Vi prego, lasciatemi…”

“Strano il modo in cui continuiamo ad incontrarci…non trovi? Vieni qui.”

Il tono del demone suonava quasi come un ordine e la ragazza, che non avrebbe voluto dargli ascolto, tuttavia si alzò e camminò verso di lui, come se una forza invisibile la stesse spingendo.

Izayoi trovò un coraggio mai provato prima. “Non ho tempo da perdere. Lasciatemi andare.”

Il demone questa volta la guardò in modo diverso, quasi interessato. “Non sono venuto a cercare te. Volevo solo guardarti più da vicino…non fraintendere” aggiunse, vedendo che l’espressione della giovane era cambiata diventando terrorizzata e al contempo disgustata.

Lui la osservò qualche secondo, e lei notò una cosa molto strana. Era appena percettibile, ma sembrava quasi che il demone stesse annusando l’aria. Poi lui parlò. “Percepisco chiaramente la tua ansia. Vai pure, se hai fretta.”

La guardò negli occhi e in quell’istante Izayoi notò qualcosa che non aveva visto poco prima. Il demone all’improvviso sembrava estremamente stanco. Non che esteriormente lo si notasse, il suo fisico non poteva essere segnato dalle fatiche dei comuni mortali. Ma guardandolo, studiando a fondo nei suoi occhi color topazio, si poteva vedere un inconfondibile segno di spossatezza, che la notte del loro primo incontro non aveva.

La ragazza lo guardò un po’ intimorita, ma la sua espressione divenne più dolce. “Se non chiedo troppo…mi piacerebbe sapere cosa vi turba tanto…” Il demone la trafisse ancora col suo sguardo penetrante, ma non aveva cattive intenzioni. Izayoi arrossì. Gli occhi castani non riuscirono a sostenere quelli dorati.

Il demone fece un leggero sospiro. “Sono giorni che vago alla ricerca di un luogo dove insediarmi. Ho viaggiato per tutto il Paese in cerca di un posto adatto a me. Non tanto per viverci ogni giorno, non ho interesse per una dimora fissa. Ma un giaciglio non dispiace a nessuno, neanche a un demone”. Inu no Taisho si stupì di se stesso. Perché aveva rivelato quel che provava? E ad una patetica umana poi…

Continuò a parlare. “Le guerre fra quegli stupidi umani aumentano giorno dopo giorno, e per me sono una vera seccatura. Non riesco a trovare un luogo tranquillo e silenzioso.”

Izayoi lo scrutò per un attimo. Forse non mi farà del male…

E infine…

“Se permettete, io avrei un riparo da offrirvi. C’è una casetta non lontano da dove abito. I proprietari precedenti la utilizzavano come pollaio”, arrossì violentemente, temendo di umiliare il demone. “Però con una sistemata e una ripulita sarà una piccola dimora in tutto e per tutto!”

Il demone sorrise impercettibilmente, ma lei non lo notò. “Umana, qual è il tuo nome?”

La ragazza era piuttosto sorpresa. “I-Izayoi…mi chiamo Izayoi.”

“Bene, Izayoi, accetto la tua proposta”, anche lui per un attimo sembrò in imbarazzo. “C’è ancora qualche gallina nel pollaio?” Non voleva ammetterlo, ma erano giorni che non mangiava.

Per la prima volta lei dimenticò la paura e rise di cuore. Ma si zittì subito, perché il demone le aveva lanciato un’occhiataccia, così si limitò a rispondere. “Se avete fame posso procurarvi io del cibo.”

Poi Izayoi guardò il cielo, e vide che era più scuro di prima. “Oh, no! Ho scordato il ghiaccio di mio padre!” Dimenticandosi del suo interlocutore, tornò al laghetto. Quando ebbe finito ormai il sole era quasi sparito fra le montagne.

Il daiyokai aveva capito l’entità dell’urgenza, e le si avvicinò. “Penseremo dopo al mio riparo. Vieni, ti accompagno a casa.”

Izayoi lo guardò con stupore e non seppe cosa rispondere, ma non servì comunque, perché lui in un attimo si era alzato in piedi e l’aveva issata sulle spalle. “Fidati di me. In pochissimo tempo sarai di nuovo a casa.”

Detto questo, Inu no Taisho partì, veloce come il vento. Certo non sapeva di aver dato inizio all’avvenimento più importante della sua vita.

 

***

Nota dell’autrice: ecco finito il quarto capitolo. Pare che trasportare le persone sulle spalle sia una cosa di famiglia! XD Spero davvero che abbiate gradito il capitolo, aspetto una vostra opinione! ^^ A presto!

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Capitolo 5
*** Pensieri proibiti ***


Pensieri proibiti

 

Il demone era davvero veloce e agile. Quando lasciò scendere Izayoi dalle sue spalle, il sole era appena sparito dietro le montagne. L’oscurità aveva preso possesso di ogni cosa. La principessa stava bene, il viaggio non era stato poi così scomodo: la soffice pelliccia del suo accompagnatore l’aveva protetta dal freddo.

Si trovavano sulla soglia della foresta. “Io non vado oltre umana. Muoviti, vai da tuo padre.”

Che scorbutico… pensò Izayoi, che dopo aver percorso qualche metro si voltò, leggermente rossa in viso. “Quasi dimenticavo…potrei sapere il vostro nome?”

Lui la guardò intensamente, gli occhi dorati scintillanti nell’oscurità. Gli sembrò che le guance della giovane non fossero rosse per il freddo, proprio no. “Sono conosciuto come Inu no Taisho”. Nella sua voce c’era un’inconfondibile nota di orgoglio.

Izayoi si fece un attimo pensierosa. Inu no Taisho…? Che strano nome… Infine abbassò lo sguardo imbarazzata, e fece un piccolo inchino. “Vi ringrazio per il vostro aiuto…” Detto questo, rientrò in casa.

Inu no Taisho non si mosse finché non lei non fu oltre la soglia, poi rientrò nella foresta. Pazienza, per stanotte cercherò un riparo per conto mio…

***

Appena Izayoi rientrò, fu accolta da tutta la servitù. Tutti si erano preoccupati per lei, perché era stata fuori casa per parecchio tempo.

“Signorina Izayoi, vi prego di non farci più uno scherzo simile”. Una dolce vecchina le venne incontro, con gli occhi lucidi e le guance rugose segnate da un pianto silenzioso.

La principessa la tirò delicatamente a sé e la strinse in un dolce abbraccio. “Mia cara balia, sono così dispiaciuta…ve ne prego, smettete di piangere. Sono stata ostacolata molto dalla neve alta lungo il mio cammino. Piuttosto, come sta mio padre?” Il suo ritardo venne presto dimenticato, perché tanta era l’urgenza in quel momento.

La vecchia balia abbassò lo sguardo tristemente. “E’ ancora nella sua stanza. La febbre è alta e non ha ancora ripreso i sensi”.

Izayoi corse subito dal padre, portando con sé un po’ del ghiaccio che aveva appena procurato. Gli si inginocchiò accanto e iniziò a curarlo. Gli asciugò la fronte dal sudore con delicatezza e vi posò sopra il freddo pacchettino di stoffa.

Mentre prestava le sue amorevoli cure al vecchio padre, Izayoi era bellissima. Lo era sempre stata a dire il vero: una splendida ragazza dagli occhi scuri e splendenti, dai lunghi e setosi capelli castani, che ora erano raccolti con un laccetto di stoffa bianco e le ricadevano morbidamente sulle spalle e sulla schiena. Le candide mani prestavano le cure al malato con abilità, mentre il viso era contratto nella concentrazione e nella preoccupazione. Gli occhi erano fissi sull’amato padre, quegli occhi che mostravano quanta forza d’animo ed energia si celasse nel suo corpo così minuto, quegli occhi che potevano guardarti con durezza risoluta e trasformarsi in pochi secondi nell’immagine della più profonda e delicata dolcezza.

Questa era Izayoi. E mentre si prendeva cura del genitore, con gli inservienti impegnati nelle faccende di casa quel giorno trascurate, qualcuno la osservava dalla piccola finestrella della stanza.

Inu no Taisho non aveva resistito. A dirla tutta, nemmeno sapeva cosa lo avesse spinto a guardare da quella finestra. In quel momento, la sua mente era attraversata da dubbi e pensieri mai avuti prima. Pensava che sarebbe dovuto andarsene e non tornare più; pensava che quella donna non avesse nulla da invidiare alle demoni femmine; pensava che sparire per sempre dalla vista di Izayoi fosse la cosa più giusta; pensava che in fondo non avevano fatto nulla, se non parlarsi in un paio di occasioni. Pensò che fosse la donna più bella che avesse mai incontrato, e allo stesso tempo pensò di ucciderla.

Il daiyokai scosse la testa, come per svegliarsi, e in quel momento si accorse che Izayoi aveva finito di curare il padre. Ora era lì, seduta e immobile, a vegliare su di lui. Inu no Taisho ebbe un ultimo, fugace pensiero, il più terribile e il più dolce che potesse esistere. Fissò Izayoi ancora per un attimo, poi voltò le spalle alla finestra e se ne andò.

***

Ancora quel gemito. Quel mugolio, che causava dolore e compassione.

Izayoi si svegliò di colpo, come sempre la fronte imperlata di sudore. Il vecchio padre, accanto a lei, dormiva serenamente. Per tutta la notte la principessa aveva vegliato su di lui, ma ad un certo punto doveva essersi addormentata, dopo aver tolto l’ultimo pacchetto di ghiaccio. Fuori albeggiava.

Ad un certo punto padre si mosse  debolmente e aprì gli occhi, forse svegliato dall’improvviso scatto della ragazza.

“Izayoi…sei tu…?” Cercò di metterla a fuoco.

“Sì, padre…come vi sentite?” prese le mani dell’uomo nelle sue.

“Meglio, ti ringrazio tesoro mio”. Sembrava più stanco che mai, i capelli lunghi e ingrigiti ricadevano disordinati sul cuscino. Mise a fuoco la figlia. “Izayoi…sei molto pallida. Sicura di stare bene?”

Lei sorrise, cercando di sembrare naturale. “Sì, sì sto bene…” Non voleva raccontargli del sogno, lo avrebbe fatto preoccupare più del dovuto. “Però penso che andrò a prendere un po’ d’aria, ora che state meglio. Per favore, cercate di riposare”. Lo baciò dolcemente sulla fronte e uscì silenziosa dalla stanza, mentre suo padre la guardava vagamente stupito.

Izayoi andò nella sua camera e si vestì per bene. In poco tempo fu all’esterno, in mezzo alla neve. Il sole era basso sull’orizzonte, ma ormai nella foresta c’era abbastanza luce da vedere chiaramente dove si mettessero i piedi. Il bello della nuova casa era che non c’erano mura: il bosco di per sé la nascondeva molto bene alla vista dei possibili nemici.

Perciò Izayoi era libera di girare nella foresta di conifere, che era priva di demoni. Beh, forse non del tutto priva. Ed era proprio lui che la giovane voleva incontrare.

Camminava, immersa nei suoi pensieri. Ha detto che si chiama Inu no Taisho…se è davvero così, sarà in grado di fiutarmi. Pensò al giorno prima, quando l’aveva visto fiutare l’aria, e improvvisamente le venne una voglia irrefrenabile di sorridere.

In balia di tutti questi pensieri, Izayoi arrivò alla sua destinazione: il famoso pollaio. Per arrivarci, bisognava fare lo stesso sentiero del laghetto, ma a metà strada si prendeva una seconda via sulla sinistra. Da lì vi si sarebbe arrivati in pochissimi minuti. La ragazza infatti fu davanti alla lurida casetta in poco tempo: e in effetti era davvero sporca e trascurata, ma almeno era intera. Non c’erano tracce di spifferi, e un futon dentro ci sarebbe stato senza alcun problema, ovviamente dopo una bella ripulita.

Izayoi decise di dare un’occhiata anche all’interno, per vedere in che condizioni versasse la casetta. Appena entrò trattenne il fiato. Sarebbe scoppiata a ridere, se non fosse stato per la scena cruenta che le si presentava innanzi.

Piume ovunque. E qualche schizzo di sangue sulle pareti. Era chiaro che qualche gallina utilizzava ancora quel pollaio come rifugio. O per meglio dire aveva utilizzato. Izayoi decise di aspettare e si sedette sull’ingresso. Prima o poi il demone sarebbe arrivato.

Ma la principessa attese invano. Tornò a casa per mangiare e nel pomeriggio si ripresentò alla casetta, ma non c’era traccia di Inu no Taisho, nemmeno di un suo passaggio. I giorni passavano. Izayoi utilizzò il suo tempo libero per sistemare il pollaio e farlo diventare un comodo rifugio, e intanto si chiedeva se lui sarebbe mai tornato.

***

Era passata una settimana dalla conversazione al laghetto, e Inu no Taisho si trovava poco distante da esso. Ancora una volta aveva girato l’intero Paese, ma questa volta non aveva una meta o un desiderio precisi, l’aveva fatto semplicemente perché gli andava. Viaggiare l’aveva sempre fatto sentire bene e aveva sempre chiarito i suoi dubbi.

Ma questa volta i suoi pensieri erano molto diversi dal solito. In genere, anzi praticamente sempre, essi riguardavano strategie di guerra o comunque decisioni di carattere bellico. Questa volta invece non riusciva a rimuovere un chiodo fisso, che negli ultimi tempi si era fatto strada nella sua mente e di cui lui non si era accorto, finché ormai non era stato troppo tardi.

Sesshomaru, suo figlio, provava un odio fortissimo per gli umani. Sicuramente l’aveva ereditato dalla madre. Inu no Taisho, dal canto suo, non aveva mai odiato gli esseri umani, ma nemmeno si era mai interessato a loro. Le loro esistenze erano nulla in confronto alla sua. Proprio come la pioggia, di cui ogni anonima goccia cade, si schianta e scivola sulla roccia, mentre quest’ultima rimane immutata per lungo tempo.

Ma una di queste innumerevoli gocce di pioggia era riuscita a scalfire il daiyokai. Perché quella donna era così diversa da tutte quelle che aveva visto nella sua vita? Cos’aveva di speciale? Non c’era una risposta, lui non ne aveva trovata una.

E perché ora stava tornando? Nemmeno questo sapeva. Sentiva solo che era la cosa giusta da fare. La cosa giusta? Chissà poi perché.

Sull’onda di questi pensieri non si accorse nemmeno di essere arrivato di fronte alla casetta, e lì ebbe una sorpresa. Nonostante fosse già buio, Izayoi era seduta sulla soglia e lo fissava, una nota di sorpresa nelle iridi castane. Non seppero quanto tempo fosse passato, rimasero solo in piedi a guardarsi negli occhi.

Poi lei si alzò. “Io…volevo…” Arrossì e distolse lo sguardo.

Lui le si avvicinò. “Mi hai aspettato per tutto questo tempo?”

“Solo qualche giorno. Vi…vi ho sistemato il rifugio”. Si spostò mentre lui entrava a dare un’occhiata. Tutto era perfettamente pulito. Un futon stava in un angolo della stanzetta mentre un piccolo fuoco scoppiettava al centro. La ragazza aveva fatto proprio tutto a dovere.

Dopo Inu no Taisho entrò anche lei. “Spero che sia di vostro gradimento”.

“Hai fatto anche troppo”, distolse lo sguardo con vago imbarazzo. “Ti ringrazio…Izayoi”.

Lei arrossì violentemente. “Sono felice che vi piaccia.”

Calò nuovamente un silenzio imbarazzato, che venne rotto dal daiyokai. “Ah…mi dispiace per le galline. Ho ridotto questo posto peggio di come fosse già prima.”

Izayoi rise dolcemente. “E’ stato divertente…in un certo senso.”

Si guardarono nuovamente negli occhi. Inu no Taisho aveva dentro di sé un vortice di dubbi e sentimenti. Mai una situazione fu così assurda e così perfetta. Mai una scelta fu così difficile e semplice al contempo.

Prese la mano della principessa e la tirò con delicatezza a sé. Izayoi lo lasciò fare, continuando a guardarlo negli occhi, quegli occhi che ora non vedevano nulla all’infuori di lei. Ormai la decisione era presa, ma nessuno dei due aveva la minima intenzione di tornare indietro.

Con innocente imbarazzo lei percorse il breve spazio che ancora li separava, e sfiorò la guancia del demone. Chissà quante ne aveva passate, quel viso giovane e millenario. Al suo tocco, il daiyokai sospirò e chiuse gli occhi.

Fu un attimo, o forse una vita. Il viso di Izayoi si avvicinò a lui, le labbra si dischiusero.

In quel momento, non esisteva nulla all’infuori di loro. Fuori iniziava a nevicare.

 

***

L’angolo dell’autrice: quinto capitolo finito! Che emozione, sul serio. Mai mi è piaciuto scrivere quanto oggi. Non smetterò mai di ripeterlo, adoro scrivere. Spero che il capitolo piaccia a voi come piace a me! Vi ringrazio per averlo letto, aspetto una vostra opinione! Alla prossima! ^^

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Capitolo 6
*** Incontri e separazioni ***


Incontri e separazioni

 

Passò qualche giorno. Da quella sera non aveva ancora smesso di nevicare.

Inu no Taisho non aveva più visto Izayoi, forse incapace di inoltrarsi troppo nella foresta a causa della neve molto alta. Tuttavia non ne soffriva troppo, perché doveva ancora capacitarsi di ciò che era successo. Il bacio era stato lungo, incerto ma passionale, e quando Izayoi si era dolcemente separata da lui il daiyokai sentiva che qualcosa era cambiato. Ma cosa era cambiato?

Il demone si poneva spesso questa domanda, e nel frattempo non si era più allontanato dalla casetta che Izayoi con tanta premura gli aveva sistemato. Certo, usciva la mattina per controllare che nei dintorni andasse tutto bene, usciva per procurarsi del cibo, ma la sera era sempre e comunque di ritorno. Aspettava. Prima o poi lei sarebbe tornata.

Ma nell’attesa non tutto era perfetto. Tanti dubbi assalivano ancora Inu no Taisho. Non poteva abbandonarla, non voleva. Ma allo stesso tempo sapeva quanto fosse sbagliato e proibito ciò che faceva, ciò che aveva fatto. Forse avrebbe dovuto andarsene prima di spingersi troppo oltre, e lo pensava spesso. Ma poi si convinceva del contrario: pensava che nessuno avrebbe mai saputo nulla, che sarebbe stato in grado di controllare se stesso. Era sicuro di sé. Aveva ancora pieno controllo delle sue azioni, in fondo si trattava solo di puro piacere.

La principessa, dal canto suo, aveva poco tempo per pensare all’accaduto: suo padre, che inizialmente aveva dato segni di miglioramento, negli ultimi due giorni era visibilmente peggiorato. Era talmente debole da non reggersi nemmeno in piedi, faticava a dormire e nel poco tempo che la malattia gli concedeva per riposare era tormentato da incubi.

Per Izayoi non era affatto facile. Si svegliava al mattino presto per lavare il padre e cercare di fargli mangiare qualcosa. Si occupava dell’amministrazione della casa e si informava sull’andamento delle guerre tra i feudatari (pareva infatti che le battaglie si stessero spostando piuttosto vicino a loro). Appena poteva vegliava su suo padre, anche la notte. Fortunatamente accanto a lei c’era tutta la servitù, e la dolce balia la sostituiva quando aveva bisogno di riposo.

***

Era passata una settimana da quella sera alla casetta, e Izayoi si trovava nella sua stanza. Era sera tarda e suo padre dormiva nell’altra camera, stranamente tranquillo. La ragazza, seduta a terra, si stava pettinando i lunghi capelli castani. Avevano proprio bisogno di una sistemata: erano tutti annodati, a causa delle tante preoccupazioni e delle notti insonni.

Lo sguardo di Izayoi era basso; guardava un punto indistinto del pavimento, mentre la spazzola passava silenziosa fra i morbidi capelli. La principessa aveva una gran voglia di piangere, ma non ci riusciva. O non voleva.

Doveva essere forte.

“Izayoi”.

La voce scosse la giovane, che sembrò svegliarsi da un lungo sonno. Si guardò intorno, in cerca della fonte. Non fu difficile individuarla: Inu no Taisho era in piedi, sulla soglia della stanza, proprio come la prima notte in cui si erano visti.

“Ah… siete voi…” Il suo volto rimase inespressivo.

Il daiyokai rimase stupito dalla sua freddezza. “Bell’accoglienza, umana…”

Izayoi scosse la testa e si stropicciò gli occhi. “Scusatemi, non volevo. E’ che...no, lasciate perdere”. Distolse lo sguardo.

“Qualcosa ti preoccupa?” Inu no Taisho chiuse in silenzio la porta alle sue spalle, per non far entrare troppo freddo. Non sapeva il motivo, ma gli premeva sapere perché la giovane fosse tanto triste.

“Io...veramente…” Una lacrima le rigò il viso, ma Izayoi si trattenne dal disperarsi. Continuò a guardare in basso, nel silenzio più totale. Ma persino le pareti, se avessero potuto, avrebbero urlato il dolore che in quel momento lacerava l’anima della fanciulla.

Lei restò chiusa nel suo silenzio, ma ad un certo punto avvertì un fremito, un leggerissimo spostamento d’aria. Inu no Taisho le aveva preso la mano e la stava tirando delicatamente a sé, facendola alzare.

Izayoi era stupita da quell’improvvisa mossa del demone, ma si fidava di lui. Sapeva che non le avrebbe fatto nulla di male. E fu così. Lui le cinse dolcemente i fianchi e la abbracciò. Il gesto più semplice, la migliore cura in momenti come quello. Un abbraccio forte e delicato, a suo modo incerto e imbarazzato. La ragazza appoggiò le mani al petto di Inu no Taisho, alla sua armatura. Vi posò l’orecchio, e chiuse gli occhi.

Il cuore batteva frenetico.

Izayoi lo ascoltò, non seppe per quanto tempo, poi alzò la testa. Lui la stava guardando. Negli occhi dorati ballava la luce del fuoco che bruciava debolmente nella stanza. Il suo sguardo era tagliente e fiero, ma in un certo modo triste e preoccupato. La principessa si perse in quegli occhi color topazio. Si sentì felice.

Infine Inu no Taisho parlò. “E’ meglio che riposi adesso. E’ notte fonda ormai”.

Izayoi annuì in silenzio e sospirò. “Potreste restare qui…soltanto per stanotte”. Arrossì e abbassò lo sguardo. Non c’era malizia nella sua proposta, solo tanto senso di solitudine.

“Lo sai che non mi è possibile. E se restassi tu saresti in pericolo”. Chissà perché, il demone sembrava teso.

“In pericolo? Perché mai?”

Ma il demone non aggiunse altro e si separò da lei. “Non posso spiegarti nulla per ora…devo andare”. In silenzio, così com’era entrato, il daiyokai uscì, nel buio della foresta.

Il peso di tutta la sofferenza in un attimo crollò sulle spalle di Izayoi, che si lasciò cadere a terra. Travolta dal dolore pianse. Nessuno la sentì.

***

Inu no Taisho camminava deciso fra gli alberi. La foresta in quel momento era vuota. Gli animali erano scappati: sembrava sentissero l’aria pesante e carica di tensione, quasi irrespirabile. Non un alito di vento, solo la neve che cadeva, silenziosa come sempre.

Il daiyokai era andato via appena in tempo. Ancora qualche minuto e sarebbe finita molto male per Izayoi. Comunque, in ogni caso lui l’avrebbe protetta, e nulla si sarebbe messo contro la sua decisione.

Quasi nulla.

Inu no Taisho era nel bel mezzo della foresta, quando un fruscio l’avvertì che chi stava cercando era molto vicino. La sagoma nera si avvicinava a passi lenti, davanti a lui.

“Sapevo che ti avrei trovato qui”. La voce gelida e tagliente, gli occhi dorati e brillanti fissi su Inu no Taisho.

“Sesshomaru. Cosa ti ha spinto a cercarmi?” Il tono del padre non era meno freddo.

L’ombra di un sorriso passò sul volto del giovane daiyokai. “Volevo verificare di persona se le voci che ci sono in giro sono vere”.

Gli occhi di Inu no Taisho scrutarono duramente il figlio, con una nota di disprezzo. “E con ciò?”

“Rilassati padre…volevo solo vedere se fosse vero che avete finalmente ottenuto Sounga. Pare sia così”. Questa volta il volto di Sesshomaru era una maschera di bramosia, mentre osservava la spada sulle spalle del padre.

Il daiyokai non si mosse dalla sua posizione. Ormai era abituato all’arroganza del figlio, e la sua voce tagliente non lo toccava minimamente.

Ma Sesshomaru riprese a parlare.

“Poi ho sentito dell’altro.” Sorrideva ancora del suo sorriso poco rassicurante.

Inu no Taisho questa volta ebbe un brivido impercettibile, le sue pupille divennero due fessure quasi invisibili nel suo sguardo assassino.

Sesshomaru invece pareva estremamente divertito. “L’odore di umano ti ricopre, il tuo è quasi scomparso. Non sapevo che mangiassi gli umani ultimamente.”

“Sai benissimo che non lo faccio, Sesshomaru.”

L’atmosfera era più pesante che mai. Tanto era il silenzio che nemmeno pareva reale, finché Sesshomaru non parlò: “Quella donna ti sta annebbiando la mente, padre”. Poteva sembrare preoccupato, ma in realtà era trionfante.

“Non dire sciocchezze, so benissimo a cosa miri”. Il daiyokai non avrebbe mai ucciso suo figlio, ma se fosse stato necessario l’avrebbe messo subito in riga. Era chiaro che Sesshomaru desiderava spodestarlo, per poter avere Tessaiga. E questa volta anche Sounga.

Il giovane demone diventò serio. “Dopo la conquista di Sounga ti sei indebolito. Ti stai affezionando ad un essere umano…non ti riconosco. Potrei anche decidere di attaccarti, e vincerei”. Sul suo volto il disprezzo era evidente. In fondo ammirava suo padre, ma vederlo cadere così in basso…no, non lo poteva accettare.

Inu no Taisho non si scompose. “Non potresti mai vincermi, lo sai bene. E ora vattene, non hai motivo di trattenerti oltre”. Si voltò e si incamminò, nella direzione della casetta.

“E tu dovresti cominciare a non voltarmi mai le spalle, padre”.

Sesshomaru partì in volo, mentre il daiyokai sbuffò, quasi divertito. E’ inutile, non ha ereditato nulla da me. E’ tutto sua madre…

***

Izayoi intanto aveva ripreso il totale controllo di sé. Aveva finito di pettinarsi i capelli e si era coricata sotto le coperte.

Ascoltava tutto intorno a sé. Era strano, il bosco non era mai stato silenzioso come quella notte. La giovane ebbe una stretta al cuore. Chissà cosa stava facendo Inu no Taisho, chissà perché se n’era andato così all’improvviso, senza nemmeno una parola. Suo padre sembrava tranquillo nell’altra camera. Forse sarebbe guarito in pochi giorni. Izayoi ebbe un’altra fitta al cuore. Un pensiero dopo l’altro, tutti le vorticavano nella testa, e chissà come riuscì infine a prendere sonno.

Un lamento.

La ragazza era seduta su un tappeto d’erba. Il profumo intenso delle fronde le riempiva le narici. La luna piena questa volta illuminava il paesaggio, rendendo tutto un po’ più distinguibile. Ormai era chiaro, era una radura, uno spiazzo d’erba piccolo e contornato di cespugli, le cui sagome nere erano visibili fra gli alberi.

Izayoi si trovava al centro. Dette uno sguardo fugace agli alberi e ai cespugli. Le mani erano appoggiate al suolo e stringevano gli umidi fili d’erba. Ma lei questa volta era concentrata su qualcos’altro.

La voce non era più indecifrabile, non era più nemmeno fastidiosa. Era un pianto, rauco e acuto, come di un bambino appena nato che piange con tutta la voce che ha. Disperato.

Alla principessa vennero le lacrime agli occhi. Non sembrava lontano, il pianto proveniva dai cespugli di fronte a lei, e solo una decina di passi la separavano dalla scoperta della verità. Si alzò, incerta, e si incamminò a lenti passi. Non c’era dubbio, un bambino piangeva. Lei sentiva dolore al cuore, ad ogni passo più forte. Ma più andava avanti, più lentamente procedeva, come se qualcosa volesse svegliarla.

Ancora un passo. Era quasi arrivata, ma non poté aiutare il bambino. All’improvviso si accasciò a terra, in preda ad una tosse incontrollabile. Il bambino piangeva e la chiamava.

La tosse era sempre più forte, la gola le bruciava, il petto era in fiamme. Con un conato e un ultimo colpo di tosse Izayoi si portò la mano alla bocca. La crisi era passata, ma lei rimase impietrita nel guardare il palmo che aveva portato alle labbra. Sangue.

