Stranger in a Strange Land. di CyanideLovers (/viewuser.php?uid=90593)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Shadow, HERE IT COMES! ***
Capitolo 2: *** I'm Sorry. ***
Capitolo 3: *** Nightmare ***
Capitolo 4: *** Cry ***
Capitolo 5: *** Horror Photographs and Burning Love. ***
Capitolo 6: *** As the World falls Down. ***
Capitolo 7: *** Leads. ***
Capitolo 8: *** Labyrinth ***
Capitolo 9: *** These Damned Memories ***
Capitolo 10: *** Stranger in a Strange Land ***
Capitolo 11: *** Dark Wood Circus ***
Capitolo 12: *** In contrary was what it is it would’t be and what it wouldn’t be it would,You see? ***
Capitolo 13: *** Tears of Blood: The End? ***
Capitolo 14: *** The Butterfly Effect ***
Capitolo 15: *** Chaos Teory ***
Capitolo 16: *** Your Latest Trick ***
Capitolo 17: *** The Secret is Out. ***
Capitolo 1 *** The Shadow, HERE IT COMES! ***
The Shadow Men, HERE IT COMES!
Lunga ed impervia è
la strada che dall'Inferno si snoda verso la luce.
-Paradiso perduto
La notte, scura e
priva di stelle e luna, avvolgeva il ragazzo dai
capelli color della neve come una coperta o un manto trapuntato di
stelle.
Nonostante
il suo aspetto particolare nessuno lo aveva notato,
perfettamente mimetizzato nell’oscurità osservava
la
piccola casa da dove stavano uscendo proprio ora una madre con il suo
bambino. I suoi occhi erano luminosi come stelle, era
l'oscurità in persona. "Quanto tempo
sarà passato Jenny? Nove? Forse
dieci anni dall’ultima volta che ci siamo visti?"
sussurrò tra se e se come se stesse parlando con una vecchia
amica. Cercò di non pensare al suo difficile castigo e
tornò tranquillo ad aspettare. Quando finalmente le luci si
spensero il ragazzo scomparve in una nuvola di fumo nera.
Dentro la
casa, in un corridoio adiacente al salone, ascoltò due
ragazze
che parlavano piano. Una di loro all’improvviso si
alzò.
Stava andando proprio dov'era l'uomo ombra, poteva vedere i suoi
capelli neri che dondolavano lungo la schiena, il suo viso in ombra
aveva qualcosa di particolare che non riuscì ad afferrare.
Non
sapeva perché ma improvvisamente sentì un dolore
lancinate al petto che lo fece piegare in ginocchio, cadde, rivelando
la sua presenza alla luce. Era un dolore terribile e non aveva
mai sofferto tanto prima. Si appoggiò al muro, ma il dolore
non
ne voleva sapere di placarsi. Scivolò lentamente sul
pavimento nello
stesso momento in cui lei apriva la luce e gridava per lo spavento. Non
si aspettava di vedere qualcuno lì. Gli occhi della ragazza
brillarono dallo stupore e la preoccupazione. Erano di un incredibile
viola.”ha il fascino delle
tenebre e la grazia di un angelo” era l’unica cosa
che
riusciva a pensare. La guardò sperimentando una strana
sensazione, il dolore non si era attenuato, anzi era sempre
più forte, ma i suoi pensieri erano chiari e cristallini, la
curiosità di sapere chi fosse lo divorava. Poteva vedere i
suoi occhi specchiarsi nei
sui.
-Julian!-
urlò Jenny spaventata e anche lei si avvicino a lui.
-lo
conosci?- domandò la ragazza mentre lo aiutava a metterlo
supino.
-Si. Elly
possiamo portarlo a casa tua?- sentì chiedere
alla ragazza. Ma l’unica cosa che riuscì a
percepire era il suo
nome, poi... solo tenebre.
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Capitolo 2 *** I'm Sorry. ***
I'm Sorry
Si svegliò
in un lettino comodo. Non sentiva alcun rumore se non il suo respiro,
Aveva una maglietta a maniche corte di un azzurro scolorito. Anche se
era dicembre non aveva freddo perchè la stanza era calda e
confortevole. Sentì gli occhi pesanti e desiderò
tornare a dormire, ma non poteva farlo. Voleva scoprire chi era la
ragazza di nome Elly e dov’era in questo momento. Si
alzò, aprì la porta e si ritrovò in un
corridoio con delle scale che portavano al piano inferiore.
Già dai primi scalini poteva sentire le parole che otto
persone si stavano scambiando.
-Oh dovevate vederlo.
Non so proprio cosa gli è potuto succedere.- questa era la
voce di Jenny, calda e preoccupata.
-come ha fatto a
tornare? Voglio dire… era morto. No?!?!- questo era Tom,
invece,preoccupato che Julian potesse tornare a mettersi tra lui e
Jenny.
Scese un
altro gradino.
Ecco ora
poteva sentire anche Michael e Audrey
-In effetti
c’era la possibilità che qualcuno riscrivesse il
suo nome.-
-Si, ricordo
che ce lo avevi detto Mikey-
restarono in silenzio
per un po’. Da qualche parte un orologio ticchettava.
Cercò di cogliere qualsiasi rumore ma era come se fosse
diventato sordo.
-Hai ragione. Qualcuno
ha riscritto il mio nome.- disse infine Julian scendendo le scale.
Quando lo videro tutti poterono vedere il profondo cambiamento in
nell’uomo ombra. Era pallido ed era dimagrito, i suoi occhi
erano come velati. Sembrava un bambino non un ventiseienne. Nella sua
voce erano spariti arroganza e cattiveria, il suo sguardo sembrava dire
“Ho perso il gioco ma so incassare il colpo”
-Cosa ti è
successo?- domandò Jenny tra le braccia di Tom. Julian la
guardò con aria torva, perché in fondo la domanda
giusta non era quella ma…
-in realtà
tu vuoi chiedermi perché sono qui. Non cosa mi è
successo.- rispose enigmatico. Ecco, quella era la domanda giusta.
-Si-
Nei suoi occhi danzava
una fiamma che neanche la morte aveva potuto estinguere
-Ma io ho
già risposto. Eppure non so chi ha riscritto il mio nome.
Dovrei ringraziarlo però, stavo per scottarmi.- rispose come
un alunno che viene interrogato dalla maestra e che sa la lezione a
memoria. Scese gli ultimi scalini.
-Cosa significa? Stavi
per scottati?- domandò Dee curiosa rialzandosi dalla sua
posizione da leonessa.
-Dimmi, tu non vedi
che sto bruciando?-
-Cosa?no!- rispose
Jenny perplessa. Julian venne riscosso da quelle parole. Se nessuno
poteva vedere le fiamme intorno a lui voleva dire che solo lui poteva
vederle? Stava diventando pazzo?
Elly si
alzò. Lei era l’unica che non sapeva nulla di
quella storia ma quando vide Julian i suoi occhi vibrarono.
-Tom, non capisco.
Posso sapere cosa sta succedendo?- domandò dopo aver
ascoltato in silenzio.
-Non so come
spiegartelo, è troppo complicato. Vedi è iniziato
tutto quando…-
-Io sono un
uomo ombra. Dieci anni fa ho imbrogliato Jenny e le ho fatto comprare
un gioco. Il gioco consisteva nel superare tutti i loro incubi, e hanno
vinto. Li ho sfidati in altri due giochi e hanno sempre vinto e
nell’ultimo…sono morto- rispose Julian ignorando
Tom
-sei morto?-
domandò perplessa. –è la
verità??- aggiunse dopo scrutando tutti i visi dei presenti
e soffermandosi sul volto scarno di Julian.
-Si- le fiamme del
camino danzavano nei suoi occhi,sembrava davvero che stesse bruciando
in fuoco invisibile.
-Bene. Allora puoi
restare qui a dormire, ho una stanza per gli ospiti.- rispose
semplicemente lei. Tutti la guardarono sconcertati, nessuno si
aspettava che credesse alla storia, ma lei era speciale, riusciva
sempre a capire chi era sincero e chi no.
-Cosa?! Ma tu sai
almeno di cosa sto parlando?-
-Si. Nel mio
paese sono uomini dei ghiacci che osservano gli esseri umani
dall’ombra. Sono bellissima ma crudeli e sadici.-
-Ma…ma
allora, perché mi inviti a casa tua?- chiese scioccato. Era
l’unica cosa che si aspettava da una umana che lo conosceva
appena e che avrebbe dovuto aver paura di lui. Quella ragazza invece lo
guardava con un dolce sorriso stampato in viso e con gli occhi luminosi.
Gli rispose
–Non mi sembri cattivo.-
-Sono un
lupo in veste d’agnello. Semplice come il bianco e il nero.-
chiuse gli occhi, non
sopportava più di vedere la sua figura specchiata nei suoi
occhi. Desiderava tornare al buio, solo, dove tutto era più
semplice. Cercava di persuaderla, non sapeva che quando si metteva in
testa una cosa era irremovibile.
-Dunque, ora sei
umano?- domandò Tom interrompendo il flusso di pensieri di
Julian.
-Bhe... presumo di si.-
- E non puoi
usare tutti quei poteri che avevi nei giochi. Vero?- gli occhi
screziati di verde si illuminarono quando l'uomo ombra annuì.
-Bene-
disse. Si girò leggermente e poi, di scatto, gli
tirò un pugno in faccia.
Julian, sia
per il colpo che per la sorpresa, cadde all’indietro
sbattendo la testa contro lo spigolo del camino e rischiando di finire
dritto nel fuoco. I suoi capelli soffici e bianchi come la brina si
sporcarono di sangue. Sangue umano.
-Tom!- urlarono Elly,
Audrey e Jenny spaventate. Michael si alzò subito seguito da
Dee e spinsero Tom in un angolo. Nessuno amava la violenza, neanche
Dee, soprattutto se sfoggiata senza un motivo. Una voce si
levò sopra le altre mentre si chinava ad aiutare Julian che
aveva un brutto taglio in testa.
-Perché lo
hai fatto Tom? Chiedi subito scusa!- ringhiò Elly
arrabbiatissima.
-Perché??
Come perché?? Tu…tu non sai cosa ci ha fatto
passare. Cosa ci ha fatto…uff. senti puoi anche arrabbiarti
ma fidati di me. Se lo merita. È cattivo. Non credere che
sia cambiato.- disse rosso in viso, come se ricordare quello che era
successo nei giochi lo stesse torturando. Jenny lo guardò.
Si era sempre chiesta cosa gli fosse successo con Julian quando lei
affrontava tutti i tranelli e gli intrighi dei giochi, sempre
più pericolosi dell’uomo ombra. Tom in
realtà non pensava ciò che stava dicendo, anche
lui aveva visto il profondo cambiamento in lui. Era solo furioso..
Julian si alzò, pur essendo più basso di Tom di
qualche centimetro poteva guardarlo negli occhi. Sembrava dispiaciuto
ma anche deciso.
-Non ti sto prendendo
in giro. non so neanche perché sono tornato. Ma non ti
preoccupare, non ho nessuna intenzione di darvi fastidio. Me ne vado,
è meglio- si mosse verso la porta e dopo averla
aperta si tuffò nell’oscurità. Chiuse
la porta dietro di ma tutti erano sicuri di avergli sentito dire "Mi
dispiace"
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Capitolo 3 *** Nightmare ***
Chiedo umilmente perdono per il mio ritardo. il problema è che mi si è distrutto il computer e ho dovuto scrivere il capitolo da 5 pc diversi, che mi sono stati gentilmente offerti dai miei compagni xD
per chi segue la storia dalla pagina facebook ho appena creato quella ufficiale se la cercate si chiama ''Cyanide Lovers'' tanto poi metto il link in fondo alla pagina.
per le risposte hai commenti risponderò li o in fondo al capitolo :)
da questo capitolo in poi la storia sarà molto dark e horror (whahahahah cosa che adooooro :D) spero vi piaccia, lasciate un commentino se ne avete voglia :)
Nightmare.
Tutti rimasero in
silenzio per un secondo, poi Elly si alzò in piedi, prese il
suo giaccone e quello di suo fratello e uscì fuori anche
lei. La neve stava scendendo morbida e silenziosa illuminata dal
chiarore della luna piena. Non sapeva dove andare e dove fosse quello
strano ragazzo. Per qualche strano motivo si era sentita subito legata
a lui, non sapeva perché ma sentiva di avere in comune
qualcosa con lui. Iniziò a camminare spedita seguendo la
scia di orme che le sue scarpe avevano formato. Lo ritrovò
poco più avanti tra i tre alberi che c’erano
davanti alla sua casa, si era arrampicato su quello più
basso e teneva la testa tra le mani. I capelli nivei erano sporchi di
rosso e le sue braccia bianche spuntavano dalle maniche corte. Non
sembrava sentire il freddo, ma forse fingeva di non sentirlo.
-Non hai
freddo?- gli domandò arrampicandosi a sua volta.
-Ho vissuto
per secoli e secoli in una terra fatta di ghiaccio.- disse con uno
strano sguardo negli occhi di un colore indefinito. Ormai accanto a lui
gli posò il secondo giaccone sulle spalle.
–Non
è una risposta alla mia domanda.- gli disse avvicinandosi
ancora di più, gli posò il giaccone sulle spalle,
lo vide muoversi con una strana espressione
(imbarazzato,
forse?)
-voglio
sapere perché sei così gentile con me.- rispose
Julian con fermezza.
-
sai… io sono come te. Non sono mai stata accettata
perché non sono nata qui.- disse abbassando gli occhi. Solo
ora aveva notato il suo forte accento francese.
-Non
è una risposta alla mia domanda.-
-Non lo
so… mi ricordo quanto faceva male essere sempre rifiutata
e…non voglio che qualcun altro si senta come mi sono sentita
io.-
- tanto
anche se tu tratti bene una persona ci sarà sempre tutto il
mondo che la tratta male.- disse fulminandola. Lei rimase sconcertata,
fece una specie di smorfia
(Era
arrabbiata?)
e poi
iniziò a scendere dall’albero.
-Sai una
cosa? Hai ragione. Sono troppo stupida e non dovrei preoccuparmi della
gente che non conosco. Ma hai due opzioni: o vieni con me, te ne stai a
casa mia al caldo, e trovi un modo per tornare a casa tua, oppure stai
qui a fare il fungo.- rispose mentre si allontanava nervosa. Julian
guardò i suoi morbidi capelli ondeggiare via, scese
velocemente e andò verso di lei. Stava per raggiungerla ma
la testa gli girava così tanto che mancò poco che
non cadesse a terra. Cercò di inspirare in fondo
l’aria gelida ma non riusciva a respirare, si
chinò su se stesso sentendo tremare le gambe.
-Vieni…
quella botta in testa ti deve aver fatto perdere un bel po’
di sangue.- disse Elly prendendolo per un braccio, si sentì
trascinare mentre continuava a tenere gli occhi semi chiusi.
La strada
verso l’ospedale era interminabile anche se durava solo una
ventina di minuti. Voleva dire qualcosa ma non sapeva bene cosa.
Parlare con
gli umani è così difficile. Basta una parola
sbagliata e rovini tutto.Pensò in uno stato totalmente
confusionale mentre premeva la testa contro il vetro gelato.
-Grazie…-
decise in fine di dire sperando che quelle fossero le parole giuste.
-Non ti
preoccupare. Comunque io ci lavoro in ospedale quindi non
c’è problema per me.- rispose con un sorriso
appena accennato.
-Lavori??-
-Sono una
quasi-dottoressa. Mi sono laureata l’anno scorso.
Tu… sai che cos’è un dottore, vero?-
-Certo che
si. Perché non dovrei saperlo?-
-non lo
so… era solo una domanda.- rispose ridacchiando rendendosi
conto della brutta figura che aveva fatto, quando scesero dalla
macchina per poco Julian non scivolò nel ghiaccio, si
accorse di non avere più tutta quella fluidità
nei movimenti che lo avevano caratterizzato quando era un uomo ombra e
ora si sentiva privato delle sue sicurezze.
Guardò
per terra, riusciva a specchiarsi nel ghiaccio gelido eppure non
riusciva a vedere realmente se stesso.
Elly stava
ancora parlando, ma lui continuava a guardare per terra cercando di
capire bene chi fosse.
L’unico
modo che esiste
per avere potere su se stessi è conoscere se stessi.
Non aveva paura del
dolore, forse perché non aveva mai provato dolore, ma il
fatto di doversi mettere i punti e di star perdendo un consistente
quantitativo di sangue era l’ultimo dei suoi problemi. Si
sdraiò nel lettino dell’ambulatorio come un automa
e aspettò che la ragazza si cambiasse.
Arrivò
qualche secondo dopo con un camice blu chiaro e dei guanti, la sua voce
era vellutata, tanto che stava per addormentarsi al suo suono, parlava
e a lui parve che stesse cantando, non capiva cosa diceva ma per la
prima volta la guardava negli occhi.
Non come
prima, no.
Molto
più intensamente, la scrutava in profondità
annegando nei suoi occhi. Cosa vedeva in quei occhi?
Serenità,
generosità, allegria, eppure
(era come se ci fosse
qualcosa dietro, qualcosa di antico, quasi dimenticato. Qualcosa che
non poteva essere spiegato a parole. Una specie di sensazione, di
pericolo primordiale.)
sembrava impaurita,
terrorizzata da qualcosa. Leggeva anche un vecchio rimorso. Non sapeva
quanto allungo aveva guardato i suoi occhi ma dopo quelli che gli
sembrarono anni (secoli) anche se in realtà erano passati
pochi secondi riuscì a capire una cosa.
Io la conosco!
No,
continuò a pensare. Non è possibile, non posso
conoscerla. Non l’ho mai vista prima, pensò
ragionevole eppure quella sensazione non lo abbandonò. Era
impossibile ma era sicuro di conoscerla ma allo stesso tempo di non
averla mai vista. Come era possibile?
-Fatto!- disse con
allegria mettendogli un grosso cerotto in testa.
-Ecco, prendi queste.
Ti faranno passare il mal di testa. Io vado a controllare un secondo i
miei pazienti e poi andiamo a casa.- disse uscendo di corsa. Quando
Elly arrivò all’ingresso si ritrovò
faccia a faccia con il pallido riflesso del vecchio Julian. Aveva
qualcosa nel suo viso che lo faceva assomigliare ad un rettile pronto
ad attaccarti, anche se non aveva più poteri emanava un
alone di mistero e pericolo. I suoi occhi erano come fari azzurri nella
notte, così simili al centro della fiamma da sembrare
infuocati. Era appoggiato al muro, con la testa leggermente piegata ad
osservarla.
-Scusa il ritardo.
Andiamo a casa? Hai fame? Sete? Mal di testa? Hai
già preso le medicine?- iniziò a sommergerlo di
domande, come se volesse distrarlo da qualche particolare che non
voleva che notasse. O magari parla troppo, pensò Julian.
-Ehm… come
vuoi tu…?- riuscì a rispondere perplesso
emergendo da quel fiume di parole.
-Parlo troppo vero?-
disse con una faccia buffa.
Julian aveva
una voglia pazzesca di ridere, le spalle già gli tremavano
per l’ilarità ma cercava comunque di mantenere un
certo contegno, quell’affermazione era troppo per lui.
Iniziò a ridere di cuore inclinando la testa
all’indietro.
-Oh, perfetto. Mi
prendi anche in giro?-
-Scusami. Ma
avevi una faccia proprio buffa. Secondo me non parli troppo, anzi, mi
piace quando parli.-
Elly rise con lui
mentre nella macchina si avvicinavano a casa.
Non appena
aperta la porta Julian notò i bellissimi quadri appesi alle
pareti. Si chiese come aveva fatto a non vederli visto che ricoprivano
quasi tutte le pareti. Si avvicinò ad uno incredibilmente
grande che raffigurava una ballerina mentre eseguiva un salto, talmente
vivido che gli sembrava di vedere un film. Il palco illuminato da una
fievole luce tratteneva l’ombra che era tremolante come se
non riuscisse a seguire il corpo della ragazza.
Era
meraviglioso, ed era uno dei tanti, perché non appena
girò il capo poté vederne un altro ancora
più bello e poi un altro e uno ancora. La modella era sempre
una ragazza e prima che potesse dire qualcosa si
voltò e vide che Elly lo osservava in silenzio.
-Ti piacciono i quadri
di mio fratello?- domandò avvicinandosi a lui
-Sono davvero belli.-
rispose continuando ad osservare tutti i quadri.
- Sei tu la modella?-
-Si. Quelli
dove sono vestita da ballerina li ha fatti quando ancora danzavo.-
disse con una certa malinconia nel viso. Poteva anche essere un umano
ora ma riusciva ancora a leggere negli occhi delle persone. Nei suoi
lesse ‘’Ti prego, niente più domande su
questo argomento” così finse di essere stanco e si
sedette sul divano. Mangiarono in silenzio e Julian andò a
dormire con una calda sensazione di benessere. Avrebbe voluto sapere
cosa fosse successo alla ragazza per soffrire tanto del suo passato, ma
capiva che quello non era il momento.
C’è
un tempo per tutto, quello semplicemente non era il momento adatto.
Capirò tutto alla fine e se non accadrà significa
che non sarà la fine.
Si sdraiò e
chiuse gli occhi che nel frattempo erano diventati pesanti come
macigni. Sognò allungo senza ricordare cosa.
Era in una
foresta, respirava velocemente e non riusciva a capire
perché il cuore gli battesse così forte.
( paura)
aveva paura
di qualcosa ma non capiva cosa. Non c’erano ne ombra ne
mostri terrificanti. Era solo, in una foresta e si specchiava in un
lago nero.
-Chi sei?-
domandò alla figura davanti a sé
-Chi sei?-
ripeté muovendosi allo stesso modo.
-Perché sei
qui?-
-Perché
sei qui?-
iniziò ad
innervosirsi, rabbia e frustrazione iniziarono a crescere dentro di lui
come un vulcano pronto ad eruttare.
-insomma, vuoi
rispondermi?!-
-Come
desideri principino.- rispose il suo riflesso laconico.
Lo
afferrò per le spalle e lo tirò dentro l'acqua.
Il suo volto si era trasfigurato in una tremendo ghigno,
così ampio da sembrare il sorriso dello stregato.
Fu
trascinato sott'acqua per così tanto tempo che non
riuscì ad identificare, i polmini bruciavano come se
stessero andando a fuoco, e quando iniziò a credere che
sarebbe morto...l'acqua sparì, come se fosse sbucato dal
fondo di un bicchiere invisibile, e atterrò in una stanza.
Si rese conto che era il soggiorno della ragazza solo con qualche
differenza. C’erano gli stessi dipinti ma questi si
muovevano, il divano e la televisione erano spariti proprio come la
libreria. Tutte le ballerine avevano smesso di danzare e ora ridevano
di cuore, maligne, indicando un altro quadro dove c’era Elly
che piangeva disperata. Era vestita con un tutù
completamente nero e una corona*, dai suoi occhi colavano delle lacrime
nere. Urlava dal dolore cercando perdono. Julian corse verso di lei ma
si interrompe a metà strada. Dietro di lui la chiamava Jenny
bella come il sole. Ebbe un momento di indecisione e questo gli
costò caro. Entrambe le ragazze sparirono, la stanza si
sciolse, i quadri si fracassarono con un frastuono simile ad ossa
rotte. Notò che aveva la pelle d’oca, corse lungo
un corridoio stretto e con mura oblique che davano la sgradevole
sensazione che si stessero chiudendo su di lui. Corse a perdifiato
cercando una via d’uscita fin quando non sentì un
rumore che gli gelò le ossa.
Acqua.
Non semplice
acqua ma una valanga d’acqua che stava per sommergerlo. Corse
più veloce che poté ma non riuscì a
sfuggire….
Si svegliò
di soprassalto sudato e con il fiatone, anche quando era un
uomo ombra non era raro per lui sognare ma non aveva mai avuto un
incubo simile. Sentì nella sua testa il rumore
dell’acqua che non gli lasciava scampo, sentiva ancora la
minaccia dei muri opprimenti.
-Julian, sei sveglio?-
Elly, pensò
nel panico, cosa gli era successo?! Uscì quasi correndo
dalla stanza e corse di sotto, i quadri erano normali, le immagini
immobili.
Andò
in cucina da dove proveniva un odore di cibo invitante,
oltrepassò la porta e vide la ragazza in perfetta salute,
con i capelli legati in uno chignon e una maglieta di cotone corta che
lasciava scoperti i fianchi.
Vederla sana
e salva lo fece sospirare di sollievo come se si fosse tolto un peso.
-Hey principino, vanno
bene le uova per colazione?- disse con allegria. A Julian in vece venne
quasi un colpo,
principino, non mi
aveva chiamato così anche il mio riflesso?
-Ehm, si vanno
benissimo.- disse a disaggio. La osservò allungo. Era molto
bella, questo lo doveva ammettere, ma non era sicuramente pericolosa.
-Hai un tatuaggio?.-
domandò guardandogli un fianco.
-Cosa? Ah, si.- disse
indicando una frase seminascosta dalla maglietta.
Dreaming
Dreams no Mortal ever dared to Dream Before.*
-È una
frase molto bella- disse dopo un po’. Aveva notato, e la cosa
solleticava in modo perverso il suo senso dell’umorismo, che
la frase rispecchiava perfettamente il suo sogno. Era ancora assorto
nei suoi pensieri quando ad un tratto suonarono alla porta. Elly si
voltò di scatto come in preda al panico, sembrava
eccitatissima, il sorriso brillava.
-Oh no! Non
può già essere arrivato!- disse con le mani sulla
bocca e spegnendo tutti i fornelli.
-Arrivato, chi?-
domandò Julian incuriosito. Lei non lo ascoltò
neanche, corse di sopra urlandogli
-Ti prego Julian, vai
ad aprire!-
sentì i
suoi passi arrivare fino alla sua stanza, andò alla porta,
l’aprì e si ritrovò faccia a faccia con
un ragazzino.
I suoi
capelli neri e luminosi brillavano sotto il sole, i suoi occhi erano
nascosti dagli occhiali del medesimo colore, dimostrava si e no sedici
anni, ma sembrava incredibilmente maturo.
-ehm, scusa tu chi
sei?- domandò il ragazzino guardandolo dal basso verso
l’alto.
-Cosa??.. sono..Sono
Julian, tu chi sei!?-disse guardandolo con un’aria stupita
-Jean!-
urlò dietro di lui Elly, lui si spostò di lato
per farla passare. Aveva una semplicissima maglietta bianca lunga e dei
pantajeans neri, corse ad abbracciare il ragazzino, mentre lui la
salutava silenziosamente.
-Ohhhhh vous avez
enfin arrivé. frère ne pouvait pas attendre.**-
urlò felicissima mentre lo stritolava.
-Per favore Elly, mi
stai uccidendo!- disse con un fortissimo accento francese,
cercò di liberarsi ma Elly lo teneva ben stretto. Finalmente
lo lasciò guardandolo dritto negli occhi attraverso le lenti.
-Sono felicissima! Ma
non dovevi venire pomeriggio?- domandò mentre entravano.
-Lo so, ma sono
riuscito a prendere prima il treno- Disse mettendogli un braccio
intorno al collo.
-Comunque chi
è il tipo strano?- chiese sussurrando all’orecchio
della sorella. Lei rise lievemente e poi indicò Julian
-Jean ti presento
Julian. Julian questo è Jean, mio fratello.- disse con un
sorriso a trentadue denti.
-Piacere, bene! Sai
che sono un fratello magnifico vero Elly?-
-Ho quasi
paura di quello che stai per dirmi.-
-Ho trovato
i biglietti per la festa da ballo in maschera più famosa di
tutta la città, biglietti out da settimane, sorella. E
questo sai perché? perché sono un dio!- disse
pieno di orgoglio sventolandogli i biglietti sotto il naso.
-OH. MIO. DIO!!! Non
ci posso credere! Come hai fatto?!- urlò abbracciandolo.
- E sei anche
fortunata cara, perché ho trovato anche i biglietti per i
tuoi amicie e ce ne uno anche per il tuo principe azzurro! Ahahah-
disse sghignazzando con una faccia che faceva intendere molte cose.
Julian sentì come un calore tremendo alle guance, si
voltò troppo tardi per nascondere che era arrossito
- Io sono solo un
ospite. Non sono il suo fidanzato.- disse con aria seria.
-è
vero Jean, non dovresti saltare a conclusioni affettate.-
confermò con un tono di rimprovero ma comunque allegramente.
-Mamma mia che persone
permalose. Rilassatevi, io vado un po’ a dormire intanto e
ricordati di conservare i biglietti.- disse sbadigliando
-Vai già a
dormire?-
-Non sono
riuscito a dormire sul treno stanotte, c’era una ragazza che
continuava a parlare in una lingua strana e mi stava facendo
impazzire.- disse seriamente togliendosi gli occhiali e rivelando delle
pesanti occhiaie sotto gli occhi viola intenso.
-Oh, mi dispiace.
Dormi pure… a proposito quando è la festa?-
-Tra un mese
esatto.-
-Ma
io non voglio andare fra i matti- osservò Alice
-Bhé, non hai altra scelta- disse lo Stregato
–Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.-
-Come lo sai che sono matta?- disse alice
-Per forza- rispose il gatto – Altrimenti non saresti venuta
qui.-
Le due settimane
passate in quella casa non erano state così male dopotutto.
Jean era un ragazzino interessante sotto ogni punto di vista,
nonostante gli iniziali battibecchi con la sorella, Elly era
semplicemente favolosa in tutto. Riusciva sempre a mettere fine a
qualsiasi discussione, anche quando Tom e Julian si urlavano a dosso,
Jenny aveva cercato di evitarlo in qualsiasi modo, senza successo
però. Julian era ancora innamorato di lei eppure non
riusciva a capire quello che gli stava succedendo.
Non riusciva
più a vederla come la ragazza perfetta che aveva giocato con
lui a sedici anni. Ai suoi occhi la sua pelle non era più
luminosa e scintillante come una volta, gli occhi erano di un
comunissimo colore verde, senza alcunché di speciale. Era
addirittura arrivato a chiedersi cosa ci avesse visto in lei. Diceva
che l’amava e tutte le volte gli rimaneva una strana
sensazione in bocca.
I suoi
incubi continuavano. Ogni notte erano sempre più tremendi e
orribili.
Una notte
aveva addirittura sognato che la sua stanza iniziava a riempirsi
d’acqua gelida fin quando non moriva affogato, ogni volta si
svegliava furente e spaventato.
Aveva
scoperto che poteva andare d’accordo con gli amici di Jenny
se evitava di prenderli in giro su i loro incubi e che , cosa a cui
avrebbe fatto particolarmente attenzione, senza i suoi poter Dee poteva
metterlo ko con un calcio al plesso solare.
Quella
mattina si svegliò di colpo sudato, annaspando
l’aria come se non riuscisse più a respirare. Ogni
fibra del suo corpo gli urlava di scappare,
(Paura,
terrore, voglia di correre il più lontano possibile da li
eppure era come se fosse inchiodato al letto. )
la sua mente
lavorava velocemente intimandogli di non rimanere un minuto di
più in quel luogo. si alzò e andò in
bagno, si spogliò completamente ed entrò nella
doccia. L’acqua calda accarezzò il suo corpo
delineando in maniera perfetta ogni suo muscolo, con una meravigliosa
sensazione di calore abbandonò la testa
all’indietro così che il vapore potesse scorrere
anche lungo il collo. Sentì tutto il gelo che lo
abbandonava, a occhi chiusi poteva sentire i capelli appiccicarsi sulla
faccia. Appoggiò la schiena perfetta al muro, per sentire la
differenza tra l’acqua calda e le mattonelle fresche. Le
palpebre tornarono ad essere pesanti come se non avesse dormito
veramente, come in trans, sotto il getto d’acqua vide Elly
davanti a lui che urlava. Non sentiva nulla, ne il rumore
dell’acqua ne le grida disperate della ragazza. Aveva gli
occhi pieni di lacrime in una oscurità che sembrava divorare
tutto. Si teneva il costato con le braccia, lo stringeva, ma il sangue
continuava a scorrere inesorabile. Lo guardava come se cercasse di
chiedergli qualcosa.
(Perché?
Perché Julian, Perché mi hai fatto questo?)
la guardò
spaventato, e con ancora più terrore si guardò le
mani sporche anch’esse di sangue, fece cadere il coltello che
teneva stretto e si avvicinò cautamente a lei. La vide
muovere qualche passo in dietro, spaventa, ma era così
debole che non riuscì a muovere più di due passi.
Cadde a terra come un uccellino con un’ala spezzata. Julian
la prese tra braccia cercando un aiuto, guardandola ansante, ma non
c’era niente da fare. Con dei gemiti muti
abbandonò il suo corpo con gli occhi spalancati. La
osservò per qualche secondo, poi nel panico,
iniziò ad urlare il suo nome. Ma non sentiva più
neanche la sua voce. Tutto quello che poteva fare
era…Svegliarsi.
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Capitolo 4 *** Cry ***
Cry
Julian aprì
di scatto gli occhi. Si sentiva soffocare, uscì di corsa
dalla doccia, si vestì alla velocità dalla luce e
scese di sotto con ancora i capelli bagnati.
-Elly! Elly!-
urlò cercandola per tutta la casa.
-Ma cavolo, Julian!
Sono le sei del mattino… che hai da urlare!?!?-
strillò Jean dalla cucina.
-Jean
dov’è Elly?-
-é andata a
lavoro, ma stai bene ?- domandò trangugiando i suoi cereali
ormai sveglio.
-Si si. È
che ho fatto un sogno un po’ strano e dovevo chiederle una
cosa…- disse evasivo mentre prendeva del latte dal frigo e
se lo versava apparentemente più calmo.
-Che tipo di sogno?-
-Non proprio un sogno,
direi piuttosto un tremendo incubo.Era molto strano.- disse bevendo e
massaggiandosi la testa umida.
-Oh, bhè mi
dispiace ma avvolte capita...- rispose Juan accigliato. Julian gli
sorrise, quel ragazzino era molto gentile. Salì in bagno e
si asciugò i capelli. Non poteva raccontare il suo sogno ne
a Elly ne a suo fratello. In realtà credeva di non poterlo
raccontare a nessuno. Chiuse un secondo gli occhi ma si
ritrovò ancora una volta il viso insanguinato di
Elly, li aprì di scatto osservando il suo stesso volto allo
specchio. I capelli nivei erano tutti disordinati e sembrava stanco.
Scese di nuovo in
cucina dove trovò Jean che studiava, era nervoso, e non
vedeva l’ora che la ragazza tornasse a casa per essere sicuro
che stesse bene.
Aiutò il
ragazzo a fare i compiti, sistemò i libri nella libreria.
Verso le quattro del pomeriggio sentì suonare alla porta e,
in un misto di confusione e speranza, pensò che potesse
essere la ragazza. Quando si affacciò alla porta
trovò Jenny, sorridente e radiosa, che gli porgeva
gentilmente una torta appena sfornata. In quel momento
realizzò che era la prima volta che era deluso, davvero
deluso, di vederla.
-Julian stai bene?-
domandò Jenny guardandolo negli occhi dopo un po’
che parlavano seduti sul divano. Avevano mangiato la torta e bevuto il
te, stavano parlando da ore ormai. O almeno, lei parlava e lui ogni
tanto diceva qualche parola.
-Si…non ho
dormito molto sta notte.-
-Mi dispiace.-
-Non ti
preoccupare.-Si strofinò gli occhi come se cercasse di
rimanere sveglio.
-Julian…
c’è qualcosa che ti preoccupa?- disse Jenny,
improvvisamente seria . Il ragazzo si voltò verso
di lei e la guardò negli occhi.
Dal suo arrivo aveva
cercato di non guardarla più negli occhi e di evitarla per
un po’. Doveva capire cosa gli stava succedendo,
perché…. perché la verità
è che non era sicuro di amarla. Ora invece la stava fissando
negli occhi sentendo il suo sguardo che si perdeva nei suoi occhi di un
azzurro impressionante e indefinito.
-Ho fatto un sogno. Un
sogno molto strano. Io…io credo che dovrei andarmene.-
rispose lentamente non sapendo bene cosa dire. Era confuso, sarebbe
voluto rimanere li ma allo stesso tempo aveva paura che avrebbe potuto
far del male ad una.. amica.
-Che tipo?-
-Oh… non
credo di poterne parlare.- disse sentendosi a disagio. Cosa gli
succedeva? Aveva davvero paura di quello che Jenny avrebbe potuto
pensare? Eppure aveva vissuto un’eternità venendo
considerato sia un mostro che un principe delle tenebre.
-Julian puoi fidarti
di me. Non lo dirò a nessuno.- Julian ebbe
l’impressione di annegare in quei occhi color pino, erano
così profondi ed espressivi che gli fece ricordare il motivo
per cui aveva passato così tanto tempo ad osservarla.
-io.. io uccidevo
Elly.- disse infine mettendo una mano davanti a gli occhi con
noncuranza, la verità era che non aveva voglia di vedere
degli occhi che lo giudicavano.
Non ora.
Non in quel momento.
-Julian
era…era solo un sogno- disse dolcemente Jenny dopo qualche
minuto con la voce che gli tremava leggermente.
-Si? Ma i miei sogni
si avverano, o almeno… si avveravano! Che faccio se scopro
che non era solo un sogno?- urlò innervosito Julian
alzandosi dal divano.
Si bloccò
di colpo, guardò l’orologio e si accorse che
stavano parlando da più di due ore e mezza e che Elly
sarebbe dovuta tornare almeno un’ora fa. Come se
l’avesse chiamata sentì la porta aprirsi e poi
sbattere, si affacciò nell’entrata con Jenny alle
spalle.
-Elly?-
domandò lui guardando la ragazza appoggiata a capo chino
sulla porta, gli occhi chiusi come se fosse distrutta. Vederla
così era tremendo, Julian rabbrividì ripensando
ancora una volta al sogno. Poi la sua mente si mise improvvisamente a
lavorare a tutta velocità ricordandogli che Elly quando
tornava a casa, anche se stanca, affamata o assonnata trovava sempre
l’energia di dedicargli uno dei suoi meravigliosi sorrisi,
ora invece aveva il viso grigio e i suoi occhi sembravano pieni di
lacrime.
Li superò
senza neanche guardarli, lasciò cadere il suo zaino contro
il muro mentre correva in camera.
La osservarono
sbigottiti e seguirono il rumore dei suoi passi che provenivano dal
piano di sopra. Jenny e Julian si guardarono negli occhi, poteva vedere
la preoccupazione del ragazzo stagliarsi nelle irridi
chiarissime.doveva trovare un modo per tranquillizzarlo anche se anche
lei era preoccupata. Elly non si comportava mai così.
-Forse dovrei
parlarle.- disse Jenny osservando le scale con aria indecisa.
-No… vai a
casa Jenny. Ci penso io.- disse sospirando come se cercasse il coraggio
di salire fino alla sua stanza. Jenny lo salutò con un bacio
sulla guancia e uscì di casa, fuori pioveva e il rumore
dell’auto che si allontanava dal vialetto era attutito dalle
gocce che scendevano pesantemente.
Salì
lentamente e quando si ritrovò davanti alla porta ebbe un
momento di esitazione.
‘’Sei
un uomo ombra! Puoi fare tutto, anche parlare con quella
ragazza.’’
C’era un
desiderio che bruciava dentro di lui da giorni ormai, voleva capirla,
scoprire cos’era quella luce
(o quelle tenebra)
che
danzavano dentro di lei. Sentiva che aveva una cicatrice dentro di se e
si chiedeva cosa sarebbe successo se fosse riuscito ad aprirla e
finalmente distruggerla
(e vederla rinascere
di nuovo)
-Elly, posso entrare?-
nessuna risposta, la
porta era chiusa. Dietro di essa si sentivano dei respiri corti,
singhiozzi. Era triste sentirla piangere senza poter fare nulla. Lo
faceva sentire impotente, inutile.
-Elly, per favore.
Fammi entrare. Voglio solo parlarti.- ripeté appoggiando la
testa sul legno, esausto.
Era come se la ragazza
avesse sentito che aveva bisogno di lei come lei di lui. Julian
sentì la serratura scattare ma lasciò che
passassero qualche secondo prima di entrare. Si aspettava di trovarla
stesa sul letto e invece dovette far vagare lo sguardo un po’
nella stanza prima di individuarla. Era seduta per terra accanto alla
scrivania, rannicchiata e con le mani al volto scossa da tremiti di
pianto. Fuori tuoni e lampi facevano tremare le finestre mentre Julian
si avvicinava a lei. Le si mise vicino abbracciandola
leggermente con fare rassicurante mentre lei gli teneva la mano.
Cercava il momento adatto in cui parlare ma alla fine decise che,
forse, era meglio non parlare proprio e lasciarla sfogare.
Pianse, pianse a lungo
stringendo convulsamente la sua mano, lasciando che il capo cadesse
nell’incavo del collo. Julian rimaneva semplicemente immobile
osservando le sue lacrime che sembravano brillare.
-Cosa è
successo?- domandò quando vide le lacrime diventare sempre
meno copiose.
-Io, io… oh
Julian, sono un essere orrendo!- rispose abbracciandolo e scoppiando
ancora una volte in lacrime.
-Cosa?! Tu…
no! Tu sei la ragazza più dolce e buona di questo mondo.
Come puoi essere un essere orribile?- domandò sconcertato.
-Oggi io dovevo
trovare una soluzione e per colpa mia un bambino è morto! UN
BAMBINO! Ti rendi conto?! Aveva solo sette anni!- disse sempre
più sconvolta, mentre il tremore alle mani aumentava. Julian
la vide curvarsi su se stessa mentre si stringeva il petto come se il
cuore gli stesse per esplodere dal dolore.
-è tutta
colpa mia! Io sono un pessimo dottore. Avrei potuto
salvarlo… ne sono sicura.-
continuava a
incolparsi mentre i tuoni e la pioggia aumentava come se la
natura fosse partecipe del suo dolore.
-Non è
stata colpa tua.- riuscì a dire solo Julian mentre la
stringeva forte.
Restarono
così per molto tempo. Nessuno dei due sapeva per quanto ma
parlarono molto.
-Non è
colpa tua, queste cose succedono purtroppo. Non sei un essere orribile,
io lo sono. Guardami! Sono un uomo ombra….tutto quello di
cui la gente ha paura e sto stringendo tra le braccia una ragazza
stupenda e fantastica. Io sono un mostro, tu…tu sei un
angelo.- disse in fine mentre guardava gli occhi arrossati dal pianto
di Elly diventare sempre più pesanti e piccoli. Erano ancora
a terra e quando vide la sua testa cadere sul suo petto, mentre il
corpo si abbandonava al sonno, lui la prese tra le sue braccia e la
portò a letto stringendola in modo protettivo.
-Julian…-
disse lievemente sussurrando altre parole nel sonno che non
riuscì a capire. Si chinò verso di lei cercando
di decifrare quello che stava sussurrando ma non capì una
sola parola.
In quel momento Elly
si girò finendo per sfiorare appena il volto del ragazzo.
-Je te prie, tu restes
avec moi cette nuit. j'ai peur tout seul.*- toccò il suo
viso e poi si fece spazio tra le coperte coprendola con le braccia.
Appoggiò il suo viso nell’incavo della schiena e
respirò il suo profumo e quello dei suoi capelli lisci, neri
e perfetti. Si sentì per la prima volta davvero bene,
felice, amato, anche se aveva paura che questa ferita nel sua anima
difficilmente si sarebbe rimarginata.
And
I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
[ E trovo un po' buffo/ lo trovo un po' triste/ i sogni di cui sto
morendo/ sono i migliori che io abbia mai avuto]
L’aria
mattutina era fresca e profumata, i raggi pallidi del sole le colpivano
gli occhi, si coprì il viso con la mano infastidita.
Sbadigliò e si alzò lentamente. Aveva il viso
gonfio per via del pianto e un forte mal di testa.
Guardò la sveglia appoggiata sul comodino accanto a lei.
10:02
-Oddio è
tardissimo!- disse scattando in piedi e correndo di sotto.
-Elly che fai?-
domandò Julian con una tazza di caffè fumante in
mano, Elly si fermò, lo guardò di traverso come
se fosse la domanda più stupida del mondo.
-Devo andare a
lavoro..sono in ritardo!- rispose lentamente, come se stesse aparlando
con un bambino.
-No, ho chiamato Jenny
e le ho detto che non ti sentivi bene e mi ha detto che ti avrebbe
sostituito lei in ospedale- disse con un sorriso porgendole la tazza.
-Lei è
un’assistente sociale. Non può…-
-Pensavo di andare un
po’ al parco, che ne dici?- spiegò
interrompendola. Elly guardò Jean accanto a Julian, sapeva
che stavano facendo di tutto per risollevarle il morale. Sorrise tra se
e se felice che ci fossero persone così buone con lei.
Il parco era
illuminato da una luce magica quel giorno, erano tutti e tre sdraiati
sul prato verde accarezzati dal dolce profumo dei fiori freschi. Elly
guardò Julian da sotto gli occhiali, era bellissimo con la
luce che illuminava i suoi capelli argentei.
-Grazie- disse
avvicinandosi a lui.
-Non ti preoccupare.
Sai, ho osservato per molto tempo la terra ma non ho mai visto un
dottore che si preoccupa così tanto per i proprio pazienti.-
disse strappando qualche filo d’erba.
-Non ti ho mai chiesto
niente su… bhe, sulle tue origini, quando sei nato?-
-Io non sono nato, il
mio nome è stato scritto su una verga runica- rispose con
aria da saccente enfatizzando sulle ultime due parole.
-OH, scusa tanto!
Avanti sono curiosa, quanti anni hai?- disse ridacchiando
-Oh, sono molto, molto
antico. Neanche io so di preciso da quanto tempo osservo la terra.-
rispose con un sorrisetto compiaciuto
-Bhè, in
ogni caso devo dire che li porti proprio bene!-
-Ahahah grazie!-
rispose mentre si alzava e si stiracchiava.
-Immagino che mentire
e distruggere tutto distendi la pelle.- disse cupamente dopo un
po’. Stavano passeggiando, osservando piacevolmente
Jean che giocava con una ragazza alta poco meno di lui.
-Perché
dici così? sono sicura che non è vero.-
-Invece si,
è nella mia natura.-
-Ascolta un secondo!
Io, tu… anche se un tempo eri in quel modo, un mostro o un
demone, non mi importa. Io ho conosciuto un ragazzo dolce e gentile che
aveva solo bisogno di un po’ di fiducia. Non mi importa cosa
c’era prima perché anche io…- si
accorse di aver parlato a raffica e troppo. Stava per rivelare un
segreto molto importante e questo non poteva accadere. Si vide
specchiare nelle pupille di Julian, il viola che si mescolava con
l’azzurro creando una sfumatura nuova di colori.
-Cosa stavi dicendo
prima?-
-Io? Niente!- rispose
voltandosi e tornando in dietro prendendo la borsa e rimettendoci
dentro la tovaglia da picnic sulla quale, fino a qualche minuto fa,
erano sdraiati.
-Sai ieri notte hai
parlato in francese.- disse Julian con un lieve sorriso comprendendo
che non aveva voglia di parlare ma sempre con il forte desiderio di
conoscere tutto di lei.
-Oh, ieri non
è stata una bella giornata. –
-Me ne sono accorto.-
-E comunque io sogno
sempre in francese. Sono nata e cresciuta a Parigi.- spiegò
con una bella espressione sul viso, tra il divertito e il nostalgico
-sogni in francese?
È una cosa molto strana. Un po’ come Audrey che
sogna in tedesco.- disse ridendo
-Audrey sogna in
tedesco?-
-No, in
realtà in molte lingue. Una volta addirittura in cantonese.-
rispose prendendo le ultime cose.
-Tu capisci il
cantonese?-
-Davvero sei
più stupita dal fatto che io possa conoscere il cantonese
che dal fatto che io possa entrare nei sogni della gente?-
-Non è da
tutti conoscere il cantonese…- disse alzando le spalle e
Julian pensò che quella era la ragazza più strana
di tutti i mondi che conosceva.
*ti prego resta con me
stanotte, ho paura da sola.
si ammetto
che la francese che è in me si aggitava XD
fatemi sapere cosa ne
pensate, se la storia vi piace o se c'è qualche errore che
secondo voi dovrei sistemare :)
a presto!
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Capitolo 5 *** Horror Photographs and Burning Love. ***
Horror Photographs and
Burning Love.
Mancavano quattro giorni a
‘’La plus grande fête dans le
monde.’’ Come la chiamava Elly nei momenti di pura
euforia. In quei giorni Julian era stato costretto a sopportare di
tutto. Giri interminabili per negozi, prove d’abito che
sembravano non finire mai, e avvolte era così stanco che con
Jean, Tom e Michael svenivano sulle panchine dei centri commerciali
ricoperti di pacchi.
-Incredibile, ma come fanno a camminare tanto?!- domandò
esausto Julian seduto al bar davanti ad un negozio. –E con i
tacchi! Tacchi altissimi!!!-
-Ahhh! Questo è nulla, io ho sopportato per minimo 20 anni
Jenny e le sue compere!- disse accanto a lui Tom mentre ordinava tre
granite al limone. Erano tutti accaldati perché dentro
c’era un caldo terribile ma erano vestiti pesanti
perchè c’era un freddo tremendo fuori.
-Bhe, io ti avrei evitato questo supplizio se mi avessi dato Jenny!- lo
stuzzicò Julian con un ghigno prendendo la granita e
bevendone metà tutto d’un fiato causandosi il
congelamento temporaneo.
-Spero che tu muoia Julian! Dove cavolo sono quelle due?!-
domandò nervosamente mentre alzava gli occhi al cielo.
Julian era praticamente piegato su se stesso reggendosi la testa
gelata. Non avrebbe mai più scherzato con Tom… e
non avrebbe mai più mangiato una granita! Gli veniva da
piangere…
-Forza ragazzi non litigate. Credo che abbiano finito, o almeno spero!-
disse Michael cercando di placare le acque mentre accanto a lui Jean se
ne stava come al solito per i fatti suoi.
-Credo di essere fortunato, almeno mia
moglie- Disse Tom sottolineando quelle parole guardando
Julian, che in quel momento stava pregando qualsiasi figura religiosa
gli venisse in mente – Non sia una guru della Moda come
Audrey-
-Voglio morireeee- disse piano Julian mentre i due parlavano come se
nulla fosse.
-ahh Audrey sta facendo di tutto per farmi cambiare! Saranno almeno
dieci anni che mi veste lei proprio come quando ero piccolo-
finalmente, come una visione divina, le tre ragazze uscirono sorridenti
come le quattro di ‘’Sex and the
city’’ dal negozio con nuove buste che i mal
capitati avrebbero dovuto portare in giro.
