Il Materiale Di Cui Sono Fatti I Sogni

di NiNieL82
(/viewuser.php?uid=6229)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CRISTALLI: Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** CRISTALLI: Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** CRISTALLI: Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** CRISTALLI: Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** CRISTALLI: Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** CRISTALLI: Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** -CRISTALLI: Capitolo 7- ***
Capitolo 8: *** CRISTALLI: Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** CRISTALLI: Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** CRISTALLI: Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** CRISTALLI: Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** CRISTALLI- Fine Prima Parte ***
Capitolo 13: *** BOLLE: Capitolo 1 ***
Capitolo 14: *** BOLLE: Capitolo 2 ***
Capitolo 15: *** BOLLE: Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** CRISTALLI: Capitolo 1 ***


IL MATERIALE DI CUI SONO FATTI I SOGNI

PRIMA PARTE: Cristalli.

CAPITOLO 1: Un vestito nero.



Howard si guardò intorno sorridendo soddisfatto.

Dopo tutto la vita che aveva lasciato, quella di luci, di sogni e di paillette che erano stati i Take That degli anni '90, gli era mancata da morire.

Gli era mancato il casino, quella masnada di gente che gli sorrideva senza nemmeno sapere chi fosse nonostante tutto, anche se con gli altri si metteva a fare il cretino, a prendere in giro le fans che andavano in alberghi che andavano ben oltre le loro disponibilità finanziare. Quando era un bambino viziato e il mondo lo adorava solo per qualche sorriso in un giornale. Quando era solo un guscio vuoto e nient'altro. E pensare che, prima, tante volte, troppe, aveva provato un senso di nausea per tutto questo. Possibile che bastasse solo qualche disco in vetta e qualche sorriso su di un poster per far sì che il mondo cadesse ai tuoi piedi? A quanto pareva bastava eccome. E grazie a quei dischi, quando non stava giù, quando non vedeva che le cose non stavano andando come voleva, quando gli eccessi non erano la regola, quando non era Howard Donald dei Take That, ma semplicemente Dougie, allora si rendeva conto di vivere il suo sogno e di aver avuto quello che desiderava davvero nella vita.

Poi quel sogno si era spezzato.

Ego troppo grandi per convivere, un giro di soldi non indifferente, un manager un po' troppo assettato di successo..

E il resto è storia. Tutti conoscevano l'inferno passato dai quattro finiti nel dimenticatoio...

Le loro vite infrante. E per Howard, raccogliere i cocci fu immensamente difficile. Era caduto in un baratro troppo profondo per poter risalire da solo.

Pensò alla morte, ma, forse, per mancanza di coraggio non prese quella strada.

E allora, armato di forza e di buonsenso, cominciò a risalire la china, lentamente.

Ricostruì la sua carriera dalle ceneri della prima. Divenne un dj di discreto successo, almeno in Germania e in Inghilterra. Alle volte, il suo nome, quello che era stato, il membro di una delle band più famose, o meglio, della band più famosa degli anni '90, lo seguivano -o meglio lo precedevano- e portavano un discreto ma esiguo numero di fans alle sue serate. Ragazze curiose che volevano vedere che fine aveva fatto, com'era diventato uno dei ragazzi per cui avevano pianto come delle pazze non meno di dieci anni prima.

Poi, nel 2005, 'Take That For The Record', un documentario celebrativo che raccontava le vite di tutti loro, prima, dopo e durante i Take That; e 'Never Forget The Ultimate Collection', una raccolta di tutti i singoli, più un nuovo remix di 'Relight My Fire' e una nuova canzone, 'Today I've Lost You', scritta da Gary ai tempi di 'Back For Good'...

E di nuovo tutto cominciò a girare per il verso giusto.

Quella vita che sembrava lontana, persa per sempre, tornava a loro. Grazie a qualche bicchiere di troppo e a quella serata passata insieme a guardare il documentario.

Inutile spiegare come andò.

Certo che quello che successe nei mesi che seguirono, Howard lo sapeva, poteva far girare la testa a tutti. Ma nessuno di loro aveva intenzione di fare lo stesso errore per la seconda volta. A differenza di Robbie, loro il fondo lo avevano raschiato, grattato con le unghie e con i denti e, di sicuro, non volevano per troppa boria, per troppa autostima, perdere quello che si erano riguadagnati.

Howard era felice, troppo felice di quello che stava vivendo, per vederlo andare in fumo un'altra volta. E in quella fortuna ci si cullava, pronto a spiccare un grande volo.



Ann Belle si guardava intorno annoiata.

L'aveva invitata Eloise a quella festa del cavolo, dove tutti sparlavano di tutti e, all'evenienza, si scambiavano persino baci traditori.

Un mondo fatto di luci ma di altrettante ombre che lei frequentava saltuariamente, più per bisogno che per divertirsi. Perché, in quel mondo, c'era la chiave per sfondare e rompere quella barriera sottile che divideva il sogno dalla realtà: Ann Belle era un'attrice, o meglio, aveva studiato, lo era diventata, ma ancora le mancava la cosa più importante. Il successo.

Aveva studiato alla Guidhall di Londra, una delle più grandi scuole che, da anni, sfornava grandi nomi che andavano ad arricchire il mondo del cinema nazionale e no.

Aveva recitato molte parti, ma niente che la potesse soddisfare. Niente che aveva reso polvere di cristallo quella barriera argentea, buttandola tra le braccia di un mondo dorato dove cullarsi e, perché no, vivere per sempre.

E pensare che quando era una ragazzina i suoi sogni erano diversi: sposare un Take That, Robbie Williams in pole, vivere con lui felice, per sempre, in una casa fuori Manchester, con tanti cani, gatti e, perché no, tanti bambini.

Ma a quindici anni tutto sembra facile, almeno fino a quando la realtà non infrange quel muro di cristallo che la separa dai sogni (e non viceversa), e quello che ti trovi di fronte, non sempre, è quello che ti aspettavi.

E Ann Belle aveva pagato un conto un po' troppo salato, tanti anni prima. E ancora ne portava le cicatrici.

Trangugiò un sorso del suo mojito, mandando giù anche i brutti ricordi, e si guardò intorno per l'ultima volta. Si era stufata di quella festa. Ora avrebbe cercato Eloise e le avrebbe detto che "SI, LE DISPIACEVA, MA DOVEVA TORNARE A CASA, NON STAVA TANTO BENE, NEANCHE.. E POI DOVEVA PARTIRE PER LA REGIONE DEI LAGHI, IL GIORNO DOPO, PER ANDARE A TROVARE SANDY, SUA SORELLA E VEDERE ANCHE LA SUA NIPOTINA, PERCHE' NON LA VEDEVA DAL GIORNO IN CUI ERA NATA... E DOVEVA FARE LE VALIGE E SISTEMARE I REGALI PER TUTTI, NON SOLO I VESTITI...". Un mucchio di stronzate insomma..

Tutto, pur di lasciare quel posto... Tutto.

Si guardò intorno, cercando Eloise, appunto, quando urtò una signora, facendole cadere il calice di champagne che stava bevendo, direttamente sul vestito.

Si scusò come meglio poté, ma in quel momento non sentì che il mondo dei sogni, entrando in contatto con la realtà, rompeva quella barriera sottile di cristallo. E non viceversa. E questa era la cosa più importante.



Qualcuno fece cadere un bicchiere. Howard che rideva parlando con qualcuno, si voltò a guardare.

E come quando Nigel gli aveva detto del documentario, il suo cuore fece una capriola all'indietro non indifferente.

Stretta in un abito nero che scopriva completamente la spalla destra, una ragazza dai capelli castano chiaro, con due incredibili occhi grigio verde, in equilibrio su tacchi vertiginosamente alti, si scusava con una signora che, con il volto decisamente segnato dalla rabbia, diceva che non era successo nulla, senza nemmeno crederci un po'.

Ma la cosa importante non era quella. No! Era che quella ragazza bellissima, che aveva di fronte a sé, aveva smosso qualcosa dentro di lui. E non perché gli piaceva fisicamente. Era abituato a vedere donne bellissime -e non per vantarsi, ma perché lavorando in quel mondo ne aveva incontrato migliaia-, ma non era quello che lo sconvolgeva.

Quello che provava era diverso.

Conosceva quella ragazza. E non era una sensazione, un deja-vù che lo aveva colpito richiamando chissà quale esperienza fisica o metafisica o morfeica vissuta.

Quello che provava era una certezza matematica.

Lui conosceva quella ragazza. Anche se arricchito dal trucco e reso più sensuale dalla maturità di una giovane donna, Howard riconosceva quei lineamenti.

E sapeva che dentro quel vestito nero, le curve più morbide di una ventiseienne, cancellavano quelle di una ragazzina di quindici anni, che lui aveva conosciuto undici anni prima. Quando le luci brillavano più forti. Quando lui e gli altri Take That, anche se cantavano il contrario, si sentivano invincibili. E sapevano di poter avere tutto.

Si scusò con il suo interlocutore e si allontanò, verso di lei. Verso quella donna bambina.



Ann Belle si sentiva una perfetta idiota. Quella zitella acida, nonostante avesse detto che non era successo nulla, l'aveva tratta come una cretina davanti a tutta la sala. E come tale l'aveva fatta sentire.

Ed ora più che mai, si guardava intorno cercando Eloise.

Voleva tornare a casa disperatamente. Si sentiva, anche se dentro di sé aveva coscienza che non fosse vero, osservata, derisa, additata dal resto degli invitati.

Stava evitando con cura gli sguardi del resto della sala, in un impresa che aveva del titanico, cercava Eloise, quando..

"E' strano. Ma ogni volta che t'incontro, ti guardi intorno spaventata..."

Ann Belle si voltò di scatto e un lampo di sorpresa attraversò gli occhi grigio verdi. Conosceva fin troppo bene quella voce. Le gambe avrebbero ceduto, proprio in quel momento se non avesse lottato contro se stessa per stare su. Era una voce dal passato, quella. E senza un minimo disturbo, arrivava attraverso un canale invisibile, alle sue orecchie, come trasmessa da una radio.

Ed era, appunto, da una radio che voleva sentire quella voce.

Ma forse si diceva bugie da sola. E la sua sorpresa era la prova tangibile che, quella voce, le aveva cambiato la vita, tempo prima. Nel bene o nel male, lo aveva fatto davvero.

Sollevò un sopracciglio. Voleva apparire sicura. E sollevando il mento, incrociando le braccia al petto e puntando gli occhi grigio azzurro di fronte a sé disse:

"Che vuoi?"







Quando ho cominciato a scrivere questa storia ero appena tornata da Londra. Avevo deciso di fare una storia che ne contenesse cinque. Una dedicata ad ogni membro dei Take That. È un po' differente dai fatti reali. Non parlerò di Dawn, di Emma, di Ayda o di altre, ma racconterò storie differenti e inventate.

Naturalmente tutto quello che leggerete qua è pura fantasia. Non conosco i Take That e non mi appartengono i diritti delle canzoni che troverete citate qua.

Questa storia nasce con l'intento di divertire di continuare una storia che avevo cominciato a pubblicare nel FORUM ITALIANO. E che ancora non ho finito. Vi auguro una buona lettura.

Niniel.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CRISTALLI: Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2: Cristalli rotti (1995-2006)



"Che vuoi?"

La voce dura di quella ragazza lo aveva scosso. Era abituato a vedere fans cresciute ma, comunque, adoranti. Non scontrose e riottose nei suoi confronti.

Sorrise cercando di sembrare naturale o almeno il più possibile e disse:

"Si saluta così un vecchio amico?"

"Non mi sembra che siamo stati amici io e te..."rispose secca Ann Belle.

"Per un po' lo siamo stati.." disse Howard sorridendo conciliante.

"Per quanto ti ha fatto comodo, forse... E anche quando ti faceva comodo, scusa se te lo dico, non credo fossimo amici.." ribatté Ann Belle ancora più dura.

Howard sospirò e cercando di essere il più calmo possibile, avvicinandosi all'orecchio della ragazza sussurrò:

"Lo sai che per me non è mai stato così"

Ann Belle lo guardò con gli occhi ridotti a due fessure e disse sfidandolo:

"Allora, sentiamo.. Se mi consideravi un'amica, HOWARD... Come mi chiamo?"

Ecco! Aveva fatto da solo una bella frittata. Come diavolo si chiamava. Ricordava qualche cosa di lei. Sapeva di conoscerla e di averle fatto del male, tanto, ma non si ricordava il suo nome.

Gli sembrava di ricordare qualche cosa con il Belle finale, ma quanti nomi c'erano con Belle, Bel alla fine?

Sospirò e sorridendo, sentendosi un po' stupido nell'ostentare sicurezza, disse:

"Isabel!"

"AHHH" rispose Ann Belle mimando il suono metallico che veniva riprodotto nei quiz televisivi quando viene data una risposta sbagliata. "RISPOSTA SBAGLIATA.. La concorrente vince. La star torna con la scatola del gioco, per divertirsi con gli amici a casa..."

Howard guardò quegli occhi. Non rispondendo a quella semplice domanda, aveva perso l'unica occasione che aveva di parlare con lei, sistemare le cose.

Possibile, però, che non ricordasse tutto. Che sapesse di averle fatto del male, ma qualche cosa, nella sua mente, offuscasse il periodo in cui lei era entrata nella sua vita?

Ann Belle si stava per allontanare, quando Howard, tenendola per un braccio la bloccò e disse:

"Ti prego non andare.."

"ANN BELLE! ECCOTI.. MA DOVE TI ERI CACCIATA?"

Ann Belle! Ecco! Era questo il suo nome.

In un attimo la testa di Howard elaborò i dati che gli erano stati consegnati e, come un'ondata di acqua che infrange una diga, il velo che offuscava i ricordi di Howard si dissolse, riportando a galla quei giorni e invadendo la testa di mille ricordi.


Aprile 1995: In un albergo di Manchester, durante un meet & great con alcune fans...


Howard sorrise all'ennesimo obiettivo e abbracciò un'altra ragazzina tremante per l'emozione.

Il buon vecchio Dougie era uno stacanovista. Non si tirava mai indietro, nemmeno quando non stava tanto bene, nemmeno quando le giornate non erano delle migliori.

E per questo Nigel lo adorava. Oltre al fatto che avesse un bel corpo, ovvio!

Si voltò per guardarsi intorno e sentì un gran vociare e uno scroscio di risate divertite.

Come sempre venivano dalla direzione di Rob.

A dire il vero Robbie passava un momento strano. Se periodo era la parola adatta.

Da un po' di tempo stava facendo di tutto per farsi sbattere fuori dalla band, facendo cose che non piacevano non solo a loro, ma, cosa più grave, nemmeno a Nigel.

Tutto era partito con delle amicizie strane. Gente che circolava intorno a Rob solo per i suoi soldi, più che per vera amicizia. Gente che lo riduceva uno straccio con serate che finivano alle prime ore del mattino e, di conseguenza, rendendolo impresentabile il giorno dopo.

Ma Howard non voleva immischiarsi in quella storia. L'ultima cosa che gli serviva era inimicarsi Nigel che, in confronto agli altri, trattava discretamente sia lui che Gary.

Sospirando un po' per l'impotenza di quel momento davanti all'autodistruzione di uno dei membri della band, un po' per la noia, si guardò intorno.

Notò che poco lontana dal gruppo di fans di Robbie, c'era una ragazza. Spiccava per la sua particolare bellezza, che la rendeva più che appetibile, nonostante dimostrasse non più di sedici anni.

Si guardava intorno spaventata, stretta nella sua tuta dell'ADIDAS, il segno di riconoscimento usato da tutte le loro fans, più perché loro stessi in più di un servizio fotografico le indossavano spesso e volentieri. Alle volte sorrideva guardando quelle ragazze che cercavano di imitarli perfino nel modo di vestire. Riuscivano a comprare vestiti dai costi elevatissimi, solo per poter spartire con il loro idolo almeno un capo di vestiario, senza sapere che quando si diventa ricchi e famosi, per una strana regola, i vestiti te li regalano.

Una cosa che Howard si ricordò bene anche nel futuro più lontano, fu che i suoi piedi si mossero da soli, senza che nessuno li comandasse, andando verso la direzione della ragazza che aveva appena visto. Non seppe cosa lo portò da lei. Seppe solo che lo fece. Si avvicinò, sorridendo, cercando di capire che cosa intimorisse quei bellissimi occhi grigio verde.

E cercando di essere il più tranquillizzante possibile chiese, con quella che poi, invece, perfino a lui risultò un po' troppo suadente:

"Sei qui per qualcuno in particolare?"

La ragazza si voltò e gli occhi grigio verde spauriti e un po' sorpresi lo travolsero facendogli sentire uno strano languore. Cavolo! Doveva darsi una calmata oppure rischiava la galera.

Un sorriso, dopo qualche minuto di esitazione, illuminò il viso della ragazzina che con un filo di voce rispose:

"Robbie! Ma ci sono tutte quelle ragazze.. E io non riesco a parlargli.."

Howard fu intenerito dalla dolcezza e dalla sincerità di quella bambina ragazza che, sicuramente, non si curava del fatto che aveva buttato così il nome di Robbie senza nemmeno curarsi degli altri. O di lui che era comunque un membro della band alla pari di Robbie.

E guardandola con altrettanta dolcezza disse:

"Dai! Ti faccio conoscere Robbie" e le prese la mano.

Forse quel contatto fece ricordare alla ragazza che anche lui era un Take That, perché Howard si rese conto che tremava appena. Si voltò e cercando di tranquillizzarla, sorrise:

"Tranquilla.. Non mangio mica... Piuttosto.. Non ti ho chiesto come ti chiami.."

"Ann Belle.." rispose lei in fretta.

"Ann Belle" ripeté per memorizzarlo lui "Bel nome! Originale.. Davvero bello.." e guardandola dolce aggiunse: ".. come te del resto.."

Ma cosa gli diceva la testa!? Era una bambina! E nemmeno la conosceva, per quanto poteva saperne, poteva essere una pazza assassina.

Ma in quel momento la voglia di apparire il cavaliere serviente, che l'avrebbe portata dal suo principe, prevalse sulla ragione di Howard.

Ciò di cui non si rese conto era che Ann Belle arrossiva.

Quella era la prima volta che accettava un complimento senza rispondere male a chi glielo rivolgeva.


"ANN BELLE! ECCOTI! MA DOVE TI ERI CACCIATA?"esclamò Eloise avvicinandosi.

La ragazza si voltò di scatto e sorridendo riconoscete all'amica appena ritrovata, disse:

"Arrivo Eloise!" e guardando Howard, dura, aggiunse: "Io devo andare 'AMICO'! Se non ti spiace..." e senza nemmeno guardarlo si allontanò, lasciando Howard con la sua scia di profumo come unica traccia del suo passaggio.


In macchina Ann belle sospirò guardando fuori dal finestrino.

"Scusa.. Non sapevo che ci fosse anche lui.. Se ci fossero stati tutti me ne sarei resa conto, avrebbero scritto il nome del gruppo... Allora non ti avrei chiesto di venire... " si scusò Eloise.

"Non importa El.. Non importa.." sospirò Ann Belle.

"Ann.. ne vuoi parlare?" chiese Eliose sistemandosi nel sedile.

"No. Lui è passato. E come tale voglio che rimanga.." rispose Ann Belle guardando fuori.

Il passato. La prima volta che quel muro sottile di speranze si era infranto, per colpa di un sogno diventato realtà. E quando succede, non sempre, il risultato è il migliore.


"Rob!Rob!" ripeté Howard.

Ann Belle lo ricordava benissimo. La mano di Howard che calda e grande stringeva la sua piccola, bianca e fredda.

"ROB! PEZZO DI IDIOTA! E' PIÙ DI UN'ORA CHE TI CHIAMO...VUOI GIRARTI SI O NO?" esclamò Howard spazientito.

Robbie si voltò e guardò Howard divertito. Quando Ann lo vide così vicino ebbe un tuffo al cuore. Vedeva che era strano, ma per una ragazzina di sedici anni che non ha mai provato nemmeno la marijuana, gli occhi rossi del ragazzo potevano essere dovuti al troppo freddo oppure il non aver dormito troppo, anche se, ridendo come una pazzo mostrava anche ad un cieco di essere, forse, un po' troppo su di giri.

Ann Belle li guardò parlare. Howard la indicò sorridendole con dolcezza. Robbie ascoltava Howard e poi la guardò. O meglio. La squadrò. E con quello sguardo sembrava quasi volesse spogliarla.

Per la prima volta in vita sua Ann si sentì come sporca, senza che un uomo la toccasse, solo per quello sguardo strano che Robbie le rivolgeva. E si sentì una stupida.

Quello che successe dopo, appena Rob l'ammise alla sua corte di fans adoranti, nella testa di Ann, per anni, non fu chiaro. Mai.

Ricordava Robbie che la guardava e che la squadrava da capo a piedi, facendola sentire a disagio, facendola tremare, facendola sentire sempre più stupida. Le mani di lui un po' troppo intraprendenti.

Poi quella frase:

"Sai che sei proprio una bellissima ragazza... Che dici di venire con me e..."

Il resto della frase lo ricordava benissimo.

Si staccò dall'abbraccio di Robbie, piangendo. Si sentiva insultata. Quello non era lo stesso Robbie. Lo stesso ragazzo che le sorrideva dai poster.


Howard sospirò guardandola allontanarsi..

Era diventata se possibile più bella. Forse era solo diventata una donna. E questo la rendeva terribilmente sexy.

Un suo amico si avvicinò e scherzò:

"Allora.. Stanotte in bianco. L'amica di Eloise non te la da?"

Howard lo guardò stupito e disse:

"Le conosci?"

L'amico annuì:

"Certo! Sono stato con Eloise per un paio di mesi. Frequentavo la loro casa ogni giorno.. Ann è una che ti fa girare la testa anche al mattina presto. È bellissima"

Howard non ascoltava quello che diceva il ragazzo. Pensava solo ad una cosa: quello sapeva dove abitava Ann Belle.

"Sai dove abita, quindi!" e sorridente aggiunse: "Mi devi aiutare, dude"


"Sei un coglione Robbie... Non ti rendi conto che è solo una bambina?"

Howard sentiva pulsare la testa per la rabbia. Stavolta Robbie aveva davvero esagerato. Ann era una ragazzina innocente, di quelle che credevano all'immagine assolutamente finta che Nigel voleva dare di loro e non di quelle disposte a tutto per infilarsi nel tuo letto.

"Oh! Dougie è una fan... Cosa vuoi che voglia..." si lamentò Robbie, fingendosi infastidito.

Le altre fans li guardarono curiose. Mark, Gary e Jason, invece, seguivano la scena con gli occhi sbarrati, chiedendosi cosa passasse nella testa di entrambi e se si fossero dimenticati il fatto che dovevano sorridere sempre e ad ogni costo.

Howard si rese conto che non era quello il momento di fare una scenata. Chinò la testa. Era furibondo.

E veloce, ignorando chi lo chiamava, lasciò la stanza. Voleva solo vedere dove fosse quella ragazzina.


La trovò che piangeva e le porse un fazzoletto.

"Non è cattivo. E' solo che morde ogni tanto.." sorrise Howard guardandola.

Ann sorrise a sua volta. E prendendo il fazzoletto, disse:

"Grazie!"e soffiò il naso

Lui la guardò e chiese:

"Quanti anni hai?"

"Quindici. Quasi sedici a dire il vero.."rispose Ann asciugando le lacrime.

"Quando li compi" chiese sempre con più dolcezza.

"Tra una settimana.." disse lei guardandolo negli occhi.

Howard sorrise e disse.

"Caspita! Che ne dici di festeggiare quel giorno? Siamo ancora a Manchester per promuovere 'Back for good'.. E mi piacerebbe rivederti.. Per farti gli auguri"

Gli occhi di Ann si sbarrarono grati. Non sapeva che Howard, dentro, si chiedeva che cosa stesse facendo. Certo! Non era la prima volta che faceva amicizia con alcune fan. Ma lo scopo principale era quello di portarsele a letto. E non sapeva se con lei voleva lo stesso.

Fu mentre pensava a questo che si trovò le braccia di Ann attorno al collo, mentre lo ringraziava, grata.

Non sapeva che, in quel momento, si era dato la zappa sui piedi da solo.


Ann Belle sospirò buttando la borsa sulla poltrona e si lasciò cadere sul divano con un sospiro.

"Vuoi che ti prepari un bagno caldo, prima di andare a dormire?"chiese Eliose dolce.

Ann le sorrise grata e disse:

"Vai pure faccio da sola.."

"Sicura?" domandò ancora Eliose.

"Tranquilla. Vai pure.." rispose Ann sollevandosi.

Eliose le baciò la fronte e augurandole la buonanotte, si allontanò.

Mentre preparava la vasca e il resto per lavarsi, Ann pensò a quello che successe dopo quell'invito. A come divenne facile, dopo che Howard la presentò a Paul e James, entrare ovunque. A come cominciò a considerare Howard un amico, dopo il piccolo regalo, una collanina in corda con la A e la B in argento sopra, che le fece per il suo compleanno. Di come si confidò con lui. Attendesse di vederlo ogni volta che era a Manchester.

Cercò pure gli indirizzi di tutti. E quando scoprì quello di Howard, si piazzò sotto casa sua. E lui, invece di sembrare spaventato, la fece salire su.

Si immerse nella vasca, sospirando grata di quel calore. E pensò ancora. A come a sedici anni per lei, fu facile considerare quella una bella amicizia, un colpo di fortuna insperato.

Ma in quel momento, conscia di quello che era successo, sapeva che quella era solo l'anticamera dell'inferno che l'attendeva e che l'avrebbe portata a cambiare la sua vita. Per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CRISTALLI: Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3: L'errore di Howard



"Quanto sei stata ammollo ieri sera?" chiese seria Eliose bevendo il suo caffè e guardando il giornale, mentre Ann scendeva le scale, poco dopo essersi svegliata.

Ann scostò i lunghi capelli con un mano e avvicinandosi a prendere una tazza di caffè, rispose:

"Quanto basta per annegarci dentro i pensieri e i brutti ricordi"

"Strano. Visto come stavi ieri notte pensavo che ti volessi annegare tu, dentro la vasca. Sei salita alle due di notte in camera. Noi siamo arrivate dieci minuti dopo la mezza..." le fece notare Eloise "Ann. Parlane. Ora lo puoi fare. Non è come allora.."

"Sembra quasi che abbia commesso chissà quale crimine da come ne parli... E poi sai cosa ne penso di questo argomento..."rispose Ann.

"Non sto dicendo che ti abbia fatto del male fisicamente. So quello che è successo. E so anche che, certe ferite, si portano dietro per tutta la vita..." disse Eloise poggiando il giornale e bevendo un altro sorso di caffè.

Ann sospirò e disse:

"Devo preparare la valigia... Devo partire da mia sorella. Non ho tempo di stare a fare il punto del mio passato. Che è passato e tale deve rimanere... Ora vado a finire di preparare le ultime cose, poi vado a King's Cross. Ho un treno alle dieci"

"IL PASSATO SARA' PURE PASSATO. MA NON PUOI SFUGGIRGLI PER SEMPRE. ALTRIMENTI, OGNI VOLTA CHE LO VEDRAI, I FANTASMI TI PERSEGUITERANNO ANCORA E ANCORA"disse Eliose a voce alta, cercando di raggiungere Ann al piano di sopra.

Ci riuscì, ma Ann Belle fece finta di niente.

Passato. Vecchiume. Gli aveva tolti dalla sua vita dopo la fine della sua storia con Steve. Ci voleva solo che li riammettesse ora che, una sera, ad una festa, aveva rivisto Howard.



"Howie.. Non credi che sia un po' azzardato correrle dietro?" chiese Mark guardandolo serio.

"Infondo l'hai vista solo ieri, per la prima volta dopo anni. E, l'ultima volta, se ben mi ricordo, non è andata così bene.." continuò Jason serio.

"Tu hai fatto psicologia, vero J?" chiese Gary serio.

"Si" rispose Jason guardando l'amico, serio.

"Quanti soldi buttati.." scosse la testa Gary in tono arreso.

Tutti risero.

Come sempre non riuscivano a stare seri un solo attimo, senza finire a prendersi in giro. Forse era questa la cosa migliore della loro reunion. Erano davvero amici.

Ma non era di quello che doveva parlare in quel momento.

"Non penso che sia azzardato. So di aver sbagliato con lei.. Ma ero giovane, Cristo! E, tra l'altro, non potete negare nemmeno voi, ci si buttavano tutte ai piedi. Non è facile gestire nulla, in quelle condizioni" spiegò Howard.

"Il problema è che lei non si è mai buttata ai tuoi piedi. E questo me lo ricordo, Dougie, dato che passavi serate a raccontarmi quello che era successo..." disse pratico Gary.

Gary aveva ragione. Tutto era iniziato per colpa sua. Lui aveva fatto l'errore più grande. Lui era quello più grande, quello dei due che doveva ragionare assennatamente.

Ma non era stato così. E lui se lo ricordava benissimo.



Manchester: Giugno 1995.



Nigel aveva dato loro la possibilità di riposarsi fino all'uscita dell'ultimo singolo, prevista per la fine dell'estate. Aveva deciso, inoltre, di tenerli lontani dalle scene, per non far stancare la gente di loro e per, anche, aumentare l'attesa e la curiosità per il loro prossimo progetto.

Grande tiranno. Ma dannatamente bravo a fiutare soldi e a farne a palate.

Howard, pensava a questo, in un'uggiosa giornata di fine primavera, aspettando Ann, camuffato a dovere.

Non meno di una settimana prima, era andata da lui, con le lacrime agli occhi, piangendo per colpa di Richard Patterson, ragazzino di un anno più grande di lei, il più bello della scuola, a quanto aveva capito Howard, che, com'era giusto che fosse, piaceva anche alla piccola Ann Belle. Il problema della ragazza era che, non solo era stata invitata alla festa e non sapesse con chi andarci o che scusa inventarsi per far si che i genitori la mandassero, ma non aveva ancora trovato un vestito adatto all'occasione.

Lui, per calmarla, aveva risolto i primi problemi, vagliando con lei nomi di amiche che, non solo potevano accompagnarla, ma ospitarla per la notte, facendosi promettere, però di non fare stupidaggini, tipo rimanere in giro tutta la notte.

Poi, con un sorriso, le aveva promesso di farle un regalo utile per quell'evento.

Ed ora, eccolo lì. Ad aspettarla.

E quando la vide arrivare, con due trecce , una cuffia e un lecca lecca in bocca, bella come sempre, nonostante l'aria un po' infantile, disse con un sorriso, una volta che, dopo averle dato un casto bacio sulla guance:

"Pronta?"

"Per cosa?" chiese curiosa Ann Belle, spostando il suo peso da un piede all'altro.

"Per il regalo promesso.." disse Howard prendendole la mano.

Ann si piegò appena, bloccandolo. E seria, guardandolo negli occhi, una volta che lui si fu voltato, disse:

"Primo: il mio compleanno è passato una vita fa.. Secondo: come faccio a spiegare ai miei che Howard Donald mi ha fatto un regalo? Devo forse ricordarti che, uno, non mi crederebbero e mi prenderebbero per pazza. Due.. Qualora mi credessero.. Non mi farebbero più uscire di casa, non trovi?

Howard rise grattandosi il mento e all'orecchio di lei, sussurrò:

"Tranquilla. Ci pensa lo zio Howard..." e le fece l'occhiolino prendendola per mano e tirandola.

Ann lo seguì senza protestare, fino a che, una volta entrati nel centro commerciale, si trovarono davanti ad un bellissimo negozio di vestiti. Ann sollevò la testa e letto 'Dorothy Perkins' trasalì appena.

"Howard? Non mi vuoi comprare un vestito, vero?" chiese con il naso per aria.

"Cosa te lo fa pensare?" ironizzò Howard.

"A parte che siamo davanti ad uno dei negozi più cari di Manchester come due coglioni?" ribatté nello stesso tono Ann guardandolo.

Howard sorrise e, mettendo le mani in tasca, disse:

"Ho trovato il modo di far morire quel deficiente di Richard Patterson!"

"E come di grazia?" chiese incrociando le braccia Ann.

"Hai mai visto 'Pretty Woman'?" ribatté Howard guardandola fisso begli occhi.

"Si!" rispose Ann aggrottando la fronte.

"Bene!" disse Howard prendendole di nuovo la mano. "Oggi sarai come Julia Roberts"



Nonostante Ann avesse provato mille vestiti, Howard si stava divertendo un mondo. A dire il vero, ogni volta che stava con Ann si divertiva un mondo.

Si! Sapeva che agli occhi di qualcuno un po' malizioso, il fatto che le stesse comprando un vestito e la stesse riempiendo di attenzioni, poteva sembrare equivoco. Ma a lui non importava. Per lui, Ann era una sorellina minore, da viziare e a cui dare tutto e di più.

Perché lei regalava quella tranquillità che, da un po', gli serviva. Per staccare da quel mondo fatato che faceva un po' di bizze ultimamente; al fatto che Robbie, in quel momento fosse fuori da ogni controllo; e che tutti si stessero rompendo di Nigel e di quella vita. Tutti tranne lui, però.

Stava assorto nei suoi pensieri, quando uscì: stretta in un vestito blu scuro, che aveva un fiore al lato. Nonostante fosse senza trucco, quel vestito metteva in risalto i bellissimi occhi grigio verde, rendendola per davvero una donna.

Ann era meravigliosa,mentre giocava con la gonna un po' più larga, guardandosi divertita allo specchio.

"Sei bellissima!" esclamò Howard deglutendo.

"Howie" disse Ann voltandosi per non far vedere di essere arrossita. "Ricordati che sono una fan. E potrei montarmi la testa se continui a farmi complimenti.."

Era radiosa. Howard era davvero senza parole. Era una donna quella che aveva davanti. Una donna bella e attraente. E forse, lui, lo aveva sempre saputo.

"Sei sicuro che lo posso prendere?" chiese con aria colpevole lei.

"Certo!" esclamò Howard cercando di sembrare naturale. "Dobbiamo comprare anche le scarpe.. Non voglio correre il rischio che tu lo metta con le 'All Star', quel vestito.."

"Ma le usi anche tu!" si lamentò Ann mentre Howard la spingeva nel camerino.

"Si! Ma non quando sono vestito elegante... Su a cambiarti, non ho nessuna intenzione di passare tutta la serata con una sedicenne piagnona..."scherzò Howard.

Ann gli fece una linguaccia e sparì dietro le tende.

Howard sospirò guardandosi allo specchio. Dio Buono...

Doveva darsi una calmata.



La musica assordante. Le bibite alcoliche che giravano più dell'acqua. I palloncini che qualche idiota faceva scoppiare di tanto in tanto.

Qualcuno si era anche avvicinato ad invitarla a ballare. Ma, ricordando il complimento che Rich le aveva fatto quando era entrata, il modo in cui l'aveva guardata, le dava qualche speranza, convincendola così che era molto meglio stare a far tappezzeria piuttosto che perdere un'occasione d'oro.

"MA HAI VISTO DOV'E' RICH?" chiese Carol vicino all'orecchio di Ann.

Ann, infastidita dalla domanda, disse:

"NON LO SO.. VADO IN BAGNO.."

"OK! SE MI VUOI IIO SONO DA SCOTT" rispose Carol.

Ann annuì e si allontanò.

Entrò nel bagno del locale e poggiò la schiena contro la porta. La musica arrivava attutita. Ad un tratto sentì delle voci:

"No Rich. Ti ho detto che non voglio in un bagno.."disse una ragazza infastidita

Ann sollevò la testa di scatto e sentì il cuore perdere un battito. Non poteva essere lo stesso uomo.

"E allora perché sei venuta fin qui Liz?" chiese Rich piano.

"Perché mi dava fastidio il modo in cui guardavi Ann Belle Richardsons..." si lamentò Liz.