***

Sudata e ansante, Izayoi si svegliò, quasi urlando. Ci mise qualche secondo a capire che era stato tutto un sogno, e ne ebbe la conferma quando capì di stare bene. Il silenzio regnava ancora nella casa e nel bosco.

Lei sospirò profondamente per riprendere fiato, ma all’improvviso un urlo squarciò la notte. La chiamava. Suo padre invocava il suo nome.

Izayoi si alzò, e incespicando nelle coperte raggiunse suo padre. La balia era già accanto a lui.

“Padre!” La voce della principessa era rotta dallo spavento. Suo padre era irriconoscibile, con la maschera di dolore che aveva in volto. Gli si sedette accanto, e in quell’istante lui si mise seduto, mentre tossiva incessantemente. Lei era terrorizzata. La balia cercava di farlo sdraiare nuovamente.

Un colpo di tosse più forte degli altri. Sangue.

L’anziano tornò a posare la testa sul cuscino. “Izayoi…” La voce uscì in un ansito.

Lei tratteneva a stento le lacrime. “Padre mio…” Gli prese la mano con estrema dolcezza, mentre l’uomo riprese a parlare.

“Mi dispiace…mi avevi detto…di non uscire…”

“Non ditelo nemmeno padre, non potrei mai essere arrabbiata con voi…!”

Il vecchio sorrise, facendo una smorfia di dolore fra i sussulti del corpo malato. “Sei stata bravissima, in questi giorni…” La voce era sempre più flebile.

Izayoi non voleva crederci. Non poteva essere vera una situazione del genere. “Appena ti rimetterai vedrai quanto sono brava, a fare la signora del castello…” Sorrise fra le lacrime, nemmeno si era accorta di avere iniziato a piangere.

Lui alzò la mano libera, e lentamente la portò alla guancia della figlia. Lei mise la mano sulla sua. “Izayoi… ti ringrazio per esserti presa cura di me… sei diventata bellissima… proprio come tua madre…” L’uomo aveva la mente sempre più offuscata. Che cose stupide aveva appena detto a sua figlia, così scontate. Avrebbe voluto dirle quanto era orgoglioso di lei, quanto l’aveva amata, giorno dopo giorno, sempre di più. Avrebbe voluto dirle di mangiare tanto e sano, di coprirsi, se fosse uscita con quel freddo, di non abbandonare mai il suo splendido sorriso. Ma non lo fece. Sua moglie l’avrebbe sgridato.

Poco dopo, la mano sulla guancia di Izayoi era ormai sostenuta solo da lei, che fissava gli occhi aperti e vacui del padre. Lui sembrava rilassato, poteva anche stare semplicemente dormendo. Ma non era così. La principessa, dentro di sé, sentiva solo il  vuoto, mentre calde lacrime le segnavano il viso.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Eccomi qua!!! Vi chiedo perdono per il ritardo, ma ho lavorato parecchio nell’ultima settimana, così scrivevo nelle pause. XD Spero che abbiate gradito il capitolo…mi viene da piangereT.T…aggiornerò al più presto. Intanto aspetto le vostre opinioni! Kitsune

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Capitolo 7
*** Dubbio e speranza ***


Dubbio e speranza

 

I fiocchi di neve cadevano sempre più radi, mentre le nuvole lasciavano spazio al cielo nero e stellato. Inu no Taisho era perso ad osservare la volta celeste. Sesshomaru se n’era andato da un po’, e presto la notte avrebbe ceduto il posto alla luce del sole.

Il daiyokai stava seduto all’entrata del suo rifugio, dove aveva acceso un allegro fuocherello, che con la sua luce danzante proiettava l’ombra del demone sulla coltre bianca.

Lo sguardo dorato passò dal cielo ai fitti alberi della foresta. Inu no Taisho concentrò tutti i suoi sensi. Dopo che il figlio se n’era andato, gli animali erano tornati. Un cervo camminava lentamente ai confini della foresta verso i piedi della collina: il demone poteva sentirne gli zoccoli che affondavano delicatamente nella neve. Seguì con lo sguardo una piccola e candida volpe, la quale con un certo timore attraversò lo spiazzo davanti a lui, senza perderlo di vista, per poi svanire nel bosco.

Inu no Taisho era rilassato come non lo era stato per molto tempo. Si godeva la brezza frizzante, e sentiva che l’inverno aveva ormai superato il suo culmine. Da adesso in poi, giorno per giorno la neve sarebbe diminuita sempre più, lasciando spazio ai primi germogli primaverili.

Poco dopo, il sole spuntò timidamente all’orizzonte e cominciò la sua lenta arrampicata. L’inizio di un nuovo giorno.

***

Correva. Correva più che poteva, incurante di bagnarsi gli abiti con la neve ad ogni passo, sempre di più. Incespicando in ogni sasso, in ogni radice.

Ma non le importava.

Così Izayoi continuava a correre. Le lacrime agli occhi, di gioia e di dolore, il volto sconvolto, le guance arrossate e gelide bagnate di molte lacrime ormai ghiacciate. Ogni passo era una fatica immane in quell’enorme coltre bianca.

Ma non le importava.

Il respiro era ormai affaticato e irregolare. Nuvolette argentee uscivano dalle sue labbra, e ogni volta che inspirava il suo petto era trafitto da pugnali. Ma Izayoi seguitava a correre.

Correva verso la speranza.

La balia la aveva dato quel barlume di gioia che ora scaldava il cuore della povera ragazza…

 

…Già, proprio l’anziana donna aveva avuto un’illuminazione. Poco dopo la morte del vecchio padre, Izayoi stava piangendo, disperata e silenziosa, sul corpo inanimato dell’adorato genitore. Il recente ricordo era ancora chiaro, lampante nella mente della principessa nella foresta…

La balia la stava abbracciando, ed entrambe le donne per diversi minuti erano rimaste silenziose. Gli altri servi, che poco prima avevano cercato di entrare, erano stati lasciati fuori dalla stanza. E proprio questo fatto aveva lasciato di stucco la principessa, che finalmente si era sciolta dall’abbraccio e aveva fatto una domanda.

“Mia dolce balia…perché avete allontanato gli inservienti? Forse avrebbero voluto dare un…un ultimo saluto”. Un groppo alla gola le aveva impedito di parlare oltre.

La donna intanto si asciugava le lacrime. “Vedete, ho raccontato loro che vostro padre ha solo fatto un incubo, e che ora sta bene”. Aveva dato un’occhiata il corpo del signore, che effettivamente sembrava dormire.

“Perché mai? Quello che dite non ha senso.”

“Mia adorata principessa…ho vissuto molto e ho visto molte cose, quindi penso di sapere cosa fare”. La voce della balia era tranquilla e sicura.

“Voi state delirando, avete bisogno di riposare.”

La vecchia a quel punto aveva sorriso. “Perché non mi avete mai presentato quel bel giovanotto che incontrate ogni tanto?”

Izayoi aveva il cuore in gola. “Che-che avete detto? Io non…” Ma era troppo tardi. La ragazza era arrossita, in evidente imbarazzo. “Non è il caso di parlarne. Mio padre è…”

“Ma è proprio per vostro padre che sto facendo tutto questo. Quell’uomo. E’ un demone vero? In effetti si vede, hanno un fascino tutto loro”. Anche la balia era arrossita mentre ancora sorrideva, e Izayoi pensava seriamente che la morte del padre le avesse dato alla testa.

“Mia cara balia, siete sicura di stare bene?”

“Ma certo dolce principessa”, aveva detto l’anziana, prendendo le mani di Izayoi nelle sue, “vogliate perdonare il mio comportamento. E’ che sono felice perché forse, forse possiamo riavere con noi vostro padre.”

“Che avete detto?”

“Sì, proprio così. Quel demone ha con sé tre spade giusto?”

Izayoi non aveva potuto trattenere la battuta. “Avete guardato bene, mia buona signora…”

La vecchia donna aveva sorriso ancora, ma voleva arrivare al nocciolo della questione. “Sono certa che una di quelle tre spade ci potrà aiutare, anche se una volta erano due. Io ho già visto quel demone.”

“Che cosa…? Vi prego balia, raccontatemi, in fretta”. Izayoi voleva sapere tutto, anche lei aveva cominciato a pensare che non tutto fosse perduto.

L’anziana donna era rimasta un attimo in silenzio. “Avevo pressappoco la vostra età, e abitavo in un povero villaggio molto a nord. Il demone che avete conosciuto è il signore di quelle lande. Tutti noi lo temevamo e lo veneravamo, le occasioni per vederlo erano più uniche che rare, ma io riuscii a incontrarlo. Ero andata a fare una passeggiata con la mia migliore amica Hikaru, disobbedendo ai miei genitori. Erano preoccupati, perché l’inverno lassù può essere davvero terribile. E infatti…arrivò presto una bufera di neve. Hikaru ed io fummo costrette a fermarci per aspettare che calasse. Ma sembrava non finire mai. La mia amica morì, per il freddo”. Una lacrima scese sul volto rugoso della donna.

“Ero disperata. Scuotevo Hikaru, pensavo che fosse solo svenuta. Ma in fondo, sapevo la verità. Poi arrivò lui. Non avevo mai visto degli occhi così vivi e caldi, mi dettero speranza in un attimo. Il demone sfoderò una katana sottile. Pensai che volesse uccidermi, almeno le mie sofferenze sarebbero terminate…e invece con la spada sferzò l’aria intorno al corpo di Hikaru. Poco dopo lei si mosse. Ero stupefatta, ma la mia mente confusa non mi permise di ricordare altro. Mi svegliai a casa mia, con i miei genitori che piangevano dalla gioia. Hikaru era a casa sua, ed era viva.”

Izayoi aveva seguito tutto il racconto rapita. “Siete sicura che sia proprio lui?”

“Non credo di sbagliare mia cara. Un demone così gentile con occhi splendenti come i suoi…non lo scordi facilmente”. Gli antichi occhi lucidi erano carichi di speranza.

Così, Izayoi poco dopo era partita nella sua folle corsa.

***

Inu no Taisho stava ammirando l’alba invernale. I raggi rilucevano sulla neve fresca, creando dei bellissimi giochi di luce abbagliante. Presto si sarebbe alzato, forse era il caso di mangiare qualcosa.

Ma si sentiva troppo rilassato. Si stava godendo ogni istante di quel nuovo giorno.

Tuttavia, all’improvviso la brezza cambiò direzione e distrasse il daiyokai. Trovandosi sottovento, un odore familiare arrivò al suo infallibile fiuto. Voltò lentamente il capo nella direzione da cui proveniva quel profumo inconfondibile. L’umana.

Infatti, dopo qualche minuto Izayoi arrivò, esausta dalla corsa che aveva appena fatto.

“Taisho…”

“Come mi hai chiamato?” Il daiyokai la guardò seccato. Arrogante…

Ma Izayoi sorvolò la questione. “Vi-vi devo parlare”. Stava cercando di riprendere fiato.

Inu no Taisho la studiò un attimo. “Entra, prima di crollare a terra”. La lasciò passare per farla entrare, poi la seguì.

Si sedettero davanti al fuoco, uno di fronte all’altra. “Cosa devi dirmi Izayoi?”

La principessa non sapeva da dove cominciare, così decise di spiegargli tutto per ordine. Raccontò della morte del padre, tralasciando ovviamente lo strano sogno che l’aveva preceduta. Inu no Taisho seguì il resoconto in silenzio, e alla fine parlò.

“Sono dispiaciuto per tuo padre. Ma non ti vedo troppo sconvolta”. La voce era pacata, tuttavia non nascondeva un vago rimprovero.

Izayoi sospirò. Fu più forte di lei. Il suo sguardo saettò sulle spade, una dopo l’altra, e Inu no Taisho capì. La donna sapeva di Tenseiga, non capiva in che modo, ma sapeva.

“No”. Lo sguardo del demone era terribile e Izayoi dovette ritrarsi e distogliere il suo.

“Perché?” La principessa guardava in basso, e nell’ansia stropicciava le maniche della bella veste.

“Non hai idea di cosa significhi riportare una persona alla vita”. Inu no Taisho era fermo nella sua decisione.

“Sì invece! Significa poter avere di nuovo con me mio padre!” Adesso Izayoi piangeva.

Lui non l’ascoltò. “Come hai saputo di Tenseiga?”

La giovane raccontò della balia e della sua avventura molti anni prima. Ma il demone ebbe una reazione che lei non si sarebbe mai aspettata.

“Avrei dovuto uccidere anche lei, invece di salvare la sua dannata amica!” La sua voce era un ringhio. Si alzò di scatto.

“Vi prego, cercate di capire…Tomoko ha parlato solo per il mio bene…” Tomoko era il nome della balia, e raramente Izayoi lo pronunciava. Ma questa volta l’affetto che provava per la vecchia donna era cresciuto a dismisura nel difenderla.

Tuttavia l’ira del daiyokai, invece di diminuire alla supplica della ragazza, crebbe ancora di più. Gli occhi non erano più caldi e gentili, ma taglienti e freddi come il ghiaccio. Le pupille erano ridotte a due fessure nere come l’oblio. Il tono della voce era calmo ma evidentemente trattenuto. Inu no Taisho sembrava una belva pronta a scattare.

“Forse dovrei uccidere te, e poi andare da quella dannata vecchia.”

Izayoi non seppe più contenersi e si alzò d’improvviso, proprio come Inu no Taisho. “Ti prego, ora basta!” Aveva le lacrime agli occhi.

Il demone la guardò a fondo, col suo sguardo penetrante. Izayoi era davvero disperata. Ma con la morte non si poteva scherzare. Tuttavia riuscì a calmarsi, e tornò a sedersi davanti al fuoco, imitato subito dalla principessa. “Non è così facile come sembra. Riportare in vita una persona significa andare contro il destino che gli era stato prescritto.”

“Ma Hikaru…”

“Lo ammetto, quella volta ho agito d’istinto, e ho sbagliato.” Inu no Taisho fissava il fuoco danzante, in pensiero. Ma se non avessi salvato quelle due, forse non avrei incontrato lei…

Izayoi continuava a guardare con decisione il viso del daiyokai, ora calmo e gentile. “Solo per questa volta”.

Inu no Taisho fu colpito da quello sguardo così duro. Non era una supplica. No, Izayoi era decisa ad arrivare fino in fondo. Forse il demone avrebbe fatto un’eccezione.

“Sai che se riporterò in vita tuo padre il tuo destino, quello di coloro che ti sono accanto, e anche il mio potrebbero cambiare? Ti rendi conto di quanto sia grave la situazione?”

“Sì, lo so”. Ancora quello sguardo deciso.

“Il destino che ci attende potrebbe essere di morte.”

“Lo so benissimo.”

Inu no Taisho sospirò. “D’accordo. Andiamo allora”. Si alzò e uscì dalla casetta. Il sole ormai era sorto del tutto. Izayoi uscì dietro di lui.

Il daiyokai si fermò all’improvviso, poco prima di entrare nella foresta. Con la mano sinistra sfiorò Tenseiga. Non poteva sbagliarsi, la spada aveva appena avuto un fremito, aveva appena espresso la sua volontà. Voleva che il padre di Izayoi venisse salvato. Ogni dubbio venne dissipato dalla mente di Inu no Taisho, che si voltò verso la principessa. “Sai già qual è il mio modo di viaggiare, giusto?”

Izayoi con un lieve sorriso si fece avanti e salì sulla schiena del demone. “Grazie Taisho…”

Lui non disse una parola. La ragazza poteva chiamarlo come le pareva, tanto sentiva che non sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea.

Così partirono, l’uno libero da ogni dubbio, l’altra carica di speranza. Veloci come il vento, filavano nella foresta innevata. I raggi del tiepido sole filtravano tra i rami imbiancati. Il demone e l’umana. Entrambi decisi. Entrambi pronti ad accettare qualunque destino li attendesse.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Rieccomi! Un capitolo un po’ transitorio, me ne rendo conto, tuttavia necessario. Spero che vi sia comunque piaciuto! XD Per una settimana non potrò aggiornare, perché vado in vacanza! A voi lascio il piacere di leggere e, se vi va, di lasciare un parere! A presto! ^^ Kitsune

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Capitolo 8
*** Punto di non ritorno ***


Punto di non ritorno

 

Il demone fece scendere dolcemente la ragazza dalle sue spalle mentre il sole, ormai sorto completamente, illuminava un cielo terso e di un chiaro colore azzurro. Quella sarebbe stata una giornata molto gelida. Ma Izayoi aveva ben altro per la testa in quel momento, e non faceva caso al freddo pungente che le sferzava le guance.

“Faccio quello che devo fare umana, poi me ne vado.”

La voce di Inu no Taisho, alta e chiara nel silenzio della foresta, scosse Izayoi da suoi pensieri. Ci mise qualche secondo a realizzare ciò che il daiyokai le aveva detto. E non era d’accordo.

“Ve ne prego, vorrei far conoscere a mio padre il suo salvatore…!”

Inu no Taisho sospirò con pazienza. “Izayoi, non credo sia molto saggio farmi vedere da tuo padre, quando sarà resuscitato”. Il sarcasmo era inconfondibile nella voce del demone.

Ma la principessa incrociò le braccia e si impuntò: “Insisto.”

Lui distolse lo sguardo, seccato: “Sei proprio una donna spudorata e arrogante”. In realtà non lo pensava, e quello era semplicemente il suo modo per dire “sì”.

Il viso della ragazza si illuminò di un sorriso radioso. “Grazie!”

Il demone mantenne in volto un’espressione seccata. “Ma mi farò vedere solo da lui.”

In realtà Inu no Taisho non era preoccupato per se stesso, quanto piuttosto per Izayoi. Essere amico di un demone, per un umano, era un’onta irreparabile e difficile da dimenticare, anche nelle generazioni a venire. Lo stesso valeva per il nostro daiyokai.

Il suo stesso figlio, nel sapere che suo padre si trovava in un buon rapporto con un’umana, lo disprezzava. Ma Inu no Taisho non se ne curava molto, quasi non gli importava. Cosa pensassero di lui gli altri demoni, poi, non lo toccava minimamente. Lui era abbastanza potente per affrontarli tutti. Era il Grande Demone Cane, colui che si trovava a capo di tutti gli eserciti demoniaci, colui che era temuto e rispettato da tutti, un imperatore fra i demoni e spesso un dio fra gli uomini.

Ma Izayoi…lei no. Il carattere forte e sicuro erano solo una difesa, un’illusione per un corpo tanto fragile e delicato. Se la loro relazione fosse venuta allo scoperto, la principessa non sarebbe stata al sicuro da nessuno, umano o demone che fosse.

E Inu no Taisho non poteva permettere che tutto ciò accadesse. Scosse la testa. Che diavolo andava a pensare? Lui non aveva nessuna relazione con quella donna, in fondo. Lui, piegarsi ad un sentimento tanto sciocco come l’amore umano? Mai.

Il daiyokai si perdeva in tutti questi pensieri, e nemmeno si accorse che Izayoi nel frattempo l’aveva condotto alla porta con cui si accedeva alla stanza di suo padre. Nell’abitazione il silenzio era totale.

La giovane si voltò verso Inu no Taisho. “Aspettate qui, per favore”. Detto questo, oltrepassò la porta, chiudendosela alle spalle.

Il demone attese, paziente. Tenseiga fremeva, ormai la sua volontà era chiara. Infine, dopo qualche minuto, Izayoi socchiuse la porta in silenzio. “Potete entrare”.

Chissà perché, Inu no Taisho si agitò parecchio nel ricevere quell’invito. Il cuore batteva freneticamente sotto la dura armatura, eppure già due volte il daiyokai aveva varcato la soglia della stanza della principessa.

Appena entrò, i suoi occhi caddero sulla pallida figura che giaceva a terra, rilassata e senza vita. Il padre di Izayoi era stato certamente un uomo rispettabile. I capelli ingrigiti, sciolti e abbandonati sul cuscino, non nascondevano una certa fierezza, tipica di un guerriero. Un guerriero caduto.

Poi lo sguardo del demone si posò su un’altra figura, un po’ più in disparte. La vecchia Tomoko, che stava ravvivando il fuoco, si era bloccata nel momento in cui i suoi occhi grigi e stanchi avevano i brillanti occhi dorati.

Inu no Taisho non riconobbe la ragazza che aveva salvato molti anni prima. Quell’avvenimento, per lui, non era stato altro che un granello di polvere nella sua intera esistenza. Perciò guardò la vecchia con un’espressione piuttosto seccata.

“Perché continui a fissarmi?”

L’anziana donna si riscosse come se fosse stata svegliata da un sogno. “Perdonatemi” disse, distogliendo lo sguardo, “ero sorpresa nel vedervi…nel vedere che non siete affatto cambiato.”

Il demone non si scompose, continuò anzi a guardare la balia piuttosto freddamente. “Gli anni per me non passano come per voi umani”.

Calò un silenzio piuttosto teso. La vecchia tornò a guardare Inu no Taisho, le lacrime le rendevano gli occhi lucidi e appannati. Il demone era ancora piuttosto diffidente, ma riuscì comunque ad ammorbidirsi un po’. “Devi essere una brava donna” disse, “visto l’impegno che metti nel prenderti cura di loro”.

Per L’anziana Tomoko quelle parole furono più che sufficienti. Scoppiò in un pianto silenzioso e si inginocchiò ai piedi di Inu no Taisho. “Grazie, grazie di cuore! Siete così buono e generoso…aiutare la mia piccola padrona è la cosa più bella che possiate fare…!”

Il daiyokai provò una certa compassione per quella povera donna. La prese per mano e la tirò su con delicatezza. “Non voglio essere adorato”. Guardò l’anziana con serietà, ma il volto era benevolo.

Izayoi, in cuor suo, fu felice che la vecchia balia fosse riuscita a rivedere Inu no Taisho, dopo tutto quel tempo. Sorrise. Stava immaginando di rivedere, in quella stessa stanza, una Tomoko diversa, giovane e innamorata.

***

Qualche minuto dopo, Inu no Taisho si trovava in piedi, accanto al corpo del signore del palazzo. Izayoi stava in piedi accanto al demone, mentre la vecchia balia, ora tranquilla, era seduta in un angolo, in attesa.

Il fuoco crepitava vivace, mentre il cuore del daiyokai era sempre più impazzito: che strana sensazione, come se da lì a qualche istante ogni vita, in quella stanza, sarebbe cambiata. Se fosse una sensazione piacevole o meno, a questo Inu no Taisho non sapeva dare risposta.

Tenseiga era ormai incontrollabile. Il demone la estrasse dal fodero lentamente, quasi stesse alzando un peso enorme.

Ed eccoli. Piccoli, orrendi demoni scuri che si aggiravano intorno al cadavere. Erano parecchi, ancora poco tempo e sarebbe stato troppo tardi. Inu no Taisho non attese oltre: con un paio di sferzate colpì i demoni ed essi svanirono. Per le due testimoni, la spada aveva colpito semplicemente il vuoto.

Izayoi si avvicinò al corpo del padre, mentre il daiyokai riponeva Tenseiga nel fodero.

Qualche istante.

La principessa all’improvviso si portò le mani al volto, in un’espressione di assoluta sorpresa, le lacrime agli occhi. Suo padre si era mosso, e ora la stava guardando.

“Figlia mia…” Si mise seduto, piuttosto confuso.

Lei era ancora incredula ma riuscì a sorridere. “Padre mio, sono così contenta di riavervi accanto a me…”

L’uomo la tirò dolcemente a sé e l’abbracciò. “Izayoi, ho avuto tanta paura…” Accarezzò i capelli della figlia, e non si staccò da lei per diversi minuti. Non aveva ancora notato la presenza di Inu no Taisho, che se ne stava in ombra.

Poi il vecchio si separò dalla ragazza. “Un momento, io non ero…? Come faccio ad essere qui?”

Izayoi a questo punto sorrise nuovamente e si scostò per mostrare il daiyokai. “E’ tutto merito suo. E’ stato lui a riportarvi indietro dalla morte”. Guardò il demone timidamente, ma lui non si mosse. Aveva un brutto presentimento.

E successe.

Il volto dell’uomo, prima allietato dal sorriso della figlia, divenne una maschera di terrore. “Tu…tu sei un demone!”

Inu no Taisho, come suo solito, non si scompose. Tuttavia guardò il padre di Izayoi con occhi gelidi e taglienti, pieni di una fredda ira. “E con questo?”

L’anziano signore si alzò, in preda alla collera. Barcollò, ancora provato da tutto ciò che era successo. “Fuori da casa mia!”

Izayoi non poteva crederci. Il daiyokai aveva avuto ragione ad avvertirla. Ora non sapeva cosa fare e stava poco lontano dai due che si fronteggiavano, mentre la vecchia Tomoko si era appiattita nel suo angolino, terrorizzata non tanto dall’uomo, quanto dal demone.

Inu no Taisho aveva assunto uno sguardo duro, più freddo che mai. L’ira era tangibile intorno a lui. Ma il vecchio non se n’era accorto, e affrontava il daiyokai senza alcuna paura.

“Demone bastardo! Avrei preferito rimanere morto piuttosto che farmi salvare da uno come te!”

La voce di Inu no Taisho uscì in un ringhio: “Ti ho salvato la vita, inutile umano. Come minimo dovresti starmi sotto i piedi”. Normalmente non avrebbe mai detto una cosa del genere. Izayoi lo sapeva, sapeva anche che suo padre stava superando un limite molto pericoloso.

Ma l’uomo non smise di insultare il demone, cercando di mandarlo via. Ormai era troppo tardi.

“Così come ti ho riportato indietro, posso rispedirti dov’eri”. Gli occhi del daiyokai avevano assunto un tremendo colore rosso sangue, le iridi dorate si trasformarono in due pozzi blu e profondi. Vuoti.

Poi il vecchio si avvicinò troppo a lui, urlandogli addosso. Sembrava fuori di sé, aveva dimenticato persino di provare paura. Inu no Taisho non ci vide più. Una mano artigliata si alzò, pronta a sferrare un terribile colpo.

Successe in un attimo. Izayoi era a terra, la schiena sanguinante.

Non appena la vide, il demone tornò in sé. “Izayoi!” Fece per avvicinarsi, ma non ci riuscì. Un nuovo sentimento aveva preso possesso di lui, mentre i suoi occhi tornavano del consueto colore dorato. Non osava avvicinarsi a lei, si sentiva in colpa.

Preso da questo nuovo, bruciante sentimento, senza aggiungere altro volse le spalle ai presenti e se ne andò, scomparendo velocissimo all’interno della foresta.

“Meno male che se n’è andato, quel bastardo. Spero che non si faccia più vivo. Come stai figlia mia? Izayoi?”

Ma la principessa non lo ascoltava, ed era corsa alla porta. Taisho…

La vecchia balia le si avvicinò. “Venite, mia cara, dobbiamo curare la ferita…”

Anche il padre le andò incontro, preoccupato. “Izayoi, coraggio andiamo”.

La principessa si riscosse dai suoi pensieri e si lasciò condurre in casa. Dopo essere stata curata, passò tutta la giornata col padre. Mangiarono insieme, risero insieme. Ben presto, l’uomo dimenticò lo shock degli ultimi giorni. Gli bastava avere Izayoi accanto a sé, e nemmeno cercò di capire perché la figlia avesse chiesto aiuto proprio a un demone. Forse, pensava, era talmente disperata che non aveva avuto scelta. Comunque, ciò che importava era vederla felice.

Sembrava felice.

***

Il daiyokai era ormai arrivato al suo rifugio. Non si curò nemmeno di accendere un fuoco. Dopotutto, per un demone, che ci fosse freddo o caldo non importava.

E poi l’unica cosa che Inu no Taisho desiderava, in quel momento, era la solitudine. Rimase chiuso in quel piccolo spazio per tutta la giornata. Non si mosse, non mangiò. Non gli importava.

La sua mente era occupata unicamente da lei. Dopo quell’episodio l’avrebbe certamente odiato. Non sarebbe più andata a cercarlo.

Ma a lui importava così tanto? Non si dava più nemmeno la pena di chiederselo. La risposta era chiara, solo che il daiyokai aveva spesso cercato di negarlo.

La verità era che il suo unico pensiero era lei, e lei soltanto. Izayoi, col suo sorriso, il suo modo di corrugare la fronte quando era arrabbiata, le sue piccole mani candide e delicate, come la neve. Inu no Taisho ebbe una stretta allo stomaco. Non si stupì. Non era la prima volta che provava una cosa simile, mentre pensava alla principessa.

Pensò anche a quella notte, quella in cui si erano scambiati un bacio. Di nuovo un dolce e terribile pensiero passò nella mente del demone. Si costrinse a non pensarci. Tanto, non l’avrebbe mai posseduta. Non dopo quel che era successo quella mattina.

“Taisho…”

Ecco, sono diventato pazzo. Adesso sento pure le voci.

“Taisho, ci sei?”

Possibile che stesse sognando? Quella voce non era poi così irreale. Si mise seduto, e si stupì nel notare che fuori era completamente buio.

“Ti prego, aprimi”.