-Ciao amooooooore, ti ho fatto aspettare tanto?- domandò
Jenny avvicinandosi a Tom per dargli un bacio, lui si alzò
subito e l’abbracciò immediatamente
perché quel giorno, nonostante tutto quello che stavano
passando, era bella come il sole.
-Julian ma ti senti bene??- domandò Elly sedendosi accanto a
lui e trovandolo praticamente agonizzante per il gelo.
-G-g-g-ghiacciaaaaaato- riuscì solo a dire come un demente.
-Questo genio, che ha solo duemila anni, ha avuto la brillante idea di
bersi tutto d’un fiato la granita al limone.- Disse Tom
chiedendosi come avesse fatto ad aver paura di un tipo del genere.
-Sei matto?!- gli disse Elly preoccupata
-è stato bellissimo! …Doloroso ma bellissimo. Sto
bene ho solo bisogno di un martello e uno scalpello per togliere tutto
questo ghiaccio dal cervello.- disse Julian alzando la testa dal tavolo.
Si alzarono dopo qualche minuto con Julian che giurava di sentirsi
l’acqua nel cervello.
-Ahahah smettila!- disse ridendo Elly mentre gli prendeva la mano per
tirarlo verso un negozio. Quel tocco, così leggero, gli fece
rizzare i capelli sulla testa. Era così bella quel giorno, i
suoi capelli corvini e lunghissimi erano raccolti in una morbida
treccia e gli occhi di un intenso colore rosa erano il chiaro sentore
della sua felicità. Era contento che si stesse divertendo,
per questo cercava di non notare quando nei negozi, ogni tanto, si
appoggiava in un angolo e fingendo di pensare ad un determinato colore
o tessuto diventava triste e il colore degli occhi diventava
irrimediabilmente di un vinaccia scuro.
-Ti stai divertendo?- le domandò mentre uscivano da un altro
negozio.
-Moltissimo, grazie per esserti offerto di accompagnarmi.- disse mentre
sistemava la treccia che gli dondolava sul fianco.
-So che sei stanco ma ti dispiace se entriamo un secondo anche in quel
negozio?- oh, ed eccolo davanti ad una scelta improponibile. Se le
avesse detto di si probabilmente lei sarebbe stata felicissima ma Tom e
Michael (Jean se ne era andato con una amica qualche minuto prima) lo
avrebbero ammazzato visto che non poteva fare niente contro di loro
senza i suoi poteri. E se avesse detto di no lei sarebbe stata triste.
Gli crollarono le spalle ma infine disse –Ok…-
-Grazie! Vieni anche tu??- gli chiese con un gran sorriso.
-Certo.-
Quando Jenny gli disse che loro potevano tornare a casa Tom si
voltò verso di loro dopo aver esultato come se avesse vinto
il campionato di Football. Poteva ammettere di non essere un grande fan
di Julian ma vederlo mentre si trascinava dietro Elly, stanco come un vero essere
umano, era quasi dolce.
Il negozio era cupo e misterioso pur essendo in un centro commerciale.
Elly si strinse involontariamente a Julian intimorita da
quell’aria lugubre. Dal soffitto pendevano mille ciondoli
dalle forme più strane e sul pavimento il bellissimo murales
di un cielo stellato ti faceva credere di camminare sulle nuvole.
Su gli scaffali c’erano maschere di ogni genere e forma,
alcune così bizzarre da sembrare vere opere
d’arte. In fondo al negozio, quasi nascosto dietro la
collezione di maschere, c’era un bancone dove la commessa
stava riempiendo dei moduli come se non li avesse visti.
I
capelli del colore del cielo a mezzanotte...
- Posso aiutarvi?- disse
con un lieve sorriso spostando un grosso libro dal tavolo.
Gli occhi azzurri
come fiori norvegesi, di un colore indefinito...
-Sto cercando una maschera per un ballo, qualcosa di davvero speciale!-
disse con uno sguardo brillante mentre cercava di descrivere quello che
voleva.
-Qualcosa di speciale?-
ripeté la commessa laconica –Ho qualcosa
del genere- disse e andò nel retrobottega per poi tornare
con una scatola riccamente decorata.
-Ecco… è questa la maschera che fa per te.- disse
estraendola dalla scatola.
Era nera ma con dei disegni che andavano dal viola, all’oro,
all’argento, allo smeraldo fino al blu intenso. Aveva una
forma asimmetrica come se una farfalla avesse perso un’ala.
Era bellissima.
-Posso provarla?- domandò Elly accarezzando l’ala
della maschera incantata
-Certo. C’è uno specchio li.- rispose la commessa
indicando verso la destra.
La maschera era una vera opera d'arte che addosso ad
Elly sembrava che si illuminasse di luce.
-ti sta benissimo! Sembra fatta apposta per te.- disse Julian incantato
mentre si avvicinava a lei.
Era bellissima,
ripetè ancora una volta a se stesso, come aveva
fatto a non accorgersi di quanto fosse bella? -Sei sicuro?-
-Certo! Devi prenderla… ti fa sembrare una fata!-
Elly sorrise dolcemente a quelle parole dolci. Tornarono dalla commessa
che incartò la maschera con cura e la ripose nella scatola.
(aveva qualcosa di particolare. Qualcosa che Julian non sapeva
spiegarsi. La sua grazia, i suoi movimenti, così fluenti,
così aggraziata da non sembrare umana.)
non aveva più importanza cosa pensasse. Pagarono e uscirono
di fretta perché a nessuno dei due piaceva quel posto, anche
se non lo avrebbero ammesso.
L’aria autunnale era sempre più fredda ma
finché si stava al chiuso non si sentiva e nel centro
commerciale faceva così caldo da sembrare giugno. Fuori
dalla porta Elly e Julian ridevano di cuore mentre lei imitava una sua
collega. Erano sempre più vicini, i loro visi stavano per
sfiorarsi e i loro corpi erano abbracciati come per proteggersi dal
freddo. Elly chiuse gli occhi quando vide che le labbra titubanti di
Julian stavano per sfiorare le sue mentre lui teneva una mano tra i
capelli intrecciati. Il silenzio di quel momento fu interrotto dallo
squillo del cellulare di Elly che sorpresa si staccò
velocemente da Julian e iniziò a frugare nella borsa per
cercarlo.
Julian aspettò che lo trovasse per rispondere.
-J-Jean? Oh, si si, siamo a casa. Ok. No! No! Domani però
torni a casa, capito??- sembrava nervosa. Tra lei e il fratello non
mancavano i battibecchi ma alla fine erano molto uniti.
Armeggiò con la chiave con ancora il telefono attaccato
all’orecchio, rossa per il forte imbarazzo.
Entrò nell’ingresso e Julian la seguì
portando i pacchi. Quasi le finì addosso quando si
fermò, impietrita, con gli occhi sbarrati dal terrore, tra
il salotto e la porta. Le sue grida perforarono l’aria e il
cellulare finì per terra.
-Elly che ti prende?- domandò Julian spaventato e
disorientato dalle sue grida.
Si zittì all’istante solo quando vide
l’ingresso.
Ogni parete, mobile, mensola era ricoperto di foto. Non foto qualsiasi.
Foto di lei da bambina o mentre danzava, scarabocchiate con frasi piene
di minacce o insulti ed erano tutte sporche di sangue.
La scritta in rosso ‘’Svela il segreto al
sole’’ sovrastava tutte le foto insanguinate e
c’erano altri fogli con nomi che lui non poteva conoscere, e
con altri che conosceva bene.
Jenny, Tom, Audrey, Michael, Summer, Zach, Dee.
Tutti scritti in rosso. In una foto più grande delle altre
c’era anche il suo nome e sotto di esso una frase che gli
fece ghiacciare il sangue nelle vene.
Tu, colui che
catturò una stella cadente,
oh uomo senz'animo, il tuo cuore mi appartiene.
Tutti i bellissimi
quadri di Jean erano stati tagliati o macchiati. Nessuno di quelle
meravigliose opere d’arte si era salvata.
Elly corse verso le foto e iniziò a strapparle tutte con
furia incredibile tra le lacrime singhiozzando per lo spavento e la
rabbia.
-Elly, calmati!- urlò Julian correndo verso di lei e
abbracciandola per bloccarle le braccia. Tutta l’energia che
quella vista orribile aveva infuso nella ragazza sparì
improvvisamente lasciandola priva di forse e vuota, dovette sostenersi
a Julian per non cadere, la adagiò sul divano e
aspettò che si calmasse un po’ prima di chiamare
Jenny.
-Jenny e Tom saranno qui tra qualche minuto.- disse guardando i suoi
occhi pieni di lacrime color viola del pensiero.
-Ho fatto un sogno così l’altra notte. Ho paura,
paura da morire. Chi è che mi vuole fare del male?- sembrava
stesse delirando. Rimaneva rannicchiata nel divano con la testa coperta
da una mano come se non volesse vedere mai più quel luogo e
ripeteva quelle parole come fossero una cantilena.
-COSA? Hai fatto un sogno così?? che cosa succedeva dopo??-
gli disse Julian saltando sul posto con mille campanellini
d’allarme che gli suonavano in testa.Sapeva che
sarebbe successo qualcosa prima o poi. E se il suo sogno si era
avverato forse anche il suo…
-Julian ma che cavolo è successo qui? Sembra sia passato un
tornado!- Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da Tom che entrava
con Jenny, entrambi si erano fermati a metà strada per
osservare quello scempio. Elly non gli aveva risposto. Sembrava
terrorizzata, e tremava violentemente, tanto che Jenny si
avvicinò a lei e la abbracciò cullandola tre le
braccia.
-Tom, vieni con me un attimo.- disse Julian guardando per un momento le
due. Il ragazzo annuì e lo seguì in cucina.
-Che è successo?!- chiese Tom fissando Julian negli occhi.
-Non lo so. Siamo arrivati a casa ed era già così-
-Ma chi può essere così psicopatico da fare una
cosa del genere. Tutte quelle foto erano negli album conservati nella
stanza di Elly!- disse preoccupato
-Come fai a saperlo?-
-L’ho aiutata a fare il trasloco e li ho visti ma non
è importante. Chi può minacciare Elly?-
Julian deglutì faticosamente pensando alla frase sopra la
sua unica foto. Chiunque fosse entrato nella casa voleva lui.
-Julian, ci sei??- domandò Tom vedendolo un po’
perso nei suoi pensieri.
-Si, scusa stavo pensando.-
-credi che c’entri qualche tuo amico?.-
chiese ancora una volta perplesso affacciandosi lievemente dalla cucina
per controllare la situazione nella stanza accanto.
-Forse. Quella frase che c’è sulla mia
foto… l’ho già sentita da qualche
parte. Non ricordo dove però! Comunque credo che sia meglio
andare. Tornate a casa e domani chiamate tutti, io starò con
Elly e la controllerò il più possibile, credo che
vogliano….-
non finì la frase perché il pensiero non gli
piaceva granché. Lui era un cacciatore e non gli piaceva
l’idea di essere diventato una preda. Tom annuì
vigorosamente e uscirono entrambi dalla cucina. Elly sembrava ancora
sveglia anche se era in uno stato davvero pessimo. Tutte le foto che
aveva buttato per terra costruivano uno strano tappeto decisamente
inquietante. Iniziò a raccoglierle tutte, una per una,
osservandole tutte con cura. Poi prese Elly tra le braccia e la
portò in camera seguito da Jenny, infine tornò
giù per togliere i quadri strappati . finì nel
silenzio più totale di pulire per terra come se potesse
cancellare quella sera dalle loro menti.
Tom era andato a casa ma Jenny aveva insistito per rimanere ancora un
po’ di sopra con la ragazza, quando sentì che
scendeva non alzò gli occhi dal pavimento.
-Julian- disse avvicinandosi – Elly si è
addormentata.-
la guardò intensamente, si sentiva stanco e svuotato.
-Stai bene?- continuò a domandare Jenny sempre
più preoccupata per il suo volto pallido.
Chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro la parete,
respirò a fondo e, con gli occhi ancora chiusi,
sussurrò –Ti amo.-
Jenny rimase in silenzio per un momento.
-No, non è vero.-
-Non è che fosse una domanda! Ti amo punto e basta. Non si
discute!- disse con forza Julian.
-Tu non mi ami. Non mi hai mai amato, ora sei confuso ed è
normale. Ma se so una cosa è che non mi ami.- disse Jenny
avvicinandosi sempre di più a lui. Julian si sedette sul
divano e lei lo imitò, gli strinse la mano come per
trasmettergli tutta la forza che aveva infuso in quelle parole.
-Come posso non amarti? Ho perso tutto per te! Eppure, ogni volta che
vedo il sorriso di Elly il mio cuore fa una capriola e quando la vedo
triste perde un battito. È così piena di luce ma
allo stesso tempo così piena di tenebre da essere perfetta.-
Jenny lo guardò negli occhi. Sembrava un bambino con quei
occhi così grandi e azzurri, così sinceri,
così luminosi.
-Sai, questo vuol dire che la ami. E non come amavi me, tu mi volevi
solo per capriccio. Ora invece tu hai bisogno di lei e lei di
te…e scommetto che ti va bene così-
disse con un gran sorriso alzandosi e mettendosi il cappotto.
-Ci sentiamo domani così mi dici come sta.- disse e, dopo
averlo salutato, se ne andò.
Julian rimase fermo per qualche istante e poi salì le scale
ed entrò nella stanza di Elly.
Il corpo della ragazza era illuminato dalla luce artificiale del
corridoio, le coperte erano appallottolate in un angolo e lei era
completamente scoperta. Attraverso il suo pigiama corto si vedeva la
frase tatuata sul fianco. Julian le si avvicinò, la
osservò, guardò con attenzione il suo viso come
se non volesse dimenticarlo mai più. Seguì con le
dite le linee tracciate dalle lacrime sul suo volto fino ad accarezzare
le labbra.
Elly aprì di scatto gli occhi spaventata. Non disse nulla
quando vide su di se Julian ma, anche lei, lo osservò per un
momento, che a Julian parvero secoli, e poi lo baciò.
Un bacio casto, stampato su labbra tremanti per paura di
sbagliare qualcosa.
Julian si attaccò ancora di più al corpo di Elly
rimanendole seduto accanto mentre lei gli accarezzava il collo e i
capelli. Lo spinse verso di se e lui si sdraiò accanto a lei
guardandola negli occhi.
-Credo di amarti.- le disse fissando le sue irridi ancora umide di
lacrime ma di un viola chiarissimo.
-Credo anche io. Voglio dimenticare tutto di questa notte ma non il
nostro bacio.- rispose quasi sfiorando di nuovo le labbra.
Rimasero abbracciate tutta la notte, Julian sembrava una morbida
coperta che avvolgeva Elly e che le accarezzava i capelli dolcemente
facendola addormentare e finalmente, dopo tanto tempo, Julian si
addormentò senza avere incubi e senza sognare
alcunché.
These violent delights
have violent ends
And in their triumph die, like fire and powder,
Which as they kiss consume: the sweetest honey
Is loathsome in his own deliciousness
And in the taste confounds the appetite:
Therefore love moderately; long love doth so;
Too swift arrives as tardy as too slow.*
Julian aprì gli
occhi assonnato. Teneva Elly stretta tra le braccia ancora
addormentata. Il suo volto rilassato si trasformò in una
smorfia di fastidio quando la sveglia iniziò a suonare. I
suoi occhi si aprirono e si ritrovò davanti a se il
bellissimo viso di Julian che la guardava rapito.
-Buongiorno- disse dolcemente con una vena amara nella voce.
-Dormito bene??- le domandò con un lieve sorriso.
-Si…io credevo che avrei avuto degli incubi stanotte ma con
te non mi succede mai.- gli disse e lo baciò dolcemente.
Julian le passò le mani tra i capelli aspirando il suo
profumo e assaggiando il sapore della sua pelle. I baciavano
aggrappandosi l’uno all’altra con baci sempre
più veloci e passionali. Il cuore di Julian batteva
così forte che dovette fermarsi.
-Qualcosa non va??- gli domandò Elly passandogli una mano
sulle labbra.
-Si deve amare con moderazione o ho paura che il mio cuore possa
esplodere.-
rispose guardandola sorridere si sentì come se nel suo
stomaco fossero nate centinaia di farfalle.
-Non andare!- le disse quando lei si alzò per vestirsi.
-Ma io devo lavorare!- disse mentre entrava nel bagno.
Mentre si faceva la doccia Julian pensò a un modo per farla
stare a casa. Se qualcuno voleva quella ragazza, se qualcuno voleva
rovinare tutta quella felicità, sarebbe dovuto passare sul
suo corpo.
Si vestì velocemente, mentre si stava mettendo la maglia
Elly uscì dal bagno vestita e con i capelli legati in una
coda.
-Dove vai??- gli domandò vedendolo vestito di tutto punto.
-Vengo con te, mi pare ovvio!- disse finendo di allacciarsi le scarpe.
-Cosa? Perché vuoi venire in ospedale?- chiese fissandolo.
Avrebbe dovuto rispondere ‘’perché non
voglio che qualcuno o qualcosa ti faccia del male, perché so
che in fondo sarebbe colpa mia’’
-Voglio vedere dove lavori.-
-Ma tu ci sei già stato!-
-Avevo la testa spaccata perché Tom se l’era presa
con me per una storia di dieci anni fa! Non ho visto tutto!-
spiegò ragionevole. Poteva essere diventato un umano, poteva
aver perso tutti i suoi poteri, ma di sicuro sapeva come convincere le
persone.
Ad Elly crollarono le spalle sconfitta. Prese il cappotto e
iniziò a scendere con Julian che trionfante sfoggiava un
sorrisetto.
Salirono in macchina e si diressero velocemente all’ospedale.
-Elly… ma Jean dov’è??-
domandò Julian ad un tratto.
-è da un suo amico per finire un quadro. Quando
vedrà quello che è successo hai suoi mi
ucciderà- disse tristemente.
-Mi dispiace.-
rimasero in silenzio per qualche secondo. La ragazza guidava
velocemente e rimaneva in silenzio.
-Sai, Tom mi ha detto mille volte che tu sei un tipo pericoloso. Che
sei un uomo ombra…ma più ti guardo e
più sembri…- si interruppe perché il
suo pensiero era troppo stucchevole.
-Sembro??-
-Un angelo. Con quei capelli così chiari e gli occhi
azzurri…- spiegò rossa per la vergogna.
-Dici?- domandò lui toccandosi i capelli
–Bhè sai… noi siamo lupi travestiti da
agnelli è il nostro mestiere fingere di essere
ciò che non siamo.- rispose in fine.
-Io non ho mai creduto a queste cose. Demoni, angeli… il
diavolo.-
-il trucco più astuto del Diavolo è
convincere il mondo che non esiste-
-Già lo credo anche io.- disse e poi tornò ad
essere silenziosa. Julian iniziò a pensare al famoso segreto
della ragazza. Quella scritta sul muro si riferiva a quello, giusto?
Arrivarono all’ospedale e non appena ne varcarono le soglie
Elly fu letteralmente sommersa di lavoro.
-ok, tieni questo cartellino, io sono in ritardo per il giro visite e
se mi becca il mio capo mi ammazza!- gli diede un bacio veloce e corse
via.
La tenne d’occhio finché non la vide sparire
dietro l’angolo, poi prese un libro dalla sua tracolla e
iniziò a leggerlo.
-Filosofia e studio psicologico dei sogni? Lettura
pesante…- disse Dee leggendo il titolo del libro. Julian
sussultò vedendosela davanti. Solo ora si era accorto che
c’erano lei, Michael e Audrey davanti a lui.
-Cavolo ragazzo ombroso i tuoi riflessi sono davvero pessimi.- lo
schernì Dee sedendosi accanto a lui.
-Ridi, ridi. Non è colpa mia!-
-Andiamo non sarai diventato permaloso in questi dieci anni!-
Julian rise di gusto, con una risata che una volta avrebbe fatto paura
a tutti e tre perché nessuno, nemmeno Dee, avrebbe mai avuto
il coraggio di scherzare con lui se non fosse stato così
evidente il suo cambiamento.
-Comunque, come mai stai leggendo quel libro?- domandò
Michael.
-ecco.. Elly ha detto che ha sognato tempo fa quello che è
successo ieri sera e sto cercando di capire come sia possibile che
accada se non hai il mio genere di potere.-
spiegò alzandosi dalle scomodissime sedie e andando con loro
nella mensa.
-Hai paura che possa capitare di nuovo?-
-No, non proprio. È che in questo periodo ho sempre incubi e
sto cercando di dargli un senso.- rispose infine dopo averci pensato un
po’.
Erano seduti da un po’ lì sorseggiando
caffè quando li raggiunse anche Elly, sembrava stanca e
affaticata.
-Salve ragazzi.- salutò accasciandosi sulla sedia. La sua
pausa durò ben poco.
-Signorina Elisabeth se ha tempo da perdere nella mensa magari
può compilare le cartelle.- disse un medico molto anziano
con la faccia da lemure.
-Ma io sono appena arrivata!- protestò mestamente.
-Non si discute.- rispose il medico ignorandolo e le diede quattro
cartelle piene di scritte ed altrettante vuote.
-Non so se avete presente, ma io a quest’ora, senza aver
toccato ancora cibo, ho voglia di ammazzare la prima persona che viene
ad infastidirmi.- disse appoggiando la testa sulle cartelle disperata.
Elly delirava ma Julian sembrava più preoccupato per un
altro punto.
-Elisabeth?? Ti chiami Elisabeth?!- Domandò come se fosse la
cosa più assurda del mondo.
-Si! Che c’è che non va?-
-Mi sono ricordato!- urlò euforico Julian facendo girare
altre persone.
-Julian non gridare! Che cosa ti sei ricordato?-
-Scusa. Mi sono ricordato chi mi ricordavi.- vedendo il suo volto
interrogativo cercò di spiegarsi meglio. Era al settimo
cielo. –Tu sei speciale, e non so come ho fatto a non
accorgermene.-
i suoi occhi brillarono entusiasti ed eccitati mentre quelli della
ragazza si scurirono improvvisamente.
Che avesse scoperto il suo segreto?
-Smettila, ti prego, mi spaventi- disse sottovoce –Ne
parliamo stasera a casa.-
-Cosa? Ma tu finisci tardi.-
-Lo so. Vai a casa ed aspettami. Giuro che poi parliamo.-
Erano passate ore da quando era tornato a casa. Non appena era arrivato
si era fiondato sul divano a leggere uno dei suoi libri e quando era
arrivato Jean aveva dovuto lasciare a malincuore la sua tazza di the
fumante per consolarlo per la perdita di tutte le sue opere.
Aveva aspettato per ore la ragazza seduto su quel maledetto divano
perché non vedeva l’ora di baciarla ancora una
volta.
Si rigirò in mano il libro consumato di “Romeo e
Giulietta” che aveva trovato nel cassetto della sua stanza
dove c’erano sottolineate tutte le frasi preferite di Elly.
“Ama moderatamente” diceva un pezzo e lui stava
iniziando a capire cosa significasse.
Stava impazzendo da quando si era reso conto di amarla. Il suo cuore
batteva sempre più veloce non appena i suoi occhi
incontravano il suo viso, non faceva che pensare a lei tutto il tempo e
soffriva solo al pensiero di starle lontana.
Se era davvero questo l’amore non gli piaceva
granché.
Elisabeth aprì la porta di casa lentamente, come se fosse
spaventata al pensiero di trovare nuove brutte sorprese.
Sentì una musica lieve provenire dalla stanza di Jean e il
fuoco bruciare silenzioso. La fiamma illuminava il viso addormentato di
Julian, dondolavano su i suoi capelli che sembravano lava fusa. Era
incredibilmente bello, così privo di difese da sembrare un
bambino. Si alzò per prendere una coperta e gli e la
appoggiò addosso accarezzandogli il viso dolcemente.
-Elly….?- domandò svegliandosi lentamente al suo
tocco leggero.
-Scusa, non volevo svegliarti.- sussurrò alzando un
po’ il viso. Julian le mise le mani tra i capelli non potendo
resistere al suo volto leggermente arrossato e la baciò
delicatamente tenendola stretta.
La stinse con
più forza e la avvicinò al suo corpo mentre lei
gli accarezzava prima le spalle e poi i capelli. Rimasero legati
l’uno all’altra per dei minuti finchè
Julian non la lasciò.
Con la preda
adatta, il seduttore diventa sedotto.
-Cosa
c’è che non va??- domandò Elly
vedendolo che la lasciava.
-Sei così bella che avvolte non riesco a respirare. i tuoi
occhi, quando se felice, sono di un colore indescrivibile. Ma ora non
lo sono.-
-Io sono felice!- disse Elly avvicinandosi e cercando di chiudere la
discussione con un bacio.
-Non lo sei. Mi stai nascondendo qualcosa, sono un umano e non posso
sapere tutto. So solo che mi nascondi qualcosa e che farei di tutto pur
di poter stare ore e ore ad osservarti per scoprirlo, sapere cosa ti fa
male, cosa ti spaventa e distruggerlo.- disse prendendole le mani e
guardandola intensamente negli occhi, con una fiamma che bruciava
dentro di lui.
-Mi dispiace, alcuni segreti devono rimanere tali.- disse dandogli un
bacio sulla guancia e alzandosi dal divano per andare in camera. Julian
rimase ancora un po’ sul divano a fissare il fuoco.
Non voleva che esistessero i segreti. Sapeva quanto facessero soffrire
gli uomini. Li aveva visti, dall’era dei tempi, li aveva
scrutati dall’ombra e aveva scoperto che dietro ogni
sofferenza c’era una bugia ed un segreto. Ecco
perché era sempre stato sincero con lei.
Si alzò e salì le scale che scricchiolarono sotto
il suo peso. Andò fino alla porta della ragazza ed
entrò dopo aver bussato lievemente.
La trovò seduta sul letto con una maglietta larga a farle da
pigiama, con in mano il suo diario che leggeva.
-Non dovevo obbligarti a dirmi il tuo segreto. Mi dispiace.- disse
anche se lei non aveva alzato gli occhi dalle pagine.
Chiuse il quaderno e lo mise silenziosamente nel cassetto del comodino
accanto al letto e alzò il volto verso di lui.
-So che non ti piacciono i segreti…ma non ci riesco. Non
posso dirlo a nessuno. Scusa.- disse avvicinandosi a lui e
abbracciandolo. Julian sorrise. Così con la preda adatta chi
era stato da secoli un seduttore veniva sedotto. Ormai Julian si
arrese, aveva perso ancora una volta. Sapeva che sarebbe morto se non
l’avesse avuta vicino.
Si chinò a sfiorargli la labbra morbide. Col secondo bacio
le morse leggermente il labbro inferiore, facendola gemere mentre la
spingeva verso il letto e si spogliavano a vicenda. Gli
ricambiò prendendogli il viso tra le mani, ormai
l’uno sull’alta, come per assaporare fino
all’ultimo sorso un vino pregiato. Julian scese
più in basso e la baciò per tutto il corpo
facendo ondeggiare i suoi baci lievi e sottili lungo il petto fino in
basso e soffermandosi ad accarezzarle le cosce. Elly gemette
più forte arrossendo violentemente. Le accarezzò
una guancia mentre si univano in un solo essere con un ultimo intenso
bacio.
Si svegliarono il giorno dopo, Julian teneva stretta Elly
accarezzandola di tanto in tanto e coprendola con il braccio. Si era
svegliato molto presto per guardarla dormire in pace. Era assurdamente
bella in quella posizione.
-Ehy, buongiorno…- disse Elly con un gran sorriso vedendolo
già sveglio. Era ancora rossa in viso, ma
continuò a sorridere e d accarezzare la guancia di Julian.
-Ciao splendore- rispose lui baciandola.
-Stasera dobbiamo andare alla festa. Non vedo l’ora!- era
euforica ed entusiasta. Si alzò e iniziò a
vestirsi per andare a lavoro.
-Ci vediamo stasera. Vengo alle 9 vi voglio trovare già
vestiti perché io dovrò solo indossare il vestito
visto che mi trucca e mi pettina Audrey. E se non fai come ti ordino ti
punisco chiaro?-
disse ridendo e dandogli un bacio per poi sparire dietro la porta.
Quella sera sarebbe successo qualcosa, non sapeva perché ma
aveva una strana sensazione. Chiuse gli occhi e si riposò
ancora qualche minuto. Di sicuro amare era faticoso.
Quella
sera sarebbe successo qualcosa, non sapeva perché ma aveva
una strana sensazione. Chiuse gli occhi e si riposò ancora
qualche minuto pensando, la sua anima vibrava, amare era diventato
faticoso ma anche più interessante. L'amore tra gli esseri
umani era decisamente imprevedibile.
Chiedo scusa per il mio ormai abituale ritardo. purtroppo gli
impegni scolastici non mi danno tregua!
spero che il capitolo vi sia piaciuto (è anche molto lungo,
giusto per farmi perdonare)
è l'ultimo capitolo introduttivo nella storia
perchè dopo la famosa festa tutto può
succedere! ;D
fatemi sapere che ne pensate!
see you later <3
* frase bellissima di Shakespeare che amo in lingua originale.
"Queste gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo,
come fuoco e polvere da sparo, che si consumano al primo bacio.
Il più squisito miele diviene stucchevole per la sua stessa
dolcezza,
e basta assaggiarlo per levarsene la voglia. Perciò ama
moderatamente: l'amore che dura fa così."
Ho riletto per caso questa frase per caso e ho pensato a Julian che,
diciamo, si è fatto bruciare da un amore troppo possessivo
nei confronti di Jenny e l'ho immaginato mentre cerca di non commettere
lo stesso errore con Elly. questo perchè sono
convinta che se l'avesse amata sul serio non si sarebbe sacrificato
ma nel primo gioco l'avrebbe lasciata con Tom per quanto
difficile potesse essere. si, sono una persona un po' contorta O____o
vabbè che volete farci?
a presto! :)
|
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Capitolo 6 *** As the World falls Down. ***
Attenzione:
Questo capitolo è inspirato alla canzone ''As the World
Falls Down'' di David Bowie.vi consiglio di leggere la
traduzione e di guardare il video su Youtube perchè sono
quasi convinta di non essere riuscita a rendere perfettamente l'idea
che volevo trasmettere.
Grazie a chi continua a
recensire, i vostri consigli mi aiutano sempre a crescere :)
*infondo alla pagina
lascerò tutti i chiarimenti su alcuni punti*
buona lettura!
As the world falls down.
Dormirò con i miei
caldi incubi invernali,
e forse non mi
accetterai,
perchè
nella mia mente c'è il silenzio di chi urla.
Julian
sentì il corpo pesante, schiacciato terra da una
forza invisibile. Sentiva il sapore della sabbia sulle labbra e
l’odore del sangue gli dava la nausea. Faticava a respirare.
Ogni volta che aspirava un po’ d’aria era come se
gli dessero una coltellata che lo faceva sanguinare
annaspare. Non sapeva neanche come avesse fatto ad arrivare in quel
posto.
Sentì una
goccia tamburellargli in testa, un’altra e un'altra ancora.
Era immobile in quella
posizione da diversi minuti, a pancia in giù, con le braccia
lungo i fianchi e una guancia poggiata su un pavimento polveroso.
Quelle gocce lo
avrebbero mandato al manicomio. Ne sentì altre
finché non ne scivolarono due sulla fronte. Sentì
il liquido viscoso scivolare con una lentezza estenuante lungo il viso
fino a raggiungere la terra.
Rosso.
Sangue.
Julian
osservò basito quelle due piccole macchie di colore
costringendosi poi a sollevare il capo. Quel movimento gli
causò un dolore lancinante a tutto il corpo ma infine
riuscì a levare gli occhi al cielo e scoprire da dove veniva
tutto quel sangue.
Elisabeth era una
sagoma scura davanti a lui, era silenziosa e sembrava fissarlo
dall’alto in basso, ma nella sua immobilità
c’era qualcosa di innaturale.
Faticosamente,
lottando, si alzò in ginocchio protraendosi verso di lei per
vederla bene. Incurvò leggermente la schiena. Qualcosa lo
afferrò, non con forza ma sottolineando una lieve minaccia.
Delle labbra di seta si appoggiarono al suo orecchio, avrebbe voluto
voltarsi ma non riusciva a staccare il viso dal corpo della ragazza.
-La vuoi?- chiese la
voce.
-La vuoi davvero?-
continuò come una cantilena.
-La vuoi davvero viva
o morta??- chiese con un ghigno.
-Io la amo. Lasciala
andare…- disse stancamente Julian cercando di liberarsi
dalla sua presa ferrea.
-La ami…?-
domandò la voce soffocando una risata –Sei da
quasi un mese nel mondo degli umani e ti innamori? Sei così
sciocco? Guarda il tuo grande amore logorata dai suoi
segreti…- disse perfidamente costringendolo ora a fissare il
volto in penombra di Elly.
La ragazza era in
piedi ma sembrava che stesse per svenire da un momento
all’altro, ondeggiava leggermente a destra e a sinistra con
il capo piegati da un lato. I capelli neri erano sporchi e disordinati
il suo volto pallido come la morte. Dai suoi occhi, invece di lacrime,
scendevano gocce di sangue che scorrevano fino a terra, i suoi
bellissimi occhi erano spariti lasciando spazio ad una
oscurità infernale. Sotto il vestito viola, sporco e
strappato, erano visibili dei tagli profondissimi.
Julian si scosse e si
alzò violentemente in tempo per prendere tra le braccia
Elly, esanime.
-Co-cosa ti ha fatto?-
balbettò cadendo in ginocchio tenendo stretto tra le braccia
la ragazza che non rispose ma chiuse gli occhi lentamente senza neanche
averlo riconosciuto.
-è stata
lei- disse la donna accanto a lui –Lei si è fatta
del male da sola.- si muoveva come se stesse ballando, come se la cosa
fosse divertente.
-No…-
gemette –Non è vero!-
-Ma guardati! Ti
comporti come un bambino a cui non hanno dato le caramelle.
È colpa sua se si ritrova un’anima in quelle
condizioni..-
il corpo di Elly
tremò come se fosse solo un ologramma di un proiettore
guasto.
-Non ha mai rivelato
il suo segreto a nessuno.I segreti feriscono, dovresti saperlo bene
anche tu.-
anche
l’altra donna stava svanendo, come tutto in quella stanza.
Era come vedere un film in 3D poco realistico ora. Julian tenette
stretto ancora il corpo tra le braccia anche se presto si accorse di
stringere solo aria.
Aveva gli occhi chiusi.
Quando li
riaprì si ritrovò a letto, accaldato e ansante
per essersi appena svegliato da un incubo.
***
Ancora non riusciva
credere a quello che era successo con Julian. Non si era mai lasciata
andare così con una persona che conosceva da poco, in
realtà non si lasciava andare con nessuno. Non importava
quanto una persona gli stava vicino, quanto le era amica, quanto si
preoccupava per lei. C’era un muro invalicabile dentro di
lei, un segreto che non sarebbe mai stato svelato.
Where are the holy ones?
Selling the secret to
the sun
Welcome to the Universe
Ora che Julian aveva
iniziato a distruggere gli argini della diga si sentiva come priva di
ogni difesa, nuda, come se il suo segreto stesse per essere rivelato e
alla luce del sole.
Crollò sul
letto della saletta dei dottori reperibili nell’ospedale.
Aveva bisogno di pensare, pensare e cercare di trovare una soluzione.
Ma, tutti i suoi sforzi si rivelavano vani. Bastava che chiudesse gli
occhi e si ritrovava davanti il viso sorridente di Julian,
così sincero e rassicurante, i suoi occhi grandi e azzurri,
così innocenti de sembrare quelli di un bambino. La sua
forza nel rincuorarla, nel proteggerla.
Era così
bello sentire di appartenere finalmente a qualcuno.
Poteva dirgli tutto.
Spiegargli che tutte
le notti sognava cose differenti e che spesso, che fossero sogni o
incubi, finivano sempre con la stessa scena che la faceva svegliare
ansante e piena di paure, come se nel buio ci fosse qualcuno pronto a
ghermirla.
Raccontare e dire la
verità sul suo passato, forse lui avrebbe capito.
portò le
mani al volto cercando pace nell'oscurità che lentamente
diventava sempre più profonda e fredda.
Tendeva le mani verso
l’alto cercando di salvarsi da quell’acqua gelida
che le bloccava i polmoni, che non la faceva respirare.
Ecco, stava sognando
di nuovo.
Pur sapendo che quello
era solo un sogno aveva davvero paura. Sentiva le forza che la
abbandonavano, i polmoni pieni d’acqua, mentre lei cercava di
annaspare e raggiungere una mano che si protendeva verso di lei.
Allungò una
mano, e sentì la pelle vellutata di Julian che la stringeva.
Riuscì ad immaginare il suo volto contratto dallo stupore
nel vederlo li, era sicura che con lui sarebbe stata al sicuro, la sua
mano era calda non come l’acqua gelida che la stava facendo
annegare nei suoi segreti.
I segreti feriscono.
Sussurrò la
voce di una donna nella sua testa qualche istante prima di sentire
qualcosa che le stringeva le caviglie come
(degli artigli)
una fune che la
trascinava giù, sul fondo di ogni cosa, sul fondo di tutti i
segreti, lontana da Julian e dalle sue mani calde e protettive, lontano
dall’aria.
Circondata solo dal
suo segreto, dove morte e distruzione non facevano che creare ghiaccio
e dolore.
Eccola era
tornata a casa. era pronta a rivivere ancora una volta la sua peggiore
paura, pregando di riuscire a non urlare questa volta.
***
La sala da ballo era
piena di persone, con maschere e vestiti colorati e decorati con fili
d’argento e oro, si muovevano tutti al ritmo di una musica
dolce e lontana creando un’immagine confusa e
caotica. I muri color avorio erano addobbati con fiori
freschi, le tende dorate e aperte lasciavano intravedere la luna piena.
Le colonne in marmo si ergevano in tutta la loro altezza.
Più guardava quelle scene più si convinceva di
aver già vissuto una scena simile.
(era ad un
ballo di Sidhe*,molti secoli prima. portava una giacca nera con bottoni
in argento. Tutto in sala brillava quella notte. C’erano Fate
di ogni genere, goblin, e elfi che ballavano e suonavano
vorticosamente. In un angolo delle fanciulle umane erano costrette a
ballare contro la loro volontà dalla magia, ma le loro grida
erano coperte dalle risate squillanti della corte)
Julian scosse la testa
per liberarsi da quei pensieri. Elly aveva detto di amarlo ma
chissà se lo avesse amato se avesse saputo quello che era
tanti anni prima. cercò di farsi largo tra la folla seguendo
Jean per raggiungere Dee, Zack e Summer. La camicia di mussola bianca
era nascosta dal giaccone ricamato come quello di un pirata gentiluomo.
Dee era incredibilmente bella quella sera con la pelle scura che
luccicava illuminata dalla luce. Julian sorrise tra se e se pensando
che neanche nel più assurdo dei sogni l’avrebbe
vista con una gonna. Stava aspettando Elly che aveva avuto
l’ultimo turno in ospedale e sarebbe arrivata con molto
ritardo, ma era già un’ora che si faceva
attendere. Mordicchiò una striscia di cannella con finta
tranquillità anche se non riusciva a nascondere del tutto le
sue nuove e conturbanti emozioni umane. Quando si era svegliato quella
mattina, con Elly tra le braccia capendo di aver trovato finalmente
qualcuno, aveva sentito il suo cuore esplodere in una nuvola di pura
gioia, una energia che a malapena era riuscito a contenere. Ora invece,
il suo corpo fremeva all’idea che qualcosa stesse ferendo
quella ragazza.
Aveva bisogno di
sentirla vicino, di vedere i suoi occhi illuminati dalla gioia e di
sapere che era felice.
Libera da ogni
preoccupazione.
Tante donne avevano
cercato di ballare con lui ma si era sempre rifiutato fingendo che la
sua dama fosse Dee.
-Sei un po’
nervoso Julian?- domandò divertita lei.
-Tu non hai idea di
quanto io sia nervoso…- rispose a denti stretti lui.
-Posso capire. Non
deve essere carino vedere la donna che ami mentre balla un lento col
marito.- continuò Dee guardando Jenny e Tom abbracciati che
si muovevano al suono della musica.
-Cosa?-
-Tu… non
sei quello che ci ha rapito solo per avere Jenny??- domandò
con un velo di ironia Dee che al contrario di tutti non aveva mai avuto
minimamente paura di Julian.
-Si.-
sussurrò abbassando gli occhi – mi dispiace.-
-Capisco. Non la ami
più vero? Ora ami Elly e ti stai chiedendo
perché.-
-Già-
-è normale
sai? È normale che si sbagli. Ma si vede che tu ed Elly
siete felici insieme. Mi basta guardare un secondo come ti guarda per
sapere che ti ama.- disse Dee con un sorriso fin troppo dolce per
essere rivolto a lui. Era tentato di dirle quanto fosse spaventato
all’idea di perderla. Quanto fosse doloroso pensare che un
giorno avrebbe scoperto che era un mostro e l’avrebbe
abbandonato. Ancora una volta quei pensieri si erano
insinuati nella sua mente avvelenando ogni tipo di emozione positiva.
Il ballo era troppo caotico per i suoi gusti, la stanza troppo calda e
affollata, i ballerini fastidiosamente rumorosi.
-Guarda Julian, Elly
è arrivata.-
bastarono queste
cinque parole per salvarlo da quel sensazione asfissiante. Elly era
dall’altra parte della sala.
In una sala sospesa
fuori dal tempo, gremita di cuscini di raso. Lampadari di cristallo
gocciolavano luce sugli invitati; specchi ornati da drappi di velluto
riflettevano all'infinito immagini di decadente bellezza. Elly era
stretta in un abito bianco e lucente, il busto fasciato nel corpino di
seta, le spalle nude, indifese, le guance arrossate per un misto
inebriante di imbarazzo ed eccitazione.
Occhi sconosciuti la
seguivano da dietro orribili maschere; una donna guardò il
suo viso celato: gettò all'indietro i boccoli rossi e
scoppiò a ridere con perversa malizia.
Elly non le
badò. I meravigliosi occhi viola, quella sera, sembravano
splendere come diamanti. Continuò ad
avanzare fra le gonne di tulle e i candelabri d'argento, cercando lui.
la maschera sul suo
volto era una piccola opera d’arte, i suo capelli arricciati
erano stretti con dei fermagli. Julian, guardandola avanzare tra la
folla con grazia e pensò di non aver mai visto una ragazza
più bella, in tutti quei secoli che aveva passato a
osservare la terra dalla sua oscurità. Perché
Elly era speciale. Era fatta di luce, senza sapere quanto nera e oscura
fosse la sua anima.
Julian si mosse
inconsciamente verso la sua direzione e iniziò a cercarla
come se avesse paura che non potesse raggiungerlo.
There's such a sad love
Deep in your eyes,
a kind of pale jewel
Open and closed within
your eyes
I'll place the sky
within your eyes
Non appena Julian
incontrò lo sguardo di Elly qualcuno iniziò a
cantare una canzone magica e soffusa. Conosceva quelle parole da molto
tempo come se fossero incise a fuoco nella sua anima. Prese tra le
braccia Elly prima che lei potesse anche solo sorridere e guardandola
come se cercasse di leggerle dentro cantava a bassa voce. sembrava
stanca e segnata da una vena di tristezza. c'era qualcosa che la
preoccupava? iniziò a chiedersi se aveva fatto ancora incubi
e gli bastò incrociare per un solo secondo i suoi occhi per
capire che aveva colpito il bersaglio.
la regola era non fare
domande, a casa avrebbero parlato, ecco cosa dicevano i suoi occhi.
continuò a cantare mentre ballavano dimenticando per un
secondo tutte le preoccupazioni.
There's such a fooled heart
Beating so fast in
search of new dreams
A love that will last,
within your heart
I'll place the moon
within your heart.
Elisabeth lo guardava
come se cercasse di capire il suo strano comportamento. Quelle parole,
quel luogo, quegli sguardi che gli mandava Julian li aveva
già visti. Aveva visto un amore bruciare in quel modo e il
suo cuore non aveva sopportato il dolore della fiamma che si
spegneva inesorabilmente.
Amore, amore, amore
che non perdona mai, che cerca sempre di spingerti verso le
persone più sbagliate. Eppure, malgrado le sue mille paure,
la sua diffidenza, era incredibilmente facile lasciarsi andare e farsi
cullare dalla voce bassa e soave di Julian.
As the pain sweeps through
Makes no sense for you
Every thrill has gone
Wasn't too much fun at
all
But I'll be there for
you
As the world falls
down.
Ballavano lentamente
assaporando la dolce sensazione di avere qualcuno accanto, sentendo le
loro mani unite e quella canzone che sigillava il loro giuramento
d’amore. Ascoltavano silenziosamente i loro cuori battere,
Perché qualunque cosa fosse successa Julian non avrebbe mai
lasciato che potesse soffrire ancora. No, niente più pianti
silenziosi, avrebbe nascosto il suo segreto e sarebbe stata felice con
lui. perchè non poteva essere tutto così semplice?
I'll paint you mornings of gold
I'll spin you
Valentine evenings
Though we're strangers
till now
We're choosing the
path between the stars
I'll leave my love
between the stars
Le ultime parole
fecero sorridere Elly. Julian strinse le sue braccia intorno hai sui
fianchi come se volesse proteggerla. Si sentì cullare
lentamente e lei chiuse gli occhi, sicura che nulla le avrebbe fatto
mai del male finché fosse rimasta in quel modo.
-Lo sai che ti amo?-
sussurrò con la testa china sul suo petto.
Ma Julian stava
pensando ad altro. Stava pensando a quello che le aveva detto quella
donna. I segreti feriscono, ti annegano e lasciano che nascondino la
persona che sei veramente. Guardò la ragazza con
un’espressione preoccupata in viso perché quella
mattina l’aveva vista morire ancora una volta. Ancora una
volta schiacciata da quel dannato segreto che si ostinava a portare
sulle spalle.
-Anche io-
rispose Lui abbassando la testa per baciarle la fronte. La canzone
intanto continuava mentre loro due si muovevano tra la folla senza
sapere più chi teneva la mano a chi.
Erano seduti tutti
insieme in un grande tavolo, accanto alla sala da ballo. Il rumore
delle posate e delle persone che chiacchieravano erano un brusio
indistinto per loro.
Parlavano del
più e del meno da un po’ di tempo assaporando il
vino che era incredibilmente dolce. Tutti avevano posato le maschere e
gli occhi delle ragazze erano circondati da mille colori. Come a
sostituire le maschere il trucco donava ad ognuna di loro un aspetto
misterioso ed intrigante. Audrey, vestita da Cappuccetto Rosso, Michael
vestito da duca, Tom e Jenny vestiti come i protagonisti del film
Parnassus, Zack vestito da filosofo greco e Summer da ninfa
dell’acqua e infine Elly e Julian vestiti come i protagonisti
del film Labyrinth, Jean invece aveva scelto un vestito molto strano.
Una tunica bianca e una cintura di smeraldi, Gli stivali gli arrivavano
quasi al ginocchio ed erano nero come i pantaloni sotto la veste che
delineavano i muscoli sottile. I suoi capelli cadevano quasi davanti a
gli occhi. Era sicuo di aver già visto
quell’abbigliamento…
Il ragazzo
sentì il suo corpo irrigidirsi mentre una parte del
cervello, quella più primitiva e animalesca, gli
consigliava di andarsene subito da lì. guardò i
commensali acconto a lui ma non sembravano sentire quello che sentiva
lui.
Come potevano esserne
indifferenti??
Jenny e Elly parlavano
tranquille continuando a sorseggiare il vino, mentre Michael sembrava
interessato alle fotografie che Zack gli stava descrivendo a grandi
linee, tutti totalmente estraniati da ciò che succedeva
intorno a loro.
Si accorse che intorno
a loro si era bloccato tutto, come se il tempo si fosse congelato. Ma
intorno a lui non c’erano persone immobili come quando si
ferma il tempo, ma un silenzio agghiacciante e senza età.
Risate, chiacchiere,
musica, fino a qualche minuto prima c’era una vera baraonda
di suoni. Ora, invece, non si sentiva volare una mosca. Si
voltò verso il tavolo ma anche gli altri sembravano confusi.
Nella sala, invece, non c’era più nessuno.
Erano spariti tutti,
come fantasmi, come se non ci fossero mai stati. Sembrava un vero
incubo. Si alzarono tutti dal tavolo guardandosi in torno. Poi, come se
ormai fossero abituati a quella vecchia e raccapricciate sensazione,
svennero l’uno dopo l’altro.
*I Sidhe sono gli
elfi/fate che popolano ''l'Underground'' nella mitologia celtica
rapiscono gli esseri umani e li coinvolgono nelle loro feste per farli
ballare fino allo sfinimento o per farli diventare loro schiavi. visto
che la scrittrice di questa trillogia si è ispirata alla
mitologia celtica mi è sembrato plausibile che Julian possa
aver partecipato ad una delle loro feste (dove potrebbe aver incontrato
il vero Erlking?)
vi regalo anche un
indizio: secondo la mitologia, spesso questi elfi si divertono a creare
giochi impossibili da superare per gli esseri umani.
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Capitolo 7 *** Leads. ***
Leads.
Chiudere gli occhi era
stato automatico. Si erano sentiti tutti deboli ed era stato
così dolce chiudere le palpebre e lasciarsi andare per una
volta. Basta lottare e cercare di vincere delle forze più
grandi di loro, c’era qualcosa di saggio
nell’abbandonarsi al torpore.
Julian
sollevò lentamente la testa dolorante, era steso su un
terriccio rosso, i suoi capelli erano ricoperti dalla polvere. li
scompigliò per levarsi di dosso quel granelli fastidiosi e
poi si guardò in torno. Accanto a lui c’era Jenny
e poco più in là Tom. Si alzò e vide
anche Summer e Zack. Dee era quasi addossata a Michael che teneva per
mano Audrey. Guardò a destra dove anche Elly era
addormentata. Erano tutti lì, l’unico che mancava
era Jean. Lentamente si stavano tutti svegliando, mentre si
stropicciavano gli occhi l’uomo ombra si guarda in torno
senza riuscire a vedere granché.
-Julian fottuto
bastardo!- urlò Tom andandogli in contro. –Sapevo
che non dovevamo fidarci di te!- sbraitò prendendolo per il
collo della camicia e sollevandolo di qualche millimetro da terra.
Julian cercò di divincolarsi ma stava iniziando
già a sentire gli arti formicolare e gli mancava
l’aria.
