The seventh seal di niebo (/viewuser.php?uid=78035)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Savin' Me ***
Capitolo 3: *** Far Away ***
Capitolo 4: *** Dangerous ***
Capitolo 5: *** A thousand miles ***
Capitolo 6: *** October & April ***
Capitolo 7: *** Fireflies ***
Capitolo 8: *** Walking Away ***
Capitolo 9: *** Drifting ***
Capitolo 10: *** The Only Exception ***
Capitolo 11: *** 27. May ***
Capitolo 12: *** Thick as a brick ***
Capitolo 13: *** Fairytale Gone Bad ***
Capitolo 14: *** What Do You Want From Me ***
Capitolo 15: *** The Spirit Carries On ***
Capitolo 16: *** Time for Miracles ***
Capitolo 17: *** Animal Instinct ***
Capitolo 18: *** Iris ***
Capitolo 19: *** My Heart Will Go On ***
Capitolo 20: *** Stay the Night ***
Capitolo 21: *** Back To You ***
Capitolo 22: *** Better Off Alone ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
The Seventh Seal
Prologo
Ilian avvistò il bimbo seduto a terra al centro della pista giocare con
un coltello. Decise di avvicinarsi al piccolo, per vedere cosa diavolo
stesse combinando.
“Ulrich!” gridò.
Il bambino voltò la testa verso di lui, lasciando per un attimo in
sospeso la sua sospettosa (alquanto sospettosa, dato che teneva in mano
un coltello) attività.
Fece un grande sorriso al ragazzo che si stava avvicinando a lui.
“Ciao Ilian!!!”
Il giovane vide scorrazzare qualcosa tra le gambe aperte di Ulrich.
“Ma che stai combinando?!”
“Niente!!!” disse il bimbo nascondendo “la cosa in movimento” dietro la
propria schiena.
“Male, testa di legno! Non dovevi esercitarti a lanciare i coltelli?”
“Bhe….stavo facendo una pausa…..”
“Una pausa? Lo sai che per fare una pausa devi aver fatto prima
qualcosa da cui riposarti?”
“Ma io mi sono esercitato!!!” affermò Ulrich seccato.
“Dammi la mano…..” lo prese di sorpresa Ilian.
Ulrich lasciò cadere il coltello e, sorridendo, porse la mano
all’amico. L’altra era ancora rigorosamente nascosta dietro la schiena.
“L’altra, testa di melone….”
Il sorriso di Ulrich si trasformò in un broncio.
“E va bene…..”
Porse l’altra mano ad Ilian e vi mise sopra una piccola lucertola.
All’inaspettato contatto delle zampettine sul palmo, Ilian si discostò
e fece cadere l’animaletto.
“Una lucertola?! Non hai niente da dirmi, testa di lumaca?!”
Era troppo divertente sentire i suoi insulti. Ogni volta se ne
inventava uno nuovo. Si rifaceva agli animali, alla frutta, alla
verdura, alle piante,… ma doveva sempre rigorosamente iniziare con
“testa di…”. E poi usava quello: “L’insulto più odiosissimo degli
insulti odiosi”, come lo chiamava Ulrich. Era la sua arma segreta.
Quando voleva far arrabbiare il bimbo Tak! glielo spiattellava sul
campo come un poker d’assi.
“Io….stavo facendo pratica con lei….”
Ilian rimase a bocca aperta.
“Facevi pratica con la lucertola?!”
“Sì!!!” e sorrise.
“Vuoi dirmi che stavi lanciando i coltelli alla lucertola?!”
“Sì!!!” e sorrise di nuovo.
“Ulrich…..non costringermi ad usare l’insulto più odiosissimo degli
insulti odiosi…”
“Ok ok va bene!!!! Hai vinto!!!! Volevo tagliarle la coda…..tanto poi
ricresce….no?” e sorrise per l’ennesima volta.
Ilian sospirò.
“Ulrich…..sei proprio un….”
“No!!!No!!!!Non dirlo!!!! Avevi detto che non l’avresti detto!!!!
Noooo!!!!”
“…..marmocchietto…”
Tak!
Detto ciò, come se gli avessero azionato un qualche pulsante, Ulrich
corse alla carica come un toro verso Ilian. Gli si aggrappò alle
ginocchia.
“Iliaaaan!!!!!! Non sono un marm…..quella cosa lì!!!! Io sono grande e
maturo, hai capito?!”
“Dimostramelo, testa di metallo.”
“Sìsì! Ora ti faccio vedere!!!”
Ulrich prese subito in mano il coltello che stava a terra e lo lanciò
contro il padiglione.
Ma mancò di molto il centro.
“Aspetta!!! Adesso ti faccio vedere!!!”
Riprovò. Ma lo mancò di nuovo.
“Aspetta, aspetta, aspetta!!!! Adesso!!!”
Mancato.
Fece ancora qualche lancio, ma non riuscì neanche una volta a far
centro.
Allora si lasciò cadere a terra, e iniziò a piangere, strofinandosi gli
occhi con le mani.
“…..io…..io…..non vojo lanciare i coltelli…..non sono capace…..io
voglio volare….come te….”
Ilian si inginocchiò vicino a lui.
“Mi scusi….” gli disse in una finta recita “ sto cercando il signor
Ulrich testa di fagiolo….Lo ha visto da qualche parte per caso?”
Il bimbo tirò su col naso.
“….sono io….”
“Ah sì? Ma che fortuna! Sa perché stavo cercando l’erede del Coltellaio
Matto….ma non credo che un bimbo che piange possa essere un suo degno
erede….”
“No no!!!! “ saltò subito su Ulrich “Sono io il suo erede!!!!”
“Mmmm…non mi convince…..”
“E invece sì!!!”
Un giorno Ilian aveva inventato e raccontato a Ulrich la storia del
leggendario Coltellaio Matto (ispirandosi al personaggio di Alice nel
Paese delle meraviglie), per insegnargli a puntare sempre in alto e a
non arrendersi mai.
Da quel momento l’aspirazione del piccolo bimbo era sempre stata quella
di diventare come quel mitico lanciatore di coltelli. E non si era mai
più arreso.
“Allora venga qui, signor testa di fagiolo….”
“Ehi!!! Non sono una testa di fagiolo!!!”
Ilian gli fece una smorfia, lo afferrò e, mettendoselo in spagoletta,
si diresse verso il tabellone in legno. Avvicinatosi, staccò i coltelli
che il piccolo aveva tirato.
Ritornò poi nella postazione di lancio e posò a terra Ulrich.
“Guarda.”
Ilian si abbassò all’altezza del bambino, chiuse l’occhio sinistro e
lanciò un coltello, che sfrecciò veloce verso la meta.
Fece centro al primo colpo.
“Ma…ma…..come hai fatto?”
Il ragazzo si rialzò.
Gli sorrise.
“Mio papà era un lanciatore di coltelli, testa di albicocca.”
E gli sorrise di nuovo.
“Davvero??? Che bello!!!! Ma…. perché non sei diventato anche tu un
lanciatore di coltelli come lui?”
Ilian discostò lo sguardo da Ulrich, mentre d’un tratto l’espressione
sul suo viso mutò.
“Mio papà….non ha potuto più insegnarmi….”
“Ah…..Era troppo stanco? Come me oggi?”
“No….non proprio…diciamo che se n’è andato….prima di finire le
lezioni…..e non è più tornato….”
“Ah….ho capito….e non c’era nessun altro lanciatore di coltelli che
potesse continuare a insegnarti?”
“Purtroppo no….”
“E allora hai deciso di volare?”
“Sì….non potendo più imparare a lanciare i coltelli, hanno deciso di
insegnarmi a volare, come dici tu….anche se avrei tanto voluto
diventare un lanciatore di coltelli come….”
Fece una breve pausa.
Poi riprese, schiarendosi la voce.
“Comunque…ora vieni qui, testa di piccione, che ti faccio vedere.”
disse spettinandogli i capelli.
Lo strinse vicino a sé, cingendogli la vita con un braccio.
“Tieni.”
Gli diede in mano il coltello.
“Guarda.”
E gli mostrò il movimento che doveva fare col braccio.
Il bimbo, un po’ goffamente, cercò di imitare quello che l’amico gli
stava mostrando.
“Bravo. Adesso prova a lanciare il coltello.”
Ulrich lo lanciò.
E fece quasi quasi centro.
“Che bello, Ilian!!!!!! Ho fatto quasi quasi quasi centro!!!!” disse il
bambino iniziando a saltellare allegramente “ Grazieeee!!!! Sei il mio
speciale amico-grande!!!”
“E tu sei il mio super Coltellaio Matto.” gli rispose Ilian dopo averlo
preso in braccio.
Gli fece l’occhiolino.
Ulrich cercò di ricambiare, ma il risultato fu quello di chiudere
entrambi gli occhi.
Ilian rise.
“Imparerai anche questo, vedrai.”
“Ilian!!!” gridò qualcuno dai camerini “Vieni, dobbiamo prepararci!”
“Arrivò!” rispose quello di rimando.
Mise a terra il bimbo.
“Devo andare piccolino….”
“Ehi!!! Io non sono piccolo!!!”
“Ah sìsì, hai ragione, scusami!!!! Che testa di patata che sono!”
“Già! Sei proprio una testa di patata!” confermò Ulrich facendogli la
linguaccia.
Ilian gli rispose allo stesso modo, divertito.
Intanto, mentre uno si preparava, l’altro si mise a far pratica con il
lancio di coltelli.
Poco dopo, però, il bimbo corse veloce nei camerini, poichè stava
iniziando ad arrivare il pubblico dello spettacolo di quella sera.
Lì si scontrò con Ilian.
“Dove corri, Ulrich?”
“Sta arrivando la gente….vado a nascondermi….”
“Ahhhh ho capito. Ascolta un po’, ho bisogno del parere di un esperto
lanciatore di coltelli…..Guarda. Ti piace il mio nuovo costume?”
Ulrich si allontanò un poco dal suo amico-grande, per vedere la sua
figura per intero.
Rimase a bocca aperta.
Ilian indossava dei pantaloni attillati bianchi, e una giacca blu
scura, con delle linee orizzontali di tessuto oro, che terminavano ai
due estremi del torace con dei bottoncini rotondi, sempre color oro. Ai
piedi degli stivali neri, con dei tacchetti sul retro.
Ma la cosa che colpì di più Ulrich fu il cilindro nero che gli copriva
la nuca. Non ne aveva mai visto uno. Ne restò affascinato.
Da dietro la schiena, gli spuntava la sua treccia di capelli castani.
Era lunga fino al fondo schiena. Di solito Ilian portava i capelli
sciolti….solo durante gli spettacoli si faceva quella lunga treccia,
perché gli dessero meno fastidio nel compiere le sue acrobazie. Ulrich
adorava i suoi capelli. Erano così lunghi e lisci….Si era ripromesso
che se li sarebbe fatti crescere anche lui di quella lunghezza. Proprio
come il suo super amico-grande.
“Ilian……sei bellissimo…..” gli disse ancora incantato.
“Eh eh, non esagerare!” rispose l’altro portandosi una mano dietro la
nuca.
Intanto era partita la musica e il presentatore stava per introdurre i
primi circensi.
Lo spettacolo era iniziato.
“….E ora i nostri artisti trapezisti!” si annunciò poco dopo dalla
pista.
“Devo andare mio piccolo marmocchietto…” disse Ilian abbracciando il
bimbo.
L’abbraccio fu talmente dolce e denso d’affetto, che Ulrich non si
accorse neanche dell’insulto più odiosissimo degli insulti odiosi.
“Dove vai Ilian? Vai a volare?” disse mentre stavano lentamente
sciogliendo l’abbraccio.
“Sì, piccolo….vado a volare.”
E gli spettinò ancora i capelli.
Se ne andò, scostando la tenda.
Prima di entrare in pista si girò, sussurrando:
“Ciao piccolo Coltellaio Matto.” e gli fece l’occhiolino, sorridendo.
Ulrich tentò di nuovo di chiuder l’occhio in risposta, ma li chiuse
ancora entrambi.
“Ulrich! Che ci fai lì?!” gridò qualcuno dai camerini “Vieni subito
dietro le quinte! Sbrigati!”
Ma il piccolo non voleva andare. Voleva vedere il suo amico volare….
Si nascose dietro una delle tende del sipario, per non farsi scoprire.
Vide Ilian e gli altri trapezisti salire sull’alta scala a lato della
pista.
Tutti applaudivano.
Anche lui allora iniziò a batter le mani per il suo amico-grande.
Giunto in cima, Ilian si tolse il cilindro e gli stivali. Poi si
aggrappò al trapezio, pronto per volare.
Uno due e tre….
Si lasciò andare, proprio come su un altalena.
Tutti applaudivano ancora.
Ilian volò sempre più in alto, e più in alto e più in alto ancora.
Ulrich lo guardava a bocca aperta.
In seguito iniziò a scendere e a scendere e a scendere sempre di più….
Ma molti poi si accorsero che in realtà non stava scendendo.
Stava cadendo.
Avvenne in un secondo.
Tutti smisero di battere le mani.
Le braccia di Ulrich gli ricaddero, come morte, sui fianchi.
L’unico rumore fu lo schianto del corpo a terra.
Il primo a rompere il silenzio, fu un bambino.
“ILIAAAAN!!!!!!” urlò il piccolo Coltellaio Matto scostando con il
braccio la tenda e correndo verso il centro della pista con il viso
bagnato di lacrime.
Urlando allo stesso modo il nome del suo amico-grande, Ulrich si
svegliò nel suo letto.
Stava piangendo.
Autocommento:
Ok…ok…questo pezzo non
era previsto nella storia, né tanto meno Ilian era previsto nella storia…Mi è
venuto in mente oggi mentre camminavo (sì perché anch’io cammino..) e ho
pensato “Bah…ci potrebbe stare…” però separato dal resto della storia, in
quanto è un ricordo dell’infanzia di Ulrich. Alla fine ho deciso di scriverlo
perché probabilmente avrebbe aiutato a inquadrare e introdurre il protagonista
e l’ambiente da cui proviene (il circo). Però ripeto ‘sto prologo non era
previsto, anzi a dirla tutta non era previsto nemmeno un prologo! XD
Bhe in conclusione il
dato di fatto è che alla fine l’ho scritto, e spero vi sia piaciuto….Tra
l’altro scusate l’immensa tragicità della cosa, oggi era una giornata un po’
triste…
I personaggi:
Ulrich ve l’avevo già un
po’ descritto….posso chiedervi cosa ne pensate di lui, anche se qui è piccolo e
nel resto della storia sarà piuttosto diverso da cm era nel prologo….tra
l’altro sapete cm è fisicamente da grande( vedi disegno) poi magari lo
disegnerò da piccolo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Savin' Me ***
Savin' Me
Savin’ Me
Il suo respiro era affannoso, ancora scosso dall’incubo che
aveva appena fatto. Sognava la morte di Ilian quasi ogni notte, eppure
ogni volta si svegliava piangendo, come se fosse la prima.
Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, e asciugandosi le lacrime
accarezzandosi le guance.
Erano già passati dieci anni dalla morte
dall’amico, ma non se n’era ancora dato una
ragione. Gli sembrava fosse accaduto tutto solo il giorno prima.
Si alzò dal letto, ancora un po’ frastornato e si
avvicinò al lavandino. La sua “camera”,
infatti, comprendeva anche il bagno, che consisteva in un microscopico
lavello e in un water mezzo rotto e sudicio, nell’angolo
destro della stanza. D’altronde il circo è
itinerante, e per questo si era ritrovato a vivere in una roulotte
delle dimensioni dello sgabuzzino di un appartamento.
Giunto di fronte al lavandino, si guardò allo specchio. In
particolare guardò il proprio viso, che da quel tragico
giorno non aveva fatto più trasparire alcuna emozione.
Il suo sorriso era morto con lui.
Ma quando era solo, quando si ritrovava a fare i conti con
sé stesso, tutto quello che si teneva dentro lo affogava, in
una tempesta di sentimenti e risentimenti.
Si contemplò a lungo, quasi come se stesse osservando un
estraneo. Bhe in realtà, si era ritrovato ad essere un
estraneo verso sé stesso.
Il vecchio Ulrich se n’era andato. Ilian lo aveva portato via
con sé.
Spalancò gli occhi per un momento, e il suo respiro si fece
sempre più ansimante.
Mentre ancora si stava fissando allo specchio, senza che la sua
espressione cambiasse minimamente, lacrime calde rincominciarono a
scorrergli sul viso. Si lasciò ricadere sulle ginocchia,
aggrappandosi con entrambe le mani al bordo del lavandino.
Chiuse gli occhi con forza, mentre le lacrime già avevano
raggiunto il suo petto nudo, scorrendo incessanti e dolorose, quasi
stessero creando dei profondi solchi nella carne sotto la sua pelle.
“Perché…..perchè te ne sei
andato…..” disse piangendo
“Perché mi hai lasciato solo…”
Battè con forza un pugno sul lavandino.
“Perché mi hai tradito….???”
Aveva iniziato ad alzare la voce e a stringere sempre di
più le proprie mani in pugni.
“….tu dovevi
aiutarmi…..dovevi starmi vicino…..e invece sei
scappato….sei fuggito….e mi hai lasciato
qui….!!!”
Ormai gridava, tra il pianto.
“Sei un traditore!!! Sei solo uno sporco
traditore!!!”
Silenzio.
Sapeva benissimo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta, ma ci
sperava ancora.
Ci sperava sempre.
Iniziò pian piano a calmarsi. Il respiro cominciò
a rallentare, e la presa delle mani ad allentarsi. Smise di piangere e
riaprì gli occhi.
“Ilian…..perchè….”
disse quasi in un sussurro.
“…..non mi hai lasciato neanche il
tempo….”
Richiuse forte le palpebre, quasi spaventato dalle parole che stava per
pronunciare.
“…..per dirti quanto ti volessi
bene….”
Un ultima lacrima gli scivolò, solitaria, sulla sua guancia.
Non pronunciò altra parola ma, calmatosi, si
rialzò.
Ritornò a poco a poco in sé, anche se ancora un
po’ intontito dal sogno e dal cocktail di emozioni e pensieri
che gli frullava in testa. Sbirciò ancora nello specchio con
la coda dell’occhio.
Spalancò gli occhi e la bocca e quasi gli venne un infarto
al vedere la sua immagine riflessa.
Qualcosa gli spuntava dalla schiena. Qualcosa.
Rimase impietrito. Qualche secondo dopo ebbe solo la forza di muovere
la mano destra in direzione della scapola sinistra.
La toccò. Era un osso. Uno dei tanti che uscivano dai due
lati del suo corpo a comporre quelle ali. Quelle
terrificanti ali. Non
come quelle di una bianca colomba. No….Piuttosto come quelle
di un sudicio pipistrello. Pensò di sognare.
Sì….doveva decisamente essere ancora nel bel
mezzo del suo sogno. Ma poi le toccò, e le
ritoccò di nuovo, con la mano tremante e esitante
più che mai. Non erano una finzione. Non erano un assurdo
prodotto della sua mente. Erano vere. E uscivano dal suo corpo.
Pensava di essere impazzito. In effetti era abbastanza probabile, data
la situazione traumatica che aveva vissuto e che tuttora viveva. Ma
nonostante ciò, non riusciva a convincere totalmente
sé stesso che quello che vedeva (e toccava) fosse solo
un’illusione.
Distolse lo sguardo dallo specchio voltando lentamente la testa, ancora
agghiacciato, e vide lì , a lato del lavandino, uno dei suoi
coltelli.
Lo afferrò velocemente e, senza esitazione,
iniziò a incidersi la scapola sinistra e
quell’ala, forse per dimostrare a
sé stesso che
era tutto vero e che non fosse pazzo, come aveva paura di essere
diventato.
O forse solo per paura, per il terrore di ciò che vedeva e
di quello che avrebbe significato per lui. Ma anche semplicemente per
liberarsene, perché era già stato violentato
dalla vita troppe volte e l’ennesimo sgambetto da parte sua
non l’avrebbe accettato. Non più. Illusione o no,
vero o falso che fosse, il coltello affondava sempre più a
fondo nella sua carne e il sangue scorreva copioso lungo tutta la sua
schiena. Voleva liberarsene. Dovevano sparire. Qualunque cosa fossero,
le avrebbe fatte sparire. Le avrebbe tagliate.
Lacrime di dolore,
questa volta, gli rigavano il viso, contratto in
un’espressione sofferente che, a denti stretti, tratteneva
tutta la sofferenza fisica.
Questo dimostrava che esse erano parte di lui.
Non erano come quelle
ali d’angelo che si indossano a Carnevale, insieme
all’aureola e alla veste bianca. Che metti e togli quando
vuoi, a tuo piacimento. Questo non era un travestimento. Non era uno
scherzo. E Ulrich se ne era reso conto, mentre sentiva il sangue caldo
che gli scorreva sulle gambe nude. Ma non avrebbe smesso. Aveva
sofferto pene peggiori. Però, nonostante la sua
determinazione, non riusciva a frenare le lacrime che, insieme alle
gocce di sudore che gli scendevano dalla fronte, si mischiavano con il
sangue dolce emesso dal suo corpo ingiustamente martoriato. Ormai
però il coltello non affondava più, a causa
dell’osso bianco che gli sporgeva dall’ala,
anch’essa coperta di sangue rossastro. Respirava a tratti,
quasi eccitato dall’emozione di farsi del male.
Forse….era questo il punto Forse il suo
scopo….non era solo quello di farsi del male? Di placare le
sofferenze dell’animo martoriando il proprio corpo? Di
coprire il dolore psicologico con il dolore fisico?
“Ulrich!!!”
Qualcuno gridò il suo nome, bussando sommessamente alla
porta.
Ulrich si fermò di colpo, e si voltò in direzione
della porta. Nel girare la testa, i capelli sporchi di sangue gli
segnarono con rosse linee il collo ancora immacolato.
“Che cavolo stai facendo lì dentro?! Dovevi essere
già in pista da più di un’ora!!!
Muoviti, apri questa porta!!! Subito!!!”
Al sentire quella voce rimase impietrito per qualche secondo, incapace
di realizzare la situazione in cui si trovava, né
benchè meno cosa dovesse fare.
La voce dell’uomo si alzò di tono, e anche di
rabbia.
“Hai sentito quello che ti ho detto?!? Apri questa cazzo di
porta, o la buttò giù io!!!!!!”
Fortunatamente quelle grida disincantarono il ragazzo, che si
affrettò a nascondere il coltello insanguinato che teneva
ancora in mano. Ma non fece in tempo neanche ad aprire il
cassetto che l’uomo che l’aveva chiamato poco prima
sfondò la porta, trovandosi davanti quel macabro spettacolo.
Quello che l’uomo vide fu il ragazzo, immobile, semi nudo, al
centro della stanza, con un coltello insanguinato nella mano destra,
che si era creato delle ferite profonde lungo l’intera
schiena, specialmente nella parte alta, in corrispondenza delle
scapole. Quello che pensò fu scuramente che Ulrich fosse
mentalmente instabile, fuori di testa a tal punto da conficcarsi un
coltello nella spalla. Matto. Pericoloso. Ma soprattutto indisciplinato.
Se la sua intenzione era quella di infangare con il sangue il nome di
qualcuno (soprattutto il suo, quello del direttore del circo) bhe, non
ci sarebbe riuscito.
Ulrich lo fissava, spaventato. Continuava a respirare velocemente,
quasi avesse appena finito una lunga corsa. Poi fermò per un
attimo il suo respiro sconnesso. Le lacrime si erano gelate sulle sue
guance. Dischiuse leggermente le labbra.
“Mi dispiace….” fu tutto
quello che riuscì a dire sull’orlo di una crisi di
pianto per l’ansia, sinceramente pentito per quello che aveva
fatto. Non aveva proprio paura. Non era spaventato. Si era
semplicemente reso conto delle sue azioni.
A vederlo, sembrava un piccolo pulcino indifeso appena uscito dal
guscio.
Burk, il padrone, un uomo forte e robusto di corporatura, in un impeto
di rabbia, digrignando i denti, si avvicinò a Ulrich e lo
afferrò per un polso, stringendoglielo più forte
che potesse. Il ragazzo cadde in ginocchio e gemette dal dolore. Ma
probabilmente gemette anche perché sapeva cosa lo stesse
aspettando.
Il direttore lo trascinò con sé, tirandolo per il
braccio, senza dire una parola. Però, tutto sommato, forse
era stato meglio così. Le parole avrebbero potuto ferirlo
ancora.
Più il direttore tirava e più il giovane si
sentiva mancare le forze.
Burk lo lasciò solo al centro della pista, dove tutti gli
altri circensi avrebbero potuto vederlo bene. Ulrich si racchiuse in
sé stesso, appoggiando la fronte sulle braccia conserte
posate sulle sue cosce. La testa era china e i lunghi capelli gli
coprivano il viso e le ginocchia, scendendo fino a terra.
L’unica cosa nuda e ben visibile era la sua schiena,
incurvata.
Sembrava una dura e fredda pietra, posta in solitudine al centro di un
campo di grano.
Chiuse gli occhi cercando di liberare la mente da ogni pensiero, anche
dal più piccolo e insignificante. Svuotarsi di sé
stesso era il modo in cui affrontava il dolore. Come una farfalla che
esce dal proprio bozzolo, lasciava che la sua anima volasse via, che lo
abbandonasse, così che fosse solo il suo corpo a soffrire,
mentre il suo cuore non avrebbe provato alcuna emozione.
Il padrone lo abbandonò lì in quella posizione
per qualche secondo, ma subito dopo tornò tenendo in mano
una frusta, di quelle che durante gli spettacoli si usano per far
trottare i cavalli attorno alla pista.
Tutti gli altri circensi si fermarono, interrompendo le loro
attività per vedere cosa stesse succedendo al centro
dell’arena.
In quel silenzio, il rumore della suola degli stivali di Burk sul
terreno ghiaioso sembrava più forte dell’imminente
arrivo di un carro armato.
Ulrich si strinse le spalle, mentre tutto intorno a lui diventava
sfocato, come se appartenesse ad un altro mondo. Si sentiva come
racchiuso in un bolla di sapone, dalla quale osservava il mondo
esterno, che a sua volta osservava lui, intrappolato in quella gabbia
inusuale.
Il suono dei passi si interruppe. Il braccio destro del direttore si
alzò, per poi ricadere al suono della frusta che fendeva
l’aria.
“Ciao piccolo Coltellaio Matto.”
Fu il suo ultimo pensiero prima che la frusta si infrangesse sulla sua
schiena nuda.
Al momento del contatto, quando il cuoio squarciò le ferite
già aperte che da sé si era procurato,
aprì gli occhi, per farvi uscire due lacrime per troppo
tempo nascoste dietro le sue palpebre. Quelle gocce però non
racchiudevano nulla, nessun sentimento, nessuna emozione. Erano
solamente il prodotto, dovuto a un forte dolore fisico, delle sue
ghiandole lacrimali. Furono le prime e le ultime. Richiuse gli occhi,
come in una sorta di meditazione, mentre il sangue aveva ricominciato a
dipingere la bianca tela della sua schiena. Più le frustate
andavano avanti più lui sembrava perdere sé
stesso, racchiuso come la pietra del campo di grano. Non che non
sentisse dolore. Lo sentiva, eccome. E più la frusta
affondava nella sua carne più era difficile fingere di non
sentire nulla. Tutto sommato però sembrava riuscire d essere
abbastanza padrone di sé stesso e delle sue emozioni.
Anche il ricordo di Ilian non lo tormentava più. Solo
durante le punizioni sembrava dargli un attimo di tregua. Per questo,
piuttosto di rivedere in sogno l’amico morire, avrebbe
preferito vivere ogni secondo rimanente della sua vita sotto
l’effetto di una frusta.
I circensi intorno ala pista osservavano impietriti la scena, senza la
minima intenzione di intervenire per fermarla. Non si sarebbero mai
opposti al regista di questo film, avrebbero rischiato il
licenziamento. Il copione era stato scritto, ormai.
Burk sembrava impegnarsi veramente tanto questa volta, ci dava dentro
senza alcun ritegno. Doveva essere veramente infuriato. Non aveva detto
nulla per tutto l’arco del loro
“incontro”. Questo perché a suo dire,
come pare ormai ovvio, la punizione a parole è solamente una
perdita di tempo e di fiato.
Fatto sta che, o per qualche maledetto caso oppure di proposito,
colpì in modo estremamente violento la ferita più
profonda che Ulrich si era provocato, quella sulla scapola sinistra. In
realtà l’aveva già centrata parecchie
volte, ma questa volta era stato molto
più impetuoso,
talmente impetuoso da far ricadere il ragazzo su un fianco, semi
incosciente.
Aveva tentato di resistere, di continuare il controllo di
sé, ma quel colpo era stato troppo forte. Troppo sangue era
uscito, e così anche il suo corpo si stava rifiutando di
rimanere con lui, e probabilmente l’avrebbe abbandonato da un
momento all’altro.
Al vedere Ulrich a terra, Burk ritenne sufficiente il numero di
frustate. Probabilmente, il ragazzo aveva imparato la lezione.
Improvvisamente un soffio di vento entrò dentro al tendone,
scuotendolo tutto quasi in balia di una qualche tempesta. La brezza
impetuosa raggiunse anche il viso di Ulrich che, al sentire quella
fredda carezza, aprì un poco gli occhi, nascosti dai lunghi
capelli, e sorrise.
“Alzati prima che il vento ti porti via.” gli disse
il direttore del circo mentre l’aria continuava imperterrita
ad avvolgerli.
Il ragazzo non rispose, né fece il minimo movimento.
Burk lo osservò dall’alto in basso per un
po’, con sguardo severo. Poi però, vedendo che
Ulrich restava accasciato a terra immobile, lo prese per il braccio e
lo trascinò nella sua stanza. Non appena ebbero abbandonato
la pista, il vento smise di soffiare.
Il piccolo Coltellaio Matto, al sentirsi tirato, riaprì gli
occhi, lo sguardo perso nel vuoto.
Arrivato a destinazione, il padrone aprì la porta della
camera da cui l’aveva prelevato e lo buttò
letteralmente dentro, sbattendo l’uscio.
Rimase lì sdraiato a terra per qualche secondo. In seguito
decise di raccogliere le poche forze che gli rimanevano per rialzarsi
in piedi. Puntò entrambe le mani sul pavimento cercando di
sollevarsi, ma ricadde a terra con un tonfo. Riprovò una
seconda volta, ma senza successo. La terza volta oltre alla forza delle
braccia, usò anche la forza della disperazione, che gli
pervadeva tutto il corpo. Finalmente ci riuscì.
Era instabile sulle gambe, come se indossasse dei trampoli. Ma la sua
conquista non durò molto.
In quel poco tempo in cui si resse in piedi, però, un
interrogativo colpì la sua mente, come il primo fulmine di
un temporale.
Burk non si era minimamente spaventato di fronte a quelle ali che lo
sovrastavano. Perché? Perché al vederlo non era
fuggito terrorizzato urlando “ Un mostro! Un
mostro!” o qualcosa del genere? Il sangue l’aveva
visto…ma non aveva fatto alcuna affermazione riguardo quelle
assurde ali….Perchè???
Ma non ebbe il tempo di darsi una risposta, che subito cadde sul letto
privo di sensi, a causa dell’eccessiva perdita di sangue che
aveva subito.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Far Away ***
Far Away
Far
Away
Quando riaprì gli occhi, Ulrich si trovò
accasciato a terra, in un luogo che poteva vagamente assomigliare a una
foresta. In realtà scorgeva solo qualche albero attorno a
sé e un sentiero, il resto era circondato dalla nebbia. Non
riusciva a vedere se splendesse il sole o se fosse nuvoloso e nemmeno
se fosse giorno o notte. Nebbia. Tutto attorno a lui era bianco.
Si alzò in piedi, strofinandosi le mani sulle gambe, per
pulirsele dalla terra. Poi si guardò attorno, per capire
dove fosse finito. Il suo volto si rilassò, incerto e
sconcertato. Non riusciva a comprendere. Cercò la presenza
di qualcosa, girandosi più volte a destra e a sinistra e
correndo qua e là. Ma la nebbia era illimitata. Solo alberi
e quel sentiero che portava al nulla più assoluto. Si
sentì come chiuso in una gabbia e per questo divenne
evidentemente preoccupato. Era completamente solo. Si
accucciò a terra, mettendosi le mani sulla testa, tra i
capelli. Chiuse forte gli occhi. Perché? Perché
lo costringevano a combattere contro la sua solitudine? Non ne stava
già facendo troppe di battaglie vane, il cui risultato era
sempre un’inevitabile sconfitta?
D’un tratto sentì un rumore di passi provenire
verso di lui. Alzò la testa con uno scatto.
Tra la nebbia scorse l’ombra nera di una figura che si stava
dirigendo verso di lui.
Si rialzò in piedi, interdetto da quella vista. Inizialmente
pensò che fosse frutto della sua immaginazione. Ma poi
l’immagine cominciò a farsi sempre più
nitida. Ulrich la osservò, senza muovere un singolo muscolo
del suo corpo, finchè non riuscì a distinguere
chiaramente quei lineamenti e, quando ciò accadde,
iniziò a correre verso l’ombra ormai abbastanza
chiara. Mentre correva, lacrime calde iniziarono a rigargli il viso.
Quando l’ebbe raggiunta, strinse forte gli occhi umidi e
iniziò a battere i pugni chiusi sul petto di
quell’individuo che la nebbia aveva portato con
sè.
Ilian si stupì di quel gesto e allargò le
braccia, guardandolo dall’alto in basso.
“Dove sei stato tutto questo tempo??? Perché???
Perché mi hai lasciato??? Sei solo un codardo, uno stupido
codardo che non ha avuto la forza di affrontare le
difficoltà della sua vita!!! E così
l’hai fatta pagare a me, lasciandomi da solo in
quell’Inferno!!!”
Mentre diceva quelle parole, piangeva, piangeva, e continuava a
piangere, mentre con pugni lo picchiava forte sul petto. Le ferite del
suo cuore erano troppo profonde, troppo aperte per fermare la
fuoriuscita del suo dolore.
Ilian non disse nulla, continuando ad ascoltare.
“Perché non mi hai portato con te?
Perché mi hai lasciato lì??? Tu sapevi cosa avrei
dovuto subire, o cosa avei dovuto passare….Sei un
traditore!!! Un meschino tra….”
Le braccia di Ilian si strinsero all’improvviso, avvolgendo
Ulrich in un caldo e inaspettato abbraccio. Le parole accusatorie che
il piccolo Coltellaio Matto stava per rivolgere all’ amico
ritrovato soffocarono nella sua gola. Spalancò gli occhi
sorpreso, incredulo di poter sentire di nuovo il contatto del corpo di
Ilian contro il proprio.
Il suo super-amico-grande gli sorrise malinconicamente.
“So di averti deluso, piccola testa di melone….E
so anche di averti fatto del male, e questo mi fa soffrire
tantissimo…. Non me lo perdonerò mai, Ulrich. Se
potessi tornare indietro, non rifarei mai quello che ho fatto. E stato
solo un errore. Uno stupido errore….”
Ulrich continuava a non dire una parola, restando impietrito tra le
braccia dell’amico.
“….Non sai quanto avrei voluto mostrami a te prima
di adesso…ma non ho mai potuto….Mi
dispiace….Ti prego….perdonami piccolo
marmocchietto….”
Ma l’altro non proferì una sola parola.
“Ulrich….per favore….dimmi
qualcosa….so di averti ferito, so di essere un traditore, la
persona più crudele di questo mondo e so che sei
arrabbiatissimo con me, quindi non mi vorrai più rivolger la
parola….ma ti prego….dì
qualcosa……qualsiasi cosa….”
“Stringimi più forte.”
Riuscì a dire Ulrich, raccogliendo tutta la forza che aveva
per poter pronunciare quelle tre semplici parole.
Ilian si stupì di quella richiesta, ma subito lo
accontentò, sorridendo dolcemente.
Gli stava stretto al petto come un bambino al seno della madre.
Rimasero così, abbracciati l’un l’altro,
per qualche secondo. Nessuno disse nulla. Non c’era bisogno
di alcuna parola.
Fu un piacere bellissimo per entrambi affogare teneramente in quel
silenzio.
“E comunque….” disse poi il Coltellaio
Matto interrompendo quell’atmosfera
“…non sono più un
marmocchietto….Ormai l’insulto
più
odiosissimo degli insulti odiosi non attacca
più….mi dispiace….Non hai
più nulla da usar contro di me….”
E gli sorrise.
Erano anni che non sorrideva così. Dieci anni per la
precisione.
“Mmmm….hai ragione signor testa di
fagiolo….ma troverò sicuramente
qualcos’altro, non ti preoccupare. Anche se purtroppo non sei
più ingenuo come una volta….Quand’eri
piccolo potevo darti a bere ogni cosa….”
E gli ricambiò il sorriso.
“Che vorresti dire con questo?! Mi stai dando
dell’allocco?!”
“Mmmmm….direi di sì, testa di
melone!”
A quel punto Ulrich, con uno scatto, iniziò ad inseguire il
suo super-amico-grande, che dal canto suo, capite le intenzioni
dell’altro, scappò a gambe levate.
“Tanto non mi prendi, testa di catarro!!!”
“Scommettiamo?!” gli rispose l’altro
ridendo.
In effetti, se avessero scommesso, avrebbe vinto. Due secondi dopo,
infatti, Ulrich atterrò Ilian. Si ritrovarono entrambi a
terra, il Coltellaio sopra il suo amico-grande.
Si guardarono negli occhi per un attimo. Fu come se
d’improvviso il puzzle si fosse completato, come se lo Ying
avesse trovato il suo Yang, il sole la luna, le fragole la panna, Cip e
Ciop ecc ecc…
“Sei cresciuto….” Gli disse
poi Ilian quasi in un sussurro.
“Tu invece sei rimasto esattamente lo
stesso….bellissimo come quel giorno…..”
Resosi conto di ciò che aveva appena detto, Ulrich distolse
subito lo sguardo, arrossendo leggermente. Non era più un
bambino, non poteva più permettersi di dire certe
cose…
L’altro gli sorrise con affetto, notando il suo imbarazzo.
Un vento leggero iniziò a soffiare su di loro.
Ilian si voltò in direzione della brezza leggera.
Questa volta Ulrich capì subito.
“Non te ne andare. Non di nuovo…..”
“Non posso rimanere.”
“Ma adesso che ci siamo finalmente ritrovati! Non puoi
andartene proprio adesso!!!”
“Mi dispiace….”
“Ma così mi abbandonerai ancora!!! Mi lascerai
ancora solo!!!”
“Non ti ho mai lasciato solo…..mai….ti
sono sempre stato vicino…..anche se non potevi vedermi o
sentirmi, io ho ascoltato ogni tua singola parola e ogni tuo singolo
pensiero per questi dieci anni…..non ti ho mai abbandonato,
credimi…..e non ti abbandonerò
mai….” Giacevano ancora semi seduti a terra.
“Portami con te….”
“Non posso…..Perdonami….”
Ulrich, all’udire quelle parole e al sentire sempre
più vicino il momento dell’addio,
ricominciò a piangere. Senza singhiozzi. Solo lacrime
silenziose. Ma che dentro di lui facevano un frastuono terribile.
Ilian gli asciugò delicatamente le lacrime con la mano. Poi,
con il palmo ancora poggiato sulla sua guancia, avvicinò il
suo viso al proprio, e gli diede un dolce bacio sulle labbra ancora
bagnate dalle lacrime salate. Il piccolo Coltellaio, preso
inaspettatamente, si lasciò andare a quel calore che,
attraverso Ilian, era giunto al suo corpo. Chiuse poi gli occhi, e fece
passare la propria mano tra i lunghi capelli dell’amico, che
da piccolo Ulrich aveva sempre adorato intrecciare, quando Ilian doveva
prepararsi ad uno spettacolo.
Tutti i più bei ricordi che finora aveva custodito
gelosamente gli si presentarono davanti, come la proiezione di un film,
e gli accarezzarono la mente come soffici petali di rosa. Allo stesso
modo si accarezzavano le punte delle loro lingue, che si univano a si
scioglievano, plasmando, in un armoniosa unione, l’amore che
a vicenda si offrivano.
Si sentì come se stesse volando in un cielo sempre sereno,
senza limiti, ostacoli o confini….Libero….come
non lo era mai stato prima.
Non dimenticò mai questa stupenda sensazione. Gli rimase
impressa nella memoria per tutta la sua vita.
Poi però le loro anime si sciolsero. Era stata una
sensazione stupenda, ma non poteva essere eterna.
Lo sguardo di Ilian si fece subito serio.
Ulrich capì che non poteva far più nulla per
fermarlo. Era tutto al di sopra delle loro capacità e dei
loro desideri. Qualcuno aveva deciso per loro e, a decisione presa, non
si può tornare indietro.
“Allora….promettimi che non mi lascerai mai
solo….”
“Puoi metterci la mano sul fuoco, testa di
cartone.”
Sorrise.
Ulrich adorava i suoi sorrisi….erano così densi
d’affetto che gli facevano dimenticare ogni sua
più piccola preoccupazione, estraniandolo dalla
realtà crudele che lo circondava.
“Mi mancherai….” Ebbe solo i coraggio di
dirgli.
“…E mi mancheranno anche i tuoi insulti, testa di
patata...” si affrettò ad aggiungere.
“Anche tu mi mancherai. E non importa quanto sarai
cresciuto….rimarrai sempre il mio marmocchietto…”
Sorrisero con intesa e simpatia.
L’insulto più odiosissimo degli insulti
odiosi
ormai aveva perso tutta la sua efficacia.
Si alzarono in piedi. Guardandosi negli occhi entrambi percepirono
quanto fosse forte l’amore che li legava l’uno
all’altro. Nessuna barriera avrebbe mai potuto limitarlo.
Sarebbe durato per sempre.
Ilian si girò in direzione della nebbia da cui era comparso.
Ma, prima che potesse fare un passo, Ulrich si ricordò di
una cosa, che anni fa aveva dimenticato.
“Ti voglio bene.”
Ilian si bloccò, sorpreso.
“Anch’io ti voglio bene, Ulrich.”
Riprese a camminare verso il ritorno ma, prima di sparire del tutto, si
voltò.
“Ciao piccolo Coltellaio Matto.” Gli disse, e gli
fece l’occhiolino, sorridendo.
Ulrich gli sorrise di rimando, rispondendogli all’occhiolino
che, oramai, aveva anche lui imparato a fare.
Man mano che la figura dell’amico spariva nella nebbia,
spariva anche la sua felicità. Se la stava portando con
sé, come aveva già fatto una volta.
Il suo sorriso si spense a poco a poco.
Quando l’ombra si fu completamente dissolta e Ulrich ebbe
realizzato che non l’avrebbe mai più rivisto,
corse nella stessa direzione di Ilian, ma non trovò
più nulla.
Non era stata una vana speranza…. sapeva che non
l’avrebbe più rincontrato.
Gli aveva donato tutto sé stesso.
Per questo il suo cuore si congelò, le lancette
dell’orologio si fermarono in quel momento.
Insensibilmente amareggiato, si guardò di nuovo attorno,
pensando a come potesse andarsene da quel luogo, ma non fece in tempo a
rifletterci un po’su che un’altra figura
iniziò a delinearsi nella nebbia che, a poco a poco, si
stava dissolvendo.
Esattamente come era successo all’arrivo di Ilian, Ulrich
rimase immobile ad osservare l’ombra che si stava dirigendo
verso di lui.
Intorno a sè riuscì ora a distinguere chiaramente
la foresta, che prima aveva solo immaginato di avere attorno.
Alzò lo sguardo. Il cielo era limpido. I raggi di
sole caldo gli accarezzarono il viso. Chiuse gli occhi, lasciandosi
andare a quella piacevole luce primaverile.
Cercò di far finta che nulla fosse successo, mentre dentro
di sé voleva piangere e urlare al mondo ciò che
sentiva interiormente. La bocca gli si schiuse leggermente, senza che
se ne accorgesse. Mai tanto dolce era stato per lui un ricordo.
Un rumore di passi lo riportò alla realtà.
Abbassò lentamente lo sguardo, tenendo ancora le palpebre
chiuse. Era come se avesse paura di svegliarsi da un sogno, volendolo
invece far continuare in eterno sperando di non scordarlo mai. Solo
dopo aver chinato la testa riaprì gli occhi.
Rimase sorpreso al trovarsi di fronte un ragazzo sulla trentina.
Lo scrutò per qualche secondo. Aveva dei folti capelli
castani, mossi in onde leggere, che gli arrivavano fino alle spalle.
Gli occhi verdi, limpidi e penetranti come quelli di un gatto. Ulrich
si sentì come se si trovasse completamente nudo in mezzo ad
una grande folla di gente. Ebbe l’impressione che potesse
leggergli dentro.
Era vestito in modo così elegante….la giacca e i
pantaloni neri, su una camicia bianca accompagnata da una cravatta
anch’essa nera. Uno smoking.
Quell’ inusuale soggetto teneva entrambe le mani in tasca, e
lo fissava con un sorrisetto malizioso dipinto sul viso.
“Ciao Ulrich.” Disse a un tratto lo sconosciuto.
Ulrich lo guardò con sorpresa e distacco.
Come fa a sapere il mio nome?
“Chi sei?” gli rispose serio.
Il sorriso dell’individuo si allargò.
“Un amico.”
“Non dire balle, non puoi essere mio amico. Io non ti
conosco.”
Ulrich era diventato impassibile. Non gli piaceva quel tipo,
né il modo in cui si poneva. Non si fidava per niente di lui.
“Ma io conosco te.”
Gli sorrise di nuovo.
“Ulrich…Ulrich….cosa hai fatto al mio
Ilian? L’ho incrociato poco fa e aveva tutto il viso rigato
di lacrime….Poverino….Dev’essere stato
proprio un brutto colpo per lui…Eh Ulrich….Non si
fa, non si fa….Ma non ti preoccupare…ci
penserò io a consolarlo….”
Ulrich strinse i denti.
“Lascia stare Ilian!!!!” gridò preso
dalla rabbia “Tu non lo devi toccare hai capito?!?! Non ti
premetto di parlare di lui in questo modo!!! E poi cosa ne vuoi sapere
tu di lui?!?!” alzò maggiormente la voce ora che
l’ira si stava immergendo nel rimorso “Tu menti!!!!
Ilian non ha mai pianto!!! Mai!!!”
Il dolore lo stava soffocando, mentre il magone gli stringeva la gola
in una morsa feroce e involontaria.
Lo sconosciuto rise fragorosamente.
“Pensa pure che io menta, ma non è
così…. E credimi, lo conosco più di
quanto immagini….E’ uno dei miei
preferiti….”
In quel momento Ulrich non ci vide più. Come osava parlare
così di Ilian? Come se fosse un fantoccio o un oggetto
qualunque?
Prese l’individuo per la cravatta e lo strattonò a
sé.
“Chi sei tu e cosa vuoi da me?!?!”
L’altro si portò con la mano i capelli dietro
l’orecchio sinistro, come se nulla fosse.
“Chi sono? Bella domanda….Mi chiamano in tanti
modi sai? Jinn, Amatsu, Loki, Malsumis, Mot, Yama, Aita, Februus,
Perkele, Xi Balba,… Scegli pure quello che
preferisci….”
Ulrich non capì e, non capendo, allentò la presa.
“Per la seconda domanda…..”
continuò l’altro “Era cosa voglio da te,
giusto? Questo è un argomento interessante….Che
dici, ne parliamo un po’? Io ho molto tempo… tu ne
hai? O devi andare da qualche parte?”
Ulrich si convinse di parlare con un matto. Dove sarebbe dovuto andare?!
Il giovane in smocking tirò fuori dalla tasca sinistra dei
pantaloni un pacchetto di sigarette. Ne sfilò una e
l’accese con un accendino, preso dall’altra tasca.
“Cosa vuoi da me?!” ripetè con decisione.
“Cosa voglio da te? Semplice.” soffiò
fuori dalla bocca una densa nuvola di fumo “Voglio che uccidi
una persona.”
Ok. Ora era decisamente sconcertato. Quel tipo doveva avere qualche
rotella fuori posto. Coma poteva chiedergli una cosa del genere e
aspettarsi che la facesse?!
Decise però di reggergli il gioco comunque.
“Cosa ti fa credere che ucciderò una persona per
te?!”
“Io non lo credo….” Fece un tiro ed
espirò di nuovo il fumo “…io
sono sicuro che lo farai.”
E gli sorrise.
Ulrich avrebbe voluto prenderlo a pugni.
Che cazzo ha da ridere?!
“Sicuramente hai visto le ali che ti sono spuntate sulla
schiena…. Considerale un piccolo regalo da parte
mia….”
A quel punto qualcosa scattò dentro lui come una molla.
Ulrich iniziò a credergli.
Sapeva delle ali….. Quindi forse non era pazzo. Le aveva
toccate, ferite, martoriate. Dunque…dovevano essere
vere….e non solo frutto della sua
immaginazione….Per forza….Ma
allora…perché Burk…
“Te lo dico io perché. Solo tu puoi vederle. Tu e
gli altri demoni.”
Ora era Ulrich che credeva di esser diventato pazzo. Aveva sentito
bene, aveva detto….demoni?!
“Cosa?!”
“Ah già! Dimenticavo….tu non sai
nulla…In poche parole…ho fatto incarnare in te un
demone. Le ali ne sono la testimonianza. Ma non sei l’unico.
Altri sei umani possiedono un demone nel proprio
corpo. Queste persone
sono le uniche in grado di vedere le tue ali, e quindi di capire che
sei uno di loro….”
“Uno di loro?!”
“Già.”
Espirò il fumo.
Ulrich sbottò.
“Ma tu non puoi incarnare in me un demone così
come se niente fosse e decidere ciò che devo fare della mia
vita!!! Non sei tu a scrivere il mio destino!!!!”
“Io non ho scritto il tuo destino….ti ho solo
indirizzato verso la strada più giusta da
prendere….poi tu sei libero di decidere ciò che
vuoi fare…Ma….”
Fece un altro tiro alla sigaretta. Si avvicinò a Ulrich
finchè non furono faccia a faccia. Poi gli soffiò
il fumo sul viso.
“…..non ti conviene diventare mio
nemico….”
Ulrich scacciò la nuvola grigia con il palmo della mano.
“Io non ucciderò una persona. Soprattutto se sei
tu a dirmelo.” Gli disse seccato.
“Ulrich…Ulrich….Io sono una persona
onesta e non do niente per niente….sono sicuro che, non
appena avrai sentito la mia offerta, cambierai
idea….”
“Non credo. Ma sentiamola.”
La curiosità l’aveva agguantato.
L’individuo in smocking gli sorrise, alzando le sopracciglia.
“Se tu ucciderai quella persona per me….Io ti
restituirò Ilian.”
A quelle parole, Ulrich si raggelò. Il mondo intorno a lui
si fermò in un attimo che sembrò eterno.
Restituire…
Ripensò all’immagine dell’amico, che
sorridendo, lo stringeva forte al petto. Il contatto del suo corpo
caldo, la presa forte e sicura della sue mani, il ritmo costante del
suo respiro….E quella dolcezza infinita….
Ilian….
Forse così….avrebbe potuto
finalmente….amarlo….senza alcuna
barriera…senza alcuno ostacolo….
“Cosa vuoi dire con restituirò?”
Gli
disse Ulrich in modo serio e risoluto.
“Semplice. Ilian è mio ora.
Anzi ti
dirò di più….è uno dei miei
amanti preferiti…Ma sono disposto a rinunciare a lui
perché voi due stiate insieme. Vi ho visti
prima….eravate così teneri e dolci lì
abbracciati…Però….
in cambio tu devi
uccidere per me quella persona di cui ti ho già parlato in
precedenza.”
“E tu che ci guadagneresti? Non puoi uccidertela da sola
quella persona?!”
“Che tu ci creda o no, io ci guadagnerei la vita.
E se non lo
uccido io è solo perché sono impegnato in un
altro compito più importante. Inoltre non mi va di sporcarmi
le mani….Ma hai la mia parola d’onore
che
manterrò la mia promessa. E io mantengo sempre
le mie
promesse. Su questo ci puoi giurare.”
Tirò ed espirò cerchi di fumo verso il cielo
limpido.
“E…” aggiunse “
…in caso non riuscissi a portare a termine il tuo compito
perché non saprai reggerne il peso….adotta la
soluzione che preferisci….ma non risolverai comunque il
problema, perché al tuo posto…ci sarà
un’altra persona che compierà il tuo incarico. In
breve, farò reincarnare il tuo demone in un altro umano.
Quello che voglio dirti è che io ho moltissimo tempo. Questo
non è importante. Ma tanto stai pur certo che se non lo
ucciderai tu….lo farà qualcun altro dopo di
te.”
Ulrich ci pensò un attimo. In fondo….non aveva
nulla da perdere, perché nulla
gli era rimasto. Ma in
cambio…avrebbe potuto guadagnare tutto.
“Come riconoscerò colui che dovrei
uccidere?”
Il cinguettio degli uccelli stava accompagnando la loro discussione,
rendendola meno tragica e seria di quanto potesse essere.
Fortunatamente quell’atmosfera di serenità che gli
stava attorno lo faceva stare più tranquillo, e lo cullava
nei suoi pensieri come una bella tazza fumante di camomilla.
Il giovane sconosciuto fece l’ultimo tiro alla sigaretta ed
espirò nuovamente.
“Lo riconoscerai dalle ali d’angelo nascenti dalla
sua schiena. Niente di più semplice. Pensaci su….
Hai una vita per decidere, e io non ho fretta. Se fossi in te, non mi
lascerei sfuggire un’occasione del genere…. In
ogni caso sappi che, quando sarà il momento,
tornerò a riscuotere. Qualsiasi decisione tu abbia preso. E
non tentare di raggiungere Ilian adottando il suo stesso
metodo…aggraveresti solo la situazione, perché io
ho il potere di tenervi separati per
l’eternità….”
Quelle parole risuonarono così taglienti e
affilate….gli squarciarono il cuore….Si chiese
come un giovane come quello che gli stava di fronte potesse avere il
potere di prendere delle decisioni così importanti. Dove lo
trovava tutto quel potere che gli permetteva di comandare sulla vita
degli altri? Con quale diritto faceva tutto ciò? E
come riusciva a convincere gli uomini a fare ciò che lui
ordinava loro?
“I vizi….sono una delle invenzioni migliori che
avessi mai potuto escogitare….comandare le azioni degli
uomini in questo modo è molto più
semplice…non credi?”
Si stupì al sentire quelle parole risuonare nella sua testa.
Lo sconosciuto non le aveva pronunciate…le aveva trasmesse
al suo pensiero.
Ma come….
Ulrich lo guardò.
Si era appoggiato con una spalla al tronco di un albero e gli stava
sorridendo con malizia. Di nuovo.
“Ti lascio ai tuoi pensieri mio caro
Ulrich….”
Così disse quel giovane inusuale mentre avvicinava la parte
finale del mozzicone della sua sigaretta, ancora accesa, alla corteccia
dell’albero a cui precedentemente era stato appoggiato.
Ulrich rimase sbalordito da ciò che vide.
Il tronco prese immediatamente fuoco, come se fosse stato colpito da
chissà quale gigantesca fiamma. E così, uno di
seguito all’altro, ogni albero della foresta si
incendiò nel giro di qualche secondo. Si ritrovò
dunque circondato da imponenti focolai che rilasciavano le loro nuvole
di fumo al cielo, ora tinto di un rosso denso e color del sangue.
Un forte vento si alzò, spargendo ovunque la terra battuta
del sentiero.
Non era come la brezza leggera che aveva avvolto lui e Ilian prima di
quell’incontro.
Sembrava che di lì a poco stesse giungendo una tromba
d’aria.
Si guardò attorno sconcertato, per poi voltarsi verso il
giovane sconosciuto, che ora si trovava al centro del tracciato.
Lo stava fissando con evidente compiacimento. Ma era manifesto che il
suo era un piacere malevolo, un’estasi dannata. Bastava
osservare quei terrificanti occhi verdi di gatto.
Il vento spingeva con forza quei folti capelli corti e mossi dietro al
suo collo, quasi si stessero nascondendo dietro al padrone per paura di
un’imminente catastrofe.
E di nuovo, per l’ennesima volta, lo colpì col suo
sorriso che però, in quel momento, assomigliava
più ad un sogghigno.
Ulrich a quella vista, nonostante la sua impassibile
immobilità, fu scosso da un umano brivido di
terrore, soprattutto al sentire le ultime parole di Satana:
“Non ti preoccupare Ulrich, ci rincontreremo
presto….Ma ricorda….Il grande vantaggio del
giocare col fuoco è che non ci si scotta mai. Sono solo
coloro che non sanno giocarci che si bruciano del tutto.”
N.B.: "Il grande vantaggio del giocare col fuoco è che non
ci si scotta mai. Sono solo coloro che non sanno giocarci che si
bruciano del tutto." è un aforisma di Wilde.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Dangerous ***
Capitolo 2 Savin' me
Dangerous
Era ormai trascorso un anno da quando Ulrich aveva avuto quella sorta
di “rivelazione” dopo esser svenuto per l’eccessiva
perdita di sangue dovuta alle frustate di Burk.
Subito dopo aver ricevuto quel mandato, aveva deciso di fuggire dal
circo, assumendosene tutte le conseguenze. Ma stranamente, per il
momento, non erano ancora venuti a cercarlo. Oppure non l’avevano
ancora trovato. Chi lo sa.
Sta di fatto che ora si ritrovava a vagare per una delle tante
città che finora aveva visitato, senza meta precisa, alla
ricerca della sua preda.
Erano le 20.30 di una giornata prematura di autunno. La notte aveva
già calato il suo sipario, anche se non da molto….Il
freddo si faceva un poco sentire, anche se non molto….Le
temperature mediamente alte facevano pensare ad una giornata
primaverile, ma in realtà le previsioni annunciavano che in quei
giorni sarebbe arrivata la prima pioggia.
Pronto a vedersi sbucare da un momento all’altro un uomo alato di
fronte a lui, nascondeva uno dei suoi coltelli nella tasca posta sulla
parte anteriore della sua felpa grigia, proprio in prossimità
della pancia. A tracollo una borsa marrone scuro in tela, che gli
ricadeva sul ginocchio destro, battendoci contro ad ogni singolo passo,
quasi a scandirgli l’andatura. Presentava dei buchini qua e
là, con i fili sfilacciati e scomposti, evidentemente consumata
dagli anni, in quanto era l’unica che avesse mai avuto.
I jeans, grigi anch’essi, gli coprivano gli stivali neri, unico
elemento della divisa che in quel momento indossava. I tacchetti
aggiungevano qualche centimetro in più alla sua normale altezza,
rendendolo più imponente e autoritario di quanto non fosse. Il
resto del costume di Ilian, che poi era diventato il suo, era ripiegato
nella borsa. Se lo portava con sé ovunque, prezioso come una
reliquia, nonostante non avesse più occasione di metterlo.
I capelli gli accarezzavano il collo, leggermente scossi dal vento,
mentre vagava per la strada deserta. Le mani nascoste nella tasca
anteriore della felpa, impugnavano saldamente il coltello, pronte ad
intervenire in caso di necessità. Ogni tanto faceva rigirare la
lama tra le dita per giocherellarci un po’, non avendo altro
accessibile divertimento. Dal giorno della sua fuga fino a quel
momento, non aveva avuto più contatti con nessuno al di fuori di
sé stesso. Ciò era dovuto principalmente al fatto che lui
non volesse avere contatti con
nessuno. O meglio, non gli importava di averne. Gli sarebbero solo
stati d’impiccio. Aveva un obiettivo e quello gli bastava per
tirare avanti. Era una motivazione più che valida. Comunque
probabilmente, anche volendo, non sarebbe riuscito a socializzare, dato
il suo carattere freddo e impassibile. L’unica parte di lui
addetta alla comunicazione e ai rapporti interpersonali con la gente se
n’era andata già da un pezzo. Ma tanto ripeto…a
cosa gli sarebbe servita se non ad essergli d’intralcio? Prima
avesse ucciso la sua vittima, meglio sarebbe stato. E meno persone
venissero coinvolte, meglio ancora sarebbe stato. E poi….se
avesse conosciuto qualcuno….vedendolo uccidere una persona, quel
qualcuno l’avrebbe sicuramente denunciato alla polizia e lui in
carcere non ci voleva proprio andare. Va bene “fidarsi” di
Satana, ma non ci teneva proprio ad essere processato per omicidio
volontario. E poi….se fosse andato in tribunale…sarebbe
stato costretto a…parlare con la gente…a comunicare…
Brrrr….Quella parola gli faceva venire il ribrezzo al solo pensarla.
Comunque era meglio non distrarsi troppo e perseguire la propria “missione”.
Improvvisamente gli venne una certa sete, e decise di recarsi
all’interno di un piccolo pub, che si trovava dall’altra
parte della strada che stava percorrendo.
Modificò quindi la sua direzione dirigendosi verso quel luogo,
che si presentava all’esterno con un massiccio portone di
legno, che sembrava esser uscito da una locanda medioevale. Scese con
indifferenza i quattro scalini che introducevano alla sala, ma quasi
gli venne un infarto al poggiar l’ultimo piede a terra, dopo il
quarto gradino.
Gli occhi chiari gli si erano spalancati e il battito del cuore era
aumentato a dismisura. Chiunque l’avesse visto in quel momento
avrebbe pensato che fosse stato scosso dalla vista di un fantasma. Bhe
diciamo che non era propriamente un fantasma. Si trattava piuttosto di
un…
….angelo…
Fu quello che pensò alla vista di due grandi ali bianche proprio
di fronte a lui. Spuntavano dalla schiena di un giovane ragazzo, forse
suo coetaneo, che era preso a ridere fragorosamente, in compagnia di
altri due amici, anche loro coetanei. Aveva dei lunghi capelli castani,
molto mossi, che gli ricadevano liberi fin sotto alle scapole. Gli
occhi marroni, ma di un marrone così profondo da poter sembrare
nero. Era alto, molto alto. Ciò era dovuto probabilmente anche
al fatto che indossasse degli anfibi in pelle nera, dalla suola
massiccia alta qualche centimetro. Ma quello che, in un secondo
momento, stupì Ulrich maggiormente fu il modo in cui era
vestito. Un maglietta a maniche corte larga, nera, coperta con un corto
giubottino di pelle, pieno di cerniere e borchie. Uno di quelli che
comunemente vengono chiamati “chiodi”. I pantaloni
attillati, percorsi da cinghie, modellavano le sue gambe, magre ma
tutt’altro che fragili. Ulrich rimase a fissarlo per un
po’, ancora fermo sulla soglia dei gradini, incredulo che quel
tipo potesse essere l’angelo che stava cercando.
Certo che se quello è un
angelo….Chissà come saranno i demoni….bhe
teoricamente io sarei un demone….Ma….va bhe. Poco importa
.Comunque….Sono sicuramente più angelo io di quel
tizio.…
Effettivamente quel metallaro, da come si presentava, poteva sembrare
tutto tranne un messaggero di Dio. Però…le ali non
mentivano…Insomma, era assai improbabile che il tipo indossasse
delle ali finte.
Già…improbabile….assurdo….ma la situazione
in cui si trovava non era già assurda di per sé?
Ma non importava perché forse….
Forse dopo un anno di ricerche…. era finalmente riuscito a
trovare ciò che stava da tempo cercando. La chiave che lo
avrebbe ricondotto da Ilian. La chiave che lo avrebbe ricondotto alla
vita.
Si sbloccò, scotendo leggermente la testa.
Si avvicinò a passo sicuro verso il ragazzo-angelo. Serrò
più forte la stretta del coltello impugnato dalla mano destra,
nascosta nella tasca della felpa.
Nell’avvicinarsi si accorse che il ragazzo teneva in mano delle
freccette. Evidentemente si stava preparando a giocarci, in quanto
lì al centro della sala, esattamente dove si trovavano loro,
c’era lo spazio necessario per poter tirare al bersaglio appeso
al muro di fronte.
Il giovane metallaro era preso a scherzare con altri due ragazzi, che
dovevano essere dei suoi amici. Uno dei due catturò subito
l’attenzione di Ulrich, dato che aveva due strane e appariscenti
strisce fucsia che gli coloravano i due lati del nero cuoio capelluto.
L’altro, più composto, aveva dei lunghi capelli biondo
cenere,lisci, raccolti in una coda bassa e compatta. Sul viso, un
sottile paio di occhiali gli davano una certa aria da intellettuale.
Ma proprio questi qui mi dovevano capitare?! Un normalissimo secchione indifeso, no?
Dopo aver velocemente contemplato i due, lo sguardo di Ulrich tornò al suo obiettivo.
L’angelo stava ancora ridendo fragorosamente, ma con sincera naturalezza.
Ulrich, in un lieve momento di distrazione, socchiuse un poco le
palpebre, osservandolo con una leggera tenerezza. Aveva veramente un
bel sorriso che, inconsapevolmente, trasmetteva conforto. E
questo, provocava in Ulrich anche una certa attrazione.
Poi però si ricordò di ciò che doveva fare, e scacciò quelle sue inopportune considerazioni.
Nel frattempo l’angelo si era posizionato di fronte al bersaglio,
e aveva incominciato a tirare le freccette. Le lanciava in un modo
piuttosto inusuale. Non tenendole per la punta, ma dalla coda,
tirandole in modo che girassero parecchie volte di trecentosessanta
gradi su sé stesse prima di conficcarsi nel tiro a segno. Era
una tecnica piuttosto affascinante, che Ulrich non aveva mai visto
utilizzare prima d’ora.
Facendo finta di niente, si posizionò a una decina di passi di
distanza dalla sua preda, pronto a colpirlo. Divaricò
leggermente le gambe, fissando attentamente il suo bersaglio, mentre l’angelo mirava al proprio. Entrambi posseduti dall’obiettivo di fare centro.
Quando ritenne che fosse il momento più opportuno, sfilò
velocemente il coltello dalla tasca, lanciandolo, in un fruscio, in
direzione della vittima. Il giovane ragazzo-angelo, però, per
una chissà quale provvidenza, si scostò esattamente poco
prima che il coltello trapassasse il suo collo, chiedendo al cameriere
un’altra birra.
Il coltello si conficcò proprio al centro del bersaglio delle
freccette. Non appena l’arma entrò in contatto con il tiro
a segno, tutti i presenti si voltarono a guardare verso la direzione da
cui il coltello era provenuto, cioè Ulrich.
Ci fu un silenzio di tomba, mentre tutto il locale allibito lo fissava.
Dannata birra…
Fu l’unica cosa che pensò nel silenzio. Ebbe quasi
l’impressione che avessero tutti sentito ciò che aveva
appena pensato.
Sentirsi osservato gli diede parecchio fastidio. Avrebbe voluto
prenderli tutti a pugni, chiedendo loro che cazzo avessero da guardare.
Anche se doveva ammettere che non avevano tutti i torti. Anche il
ragazzo-metallaro e i suoi profondi occhi marroni lo stavano fissando.
E anche i suoi amici.
Ma poi l’angelo gli parlò.
“Ehi tu….” Disse a Ulrich “Potevi dirmelo che volevi giocare a freccette con noi!”
Al suono di quelle parole che avevano rotto l’imbarazzante
silenzio, tutti i presenti ripresero le loro chiacchere ritornando a
farsi i cazzi loro.
Il tipo metallaro si voltò a guardare il coltello per poi tornare a fissare Ulrich.
“Sei bravo….dai vieni a fare una partita!” disse piegando la testa da un lato perché lo raggiungesse.
Ulrich rimase un po’ sconcertato da quella richiesta. Ma come non voleva…ucciderlo?
Poi l’angelo iniziò ad avvicinarsi a lui, seguito dall’amico biondino.
No…
Gli si fermò di fronte.
….tutto tranne…
“Ciao!”
….socializzare…
“Io sono Aaron.” gli disse sorridendogli e porgendogli la mano.
“Io sono Piotr” si presentò invece il biondino.
Ulrich guardò prima l’angelo e poi la mano e poi
ancora l’angelo, senza dir nulla, rimanendo anzi palesemente
impassibile.
“Newt…dev’essere ancora scioccato dalla vista dei
tuoi capelli….” Disse Aaron vedendo che
l’altro non gli dava alcuna risposta.
Ma neanche Newt sembrò farsi sentire.
“Aspetta un attimo…. C’è qualcosa che non
va… Newt che non risponde a tono ad un insulto?!”
Si guardò dattorno.
“Newt? Newt? Dove sei Newt?!?”
Newt, il ragazzo con le due strisce fucsia sui capelli corti e
spettinati, era ancora fermo immobile di fronte al bersaglio delle
freccette, esattamente dove si trovava prima della loro presentazione.
Era decisamente impietrito.
Aaron, non appena lo ebbe avvistato, rincominciò a chiamarlo.
“Newt!!! Newt!!! Muoviti, vieni a presentarti!!!”
“Ha lanciato un coltello…” rispose allibito.
“Eddai, scollati da lì!” insistette Aaron.
“Ma cazzo, ha lanciato un coltello!!!!!!” continuò Newt piuttosto seccato e allo stesso tempo incredulo.
“Piantala di fare storie, pirla, e vieni qui!!!”
“Insomma ma mi sono accorto solo io che quel tipo ha lanciato un cazzo di coltello?!?!?!”
Ulrich osservava la scena indifferente, ma allo stesso tempo quasi divertito.
Manco avessi ucciso qualcuno…
“Zitto e vieni a presentarti, fardello opprimente.”
Questa volta era stato il biondino a parlare.
“Fardello opprimente a chi?! Io non sono un fardello opprimente!!!” rispose Newt, ora decisamente incazzato.
“Per me lo sei eccome, minus habens….”
“Ma sta zitto Mr “So Tutto Io” ! E parla come mangi, cazzo!!!”
“Sei tu che devi smetterla di torpiloquiare….”
“Torpo che?!”
“Basta ragazzi….” Intervenne Aaron.
“Torpiloquiare, ignorante.”
“Oh basta, dai….”
“Ancora un secondo Aaron, che ora lo insulto io a modo mio….” Lo interruppe Newt.
“Cioè in modo volgare e spartano.”
“Bhe sempre meglio che in modo finocchioso e snob!”
“Forbito ed elegante.”
“Basta…”
“Più che for-bito sarai for-tunato se fra due secondi ti ritroverai ancora un dente in bocca!!!”
“Allora la volete piantare o no?!?!Mi state facendo fare una figura di merda, cazzo!!!!!” gridò.
Silenzio.
Tutti i presenti nel locale si voltarono a guardare Aaron.
Classica figura di merda.
Sospirò.
Poi si rivolse a Ulrich, che li stava ancora osservando in silenzio.
“Scusali…non sono ancora abituati a comportarsi in modo
civile in presenza di persone che non conoscono...Comunque…Newt,
vieni a presentarti, muoviti. E senza pregiudizi, per
piacere…”
“Ok….”
Newt si avvicinò con diffidenza.
Solo allora Ulrich notò che non c’era qualcosa di strano
solo nei suoi capelli, ma anche nel modo in cui era vestito.
Indossava un largo poncho di lana verde, con qualche riga rossa o
gialla, che lo solcava qua e là. Ora come ora il poncho era un
vestito che andava di moda tra le donne….
Si chiese se per caso avesse origini peruviane e se quella fosse solo
una semplice questione di gusti…Ma decise di lasciar perdere
senza darsi una risposta concreta. In sostanza non voleva rivolger loro
la parola, figuriamoci parlare di stile.
Poi però si accorse di un’altra cosa, che lo stupì ancora di più.
Quel bizzarro ragazzo teneva stretta, nella mano sinistra, la zampa
nera e pelosa di un peluche a forma di panda, che nascondeva dietro la
schiena.
Che per caso avesse a che fare….con un bambino?!?
“Ciao io sono Newt….” Gli disse a malavoglia.
“E bravo Newton!” si complimentò Aaron tirandogli una sonora pacca sulla spalla.
“Ehi!!!”
“Mi chiedo ancora come un cerebrolabile come te possa portare il
nome di un dei più grandi scienziati di tutti i
tempi….è un insulto alla scienza…Scommetto che non
sai nemmeno chi è…” disse Piotr a Newt che,
sentendosi ferito nell’orgoglio per palese sottolineatura della
sua apparente ignoranza, iniziò a sparare stronzate.