Decisamente no. Non era un sogno. Il daiyokai corse ad aprire la porta, forse con troppa impazienza perché lei cadde nella neve per la sorpresa. “Ahi!”

“Izayoi…!” La aiutò ad alzarsi e la fece entrare. “Perché sei qui?”

Lei subito non rispose e si mise ad accendere il fuoco al centro della stanza. Lui la osservava, paziente. Quanto era bella.

Poi la ragazza lo guardò con aria di rimprovero. “Vuoi prenderti un malanno?”

“Sciocca, noi demoni non ci ammaliamo facilmente come voi umani”.

Ci fu una pausa imbarazzata. Poi il daiyokai la guardò intensamente. “Izayoi, mi dispiace per ciò che è successo. Non volevo reagire in quel modo sconsiderato”.

“Ti prego, non scusarti” ribatté lei, con tono di scusa. “Avrei dovuto ascoltarti. Comunque mio padre adesso sta bene e…”

Non finì la frase, perché lui l’aveva tirata a sé e l’aveva baciata. Un bacio breve e intenso. “Accetta le mie scuse”.

Lei arrossì violentemente, mentre gli occhi dorati la scrutavano, penetranti. “S-sì, le accetto.”

Passarono qualche istante in silenzio, osservandosi. Nessuno dei due osava iniziare un discorso. Il cuore del demone era impazzito e lei lo sentiva, perché era ancora fra le sue braccia. Poi lui parlò.

“Pensavo che non ti saresti fatta più vedere”.

“Non essere così duro con te stesso. Non mi hai fatto tanto male” rise dolcemente. “E poi, avrei sfidato chiunque a non reagire così. Mio padre quando si arrabbia è proprio antipatico”.

Anche lui sorrise, un po’ a malincuore. “Ma ricorda che ho rischiato di ucciderti”.

“E allora? Alla fine non è successo nulla”. Izayoi continuava a sorridere. Ogni minuto che passava era sempre più bella. Quanta forza si nascondeva in quel corpo fragile. Incredibile. Irresistibile. “Comunque” aggiunse, “so che non potresti mai farmi del male. Stamattina è stato solo un incidente”.

Inu no Taisho la scrutò ancora. “Non potrei mai farti del male, questo è vero”.

Ancora una volta, lei arrossì. Ma notò che anche lui era piuttosto in imbarazzo. E ne aveva motivo, perché fece una domanda un po’ particolare.

“Izayoi. Potrei vedere le tue ferite?”

A quel punto, il fuoco era certamente più freddo del viso della principessa. Ma lei non era incerta su cosa rispondere. Avrebbe scommesso la sua stessa vita sul demone. Non ne aveva motivo, ma si fidava ciecamente di lui. Così si allontanò lentamente dalle braccia di Inu no Taisho e si voltò, facendo scivolare il kimono dalle spalle e scoprendo le fasciature sulla schiena.

Il daiyokai tirò un sospiro di sollievo. Le ferite non erano poi così gravi, non perdevano nemmeno più sangue, perché le fasce erano quasi immacolate. Fece per alzarsi, per darle modo di rivestirsi.

“Aspetta”. Izayoi lo invitava a rimanere dov’era. Lui obbedì, e arrossì sul serio quando vide che la giovane si stava togliendo anche le fasce candide.

“Vedi?” disse lei, “non c’è quasi niente”.

Il demone le si avvicinò e le sfiorò i quattro sottilissimi tagli che correvano dalla spalla al fianco della ragazza, obliqui.

Non appena Izayoi sentì il suo tocco rabbrividì. Il daiyokai sorrise dolcemente. “Ora rivestiti. Prenderai freddo”.

Lei si girò e lo guardò, senza rialzare il kimono. I suoi occhi erano lucidi, quasi imploranti. “Taisho…tu mi desideri?”

Il demone non seppe cosa rispondere. Distolse lo sguardo, costringendosi a non guardare il corpo nudo della principessa. “Io…sì”.

“Non ho mai provato niente del genere, ma…” Izayoi fece una pausa imbarazzata, “anche io credo di volerlo”. Guardò fuori. “Stanotte la luna non si farà vedere. Nessuno lo saprà”.

Il demone infine la guardò. “Hai paura?”

Lei sorrise timidamente. “Sì. Ma è ciò che voglio”.

Il breve spazio che ancora li separava si annullò in un istante, mentre i due si cercavano freneticamente. Ma fu solo l’inizio.

La passione sfrenata infatti lasciò presto il posto a una danza lenta e delicata. Mentre il daiyokai cercava il contatto con la pelle di Izayoi, la spogliava in silenzio, senza fretta.

E arrivò il momento in cui entrambi furono senza vestiti, nudi, l’una di fronte all’altro.

Lei guardò lui. Non aveva sciolto i capelli argentati, ma erano abbastanza lunghi da ricadergli pigramente sulle spalle e sulla schiena. Senza l’armatura, il corpo sembrava molto più smilzo, ma era perfetto, candido, attraversato dalle stesse striature celesti che aveva sulle guance. Sulle gambe, sulle braccia, sull’addome.

Lui guardò lei. Era proprio fragile come se l’era immaginata. Il corpo morbido e sinuoso, perfettamente candido, in contrasto con i capelli e gli splendidi occhi scuri. Piccola e delicata.

Questo scambio di sguardi durò solo qualche istante. Poco dopo entrambi erano nuovamente abbracciati e si adagiavano sul futon all’angolo della stanza. Il daiyokai si scostò un attimo, silenzioso, e la baciò. Posò le sue labbra sul collo, sul seno e sul ventre di Izayoi, mentre con le mani ne percorreva la pelle morbida, lungo i fianchi.

Ancora una volta, lei rabbrividì. Le piaceva. Non riuscì a trattenere una tenera risata.

Il demone adorava quella risata cristallina. Lo faceva impazzire. Tornò indietro, baciandola ancora su ogni angolo di pelle che incontrava. Infine trovò le sue labbra.

Mentre si scambiavano un tenero bacio, i due corpi si unirono. Lei emise un lieve gemito di dolore, ma fu solo un attimo. Appena incrociò lo sguardo del suo amore ogni dolore, ogni tristezza, tutto era solo un lontano ricordo.

E si univano. Un ritmo lento e regolare, i respiri affannati. E si separavano.

Infine lui raggiunse l’apice del piacere. Non un suono, non un grido. Semplicemente chiuse gli occhi e strinse i denti, mentre abbracciava forte la sua tenera e fragile compagna.

Si guardarono, gli occhi dorati colmi di piacere, quelli castani di felicità. L’umana e il demone. La forza e la fragilità. Ognuno capiva al volo lo sguardo dell’altro, mentre il fuoco proiettava le loro ombre, ora rilassate, sulla parete di legno. Unico testimone del loro amore. Del loro più grande segreto.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Ed eccoci qui, di nuovo! Ho iniziato a scrivere il capitolo in vacanza, sotto l’ombrellone. Mi veniva assai difficile immaginare un paesaggio innevato sotto il sole della Grecia! XD Comunque sono qui, quindi vuol dire che ce l’ho fatta! Ancora una volta, mi auguro con tutto il cuore che abbiate gradito il capitolo, aspetto una vostra opinione!

Infine vorrei, finalmente, procedere con qualche ringraziamento:

-Penelope Aldaya e Pluto90, che non mancano mai di recensire i miei capitoli. Siete troppo gentili. Grazie! ^^

-Ringrazio anche BlueCross123, Sesshomaru_Sama e harua_96, per le loro recensioni. Grazie!!!

-Un ringraziamento speciale va alla mia cuginetta, collaboratrice esterna nella revisione dei capitoli. Grazie anche a te! ^^

E a tutti coloro che hanno letto questo capitolo…alla prossima! ^^ Kitsune

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Capitolo 9
*** Sogno e realtà ***


Sogno e realtà

 

La primavera non tardò ad arrivare.

La neve aveva ricoperto tutto il Paese, da nord fino quasi all’estremo sud. Le guerre continuavano incessantemente. Eppure, finalmente, i primi germogli apparvero, all’inizio del terzo mese dell’anno. In pochi giorni, la dolce stagione prese il posto di quella invernale.

Proprio in questo periodo, una mattina una farfalla candida volava leggiadra su una prateria verdeggiante e rigogliosa, dove una moltitudine di api si dava da fare, di fiore in fiore, per raccogliere il polline. Il vento soffiava, fresco e profumato. La farfalla intanto entrò in un bosco di conifere, ai piedi della montagna. Superò una mandria di cervi che brucava pigramente l’erba fra gli alberi, oltrepassò una piccola volpe che trasportava i suoi cuccioli in una nuova tana, al sicuro. Sorvolò qualche chiazza di neve che ancora resisteva al calore del sole, mentre l’erba verde e il morbido muschio ricoprivano tutto il sottobosco. Persino qualche fungo profumato faceva capolino qui e là, ancora bagnato dalla rugiada mattutina.

Il sole penetrava qui e là tra i pini e i larici, donando al paesaggio un aspetto incantevole.

La farfalla volava con leggerezza, sospinta dal vento fresco. Infine si posò su un piccolo fiore azzurro, nei pressi di uno specchio d’acqua termale. Tanti fiori come questo ricoprivano la zona intorno al laghetto caldo, nel quale una ragazza stava facendo un bagno rilassante.

La principessa Izayoi era completamente immersa nell’acqua. Finalmente la sua stagione preferita era arrivata, l’aveva aspettata tanto. Si mise seduta dove l’acqua era meno profonda, vicino al kimono abbandonato sulla riva. Prese la sua spazzola e cominciò a passarla fra i lunghi capelli castani. Le piacevano i suoi capelli, suo padre le aveva sempre detto che erano identici a quelli dell’amata moglie. Per questo Izayoi se ne prendeva molta cura: le ricordavano tanto sua madre, anche se in realtà la principessa non ne aveva alcun ricordo nella memoria.

Mentre continuava a spazzolarsi, la ragazza si trovò immersa nei suoi pensieri. Non ho più fatto quello strano sogno. Dopo quella volta…

Le venne in mente l’improvvisa morte del padre. Per Izayoi era stato uno shock tremendo. Ma per caso, o per volere del destino, Inu no Taisho aveva con sé la soluzione. Il Grande Demone Cane, il più potente fra tutti i demoni. Colui che la principessa Izayoi ora amava più di chiunque altro.

Il daiyokai aveva riportato in vita il padre di Izayoi, grazie alla spada chiamata Tenseiga. Mai per la giovane donna ci fu un giorno più felice di quello, non solo per il ritorno dell’adorato genitore.

La principessa arrossì improvvisamente. Quel giorno, o meglio quella notte, nel piccolo rifugio della foresta Inu no Taisho e Izayoi avevano fatto l’amore per la prima volta. La ragazza smise di pettinarsi e chiuse gli occhi, assaporando ogni ricordo di quella sera. Il daiyokai era consapevole che per lei sarebbe stata la prima esperienza, perciò era stato più dolce possibile.

Prima di quella volta infatti, lei pensava che i demoni fossero solo dei bruti. Ma Taisho era diverso. Mentre giacevano insieme lui era in tutto e per tutto un demone: il piacere, spesso selvaggio, era impresso sul suo volto, e una sorta di furia incontrollabile si celava nei suoi occhi dorati. Ma non aveva fatto del male a Izayoi; le mani artigliate l’avevano accarezzata disinvolte, senza mai graffiarla, la forza era perfettamente controllata. L’aveva stretta forte eppure era stato delicato, come se fra le braccia avesse una fragile bambola. E l’amore con cui alla fine l’aveva guardata era vero, era sincero in quello sguardo ambrato.

La principessa riaprì gli occhi tristemente. Il daiyokai se n’era andato diversi giorni prima, dicendo che doveva andare in guerra. Erano due settimane che mancava, e anche se la notte di luna nuova era vicina non si era ancora ripresentato.

La loro notte. Ogni mese, nella notte in cui la luna spariva, l’umana e il demone si trovavano e si riunivano, nel loro solito luogo. La luna nuova rendeva tutto perfetto, perché lasciava posto al buio più totale, che nascondeva al meglio il loro amore. L’unica pecca era che Izayoi aveva dovuto sempre trovare una scusa per andare nel bosco. Per fortuna la vecchia balia era bravissima nel rassicurare l’anziano signore, che comunque nutriva una sconfinata fiducia nell’adorata figlia.

Ma lei non era più la stessa con il povero vecchio padre. Non aveva mai provato un sentimento simile prima. Persino le raccomandazioni del genitore, che normalmente avrebbe seguito senza batter ciglio, ora le scivolavano addosso come acqua sulla nuda roccia.

Quindi, compresa la prima, Izayoi e Inu no Taisho avevano passato la notte insieme tre volte. Fra qualche giorno sarebbe stata la quarta. Ma Izayoi era preoccupata. E se gli fosse successo qualcosa? Senza volerlo se lo immaginò, ferito a morte sul campo di battaglia. Impossibile. Lui non era così debole.

Come se volesse lasciarsi indietro i terribili pensieri, la principessa si alzò di scatto, e una volta asciugata e vestita rientrò in casa.

Il padre l’aspettava, evidentemente si era alzato da poco. Stava bevendo un tè.

“Dov’eri, tesoro?”

Lei gli si sedette di fronte e sorrise dolcemente. “Sono stata alla sorgente termale. Oggi c’è una splendida giornata. Sì, lo so che devo stare attenta a non ammalarmi” aggiunse, perché suo padre aveva aperto bocca per rimproverarla. La paura non era ancora passata del tutto.

Lui sospirò. “Scusami. Piuttosto, mi domando ancora che fine abbia fatto quel demone…”

Izayoi ebbe un tuffo al cuore. “C-cosa?”

“Il demone che era qui quel dannato giorno. Ti prego Izayoi” disse, con gli occhi umidi, “dimmi…si è fatto vivo? Che cos’ha chiesto in cambio del favore che ti ha fatto?”

Lei aspettava quella domanda, era ovvio che suo padre gliela facesse prima o poi. “No, non si è più fatto vivo”. Ebbe una stretta al cuore quando pensò che in parte era vero.

“Meno male! Ti prego, dimmelo se noti qualcosa di strano”.

La ragazza si sentì tremendamente in colpa. “Vi prego padre mio, non preoccupatevi. Non dovete stancarvi troppo…”

“Certo tesoro” lui sorrise, “sai, ogni giorno che passa somigli sempre più a tua madre”.

Anche lei sorrise, in qualche modo rincuorata. Dopotutto, non stava facendo nulla di grave. Era solo innamorata.

***

Passò il tempo, e il giorno della luna nuova arrivò. Inu no Taisho non si era ancora fatto vedere.

Izayoi era estremamente preoccupata, il daiyokai le aveva promesso che sarebbe tornato in tempo per il loro incontro. Ma non era ancora arrivata sera, quindi sarebbe potuto arrivare anche da un momento all’altro. Di questo si convinceva la principessa, mentre per distrarsi dava una mano nelle faccende domestiche.

Finite le pulizie, il vecchio padre le diede un altro motivo per distrarsi.

“Izayoi, vuoi per favore scendere al villaggio ai piedi della montagna? Vorrei un nuovo kimono, e tu hai buon gusto. Così puoi anche fare una bella passeggiata. C’è un sole splendido!”

“Ma certo padre, ci vado volentieri” rispose la ragazza, e in poco tempo fu nel bosco insieme alla vecchia Tomoko.

La donna aveva capito da un pezzo che qualcosa non andava. “Mia cara, vi vedo molto preoccupata. E’ successo qualcosa al vostro amato?”

Izayoi sospirò tristemente, e raccontò tutto alla balia. Finito il resoconto, Tomoko rise dolcemente. “Mia adorata principessa, questo è l’amore che parla. Non avete di che preoccuparvi, lui è un demone forte, credetemi se vi dico che se la cava benissimo da solo, anche senza di voi” fece una pausa e guardò la giovane con aria tranquilla. “Abbiate fiducia. Vi ha detto che tornerà, e certamente non mancherà di farlo.”

Il volto di Izayoi si illuminò per la felicità. “Oh, grazie mia dolce balia! Come farei senza di voi?”

La vecchia balia sorrise, ma ciò che disse subito dopo fu molto serio. “Promettetemi solo che starete molto attenta”.

“Certo, cara Tomoko”.

Continuarono a scendere verso valle mentre chiacchieravano allegramente, e nel giro di un’ora furono al villaggio.

Izayoi comprò un nuovo kimono per il padre, ma non poté resistere e ne comprò uno anche per sé, ricamato con splendidi fiori di ciliegio. Il mercante era davvero gentile e le fece un buonissimo prezzo, mentre continuava a fare complimenti per la sua bellezza.

Fra una compera e l’altra, comprendendo il viaggio di ritorno le due donne furono a casa in tempo per il pranzo. Il vecchio signore fu felice di vedere sua figlia così serena. Negli ultimi giorni l’aveva spesso sorpresa a stare seduta nella veranda con aria assorta, quasi avesse mille pensieri per la testa. Tanto che lui aveva pensato che fosse davvero giunta l’ora di trovarle un buon marito. Era diventata abbastanza grande ormai.

E arrivò sera.

Doveva fare in tempo.

La aveva promesso che ci sarebbe stato, e avrebbe mantenuto la sua parola.

Inu no Taisho correva attraverso la prateria, Sounga ancora sguainata.

***

Izayoi non riusciva ad aspettare ancora. Tanto erano tutti a letto. Si alzò e si mise un kimono leggero poi, presa una torcia, uscì dalla sua stanza in silenzio e si inoltrò nel bosco. Le fiamme erano l’unica fonte di luce, non essendoci la luna e il suo lieve bagliore.

La ragazza aveva un po’ di timore. Di solito, sapere che c’era Taisho ad attenderla l’aveva resa sempre tranquilla. Eppure, adesso, forse avrebbe fatto quel viaggio per niente, forse sarebbe arrivata al vecchio pollaio e l’avrebbe trovato semplicemente vuoto. Sforzandosi di non pensare al peggio, si fece forza e proseguì.

Camminò per diverso tempo, non seppe mai per quanto. Capì solo, ad un certo punto, di aver camminato troppo. Normalmente sarebbe già arrivata alla piccola casetta.

Si era persa.

L’ansia prese possesso della povera Izayoi, che cominciò a camminare più in fretta. Stranamente, all’improvviso, ogni rumore nella foresta parve farsi più forte. Il muschio morbido attutiva i passi della principessa, e molte cose si muovevano nel buio.

Sono solo animali, solo animali…

Lei aveva il fiatone. Sperò con tutto il cuore di trovarsi a casa, in quel momento. Sperò di sbucare per caso nel villaggio di quella mattina, quella mattina che sembrava ormai di molti anni prima.

Ne aveva abbastanza. Tutti quei rumori, quei fruscii. D’un tratto Izayoi si mise a correre. Corse e corse, a perdifiato, finché non inciampò e cadde rovinosamente a terra.

“Ti serve forse una mano piccola?”

Lei si alzò di scatto. Non conosceva quella voce. “Chi sei?” Arretrò fino a trovarsi con la schiena contro un albero.

Due occhi rossi la fissavano divertiti. “Non vorrei ucciderti. Ma sei un ostacolo per il nostro signore”.

“Il vostro…signore?” Si lasciò scivolare a terra e notò che la sua torcia, che le era caduta, non era poi così lontana.

Il demone ignoto le si avvicinò pericolosamente. “Il grande generale Cane è troppo importante per noi. Non possiamo permettere che smarrisca la sua strada per una stupida mocciosa umana!”

Izayoi era terrorizzata, ma voleva sopravvivere. Riuscì ad evitare per un soffio un’artigliata e prese la torcia. “Stai lontano da me!” Lanciò l’oggetto senza una mira precisa. Infatti mancò il demone, che si mise a ridere. La torcia si spense, poco lontano.

“Mi sa che ti mangerò. Sembri molto succulen…”

Non finì la frase. La principessa non capì cosa fosse successo, ma udì il rumore di una sferzata un tonfo sinistro poco lontano da lei.

“Stai bene Izayoi?”

“Taisho!” Lei allungò le mani nel buio. Un braccio agile e forte la tirò a sé.

“Sì, sono io. Mi dispiace, non l’ho raggiunto in tempo”. I suoi occhi rilucevano lievemente, nonostante fosse completamente buio.

Lei sorrise. “Non importa, ora sei qui. Ti ho aspettato tanto amore mio”.

“Vieni, seguimi”. Lui la mise giù e la condusse attraverso la foresta.

Izayoi si lasciava accompagnare, finalmente era al sicuro. Poteva esserci quanto buio voleva, alla principessa non importava più. Era con lui. “Chi era quel demone?”

Lui sospirò. “Era uno dei miei sottoposti migliori. La notizia della nostra relazione non è piaciuta a molti”.

“Scusami, non vorrei essere causa di troppi dispiaceri per te”.

“Sciocchezze. Io faccio quello che voglio, non saranno certo due demoni da quattro soldi a fermarmi. Eccoci, siamo arrivati”. Si fermarono, ma Izayoi continuava a non vedere nulla.

Il daiyokai la fece sedere. “Direi che questo luogo è perfetto”.

La ragazza sentì sotto di sé un soffice tappeto d’erba. Sì, quel posto era proprio quello che cercavano. Inspirò e sentì un dolce profumo nelle sue narici. Le sembrava familiare. Intanto Inu no Taisho aveva cominciato a baciarle teneramente il collo. “Vieni qui” disse, tirandola delicatamente a sé. Izayoi si lasciò trasportare e lo baciò con un po’ di incertezza, quasi con innocenza, anche se non riusciva a nascondere il suo desiderio.

E ancora una volta si unirono, in una notte di luna nuova. Ancora una volta si appartennero l’un l’altra.

***

Dormirono insieme. Nessuno dei due fu mai tanto felice. Mentre il sonno ancora li avvolgeva, il daiyokai teneva fra le sue braccia la principessa. La soffice e candida pelliccia li scaldava entrambi. Lui seguitava a dormire pacifico, i capelli argentei abbandonati tra i fili d’erba, le narici impregnate del profumo di Izayoi. La pace nel bosco era assoluta.

Tuttavia, ad un certo punto la ragazza si mise a sedere. Guardò il suo compagno, il cui sonno non era stato affatto turbato.

Si guardò intorno. Aveva gli occhi offuscati, perciò non distinse bene gli oggetti intorno a sé. Capì però che il sole sarebbe sorto fra un po’, perché la luce proveniente da est era ancora molto tenue. Ma era comunque luce.

Ho ancora tempo per rientrare in casa, pensò. La prima ad alzarsi, infatti, era sempre la balia, che si svegliava quando il sole era appena sorto.

Finalmente Izayoi poté mettere a fuoco il bosco, mentre si stiracchiava pigramente.

Una stretta allo stomaco, una sensazione terribilmente sgradevole.

Il profumo del muschio e dei fiori, quella cerchia di alberi e cespugli, la morbidezza di quel tappeto d’erba. Lei li aveva già visti, nel suo sogno. Le parve d’improvviso di sentire una voce di neonato.

Non è possibile, non è possibile!

Confusa, la principessa si volse verso il gruppo di cespugli da cui, nei suoi sogni, proveniva la voce. Cominciò ad avvicinarsi, a lenti passi.

Non può essere, è solo un brutto scherzo…

Ormai era arrivata. La sua tensione era alle stelle, ogni secondo le pareva un’ora. Scostò i cespugli con terrore, si allungò per guardare meglio.

“Che succede?”

La principessa cacciò un urlo. Dietro al cespuglio non c’era nulla. La voce era scomparsa. Chi aveva parlato era Inu no Taisho.

“Che hai, Izayoi?”

Lei lo guardò, mentre riprendeva fiato. “Nulla. Non ho nulla” rispose, mentre si rivestiva in fretta. “Devo andare a casa”.

“Sei strana. Ti porto io a casa, sei pallida”. Dopo essersi vestito anche lui, le si avvicinò e le prese la mano.

E a questo punto Izayoi sentì la sensazione più strana che avesse mai provato. Una stretta, non allo stomaco, ma più giù, nel basso ventre. Non era dolore, quanto piuttosto un calore improvviso che la avvolse completamente e la fece sentire bene.

Ma la ragazza prese paura. Il sogno, la radura, il pianto di un bambino, quella strana sensazione. Tutto si collegò nella mente della principessa, ma lei non lo voleva accettare. Non poteva essere così.

“No” disse infine, “ti prego, lasciami andare da sola”.

Lui non capiva, ma non volle insistere. “Ne sei sicura?”

“Sì, sto bene. Davvero” aggiunse, notando lo sguardo scettico del daiyokai. “Non c’è bisogno che ti preoccupi troppo”.

Inu no Taisho la guardò invece con apprensione. “Fatti viva al più presto. Fammi sapere come stai”.

“Sì, te lo prometto”. Detto questo, la principessa si allontanò, lasciando Inu no Taisho solo, in quel luogo che lei aveva tanto sognato e che ora era divenuto realtà.

 

***

L’angolo dell’autrice:

ed eccoci alla fine del nono capitolo! Le cose stanno prendendo una piega nuova per i nostri protagonisti…spero che abbiate gradito! Come sempre aspetto le vostre opinioni, se vorrete darmele. Allora…alla prossima! ^^ Kitsune

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Capitolo 10
*** Attesa. Su due fronti ***


Attesa. Su due fronti

 

“Questa situazione ridicola non può andare avanti ancora per molto”.

In una grotta dell’ovest, un concilio di guerra era in corso. Nove troni scolpiti nella pietra, sistemati in cerchio, ospitavano le figure dei potenti demoni nella loro forma umana, ognuno dei quali era comandante un esercito personale. Un trono però, il più grande di tutti, era vuoto.

Noboru, il demone corvo, parlava dal suo posto con voce calda e sicura. Tutti assentirono in silenzio.

“Le pantere sono sempre più numerose, e noi abbiamo subito parecchie perdite” aggiunse un anziano demone lupo, di nome Hisashi, “ci serve la nostra guida, ma lui ha preferito correre dietro ad una stupida ningen. Come ci spieghi tutto questo, principe?”

Tutti i volti dei presenti si voltarono verso Sesshomaru, seduto alla sinistra del trono vuoto. Il giovane daiyokai socchiuse gli occhi ambrati, scocciato, soppesando le parole da dire. “Non ho frequentato molto mio padre, di recente. Cosa sia accaduto di preciso non mi è dato saperlo”.

Il tarchiato Baku, il demone tapiro, cercò di essere comprensivo. “In fondo, è andato via solo per cinque giorni. Sono sicuro che tornerà presto”. Fra tutti, in quel luogo, era forse quello che aveva più bontà nel proprio cuore. Sempre se di cuore si possa parlare, nel caso di un demone.

Intervenne a quel punto il demone seduto alla destra dell’assente Inu no Taisho. Occhi iniettati di sangue incorniciati da un pallido volto. Le labbra sottili erano percorse da un gelido ghigno, mentre i lunghi capelli neri erano sciolti e ricadevano ordinati sulle sue spalle, senza nascondere l’aura terribilmente maligna che emanava da tutti i pori. “Io dico che questo è un tradimento bello e buono. Il Generale, per quanto potente, dovrebbe essere ucciso e la ningen con lui, prima che accada qualcosa di irreparabile”.

I presenti rabbrividirono. Solo Sesshomaru e un altro paio di demoni non si mossero. Il giovane daiyokai volse lo sguardo verso il demone, con fare annoiato. “Ryukotsusei, non sappiamo per certo se sia accaduto qualcosa fra quei due. Non è prevista alcuna punizione”. In realtà non stava difendendo Inu no Taisho, stava anzi provocando l’acerrimo nemico del padre. Sapeva che il demone dagli occhi rossi avrebbe fatto qualunque cosa per spodestare il Generale, e con un po’ di fortuna forse si sarebbero annientati a vicenda.

Ryukotsusei strinse i braccioli della poltrona, infastidito. “Se mi viene voglia di punire quel traditore lo faccio anche senza il tuo permesso, lattante”.

Sesshomaru si limitò a sorridere divertito. Quel demone sarà anche stato il più forte dopo il Generale Cane, ma se perdeva le staffe in quanto a intelligenza lasciava spesso a desiderare. Decise che era stufo di quella stupida riunione, così si alzò.

“Io me ne vado. Voi continuate pure con questa perdita di tempo”. Si diresse verso l’uscita, senza degnare di un’occhiata gli altri comandanti. Ryukotsusei lo interruppe con una risata sprezzante. “Dove vai principino? Vai ad avvertire il tuo papà?”

Sesshomaru si fermò. Non si volse, né si mosse in alcun modo. “Non hai altro di meglio da fare, oltre a schiamazzare come una vecchia?”