-Tom smettila! BASTA,
gli fai male!- urlarono Jenny e Elly insieme mentre Michael e Zack
cercavano di allontanarlo dal ragazzo, dopo qualche secondo di lotta
Tom fu costretto a lasciare Julian che cadde a terra tossendo. La bruna
corse verso di lui e si chinò cercando di farlo respirare
sbottonandogli un po’ la camicia.
-Julian
perché ci hai portato qui?- domandò con le
lacrime agli occhi Summer atterrita.
-Io.. io…
giuro…- disse con voce strozzata –Non so
perché siamo qui.- continuò cercando di prendere
più aria possibile.
-Che
cos’è questo posto??- domandò Elly
seduta per terra con la testa del ragazzo appoggiata sulle gambe che
cercava di tornare a respirare normalmente. Era una pianura desolata.
Anzi, per meglio dire un altopiano. Sotto di loro, come se stessero
guardando il fondo di un burrone, si ergeva vastissimo
un’enorme labirinto con al centro un gigantesco castello
completamente nero. I loro sguardi si persero nell’infinita
vastità di quel luogo.
-Ti prego Julian,
dimmi che sai dov’è Jean.- sussurrò con
una nota di panico Elly sopra di lui.
-Non ti preoccupare lo
troveremo.- sussurrò pianissimo vicino a lei.
-Ne sei sicuro?-
chiese qualcuno alle loro spalle.
Quella voce
apparteneva ad una donna appoggiata di spalle ad una roccia. I capelli
bianchi come la neve erano attraversati da delle ciocche blu simili a
lampi in una notte scura.Il suo incarnato era cianotico, gli angoli
della piccola bocca erano tirati in un sorriso affabile ed ossequioso,
che stemperava l’aristocratica ed altera eleganza dei suoi
modi, donandogli un aspetto di innocua innocenza. Ma i suoi occhi ne
tradivano la vera natura: occhi dal taglio allungato, dal colore glauco
che sembravano variare tra il blu mare, e l’azzurro cielo.
Così simili, seppur nello stesso tempo diversi, da quelli di
Julian. Aveva un vestito di un blu spettrale lungo fino ha piedi, le
spalle nude e la scollatura era attraversata da qualche ciocca di
capelli.
Si voltarono non
appena la sentirono, e Julian si parò subito davanti ad Elly
emettendo uno strano suono sibilante, come quello di un serpente che
striscia sulla terra e allo stesso tempo come il latrato sommesso di un
lupo.
-Lan-awn-Shee-
sibilò tra i denti stringendo dietro di lui a mano di Elly.
Costringendo tutto il gruppo dietro di lui a fare qualche passo
indietro.
La sua
rabbia crepitava nell’aria come un fuoco ardente.
Cercò di rimanere calmo, stringendosi in un morsa di
volontà concentrata.
-Vedo che ti ricordi
di me.- rispose con un ghigno malizioso e con movimenti languidi.
-Come potrei
dimenticarmene?! È stata tutta colpa tua se sono rimasto
imprigionato per due secoli!- disse seccamente Julian guardandola con
disprezzo.
-Che diavolo vuoi?-
disse dopo due secondi di silenzio.
-Vendetta..- rispose
guardandolo negli occhi.
-Hai vinto tu!
Perché dovresti vendicarti?- stava volutamente perdendo
tempo mentre cercava di ricordare un modo per uscire in fretta da li.
Lei non era di certo stupida, li aveva messi apposta in un luogo
all’aperto così da non potergli sfuggire. Erano
letteralmente in trappola.Perché se sei all’aperto
non puoi aprire una porta e fuggire.
-Per questo- disse
immobile spostando una grossa ciocca di capelli dalla spalla e
scoprendo una ferita nera e profonda dalla quale si allargavano delle
venature di rosso che assomigliavano tanto a delle zampe di ragno.
Delle radici che nascevano da un cuore marcio fatto i odio e
disperazione.
-Sei stata tu vero?!
Hai preso Jean. Dimmi subito dov’è oppure
io…-
-Tu cosa? Mi mandi
addosso il tuo lupo e il tuo serpente? Sono stati servitori fedeli e
ottimi capi d’arredo.- quando finì di parlare
gettò il capo all’indietro trasfigurando il suo
corpo sotto le convulsioni della sua risata maligna.
-Farai il mio
labirinto. Se riuscirai a attraversarlo tutto, incolume, ti
lascerò andare. Altrimenti… sai quello che
accadrà!- continuò notando, con gioia, di essere
riuscita a spaventarlo.
-No, aspetta! Lo
faccio da solo il labirinto. Falli tornare a casa, non ti daranno alcun
fastidio.- esclamò indicando Elly, Jenny e gli altri ragazzi
immobili e terrorizzati davanti a quella figura tanto bella quanto
spaventosa.
-Cosa?!-
esclamò Elly –No! Non ti lascio andare da solo!-
-è vero!
Lascia che ti aiutiamo Julian.- esclamò Tom, pentito per
averlo incolpato ingiustamente. Anche gli altri annuirono
vigorosamente, tutti pronti ad aiutare l’uomo ombra che li
aveva torturati per ben tre giochi.
-Sai Julian? Sono
sempre più stupita dalla tua stupidità- disse
lentamente la donna svanendo lentamente.
-Davvero pensi che tu
sia l’unica cosa che mi interessi?-
sparì
lasciandosi dietro queste parole che volarono nel vento. Non
c’era più nessuna traccia di lei se non un
orologio che segnava 13 ore invece di dodici.
-Bhè,
immagino che abbiamo 13 ore per finire questo labirinto.-
esclamò Michael guardando l’orologio.
-Come facciamo? Non
abbiamo poteri e sembra molto tortuoso visto da qui.- chiese Audrey
pacata, da quando era lì si era come irrigidita. Non doveva
essere facile per lei che aveva sempre avuto paura del sovrannaturale.
-Non avere paura.
Penso a tutto io.- rispose Julian con uno strano sguardo negli occhi.
Iniziò a camminare verso il labirinto cercando di non cadere
lungo la scarpata, tutti lo seguirono aiutandosi a vicenda. Quando
raggiunsero le porte del labirinto si accorsero di non aver mai visto
niente di più meraviglioso e tremendo.
C’era un
altissimo muro di cinta. Tra i mattoni che componevano il
muro dei bellissimi fiori di un cremisi acceso brillavano
sotto il sole aranciato, le foglie e i rami correvano lungo esso
finendo in alto. Uno spettacolo di sublime bellezza.
-Se proprio dobbiamo
fare questo labirinto facciamolo alla svelta.- Disse seccamente Tom
sbottonandosi la giacca pesante e si avvicinò sicuro di se
verso le porte semi aperte.
Julian corse verso di
lui, lo afferrò dalla maglia da dietro e lo
trascinò il più lontano possibile dal muro.
-Che diavolo fai
Julian?!- urlò voltandosi verso di lui.
-Guarda! Stupido, ti
ho appena salvato la vita!- rispose irritato dalle urla del ragazzo.
Tom si
voltò in direzione del suo sguardo. I rami e le foglie si
erano allungati fin dove un attimo prima c’era la Testa di
Tom, i fiori così belli e colorati avevano spalancato la
loro enorme bocca mostrando dei denti affilati come coltelli.
-Cosa diavolo sono
quelli?- domandò facendo ancora de passi indietro.
-Non lo vedi? Sono
Fiori carnivori.- rispose conciso Julian.
-E come facciamo ad
entrare?- domandò Zack
-Ci sto pensando.-
disse più a se stesso che a gli altri.
-Audrey?-
chiamò un po’ più distante con il volto
basso.
-Si, Julian?-
-Hai un rossetto?-
domandò spolverando un po’ la terra poco lontano
da loro.
-Si… a che
ti serve?- domandò stupita e curiosa per la domanda assurda
-Me lo presti?- le
chiese andando in fretta vicino a lei. Nessuno avrebbe mai potuto
negargli nulla se lo chiedeva con quello sguardo pieno di innocenza.
Gli pose il piccolo
oggetto dorato nella mano e lui tornò dov’era
prima disegnando un grosso quadrato.
-Che fai?-
domandò Elly avvicinandosi, sempre a debita distanza dal
muro, con tutti a seguito.
-Una porta.-
-Una porta?-
ripeté lei guardandolo stranito.
-Guarda…-
sussurrò disegnando una maniglia e facendosi leggermente
più in là. Aveva un leggero sorriso sulle labbra,
quel mondo,in fondo, gli era mancato.
Sentirsi speciale e
potente, anche se non aveva poteri nel labirinto.
Dalle linee tracciate
si alzò un po’ di polvere come quando la sabbia
viene spostata, la maniglia divenne tridimensionale. Quando
aprì la nuova botola nel terreno al suo interno iniziarono a
crescere degli scalini di pietra.
-Wow…-
sussurrarono tutti stupiti.
Scesero le scale e
seguirono tutti Julian in fila indiana con lui al capo ed Elly subito
al seguito. Gli stringeva forte la mano donandogli sicurezza, la
guardò di sfuggita, solo per un secondo, ma non vide paura
nei suoi occhi. Era una ragazza estremamente coraggiosa. Il corridoio
era piccolo e stretto, tanto che dovevano camminare a testa bassa e a
fila indiana. Quando finalmente Julian si fermò per aprire
la seconda botola sopra di loro, li accolse un cielo scuro e pieno di
stelle. Erano nel labirinto. Tutto poteva accadere.
***
So che il capitolo
è un po' corto. in realtà fa parte di un capitolo
molto più lungo, ma rileggendolo lo trovavo un po' pesante e
così ho deciso di spezzarlo. non temete la seconda parte
arriverà a breve! come sempre commentate e fatemi sapere le
vostre opinioni :) un bacione
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Capitolo 8 *** Labyrinth ***
Labyrinth
A nightmare created to be a darkness and the fear of darkness in every
human heart.
A black mirror, made
to reflect everything about itself that humanity will not confront.
Un incubo concepito per essere il buio e la paura del buio che
c'è in ogni cuore umano.
Uno specchio nero, nato per riflettere su tutto ciò che
l'umanità non si confronta.
Una volta
usciti dal tunnel appena creato tutti si guardarono intorno inorriditi.
Il labirinto si estendeva intorno a loro come una enorme ragnatela
nera, i muri erano stretti e claustrofobici. Julian iniziò a
camminare verso nord facendo un piccolo cenno per farsi seguire, ogni
tanto tastava una delle pareti come se stesse cercando una porta
nascosta. Camminava veloce tanto che non dovevano rallentare neanche un
secondo per non perderlo di vista.
-Julian, rallenta!-
disse con il fiatone Audrey portandosi una mano alla caviglia stretta
in un paglio di scarpe Chanel. Il suo vestito gonfio e pieno di
decorazioni si era rovinato tutto, era così sporco e
strappato che ormai era da buttare.
-Rallentare?!-
domandò tra l’incredulità e il
nervosismo.
-Ma voi avete capito
dove siamo?! Siamo in un labirinto che può realizzare tutti
i nostri incubi e le nostre paure. Non come la mia casa! La casa dove
vi ho rinchiuso dieci anni fa è la versione per bambini di
questo labirinto!. La nostra unica possibilità è
attraversare questo dannatissimo dedalo prima che tutti si accorgano
che siamo qui- rispose dopo averli guardati scioccati della loro
stupidità.
-Tutti chi?!-
domandarono in coro. Julian si massaggiò le tempie
infastidito. Loro non potevano sapere come funzionava da quelle parti.
-Ok, va bene, ve lo
spiego. Ma dovete prestare attenzione perché è
una storia complicata, lunga e non abbiamo tempo.- il gruppo
annuì silenzioso e l’uomo ombra
continuò –Avete superato la casa, siete
sopravvissuti al ‘’Agnelli e mostri
show’’ e, incredibile a dirsi, siete usciti vivi da
quel dannato parcogiochi. Ma questo posto…-
sospirò incapace di spiegarsi
-….Può
realizzare le nostre paure- continuò Zack leggermente
preoccupato ma sempre con la sua solita aria impassibile.
-Si. Quella donna
è la regina di questo posto. Tutti la temono, anche gli
uomini ombra. Sono sicura che ha chiesto a qualche mio
‘’parente’’ di darle una mano a
cacciarci.- aveva uno sguardo scuro. Sembrava molto preoccupato.
-Ma si può
sapere chi è??- domandò Audrey ormai visibilmente
stanca di quel posto.
-Si chiama
Leanan-Sidhe. È comparsa nel nostro mondo qualche secolo
prima del nostro incontro, Jenny. Lei è…- si
fermò senza trovare una descrizione che potesse fargli
capire quanto crudele fosse.
-Ha detto che avete
già giocato. Quindi tu sai come si supera questo labirinto.-
ipotizzò certa di se Dee.
-Non è
così semplice.Il labirinto è un incubo concepito
per essere il buio e la paura dell’oscurità che
c’è in ogni cuore umano.- rispose enfatizzando
sull’ultima parola -È come uno specchio nero per
riflettere su tutto ciò che l’umanità
non si confronta. È costruito su di noi, su di me
e anche su di voi, per questo sarà difficile-
continuò riprendendo a camminare, ora il cielo che il cielo
era sempre più scuro.
-Cosa significa? Ce la
faremo?-
-Spero di si. Io
conosco molte cose di voi e so cosa devo aspettarmi.
C’è solo una persona che non conosco abbastanza
bene…- rispose guardando dritto negli occhi Elly che
abbassò lo sguardo, intimorita.
Rivelare i suoi
segreti? Era questo che le stava chiedendo?
No, mai!
-Elly mi dispiace. So,
che avevo detto che non volevo saperlo. Ma, ti prego, è
importante.- le disse avvicinandosi.
-No, ti
scongiuro Julian. Io non posso!- evitata di guardarlo negli occhi,
troppo puri contro i suoi macchiati dal peccato.
Indietreggiò di qualche passo, così, come se il
suo corpo le imponesse di scappare.
-Per favore. Dillo
solo a me. Solo così potrò proteggerti.- la
supplicò lui.
Elly rimase in
silenzio senza poter rispondere. Aveva ragione, aveva dannatamente
ragione. Scosse la testa, i fermagli si erano rotti e ora i suoi
capelli neri come la notte ondeggiavano a quel suo movimento.
-Non capisci che
è pericoloso? Non rischi solo tu la vita ma anche tutti i
tuoi amici. Non ti interessa? Non ti importa di loro, di me, di te?-
urlò facendo in modo che le sue parole la colpissero.
Provava l’irrefrenabile impulso di scuoterla fino a farle
sputare tutta la verità, per proteggerla e smettere di
essere tormentato dal suo volto insanguinato che lentamente perde
colore. Era logorato da quegl’incubi
Solo in quel momento
tutti realizzarono davvero quanto potesse essere pericoloso quel luogo.
C’era una nota di terrore nelle parole di Julian.
L’uomo
ombra era spaventato.
-Questo posto non
realizza gli incubi, lo vuoi capire? Ma le paure! Tutto quello su cui
l’umanità non fa luce. Non devi dirmi proprio il
segreto. Solo la tua paura più grande. Ti prego,
è importante!-
Elly lo
guardò per un istante. La sua paura più grande?
Tutto quello che la terrorizzava era così legato al suo
segreto che, qualche volta, sentiva l’impulso viscerale di
prendere una pistola e spararsi un colpo in testa. Così,
giusto per non sentire più nulla.
Non sopportava
l’idea di essere guardata in quel modo dai suoi mici, dalle
persone che più amava. Non voleva essere trattata come una
vittima.
Scosse la testa mentre
sentiva il corpo tremare.
No. Un no categorico.
-Sei una stupida.-
Julian le voltò le spalle arrabbiato. Chiuse gli occhi e
iniziò a camminare senza aggiungere nulla.Rimasero tutti in
silenzio per un po’ ascoltando il rumore sinistro che
producevano i loro piedi. Elly aveva uno sguardo basso e ogni tanto
guardava di sottecchi Julian. Sentiva una strana sensazione nel
bassoventre come se uno stormo di farfalle le stessero divorando lo
stomaco. Era il senso di colpa che la divorava da anni che,
improvvisamente, aveva deciso di attaccarla. Strinse i pugni per
reprimere le lacrime. Era stanca di sembrare debole.
-Basta Jenny. Lo
taglio questo stupido vestito!- sbuffò Audrey accanto a lei
interrompendo il silenzio che risuonava per tutto il dedalo, estrasse
dalla borsa una forbice e iniziò a tagliare tutto il vestito.
-Credo tu abbia
ragione. Lo faccio anche io.- rispose secca, aiutandola e togliere
anche il cerchio e iniziando a tagliare anche la sua gonna. Dopo di
loro toccò anche al povero vestito di Summer subire lo
stesso trattamento. Anche Elly si unì a loro in modo
silenzioso, senza alzare lai lo sguardo da terra. Ora che le gonne
arrivavano a tutte alle ginocchia erano molto più pratiche,
forse avrebbero dovuto togliersi anche i tacchi.
-Ci siete ragazze?-
domandò Michael avvicinandosi a loro.
-Ti dirò
Micky, ora molte cose saranno più semplici. Prima di tutto
camminare!- disse ridendo Summer, cercando di smorzare
l’atmosfera pesante .
Continuarono a
camminare per ore. Ogni tanto Julian estraeva del taschino un orologio
d’argento che Elly non aveva mai visto. Mentre il cielo
diventava sempre più scuro aveva preso un ramo da terra e
aveva acceso un fuoco creando una torcia che illuminava il loro cammino.
Si fermò di
colpo. Davanti a loro c’era sempre il solito corridoio
tortuoso e stretto ma lui sembrava più interessato al muro
accanto a lui.
-Ehm.. Julian, tutto
ok??- domandò Tom avvicinandosi a lui. Sembrava ancora molto
arrabbiato.
-Ci deve essere una
specie di passaggio qui. Reggimi questa- rispose porgendogli la torcia
e indicandogli di fare luce in alcuni punti.
-Al diavolo! Dovrebbe
essere qui!- sbuffò dopo aver passato almeno
mezz’ora a spingere tutti i muri intorno a loro. Sembrava
stanco, si accasciò contro una parete asciugandosi il sudore
dalla fronte.
-Julian, sei
sicuro…-
-Si, sono sicuro che
è qui!- sbottò lui interrompendo Jenny.
-Julain, non penserai
che il mio labirinto si fa giocare due volte allo stesso modo?!- disse
una voce dietro di loro. Tutti si voltarono verso la donna dagli occhi
color zaffiro. Julian si alzò, la scrutava con odio profondo.
-Non vale. Non puoi
imbrogliare!-
-Chi te lo fa
pensare?- rispose lei con una ferita sul viso che assomigliava ad un
sorriso perverso.
-Tu… hai
fatto un giuramento quando ci hai fatto entrare nel dedalo. Lo so! So
tutto di questo posto.- respirava velocemente, sembrava quasi
(spaventato?)
come un animale in
trappola.
-È vero che
non posso imbrogliare. Ma sono come un uomo ombra, sono quello che eri
tu… solo meglio.- rispose andandogli incontro, ora erano
così vicini da poter sentire l’uno il profumo
dell’altra.
-Sei proprio una
stronza. Dimmi dov’è Jean!- urlò
atterrandola di colpo e afferrandole i polsi, la teneva stretta, per
terra, tra la polvere, senza farla muovere. Era su di lei, i suoi occhi
fiammeggiavano, eppure per quanto potesse fare paura lei lo guardava
con un’espressione tranquilla, come se non stesse succedendo
nulla. Intorno a loro tutti erano immobili spaventati dallo scatto di
Julian.
-Vuoi il ragazzino?
Secondo me sai già dov’è.- la sua voce
assomigliava al sibilo di mille serpenti, il suo sguardo si era
trasfigurato in una maschera di derisione.
-Dove sono i
passaggi?!-
-Lo sai benissimo che
non ho paura di te, non c’è nessun bisogno di
gridare, non vorrai farti sentire… i tuoi genitori non
saranno molto entusiasti di vederti qui.- Julian la guardò
con gli occhi sbarrati. Non ci aveva neanche pensato. Come poteva
essere così stupido?
-Sono generosa, il
primo livello ve lo farò passare facilmente. Qualcosa di
semplice, giusto per riscaldarci. Che ne dici?- continuò
entusiasta dell’espressione impaurita del ragazzo.
Svanì lasciandolo a terra a quattro zampe, senza lasciare
tracce, come prima. Julian chiuse gli occhi, respirò a fondo
cercando la forza di combattere.
-Tom. Di cosa hai
paura?- domandò alzandosi in piedi.
-Di molte cose. Tutti
gli esseri umani hanno paura.- rispose il ragazzo accanto a lui.
-Lo so, è
questo il problema. Ora sono umano anche io. Questo vuol dire che ho
paura anche io.- sembrava parlare con se stesso e non con loro.
-Non capisco. Che
voleva dire quella donna? Sai dov’è Jean? Che vuol
dire che il labirinto ha dei livelli?- domandarono in coro Dee e Zack,
lo avevano accerchiato, solo Elly era rimasta in disparte, ferita per
il comportamento di Julian.
-Vi spiego tutto ma
intanto dobbiamo andare.- rispose iniziando a camminare e scegliendo
subito una strada dopo l’altra.
-Questo labirinto non
è un normale labirinto. È costruito a livelli, il
primo livello consiste nell’attraversare la porta, il secondo
è quello dei mostri. Il terzo è quello intorno al
castello ed è il più difficile… oh, e
ci sono le segrete.-
-Eh?!-esclamarono in
coro seguendolo e svoltando a destra.
-Si.. in tutto il
dedalo ci sono delle botole a trabocchetti che si aprono e ti fanno
cadere dentro, e se ci cadi…- un tremendo rumore lo aveva
interrotto. Tutti guardarono davanti a loro. Un rumore tremendo, come
il latrato di un cane, solo molto più grande. Si bloccarono
di colpo, rimanendo immobili, uniti in una silenziosa preghiera che
diceva:
‘’Non
è vero, fa che non sia vero’’.
Il rumore era come un
fiume in piena, cresceva a dismisura. La fiaccola illuminava tutto il
corridoio dal quale cresceva sempre di più
un’ombra. Era l’animale più grosso che
avessero mai visto e gli occhi, indescrivibili, erano due gocce di
sangue.
Si poteva annegare in
quel rosso.
Il lupo li
osservò per un secondo, come se volesse studiare la preda,
mentre tutto il gruppo, immobile, si nascondeva quasi meccanicamente
dietro l’uomo ombra.
-Lentamente…
scappate mentre io lo tengo occupato.- sussurrò in modo che
lo sentissero solo loro. Elly perse un colpo, come poteva chiederle di
fare una cosa del genere? Abbandonarlo a quel mostro, non ci voleva
neanche pensare. Si sentì trascinare da Tom e Zack
perché era rimasta immobile vicino a Julian per un bel
po’. Aveva voglia di urlare, di gridare che non voleva
lasciarlo, ma sapeva di non potere. Il lupo e l’uomo ombra si
fissavano negli occhi l’uno stregato dall’altro.
Quando, come un
fulmine, il lupo spostò lo sguardo e si soffermò
su Michael che spaventato fece un movimento brusco.
-NO, Michael non
correre!- urlò Julian girandosi verso di lui. Ma era troppo
tardi. Il lupo fece un balzo verso di lui e iniziò ad
inseguirli. Fu come guardare una scena a rallentatore. Julian si
voltò verso il ragazzo e gli corse dietro eliminando
qualsiasi possibile contatto visivo con l’animale. Corse
verso Michael ma il lupo era molto più veloce e, senza
sapere perché, invece di cercare di fermare la bestia, lo
spinse di lato facendolo quasi cadere contro Audrey quando ormai il
lupo stava facendo un balzo verso di loro. Era durato un solo secondo
ma parve a tutti che fossero passate delle ore. Julian si
ritrovò a terra con la bocca piena di sabbia mentre
aspettava che lo sbranasse, alzò le mani quasi senza
accorgersene e, quando ormai poteva sentire il respiro
dell’animale su di se, da esse iniziò a uscire una
strano fumo azzurro.
L’uomo ombra
spalancò go occhi, sorpreso. Da quello che sembrava fumo, la
sostanza azzurra iniziò a bruciare come fuoco. Era
bellissima e splendente, si specchiava negli occhi dei presenti come
luce divina. La spinse con forza verso il muso dell’animale,
che fu scagliato dall’altra parte del corridoio sotto lo
sguardo scioccato di Julian.
-I… miei
poteri??- domandò mentre era ancora sdraiato per terra, con
il capo sollevato mentre si fissava incredulo le mani.
-Julian, stai bene?-
domandò Tom avvicinandosi lentamente.
-Ho di nuovo i miei
poteri.- sussurrò a se stesso sollevando di più
le mani e appoggiando il capo per terra. Erano di un blu
incredibilmente brillante, quasi quanto i suoi occhi, e da esse usciva
un fumo azzurro, come se stessero per andare a fuoco, sembravano
ricoperte di luce, di pura energia.
Il ragazzo con i
capelli color della neve sembrava tornato bambino. Si era messo seduto
di scatto senza mai staccare gli occhi grandi e spalancati dallo
stupore dalle mani. Sembrava eccitato eppure sembrava nello stesso
momento in trance. Non rispondeva elle loro domande, guardava le sue
mani, con una luce negli occhi che metteva i brividi.
-Julian…?-
sussurrò Elly timorosamente, perché non aveva il
coraggio di parlargli da quando avevano litigato.
-Julian non
c’è…- sussurrò in maniera
così lieve che dubitava di averlo detto ad alta voce.
-Cosa?! C-certo che ci
sei. Sei qui, sei tu.- gli disse con calma lei, avvicinandosi e
appoggiandogli una mano sulla spalla. Quel tocco sembrò
dargli fastidio perché scrollò le spalle e si
alzò.
-Smettila di trattarmi
come se fossi un bambino, sono più vecchio di quanto pensi.
Dovresti dirmi il tuo segreto così non rischieremmo di
morire ad ogni angolo.- sentenziò con voce dura, guardandola
con occhi di ghiaccio. –Siamo nel livello dei mostri. Tutti i
mostri di cui avete paura. Quel lupo assomigliava al mio. Chi ne ha
paura?- domandò poi, vedendo Elly che si era chiusa nel suo
silenzio. Avrebbe voluto scusarsi, non si aspettava di sentire quelle
parole
(tutta, troppa, rabbia
e rancore)
rivolte verso di lei.
Aveva provato qualcosa
di molto strano. Sentiva di amarla e di temere per lei, in
realtà tutta la sua rabbia derivava soprattutto da quello,
ma ciò che lo faceva infuriare di più era il
fatto che non si fidasse di lui.
La prima volta che
l’aveva incontrata era svenuto. Qualcosa che, diciamolo, non
è molto affascinante. Si era ritrovato in casa sua, lei lo
aveva ospitato senza sapere neanche chi fosse. E aveva capito che
mentiva quando aveva detto che era una persona normale. Gli aveva
creduto quando gli aveva detto cosa e chi fosse stato.
L’aveva amato. Per la prima volta qualcuno l’aveva
amato sul serio.
E ora quella persona
stava versando delle lacrime amare e silenziose per una lama che si era
puntata al petto da sola.
-Credo che sia il mio
mostro allora.- disse Michael –Dal secondo gioco ho sempre
avuto degli incubi con il tuo lupo.-
-Giààà-
esclamò con così tanta enfasi che distrasse tutti
dal suo piccolo momento di mutismo. –Non era
un’opera d’arte? Ah, se solo potessi riavere i miei
giocattoli!- si portò una mano al volto e
strofinò gli occhi distrattamente.
-Da che parte si va
ora??- domandò Dee con il suo atteggiamento da leonessa.
-Non ti agitare.
Andiamo a destra. Finchè non arriviamo alla fine del livello
preparatevi ad aspettarvi qualsiasi tipo di mostro.- prese la torcia
dalla mano di Tom ed iniziò a camminare. Sentiva
già l’aria riempirsi di adrenalina e terrore.
Chiunque sarebbe venuto a fargli visita doveva prepararsi: finalmente
si gioca alla pari.
Vorrei
ringraziare la mia adorata Chiara per il supporto nello stressarmi per
scrivere la storia!
...e si avevo detto
che ci avrei messo poco a scrivere questo capitolo. che posso dire?
sono una bugiarda!
spero vi piaccia e di
non aver scritto cavolate T___T
PS: il labirinto
è ispirato a quello del film Labyrinth (solo più
nero e macabro)
''Leanan-Sidhe''
invece è una elfa ( o uno spirito. anche se Sidhe vuol dire
elfo) della mitologia nordica che, si pensava, fosse la musa dei poeti.
chi veniva ispirato da lei viveva una vita breve ma piena di onori.
altre leggende dicono che fosse una vampira dell'isola di pan. quando
voleva punire qualcuno lo rinchideva in un labirinto magico e gli dava
la caccia. che dire?? una ragazza che speri di avere come compagna di
classe!
fatemi sapere che ne
pensate.
un bacio :*
Cyanideloves <3
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Capitolo 9 *** These Damned Memories ***
These Damned Memories
Da
quanto dura questa cantilena?
Non
correre da sola nel bosco.
Non
fermarti da sola per la strada.
Non
devi fidarti dell'estraneo che si avvicina con gentilezza.
La
beltà s'accompagna alla saggezza.
Il
lupo assume le più strane forme,
con
l'ambigua parola che t'inganna.
Mai
lui rivelerà i propri inteni.
Più
dolce la sua lingua, più aguzzi i denti.
[In
compagnia dei lupi]
Il verso gutturale che
proveniva dal fondo della galleria risuonò per tutto il
labirinto, era come un animale affamato a cui veniva offerta una
succulenta bistecca, cercava di trattenersi dal divorarla in un sol
boccone giusto per il gusto di sentire la carne che si sbriciolava
sotto i denti, lentamente, solo per udire il dolce e macabro rumore
delle ossa che si spezzano. Julian sollevò la fiaccola e
iniziò a camminare con una espressione seria in viso, se
quel livello era difficile da superare non voleva neanche immaginare
come potevano essere gli altri. Era totalmente inutile pensare a cosa
sarebbe successo in futuro, con tutti i suoi poteri, faticava ad
immaginare di poter sopravvivere. Ma aveva giurato a se stesso che
avrebbe salvato quei ragazzi, i suoi amici.
Chiuse gli occhi e
inspirò, e si accorse dopo qualche momento di star facendo
dei passi, come se il suo corpo fosse più coraggioso della
sua mente ormai diventata umana. Il corridoio girava a destra,
dall'angolo si alzavano delle fittissime tenebre come se
l'oscurità avesse vita propria. Erano sagome senza forma,
nere come la morte, pronte a ghermirle.
-Oh, no...-
sussurrò Julian avvicinandosi ancora un po', rimanendo al
limite tra luce ed ombre.
-Che succede?-
domandò Jenny con una nota di panico nella voce. Era
tremendo vedere il ragazzo dai capelli nivei preoccupato.
Deglutì bloccandosi, incerto.
-Se voi siete qui, la
vostra più grande paura può prendere forma. Ma
questa ''regola'' credo valga anche per me.- rispose con un
sussurro per poi chiedersi nei suoi pensieri. Un uomo ombra di cosa ha
paura? si chiesero tutti. Jenny ricordò l'aria triste e
malinconica che Julian aveva nell'ultimo gioco: il solo pensiero che
non avrebbe mai potuto avere l'unica cosa che voleva davvero. Veder
andare via la persona che si ama non deve essere facile
pensò Jenny ''...e ora che lui ed Elly non si parlano non
voglio neanche immaginare cosa stia provando.'' In effetti Julian non
aveva una bella cera, era talmente evidente che addirittura Zach
sussurrò a Summer qualche nota di preoccupazione nei suoi
confronti. Sembrava stanco, come se qualcosa si stesse nutrendo della
sua anima.E i suoi occhi...oh, i suoi occhi erano velati da una
profonda tristezza. Ogni tanto ruotava la testa per guardare Elly ma
lei rimaneva con la testa bassa, cercando di non guardare nessuno, come
se avesse paura che da un momento all'altro qualcuno potesse aggredirla
e costringerla a rivelare la verità. Elly si
voltò a guardarlo, ma lui voltò il capo
dall'altra parte e con una espressione triste in volto Elly fece lo
stesso.
-Credo che sia la mia
paura quella laggiù...- non fece neanche in tempo a dirlo
che le ombre esplosero e si inalzarono sopra tutto il labirinto,
oscurando il cielo.
Il buio non era nero,
conteneva in se infiniti colori, ogni colore era un'emozione, un
filamento di luce che poteva essere afferrato, separato dagli altri,
tirato. L'oscurità si sfilacciava come una maglia sottile.
Ogni cuore si fermò per qualche secondo, con la mente che
urlava ''siamo morti, ormai'' eppure riuscivano a sentire il respiro
della persona accanto a se, L'oscurità sembrava vestirli
come un abito elegante. Julian cercò a tentoni la mano di
Elly ma non la trovò. Spalancò ancora di
più gli occhi ma il buio lo divorava ad ogni battito.
Elly si
sentì la mano stringere e sussultò, in mezzo alla
penombra poteva vedere gli occhi di Julian scintillare come stelle. li
vide posarsi su di lei e sentì la sua mano che la stringeva
più forte. La tirò verso di lei per poi condurla
in uno dei corridoi del labirinto. la sua mano era calda e morbida, si
sentiva protetta ma il cuore non smetteva di battere.
Cos'era quella strana
sensazione di paura primordiale?
il buio li avvolgeva
come un mostro che spalancava le fauci. Solo di una cosa era sicura:
era sola con Julian.
Julian era davanti a
Jenny e Tom che a loro volta erano davanti a Dee, Summer e Zach
e,ancora più indietro, Audrey e Michael. Da quando le ombre
li avevano avvolti non avevano osato muovere un muscolo.
Poi, come era apparsa,
l'oscurità si diradò. La luce della luna li
irradiò con il suo candore, uccidendo il nero che sapeva di
morte. La luce era pura perfezione.
Davanti a loro,
immobile, c'era una giovane ragazza.
Il suo vestito, di
seta blu scuro, ricordava molto quello delle nobildonne
inglesi, i suoi capelli neri come la notte erano arricciati e legati ad
arte e i suoi occhi erano di un viola così acceso da
sembrare delle gemme di ametista. Dondolava su se stessa, facendo
svolazzare un po' il vestito, non sembrava essersi accorti di loro
perchè guardava intorno a se stessa canticchiando una
canzone lenta e arcana.
- Elly?-
domandò Summer girandosi.Elly era proprio dietro di lei un
attimo prima, ora invece, non c'era nessuno.Bella come la notte, ma con
la pelle che rischiarava come luce. Luce ed ombra che si fondevano
creando una sola ed unica creatura.
-Salve Julian.-
Salutò la giovane ignorando tutti eccetto lui. Julian fece
un mezzo inchino, con un sorriso sghembo e una mano al cuore.
-Salve Elisabeth. Come
state,My Lady?-
-Morta.- Il sorriso
dal volto di Julian, per quanto tirato fosse, sparì
all'istante. La ragazza continuava a muoversi come se sentisse una
musica nella sua testa che ogni tanto imitava a mezza voce.
-Mi è stato
chiesto, da una gentil donna, di parlarvi... My Lord- come aveva fatto
Julian enfatizzò sulle ultime due parole.
-S...siete stata molto
gentile, ma abbiamo molta fretta purtroppo. Dovremmo rimandata i nostri
discorsi in un momento più opportuno.- Julian
indietreggiò impercettibilmente, negli occhi della ragazza
(la seconda Elly, come
nella mente di tutti era stata soprannominata)
comparve una luce di
odio e vendetta.
- Io so cosa sei.
Avevi giurato che non avresti fatto mai più del male ad
altre persone. Eppure guardati: Per colpa tua i tuoi amici
moriranno.-Iniziò a dire con voce forte ed autoritaria
arrivando faccia a faccia con Julian in una frazione di secondo. tutti
gli altri indietreggiarono per lo spavento, aveva un aspetto minaccioso
e furioso. Spinse il ragazzo dai capelli color della luna contro uno
dei muri del corridoio, e iniziò ad avvicinarsi verso di lui
con un sorriso che si allargava per tutto il viso, un sorriso pieno di
crudeltà e malvagità. La donna si
avvicinò a lui con la mano dalle dita lunghe e ossute,
talmente minacciose da sembrare degli artigli,occhi fiammeggiavano come
torce, mandava mille lampi, ma in quel momento Jenny ebbe
più paura per il ragazzo. Julian guardava la donna con aria
persa, sembrava annaspare come se fosse dentro una vasca piena di acqua
ghiacciata ma, soprattutto era immobile. Sembrava paralizzato
(o ipnotizzato)
dallo sguardo
fiammante della donna che si avvicinava.
-Julian!-
urlò Tom, facendo sobbalzare Perfino Dee. Corsero verso di
loro ma qualcosa li tratteneva lontano. Con una mano sollevata, la
ragazza, costruì intorno a loro un muro di cristallo. Poi
tornò a fissare Julian. I suoi movimenti erano
così veloci che l'uomo ombra a mala pena si accorse che gli
aveva afferrato il collo, con una violenza inimmaginabile, e gli
sbatteva la testa contro il muro.
Il dolore era qualcosa
di inumano.
Aveva già
sofferto in passato, anche se non molto. Quando era un uomo ombra non
poteva soffrire ne fame, ne freddo e i suoi movimenti erano
così veloci e perfetti che nessuna l'ama aveva mai sfiorato
la sua carne. Ecco una delle sue più grandi paure: sentirsi
impotente.
Non aveva modo di
difendersi o allontanare Elly da lui, non poteva fare in modo che
smettesse di fargli colpire il muro con la nuca mentre le sue dita si
stringevano intorno al suo collo. Di sicuro, le sue braccia abbandonate
lungo i fianchi, non si sarebbero mosse.
Il sapore e l'odore
del sangue gli facevano girare la testa, aveva la nausea e sentiva
tutti i rumori ovattati. Percepiva a poca distanza da lui le grida dei
suoi amici e fu assalito dal terrore che potessero essere in pericolo.
Forse, si disse, Forse
uno dei loro mostri si è materializzato. Devo fare qualcosa,
qualcosa...qualcosa...
Aprì gli
occhi di scatto, così velocemente che Elly
sussultò e, per un momento, smise la sua tortura. A Julian
bastò quell'istante per sopraffarla. Afferrò la
mano della ragazza con uno sguardo di un blu liquido. Se qualcuno
avesse fissato i suoi occhi in quel momento avrebbe avuto la sensazione
che gli occhi sarebbero colati lungo le guance da un momento all'altro.
Strinse ancora più forte il polso e in quell'istante fu
invaso da una forza primordiale, Partiva dai suoi occhi per poi
diffondersi intorno a lui e nelle sue mani.
-AAHHHH- la ragazza
urlò di dolore mentre i suoi occhi prendevano fuoco -Se mi
uccidi... il tuo rimorso non morirà con me! TROPPE VITE,
TROPPE VITE DISTRUTTE PER CAUSA TUA!- le sue urla gelarono il sangue
del ragazzo, lo sguardo divenne cupo ma non si fermò.
avvicinò il viso a quello della donna che continuava a
gridare e dimenarsi
-Brucierò
all'inferno, questo è vero. Ma prima salverò
queste persone,dovesse anche costarmi fino all'ultima goccia del mio
sangue scaccerò i loro demoni.- Disse con forza per poi
allontanarsi e guardare il corpo che si sgretolava come una statua di
gesso. Lasciò andare lo scheletro solo quando fu sicuro che
la sua pelle era bruciata come si deve. Quando tutto il potere, la
rabbia, l'adrenalina finirono il loro effetto si sentì
così svuotato da non riuscire neanche a reggersi in piedi.
Appoggiò la testa contro il muro, faceva male da morire e in
quel momento avrebbe gradito qualcuno che gli e la staccasse per quanto
era forte il dolore. Si aggrappò al muro per non cadere
mentre respirava faticosamente, si trascinò fino alla lastra
di cristallo dove erano intrappolati i suoi amici.
-Julian! Oh Dio, sei
ferito!- Si accorse solo ora di quanto sangue colasse dal suo viso, di
quanto fosse ridotto male. Uno straccio inutile che a mala pena
riusciva a tenere aperti gli occhi.
-Julian! Julian non ti
addormentare. riesci a liberarci?-
Si.
Non sapeva se aveva
effettivamente pronunciato quelle parole o se le aveva solo pensate.
Fatto sta che iniziò a disegnare diverse rune sulla lastra
liscia e perfetta finché il muro non iniziò a
spaccarsi, furono tutti molto felici di uscire da li ma capirono che
quella era stata la goccia che fece traboccare il vaso. Julian cadde a
terra stremato, il suo respiro era così lieve da sembrare
quello di un bambino.
-Julian! Forza rimani
con noi.- Urlò Jenny accanto a lui girandolo e
sbottonandogli la camicia. -Julian, non puoi lasciarci. Non conosciamo
la strada per uscire dal labirinto!- Audrey, anche lei accanto a lui,
provò a far leva sul suo onore. Julian non le stava
simpatico ma, e ne era certa, non li avrebbe mai lasciati li. Julian
aprì lievemente gli occhi, non vedeva granché e
sentiva come una patina tra il suo sguardo e il resto del mondo.
Tuttavia, nonostante il corpo fosse addormentato, sentì un
sollievo generale e due paglia di braccia che lo sollevavano. Michael e
Tom lo alzarono tenendo le sue braccia sulle spalle. Dovevano muoversi,
aveva perso davvero troppo sangue. E dovevano ancora cercare Elly. Dove
diavolo era finita?
Da quando era
''tornata la luce'' la ragazza era sparita e si era presentata la sua
copia perfetta ma non poteva essere lei.
Gli occhi di Elly
erano molto più luminosi e i suoi capelli più
lunghi.
Lei aveva una
dolcissima ed esotica pronuncia francese, molto più di
Audrey, e quando era arrabbiata aveva la tendenza a urlare in francese.
No, non poteva essere
lei.
-Dove...dov'è
Elly?- biascicò Julian come se avesse letto i pensieri di
Tom.
-Non lo sappiamo,
è sparita.-
-Cosa?Oh no, no...
l'ha presa.- piagnucolò cercando di muoversi. in
quell'istante una musica dolce e malinconica risuonò per il
labirinto.
***
Tenebre. Era nel buio
più totale. Si guardò intorno, girandosi per
quanto poteva. Se avesse visto anche un fiocco barlume...
ma non c'era nulla.
Era sola con l'uomo ombra.
Avrebbe ceduto l'anima
al Diavolo per un pizzico di luce. Tutte le sue più grandi
paure
(paure umane, che
infestano i cuori e le menti degli esseri umani da quando Adamo ed Eva
avevano mangiato la mela)
gli danzavano davanti
a gli occhi.
E se nel buio ci fosse
un mostro? o dei ragni? o delle braccia pronte ad afferrarla?
Sarebbe morta di paura
in quel caso, si disse.
Ma sapeva bene che la
sua più grande paura aveva un volto e un nome.
Deglutì con
forza. Non era necessario far riaffiorare quei pensieri, quel giorno
era morta.
La luce
tornò e la ragazza si ritrovò in una stanza calda
ed accogliente. La ricordava appena eppure quella sembrava proprio la
sua stanzetta di quando era una bambina.
Proprio al centro
della sua stanza, di un dolce color glicine e molto spaziosa,
si ergeva un bellissimo pianoforte a corde placcato di nero. Come se
una forza mistica la chiamasse si sedette sullo sgabello e
iniziò a sfiorare i tasti. Lentamente, e poi con rinnovata
famigliarità con quell'oggetto iniziò a suonare.
Era una melodia
dolcissima ma con retrogusto amaro, quelle note parlavano di una
ragazzina di appena dici anni che non faceva cohe passare tutto il suo
tempo libero a ripetere ossessivamente quel valse* così
bello. Note, note che si susseguivano come se parlassero di un tempo
passato, un tempo sognato e uno negato. Elly guardava i tasti neri e
bianchi mentre faceva scorrere le mani lunghe e affusolate lungo di
essi.
-Perchè mi
hai portato qui?- domandò dopo un lungo silenzio. Non aveva
smesso di suonare ma aveva fatto sedere Julian accanto a se per poterlo
sentire.
-Ti fanno soffrire?-
-Cosa?-
-I ricordi.-
Elly annuì
appena. Mille e mille immagini le affiorarono in testa. Il viso
sorridente di sua madre, con i suoi occhi così simili a
stelle, così simili ai suoi, che abbracciava suo padre e la
sua sorellina identica a lei e suo fratello ancora in fasce. La
famiglia perfetta.
-Conosco il tuo
segreto, Elly.- Disse Julian facendo gelare il sangue nelle vene della
ragazza. Interruppe l'esecuzione a metà con un suono secco e
fastidioso dei tasti, si alzò come se cercasse di scappare.
Respirò a fondo, girando le spalle al ragazzo per non vedere.
Per
non vedere cosa, stupida ragazzina? domandò una vocina nella
sua testa.
per
non vedere gli occhi pieni di disprezzo del ragazzo, si rispose.
Occhi scuri, vigili,
sardonici, crudeli, divertiti. Occhi antichi.
-Come hai potuto? Come
hai potuto distruggere la tua famiglia?-
-No! No, no... tu non
capisci, non sono stata io!- iniziò a ripete portandosi le
mani al volto e accucciandosi per terra. Avrebbe preferito morire
piuttosto che ricordare. Si chinò su di lei. Il volto di
Julian era una meravigliosa maschera di derisione e
malvagità.
-No? davvero? Dimmi la
verità, tu non puoi mentirmi. So benissimo che li odiavi, li
odiavi tutti, anche Jean- Assomigliava moltissimo alle rappresentazioni
del lupo cattivo che ci sono nei libri dei bambini.
Chi si fida del lupo cattivo?
Nessuno.
Ma se è in veste
d'agnello?
Allora si può
essere ingannati.
Respirava sempre
più velocemente, le girava la testa, le parole di Julian
iniziavano a penetrare e i ricordi stavano riaffiorando.
Basta, ti prego,
basta. Non sono abbastanza forte!
Ma Julian non sembrava
volerla ascoltare. Si avvicinò ancora di più a
lei e la colpì al volto. Uno schiaffo che aveva
già sentito sulla sua pelle.Il ricordo della guancia che
bruciava, la vergogna, e quelle dannate lacrime che non volevano
fermarsi. Si, tra non molto, la diga avrebbe ceduto e lei sarebbe
andata a fondo. Alzò lo sguardo: Julian la studiava con aria
disgustata.
-I tuoi amici non
sanno quello che hai fatto vero? Sono sicuro che quando lo sapranno ti
volteranno le spalle e rideranno di te. Sono sicuro che saranno
disgustati almeno la metà di quanto lo sono io.- Crudele,
cattivo. Il lupo aveva gettato via la maschera da agnellino e la stava
mangiando in un sol boccone. Spinse la ragazza contro il muro e le
bloccò la testa artigliando le sue mani intorno al suo collo.
-Hai paura?- Il suo
viso era a un centimetro da suo. Poteva vedere la sua anima attraverso
gli occhi. Elly riusciva si e no a respirare, rispondergli era fuori
questione. Cercava di scalciare per quanto poteva senza riuscire ad
emettere neanche un grido d'aiuto.
Morirò per
mano dell'unica persona che io abbia mai amato, poi andrò
all'inferno ne sono certa. pensò tra le lacrime.
-Ma certo che hai
paura. Lo sai cosa succede a gli assassini.- Sorrise trionfante quando
una maschera di terrore si dipinse sul suo volto. Poco importava. Se
fosse finita all'inferno avrebbe ripagato il suo debito.
-brucerai per
l'eternità, oppure...- si interrumpe volutamente per
catturare l'attenzione della giovane. Si allontanò da lei
facendola finalmente respirare, rimase per qualche secondo con la mano
a qualche centimentro dal suo collo e, con l'altra mano dietro la
schiena. La fissava con uno sguardo nuovo, di sfida.
Portò le
mani davanti a lui, faceva roteare una piccola sfera di vetro, in
movimenti fluidi come se avesse vita propria.
-Potrei far avverare
tutti i tuoi sogni, e cancellare gli avvenimenti nefasti.-
-Che cos'è?-
-Un cristallo, niente
più. Ma se o fai ruotare così può
farti vedere tutti i tuoi sogni. Lo vuoi?**- Elly lo osservava
incantata. Dimenticare tutto quello che era successo e vedere i propri
sogni, i sentì la sua anima che si protendeva verso di essa.
La voleva. Si, la desiderava.
-Lo vuoi?-
Ripeté con voce suadente, le sue labbra si inarcarono in un
sorriso sornione. -Dimentica i tuoi amici, dimentica tuo fratello.-
C'era qualcosa di
strano. Elly si sentiva completamente abbandonata al suono delle sue
parole eppure... C'erano delle voci nella sua testa che non riusciva ad
eliminare. Facevano male ed erano così familiari che
sembravano parte di se. Anche se cercava di allontanarle una voce si
alzava su tutte le altre come se cercasse di attirarla a se. Si accorse
di avere gli occhi chiusi, quando li
riaprì si
vide davanti Julian bello come non mai. Alla sua sinistra c'era sua
madre, alla destra la sua sorellina. Tutto ciò che
desiderava era davanti ai suoi occhi.
-Non posso...- disse a
bassa voce. Non lo aveva pensato lei, era stato qualcun altro a
suggerirgli quelle parole. Era un ragazzino magro dai capelli come la
notte e gli occhi viola come ametiste, il suo sguardo era forte, molto
forte, e infondeva un po' di forza anche in lei. Quello non
è Julian, non pronunciò quelle parole ma sapeva
d'aver ragione.
Tutti e tre tirarono
il capo all'indietro e iniziarono a ridere di lei non appena nella sua
mente presero forma quelle parole. Lo scatto del ''finto Julian'', come
lo aveva soprannominato Elly, fu così veloce che non vide
altro che una scia di luci. In meno di un secondo le fu a dosso,
tenendola a qualche centimetro da terra per il collo. Le sue labbra
erano a pochi millimetri dalle sue ed erano tirate in un sorriso empio,
stava per baciarla. Poteva sentire il suo respiro su di se,
cercò di allontanarlo ma le braccia e le gambe non
rispondevano ai suoi comandi. Il buio la stava avvolgendo di nuovo
mentre sentiva tutto il corpo che l'abbandonava.
***
Bonjour ma
chére :D
chiedo infinitamente
perdono per il mio ritardo D:
Purtroppo gli esami di
pianoforte mi stanno distruggendo, ma giuro che quando li
finirò non farò altro che scrivere e scrivere!!!
vorrei fare solo
qualche precisazione:
* Quando parlo di
valse intendo il ''valse d'amelié'' il valse che
suonerò per i miei esami. visto che l'ascolto sempre volevo
rendergli omaggio visto che è una composizione bellissima.