Rich rise e disse:

"Quella! Ma dai. L'ho fatta venire alla festa solo perché è carina... Mica perché mi piace. Mica invitavo Milly Hills.. O Sandy Lewis.. Sono delle racchie assurde.."

"Guarda che ho visto come la guardavi.." ribatté Liz languida.

"Lo sai che le altre sarebbero solo per una sera. Tu, invece, per sempre.." disse Rich, scoppiando a ridere per quella che doveva essere stata la reazione di Liz.

"Ti faresti una cretina che a sedici anni è ancora vergine e sogna di sposare Robbie Williams.." protestò poco convincente Liz.

"Mi sembra di aver visto il poster del cantante dei Take That..."sorrise Rich.

"Uff" disse Liz ridendo e con un sospiro di piacere disse: "Promettimi che non la toccherai"

"Nemmeno se fosse l'ultima donna sulla terra.." rispose Rich.

Qualcuno entrò nel bagno facendo trasalire Ann che, solo in quel momento, si rese conto di star piangendo come una fontana.

Senza nemmeno guardare chi fosse, spinse il nuovo arrivato, senza nemmeno chiedergli scusa e, prendendo il cappotto e la borsetta dal mucchio sui divanetti, scappò dal locale, cercando di non pensare che, dentro un bagno, dopo averla derisa, stretti, avvinghiati, la più odiata della scuola, Elizabeth Thompson e l'uomo che desiderava, Richard Patterson, facevano sesso.



Howard spense la sigaretta e rise guardando un programma televisivo.

Fu allora che il campanello trillò per due volte.

Aggrottò la fronte, abbassando il volume, alzandosi dalla poltrona. Il campanello squillò di nuovo.

"ARRIVO!" esclamò spazientito.

Aprì la porta e la vide.

Con i tacchi in mano, il viso inondato di lacrime, piccola e indifesa davanti a lui stava Ann che, quando lo vide, sollevando la testa, si buttò contro il suo petto dicendo:

"LUI.. LEI.. IN BAGNO.. RIDEVANO DI.. DI.. ME.. E FACEVANO.. FACEVANO.... ODDIO.. CHE STUPIDA..."e pianse più forte.

Howard la guardò stupito e abbracciandola, la condusse in casa, chiudendo la porta alle spalle.

La fece sedere nel divano e le portò un bicchiere d'acqua. E sorridendo, prendendole le mani, disse:

"Che ne dici se mi racconti tutto da capo, per filo e per segno?"

Ann annuì e piano cominciò a raccontare.

Parlò così tanto e pianse altrettanto che, alla fine, esausta, cadde a dormire.

Delicatamente, Howard la prese tra le braccia e la portò nel suo letto, dove, coprendola, le baciò la fronte e disse, in un sussurro:

"Mi spiace piccola che sia andata così. Vedrai. Un giorno si renderà conto dello sbaglio che ha fatto.." e spegnendo la luce, uscì fuori per sistemare il divano che, quella sera, lo avrebbe accolto.



Dormì per tre ore, poi, si svegliò di soprassalto.

Si mise a sedere nel divano e passò una mano sulla faccia, cercando di riprendersi. Un incubo. Aveva fatto un incubo. E, cosa più strana, in quell'incubo, la protagonista era Ann. Ma ricordava troppo poco, a parte il rumore di mille cristalli e il pianto di lei.

Si alzò, turbato da cosa nemmeno lui lo sapeva.

Andò in cucina e vide la luce accesa.

Entrò e dentro vide Ann, seduta sulla sedia, con il mento poggiato sulle ginocchia e mille clinex usati sul tavolo.

Sorrise e disse:

"Non vorrai perdere il tuo tempo piangendo per quegli idioti?"

Ann scosse la testa e rispose:

"No. Ho smesso. Ora mi da fastidio pensare che ho perso il mio tempo dietro un ragazzino pomposo e stupido... Ma siete tutti così? Vi fanno un corso a parte?"

Howard rise e disse:

"Guarda che ho anche io aneddoti niente male su delle stronzette incontrate a sedici anni..."

"Perché? Hai avuto sedici anni anche tu? Ah! Non sei nato vecchio e palestrato.." scherzò Ann.

Howard e Ann cominciarono a scherzare. Il senso di disagio provato prima da entrambi, quando da soli affrontavano i propri pensieri e incubi, sparì d'incanto.

Stavano bene assieme, si completavano.

"Doug..." disse Ann piano, guardandolo.

"Uhm!" sorrise Howard.

"Grazie.." pigolò Ann.

Howard non disse una parola. L'abbracciò.

In un momento si rese conto di aver fatto la cosa sbagliata.

Lei era lì, sola, distrutta dalla prima delusione della sua vita. E lui, lui era il sogno diventato realtà. Che stava a coccolarla. Il poster sceso dalla parete, pronto a stringerla. Ma ora capiva. Ora capiva perché l'aveva aiutata.. Perché dalla prima volta aveva provato una forte attrazione nei suoi confronti e, quell'attrazione, andò via via crescendo, ad ogni incontro, ad ogni arrivederci. La voleva, E non gli importava che fosse una fan. Perché non poteva amare una fan? Chi lo diceva che tutte amavano solo la loro

immagine e non potessero amare qualcos'altro? Ann non amava Howard dei Take That. Amava Howard il suo amico, che la toglieva dai guai e che, anche se cercava di fare il grillo parlante, poi le faceva fare tutte quelle cose che i ragazzini adorano.

La strinse, cullato dalle sensazioni. E commise un altro grande errore. Il profumo di Ann gli entrò nella pelle, nelle viscere. E scoprì di volerla.

Abbassò la testa e vide Ann, guardarlo.

"Lo sai che è una stupidaggine!" disse cercando di convincere più se stesso che lei, con un filo di voce.

"Allora fammela vivere..." sussurrò lei, allungandosi per baciarlo.

Fu un bacio profondo, fatto di fremiti e di carezze e sospiri.

Guidati dalla passione cominciarono a toccarsi cercarsi e Howard, prendendo in braccio la ragazza, la portò sul letto e la posò dolcemente.

La spogliò senza fretta. Di rapporti occasionali ne aveva a bizzeffe. Non voleva che anche questo fosse uno di quelli. Questo era diverso.

Quando finì la guardò nuda. E sentì il respiro mozzarsi. Veloce si spogliò e quando cominciò a baciare il collo della ragazza, lei, infilando le mani nelle treccine bionde, disse:

"Howie.. Fai... Fai piano.."

Howard la guardò. Sorrise e baciandola disse:

"Lo so... Farò piano prometto..." e cominciò a far l'amore con lei.



Gary lo guardò e disse:

"Quello è stato il tuo errore. O almeno il primo di una lunga serie. Ricordo quando, la mattina dopo, sei venuto a dirmelo, tutto contento.Sapevo che era una cazzata. Ma tu eri felice... E io non volevo rovinare quel momento. Pensavo fosse una delle tante. Ma poi.. Le cose lo sai come sono andate. E' inutile che te le racconti. Pensaci Howard. Pensaci prima di fare una stronzata.."e dandogli una pacca sulle spalle lo lasciò da solo nella sala prove.

Ann non era mai stata una delle tante. E se ora la voleva..

Avrebbe fatto di tutto per riscattare quel grande errore. Quello che dopo quella bellissima notte, fece precipitare tutte le cose.



Ringrazio Orangina per la sua recensione. Spero che il capitolo le piaccia.

Un bacio e alla prossima

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CRISTALLI: Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4: Una seconda possibilità.

Howard sorrise guardando Gary scuotere la testa:

"Dougie... Tanto che te lo dico a fare? Non mi ascolteresti mai! Ho cercato in tutti modi di farti capire che è una cazzata" disse con un sospiro, guardandolo negli occhi.

Howard scosse la testa e inforcando i fidati Ray Ban, disse:

"Sto solo cercando di avere una seconda opportunità. Un buon riscatto dopo la figuraccia di dieci anni fa"

"Che ti sei cercato, a dire il vero" fece notare Gary incrociando le braccia e guardando Howard con la sua espressione sorniona.

Howard rise e ribatté:

"A dire il vero è successo tutto per colpa di Robbie..."

"Questa scusa andava bene unidici anni fa. E tu lo sai Dougie" rispose Gary asciutto.

"E tu lo sai che tutto è andato a finire così solo perché Rob ha fatto il coglione, quella mattina" disse Howard un po' spazientito.

"No" fece Gary schioccando la lingua contro i denti."Posso dire che Robbie te l'ha buttata tra le braccia il giorno che ha fatto il cretino, provandoci spudoratamente con lei e dicendole chissà quale porcheria all'orecchio.. Il resto lo hai fatto da solo.. Non credo che Robbie ti abbia detto di farti una sedicenne! Per quanto riguarda quella mattina... Devo chiamare a raccolta Jason e Mark, dato che anche loro erano presenti? Vuoi che ti ricordi com'è andata?"

Howard guardò Gary attraverso gli occhiali da sole, sentendo una fitta al cuore.

Lo sapeva benissimo cosa era successo quella dannatissima mattina, due settimane dopo quella bellissima notte. Un giorno in cui furono costretti ad andare da Nigel per dei dettagli su 'Never Forget'.

Lo ricordava eccome quel giorno, dato che, da quando aveva rivisto Ann, non c'era un solo momento in cui non ci pensasse.

Il giorno in cui tutto andò perso.



Giugno 1995.



Howard rideva parlando con Jason e Mark, mentre Gary, con il suo telefonino ultimo modello -almeno per l'epoca-, parlava con sua madre che si lamentava del fatto che anche quell'anno il figlio non passasse l'estate a casa con loro.

Solo Robbie, con la testa riversa sulla spalliera della sedia, stava in silenzio, in un angolo. E stranamente nessuno si lamentava di questo.

Ad un tratto, aprendo la porta con un colpa e chiudendola con altrettanta delicatezza, Nigel entrò nella stanza, infuriato come poche volte lo si era visto nella sua lunga collaborazione con i ragazzi.

"DONALD! COSA CAZZO TI DICE LA TESTA..."

Tutti si voltarono e Gary, guardando la scena stupito, balbettò:

"Mamma.. Ti richiamo dopo. Ok?" e chiuse il telefonino.

Per tutti era strano che Nigel se la prendesse così nei confronti di Howard, persino per il diretto interessato.

"Che succede Nigel!" chiese pacifico Howard, mettendosi in piedi.

Il manager, sconvolto e tremante per la rabbia, lanciò sul tavolo una copia del Sun, fresca di stampa. Sopra c'era una foto di Howard.

All'inizio nessuno ci fece caso. Poi, Howard, si rese conto della gravità del fatto: Ann era in quella foto con lui. E la cosa più triste era che la foto scattata alle prime ore del mattino immortalava i due che si baciavano appassionatamente fuori dalla porta d'ingresso della casa di Howard, dopo una notte di passione.

In calce l'articolo diceva:



[SCANDALOSO: Howard Donald, star della band cult degli ultimi anni, i Take That, è stato fotografato in compagnia di una giovanissima ragazza, alle prime ore del mattino, mentre scambiava tenere effusioni con quest'ultima... Che sia l'inizio di una nuova relazione per il cantante?]



Robbie prese il giornale e sorrise divertito dalla spiacevole situazione mentre leggeva l'articolo con aria apparentemente interessata. Gary, prima stupito, poi duro, disse all'orecchio di Howard:

"Non mi dire, poi, che non ti avevo avvisato. Ora sei nella merda fino al collo..."

"ALLORA? QUALCUNO VUOLE SPIEGARMI COSA SUCCEDE?" strepitò Nigel.

"Nigel ti posso spiegare.." cercò di giustificare Howard, quando Nigel lo interruppe gridando:

"TI SPIEGO UN CAZZO.. CI SONO DELLE REGOLE. E NESSUNO, NESSUNO DI VOI LE TIENE A MENTE.. FORSE NON AVETE CAPITO CHE SIETE UTILI MA NON INDISPENSABILI? CHE POSSO ANCORA SBATTERVI FUORI ANCHE SE SIETE I TAKE THAT, LA BAND DEL MOMENTO?"

"Nigel.. Tranquillizzati. È solo un'amica..." continuò Howard. "Solo un'amica..."

"UN'AMICA? UN'AMICA?" ripetè teatrale Nigel per poi, sibilando, mentre indicava Howard, dire: "Senti ragazzino. Questa band l'ho creata per arrivare in alto e non per farmi mettere i bastoni tra le ruote da un deficiente che non lo sa tenere nelle mutande. Vi ho chiesto di non farvi vedere con altre ragazze per convincere tutte le altre che siete disponibili. Che basta solo allungare la mano per avervi... E non sono disposto a mandare tutto in malora per una qualsiasi, brava a muovere il culo dentro e fuori dal letto"

"Ann Belle non è una qualsiasi" si lamentò Howard piano.

"Ann Belle.. Oh! Conosci anche il suo nome. Credo bene che non è una qualsiasi. Sai anche il nome!” lo prese in giro Nigel. "Senti, pezzo di idiota... Hai tempo due giorni per sbarazzarti di lei. Come ho già detto tante volte anche ai tuoi amici. O lei, o la band. Vedi cosa ti conviene" e guardando gli altri, fiero, lasciò la stanza.

"Non lo pensa davvero Howie" disse Mark sulla porta appena la figura del manager si allontanò dal campo visivo, lasciando l'uscio aperto.

"Se la vuoi vedere di nuovo cerca un posto diverso per incontrarla. E stai attento che nessuno ti segua." ribatté Jason.

Gary, con le braccia incrociate stava in un angolo. A differenza di Jason e Mark, aveva riconosciuto la ragazzina della foto. Sapeva che era Ann. La stessa ragazza che, ogni tanto, si intrufolava nei posti più improbabili. E non perché fosse una stalker. Ma perché Howard aveva chiesto a Paul e James di lasciarle libero accesso ad ogni luogo, se dentro c'era lui. E anche se cercava di stare in disparte, Gary l'aveva notata più di una volta. Per non parlare del fatto che Howard stesso si era confidato spesso riguardo l'argomento.

"Howard! Non va proprio bene..." intervenne Robbie ridendo divertito.

"Rob. Non ti ci mettere anche tu adesso. Mi sembra che di sfuriate ne abbiamo avute abbastanza per oggi” ribatté Mark seccato.

"Io non voglio fare nessuna sfuriata Markie. Io voglio solo dire al nostro Dougie che sono enormemente deluso..." rispose Robbie guardando Howard divertito.

"E da cosa?" chiese infastidito Jason.

"Sei caduto in basso. Non solo è una ragazzina. Ora ti scopi i miei avanzi Dougie" sorrise trionfante Robbie.

"Rob. Smettila. Basta! Ci vuole solo che vi mettiate a litigare"intervenne Mark.

"Scopa bene Dougie?" continuò Robbie nel suo gioco di cattivo gusto.

"Basta Robbie" intervenne anche Gary.

"Oppure, Dougie, non scopate. Fate solo l'amore?" continuò Robbie.

"Goditela Rob. Sfottimi pure. Lo so che per te è raro non essere l'oggetto delle sfuriate di Nigel." rispose Howard alle angherie di Robbie.

"Ecchecazzo però! Non ti ci mettere anche tu, Dougie. E' già difficile con lui" si lamentò Jason.

"Te la sei fatta in tutti modi?" lo stuzzicò Robbie.

"Perché? Ti da fastidio?" disse Howard avvicinandosi pericolosamente a Robbie, trattenuto a stento da Jason e Gary.

"Io non ho bisogno di raccattare le vostre fans per trovare soddisfazione..." e allontanandosi disse: "Ti dice niente Kate Moss"

"Nemmeno io ho bisogno dei tuoi scarti” disse Howard sicuro stringendo i pugni e cercando di arrivare a Robbie.

"HOWARD! CRISTO!" esclamò Gary, infuriato per il comportamento di entrambi.

Robbie si voltò e un lampo gli attraversò gli occhi.

"Non hai bisogno dei miei scarti, non hai bisogno nemmeno di lei, vero? O ti sei innamorato?"

"Smettila!" ringhiò Howard.

"Oh! Il nostro Dougie è innamorato.." lo schernì Robbie, per poi aggiungere risoluto."Dimmelo che non te ne frega un cazzo. Che puoi fare a meno di lei.."



"Dimmelo che non te ne frega un cazzo. Che puoi fare a meno di lei.."

Ann sospirò. Quella dannata frase per colpa di tutti quei ricordi era tornata prepotente nella sua testa.

La sorella la guardò, preoccupata:

"Ann, sono passati undici anni. Non sarebbe ora di andare avanti? Eri una ragazzina, bella e delusa. Ha fatto quello che avrebbe fatto ogni uomo trovandosi in una situazione simile.." disse Sandy seria.

Ann sistemò il bavaglino di Vivianne e rispose:

"Sandy... Non posso rimpiangere la notte più bella della mia vita..."

"Lo so. E so cos'è successo dopo. E penso che tu abbia avuto tutte le ragioni di incazzarti per quello che ne è seguito... Ma è anche vero che tu eri una ragazzina. E lui poco più di un uomo.." disse Sandy pulendo la bocca della figlia.

"E l'unico maturo dei due. Doveva pensarci prima." ribatté caustica Ann.

"Inutile ripetere che, per me, qualche cosa l'ha davvero provata a quei tempi" rispose Sandy.

"Se provava qualche cosa, non trovi che avrebbe dovuto comportarsi in un modo migliore? E magari cercare di farsi vivo dopo quel giorno?"

"Era una super star, per Dio! Apri gli occhi" esclamò Sandy.

"Ed io una ragazza che non solo aveva imparato a fidarsi del lato umano della super star, ma addirittura gli avevo offerto anche la verginità, a quel lato umano dei miei stivali" fece notare acida Ann.

"Ann Belle Richardosons, spiegami ora cosa ti fa girare più le balle. Il fatto che ti sei innamorata di lui a quindici anni..." intervenne Sandy.

"Sedici!" la interruppe Ann.

"Sedici..." ripetè Sandy in tono ironico "... o ti rode che ti abbia sconvolto rivederlo?" formulò poi.

"A me non importa un bel niente" rispose Ann.

"E allora di cosa t'importa?" chiese Sandy.

Ann non rispose. Non voleva ripetere quella storia alla sorella, raccontarla di nuovo.

Voleva cancellarla di nuovo. Come aveva fatto dieci anni prima.



Aveva marinato scuola. Howard, la sera prima, aveva accennato a degli impegni di prima mattina. Poi avrebbe avuto tutta la giornata libera. E Ann voleva coglierne l'occasione per fare l'amore con lui, aggrapparsi alla sua schiena, graffiarlo, morderlo, mentre lui con le mani la modellava come un pezzo di pongo e, muovendosi, la faceva morire e rinascere mille volte..

Arrossì di quei pensieri. Un po' da scrittrice dell'Ottocento, ma abbastanza vicini alla realtà.

Vide Paul e disse:

"Ciao Paul.. Tutto bene.."

"Ciao!" esclamò guardandola stupito.

Troppo felice per rendersene conto, Ann continuò il suo cammino, stando attenta a non farsi notare dai più.

E ci riuscì.

Tutto apposto, tutto tranquillo. Almeno fino a che non arrivò vicino alla stanza dove stavano i ragazzi. E avvicinandosi sentì quello che stavano dicendo.

"Scopa bene Dougie?" continuò Robbie nel suo gioco di cattivo gusto.

"Basta Robbie" intervenne anche Gary.

"Oppure, Dougie, non scopate. Fate solo l'amore?" continuò Robbie.

"Goditela Rob. Sfottimi pure. Lo so che per te è raro non essere l'oggetto delle sfuriate di Nigel." rispose Howard alle angherie di Robbie.

"Ecchecazzo però! Non ti ci mettere anche tu, Dougie. E' già difficile con lui" si lamentò Jason.

"Te la sei fatta in tutti modi?" lo stuzzicò Robbie.

"Perché? Ti da fastidio?" disse Howard avvicinandosi pericolosamente a Robbie, trattenuto a stento da Jason e Gary.

"Io non ho bisogno di raccattare le vostre fans per trovare soddisfazione..." e allontanandosi disse: "Ti dice niente Kate Moss"

"Nemmeno io ho bisogno dei tuoi scarti” disse Howard sicuro stringendo i pugni e cercando di arrivare a Robbie.

"HOWARD! CRISTO!" esclamò Gary, infuriato per il comportamento di entrambi.

Ann guardava la scena nascosta nel suo cantuccio che non aveva avuto il coraggio di lasciare da quando era arrivata. Tremava e non sapeva nemmeno il perché.

Poi Robbie si voltò verso la porta e uno strano lampo, che solo lei seppe interpretare, gli attraversò gli occhi.

"Non hai bisogno dei miei scarti, non hai bisogno nemmeno di lei, vero? O ti sei innamorato?"

L'aveva vista.

"Smettila!" ringhiò Howard.

"Oh! Il nostro Dougie è innamorato.." lo schernì Robbie, per poi aggiungere risoluto."Dimmelo che non te ne frega un cazzo. Che puoi fare a meno di lei.."

Ann sentì il cuore batterle talmente forte che ne poteva sentire la eco persino nelle orecchie. Non voleva sentire la risposta di Howard, ma non voleva nemmeno andarsene.

"Dimmelo Donald che non la ami.. Perché io credo proprio che ci stai facendo la figura del coglione, dato che ci sei caduto con tutte le scarpe in questa pozzanghera di merda!” continuò a sfidarlo Robbie.

Howard sospirò abbassando la guardia per un attimo. Ma solo un attimo perché tornando spavaldo disse:

"Non bisogno di lei, Rob. Dovresti saperlo, no? Le usiamo, ci divertiamo un po' e poi le buttiamo... Farò così anche con lei. Volevo solo provare il brivido di farlo con una vergine."

Ann sentì le gambe cedere. Vide Robbie ridere e dire, vicinissimo ad Howard.

"Complimenti amico è quello che volevo sentirti dire..." e senza aspettare risposta, lasciò la stanza, passando vicino ad Ann, che aveva il viso rigato dalle lacrime.

Fu allora che voltandosi Howard la vide e sorpreso disse:

"Ann!"

Non ebbe il tempo di avvicinarsi che Ann corse via.

Ogni singhiozzo era come il rumore di mille cristalli rotti che le impedivano di sentire Howard che la chiamava.

Si sentiva morta.

Morta nonostante camminasse, piangesse. Nonostante il suo cuore stesse andando in pezzi. Proprio come un cristallo.



"Ti ho detto che non mi importa di nulla" disse Ann ricacciando via quei pensieri.

"A me non sembra proprio. Ci piangi da dieci anni per questa storia. Che non ti importi nulla non ci credo nemmeno se mi paghi"disse Sandy.

"Senti! Se volevo farmi fare la paternale risparmiavo qualche chilometro e andavo a Manchester da mamma e papà, non trovi?" rispose sempre più contrariata Ann.

Sandy sospirò arresa. E prendendo la figlia in braccio disse:

"Tanto lo so che è inutile. Vero Ann? Non accetterai mai un consiglio. Parliamo di una persona che è rientrata nella tua vita per un'ora, forse mezza. Parliamo di fumo io e te, insomma. E l'arrosto è a mille miglia, che se ne frega di me e di te che ci scervelliamo sul passato" e lasciando la cucina andò a mettere la bambina a dormire.

Ann rimase sola e sospirò, frustrata.

Era vero. Howard era entrato nella sua vita per uscirne subito. E ora non ne faceva più parte.

E forse, lei, voleva il contrario.



"Ann! Fermati!" disse Howard seguendo la ragazza.

Poteva raggiungerla, ma sentì qualcuno bloccarlo. Si voltò pronto a tirargli un pugno, ma si bloccò ancora prima di allungare il braccio.

Era Gary.

"Lasciala andare. E' meglio per tutti, non trovi?"disse Gary, serio.

"Io la amo. Quello che ho detto prima" rispose Howard sconvolto.

"Lo so, Dougie, lo so. Ma lei ha sentito tutto. E sarà difficile farle credere il contrario. Lasciala andare. Un giorno avrai il tempo di spiegare. Quando tutto si sarà sistemato" disse Gary.

Howard lo guardò e ricordò la frase di Nigel che, come una campana, rimbombò nella sua testa: "...hai tempo due giorni per sbarazzarti di lei.. Come ho già detto tante volte anche ai tuoi amici.. O lei, o la band.. Vedi cosa ti conviene.."

Guardò Gary, poi la porta. Aveva scelto. La carriera. E anche volendo, lei era troppo lontana per poterla raggiungere e spiegare. Per poter tornare indietro.



[SVOLTARE A SINISTRA E ANDARE SEMPRE DRITTI...]

Il navigatore, dentro la macchina extra sportiva di Howard faceva il suo lavoro. Sperava davvero che quello gli avevano dato fosse l'indirizzo esatto.

In quel momento il riaffiorare di quei ricordi gli faceva credere che, sì, aveva solo ventisette anni e il mondo in mano, ma se avesse seguito i suoi sentimenti, avrebbe avuto Ann Belle vicino. E con lei sarebbe cresciuto.

Guardò il nome della strada, preso da questi pensieri. Davon Road...

Case tutte uguali.

[PER IL NUMERO 128 ANDARE SEMPRE DRITTI.. SEMPRE DRITTI..]

"Ho capito.. Accidenti a te.." protestò Howard.

Poi la vide: una casetta di mattoni rossi, su due piani.

Eccola.

Spense il motore e scese dalla macchina. Un piccolo schiocco sonoro annunciò che la chiusura centralizzata era stata attivata.

Guardò la porta. E mille pensieri lo assalirono.

E se fosse stata fidanzata? O peggio, sposata?

Scosse la testa ricacciando i brutti pensieri.

Si avvicinò alla porta e suonò il campanello.

Qualcuno andò ad aprire.

Eccola! La sua seconda possibilità.



http://www.google.it/imgres?q=howard+donald+1995&hl=it&sa=X&biw=1366&bih=640&tbm=isch&prmd=imvnso&tbnid=FtY7TU9JWLg7aM:&imgrefurl=http://markowendaily.tumblr.com/post/2624777829/philip-ollerenshaw-1-photoshoot-1995-click-here&docid=L9nY0Ai59cQLdM&imgurl=http://25.media.tumblr.com/tumblr_lem3orYHRN1qd53e6o1_500.jpg&w=438&h=600&ei=vPvZT-bAMpLR4QShoLmuAw&zoom=1



Per chi non li conoscesse (chiaretta... tutta per te) una foto di quei tempi: in alto con le trecce Howard, sotto Jason. Vicino e biondissimo Robbie. Mark è quello che sorride sotto Robbie Williams. E vicino Gary. Ringrazio chiunque ha letto e recensito o ha semplicemente aggiunto la storia tra i preferiti, tra i ricordati e tra i seguiti... E scusate il ritardo ma dovevo studiare ^^. Enjoy!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CRISTALLI: Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5: Il grande salto.


La porta si aprì e il sorriso di Howard morì all'istante. Dietro non c'era Ann, bensì Eloise che quando lo vide per poco non ebbe un tracollo, rischiando lo svenimento nell'ingresso.

"Eliose, l'amica di Ann?"chiese incerto.

"Si.. Ann... Sei qui per... Ann.. Lei non c'è" farfugliò Eloise indicando dietro di se.

"E dov'è?" chiese Howard sentendo una strana sensazione di vuoto allo stomaco.

"Dalla sorella.. Con sua figlia.." sorrise nervosamente Eloise.

"ANN HA UNA BAMBINA?" chiese Howard terrorizzato.

"NO!" esclamò Eloise sbarrando gli occhi convinta di aver appena fatto un casino.

"Lo hai appena detto tu.." ribattè Howard.

"Ho detto che è da Sandy, perchè è da tempo che non vede sua figlia.." continuò Eloise.

"Scusa cosa ci fa la figlia di Ann a casa di sua sorella?" chiese Howard.

Eoise sospirò frustrata e disse:

"Non capisci niente, cervello di gallina...Vivianne è la figlia di Sandy.. Ed Ann è andata a trovare entrambe, nella regione dei laghi..."

Qualcuno si schiarì la voce, accanto ai due, che si voltarono e videro la vicina guardarli sorridenti.

Howard si voltò e sottovoce disse:

"Ti ringrazio per il cervello di gallina, ma vorrei farti notare che quella che non sa spiegare nulla sei tu!"rincarà risentito Howard.

"Ehy!" esclamò Eloise risentita.

"Dicevo... Qua fuori sembriamo Gianni e Pinotto. Forse è meglio che entriamo dentro. Che ne dici?" continuò Howard.

Eloise sbarrò gli occhi e mettendosi davanti alla porta disse:

"Aspetta un attimo! Non mi sembra una cosa intelligente!"

"Perchè?" chiese esasperato lui.

"Tu sei il nemico. Se Ann lo venisse a sapere..." cercò di spiegare Eloise, ma venne bloccata da Howard che, poggiando una mano sullo stipite della porta, vicinissimo a lei disse, guardandola negli occhi:

"Ann è al Nord. Spiegami come cavolo può venire a sapere che sono venuto qui? Entro un paio di minuti. E poi vado via. E nessuno lo saprà mai"

Eloise deglutì appena. Si sentiva stranamente tesa. Quello si che era una ragazzo che ti metteva la testa, lo stomaco e gli ormoni in subbuglio.

E spostandosi appena, fece entrare Howard per poi, una volta il cantante fu dentro, sporse la testa fuori dalla porta e si guardò intorno furtiva e chiuse la porta.


1995

"Ehy! Ciao Ann.." disse Greg, il ragazzo dell'ultimo anno, il più bello della scuola, a detta delle sue compagne di classe.

"Ciao Greg.." rispose Ann con le braccia strette al petto.

Sapeva perché tutti la guardavano, bisbigliavano al suo passaggio. Il SUN era da sempre una delle riviste più vendute nel Regno Unito. Quindi tutti sapevano della tresca tra lei e Howard. Lo sapeva perfino la madre che appena la vide rientrare a casa la sera prima la prese da parte e le chiese spiegazioni. E dato che non c'era più nulla da perdere, Ann raccontò tutto. E per tutto si intendeva la verità nuda e cruda, per la prima volta da un po' di tempo..

Mentre camminava a testa china, cercando di non far caso a tutti quelli che parlavano di lei quando la vedevano passare, ricordò con amarezza la faccia del padre: un cencio, sconvolto dal fatto che la sua ultima figlia non solo non fosse più vergine e, di conseguenza, non fosse più una bambina, ma dal fatto che uno di quei poster, uno di quei ragazzotti che sorridevano sulle pareti della camera della figlia, fosse sceso dal suo trono di carta o uscito dalle copertine di qualche cassetta per rubare l'infanzia, l'ingenuità ad Ann.

La madre, invece, parlava, parlava. Lei era medico. Aveva detto che l'avrebbe mandata da una sua amica, ginecologa. Avrebbe fatto tutti gli accertamenti, fatto le analisi per prendere la pillola. Ann sapeva perchè: il padre poteva essere sconvolto; la madre era sfiduciata, invece. E aveva tutte le ragioni.

Pensava a questo quando vide Liz guardarla disgustata. Beh! Almeno di una cosa poteva essere contenta. L'aveva superata. Lei le aveva preso Rich, Ann aveva fatto l'amore con Howard Donald dei Take That che, diciamolo, al confronto Richard Patterson sbiadiva un po'.

Sollevò la testa e vide le sue tre amiche. Carol, Sammy e Jen. Le salutò, grata di vederle, con una mano. Ma le tre, guardandola con aria tutt'altro che felice, si voltarono e si allontanarono assieme.

Ann sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Loro erano sue amiche, dovevano capirla. Calde lacrime riempirono gli occhi annebbiandole la vista. Ad un tratto sentì:

"Richardsons.."

Si voltò. Era Rich. Abbassò la testa e, stringendo le braccia al petto, riprese a camminare con passo spedito.

"Ehy! Ann Belle... Dai! Ti voglio solo parlare.."

"Non ho nulla da dirti Richard.." disse Ann senza nemmeno voltarsi.

Rich la bloccò per un braccio e mettendola con le spalle contro il muro, disse, guardandola:

"Non ti piaccio più ora che hai provato qualcuno più famoso?"

Ann lo squadrò sollevando un sopracciglio. Non voleva mostrarsi debole piangendo davanti a quel verme e dando a tutti la scena madre che aspettavano da quando era entrata a scuola. Socchiuse gli occhi e sibilò:

"Ho sbagliato una volta. Non penso sia il caso di sbagliare un'altra..."

Richard sorrise e la guardò ammirato. Ann sapeva che stava morendo perché, forse per la prima volta, riceveva un rimbalzo e, passando sotto il braccio del ragazzo, scappò via.

Entrò in classe e tutti i suoi compagni la guardarono ridendo. Si voltò verso la lavagna. C'era Carol che con un pennarello scriveva:"ANN BELLE RICHARDOSONS IS A HOWARD DONALD'S BITCH..."

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Poteva andare Greg, Rich e Liz. Loro erano solo gelosi. Gelosi di non essere per una volta i più popolari. Ma Carol! Carol era la sua migliore amica. Con lei aveva fatto tutto. Non poteva farle questo. Accecata dalla rabbia le saltò addosso. E con furia cominciò a picchiarla. E mille voci cominciarono a girarle per la testa.

"Non bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con una vergine..."

"Ann dimmi che non sei tu quella in questa foto...."

"Chiamerò una collega... Faremo degli accertamenti... Infondo chissà quante donne si è portato a letto... E non voglio sentire mah!"

"Non ti piaccio più, ora che hai provato qualcuno più famoso?"

Ad ogni frase la rabbia di Ann si faceva più grande, più cieca. E colpiva. Colpiva con forza. Le facessero il processo tutte le altre, gridassero e incitassero quelli intorno. La sospendessero. A lei non importava. Nulla.

"Basta Annie ti prego... Scusa.." implorava Carol.

"Richardosons. Richardosons. Richardosons. Richardosons." incitavano attorno.

Non ho bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con una vergine...

Non ho bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con una vergine...

Non ho bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con una vergine...

"RICHARDSONS!"

Gridassero, pure. A lei non importava.

"Richardsons! Ora basta!" disse la professoressa O'Brian tirandola su per un braccio.

Ann si accorse di aver del sangue addosso. Cercò da dove uscisse. Ma si rese conto che aveva rotto il naso a Carol. E non le dispiaceva affatto.

"Non ti sembra di aver già dato abbastanza spettacolo? Ora chiamiamo i tuoi genitori"

Ad Ann non importava di quello che diceva la professoressa. Pensava solo che, anche lei, dicendo quello che aveva detto, aveva letto il Sun. Come tutti gli altri.


Ann Belle guardò il panorama triste di Manchester, dalla finestra della casa dei genitori.

Manchester. La sua città natale. Che aveva lasciato dopo gli anni d'inferno al liceo, per andare a Londra dove, entrando alla Guidhall aveva messo in atto quella che sarebbe stata la sua vendetta: diventare famosa e guardare Howard dall'alto al basso, usarlo magari, come lui aveva usato lei.

Ma alla fine, le cose, non erano andate come voleva.

Non aveva ancora il successo e Howard, non solo era tornato con i Take That, ma le aveva sconvolto la vita solo per essere riapparso per nemmeno mezz'ora.

"A che pensi, Ann?"

La voce della madre fece voltare Ann che sorridendo, stringemdosi nel suo golf, disse:

"Non penso a nulla. Stavo solo guardando fuori"

"Sai che a me non puoi raccontare bugie. Devo forse ricordarti che ti conosco da molto prima che cominciassi a piangere?" e facendole segno di sedersi vicino a lei, disse: "Per caso è successo qualcosa a Londra di cui non mi hai ancora detto nulla?"

Ann guardò la madre. Si la conosceva meglio di chiunque altro. Fissò un punto lontano e disse:

"Si! Ho rivisto Howard.."

"Ah!" esclamò la madre stupita per poi, dopo una breve pausa, aggiungere spaventata: "E che cosa è successo?"