“Certo che lo so!!!!”
“Impossibile.”
“Ti dico che lo so!!!”
“Ah sì? E cosa ha scoperto?”
Cazzo.
A quella domanda Newt rimase in silenzio per qualche secondo aspettando
che il suo cervello elaborasse una risposta abbastanza soddisfacente, o
perlomeno credibile…. L’aveva colto impreparato.
A quel punto Piotr, con uno scatto felino, si sfilò il
portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloni e ne tirò fuori
una piccola foto di Isaac Newton in persona, che spiattellò
faccia a Newt.
“Sir Isaac Newton Woolsthorpe-by-Colsterworth, 4
gennaio 1643 Londra, 31 marzo 1727.
Matematico, fisico e alchimista inglese considerato una delle
più grandi menti di tutti i tempi….” Iniziò
a spiegare Piotr con gli occhi che gli brillavano per
l’ammirazione e la commozione di fronte a quella specie di mito
scientifico. Sembrava avesse appena avuto una rivelazione di vita. Un
occhio di bue su di lui sarebbe stato il massimo.
“….Universalmente noto soprattutto per il suo contributo
alla meccanica classica, Isaac Newton contribuì in maniera
fondamentale a più di una branca del sapere. Fu il primo a
scoprire…..sentiamo Newt, cosa ha scoperto?”
Cazzo cazzo cazzo.
La spiegazione di Piotr gli aveva mandato in panne il cervello, e ora
Newt non aveva pronta alcuna “riposta soddisfacente” da
spiattellargli in faccia a sua volta.
Allora, come suo solito, disse la prima minchiata che gli venne in mente.
“Non ci posso credere…..tu ti porti dei santini degli
scienziati nel portafoglio?!?!?” notò Newt accompagnando
la battuta con una fragorosa risata.
Piotr lo fulminò con lo sguardo.
“E sentiamo dietro c’è anche una preghierina per santo Isacco martire londinese?!?!”
Ricominciò a ridere come un idiota e con le lacrime agli occhi.
“Santo Isacco prega per noi e illuminaci con il potere della scienza….”
E rise più forte.
Ulrich lo guardava allibito.
Anche Aaron lo guardava allibito. Ma Aaron, in più,
iniziò ad essere anche piuttosto preoccupato. Il viso di Piotr
stava arrossendo mica male, segno che i suoi bollenti spiriti stavano
per esplodere.
“Piotr….” Disse timidamente.
“Ah e vuoi sapere cos’ha scoperto?!” nel frattempo
gli era venuta in mente una risposta, yeah! “Con la faccia che si
ritrova….avrà scoperto di essere frocio a soli quindici
anni!!!”
Sacrilegio.
Piotr non ci vide più.
“Tu….miserabile miscredente….”
“Piotr, sta calmo….” Ribadì Aaron quasi supplichevole.
Piotr non si arrabbiava mai, ma quando lo faceva….diventava
peggio di un arma di distruzione di massa. Una sorta di bomba
atomica….e l’unico modo per fermarlo era bloccarlo sul
nascere.
“Adesso vedrai chi è il frocio qui…”
Piotr che usa parole volgari?! Brutto segno….
“Ahhhh!!! Mi vuole stuprare!!!!” gridò Newt che,
spaventato da questa rivelazione, si nascose dietro Aaron, che a sua
volta pregò di nuovo l’amico di calmarsi.
“Piotr per piacere….”
Ma Piotr iniziò ad avvicinarsi a lui, più precisamente a Newt, che gli stava dietro.
“Aaron, salvami ti prego!!!!”
A quel punto Aaron fece la prima cosa che gli venne in mente.
Si buttò addosso a Piotr e lo avvolse con un caloroso abbraccio.
“Ti voglio bene Piotr!!!”
gli dichiarò con una finta voce da bimbo felice, mentre lo stringeva forte forte a sé.
Il biondino, a quell’inaspettata dimostrazione d’affetto,
sbollì, ritornando fortunatamente del suo colore naturale. A
dirla tutta tornò roseo per qualche secondo appena,
perché poi arrossì subito per colpa dell’imbarazzo
nato da quella situazione, come dire….imbarazzante?
Ma sempre meglio rosso-imbarazzo che rosso-furia.
Quale umiliazione aveva dovuto subire il povero Aaron per colpa di quel
coglione di Newt! A causa di quell’azione difensiva, il suo
orgoglio mascolino era diminuito circa del 40%….
Ma d’altronde, se non metteva fine lui a quelle liti, sarebbero
andate avanti all’infinito. Ormai ci era abituato. Era sempre lui
l’arbitro della situazione.
Ulrich continuava a guardarli, senza dire una parola. Ma
quell’osservarli tacitamente, gli aveva fatto comprendere quali
erano i loro ruoli e i loro tratti fondamentali.
Il suo angelo era “quello che aiuta tutti a costo di sacrificare
anche sé stesso” nonchè la colonna portante del
trio, senza la quale, insomma, non ci sarebbe stato alcun trio.
Il biondino era l’intellettuale di turno, quasi perfettino e che
sapeva il fatto suo. Però non era presuntuoso…..era
sé stesso in modo piuttosto simpatico….Sembrava anche
paziente, salvo casi estremi come quello appena messo in scena, in cui
avrebbe sterminato il mondo per cose come un santino…
Il terzo, quello con i capelli nero-fucsia che avevano una disposizione
fondamentalmente casuale, bhe lui era…un emerito coglione.
Doveva ammettere che in fondo….erano un trio piuttosto bizzarro.
E ridicolamente divertenti. Sì…doveva ammettere anche
questo.
Comunque rimase risoluto nella sua decisione. L’unico suo scopo
era portar fede al suo compito, del resto….non gli importava
nulla.
Quanto tutti si furono ripresi da quella “rissa mancata”
Piotr disse la morale, rivolgendosi a Newt, in modo composto.
“Comunque….in sostanza….A Isaac Newton
è caduta una mela in testa ed ha scoperto cose di importanza
fondamentale come la forza di gravità (ora lo sai anche tu) e
via dicendo. A te non basterebbe una valangata di mele per far
accendere l’unico neurone che hai in testa….”
Newt lo guardò malissimo, iniziando a ringhiare.
“Newt….mi devi già un favore, non ti conviene ricominciare…” lo bloccò Aaron.
Poi gli venne un’idea.
“Facciamo così. Risolviamola definitivamente in questo
modo. Vi concedo un insulto a vicenda. Uno insulta l’altro a
viceversa. Ma dopo quell’insulto basta. Ok?”
“Ok” risposero in coro.
“Newt?”
“Sei un idiota, un fottuto snob, testa di cazzo che parla solo
per dar fiato alla bocca e che parla decisamente a vanvera
perché tanto, quando lo fa, non lo capisce nessuno,
perché è un emerito coglione forbito. Ti concedo il
forbito, ma rimani pur sempre un coglione!”
“Ok, stop! Piotr?”
“Il tuo imperativo categorico deve essere quello di accoppiarti
con altrui in guisa degli abitanti dell’antica Sodoma.”
“Eh?!?!?”
“Vaffanculo.”
Newt ricominciò a ringhiare.
“Io ti…”
“Ehi ehi basta così!!! I patti erano un insulto ciascuno!!!” ricordò l’arbitro della contesa.
“Ma lui l’ha ripetuto!!!”
“No, te l’ha spiegato….gliel’hai chiesto tu di farlo…”
“Uffff…..e va bene…”
“Allora,vogliamo fare questa partita a freccette o no?”
disse finalmente Aaron tutto sorridente. Gli piaceva molto giocarci e
poi….era il campione indiscusso del locale.
Si avvicinò a Ulrich, porgendogli le freccette.
Ma Ulrich fissò il palmo della sua mano impassibile, senza dir nulla, esattamente come aveva fatto in precedenza.
“Ehmm…..ok….allora…che ne dite di andarci a
bere qualcosa? La mia birra è lì sul nostro tavolo che mi
aspetta già da un po’!” disse di nuovo sorridendo
tutto contento.
Ulrich non disse nulla.
Nessuno disse nulla.
Aaron si rassegnò.
“Ho capito che, se non mi muovo io, non si muove nessuno. Andiamo a sederci.” E si avviò.
Ulrich pensò a cosa dovesse fare.
Ora era vincolato, non poteva far nulla. Uccidere l’angelo in
mezzo alla gente non si era rivelata una buona idea….Doveva
aspettare il momento buono…Quindi la cosa migliore da fare per
il momento era…
…seguirli.
Si diressero quindi al tavolo, dove si accomodarono tutti e quattro.
“Allora…ordinate qualcosa voi?” chiese Aaron.
“Sìsì chiama il cameriere…..anzi lo chiamo
io. Cameriereeeee?!?!” fece Newt pienamente convinto che bastasse
che lui chiamasse una persona perché questa gli ubbidisse.
In realtà non era così, ovviamente.
L’unica persona che al solo chiamarla gli ubbidiva sempre poteva
unicamente essere…il cameriere. Per questo lo chiamava quasi
sempre lui. Si esaltava tantissimo nel farlo. Lo faceva
sentire…..onnipotente?
All’udire quella chiamata, un giovane ragazzo si girò e,
avvistato il punto da cui proveniva la voce, si avvicinò a loro.
Aaron notò subito dall’andatura titubante e
dall’espressione insicura che quello doveva essere un cameriere
nuovo. Poteva anche essere facilmente il suo primo giorno di lavoro.
Sì, doveva senz’altro essere così….E poi era
prima volta che lo vedeva.
Sembrava molto giovane. Avrà avuto la loro età se non
meno anni ancora. Forse anche per questo era intimorito. Ah, e
probabilmente anche per i capelli di Newt….
Comunque si sa che chiedere l’ordine a coetanei è sempre più imbarazzante…
Arrivato vicino al tavolo, il ragazzo tirò fuori dalla tasca del
grembiule bordeuax un block notes e una biro, per segnare le
ordinazioni.
“Salve….volete ordinare?” chiese abbastanza
esitante. Si vedeva chiarissimamente che cercava di in tutti i modi
nascondere il suo timore.
“Sì!” disse subito Newton con decisione.
“Newt non fare il maleducato…prima gli
ospiti…” lo corresse Aaron “Vuoi qualcosa? Offro io
non ti preoccupare…” chiese a Ulrich, che gli sedeva
accanto.
Quest’ultimo voltò leggermente lo sguardo verso di lui e,
senza modificare minimamente l’espressione del volto, lo
rigirò di nuovo verso il centro del tavolo, senza dir nulla.
“Ok….va bene Newt ordina pure.”
“Ok! Allora….vorrei un succo d’arancia….”
Il cameriere annotò tutto con cura.
“…con ghiaccio. A cubetti, mi raccomando.”
Annotato.
“E una cannuccia….quella con i ghirigori a tornado….”
“Spirale.” Lo corresse Piotr, seduto accanto a lui.
“Quello che è.”
Il ragazzo aumentò un poco la velocità di scrittura, per non dimenticare nulla.
“Deve essere di colore verde, ok? Il verde si intona con i miei
capelli….voglio essere figo anche mentre bevo, non so se mi
spiego….”
Piotr lo fissò decisamente male, della serie “Che cazzo
stai dicendo, coglione?!” Ovviamente non avrebbe mai espresso
così il suo pensiero….ma questo era sicuramente, in
parole povere, ciò che aveva pensato.
Intanto il cameriere continuava a scrivere, sempre più
velocemente, dato che Newt aggiungeva alla lista una cosa dopo
l’altra.
“Ah! E una fetta d’arancio sul bordo del bicchiere. Uh!
Dimenticavo! E uno di quegli ombrellini di carta carini
carini……..”
Il giovane che stava prendendo le ordinazioni iniziò ad andare
letteralmente in crisi. Non trovava più lo spazio per scrivere
tutte quelle cose, girava un foglio dopo l’altro e la biro gli si
stava scaricando. Non riusciva proprio a star dietro alla lingua lunga
di Newt. Però in effetti quello non era solo un suo
problema….nessuno, nemmeno Aaron riusciva a starci
dietro…Forse, se l’avesse saputo, si sarebbe consolato un
po’.
Per il momento aveva altro a cui badare.
Le ordinazioni.
Infatti non faceva neanche in tempo a pensare qualcosa, che già
il tipo strambo gli aveva ordinato di portargli un’altra stupida
aggiunta inutile.
“……e deve essere viola, mi
raccomando….perché il viola sta bene col verde, che sta
bene con i miei capelli che fanno stare bene me, perché sono
troppo fighi…..”
Piotr gli lanciò l’ennesima occhiataccia.
Aaron lo guardava sconvolto.
Non aveva parole.
Ulrich lo osservava impassibile.
Ma quanto è idiota ‘sto qui….
“….senza contare che il viola va di moda quest’anno….”
Ci fu una pausa di silenzio.
Il cameriere novellino, sollevato, chiuse la biro schiacciando il
bottoncino a scatto sulla sua sommità. Il pollice era
dolorante, a causa della sua stretta eccessiva della penna.
Piotr aprì la bocca nel tentativo di ordinare per sé quando…
“Ah! Mi sono scordato di una cosa importantissima!”
Newt.
Il cameriere iniziò ad imprecare nella mente in tutte le lingue
del mondo. Non voleva mica fargli rincominciare tutta la lista????
“Vorrei un bicchiere più piccolo per Panda!” disse
accarezzando la testa morbida e pelosa del peluche che gli stava sulle
ginocchia “ Così travaso un po’ di succo anche per
lui…”
Piotr incrociò le braccia e sospirò.
Era un caso senza speranza.
Il ragazzo aggiunse l’ennesima richiesta al block notes. Beh se era solo questo….
“E un po’ di ghiaccio anche per lui! Ma a cubetti più piccoli, se no non riesce a mangiarli …”
Aaron spalancò la bocca. Ma che cazzo…?
Piotr, senza ruotare minimamente la testa, spostò le pupille in
direzione di Newt, seduto a fianco a lui. Questo era il modo in cui
mostrava di essere stupito. Anche se ora era proprio scandalizzato. Non
muoveva un muscolo. Bastava l’espressione dei suoi occhi a far
capire cosa stesse pensando.
Il cameriere annotò l’ennesima richiesta e richiuse la penna.
“Caspita un’altra cosa! Una cannuccia verde con i ghirigori anche per lui!”
“Spirale….” Lo corresse di nuovo Piotr, a denti stretti.
“Sì sì va bene.” Gli rispose Newt, movendo la
mano in su e giù per dire “quella roba lì, non
importa come si chiami, si è capito”.
Il cameriere continuava a battere spasmodicamente il piede per terra e
ad aprire e chiudere la penna, schiacciando il pulsantino a scatto in
continuazione. Lo sguardo fisso nel vuoto.
Aaron pensò che da un momento all’altro gli sarebbe venuta una crisi di schizofrenia.
“Ah aspetta, credo di aver dimenticato qualcosa….vediamo…cos’era….”
Il ragazzo delle ordinazioni si voltò di scatto a guardarlo in modo piuttosto minaccioso.
“Adesso lo uccide….” pensò Aaron.
“Uh sì! Una fetta d’arancio sul bordo, ma più piccola mi raccomando…”
Il cameriere annotò, con la mano tremante.
Sembrava avesse bevuto 1000 caffè uno dietro l’altro.
Probabilmente in quel momento stava scrivendo linee invece di
parole….
“Ah e ovviamente un ombrellino di colore…”
“Ma la vuoi piantare?!?!?!” gli urlò improvvisamente in faccia Piotr.
Silenzio.
Aaron tirò un sospiro di sollievo. Grazie al
cielo…Finalmente Newt avrebbe finito quella dannata lista.
Guardò la birra, che lo aspettava sul tavolo da più di
mezzora, ma che non aveva ancora toccato perché voleva aspettare
che anche gli altri avessero avuto qualcosa da bere.
Probabilmente era sgasatissima.
Anzi sicuramente.
Che schifo.
“Due succhi di citrus aurantium, per favore.” Disse Piotr.
Il cameriere si guardò attorno sconcertato, in cerca d’aiuto e, se possibile, di una persona normale.
“Due semplici succhi d’arancia, per piacere.” Intervenne Aaron in aiuto del povero malcapitato.
“E’ tutto….?! ” Disse l’altro quasi con vena omicida.
“Sì, grazie.”
A quelle parole, il cameriere scappò letteralmente via.
Tutti e quattro rimasero qualche secondo a guardarlo, mentre si allontanava di corsa.
“Che tipo strano….” Se ne uscì poi Newt.
A quelle parole, Aaron esplose.
“Che cazzo pensavate di fare?!?!?!? La lista della spesa?!?!?!?
Una relazione di scienze?!?!?! Vi rendete conto che avete appena
scandalizzato un cameriere al suo primo giorno di lavoro????”
Poi si rivolse a Newt.
“E tu…Ti rendi conto che probabilmente non metterà
mai più piede in un bar per paura di incontrare uno scemobanana
dai capelli fucsia come te????? Non bastava dire due cazzo di succhi di
frutta all’arancio?!?!?!”
Chiuse gli occhi e fece un grosso sospiro.
Si ricompose.
Poi si rivolse di nuovo a Newt, con più tranquillità.
“Toglimi una curiosità ora….con quali cavolo di
soldi avevi intenzione di pagare tutta quella roba se non hai il becco
di un quattrino?!”
Newt incrociò le braccia, si racchiuse tra le spalle e, con la
classica espressione da imbronciato di chi non ha ottenuto ciò
che voleva, gli rispose:
“Avevi detto che avresti offerto tu….”
“Cosa?!?”
“Sì…l’hai detto prima…” disse più offeso di un bambino capriccioso.
“Nononono. Io ho detto che avrei offerto qualcosa a
lui….” Gli rispose voltandosi verso Ulrich “ Non
sono mica così scemo da offrire qualcosa a te! Neanche un
cammello ti offrirebbe qualcosa…. E’ risaputo ovunque che
sei un bambino mulone e approfittatore….”
A Newt iniziò a tremare il labbro.
“Non è vero…” disse con voce tremante, stringendo forte a sé Panda.
“Sì che è vero.” Intervenne Piotr.
“No….”
“Sì….”
“No…”
“Sì…”
“Ok ok va bene!!!! Non sei un bambino frignone o quello che ho
detto. Ok? Basta che non ricominciate a litigare. Per
piacere….” Disse Aaron quasi in tono di supplica.
“Va bene….” Annuirono entrambi.
Qualche secondo dopo arrivarono le bibite, insieme al cameriere che le portava.
Era lo stesso di prima.
Ma non fecero quasi in tempo neanche a riconoscerlo, perché,
dopo aver appoggiato i succhi sul tavolo, se ne andò con lo
stesso scatto di prima, se non più velocemente.
Aaron sospirò di nuovo.
Si può che dovesse insegnar loro anche come fare un ordinazione in modo normale?
Ulrich si mise a fissare Newt, riflettendo su quello strano personaggio.
Mi chiedo da quale cartone animato sia uscito fuori….è troppo ridicolo per essere reale…
Però doveva ammettere che lo incuriosiva molto quel tipo.
Mentre lo osservava bere tirando su il succo con la cannuccia, vide che
ai lati del suo collo spuntavano due corte treccine, che fino a quel
momento non aveva notato. Continuò a scrutarlo, impassibile,
cercando in lui qualche altro dettaglio particolare.
Newt proseguì a bere tranquillamente il suo succo. Poi
d’un tratto afferrò il bicchiere e lo avvicinò a
Panda, chiedendogli se volesse bere un po’. Ma Panda sembrava non
avere proprio sete. Riappoggiò il bicchiere sul tavolo e,
alzando lo sguardo, incrociò quello di Ulrich, che lo stava
ancora fissando. Newt ricambiò lo sguardo, un po’
irritato.
Quello sconosciuto doveva anche sedersi a fianco a lui. Che strazio….
Si avvicinò a Piotr, seduto invece alla sua destra, e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio.
“Quel tipo non mi convince….continua a fissarmi…”
“Tu ti fai troppi problemi.”
“Ma guarda, continua a guardarmi!!! Io non mi fido proprio….non mi piace per niente…”
“Smettila. Se ti sentisse Aaron….”
A quelle parole Newt guardò istintivamente proprio verso Aaron,
che gli stava seduto di fronte. In effetti lo stava guardando male
anche lui. Provò a interpretare le motivazioni di quello sguardo:
“Newt! Non si parla
nell’orecchio a qualcuno in presenza di altre persone! E’
maleducazione! Non vedi che c’è un ospite con noi?!”
Sì….probabilmente era questo che voleva dirgli…
Ulrich si accorse che adesso anche “quel Newt” lo stava fissando di rimando.
Quel tipo non mi convince….continua a fissarmi…
A quel punto Newt, non volendo andar contro il probabile rimprovero di
Aaron, smise di sussurrare all’orecchio di Piotr. Si
avvicinò però all’amico biondino con la sedia,
allontanandosi a poco a poco da Ulrich.
Ma che sta facendo?!
Piotr, dal canto suo, si spostò verso Aaron, per non restare appiccicato a Newt.
Quel tipo è troppo strano…Io non mi fido proprio….non mi piace per niente…
Pensò ancora Ulrich, che si riavvicinò con la sedia a Newt, che a sua volta si spostò di nuovo verso Piotr.
Ma Ulrich si avvicinò di nuovo. E di conseguenza Newt si avvicinò nuovamente a Piotr.
E di nuovo Ulrich si spostò verso di lui, e lui si
allontanò. Uno si riavvicinava, e l’altro si allontanava.
In continuazione.
“Piotr!!!!” sussurrò disperato Newt
all’orecchio dell’amico “Guarda!!! Io mi allontano e
lui si avvicina!!! In continuazione!!! Ce l’ha su con me,
visto?!! Quello lì vuole uccidermi!!!!”
Piotr si voltò verso di lui. E lo guardò impassibilmente, in un misto tra compassione e disperazione.
“Credevo che almeno questo non avrei dovuto spiegartelo.”
“Cosa?!?!?! Sai perché vuole uccidermi?!? Lo sai?!?! Eh?!? Lo sai?!?! Dimmelo ti prego!!!!!”
“Di solito non tendo a spiegare cose lapalissiane. Ma si vede che
ti ho sopravvalutato, come al solito….Due parole: tavolo
rotondo.”
“Eh?!?!?! Che centra re Artù adesso?!?” fece Newt non capendo dove l’altro volesse arrivare.
Piotr sospirò.
“A parte che quella di re Artù era la tavola rotonda e non il tavolo….Comunque….cercherò
di spiegarti tutto il più semplicemente possibile, come farei
con un bambino di due anni, la qui età cerebrale è
sicuramente maggiore della tua.”
Newt gli fece una smorfia.
“Allora….Il tavolo a cui siamo seduti è rotondo. Ok? Quindi se tu ti avvicini a me io, per non ritrovarmi te sulle mie ginocchia, mi avvicino ad Aaron, che a sua volta, per non ritrovarsi me sulle sue ginocchia, si avvicina al ragazzo nuovo che, per non avere tutti noi
sopra di sé, si riavvicina a te. Non mi sembrava così
difficile da capire come concetto….Anzi, direi che è
alquanto elementare….”
Newt si fermò un attimo a guardare Piotr, riflettendo sulla sua considerazione.
In effetti….non aveva tutti i torti….beh diciamo che
aveva proprio ragione….ma Newt non l’avrebbe mai ammesso.
Si rannicchiò allora sulla propria sedia zitto zitto, stringendo
Panda a sé e mettendo in scena il solito sguardo imbronciato.
Prese poi il bicchiere di succo e iniziò a tirar su con la
cannuccia. Peccato che il bicchiere fosse completamente vuoto. Il
rumore atroce che stava facendo aspirando il nulla, avrebbe fatto
saltare i nervi a chiunque. Newt faceva sempre così quando era
arrabbiato. Voleva far vedere (o meglio sentire) agli altri la sua
disapprovazione. Questo era uno dei tanti motivi per cui Aaron lo
definiva “capriccioso”. E non aveva tutti i
torti….Spesso e volentieri si comportava come un bambino.
Piotr che nel frattempo, dopo aver finito il suo succo, si era messo a
leggere i componenti della birra sulla bottiglia di Aaron, si
bloccò, sollevando la bottiglia dal tavolo e tenendo lo sguardo
innervosito in direzione di Newt.
Mai togliere la concentrazione a Piotr.
Soprattutto facendo rumore con una cannuccia.
A quel punto Aaron, per salvare come sempre la situazione, saltò su con una proposta.
“Ehi ragazzi! Perché non ce ne torniamo a casa? Tanto qua
la serata mi sembra stia degenerando… e inoltre sta diventando
veramente moscia….non c’è nulla da
fare….”
Si voltò a guardare rassegnato il bersaglio delle freccette. Avrebbe tanto voluto fare una partita….
“Per me va bene!!! Così ci possiamo vedere qualche bel
film alla tv!!! Un bell’horror magari, che a Piotr piacciono
tanto….”
Si girò a guardare Piotr, a ‘mo di sfida.
“Insulsi film diseducativi….” Gli fece l’altro in risposta allo sguardo.
“Sìsì come no!!! Tu ti caghi addosso e basta!!!! Solo che non lo vuoi ammettere, sapientone…..”
“Pensa quello che vuoi. Non mi abbasso a discutere con una
persona che non sa applicare i principi fondamentali della
circonferenza a un semplice tavolo da bar…”
Newt lo fulminò in cagnesco, ringhiando.
“Va beh, comunque mi sembra che siamo tutti d’accordo sul tornare a casa, no?” interruppe Aaron.
“Sìsì!” fece Newt.
“Sì…va bene…” gli fece eco Piotr.
“Ok, allora andiamo!” esclamò allora Aaron.
Poi si voltò all'improvviso.
“Ehi……ti va di venire con noi?”
Disse a Ulrich, sorridendo dolcemente.
I loro sguardi si incrociarono veramente per la prima volta.
Inaspettatamente l’espressione fredda e tesa di Ulrich si sciolse
a poco a poco, colpita da quel sorriso così confortevole e pieno
di calore, lo stesso che prima gli aveva visto rivolgere ai suoi amici.
Amici che forse aveva un po’ invidiato, perché potevano
godere di quel sorriso così forte, ma allo stesso tempo
così dolce….E ora proprio quello stesso sorriso era
rivolto a lui. Rimasero a fissarsi per qualche secondo. In quei pochi
attimi Ulrich notò quanto quel sorriso gli ricordasse quello di
Ilian, che probabilmente aveva in più solo la dolcezza
dell’amore puro. Anche quegli occhi, tanto scuri e profondi, gli
facevano pensare agli occhi di Ilian, che sempre l’avevano fatto sentire al sicuro, che sempre l’avevano fatto sentire forte, che per la prima volta lo avevano fatto sentire amato.
E quei capelli lunghi, che gli scivolavano sulle spalle in onde
leggere…..gli fecero ripensare ai capelli che quasi ogni giorno
tesseva con la spazzola e che legava in un’infinita treccia,
quando era ancora il piccolo Coltellaio Matto….
Ulrich dovette trattenere a forza le lacrime al ripensare al suo amato amico grande.
“Non ti ho mai lasciato
solo…..mai….ti sono sempre stato vicino…..anche se
non potevi vedermi o sentirmi, io ho ascoltato ogni tua singola parola
e ogni tuo singolo pensiero per questi dieci anni…..non ti ho
mai abbandonato, credimi…..e non ti abbandonerò
mai….”
Quelle parole erano rimaste impresse a fuoco nel suo cuore.
Dio, quanto gli mancava….
E più guardava quello sconosciuto che gli stava di fronte, più gli tornava in mente Ilian.
Il ricordo gli avrebbe dato tutta la forza necessaria per poter colpire
seduta stante l’angelo che gli stava sorridendo. Ma qualcosa lo
tratteneva. E quel qualcosa….era una voce. Una voce che dal
profondo gridava:
“Scappa, stupido angelo! Scappa, prima che io ti faccia del male…”
E tutto per colpa di un sorriso….
Ma che gli stava succedendo?
Si sentì affondare nel vuoto. Più giù, sempre
più giù nella confusione e nel buio più
totale…
“Allora ci stai?” lo risvegliò Aaron.
Ulrich lo guardò, sperduto.
“Ah già…tu non parli…Beh ma…chi tace
acconsente, giusto? Dai vieni.” Disse mantenendo il sorriso e
inclinando leggermente la testa di lato, chiamandolo a sé.
Ulrich rifletté un momento.
Ormai ci era dentro. Non poteva più tornare indietro. Ora doveva andare fino infondo.
Si alzò dalla sedia, e Aaron con lui.
“Bene! Vedrai che ti piacerà casa nostra!” Gli fece un occhiolino.
“Ehmmmmm Aaron….sei sicuro di quello che stai facendo???
Lui è…come dire…un estraneo….non potrebbe
essere un po’…sì insomma…pericoloso?!?”
Questo era Newt, evidentemente preoccupato per la propria incolumità.
Ma Aaron non lo sentì, o forse lo ignorò, e si diresse verso l’uscita, seguito da Ulrich.
“Ma….ma…Hai visto?!?! Mi ha ignorato!!!! Mi ha ignorato spudoratamente!!!!”
“Non prendertela….sai come è fatto Aaron…gli
piace relazionarsi con la gente…è fatto
così….e poi quel ragazzo mi sembra un tipo a posto. Sei
solo tu che ti stai facendo opinioni sbagliate su di lui. Hai troppi
pregiudizi. Lo sai che non si giudicano le persone a prima vista, senza
conoscerle. Chissà cosa pensano gli altri di te quando ti
vedono….”
“Ehi!!!”
“E’ la verità….Ma poi
conoscendoti……avrebbero solo la conferma del fatto che
sei un citrullo cerebroleso…”
“Oh, ma la vuoi finire?!?!”
Piotr si mise a ridere.
Non rideva spesso, perché era genericamente una persona
piuttosto seria. Ma quando lo faceva era sempre una di quelle
risate sincere (anche se abbastanza contenute), che fa tanto piacere
sentire.
E Newt lo sapeva. Faceva fatica ad ammetterlo, ma sentirlo ridere lo
faceva star bene, perché era la semplice conferma che era
felice. E lui, nonostante tutto, voleva che lo fosse.
Sempre.
In questi casi (ma solo in
questi casi) sapere di esser la causa della sua risata, di essere
ciò che aveva scatenato in lui l’ilarità, per
quanto presa in giro fosse, lo faceva sentire orgoglioso di sé
stesso.
E così Newt, al sentire l’amico ridere, seppellì l’ascia di guerra.
“Allora vogliamo andare sì o no?! O le risate forbite hanno bisogno di più tempo per esprimersi?!”
Ok, diciamo non proprio seppellita….iniziamo con un “appoggiata a terra”.
Si procede passo per passo, insomma… Non si può pretendere troppo da uno come Newt…
Piotr si ricompose (anche se in realtà, nonostante la risata,
non si era per niente scomposto) e lasciò correre. Aveva capito
che Newt non aveva realmente voluto insultarlo di nuovo.
“Andiamo, andiamo…Ci aspetta un film horror, no?”
“Esatto!!! E vedrai, te la farai sotto dalla paura come un bambino!!!”
“Sì sì intanto quello che va in giro con un peluche (come un bambino) non sono di certo io…”
“Uffff…..che pizza che sei…”
Piotr lo guardò e sorrise.
Newt ricambiò, mostrando tutti i suoi denti in un super-sorriso.
Poi entrambi, nello stesso momento, fecero scivolare il braccio uno
dietro la schiena dell’altro e si strinsero vicini, mentre si
dirigevano verso l’uscita.
NB: Ringrazio il blogger mianonnaincariola (non vi sto prendendo in
giro, si chiama veramente così ;) per la concessione e l'
ispirazione che mi ha dato per alcune battute di Piotr.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** A thousand miles ***
Capitolo 2 Savin' me
A thousand miles
Quando Aaron aprì la porta d’entrata, a Ulrich si
presentò davanti un appartamento di discreta grandezza e
modestamente decorato. Subito a lato della porta, c’era un
appendiabiti appeso al muro, affiancato da un piccolo
armadietto-custodia a forma di casetta, che probabilmente conteneva le
varie chiavi. Di fronte a sé vide una porta, semi aperta,
da cui si intravedeva un piccolo bagno. Alla sua destra invece
c’era la cucina, comunicante con l’atrio, senza però
nessuna porta per entrarvi. Si poteva scorgere chiaramente che era
molto spaziosa. Aveva infatti un tavolo al centro, intorno al quale si
poteva girare attorno abbondantemente. A fianco alla cucina una porta
chiusa, stretta nell’angolo del muro, sembrava quasi soffocare. A
sinistra del bagno invece, addossato al muro, un grosso armadio in
legno, contenente tutti i bicchieri, le posate, i piatti in porcellana
e molte altre cianfrusaglie. Oltre l’armadio si introduceva il
salotto, con un divano bianco sbiadito, un piccolo tavolino
davanti ad esso, e una televisione di fronte, incavata nel muro.
Dopo il divano, sulla destra, un’altra porta chiusa. Di fronte a
quest’ultima, esattamente dall’altra parte della stanza,
una libreria vecchio stile, ricca di libri di ogni sorta.
L’appartamento era all’ultimo piano di un piccolo palazzo
costruito molti anni prima, anche se a vederlo poteva sembrare nuovo.
Il soffitto della sala era perciò spiovente, seguendo la forma
del tetto della costruzione. Proprio sopra il divano, sul soffitto per
intenderci, c’erano due lucernari (grossi abbastanza
perché ci potesse passare una persona) che collegavano
l’interno con l’esterno. Forse era proprio per poterle
aprire che alla parete era appoggiata una scala. Ulrich comunque si
accorse subito che in quella casa le finestre non erano molte, ma
probabilmente se ne trovavano di altre sparse nelle varie stanze.
In generale comunque, sembrava una casa piuttosto composta, senza
grandi eccedenze o stravaganze, come Ulrich credeva di aspettarsi da
dei tipi come quelli che gli stavano accanto.
“Il divano è miooooo!!!!” gridò Newt appena
entrato, correndo proprio in direzione del divano e buttandocisi
letteralmente sopra.
“Newt!!!!!!! Quante volte ti devo dire di non lanciarti sul
divano?!?!?! Lo distruggi così!!!! Dopo con quali soldi avresti
intenzione di ripagarlo?!?” lo sgridò subito Aaron,
mordendosi la lingua dopo essersi accorto di avergli fatto la stessa domanda al bar e aspettandosi la stessa risposta.
“Con i tuoi ovviamente!!! Viviamo insieme, non siamo anche in
comunione dei beni?!” Gli rispose l’altro sfilandosi la
maglietta da sotto il poncho. Era forse più logico togliersi il
poncho e rimanere in maglietta, ma evidentemente era affezionato a quel
capo d’abbigliamento.
O almeno questo fu quello che pensò Ulrich a riguardo.
“Ah ah, mi spiace Newt! Noi non siamo per niente in comunione dei
beni!” gli rispose l’altro mentre si levava il giubbotto
con la schiena rivolta verso Newt ma voltandosi per fargli una
linguaccia.
“Ah sì è così??? Beh allora vorrà
dire che mi butterò addosso a qualcos’altro!!!”
E così dicendo il piccoletto saltò giù dal divano
prendendo la rincorsa e saltò addosso ad Aaron, aggrappandosi
alla sua schiena, in una posizione tale da farlo sembrare il guscio di
una tartaruga.
Al contatto, Aaron si girò ridendo.
“Scendi brutto parassita!” gli disse sorridendo.
“Neanche per sogno! Così impari a cacciarmi dal divano!!!”
E con una mano scombinò tutti i capelli all’amico, mentre con l’altra si reggeva al suo collo.
“Ehi!!! Lascia stare i miei capelli!!!” gli urlò contro Aaron.
Improvvisamente ebbe un’idea.
Si girò a guardare Newt che gli stava ancora in groppa. Poi si
mise a correre per il grosso atrio, in direzione del divano.
“No…. Aaron…. cos’hai intenzione di fare?!?!? No!!!! Fermatiiiii!!!!”
Ma l’altro, contraddicendosi da solo, si buttò sul divano,
schiacciandosi sopra Newt che, dal canto suo, affondò nei
cuscini sotto il peso dell’amico.
Nel frattempo Ulrich si voltò a guardare Piotr, che gli stava
accanto e che osservava la scena, con un lieve compiacimento,
dall’uscio.
Aaron si rialzò dal divano, come se nulla fosse successo, pulendosi le mani e le ginocchia.
Poi si ricordò della presenza di Ulrich, che aveva abbandonato davanti all’entrata, e corse subito da lui.
“Scusami…dovevo dargli una piccola lezione….”
Disse a Ulrich grattandosi la testa e allargando il suo sorriso.
“Non è finita qui!!!!” urlò qualcuno dal salotto.
“Vado io….” Disse Piotr dirigendosi verso dove si trovava Newt, avendo capito le intenzioni di Aaron.
Quest’ultimo voleva infatti far fare un breve tour della casa al
nuovo arrivato. Lo faceva sempre quando qualcuno vedeva il loro
appartamento per la prima volta.
Manco ci fosse chissà cosa da vedere…
“Ti mostro un poco la casa, ok? Così saprai orientarti in
caso avessi bisogno di qualcosa…Non ti preoccupare farò
molto velocemente, non ti voglio annoiare!”
Parla come se dovessi venire a vivere qui…
Per prima gli mostrò la cucina, subito lì sulla destra.
Era esattamente come l’aveva intravista. Spaziosa, con un tavolo
in legno al centro e con una grande porta finestra che dava sul balcone
abbastanza ampio da contenere due sedie (o anche tre) in plastica verde
scura. Il mobilio era dei quei tipi antiquati che di solito piacciono
tanto ai genitori….A proposito….
….Dove sono i loro genitori?
Possibile che….che li abbiano lasciati vivere da soli già
a questa età….?
“Ok, questa era la cucina. Ora ti mostro la mia camera.”
La camera di Aaron era proprio quella che si trovava dietro la porta soffocata all’angolo dell’atrio.
Dopo che l’altro ebbe aperto la porta, alla vista della stanza,
Ulrich spalancò gli occhi. Sopra un letto matrimoniale, appeso
al muro bianco, spiccava un grande quadro, su cui era dipinta in primo
piano una rosa rossa, stesa su uno sfondo completamente nero.
Era l’oggetto della stanza che più dava nell’occhio, dato il soggetto e la sua grandezza.
“Ti piace? L’ha dipinto mia mamma.” Disse Aaron notando lo sguardo di Ulrich, fisso sul dipinto.
“Bhe la mia camera non è niente di speciale….ho voluto lasciarla esattamente come l’avevano lasciata loro.”
Loro…
In effetti era molto semplice come stanza…a parte quel quadro,
il resto era l’arredamento comune a ogni camera da letto
matrimoniale: il letto, sulla destra rispetto all’entrata, un
grosso armadio proprio di fronte a loro, a fianco del quale c’era
una finestra; ai due lati del letto due piccoli comodini, con sopra una
piccola lampada ciascuno. Erano entrambe fatte di vetro, con disegnati
sopra dei motivi a fiori molto carini.
“Ti faccio vedere una cosa.” Disse Aaron avvicinandosi alle lampade.
Ulrich rimase stupito al vedere una delle due accendersi dopo che Aaron
ne aveva toccato il rivestimento in vetro che nascondeva la lampadina.
“Hai visto? Si accendono toccandole. Non sono belle? Quando ero
piccolo mi divertivo molto a giocarci. E guarda. Più le tocco e
più la luce che fanno aumenta. Finchè poi si
spengono.”
E infatti così fu.
Tocca, tocca, tocca e puf.
Spenta.
Che cosa strana…non avevo mai visto una lampada del genere…
Di fronte al letto, addossato al muro, c’era uno di quei tavolini
dall’aspetto settecentesco con uno specchio ovale dalle
decorazioni in legno scuro lungo tutto il contorno. Sul tavolino solo
un vecchio portamatite e uno scrigno porta gioie.
L’ultimo dettaglio della camera era un vecchio specchio che si
trovava a fianco al letto, esattamente appeso al muro che stava di
fronte all’armadio.
“Così quando mi sveglio mi vedo subito allo specchio!” gli disse sorridendogli.
Era abbastanza grande per poter ritrarre per intero la figura della persona che vi si specchiava.
“Ok…la mia camera è finita. Vieni, ti mostro il
bagno.” Aaron si voltò, nell’atto di uscire dalla
stanza, ma vide che Ulrich non si muoveva. Stava osservando qualcosa.
“Ahhhh stai osservando quelle!”
disse dopo aver individuato la direzione in cui era rivolto lo sguardo
dell’altro “Sono le mie chitarre… Adoro
suonarle…Non so come farei senza di loro….Anzi, colgo
l’occasione per dirti che domani sera mi esibirò al locale
in cui ci siamo incontrati oggi…Se ti va di
venire…Così te le mostro! Perché devo ancora
sistemarle…se no te le avrei mostrate ora….”
Ulrich continuava a fissare le chitarre, appoggiate al muro, ma chiuse nelle loro custodie.
Non ne aveva mai vista una.
Benché meno suonata.
Né sentita suonare.
Però gli sarebbe piaciuto vederle e soprattutto sentire il loro suono….
“Vieni…ti faccio vedere il bagno..ti va?”
A quelle parole, Ulrich smise di contemplare gli strumenti, si
rigirò e uscì dalla stanza, mentre Aaron gli teneva
aperta la porta.
Intanto, nel salotto, Piotr, seduto sul divano, si era messo a girare i
canali in tv, per vedere se ci fosse qualcosa anche di lontanamente
interessante. Newt, seduto a fianco a lui, giocava con Panda,
lanciandolo in aria e riprendendolo al volo.
“Vai Panda!Su…..”
Lancio.
“….e giù….”
Presa.
“Solo un beota come te poteva chiamare un panda
“Panda”…” gli disse Piotr, con lo sguardo
ancora fisso sulla tv, mentre faceva passare inutilmente i canali.
Era arrivato circa al numero 53 o nei dintorni….insomma su quei canali inutili che si vedono sempre male.
“Cosa pretendi?! Ero ancora piccolo e stupido! Ero un bambino, insomma….”
“Non vedo perché tu abbia usato tutti i tempi verbali
della frase all’imperfetto….all’indicativo presente
sarebbero stati più corretti….”
Newt si zittì e pensò per qualche secondo a ciò che l’altro gli aveva detto.
3…..2……1…..
“Ma vaffanculo!!!!”
“Stolido…e a scopo ritardato per di
più….” disse Piotr sottovoce mentre continuava a
guardare i vari canali televisivi.
“Ehi!!!! Guardami in faccia quando mi insulti!!!
Anzi…..ora che ci penso….non mi insultare e
basta!!!!”
“Ehi, voi due laggiù!!! Non dovevamo vedere un film
horror? Newt, invece di litigare, inizia a cercare tra i dvd pirata che
ci sono lì sulla tavolino qualcosa di guardabile…”
gridò Aaron dall’atrio.
“Va bene!” rispose Newt di rimando.
Un film horror? Non ho voglia di
guardare un film horror….ho ben altro a cui pensare
ora….e poi….ho vissuto per diciotto anni senza
televisione…non credo che stasera ci troverò magicamente
gusto a guardarla…Vorrà dire che intanto penserò
come uscire da questa cazzo di situazione...e a come uscirne
incolume…e sano di mente se possibile…
“Vieni, intanto ti mostro il bagno….poi li raggiungiamo in
salotto e ti mostro anche la loro camera…” gli disse poi
Aaron.
Dopo che ebbe aperto la porta, Ulrich rimase sorpreso al vedere che non
dava direttamente sul bagno, ma che c’era una sorta di piccolo
“anti-bagno” provvisto di una modesta scarpiera e di
qualche altro appendi abito.
Subito dopo vi era la porta del bagno, aperta, che dava su una stanza
piuttosto piccola, in grado di contenere al massimo tre persone alla
volta (schiacciate come sardine però…).
Subito sulla sinistra c’era la doccia, mentre sulla destra stava
il lavandino, sovrastato da un grosso specchio. A fianco alla doccia
c’erano poi il bidet e, ovviamente, il water.
“Non è niente di che….insomma…è pur
sempre un bagno….ci si fa quello che ci si deve fare,
giusto?” disse voltandosi verso Ulrich, sorridendo divertito al
pensiero della funzione principale di un bagno, funzione che
però era di fondamentale importanza per poter vivere. Non aveva
mai pensato all’azione di “fare i propri bisogni” o
defecare (per dirla “alla Piotr”) in un modo così
profondo e filosofico….
“Vieni, andiamo a vedere la stanza di quei due idioti che stanno in salotto.”
Si diressero spediti dagli altri, che, dal canto loro, erano fino a quel momento spaparanzati sul divano.
Piotr stava ancora facendo passare i diversi canali in una sorta di
monotono rito, mentre Newt, seduto a gambe incrociate sul divano, era
intento a passare tra le mani i vari dvd, cercandone uno che gli piacesse e che (detto fra noi) fosse sopportabilmente spaventoso.
Aaron condusse Ulrich di fronte alla porta che introduceva alla
stanza di Piotr e Newt, esattamente quella dalla parte opposta rispetto
alla libreria, quella che Ulrich aveva notato essere una delle poche
porte chiuse.
Aaron aprì anche quella (iniziava a sembrare il portiere di un
qualche hotel…) e si scostò per mostrare al nuovo
arrivato lo “spettacolo”.
Ulrich fece un passo per entrare nella stanza e rimase a bocca aperta per ciò che vide.
Quella camera poteva in realtà considerarsi a tutti gli effetti
una “doppia camera”. O meglio, gli sembrò di
trovarsi di fronte a due metà di due camere differenti
appiccicate insieme per sbaglio. Gli vennero in mente quei cubi in
legno con cui si gioca da piccoli, quelli che su ogni lato hanno la
parte di un’immagine differente e che, combinando correttamente
tutte le facce, componevano il disegno finito. Se accostavi due cubi
con un disegno diverso, nonostante i lati combaciassero, la figura
intera non si veniva a formare.
Lo stesso accadeva in quella camera. Era come se le due metà
della stanza fossero due cubi, che accostati combaciano, ma che sono
girati sulle facce sbagliate e che, in questo modo, non compongono
alcun disegno di senso compiuto.
Divisa quasi da una linea immaginaria, aveva le due pareti principali
opposte non solo nella posizione ma anche nella
“decorazione”.
La parete sinistra, a fianco a uno dei due letti, era tappezzata di
poster sullo spazio. Stelle, pianeti, satelliti, asteroidi e tutte
quelle robe lì….più altri poster di quelli che
dovevano essere i più importanti personaggi della storia
dell’umanità in ogni ambito possibile e immaginabile.
Ulrich riconobbe sicuramente Einstein, in quella famosa foto in cui
mostra la linguaccia, Newton (che riconobbe poichè l’aveva
adocchiato prima sul santino che Piotr aveva sfoderato dal
portafoglio), Leonardo Da Vinci, in uno dei più noti suoi
autoritratti, e poi un sacco di altra gente che, in quel momento, non
si ricordava chi fosse. Qua e là anche qualche figura
storico-geografica di monumenti importanti o importanti fatti storici.
Insomma era tutto tappezzato di immagini provenienti da ogni campo del sapere.
La cosa singolare era che i poster raggiungevano anche il soffitto.
Anzi, per la precisione, la metà sinistra del soffitto. Infatti,
proprio da lì, partiva la metà destra del soffitto,
altrettanto tappezzata di poster, ma di natura completamente diversa
dai precedenti.
La parete destra era ricchissima di immagini di animali selvatici (per
lo più panda), di foreste, fiumi, mari, montagne, insomma tutto
ciò che poteva riguardare la natura. Ogni tanto, qua è
là, ma sempre su quella stessa parete, compariva qualche
immagine idiota e senza senso, come ad esempio un piccione che leggeva
una guida su come cagar in testa agli umani, un gatto che indossava un
casco fatto con un anguria, animali di ogni sorta che si accoppiavano
in fila per tre col resto di due (o comunque in posizioni talmente
indefinibili da superare i limiti dell’assurdo), un
topolino che spunta tra le tette di una qualche tipa…cose del
genere insomma.
Quello che più colpì Ulrich però fu una scritta al centro della parete:
“Io amo la natura e la natura ama me”
composta con lettere di diverse forme e grandezze ritagliate dai
giornali, e accostate proprio come nei lavoretti dei bimbi
all’asilo.
Non erano necessarie la miriade di foto di Newt che fa le boccacce, di
Newt che rompe le palle a Piotr, di Newt che fa foto a Piotr in momenti
improponibili, di Newt che spupazza Panda, di Newt che che si arrampica
su Aaron, di Newt in posa da figo dopo aver mangiato un triplo
megaburger con cipolle, maionese, ketchup, salsa barbecue, aglio,
salame piccante, insalata, carne, pomodori, formaggio, insalata, carne,
pomodori, formaggio, insalata, carne, ecc,… per capire che
quella fosse la parte della stanza appartenente a Newt. Se non fosse
stato per la presenza del letto accostato al muro (come del resto era
anche il letto di Piotr dalla parte opposta della stanza) i poster e le
foto sarebbero probabilmente continuati fino al pavimento. E forse
anche oltre.
L’espressione di Ulrich, da palesemente scandalizzata, divenne
sorpresamene divertita al vedere come quell’incontro-scontro di
immagini formava una sorta di tetto che racchiudeva la camera. Grazie
anche alla finestra che gli stava di fronte, alla luce del giorno la
stanza doveva sicuramente assumere un aspetto allegro e colorato,
contrariamente a quella più sobria e semplice di Aaron.
L’ultimo dettaglio erano, ai lati dai due letti, due armadi
gemelli, delle stesse dimensioni e della stessa forma. Almeno in quello
non si erano differenziati….
Ulrich stava ancora contemplando la camera quando….
“Aaron!!!!!!!!! Che cavolo stai facendo!!!!! Fallo uscire subito dalla mia stanza!!!!!!”
Newt si era appena accorto del fatto che l’amico stesse mostrando a Ulrich la sua stanza.
Aaron lo fulminò con lo sguardo.
“Che c’è???? Potrebbe mettermi un ordigno esplosivo sotto il letto!!!!!”
“Smettila di urlare. Stai disturbando la mia
concentrazione.” Disse Piotr continuando imperterrito a fare
zapping tra i canali.
“Ma di che cazzo stai parlando?!?!?! Stai solo girando dei cazzo
di canali all’infinito!!!! Che cavolo di concentrazione vuoi che
ti serva?????”
“Shhhh…” fece Piotr per zittirlo.
Newt incrociò le braccia e sbuffò arrabbiato.
“Quella è la mia stanza, e decido io chi ci entra.”
“Nostra.”
“Eh???”
“Quella è la nostra stanza. Baggiano.”
“E allora??? Io dico che non ci può entrare.”
“E io affermò di sì.”
“E io di no!!!”
“E invece sì.”
“No!!!”
“Sì”
“No!!!!!”
“Sì”
“No!!!!!!!!!”
“Aaron dì al tuo amico che, se ha veramente un
ordigno esplosivo, si affretti a posizionarlo sotto il letto di Newt
mentre io continuo a distrarlo.”
“Ehi!!!”
“Che hai ora?”
“Ti sembra il caso di stare dalla parte dello sconosciuto???”
“Io ho una domanda migliore. Cosa devo fare per farti tacere?!”
“Non starò mai zitto, gne gne.” E fece la linguaccia all’altro.
Piotr, in risposta, chiuse gli occhi e sospirò.
Poi, tenendo gli occhi chiusi, aggiunse:
“Per la tua condotta e per il tuo comportamento passato e
presente sei simile a un muscide che continua a sbattere contro una
finestra semi chiusa senza centrare neanche lontanamente il buco.”
“Ma che cazzo dici????”
“Che sbadato, hai ragione…. Povere mosche domestiche, mi
spiace avervi insultato paragonandovi a questo idiota.”
“Ehi!!!!!!!!! La vuoi finire??????”
Piotr si voltò (per la prima volta da quando aveva iniziato a
fare zapping) e lo guardò con uno sguardo alla “Ti pare?
Ho appena iniziato a divertirmi…”
Newt aprì la bocca per rispondere di rimando ma, prima che
potesse dire qualsiasi altra cosa, Aaron si mosse verso di loro,
sbattendo forte i piedi per terra a ogni passo, evidentemente seccato
(almeno per quella sera) del loro infantilismo.
Li divise con entrambe le braccia.
“Ascoltate.” Disse guardando il pavimento e stringendo i
denti “Io ora vado in bagno. Se quando torno non avete finito di
fare i poppanti, vi chiudo fuori casa. Entrambi. Legati insieme. Senza
possibilità di fuga. Poi domattina, quando andrò a buttar
la spazzatura, raccatterò un eventuale sopravvissuto, oppure
(cosa alquanto più probabile) butterò i vostri resti o
comunque ciò che rimane di voi dopo questa eventuale notte
d’inferno nella pattumiera. E no Newt, senza fare la raccolta
differenziata. Sono stato chiaro?!”
I due rimasero zitti.
Quando Aaron si arrabbiava bisognava restare muti.
E’ la regola numero 1 del codice di Aaron, pensò Newt.
O forse la numero 1 era non litigare….
Caspita non ricordo….
Poi Aaron, ancora arrabbiato, si diresse in bagno, sbattendo la porta.
Silenzio.
Piotr si voltò di nuovo verso la televisione e riprese a far passare i canali come se nulla fosse successo.
Newt aveva l’espressione di chi era stato colpito da qualcosa nel
profondo. Sembrava un bambino indifeso, dopo la seria sgridata della
mamma.
Forse le parole di Aaron gli avevano fatto capire che doveva smettere
di fare il moccioso, che non doveva gridare né fare il mulo e
comportarsi da persona normale, soprattutto in presenza di ospiti, su
cui non doveva avere pregiudizi, e soprattutto che non doveva
bisticciare più con Piotr….
O forse…
“No…..senza fare la raccolta differenziata no….”
Ulrich rimase a fissare la scena lì, in piedi, ancora di fronte
alla porta della camera dei due perenni litiganti. Seguì Aaron
con lo sguardo fino a che non fu scomparso richiudendo la porta dietro
di sé.
Il bagno…..forse questo
sarebbe il momento buono per coglierlo alla sprovvista…in
fondo…il bagno è l’unico posto in questa casa in
cui lo posso trovare da solo….e poi….è talmente
piccolo che non avrebbe la minima via di scampo…mah…credo
che si possa fare…
“Newt va a prendere qualcosa da mangiare.” Disse improvvisamente Piotr.
“Ehi!!! Non sono il tuo schiavetto!!! Non obbedisco mica ai tuoi
ordini io….” Rispose Newt guardando Piotr con aria di
sfida aspettando che gli ribattesse a tono.
Ma Piotr non disse nulla.
Newt sospirò.
“Eh va bene…..ci vado….ma non perchè me lo
dici tu, sia chiaro! E’ solo che mi è venuto un certo
languorino….Comunque….è per esigenza mia che ci
vado, non per te! Perché io non sono mica il tuo servetto o
schiavetto o….”
“Muoviti.”
Newt sbuffò. Quando voleva che rispondesse non lo faceva, e
quando doveva stare zitto parlava. Che pizza però….
Mise Panda seduto composto sul divano, gli strofinò
amichevolmente la testa pelosa e si diresse verso la cucina,
congedandosi con un:
“Torno subito, Panda!”.
Ulrich osservò Newt avviarsi verso la cucina. Una seccatura se n’era andata.
L’altro sembrava non creare grossi problemi. Era impegnato a
guardare i canali televisivi. E poi…non è che lo
calcolasse molto…
Era la sua occasione buona.
Doveva sbrigarsi.
Insomma a meno che il suo angelo non avesse qualche particolare
problema intestinale, fare i suoi bisogni gli avrebbe impiegato al
massimo dieci minuti.
Prese l’iniziativa e si mosse spedito in direzione del bagno.
La porta dell’antibagno era aperta.
Si appoggiò con la schiena alla porta del bagno. Iniziò a
rigirare il coltello impugnato nella mano destra, sempre nascosta nella
grossa tasca anteriore della felpa.
Chiuse gli occhi.
Inspirò ed espirò profondamente.
Tirò fuori il coltello e lo passò alla mano sinistra, mentre appoggiò la destra sulla maniglia della porta.
Ok.
Era il momento.
3…
2….
1…….
Spalancò gli occhi e aprì velocemente la porta. Uno scatto da far invidia a un felino.
Ma quanto avrebbe voluto essere un felino o qualsiasi altra cosa in quel momento!
Non appena ebbe aperto la porta si ritrovò di fronte Aaron con
la schiena rivolta verso di lui completamente nudo, se non per il paio
di boxer che era impegnato a sfilarsi.
Non appena ebbe realizzato cosa stava succedendo, Ulrich richiuse
immediatamente la porta, ancora più velocemente di quanto non
l’avesse aperta poco prima.
Rimase appoggiato alla porta pietrificato, gli occhi chiusi e stretti e
stretti quasi quanto i pugni delle mani e le guance tutte dipinte di un
roseo e caldo imbarazzo.
Non si era mai sentito così imbarazzato prima d’ora.
Se avesse appoggiato una mano sulla propria guancia probabilmente si sarebbe sciolta.
Mentre teneva ancora gli occhi chiusi, sentì una voce alzarsi da dietro la porta.
“Newt!!! Quando la smetterai di fare stupide foto di nascosto nei
momenti meno opportuni?! E’ ora che la pianti con queste tue
pagliacciate!!!”
Non l’aveva riconosciuto.
Meno male.
Era già qualcosa.
Tirò un grande sospiro di sollievo, riaprendo lentamente gli occhi.
Quando mai l’avesse fatto.
Evidentemente il destino (o qualunque cosa fosse quella dannata cosa) ce l’aveva su con lui quel giorno.
Ma proprio tanto.
Infatti, aperti gli occhi, si ritrovò di fronte niente popò di meno che Newton.
Quest’ultimo doveva esser di ritorno dalla cucina, visto che
teneva nella mano sinistra una pigna di fette di pane, mentre nella
destra un barattolo aperto di Nutella, che aveva lasciato i segni del
proprio passaggio anche intorno alla sua bocca.
La gamba destra era davanti a quella sinistra, che invece era rimasta dietro il resto del corpo, incollata al pavimento.
Questo stava ad indicare che Newt stava probabilmente ritornando in
salotto, ma che si era in seguito bloccato dopo aver visto Ulrich.
I due si fissarono per qualche secondo, muti come pesci e pietrificati come statue.
Era difficile capire chi dei due si sentisse più a disagio.
Se Newt, che si trovava di fronte un Ulrich impugnate un coltello
appoggiato alla porta del bagno in cui si trovava Aaron oppure Ulrich
che si trovava di fronte un Newt che l’aveva beccato in flagrante
mentre impugnava il coltello in modo alquanto sospetto di fronte al
bagno in cui si trovava Aaron.
Silenzio.
Silenzio.
E ancora silenzio.
Si fissavano semplicemente perché non riuscivano a muovere gli occhi da quella posizione.
Entrambi non parlavano e non pensavano nemmeno.
Il vuoto più totale.
E il silenzio più totale.
Per fortuna, da dietro la porta, si sentì improvvisamente il
rumore dell’acqua che scendeva dal doccino della doccia e la voce
di Aaron canticchiare
“I’m walking on sunshine…Oooooh oooooh….I’m walking on sunshine….”
Entrambi ringraziarono mentalmente Aaron per quella gentile (e ignara) concessione.
Meno male che Aaron cantava sotto la doccia.
Per quanto in altre occasioni potesse essere irritante, in quel momento era tutto quello che avevano potuto desiderare.
Poteva anche stonare.
Non importava.
Ma tanto Aaron era un ottimo cantante e non stonava praticamente mai.
Comunque….
Nonostante la gradita performance, la situazione era ancora impantanata per bene.
Non aveva la minima intenzione di sbloccarsi.
Però in qualche modo doveva risolversi.
E grazie al cielo qualcosa accadde.
Ulrich decise di prendere l’iniziativa prima che Newt fuggisse urlando o chiamando a gran voce la polizia.
Ma in realtà non fu una cosa premeditata.
Fece la prima cosa che gli venne in mente di fare.
Si rimise il coltello nella mano destra e si avvicinò a Newt,
che non fece altro che rimanere immobile, pietrificato dalla paura.
Non riuscì nemmeno a pensare che probabilmente l’avrebbe
ucciso di lì a poco o che forse sarebbe stato il caso di
chiamare disperatamente Piotr, Aaron o qualsiasi altra persona che
potesse aiutarlo.
L’unica parte del corpo che era riuscito a sbloccare erano gli
occhi, che si spostavano seguendo i movimenti di Ulrich, che si stava
avvicinando sempre di più.
Non appena se lo ritrovò d fronte, Newt pensò che, se non
l’avesse ucciso quel tizio, probabilmente sarebbe morto
d’infarto o comunque come minimo se la sarebbe fatta addosso come
un poppante.
Ulrich si fermò di fronte a lui.
Senza nemmeno incrociare lo sguardo dell’altro, con la più
grande naturalezza possibile, alzò la mano che impugnava
l’arma, la abbassò veloce e immerse il coltello nel
barattolo di Nutella che Newt teneva in mano e poi spalmò la
cioccolata sulla prima fetta di pane della pigna che Newt teneva
nell’altra mano.
Fatto ciò si allontanò da lì, dirigendosi verso la cucina, come se nulla fosse successo.
Newt rimase lì fossilizzato ancora per un attimo.
La parte di pantaloni tra le due gambe iniziò a cambiare a poco a poco colore.
Si stava……scurendo?
Quasi come se fosse finita un’ipnosi allo schiocco delle dita,
Newt si risvegliò all’improvviso da quello “stato di
trans” e corse in salotto urlando a gran voce:
“Piooooootr!!!!!!!!!!”
Piotr, al sentire urlare il proprio nome, spostò le pupille in direzione della voce, alquanto familiare purtroppo….
“Pioooooootr!!!!!!!”
Newt si presentò subito di fronte a lui, tutto agitato. Se non fosse stato per qualche piccola e insignificante legge della fisica, probabilmente sarebbe arrivato prima della propria voce.
“Che c’è?” rispose Piotr non dando grande peso alla cosa.
Conoscendo Newt…
“Il tizio, il tizio!!!!!”
“…….”
“ Il bagno, il bagno!!!!!”
“……..”
“Coltello!!!!!Coltello coltello coltello!!!!!”
“……..”
“Insomma vuoi dirmi qualcosa???????????”
“A te la Nutella fa un brutto effetto. Non mangiarne più,
ti prego. Già senza di essa sei difficilmente
sopportabile…”
A quel punto Newt smise di balbettare e riprese completamente la facoltà della parola.
“Ma non centra la Nutella!!!! Non l’ ho mangiata
Nutella!!!! Anzi beh….sì l’ho mangiata la
Nutella….Ma non è questo il punto!!!!! Quel tipo aveva un
coltello e voleva uccidere qualcuno!!!! Non so se Aaron o me ma
comunque qualcuno di noi!!!!!”
Piotr si alzò dal divano.
“A proposito di coltello…..hai dimenticato il coltello per
spalmare la Nutella sul pane….” Disse Piotr togliendogli
di mano pane e Nutella.
“Ma la pianti di ignorarmi?????”
“Non ti sto ignorando. Se ti stessi ignorando non mi sarei accorto che ti sei dimenticato il coltello….”
“Ufffff…..Sai benissimo cosa voglio dire!!!!!!”
“Newt smettila di inventarti storie e va a cambiarti i pantaloni,
che tra parentesi non ricordavo fossero di quel colore…”
“Grrrrrrrrrr sei insopportabile!!!!!” gli rispose a tono
Newt dirigendosi nella loro camera per cambiarsi quei maledetti
pantaloni.
Non appena Newt ebbe sbattuto la porta, Piotr incrociò le braccia davanti al petto e sospirò.
Poi si risedette sul divano.
Il suo sguardo cadde su Panda.
“Come fai a sopportarlo?” gli chiese.
Ma poi, accortosi che si stava comportando come Newt, si ricompose
immediatamente e, preso in mano il dvd scelto poco prima, lo
inserì nel lettore per controllare che funzionasse, facendo
finta di niente.
Tanto non l’aveva visto nessuno…..
Sentì qualcuno aprire il rubinetto dell’acqua in cucina.
Dev’essere quel ragazzo….avrà avuto sete e si starà prendendo un bicchiere d’acqua…
Pensò Piotr.
Intanto Ulrich in cucina stava lavando il suo coltello sotto l’acqua fredda.
Ma guarda un po’ cosa mi
è toccato fare per colpa di quel tizio…. Ma guarda un
po’….Il mio povero coltello…Degradato a un comune
coltello da cucina…..Meno male che lavandolo va via
tutto… Caspita però potevo chiudere la porta
dell’antibagno….Uffff….Stupido tizio dai capelli
strambi…
Dopo averlo risciacquato ben bene, prese uno straccio appoggiato su una sedia e lo asciugò con cura.
Credo che a questo punto sia meglio
metterlo via…. Sta diventando troppo rischioso tenerlo qui con
me….Rischierei di farmi scoprire seriamente…e ciò
vorrebbe dire l’impossibilità totale di avvicinarmi di
nuovo al mio angelo…
Uscì dalla cucina e si chinò sulla sua borsa, posta
subito lì, a terra a fianco dell’entrata principale. La
aprì, controllando che nessuno lo stesse vedendo, e vi pose
dentro il coltello. Lo nascose ben bene, insieme agli altri, sotto i
vestiti di Ilian.
Mentre stava ripiegando la giacca del suo amico grande, sentì qualcuno avvicinarsi a lui da dietro.
“Bella quella giacca.”
Ulrich la prese con uno scatto e la nascose velocemente nella borsa, senza ripiegarla.
Non voleva che nessuno vedesse quei vestiti.
Erano la cosa più preziosa che aveva, e li custodiva molto gelosamente.
Inoltre poteva rischiare che l’individuo sospetto dietro di lui vedesse i coltelli….
“Eh eh, non ti preoccupare, non te la rubo mica!”
E sentì una risata.
Da quella potè capire subito chi fosse.
Si voltò e vide dietro di sé Aaron, con un asciugamano
avvolto intorno alla vita e nella mano sinistra un altro più
piccolo, che strofinava sui lunghi capelli per poterli asciugare.
“Vado a vestirmi, arrivo subito. Poi guardiamo il film, ok?”
Ulrich rispose tenendo ancora lo sguardo fisso su di lui, in un espressione piuttosto vaga, persa.
Aaron se ne andò in direzione della sua camera quando,
ricordandosi di qualcosa, cambiò strada in direzione della
cucina. Tirò fuori un sacchetto di pop corn dall’armadio e
li mise nel microonde.
Uscito dalla cucina, si accorse che Ulrich, inginocchiato a terra, lo
stava ancora fissando. Si fermò allora un secondo e disse:
“Non c’è film senza pop corn, giusto?”
Sorrise e se ne andò diretto in camera.
Ulrich ritirò fuori la giacca dalla borsa e, sfruttando il fatto che fosse solo, la aprì di fronte a sé.
La guardò per qualche secondo.
Sorrise con tenerezza.
Poi la strinse forte a sé.
Non era come quell’abbraccio. Non avrebbe mai potuto esserlo. Però aveva ancora il suo
profumo. Infondo, nonostante tutte le volte in cui lui stesso
l’aveva indossata e tutte le volte che l’aveva lavata,
riusciva sempre a trovare quel
profumo. Lo cercava, e lo trovava sempre. Erano quelle piccole cose
che, insieme ai ricordi, gli facevano compensare la sua assenza. A
colmare quel vuoto e quella mancanza che ogni giorno lo faceva morire
un poco…
Si distaccò da quel finto abbraccio, ripiegò con cura la giacca e la ripose nella borsa.
Si rialzò in piedi e, prima che potesse dirigersi in salotto, sentì aprire una porta.
Si voltò e vide Aaron uscire dalla sua camera. Si era messo una
vecchia felpa rossa, simile alla sua, e un paio di pantaloni di una
tuta blu, con tre strisce bianche ai due lati di entrambe le gambe.
“Andiamo?” gli disse.
E si diressero insieme in salotto.
“Uh, dimenticavo!” Aaron tornò velocemente indietro,
in cucina, a prendere i pop corn, un poco bruciacchiati, che lo
aspettavano nel microonde.
Ulrich lo aspettò.
Aaron arrivò subito tenendo in mano la grossa ciotola di pop corn.
“Ora possiamo andare!”
Arrivati in salotto, trovarono solo Piotr seduto sul divano, assorto nei suoi pensieri.
“Dov’è Newt?” chiese subito Aaron, stupito della sua assenza.
“E’ andato in camera a cambiarsi i pantaloni.”
Proprio in quel momento Newt uscì dalla camera.
Era vestito con un simpatico pigiama bianco con disegnati sopra tanti
piccoli e teneri panda. Era uno di quei pigiami da neonati, quelle tute
uniche, non divise tra maglietta e pantaloni, ma completamente unite.
Gli copriva anche i piedi. Era completamente pigiamato.
Ulrich non potè fare a meno di sorridere. Sembrava proprio un
bambino, e lo sembrò ancora di più quando si sedette sul
divano e strinse a sé Panda, pronto a vedere il film.
Poi Newt si voltò proprio verso di lui e gli rivolse uno sguardo
cattivo, carico di rabbia, che sembrava dirgli “Ti tengo
d’occhio!”
Ulrich tentò di rispondere con uno sguardo altrettanto malvagio, ma non ci riuscì.
Era come rispondere con un calcio a un bambino che ti tira un pugnetto su un ginocchio.
Allora decise di discostare lo sguardo, sedendosi subito sul margine sinistro del divano.
Aaron si sedette vicino a lui. A fianco ad Aaron Piotr. E nel margine destro Newt e Panda.
“Cominciamo?”disse Aaron prendendo il telecomando.
Iniziarono così a vedere il film. Le loro reazioni erano le
più disparate e abbinate, come un match perfetto, ai loro
caratteri.
Aaron, amante dei pop corn, se ne era totalmente impadronito e guardava
il film molto interessato, totalmente preso. Ma, a dire il vero,
sembrava stesse vedendo un film comico. Ogni due per tre faceva partire
la sua fragorosa risata, chissà per quale strano motivo. Se
appariva un mostro rideva, se qualcuno veniva ucciso rideva, se i
protagonisti piangevano disperati rideva, insomma, trovava sempre
qualche motivo per ridere.
Piotr, al suo fianco, era totalmente impassibile, forse anche annoiato
da tutto ciò che stava vedendo. Non amava i film in generale. Li
riteneva una pura ed emerita finzione. Un tipo razionale come lui
preferiva agganciarsi alla realtà, al vedere creature
inesistenti o persone che facevano finta di morire. C’era ben
altri significati più profondi dietro il mistero della
morte….
Newt, più o meno ogni tre secondi, si nascondeva dietro a Panda
e gli copriva gli occhietti per evitare che si spaventasse anche lui.
Nascondersi dietro il suo piccolo amico di peluche, però, lo
faceva sentire un po’ in colpa, perché era un po’
come mandar in prima linea in una battaglia un suo caro amico. Allora
preferiva avvicinarsi a Piotr, e ad aggrapparsi alla manica del suo
golfino, o a nascondersi dietro il suo braccio sicuro.
Nel momento clue del film, dove appariva il mostro in tutte le sue
spaventose fattezze, però, Newt non si limitò a
nascondersi dietro il braccio di Piotr, ma lo afferrò con forza,
tirandolo a sé. Piotr, strattonato improvvisamente, non disse
nulla. Si limitò a guardarlo e, sfruttando il buio della stanza,
a sorridergli di nascosto, intenerito dal comportamento infantile di
quel rompiscatole di un amico.
Non gli avrebbe rinfacciato il fatto che era spaventato a morte.
Newt si staccò, un poco imbarazzato, dal braccio di Piotr, ma
poi, qualche scena dopo, si ritrovò ad aver ancora voglia di
nascondersi dietro di lui ma, un po’ per orgoglio e un po’
per non infastidirlo, decise di non strattonarlo più. Piotr,
notando che l’amico si stava trattenendo dall’avvicinarsi a
lui, nascondendosi in alternativa dietro Panda, si voltò verso
di lui, e gli porse spontaneamente il braccio, sorridendo con
tenerezza. Newt lo guardò, gli sorrise in risposta e si
aggrappò subito al suo braccio. Non lo mollò più
per tutta la durata del film.