** questa frase
è del film labyrinth. non ci posso fare niente. è
un film che guardo fin da quando ero bambina e lo amo con
tutto il cuore. La scena del cristallo non è scelta a caso
perchè questa proposta tornerà molto spesso ;)
ok, possiamo dire che
ci siamo giocati Elly ù__ù che
succederà ora??
vi lascio con questa
botta su suspance!
un bacione
Jessy
|
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Capitolo 10 *** Stranger in a Strange Land ***
Stranger
in a Strange Land
Enemy of mine
I'm just a stranger in
a strange land
Running out of time
we better go.. go..
go!
Angel or demon
I gave up my soul
I'm Guilty of treason
I’ve
abandoned control
Tonight...
[Mio nemico/Sono solo
uno straniero in terra straniera/che ha esaurito il proprio tempo/
Meglio andare...andare...andare!/ Angelo o demone/ Ho rinunciato alla
mia anima/ Sono colpevole di tradimento/ Ho perso il controllo/
Stanotte...]
30
Seconds to Mars- Stranger in a strange Land
La musica si era
interrotta di colpo lasciando il gruppo interdetto per qualche secondo.
Erano messi tutti molto male: Julian aveva un taglio spaventoso alla
testa e perdeva tantissimo sangue, era bianco come un fantasma e,
benché avesse ripreso un po' di colore, ancora non riusciva
a reggersi in piedi. Michael aveva sbattuto la spalla quando era stato
attaccato dal lupo e ancora gli doleva. Ma in generale tutti erano
stanchi e provati. Erano passate a malapena due ore e avevano
già affrontato fin troppi mostri. Tom e Zack trascinarono
fino alla fine del corridoio Julian, Michael e le ragazze dietro di
loro, davanti a loro adesso si apriva un bivio. Fino ad allora avevano
seguito la musica ed erano riusciti ad orientarsi in qualche modo, ora
invece erano abbandonati a loro stessi.
-Forza Julian, dicci
che strada prendere.- Disse Tom cercando di fargli alzare un po'
più il capo, era in uno stato pietoso e sentiva il suo
respiro affaticato che gli tagliava il petto come mille coltelli.
Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, poi un altro e un altro
ancora. Riaprì gli occhi, che per un momento erano diventati
di nuovo luminosi, e indicò il corridoio alla sua sinistra.
-Da quella parte.
Dobbiamo percorrere tutta la strada dritta e poi girare a destra...- se
avessero sentito solo la sua voce avrebbero pensato tutti che fosse
invecchiato di colpo e certo, quei capelli argentei non li aiutavano a
combattere questa immagine nella loro testa. Ripresero a camminare
sempre più velocemente, man mano che percorrevano quei
corridoi riuscivano a percepire qualcosa. Sentivano parlare delle
persone, c'era qualcuno che si lamentava o piangeva. Quando voltarono
l'ultimo angolo, guidati da quelle voci, si ritrovarono davanti ad una
scena grottesca.
Julian era in piedi e
in piena forma e stritolava in gracile collo di Elly, togliendole il
respiro. Aveva un braccio abbandonato lungo il corpo e gli occhi
stretti come se cercasse di concentrare tutte le sue forze nel
tentativo di allontanare il ragazzo con l'altro braccio. Julian fece
scivolare il braccio dalla spalla di Zack alla quale era appoggiato
rimanendo agrappato solo a Tom, chiuse anche lui gli occhi e
iniziò a pronunciare una serie di rune. Latro Julian si
voltò verso di lui trasformandosi in Leanan.
-Noooo-
urlò quando dalle mani Di Julian saettò un raggio
azzurro che la fece sparire. Quando la donna sparì,
sparì anche la sua magia. Elly cadde a terra, ormai senza
vita. Corsero verso di lei e Julian per la fretta di raggiungerla cadde
a terra. Si rialzò velocemente e si mise accanto a lei
alzandole la testa e scrollandola. No, non poteva essere.
-Elly svegliati! Ti
prego, ti prego, ti prego. Non mi importa se non vuoi dirlo. Ma devi,
DEVI, aprire gli occhi.- I suoi occhi, un tempo carichi d'odio e di
derisione per gli umani, e poi aperti ai mille colori del mondo, ora
erano scuri di paura e spalancati come quelli di un bambino, le pupille
enormi e dilatate per lo spavento. Era bianco perfino alla luce della
luna che faceva capolino dietro le nubi. E tremava, tremava come una
foglia. Jenny non lo aveva mai visto tremare in quel modo, ne era
quando era morto ne quando lei stessa aveva rischiato di morire. Quello
era un tremore diverso. Era la dimostrazione che Julian non l'aveva mai
amata veramente. Perchè Julian stava piangendo. Teneva il
capo nascosto tra i capelli corvini di Elly bacindone alcune ciocche,
sussurrandole parole incomprensibili, in lingue a loro sconosciute. La
abbracciava e la toccava, stringendola delicatamente, come se fosse il
corpo fragile ed inerme di un uccellino.
-Svegliti,
svegliati...sveglliati ti prego...- potevano sentire il cuore dell'uomo
ombra che si spezzava ad ogni suo respiro. Era come un bambino a cui
avevano strappato via l'unica cosa che amava.
-Julian... non
possiamo fare niente, dobbiamo andare.- Disse Tom impacciato. Anche lui
era rimasto atterrito quando aveva visto il corpo di Elly scivolare
senza vita. Tuttavia, anche se sul suo volto comparvero alcune lacrime
non poteva dimenticare che sua moglie, la donna che amava, e i suoi
più cari amici, rischiavano di morire se fossero rimasti in
quel luogo.Ma il ragazzo non sembrava averlo sentito, continuava a
cullare la ragazza con gli occhi chiusi.
(Improvvisamente
capì una cosa: Non era per lui. L'amore non era nel suo DNA,
non scorreva nelle sue vene. Era un sentimento troppo complicato per
essere compreso ed apprezzato per un essere creato e concepito per la
distruzione. Tutto ciò che aveva sempre desiderato, l'amore
umano, tutto ciò che aveva invidiato ai colori della terra,
non erano per un mostro come lui.)
-Noooo. No, ti prego,
non lasciarmi.- singhiozzò asciando che le lacrime
bagnassero il suo volto. Quel dolore era peggio di qualsiasi altra
tortura, sarebbe stato meglio morire.
-Julian, per
favore...- disse Jenny avvicinandosi e sfiorandoli una spalla. Neanche
quel lieve tocco riuscì a risvegliarlo dal suo trance,
sembrava sempre più disperato.
-Cederei la mia anima
per farti riaprire gli occhi. Navigherei all'nferno, percorrerei le
valli più oscure, morirei, solo per riavere un tuo sorriso-
Elly continuava a rimanere immobile, lasciando sprofondare Julian nella
disperazione più totale. Non c'era nulla che pottesse fare?
Avrebbe dato qualsiasi cosa per lei. L'anima, l'orgoglio, il potere.
Cosa significavano senza di lei.
Lievemente, piano,
come la farfalla schiude con cura le sue ali dopo essere uscita dal suo
bozzo, Elly aprì gli occhi. Sbatté due o tre
volte le palpebre senza capire cosa fosse successo. La sua mente era
confusa, perchè Julian la stringeva con così
tanta cura se la odiava??
-Hmmm...Julian?-
sussurrò sfiorandogli il volto con la mano. A quel contatto
il ragazzo sussultò. Quando la vide con gli occhi aperti
spalancò i propi per lo stupore, la fiamma che si era spenta
dietro di essi si riaccese con un grande vigore, Sfiorò a
sua volta la guancia di lei, studiandola come se fosse il
più grande e raro tesoro dell'universo. Poi,
tuffò il suo viso tra i suoi capelli abbracciandola forte,
assaporando il suo profumo, aveva bisogno di sentire che era calda e
viva.
-Grazie!- le
sussurrò all'orecchio. Lei sorrise dolcemente
accarezzandogli i capelli, erano stretti in un dolcissimo abbraccio
difficile da sciogliere. Elly sarebbe rimasta volentieri
così per sempre, ma c'erano cose da fare e persone da
salvare. Intorno a lei però in quel momento infuriava una
festa come mai non se ne erano viste: Jenny e Tom si abbracciarono
teneramente, Zack e Summer si scambiarono un bacio carico di timidezza
e Audrey e Michael rimasero semplicemente ad osservarli tenendosi per
mano.
-Cosa è
successo?- Domandò Elly Alzando la testa dal collo di
Julian. Aveva la bocca secca e impastata, e le labbra erano gonfie per
lo sforzo.
-Fai piano.- Disse
aiutandola ad alzarsi. Quando furono in piedi Julian dovette
appoggiarsi al muro per non svenire. Era ancora più pallido,
sembrava perfino dimagrito. Aveva i capelli rossi per tutto il sangue
che aveva perso e ancora un visibile tremore alle gambe.
-Julian, ma cosa ti
è successo?!- Domandò spaventata la bruna
facendolo sedere.
-Prima...prima tu.
Dimmi cosa è successo.- rispose chiudendo gli occhi e
portandosi un braccio sul ginocchio per appoggiare la testa, non
avrebbe avuto la forza di parlare se prima non chiudeva per qualche
secondo gli occhi. Non aveva mai desiderato tanto un letto caldo nel
quale addormentarsi.
Elly
raccontò loro tutto, tralasciando qualche ''piccolo
dettaglio'', e infine raccontò loro anche della sfera. La
meravigliosa sfera che l'aveva stregata, ammaliata, che le avrebbe
fatto vedere ed esaudito i suoi sogni. Mentre raccontava si
strappò un pezzo della gonna e iniziò a fasciare
Julian, dopodiché sistemò anche il braccio di
Michael.
-Non ero io.- disse
dispiaciuto guardandola dritto negli occhi. I suoi occhi erano di un
blu innocente come l'acqua dei fiori norvegesi. In quel momento
capì cos'era stato: Un meraviglioso quanto spietato principe
delle tenebre, così bello che cederesti l'anima per un bacio
e nello scambio ti sembrerebbe addirittura di guadagnarci. Intrappolato
in una valle oscura, che avrebbe dovuto chiamare casa ma che non
sentiva come tale. Uno straniero in terra straniera, un bambino
concepito nel ventre della solitudine che aveva imparato a combattere
con le unghie e con i denti per ciò che desiderava, anche
quando si trattava d'amore. Il fuoco che vedeva nei suoi occhi era
antico, molto antico, e bruciava per lei. Poteva vederlo, poteva
sentire quanto fosse sincero perchè lei poteva riconoscere
la verità in mezzo alle menzogne.
-Lo so.-
Ripresero a camminare,
ma il percorso era sempre più tortuoso. Ad ogni svincolo che
prendevano i corridoi diventavano sempre più stretti, tanto
che in alcuni punti erano costretti a camminare in fila indiana, non
avevano il tempo di riposarsi un secondo che un nuovo mostro li
assaliva. Quando il "mostro" che tormentava la mente di Summer li
aggredì Julian dovette scusarsi. In fondo era colpa sua se
gli scarafaggi adesso le facevano più paura, forse era stata
una cattiva decisione quella di farla mangiare da uno di quegli insetti
giganti. Il castello era sempre più vicino, ma
più si avvicinavano più i mostri aumentavano.
Non si fermarono fin
quando un enorme cancello di ferro non bloccò loro la
strada. Davanti ad esso c'era un uomo in giuba nera che gli ostacolava
il passaggio. Julian si voltò verso gli amici e fece segno
di fare silenzio per poi avvicinarsi al soldato. Quando fu abbastanza
vicino da scorgere il suo volto attraverso l'oscurità la
guardia gli domandò chi fosse e cosa sapesse.
-So tutto.- disse il
ragazzo ombra rispondendo solo alla seconda domanda.
-Allora potrai dirci
perchè la fontana del mercato che, di solito, gettava vino,
ora si è prosciugata e non dà più
nemmeno acqua.-Rispose La guardia allargando leggermente le braccia con
fare speranzoso.
-Devo pensarci. Se mi
farai vedere la fontana e mi farai uscire dalla città te lo
dirò- promise il giovane. Il soldato assentì
entusiasta e li condusse all'interno della città.
-Julian, ma che...?-
iniziò a chiedere Audrey, ma lui la zittì
portandosi un dito alla bocca.
-Qui mi conoscono e
sanno che sono un traditore, se mi scoprono siamo morti.-
sussurrò così piano che a mala pena riuscivano a
sentirlo. Attraversarono la città protetti al soldato fino
ad arrivare alla fontana al centro della piazza, era enorme e
bellissima ma non sgorgava neanche un goccia d'acqua. Le statue
asciutte, senza i giochi d'acqua, sembravano tristi, come se i loro
poteri d'incantare i cittadini si fossero esauriti. Senza mai
pronunciare una parola, Julian salì sul bordo della fontana
e si fece scivolare fino al fondo. Toccò il centro e poi
risalì il bordo, disse che aveva capito cosa fosse successo
e quando il soldato lo spronò a dirgli qual'era la causa di
quel guasto Julian rispose soltanto:
-Un patto è
un patto, quando saremo fuori dirò tutto.-
Detto ciò
iniziò a camminare facendosi sorpassare solo dalla guardia
che fece loro strada fino alle mura della città. Quando
superarono il cancello che li avrebbe fatti uscire dalla cittadina
Julian si fermò e tutti si raccolsero intorno a lui,
compresa la guardia, e ascoltarono la risposta del ragazzo ombra:
-C'è un rospo sotto la pietra, cercatelo, uccidetelo e la
fontana darà di nuovo vino in abbondanza.-
La guardia li
ringraziò e consegnò loro una chiave d'argento,
poi chiuse il cancello e girò loro le spalle. Lo guardarono
tornare al suo posto di guardia con passo militare, come un burattino
impettito.
-Credi sia un
messaggio di quella donna??- chiese Jenny quando il soldato fu lontano
dalla loro vista.
-No. perchè
me lo chiedi?- domandò Julian riprendendo a camminare.
-Si chiama
''esperienza personale''. Tutto quello che ci finiva fra le mani, nei
tuoi giochi, erano sempre messaggi e indicazioni per il gioco.-
-Oh, quello? Si, hai
ragione. Ma qui c'è una differenza sostanziale.- rispose
dopo averci pensato un po'
-E quale sarebbe??-
-Mi annoiavo. Eravate
dei giocatori davvero noiosi e se non vi avessi aiutato in qualche modo
sareste morti o avreste perso subito. Leanan si vuole vendicare, e se
moriremo presto lei potrà tornare a fare ciò che
ama di più.-
-Moooooolto poetico.-
commentò con stizza Tom, innervosito.
-Scusa. Non sono fiero
di ciò che ero prima.- riprese a camminare, mettendosi la
chiave nella tasca del soprabito, con uno sguardo basso ma deciso. Se
avesse portato fuori da quel posto i suoi amici avrebbe cancellato
quella macchia rossa, quella colpa, che gli ricordava costantemente
quale mostro fosse.
dopo quasi mezz'ora di
cammino si ritrovarono ancora una volta davanti ad un cancello nero.
Come in un Déjà vu si ritrovarono davanti una
guardia che sbarrava loro la strada. Anche qui il guardiano della porta
gli chiese chi fosse e cosa sapesse.
-So tutto.- rispose il
ragazzo dai capelli color argento, rispondendo come sempre alla seconda
domanda.
-Allora potrai dirci
perchè l'albero della nostra città, che di solito
portava mele d'oro, ora non mette più nemmeno le foglie.-
-Lascia che
io tocchi l'albero e alle porte della città ti
dirò perchè il vostro albero sta morendo.-
Come se ormai si
fossero abituati a quella strana pantomima lo seguirono lungo
le strade di una città fiorente quasi quanto la precedente.
Come aveva fatto con la fontana, toccò il centro dell'albero
ad occhi chiusi e iniziò a parlare a mezza voce. Fatto
ciò fece un cenno di assenso e iniziò a camminare
dietro il militare che li condusse alle porte della città,
come aveva promesso Julian si fermò davanti all'uomo e con
fare sicuro disse:
-Uccidete il topo che
rosicchia le radici e l'albero darà di nuovo mele d'oro.-
Per ringraziarlo il guardiano gli consegnò una luccicante
chiave d'oro, così brillante che illuminava la mano di
Julian come una piccola stella.
-Forza, andiamocene.-
Disse con aria truce mentre faceva scivolare nella tasca la piccola
chiave.
-Come facevi a sapere
quelle cose?- domandò Elly camminandogli vicino, curiosa.
Stavano camminando con passo spedito e, anche se erano tutti molto
stanchi, lei era felice che almeno lui stesse un po' meglio. Non aveva
dimenticato il suo sguardo che indugiava sul suo corpo esanime,
terrorizzato. Non avrebbe mai dimenticato quegli occhi lucidi e carchi
di tristezza e paura.
-Me lo hanno detto
quegli oggetti. L'albero e la fontana.- spiegò con un mezzo
sorriso, incontrando il suo sguardo color glicine.
- Questa sarebbe la
cosa meno strana, presumo.- Sentenziò lei con aria ironica.
Julian la squadrò con uno sguardo carico di
ilarità. Forse, pensò, forse non si stupirebbe
neanche se da un momento all'altro mi spuntassero le ali, come quello
stupido di cupido.
Sorrise e
continuò a seguire la strada avvolto
nell'oscurità della notte. Alla luce della luna i suoi
capelli sembravano emanare delle scintille di un azzurro difficile da
definire. Era bello come le stelle del cielo, i suoi occhi erano come
uno specchio che riflette il paradiso, ma la fiamma che bruciava al
loro interno era la più nera dell'inferno.
-Che succede qui??-
Elly si era
completamente estraniata, tanto che non si era accorta del corridoio
che si allargava e si divideva in altri due tunnel men che meno aveva
notato lo strano ammasso di stracci che aveva parlato. Si guardarono
tra loro. Che fosse un incubo?
-Niente.- rispose
Julian avanzando di un passo, portando una mano davanti ad Elly e a gli
altri in modo protettivo.
-Niente? NIENTE, TRA
LA LA??- La sua risata sferzò l'aria. Dal cumulo di stracci
si eresse Leanan in tutto il suo splendore. Emanava pura
malvagità, sembrava così crudele che il Diavolo
in persona l'avrebbe lodata e le avrebbe ceduto il suo regno per
dimostrare quanto fosse fiero di tale crudeltà. Portava con
fierezza un sorriso sornione e guardava con trionfo misto a rabbia
Julian stanco e provato, indossava un vestito corto e nero che
evidenziava la bellezza della sua pelle bluastra, i capelli sciolti che
le incorniciavano il viso e le spalle erano bianchi come la neve ma
diventavano neri come il vestito nelle punte.
-Che cosa vuoi,
Leanan? I mostri sono finiti, non puoi farci nulla finché
non arriviamo nel secondo livello. Le regole non si possono cambiare.-
disse alterato Julian parandosi davanti a lei in tutta la sua altezza.
-Calmati principino.
Conosco le regole e ho sempre vinto senza mai violarle. Avevo solo
voglia di chiacchierare un po', è molto noioso osservarvi
mentre vi muovete come formichine nel mio gigantesco labirinto. Allora
Julian, hai trovato il coraggio che ti serve per dire a Jenny quello
che hai provato a dirle quando stavate per entrare nel labirinto??.-
come un gatto si era seduta sul muro del dedalo che, solo per lei, era
diventato abbastanza basso da poter rimanere seduta e poter guardare
dall'alto al basso i suoi ospiti.
-Che cosa mi devi
dire?- domandò Jenny guardando negli occhi Julian.
-Niente di importante.
Lasciala perdere.-
-Come niente di
importante? Non vuoi farle sapere che quando sei morto sei finito qui?
Non vuoi dirle quanto è stato doloroso e tremendo e
spaventoso essere imprigionato in questo posto, solo come un cane, dove
il tuo unico passatempo, tra una tortura all'altra, era pensare a cosa
stesse facendo di bello con il suo adorato Tom my? Sicuro che non sia
importante?- La sua espressione e il suo tono di voce erano simili ad
una dama ottocentesca che raccontava una favola o che faceva una
domanda impertinente. Faceva ondeggiare il suo sguardo languido tra
Julian e Jenny con un sorriso mesto stampato sulle labbra.
-è vero
Julian?- Domandò Jenny prendendolo per il braccio per farlo
girare verso di lei. Julian non rispondeva, non faceva altro che
guardare con aria truce.
-è vero?-
insistette Jenny scrollandolo ancora.
-Si, è
tutto vero. Sono rimasto qui per anni cercando un modo di uscire. Ma
quei dannati incubi, e i miei genitori mi trovavano sempre quando ero
quasi al castello. Oh, quelli della mia specie, poi, sono pieni di
fantasie quando si parla di torture!- rispose esasperato. Teneva quel
peso nel cuore da così tanto tempo che era quasi piacevole
vedere lo sguardo colpevole di Jenny.
-Io non lo sapevo.-
-Lo so.-
-Pensavo fossi entrato
in un sogno. Non avrei mai creduto che ti potesse succedere una cosa
del genere.-
-Lo so Jenny, e
credimi non sto dicendo che sia colpa tua. Ma quella volta, prima che i
miei antenati arrivassero, ti avevo chiesto di attraversare quella
porta. Non dovevi fermarti, per una volta non potevi arrenderti?
Fingere che fosse stato solo un brutto sogno e dimenticarmi?-
domandò con gli occhi scuri, carichi di domande troppo
difficili per trovarvi risposte, dietro di esse, c'era tutta la
confusione ed il rammarico per aver scoperto che dopo tutti quegli anni
di torture aveva semplicemente sbagliato persona.
-Non potevo lasciarti
li.-
-Se mi avessi lasciato
li, voi ora non sareste qui. Ma se tu non fossi tornata io non avrei
mai conosciuto Elly e, forse, tutto quel tempo e tutto quel dolore sono
serviti a qualcosa.- Sembrava tranquillo. Era così bello
vedere la pace nei suoi occhi. Guardava Elly come se fosse l'angelo che
lo aveva tirato fuori dall'inferno.
-Oh, odio questi
sguardi sdolcinati. Dov'è l'odio, il senso di colpa, la
rabbia?! Non la odi per quello che ti ha fatto, July caro? Conosco la
tua razza. Voi non sapete neanche cosa sia l'amore! Voi distruggete
tutto.- Ogni sua parola era carica d'enfasi, di passione, di forza. Ma
Julian la guardò con scherno, con un meraviglioso sorriso
rilassato.
-Non puoi farci nulla.
non al momento, almeno.- concluse infine.
Sconfitta, Leanan
scomparì in mille farfalle nere che svolazzarono intorno a
loro per tre volte come un uragano prima di librarsi in aria
lasciandosi dietro solo la sua voce, che con aria grave diceva:
Tutto ciò
che possiedi è l'ennesima cosa che un giorno perderai.
Nel gruppo era calato
il silenzio. Quelle parole avevano gelato il sangue nelle loro vene, ma
la determinazione che stava nascendo in loro non era venuta meno. Erano
forti, potevano farcela. Eppure qualcosa si era infranto, dentro di
loro, dietro i loro sguardi. Julian li aveva chiusi in una casa e
costretti ad affrontare i propri incubi, li aveva lasciati indifesi, li
aveva umiliati e fatti passare per assassini. Era stato spaventoso,
crudele, ignobile e cattivo, ma allo stesso tempo onesto,leale.
Così leale da sprofondare lui stesso nelle sue stesse
emozioni e di soffrire.
Così
speciale, così antico. Eppure così dannatamente
umano. Tutto il contrario di tutto, non si era sempre definito
così??
-Siamo arrivati.-Rumpe
il silenzio indicando un fiume, nero e gorgogliante, così
profondo da far paura. Le acque turbinavano con forza, potenti.
-Che significa''siamo
arrivati''? Non c'è niente qui.- Domandò Dee
indicando davanti a se.
-C'è il
fiume.-
-Si, ma non possiamo
di certo attraversarlo a nuoto! Non puoi creare un ponte o roba del
genere?- contestò ragionevolmente Audrey.
-Ceeeeeerto, e come
no!- Rispose ironico -Non posso fare quello che voglio. Ci sono delle
regole da seguire.- Commentò per poi sedersi per terra a
gambe incrociate.
-E cosa facciamo ora?-
Domandò Zack mettendosi di fronte a lui.
-Aspettiamo il
traghettatore.-
-E ti sembra una mossa
furba?- Domandò Dee come al solito piena di energie, pronta
a combattere al primo ostacolo.
-Che altro potremmo
fare? Non possiamo, volare, nuotare, materializzarci dall'altro lato e
di sicuro non possiamo trasformarci in pesci.- Julian sembrava
scocciato di quelle domande così insistenti e stupide.
-Si ma... e se il
traghettatore, come lo chiami tu, non arrivasse mai? Potrebbe aspettare
tranquillamente dall'altra parte del fiume che passino le dieci ore.-
Il suo ragionamento non faceva una piega, ma Julian curvò il
capo da una parte come se stesse ascoltando una conversazione vagamente
interessante.
-Non può
barare. Il traghettatore sarà qui tra poco, fidatevi.- come
a confermare le sue parole, dopo una decina di minuti, una piccola
barchetta sormontata da una figura incappucciata si fece largo tra le
acque. Quando fu sulla riva li osservò tutti, studiandoli.
-Chi siete? cosa
sapete?- domandò con voce cavernosa. Il mantello gli copriva
tutto il corpo, lasciando scoperti solo gli occhi rossi come la brace.
-Tutto- rispose Julian
alzandosi da terra.
-Dimmi allora, per
piacere, perchè devo andare su e giù sul fiume
senza che nessuno mi dia mai il cambio-
-Aspetta che tori e lo
saprai.-
Felice, il barcaiolo
li fece salire sulla piccola barchetta e iniziò a remare.
Passato il fiume, approdarono su una terra nera come la pece, il un
bosco nero come la notte. L'uomo guardò con tremore la
foresta ma rivolse uno sguardo speranzoso a Julian, attendendo la sua
risposta.
-Quando
verrà qualcuno che ti chiederà di passare il
fiume, mettigli in mano il remo e sarai libero.-
-Oh, Ti ringrazio
ragazzo. E visto che io non sono una guardia e non posso consegnarti ne
chiavi ne castelli, ti concedo di pormi una domanda.-
-In questo caso...da
che parte per il castello?-
****
Buongiorno! :D
allora oggi non ho
molto da dire. come avete potuto vedere non ho ucciso davvero Elly (mi
sarebbe dispiaciuto, poveretta u___u)
mhà, in
questo capitolo mi sono data agli indovinelli (che adoro. e poi a
Julian piacciono no??)
sono presi in prestito
da una vecchia storia che mi raccontava sempre mia nonna intitolata ''i
tre capelli d'oro del diavolo''
in ogni caso:
la canzone all'inizio
si chiama (come avrete già capito) Stranger in a Strange
Land dei 30 Seconds to Mars.
mi piace da morire e
la trovo perfetta per descrivere Julian, il nostro demone preferito tra
cielo e terra :)
vorrei solo avvisarvi
che andrò in vacanza e non potrò scrivere per un
po' quindi i capitoli potrebbero tardare, ma cercherò di
farli più lunghi per rimediare.
un mega salutone a
tutti :**
un bacione
CyanideLovers
|
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Capitolo 11 *** Dark Wood Circus ***
11
Dark Wood Circus
With your
feet in the air and your head on the ground
Try
this trick and spin it, yeah
Your
head will collapse
But
there's nothing in it
And
you'll ask yourself:
Where
is my mind?
[Con i tuoi piedi in aria e la
tua testa sul pavimento/ provi questo giochetto e giri, si/ La tua
testa collasserà/ ma non c'è niente in essa/ e
chiederai a te stesso:/ Dov'è la mia mente?]
Where is my Mind? -Yaov
& Emily Browing
-Le foreste non mi piacciono.- sentenziò nervosamente Audrey
guardandosi intorno.
-Lo hai già detto Audrey. Ma ti invito a riflettere di
più su quello che potrebbe
capitarci se continui a parlare e attiri i miei amorevoli
familiari.- Rispose ironico Julian. Davvero, con tutto quello che
poteva capitargli, una stupida foresta era il minimo. Sapeva bene che
quella non era una foresta normale. Era la foresta. Simile
a quella dei sogni di Audrey ma molto più interessante.
Il nomignolo che le aveva affidato, nel mese in cui era rimasto
intrappolato per una scommessa con Leanan, era ''Foresta delle fantasie
perverse'' e neanche lui sapeva come funzionava. Davanti ai suoi
occhi c'erano ombre danzanti, di specchi più reali delle
immagini che che riflettevano, di volti senza dimora e pianure vegliate
da divinità senza occhi.
-Tutto ok, Julian?- sussurrò Dee vedendolo un po' pallido.
-Sono solo stanco.- sussurrò -Dobbiamo stare attenti a non
finire nella trappola.- rispose spostando un ramo per poter meglio
passare.
-Quale trappola?-
-Oh, la conosco molto bene, perchè ci sono caduto svariate
decine di volte.-
-Ce ne puoi parlare? Anche se, dalla tua espressione, non sembra essere
una cosa molto piacevole.- domandò Zack incerto.
-Si narra che in questa foresta ci siano dei piccoli demoni servi e
figli di Leanan. Sono le anime dei bambini morti prima della nascita.
Ma neanche io so cosa faranno questa volta, tutte le volte che ci sono
caduto hanno preso forme differenti.Con voi nel labirinto non so
proprio cosa potrà fare.- Confuso,
continuava a spiegare tutto quello che sapeva, tuttavia non
finì
la frase che la selva, fitta ed intricata,si aprì in una
pianura
verdeggiante, quasi paradisiaca, e poco più in là
una
fiorente città.
Non c'erano cancelli questa volta, così il gruppetto si
addentrò nei vicoli larghi e prosperosi della cittadina
incantati da tanta bellezza. Erano così affascinati da
quelle
mura che trasudavano felicità che per un momento fatale
dimenticarono il labirinto, Leanan, Jean. I loro sensi erano appagati
dalla sicurezza che la città infondeva in loro.
Un piccolo, tuttavia sostanzioso, gruppo di cittadini si erano
accerchiati intorno ad una bambina si e no di dieci anni. Aveva capelli
neri come il fondo di una tomba e occhi del medesimo colore, la pelle
così bianca da sembrare carta pronta a strapparsi.
Distribuì alla piccola folla dei fogli, volantini, nei quali
la
figura di Audrey si stagliava silenziosa, di profilo. Sembrava una
modella in quella foto in bianco e nero, con il suo corpo simile ad una
bambola abbandonata sulla sedia, eppure con qualcosa di
seducente nel modo di tenere la bocca socchiusa, lo sguardo
intenso e perso ad ammirare qualcosa di distante, la spallina
leggermente abbossata di una sottoveste nera.
-Michael! Dov'è Audrey?!- Esclamò Dee guardando
la foto.
-Chi?- domandò il ragazzo che sembrava più
interessando alle lusinghe che una giovane gli stava facendo.
-Magnifico. è già iniziata.- commentò
ironico
Julian strappandolo, con una vena di nervosismo che gli pulsava sul
collo, dalla bellissima donna.
-Stupido ammasso di carne. Svegliati!! Dobbiamo andare a prendere
Audrey prima che quei demonietti la trasformino in un tappeto, in una
bambola o in un posacenere. Mi hai capito?!?!- Urlò Julian
scrollando il povero Mickey con tale forza da farlo barcollare.
-Scusa, scusa. Non so cosa mi sia preso.-
Julian non lo degnò di uno sguardo, come un lampo di luce
che si
staglia nel cielo carico di pioggia così era apparsa una
dolce,
rapace, crudele,ammaliante, piccola, indifesa bambina. Aveva i capelli
neri come le ali di un corvo, la veste di un rosso tanto simile al
tramonto da sembrare eterea, e gli occhi... difficile descrivere gli
occhi della piccola creatura. Erano dello stesso colore di un rubino
appena estratto dalla fredda roccia, brillante e madido delle fatiche
di chi lo aveva estratto dalla sua prigione.
Oh, sei qui, sei qui!
Questa sera
assisteremo...
Al triste destino che il
mondo ha donato ad alcuni,
Che Dio ha abbandonato,
Strisciando via, senza
sosta dalle loro vite.
Bambini che possono solo
trascinarsi sulle loro membra storpie,
Scuotendo le loro lingue
e gridando.
La loro mente
è attraversata da nuvole oscure.
Sorridono, sognando un
abbraccio dalla propria madre.
Vieni a dare un'occhiata!
La
sua voce sferzò l'aria: era più pura del vento
che danza
tra le foglie. Ma come il vento è volubile, anche l'anima
della
bambina era fuggente come una foglia nella tempesta. Sparì
in un
soffio, o anche meno, lasciandoli a bocca aperta, riuscendo solo a
vedere qualche sbuffo del suo vestito che fluttuava verso gli alberi
della foresta. Non appena mossero un passo verso la foresta, intorno
alla città, che gli spettatori si gettarono addosso al
piccolo
gruppetto
che riuscì ad allontanarsi solo grazie a Dee e ad una delle
sue
mosse di kung fu. Il bosco era sempre più oscuro
man mano che vi si addentravano, le piante d'ebano avvolgevano il cielo
nascondendo la luce della luna. Ogni tanto il piccolo esserino si
fermava ad
osservare i suoi inseguitori, attendendoli, invitandoli con sguardo
malizioso a
seguire i suoi passi.
Il
fruscio del suo vestito rosso ricordava il suono dolce e melodioso del
mare
ingannatore, come fuoco primordiale che danza al centro della terra.
Appariva
veloce come un’apparizione ma era talmente reale da bruciare
ogni corteccia che
toccava, ed ogni impronta annerita era una traccia.
Julian
si sentì per un momento di nuovo l’antico e
temibile cacciatore, per lui era
una sensazione così forte che gli sembrava di essere
sommerso da un’onda di
ricordi, di essere spazzato via da un vento d’empia
libertà, arso dal fuoco dei
peccati per poi rinascere dalla terra in cui il grande albero della
vita
affonda le sue radici.*
Oh,
se solo avesse la più piccola possibilità che
creare di nuovo i sogni!
Scapperebbe da li, portando tutti i suoi amici il
più lontano possibile.
Quando raggiunsero il centro della foresta si
ritrovarono davanti un enorme tendone colorato. Tutto potevano
immaginare, men
che meno di trovarsi davanti ad un carosello di pagliacci che uscivano
in
festa, eseguendo uno dopo l’altro una moltitudine di salti e
capriole. E poi,
trapezisti, domatori, mangia fuoco, donne barbute e donne cannone,
equilibristi
e giocolieri. Sembrava d’essere proprio davanti al circ du
soleil.
-Un circo? Chi ha paura dei pagliacci?- domandò
con un velo d’ironia Tom. Julian strinse le spalle, in fondo
doveva aspettarsi
che Audrey fosse finita in un posto così caotico visto che
era un’amante
dell’ordine e dell’eleganza. I circhi erano nati
proprio per contrastare il
lusso e l’eleganza, portava una ventata di follia nelle
corti, perché nei
circhi tutto era concesso.
-Ad Aud non piacciono per niente. Ha il terrore
dei pagliacci.- rispose Michael facendo un passo avanti.
-In somma, che paura stupida, perchè si dovrebbe aver paura
di uomini che si truccano?- esclamò Tom
sbuffando sonoramente.
-Non è per nulla una paura stupida, in realtà la
trovo una paura molto saggia.
-Saggia?
Proprio non capisco- Dee si fermò per un momento. Era
diventata
così bella negli ultimi anni da somigliare sempre
più a
Nefertiti, la pelle olivastra sembrava non sentire la fatica del gioco,
lo sguardo sicuro e coraggioso, tanto da infondere un po' di coraggio
anche a chi gli stava intorno.
-Per
voi umani può sembrare una paura stupida ma raramente
riflettete
sulle cose semplici ed essenziali. Osservate questi uomini baldanzosi e
allegri eseguire scialbi numeri di magia con un sorriso finto, eppure e
come se fin da bambini sapeste che quel trucco, quelle risate, quei
giochi, sono solo una farsa. I pagliacci sono impenetrabili un po' come
l'oscurità. Un pagliaccio è la chiara conferma
che ci
può essere qualcosa di cattivo anche nella luce.- Aveva
pronunciato quelle parole con uno sguardo così vitreo e
serio
che, per un momento, tutti sentirono dei brividi di paura scorrergli
lungo la schiena.
-Se non ti conoscessi potrei pensare fanno
paura anche a te.- disse Dee avvicinandosi a lui, scrutandolo con
un’aria
divertita.
-Ah- si liberò per un momento della tensione accumulata per
tutto il gioco con una piccola risata, più simile a un
sospiro -
Come vorrei avere paura di una cosa così facile da
sconfiggere!
Ma se voi foste vissuti quanto ho vissuto io, se aveste visto
ciò che ho visto io, smettereste di tremare difronte a delle
maschere, e anche se ammetto di non amarli in modo particolare mi sento
vicino a loro- Serrò le labbra aspettando che qualcuno
parlasse,
ma nessuno riuscì a proferire parola. L'aria distesa si era
gelata e Julian si sentì per un momento a disagio.
– la
bambina si sta muovendo, Andiamo.-
L’interno della tende era quello di un
normalissimo circo ma, continuando a camminare, si accorsero che era
molto più
grande di quel che sembrava dall’esterno; c’erano
strade e
stanze, gabbie e
recinti, corridoi immensi che si snodavano in ogni direzione. L'aria
era rovente, ogni respiro era come se nei polmoni loro polmoni entrasse
lava incandescente.
Oh, e poi le persone di quel circo erano
particolarmente stravaganti: Jenny quasi svenne dalla paura quando vide
due bambini
cuciti insieme. Avevano entrambi i capelli biondissimi, gli occhi
spagliati,
uno rosso come il sangue e uno azzurro come il cielo. Camminavano in
modo
goffo perché erano cuciti la metà di uno con la
metà dell’altro: avevano il
busto attaccato ed ad entrambi mancava il braccio che avrebbe dovuto
essere tra
di loro, così come le gambe. Le teste erano vicine ed
intorno ai loro colli
erano visibili le cuciture nere e grossolane. Eppure ridevano con la
bocca
spalancata cantando in lingue sconosciute. Un’altra ragazza
dai capelli
lunghissimi e castani era seduta in un angolo con aria malinconica, il
lungo
vestito beige nascondeva a malamente le gambe da capra. Lo sguardo che
gli
rivolse gelò loro il sangue, era tremendamente rassegnato,
erano occhi che desideravano
solo la morte. Camminarono ancora, ma ogni passo era
un’agonia perché davanti a
loro si incamminavano sempre più bambini mutilati e deformi.
Tutti con sguardi folli, di chi
non capisce neanche cosa stia succedendo al proprio corpo.
-Julian, ma chi sono questi bambini?- Domandò
Summer spaventata.
-L’ho già detto: sono i figli di Leanan, bambini
morti alla nascita nel vostro mondo. Lei arriva di soppiatto nella
notte e tocca il ventre della
donna a cui è appena morto il figlio. Così
diventa di sua proprietà.-
Tutti furono pervasi da un brivido, era orribile
immaginare che un mostro del genere che di soppiatto, nella notte,
avvolta
nell’oscurità che viene a prendere
l’anima del tuo bambino.
-Non c’è un modo per liberarli?-
domandò Jenny
-Vuoi ripetere quello che è successo nel nostro
ultimo entusiasmante gioco? Non ho nessuna intenzione di rischiare,
ormai sono
anime perdute- rispose duramente Julian. Era stato un brutto colpo
quello di
ricordarle cos’era successo l’ultima volta che lo
avevano sfidato. Lui non
aveva mai capito perché avesse voluto rischiare la sua vita
pur di liberare il
nonno e due ragazzi che la volevano solo derubare. Tuttavia non
c’era tempo per
quelle domande, se aveva fatto quelle cose orribili a quei bambini di
sicuro
stava progettando qualcosa di davvero speciale per un’umana
come Audrey.
Un brivido gli scivolò lungo la schiena, aveva torturato e
ucciso molte persone in passato ma aveva il difetto di essere troppo
buono,così da donare occasioni succulente ai suoi fratelli:
lasciava che osservassero il piccolo,
inesperto, strano, bizzarro Julian che liberava i bambini da un padre
feroce, che uccideva un prigioniero condannato ad una tortura eterna e
quando gli chiedevano giustificazioni lui riusciva sempre a trovarne di
nuove-Quei
bambini non sopravviveranno una settimana al mondo umano.- oppure -
Infondo le nostre torture non sono niente a confronto di quelle che
subirà all'inferno. Gli uomini sono strani, si aggrappano a
quell'appiglio che chiamano fede...- E loro erano contenti, divertiti
dal perfetto uomo ombra che avevano creato.
Era quasi un puro in confronto ai
loro crimini. Ma non pensava mai a tutti i delitti che aveva compiuto
per noia, a tutti i caduti nei suoi giochi. Pedine inutili, messi su
una scacchiera truccata, a cui venivano affidati indovinelli
impossibili. Chissà perchè invece aveva affidato
a Jenny
e ai suoi amici una casa così facile, perchè si
era
curato di tenere lontano da loro i suoi consanguinei, perchè
non
aveva corso più veloce. Perchè non aveva ucciso
Summer?
Si era risposto che non lo aveva fatto solo perchè,
altrimenti, Jenny
l'avrebbe odiato ancora di più, e poi perchè era
una
ragazzina insulsa e che vederla morire non gli avrebbe fatto ne caldo
ne freddo. Infine guardandola dopo la sua morte aveva
trovato un'altra domanda: ''Perchè avrebbe dovuto
ucciderla?''
Lo spettacolo a cui stavano assistendo era qualcosa che aveva
già visto prima, In altri volti e in altri luoghi. Una
piccola
bambina dai capelli ricci e ispidi
cantava mentre intorno a lei ridevano. Si portava le mani alle orecchie
e stringeva gli occhi cantando sempre più forte, come a
voler
sopraffare quelle voci. Bastò quel momento di
esitazione per farsi accerchiare da quelle creature infelici, li
presero per le braccia e per le gambe, stringendoli con una forza
inumana, portandoli ognuno in una direzione diversa. Si dimenavano e
scalciavano, urlavano senza che nessuno potesse udirli.
Julian!- urlò Elly mentre perdeva i sensi. Il suo grido si
era
tramutato in un attimo in un sussurro inudibile, e anche lui sentiva il
corpo che si abbandonava, eppure cercava in ogni modo di rimanere
vigile non poteva perdere proprio ora...
-Con i tuoi
piedi in aria e la tua testa sul pavimento
provi questo giochetto e giri...-
Una voce soffice come una carezza del paradiso sfiorò la sua
mente, facendo ritornare indietro un po' di coscienza. Sentiva il suo
corpo stretto da corde e catene, ma in quel momento non gli sembrava
così importante. Chi
sei? Sembri così triste, perchè sei nella mia
testa?
Il cervello rischiava di esplodergli, ma c'era qualcosa dentro di lui
che gli intimava di scoprire chi stesse contando. Non sapeva
perchè ma era importante, come se ne dipendesse la sua
stessa
vita.
Apri gli occhi,
si comandò. Ma erano ancora troppo pesanti, come se fossero
stati cuciti con del filo d'argento.
-La tua
testa collasserà
ma non c'è niente in essa
e chiederai a te stesso:-
La canzone si interruppe per una frazione di secondo, lenta e
impenetrabile, come se volesse concedergli il tempo di analizzare
affondo quelle parole, gelando l'anima dell'uomo ombra. Doveva aprire
gli occhi, ma erano così pesanti, e anche se fosse riuscito
ad
aprirli non sarebbe di certo riuscito a fuggire. Solo ora era riuscito
a percepire il freddo dell'acqua che gli arrivava fino alle ginocchia.
-Dov'è la mia
mente?-
A quelle parole, come se fosse stato colpito da una scarica elettrica,
alzò di colpo la testa e spalancò gli occhi.
L'acqua
saliva, e saliva e più cercava di liberarsi più
sentiva
le corde che premevano nella carne.
Leanan mi
ucciderà. Perchè sono stato così
stupido? Me lo sarei dovuto aspettare!
Sentiva il cuore battere così forte che sembrava volesse
uscire
dal petto. Si agitava in fretta, cercando di allentare le corde,
guardandosi intorno cercando una via d'uscita. Intanto
l'acqua era arrivata al busto.
-Leanan!- ringhiò verso la donna che era comparsa su una
sedia
proprio davanti a lui. Portava la stessa sottoveste che aveva Audrey
nella foto, la pelle candida in bella vista, come il segno della
bruciatura sopra il cuore, i capelli bianchi come la prima neve
arricciati in modo sobrio ed elegante. Era davvero meravigliosa, con i
suoi glaciali occhi azzurri lo fissava muoversi in modo tormentato.
-Ti starai chiedendo: Perchè l'acqua?- Posò sul
piattino
la tazzina da tè che teneva in mano, il suo tono tranquillo
e
distaccato, il suo modo altezzoso di posare le mani in grembo, come se
nulla di strano stesse succedendo, faceva impazzire Julian.
-No, ho già capito tutto. Mi stupisci, tu non sei il tipo da
usare questi mezzucci.-
-Infatti non sono io, i tuoi fratelli ti hanno rintracciato.- rispose
con grande serietà lei. Lo guardava apprendere la notizia
con
una nota di terrore nel volto.
-Bene, che farai ora? Li conosci bene, sai che non scherzano.
Aspetterai che mi uccidano o mi salverai e continueremo con il nostro
gioco?-
-Sono stanca della loro presenza. Ogni volta interrompono i miei
giochi, come se avessero paura di me! Sono stanca anche di te.- Si
alzò innervosita guardandolo con odio, si
avvicinò a lui
premendo la mano contro la sua spalla che iniziò a bruciare.
Urlò di dolore, le gambe erano completamente congelate dal
freddo dell'acqua che continuava a salire e aveva l'impressione che la
spalla gli stesse per andare a fuoco.
-Arrenditi. I tuoi amici sono già tutti morti, non farti
uccidere.- Julian la guardò per un momento, la sentiva
contro la
pelle, la sensazione fisica di qualcosa che si lacerava dentro di lui.
Respirava a fatica, ma ormai riusciva ad ignorare ogni tipo di dolore,
l'acqua gelida gli accarezzava il volto, sentiva la mano di Leanan che
gli prendeva il viso tra le mani, che si sedeva su di lui che, con
stupore della donna, rimaneva immobile con gli occhi aperti di un blu
impenetrabile.
-Julian.-
Niente aveva senso ormai, aveva fallito. Si era giurato a se stesso che
li avrebbe salvati, aveva promesso ad Elly che avrebbe riportato a casa
suo fratello...
-Julian...Julian-
Aveva fallito, fallito. Avrebbe preferito morire in quel modo che
continuare quel gioco.
-Ju..lian... svegliati forza.-
Alcune gocce gli tamburellarono in testa, non sapeva perchè
ma
aveva come l'impressione che non fossero acqua. TIC-TAC, TIC-TAC,
TIC-TAC, il suono era simile a quello di un orologio. Poi due gocce
gli finirono sulla fronte ed iniziarono a scivolare lungo il viso.
Respirò velocemente, quella sensazione era così
simile al
suo sogno, aprì gli occhi con un nodo alla gola e il suo
cuore
iniziò a battere all'impazzata non appena vide l'acqua molto
più bassa ma macchiata di sangue. Leanan era sparita ma
continuava a sentire una presenza alle sue spalle.
-Ju...Julian.- La voce affaticata di Tom gli fece rizzare i capelli in
testa, teneva una mano sulla spalla (Proprio la spalla che mi ha
bruciato Leanan, che fosse stato tutto un inganno?) Non riusciva a
vederlo, ma sentì il rumore della sua mano che affondava
nell'acqua e che lo liberava. Si alzò immediatamente
guardandolo,
dall'alto al basso. Aveva il corpo piegato su se stesso, con
una mano si teneva lo stomaco, copiosi rivoli di sangue sgorgano dalla
ferita.
-Tom! Cosa è successo?!- urlò preoccupato
facendolo
aggrappare a lui, un po' come aveva fatto lo stesso ragazzo per lui,
uscendo dalla porta che aveva varcato lui.
-Ero in una stanza e...quella donna ha detto che Jenny era morta...io
credo di aver perso la testa, non lo so. So solo che mi sono svegliato
per terra così e che ti ho sentito gridare.-
Spiegò stancamente.
-E sei venuto ad aiutarmi?- domandò stupito Julian. Non se
lo sarebbe mai aspettato, non da lui.
-Siamo amici, non è vero?-
-Credo che tu abbia battuto la testa troppo forte e che ora non riesci
a ragionare.- Rispose Julian con un lieve sorriso scherzoso mentre lo
trascinava fuori da li. Stava cercando di rassicurarlo in qualche modo
ma sembrava stesse andando tutto a rotoli: La ferita allo stomaco
probabilmente lo avrebbe fatto morire dissanguato in pochi minuti, Gli
altri sembravano spariti e sentiva ancora le parole di Leanan
turbinargli in testa.
-E questo che posto è?- domandò Tom, esausto.
-Credo che dovremmo scegliere quale porta aprire.-
-Oh, ti prego. Non ne posso più!- Imprecò il
ragazzo esasperato.
-Non parlare, ci penso io qui.-
Senza neanche rifletterci, guidato dal puro istinto che aveva sempre
caratterizzato la sua razza, l'uomo ombra spinse la prima porta. Si
ritrovarono in una stanza grande e simile alla stanza dove era stato
lui, con le pareti ricoperte di rocce e il pavimento scuro, come se
fosse stato bruciato.
-Jenny, Elly!- esclamò sorpreso e felice.
Le due ragazze corsero verso di loro, erano chiuse in una gabbia dorata
e sembravano stanche come non mai, anche loro, come Audrey nella foto e
Leanan, indossavano una sottoveste nera e leggera.
-Tom! Oddio, che ti è successo?- urlò nel panico
Jenny, notando solo ora le grossa macchia di sangue che si estendeva
per tutto il busto del ragazzo, poi guardò Julian con
qualcosa negli occhi come se volesse chiedergli ''Puoi salvarlo,
vero?'' ma il punto era quello: avrebbe potuto salvarlo?
-Julian, puoi fare qualcosa?- domandò lei attraverso la
gabbia, reggendosi a malapena alle sbarre d'oro, le gambe le tremavano
per la paura di perdere l'unico uomo che avesse mai amato.
-Non sono un guaritore- La vide trattenere a stento le lacrime
accovacciandosi su se stessa, disperata. -Ma... forse, c'è
qualcosa che posso fare.- aggiunse infine con un finto sorriso. Elly
sussultò a quella vista, quel sorriso, era tutta una bugia.