"Nulla" sorrise Ann per la reazione della madre, mettendosi a sedere vicino a lei nel divano.

"Ann..." continuò la madre con una voce dolce, accarezzandole i capelli: "Non hai più sedici anni. Non mi arrabbio se dici la verità"

"Mamma... Non abbiamo fatto sesso se è questo che vuoi sapere" disse Ann scansando la mano infastidita, aggiungendo, poi, triste: "Ci siamo visti ad una festa e abbiamo parlato. O per lo meno... Lui ha parlato! Io..."

"Gli hai detto il fatto suo?" chiese la donna sorridente.

Ann annuì e continuò:

"Gli avrei volentieri dato il fatto suo. Eloise mi ha bloccata prima. Solo che..."

"Solo che...?" ripetè la madre.

"Beh!" sospirò Ann: "Mi ha fatto pensare. Che ancora non ho fatto nulla della mia vita. E forse sto seguendo la strada sbagliata.."

"Shh!" disse la madre abbracciandola e coccolandola: "Tu sei bravissima. E non lo dico perché sei mia figlia. Ma perché lo penso davvero. Sei solo stata sfortunata. Ecco tutto"

Stava dicendo questo, quando il cellulare di Ann squillò.

Ann si alzò, prese l'apparecchio e rispose, spostando i capelli con un gesto della testa:

"Pronto?"

"Parlo con Ann Belle Richardsons?" disse una voce dall'altro lato.

"Si! Sono io. Con chi parlo?" chiese curiosa Ann guardando la mamma che, ricambiava lo sguardo confusa.

"Sono uno dei responsabili del casting della nuova serie televisiva 'Per amore o per denaro'. La sua agente mi ha mandato una sua foto non molto tempo fa. E mi risulta anche che lei ha fatto tre provini per la parte della protagonista, con noi" disse l'uomo.

"Si" rispose Ann con un filo di voce.

"La chiamo per comunicarle che la parte è sua. E che tra una settimana ci sarà la presentazione del cast all 'Hotel Hilton' vicino al Tower Bridge..."

Quello che disse dopo, Ann, lo sentì come attutito, quasi arrivasse da un altro pianeta.

Era passata dall'altra parte della barriera proprio ora che stava per mollare. Aveva attraversato quei cristalli senza romperli. Il sogno si stava realizzando.

Ringraziò l'uomo e chiuse il telefono. Poi si voltò verso la madre e disse:

"HO OTTENUTO LA PARTE IN UNA NUOVA SERIE TELEVISIVA!"

La donna saltò in piedi e abbracciò la figlia, stringendola forte e sussurrandole:

"Sono felice per te, cara. Tanto, tanto felice" e guardandola negli occhi, tenendole il viso tra le mani, dopo averle dato un bacio sulla fronte disse: "Aspetta che lo sappia tuo padre..." e corse verso la camera gridando: "Max! Max! Tua figlia ha ottenuto una parte!"

Ann sorrise e chinando la testa guardò il cellulare, ancora incredula.

Eccolo. Il grande salto, la grande occasione.

Ora bastava solo che si armasse di coraggio e, anche lei, spiccasse il volo verso il cielo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CRISTALLI: Capitolo 6 ***


Chiedo scusa per il ritardo e colgo l'occasione per ringraziare dafne, orangina e chiaretta per le loro recensioni.

Ecco il nuovo capitolo. Fatemi sapere che ne pensate! Buona lettura. Niniel.


CAPITOLO 6: Ritornare a casa.


"Sono a casa!" gridò Ann allegra entrando nell'appartamento e togliendo il cappotto che lasciò cadere nel divano.

Eloise scese le scale veloce e si buttò al collo dell'amica che rise divertita alla reazione.

"Sei arrivata due giorni prima del previsto. Come mai?"chiese Eloise.

"Ho una notizia da darti" sorrise Ann eccitata.

"Per caso è successo qualcosa con Howard?" chiese Eloise speranzosa.

"No! Quel bastardo non c'entra nulla.." rispose Ann per poi, guardando dubbiosa l'amica, chiese: "perchè mi hai chiesto proprio di lui?"

"Io... Beh! Nulla! Credevo che avessi parlato con lui. Infondo lui è di Manchester... Magari vi siete incontrati" ribatté Eloise un po' agitata.

Ann scoppiò a ridere.

"Si. A Manchester posso incontrare Doug. Si vede che sei una Londoner. Di Mancunyan hai davvero poco. No. Non ho incontrato Howard. Ma ho ricevuto una chiamata importante. E l'ho ricevuta da un'agenzia.” e dopo una pausa ad effetto, aggiunse: “Ho fatto un provino per una serie televisiva e cara mia... Mi hanno presa!"

Eloise spalancò la bocca per la sorpresa, poi, saltando al collo dell'amica, l'abbraccio e con lei si mise a gridare.

Poteva lasciar anche perdere quello che era successo, non meno di un paio di giorni prima, quando Howard era venuto a casa loro cercando Ann. Lui non l'aveva chiamata. Lui non l'aveva cercata.

Forse tutte quelle cose che aveva detto quella mattina non era poi così tanto vere.


"Terra chiama Howard. Terra chiama Howard..." disse Gary fingendo una divertentissima voce metallica.

"Si è di nuovo incantato!" disse Mark arreso.

"Come sempre da quando ha rivisto Ann, del resto" sorrise Jason.

"Parlate bene voi tre. Voi riuscite a saltare da un letto all'altro senza pensare a cosa lasciate la mattina dopo" ribatté Howard riprendendosi dal suo stato catatonico.

"Beh! Quello è passato" disse pratico Mark. "Una volta fuori dal letto puoi cancellarlo. Tanto non torna"

"E se torna c'è sempre Paul, o James alla porta" rise Jason.

Gary lo guardò serio e disse:

"Ma tu sei andato veramente all'università a studiare psicologia?"

Jason annuì mentre Mark, come un matto, piano, cominciò a ridere. Gary scosse la testa e rispose:

"Dormivi anche lì di sicuro" e guardando Howard, aggiunse: "Howie... Lei è parte di un passato lontano. Di un periodo di tempo troppo lungo per far ancora troppo male..."

Howard scosse la testa e disse:

"Ragazzi... Io non so cosa provo. Se quello che provavo allora non si è mai sopito e dopo averla vista ho capito di amarla. Una parte di me lo sa che è una stupidaggine. Che lei mi odia e che dovrò fare i salti mortali quadrupli per riprendermela. Ma l'altra parte... L'altra parte vuole che li faccia quei salti mortali. E credo che sia quella che vince. Quindi... Farò di tutto per riprendermela. E non mi importa di quello che avete da dire. Sono convinto E non mi blocca nulla" e senza aspettare risposta si allontanò.

Gary lo guardò allontanarsi e Mark, sistemando il cappello che aveva in testa, disse:

"È fritto.."

"Di più! Non è fritto. Se lo fosse non mi spaventerebbe così tanto" ribatté Jason passando una mano sulla barba.

"Dite che dobbiamo aiutarlo?" chiese Gary guardando Mark e Jason.

I due si scambiarono uno sguardo d'intesa e annuirono.

"Allora dobbiamo trovare l'indirizzo di quella ragazza, oppure il modo di infiltrarci in casa sua"

Jason e Mark sorrisero. In realtà, quei tre assieme, erano peggio di tre comari. E se i Take That non avessero avuto il successo sperato nella reunion, si sarebbero potuti riunire per aprire un'agenzia matrimoniale.


"Signorina Richardsons! Questo è il suo debutto come protagonista. Si sente emozionata?"

Ann guardò la sala piena di giornalisti. Sorrise e pensò che Howard, mille volte, si era trovato nella stessa identica situazione.

"Certo.. Chi non lo sarebbe?"

"Si parla già di possibili relazioni tra lei e il protagonista, Dylan Grant. Le voci che circolano sono vere?"

I due si guardarono e si misero a ridere:

"A dire il vero ci siamo visti oggi per la prima volta" disse Ann

"E posso dire che è un gran peccato che le voci non siano vere" esclamò Dylan facendo ridere tutti.

Dylan era un bel ragazzo. Di quelli carini e dolci che quando li incontri fanno di tutto per farti ridere.

E lui quando la vide nervosa per la conferenza stampa ascoltò le sue preoccupazioni e le sue paure, le disse che se le domande la facevano trovare in difficoltà, bastava che lo guardasse e lui sarebbe corso in suo aiuto.

Tra l'altro, Dylan, era proprio un bel ragazzo. Alto, con un bel fisico, occhi di un azzurro intenso. Labbra sottili e capelli neri e ricci.

Un clone di Howard, come avrebbe fatto giustamente notare Eloise. Ma lei non c'era, quindi, quest'osservazione se la poteva benissimo risparmiare.

Stava giusto pensando a questo, quando la conferenza finì. Fecero delle foto e poi, poco prima di andarsene, prendendo il coraggio a quattro mani, Ann seguendo il suo collega, lo chiamò:

"Dylan! Dylan!"

Il ragazzo si voltò e sorrise:

"Dimmi, Ann!"

La ragazza si avvicinò a Dylan e torturando le dita disse, leggermente imbarazzata:

"Volevo ringraziarti per quello che hai fatto. Sei stato gentile.. E volevo sdebitarmi con te"

"No tranquilla. È il minimo che posso fare per te!"sorrise Dylan.

"Insisto!" rispose ferma Ann. "Vorrei che venerdì sera venissi a casa mia, per cena. Una cena tra amici. Ci saranno anche altre persone."

"Uhm!" fece pensieroso Dylan. "Ho un piccolo problema"

"Quale?"chiese Ann terrorizzata.

"Un compagno gelosissimo"sorrise Dylan.

Ecco! Scovata la magagna. Troppo carino, troppo simpatico. Non poteva essere normale. Sarebbe stato chiedere davvero troppo.

"Ah! Sei... Sei..." ripetè stupidamente Ann per non dire la parola incriminata.

"Gay?"sorrise Dylan.

"No! Volevo dire, fidanzato" sorrise imbarazzata Ann.

Dylan rise e disse:

"Invito a cena ritirato?"

Ann lo guardò non potendo non pensare a quanto spreco fosse il fatto che Dylan fosse omosessuale. E scuotendo la testa disse:

"No. Immaginati! Anzi ammiro la tua fiducia. Mi hai detto questa cosa..."

"Beh! Infondo non mi sembrava il caso... Alle volte succede che qualche partner con cui lavoro si prenda una cotta. Quindi per evitare..." rispose con un sorriso Dylan.

-Appunto...- pensò Ann e sorridendo lo guardò sicura:

"Hai ragione! Comunque...Vorrei davvero che venissi a cena da me" buttò veloce.

"Domani iniziano le riprese, giusto?" ragionò Dylan. "Che ne dici se stasera parlo con il mio ragazzo e gli chiedo se posso venire a cena da te?"

Ann annuì per dire in fretta subito dopo:

"Se vuoi può venire anche lui..."

"Uhm! Preferisco di no. E' paranoico! Romperebbe le scatole a tutti e rovinerebbe la cena. Ancora mi chiedo come cavolo faccio a stare con lui" sorrise Dylan.

Ann sorrise a sua volta.

Quel ragazzo le piaceva. Era davvero felice che fosse un suo collega. E che interpretasse con lei il ruolo principale. Non sempre va così bene.


"Allora.. Ho spiato Howard. Stava chiamando Eloise. Ha detto che venerdì non ha impegni. E che può partecipare alla cena rituale del venerdì sera" disse Mark a bassa voce guardandosi intorno per paura che qualcuno lo sentisse.

"Bene! Dobbiamo fare qualche cosa per farci invitare" disse Gary.

"Quello disdice tutto piuttosto che mettere in mezzo noi. E non per amore nei nostri confronti. Non si fida" fece notare Jason risentito.

"Io di te, J, non mi fiderei nemmeno morto" ribatté Mark serio, facendo scoppiare Gary in una fragorosa di pancia, stile Barlow.

In quel momento un cellulare cominciò a suonare.

Mark aggrottò la fronte e disse:

"Chi cazzo è che mi chiama?"

"Marika?" chiese malizioso Gary, sollevando le sopracciglia.

"Con Marika è finita" disse Jason. "Dopo c'è stata Meg. E poi Teresa. E anche Danielle..."

"Devo dire che è proprio bello che tu sia così informato riguardo la mia vita sessuale e sentimentale" disse Mark risentito, poi, guardando il cellulare sorrise e disse:

"Non ci posso credere..."

"Perché ha una vita sentimentale oltre quella sessuale?" chiese Jason, parlando sottovoce a Gary.

"A quanto pare. Solo che la tiene nascosta però... Molto!" rispose Gary.

"Talmente nascosta che nemmeno lui sa di averla" rispose J e tutti e due scoppiarono a ridere sommessamente.

"Pronto Rob!" disse Mark guardandoli di traverso: "Come mai chiami? Fa tempo brutto a L.A. e non puoi uscire a cercate qualche top model che non regga il tuo fascino?"

"Pezzo di idiota. Se ero in America mica ti chiamavo. Hai idea di quanto si spende?" disse Robbie.

"Caspita vedo che stai diventando un Barlow anche tu. Ti ha fatto male fare pace con lui, Bob..." scherzò Mark guardando Gary che rispose con un elegantissimo:

"Fanculo tappo!"

Mark rise e aggiunse:

"Allora, se non sei in America, dove sei?"

"Ad Heatrow. Sono a casa. Di nuovo"rispose allegro Robbie dall'altra parte.


"Lo so. Ma lei è la mia migliore amica. Non posso invitarti a cena e fare finta di nulla" disse Eloise abbassando la voce cercando di non farsi sentire dagli altri colleghi, poco lontano da lei.

"El. Ti giuro. Dammi una possibilità. Sto pensando continuamente a lei. A quello che ho fatto. Voglio che mi perdoni..." implorò Howard.

"E per farti perdonare vuoi fai litigare me con lei?" chiese Eloise pratica.

"Una possibilità El. E se va male... Prometto! Mi metto da parte. E non vi rompo più le scatole. Né a te, né a lei. Sei contenta?" chiese Howard allegro.

Eloise stava soppesando la richiesta, quando il direttore passò lì vicino:

"Devo andare. Il capo è qui. Ti faccio sapere dopo. Ciao!" disse veloce riattaccando.

Howard, dall'altro capo, rimase in silenzio, guardando il cellulare confuso.

Doveva parlare con Ann. Doveva cercare di chiarire. Lo voleva davvero. Era passato troppo tempo. Era ora di sistemare tutto.


Ann rientrò a casa.

Tutto era in silenzio. Eloise non era ancora tornata da lavoro. Sospirò e buttò la borsetta sul divano e lasciò che la seguisse il cappotto.

Si guardò allo specchio. Sistemò la gonna del vestito corto e nero e il nastro che passava sotto il seno.

Non era brutta. Lo sapeva. Molti uomini si soffermavano a farle notare quanto gradevole fosse il suo aspetto.

Ma era possibile che non trovasse nessuno?

"A dire il vero qualcuno lo hai trovato... Peccato che fosse gay" si lamentò ad alta voce.

Proprio in quel momento il campanello suonò.

Ann aggrottò la fronte. Non aspettava nessuno. Chi poteva essere? Era troppo tardi per pensare al postino.

Andò ad aprire e per poco non sentì le gambe cedere. Come ogni volta che lo vedeva.

Dietro la porta c'era Howard. Bello come il sole, con una cascata di ricci neri, portati indietro da un po' di gelatina.

Era lì, per lei.

"Ciao Ann. Finalmente! Dopo tanto posso parlarti..."disse lui sorridendo sicuro.


"Ora ricordo" disse Robbie serio.

"Oddio. Hai un cuore Williams! Questo mi stupisce"scherzò Jason facendo ridere gli altri due.

"Che cazzone che sei. Ora che mi avete raccontato quello che HO fatto, mi sento una merda. Dio ero proprio uno stronzo"esclamò Robbie.

"Si! Abbastanza" disse Mark

"Che amici di merda" rise Robbie scatenando l'ilarità generale.

"Comunque... Bob! Eri fuori di te. Dicevi sempre delle cattiverie. E un mucchio di stronzate. Tipo che scrivevi canzoni migliori delle mie. E su questo posso dire che usare le droghe ti fotte davvero il cervello..." rise Gary.

Robbie scosse la testa, poi pensando, disse:

"Ann lavora nel mondo dello spettacolo... Vero?"

I tre annuirono. E Robbie aggiunse:

"Deve avere un'agente. Lo sappiamo tutti che in questo mondo se non hai un agente sei finito"

Jason, Mark e Gary si guardarono annuendo. Che stupidi che erano stati. Loro non ci avevano pensato.

Robbie prese il cellulare. Gli altri lo guardarono senza capire..

"Shannon.. Ciao tesoro! Sono Bob. Si! Sono a casa. Devo trovare una vecchia amica, ma ho perso il numero. Sì! Fa l'attrice. Potresti trovarmi la sua agente?"

Robbie prese un foglio e una penna e scrisse il numero.

Gli amici lo guardarono sempre più sbigottiti.

"Ciao tesoro... Un bacio a Caroline. E anche al consorte.."continuò Robbie e poi chiuse il telefono.

Quando si voltò sorridente, Gary chiese:

"Non dirmi che vai a letto con una donna sposata"

"Ma sei pazzo. Non vado a letto con Shannon.. C'è stato qualche cosa prima... Oddio! Una pantera! Capelli rossi, seno da paura. Si è buttata ai miei piedi. E io... Beh..."rispose Robbie con sguardo malinconico.

"Potresti smetterla. A Jason sta scendendo la bava" disse Mark guardando Jason che dandogli una gomitata al braccio, disse:

"E smettila di fare lo stronzo"

Tutti risero e Robbie disse:

"Aiutiamo Howard sì o no?"

"Si! Ma chiama tu" disse Gary serio.

"Perché?"chiese Robbie confuso.

"Ho letto che è una donna... Quindi è meglio che chiami il sex-symbol per eccellenza" rispose Mark, mentre Gary e Jason annuivano.

"Scarica barile" rise Robbie. "Ma guarda cosa mi tocca fare per espiare le colpe passate" e lasciò squillare il telefono, poi, con una voce sicura e suadente disse: "Parlo con Dorothy Walsh? Sì! Sono Robbie Williams. Vorrei fare una sorpresa ad una mia amica.. Ann Belle Richardsons... E ho bisogno del tuo aiuto"


"Howard!?"esclamò Ann Belle.

"Posso entrare?" chiese Howard dolcemente.

"C-Certo" balbettò Ann facendogli spazio e facendolo entrare.

Howard entrò e si guardò intorno.

"Carino qui" disse voltandosi verso Ann.

"Grazie. Ma è stata Eloise ad arredare. Io ci ho messo solo le valige" sorrise Ann che indicandogli il divano aggiunse: "P-Puoi sederti? Vuoi qualcosa da bere?"

Howard la guardò. Ann sospirò. Dio! Se la guardava così, sarebbe stata davvero dura resistergli senza nessuno che girava per casa, pronto a disturbare.

"Perché sei qui?" chiese piano, cercando di rompere quel contatto visivo per non cadere in tentazione.

"Da quando ti ho rivisto alla festa. Ho smosso un po' di mari per trovarti..." sorrise Howard.

"Ammirevole!"rispose sarcastica Ann. "Se sei venuto fin qua per fare del sesso, puoi anche tornare a casa. Non sono più una ragazzina di sedici anni. Non vado più a letto con gente che non conosco."

"Non mi conosci!" esclamò Howard con un mezzo sorriso."Tu mi conosci cara. Mi conosci eccome!"

Ann si voltò. Come ringraziava il cielo di essere un'attrice e di aver studiato per nascondere l'emozioni, perché se non l'avesse fatto, se il viso l'avesse tradita, avrebbe fatto capire ad Howard che, sì!, si ricordava bene delle sue labbra, del suo corpo. E delle sue mani... Oh Dio! Le mani!

"Non ti conoscevo dieci anni fa. Vuoi che ti conosca adesso?" ribatté con noncuranza Ann, fissando sicura Howard negli occhi.

Mossa sbagliata. Fu costretta a far finta di far qualcos'altro pur di non cadere dentro quei cieli grigi. Quegli occhi erano magnetici. Pericolosi, come una carica di dinamite. Cavolo! Non se lo ricordava.

"Sono cambiato, Ann" disse Howard avvicinandosi, sussurrandoglielo all'orecchio.

Ann sospirò. Anni di scuola di recitazione rischiavano di andare a farsi benedire se continuava così.

-Pensa a quello che ti ha fatto. Pensa a quello che ti ha fatto!- si ripeteva come un mantra cercando di non cadere in tentazione di affondare il naso nel collo del cantante ed aspirarne il profumo.

"Anche io sono cambiata Howard. E non mi faccio prendere in giro, Donald. Non un'altra volta" disse lei decisa, allontanandosi, cercando di mettere più distanza possibile tra lei e Howard.

"Sono qui per chiederti scusa.." sussurrò Howard.

In quel momento, quello che era successo anni prima ritornò a galla. E tutta la rabbia, la frustrazione risalì con quei ricordi. E voltandosi, riducendo gli occhi in due fessure, sibilò cercando di essere cattiva, di ferirlo:

"Per cosa Howard? Per avermi deriso con i tuoi amici, dicendo che ero la verginella di turno che si buttava ai tuoi piedi e dopo essersi bevuta tutte le storie lacrimevoli che mi hai raccontato, te l'ho data senza battere ciglio? Oh! Quello è il minore dei mali. Dovresti ridarmi quel periodo che va dal 1995 al 1996. Quell'anno scolastico che per me è stato un vero e proprio inferno grazie a te. Dovresti ridarmi la privacy che ho perso quando i giornalisti mi aspettavano fuori dal liceo per sapere se stavo ancora con te o no. Perché su quei giornali, Howard, c'ero anche io. Non solo la super star che aveva passato due settimane di divertimento con una delle tante fans, ma anche una ragazzina di sedici anni che ha visto la sua vita cambiare. Che ha visto suo padre guardarla come un'aliena per mesi, perché, sì!, puoi avere la certezza che tua figlia ha avuto dei rapporti sessuali, ma non dal Sun! E dovresti ridarmi anche la fiducia che mia madre aveva in me prima che venisse a conoscenza di questa storia e che, dopo averla scoperta, per mesi non ha fatto altro che farmi passare da un ambulatorio all'altro per essere certa di cosa solo lei lo sapeva e lo sa. Ah! E grazie! Patterson, dopo, mi ha cercato ovunque. Voleva lo stesso trattamento che avevo riservato a te. Infondo, facendolo con te non solo ho conquistato la popolarità, ma anche un discreto stuolo di ragazzini disposti a tutto pur di infilarsi nelle mie mutande. Per non parlare delle mie amiche di infanzia. Quelle si che si sono comportate come ogni amica che si rispetti. Sono scappate! Mi sono andate contro! Infondo, erano thatters anche loro, come biasimarle?" e detto questo si voltò cercando di nascondere il viso.

Non voleva far vedere ad Howard le lacrime che minacciavano di scendere.

"Io... Io ti chiedo scusa... Davvero?" biascicò stupidamente e imbarazzato Howard.

"Scusa!" esclamò Ann voltandosi mentre una perla argentata mista a trucco scivolava lungo la guancia. Alla fine non ce l'aveva fatta. Una lacrima era scesa: "Non basta un semplice scusa per tutto questo. E non venirmi a dire che per te è stato lo stesso, che è stato difficile. Perché non sarà mai la metà di quello che ho passato io. Ed ora fammi un favore. Esci da qua. Non ho intenzione di sentire altre cazzate"

Ann sospirò forte, cercando di ricacciare le lacrime. Howard con le braccia lunghe contro il corpo la guardò come perso.

Poi, con la voce rotta, disse:

"Non ti dirò di essere stato peggio. Non voglio. Non credo nemmeno che quello che ho passato io valga la metà di quello che hai passato tu. Ma so ammettere i miei errori. E voglio dirti questo. Io avevo un nome, un'immagine. Nigel ci stava costantemente alle calcagna. Ora posso dire che mi stavo innamorando di te, ma volevo difenderti comunque dal mio mondo. Solo che ho scelto la strada sbagliata. Tu non puoi saperlo. Ma quando mi stavi vicino il mio mondo si colorava, senza che usassi qualcosa di artificiale, o l'alcool. Tu eri pura. Ed io puro in quel modo non lo ero da tanto tempo. Poi è arrivato Robbie. A quel tempo era fuori da ogni controllo. Beveva, si drogava, distruggeva ogni cosa che toccava o gli stava vicino. E non volevo che facesse lo stesso con noi. E alla fine ha vinto. Mi ha fatto dire quello che ha voluto. Che tu hai sentito. E per non distruggere quello che avevo creato, quando sei scappata, ricordando quello che aveva detto Nigel quando ha visto l'articolo, ti ho lasciato andare..."

"I soldi fanno sempre più gola dei buoni sentimenti" sentenziò dura Ann.

"Ann... Ero un ragazzino viziato. Davanti a me c'era una strada lastricata e dorata. Gli altri dicevano che era una prigione. E alle volte lo era davvero. Ma se devo essere onesto a me piaceva il mio lavoro e sapevo che dovevo scegliere. O la fine o tutto" ribatté Howard serio.

"È finito tutto, comunque, dopo un anno. Prima Robbie. E poi voi" disse quasi alle lacrime Ann.

"Ma allora non potevo saperlo. Io credevo che sarebbe durato per sempre" si giustificò Howard.

"Di una cosa ti devo essere grata. Ho capito che anche le persone che più ami alle volte ti possono ferire. E che nulla è per sempre per quanto ci sforziamo a credere che sia davvero così!" ripose Ann caustica.

"Ann! Quello che voglio è dimostrarti che sono cambiato. E voglio dimostrartelo dicendo che ti voglio essere amico, senza sesso. Perché vederti a quella festa mi ha fatto capire che voglio una seconda possibilità. Concedimela. Ti prego"

Ann guardò Howard. Piangeva come un bambino. Aveva parlato con il cuore in mano. E quegli occhi che prima erano magnetici, ora ispiravano tenerezza. Non sapeva perché, ma sentiva che quello che stava dicendo era vero.

Lo guardò un'altra volta e poi, chinando il capo, imbarazzata, replicò:

"Giurami che non ci sarà altro"

"Te lo giuro" disse speranzoso Howard

Ann lo guardò e sorridendo disse:

"Fammene pentire Howard e giuro... Questa volta me la pagherai davvero"

Howard l'abbracciò e Ann accolse il bacio sulla guancia che lui le dava, chiudendo gli occhi.

"Grazie Ann" sussurrò Howard visibilmente al settimo cielo.

"Va via! Prima che cambi idea" scherzò Ann.

Howard fece come ordinato, felice.

Ann lo accompagnò alla porta e poi lo guardò allontanarsi dalla finestra. Lo seguì mentre entrava in macchina e, quando la vettura lasciò il viale, sospirò.

La sedicenne in lei urlava vendetta. Ma la ventisettenne aveva visto tutte quelle lacrime che aveva versato per lui quando era ancora una ragazzina. E voleva credere che Howard fosse davvero cambiato.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** -CRISTALLI: Capitolo 7- ***


CAPITOLO 7: Complotti.


"STOOOP!"gridò il regista "Questa è la scena in cui il ricco ragazzo incontra la ragazza povera. Tu, Dylan, credi che lei appartenga al jet-set. E tu vuoi che lui non pensi diversamente. Devi essere interessato a lei, tu, Ann, invece sei nervosa perché sai che lì ci sono delle persone che potrebbero scoprire il tuo gioco..."

"Semplice, no? Specialmente se si sta seduti comodi su di una sedia a gridare ordini!" scherzò Dylan.

Ann rise e disse:

"Ti posso assicurare che per il fingermi nervosa non devo nemmeno sforzarmi più di tanto. Lo sono abbastanza. A dire il vero sono proprio un fascio di nervi. Ma tu credi che il regista abbia capito che questi sono solo i primi ciak?"

"Si. Almeno che non abbia iniziato da solo ieri riprendendo gli operatori che montavano il set" disse Dylan, scoppiando a ridere assieme ad Ann.

"Allora. Vogliamo andare in scena?" ordinò il regista spazientito.

Dylan fece un segno per lasciare il passo ad Ann. Lei sorrise accettando e si mise nella posizione prevista da copione.

"LA FESTA. SCENA IX°. CIAK"

"Quindi tu sei Kiran Mc Gregor.." disse Ann nervosa.

"Si.." sorrise Dylan facendo un segno con il calice.

"Ma quei Mc Gregor?" chiese lei sempre più nervosa.

"Quei Mc Gregor"rispose divertito Dylan. "E tu?"

"Jen. Lloyd... Jen Lloyd.."rispose Ann.

"Quei Lloyd?" chiese nervoso Dylan, stavolta.

Ann annuì. Dylan sorrise soddisfatto e aggiunse:

"Spero davvero che tu ti stia divertendo. L'ultima cosa che vorrei è che una del casato Lloyd si annoi alla festa di un Mc Gregor..."

"STOOOP! BUONA!"

Ann e Dylan si diedero cinque.

Si allontanarono lasciando posto ad altri due attori.

Fu allora che, dopo che una truccatrice aveva sistemato il trucco ad entrambi, Dylan, disse:

"Per la cena... Il mio adorato maritino ha accettato! Mi permette di venire da te"

"Uhm... Un paio di giorni fa non mi avevi detto che eravate sposati!" scherzò Ann.

"Infatti, non solo siamo. Ma dopo tutto questo tempo e per come si comporta lui è come se lo fossimo"rise Dylan, aggiungendo poi: "Naturalmente... Ha dei grandi impegni che lo costringono a non partecipare alla cena. Quindi... Ci sarò solo io. E visto che la cena è a casa tua. Penso che sia davvero un bene che quel paranoico stia alla larga"

"Posso farti una domanda?" chiese Ann seria stavolta.

"Sì! Basta che tu non mi chieda di avere un figlio con te. Per il resto posso darti tutto" ribatté Dylan bevendo un sorso d'acqua dalla sua bottiglia.

Ann rise e poi, tornando seria, chiese:

"Ma sei ti da così tanti problemi, perché stai ancora con lui?"

Dylan sospirò e disse:

"Lo amo. E quando ami qualcuno... Beh! Gli perdoni tutto. Anche le brutte figure con gli amici. Anche le cose passate"

Ann rimase un attimo in silenzio.

"Lo amo. E quando ami qualcuno... Beh! Gli perdoni tutto. Anche le brutte figure con gli amici. Anche le cose passate"

Cosa voleva dire quello? Perché le sembrava quasi che quella frase di Dylan la riguardasse da vicino, nonostante lui non conoscesse nulla della sua vita passata? Che fosse una mossa del destino che la voleva prendere in giro?

Cosa voleva dire? Che doveva perdonare Howard?

"Ann! Ann!" disse Dylan.

"Si!" fece Ann come scendendo dalle nuvole.

"Ci stanno chiamando!" rispose Dylan.

"Arrivo!"sorrise Ann seguendolo.

Doveva dimenticare Howard, perché sciupare quell'occasione d'oro per colpa di qualcosa lontana mille anni, era stupido.


"E' una cavolata"disse Mark serio.

"Per me è perfetto"asserì Gary.

"E se ci dovessero scoprire?"chiese Jason preoccupato.

"Sentite. E' un mio piano. Quindi è naturale che sia perfetto!" sorrise Robbie indicandosi.

"A parte il fatto che tu non puoi venire" disse Gary indicando Robbie.

"Perché?"chiese Robbie deluso.

"Se quella poveretta ti vede, le viene un coccolone. Nel migliore dei casi" sorrise Jason.

"E nel peggiore?"chiese Robbie interessato.

"Quattro punti di sutura. Le donne sono campionesse di lancio del posacenere. E non te lo passano per spegnerci le sigarette"rispose Mark facendo ridere tutti.

"Ahahahah!"rise sarcastico Robbie. "Il piano è mio. Pompey ce lo metto io! Quindi alla cena vengo anche io. Che vi piaccia o no!"

"Cosa vi piaccia o no?" chiese Howard entrando nella camera dove stavano i quattro.

Robbie sorrise. Non aveva ancora visto Howard dato che, la sera prima, aveva visto solo gli altri tre. Si avvicinò e abbracciandolo disse:

"Nulla, mate. Sai che sono un rompipalle immenso. E che metto sempre condizioni su tutto"

"Ehy!" disse Howard guardandolo. "Guarda che ora hai poco da fare lo sbruffone. Gary ha imparato a ballare. E non abbiamo più bisogno di te"

Tutti risero e Gary disse:

"Ridete, ridete. Vedrete che un giorno vi sotterro. Il grande ballerino Gary Barlow vi farà mangiare la polvere!"

Tutti scoppiarono a ridere ancora più forte. E Jason aggiunse:

"Il bello di noi cinque è questo. Non cresciamo mai!"

"Ma tu sei cresciuto. Hai le rughe" lo prese in giro Mark.

"Ehy! Ha parlato l'uomo Braille"replicò Jason.

"Prima che non la finiamo più... Che ne dite se ci andiamo a fare una birra?"propose Gary.

"Magari una coca cola. E parteciperò ad ogni brindisi con l'anima" rispose Robbie.

"Basta che sia anche tu dei nostri"disse Mark dandogli una pacca.

La proposta venne accolta da tutti con allegria.

E assieme uscirono.


Ann rientrò a casa e poggiò l'ombrello nell'andito prima di entrare in salotto.

Fuori pioveva a dirotto. Il che significava che se continuava così, il giorno dopo avrebbe dovuto girare ancora in studio. E cominciava ad essere un po' opprimente dato che dopo poco ci sarebbe stata la prima scena di sesso. E Ann sentiva che con Dylan sarebbe stato un po' difficile visto il bel rapporto che si stava creano tra loro. E anche perché Dylan era gay, dettaglio non proprio di secondo piano almeno se c'era da girare, seminudi, una scena di sesso davanti ad un set che per metà conosceva gli orientamenti sessuali di entrambi.

"El! Sono a casa!"

Eloise si affacciò alla porta e disse:

"Ah!" e sorridendo disse: "Come è andata?"

"A parte pensare di voler uccidere il mio regista... Beh! Devo dire che è andata bene" rise Ann aggiungendo: "E' già pronto? Sento un profumino?"

"Si. Ricetta indiana. Me l'ha data Jasmine. Deve essere buona" ripose Eloise: "Mi aiuti ad apparecchiare?"

"Certo!" disse Ann andando in cucina e cominciando a prendere tutto il materiale.

Apparecchiarono ridendo ogni qualvolta si incrociavano-scontravano. Poi, quando fu tutto pronto, Eloise portò il piatto da portata con dentro il riso e tutti gli altri condimenti e si misero a mangiare:

"Ah!" esclamò Ann tra un boccone e l'altro: "Alla cena di venerdì viene anche Dylan. Ti da fastidio?"

Eloise quasi si strozzò. Versò un bicchiere e disse:

"B-Bene!" e dopo aver bevuto un sorso d'acqua, disse: "Se vuoi quella sera esco"

"El! Ma che dici? Una cosa di cui non ho bisogno con Dylan è il campo libero dato che è un mio collega. E sai come la penso sui colleghi e le relazioni" mentì Ann guardando l'amica di sottecchi.

Non sapeva perché, ma non voleva dirle che Dylan fosse gay. Preferiva che lo facesse lui. Era una cosa troppo personale perché la dicesse lei ad Eloise.

"Infatti! Potreste parlare di lavoro, dover provare qualche scena.."ripose Eloise.

Ann prese un'altra porzione dal piatto da portata e guardando sempre meno convinta l'amica, disse:

"Ti conosco abbastanza da poter dire che sei nervosa. Mi stai nascondendo qualcosa?"