Il tono tagliente e beffardo fu come uno schiaffo per Ryukotsusei, che si alzò e lo raggiunse in un lampo. “Ti avverto Sesshomaru, quando avrò finito con tuo padre toccherà a te…”

Il giovane daiyokai sorrise ancora malignamente, e senza batter ciglio se ne andò. Sapeva che per il momento quel dannato demone non avrebbe attaccato Inu no Taisho. Se l’avesse fatto, avrebbe attirato su di sé l’odio di tutti gli altri comandanti, devoti al Generale.

Era notte. Quel dannato concilio era durato per l’intera giornata. Così, Sesshomaru si inoltrò nel bosco poco distante, dove aveva intenzione di riposare e recuperare le energie. Camminava lentamente, per nulla preoccupato dalla guerra, né dai nemici del padre. Tutto era perfetto. E lui era ben conscio del fatto che Inu no Taisho avrebbe sconfitto senza troppe difficoltà Ryukotsusei. Una volta morto quest’ultimo, Sesshomaru si sarebbe concentrato su suo padre. Il suo ultimo obiettivo, per ottenere il potere.

Così il giovane daiyokai camminava, ma una volta giunto nel suo angolo privato sospirò stancamente. “Che vuoi adesso?”

Un’ombra si avvicinava, lenta e sinuosa. “Che ti succede oggi? Sembri proprio di malumore…”

“Non sono affari tuoi Minori. E ora vattene”.

L’ombra lo raggiunse. “Ieri notte non sembravi dello stesso parere, mentre te la spassavi con me”. La ragazza lo guardava coi suoi taglienti occhi verdi, lo squadrava da capo a piedi, mentre sorrideva divertita. Le piaceva stuzzicarlo.

Sesshomaru non rispose.

“Dai principe…rilassati” continuò la kitsune, mentre si appoggiava al tronco di un albero, giocando con gli splendidi capelli ramati. “Quel Ryukotsusei è solo uno stupido se pensa di potersi confrontare con te e tuo padre”.

Il daiyokai si voltò a guardarla. Persino lui non era insensibile ai complimenti. Un leggero ghigno gli attraversò il volto. “Non mi servi tu per capire che siamo i migliori”.

Lei ricambiò il sorriso. “Però si può anche dire che le cose possono cambiare…” Fece appena in tempo a terminare la frase, che all’improvviso Sesshomaru le fu di fronte. La mano artigliata aveva mancato Minori di pochi centimetri e in quel momento il tronco colpito dietro di lei si stava squagliando.

La demone volpe tremava. Sesshomaru la guardò gelido. “Sì. Le cose cambieranno. Cambieranno eccome”.

Gli occhi verdi fissarono un istante quelli dorati, e Minori capì che non voleva farle male. Peccato. Comunque tornò a sorridere, questa volta dolcemente. “Vuoi mettere da parte i tuoi piani almeno per stasera?”

Sesshomaru distolse lo sguardo dal viso della kitsune per posarlo sul suo corpo. Guardò l’armatura resistente, tuttavia aderente alla vita e ai fianchi della demone. Era irresistibile. Non era una daiyokai, ma poco importava in quel momento.

In pochi secondi le fu addosso e la aggredì con un bacio passionale, quasi furioso. La teneva inchiodata al tronco. Mentre si spogliavano a vicenda lui la graffiò e la morse, ma lei da tutto questo trasse solo piacere. Nessun dolore.

No. Sesshomaru proprio non capiva cos’avesse da spartire suo padre con un’insulsa umana.

***

Cinque giorni.

Cinque giorni erano passati da quando si era svegliata nella radura accanto a Taisho, eppure Izayoi ancora non era riuscita a riprendersi del tutto da quello shock. Possibile che il sogno fosse una previsione del futuro? Se davvero era così, la principessa non aveva dubbi su ciò che significava.

Quattro volte si era unita al demone, avrebbe dovuto sapere che prima o poi sarebbe successo.

Poi, nei momenti in cui pensava a queste cose, Izayoi ad un certo punto scuoteva la testa e si diceva che no, non era possibile che fosse così. La sua mente le stava solo facendo dei brutti scherzi. Così tornava tranquilla.

Suo padre aveva notato questo strano cambiamento. Izayoi sempre più spesso se ne stava seduta nella sua stanza, a osservare la foresta, persa nei suoi pensieri. A volte si dimenticava persino di fare qualche faccenda, cosa che prima di quel momento non era mai accaduta.

Il vecchio signore era preoccupato per la figlia, ogni giorno sempre di più.

Così passarono i giorni. E furono dieci.

Scherzi della mente o meno, Izayoi non stava bene. Sentiva qualcosa dentro di sé, a livello del cuore. Una sorta di agitazione, che spesso sfociava in una gioia quasi incontenibile. Non se lo spiegava. Oppure non voleva ammettere che tutti gli indizi portavano ad un’unica soluzione.

Sulle prime Izayoi non volle confidarsi con nessuno, soprattutto con Taisho, che ogni sera la veniva a trovare nella sua stanza per sapere come stava. La principessa si limitava a rincuorarlo, a dirgli che stava bene e che non doveva preoccuparsi. Lui non era mai convinto, ma la lasciava stare. Un paio di giorni prima infine era partito per andare di nuovo in guerra.

La principessa in un certo senso ne fu felice. Finché lei non avesse scoperto la verità, non si sarebbe più sentita davvero a suo agio col demone. Così decise di confidarsi con l’unica persona a lei cara che ne avrebbe potuto sapere qualcosa: la vecchia balia Tomoko, che aveva addirittura visto nascere Izayoi.

Quel giorno, la mattina, la principessa stava sistemando insieme all’anziana donna la camera del signore, che era uscito a godersi un po’ di sole in una passeggiata. Il resto della servitù era impegnato in altre faccende, così Izayoi, non appena lo ritenne opportuno, si confidò con Tomoko.

“Mia cara balia…avrei bisogno di parlarti”. Era notevolmente imbarazzata, ma decisa ad arrivare fino in fondo.

La donna si interruppe, mentre piegava dei kimono. Le sorrise. “Ditemi principessa”.

“Ecco, io credo di…” Izayoi era più imbarazzata che mai, e soprattutto non riusciva a pronunciare quella parola, che da giorni ormai le martellava la testa.

Tomoko la stava guardando interrogativa. “Credete di?”

“Credo di essere incinta”. Lo disse tutto d’un fiato, le lacrime le spuntarono dagli occhi.

La balia era allibita. “State scherzando, vero?” disse in un soffio, ma in cuor suo sapeva benissimo che non era così.

“Sì. Non saprei come spiegartelo dolce Tomoko…ma lo sento, da diversi giorni ormai, dall’ultima volta che Taisho ed io…” si interruppe, di nuovo con un nodo alla gola.

La balia non si arrabbiò, né alzò la voce. “Cosa vi sentite?”

E Izayoi non resse più. Cominciò a parlare, a dirle tutto ciò che provava. La sensazione calda e avvolgente di quando il daiyokai la toccava, il cuore che batteva all’impazzata, la sensazione di essere in continua attesa di qualcosa di sconosciuto. Il tutto unito, negli ultimi due o tre giorni, a diversi malesseri fisici. Le raccontò della sera prima, a ora di cena. Aveva rifiutato di mangiare la zuppa che aveva sempre amato tanto, perché d’improvviso le si era rivoltato lo stomaco. Che cattivo odore.

La balia ascoltò tutto in silenzio. Infine, quando la principessa terminò il suo racconto, si aprì nel sorriso più felice che Izayoi potesse ricordare. “Mia dolce signora…sono così felice per voi!”

La abbracciò, mentre la ragazza era ancora stupita da questa strana reazione. “N-non sei arrabbiata?”

Tomoko si staccò da lei. “Tesoro…nulla, nulla è più bello e miracoloso di un bambino! Non importa che ostacoli ci saranno nel vostro cammino, ciò che avete dentro di voi è quanto di più splendido possa offrirvi la natura. E’ il frutto del vostro amore…”

Detto questo, la vecchia balia guardò Izayoi con gli occhi colmi di lacrime di gioia. La principessa sorrise. Era davvero felice. Felice di pensare che, forse, non tutto quello che aveva fatto era sbagliato.

Tuttavia, c’erano davvero molti ostacoli da superare.

***

Era notte. Inu no Taisho si alzò dal suo giaciglio. Si era trattenuto anche troppo, tanto i comandanti se la sarebbero benissimo cavata comunque, anche senza di lui. Era preoccupato per la sua Izayoi, aveva uno strano presentimento.

Si diresse in silenzio verso nord-est.

“Vai forse dalla tua ningen?”

La voce proveniva da dietro di lui. Il daiyokai si fermò, ma non si voltò. “Ti interessa tanto, Ryukotsusei?” disse calmo, con un velo di irritazione nella voce.

Tale padre tale figlio, che scocciatura… pensò il demone drago, che fece un sorriso maligno. “Spero che tu sappia che oltrepassare certi limiti potrebbe anche costarti caro”.

Inu no Taisho sbuffò, pieno di disprezzo. “Non devo rendere conto a nessuno di ciò che faccio. Tanto meno a te”.

E partì, veloce come il vento.

Arrivò a casa di Izayoi poco prima che spuntassero le prime luci dell’alba. Entrò silenzioso nella stanza dell’amata compagna, e le si avvicinò.

“Izayoi…” disse piano, sfiorandole la guancia con un dito.

Lei si mosse e aprì piano gli occhi. Ormai aveva imparato a riconoscere quel tocco. “Amore mio…è molto presto, cosa fai qui?” Si mise seduta e si stropicciò gli occhi. In pochi secondi le vennero mente tutte le cose che aveva da raccontare al demone. Lo guardò, con gli occhi già svegli e vigili. Si perse a contemplare le iridi dorate.

Lui sorrise dolcemente. “Sentivo il bisogno di vederti, tutto qui”.

“Non sei ferito, vero?” disse lei all’improvviso. Con tutti i pensieri che aveva, la principessa si era dimenticata che il daiyokai in effetti era in guerra.

“No. Certo che mi fai delle domande proprio sciocche a volte”.

Lei arrossì e abbassò lo sguardo. “Taisho, visto che sei qui, avrei bisogno di parlarti. Usciamo un attimo?”

Lui la guardò un po’ confuso ma poi sorrise ancora. “Certo” rispose, e uscì ad aspettarla. Izayoi lo raggiunse dopo qualche minuto. Si era coperta per bene, nonostante fosse primavera le notti erano ancora piuttosto fredde.

Iniziarono a camminare verso la foresta, attenti a non fare troppo rumore. Ad un certo punto il demone si voltò a guardarla, e gli si strinse il cuore. Che diavolo gli prendeva, all’improvviso?

“Avanti, dimmi”.

E camminavano. Lei rimuginò qualche secondo sulle parole giuste. Era arrivato il momento, sembrava che il cuore potesse scoppiare da un momento all’altro.

“Vedi” cominciò infine, “da qualche giorno mi sento strana. Avrai notato anche tu qualcosa”.

Lui annuì in silenzio, mentre continuavano a camminare. Nemmeno si accorsero di essere arrivati alla loro radura.

“Insomma, io…” disse lei. Eccolo, di nuovo. Un nodo alla gola. Izayoi si fermò.

Inu no Taisho aspettò, paziente. Eppure il suo cuore non voleva smettere di agitarsi, incontrollato.

“Amore mio” disse lei infine sorridendo, con le lacrime agli occhi, “io aspetto un bambino”.

Inu no Taisho si bloccò e sgranò gli occhi. Aveva sentito giusto? Sì, non poteva sbagliare. Il cuore in gola, il demone era colmo di sentimenti che lottavano per avere il sopravvento, mentre registrava e cercava di comprendere ciò che la sua adorata compagna gli aveva appena detto. All’improvviso si sentì leggero come una piuma.

Era sorpreso, sì, ma non impaurito. E il sentimento che sentiva traboccare da tutti i pori non era rabbia. No. Era pura e semplice gioia.

Si accorse all’improvviso che la principessa lo stava guardando, in uno sguardo misto fra confusione, paura e attesa.

“Izayoi…” disse infine lui, prendendole la mano con infinita delicatezza. “Questo è il regalo più bello che potessi farmi!” E l’abbracciò, la strinse a sé. Voleva farle capire quanto fosse felice, quanto fosse fiero di avere un figlio dall’unica donna che avesse mai davvero amato. Allora Izayoi non stava male. Aveva solo accolto nel suo grembo il frutto del loro amore.

La principessa scoppiò a piangere. Un peso enorme come un macigno si era sollevato dal suo cuore nel vedere, in quegli occhi ambrati, la pura felicità. Un pianto liberatorio, un pianto silenzioso ma pieno di gioia. E in quel momento Izayoi capì, una volta per sempre, che lui non l’avrebbe mai abbandonata.

Che lui l’avrebbe sempre protetta e amata. E lei avrebbe ricambiato con tutto l’amore che solo una misera donna umana poteva donare.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Ed eccomi di nuovo qui! Confesso che sono emozionata, davvero. La seconda parte del capitolo, a partire dalla conversazione con la dolce Tomoko, è stata scritta tutta d’un fiato. Sono esausta ma soddisfatta, per una volta. XD Nuovamente, spero che il capitolo piaccia a voi così com’è piaciuto a me. Se volete recensite, mi piace sentire le vostre opinioni e le vostre congetture! ^^ A presto! ^^ Kitsune

NB: I demoni e i loro nomi sono completamente inventati da me (ad eccezione, ovviamente, di Sesshomaru, Inu no Taisho e Ryukotsusei). Spero di poterne approfondire un paio, ma vedrò a seconda di come va avanti la storia. ^^

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Capitolo 11
*** Scontri ***


Scontri

 

Quasi nulla avrebbe potuto turbare la felicità della principessa.

Si sentiva più felice che mai, consapevole che ogni mattina, ogni giorno significava dare sempre più vita al bambino che cresceva dentro di lei. Allora, cullata da questi pensieri iniziava a canticchiare allegramente, mentre svolgeva le faccende di casa in totale serenità. Era passato circa un mese dalla notte d’amore nella radura.

E il vecchio padre osservava. Ma come? Un giorno la sua adorata bambina sembra sull’orlo delle lacrime, e il giorno dopo diventa all’improvviso felice come non mai? Doveva essere successo qualcosa senza dubbio. Bisognava indagare.

Così, appena poteva, seguiva Izayoi nelle sue faccende. La osservava mentre sistemava le stanze, mentre preparava da mangiare o piegava i vestiti. L’unica cosa che l’uomo poté notare fu un attaccamento quasi morboso della balia verso la padroncina. Le diceva spesso di stare attenta a non farsi male, di non affaticarsi troppo. Ma non era poi così strano.

E’ giusto, pensava quindi il signore, una principessa non dovrebbe lavorare troppo.

Così il padre si calmò, più o meno, e continuò tranquillo la sua routine. Era talmente contento di vedere Izayoi così serena, che ne fu contagiato e divenne più allegro e ridanciano che mai. La sua casa era splendida, la sua bambina era bellissima, la sua vita perfetta. Fu un periodo felice.

In realtà, la ragazza non sempre era così sorridente come sembrava. C’erano momenti, soprattutto la sera quando si coricava, in cui pensava al suo amato genitore. E pensava che prima o poi sarebbe venuto a conoscenza del suo segreto. Se non gliel’avesse detto lei stessa, ovviamente avrebbe scoperto tutto da solo. I grandi kimono che era solita portare non sarebbero più bastati a nascondere il proprio corpo che, nonostante fosse passato solamente un mese, mostrava già i primissimi cambiamenti tipici di una gravidanza. Ma Izayoi era sempre e comunque felice, mai un pensiero negativo aveva adombrato quella che per lei era la cosa più bella che le fosse mai capitata. Così, quando era sola, pensava spesso al suo bambino, gli parlava e cercava di immaginare quale sarebbe stato il suo aspetto. In cuor suo, Izayoi sperava che avesse gli occhi dorati del padre.

In questo modo passò anche quasi tutto il secondo mese. E Taisho era ancora in guerra.

***

“Te ne vai, padre?”

La voce tagliente risuonò nelle orecchie di Inu no Taisho come un fastidioso ronzio, e malvolentieri il daiyokai si volse per continuare quella conversazione.

“Sì” rispose, “siamo in tregua adesso, non mi sembra di doverti raccontare i fatti miei”.

Un ghigno fugace attraversò le labbra di Sesshomaru. “Tanto tutti quanti ormai sanno dove vai quando parti da qui”.

“E con questo?” Inu no Taisho strinse leggermente i pugni.

“Nulla, mi chiedevo solo quando avrai intenzione di troncare questa storia assurda. Ne va del nostro nome”.

Il padre rise, di una risata fredda e vuota. “Il nostro nome. Non è questo che conta nella vita, Sesshomaru”.

“No?” disse il figlio, mettendo nella voce tutto il disprezzo che poteva. “Allora dimmi tu ciò che conta, padre. Sono curioso…hai qualche ningen da farmi conoscere?”

Detto questo sorrise ancora, mostrando una mano artigliata. “Dovrei essere io ad insegnarti come ci si comporta con loro”, aggiunse.

Gli occhi di Inu no Taisho divennero d’improvviso freddi e taglienti come rasoi. “Hai ancora molta strada da fare per raggiungermi”.

“Raggiungerti? Non farmi ridere, ormai ti ho già superato da un pezzo!” La voce di Sesshomaru fece eco tra le montagne.

Il Generale Cane sbuffò sprezzante. “Davvero? Non credo sia così” disse, e il suo sguardo scintillante d’ira fece ammutolire Sesshomaru, che tuttavia non perse la sua arroganza.

“Vedrai, padre, io ti sfiderò un giorno…e allora sapremo chi di noi sarà il sovrano incontrastato del mondo demoniaco”.

Un ghigno spettrale deformò il volto di Taisho. “Se vuoi possiamo sfidarci anche subito”.

Sesshomaru mantenne uno sguardo gelido e una voce sicura. “Non ho intenzione di sfidarti oggi, non finché sarai ridotto in quello stato. Vai dalla tua ningen, non ho intenzione di fermarti”.

Detto questo, voltò le spalle al padre e se ne andò, verso il luogo dove la sua compagna di ogni notte lo aspettava con ansia.

***

Una di quelle famose sere, in cui Izayoi pensava a come parlare al padre, Inu no Taisho tornò dall’ovest. Infatti il demone era partito la notte stessa in cui la ragazza gli aveva annunciato di essere incinta. Ma Izayoi stava imparando a non preoccuparsi troppo per il daiyokai. Dopotutto, si trattava del demone più potente dell’Ovest, se non addirittura il più forte dell’intero Paese.

Quindi, quella notte, una notte come tante, la ragazza era andata a coricarsi con la pace nel cuore. Si stava finalmente decidendo a dire la verità al padre. Si girò su un fianco, faticando però ad addormentarsi.

“Non preoccuparti piccolo, presto conoscerai meglio il tuo papà” disse sommessamente la principessa, sfiorando il lievissimo gonfiore sul suo ventre, “lui è un demone forte e bellissimo, proprio come sarai anche tu”.

Chiuse gli occhi, sentendo finalmente il sonno che prendeva possesso di lei, quando all’improvvisò sentì un fruscio nella foresta. Un rumore inconfondibile.

Taisho…!

Corse subito alla porta scorrevole e l’aprì. Si guardò intorno, alla ricerca della fonte di quel suono, sicura di non essersi sbagliata.

E infatti era così. Illuminata dalla tenue luce della luna, la corazza di Inu no Taisho si stagliava inconfondibile sullo sfondo nero del bosco. Izayoi guardò la figura del suo demone avvicinarsi lentamente.

Troppo lentamente. Non c’era grazia, non c’era agilità in quei movimenti, così stranamente goffi e pesanti. Izayoi si corrucciò. Pensava ad uno scherzo.

Invece non era così. Giunto al limitare del bosco, Inu no Taisho cadde in avanti, per terra. Izayoi si portò una mano al cuore, il viso colmo di paura. Le ci volle qualche secondo per riprendersi e correre a rotta di collo verso il daiyokai, urlando il suo nome terrorizzata.

“Taisho! Taisho!”

Non le importava di essere sentita da qualcuno. Si avvicinò al daiyokai, preoccupata come non mai. “Amore mio…ti prego alzati, ti faccio entrare!”

“No Izayoi, non serve…sto bene…!”

Lei si arrabbiò. “E smettila di fare l’orgoglioso, testardo di un cane!” Si interruppe subito e lo guardò. Ma Taisho non le lanciò una delle sue solite occhiatacce. Anzi, rimase zitto e si lasciò condurre in casa, dove fu coricato sul futon nella stanza della principessa.

Izayoi gli tolse la corazza e aprì il kimono. Uno squarcio orrendo partiva dalla clavicola sinistra del demone fino ad arrivare quasi al cuore. La ferita doveva avere due o tre giorni, ma non aveva dato alcun segno di volersi rimarginare: il sangue usciva fitto e bagnava il candido kimono del daiyokai, ogni minuto di più.

Tuttavia Taisho era perfettamente sveglio.

“Ascolta Izayoi, devi conficcare questa al centro della casa” disse, passandole Tessaiga, “creerà una barriera protettiva…”

La principessa non fece domande e prese la katana. “Vado”.

Non appena arrivò sulla soglia della sua stanza, suo padre le venne incontro. “Tesoro, ma che…tu!”

Aveva visto Inu no Taisho. “Che diavolo fai di nuovo qui?!”

Mentre Izayoi schivava il padre e andava a cercare il punto più centrale della casa, il daiyokai si mise seduto e guardò l’uomo con arroganza. “Hai qualche problema, vecchio?”

Il demone non era dell’umore giusto per affrontare una discussione. Sarebbe finita male per il povero signore, che però non aveva intenzione di arrendersi.

“Vuoi mia figlia? E’ lei che vuoi?! Non aspettarti la mia gratitudine per l’altra volta, dannato demone!”

Per tutta risposta Inu no Taisho ringhiò con veemenza, ma fortunatamente in quel momento tornò Izayoi. “Per favore, non litigate!” disse lei, sull’orlo delle lacrime, “Taisho, ho fatto quello che mi hai chiesto”.

Sentire sua figlia parlare così a quel demone fu come uno schiaffo per l’anziano signore. “Che succede qui?! Izayoi, pretendo una spiegazione!”

La figlia si chinò accanto al daiyokai, e iniziò a tamponargli la ferita con un panno, mentre lui continuava a guardare l’uomo con odio. Stava per rispondere ma Izayoi lo anticipò.

“Padre, io amo questo demone” disse con sicurezza, poi si fece ancora più coraggio. “E aspetto un figlio da lui”.

L’anziano signore si portò la mano al cuore, e Izayoi ebbe timore di aver provocato una reazione che non avrebbe mai voluto. Suo padre seppe resistere. Tuttavia sul suo antico volto si dipinse la più amara delusione. Senza una parola distolse lo sguardo da Izayoi e se ne andò, diretto alla sua stanza.

Per la principessa, sarebbe stato meglio se le avesse urlato addosso. Una lacrima le rigò il viso, mentre riprendeva a curare la ferita di Inu no Taisho.

Lui la guardò attentamente. “Izayoi…”

La ragazza non rispose, ma il daiyokai fu sicuro di sentire un singhiozzo represso a fatica.

“Izayoi, ti prego guardami”.

Lei infine alzò il viso bagnato di lacrime. Un volto triste e stravolto, ma fiero. “Come ti sei procurato questa ferita?”

Inu no Taisho non l’ascoltò. “Mi dispiace, non sarei dovuto piombare qui all’improvviso. Non sarebbe accaduto tutto questo”.

Lei fece spallucce. “Comunque prima o poi l’avrebbe scoperto. Quindi è meglio così”, ma continuava a piangere.

Il daiyokai le sfiorò delicatamente le guance, per asciugarle dalle lacrime. “Andrà tutto per il meglio. Chiaro?” La guardò intensamente, gli occhi ambrati fissi su quelli castani.

Izayoi riuscì a sorridere timidamente. “Sì…grazie Taisho”.

“Finalmente sei tornata in te” sorrise lui, ma subito dopo si lasciò sfuggire una smorfia di dolore. Izayoi riprese subito a curarlo.

“Allora? Non mi dici come ti sei fatto questa ferita?”

Lui guardò il tremendo squarcio che sanguinava ancora un po’. “Ryukotsusei, dannato…mi ha attaccato alle spalle. Mi sono voltato subito ad affrontarlo, ma non sono riuscito ad evitarlo”.

Izayoi sentì un brivido al nome di Ryukotsusei. Doveva essere davvero un demone terribile.

“Ma l’ho colpito duramente anche io” aggiunse Inu no Taisho, “e l’ho fatto fuggire. Per ora…”

La principessa rimase senza fiato. “Che intendi dire?”

“Verrà a cercarmi ancora, e a cercare te. Per questo ti ho fatto creare la barriera da Tessaiga” disse lui, mentre la ragazza cominciava a fasciargli saldamente la ferita. “Non appena mi sarò ripreso potrò affrontarlo e batterlo senza problemi. Ma per adesso sarà necessario rimanere all’interno della barriera”.

Lei annuì. “Sì, certo, faremo come dici tu. Ho visto la mia dolce balia seguire mio padre poco fa, sono certa che in qualche modo lo farà ragionare”.

“Ne sono certo” rispose lui, ricordandosi che anche lui aveva dovuto arrendersi una volta ai modi mielosi di quella vecchia. “E dimmi, come sta mio figlio?”

Lei sorrise radiosa. “E’ ancora piccolissimo, non posso saperlo. Però lo sento…sento che cresce e vive dentro di me. E comunque non sappiamo se sarà un maschio o una femmina”.

Inu no Taisho non rispose e alzò la mano fino ad appoggiarla sulla pancia di Izayoi. Il suo cuore ebbe un sussulto. Suo figlio…un mezzodemone. Il daiyokai non era pentito per ciò che era successo. Ma sapeva che quella piccola creatura avrebbe faticato tanto per ottenere un posto in quel mondo crudele. Sapeva che sarebbe stato ripudiato dagli umani, disprezzato dai demoni. Ma sarebbe stato anche sangue del suo sangue, e questo contava non poco.

***

Il vecchio signore camminava su e giù per la stanza, incapace di calmarsi.

“Ve ne prego padrone, smettete di agitarvi!” La balia era disperata.

“No!” urlò lui, “non lascerò mai mia figlia fra le zampe di quel demone! E quel bambino, quel bambino…”

Pronunciò le ultime parole con puro disprezzo nella voce.

La vecchia donna era sull’orlo delle lacrime. “Quel bambino è frutto del loro amore! La padroncina Izayoi è felice come non lo è mai stata in vita sua!”

Ma l’uomo non l’aveva ascoltata. “C’è solo una soluzione a tutto questo. Non avevo intenzione di accettare, ma se così stanno le cose…”

“Di cosa parlate, mio signore?”

“Di quella lettera che mi è arrivata qualche giorno fa. Era di un pretendente di Izayoi. Un feudatario molto ricco, un valoroso guerriero”.

La balia sospirò di sorpresa. “Un pretendente, ma chi…?”

Il padre di Izayoi si fermò, e andò al suo tavolo. “Sì. Ho deciso. Mia figlia si sposerà. Diventerà la moglie di Takemaru Setzuna”.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Ed eccomi qua, come sempre!!! Come al solito, spero che abbiate gradito il capitolo, ci ho messo tutto il mio impegno.

Anche se, lo ammetto, ho sempre detto che sarei rimasta fedele ai pochi indizi che abbiamo sul prologo di “Inuyasha”, ho deciso di cambiare la posizione sociale di Takemaru, per dare un po’ più di pepe alla storia. Non uccidetemi! T.T

E poi sì, ammetto che mi diverto a scrivere i dialoghi fra Taisho e quell’iceberg di suo figlio…

Vi lascio alle recensioni! A presto! *scappa via*

Kitsune

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Capitolo 12
*** E nella notte, attimi di pace ***


Breve introduzione:

Questo è un capitolo speciale, nato un po’ per mettere ordine alla situazione dei personaggi e ai loro pensieri, ma soprattutto per dare loro un po’ di “pace”. Approfondirò alcuni rapporti e sarà aggiunto qualche piccolo dettaglio rilevante per la storia. Il contesto in cui è stato scritto è la notte, parte del giorno che personalmente preferisco più di tutte. Spero che possiate gradire, nonostante il capitolo sia alquanto statico. Buona lettura ^^ Kitsune

 

Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?
William Shakespeare

 

E nella notte, attimi di pace

 

Un corpo caldo accanto a sé, che respirava regolare, abbandonato al sonno.

Sesshomaru si mise seduto, e guardò Minori che dormiva accanto a lui. Studiò le sue curve, quelle forme che fino a qualche ora prima stringeva nel colmo del piacere. Guardò freddamente il viso addormentato della kitsune, che ad un certo punto sorrise, stringendo la candida pelliccia del daiyokai. Forse stava sognando.