Julian abbassò la testa, i capelli nivei gli accarezzarono
gli occhi blu e appoggiò il ragazzo per terra, doveva far
uscire prima loro da li.
-Abbiamo bisogno di una chiave...- riflettè guardando le
serratura al lato, infilò la mano nella giacca, estrasse la
chiave d'oro e la serratura scattò all'istante.
Aprì la porta e fece uscire le ragazze, entrambe corsero da
Tom, preoccupate.
-Devo andare a cercare gli altri.- disse Julian guardandole.
-No. To prego, aiutalo.- lo supplicò Jenny, inginocchiata
accanto a lui.
-Stai tranquilla, devo anche cercare delle...cose.- rispose uscendo da
li, il cuore gli batteva all'impazzata. Doveva essere proprio impazzito
per fare una cosa del genere, ma se proprio doveva farlo la prima cosa
da trovare era del sale. Aprì la seconda porta e
trovò Dee e Summer: erano in piedi accanto alla sala, quello
che Julian poté identificare come uno zombie le stava per
aggredire.
-Da questa parte!- urlò lui facendole girare. Con uno scatto
felino Dee si tuffò fuori dalla porta, trascinando con se
Summer.
-Oh, almeno questa volta sono uscita.- sussurrò la biondina,
respirando a pieni polmoni.
-Buon per te. Dovete aiutarmi.- Disse Julian, constatando che stavano
entrambe bene.
-Come?- domandò Dee, l'unica che sembrava ancora piena di
energie.
-Tom è ferito. Ho bisogno di sale e un coltello d'argento
per aiutarlo.- Le due si guardarono interrogative, avevano sentito bene?
-A cosa serve?- domandò Summer timorosa, non rivolgeva quasi
mai la parola a Julian. Era una ragazza piena di paure e la maggior
parte di esse riguardavano lui.
-Capirai dopo.- Rispose, misterioso.
-Tieni,questo è un coltello d'argento- disse Dee porgendogli
la lama intagliata con simboli africani, allo sguardo stupito di Julian
la leonessa rispose con un sorriso di sfida. -Lo porto con me da quando
siamo tornati dal mondo delle ombre.-
-Capisco.- rispose Julian. Quella ragazza era quantomeno bizzarra, non
pensava che potesse conoscere quelle vecchie magie.
Entrò nella terza stanza dove Zach e Michael si stavano
alzando, proprio in quel momento, da un tavolo di pietra riccamente
imbandito di ogni pietanza.
-E qui... che succede?- domandò Julian avanzando nella
stanza guardando i due ragazzi e osservando il tavolo di pietra.
-Julian? Leanan ha detto che eri morto.- disse Michael guardandolo,
come si guarda un cadavere all'obitorio, il ragazzo, invece, era
più interessato alla caraffa di sale sul tavolo,proprio
accanto ad una ciotola di insalata con le foglie così
lucenti da risplendere sotto la luce artificiale della lampada.
-Voi avete visto Leanan?- domandò in allarme, come se si
aspettasse di vederla spuntare fuori dalla penombra.
-Si- lo sguardo di Zach era scuro e preoccupato - Ha detto a Michael
che Audrey sarebbe morta da li a poco.-
Julian prese la caraffa di sale e la tese a Dee perchè gli e
la tenesse, non doveva perdere un solo minuto di tempo, ogni secondo
era prezioso. Non capiva perchè ma l'idea che Tom morisse lo
disturbava, quasi come l'immagine di Jenny così spaventata,
quasi più di quando aveva preso il ragazzo e suo cugino.
Entrò correndo nell'ultima stanza. Era grande, ma risultava
claustrofobica per via dell'oscurità che avvolgeva tutto,
tranne la fragile figura di Audrey che rimaneva immobile sotto un
fascio di luce. Julian si avvicinò a lei, si
accovacciò facendo arrivare il suo viso alla stessa altezza
di quello della ragazza, le accarezzò i capelli osservando
gli occhi ormai diventati inespressivi: Era rimasta li troppo allungo.
-Cosa le è successo?- domandò Michael preoccupato.
-Questa stanza è così simile alla mia casa...-
sussurrò lui più a se stesso che al ragazzo
accanto a lui -Posso vedere tutte le paure di Audrey che ruotano
intorno a noi. Sei rimasta qui troppo a lungo, non è vero?
Ora la tua mente è annebbiata dalla paura.- Audrey rimaneva
in piedi retta su se stess, con gli occhi vitrei come specchi
appannati.
-Dobbiamo portarla via da qui.- disse prendendola in braccio, come una
bambola senza vita, e la portò nella prima stanza.
-Julian, presto!- urlò Elly, spaventata, mentre lei e Jenny
premevano le mani sulla ferita aperta del ragazzo per terra.
-Uscite da qui.- ordinò appoggiando Audrey accanto al muro e
trascinando in bruno al certo della stanza, quando sentì la
porta chiudersi incerta corse a prendere il sale e l'argento.
Disegnò intorno a Tom un cerchio con in lare, poi uno
più grande, con il rossetto di Audrey disegnò
quattro occhi, tutti opposti tra loro
-Il sale: protezione; Gli occhi: nord, sud, est, ovest, per lo
scambio.*- sussurrava a mezza voce conpiendo movimenti frettolosi ma
precisi.
-Poi...qualcosa di entrambi le parti- disse tagliandosi una ciocca i
capelli e spargendoli lungo il cerchio, i fili del colore della foschia
ondeggiarono prigamente nell'aria per poi sparire tra il sale.
-Julian, ma che fai?- La voce di Tom era un lievissimo sussurro, e
Julian non avesse avuto un udico così sviluppato non lo
avrebbe mai sentito.
-Ti faccio stare meglio.- rispose continuando ad aggiungere
ingredienti: con il coltello tracciò la runa Uruz e poi
altri simboli che Tom non riuscì ad identificare.
-Ma hai detto di non essere un guaritore.-
-Infatti non lo sono, ma posso comunque fare qualcosa.- Tom per un
momento vide balenare negli occhi del ragazzo che era stato il suo
nemico, rivale, incubo e adesso amico(?) una scintilla di
preoccupazione che, con finta noncuranza, cancellò subito
dal viso.
-Ho quasi finito, fa silenzio. Devi cercare di rilassarti.- disse
entrando nel cerchio a sua volta. Si chinò su di lui e
apoggiò la mano sulla ferita lasciando che il sangue
sporcasse la sua mano e fu pervaso scarica elettrica che percorse tutto
il corpo, era come se in milliando di ragni gelidi
(topi, pensò con una nota di disgusto)
gli camminassero ovunque.
Pose uno sguardo sul ragazzo davanti a lui, piccole goccioline di
sudore gli bagnavano la fronte, il suo respiro spezzato evidenziavano
la fatica di quella magia. Poi, con sua grande sorpresa,
iniziò a sentire sempre meno quel dolore che gli
attanagliava lo stomaco ma, con una nota di allarme, vide una macchia
sembre più grande color bordeux che si apriva nella camicia
di mussola binca di Julian. Non riuscì a parlare, tutto il
rituale durò pochi minuti, quando lui staccò la
mano dal ventre, Tom vide la sua pelle sporca di sangue ma
completamente integra. Era guarito ma con una evidente condizione:
Julian ora era ferito.
-Cosa mi hai fatto?!- urlò facendolo sdraiare.
-è uno scambio- sussurrò -Non potevo curarti
così ho fatto in modo che la tua ferita si spostasse sul mio
corpo. Ora con la runa Nauthiz chiudo temporaneamente la ferita.-
-Temporaneamente?- ripeté lui preoccupato.
-Si, probabilmente quando saremo di nuovo a casa si riapriaranno- con
finta, perchè nei suoi occhi era visibile la sofferenza e lo
sforzo di quel gesto, si incise la runa con il coltello d'argento.
Tutta la ferita si accese di una luce blu, come se fosse illuminata da
una colata di zaffiro liquido. Poi la luce si spense, la pelle di
Julian tornò perfetta e intatta come quella di una statua.
Ci mise diversi secondi per alzarsi, sembrava stanchissimo. Ma prima di
uscire dalla stanza si accovacciò su Audrey e le remette le
mani contro le tempie: ora che vedeva dall'alto in basso quello che
succedeva poteva capire meglio, dagli occhi della ragazza fuoriusciva
uno strano fumo rosso che si insinuò nelle vene delle mani
di Julian per poi arrivare fino alle tempie. Con un'ultimo sbuffo il
rosso era divetato dello stesso colore degli occhi dell'uomo ombra, che
si alzò impiedi sicuro e leggermente barcollante.
Audrey sbattè finalmente gli occhi
(Occhi vivi e non vitrei come prima, come se fosse tornata a vivere)
guardandoli sorpresa.
-Tom, Julian. State bene?- domandò indugiando sul loro visi
spossati e sulle loro cammicie sporche di sangue.
-Si, non ti preoccupare. Ricordi qualcosa?- domandò Julian,
ignorando Tom che stava per rispondere '' No, Julian non sta bene.
Quando torneremo nel nostro mondo lui morirà dissanguato''
-No, ricordo solo la città e una bambina bellissima che mi
chiedeva di seguirla.-
-Ok. Non ti preoccuapre ora usciamo da qui.- disse aprendo la porta.
Audrey corse incontro a Michael e lui, come se la vedesse per la prima
volta in vita sua, la baciò delicatamente.
-Julian tu...-
-Ok, devi pomettermi una cosa.- disse Julian senza farsi sentire,
tirandolo in disparte. -Non devi dirlo a nessuno, almeno finquando non
torneremo a casa. Conosco fin troppo bene Jenny per sapere che andrebbe
in crisi all'idea che sto per morire e credo che Elly non me lo
permetterebbe mai. Per favore, non dire niente.- Sussurrò
senza farsi sentire da nessun'altro se non da lui.
-Daccordo.- annuì con un nodo in gola.
-Tom!- Anche Jenny era corsa verso di lui abracciandolo e baciandolo
non appena erano usciti dalla stanza poi, senza nessuna protesta da
parte di Tom, aveva abbracciato Julian e gli aveva regalato un casto
bacio sulla guancia -Grazie-
Julian abbozzò un sorriso, Elly gli sorrise, il primo vero
sorriso da quando erano li dentro, e lo abbracciò.
-Perchè lo hai salvato?- Gli domandò
avvicinandosi a lui.
-Siamo amici, non è vero? e poi... tu volevi che io lo
salvassi.- rispose dopo averci pensato un po'.
-Lo hai fatto per me?- rimase stupita da quella affermazione, lei
voleva bene a Tom ma si aspettava che lo avesse fatto per Jenny, non
per lei.
-Sempre.- disse sicuro, e aggiunse -Farei qualsiasi cosa per te.- Non
ebbe il coraggio di sfiorarle le labbra anche se il desiderio era
fortissimo, ma si limitò a stringerle la mano, suggellando
il loro precario, ma fortissimo, legame.
Oddio ** non posso credere di aver finito questo capitolo!
buona sera a tutti!
So che volete lanciarmi cavoli, pomodori e tutta lafrutta sul bancone
del fruttivendolo ma vi prego perdonatemi per il mio ritardo!!!
*Cyanide si prosta ai piedi dei lettori* come ho già detto a
chi è stato così carino da commentare l'altra
storia, sono stata un mese su una nave, in mezzo all'oceano, senza
internet, e con il mal di mare che mi faceva avere visioni mistiche!
per quanto riguarda questo capitolo: l'ho scritto tre volte! e tutte le
tre volte non mi piaceva, non me lo aspettavo così difficile
da realizzare. ma... ce l'ho fatta!!
allora: il rituale di guarigione è preso dal film ''the
skeletron key'' anche se li non era di guarigione ma di passaggio da un
corpo all'altro, mi sembrava tuttavia adatto. Piccola precisazione:
Julian si incide sulla pelle la runa Nauthiz (la ricorderete
perchè è la runa che il nonno di Jenny incide
sulla porta dello sgabbuzzino per tenere gli uomini ombra) Questa runa
rappresenta la maturazione delle idee e dei propositi o, della nascita,
dell'attesa e del destino, che da i suoi frutti purchè si
abbia pazienza. La runa Naudiz è la metafora di colui che
regge un fardello scomodo e pesante. Quindi non è solo una
runa di contenimento. D'ora in avanti Julian porterà sulle
sue spalle il fardello di un segreto e, come mi ha fatto riflettere
Davide98, capirà mglio Elly per qusto.
Il circo, il titolo e la filastrocca della bambina sono ispirati alla
canzone ''Dark wood circus'' dei Vocaloid.
all'inizio ho scelto la canzone where is my mind? perchè
Julian non sa dove si trova (fate attenzione perchè uesta
canzone ha diversi significati e ritornerà spesso nella
storia, capirete più avanti il perchè)
spero di aver scritto un bel capitolo -bello lungo sopratutto-
un salutone,
baci
Cyanidelovers :)
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Capitolo 12 *** In contrary was what it is it would’t be and what it wouldn’t be it would,You see? ***
12
In contrary was what it is it would’t be
and what it wouldn’t be it would,You see?
-If
I had a world of my own everything will be nonsense-
-Nothing
will be what it is because everything will be what it isn’t-
I
invite you to a world where there is no such thing as time
And
every creature lens themselves to change your state of mind
And
the girl that chase the rabbit drank the wine and took the pill
Has
locked herself in limbo to see how it truly feels
To
stand outside your virtue
No
one can ever hurt you, or so they say
[-Se avrò un mondo
tutto mio, ogni cosa sarà una sciocchezza-/-Niente
sarà ciò che è perché tutto
sarà quel che non è-/ Ti invito in un mondo in
cui non ci sono cose come il tempo/ Ed ogni creatura mette a fuoco/ se
stessa per cambiare la tua disposizione d’animo/ E la ragazza
che insegue il coniglio ha bevuto il vino e ha preso la pillola/ Si
è rinchiusa nel limbo per vedere come ci si sente realmente/
Per rimanere fuori dalla tua virtù/ Nessuno potrà
mai ferirti, o per lo meno questo è quel che si dice]
Her
Name is Alice- ShineDown
-Usciamo da qui.-
disse Julian chiudendo la prima porta, per poi
aprirla di nuovo. Teneva sempre la mano stretta a quella di Elly come
se avesse paura di lasciarla. Quando la porta si aprì per la
seconda volta quello che c'era al di la era cambiato:
corridoi
stretti, un cielo aperto, di nuovo il labirinto.
-Certo che questo posto è davvero assurdo.- disse Summer
sporgendosi per vedere un po' meglio, sentì, con suo
piacere,
che Zack le aveva sfiorato al fianco. Le era vicino, anche se ormai era
abituata alle sue minime effusioni quando erano in pubblico.
-Concordo con te.- esclamò Elly, guardando stupita la stanza
che
era stata poco fa. -Insomma...che diavolo di posto è questo?
Un
labirinto non dovrebbe avere città, foreste e circhi al suo
interno!-
-è come la tua casa, vero?- domandò Jenny a
Julian - nel senso che sta usando le nostre menti contro di noi.-
-Esatto.-
Si erano aspettati di sentire la voce del ragazzo che con
tono
canzonatorio diceva loro ''Ma va?'', invece una voce morbida
e
vellutata, come acciaio rivestito di seta nera. Leanan era proprio
dietro di loro, con un bellissimo vestito bianco che gli arrivava fino
ai piedi, le spalle nude, i capelli raccolti in una acconciatura
elaborata. Sembrava una dea greca, Persefone,
pensò Jenny.
Rimaneva a guardarli con aria innocente, le mani conserte e vicino al
corpo.
-Oh , Tommy. Vedo che ti senti meglio.- disse con un sorriso
più
esteso. I ragazzi con gli occhi screziati di verde e con gli occhi
azzurri più del mare si irrigidirono, aspettando che,
cudele,
rivelasse il loro segreto.
-Complimenti Djinn, questa è magia d'alta classe.- e
batté le mani con fare affabile, il sorriso tirato in un
ghigno, ironica.
-NON OSARE CHIAMARMI
PIU' IN
QUEL MODO!!- urlò fremente di rabbia, ma la donna non si
scompose, anzi, portò una mano alla bocca e
ridacchiò
divertita.
-Non è
carino negare il
proprio essere, Djinn.- ripeté quella parola solo per
ferirlo
ancora di più, poi inclinò la testa poi la mano
le
scivolò dalla bocca e le arrivò mento donandole
un'aria
pensosa, come se stesse riflettendo.
-Non sono
più uno di loro.
Sono cambiato, sono stato cancellato dalla tavola dai miei stessi
fratelli, come se non fossi mai esistito.- Elly lo guardò
senza
capire ma gli strinse lo stesso la mano, la sua espressione rapace non
gli piaceva. Per un momento sperò che Leanan sparisse in
fretta
per paura che Julian potesse incenerirla con lo sguardo.
-Sono la fuori Julian.
Te l'ho
già detto, continuano ad interrompere i miei giochi.- per un
momento era sembrata triste, nervosa -Dammi la ragazza, vieni con me.
Diventiamo immortali insieme.- il suo sguardo era difficile da
spiegare: aveva il fascino delle rose selvatiche. Tendeva la mano verso
Elly che, spaventata, si era stretta impercettibilmente a Julian.
-No.- Avrebbe potuto aggiungere dell'altro ma riteneva che non ce ne
fosse motivo, era stato deciso, forte.
-Bene.- rispose seria -Vorrà dire che mi prenderò
ciò che desidero con le mie stesse mani.- e sparì
come
fumo nell'aria. Le sue parole volavano ancora nel vento quando un
rumore gutturale fece congelare loro il sangue nelle vene. Il lupo, non
la patetica copia che avevano visto nel primo livello, quello era il
lupo fedele a Julian. Il suo ringhio era simile al rumore di cento ossa
spezzate, ad ogni suo passo l'aria diventava talmente gelida da
congelare la terra intorno a loro, ed era... enorme! Colossale e
furioso.
-Correte.- sussurrò pianissimo, quasi intimorito che il lupo
potesse sentirlo. -CORRETE- urlò non appena vide muovere le
zampe dell'animale in modo più deciso verso di loro. Ma
correre
era difficile, il ghiaccio li faceva scivolare ad ogni passo e il
labirinto era talmente stretto ed intricato da percorrere che in una
manciata di secondi li aveva raggiunti tutti.
-MICHAEL- l'urlò di Audrey era il rumore più
orribile che
Julian aveva mai udito, ma non era nulla paragonato al suono della
carne del ragazzo, che veniva divorata famelicamente dalla bestia.
Guardò per un momento la scena con occhi sbarrati. Tremava,
non
riusciva a farne a meno. e il suo lamento... era quasi come sentire il
proprio figlio che piange e non poter raggiungerlo, era accaduto tutto
così in fretta.
-Michael... No!- urlò disperata Audrey correndo verso il
lupo
che la allontanò dal suo pasto con una enorme zampata nera.
La
ragazza fu scagliata a due metri di distanza ma, anche se con un
braccio completamente insanguinato e probabilmente rotto, si
alzò
ancora una volta e iniziò a correre verso il lupo.
-No, Audrey.- Julian la fermò che era a pochi centimetri, la
stringeva, impedendole di continuare a camminare.
-No.. ti prego Julian! Devo salvarlo!- urlò in lacrime. Il
ragazzo la guardò per un momento, aveva i capelli
arruffati e il trucco completamente sciolto, il mascara che gli colava
lungo le guance, ma quello che lo spaventava di più era la
sua
espressione folle. La prese di peso, mentre lei si dibatteva per
andare da lui, e iniziò a correre verso uno dei vicoli
più vicini con a seguito tutti gli altri. Urlava e si
graffiava
il viso, è davvero impazzita, pensò nel panico
Jenny
guardando la ragazza che era sempre stata l'emblema della compostezza.
-Basta Audrey, mi fai male.- disse Julian mentre cercava di tenerla
ferma, tentando di evitare che si facesse male da sola. I passi del
lupo si erano fermati, probabilmente è sazio,
pensò con
un brivido freddo.
La spinse, verso uno dei corridoi a destra, più stretti e
più in ombra.Sentiva l'improvvisa necessità di
urlare, ma
si trattenne, e l'urlo silenzioso si trasformò in un tremore
leggero.
-Dee, il coltello.- disse tendendo la mano verso la bruna, che
inspirava aria a pieni polmoni.
-Tieni- prese al volo il coltello e iniziò ad incidere delle
rune in modo confusionario sporcandole con il suo sangue. Poi, come
aveva fatto con il tunnel per entrare nel labirinto, aveva intagliato
velocemente il profilo di una porta.
-Entrate, presto.- disse aprendo la porta e sollevando Audrey che era
scivolata a terra, completamente sfinita. Si ritrovarono in una stanza
stranissima: i muri erano completamente ricoperti di rune che
brillavano di un blu-azzurro elettrico, c'era un letto a baldacchino
dal
quale scivolavano tende di seta nera e lucida, e altre porte che si
aprivano, costituendo uno spazio aperto ma rassicurante.
-Julian... dove siamo?- domandò Jenny stupita.
-La mia stanza, l'unico luogo dove Leanan non può entrare in
tutto il labirinto.- rispose secco, stendendo Audrey sul letto. Un
letto molto, molto strano. A prima vista sembrava che ci fosse un
copriletto marrone, per niente in tinta con i muri celesti e il
pavimento nero, invece, visto da vicino, si rivelò ricoperto
da
pietre rotonde e dure. Pietre, vere pietre. La cosa assurda
è
che sembravano anche incredibilmente soffici e morbide. Tutta la stanza
era assurda, la porta da cui erano entrati era di legno azzurro, era
quasi difficile notarla, sul soffitto c'erano una decina di candelabri
accesi, ma le candele pendevano verso il basso, la fiamma puntava verso
il pavimento, eppure le gocce della cera cadevano verso l'alto,
attaccandosi al soffitto. Nel camino acceso, se così si
poteva
definire, la fiamma era immobile e cristallina, ghiacciata. Julian
ignorò i loro sguardi esterrefatti e si
tolse la giacca scostando i capelli rossi e disordinati, bagnati dalle
lacrime, della ragazza e le toccò il braccio rotto, lo
sentì freddo.
-Tom, accompagneresti le ragazze a cambiarsi nel bagno a destra?-
domandò con voce chiara, senza distogliere lo sguardo dal
braccio della ragazza.
-Che vuoi fare?- domandò preoccupato. Il suo volto era
scarno e
pallido, e probabilmente quella era una domanda inutile, sapeva quello
che voleva fare solo che non gli piaceva. ''Stupido'' pensò
''Non capisci che ti farai ammazzare così?''
- Ci sono dei vestiti negli armadi che forse potrebbero andare bene per
le ragazze, cambiatevi anche voi.- ordinò, notando
l'espressione
preoccupata di Tom ma senza badargli. Audrey gemette nel sonno, la vide
portarsi la mano al petto come se si fosse rotto il cuore, non il
braccio.
Julian si tolse la giacca, alzò la manica della camicia fino
al
gomito e poi, come aveva fatto con Tom, toccò la spalla di
Audrey. Il dolore era come una carezza calda ed oprimente, come se un
serpente rovente si stesse facendo largo tra la carne e i tendini, il
rumore delle sue ossa
che si rompevano con una calma estenuante lo fece barcollare. ''OK, non
è una cosa che si deve fare in piegi'' pensò con
la
testa che gli girava furiosamente. Cercò di aggrapparsi al
comodino, ma sembrava sfuggirgli, il pavimentò assunse
improvvisamente una strana angolazione.
Era all'aria aperta, il
sole
luccicava sulla sua testa facendo scintillare i capelli. Si sentiva
confuso. Un momento prima era nella sua stanza, davanti ad Audrey
svenuta, Tom era preoccupato, Elly sconvolta, Jenny sembrava lottare
con
tutte le sue forze per non urlare. Summer... lei invece si era
semplicemente sciolta in lacrime, anche gli occhi inespressivi di
Zach sembravano diversi. Dee... anche la forte Dee sembrava non poter
credere a ciò che era successo. E io? si chiese, e io come
mi
dovrei sentire, cosa dovrei provare?
Può sembrare una cosa stupida, il non sapere come dover
sentirsi, ma
è una sensazione molto simile al disagio che si prova quando
si
entra in una stanza piena di sconosciuti con tua madre che ti obbliga a
fare amicizia con qualcuno... si, provi disagio, ma ti chiedi anche
''cos'altro dovrei provare?''
Non che avesse mai avuto una madre o fosse mai stato obbligato a
conoscere qualcuno...anzi, tutt'altro. i suoi pensieri erano confusi,
non sapeva neanche cosa pensare.
Allora provò a guardarsi intorno: Il prato color mente,
ricco di
fiori e di farfalle, il cielo dello stesso colore dei suoi occhi, le
nuvole come suoi capelli. Buffo che si paragonasse a cose
così luminose.
-Ciao Julian.- La voce cristallina di Leanan era come un lampo a ciel
sereno, e lui era così infuriato con lei che a stento
riuscì a non ucciderla in una sola mossa.
-Leanan, che cosa vuoi?- domandò infastidito.
-Il tuo aiuto.-
-AH! vuoi scherzare?-
-Basta. Basta, Julian sono stanca. Non vedi cosa sta succedendo?
Moriranno tutti i tuoi amici se non vieni con me. Non puoi
semplicemente prenderti addosso tutte le loro cicatrici, non sei
abbastanza forte.-
-Non mi importa. Tutto ciò che desidero è salvare
quei
ragazzi.- lo sguardo era duro, fiero. Una maschera azzurra di coraggio.
-Non capisci che morirai? perchè, perchè
sacrificarsi per loro che neanche ti volevano?-
-Perchè dovrei rimanere con te?!- domandò
incollerito
Julian senza rispondere alle sue domande, senza ascoltare il suo
tono...supplicante.
-Svegliti.- ordinò Leanan con voce ferma.
Un momento prima stava guardando gli occhi
azzurri, tanto
quanto i suoi, di Leanan e un momento dopo quelli color ametista di
Elly. Vide lo sguardo che non voleva vedere, preoccupato, in ansia.
Nella sua mente una voce la implorava di non guardarlo in quel modo:
non ne aveva il diritto.
-Julian stai bene?- gli chiese aiutandolo ad alzarsi. Ecco, solo in
quel momento si era reso conto che ancora non si era guarito, che gli
stavano tutti intorno, che Tom aveva coperto il braccio con la sua
giacca e che faceva un male tremendo.
-Si... devo andare a rinfrescarmi un momento.- disse portandosi la mano
alla testa, che sembrava essere diventata pesantissima.
Ondeggiò,
non poteva certo dire che stesse camminando, fino al bagno e si chiuse
dentro. Scivolò lungo la porta ad occhi chiusi, inspirando
profondamente mentre si auto-sistemava le ossa. Dovette richiamare
tutto il suo autocontrollo per non svenire di nuovo, solo quando
sentì di nuovo le dita della mano che si muovevano
osò
abbassare lo sguardo. Sul braccio era comparsa Nauthiz, pulsante e di
un blu elettrico. Andò a sciacquarsi il viso ignorando la
sgradevole sensazione delle gambe molli.
-Julian... tutto bene?- La voce di Elly sembrava ovattata, distante.
-Non devi preoccuparti per me.- le sussurrò aprendo la
porta.
Lei guardò nei suoi occhi come se si fosse persa, come se
potesse sprofondare in quei laghi di luce blu e entrargli nell'anima.
Il suo sguardo lo attraversò come una stilettata avvelenata.
-Non devo?-
domandò abbracciandolo forte, come se avesse paura che
potesse svanire da un momento all'altro.
-Perchè non dovrei avere paura?-
-Paura di
me?-
domandò costernato, ascoltando solo il battito del suo
cuore,
non osava abbracciarla, era come se improvvisamente sentisse di avere
le
mani sporche
(di sangue)
e non volesse imbrattare la sua pelle candida. Lei sollevò
lo sguardo, il suo viso sorpreso vicino al suo...
-Stupido. Ho paura per
te!-
disse abbracciandolo e nascondendo il viso nel suo petto, desiderava
che
la abbracciasse, voleva sentire le sue mani stringersi intorno alla
vita. Sembrò quasi buffo quando il suo piccolo desiderio si
avverò. Julian la toccò con mani incerte,
chinando la
testa per sentire il suo profumo. La strinse forte come se da un
momento all'altro qualcuno, o qualcosa, avrebbe potuto dividerli.
-Dobbiamo andare.- disse a malinquore sciogliendo l'abbraccio -Siamo
vicini al castello, presto troveremo Jean.-
sussurrò. Il ricordo del fratello era come una lama
che affondava nella carne, ma non pianse. Non voleva più
piangere.
-OK. Possiamo andare.- sussurrò lei seguendolo. Lui si
passò una mano fra i capelli, poi si avvicinò
cautamente
al letto. Audrey si era svegliata, era agitata e non ne fu stupito. Ma
lo guardò con cui lo guardò era puro odio.
-Tu. E' tutta colpa tua!- urlò spingendo Jenny e Tom che
cercavano di calmarla. -Perchè sei tornato? se non fossi
tornato
Michael non sarebbe...- non finì la frase, non ne aveva la
voglia. Faceva male sentirselo dire, ma in fondo non la biasimava: era
stata colpa sua.
-Mi dispiace.- sussurrò voltando lo sguardo.
-Ti dispiace?!
Riportalo
indietro.- urlò isterica. Ma il suo tono era implorante, con
una
piccola nota di speranza. Tutto inutile, Leanan non era come lui... lei
non avrebbe risparmiato nessuno.
-Non posso, mi dispiace.-
-Smettila di dire che ti dispiace!- portò le mani alla testa
e
ispirò l'aria, sembrò più calma. -Ti
prego Julian.
Dimmi che c'è un modo, un qualsiasi modo, per far tornare
Michael.-
-Non c'è nessun modo.-
-Allora andiamo.- Aveva immaginato che si sarebbe messa di nuovo a
piangere, invece ostentava una grande sicurezza, sembrava una leonessa
molto simile a Dee. Il ragazzo rimase stupito, ma non
obbiettò.
Andò a cambiarsi anche lei, in silenzio, senza neanche
ringraziarlo per averle salvato la vita o il braccio. Julian non se ne
curò, era evidente quanto fosse scossa.
-Questa stanza è incredibile, come fa ad essere
così...irreale?- domandò Zach, in effetti
ricordava molto
uno dei quadri del suo amato Magritte. Il ragazzo fece scivolare la
mano sui libri ordinati nella scrivania, tutti al contrario, con le
lettere che sembravano spostarsi per fargli un dispetto.
-Non aprire il frigo, potresti impazzire.- rispose con un ghigno che
non pronosticata nulla di buono. Zach fu colto da una
curiosità
così forte che, anche se non a parole, convisse Julian a
fargli
vedere. Lo condusse nella cucina, tutto era di un nero lucido e
brillante, incredibilmente luminoso
-Attento a non scottarti.- disse, e con un gesto teatrale
aprì
la porta del frigo. Una fiammata rossa si protrasse verso Zach, che
saltò di un metro all'indietro.
-Pura irrealtà- esclamò Zach che si maledisse per
non avere la sua macchina fotografica.
-Cosa ti aspettavi da me?-
Sembrava molto, molto stanco. Pur ostentando un comportamento sicuro e
composto, era evidente quanto fosse provato. Aveva una certa
dignità, mentre cercava di sollevare l'umore ad ognuno.
Audrey si era cambiata, erano tutti vestiti di nero, con magliette
comode e jeans dello stesso colore, come se Julian non avesse mai
indossato altro.
-Ma perchè hai così tanti vestiti da donna?-
domandò Summer sistemandosi la maglietta, della sua taglia
esatta.
-Il mio armadio fa apparire ciò che voglio indossare,
ovviamente
questo può capitare anche con voi. Avrete pensato ''Speriamo
ci
sia qualcosa che mi stia bene'' e ovviamente il mio armadio mi ha preso
in parola.- rispose come se fosse la cosa più normale del
mondo.
-Dio, questo è sicuramente un sogno.- disse Elly
strofinandosi
il volto. Stavano approfittando di quel rifugio per riposarsi qualche
minuto, erano tutti seduti sul letto, sulle poltrone o sul divanetto.
-Davvero lo credi?- domandò Julian inclinando il capo,
curioso.
-Sono una dottoressa,
applico sempre la teoria del rasoio di Occam.- rispose risoluta.
-Il rasoio di chi?- domandò Tom confuso.
-C'è un antico principio in medicina: la risposta
più
semplice di solito è quella giusta. è chiamato
rasoio di
occam. Non so come la pensate voi ma mi sembra più
plausibile
che io stia sognando non che una donna con dei poteri sovrannaturali ci
ha rinchiuso in un labirinto dove tutto è possibile!-
rispose portando, con enfasi, le mani in alto.
-Lo pensi davvero?- domandò Julian un po' deluso, se non
credeva
in quello allora non credeva neanche in lui. Gli aveva detto che gli
credeva quando gli aveva detto di essere un uomo ombra.
-Lo penserei se non ti avessi mai conosciuto. Ma so che eri sincero,
non lo metterei mai in dubbio.- rispose prontamente facendo sorridere,
lievemente, l'uomo ombra. Si erano riposati a sufficienza,
guardò il suo orologio d'argento che, con allarmante
precisione,
li avvertiva che mancava poco meno di tre ore.
-Dobbiamo andare, è tardi.- disse lo chiuse di
scatto.
Indicò la porta e, dopo aver girato quattro volte il
pomello, la
aprì rivelando un paesaggio del tutto diverso. Uscirono uno
ad
uno lasciando per ultimi Julian ed Elly, che si fermò un
momento
a guardarlo.
-Julian- disse lei guardandolo dritto negli occhi
-C'è qualcosa che dovrei sapere?-
Il cuore gli abbatteva all'impazzata, quanto tempo era passato da
quando
era impenetrabile? quegli occhi viola gli trafiggevano l'anima in
profondità. Lo scrutavano attentamente, come si osserva la
preda
prima di colpirlo con il fucile, in attesa, studiandolo.
-No.- rispose -Dobbiamo sbrigarci, Elly- e allungò una mano
verso di lei. Abbassò lo sguardo e la prese, non voleva
vedere i
suoi occhi attanagliati dal senso di colpa.
Ma, infondo, perchè soffriva così tanto? Ogni
persona ha
i propri scheletri nell'armadio, scheletri che vanno tenuti nascosti
agli occhi delle persone a cui vogliamo bene... anche se in questo modo
non possiamo essere del tutto sinceri. Ma faceva comunque male.
-Quando ha iniziato a piovere?- domandò Zach guardando fuori
dalla porta, uscendo con cautela.
-Dal basso verso l'alto.-
notò scioccata Jenny. Era incredibile. Tremendamente
assurdo, surreale, come neanche un sogno dovrebbe essere.
-Com'è possibile?- domandarono guardando Julian.
-Bhè, cosa c'è di strano?- domandò
inclinando la testa come un bambino curioso.
-Cosa c'è di
strano? Non può piovere dal basso verso
l'alto... è impossibile!-
-e contrariamente a quello che sarebbe dovuto essere, e quello che non
sarebbe dovuto essere ora lo è.Vedete?- rispose come se
recitasse una poesia, guardando dritto davanti a se, era diventato
improvvisamente serio. No, non aveva capito granché ma
c'erano
cose più importanti a cui pensare.
Il castello era norme, sembrava gigantesco anche dall'alto piano prima
di entrare nel labirinto ma visto da vicino sembrava davvero
gigantesco, monumentale. Era costruito con mattoni di marmo neri,
lucidi e perfetti. Ma il castello era irregolare con le torri che
sembrava potessero cadere da un momento all'altro. Essere bagnati dalla
pioggia dava una sensazione strana, potevano vedere chiaramente l'acqua
che saliva verso il cielo in piccole gocce, ignorando le leggi base
della fisica, ma le sentivano sulla nuca, come se stessero cadendo nel
modo giusto. Era completamente assurdo quel posto.
Il portone era di un color mogano acceso, massiccio e pesante, come se
nulla potesse scalfirlo. Eppure delle parole erano state incise in
profondità, chiare come se fossero comparse solo ora
Vedere non si può e
neanche sentire
Fiutare non si
può e neppure udire.
Sta sotto i colli e
dietro le stelle
ed empie tutti i
vuoti, tutte le celle.
Per primo viene ed
ultimo va,
a vita e riso termine
da.
-E
questo? Chi lo ha messo qui?- domandò Julian stupito, si era
avvicinato al portone e lo accarezzava con la mano vellutata come
quella di un gatto.
-Sono stata io, ovviamente.- Leanan li guardava come si guardano dei
bambini che recitano una poesia. Sembrava diventare sempre
più
bella, con i capelli che le avvolgevano le braccia e gli occhi di un
blu glaciale.
-Leanan. Cosa vuoi ancora?- Ogni volta che la vedeva era come se non
l'avesse mai vista, c'erano sempre nuovi dettagli da scorgere. Faceva
roteare una sfera di cristallo, grande quanto il suo palmo, lo
guardava, mentre scorreva da una mano all'altra come se fosse attratto
dalla sua pelle.
-Djinn...Non sei stanco di tutto questo...?- domandò
guardandolo
attraverso la sfera, facendone comparire altre due, con un movimento
fluido del braccio.
-Si, ma non ci arrenderemo a te.-
-Capisco.- rispose secca -Non vuoi sapere perchè ti volevo
qui?-
-Vendetta, Lo hai detto tu.- rispose sicuro.
-Ne sei sicuro?- sembrava stanca, inclinò la testa di lato
come faceva sempre Julian. E
lui? ne era sicuro?
-Perchè altrimenti?- domandò infastidito, tutte
le sue certezze stavano crollando come una scultura di sale.
-Per capirlo dovresti svegliarti-
-Cosa..?- domandò inclinando a sua volta la testa.
-Le porte della percezione sono infinite, e basta aprirne una per far
in modo che se ne presentino altre. Ma la mente è soggetta
agli
inganni, proprio come il corpo.- sembrava guardare attraverso Julian,
come se potesse leggere nella sua anima e marchiare a fuoco quelle
parole. Non sembrava avere altro da aggiungere. Sparì di
nuovo,
come faceva sempre, lasciando come un vuoto.
-Non ho capito, cosa intendeva dire?- domandò Tom
accigliato.
-La capisco meno di voi, cerchiamo di capire questo indovinello.-
rispose stancamente, e tornò a studiare la porta. Sentiva la
pelle fredda sotto la camicia, ma non se ne preoccupò, ogni
volta che la vedeva gli venivano sempre i brividi.
-Voi sapete cos'è l'unica cosa che non si può ne
vedere, ne sentire, ne fiutare e ne udire?-
-L'aria? Non avrebbe molto senso...- rispose incerta Jenny.
-Oh, andiamo Jenny. è un indovinello estremamente facile.-
la
stava osservando con un ghigno simile a quello di un lupo -Sono sempre
stato con te, e tu non mi hai mai sentito o visto. Ero ovunque, sempre
presente. E come hai potuto notare quando entravo io in una stanza
potevo dare fine alle risate o anche alla vita di qualcuno.- il suo
sguardo vagò su tutti i volti soffermandosi su quello roseo
di
Summer.
-Sei tu?-
-Ovviamente no. Sono pur sempre l'uomo ombra no? Certo, voi mi avete
conosciuto con tanti nomi diversi ma sono sempre la medesima cosa.-
-L'oscurità...- rispose Jenny stupita. Non perchè
lo
aveva capito solo ora, ma perchè si era resa conto che
avrebbe
sempre dovuto saperlo.
La porta si aprì lentamente, forse per fargli perdere tempo,
forse perchè sembrava pesare diverse tonnellate. Davanti a
loro
si inalzavano delle scale dorate, sembravano le scale del paradiso,
talmente alte da sembrare condurre fino al paradiso. La terra
tremò, forte come mai aveva tremato in tutti i secoli, Jenny
non
aveva mai sentito un terremoto così forte. La terra si
spaccò in due, grossi lingue nere guizzarono dalle crepe del
pavimento, avevano occhi blu come il cielo stellato, e corpi deformi,
come mostri di inimmaginabile cattiveria.
Erano gli occhi che Julian vedeva in tutti i suoi incubi; occhi scuri,
vigili, sardonici, crudeli, divertiti. Occhi antichi, di chi scruta
nelle tenebre da quando la terra era una bambina.
-JULIAN- La
voce degli antenati del ragazzo erano tremende, era come
sentire una montagna che si spezza. Era fredda come il ghiaccio, sporca
dei peccati.
Julian indietreggiò fino ad inciampare negli scalini,
sembrava davvero terrorizzato.
-NO!- urlò quando uno (O più di uno? era
impossibile
capirlo, erano troppo veloci) gli lanciò contro una delle
strane
lingue di materia nera. Si avvinghiarono intorno alle caviglie e
iniziarono a trascinarlo giù, come se volesse fargli
attraversare il pavimento.
Gli uomini ombra risero divertiti.
-Devi Pagare Julian,
questo non è un gioco.-
Con un forte strattone lo tirarono a se. I lacci di tenebra, (come
altro avrebbero potuto definire quei filamenti lunghissimi e neri?) lo
sollevarono come una bambola, stringendogli il collo.
-Devi pagare, devi
pagare.- urlarono gli altri uomini ombra. Il viso di
Julian era rosso per lo sforzo, gli mancava l'aria e aveva la strana
sensazione che tra poco avrebbe dato di stomaco. Non voleva neanche
immaginare cosa gli avrebbero fatto, non ne aveva i coraggio. Lo
sguardo si stava appannando, tutto stava diventando nero, confuso. Il
sangue che pulsava nelle vene era assordante, non sentiva altro.
-Voi...-
gli occhi da coccodrillo dall'uomo ombra si posarono sui piccoli umani -Voi siete gli umani che ci hanno
impedito di prendere la ragazza...- avevano il
cuor in gola, si sentirono stringere con quelle corde che
avevano una struttura gommosa, come se fossero dei piccoli serpenti.
Julian dimenava le gambe furiosamente, cercando di liberarsi, ma stava
perdendo tutte le forse. Lo videro abbandonare le braccia attorno al
collo, mentre si arrendeva.
-NO!- un vento nero li invase, la potenza della notte li avvolse,
liberandoli. Eppure, per un momento, credettero di morire. Julian cadde
a terra con un tonfo sordo, tornare a respirare era dannatamente
doloroso.
Leanan era una furia, i capelli bianchi erano arricciati con delle rose
blu che si incastravano tra le ciocche di un meraviglioso colore
lunare, gli occhi come cabalto liquido e la pelle bluastra, il vestito
bianco latte, lungo fino ai piedi e scollatissimo sul seno. Era bella
come una dea, fiera come un leone. Una principessa delle tenebre
vestita d'argento e diamanti.
-Leanan, non vorrai
sacrificarti per loro. Non vorrai essere come lui.-
indicò il ragazzo che era stato un uomo ombra, uno della sua
stessa specie, un suo fratello, figlio della sua stessa pietra, con
disgusto. Leanan lo guardò un momento e poi tornò
a guardare il suo antenato.
-Io non sono della tua stessa specie. Non puoi cancellare il mio nome,
perchè il mio cuore non c'è più. Sono
più immortale di quanto non lo sia tu. E' per questo che
dovete smetterla di interrompere i miei giochi, sono miei. Questo
è il mio labirinto.-
il suo sguardo serio e posato scioccò per un momento tutti
gli uomini ombra. Erano orribili e, per un certo senso, magnifici.
-Tu...piccola insolente.
COME OSI SFIDARE NOI?-
-Sono molto più antica di voi. Non vi sto sfidando, sto
difendendo il mio territorio.- rispose pacatamente, come se stesse
parlando con un bambino particolarmente stupido.
-Sono nostri. ci
appartengono.-
-Allora faremo uno scambio.- rispose risoluta Leanan con un sorriso
simile al ghigno dello stregato. Un sorriso da lupo incredibilmente
bello, luminoso.
-E cosa ci offri?-
domandò l'uomo ombra leccandosi le labbra, famelico.
-Il mio corpo.- rispose fiera.
Julian si pietrificò sul posto. Non che prima non lo fosse,
era letteralmente terrorizzato, per la prima volta in tutta la sua
esistenza aveva avuto paura di morire, ma ora c'era qualcosa di
diverso. Lei è il nemico, si disse. Perchè si sta
sacrificando per noi?
La guardò per un momento, bella come mai era stata prima,
sotto una luce nuova, un lupo in veste di agnello, in veste di lupo, in
veste di agnello.
-...Se supereranno il labirinto mi avrete, avrete il mio corpo e potere
su di me.- osservando senza espressioni gli uomini ombra che si
leccavano le labbra e strofinavano le mani come mercanti davanti ad una
merce preziosa.
-Lo farai davvero?
Sarà un piacere per noi spezzare il tuo corpo...-
disse languidamente avvicinandosi a lei, senza mai sfiorarla.
-Solo se promettete di non intralciare in alcun modo il gioco,
ovviamente.-
-Ovviamente- risposero
in coro lasciando la sala in un turbinio nero di risate malevole.
Julian si alzò in piedi, osservandola. Erano faccia a faccia
ora, come se si vedessero per la prima volta.
-Perchè?- domandò Julian scioccato.
La dama nera gli sorrise, lasciandoli senza fiato. Non disse una parola
ma si dissolse nell'aria tramutandosi in uno stormo di farfalle blu
notte.
Na na na :D
che ne pensate? ho messo un bel po' di suspance??
perdonate il mio ritardo (che onestamente non è poi chi
ssà quanto u___U) ma ne ho approfittato per sistemare i
capitoli precedenti cercando di correggere tutti gli errori che trovavo
(considerando che era solo l'una di notte immaginate che lavorone!:'D)
le cose al contrario mi hanno sempre affascinata, sono una grande
lettrice di Alice nel paese delle meraviglie & attraverso lo
specchio (l'ho letto solo in lingua originale, ma almeno un miliardo di
volte!)
spero di aver scritto un bel capitolo perchè non sapevo
proprio che inventarmi!
ok, facciamo un piccolo riassunto:
Mikey è morto (sing, mi stava simpaticissimo
Michael3) e ora siamo già nel castello... direi che
abbiamo quasi finito! (o forse no...:D?)
sono comparsi quei simpaticoni dei nostri uomini ombra (le
cheraleders come le chiamo io XD)
e Leanan ci ha stupito con uno strano atto di bontà!
inutile che mi chiedete cosa succederà perchè
invento tutto al minuto -è anche per questo che ci metto un
secolo!-
Anyway see you soon!
buonanotte/buongiorno
Cyanidelovers.
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Capitolo 13 *** Tears of Blood: The End? ***
13
Tears of Blood: The End?
Siamo tutti delle tante storie
alla fine. Fa che sia una bella storia però, eh?
-Doctor Who
Doveva capire, capire perchè lo aveva fatto.
''Perchè?
Perchè hai fatti una cosa così
stupida?''
La mente di Julian turbinava in maniera folle, sconnessa con
la realtà, solo l'improvviso dolore al petto lo fece
affiorare
dalla confusione della sua testa.
-Julian, che ti succede?- domandò spaventata Elly vedendolo
piegato su se stesso. Tom si mise davanti a lei e aiutò il
ragazzo a sedersi per terra, respirando in modo forzatamente
controllato. Lo guardò, sembrava il fantasma di se stesso,
l'immagine del temibile uomo ombra era diventata sfumata e difficile da
cogliere, aveva lasciato spazio al ragazzo seduto per terra, pronto a
sacrificarsi per i suoi amici.
-Come ti senti? Ti fa molto male?- domandò Tom
chino su di
lui, sussurrando per non farsi sentire. Si accorse con un sussulto che
gli stava stringendo la spalla, la stessa che aveva toccato, con mani
infuocate, Leanan.
-Sto bene, era solo....forza andiamo, siamo quasi arrivati.- rispose
alzandosi in piedi e interrompendosi. La scala dorata e paradisiaca li
invitava a scoprire cosa c'era ad attenderli.
Tutti si stupirono del suo strano comportamento, cos'era quella smorfia
di dolore che aleggiava sul suo viso? dov'era la sicurezza sfrontata,
dov'era finita?
Eccola, si risposero.
Ecco la voglia di combattere, di vivere, di sognare, eccola riaffiorare
in lui. Potente come un colpo di pistola.
Ogni scalino era una storia, un'emozione.
Il giorno in cui era stato imprigionato in uno sgabuzzino, i suoi
antenati che agitavano le loro lingue appuntite, le loro grida
fameliche;
Il giorno in cui quella porta si era aperta, la piccola Jenny
in
un turbinio di lucentezza che si era trasformato in ceco terrore,
raramente aveva visto qualcosa di così luminoso.
Ogni giorno, ora, minuto, secondo in cui la osservava. Lentamente
cresceva, bella come un raggio di sole;
Il suo bacio con il piccolo Tom Locke, una pugnalata al suo cuore di
demone;
Lei che comprava il gioco nel suo negozio, agitata e preoccupata;
Il suo rifiuto; la sua vittoria nel primo gioco;
la scottante consapevolezza d'essere stato raggirato.
E poi ancora....Lui che usciva dallo sgabuzzino,
la sua caccia, inebriante come un vecchio liquore;
il fuoco dal quale la ragazza era riemersa come una fenice.
La paura di averla persa per sempre per un suo stupido errore,
lasciarla sola in una caverna con in agguato i suoi antenati,
Il pensiero che loro avrebbero potuto avere qualcosa che sentiva di
appartenergli.
La sua morte, era stata quasi una bella sensazione se messa a confronto
con la sua vita.
Certo, poi era precipitato in un mondo dove lui era la preda e Leanan
la cacciatrice, ma ne era valsa la pena.
Il ricordo del suo ritorno, umano, il petto che bruciava,
L'urlo della ragazza che lo aveva trovato in una stanza buia;
Il suo viso,
il suo nome,
il suo corpo perfetto,
la sua anima, incorniciata tra cielo e terra,
luce e tenebre.
Quel segreto che tante volte lo aveva costretto ad odiarla,
con un'incredibile voglia di aprire in due la sua testa, violare ogni
cancello che l'anima aveva costruito intorno al segreto come fosse un
tesoro e scoprire cosa c'era da nascondere.
Eppure....Elly, Elly, Elly, Elly, Elly....
sentire di provare qualcosa per una ragazza che non fosse Jenny
era....come una sbornia.
Lo aveva completamente sconvolto;
quella sensazione....quella sensazione era diventato amore;
un amore bruciante che avvolte lo lasciava senza fiato.
Anche un povero diavolo ha diritto ad un'altra chance.
Ogni scalino d'oro era un ricordo, un pensiero, un sorriso, una
lacrima...finché non arrivarono in cima.