Ulrich, silenzioso, osservava i comportamenti di quegli strani
individui, dipingendo mentalmente un quadro per ognuno di loro.
Pensò a cosa sarebbe successo se ci fosse stato lì con
loro anche Ilian, se fossero stati tutti e cinque grandi amici…
Poi continuò a riflettere sul compito che gli era stato
affidato, sulla decisione che doveva prendere e sul come portarla
avanti. Il film non gli interessava per niente, non sapeva neanche di
cosa stesse parlando. Era impegnato a ruzzolare tra i ricordi e i
pensieri nella sua mente. Inoltre era così piena, che non
avrebbe trovato lo spazio per inserirci anche eventuali considerazioni
sul film. Insomma…aveva altre cose più importanti a cui
pensare….
E intanto il tempo passava, e il film sembrava non finire più.
Aaron, immerso nella visione, ne uscì un attimo ricordandosi
della presenza di Ulrich che comunque, nonostante non parlasse, gli era
ancora seduto di fianco.
“Ti piace il film?” gli disse volgendosi verso di lui.
Ma, voltatosi, si accorse che Ulrich era semi accasciato sul divano, con i lunghi capelli che gli ricadevano sul viso.
Si avvicinò per guardare un po’ meglio.
Eh già.
Si era addormentato.
Appoggiò i pop corn e si alzò dal divano.
“Che c’è?” chiese Piotr.
“Si è addormentato.”
“E quindi?!” intervenne Newt.
“Andate avanti a vedere il film. Io arrivo subito.”
Aaron si avvicinò a Ulrich e, con più delicatezza
possibile per non svegliarlo, fece passare un braccio dietro il suo
collo e uno sotto le sue ginocchia.
Lo sollevò.
“”Che stai facendo?!” saltò su di nuovo Newt.
“Perché?”
“Non vorrai farlo dormire qui spero! Non è che
perché si è addormentato allora deve dormire qua! Anzi
secondo me lo ha fatto apposta….”
“Mi ha solo anticipato, Newt.”
“Eh?”
“Gli avrei chiesto comunque di rimanere. Mi ha solo tolto il peso di domandarglielo.”
“Uffff…..”
“Zitto testone e guarda il film.” Lo riprese Piotr.
Newt allora si rassegnò.
Come continuava a succedere da tutta la serata.
Aaron portò Ulrich in camera sua, come uno sposo la sposa nel giorno delle nozze.
Aprì lentamente la porta, scoprì con cura il letto e lentamente vi adagiò sopra il ragazzo.
Lo ricoprì, facendo attenzione a non svegliarlo.
Rimase poi qualche secondo ad osservarlo mentre dormiva.
Quel viso che prima era sempre scontroso e imbronciato, ora sembrava sorridesse nel sonno, sereno e felice.
Gli sorrise dolcemente in risposta.
Si sentì un po’ come se quello sconosciuto fosse il suo fratellino, di cui si doveva prendere attentamente cura.
Se ne andò, continuando a contemplarlo da lontano e richiudendo poi pian piano la porta dietro si sé.
Tornò in salotto e si sedette, silenzioso, sul divano.
Piotr e Newt avevano messo il film in pausa.
“Allora andiamo avanti a vedere il film?” chiese Newt allegramente.
Aaron non rispose.
“Vieni mocciosetto, è ora di andare.” Disse Piotr rivolgendosi a Newt.
“Ehi!!! Perché??? Io voglio finire di vedere il film!!!!”
“Muoviti, andiamo.”
“No, non voglio!”
“Muoviti, ti ho detto.”
“No!”
Piotr allora si alzò, prese Newton per l’orecchio, e lo tirò con sé verso la camera.
“Ahi!!! Ahi!!! Così mi fai maleeeee!!!”
“Notte Aaron.” Disse Piotr entrando nella stanza.
“Grazie Piotr.” Rispose Aaron sottovoce.
Aveva perfettamente capito che non aveva più voglia di vedere il
film e che, se loro non se ne fossero andati, lui non avrebbe potuto
dormire in quanto, quella notte, avrebbe dormito sul divano. Piotr era
inimitabile in questo. Capiva le persone solo guardandole e sapeva
sempre fare le cose giuste al momento giusto.
Aaron si lasciò cadere sul divano, stendendo le gambe tra i cuscini.
Si mise a guardare il soffitto.
Nonostante l’aiuto di Piotr, sapeva che quella notte non avrebbe chiuso occhio.
Strano quel ragazzo….mi
stupisce sempre più….è la prima persona che io
abbia mai incontrato che non vuole rivolgermi la
parola….eppure…di persone ne ho conosciute tante finora,
superficialmente o meno….impossibile….perché non
dovrebbe parlare? Sarà forse muto? No….mi sembra
così strano….Comunque ormai l’ho presa come una
sfida….una scommessa con me stesso….perché sono
sicuro che ci sia qualcosa sotto….sta nascondendo
qualcosa…ne sono più che sicuro….e io
scoprirò cos’è…
presto o tardi…lo scoprirò…
Nota dell'autrice:
Ciao a tutti!
Sono niebo ovviamente ^-^
Vi rompo le scatolette giusto un attimo per fare qualche ringraziamento:
In primis ringrazio madychan & RuinNoYuki perchè mi
sostengono sempre, in particolare nella realizzazione di questo
scritto, che in realtà doveva essere solo un piccolo sfogo di
una notte insonne....E ovviamente vi ringrazio anche per tutte le
recensioni (scritte e a voce) e per avermi messo tra i preferiti! ^-^
Inoltre ringrazio con tanto caloroso affetto Mitsubachan & Ms Murder che mi hanno messo tra i seguiti ^-^
spero che la storia vi piaccia fino ad ora e che continui a piacervi
(farò del mio meglio perchè sia così!) ^-^
Ovviamente ogni opinione, consiglio o critica è sempre ben accetto (non disprezzo nulla =) e ne farò tesoro!
A questo proposito ringrazio in particolare Ms Murder per la propria
recensione! Non è vero che non sei brava nei commenti, con
quello che hai scritto mi hai reso veramente contenta! Condivido la tua
passione per Piotr e Newt (credo siano adorabili insieme =) e non ti
preoccupare, commuoversi non è una cosa infantile, anzi è
la semplice e pura espressione dei sentimenti che provi dentro di te
^-^ e poi...anch'io mi commuovevo mentre la scrivevo e la
rileggevo, quindi...siamo in due! XD
ora me la svigno!
baxbax a tutti! ^-^
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** October & April ***
Capitolo 2 Savin' me
October & April
Jude entrò nella propria stanza sbattendo la porta.
Come al solito.
Si buttò subito sul letto, ma vi rimase sedi seduto, con le
gambe distese che gli ricadevano dal bordo laterale, una incrociata
sopra all’altra e le braccia conserte.
Silenzio.
Assoluto silenzio.
Il suo sguardo fissava la finestra che gli stava di fronte.
L’espressione era sempre quella di ragazzo scontroso che il mondo, a furia di botte, gli aveva stampato in faccia.
I suoi occhi chiari fissavano il vuoto, quasi volesse fare a botte col nulla.
I capelli, lisci e perfetti come la seta, gli pendevano sul collo, fino ad accarezzargli il mento.
Erano neri.
Neri come la pece.
Tranne per quella maledetta ciocca bianca….
“Vedo che ti sei divertito.”
Gli occhi di Jude si spostarono lievemente verso sinistra, e
incontrarono la figura di un ragazzo, sulla ventina, seduto su uno
sgabello al centro della stanza.
“Quando entri senza imprecare vuol dire che è andata bene.
In ogni caso…questo è il tuo modo di mostrare che
è stato un bel pomeriggio, no? E no, non ti
preoccupare…sono abituato al fatto che mi ignori ogni volta che
rientri da una giornata passata tra amici.”
“Vaffanculo Grief.”
“Prego Jude, non c’è di che.” Rispose
l’altro mentre faceva scivolare prima verso l’alto e poi
verso il basso la propria mano destra, in un movimento ampio, fluido,
elegante, quasi infinito.
Si voltò e sorrise all’amico semidisteso sul letto poco distante da lui.
Ai lati delle labbra gli si formò quell’adorabile fossetta
che faceva intendere a Jude che quello era un sorriso carico
d’affetto e non di rimprovero.
Ma l’altro, dal canto suo, non lo calcolò nemmeno di striscio.
Rimase semi disteso, impassibile, sul letto.
Grief si voltò di nuovo verso la propria tela e riprese il movimento della mano, ora più breve e preciso.
I capelli ramati, aperti ai lati del viso come un ventaglio,
nascondevano il dipinto che gli si presentava di fronte e che era
intento a comporre, come ogni santo giorno.
“Cazzo ma non la smetti mai di dipingere?! Cristo, mi fai venire
il nervoso!!!!”Saltò su improvvisamente Jude.
“Hai detto…..Cristo?” rispose Grief sorridendo di nuovo, ma questa volta senza voltarsi.
“….”
Il rumore del pennello che stendeva il colore sulla tela era l’unico suono che aleggiava nella stanza.
“Scusami discepolo di Satana…non volevo mica offenderti.” Riparò Grief.
Questa volta Jude pose il suo sguardo scontroso proprio
sull’amico, quasi volesse mitragliarlo a freddo, senza alcuna
esclusione di colpi.
“Grief se non ti tappi quella cazzo di bocca io ti….”
Ma Gry si voltò appena in tempo.
I suoi caldi occhi verdi macchiati di un marroncino, finito lì
per caso intorno all’iride come una macchia di caffè su
una tovaglia pulita, si scontrarono con gli occhi gelidi
dell’amico, ora seduto sul letto, incurvato in avanti con le
braccia penzolanti tra le gambe.
Ma quello non era uno scontro ad armi pari.
Non lo era mai stato.
Perché Jude sapeva che di lì a poco, gli occhi di Grief
(o Gry come a volte lo chiamava) si sarebbero a poco a poco socchiusi,
mentre nello stesso momento le sue labbra si sarebbero distese,
scavando ai lati della bocca le due fossette che caratterizzavano il
suo sorriso. E ogni volta che succedeva questo….Jude perdeva il
coraggio di ferirlo. Si sentiva impotente.
Ed era strano perché….gli capitava solo con Gry.
Solo con lui…non riusciva a fare lo stronzo…
Provava a nasconderlo…ma non ci riusciva mai…
Beh in realtà ci riusciva…Jude era piuttosto bravo a
fingere…ma Grief era ancora più bravo nel comprenderlo.
Ma d’altronde…
Perché avrebbe dovuto fare lo stronzo con lui, quando era stato
proprio Gry a raccoglierlo dalla strada….a tendergli la mano
quando era accasciato a terra…a sorridergli quando
l’unico rifugio che gli era rimasto erano state le lacrime…
Jude si ammutolì.
Non finì mai quella frase.
Perché in quel momento, proprio in quel preciso momento Gry gli stava sorridendo.
“Sì?” fece Grief dopo una breve pausa.
“Cosa…?” rispose l’altro non capendo l’affermazione.
“…tu mi..?”
“Eh?”
“Niente, lascia perdere…non importa…. Sai che pensavo invece?”
“Che cosa.” fece Jude con i bollenti spiriti un po’ più acquietati.
“Quand’è che….ti trovi una ragazza?” gli chiese con calma diretta alzandosi dallo sgabello.
“Scusa?!?!”
Massì….hai capito no…”
“Vaffanculo Grief. Se questo è un modo per prendermi in
giro non è affatto divertente.” Disse Jude aggiungendo poi
sottovoce “…a fare il gentile con te non si ricava un
cazzo..”
Grief prese in mano il quadro, togliendolo delicatamente dal cavalletto
rivolto verso la finestra, e si diresse, imbracciando la tela, verso un
piccolo armadio che si trovava nell’angolo più remoto a
sinistra della stanza. Non che quella camera fosse chissà quanto
spaziosa….anzi…
“Non volevo insultarti. Dicevo sul serio…”
Si interruppe un attimo, dovevo aprire l’armadio in legno verso
cui si era diretto, e ponendovi con cura dentro il quadro che aveva
appena finito di dipingere.
Era uno dei tanti…quel mobile in legno scuro ne era pieno.
Calcolando che Grief dipingeva almeno un quadro al giorno…
Non usciva mai di casa….passava le ore, anzi le giornate per
l’appunto, seduto su quello sgabello rivolto verso la finestra a
dipingere, dipingere e dipingere….
“Sai, quest’armadio ormai è quasi pieno…spero
che me ne regalerai un altro prima o poi!” disse rivolgendosi a
Jude sorridendogli con simpatia.
In effetti quell’armadio prima conteneva tutto il guardaroba di
Jude, ma poi, un bel giorno, quest’ultimo aveva deciso di
offrirlo a Gry come “ripostiglio” per tutte le sue
creazioni.
Gesto, devo dire, molto apprezzato dall’amico-artista.
“Non cambiare discorso…” rispose Jude ringhiando le parole tra i denti stretti.
“Ok..ok…Ma….Semplicemente…Insomma…non
ho mai dipinto l’amore…tu…non me ne parli
mai…Mi piacerebbe provare a dipingerlo…” disse
Grief prendendo una tela pulita e dirigendosi verso la sua postazione
da pittore.
“Ma che mischia di spiegazioni sono queste?!?!Stronzate!!!!!!
Tutte stronzate!!!!!” si fermò un secondo, ma aggiunse
subito in modo più composto ma comunque arrogante “E
poi….io non ho bisogno di una ragazza. Trovatela tu se ci tieni
tanto.”
Gry si sedette silenzioso sullo sgabello, appoggiando la nuova tela sul cavalletto.
“Non fare affermazioni di cui sai già la risposta.” Gli rispose serio prendendo in mano la tavolozza.
“Eh?!”
“Sai che non posso…”
Jude si ammutolì.
Di nuovo.
Capì che aveva appena detto una cattiveria all’amico, ed
era stata una bassezza che avrebbe anche potuto evitare. Ma a volte non
si controllava…fare lo stronzo con tutti era la sua prerogativa
numero uno. In un mondo di merda come quello, in cui tutti facevano
solo i proprio interessi, in un menefreghismo e un egoismo più
taglianti di una lama, non c’era nessuno che si meritasse di
essere trattato bene.
Nessuno.
Però…
Ora…
Si sentiva in colpa…
Ma…
L’avrebbe nascosto…
Come al solito.
“Beh allora aspetta e spera.” Ribattè per finire definitivamente quel discorso.
E infatti così si concluse.
Grief si sfilò il pennello che teneva sempre dietro
all’orecchio destro. Era una delle sue manie portarlo sempre
lì. Così l’avrebbe avuto sempre a portata di mano.
Un altro tick che aveva era quello di rigirarsi i capelli dietro
l’orecchio destro. Questo perché gli dava fastidio
dipinger con i capelli sul viso e, a furia di tirarli dietro
l’orecchio, l’abitudine era diventata una vera e propria
fissazione.
Anche i suoi capelli infatti non propriamente corti…Erano lunghi
fino a metà collo, come quelli di Jude. Quindi erano parecchio
fastidiosi se non li scostavi…
Poi Gry al collo portava sempre una sciarpa. Beh in
realtà…più di una….ogni giorno ne indossava
una diversa. Erano tutte di colori diversi ma rigorosamente tinta
unita. Le cambiava a seconda del giorno….o delle
voglie…boh…nemmeno Jude sapeva bene secondo quale
criterio le indossasse. Si ricordava solo che sin dal primo momento in
cui si erano incontrati, Gry aveva sempre portato al collo una sciarpa.
E forse le sciarpe erano l’unica cosa che avesse voglia di sostituire giorno per giorno…
Il maglione che indossava era quasi sempre lo stesso. Tutto
sfilacciato,largo, di un colore verde oliva, quasi vecchio a vedersi. I
pantaloni erano dei jeans sbiaditi, azzurro bianchi per i continui
lavaggi. Però erano sempre sporchi. Sporchi delle macchie di
tempera. E Grief non si degnava nemmeno di lavar via una macchia non
appena se li sporcava. Lasciava che diventassero sudici fino alla fine
per poi lavarli dopo che era trascorso un sacco di tempo
dall’ultima volta che l’aveva fatto. Quindi, in sostanza,
lo vedevi sempre circolare con i pantaloni tutti colorati, peggio di un
Arlecchino.
“Perché lavarli ora se poi so che mi sporcherò di
nuovo?” così aveva risposto a Jude quando gli aveva
domandato perché non si togliesse quelle dannate macchie dai
pantaloni.
Ma anche quello…era il bello di Gry…così
distratto…così silenzioso…così
lontano…ma nello stesso tempo così vicino….lui che
con così poco gli sapeva dare tanto…
Se solo….
Jude vide Grief sorridere di nuovo lievemente, ma questa volta tra
sé e sé, mentre intingeva il pennello nella tempera nera.
In realtà stava sorridendo di fronte a quell’infantile rigetto dell’amore da parte dell’amico.
Ma Jude non poteva saperlo.
Vederlo così però, mentre iniziava un nuovo dipinto,
accarezzato dai raggi del sole del tramonto che penetravano dalla
finestra, lo faceva stare bene.
Gli dava una sensazione…di pace interiore.
Averlo lì, vicino a sé.
Nonostante tutto…
Lo faceva sentire sicuro…
E…
forse..
anche amato…
Ma non l’avrebbe mai ammesso.
“Pensi di rimanere qui stasera?” domandò in tono apatico Jude mentre si alzava dal letto.
Doveva sgranchirsi un po’ le gambe…
“Sì. Lo sai…ma…non capisco perché ti ostini a chiedermelo tutte le sere.”
In effetti Gry ormai rimaneva ogni giorno a dormire a casa di Jude da
anni. Eppure lui si ostinava sempre a domandarglielo ogni sera, quasi
volesse assicurarsi che non se ne andasse più…E non lo
lasciasse mai solo…
Jude si avvicinò al comodino che si trovava a fianco al proprio
letto. Aprì uno dei due cassetti e ne tirò fuori un
pacchetto di sigarette.
Non fumava mai…ma ogni tanto gli capitava di volerlo fare. Non
era un vizio….stava benissimo anche senza
fumare…però se gli andava ne prendeva tranquillamente
una. Senza impegno. Né dipendenza. Come quando vai dal medico o
in qualche altro posto dove c’è una sala da aspetto e
rubacchi una di quelle caramelline alla frutta che ci sono sulla
scrivania o sul bancone.
Andò verso la finestra sfilandosi l’accendino dalla tasca dei pantaloni.
“Ti dà fastidio?” disse sempre in tono piuttosto vuoto voltandosi verso Grief.
“No tranquillo.” Sentì rispondere da dietro la tela.
Gry era abituato a questa scena.
Ora Jude avrebbe spalancato la finestra, avrebbe acceso la sigaretta e
si sarebbe sporto a braccia conserte verso il mondo fuori da quella
stanza. E sarebbe rimasto così, immobile, perso tra i suoi
pensieri fino a che non avesse finito la sigaretta, che poi avrebbe
buttato giù dal quinto pianto di quel palazzo facendola guizzare
tenendola tra il pollice e l’indice della propria mano.
E così infatti fu.
Si mise in quella posizione e regalò alla città qualche grigia nuvola di fumo proveniente dalla propria bocca.
Ogni tanto Gry lo sbirciava da dietro il proprio quadro.
Gli sembrava un ombra.
Jude si vestiva sempre di nero, e il contrasto del sole controluce, scuriva ancora di più la sua figura.
Era incurvato, perché sporto in avanti, ma teneva anche la gamba destra incrociata dietro quella sinistra.
Ai piedi portava delle scarpe assurde. Erano estremamente massicce e
pesanti, in quanto avevano un tacco compatto lungo tutta la suola e
alto almeno tre centimetri. Erano quei tipi di scarpe da darkettone che
in quel periodo andavano molto di moda tra i giovani.
Beh, comunque almeno lo alzavano di qualche centimetro…
Non che Jude fosse basso però era meno alto degli altri. Non so
se mi spiego…Per intenderci, con quelle scarpe addosso, arrivava
quasi all’altezza di Gry, che era alto circa 1.77 m…
Finita la sigaretta, buttò via il mozzicone con quel gesto
solito utilizzando indice e pollice che aveva ricordato prima Gry, e
richiuse la finestra.
Ritornò poi verso il letto e ci si sedette ancora sopra.
Ci fu qualche minuto di silenzio mentre Grief dipingeva e Jude
rifletteva su qualcosa. O forse sarebbe meglio dire vagava…
Però lui non si perdeva mai con la mente. Questo era sicuro.
Jude era molto razionale. Forse anche troppo. Aveva i piedi per terra.
Ma proprio saldati. Pochi sogni, poche speranze, pochi desideri. Ma
tanto tanto realismo. Forse era anche per questo che disprezzava ogni
essere umano presente su questo pianeta…
Poi, improvvisamente, Gry ruppe il silenzio:
“Cos’è successo Jude…? Hanno riso ancora di te? Di me? Di noi..?”
Jude si voltò di scatto e lo guardò con immensa rabbia,
spalancando gli occhi e stringendo i denti nascosti dietro le labbra
serrate.
Si alzò in collera dal letto e, dopo aver spalancato la porta
della camera, uscì, sbattendola con l’intera forza che
aveva.
Il tutto…
…..senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Nota dell'autrice:
Ciao a tutti di nuovo! ^-^
Sono sempre io, niebo...
questo è il solito spazio ringraziamenti verso tutti
quelli che mi sostengono e che leggono ciò che scrivo ^-^
In particolare mi rivolgo ancora a Ms Murdes ringraziandoti ancora
tantissimo per il commento! Mi fa sempre piacere risentirti! ;)
E grazie mille per avermi messo tra i preferiti!!!!! *___* ^-^
Comunque hai proprio ragione, Panda è un amore, mi sa che mi prenderò un peluche proprio come lui ^-^
E beh ovviamente sono contenta che ti piacciano anche tutti gli altri personaggi, spero di mantenere vivo il tuo interesse e di stupirti sempre più man mano che la storia continua! :D
Ed è anche un grandissimo complimento il fatto che ti piaccia come scrivo e descrivo, ci tengo davvero moltissimo ^-^
Bene, ora fuggo di nuovo che tra qualche ora parto! XP
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Fireflies ***
fireflies
Fireflies
Ulrich riaprì pian piano gli occhi un po’
frastornato.
Si appoggiò la mano sinistra sulla testa.
Ma….dov’era finito?
Non ricordava nemmeno cosa fosse successo il giorno
prima….Si alzò, rimanendo semi-disteso e, dopo
essersi stropicciato un po’ gli occhi, si guardò
attorno.
Sempre un po’ intontito, si voltò e vide un grosso
quadro appeso alla parete, quello che rappresentava una rosa rossa.
“Ti piace? L’ha dipinto mia mamma.”
“Ah sì….ora
ricordo….” Disse sottovoce.
Spostò le coperte e appoggiò i piedi a terra,
dalla parte destra del letto. Rimase lì seduto per un
attimo, tenendo il viso tra le mani. Poi alzò pian piano lo
sguardo e scorse la propria immagine riflessa nello specchio che gli
stava di fronte.
Le vide subito.
Quelle dannate ali gli spuntavano ancora dalla schiena.
Erano sempre lì, pronte a ricordargli l’obiettivo
che si era prefissato di raggiungere.
Si osservò per qualche secondo.
Quasi non si riconosceva nemmeno più…certo, non
si riconosceva più già da quando era morto
Ilian…ma in quel momento si vedeva in un modo ancora diverso
dal solito…
Bah….
Si alzò dal letto e si avvicinò pian piano allo
specchio. Quando gli fu di fronte, non potè far a meno di
pensare di aver davanti a sé un’altra persona,
come se quello specchio in realtà fosse una porta, oppure la
continuazione stessa della stanza.
Cercò di andarsene da quell’immagine ma, nel
voltarsi, inciampò nella propria borsa che, aprendosi,
rovesciò fuori due dei suoi coltelli.
Ulrich si fermò a guardarli un momento. Poi si
chinò e ne prese uno nella propria mano.
Ritornò di fronte allo specchio, impugnandolo stretto.
Contemplò ancora la propria figura mentre, alzando il
coltello, si faceva un piccolo taglio sulla guancia, sotto
l’occhio destro.
Guardò quell’immagine che gli stava di fronte, e
si accorse che anche a quell’individuo il sangue caldo
iniziava a scorrere lungo il viso.
Cercò poi con calma nella borsa un fazzoletto, con chi
pulì prima il proprio coltello e poi la propria guancia.
Ne aveva avuta la conferma.
L’individuo nello specchio…
…era lui.
Il taglio sul viso era molto leggero, quindi non si notava
molto…
Era si un po’ confuso…ma non così tanto
sprovveduto…
Ma d’altronde…a chi non è mai capitato
di guardarsi allo specchio e di non riconoscersi più? Per
quanto una persona si possa conoscere…
Poi un pensiero sfiorò la sua mente.
Ma….perché sono ancora qui?Chi mi ha fatto
restare?
L’ultima cosa che era riuscito a ricordare era che la sera
prima si era ritrovato a vedere un insulso film horror con quegli altre
tre ragazzi…poi…non ricordava più
nulla.
Si guardò le braccia, poi il petto e le gambe.
Era ancora vestito.
Non ci aveva fatto minimamente caso mentre si guardava allo
specchio….non l’aveva notato abbastanza per
potergli dar peso…
Improvvisamente iniziò a sentire un certo doloretto alla
pancia.
Anzi…un poco più giù della pancia in
realtà….
Ma certo….ovvio….la sera prima non era andato in
bagno prima di andare a dormire…e ora aveva un arretrato non
indifferente di pipì da scaricare.
Si appoggiò la mano destra sulla pancia, mentre con la
sinistra apriva lentamente la porta della stanza.
Avrebbe fatto un azione lenta e silenziosa …a
“piedi
piuma”…delicatamente…così
non l’avrebbero visto…
Però…la cucina non aveva una porta…
…e nemmeno la sala…
Cazzo…
In questo modo l’avrebbero colto in fragrante…
Ok, lasciamo perdere l’azione lenta e silenziosa.
Piano B.
Azione spiccia e scattante.
Sì…decisamente molto meglio…
Aprì velocemente (ma senza rumori molesti) la porta della
stanza e corse subito in bagno.
Vi si chiuse letteralmente dentro.
Fiuuuu…..meno male…non mi hanno visto…
“L’hai visto?” fece Piotr ad Aaron,
mentre mangiavano seduti al tavolo della cucina.
“Sì. Il nostro amico si è finalmente
svegliato.” Rispose Aaron.
“Macchè nostro e nostro!!! Il serial killer
è amico tuo mica nostro!!! Vedi di tenermi fuori da questa
storia, che ci sono già dentro abbastanza senza
volerlo….!!!” Fece Newt, anche lui seduto con loro
al tavolo.
“Piantala Newt…non è un serial
killer…” disse Aaron, che iniziava ad essere un
po’ stanco delle continue rotture di palle
sull’argomento da parte dell’amico.
Ulrich, nel frattempo, si stava sciacquando la faccia con un
po’ d’acqua fredda.
Non volendo usare uno degli asciugamani, prese un po’ di
carta igienica, e si asciugò il viso con quella.
Ok.
Ora era il momento di uscire.
Che fare?
Usare la stessa tattica che aveva utilizzato prima per arrivare in
bagno?
Prima aveva funzionato…
Non lo avevano visto né benché meno fermato o
chiamato…
Però…
….ora che ci penso…l’azione di prima
è stata così tanto “spiaccia e
scattante” che non ho visto dove si trovavano…
All'improvviso sentì delle risate.
Si avvicinò lentamente alla porta e vi appoggiò
sopra l’orecchio.
Cercò di capire da dove provenissero ma…non ci
riuscì proprio.
Che faccio ora? Loro credono che io sia ancora in camera…
Poi gli venne un idea.
Decise di accucciarsi a terra, a gattoni.
Si sentì come un militare durante una missione segreta,
nascosto tra le varie trincee per non farsi scoprire.
Si aspettava che di lì a poco una bomba gli esplodesse di
fianco, facendolo morire d’infarto.
Ad esempio se in quel momento qualcuno avesse aperto la
porta….
Ok meglio muoversi.
Sollevò la mano sinistra e, pian pianino, aprì la
porta del bagno.
Ma la schiuse solo poco poco poco.
Avvicinò poi il viso all’uscio, tentando di non
farsi vedere.
Intravide Aaron, Piotr e Newt seduti al tavolo della cucina, mentre
ridevano e chiacchieravano allegramente.
Fortunatamente aveva lasciato aperta la porta dell’antibagno,
quindi poteva osservarli benissimo.
Beh…benissimo….li stava pur sempre guardando
attraverso uno spiraglio largo quattro centimetri, non di
più…
Poi, avendo visto dove si trovavano, richiuse pian piano la porta e,
una volta al sicuro, vi si appoggiò con la schiena.
Meno male…
Ora era di nuovo in salvo dentro bagno.
Beh…ma anche prima era nel bagno…
Ok ok va bene!!! Anche prima ci era dentro, però ora anche
lo sguardo era nel bagno, ecco.
Insomma, in poche parole, non aveva più contatti con
l’esterno del wc.
Tirò un sospiro di sollievo.
Prima parte della missione compiuta…Finalmente so dove si
trovano…e non mi hanno nemmeno visto!
“L’hai visto?” fece di nuovo Piotr ad
Aaron.
“Sì. Ci stava spiando dal
bagno…”
“Avete visto??? Che vi dicevo io??? Quello lì
è un infiltrato dei servizi segreti!!! Una spia!!!! Una
persona pericolosa!!! Anzi…pericolosissima!!!!! Ed
è tutta colpa vostra, perché non mi state mai a
sentire !!!!!!” sbottò Newt.
“Scusa….cosa hai detto?”gli rispose
Piotr.
“Vaffanculo Piotr!!!! Smettila di far finta di non
ascoltarmi!!!!!”
“Di grazia, se potessi farlo senza dover fingere a
quest’ora sarei la persona più felice del mondo.
Ma no che dico….dell’universo.”
“Ora ti spiattello il piatto in faccia se non la smetti,
schifobanana!!!!!” continuò stizzito Newt.
“Per piacere ragazzi anche di domenica mattina dovete
litigare?! Siete insopportabili!!! E poi Newt….si
dice scemobanana non schifobanana….”
“Va bene ugualmente. L’importante è che
ho reso l’idea. Capito schifobanana????”
puntalizzò rivolgendosi prima ad Aaron e poi a Piotr.
A quel punto Aaron si alzò di scatto dal tavolo
evidentemente alterato.
Molto alterato.
Ed era piuttosto comprensibile visto che era domenica mattina e non
aveva dormito per tutta la notte precendente…
Quindi era particolarmente (e giustamente) più irascibile
del solito…
Si portò di fronte a Newt, che era ancora seduto sulla
propria sedia, e iniziò a fulminarlo, guardandolo in
cagnesco dall’alto in basso, con entrambe le mani sui fianchi.
“Newt ma la vuoi piantare una buona volta di fare il
bambino????? Cazzo, vaffanculo, non ce la faccio più!!!!!
’sta volta hai proprio rotto le palle!!!!!”
Newt, dal canto suo, stava seduto immobile, impaurito come un coniglio.
Sapendo che Piotr gli dava sempre conto…di solito cercava di
tenersi buono almeno Aaron…
Ma questa volta aveva esagerato…e non era mentalmente (ma
soprattutto fisicamente…) pronto per un “due
contro uno”….
Se la stava proprio facendo addosso….
Di nuovo…
Poi, quando vide Piotr alzarsi e dirigersi verso Aaron,
iniziò a temere il peggio.
“Ora muoio ora muoio ora muoio….”
Riuscì solo a pensare.
Ma Piotr, giunto accanto ad Aaron, non fece nulla.
Anzi…in realtà…gli appoggiò
una mano sulla spalla e gli sussurrò qualcosa
nell’orecchio.
“Cosa gli sta dicendo cosa gli sta dicendo?????”
Pensò di nuovo Newt, evidentemente sommerso dal panico, ma
ancora immobile come una statua.
Aaron sembrò rilassarsi un attimo mentre Piotr gli parlava
sottovoce nell’orecchio.
“Ok? Ora ripeti con me.” Disse poi Piotr, questa
volta con un normale tono di voce.
“Va bene.” Gli rispose Aaron.
“Ah mi raccomando. Guardalo in faccia. Dritto negli occhi.
Altrimenti è meno efficace.” Aggiunse Piotr.
“Ok.”
Si voltarono entrambi a guardare simultaneamente Newt che, dal canto
suo, credeva che sarebbe svenuto da un momento all’altro.
Uno sguardo penetrante poteva sopportarlo. Ma due…e
contemporaneamente poi!
“Ok ora ripeti dopo di me. “Hai
lesionato...” ” riprese Piotr tenendo sempre lo
sguardo fisso su Newt.
“ Hai lesionato… ” ripeté
Aaron guardando anch’egli Newt negli occhi.
“ …in maniera irreversibile…
” continuò Piotr.
“ …in maniera irreversibile…
” gli fece eco Aaron.
“ ….gli organi bilaterali… ”
“ ….gli organi bilaterali… ”
“…preposti alla produzione…”
“…preposti alla produzione…”
“…del liquido seminale.” Concluse Piotr.
“…del liquido seminale.” Finì
anche Aaron.
“Ce la fai a ripeterlo tutto per intero ora?”
domandò Piotr.
“Certo!” fece Aaron.
“Bene. Ricordati lo sguardo mi raccomando.”
“Ok.”
Aaron si voltò di nuovo verso Newt, che stava ancora
miracolosamente seduto sulla sedia, e, alzando il sopracciglio destro,
gli fece un sorrisetto malizioso alla “Adesso ti faccio
vedere io!”.
Prese un respiro profondo e iniziò:
“Hai lesionato in maniera irreversibile gli organi bilaterali
preposti alla produzione del liquido seminale!!!!!”
Fiuuu….ce l’aveva fatta…e tutta
d’un fiato!
Fece una breve pausa.
Fissò Newt ancora per qualche secondo, poi si rivolse a Piotr
“Come sono andato?”
“Bah niente male…ma dovrai fare ancora un
po’ di pratica con lo sguardo. E dovremo anche togliere un
po’ di enfasi…sottrae importanza al contenuto
della frase.”
“Farò pratica, promesso… Grazie
Piotr.” disse Aaron sorridendo e facendo un gesto tipico del
suo modo di fare.
Ogni volta che prometteva, infatti, si baciava prima l’indice
e il medio destri uniti tra loro (mentre le altre tre dita restavano
abbassate), e poi baciò allo stesso modo l’indice
e il medio sinistri. Ogni volta che faceva questo gesto, sigillava una
promessa che sarebbe stata inossidabile.
Era risaputo ovunque.
Aaron manteneva sempre le proprie promesse.
Tirò una pacca sulla spalla al suo nuovo
”insegnante”.
“Di niente Aaron…Combattere l’ignoranza
e la volgarità è la mia
missione…” gli rispose Piotr in tono solenne.
E se ne andarono insieme in salotto ridendo.
Newt fece appena in tempo a vederli andarsene che, subito dopo, si
lasciò ricadere sulla sedia come se, stanco morto
(più morto che stanco…), avesse appena concluso
una corsa di chilometri e chilometri…
Ma nessuno dei due carnefici aveva fatto veramente sul serio.
Infatti, qualche secondo dopo, Piotr e Aaron tornarono di corsa in
cucina per prendere Newt di forza e portarselo con sé in
sala.
Aaron arrivò per primo, e l’avrebbe quasi
acciuffato se non fosse stato che il piccoletto si era miracolosamente
ripreso ed avesse iniziato a correre intorno al tavolo gridando:
“Lasciatemi in pace!!! Lasciatemi in paceeeee!!!!!”
Ma non appena arrivò anche Piotr, Newt fu letteralmente
circondato. I due lo presero, uno da davanti e l’altro da
dietro, e iniziarono a bombardarlo di attacchi di solletico.
Newt cominciò a ridere come un ossesso, buttandosi
addirittura a terra, rotolando a destra e a sinistra come in preda a
una crisi epilettica.
Più per pietà che per altro, i due carnefici
smisero di tormentarlo qualche secondo dopo.
Poi però, per avvalersi giustamente del loro
“premio”, presero Newt, Aaron per un piede e Piotr
per l’altro, e lo trascinarono con sè in salotto,
come uno spazzolone per pulire il pavimento.
Un dimenante spazzolone per pulire il pavimento.
“Piotr te lo affido. Arrivo subito.” Disse Aaron
non appena furono arrivati in salotto.
Piotr gli rispose con una vaga aria interrogativa, ma che scomparve nel
giro di due secondi, in quanto era riuscito ad intuire le intenzioni
dell’amico.
Ok….ora so dove sono…devo solo
uscire…meglio riaprire ancora un attimo la porta e dare
un’ultima piccola occhiatina per controllare che
siano…
Ma non appena Ulrich scostò leggermente l’uscio si
vide davanti…dei piedi. Poi delle gambe. Della braccia. Un
petto. Un viso. Questa era la scaletta che il suo sguardo aveva seguito
alzandosi man mano verso l’alto.
“Ehi ciao! Come va?”
Ulrich si sentì decisamente a disagio, trovandosi
ridicolmente a gattoni di fronte a quella che doveva essere la sua
vittima. Lui, il carnefice, a quattro zampe come un bimbo. Si
sentì come se stesse rimpicciolendo a poco a poco. E forse
nel frattempo era anche arrossito. Boh. Può anche
darsi…
“Vuoi mangiare qualcosa? E’ quasi l’una
di pomeriggio, sarai affamato…” riprese
Aaron sorridendo.
L’una di pomeriggio?!? Ma quanto cazzo ho dormito?!?!
Aspetta…questo vuol anche dire…che prima non
stavano facendo colazione…stavano pranzando…
Si sentì per un attimo ancora più rintronato di
prima.
Ma non fece in tempo a riprendersi che Aaron era già partito
in quinta verso la cucina, preso a cercare le stoviglie per
apparecchiargli la tavola.
In realtà…non vorrei esser un peso per
loro…nonostante tutto…non posso approfittarmene
così…il dormire è stato un caso, ma
anche mangiare…
Pensò mentre si rialzava e iniziava a dirigersi verso la
cucina.
Però… non ho nemmeno la minima intenzione di
rivolger loro la parola…e quindi…come posso
rifiutare?!
Ma non fece in tempo a pensar ciò che Aaron oramai gli aveva
messo sul tavolo un bel piatto di spaghetti alla bolognese.
“Ecco! Buon appetito!” gli disse con la sua
abituale gentilezza accompagnata, come al solito, da un sorriso.
Ulrich si sedette al tavolo con esitazione.
Guardò per un attimo il piatto, immobile. Ma forse stavolta
non era indifferenza…era solo un po’ di
“sana” indecisione…
“Sù sù! Mangia dai! Altrimenti Piotr si
offende!”
……Piotr?
“Sì…E’ stato lui a
cucinare.” Disse quasi l’avesse letto nel pensiero
“Come al solito, del resto. Non che io non sappia farlo, anzi
me la cavo piuttosto bene…Ma a lui piace dilettarsi tra i
fornelli. E quindi lo fa volentieri. Spesso sperimenta anche nuove
ricette, e sono sempre squisite. Però si arrabbia molto se
non apprezzi il suo lavoro. Non che il piatto ti debba soddisfare per
forza…ma semplicemente non gli piacciono gli
sprechi…”
Capito…
Prese allora in mano la forchetta ed iniziò a mangiare.
Non ebbe nemmeno il tempo di iniziare, che già si
ritrovò il piatto vuoto.
Era veramente deliziosa.
E poi….non mangiava da un giorno quasi …
Probabilmente in quel momento avrebbe mangiato anche un pezzo di legno,
se gliel’avessero offerto.
Nel frattempo Aaron era tornato in sala, e si era messo a guardare un
qualche programma comico alla tv con Piotr e Newt. Forse cartoni
animati….
Ulrich si alzò dal tavolo, e si mise lentamente a
sparecchiare, ponendo con cura tutto nel lavandino.
Poi, dopo un momento di indugio, decise di andare in salotto dagli
altri.
Cosa avrebbe combinato per conto suo? Nulla.
Non appena vi arrivò, i tre poltroni si fermarono a
guardarlo.
Un attimo di disagio…
Quasi certamente si stavano chiedendo come mai Ulrich fosse andato da
loro di sua spontanea volontà, oppure se avesse bisogno di
qualcosa…
Si aspettavano tutti che parlasse da un momento all’altro.
Lo guardarono.
Li guardò.
Ma nessuna parola risuonò nell’aria.
“Bene! Che ne dite di fare una bella partita a Monopoli per
passare il pomeriggio?”
Così Aaron interruppe il silenzio, alzandosi dal divano.
“Io ci sto!!! Preparatevi a sborsare signori miei, arriva il
re del denaro!!!”
“Sei troppo sicuro di te stesso Newt….”
rispose di nuovo Aaron.
“Come al solito, del resto….”
Commentò invece Piotr.
“Sì sì vedremo!!! Preparatevi
a pregarmi in ginocchio di sganciarvi qualche centesimo!!!”
***
“Bene signor re del denaro…come la
mettiamo?”
Fece Piotr lanciando uno sguardo di sfida a Newt.
Allo squattrinato Newt.
Vediamo….
La situazione era più o meno questa.
Un ammasso di alberghi e case occupava la cosiddetta “zona
rossa”, nonostante le caselle che comprendesse fossero tutte
viola e ti lasciassero completamente al verde.
E ovviamente tutte quelle costruzioni potevano appartenere solo
all’imprenditore della situazione.
Piotr, naturalmente.
“Se vuoi ti scambio questi cinque quartieri per le tue due
società. D’accordo?”
“Beh…questa volta sembra una buona
offerta….” Rispose Newt a Piotr.
“Scusate se mi
intrometto….ma…”
“Zitto Aaron, sto facendo un affare!!!”
“Ehm…Newt…non vorrei
dire…ma….”
“Lascialo decidere Aaron….” Fece invece
Piotr con sguardo malizioso.
Aveva in pugno la situazione ormai.
“No!!!!!! Scusami Piotr ma…Newt, cacchio!!!! Ti
sta vendendo tutti i quartieri più insulsi e scadenti per
due società!!! E lui ne ha già una!!! Hai ancora
il coraggio di avere qualche dubbio su cosa fare????”
“No che non ne ho!!! Infatti accetto.” Disse Newt
soddisfatto.
Aaron rimase a bocca aperta.
Boh…
Sarà forse merito di Piotr che ha il fiuto per gli
affari….o per gli allocchi.
Ma comunque, nonostante tutto, non era l’imprenditore a
condurre il gioco.
Newt, come già anticipato, non aveva quasi nulla,
né costruzioni né soldi. In compenso era pieno di
quartieri inutili e di seconda scelta rifilatigli da Piotr.
Aaron se la cavava piuttosto bene. Non era chissà quanto
fortunato, ma almeno era in grado di difendersi dall’innata
imprenditorialità del biondino.
Bene.
A questo punto l’unico rimasto
era…Ulrich.
Già.
Era proprio lui ad essere in testa.
Strano ma vero.
Anche se non del tutto…c’è anche della
logica in tutto questo. Ulrich non tirava i dadi. Non muoveva la
pedina. Non costruiva case. Nè alberghi.
Quindi….
Il suo gruzzoletto di soldi cresceva, cresceva e…. cresceva.
Era anche discretamente fortunato nel non capitare su caselle poco
fortunate, ma tanto, anche se vi avesse sostato, avrebbe avuto
abbastanza soldi per pagare il conto e rimanere comunque il primo della
gara.
E tutto questo perché….non faceva un emerito
nulla.
Stava lì seduto sulla sua sedia.
E basta.
Era logico che, se non si muoveva, non spendeva soldi e, di
conseguenza, ne accumulava a palate.
“Tocca a te Aaron!!! Avanti, tira!!!”
esortò Newt, impaziente dell’arrivo del proprio
turno.
I dadi rotolarono sul tavolo.
Un tre e un due.
Uno, due, tre, quattro, cin…
Imprevisti.
Aaron pescò una carta dal mazzo.
La rivoltò e….
Notò subito qualcosa di strano. Qualcuno aveva cancellato la
scritta della carta.
Qualcuno.
Ma quel qualcuno non si era limitato a cancellarla. L’aveva
sostituita.
Infatti, sopra l’ancora leggibile “Andate in
prigione direttamente e senza passare dal via” vi
era scritto (con una scrittura illeggibile tra
l’altro…): “Fate finta di esibirvi in un
pezzo di lap dance. Se non volete farlo versate 2000 euro al
WWF.”
Dopo aver letto ciò, Aaron si girò istintivamente
verso Newton (non Newt, ma Newton) che, dal canto suo, stava
trattenendo una risatina isterica ponendosi la mano destra sulla bocca.
“Newt….” disse Aaron cercando di
mantenersi il più calmo possibile
“….è opera tua questo?!?!”
domandò svolazzandogli di fronte l’Imprevisto.
A quel punto Newt non riuscì più a trattenersi, e
rise come un ossesso.
Tutti lo guardarono con aria che passava da interrogativa (Ulrich) o
rabbia (Aaron) a compatimento (Piotr).
Non appena si riprese, Newt esordì con un:
“Bene Aaron. A te la scelta.”
Aaron lo guardò, fulminandolo con lo sguardo.
“Non farò mai un’imitazione di lap dance
di fronte a te. Al massimo in privato, se vuoi. Ma mi faccio pagare.
Sì, esatto. Non sarò io a sganciare i soldi. Li
sgancerai tu per vedermi.”
“Sìsì Aaron parla
parla…intanto molla i 2000 euro!”
“Fai poco lo spiritoso…potrebbe capitare anche a
te prima o poi…”
“Naaaaaa….Non succederà
mai….”
***
Imprevisti.
“Bene bene Newton… chi ride adesso?!”
“Zitto Aaron.” Disse l’altro pescando una
carta.
La lesse nella mente e, conclusa la lettura, prima guardò i
propri soldi, poi girò la testa verso destra e
infine…si alzò dal tavolo.
“Bene io devo andare…è stato proprio
bello giocare, ma mi sono appena ricordato che…ho un
impegno!!!! Devo….andare dal dentista!!!!”
“Newt…è domenica…i dentisti
sono chiusi.” puntualizzò Piotr.
“Ehmmmm...ok…cioè…no…mi
sono confuso!!!! Devo…andare in chiesa!!!!
Sìsì, è domenica oggi…. ci
devo andare!!!! Non vorrete mica che io vada all’Inferno,
vero?”
Attimo di pausa.
“Che dici Aaron? Io non sottovaluterei il potere della
risposta a questa domanda.”
“Più che della risposta, Piotr, mi interessa
dell’Imprevisto…Fammi vedere cosa
c’è scritto, scemobanana!!!” disse Aaron
fiondandosi contro Newt.
“No no dai per piacere lasciamiiiii!!!”
L’amico l’aveva già avvinghiato e si
stava preparando a fargli il solletico quando…
“Va bene, va bene ok!!!! Rimango!!!”
Aaron mollò la stretta.
“E ora fammi vedere.”
Prese l’Imprevisto dalla mano di Newt. Ancora una volta la
scritta “Multa di 40 euro per aver guidato senza
patente” era stata sostituiao con un “Baciate sulla
bocca la persona che sta seduta alla vostra destra. Altrimenti pagate
3500 euro”.
Tralasciando le cifre esorbitanti che Newt aveva messo in
sostituzione…
Aaron alzò la testa e diresse lo sguardo verso il posto in
cui era seduto Newt. E verso chi stava seduto alla sua destra.
Oh cazzo.
Spostò velocemente lo sguardo verso i soldi di Newt, posti
accuratamente sul tavolo di fronte alla sua postazione.
Aveva…una banconota da 500 euro e due da 100.
Evidentemente non bastavano.
Ecco perché Newt aveva deciso di andarsene...
Però….le regole sono regole.
“Muoviti, vieni qua e fai la tua punizione.” Lo
invitò Aaron.
“No. Mi rifiuto.”
“Mi dispiace, queste sono le regole.”
“Assolutamente no.”
“Sì invece.”
“Ho detto di no.”
“Sì.”
“No”
“Sì”
“No-o”
“Sì-ì”
“Ma uffiiiiiii!!!! Io quello lì non lo
bacio.” Ribadì Newt votandosi verso Ulrich.
Quest’ultimo, ignaro di ciò che stava accadendo,
forse iniziò ad intuire qualcosa.
Diciamo che capì che era stato tirato in ballo.
“Un vincente trova sempre una strada, un perdente trova
sempre una scusa.” Esordì aulico Piotr.
“Dai Newt….al massimo ti possiamo concedere un
bacio sulla guancia…” fece invece Aaron.
Newt si sedette al proprio posto senza rispondere ed
incrociò le braccia sul petto, risoluto a non far nulla. Gli
sfuggì poi lo sguardo verso Aaron che, proprio in quel
momento, si era appoggiato entrambe le mani sulle proprie spalle e, a
poco a poco, aveva iniziato a muovere i gomiti all’infuori e
poi ancora all’indietro verso il torace, più e
più volte.
Sembrava proprio….un pollo?
E come, se non bastasse, si sentì provenire dalle retrovie
un verso, molto simile a quello di…un pollo?
Newt si voltò e vide Piotr che mascherava la propria voce,
nascondendo la bocca con una mano. Ci si metteva anche lui a
imitare…un pollo???
Basta.
Un affronto così non poteva reggerlo.
Si girò di scatto verso Ulrich, strinse gli occhi e
avvicinò le proprie labbra al viso dello sconosciuto.
Che cazz…
Ulrich, intuite le intenzioni di Newt, si scostò,
indietreggiando sulla sedia.
Ma insomma…una sedia non è infinita…
Cadde a terra con un tonfo, e una sederata non indifferente sul
pavimento.
Gli occhi erano sbarrati.
Ma è scemo ‘sto qui?????
“Newt!!!!!”
Aaron scattò in piedi dalla sedia per aiutare Ulrich a
rialzarsi.
“Che c’è?????? Non dovevo fare
‘sta cavolo di prova????”
“No no, lasciamo perdere và….Sei troppo
pericoloso per fare una cosa del genere…”
“Povero ragazzo…quanto lo
capisco…neanch’io mi farei baciare da un babbeo
come te…” intervenne sarcasticamente Piotr.
“Grrrrrr…oh ma la volete piantare?!?!? Sono
quattro ore che stiamo giocando e che continuante a romper le
palle!!!!” disse seccato Newt.
“Scusa, cosa hai detto?!?” fece Aaron.
“Ho detto che la dovete piantare!!!!”
“No, no dopo!!!”
“Ehmmmm…che continuate a romper le
palle…?!”
“No!!! Prima!!!”
“Uhmmmm….vediamo…ho detto che la dovete
piantare…che sono quattro ore che stiamo giocando
e…”
“Quattro ore!!!!! Piotr che ore sono?!?!”
“Le 18.03…Perché?”
“Devo andare a prepararmi!!!!!! Massimo per le 19.00 devo
essere al locale!!!!!”
“Che stai aspettando allora?” concluse Piotr.
“Vado!!!!!”
Aaron finì di rialzare Ulrich e sfrecciò in
camera.
Meno male che almeno la doccia l’aveva fatta il giorno
prima….
***
Ogni impedimento è giovamento.
Non è così che si dice?
E lui di impedimenti finora ne aveva avuti
tanti…troppi…
Ma il giovamento sembrava non avesse intenzione di mostrarsi.
O almeno, lui di giovamenti finora non era riuscito a vederne.
Semplicemente era un continuo chiedersi: “Vale la pena
persistere in una situazione che più che risolversi sembra
complicarsi ogni secondo che passa?”
La risposta era sempre un monotono:
“Boh…”
Forse era meglio demordere…forse era solamente tutta
un’ illusione o un suo stupido capriccio…una
triste speranza….
Ma alla fin fine si ritrovava sempre a farsi trascinare dalla corrente.
Per il momento…che altro doveva fare?
Però….
Ogni lasciata è persa.
Si dice anche così…
E forse era per questo che si ritrovava ancora nel posto in cui la sera
prima era incominciato tutto.
Ma a volte..a volte era troppo tormentato di dubbi per poter
continuare…aveva bisogno di qualcosa o qualcuno a cui
potersi aggrappare….
“A partita iniziata non si cambiano le regole del gioco,
Newt.” Disse Piotr.
“Ma io non ho detto che non volevo venire…solo che
a sapere che ci sarebbe stato così tanto da aspettare per i
preparativi, piuttosto sarei rimasto a casa!!!”
Le parole dei due amici risuonarono nelle orecchie di Ulrich con
qualche secondo di ritardo. Come un eco. Ma, non appena le ebbe
recepite, si voltò verso Piotr.
Lui…ha ragione…ormai ho iniziato questa
partita…e la devo portare a termine, senza cambiare le mie
intenzioni o i miei pensieri…
Si portò istintivamente la mano sul viso, poggiandola sul
punto in cui quella mattina stessa si era tagliato. La ferita era
lieve, quasi invisibile, tanto che nessuno di loro se n’era
accorto. Ma non era quello il punto…. Ora si sentiva un
po’ più sicuro….Aveva ritrovato
sé stesso per un momento. E stava a lui prolungare
quell’attimo il più possibile.
In fondo…ora come ora…poteva contare solo su
sé stesso…
Però…nello stesso tempo…
Grazie….Piotr…
Pensò fissando di nuovo il suo sguardo su di lui. Ma in
quello stesso istante anche Piotr si voltò verso il ragazzo
sconosciuto, senza una motivazione particolare.
Ulrich discostò subito lo sguardo, arrossendo leggermente.
Però poi non seppe resistere e, con la coda
dell’occhio, guardò ancora Piotr, per vedere la
sua reazione a quel suo gesto così istintivo e fanciullesco.
Ma Piotr lo stava ancora guardando e….no…forse
era solo una sua impressione…ma…gli
sembrò che gli stesse sorridendo.
L’altro, dal canto suo, dopo aver allargato leggermente gli
angoli della bocca in un lieve sorriso rivolto allo sconosciuto,
ritornò a parlare con Newt discutendo su quanto gli sarebbe
giovato se il rompiscatole fosse rimasto veramente a casa.
Ulrich, ancora roseo in viso, rimase imbambolato per qualche secondo,
ma fu subito risvegliato dal vocione di un uomo che gridava:
“Timothy!!! Sono arrivati dei clienti, và a
servirli!!!”
Ulrich si voltò in direzione della voce e vide un ragazzo
titubante, vestito con un grembiule bordeaux, dai capelli
castano-lievemente rossicci, gli occhi color nocciola e il viso
punteggiato di lentiggini. Stava venendo verso di loro.
No…non ci posso credere…quello
è…
Non fece in tempo a pensare ciò che il cameriere, dopo
essersi accorto dell’entità dei clienti,
cambiò totalmente direzione, ritornando di corsa verso il
bancone del bar.
Ma non fece in tempo a raggiungerlo, che si scontrò con una
ragazza alta, dai lunghi capelli castani raccolti in due chignon
attorcigliati ai lati della testa. Aveva dei bellissimi occhi
azzurro-cielo e un viso né troppo in carne né
troppo magro, come tutto il resto del corpo. Indossava una corta
minigonna svolazzante, una maglietta attillata che le risaltava il
petto, mentre ai piedi portava un paio di pattini a rotelle.
“Attento Tim!!!” disse al ragazzo dopo la
collisione.
“Mag….per piacere….puoi andare a
servire tu quei clienti al posto mio…?”
“Perché? Che c’è che non
va?”
“Ehmmm beh….c’è quel
ragazzo…quello con i capelli fucsia…”
“Hai detto…capelli fucsia…?!”
“Sì…..”
“Ahhhh! Ma allora è solo Newt!”
“Newt…?”
“Sì, si chiama così. Tranquillo
è un mio amico. Aspetta. Ma se c’è qui
Newt vuol dire che c’è
anche….”
La ragazza si voltò di scatto verso il gruppo di amici. Ma
quello sguardo non durò neanche un secondo perché
già Mag era partita velocissimamente all’assalto.
“Aaaaaaaaroooooon!!!!!!!” gridò
fiondandosi addosso al malcapitato.
La velocità ottenuta grazie ai pattini era talmente
sfrecciante che, abbracciandolo, quasi lo fece rovinare a terra.
“C…ciao Mag…” rispose Aaron
cercando di mantenersi in equilibrio per non far cadere le chitarre che
portava in spalla.
Sembrava un pochino imbarazzato, di fronte a quella ragazza che lo
stringeva a sé con tanto affetto.
Piotr li osservava quasi stesse assistendo ad una scena abituale,
mentre Newt….
“Smack smack smack!!! Bleah….Odio queste
smancerie….mi fanno venire la schifo-saliva in bocca!!! Vado
a bermi qualcosa, che è meglio!
Disgustoso…”
Si diresse allora verso il bancone del bar, tenendo Panda per mano.
Si sedette a uno di quegli alti sgabelli girevoli e appoggiò
Panda sul bancone ancora vuoto, come più o meno tutto il
resto del locale.
Il cameriere stava asciugando dei bicchieri.
“Mi scusi!” esordì Newt.
Il ragazzo dietro al banco si girò. Ma….
“Ahhhh!!!” urlò e si
voltò di nuovo ad asciugare i bicchieri, facendo finta di
niente.
“Ehmmmmm….Che c’è? Che
è successo?” chiese Newt ignaro di tutto,
guardandosi un po’ attorno.
“Un succo d’arancia?!” domandò
il cameriere senza voltarsi.
“Sì, grazie! Ma….come fai a
saperl…”
Si interruppe un momento, in quanto il cameriere si era girato
velocissimamente e aveva appoggiato il bicchiere di succo sul banco.
Newt allora si illuminò.
“Ah!!! Sei tu!!! Ti ho riconosciuto!!! Sei quello
dell’ultima volta!!!”
“….”
L’altro continuò ad asciugare i bicchieri,
ignorandolo.
“Mmmmmm…” riprese Newt appoggiandosi
l’indice incurvato tra le labbra semi chiuse “Ma
allora…visto che ci conosciamo già….me
lo offri il succo vero?”
“Sì. Cioè. No.
Cioè….”
Ma dopo un attimo di esitazione aggiunse sottovoce
“….se servirà a non farti parlare a
vanvera…”
“Scusa?!” intervenne seccato Newt per auto-difesa.
“Niente!!! Offre la casa!!!”
“Grazie!!!” rispose Newt, e gli fece un sorriso a
trentadue denti.
Ricevuto il bicchiere di succo, ovviamente completo di fatta
d’arancia, cubetti di ghiaccio, ombrellino viola e cannuccia
a spirale verde (il tutto moltiplicato per due perché il
cameriere si era premunito di dargli poi anche il formato mini per
Panda), lo bevve velocissimamente per purificarsi dalla sdolcinatezza
dei due piccioncini all’ingresso.
Mentre lo stava bevendo, si divertiva a girare sullo sgabello
alternativamente a destra e a sinistra, osservando, con sguardo
curioso, tutto ciò che gli stava attorno.
E continuò a bere, a bere e a bere, succhiando con la
cannuccia anche quando il succo era ormai finito da un pezzo. Ne
risultava quindi quel fastidiosissimo rumore, quella cacofonia
alimentare (come l’aveva definito Piotr), che solo in pochi
eletti riescono a sopportare.
Il cameriere intanto aveva cominciato a pulire il bancone, continuando
a far finta che lo Scocciatore non ci fosse.
Pulì pulì e pulì, finchè
arrivò al punto in cui era appoggiato Panda. Lo
sollevò afferrandolo sulla la pancia, allo scopo di pulire
la parte di bancone su era stato posto.
In quel momento gli sfuggì l’occhio verso Newt.
Quando mai l’avesse fatto.
“Mollalo subito.” Gli disse fulminandolo con lo
sguardo lo Scocciatore, il quale era circondato da un aura
minacciosamente minacciosa.
Al povero Timothy sembrò di parlare con la morte in persona.
Ed è forse per questo motivo che, dopo aver riappoggiato
delicatamente Panda sul banco, scappò via, nascondendosi
nella porta che c’era lì a fianco, quella del
magazzino.
“Mah…chi lo capisce è
bravo…” commentò Newt girando a destra
e a sinistra sullo sgabello e riprendendo la sua cacofonia alimentare.
Non appena si fu stancato del proprio concerto, decise di ritornare
dagli altri, che intanto avevano incominciato a chiaccherare.
“Uh, chi è il vostro nuovo amico?”
chiese Mag ad Aaron.
“Ehm…lui è…”
“Non importa, faccio io! Piacere nuovo amico di Aaron, io
sono Mag! Si dice Meg, con la “e”, ma si scrive
Mag, con la “a” , se vogliamo essere
precisi…”
Ulrich non rispose.
Ovviamente.
Non ho parlato con loro fino ad adesso, perché dovrei
parlare con te? E poi…io non sono loro amico…
“C’è qualcosa che non va? Che ha il
vostro amico?”
“E’ straniero!”
“E’ un pluritentatomicida!”
“E’ una storia lunga…”
Le tre risposte erano state date una dopo l’altra dai tre
amici, in evidente disaccordo su cosa dire….
La prima era una scusa, la seconda una mezza verità e
l’ultima un dato di fatto.
Dette in ordine rispettivamente da Aaron, Newt (intuibile) e Piotr.
“Cosa?!?” rispose Mag sconcertata.
“Lascia perdere…ne
riparleremo…” finì così il
discorso Aaron.
“Ah! Devo ridarti il tuo Cd!!! Aspetta che faccio una corsa a
riprenderlo in macchina!!!”
Ci mise un po’ di tempo a riportarlo, forse non riusciva a
trovare le chiavi, o forse il Cd stesso.
Ritornò dentro di corsa.
Sembrava un po’…innervosita.
“Tieni!!!” disse seccata ad Aaron porgendogli con
forza il Cd.
“C’è qualcosa che non va?
Non….non ti è piaciuto il
Cd….?”
Mag, resasi conto di ciò che aveva appena fatto, si
ricompose subito.
“No no niente, tranquillo!” e gli sorrise.
“Margaret!!!! Smettila di perdere tempo e renditi utile!!! Il
locale si sta riempiendo!!!!”
Era il padre di Mag, proprietario del locale.
Un uomo robusto, non molto alto e con la consueta
“pancetta” che spesso caratterizza gli uomini di
mezza età. Nonostante spesso gridasse e fosse nervoso
perché sempre indaffarato, era di temperamento bonario e, se
aveva il tempo di farlo, gli piaceva anche scherzare con Aaron e gli
altri, che ormai conosceva tutti da una vita.
“Arrivo papà!!!!” urlò Mag di
ricambio.
“Odio quando mi chiama con il mio nome per
intero…” aggiunse poi rivolgendosi agli altri
“ Va beh…vi saluto ragazzi, il lavoro mi
chiama…ci vediamo dopo magari!”
Poi si avvicinò ad Aaron e gli schioccò un sonoro
bacio sulla guancia, accompagnato da un:
“Sarò in prima fila quando canterai.”
“Ok….Grazie…A dopo
allora…” rispose Aaron esitante.
Mag sfrecciò in cucina, ma con la mente era ancora
lì a fianco al suo innamorato.
Lei si era presa una cotta per Aaron dalla prima volta in cui
l’aveva visto tre anni prima. Andavano a scuola insieme.
Già più di una volta l’aveva adocchiato
e milioni di volte l’aveva inseguito di nascosto per i
corridoi, credendo spesso di non essere vista. Nessuno si vergognava di
inseguirlo con le perché Mag…non aveva molti
amici…anzi..non ne aveva proprio. Tutte le ragazze della sua
classe erano le tipiche “bamboline” a cui importa
solo del trucco, dei vestiti di marca, delle uscite in discoteca e
quant’altro.
Lei era decisamente l’opposto. La sua famiglia non poteva
permettersi di comprarle ogni giorno vestiti di marca o darle una
paghetta esorbitante…I suoi soldi se li era sempre
guadagnati, anche all’interno della propria famiglia. Come
ogni altra cosa del resto…A un bellissimo viso mascherato
dal fard, ne preferiva una un po’ più brutto ma
che fosse il suo. Allo spendere soldi ubriacandosi in discoteca,
preferiva andar a bersi una cioccolata calda al bar vicino a scuola.
Per questo veniva spesso isolata dagli altri, dalle altre in
particolare.
Ma loro non l’avevano mai veramente presa in
giro…per forza di cose l’avevano solo un
po’ isolata… e lei non ce l’aveva con
loro…sì forse una volta era stato
così…una volta pensava che fossero crudeli e che
non capissero niente di niente, e aveva continuato ad odiarli tutti.
Ora semplicemente pensava che non la capivano. Se si fossero sforzati
di conoscerla un po’ meglio forse ci sarebbero
riusciti…ma nessuno sembrava avesse intenzione di farlo. E a
lei andava bene così. Aveva imparato a vivere del poco che
aveva in ogni ambito. Anche in fatto di amicizie. Non poteva non
ammettere che le dispiacesse un po’ vivere in questa
situazione. Ma, anche in questo caso, le andava bene così.
Poi…un giorno…
Stava camminando in corridoio, dirigendosi a lezione di biologia, la
sua materia preferita. Questo le aveva fatto tirare un sospiro di
sollievo dopo due ore ininterrotte di odiosa matematica, e le aveva
messo il buon umore. E poi quel giorno indossava la nuova sciarpa di
lana colorata lunga fino alle ginocchia, che aveva comprato solo
ventiquattro ore prima. Se ne era follemente innamorata un giorno,
quando l’aveva avvistata nella vetrina di una boutique in
centro solo che, dopo averne visto il prezzo, aveva desistito dal
comprarla. Non le piaceva per niente spendere i soldi in quella
maniera. Le sembrava di buttarli via. Avrebbe aspettato i saldi. E
così aveva fatto. E ora dopo mesi e mesi di
attesa…l’aveva finalmente comprata a meno di
metà prezzo. Fortunatamente non l’avevano venduta.
Evidentemente non era più di moda…ma a
lei…che importava?
Comunque.
Quel giorno era felice e portava la sua bellissima sciarpa colorata di
lana. Sembrava che la giornata non potesse andarle meglio di
così. Peccato che, presa com’era dal proprio
gaudio, non stava per niente prestando attenzione a dove andasse. A
causa appunto di ciò, successe una cosa terribile. La sua
bellissima e lunghissima sciarpa nuova rimase impigliata in qualcosa, e
si sfilacciò tutta.
Si sentì improvvisamente tirata per il collo, e si
risvegliò così dal suo stato di trans da
felicità. E lì si accorse che la sua sciarpa era
stata totalmente rovinata da un farabutt…
Ma poi sentì la sua voce.
“Oh caspita! Ti prego scusami….la tua
sciarpa…è rimasta impigliata alle borchie della
mia cintura quando ci siamo incrociati…è colpa
mia…sono sempre tutte storte e appuntite e io mi dimentico
sempre di metterle a posto…scusami,
davvero…”
Mag fissò Aaron incantata.
Finalmente il ragazzo dei suoi sogni le aveva rivolto la parola.
Non seppe cosa dire.
“Beh….grazie…cioè, non
importa, nel senso che non è importante quello che hai
fatto, cioè non nel senso che quello che fai non
è importante, ma nel senso che…insomma non fa
niente!” concluse arrossendo come un pomodoro.
“Ok! Beh…grazie… Allora…ti
restituisco la sciarpa!”
Ma il buffo fu proprio che la sciarpa non voleva staccarsi. Ci
provarono e riprovarono, ma entrambi stavano rischiando di beccarsi due
note per il ritardo. I corridoi erano già vuoti da un pezzo.
“Senti facciamo così. Tieni.”
Aaron si slacciò la cintura, se la levò e la
porse a Mag, insieme alla sciarpa.
Lei credette di svenire. Ce….si sa che lo faceva per altri
scopi ma…il suo principe azzurro si stava togliendo la
cintura davanti a lei?! Ci mancava solo che si slacciasse anche i
pantaloni!
Non proferì parola.
“Non ti preoccupare, me la restituirai all’uscita
da scuola! Ti aspetterò all’entrata! Ci
vediamo!”
E corse via tenendosi i pantaloni con la mano destra.
Lei rimase lì qualche secondo immobile come una statua, ad
osservarlo andare via.
Poi si ricordò del ritardo e, come risvegliata da un
incantesimo, corse in direzione della propria classe.
Quel giorno si era beccata una bella nota . Le scuse e le spiegazioni
non erano servite a nulla. Quindici minuti di ritardo, erano pur sempre
quindici minuti di ritardo…
Però l’amarezza per la punizione era passata a
poco a poco, mentre osservava trasognante la cintura del suo amato,
quasi fosse una reliquia.
I due si ritrovarono poi all’uscita da scuola. Mag, con tutta
la forza che potè e nascondendo la propria vergogna, chiese
ad Aaron se volesse andare al locale del padre, che avrebbe potuto
aiutarli con la sciarpa e la cintura. Per strada iniziarono a
conoscersi, parlando del più e del meno, come ad esempio
della passione per la musica di lui e di quella per il canto di lei. Il
tutto si concluse con il padre di Mag che voleva tagliare la sua
sciarpa perché non si riusciva a slegarla. Ma Aaron si
offrì con gentilezzadi staccare dalla propria cintura tutte
le borchie che erano rimaste attaccate alla sciarpa, rimanendo, in
pratica, con mezza cintura solamente nera. Mag gli fu infinitamente
grata. E tuttora conservava la sua sciarpa borchiata gelosamente e
Aaron, invece, indossava ancora la sua cintura mezza borchiata.
Da quel giorno che diventarono grandi amici. E anche il padre di Mag
aveva iniziato a conoscerli tutti da quel giorno. Sì ,
proprio tutti. Infatti, il giorno dopo, Aaron presentò a Mag
anche Piotr e Newt, che le furono subito molto simpatici. Una volta
uscivano spesso tutti insieme. Ora era un po’ diverso. Erano
cresciuti, ed erano cambiati. Mag era diventata più matura
ed estroversa, non più timida come una
volta…Aaron era rimasto l’altruista di un tempo,
il solito ottimista, ma il viso era diventato più da adulto,
e anche il carattere.
Poi Mag qualche amica l’aveva conosciuta
all’università, anche se erano solo amicizie un
po’ fittizie.
Già…l’università…Quella
dannata cosa li aveva divisi un po’ tutti…e poi
sia Aaron che Mag avevano di mezzo anche il lavoro…si
vedevano quindi molto meno di un tempo…Ma i suoi sentimenti
verso di lui erano forse l’unica cosa che non era mai mutata.
Peccato che da Aaron non era mai stata ricambiata. Lui la vedeva solo
come un’ amica, questo era il motivo. O la scusa. Chi lo sa.
Per il momento Aaron era solo innamorato della musica. E a lei donava
tutto sé stesso. Non si poteva biasimarlo… Lui la
musica non l’aveva mai tradita. Né lei aveva mai
tradito lui. Sembra una sciocchezza ma…era una delle poche
cose rimaste che lo legavano ancora ai suoi genitori. E Mag lo capiva.
E accettava. E aspettava. Aveva un grande forza lei. E anche lui.
Questo li accomunava. Non si arrendevano mai. Però lei aveva
sempre il cuore fragile di donna…che cedeva comunque
più facilmente di quello di Aaron.
Però per il momento…le andava bene
così. Viveva dei suoi castelli in aria e degli impegni che
le affollavano la giornata. E di loro. Anche se ormai non si vedevano
molto spesso…rimanevano comunque i suoi amici.
“Bene, allora io vado ad accordare le chitarre e ad attaccare
gli amplificatori…”
“Ok!” fecero in coro Piotr e Newt.
Poi si fissarono in cagnesco dicendosi con gli occhi:
“L’ho detto prima io!”
Ulrich si sedette a un tavolo e iniziò a vagare col
pensiero, mentre si guardava attorno.
Si stupì solo quando, poco dopo, Newt e Piotr vennero a
sedersi al suo tavolo. Non lo costrinsero a parlare, né a
giocare con loro a carte. Semplicemente…erano venuti a
fargli compagnia.
Ovviamente Newt inizialmente si era opposto…ma il potere
decisionale di Piotr non aveva limiti.
Passò così la loro serata, finché non
arrivò il momento dell’inizio dello spettacolo.
Tutto era pronto.
“Spacca tutto Aaron!!!” gli disse Net prima che
salisse sul palco.
“Lo farò, promesso!” e si
baciò ancora gli indici e i medi, come faceva ogni volta che
prometteva. Poi salì dietro le quinte.