Eloise si versò del vino e sorridendo disse:

"S-sì! Lo sono. Ma tu non c'entri. È perché devo consegnare un progetto entro la fine della settimana. E sai com'è il mio capo... Vino?"

Ann fece cenno di no con le mani e disse, incrociando le braccia e sollevando un sopracciglio:

"Facciamo una cosa. Se tutto va bene... Venerdì facciamo una cena per festeggiare l'inizio delle riprese e per la consegna di questo lavoro. Che ne dici?"

Eloise bevve in un lungo sorso tutto il vino e guardando Ann, con un sorriso nervoso, poggiando il bicchiere, disse:

"Uhm! Fantastico"

"Naturalmente puoi invitare chi vuoi" la sfidò Ann.

"C-certo!" sorrise Eloise cercando di celare il nervosismo "Ora però vado a prendere un po' di salsa di soia. E' quasi finita" concluse alzandosi.

Ann la guardò e domandò seria:

"El? Non mi stai nascondendo nulla, vero?"

Eloise si voltò. Ann poteva vederlo - a dire il vero lo poteva vedere anche un cieco - una strana espressione di disagio dipingersi nel viso dell'amica. E seria, l'attrice continuò:

"Non hai parlato con Howard in qualche modo. Perché sto cominciando a pensare che in questa storia del nostro incontro c'entri qualcosa tu.."

"NO!" esclamò con veemenza Eloise.

Ad essere sinceri, almeno quello non era del tutto vero. Howard aveva trovato da solo la casa subito dopo la festa. Lei non lo aveva aiutato in alcun modo. E di certo era allo scuro dell'ideona di Howard di andare a parlare ad Ann, dato che entrambi si erano messi d'accordo per il famoso venerdì sera.

"Lo sai che se mi stai nascondendo qualcosa e che non va bene per due amiche come noi"disse Ann incrociando le braccia.

Eloise sorrise e sussurrò:

"Non ti nascondo nulla" e sparì in cucina.

Ann sospirò guardando l'amica allontanarsi. Non sapeva perché ma credeva che sulla strana apparizione di Howard in casa loro Eloise c'entrasse qualche cosa.

E quella sensazione non le piaceva proprio.


"Ma sei sicura?" chiese Dylan versandosi un bicchiere d'acqua.

Il vociare più o meno forte nella mensa, non copriva la voce di Ann, che con un grosso boccone in bocca disse:

"Nezonnozigura"

"Tesoro... A parte che sei disgustosa! Potresti non parlare con la bocca piena? Non capisco nulla quando parli" sorrise Dylan.

Ann deglutì il boccone e bevendo un bicchiere d'acqua disse:

"Scusa! Comunque... Ne sono sicura. Eloise ed Howard si sono sentiti"

Dylan rimase in silenzio un attimo e poi disse:

"A complotto si risponde con un altro complotto. L'unica cosa che possiamo fare, se la tua amica non conosce i miei orientamenti sessuali come hai detto, possiamo fingere. Infondo lo facciamo sul set tutti i giorni"

"Che intendi dire?" chiese Ann guardandolo senza capire.

"Allora. Mi hai detto che non hai detto ad Eloise che ero gay, perché nessun giornale ha mai scoperto questo fatto. E dato che pensi che sia una cosa troppo personale per buttarla tu così anche alla tua migliore amica, preferisci che glielo dica io. Giusto?" ragionò Dylan.

"Si" annuì Ann mangiando un altro boccone.

"E se io non le dicessi che sono gay? Tanto in meno di tre mesi, i giornalisti, cercheranno qualsiasi cosa per far credere che siamo fidanzati. E se lo facessimo credere anche a lei?" sorrise Dylan raggiante.

"Scusa?" chiese Ann confusa.

"Quello che voglio dire è: fingiamo già tutti i giorni. Possiamo farlo anche venerdì a cena. Lei non sa nulla. E io non le dirò nulla. Fingeremo che tra noi sta nascendo qualche cosa. E il tuo Howard. Beh! Se come pensi tu venerdì sarà dei nostri, faremo in modo che anche lui ci caschi con tutte le scarpe. E vedrai che si farà da parte" disse Dylan facendole l'occhiolino.

"Ne sei sicuro?" domandò perplessa Ann.

"Certo. Lei gli dirà tutto.. E dato che lui ha detto che vuole solo esserti amico, lascerà in pace la tua amica e tu potrai respirare in santa pace"rispose Dylan.

Ann ci pensò un attimo. Il piano non faceva una piega. Infondo Howard doveva pagare quello che aveva fatto. E uno schiaffo morale del genere era la cosa migliore. E porgendo la mano al collega disse:

"Ci sto!"

I due ripresero a mangiare e poco dopo Dylan le chiese:

"Ann. Posso farti una domanda?"

"Dimitruffo!" disse Ann con la bocca piena.

"A parte che quando ti vedo mangiare con la bocca piena mi chiedo come sia possibile che sia successo. Comunque..." rise Dylan prendendo un buffetto sul braccio dalla ragazza: "...seriamente! Anche io ero un fan dei Take That. Nella fattispecie di Howard. E mi sono sempre fatto una domanda. Ma quanto è bravo Howard Donald a letto?"

Ann rise e con il tovagliolo cominciò a picchiare Dylan che, ridendo a sua volta, cercò di ripararsi dai colpi che l'amica le inferiva.


"Sì! LO SO!" esclamò Eloise al telefono. "Non le devo dire nulla"

"El... Lo so che posso sembrare un rompi scatole. Ma voglio che tutto sia perfetto. E non devi dirle che ci sono anche io. Arriverò a casa vostra con la scusa di una visita. E lei non saprà mai che c'entri anche tu" disse Howard.

"E vorrei ben vedere. Ci manca solo che, per colpa tua, litighi con lei"disse Eloise secca.

"Non litigherai. Te lo prometto. Grazie El! Non sai che aiuto mi dai" sorrise grato Howard.

"Howard!" intervenne Eloise.

"Si?"chiese Howard.

"Questa è l'ultima volta che faccio una cosa del genere ad Ann. Se va male così, non mi chiedere di aiutarti un'altra volta. Non voglio complottare contro la mia migliore amica. E poi... Le hai tolto troppe cose in passato. Non voglio che litighi anche con me per colpa tua" rispose Eloise dura.

"Giuro che se andrà bene stavolta sarà l'unica volta che ti metto in mezzo.."ribatté Howard piano.

"Lo spero" continuò Eloise nello stesso tono. "Ora devo tornare a lavoro. Ho finito la pausa. Ci sentiamo per venerdì, Ok?" e senza aspettare risposta chiuse il telefono.

Si strinse nel cappotto e ripose il cellulare in tasca. Nervosa camminò verso l'ufficio. Poi si bloccò verso l'off-license. entrò e prese un pacco di sigarette.

Ne fumò una appena fuori dal negozio.

Aveva smesso tre anni prima. Ma quello che stava succedendo la rendeva troppo nervosa.

E fumare era l'unica cosa che la tranquillizzava.

Sedute d'ipnosi andavano a farsi benedire. La forza di volontà pure.

Accidenti al Donald e ai suoi complotti del cavolo.




Complotti, complotti e ancora complotti.

Qualche cosa mi

dice che la cena di venerdì non finirà per niente bene.

E secondo voi?

Lasciatemi il tempo per ringraziare

chiaretta78 (che non manca mai,

non come me che sto cercando di finire le mie storie

e non riesco a recensire la sua);

dafne_18 che mi scrive delle bellissime recensioni;

e orangina che è la prima che ha

recensito questa storia e

continua a farlo.

E ringrazio chi ha aggiunto la storia tra le preferite e altri.

E chi mi segue in silenzio senza recensire.

E le forze celesti e tutto.

Scherzi a parte.

Ringrazio tutti davvero. E vi invito alla cena del venerdì nel prossimo capitolo.

Per chi non è una fan...

Molte delle battute che scrivo prendono

spunto dalla realtà in

quanto i ragazzi amano sfottersi da tempi immemori.

Un bacio e alla prossima.

Niniel82.


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** CRISTALLI: Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8: La cena per farlo ingelosire.


Ann sistemò con un dito il rossetto sulle labbra.

Sorrise all'immagine riflessa: aveva fatto come le aveva chiesto Dylan. Farsi bella, bellissima, tutto pur di far morire Howard di gelosia.

E così, aveva piegato i capelli in un nodo lento, indossato un vestitino nero con una profonda scollatura sul seno e lisciò la gonna morbida con la mano.

Guardò gli occhi valorizzati da un trucco leggero, scuro solo ai lati e sorrise soddisfatta. Aveva fatto del suo meglio per far morire Howard. E sperava di esserci riuscita.

Spruzzò un po' di profumo, uscì dalla camera e sorrise ad Eloise.

"Ann sei bellissima.." disse l'amica stupita.

"Grazie!" esclamò Ann facendo una piroetta su se stessa.

In quel momento qualcuno bussò alla porta.

"Chi è?" chiese Ann prontamente Ann, guardando l'orologio: “Non può essere Dylan. Mi ha detto che sarebbe venuto alle sette e mezza e manca mezzora!”

"Non lo so. Nemmeno io aspettavo nessuno!" rispose Eloise cercando di sembrare il più possibile tranquilla.

Beh! L'unico modo che abbiamo per scoprirlo e andare ad aprire!” sorrise Ann dirigendosi verso la porta.

Eloise deglutì e trattenne il respiro mentre Ann apriva la porta. E quando l'amica lo fece lei non lo vide, ma quando si trovarono uno di fronte all'altro, si osservarono in silenzio. Fu Ann la prima a parlare e a dire, con una voce che non sembrava davvero stupita:

Howard! Che ci fai a casa mia di venerdì sera?”



"Porca miseria Gaz.. Vuoi muoverti?" esclamò Robbie dalla macchina.

"Un attimo" disse Gary uscendo di casa, sistemando un pacchetto.

Mark lo guardò curioso. E quando l'amico si mise a sedere vicino a lui, cercando di annusare, chiese:

"Qualche specialità Barlow dentro quel pacchetto?"

"Fatti i fatti tuoi tappo... Non devi toccare fino a che non ceniamo"ribattè Gary pestando una mano che Mark, invano aveva cercato di allungare per vedere cosa ci fosse.

"Banoffi?" chiese Jason subendo lo stesso destino di Mark, dopo aver allungato la mano.

"Vi ho detto che non si tocca.." disse Gary severo. "E smettetela di fare i bambini.. Non voglio fare figuracce con le padrone di casa..."

"Se vuoi la diamo a Pompey e guido io. Con lui stai in una botte di ferro. Non ama i dolci" sorrise Robbie.

"Ho intenzione di arrivare a casa di Ann e non al commissariato più vicino solo perché tu hai guidato senza patente. Anche se sarebbe per una giusta causa" asserì Gary, stringendo un po' di più il pacco, annuendo.

"Dio quanto storie! Quante volte avremmo mangiato sta cavolo di Banoffi"esclamò Jason.

Gary lo guardò a bocca aperta, stupito e indignato dall'affermazione del compagno di band. E offeso disse:

"Bene. Vuol dire che non ne prenderai più una fetta"

"Quindi è Banoffi!" esclamò Mark trionfante.

"NO!" disse Gary risentito.

"See... A chi lo vuoi far credere. Non hai inventiva Barlow e vai sempre al risparmio. Avrai comprato il latte condensato da qualche pakistano e le banane avrai usato quelle più brutte e più nere che le vendono per poco" disse Robbie.

"Non è che solo perché voi credete che ci sia della Banoffi qui dentro, ci sia davvero della Banoffi, primo. Secondo... La smette di dire delle falsità su di me? Non sono avaro" rispose contrariato Gary e cercando di non notare gli sguardi divertiti di Mark, Jason e Robbie, aggiunse: “Terzo... Non è per niente vero che non ho inventiva!!”

"Barlow, sono vent'anni che ci propini sempre la stessa cosa. Vuoi che non sappiamo che, la, c'è la Banoffi" esclamò Robbie ridendo di gusto.

"Hai dato pure la ricetta su di una dei DVD che abbiamo fatto nel 1995" disse Mark.

"Perché avevi il DVD nel 1995. Ne hai inventato uno solo per te?" scherzò Robbie guardando Mark fargli la linguaccia dallo specchietto retrovisore.

"Dire VHS è troppo antiquato" puntualizzò Mark.

"Beh! Non è colpa mia se quando hanno iniziato a togliere i nostri LIVE, c'era ancora il grammofono, Mark!" sorrise Jason.

Tutti risero e Pompey, guardò scoraggiato Robbie.

Uno lo poteva reggere, tutti no.

E Robbie serio disse:

"Tranquillo Pompey.. Sono così da quasi vent'anni. Ma sono innocui" e ridendo sistemò la cintura di sicurezza mentre la guardia del corpo ingranava la marcia e partiva.


Howard! Che ci fai a casa mia di venerdì sera?” chiese Ann guardandolo.

"Caspita! È così che si accoglie un amico?" sorrise Howard e le baciò una guancia.

Ann non si mosse, ma la sua staticità non era dovuta alla sorpresa e fu il cantante per primo a rendersi conto che Ann non era per niente stupita nel vederlo lì.

Eloise tossicchiò raggiungendoli dalla sala, sorrise nervosa e cercando di essere sempre il più naturale possibile -con scarsi risultati tra l'altro- disse:

"Ah! Ann questo è quel tuo amico che hai visto alla festa!" e avvicinandosi, tendendogli la mano disse: "Io sono Eloise Cotton..."

"Strano" osservò Ann non celando un certo sarcasmo. "Credevo lo conoscessi"

"A dire il vero è la prima volta che lo vedo"disse Eloise cercando di non far notare che il suo nervosismo cresceva a vista d'occhio.

"Eppure lui era ed è uno dei Take That. Mi sembra strano che tu non lo conosca.. Tutte le donne del Regno Unito lo conoscono..." puntualizzò Ann con una punta di cattiveria malcelata.

"Beh! Come Howard Donald lo conoscono tutte. Ma non avevo avuto il piacere di incontrarlo da solo.." ribatté Eloise.

"Sicuri?" chiese Ann guardando Howard.

Howard grattò la testa imbarazzato e cercando di deviare il discorso, sorrise e rispose:

Avevo voglia di vederti e sono venuto a trovarti. Magari per mangiare qualche cosa assieme!”

Ann annuì per nulla convinta da quello che stava dicendo il cantante e replicò:

Proprio di venerdì sera. Quando io e la mia amica facciamo la nostra cena assieme!”

Howard cercò di sorridere mascherando l'imbarazzo per quella situazione ambigua e fingendo per l'ennesima volta di non aver sentito quello che aveva detto la ragazza, rispose:

Si gela qua fuori! Posso entrare!”

Certo!” esclamò spostandosi Ann, facendo spazio ad Howard e aggiunse: “Non vorrei che le chiappe più conosciute del Regno Unito prendano freddo!” e aiutò Howard a togliersi il giubbino.

Howard sorrise ad Eloise cercando di fargli prendere coraggio.

Ann, invece, dopo aver poggiato il giubbotto nella camera, stava per ricominciare l'invettiva quando suonarono di nuovo il campanello. Stavolta la sorpresa fu generale. E fu sincera.

"Oh! Forse è Dylan" sorrise Ann dirigendosi alla porta.

Howard sbarrò gli occhi e chiese:

"Dylan?"

"E' un suo collega" rispose Eloise.

Howard corrugò la fronte. Odiava ricevere sorprese quando era lui ad averne messa in atto una. Cercando di non farsi notare da Ann allungò il collo per riuscire a vedere chi fosse questo Dylan e come si comportasse Ann in sua presenza, ma fu colto dall'ennesima e forse sgradita sorpresa della serata.

"BUONASERA!" si sentì invece un coro di tante voci.

Non apparve nessun Dylan. E tanto meno un gruppo di amici di Ann o di Eloise.

Il primo ad apparire fu Gary che dando un pacco ad Ann disse:

"Ciao Ann. Se non ti ricordi di me io sono Gary... Questo è da mettere in frigo. L'ho portato per il dopo cena..." e guardando Eloise continuò: "Tu devi essere l'amica di Ann, piacere Gary Barlow..."

"Sempre il solito. Accidenti a Gary e alle sue manie di protagonismo"disse Robbie. "Ciao Ann. Caspita! Ti sei fatta bella. Oddio!! Se sei quella che ricordo, non eri brutta nemmeno un paio di anni fa, ma con tutte le droghe che prendevo potrei anche sbagliarmi. Quindi non prendere come offesa ogni complimento fatto come paragone al passato" e baciò la mano della ragazza che lo guardava a bocca aperta e con gli occhi sbarrati.

"Basta non dire nulla che riguardi il passato dato che hai fatto solo casini"rispose Mark poco dietro, spingendo Robbie. "Ciao Ann.. Scusa se non ti abbiamo chiamato prima di venire.."

"Come potevamo, pezzo di idiota! Non abbiamo il numero di telefono" fece eco Jason. "E cerca di toglierti dalla porta. E se c'è qualcuno davanti a te... Spingi! Ma salva la Banoffi!" ed entrando dopo Mark, facendo il galante disse: "Piacere di rivederti Ann. E scusa i miei amici se sono maleducati e provinciali. Essere ricchi non significa essere dei signori come me..."

"Infatti! Tu non lo sei" specificò Mark.

"Un signore?" domandò Jason. "Lo sono più di te, tappo"

"Credo che intendesse ricco J" rise Robbie.

Eloise guardava il salotto. Tutti e cinque i Take That erano a casa sua.. Se le avessero detto una cosa simile tredici anni prima avrebbe riso in faccia a chi glielo diceva. Anzi! Non doveva andare così lontano: bastavano due settimane per non crederci.

"Cosa ci fanno i tuoi amici qua?" chiese spiegazioni Eloise.

Howard, in un misto tra il divertito e 'ok! Ora mi arrabbio!', rispose:

"Se ti dicessi che hanno fatto tutto loro ci crederesti?"

Ann entrò con ancora il pacco in mano e la bocca aperta. Eloise, più per scuoterla che per gentilezza, prese il pacco e disse:

"Lo metto nel frigo, Gary ha detto che va in frigo" e scosse la testa. Era la serata delle sorprese. E non avrebbe mai immaginato di poter dire quella frase. Infondo mica tutti i giorni, il più grande song-writer inglese ti dice di mettere in frigo il dolce che ha portato auto invitandosi a casa tua.

"Posso venire con te?" chiese Mark che senza attendere risposta entrò in cucina.

Ann guardò Howard, ancora a bocca aperta e domandò:

"Che significa?"

"Io non c'entro nulla.." rispose Howard allargando le braccia.

"ODDIO!" esclamò Mark dalla cucina.

Robbie corse in soccorso e disse:

"Che cazzo ti urli! Non ti porto più da nessuna parte Mark, se ti agiti così tanto in presenza di sconosciuti!" e poi aggiunse battendo le mani divertito: "Barlow sei cambiato davvero, non c'è che dire!"

"Perché?" chiese Jason sporgendosi curioso.

Eloise in cucina boccheggiava: quei tre erano troppo vicini. La ragazzina che era stata loro fan stava sgomitando cercando di uscire, tipo dottor Jekyll e mister Hyde. Dovette far uso del buonsenso per non saltare al collo di Jason che sorrideva guardando il dolce che lei aveva appena scartato.

"NON E' UNA BANOFFI. E' UN TIRAMISU'!"esclamò Mark.

"Ammettilo Gaz.. Lo hai comprato... Tu non sai fare il tiramisù" lo indicò Robbie.

Howard rideva divertito. Poi, voltandosi, con un sorriso sulle labbra, fece una faccia a mo' di scusa, per far capire che lui non c'entrava, nonostante il fatto che con quei quattro li si stava divertendo come non succedeva da anni.

Ann ridusse gli occhi a due piccole fessure e stava per dire qualche cosa quando il campanello suonò di nuovo.

"E chi è adesso?" chiese Jason che aveva ficcato un dito nel tiramisù di Gary.

"Quella fetta la mangi tu, animale!" esclamò indignato Gary, seduto nel divano.

"Non sarà mica Nigel?" disse Robbie preoccupato.

"Magari ci ha seguiti" rise Mark.

Ann guardò Howard severa e girando sui tacchi mostrò tutta la sua indignazione con un solo sguardo e andò ad aprire.

Fu in quel momento che entrò Dylan che guardandosi intorno, divertito, disse:

"C'era una festa qui e nessuno mi ha detto nulla?"

Tutti si voltarono e salutarono il nuovo arrivato, presentandosi.

"Io non ne sapevo nulla" disse Ann arrabbiata.

"Abbiamo un problema" intervenne Eloise a voce alta.

Tutti si voltarono a guardarla e lei arrossendo disse:

"Io avrei preparato per tre persone. Massimo quattro. Ora siamo otto. E non credo che basterà.."

"Lo puoi surgelare?" chiese Gary pratico.

"Così lo porti a casa?" chiese Robbie facendo ridere tutti.

Gary lo fulminò con lo sguardo e disse:

"No. Lo può mangiare domani. Chiamiamo un cinese e ci facciamo portare qualche cosa. Che ne dite?"

"Pago io, però" disse Ann.

"Non esiste proprio..." ribatté Mark. "Vi abbiamo invaso casa... Quindi tocca a noi pagare"

"Allora, visto che sono quello più ricco, pago io per tutti. Gary e Jason appena hanno sentito dire che dovevano pagare sono sbiancati. Troppo avaro e troppo... Com'era J? Signore?" sorrise Robbie.

"Facciamo che decidiamo quando arriva il fattorino..."ribatté Dylan.

Howard lo guardò abbracciare Ann mentre parlava e una strana sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco, sommati al fatto che cominciavano a sudargli le mani, cominciò a far innervosire il cantante. Che voleva lui, lì? Era già difficile senza che si fosse messo in mezzo, figuriamoci se continuava a fare il cascamorto con Ann.

"Chiamo io" disse Eloise con il cellulare in mano.

"Io voglio il riso con la carne. Lo adoro.." disse Gary.

"Cafone!" rise Jason.

Dylan si rese conto dello sguardo di Howard e strinse più forte Ann baciandole la testa. Lei si voltò, guardandolo senza capire, e sorrise capendo con un solo sguardo di Dylan le sue intenzioni.

Howard non sapeva la verità. E quella era la cosa più importante.


A tavola le cose non andarono meglio. Il clima goliardico era tenuto alto da tutti, Dylan incluso, ma Howard non poteva non rosicare nel guardare i due che vicini si scambiavano tenerezze.

Non avrebbe mai immaginato che avrebbe, un giorno, potuto soffrire così tanto per una ragazza con cui aveva fatto l'amore dieci anni prima.

Voleva prendere a pugni Dylan ogni qualvolta sorrideva e parlava all'orecchio di Ann, facendola ridere di gusto.

Fu Robbie che, senza che Howard glielo chiedesse, aprì la rappresaglia verso i due:

"Allora. Mi avete detto che vi siete conosciuti grazie al film che state girando" e prese un'altra porzione di cibo. Alla fine, tutti avevano deciso di prendere piatti grandi da cui tutti potevano attingere.

"Sì!" rispose Dylan mangiando una forchettata di riso e prendendo la salsa di soya.

"Ho letto ieri su di una rivista che, 'PER AMORE O PER DENARO', è un progetto nuovissimo. Sarà la serie punta di diamante di Channel4" disse Gary serio, più perché era veramente interessato e perché aveva davvero letto la rivista che per seguire l'esempio di Robbie del quale non aveva capito le intenzioni.

"Uhm! Un nuovo progetto!" esclamò Jason piano. "E voi due vi conoscevate da prima?" chiese indicando Dylan e Ann e rispondendo al sorriso di Robbie.

"Diciamo che ci siamo conosciuti ai provini. Ne abbiamo fatti... Tre assieme?" chiese Dylan guardando Ann che annuì bevendo un bicchiere di vino.

Non aveva mai raccontato tante bugie nemmeno a sua madre quando, dieci anni prima, andava a dormire da Howard.

"Caspita! E vi frequentavate già da lì?" chiese Howard caustico.

"Proprio un colpo di fulmine!" esclamò Mark annuendo ma Jason, Howard e Robbie lo fulminarono con lo sguardo facendolo tacere.

Al povero Mark si spense il sorriso sulle labbra e a testa china riprese a mangiare.

Eloise, invece, guardava Ann stupita.

Possibile che non le avesse detto nulla di quella storia con il suo collega? Si erano sempre dette tutto! Come poteva aver tralasciato un dettaglio così importante?

"Oh! Guarda è finito l'olio!” esclamò Ann per sviare la discussione. “Vado in cucina a prenderne un po'!" e prendendo l'oliera si alzò da tavola.

Dylan sorrise e bloccando Ann per un braccio la baciò dolcemente sulle labbra. La ragazza posò una mano sulla faccia dell'attore e felice si allontanò.

Howard accusò il colpo in silenzio. Si guardò intorno e prendendo la bottiglia di vino disse:

"Qua non c'è più vino... Ne prendo un po'!" e alzandosi seguì la ragazza.

Quando la raggiunse si fermò sulla porta e disse:

"Stasera sei bellissima!” e avvicinandosi aggiunse: “E la cosa assurda è che non l'hai fatto per me!”

Ann sorrise, lo guardò, poi, versando l'olio nell'oliera, replicò:

"Non sarai geloso Dougie? Stavamo 'assieme' quando avevo sedici anni. Ero giovane e lo eri anche tu!"

Howard sollevò un sopracciglio e incassando il colpo, cercando di non farlo vedere e cercando invece di mettere in imbarazzo Ann, si avvicinò pericolosamente e aspirandone il profumo, poggiandole il naso sulla nuca, disse:

"Mi manca stringerti, Ann. Mi manca da morire! Alle volte mi chiedo se non mi fossi comportato come un deficiente se le cose tra noi sarebbero andate diversamente!”

Ann socchiuse gli occhi. La voce di Howard, bassa e il suo corpo attaccato al suo, la sconvolgevano. Lunghi brividi le percorsero la schiena e strinse forte la mano sull'oliera.

"Sto con Dylan.." sussurrò lei.

"Se stai con lui, perché stai tremando allora?" domandò lui con un sorriso e le passò la mano sul braccio.

Ann sospirò forte. La pelle divenne d'oca in un solo istante. Si voltò lentamente e disse:

"Non sto tremando..."

Howard le accarezzò una guancia. Sorrise e ribatté:

"Allora fingi davvero bene"

"Ho avuto un buon maestro" rispose Ann con odio.

"Io non ho mai finto con te" replicò Howard.

La sua bocca era vicinissima alla sua. Ann voleva chiudere gli occhi e abbandonarsi a quel bacio.

Ma non poteva. E riprendendo possesso di se stessa, disse:

"Peccato che hai sempre mostrato il contrario" e prendendo l'olio disse: "Il vino è da quella parte... Il cavatappi qua. Divertiti. Io vado dagli altri e dal mio ragazzo" e uscì fuori lasciando Howard da solo con i suoi pensieri e il cavatappi.


"NON E' GIUSTO PERÒ! IO HO MANGIATO UNA FETTA CON UNA DITATA IN MENO" si lamentò Jason.

"Sei stato avvisato di non toccare, signore. Hai fatto come hai voluto, a te la fetta con una ditata in meno..."disse Gary che passandosi una mano sulla pancia soddisfatto aggiunse: "Sono davvero pieno. Che si fa?"

"Prima di tutto darti un digestivo..." scherzò Robbie.

"Ne ho uno forte Gary. L'ho portato dal mio ultimo viaggio in Italia!” sorrise Ann.

Gary rise e disse:

"Intendevo... Usciamo?"

Dylan guardò Ann e disse:

"Ne hai voglia tesoro?"

Ann sorrise e rispose:

"Io sì! Ma solo se Gary ce la fa a sollevarsi dalla sedia" e rise guardando l'espressione contrariata del cantante.

"Bene. Ann è una dei nostri. Prende in giro Gary. Ha capito tutto.."scherzò Robbie.

Eloise sorrise e disse:

"Se dovesse andarti male con la carriera di attrice sai che hai un futuro come prima donna nel gruppo dei Take That!"

Mark sorrise e indicando Eloise, disse:

"Lei è un'ottima apprendista però"

Cominciarono a prendersi in giro. E Gary, prendendo parola, si intromise e disse:

"Prima che non ne usciamo vivi da questa discussione... Avete deciso dove andare?"

"Io ho lavorato al "Jewels" un paio di anni fa. Mi conoscono ancora tutti! Anche se, beh! Voi sarete dei frequentatori abituali..." aggiunse imbarazzata.

Mark scosse la testa e disse:

"Non è vero. Jason non ci va mai?"

"Troppo caotico per uno intellettuale come lui?" chiese Eloise conoscendo la risposta di Mark.

"No. I buttafuori vedono che si veste da Primark e non lo fanno entrare" rispose Mark facendo scoppiare una grossa, unica fragorosa risata.

"Allora! Si va al Jewels?" chiese Robbie.

"Si!"dissero tutti in coro.

"Chiamo Pompey e dico di avvisare che stiamo arrivando"disse Robbie.

"Io lascio" disse Howard.

"Troppo tiramisù?" scherzò Jason.

"Oppure troppo tardi? Sai... Ad una certa età ci si ritira presto per non risentirne troppo la mattina dopo" continuò Dylan.

Howard lo guardò stringere Ann e, prendendo l'ultima frase come una sfida, disse:

"Beh! Ripensandoci. Sono ancora troppo giovane per andare a dormire alle undici. Vengo con voi"

"Bene!" disse Eloise. "Prendo i cappotti e andiamo?"

Tutti asserirono e Robbie entrò dicendo:

"La grande star del pop può andare al Jewels. Stanno tenendo il locale apposta per noi!"

Tutti lo presero in giro per quella battuta.

Tutti tranne Howard.

La prima parte della cena era finita.

La seconda stava per aver inizio. E se andava come la prima... Beh! Le cose per lui andavano davvero molto male.




Bene bene...

Ed eccoci finalmente alla

tanto agognata cena del venerdì.

Di venerdì...

eheheheh!!!

Spero che il capitolo vi sia piaciuta.

Ho riscritto dei pezzi ma

non ne sono per nulla convinta.

Bon. Ringrazio:

dafne,

chiaretta,

orangina

e Silvy-V.

Vi ringrazio davvero. E

spero di non avervi

deluso con questo

capitolo.

Vi mando un bacio.

Alla prossima con

l'uscita non richiesta

dei Fab5 con le due donzelle.

Che succederà???

Lo scopriremo solo vivendo.

Un bacio.

Niniel82.

LA STORIA DELLE CHIAPPE VA RICOLLEGATA ALLA VHS HOMETOWN DOVE HOWARD MOSTRAVA LE NATICHE VESTITO DA DIAVOLO. ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** CRISTALLI: Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9: Al Jewels


Il 'Jewels' è un locale nei pressi della piazza simbolo di Londra, Piccadilly Circus. Molto chic, molto in, con tanto di selezione non solo all'entrata ma anche per il personale.

Ann ci aveva lavorato per due anni, come barista, un po' di tempo prima. Aveva lasciato per seguire il sogno di diventare attrice e, più d una volta, si pentiva della sua scelta. Aveva creato una famiglia con i ragazzi e le ragazze che lavoravano nel locale. E anche se con alcuni si vedeva di tanto in tanto, con molti si era persa di vista.

Quindi, quella sera, era davvero felice all'idea di rivedere molti dei suoi vecchi amici.


"JEFF!" disse Ann allargando le braccia e abbracciando il grosso energumeno bianco, tozzo e rasato, molto alto e con un grosso auricolare che gli serviva per parlare con i colleghi all'interno del locale.

"Ann Belle!" sorrise l'uomo rispondendo all'abbraccio: "Ammettilo. Sei venuta qui perché hai deciso di sposarmi"

"No. Tu mi spezzeresti il cuore e mi sembra che lo hai già fatto troppe volte" scherzò Ann dandogli un bacio sulla guancia.

L'uomo sorrise e disse, con vero rammarico nella voce:

"Tesoro, stasera non posso farti entrare. Deve venire gente molto importante"

"Per caso Robbie Williams con tanto di Take That al seguito?" lo prese in giro Ann.

"Chi ti ha fatto la soffiata? Qualcuno del locale?" chiese stupito Jeff.

"So anche che ha chiamato la guardia del corpo di Robbie Williams, Pompey.. E che loro stanno per arrivare e hanno chiesto di poter avere tutto il locale a disposizione" replicò Ann facendo ridere Dylan e Eloise, rimasti fino a quel momento in silenzio dietro di lei.

"Ann. Come diavolo...?" stava per dire Jeff quando la sua attenzione venne attirata da un gruppo di ragazzi ce parlavano ad alta voce.

"Giuro, la prossima volta che mi devo camuffare, non vi chiedo aiuto. Ann sei già qui!" esclamò Robbie avvicinandosi al quartetto.

A dire il vero, Ann riconobbe la voce di Robbie e dovette far leva su tutta la sua buona forza di volontà per non scoppiare a ridergli in faccia.

"Ma perché sei conciato così?" chiese guardandolo divertita.

Robbie aveva un cappellino da baseball calato sulla testa, una sciarpa che lo copriva fino al naso,un piumino un po' stretto e un paio di occhiali da sole.

"Il cappellino è il mio, la sciarpa di Howard, il piumino di Mark e gli occhiali di Jason. Gary, sempre il solito avaro, non mi ha prestato niente" scherzò Robbie per poi, indicarsi e dire: "Sono irresistibile vero?"

"Oh certo!" disse Dylan "Credo che adotterò il tuo nuovo look. Magari lanciamo una nuova moda!"

"Sì!" ribatté sarcastica Eloise. "Quella dei manichini di Marks& Spencer..."

Gary, dietro di loro, con il colletto della giacca tirato su, disse:

"Entriamo? Sto morendo dal freddo. All'uscita Pompey passa a prenderci"

"Sempre meglio che pagare Paul e James, vero?" scherzò Jason.

"Il solito taccagno, che vuoi che ti dica.." disse fingendosi arreso Howard.

"Parlate di Gary?" si intromise Mark.

"Se si parla di taccagni solo di lui si può parlare" continuò Howard guardando Gary e dicendo poi: "Gaz... Lo sai... Ti voglio bene!"

Tutti risero e Dylan ammise:

"Avevo sempre pensato che foste delle super star viziate e noiose. Devo ricredermi. Siete davvero simpatici!"

"Certo! Tutti siamo simpatici. Io più di tutti" s'indicò Gary.

"Tu sei il più grasso di tutti. A riprova che le cose, dopo undici anni non sono cambiate"rise Mark.

"A dire il vero avevo un fisico ai livelli di Howard alla fine dei Take That" ribatté Gary.

"Il fatto che ti ho detto che ti voglio bene, non significa che tu debba bestemmiare" rise Howard.

"Comunque il più noioso è Robbie"disse Jason..

"Perché?" chiese indispettito Robbie.

"Con te non ci si può mai muovere liberamente, mr Superstar. Ed è una cosa molto noiosa"sorrise Jason abbracciandolo. "Ma è bello che tu sia tornato tra di noi"

"Prima che vi mettiate a limonare davanti a tutti possiamo entrare?"si lamentò Gary.

"Andiamo va.." scherzò Ann che, dando un bacio a Jeff, disse: "Ci vediamo.."

Tutti entrarono e Jeff scosse la testa. Sapeva che quella ragazza avrebbe fatto strada.


Ann ballava con Eloise, ridendo divertita, mentre Dylan al bancone ordinava da bere.

"Margarita... Dicono che sia un drink da femminucce" scherzò Howard guardando il bicchiere di Dylan. "Credevo che un attore fosse abituato a mojito o a dosi massicce di wiskey.."

"Non è un gioco a chi regge più l'alcool. E se lo fai per dimostrare qualche cosa ad Ann, stai sbagliando tattica" e bevendo un sorso del suo drink, lo fissò dritto negli occhi.