Davanti a loro c'era Jean in piedi ad aspettarli. Sembrava
terribilmente stanco, come se fosse rimasto li in piedi ad aspettarli
per tutto quel tempo. Julian lo guardò come se lo vedesse
per la
prima volta; indossava una tunica bianca che scendevano sui fianchi
stretti, evidenziando il suo fisico asciutto e muscoloso, degli stivali
dello stesso colore e una cintura di smeraldi. Come aveva fatto a non
notarlo? eppure era lo stesso completo che indossava alla festa, era
vestito da Erlking.
-Jean!-
urlò Elly, felice e
preoccupata. Non appena lo
toccò il ragazzo svenne, come se tutte le sue energie
fossero
state prosciugate. Elly lo fece stendere, con l'aiuto dell'uomo ombra,
prese la testa e la appoggiò sulle gambe. Poi, da bravo
medico, iniziò a controllare il polso e il respiro.
-Come sta?- domandò Julian preoccupato. Dopo tutto quello
che
era successo sentiva il bisogno di una buona notizia, e poi gli sarebbe
dispiaciuto se quel ragazzino...
-Sta bene, non ti preoccupare. E' solo molto stanco.- Elly
sentì
Julian fare un lungo sospiro di sollievo, che aumentò quando
Jean aprì gli occhi.
-Elly.- sussurrò lievemente -Perdonami, è tutta
colpa mia.- disse disperato, mentre si metteva a sedere.
-Perchè dici così?- domandò lui, come
se qualcosa gli stesse sfuggendo, qualcosa di davvero pericoloso.
-Quella ragazza...
è stata
lei a darmi i biglietti. Sono stato
uno stupido, ma lei ora mi spaventa, Julian. Ha detto che mi vuole
strappare
gli occhi.- disse terrorizzato, sforzandosi a deglutire. Gli occhi
erano quasi neri per la paura, Julian lo fissò per un
momento
come se quello che gli avesse detto non avesse senso. ''Gli occhi?'' si domandò ''Perchè?''
-Non ti preoccupare,
ora ce ne
andiamo.- mentì, non riuscì a farne a meno. Come
poteva
dirgli che non aveva la minima idea di come uscire da quel dannato
labirinto?
Anche se erano
arrivati al castello
Leanan li avrebbe ostacolati in qualche modo, ne era sicuro.
Si
guardò in torno, la sala era enorme, con i muri color crema
e le
colonne in oro. Non una porta, ovviamente.
-Mi stavi aspettando?-
Sentire la sua voce, bella come quella di una sirena, proprio dietro di
lui fu quasi poetico. E' apparsa
proprio quando ho formulato il suo nome nella mia testa,
pensò con un sorriso da lupo, voltandosi. Lei era
incredibile,
bella come una rosa selvatica. Aveva un vestito del colore del cielo,
andava dal blu notte al viola pervinca in una sfumatura uniforme ed era
decorato con dei piccoli diamanti, le costellazioni erano sistemate con
una precisione millimetrica. Le spalle cianotiche, come il resto della
schiena nuda, erano accarezzati dai capelli lunghissimi e bianchi,
aveva una torcia d'argento in mano. La luce della fiamma danzava nei
suoi occhi, creando uno strano effetto, come se un mare arancione si
scagliasse contro l'azzurro del cielo.
-Leanan...-
Commentò osservando il suo viso perfetto, le labbra carnose
erano tirate un sorriso compiaciuto.
-No, per il momento
sono Ecate.-
rispose come se fosse una battuta. Tutti la guardarono stupiti, senza
capire, mentre Julian buttava il capo all'indietro e si scioglieva in
una risata di lupo.
-Che ti prende?- domandò Audrey scontrosa, voleva uscire da
li, o
che Julian staccasse la testa a quella strega. Era stata lei, era stata
colpa sua se Michael....
-Perdonami.
Ovviamente, si è
paragonata ad Ecate perchè è la dea della notte,
degli
inganni e dei lupi. Se c'è una cosa che ho sempre
apprezzato di te è il grande senso dell'umorismo.-
disse dopo aver improvvisamente cambiato umore. Lei lo
ignorò, si spostò verso Jenny e la
guardò con i
suoi occhi di ghiaccio.
-Sai Jenny... fu Ecate
a sentire le
urla disperate di Persefone quando Ade la portò con se negli
inferi.- disse molto seriamente, come se le stesse raccontando una
brutta disavventura.
-Cosa... cosa vuoi
dire?-
domandò lei, con un visibile tremore nella voce. Si
avvicinò a Tom, agrappandosi al suo braccio, senza farsi
notare.
-Tu le assomigli
molto, capisco
cosa abbia visto Julian in te. Ma ora sembri diversa come se ti fossi
spenta, è un tale peccato...- sussurrò voltandole
le
spalle. Jenny si portò le mani tra i capelli, urlando.
Julian
corse verso di lei, mente si accasciava a terra, senza mai smettere di
urlare. Stringeva gli occhi come se le stesse per esplodere il
cervello. Tom la sorresse, terrorizzato.
-Leanan, basta!-
urlò
Julian, anche lui spaventato. Lei lo guardò con uno sguardo
empio, come se gli stesse chiedendo qualcosa di molto noioso, lo
sguardo arrabbiato di un bambino a cui è stato appena
chiesto di
interrompere il suo gioco preferito. Con un ghigno, schioccò
le
dita e Jenny smise di urlare. Tremava come una foglia, gli occhi erano
spalancati e respirava velocemente.
-Stai bene?- domandò Tom aiutandola ad alzarsi,
sorreggendola. Lei annuì appena, troppo scossa anche per
parlare.
-In ogni caso.- disse Leanan come se nulla fosse successo - Un giorno
Ade vide una bellissima ninfa di nome Methis e se innamorò,
erano passati secoli e ancora Persefone non lo ricambiava, seppur
sposati... e lui aveva così tanto bisogno d'amore!
Perchè
sprecare l'eternità per Persefone che non lo avrebbe mai
amato,
se adesso il suo cuore batteva di nuovo? Tutta via a quel tradimento
lei impazzì di dolore e uccise la ninfa.- il suo sorriso da
lupo si
era allargato in modo spaventoso. Jenny ebbe un sussulto, come se
qualcuno l'avesse pizzicata, i suoi occhi divennero di un inespressivo
grigio.
Si alzò in piedi come un automa, spingendo da parte Tom. Non
appena cercarono di raggiungerla delle grosse catene nere comparvero
intorno a loro, erano pesantissime e, più si agitavano,
più diventavano strette. Julian urlò il suo nome,
ma lei
sembrò non sentirlo. Si avvicinò a Dee e le
sfilò
il coltello d'argento dall'ampia tasca dei pantaloni.
-Raggio di sole, cosa ti succede?- domandò lei, che stava
cercando di dimenarsi. Rimanere ferma per lei era davvero una tortura.
La ragazza ignorò anche lei e si avvicinò in modo
pericoloso ad Elly, l'unica (oltre Jenny) che ancora si poteva muovere.
Arretrava lentamente, come si fa con le persone instabili.
-Jenny, guardami. Sono io. Che cosa stai facendo?- domandò
Elly
lentamente mentre la bionda si avvicinava verso di lei con il coltello
in mano. Improvvisamente, con suo grande terrore si sentì
sfiorare i polsi, ed ebbe giusto il tempo di vedere le catene che
avvolgevano anche lei nelle catene.
Jenny alzò il coltello e iniziò ad incidere la
pelle di
Elly, fiotti di sangue caldo iniziarono a scendere come lacrime dai
suoi occhi.
Julian non sapeva cosa fare. Non riusciva a liberarsi, e ogni urlo di
dolore di Elly era come una coltellata in pieno petto, avrebbe voluto
urlare anche lui. La chiave! il suo cervello si mise in moto alla
velocità della luce, ricordandosi della piccola chiave
d'argento
che aveva ricevuto in cambio della soluzione dell'indovinello. Una
piccola chiave d'argento. La cercò frenetico, con le
orecchie
piene delle grida disperate della ragazza. Non riusciva più
neanche a muovere le mani da quanto erano strette le catene, quando
riuscì a prendere la chiave, finalmente, la provò
senza
esitazione e la infilò nel lucchetto.
Con il cuore in gola, perse un battito, quando non sentì il
meccanismo scattare. La chiave non girava, non era quella giusta.
-Leanan!- urlò furioso. I suoi occhi erano così
scuri e
minacciosi che anche la persona più coraggiosa del mondo si
sarebbe spaventata. Ma non lei. Si girò lentamente, proprio
per
farlo innervosire ancora di più. Poteva sentire il suo
terrore,
la sua rabbia. Era un sapore quasi dolce al palato.
-Si?- disse chinandosi verso di lui.
-Basta. Non puoi farlo, è contro la legge! Stai
imbrogliando.-
urlò, ma la sua voce fu sopraffatta dalle urla di Elly che
diventavano sempre meno potenti.
Le stava cavando gli occhi. Jenny, la dolcissima, buona, bellissima
Jenny le stava cavando gli occhi. Non riusciva a pensare ad altro, se
non al dolore.
-Non posso?- domandò inclinando di lato la testa come una
bambina -A cosa ti riferisci di preciso?-
-Sai benissimo a cosa mi riferisco. Stai imbrogliando, non puoi
catturarci e non darci la possibilità di liberarci. E' una
delle
prime regole che...- La voce di Elly si era affievolita ancora di
più, Julian riusciva a sentire i suoi respiri affannati,
terrorizzati. Doveva assolutamente trovare il modo per portarla fuori
di li, se fosse riuscito a raggiungerla prima che morisse, se l'avesse
guarita come aveva fatto con Audrey e Tom, lei si sarebbe salvata.
-Oh, ma io non sono della tua razza, ricordi? In più quella
non
è una regola scritta, diciamo che è il vostro
accordo per
rendere interessanti i vostri giochi.- la risposta gelò il
sangue all'uomo ombra. Era assurdo, non poteva credere che per un
momento aveva avuto paura per lei.
-Tuttavia...- disse alzando gli occhi con fare vago -Potrei permetterti
di salvare gli altri.- Julian sentì una crepa profonda che
si
allargava dentro di lui, sentì il sospiro sommesso di Elly e
la
fine di tutte le sue urla. Era come se si fosse perso in una nebbia
nera, non faceva che pensare No,
no, no.... lei no, ti prego, resisti. Resisti. Ma
non poteva fare nulla. I suoi poteri erano completamente inutili per
spezzare le catene, e la piccola chiave d'argento non girava, si
sentiva inutile, avrebbe preferito morire lui al suo posto. Jenny ebbe
un forte sussulto e incespicò su i suoi passi mentre
arretrava,
terrorizzata.
-Elly!- urlò cadendo all'indietro. Il viso della bruna era
una
maschera di sangue, al posto degli occhi vi erano due grosse
cavità che ricordavano due tunnel scuri. -Oddio. Mi
dispiace,
i-io non volevo. Lo giuro, lo giuro, lo giuro...- portò le
mani
al volto, ma si accorse che erano ricoperte di rosso. Respirava a pena,
aveva la nausea ma non faceva che pensare a quello che aveva fatto.
-Hmmm.... Quella ragazza è davvero fastidiosa quando piange.
Dovrei ucciderla.- disse avvicinandosi a Jenny. Julian
sembrò
non sentirla, aveva gli occhi vuoti, come se fosse morto di nuovo.
Avrebbe voluto esserlo.
-Julian, ti prego, perdonami. Non volevo.- singhiozzò
disperata.
Lui distolse lo sguardo, avrebbe preferito non vedere nulla. Ma anche
se l'avesse perdonata non poteva fermare Leanan che le si avvicinava,
fiera come una regina.
-Leanan...- Jean pronunciò quel nome con una voce vuota e
priva
di emozione, era totalmente sotto shock. La donna si voltò
verso
di lui, con un sorriso dolcissimo, si sedette accanto a lui e prese il
suo viso tra le mani, come un'amante che vede il suo innamorato dopo
anni di separazione.
-Si, piccolo mio?-
-Ti prego, non uccidere Jenny. Lei è buona, non farle del
male.- Parlava in modo monotono, lentamente.
-Oh, tesoro... nessuno ti ha mai detto che al mondo non interessa
ciò che vuoi? A loro importa solo di strapparti via il
cuore,
nessuno ama sul serio. Tutto finisce, irrimediabilmente. L'amore non fa
eccezione.- Sussurrava quelle parole con una grande
serietà e per un momento parve triste, come se le fosse
difficile ammetterlo.
-LEANAN- urlò arrabbiato -Liberami subito, ti puniranno.-
stava
cercando di spaventarla, anche se quello che diceva era vero.
L'avrebbero uccisa se non avesse giocato seguendo le regole. Le rune
non potevano essere ignorate.
-Molto bene.- Disse alzandosi. Con uno schiocchino di dita le catene si
dissolsero, così come a tutti gli altri. Il corpo di Elly
cadde
a terra in modo scomposto, grottesco. Julian corse verso di lei,
superando Jenny in ginocchio accanto a lei. Sapeva che non poteva fare
nulla per lei, lo sapeva....ma non riusciva a capacitarsene. Non era
come quella volta che l'aveva creduta morta, non si sarebbe svegliata,
non l'avrebbe guardato meravigliato, non gli avrebbe regalato uno dei
suoi sorrisi ampi e luminosi. Non poteva fare altro che stringerla tra
le braccia, ma era quasi doloroso...poteva sentire tutte le lacrime che
aveva versato durante quell'agonia, tutto il suo dolore che diventava
il suo.
La porta era proprio alle spalle di Leanan. Era un portone circondato
da colonne strette e da capitelli completamente dipinti di un blu
oltremare. Proprio come la casa del film ''Notting hill'', il film che
Elly gli aveva fatto vedere almeno tre volte perchè le
piaceva
l'attore. Rideva quella volta, con gli occhi luccicanti mentre
sgranocchiava i suoi pop-corn da una ciotola verde. Per tutto il tempo
lui non era riuscito a seguire a storia, era stata la prima volta che
aveva notato quanto fosse bella, speciale.
Si alzò, furioso. Provava un odio ceco, che aveva quasi
dimenticato. La terra lo aveva in qualche modo ammorbidito. Ma ci sono
cose che non possono cambiare, nessuno può cambiare
ciò
che realmente sei, forse solo l'amore.
-Bravo Julian, Odiami. E' questo che fa un uomo ombra, odia,
distrugge.- Con il coltello stretto nella mano, in un movimento
fulmineo, le fu a pochi centimetri, i loro visi per poco non si
sfioravano. Senza pensarci due volte, le conficcò il
coltello
allo stomaco.
Spalancò gli occhi, sorpresa. Si aggrappò a lui,
mentre
la sua mano affondava la lama nella carne, gocce scure cadevano per
terra.
Mi hai tolto tutto
ciò che volevo, tutto ciò che desideravo. Pensava
furioso Ti odio, ti
odio, ti...
La sentì tremare mentre portava le braccia intorno al suo
collo,
mentre infrangeva le distanze, mentre o abbracciava. La
sentì
sospirare sofferente quando le sue labbra toccarono le sue, e le gambe
le cedettero quando strinse la sua mano tra i capelli.
...Odio, ti odio...
Lei lasciò le sue Labbra, si sciolse dal bacio,
ma gli
rimase ancora agrappato. Sembrava passata un'eternità ma
ciò che rimaneva sulla pelle erano solo una manciata di
secondi
e qualche goccia rossa.
-Questo sogno era fantastico, non credi? Come una droga o una storia
che finisce come meno te lo aspetti, dovremmo crearne un'altro.-
La spinse via, il suo sguardo era indecifrabile, gli occhi ormai
spenti. Era stesa a terra, le braccia aperte, come se si aspettasse un
abbraccio. Terribile e bellissima, con un fiore che le cresceva in
petto, rosso come sangue. Ma non c'era more in quel bacio, solo
qualcosa di più misterioso e profondo che per un attimo
aveva era riuscito a cogliere, per poi vederlo sparire.
-Andiamo, presto.- Ringhiò prendendo tra le braccia il corpo
di
Elly, era così leggera...come una farfalla con un'ala
spezzata.
Dee prese Jean, che sembrava non riuscire a muoversi. Era preoccupato,
per lui era stato uno shock vedere morire la sorella, ma non lo avrebbe
abbandonato, avrebbe fatto in modo che vivesse in modo sereno, lontano
dalle ombre. Era questo che avrebbe voluto Elly.
Tom fece alzare Jenny e la trascinò fuori dalla porta,
corsero
prima che qualcosa potesse andare storto, dovevano sbrigarsi. Ma Julian
faticava a fare l'ultimo passo, si voltò i in dietro, a
guardare
la ragazza che poco fa lo aveva baciato. Morta, eppure lo aveva avuto
in pugno.
Cosa significava quel bacio? non lo aveva capito. Forse, si disse, non
lo avrebbe lai saputo.
Con passo deciso, si volto e traversò la porta.
Si sentì cadere, una profonda e innaturale sensazione di
vuoto
lo travolse, i viaggi nei mondi non erano così. C'era
qualcosa
di innaturale,sbagliato. Ma prima che potesse capire da cosa provenisse
quel senso di empietà, le sue mani toccarono a terra,si
sentì schiacciare dalla forza di gravità,
l'asfalto era
nero e freddo. Rimase senza fiato per un secondo o due, rimanendo a
terra, cercando di percepire qualche suono, qualcosa.
Ma era solo, in una strada deserta, davanti una casa. Il cielo era
scuro e privo di stelle e di luna, indossava il suo spolverino nero e i
pantaloni del medesimo colore, si sentiva completamente disorientato.
Non perchè non sapeva dove fosse, ma perchè
sapeva
esattamente dov'era.
Dove tutta quella storia era
iniziata, dov'era cambiato.
Possibile che fosse tornato indietro?
Buona sera e buongiorno :D
BHè, che dire? io lo so che mi beccherò tutto il
carretto
del fruttivendolo, che ho incasinato le cose, che probabilmente non si
saprà mai il segreto di Elly, e no, Leanan non mi
è
sembrata affatto buona u___u o magari, tutto si sistemerà,
chi
può dirlo? (attenzione: sono sadica, se dico così
potrei
anche cambiare idea)
Spero di non ricevere solo insulti, non sapevo bene come realizzare
questo capitolo, quindi perdonatemi se non è molto
convincente,
ma ditelo! le critiche sono sempre bene accette :)
ok, ammetto che non so bene cosa dire su questo capitolo :/ sappiate
solo che è stato tosto. in più mi hanno fatto
notare che
il personaggio di Julian era un po' OOC in questa storia. che ne
pensate? ammetto che in effetti ci ho pensato anche io!
prometto che la prossima storia che scriverò (che ho
già
in mente) sarà scritta ed ideata meglio u__U mi ci
impegnerò con tutta me stessa!
un super-mega bacione.
con tanto affetto Cyanidelovers!
PS: ringrazio chi sta seguendo la raccolta ''come to the dark side, we
have cookies :D si, nell'ultima ''the hunt'' finalmente Julian si
è ripreso il ruolo che gli spettava, grazie a Light_sun per
l'aiuto ;D
un bacio (ancora)
|
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Capitolo 14 *** The Butterfly Effect ***
14
The
Butterfly Effect
Dormiamo; un sogno ha il
potere di avvelenare il sonno.
Ci alziamo; un pensiero vagante contamina il giorno.
Sentiamo, comprendiamo, o ragioniamo; ridiamo o piangiamo,
accettiamo con amore il dolore, o gettiamo via i nostri affanni:
è lo stesso.Perché che sia gioia o sofferenza,
il sentiero della sua partenza è ancora libero.
Lo ieri dell’uomo non può mai essere come il suo
domani;
niente può durare, tranne la mutabilità.
Mary Shelley - Frankenstein
L'asfalto
era freddo, leggermente bagnato, doveva aver appena finito di piovere.
La notte era così scura da celarlo, le ombre danzavano sul
suo
corpo come se riconoscessero la sua natura. Sembrava una statua di
ghiaccio, gli occhi luminosi, di un azzurro scuro e penetrante, i
capelli color brina. Guardava la casa davanti a lui con aria
confusa. Che diavolo ci faceva li? Come poteva essere finito
in
quel posto? Diamine, sentiva che la testa presto gli sarebbe esplosa.
Aveva ucciso Leanan, aveva visto il suo corpo per terra,il sangue. Non
poteva essere un suo trucchetto. Ma allora, perchè da quella
finestra si vedevano i capelli corvini di Elly, la chioma bionda di
Jenny e i loro sorrisi luminosi, senza una nota di sofferenza o
paura?
Insomma, cosa cavolo
succede nei nove mondi, cos'è la fiera delle
assurdità?
Tornò
a studiare
la casa, come se da un momento all'altro si potesse trasformare in un
giocattolo di carta. Si guardò le mani, probabilmente aveva
ancora i poteri. Era una forza difficile da spiegare, era come
un'energia che gli pulsava nelle vene, forte e primordiale.
Sparì in una nuvola di fumo nero, la sensazione di Deja
vù era come un tornado.
Ecco, la stanza era buia, le sentiva parlare a bassa voce. La casa
era deserta, tutto come all'ora. C'era stato tantissime volte, spesso
aiutava Jenny per
riscattarsi. Era una casa per bambini senza genitori, una specie di
orfanotrofio, ma non rimanevano li a dormire e potevano giocare tutto
il giorno. Non sapeva neanche quante volte era tornato a casa di Elly
con grossi segni di pastelli e pennarelli per tutto il corpo. Gli
piaceva, pensò con una nota carica di auto-ironia, quei
piccoli
umani lo stupivano sempre con domande cariche di grandi significati
della vita. Sorrise, i bei vecchi tempi sarebbero mai tornati? Sapeva
che nella vita (e nell'eternità) la vita è una
strada
ricca di deviazioni, di cambiamenti e metamorfosi.
Si portò le mani al petto, la ferita aveva iniziato a
bruciare,
ancora la sensazione di Deja vù gli fece girare la testa,
faceva
troppo male. Si accasciò a terra, respirando a stento,
mentre
con la coda dell'occhio vedeva la luce che si accendeva, la bella
ragazza con gli occhi luminosi si stava avvicinando.
NO, non posso farlo!
-Uh-
-Che c'è Elly?- Jenny si avvicinò a lei,
aprì la
luce ma la stanza era vuota, dipinta con colori pastello, caldi e
rassicuranti.-
-Nulla. Mi sembrava di aver visto qualcuno...- Sussurrò
-Comunque devo andare in ospedale, ho il turno di notte e mi hanno dato
un bambino in cura. Non riesco proprio a capire cos'abbia.- disse con
voce preoccupata. Jenny l'abbraccio, rincuorandola. Aveva visto
un'ombra strana nella stanza prima di aprire la luce e il suo pensiero
era scattato veloce intorno ad un solo, vecchio, nome.
Julian...?
Doveva solo ignorare quanto facesse male. Era ricomparso a casa della
ragazza, l'odore che aleggiava sapeva di famiglia. Non aveva mai
provato
una sensazione così bella. Non aveva mai avuto una famiglia.
Ma
doveva sbrigarsi, se aveva ragione, Elly non sapeva neanche della sua
esistenza. Si era sdraiato a terra, respirando profondamente,
aspettando che il dolore passasse. Era molto difficile, non era solo
dolore fisico.
L'ho fatto...ma
perchè? Potevo riaverla, e invece sono scappato.
si disse, neanche lui riusciva a capire cosa gli fosse successo in quel
momento. Aveva solo pensato ''Se tutto accade come era già
accaduto, lei morirà di nuovo. Non voglio che accada''
Si alzò controvoglia, e iniziò a vagare per casa,
come
un'ombra solitaria. Ogni stanza gli regalava un ricordo, e ogni ricordo
era una stoccata di freccia avvelenata.
Avrebbe preferito cancellare tutto, avrebbe voluto ciò che
era suo.
Si fermò davanti alla stanza di Elly. I mobili erano
raffinati,
in un interessante misto tra moderno e romantico. Si
avvicinò al
cassetto, dove c'erano una piccola lampada e un vecchio libro
consumato, lo aveva notato una volta sola, il titolo lo aveva attratto
scoprendo-con disappunto- che era solo un libro per bambini. Quando le
aveva chiesto spiegazioni gli aveva risposto ''Oh, si. Si chiama Gli incubi di Heazel.
E' un libro che leggevo spesso da bambina, mi aveva letteralmente
stregata.E' come se facesse parte di me, come se mi raccontasse. E
quando sono triste ne leggo qualche pagina, perchè mi
ricorda
che nella vita non si può essere sempre felici. Bisogna
amare la
pioggia per vedere un bell'arcobaleno''
Lo guardò, lui non aveva nulla che gli ricordasse la sua
esistenza, che fosse legato alla sua anima. Non aveva un vecchio
oggetto che raccontava qualcosa di se.
Si sedette sul letto e aprì il cassetto, un piccolo
quadernino era poggiato in modo invitante.
-Ok, non sono così meschino.- bisbigliò a se
stesso,
prendendo tra le mani il
diario, non poteva leggerlo. -Ma che dico? Sono un uomo ombra!- un
meraviglioso, e spaventoso, sorriso da lupo era comparso sul suo volto.
Infondo era una cattiva azione fatta a fin di bene.
Eppure sfogliando le
pagine non aveva ricevuto quella tanto agognata conoscenza.
-QUI NON C'È' SCRITTO NIENTE!- ringhiò scagliando
il piccolo
quadernino contro il muro. Avrebbe voluto distruggere tutto, avrebbe
voluto....
NO!
Non doveva fare niente di avventato. Si conosceva, conosceva la sua
razza. Distruttori; ecco cos'erano.
Si era impegnato così tanto per cambiare, per nascondere in
profondità i suoi desideri più oscuri. Non poteva
rovinare
tutto ora, doveva essere sicuro che Elly fosse felice, con lui o senza
di lui.
Raccolse i fogli e li rimise nel quaderno, lo ripose nel cassetto, come
se nessuno lo avesse mai toccato. Si alzò dal letto e
andò in cucina dove, nella penombra della notte, il grande
foglio degli orari dei turni degli specializzandi era sistemato con
precisione maniacale.
-Bene, oggi è lunedì sera. Se non fosse stato per
un
certo uomo ombra che è apparso in una specie di asilo,
terrorizzandola, e non avesse chiesto ad una collega di sostituirla per
quella notte, lei starebbe seguendo la corsia numero 3.
Starà
via dalle otto di sera alle cinque del mattino.- Stava riflettendo con
freddezza analitica, studiando tutti i momenti in cui avrebbe
avuto la casa libera. Doveva arginare il problema alla radice, ma non
si doveva far scoprire perchè altrimenti lo avrebbe
conosciuto.
Era davvero un casino incredibile.
-Abbiamo la casa tutta per noi stanotte. Cosa hai voglia di fare,
tesoro?- Leanan era proprio dietro di lui, indossava dei shorts neri,
stivali e canottiera dello stesso colore, era seduta sul piano della
cucina come se fosse del tutto a suo agio.
-Tu! Come diavolo fai ad essere ancora viva?- ringhiò
voltandosi. Come sempre era bellissima, ma aveva qualcosa di diverso
che in quel momento non riuscì ad afferrare.
-Potremmo guardare un film e ordinare delle pizze. Io amo la
biancaneve, bianca e semplice.- Si era alzata, i suoi piedi avevano
toccato terra con un piccolo saltello, fuori iniziava a nevicare.
-Leanan, non scherzo.Non farmi arrabiare, non ti piacerei.-
continuò minaccioso, i suoi
occhi erano attraversati da lampi che avrebbero fatto paura al Diavolo
stesso.
-Cosa stai combinando?- la sua voce era cambiata, non stava
più
giocando, era diventata incredibilmente seria. Lui la guardò
senza capire, con la testa inclinata e i grandi occhi azzurri
spalancati.
-Perchè hai cambiato la storia? Perchè non sei
andata da
lei, non la ami?- Sembrava davvero confusa, per un essere che vive
dall'inizio dei tempi, abituato come loro ad avere tutto ciò
che
desideravano, non era normale quel comportamento.
-E' complicato.- rispose Julian, distogliendo lo sguardo. Come lei, il
suo umore era cambiato.
-Complicato? Capisco.-
-Come fai ad essere ancora viva? Ti ho uccisa.- doveva capirlo,
assolutamente, doveva capire perchè la vedeva ancora,
perchè sentiva le sue mani calde accarezzargli il collo,
perchè sentiva il suo corpo sottile e sinuoso stretto in un
abbraccio perverso. Si erano baciati, ma non c'era stato amore il quel
bacio, solo odio, rancore, e un'emozione che non era riuscito ad
afferrare.
-Tutto cambia e si trasforma. Anche la morte è una
trasformazione.- rispose sillibina.
-Lo so bene. Ma non si può tornare dalla morte, non
è
possibile.- Si era avvicinata ancora di più ma lui non era
arretrato dun passo, aveva uno sguardo duro, i suoi glaciali occhi
azzurri la trafissero come coltelli.
-Ma allora, come hai fatto a tornare tu?- Julian rimase per un attimo
interdetto, era quello che si chiedeva tutti i giorni appena sveglio.
-Non lo so.- confessò abbuiandosi.
-Quindi, forse tornare dalla morte non è impossibile. E se
invece fossimo pura fantasia? E se non esistessimo? e se questo fosse
tutto un sogno, come lo capiresti?- Il suo sguardo si era trasformato,
in quel momento gli parve più piccola, sembrava talmente
confusa...Come se stesse per impazzire.
-Non lo so.-
Rimasero per un momento in silenzio, due divinità celate
dall'oscurità di una cucina in piena notte. I loro occhi
scintillavano
come lampi, i capelli erano bianchi come neve che cadeva silenziosa
fuori dalla finestra.
-Non mi piace più questa storia.- Leanan distolse lo
sguardo, sembrava infastidita.
-Di che storia parli?-
-Di questa. Se la ami, dovresti lottare per lei.- sbottò
incrociando le braccia al petto, non lo guardava e lui non
capì i
suoi sentimenti in quel momento.
-Perchè te ne lamenti? E' una mia decisione ed è
tutta
colpa tua se ora non va come sarebbe dovuta andare, è la
vita.-
Anche lui portò le braccia al petto, in una posa speculare
alla
sua. La odiava, i suoi cambiamenti di umore erano tremendi. Un momento
prima gli aveva salvato la vita e quello dopo aveva ucciso la donna che
più amava al mondo.
-Ma se hai smesso di lottare per lei, per cosa lotterai adesso, cosa
diavolo stai facendo?- Il suo sguardo era incredibilmente penetrante.
Già, cosa
diavolo stava facendo?
-Avvolte, se ami una persona, devi lasciarla andare. Lasciarle vivere
una vita piena e felice, anche se non la vivrà con te...
Anche
se non la dimenticherai mai.- non sapeva da dove avesse preso quella
risposta, gli era uscita spontanea, aiutandolo a capire di
più
quel sentimento così estraneo
-E' quindi questo l'amore?-
-Mi ci è voluto molto tempo per capirlo, ma si. E' questo
l'amore.-
tornarono a studiarsi in silenzio, i due grandi nemici che discutevano
di amore e della vita. Perchè, invece, non si erano
affrontati?
Quello era sembrato un momento talmente solenne da non poter essere
infranto. Poi, come se fosse punta da un ago, si voltò di
scatto
guardando il grosso pendolo che batteva le due di notte.
Era davvero passato
tutto quel tempo?
-Devo andare.-
Come sempre, prima che potesse protestare o dire qualcosa, era
già sparita. La imitò, nascondendosi tra le
ombre.
Avrebbe aspettato che Elly tornasse.
Le ore erano passate lentamente, in modo noioso. Era quasi l'alba
quando la porta di casa si aprì con un piccolo scatto, la
ragazza dai capelli corvini sembrava stanca, esausta. Eppure, non
l'aveva mai vista andare subito a dormire, appena rientrava iniziava a
sistemare tutte le sue cartelle, e prendere appunti e a studiare. Con
un piccolo ghigno si ricordò di tutte le volte che era
rimasto
sveglio con lei per farle compagnia ''L'esistenza di un essere umano
è noiosa e io non ho sonno.'' le aveva detto una volta
facendola
ridere.
Entrando nell'accogliente salone gli passò ad un palmo di
naso, ma non lo vide.
Salì silenziosamente le scale e i mise comoda,
posò il
borsone e tolse i camici sporchi, li infilò in lavatrice e
l'accese. La macchina emetteva un rumore tremolante, attutito dal
suono dell'acqua della doccia. Era... bella,così bella da
far
male. Forse perchè era così fuori dal comune,
forse
perchè sapeva che era sua. Quando uscì dalla
doccia
strinse tra le mani i capelli lunghissimi, lasciando che dondolassero
sulla spalla, si infilò il pigiama e iniziò a
prendere
appunti e a scrivere. Julian guardò la sua scrivania con un
sorrisetto divertito: c'era il caos più totale, la casa del
padre di Michael era ordinata a confronto. Il pensiero del ragazzino
con gli occhi da spaniel bussò alla sua testa, avrebbe
dovuto
informarsi su come stava. Erano passate almeno due ore e ancora lei non
aveva finito di studiare.
Diavolo, Elly. Se ti
stanchi così ti ammalerai.
lo sussurrò a labbra strette ma lei sembrò
sentirlo. Non
nel senso materiale del termine, non poteva udire la sua voce, ma si
alzò e si strofinò gli occhi. Chiuse i taccuini e
i libri
e si infilò a letto, e in poco tempo si
addormentò.
Solo in quel momento Julian osò tornare visibile. Non che
prima
fosse invisibile, ma piuttosto nascosto nell'ombra. Si sedette sul
letto, accanto a lei, sfiorandole la fronte, pensieroso. Si sentiva
come quando osservava Jenny tutte le notti nascosto. Ore e ore, senza
mai distogliere lo sguardo, senza mai essere visto. Davvero frustrante.
Elly si mosse nel sonno, scoprendosi. Mugugnava qualcosa di
incomprensibile in francese. Lui lo capiva molto bene, essendo rimasto
tanti secoli ad osservare la terra conosceva ogni lingua, eppure non
era riuscito a capire. Emetteva uno strano suono strascicato, come se
stesse chiamando qualcuno.
-Maman...T-trouver la
clé, trouver l-le trésor.- le
parole che diceva non avevano nessun senso tra loro. Julian si
accucciò osservando bene il viso della giovane, aveva gli
occhi
stretti e dei brividi di freddo le percorrevano tutto il corpo, alzava
e abbassava il petto respirando affannosamente. Un incubo.
Conosceva incubi e sogni d'ogni genere, e nessuno era mai come gli
altri. Tuttavia, aveva imparato a classificarli attentamente: C'erano i
sogni nati da bei e brutti ricordi, quelli che nascevano da paure
legate all'infanzia, o concepiti da sensi di colpa. Era impossibile
elencarli tutti, non sarebbero bastati mille libri. La madre, trovare
una chiave e un tesoro. Come potevano avere senso quelle parole? Erano
semplicemente frammenti di ricordi, di un vecchio gioco creato per dei
semplici bambini. Nulla di pericoloso e spaventoso.
Le toccò la fronte madida di sudore con il palmo della mano,
raccolse il lenzuolo, che aveva allontanato con un gesto violento, e la
coprì in modo che si riscaldasse. Il suo volto
tornò sereno, con un dolce sorriso a solcarle il viso.
-Da uomo ombra sei diventato la fatina che scaccia gli incubi?-
Sussurrò Leanan al suo orecchio. La scostò
infastidito,
l'ultima cosa che desiderava era parlare con lei.
Lui la ignorò, coprì bene Elly con cura, le
spostò
i capelli dalla fronte e le accarezzò il viso. Infine, si
voltò verso Leanan. Si era cambiata di nuovo, indossava una
maglia a monospalla nera e una gonna a balze rosso scuro.
-Che vuoi ora? Bada a te, non sono dell'umore adatto.-
-Non ti annoi a fissarla senza poterla toccare?- domandò lei
curiosa
-Finché non capisco perchè non sei morta credo
sia
inutile cercare di ucciderti.- disse Julian con freddezza -Ma almeno
cerca di non starmi sempre intorno. Non sono proprio un maestro nel
trattenere la rabbia-
-Continua pure a seguirla, a osservarla dall'ombra. Ma non
finirà bene e sai che sono davvero pochi i viaggi che si
possono
fare nel tempo.- disse severamente.
-Solo due, lo so.- confermò lui, improvvisamente serissimo.
Se era riuscito a tornare in dietro (e di questo, ormai, non ne aveva
più dubbi) non voleva sprecare le sue occasioni.
-Bene. Au revoir-
Perchè con quella donna non sapeva mai come comportarsi? e
pensare che gli era intorno da secoli ormai!
Andò nell'unica stanza in cui raramente Elly metteva piede,
la
stanza degli ospiti. Non quella dove aveva alloggiato lui per due mesi,
ma quella più piccola e vicino alla mansarda. Si
sdraiò
nel letto consumato, con n l'odore della naftalina che gli invadeva le
narici. Aveva bisogno di riposo, si sentiva esausto. Ma aveva
l'impressione di non riuscire a prendere sonno, o di essere
già
caduto il uno strano sogno senza essersene accorto.
Era sdraiato in un
letto... o almeno
credeva. Era sdraiato orizzontalmente, questo è sicuro.
Vedeva
delle luci sopra la sua testa che si muovevano in linea retta,
velocissime. Sentiva un odore strano
Naftalina?
No, troppo aspro.
Cos'era?
Accidenti, che strano sogno... mi chiedo cosa significhi.
Stava ancora riflettendo quando la figura di Elly lo distrasse. Aveva
il viso graffiato, sembrava spaventata. Terrorizzata.
-Julian, Julian riesci a sentirmi?- domandava continuamente
Si, che ti sento. Che succede?
-Julian, svegliati ti prego! Ho...ho bisogno di te, non lasciarmi
sola!- ora si stava trattenendo dall'urlare. Parlava con voce rotta dal
pianto, stanchissima.
Cosa dici? io sono già sveglio!
-Ti prego, dì qualcosa.- lo supplicò
Provò allora a parlare, ma dalla sua voce provenì
solo un
lieve bisbiglio, parole messe alla rinfusa senza un ordine logico.
-Svegliati, Julian.. Non lasciarmi ti prego...ho bisogno di lei.
Questo. è. solo. un. sogno.
Si ordinò di aprire gli occhi, la
luce del sole
illuminò i suoi occhi azzurri come il vetro di una finestra
che
si affaccia sul mare. Onde blu, talmente belli che donne in
epoche diverse si erano concesse solo per poter essere risucchiate da
quei occhi, profondi e oscuri come pozzi.
Giorno? Era giorno?
Cavolo, cavolo, cavolo!
L'odore della ricca colazione che cucinava Elly arrivava anche al
secondo piano della casa. Mentre si nascondeva tre le ombre la
sentì canticchiare una vecchia canzone, sembrava felice e
lui
sapeva anche perchè.
3, 2, 1... suonano alla
porta.
Ovviamente, saoeva chi aveva suonato.
La sentì imprecare a bassa voce, mentre chiudeva di corsa il
gas
e correva ad aprire la porta. Il giovane Jean venne accolto dalle
braccia sottili e leggermente abbronzate della ragazza, con una serie
di domande a raffica, mentre il ragazzino cercava in tutti i modi di
divincolarsi per non finire soffocato.
-Oh, fratellino, non vedevo l'ora che tu arrivassi!- esclamò
elettrizzata, aiutandolo a portare dentro i bagagli.
-Per favore,Elly. Mi stai uccidendo.- Finalmente, lo lasciò
andare poi, sempre con il suo meraviglioso sorriso stampato sulle
labbra
sottili, gli cucinò la colazione.
-Sono felicissima. Ma non dovevi arrivare questo pomeriggio?-
domandò
-Lo so, ma sono riuscito a prendere il treno prima.- rispose lui
mettendogli un braccio intorno al collo. Entrambi rimasero in silenzio
abbracciati. Forse, quando c'era Julian non si erano lasciati andare ad
una simile smanceria per pudore. Ora, nell'intimità di una
casa
deserta, i due fratelli potevano rimanere fermi, aggrappati l'una
all'altro.
-Elly sai che hai un fratello meraviglioso?- disse quando si staccarono
-Ho quasi paura di quello che mi dirai.- Julian ne fu stupito, ma
rimase lo stesso ad ascoltare. Aveva un bruttissimo presentimento.
-Ho trovato i biglietti per la festa da ballo in maschera
più
famosa di tutte la città, biglietti aut da settimane,
sorella.
Questo sai perchè? Perchè sono un Dio!- disse
pieno
d'orgoglio. Da quel momento in poi Julian smise di prestare attenzione.
Era nascosto nell'ombra proiettata dalla colonna che divideva l'entrata
dal salotto, alzò la testa e vide Leanan che, a differenza
di
lui, era molto interessata alla scena. Senza essere notato la
raggiunse, era vestita in modo molto sobrio, una maglia nera e degli
jeans del medesimo colore.
-Perchè hai dato lo stesso i biglietti al ragazzo?- le
domandò quando fu abbastanza vicino
-Perchè ti interessa? Tecnicamente non dovresti essere qui.-
lo
fulminò con lo sguardo. Perchè non capiva che non
poteva
scombussolare di nuovo la vita di Elly?
-Dimmi che cosa stai progettando.- insistette ignorandola
-Non sono affari tuoi.-
-Ti volevi vendicare di me? ci sei riuscita! Insomma guardami: sono
quasi senza poteri, ho perso le due persone più importanti
della
mia fottuta eternità, i miei antenati mi danno la caccia e
se
Dio ha pietà di uno sfigato come me probabilmente le rune
che
tengono la ferita si scioglieranno e io morirò in un lago di
sangue. Potresti farmi il favore di non incasinare anche la sua vita?-
era furioso,i suoi occhi erano scuri e pieni di ombre.
-Cosa ti fa credere che il mio unico scopo sia vendicarmi di te?-
domandò seria.
Julian non seppe cosa rispondere. Aveva già detto una cosa
simile, erano ancora nel labirinto, precisamente davanti alla porta.
-Djinn...Non sei stanco
di tutto
questo...?- domandò guardandolo attraverso la sfera,
facendone
comparire altre due, con un movimento fluido del braccio.
-Si, ma non ci
arrenderemo a te.-
-Capisco.- rispose secca
-Non vuoi sapere perchè ti volevo qui?-
-Vendetta, Lo hai detto
tu.- rispose sicuro.
-Ne sei sicuro?-
sembrava stanca, inclinò la testa di lato come faceva sempre
Julian. E lui? ne era sicuro?
-Perchè
altrimenti?- domandò infastidito, tutte le sue certezze
stavano crollando come una scultura di sale.
-Per capirlo dovresti
svegliarti-
Ma perchè doveva volere Elly se non per vendicarsi di lui?
Iniziava a stancarsi di quel gioco... lui, che amava quel genere di
gioco. Ma essere una preda non era per nulla divertente.
-Sai, se solo tu volessi potresti essere di nuovo un cacciatore.- disse
come gli avesse letto nella mente.
Lui sorrise, un meraviglioso quanto spaventoso sorriso da lupo. Il
genere di sorriso per cui ti accascia a terra svenuto o scappi via
terrorizzato.
-Non ho bisogno di essere un lupo, sono un agnellino molto combattivo.-
-Allora combatteremo senza esclusioni di colpi.- aggiunse lei, ferma e
decisa.
-Molto bene. Ma sarà solo tra me e te, non devi interferire
con lo svolgimento delle loro vite.-
-D'accordo, te lo concedo. Ma fa attenzione... molte cose potrebbero
cambiare ora che non ci sei.-
Julian la guardò per un momento. Come se sotto la sua pelle
si nascondesse ogni segreto, ogni risposta.
Le due settimane erano passate velocemente. Elly era sempre a lavoro e
Jean usciva sempre con i suoi amici o rimaneva chiuso nello studio a
dipingere.
Ricordava vagamente Zach, così scollegato dalla
realtà.
Julian, dal suo era rimasto nascosto nelle tenebre per tutto il tempo.
Seguiva Elly per l'ospedale trasformando il colore dei capelli o degli
occhi, o nascondendosi. I suoi incubi continuavano, sempre
più
apocalittici ed insani, sembravano non avere un filo logico.
Era incredibile come passassero veloci i giorni.
La porta sbattè con violenza, un fruscio di vestiti invase
l'abitazione silenziosa. Elly rimase aggrappata alla maniglia, senza
riuscire a fare più un altro passo. Respirava profondamente,
cercando di non far cadere le lacrime che le affollavano gli occhi.
Aveva i capelli in disordine, ci sarebbe voluta un'ora prima di
riuscire a pettinarli decentemente, ma non gliene importava nulla.
Era come se avesse un macigno nello stomaco.
Avrebbe voluto....Urlare, distruggere tutto. Non sapeva
perchè
non volesse sfogarsi in quel modo, era sola a casa. Eppure non
ci riuscì. Era come se sentisse la presenza di
qualcuno,
come se fosse osservata. Quella sensazione era comparsa un giorno,
all'improvviso, e non l'aveva più abbandonata.
Si portò le mani al volto, era assurdo pensare a cose del
genere
in quel momento. Si sentiva quasi soffocare, aveva bisogno di sfogarsi,
assolutamente.
Si tolse dalle spalle lo zaino, il giaccone. Li lasciò per
terra, in mezzo al salone. Andò davanti al suo pianoforte,
ne
accarezzò i tasti bianchi e neri. Una calda scarica di
energia
si propagò dal FA diesis al suo dito, poi iniziò
a
suonare. Era una melodia forte e nostalgica, piena della sua rabbia,
della sua frustrazione. Infondeva nei tasti e nei pedali tutta
l'energia di cui era capace, cercando di scaricare i nervi.
Non ci riuscì. Finì in SI bemolle, con un grosso
tonfo.
Lasciò che la nota si disperdesse nell'aria,
lasciò che i
suoi pensieri volassero con lei. Chiuse il piano ma non
riuscì a
separarsene, appoggiò la testa al copri tasti e la avvolse
con
le mani. Una volta, tanto tempo fa, quel piano era l'unica cosa che la
distraeva da ciò che le capitava intorno, la sua famiglia, i
suoi amici e i suoi problemi non esistevano quando era seduta su quello
sgabello. Poi aveva conosciuto la danza. Po teva abbandonarsi
completamente alla musica, lasciando che ogni movimento rigido e
perfetto la lavasse da ogni preoccupazione. Nella sala da ballo, sotto
le luci soffuse, c'erano solo lei e la musica.
Ma quella volta sembrava che nulla potesse sistemare ciò che
era
successo. Era un dottore, lo era diventata dalla morte della sua
sorellina. Era un dottore e non era riuscita a trovare una cura per un
bambino di appena sette anni.
Uscì di casa, poco importava che fosse senza giubbotto e che
fosse Gennaio. Aveva bisogno di correre.
Julian l'aveva vista rientrare a casa, completamente sconvolta. Si era
dimenticato del bambino, e di quanto avesse sofferto, avrebbe dovuto
pensarci prima. Si passò una mano tra i capelli, ora avrebbe
dovuto inseguirla.
Uscì di casa, la rincorse stando attento a non esporsi alla
luce. Ancora non voleva farsi vedere.
Elly correva, fuori si gelava, faceva un freddo incredibile.
La trovò seduta sul parapetto del ponte in pietra. Guardava
l'acqua come se potesse esserci qualcosa di molto interessante.
Si avvicinò lentamente, evitando di essere sentito. Era la
prima volta che la guardava così da vicino.
Lei si mosse, per un momento pensò che lo avesse visto, si
alzò in piedi. Ondeggiava sul poggiamano di pietra, in
bilico e sospesa tra l'acqua e il cielo.
-Ferma.- era completamente sconvolta, i suoi occhi viola erano opachi,
come se avesse preso delle droghe. La voce ferma di Julian l'aveva
fatta voltare leggermente.
-Chi sei?- domandò guardandolo a malapena.
-Mi chiamo Julian.- Lei sorrise, un sorriso spento ed ironico.
-Mi piace il tuo nome... ho come l'impressione di aver sognato per
molto tempo questo nome, come se qualcuno con questo nome si
nascondesse nell'oscurità dei miei sogni- la sua voce era
profonda e remota, gli occhi non accennavano a prendere colore. Era
come se stesse dormendo. Si sporse in avanti, dondolandosi.
-Elly, per favore. Scendi da li.- Julian si morse la lingua, non
avrebbe dovuto dire il suo nome. Lei tornò a guardarlo,
studiandolo prima di parlare. Era un ragazzo incredibilmente bello, con
i capelli di un biondo chiarissimo che rilucevano, gli occhi erano
cobalto liquido. La guardava con un'espressione preoccupata e stanca.
Aveva un aspetto antico...non che fosse vecchio, doveva avere si e no
la sua stessa età, ma c'era qualcosa dietro quegli occhi,
dietro quel colore che non riusciva ad identificare, come se non ci
fossero colori per eguagliarlo.
-Come conosci il mio nome?-
E ora che mi
invento? Pensò.
-Sono nuovo dell'ospedale e ti ho notata l'altro giorno.- Rispose.
-Oh- Il suo sguardo era triste, forse era stato un'errore nominare
l'ospedale. Il suo sguardo era calato, come se sentisse i non poter
guardare nessuno negli occhi.
-Mi dispiace, ma non voglio compagnia. Vai via.- Lo cacciò
lei. Lui non si mosse invece. Dio,
che fastidio! pensò furiosa Elly. Non aveva
voglia di parlare con nessuno, figurarsi se aveva voglia di parlare con
uno sconosciuto.
Lui sorrise, un sorriso sinistro e strano, difficile da attribuire ad
un umano.
-Perchè non scendi dal parapetto, invece? Non ti hanno mai
detto che è pericoloso?- Il suo tono ironico la
infastidì. Sapeva benissimo che era pericolo so, per questo
era li sopra. Non era mica pazza! e nemmeno depressa se era
ciò che stava pensando quello strano ragazzo. Si sentiva
tremendamente in colpa, voleva urlare, ma non ci riusciva. Allora aveva
pensato di suonare, ma neanche le note più amare l'avevano
aiutata a liberarsi. Allora, in un lampo di lucidità aveva
pensato:
-Se salto, riuscirò ad urlare.- disse mentre si lasciava
cadere.
NO
Non
sapeva se avesse gridato quelle parole o se la sua mente si fosse
accartocciata per la paura. Non gli importava. Raggiunse il parapetto
in tempo per vedere i suoi capelli corvini scomparire tra le acque
scure e vorticose del fiume, non ci pensò neanche, il suo
corpo agì da solo. Saltò fulmineo sullo corrimano
e si tuffò.
L'aria sembrava sfiorare ogni millimetro del suo corpo, sembrava
accarezzarlo e allo stesso tempo ostacolarlo.