Gli altri tre si diressero invece tra la folla, vicino al palco. Ulrich
riuscì a distinguere in prima fila i due chignon della
ragazza che aveva conosciuto un paio d’ore prima.
Subito dopo comparvero sul palco Aaron con la sua chitarra elettrica, e
altri ragazzi con i loro rispettivi strumenti. Era tutto appositamente
buio. Solo una fioca luce bianca faceva distinguere il profilo di Aaron
e le curve del suo viso, delle sue gambe, avvolte nei pantaloni di
pelle nera, e dei suoi fianchi. Nonostante la presenza degli altri, era
come se fosse solo in mezzo al palco.
Quando la musica partì, scandita dalla batteria retrostante,
Aaron agguantò il microfono, ed iniziò a cantare.
Sembrava preso da così tanta foga…così
tanta passione…
Aveva una voce così…soave…ma nello
stesso tempo forte. Grave…ma al punto giusto,
l’adeguata via di mezzo tra l’acuto e il basso. O
forse leggermente più tendente al grave. Era comunque una
voce che trasmetteva sicurezza, ma nella sua semplicità. Non
cadeva infatti in eccessi o virtuosismi tipici di molti cantanti degli
ultimi tempi. Ci furono dei punti in cui la sua voce divenne un
sussurro, un bisbiglio nel microfono, ed erano i momenti che Mag
preferiva, perché le sembrava che le stesse parlando
segretamente nell’orecchio, con la sua voce gentile ma anche
dannatamente sexy.
Poi quando iniziò a suonare da solo con la sua chitarra
acustica….era veramente fantastico. Riusciva a commuoverti
anche solo con la melodia, senza bisogno di parole. Ma in
realtà le parole c’erano. Perché lui la
faceva parlare la sua chitarra.
Ulrich lo ascoltava con attenzione e una sensazione strana
iniziò a pervaderlo. Gli sembrò che Aaron stesse
parlando con lui, come se fossero faccia a faccia e gli stesse dicendo
qualcosa. Come se in quel locale fossero miracolosamente scomparsi
tutti e fossero rimasti solo loro due. Poi però si rese
conto che era solo un illusione, ma questa sua capacità di
attraversarlo con la propria voce, lo lasciò di stucco.
Forse c’entrava il fatto che non aveva mai sentito musica dal
vivo… neanche musica in generale in
realtà…Ma capì che la cosa gli
piaceva. Gli piaceva molto. Poi però iniziò a
chiedersi…se davvero fossero rimasti solo loro due in quella
stanza…che cosa avrebbe fatto?
“Aaron è veramente fantastico!!! E io sono il suo
fan numero uno!!!” esordì Newt tra il frastuono.
“Mi sa che dovrai discuterne con Mag…”
gli rispose Piotr.
“Ehi…dov’è il
ragazzo?” aggiunse subito il biondino dopo essersi voltato e
non aver visto Ulrich.
“Chi? Il serial killer intendi? Sarà andato in
bagno…”
“Mah…non lo so...appena finisce lo spettacolo
andiamo a controllare. Aaron, prima che iniziasse lo spettacolo, ci ha
esplicitamente detto di tenerlo d’occhio.”
“Sìsì va bene! Appena è
finito però!”
“Ok…”
Lo spettacolo si concluse una decina di minuti dopo. E Aaron corse
subito da loro.
“Allora? Com’è andata?” disse
asciugandosi viso e capelli con un asciugamano.
“Benissimo!!!! Sei stato fantastico!!!! Da mozzare il
fiato!!!! Anzi, non solo il fiato…da mozzare tutto!!!
Sìsì, hai mozzato tutto!!!!”
“Grazie Newt...lo prendo come un complimento!”
rispose Aaron sorridendogli.
“Ma…dov’è….?”
Si affrettò ad aggiungere.
“Credo sia in bagno ma non ne siamo
sicuri…E’ sparito poco fa e avevamo intenzione di
andar a controllare appena si fosse dispersa tutta la
folla…”
“Ok…beh allora andate a controllare in bagno. Io
vi aspetto qui. Anzi, intanto metto via le mie chitarre.”
Piotr e Newt si diressero verso bagno. Ma ne uscirono poco dopo,
ritornando nella sala principale correndo.
“Allora?” fece Aaron.
“Non c’è….” Disse
Piotr.
Newt aveva ancora il fiatone.
“Come non c’è???”
Il locale ormai si stava svuotando, quindi sarebbe stato più
facile cercarlo. Ma guardarono ovunque, anche con l’aiuto di
Mag, ma non riuscirono proprio a trovarlo.
“Ve l’avevo affidato, cazzo!!! Che stavate facendo
in due???”
“Calmati Aaron…magari se n’è
semplicemente andato…” rispose Piotr.
“E’ vero…sarà tornato dalla
mafia…” confermò Newt.
“Sta zitto, idiota.” Lo censurò Piotr.
“Non lo so….è che…nonostante
tutto…mi sembra strano che se ne sia andato
così…”
Poi Aaron ebbe un illuminazione.
La porta sul retro.
Corse in direzione dell’uscita retrostante del locale, quella
che dava sul vicolo.
Spalancò con forza la porta di ferro e, affacciandosi
all’uscio, vide un gruppo di uomini. Uno di loro stava
tirando dei calci a un individuo, tenuto fermo da entrambe le parti da
altri due uomini, che gli tenevano le braccia.
Aaron corse in direzione di quegli uomini loschi e, più si
avvicinava, più si rendeva conto che la persona che stavano
picchiando era proprio il suo nuovo amico.
“Fermi!!!!” gridò.
Ma quelli non lo stavano a sentire.
Allora si avvicinò a loro e tirò con forza un
pugno all’uomo che stava picchiando Ulrich.
Il tizio reagì un po’ sconcertato, barcollando.
“Che cazzo vuoi moccioso, eh??? Questi non sono affari che ti
riguardano!!!!”
Ma Aaron gli rispose con un altro pugno, questa volta dritto sul naso.
L’uomo cadde a terra ma, realizzata la situazione, non ci
mise molto ad alzarsi. Iniziò ad avventarsi contro Aaron e a
colpirlo a sua volta con pugni e calci. Inizialmente
quest’ultimo riuscì a cavarsela piuttosto bene,
finchè il tizio, che pareva essere il capo dei tre,
chiamò in aiuto un altro dei due uomini che stavano tenendo
Ulrich. In due iniziarono a colpire Aaron violentemente, soprattutto
con calci sull’addome o dritti in faccia.
In quel momento Piotr e Newt arrivarono all’uscio e videro la
scena.
“Aaron!!!!!” gridarono.
Aaron girò leggermente il viso verso di loro, e fece in
tempo a dire solo:
“Chiamate la polizia!!!”
I due corsero dentro il locale e fecero subito quello che gli era stato
ordinato.
Intanto anche il terzo tizio era venuto a tirar calci ad Aaron, che
ormai era accasciato a terra chiuso in sé come un sasso, per
difendersi dai colpi che gli stavano infliggendo.
Ulrich era riverso a terra poco distante dal gruppo, quasi privo di
sensi.
Le sirene però non si fecero attendere.
Poco dopo il suono delle macchine della polizia raggiunse il vicolo.
“La polizia!!!! Scappiamo!!!!!”
I tre fuggirono a gambe levate, per non farsi catturare.
In quel Piotr e Newt uscirono dal locale e raggiunsero i due amici,
entrambi accasciati a terra. Ma, prima che potessero raggiungerli,
Aaron aveva già iniziato ad alzarsi in piedi da solo, con le
poche forze che gli erano rimaste. A quel punto Newt e Piotr corsero
entrambi da lui per cercare di sorreggerlo.
Ma Aaron li scrollò da lui e volle andare da Ulrich, ancora
riverso semi incosciente sulla strada.
Allora i due compagni lo aiutarono ad avvicinarsi. Si
accostò al ragazzo steso a terra a braccia e gambe aperte.
Il suo viso era pieno di botte dovute alle lesioni dei pugni. Sangue
copioso gli scorreva dalla bocca.
Aaron si inginocchiò davanti a lui e Piotr e Newt lo
lasciarono fare.
Cercò di tirarlo su, facendogli passare un braccio dietro la
schiena, e quasi rischiò di cascargli addosso.
Ma gli altri due lo sorressero.
“Ehi….Come va…Tutto
bene….?” chiese Aaron
Era una domanda un po’ stupida in un’occasione del
genere... Ma fu la prima cosa che gli venne in mente di chiedere. Come
la prima cosa che si dice ad un amico che non vedi da tanto tempo.
Ulrich, all’udire qualcuno parlare, aprì
leggermente gli occhi e cercò di distinguere la figura che
gli stava di fronte, quella di colui che l’aveva appena
sollevato.
Poi a poco a poco lo vide, sempre più distinto.
E lo riconobbe.
Vide il suo viso ferito, un occhio nero, graffi intorno alla bocca,
insieme a un piccolo rivolo di sangue che gli scendeva sul mento.
Poi voltò un poco la testa e scorse dietro quella figura
Newton e Piotr.
Al vedere che aveva ripreso i sensi, Aaron gli sorrise.
In quel momento Ulrich capì tutto, intuì quello
che era successo e ciò che non era successo.
Allora ritornò a guardare Aaron, che gli stava ancora di
fronte.
“Grazie….” Gli disse in un sussurro.
Aaron sorrise di nuovo, dolcemente.
“Prego…non c’è di
che…è così che si fa tra
amici…giusto?”
Ulrich fece appena in tempo a sorridergli in risposta, che poco dopo la
testa gli ricadde all’indietro, priva di sensi.
Aaron allora tentò di sollevarlo completamente, ma cadde lui
stesso a terra.
Piotr si gettò subito ad aiutare Aaron perché,
tra lui stesso e Newt, era quello che aveva più forza per
poterlo sollevare.
Newt si avvicinò invece Ulrich, affidatogli dalla braccia
tese di Aaron, e se lo caricò sulla schiena.
“Vieni serial killer…ora ti portiamo a
casa…”
Quando furono tutti e quattro in piedi, il padre di Mag uscì
improvvisamente fuori, dicendo di aver riferito tutto alla polizia, che
era già sulle tracce dei malviventi. Disse poi di aver
chiamato anche l’ambulanza, che sarebbe arrivata di
lì a poco. Aaron però si rifiutò di
rimanere. Gli rispose dicendo che si sarebbero lentamente diretti verso
casa. Lì almeno avrebbe potuto stendere Ulrich su un letto,
medicarlo un poco e tenerlo al caldo. Gli chiese poi di mandar
l’ambulanza a casa loro, non appena fosse arrivata.
Così almeno avrebbero fatto degli accertamenti…
“Sei sicuro Aaron?”
“Sì…si..sicurissimo…”
“Sicuro di non voler una mano? Vieni vi porto
io…” continuò il padre di Mag
avvicinandosi a loro.
“No, no! Non….non si preoccupi…ce la
faremo benissimo…torni nel locale, questa è
l’ora di punta…”
Aaron non era uno sconsiderato.
Semplicemente non voleva essere di peso a nessuno. Non lo era mai stato
né con i suoi genitori, con suo fratello o con i suoi amici.
Dipendere da qualcuno altro gli dava molto fastidio. Piuttosto
preferiva prendersi le sue batoste, ma andare avanti con la propria
forza. Sapeva che il padre di Mag era molto indaffarato, e non voleva
disturbarlo nel suo lavoro.
Mag invece era preoccupatissima.
Cercava in tutti i modi di rendersi utile, voleva avvicinarsi a loro e
fare il possibile, ma Aaron non rifiutava. La tranquillizzò
con le sue parole, dicendole di non preoccuparsi, che entrambi stavano
bene, e che sarebbe ritornato da lei il giorno dopo a riprendere le
chitarre.
A quel punto i quattro ragazzi si presero a braccetto e si
allontanarono insieme, dirigendosi verso casa.
Mentre stava zoppicando un poco lungo la strada, sorretto dagli altri,
chissà perché, ad Aaron tornarono in mente le
volte in cui d’estate, quando era piccolo, si divertiva a
correre in giardino, nell’ora del crepuscolo. In quelle
occasioni si era divertito spesso ad inseguire le lucciole, e a
catturarle con la mano…. A volte le chiudeva in un
barattolo, osservando la loro flebile luce. Tentava sempre di
catturarne il più possibile per crearsi una piccola
lanterna, e si arrabbiava moltissimo se non riusciva ad acchiapparne
abbastanza per formare una grande luce. Poi, alla fine, quando la mamma
lo richiamava in casa, le rilasciava tutte, facendole volare in alto,
verso il cielo notturno.
Pensò poi a quanto una lucciolina sola facesse una luce
così debole e fioca, che quasi non si vedeva
nemmeno…Ma tante lucciole insieme….facevano una
luce bellissima, in grado di illuminare il suo cielo bambino come tante
piccole stelle….
E forse….pensò che forse ora una lucciola in
più era entrata nel suo barattolo…un piccola
lucciola che con la sua debole luce aveva reso però un
po’ più luminoso il suo cielo…
Ogni impedimento è un giovamento.
Non è così che si dice?
Nota dell'autrice:
Ciao a tutti! ^-^
Sono niebo ovviamente ;)
Questa volta vi scrivo, oltre come al solito per ringraziare voi tutti
che mi seguite e sostenete, per scusarmi della lunga attesa prima di
pubblicare questo capitolo...
ho avuto un po' di impegni scolastici e, anche se mi auguro che non
succeda più, se dovesse accadare di nuovo, sarà
probabilmente sempre per questo motivo...
è stato un capitolo molto impegnativo (e luuungo... O___O )
quindi spero almeno che vi sia piaciuto e che sia valsa per voi la pena aspettare.
Mi sono impegnata più del solito a scriverlo e mi auguro davvero con tutto il cuore
che vi sia piaciuto ^-^
Ringraziamenti speciali vanno d'obbligo a:
madychan & RuinNoYuki
che mi preparano le pagine in html da pubblicare XP
e che ovviamente mi spingono a continuare la mia storia sostenendomi sempre ^-^
anche se madychan ha smesso di farmi le recensioni....vero????? XD
Ms Murder
wow sono stra felice che tu mi stia ancora seguendo! ^-^
come hai potuto vedere nello scorso capitolo ho introdotto due
personaggi nuovi, che nei prossimi capitoli imparerai a conoscere
ancora meglio! ^-^
comunque sono contenta che ti ispirino! Spero prossimamente
di farteli piacere ancora di più, non deludendo le tue
aspettative ;)
Stupire i miei lettori è uno dei propositi che mi sono proprosta
scrivendo questa storia...quindi quello che mi hai fatto è
proprio un grande complimento! :D
Grazie mille di tutto! ^-^
Bene è ora di andare!
Alla prossima! ^-^
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Walking Away ***
walking away
Walking away
Non basta sbattere con forza una porta per sfogare tutta la rabbia che
si ha in corpo.
Se fosse così….le porte verrebbero usate come
sacchi da boxe invece che come collegamento tra due stanze comunicanti.
Non è così semplice.
Non è mai così semplice.
Non basta addormentarsi la sera per far svanire un problema. Il sonno
serve solo ad assuefarlo.
E’ proprio questa la parola magica.
Assuefazione.
Jude entrò nella prima stanza che si trovava accanto alla
sua camera.
Il bagno.
Vi si chiuse dentro a chiave, nella speranza che lì nessuno
gli avrebbe rotto le palle. Si avvicinò con passo deciso
verso il water, su cui si voleva sedere per riflettere. Sembrerebbe una
scena ridicola….ma credetemi, non lo era. Anche
perché il water non lo raggiunse nemmeno. Passò
infatti di fronte allo specchio, che sovrastava il lavandino, proprio a
fianco del water stesso. Il bagno era molto piccolo quindi ogni pezzo
d’arredamento era addossato all’altro.
Più grande non se l’erano potuto permettere.
Sta di fatto che, accostandosi, anche se di sfuggita, allo specchio, si
fermò improvvisamente. Era stata la sua immagine riflessa ad
averlo bloccato. Rimase lì fermo per qualche secondo, poi
avvicinò pian piano il proprio viso riflesso, quasi gli
dovesse sussurrare qualcosa. Non poteva però accostarsi
troppo, in quanto lo specchio aveva una piccola mensolina che sporgeva
dal lato inferiore.
Ricordava ancora quando quella mensola era piena di profumi di ogni
forma e colore, che sua mamma riponeva lì man mano che
cresceva la sua collezione. Era sempre stato papà a
regalarglieli. E lei ogni giorno ne provava uno nuovo, e
così ogni suo vestito aveva il profumo di un fiore diverso.
Jude lo aveva sempre notato ogni volta che l’abbracciava. Gli
era anche capitato che la cosa lo spaventasse un po’
perché, avendo lei ogni volta su di sé una
fragranza diversa, gli sembrava di avere a che fare con una sconosciuta
ogni volta che le si avvicinava troppo. Può sembrare un
ragionamento stupido, ma per un bambino non lo è affatto. I
bambini basano le loro considerazioni sulle cose
più semplici ed immediate, come per
l’appunto un profumo.
Ma allora Jude non sapeva ancora cose fosse la vera paura.
L’avrebbe saputo solo alcuni mesi dopo, alla morte del padre.
Non ricordava come le cose fossero cambiate da un momento
all’altro. Forse era perché era successo tutto
così in fretta…
Sta di fatto che quel momento di passaggio l’aveva
completamente rimosso dalla testa.
Sapeva cosa c’era stato prima….e cosa
c’era stato dopo.
Il mezzo…era un buco nero.
Però.
Però una piccola cosa se la ricordava. Un piccolo,
piccolissimo particolare, l’unico che egli potesse ricondurre
a quel periodo della sua vita.
I profumi.
Da quando era morto il padre, non c’erano più
stati i profumi.
Era scomparsi tutti a poco a poco.
La mensola era diventata vuota.
Ma in realtà…non lo rimase per molto.
Un giorno dal basso della sua altezza aveva alzato gli occhi al di
sopra del lavandino e aveva notato che la mensola si stava riempiendo
ancora.
Questa volta però vide che le boccette dei profumi avevano
forme diverse. E alcune erano anche fatte di un materiale diverso. E
poi non c’erano più i colori. I contenitori erano
quasi tutti bianchi o marroni…gli trasmettevano una grande
tristezza.
Ma la cosa fondamentale era che nessuna di quelle boccette profumava.
Aveva provato ad aprirne alcune, ma puzzavano terribilmente di odori
amari e pungenti.
Altri addirittura non contenevano nemmeno un liquido.
“Probabilmente quelle pastigliette si sciolgono
nell’acqua ed emanano profumo.” Aveva pensato una
volta.
E aveva anche provato a scioglierne una in acqua ma non era successo
proprio nulla.
La pastiglietta ci metteva tantissimo tempo a sciogliersi e, inoltre,
non sprigionava nessun profumo.
Al che Jude, sbuffando, l’aveva buttata via.
E non solo quella.
A poco a poco le aveva buttate via tutte.
“Tanto non funzionano…”
Arrivò però il giorno in cui la madre lo sorprese
mentre stava buttando via una di quelle scatolette bianche contenente
le pastigliette che non funzionavano.
“Mamma guarda, sto buttando via tutti quei profumi
puzzolenti!!! Non voglio che tu puzzi quando va….”
Ma non aveva fatto in tempo a finire la frase che la madre lo
zittì con un sonoro schiaffo sulla guancia, così
forte che perse l’equilibrio e cadde a terra con un tonfo.
Quando riuscì a riaprire gli occhi, toccandosi la guancia
dolorante, vide il proprio futuro.
Lo lesse, negli occhi della madre.
E aveva letto giusto.
Perché quello era stato solo l’inizio.
L’inizio di un freddo e rigido inverno.
Ma questa è un’altra storia.
La sua storia.
Lui non vorrebbe che ve ne parlassi.
Quindi perdonatemi, ho già detto troppo…
Jude continuò a fissarsi in quello specchio vuoto. Vuoto in
quanto erano i suoi stessi occhi vuoti a guardarlo.
E intanto stringeva i denti, per trattenere la rabbia.
Ma d’improvviso alzò, quasi istintivamente, il
braccio destro e, trattenendo il respiro per quell’unico
secondo, con una manata, scaraventò a terra tutti i flaconi
e le confezioni di pastiglie che c’erano sulla mensola
sporgente dallo specchio.
Sul pavimento una macchia di liquido trasparente iniziò a
diradarsi, interrotto ogni tanto da qualche pastiglia dalle forme e i
colori più diversi. Come un fiumiciattolo di montagna
bloccato in modo casuale da rocce e ciottoli.
Jude si guardò la mano con cui aveva colpito i farmaci, per
stringerla poi in un pungo con forza, lasciando ricadere il braccio
lungo il fianco.
Anche il viso, insieme al braccio, gli cadde verso il basso.
E così rimase ad ascoltare il silenzio.
Ma non durò molto.
“Jude! Tutto bene? E’ successo qualcosa?
Fammi entrare! Non per altro ma dovrei andare in
bagno….”
Insomma era Grief che voleva assicurarsi che Jude stesse bene (e fare i
suoi naturali bisogni diuretici).
Jude ruotò lentamente la testa, (quasi stesse compiendo
chissà quale sforzo perché qualcuno gli aveva
messo al collo un macigno) e fissò la porta chiusa.
“Per favore, Jude…fammi
entrare…”
Grief non era uno di molte parole ma, le poche che diceva,
gli facevano spesso saltare i nervi.
Infatti.
3….2….1….
“Zitto!!!!!!!!!!” gridò Jude
raccogliendo da terra un contenitore in plastica di quelli che erano
sulla mensola e lanciandolo con forza contro la porta.
A quel colpo improvviso entrambi reagirono col silenzio assoluto.
Jude si portò la mano sinistra sulla fronte, per poi farla
scivolare come un pettine tra i lisci capelli color pece.
Sentì poi un rumore di passi, che potevano essere solo di
Grief.
Se n’è andato.
Decise allora, con fare risoluto, che era il caso di prendersi una
boccata d’aria.
Si avviò deciso verso la porta, girò la chiave e
la spalancò con forza.
“Ahia!” fece Gry che era rimasto dietro la porta
facendo finta di essersene andato, sbattendo i piedi sul posto.
Aveva appena ricevuto una “portata” sul
naso…
Jude corse giù per le scale.
“Ehi dove vai?” gli ulrò dietro Grief.
“Lontano da qui e lontano da te!!!” gli
gridò Jude di rimando mentre afferrava il giubbotto
dall’appendi abiti.
Bam!
Un’altra porta sbattuta.
Di questo passo si sarebbe ritrovato a dover sostituire ogni singola
porta della casa.
Ormai era sera inoltrata, si stava avvicinando l’ora di
cena. Iniziava a sentire un languorino allo stomaco, ma
sapeva che probabilmente non avrebbe mangiato.
Passeggiare da solo la aiutava a sentirsi meglio. Lo faceva spesso. Era
come fuggir via dai propri pensieri e dalle proprie preoccupazioni.
Si mise nelle tasche dei pantaloni entrambe le mani, infreddolite dal
vento pungente che soffiava ininterrottamente. La zona in cui si
trovava era quella di periferia. Diciamo non una bellissima zona da
frequentare da soli la sera…ma tanto era solo di passaggio,
in quanto aveva una mezza intenzione di dirigersi verso il parco. Non
so se fosse meglio o peggio, ma poco importa…
Passò a fianco ad un locale semi-nascosto, che
attirò la sua attenzione per il massiccio portone
d’entrata in legno.
Visto che non mangio…forse potrei almeno fermarmi a bere
qualcosa…
Ma scacciò subito il pensiero, ritenendo che fosse solo una
perdita di tempo. Fissò lo sguardo davanti a sé,
in un’espressione persa, che in realtà non
contemplava nulla. La rabbia gli era quasi totalmente passata. Ora
stava cercando di eliminare dalla sua mente ogni tipo di pensiero,
soprattutto quelli negativi (che poi erano quelli che più
gli affollavano la scatola cranica). Come una sorta di formattazione,
come quella che in genere si fa ai computer quando non funzionano
più. Non che la cosa poi lo rendesse felice….solo
meno incazzato. Ma con quello sguardo fisso nel vuoto, evidentemente
non stava prestando molta attenzione a dove stesse andando….
“Ahi!”
“Cazzo!!!!!!!!!!”
Meno male che era riuscito a farsi andar via un po’ di
rabbia, altrimenti…
“Attenta a dove metti i piedi, dannazione!!!!!!!!”
“Io?!?!? Sei tu che non guardi dove vai!!!”
Mag poteva essere carina e buona finchè volevi, ma non si
faceva mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto quando riteneva
fermamente di aver ragione.
“Caso mai sei tu che mi sei venuta addosso!!!!!!”
In effetti anche Jude non aveva tutti i torti…Correndo fuori
dal locale per recuperare il Cd di Aaron il più in fretta
possibile, anche Mag non aveva prestato molta attenzione a dove stesse
andando…
“Casomai sei tu che mi sei venuta addosso!!!!!!!!”
“Ma che cavolo dici?!?!?” Tu non guardi dove vai
punto e basta!!!! Dove ce li hai gli occhi, sotto i
piedi?!?!?”
“Se io ce li ho sotto i piedi, i tuoi sono
all’Inferno!!!!!!”
“Ma come ti permetti?!?! Sei solo uno sbruffone maleducato e
scorbutico!!!!!!!”
“E tu sei una sgualdrina.” Concluse Jude
ricomponendosi leggermente.
“Cosa?!?!?”
“S-G-U-A-L-D-R-I-N-A. SGUALDRINA. Ti
è più chiaro ora il concetto?!”
“Ma guarda un po’ se devo farmi insultare da un
perfetto sconosciuto!!! Non ho intenzione di rivolgerti
un’altra parola in più!!!”
“Nemmeno io se per questo.”
“Bene!”
“Bene.”
Mag si avvicinò alla macchina che stava al loro fianco.
Aprì velocemente la portiera, tirò fuori il Cd e
se ne andò. Ma, non appena ebbe richiuso la portiera, diede
per sbaglio una spallata a Jude, che se ne stava invece andando via da
lì.
Entrambi grugnirono guardandosi in cagnesco, e andandosene
sussurrando sottovoce rispettivamente…
“Sgualdrina….”
“Sbruffone…..”
Non appena ebbe ripreso il passo, Jude sentì un tintinnio
derivato dal contatto del suo piede con qualcosa. Abbassò lo
sguardo, stupito. Notò che era incespicato in un mazzo di
chiavi, attaccati a un portachiavi a forma di fiore rosa. Era uno di
quei fiori stilizzati, come quelli che disegnano i bambini. Si
abbassò per raccoglierle e, accucciato a terra,
alzò istintivamente lo sguardo.
“Ehi!!!!Ehi!!!!!” gridò alla ragazza di
prima, che stava tornando di corsa nel locale.
Ma lei non lo sentì, ed entrò dentro sbattendo la
porta.
Jude raccolse le chiavi, alzandosi in piedi.
Le osservò indifferente per un attimo, tenendole sospese in
aria con la mano.
Dovrei riportargliele…
Fece un passò verso il locale ma si fermò subito.
Ma chi me lo fa fare?! Quella lì è solo una
sgualdrina del cazzo. E poi ho già sprecato troppe parole
con lei, riportargliele vorrebbe solo dire litigare di nuovo con un
muro.
Lasciò allora ricadere le chiavi a terra.
Poi sentì un rumore di passi strascicanti provenire da
dietro di sé. Si voltò e vide un barbone
barcollante che si stava avvicinando verso di lui. Tornò
subito a guardare le chiavi, ancora lì a terra al suo
fianco. Sospirò, facendo roteare gli occhi, e raccolse di
nuovo le chiavi, per poi andarsene a passo spedito. Se le
intascò, imponendosi di dimenticarsi della loro esistenza e
di ciò che aveva appena fatto.
Riprese la sua passeggiata notturna ma, prima che potesse dimenticarsi
della chiavi e della sgualdrina con cui aveva litigato, gli tornarono
in mente le parole di Grief:
“Quand’è che….ti trovi una
ragazza?”
Scacciò immediatamente quell’idea orribile,
inorridendo al solo pensiero.
Dannato Grief. Lui e le sue stronzate.
In quel momento un goccia d’acqua gli cadde sul naso.
Alzò il viso verso l’alto. Un’altra
goccia gli cadde sulla guancia.
Stava iniziando a piovere.
Dannazione.
Voleva andare al parco….ma era ancora troppo lontano da
lì….Non era la prima volta che camminava sotto la
pioggia, la cosa non gli creava problemi, ma quella sera di bagnarsi
non ne aveva proprio voglia.
Intanto la pioggia era iniziata a scendere in maggior
quantità.
Si guardò attorno, per vedere se nelle vicinanze
c’era un posto dove ripararsi. Si voltò a destra,
a sinistra…ma non c’era proprio nulla.
Devo entrare in un locale.
Peccato che non ce ne fosse neanche uno. Il pub dove aveva incontrato
la ragazza sgualdrina ormai era lontano da dove si trovava
ora…il suo passo spedito l’aveva portato verso la
fine della periferia. Quindi tornare indietro non avrebbe avuto senso.
Cazzo.
Si voltò di sfuggita ancora verso sinistra e
avvistò, sotto un albero a lato della strada, una panchina
in legno con i chiodi un po’ arrugginiti.
Vaffanculo. Ora di camminare fino al parco non ho minimamente voglia.
Se devo rimanere qui, tanto vale sedersi. Pioggia di merda…
In effetti voleva andare al parco principalmente per sedersi su una
panchina (che là però sarebbe stata un
po’ più decente di quella su cui era in procinto
di sedersi). Inoltre la pioggia l’aveva anche resa
più umida e muschiosa…
Le si avvicinò, bagnato come un pulcino, e la
contemplò per un momento, esitante.
Che schifo…
Pensò con riluttanza, facendo una smorfia di disgusto. Ma
non aveva alternative…
Intanto la pioggia si era fatta sempre più fitta e il cielo
aveva cominciato a tuonare.
Si sedette esitante sulla sudicia panchina. Appoggiò le
proprie spalle contro lo schienale, dimenticando quanto fosse sporco, e
incrociò le braccia al petto.
Lo sguardo fisso in un punto qualunque davanti a sé, in
realtà era diretto verso il nulla.
Era uno sguardo vuoto.
Lo sguardo vuoto di chi se ne vuole andare.
Fuggire.
Fuggire per sempre…
Stette lì in silenzio assoluto per parecchio tempo. Non so
dirvi quanto….ma spesso capita di perdere la cognizione del
tempo. Soprattutto quando si è soli…..
“Non credo sia una buona idea stare sotto un albero durante
un temporale…”
“Che ci fai qui.”
“Avevo finito le tempere….”
Grief si sedette a fianco a lui, appoggiando entrambe le mani sulla
panchina.
Jude rimase in silenzio, senza nemmeno voltarsi a guardarlo.
“Non dovresti essere qui.”
“Infatti ho intenzione di tornarmene a casa il prima
possibile…”
Poi si voltò a guardare Jude.
“….con te.”
A quelle parole anche Jude si voltò verso l’amico,
senza pensarci. Ma si corresse subito, tornando a fissare il vuoto.
“Devi imparare a misurare le parole, Grief.”
“Dovresti imparare a misurare le azioni, Jude.”
“Non ho bisogno dei tuoi consigli.”
“Ok…Come vuoi.”
Grief si strinse una delle due gambe al petto, appoggiando il piede sul
bordo della panchina. Si mise anche lui a guardare nella stessa
direzione in cui guardava Jude, quasi a cercar di capire cosa stesse
fissando.
“Però…” aggiunse iniziando a
far ciondolare la gamba che stava ancora a terra
“…secondo me stai sbagliando.”
“Ti ho detto che non me ne frega un cazzo dei tuoi
consigli.”
“A me dei tuoi importa invece…”
“Io non ti sto consigliando nulla.”
“Invece sì.”
Jude rimase di nuovo in silenzio.
“Non ascoltare i miei consigli.” Aggiunse poi.
“Perché?”
“Tu…vai bene così.”
“C’è sempre qualcosa da imparare dagli
altri.”
“Non da me.”
“E chi lo dice?”
“Senti…è così e
basta.”
“La tua opinione su te stesso è troppo soggettiva
per essere valida. E poi…tu non ti conosci a
fondo…nessuno si conosce mai a fondo…”
“Cazzo Grief!!!” gli urlò contro
“Non puoi dire che non mi conosco!!! Io mi conosco e basta!!!
Anzi ti dirò di più. Solo io mi conosco!!! E non
ho bisogno di nessuna opinione del cazzo che mi faccia cambiare parere
su me stesso!!!! A maggior ragione la tua di opinione!!!!!”
Grief abbassò lo sguardo, in silenzio.
“Vattene Grief…”
“Non senza di te.”
“Grief…ti ho detto di
andartene…”
“Puoi dire quello che vuoi. Io di qui da solo non mi
muovo.”
“Ti ho detto di andartene porca puttana!!!! Non lo capisci
che…..?!?” gli si fermarono la parole in gola.
“Vattene testa di cazzo…mi stai solo rompendo le
palle.” concluse poi abbassando lo sguardo. Gocce fresche gli
scivolarono giù dai capelli fradici.
Grief gli si avvicinò un poco.
“Dovresti sapere che i tuoi insulti con me non attaccano.
Sicuro di non volerne parla….” Ma non
riuscì a terminare la frase in quanto iniziò a
tossire sommessamente.
“Vai a casa Grief. Se vuoi fare una cosa per me, vai a
casa.”
“No.”
“Sei uno stronzo Grief. Sei davvero uno stronzo.”
“Avrò pur imparato da
qualcuno…”
“Grief…parlare con te è
inutile.”
“Non credo.”
“Invece sì. E lo sai. Anzi…peggiora
solo la situazione.”
“Per come la vedi tu le peggiorerebbe. Devi cambiare il tuo
modo di vedere le cose.”
“Grief ma che cazzo ne vuoi sapere te?!?!”
“Ne so più di quanto immagini.”
“Sbagli. Tu non sai un cazzo. E’ questo il tuo
problema. Tu pensi di sapere tutto. Ma invece non sai un cazzo.
Già, ecco cosa sai. Un emerito cazzo. ”
“A parte il tuo uso improprio e ripetitivo della parola
“cazzo”…Ma se ben ricordi…io
ho passato quello che hai passato tu…solo che l’ho
vissuto, e tuttora lo vivo, in maniera diversa.”
“Certo, andando in giro a fare il moralista predicando che il
mondo cambierà, di avere fiducia nella gente e speranza nel
futuro?! Ma fammi il piacere… Le tue sono solo favole,
Grief. Stronzate per i poppanti. E io odio le favole e non sono un
poppante.”
“Quindi ripaghi tutti con la loro stessa moneta.”
“Finiscila di giudicare la mia vita e impara a vivere la
tua.”
Con quell’ultima frase Jude coronò la discussione
con un muro fatto di silenzio smarrito, di disagio e incomprensione.
Fu di nuovo Grief a romperlo, ma questa
volta….senza più l’intenzione di
costruirci sopra qualcosa di nuovo.
“Arriverà il momento in cui anche tu metterai da
parte il tuo orgoglio e inizierai a guardar avanti invece di continuare
a guardare indietro.”
“Non sei tu a decidere quando una ferita deve smettere di
bruciare.”
“Nemmeno tu. Ma alleviare il dolore. Questo lo puoi
fare.”
“Lo sto già facendo.”
“Allora non hai più bisogno di me.”
“Bene.”
A quel punto Grief si alzò dalla panchina senza dir
più nulla e, strascicandosi come se non avesse la forza di
camminare, se ne andò, nella direzione opposta dalla quale
era venuto.
Jude spostò lievemente lo sguardo, guardando
l’amico allontanarsi con la coda dell’occhio.
Notò subito che Gry era bagnato fradicio, e non aveva
nemmeno il giubbotto. Ma non solo non ce l’aveva in quel
momento…non ne possedeva nemmeno uno. Aveva solo il suo
maglione, la sua sciarpa e i suoi pantaloni sempre sporchi di tempera.
Era da quando si erano incontrati che era così. O almeno da
quanto Jude potesse ricordare in quel momento…Avrebbe potuto
dargli la sua giacca….già…in
effetti…avrebbe potuto…ma no. Jude non faceva
smancerie. Nemmeno con lui. E Gry lo sapeva. Quindi ogni sua scelta era
dettata dal fatto che volesse che fosse così. In pratica
Gry, sapendo che Jude non gli avrebbe prestato il giubbotto, era uscito
senza, perché voleva uscirne senza, e Jude quindi, visto che
rispettava questa sua scelta, non gli avrebbe prestato il cappotto. Ma
Grief…non aveva un cappotto…
Comunque è più semplice metterla su questo piano.
Jude era un egoista del cazzo, a maggior ragione quando era incazzato.
E non risparmiava nessuno dal suo egoismo. Nemmeno Grief. E poi anche
volendo….c’era un altro motivo per cui non avrebbe
potuto darglielo, e spesso se ne dimenticava…
Però…
Improvvisamente un ragazzo risvegliò Jude dai suoi pensieri.
“E’ libero?” gli chiese il indicando il
posto a fianco a lui sulla panchina.
“Sì….” Rispose Jude con tono
rassegnato del fatto che probabilmente questo scocciatore non gli
avrebbe permesso di riflettere in pace sui suoi pensieri. Non era
necessario che parlasse. Anche la sola presenza lo infastidiva.
Provò ad ignorarlo di nuovo per ritornare ai suoi pensieri,
ma non ci riuscì proprio. Era più forte di lui.
Non si ricordava nemmeno quale fosse l’ultima cosa a cui
stava pensando prima che arrivasse. Allora a questo punto fece
l’unica cosa che gli sembrò più logico
fare in quel momento. Si mise ad osservare lo sconosciuto. Ma non fece
in tempo a guardarlo meglio che l’altro probabilmente,
sentendosi osservato, iniziò un discorso.
“Hai bisogno di qualcosa?” gli chiese.
“No.” fece Jude in risposta.
“Forse un po’ di compagnia?” insistette
lo sconosciuto.
“No, grazie.”
Silenzio.
Lo sconosciuto iniziò a guardarsi attorno sorridendo
lievemente, quasi stesse osservando una soleggiata giornata primaverile.
A Jude quel sorrisetto iniziò a dar sui nervi.
Che cazzo ha da esser così contento questo qui?!
E’ una giornata di merda!!!!
Nel silenzio udiva solo i suoi pensieri e il rumore della pioggia. Ma
quel tipo….continuava a metterlo a disagio. E non riusciva a
capirne il motivo.
“Il tuo amico se n’è andato?”
intervenne di nuovo.
“Sì….ma aspetta un
attimo…come cazzo….?!?!”
“Ehi non ti preoccupare! Non è niente di
paranormale! L’ho semplicemente incrociato prima per
strada…gli ho chiesto se sapeva dove potevo trovare una
panchina e mi ha indirizzato qui. Non sono mica un alieno!”
Così gli rispose lo sconosciuto e, chiudendo gli occhi, gli
sorrise.
Jude rimase ancora più sconcertato da quel sorriso ora che
era rivolto a lui.
Ma che cavolo…
“La sai una cosa?” continuò lo
sconosciuto.
No. Non la so e non la voglio sapere.
Pensò Jude continuando a fissare indifferentemente il vuoto.
Ma l’altro continuò comunque, alzando lo sguardo
verso il cielo.
“Io credo che spesso le persone più importanti per
noi si trovino al nostro fianco e nemmeno ce ne accorgiamo…o
ce ne accorgiamo troppo tardi. E spesso siamo anche convinti di essere
in grado di affrontare il mondo da soli ma, credimi, non è
così. O almeno secondo me. Comunque voglio darti un
consiglio. Solo una piccola cosa detta umilmente da uno
sconosciuto.”
E si volto di nuovo verso di lui sorridendo.
Jude lo guardò per un attimo sorridergli, ma poi distolse
subito lo sguardo, continuando a far finta di non sentirlo.
“Ricorda. Tieni sempre strette a te tutte le persone che ami,
non commettere mai l’errore di fartele sfuggire per colpa del
tuo egoismo. Potresti non riaverle mai più, e commettere
così l’errore più grande della tua
vita. La solitudine è uno dei mali più grandi che
esistano, non lo augurerei mai a nessuno. Ma non è il tuo
caso, giusto? Tu un amico ce l’hai, non è
così?”
Jude si voltò a guardarlo decisamente male.
“Massì! Quello che mi ha fatto venire qui! Quello
alto, coi capelli arancioni, la sciarpa al
collo…E’ tuo amico, vero?”
Ma Jude continuò a non rispondere, ignorando nuovamente lo
sconosciuto. Il suo sguardo era ancora fisso lì dove lo era
stato fino a quel momento.
“Va beh dai, forse ho parlato troppo... Ma era de tempo che
non mi capitava di fare una bella chiacchierata con qualcuno. Grazie
mille.” Gli disse sorridendogli di nuovo con affetto.
Jude si voltò a guardarlo, con una semi smorfia.
“Beh, credo che ora andrò in un bar qualsiasi a
bermi una bella tazza di tè caldo prima di andar a
dormire…” disse il tizio e iniziò a
frugare un po’ nelle stanche, cercando qualcosa che
però non riusciva a trovare.
“Uffa…” esordì poi
“Ho lasciato a casa il portafoglio! Che testa di melone che
sono!” disse ridendo e portandosi una mano sulla nuca.
Jude ora lo squadrò ancora più impietosito.
Iniziava provare compassione per quel’individuo. Ma non
perché gli facesse pena in senso buono. Semplicemente si
sentiva superiore a un tipo strano come quello. Solo per questo provava
compassione…
Ma poi improvvisamente lo sconosciuto girò la
testa verso destra, come se qualcuno l’avesse chiamato.
Rimase in quella posizione per qualche secondo. Si era fatto anche
più serio in viso…
“Ora devo proprio andare.” Gli disse più
pacato questa volta.
“E’ stato un piacere. Chissà forse un
giorno ci rincontreremo…” disse a Jude alzandosi
dalla panchina.
In quel momento Jude rimase ancora più stupito al vedere che
quel tipo aveva i capelli legati in una lunghissima treccia castana.
Che buffo…se non l’avessi visto in faccia
l’avrei scambiato per una donna…
“Ci si vede!” gli disse il tizio andandosene.
Finalmente…
“Ah un’altra cosa!” disse di nuovo lo
sconosciuto voltandosi verso di lui “ Ricordati di restituire
ciò che non è tuo!” e gli
fece l’occhiolino, toccandosi la tasca destra dei pantaloni.
Jude abbassò lo sguardo verso la propria tasca destra dei
pantaloni. Vi mise una mano dentro e sentì il
contatto freddo con le chiavi della sgualdrina di qualche ora prima.
Ritrasse subito la mano.
Che palle!!!!! E io che me n’ero finalmente dimenticato!!!!!
Brutto figlio di…
Ma quando alzò lo sguardo per fulminare il tipo, il ragazzo
non c’era più.
Dannazione!!! Per questa volta gli è andata bene…
Tirò un grande sospiro, appoggiandosi a braccia larghe a
tutto lo schienale della panchina.
Cazzo…non ne bastava uno di moralista. Ci volevo anche
un’altra testa di cazzo a dirmi quello che devo o non devo
fare.
Tornò a fissare lo sguardo di fronte a lui e si accorse con
sorpresa che aveva praticamente smesso di piovere.
Eppure…aveva guardato in quella direzione fino a un momento
prima e non se n’era neppure accorto.
Bene…meglio così… pensò.
Credo che però rimarrò qui ancora un
po’…
Ma poi un altro pensiero gli sfiorò la mente. Diceva:
“Non c’è due senza tre.”
Oh oh…
Cazzo, è vero! Potrebbe arrivarne un altro di moralista,
visto che oggi qualcuno è in vena di portarmi
all’esasperazione!!!!
Si alzò allora dalla panchina, pulendosi di dosso tutto lo
sporco rimasto sui pantaloni e sul giubbotto.
Iniziò ad incamminarsi. La strada era buia e vuota. E anche
silenziosa.
Che strazio….e mi toccherà anche far piano
perché Grief sarà sicuramente già
andato a dormire… Testa di cazzo…
Pensò riferendosi all’amico. Delle volte gli era
veramente insopportabile. Non sapeva farsi gli affaracci suoi e tentava
sempre di fargli cambiare idea. E questa era una cosa che Jude non
sopportava. Soprattutto quando riusciva a toccare la sua parte
più suscettibile….
“Credevi di farla franca, eh?!?!?!?!? Credevi che non saremmo
più venuti a cercarti, sporco pivello figlio di una
cagna!!!!!!!!!!!!
Delle voci e un rumore di calci e pugni lo risvegliarono dai suoi
pensieri.
“Brutto stronzetto, testa di cazzo!!!!!! Ora vedrai come li
ripaghiamo noi i ladri!!!!!!!”
“Guardalo che bel visino da donnetta….è
proprio lo stesso viso di quella puttanella di tua madre!!!!!”
Partirono delle fragorose risate.
Jude si voltò, e si accorse che tutto questo putiferio
proveniva da un buio vicolo dall’altra parte della strada.
Un altro di quei pestaggi notturni…
Lo pensò con molta indifferenza.
Infatti le risse erano praticamente di routine in quella zona della
città, soprattutto la sera e di notte. Quindi era uno
spettacolo a cui aveva già assistito parecchie volte e che,
ormai, non gli faceva né caldo né freddo. E poi,
anche se la cosa lo avesse toccato, non aveva la minima voglia di andar
lì a fare il buon samaritano.
Qualcuno l’avrebbe fatto se si fosse trovato lui in quella
situazione?
No.
E allora siamo pari.
Fece ancora qualche passo e vide, sempre dall’altra parte
della strada, il grosso portone in legno che aveva notato
all’andata. Si fermò per un momento.
Ma questo…è il posto in cui ho incontrato la
sgualdrina…
Fece per riprendere il passo, quando gli sembrò di vedere un
volto conosciuto.
Sgranò maggiormente gli occhi, e vide il tipo dalla lunga
treccia castana entrare nel vicolo dove stava avvenendo il pestaggio.
Si strofinò un attimo gli occhi, convinto di aver visto
male. Infatti, non appena gli ebbe riaperti, non vide nessuno.
Era solo, in quella strada.
La stanchezza sta iniziando a giocarmi brutti scherzi…meglio
tornare a casa il prima possibile…
Aumentò il passo, e arrivò a destinazione in un
attimo.
Aprì la porta di casa, che non era chiusa a chiave.
Nell’impeto della rabbia si era dimenticato di chiuderla.
Tanto…chi se ne frega…
Entrò con calma, cercando di far meno rumore possibile.
Richiuse (questa volta a chiave) la porta, appese il giubbotto
all’appendi abiti in legno lì a fianco, e si
diresse verso camera sua.
Salì le scale con più attenzione possibile, per
non svegliare nessuno.
Con altrettanta attenzione, abbassò piano la maniglia della
porta della sua stanza.
Fece due passi dentro e richiuse la porta dietro di sé.
La chiuse a chiave.
Clack!
Jude aveva sempre l’abitudine di chiudere la porta di camera
sua a chiave prima di andar a dormire. I motivi erano
tanti…ma uno principalmente…
Si girò istintivamente verso il letto, ma si
bloccò alla solo vista di esso.
Il letto….
…era vuoto.
Non è tornato a casa…Bastardo.
Improvvisamente la rabbia rincominciò a pervadergli il corpo.
“Cazzo!!!!!” urlò tirando un pugno al
pavimento.
Rimase lì accucciato per qualche secondo, ansimando a denti
stretti.
“Brutta fottuta testa di cazzo….”
Alzò un poco lo sguardo da terra e vide, vicino a
sé, il cavalletto in legno con sopra appoggiato
l’ultimo quadro di Grief. Vi erano sopra solo alcune
pennellate nere piuttosto casuali.
Strano…Grief non lascia mai un quadro incompiuto.
Aspetta….aveva detto di aver finito le tempere…
Spostò lo sguardo leggermente più a sinistra e le
vide.
Le tempere.
Peccato che tutti i tubetti fossero pieni. Non c’era un
colore che gli mancasse.
Questo lo portò a pensare che Grief dovesse aver avuto un
motivo particolarmente valido per lasciare il suo lavoro a
metà. Forse anche meno di metà…
Scacciò immediatamente quel pensiero e decise di andare
subito a letto. Era troppo stanco per pensare. E poi…non
aveva più voglia di farlo. Aveva già pensato
troppo per quella sera. Gli erano addirittura venute le
allucinazioni…
Si tolse velocemente i pantaloni, la canottiera, e tutto ciò
che aveva addosso, a parte i suoi boxer attillati neri. Dormiva sempre
solo in boxer. Primavera, estate, autunno, inverno…sempre.
Poteva anche arrivare una glaciazione. Avrebbe dormito in boxer lo
stesso.
Si lasciò cadere sul suo letto a una piazza e mezza, troppo
grande per una persona e troppo piccolo per due. Ma lui e Grief ci
stavano comunque. Si stringevano. E ci stavano.
Si incrociò le braccia sul petto. Anche questa era una sua
abitudine. Dormiva a braccia conserte. Gry l’aveva sempre
preso in giro per quel motivo, dicendogli che così sembrava
incazzato anche mentre dormiva. Il che poteva anche essere
probabile…
Si rigirò più volte, ma non riusciva proprio a
prendere sonno. C’era qualcosa che non
andava….Aveva lasciato la porta di casa aperta?
No…L’aveva chiusa, e Grief il suo mazzo di chiavi
ce l’aveva. La finestra aperta? Si voltò.
No…era chiusa. Il gas acceso? Impossibile. Non
l’aveva usato.
E allora…
Si rassegnò all’idea che doveva essere solo una
delle sue tante fissazioni e chiuse gli occhi, cercando ancora di
addormentarsi.
Inutilmente.
Improvvisamente però aprì gli occhi. Si
alzò velocemente dal letto a si diresse verso la porta.
Clack!
Non appena ebbe riaperto la porta, tornò subito a letto e si
riaddormentò in un attimo.
Nota dell'autrice:
Ciao a tutti! ^-^
Eccomi qua! :)
Questo è il solito commentino di ringraziamenti e per scusarmi ( di nuovo - . -" ) per il lungo tempo che ho impiegato per pubblicare...
purtroppo a poco a poco credo che avrò progressivamente sempre
meno tempo a disposizione per scrivere (causa studio =___= ) ....
Spero però che continuate comunque a leggere la mia storia con piacere ^-^
E vi ringrazio molto per il supporto che mi date seguendo "The seventh seal"!
(Anche se fate solo una capatina, ne sono comunque molto felice! :)
(e ovviamente se state leggendo questo commento vuol dire che
avete già letto un po' di capitoli, e quindi ne sono ancora
più felice! *____* )
grazie grazie grazie ^-^
Ringraziamenti singoli (o doppi XD ) :
RuinNoYuki & madychan
grazie mady per l'ennesima pagina html (non ti preoccupare, prima o poi me la caverò da sola XP )!
e grazie infinite per il vostro continuo sostegno, tutti i complimenti
e gli apprezzamenti, davvero grazie, mi sento onorata *_____*
grazie ancora a madychan che ha votato la mia storia nel concorso 'Storia
per i migliori personaggi originali' ! Sono commossa, veramente! ç_ç
e grazie a Ruin a cui rompo le palle ogni due per tre con le mie richieste di disegni o altro! :P
ma d'altronde hai messo tu il piede nella fossa da sola quando mi hai
detto di volerne fare un fumetto (ovviamente con la collaborazione
editoriale di mady! XD )
e appena ci sarà abbastanza tempo creeremo anche il nostro sito ;)
A proposito.
Se vi va di vedere un personaggio pensato da voi inserito nella mia storia, potete lasciarmi un commentino descrivendolo ^-^
come una sorta di "mini concorso indetto da me"!
Tutto questo semplicemente perchè devo ancora definire
bene l'identità degli amici di Jude e, in questo modo,
potrei scegliere una delle vostre proposte o prenderne spunto ^-^
Ovviamente, se vi va di farlo, a me farebbe molto piacere ;) !
Comunque.
Chiusa parentesi.
Continuiamo i ringraziamenti.
Ms Murder
Grazie mille per i tuoi complimenti!!! mi rendono immensamente felice! ^-^
Newt sì è un piccolo grande bimbo! XP
e Tim purtroppo mi sa che rimarrà ancora traumatizzato per un po' :P
spero che Mag ti piaccia ancora di più man mano che la storia continua,
spero che anche questa volta sia valsa la pena aspettare
e spero anche di non deludere le tue aspettative! ^-^
grazie grazie grazie grazie ancora di tutto! *_____*
Ringrazio anche nias87 di avermi aggiunto tra i seguiti! Perdonami, sono arrivata un po' in ritardo a ringraziarti O___O
comunque sono felicissima di questa tua aggiunta, grazie di nuovo! ^-^
E ringrazio anche Mitsubachan per avermi tenuto ancora nei seguiti ;)
Ok...spero di non aver dimenticato nessuno!
In ogni caso ora vado che "è denso il tempo degli occupati" ! ;P
Alla prossima! ^-^
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Drifting ***
drifting
Drifting
Mezzo
mondo.
Mezzo muro…
Mezza porta…
Mezzo tavolino…
Mezzo armadio…
Mezzo specchio…
Mezzo comodino…
Mezza sveglia…
Uhmmm….le 07……07? Ahhhhhh le
12.07!
Aspetta… 12.07???????
“Devo andare al lavoroooo!!!!!!!!!”
“Buon giorno convalescente.”
“Piotr perché non mi hai svegliato????? Devo
andare a lavorare!!!!!”
Piotr, che stava in piedi di fronte all’entrata
della camera, proruppe in una risata.
“Aaron…Aaron…dove credi di andare in
quelle condizioni?”
“Quali
condiz….Ahia!!!Porc…arella!!!!!!!”
gridò Aaron dopo aver tentato di alzarsi dal letto.
Rivolse a Piotr uno sguardo interrogativo.
“Ma come? Non ricordi? Ieri hai giocato a “Cambiamo
il colore della nostra pelle”. E hai anche vinto.
Guardati.
Sei più viola che rosa.”
Aaron si guardò le braccia, il petto e tutto il resto del
corpo.
Effettivamente era pieno di lividi.
“Anche in faccia non sei messo molto bene, se voi che io sia
sincero.”
Aaron si voltò verso lo specchio.
“Cacchio….ecco perché vedevo mezza
camera…”
Aveva l’occhio sinistro tutto nero.
Era dannatamente conciato male.
Si guardò attorno.
“Mi correggo. Ecco perché vedo
mezza
camera.”
Piotr si avvicinò al letto, porgendogli un bicchiere
d’acqua che, non sapendo che fosse sveglio, gli aveva portato
con l’intenzione di appoggiarlo sul suo comodino.
“Caro Aaron…Beati monoculi in terra
coecorum
dicevano i latini.” Gli disse sedendosi sul letto.
“Beati coloro…che…hanno un
solo
occhio…in una terra di…ciechi.
Giusto?”
disse Aaron alzandosi a sedere a mezzo busto per bere un po’
d’acqua.
“Esattamente.” Rispose Piotr con un sorriso
accennato.
“Eh eh, ammetto che l’avevo letto da qualche
parte…Non sono mai stato una cima in latino. Beh almeno non
quanto il secchione qui presente…”
“Cos’è invidia?”
“Un poco…” Fece Aaron ridendo.
“D’altronde….sei il bastardissimo
secchione che aveva tutti i prof ai suoi piedi….”
Piotr si alzò dal letto e si diresse verso la porta,
interpretando la parte del finto indignato indifferente.
“…però….” A quelle
parole il biondino si voltò di nuovo verso di lui
“….sei il miglior secchione che avessi mai potuto
desiderare di incontrare.” E gli sorrise chiudendo
l’occhio ancora utilizzabile.
Piotr, inaspettatamente, gli fece una linguaccia appena accennata,
sorridendo a sua volta nel vederlo serrare un solo occhio.
“Ricorda: Beati monocoli…”
“….in terra coecorum.”
“Ehi cos’è questa storia dei ceci?????
Piotr, non vorrai cucinare ceci spero!!!!!! Che schifo!!!!!!! Se lo fai
io ordino cinese!!!!!!” gridò qualcuno
dalla sala.
“No Newt. Coecorum
significa….Aaahhhh lasciamo
perdere. Sarebbe uno spreco di parole spiegartelo.”
“Newt sei un ignorante!!!!!!!” gli gridò
Aaron per stuzzicarlo.
“Cosa?????? Parla per te, invalido!!!!!!!”
Aaron scoppiò a ridere.
“Sei un bastardo, Newt!!!”
“Anche tu Aaron!!!!!!”
Questo lo fece ridere di nuovo.
Ma la sua risata si interruppe di colpo. Si voltò con uno
scatto verso Piotr, quasi a volerlo trattenere con lo sguardo.
“Piotr…dov’è?”
“Intendi lui? Se ne sta occupando Newt.”
“Cosaaaaaaaaa???????”
“Sì, sono in soggiorno.”
“Non ci posso credere!!!!!!!! Piotr ma come puoi essere
così sprovveduto?????? Lasciarlo nelle mani di Newt?!?!?!?
E’ una follia!!!!” esitò un attimo
“……..”
E poi l’illuminazione.
“Sei sicuro che il ragazzo sia ancora vivo???????”
“Non ti preoccupare Aaron.” Rispose Piotr
intenerito da quell’inusuale affetto nei confronti di uno
sconosciuto “Ti sembrerà strano…ma
Newton se la sta cavando piuttosto bene. Direi che questa volta ci si
può fidare.”
“Piooootr!!!!!!!!!” si sentì urlare di
nuovo dal salotto “La supposta si deve prendere dalla bocca,
vero?????”
Piotr reagì decisamente impassibilmente.
E dire che gli aveva appena dato fiducia…per una volta.
Che figura gli aveva fatto fare! Forse proprio per questo si
ritrovò a rispondergli:
“Se sei tu a doverla prendere sì!”
Si voltò poi senza pensarci verso Aaron che aveva
un’espressione alquanto scandalizzata.
“Tranquillo. Vado ad occuparmene io. Tu riposa mi
raccomando.”
A quelle parole Aaron si sentì decisamente più
sollevato. Non aveva nulla contro Newt….Ma lui era
decisamente poco affidabile.
Si lasciò ricadere tra i cuscini.
Che dolore…
Non sentiva più le gambe. Il resto del corpo ancora
ancora…Ma prima, quando aveva tentato di alzarsi dal letto,
la fitta alle gambe era stata terribile.
Però….non aveva proprio voglia di restare a
letto….
Aaron era sempre stato un tipo molto intraprendente e attivo. Non si
lasciava mai abbattere da nulla, e ogni intoppo era una buona scusa per
riprendersi e ricominciare da dove era rimasto. Più il mondo
gli andava contro e più lui reagiva andandogli contro a sua
volta. Non si era mai arreso. In nessun caso.
Nemmeno quella volta….
Cavolo devo fare qualcosa, odio essere servito e fare il
mantenuto…proprio ora che dopo averle prese mi sento ancora
più attivo non posso stare inchiodato a questo stupido
letto!!!
Incrociò le braccia dietro alla testa, guardando il soffitto.
Però…
…un pisolino…
…forse potrei permettermelo…
***
“Newt io vado.”
“Come vai??? E dove???”
“Devo andare in farmacia a comprare
dell’alcool da usare come disinfettante e delle garze. E poi
devo anche andare a riprendere le chitarre di Aaron.”
“Ma Piotr!!!!! Non puoi lasciarmi da solo con loro!!!!!!!
Come faccio ad occuparmi di due persone
contemporaneamente????”
Con-tem-po-ra…..sì l’ho detto
giusto…
“Non starò via molto.”
“Ma Piotr, non posso….”
“No. Tu non ci vai.”
“Perché?????”
“Semplice. Sei inaffidabile.”
“Non è vero!!!!!”
“Non hai memoria. Non sai dove andare. Non sai maneggiare i
soldi. Non ti ricordi dove metti le cose.”
“Macccheddici????? Non è assolutamente
vero!!!!!”
“Ah no?”
“No!!!!”
“Newt?”
“Sì?”
“Dov’è Panda?”
“Che domande!!!! E’ in salotto!!!!”
“Portamelo.”
“Certo!!!”
Newt corse in sala a recuperare Panda. Non ci mise molto. Peccato che
ritornò a mani vuote.
“Non c’è!!!!!!!!”
gridò tornando verso Piotr.
“Zitto stolto. Vuoi svegliare tutti?!”
“Ma non c’è
piùùùù!!!!!!”
Piotr alzò un sopracciglio.
“Aspetta. Panda. Salotto. Tu….” Disse
Newt digrignando i denti.
“Io?”
“Dammelo!!!!!”
“Solo se ammetti di essere inaffidabile.”
“Giammai!!!!”
Giammai…?
“Va bene. Allora divertiti a cercarlo.”
“Stanne certo!!!! E lo troverò prima che tu possa
dire “Newt sei un figo”!!!!”
“Perché tu credi veramente che
io…..”
Ma non fece non tempo a finire la frase che…
Fiuuuuu!!!!
….Newt era partito in quarta, iniziando così la
sua caccia al tesoro (peluche più propriamente…).
“Oh beh. Buona fortuna.”
“Piooooootr!!!!!!!!!” si sentì qualche
minuto dopo “Brutto bastardo, hai nascosto Panda nel
forno!!!!!!!!!! Ora te la faccio pagare!!!!!” poi
però aggiunse, ricomponendosi leggermente
“Ma
comunque….te l’avevo detto io che
l’avrei trovavo!!!!! Ora non puoi dire che sono inaffidabile,
quindi posso andare io a prendere…..Piotr?
Piotr?!?!?”
Nel frattempo Piotr se n’era già andato da un
pezzo. Esattamente subito dopo che se n’era andato
Newt.
Si era messo le scarpe, si era infilato la sua giacca color grigio
antracite ed era uscito di casa, richiudendo la porta dietro di
sé.
Newt si guardò attorno, nel silenzio più assoluto.
“Uffffffaaaaaaaa!!!!!!!!! Quel doppio giochista
d’un forbito se n’è già
andato!!!!!”
Tornò stizzito verso il salotto.
“Uffi. E io adesso come faccio a stare nello stesso momento
in due posti diversi???”
Volse lo sguardo verso Ulrich, che stava dormendo sul divano.
“Che palle, non posso nemmeno guardare la tv
perché se no questo qui si sveglia!” breve pausa
“A meno che….”
***
Chissà cosa ha intenzione di fare Aaron con quel
ragazzo…
Pensò mentre stava percorrendo La Main Street di quella
città.
Nonostante fosse un giorno lavorativo, c’era molta gente in
giro. Beh c’è anche da dire che quella era pur
sempre la strada principale…
In effetti più si avvicinava alla periferia e più
le strade iniziavano a svuotarsi.
…comunque ora non è il momento di
pensarci.
Adesso la cosa importante è che stiano bene entrambi.
Alzando un poco lo sguardo Piotr scorse la farmacia alla propria
destra. Deviò un poco il suo percorso e vi entrò
con tutta la sua compostezza.
Non appena aprì la porta un campanellino collegato ad essa
risuonò, per avvisare il proprietario dell’arrivo
di un cliente.
A quel suono un ragazzo sui venticinque anni, accovacciato con fare
annoiato sul bancone, si ricompose come se nulla fosse.
Era alto, dai capelli biondi lisci e chiarissimi, quasi bianchi, che
gli scendevano tutti con un lungo ciuffo sulla parte destra del viso,
ma senza coprirgli gli occhi, che erano invece di un colore azzurro
intenso. Un neo spiccava appena sopra il suo labbro superiore, sulla
destra. Il viso era magro e allungato, il fisico atletico. Indossava il
tipico camice bianco da farmacista, o da dottore…tanto sono
praticamente uguali.
Comunque era un camice. Ed era bianco.
Gli arrivava poco sotto le ginocchia, ma Piotr non poteva saperlo, dato
che il ragazzo stava dietro il bancone.
C’erano solo loro due nella farmacia.
O almeno così sembrava.
“Prego, mi dica.” Disse a Piotr come se
non l’avesse appena beccato in fragrante ad oziare sul posto
di lavoro.
Insomma…facendo finta di niente.
“Un flaconcino di alcool e delle garze, grazie.”
“Ecco a lei.Vuole anche una confezione di
preservativi?”
Piotr, stupito, arrossì leggermente a quell’
inaspettata domanda.
“Non gliel’ho chiesta, grazie.” Rispose
risoluto.
“E’ sicuro che non le servano? Abbiamo una grande
offerta, sa?”
“Non mi interessa, grazie.”
“Ma abbiamo il “Compri due, paghi
uno”!!!
E’ un’offerta irripetibile!!!!!”
“Le ho detto: “No, grazie.” ”
“E’ fidanzato?”
“No ma…non sono affari che la
riguardano.”
“Ma dai!!!! Non ci credo che un uomo alto, ben messo, dai
lunghi capelli biondi, con gli occhi azzurri, prestante, e di tale
fascino…insomma un fig…ehm cioè volevo
dire….davvero non le servono?!”
“Ho detto di no.”
“Beh ma comunque troverà qualcuno con cui
usarlo…qualche sveltina magari…sa si incontra
tanta gente interessante in giro….” Gli disse
ammiccando.
“No.”
“La preeeeeego!!!!!! Sono in eccedenza, non riusciamo a
venderli, e se oggi non ne vendo almeno venti confezioni il mio capo mi
licenzia!!!!! Per favore…..”
“Le ho detto che non…”
Il campanellino della porta suonò di nuovo.
“Ah!!! Salve capo!!! Il signore stava giusto comprando una di
queste confezioni di preservativi in super-offerta
che io gli ho
caldamente consigliato!!! Non è vero???”
Piotr sospirò, rassegnato.
“Me ne dia uno…”
“Che fragranza?”
“E’ uguale….”
“Io le consiglio la cannella. E’ la più
richiesta!” disse facendogli l’occhiolino.
Piotr lo guardò a bocca aperta, tra l’allibito e
lo sbigottito. Aspetta. Allibito e sbigottito sono sinonimi. Va
beh…avete capito.
In sostanza, gli penzolava la mascella inferiore da quanto quel tipo
fosse inopportuno. Il suo atteggiamento era a dir poco fastidioso. E
tutto per fargli comprare quei cavolo di preservativi.
Che rabbia….
E pensare che gli stava pure facendo un favore…
“Ecco qua .” disse il giovane farmacista
porgendogli la borsa con i medicinali (e i preservativi) e lo scontrino.
Piotr pagò, prese la borsa con dentro i medicinali (e i
preservativi) e uscì dal negozio (il più
velocemente possibile e senza voltarsi minimamente).
“Scusa Ruf, ma…di quale offerta stavi
parlando?!”
Fece il capo, entrato poco prima.
“Nessuna offerta, Chris. L’altro pacchetto di
preservativi lo pago io. Ma ne vale la pena. Almeno ora so che quel
figo è single…”
“Ahhhhh ecco perché gli hai detto che io ero il
tuo capo!!!! Sei bravissimo a recitare la parte dell’allocco
disperato!!!! Ruf, fattelo dire….sei proprio un
genio!!!!”
“Lo so.”
Sorrise maliziosamente.
“….E oltretutto…ora ha anche i
preservativi del mio gusto preferito...” disse rigirando tra
le dita un preservativo alla cannella ancora impacchettato.
***
“Ecco fatto!” disse Newt con un ghigno mentre
richiudeva la boccetta di gocce di sonnifero. Ne aveva messa una o due
gocce in un bicchiere d’acqua.
Prese poi il bicchiere e, svegliandolo con una spintarella, lo diede a
Ulrich che, ancora nel mondo dei sogni, ne bevve un po’ senza
saper nemmeno cosa fosse.
Fatto ciò si rimise a dormire, come se nulla fosse successo.
Newt riappoggiò il bicchiere sul tavolo e alzò lo
sguardo deciso, mettendosi entrambe le braccia piegate sui fianchi.
“Bene bene bene…diamo il via
all’operazione “Liberazione del divano
così quel figo di Newt può guardare la
tv” !!!”
Aspettò qualche minuto che il sonnifero facesse effetto e
poi….
“Oplà!!!”
…riprese di nuovo in spagnoletta Ulrich, che dormiva come un
orso in letargo.
Pian pianino e ciondolando un po’, lo portò nella
camera da letto di Aaron, cercando di non svegliare nemmeno
quest’ultimo.
Scoprì la parte libera del letto (quella non occupata da
Aaron) e vi adagiò con cura il serial killer. Lo
ricoprì, gli diede un bacino sulla fronte
e….aspetta. Un bacio sulla fronte?!?!?
“Ma che sto facendo????”
E così, resosi conto di cosa stesse per fare,
sgattaiolò via come un topolino.
Arrivato in salotto si lanciò letteralmente sul divano,
inneggiando un:
“Aaaaaaaahhhhh…..Finalmente!!!!!!”
Prese in mano il telecomando e appoggiò entrambe le gambe
sul tavolino di fronte al divano.
“Fiuuuu….Che fatica…E che sete che mi
è venuta….”
Senza pensarci molto (evidentemente) prese il
bicchiere che
c’era sul tavolo e bevve un sorso d’acqua.
Aaaaahhhhh….Ora sono finalmente libero e
soddisfatto…solo ho una strana sensazione di…
“Sonno…….”
Qualche minuto dopo stava già russando come un ghiro.
***
Riaprì lentamente gli occhi, risvegliandosi sentendo un gran
mal di testa martellargli il cranio. Vedeva ancora un po’
offuscato ma, appena ci vide abbastanza chiaro…
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!” urlò Ulrich al
vedere il viso di Aaron vicinissimo al suo, quasi volesse baciarlo.
Spalancati gli occhi, si spostò indietro con uno scatto,
allontanandosi da lui per lo spavento, e cadde rovinosamente dal letto.
Il tonfo che fece con la schiena a terra era paragonabile a quello
sordo di un pesante sacco di patate.
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!” urlò di nuovo,
questa volta per il dolore provocatogli dalla caduta.
“Ma cosa….?” Disse Aaron svegliandosi,
ma con un piede ancora nel mondo dei sogni.
“Scemobanana…..che ci fai
lì?” disse poi sporgendosi dal letto.
Ulrich lo guardò con l’aria supplice con cui ti
guarderebbe un insetto capovolto sulla schiena, che si dimena tentando
di rigirarsi.
In quel momento Newt entrò di corsa nella stanza.
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!” gridò lui
‘sta volta.
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!” gli rispose Ulrich.
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!” fece di nuovo Newt.
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!” ricambiò Ulrich.
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!”
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!”
“Ma la volete piantare?????????” intervenne
esasperato Aaron.
“Aaron che cacchio è successo????”
domandò Newt esasperato.
“Non lo so, mi sono svegliato ed era già
così…”
“Cazzo!!!!!! Se Piotr viene sapere che non sono riuscito a
badare a voi per quindici minuti mi uccide!!!!! E
poi
continuerà a rompermi le palle dandomi
dell’inaffidabile, dicendo che non so dove
metto le cose, che
non so tenere i soldi, che non ho cervello…. (e bla bla
bla…) a vita!!!!”
Newt si avvicinò di corsa a Ulrich, che lo guardò
decisamente terrorizzato.
Che cacchio vuole fare sto…
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!”
Newt l’aveva appena tirato per una gamba.
Ma che cazzo…?!?
“Aaaaaaahhhhh!!!!!!!”
Newt l’aveva appena tirato per un braccio.
Fa male brutto coglione!!!!!
“Che cacchio faccio adesso?!?!? Aaron, aiutami!!!!!”
***
Che gente che si trova in giro al giorno
d’oggi…
E intanto, camminando camminando, era già giunto al bar del
padre di Mag.
“E’ permesso?” chiese entrando, vedendo
che non c’era nessuno.
In effetti di giorno il locale era pressoché vuoto. Si
riempiva la sera. E la notte.
Piotr si guardò un po’ attorno, ma non vide
nessuno.
“Signor Lewis?” chiamò in cerca del
padre di Mag.
Nessuna risposta.
Entrò comunque e si diresse verso il bancone dove,
teoricamente, doveva esserci qualcuno. Ma non vi era nessuno nemmeno
lì.
“Signor Lewis..?” disse alzando un po’ la
voce.
“Ciao Piotr!”
Improvvisamente Mag uscì dal retro del bancone, dove
c’erano la cucina e il magazzino.