Doveva ammettere che stava ricorrendo a tutta la sua forza di volontà per non dimostrare il suo lato femminile e gridare, a quel dono di Dio, quanto fosse bello e quanti pensieri poco ortodossi stesse facendo riguardo a quei bicipiti, indignatamente in mostra sotto la maglietta elasticizzata.

Ma l'amicizia per Ann, il fatto che quando recitava lo faceva da vero professionista, anche fuori da un set, lo fece miracolosamente trattenere...

Al diavolo Donald! Era pure fidanzato. Non doveva pensare a lui.

"Immagino che tu sappia come prenderla. Vero Dylan?" lo stuzzicò Howard.

"Molto più di quello che credi" e prendendo il mojito dal portare ad Ann disse: "La mia donna mi aspetta"

"La rivoglio. Sono innamorato di lei" disse Howard.

Dylan si voltò. Dentro aveva uno spettacolo pirotecnico, attivato da quella dichiarazione del cantante. Come avrebbe voluto che un uomo del genere dicesse le stesse cose su di lui.

Ma nonostante questo e anche se era davvero felice per la sua Ann, finché la sua amica non decideva di esporsi, non poteva scoprire il gioco e sfidando a sua volta l'uomo, disse:

"Il problema non è quanto la vuoi tu, Howard. Il problema è se lei ti vuole o no. E per come stanno le cose, sono in una botte di ferro..." e sorridendo malefico, si allontanò, senza voltarsi.

Howard non lo sopportava proprio quel damerino. E poi, dentro di sé, sentiva che Dylan non era quello giusto per Ann. Glielo diceva qualche cosa nel modi di fare di quel ragazzo. Qualche cosa non gli tornava. E che indispettiva Howard, fino a che non lo avrebbe scoperto.


Ann si mise a sedere ad uno dei numerosi tavoli liberi della sala. Si stava divertendo e, a dire il vero, provava un gusto pazzesco nel fare la scema con Dylan facendo rodere il fegato ad Howard che, in un angolo, li guardava indispettito.

Sistemò il ciuffo davanti agli occhi e sospirò, guardando Eloise che ballava divertita con Mark, seguendo Gary con lo sguardo. Povero Gary! Si era un po' sciolto, ma ballare vicino a Jason e Mark, beh! non lo faceva uscire benissimo.

"Alle volte, mi fermo a pensare che, se mi fossi comportato meglio con tutti, avrei avuto questo anche negli ultimi dieci anni..."

Ann si voltò e vide Robbie. O meglio venne travolta da quello che, dieci anni prima, l'aveva fatta innamorare: due smeraldi verdi, tristi e insolenti allo stesso tempo, che scrutavano il mondo e lo sfuggivano; occhi che avevano visto il peggio e che non si stupivano di nulla, ma si commuovevano per tutto quello che gli toccava il cuore.

Ann sorrise e disse:

"Nessuno ti ha detto di fare a fette Barlow & Co. Non trovi?"

Robbie annuì e sorrise per poi, tornando serio, aggiungere:

"Volevo chiederti scusa"

"Robbie! Lascia perdere. Sono passati più di dieci anni..." cercò di svicolare Ann ma Robbie la bloccò e disse:

"Per me sono passati dieci anni e per Howard no? Non sto chiedendo di sposarti. Forse nemmeno lo farò mai. E non parlo solo di te, ma di ogni donna sulla faccia della terra" e sorrise amaro, aggiungendo: "Tu sei una ragazza bellissima. Di quelle fatte per stare con Howard Donald. E lo eri anche dieci anni fa. Ma io, invece, ero troppo stronzo, troppo strafatto, stra ubriaco per rendermi conto di quello che facevo. Lo so. Non è una scusa. Ma quella mattina. Beh! Ero un po' più fuori dalla grazia di Dio. E vedere Nigel che sgridava Howard per la vostra storia, mi ha reso... Cattivo, diciamo.. E volevo solo farlo arrabbiare di più, metterlo ancora in condizioni estreme. Poi ti ho vista. E gli ho tolto quelle parole da bocca. L'ho fatto con la forza, sapendo che se si fosse arrabbiato, pur di non essere di nuovo sgridato da quel cane del nostro manager avrebbe detto che non provava nulla per te. L'ho fatto solo perchè ero fuori. Ma ero anche geloso. Tu rendevi Howard felice. Da quando eri entrata nella sua vita, Howard era un uomo diverso. E io volevo essere come lui. Volevo essere felice. Senza essere etichettato come una star capricciosa e rompicoglioni. Ma quando hai vent'anni e perdi il controllo della tua stessa vita, beh! allora è difficile essere anche una persona normale. E credevo che per tutti fosse così. Invece, vederti mi ha fatto rendere conto che ero io quello anormale. Mark aveva Jo. Gary qualcun'altra, J pure. E Howard te. Io avevo Kate Moss. Naomi Campbell. E qualche attricetta da strapazzo. Solo persone del mio stesso estratto sociale. Merda come me, alle volte, che mi cercava solo perché ero Robbie, quello pazzo dei Take That. E allora volevo che anche Howard provasse quello che provavo io. E ho fatto quello che ho fatto. A lui ho chiesto già scusa. Ma a te, ancora no. Quindi lo faccio ora. Scusami Ann. E guarda che Robbie Williams, non chiede mai scusa" e sorrise.

Ann commossa lo abbracciò e stringendolo disse:

"Tranquillo Rob. Ti ho scusato quando ho fatto pace con me stessa"

Robbie sorrise e con il solito tono scherzoso, disse:

"Non per fare l'avvocato del diavolo... Ma ora che sai che lui non c'entra nulla, potresti...?"

"Un passo per volta Williams..." sorrise Ann e, sollevandosi, prendendogli una mano, disse: "Dai. Ora andiamo a ballare..." e ridendo, ignorando le proteste della grande pop star, si buttò in pista con lui.


Howard sospirò. Era stata la peggior serata della sua vita. Nemmeno quando si erano sciolti i Take That si era tanto sentito male, stando chiuso in un posto.

Si buttò sotto la doccia e lasciò che il getto caldo lo bagnasse lentamente. Almeno quello, un po', lo rilassava. E Dio solo sapeva quanto ne aveva bisogno!

Poggiò le mani sulle piastrelle e sospirò, lasciando che i morbidi ricci venissero bagnati dall'acqua che ancora sempre più calda scendeva.

Pensava ad Ann. A quanto avrebbe volentieri spaccato la faccia di Dylan. A quante volte, Mark, Robbie, Gary e Jason si erano messi in mezzo cercando di non farglielo fare. E poi... Quella strana sensazione. C'era qualcosa nel comportamento di Dylan che non gli piaceva. Sembrava quasi che Dylan non fosse coinvolto da Ann. E Howard sapeva che, non esserlo, era impossibile.

Chiuse il getto caldo. Sospirò e prese un asciugamano che legò alla vita.

Passò una mano sulla superficie appannata dello specchio e guardò il suo riflesso. I ricci incoronavano il viso, gocciolando di tanto in tanto. Passò una mano sulla barba e sospirò di nuovo.

Aveva sviscerato la situazione.

Era innamorato di Ann Belle. O meglio. Si era reso conto che quello che aveva provato per lei non era mai cambiato. L'aveva amata undici anni prima; l'amava anche ora.

Solo che lei non era più un'adolescente. E lui non era più un ragazzo. Anzi... A dire il vero, davanti a quel damerino, si sentiva vecchio.

Dylan. Il suo comportamento. C'era sempre qualche cosa che disturbava Howard. Che non riusciva a capire. Che voleva analizzare. Senza arrivarne a capo.

Perché? Jason, quando gli aveva confidato questa sensazione si era messo a ridere e lo aveva accusato di essere geloso. E infondo aveva ragione.

Geloso. Innamorato. Frustrato. Ma non sconfitto.

Avrebbe capito che cosa non lo convinceva di Dylan. E lo avrebbe detto ad Ann. E poi l'avrebbe avuta solo per sé. E allora...

Si mise a letto. Sospirò, immaginando Dylan con un'altra donna. E lui che lo scovava. Godeva solo a pensare alla faccia di Ann davanti al tradimento.

Alle volte i pensieri di Howard volavano alti. Dylan un trafficante di armi. O peggio, di droga. Una spia che cercava di carpire qualche informazione e che rapiva Ann. In tutti e tre i casi. Era lui che la salvava.

Vanità maschile e una buona dose di fantasia, portarono Howard dritto tra le braccia di Morfeo.

Dormì tranquillo.

Avrebbe preso Ann. Non gli importava quanto ci sarebbe voluto. Sapeva che lo avrebbe fatto. E che sarebbe stato così.

Bastava solo aver un po' di pazienza.


"LO HAI INVITATO TU!" gridò Ann sconvolta.

Eloise piangeva. Alla fine aveva svuotato il sacco. Ed ora, davanti ad Ann non poteva far altro che piangere, sentendosi terribilmente in colpa.

"LUI TI AMA!" gridò Eloise tappandosi la bocca.

Dylan era lì davanti a loro. Aveva detto la cosa meno adatta da dire davanti al ragazzo della sua amica.

Ann sbarrò gli occhi. Howard gli aveva detto che voleva essere suo amico. Sapeva che ci stava provando. Ma che l'amasse non lo poteva immaginare. Non poteva credere che lo stesso uomo che non aveva fatto nulla per riprendersela undici anni prima, ora, come se niente fosse, ammettesse di amarla? Era assurdo! Come assurda era tutta quella storia. Anche se -almeno se ci pensava bene- Ann non riusciva a capire il perché di tutta quella baraonda che aveva creato Howard. Possibile che lo avesse fatto per raggirare l'amica?

"Idiota! E tu hai creduto davvero a questa fesseria?" sibilò con cattiveria Ann.

"Sei tu che non capisci Ann. Sei tu che non vuoi vedere come ti guarda" singhiozzò Eloise. "Howard è innamorato di te. Che ti piaccia o n.. E non puoi far nulla per cambiare questa realtà!"

Ann rise sarcastica e disse:

"Non ci credo. Non solo mi vendi al mio peggior nemico, ma ti metti anche a fare da maestra. Tu che salti da un letto all'altro come se niente fosse. Tu che non sai tenerti un uomo per più di tre mesi?" l'accusò Ann.

Eloise sbiancò, accusando il colpo. Ann era stata durissima. E lacrime sempre più copiose scesero sul volto dell'amica di Ann.

Lacrime che, quest'ultima, non volle vedere. Si voltò e salì le scale.

Scese con una sacca.

E guardando Dylan, disse:

"Vengo a stare un po' da te"

Dylan, spaesato, guardò Ann, che usciva e voltandosi verso Eloise, disse:

"Non voleva dirti quelle cose. E' solo arrabbiata"

Eloise si lasciò cadere nel divano e Dylan, scrivendo veloce un numero su di un foglio di carta, disse:

"Questo è il mio numero di telefono. Se hai bisogno di un aiuto... Farò di tutto perché tu ed Ann facciate pace. Te lo prometto"

Eloise prese il numero e sorrise debolmente a Dylan.

E senza dire nulla lasciò che il ragazzo uscisse.

Si sentiva vuota. Come la sua casa in quel momento.


Dylan chiuse la portiera e guardando Ann disse:

"Sei stata dura con lei"

"Non è facile nemmeno per me, Dylan" rispose dura Ann.

Dylan sospirò e continuò:

"Io non lo so se, davvero, lo fa per far vedere a tutti che ti ama. Ma, stasera ha detto anche a me che ti amava ancora"

Ann lo guardò. E girando la testa verso il finestrino, disse:

"Andiamo. Voglio dormire. E domani dobbiamo imparare venti pagine di copione"

Dylan sospirò. Era arrivato da solo. Ritornava con una donna a casa.

E forse Jim non sarebbe stato felice.





I casini non finiscono mai.

Ecco il nuovo capitolo.

Ringrazio

chiaretta

orangina

Silvy_V

e Cause i am thatter.

Sono felice che la storia vi piaccia

e spero davvero che questo capitolo

sia altrettanto di vostro gradimento.

Un bacio a tutte.

Enjoy it.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CRISTALLI: Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10: Amicizie


Dylan scese le scale e sorrise guardando Jimmy, il suo compagno, fissare stupito Ann che dormiva nel divano.

"E lei chi sarebbe scusa?" chiese indicandola.

Dylan entrò in cucina e sbadigliando e grattando la testa rispose:

"Ann Belle Richardosons.."

"La tua..?" chiese Jimmy seguendolo.

Dylan annuì e bevve un lunghissimo sorso di caffè e aggiunse, guardando la ragazza che dormiva sul divano:

"Indovina con chi s'è andata a infognare sta pazza?"

Jimmy imitò compagno e dopo aver bevuto un sorso di caffè fece l'ennesima domanda di quella mattina:

"Un pazzo che la picchia?"

"No. Molto peggio! Howard Donald innamorato. E si conoscono da quando aveva sedici anni" sorrise Dylan.

Jimmy rimase interdetto un attimo e domandò ancora:

"Howard Donald? Quel Howard Donald?"

"Si.. Quel dono della natura che, a quanto mi ha detto la 'povera' Ann, è pure bravo a letto" rispose con aria arresa Dylan, quasi volendo dire che ci ha il pane non ha mai i denti.

"Vuoi smetterla almeno di dirmi i particolari! Non ho intenzione di sbavarmi la mia maglietta preferita" replicò Jimmy risentito. "Piuttosto. Che ha fatto di tanto male l'ottava meraviglia del mondo?"

Dylan rise e disse:

"Beh! è una storia un po' lunga. Perché non te la fai raccontare da lei. Tanto se ti dicessi cosa mi è successo ieri non mi crederesti"

Jimmy guardò sconcertato il compagno.

Quello che stava succedendo non era vero. Non poteva essere vero. Il suo compagno attore lo poteva anche accettare. Come poteva accettare che portasse la sua compagna sul set a casa loro per chissà quale motivo. Ma che ci fosse immischiato anche uno come Howard Donald quello era davvero troppo. Accidenti! Anche lui era un fan dei Take That quando era un ragazzino.

E cercando di trovare qualche cosa da dire seguì Dylan, ma stette in silenzio.

Non si voleva mischiare troppo in quella pazzia.


"Howard... Se tu la ami fai qualche cosa per lei, ma non mettere in mezzo me. Tu non eri in casa. Non hai sentito quello che mi ha detto. Mi ha ferita. E, da una parte, aveva ragione davvero. L'ho tradita. Te l'ho servita in un piatto d'oro. E tu hai portato tutta la tua compagnia..."disse Eloise scappando.

"El! Io non sapevo. Sono stati loro. Io non ho chiesto nulla" ribatté Howard.

"Da come ti spalleggiavano, scusa se te lo dico, ci credo davvero poco" rispose Eloise voltandosi e guardando Howard negli occhi.

Howard poté leggere il dolore negli occhi della ragazza.

E si sentì terribilmente in colpa..

Era colpa sua se Ann aveva lasciato la casa della sua migliore amica, litigandoci.

"Ho sbagliato un'altra volta vero?"chiese grattandosi la testa.

Eloise lo guardò incrociando le braccia e annuendo.

"Sembra strano, ma ogni volta che mi avvicino a lei le faccio del male" continuò Howard.

"Forse non sei tu l'uomo giusto per lei.." gli fece notare la ragazza.

Howard si voltò di scatto. Non ci voleva nemmeno pensare a una cosa simile.

Voleva solo Ann.

E la voleva al suo fianco.

"No. Io so che posso renderla felice ora. Perché posso e voglio farlo. Perché sono un uomo e non più un ragazzino viziato. Perché lei è stata mia per così poco tempo, ma ha reso la mia vita così piena di colori che non posso credere di averla persa in un solo attimo. Per una stronzata. Ora tu potrai anche credere che io non sono l'uomo giusto per lei. Ma non m'importa. Non mi importa di quello che dici tu, di Dylan che sta con lei. Certo! La sola idea che lui possa averla tutta per sé mi fa sclerare, lo ammetto... Ma non m'importa. Perché questo dolore che sto passando in questo momento servirà per tenermela stretta quando me la riprenderò. E succederà. Molto prima di quanto tu possa credere..."

Parlò senza fermarsi un attimo. Lo fece con il cuore che gli pulsava fortissimo. E gli occhi lucidi. Era la prima volta che ammetteva di provare tutte queste sensazioni per Ann davanti a qualcuno.

La prima volta. Ed Eloise sorrideva guardandolo.

"Non lo devi dire a me. Io lo so che la ami. E che faresti di tutto per prendertela. Ma non è in questo modo che lo farai. E tanto meno facendole improvvisate come quella di un paio di sere fa"

Howard scosse la testa guardandola e disse:

"Non so come fare.."

"Tu sai come fare, Howard. Devi solo guardare dentro di te. Capire che cosa sta succedendo nel suo cuore. E cosa puoi fare per prendertela. Per farle avere di nuovo fiducia in te. Lo so che è difficile. Ma sono sicura che puoi farcela" disse Eloise guardandolo.

Howard aveva gli occhi lucidi. La guardò mentre gli accarezzava una guancia e aggiungeva:

"Da questo momento, Howard, le nostre strade si dividono. E' stato un piacere conoscerti. Spero che tu possa avere quello che vuoi. E che questo non faccia soffrire la mia amica" e si allontanò mentre Howard la guardava in silenzio.

Doveva ragionare. Doveva riprendersi Ann. E doveva farlo da solo. Dimostrandole di essere un uomo migliore di quello che era stato in passato.


Passarono due settimane quando Ann cominciò a sentire il peso dell'essere ospite in casa di Dylan.

Sapeva che né Dylan, né Jim, avrebbero mai ammesso di aver sacrificato non poco la loro intimità per poterla ospitare. E per questo, Ann, si sentiva terribilmente in colpa.

Pensava a questo mentre da sola cominciava la pausa pranzo, quando sentì:

"Signorina Richardsons..."

Si voltò e vide una ragazza carina, di quelle dall'aria svampita, che entrano a lavorare in qualche studio di un bravo produttore più per le proprie doti d'amante, che per qualche altro vero motivo. A parte la quarta di seno. Rifatto.

"Sì!" disse cercando di non sembrare troppo sgarbata, anche se avrebbe preferito che nessuno la disturbasse, specialmente quando cercava di decidere che cosa doveva fare della sua vita tra una pausa e l'altra.

"Mi dispiace disturbarla.." cominciò la ragazza con una voce molto simile a quella di Paris Hilton.- DAVVERO?! E allora perchè non taci e te ne torni nel tuo ufficio a fare le cose per cui sei stata pagata? Che di certo non contemplano la mansione rompermi le scatole!- pensò Ann facendo finta di ascoltarla.

"...so che è in pausa... Ma ho ricevuto una chiamata per lei..." continuò la ragazza.

-Mmmm... Che palle! Ma perché diavolo non mi dice che cosa vuole, invece di tirarla tanto per le lunghe?-

"... Robbie Williams..." finì la ragazza gustando l'effetto sorpresa della sua affermazione.

"Robbie? Cosa Robbie?" chiese Ann che non aveva seguito una sola frase di quello che aveva detto la prorompente segretaria.

La ragazza rimase un attimo delusa. Forse indispettita dal fatto che Ann fosse abbastanza in confidenza con Robbie Williams da nominarlo solo con il suo nome di battesimo.

"Ho detto" riprese a parlare spazientita la ragazza. "...che Robbie Williams l'attende nello studio del capo. E ha chiesto esplicitamente di lei..."

Ann non chiese nemmeno dove fosse l'ufficio in questione -sapendo, dentro di sé che quella Barbie versione due metri e ottanta, con un metro e settanta centimetri di gambe, sassanta di busto e il resto di cotonatura, sapesse più che bene dove fosse e quanto posto ci fosse magari sotto la scrivania- a passo spedito lasciò il set, ignorando perfino Dylan che, vedendola passare come una furia, le chiese cosa fosse successo.

Rob era lì per lei. Che fosse capitato qualche cosa ad Howard?


Howard si lasciò cadere nel divanetto della sua casa. Guardò il quadro con la sua faccia composta da mille tesserine di puzzle. E pensò che era così che lui si sentiva: a pezzi, smembrato, con la grande necessita di trovar qualcuno che riunisse tutti quei pezzi. E quel qualcuno lo conosceva. E aveva un nome bellissimo. Ann Belle.

Chiuse gli occhi e sospirò poggiando la testa sullo schienale del divano.

Cosa doveva fare per farle capire che era serio, che l'amava davvero, che non voleva fare le stesse stupidaggini che aveva fatto dieci anni prima quando l'aveva persa?

Sentiva una grande sensazione di vuoto opprimergli l'anima. Che ne era del ragazzo che ogni sera si portava una donna diversa a casa? Non esisteva più e Howard lo sapeva bene. Non provava nemmeno più gusto a fare l'amore con donne sconosciute. O meglio. A farci del sesso.

Nessuna avrebbe avuto quello che voleva: gli occhi grigio verde di Ann; il suo sorriso che illuminava il volto; il suo modo di offrirsi ad un uomo, inconsapevolmente esperto già dieci anni prima, terribilmente sexy se solo ci pensava, ora che l'esperienza le aveva regalato qualche cosa di più.

Nessuna sarebbe stata bella come lei. Non agli occhi di Howard. Che se le prendessero gli altri. A lui non interessava.

Stava pensando a questo quando qualcuno bussò alla porta.

Sollevò la testa e la poggiò di nuovo subito dopo. Non aspettava nessuno. Sua madre era a Manchester. E aveva pagato tutti i creditori. Poteva far finta di non aver sentito e aspettare che si stancassero e andassero via, quei seccatori.

Il campanello continuava a trillare e Howard era intento ad ignorarlo, quando da dietro la porta sentì:

"Doug. Se non apri la porta la sfondo. E per come sono grosso, stai pur tranquillo che ci riesco con un colpo solo. Non son Jason o il tappo"

Howard aggrottò la fronte e disse:

"Gary!" e andò ad aprire la porta.

Dietro c'era appunto il Barlow, con il suo sorriso sornione che, guardandolo dall'alto in basso, disse:

"Non sono mai venuto a letto con te, per far finta di non essere a casa e non aprirmi la porta" ed entrò senza aspettare che Howard lo invitasse.

Ed appunto, guardandolo sedersi sul divano, Howard, disse:

"Gaz? Che ci fai qui?"

"Volevo mettermi un elmetto con una sirena sopra, ma visto come sono ingrassato, ho pensato che forse era meglio evitare, prima che cercassero di caricarmi un malato sulla schiena scambiandomi per un ambulanza." rispose Gary con il suo solito tono finto serio, guardandosi le unghie mentre parlava.

Howard rise di gusto e Gary lo guardò soddisfatto, aggiungendo:

"Lo sai che mi mancava sentirti ridere così amico?"

"Ti sei eccitato, vero Gaz?" sorrise Howard buttandosi addosso a lui e cercandogli di baciare le labbra.

Gary cercò di schivarlo gridando. Una scena del genere l'aveva vista un migliaio di volte. Lui sotto e Mark, Howard, Jason e Robbie a turno che lo cercavano di baciare e leccare, mentre lui gridava come un ossesso. Solo che adesso per Gary, vedere Howard ridere, era un bella soddisfazione, di quelle che solo quando vuoi davvero bene ad un amico ti puoi togliere.


"Ann piccola!" disse Robbie guardandola avvicinarsi completamente spaesata. E abbracciandola disse: "Non sai quanta voglia avevo di rivederti. Mi sei mancata!”

Ann non capiva. In realtà non era passato nemmeno un mese da quando si erano visti al Jewels.

"Signorina Richardsons, il signor Williams ha insistito per concederle una mezza giornata di lavoro libera. E io ho accettato. Se non la secca naturalmente..."

Ann guardò stupita il capo. Un'epidemia aveva decimato il cast quella settimana. E quelli della compagnia non stavano messi meglio. Anche Dylan cominciava a sentirsi male ed erano terribilmente indietro con le prove. Poi si rese conto che, comunque, Robbie era una delle più grandi star del momento e che ogni capo, ogni persona che aveva da pubblicizzare anche un pacco di fazzoletti per il naso, sarebbe stato lieto di fare qualsiasi cosa per lui, anche permettergli di uscire con una sua dipendente per mezza giornata, nonostante fosse coperto di merda fino al collo.

"Sempre che il signor Grant sia d'accordo" sorrise poi guardando i due. Ann sospirò infastidita.

Aveva sempre avuto una grande difficoltà nel controllare il suo caratteraccio. E anche quella volta, fece del suo meglio per non gridare in faccia a quell'uomo viscido che si premurava di lei solo perché Robbie Williams aveva detto di conoscerla.

"Dylan non è geloso dei miei amici. Stia tranquillo" rispose Ann che voltandosi verso Robbie a voce bassa aggiunse: "Tu che ci fai qui?"

Robbie sorrise e replicò:

"Volevo rivedere la mia migliore amica. Sai? Parto tra meno di una settimana e non volevo andarmene senza salutarti"

Ann scosse la testa e disse:

"Vado a prendere le mie cose, ci vediamo all'uscita" e salutando con un cenno della testa il capo, lasciò l'ufficio.

Robbie tese la mano al direttore e disse:

"Devo ammettere che è stato davvero un piacere conoscerla. Spero di rivederla"

"Anche io signor Williams!" sorrise l'uomo.

Robbie uscì e il direttore, prendendo il telefono, schiacciò il tasto rosso e disse:

"Matt. Sono Carl. Chiama Frank. Ho bisogno del nostro miglior fotografo. Abbiamo pubblicità gratis per la nuova serie che stiamo girando"


Robbie sistemò il tovagliolo e disse:

"Sono qui perché, davvero parto per L.A tra meno di quattro giorni. E non volevo andarmene senza salutarti. Sei una delle poche fans di Robbie Williams che possono ammettere di essergli simpatiche" e rise per la sua battuta.

"Parli di te in terza persona. Sai che dovresti farti vedere da un bravo psicologo?" rispose sarcastica Ann.

"Beh! Io sono uno dei pochi uomini che possono permettere di parlare in terza persona di se stessi. Sono sempre il re del pop. Quello da ottanta milioni di sterline l'anno!" ribatté Robbie scherzando ma venne bloccato da Ann che chiese:

"Si, certo! Posso chiamarla sua maestà?"

Robbie ci pensò un attimo e poi rispose:

"Uhm... Sua maestà Robbie Williams... Mi piace! Sì, cara. Ti concedo di chiamarmi Sua Maestà"

I due risero e Robbie, quasi subito, tornando serio disse:

"Sono qui anche per Howard"

Ann guardò Robbie, affatto sorpresa e ricominciando a mangiare mormorò:

"Lo immaginavo"

"Ann. Lo so che te l'ho già detto. Ma so che Dougie non sta bene. Specialmente da quando ha scoperto che stai assieme a Dylan"

Ann sospirò voltando lo sguardo oltre la grande vetrata sulla strada. E piano rispose:

"Rob. Io non voglio litigare con te. E te lo dico perché, al Jewels, mi ha dimostrato di essere una persona che ha una grande voglia di divertirsi, nonostante sia il più grande artista del momento. E mi hai dimostrato che, nonostante tu abbia talmente tanti soldi, puoi essere umile e ammettere i tuoi errori. Anche se son o passati dieci anni. Ora, onestamente, io non so se lo hai fatto per fare un favore ad Howard. E non so nemmeno se m'interessa saperlo. Sono davvero felice che tu sia qui. E che in precedenza mi abbia mostrato, di te, i lati migliori e non solo quelli peggiori... Ma ti chiedo una cosa. Lascia Howard fuori da questo pranzo. Io ho un ragazzo meraviglioso. E non intendo lasciarlo per uno che non fa altro che fare le scelte sbagliate con me"

Robbie sorrise e disse:

"L'ultima cosa e poi, prometto, Howard non sarà più un argomento di conversazione... Ti ringrazio per tutti i bei complimenti. E spero di vederti in futuro, dato che adoro questo caratteraccio che hai. Magari, se non va bene con Howard, mi metto io con te e ti faccio cambiare idea su Dylan..." e rise di gusto guardando l'espressione divertita e stupita della ragazza, per poi aggiungere serio: "Volgio solo che tu sappia una cosa. Non ho mai visto, da quando lo conosco, Howard, ridotto così per una donna. Non posso dirti come stava dieci anni fa. Ero troppo tutto, come ti ho già detto. E non solo, dato che ho lasciato la band non meno di un paio di settimane dopo... Ma so che ti ama. E che se fa delle stronzate, lo fa per questo motivo. E forse dovresti pensarci un po'. Te lo dico perché penso che, se vi siete incontrati di nuovo, qualcuno o qualche cosa vi vuole dare una seconda opportunità. Pensaci. Pensaci davvero" e sorridendo disse: "Bene! Cominciamo a mangiare. Il mio regale pancino brontola. E data l'ora posso capire il perché" e ridendo cominciò a mangiare mentre Ann, guardandolo, pensava che dieci anni prima non avrebbe mai immaginato che avrebbe potuto parlare con Robbie Williams come se fosse un suo carissimo amico.


Jim la guardò rientrare. E sorridendo disse:

"Ehi, principessa! Allora? Com'è andata con quella belva umana?"

"Parli di Robbie?" chiese Ann mettendosi a sedere vicino a lui.

Jim annuì con aria sognante.

Ann cercò di sorridere e sospirando, cominciò a piangere.

Contro ogni pronostico di Dylan i due erano diventati ottimi amici e Jim amava aiutare Ann a risolvere la situazione che si era creata con Howard.

"Non so che fare. Non so se credere a quello che mi dicono. Oppure lasciare le cose come stanno" sospirò lei tra le lacrime.

Jim le baciò i capelli e disse:

"Tu ami Howard, per quanto tu dica il contrario, e non hai mai smesso di farlo. E per quello che è quell'uomo, madonna santa, hai davvero ragione..." e sorrise con lei. Poi prendendole il viso tra le mani aggiunse: "...devi sistemare questa cosa. Oppure ti cadrà addosso e sarà lui a non fidarsi più di te. Fallo ora! Digli tutto. Per me è sincero e merita una seconda opportunità"

Ann sorrise e guardandosi intorno disse:

"Ma dov'è il tuo ragazzo?"

Jim rise e disse:

"E' stato contaminato anche lui. Ora è a letto con trentanove di febbre.."

Ann scosse la testa e disse:

"Devo andare in una camera iperbarica, oppure chiuderanno il set per assenza di attori"

Jim la strinse e rise.

Tra di loro si era creata davvero una bellissima amicizia.




Oddio! Siete davvero tanti.

Grazie a

chiaretta78,

cause i m thatter,

orangina92,

Silvy_V,

Dafne_18.

Grazie, grazie, grazie.

Piccolo capitolo di passaggio.

E forse nemmeno troppo.

Decidete voi. E

fatemi sapere che cosa

ne pensate.

È davvero importante per me.

Un bacio a tutti, recensori e lettori silenti.

Un bacio a tutte.

E buona lettura.


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** CRISTALLI: Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11: Fotografie.


Mark mangiava tranquillo il suo cornetto in un Caffè Nero di Chelsea, leggendo tranquillo il Sun che aveva trovato sul tavolo.

- Mi vedesse Gary mi darebbe del morto di fame... - pensò sorridendo Mark -...non solo faccio colazione da Caffè Nero, ma mi metto anche a leggere il giornale trovati sui tavoli, invece di comprarlo. Ma potrei comunque dirgli che lui per risparmiare in benzina va in giro con la metropolitana... Ed è quello che ne ha meno bisogno di tutti noi con tutti i diritti che gli sono fruttati per ogni canzone scritta con i Take That e no!-

Rise prendendo la grande mug di tè che aveva ordinato, quando, girando, vide qualcosa che gli fece andare di traverso il sorso appena bevuto.

Incredulo guardò bene e vide Ann e Robbie, al tavolo di un ristorante poco lontano che ridevano mentre parlavano. E da come erano state messe le foto, sembrava che ci fosse davvero del tenero tra di loro.

Veloce prese il cellulare dal cappotto e compose veloce un numero.

"Gaz... Sono Mark! Ho il Sun tra le mani"

"Lo so che ti fa male leggere di prima mattina. Ma io avrei preferito dormire un'altra oretta, invece di sentirti lamentare" rispose Gary.

"Hanno fotografato Ann e Rob mentre stavano al ristorante assieme" disse tutto di un fiato Mark.

Gary sospirò e replicò:

"Il giorno che mi darai una buona notizia, Mark, ti prometto che accendo un cero a Westminster.. Uno bello grande" e serio disse: "Chiamo Jaze... Dougie deve andare da lui... E spero tanto che Jaze man non ne abbia fatto una delle sue, tipo prendere il giornale e farlo leggere ad Howard... Tu rintraccia Robbie e digli che anche se siamo ritornati amici non vuol dire che non possa prenderlo a calci in culo” e passandosi una mano sugli occhi sbadigliando concluse: “Basta! Sciolgo la band! Mi date solo problemi" scherzò infine.

"Ok! Io chiamo Rob. Ma tu chiama Jason e digli di tenere Howard lontano da tutte le edicole di Londra..." replicò Mark.

"Sarà fatto tappo" rispose Gary.

Mark chiuse la chiamata e cercò il numero di Robbie.

Schiacciò il tasto verde e aspettò che l'amico rispondesse.

"Ehi! So che è tardissimo da te, ma il jet leg non ti aiuterà a cavartela stavolta! Mettiti al computer e guarda il sito del Sun. Ho da chiederti qualche spiegazione!"


"GARY HO CAPITO!" esclamò Jason alla terza raccomandazione di Gary.

"Il verbo ho capito in una frase recitata da te non mi convince affatto.. J ricordati: non farlo avvicinare ad un edicola. Non fargli vedere telegiornali e specialmente le parti dove si parla di gossip o affini... Dobbiamo capire, prima, che cosa ha fatto Robbie con Ann Belle..." disse Gary.

"Robbie potrebbe anche imparare a tenerselo nelle mutande.." ribatté Jason.

"Su quello ti do piena ragione Jaze. Devo constatare che, ogni tanto, sai usare il cervello. Menomale!" scherzò Gary.

"Vai a cagare Gaz" rise Jason.

Gary rise e sua volta per poi, tornando serio, dire:

"Mi raccomando J. È davvero importante che Howard non sappia niente. Almeno finché Mark non mi dirà che cosa ha da dire Rob in sua discolpa"

Jason annuì e rispose:

"Tranquillo Gaz. Siete in una botte di ferro"

"Ecco! Tranquillo, ora, non posso essere" scherzò di nuovo Gary.

Jason proferì un epiteto non proprio ripetibile e chiuse il telefono. Poco dopo suonò il campanello di casa e jason aprendo la porta si trovò davanti ad Howard. Sorrise e disse:

"Caro Howard non ho ancora fatto colazione. Che ne dici se mi porti in qualche sciccoso bar e mi inviti la colazione..."


"Giuro Mark. Io le stavo parlando di Howard" si discolpò Robbie. "Sai che quei porci riescono a far credere cose che non sono solo scattando qualche foto in più"

"Il problema non è quello Rob! È che lei non solo sta con un altro, ma Howard è tuo amico. E ti giuro che non me le farei spezzare le ossa da uno come lui" rispose dall'altro capo Mark.

"Se vuoi lo chiamo e..." stava per dire Robbie quando Mark lo bloccò spaventato:

"Tu non chiami nessuno! Hai già fatto abbastanza danni. Devo forse ricordarti che Howard può sempre prendere un aereo e venire a L.A. a spaccarti le ossa o romperti il parabrezza di una delle tue bellissime macchine?"

Robbie sbuffò infastidito e disse:

"Fanculo al Sun. Son sedici anni che ce l'ho tra i piedi.."

"Ah! Ti hanno rotto le palle dal 1990, a te? Pensare che io me li ho trovati tra i piedi nel 1993..." scherzò Mark.