Sesshomaru distolse lo sguardo dalla figura della volpe per volgerlo al cielo, verso la luna. Un paio di giorni e sarebbe stata piena. L’incompleto disco bianco ora illuminava la pelle chiara del demone, mettendo in evidenza le striature rosse che ne percorrevano il corpo in diversi punti. Un corpo perfetto, senza alcun difetto o sfregio. I lunghi capelli argentei ricadevano morbidi sulle spalle e fino a terra.

E guardando la luna, il giovane daiyokai pensava.

Suo padre era davvero uno stolto se credeva di poter sopravvivere a lungo, andando dietro a quella ningen. Che diavolo gli era successo? Fino a qualche tempo prima Inu no Taisho fremeva e godeva nelle battaglie, nello scorrimento di sangue. Ardeva di furia e gioiva nella sola idea di combattere. Uno stratega eccezionale. Ora invece…ora qualcosa era cambiato. Lo stesso orgoglio, la stessa fierezza ardevano dietro a quegli occhi dorati così simili ai suoi, ma i suoi tratti si erano quasi addolciti. Quell’insulsa umana aveva spezzato qualcosa del demone che un tempo Sesshomaru aveva considerato suo padre.

“Che fai sveglio, Sesshomaru? Non è nemmeno l’alba…”

La volpe si era svegliata, non sentendolo più accanto a sé. Si mise seduta accanto a lui. “Non riesci più a dormire?”

Il daiyokai non la guardò. “Sai bene che a noi demoni non serve dormire a lungo”.

Lei sbuffò contrariata. “Sì, lo so benissimo. Però è bello dormire insieme” aggiunse, poi notò lo sguardo cupo del compagno. “Stai ancora pensando a tuo padre vero?”

“Non credo che ti interessi cosa penso”.

Minori era ormai abituata a quella freddezza. Le era sempre piaciuto molto quel lato del carattere di Sesshomaru. Quindi si limitò a sorridere dolcemente e appoggiò la testa sulla spalla del demone. “Credo che dovresti smettere di pensare al Generale e alla sua ningen…”

Lui infine si voltò a guardarla. “Non sarai certo tu a dirmi quello che devo o non devo fare”.

“Lo so” disse la kitsune, mentre continuava a sorridere, ora sensuale, “quello che intendevo dire è nulla dovrebbe impensierire il grande Sesshomaru”. In realtà Minori era preoccupata per lui. Non voleva perderlo, in alcun modo. Era un sentimento tutto nuovo per la giovane volpe.

Lui sospirò impercettibilmente. “Dormi, sciocca kitsune”.

Lei intanto aveva preso a giocare con i capelli argentati del principe. “Non mi va più” rispose, e guardò intensamente Sesshomaru negli occhi.

Il demone rispose al suo sguardo e per un istante si perse negli occhi verdi. Nemmeno se n’era accorto. Il desiderio s’impadronì nuovamente di lui, che si avventò su Minori cercandone le labbra con furia.

La cinse col braccio in vita e agilmente la portò sotto di sé, bruciando di passione. “Impara a restare al tuo posto, Minori”. Detto questo riprese a baciarla, quasi con violenza.

Per la demone volpe, questo era quanto di più bello potesse ottenere. Non le importava se Sesshomaru le faceva male, se la graffiava o la mordeva, nell’impeto del desiderio. Tutto ciò che contava per la kitsune era averlo accanto, poter sentire il suo calore, anche se non avrebbe mai ottenuto affetto. Quel gelido demone non era in grado di provare un simile sentimento. Lei sì.

E mentre il principe dei demoni la possedeva, Minori si sentiva felice come non era mai stata. Lei era contenta così, le bastava. Era anche troppo.

Illuminati dalla luce lunare due corpi si univano. Animati certo da due diverse necessità, ma uniti, almeno per una notte ancora.

***

Fuori era completamente buio.

La principessa stava nella sua camera, accanto al fuocherello. Presto sarebbe arrivato il momento di dormire. Ma lei non ne aveva voglia, quindi rimaneva dov’era seduta sul morbido futon. Aspettava. Chissà cosa poi, nemmeno lei lo sapeva.

Venti giorni. Venti giorni erano passati ormai da quella sera, in cui aveva detto a suo padre di essere incinta. Izayoi lo sapeva, perché contava ogni singolo giorno di quella gravidanza, come le aveva detto la dolce balia. Così, quando si fosse avvicinato il momento, sarebbero stati tutti pronti.

Al momento, la ragazza aveva contato due mesi più dieci giorni. Mancava ancora molto al giorno fatidico, ma lei ebbe comunque una stretta al cuore. Aveva paura. Paura di provare troppo dolore, paura di non essere adatta ad essere madre. A volte riferiva i suoi timori alla vecchia Tomoko, che le diceva che era più che normale quest’ansia, e che si ricordava quando la madre di Izayoi provava le stesse cose, mentre era incinta.

“Vi ho vista nascere” diceva la dolce balia, “e posso assicurarvi che vostra madre fu bravissima, nonostante tutte le paure che aveva. Principessa, siete così bella e gentile…vostra madre ha cresciuto una bambina eccezionale. E voi non sarete da meno”.

E la giovane sorrideva, rincuorata da quelle parole.

Tuttavia, non poteva fare a meno di provare queste paure, di tanto in tanto.

Inu no Taisho ultimamente le era stato più vicino che poteva. Era guarito dalla ferita nel giro di tre giorni, lasciando Izayoi stupefatta da quella velocità nel riprendersi.

“Noi demoni non siamo deboli come voi umani” aveva detto lui con tono fiero e arrogante.

Mentre pensava tutte queste cose, Izayoi si lasciò sfuggire un sorriso, poi notò che la luce del fuoco si stava affievolendo. Buttò della nuova legna tra le fiamme, pensando questa volta a suo padre.

Negli ultimi giorni l’anziano genitore era diventato strano. Non era più terrorizzato e arrabbiato dalla presenza del demone che la veniva spesso a trovare, anzi era freddo e distaccato. Izayoi capì che il padre, a modo suo, stava dando il “permesso” alla figlia di vedere Inu no Taisho. Il quale in ogni caso non aspettava certo il consenso di nessuno per passare del tempo con la principessa.

Comunque, la situazione era decisamente meno tesa, e Izayoi ne era felice.

“Spero che non avrai il caratteraccio di quei due” disse sorridendo e sfiorando la sua pancia, assorta.

“E io spero che quando il bambino sarà nato smetterai di parlare da sola”.

“Amore mio!” fece lei in un sospiro, correndo ad abbracciare la figura che era comparsa sulla soglia della stanza.

Inu no Taisho sorrise e strinse la a sé. “Come stai?” disse, baciandola delicatamente sulle labbra.

“Molto bene, grazie” rispose la ragazza, arrossendo lievemente. “Sono due giorni che manchi, ero preoccupata”. Detto questo accompagnò il daiyokai a sedersi sul futon, accanto a lei.

“Sai benissimo che non devi”. Il demone assunse un’aria di rimprovero e la fissò, e la principessa distolse lo sguardo, trafitta dagli occhi ambrati.

“Comunque” riprese lui, “sembra che Ryukotsusei sia sparito. Non si è più visto, nemmeno fra i demoni”.

Lei sorrise, raggiante. “Ma è una splendida notizia, Taisho! Abbiamo fatto bene a rimuovere la barriera della tua spada!”

Il daiyokai però rimase cupo. “Sì, una bella notizia…” Conosceva fin troppo bene Ryukotsusei. Probabilmente si era nascosto da qualche parte, per attaccare al momento giusto.

Izayoi lo rimproverò. “Non fare il brontolone…dovremmo essere felici piuttosto”.

“E perché?” questa volta il demone la guardò interrogativo.

La principessa sprizzava gioia da tutti i pori. “Ieri mio padre ha ricominciato a parlarmi, mi ha chiesto anche come stava il bambino!”

Inu no Taisho si aprì in un dolce sorriso, ma un sentimento bruciante prese vita nello stesso istante. “Si è deciso, finalmente” disse, mentre la gelosia ardeva in lui tanto quanto la voglia di uccidere.

La ragazza si asciugò una lacrima. “Sono così contenta, le due persone che amo di più sono al mio fianco, mi sento tanto felice”.

Il daiyokai le prese la mano con cui si era asciugata il viso. “Izayoi, non devi mai temere che ti abbandoni. Io ti proteggerò sempre, a costo della mia stessa vita”.

La guardò dritta negli occhi castani, e lei rimase impietrita a contemplare quello sguardo dorato. Lo stesso sguardo che aveva conosciuto una gelida notte. Aveva temuto quegli occhi, li aveva studiati in ogni minimo dettaglio, aveva cominciato ad amarli quanto il sole che sorge ogni mattina. “Amore mio…grazie, grazie!” E lo abbracciò, estasiata.

Inu no Taisho la lasciò fare. La coccolò e la cullò, poi si separò dolcemente da lei. Per un attimo, Izayoi ebbe paura di vederlo andare via, come aveva già fatto tante altre volte. Invece il demone si limitò a spogliarsi della corazza che lo proteggeva, rimanendo con indosso solo il candido kimono.

La principessa sorrise e si accoccolò su di lui, appoggiandosi al suo petto. “A volte penso che incontrarti sia stata la cosa più bella della mia vita”.

“Forse c’è qualcosa di ancora più bello sai?” disse lui, e appoggiò delicatamente la mano sulla pancia di Izayoi.

E lei sentì di nuovo quella sensazione, ormai familiare ma a suo modo unica. Il cuore fece un salto e le sue guance bruciarono. Quel bambino, quel cucciolo che la ragazza portava in grembo era il testimone vivente del loro amore, l’unione perfetta di qualcosa che in natura non sarebbe possibile. E lei si emozionava al solo pensiero di portare dentro di sé un pezzetto del compagno che tanto amava. Si sentiva unica al mondo. Era unica al mondo.

La voce del daiyokai interruppe i suoi pensieri. “Qualcosa non va?” Lo sguardo profondo tradiva una nota di preoccupazione.

“No” rispose lei in fretta, le guance ancora arrossate, “stavo solo…ho pensato ad un nome per il bambino”.

Inu no Taisho inarcò le sopracciglia. “Tu stessa mi hai detto che non puoi sapere se sarà maschio o femmina”.

“E’ maschio” disse in fretta Izayoi, “lo so. Lo sento qui” aggiunse, indicando una zona imprecisata sotto al suo cuore. Ma lui rimase scettico, e lei sospirò.

“E’ maschio e basta, fidati di me. E se non lo sarà penserò ad un altro nome”.

Lui rise sommessamente, sinceramente divertito. “Avanti, sentiamo”.

“Si chiamerà Inuyasha” disse la principessa decisa.

Il demone ci rimase un po’ male. “Inuyasha? E’ un nome strano”.

Izayoi sorrise. “Invece secondo me è perfetto. Suona bene e mi sembra dolce…”

Anche Inu no Taisho sorrise. “Se lo dici tu, allora sarà Inuyasha”. In effetti se pronunciato ad alta voce non suonava male. Sorrise ancora di più nel vedere che la sua compagna sembrava soddisfatta del suo lavoro. Era bellissima.

Poi sospirò. “C’è una cosa che devo fare”.

La principessa lo guardò tristemente. “Devi andare via?”

Aveva appena terminato la frase che subito capì cosa intendeva il daiyokai. Lui le prese dolcemente il viso fra le mani e la baciò. Chissà quanto tempo rimasero uniti in quel gioco delicato e sensuale. Lui si imponeva, la stringeva e le accarezzava i fianchi morbidi con un selvaggio desiderio faticosamente represso. Ma sapeva come e dove toccarla per non farle del male.

Dormivano tutti. L’occasione era perfetta. A dire il vero, inizialmente il demone non aveva intenzione di possederla. Ma averla lì, fra le sue braccia, calda e innamorata, era troppo perché potesse resistere.

E lo stesso pensava la principessa. Il cuore le faceva male da tanto forte era l’emozione che provava in quegli istanti.

Lui la spogliò e la adagiò delicatamente sul futon. Anche il kimono bianco fu presto un ricordo, mentre i due amanti si contemplavano. Lo sguardo dorato e ardente incrociò quello scuro e lucido di emozione. Un battito d’ali di farfalla, e i due furono di nuovo uniti in un bacio passionale e colmo di desiderio.

Così fecero l’amore. Si univano e si separavano, si cercavano e si respingevano, mentre il fuoco lentamente si spegneva e la luna chiara e incompleta restava l’unica testimone di quest’intesa perfetta. In silenzio. Unico suono, il battito di due cuori.

Uno giovane come un fiore di primavera, l’altro millenario come una montagna. Tanto diversi eppure tanto simili, due cuori ora battevano all’unisono.

***

Notte di luna piena.

Il vecchio padre sedeva nella propria veranda. Non c’era freddo quella sera, e lui tristemente osservava il disco bianco in cielo, perfetto e luminoso. Tanti pensieri aveva per la testa!

Qualche stanza più in là, la sua adorata figlia dormiva fra le braccia del demone, lui lo sapeva. Ed era così confuso, così stanco per quella situazione. Non era più arrabbiato, no, si sentiva piuttosto tremendamente in colpa nei confronti della sua amata Izayoi. Dolce, cara ragazza, così bella e ingenua, così fragile che sembrava poter andare in mille pezzi da un momento all’altro.

Innamorata dell’uomo sbagliato. Incinta di una creatura sbagliata.

Ma in realtà, chi aveva sbagliato? Questo si domandava il vecchio signore, mentre osservava le scure fronde profumate della foresta.

“Mio signore?”

Lui si voltò, e vide l’anziana balia sulla soglia. “Entra pure, Tomoko”.

La donna non se lo fece ripetere, e percorse la breve distanza che li separava. Si sedette accanto all’uomo e posò a terra un vassoio con una tazza di tè.

“Signore, lasciatemi dire una cosa. Vi vedo preoccupato. Posso esservi utile?”

Il vecchio sospirò, un respiro stanco, quasi esasperato. “Pensavo a mia figlia…”

Tomoko abbassò lo sguardo. In effetti, il padrone non si era comportato molto bene con la ragazza, ma non osava dirlo. “Mio signore, sono sicura che la principessa Izayoi non penserà mai male di voi”.

“Forse non adesso” disse l’uomo, poi fece una breve pausa. “Takemaru ha risposto alla mia lettera. Ci aspetta al suo feudo, al termine dell’estate”.

Anche la balia sospirò. “Voi sapete che quel giovane…”

“Sì, sì, lo so! Per questo Izayoi mi odierà. Lei non ha mai sopportato Takemaru, fin da quando erano piccoli”. E ora quel ragazzo si dedica anche allo sterminio di demoni…pensò, infine.

Ci fu una lunga pausa, interrotta ogni tanto solo dal fruscio delle conifere.

Infine l’anziano signore riprese a parlare. “Negli ultimi giorni ho ricominciato a parlare a Izayoi”.

Tomoko sorrise dolcemente. “La principessa ne sarà contentissima, sicuramente”.

“Sì, ho notato subito un cambiamento in lei. Oh, Tomoko” disse lui, con un tono commosso, “non l’ho mai vista così bella come in questi ultimi tempi! Sembra proprio sua madre, più che mai. Questa gravidanza” aggiunse poi, lottando col suo stesso orgoglio, “questa gravidanza le sta facendo proprio bene. E’ tanto felice…”

Il volto della balia si illuminò di gioia. “Avete detto delle splendide parole, mio signore!”

Al contrario, il viso dell’uomo si rabbuiò. “Ma la mia decisione non cambierà”.

“Non capisco, perché?” chiese la donna, quasi in lacrime.

“Ho pensato a tutte le scappatoie possibili, ma non ne ho trovate” rispose il vecchio, tornando a guardare la luna. “Per quanto quel demone sia gentile e diverso dagli altri, ciò non toglie che resti comunque quello che è. Nessuno eccetto Takemaru sarebbe disposto a sposare mia figlia, ora che non è più illibata. E se lui ha accettato questo matrimonio è solo perché ha sempre provato un certo interesse per lei. Nessuno fra gli umani deve sapere di questa gravidanza”.

Tomoko abbassò nuovamente lo sguardo. “Forse posso capire ciò che provate”.

Il signore era sicuro nelle sue parole. “Voglio solo evitare che mia figlia venga disprezzata dai suoi simili, per quello che porta in grembo. Perciò ho preso la decisione che reputo migliore per lei. A fine estate, quando il caldo sarà passato e quindi Izayoi potrà viaggiare, andremo in segreto al feudo di Takemaru. Lì attenderemo che nasca il bambino, poi celebreremo delle splendide nozze, così potremo dimenticare tutto e la mia bambina potrà avere una vita felice”.

La balia guardò il suo signore interrogativa. “Ma…il bambino?”

“Suo padre lo prenderà con sé e lo porterà via, lontano da mia figlia e da occhi indiscreti. Sono sicuro che il demone accetterà la mia condizione, per il bene di Izayoi”.

Tomoko non trovò nulla da ribattere. Non poteva dire nulla, anche se le parole che aveva sentito le sembravano immensamente tristi e ingiuste. Povera creatura, già discriminata prima ancora di nascere…

Infine parlò. “Spero solo che tutto ciò porterà davvero felicità alla mia signora Izayoi, Mamoru”. Detto ciò, la donna si alzò e si ritirò, per andare a dormire.

Il signore era rimasto fermo dov’era. Nessuno l’aveva chiamato più per nome, dopo che sua moglie era morta.

Scosse la testa, come per gettar via i mille pensieri che la affollavano, e si mise a dormire. La luna luminosa ardeva ancora in cielo.

La luna spettatrice di tanti pensieri, tante azioni, tante vite legate dall’inesorabile forza che è il destino.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Ed eccomi, tornata dalla mia fuga. XD Come descritto nell’introduzione, avrete sicuramente notato che il capitolo è molto statico, ma prepara le basi per il proseguimento della storia. Spero che abbiate gradito! ^^ Kitsune

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Capitolo 13
*** Rivelazioni ***


Prima di cominciare…

Vi chiedo umilmente scusa per il ritardo con cui aggiorno la storia. Ho dovuto sostenere degli esami improvvisi all’Accademia, esami che hanno prosciugato temporaneamente la mia creatività. Spero davvero che possiate gradire il capitolo, e quindi che mi perdoniate! Buona lettura^^ Kitsune

 

Rivelazioni

 

Ora, per il povero padre, l’ostacolo più grande era dire la verità alla figlia.

Tante volte si ritrovava assorto, a pensare se davvero ciò che aveva fatto era giusto. E allora la notte non dormiva, si rigirava sotto quella coperta che lo soffocava, insieme al peso della sua coscienza. Si alzava, faceva avanti e indietro nella sua stanza più e più volte, non trovando una risposta al peso che gravava sul suo cuore.

La sua Izayoi dormiva ormai ogni notte fra le braccia dell’uomo che amava. Di quel demone che tutto sommato l’aveva resa felice.

Poi il vecchio Mamoru scuoteva la testa, mentre si lambiccava il cervello. No, lui aveva ragione, stava facendo ciò che era meglio per la principessa. Le stava ridando una vita, una vita che sarebbe stata un inferno, se fosse dipesa da quel demone e dal bambino. Un mezzodemone era la disgrazia peggiore che potesse capitare per una povera ragazza, fragile e ingenua com’era Izayoi. Tanto entusiasta di quella gravidanza quanto ignorante della gravità della sua situazione.

Sì, senza dubbio sposare Takemaru per lei sarebbe stata la cosa migliore.

Eppure, intanto, la lettera del pretendente restava nel cassetto, al sicuro, letta e riletta dal signore ma mai svelata a nessuno, ad eccezione della vecchia balia.

E le rose di maggio avevano lasciato il posto all’acceso verde dell’estate, il sole alto e bruciante. Gli animali della foresta erano nel pieno della stagione degli amori. Gli uccellini cantavano incessantemente per tutto il giorno, ma erano tutt’altro che fastidiosi.

Il profumo del sottobosco era più intenso che mai, e nei rari momenti di silenzio si poteva ascoltare il pigro ronzio delle api operose. Una volpe ogni tanto lanciava dei guaiti, per richiamare i cuccioli che giocavano. Ogni tanto la si poteva scorgere, la mattina presto, sul limitare della foresta, mentre cercava qualche preda da dare ai suoi piccoli.

Alla principessa Izayoi piaceva ascoltare e osservare. Stava a sentire per ore i canti soavi degli uccellini, e li guardava mentre compivano spettacolari acrobazie, presi dalle loro danze d’amore. Spesso si concedeva una passeggiata nella foresta per rilassarsi, e allora ogni tanto poteva scorgere una pelliccia fulva dileguarsi del bosco.

Di solito era la dolce Tomoko ad accompagnarla in questi giretti. La controllava rigorosamente perché altrimenti la principessa sarebbe stata capace di non rientrare a casa per l’intera giornata, presa com’era dalla natura.

Ma la principessa non poteva permettersi di affaticarsi troppo, nella sua condizione. La gravidanza procedeva, e Izayoi aveva superato il terzo mese da diversi giorni. Ma lei era davvero serena e rilassata, stava affrontando benissimo i suoi timori. I malori dei primi mesi stavano gradualmente sparendo, ma in compenso la sua pancia aveva iniziato a crescere sul serio. Ormai la si poteva scorgere facilmente sotto il leggero kimono estivo.

La vecchia balia era estasiata e passava molto tempo con la sua principessa, a cucire vestiti per il piccolo in arrivo. Izayoi stava imparando tantissime cose che purtroppo non aveva mai potuto imparare dalla madre. E ogni tanto le capitava di piangere.

“Ah, gli umori!” diceva allora Tomoko, consolandola.

***

Mentre la dolce vecchina faceva compagnia a Izayoi di giorno, la sera arrivava sempre il daiyokai. La guerra in quel periodo si era interrotta: i due eserciti erano davvero spossati, e perciò avevano stabilito una tregua. Per di più, il secondo demone più forte dell’esercito dell’Ovest, Ryukotsusei, era sparito. Non che questa notizia dispiacesse agli altri generali, ma nonostante tutto il demone dagli occhi di sangue era davvero utile in battaglia.

Naturalmente, la scomparsa del demone drago era stata nascosta ai nemici, per evitare che se ne approfittassero, e nel frattempo era arrivata la buona notizia della tregua.

Una sera di fine giugno, Izayoi se ne stava seduta sulla veranda a osservare il cielo. Taisho era in ritardo, ma lei non se ne preoccupava molto. Sapeva che il demone sarebbe arrivato prima o tardi, quindi aspettava paziente, e intanto osservava il bosco illuminato dalla luna. Il suono dei grilli ora riempiva il silenzio che di giorno solitamente era rotto dal rumore delle cicale. Queste ultime alla principessa non piacevano, perché quel suono era fastidioso, quasi stonasse col fascino di quella natura incontaminata.

Mentre pensava a tutto questo, Izayoi fece una smorfia. Quegli insetti erano davvero brutti da vedere, oltre che terribili da ascoltare. Poi, all’improvviso, la ragazza sentì un fruscio nel bosco.

Non era Taisho, ormai lo conosceva troppo bene. Se fosse stato lui, avrebbe sentito la sua armatura tintinnare lievemente al contatto coi rami più bassi, avrebbe riconosciuto subito quel passo felpato che solo il daiyokai era in grado di fare.

No, non era lui. Izayoi strinse gli occhi per cercare di vedere meglio.

“Ma sei tu!” disse all’improvviso, a voce più bassa che poteva.

La volpe si era spinta fino a qualche metro dalla principessa, e la guardava incuriosita.

“Dai piccolina, non ti farò del male…”

La piccola creatura fece qualche piccolo passetto verso la ragazza, fissandola coi suoi intensi occhi verdi, che brillavano alla tenue luce proveniente dalla casa. Ormai era distante poco più di un metro dalla principessa, e annusava l’aria circospetta.

“Sei proprio timida vero?” disse dolcemente Izayoi, poi notò che la povera volpe era molto magra. Chissà perché.

“Ho capito! Hai fame”. Detto questo la giovane rientrò in casa, e ne uscì qualche minuto dopo con alcuni pezzi di pane. L’animale era rimasto dov’era, e appena sentì il profumo del cibo i suoi occhi si dilatarono affamati.

Izayoi rise dolcemente e si inginocchiò a terra. “Mangia” disse, posando sul legno della veranda un pezzo di pane. La volpe fu velocissima. Si avventò subito sul boccone, divorandolo con avidità ma tenendo le orecchie ritte e pronte a captare il pericolo.

La principessa provava pena per quella povera creatura. Chissà perché era tanto magra…eppure non era una stagione povera. Le diede da mangiare fino a che non finì tutti i bocconcini.

“Mi dispiace piccola, ma non ho più niente” disse infine, mostrando i palmi vuoti. La volpe inclinò leggermente la testa di lato, poi le si avvicinò per annusare le sue mani. Poi passò ad annusare la pancia di Izayoi, vagamente incuriosita.

La ragazza rise ancora, piena di gioia. “Qui dentro c’è il mio cucciolo”. Appiattì le pieghe del kimono, mostrando la rotondità della sua pancia. Non le importava che la volpe non capisse, anzi a dire la verità la piccola creatura si avvicinò tanto da toccare col muso il corpo della giovane. Poi all’improvviso si scostò, abbassando le orecchie. Lanciò un ultimo sguardo a Izayoi, sul cui volto era dipinta la più pura sorpresa, poi partì di corsa, sparendo nel bosco.

La principessa era colpita. Che strano comportamento, come se all’improvviso avesse avvertito un forte pericolo.

Forse i suoi piccoli avevano bisogno di lei…

Si alzò per rientrare in casa. La schiena le faceva davvero male in quegli ultimi giorni.

“Ti serve una mano?”

Izayoi fece un mezzo salto , terrorizzata. “Ma chi…? Taisho, potevi avvertirmi!” Si teneva una mano sul cuore.

“Mi dispiace, non sapevo cosa fare, mi sembravi così persa…” Il daiyokai si sedette sul futon, accogliendo la ragazza fra le sue braccia.

“Pensavo che stasera non saresti venuto” disse lei, fingendo di essere offesa.

Lui sospirò stancamente. “Ho avuto da fare”.

La principessa fu sorpresa da quel tono di voce così diverso dal solito. Si voltò a guardare il viso di Taisho, incrociando il suo sguardo ambrato. Uno sguardo che quella sera era opaco, quasi spento per la stanchezza. Non aveva mai visto il demone in quello stato, nemmeno quando si era presentato da lei con un tremendo squarcio sulla spalla sinistra.

“Amore mio, sei sicuro di stare bene?” Era seriamente preoccupata.

“Sì. Ho solo bisogno di riposo”. Ma non poteva permetterselo, perché da giorni era in cerca di Ryukotsusei, di cui non aveva trovato ancora alcuna traccia.

Lei sorrise dolcemente, mentre gli occhi castani diventavano lucidi. “Mi fido di te” disse, baciandolo teneramente sulle labbra. Ma all’improvviso si staccò. “Oh!”

“Che c’è, Izayoi? Che succede?” Il daiyokai era allarmato.

“Inuyasha…insomma il bambino…si è mosso!”

Lui la guardò sorpreso, un po’ scettico. “Ne sei sicura?”

“Non potrei mai sbagliare!”

Detto questo la ragazza si slacciò l’obi e aprì il kimono, rimanendo con indosso solo una vestaglia. “Prova a sentire”.

Il daiyokai, ancora incerto e un po’ imbarazzato, posò delicatamente la mano sulla pancia di Izayoi. Era sempre una strana sensazione toccarla, pensando che a pochi centimetri da lui c’era suo figlio, o sua figlia, anche se in realtà la principessa era riuscita davvero a convincere anche lui che fosse un maschio. Toccando la pelle della sua compagna il demone provava sempre una gioia intensa, una gioia che tuttavia era sempre inquinata da quell’ombra che terrorizzava persino lui. Allora gli ricadeva addosso la consapevolezza di quanto sarebbe costato vivere a quel bambino, di quanto avrebbe sacrificato e sofferto per trovare un posto in quel mondo che l’avrebbe sempre disprezzato.

Disprezzato per ciò che era e per ciò che non era.

Questi pensieri passarono in un istante nella mente di Inu no Taisho, i suoi occhi si velarono di tristezza ma Izayoi non lo notò.

“Non sento niente” disse infine, con una nota di delusione nella voce.

La principessa si fece triste. “Allora, forse è stata solo una mia impressione…”

“O forse è troppo presto perché lo possa sentire anche io” disse il daiyokai sorridendo. La ragazza sorrise speranzosa e si appoggiò al demone, rilassata. Lui, invece, era piuttosto teso.

“Izayoi, io dovrei…”

La principessa si voltò a guardarlo, questa volta tristemente. “Devi andare via, giusto?”

“Esatto” rispose lui, distogliendo lo sguardo.

Lei sorrise dolcemente, nonostante avesse le lacrime agli occhi. “Ho capito, non ti preoccupare. So che lo fai per me” disse infine, baciando la guancia del daiyokai, il quale si sentì sollevato. Izayoi non era una donna stupida, ma il suo umore era molto variabile in quegli ultimi tempi.