“Ah Mag!” disse allietato di aver trovato qualcuno
Come mai qui? Non dovresti essere a facoltà?”
“No….il lunedì non ho
lezione….”
“Ho capito. Ascolta, sono venuto a prendere le chitarre di
Aaron…”
“Sì!” affermò contenta che
gliel’avesse fatto intendere “ Le ho sistemate
stamattina, sperando che veniste a prenderle. Te le porto
subito!”
Corse veloce via in direzione del palchetto ancora allestito, e ne
tornò con in mano entrambe le chitarre nelle rispettive
custodie.
“Ecco qua!”gli disse sorridendo.
“Grazie Mag.”
“Figurati!”
“Ok allora io vado. Ci vediamo in questi giorni.”
Rispose mettendosi in spalla le chitarre.
Ma Mag improvvisamente, accortasi che Piotr era in procinto di
andarsene, si aggrappò velocemente a lui e lo strinse forte
a sé.
Piotr, preso alla sprovvista da quel gesto inaspettato,
spalancò gli occhi e serrò forte le
labbra.
Lui non amava quel genere di dimostrazioni d’affetto, dette
volgarmente “smancerie”. Baci, coccole,
carezze…. ma soprattutto gli abbracci. Non importava se
fosse da parte di uomo o donna. E non per il gesto in sé
che, anzi, era molto apprezzabile. Un bellissimo segno
d’affetto. Il motivo era piuttosto futile in
realtà. E magari anche un po’ infantile.
Semplicemente…perché lo facevano arrossire. E lui
lo sapeva. Ma spesso (se non sempre) faceva finta di non accorgersene.
Come ora.
Un lieve rossore infatti aveva iniziato a colorargli entrambe le
guance. E si faceva via via sempre più intenso con
l’aumentare della stretta.
La vergogna lo contrariava. Gli dava immensamente fastidio non poterne
avere il controllo. D’altronde…una persona
così razionale ed equilibrata come lui…non si
lasciava andare spesso al fluire delle emozioni. O almeno non a quelle
involontarie…In un certo qual modo voleva avere anche il
controllo dei propri sentimenti…dei propri gesti. Anche se
in minima parte…ma doveva. Quando dimostrava il suo affetto
agli altri…come a Newt ad esempio…era lui a
volerlo. E a controllare le proprie azioni. Ma quel rossore
inevitabile, il battito del cuore che aumentava a poco a
poco…lo spaventavano un po’…Si forse
era quello il motivo. Solo un po’ di paura a lasciarsi
andare. Preferiva altri modi, altre vie d’uscita, altre
scappatoie…
Inaspettatamente Mag iniziò a singhiozzare tra le sue
braccia. Senza pensarci molto questa volta, Piotr ricambiò
l’abbraccio. Si sentì quasi in dovere di farlo. O
forse semplicemente voleva farlo…
Ma perché Mag aveva avuto quella reazione? Sapeva benissimo
che questo genere di cose lo infastidivano parecchio…
“Mag…non piangere…”
riuscì solo a dire un po’ titubante.
“Piotr….Aaron sta bene, vero?”
domandò Mag tra i singhiozzi.
“Sì…non ti preoccupare…Aaron
sta benissimo…”
Era spaventata. Aveva paura. Per questo aveva cercato il suo abbraccio.
Aveva solo bisogno di un po’ di sicurezza, di qualcuno con
cui sfogare la propria preoccupazione...
E quando Piotr l’ebbe capito, sorrise dolcemente.
Poi la prese per le spalle con entrambe le mani.
“Ehi…” le disse invitandola a guardarlo.
Mag alzò un poco lo sguardo, che si incrociò con
il suo.
“Non è successo nulla. Tranquilla….ce
ne stiamo occupando io e Newt. E di noi ti puoi fidare. Beh non so
quanto Newt sia affidabile…”
Nel sentire quell’ affermazione, a Mag scappò un
risolino spontaneo.
“….ma sicuramente puoi contare su di
noi.”
Lei lo guardò, sorridendogli fiduciosa.
“Grazie Piotr.” Gli disse asciugandosi le lacrime.
“Sempre a sua disposizione, madame.”
“Maaaaaaag!!!!!!! Dove sei?????? Mi devi aiutare a fare quel
disegno di arte per domani!!!!!!”
Mag a quelle parole si voltò verso la direzione da cui
proveniva quella voce.
“E’ meglio che tu vada prima che Viola ti
veda!” disse poi, tornando a guardare Piotr.
Era ridiventata sorridente come sempre.
Era questo, pensò Piotr, che la accomunava tanto ad Aaron.
Entrambi sempre felici, e spensierati, come se non avessero nessun tipo
di problema. Anche se in realtà, ne avevano molti anche
loro…Ovviamente era anche più logico che lei
fosse un po’ più fragile di lui, dato che era
donna…però avevano un ottimismo e una voglia di
vivere che erano veramente impareggiabili.
“Vado allora. Alla prossima.”
“Ok. Ciao ciao Piotr!” Rispose lei senza dire altro.
Piotr soppesava molto le parole. Non ne aggiungeva mai una di troppo.
Ma era appunto Piotr anche per
questo…pensò Mag con tenerezza.
Uscì dal locale, deciso a ritornare finalmente a casa.
Iniziò ad aumentare il passo in quanto, per una cosa o per
l’altra, si già era fatto un po’ tardi.
Poi un nuovo pensiero gli sfiorò veloce la mente.
Mmmmm….chissà se alla fine Newt ha
trovato
Panda…
Pensò divertito.
***
Tac.
Tac.
Tac.
Cazzo!!!! Sta arrivando!!!!! Sento il rumore dei suoi
passi!!!!!
***
Tac.
Tac.
Tac.
Scommetto che Newt ne ha combinata una delle
sue…meglio
sbattere forte i piedi così che rimetta tutto in ordine
prima che io entri…
***
“Sono tornato…”
“Ciao Piotr!” fece Newt giungendo
all’entrata con un super sorriso innocente. Cioè,
volevo dire…smagliante!
“Ti senti bene?”
“Sìsì benissimo!!!!!”
Ok è successo qualcosa.
“Uhm. Ok.” Rispose Piotr appoggiando a terra le
chitarre.
Fiuuu… Non mi ha scoperto…
Pensò Newt facendo già per svignarsela.
“Come stanno Aaron e il ragazzo?”
“Eh?!?!”
“Aaron. A-a-r-o-n. Ti ricordi chi è,
vero?”
“Certo che me lo ricordo…! Che
domande!!!!”
“Sai, con te non si sa mai….”
“Eh eh già….”
Iniziò a sudare freddo “ Cioè, volevo
dire….non è vero!!!!”
“Sicuro di stare bene….?”
“Ti dico di sì!!!! Piuttosto….vuoi una
mela???” concluse Newt col suo sorriso innocente in Mentadent
style.
E tirò fuori una mela da chissà dove. Non pensate
male, non da lì….
“No…grazie…” rispose Piotr
guardandolo male.
E’ decisamente successo qualcosa.
“Piuttosto….ho un regalo per te.”
“Davvero????? Graaaaaazieeee!!!! Non dovevi!!!!! Cosa mi hai
preso? Cosa mi hai preso? Cosa mi hai preso????”
“Tieni.”
Newt analizzò il regalo, rigirandolo tra le mani. Per trarre
poi la sua conclusione.
“Dei preservativi?!?!?! Piotr……stai per
caso cercando di dirmi qualcosa…???”
“No.”
“Fiuuuu…meno male. Stavo già temendo il
peggio…E poi in effetti regalare un preservativo non
è il modo migliore per dichiararsi….ti avrei
consigliato un mazzo di rose, dei cioccolatini, magari i biglietti per
un concerto, o magari anche….”
Piotr intanto aveva già lasciato Newt a parlottare (a questo
punto da solo) sulla soglia per dirigersi invece verso il salotto.
“Newt?”
“….sì?”
“Dov’è il ragazzo?”
“Ehm….è in bagno!!!”
Piotr lo guardò male, in quanto probabilmente Newt pensava
fosse uno scemo.
“Non riusciva a muoversi.”
“Davvero….?”
Cazzo questo particolare mi era sfuggito…
“Beh comunque….l’ho accompagnato io! Me
l’ha chiesto lui!!!!”
“Chiesto?”
“Sì!!!!”
“Strano che abbia scelto proprio te come persona a cui
rivolgere la prima parola. E’ come se un neonato dicesse la
sua prima parola ad un sasso. Senza offesa per i sassi
s’intende.”
“Stronzoooo!!!!”
“Va beh. Non ho voglia di litigare. Vado a vedere come sta
Aaron.”
“Noooooooo!!!!!!” gridò Newt sporgendosi
a braccio teso verso Piotr.
“Perché no?”
“Perché…..ci penso io!!!!!”
“No grazie, voglio sentire come sta.”
“Potrai farlo dopo!!!! Vai a preparare da mangiare che
è meglio!!!!”
“No.”
“Vai a fare una passeggiata?”
“No.”
“Riordinare la stanza?”
“No.”
“Fare il bucato?”
“No.”
“Fare una passeggiata?”
“L’hai già detto.”
“Fare una pisciatina…?”
“No. Ma. Aspetta. Non c’era il ragazzo in
bagno?”
Newt si fossilizzò nel giro del nano di un nano secondo.
“Ahahaha che scemo!!!!! Me n’ero già
dimenticato!!!! Eh eh visto che memoria? Proprio come dicevi tu!Come
dicevi?”Non ti ricordi dove metti le cose”!!! Avevi
proprio ragione!!!!”
“Io vado.”
“No, no aspetta!!!!” e iniziò a tirarlo
per il maglione.
Piotr aprì pian piano la porta della camera da letto di
Aaron.
Nulla poteva fermarlo.
E vi trovò dentro Aaron, per l’appunto, semi
disteso sul letto.
“Ciao Piotr!!!!” fece Aaron agitando la manina e
facendo anche lui un super sorriso.
“Ciao….come stai?”
“Tutto bene!!!”
Newt, da dietro a Piotr, iniziò a muovere la mano col palmo
verso l’alto facendole fare dei cerchi intorno al polso, per
intimarlo a continuare a parlare.
“Ehm…sì…com’è
il tempo fuori Piotr?”
“Uhm…bello…Aspetta che vengo a
sistemarti le coperte…”
“Nooooo!!!! Cioè…” fece Aaron
di rimando.
Piotr si bloccò sul posto.
Newt iniziò disperatamente a fare con la mano il gesto del
“taglio della testa” o decapitazione, per intimarlo
questa volta a smettere.
“….volevo dire che…non è
necessario!!!!”
“Ok… Ma forse vuoi che ti sistemo il
cuscino…”
“Nooooo!!!!!” fece ancora Aaron.
Piotr si fermò di nuovo.
Questa volta Newt iniziò disperatamente a fare gesti
indicando l’uscita della stanza per invitare Aaron a fare in
qualche modo uscire Piotr dalla stanza.
“Piotr…potresti…ehm….portarmi…un
bicchiere d’acqua?”
“Va bene…” disse Piotr che, prima di
uscire si voltò a guardare quei due che, nello stesso
momento, gli fecero entrambi il super sorriso.
“Newt ti rendi conto che stai facendo una stronzata vero?!? E
che ti sto aiutando solo perché mi hai minacciato di dar
fuoco alle mie chitarre dopo avermi legato al letto (e so che hai le
facoltà mentali per farlo)????”disse Aaron con
veemenza ma a bassa voce.
“Sì sì lo so!!!!” fece Newt
altrettanto a bassa voce.
“Dobbiamo trovare il modo di farlo uscire di nuovo dalla
stanza!!!” aggiunse.
“Ecco l’acqua…” disse Piotr
rientrando.
“Grazie!!!Gliela do io!!!!!”
“Nessun disturbo Newt. Posso dargliela da solo.”
“Ti dico di non fare questo grande sforzo!!!!”
“Ho detto di no.” Disse Piotr avvicinandosi ad
Aaron.
Ma in quel momento un lembo di coperta sbucò da sotto il
letto.
Piotr non lo vide e ci inciampò, cadendo rovinosamente a
terra e lanciando il bicchiere (fortunatamente di plastica) addosso ad
Aaron, infradiciandolo tutto.
Ma aspetta…come si fa ad inciampare in una coperta se basta
schiacciarla per evitarla?
Piotr, innervosito, si voltò verso ciò in cui era
inciampato.
La coperta.
“Chi caspita ha messo qui questa…”
sollevò la coperta da terra e ne sbucò fuori un
braccio.
Lo guardò con aria interrogativa.
Si abbassò poi per guardare sotto il letto.
Newt si stava mangiando le unghie.
“Ma cosa…”
Piotr vide nel buio due occhi terrorizzati che lo fissavano da sotto il
letto.
Fortunatamente il letto sotto era lindo e molto
pulito…Altrimenti, per ovvie ragioni che ora non vi sto a
spiegare, Piotr non ci avrebbe guardato sotto.
Prese il braccio sporgente e lo tirò verso di sé.
Ne uscì Ulrich, tutto impaurito e con un panino con la
Nutella che gli tappava la bocca.
Piotr cominciò a digrignare i denti, ruotando lentamente
la
testa verso Newt, che intanto stava cercando di svignarsela lentamente
dalla stanza.
“Newt….” Disse a bassa voce.
“….sì?” fece
l’altro titubante.
“HAI IL CERVELLO NEL CELLOFAN??????????????????????”
“Ma…ma… io…”
“SEI TOTALMENTE FUORI DI
TESTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
“…io volevo solo…”
“ZITTO!!!!!!!!”
Poi Piotr si ricompose.
Da così a così.
“Stasera niente cena.”
“COSA???????????????” fece stavolta Newt.
“Hai capito bene.”
“Ma se non mi hai nemmeno fatto il
pranzo!!!!!!!!!!!!!!”
“Ancora meglio.”
“Ma non mangio da stamattina!!!!!!!!!!!!!!”
“Ancora meglio.”
“Ma sono affamato!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
“Ancora meglio.”
“Uffi!!!!!!!!!!!!!!” disse Newt andandosene fuori
dalla stanza arrabbiatissimo.
Piotr poi si rivolse a Ulrich, ancora a terra.
“Vieni qua…”
Lo sollevò pian piano e lo adagiò sul letto di
Aaron, a fianco a lui.
Ulrich guardò Piotr con degli occhi luccicanti di gioia in
stile “Mio eroe!!!!”…
“Tu centri qualcosa Aaron?” chiese Piotr sedendosi
sul letto.
“No…anzi ora che ci penso….ho due
paroline da dire a Newt perché non mi aveva detto che
avrebbe messo il ragazzo sotto il letto, doveva
solo lasciarlo qua
disteso a fianco al letto…comunque devo
dire mea culpa
perché nonostante tutto l’ho
coperto…Certo, ha stravolto i piani…ma non dovevo
nascondere le sue malefatte…Scusami Piotr.”
“Non devi scusarti con me.”
Aaron si voltò verso Ulrich, sdraiato accanto a lui.
Ma non disse nulla.
Piotr si alzò a fece per uscir dalla stanza.
“Piotr….” aggiunse Aaron mentre
l’amico se ne stava andando “…non esser
cattivo con Newt…ce l’ha messa tutta…ha
fatto tutto questo perché non voleva
deluderti…”
Piotr uscì, senza rispondere.
Aaron rimase solo nella stanza insieme a Ulrich che, per forza di cose,
fissava il soffitto. Avrebbe voluto cambiare posizione…ma
era paralizzato dal dolore.
Anche Aaron, accanto a lui, guardava il soffitto.
Dischiuse un poco la bocca, in procinto di dire qualcosa, ma si
bloccò nel vedere Ulrich girarsi, gemendo con fatica,
rivolgendogli la schiena. Poi si portò la coperta fin sopra
la testa e chiuse gli occhi….ma non voleva
dormire…(chissà cosa si sarebbe ritrovato di
fronte questa volta quando si fosse svegliato!) ma solo ritagliarsi uno
spazio per sé. Anche se non era solo.
Aaron sospirò.
Probabilmente il ragazzo ora voleva dormire…
Ci riflettè un attimo…ma poi decise di parlare
comunque.
“Ascolta…Scusa per
prima…davvero…abbiamo sbagliato, sia io che Newt,
anche se non l’abbiamo fatto con cattiveria (e anche se Newt
ha cambiato i piani…)…Sai….”
Aggiunse poi con un attimo di esitazione “…mi
piacerebbe sapere il tuo nome…perché non mi piace
chiamarti e sentirti chiamare “quel ragazzo” o
“il tuo amico” piuttosto che “serial
killer” (non chiedermi il perché di
quest’ultimo…)….Non
c’è un motivo particolare per cui dovresti
dirmelo….e inventarne uno non varrebbe la pena…e
poi non voglio mentirti…non mi piace mentire.”
Fece una breve pausa.
Poi riprese
“Prima…mi stavo chiedendo anche come mai ti hanno
pestato ieri sera…sono sicuro che non te lo
meritavi…Non saprei spiegarti il
perché…ma io…”
esitò per un momento “…sento di potermi
fidare di te.”
A quelle parole Ulrich, preso alla sprovvista, sbarrò gli
occhi.
“Comunque non ti preoccupare...” riprese Aaron
“…ci prenderemo cura di te anche se non
parli.” disse e sorrise tra sé.
“Beh…scusa se ho disturbato il tuo
sonno…oppure buona notte se sei sveglio e vuoi dormire un
po’.”
Aaron si fece passare entrambe le mani sotto la nuca, come faceva di
solito mentre rifletteva guardando il soffitto.
Lanciò un occhiata con la coda dell’occhio al
ragazzo che gli stava accanto, e sorrise teneramente.
Poi riprese a guardare il bianco soffitto, assorto nei suoi pensieri.
“Ulrich.”
Sentì dire dall’ammasso di coperta
accanto a lui.
Aaron, credendo di aver avuto un’allucinazione sonora,
guardò confuso l’ammasso di coperta. Poi riprese a
guardare il soffitto.
L’ammasso di coperta sbuffò.
“Mi chiamo Ulrich.”
Aaron si voltò di nuovo verso di lui, con gli occhi
più luccicanti di due stelle natalizie. Successivamente fece
una cosa che non avrebbe dovuto assolutamente fare. Ma se ne accorse
solo con il senno di poi.
Si fiondò letteralmente su Ulrich.
“Che bellooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!”
gridò.
“Aaaaaaaaaahhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
gridò Ulrich di rimando.
“Oh scusa scusa scusa!!!!!!”
Ulrich sospirò di nuovo.
“Che bellooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!”
L’hai già detto…
“Ma allora parli!!!!!!!”
Ti avevo già detto grazie, non ricordi?!
“Ma allora….sai parlare???????”
Ti prego non farmi rispondere a questa domanda…
Intanto Piotr e Newt erano accorsi all’udire l’urlo
disperato di Ulrich.
“Newt, porta qualcosa da bere!!!!!” fece Aaron
tutto contento.
“Agli ordini capo!!!!”
Aaron, volendo raggiungere Piotr, scese dal letto per correre verso di
lui a dargli la notizia.
Ma cadde rovinosamente non appena appoggiò i piedi a terra.
Fortunatamente Piotr lo sorresse con prontezza.
Mentre veniva sollevato, Aaron si voltò verso Ulrich, che
era ancora sotto l’ammasso di coperta. Ulrich di rimando lo
guardò, facendogli un sorriso un po’ sforzato,
forse perché era imbarazzato dalla situazione.
Ebbe un’idea.
Guardò Aaron, che gli stava ancora sorridendo mentre veniva
sostenuto da Piotr, e gli fece un gesto appena accennato, ponendo
entrambe le mani giunte sotto un orecchio.
“Oh!” fece Aaron in risposta.
Intanto Newt era giunto con le bibite.
“Allora???? A cosa si brinda???”
“Nulla nulla. Andiamo Newt. Brindiamo in cucina.”
Newt lo guardò con aria interrogativa…
Ma poi i tre uscirono pian piano dalla stanza, richiudendo la porta
dietro di sé.
In realtà Ulrich non voleva dormire veramente (non sapeva
neanche se ci sarebbe riuscito…)
però….si era sentito a disagio….Tutta
quella folla di gente…e lui era il protagonista
dell’evento. Si era sentito proprio come una star
paparazzata…
Chissà come andrà a finire…
Si domandò.
Ma poi inorridì.
Il problema….è che sono io a dover
decidere come
andrà a finire…
“Newt! Vai in camera nostra a guarda dietro il tuo armadio.
Dovrebbero esserci ancora le tue stampelle, quelle che hai usato dopo
che un bel giorno hai deciso che scendere le scale saltellando con un
piede era una cosa divertente…”
“Ah ah ah molto spiritoso!!!!”
“Muoviti.” Concluse Piotr in tono serio.
Newt se ne andò sbuffando (come al solito) nella sua stanza,
da cui ritornò con le stampelle.
“Ecco qua!” disse porgendole ad Aaron.
“Grazie Newt.” E gli scompigliò i
capelli con una mano.
“Ehi!!!! E’ questo il tuo modo di
ringraziarmi???”
Aaron si mise a ridere.
“Scusa scemobanana…”
Newt si voltò di spalle, facendogli una linguaccia, che poi
però accompagnò con un occhiolino.
“Vuoi metterti addosso qualcosa Aaron? Sei in
boxer…” domandò Piotr.
“No, va bene così….non sono accaldato
ma sto bene in boxer.”
“Allora??? Andiamo a brindare???” saltò
su Newt.
“No. Tu stai in salotto. Noi andiamo a mangiare.”
Gli rispose serio Piotr.
“Ehi!!!!!”
“Sei in punizione, te l’avevo detto. Stasera niente
cena.”
“Uffaaaaa!!!!!!” si lamentò andandosene
in salotto carico del suo orgoglio.
Peccato che l’orgoglio non si possa mangiare, altrimenti
sarebbe stato più che sazio.
Gli altri due, invece, andarono in cucina.
Piotr aiutò l’amico a sedersi, poi si
spostò verso i fornelli. Per cucinare si mise il suo
grembiule, quello con sopra disegnato un grande girasole giallo. Lo
indossava sempre per cucinare, anche per le cose più
semplici. A volte lo metteva anche per preparare il
caffè…
“Cosa vuoi da mangiare?”
“Uhm….mi faresti una crepe? Con la
nutella…”
“Certo. Ci metterò un secondo.”
Mentre Piotr iniziò a prepararla, Aaron sfogò la
sua contentezza con lui.
“Piotr….sono felice.”
“Strano. Tu sei sempre di buon umore.” Disse
l’altro quasi a prenderlo bonariamente in giro.
“No no ma ora davvero molto!!!!”
“Ah sì? Cos’è successo di
così bello?”
“Ulrich mi ha parlato!!!”
“Chi è Ulrich?”
“Ulrich è il ragazzo! Mi ha detto che si chiama
così!”
“Ah capisco…Beh sembri molto contento di
questo.” Disse Piotr accennandogli un sorriso da dietro i
fornelli.
“Sì, molto! Sono sicuro che questo è
solo l’inizio di una bella amicizia!”
“Sì, può essere.”
“No no ne sono sicuro!”
“E’ bello vedere quanto la cosa ti renda
immensamente felice.”
“Già….ho tanta fiducia nel
futuro.”
“L’hai sempre avuta. Fa parte di te
averla.”
“In effetti….hai ragione…ma questa
volta è diverso…mi aspetto molte cose positive da
quest’esperienza.”
“Ne sono felice.”
“Sono molto determinato. Non me ne andrò
finchè non sarà tutto chiaro e limpido. Non dico
che dovremo per forza andar d’accordo…ma voglio
fare tutto il possibile per lui e perché stia bene.
Perché secondo me c’è qualcosa di
triste in lui….guarda solo il fatto che non sia tornato
dalla sua famiglia in questi giorni. Ammesso che ne abbia
una….Secondo me qualcosa non va…e voglio dare il
meglio di me perché la cosa si risolva al meglio.”
Aaron….sei il solito buon samaritano…
Pensò Piotr tra sé e sé e sorrise.
“Sei ammirevole per questo.” Disse Piotr
appoggiandogli il piatto con la crepe pronta e piegata sul tavolo.
“Grazie Piotr. Ma io credo che ogni persona sia ammirevole
nel momento in cui è sinceramente sé stessa. Come
la limpidezza di un fiume e la lucentezza del sole…Non
è cosa da poco essere sé
stessi…”
Piotr non rispose. Fissò il suo sguardo sulla finestra,
osservando il mondo fuori da lì, perso nelle sue
considerazioni. Aaron non si aspettava da lui sontuose conversazioni.
Piotr era sempre stato uno di poche parole. Preferiva esprimersi con i
gesti….ed era veramente una cosa bellissima.
Piotr si avvicinò lentamente ad Aaron e gli mise una mano
sulla spalla. Poteva non sembrare gran che…Ma Aaron sapeva
che quel gesto era una risposta più grande di qualsiasi
altro inutile giro di parole.
Non parlarono più. Il silenzio però trasmetteva
le loro parole e i loro pensieri come suoni di echi lontani. Di due
persone che si capiscono anche senza bisogno di rivolgersi parole, e
che si vogliono bene anche solo con la loro presenza.
Aaron finì di mangiare e cercò di alzarsi,
aiutandosi con le stampelle.
Piotr era sempre lì al suo fianco, pronto a sorreggerlo in
caso avesse bisogno d’aiuto.
“Senti Piotr….io vado a letto, sono molto stanco.
Grazie mille per la cena.”
“Ma figurati, non devi neanche dirlo.”
“Buona notte Piotr.”
“Buona notte Aaron.”
Aaron andò pian piano in camera, cercando di fare meno
rumore possibile. Quando entrò vide che questa volta Ulrich
stava dormendo davvero. E non era più nascosto sotto
l’ammasso di coperte. Si poteva chiaramente distinguere il
suo viso addormentato e semi coperto dai lunghi capelli castani.
Aaron sorrise dolcemente, verso quello che gli pareva essere un suo
fratellino. Poi scoprì piano la sua parte di letto, e vi si
infilò adagio adagio.
Non ci mise molto ad addormentarsi…era stanchissimo anche
lui dopo tutta quella giornata travagliata…
Piotr intanto si mise a lavare il piatto, le posate e il bicchiere
usati da Aaron.
Mentre si asciugava le mani nel grembiule che aveva addosso,
sbirciò verso la sala e vide che tutte le luci erano spente.
Solo il riflesso delle immagini del televisore colorava la parete.
Ma dov’è…?
Si diresse pian piano verso il salotto, asciugandosi ancora le mani.
Giunto lì, vide Newt, accoccolato come un bimbo,
addormentato sul divano, mentre stringeva Panda tra le braccia. In una
mano vide che stringeva anche il preservativo che gli aveva regalato
quello stesso giorno. Questo fece sì che nel buio della
stanza si vide un sorriso quasi impercettibile dipingersi sul viso di
Piotr. Si avvicinò all’amico che
sonnecchiava dolcemente, lo prese tra le braccia e lo portò
nel suo lettino, nella loro camera da letto.
Quel giorno si era sentito un po’ come la mamma chioccia di
tutti…ma era felice di esserlo stato.
Coprì bene Newt, gli sistemò il cuscino e
richiuse lentamente la porta.
Poi tornò in cucina, deciso a pulire il tavolo e
ciò che era rimasto da sistemare.
Ci mise un po’ più del dovuto a mettere tutto in
ordine.
Chissà perché…
Dopo aver sistemato tutto ed essersi preparato per andare a dormire,
spense la luce in cucina si diresse verso la sua stanza, al buio.
Teneva qualcosa in una mano. Ma era molto difficile distinguere cosa
fosse.
Aprì lentamente la porta della camera per non svegliare Newt.
Poi poggiò sul comodino dell’amico ciò
che teneva in mano e si infilò con cura sotto le coperte del
proprio letto.
Un intenso profumo di Nutella calda iniziò a pervadere tutta
la stanza…
“…non esser cattivo con
Newt…ce
l’ha messa tutta…ha fatto tutto questo
perché non voleva deluderti…”
Nota dell'autrice:
Ehi! Ciao a tutti! ^-^
Solito spazietto ringraziamenti/chiarificatore (in caso abbiate domande da farmi)/risposte alle recensioni/commenti miei :)
Uffff.....che fatica scrivere questo capitolo...
non finiva più! XD
però è stato molto divertente scriverlo!
e spero lo sia stato altrettanto leggerlo! ^-^
Beh poi ovviamente c'era anche una parte più dolce e
introspettiva soprattutto per Piotr, protagonista indiscusso del
capitolo ;)
Devo dire che Piotr è uno dei miei personaggi preferiti anche se
li amo tutti indistintamente (cosa piuttosto ovvia dato che sono frutto
del mio cuore e della mia mente bacata :) in quanto ognuno di loro
rispecchia un lato diverso di me...
davvero, ogni volta che scrivo e leggo di ognuno loro, ci vedo dentro me stessa.
E' fantastico! ^-^
Però...c'è comunque da dire che Piotr incarna, quasi alla perfezione, la figura del mio mio uomo ideale! XD
Ora.
Ringraziamenti.
Ruin & mady
Il solito, che dire.
Grazie grazie grazie di tutto. Ormai questa storia è entrata a
far parte della nostra vita quotidiana e ci lega ancora più
stretta l'una all'altra...e di questo sono molto orgogliosa ^-^
Mi auguro di non deludervi mai dato che la storia vi piace molto e vi
siete affezionate molto anche voi a tutto ciò che essa è
e rappresenta per me.
E poi siete state voi a costringermi a pubblicarla, io non volevo nemmeno.... - . -"
Comunque....
Grazie di tutto! (soprattutto del sostegno e delle pagine html XP )
Ms Murder
Ehhhhhh è innegabile che Jude sia egoista e molto irascibile....ma non lo è per caso ;)
sì è un po' insopportabile....ma secondo me è il personaggio più umano di tutta la storia.
Comunque non posso svelarti nulla, nemmeno su Grief, ma spero vivamente di essere diventata così banale e prevedibile :)
So come continua con loro due e, non potendo svelare nulla, spero solo di non cadere nell'ovvio.
Ma questo, se ti va, me lo potrai dire tu la prossima volta ;)
Una curiosità...come mai tutta questa preoccupazione per Grief (se posso chiedere)? :)
Ti piace particolarmente? ^-^
Comunque.
Grazie mille per le tue recensioni (sempre apprezzatissime :), i
complimenti e anche solo il fatto di continuare a leggere questa
storia! ^-^
Altri ringraziamenti vanno a BAMBOLOTTA, pieno_pieno e a ColdFire.
Grazie mille per avermi aggiunto tra i preferiti e tra i seguiti! :)
Spero di non deludervi! ^-^
E ringrazio anche tutti quelli che mi tengono tuttora tra i preferiti e i seguiti e anche chi fa solo una capatina a leggere :)
Grazie davvero, sono molto onorata del vostro supporto!
Ora vado!
Al prossimo capitolo! ^-^
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** The Only Exception ***
the only exception
The
only exception
Un
fastidiosissimo cinguettio di uccelli gli penetrò
entrambe le orecchie.
Si portò una mano sulla fronte, quasi gli stesse scoppiando
la testa. Gli occhi li aprì a malapena. Se non fosse stato
per quelle bestie sarebbe andato volentieri avanti
a dormire ancora per
un po’. Rilasciò cadere la testa su un fianco,
verso la parte esterna del letto che era…vuota?
Si alzò a sedere di scatto, come se avesse preso una scossa.
E si voltò.
“Ben svegliato Jude.”
Jude sbuffò, lasciandosi ricadere sul letto.
Grief schiuse leggermente le labbra ma Jude lo anticipò.
“Non ero preoccupato per te.”
“Non ho detto nulla infatti…” disse
l’altro sorridendo bonariamente,con lo sguardo rivolto verso
la tela che stava dipingendo. Sembrava ancora quella del giorno
prima…
Jude fissava il soffitto, le braccia incrociate dietro la testa e i
gomiti alti.
Si fece scappare un’occhiata verso Gry. Con la coda
dell’occhio ovviamente.
“Hai bisogno?” gli chiese.
“Un?” fece Jude non capendo la domanda.
“No niente…ti ho chiesto se avevi bisogno, visto
che mi stavi guardando…”
“Non ti stavo guardando.”
“Ok. Mi sarò sbagliato…”
rispose Grief sorridendo di nuovo. Questa volta però il
sorriso era rivolto verso di lui.
“Hai aperto tu la finestra?!” intervenne
di sorpresa Jude appositamente per cambiare discorso.
Non gli piaceva la piega che stava prendendo quello
precedente…
Il tono stizzito con cui lo chiese servì a marcare ancora di
più la nuova affermazione, a danno di quella vecchia, che
sarebbe invece (fortunatamente per lui) sfumata nel nulla.
“Sì…c’è il
sole…hai visto che bello?”
Quando c’era bel tempo Grief era più sereno del
solito. Certo lui era sempre sereno… ma
il sole e
l’aria primaverile (anche se non era ancora primavera) lo
facevano sorridere più spesso.
E infatti sorrise.
“Odio essere svegliato da quegli esseri.”
Gli
rispose rabbioso.
“Ah sì? Non lo sapevo…” disse
Grief ingenuamente.
“Ti ho mai detto il contrario?”
“No…”
“Allora avresti dovuto capirlo.”
Così.
Secco.
Questo era il modo in cui Jude chiudeva i discorsi. Una persona
qualunque avrebbe potuto rimanerci male e lui avrebbe fatto la figura
dello scorbutico…ma Grief lo conosceva ormai, e aveva smesso
di pensarla così già da un po’. O
meglio, in realtà non l’aveva mai
pensato…Non l’aveva mai visto veramente come un
tipo scorbutico irascibile o lunatico.
Anzi.
Gli sorrideva sempre come se gli avesse appena fatto un complimento. Un
complimento di quelli dove dici
“Grazie…” e abbassi la testa arrossendo
felice.
Ora che ci penso…probabilmente Gry si sarebbe preoccupato di
più se Jude non avesse risposto alla sua solita
maniera….
“Finito!” esclamò appoggiando il
pennello.
Poi, senza pensarci, si passò il dorso della mano
destra sulla guancia, forse per togliersi un fastidio.
Una riga di tempera nera gli pasticciò il viso.
Il solito distratto…
Pensò Jude vedendolo.
Gry intanto lo stava guardando colmo di eccitazione.
Stava aspettando la domanda.
E Jude lo sapeva.
La aspettava ogni volta che finiva un dipinto.
Era peggio di un bambino…
“Che hai dipinto.” chiese Jude
con la stessa enfasi
con cui si scrosta il tubo di scarico intasato di un water.
Yuppi!!!
Anzi
Yuppi.
Ah ecco.
Un’altra cosa…
Jude non conosceva l’uso del punto di domanda. E forse
nemmeno l’esistenza di tale segno di punteggiatura.
Le sue domande erano praticamente delle affermazioni, in quanto il tono
che usava nel dirle era il medesimo in entrambi i casi.
Capitava anche che le facesse con una intonazione più
enfatica…ma il più delle volte succedeva quando
la cosa andava a suo vantaggio.
Quindi vi avviso da subito, non aspettatevi molta estasi nelle sue
parole…
Chiusa parentesi sull’arte della fonetica di
Jude.
“Guarda!”
Esclamò Gry rivolgendo il quadro verso di lui.
Jude si mise a sedere.
E lo vide.
Rimase piuttosto allibito.
(NB: l’ allibito di Jude è di
gran lunga molto
meno espressivo di un allibito normale)
“Grief.”
“Sì?”
“E’ tutto nero.”
“Lo so! Non è bello?”
“…...”
“Ti avevo chiesto com’è
l’amore…perché volevo
dipingerlo….ricordi?”
“…..”
“Beh visto che tu non mi hai risposto, ho provato a dipingere
la vita senza amore. E l’ho immaginata
così…. E’ giusto? Ti piace?”
Jude abbassò lo sguardo e strinse i denti, ansimando.
“La devi piantare di fare tutti i tuoi
soliti riferimenti del
cazzo.” Gli disse sempre a denti stretti.
“Ma io…”
“Sei il solito coglione.”
Questa fu l’ultima risposta di Jude, che prese e se ne
andò dalla stanza.
Grief lo sentì scendere di corsa le scale.
Allora uscì anch’egli dalla stanza, ma senza la
pretesa di seguirlo. Si avvicinò alla ringhiera delle scale,
da cui si sporse per guardarlo dall’alto.
Jude si accorse del suo sguardo su di lui e, prima di attraversare la
stanza sottostante, si fermò a guardarlo a sua volta.
Con uno sguardo d’accusa.
Questa è la mia vita.
E con una manata sbattè a terra la cornetta del telefono
appoggiata sul comodino al suo fianco.
Quasi volesse…interrompere qualsiasi tipo di comunicazione.
Questo lesse Grief nel suo gesto e nel suo sguardo.
Osservò l’amico andarsene furibondo e, quando Jude
scomparve dalla sua vista, decise di tornare in camera. Gry non
interferiva mai con le scelte dell’amico, e mai
l’avrebbe fatto. Cercava di sostenerlo con le sue parole e la
sua presenza, ma Jude aveva ragione.
Quella era la sua vita.
Non stava a lui decidere.
Stava solo ed esclusivamente a Jude.
Grief poteva disapprovare le sue scelte. Anzi, ne disapprovava
molte…ma le accettava e rispettava comunque.
Quando una persona a cui vuoi bene non ti vuole venire
incontro…l’unica cosa che rimane da fare per
aiutarla è tendere le mani, così da afferrarla in
caso dovesse cadere.
E l’avrebbe sempre osservato dall’alto, da lontano.
Come da quella ringhiera…
Ritornò in camera e si sedette di fronte al proprio dipinto.
“Jude….quando capirai che ciò che vedi
nello specchio è solo il frutto delle tue
decisioni…” disse tra sé e
sé.
Gli rispose il silenzio.
Sospirò, per poi tornare a guardare il quadro.
“Eppure….a me non sembrava così
male…”
Lo prese tra le mani e si avvicinò all’armadio.
Fece spallucce, mettendolo via con cura.
E sorrise.
Come sempre.
***
Jude si voltò e appoggiò la schiena contro il
muro.
Chiuse gli occhi.
Ascoltò per qualche secondo il suono del proprio respiro.
Poi si voltò per osservare.
“Jude?” fece Gry percependo la sua presenza
“Jude….?”
“Sono appena salito. Avevo dimenticato le
sigarette.” Rispose Jude rientrando in camera.
“Ah….ok…” disse
Grief poco convinto di quella risposta “Sicuro che non mi
stavi.…?”
“Jude!!!!!!!!!!!!” si sentì
chiamare dal piano di sotto.
Entrambi, a sentire quella voce chiamare, si volsero in direzione della
porta.
“Che cazzo vuole.” rispose Jude con fare da cane
rabbioso.
“Jude!!!!!!!!!!!!” si sentì chiamare di
nuovo.
Jude sbuffò e si diresse stizzito verso le scale.
“Jude!!!!!!!!!!!!” gridò di nuovo.
“Zitta donna!!!!!!!!!” urlò di rimando.
Scese le scale, si diresse verso una stanza piuttosto buia, dato che
tutte le persiane della camera erano chiuse. Solo qualche fascio i luce
vi filtrava, ma principalmente il flebile chiarore era quello del sole
che proveniva dalla stanza adiacente.
“Jude….” Si sentì gemere.
“Che vuoi.”
“Puoi portarmi dell’acqua per
favore….?” Chiese la madre guardandolo con aria di
preghiera, ma con le palpebre che le stavano aperte a fatica.
“Te lo meriti?” le chiese Jude, ritto in piedi
sulla soglia della porta, a braccia incrociate sul petto. La guardava
dall’alto verso il basso, con un’aria di
superiorità che veniva dal profondo.
“Jude….per favore…”
“Ti ho chiesto se te lo meriti.”
“Jude…”
“Te ne ho portato un bicchiere prima.
Dov’è finito.” chiese innervosito.
“Mi è scappato di mano…si è
rovesciato…”
“Male. Devi imparare ad avere più cura delle cose
che hai, soprattutto se per te sono importanti. Ah già. Ma
tu non l’hai mai saputo fare.”
“Jude ti prego non dire
così….”
“Invece di continuare a chiedere dovresti incominciare a
ringraziare. Sei stata punita per quello che hai fatto. Ma sei ancora
viva.”
“Ti scongiuro….” Fece la madre con voce
sempre più flebile ma piena di supplica.
Jude si voltò e vide la bottiglia d’acqua
sull’armadietto che stava dietro di lui.
Poi tornò a guardarla.
Sempre dall’alto in basso.
Prese in mano il bicchiere di plastica che stava sul comodino della
madre e se lo rigirò tra le mani.
Le rivolse ancora un accennato sguardo altezzoso.
Poi andò a prendere la bottiglia
Riempì il bicchiere d’acqua e ritornò
da lei. Avvicinò il proprio sguardo al suo, quasi naso
contro naso. I lunghi capelli neri gli ricaddero dritti su entrambe le
guance.
“Prenditene cura. Non dovresti avere difficoltà.
Questa volta si tratta solo di un bicchiere
d’acqua.” Le sussurrò porgendole il
bicchiere di plastica bianca.
Detto questo si allontanò dalla stanza buia, senza dir
nulla, e senza nemmeno voltarsi una volta.
Tornò subito in camera, deciso a eliminare ogni traccia del
passato dal proprio cervello.
Ma ogni volta che aveva a che fare con lei…riviverlo
era
inevitabile…
Quindi, per uscirne, avrebbe cercato di attaccarsi a qualsiasi appiglio
disponibile. Fosse quello una sigaretta, una dormita oppure
Grief….
“Non dovresti trattarla così...” gli
disse non appena mise piede nella stanza.
“Stai zitto.”
“Jude…”
“Appena finiranno i soldi dell’eredità
che mi ha lasciato mio padre e non ne avrò più
per curarla, la lascerò morire nel suo letto.”
“Se avessi veramente voluto farlo, l’avresti fatto
già da tempo…”
“Tappati quella cazzo di bocca Grief. Il tuo non è
il pozzo del sapere. Ma una lurida e sporca fogna.”
“Sei un fanatico…”
Al sentire quella parola, Jude si voltò e
d’improvviso si avvicinò con rabbia
all’amico, quasi con l’intenzione di volerlo
prendere seriamente a botte.
Ma si fermò prima, stroncato dalla domanda di Grief.
“Jude….” Disse Gry esitando un
attimo per dar peso alle proprie parole “Chi è lui
per te?”
Jude lo fissò.
“Cosa te ne frega…” fece calmandosi un
poco e tornando a sedersi sul letto “…a te non
importa veramente.”
“Sì invece.”
“Tanto tu non puoi capire.”
“Posso sempre provarci…” aggiunse
“….se me ne dai la
possibilità.”
Jude lo guardò.
Non avevano mai affrontato seriamente quel discorso…
Riabbassò subito lo sguardo.
“Tante cose mi hanno condotto su questa
strada…”
Sospirò.
“….e la continua ricerca di una
verità…che forse per me è diversa da
quella degli altri. Forse io sono diverso dagli
altri.”
Si interruppe per un secondo. Ma si sa, se ci si ferma dopo un grande
sforzo, si fa sempre più fatica a riprendere il
passo…
“Grief. Io credo in Satana, e lo amo.”
Così gli disse.
Esitante...ma allo stesso tempo risoluto.
Volse subito lo sguardo verso l’amico, per vedere la sua
reazione.
“Probabilmente questa affermazione avrà suscitato
in te l’orrore che ha suscitato in ogni persona che ho
incontrato finora…”
“No.”
“Un?” fece Jude, che aveva dato per scontato una
risposta affermativa. E per questo motivo non aveva prestato molto
attenzione alla risposta dell’amico.
“No, Jude. Ti ascolto.”
Sospirò di nuovo.
“Io…non sono un sanguinario assassino. Non sgozzo
bambini davanti ad un altare, non predico l’odio o la guerra.
A volte…mi sono davvero chiesto cosa ci faccio qui. Cosa ci
faccio ancora qui. Avrei mille motivi per
dichiarare la mia
fine…”
E proprio su quella parola, sulla parola fine,
sorrise tra i lunghi
capelli che gli coprivano il viso, ancora rivolto a terra.
“Ho sempre avuto paura di parlare e, quando ho sconfitto
questa paura, il risultato sono state l’emarginazione e la
derisione. Che già mi perseguitavano, come ben
sai…Comincio a pensare che, invece della paura di parlare,
si tratti della paura di non essere capito o di non riuscire a
spiegarmi. Gli uomini sono bastardi, Grief. Ed è difficile,
se non impossibile parlare con loro. Per cui spesso preferisco non
parlare affatto. Io non mi propongo come chi vuole insegnare.
Né voglio fare del vittimismo. Odio il vittimismo. Non ho
bisogno di gente che provi pena per me. Io credo solo che senza il
coraggio di professare le proprie idee l’umanità
non sarebbe mai andata avanti. Questo è ciò che
penso. Punto.”
E questo è tutto.
Tutto ciò che doveva e voleva
dire.
Ciò che aveva sempre espresso, ma mai chiaramente. Quel
pensiero fisso che non era mai passato… che lui sapeva
benissimo che sarebbe passato solamente se lui stesso
l’avesse fatto passare. Ma abbandonarlo…sarebbe
stato perdere una parte di sé stesso. E’ che a
volte…si sentiva come una barchetta di carta che andava
avanti navigando in mezzo al mare con la pretesa di non affondare.
Andare a fondo a volte…sembrava inevitabile.
Jude continuò a fissare il pavimento, aspettando la risposta
di Grief, qualunque essa fosse. Ma dopo qualche secondo, non sentendolo
rispondere, alzò il viso in cerca dell’amico in
una, in fondo disperata, ricerca di risposta. Una qualsiasi. Bastava
solo che la risposta non fosse il silenzio.
Gry stava guardando fuori dalla finestra, il viso illuminato dal sole,
i capelli un poco mossi da un vento leggero, e con lo sguardo perso tra
ciò che gli si presentava al di là di quelle
quattro mura. Si voltò piano verso Jude e si accorse, con
sorpresa, che l’amico ora rivolgeva lo sguardo verso di lui.
Lo fissò anch’egli di rimando, silenzioso.
Capì dallo sguardo di Jude, che quella che l’amico
stava cercando, era la sua risposta.
Allora schiuse leggermente le labbra, per dirgli tutto ciò
che pensava in merito a quanto aveva appena sentito dalle sue parole.
Ma, non appena le ebbe schiuse in procinto di parlare, vide Jude
chiudere con forza entrambi gli occhi, e stringere entrambe le mani,
serrate tra loro.
Gry lo guardò, stupito.
Le parole gli si fermarono in gola.
Gli sembrò di vedere un bambino che, rassegnano e impaurito,
chiude gli occhi e, ritto in piedi, aspetta tremolante la sentenza
della punizione che la mamma arrabbiata è in procinto di
comunicargli…
Jude, al non sentire di nuovo risposta nonostante Grief stesse per
parlare, riaprì gli occhi.
Teneva ancora le mani strette, mentre Gry aveva richiuso le labbra.
I due si guardarono per qualche secondo.
Poi a poco a poco…
…le labbra di Grief si distesero da entrambi i lati.
Jude continuò ad osservare l’amico, il cui viso si
era appena dipinto con il sorriso più dolce che finora
avesse mai visto.
E di sorrisi Gry gliene aveva fatti tanti…forse
troppi…
Ma…era questa la sua risposta?
Lo sguardo di Jude si fece subito serio.
Il suo viso indignato si distolse dall’amico, e cadde sulla
vista del cavalletto vuoto che stava di fronte a Grief. Poi lo
spostò in direzione dell’armadio, quello
contenente tutti i suoi quadri, al cui fianco, sul davanzale della
finestra, stava una tavolozza tinta di vari colori, in cui erano
immersi alcuni pennelli. Spesso le cose di Gry erano sparse per tutta
la camera…Probabilmente a causa del suo disordine…
Jude si alzò d’improvviso dal letto e, con fare
rabbioso, si diresse verso l’armadio.
Spalancò immediatamente un’anta, e ne
tirò fuori l’ultimo quadro di Gry, quello
completamente nero che gli aveva mostrato poco prima.
Lo afferrò con entrambe le mani e lo mostrò a
Grief.
Lo sguardo che rivolse all’amico era serio, quasi accusatorio.
Gry seduto sul suo sgabello, si limitò a guardarlo, senza
dir nulla.
“L’amore non esiste.” Gli disse Jude con
tono severo.
Poi Grief lo vide afferrare un pennello dalla tavolozza e tirare a
casaccio una linea rossa sul suo quadro.
“Ma tu sei l’unica eccezione.”
Note d'autrice:
Ciao a tutti! ^-^
Come state?
Ne è passato di tempo....Scusatemi tantissimo, non ho potuto continuare la storia a causa della maturità O____O
(incrociamo le dita! :)
questo capitolo l'avevo scritto qualche tempo fa quindi sinceramente
non lo ricordo bene...però spero vi sia piaciuto! ^-^
Mi scuso ancora tanto per l'attesa, sperando che sia valsa la pena aspettare!
E poi....esordire dopo tanto tempo con questo capitolo, insomma...spero ne fosse all'altezza! ^-^
Comunque sono contentissia, non riuscivo più a trattenermi dallo scrivere e dal pubblicare!!!! XD
Ringraziamenti!
Ruin&mady
Ahah le mie care assidue lettrici! XD
Grazie sempre per il vostro sotegno, i complimenti, le critiche, le
pagine nvu, i disegni, bla bla bla....insomma, sapete benissimo a cosa
mi riferisco!!!! ^-^
Continuo a scrivere sempre con il "terrore" di non deludere nessuno con
ciò che scrivo, soprattutto voi, che vivete questa storia quasi
più di me...
Finora non ho sgarrato....e spero non succeda mai!!!!
Ps: questo dev'essere il capitolo preferito di mady (almeno fino ad adesso...) mi sbaglio? XP
Ms Murder
Sono felice di averti divertito!!!! ^-^
In effetti è un capitolo piuttosto esilarante...ma sapere di
aver fatto ridere con quello che scrivo beh è proprio una bella
soddidfazione! ^-^
Piotr è stato innegabilmente puccio nel capitolo precedente e
sì, Aaron sarà stato finalmente contento di aver ricevuto
qualche piccola parolina dal nostro Ulrich! XD
Non sei la prima che mi dice che Grief inspira, sì in effetti
è un personaggio particolare a cui ci si affeziona facilmente
vedendo quanto è premuroso nei confronti di Jude, nonostante
tutto...un amico insostituibile, insomma! ^-^
Leggendo questo capitolo invece che ne pensi di Jude? Un poco si
è lasciato andare anche lui...ma non succederà spesso!
(momento più unico che raro)
Ma nonostante siano situazioni che capitano poco spesso, sono quelle in
cui si vede veramente quanto sia forte il legame che li unisce, a
dispetto dell'orgoglio e tutto il resto...
Grazie della pazienza, mi scuso di persona per averti fatto aspettare!
E grazie delle recensioni (sempre graditissime! :) e della fiducia che riponi nella mia storia!
Spero di non deluderti! ;)
Altri ringraziamenti!
Ringrazio neik per avermi messo tra i preferiti! ^-^
E anche wolf90, pinturicchia e marty_chic per avermi messo nei seguiti! ^-^
Grazie a tutti!!!
Spero di potervi dire "Alla prossima"!!! ;)
Solito ringraziamento anche a chi legge la mia storia e a chi fa un salto qua quando non ha niente di meglio da fare! XD
Bene allora...al prossimo capitolo!!!
Buone vacanze a tutti!!!! ^-^
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** 27. May ***
27. May
27.
May
Ormai era
da un paio di minuti che non dormiva più.
Semplicemente restava lì ad occhi aperti, raggomitolato
nella sua parte di letto, avvolto nella coperta, a fissare quel tratto
di camera che gli si presentava di fronte.
I suoi occhi erano opachi, malinconici.
Gli occhi tristi di chi conosce il proprio destino.
Gli occhi malati di chi non reagisce a ciò che gli si
presenta di fronte.
Gli occhi di chi è estraneo a sé stesso.
Gli occhi dello scoraggiamento che induce a lasciar perdere tutto di
fronte alle difficoltà.
Gli occhi della paura di affrontare la vita.
Gli occhi…di chi soffre per amore.
Prese con la mano un po’ più di coperta, e se la
strinse al petto come se fosse un peluche o una persona…
Sentiva freddo…tanto freddo. E si richiudeva a guscio per
sentire un po’ più di calore.
Anche se non era fisicamente solo, la solitudine lo logorava dentro.
Lo sentiva il respiro di Aaron che, ancora molto stanco dal giorno
prima, dormiva serenamente accanto a lui. Ma cosa valeva? Chi era Aaron
per lui perché di questo gli importasse qualcosa? Poteva
anche smettere di respirare. Poteva anche non essere con lui su quel
letto. E sarebbe stato comunque lo stesso.
Però…nonostante questo, sentì
istintivamente il bisogno di voltarsi dalla sua parte del letto. Forse
voleva vedere se c’era veramente…o forse era solo
un po’ scomodo….
Fatto sta che alla fine Ulrich si girò verso il centro del
letto.
Si fermò a guardare Aaron, la coperta che gli copriva la
schiena e le spalle, che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo
respiro.
Ma c’era qualcosa di strano.
Nonostante gli rivolgesse la schiena, si accorse che c’era
qualcosa che…
In quel momento Aaron si girò, voltandosi
anch’egli verso il centro del letto, faccia a faccia con
Ulrich.
Faccia a faccia…
Ma, quando Ulirch si ritrovò di fronte il viso di Aaron
addormentato, rimase senza fiato.
Sgranò gli occhi e dischiuse la bocca.
Si mise a fissarlo, con il respiro irregolare, scandito a brevi
intervalli.
Era pietrificato.
In quel momento l’altro, che fino ad ora aveva tenuto
entrambi gli occhi chiusi, ne aprì uno.
“Allora sei sveglio.” Disse Ilian sorridendo
dolcemente al vedere Ulrich fissarlo smarrito.
Fu sul punto di piangere.
Ilian se ne accorse, e per tranquillizzarlo avvicinò la mano
al viso dell’amico, coperto dai lunghi capelli tutti
spettinati, e gliene rigirò una ciocca dietro l’
orecchio.
“Ilian….” Riuscì solo a
sussurrare Ulrich.
Ilian gli fece l’occhiolino, sorridendo.
Aveva addosso quella camicia larga in tela color crema chiara chiara
che portava sempre, quella che assomiglia tanto a quella che indossano
i pirati. Così aveva pensato quando era piccolo…
E i suoi pantaloni bianchi attillati sulle gambe, quelli da
cavallerizzo che usava per gli spettacoli.
Riconobbe indistintamente tutti questi particolari, che si proiettavano
ancora vivi nella sua mente.
Ilian si alzò dal letto, scostando le coperte.
Ulrich, credendo che se ne stesse andando via, reagì
d’impulso trascinandosi sulla parte di letto prima occupata
dall’amico, per afferrarlo e non farlo fuggire.
Ilian lo guardò dall’alto, stupito.
E proruppe in una risata sincera.
“Testa di cocomero…sembri in pesce fuor
d’acqua…” gli disse e rise di nuovo
bonariamente.
In effetti ad Ulrich le gambe facevano ancora un po’
male…gli era difficile muoversi …e risultava
così un po’ impacciato.
Cercò di tirarsi su, ma non ne ebbe bisogno.
Alzò lo sguardo e vide Ilian tendere la mano verso di lui.
La afferrò al volo ringraziandolo con un sorriso.
Si stupì al vedere che, una volta in piedi, non sentiva
più il minimo dolore nel camminare, in nessuna parte del
corpo.
Ilian si portò davanti a lui, quasi a fargli da guida.
Ma, quando le loro mani furono sul punto di lasciarsi, Ulrich strinse
più forte la presa.
Ilian, al sentirsi stringere la mano, si voltò e lesse negli
occhi di Ulrich la stessa paura che vi aveva visto l’ultima
volta che si erano separati.
Comprese che egli temeva tanto di rimanere solo, e di dover affrontare
la vita e le sue difficoltà come tale. Ilian sapeva che
questo avrebbe reso tutto ancora più difficile…ma
non potè fare a meno di stringergli la mano a sua volta.
Si avvicinò poi alla porta della camera, e la
aprì con delicatezza.
Dopo averla oltrepassata, Ulrich si stupì nel ritrovarsi
sulla pista del circo, lo stesso dove aveva passato la maggior parte
della sua vita.
Erano soli.
Nessun altro era presente in quel momento.
Ilian lo condusse al centro della pista.
Lì si fermò.
Erano uno di fronte all’altro.
Si guardarono per un attimo.
Il viso di Ilian si stava rattristando a poco a poco.
Ulrich se ne accorse, e intuì anche lo sforzo con cui Ilian
cercava di nascondere quel velo di tristezza.
Capì perché lo stava facendo.
Per lo stesso motivo per cui aveva tentato di lasciargli la mano prima
che lui gliel’afferrasse di nuovo.
Semplicemente perché…
…non voleva ferirlo.
Improvvisamente Ilian gli indicò con lo sguardo la scala dei
trapezisti che stava sulla sinistra, proprio dietro Ulirch.
Ulrich si voltò a guardare, ma non capì.
“Vai.” Gli disse allora Ilian.
Ulrich esitò un secondo, ma poi si diresse verso la scala,
tirando con sé Ilian per la mano, come un bambino fa con il
suo peluche preferito.
Ma Ilian non si mosse.
Ulrich si voltò verso di lui, e gli rivolse uno sguardo
interrogativo.
“Io no.” Gi rispose Ilian al capire ciò
che l’altro si stava chiedendo.
“Ma…Ilian…”
“Ehi…sei grande ormai, testa di banana...non fare
il mulo...” E gli sorrise, tirandogli un pugnetto bonario
sulla guancia.
Allora Ulrich sorrise a sua volta e si decise ad andare.
Questa volta però fu Ilian a non mollare a presa.
Ulrich si voltò di nuovo.
“Ti voglio bene.”gli disse Ilian.
Ulrich rimase sorpreso.
L’altra volta…era successo esattamente
l’opposto…
Ma ora, in quelle parole quasi buttate lì per caso,
capì che più di così Ilian non poteva
dirgli. O forse non poteva dirgli nemmeno quello…
Non sapeva il perché…ma questa era
l’impressione che aveva avuto.
Forse fu per questo motivo che non si sentì di chiedere
altre spiegazioni.
Perché forse Ilian…
“Anch’io ti voglio bene, Ilian.”
Sorrisero entrambi prima di lasciarsi le mani dolcemente.
Poi Ulrich si diresse verso la scala ed iniziò a salire sul
trampolino.
Non appena se ne fu andato, anche Ilian si diresse verso la scala dei
trapezisti, ma quella dalla parte opposta, sulla destra della pista.
Salivano insieme quelle scale diverse, che avrebbero portato entrambi
sulla cima.
Ma su due parti opposte…due parti che si potevano scorgere,
che erano sullo stesso piano…ma comunque così
lontane….
Giunto sulla sommità, Ulrich si portò sul
limitare del trampolino, quasi a volersi avvicinare il più
possibile a lui nonostante fossero divisi dal vuoto.
Ilian invece prese tra le mani il trapezio.
Ulrich, al vederlo compiere quel gesto, ebbe un brutto presentimento e
subito gridò disperato:
“ILIAN, FERMATI!!!!!!!! NON FARLO!!!!!!!!”
Ma Ilian, dopo avergli rivolto un ultimo sorriso che gli
sembrò malinconico ma quasi impercettibile data la
lontananza, si lanciò nel vuoto attaccato al suo trapezio.
A Ulrich sembrò di rivivere un deja vu.
Ilian che volava tra i trapezi, saliva e scendeva, saliva e
scendeva…
….e questa volta si avvicinava sempre più a lui.
Fu l’ultimo trapezio quello che mancò.
Quello più vicino a Ulrich.
Ilian non lo prese di proposito, mollato il penultimo, aveva stretto
forte gli occhi, quasi avesse paura di quello che stava per succedere.
Perché lui….non voleva.
Non voleva che succedesse di nuovo.
Allungò il braccio facendo finta di afferrare
invano l’ultimo trapezio.
Ma qualcosa….qualcosa questa volta andò
diversamente.
Mentre si preparava a lasciarsi cadere, con gli occhi stretti e le
labbra serrate, sentì qualcuno afferrargli la mano.
Al sentire quel contatto aprì gli occhi, e lo vide.
Lo stava reggendo, proteso dal trampolino.
Ulrich fece ricadere verso di lui anche l’altro braccio.
“Dai Ilian!!!!! Afferra la mia mano!!!!!”
gridò Ulirch.
“Mi dispiace….” Rispose Ilian
“Ma che stai dicendo????? Dai Ilian afferra la mia
mano!!!!!!!”
Ilian alzò lo sguardo verso di lui, per guardarlo dritto
negli occhi.
E si fissarono così, per un periodo di tempo tanto breve, ma
che sembrò un’eternità.
“Grazie.” disse solo Ilian.
Fu l’ultima parola che pronunciò.
Gli sorrise.
E mollò spontaneamente la presa dalla mano di Ulrich.
“ILIAAAAN!!!!!!”
Gridò allora Ulrich vedendo l’amico cadere di
nuovo nel vuoto.
Lo stesso urlo di quella volta.
Si sbloccò subito e scese velocemente le scale.
Forse vi starete chiedendo…perché invece non si
era buttato giù anche lui….
In realtà un vero motivo non
c’è…ma credo che fosse semplicemente
perché Ilian non l’avrebbe voluto.
Tutto qua.
Arrivato al centro della pista e gli corse incontro.
Giaceva solo, a terra.
Sul viso aveva ancora dipinto il sorriso con cui l’aveva
ringraziato poco prima.
Ulrich si accasciò sopra di lui, piangendo.
Questa volta più che per il dolore, piangeva
perché non capiva.
Perché l’aveva fatto?
Perché Ilian si era lasciato cadere?
Perché nemmeno questa volta era riuscito a salvarlo?
Perché?
Non appena ebbe smesso di singhiozzare, sollevò la testa,
che prima gli aveva appoggiato sul petto.
Lo contemplò per un attimo, sentendosi del tutto smarrito.
Ma poi il suo occhio cadde su qualcosa.
Qualcosa…
Osservò l’ addome di Ilian, leggermente scoperto a
causa della larga maglia sollevata.
Tra l’ombelico e l’inguine intravide dei segni neri.
Si avvicinò meglio, e scostando la parte di vestito che gli
copriva quella zona, vide qualcosa.
Tra l’inguine e l’ombelico Ilian aveva un disegno.
Era delimitato da una decisa linea nera.
Pareva essere…
…un tatuaggio…
Strano….Ilian non ne aveva mai avuto uno…
Ma la cosa che lo colpì fu ciò che rappresentava.
Era un uccello.
Aveva le ali spiegate che andavano dall’ osso sinistro del
bacino, a quello destro.
Era un uccello.
Ed era di fuoco.
***
Si svegliò di soprassalto.
Questa volta stava ansimando, come se avesse fatto una corsa di
chissà quanti chilometri.
Si sentiva accaldato e sudava freddo.
Si voltò e vide Aaron accanto a lui dormire ancora.
Sospirò.
Fece per sdraiarsi di nuovo…ma lo sguardo gli
cadde sull’uscio della porta della stanza.
Lì Piotr, in piedi sulla soglia, lo stava fissando.
Ulrich lo guardò di rimando, con espressione interrogativa.
Piotr pareva irritato, sembrava lo stesse rimproverando per
qualcosa…o almeno questa fu l’impressione che
diede a Ulrich la sua espressione.
Il silenzio che c’era tra loro sembrava
così….
“Come ci si sente a dormire nello stesso letto con la persona
che si deve uccidere?” gli chiese Piotr decisamente
arrabbiato.
Quel tono di biasimo lo ferì profondamente, e lì
per lì non seppe cosa rispondere.
Continuò solo a fissarlo impaurito.
E pietrificato.
Ma come…
***
“Ha ancora la febbre alta…”
Ulrich aprì a poco a poco gli occhi al sentire il contatto
di una mano fredda sulla propria fronte.
“…Newt ora che ha già preso le medicine
è meglio farlo riposare ancora un po’.”
Disse Piotr togliendo la propria mano dalla sua fronte.
“Già…” rispose Newt
allontanando il viso dal malato.
Newton lo stava osservando con attenzione...chissà magari
avrebbe potuto rendersi utile trovando qualche importante sintomo che
avrebbe fatto capire loro qualcosa di più sulla sua
condizione….
Magari un qualche virus o batterio sconosciuti…
Già si vedeva.
“Newton e la scoperta del secolo!” avrebbero
recitato i manifesti cittadini.
Ma in realtà era solo una semplice febbre dovuta a un colpo
di freddo.
Ulrich quella sera era stato accaldato all’interno del locale
e uscire fuori con tutta quella pioggia e tutto quel vento, sicuramente
bene non gli aveva fatto.
“Vedrai che con un po’ di riposo starà
meglio.” Rassicurò Piotr.
Le voci che sentiva attorno a sé gli sembravano echi
lontani…
Le immagini inizialmente sfocate che si ritrovava di fronte iniziarono
a poco a poco a farsi più nitide.
Cominciò a distinguere il viso di Piotr, seduto
sul letto accanto a lui e, dietro Piotr, spuntava invece il
viso curioso di Newt.
Nonostante Piotr fosse lì accanto a lui, spostò
istintivamente lo sguardo verso la soglia dell’entrata della
camera.
La porta era aperta.
Ma…
….un’altra figura lì in piedi
sull’uscio lo stava guardando.
Ulrich si sforzò di vedere meglio, ma la vista da lontano
era ancora un po’ annebbiata.
Scorse però la figura alzare lentamente il braccio destro e
portarsi l’indice teso davanti alla bocca, in segno di
silenzio.
Cercò di mettere ancora un po’ più a
fuoco.
Non riuscì a distinguere molto della figura, solo…
…uno smocking nero.
***
“Diamine, che nottata….” Disse Aaron
stropicciandosi gli occhi. “….ma quanto cavolo ho
dormito…”
Accese la lampada che c’era sul suo comodino toccandola con
la mano e vide che lì vi era appoggiato un biglietto.
“Siamo andati al supermercato. Torneremo per pranzo. Se avete
bisogno chiamateci al cellulare. Mi raccomando, fate i bravi. Piotr e
Newt.”
Sono andati a far la spesa…
Volse poi lo sguardo verso il centro della stanza.
Aprì bene gli occhi per distinguere meglio ciò
che vide. Inteso con certezza ciò che prima aveva solo
notato, si precipitò verso Ulrich.
Le gambe gli cedettero e inciampò più volte, ma
corse comunque verso l’amico, che era seduto a terra, con le
spalle contro il muro, la testa nascosta nelle ginocchia raccolte
contro il petto. I lunghi capelli gli coprivano tutto il viso e parte
delle gambe.
“Ehi ehi!!!! Tutto bene??? Ascoltami Ulrich!!! Tutto
ok???” disse Aaron inginocchiandosi di fronte
all’amico e tentando di scrollarlo un poco per capire cosa
avesse.
Ma Ulrich, come suo solito, non rispondeva.
“Ehi, avanti!!! Dimmi qualcosa!!!!!” insistette
Aaron alzando la voce e afferrandogli le spalle con entrambe le mani.
Ulrich fece ricadere entrambe le braccia a terra, come una bambola
senza vita.
Il viso ancora abbassato sulle ginocchia.
“Ulrich!!!! Ulrich!!!!”
Sentiva Aaron che lo chiamava sempre più forte, ma percepiva
quelle parole come lontane nel tempo e nello spazio….
Era appena arrivato ad un passo a riavere la sua vita, gli aveva
sfiorato le mani, ma l’aveva perduta di nuovo. E ora tutto il
resto gli sembrava non appartenere più al suo mondo.
Le dita delle mani, che aveva appena lasciato ricadere, accarezzarono
il pavimento freddo su cui era seduto, dondolando avanti e indietro.
Poi appoggiò con forza il palmo della mano sinistra a terra
e la fece pian piano scivolare sotto le gambe, ancora inginocchiate al
petto.
Strinse i denti e chiuse forte gli occhi afferrando il coltello che
aveva nascosto sotto le proprie ginocchia. Alzò la mano e
avvicinò pian piano la punta del coltello
all’addome di Aaron.
“Ulrich!!! Ascoltami, che hai??? Vuoi un bicchiere
d’acqua, po’ di zucchero, del succo??? Avanti dimmi
qualcosa!!!!”
Aaron poggiò entrambe le mani sulle sue ginocchia nel
tentativo di vedere meglio cosa avesse.
Che stupido….non si è accorto di
niente…nemmeno del fatto che gli sto puntando un coltello
contro…
Ulrich sogghignò tra sé e sé, con il
viso ancora nascosto tra le ginocchia e coperto dai propri capelli. E
intanto avvicinava la mano che impugnava l’arma, diminuendo
sempre più la distanza che la punta della lama aveva con il
corpo di Aaron.
Quando il coltello arrivò a toccare la sua pelle,
capì che più avanti di così non poteva
andare. Era arrivato il momento di dare il colpo decisivo. Veloce e
indolore.
Pensò a Ilian, al suo amato Ilian che per
l’ennesima volta non era riuscito a salvare, che aveva
lasciato cadere nuovamente nel vuoto.
Aaron intanto sudava freddo, non si era ancora rimesso completamente e
tutta quell’agitazione non gli faceva per niente bene.
Iniziava a sentirsi sempre più affaticato e respirava con
affanno.
E’ giunto il momento…
Sogghignò di nuovo.
Alzò un poco il viso per dare un’ ultima occhiata
ad Aaron prima di colpirlo.
Strinse forte la presa del coltello….
Aaron vide il suo sguardo.
“Ulrich, ma tu….”
….Ora!!!
Spinse forte la lama penetrando l‘addome
dell’amico.
“….stai piangendo.” Disse Aaron con un
gemito di dolore a causa della lama che lo aveva appena trafitto.
A quelle parole Ulrich si bloccò.
Il coltello ancora in pungo, conficcato nell’addome
dell’amico.
Le lacrime, che gli stavano ancora scendendo copiose dagli occhi,
caddero sulle mani di Aaron, ancora posate sulle sue ginocchia.
Si guardarono negli occhi per un decimo di secondo….prima
che Aaron cadesse a terra semi incosciente.
Gli occhi chiari e freddi di Ulrich si incrociarono con quelli caldi e
scuri di Aaron.
Si sentì quasi morire nel vedere che, anche in un momento
del genere, anche di fronte al proprio carnefice, gli occhi di Aaron
erano ancora così colmi di dolcezza…e lo
guardavano senza rimprovero, senza alcuna severità, ma con
tanto tanto amore.
Poi Aaron si lasciò cadere, sfinito.
Il sangue caldo gli aveva già tinto tutto il ventre di rosso
e iniziava a gocciolare anche sul pavimento.
Ulrich lo reggeva, con entrambe le mani.
E iniziò a chiamarlo con forza.
Era una situazione così surreale, in quanto poco prima stava
succedendo l’esatto opposto…i ruoli ora si erano
invertiti, le parti si erano scambiate.
“Aaron!!!!! Aaron!!!! Dimmi qualcosa!!!! Parlami,
avanti!!!!”
Aaron era ormai semi incosciente, ma sembrava così sereno in
viso….quasi stesse facendo un bel sogno.
Cazzo cazzo non di nuovo, non di nuovo!!!!!
Di nuovo?
Era la prima volta che vedeva Aaron in quelle condizioni.
Perché l’aveva pensato? Forse…nella
confusione del momento aveva scambiato Aaron per Ilian…
Che stesse delirando?
No…
Ma Aaron forse sì.
Quest’ultimo infatti, in un lieve momento di coscienza, aveva
aperto un poco gli occhi e pronunciato una parola, una sola parola
guardando fisso Ulrich.
Parola che…suonava così strana alle sue
orecchie…
Ha detto…
“Grazie.”
Così gli aveva sussurrato.
Perché??? Per quale cazzo di motivo deve rendermi tutto
così difficile??? Sta delirando…si
starà sicuramente delirando…non è
possibile che me l’abbia detto seriamente, non avrebbe
senso…no….è impossibile…
Ma tutto questo successe nel giro di qualche minuto.
Resosi veramente conto di ciò che stava accadendo, Ulrich
corse in cucina a prendere qualcosa per tamponare la ferita.