Perchè non toccava L'acqua?
Chiuse gli occhi e portò le mani in avanti per attutire la
caduta contro l'asfalto freddo. Forse aveva appena piovuto, si
ripeté.
La casa in mattoni rosa, le stanze color pastello e le due ragazze
erano sempre nello stesso posto.
Alzò lo sguardo incontrando quello serio di Leanan.
-Perchè?-
Ora, so che mi odierete a morte perchè finisco i capitoli
con queste sparate... ma date tempo al tempo!
Si, ho poca inventiva e così vi ho rifilato di nuovo i primi
capitoli della fic. Insomma, perchè non provate ad
indovinare come mai Julian torna sempre indietro a quel momento? ;D
Prima che mi possiate dire qualcosa! No, non ce l'ho con Elly, non
è colpa mia se muore ogni volta. Avete ragione gente, ha
meno speranze di sopravvivenza dei miei ultimi cinquanta pesciolini
rossi :'D
per ora non mi viene nulla in mente, quindi credo che potremmo finirla
qui. No! Il disegno di Julian D': lo so che dovevo postarlo, ma mia
sorella lo aveva ucciso (lo giuro sigh) così ho fatto un
piccolo trafiletto (ho disegnato gli occhi per intenderci) giusto per
non deludervi. ed è qui.
Quando riuscirò a ri-disegnarlo ve lo farò
vedere, lo giuro!
un megabacio :D
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Capitolo 15 *** Chaos Teory ***
15- Chaos Teory
Chaos Theory
Si dice
che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare
un
uragano dall'altra parte del mondo.
Teoria del Caos
dal film "The Butterfly Effect" di Eric Bress e J. Mackye
Gruber
Leanan
rimaneva di fronte a lui, il suo sguardo
impassibile lo faceva impazzire.
-Perchè?- ripeté ancora una volta, mentre si
alzava in piedi per fissarla
nei suoi occhi azzurri.
-Lo capirai presto. Cosa fari questa volta?-
-Andrò da lei. Non posso proteggerla se non posso starle
vicino, vorrei solo
capire perchè fai tutto questo.-
-Dovresti svegliarti e aprire la tua mente, sai?-
Elly entrò nella stanza. Non capiva perchè
lasciava sempre il suo cappotto lì,
visto che era dall'altra parte della casa e che accanto alla porta
c'erano dei
pratici appendini. Probabilmente era solo abitudine. Aprì la
luce e per poco
non urlò per lo spavento. Sotto di lei, accasciato
a terra, c'era un
ragazzo di massimo venticinque anni, con dei capelli di un biondo
incredibilmente
chiaro.
-Ehy, ti senti male? Jenny!- il suo istinto di medico ebbe la meglio.
Lo fece
girare, e lasciò che appoggiasse la testa sul suo giaccone.
Dalla tasca
estrasse la lampadina per le emergenze. Il 50% dei casi di svenimento
era
dovuto a febbre/gravidanza/casi di fobie acute/spaventi
improvvisi e
troppo caldo. Il ragazzo, tuttavia, non era ne caldo, non
sembrava
spaventato e di sicuro non era incinto. Un altro 50% dei casi di
svenimento
sono causati da aneurismi/tumori/traumi vari alla testa/infarti. La
prima cosa
da fare in quei casi è chiamare un'ambulanza. Elly aveva
visto talmente tanta
gente svenire all'improvviso che ormai ci aveva fatto l'abitudine. Il
ragazzo
si stringeva il petto, aveva gli occhi socchiusi, come se cercasse di
studiarla
e, ovviamente, non ci riuscisse perchè troppo debole.
Aprì una delle palpebre e
controllò che le pupille tremassero e si dilatassero,
controllò il battito e il
respiro talmente velocemente che non diede neanche il tempo a Jenny di
arrivare.
Quando la bellissima ragazza entrò nella stanza per poco non
svenne anche
lei.
Uno ci può stare, ma due no! Pensò sarcastica.
-Julian!- esclamò sorpresa
-Lo conosci?- il suo tono era tra lo stupito e il meccanico.
-Si, Elly possiamo portarlo a casa tua?-
Il ragazzo inclinò la testa e chiuse gli occhi, in una
definitiva perdita di
coscienza.
-Cosa? Perchè a casa mia?-
-Mi dispiace, lo sai che non c'è posto da me. Sarebbe solo
per questa notte, te
lo giuro!- La implorò.
-Ok, ma forse dovremmo portarlo in ospedale...-
-No. Non possiamo, fidati di me.-Rispose chinandosi per accarezzargli
il viso.
Elly lo guardò bene, era bellissimo. I capelli che
all'inizio gli erano parsi
biondi erano bianchi come la neve, quando gli aveva sollevato le
palpebre aveva
scoperto che celavano dei meravigliosi occhi azzurri.
Chiamarono Tom e si fecero accompagnare a casa della bruna.
-Ora che ho fatto questa buona azione, non voglio mai più
sentire nominare il
Karma, chiaro Elly? Considerami come un santo, il paradiso è
in debito con me!-
sembrava davvero arrabbiatissimo, e lei non capiva perchè.
Jenny invece
sembrava aver capito.
Era sempre lo stesso sogno, solo con qualche differenza. Era
sdraiato su
qualcosa di morbido e si sentiva pungere sotto la pelle. Avrebbe voluto
muovere
il braccio, strapparsi quella cosa che lo pungeva, grattarla via fino a
toccarsi le ossa. Non riusciva a muoversi, si sentiva come in trappola.
Il
cacciatore è in trappola, sghignazzava una vocina nella sua
testa. Il rumore
ticchettante, che nel primo sogno era debolissimo, adesso aveva un
suono più
acuto e leggermente più veloce. Quanto alle luci... non si
muovevano più. Sopra
di lui c'era una luminosa, e incredibilmente snervante, palla di luce.
NO! NO! STOP!
Che qualcuno chiuda quella luce!
Sentiva il bisogno opprimente di dormire, doveva chiudere di nuovo le
palpebre
altrimenti gli occhi gli sarebbero andati a fuoco, respirava
affannosamente e
l'odore acre che aveva sentito prima gli invase le narici. Stava forse
impazzendo?
Un leggero movimento alla sua destra lo distrasse. Elly gli
toccò la mano, i
suoi occhi erano grandi e profondi, preoccupati.
-Julian, svegliati. Ho bisogno di te.-
-Non credo di
aver capito bene.- Disse Elly seduta sul divano, i capelli
stretti in una treccia ordinata.
-Cosa facciamo con lui?- squittì Michael, preoccupato,
ignorando la protesta
della ragazza deliberatamente.
-Non deve avvicinarsi a Jenny!- ringhiò sommessamente Tom.
-Lo sai che è cambiato, lo hai visto nell'ultimo gioco.- La
voce ragionevole di
Dee li colse di sorpresa, lei che difendeva Julian?
La fine del mondo
era vicina, dunque.
-Oh dovevate vederlo. Non so proprio cosa gli è potuto
succedere.- La voce
preoccupata di Jenny fece calare il silenzio.
-Ma come ha fatto a tornare? Era morto...no?- domandò Tom
dopo un po'
-In effetti c'era la possibilità che qualcuno riscrivesse il
suo nome.- Disse
Michael.
-Hai ragione, qualcuno ha riscritto il mio nome.- Julian scese le
scale. Era
bellissimo come l'ultima volta che lo avevano visto, ma la pelle
sembrava
tirata e gli occhi erano stanchi e spenti.
-Che ti è successo Julian?- Lui fece un'espressione
indefinita,tra il divertito
e l'esasperato.
-Non lo so, Jenny. Qualcuno ha scritto il mio nome.- rispose
tralasciando i
convenevoli, era diretto come una lama di rasoio. Jenny ne fu stupita,
lui
parlava sempre con indovinelli e frasi a doppi sensi, non si riusciva
mai a
capire cosa intendesse realmente. Ora, invece, rispondeva come un
automa.
Sembrava stanco, davvero stanco.
-Insomma, mi spiegate cosa sta succedendo?- sbuffò Elly. Non
aveva capito nulla
di quello che le avevano spiegato, non che le avessero spiegato
granché.
-E' troppo complicato Elly, non saprei come spiegartelo.- Le rispose
Tom con un
sorriso bieco, senza saper bene cosa dire.
-Ha ragione Lui, Elly. E' davvero complicato.- concordò
Julian che stava
cercando di velocizzare li discorso.
-Che diavolo ci fai qui?!- ringhiò Tom rivolto a Julian. I
lampi di rabbia che
scintillavano nei suoi occhi erano forti e minacciosi, ma non potevano
far
paura a Julian.
-Sono umano ora, sono vulnerabile. Puoi tirarmi quel pugno che ti fa
prudere le
mani da anni.- Tom e Julian erano in piedi, gli occhi che si
specchiavano i
quelli dell'avversario. Era come vedere due enormi tempeste, una blu e
una
verde. Poi Tom si voltò appena e scattò con il
pugno alzato, centrando in pieno
la guancia di Julian. Scivolò all'indietro (com'era da
programma, pensò
ironicamente lui) finendo a sbattere contro lo spigolo del camino.
Sentì i
calore del fuoco vicino al volto, e la sensazione bruciante del sangue
che
sgorgava dalla sua ferita.
-Tom! Sei impazzito?- urlò Elly, arrabbiata e sorpresa. Era
risaputo che al
ragazzo non piaceva la violenza e lei non la concepiva, sopratutto in
casa sua.
-Cosa?! Tu non sai cosa ci ha fatto passare, non hai idea di cosa ci ha
fatto!!- urlò. Julian si rialzò, malfermo ma
ancora in piedi.
-Devo andare.- concluse Julian. Si voltò verso Elly, i suoi
occhi incontrarono
per la prima volta il suo sguardo confuso.
-Ti ringrazio per avermi ospitato, Elisabeth.- le rivolse il
più dolce e
affascinante dei sorrisi nel suo repertorio, uscì dalla
porta e il suo volto si
scontrò con l'aria gelida di Gennaio.
-Leanan.- non la chiamò né gli servì
cercarla tra gli alberi. Sussurrò il suo
nome e lei comparve accanto a lui.
-Salve.-
-Spiegami in cosa consiste questo gioco.- ordinò lasciando
che lei si
avvicinasse di più al suo corpo statuario.
-Non ero fatta così. Non ricordi? Ero pragmatica e non ti
avrei mai rivelato i
miei piani.- il suo improvviso cambio di tono lo disorientò.
Perchè parli al passato? Si chiese
perchè non le aveva posto quella
domanda ad alta voce, era ridicolo.
-Da quanto tempo ci conoscevamo?- domandò lei dopo qualche
secondo di silenzio.
-Non me lo ricordo. Saranno una ventina di secoli? secolo
più, secolo meno?-
rispose vago. Non capiva cosa c'entrasse.
-Mi era sempre piaciuto il tuo modo di fare, non davi mai fastidio a
gli altri
uomini ombra e stavi sempre per i fatti tuoi. Dovevi sentirti molto
solo la
giù, non è vero?- domandò ancora.
Cosa avrebbe voluto che le rispondesse? Si, vivere l'esistenza in
totale
solitudine non era stato piacevole, ma lui era un uomo ombra. Non
poteva
cambiare ciò che era realmente.Era la natura che gli aveva
dato quel posto nel
mondo, e cos'era un uomo ombra messo a confronto con le potenze del
caso e del
destino?
-Così quando hai visto Elly per la prima volta lo hai
capito, vero?-
-Cosa?-
-Che è un agnellino molto, molto spaventato.-
-Un agnellino spaventato- ripeté -Ma da cosa?- la
conversazione si fa
interessante, si disse.
-Come puoi non averlo capito? E' inciso a fuoco nei suoi occhi,
c'è qualcosa in
quel segreto che la distrugge ogni secondo di più-
-E' per questo che le hai strappato gli occhi?- si ritrovò a
domandare. Non
sapeva da dove era nata quella supposizione.
-Forse.-
Lui fu colto da un'ondata di odio puro, l'afferrò per le
spalle e sbatté il suo
corpo, sottile e sinuoso, contro il tronco dell'albero nero, le strinse
le
braccia. Le sue mani erano forti come tenaglie, le nocche diventarono
bianche,
e sulla pelle di Leanan comparvero i segni dei lividi che le aveva
lasciato,
con un velo di antica soddisfazione notò lo squarcio
all'altezza del petto. Lei
non si scompose granché, lasciò che si sfogasse,
con il viso serio che
affondavano nei suoi occhi blu.
-Ti odio.- scandì quelle parole con voce gelida e musicale,
sentendo sotto le
sue mani strette intorno alla pelle della donna un brivido. Ne era
compiaciuto.
Il suo tono crudele era simile al rumore di un limpido torrente di
montagna che
può straripare e uccidere chiunque incontri sulla sua strada.
-Dicono che amore ed odio sono due facce della stessa medaglia.-
rispose con
tono neutro, come se stessero commentando un libro poco interessante.
-Sparisci.-
-C’è
ancora una cosa che dovevo dirti- disse mentre si
allontanava. Lui la fulminò con lo sguardo –Ti
ascolto- sibilò
-Sai
cosa dice la
teoria del caos?- domandò-Il minimo battito d'ali di una
farfalla può provocare un uragano dall'altra parte del
mondo-
recitò mordendo ogni parola.
-Mi
sembra un consiglio adatto alla tua condizione, stai
attento alle decisioni che prendi.-
-Non hai
freddo?- Elly raggiunse quello strano ragazzo.
Non capiva quella strana sensazione di familiarità che aveva
provato quando i
suoi occhi avevano incontrato quelli di...Julian?
era così che si
chiamava, giusto?
-Cosa? No, non ti preoccupare.- rispose. Non si aspettava di trovarsela
dietro
le spalle. Lei gli si avvicinò ancora. Oh, ti
prego no. Non guardarmi con
quell'espressione confusa e in ansia.
-Tom mi ha spiegato più o meno chi sei. O meglio, cosa
sei.- sussurrò
pianissimo.
-Oh. Anche cosa ho fatto?- si informò. Stupido Tom, sarebbe
stato tutto più
facile se non avesse parlato.
-Si. Sei ancora innamorato di Jenny?- La domanda lo stupì
per la seconda volta.
-No, non mi interessa più- il suo sguardo ampio e sincero la
lasciarono senza
fiato. Dio, è bellissimo.
-Capisco. Verresti con me? Hai bisogno di qualche punto.- Lui si
toccò la
testa. Sangue? Ora che ho i poteri posso sanguinare? Oh,
giusto sono ancora
umano.
-Ti seguo.- rispose. Non che ne avesse motivo, sapeva benissimo dove
parcheggiava la macchina, ma non poteva certo raccontarle tutto.
Salirono in macchina, la sensazione di Deja vù fece girare
la testa ad Elly. Che
diavolo mi prende? Datti una calmata, Elisabeth!
-A cosa pensi?- la sua voce era quasi più bella dei suoi
occhi.
Quasi... era ancora indecisa.
-Mi sto chiedendo se sia tutto vero, o se sto sognando.-
-Se stessi sognando, non sogneresti uno come me.- gli occhi erano un
po' più
scuri. Forse perchè era in penombra, forse perchè
stava pensando a qualcosa che
non conosceva.
-Perchè non dovrei sognarti?-
-Semplicemente perchè, nel caso mi sognasti, non sarebbe
altro che un incubo.-
La sua voce divenne più profonda, gli occhi si incupirono di
più. Era
tremendamente serio.
-Uno come te? Un uomo ombra?- domandò
-Si-
-Perchè dovrebbe essere un incubo?- farfugliò
-Non mi sembri così cattivo.-
Julian sbuffò. Non le sembrava cattivo, Jenny era riuscita a
superare i suoi
giochi, a farlo cambiare. Che diavolo è successo
nell'ultimo secolo? Pensò
con stizza
-Sono un lupo in veste d'agnello, se facessi immediatamente paura che
soddisfazione ci sarebbe?- rispose con un ghigno da lupo davvero
convincente.
Lei strinse i pugni intorno al volante, corrugò la fronte.
-Sono sicura che dici così perchè nessuno ti ha
mai dato fiducia.- lo disse di
getto, senza neanche sapere perchè lo avesse detto.
Che diavolo le
succedeva? le bastava un bel ragazzo per dire quelle cose assurde?
Lui la guardò, stupito. I suoi occhi erano profondi come i
laghi cristallini
della Norvegia, o come il blu al centro della fiamma oppure come
l'oceano visto
dall'aereo. C'era qualcosa di bello e familiare in quei occhi di un
cobalto
scuro, o qualcosa di pericoloso, non riuscì a capirlo.
-Perchè sei così gentile con me?-
-So cosa si prova a non essere accettati dalla gente, ho provato questa
sensazione sulla mia pelle per anni.-
- Perchè sei francese e ti sei trasferita in America?-
-Come lo sai?- era incredula.
-Il tuo accento.- improvvisò Julian, -E sicuramente un
accento Parigino, il più
dolce- continuò a spiegare. Il suo sguardo si
addolcì, e le labbra si piegarono
in un dolcissimo quanto amaro sorriso.
-Oh. Si, sono nata e cresciuta a Parigi.-
Lo fece sdraiare sul lettino. Posò la borsa nella sedia
vicino e si andò a
cambiare. Julian la guardò allontanarsi e, non appena la
vide chiudere la
porta, le prese la borsa e tirò fuori la piccola agendina
rossa.
-Tom....trovato!- imparò a memoria il numero, se solo
provava ad immaginare la
loro conversazione gli veniva da ridere. Rimise subito a posto l'agenda
e la
borsa e si sdraiò di nuovo, giusto in tempo per vedere la
porta che si apriva
ed Elly che entrava nella stanza...lei e quel suo meraviglioso sorriso.
-Scusami, ci ho messo una vita.- si infilò i guanti in
lattice sterili e iniziò
a mettergli i punti, parlava e la sua voce, ancora una volta, aveva
qualcosa di
musicale, era dolce e leggera. Le guardò gli occhi e si
chiese se Leanan avesse
ragione. Forse era vero, forse aveva paura di qualcosa, ma di cosa? Che
il suo
segreto fosse svelato?
-Fatto.- esclamò soddisfatta con un sorriso a trentadue
denti.
-Grazie- Mormorò, si sentiva intontito e aveva un forte mal
di testa.
-Ascolta, devo dare un'occhiata ai miei pazienti...ma ci
metterò solo qualche
minuto. Potresti aspettarmi nella saletta qui accanto?-
domandò con i suoi
fantastici occhi da cerbiatto.
-Non ti preoccupare.- In realtà era quello di cui aveva
bisogno. Non appena la
vide allontanarsi prese la cornetta del telefono dell'ospedale, compose
il
numero di Tom, e aspettò che rispondesse.
-Pronto?-
-Tom, sono Julian.-
-Julian! Che diavolo
vuoi? Se hai fatto del male ad Elly ti
ammazzo...- urlò Tom, la sua voce era impastata per il sonno
e, se solo fosse
stato umano...veramente umano, forse sarebbe stato intimorito. Ma era
di fretta
e aveva cose molto più importanti a cui pensare.
- Non è proprio il momento per le minacce, non ho fatto del
male a nessuno,
tranquillo. Devo parlarti.- La sua voce calma e chiara scombussolarono
il
bruno.
-Di cosa dovremmo parlare?- domandò con una nota di
curiosità nella voce.
Julian alzò gli occhi al cielo -Di cose importanti. Dico sul
serio, devi venire
subito qui.-
-Come posso fidarmi?- domandò con voce cupa.
-Tom, lo so che mi odi. Non ti chiedo di perdonarmi, lo so che quello
che ho
fatto è sbagliato per gli standard umani. Ma ho bisogno di
una mano e Elly
potrebbe essere in pericolo...- Non aveva calcolato che avrebbe dovuto
convincerlo, non ci aveva minimamente pensato. Ora, invece, sembrava
più che
logico. Tom sbuffò sonoramente, ma aggiunse che sarebbe
arrivato tra qualche
minuto. Julian e riagganciò. Mentre lo aspettava si
sfiorò lo stomaco con la
punta delle dita, quanto sarebbero durate le rune? per quanto avrebbero
resistito? L'idea di morire dissanguato lo impensieriva...e se non
fosse
riuscito a salvare Elly?
-Eccomi qui Julian, cosa mi dovevi dire di così importante?-
Tom era arrivato
in un baleno, l'uomo ombra ne fu stupito.
-Te l'ho già spiegato, Elly è in pericolo.-
rispose sedendosi e abbassando le
palpebre.
-Cosa vuol dire... perchè sarebbe in pericolo?-
Julian gli raccontò tutto. Del gioco, di Leanan, di tutto
quello che era
successo nel labirinto. Tutto. Non gli interessava
avere segreti per il
momento, doveva agire in fretta ed estirpare il male alla
radice...buffo che
fosse proprio lui a pensare una frase simile.
-Quindi...- faticava a mettere insieme tutte quelle
informazioni, era
davvero assurdo. -Tu mi avresti salvato la vita?- domandò
incredulo.
-Ehm, avevo bisogno di una mano.- rispose a disagio.
-Sai, forse Jenny aveva ragione.-
-In che senso?- domandò l'uomo ombra confuso.
-Non sei del tutto cattivo.- Tom lo stava guardando con uno sguardo
così
cristallino che Julian diede quasi di stomaco, cielo quanti
sentimentalismi.
-Non ho fatto nulla di buono! Se tu fossi morto, Jenny avrebbe pianto e
mi
avrebbe rallentato- Si difese.
-Dio, perchè credi che aiutare la gente sia sbagliato?
Cos'hai che non va?-
domandò
-Io..non c'è tempo per psicoanalizzarmi. Dobbiamo sistemare
un po' di cose.-
tagliò corto. Sotto la luce del neon ospedaliero i suoi
capelli erano
opalescenti e color nebbia, sembrava ancora più pallido del
solito, gli dava
un'aria spettrale come se non fosse realmente li.
-Che facciamo?- domandò Tom pronto all'azione.
-Dobbiamo sistemare una faccenda prima.- Julian si alzò
dalla sedia e, con Tom
al seguito, cercò la sala infermieri. Prese i primi due
camici bianchi che
trovò, ne infilò uno e l'altro lo
passò a Tom.
-Bene, Dottor Hause. Perchè non mi spieghi che cosa vuoi
fare, non lo sai che
se ci beccano finiamo in un mare di guai?- Lo sgridò
infilandosi il camice, era
incredibile che si stesse fidando proprio di Julian.
-Dobbiamo fare visita ad un paziente.- spiegò alzando gli
occhi al cielo e
uscendo dalla saletta.
Tom 0gli camminava a testa bassa, pregando che nessuno lo notasse,
Julian
invece sembrava del tutto a suo agio. Dovevano evitare di passare dalle
sale
dei pazienti in cura a gli specializzandi altrimenti avrebbero
incrociato
Elly.
-Ciao, siamo i tuoi nuovi dottori. Dobbiamo farti una visita.- Disse
Julian con
fare rassicurante al bambino di circa sette anni, aveva un aspetto
malaticcio e
stanco. La madre doveva essersi appena addormentata.
-Tom- sussurrò al bruno -Controlla che non arrivi nessuno.-
Perse la cartella
del ragazzino e iniziò a leggere. Sui fogli ordinati la
scrittura decisa e
professionale di Elly spiccava, aveva provato davvero qualsiasi cosa.
Si guardò
la punte delle dita, poteva farcela.
-Farò una cosa...Ti farà un po' male ma non devi
fare rumore perchè a tua mamma
potrebbe svegliarsi.- gli spiegò in un sussurro.
Il bambino annuì, attento. Lo guardava con gli occhi grandi
e spalancati,
sembrava capire che quello strano ragazzo potesse aiutarlo. Julian
scostò le
coperte e gli sollevò il pigiama, poi prese un bisturi e si
fece un taglio sul
braccio. Si guardò per un attimo il taglio che si riempiva
di Sangue, ne
raccolse un po' con il dito e iniziò a fare un disegno
veloce e preciso. Rune,
il sangue iniziò a friggere sulla pelle candida del bambino,
ma lui non fece un
fiato.
-Ti senti meglio?- domandò gettando il bisturi, coprendolo e
lanciando
un'occhiata alla madre che continuava a dormire, anche nel sonno aveva
un'aria
preoccupata.
-Si.- sussurrò il bimbo.
-Bene. Non devi dire niente a nessuno, intesi?-
-Sei un angelo?- Chiese il bambino con gli occhi grandi di un intenso
color
nocciola. Julian rimase interdetto a quella domanda, lui...Un angelo?
Gli
sorrise, come non aveva mai fatto, aveva abbandonato per un momento il
suo lato
da lupo.
-No, sono qualcosa di un po' più antico. Ora dormi, e
ricorda di non dire nulla
a nessuno...mai-
-Julian, perdonami se ti ho fatto aspettare così tanto,
ho...- Elly si fermò a
metà frase, Tom rimase in silenzio aspettandosi una sfuriata
da parte di Elly.
-Elly...non ti preoccupare, non sono qui per uccidere nessuno-
scherzò alzando
le mani come se fosse in arresto -Volevo solo scusarmi con Julian-
spiegò
guardando il ragazzo di qualche centimetro più basso.
-Scusa Julian- disse con tono serio.
-Ehm...- rispose confuso, sembrava quasi stupito -Non fa
niente-
Lei sorrise felice, compiaciuta. Li seguì fino alla macchina
dove salutarono
Tom, e tornarono a casa.
-Ti fa molto male la testa?- si informò lei.
-No-
-Ma hai preso gli antidolorifici, vero?-
-Si.-
-Parlo troppo?- domandò dopo l'ennesima domanda a raffica.
-Mi piaci quando parli, hai una voce molto dolce- rispose Julian
notando, con
gioia, che le guance di Elly si erano improvvisamente imporporate.
Rimasero in silenzio per tutto il resto del tragitto, anche se non era
molto
lontano. Per tutto il tempo non aveva fatto che pensare al suo segreto,
odiava
ammetterlo ma non ne veniva a capo. Non era certo onnisciente, ma
riusciva a
capire al volo le persone eppure non valeva per Elly. Quella ragazza
era
un'enorme punto interrogativo. Che c'entrasse la sua famiglia? Quando
Leanan
stava per ucciderla, la prima volta, aveva notato che aveva
materializzato sua
madre e una bambina, forse era sua sorella...Jean aveva accennato a
qualcosa
del genere.
-Siamo arrivati.- annunciò Elly parcheggiando la macchina
nel vialetto. La casa
aveva un aspetto comune e familiare, entrò e si fece guidare
da Elly fino alla
sua stanza dove le augurò la buonanotte. Lasciò
sprofondare la testa nel
cuscino, esausto. Devo scoprire quel segreto, i
suoi pensieri erano
vaghi, distratti e sconnessi. Lasciò che la mente vagasse
nella nebbia del
dormiveglia, aspettando che un nuovo incubo prendesse vita.
Il primo sogno che aveva fatto a casa di Elly riguardava lei. Questo
invece
riguardava lui.
continuava ad essere sdraiato ma la luce era spenta, per fortuna. E non
c'era
Elly.
-Elly? Elly...dove sei?- le sue parole si persero nel vuoto, sentiva il
cuore
pompare sangue a ritmo dei suoi respiri affannosi.
''Devo uscire da qui, devo alzarmi'' Fece un respiro profondo, doveva
calmarsi
e pensare, pensare seriamente. E cosa c'era di più isolato
di un proprio sogno?
Inspirò ed espirò, ecco i suoi polmoni.
Sbatté due o tre volte le palpebre,
poteva vedere. Schioccò le labbra, anche se non poteva
palare poteva comunque
muovere il viso.
''Ok, iniziamo di nuovo dall'inizio: con la mano sinistra A S D F, con
la mano
destra H J K L. Devo riscrivere la storia.''
Si alzò dal letto, era in una stanza piccola e bianca, nella
penombra i muri
assumevano un'inquietante grigio scuro. Ma lui ci era riuscito, era
riuscito a
muoversi.
Ne era così felice...si sentiva invincibile. Poi lo
sentì; il rumore
gocciolante come la morte, non voleva crederci. Dai muri
iniziò a sgorgare
acqua, lentamente. Leanan era in piedi di fronte al suo letto, lo
sguardo
imperturbabile, immobile come uno spettro, come un'immagine pallida e
opalescente.
L'acqua continuava a colare come se piovesse, poco importava che fosse
impossibile che piovesse in una stanza chiusa e priva di finestre,
quello era
un sogno. Il suo incubo personale.
Il rumore di una porta che sbatte lo distrasse da quella immagine, Elly
era
appena entrata nella stanza e lo guardava stupita e preoccupata.
-No, Elly.- urlò saltando dal letto e prendendola tra le
braccia. -Vai via, ti
strapperà gli occhi- si rese conto di aver esagerato, lui
non reagiva mai in
quel modo e quello era solo un sogno.
-Julian, va tutto bene....calmati ora.- gli prese il viso tra le mani
guardandolo con quei occhi pieni di lacrime e preoccupazione.
Come faceva a stare calmo? La stanza continuava a riempirsi d'acqua e
lei
sarebbe morta.
L'acqua ora gli lambiva i fianchi ma lei cercava di prendergli le mani
-Calmo, Julian, calmati- continuava a ripetere.
L'acqua saliva e non poteva salvarla, che fosse quello il suo incubo?
essere del
tutto impotente davanti alla morte?
-Bene Julian, apri la mente, ci sei quasi-
L'acqua gli arrivava al collo e ormai non vedeva ne Elly ne Leanan, le
parole
della Sidhe gli erano state sussurrate con dolcezza ma non riusciva
apprestarci
attenzione in quel momento. Alzò lo sguardo e vide sopra di
lui un'apertura.
Iniziò a nuotare, con energia, cercando di raggiungere la
luce più velocemente
che poteva...
Si alzò di scatto dal letto, portandosi una mano
alla bocca. Era solo un
sogno, e lo sapeva. Allora perchè tremava
così tanto? Si era
sentito...era come se fosse stato vicino a qualcosa, qualcosa di molto
importante. Si alzò dal letto e corse giù, la
rivide per l'ennesima volta,
bella e disordinata, con i capelli legati in uno chignon improvvisato a
cantare
canzoni trasmesse dalla radio nel soggiorno, intenta a cucinare la
colazione,
vestita solo di shorts di jeans e una maglietta corta che le
accarezzava il
fianco.
-Buongiorno Principino, hai dormito bene?- Domandò
fulminandolo con i suoi
bellissimi occhi viola. La prima volta che aveva visto quella scena lei
cucinava tranquilla, non c'era ne musica, ne quel sorriso
così largo.
-Buongiorno, ho dormito benissimo. Grazie- mentì bevendo in
bicchiere d'acqua
che gli porgeva.
-Mhh- mormorò -Allora perchè stai mentendo, se
hai dormito così bene?- domandò
distogliendo lo sguardo dalle uova strapazzate, il suo sorriso furbo ed
indagatore
era rilassato ed attento. Una vera volpe!
-Ti si bruciano le uova- disse Julian distraendola.
Lei distolse per un momento lo sguardo, concentrandosi sulla colazione.
Gli
servì uova e pancetta, del caffè e una mela.
-Dico sul serio- disse sedendosi davanti a lui -Hai dormito male?-
domandò
preoccupata.
Si agitò un po' sulla sedia, ovviamente non poteva dirle la
verità e non
poteva mentirle. L'agnellino aveva incastrato il lupo.
-Ho dormito come un sasso... ma ho fatto un incubo, tutto qui- rispose
optando
per dire una parte di verità. Per assurdo, un uomo ombra
è sempre abituato a
dire la verità proprio perchè, avvolte, la
verità è più amara di una bella
bugia.
-Ne vuoi parlare?- domandò sfiorandogli la mano vicino al
piatto con la
propria, la storia stava già cambiando.
-Non c'è molto da dire in realtà, non
è durato tanto...non era neanche così
spaventoso ora che ci penso...- ed era vero. Ora che ci rifletteva con
un po'
più di lucidità, una stanza che si riempie
d'acqua non è chissà quanto spaventosa.
La storia cambia se sei dentro la stanza, non puoi uscire e la donna
che ami e
li dentro. Le raccontò il sogno, anche se non le disse di
averla sognata, ne di
Leanan.
-Strano come sogno.- dice con uno strano sorriso, -Sai, anche io ho
fatto
un incubo stanotte...molto simile al tuo- La musica alla radio era
cambiata,
uno strano ritmo ovattato li circondava, il suono del basso e del piano
che si
fondevano creando una specie di lamento armonico, voci basse ed
angeliche.
-Davvero? Cosa hai sognato?- domandò curioso, guardandola
con la testa
lievemente inclinata.
With your feet in the air
and your head on the ground
-Ero sott'acqua, non so perchè....ma mi sogno sempre
sott'acqua- spiegò con uno strano sorriso, forse notando
l'espressione troppo
concentrata di Julian,
Try this trick and spin it,
yeah
-Ad ogni modo, ero lì che camminavo sul fondo del mare.-
chiuse gli occhi, come se stesse rivivendo quel sogno...o quell'incubo.
-E tutt'attorno a me c'erano dei mostri. Da ogni parte.- la
sua voce
tremava, sembrava molto spaventata, e Julian le prese la mano, aveva
intuito
che stava per rivelare qualcosa di molto importante, era sul filo del
rasoio e
non desiderava altro che sapere. Aveva fame di verità.
-Allora...- aprì gli occhi e lo guardò con le
guance che si imporporavano
all'improvviso.
-Cosa?- domandò Julian esortandola a continuare.
Your head will collapse
-Solo ora mi rendo conto di
quando sia stupido il mio sogno... è così
imbarazzante.- disse distogliendo lo
sguardo da quei meravigliosi occhi blu. -Ecco...ti ho sognato.-
-Davvero? Racconta- ordinò visibilmente colpito.
-Bhe, vedo questi mostri che mi nuotano accanto e hanno degli enormi
occhi blu,
come i tuoi... allora ti ho visto- fece un grosso sospiro -Gridavo, ma
tu non
mi sentivi. Ho cercato di raggiungerti...-
But there's nothing in it
-...Ma la corrente mi tratteneva.- la sua voce tremava, aveva la pelle
d'oca -
sentivo dentro di me la tua voce-
And
you'll ask yourself
-Dicevi
''Devo tornare in dietro, ti strapperà gli occhi''-
Where
is my mind?
-Finchè un mostro non
azzanna con la sua bocca enorme, e urli. Mi sono svegliata
così spaventata...-
concluse come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena
detto. Era
come se a Julian avessero versato a dosso una bacinella d'acqua gelida,
era
incredibile. Se ne ricordava, tutto quello che era successo se lo
ricordava....Qualcosa catturò la sua attenzione, la canzone.
L'aveva già
sentita da qualche parte, ma li per li non si era reso conto dove.
L'aveva
cantata Leanan, quando era nella stanza piena d'acqua. Era una canzone
strana,
così triste e drammatica, non era da lei cantare quel genere
di cose. Certo,
loro erano uomini ombra. E si odiavano, era un po' triste ma si
odiavano anche
se erano della stessa specie, era nel loro DNA odiare e distruggere,
tutti gli
altri mondi li allontanavano continuamente, senza avere
l'opportunità di
redimersi. Non che volessero farlo in ogni caso. E lui si era sempre
sentito un
po' fuori posto, per questo osservava i meravigliosi colori della
terra....da
loro quei colori non esistevano, e tutto ciò che
creava era destinato a
scomparire. Aveva vissuto un'esistenza da solo, e Leanan gli era stata
in
qualche modo vicina, a modo suo. Ma...lei? Davvero lei poteva essere
triste,
poteva provare davvero sentimenti? Si portò una mano al
volto, pensieroso.
Quelle parole avevano qualcosa di strano, doveva esserci sicuramente un
motivo
per aver scelto proprio quelle parole. Non era certo il tipo di donna
che
lascia tutto al caso.
-A cosa pensi?- domandò Elly avvicinandosi
ancora a lui.
-A nulla di importante, stavo solo cercando
di ricordare dove ho già sentito questa canzone- rispose
indicando lo stereo.
Il discorso cadde quando suonarono alla porta. Elly saltò
sulla sedia come se
l'avessero punta con un ago, tornando di nuovo la ragazza spensierata e
felice
che lo aveva accolto in casa.
Aveva aperto al fratello, lo stava
abbracciando. Julian lo salutò con un cenno, presentandosi.
Stava per salire
in camere per chiamare Leanan quando Lei lo fermò. Elly era
al centro della
sala, il suo sorriso illuminava la stanza.
-Ho un grande annuncio da fare!- esclamò
euforica -Ieri notte mi hanno chiamato dall'ospedale e mi hanno detto
che un
bambino che stavo seguendo, che sembrava spacciato, si è
ripreso in una notte sola!-
quasi urlò quelle parole talmente era felice.
-Sorella, è incredibile!- disse felicissimo
Jean abbracciandola.
-E' una notizia fantastica.- disse Julian con
un sorriso lieve, guardandoli abbracciarsi e scherzare felici. -Per
questo, vi
offro la cena stasera. Sono troppo felice per non festeggiare.-
aggiunse.
Quella sera Julian era
letteralmente su di
giri. Jean, troppo occupato a gestire l'euforia e le performance
ccanore di Elly,
non aveva nominato i biglietti della festa e Julian era riuscito a
rubarli. La
sentiva cantare spensierata mentre si truccava gli occhi e si sistemava
i
capelli, e per la prima volta era riuscito a sentire i muscoli
sciogliersi e si
era rilassato. Non importava se lei non lo amava...non ancor, almeno.
Ne se non
ricordava nulla di quello che era successo, e non gli importava
più neanche di
sapere il suo segreto. Stava bene, si sentiva tranquillo e rilassato
come non
mai e non vedeva più da nessuna parte Leanan. Aveva anche
provato a chiamarla
ma lei non era venuta...il suo pensiero era l'unica cosa che rovinava
il
fantastico umore dell'uomo ombra. Probabilmente lei non si sarebbe
arresa, e di
sicuro sarebbe tornata con qualche scherzo.
-Sei pronto?-
domandò Jean con un paglio di
blue-jeans e un maglione color crema.
-Si- rispose Julian
stringendo le spalle,
odiava quando lo distraevano dai suoi pensieri.
-Ma vieni vestito
così?- domandò Jean
guardandolo storto. Julian si guardò i vestiti, i suoi jeans
neri e stretti gli
stavano in modo fantastico come la maglietta blu e una giacca.
-Cosa c'è
che non va?- domandò Julian
guardandolo di traverso.
-Non hai freddo?-
domandò incredulo il
ragazzino, era ovvio che ancora non sapeva che era un uomo ombra.
Julian si
mise a ridere a quelle parole, una risata da vero lupo cattivo, che
venne
interrotta da Elly, quando scese le scale vestita di un bel vestito
nero. Era
aderente e a maniche lunghe, ma corto lasciando le gambe lunghe e
candide in
bella vista, sulle spalline dei fili dorati si torcevano in ghirigori e
spirali
donando quasi un'aria imperiale a un vestito così semplice.
-Siete pronti?-
domandò con un sorriso
tranquillo.
Il tragitto il
macchina era stato breve, o
così era parso a Julian. Gli piaceva stare in macchina,
vedere il paesaggio
invernale che sfreccia sotto i suoi occhi, le chiacchiere senza senso
dei suoi
compagni di viaggio, la musica che invadeva l'abitacolo e il rumore
rilassante
del motore. Chiuse un momento gli occhi, cullato da quella sensazione.
Stava di
nuovo sognando, non si era accorto
di essersi addormentato. E gli uomini ombra NON dormono, mai. Era
disteso e
guardava il soffitto, ancora e ancora. Sarebbe mai finita quella
agonia? Non
c'era traccia di Leanan, ne dell'acqua, ne di Elly. Era solo.
Tutto ciò
che udiva era il battito accelerato del suo cuore e il solito
ticchettio
stridulo che lo accompagnava.
-Ti sei
svegliato- sussurrò una voce accanto
a lui, voleva girarsi ma era legato da una forza invisibile, i suoi
occhi erano
socchiusi, vedeva la stanza solo attraverso le ciglia folte. La voce
era dolce,
lieve. Elly. Con la coda dell'occhio riuscì a scorgere la
sua chioma nera, ma
non poteva vedere i suoi occhi, ne il suo sorriso che per qualche
ragione gli
sembrava spento.
-Ascolta.- disse
concentrandosi per non
versare lacrime -Farei di tutto per farti svegliare Julian. E' stata
tutta
colpa mia, ti ho ferito. Ma ora devi svegliarti.- sussurrò
pianissimo.
-Svegliati.-
ordinò con forza.
Spalancò
gli occhi, confuso. Era a terra,
l'asfalto nero ad accarezzargli il volto, sdraiato in modo scomposto.
Un altro
vecchio clichè della letteratura era la stupida frase che si
trova nei thriller
di quarta categoria: cosa è successo? E lui non lo sapeva
davvero, si guardò
intorno cercando di scorgere la più labile traccia. Si
voltò piano, facendo
leva sui gomiti. La macchina era ridotta ad un cumulo di rottami, Elly
sembrava
ancora incastrata tra il volante e il sedile, l'auto che gli era venuta
a dosso
era tutta accartocciata contro la loro. Si alzò, mosse
qualche passo incerto e
ferito, ma la vista lo abbandonava e la nausea assaliva il suo stomaco.
La sua
ultima Chance, l'ultima partita, l'ultima battaglia era stata persa.
Era stato
sconfitto? L'asfalto acquisì una strana angolazione, stava
svenendo.
NO, Elly...
l'oscurità
era così uniforme da fargli
pensare d'essere diventato cieco, e cos'altro poteva essere accaduto?
Un uomo
ombra scruta nel buio come un falco. Galleggiava in un dormiveglia
forzato, con
il corpo schiacciato verso terra, ma lui non si arrendeva e cercava di
strisciare verso di lei.
Elly, Elisabeth.
Arrivo, tu non rimarrai al
buio, ti riporterò alla luce. Lo giuro, lo prometto. I-io
sono quello che esce
dall'ombra, con il sorriso da lupo e gli occhi antichi, pronto ad
affrontare la
follia. Scaccerò via tutti i demoni che affollano la tua
mente. Dovesse anche
costarmi fino all'ultima goccia del mio sangue mostruoso,
divorerò i fantasmi
che ti spaventano e poi sparirò lasciandomi dietro solo un
cenno, una strizzata
d'occhio e una battuta sagace. Cammino da solo...chi mai vorrebbe
camminare con
me?
La sua mente elaborava
mille e mille idee,
senza riuscire a connetterle tra loro.
Dovresti
svegliarti, aprire la tua mente,
gli aveva detto Leanan ma quando aveva aperto gli occhi nulla era
cambiato.
L'immagine non
è la realtà, facciamo vedere
ad un bambino l'immagine di un cane e gli diciamo che è un
cane ma non lo è,
forse Julian è un'artista perchè riesce a far
diventare le immagini reali. Zach che spiegava quale poteva
essere il suo
potere, si aveva centrato il punto quella volta, ma un uomo ombra
può realizzare
i sogni, e Julian sapeva tutto su i sogni. Poteva suonarli come
strumenti,
manipolarli in modo che un sogno diventasse il peggior incubo mai
vissuto. I
suoi pensieri si stavano disperdendo, la mente vagava, attenta ma
distratta.
Come quando la notte i pensieri più assurdi sembrano reali,
come quando le
conclusioni più ovvie vengono percepite con chiarezza quasi
dolorosa.
C'è un
antico principio in medicina: la
risposta più semplice di solito è quella giusta.
è chiamato rasoio di occam.
Non so come la pensate voi ma mi sembra più plausibile che
io stia sognando...
Riaprì gli
occhi solo per un momento, la
consistenza dell'asfalto era cambiato, era più morbido,
soffice...caldo. Toccò
le lenzuola del letto di Elly, senza più avere la minima
idea di cosa fosse
successo nell'ultimo secolo per essere stato preso in giro
così pesantemente
dal destino.
E bene si, mancano pochi capitoli alla conclusione...non so bene
quanti, ma sono pochi. che ne pensate?
Poi, se posso sviare un momento dall'agomento, ho ricevuto una
meravigliosa notizia! Partendo dal principio, stavo parlando su
Facebook con una mia amica americana, Stefanie, che mi raccontava che
era sul sito della Smith. Sul sito della scrittrice, dove si possono
fare domande, le ha chiesto se avesse intenzione di continuare il gioco
proibito e questa è stata la risposta: Non ho neanche
iniziato quel libro ancora. In primo luogo, devo finire l'ultimo libro
della serie Night World, Strano Destino, e un libro che era
originariamente parte di Strano Destino, ma è diventato
così grande che l'ho fatto diventare il suo romanzo, che si
chiama L'ultima Ninna Nanna. Dopo che ho finito entrambi questi libri,
inizierò Il Gioco Proibito: Rivincita.
Cioè, probabilmente avrò ottantanni quando
arriverà in italia, ma chissene! Se non fa risorgere in
qualche modo Julian brucio il libro xD
Ok, ok. fangirleggio troppo quindi vi saluto!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un megabacio
Cyanidelovers
|
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Capitolo 16 *** Your Latest Trick ***
Your Latest Trick
I don’t know it
happened
It
all took place so quick
But
all I can do is hand it to you
And
your latest trick
[Non
so cosa sia successo/ è accaduto tutto così in
fretta/ ma tutto quello che posso fare/ è fare I miei
complimenti a te/ e al tuo ultimo scherzo]
Dire
Straits- Your Latest Trick
Si
alzò di scatto, portandosi una mano alla bocca, tremante. Il
suo orgoglio non glielo face ammettere, ma tremava dalla paura. La
stanza era piccola ed accogliente, ma si sentiva ghiacciato, come se
fosse appena stato scongelato.
-Impossibile.-
sussurrò guardandosi i vestiti. Indossava di nuovo la
maglietta di un azzurro stinto, i suoi capelli arruffati parlavano di
almeno due ore di sonno profondo e agitato. Guardò
l’orologio senza realmente vedere che ore fossero e scese le
scale a due a due, sentiva le voci concitate di Tom e Dee, quella
preoccupata di Jenny.
-Qualcuno
avrà riscritto il suo nome.- sussurrò Michael,
ragionevole.
-E chi mai avrebbe
potuto riscrivere il mio nome?- domandò Julian apparendo
come una furia. Due volte, era quello il massimo…solo due
erano le opportunità che venivano date ai uomini ombra per
rimediare a tutti i loro errori, e Julian li aveva sprecati, meritava
la morte. Perché era tornato indietro? Non era possibile. Il
ticchettio stridulo che sentiva nei sogni gli rimbombava nella testa,
era accelerato…era tagliente come una lama di coltello. Si
portò le mani alla testa, stringendo gli occhi ma il dolore
era qualcosa di inimmaginabile, come se fosse caduto preda di un raptus
che non gli faceva pensare ad altro che a quel rumore che sembrava
fargli l’elettroshock.
-Julian,
cos’hai?- Jenny gli corse incontro, mentre i suoi pensieri
gli si presentavano come tanti frammenti sconnessi. Guardò
verso di lei, ma non lei. Dietro i capelli biondi di Jenny La figura di
Leanan si stagliava come una dea nera, tormentata e distrutta. Anche se
lei stava distruggendo lui.
Le irridi
azzurre lo risucchiarono, l'oscurità lo chiamò a
sè con forza irresistibile. Julian ne fu attirato come ferro
da una calamita, ma la sensazione non fu di cadere in quelle
profondità: fu di disgregarsi.
Sentì
il buio premere contro di lui, insinuarsi sotto la pelle.
L’immagine
non è reale, e se gli uomini ombra fossero in grado di
rendere reale ciò che non lo è?
Il buio
strisciò attraverso i muscoli, scollandoli.
Riempì i vasi sanguigni, si fece strada nelle
cavità delle sue ossa.
Elly,
Jenny, Tom. Zach, Audrey, Michael, Dee, Summer
Gli inondò
la mente, cominciò a scardinargli i pensieri.
Perdonatemi.
Il buio era freddo,
freddo: divorava vita e calore e restituiva in cambio solo tenebra
intatta.
Julian cercò di gridare: l'oscurità gli strinse
la gola, si cibò del grido, lo ridusse ad gemito soffocato.
Poi si contrasse, si
plasmò in immagini e volti incredibilmente concreti, e lui
vi scivolò attraverso.
Non
è reale.
Si aggrappò
a quel pensiero con tutte le forze che le restavano.
Tutto
questo non può essere reale.
(Devo credere)
Perchè se
il buio e le immagini erano reali, allora il fantasma doveva essere lui.
Posso
rendere reali i tuoi sogni più selvaggi.
E
se non fossimo reali? E se questo fosse tutto un sogno, come lo
capiresti?
Si alzò,
puntando i piedi sul legno scuro.
-Non è
reale.- disse con voce ferma, anche se in realtà tremava.
-Cosa dici Julian, noi
siamo qui, sono con te. Cosa ti è successo?- La voce
preoccupata di Jenny non gli arrivò, ma le sue parole si. Si
voltò, senza darle spiegazioni e andò in cucina,
prese il grosso coltello da cucina e tornò vicino al camino.
-Julian, posa quel
coltello.- urlò spaventata Elly, quasi correndogli in
contro.
-Non capisci? Tutto
questo non è reale.- le disse, guardandola dritto negli
occhi, viola e azzurro che si fondevano insieme creando colori mai
visti prima.
Nessuno aveva notato
Leanan che se stava in disparte a guardarlo, lo guardava intensamente e
lui sembrava aver capito. Il dolore alla testa era diminuito,
lasciandolo riflettere con più lucidità.
-Certo che
è reale, ragiona.- insistette lei –Sei in casa
mia, e io non capisco perché…ma è come
se ti conoscessi da sempre, e ti sto dicendo che puoi rimanere qui se
vuoi. Quindi ti prego non farlo.- i suoi occhi lucidi lo incantarono. E
per un momento guardò la lama contro il suo stomaco, se si
fosse sbagliato, probabilmente sarebbe morto.
-Proprio per questo
è una finzione- sussurrò con sguardo triste.
-Non puoi ucciderti,
qualsiasi cosa….la supereremo insieme.- pianse, senza sapere
perché, forse per la sua impotenza o forse perché
stava per perdere un ragazzo che amava da qualche minuto.
-E’ una
vecchia leggenda: Se stai per morire in un sogno, ti svegli.- disse,
deciso. Strinse ancora di più il pugnale tra le mani, la
pelle tirata, le nocche bianche. -Anche se tu non te lo ricordi, ci
siamo innamorati l'uno dell'atra.- disse guardandola, gustandosi la
vista di quei meravigliosi occhi, forse, per l'ultima volta.