Si alzò, e la principessa lo imitò. “Allora io vado”.

“Ti prego amore mio, stai attento”.

Lui si limitò a sorridere con sicurezza, poi si lanciò di corsa nel bosco. Doveva ancora abituarsi a sentirsi chiamare amore mio, però non gli dispiaceva, in fondo.

***

La principessa trascorse il giorno successivo in totale tranquillità, in attesa del ritorno di Taisho. Fece la sua consueta passeggiata ma quella mattina, invece della dolce Tomoko, ad attenderla per uscire c’era suo padre. Izayoi ne rimase piuttosto sorpresa. Il vecchio genitore non l’aveva mai accompagnata nei suoi giretti prima d’ora.

“Padre, dov’è Tomoko?”

“E’ dovuta andare al villaggio oltre il bosco. Non ha voluto che andassi anche tu perché non sei più in grado di camminare così a lungo”. Fece una pausa e sorrise. “Non vuoi che ti accompagni io?”

Izayoi arrossì, imbarazzata. “Certo che voglio. Vi chiedo scusa, sono stata irrispettosa…”

“Figlia mia, non sei stata affatto irrispettosa. Anzi, sono io che ti chiedo perdono, per non averti avvisata. Andiamo?” chiese infine l’anziano signore, prendendo la mano alla ragazza.

Lei sorrise. “Sì, andiamo”.

Si inoltrarono quindi nel bosco, iniziando la loro passeggiata. Il sole filtrava fra i rami delle conifere, donando al paesaggio un aspetto paradisiaco. Per diversi minuti Izayoi e suo padre rimasero in silenzio, ma infine l’uomo riuscì a parlare.

“Piccola mia, c’è una cosa che devo dirti” disse, tenendo lo sguardo basso.

La principessa lo guardò incuriosita. Con un sospiro, il padre riprese a parlare.

“Alla fine dell’estate ce ne andremo da qui. Dovremo cambiare casa. Pare che le guerre si stiano spostando, e saremo al sicuro”.

Izayoi sorrise, ma un velo di tristezza attraversò il suo volto. “E’ una buona notizia. Ma io sto così bene qui. E poi” aggiunse, accarezzandosi la pancia, “questo è il luogo perfetto per crescere mio figlio. Per noi sarà dura all’inizio, sarà meglio rimanere nascosti, non trovate?”

“Forse…ma avrei trovato un’altra soluzione”.

A questo punto la principessa era davvero confusa. “Che soluzione?”

Il vecchio signore trovò tutto il coraggio che aveva. “Ti ricordi di Takemaru?”

Izayoi rise leggermente. “Sì, certo che mi ricordo. Giocavamo spesso insieme da bambini”.

“Esatto. Ecco…mi ha mandato una lettera qualche tempo fa. Io gli ho risposto”.

La ragazza aveva un brutto presentimento. “Di che lettera state parlando? Io non sapevo niente”. Il suo volto esprimeva tutta la confusione che provava in quel momento.

“Takemaru mi ha chiesto la tua mano. Gli ho dato la mia benedizione”.

“Che cosa?” disse Izayoi, in un sospiro. Certo aveva capito che non sarebbero state buone notizie, ma questo era davvero troppo. “Perché l’avete fatto?!”

La sua voce arrabbiata risuonò limpida nell’aria profumata della foresta. Mamoru la guardò addolorato, ma deciso. “Non sapevo cosa fare. Ho ritenuto che fosse la cosa giusta per te, e lo penso ancora”. La sua voce, al contrario di quella della principessa, era ferma e sicura.

Izayoi era fuori di sé. Il cuore batteva all’impazzata, le faceva male. “La cosa giusta?! Cosa sapete voi di cosa è giusto per me adesso?!”

“Izayoi, non accetto un rifiuto”. Il vecchio si sentiva malissimo nel parlare in quel modo all’adorata figlia, ma sapeva che prima o poi sarebbe successo.

“Voi non sapete affatto cosa sia meglio per me, padre. Odiate Taisho, e quel che è peggio odiate mio figlio”. Mentre diceva queste parole, calde lacrime le bagnarono le guance. “Non vi perdonerò mai”.

Detto questo Izayoi se ne andò correndo, con tutto il fiato che aveva in corpo. Arrivò in pochi minuti nella sua stanza, sudata e tremante. Il cuore martellava senza sosta, mentre il bambino si fece sentire, impercettibilmente. Non le importava di ciò che aveva deciso suo padre, sapeva solo che da quel momento in poi lei avrebbe vissuto unicamente per il cucciolo che aveva in grembo. Nulla avrebbe impedito loro di vivere felici.

Così, l’intera giornata passò. Izayoi si chiuse in un silenzio che per il vecchio padre era a dir poco esasperante. La principessa non mangiò, né uscì dalla sua stanza. Non si fece viva in alcun modo. Non uscì nemmeno quando la dolce Tomoko tornò dal villaggio. D’altro canto, la donna non la disturbò. Era abbastanza saggia ed esperta da capire al volo cosa fosse successo.

Quella sera tutti si coricarono molto presto, anche il vecchio Mamoru. Ma Izayoi non riusciva a dormire. Aveva pianto spesso e silenziosamente, ma voleva essere il più naturale possibile per l’arrivo di Inu no Taisho. Anche quella sera sembrava avrebbe tardato.

I minuti passarono molto lentamente. Il silenzio, tutt’intorno nella foresta, era assoluto. Ma ad un certo punto, un rumore familiare destò la principessa dai suoi pensieri. Il solito, inconfondibile rumore di passi.

La ragazza si alzò, al colmo della felicità. Le era costato molto quell’ostinato silenzio, sentiva il bisogno di stare in compagnia. Finalmente è arrivato…!

Uscì sulla veranda. Non poteva aspettare. Si mise a correre ed entrò nel bosco. “Taisho…!”

Rallentò e prese a camminare. Aveva già il fiatone, quel giorno aveva decisamente esagerato. Giunta in uno spiazzo illuminato dalla luna tenue, Izayoi si fermò, chiamando ancora il suo compagno. Il fruscio tra le foglie era ormai vicinissimo.

Un’armatura lucente venne colpita dalla luce bianca.

“Amore mio?”

Un guizzo di capelli argentei.

“Taisho, sei tu?”

Gli occhi dorati la fissavano in modo strano, diverso dal solito. La figura uscì dagli alberi, mostrandosi completamente alla luce della luna. “Credo che tu abbia sbagliato persona, umana”.

La voce glaciale raggiunse Izayoi come un coltello affilato. Un brivido percorse la schiena della ragazza, che non ebbe la forza di ribattere.

Ma il demone, quel demone così simile a Taisho eppure così profondamente diverso, non aspettava una risposta. “Ho sentito delle voci. Voci che dicono che aspetti un figlio dal Grande Demone Cane”. Abbassò lo splendido sguardo dorato, soffermandosi sulla pancia della giovane.

Ancora una volta, Izayoi non rispose. Si limitava a guardare il misterioso demone con occhi sbarrati.

“Quel bambino” riprese lui, “è un mezzodemone, giusto?”

Un ghigno malevolo gli attraversò il volto, mentre la ragazza era paralizzata dall’orrore. Tuttavia questa volta lei riuscì ad aprire bocca. “Chi…chi sei…?”

Il demone parve non ascoltarla, e continuando a sorridere fece schioccare le dita artigliate. “Non accetterò mai una simile vergogna. Ora io ti uccido”.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Eccomi qua! Chiedendovi nuovamente perdono per il mio tremendo ritardo, mi auguro che abbiate gradito il capitolo. Cercherò di aggiornare al più presto, l’ispirazione sembra tornata…alla faccia degli esami, tiè! XD Ditemi che ne pensate, mi piace sentire il vostro parere. A presto! ^^ Kitsune

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Capitolo 14
*** Furia ***


Furia

 

Nella folle corsa, gli alberi erano solo delle macchie scure indistinguibili. Anche quel giorno la ricerca di Ryukotsusei non aveva dato alcun frutto. Inu no Taisho aveva vagato a lungo nelle terre più remote del Paese, ma senza risultati. Nemmeno una traccia rivelava un possibile passaggio del demone dagli occhi iniettati di sangue.

Il demone si muoveva veloce nella foresta, aiutato dal vento che soffiava alle sue spalle. Il bosco era molto strano, silenzioso, quasi senza vita. Era tetro. Non fosse stato per la lieve falce lunare che filtrava lievemente tra i rami, tutto sarebbe stato immerso nel silenzio e nell’oscurità più completi.

Poco prima, il daiyokai aveva avuto uno strano presentimento. Per questo correva rapidissimo, verso Izayoi. Non aveva notato nulla di strano durante il suo cammino, ma sentiva uno strano peso nel cuore. Provava ansia, aveva fretta. Doveva essere dalla principessa il prima possibile.

Gli occhi dorati guardavano in ogni direzione, in cerca di un indizio, di un segno che gli facesse capire perché si sentiva così oppresso. Niente. L’unica cosa strana era che i grilli, di solito tanto rumorosi, ora tacevano.

Inu no Taisho si impose di calmarsi. In fondo, non c’era motivo di essere tanto allarmato. Doveva smetterla di percepire pericoli ovunque. Izayoi era al sicuro a casa sua, e non era successo nulla di cui lui dovesse preoccuparsi.

Poi il vento cambiò direzione.

Il daiyokai si fermò all’improvviso, circondato dal silenzio opprimente. Si concentrò nel tentativo di riconoscere quell’odore che già aveva sentito tantissime altre volte. Non lo riconosceva. Anzi, non voleva riconoscerlo.

No, non poteva essere così.

In realtà il demone sapeva benissimo chi era, ma non voleva capacitarsene. Non si trattenne un attimo di più. Si lanciò in una corsa ancora più folle, spinto dal terrore di perdere la sua principessa, spinto dal desiderio di salvarla.

Così correva e correva. Il tempo sembrava non passare mai. Forse ce l’avrebbe fatta, forse l’avrebbe salvata. Ma come poteva essere stato così idiota?! Avrebbe dovuto prevedere che prima o poi sarebbe successo. Che Sesshomaru avrebbe scoperto che Izayoi aspettava un bambino.

“Dove andate, mio signore?”

Inu no Taisho si bloccò. “Che fai qui, Minori?”

La kitsune stava avanzando verso di lui, i capelli rossi illuminati dalla luna e gli occhi verdi fissi su di lui. “Stavo facendo un giro” disse, aprendosi in un candido sorriso.

Il daiyokai rimase impassibile. Non credeva ad una sola parola di quello che lei aveva detto. Intanto la demone continuava a sorridere, ma ora si manteneva ad una certa distanza.

“Questo non è il tuo territorio” disse lui, “non mentire”.

Minori a questo punto divenne seria. “Se sono qui è per un motivo preciso”.

Inu no Taisho sospirò stancamente. “Ho degli affari più urgenti da sbrigare ora. Parleremo dopo dei tuoi problemi”. Detto questo fece per andarsene, ma la kitsune lo interruppe.

“Vai dalla tua ningen? Credo che ormai sia troppo tardi”.

Il daiyokai si fermò nuovamente. “Che ne vuoi sapere tu di lei?”

La kitsune scoppiò improvvisamente a ridere. Una risata cristallina, squillante nel silenzio della foresta. “Cosa ne so? Ditemelo voi…eppure dovreste sapere che noi demoni siamo disposti a tutto per riavervi dalla nostra parte, signore”.

Inu no Taisho la guardò con gli occhi sbarrati. “Cosa intendi dire con questo?”

“Voglio dire che quella donna è solo un ostacolo per un grande demone come voi. Bisognava fare qualcosa”.

Il daiyokai cercò di mantenere una fredda calma. Aveva già deciso quale sarebbe stata la sorte della kitsune, ma gli serviva ancora. “Cosa sai di Izayoi?”

Minori tornò seria e incrociò le braccia. “So che siete molto intimi…anzi, ne sono sicura, visto che aspetta un figlio mezzosangue da voi”.

“Allora sapete anche del bambino”.

La demone sorrise in modo impercettibile. “Quando assumo la mia forma animale so calarmi perfettamente nella parte. Sono solo una tenera volpe affamata. La ningen non ha saputo resistermi, così sono riuscita ad avvicinarmi”.

La voce del daiyokai uscì dalle labbra piena di gelido odio. Aveva sentito abbastanza. “Avevo detto a tutti di non intromettersi nei miei affari. Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro”.

Minori arretrò leggermente, intimorita da quel cambiamento repentino nell’atteggiamento del suo signore. “Non avevamo altra soluzione”.

Ma il demone non l’ascoltò. “Mettendoti in combutta con Sesshomaru hai fatto un grossissimo errore, Minori”. Gli occhi dorati avevano perso quella dolcezza che in genere li caratterizzava: ora erano duri e spettrali, le pupille come due lame.

La kitsune fece ancora qualche passo indietro, questa volta decisamente spaventata. “Sono convinta che col tempo sarà contento di tutto questo…!”

“Contento…” disse il daiyokai quasi sovrappensiero. I suoi occhi si addolcirono, e sorrise. Avanzò lentamente verso la volpe pronta a fuggire. “Dici sul serio?”

Minori si rilassò, vedendo il suo generale così tranquillo. Azzardò un timido sorriso, ma il suo sguardo non riuscì ad incrociare gli occhi ambrati. “Sì…tornerà ad essere quello di sempre”.

Così avrò reso felice Sesshomaru…

Inu no Taisho era di fronte a lei. Le prese il mento fra le dita, alzandole delicatamente il viso. “Guardami…”

Minori alzò timidamente lo sguardo. I suoi occhi verdi incrociarono quelli dorati. Quanto erano irresistibili, unici al mondo…ma lei amava gli occhi del principe. Preferiva le iridi gelide e taglienti del figlio, invece di quelle calde e avvolgenti del padre.

Fu un secondo. La kitsune nemmeno se ne accorse.

Un rivolo di sangue le uscì dalla bocca, poi dal naso. Lei continuava a fissare quegli occhi ambrati. Proprio quello sguardo, quello che un minuto prima emanava tranquillità, quasi dolcezza, e che in un attimo si era trasformato.

Per diversi secondi Minori non fu in grado di distogliere gli occhi verdi dal suo generale, ma infine con un certo sforzo ci riuscì. Guardò in basso. La vista le si offuscava lentamente, tuttavia vide chiaramente il braccio del daiyokai immerso nel suo petto, all’altezza del cuore.

Minori non sentiva dolore.

Tossì, mentre un rivolo di sangue più consistente usciva dalle sue labbra carnose. Così alzò nuovamente lo sguardo, lentamente. Guardò il demone dagli occhi dorati ancora una volta. Riconobbe molti sentimenti attraversare quel viso giovane e millenario. Rabbia, dolore, tristezza, disperazione…furia.

E allora la kitsune capì. Aveva davvero fatto un grosso errore. Avrebbe dovuto capirlo.

“Perdonami…Taisho…”

Avrebbe dovuto capire quello che intendeva il daiyokai. Il motivo per cui era così cambiato, per cui difendeva senza tregua quella donna.

Era lo stesso motivo per cui lei era pronta a morire per Sesshomaru.

Sorrise debolmente. Calde lacrime le rigarono il viso.

Forse Sesshomaru sarà comunque fiero di me…

Con questo pensiero, Minori morì, gli occhi verdi in lacrime ormai vuoti, il sorriso ancora stampato in volto. Il daiyokai, accecato dalla furia, abbandonò il suo corpo a terra, e scattò alla ricerca del suo prossimo nemico.

***

Ormai non c’era scampo. Sarebbe morta.

Izayoi non aveva rimpianti. Non era pentita delle scelte che aveva fatto in quell’ultimo, tumultuoso periodo della sua vita. Ne era certa. Era diventata una donna.

Però, forse, un rimpianto c’era nel suo cuore. Lo sentiva mentre le attanagliava lo stomaco, scuotendo la sua anima nel profondo. Non avrebbe mai visto suo figlio, perché non sarebbe mai venuto al mondo.

Era dunque quello il loro destino? La principessa sarebbe morta per aver deciso di difendere la fragile vita dentro di sé. Un bambino innocente sarebbe morto prima ancora di nascere, ucciso per il suo semplice essere diverso.

Tutto ciò non era giusto.

“Perché…?”

Il demone sorrise malignamente. “Adesso morirai, quindi è inutile fare domande”. Si avvicinò.

Izayoi era in lacrime. “Stammi lontano!”

Lo sconosciuto la trafisse con lo sguardo. “Mi hai stancato, umana”. Detto questo in un attimo le fu davanti, gli artigli pronti a colpire.

Ma il demone non fece in tempo a sfiorarla. Venne colpito al fianco e mandato a sbattere contro un albero poco lontano. Poi qualcun altro si parò davanti alla ragazza.

“Izayoi, sei ferita?”

“T-Taisho…”

La tensione degli ultimi minuti si sciolse e la principessa barcollò, andando ad appoggiarsi al petto del daiyokai. Quest’ultimo la strinse a sé. “Non temere, ora ci sono io con te”.

Si voltò a guardare l’avversario, che ormai si era ripreso ed era in piedi, immobile. “Sesshomaru, ora basta. Hai passato il limite”.

Il giovane demone sorrise. “In realtà avevo appena cominciato, padre…”

La principessa rimase di stucco. Quel demone aveva appena chiamato Taisho padre? Sentì che il daiyokai la faceva sedere a terra, lontano dal ragazzo chiamato Sesshomaru. Si riscosse dai suoi pensieri.

“Amore mio…quel demone è tuo…?”

“Mi dispiace di non avertene mai parlato, ma ora non è il momento Izayoi” rispose lui, tirando fuori una veste rossa da sotto la sua armatura. “Metti questa. E tieni anche Tessaiga, ti proteggeranno entrambe”.

La principessa obbedì e si mise subito intorno la veste scarlatta, poi prese fra le mani la spada. “Cosa vuoi fare?”

“Non ho scelta” disse il demone, rialzandosi. “Non allontanarti troppo. Non potrei proteggerti da altri attacchi”. Detto questo si voltò e si diresse verso il figlio.

Sesshomaru lo guardava serio, con una punta di disprezzo negli occhi. “Ti ostini a proteggerla?”

Inu no Taisho strinse i pugni. “Ti ho già detto che non sono cose che ti riguardano”.

“Invece mi riguarda eccome” lo interruppe il figlio, trattenendo a stento la rabbia, “non mi farò mai disonorare dalla nascita di uno sporco mezzosangue”.

Gli occhi dorati del daiyokai persero nuovamente ogni scintilla di umanità, diventando vuoti e terrificanti. “Inuyasha è mio figlio. Non osare insultarlo oltre, o potrei dimenticare che anche tu lo sei”.

Sesshomaru sbuffò sprezzante. “I tuoi rimproveri non mi toccano. Appena ti avrò messo in condizione di non muoverti ucciderò quella ningen, e lo farò sotto i tuoi occhi”.

“Non ti tocca nemmeno la morte della tua donna, immagino” replicò il daiyokai con la massima calma.

“La mia donna? Intendi Minori forse?” La voce del principe tradiva una nota di sorpresa, che il padre non si fece sfuggire.

Taisho continuò il suo discorso, pacato. “Proprio lei. Si è messa in mezzo al mio cammino. Voleva distrarmi per darti il tempo necessario a uccidere Izayoi”.

Sesshomaru assunse nuovamente il suo atteggiamento freddo e distaccato. “Hai detto che è morta?”

“Quella kitsune era intelligente, non pensavo che per te avrebbe osato addirittura ostacolarmi. Invece l’ha fatto, e ha pagato il suo errore”.

Le ultime parole furono pronunciate da Taisho con un tono diverso, intriso di un’agghiacciante furia che faceva gelare il sangue. Izayoi, che guardava la scena in silenzio, vide per la prima volta il vero Inu no Taisho. La sua natura demoniaca, di solito celata dai profondi occhi dorati, era ora facilmente riconoscibile nel daiyokai, nelle mani artigliate pronte a scattare, nei tratti del viso induriti e concentrati, che già assaporavano il gusto della battaglia.

No, si diceva la principessa, quello non era il suo adorato compagno.

La ragazza guardò poi Sesshomaru, che non aveva risposto alle parole del padre, e al chiarore lunare poté giurare di vedere un’ombra strana attraversare quel volto glaciale. Solo per un attimo. Rabbia, disperazione, forse paura? A questa domanda Izayoi non sapeva dare risposta. Non conosceva quel demone, ma si convinse che questa Minori, chiunque ella fosse, doveva essere stata una persona importante per il giovane daiyokai.

Il silenzio che si era creato si ruppe all’improvviso. Inu no Taisho fece schioccare le dita artigliate, pronto all’attacco. Non avrebbe utilizzato le sue spade, voleva vincere contando sulle sue sole forze. Soprattutto perché voleva coinvolgere il meno possibile Izayoi.

Infatti Sesshomaru non si fece aspettare troppo. Scattò verso il daiyokai con gran velocità, ma Taisho era pronto. Schivò un’artigliata diretta al suo viso e con un calcio sfondò l’armatura che proteggeva il principe sul ventre.

Il giovane daiyokai arretrò di diversi metri, rimanendo impassibile. Ma aveva accusato il colpo: l’armatura davanti cadeva a pezzi e lui respirava faticosamente. Doveva aspettarselo, suo padre non era quel genere di avversario con cui fare mosse avventate. Tuttavia il colpo non era stato così potente. Ben presto riprese a respirare piuttosto bene.

Il padre era immobile, in piedi, poco lontano. I suoi occhi erano colmi di una gelida furia. “Non costringermi a fare sul serio, Sesshomaru”.

Il principe sorrise. Parlò per la prima volta dopo diversi minuti. “Abbiamo appena iniziato, padre”.

Detto questo partì di nuovo all’attacco, ma non fu sprovveduto come prima. Fingendo un attacco frontale, Sesshomaru si scansò invece all’ultimo momento, e con un agile salto fu alle spalle del padre. Quest’ultimo fece appena in tempo a girarsi, per pararsi col braccio.

Izayoi sentì il rumore di una veste strappata, mentre un odore acre riempì l’aria tutto intorno a loro. “Taisho!”

Il daiyokai si teneva l’avambraccio sinistro, che sanguinava parecchio. La protezione era andata distrutta, sciolta dal veleno di Sesshomaru. Non era una ferita tanto grave, ma aspettò ad attaccare.

E suo figlio si avventò ancora su di lui, sperando di assestargli un altro colpo, ma finendo dritto nella trappola. Questa volta Taisho era preparato. Scansò gli artigli intrisi di veleno e si allontanò da Sesshomaru. In un attimo dalle dita del daiyokai fuoriuscirono diversi filamenti dorati e luminosi simili a fruste. Con quelli immobilizzò il figlio, e cominciò a stritolarlo lentamente.

“Te lo ripeto per l’ultima volta, Sesshomaru. Non costringermi a fare sul serio”. Detto questo strinse ancora la presa. Il principe dei demoni era senza fiato, ma cercava di non far notare la sua debolezza. Continuò a resistere.

Taisho strinse ancora e ancora.

Sesshomaru era al limite.

Poi la foresta venne inondata da una luce improvvisa. Diversi alberi caddero. Izayoi ebbe molta paura, ma fu protetta dalla barriera di Tessaiga, poi vide cos’era successo.

Dove prima si trovava il giovane daiyokai, stretto dalla morsa del padre, ora si trovava un enorme cane d’argento, dagli occhi iniettati di sangue, le fauci scattanti che minacciavano Taisho. Il terrore prese il possesso della principessa, che tremava come non mai. Non aveva mai visto nulla del genere.

Il Generale Cane rimase impassibile. “Dovevi essere proprio disperato, se hai deciso di rivelare la tua vera forma. Non c’è nulla da fare, hai ancora molte cose da imparare”.

Dopo aver detto queste parole, anche lui si trasformò. La pelliccia candida che ricopriva le spalle si ingrandì, diventando d’argento. Il viso si allungò e con esso anche i canini. Gli occhi dorati mutarono, divenendo rossi e scintillanti come quelli del figlio.

Quando terminò la trasformazione, Taisho guardò il figlio, emettendo un ringhio cupo e raggelante. I due demoni superiori si studiarono per diversi secondi girandosi intorno, fronteggiandosi.

Poi, in un ringhio simile ad un ruggito, Sesshomaru scattò e si avventò sul padre. Iniziò un combattimento furioso e tremendo.

Izayoi era protetta dalla barriera di Tessaiga ma aveva tanta paura. Si sentiva paralizzata, non riusciva a muovere un muscolo. Inu no Taisho riusciva a mantenere il combattimento ad una certa distanza da lei, ma ciò non toglieva che quella fosse una lotta tremenda non solo a guardarsi, ma anche a sentirsi.

Gli artigli saettavano, illuminati dalla luna, e laceravano la carne. Le zanne scattavano in un alternarsi di ringhi e ruggiti, alcuni minacciosi, altri trionfanti, altri ancora di dolore.

Poi, tutto cessò. La principessa non seppe mai dire quanto fosse durata quella lotta. Ma era ancora notte fonda.

Non vedeva nulla. I due demoni nella furia del combattimento si erano allontanati, ed erano spariti alla sua vista. Ma il surreale silenzio che ora regnava nel bosco era un chiaro segnale: la lotta era terminata, e qualcuno doveva esserne uscito vincitore. Chissà chi.

E così un altro tipo di paura assalì la giovane in quel momento. Taisho poteva avere anche perso, poteva anche essere morto! Le lacrime le inondarono gli occhi castani, mentre si alzava chiamando il suo compagno.

“Taisho!”

Si mise a correre, inciampando nei sassi, nei rami caduti durante la terribile lotta. Incautamente abbandonò a terra Tessaiga.

“Taisho, rispondi!”

La sua voce era disperata, le sue urla strozzate dal groppo alla gola.

Poi, all’improvviso, sentì un rumore. Rami spezzati da un incedere lento e pesante. La principessa si voltò verso la macchia di larici da cui proveniva quel rumore. Non lo riconosceva.

Il suo cuore accelerò, mentre i passi si avvicinavano sempre di più.

Poi una figura uscì dalle fronde, illuminata dalla luna tenue. Occhi dorati, capelli lunghi e argentei mossi dal vento. Capelli sciolti.

No! Non può essere!

Izayoi nuovamente si sentì paralizzare dall’orrore, mentre la figura incedeva lenta e silenziosa verso di lei. Allora era così che doveva andare. Se solo Taisho non fosse intervenuto…lei sarebbe morta comunque, ma lui sarebbe rimasto in vita. Chiuse gli occhi, aspettando la morte.

“Izayoi…stai bene?”

Quella voce, esausta sì, ma familiare inondò di calore la principessa. “Amore mio…sei tu!”

Si gettò fra le sue braccia, scoppiando in un pianto disperato. Il daiyokai la strinse dolcemente a sé. “Scusami, ti ho fatta preoccupare”.

Fra i singhiozzi, Izayoi prese debolmente a pugni il petto del suo compagno. “Sei uno stupido, sei solo uno stupido!”

“Lo so” disse lui sospirando, ma sorrise. Izayoi stava bene, gli bastava questo.

La principessa pianse ancora per diversi minuti. Mentre stringeva fra le mani la veste lacerata di Taisho, sfogò tutto l’orrore di quella notte. La paura di morire, il timore nel vedere Taisho combattere e ferirsi, il terrore di perderlo per sempre.

Sentì Inuyasha dentro di lei. Stava bene. Le persone che amava di più erano salve, più di così la principessa non avrebbe potuto desiderare.

Troppe emozioni davvero, quella notte. Così Izayoi si addormentò, cullata dal tepore del suo amato demone. Sarebbero stati felici ancora una volta, insieme.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Eccomi! Mamma mia che capitolo…movimentato! Spero che abbiate gradito, se no sono pronta a fuggire col mio fagottino! Aspetto le vostre opinioni! ^^ Kitsune

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Capitolo 15
*** Amore, dolore ***


Il mio pensiero vola verso te, 
per raggiungere le immagini 
scolpite ormai nella coscienza, 
come indelebili emozioni 
che non posso più scordare… 
e il pensiero andrà a cercare 
tutte le volte che ti sentirò distante, 
tutte le volte che ti vorrei parlare, 
per dirti ancora 
che sei solo tu la cosa 
che per me è importante...

-tratto da “Per me è importante”, Tiromancino-

 

 

Amore, dolore

 

“Izayoi, ti ho detto che in meno di tre giorni sarò già guarito del tutto”.

La coppia si trovava nella stanza di della principessa. Fuori era ancora buio. I grilli avevano ripreso a cantare, come se avessero capito che il peggio era ormai passato. In effetti era così, ma la ragazza non smetteva di preoccuparsi, mentre con cautela si prendeva cura delle ferite del suo compagno.