Prese lo scottex, le garze e le bende, che fortunatamente Piotr aveva
lasciato sul tavolo, insieme a tutti gli altri medicinali.
Le gambe gli facevano ancora male…ma che gli importava?
Doveva salvare….
Salvare? Ma se un attimo prima…
Ma chi cazzo se ne frega!!!!
In quel momento Ulrich era sicuro solo di una cosa:
non sapeva cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato fare.
Decise allora di agire di istinto. E in qualche modo questo suo istinto
lo aveva portato ad aiutare la sua stessa vittima…. Che
fosse stato per paura? Forse.
O magari per amo…
Medicò Aaron come meglio potè.
Non sapeva arrangiarsi molto con fasce e
medicinali…Però fortunatamente qualcosa ne
sapeva, in quanto si era sempre dovuto curare le ferite causategli
dalla frusta da solo.
La sua forza di volontà gli aveva dato l’energia
necessaria per poter sollevare Aaron ed accasciarlo sul letto. Stava
dormendo.
Per fortuna il taglio non era profondo…se fosse andato un
po’ più a fondo, arrestare la fuoriuscita di
sangue sarebbe stato molto più difficile.
Ora Ulrich stava in piedi, davanti alla finestra chiusa, la vista della
città coperta dalle tapparelle abbassate.
Lo sguardo perso, fisso nel vuoto. Di quegli sguardi che hanno le
persone che hanno appena assunto una qualche droga, ma allo stesso
tempo uno sguardo nonostante tutto fermo e consapevole.
Si voltò a guardare Aaron , che dormiva come un angioletto.
Il respiro tranquillo, rilassato come se non fosse successo nulla.
Decise di avvicinarsi a lui per osservarlo meglio.
Il pavimento l’aveva pulito, di sangue non era rimasta
nemmeno la minima traccia.
Si sedette sul letto, accanto all’amico. Il viso di Aaron era
coperto dai lunghi capelli castani, ma in parte si poteva comunque
intravedere un lieve sorriso.
Lo guardò per un attimo, non sapeva cosa pensare. Solo
quell’interrogativo, gli tartassava la mente.
Perché mi hai ringraziato?
Ma la risposta non gli arrivò, e forse non gli sarebbe mai
arrivata.
Continuò a guardarlo, in un misto tra tenerezza e
compiacimento.
“Ilian….”
Sussurrò tra sé e sé scostando i
capelli dal viso di Aaron, rigirandoglieli dietro l’orecchio.
Note d'autrice
Ciao!!!
Ecco di nuovo qua!!! ^-^
Questa volta ho riaggiornato alla velocità della luce!!!
(Beh più o meno...)
Sarà stato perchè mi sono sentita in colpa per avervi fatto aspettare tanto per la maturità....
No più che altro, non aspettatevi che sia sempre così...a
volte sarò veloce altre no, dipende...io aggiorno in base a
quanto ci metto a scrivere il capitolo successivo...
Questa notte (anzi più propriamente mattina dato che sono stata
sveglia fino alle 5.30....) ho scritto molto e quindi siete stati
fortunati ^-^
(Sempre ammesso che vi abbia fatto piacere che io abbia già aggiornato XD )
Due parole sul capitolo...spero di non avervi procurato shock eccessivi
come mi hanno già detto di aver fatto...anche se io la vedo come
una cosa positiva, dato che odio essere scontata e spero di non esserlo
stata....
Comunque non pensate che sia finita qui!!!
Ulrich non ha ancora preso un decisione definitiva, dato che non riuscire a fare una cosa non equivale a non volerla fare...
Ne devono accadere ancora di cose!!!
Comunque vedrete come continuerà solo se andrete avanti a leggere! ^-^
(io di sicuro non vi svelo niente, sono una persona anti-spoiler XP )
E spero solo che la drammaticità di certi capitoli non vi fermi
dal leggere il resto, perchè sono convinta che molte delle
persone che iniziano a leggere la mia storia non continuino a leggerla
perchè l'inizio è decisamente (forse troppo) drammatico.
Ma che ci posso fare? La storia è questa...
Che piaccia o no, è questa qua ^-^
Ringraziamenti
Ruin&mady
Coloro che mi han detto di aver provocato in loro uno shock, oltre a un po' di commozione...
Beh...che dire....felice di avervi shockato!!! XP
Speriamo che l'avervi lasciato perplesse sia stato una cosa
positiva...e speriamo anche che il progetto del sito o blog (o
quel che è) su questa storia,
che abbiamo in programma di fare, vada in porto! Sapete che io non me
ne intendo molto (anzi per niete..)....quindi mi affiderò a voi!
E grazie ancora per il continuo supporto e per l'aiuto materiale!!!! ^-^
Ms Murder
Wow che bel commento!!! Grazie mille, davvero ^-^
Sono felice che tu abbia colto i significati del capitolo, è
veramente molto profondo soprattutto perchè, dietro la voce dei
personaggi, si sente molto la mia voce (questa volta più di ogni
altra). Spero di non aver offeso nessuno nè detto castronerie,
ma comunque nelle parole dei miei personaggi sono spesso racchiuse le
mie idee. Dare un'emozione a qualcuno con le proprie parole, beh
è una delle soddisfazioni più grandi che si possano avere
^-^
L'ironia è tipica della mia scrittura, non ho saputo slegarmene
nemmeno nel tema della maturità (che fortunatamente è
andato bene! :) e sono contenta che ti piaccia! Purtroppo è un
modo di scrivere che non può piacere a tutti dato che non
è pacato e oggettivo...però è il mio modo di
scrivere, che non cambierò mai e che mi rende davvero orgogliosa
di me stessa, soprattutto al sapere che c'è chi lo apprezza! ^-^
Ahah non so come mai ti sia tanto affezionata al "Chiusa parentesi
sull'arte fonetica di Jude", è una frase a cui non avevo dato
particolare importanza...ma questo è segno che comunque, in ogni
caso, la spontaneità viene sempre premiata ;)
La parte del quadro è credo una delle parti più belle
della storia, molto dolce...pensa ho davvero intenzione (quando
avrò il tempo necessario) di farlo davvero quel
dipinto...si intitolerà "L'unica eccezione" e un giorno lo
appenderò orgogliosamente sulla parete della mia casetta (quando
ne avrò una tutta mia XD )
La scena di Jude e della madre si è dura, come dici tu.
Questa è la base su cui si fonda il loro attuale rapporto ma
poi, man mano che la storia andrà avanti, si capirà
meglio cosa sia successo tra loro.
Grazie mille per i complimenti e per il "buona fortuna" per la maturità! ^-^
(domani escono i risultati O___O )
Felice come sempre di ricevere le tue recensioni e di vedere che apprezzi sempre la mia storia! ^-^
Grazie mille!!!
pieno_pieno
la prima recensione è stata la tua! ^-^
che bello aver trovato qualcuno altro che mi dice cosa ne pensa della mia storia!
Non è necessario scrivere dei lunghi commenti, basta anche solo
uno smile per gratificarmi (sì., mi basta decisamente poco XP )
Sono davvero felicissima che anche a te la mia storia piaccia molto, e dico anche a te personalmente che spero di non deluderti!
Grazie veramente moltissimo, mi hai reso molto contenta!!! ^-^
Ovviamente poi se qualcuno ha delle critiche sono ben accette anche
quelle! Migliorare è una mia prerogativa! Se poi volete
chiedermi chiarimenti o conferme perchè qualcosa non vi è
chiaro...chiedetemi pure! Io vi risponderò di certo! (a meno che
non mi chiediate anticipazioni o spoiler vari ;)
Un grazie al solito anche a chi legge semplicemente la mia storia o anche a chi ci capita per sbaglio!
(intanto il numero delle visite aumenta e io mi esalto comunque XD )
Beh, ciao a tutti allora!!!!
Alla prossima!!!!
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Thick as a brick ***
thick as a brick
Thick as a Brick
Uscire di casa dopo una discussione era ormai diventato una prerogativa
della sua persona.
Anche se in realtà questa volta non avevano
discusso,anzi....c'era talmente tanto amore nell'aria che neanche
spalancare tutte le finestre era bastato per farlo andare via. E
così se n'era andato lui. Prima che a Grief venisse in mente
qualche strana idea malsana e smielata.
Quello sbarluccichìo d'amore d cui si erano colorati gli
occhi commossi di Gry doveva rimanere nei suoi occhi. Lì!!!
Altrimenti glieli avrebbe come minimo cavati.
Non va bene...non va assolutamente bene...Grief....lui e i suoi stupidi
pidocchi della tenerezza....sta infettando anche me con quell'aria di
pace e amore da hippie!!!! Drogati, ecco cosa sono!!! Soltanto puri e
semplici drogati!!!!! Pace, amore, armonia?!?!? Ma dove cazzo vivevano
quegli idioti?!?!? Mica mi ridurrò così anche
io?!?! Che schifo.....Idiota d'un Grief....lui e i suoi stupidi
pidocchi della tenerezza....
Si fermò un attimo.
E si annusò con noncuranza le ascelle.
Che schifo...Puzzo pure di coccole e dolcezza....Peggio di quegli
orsacchiotti colorati che si vedono in tv....Meglio tornare a casa e
farsi una doccia...
…
Stupido Grief...
Fece per girare i tacchi ma, facendosi scivolare le mani in tasca,
notò una qualche anomalia, qualcosa che lì c'era
ma che non doveva esserci. Erano quelle....
...cazzo di chiavi...
...che aveva raccolto da terra la sera prima, quelle che erano cadute
alla sgualdrina.
Il fiore rosa stilizzato ancora attaccato al mazzetto di chiavi
tintinnanti.
Sì...erano decisamente quelle della tipa scorbutica...ma per
quale cazzo di motivo le aveva raccolte???? Ma
soprattutto...perchè erano ancora nella sua tasca?!?!?
Un pensiero fisso iniziò a tormentarlo...
Pidocchi della tenerezza, pidocchi della tenerezza, pidocchi della
tenerezza....
“No!!!!!!!!!!!” urlò nel bel mezzo della
strada principale che, in quanto tale, era frequentata da una casino di
gente. La quale gente si fermò di scatto e
cominciò a fissarlo cercando forse una spiegazione
ragionevole a quell'imprecazione del tutto fuori luogo.
Beh imprecazione....che esagerati....
“Che cazzo avete da guardare tutti?!?!?”
esordì Jude in preda al nervosismo.
Che-cazzo-avete-da-guardare-tutti.
Ecco le paroline magiche per far riprendere il corso normale degli
eventi.
Infatti tornarono tutti a compiere le mansioni che stavano portando a
termine prima di quel piccolo attimo di ibernazione.
E meno male!!!! Chissà cosa avrebbe fatto Jude se qualcuno
proprio in quel momento si fosse avvicinato a lui da dietro, lo avesse
picchiettato con l'indice sulla spalla e avesse inneggiato un...
“Tutto bene, capo?”
Jude si voltò velocissimamente, roteando su sé
stesso e sferrando a pungo chiuso un colpo ben assestato al termine del
movimento rotatorio di un quarto di giro verso sinistra.
Insomma, si girò di scatto e sganciò un pungo
dritto in faccia al primo mal capitato che gli aveva rotto i coglioni
nel momento meno opportuno.
Si avvicinò pian piano al ragazzo che aveva colpito, che ora
stava disteso a terra, col naso sanguinante. Era un tipo ingombrante,
nel senso che era largo, cicciottello, basso, in ogni caso non una
bella vista per gli occhi immacolati di Jude.
Non che fosse la prima volta che lo vedesse....era solo uno dei tanti
moscerini che gli ronzavano attorno. Uno degli “amici di
Jude” come loro stessi si definivano per darsi un tono di
importanza. Ma per lui non valevano più di qualche formica.
E lui le formiche...si divertiva a schiacciarle...
“Che sei venuto a fare qui?!?” disse in tono
d'accusa, guardandolo dall'alto in basso.
“Jude...iiiiio...ero qui per caso....ti ho visto in
difficoltà...e...e...avevo pensato...di darti una
mano...” rispose tremando di terrore di fronte allo sguardo
accusatorio del capo.
“Tu....dare una mano a me?!?!?” Jude proruppe in
una risata dal sapore forzato “E da quando ti dai
così tanta importanza?!?!?”
“Scusami...non volevo...ho..ho..sbagliato....ora me ne vado,
non ti disturberò più...”
“Sarà meglio per te piagnone. Qui ci si vede solo
quando lo voglio io, dove lo voglio io e perchè lo voglio
io. Le vostre stupide iniziative personali non sono contemplate. Sono
stato chiaro?!?!?”
“Chiarissimo....” rispose il ragazzo ancora steso a
terra, sul punto di scoppiare in lacrime.
“E vedi di eclissarti prima di metterti a frignare. La cosa
mi fa venire il volta stomaco.”
Allora, al sentire quelle parole, il ragazzo si alzò e corse
via più veloce che potè, coprendosi il viso
sanguinante con la mano e col braccio.
Jude rimase lì, fermo immobile, in piedi in mezzo al
marciapiede.
Ahhhhhh....
Ora si che si sentiva pienamente soddisfatto di sé
stesso....aveva dato proprio una bella lezione a quegli stupidi
pidocchi della tenerezza.
Alla faccia tua Grief!!!
Pensò trionfante.
Ma poi abbassò lo sguardo compiaciuto e lo vide di nuovo.
Era ancora lì, nella sua mano sinistra.
E lo stava guardando.
Dannato mazzo di chiavi....
Meno male che aveva colpito il bamboccio con la mano
destra....altrimenti gli avrebbe fatto doppiamente male.
Era stato fortunato.
Decisamente fortunato.
Jude era mancino.
Ma a tirar pugni....beh se la cavava bene con entrambe le mani. A dir
la verità a fare a botte...se la cavava bene con qualsiasi
cosa.
Comunque, tornando al mazzo di chiavi....cazzo era ancora
lì!!!!!!!!
Che cosa avrebbe dovuto fare?
Lanciarle addosso a qualcuno? Buttarle in un tombino? Seppellirle sotto
terra? Fonderle?????
Ma certo!!!!
Cercò di assumere l'aria più indifferente che
potè e si mise a gironzolare innocentemente per la strada
finchè...
Ops! Mi sono cadute le chiavi! Ma io non me ne sono accorto, quindi me
la svigno il più velocemente possib...
“Mi scusi!!! Ehi, mi scusi!!!! Queste chiavi devono essere
sue, le sono appena cadute!!!!”
Porca zozza, che cazzo!!!!!! Sfiga di merda!!!!
Il piccolo, innocente e ingenuo Timothy si stava recando, come di
consueto, a svolgere il suo lavoro part-time presso il bar del padre di
Mag. Fu proprio in quel momento che vide cadere quel mazzo di chiavi
con fiore rosa stilizzato dalle mani di Jude. E fu proprio allora che
decise di restituirlo a quella...
“....signorina!!! Mi scusi signorina!!! Le sono cadute le
chiavi!!!” gridò correndo verso Jude che in quel
momento gli rivolgeva le spalle nel tentativo di svignarsela.
Jude aveva sì aumentato l'andatura per seminarlo
ma...aspetta un momento....
Signorina?!?!?!?!?
Fece una brusca frenata, inchiodando come neanche un'auto sarebbe stata
in grado di fare.
E in questo modo Timothy riuscì a raggiungerlo senza
problemi. Si fermò dietro a lui, ansimando ancora per la
corsa che aveva fatto nel tentativo di raggiungerla, ehm volevo dire
raggiungerlo...
“Fiuuuu....meno male che si è fermata
signorina....non ce la facevo più a rincorrerla...ecco
queste devono esserle cadute mentre....”
Povero piccolo, innocente, ingenuo (e decisamente sfigato...)
Timothy...come potevi sapere che quell'esile fisico da donna..quella
pelle chiara e liscia...quei lunghi capelli neri...quel mazzo di chiavi
con portachiavi a forma di fiore rosa stilizzato...appartenevano in
realtà a un uomo???
Jude si voltò lentamente, con entrambe le mani serrate in un
pungo, che facevano schioccare le esili (ma forti) dita.
Timothy, al vedere la faccia della signorina, sbiancò in
viso diventando più bianco dello stesso Jude (e ce ne
vuole...) e iniziando a sudare freddo.
Cercò di indietreggiare passettino per passettino, ma
divenne una statua di ghiaccio al sentire la voce di Jude dirgli con
sangue freddo...
“Ripetilo, se ne hai il coraggio.”
Timothy iniziò a tremare come una foglia, non sapeva cosa
fare. Non riusciva neppure a muoversi!!! Ma si rese subito conto (e non
ci voleva un genio per capirlo) che, se non si fosse mosso da
lì, sarebbe finita male, molto male.
Fortunatamente qualcosa successe.
Il sentire le ossa delle dita di Jude schioccare in un sordo eco, lo
svegliò come dal torpore di un sogno e gli diede la minima
quantità di energia necessaria (forza del cagasotto) per
correre via da lì, il più lontano possibile da
lì.
Jude lo guardò allontanarsi sempre più
velocemente.
Non lo inseguì.
Semplicemente perchè non ne aveva voglia.
E poi...ora si sentiva ancora più gratificato e soddisfatto
di sé stesso. Aveva appena dimostrato, per l'ennesima volta,
di non essere dominato da quei cazzo di pidocchi della tenerezza!
E poi...si era anche finalmente sbarazzato di quelle dannate chiavi!!!!
Quell'impiastro alla fine non gliele aveva restituite!!!! Ahah!!!!
Un lieve sorriso gli colorò il viso e, a testa alta, riprese
a camminare per la sua strada.
Finalmente posso tornare a casa e farmi la mia docc...
Tin!
…...
Provò a spostare in dietro il piede destro.
Poi lo riportò in avanti.
Tin!
Merda....
Serrò i denti più forte che potè,
pervaso dalla rabbia in tutto il corpo.
Fu tentato di resistere, ma dovette abbassare lo sguardo.
Lì, proprio di fronte al suo piede destro, stava il
simpaticissimo mazzo di chiavi completo di portachiavi a forma di fiore
rosa stilizzato.
Per la cronaca...Timothy, preso dal panico, l'aveva fatto cadere prima
di scappare via a gambe levate.
“Grrrr....stupido mazzo di chiavi!!!!!!!”
urlò prendendo più volte a calci le chiavi che
stavano a terra subendo (povere loro) in continuazione la sua furia.
Questa volta la gente non si fermò...ma vi lascio immaginare
gli sguardi delle persone che vedevano questo individuo equivoco
prendere in continuazione a calci un innocente mazzo di chiavi con
porta chiavi a forma di fiore rosa stilizzato, quasi gli avesse appena
ucciso un parente.
Mah...ce n'è di gente strana in giro....
Dopo aver scatenato tutta la sua furia, si fermò, ansimante
per il grande sforzo dovuto all'accanito combattimento.
Si sedette sul bordo del marciapiede, le chiavi
“sedute” al suo fianco come un cucciolo di cane.
“Grrrr...che cazzo devo fare con voi????”
gridò alle chiavi accucciate ubbidienti al suo fianco. Anche
in questo caso, lascio alla vostra immaginazione gli sguardi allibiti
delle persone che vedevano l'individuo equivoco parlare animatamente
con un mazzo di chiavi con portachiavi a forma di fiore rosa stilizzato.
Una cosa alquanto virile, non trovate?
Sbuffò.
Guardò di nuovo il mazzo di chiavi.
Distolse lo sguardo.
E poi tornò a fissarlo.
'fanculo......
Facendo due calcoli aveva capito che l'unica alternativa ragionevole (e
fattibile), e forse anche quella migliore, era riportare quel fardello
al legittimo proprietario.
Massì...cosa vuoi che sia? Vado lì, lascio le
chiavi sul bancone, esco e me ne vado per sempre. Facile no?
Ma un nuovo pensiero cominciò a martellargli in testa....
Pidocchi della tenerezza, pidocchi della tenerezza, pidocchi della
tenerezza...
“Ooooooooh, al diavolo!!!!!! Non si tratta di un atto di
carità o di buonismo, devo solo sbarazzarmi di questo cazzo
di mazzo di chiavi!!!!! Lo faccio per me mica per il
proprietario.....Questa chiavi, insomma.....pesano!!!! E...mi occupano
spazio nella tasca che potrei utilizzare diversamente!!!!! E poi
attirano gli sfigati, me ne sono già capitati a tiro due
oggi!!!!! Per non parlare di quell'orribile fiore rosa, il fiore del
malocchio!!!!!”
Neanche si rendeva conto che stava parlando da solo...quelle chiavi gli
avevano proprio dato alla testa.... Quindi direi che sono d'accordo con
lui, meglio che se ne sbarazzi il prima possibile...e noi cerchiamo di
non farglielo pesare, che è meglio....
Si alzò in piedi e raccolse il tanto agognato fardello. Lo
prese con l'indice e il pollice (quasi avesse la peste) e
così lo tenne per tutta la strada, a distanza di un braccio
teso dalla propria persona.
Non facciamo commenti su chi lo guardava, ormai la sua reputazione era
al limite della decenza. Ma non diteglielo!!!! Sarebbe un colpo basso
per lui, non so se si riprenderebbe facilmente....
Si diresse allora a passo deciso verso il locale dove, la sera prima,
era avvenuto il fattaccio.
Arrivò quindi all'agognato bar, riconoscibile dal grande
portone in legno.
Entro, lascio giù le chiavi, esco. Entro, lascio
giù le chiavi, esco. Entro, lascio giù le
chiavi...
Questo era il programma.
Infatti entrò, lasciò giù le chiavi
e....
“Ciao!”
Cazzo!!!!!!!!
A quel “Ciao!” Jude fu costretto a bloccarsi prima
di raggiungere la porta.
La voce era femminile e già sentita...poteva essere solo
quella della...
“Oh! Mi hai riportato le chiavi! Graz....”
Con uno scatto Jude fu subito di fronte a Mag, dall'altra parte del
bancone.
“Non sono venuto a riportartele per un atto di
carità o di buonismo nei tuoi confronti.” le disse
risoluto, guardandola in cagnesco.
Mettiamo subito le cose in chiaro!!!!
“Non importa perchè me le hai riportate...ti
ringrazio comunque!”
Erano soli nel locale, un po' buio.
Lui e lei.
Solo loro due.
“Un!” fece Jude snobbandola.
Quello era il suo modo di chiudere il discorso.
Fece di nuovo per andarsene ma...
“Senti, scusami per ieri sera...sono stata un po' troppo
impulsiva e irascibile...è che dovevo fare una cosa
importante e mi sono innervosita troppo facilmente...che ne diiresti se
ti offrissi un bicchiere di succo per farmi perdonare?”
Jude si voltò verso di lei. La solita espressione rabbiosa
stampata sul viso.
“Se ti aspetti che mi scusi a mia volta, sei fuori
strada.”
“No!!! Non volevo dire questo...E poi...capisco che tu sia
troppo orgoglioso per ritornare sui tuoi passi...”
“Come, scusa?!”
“No, niente!!! Riflettevo sul fatto che tu sia una persona
orgogliosa...”
“....” la guardò con aria di sfida
“....e anche se fosse?!” iniziò ad
alzare lievemente la voce, innervosito da quell'interessamento non
richiesto.
“Non c'è niente di male ad esserlo!!! A dir la
verità...io non sono molto diversa da te...dovresti
ritenerti fortunato ad aver ricevuto un'ammissione di colpa da parte
mia...”
“Dovrei...ritenermi fortunato?”
“Già...dovresti...” disse Mag, e
sospirò.
Probabilmente non era contenta della piega che stava prendendo il
discorso.... Spesso le capitava di voler fare due chiacchere con
qualcuno ma di non saper cosa dire o di dire le cose sbagliate... Ecco
questo si era rivelato uno di quei casi. Ed era un difetto mica male,
per una che deve aver a che fare tutti i giorni con persone diverse, in
momenti diversi, in condizioni diverse.
Jude, al vederla rattristarsi all'improvviso, rimase stupito, e si
interrogò sul perchè di quella reazione. Ma non
gli venne in mente nulla di soddisfacente. Aveva forse detto qualcosa
di male? Qualcosa che avrebbe potuto ferirla? Il tono della voce magari?
Ma...aspetta un momento....
Perchè si stava facendo tutti quei problemi?!
Lui era un duro, non gliene fregava nulla degli altri!!! Lui era uno
che faceva a botte con tutti non uno che risolveva i piccoli problemi
amorosi di una giovane ragazza dal cuore spezzato!!!
Eppure...qualcosa non andava...ma cosa?
Sarà stato forse il fatto che...a parte sua madre...non
aveva mai trattato male una ragazza? O meglio...non ne aveva mai avuta
l'occasione...
E di nuovo quello stupido pensiero fisso...
Pidocchi della tenerezza, pidocchi della tenerezza, pidocchi della
tenerezza...
Si sbattè la mano destra sulla fronte, e sbuffò
disperatamente.
Oggi non era proprio giornata....
“Che c'è? Tutto bene? Hai mal di testa per
caso?”
Jude la guardò, scostando lievemente la mano dalla fronte.
No...non ho mal di testa...
“Sì...dev'essere un po' di mal di
testa...” rispose a malavoglia e incrociando le braccia
“...è...è ancora valida l'offerta per
il succo?” disse facendo una smorfia ma guardando da
tutt'altra parte.
Il viso di Mag si illuminò.
“Sì, certo che è valida!!!!! Che gusto
vuoi? Pera, albicocca, frutti rossi, multifrutta, ace, fragola, pesca,
pompelmo, arancia rossa,.....”
“E' uguale!!!” gridò Jude perdendo la
pazienza.
Mag si bloccò per un secondo.
“Scusami...oggi non è giornata...” si
giustificò Jude, sospirando.
Ormai aveva fatto trenta....fare trentuno non avrebbe fatto
chissà quale grande differenza...
L'importante era che nessuno lo venisse a sapere....
“Uh ok! Allora ecco...ti do un bel bicchiere di succo
all'arancia rossa! Ha molte vitamine, vedrai che ti ridarà
presto le tue energie!”
“Se lo dici tu....” disse Jude in modo molto
apatico, mentre si sedeva al bancone del bar.
Non è di questo che avrei bisogno...non ho bisogno di
coccole e carezze...avrei bisogno di menare qualcuno...un qualche
sfigato su cui sfogare tutta la mia rabbia...un esserino mingherlino a
cui tremino le gambe al solo vedermi...uno come...
“Ciao Mag! Scusa il ritardo, ho dovuto fare la strada
più lunga perchè sulla strada principale ho
trovato un tizio che voleva prendermi a botte e
così...”
Si voltò istintivamente verso il bancone del bar.
“Aaaaaaah!!!!!!!!!! E' luiiiii!!!!!!!! E' lui che mi voleva
menare perchè gli ho restituito......!!!!!!”
“Ora ti faccio a pezzi brutto idiota!!!!!!!!!”
“Aaaaaaah!!!!!!!!!” urlò Timothy
nascondendosi dietro Mag.
“Ehi ehi ehi, si può sapere cosa sta
succedendo?!?” chiese Mag ad entrambi fermando Jude,
già passato all'attacco, ponendo le braccia tese di fronte a
sè.
Jude abbassò la testa, guardando le mani di Mag appoggiate
sul suo petto.
“Leva quelle mani da lì.” le disse.
“Sìsì, scusami!!!!” rispose
Mag arrossendo tutta in viso.
“Però adesso sedetevi e chiariamo la cosa in
maniera civile, ok?”
In qualche maniera riuscì a farli sedere entrambi, uno da
una parte del bancone, l'altro dall'altra.
Jude continuava a ringhiare in direzione di Tim che, dal canto suo,
tremava come una foglia.
“Allora ditemi....qual è la situazione?”
“E...ecco...io volevo restituirgli le chiavi e....”
“Mi ha dato della donna!!!!!!!!”
“Ehi ehi calma!”
“Ma non l'ho fatto apposta!!! Il portachiavi era rosa e visto
da dietro ti avevo confuso per...”
“Stai dicendo che assomiglio a una donna?!?!?!?”
“No!!!!!!! Non intendevo questo!!!!!!!!”
“Va bene,va bene ragazzi calmatevi ok?! Ho capito qual
è stato l'equivoco...Tim tu lo hai scambiato per una donna
perchè lui aveva il mio portachiavi che stava tentando
gentilmente di riportarmi....”
“Vorrei ribadire che il mio non è stato un gesto
né di carità né di buonismo.”
“Non ti preoccupare, lo sappiamo che sei
cattivo...”disse Mag per fargli il contentino.
“Già.....” intervenne timidamente
Timothy.
“A proposito....” continuò Mag prima che
Jude potesse fare commenti sulla sua precedente frecciatina
“...non mi hai detto come ti chiami!”
Jude la guardò sospettoso.
“Dammi una buona ragione per cui dovrei dirtelo.”
“Perchè non mi piace rivolgermi a te dandoti solo
del “lui”...”
Jude si voltò a guardare Tim.
“....”
Poi aggiunse “...Te lo dico solo perchè questo
pivello si possa ricordare di me in futuro così da non
mettermi di nuovo i bastoni tra le ruote. Mi chiamo Jude.”
“Un nome, un programma...” fece a bassissssima voce
Timothy.
Ma non bassa abbastanza....
“Cosa hai detto?!?!?!?”
“Nulla nulla nulla!!!!!! Scherzavo!!!!!!”
“Tze....I vermi come te mi fanno venire il volta
stomaco....”
“Io invece credo sia un bellissimo nome! E' un nome
importante....carico di tanti significati....” disse
timidamente Mag.
“Se lo dici tu....A me non fa alcuna differenza...”
“Nono dico sul serio!!! Lo penso veramente!!!!”
“Sì....”
“Comunque, perchè ora non fate la pace? Da bravi,
su!”
“Va bene....”
“No.”
“Perchè no, Jude?”
“Io non chiedo scusa, non reclamo il perdono, non chiedo per
favore, non ritorno sui miei passi, non dico grazie ne tanto meno
faccio la pace.”
Ma guarda un po' 'sti imbecilli che mi vogliono far fare...
“Ma allora non c'è proprio niente che tu possa
fare per perdonare il povero Timmy che si assume tutta la
responsabilità della cosa?”
“Beh veramente....Ahia!!!!!!!”
Gomitata in pancia a scopo di zittire il ricevente.
“Non saprei....”
Dopo il detto “hai fatto trenta, fai anche
trentuno”, sapete per caso esista un seguito,
chessò...”hai fatto trentuno, fai anche
trentadue” ????
“....l'unica alternativa sarebbe che per caso io mi
dimenticassi dell'accaduto...ma è praticamente
impossibile.... C'è una possibilità su un milione
che ciò avvenga....”
Si voltò a guardarli, entrambi lo fissavano desiderosi di
ricevere dalle sue labbra una risposta positiva.
Si rassegnò.
“...Ma forse...sei abbastanza fortunato perchè tu
sia quell'unica possibilità...”
“Evviva!!!! Grazie Jude!!!! Ringrazialo, Tim!!!!”
“Grazie Jude.....” fece Timothy poco convinto.
“Basta ringraziamenti. Odio i ringraziamenti.”
Gli altri due, che già stavano festeggiando, si bloccarono.
“Ok....” fecero entrambi.
“Ehi, Jude!” continuò Mag
“Perchè adesso non ti rilassi e ti bevi il tuo
bicchiere di succo? Ora non ci sarà più nessuno a
romperti le scatole! Pace e tranquillità
garantita!!!”
Sì....in effetti ora potrei concedermi un momento di pace e
serenit....
“Ehilàààààà!!!!!!!!!!!!
Salve a tuttiiiiiiiiii!!!!!!!!!! Come ve la passate da queste
parti?????? Newt, il re della festa è
arrivatoooooo!!!!!!!!”
Oh Cristo.....
Note d'autrice ^-^
Ciao a tutti!
Come procedono le vacanze? Spero bene ^-^
Io, nonostante abbia finalmente finito il liceo, mi ritrovo a dover studiare per entrare in università...
che pizza - . -''
ma è un sacrificio che ho voluto fare! :)
Sabato invece parto alla volta della Polonia! Due giorni di viaggio in macchina... - . -''
Però magari mi viene in mente qualcosa per la storia nel frattempo! ^-^
Ci passerò un mesetto, ma non vi preoccupate, avrò lì il mio bel netbook e continuerò a scrivere :)
Cosa dire invece di questo capitolo...è decisamente diverso
dall'atmosfera di quello precedente...ma credo non meno denso di
significati, solo che qua forse erano un po' mascherati dalle risate!
Comunque, mi sono divertita molto a scriverlo! ^-^
a smaterializzare Gry sotto forma di "pidocchi della tenerezza"... :)
a parlare di Jude e del suo lato più divertente, prendendolo un
po' in giro sul fatto che è un po' complessato...
Si arrabbia troppo facilmente e, quando viene intaccata la sua figura
di "uomo stronzo e cattivissimo", si arrabbia ancora di più,
perdendo decisamente il controllo della situazione.
Jude
non è stupido...in fondo sa benissimo di avere dei punti deboli
ma non vuole mostrarlo a nessuno. E' estremamente irascibile e
orgoglioso... e se portiamo questo suo lato all'esasperazione, in
alcune situazioni finisce di ricadere un po' nel ridicolo :)
e spero che leggere di questo vi sia piaciuto! ^-^
Riangraziamenti
Ruin&mady
Non ho voglia di ringraziarvi....tanto vi dico sempre le stesse
cose!!!! Io continuo per la mia strada, continuerò a scrivere
felice di rendere più liete le vostre giornate e altrettanto
felice che consideriate la mia storia e i suoi personaggi, parte
integrante della vostra vita! XD
Incrociamo le dita sperando che il finale non sia per voi deludente!
E grazie ancora per i vostri commenti, le chiaccherate, e l'aiuto nella preparazione delle pagine di internet! Grazie! ^-^
The Harlequin
Scusami, avevo messo ancora il tuo nick vecchio O__O
Ora l'ho corretto! ^-^''
Comunque figurati, per il ritardo non c'è problema! ;)
Il capitolo di Ulrich e Aaron è decisamente drammatico e profondo...Ulrich
è il personaggio che più si trova in difficoltà e,
anche se a volte lo tiene dentro, rimane comunque una situazione di
stalllo.... E' ancora combattuto, non sa cosa fare, agisce andando
avanti a contro sensi, pugnalando prima Aaron e poi curando la sua
stessa vittima....Sì, è decisamente molto confuso. E
disperato anche. Perchè comunque rivedere Ilian certo non gli ha
fatto per niente bene. Io credo che nel gesto di Ilian di lasciarsi
cadere di nuovo sia nascosto un po' il suo volere, come se volesse dire
ad Ulrich di non salvarlo, perchè questo è ciò che
è stato e non bisogna rimanare legati al passato guardando
continuamente indietro, ma è giusto invece ricominciare rivolgendo lo sguardo
al futuro. Ma Ulrich è preso dalla disperazione e, logicamente,
è più colpito dal gesto di Ilian che dal suo significato.
Ulrich si è affezionato ad Aaron ma il punto è...gli si
è affezionato più di quanto lo fosse ad Ilian? In fin
dei conti Aaron e Ulrich sono ancora poco più che
sconosciuti....Ma sta di fatto che chiunque, al posto di Ulrich,
farebbe decisamente fatica a uccidere una persona per un atto di puro
egoismo, soprattutto se questa persona rende tutto più difficile
dimostrandosi disponibile nei nostri confronti. Hai ragione, il
tizio in smocking è irritante, una sorta di avvoltoio! XD
Comunque grazie per i complimenti!
Dopo il precedente capitolo drammatico spero che questo sia stato un
po' più divertente (a modo suo :) e spero sia stato di tuo
gradimento! ^-^
L'esame è andato bene, mi son presa il mio 88 e sono a posto e felice XD
Ora si studia per l'università!
Il quadro comunque è deciso che lo farò e per il commento alla tua fic, figurati, è meritato! ^-^
Posso rivolgerti una domanda giusto per togliermi una curiosità?
Qual è il tuo personaggio preferito (se ne hai uno)? E magari
anche perchè se ti va di dirmelo ^-^
Giusto per curiosità, tranquilla ^-^''
Grazie del continuo supporto e delle tue recensioni (sempre apprezzate)!!!
Al prossimo capitolo! ^-^
pieno_pieno
E' stata ancora tua la prima recensione! Che bello sono davvero
contentissima di aver trovato qualcun altro a cui piace la mia storia e
che la recensisca! ^-^
Non importa se non sei loquace e se pensi di non saper lasciare le
recensioni, ogni commento, anche minimo, mi rende davvero
felicissima!!!!
Ogni incoraggiamento mi dà la forza e la voglia di scrivere, quindi grazie mille!!! :)
E sono altrettanto contenta di non deluderti con ciò che scrivo! E' veramente una grande soddisfazione!
Rivolgo anche a te la stessa domanda che ho fatto a Ms Murder se ti va di rispondermi. :)
Solo per togliermi una curiosità...qual è il personaggio
che ti piace di più (se ne hai uno)? E anche perchè se ti
va di dirmelo ^-^
Grazie ancora di tutto!!! :)
Alla prossima! ^-^
Grazie a tutti i visitatori e a chi legge e continua a leggere la mia storia!!! ^-^
Buona continuazione di vacanze!!!
A presto!!! ^-^
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Fairytale Gone Bad ***
fairy tale gone bad
Fairytale Gone Bad
“Posso prendere i marshmallows?”
“No.”
“E gli orsetti gommosi?”
“No.”
“E le stringhe di liquirizia?”
“No.”
“E le barrette di riso soffiato ricoperte di
cioccolato?”
“No.”
“E le gelatine alla frutta?”
“No.”
“E le cicche alla fragola?”
“No.”
“E le crostatine ai mirtilli?”
“No.”
“E i lecca-lecca arcobaleno?”
“No.”
“E i popcorn dolci, le uova di cioccolato bianco, i biscotti
allo zenzero?”
“No. No. E...NO.”
“Ma uffiiiiiiiii!!!!!!!! Venire a fare la spesa con te
è davvero una rottura!!!!!!! Non mi hai fatto nemmeno
prendere la pizza farcita con ananas, melone, frutti di bosco e pesche
dolci!!!!!!!”
“E te ne domandi anche il motivo?”
constatò Piotr.
“Eccccerto!!!!!! Non sei mica tu a decidere cosa devo
mangiare!!!!!!” si impose Newt.
“Se ti facessi mangiare tutta quella... roba, perderesti
valore. Chi ti comprerebbe poi all'asta di beneficenza del
quartiere?”
Breve pausa di silenzio.
“Stai....stai insinuando che vorresti
vendermi?????” chiese poi Newt, dopo aver realizzato il senso
dell'affermazione precedente.
“Sai, è da qualche mese che ho in testa un decina
di libri da comprare...”
“Ah sì, eh???? Bene allora resto qui!!!! Proprio
qui, nel reparto di....creme contro le emorroidi e rimedi contro la
stitichezza!!!!” abbassando la voce “Cazzo proprio
in questo reparto dovevo...Comunque!!!!!! Ti pentirai amaramente di
avermi abbandonato qui, e ritornerai a prendermi!!!!”
“Abbandonato? Guarda che hai fatto tutto tu....”
“Seh seh certo iniziamo a inventare balle!!!! Và a
prendere i tuoi “dieci libri da snob forbito” e
pentiti di avermi abbandonato qui, al reparto...insomma hai
capito!!!!!”
“Ma io voglio venderti, non abbandonarti...al massimo
barattarti, ma abbandonarti sarebbe uno spreco cospicuo di
denaro...anche se, ora come ora, sarebbe musica per le mie
orecchie....”
“Sì sì, continua per la tua strada!!!!
Ti va bene che non ho con me neanche un centesimo, se no mi sarei
comprato tutta la roba che voglio, e me ne sarei andato già
da un pezzo!!!!!”
“La prossima volta almeno ti ricordi di portare il tuo
portafoglio. Non sono mica Aaron io...”
“Beh, ma almeno Aaron non è egoista come te, e mi
prende qualcosa ogni tanto!!!”
“A parte il fatto che Aaron è troppo buono, ma
dimentichi una cosa importante....lui non deve venderti...”
“Grrrrr!!!!! Meglio che vai alla cassa prima che ti salti
addosso!!!!!!” fecce Newt con fare da arrogante.
“Sì sì va bene va bene....ti aspetto
lì fra sessanta secondi...” rispose Piotr
snobbandolo.
“Ehi!!!!!! Ti ho detto che io rimango qui!!!!!”
“Non durerai nemmeno un minuto....”
“Questo lo dici tu!!!!! Un!!!!!” concluse Newt con
aria altezzosa, sedendosi a terra a gambe incrociate.
“Come vuoi...io intanto vado...” rispose Piotr
allontanandosi tranquillamente con il carrello.
Quello smorfioso crede che io dipenda totalmente da lui. Ma se la pensa
così, si sbaglia di grosso!!!!
Newt iniziò a rovistare negli scaffali, allungando le mani,
ma rimanendo seduto saldamente a terra.
Vari sono i fattori annoverati tra quelli che contribuiscono
all’insorgenza delle emorroidi e che in particolare
contribuiscono all’aggravamento di una patologia in atto. Non
sono state individuate cause precise...Aaaaaaaahhhhhh ma vaffanculo!!!!!
Pensò, e rimise al suo posto la crema che aveva appena
smesso di leggere.
Non sarebbe stata una cattiva idea prendere almeno con sè
qualcosa da fare...
“Uffffffff.......e adesso che faccio?????” disse
incrociando le braccia al petto e facendo il broncio “Potevo
scegliermi almeno un reparto migliore!!!! Chessò...
caramelle...dolciumi vari...superalcolici...riviste
pornografiche!!!!!”
“Ehi piccolino, ti sei perso?” fece improvvisamente
una voce che proveniva da dietro di lui.
“No, grazie stavo solo....ehi a chi hai dato del
piccolino??????”
Rispose irritato Newt, e si girò di scatto verso il nemico.
L'individuo da cui era venuta la voce era un giovane ragazzo sulla
ventina. Aveva i capelli neri e lunghi, tirati in alto in un'alta
cresta (ma una cresta di quelle naturali, nel senso che non portava il
gel ma erano semplicemente capelli naturalmente annodati e spettinati
rivolti verso l’alto)e portava dei ridicoli occhiali blu,
come quelli dei Blues Brothers, solo che non li aveva da sole ma da
vista. Le lenti così grandi lasciavano vedere perfettamente
i suoi profondi occhi neri. Era vestito con una camicia sciatta con un
motivo scozzese rosso, con righettine verdi nere e bianche, slacciata
con noncuranza, lasciando intravedere la maglietta della salute bianca.
Anche i jeans chiari erano piuttosto malconci, pieni di strappi e di
fili rotti.
Era un poco goffo, leggermente incurvato in avanti, aveva un po' l'aria
da...imbecille.
Spingeva un carrello pieno di cose varie, in maggioranza schifezze
immangiabili.
Comunque....
“Oh! Scusami! Ti avevo scambiato per un bambino! Beh in
realtà...anche ora ti sto scambiando per un bambino! Ahah!
Eppure mi sa che non lo sei, ma sembri comunque un bambino!
Ahahahah!”
“Ehi faresti meglio a chiudere quella bocca, prima che io mi
arrabbi sul serio, imbecille!!!!”
“Imbecille? Ahah davvero? No aspetta....Ahhhhhh l'ho
capita!!!! Im-be-cil-le!!! Ahah!!!! Sei troppo spiritoso!!!!! Ahah!!!
Sei proprio uno spasso amico!!!! Sai che nessuno mi aveva mai chiamato
così? Ahah!” fece il ragazzo piegandosi in due dal
ridere.
Che cazzo ha da ridere??? Non c'è niente da ridere!!!!!
“Davvero? Beh vedrai che d'ora in poi lo sentirai dire sempre
più spesso...”
“Oh beh, spero di sì...così mi
farò quattro risate, ahah! Comunque le riviste porno sono
nel reparto 12...ne ho già prese una decina! Non credi anche
tu che siano divertenti?”
“Divertenti....?” disse Newt facendo una smorfia di
incredulità.
“Sì!!! Hai mai notato le facce delle modelle che
posano per quelle riviste??? Ahah, sono troppo divertenti!!!!”
“Mi vuoi far credere che tu compri quelle riviste solo per
vedere...le facce?!?!?”
“Sì certo! Perchè, c'è altro
da vedere?”
“.....”
“Ah a quanto ho capito volevi prendere anche i superalcolici!
Beh quelli sono nel reparto a fianco! Ma a quanto ho capito devi
mostrare un documento o qualcosa di simile....per controllare
l'età, sai di questi tempi succedono....”
Ma Newt aveva a poco a poco smesso di ascoltarlo.
Quanto è rincoglionito 'sto qui...
Il suo sguardo vagò un poco dagli scaffali, alle lampade sul
soffitto, dal pavimento alle creme per le emorroidi, dai rimedi per la
stitichezza al pupazzo che sedeva nel posto bimbi del carrello....
Aspetta.
Pupazzo che sedeva nel posto bimbi del carrello???
Nel seggiolino per i bambini attaccato al carrello del ragazzo, vi era
infatti un pupazzo, piuttosto inquietante, dai capelli grigi lunghi
fino alle spalle (parevano quelli di uno spaventapasseri), gli occhi
vitrei, vestito con un frac nero, una camiciola bianca, un papillon
rosso e in testa un cilindro (sempre nero) un po' appiattito.
Era...sì, era decisamente una bambola da ventriloquo. Lo si
poteva capire dai netti tagli verticali ai lati della bocca. Sembrava
una di quelle spaventose bambole che si vedono nei vecchi film horror
di una volta.
Newton spalancò gli occhi scandalizzato, allontanandosi dal
carrello.
“.....perchè sai ho sentito proprio ieri di un
tizio minorenne che ha tentato di rubare un superalcolico e allora
hanno chiamato....Ehi, tutto bene? Sei bianco....bianco come...il
latte! Ahah!!! L'hai capita??? Bianco-come-il-latte!!! Il latte
è bianco, no? Ahah!!!”
“Cos....cos'è quel coso....????” chiese
Newt titubante e tenendo le dovute distanze.
“Uhm? Cosa?” poi il tizio si voltò,
seguendo lo sguardo di Newt “ Aaaaaaaaah intendi il pupazzo
che è seduto nel posto bimbi del carrello?”
“Quello.”
“Lui è Mr Kush!” disse il ragazzo
imbracciando il pupazzo “Mr Kush, saluta il nostro nuovo
amico!” fece avvicinandolo pericolosamente a Newt.
“Aaaaaaaaah!!!!! Tieni quel coso lontano da
me!!!!!” gridò l'altro indietreggiando felinamente.
“Ahah, ma no! Mr Kush è innocuo! Non è
vero Mr Kush?”
“Questo pezzente ha la faccia da coglione.”
esordì il pupazzo.
“Ehi!!!! non fare il maleducato!!!! Scusalo amico, Mr Kush
è uno senza peli sulla lingua!”
“Vuoi mettere a quante troie posso leccare il culo con una
lingua così raffinata?” fece di nuovo il pupazzo
con la sua voce roca da uno che fuma trenta pacchetti di sigarette al
giorno.
“Wo wo vacci piano Mr Kush, adesso stai
esagerando!” lo interruppe il ragazzo.
“Ok, va bene mollaccione...sempre a rovinare la festa...Sono
Mr Kush. Considerami come il cervello di questo mollusco.”
“Ahah il cervello del mollusco!!!! Bella questa, eheh!!! Non
è divertente, amico? Amico...?”
Una bambola assassina....che parla....e che lecca il culo alle
troie.... E' un incubo!!!!!
Newt era paralizzato a terra. Per spostarlo da lì avrebbero
probabilmente dovuto staccare le piastrelle su cui era seduto.
Ed era bianco come un cencio.
Dire che quella bambola gli faceva raggelare la pipì nei
pantaloni era ancora troppo poco.
Un pupazzo che va a troie...Beh, se ne vedono tutti i giorni no?
“Aaaaaah che strazio...mi fumerei un sigaro....Ehi mollusco,
ce l'hai un sigaro?” fece Mr Kush con fare annoiato.
“No, non ce l'ho...” rispose il ragazzo un po'
dispiaciuto.
“Beh, allora vallo a comprare! Che aspetti?!”
ordinò il pupazzo.
“Sì! Subito, Mr Kush!” poi si rivolse
verso Newt “Beh amico, mi ha fatto piacere conoscerti! Ci si
vede in giro, ahah! Grazie delle risate! Alla prossimaaa!”
Il tizio strano corse via spingendo forte i carrello lungo la corsia
per poi staccare i piedi da terra e metterli su un pezzetto sporgente
del carrello, aspettando che quest'ultimo rallentasse e si fermasse da
solo. E quando successe tirò giù un piede e si
diede nuovamente una spinta. E così fece lungo tutto il
tracciato.
Newt, invece, rimase di ghiaccio, come lo era stato prima. Solo le
pupille si muovevano, seguendo lo strano tipo che si allontanava a poco
a poco.
3......
2............
1..................
“Piooooooooooootr!!!!!!!!!!!!!!!!!”
gridò correndo in direzione delle casse.
“Piooooooooooootr!!!!!!!!!!!!!!!!!”
Piotr era lì vicino alle casse, le braccia incrociate sul
pezzo in plastica del carrello su cui solitamente si appoggiando le
mani e su cui era leggermente accasciato. Le gambe rilassate dietro di
lui, una incrociata sopra l'altra. Era ignaro di tutto. Ma, al sentire
quel grido disperato, si voltò con tranquillità e
vide Newt correre verso di lui.
Non appena quest'ultimo lo aveva avvistato, infatti, aveva aumentato la
velocità, in una collisione che per molti sarebbe potuta
essere fatale. Ma Piotr ormai ci aveva fatto l'abitudine. E aveva preso
le dovute precauzioni.
In questo caso, era la confezione da sei di bottiglie d'acqua naturale.
Appoggiata sul proprio ventre.
“Piooooooooooootr!!!!!!!!!!!!!!!!!”
Mayday Mayday!!!!!
Boooooom!!!!
Collisione.
Newt stava per sputare lo stomaco.
Causa del decesso:
“Violento impatto con confezione da sei di bottiglie d'acqua
naturale”.
Era finito per abbracciarla e, con lei, anche Piotr, che tutta la calma
di questo mondo, si slegò pian piano dalla stretta
dell'amico.
“Piooooooooooootr!!!!!!!!!!!!!!!!!”
tentò di gridare in un rantolo un po' più
soffocato a causa della forte collisione. Ma la voce gli
tornò subito.
“Piooooooooooootr!!!!!!!!!!!!!!!!!”
“Sette minuti e trentadue secondi. Complimenti, è
un nuovo record.”
“Piooooooooooootr!!!!!!!!!!!!!!!!!”
continuò Newt, ora piagnucolando.
Continuava ad urlare nonostante gli stesse di fronte.
“Lo sai che siamo a una distanza di...fammi dare
un'occhiata...sì, direi approssimativamente di 4,325 cm.
Dove sta la necessità di aumentare i decibel man mano che ti
avvicini all'uditore?”
“Piooootr.....” disse ora disperato, tirando
l'amico per il lembo della maglietta.
“Ok...ok...Allora, cosa ti ha trattenuto questa volta? Le
patatine? I coccodrilli gommosi? La cioccolata calda?”
“Pupazzo assassino!!!!!” rispose Newt riprendendo
subito la sua foga.
“Pupazzo assassino? Cos'è una nuova marca di
cereali?”
“No!!!!!! Un pupazzo assassino vero!!!!!!!!”
“Un pupazzo assassino ver....aaaaaaaah ho capito. Hai
mangiato di nuovo la Nutella dal barattolo esposto in assaggio. Quando
la smetterai di abbuffarti di quella roba? Lo sai che ti fa
male...”
“Nono non è così!!!! Io l'ho
visto!!!!” insistette Newt.
“Ho capito. Bene, prendiamo le nostre cose e torniamo a casa
prima che tu vada di nuovo ad abbuffarti. Già faccio fatica
a domarti da sobrio. Figuriamoci da allucinato.”
“Ma io non sono allucinato!!!!”
“Come dici? Sì sono d'accordo. Sarà un
ritorno a casa lungo e faticoso....”
***
“Ora che siamo fuori dal supermercato...puoi spiegarmi bene
cos'è successo? Ho capito che centra la Nutella, ma non ho
ancora compreso il ruolo del pupazzo.”
“C'era un tizio lì dentro, uno strambo, non ci
stava proprio con la testa!!!!” fece Newt con veemenza.
“Tu non dovresti parlare...” constatò
Piotr.
“Ehi!!!! Non è questo il punto!!! Sto tizio aveva
un pupazzo, terrificante, hai presente quelli dei film
horror?”
“No.”
“Va beh, insomma, quelli!!!! E parlava!!!!!”
“Probabilmente era un ventriloquo.” concluse Piotr.
“Sìsì esatto, quel pupazzo era proprio
un ventriloquo!!!! Anzi, ti dirò di più, era
proprio un cagacazzo!!!!!”
“No. Il ragazzo era un ventriloquo. Non il pupazzo.”
“No va beh, dai....sì, il ragazzo era proprio un
imbecille, ma addirittura ventriloquo, mi sembra un insulto
esagerato....”
Piotr si voltò a guardarlo. Un'occhiata di un paio di
secondi e poi ritornò a guardare la strada.
“Newt. La parola “ventriloquo”
è il termine che si usa per designare chi sa parlare a
labbra chiuse e senza alterare i muscoli lisci facciali, con voce
modificata che pare uscita dal ventre. Non è un
insulto.”
“Ehm....sì....sìsì ho
capito! Insomma il ventriloquo è chi chi sa parlare con
muscoli chiusi, senza alterare le labbra facciali, col ventre a voce
modificata......chiaro no?”
“No. Te lo dico utilizzando una versione del programma
cerebrale più semplice, così che anche il tuo
cervello la possa recepire. Il pupazzo non parlava veramente, in
realtà era il ragazzo a prestargli la propria voce, senza
muovere le labbra. E' una tecnica particolare, che si impara con la
pratica. Bisogna sapere regolare il diaframma e sostituire alcune
lettere con altre in modo che la loro pronuncia non ci faccia muovere
le labbra. Meglio?”
“Sìsì, ok ci sono!!!!” disse
fieramente Newt.
“Bene.” Piotr si fermò un secondo.
Si portò la mano destra sul viso e, mentre rifletteva, si
teneva il mento tra l'indice e il pollice.
Poi riprese, domandando:
“Dimmi un po' Newt, quel ragazzo portava dei grossi occhiali
blu? Aveva un'alta cresta di capelli neri? E degli occhi altrettanto
scuri?”
“Sìsì!!!!!!! E' proprio lui, era
esattamente così!!!!! Ma scusa....come fai a
saperlo????” chiese Newt stupito.
“Beh, se la descrizione combacia, quel tizio può
solo essere....”
“Ciao!!!!”
Qualcuno sbucò dal nulla.
Anzi, più propriamente da dietro di loro.
“Amico!!!! Alla grande, come stai? Allora? Le hai trovate le
riviste pornografiche?”
Qualcuno.
Infondo come si dice....
Parli del diavolo...
“Riviste pornografiche? Non le avrai infilate di nascosto nel
carrello spero!” fece Piotr voltandosi verso Newt,
scandalizzato anche alla sola idea di aver forse comprato
(dato che i soldi erano suoi) delle riviste sconce.
“Nonono io non le ho prese!!!!! Non ci sono andato!!!! Sono
corso da te non appena ho visto il pupa...”
“Intendi Mr Kush?” fece il ragazzo con un grande
sorriso e porgendo a Newt il pupazzo, tenendolo con entrambe le mani.
Newt quasi svenne.
Non appena ebbe realizzato di nuovo la situazione, si nascose dietro
Piotr.
“Piotr è lui il pupa....!!! Ehi, ma che stai
facendo???”
Piotr stava smanettando con una calcolatrice.
Ne portava sempre una con sé, per controllare che gli
dessero il resto esatto.
“C'è qualcosa che non quadra...ero quasi convinto
che non mi avessero dato dieci centesimi....ma no...riguardando lo
scontrino e facendo due calcoli, pare sia tutto in regola.”
“Sì certo!!! Finchè fai la spesa
più striminzita del pianeta, darti il resto giusto non
è mica una grande impresa!!!”
“Ti ricordo che la tua media di soldi sborsati per far
compere al supermercato è di 246,97 euro. Moltiplicalo per
365 giorni dell'intero anno.....”
“Novantamilacentoquarantaquattro virgola
zerocinque.” disse il ragazzo con il pupazzo.
“Scusa?” fece Piotr.
“Novantamilacentoquarantaquattro virgola zerocinque. E'
questo che spenderebbe.” disse il tizio strano grattandosi la
testa con aria impacciata e sfregandosi il piede sui jeans chiari.
“Piotr dammi la calcolatrice!!!!!” disse Newt
strappandogliela di mano.
“Duecentoquarantasei virgola novantasette per
trecentosessantacinque...” ripetè Newt a bassa
voce schiacciando i tastini colorati.
Novantamilacentoquarantaquattro virgola zerocinque.
“E' esatto!!!!!!!!” esordì Newton
allibito.
Aggiungendo subito...
“Ma come diavolo hai fatto?????”
“Ahah! Ho la memoria di una testuggine io!” disse
il ragazzo sorridendo.
“Vorrai dire di un elefante, semmai.” lo corresse
Piotr.
“Nono! Di una testuggine! Le testuggini hanno più
memoria degli elefanti, perchè vivono di
più!” affermò di nuovo il tizio.
“Guarda che ti sbagli. Le testuggini non hanno....”
“Ti assicuro che ho ragione! Te lo dico io, è
così! Anche su un blog l'ho detto...”
“Tremilaseicentocinquantasei per
novemilanovecentonovantanove???”interruppe Newt.
“....trentaseimilionicinquecentocinquantaseimilatrecentoquarantaquattro.
No dicevo, l'ho detto a una tipa che ha detto che è una
scienziata specializzata nell'animale più memorioso del
mondo e anche lei....”
“Settecentocinquataseimilatrecentottanta diviso
settecentoventunomiladuecentosettantatre????”
“Uno virgola zero quattro otto sei sette tre sei sei quattro
quattro sette nove tre tre. Comunque anche questa famosissima
scienziata qui mi dava ragione!!!"
“La radice di
ventritemilaquattrocentosessantacinque??????”
“Centocinquantatre virgola uno otto due otto nove sette due
uno sette sei sette due quattro. Dunque, dicevo, che mi dava ragione!
L'unica cosa che non ho ancora compreso sono gli
“Ahah” che ha ripetuto più volte alla
fine del commento in cui mi dava ragione...”
“E il quadrato di....”
“Newt la vuoi piantare????? Ascolta me, Reimo. Quei blog sono
fonti poco attendibili, non sai mai chi ti scrive e da dove prende
ciò che scrive. Magari quella scienziata era in
realtà una semplice ragazza. Che in realtà era
una casalinga cinquantenne. Che in realtà era un uomo. Che
in realtà era un medico. Che in realtà era un
poliziotto. Che in realtà era uno stupratore. Che in
realtà era Newt. E così via...”
spiegò Piotr.
“Ehi!!!! Perchè ti diverti a tirarmi sempre in
mezzo????” protestò Newt.
“Insomma, non ti fidare troppo...capito?” disse
Piotr bonariamente.
“Sìsì capito! Però io ho la
memoria di una testuggine!” continuò il ragazzo
sorridente.
“Aspetta un secondo Piotr...Reimo? Ma tu allora lo
conosci???” realizzò Newton.
“Sì, è un compagno di corso di
Aaron.” rispose Piotr.
“Aaron!!! E come sta? Non l'ho visto molto in questi
giorni...” disse il ragazzo.
“In realtà non molto bene. Ma è una
storia lunga...” spiegò Piotr.
“E...e.... e state tornando a casa da lui?”
“Sì è così.”
“Posso venire anch'io?” chiese Reimo con aria da
bambino.
“No testa di cazzo!!!!! Ti pare il momento giusto per
gironzolare per la città???? Dobbiamo tornare a
casa!!!!!”
“Casa, Mr Kush? Io non ho una casa!” rispose Rei.
“Sì che ce l'hai.”
“Nono.”
“Ti dico di sì!!!!!”
“Ho la memoria di una testuggine. Me ne ricorderei!”
“E invece non ti ricordi un cazzo!!!!” insistette
il pupazzo.
“Ho la memoria di una testuggine.”
“Vogliamo tornare a casa???”
“Ho la memoria di una testuggine.”
“Mi stai ascoltando???”
“Ho la memoria di una testuggine.”
“Ti ho chiesto se mi stai ascoltando!!!!”
“Ho la memoria di una testuggine.”
“Rei!!!!!!”
“Mr Kush, Reimo. Noi ci fermiamo un attimo qui. Andiamo un
attimo da Mag a vedere come sta.” disse Piotr interrompendo
la litigata.
Infatti i tre ragazzi, camminando camminando, erano giunti proprio di
fronte al locale del padre di Mag.
“Perchè le è successo
qualcosa???” chiese Newt preoccupato.
“No. Era solo un po' in pensiero per Aaron ieri. Voglio
rassicurarla sulle sue condizioni.”
“Ok, allora andiamo! Ehm....Reimo...vieni anche tu?”
“No.”
“Perchè no?”
“Non mi piace il buio.”
“Effettivamente lì è un po' buio...ma
non ti preoccupare non ti mangia nessuno!” disse Newt per
convincerlo.
“Mangiare? Me? Ahah! Divertente come idea, ahah!!! Sei il
solito spiritosone Newton!!! Ahah!!!”
“Aspetta....ma come sai il mio nome?” chiese Newt
pensando già a qualche sua abilità paranormale.
“L'ho sentito prima.” rispose Rei alzando le spalle.
“Aaaaah giusto...”
“Ho la memoria di una testuggine.” disse ridendo
tra sé e sè.
“Sìsì hai ragione. Ma che fai? Tu e
il....pupazzo....ci aspettate qui?”
“Sì, proprio qui.”
“No, dobbiamo andare a casa!!!!!” saltò
su Mr Kush.
“E invece aspettiamo qui. Proprio qui.”
“Sicuro?” chiese Piotr.
“Proprio qui, sìsì.”
Allora Piotr e Newt si allontanarono insieme, dirigendosi verso il
portone del locale.
Newt rimase leggermente indietro perchè, mentre camminava,
si era voltato a guardare quel buffo individuo che aveva conosciuto su
per giù solo una mezz'oretta prima.
Rei si era seduto, con le spalle al muro e le ginocchia piegate. E
sulle ginocchia aveva appoggiato Mr Kush. Lo muoveva, lo faceva parlare
e ci giocava come una bambina con la sua bambola nuova. Ma soprattutto
rideva. Rideva e rideva sempre, si diceva una cosa e rideva alle sue
stesse parole.
Ma il bello era che le sue non erano risate finte o sforzate.
E neanche plateali, come se volesse solo mettersi in mostra.
Erano risate sincere.
Come quelle di un bambino.
Perchè i bambini spesso ridono per motivi stupidi, per cose
per cui tu non rideresti mai per quanto sono sciocche o banali. Ma
quando vedi un bambino ridere...difficilmente riesci a trattenere un
sorriso.
E anche Newt, guardandolo lì seduto e contento, non
potè fare a meno di sorridere tra sé e
sé a quell'infantilità così pura e
sincera.
Si divertiva.
Si divertiva davvero.
Nessun problema sembrava tormentarlo e nessun pensiero negativo
sembrava frullargli nel cervello.
Era così sereno...e felice.
Era felice.
Era felice davvero.
“Ehi Newt che fai? Non entri?” chiese Piotr che,
vedendo Newt che si era fermato, lo stava ancora aspettando di fronte
al portone chiuso.
“Ah! Sìsì vengo subito!!!!”
Non si era nemmeno accorto di essersi fermato.
Fermato a guardarlo.
Oh, ma che mi prende??? Da quando mi metto a fare “il
riflessivo”??? Meglio sbarazzarci di tutta questa
“paccottiglia filosofale” e fare ciò che
un Newton farebbe in una situazione del genere. Ovvero....un'entrata
alla Newton!!!!!
Si fece largo spostando Piotr con un braccio e spalancò il
portone.
“Ehilàààààà!!!!!!!!!!!!
Salve a tuttiiiiiiiiii!!!!!!!!!! Come ve la passate da queste
parti?????? Newt, il re della festa è
arrivatoooooo!!!!!!!!” gridò allargando entrambe
le braccia.
Silenzio assoluto.
Se ci fossero stati i grilli o le cicale....beh avrebbero frinito.
E metteteci anche qualche polverosa palla di fieno western che svolazza
al vento.
Scenografia perfetta.
Bene ora passiamo agli sguardi dei presenti.
Jude aveva la sua solita espressione scorbutica. Ma questa volta era
anche vagamente allibita.
Però dovevi essere proprio un buon osservatore per
percepirlo...
Cosa pensava?
Beh lo sapete già...
Vi dico solo che aveva iniziato a stringere sempre più forte
il bicchiere che aveva in mano.
Promemoria per Mag: la prossima volta (e anche le successive se ci
saranno) servire a Jude bibite in bicchiere di plastica. Non si sa
mai...
Anche Ma, dal canto suo, si era voltata per vedere il nuovo pirla, ehm
cioè...arrivato che aveva esordito in quella maniera poco
plateale.
Ora lo guardava con aria interrogativa, di quelle che ti si legge in
faccia il pensiero: “Ma che cazzo stai facendo????”
Beh effettivamente era quello che stava pensando.
Tim aveva il viso sconvolto. Impaurito. Terrorizzato.
Faceva decisamente pena.
Infatti a lui si leggeva invece in fronte...
“No!!!!! Non di nuovo!!!!! Non due persone che mi
terrorizzano!!!!!!!!!”
Più un piccolo e vago pensiero...
“Nei pub esiste il diritto di asilo?”
Povero Tim....E la cosa per lui era resa più drammatica
anche dal fatto che Newt fosse circondato da una luca sfolgorante
(quella proveniente dall'esterno e che entrava dalla porta spalancata)
in aperto contrasto con il buio del locale.
Questo gli conferiva una certa parvenza di castigo divino, messaggero
della morte, paladino della giustizia terrena, Befana porta
carbone....insomma....tutti esseri orribili e terrificanti.
Credo che fosse quello più impietrito di tutti.
Sì, decisamente....
Gli altri erano più che altro allibiti.
Sì, decisamente....
Piotr lo osservava da dietro, impassibile.
Non si degnava nemmeno di scuotere la testa.
Se avesse dovuto farlo ogni volta, sarebbe vissuto con un torcicollo
perenne.
Newt allora si diresse, deciso e sorridente, verso il bancone del bar,
con il classico passo a marcetta. Con ciò intendo dire che
muoveva anche le braccia semi piegate avanti e indietro in alternanza.
Ora aprirei una piccola e divertente rubrica denominata “Gli
errori di Newton”.
Ci divertiremo ad analizzare insieme le stronzate che questo giovane
esemplare di Homo Sapiens compierà nei prossimi minuti.
Errore n°1: la postazione.
Il bancone. Ok ci vanno tutti al bancone in un pub, giusto? Insomma se
si vuole bere qualcosa si va a ordinare e ci si accomoda su quegli
sgabellini altissimi in attesa del drink.
Va bene. Fin qui tutto nella norma. Tutti si comporterebbero
così. Ma nessuno si sognerebbe mai di sedersi, con
spavalderia decisamente evidente, vicino a Jude.
Infatti quest'ultimo si voltò a guardarlo in cagnesco, quasi
a volergli comunicare col pensiero...
“Che cazzo stai pensando di fare?!?!”
E Newt continuò a parlare, parlare, parlare di sé
iniziando a...
Errore n°2: la masticazione.
….prendere a piene mani le noccioline che c'erano nella
ciotolina posta di fronte a lui sul bancone.
E ingozzarsene.
Aspetta cosa gli aveva detto Mag pochi nanosecondi prima?
“Non mangiare tutte le noccioline!!!”
Newt continuò ad abbuffarsi con nonchalance.
“Newt, ti avevo detto di non mangiarle!!!!!”
“No! Tu mi avevi detto di non mangiarle tutte!”
Uhmmm...credo sia appurato anche da qualche ricerca scientifica che,
nel momento in cui si vuole ottenere un vantaggio personale, il
cervello viene usato più spesso...e con risultati
sorprendenti!
Comunque il problema non era questo.
Newt mangiava a bocca aperta, ma che dico aperta, spalancata!!! Aveva
la classica masticazione da ruminante.
Fortunatamente se ne accorse (almeno quello) e si pulì la
bocca con le mani già sporche di sale. Bene! Ti sei pulito
la bocca con le mani!
Ora però l'interrogativo più importante....con
cosa ti pulisci le mani?
Ma è logico! Con la maglietta di Ju...
Errore n°3: l'asciugamano.
“Ehi amico, non ti avevo visto! Piacere io sono
Newt!” disse appoggiando delicatamente il palmo della mano
sporco di sale, briciole di noccioline, briciole di noccioline
masticate e residui di saliva sulla spalla di Jude.
Jude roteò la testa di novanta gradi.
In direzione dello scocciatore.
Immaginatevi la scena a rallentatore.
Jude che volta pian piano la testa...e Newt che pian piano solleva la
propria mano dalla spalla di Jude e la riappoggia più e
più volte, come se fossero due amiconi di vecchia data.
I denti di Jude che lentamente si stringono....e la bocca che
lentamente si dischiude. Il braccio destro che lentamente si alza....e
il pugno che lentamente si stringe. E che lentamente si dirige verso....
“Ehi!!!!! Ma quanto sei figo?!?!” esordì
d'un tratto Newt con gli occhi che gli luccicavano da così
tanta sfolgorante bellezza.
“Come scusa?” disse Jude bloccandosi a mezz'aria,
probabilmente credendo di aver capito male.
“Ma sì!!!!! Quell'aria tenebrosa, i vestiti
totalmente neri, quella fighissima ciocca bianca!!!!! L'abbinamento
nero-bianco oramai si vede nelle vetrine di ogni negozio
perchè sono due colori che van di moda quest'anno e....no
aspetta. L'abbinamento nero-bianco....”
Errore n°4: la moda.
“....andava di moda l'anno scorso...”
tornò per un attimo a fissare Jude.
“Ehm ehm....cioè....stavo dicendo....Quei vestiti
neri sono orribili, la ciocca bianca è inguardabile come
tutto il resto della tua persona, quell'aria tenebrosa non attacca con
nessuno e quello sguardo da cane rabbioso che mi stai rivolgendo
proprio in questo preciso momento non fa paura nemmeno a un
moscerin....”
Ma il povero Newt dovette ricredersi subito dopo, quando il tipo con lo
sguardodacanerabbiosochenonfapauranemmenoaunmoscerin lo prese per il
poncho e lo sollevò da terra.
“Scusa, che hai detto?!?”
“Ehi Jude smettila!!!! Mettilo giù!!!!”
gridò Mag disperata.
Jude si volse di scatto verso di lei con fare da “non
rompermi i coglioni o tu sarai la prossima”.
“Jude eh? Bel nome Jude!” fece Newt, ancora sospeso
a mezz' aria, per temporeggiare.
Jude tornò a fissare lui.
“Sì è un bel nome! Il nome di
un....traditore....ma poco importa!!!! Ha fatto soldi poi, no? Non
è così?”
Jude iniziò a ringhiare.
“Sì va beh poi si è anche impiccato, ma
questi non sono dettagli importanti, giusto?”
“Newton, smettila con le tue pagliacciate.”
Piotr era dietro di loro e li stava a guardare a braccia conserte.
“Abbiamo faccende più importanti da sbrigare di
giocare a fare gli incoscienti. Aaron ci sta aspettando.”
Jude si voltò a guardarlo. E anche Newt di conseguenza lo
fece.
Jude e Piotr si fissarono per qualche secondo.
“Per quanto io possa essere d'accordo con te su quanto sia
insignificante questo pivello, vedi di non metterti in
mezzo...capito?!?!” gli ringhiò contro Jude.
“Newt dobbiamo tornare a casa.” continuò
Piotr ignorando le parole di Jude.
“Hai sentito quello che ti ho detto?!?” Jude
alzò di più la voce. Si stava decisamente
arrabbiando.
Intorno a loro il silenzio era assoluto.
Ma anche Piotr alzò la voce.