Inspirò profondamente, rimanendo senza fiato
quando il coltello perforò la carne.
*
Voglio svegliarmi.
Voglio
svegliarmi.
Voglio
svegliarmi.
Faceva
freddo, il suo corpo immerso nell’acqua non rispondeva ai
suoi comandi. Poteva controllare incubi di ogni genere e non riusciva a
controllare il suo stesso corpo. Era indubbiamente ironico. Anche
sospeso tra vita e morte le sue labbra si tesero in un sorriso da lupo,
piccole bolle d’aria si sollevarono verso
l’alto…o verso il basso?
I suo pensieri erano
sconnessi, come se fossero stati tirati e separati uno ad uno, le
uniche parole che riconobbe con lucidità furono
“Voglio svegliarmi’”.
Aprì
lentamente gli occhi, il sale marino bruciava e gli annebbiava la
vista, ma tuttavia riuscì a vederla, la scritta sul fondo
che lo scherniva con la sua immobilità.
GAME OVER.
“Quando
dirò tre ti sveglierai” la voce di
Leanan gli arrivò chiara e cristallina come se fosse accanto
a lui. Strinse gli occhi facendo uscire altre bolle d’aria,
non capiva le sue parole, si era pugnalato e quindi si sarebbe dovuto
svegliare subito. Perché era immerso nell’acqua,
allora? Perché sempre quell’elemento?
“Uno”.
Non sentiva più freddo alle mani, riusciva a sentire gran
parete del suo corpo, strane immagini gli scorrevano davanti a gli
occhi, come se avesse vissuto più di una vita, invece di
un’eternità.
“Due”.
Si dice che quando stai per morire tutta la tua vita ti scorre
davanti…ma non tutta. Per qualche ragione vedeva solo errori
davanti a se. Il suo ricordo più orribile, il suo incubo. La
fugace visione dell’uomo ombra che aveva inciso il suo nome
gli arrivò come uno schiocco di frusta, mostruoso, con la
pelle della stessa consistenza del cuoio, gli occhi completamente rossi
ad eccezione delle irridi blu, la bocca allargata come quella dello
stregato “Ricorda, anche tu diventerai così un
giorno.”
“Tre”.
Si sollevò di colpo dal letto scomodo, con una mano premuta
contro la bocca per reprimere l’urlo che lottava per uscire
dalla sua gola. La camera dove si trovava era piccola ed ingombra del
letto matrimoniale e di due comodini, i muri erano ricoperti di carta
da parati scozzese, così come la coperta sulla quale era
sdraiato, il tappeto, il gilè sulla camicia bianca che
indossava. Quando lo tirò per osservarlo meglio fece uno
strano rumore, come se fosse stato appena inamidato. Strappò
via, confuso, la targhetta con il prezzo della camicia, notando solo
ora che in quella stanza tutto aveva un prezzo. Corse fuori da quella
stanza assurda, constatando con sorpresa che non era proprio una stanza
ma una di quelle camere finte nei negozi di arredo, con
l’unica differenza che ce ne erano decine tutte identiche.
Correva lungo la strada di una normale cittadina, ma senza incontrare
anima viva, nessuno che in quell’assolato pomeriggio avesse
qualcosa da fare. Si fermò al centro
dell’incrocio, guardando per un momento le sue ombre che si
estendevano in tutte le direzioni, confondendolo anche di
più se possibile. Si sarebbe dovuto svegliare, ma allora
perché era in quel luogo, che fosse un altro scherzo di
Leanan?
Alzò la
testa, i suoi capelli sotto il sole splendevano con mille riflessi
color oro, gli occhi di un azzurro chiarissimo, che lo facevano
sembrare un bambino.
SVEGLIATI. A
caratteri cubitale, un piccolo aeroplano giallo si trascinava
uno striscione con le lettere dipinte di un nero lucido. Avrebbe voluto
urlare, con rabbia ceca, che ci stava provando con tutte le sue forze
ma che tutto ciò che faceva era inutile. Aveva il fiatone, e
quella dannata cravatta non lo faceva respirare. Allentò il
nodo, girando su se stesso lentamente e cercando di riconoscere quel
luogo. Si accorse che nulla era cambiato e allo stesso tempo nulla era
come prima.
Era davanti la porta
della casa da qualche minuto, senza sapere bene cosa fare. Doveva
suonare o aspettare che la porta si aprisse da sola? Il suo volto
veniva deformato dallo spioncino, sentiva il torace alzarsi e
abbassarsi a ritmo accelerato, con quel fastidioso tintinnio ancora
nelle orecchie, e dei passi dietro la porta, delle chiacchiere
distratte. Suonò, sentendosi per l’ennesima volta
uno straniero in un mondo oscenamente ordinato. La porta si
aprì dopo qualche istante con un sommesso cigolio. Elly lo
guardava stranita, la bocca carnosa e morbida aperta in una muta
sorpresa. Aveva il suo stesso identico gilet, ma dal taglio
più femminile, sembrava anche più grande con i
capelli lisci e anonimi, teneva la porta semi chiusa, aspettava che
dicesse qualcosa…ma cosa?
-Ti conosco?-
domandò con la sua voce argentina, oscurata dal velo di
diffidenza che si usa con gli estranei.
-Sono io!-
esclamò aprendo e facendo da parte la porta –Sono
io, Julian- ripeté.
-Non ti
conosco.-rispose confusa, indietreggiando lentamente.
-Cosa?! Certo che mi
conosci- La abbracciò ma lei iniziò ad urlare e
lottare.
-Tom, Aiuto!- ecco di
chi doveva essere l’altra voce che aveva sentito, forse lui
lo avrebbe ascoltato. Ma quando arrivò il ragazzo, non lo
guardò ne con lo sguardo carico d’odio che si
aspettava ne disse una parola. Lo spinse semplicemente fuori dalla
porta, chiuso in un inreale mutismo. Quello era il uo inconscio, si era
arreso all’evidenza, e forse per questo che era solo. Lui era
sempre stato solo, dalla notte dei tempi. Ma conosceva quei ragazzi
come se fossero un suo braccio avrebbe potuto immaginare
centinaia di conversazioni. Forse il suo subconscio non li conosceva
realmente… non conosceva neanche se stesso.
Il ticchettio aveva
iniziato a rimbombare di nuovo nella sua testa, era come sentire delle
campane a pochi metri di distanza. Corse cercando un altro indizio,
ignorando il mal di testa, cercando di fari largo tra i vialetti ben
curati della cittadina.
-Julian…-
si voltò, qualcuno lo chiamava. Era una voce che aveva
già sentito prima anche se in quel momento non avrebbe
potuto dire dove l’avesse sentita. Veniva dalla sua sinistra,
quasi si aspettava di vedere del fumo nero, uno manciata di
oscurità così fitta da farti credere di essere
morto. Ma tutto ciò che gli apparve davanti era la cittadina
tranquilla e silenziosa, così luminosa da fargli venire i
brividi.
-Julian…- A
destra, questa volta veniva dalla sua destra. Era bassa e roca, come
pietre che si strofinano l’una con l’altra per
creare del fuoco. La normalità agghiacciante lo
schiacciò, ma poi lo vide: sulla collina, grosse lettere
bianche contornate di nero erano state sistemate da silenziosi e
velocissimi operai.
JULIAN, CHIAMA: 123-581-1321
Ad un solo isolato di
distanza c’era una vecchia cabina telefonica, se fosse stato
più lucido in quel momento, se avesse pensato a
ciò che stava facendo,avrebbe potuto pensare ad una trappola
di Leanan o degli uomini ombra, quegli indizi erano troppo facili da
seguire.
Ma Julian non stava
riflettendo. No, lui era puro istinto, qualcosa che non può
essere governato dalla ragione. Aveva paura, certo. Perché
perdersi nella propria mente può farti scoprire cose
terribili, ma era anche incredibilmente euforico, vivo. Il cacciatore
era diventato la preda e tuttavia si stava divertendo,
focalizzò nella sua mente il momento in cui avrebbe
affondato i denti nella pelle nuda di Leanan, il momento in qui avrebbe
sentito l’odore vibrante del suo terrore. Prese la cornetta e
infilò la mano nei pantaloni, ne estrasse una moneta, grossa
e d’oro massiccio.
“Tutto
ciò è dannatamente divertente”
pensò con un sorriso bieco e ironico, facendo scivolare il
doblone nella fessura. Quella nuova situazione lo aveva stupito, ma lui
non rimaneva impressionato a lungo, si chiese con selvaggia
curiosità chi avrebbe risposto al capo opposto. Di sicuro
non Elly… forse Leanan.
-Pronto? Chi
è?- domandò una voce identica alla sua. Una voce
nata nelle tenebre, risuonava della musica degli elementi, come acciaio
rivestito di velluto rosso.
-Pronto? Chi
è?- ripeté Julian corrugando la fronte.
-Chi è?-
chiese con maggior forza la voce infastidita, si fece più
minacciosa.
-Mi è stato
detto di chiamare questo numero- sussurrò con le labbra che
accarezzavano la cornetta grigio chiaro –Il mio nome
è Julian- aggiunse. Attese una risposta, ma dopo qualche
secondo sentì una lieve risata, aveva
l’impressione che le labbra della voce si fossero tirate in
un sorriso da lupo, mostrando dei letali denti bianchi.
-E’ uno
scherzo?- Domandò con ancora i rimasugli di una orribile
risata. Julian strinse un secondo gli occhi, era l’identica
domanda che avrebbe voluto porre a se stesso.
-No, no…
io..- stava cercando di spiegare qualcosa che neanche lui conosceva, ma
a voce interruppe sul nascere la loro conversazione, lasciando Julian a
fissare la cornetta. Ma non si fece intimorire, si riprese subito,
infilò un altro doblone e premette il tasto per chiamare il
centralino*.
-Operatore?-
-Si?- la voce
impostata e meccanica della nuova voce lo snervava, ma doveva fare in
fretta e quindi chiuse gli occhi e ispirò profondamente.
-Ho bisogno
dell’indirizzo di questo numero:123-581-1321- disse
velocemente, domandandosi se fosse sua quella voce così
stanca e roca.
-Attenda un
attimo- rispose. Sempre con gli occhi chiusi, provò ad
immaginare cosa stesse facendo Elly in quel momento. Poi, si chiese,
cosa stesse facendo lui in quel momento. L’ipotesi
più plausibile era che stesse dormendo, e non era detto che
fosse passato tutto il tempo che immaginava. Il tempo nei sogni
è soggettivo, sembra che sia passato un anno e invece sono
passati venti minuti.
-12358, Heloise
Street- La voce fredda e calcolata lo scosse da quei pensieri.
Iniziò a correre, l’unica cosa sensata da fare.
Il numero della casa
ciondolava, facendo un rumore stridulo, come quello delle unghie contro
una lavagna. La casa del nonno di Jenny, ovviamente. Poco importava che
fosse impossibile che fosse a pochi isolati dalla casa di Elly, poco
importava che fosse l’ultimo luogo nel quale volesse andare.
Molte cose erano successe in quel luogo: era stato catturato da un mago
che poteva considerarsi un bambino, gettato in uno sgabuzzino come
qualcosa di vecchio, sofferto per la vicinanza ai suoi
antenati, stolte e mostruose creature pronte a schernirlo, e non si
poteva dire che quel vecchio non avesse pagato il suo debito.
Lì era morto, felice per la prima volta dopo tanto tempo.
Quella casa trasudava peccato, magia, usurata dal tempo. Troppo a suo
parere, porte e finestre erano sbarrate da grosse travi di legno, e la
casa sembrava inesorabilmente sul punto di crollare in pezzi. Ma, come
già detto, era del tutto inutile perdersi in inutili
osservazioni, quella era la sua mente, quanto poteva essere logica la
situazione?
Staccò
dalla porta sul retro due o tre travi, giusto per passare,
l’edera ormai secca doveva essere stata, un tempo, verde e
combattiva, perché era riuscita ad insinuarsi fin dentro
casa. L’interno era fatiscente, la carta da parati porpora
era scrostata e penzolante, i pochi mobili rimasti consumati e divorati
dalle termiti, il pavimenti ricoperto da un consistente quantitativo di
polvere. Un piccolo CD era appoggiato su una scrivania sembrava
chiamarlo. Lo inserì nel lettore sotto il televisore al
centro della sala e aspettò.
-Salve, Julian.-
La voce argentina, il
tono beffardo. Una donna demoniaca apparsa nel televisore della sua
mente. Ironico, senza dubbio.
-Leanan-
salutò con un lieve cenno del capo, il sorriso mesto, la
posa arrogante.
-Ti diverte il mio
scherzetto, uomo ombra?- domandò curiosa, gli occhi grandi e
blu che si stagliavano nello schermo.
-Una vera
noia… mi aspettavo qualcosa di più spumeggiante
da parte tua.- Rispose insolente.
Leanan sorrise
dolcemente, sembrava felice…. E triste.
-Sai, ho sofferto
molto nella mia vita.- disse con sguardo basso.
-E ora cosa
c’entra? Sai bene che il mio cuore non
c’è spazio per la compassione- rispose duro.
-Sei così
arrogante. Ma sapevo bene che tu non sei altro che un bambino che
è stato lasciato da solo a marcire… hai aspettato
silenziosamente che la tua anima e il tuo corpo si deteriorassero, hai
cercato di assopire il tuo bianco facendo prevalere la tua anima nera.-
-Non osare!-
urlò Julian –Io sono ciò che sono, non
ho mai cercato di cambiare.-
-Ma davvero?!-
riversò in quelle parole veleno e dolcezza, un gusto
afrodisiaco per l’udito di Julian. –Ma allora
perché hai cerato di salvare quella dottoressa
così tante volte? Perché hai avuto paura di
perderla, cadendo nell’oblio del terrore… TU uomo,
come credi di poter ingannare un’ingannatrice che ha vissuto
secoli e secoli prima di te?- disse piena di astio, astio che sembrava
mascherare qualcos’altro.
-Perché..
io…- non sapeva cosa risponderle, perché lo aveva
fatto? La amava, ecco perché…eppure si era spesso
chiesto, anche con Jenny perché fosse l’unico
della sua specie ad amare, era un uomo ombra e gli uomini ombra non
provano simili sentimenti. La sua specie, tutta la sua specie, era nata
dalla fredda pietra, un’orrenda manciata di rune gettate
senza molta grazia. Erano condannati a deteriorarsi come frutta sotto
il sole, che nessuno accoglieva.
-Tu la ami, vero?-
domandò lei con la testa inclinata di lato, i grandi occhi
blu profondi come fiordi norvegesi.
-Si-
-E non ti è
mai venuto in mente che questo, tutta questa storia potesse essere un
sogno?- domandò Leanan aprendo le braccia, come a voler
abbracciare tutta la casa.
-Io… non ho
riflettuto.- rispose distogliendo lo sguardo, odiava essere trattato
come uno stupido, ma lui era il più giovane tra gli uomini
ombra. In qualche modo ci era abituato.
-Desideri che ti
spieghi le regole del gioco?-
-Illuminami.-
ordinò scettico.
-Quando hai curato
Tom, il tuo corpo ha preso le sue ferite, lo hai guarito ma il dolore
non scompare mai, si trasforma, si trasferisce da un corpo
all’altro, si cura ma non scompare.- disse seria.
-Questo lo so bene.-
-Ma tu hai voluto
strafare, hai curato anche Audrey, e Michael… e Audrey era
rimasta per troppo tempo nella stanza…ricordi?-
Julian
annuì appena, iniziava ad essere tutto chiaro. Se si
rimaneva troppo tempo in quella stanza rimanevi imprigionato nei tuoi
stessi incubi…e non come nella casa di carta! Rimanevi
rinchiuso nella tua stessa mente, condannato a rivivere per sempre i
tuoi incubi peggiori. Julian ne aveva avuto un assaggio, vedendo morire
nei modi più disparati la donna che amava.
-Noto dalla tua
espressione che hai già capito. Sei rimasto imprigionato
nella tua stessa mente, e hai vissuto i tuoi incubi più
orribili.- disse dura –Tu hai paura, Julian. Paura d sentirti
impotente… proprio perché sei sempre riuscito a
controllate qualsiasi cosa. Ma gli uomini vengono spesso sottovalutati,
eppure hanno una volontà di fuoco.- aggiunse.
Julian rimase in
silenzio, colpito dalla veridicità di quelle parole.
-Era il tuo sogno,
vero?-
-Cosa?-
domandò apatico.
-Essere felice.- disse
Lei con semplicità.
-Non è
così… io…io…- non sapeva
come formulare quelle parole, voleva distruggere qualcosa, come se
nella distruzione potesse vedere il suo vero essere.
-Io non è
che volessi essere felice, questo no. Volevo…salvarmi,
ecco:salvarmi.- rispose infine, incerto.
-Salvare la tua anima
nera come la pece?-
-Si-
-Quel labirinto, lo
hai attraversato così tante volte, non ti sei mai accorto
che ti assomigliava?-
-Assomigliarmi? In che
senso?-
-E’
complicato, spaventoso, impossibile da capire….e tu,ragazzo
mio, sei il più grande interrogativo che
l’eternità mi abbia mai posto. Sei come un
indovinello senza risposta. Eppure… allo stesso tempo sei
semplice. Come fa un essere dalla natura distruttiva come la tua ad
amare qualcosa?-
-Non lo so, me lo sono
sempre chiesto.-
-Forse tu sei
speciale.- aggiunse, con la bocca che si piegava in un dolce sorriso.
-Non dovevi spiegarmi
il tuo scherzetto? Credo di meritarmelo.- disse voltando le spalle a
quel sorriso che attraversava lo schermo.
-Così sei
rimasto intrappolato nel tuo stesso trucco, intrappolare le persone
negli incubi.- ripetè, cristallina.
-Ironico sopra ogni
altra idea congeniata.- rispose asciutto, le braccia strette al corpo.
-Ti ringrazio- disse
piegandosi in un inchino –Per questo tutto era
così confuso. Ma sono sicura che una domanda ti preme
più di ogni altra; ebbene ponila pure.-
-Elly è
dunque morta nel labirinto?- al pronunciare quelle parole perse un
battito. Sarebbe stato meglio morire che vivere con la consapevolezza
di aver ucciso, con la sua presenza, Elisabeth.
-Anche il labirinto
era un sogno. Io ti avevo invitato, in origine, di nuovo nel parco dei
divertimenti. Mi hai uccisa nel faro.- Per tutto il tempo, lei era
rimasta seduta. Ora invece, in piedi, anche se con le gambe tagliate
dall’inquadratura, poteva vederla a figura intera. Il suo
vestito bianco, di raso lucido, era macchiato all’altezza
dello stomaco. Rosso, rosso sangue.
Ma Julian quasi
barcollò per il sollievo, sapere che Elly era viva, la
consapevolezza che lei fosse in qualche posto al sicuro, che non era
l’estranea che non lo aveva riconosciuto era una sensazione
indescrivibile... tanto che non poteva crederci.
-Questo non è possibile.- affermò con estranea
assennatezza -Me ne sarei ricordato, sono un uomo ombra, so riconoscere
un sogno quando ci sono dentro.-
-Sei molto giovane Julian, non puoi accorgerti di un sogno creato da
me.- rispose dolcemente, ancora quel tono lo confuse, facendogli
inclinare la testa. -Dimmi, quando l'hai vista ''per la prima volta''
non hai avuto l'impressione di averla già vista, di
conoscerla da molto tempo? Non pensi di esserti innamorato troppo in
fratta di lei?-
I dubbi che lo avevano attanagliato per un mese si sciolsero, come una
matassa che veniva tagliata.
-Due anni. Siete stati insieme due anni prima che mi intromettessi.-
sibilò -Ti è piaciuto il mio scherzo, uomo
ombra?-
-Il tuo
scherzo è stato memorabile, ma ho ancora una cosa da
chiederti.- disse Julian, gli occhi che fiammeggiavano come
falò azzurri –Perché hai fatto tutto
questo?-
-Prima di risponderti,
c’è una cosa che dovresti sapere.- disse lei seria.
-Cosa?-
-Devi ascoltare la
verità dalle sue labbra- Tese una mano verso di lui,
immergendola nello schermo, lasciandola passare con tutto il braccio
per protendersi verso di lui.
A Julian non
servì altra spiegazione. Leanan era la verità, si
diede dello stupido per non averlo capito prima. Prese la sua mano, si
immerse nei pixel dello schermo, lasciò che come un liquido
si formasse intorno a lui.
La stanza
completamente nera lo inghiottì. Nel suo colore, il nero,
nel suoi elemento, l’oscurità, lasciò
che la mente vagasse e si preparò a scoprire tutta la
verità.
Hello!! come state carissimi?
Allora, ho una schiera di fan (mia madre e mia sorella, sigh) che mi
stanno facendo la ola per la velocità con cui sto
pigiando i tasti!!!
che dire? spero di aver sciolto tutti i dubbi!
Mancano ancora solo due grandi segreti: Perchè Leanan ce
l'ha tanto con Julian e qual'è il segreto di Elly (il meglio
per ultimo)
Non so quanto ci metterò per pubblicare il prossimo (spero
poco) e poi volevo dire a ''Destruction'' che è
liberissima di aggiungermi si Facebook, anzi mi fa molto piacere che tu
me lo abbia chiesto cara! Anche perchè gente, mi dispiace
dirlo, ma sparirò dalla circolazione per un po' quando
finirò Stranger (sigh T___T mi mancherete *abbraccia tutti*)
Anyway, che sono queste facce tristi? Un megabacione!
Jessy ♥
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Capitolo 17 *** The Secret is Out. ***
17
The secret
is out
To buy the truth
And sell a lie
The last mistake before you die
So don't forget to breathe tonight
Tonight's the last so say good-bye
[per comprare la verità /e vendere una bugia /l'ultimo
errore
prima che tu muoia /quindi non dimenticare di respirare, stanotte
/stanotte è l'ultima occasione per dire addio]
A modern Myth- 30 seconds
to Mars
C’è una storia dietro ogni
persona.C’è una
ragione per cui loro sono quel che sono. Loro non sono così
solo
perché lo vogliono.
Qualcosa nel passato li ha
resi tali e alcune volte è impossibile cambiarli.
-E' reale?- domandò
Julian, toccando il muro di pietra nero.
-Siamo ancora nella tua mente.-
-E questo lo rende forse meno reale?-
-Sei tu che ti sei messo in trappola. Ma ora sei quasi cosciente, tra
poco la vedrai.- Leanan si voltò. Avvolti in una
oscurità
così fitta da avere un peso, solo loro potevano scrutarvici
dentro.
Julian la vide voltarsi, celando il volto. Perchè aveva una
strana sensazione, qualcosa che gli sfuggiva dalle mani come
fuoco
freddo.
Il ticchettio che lo ossessionava aumentò di volume,
e lui
iniziò a cercare la fonte del rumore, ma non vedeva altro
che i
muri neri. Quella era oscurità in cui neanche lui avrebbe
potuto
vedere.
Mi dispiace, Julian, perdonami.
Lui si voltò ancora una volta, non riuscendo a capire da
dove provenisse quella voce.
-Stai fermo. Ascolta quello che ha da dire.- gli disse Leanan, il suo
respiro profumato ad accarezzargli il corpo. Lui, per una volta nella
sua esistenza, le diede retta. Chiuse gli occhi e lasciò che
le
parole affluissero intorno a lui. Non sentiva solo la sua voce, ma era
quella che più le interessava.
Ascolta Julian,
sono sicura che puoi sentirmi. Non sono mai stata
così sicura in tutta la mia vita. E credimi, mi uccide
vederti
così. Cosa potrei dirti? Come vorrei che tu ti svegliassi e
mi
dicessi che che non hai bisogno di sapere queste cose. Apri gli occhi,
ti prego.
Rimase in silenzio per qualche minuto, sperando che il ragazzo
ascoltasse la sua preghiera, ma Julian era imprigionato e Leanan non lo
avrebbe mai lasciato se lei non avesse trovato il coraggio di riportare
alla memoria quei brutti ricordi. All'improvviso Julian realizzo quanto
Elly assomigliasse a Jenny; tutte e due cercavano di sfuggire ai
ricordi del loro passato.
Ricordo la prima volta che ci siamo incontrati. Tu non
avevi occhi che per Jenny, e io non...i-io ti vedevo come un semplice
paziente. Ricordi? Tu e Tom non facevate che litigare e così
ti
offrii di venire a casa mia, che cosa stupida. Ma per qualche ragione
mi piacevi, mi ricordavi un po' me e cosa significasse essere
allontanati per degli errori del passato.
Si interruppe per soffocare altre lacrime, era nata una piccola
risata. Poi i singhiozzi aumentarono, Finchè non
riuscì a
domarsi.
Abbiamo iniziato a vivere insieme. Io facevo i panckecs e tu lavavi i
piatti, io andavo a lavoro e tu mi accompagnavi, io aiutavo Jean a
studiare e tu ci ascoltavi. Eri...sei- si corresse -
così assurdo. Avvolte mi spaventavi cambiavi umore
così velocemente che avvolte dubitavo che fossi la stessa
persona. Ma tu non mi hai mai fatto
del male, a differenza di molti esseri umani. Poi, c'è stato
quel giorno...che quel bambino è morto... ero
così
disperata, avrei voluto distruggere qualcosa, o urlare fiero a farmi
sanguinare la voce. Non pensavo che qualcuno avrebbe potuto tenermi in
braccio come hai fatto tu, abbracciarmi. Era la prima volta che ti
mostravi dolce verso qualcuno che non fosse Jenny. Mi sono aggrappata a
te e abbiamo dormito insieme, completamente vestiti e senza sognare
nulla. Da quel giorno, non sei stato più il solito estraneo
pragmatico, anche se cercavi di avvicinarti ancora Jenny...sembravi
cambiato. Non ti capivo, perchè eri così
ossessionato da Jenny? Poi un giorno la mia curiosità venne
colmata.
Tu mi raccontasti tutto. Ogni cosa. Chi eri...anzi, cos'eri. Non so
cosa ti aspettassi. Forse che mi spaventassi e che ti dicessi che eri
un pazzo, che ti buttassi fuori di casa? Come avrei potuto
farlo...avevi un'aria così abbattuta, forse ti credevo
pazzo, ma infondo non sembravi mentire. I tuoi occhi erano
così simili ai miei...quando....
Fece un grosso sospiro. E Julian capì che presto avrebbe
conosciuto il segreto che per tanto tempo lo aveva ossessionato, si
chiese cosa avrebbe potuto fare di così grave una ragazza
dolce
come Elly per restarne tanto traumatizzata. Eppure, sapeva che non si
sarebbe stupito. Secoli ad osservare la terra gli avevano fatto capire
una cosa: ogni essere umano ha una parte malvagia.
Devo dirtelo ma, onestamente, spero che tu non possa sentirmi.
Ricordi quando ti dissi che eri la prima persona di cui mi sono mai
innamorata? Non scherzavo, non ti prendevo in giro. Non mi ero mai
innamorata di nessun’altro, questo perché quando
ero molto
piccola ho visto finire una storia d’amore proprio davanti ai
miei
occhi. Nessuno potrà mai capire quanto abbia sofferto,
quanto
dolore mi abbia causato, perché tutti credono che quando i
tuoi
genitori si separano sia tremendo, certo, ma superabile.
Ma…Julian, ho iniziato ad odiare i miei genitori in un
modo…non normale. Ma lascia che ti racconti tutta la storia.
Te lo devo.
Si interruppe di nuovo,
Julian aveva la sensazione di poter sentire quelle lacrime lavarlo, le
poteva sentire sulle mani come se fossero le proprie. Sentiva
il
suo respiro spezzato, tanto che riusciva ad immaginarsi il suo corpo
sottile percorso da spasmi di pianto.
E’ strano cosa rimanga impresso in una notte passata insonne.
Per
esempio, non mi ricordo cosa indossassi, ma sono sicura che i tappeti
nella sala fossero nuovi, o che la mia stanza profumasse di arance e
non di pesche come al solito. Ricordo le lacrime di mia sorella, un
anno più piccola di me, mentre io cercavo di calmarla. Ci
stringemmo l'una contro l'altra e iniziammo a giocare con il piccolo
Jean, di pochi anni, cercando di ignorare le urla dei nostri genitori.
Non ricordo che colore fosse il lenzuolo che usammo come tenda, ma
ricordi distintamente le parole di mia madre
-Linda, calmati! Sveglierai i bambini!-
-Calmati tu!-
La voce di Robert, mio padre, di solito così mite,
era un ringhio sommesso.
-Ragiona. I tuoi discorsi non hanno senso! Non puoi andartene
così!-
La voce di mia madre si alzò di un tono, diventando quasi
isterica.
-Sì che posso, certo che posso! Sono un'artista! Ho un
lavoro,
ho bisogno di stimoli! Non posso restare a marcire in questo posto!-
-Marcire? Tu hai una famiglia! Hai un marito! Hai tre figli!-
-Loro capiranno!-
-Capiranno?! Cosa dovrebbero capire? Elisabeth ha dodici anni, Annie
undici e Jean ha appena sei anni! Ti adorano, vorrebbero essere come
te!
Come puoi andartene così? Sei la loro madre!-
Non ricordo molto, ricordo le mie mani sulle orecchie di mia sorella,
le nostre lacrime che inzuppavano il cuscino.
E' un brutto sogno, pensai. La mamma non se ne andrà
davvero.
Farò la brava, sarò la bambina più
brava del
mondo, e la mamma ci vorrà di nuovo bene e non se ne
andrà.
Ma, ovviamente, mia madre se ne andò.
Mio padre era disperato, io...lo ero. Così dopo mesi di
notti
insonni pregando che mia madre tornasse, notti piangendo,
perchè
solo io avevo capito che mia madre semplicemente si era stancata di me,
di una famiglia ordinaria e felice -almeno per noi- lei era stanca.
Infondo cosa importava se noi saremmo stati infelici? La chiamai, le
chiesi se poteva venirci a trovare, e anche se non voleva vedere mio
padre, avrebbe potuto trascorrere un po' di tempo con Annie e Jean. E
sai cosa mi ha risposto?
-Ti avevo chiesto di non chiamarmi. Verrò a trovarvi a
Natale-
-Ma mamma, siamo a Giugno. Ti prego, Annie non fa che piangere, gli
manchi! Fallo almeno per lei.- la supplicai. La sentì
imprecare
a bassa voce, ma acconsentì.
Non hai idea di quanto l'ho odiata, Julian. Capisci cosa dico? ODIO, ho
odiato mia madre. La odio ancora oggi, quella fottuta stronza ha
rovinato tutto, e io la odio. Ma cosa c'è di sbagliato in
me?
Come fa una figlia ad odiare così tanto una madre, ero
così spaventata da quello che provavo. Lei si era
innamorata di un altro uomo e io e i miei fratelli dovevamo pagarne le
conseguenze, mio padre sempre ubriaco, un uomo distrutto che aveva
perso il suo più grande amore, e noi che avevamo perso
nostra
madre, per un suo capriccio!
Le ultime parole arrivarono
alla mente dell'uomo ombra come una cascata d'odio puro. Si
sentì in difetto, si vergognò per tutti gli anni
passati
ad accertarsi che nessuno sfiorasse neanche con un dito Jenny, mentre
lei soffriva in questo modo. La immaginò a dodici anni, un
po'
più bassa ma con i capelli corvini lunghi e
sbarazzini come li
portava ora, le forme un più acerbe, gli occhi pieni di
lacrime per la perdita della madre, che cercava di combattere il
ricordo della
donna che l'aveva abbandonata.
Due settimane dopo, mia madre si presentò a casa nostra -continuò-
dicendo che voleva vederci. Era completamente ubriaca, e urlava che io
l'avevo chiamata e che le avevo detto che era una pessima madre. Il che
era vero, certo, ma non glielo avevo detto. Tutto questo mentre io ero
sopra in camera e così non mi resi subito conto di quello
che
stava per succedere. I miei genitori stavano litigando sulla porta, mia
madre voleva entrare ma mio padre era furioso e non voleva lasciarla
passare....e intanto Annie è arrivata da scuola.
Oh, se non avessi chiamato...come vorrei non averlo fatto! E' stata
tutta colpa mia, non avrei mai dovuto...
Prese un grosso respiro, ma ormai aveva rinunciato a fermare le
lacrime, così lasciò che scorressero sul suo
volto.
Annie era arrivata a casa, proprio mentre la lite era diventata
più furiosa, io vedevo tutto dalla scala principale che dava
proprio davanti alla porta
-Non avrei mai dovuto conoscerti! I miei figli non sarebbero mai dovuti
nascere!- urlò all'improvviso mia madre, spingendo, senza
volere, Annie all'indietro con una tale forza che finì per
colpire lo scalino con la testa.
Quel che ricordo con maggiore intensità di tutta questa
storia,
è il silenzio glaciale che si formò subito dopo.
Non
riuscivo a respirare. Mio padre era medico, e disse che lei
era...m-morta.
Non vidi mai più più madre, ma sappi dai giornali
che per via di
un fatale ''incidente'' automobilistico era morta anche lei.
Quello che ho fatto, ho distrutto tutta la mia famiglia. Per un
capriccio!
Perchè la verità è che ero io che
avevo bisogno di vedere mia madre, non Annie.
Dopo il loro funerale, le cose andarono sempre peggio. Io avevo cercato
di farmi perdonare in ogni modo, cercando di trasformarmi in una foglia
modello, sempre pronta ad aiutare, impegnandomi a scuola e nella danza,
accudendo Jean al massimo delle mie possibilità, ma mio
padre-
me ne resi conto troppo tardi- aveva capito che era stata colpa mia.
Spesso mi picchiava, e non mi guardava mai negli occhi. Ogni volta che
tornavo da scuola gli facevo vedere tutti i miei buoni voti, e
lui mi diceva che non ero abbastanza. Era impazzito, completamente. Non
mi importava se picchiava me, nessun livido mi avrebbe mai espiato il
mio
peccato, ma quando iniziò a fare del male a Jean ho iniziato
a
progettare una fuga. Sai, in Francia si diventa maggiorenni a 18 anni,
quando compì gli anni, la notte stessa, presi con me Jean e
scappai. Avevo lavorato per due mesi per mettere da parte tutti i soldi
che servivano per il biglietto ma riuscì ad arrivare in
America.
Poi ho incontrato Jenny, l'unica persona che sembrava avermi capito. Le
devo tutto... anche grazie a lei ho conosciuto te.
Quindi, per favore, svegliati adesso.
Al buio,
tutto quello che
Julian riuscì a sentire era il lieve respiro della ragazza.
Si
sentiva svuotato, incapace di accettare quelle parole.
-Non ha alcun senso!- disse dopo qualche minuto. -Non è
stata colpa sua.-
-Ciò che ti è sempre sfuggito della mente degli
uomini,
Julian, è che spesso chi è buono si sente
colpevole della
cattiveria altrui. Jenny si era sentita in colpa per la morte di Summer
anche se eri stato tu ad ''ucciderla'' ed Elisabeth si è
sentita
in colpa per la morte della sorella e della madre, non ha nessuna
importanza che non sia stata lei a fare loro del male,
perchè
fino alla fine della sua vita rimpiangerà il giorno in cui
ha
alzato la cornetta per chiamare sua madre.-
-No... non può essere, ci deve essere dell'altro! Ha passato
tutta la vita con un peso sul cuore, era completamente distrutta e
questo solo per una telefonata? Come si può rimanere
traumatizzati per così poco?!-
-Perchè credi che fossimo migliori di loro? Noi non ci
facciamo schiacciare da simili colpe!-
Julian si voltò, furioso. Non gli importava, lei non era
colpevole. Avrebbe voluto urlare quanto tutto questo fosse ingiusto ma
sapeva che non avrebbe risolto nulla, la vita non è giusta.
-Lei non ha fatto nulla di male.- sussurrò con gli occhi in
fiamme.
-Cosa credi? Tu dormi sonni tranquilli e hai le mani sporche di sangue;
l'anima macchiata di una colpa immortale. Lei è solo
colpevole
di aver cercato l'amore di sua madre. E' l'anima che vi differenzia, e
non importa se tu pensi che sia innocente, perchè la sua
coscienza la punirà fino alla fine dei suoi giorni.- Julian
rimase in silenzio, non potendo controbattere. Ovviamente, aveva
ragione. Lui aveva fatto cose crudeli, ignobili, meschine. Per puro
divertimento, mille e mille volte aveva costretto umani e spiriti buoni
a giocare ai suoi giochi, a prendere e morire. Cosa poteva saperne lui
di coscienza se a mala pena capiva cosa fossero le buone azioni e le
cattive azioni?
-Per questo hai sempre cercato di ucciderla? Perchè era
colpevole di una telefonata?!- urlò lui alterato.
-Come sei sciocco....l'ho fatto anche per te!- rispose sarcastica.
Julian levò il capo all'indietro, ridendo. -Per me? Avresti
cercato di uccidere l'umana che amo....per me?-
-Vedi, caro, se lei fosse morta suo padre non ti avrebbe fatto quel
brutto taglio sul braccio, tanto da farti vedere l'osso...- disse
seria, mentre Julian si prendeva il braccio dolorante, lo
guardò vedendo con disgusto il bianco dell'osso. -Non ti avrebbe fatto
quel brutto taglio alla spalla.- questa volta, Julian dovette piegarsi
per non sentire il dolore alla spalla, partiva poco sotto la giugulare
fino a raggiungere il braccio, bruciava ed era incredibilmente
profonda. -Non ti saresti rotto una gamba cadendo per cercare di
salvarla alla fine- concluse mentre Julian cadeva barcollante a terra,
mentre con uno scricchiolio aagghiacciante la gamba si rompeva. Aveva
la fronte imperlata di sudore freddo, il dolore era indescrivibile,
sentiva tutto il corpo bruciare.
-Ti fa male?- domandò con tono dolce Leanan.
Diavolo, si!
-NO!- urlò, pur di non dargliela vinta.
-Io non volevo che soffrissi, che il tuo corpo si rovinasse. Non
volevo. Ma tu continuavi a combattermi, a cercare di salvarla....e io
ho dovuto agire.- Lo sfiorò con i polpastrelli, e lui non
sentì più dolore, il suo corpo era tornato
perfetto e pieno di energie.
Julian ispirò profondamente, cercando di nascondere il
tremore del corpo a lei e al suo orgoglio.
-Hai detto che sei venuta dopo due anni...- sussurrò
cambiando
discorso e lasciando defluire la sua ira -Perchè aspettare
tutto
questo tempo?- Lei trasse un grosso respiro, pronta a raccontare una
lunga, difficile storia.
-Sai bene che la verga viene lasciata sotto terra per molti secoli e
quindi gli altri
non si erano accorti che era sparita.- rispose con uno sguardo quasi
ammiccante.
-L'hai rubata?!- domandò incredulo.
-Chi pensavi avesse riscritto il tuo nome?- gli si avvicinò.
Il
suo sguardo velato dall'oscurità aveva un chè di
drammatico, profondo e sardonico.
-Tu?-
domandò scandalizzato -Perchè mai avresti dovuto
farlo?-
-Vendetta!- disse, il suo sguardo fiero che si perdeva nel buio.
-Stai mentendo.-
Il viso della Fae si trasformò in una bianca bambola di
porcellana, stupita oltre ogni misura, e Julian ne
approfittò.
Le prese con forza brutale, ruda, il polso, le strinse le spalle con le
mani costringendola a guardarlo negli occhi.
-Perchè?- domandò furioso -Voglio sapere
perchè!- ordinò.
-Vuoi sapere perchè?! Sei davvero così cieco? ho
fatto
tutto per te, di tutto! Ti sono stata vicina in ogni momento, ho
riscritto il tuo nome, e ho cercato di impedire che venisse cancellato,
mi sono data agli uomini ombra....tutto questo perchè ti
Amavo,
stupido!- quasi urlo, ferendolo con quelle parole. Il suo sguardo si
rivelò così distrutto che lasciò
Julian a bocca
aperta. Lei si liberò dalla presa avvicinandosi a lui e
stringendolo tra le braccia.
-Tu non puoi amarmi.- sussurrò lui quasi spaventato da quel
contatto così intimo e dolce. -Tu non sai cosa sia l'amore.-
-E perchè? Chi sa cosa sia veramente l'amore? Io non sapevo
cosa
fosse, che forma assumesse eppure lo trovai. ma amarti era una macchia
troppo peccaminosa per essere tollerata. Così venni
esiliata.
Non che mi importasse in ogni caso.-
A Julian parve di tenere tra le braccia una bambina in lacrime, il suo
corpo sembrava quasi più sottile e fragile.
-Ma tu sei una Sidhe. Non puoi cambiare, nessuno può...nulla
può cambiare ciò che siamo.-
-Solo l'amore e la morte cambiano ogni cosa. Cambiano tutti, anche
noi.- sussurrò.
This is my
last time
She said,
and she faded away
It's hard
to immagine
but one
day you'll end up like me
Them she
said:
If you
want to get out alive
Oh oh, run
for your life.
[Questo
è la mia ultima volta/ disse lei, mentre scompariva/
è
difficile da immaginare/ ma un giorno finirai come me/ poi lei disse:/
se vuoi uscirne vivo/Oh oh, corri per la tua vita]
Get out Alive-Three days grace
Julian rimase in silenzio, tutto ciò che risuonava nella
stanza
era silenzio, lacrime, sogni e cuori distrutti. Si diede mentalmente
dello stupido, chiedendosi come avesse fatto a non capirlo prima. Lei
gli era sempre stato accanto, sempre. Stupido!
Ora che ci pensava, lei era stata il suo unico conforto. Julian, non si
era mai sentito l'uomo ombra che i suoi antenati si aspettavano,
era...buono, in un certo senso. Non certo nei canoni degli umani,
ovvio. E quando si doveva nascondere per non essere deriso...lei era
sempre li a confortarlo.
Malato d'amore, Pazzo d'amore. Quando si infuriava per quelle dolorose
parole, lei sembrava capirlo e il suo viso...sembrava sincero, per un
momento.
Come aveva fatto a non capirlo?
-Tu avevi preso qualcosa di mio.- sussurrò Julian,
guardandola di sottecchi.
-E' stata una cosa stupida, ma ho agito d'impulso. Se Jenny fosse
morta non avrebbero cancellato il tuo nome.- spiegò alzando
la
testa con gli occhi scuri di pianto.
-Hai cercato di affogarla...lei avrebbe potuto guarire quel vuoto che
sentivo! Non potevo lasciartelo fare.-
-E per questo dovevi per forza strapparmi il cuore?-
-Io....- non sapeva cosa risponderle.
-Si, perchè la tua natura è distruttiva....come
lo era la mia d'altronde.- rispose per lei con sguardo triste.
-Ti ho uccisa?- domandò Julian. Quasi sperò di
non averlo
fatto, era strano ma sentiva di non volerla perdere, quasi come fosse
una sorella maggiore che ti fa sempre i dispetti ma senza la quale la
tua vita sarebbe più...vuota?
-Sai, un giorno diventerai come ero io un tempo, capirai che l'amore
vuol dire sacrificarsi per la persona che si ama...non sempre significa
che si deve morire per lei.-
-Cosa intendi dire?-
-Anche la terra è come il mondo delle ombre. La vita
è un gioco, devi correre e superare degli ostacoli. Ci sono
persone che mentono, finzioni, illusioni. Ma ci sono anche persone
pure, che vivono senza dare nell'occhio come i gelsomini che sono
minuscoli ma che emanano un profumo incredibile. Capirai cosa intendo
vivendo, come fanno gli esseri umani che osservavamo insieme.-
-Va bene.- sussurrò ripensando alle sue parole. -Cosa ti
succederà ora?-
-Ero brava a costruire le cose, a costruire finzioni. Ma sono stanca
della finzione e mi piacerebbe vivere per una volta nella
realtà
pura e semplice.-
-Perchè parli di te al passato?- domandò Julian
con lo sguardo perso nella sua gemella dagli occhi di ghiaccio.
-Mettiamola pure così: mi piace l'idea di parlare di me al
passato, come se non esistessi più. Forse è
così,
forse è solo il tipo di percezione di vita ad essere
diversa, ma
fra vita e morte sono sicura di saper fare una netta distinzione. Vedi,
io non esisto.... non nei criteri degli uomini o degli uomini ombra, ma
sono reale....non potrò mai morire perchè sono
fatta
della stessa sostanza dei sogni, e quando ti sveglierai...io
sparirò.-
-E se ti sognassi, e se pronunciassi il tuo nome o lo incidessi??-
domandò quasi in ansia, ancora abbracciato a lei. Non la
voleva
lasciare. No, non voleva. Elly lo stava aspettando e dopo tanto tempo
capì cosa aveva provato Jenny nei suoi confronti. Non amore,
no.
Era una sensazione strana, come quando ti abitui talmente tanto ad una
persona che per quanto fastidiosa possa essere, se la perdi, ne senti
la mancanza.
-Allora tornerò. Ma se pronuncerai o inciderai il mio nome
non
avrò indietro il mio corpo. Preferirei che tu non lo
facessi, in ogni caso.
Sono una manciata di cenere nell'aria, e così voglio
restare.
Libera e inafferrabile.-
-Mi mancherai.- Non poteva credere di averlo detto, se ne
vergognò. Lui, Julian l'uomo ombra, temuto in tutti i nove
mondi
per la sua natura distruttiva che sente la mancanza di una Sidhe!
-Non temere, potremmo giocare a scacchi in uno dei tuoi sogni.- rispose
con un sorriso liberandosi dalla sua stretta. divenne più
sottile, più eterea.
-Voglio che tu mi prometta una cosa però-
-Cosa?-
-L'ultimo desiderio....voglio che tu ti dia l'opportunità di
vivere in maniera serene. Vivi per tutti e due, amore mio.-
Sparì, come le nuvole che si dissolvono nell'aria. Senza
meravigliosi giochi di luce, senza vezzose parole. La sua richiesta
dolce e amorevole lo confuse, forse
perchè in cuor suo sapeva di aver paura di vivere come gli
esseri umani o di non esserne capace.
Il corpo si fece pesante e lui osservò la sua sinistra e poi
la
sua destra, le mani erano distese lungo i fianchi e stava
fluttuando....no, era sdraiato in un letto, neanche tanto comodo per
giunta!
Aveva gli occhi chiusi, aprirli era come cercare di sollevare una
lastra di cemento con delle bacchette cinesi.
L'odore di disinfettante gli riempiva le narici, e aveva uno strano
sapore in bocca...morfina?
La luce del giorno era fastidiosa, ferivano i suoi meravigliosi occhi
blu. Li richiuse subito, esigendo ancora pochi minuti di calda
oscurità.
Ma, Elly, ha bisogno che tu apra gli occhi. Quindi smettila di fare il
bambino piagnucoloso e vedi di darti una mossa!
-Julian...Sei sveglio?- sussurrò a mezza voce lei.
Le era rimasta sempre accanto, ora che sentiva le dita,
riuscì a percepire la mano intrecciata alla sua, tra
tubicini e flebo. Gliela strinse, per dimostrarle che l'aveva sentita.
Sollevò lentamente le palpebre, provando a mettere a fuoco
lo spazio che lo circondava, ma il mondo esterno sembrava essersi
circondato di un grigiore nebbioso innaturale e sfocato. Rivide i muri
che nei suoi
sogni lo avevano ossessionato, poi si guardò le mani, e
scoprì che l'orribile prurito che stava per farlo impazzire
era
causato dall'ago infilzato nella carne. e la sensazione di pesantezza?
tutta la morfina che al secondo gli veniva sparata nel corpo, e i tubi
che gli invadevano la gola.
Non seppe dire per quanto la osservò, cercando di capire se
fosse veramente lei o una specie di allucinazione. Spalancò
gli occhi, cercando di scrutare sempre di più in quel caldo,
e al tempo stesso freddo, color glicine.
-Julian, io...- Non sapeva come dirglielo, lacrime di sollievo misto a
senso di colpa iniziarono a scorrergli lungo le guance. Julian sentiva
la bocca impastata e in quel momento non riuscì a parlare.
Voleva dirle che non era colpa sua, che capiva. Che non gli importava,
che aveva fatto di peggio. Che voleva solo e soltanto lei. E invece
rimase in silenzio, gustandosi la sua vista, dolce e luminosa come
l'alba.
Lei si chinò su di lui e gli stampò un casto
bacio sulle labbra ferite.
-Ti amo.- sussurrò appoggiando le fronte sulla sua,
guardando i suoi occhi di nuovo aperti.
-Elly...- la sua voce era flebile ed arrochita, ben lontana dalla sua
antica armoniosità -Io...ho sentito tutto.-
Osservò con dolore il suo sguardo vibrante di dolore
e paura.
-Sono una persona orrenda.- disse piano, come se si vergognasse che
potesse sentirla. Gli diede un rapido ma dolce bacio sulla fronte e si
sedette sulla sedia, guardandolo con ansia e preoccupazione,
stringendogli la mano.
-No...tu non...- le sue parole erano sconnesse e quello sguardo lo
sconvolgeva.
Aveva visto decine di volte visi preoccupati, ma non per lui. Nessuno
si era mai preoccupato per lui. Ed invece eccola li, quella ragazza con
il cuore pieno di ombre e le occhiaie segnate per via delle notti in
bianco al suo capezzale che sembrava terrorizzata all'idea che lui
potesse pensare che fosse una persona orribile.
-Non ricordo nulla però. Sai com'è...ho preso una
brutta botta in testa.- rispose con un ghigno furbo che si
trasformò velocemente in un sorriso radioso.
-Julian io...-
-Non importa ciò che eri, importa ciò che sei
ora.- rispose tornando serio per un momento.
-E sono tua.- aggiunse con un sorrise, stringendo più forte
le dite vellutate.
-Certo, come io sono tuo.- ghignò soddisfatto.
-Il mio meraviglioso principe delle tenebre.- sussurrò
infine, prima di chiudere la distanza tra loro, con un bacio.
***
Oddio, non ci posso credere ç__ç Questa
è la prima storia in assoluto che finisco.
E' la mia prima long che finisco, vado a stappare lo
champagne!
Allora, se voi non aveste capito, non vi piacesse, o magari ( e dico
magari!) aveste gradito la storia, fatemelo sapere!
Si, ammetto che questa storia non doveva finire bene, ma io sono
una inguaribile romanticona e ho fatto un ''happy ending'' (o come lo ha
definito la mia compagna di banco ''un finale da tarallucci e vino'')
Non ci sentiremo per un po', ma prima scriverò una breve OS
comica (ahahah no) sempre sui nostri personaggi...e probabilmente in un futuro anche un'altra long!
non so cosa dire ora come ora. Quindi ciao, mi mancherete, vi voglio
bene *si dispera*
un bacione enorme :*
Cyanidelovers
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