Izayoi si era ripresa dallo svenimento nel giro di qualche minuto, fra le braccia del daiyokai. E una volta rientrati, alla luce, entrambi avevano potuto vedere le conseguenze di quel terribile scontro. La prima cosa che la giovane aveva notato era la veste lacera del demone: la corazza era andata distrutta e perduta nella foresta. Solo la protezione dell’avambraccio destro si era salvata. Il kimono era strappato in diversi punti, irreparabile.

Quindi il primo, secco ordine che la principessa aveva dato a Inu no Taisho era facilmente intuibile.

E ora, un daiyokai quasi nudo si trovava seduto sul futon della principessa, che gli stava pulendo le ferite.

“Non mi interessa quanto tu sia invincibile, non posso lasciarti in questo stato”.

Inu no Taisho sospirò stancamente. Sapeva che in discussioni come quella lui non avrebbe mai vinto, e questa non sarebbe stata un’eccezione. Quindi si limitò a tacere per alcuni minuti, mentre Izayoi ricuciva con molta premura una ferita sul suo addome. Era davvero brava.

“Non pensavo che fossi tanto pratica”.

Lei arrossì, ma cercò di non farlo notare. “Ultimamente uso molto ago e filo”.

Il demone inclinò leggermente la testa di lato, guardandola interrogativo. “Davvero?”

Izayoi rise dolcemente. Per un attimo, Taisho le era sembrato proprio come un cane. Si guadagnò un’occhiataccia di quelle che solo lui sapeva fare, così si affrettò a rispondere. “Sì, sto facendo…dei vestitini…”

Le ultime parole erano sfumate sulle labbra rosee della principessa, e il daiyokai la guardò confuso. “Che hai detto?”

“Ho detto che sto cucendo dei vestitini!” Era riuscita a dirlo.

Inu no Taisho rimase silenzioso per qualche secondo. Poi sorrise dolcemente. “Sarai proprio una splendida madre, sai?”

Il fuocherello, in quell’istante, era freddo in confronto alle guance di Izayoi, che distolse lo sguardo, incapace di mantenere il contatto con gli occhi dorati. “Grazie, significa molto per me”.

“Sei troppo formale, Izayoi”.

“Che intendi dire?”

Con un movimento agile e fluido, lui la attirò fra le sue braccia e la baciò. “Che avrei preferito se mi avessi ringraziato così”.

Sfiorò le guance incandescenti della principessa. Quanto adorava il suo imbarazzo. La guardò dritta negli occhi castani, mentre il desiderio prendeva possesso della sua volontà. Lo scontro col figlio sembrava ormai lontano nella sua memoria.

Izayoi si sentiva paralizzata. Il cuore batteva irrefrenabile. Poi sentì qualcosa di caldo nella mano destra, appoggiata sul futon in cerca di l’equilibrio. “Ma cosa…?”

Abbassò lo sguardo per guardare il suo palmo, e l’orrore si dipinse sul suo viso. Era lucido di rosso scarlatto. Poi guardò il futon, anche quello impregnato del sangue del daiyokai.

“Che succede? Perché tutto questo sangue?!”

La principessa si alzò, disperata, guardando la pozza rossa che si allargava lentamente. Non poteva crederci, come poteva una ferita perdere tanto sangue? Lo stupore però fu presto sostituito da ansia e preoccupazione. Così Izayoi cercò subito la fonte di quel disastro, e non ci mise molto a trovarla.

La lacerazione sull’avambraccio sinistro si era improvvisamente aperta. Si trattava dello stesso punto in cui Taisho, per difendersi dall’attacco del figlio, aveva ricevuto un’artigliata impregnata di veleno.

La ragazza guardò Inu no Taisho. Ormai aveva imparato a conoscerlo, e sapeva che adesso persino lui non era più tanto sicuro di sé. La sua espressione sempre indecifrabile tradiva una nota di preoccupazione. Tuttavia lo vide prendere velocemente il lenzuolo sotto di sé e arrotolarselo sul braccio, bloccando così il sangue. Il tutto come se fosse la cosa più naturale del mondo. Persino il suo volto era tornato sereno.

“Dannazione” esclamò il daiyokai, più rivolto a se stesso che ad altri, “ha pure ereditato il veleno di sua madre, oltre al carattere…”

“Voi demoni siete sempre così rilassati alla vista del sangue?” chiese la principessa, in un misto fra sollievo ed esasperazione. Incrociò le braccia, corrucciata.

“Ma che stai dicendo, Izayoi?” chiese lui, piuttosto stupito.

“Dico solo che odio vederti così tranquillo e pacifico, mentre io…io rischio di morire al solo pensiero di perderti!”

Il viso del demone si addolcì, guardando le lacrime che ora rigavano il viso della sua compagna. “Vieni qui…” disse Taisho, tendendo la mano sana verso di lei.

La ragazza rimase ferma in piedi, orgogliosa. Ma si rilassò in pochi secondi. “Aspettate ancora un attimo…”

Uscì dalla stanza e rientrò poco dopo, portando molti stracci e dell’acqua calda. Il demone si alzò subito per aiutarla. “Sciocca umana, non dovresti sforzarti, lo sai”.

“Da quando hai ripreso a chiamarmi umana?” chiese lei sarcastica, pulendo il sangue sul pavimento.

“Da quando hai ricominciato a darmi del voi?”

Izayoi sospirò, paziente. Finì di sistemare tutto e stese a terra un nuovo futon, aiutata dal daiyokai.

“Allora, adesso vieni qui da me?” chiese lui, già seduto sulle lenzuola candide. Aveva tolto il suo kimono lacero e ne aveva indossato uno di Mamoru, prestatogli dalla principessa. Quest’ultima sorrise dolcemente e lo raggiunse, accoccolandosi subito fra le sue braccia.

“Posso smettere di preoccuparmi?” chiese lei, ora decisamente più tranquilla.

“Non dovresti preoccuparti per me, lo sai” rispose il daiyokai. Appoggiò la mano sulla pancia della compagna. “Non fa bene a te, e nemmeno al bambino”.

La ragazza sorrise. “Inuyasha sta bene. E’ forte come il suo papà”.

Il demone non rispose, la strinse solamente a sé. Chissà perché poi lei si ostinava a chiamare il bambino Inuyasha, quando nemmeno sapevano se sarebbe stato un maschio o una femmina. Mentre pensava, Inu no Taisho accarezzava dolcemente la pancia di Izayoi.

Così per diversi minuti calò il silenzio, che fu rotto dalla voce della principessa. “Sei sicuro di stare bene?”

“Sì. Forse la ferita sul braccio ci metterà qualche giorno in più, ma guarirà”. Taisho ormai si era arreso e rispondeva tranquillamente alle insistenti domande della ragazza. Se serviva a farla sentire più tranquilla, allora andava bene. Non aveva detto nulla su Sesshomaru, e non l’avrebbe fatto, perché non voleva ricordare a Izayoi l’incontro ravvicinato di qualche ora prima. D’altro canto, anche lei sembrava non volerne parlare, perciò l’argomento era ormai archiviato.

“Anche io avrei rischiato grosso, se non fosse stato per Tessaiga” disse la principessa, che guardò verso l’angolo della stanza, dov’erano posate le tre spade e la strana veste rossa che Taisho le aveva dato prima dello scontro. Lui aveva detto che l’avrebbe protetta, ma Tessaiga da sola era stata più che sufficiente. Quella veste scarlatta, comunque, non sembrava avere poteri molto particolari. Pareva solo un kimono molto strano.

Inu no Taisho sospirò, poi scosse la testa. Izayoi aveva rischiato davvero tanto, ma ora era lì, con lui. Era andato tutto bene, ed era proprio questo che contava più di ogni cosa.

“Adesso nessuno ci darà più fastidio” disse infine il daiyokai. “Verrò a trovarti ogni giorno. Poi, quando il bambino sarà nato, ti porterò via con me”.

Così, all’improvviso, il peso di tutto ciò che le aveva detto il padre solo poche ore prima ricadde addosso a Izayoi, peggio di un macigno. Lei non avrebbe mai potuto rimanere con l’uomo che amava, perché il suo destino era già deciso.

“Taisho, dovrei dirti una cosa, a proposito”. Non sapeva da dove cominciare.

“Dimmi…” disse lui distrattamente, mentre accarezzava ancora la pancia della principessa.

“Questa mattina mio…mio padre mi ha dato una notizia. Però ti prego amore mio” aggiunse, quasi disperata, “non agitarti!”

Lui si fece serio. “Muoviti, Izayoi. Cosa devi dirmi?”

“Nelle scorse settimane un pretendente ha chiesto la mia mano a mio padre. Lui ha accettato, l’ha fatto per me”. La principessa teneva lo sguardo basso, mentre sentì il demone irrigidirsi.

“Che hai detto?”

“Ho detto che…che mi devo sposare…” rispose la ragazza, con voce soffocata. Sentì un ringhio cupo risalire dalla gola del compagno, e rabbrividì.

“Nessuno ti può avere, a parte me. Nessuno.” La sua voce era cambiata. Era diventata fredda, tagliente, proprio come quella nella foresta, qualche ora prima. Era la voce di un assassino.

La principessa tremò, ma riuscì ad alzare lo sguardo per affrontare quegli occhi spietati. “Nemmeno io ne sono felice, ma mio padre l’ha fatto solo perché riteneva che fosse la cosa migliore!”

“Lo sai, Izayoi. Sai che non sarai felice, perché non è una tua scelta”.

Le lacrime inumidirono gli occhi della giovane. “Sarebbe stato comunque il mio destino, prima o dopo”.

Inu no Taisho strinse i denti. A stento si stava controllando, per non spaventare la sua adorata compagna. Ma una tempesta stava infuriando dentro di lui. Voleva uccidere quel dannato vecchio, per aver violato in quel modo la personalità stessa di Izayoi. Con lo stomaco stretto in una morsa, il demone desiderava con tutto se stesso di poter avere il pretendente fra le mani, per torturarlo e ucciderlo nel modo più crudele possibile. No, nessuno avrebbe sposato Izayoi. Solo lui poteva farlo.

“Il tuo destino?” disse infine il daiyokai, con un velo di tristezza nella voce, “no, non deve essere per forza così. Voglio essere io il tuo destino”.

La principessa lo guardò stupefatta. “Amore mio…grazie!” Lo abbracciò, commossa e piena di gioia.

“Vedrai” disse lui, accarezzandole i capelli, “quando sarà il momento ti porterò via con me. Non ti lascerò mai sposare quell’uomo, chiunque egli sia”.

Izayoi si limitò ad annuire, rimanendo aggrappata al daiyokai. Sì, ne era certa, sapeva che lui l’avrebbe sempre protetta, qualunque cosa sarebbe successa. Le dispiaceva per suo padre, e in fondo le dispiaceva per Takemaru, ma aveva fatto la sua scelta: avrebbe sempre seguito Taisho. E loro due avrebbero cresciuto loro figlio, insieme.

E così, spossata per la lunga veglia, Izayoi finalmente trovò il sonno fra le braccia dell’uomo che amava.

***

Aveva camminato a lungo. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Sentiva solo un tremendo bruciore al petto, dove uno squarcio aperto dagli artigli nemici, grondante di sangue, rovinava la pelle di solito candida come la neve. Ma al potente Sesshomaru non bruciava quella ferita, nemmeno la carne lacerata, lui non sentiva il calore del sangue che colava sull’addome, insozzando il kimono di solito bianco e splendente.

Il daiyokai non faceva caso al dolore fisico, che a ondate gli scuoteva il corpo, facendolo tremare. Ciò che più gli bruciava era la sconfitta, l’umiliazione subita da quel demone che un tempo aveva considerato suo padre. Avrebbe accettato di essere battuto da lui qualche anno prima. Ora non più.

I capelli disordinati vennero scossi da un’ondata di vento, mentre il demone si faceva trasportare dai suoi stessi piedi, come un automa, senza una meta.

Sesshomaru non sapeva quanto tempo fosse passato, ma si svegliò quando il sole era basso sull’orizzonte. Si guardò intorno, e si rese conto di essere in una piccola grotta, nella foresta. Quando aveva perso i sensi non si trovava lì. Qualcuno doveva averlo spostato.

“Finalmente vi siete svegliato, Principe”. Una sagoma si stagliava all’entrata della grotta. Una forma femminile, snella e slanciata.

Il giovane daiyokai guardò la sconosciuta in silenzio, per qualche secondo. “Sei stata tu a trovarmi?”

“Sì” rispose pronta la donna, “e se non vi avessi curato quelle ferite sareste morto dissanguato prima che sorgesse il sole”.

Sesshomaru rimase impassibile. “Per quanto tempo sono rimasto privo di sensi?”

La misteriosa ragazza si chinò a terra per accendere un fuoco. “Avete dormito tutto ieri e oggi. Ormai è il tramonto”.

Calò il silenzio per diversi minuti, mentre la donna era impegnata con la legna da accendere. Il daiyokai osservò le proprie ferite, che ora erano completamente fasciate. In tre o quattro giorni si sarebbe completamente ripreso.

Un brillio improvvisò destò Sesshomaru dai suoi pensieri. Il fuoco aveva preso a scoppiettare, inondando di luce la piccola cavità. Così il demone vide con chi aveva a che fare, e con una punta di orgoglio pensò che il suo fiuto non poteva sbagliare.

“So perché sei qui”.

La giovane demone deglutì, come se avesse un terribile nodo alla gola. “Sì, avete capito bene”.

Sesshomaru studiò i lineamenti affilati della kitsune, soffermandosi sugli occhi verdi, colmi di lacrime trattenute dall’orgoglio. “Tua sorella era consapevole del pericolo che correva, Miyuki”.

“Cosa ne volete sapere, voi, di mia sorella?!”

La voce della volpe, carica di disperazione, echeggiò nell’aria circostante. “Per voi Minori non era altro che una pedina, un pezzo di carne da sacrificare per la vittoria!”

Sesshomaru rispose con molta durezza. “Non le ho chiesto io di affrontare mio padre”.

“Bugiardo! Sei solo uno sporco bugiardo!”

Il daiyokai le fu addosso con una velocità impressionante, nonostante le ferite. Prese Miyuki dal collo e la attaccò al muro. “Non osare…mai più”.

Gli occhi verdi smeraldo incontrarono quelli dorati, colmi di terrore. Miyuki vide la rabbia in quello sguardo. Vide un orgoglio smisurato. Vide la freddezza di un assassino. Vide anche una profonda tristezza, la disperazione.

“Ho capito…vi prego, ora lasciatemi!”

Sesshomaru la lasciò cadere a terra, e tornò al suo angolo. Calò nuovamente il silenzio, che durò per diversi minuti. Il sole ormai era quasi del tutto scomparso all’orizzonte. Poi Miyuki parlò.

“So che non vedete l’ora di andarvene, ma mi farebbe piacere se rimaneste ancora un po’. Appena sorgerà il sole, brucerò il corpo”.

Il demone non rispose, ma la kitsune lo interpretò comunque come un sì.

Così il tempo passò. I minuti diventarono ore, e Sesshomaru non si mosse, né parlò. Miyuki ogni tanto lo guardava, cercando di capire quali sentimenti si nascondessero dietro quella maschera di freddezza. Non riuscì a capire nulla. Eppure poco prima, in quegli occhi ambrati, lei aveva visto una scintilla diversa dal solito. Possibile che Sesshomaru, nel profondo, stesse soffrendo per la perdita della sua prediletta? Sarebbe stato un evento unico: il principe non era certo famoso per la sua pietà verso gli altri.

La kitsune aveva ancora chiaro in mente un ricordo. Sua sorella tempo addietro le aveva rivelato i suoi sentimenti per il glaciale principe dei demoni. Miyuki si era chiesta cosa mai potesse trovare in Sesshomaru di tanto interessante, e se lo chiedeva ancora. Non l’avrebbe mai potuto scoprire, perché sua sorella non c’era più. E le lacrime lottarono ancora per sgorgare dagli occhi verdi, ma subito vennero ricacciate indietro. Non doveva mostrarsi debole, non davanti a quel demone spietato.

Nel totale silenzio, infine, il cielo a est si rischiarò.

“E’ ora” disse Miyuki, alzandosi. La sua voce era suonata forte, quasi stonata, in quello sfondo fermo e muto.

Sesshomaru la osservò uscire, poi si alzò e la seguì.

Percorsero un breve tratto di foresta, prima di giungere nella radura in cui Miyuki aveva sistemato la pira. La natura si stava risvegliando. Qualche grillo cantava ancora, e le rane gracidavano tra l’erba umida. Nel silenzio si sollevò la voce splendida di un usignolo.

I due demoni camminarono lentamente, e raggiunsero il luogo in qualche minuto. Mentre la kitsune sistemava le ultime cataste di legna, Sesshomaru osservò il monumento dal basso all’alto. I suoi occhi percorsero tutta l’altezza di quella piccola montagna, fino a giungere alla sommità, sulla quale Minori dormiva.

La sorella l’aveva sistemata e pulita, e le aveva fatto indossare degli abiti diversi. Il daiyokai riconobbe subito quell’armatura argentea, semplice e splendente. Si ricordò di un giorno, uno dei tanti nella sua lunga vita, un giorno in cui aveva incontrato una giovane demone volpe, focosa e potente. In quel giorno lei aveva steso in combattimento il figlio maggiore del capo dei demoni lupo. Un’impresa non da poco, per un demone di basso rango com’era Minori.

Un dolore nuovo percorse il corpo di Sesshomaru, un dolore che nulla aveva a che fare con le ferite o l’orgoglio. Tuttavia, il daiyokai rimase totalmente composto, come se nulla fosse successo.

Si accorse poi che Miyuki aveva completato l’opera. La vide inginocchiarsi a terra e creare un fuoco fatuo con entrambe le mani. Lentamente, l’incandescente globo azzurro galleggiò nell’aria fino ad attaccarsi all’erba secca alla base del tumulo. Questa bruciò subito, mentre la kitsune appiccava il fuoco in altri punti. Poi lei si allontanò, lasciando che le fiamme azzurre avvolgessero la pira.

Miyuki e Sesshomaru si trovavano ora l’uno accanto all’altra, ad una certa distanza.

“So che non siete stato voi a mandare a mia sorella contro il Generale” disse improvvisamente la volpe, sovrastando con la voce il fuoco crepitante. “Ma penso che sappiate…che Minori avrebbe dato volentieri la sua vita per proteggere la vostra”.

Finalmente Sesshomaru si degnò di guardarla, ma non rispose.

“Sapete” proseguì Miyuki, osservando le fiamme che lambivano il cielo, “io non so cosa fosse mia sorella per voi, ma lei vi considerava più di un semplice compagno di guerra”.

“Dove vuoi arrivare con questo?” Finalmente anche il daiyokai ruppe il suo impenetrabile silenzio.

“Voglio dire che voi avreste potuto salvarla. Ma non l’avete fatto”. La kitsune strinse i pugni tanto da incidersi la carne con gli artigli. “Ma statene pur certo. Io mi vendicherò, quando sarò abbastanza forte ucciderò il Generale con le mie stesse mani. Poi ammazzerò anche voi”.

Sesshomaru non avrebbe mai lasciato che fosse qualcun altro, a parte lui, a battere suo padre. Ma non se ne curò, perché sapeva che in ogni caso quella kitsune non sarebbe mai stata in grado di competere con un demone di alto rango.

“Potevi lasciarmi morire, allora” disse il daiyokai con impercettibile sarcasmo.

“Non fraintendete” disse pronta Miyuki, “se vi ho curato l’ ferite l’ho fatto solo per saldare un vecchio debito”.

Sesshomaru le volse le spalle e prese a camminare. “Quando tornerai, non ti aspettare clemenza da parte mia”.

La kitsune lo guardò allontanarsi, e capì che sarebbe rimasta sola. “Io ti ucciderò, stanne certo. Ti ammazzerò!!!” urlò infine, mentre le lacrime scorrevano copiose, vincendo il suo fiero orgoglio.

Sesshomaru sentì le ultime parole di Miyuki, ma non rispose. E si allontanò, per partire di nuovo verso il suo eterno viaggio. Il rombo del fuoco si affievolì lentamente, mentre le fiamme consumavano ancora il corpo di Minori, di quella donna che lui stesso aveva stretto fra le sue braccia solo tre giorni prima, quella donna che ora non era più.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Eccomi qui! Per me è stato piuttosto emozionante scrivere questo capitolo, soprattutto nella seconda parte. Spero che vi possa piacere, ho cercato di inserire tutte emozioni dei personaggi principali. La breve introduzione, tratta da “Per me è importante” dei Tiromancino, è riferita soprattutto al personaggio di Miyuki (che compare tra l’altro nello spin-off “L’amore di una guerriera”), ma se la vostra fantasia lo desidera potete tranquillamente applicarla anche a Sesshomaru. :3 Scusatemi, può darsi che a voi la canzone non piaccia, ma io la adoro e mi sembrava adatta a ciò che scrivevo nella seconda parte del capitolo.

A questo punto, qualche ringraziamento:

-A Pluto90, Penelope Aldaya, Sesshomaru_Sama, BlueCross123, 0DuBhe0, Fede chan Pucci e harua_96, che hanno commentato e apprezzato (almeno fino al capitolo scorsoXD) la mia storia.

-A tutti quelli che hanno messo la mia storiella fra le preferite, le ricordate o le seguite.

So che sembra un terribile luogo comune, ma siete proprio voi a darmi l’ispirazione per continuare e inventare capitolo per capitolo risvolti sempre nuovi! Grazie! Ora sono nelle vostre mani. ^^ Kitsune

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Capitolo 16
*** Destino incombente ***


Destino incombente

 

Il rombo di un tuono suonò debole e cupo, segno che il temporale che aveva imperversato quella notte stava ormai abbandonando il cielo sopra la foresta. Gli aghi dei sempreverdi grondavano di gocce di pioggia cristalline, che una dopo l’altra cadevano nel sottobosco ormai morente. L’erba stava marcendo per lasciare posto alla sola terra fredda e umida, mentre il muschio ingrigiva.

Gli animali migravano verso sud, o si preparavano ad affrontare l’autunno, che quell’anno sembrava promettere una bella gelata: da due settimane pioveva ormai ininterrottamente e il freddo si faceva sentire, mentre le giornate si accorciavano.

Quella mattina finalmente la pioggia concesse una tregua e il cielo schiariva in lontananza, ma il sole non si sarebbe mai fatto vedere. Le dense nubi grigie infatti lasciavano filtrare solo qualche timido raggio, che tuttavia non scaldava abbastanza da mitigare quello strano periodo che intercorre tra la fine dell’estate e l’inizio della stagione fredda.

Quanto tempo era passato?

Nemmeno Izayoi lo sapeva, ma se lo domandava spesso mentre preparava le sue cose per il viaggio imminente. I suoi kimono giacevano piegati con cura davanti a lei, ormai tutta la stanza era quasi completamente vuota. A causa del brutto tempo, aveva dovuto passare le ore vuote a liberare la sua stanza. Ore rubate alle ultime possibilità che aveva di stare insieme al suo compagno.

Ne era passato di tempo, eppure sembrava essere volato. L’estate era trascorsa, l’estate più breve, la più bella dell’intera vita della principessa, che d’improvviso si trovò persa nell’osservare fuori dalla porta scorrevole, spalancata sul bosco. Proprio fra quegli alberi, solo qualche mese prima, era comparso colui che inizialmente aveva considerato il suo assassino, ma che ora era diventato ciò che per lei era più importante.

L’uomo, il demone che amava più di ogni altra cosa.

Izayoi scosse la testa, turbata. Presto avrebbe cambiato vita, e nonostante lei non lo desiderasse non poteva contraddire il padre, già abbastanza provato da tutto ciò che era successo negli ultimi tempi. Non voleva fargli ulteriormente del male.

Questo pensava la principessa, ma subito dopo si trovò a pensare ad un’altra vita, una vita felice accanto a Inu no Taisho. A volte si immaginava mentre aspettava il ritorno del suo compagno dall’ennesima battaglia, mentre fra le braccia teneva ciò che il loro amore le aveva donato.

Inuyasha

Come in risposta a quei pensieri, il cucciolo dentro di lei si mosse, facendole il solletico. Izayoi sorrise. Forse si stava mettendo un po’ più comodo. Così la principessa posò alcuni kimono piegati accanto ad un’altra pila di vestiti, e appoggiò la mano sul suo pancione.

Era incredibile quanto il cucciolo fosse cresciuto: fino al mese prima Izayoi indossava ancora tranquillamente i suoi soliti kimono, nonostante li allacciasse con qualche fatica, ma da un mese a quella parte la sua pancia era diventata ogni giorno più rotonda, mentre il piccolo si faceva sentire sempre di più.

Anche adesso il bambino non si stava risparmiando, dandole piccoli calci all’altezza delle costole. Izayoi si lasciò sfuggire una risata. Moriva dalla voglia di vedere suo figlio, ormai mancavano solo poco meno di tre mesi.

“Signorina Izayoi, tutto bene?”

La principessa smise di ridere e si volse verso la figura comparsa sulla porta. “Certo, dolce Tomoko” rispose, “non sono mai stata meglio”.

La vecchia balia le si sedette accanto, aiutandola a sistemare le sue cose. “Quindi…siete contenta di andare in sposa a Takemaru?”

Il volto della fanciulla si rabbuiò, solo per qualche istante, poi il velo di tristezza venne sostituito da un tenero sorriso. “Finché Taisho sarà al mio fianco, non ho paura del mio destino”.

L’anziana donna sospirò. “Quant’è bello l’amore! Non vi ho mai vista bella come in questi ultimi mesi, principessa”.

Izayoi scoppiò a ridere, di una risata innocente e cristallina. “Tu sei troppo gentile con me, mia dolce balia! Non vedi come sono ingrassata?”

“Ciò che avete in grembo vi fa solo diventare ogni giorno più incantevole, credetemi” disse Tomoko, in assoluta sincerità.

La principessa si asciugò una lacrima di commozione. “Grazie…!” esclamò, e abbracciò la donna con infinito calore.

Poi la balia si ricordò del compito assegnatole dal padrone. “Signorina Izayoi, avete voglia di fare una passeggiata? Fuori stranamente non piove e se vi coprite un po’ potremmo arrivare al villaggio e comprarvi un kimono nuovo per l’imminente viaggio”.

Il viso della fanciulla si illuminò. “Certo che mi va! Ho proprio voglia di muovermi un po’, il piccolo oggi è molto agitato, ho bisogno di distrarmi”. Detto questo si alzò, con l’aiuto di Tomoko, e indossò un kimono largo e caldo.

La vecchia balia, mentre allacciava l’obi alla principessa, pensò a Mamoru. Si sarebbe incontrato con il Grande Demone Cane per discutere sulla situazione di Izayoi, ma per farlo la principessa doveva essere allontanata. L’ultima cosa di cui la giovane aveva bisogno nella sua situazione era proprio l’ansia, quindi volentieri Tomoko avrebbe badato a lei per due o tre ore.

“E’ troppo stretto, principessa?”

“No” rispose dolcemente Izayoi. “E’ perfetto. Andiamo?”

“Sì” rispose subito la balia, prendendola a braccetto. “Vedrete mia signora, compreremo il kimono più bello che abbiate mai avuto!”

***

Il demone correva nella foresta, rapido e silenzioso. I suoi passi leggeri erano ancor più attutiti dal terreno morbido e umido del sottobosco, mentre l’acqua imprigionata fra gli aghi bagnava le vesti e i capelli argentei.

Inu no Taisho ormai conosceva a memoria quella strada: i suoi occhi infatti non erano concentrati sul cammino, che ormai poteva percorrere ad occhi chiusi, quanto piuttosto sulla piccola perla nera che teneva fra le dita. Hosenki l’aveva fabbricata per lui, e il daiyokai sapeva quale fosse la sua funzione.

Perché Hosenki aveva terminato di fabbricare la sfera proprio in quel periodo? Possibile che fosse un segno del destino?

No, doveva essere solo un caso. Tutto ciò non poteva avere a che fare con la nascita di suo figlio.

Taisho nascose quindi la perla fra le pieghe dell’obi e accelerò l’andatura, mentre si concentrava sugli odori intorno a sé. Il profumo dei funghi, che spuntavano dal terreno umido, si mescolava all’intenso odore delle cortecce degli alberi fradici. Da nord proveniva un fresco venticello: sulle montagne lontane doveva aver nevicato parecchio.

Tuttavia tutti questi odori non coprivano ciò che lui cercava: un profumo fresco e delicato di fiori di primavera, come una rosa appena sbocciata. Era la sua Izayoi che si allontanava, probabilmente insieme alla balia, come stabilito.

Così in pochi minuti il demone fu davanti alla piccola villa. La servitù non vi fece troppo caso, poiché erano abituati alla sua presenza nonostante incutesse comunque un certo timore. Il daiyokai entrò in casa, diretto nella stanza del focolare, e proprio lì trovò il signore.

Fu un approccio teso, quello. Inu no Taisho rimaneva in piedi, immobile, e fissava il vecchio, che si trovava seduto dall’altra parte del fuoco scoppiettante. Il silenzio durò per alcuni interminabili secondi, ma lo sguardo glaciale dell’uno e quello deciso dell’altro sembravano non volersi arrendere.