"Io sono Robbie Williams. Naturale che il mondo si sia sempre interessato a ciò che facevo!" esclamò Robbie con finto compiacimento. Cosa che non scappò a Mark che ridendo, disse:

"Beh! Coverboy... Non chiamare The Body. Ci pensano il grande capo Barlow e l'intellettuale Orange a parlare con lui... Magari nel frattempo, consiglio loro di tagliargli i capelli, magari così, Howard, perde le forze..."

"Markie, te la posso dire una cosa?" domandò Robbie.

"Si!" sorrise Mark.

"In quasi vent'anni che ti conosco sei sempre il solito coglione!" rispose Robbie.

Mark rise e disse:

"Ti amo anche io... Ci sentiamo quando tutto si sistema"

"Ci conto!" rispose Robbie e chiuse il telefono.


Dylan, seduto nel letto, con mille clinex usati attorno, guardava interessato il Sun.

E, mentre beveva il suo tè, come poco prima Mark da Caffè Nero, si strozzò con il sorso appena ingollato.

Jim entrò spaventato e guardandolo gli chiese:

"Amore. Tutto apposto?"

Dylan tossì forte e, coprendo la bocca con un fazzoletto, porse il giornale al compagno e disse:

"Guarda!"

Jim prese il rotocalco tra le mani e sbarrò gli occhi.

"Questa è la nostra Ann?" chiese indicandola.

Dylan annuì e rispose:

"Credi che dobbiamo dirglielo?"

"Oddio! Non so se sia meglio lasciarla allo scuro di tutto. Oppure..." ragionò Jim guardando malizioso Dylan.

"Far si che Howard cerchi Ann e mi renda cornuto?"scherzò Dylan.

Jim stava per rispondere quando Ann entrò e disse:

"Chi ti rende cornuto?"

Jim la guardò, guardò Dylan e porgendo il giornale rispose:

"Devo dire che mi hai deluso Richardsons! Prima mi rubi il ragazzo, poi vai a letto con Robbie Williams..."

Ann aggrottò la fronte e, prendendo il giornale, lo guardò con interesse. Per poi, arrabbiandosi, indicando il giornale, disse:

"Chi diavolo...?"

"È la stessa cosa che ho pensato io quando mi stavo strozzando con il mio tè" rispose Dylan.

"Ammettilo! Hai deciso di farla pagare ad Howard facendo quello che non hai voluto fare a sedici anni: andare a letto con Robbie Williams" ribatté Jim.

Ann lo guardò accigliata per qualche secondo, poi, sorridendo chiese:

"Non crederete mica...?"

I due amici scossero la testa in segno di diniego e Dylan rispose:

"Lo sappiamo tutti, lo sanno anche i sassi che sei innamorata di Howard Donald"

"Non andresti mai a letto con un uomo che non ami” finì Jim.

Ann sospirò e guardò di nuovo il giornale. E seria, pensò a voce alta:

"Ma chi ha scattato queste foto? Qualcuno deve averlo detto al paparazzo. Ma chi?"

"Qualcuno che voleva farti del male o..." disse Dylan, guardando Jim che chiese:

"Qualcuno che voleva far qualche soldo da questa storia?"

Ann diede il giornale a Jim e disse:

"Non so chi lo abbia fatto. Ma di una cosa sono certa. Qualcuno ha fatto la soffiata. E ieri, a lavoro, almeno cinque persone lo sapevano. Quindi non posso incolpare nessuno senza avere delle prove in mano, certe" e portando indietro i capelli con una mano, disse: "Vado a farmi un giro"

I due ragazzi la salutarono. E Dylan, guardando il suo compagno, serio domandò:

"L'ha presa male secondo te?"

"Beh!" rispose Jim. "A parte che non è bello svegliarsi la mattina e trovarsi immortalati in un giornale. Poi metti che Robbie e Howard sono amici -e sono tornati amici dopo anni che non lo erano- se mai dovessero litigare credo che Ann si sentirebbe davvero in colpa. E vuoi che il Donald rimanga indifferente a tutto questo casino che si è creato?"

Dylan pensò e replicò:

"Bene! Sarà la volta buona che passerò per quello cornuto"

Jim rise e disse:

"E il bello è che non lo sei" e si alzò lasciando da solo Dylan a guardare sconsolato il giornale.

Doveva parlare con Ann e chiarire una volta per tutte quella spinosa situazione.


"Sai che quando esco a far colazione con te non riesco a mangiare qualche cosa che mi sazi completamente?"disse Howard tenendo la pancia.

"Solo perché mangi cose sane. E non le solite porcherie"rispose Jason spegnendo la sua sigaretta.

"Entro in quell'off license, prendo un pacco di patatine" disse Howard.

Jason sorrise e rispose al cellulare che in quel momento cominciò a squillare.

Howard entrò nel piccolo negozio e si guardò intorno. Si guardò intorno con aria interessata e soppesando se prendere un Milky Way o delle Walkers, optò per tutte e due, fregandosene della dieta e delle raccomandazioni del padre che quando era piccolo gli diceva sempre di non mischiare il dolce con il salato. Fu proprio mentre stava facendo incetta di patatine, barrette di cioccolato, merendine, biscottini e affini che vide il Sun. Ci mise qualche secondo per capire quello che c'era scritto. Poi non poté rimanere colpito dal titolo scritto in calce sulla prima pagina.

[ANN BELLE RICHARDSONS E ROBBIE WILLIAMS IN TENERI ATTEGGIAMENTI: REPORTAGE A PAGINA 7,8,9,10]

Scioccato portò alla cassa tutte le cose che aveva deciso di comprare e prese il giornale. E mentre il commesso faceva il conto, aprì le pagine indicate. E vide le stesse foto che avevano visto anche Mark, Dylan, Jim ed Ann.

E sentì il cuore esplodere. E la testa assieme.

Doveva andare da Ann. Parlarle. Non gli importava quello che era successo, se le aveva promesso di rimanere amici. Voleva capire perché Robbie sì e lui no.

"Sono 10 pounds e 17 centesimi" disse il commesso con l'accento indiano.

Howard guardò il commesso come se fosse un alieno e la sua voce provenisse da un'altra galassia. In realtà, si rese conto che era solo lui che si sentiva così.

Prese i soldi e pagò, lasciando il resto. Uscì e disse:

"Tu non ne sapevi nulla, vero?" e indicò il giornale.

Jason sbiancò ed esclamò:

"Cazzo!"

"Lo sapevi!” sbottò Howard. “Jay man, lo sapevi e non mi hai detto nulla! E presumo che lo sapessero anche Mark e Gary, vero? Ve lo ha detto Robbie che aveva deciso di provarci con la donna di cui sono innamorato?" chiese Howard arrabbiandosi.

"Rob non ti farebbe mai una cosa del genere" rispose Jason.

"Oh! Ma lo ha fatto.." disse Howard che allontanandosi, corse verso la macchina.

"Dougie dove vai?" chiese Jason seguendolo.

Howard aprì la portiera ed entrando nell'abitacolo, sbattendo lo sportello, ringhiò:

"Dall'unica dei due che mi può dare una spiegazione!"

E mettendo in moto lasciò Jason in mezzo alla strada con le mani nei capelli.

Era successo un casino.


Ann sospirò sistemando la borsa. Stava infilando gli occhiali quando vide l'ombra di qualcuno pararsi davanti a lei:

"Devo parlarti"

Sollevò la testa e vide Howard. Aveva il viso trasfigurato dalla rabbia. Faceva quasi paura. Era spaventata. Sentiva il cuore battere a tonfi sordi contro la gabbia toracica e le mani tremare.

"Non devo dirti nulla!" disse lei prendendo coraggio e cercando di nascondere le sue sensazioni.

Si stava allontanando, quando Howard la bloccò dicendo:

"Se non ti fossi fatta Robbie Williams forse non avresti dovuto dirmi nulla. Ma lo hai fatto! Quindi, io e te dobbiamo parlare” e prendendo per la mano disse: “Ora ti chiedo di seguirmi, se non vuoi che ti trascini dentro la macchina. E alla luce degli ultimi fatti non credo che sarebbe una buona mossa per la tua immagine farti vedere in giro con un altro Take That!"

"Io non vengo proprio da nessuna parte, non so se mi hai capita!" sibilò Ann ritirando la mano.

Howard sorrise sarcastico e prendendola per un polso, la trascinò nella macchina:

Io ti avevo avvisato!”

"Lasciami. O vuoi che mi metta a gridare?" lo minacciò Ann.

"Non sapevo che adesso ti divertissi così, Richardsons! Immagino che anche il mio amico Rob ti abbia trattata così, vero?" replicò Howard sconvolto dalla rabbia.

"Io con Robbie ci sono solo andata a pranzo assieme" si giustificò Ann cercando di liberarsi dalla presa.

Howard non l'ascoltò. La fece entrare in auto e poi, entrando dall'altra parte, poggiando le mani sul volante disse:

"Non lo sopporto! Tu non lo sai che cosa significhi per me vederti con lui, un mio amico, tra l'altro quello per cui è finito tutto, su di un giornale"

"Ti ho detto che io non ci ho fatto nulla. E dovresti saperlo che nei giornali fanno di tutto per far sembrare cose che non sono vere" replicò Ann a denti stretti.

Howard la guardò e mettendo in moto. Non disse nulla.

Ann, nervosa, guardava la macchina macinare strada sotto di sé.

Camminarono parecchio prima che Ann tenendosi alla portiera, domandasse:

"Dove mi stai portando?"

Howard si guardò intorno e senza rispondere svoltò.

Erano a Chelsea, Ann lo sapeva.

Case e palazzi, il Tamigi e i suoi ponti. La parte ricca di Londra, deserta e tranquilla. E in quel momento inquietante. Che cosa aveva in mente, Howard?

"Howard ti prego, ferma la macchina" lo implorò terrorizzata Ann.

Non lo aveva mai visto così fuori di sé e questo la faceva sentire piccola e indifesa, in balia di una persona. E provare tutte quelle emozioni rinchiusi nel piccolo abitacolo di una macchina sportiva la faceva stare male.

La macchina si fermò. La strada era deserta e i lampioni illuminavano appena la la strada alberata.

Fu allora che Howard, guardando Ann, si avvicinò a lei e prendendole il viso tra le mani la baciò con passione, graffiando con la sua barba il viso di lei.

Inutilmente cercò di divincolarsi, cercando di tenere ancora in piedi la scenetta della storia tra lei e Dylan, ma dovette arrendersi subito. Si rese conto, con suo immenso dispiacere che nemmeno la barba di Howard riusciva a darle fastidio. Anzi! Quel dolce solletico le faceva perdere la connessione del tempo e desiderava che la lingua del ragazzo penetrasse di più nella sua bocca e che il suo corpo continuasse a premere contro quello di lei.

"Ti voglio Ann." mormorò rauco Howard, mordicchiandole il labbro inferiore e baciandola di nuovo.

Ann si perse. La testa cominciò a girare. Ogni cellula del suo corpo era immersa nella passione di quel bacio, nel fuoco di quella voce e di quelle carezze.

Strinse Howard e lo baciò con più forza.

Fu allora che capirono di essere arrivati a quel punto in cui è impossibile tornare indietro.

Non seppero mai come fecero, senza staccarsi un attimo, ad arrivare alla porta della casa di Howard, aprirla e arrivare alla camera da letto. Seppero solo che, una volta lì, i vestiti volarono via e lei, nuda, trovò Howard sopra di lei, che le baciava il collo, la accarezzava.

Sovrastò il corpo del ragazzo e cominciò a baciargli il petto, giocherellando con la lingua con il piercing che lui aveva ancora al capezzolo. Lo aveva già fatto e sapeva che Howard lo adorava.

Fu come riscoprirsi e rendersi conto, finalmente, che ora la loro era una lotta alla pari. Due persone adulte, con un'esperienza simile, con la stessa voglia di possedersi.

E quando anche le ultime barriere furono abbattute, Ann si lasciò andare. E fece l'amore con quell'uomo, che le aveva insegnato cosa volesse dire amare completamente qualcuno.

E anche se sapeva che sarebbe stata un'esperienza unica, voleva viverla.

Il domani poteva aspettare. Ora voleva solo mordere, baciare, graffiare la pelle di Howard.


La stanza era buia.

Ann lentamente scostò le coperte e scese dal letto, raccogliendo le sue cose.

Con i ricci scombinati, a pancia su, Howard dormiva beato.

Si vestì, con la morte nel cuore. Era stato bellissimo, ma lei aveva ancora troppa paura. Paura di soffrire perché quella cosa troppo bella poteva di nuovo farla cadere nel terribile mondo in cui aveva abitato undici anni prima. E senza nemmeno salutarlo, lasciò Howard da solo, grata per quella bellissima notte passata assieme.

Una notte di cui avrebbe conservato per sempre un bellissimo ricordo.




Ed eccoci qua!!!

finalmente sono riuscita a pubblicare

un altro capitolo.

Allora!!! ringrazio tutti

in particolar modo

chiaretta78 (ti adoro che non manchi mai)

dafne_18 (spero di non averti delusa)

Silvy_V (adesso non odiare Rob che non c'entra nulla ^__^)

Cause I m thatter (ora voglio proprio leggere quello che pensi eheheheh ^^)

e Orangina92 (sono felice che anche tu abbia recensito)

e naturalmente tutti quelli che

leggono e aggiungono la storia tra i preferiti,

ricordati,

seguiti o chi legge

senza commentare.

Spero di non avervi deluse.

Un bacio e alla prossima.

Fatemi sapere che ne pensate.

Niniel82.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** CRISTALLI- Fine Prima Parte ***


CAPITOLO 12: I WISH YOU A MERRY X-MAS AND A HAPPY NEW YEAR.


Howard sospirò e allungò la mano.

Il profumo di Ann, fruttato e buono, lo mandava ancora su di giri e gli faceva provare le stesse identiche emozioni che aveva provato quella notte.

Se teneva gli occhi chiusi vedeva il viso di lei, sotto di lui, sconvolto dalla passione e sentiva la sua voce rotta dal piacere.

Era soddisfatto. A differenza di dieci anni prima non l'aveva guidata, lei sapeva cosa fare. E questo gliela faceva desiderare ancora.

Sotto la mano allungata, sentì le lenzuola. In un solo attimo una forte fitta allo stomaco lo fece tornare con i piedi per terra.

Si sollevò e incerto chiamò:

"Ann? Ann sei in bagno?"

Nessuna risposta.

Allungando la mano afferrò i boxer e indossandoli si sollevò dal letto. Con il cuore che martellava nel petto e nelle orecchie, si avvicinò al bagno. Niente.

Lento andò in cucina. Ancora niente.

Guardò in salotto e lesse un biglietto:

"Mi spiace essermene andata senza salutarti. Ma sentivo che era meglio così. Sarebbe stato troppo complicato salutarti e spiegarti quello che ti sto scrivendo in questo foglio. Stanotte ho fatto l'amore con te. Dopo dieci anni ho sentito di nuovo le stesse sensazioni, forse più coscienti di quelle di una ragazzina. Nonostante questo so che mi hanno sconvolta come allora. Ma, quando ho aperto gli occhi, ho capito una cosa. Io amo Dylan. E voglio stare con lui. Anche se quello che c'è stato tra di noi mi ha segnato la vita, io non posso buttare al vento quello che mi lega a quest'uomo meraviglioso... Ti prego di perdonarmi, Howard. E ti prego di non cercarmi... Sono convinta di quello che ho fatto. E ti chiedo scusa se ti ho ferito... Buona fortuna. Tua... Ann."

Howard chiuse gli occhi e portò il biglietto alle labbra. E sospirando disse:

"Maledizione!”

Guardò il biglietto in silenzio per quella che sembrò un eternità. Sentì gli occhi bruciare pericolosamente. Non poteva essere vero. Quel biglietto non rispecchiava per nulla la donna che aveva stretto la notte prima. Quel biglietto non aveva a che fare con la Ann che conosceva.

Era scappata senza affrontarlo e non era da lei. C'era qualcosa sotto e lui lo sapeva.

Ecco perché non avrebbe ascoltato nessuna di quelle richieste. Non gli importava di Dylan. Non gli importava se lei diceva di amarlo.

Lui voleva Ann Belle Richardsons e se l'avrebbe ripresa. Non si sarebbe bloccato davanti a niente.

Si sollevò e accartocciò il foglio. Per un attimo, preso dal dolore, aveva pensato che quella sarebbe stata l'ultima cosa che lo avrebbe legato ad Ann e che l'avrebbe custodita come un gioiello prezioso. Non lo avrebbe fatto. Avrebbe lottato, come si era ripromesso, per riaverla. E avrebbe avuto accanto Ann. Stavolta senza nessun impiccio che la potesse portare via.

Ed alzandosi dal divano, cestinò il biglietto ed entrando in bagno cominciò a fischiettare una canzone di Natale e si lavò.

L'avrebbe trovata. Anche a costo di cercarla dall'altra parte del mondo.


Jim mise apposto un ninnolo da appendere all'albero di Natale. Aveva deciso di portare con sé Ann, dopo che l'aveva vista arrivare alle prime ore del mattino con il viso inondato di lacrime.

"Allora? Vuoi dirmi che cosa è successo?" chiese prendendo un carillon.

Ann sospirò sistemando i riccioli d'angelo e disse:

"Ho fatto una stupidaggine... Una stupidaggine con i fiocchi..."

"E che cosa hai fatto di grazia?" si voltò Jim.

"Ho fatto sesso con Howard, stanotte" ribatté Ann.

Jim la fissò stupito per un attimo e poi disse:

"Beh! Non capita tutti i giorni di finire fotografata in un giornale con Robbie Williams e, poco dopo, andare a letto con Howard Donald" e guardandola serio negli occhi disse: "Posso odiarti, vero che posso?"

Ann rise e disse:

"Non puoi dato che ieri ho detto a quelli della produzione che parto prima per Manchester per problemi personali. Quindi domani ti lascio la casa tutta per te e per il tuo amore"

Jim la guardò serio e replicò:

"Non è scappando che fai la cosa giusta.."

"Posso posticipare il problema" rispose Ann. " E in questo momento è l'unica cosa che voglio"

"Dovrai dirgli un giorno che Dylan non è il tuo ragazzo. Lo sai che lui non vuole portare avanti questa storia. E che se non lo dirai tu ad Howard, glielo dirà lui" le fece notare Jimmy che continuava a guardarla senza degnare di un solo sguardo gli addobbi di Natale

Ann cominciò a sentire il peso di quello sguardo addosso e si senti ancora più in colpa. Quella storia non aveva senso e lei ci stava portando in mezzo anche il suo migliore amico e il suo compagno, per uno stupido capriccio e uno sciocco dispetto. Sospirò, prendendo una confezione di palline rosse abbellite da dei bellissimi Swarovski e fingendole di guardare, persa in realtà nei suoi pensieri, disse:

"Credo che dirglielo ora sarebbe stupido. Specialmente dopo quello che è successo. No! Se lo devo fare lo faccio dopo che torno da Manchester. Ho deciso di tenermi lontana da lui e da Londra per pensare e capire cosa voglio. E farò così!"

"Ammettilo! Hai paura di trovartelo di nuovo davanti" esclamò Jim aggiungendo poi: "Io lo trovo così romantico. L'idolo delle donne, quello che tutte e tutti vorrebbero, che ti cerca come un pazzo perché non può dimenticarti ed ha ancora sete del tuo corpo, dei tuoi baci..."

Ann guardò la faccia sconcertata dell'amico che fissava un punto imprecisato mentre la prendeva in giro. E dandogli una spinta con il fianco disse:

"Idiota che sei! Lo sai che una cerca conforto negli amici, non che si mettano a sbavare sulla causa dei suoi problemi!"

Jimmy la guardò e replicò:

"La mia comprensione l'avresti per ogni singolo essere umano che si è comportato male con te! Ma non se ti sei portata a letto Howard Donald piangendoti addosso per tutta la giornata come se avessi commesso l'errore più grande del mondo. Questo si chiama sputare nel piatto dove si mangia, tesoro" e si allontanò facendo ridere Ann.

A Natale avrebbe sentito la mancanza di quell'inaspettata amicizia.


Howard tolse gli occhiali e, con una piccola corsa, si avvicinò a Dylan.

Aveva aspettato per ore davanti a quello studio chiedendosi se proprio quel giorno la sfortuna volesse che quel bamboccio non fosse a lavoro.

Appena lo vide un moto di rabbia lo percorse da capo a piedi e con una piccola corsa lo raggiunse e lo bloccò, cercando di non rispondere al terribile impulso di spaccargli la faccia.

Lo bloccò e parandosi davanti a lui, serio disse:

"Sono qui per lei"

Dylan lo guardò e scuotendo la testa rispose:

"E il tuo comportamento da uomo delle caverne, dovrebbe intimorirmi? Caro Howard Donald... Non mi fai paura se è questo che volevi fare" e cercò di allontanarsi.

Howard lo bloccò e avvicinandosi all'orecchio dell'uomo, disse:

"Stanotte è stata mia. Più di una volta. Ed è stato bellissimo. Stringerla, vederla morire sotto di me... Stringerla e stringermi a lei... Tu non l'avrai mai così. Lei mi ama. Lasciala andare" e guardò la faccia sorpresa di Dylan, contento del risultato della sua rivelazione.

In realtà, Dylan, era stupito dal fatto che Ann non solo non gli aveva detto della notte che aveva passato con Howard, ma gli aveva taciuto il vero motivo per cui non era andata a lavoro e che solo ora gli si presentava nitido: non voleva incontrare Howard che, sicuramente, sarebbe andato a cercarla lì.

Sospirò, cercando di trattenersi dal dare un pugno ad Howard per l'aria di superiorità che gli mostrava in quel momento, più che per il fatto che aveva fatto sesso con l'amica e per la frustrazione di non aver saputo nulla da Ann.

E guardandolo rispose:

"Tu l'hai usata di nuovo. Non sai nemmeno che cosa vuole veramente"

"Me. Lei vuole me!" ribatté Howard abbandonando l'aria sicura.

"No." sorrise arreso Dylan. "Lei non vuole te. Lei vuole solo capire che cosa vuole dagli uomini, che cosa vuole dalla vita. E non è venendo a letto con te che lo capirà"

Si stava allontanando quando Howard disse:

"Ma lei è stata con me stanotte. E non solo non ti ha detto nulla ma, a quanto vedo, non è venuta nemmeno a lavoro. Possibile che tu sia così cieco?"

Dylan si voltò e con le mani nelle tasche del cappotto, rispose:,

"Lei non mi ha detto questo perché non vuole rovinare la nostra relazione per una stupida scopata"

"Lei mi ama" puntualizzò Howard.

"Può amarti, ma è tornata da me. Ci sentiamo..." e si allontanò a passo lento.

Howard non lo fermò. doveva ammettere che aveva avuto ragione.

Lei era andata via.

E lui era rimasto solo.


"NON MI HAI DETTO DI ESSERE ANDATA A LETTO CON HOWARD E ME LO SONO TROVATO A LAVORO CHE MI AVREBBE VOLENTIERI MANGIATO VISTO COME MI GUARDAVA!" gridò Dylan.

"E ti lamenti?" cercò di scherzare Jim.

Ann, invece, sul piede di guerra disse:

"Non te l'ho detto perché ero sconvolta. Mi sentivo in colpa. Mi sentivo in colpa perché.."

"PERCHÈ?" chiese Dylan quasi senza voce.

Ann lo guardò e scoppiando a piangere disse:

"Perchè sono stata bene. E vorrei che succedesse anche stasera. Ecco perché. Ma ho una paura fottuta e non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio senza sentire dentro di me una vocina che mi grida quanto stupida sono stata a calpestare tutti questi anni senza battere ciglio. Ecco perché non te l'ho detto. Perché non sto bene e l'unica cosa che voglio è scappare via"e senza aspettare replica corse in bagno e chiuse la porta sbattendola.

Jim guardò Dylan a bocca aperta e ribatté:

"Sei contento? Ti sei sfogato?"

"Tu non vuoi capire, cerchi solo di difenderla" rispose Dylan.

"Io l'ho vista stamattina, spaventata come una bambina" disse Jim ma Dylan lo bloccò dicendo:

"Lei non è una bambina. Quindi non giocare a farle da padre"

Jim sorrise e scosse la testa dicendo:

"Un tempo ero io quello impulsivo. Lo so che ti fa male che abbia tradito la tua fiducia, ma non è gridandole contro che sistemerai le cose tra di voi" e guardando la porta chiusa disse: "Vai da lei"

Dylan si avvicinò alla porta. Dietro Ann piangeva come una matta. Senza nemmeno bussare entrò.

La trovò seduta al bordo della vasca, che tamponava gli occhi con la carta igienica. Sorrise e disse:

La carta igienica non è il massimo quando uno piange...” e mettendosi a sedere vicino a lei, aggiunse: "Hai ragione. Vai a Manchester. Stai dai tuoi, pensa a cosa vuoi fare. Londra questo Natale ti ucciderebbe. E quando torni promettimi che metterai fine a questo teatrino e sai perché?"

Ann scosse la testa e Dylan continuò:

"Perché non ce la faccio. Non ce la faccio ad andare contro ad Howard Donald. Primo perché mi può spaccare la faccia... Secondo perché è troppo bello. E io non posso resistere per troppo tempo"

Ann rise e abbracciò Dylan. Non disse nulla. Pianse ancora e a lungo. Si sentiva in colpa per tanti motivi ma aver tradito la fiducia di Dylan la faceva stare davvero male. Sapere quindi che le cose erano tornate a posto la rendeva felice.


Howard guardò la casa. Avere delle amicizie in alto significava tanto, specialmente se cercavi qualcuno. E diciamo che quel qualcuno, in cambio di futuri favori, avrebbe volentieri tolto qualche scheletro dall'armadio di quell'attoruncolo.

Scese dalla macchina e sospirò.

Aprì il cancello, guardò dentro la finestra per vedere qualcuno, ma non riuscendoci, bussò vigorosamente.

Si aspettava di vedere Dylan, ma aprì la porta un altro uomo, con la testa rasata e degli occhi azzurri molto chiari.

"Stavo cercando Dylan" disse imbarazzato Howard.

Jim sorrise e disse:

"No. Passa il Natale fuori con la sua ragazza"

Howard accusò il colpo come la mattina che non trovò Ann nel letto assieme a lui.

"Ah!" disse piano. "E sai dove sono andati?"

Jim mise le mani in tasca e scosse la testa dicendo:

"So che non sono fatti miei. Ma hanno litigato di brutto per un uomo. Sono felici. Se ha delle intenzioni non proprio serie... Li lasci in pace..."

Howard guardò la casa e serio disse:

"Appunto. Non sono fatti suoi. E per quanto riguarda le mie intenzioni. Può dire ad Ann Belle che sono serie e che non ho mai mollato quando ho creduto in qualche cosa" e senza aggiungere altro salutò con una mano e andò via.

Jim sorrise e disse a voce bassissima:

"Era quello che volevo sentirti dire" e senza aggiungere altro entrò dentro e chiuse la porta.


Dylan abbracciò Ann e disse:

"Appena arrivi telefonami.."

"Ok!" sorrise Ann che strinse a sua volta Dylan, proprio quando il cellulare prese a squillare.

Ann lo prese e lesse un SMS. Era di Jim.

[Ann È VENUTO HOWARD A CASA NOSTRA. TI CERCAVA. HA DETTO CHE HA INTENZIONI SERIE E CREDO CHE UNO CHE SPOSTA MARI E MONTI PER STAR CON TE NON STIA DICENDO UNA BUGIA. AH! HA DETTO DI ESSERE MOLTO TESTARDO. UN BACIO E BUON VIAGGIO PRINCIPESSA.]

"Chi è?" chiese Dylan.

"Tuo marito" rise Ann prendendolo in giro.

Dylan rise e disse:

"Posso ingelosirmi?"

Ann scosse la testa e disse:

"Parla di Howard" e spegnendo il cellulare diede un bacio alla guancia del ragazzo e disse:" Dallo a Jim. E digli che quando torno ci penserò. A gennaio. Con l'inizio del 2007. Prometto"

Dylan rise e disse:

"Va bene” e abbracciandola di nuovo, aggiunse: "Passa un buon Natale piccola"

"Anche voi. E chiama i tuoi. Anche se ci hai litigato. È pur sempre Natale!" rispose Ann e allontanandosi salì nel treno.

Salutò Dylan finché poté, poi cercò il suo posto, sistemò il piccolo trolley e si mise a sedere. King's Cross sparì lentamente.

Londra rimase alle sue spalle.

L'avrebbe rivista a Gennaio. E solo allora avrebbe pensato al suo futuro.

Quando sarebbe stata più forte, quando sarebbe stata pronta.


Il taxi si fermò davanti alla casa. L'uomo, da dietro il vetro disse:

"Sono venti sterline"

Ann sorrise guardando l'edificio. Annuendo e prendendo una banconota da venti e qualche pound li porse all'uomo, ringraziandolo.

Scese e sospirò.

Sua madre l'attendeva per il 23. Lei era arrivata con tre giorni di anticipo. E non era mai stata così felice di essere a Manchester. Di essere a casa, di sentire il profumo dei dolci di pasta frolla che la madre stava già preparando per i nipoti e per i tre figli: Mikey, Sandra e lei.

Chiuse gli occhi ricordando quando, da bambina, si svegliava la mattina di Natale e trovava i regali e i dolcini sul tavolo, per la prima colazione. A quanto era bello pensare che davvero Babbo Natale era venuto a casa sua, portato i regali e poi era partito per chissà dove con la sua slitta dopo aver bevuto una tazza di latte e mangiato qualche dolcino avanzato dalla cena della vigilia.

Sapeva che a quei tempi era stata davvero felice e di aver scartato ogni regalo con la certezza di trovare quel che voleva, perché Babbo Natale non la deludeva mai.

Poi un giorno, una campanella, come dice la leggenda, aveva smesso di suonare. Era quella di Ann. Il mondo dei sogni, delicato e ovattato dove vivono i bambini, si infranse come un cristallo contro cui qualcuno scaglia una pietra. E Natale non ebbe più lo stesso sapore. I sogni cominciarono anche a fare male.

E Howard era uno di questi sogni.

Nato in un sorriso, morto tra mille lacrime.

Prese il trolley e lo spinse verso la porta. Cercò le chiavi nella borsa e, una volta infilate nella toppa, l'aprì e sorridendo, sentì le voci di Sandra che parlava con la moglie di Mickey, di sua madre che chiamava Sophie e Ginevra, mentre Mickey, già lo immaginava, parlava con suo padre della partita del Manchester City contro il Fulham in salotto, tenendo sulle ginocchia David, il più piccolo dato che aveva battuto anche Vivianne, la primogenita di Sandra, nata due mesi prima del piccolo nipotino. Fece un grosso respirò e felice gridò:

"Ehi, voi! Sono a casa!"

Steve uscì con Vivianne in braccio e guardò stupito la cognata dicendo:

"Mi venga un colpo!"

Ann rise e prendendo la nipotina disse:

"Ma guardala quanto sta diventando grande la mia nipotina"

Dei gridolini divertiti vennero dal piano di sopra e poi, le voci allegre di Sophie e Ginevra squillarono assieme divertite:

"La zia Ann. E' arrivata la zia Ann"

Non ebbe il tempo di ridare Vivianne al padre che si trovò sommersa dalle nipoti che da subito la riempirono di baci e di abbracci.

Il padre uscì assieme a Mickey che con i suoi capelli neri punta di moro, i suoi occhiali e la barba incolta, sembrava tutto meno che il capo redattore di un'importante rivista locale, che vendeva un sacco di copie in tutto il Nord Inghilterra.

I due fratelli si guardarono e sorridendo, si abbracciarono come meglio potevano:

"Oh! Ma guarda!" disse Ann prendendo David dalle braccia di Mickey. "Ma come si è fatto grande l'ometto di casa. E speriamo davvero che non diventi brutto come il tuo papà"

Mickey sollevò gli occhi al cielo e allargando un braccio accolse Eve, la moglie che sorridendo disse:

"No! Lui non è brutto"

"La voce dell'amore" sorrise Mikey.

"Il problema è che si trascura" continuò Eve facendo finta di non averlo sentito.

Mickey scosse la testa e guardando le figlie disse:

"Voi amate il vostro papà, vero?"

Le bambine gridarono all'unisono 'si' e lui, abbracciandole, disse, grato:

"Gioie di papà"

"Aspetta che compiano dodici anni e vedi come cominciarono a dirti di darti una sistemata..." intervenne il padre.

Tutti risero e scuotendo la testa, Mickey, disse:

"Anche mio padre! Ma questa è una congiura"

"No!" rise Ann "Devi solo darti una sistemata e smetterla di assomigliare ad un barbone. Guarda Steve, lui si che si cura"

Steve sorrise e passò una mano tra i capelli lisci e biondi, tagliati a spazzola. Spettinati ad arte come amava dire Sandra. Steve era l'opposto di Mikey: dai colori al carattere, biondo, occhi azzurri, serio e composto, curato anche quando doveva stare a casa.

"Guarda che Steve lavora con la sua faccia. Io faccio il giornalista.. Posso anche fregarmene di curare la mia immagine.. E poi Eve si è innamorata di me perché sono così" ribatté risentito Mickey.

"A dire il vero... Mi sono innamorata di te perché eri simpatico, ma ti ho visto sempre bruttino" rispose la moglie.

Steve e Sandra, che baciò la sorella dopo essersi avvicinata al gruppo, risero di gusto, guardando l'espressione del fratello. E il padre, disse:

"Oh! Non la smetterete mai se non mi intrometto io. Fatemi abbracciare la mia bambina"

Ann sorrise al padre e ridando David al fratello, strinse l'uomo, accogliendo il bacio sulla guancia che il padre le dava. Adorava sentire i baffi del padre sfregare contro la guancia. Sentire il dopo barba che metteva ogni mattina. Il ritratto sputato di Mickey. Ma con meno barba e con i capelli, anche se ora bianchi, costantemente corti e apposto.

Ann guardò l'uomo con gli occhi lucidi e poi vide la mamma che piangendo, con i guanti da forno nelle mani, teneva le mani sul cuore, ripetendo senza parlare il nome della figlia.

Ann allargò le braccia e commossa disse:

"Mamma abbracciami. Così evitiamo di farti venire un infarto" e stringendo la donna pianse di gioia.

Mickey, commosso anche lui rise, cercando di stemperare l'emozione, e disse:

"Bene... Perché non andiamo a mangiare che ho una fame che non ci vedo più?"

Tutti lo guardarono allibiti e la mamma, scuotendo la testa disse:

"E' vero che quando ero incinta di te, mangiavo per cinque e non ingrassavo di un chilo e quando sei nato pesavi quattro chili... Ma non credevo di averti fatto un forno crematorio al posto dello stomaco..."

Tutti risero e Mickey, andando in cucina ribatté:

"Colpa mia se sono una buona forchetta" aggiungendo poi a voce più alta "E non ingrasso di un etto"

Sandra ed Eve scossero la testa dato che, Mickey, ogni volta, ricordava questo particolare quando si parlava delle enormi quantità di cibo che ingurgitava giornalmente, mentre loro, attente alla linea, stavano costantemente a dieta.

Ann rise guardando la lenta processione che si diresse verso la sala da pranzo e guardando l'ingresso commossa disse:

"Sono a casa. Finalmente" e abbracciata alla mamma seguì gli altri.


"Tu, da bambino non trovavi regali sotto l'albero, vero Jay?" chiese Gary.

"Io li trovavo i regali sotto l'abero, che dici Gaz!" esclamò Jason.

"Io invece, sapevo che i tuoi ti odiavano talmente tanto che ti lasciavano un biglietto con su scritto: 'NON ESISTO E' INUTILE CHE ASPETTI. BABBO NATALE'" ribatté Gary facendo ridere tutti intorno e lo stesso Jason che annuì dicendo:

"Buona questa Gary. Davvero buona"

Howard rise e ascoltò un'altra battuta su Gary e sul fatto che fosse grasso, anche dopo anni dallo scioglimento della band.