“Newt ti vuoi muovere?! Finiscila con le tue buffonate,
abbiamo un amico là fuori che ci sta aspettando e due a casa
di cui prenderci cura!!! Cos'è sei ancora un bambino che
bisogna accompagnare in giro per mano, che bisogna imboccare a ogni
pasto, e a cui bisogna raccontare la favola prima di andare a
dormire???”
Jude a quelle parole spalancò gli occhi.
Rimase fermo, allibito.
Con l'espressione di chi ha appena ricevuto un pugno in pancia.
Qualcosa l'aveva colpito.
Qualcosa l'aveva colpito davvero.
Un flash improvviso gli aveva illuminato la mente.
La mano con cui teneva il poncho si aprì lentamente, quasi
fosse rimasta senza vita.
Newt cadde a terra, prendendosi una dolorosa sederata all'impacco col
pavimento duro e freddo.
Jude lo lasciò lì e prese a camminare, sempre
più velocemente in direzione del bagno.
L'entrata della toilette era poco distante dal bancone.
Vi corse dentro e sbattè la porta dietro di sé.
Si sedette sul water, come ogni volta che si rinchiudeva in bagno a
casa sua.
Si mise le dita tra i capelli, stringendosi le tempie tra le mani.
Lo sguardo rivoltò verso terra.
Gli occhi serrati.
I denti stretti.
E un solo pensiero nella testa.
“Oh, che bello! Il “Re Raggio”?
Cos'è, il personaggio di una nuova favola?”
Noteeee
Ciao a tutti! ^-^
come va, tutto bene?
spero di sì!
Ecco che pubblico il mio primo capitolo dalla Polonia! Yuppiiii! :)
C'è poco da esaltarsi, in realtà non cambia assolutamente nulla... XD
Comunque direi che il netbook è stato decisamente un buon acquisto! ;)
Allora...che dire di questo capitolo...non lo ricordo nemmeno molto bene a dirla tutta ^-^''
beh sicuramente l'attrazione principale è Reimo.
Un personaggio decisamente particolare, per ora ancora un po' vago, e
che può dare impressioni diverse...magari potreste farmi sapere
che ne pensate di lui, cioè che impressione vi ha fatto.... ^-^
Comunque lo rivedrete ancora, quindi spero che vi sia piaciuto come personaggio :)
mi sono impegnata tanto nel descriverlo....è stato veramente
difficile caratterizzarlo, sarà per il fatto che ha anche Mr
Kush con sè, insomma...non è stato semplice renderlo come
io l'ho immaginato nella mia testa...perchè si rischia
facilmente di non farlo piacere e cadere nel banale quando si tratta di
descrivere una persona un po' come dire...fuori dai normali standard.
Si rischia infatti di farlo apparire come uno stupido, senza
cervello...Rei magari lo può sembrare, ma ciò che volevo
far capire è che non è veramente così. E in questo
probabilmente sta la difficoltà...
Ah ecco poi c'è anche Mr Kush....spero di non essere stata
troppo spinta (mi scuso per le parolacce ^-^'') ma lui è
decisamente molto volgare....lui che poi sarebbe Rei....cioè,
insomma...qua sta il tranello ^-^
Ovviamente il capitolo si basa sui vari rapporti tra questo ragazzo e
gli altri....creando delle situazioni un po' diverse a seconda del
personaggio con cui ha a che fare.
Jude e Newt...beh non c'è niente da dire. Credo sia una scena che si commenti da sola XP
Insomma spero di avervi divertito e che in sostanza vi sia piaciuto il capitolo! ^-^
Ah un'ultima cosa IMPORTANTE!!!
Grazie all'aiuto di RuinNoYuki ora sul mio profilo potrete vedere i banner personalizzati della mia storia!!! ^o^
per ora sono linkati a The Seventh Seal, ma in futuro saranno linkati al sito della storia (quando sarà pronto...).
Alcuni di essi sono basati sui disegni dei personaggi (sempre fatti da Ruin, che non smetterò mai di ringraziare :).
Il fatto che nei banner compaia spesso Jude è un caso, abbiamo i
disegni di tutti i personaggi (prossimamente disponibili sul sito :) e
l'ordine di realizzazione dei banner è del tutto
casuale....quindi presto ve ne saranno altri! ^-^
Se i banner vi piacciono e ne volete avere uno potete chiedere a me
(lasciandomi un commento o scrivendomi, come preferite) e io vi
darò il codice da inserire nell'account. Magari in futuro
scriverò i codici sotto i banner...per ora è ancora tutto
in fase di realizzazione ^-^
Se siete curiosi vi consiglio di passare ogni tanto sul mio profilo
perchè di volta in volta ne aggiungerò di nuovi.
Grazie dell'attenzione e spero vi piacciano!!! :)
Ringraziamenti!
Ruin&mady
Soliti ringraziamenti per le pagine internet (senza le quali non potrei
pubblicare ;) e per il continuo supporto!!!! (anche a distanza XD) In
particolare ringrazio mady per i suoi commenti dalle lunghezze
astronomiche (lo sappiamo tutti che vuoi guadagnare i punti bonus!!! ;)
che mi fa sempre un piacere immenso leggere, soprattutto per la loro
sincera spontaneità.
Rinnovo il ringraziamento a Ruin per i banner (è stata una
bellissima sorpresa inaspettata :) e per tutti i disegni, preludio del
futuro manga! XD
Sono veramente fantastici, grazie....sono commossa ç_ç
E grazie anche per la collaborazione per la realizzazione del sito!
(che poi ovviamente affiderò a voi come miei fedeli vassalli...
XP)
La storia va avanti anche grazie a voi! ;)
pieno_pieno
Grazie mille per gli auguri di buona Polonia e per aver risposto alla mia domanda! ^-^
ormai sono qui da un po' e...direi che si sta bene :)
Comunque, per la domanda...hai ragione tu, io sono un po' di parte e
non ho un personaggio preferito, ma Aaron, Newt e Jude sono esattamente
come li hai pensati tu.
Aaron a volte sembra molto zen, stile monaco tibetano ^-^''
e ha decisamente trovato la pace interiore (più o meno),
trovandosi in una situazione emotiva (che chiarirò poi) che gli
permette di affrontare la vita e le sue difficoltà con molto
leggerezza, ma non nel senso che non gli dà importanza, anzi, ma
nel senso che riesce a superare e risolvere i suoi problemi con
facilità, grazie ai principi su cui ha deciso di basare la
propria vita. Forse detto così sembra un po' complicato... ^-^''
Comunque lo chiarirò, non ti preoccupare! :)
Newt è schizzato, sì, decisamente schizzato! XD
E' adorabile, davvero, spesso mi viene da pensare quanto sia puccio
nella sua piccolezza e nei suoi atteggiamenti da bambino... ^-^
é anche decisamente capriccioso, e divertente nel voler sentirsi
grande a tutti i costi. Insomma...Newt è Newt non c'è
altro da dire :)
Davvero Jude ti somiglia? Mi fa piacere che magari riesci a ritrovarti
in lui :) Ho sempre ribadito quanto Jude mi piaccia come personaggio in
quanto è molto umano. Rappresenta le insicurezze e le incertezze
che abbiamo tutti e che spesso affrontiamo con arroganza o rabbia,
cercando di imporci perchè in realtà dentro ci sentiamo
molto fragili e vulnerabili (anche se Jude non lo ammetterebbe mai e
poi mai XD) E poi dai, è stato divertente anche lui nel
discutere sulle chiavi...la sia irascibilità è veramente
DOC ;)
Ah e sono stata contenta che ti sia piaciuta l'idea dei pidocchi della tenerezza! XD
In realtà mi è venuta spontanea come espressione, non ci
ho pensato per niente....mi è venuta mentre scrivevo il
capitolo...Poi dopo che l'ho scritta ho pensato: "Ma ha una logica
quest'espressione???" e alla fine sono riuscita a trovarla nel fatto
che i pidocchi si attaccano da una persona all'altra, e che quindi un
senso ce l'aveva anche se non ci avevo pensato a priori! ^-^
Ah poi se ti va puoi scrivermi che ne pensi di Rei, anche se è
appena comparso...giusto l'impressione che ti ha fatto di primo
impatto. Sempre per una curiosità mia, non c'è un motivo
particolare per cui te lo chiedo ^-^
Al prossimo capitolo, sperando che tu abbia gradito anche questo! :)
E ancora un grande grazie anche a tutti i visitatori e agli altri
lettori (vecchi e nuovi :) che magari fanno della mia storia una
piccola parte della loro estate! ^-^
A presto allora!!! ^o^
baxbax
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** What Do You Want From Me ***
what do you want from me
What do you want from me
“Devo andare a vedere come sta.” Esordì
Mag.
“No. Non mi pare il tipo di persona che ama ricevere
visite.” Rispose Piotr risoluto.
“Ma no… lui… non è
così cattivo come sembra… secondo me avrebbe solo
bisogno di parlare un po’…perché sono
sicura che si tiene troppe cose dentro.”
“Mag sei la versione femminile di Aaron. Però
è proprio questo il punto. Aaron è un
uomo e, se dovesse succedere qualcosa, in qualche modo riuscirebbe a
cavarsela. Tu sei una ragazza… per te è molto
più pericoloso… tante cose rischi che ti accadano
di questi tempi… troppe.”
“Piotr ti stai… preoccupando per me?”
Piotr arrossì di colpo.
“Sì, ma non è come pensi. Sei una
ragazza e sei una nostra amica. E’ normale che per te ci
preoccupiamo maggiormente.” Rispose mantenendo tutta la sua
compostezza.
“Già…”
“Ehi voi laggiù!!! Nessuno pensa al povero Newt???
Non avete visto che sederata colossale ho preso???? Mi fan male le
chiappe, non riesco ad alzarmi!!!! Suuuuu aiutatemi!!!”
Quella povera anima in pena di Newt era rimasto sul pavimento da quando
Jude l’aveva drasticamente lasciato cadere a terra.
“Sì, subito!” fece Mag, esitando un
momento rivolgendo lo sguardo verso la porta chiusa del bagno.
Sia Piotr che Mag si avvicinarono a Newt e lo rimisero in piedi, uno
tenendolo da una parte e uno dall’altra.
“Newt ce la fai a camminare?” chiese Mag
preoccupata.
“Beh a dir la verità non molto… sai ho
un dolore forte sulla chiappa sinistra e la chiappa destra è
ammaccata… e ora che ci penso anche le gambe sono un
po’….”
Sciaf!
A mano ben aperta ed appiattita Piotr tirò uno schiaffo sul
coppino (ovvero sulla parte retrostante del collo) a Newt.
Il suono sordo dello schiaffo risuonò nella stanza, come
quando ti butti in piscina e fai una plateale panciata
all’impatto con l’acqua.
“Ahiaaaaa!!!!!! Ma che cazzo fai??????”
“Cammina.”
“Ma se ti sto dicendo che non ce la faccio!!!!”
“Muoviti.”
“Piotr, sei sicuro che Newt ce la possa fare?”
intervenne Mag.
“Newt sta benissimo. Altro che sederata colossale.
E’ solo un colossale approfittatore.”
“Ma non è vero!!!!!”
piagnucolò Newt.
“Ho detto di muoverti.”
“Ma Piotr….”
“Non credi che abbiamo già perso abbastanza tempo
per colpa tua? Avanti, piantala di fare storie e cammina.”
“Ufff… e va bene…”
Newt allora iniziò la sua performance teatrale camminando a
fatica, strascicandosi quasi fosse stato colpito da una ventina di
proiettili, e fingendo (ovviamente) di avere dolori in ogni parte del
corpo, anche negli anfratti più impensabili. Lanciava finti
gemiti di dolore e una volta si buttò pure a terra di
proposito.
Mag corse da lui per soccorrerlo.
“Piotr!!! Aiutami!!!” gridò a Piotr
mentre cercava di tirar su Newt, ancora disteso a terra.
Piotr si avvicinò con tutta tranquillità e si
fermò davanti a Newt, guardandolo dall’alto.
“Alzati e cammina.”
Newt rimase così folgorato da quell’espressione
dal carattere prettamente evangelico che si alzò e
camminò…
…incazzato come una bestia.
“Ufffff, eh va bene, va bene, va bene!!!!! Però
piantala di starmi addosso!!!!!!” disse sbuffando e
dirigendosi verso l’uscita con una smorfia in viso e le
braccia molli lasciate ricadere lungo il corpo.
“Come puoi vedere è tutta una questione di
pratica… prova a conviverci anche tu e vedrai che finiresti
col conoscere a menadito ogni suo trucchetto.” Le
spiegò Piotr.
“Già… hai ragione… come
sempre del resto.” fece Mag in sorta di vago ringraziamento.
“Comunque, eravamo venuti qui per portarti notizie di Aaron,
visto che ieri eri molto in pensiero…”disse Piotr
arrossendo un po’ ripensando a cosa era accaduto il giorno
prima.
“Oh hai ragione (di nuovo)!!!!Che idiota, me n’ero
completamente scordata, scusami… Comunque come sta? Sta
bene, vero???” chiese ansiosa.
“Non ti preoccupare, è normale, hai
molte altre faccende a cui pensare. Comunque sì, sta bene,
non ti preoccupare. Deve ancora rimettersi un pochino in sesto, ma sai
com’è fatto… non riesci a tenerlo
vincolato al letto o chiuso in casa neanche per un minuto. Appena si
può muovere un po’, è già in
piedi scattante. E’ sempre stato uno che vuole cavarsela da
solo, senza dipendere da nessuno.”
“Sì, è così. Ha un carattere
e una forza straordinari… lo ammiro molto. Comunque sono
molto contenta che stia bene. Digli che uno di questi giorni
passerò a trovarlo, appena papà riesce a darmi il
cambio nel mio turno di lavoro.”
“Glielo riferirò.”
“Grazie…” pensò Mag, anche
lei un poco imbarazzata. In effetti era la seconda volta che si
ritrovavano a parlare da soli nel locale, senza che nessuno li
disturbasse. Tim, dopo che Jude si era chiuso in bagno, era andato in
magazzino a sistemare degli scatoloni. E Newt era uscito poco prima.
“Figurati. Ora vado che non so cosa stia facendo Newt
là fuori, poi c’è anche Rei,
chissà che hanno combinato…”
“Va bene. Allora ci rivediamo magari uno di questi
giorni…”
“Sì. A presto allora, e buona giornata.”
Disse Piotr col suo solito tono.
“Grazie, anche a te.”
Piotr si diresse verso l’uscita ma, prima di poterla
raggiungere, si fermò un attimo sulla soglia.
“Stai attenta.” Le disse senza voltarsi.
“Perché mi dici questo?” chiese Mag
volendo sapere ciò che Piotr stava pensando in quel momento.
Piotr, ancora fermo sull’uscio, si voltò.
La guardò.
E le sorrise.
“Perché so che non mi ascolterai.”
Fu l’ultima cosa che le disse.
Poi si allontanò, dirigendosi verso il portone che Newt
aveva lasciato aperto. Cioè… spalancato.
Mag ritornò un po’ rattristata dietro al bancone,
che si mise a e pulire strofinandolo con uno straccio bagnato.
Piotr aveva ragione… Ma le dispiaceva molto non poter far
nulla, non poter rendersi utile in qualche modo né con
Aaron, né con Jude… né con nessuno.
Era una sensazione frustrante e non riusciva mai a liberarsene. Ed era
forse per questo motivo che spesso si ritrovava a compiere scelte
avventate. Un po’ gliel’aveva anche insegnato
Aaron. Lui non era mai stato uno a cui piace stare a guardare.
Le tornò alla mente il ricordo di un vecchio pomeriggio di
primavera. Dopo la scuola Aaron le aveva fatto una sorpresa,
presentandosi al locale a pranzare con lei e a darle una mano con le
pulizie. Quella era stata la prima volta che veniva lì ad
aiutarla… ma poi divenne quasi una routine.
E ogni volta che lei gli diceva:” Non
dovevi…”
Lui rispondeva sempre: “Non avevo niente di meglio da
fare!”
E rideva.
Lei faceva la finta offesa.
E lui continuava a scherzare, ribadendo che non stava dicendo sul serio.
Le volte successive aveva poi portato con sé anche Piotr e
Newt.
Newt ovviamente controvoglia.
“Non pulisco casa mia e devo pulire i bar degli
altri????”
“Hai ragione Newt… a casa c’è
un sacco di roba da mettere a posto, i panni da stirare, i piatti da
pulire, il pavimento da spazzare, tutti quei vetri sporchi, la
spazzatura, oh le tue mutande sporche da lavare…”
“Ok vengo con voi!!!”
Aaron aveva ormai trovato il trucco per convincerlo.
Inizialmente era stato proprio Aaron a presentarsi di sua spontanea
volontà… poi, con l’andare del tempo,
era stata Mag a fargli promettere che sarebbe tornato anche il giorno
dopo. Aaron faceva il suo strano rituale del baciarsi le dita in segno
di promessa e il giorno dopo lo trovavi sempre lì sulla
soglia. Non aveva mai sgarrato una volta.
“Una promessa è una promessa.” Diceva.
***
“Sai Aaron, la settimana prossima devo andare al compleanno
di uno dei miei cugini. Ma non so se ci
andrò…”
“Come mai?” le chiese incuriosito continuando a
strofinare il tavolo.
“Perché è stupido! Vuole fare la festa
in un rettilario…”
Aaron scoppiò a ridere.
“In un rettilario??? Ahahah, un’idea
originale!”
“Ma che originale e originale!!!! Io sarei l’unica
ragazza ad esserci! A loro non gliene frega niente, ma… io
ho paura dei serpenti…” gli rispose abbassando lo
sguardo “Credo che lui non lo sapesse…”
“Ah… capisco… ma sono chiusi dietro i
vetri, non ti faranno nulla!”
“Non importa… io non li posso proprio vedere. Da
piccola ho visto per sbaglio un documentario… come
mangiavano quei poveri animaletti… Ma
soprattutto… ci fu un momento in cui il serpente
guardò dritto nella telecamera in un primo piano
terrificante. Scappai via urlando…”
Aaron scoppiò di nuovo a ridere.
“Lo so, lo so è una stupidata!!!! In fondo
è successo tanto tempo fa… però mi fa
ancora paura… ce l’ho impresso nella mente
ormai…”
Aaron andò dietro di lei e le poggiò entrambe le
mani sulle spalle.
“Un po’ di tempo fa, stavo curiosando nella
libreria che c’è nel nostro salotto. Sono tutti
libri di mio papà, un’amante accanito della
letteratura di qualunque popolo abiti il globo. Me ne saltò
uno all’occhio, per caso. Era rosso, con le rilegature
dorate. Lo sfilai da lì, e vidi che si trattava di un testo
riguardante la letteratura italiana. Letteratura italiana? Io? Non ci
capivo proprio niente…” disse sorridendo.
“Lo sfogliai e basta per un po’, tanto non era mia
intenzione istruirmi su quell’argomento. Stavo per rimetterlo
al suo posto, quando una frase mi colpì, improvvisamente. La
lessi meglio. E mi accorsi che era in un’altra lingua. Andai
da Piotr, e gli chiesi il significato della frase. Dev’essere
stato un segno…”
Sorrise di nuovo.
“…ma quella frase… mi piacque talmente
tanto che divenne una delle linee guida della mia vita. Credo che
avessi tredici anni all’epoca… ma è
valida ancora adesso.”
“E che frase era?” chiese Mag incuriosita.
“Piotr mi disse che era scritta in latino. Memento audere
semper. Questa era la frase.”
“E cosa significa?”
“Significa: Ricorda di osare sempre.”
“Oh… capisco…”
“Non è bella? Io me lo dico sempre… non
dobbiamo farci opprimere dai nostri dubbi o dalle nostre
paure… perché sono dei limiti per la nostra vita.
Bisogna affrontarle, perché altrimenti ci impediscono di
fare tante cose ciò che vorremmo fare... bisogna provare
provare e riprovare… e sconfiggerle con l’impegno
e la buona volontà! E vivere finalmente senza oppressioni! A
volte si tratta solo di chiudere gli occhi e buttarsi… come
quando fai un tuffo in piscina da un alto trampolino. E’
questione di un attimo! Io preferisco osare… che vivere con
il rimpianto di non aver mai provato… Non credi anche tu che
sia meglio così?” le chiese sorridendole.
Mag lo guardò.
“Mi stai dicendo, con fare da intellettuale, che devo andare
al rettilario?” gli disse sorridendogli a sua volta.
“Più o meno…”
E sorrise le di nuovo.
“Il mio è solo un consiglio… ma io non
mi farei scoraggiare per colpa di una paura vecchia e
sepolta… perché devi toglierti il divertimento a
causa sua? Affrontala e lasciatela alle spalle! E se dovessi aver
bisogno… io ci sarò.”
Mag sentì così a suo agio, così
sicura… le aveva trasmesso tanta forza, talmente tanta che
quasi se li sarebbe mangiati quei serpenti.
Ed Aaron era così…
Da sempre…
Bastava un suo sorriso…
Per farla…
***
….sorridere a sua volta.
Era bastato quel ricordo per farla star bene.
Almeno per un poco.
Perché poi tornò ancora a
rattristarsi….
Lei… non aveva tutta la forza che aveva Aaron. Poteva
provare a seguire i suoi consigli… ma non sarebbe mai stato
lo stesso. E non poteva nemmeno sempre contare sul suo aiuto. Doveva
farcela da sola. Doveva provare provare e riprovare. Come aveva detto
lui…
Però… lei era fragile.
Lei non era forte come lui.
Lei non era lui.
Improvvisamente Tim sbucò fuori dalla porta che portava
verso il retro del bar, dietro il bancone, dove si trovavano la cucina
e il magazzino.
“Mag ho sistemato tutto ciò che mi avevi detto di
mettere in ordine!”
Ma non ottenne nessuna risposta.
“Mag? Mag…?”
“Oh sìsì, scusami… comunque
grazie hai fatto un ottimo lavoro…” gli rispose
distrattamente.
“Grazie ma… non hai ancora visto come ho
sistemato… Mag… tutto bene?”
“Sìsì tranquillo!” gli disse
rivolgendogli un finto sorriso.
“Non mi pare… di solito sei sempre solare, piena
di vitalità… e mi ordini di fare cose a destra e
a manca… sicura di star bene?”
“Ti ho detto di sì non ti preoccupare! E ora vai a
pulire i tavoli che sono pieni di bicchieri sporchi e altra
sporcizia!”
“Veramente sono tutti lindi e puliti….”
“Questo lo dici tu! Su! Và a controllare!
Muoviti!”
“Vado vado…” rispose Tim a malavoglia.
In realtà erano davvero puliti… Mag gli aveva
ordinato di fare la prima cosa che le era venuta in mente per
convincere Tim che in realtà stava bene… ma non
so se era riuscita a convincerlo… almeno non del
tutto…
***
Era ormai passata più di mezzora da quando Piotr e Newt se
ne erano andati… e lei era ancora lì a fare
cerchi con lo straccio sul bancone per pulirlo. Fosse stato possibile,
probabilmente si sarebbe bucato a furia di strofinarci sopra. Tim stava
controllando i tavoli, cercando quella fantomatica sporcizia di cui gli
aveva parlato Mag. Nel lavoro lei era piuttosto
intransigente… e lui sapeva che, se non avesse fatto alla
perfezione ciò che lei gli aveva ordinato, si sarebbe
arrabbiata come una furia.
Improvvisamente la porta del bagno si spalancò.
Ne uscì Jude che, a passo deciso, e con l’aria
ancora alterata, si diresse, incurante di tutto, verso
l’uscita.
Tim lo vide, e si nascose dietro il tavolo più remoto del
locale.
Ricorda di osare sempre…
“Jude!!!! Jude aspetta!!!!” gridò invece
Mag uscendo da dietro al bancone.
Ma lui la ignorò.
Corse verso di lui.
“Jude!!!! Aspettami ti prego!!!!” gridò
e, prima che potesse uscire, gli afferrò il polso con la
mano.
Jude si voltò.
“Non ho bisogno della tua pietà o della tua
compassione!!!” le urlò contro.
“Ma io vorrei aiutarti…”
“Zitta!!!”
Si interruppe un secondo. La guardò dall’alto con
il viso infuocato dalla rabbia.
“Se vuoi proprio fare qualcosa per me…
allora dì al biondino spavaldo e al nanetto fucsia e di
stare attenti a quello che fanno e a quello che dicono. Oggi gli
è andata bene. Ma la prossima volta potrebbero non
essere così fortunati.”
Si sbarazzò della presa di Mag con uno strattone del
braccio, e se ne andò dal locale senza dire altro.
Mag rimase lì in piedi, a vederlo andarsene.
Restò lì in quella posizione ancora per un
po’, anche dopo che Jude se n’era andato via. Forse
sperava che cambiasse idea e tornasse indietro.
Ma non fu così.
Allora si portò lentamente verso un dei tavoli, il primo che
si ritrovò di fronte, e si sedette presso di esso.
Tim, ancora nascosto in fondo al locale, sbucò fuori e, al
vederla sciupata come uno straccio, le corse incontro.
Le si avvicinò, le si affiancò e le fece passare
un braccio dietro il collo per afferrarle la spalla a lui
più lontana. E con l’altra mano gli
afferrò invece quella che gli rivolgeva.
“Mag! Ehi dimmi che c’è che non va, eh?
Dillo al tuo amico Timmy!”
Ma Mag rimase lì con le braccia incrociate sul tavolo.
Solo però per qualche secondo appena.
Perché poi lasciò ricadere la testa china sul
tavolo, appoggiata sulle braccia, e cominciò a piangere.
***
Quando Piotr uscì vide Rei e Newt seduti uno a fianco
all’altro appoggiati contro il muro esterno del locale. Rei
faceva parlare Mr Kush e lo rivolgeva ripetutamente verso Newt che, di
conseguenza, si allontanava intimorito.
“Tieni quel coso lontano da me!!!!”
“Coso??? Coso se mai lo dici al pistolino che ti ha dato in
dotazione il fottuto spermatozoo Y del tuo cazzo di padre, brutta
faccia di merda, concime per le vacche della diciannovesima
strada!!!!”
“Mr Kush piantala, ok??? Scusalo Newt… purtroppo
lui è fatto così, e non ha la minima intenzione
di correggersi! Ci farai l’abitudine… lui non
è cattivo... è solo un po'...”
“.....Volgare??? Sì sono volgare!!! E allora???
Qualche problema, brutto figlio di una....”
“....mamma!!!” intervenne Rei tentando di
indovinare la parola mancante.
“Ma che mamma e mamma???? Brutto figlio di
una....!!!”
“.....signora!!!!”
“Ma che cazzo spari imbecille!!!! Brutto figlio di
una....!!!!”
“....donna!!!!”
“Non donna!!!!! Vuoi lasciarmi dire ‘sta parola o
no, brutto mollusco?????”
“Eh no Mr Kush non puoi dire “non donna”
scusa.... gli uomini non possono mica avere figli, sai?”
“Lascia perdere!!!!!! Lascia PERDERE brutto cretino che non
sei altro!!!! Mi hai fatto passare la voglia di
insultarlo!!!!!”
“Ah perchè, lo stavi insultando? Non credevo che
dire a uno di essere figlio di una donna fosse un insulto! Beh allora
vorrà dire che lo userò anch'io d'ora in
poi… “Sei figlio di una donna!!!”
Ahah!!! L'hai capita Newt??? Di-una-donna!!! Ahahah!!! Allora? Ti senti
offeso???”
“Oh sì, da morire.... anzi, sai che ti
dico? Anche tu sei figlio di una donna! Ma di una brava brava brava
donna....”
“Newt...” disse d’improvviso
Piotr avvicinandosi a loro.
“Ma Piotr!!!!”
Piotr fece di no con la testa e lo sguardo da rimprovero.
“Uffa… perché ce la devi sempre aver
vinta tu???”
Piotr alzò le spalle senza dir nulla.
“Ufff…. e va bene… però puoi
darmi almeno una mano a rialzarmi?” fece Newt guardandolo dal
basso.
Piotr gli tese la mano, Newt la afferrò e…
…tirò Piotr a terra, facendolo cadere sulle
ginocchia.
“Ahahah ci sei cascato!!!!!” gli disse Newt
rialzandosi e facendogli la linguaccia.
“Aahahahahah grande Newt!!!!! Sei un mito!!!! Schiaffami
‘sto five!!!!” fece Rei, e i due si batterono il
cinque con le mani.
Intanto Piotr, sempre senza scomporsi, appoggiò le mani a
terra, si rialzò e iniziò a pulirsi i pantaloni.
Newt, al vedere Piotr rialzarsi, corse lontano da lui, pronto ad essere
inseguito.
Ma Piotr, con grande tranquillità, prese ad andare nel senso
opposto, verso casa.
A Newt caddero le braccia.
Si fa per dire.
“Ehi!!!!! Ehi!!!!! Avanti!!!! Perché non mi
insegui????” gli gridò Newt da lontano.
Ma Piotr non rispose, e continuò per la sua strada,
ignorandolo.
“Dai Piotr!!!!! Guardami, sono già pronto a
scattare!!!” Gridò di nuovo, improvvisando una
corsetta sul posto in stile “marcetta”.
Piotr però continuò a non dargli alcun peso.
Intanto Rei aveva preso a seguire Piotr, per andare a casa di Aaron,
voltandosi ogni tanto verso Newt, per vedere se quest’ultimo
avesse intenzione di rimanere là per sempre o magari di
raggiungerli tra qualche secolo o giù di lì.
Resosi conto di essere rimasto indietro, però, Rei
aumentò l’andatura e raggiunse subito Piotr,
tenendo in una mano Mr Kush e nell’altra il sacchetto della
spesa. Anche Piotr stava portando la loro spesa. Fosse stato per Newt,
i sacchetti sarebbero rimasti davanti al locale del padre di Mag.
In realtà uno dei due sacchetti che portava era di
Rei… quest’ultimo aveva infatti una spesa
più abbondante della loro, e Piotr, vedendolo in
difficoltà, si era offerto di dargli una mano.
Newt, accortosi che non stava ottenendo niente, sbuffò e
lasciò ricadere le spalle.
Poi, dato che ormai gli altri due erano piuttosto lontani, si riempi i
polmoni d’aria e gridò forte:
“Sei proprio una lagna, sai??? Sei la persona più
noiosa che io conosca!!!! Lasciatelo dire Piotr… sei proprio
una mummia!!!!!!”
Ma anche così, non ottenne niente, se non che Piotr e Rei si
allontanavano sempre di più.
Allora Newt si voltò, snobbandoli, e incrociando le braccia
al petto, battendo nervosamente il piede a terra. Aveva distolto da
loro lo sguardo, ma ogni tanto sbirciava con la coda
dell’occhio.
Finché a un certo punto smise di battere il piede.
Si voltò e….
“Aspettatemiiiiii!!!!!!!!!” gridò e
corse verso di loro.
Quando li ebbe raggiunti, aveva un fiatone allucinante. Pareva che da
un momento all’altro sarebbe svenuto.
“Ehi… potevate… rallentare…
almeno un… pochettino… no???” disse
scandendo ogni parola inserendo un ansimo tra l’una e
l’altra.
Era arrivato correndo, e si era posizionato in mezzo a Piotr
e Rei, potendosi appoggiare così con una mano alla spalla di
uno e con l’altra alla spalla dell’altro.
A quel punto Piotr e Rei si fermarono.
Si bloccarono sul posto.
Piotr posò a terra le borse della spesa. E lo stesso fece
anche Rei, accasciando anche Mr Kush.
Il tutto senza che nessuno dei due dicesse niente.
“Ehi ragazzi che succede? Perché ci siamo
fermati?” chiese Newt non capendo cosa stesse succedendo e
guardando prima a sinistra verso Piotr, e poi a destra verso Rei.
Piotr sorrise, continuando a guardare fisso davanti a sé.
Rei teneva le mani in tasca, e batteva nervosamente il piede a terra,
come aveva fatto Newt.
Newt, invece, continuava guardare prima uno e poi l’altro,
con aria interrogativa.
Poi Piotr si voltò lentamente verso destra,
guardò Rei negli occhi e scandì la
parola…
“Ora.”
Sul viso di Rei esplose un sorriso che mostrava tutti i denti.
“Ahahah!!!!” gridò.
Newt continuò a spostare lo sguardo prima su Piotr e poi su
Rei, sempre più velocemente fino a che Rei, subito dopo aver
riso, lo cinse forte con le braccia, come se lo stesse abbracciando da
dietro e lo sollevò da terra, sempre ridendo.
“Ehi!!!!! Lasciami Rei!!!!!! Ma che stai facendo????? Avanti
mollami!!!!! Ti ho detto di lasciarmi andare!!!!!”
Ma, mentre gridava ciò, col passo lento di un cowboy, le
braccia incrociate sul petto e il viso rivolto verso il basso, si
avvicinò a loro Piotr, “Il cervello più
veloce del West”.
Newt iniziò a guardalo impaurito.
“No… no Piotr ti prego!!!! Non farlo per
favore!!!!!!! No!!!! Ti supplico!!!!!”
Piotr però si stava avvicinando sempre più
pericolosamente, impassibile di fronte a tutte quelle suppliche.
Rei intanto rideva a crepapelle e si divertiva tantissimo al sentire
Newt supplicare prima lui di mollarlo e poi Piotr di non avvicinarsi.
Ma Piotr ormai era arrivato.
Gli ultimi due passi.
Tac.
Tac.
E gli stava di fronte.
Non alzò il viso rivolto verso terra. Ma alzò gli
occhi per puntare Newton, la sua preda.
Iniziò a slegare pian piano le braccia che teneva incrociate
al petto.
“No… no… ti prego Piotr… per
favore…”
Poi avvicinò il viso a quello di Newt, finché i
loro nasi si toccarono.
“Piotr, per piacere… ti
supplico…”
“A chi hai dato della mummia?” gli chiese Piotr
guardandolo negli occhi.
Ormai aveva sciolto le braccia e si era avvicinato quanto bastava.
Newt aveva gli occhi spaventatissimi di un coniglio inseguito da un
cacciatore. Iniziò a scuotere la testa facendo segno di
“no”.
Sul viso ti Piotr si dipinse un ghigno malefico.
Poi un urlo disperato risuonò nell’aria.
“Nooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Il solletico non
valeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!”
***
“E’ stato un incidente.”
“Lo so.”
Lo so?
“In caso contrario non mi avresti soccorso. Giusto?”
“…”
Ulrich continuò a tacere. Non voleva mentirgli. Non di
nuovo…
Aaron gli sorrise.
Distolse lo sguardo.
“So a cosa stai pensando.” Disse Aaron semidisteso
sul suo letto.
Ulrich, ancora in piedi di fronte alla finestra chiusa, si
voltò un poco a guardarlo, con la coda dell’occhio.
“Ti stai domandando perché non ti chiedo
spiegazioni su quanto è successo… non
è così?”
Abbassò lo sguardo in risposta.
“Beh la risposta è: perché non mi
interessa. Te l’ho detto no?”
Ulrich tornò a guardarlo.
Questa volta dritto negli occhi.
E Aaron gli sorrise di nuovo.
“Mi fido di te.”
***
“Quindi voi vi siete già incontrati
nell’università di Aaron?” chiese Newt
mentre salivano le scale di casa.
“Esatto!” rispose Rei “Ci siamo
visti il 16 luglio, il 5 ottobre e anche il 16 ottobre. Il 26 aprile
è invece l'ultimo giorno in cui ho visto Aaron. E' lo stesso
giorno in cui si è stata effettuata la prima trasmissione
televisiva sperimentale, sai? New York, 26 aprile 1931. Oh è
anche il giorno del bombardamento di Guernica. 26 aprile 1937. E anche
l'esplosione di Chernobyl! Esattamente il 26 aprile 1986. Senza
dimenticare che è pure il compleanno di Marco Aurelio!
E’ nato il 26 aprile 121! E vi è invece morto
Giuliano de' Medici. 26 aprile 1478....”
“Sei strabiliante!!!! Una macchina da guerra!!!! Ma come
fai???”
“Una macchina da guerra? Ahahah bella questa!!! Sei il solito
spiritosone Newt, ahah sei troppo allucinante!!!”
“Eccoci qua. Siamo arrivati.” Disse Piotr tirando
fuori dalla tasca del cappotto le chiavi di casa.
Le inserì nella serratura e aprì pian piano la
porta.
E altrettanto piano entrò, per non far rumore in caso Aaron
e Ulrich stessero dormen…
“Siamo a casaaaaaaaaa!!!!!!!!” gridò
Newt non appena mise piede nell’appartamento.
“Zitto scemo!!!!” gli gridò Piotr a
bassa voce.
“Non ti preoccupare Piotr, siamo svegli!!!”
gridò invece Aaron dall’altra stanza.
“Visto????” rispose Newt a Piotr facendogli la
linguaccia.
Poi si diressero tutti e tre verso la camera da letto.
“Aaron… abbiamo una sorpresa per te!!!”
esordì Newt.
Rei si affacciò un poco dalla porta della camera.
Appena vide l’infortunato, fece un grande sorriso.
“Aaron!!!!! Che bello rivederti!!!!
Cos’è quell’occhio nero??? Che hai fatto
amico mio???”
“Oh, niente di che… solo un pestaggino notturno
portato vanti con onore…”
“Potevi chiamarmi, li avrei sistemati io!!!! Newt dice che
sono una macchina da guerra!!!!!”
“Non intendevo in quel senso….”
Aaron rise fragorosamente.
“Lo credo bene! Ahahah! Ehi che ci fai ancora in piedi? Dai,
vieni qui a sederti Rei!” disse toccando
più volte con la mano la parte di letto a fianco a
sé per invitarlo a sedersi al suo fianco.
“Posso?”
“Ma certo che puoi! Avanti vieni!”
Rei fece un grande sorriso e si catapultò sul letto.
L’impatto sembrò quello di una bomba.
Aaron si mise a ridere, inneggiando un po’ di
“Ahiahahahi” ovvero gemiti di dolore
misti a risate.
“Certo che ti hanno sistemato proprio
bene…” Disse Rei avvicinandosi al viso di Aaron e
spingendosi gli occhiali, un poco storti, più su sul naso.
“In effetti…” fece Aaron che
però, approfittando dal fatto che Rei si fosse avvicinato,
lo prese inaspettatamente intorno al collo con un braccio e
iniziò a grattargli le nocche della mano sulla testa.
“Ahahahah!!!” rideva intanto Rei contorcendosi un
po’ per liberarsi della presa.
Quando Aaron lo mollò era tutto spettinato.
Più di quanto non fosse già…
“Ahah mi hai spettinato tutto!!!” disse Rei ridendo
a crepapelle.
“Ahah, vieni qua che mi faccio perdonare!”
Rei si avvicinò di nuovo ad Aaron che, con la mano sinistra,
iniziò a grattare dietro l’orecchio destro di Rei.
Sembrava stesse coccolando un cagnolino…
“Ahhhhh Aaron… non pensavo ti ricordassi che mi
piace esser grattato dietro l’orecchio
destro…” disse Rei in una sorta di estasi, con gli
occhi chiusi e un largo sorriso pacifico dipinto sul volto.
“Eheh me l’avevi detto un po’ di tempo
fa… non sei mica l’unico ad avere una buona
memoria!” gli disse sorridendo.
Anche Piotr e Newt, dall’uscio della porta, osservavano la
scena divertiti.
Ulrich invece stava ancora lì, in piedi,
nell’angolo opposto della stanza. Si sentiva un po’
a disagio… e si limitava a guardarli ogni tanto senza dir
però nulla.
“Uh è vero!” esclamò
improvvisamente Aaron smettendo di grattare Rei ritraendo la mano.
Rei, ancora troppo rilassato, ricadde col viso sul materasso.
“Ulrich lui è Rei. Rei lui è Ulrich.
Scusatemi mi sono dimenticato di presentarvi…”
Rei scattò in piedi.
“Dove? Dove? Dov’è?”
Aaron gli indicò l’angolo più remoto
della stanza, proprio dove si trovava Ulrich.
Appena lo ebbe avvistato, Rei rise e si diresse verso di lui.
Gli prese forte una mano e incominciò a scuoterla in su e in
giù.
“Piacere, amico!!! Piacere!!!! Io sono Reimo, ma puoi
chiamarmi Rei!!!! Tu sei Ulrich? Sei Ulrich giusto???”
“Sì… piacere…”
disse Ulrich un po’ a disagio per tutta quella
vitalità forse un po’ eccessiva.
“Uuuuuuuuuuh che capelli lunghi e lisci che
hai!!!!” esclamò Rei prendendo tra le mani una
ciocca dei suoi capelli e osservandola incantato.
“Sembrano quelli di una Barbie!!! Ahah!!! Solo che non sono
biondi!!!!”
Ulrich si discostò, così che Rei mollasse la
ciocca.
“Uh!” fece Rei osservando la ciocca ricadere.
“Ehi Newt!” fece Aaron d’improvviso.
Newt, che si stava decisamente annoiando perché non aveva
niente da fare, si risvegliò dal torpore in cui era
affondato.
“Sì???” rispose Newt con grande
aspettativa.
“Perché non accompagni Rei a fare un giro della
casa?”
Il tuor de house.
Un classico.
Ogni nuovo ospite doveva visitare la casa.
Proprio come era successo con Ulrich.
Solo che questa volta Aaron era un po’
impossibilitato… e poi aveva nascosto la fasciatura fatta da
Ulrich sotto le coperte, in modo che per ora non la vedessero.
Quindi aveva passato il testimone a Newt.
Ed era un incarico importante… guida ufficiale della casa!
“Agli ordini!” esclamò Newt portandosi
la mano inclinata in obliquo sulla fronte, come in risposta ad un
generale.
Rei rise e lo raggiunse.
Newt lo prese per mano e se lo portò con sé.
Piotr rimase invece sull’uscio e li guardò andar
via, sorridendo.
“Sembrano andar d’accordo quei due!”
disse Aaron ridendo.
“Mah… più o meno…”
rispose Piotr grattandosi la testa.
“In realtà credo che Newt sia incuriosito da lui
più che altro. E’ innegabile che Rei sia una
persona un po’ bislacca. Però il
pupazzo… Newt non lo sopporta.”
“Ah intendi dire Mr Kush? Ahah quel pupazzo è
troppo forte! Ma dove l’ha messo? Non va mai in giro
senza…”
“Credo l’abbia lasciato sull’uscio,
vicino all’appendi abiti.”
“Capisco…”
Aaron cercò di tirarsi su per sistemarsi un po’
meglio. Prima era semidisteso, ma ora era scivolato talmente tanto che
era praticamente sdraiato.
Piotr si avvicinò al letto.
“Stai fermo. Ti aiuto io.”
“Tranquillo… ce la faccio da
solo.” Rispose Aaron.
“Tu vorresti far sempre tutto da te. Dai, scostati un
po’ che ti sistemo la coperta.”
Ma, non appena l’ebbe un po’ sistemata,
notò la fasciatura che Aaron aveva sul fianco sinistro. Si
discostò un attimo.
“Non avevi questa fasciatura prima… Aaron che hai
fatto?”
Aaron si guardò il fianco, facendo finta di non aver capito.
“Oh questo? Non ti preoccupare, non è niente di
che… Ho visto Ulrich in cucina che si stava preparando un
panino. Mi sono alzato dal letto, sono corso verso di lui, ma le gambe
hanno ceduto. E gli sono caduto addosso. Ulrich teneva in mano il
coltello per tagliare il pane, quello grosso… e senza farlo
apposta mi ha trafitto un po’, quando gli sono caduto
addosso. E’ colpa mia. Dovevo rimanere a
letto…”
Piotr lo guardò diffidente.
“Sa un po’ di inverosimile… ma non mi
stupisce il fatto che tu abbia voluto alzarti a tutti i costi dal letto
anche se non avevi le forza di camminare. Non cambi proprio
mai....”
Ci fu una pausa di silenzio nella stanza.
L’aria sembrava così pesante…
“Oh beh, dopo controlliamo la ferita allora. Vado di
là a sentire se Newton e Reimo vogliono mangiare qualcosa.
Torno fra un attimo.”
Ma, poco prima di andarsene, si voltò a guardare Ulrich.
Lo osservò bene e gli parve... spaventato?
Aveva l’espressione shockata di chi ha appena visto un
fantasma.
In realtà Ulrich era… sbigottito.
Incredulo.
Non sapeva cosa dire. O meglio, lo sapeva. Ma doveva cercare la forza
per dirlo.
Si voltò a guardare Aaron. E trovò la forza nel
suo sguardo.
L’espressione interrogativa di Aaron sembrava
chiedergli…
“Che c’è?”
“Perché… perché hai
mentito?” chiese Ulrich titubante, abbassando lo sguardo.
Aaron gli sorrise.
“Non voglio che pensino male di te. Se dicessi che
è stata colpa tua, anche se non l’hai fatto
apposta, si insospettirebbero e inizierebbero a guardarti storto.
Già di per sé sono molto scettici e insospettiti.
Sempre sul chi va là, uno in un modo, l’altro in
un altro… Se la cosa dovesse degenerare potrebbero anche
cacciarti fuori di casa… Se la colpa è mia,
invece, non mi dicono niente. Al massimo dovrò sorbirmi
qualche ramanzina da Piotr sul “Ti avevo detto di restare a
letto!”o simili… ma non è la fine del
mondo.”
E sorrise di nuovo.
Ulrich rialzò lo sguardo.
Che strano… alla fine si erano ritrovati a mentire entrambi
l’uno per l’altro…
Aaron per difendere Ulrich dagli altri… e Ulrich per
difendere Aaron dalla verità. Una verità che
avrebbe potuto fargli troppo male… o che forse avrebbe fatto
troppo male a sé stesso.
“Non ti metterò nei guai. Promesso.”
Concluse Aaron e si baciò prima l’indice destro e
poi il sinistro, come ogni volta che faceva le sue promesse solenni.
Ulrich si sentì ancora un po’ a disagio…
Ma da quell’imbarazzo nacque qualcosa di inaspettato.
Senza che nemmeno se ne accorgesse, anche ad Ulrich scappò
un lieve sorriso. Aaron però se ne accorse, e gli fece
l’occhiolino.
“Ehi, ho sentito uno schiocco di baci.” Disse Piotr
passando a fianco alla porta tenendo in mano due piatti di frittelle
“Qualcuno ha fatto una promessa?” chiese sorridendo.
“Eheh sono io “quello delle promesse”,
no?” fece Aaron ridendo.
“Già.” Rispose Piotr.
Poi si voltò verso Ulrich.
“Non ti preoccupare. Quando Aaron promette mantiene sempre le
sue promesse. Soprattutto quando si bacia in quel modo ridicolo gli
indici…”
“Ehi!!!” fece Aaron lanciandogli addosso un cuscino.
Piotr lo schivò.
E gli fece una piccola linguaccia.
Poi se ne andò, portando via i piatti di frittelle a Rei e
Newt che, nel frattempo, si erano messi a giocare alla Play Station,
seduti a terra su dei cuscini. Stavano giocando a un gioco di corsa con
macchine un po’ particolari, dotate di tutti i più
sofisticati armamenti.
“Come cazzo fai a ricordarti TUTTE le
scorciatoie????????” chiese sbigottito Newt.
“E me lo chiedi anche? Ahah!!!”
“Ehi voi due! Vi ho portato le frittelle.” Disse
Piotr tenendo in mano i loro due piatti.
Ma Newt e Rei lo ignorarono.
“Avanti Newt. Metti in pausa.”continuò
appoggiando i piatti sul tavolino.
“Aspetta ho quasi finito, sto per raggiungerlo!!!!”
“Metti in pausa.”
“Ancora un minutino dai che lo supero!!!!”
Piotr gli si parò davanti, oscurando lo schermo con le
proprie gambe.
“Piotr!!!! Levati da lì!!!!”
Piotr invece, con la sua solita calma, prese il joystick dalle mani di
Newt e lo sollevò in aria.
“Che fai???????? Avanti ridammelo!!!!!!!”
Newt tentò di saltare nel disperato tentativo di recuperarlo.
Rei intanto continuava a giocare con calma ridendo ogni due per tre. Ma
anche ogni due per uno, se vogliamo essere più realistici,
accorciando il tempo che trascorreva tra una risata e l’altra.
“Piotr!!!!! La vuoi piantare di fare il
piantafrane???”
“Piantagrane.”
“Non mi interessa se pianta il grano o le frane, basta che mi
ridai il joystick!!!!!”
In realtà quel benedetto joystick non gli serviva
più. Rei era ormai impossibile da recuperare… Ora
era tutta una questione di orgoglio.
“Vai a mangiare le frittelle.”
“No!!!!”
“Mangia-le-frittelle.”
“No-o!!!!”
Piotr allora alzò un sopracciglio e, impugnato il joystick
tenendolo comunque al di sopra dell’altezza massima
raggiungibile dal braccio di Newt, si mise a smanettarci.
Piazzò una bomba proprio al centro della strada.
Newt, che nel frattempo saltava per riprendersi ciò che era
suo, si fermò un attimo.
“Ehi!!! Grazie per aver piazzato la super-bomba
lì!!! Era esattamente la stessa cosa che volevo fare io
prima che tu….”
Piotr si voltò a guardare Newt.
E gli sorrise.
Ma non era un sorriso rincuorante.
Era decisamente un sorriso che non prometteva niente di buono. Un
sorriso… da furbo, ecco.
Newt lo guardò con aria interrogativa.
Poi gli si accese una lampadina.
“No… Nonononono!!!!!!”
Piotr tornò a guardare lo schermo e…
Booooom!!!!!!!
…fece retromarcia.
Aveva preso in pieno con la propria macchina la super-bomba che aveva
piazzato lì poco prima.
Newt cadde in ginocchio, scioccato.
Mentre la colorata scritta Game Over compariva sulla schermo, stava
quasi per mettersi a piangere.
Piotr appoggiò il joystick a terra, come se niente fosse
successo.
E, prima di andarsene, disse la morale:
“Quel poco che so sui videogiochi sono in grado di metterlo
in pratica.”
Poi si diresse verso la cucina ma, dopo due passi…
“Ah, dimenticavo.”
Si voltò.
“Mangia le frittelle.”
***
“Ehi Piotr!!! Ho finito le frittelle… Dove lo
metto il piatto?” chiese Rei ad alta voce.
“Piotr è in bagno. Portalo pure in cucina, mettilo
nel lavandino.” rispose Newt.
“Ok!”
Rei si diresse spedito verso la cucina ma, sul corridoio che passava
per l’uscio, qualcosa colpì la sua attenzione.
C’era una borsa a terra. E da questa borsa sporgeva la manica
di un vestito. Era blu scuro, con qualche ricamo d’oro, che
scintillava alla luce del sole.
“Oooooh…” fece Rei incuriosito.
Si chinò, appoggiò il piatto a terra e presa la
manica tra le mani. Iniziò ad osservarla con
curiosità, portandosela vicina al viso. Poi fece per aprire
la borsa e tirare fuori tutta la giacca, ma improvvisamente si fece
tutto più buio.
Un’ombra spuntata da qualche parte probabilmente gli aveva
tolto la luce…
Probabilmente?
Rei abbassò lo sguardo sul pavimento, e notò la
presenza di due oggetti sconosciuti non ben identificati (o almeno non
ancora) . In ogni caso… sicuramente prima non
c’erano.
Alzò lentamente lo sguardo.
I due oggetti non identificati diventavano improvvisamente
più lunghi e slanciati, fino a congiungersi in un tronco e a
dividersi ancora in due rami che terminavano entrambi con cinque
rametti più piccoli.
Alzò lo sguardo al massimo e fino ad arrivare al termine
dell’oggetto non ben identificato. Nonostante dalla
descrizione potesse sembrare una pianta (e credetemi, sarebbe stato
molto meglio…), l’oggetto non terminava con una
chioma, o meglio, non con una chioma di foglie.
Credo che ormai anche Rei avesse capito che l’oggetto non
identificato era niente popò di meno che Ulrich. Aveva le
braccia incrociate sul petto e lo guadava dall’alto in basso
con una vaga espressione dall’intento Reicida. Compiere un
omicidio proprio lì, nella casa in cui era stato ospitato,
non era proprio il massimo per Ulrich, ma era molto tentato di metterlo
in atto.
I loro sguardi si incrociarono.
Ulrich stava trattenendo la rabbia, che minacciava di uscire da ogni
poro disponibile.
Rei gli fece un ingenuo sorriso.
Che però lo fece arrabbiare ancora di più.
Ulrich infatti lo spinse forte contro il muro e gli prese il vestito di
mano (Rei infatti, da bravo idiota qual era, non aveva ancora mollato
la manica della giacca di Ilian…). Lo guardò
ancora con aria di rimprovero e se ne andò via senza dir
nulla.
“Ehi ehi che sta succedendo qui????” disse Newt
accorrendo dopo aver sentito il tonfo della schiena di Rei contro il
muro.
Ulrich tornò in camera da Aaron senza calcolare nemmeno Newt.
“Ehi tu!!! Fermati!!! Sto parlando con te!!!!”
“Tranquillo Newt è colpa
mia…” fece Rei alzandosi e sistemandosi gli
occhiali, che ora stavano storti sul suo naso.
“Sì ma lui non doveva…”
“Anch’io non dovevo ficcare il naso nella sua roba.
Ora siamo pari. Giusto?” rispose Rei sorridendo.
“Dai….” Continuò chinandosi e
raccogliendo il piatto “…vado a riportarlo in
cucina.”
E se ne andò.
Newt rimase un po’ stranito.
Si sentì poi il rumore dello sciacquone, e poco dopo Piotr
uscì dal bagno.
“Cos’è successo?” chiese.
Newt, in tutta risposta, indicò la camera da letto di Aaron
alzando la testa in un cenno.
Piotr capì, e se ne andò in sala a sistemare il
resto dei dolciumi e delle bibite lì rimasti.
Newt continuò a guardare ancora un attimo l’uscio
della stanza di Aaron. Poi sospirò e seguì Piotr
per dargli una mano.
***
“Tutto bene?” chiese Aaron ancora a letto, mentre
Ulrich rientrava in camera.
Fu ignorato anche lui.
Ulrich poggiò i vestiti sul letto, li ripiegò, e
li mise sotto il proprio cuscino. Poi si sdraiò sul letto e
vi poggiò sopra la testa. Ovviamente rivolgendo la
schiena ad Aaron.
Quest’ultimo continuò invece a guardarlo. Non
poteva smettere di farlo. Più Ulrich lo evitava,
più si sentiva attratto da lui.
Sarà stato per l’alone di mistero che lo
circondava…
“Aaron io vado!!!” gridò Rei
dall’attico.
Poi si sporse dalla porta della camera. Fece per salutare Aaron ma,
vedendo Ulrich in quella posizione e credendo che stesse dormendo, si
limitò a fare “ciaociao” con la mano e a
sorridergli.
Aaron alzò la mano in segno di risposta.
Rei fece poi comparire, sempre rimanendo sulla soglia, Mr Kush. Fece
muovere la mano in segno di saluto anche al pupazzo. Aaron sorrise e
salutò con la mano anche lui.
Rei allora gli fece l’occhiolino, a cui Aaron rispose a sua
volta.
E così si congedò.
“Ce la fai a portare le borse e tutto il resto?”
chiese Piotr a Rei.
“Sì, non ti preoccupare! Me la so cavare! Ah a
proposito… grazie per avermele portate prima!”
“Figurati. Nessun disturbo.”
“Ehi tu!!!! La prossima volta voglia la rivincita
eh!!!!!” intervenne Newt.
“Sì certo! La mia rivincita!!! Ahah!!!!”
rispose Rei ridendo.
“Non intendevo quello!!!!!!” specificò
Newt in corner.
Rei continuò a ridere.
Ed era così distratto che, mentre stava uscendo,
inciampò nella borsa di Ulrich, che si trovava ancora
lì vicino all’entrata.
“Ups!!! Scusatemi!!!” fece per rientrare in casa a
risistemare ciò che si era rovesciato, ma Piotr lo
fermò.
“Non ti preoccupare. Mettiamo a posto noi.”
“Uh… beh, grazie!” fece Rei con un
sorriso.
Si salutarono un’ultima volta sull’uscio.
“Ehi Piotr….” Fece Newt chinato a terra,
mentre Piotr stava richiudendo la porta “…guarda
qua.”
***
“Aaron. Ce la fai a venire di qua un momento?”
disse Piotr sporgendosi dalla porta della camera.
“Sì, credo di sì…
perché?” chiese Aaron.
Ma Piotr se n’era già andato.
Aaron si alzò dal letto, un po’ con fatica e
tenendosi la mano sul fianco fasciato. Si trascinò
sforzandosi e tenendosi al muro.
Arrivò così in cucina.
Gli si presentarono di fronte Piotr e Newt dietro il tavolo, che era
sparso di coltelli.
Era almeno una decina.
La borsa di Ulrich, invece, era rovesciata.
Aaron li guardò interdetto.
Non capiva cosa stava succedendo.
Incrociò lo sguardo di Piotr.
“Qualcosa non va.” Disse Piotr guardandolo risoluto.
Aaron intese allora ciò che voleva dire.
Fece due più due, insomma.
Non disse altro.
Se ne andò dalla cucina e si strascicò
verso la camera.
Respirava sommessamente, segno che stava ancora faticando.
Giunse quindi sull’uscio della sua camera da letto.
“Ulrich…” Disse serrando i pugni e
appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta.
“…mi hai mentito?”
Note d'autrice
Ciao a tutti!
Allora, premetto che non ho voglia di scrivere le note quindi non scriverò molto...
mi scuso per l'immenso ritardo, ho avuto vari casini sia in mente che in corpo...
quindi non avevo le forza e l'amore (e il tempo =-='') necessario per
scrivere...e scrivere tanto per farlo ritengo sia sbagliato.
Comunque spero abbiate gradito il capitolo!
L'ho scritto un po' di tempo fa quindi, oddio, me lo ricordo a grandi linee..dovrei rileggerlo anch'io ^-^''
Però spero che sia valsa la pena aspettare....
Avevo intenzione di finire la storia entro l'estate e l'estate è ormai finita....
Non so perchè ma guarda caso avevo il presentimento che non ce
l'avrei fatta. Questa storia non ha voglia di finire, neanche se mi
impegno.
Anzi.
In realtà non è ancora iniziata.
Tantissime cose devono ancora succedere e incominceranno ad accadere tra qualche capitolo...tra non molto comunque.
Tutto quello che ho scritto finora è stato una sorta di Grande
Prologo necessario ad inquadrare la situazione e a presentarvi la
maggior parte dei personaggi.
Quindi, anche se la storia non è ancora finita, spero
continuiate a leggerla perchè, anche se dovesse capitare che ci
siano ancora delle "pause involontarie" dalla pubblicazione, io non ho
la minima intenzione di abbandonarla nè tanto meno lasciarla in
sospeso.
E' molto importante per me e spero che vi trasmetta qualcosa.
Anche una vaga sensazione di piacere.
O di odio.
Va bene tutto.
Anche le emozioni negative son pur sempre sentimenti.
Anche se non voglio il vostro male, ovviamente ^-^
Bene.
Allora, alla prossima a tutti!
Lettori di passaggio e non!
E grazie di tutto!
Ringraziamenti vari.
Ruin & mady
Sentite....non c'ho voglia XD
sapete che mi siete indispensabili e che vi ringrazio tantissimo per tutto. Vi basti questo ;)
Vi voglio bene.
pieno_pieno
Ciao! Mi scuso personalmente per il ritardo....spero tu abbia gradito il capitolo!
Beh Jude e Newt sono un cocktail esplosivo, le classiche due persone
che non possono (per una qualche legge di reazione chimica) stare
entrambi nella stessa stanza.
Rei è un personaggio decisamente complicato, che fatica scrivere di lui ^-^''
E con Mr Kush (che poi sarebbe ancora lui) a fargli da alter-ego la faccenda si fa ancora più terribile! XD
Però sono contenta di essere riuscita a renderli bene.
Rei forse è ancora più schizzato di Newt, o meglio, forse
Newt è quello più schizzato, e Rei è quello che a
prima vista definiresti il "rimbambito" di turno. In senso buono
ovviamente ^-^
Però sono entrambi, anche se in modi diversi, due teneri bambinoni :)
Mr Kush...eh già. Lui è dannatamente volagare! Quasi mi
vien da ridere pensando che il personaggio più volgare della
storia sia un pupazzo XP
Uhmmm...vediamo..il farmacista, eh?
Non sono una che fa spoiler però...spero di lasciarti piacevolmente sorpresa! ^-^
Ma me lo domandi perchè ti è piaciuto e vorresti rivederlo?
Perchè se lo odiassi a morte, non so quanto la sorpresa possa esser piacevole! XD
Grazie mille per i tuoi commenti, spero di continuare a non deluderti!
Alla prossima!
Allora al prossimo capitolo (spero)!
baxbax a tutti
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** The Spirit Carries On ***
The Spirit Carries On
The Spirit Carries On
La vita delle persone comincia in momenti diversi.
Non intendo quella anagrafica, direi che quella è piuttosto
ovvia. Come è anche piuttosto ovvio che su sette miliardi di
persone su questo pianeta può facilmente capitare che due o
più persone nascano nello stesso istante. Ma non era questo
ciò a cui mi riferivo. Stavo pensando a qualcosa che va al
di là della semplice esistenza fisica. Parlavo della vera
vita. Si può forse così definire? Non saprei, a
questo mondo è tutto molto relativo...ma datemela per buona.
La sua vita era iniziata tredici anni prima. All'epoca aveva poco meno
di sette anni. Diventare consapevoli di sé stessi a
quell'età è un grande fardello da
sopportare...capire così giovani che ci è data
una sola possibilità può essere un vantaggio e
uno svantaggio allo stesso tempo. Ma il vantaggio sfuma lentamente
quando la causa di tutto quello che ti rende così saggio
prende il sopravvento. Potremmo definirlo una sorta di
“prezzo della conoscenza”...ma se ti domandassi
“Sei felice di aver trovato tutte le risposte già
da piccolo?” potrei aspettarmi un “Sì,
così ho tutta una vita consapevole da vivere e non rischio
di uscire di strada.”. Ma se la vita ti facesse davvero
questa domanda, ponendoti davanti il fatto compiuto...tu la
ringrazieresti? Davvero, Jude, la ringrazieresti?
Quel giorno correva per casa tutto eccitato all'idea di poter provare i
suoi nuovi pastelli colorati. Sgambettava qua e là e rideva,
in cerca di un foglio bianco su cui fare un nuovo disegno per
papà. I suoi disegni lo facevano sempre sorridere e Jude,
volendo vedere quel sorriso il più possibile, gliene faceva
sempre tanti. Non importava se erano tutti uguali...tutti raffiguranti
la loro famiglia felice...ogni volta il suo sorriso era sempre
più bello. E poi lo stringeva a sé, gli faceva il
solletico e iniziava una finta lotta che finiva sempre e costantemente
con papà a terra, battuto da un Jude trionfante. Non
è un'ingiustizia pensare che quando si è giovani,
si riesce a condividere i nostri sentimenti solo tramite qualche segno
di pastello colorato? Se i problemi si potessero risolvere
così facilmente anche in tarda età, beh gli
adulti disegnerebbero sempre invece di lavorare. Non ci avevo davvero
mai pensato. Un mondo fatto tutto di adulti e pastelli colorati. La
vita sarebbe davvero molto meno e complicata...e forse più
colorata. Ma per il momento Jude di quei problemi non se ne faceva
mica, e così doveva essere. Pensava solo a divertirsi nel
disegnare il suo papà, sempre riconoscibile
perchè estremamente alto (la sua testa arrivava proprio
all'altezza del sole e delle nuvole) e per i suoi baffoni neri,
decisamente inconfondibili. Anche i suoi capelli erano neri e un poco
spettinati. Un altro dei suoi passatempi era proprio quello di
pettinarglieli con una spazzola, dividendoli metà a destra e
metà sinistra, un po' “a barchetta”. E
poi gli disegnava i suoi inconfondibili occhialetti fini e rotondi,
attraverso le cui lenti si potevano vedere quegli occhi sempre buoni e
comprensivi, scuri quasi quanto i capelli. Si mise allora a
disegnarglieli con il suo nuovo pastello marrone. Era sdraiato sul
pavimento, come sempre, la pancia a terra e la schiena rivolta verso il
soffitto. Le gambe semi-piegate gli ciondolavano avanti indietro, quasi
a tenere un qualche ritmo che solo lui poteva percepire.
Papà era sempre la prima persona che disegnava. Poi avrebbe
aggiunto il resto della famiglia, l'erba, il sole, il cielo (che si
riassumeva in una riga azzurra sul bordo alto del foglio) e la casa,
che a volte era pure più bassa di papà. Dopo aver
finito, si sedeva sulla grande poltrona e aspettava, guardandosi
attorno e facendo ancora ciondolare impaziente le gambe troppo corte
per toccare il pavimento, l'arrivo di papà. Non appena
avesse sentito la maniglia della porta d'entrata cigolare, gli sarebbe
corso incontro a braccia aperte e col disegno in mano. Ma mai...mai un
bambino di sette anni avrebbe sospettato che l'attesa iniziata quel
giorno, sarebbe durata una vita. E cosa aveva guadagnato in cambio?
Forse...forse da quel giorno aveva smesso di aver paura della morte.
Che forse prima di quel giorno non sapeva nemmeno cosa fosse. Ma
bastò un'ora soltanto per fargli comprendere la cosa
più terribile che la vita stessa doveva ancora presentargli.
Non solo. Aveva capito anche un'altra cosa...aveva capito che da quel
giorno non avrebbe più dovuto aspettare papà. Ma
che sarebbe stato papà, da quel momento in avanti, ad
aspettare lui. E forse fu proprio il sapere che c'era qualcuno ad
aspettarlo, gli aveva fatto passare il timore della morte.
Perchè forse essa non era più una nemica...ma
un'amica...che gli avrebbe ridato la vita paradossalmente nel momento
della morte. E allora continuando il gioco degli scambi....diventa
piuttosto logico che se per lui la morte era diventata la vita...la
vita sarebbe stata per lui la morte. Sembrano ragionamenti
così complicati...ma i bambini imparano molto più
degli adulti e molto più facilmente. Se insegni loro una
cosa, anche la più difficile. in tenera età, se
la ricorderanno per sempre, molto più di un adulto che per
impararla ci impiegherebbe mesi, se non anni. Non me ne intendo molto
in realtà, ma credo proprio che ai bambini i concetti
rimangano impressi nella mente molto più facilmente. Come le
tabelline e il resto della matematica. E' una sorta di
“effetto megafono”. I concetti nelle loro menti
rimangono amplificati. Ma finchè si tratta di imparare
l'alfabeto o le operazioni con i numeri è cosa innocua...ma
se a un bambino insegnassimo o imparasse da solo cos'è la
morte...quanto verrebbe amplificato questo concetto nella sua mente? Se
lo ricorderebbe in ogni istante della sua vita come 2x2=4?
Forse...forse è così.
Ma d'altronde...c'è qualcosa di certo in questa vita?
L'odore delle frittelle aveva già raggiunto il salotto. La
scia di profumo non si vedeva...ma poteva immaginarla curvare a destra
e a sinistra e rigirarsi su sé stessa fino a raggiungere le
sue narici. La mamma stava preparando la merenda. Ma lui non poteva
muoversi. Non voleva muoversi. Nono. Avrebbe aspettato sulla poltrona
papà finchè non avesse aperto la porta d'entrata
e avesse detto “Sono a casa!” con quel tono
spensierato di chi, anche se ha un mucchio di problemi, sapeva comunque
affrontare la vita col sorriso, aggrappandosi a ciò che
aveva di più importante. La propria famiglia.
“Mammaaaa!” chiamò Jude dalla sala.
“Dimmi tesoro!” rispose la madre dalla cucina.
“Sei sicura che papà non è
già tornato mentre andavo a fare la
pipì?” disse ancora ad alta voce.
“No, tesoro! Non è ancora tornato!”
“Ma hai controllato benebenebene?” chiese con
insistenza continuando a far ciondolare le gambe avanti e indietro.
“Sì, caro! Ma sta' tranquillo! Avrà
trovato un po' di traffico! Arriverà tra poco!”
“Ma mamma! Sono già le diciassette e cinquantotto!
Non è mai arrivato così tardi!”
Jude non sapeva ancora leggere e scrivere bene...ma aveva imparato a
capire come funzionava un orologio già da quando era molto
piccolo. Un giorno aveva chiesto a papà di insegnarglielo,
perchè voleva sempre sapere quando sarebbe tornato a casa.
Cosa piuttosto utile col senno di poi, dato che per lo meno
così non avrebbe aspettato per ore l'arrivo del babbo. Aveva
anche al polso un orologio da bambini di colore rosso e blu, con
qualche righettina bianca, e il cinturino decorato con disegni di palle
da basket e canestri. Era stato il suo ultimo regalo di compleanno. E
ne era rimasto estasiato. Come un adulto a cui è appena
stata regalata l'eredità di Bill Gates.
Papà poi sapeva benissimo che Jude lo aspettava tutti i
pomeriggi. E quindi si era creato l'abitudine di fare una sorta di
piccola recita. Non appena arrivava, infatti, suonava il campanello di
entrata anche se aveva le chiavi di casa, e quindi non era necessario
che lo facesse. E anche se la porta non era chiusa lo suonava comunque.
Era un rito ormai. Papà suonava il campanello, apriva
leggermente la porta dicendo, con fare da finto tonto, “Sono
a casa!”. E quelle erano le paroline magiche che facevano
correre Jude verso la porta, che poi spalancava, per poter saltare
subito tra le braccia di papà.
In un instancabile crescendo di impazienza, continuava a muovere le
gambe sempre più velocemente e in un ritmo sempre
più convulso. Sentiva qualcosa di strano dentro di
sé...e forse fu la prima volta in vita sua in cui
scoprì il significato della parola
“presentimento”.
Diciassette e cinquantanove....
Diciotto e zero zero....
Diciotto e zero uno....
Diciotto e zero due...
Finalmente qualcuno suonò alla porta.
Le gambe di Jude si fermarono.
Aspettò qualche secondo che papà aprisse un poco
l'uscio e dicesse la sua solita frase, ma ciò non avvenne.
Aspettò ancora. Ma non successe nulla. Allora
pensò che magari papà dovesse avere in mano
qualcosa di pesante, che teneva con entrambe le mani. E quindi forse
non riusciva né a suonare il campanello né ad
aprire la porta. Convintosi di ciò, corse allora verso la
porta di ingresso. La aprì.
“Papà ti aiuto io a portare.....!!!”
Ma la sua frase, colma di eccitazione, si interruppe a metà.
Di fronte a lui non c'era papà. C'era un signore alto con i
baffi, ma non era papà. Aveva una camicia azzurra infilata
in un paio di pantaloni blu scuri. Le scarpe erano nere. E lucidissime.
John Kingstone, il poliziotto, le aveva lucidate quella mattina, prima
di uscire di casa, dopo aver salutato la moglie con un “Non
aspettarmi stasera.”
E quel piccolo dettaglio, quello delle scarpe lucide, sarebbe rimasto
impresso nella mente di Jude come marchiato a fuoco. Non sapeva
perchè. Ma la mente a volte va per conto suo. E si fa tutti
i suoi ragionamenti incontrollati senza chiederti niente. E
così il giorno dopo ti svegli pensando a un paio di scarpe
nere lucide.
“Ciao piccolino, c'è la mamma?” chiese
John al bambino.
Jude lo guardò dal basso verso l'alto, spaventato. Ma poi
trovò la forza di parlare. Anche se invece di fornire una
risposta, gli regalò un'altra domanda.
“Dov'è papà?”
Il poliziotto rimase un poco interdetto. Poi si abbassò
sulle ginocchia, per parlare a faccia a faccia con il bambino.
“Piccolo, ho bisogno di parlare con tua mamma....E' in
casa?”
Jude lo guardò con la boccuccia leggermente aperta, senza
dire nulla. Non capiva. Non capiva niente. E non riusciva a trovare il
ragionamento adatto per poter spiegare perchè quel tizio con
le scarpe lucide si trovava sull'uscio della porta invece di
papà. Cercò di pensarci, pensarci e ripensarci.
Ma fu impossibile. Non lo capì.
“Tesoro, come mai sei così in ritardo?”
chiese la mamma arrivando sull'uscio e prendendo Jude per mano.