“Siediti pure” disse infine Mamoru rompendo il suo mutismo, senza però staccare i vecchi occhi castani da quelli ambrati.

Il daiyokai accettò l’invito e si sedette. Volse lo sguardo nelle fiamme, i lineamenti duri e felini contratti per i molti pensieri. Un servo entrò e posò una tazza di tè davanti a entrambi, ma i due quasi non se ne accorsero.

Fu il vecchio a rompere nuovamente il pesante silenzio. “Immagino che tu sappia perché ti ho chiesto di venire, demone”.

Inu no Taisho rimase immobile come una statua, ma i suoi occhi taglienti saettarono in un istante a trafiggere il suo interlocutore. “Anche io ho parecchio da dire, umano”.

Mamoru sostenne lo sguardo gelido del daiyokai, dando prova di enorme coraggio. “Takemaru è la persona più indicata per proteggere mia figlia, quindi accantona l’idea di poter mettere ancora gli artigli su di lei”.

“Non so chi sia questo Takemaru, ma certo non sarà mai in grado di prendersi cura di Izayoi” replicò Taisho in tono pacato. “In ogni caso lo ucciderò”.

L’uomo non si scompose e guardò scettico il suo interlocutore. “E tu saresti in grado di prenderti cura di lei?

Un sorriso poco rassicurante sfiorò appena le labbra del daiyokai, che subito tornò serio. L’anziano signore gli stava facendo già perdere la pazienza. “Certo che ne sono in grado” rispose. “Stai certo che se Izayoi si sposerà con quell’uomo non sarà felice, e morirà lentamente, senza che tu possa fare nulla. Solo io posso darle la vita che desidera, solo io posso farle da scudo per ogni minaccia”.

“E come?” ribatté Mamoru. “Non sono stupido, so benissimo che poco tempo fa mia figlia ha rischiato di morire, e che tu l’hai salvata per un pelo”.

Il demone mantenne il suo tono tranquillo, ma deciso. “Izayoi sarà sempre esposta ai pericoli, e anche il bambino. Sono io l’unico che la può proteggere, io e nessun altro”.

Il vecchio distolse lo sguardo. Il daiyokai aveva colto nel segno. Effettivamente, l’unico che poteva proteggere Izayoi era proprio lui.

“Sì” disse infine, “hai ragione, effettivamente ciò di cui ha bisogno Izayoi è la tua protezione”.

***

Erano passate ormai più di tre ore, e Izayoi era esausta. Tomoko la teneva a braccetto, aiutandola a proseguire.

“Volete riposare un pochino, mia signora?” chiese la vecchia balia con tenerezza.

“Sì, ti prego dolce Tomoko, lascia che riposi un po’…” disse la ragazza, appoggiandosi ad un albero umido. “Non importa se sporco il kimono”. Sentiva un terribile dolore alla schiena. “Credo di essere stata un po’ troppo entusiasta oggi…”

“Lo credo anche io” disse una voce molto familiare. Taisho si stava avvicinando a lei da poco lontano. Stava sorridendo.

La vecchia Tomoko guardò verso di lui, poi tornò a guardare Izayoi. “Allora…se non vi dispiace io proseguo da sola, principessa” disse con un sorriso, e riprese a camminare lungo il sentiero.

Il daiyokai osservò la donna sparire fra gli alberi, poi si avvicinò alla sua compagna. “Sei stata via per molto tempo, sai che…”

“Non dovrei affaticarmi troppo” finì Izayoi, prendendolo in giro, “lo so. Però mi stavo divertendo e non mi sono accorta del tempo che passava”.

Taisho divenne serio e la fissò intensamente. Rimproverarla non sarebbe servito a nulla, Izayoi avrebbe sempre fatto di testa sua, e comunque non era stupida, sapeva quando fermarsi.

“Non mi chiedi perdono?” chiese il demone, ironico.

Izayoi parve offesa. “Per quale motivo?”

“Mi hai fatto aspettare. Non si fa aspettare Inu no Taisho” rispose lui, prendendole il mento fra le dita. In realtà si era anche preoccupato.

La principessa sorrise, non notando alcuna minaccia nel volto del compagno. Poi la sua risata lieve e cristallina echeggiò nella foresta, e per un attimo fu come se fosse tornata la primavera. Taisho sospirò. Quanto amava la sua voce, quanto detestava l’idea di perderla.

“Izayoi, poteva accaderti qualunque cosa” disse lui all’improvviso, e i profondi occhi dorati incontrarono quelli castani. Le labbra dei due amanti si incontrarono in un bacio tenero e fugace. “Non potrei mai accettare di perderti, lo sai”.

Lei si fece seria. “Non ti abbandonerò mai, amore mio. Tu per me ci sarai sempre, e anche per nostro figlio. Lo so”.

Lo sguardo deciso della principessa non ammetteva repliche.

A questo punto il volto del daiyokai si addolcì. “Domani è il grande giorno allora?”

“Sì, domani partirò per raggiungere la mia nuova casa” disse Izayoi in un sospiro. Un’ombra era passata sul suo viso morbido e candido.

“Ci sarò anche io. Ti accompagnerò per tutto il viaggio” annunciò lui per tranquillizzarla.

La principessa infatti alzò lo sguardo, su cui si era accesa una scintilla di speranza. “Dici davvero?”

Il demone sorrise con orgoglio. “Certo, ti proteggerò da qualunque pericolo” disse, e appoggiò una mano artigliata sul ventre arrotondato della compagna. “Vi proteggerò”.

“Non ho mai avuto alcun dubbio, Taisho” disse lei con un sorriso, appoggiando la mano su quella di lui.

***

Il daiyokai aveva riaccompagnato a casa Izayoi da alcune ore, ed era già calata la notte. Probabilmente la principessa aveva già cenato e si preparava ormai per coricarsi. L’indomani la partenza sarebbe stata al sorgere del sole.

Inu no Taisho aveva preso una decisione. Se davvero il destino che lo aspettava era un destino di morte, allora l’avrebbe affrontato. Non aveva paura.

Si presentò nella stanza dell’amata proprio mentre lei si stava infilando sotto le coperte.

“Izayoi…”

La fanciulla ebbe un lieve sussulto, ma lo riconobbe subito. “Taisho…comincia a farsi tardi. Non vuoi riposare?”

Il demone sbuffò sprezzante. “Noi demoni non abbiamo bisogno di riposarci come voi deboli umani. Credo di avertelo già detto”.

La principessa sorrise. In quel buio nemmeno Taisho avrebbe percepito quel delicato sorriso, se fosse stato chiunque altro a farlo. Ma in quella stanza ogni granello di polvere sapeva di lei. Vederla non era necessario.

Lui ruppe quel breve e infinito silenzio. “Ti ho portato una cosa”.

La ragazza rimase stupita da quell’annuncio inaspettato, così armeggiò subito con della legna per ravvivare il fuoco. In qualche minuto nella stanza ci fu di nuovo luce. Taisho intanto si era seduto accanto a lei.

Izayoi lo guardò incuriosita. “Mi hai fatto forse un regalo?”

Lui sembrò sovrappensiero per qualche secondo. “Mettiamola così”.

Il demone si mise quindi a frugare tra le soffici pieghe dell’obi e ne estrasse un piccolo pacchettino di seta rossa, poi lo porse alla ragazza, che guardò l’oggetto stranita. Il fazzolettino sembrava contenere un oggetto piccolo e rotondo. Una sfera.

“Lo apro?” chiese lei, certa della risposta che sarebbe arrivata. Ma che non arrivò mai.

“So che sembrerà assurdo, ma non devi aprirlo. Quando sarà il momento capirai”.

Izayoi era davvero confusa. “E allora perché…?”

Taisho chiuse dolcemente l’oggetto fra le mani della compagna. “Fai finta che questo oggetto mi rappresenti. Questa sfera sono io. Proteggila, finché non sarà arrivato il momento giusto”.

La principessa parve ancora confusa per qualche secondo, poi lo guardò con fierezza. “Tratterò quest’oggetto con infinita cura. Te lo prometto”.

Per tutta risposta lui la baciò. Questa volta fu un bacio lungo e appassionato, che finì solo perché all’improvviso Izayoi si mise a ridere. Il daiyokai aveva appoggiato la mano sul pancione senza volerlo.

“Ecco” disse la ragazza, “hai svegliato Inuyasha”.

Taisho sospirò, paziente. “Questo bambino è come te. Non sta mai fermo”.

“Allora somiglia più a te” lo rimbeccò lei con un sorriso.

Il demone prese la ragazza fra le braccia e la portò a letto. “Ora basta. Dormite, tutti e due”. Stava facendo l’offeso, ma nel frattempo si era sdraiato su un fianco, accanto a Izayoi.

La principessa non fiatò, non c’era bisogno di parlare. Il daiyokai le stava accarezzando dolcemente il ventre, mentre guardava il fuoco morire lentamente. In pochi minuti il piccolo si fermò. In quel torpore che precede il sonno, Izayoi si trovò a domandarsi come faceva Taisho a calmare in quel modo il cucciolo. Lei non ci riusciva mai, mentre lui non sbagliava nemmeno una volta.

E così, l’idea che quelle mani assassine potessero portare tanta serenità fece sorridere la principessa, che si addormentò poco dopo il suo bambino.

Il demone, invece, non dormì. Aveva raggiunto un accordo con Mamoru, e l’avrebbe rispettato…in parte. Si trovò a chiedersi se anche tutto questo facesse parte del suo destino, ma non doveva darci troppo peso. Sarebbe stato solo peggio.

Il fuocò morì. Izayoi dormiva ormai profondamente, ma Inu no Taisho continuò ad accarezzare la dolce rotondità che accoglieva suo figlio. Desiderava vederlo, stringerlo e chiamarlo per nome. Desiderava Izayoi, la desiderava come compagna, voleva vederla sorridere, voleva ascoltare la sua voce ogni giorno.

Così sarebbe stato, se tutto fosse andato come stabilito.

Si preparava un nuovo viaggio per Izayoi, un nuovo inizio per Inu no Taisho.

E da qualche parte, lontano, una nuova minaccia incombeva sul loro futuro.

 

***

L’angolo dell’autrice:

Salve a tutti! Ecco concluso il nuovo capitolo. Takemaru, stiamo arrivando! Tanti avvenimenti si prospettano per i nostri protagonisti, ma un capitolo di collegamento era necessario. Un consiglio…tenete a mente la perla di Hosenki…

Concludendo, spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento. Il prossimo aggiornamento sarà per “L’amore di una guerriera”. A questo punto sono nelle vostre mani! ^^ A presto! Kitsune

P.s. un ringraziamento a tutti coloro che recensiscono, che leggono e apprezzano questo mio lavoro. In un certo senso, sta sorprendendo anche me! ^^

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Capitolo 17
*** Un altro viaggio ***


Salve! ^^ Per cominciare, vorrei chiedere perdono a tutti per l’orrendo ritardo con cui ho postato il capitolo (vi prego, non uccidetemi), ma l’ispirazione fa davvero brutti scherzi, e nonostante ultimamente ne avessi davvero tanta, era tutta orientata verso un altro fandom. Detto questo, spero immensamente che questo capitolo vi possa piacere. Sto gettando le basi per arrivare alla conclusione della storia che, come avrete forse intuito, comincia a volgere al termine. Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei ringraziare love_dreams, 0duBhe0 e Pluto90, per i commenti al capitolo scorso. Ringrazio anche chi legge soltanto, chi ha inserito la storia fra le preferite, le ricordate o le seguite…o tutte e tre insieme! XD Buona lettura! Kitsune

 

Un altro viaggio

 

“Di questo passo, saremo arrivati a destinazione entro questa sera, mio signore”.

L’uomo fu soddisfatto e felice per quella notizia: prima fossero arrivati a destinazione, meglio sarebbe stato per tutti quanti.

Il malcontento generale, infatti, era palpabile nella fredda e pungente giornata autunnale. Tutta la scorta era innaturalmente compatta, troppi sguardi vagavano intimoriti verso gli alberi della foresta. Davvero insolito, per dei guerrieri allenati proprio per l’arte del combattimento.

Ma Mamoru non li biasimava. Evitava di impartire troppi ordini, desiderava solo arrivare alla tenuta di Takemaru indenne, insieme alla sua adorata figlia. Sapeva che i suoi soldati erano estremamente valorosi, altre che perfettamente addestrati, ma fino a quel momento avevano sopportato anche troppo, tanto che a volte lui stesso si stupiva di non aver subito ancora una diserzione. Ciò dimostrava solo quanto quegli uomini gli fossero fedeli e pronti ad obbedire in qualsiasi istante.

Perché Mamoru avrebbe sfidato chiunque, anche il più coraggioso fra gli uomini, a non temere l’eccessiva vicinanza di quel mostro, di quella figura che in quel momento si muoveva agilmente fra gli alberi, silenziosa solo come un abile assassino potrebbe essere. Il solo sostenere quello sguardo gelido e ambrato era una vera e propria prova di forza, che a stento lo stesso Mamoru aveva superato.

Tuttavia il demone gli era necessario per la protezione di Izayoi. Il colloquio che aveva avuto qualche giorno prima aveva sancito fra loro una sorta di tregua. Mamoru difficilmente avrebbe dimenticato quel dialogo.

“Protezione?” disse Taisho, e in quel momento il consueto sguardo impassibile si velò di una certa diffidenza.

Il vecchio annuì con un sospiro. “La situazione di Izayoi è molto delicata” disse, con un vago tono di accusa che il daiyokai riuscì a cogliere, ma che non commentò. “L’inverno arriverà prima di quanto possiamo immaginare, e sia a lei che al bambino questo non fa bene”.

Il demone fece finta di non capire. “Dove vuoi arrivare col tuo discorso, vecchio?”

“Detesto ammetterlo” continuò Mamoru, “ma ho bisogno del tuo aiuto. Sai meglio di me quanto sia in pericolo mia figlia a causa dei demoni, quindi sai anche che nessuno meglio di te sarebbe in grado di proteggerla”.

“Su questo non ci sono dubbi” rispose il daiyokai con freddezza. “Quindi vorresti assoldarmi per salvaguardare la vita di Izayoi. Quindi anche la tua vitaconcluse, con un pericoloso sorriso che fece correre un brivido freddo lungo la schiena del vecchio padre.

Quest’ultimo strinse i pugni: il demone aveva capito perché gli desse tanto fastidio chiedere un simile favore. Tuttavia non diede alcun segno di cedimento.

“Esatto. Proprio così”.

Così ora Taisho si muoveva fra gli alberi, agile e silenzioso, i sensi tesi a captare qualsiasi minaccia in avvicinamento. Nonostante molti demoni si fossero avvicinati al suo passaggio, nessuno di essi aveva osato attaccare la carovana, dal momento che avevano fiutato chiaramente l’odore del Grande Generale.

La verità era che la notizia della sconfitta di due Generali, dei quali addirittura uno era rimasto ucciso, aveva già fatto il giro dell’intero popolo demoniaco.

La morte di Minori aveva causato un notevole shock nell’esercito. La kitsune era conosciuta per il suo coraggio e la sua determinazione, ma nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe stata tanto stupida da ribellarsi al demone più forte in circolazione.

Lo stesso valeva per Sesshomaru, che in quel momento risultava disperso più che vivo. Il fatto che Inu no Taisho avesse combattuto contro di lui, ferendolo forse a morte, era ciò che definitivamente aveva convinto qualunque altro demone a tenersi più che mai alla larga dal Grande Generale, per evitare di essere coinvolti e uccisi dalla sua furia.

Inu no Taisho sapeva che probabilmente nessun nemico si sarebbe fatto vivo, ma tenne comunque gli occhi aperti per tutta la durata del viaggio, continuando a perlustrare l’intera zona intorno alla carovana.

Il daiyokai aveva accettato di buon grado quella tregua. Dopotutto, anche per lui la protezione di Izayoi veniva prima di qualunque altra cosa. Inoltre Mamoru era andato contro il suo stesso orgoglio per proteggere sua figlia. In fondo, molto in fondo, Taisho provava una sorta di ammirazione per quel vecchio testardo e invadente.

 

***

 

Il sole aveva ormai ceduto il posto alle tenebre della notte. Il silenzio intorno alla tenuta era pressoché assoluto: nessun rumore dalla foresta vicina, né dall’interno della casa.

Il guerriero se ne stava in piedi, sulla veranda della sua stanza, e osservava la luna senza un vero e proprio interesse. Il suo pensiero era rivolto alla ragazza che, di lì ad un paio di mesi, avrebbe preso in moglie. Il suo arrivo ormai era imminente.

“Takemaru, signore. Le vedette riferiscono di avere avvistato dei fuochi in lontananza”.

Il suo braccio destro, capitano dell’esercito di sua proprietà, era l’unico che potesse entrare nelle sue stanze senza chiedere espressamente il permesso.

“Grazie, Daisuke” rispose il padrone del castello, senza voltarsi a guardare il suo interlocutore, “provvedi subito affinché gli ospiti vengano accolti il più calorosamente possibile”.

“Mio signore, anche il…”

“Sì, anche il demone” lo interruppe Takemaru, voltandosi infine verso di lui con un mezzo sorriso. “Non vorremmo essere scortesi nei confronti di un re, per quanto sia una bestia. Giusto?”

Daisuke non si scompose, ma uno strano bagliore balenò nei suoi occhi. “Certo. Ho capito”.

Con un inchino il capitano si congedò e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Il padrone del castello tornò subito serio e si volse nuovamente a osservare il cielo stellato. Quella sera avrebbe finalmente rivisto la donna di cui tempo prima si era follemente innamorato. Ma prima di ogni cosa era necessario osservare il suo nemico. Per uccidere un demone era necessario scovare ogni suo punto debole, e questo Takemaru lo sapeva bene.

E ora avrebbe avuto modo di stare in stretto contatto con lui. Un’occasione del genere era assolutamente imperdibile.

 

***

 

Il freddo pungente era ampliato da un gelido vento proveniente da nord, portatore di bufere di neve. La natura era ormai irriconoscibile: in quelle zone iniziava molto presto a nevicare, perciò ogni cosa era già interamente coperta di bianco, tanto che era persino difficile riconoscere il cielo dalla terra.

Chiunque, in quelle lande, in tali condizioni si sarebbe perso e sarebbe morto di stenti. Chiunque non avesse sangue demoniaco nelle vene.

C’era qualcuno, in effetti, che negli ultimi giorni aveva affrontato quel gelo mortale, per trovare risposta a molti dubbi che da tempo gli affollavano la mente. Un occhio umano non avrebbe mai distinto quella sagoma candida, per quanto enorme, che correva velocissima sul soffice tappeto bianco.

La creatura proseguiva nella sua corsa, sul cominciar della notte, tanto agile e silenziosa che pareva quasi volare, e non si fermò finché non raggiunse la meta prefissata. Solo allora il grande cane argenteo si arrestò, trovandosi davanti ad un palazzo grande e sfarzoso come non ce n’erano nel raggio di moltissime miglia.

A prima vista poteva sembrare anche una corte imperiale, ma ad un’occhiata più attenta si intuiva subito che quel castello, per quanto splendido, non era abitato. La neve infatti aveva ricoperto non solo il tetto, ma anche le ampie verande, rendendo addirittura impossibile l’entrata attraverso alcune porte, completamente bloccate.

Gli occhi dorati del cane bianco rimasero fissi sull’abitazione, mentre tornava alla sua forma umana. L’impassibilità dello sguardo non tradiva in alcun modo i pensieri che passavano nella mente del demone, che per diversi minuti rimase immobile, come fosse in attesa di qualcosa.

O di qualcuno.

Ma il silenzio continuava ad essere il padrone dell’intera montagna.

Sesshomaru non si scompose. Non rimase deluso dal mancato invito ad entrare, e non se l’era mai aspettato a dire il vero. Perciò lentamente, ma senza alcun indugio, si mosse verso l’entrata della dimora abbandonata.

Varcò la soglia in totale silenzio, e subito il suo fiuto venne invaso da quello che era un inconfondibile puzzo di morte. Era ovunque, era persino impregnato nelle pareti, dove macchie di sangue più o meno vaste si susseguivano lungo i corridoi lunghi e deserti.

Il giovane daiyokai dovette rinunciare a percepire qualsiasi altro odore, visto che l’acre puzza di cadavere aveva ormai preso completamente il sopravvento sulle sue percezioni. Perciò Sesshomaru tese le orecchie, pronte a captare qualunque rumore fuori dall’ordinario, e assottigliò gli occhi ambrati, cercando di intuire movimenti sospetti nel buio della dimora.

Ma niente ancora entrò nel suo raggio d’azione. Un fremito attraversò le sue mani artigliate. Il principe non amava attendere troppo, ed era certo di essere nel luogo giusto. Ma la sua sete di sapere era talmente tanta che per una volta fece un’eccezione, e si mise volontariamente alla ricerca del suo obiettivo. Percorse i lunghi corridoi bui, fino ad arrivare alla veranda del cortile centrale. Anche lì, dove un tempo sorgeva rigoglioso uno splendido giardino, tutto era stato lasciato morire: gli alberi erano spogli, marci e colmi di neve, le carpe dello stagno erano morte e si erano congelate all’interno dell’acqua.

Sesshomaru oltrepassò il triste spettacolo: ora che si trovava nuovamente all’esterno della dimora l’odore pungente si era attenuato, lasciando trapelare una nuova scia che proveniva dalle stanze più piccole, in una zona del palazzo rimasta inutilizzata molto tempo prima.

Fu con un’inspiegabile fastidio che il daiyokai si addentrò in quello stretto corridoio, le cui pareti erano regolarmente intervallate da stanze piccole e spartane, stanze che un tempo erano appartenute ai membri della sua scorta.

Fu un attimo, un infinitesimo frangente. Sesshomaru percorreva l’angusto corridoio buio, in cerca del suo obiettivo. Sapeva di non essere lontano, nonostante l’odore di morte fosse tornato, più intenso che mai. Camminava lento e deciso, degnando di appena un’occhiata le stanze che scorrevano accanto a lui.

Ma ad un certo punto fu costretto a fermarsi, e per la prima volta gli occhi del gelido principe dei demoni si dilatarono dallo stupore, nella sua maschera di ghiaccio. Conosceva la stanza che aveva appena sorpassato, più di una volta l’aveva visitata, in un passato che in fondo non era poi così lontano.

Tornò indietro, per guardare meglio. Il futon impolverato era rimasto intoccato, il braciere non portava i segni di un uso recente.

Eppure, per un istante interminabile, Sesshomaru l’aveva vista. Aveva visto la luce del fuoco che brillava vivida, inondando con la sua calda luce l’intera stanza. E c’era una ragazza dalla chioma lunga e ramata seduta accanto a quel piccolo falò. L’aveva guardato. L’aveva guardato con due intensi occhi verdi come lo smeraldo.

 

***

 

Ci volle almeno un’ora, prima che la lenta carovana arrivasse a destinazione, così Daisuke aveva avuto tutto il tempo che gli serviva per terminare le ultime preparazioni per l’accoglienza: nel giro di poco, tutti i cavalli vennero accolti nelle stalle, e venne dato loro da mangiare. I soldati furono invitati a condividere la mensa con l’esercito, mentre ai loro signori venne preparata una cena ricca e sontuosa come raramente se ne vedevano in quei tempi di carestia.

La portantina della principessa venne adagiata nei pressi della porta principale. Con l’aiuto di Tomoko, Izayoi uscì da essa e respirò finalmente un po’ di aria fresca, dopo un viaggio tanto estenuante. Aveva fame, e aveva anche mal di schiena. Il bambino non le stava certo rendendo la vita facile, con tutti quei movimenti, e Taisho non le aveva fatto visita per tutta la giornata, impegnato com’era nella sua protezione.

Ma le sue aspettative non vennero deluse: non appena la principessa iniziò a dirigersi verso l’entrata principale, ecco che il demone arrivò, elegante come solo lui poteva essere, in una giornata così particolarmente fredda.

“Amore mio” disse Izayoi in un sorriso, poi lo guardò meglio. “Ti senti bene?”

Inu no Taisho la guardò duramente. “Che domande sciocche che fai. Certo che sto bene” rispose. Poi, vedendo che la sua compagna era rimasta stupita dalla sua risposta burbera, tagliò subito il discorso.

“La cosa fondamentale è che tu sia qui sana e salva. Come sto io non è importante”.

Izayoi lo guardò con apprensione. Non aveva sbagliato allora. Lo aveva capito dalle sue parole, parole che per chi non lo conosceva sarebbero potute sembrare solo una mera rassicurazione. Ma la principessa sapeva che Taisho non stava bene. Il demone infatti si informava spesso sulla salute del bambino e sulla sua salute, non curandosi di dormire la notte, per poter vegliare su di lei. E nonostante Izayoi avesse sempre insistito, consigliandogli di dormire, la risposta secca era sempre rimasta la stessa.

“Sciocchezze. Noi demoni non abbiamo bisogno di dormire”.

Così la principessa si arrendeva e gli lasciava fare di testa sua. Ma ogni giorno di più la spossatezza era diventata evidente nel daiyokai, e aumentava così come il suo nervosismo. Infatti Taisho, che aveva sempre tollerato la vicinanza degli altri umani con magistrale indifferenza, ora non sopportava quasi più nemmeno la stessa Tomoko, e se non l’aveva ancora attaccata al muro era solo per evitare di incappare nelle ire della principessa, con conseguente agitazione di quest’ultima.

Izayoi sapeva tutto questo, perché era stato lo stesso daiyokai a riferirglielo.

Perciò la principessa, nonostante fosse evidente che Taisho fosse spossato da quel viaggio lungo, era contenta per lui. Da tempo il demone non si allontanava da lei, e quella missione di protezione sicuramente gli era servita per sfogare tutte le energie represse in due estenuanti settimane di preparazione al viaggio.

Le sue riflessioni vennero però improvvisamente interrotte.

“Avanti, entra. Non vorrai ammalarti”. Era stato il daiyokai a parlare, con un tono addolcito che lei in quegli ultimi giorni raramente aveva sentito.

“Certo. Vado subito” rispose la ragazza, senza abbandonare il sorriso. “ti aspetto dentro”. Detto questo prese a braccetto Tomoko, e le due si diressero verso l’entrata della casa, dove un servo le attendeva per accoglierle, finché il padre di lei era impegnato a sistemare il suo esercito e i suoi cavalli.

Taisho non perse di vista un secondo le sagome scure che stavano entrando nella dimore, ma una voce ad un certo punto lo costrinse a voltarsi.

“E’ un incanto, vero?”

“Che hai detto?” chiese Taisho. Ma la sua era una domanda retorica. Aveva capito benissimo cos’aveva detto l’uomo a pochi passi da lui.

“Avanti” continuò lo sconosciuto, con un sorriso ironico. “Mi hai sentito benissimo. Se anche tu sei uno di loro dovresti anche avere un buon udito”.

Taisho assottigliò gli occhi in uno sguardo pericoloso. “Credo di non aver capito bene il tuo nome”.

“Sono Takemaru Setsuna” rispose l’uomo con grande prontezza. “Ovviamente tu non hai bisogno di presentazioni, Grande Generale Cane”.

Il daiyokai non abbandonò la sua ostilità. “Bene, Takemaru Setsuna, ho solo una cosa da dirti: stai alla larga da me, e soprattutto stai alla larga da Izayoi”.

L’uomo per tutta risposta si mise a ridere sommessamente. “Senti senti, che grinta. Ma sai che si dice. Can che abbaia non morde”.

Gli occhi ambrati del daiyokai scintillarono d’ira nell’oscurità. “Credimi, quel vecchio proverbio non comprende anche me. E non vedo l’ora di dimostrartelo”.

Takemaru rise ancora più forte. “Vieni a prendermi allora. Peccato che se mi uccidessi la principessa avrebbe qualcosa da ridire. Sbaglio o ti ha addomesticato? Devi fare il bravo cagnolino, e startene buono in un angolo com’è giusto che sia”.

Questa volta Taisho sorrise, senza tuttavia che il tremendo bagliore negli occhi ne risentisse. “Potrei anche decidere di comportarmi come si deve, e ucciderti per poi mangiare la tua carne. Da bravo demone, com’è giusto che sia”.

Il padrone del palazzo tornò serio, ma non si era impaurito alle parole del daiyokai. “Ho fatto preparare la cena. Per stasera ho invitato anche te, anche se in genere ai cani riservo gli avanzi. Non accetterò un rifiuto, ma ti avverto che non avrò problemi a cominciare a mangiare, anche senza di te”.

Detto questo, Takemaru lo oltrepassò e si diresse anch’egli verso la dimora, sparendo poco dopo oltre la porta. E Taisho prese una decisione: quell’uomo presto o tardi sarebbe morto, e a ucciderlo sarebbe stato lui stesso.

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