Poi la mente ritornò alla notte passata con Ann. Sentì l'odore di lei, le sue unghie sulla schiena, la sua voce rotta.

E si accorse di volerla, di sentire il bisogno di lei.

"Howie?"

Di vedere gli occhi chiudersi e la testa reclinarsi all'indietro, offrendole il collo bianco ...

"Doug!"

Sentì qualcuno scuoterlo e si riprese dai suoi sogni. Guardò Gary che serio disse:

"Potevi anche trattenerti se, ora, non fai altro che pensare a quella notte..."

"Si vede così tanto?" chiese Howard serio, passando una mano sulla faccia.

Gli altri tre annuirono e Howard continuò:

"Il problema è che sento di volerla con ogni parte di me. So che per lei è lo stesso e so di aver messo in crisi quel pseudo rapporto che ha con quello stronzetto"

"A me Dylan piace. Devo dire che lo trovo davvero simpatico" disse Mark.

Gli occhi di Howard, Jason e Gary si ridussero in fessure e Mark, un po' spaventato, disse:

"Naturalmente tifo per te, dude..."

"E se facessimo in modo che lei capisca che tu non sei quello di una volta?" disse Jason guardando ancora torvo Mark, prima, sorridendo ad Howard, poi.

"Sarebbe un'idea!" esclamò Gary annuendo.

"E come?" chiese Howard.

"Il 31 Dicembre dobbiamo fare una festa nella villa londinese di Jonathan. Che ne dici di invitare lei e Dylan e qualche suo amico. E le fai capire che sì, la ami, ma sai aspettare. Accetti che ci sia lui, ma tu sei lì per lei" disse Jason.

Howard, in un primo momento pensò che fosse un'idea idiota. Poi ricordò la frase di Dylan.

"Lei non vuole te. Lei vuole solo capire che cosa vuole dagli uomini, che cosa vuole dalla vita.. E non è venendo a letto con te che lo capirà..."

Non era portandola di nuovo a letto che le avrebbe tolto Dylan dalla testa.

Guardò gli amici e disse:

"Ci sto. A patto che voi mi diate una mano"

"Puoi contarci..." disse Jason.

"Io tifo per te amico" continuò Gary.

Tutti si voltarono verso Mark che guardava ridendo i tre. Il sorriso morì nella bocca del Take That più giovane che, veloce, disse:

"Certo. Certo che ti aiuto. Mi sta simpatico, ma voglio che Ann stia con te"

Gary scosse la testa e disse:

"Con Mark coviamo una serpe in seno"

Tutti risero e Mark fece una smorfia per far finta di essere risentito dalla battuta di Gary.


"Tu lo ami. Ann. Lo ami da quando hai sedici anni." disse Mickey serio.

"Lo so... Ma ho paura!" rispose Ann poggiando una mano sulla fronte.

"Di cosa? Di essere felice?" chiese Sandy guardandola, seduta sul bracciolo della poltrona dove stava seduto Mickey.

Ann la guardò. Aveva detto tutto a Sandy e Mickey. Loro sapevano davvero tutto di quella storia. Non l'avevano mai giudicata, puntato il dito contro. Erano sempre stati dalla sua parte, anche quando non faceva le cose giuste. Ora, però, avrebbe volentieri fatto a meno di dire quello che la tormentava: per la prima volta, infatti, nessuno dei due le dava ragione; anzi l'accusavano di aver paura, di non voler accogliere Howard perché era troppo codarda per farlo.

E la cosa devastante era che tutto era vero.

"E se mi facesse del male di nuovo?"

Mickey sorrise e disse:

"Senti. Sono un uomo. So cosa vuol dire aver paura. Sono scappato anche da Eve quando è iniziato tutto. So di aver sbagliato. E per un pelo non me la stavano pure portando via. Ma ho saputo fare un passo indietro. Ho saputo capire che era lei quella che volevo, che dovevo lasciare il mio passato alle spalle. Lei non era le altre donne. Lei era speciale. E mi sono sposato con lei. Ho messo su una famiglia che adoro. Tre figli che mi riempiono la vita, ogni momento... Dirai: ora che c'entra Howard in tutto questo? Beh! Come ho già detto. Sono un uomo. E sono sicuro che tutto quello che sta facendo quell'uomo, a Londra, lo sta facendo non per portarti a letto, ma per renderti felice. Perché se voleva solo stare con te, sessualmente intendo, non ti avrebbe cercato dopo la notte che avete passato assieme, non avrebbe smosso mari e monti per te, dopo che lo hai lasciato senza dirgli ciao la mattina dopo... E ora, chiamalo pure cameratismo, penso davvero che quell'uomo ti ami"

Ann stava per rispondere, quando qualcuno suonò al campanello e subito sua madre gridò:

"Ann c'è qualcuno che ti cerca.."

La ragazza aggrottò la fronte e sollevandosi dalla poltrona fece cenno di aspettare a Sandy e Mickey e si avvicinò all'ingresso.

Portò una mano alla bocca e sorrise divertita.

Con un cappello da Babbo Natale, Eloise, stava sulla porta, con gli occhi lucidi e un grosso pacco tra le mani.

Ann sapeva di essere stata troppo dura con lei, di averla trattata forse troppo male. Ma il suo orgoglio, per quello che Eloise aveva fatto, l'aveva trattenuta dal chiamarla. Dal dirle che le mancava da pazzi, specialmente con l'avvicinarsi delle vacanze natalizie. Le era mancato preparare con lei l'albero di Natale. Le era mancato sentirla canticchiare canzoni natalizie.

Nonostante questo rimase in silenzio. La guardò sulla porta.

"Ciao Ann. Buon Natale!" disse incerta Eloise.

Ann non rispose. Ed Eloise piano disse:

"Volevo solo che tu sapessi che mi sono pentita di quello che ho fatto. Che non volevo ferirti e l'ho fatto in buona fede, sperando che tu mi capissi.. Che capissi che la persona che mi ha chiesto di fare quello che ho fatto, ti amava... Se ti ho ferito con questo, non pensare che non abbia pagato la mia colpa. Non averti vicino quando le cose non andavano bene a lavoro, quando un nuovo amore non mi rendeva felice, mi ha reso tutto più difficile. E spero davvero che tu possa capire che io non sono una di quelle amiche che ti hanno voltato le spalle per gelosia. Io sono diversa. Io non posso voltarti le spalle. Non posso e non voglio farlo, perché ti voglio bene. Come una sorella. La sorella che non ho mai avuto"

Ann sorrise. E allargando le braccia disse:

"Avevi già deciso quando ti ho vista sulla porta" e ridendo strinse l'amica che si buttò tra le sue braccia.


QUALCHE GIORNO DOPO.


Ann sistemò l'ultima valigia nella vecchia camera quando il cellulare prese a squillare insistentemente.

La ragazza lo prese e dopo aver letto chi la chiamava, rispose sorridendo.

"Dylan. Ti mancavo già?"

Dylan rise e rispose:

"Cara mia, mi manchi sempre, lo sai. Ma ti sto chiamando per un altro motivo..."

"Ho dimenticato qualcosa?" chiese Ann cominciando a guardare le valigie.

"Si! Una lettera" ribatté Dylan con un leggero sarcasmo."E indovina chi la manda?"

"Cos'è? Howard si è messo a scrivere missive d'amore?" domandò sorridendo Ann.

"No. Ha invitato me e te ad una festa privata, che i Take That hanno organizzato in una villa nei pressi di Paddington. E l'invito e valido per altre due persone. Se vuoi io porto anche Jim e tu porti Eloise"scherzò Dylan.

Ann rimase qualche secondo in silenzio e rispose:

"Uhm! Sai che sarebbe un idea?"

"Ann! Scherzavo!" rimandò incerto Dylan.

"Perché?" chiese Ann. "È un'idea. Fargli vedere che io alla sua stupida festa vado, con il mio ragazzo"

"Ma non dovevi mettere fine alla nostra messinscena?" le fece notare Dylan, sorridendo.

Ann annuì e ribatté:

"Io, invece, dico che è un'idea meravigliosa, caro mio. E poi èancora il 2006. Ho detto che comincerò a pensare ad Howard nel 2007. Fammi vendicare un po'!"

Dylan sospirò e rispose:

"Va bene. Ma solo per questa volta"

Ann sorrise e ringraziò Dylan e poi chiuse il telefono poggiandolo sulle labbra nel quale affiorava un sorriso. E mettendolo in tasca disse:

"El. Hai da fare qualche cosa per la notte del 31?"


Alla fine, nell'enorme villa di Paddington, c'erano per davvero Eloise, Jim e Dylan, assieme ad Ann, che, con una frangia sbarazzina che calava sugli occhi grigio verde da gatta, un vestito lungo nero che la fasciava dal busto in giù, scendendo morbido sui fianchi, entrò alla festa come la ragazza di un attore e non come la donna che stava mettendo in subbuglio il cuore di uno degli organizzatori del party.

E non sapeva che alle volte, giocando con il fuoco, si finisce sempre bruciati, anche l'ultima notte dell'anno.


Mark notò Ann che prendeva un bicchiere di champagne da un vassoio che un cameriere le porgeva.

Si avvicinò e con una sigaretta in bocca disse:

"Fumi?"

Ann si voltò e vide Mark, più basso di lei di una spanna, sorridente con la sigaretta di traverso. Lo guardò ridendo e disse:

"No! Non fumo. E sappi che fa male anche a te..."

Mark fece spallucce e rispose:

"Lo so. Ma dovevo smettere quando ero più giovane"

Ann scosse la testa fingendosi arresa e guardando davanti a sé. In realtà stava cercando Howard tra la folla.

"Hai provato con l'ipnosi?" chiese lei tornando a guardare Mark.

"L'ultima volta ho fumato il doppio."rispose sincero Mark. "Sono rimedi inutili per persone che non hanno grande forza di volontà" concluse infine.

"Beh! Anche questo è ver.. Forse potresti consigliarlo ad Howard. Lui di forza di volontà ne ha dimostrato di avere davvero poca" notò Ann che guardandosi intorno aveva intravisto Howard che abbracciava una donna che sorridente gli aveva stampato un bacio sulla guancia, pericolosamente vicino alla bocca tenendolo poi stretto e parlando con una ragazza che indicava qualche cosa verso il tavolo. Tutti ridevano e a quel che sembrava Howard non sembrava triste, ma stranamente felice e divertito.

Mark guardò Ann e, poi, Howard e serio disse:

"A dire il vero... Non credo che sia la sua ragazza. Howard è stato sempre coerente. Quando ama una donna c'è solo lei. Certo! Come tutti gli uomini ha avuto e sue debolezze. Ma credo che le abbia avute solo perché none erano le donne della sua vita. Ecco perché.. Sono sicuro che quando troverà la donna della sua vita... Sarà per sempre. E nessuna, nemmeno una scappatella, saranno in grado di darle lo stesso amore e la stessa passione che da quella ragazza..."

Ann si voltò e guardò Mark che, prendendo la sigaretta in mano disse:

"Chiedo a Jase di farmi compagnia fuori. Ha ripreso a fumare. Il finto salutista" e uscì salutando Ann.

Ann guardò Howard. E forse, sentendo il suo sguardo addosso, com'era successo qualche mese prima anche a lei, si voltò e la guardò.

Ann cercò di scansare quello sguardo magnetico, ma le fu impossibile.

Odiava Howard. Perché riusciva a farle fare quello che voleva solo guardandola negli occhi. Ed ora che si stava avvicinando a lei, si sentiva come piantata nel terreno. Voleva scappare, ma voleva terribilmente che lui si avvicinasse e la baciasse.

"Ciao Ann Belle"

Le baciò una guancia in maniera sfuggevole. La teneva in pugno. Come quella sera, quando stava nella sua macchina. Lui l'aveva baciata. Lui l'aveva voluta. E lei era stata solo un piccola barca in balia di quella passione cieca, che non poteva e, soprattutto, non voleva controllare.

"Ciao Doug" sorrise Ann.

Howard la guardò. E Ann si sentì sciogliersi.


Dio com'era bella!!

Troppo bella.. Anche per lui che aveva avuto donne bellissime. Che aveva dormito con loro qualche notte, che si era divertito con i loro corpi e poi mandato via, senza parlare.

In tutti quegli anni non si era reso conto di una cosa.. Aveva scacciato tutte le altre con i suoi silenzi. Con il suo essere troppo chiuso. Con il suo essere troppo perso in se stesso per prendersi cura di un'altra.

Solo ora si rendeva conto che non aveva voluto altre donne perché ancora vagava alla ricerca di lei, di Ann, di quegli occhi verdi da gatta che ora gli bucavano il petto, il cuore. E lo rendevano quell'uomo rude anche nella passione, come qualche sera prima.

Possibile che fosse solo lui l'unico a ricordare quella notte?

Gary gli aveva consigliato di lasciar perdere, che la miglior arma in alcuni casi è solo l'indifferenza. Ed era vero. Almeno lo sarebbe stato in un caso in cui lui non fosse stato troppo attratto da quelle labbra rosse, laccate da quel lipgloss.

L'amava. E lo sentiva con ogni fibra del suo corpo, con tutta l'anima.


Howard la guardava serio.

E Ann ricordò la bocca di lui sul suo seno, il suo sorriso, mentre facevano l'amore. Quei 'ti voglio' sussurrati appena.

Cercò di scacciare quei pensieri. Ma era inutile. Il suo cuore, la sua testa, il suo corpo intero la riportavano a quella notte.

"C'è una terrazza bellissima al piano superiore. Dai! Concedimi almeno questo. Voglio chiederti scusa per il mio comportamento. E questo e l'unico modo. Palare tranquilli"

Ann guardò intorno.

Solo chiederle scusa?


La guardava rabbrividire dal freddo, in silenzio.

"Vuoi la mia giacca?" chiese togliendola e senza spettare risposta la poggiò sulle spalle della ragazza.

Ann si strinse nella giacca e sentì il buon odore di Howard arrivare alle narici.

E di nuovo fu preda delle sensazioni di quella notte.

"Mi spiace. Davvero! Non volevo. Solo che appena ho visto quel giornale ho pensato che tu.... Che amavi Robbie da sempre e che dopo quella sera al Jewels avessi avuto un ritorno di fiamma e le avessi dato un'opportunità che a me non volevi nemmeno dare"

"Io non gli darei mai una possibilità, non senza conoscerlo prima" rispose seccata Ann.

Le dava fastidio che, questo, fosse il motivo che aveva spinto Howard a fare quello che aveva fatto.

"Tu mi piaci, Ann. Mi piaci davvero tanto. E ti voglio. Non voglio spaventarti... Non voglio metterti paura... Voglio solo che non ti dimentichi che c'è un uomo che ti vorrebbe dare tanto... E che ti darebbe il mondo se solo lo volessi!”

Ann lo guardò e disse:

"Howard... Io sono fidanzata"

Howard si avvicinò a lei e disse:

"Eri fidanzata anche quando ti aggrappavi a me? Quando mi mordevi le spalle? Mi ricordo tutto Ann e vivo nella speranza che succeda di nuovo"

Ann fremette. E sospirando chinò la testa. Voleva anche lei fare l'amore con lui. Come quella sera.

"Ma se tu non mi vuoi... A me non mi importa. Nella vita bisogna aver pazienza. E io ne ho avuta per dieci anni prima di incontrarti di nuovo. Solo che ora so di volerti più di qualsiasi cosa al mondo. Nel bene e nel male. E lotterò per esserti accanto."

Howard disse quelle cose e andò via a testa china, rientrando nella stanza che dava sulla terrazza.

Ann si voltò e con le lacrime agli occhi disse:

"HOWARD!"

Il ragazzo si voltò e la guardò. Ann corse verso di lui e lo baciò.

"Non te ne andare"gli sussurrò a fior di labbra.

Howard la guardò e la baciò con ancora più forza di quella sera. Ann sentiva le gambe cedere. Lo voleva con ogni cellula del suo corpo.

Ma Howard si staccò, sospirando frustrato, mentre fuochi di artificio scoppiavano nel cielo e sotto arrivavano le note del 'Valzer delle candele' e un vociare allegro di auguri e di buon anno.

Era mezzanotte. Ma ad Ann non importava. Voleva Howard. E sembrava quasi che lui non la volesse.

"Non stanotte Ann. Non con Dylan qua. Ti voglio. Ma gioco pulito. Non soffio la donna ad un uomo che sta nello stesso appartamento dove sto io"

Ann lo guardò delusa. Stava crollando. Lo sentiva. Stava per dirgli tutto. Ma non cedette.

Quasi con le lacrime gli occhi diede la giacca ad Howard, dicendo:

"A me non serve più"

Howard riprese l'indumento e lo indossò. E senza guardarla uscì fuori.

Fuori festeggiavano, ignari che Howard e Ann si amavano ma che per colpa di un passato ingombrante e di orgogli troppo forti non potevano vivere il loro amore.

E tutto andava distruggendosi come cristalli rotti.

La realtà entrava nel sogno e non viceversa.





FINE PRIMA PARTE...


Tadan...

Ed ecco a voi il capitolo Natalizio

con sorpresone finale.

E adesso penserete voi.

Lo sapete che sono una cattivona.

Ahahahaha... Risata diabolica.

Ringrazio tutte

(chiaretta, silvy,dafne, orangina e Cause i m thatter)

per le recensioni.

Spero che il capitolo vi piaccia. Per ogni protesta

potete contattarmi al link http://www.facebook.com/Niniel82. Sono su Facebook.Per il momento vi auguro un

Buon Natale e un

Felice Anno Nuovo.

Maya permettendo,

tornerò il prossimo anno.

Un bacio a tutti.

Niniel82.


Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** BOLLE: Capitolo 1 ***


SECONDA PARTE: Bolle di sapone.


Capitolo 1: Il provino.


Manchester: Settembre 1992.


"Charlieeeee!!"

Charlotte che dondolava le gambe leggendo il giornale comprato quella mattina, sospirò infastidita.

"Carol che caspita vuoi?" gridò in risposta.

"Scendi è per te!!!" rispose la sorellina al piano di sotto.

Charlotte saltò dal letto e mise le pantofole e scese di corsa le scale. Se la madre fosse stata in casa l'avrebbe sgridata, ricordandole che era pericoloso scendere le scale con le pantofole, dato che rischiava di rompersi una gamba.

E per una ballerina come lei era davvero la fine.

"Chi è?" chiese sotto voce alla sorellina.

La bambina sollevò le spalle e disse:

"Non lo so. Dice che vuole parlare con te"

Charlotte prese il telefono e rispose.

E dal cerchio della sua vita qualcuno soffiò una grossa bolla di sapone.


Aspettò per mezz'ora prima di vederlo arrivare.

E quando lo vide gli corse incontro gridando. Lo vide sorridere, di uno di quei sorrisi luminosi dei suoi che si allungavano anche agli occhi e il cuore le si bloccò per un secondo.

Sì! Lo amava.

Lo amava da dieci anni. Da quando si era trasferita con tutta la sua famiglia in quella casa, dove nemmeno voleva andare, vicina a quella della madre di lui.

Lui... Lui che aveva già un sacco di fratelli, più il suo gemello. Charlotte ricordava che l'aveva accolta con un sorriso gigante. Uno dei suoi appunto. E da quel momento l'aveva protetta da tutti i prepotenti del quartiere.

Perché agli occhi di una bambina basta davvero poco per innamorarsi.

Passarono molto tempo insieme e in poco tempo entrambi scoprirono di avere in comune l'amore per la danza, cosa che cementò la passione della ragazza che gli assegnò in definitiva il titolo di principe azzurro.

E quando da piccola, nei tuoi sogni vedi qualcuno come un principe, è difficile che perda quell'aura Karmica che gli hai affidato. Ed il poveretto, rischia di averla per sempre.

E lui era uno di quelli.

"Jase!!!!" gridò salutandolo con la mano.

Jason sorrise. E guardando la ragazza disse, sistemando il borsone da palestra sulla spalla:

"Hendersons!! Che è successo??"

Charlie si bloccò e sorrise e una cascata di ricci si posò leggerà sulle spalle. Saltò in braccio a Jason e disse:

"MI HANNO PRESO PER QUEL PROVINO!"

Jason sorrise e la strinse forte dicendole:

"Oddio. Ma è meraviglioso!"

Charlie lo guardò e si perse in quei mari azzurri.

Voleva baciarlo. Ma non lo fece.

Scese dalle braccia del ragazzo e annuì.

"Diventerò una ballerina professionista. Come te!!!"

Jason sorrise e disse:

"Prima di diventare famosa come me ne deve passare di acqua sotto i ponti"

Scherzava. Lo faceva sempre con lei. E Charlie amava prenderlo in giro a sua volta.

Sì! Il giorno che tu e il tuo gruppo di pazzi salterini farete successo, giuro che appendo un chiodo gigante a casa di tua mamma. Lo metto sulla porta. Perché credo che sia la cosa più impossibile del mondo.”

Jason rise e rispose:

Bell’amica che sei! Comunque. Se mai dovessimo continuare a saltare nei pub e nelle scuole, Nigel ci silura di sicuro”

Charlie lo baciò su di una guancia e sorrise.

Diventerai famoso. Lo so. E lo sai anche tu”

Jason la guardò con dolcezza e le passò un braccio attorno alle spalle.

E camminando tranquillamente aggiunse, guardandola:

Oggi è la giornata dei grandi avvenimenti”

Che ti è successo?” chiese Charlie godendosi quelle tenerezze che Jason, spesso e volentieri, le dava.

Jason sorrise e guardando davanti a sé, disse:

Ti ricordi Debra?”

Charlie annuì.

Il cuore gli si cominciò a sgretolare lentamente. Quando veniva nominata succedeva sempre qualche cosa di brutto che spezzava il cuore di Charlie irrimediabilmente. Non voleva sapere.

Il prossimo mese andiamo a vivere assieme…” aggiunse Jason raggiante.

Dentro il suo petto, Charlie sentì il cuore esplodere. Quello che non voleva era successo.

Lui amava un’altra. Lo sapeva e lo aveva sempre saputo da quando li aveva visti baciarsi sul muretto della casa di lui.

Sono davvero felice per te…” sussurrò Charlie.

Jason non si rese conto del fatto che Charlie aveva cambiato umore e tranquillo continuò:

Tu non hai la minima idea di quanto ami quella donna. Ho capito che è quella giusta. Che voglio passare la mia vita con lei… Tu non sai quanto sono felice Charles…”

Charlie sorrise e lo guardò. La bolla più grande, più bella, quella che aveva volato per i cieli della sua vita tranquilla, ora esplodeva davanti ai suoi occhi. E non era il sapone quello che la faceva piangere… No! Era il dolore cieco di scoprire che qualcuno che ami alla follia non ti ama affatto.

Sorrise amara e disse:

Sono davvero felice per te…”

Lo hai già detto…” disse Jason guardandola strano.

Charlieeee!!” gridò Caroline dalla finestra.

Per la prima volta in sei anni dalla nascita sentire Caroline gridare il suo nome fu per Charlotte una benedizione. Guardò dietro di sé, sentendo le lacrime che lente cominciavano a scendere e sorridendo, disse:

Quella rompi di mia sorella. I pro e i contro di avere, a sedici anni, una sorella di sei…” sorrise, o almeno cercò di farlo e salutando Jason velocemente corse via, senza voltarsi.

Non voleva fargli vedere che dopo aver visto la sua più bella bolla di sapone scoppiare davanti ai suoi occhi, ora piangeva come una matta.

Ora che aveva capito che i sogni, alle volte, portano tanto dolore.


Londra: febbraio 2007.


Charlotte sistemò la borsetta e scese dal pullman.

Guardava interessata il giornale.

Quel giorno ci sarebbe stata la prima puntata di ‘Per amore o per denaro’ il nuovo serial che la rete ammiraglia avrebbe trasmesso, un episodio per volta, a partire dalle otto di quella sera.

Ripiegò il giornale e lo mise in borsa, sospirando infastidita dopo aver guardato l’orologio.

Se solo quindici anni prima avesse saputo che fine avrebbe fatto. Se solo avesse saputo che quel provino, andato benissimo, sarebbe diventato inutile solo un paio di anni dopo quando, proprio alla scelta di una delle protagoniste di un famosissimo musical, Charlie a soli vent’anni, scoprì di essere rimasta incinta.

Incinta di Nick, tra l’altro, il suo migliore amico, il bambino che a scuola tutte amavano e che per anni lei non aveva mai considerato nemmeno come esponente del sesso opposto.

Charlotte sapeva come la sua relazione era cominciata. Nick era sempre stato innamorato di lei e non ne aveva mai fatto segreto. Lei aveva avuto bisogno di una spinta che era arrivata proprio quando Jason aveva confessato di voler andare a vivere con Debra. Fu quel giorno che Charlie e Nick divennero una coppia. E nel giro di tre anni e mezzo diventarono genitori di Danielle, una bambina precisa in tutto e per tutto a sua madre.

E Charlotte dovette abbandonare il suo sogno. La danza.

Divenne una moglie e, in seguito, una mamma attaccata alla casa, costretta a lavorare per poter tirare avanti, amando un uomo che, sentiva, non era quello che voleva, non era quello che aveva sognato.

Nonostante questo gli stette vicino. Lo vide laurearsi a pieni voti, con tanto di lode della giuria.

Guardò qualcuno soffiare nel cerchio della sua vita, guardando i sogni di Nick galleggiare nell’aria, facendoli diventare anche i suoi sogni.

Fu una mamma. Una donna. Una moglie. Ma non più una ballerina. E questo la logorò lentamente.

Nick era il migliore dei mariti. Per anni provò a convincerla a rimettersi in gioco, ma senza successo. I sensi di colpa ogni qualvolta progettava di rimettersi a lavorare si facevano sentire forti come un pugno e così preferì non correre rischi e mettere a repentaglio la sua famiglia ritornando a ballare.

E con il tempo i silenzi, anche in una coppia che prima di essere tale era una coppia di amici, rese il matrimonio di Charlotte un campo minato.

In breve tempo attraversò una crisi che la portò ad allontanarsi dal marito. Riprese a frequentare i suoi vecchi compagni della Guildhall che la convinsero del terribile errore che aveva fatto a lasciare la sua carriera e a dedicarsi alla sua famiglia e basta. Le dissero che se lei era arrivata a quel punto era solo perché il marito era stato troppo egoista e aveva preferito che lei si sacrificasse per il bene della loro famiglia.

Il rapporto di Charlotte e di Nick era ormai arrivato ad un punto di rottura e quelle chiacchiere bastarono per portare Charlie a fare la scelta sbagliata. Riprese a ballare e cominciò ad uscire quasi ogni sera. Questo portò il matrimonio, lentamente a sgretolandosi.

Cominciarono a litigare e a non parlarsi più. La vita in casa divenne un inferno e per salvaguardare il suo rapporto d'amicizia con Nick, visto che quello di matrimonio era ormai distrutto, e soprattutto per tutelare la piccola Danielle, Charlie, decise di fare i bagagli riempiendoli con i vestiti suoi e della bambina e in una sera di appena due anni prima i fatti narrati lasciò definitivamente il marito.

L'addio non fu indolore. Nonostante Nick fosse più un amico che un marito Charlie soffrì sapendo di aver inflitto a lui per primo un grande dolore.

Cominciò a non uscire, abbandonò i vecchi compagni della Guildhall e riprese a vivere da mamma.

Passò qualche mese e cominciò una nuova vita, in un nuovo quartiere e in una nuova casa.

Fu allora che trovò nuovi agganci ed entrò a ballare per una compagnia prendendo anche un agente.

E fu così che trovò quel lavoro.


Sorrise guardando Stephanie che le sorrideva sulla porta, sorseggiando il suo tè, tranquilla nonostante fosse in ritardo colossale.

Hendersons!? Anche tu in ritardo? Potrei cominciare a preoccuparmi” disse la ballerina guardando Charlie.

Charlotte rise e rispose:

Colpa del mio ex. Non ho mai niente da rinfacciarli. Anzi... So di essere fortunata ad averlo come tale. Ma con il suo lavoro, alle volte, è costretto a partire all’ultimo momento e Danielle, che ha solo dieci anni, non capisce. E i suoi capricci me li devo sorbire io”

Stephanie sorrise comprensiva e disse:

Ti capisco. Io non ho figli. Ma con il mio ragazzo sono io quella che deve mettere apposto tutti i casini che fa…”

Charlie annuì e aprì la porta degli studi.

Ma poi hai capito per chi dobbiamo ballare. Ci hanno fatto fare quelle prove con quei vestiti addosso e non ci hanno detto chi era l’artista…”

Stephanie fece spallucce e buttando il suo tè take-away nella spazzatura, disse:

Hanno detto che preferivano il riserbo. Sarà una di quelle band super famose, di quelle che non si può dire dove dormono e come mangiano altrimenti finiscono su tutti i giornali…”

Sarà mica Madonna?” chiese stupita Charlie.

Stephanie scosse la testa:

No! Non credo… Questa musica con gli ultimi dischi di Madonna, non c’entra una cippa.. E poi ho sentito che sono quattro. Non stiamo parlando di un solo cantante…”

Charlie si morse la lingua e sospirò.

Non capiva perché ma si sentiva stranamente oppressa.

Come se il passato la stesse per schiacciare.


Howard entrò nella sala di registrazione con un viso tristissimo.

Gary lo guardò e disse:

So che è da stronzi dirtelo. Ma è davvero bellissima in quella locandina”

Howard lo fulminò con lo sguardo e replicò:

Gaz. Hai sempre la frase giusta tu, eh?”

Mah! Quello che ha studiato psicologia è Jason, mica io…” rispose il cantante.

Mark rise e disse:

Se vuoi te lo registro stasera. Non se riusciamo a tornare stasera con le prove per il video”

Howard scosse la testa e replicò:

Non voglio vederla recitare con quel... quel... oh! Non mi fate parlar male che non ho voglia!” esclamò Howard facendo un cenno con la mano, infastidito.

Mark sospirò e disse:

Se stai così male penso che sia meglio non vederla per un po' non trovi?”

Howard scosse la testa e rispose:

Mi fa male. Non posso negarlo. Ma penso che sono ancora capace di guardarla attraverso uno schermo televisivo. E per quanto riguarda vederla di persona credo che a Natale ho dato prova di grande autocontrollo non saltandole addosso”

Quello con autocontrollo sei tu. Jason invece si sarebbe attaccato a lei come un cane in calore...” esordì Gary che cercò di stemperare la tensione con un battuta.

Tutti risero. Tutti tranne Jason che sembrava attratto da qualcosa dietro di loro.

Tutti si voltarono e videro una ragazza con dei lunghi e riccissimi capelli biondi che rideva con una ragazza scura.

Scusate ragazzi. Devo andare…” disse Jason allontanandosi.

Dove?” chiese Mark senza ottenere risposta.

Howard guardò Jason allontanarsi.

La volta che lui si era messo a fare così, Ann era rientrata nella sua vita.

E non voleva che anche Jason passasse il suo stesso macello. Il suo stesso strazio.


Charlie sorrise guardandosi intorno quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.

Stephanie, davanti a lei sbiancò, vedendo il viso del proprietario della mano che Charlotte non poteva vedere perché girata di spalle.

-Questa è la volta buona che per un ritardo mi licenziano…”

Lentamente si voltò e due bellissimi occhi azzurri la travolsero.

Il cuore di Charlie sussultò.

L’uomo che aveva sempre amato era lì. Il suo principe azzurro era tornato. Ed era davanti a lei che le poggiava una mano sulla spalla.

Sorridendo come lui solo sapeva fare.

Jason Orange era lì. Il suo principe azzurro, l'uomo che non aveva mai smesso di amare da quando aveva cinque anni.

Ricambiò il sorriso con uno più radioso. Era felice, e sembrava davvero che tutto quel tempo non fosse passato, che non ci fosse stato nessun matrimonio, nessun figlio. Come se avesse di nuovo sedici anni e non trenta.

Charlie? Ma sei proprio tu?”



Ed eccomi di nuovo dopo le vacanze di Natale, come promesso.

Lasciatemi ringraziare

Silvy_V

Cause I am a Thatter

chiaretta78

orangina92

_MrsOwen_

che mi hanno recensito.

E ringrazio tutti quelli che hanno

messo mi piace alla mia pagina FB.

Se ancora non lo aveste fatto

cercatemi su Fb.

Niniel82 è il nome della pagina.

Vi aspetto in tanti.

Un bacio e alla prossima.


Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** BOLLE: Capitolo 2 ***


Capitolo 2: Rincontrarsi.




Charlie? Sei proprio tu!” disse Jason.

Guardò la cascata di ricci biondi e in quegli occhi verdissimi riconobbe immediatamente la ragazzina che correndo per la via gli aveva annunciato di essere stata presa al provino che aveva fatto poche settimane prima e che le avrebbe permesso di diventare una ballerina professionista.

Che cosa era stato di lei?

Dopo quel giorno, dopo che lui le disse che sarebbe andato a vivere con la sua compagna dell’epoca, non l’aveva più vista. Salvo la mattina di qualche mese dopo -Jason non ricordava con esattezza quanto- quando, trasportando una grossa valigia, il padre l’accompagnò a Londra.

La scuola di ballo, infatti, aveva deciso che per gli allievi più giovani venisse fornita una borsa di studio che li facesse entrare di diritto alla Guildhall a Londra, una delle migliori scuole di formazione artistica in Europa.

Dopo quel giorno sparì. Non la vide più. Soffrì molto per questo e si rammaricò di non essere a Manchester quando sua madre entrò ad abitare nella nuova casa, situata in un quartiere più ricco, che Jason aveva comprato con i primi soldi guadagnati.

Dentro di lui Charlotte era sempre quella bambina sottile, come un pezzo di legno a cui basta poca pressione per potersi rompere. Quella bambina che con i suoi ricci ribelli lottava per stringerli in un perfetto chignon come tutte le sue compagne. La stessa bambina che per anni aveva difeso dai bulli di quartiere. E poco importava che gli anni passassero per tutti, lui compreso. Nel suo immaginario, Jason Orange, vedeva Charlotte Hendersons come una bambina, anche dopo tutti quegli anni.

La bambina che, come dicevano i suoi fratelli per prenderlo in giro, era innamorata persa di lui.

Ma che ci fai qui?” chiese Jason sorpreso.

Ci lavoro!” rispose Charlotte.

Jason aggrottò la fronte notevolmente stupito. E subito replicò:

Ma tu non lavoravi per…?”

Lavoravo. Ma sono successe un mucchio di cose e ho perso il posto…” ribatté Charlie seria.

Jason la guardò sorpreso e disse:

Non è successo nulla di grave,mi auguro!”

Charlotte sorrise dolce e disse:

No! Diciamo che mi sono data da fare talmente tanto con il mio ragazzo che sono diventata mamma a soli vent'anni”

A Jason si illuminarono gli occhi. E guardandola con ancora più stupore di quando le aveva chiesto se era davvero lei, domandò:

Allora sei sposata?”

Charlie scosse la testa e rispose:

No! Mi sono separata due anni fa… Indovina con chi ero sposata?”

Nick?” rispose sorridendo Jason sapendo già la risposta.

Charlie annuì e Jason disse:

Lo sapevo. Eravate troppo amici per essere un ragazzo e una ragazza!”

Garda che lo siamo ancora, amici. Anzi, pensa che mi ha invitato alla sua festa di fidanzamento con Nicole, la sua nuova compagna” sorrise Charlie.

Jason fischiò e ribatté:

Dio santissimo! Non ci credo. La piccola Charlotte mamma e moglie! Ma da quanti anni non ci vediamo?”

Dal Novantadue” contò Charlie “Esattamente quindici anni..”

Allora devi accettare il mio invito a prendere un caffè dopo aver girato il video. Non voglio che passino altri quindici anni prima di sentirti di nuovo” la invitò Jason.

Stephanie dietro di Jason, con gli occhi sbarrati, annuendo vigorosamente tanto da spettinarsi, suggerì la risposta alla ragazza che disse:

Beh! Ti faccio sapere a fine riprese che ne dici?”

Jason annuì e sorridendo rispose:

Ci conto!” e si allontanò aggiungendo: “Se non puoi venire fissiamo subito un altro appuntamento. Ti ho già detto che non voglio che passino altri quindici anni prima di vederci ancora” e si allontanò salutandola.

Le due donne lo guardarono allontanarsi.

E Stephanie, voltandosi a guardarla, disse:

Tu sei scema!! Hai detto ti faccio sapere a Jason Orange!”

Devo forse ricordarti che ho Danielle a casa?” rispose Charlie guardando Jason allontanarsi.

Lo so. C'ero quando l'ho detto!” scherzò Charlie

Ma hai anche una sorella che non fa un cavolo dalla mattina alla sera” replicò Stephanie.

Non è vero che Carol non fa nulla dalla mattina alla sera!” le fece notare Charlie divertita. “Lei va all’università. Ha i corsi da fare”

E oggi cosa sta facendo?” chiese Stephanie pratica.

Charlie aggrottò la fronte e prese il cellulare da tasca e, guardando la collega, dopo averle fatto un occhiolino, disse al suo interlocutore:

Caroline? Sono Charlie… Non è che mi potresti tenere Dany per un po’? Quando torno a casa ti spiego. Tanto anche se te lo dovessi dire, non ci crederesti”


scelsero un posto qualunque, molto anonimo ma abbastanza carino e caldo per parlare dei vecchi tempi.

Ordinarono entrambi un caffè e cominciarono a parlare del più e del meno. Ad entrambi era parso semplice, dentro gli studios, sedersi ad un tavolo e parlare. Ma ora, seduti in quel baretto isolato quasi non riuscivano a dire qualche cosa di sensato, arrivando perfino a parlare del tempo.

Solo quando arrivarono i caffè, Jason prendendo coraggio, guardò il contenuto scuro della sua tazza e un po' impacciato disse:

Sembrano passati secoli da allora”

lo disse più a se stesso che a Charlotte ma questo diede coraggio alla ragazza che aggiunse:

Quando tua madre si è trasferita, io ero in viaggio di nozze” ribatté Charlie.

Jason sorrise interessato e chiese:

E dove?”

Nuova Zelanda. Un mese. Il più bello della mia vita. Ho dovuto lottare con il dottore che non mi voleva far partire perché ero incinta” rispose Charlotte ricordando l’inconveniente con un sorriso.

Jason rise e domandò:

Da quanto eri incinta?”

Tre mesi. Mi fecero sposare subito. Non volevano le foto del matrimonio con una pancia a mongolfiera. Così la mamma di Nick e mia madre si misero d’accordo e organizzarono tutto” raccontò Charlotte spostando la panna dal suo caffè macchiato.

E tu? Eri sicura?” continuò Jason incuriosito.

Charlotte sorrise e rispose:

Tutti erano felici che io e Nick ci stessimo sposando. Ci conoscevamo da bambini, eravamo amici da sempre. E poi, subito dopo che tu lasciasti casa di tua madre, io e Nick ci fidanzammo. Durò per quattro anni prima che, in una delle numerose di gite di Nick a Londra, combinassimo il fattaccio”

Jason rise di gusto e Charlie continuò:

Non c'è niente da ridere, mr Orange. Eravamo spaventati. Eravamo due ragazzini che non sapevano nulla della vita!”

Ma eravate abbastanza grandi da fare sesso a quanto pare!” puntualizzò Jason sempre più divertito e aggiunse: “E poi non puoi dire che non sapevi nulla della vita. Abitavi a Londra da sola!”

E con questo?” domandò Charlotte fingendosi infastidita ma sorridendo: “Ero comunque una ventenne alle prime armi. E con tanti sogni da realizzare. Quando ho scoperto di essere rimasta incinta ho pianto per un giorno intero!” e dicendo questo osservò con interesse il fondo della sua tazzina.

Jason si rese subito conto che lo sguardo di Charlotte era diventato spento. Non metteva in dubbio che Charlotte fosse una madre amorevole. La conosceva bene e sapeva che cuore grande aveva e avrebbe scommesso tutti i soldi che aveva in banca sul fatto che fosse la migliore mamma che un figlio potesse avere. Ma in quanto riguardava sogni infranti, per un lungo periodo era stato uno dei più grandi esperti e sapeva che, anche se Charlotte più che sicuramente, era felicissima di essere mamma, quel sogno irrealizzato, volato via come un palloncino scappato dalla mano di un bambino distratto, era la cosa più dolorosa da ricordare.

Cercando di farla ridere, buttò giù una battuta, non sviando troppo dal discorso per non mettere a disagio Charlotte facendole capire di aver percepito il suo dolore. Sorrise e disse:

Immagino che trovarsi ad organizzare un matrimonio a vent'anni sia stato un vero inferno. Conosco abbastanza tua madre per sapere che ti ha fatto sicuramente uscire di testa!”

Gli occhi di Charlie si riempirono di nuovo di luce e sorridendo a sua volta, disse:

Eravamo continuamente sballottati! Siamo arrivati ad un punto che non riuscivamo a decidere nemmeno che biancheria indossare il giorno delle nozze talmente le nostre madri stavano cercando di mettere il becco su tutto! Pensa tu che poco prima delle nozze, abbiamo pensato di scappare!”

I due risero di gusto e stavolta fu il turno di Charlie che cominciò a studiare Jason.

Non si sorprese nel vedere che il tempo su Jason non era stato malevolo. Tutt'altro! Era diventato ancora più bello del ragazzino con il taglio di capelli improbabile che Nigel lo aveva costretto a fare quando la band si era formata.

Non lo aveva mai dimenticato.

Non aveva mai amato nessuno come aveva amato lui.

Lo aveva visto stare con altre donne mettendo a tacere il suo cuore da quando Jason si era innamorato per la prima volta. Aveva pianto e sofferto e aveva messo a rischio la sua amicizia con Nick solo per non ammettere nemmeno a se stessa che non lo avrebbe mai cancellato dalla sua anima.

Jason gli era entrato dentro anche alla più piccola trama dell'anima, dentro il filo più teso del suo cuore.

E ancora oggi il suo cuore batteva come quello di una scolaretta solo standogli vicino.

Chinò la testa. Si era resa conto di essere arrossita come una collegiale e questo la fece sentire una stupida.

Non sapeva però che Jason, invece, per tutto il tempo l'aveva guardata e l'aveva osservata a fondo. E guardandola ridere e scherzare si era reso conto che negli occhi verdi della sua giovane amica raccontavano la sua vita, come un libro aperto.

Era una donna ormai. Una donna che aveva lottato e sofferto. E che aveva visto i suoi sogni infrangersi, scoppiare come delle bolle di sapone che sono volate troppo in alto o che hanno urtato qualche cosa di troppo duro per poter vivere ancora.

E questo lo fece pensare. Non a Charlotte, ma a se stesso.

Che aveva fatto lui per crescere? Per diventare un adulto?

Aveva cercato di fare l’università, ma con scarsi risultati. Era finito a letto con qualche studentessa che appena i Take That si erano riuniti non aveva aspettato di mettere nero su bianco la sua notte di passione con lui, e poi stop! Aveva mollato anche l’università. Come aveva fatto con la scuola di cinema qualche anno prima.

Aveva deciso di prendere i soldi e viaggiare. Aveva visto migliaia di posti nuovi.

Ma era sicuro che nei suoi occhi non c'era la stessa profondità che aveva Charlie nei suoi. Charlie. La ragazzina della porta accanto che lui difendeva dai bulli.

Charlie che aveva sette anni meno di lui.

Anche rinunciando ai suoi sogni Charlotte Hendersons aveva molte più cose di quante ne aveva lui. Una sopra tutte, Charlie aveva una famiglia su cui contare. E non parlava della sua famiglia ossia quella composta da sua madre e dai suoi fratelli. Parlava di una moglie, di figli, di cani e gatti. Di una casa grande in campagna da riempire di mobili e di amori. Una casa enorme, proprio come quella di Gary.

Si rese conto di sentirsi solo e la stessa malinconia di Charlotte, una malinconia che toccava corde del cuore diverse da quelle della ragazza, pervase Jason.

Aveva sempre desiderato una famiglia e più il tempo passava più ne sentiva la mancanza.

In un attimo si rese conto di voler sapere di più di Charlotte e della sua vita e senza nemmeno che la testa gli comandasse di farlo, disse:

Ora mi devi far conoscere tua figlia! Quando ci possiamo rincontrare?”

Charlie sbarrò gli occhi e domandò:

Sei sicuro?”

Certo che sono sicuro!” esclamò Jason. “Dimmi un giorno e prometto che farò di tutto per farmi trovare libero”

Charlie lo guardò e candida rispose:

Domenica le ho promesso che l’avrei portata al parco perché suo padre invece di portarla a vedere Canterbury come le aveva promesso è dovuto partire a New York…”

Jason annuì e disse:

E allora verrò al parco con voi…” e strizzò l’occhio verso la ragazza che sorrise imbarazzata.

Il cuore batteva all'impazzata.

Aveva ragione quando pensava che nemmeno dopo quindici anni si sarebbe mai abituata a quel sorriso e a tutto il sex appeal che Jason riusciva a emanare solo strizzandole un occhio.


Charlotte rincasò poche ore dopo.

Aveva viaggiato in metropolitana senza nemmeno rendersi conto di quello che la circondava.

Come una sedicenne Charlotte si era di nuovo e ancora più innamorata di lui.

Scese a Balham e camminò per le strade tranquille, che costeggiavano il grande Sainsbury’s fuori la metropolitana.

Il giorno prima avrebbe fatto una lista mentale delle cose da comprare una volta rientrata da lavoro.

Quel giorno levitava. O almeno le sembrava di farlo.

Aprì la porta di casa e vide Caroline seduta vicino a Danielle che dormiva tranquilla con la testa poggiata sulle gambe della zia.

Allora?” chiese la sorella alzandosi dolcemente per non far svegliare la nipote, guardando la sorella con uno sguardo misto di preoccupazione e di eccitazione.

Caroline era completamente differente da Charlotte.

Scura la minore, bionda la maggiore.

Carol con gli occhi grigi, Charlie con smeraldi al posto degli occhi.

Col fisico da ballerina la maggiore; un po’ più in carne, ma non troppo la minore.

Il giorno e la notte. La luce e il buio.

Fuoco e acqua.

Charlie si mise a sedere ai piedi della figlia e accarezzando il plaid sollevò lo sguardo verso Carol e con gli occhi gonfi di gioia disse:

Ho rivisto Jason Orange”

Caroline parve non capire subito e chiese piuttosto stupidamente:

Quel Jason Orange?”

Charlie sollevò un sopracciglio e rispose:

Ne conosciamo qualcuno altro, forse?”

A Carol scappò un urletto di gioia che Charlie zittì subito. Danielle si mosse infastidita ma continuò a dormire così che la sorella minore potesse chiedere eccitata quanto la sorella quando era rientrata:

Ora mi devi raccontare tutto!”

Non esiste proprio, porto Danielle a letto e poi vado a dormire. Sono stanca morta” rise Charlie prendendo la bambina in braccio e ignorando le proteste della sorella.

Quando fu nella cameretta, mise la bambina a letto e la guardò.

Per quanto Caroline era diversa da lei, Danielle era invece la fotocopia di Charlie. Bionda, riccia, sottile come un asparago. Solo gli occhi erano blu come quelli del padre.

Charlie si chinò e baciando la fronte della figlia, disse:

Non sai quanto la mamma sia felice. Oggi dopo tanto tempo ho incontrato un amore che credevo perduto per sempre. Oggi mi sono sentita innamorata come mai lo sono stata nella mia vita. Mi sono sentita come una farfalla che vola leggera. Proprio come quando ballavo alla tua età!” e baciandole una guancia si mise accanto alla bambina e stringendola dormì con lei, ripensando a Jason e alla gioia di averlo rincontrato.



Bene! Scusate la mia

latitanza.

Spero di essermi fatta perdonare

con questo nuovo capitolo.

Che ne pensate????

Spero davvero che vi sia piaciuto.

Per chi ancora non lo sapesse

sono su Facebook.

Il mio nome è

Niniel82, proprio come qui

su EFO.

Fatemi ringraziare

chiaretta78,

orangina92,

Cause I am a Thatter e

Silvy_V

grazie per le recensioni

siete state davvero gentili e

spero davvero di non deludervi.

Un bacio e alla prossima.

Niniel82.


Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** BOLLE: Capitolo 3 ***


Capitolo 3: L’uomo che ho sempre amato.


Danielle corse ridendo, mostrando che le mancavano alcuni dentini.

Charlie quando la guardava ridere si sentiva davvero bene. Era come se tutti i brutti pensieri sparissero, scacciati via dalla sua risata.

Dentro di sé sapeva che quella piccola peste era l'unica cosa bella che poteva salvare degli anni alla Guildhall.

Non l'aveva cercata, eppure era diventata parte di lei, della sua vita, già dal primo momento in cui aveva scoperto che era lì, dentro di lei, pronta a crescere e a diventare un pezzo di lei e di Nick che camminava e correva sotto il sole estivo.

E da allora aveva vissuto esperienze uniche, che la fecero maturare e la resero la madre che era diventata.

Tra l’altro, quella mattina, Danielle era riuscita a stupirla.

Non era mai stata una bambina che si concedeva subito alle persone. Anzi, la maggior parte delle volte, faticava a parlare specialmente con gli adulti. Per un po’, Charlie e Nick, si erano preoccupati di questo modo di fare della figlia. Poi si resero conto che era solo un po’ timida e molto selettiva nello scegliere le persone che dovevano girarle attorno.

Ecco perché, quella mattina, Charlie si stupì della strana intraprendenza della figlia nei confronti di Jason.

Da quando lo aveva visto, salvo qualche piccola titubanza iniziale, aveva cominciato a giocare e a divertirsi con il cantante come se lo conoscesse da sempre.

Lo stesso era successo solo una volta: quando aveva incontrato Nicole per la prima volta.

Dany! Non correre così oppure cadi e ti fai male!”

Jason si voltò e sorrise a Charlie che, deglutendo, sentì una fitta allo stomaco seguita da un forte sfarfallio.

Possibile che le piacesse di nuovo?

Proprio in quel momento, Dany, inciampando su di una radice di un albero, cadde per terra.

Charlie, spaventata più dal tonfo che dalla caduta si sollevò, ma Jason anticipandola, prese la bambina in braccio e, dopo essersi assicurato che non si fosse fatta nulla, continuando a tenerla in braccio disse cullandola un po’ per farla smettere di piangere:

Mi sa che ora dovremmo dire alla mamma che aveva ragione quando ti diceva di non correre perché potevi cadere!”

Dany sorrise e guardò la mamma che, con le braccia incrociate, disse:

Stai venendo a piangere da me, per caso?”

Dany si nascose nella spalla di Jason, che ribatté:

Io lo so che cosa fa stare meglio le bambine bellissime come Danielle…”

Gli occhioni verdi della bambina si illuminarono e guardando Jason con un sorriso sincero chiese curiosa:

Cosa?”

Jason fece un occhiolino a Charlotte e rispose:

Una bella cioccolata calda con tanti riccioli di panna montata. Che ne dici?”

Danielle rise forte annuendo si fece mettere giù di Jason che allargando le braccia ed esibendo una delle sue espressioni tipo ‘che ci vuoi fare... Piangeva’ si allontanò prendendo la mano di Danielle che saltellò felice vicino al cantante.

E scuotendo la testa Charlie pensò che dopo tutto quello era sempre stato il suo sogno: avere un bambino da Jason e viverci assieme per tutta la vita.


Gary stava muovendo il tempo a ritmo di musica.

Mark, dietro di lui, leggeva alcuni spartiti.

Howard, entrando nella sala di registrazione, disse:

E Jason?”

Mark sollevò lo sguardo dai fogli e rispose:

Credo che sia uscito con quella sua amica, quella che ha girato il video con noi!” e tornò a leggere gli spartiti.

Howard sollevò un sopracciglio e replicò:

Con quella ballerina?”

Mark annuì accompagnando il gesto ad un 'Mm, mm' senza sollevare gli occhi dalla sua lettura.

Howard si mise a sedere vicino a Gary che guardandolo con la coda dell'occhio disse:

Dude... Non andrà male! Non Tutto quello che succede a te deve per forza succedere anche a noi! Non trovi?”

Howard si guardò la punta dei piedi e rispose:

Sono preoccupato per un amico perché so cosa vuol dire stare male per qualcuno!”

Jason è grande abbastanza per capire quando una cosa non va come vuole lui! Dai, Doug! Conosci Jason. Vive con la testa tra le nuvole ma questo non vuol dire che non sappia prendersi cura di se stesso. Stai su! E smettila di crucciarti! È solo uscito con una sua amica. Smettila di fare la mamma chioccia con tutti noi!” scherzò Gary.

Howard sospirò e non rispose. Mark sollevò lo sguardo dai partiti e domandò:

Hai più sentito Ann dopo quello che è successo a capodanno?”

Howard scosse la testa e Gary disse:

Lascia che il tempo faccia il suo corso. Hai avuto la prova che ti ama!”

Ho avuto la prova che le piace fare sesso con me!” puntualizzò Howard.

Dougie... Fottiti! Non sei una liceale. Smettila di fare la bambina ferita e prendi di nuovo in mano la tua vita. Esci con altre donne e facci sesso. Quando Ann si renderà conto di quello che sta perdendo vedrai che tornerà da te. Dylan o no!”replicò Gary.

Howard sospirò e rispose:

Non ci riesco!”

Certo che ci riesci. Non fare l'idiota!” ribatté Gary. “Ci riesce Mark che è fidanzato e non ci riesci tu?”

Mark sollevò un sopracciglio e domandò:

Mi stai forse dando del mandrillo?”

Lo sei Owen. Non c'è bisogno che te lo dica io!” replicò Gary rimettendosi le cuffie e sorridendo sotto i baffi.

Howard non ebbe il tempo di voltarsi che Mark era già partito all'attacco.

Si trovò a ridere come un matto, con le lacrime agli occhi.

Era da egoisti e lui per primo lo sapeva. Come sapeva che ognuno di loro aveva dei problemi che tenevano fuori dalla porta quando si incontravano. Ma Howard aveva bisogno dell'allegria dei suoi amici. Era l'unica cosa che lo faceva sorridere davvero in quel periodo di merda.

E sapere che Jason poteva rischiare come lui lo faceva preoccupare. Aveva paura che quella calma che riusciva a sentire quando stava con i suoi amici potesse sparire per sempre per colpa di un'altra donna.


Danielle beveva tranquilla la sua cioccolata, sporcandosi tutta e facendo ridere come un matto Jason.

Charlie, in tutto questo, non riusciva a staccare gli occhi da quell'uomo.

Aveva sempre visto in lui la perfezione. Ma non l'aveva mai visto giocare con un bambina. E tutto questo lo rendeva altamente pericoloso.

Incantata guardava i movimenti di quell'uomo, divenuto un vero lord e ben lontano dal ragazzino dei sobborghi di Manchester, che faceva a pugni con qualsiasi cosa si muovesse. Era diventato elegante, aveva studiato dizione lo sentiva -e lei era un'esperta di queste cose dato che aveva studiato alla Guildhall- e la sua bellezza con il tempo era accresciuta. In lui c'era un fascino e un sex appeal non indifferente, che la stava mettendo al tappeto.

Lo stava guardando con occhi sognanti, facendo sogni non proprio casti su di lui, quando sentì la manina della figlia scuoterla:

Mamma!” esclamò indignata la piccola.

Che c'è?” chiese Charlie voltandosi a guardarla, cercando di nascondere l'imbarazzo di essere stata scoperta a fissare Jason e sperando che lui non se ne fosse accorto.

Jason ha detto che vuole andare al London Eye. Andiamo mamma, dai, dai!”

Charlie guardò Jason che sorrideva guardandola.

Perché le metti in testa queste idee?” chiese lei fingendosi risentita.

Perché? Non mi sembra di aver proposto di mettere una bomba a Buckingham Palace!” rispose candidamente Jason.

Charlie si voltò verso la figlia che implorante ripeté:

Dai!”

Charlie sospirò e rispose:

E va bene! Ma solo un giro!” ma la sua raccomandazione andò persa tra le urla di gioia di Dany e di Jason.


Ann stava seduta nel divano quando sentì Jim sbattere la porta della camera da letto.

Sui voltò e vide la porta appena chiusa riaprirsi e Dylan seguire il fidanzato.

Ti ho detto di aspettare!” implorò Dylan.

Aspettare cosa? Che tu ed Ann mattiate fine a tutta questa pagliacciata e tu ammetta di essere omosessuale una volta per tutte?” sbottò Jim.

Ann sollevò un sopracciglio e chiudendo il giornale disse:

Ritorno dopo!”

No!” esclamò Jim. “Non vuoi sapere cosa ha appena fatto il tuo amico? Mi ha appena detto che non possiamo sposarci. Gli ho chiesto di sposarmi dopo tutti questi anni assieme e lui mi ha detto di no! E mi chiede di calarmi perché mi dice che deve aspettare che ci sono delle cose che deve sistemare!”

Cosa devi sistemare?” chiese Ann a Dylan.

La vostra 'storia'. Ecco cosa deve sistemare! Deve smettere di fare il macho e dire che è una checca noiosa che sta con un uomo da quasi dieci anni!” e senza aspettare risposta né da Dylan, né da Ann mise il giubbotto e uscì sbattendo anche la porta di ingresso.

Dylan lo guardò impotente e mettendosi a sedere nel letto si passò una mano tra i capelli.

Aveva gli occhi lucidi e tremava come una foglia.

Ann sospirò e domandò:

Gli hai detto di no per colpa mia?”

Dylan scosse la testa e rispose:

Sai com'è il nostro mondo. Anche se ci fingiamo aperti e comprensivi, siamo in mezzo agli squali. Prova ad immaginare che cosa potrebbe succedere se questa notizia venisse data in pasto al SUN o che so, al Daily Mirror. Sarei rovinato e sarei il bersaglio delle battute di tutti...”

Ma non è vero!” esclamò Ann accarezzandogli la schiena.

Dylan scosse la testa e rispose:

Non puoi capire...” e voltandosi con gli occhi rossi le chiese: “Puoi andare da sola oggi. Non ho voglia di uscire...”

Ann annuì e mise il cappotto. Salutò l'amico con un bacio sulla testa e uscì dalla casa.

Camminò con le mani affondate dentro le tasche del cappotto. Nella pancia sentiva un verme strisciante che le faceva venire il voltastomaco. Non era colpa sua. Lo sapeva. Ma non poteva non sentire quella viscida sensazione attanagliarle le viscere.


Charlie aprì la porta e accese la luce, dicendo a voce bassa:

Fai piano mi raccomando… Potresti farti male. Dany lascia sempre tutti i suoi giocattoli in giro. Sicuro che non vuoi che la porti io?”

Jason scosse la testa guardando Danielle che dormiva poggiata alla sua spalla, stanca di una giornata piena di giochi e disse:

Tranquilla. Sono contento di farlo…” e guardandosi intorno chiese: “Piuttosto... Dov’è la camera?”

Al piano di sopra” sussurrò Charlie indicando le scale.

Salirono le scale che scricchiolarono appena, sotto il loro peso.

Charlie indicò la strada a Jason, che la seguì facendo attenzione alla bambina.

Quando arrivarono alla camera Jason adagiò Danielle sul lettino e la coprì guardandola sorridendo e posandogli un bacio sulla fronte.

La bambina si mosse appena e farfugliò nel sonno:

Papà…”

Charlie sorrise amara e senza dire una parola, a testa china, uscì dalla stanza.

Jason la seguì e chiudendo al porta, disse:

Le vuole molto bene, vero?”

Charlie annuì e voltandosi verso l’uomo rispose:

Si. Ha una sorta di adorazione per il padre. Sai? Quando ci siamo lasciati abbiamo fatto di tutto per non farla stare male. Ma è impossibile. Ha sofferto, come pronosticato da tutti, specialmente perché il poco tempo che mio marito passava a casa ora non lo passava più”

Perché vi siete lasciati?” chiese Jason piano.

Charlie sospirò e disse:

Scendiamo? Ti preparo una tazza di te”

Jason fece come ordinato e la seguì in cucina, dove caricando il bollitore Charlie cominciò a raccontare.

Io e Nick ci siamo amati da sempre. In modi diversi, ma comunque ci siamo donati amore. Prima da amici, compagni di scuola che si facevano i dispetti, poi come confidenti, poi come fidanzati. Lui è sempre stato quello che una donna vuole avere come compagno. Allegro, scherzoso, un po’ rompiscatole, ma capace di esserti vicino sempre. Sono rimasta incinta a vent’anni. Mia madre stava per avere un tracollo quando gliel’ho detto. La madre di lui, invece, era felicissima. Come ti ho già detto ci organizzarono un matrimonio in pochissimo tempo e ci stettero talmente tanto addosso che io e Nick pensammo davvero di scappare. Siamo rimasti, invece. Ci siamo sposati. E dopo un po’ è nata Danielle. La cosa più bella della mia vita. Dovetti lasciare la scuola appena scoprii di essere incinta. Cominciai a soli ventuno anni una vita da casalinga, lontana dalla danza. Nick si laureò e, nonostante lui mi spingesse a riprendere a danzare non lo feci. Dopo la sua laurea cercammo di dare un fratellino a Danielle, ma non ne vennero. Tanti falsi allarmi e nessuna gravidanza. E forse fu quello che cominciò a spezzare i primi equilibri. Per anni mi ero convinta che non mi dispiaceva essere una moglie. Ma mi sono resa conto, troppi tardi, che io non volevo quello. Volevo essere una ballerina. Cercai un lavoro. Mi ingaggiarono. E cominciai di nuovo a ballare. E tolsi del tempo alla mia famiglia. E i rapporti già incrinati si distrussero completamente. Nick non era l’uomo della mia vita. Era solo il mio migliore amico. Non nego di averlo amato. Ma forse il mio era un amore imparato a memoria. Non un vero amore. E me ne sono resa conto dopo otto anni di matrimonio. Tutti credevano che io lo amassi. Ma io gli volevo solo bene. Come ad un fratello, come ad un migliore amico. E anche lui si rese conto che i suoi sentimenti erano gli stessi. E così ci siamo lasciati”

Jason l’ascoltò a bocca aperta e disse:

Deve essere brutto rendersi conto di aver sbagliato!”

Charlie scosse la testa e rispose:

Io con Nick non ho sbagliato. Non posso aver sbagliato, perché altrimenti non avrei Danielle. Noi ci siamo solo resi conto che eravamo due buoni amici, niente di più”

E siete rimasti in buoni rapporti?” domandò Jason.

Charlie annuì versando l’acqua del bollitore nella tazza e disse:

Sì. Lui è sempre il mio migliore amico. Ed è il migliore dei padri. Non gli faccio una colpa delle sue assenze. So che Nick ha un lavoro che lo costringe a viaggiare spesso, quindi non lo biasimo per le sue partenze improvvise che mi scombinavano la vita già quando eravamo sposati. Lo deve fare, punto. È la sua vita, il lavoro che gli piace. Senza sarebbe morto”

Jason sorrise e disse:

Ma hai mai amato un uomo in vita tua?”

Charlie sorrise girando il cucchiaio nella tazza, senza guardare Jason negli occhi.

Se solo avesse saputo.

Lei aveva sempre amato lui, il suo sorriso ed i suoi occhi azzurri. E forse, o meglio, ne era sicura, Jason era l’unico uomo che aveva sempre amato.

Una persona. Solo una. E non era Nick”

Jason sorrise e disse;

E pensare che quando avevi sedici anni, una volta ti vidi uscire di casa con un vestito cortissimo. Ricordo che ho pensato: 'Wow! È uno schianto'. A dire il vero mi sono vergognato quasi subito. Ecco perché non te l’ho mai detto. E poi perché credevo che tu e Nick... Beh! Lo sai! Lo hai detto tu stessa, tutti pensavano che stavate assieme. E anche io.” si grattò la testa e continuò imbarazzato: “È strano che te lo stia dicendo. A dire il vero non so nemmeno il perché! Mi ricordo solo che pensai che eri la piccola Charlie e che eri troppo piccola. Infondo quando avevi sedici anni io ne avevo ventidue e pensai che non era conveniente… E poi io stavo con un'altra allora...”

Jay?” chiese Charlie che non capiva dove volesse arrivare l'amico

Tu mi piacevi Charlie…” sorrise Jason imbarazzato. “E mi vergogno a dirtelo, perché, ad essere sincero, devo dire che crescendo sei diventata una donna ancora più bella di prima…”

Charlie boccheggiò. Non poteva essere vero. Jason aveva una cotta per lei e non le aveva mai detto nulla?

Mi prendi in giro?”

Jason scosse la testa e rispose:

No. Mi piacevi. A dire il vero credo che tu mi sia iniziata a piacere nel momento in cui hai cominciato ad essere una donna, nel momento in cui la tua cotta infantile per me era passata ed io non ero più il centro del tuo mondo. Hai cominciato ad avere nuovi amici e i ragazzini ti hanno cominciato a girare intorno e tu come una vera diva giravi per il quartiere, bellissima, senza degnare di un solo sguardo ogni uomo che ti stava di fronte, che ti corteggiava, diventando ogni giorno più bella. Justin ti moriva dietro, ma non te lo diceva, aveva paura di essere rimbalzato da una quindicenne…”

Il cuore di Charlie prese a battere sempre più forte. Jason la voleva e lei nemmeno se ne era resa conto?

Quando andai a vivere con la mia compagna di allora, mi ricordo di avere pensato che non te ne sarebbe fregato nulla. E forse è stato davvero così. Ma queste sono cose passate. È inutile rimuginarci sopra, tanto non tornano…"

Si alzò guardando l’orologio che capeggiava in cucina e disse:

Beh! Si è fatto tardissimo. Io devo andare…”

Charlie si alzò di scatto e mentre Jason si sistemava, spostando la sedia, disse, con un sussurro:

Sei tu l’unico uomo che ho sempre amato, Jase!”

Jason si voltò e guardandola chiese:

Hai detto qualche cosa?”

Charlie pensò che bastava poco. Avvicinarsi a quelle labbra, baciarle e andare in camera da letto a fare l’amore. Ma la solitudine provata dopo la fine del suo matrimonio fu più forte della passione. E sorridendo disse:

Spero che ti sia riposato, Jase..”

Nel viso di Jason balenò una certa delusione che Charlie non riconobbe come tale e sorridendo, dolcemente rispose:

Si. Mi sono riposato”

Uscirono dalla cucina e si trovarono davanti alla porta.

Charlie lo guardò imbarazzata e Jason, mettendo il giubbino spezzò il ghiaccio:

Spero che quello che ho detto non ti abbia messo in imbarazzo. Perché oggi con te e Dany sono stato benissimo. E non vorrei che tutto andasse perso. Né questa bellissima giornata, né la tua amicizia nei miei confronti”

Charlie sorrise e disse:

Tranquillo. Non potrei. Danielle, domani, mi costringerà a chiamarti solo per sapere quando lo zio Jason la porterà al parco un altro giorno”

Jason sorrise e baciandole la guancia sussurrò:

Grazie piccola per questa bellissima giornata. Ne avevo davvero bisogno”

Charlie non rispose, ma lo guardò, quasi aspettandosi qualche cosa di più. Ma quel qualcosa non arrivò. La porta venne aperta e l’uomo uscì fuori, salutandola ancora e lasciandola confusa sull’uscio.

Charlie non capiva più nulla. Nella sua testa tutto correva ad un velocità così alta che nessun pensiero riusciva a seguirla.

Era come se qualcuno l’avesse presa e buttata nella lavatrice, mettendo il lavaggio veloce con doppia centrifuga.

E lei, ora sballottata, usciva dalla lavatrice, senza capire nulla.

Il suo sogno era diventato realtà.

Ma lei non lo aveva colto.

E chiudendo la porta sospirò frustrata.


L'asfalto era bagnato, ma non viscido. Era una fortuna abitare a Londra dato che i giorni in cui non pioveva erano davvero pochi.

Le ruote scivolavano veloci, illuminate dalle luci a neon degli alberghi e dei negozi ormai deserti.

Gruppi di ragazzi camminavano e ridevano pronti a buttarsi dentro un bar e vivere una notte giovane nonostante fosse appena mercoledì

Jason guardava la strada che correva davanti a lui con attenzione, cogliendo ogni singolo particolare.

Era bella Londra e gli piaceva perché non dormiva mai.

Ma lui non pensava a quello. Pensava ad altro.

Pensava al tepore di quella cucina comperata all'Ikea. Pensava a quegli occhioni verdi che lo guardavano smarriti di fronte a quella sua dichiarazione. E pensare che per un momento si era sentito uno stupido. Aveva capito di aver fatto qualche cosa di sbagliato e aveva persino temuto che Charlie lo sbattesse fuori di casa sua a calci.

Poi sentì di nuovo quella frase appena sussurrata esplodere nella sua testa con lo stesso fragore dello scoppio di una bomba.

Sei tu l’unico uomo che ho sempre amato, Jase…”

Lo aveva detto. L’aveva sentita.

Anche se dopo aveva ripetuto un'altra cosa, gli aveva detto di amarlo.

Si sentì tradito per un attimo. Lui era stato onesto con lei, infondo. Lei invece aveva deciso di non aprire il suo cuore a nessuno. Nemmeno a lui che lo aveva fatto solo pochi istanti prima.

L’aveva voluta sedici anni prima. E questo non era un capriccio. Non era una delle tante donne che gli passavano per il letto.

Ricordava quando Howard parlava di Ann Belle il primo periodo che l'aveva conosciuta.

Jason spesso si era chiesto se sarebbe stato così anche con Charlotte se avessero deciso di stare assieme. O meglio: se avesse avuto il coraggio di chiederle di diventare la sua ragazza.

Invece l'aveva fatta volare via, lontano. Non aveva colto l'occasione di dirle che l'amava, mai.

Le aveva detto che andava a convivere e lei non aveva battuto ciglio, anche se alla luce dei nuovi fatti non era nemmeno tanto sicuro di quello che aveva visto.

Un lampo nei suoi pensieri gli fece ricordare come stava Howard.

Scosse la testa e ricacciò il pensiero. Le cose tra lui e Charlie erano differenti. Lui non aveva fatto nulla di sbagliato con lei e non l'aveva ferita con comportamenti non adeguati.

Sapeva che se l'avesse avuta, dopo tutti quegli anni in cui era stato innamorato di lei, non avrebbe fatto nulla per perderla.

Avrebbe lottato per averla come non aveva fatto quando erano due ragazzini.

Girando il volante si avviò verso il tranquillo quartiere residenziale di Londra dove lui abitava. Fermò la macchina e mentre la chiudeva un sorriso compiaciuto gli apparve sul viso: voleva Charlie più di qualsiasi altra cosa e l’avrebbe conquistata.




Uh! Quanto sono mancata.

E sono inscusabile visto che i capitoli

di questa storia sono in buona parte scritti.

Chiedo scusa per la mia lunga latitanza e

ringrazio prima di tutto

_MrsOwen_

Cause I'm a thatter

e Silvy_V

che mi recensiscono sempre.

Un saluto anche a tutti quelli che leggono

e non recensiscono

o che hanno aggiunto la storia alla lista

delle preferite,

delle seguite

o delle storie da ricordare.

Grazie e ancora grazie.

Prometto che vi farò aspettare poco per il prossimo

capitolo. Nel frattempo, se volete

e se potete,

fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo.

Un bacio e a presto.

Niniel82.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=928379