“Oh. Mi scusi...l'avevo scambiata per mio marito...ha bisogno
di qualcosa per caso? Vuole entrare un momento?” chiese poi
distrattamente al poliziotto.
“Sì...sì grazie signora
Callman.” rispose John tirandosi fuori dalla tasca posteriore
dei pantaloni il suo cappello da poliziotto e cominciando a stringerlo
nervosamente tra le mani.
“Jude, tu va' in camera tua, piacere.”
Gli occhi grigi di Jude erano sempre più spaventati, senza
che ne sapesse il motivo preciso. Ma a vederli si poteva avere quasi
l'impressione che tremassero come fragili foglie mosse dal vento
autunnale...o come la calma dell'acqua rotta in piccoli tremolii da un
sasso invadente.
Continuava a non capire e a sentirsi a disagio, come se lui in quella
situazione non centrasse proprio niente. Quando si è
piccoli, quelle che si possono chiamare “certezze”
sono veramente poche e molto, molto pratiche e materiali. Ad esempio il
fatto di avere una famiglia. Di riconoscere mamma,
papà,...la propria casa, i cartoni animati alla tv,...lo
spazzolino per lavarsi i denti, i tuoi biscotti preferiti pucciati in
una tazza di tè caldo e di cui riconoscerai ancora il sapore
anche dopo anni e anni di distanza....Ma il concetto di tempo...di
pace....di guerra...di dolore...di amore...di vita....di morte...non
esistevano ancora. Per un bambino amore equivale all'abbraccio della
mamma o al bacio della buona notte...non è così?
L'astrattismo è qualcosa che ancora non viene contemplato.
E' per questo forse che loro riescono ad essere così
spensierati? Sta scoppiando una guerra? Chi se ne frega! Mi basta avere
la mia tazza di tè caldo in cui pucciare i Plasmon e un paio
di omogeneizzati al pollo per cena, e sono la persona più
felice di questo pianeta. Ma cosa potrebbe succedere....cosa potrebbe
succedere se già a quell'età quei fatidici
concetti astratti invadessero di colpo la nostra vita, mettendo in
crisi quelle poche certezze materiali e tangibili che ci siamo creati?
E non importa di che tipo di concetto si tratti....credo che l'effetto
sia comunque distruttivo...o per lo meno invadente quanto basta per
dare uno scossone alla tua quotidianità. Soprattutto quando
viene toccata la certezza più importante...quella che
aspetti tutti i pomeriggi seduto su una poltrona facendo ciondolare le
gambe avanti e indietro...
“Ma io devo aspettare papà!” si
lamentò Jude.
“Vai in camera tua ho detto!!!” lo
sgridò la mamma.
Se avesse saputo che la permanenza nella sua stanza sarebbe durata mesi
o anni, forse si sarebbe almeno attrezzato con un po' di gelato alla
fragola e qualche ovetto di cioccolata.
Difficile ricordare nei particolari ciò che successe dopo. O
meglio, in realtà ricordava solo i particolari. La mamma
piangere forte...i passi del signor John verso la propria macchina e il
rombo del vecchio motore della sua Ford arrugginita...la vecchia tv
ancora in tubo catodico che parlava ai muri...il rumore dei profumi che
si infrangevano sul pavimento...e quegli interminabili silenzi, che
erano forse la cosa più difficile da sopportare. Tutto
ciò che che girava attorno a questi dettagli non se lo
ricordava proprio. Era un po' come vedere un film senza immagini
sentendo solo le battute degli attori, mentre lo schermo nero del
televisore ti poteva solo lasciar immaginare ciò che stava
accadendo in questa o in quella situazione. Spesso mi sono immaginata
la Morte come sposa del Silenzio. Magari penserete che sia una cosa
stupida ma per varie coincidenze, magari casuali, mi son sempre sentita
di accoppiarli perchè, l'arrivo della prima, è
quasi sempre raggiunto dal secondo. Il Silenzio però
è marito poco fedele...perchè spesso arriva senza
necessariamente portare la Morte, mentre non si può dire il
contrario. Ma quale tra i due è più difficile da
sopportare? Chissà...però è certo che
l'arrivo di entrambi, nello stesso momento, dev'essere davvero
terribile. Un vero tormento. Tanto da spingere un bimbo di sette anni a
cercare spiegazioni scritte invece che dette. E caso volle che
riuscì a trovare un quotidiano da cui trarre le spiegazioni
che cercava. La grande scritta in grassetto in prima pagina recitava:
Anche le strade cittadine non sono più sicure! e sotto,
scritto invece in corsivo e con caratteri di grandezza minore: Tragico
incidente stradale nei pressi della scuola media cittadina. Ovviamente
Jude a quell'età non sapeva ancora leggere abbastanza bene
per poter capire il senso di quel titolo, ma gli bastò la
fotografia che compariva al centro della pagina per potersi fare una
vaga idea dell'accaduto. Rappresentava una macchina grigio-azzurra, con
il muso accartocciato contro un massiccio muro di divisione. Era il
muro di cinta della scuola. In un primo momento queste informazioni non
gli servirono molto...era pur sempre un bambino di sette anni, come
poteva capire...ma l'immagine gli rimase impressa nella mente, e
lì restò per sempre. Ciò gli permise,
col passare del tempo, di comprendere a poco a poco quale era stata la
situazione. A quel tempo, l'unica cosa che gli interessava sapere, era
dov'era finito suo padre. Null'altro gli importava. Nel frattempo aveva
anche appoggiato il disegno sul proprio comodino, così da
poterglielo dare non appena fosse tornato. Purtroppo non sapeva nemmeno
questo. Mamma dal giorno in cui era arrivato il poliziotto dalle scarpe
lucide aveva smesso di parlare. Qualche volta pensò che
forse quel signore era in realtà un ladro travestito da
poliziotto, che aveva portato via la voce alla mamma. Poi si sa, le
cose cambiano...dalla fase di silenzio si era passati alla fase delle
urla. Non poteva essere peggio della prima, dato che per lo meno
parlava, ma lei continuava ad urlargli contro senza motivo, come se
quello fosse il suo normale modo di esprimersi. E ciò aveva
come conseguenza il fargli rimpiangere sempre di più suo
padre....ma non solo. Lei non lo aiutava mai. Né con i
compiti né con qualsiasi altra cosa dovesse fare fuori o
dentro casa. Sembrava si divertisse ad ignorarlo. Gli parlava di rado
(e come vi ho già detto se lo faceva non lo si poteva
definire “parlare” ma
“urlare”). Perdeva la pazienza sempre
più facilmente, cosa che poteva spesso tradursi in quelle
che aveva ironicamente definito come “botte
istruttive”. Non faceva altro che piangersi addosso e ogni
scusa era buona per chiudersi nella sua stanza o in bagno. Era
diventata anche sorda, dato che ignorava totalmente ciò che
Jude le diceva. Il massimo che poteva ottenere erano monosillabi o
risposte disinteressate. La cosa peggiore però non era il
fatto che non ascoltasse Jude che le raccontava cosa aveva imparato
quel giorno oppure che le descriveva la puntata del suo cartone
preferito. Il problema nasceva nel momento in cui lei non ascoltava i
suoi problemi. E da quel fatidico giorno Jude aveva incominciato ad
averne tanti. Subire le violenze psicologiche della madre l'aveva fatto
chiudere in sé stesso. Non parlava più
né giocava più con gli altri bambini. Non
rispondeva più se interpellato dalla maestra. E da asociale
qual era passava tutta la giornata da solo in un angolo. E mentre
all'inizio si trattava di “non riuscire a stare con gli
altri”, ben presto la cosa si trasformò in
“non volere stare con gli altri”. Poi si
sa...persone di questo genere diventano facilmente preda degli
avvoltoi. E così iniziarono le prese in giro, le spintonate,
le minacce, le botte dei coetanei. I cosiddetti
“bulli” si aggrappano a qualsiasi cosa...la ciocca
bianca, il mutismo, gli occhi gelidi, la pelle molto chiara, la
situazione famigliare...insomma, ogni minimo dettaglio diventa oggetto
di canzonatura. E per ogni avvoltoio, ci sono diecimila polli che non
hanno il coraggio di denunciare l'ingiustizia o di difendere il
malcapitato in prima persona. Una grande merda in pratica.
Però nemmeno le botte dei bulli riuscivano a far
più male della mancanza di suo padre. Il costante
riecheggiare nella sua mente di ricordi che lo riguardavano....Di
quando lo prendeva in braccio nella sua vigorosa ma dolce stretta,
delle volte in cui erano andati a pesca insieme o di quando gli aveva
insegnato ad andare in bicicletta...ed era ancora tutto
così...così....vivido. Però...la cosa
che ricordava più di tutte era l'ultima volta in cui gli
aveva dato il disegno che lo rendeva sempre felice. Quel giorno Jude
era arrivato in ritardo a consegnarglielo, perchè
papà era già tornato a casa prima che lui avesse
potuto accorgersene. E si era anche arrabbiato con sé stesso
perchè non l'aveva sentito entrare. Non ricordava il
perchè...forse era in bagno e il rumore dello sciacquone
aveva coperto quello della porta che si apriva...boh. Fatto sta che
quella volta l'aveva trovato disteso, a riposare tranquillo. Allora
pensò che, dato che non l'aveva sentito entrare, poteva
recuperare punti facendogli una sorpresa. Decise quindi di avvicinarsi
a lui piano piano e di appoggiargli il disegno sul petto, vicino mani
che teneva conserte sulla pancia. In questo modo l'avrebbe trovato non
appena si fosse svegliato. Ricordava che gli si era avvicinato tenendo
il disegno con entrambe le mani, in un silenzio talmente pacifico che
poteva sentire rimbombare forte ogni suo singolo passo. Si sa, il
silenzio amplifica anche il minimo rumore.... Non gli capitava spesso
di vederlo riposare...ma quella volta ebbe l'impressione che avesse
un'espressione molto più serena del solito. E poi era ancora
vestito in modo elegante...per questo aveva sospettato che fosse appena
tornato dal lavoro. Probabilmente, oltre ad essere stanco morto, non
doveva neanche aver mangiato, dato che il suo colorito era un po'
pallido. Va beh, avrebbe mangiato al risveglio. Dopo aver trovato il
suo disegno sul petto ovviamente. E dopo averlo cercato per
ringraziarlo, con tanti baci e attacchi di solletico. In ogni caso
doveva anche essere un giorno speciale, dato che la mamma gli aveva
preparato il letto con più cura del solito. Era infatti
tutto decorato con tessuto bianco di raso lucido e papà
aveva sotto la testa un morbido cuscino rivestito dello stesso prezioso
materiale. Magari era il loro anniversario, e anche mamma gli aveva
fatto una sorpresa. Si era pure vestita in modo elegante. Forse
papà l'avrebbe portata fuori a cena quella sera. Ed entrambi
erano già pronti per uscire. Anche i capelli di
papà erano tutti in ordine. Di solito li teneva arruffati in
testa, pettinati in maniera evidentemente frettolosa. Per un attimo si
era anche chiesto se per caso non avrebbero portato anche lui con loro,
dato che la mamma gli aveva messo il vestito della domenica. Un
completino blu scuro formato da una giacca e da un paio i pantaloni
eleganti. E sotto gli aveva fatto indossare una camicia bianca, che
sembrava ancora nuova. In effetti gli pareva di non averla mai messa
prima di quel giorno. Comunque, a parte tutte queste riflessioni, in
sostanza gli andò vicino e gli appoggiò pian
piano il disegno che aveva fatto quel giorno sul petto rilassato,
vicino alle mani. Poi, mentre stava per ritornare dalla mamma, la
vecchia zia Mary lo prese per mano e lo accompagnò fuori.
Jude si era opposto, continuando a dimenarsi gridando:
“Lasciami!!! Voglio aspettare che si svegli!!! Voglio
aspettare che si svegli!!!” Ma poi fu comunque portato fuori
con la forza, mentre piangeva e si dimenava. La zia lo aveva poi
riaccompagnato nella sua stanza e lui non spiccicò neanche
una parola anzi, la guardava con le braccia conserte, offeso,
perchè non aveva potuto vedere la faccia di papà
al suo risveglio, dopo che aveva trovato il disegno sul suo petto. Ma
ciò non fu un grande problema. Dato che al ritorno della
mamma, lei aveva meno intenzione di lui di parlare. Le chiese com'era
andata la cena con papà, che cosa le aveva regalato e
soprattutto se aveva visto la sua faccia dopo aver trovato il disegno.
Ma lei si limitava a piangere, piangere e piangere e a stare sempre
zitta. Dopo essersi chiusa in camera, Jude capì che non
avrebbe ottenuto alcuna risposta, per lo meno per quel giorno. Allora
se ne andò in camera, nel suo letto, e si nascose sotto le
coperte. Prima di addormentarsi si immaginò il viso felice e
incredulo di papà al vedere il suo bel disegno fatto con i
nuovi pastelli, che gli aveva portato a casa solo qualche giorno prima.
E l'ultimo viso che potè ricordarsi di lui fu proprio quello
che sognava tutte le notti prima di andare a dormire. O per lo meno
delle notti giovani, in cui ancora non aveva compreso il vero
significato di quella giornata. Perchè poi, a poco a poco,
il viso dolce e sorridente di papà era stato sostituito da
incubi. Gli incubi della sua vita.
Ma tutto questo....solo nei rari momenti in cui riusciva a sognare.
Si risvegliò inspirando di colpo, come chi prende un grande
spavento o come chi non ha più fiato dopo esser stato per
tanto tempo sott'acqua. Si ritrovò riverso sul water, con la
schiena appoggiata allo sciacquone, le gambe allargate e le braccia che
gli ricadevano giù, attirate dal pavimento. Evidentemente
doveva essersi seduto sul water prima, ma era talmente intontito che
non se lo ricordava. Si risollevò un poco, rimettendosi a
sedere. Si mise un attimo la mano sugli occhi chiusi, tenendo lo
sguardo verso il basso, nel tentativo di ricordare. Rimase
così per un poco. Poi, come se avesse avuto
un'illuminazione, riaprì gli occhi e corse veloce verso la
porta del bagno, dandosi una spinta con la mano. Spalancò la
porta e si trovò di fronte Grief. Si guardarono negli occhi
per qualche secondo. Jude respirava ancora con affanno. Il suo petto si
gonfiava e rilassava a intervalli veloci, ma regolari. Nei suoi occhi
si leggeva lo stupore del momento. Sembrava infatti sorpreso di
vederlo, come se non se non si aspettasse di trovarlo lì.
Per quello forse non riusciva a proferire parola.
“Sono qui.” disse Grief con sguardo dolce e
comprensivo, adornato del suo tenero sorriso.
Jude continuò a fissarlo negli occhi, incredulo. Troppe cose
gli avevano sfiorato la mente in così poco tempo...A fatica
trovò la forza di dirgli...
“Vado...vado a prendere una boccata d'aria.”
...prima di andarsene di nuovo, lasciando nell'aria quella tensione, ma
soprattutto quella paura, che aveva tentato di nascondere in fondo ai
propri occhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Time for Miracles ***
time for miracles
Time
for miracles
Spesso mi sono lamentato perché la gente
interpretava male
ciò facevo. E mi arrabbiavo molto, davvero. E’ una
cosa fastidiosa quando qualcuno ti accusa di cose che non hai fatto.
Insomma, ho sempre odiato quando la gente interpretava male ogni azione
che facevo.
Ma non avrei mai pensato di provare la stessa sensazione nel momento in
cui qualcuno aveva chiaramente capito le mie intenzioni. E caspita,
è esattamente l’opposto.
Non mi ero nemmeno accorto di essermi ritrovato in un
contesto in cui io non volevo essere capito. Per una
volta avrei voluto
che la gente si comportasse con me in modo superficiale. Che non
andasse a cercare significati aulici e profondi dietro ogni
mia azione. Che mi lasciasse in pace a fare ciò che dovevo
fare senza bastoni tra le ruote. Una botta e via, no? Insomma, che vi
costa, lasciatemi nel mio brodo, cacchio! Cazzo…a
quest’ora avrei avuto molti meno problemi.
Eppure…mi ritrovo a mordermi la lingua dopo ogni parola che
dico. Ho passato una vita a cercare l’amore e
l’attenzione di qualcuno…e ora chiedo di essere
lasciato in pace?! Questo era segno evidente che la mia
vita stava
iniziando a prendere una piega sbagliata, che stavo perdendo a poco a
poco il controllo di me stesso, che stavo andando fuori
strada…No, mi correggo. Non una piega sbagliata.
Piuttosto
una piega diversa.
E quindi? Insomma, che cazzo devo fare??? Cambiare rotta o continuare
quella di prima??? “La vita è fatta di
insidie”. Chi cazzo l’ha detta ‘sta
stronzata???? Magari intendeva dire: “Le insidie sono fatte
di vita”! Perché io di vita in tutto questo ci
vedo veramente poco. Mi sento andare su e giù, come una nave
durante una tempesta. Mi vedo salire e poi scendere, come un elegante
trapezista. Ed è qui che penso a te. Ti rivoglio. Ti voglio
qui con me, al mio fianco. Ti cerco, ma non ti trovo. Scavo fino in
fondo per trovarti, ma non è mai abbastanza. Ti vedo
lontano, distante… Allungo la mani per raggiungerti, e
spingo il mio sguardo oltre l’orizzonte. Ma non basta. Non
basta, perché prima di te vedo sempre lui.
Lui, che mi
guarda e mi chiede: ”Mi hai mentito, per
caso?” Certo che ti ho mentito, idiota! Allora? Siamo pari?
Ti basta? Posso uscire di scena?
Si potrebbe anche fare…se non fosse per il fatto che ho un
conto in sospeso. Ma non è tanto quello…purtroppo
ormai ho lasciato dietro di me qualcosa di troppo importante. Come si
dice…ho già un piede nella fossa. Magari adesso
vi starete chiedendo….E l’altro piede?
Semplice.
E’ in un’altra fossa.
Non so se mi spiego…ma questo è più o
meno ciò che frulla nella testa di una persona presa alla
sprovvista. Forse accorciando un po’ i tempi dato che un
rapinatore non può rimanere a farsi le sue belle riflessioni
per mezzora, dopo che gli agenti di polizia gli han urlato contro
“Mani in alto!”
Il punto è che potevo finirla qui, cazzo.
Potevo.
E’ divertente supporre….Ma non fa per me.
D’altronde sono un criminale.
Non un filosofo.
***
“Ulrich….mi hai mentito?”
Queste sono il genere di domande in cui farebbero comodo una manciata
di secondi (se non minuti) per pensare ad una risposta soddisfacente. O
meglio, non una risposta soddisfacente…una risposta
paraculo. Però non sempre si ha il privilegio di
possedere
tale manciata di tempo, e quindi ci si butta
nell’improvvisazione. Meglio se con una risposta semplice.
Anzi. Semplice, ma vaga.
Semplice, ma vaga…
In realtà è più facile di quello che
sembra. Infatti non si tratta di dover elaborare una
risposta…ma di scegliere quella giusta. Il che in effetti
non è semplicissimo…ma per lo meno una parte
della catena di montaggio viene saltata. Sono convinta, infatti, che
nel nostro cervello ci sia una sezione apposita piena di risposte
già pronte per l’utilizzo. Un po’ come
quell’opzione dei cellulari, nella parte dedicata
ai messaggi, denominata modelli. Ecco, anche il
nostro cervello ha una
sezione di modelli. E’ quella da cui ad
esempio selezioniamo
la risposta “Bene” quando qualcuno di chiede
“Come va?”.
In questo caso però la domanda era ben più
complicata di un “Come va?”. Di conseguenza
richiedeva una risposta più impegnativa.
Impegnativa?
Merda…
E dopo un cerca cerca, sfoglia sfoglia, dai file in archivio troviamo
le varie alternative.
Proviamole!
1. “Ulrich….mi hai mentito?”
“Sì.”
Mmmm…troppo sincera? Noooooooo….
2. “Ulrich….mi hai mentito?”
“No.”
Questo si chiama negare l’evidenza. La
tecnica migliore per
far alzare un sopracciglio a chi ti sta ascoltando.
3. “Ulrich….mi hai mentito?”
“Forse…”
Sa di presa per il culo…ma giusto un pochettino!!! Se ci
aggiungi anche un guardarsi attorno con aria sconcertata
ti prenderanno
sicuramente sul serio!!!
4. “Ulrich….mi hai mentito?”
“Puoi ripetere la domanda?”
Ahhhh la tecnica del finto tonto….Hai
intenzione
di innescare una reazione nucleare per caso?!
5. “Ulrich….mi hai mentito?”
“E se così fosse?”
Questo si chiama: tastare il territorio nemico per vedere se
ci sono
mine anti-uomo. Peccato che, se ci fossero, in questo modo le
avresti
come minimo fatte esplodere tutte….
6. “Ulrich….mi hai mentito?”
“Tu mi stai mentendo?”
E’ la famosa mossa dello psicologo. Il
modo ideale per
mandare in crisi l’avversario. Ma funziona solo con quelli
che hanno la faccia da idiota. Perché non la provi su te
stesso?
7. “Ulrich….mi hai mentito?”
“Passo.”
Ok……Ma sei scemo?????
Va bene…meglio abbandonare l’archivio.
In assenza di una risposta adatta in breve tempo, si sa, rimane solo
una cosa da fare…
***
Ulrich si voltò e lo guardò senza aprire bocca.
In realtà non era lo sguardo altezzoso, di chi non risponde
per un esplicito senso di superiorità…Il suo viso
era sinceramente dispiaciuto. Dispiaciuto di non poter spiegare o
comunque di non riuscire a trovare una spiegazione…Adatta?
Plausibile? Credibile? Vera?
Ma il suo sguardo non era niente in confronto a quello di Aaron. La sua
espressione era davvero lacerante…perché non solo
era dispiaciuto…la cosa peggiore era che fosse deluso.
E lo si poteva leggere chiaramente nei suoi occhi.
Si guardarono per un secondo. Ma fu dura. Dura per entrambi. E la cosa
che più colpì Ulrich…fu che Aaron
cedette per primo. Non riusciva nemmeno a guardarlo negli
occhi…E quindi si voltò poco dopo, e se ne
andò, in direzione della cucina. Newt, gli corse incontro,
tendendo il braccio verso di lui, e chiamando il suo nome. Ma Piotr lo
bloccò, afferrandolo da dietro, per le spalle.
“Ha bisogno di stare da solo.” Disse a Newt, che si
allontanò rattristato dalla cucina, mentre Aaron si dirigeva
invece in senso opposto, verso il piccolo balcone che dava sulla
città. Questa volta Newt era sinceramente
preoccupato…e Piotr con lui. Aaron non era mai
triste. E quando capitava era segno che fosse veramente ferito.
Però, fortunatamente, sia lui che Piotr sapevano anche che
gli sarebbe passata facilmente. Doveva solo smaltire la botta del
momento, ecco…Fatto ciò, sarebbe tornato subito
quello di sempre.
Ma Ulrich non lo sapeva. Non lo conosceva ancora abbastanza per poterlo
sapere. E credette di aver fatto uno degli errori peggiori della sua
vita. Non solo stava male di per sé…ma ora aveva
fatto star male un’altra persona. Che oltretutto cercava di
aiutarlo. Avrebbe potuto fare di peggio? E il fatto che Aaron fosse una
persona solare e sempre col sorriso stampato in faccia, lo faceva star
male ancor di più, perché lo rendeva
consapevole di avergli fatto veramente male. Ma che gli era saltato in
testa? Dopo tutto quello che aveva fatto per lui! Era stata decisamente
una pugnalata alle spalle. Anche se non letteralmente. Quella
l’aveva ricevuta al fianco. Ma poco importava. Quello che
più lo consumava era che ora non aveva più un
problema. Ne aveva due. Però in fondo era la solita solfa
no? Ilian da una parte Aaron dall’altra…a che
serviva ripetersi?
Forse la soluzione migliore sarebbe stata dire tutta la
verità, per quanto potesse essere poco
credibile…e poi spifferare tutto avrebbe voluto dire anche
creare un muro definitivo tra lui e Aaron, perché
sicuramente, annunziata la buona novella, la prima cosa che i tre amici
avrebbero fatto sarebbe stato cacciarlo di casa. E lui non poteva
allontanarsi da Aaron, no di certo. Allontanarsi avrebbe voluto
significare non averlo più, perdere definitivamente
l’occasione che gli era stata offerta. Detto con una parola,
tutto questo sarebbe equivalso a rinunciare. Quindi
per lo meno,
secondo questo ragionamento, spifferare tutto non sarebbe stato il
massimo. O comunque doveva fare in modo che non lo cacciassero via. E
salvarsi all’ultimo, in qualche modo. Ma come?
Chi lo sa…
In quel momento sapeva di esser certo solo di una cosa: che con
quell’umore non sarebbe stato sicuramente in grado di
prendere una decisione.
E così, mentre Aaron guardava malinconico tutta la
città, immersa in un anonimo pomeriggio come tanti, lui si
rimboccò le coperte, e cercò di prendere sonno.
Un anonimo sonno come tanti.
***
“Che facciamo lo buttiamo fuori casa?”
“No.”
“Ma come no!!!!!!! Quello vuole ucciderci tutti e tu vuoi
ancora fare l’ospitale??????”
“Abbassa la voce, Newt. Aspetteremo che Aaron ritorni in
sé. E poi decideremo.”
“Ma quello lì è un furia omicida, un
serial-killer professionista, non hai visto quanti cazzo di coltelli ha
nella borsa??????”
“Sì.”
“E allora???? Come fai a stare così
calmo?????”
“Non fare il ridicolo e metti il silenziatore.”
“Il silenziatore a che???? Al cellulare???? Sì
dice “in silenzioso” non
“silenziatore”!!!!!! Che ignorante… Ma
che ne vuoi sapere tu di tecnologia!!!!! Sei tu che sei ridicolo, mica
io!!!!”
Piotr fece roteare gli occhi e smise di parlare.
Buon’anima.
Anche se in realtà lo fece per un motivo prettamente
egoistico. Se a Newt non davi di che parlare, non poteva dire nulla. E
lui doveva parlare. Non sapeva stare zitto. Di
conseguenza la fine di
un discorso lo mandava letteralmente in crisi. Perché doveva
cercare un nuovo argomento…quindi si corrucciava
finchè non l’avesse trovato.
E questo voleva dire almeno un quindici minuti di pace assoluta. Musica
per le orecchie di Piotr. Anche se doveva ammettere che sentire Newt
“urlare a bassa voce” era piuttosto divertente.
Infatti, come aveva già puntualizzato, ma senza spiegarsi,
lo rendeva piuttosto ridicolo.
In effetti, però, doveva ammettere anche che Newt non aveva
tutti i torti. Avrebbero dovuto sì trovare una soluzione, e
alla svelta. La più immediata sarebbe stata cacciare via lo
sconosciuto…ma sarebbe bastato? Comunque rimaneva
dell’idea di sentire prima il parere di Aaron. Era lui il
diretto interessato. Quindi spettava a lui decidere.
***
“Ehilà! Cos’è questo
mortorio???”
Ci aveva messo più del solito a riprendersi. Piotr aveva
continuato a fare le sue riflessioni, seduto sul divano. Newt, accanto
a lui, a furia di scervellarsi per cercare nuovi argomenti, si era
sovraccaricato e poi lentamente addormentato. Lasciandosi cadere sulla
spalla di Piotr, ovviamente. Che però non aveva detto nulla.
Che doveva dire? Poteva solo provare un lieve accenno di tenerezza,
per
quel piccolo, dolce, adorabile e tenero esserino, che era talmente
scemo che il “pensare troppo” lo faceva
addormentare per la fatica.
Ho detto tenerezza? Mi correggo. Compassione….
“Aaron!!!!!!” gridò Newt svegliandosi di
soprassalto e correndogli incontro.
Andò alla carica verso di lui come un montone, e lo strinse
forte forte tra le sue braccia. Non sopportava l’idea che uno
dei suoi amici stesse male, e avrebbe fatto di tutto perché
tornasse a stare bene. Per fortuna non ce n’era stato bisogno.
“Ehi!!! Cos’è tutta questa dimostrazione
d’affetto? Cosa vuoi stavolta? Delle caremelle,? I pop-corn?
Una delle tue pizze schifose? O forse un ciucciotto?”
“Ehi piantala!!!!!! Cos’è, ogni cosa che
faccio deve avere per forza un secondo fine?????”
“Beh, di solito è
così….” Disse Aaron sorridendogli.
Newt allora incrociò le braccia sul petto e fece la sua
solita espressione “da mulo”. O forse sarebbe
meglio dire “da finto mulo”. E
Aaron sapeva
benissimo che stava fingendo. Come lo sapeva anche Piotr. Ormai ci
erano abituati.
Aaron allora fece finta di niente. Finse di andarsene e di lasciarlo
lì…ma poi si voltò e gli corse ancora
incontro, afferrandolo per la vita e caricandoselo sulla schiena a
cavalluccio.
Sembrò una sorta di miracolo. Di certo le gambe non lo
aiutavano, e di fatica ne faceva sicuramente, ma forse, il fatto che si
sentisse finalmente libero da ogni dubbio, gli aveva fatto per un
attimo scordare il dolore. In fondo…sentirsi così
sollevato non era una cosa da poco…
“Allora, che ne dici? Andiamo a scongelarci una di quelle
pizze acciughe, melone, ananas e pesche dolci che ti
piacciono tanto?”
“Sì!!!!!!!!!!!!!” gridò Newt.
In realtà Aaron non era un amante di quel genere di
schifezze…probabilmente era solo Newt al mondo a tenere in
piedi il mercato di quelle cose (definirle cibo
sarebbe stato un
complimento immeritato)…ma aveva compreso che, anche se Newt
non l’avrebbe mai ammesso esplicitamente, si era preoccupato
molto per lui, e quindi si sentiva in dovere di ritirarlo su di morale.
Mentre se ne andavano a cavalluccio verso la cucina, Aaron si
fermò un secondo e si voltò.
“Piotr, tu non vieni?”
Piotr, si risvegliò per un attimo dai suoi pensieri.
“Mh? Ah! Sìsì, vengo subito. Voi
cominciate pure a preparare. Vi raggiungo tra un attimo.”
Aaron gli rispose con un sorriso e facendo un piccolo cenno con la
testa. Fece saltare un attimo in su Newt, per afferrarlo meglio, e
riprese la cavalcata verso la cucina.
Piotr ricadde di nuovo nelle sue riflessioni. Sapeva che quella volta
non sarebbe stata come tutte le altre. Quando Aaron aveva una
preoccupazione o era triste per qualche motivo, una decina di minuti
dopo era già tutto a posto, e si comportava proprio come
aveva fatto ora, cioè come se non fosse successo nulla. Ma
era questo il problema. Solitamente Aaron si riprendeva così
in fretta perché riusciva a risolvere il problema in quattro
e quattr’otto, in quanto la sua filosofia di vita, il suo
carattere e il suo modo di pensare, gli davano la forza per riprendersi
facilmente, e quindi per non prendersela eccessivamente (se non quando
succedeva qualcosa di grave che lo turbava profondamente). Tutto il
resto gli scivolava via, come acqua su un impermeabile. Ma questa volta
non poteva esser così. Non poteva spostare tutti i suoi
problemi nel cestino e svuotarlo come se niente fosse.
Perché il problema era in casa loro. E quindi, prima o poi,
avrebbe dovuto affrontarlo di nuovo. Cosa che non era contemplata di
solito nel suo comportamento perché, come ho già
detto, si liberava facilmente dei suoi problemi e poi non se ne sentiva
più parlare. Li eliminava dalla faccia della terra. Per
questo era sempre felice e spensierato. Il “come riuscisse a
farlo” nel dettaglio non si sapeva…ma comunque ci
riusciva. E bene anche. Solo che Piotr non poteva smettere di chiedersi
come avrebbe fatto ora. Come avrebbe riaffrontato
un problema
già eliminato. Una specie di virus che non se ne va
facilmente, e ritorna alle tue spalle quando pensi di averlo
già fatto fuori. Il punto era che il problema non era stato
propriamente eliminato. Aaron l’aveva cancellato
dalla propria testa. Ma fisicamente era ancora lì presente.
Ed eliminare quello sarebbe stata tutta un’altra
storia…
E la cosa preoccupava Piotr. Lo preoccupava parecchio.
Perché non sapeva come avrebbe reagito Aaron, che
probabilmente non era pronto ad affrontare una situazione del genere.
Magari si era pure dimenticato che Ulrich era in casa
loro…La sua spensieratezza a volte lo rendeva davvero
incosciente. Come il suo eccessivo buonismo lo rendeva estremamente
ingenuo. Ed era proprio a causa di questo suo buonismo eccessivo che
era cominciato tutto. Se non fosse stato per quello, a
quest’ora sarebbero stati lì a trascorrere una
monotona serata, bevendo birra e giocando a freccette come se niente
fosse successo. Il che (e si stupì di questo suo pensiero)
ora come ora non gli sembrava poi tanto male….
***
“Direi che è pronta.” Disse Piotr
aprendo un po’ il forno con la presina nella mano.
“Sìììììììì!!!!!!
Dai tirala fuori che la tagliamo!!!!!!” rispose Newt tutto
eccitato.
“Com’è che hai tutta questa voglia di
tagliare?! Volevi già fare le fette quando era
ancora congelata!” constatò Aaron.
“Beh ma è perché bisogna festeggiare
tutti insieme, e questa volta la voglio dividere con voi!!!!”
disse felice Newt allargando le braccia come se volesse abbracciarli
entrambi in una sola volta.
Aaron si voltò sconcertato verso Piotr, e non si
stupì nel ritrovare la sua stessa espressione sul viso
dell’amico. Già Piotr riteneva quella pizza un
insulto all’apparato digerente, nonché un obrobrio
artistico (visto che ci voleva decisamente molta fantasia per inventare
una schifezza del genere), figuriamoci se l’avesse mangiata!
“Eeeeeeeeeh….io
dovrei…ecco….ho
dimenticato…l’orologio in camera!!!”
esordì Aaron per salvare il proprio
stomacointestino da una fine imminente.
“Ma tu non porti l’orologio!!!” disse
Newt mettendosi entrambe le mani sui fianchi.
“Beh ma…devo vedere che ore sono!!!”
“Ma c’è un orologio anche qui in
cuci….”
Aaron era già fuggito via.
“…na. Va beh, pazienza! Ce ne sarà di
più per noi!!!” esclamò con un grande
sorriso, voltandosi verso Piotr.
Silenzio.
Newt rimase immobile sorridendo a denti stretti per qualche secondo.
Stava per cedere, lasciando spazio ad un’espressione triste,
ma poi vide le labbra di Piotr dischiudersi un poco gli
ritornò il sorriso di chi spera in una risposta favorevole.
“Certe volte mi chiedo…”
cominciò Piotr.
“…di quali ingredienti sia fatta??? Il tempo di
cottura??? Se la fanno anche al ristorante???”
“…se pensi almeno un po’ prima di
parlare.”
Il viso di Newt si fece subito molto sconsolato. Come se avesse appena
ricevuto un colpo a tradimento. Ed effettivamente…lo era
stato.
“E…e…e quindi…non la
mangerete insieme a me?”
“No.” Rispose Piotr pacato.
“E allora non la mangio nemmeno io!!!” disse Newt
incrociando le braccia sul petto, ma non del tutto convinto di
ciò che aveva appena detto. In fondo…almeno un
morsettino piccolo piccolo piccolo…
“Bene. Allora la posso buttare.” Rispose Piotr e,
in meno di un secondo, la pizza era già nel bidone della
spazzatura.
Newt non fece nemmeno in tempo ad accorgersene. Tanto meno a tendere il
braccio per fermarlo. Non ebbe nemmeno il tempo di disperarsi
pubblicamente. Né di mordersi la lingua.
Ma ora dentro era diventato un vulcano in eruzione. Non sapeva se
prendersela più con sé stesso o con Piotr. La
seconda alternativa gli sembrò la migliore.
“Grrrrrr….Siete davvero orribili!!!!!! Dovete
sempre darmi contro!!!!!! A voi non frega un emerito cazzo di me e di
quello che mi piace!!!!!!! Pensate solo ai cazzi vostri, agli interessi
vostri e ai vostri fottuti problemi!!!!! Per me non fate mai
niente!!!!!! NIENTE!!!!! Hai capito???? N-I-E-N-T-E!!!!!! E io mi sono
rotto i coglioni!!!!!! E’ la goccia che ha fatto traboccare
il bicchiere pieno!!!!!! Mi avete mai ascoltato???? Mi avete mai dato
ragione????? Avete mai fatto qualcosa per me??????? NO!!!!!!! E allora
io ho chiuso con voi, capito???? CHIUSO!!!!! E soprattutto con te
Piotr!!!! Sei la persona più insensibile che io abbia mai
conosciuto!!!!!!!!”
Disse tutto ciò urlando, nel giro di pochi secondi.
E ovviamente se ne andò.
In camera.
Sbattendo la porta.
***
Aaron si diresse in camera, continuando la recita di andarsi a prendere
un orologio. Ovviamente stava scherzando…probabilmente
sarebbe tornato poco dopo, fingendo un mal di pancia. Quella pizza era
davvero nauseante, e chissà cosa c’era dentro
oltre alle cose visibili… comunque
certamente non faceva
bene. Lui e Piotr avevano detto più volte a Newt di smettere
con quelle schifezze…una ogni tanto andava
bene…ma lui ne mangiava troppo spesso. Ma Newt li aveva
ascoltati? No….Troppo capriccioso e, a volte, infantile. Ad
Aaron dispiaceva però…quindi alcune volte lo
accontentava…anche se non spesso. Piotr invece era
più inflessibile. Come anche nel resto delle cose. In quanto
a orgoglio tra lui e Newt era uno scontro molto serrato…ma
probabilmente Newt rimaneva il più orgoglioso di tutti.
Comunque.
Torniamo a noi.
Aaron tornò in camera e si mise a trafficare tra i
portagioie. Ulrich lo sentì subito, anche se non stava
facendo un gran baccano. In realtà lo aveva sentito
perché non era riuscito a prendere sonno. I suoi
pensieri facevano un fracasso d’inferno…come
poteva dormire?
Si alzò seduto sul letto. Aaron gli rivolgeva le spalle.
Avanti…dì qualcosa…qualsiasi
cosa!!!!!!!
“Aaron…” gli uscì flebile
dalla bocca.
Aaron non rispose. Probabilmente non l’aveva sentito.
Provò ad alzare un po’ la voce.
“Aaron…”
Nulla. Continuava a cercare tra i portagioie. Forse non
l’aveva sentito ancora….
Aaron si avvicinò poi al suo comodino, aprì il
cassetto e continuò a cercare lì.
“Aaron!” gli disse allora con più forza.
Ma lui non rispose nuovamente.
Questa volta era impossibile che non l’avesse sentito. Era a
fianco al letto. Forse che lo stesse…
Mi sta ignorando!!!!!
Ulrich, disperato, si agitò.
“Aaron!!! Ascoltami!!!” disse preoccupato.
Niente.
Aaron continuava a fare altro. Ora si era spostato verso le chitarre, e
le stava sistemando una ad una.
“Aaron, ti prego, rispondimi!!!!”
Nulla.
Ottenne solo che Aaron si spostasse ancora verso i portagioie.
Ok.
Non doveva arrendersi.
Doveva provare il tutto e per tutto.
“Aaron, ascoltami!!!!! Devo dirti una cosa
importante!!!!!” disse alzandosi dal letto e dirigendosi
verso di lui.
Ma si fermò a metà percorso.
Anche Aaron si fermò. Alzò solo lo sguardo.
Entrambi stavano guardando in direzione della porta aperta della stanza.
Sentirono Newt urlare dalla cucina. E sembrava molto
arrabbiato. Davvero tanto.
Infatti, poco dopo, lo videro attraversare il corridoio, in direzione
della sala. E poi udirono la porta sbattere.
Aaron si sbloccò, e si affacciò sul corridoio.
Vide Piotr in cucina, che stava lavando i piatti. Senza pensarci due
volte, andò da lui, per capire cos’era successo.
Ulrich rimase lì, immobile, ancora per un istante.
Poi si lasciò andare, seduto sul letto.
Fissò il vuoto per un po’, con le braccia morte
che gli ricadevano in mezzo alle gambe semi-aperte.
Poi, più apatico di un robot, nascose lo sguardo
privo di emozioni sotto le coperte.
***
“Cos’è successo???”
“Lo hai sentito.”
“Sì ma perché???? Perché non
volevamo mangiare la pizza?!?!”
“A quanto pare.”
“Merda merda merda!!!! Ci mancava solo questa!!!!!
E’ in camera?”
“Sì.”
“Vado da lui.”
“No.”
“Come “No”? Voglio sentire che
cos’ha, visto che ce l’ha anche con me!”
“Calmati Aaron. Non è da te essere così
agitato. E sappiamo bene entrambi che non lo sei per colpa di Newt. Lui
ha le sue lune, come sempre, ma poi gli passano. Lo sai meglio di
me.”
“Già…” rispose Aaron
sedendosi sulla sedia dove poco prima era stato seduto Newt.
“Sai qual è il tuo problema Aaron?”
disse Piotr mentre continuava a lavare i piatti, accennando un lieve
sorriso.
“Quale?” domandò in risposta voltandosi
verso di lui. Piotr gli stava dando le spalle…ma
chissà come Aaron aveva intuito che in quel momento stesse
sorridendo. Forse si conoscevano troppo bene….
“Non sai mentire. E se lo fai hai i sensi di colpa. Quindi
non duri mai molto. Questo ti porta ad essere una persona limpida ed
estremamente sincera. E’ un bel pregio…ma spesso
è una cosa che crea problemi…non è
così?”
Aaron si voltò verso la finestra. Era quasi il tramonto
ormai…
Piotr era stato conciso, come sempre. Era andato dritto al punto senza
troppi giri di parole. E aveva centrato il problema. Come ho
già detto, Piotr era molto bravo a capire le
persone…quindi non si sbagliava quasi mai. Non solo a
capirle. Ma anche ad aiutarle. Mentre lui di aiuto non ne aveva mai
bisogno…non era come Newt, che lo rifiutava per questioni di
orgoglio. Piotr non aveva mai
bisogno di consigli. Anche Aaron, che non aveva mai problemi, o
comunque li faceva sparire presto, ogni tanto aveva bisogno di
confidarsi o per lo meno di parlare dei propri pensieri con qualcuno.
Piotr no…. Nessuno sapeva cosa girava nella sua testa,
neanche loro che lo conoscevano da molto tempo. Lui era uno di poche
parole. Ma riusciva comunque e far capire un poco i propri pensieri
grazie ai gesti che faceva. Che potevano anche essere solo una
chiaccherata come questa. E chissà se si rendeva conto che,
in questi momenti, il suo libro sigillato si apriva un
pochino… Forse a volte sì…come quando
aveva parlato con Mag o in altri momenti di imbarazzo. In quei casi si
affrettava a chiuderlo, e a sigillarlo di nuovo.
Ma questo è Piotr.
Senza troppi giri di parole.
Come piace a lui.
Piotr si voltò, e si mise ad asciugare i piatti e le
stoviglie guardando Aaron, seduto di fronte a lui.
Anche Aaron tornò a guardarlo. Ma poi abbassò
subito lo sguardo. Come se fosse stato appena rimproverato.
“Hai ragione tu…come sempre.”
Si percepiva un lieve accenno di invidia nelle sue parole.
Perché in fondo non era da tutti essere un buon
confidente. Ma non era invidia cattiva…era anche
ammirazione. E soprattutto era il ringraziamento di avere un amico come
lui.
Era talmente preso dai suoi pensieri che non si accorse che Piotr aveva
scostato la sedia a fianco alla sua e ci si era seduto sopra. Si
accorse della sue presenza solo quando Piotr, ora seduto di fronte a
lui, gli aveva appoggiato una mano sulla spalla dicendo:
“Non darmi ragione, è poco costruttivo. Spiegati
meglio.”
Aaron alzò lo sguardo e gli sorrise.
“Sai era da tanto che non avevo a che fare con un problema
del genere, nel senso, un problema serio…. E probabilmente
non sono preparato…tutto qua.”
Piotr lo guardò un attimo.
Sorrise.
“Questo è quello che c’è
dentro qui.” disse toccandogli la fronte con
l’indice teso.
“Ora dimmi quello che c’è dentro
qui.”
Aaron abbassò lo sguardo e vide che l’indice della
mano destra di Piotr era ora appoggiato sul suo pettorale sinistro.
Improvvisamente, però, alzarono simultaneamente la testa al
suono di una porta aprire e chiudersi.
Si guardarono.
“Dev’essere uscito dalla camera.” Disse
Piotr.
“Sì, sarà sicuramente andato a guardare
la tv. Ma cos’è successo? Era davvero
così arrabbiato solo per la pizza?”
“E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il
vaso. O il bicchiere, come dice lui. Ha iniziato a dire cose sul fatto
che noi non lo consideriamo, che non ci interessa nulla di lui, che
sono la persona più insensibile
dell’universo….Insomma, cose del genere.”
“Sì un po’ l’ho
sentito....Mah…gli passerà.” Concluse
Aaron alzando le spalle.
“Questo è certo. Più che altro spero
che capisca che è tutto esattamente l’opposto di
ciò che pensa. E’ proprio da punti di vista come
questo che assomiglia davvero un bambino. I bambini, quando vengono
sgridati dai genitori, non capiscono che il rimprovero è
fatto per il loro bene, e quindi si arrabbiano e offendono. Con Newt
è lo stesso. Deve solo comprendere che ciò che
facciamo per lui non è un dispetto, ma è per il
suo bene. Non chiedo che lo ammetta, ma almeno che lo capisca. Questo
è importante.”
“Hai ragione. No aspetta! Devo ampliare la
risposta?” disse Aaron canzonandolo bonariamente.
A Piotr scappò una risata.
“No, tranquillo. Vai a fare ciò che
senti.”
Aaron gli sorrise.
“Sento che quello che sto facendo ora è giusto. Tu
piuttosto…non hai un affare da sistemare?”
Piotr lo guardò con aria interrogativa.
“Io non ho conti in sospeso. Sono a posto
così.”
Aaron gli sorrise ancora, malizioso.
“Questo è quello che c’è
dentro qui.” Disse toccandogli con l’indice la
fronte.
“Ora fai quello che c’è dentro
qui.”
***
Newt era in sala, proprio come avevano immaginato. Era seduto sul
divano e stava guardando i dvd sparsi qua e là, forse in
cerca di un bel film da vedere. Sapeva che l’avrebbe guardato
da solo questa volta. Piotr era in cucina a sistemare come al solito,
lo sentiva trafficare con i piatti…. Aaron era andato
sicuramente a sedersi sul balcone. Aveva sentito aprire e chiudere la
porta-finestra.
Mentre continuava a cercarsi un bel film, sentì un rumore di
passi provenire verso di lui. Dato che non aveva percepito nessun
rumore riguardante l’apertura o la chiusura della
porta-finestra, con tutta probabilità si trattava di Piotr.
Per non mostrare che senza di loro non trovava qualcosa da fare,
afferrò velocemente il telecomando, accese la tv su un
canale qualsiasi, e si spaparanzò sul divano, con le braccia
incrociate dietro la testa e i piedi distesi fin sul tavolino. Non
appena Piotr passò, notò con stupore che il
programma che Newt stava vedendo era veramente interessante. Una serie
di puntini neri e bianchi su tutto lo schermo.
Newt fece finta di niente, mantenendo sul viso la sua espressione
pienamente soddisfatta.
Per poco.
Cazzo!!!!!!!!!! Proprio su un canale disturbato dovevo
sintonizzarla???????????
Piotr entrò in camera, e ne uscì poco dopo con in
mano un’alta pigna di libri. Senza dir nulla,
passò davanti alla tv e ritornò in cucina, come
se niente fosse.
Newt non si stupì nemmeno tanto a vederlo passare con dei
libri. Piotr leggeva molto. Anche se quella pigna di libri era
decisamente alta. Ne aveva in mano almeno una ventina. E tutti corposi
per di più. La cosa che però lo lasciò
con un punto interrogativo fu il fatto che Piotr leggesse in cucina.
Lui leggeva sempre in camera. E’ vero che passava molto tempo
anche in cucina, ma lo faceva per cucinare. Ovviamente.
Newt iniziò a sentire alla pancia un certo languorino. Beh
in realtà era da quando se n’era andato dalla
cucina che la sua pancia stava brontolando. Aveva davvero voglia di
mangiare quella pizza….Lui e la sua dannata lingua! E ora
che c’era Piotr in cucina, lì non ci sarebbe
andato neanche morto. Andarci avrebbe significato cedere al nemico. E
lui nella stessa stanza con Piotr non ci voleva stare. Ma, soprattutto,
non voleva dargliela vinta. Doveva resistere!!!!
Decise allora di aspettare ancora, ancora e ancora. Finche Piotr non se
ne fosse andato.
D’un tratto si stupì nel vedere che, neanche
cinque minuti dopo, Piotr se ne ritornò in camera, ancora
con in mano tutta la gigantesca pigna di libri. Questa volta richiuse
la porta della camera dietro di sé.
Che cacchio ha portato a fare in cucina tutti quei libri se
nemmeno due
minuti dopo è tornato in camera???? E’ impossibile
che li abbia usati tutti in così poco tempo!!!!!!
Ma…aspetta. Che cavolo gliene importava????? La cucina era
finalmente libera!!!!!
Si alzò in un lampo dal divano e corse verso la cucina ma,
non appena ne ebbe attraversato la soglia, rallentò di colpo.
Ma cosa…
Si avvicinò al tavolo. Su di esso c’erano una
coppa di macedonia e Panda, appoggiato a fianco ad essa con la pancia
rivolta verso l’alto. Protese ancora un po’ lo
sguardo e vide che, appiccicato sul tavolo a destra della testa di
Panda, c’era un post-it fucsia a forma di balloon dei
fumetti. Quei post-it li aveva presi Aaron un sacco di tempo fa,
pensando che fosse divertente parlare facendo finta di essere un
personaggio dei fumetti, scrivendo le proprie battute nei balloon.
Però questo era successo molto tempo fa. Newt non si
ricordava nemmeno della loro esistenza, e si stupì molto nel
vederne uno proprio lì sotto i propri occhi. Ma si
stupì ancora di più nel vedere che nel balloon,
messo lì apposta per far finta che fosse Panda a parlare,
c’era scritto:
“La pizza era stomachevole.
Mangia sano,
è più ragionevole!”
In quel momento tutto gli fu chiaro.
Si allontanò dal tavolo, scostò una sedia e ci si
sedette sopra.
Capì che Piotr non aveva buttato via la sua pizza per fargli
un dispetto, ma perché voleva il suo bene…. E che
probabilmente aveva pensato a cosa fosse meglio per lui anche tutte le
altre volte in cui l’aveva fatto infuriare come una
bestia….Si sentì tremendamente piccolo e stupido.
Perché non si era accorto di quanto Piotr e anche Aaron con
i loro gesti, anche se in apparenza cattivi, gli volessero bene. Certo
non sempre. A volte erano davvero dei rompicoglioni ingiustificati. Ma
in fondo…lo siamo tutto un po’, no? E la cosa che
più gli faceva male era che, nonostante Piotr avesse avuto
ragione, gli aveva preparato tutto questo.
Che sciocco…
E poi ci fu un’altra cosa che capì.
Capì che Piotr, come al solito, era dannatamente
intelligente. Odiava doverlo ammettere. Ma lo era davvero. Aveva preso
la pigna di libri come diversivo (in modo che Newt guardasse quella al
suo passaggio) mentre probabilmente, sotto tutti quei volumi, teneva
nascosto Panda, che aveva prelevato dalla loro camera.
Ma…perché doveva proprio prendere Panda? Non
poteva mettere il post-it e basta?
Pensò a una possibile risposta, ma non sapeva se la sua
interpretazione fosse quella giusta.
Probabilmente l’ha usato
perché io non ascoltavo nè lui né
Aaron, e forse l’unico a cui avrei potuto prestare attenzione
era Panda…. E anche perché è un
po’ troppo orgoglioso!!!
Questa volta, ci aveva preso in pieno. Entrambe le sue interpretazioni
erano esatte.
Sospirò e si mise allora a mangiare la macedonia, che
finì in un battibaleno.
Era squisita.
Perché si sa, quando una cosa è fatta con il
cuore…è mille volte più buona.
Leccò il cucchiaio.
Forse anche di più!
***
Newt aprì pian piano la porta della loro camera. Dentro era
buio. C’era solo un pochettino di luce proveniente dalla
finestra semichiusa. Riuscì però a scorgere Piotr
davanti a lui. Gli rivolgeva la schiena, perché era seduto
alla scrivania che c’era in fondo alla stanza, appena sotto
alla finestra.
Stava tenendo un libro aperto con la mano sinistra. Gli dava
un’occhiata ogni tanto e poi scriveva qualcosa su un foglio,
che stava alla sua destra.
Gli sembrò impossibile che Piotr potesse leggere o scrivere
in quel buio. Erano più le condizioni adatte per
dormire….
Rimase sulla soglia per un po’ a guardarlo, senza proferire
parola. Neanche una piccola piccola. E Piotr, dal canto suo, continuava
nel suo lavoro di scrivano, senza dire nulla e senza voltarsi nemmeno
di un millimetro.
Visto che la situazione pareva in stallo, Newt decise di fare un
piccolo sforzo. Inspirò ed espirò. Poi disse:
“Piotr…per la macedonia…”
“Quale macedonia?” rispose Piotr senza voltarsi,
continuando instancabile la sua copiatura.
“Quella che c’era sul tavolo in
cucina…”
“Io non ne so niente.”
“Beh non importa. Insomma , ti volevo
dire…ehmmm…..”
“Mh?”
“….Panda non usa parole come
“stomachevole”! Non so nemmeno se sappia
cosa voglia dire!” disse tutto d’un fiato.
“Allora dovresti insegnarglielo.”
Constatò Piotr.
“Già…”
Silenzio.
Gli unici rumori nella stanza erano la mina della matita che scorreva
sul foglio di Piotr e il piede di Newt, che batteva nervosamente a
terra.
“Se non devi dirmi altro, avrei molte faccende da
sbrigare.”
“Uh, ok….Comunque sì, ho
finito…me ne vado…”
Newt allora uscì, richiudendo pian piano la porta dietro di
sè.
Al sentire il tac della maniglia abbassata e poi rialzata, Piotr si
voltò. Qualcosa era cambiato rispetto a prima…lo
percepiva persino nell’aria. Si alzò dalla
scrivania e andò verso la porta d’entrata. Prima
che potesse abbassare la maniglia, lo sguardo cadde sul suo comodino.
Guardò meglio. Sì. Era proprio quello
l’intruso.
“Posto insolito dove trovarlo”,
pensò.
All’inizio credette che Newt avesse sbagliato comodino. Anche
se solitamente lo lasciava sdraiato sul proprio letto… Si
avvicinò meglio, e vide che lì a fianco vi era
appoggiato anche un post-it a forma di balloon dei fumetti, e di color
rosa evidenziatore, proprio come quello che aveva usato lui poco prima.
Avvicinò ancora un po’ il viso, in quella stanza
troppo buia, e lo lesse.
Sorrise.
Mollò la maniglia e tornò a sedersi presso la
scrivania, dove continuò a scrivere i propri appunti.
“Scusami tanto ho proprio sbagliato,
spero che tu
mi abbia perdonato…”
***
“Newt! Proprio te cercavo! Allora? Tutto a posto?”
disse Aaron rientrando dal balcone.
“Sìsì, tutto bene!” rispose
Newt contento.
“Nessun rancore?” chiese ancora Aaron facendogli
l’occhiolino.
“Nessun rancore!!!” fece Newt sorridendo.
“Allora, dimmi un po’…cos’hai
fatto tutto quel tempo in camera tua? Ci sei rimasto un po’
prima di tornare in sala. Non è da te starci
troppo…. Dici sempre che è noiosa! Non volevi
farti vedere da noi, eh?”
“A dir la verità io in camera non ci sono
stato….ci sono andato solo per sbattere la porta! Sai, come
si fa quando uno è arrabbiato…Poi, per farvi
credere che ero ancora in camera, ho riaperto subito
pianiiiiiissssssimo la porta e son venuto in sala. Comunque, se mi dici
così, vuol dire che il mio piano ha
funzionato!!!!” esclamò Newt orgoglioso dei
sé stesso.
“Aspetta aspetta aspetta. Dopo che sei uscito dalla camera
hai richiuso la porta?”
“No…mi pare di no…Perché
avrei dovuto fare altro rumore inutile?”
“Non era chiusa.” disse Piotr giungendo proprio in
quel momento “ Quando sono entrato io nella nostra stanza,
era aperta.” Confermò appoggiando una mano sulla
spalla di Newt che, a quel contatto, si voltò a guardarlo.
Per un attimo con i loro sguardi di intesa si scambiarono mille parole.
Ed entrambi terminarono la loro silenziosa discussione con un sorriso.
“Ma allora chi ha chiuso e aperto una porta?!”
chiese Aaron stupito.
“Sarà il tuo amico killer, no????”
esordì Newt.
“Ulrich…..? Ma lui non esce mai dalla mia stanza,
non lo vedo nemmeno andare in bagno! Credo che ci vada di notte quando,
non è visto da nessuno di noi….”
“Dev’essere per forza lui, Aaron.”
attestò Piotr.
“Scusa, perché non glielo vai a chiedere???? Non
c’è bisogno che entri in camera, urlaglielo dalla
porta, no????” propose Newt.
“No…non è il momento adatto.”
rispose Aaron.
“Uffff…allora arrangiatevi voi!!!! Io vado in
bagno!!!”
E uscì di scena trionfante.
Piotr e Aaron si guardarono.
“Magari Newt questa volta non ha tutti i torti,
Aaron…. Vieni, andiamo a dire due parole al ragazzo. Se
preferisci, ci parlo io al posto tuo.”
“Grazie Piotr…forse avete….”
“Aaaaaaron!!!!!!!!!!!! C’è una cosa che
forse non ti piacerà molto!!!!!!!!!!!!”
gridò Newt correndo verso la cucina.
***
Dicono che dire i propri desideri ad alta voce non li faccia
più avverare. Il che non è un grande problema.
Ora che sono solo, non avrei comunque nessuno a cui raccontarli.
NOTe:
Ultimamente non ricevendo commenti agli ultimi capitoli della
storia non posso fare un granchè di ringraziamenti. Se non
quelli generali della serie "Grazie a chi legge" e bla bla bla...
Da una parte è un bene perchè non ho voglia di commentare
nemmeno io. Dall'altra è un male perchè probabilmente
è proprio il fatto di non ricevere commenti che mi fa passar la
voglia di farli di mio...
Quindi mi astengo abbastanza dal farli.
Se avete domande, richieste, afferamazioni, commenti, critiche, ecc ecc... potete scrivermi, io sono sempre disponibile.
Chiedete e vi sarà dato.
Unico ringraziamento che non mi asterrò mai dal fare è quello a Ruin&mady.
Grazie per qualsiasi sostegno che mi date da quelli morali e
riguardanti la storia, a quelli fisici tipo il mio bastone (pseudo
regalo di Natale). So di essere un po' difficile da sopportare in
certi momenti, mi scuso tanto e ribadisco che siete fondamentali nella
mia vita. Due luccioline che però fanno tanta tanta luce,
soprattutto quando è più buio. Vi voglio tanto bene (di
nuovo, ora e sempre, nei secoli dei secoli...).
Ultimo ringraziamento va al mio bastone. Che non è propriamente
un bastone ma io lo chiamo così. Tanti ringraziamenti anche a
lui perchè è la conferma tangibile di come da
un'esperienza negativa si possa sempre ricavare qualcosa di positivo.
Ciao ciao lettori alla prossima,
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Animal Instinct ***
animal instinct
Animal
Instinct
“Stanotte
ho vagato per la strada senza chiudere occhio. Non
riuscivo a dormire, dopo la festa. Già. Non ero solo. Ho
passato la serata con amici di vecchia data, talmente fedeli, che fino
ad oggi non mi hanno mai abbandonato. Li ho portati in un bar, ho
offerto loro da bere sperando che, ubriacandosi, se ne andassero via,
lasciandomi finalmente in pace. Se fossero bastate due paroline
sgarbate per mandarli via, ci avrei messo molto meno.
Ho provato a far ubriacare i miei pensieri, ma loro hanno ubriacato me
prima che potessi farlo io.
E poi ho pensato: “Che differenza fa, se non riesci a dormire
la notte, passare il tempo disteso o in piedi?”
Nessuna. E' solo una questione di comodità.... Ma dato che
dormire per terra o su una panchina non è certo sinonimo di
comodità, ho deciso di farmi un piccolo tour.
D'altronde
chiedere un po' di sonno era un privilegio che non potevo concedermi.
Magari avrei avuto la fortuna di incontrarlo per strada, per questo ho
deciso di....”
“Vuoi stare zitto, brutto, schifoso barbone
logorroico?!?!?” interruppe Jude riprendendo ad alta voce il
vecchio mendicante dalla lunga barba incolta, vestito di stracci.
Tutti i presenti si voltarono verso di loro. O verso di lui.
Aveva
interrotto un silenzio sacro, in quella piccola e sporca tavola calda
da due soldi. Un silenzio sacro in mezzo ad un mucchio di profani,
profanatori, approfittatori, profiterol al cioccolato, profumo di
salsiccia e frittelle calde, e qualche impiegato, senza i soldi per
pagarsi una colazione decente, pronto ad iniziare la propria giornata
di lavoro. “Pronto”, si fa per dire.
Era così singolare e sbalorditivo come un secondo prima
ognuno si stesse facendo i cazzi suoi, come se fosse solo in quella
baracca, mentre un attimo dopo due parole, buttate lì con un
tono di voce leggermente più alto del normale, provocassero
in tutti la stessa reazione, concentrando i precedenti menefreghisti su
un unico obiettivo.
Jude.
Il quale però non gradiva molto essere al centro
dell'attenzione. Quindi tutto ciò fu un po' come buttare
benzina sul fuoco....
“Ma volevo fare solo quattro chiacchere, non avevo intenzione
di....”
Jude afferrò il vecchio mendicante, seduto sullo sgabello a
fianco al suo, per la maglietta stracciata. E lo strattonò,
con la mano in pugno, verso di sé.
“Senti, lurido cagacazzo. Non venire a lamentarti con me di
come hai passato la tua fottutissima notte. Anzi, la vuoi sapere una
cosa? L'ho passata esattamente come te. Solo che invece di farti un
cazzo di discorso pieno di tante, inutili paroline poetiche,
te lo
riassumo in un paio di frasi. Ho passato una
fottuta notte di
merda. Non sono andato ad ubriacarmi con dei fottutissimi amici
immaginari come te perchè i miei pensieri, a differenza dei
tuoi amichevoli ricordi, sono peggio di sanguisughe attaccate al culo,
perchè non solo rompono i coglioni, ma si fottono a poco a
poco quel che rimane della mia vita. Io la mia “sbronza di
ricordi” me la prendo tutte le sere. Solo che mentre tu ti
diverti vagando senza meta perchè sei un nulla facente del
cazzo, buono solo a prendersi le sbronze insieme ai suoi ricordi-amici,
io vago per la città accompagnato da dei luridi figli di
puttana. Quindi ora, se non ti dispiace, vai a festeggiare e a
scambiare qualche parolina sgarbata con i tuoi
amichetti ancora un po'.
Io non ho tempo da perdere. Soprattutto con delle persone inutili come
te.”
Jude schiaffeggiò sul bancone i soldi per la colazione, e si
diresse verso l'uscita della catapecchia.
“Beh, allora arrivederci straniero dai modi alquanto
maleducati!!! Spero di non rincontrarti mai
più!!!!” gli gridò dietro il vecchio,
prima che potesse uscire.
Jude stava ancora tenendo semi aperta una della due porte d'entrata,
quando si sentì dire ciò.
Allora si voltò, tenendo ancora la mano appoggiata sul vetro
sporco, in vista della propria imminente uscita .
Guardò il barbone per un secondo.
Il tempo che bastava per raccogliere in bocca tutta la saliva che poi
gli sputò addosso.
***
Cazzo…che male al collo…
Non si tirò su subito dalla panchina. Probabilmente era
diventata una questione d’abitudine…. Sai, come
quelle mattine in cui ti svegli dopo un bellissimo sogno inaspettato. E
stai mezzora nel letto sotto le coperte calde a ripensare a
ciò che è successo in quel sogno, cercando di
ripescarne dalla tua mente ogni singolo istante, per destinarlo poi ad
un cassettino della tua memoria, nella speranza che non si perda in
qualche spigoloso angolo del tempo.
Però forse non si può dire lo stesso se sei
disteso sulla panchina di un parco, con le tue braccia come cuscino e
il tuo corpo come coperta. In effetti era molto più
probabile che si fosse tirato su per gli svariati dolori dovuti ad una
posizione decisamente poco invitante per passare la notte. Sebbene
l’avesse trascorsa in bianco.
Per lo meno, anche se la cosa non era alquanto consolante, durante
quello che più che dormiveglia poteva definirsi uno
svegliaveglia, il dolore non l’aveva
percepito.
Perché era immobile.
Ma non appena si fu voltato per evitare la luce del
sole…
Zam!!!
Fitta lancinante.
Un po’ come il momento in cui scoppia la bolla, dopo che sei
stato lì a guardarla volare per mezzora come un ebete.
Fine della magia.
Ma doveva pur alzarsi prima o poi, no?
Si tirò allora su pian piano, tenendo una mano appoggiata
sul collo dolorante e una sul bordo della panchina.
Vi starete di certo chiedendo perché avesse scelto di
dormire proprio su una panchina e non in una stanza
d’albergo. D’altronde i soldi li aveva…
Ma il ragionamento era stato più o meno questo:
“Perché spendere soldi per una stanza
d’albergo se tanto questa notte non dormirò
comunque un cazzo?”
In effetti il ragionamento filava.
C’era stato però solo un piccolo
inconveniente….
La sera prima, nel buio che tutto cela, era stato convinto di essersi
posizionato in una panchina della zona più remota ed isolata
del parco.
Era.
Si stupì molto quando, dopo essersi strofinato gli occhi,
vide intorno a sé una folla di gente andare avanti e
indietro indaffarata nella… piazza centrale del parco?????
Dopo essersi guardato attorno senza aver ancora pienamente realizzato
la situazione, abbassò lo sguardo.
Lo rialzò.
Si guardò di nuovo attorno per capire meglio….
Aspetta.
Riabbassò velocemente lo sguardo.
Una bambina lo stava guardando.
E sorrideva.
Aveva un inquietante grembiulino rosa. Fu la prima cosa che
notò.
Dopo il sorriso doppiamente inquietante, ovviamente.
La seconda fu una cartella. Blu , rossa, gialla e verde.
Un po’ unisex come modello. Uno standard. Un classico.
Si guardarono negli occhi per un secondo. Proprio uno solo.
E sapete perché?
Ulrich non sapeva cosa dire.
Che novità, eh?
Insomma , poteva esordire con un:
“Ciao bella bambina!”
Oppure con un rude:
“Che hai da guardare, ragazzina?!”
Ma non mi soffermerei molto su questo. Sappiamo tutti che Ulrich
è un tipo molto loquace. Lui con la gente ci sa fare.
Quindi, dopo uno scambio di sguardi invidiabile a due amanti,
optò per un:
“Non è come sembra!!!”
Notevole.
Stava dando delle spiegazioni…a una ragazzina???
Questo è ciò che nel mio universo parallelo
chiamo virilità. Forse moooolto
parallelo.
Però un merito bisogna attribuirglielo. Perché
qualcosa si smosse. Grazie a lui. Solo a lui. E sapete cosa ottenne?
La bambina gli puntò contro l’indice accusatorio.
Ulrich si prese un colpo. Ma proprio letteralmente. Fece un sussulto
all’indietro come se fosse stato appena colpito da un
proiettile.
Ma in realtà si sentì più come se
l’Infarto gli fosse passato a fianco dicendogli:
“Ehi amico! ‘sta volta l’hai scampata ,
ma ci siamo andati vicino, eh?” ammiccando maliziosamente.
Un brivido gli percorse la schiena.
In ogni caso, una bambina come quella che ti puntava il dito contro era
paragonabile ad un poliziotto che ti punta contro una pistola. Con
l’unica differenza che il poliziotto sai perché ti
sta minacciando con un arma da fuoco. Presumibilmente perché
hai commesso un reato. Ma quella bambina…che cacchio voleva
da lui?!
In realtà subito dopo, per chissà quale motivo (a
dir la verità non molto ignoto, dato che mi
accingerò a spiegarvelo tra un paio di righe circa) gli
occhi della bambina si illuminarono. Ulrich non fece in tempo a
stupirsi della cosa, che la bimba esordì con un
gran…
“Woooooooooow!!!!!!!”
Seguito subito dopo da un…
“Che capelli lunghi e lisci che hai!!!!!! Sono
superstupendiiii!!!!!”
Ulrich stava già per ringraziarla gentilmente, quando lei
aggiunse improvvisamente un pericolosissimo…
“…Posso pettinarteli???”
In realtà quel “posso” era solo un
abbellimento. Come quei soprammobili da mercatino delle pulci, che si
trovano sparsi qua e là nei salotti delle case di livello
medio-borghese. Il suo valore grammaticale in quella frase era pari
allo zero in matematica.
In sostanza, Ulrich non aveva possibilità di scelta.
Dopo che il suo cervello ebbe ehato (inteso come “dopo aver
detto “Eh?” tra sé e
sé”), tentò comunque di fermarla,
allontanandosi da lei e muovendo entrambe le mani a palmi aperti,
gestualizzando un disperato “No, no!”. Sembrava che
stesse facendo un doppio ciao con le manine.
Ma, in ogni caso, fu tutto inutile.
Anche i “No, no!!!” sonori di contorno furono
inutili. La bambina aveva già impugnato la
spazzola e, prima che potesse accorgersene, si era fiondata sulla sua
testa, più velocemente e voracemente di un pidocchio
assetato di cute indifesa.
Ed era anche più fastidiosa di un pidocchio. Era una specie
di…pidocchio mannaro. Che in poche parole
è il
contrario dei pidocchi della tenerezza (ricordate?).
Ma torniamo a noi.
Dimenarsi non servì a niente.
L’unica cosa buona fu che finì prima del previsto.
Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Pensieri dolci e
carini poterono riprender posto nella sua mente. Pensò ad
esempio che probabilmente l’aspirazione di quella
bimba fosse fare la parrucchiera.
Vero.
Peccato che Ulrich avesse omesso un piccolissimo dettaglio…
Fare la parrucchiera, infatti, non era l’unica aspirazione
della dolce bimba…
“E ora il trucco!!!!!”
“No!!!!!!” gridò disperato Ulrich dopo
aver strabuzzato gli occhi per l’incredulità.
Ma soprattutto…per il terrore.
Possibile che tutte a lui dovessero capitare?!
Tentò di allontanare la mocciosa e l’arma del
delitto (un rossetto rosso fiammante), tenendole ferme entrambe le
braccia, ma ottenne solo che la bimba spinse con forza, sempre
maggiore, verso di lui.
Il risultato?
Ulrich cadde di schiena dalla panchina, picchiando la testa sul prato.
Il suo sguardo intontito era rivolto verso l’alto. Poteva
solo intravedere le proprie ginocchia, ancora
“aggrappate” alla panchina. Guardò
dritto sopra di sé alzando leggermente il capo, e
tirò un sospiro di sollievo al vedere le fronde verdi degli
alberi. Però non fece in tempo a richiudere le palpebre
rilassate, che il viso della bambina gli si parò davanti.
Lasciò ricadere indietro la testa, rassegnato.
“Et voilà!!!” esclamò lei
poco dopo.
Si scostò, permettendo ad Ulrich di rialzarsi,
mentre egli si toccava la nuca dolorante.
“Su…non essere così triste! Dopo che ti
avrò messo l’ombretto, sono sicura che starai
subito meglio!”
Improvvisamente, dopo quell’esclamazione estremamente
irritante (ma soprattutto all’udir la parola ombretto),
si
risvegliò il leone che c’è in lui e,
questa volta, combattè con più forza, facendosi
valere maggiormente rispetto a poco prima.
“Eddai, solo un pochettino!!!!”
Ma questa volta Ulrich era irremovibile.
Mentre stava vincendo la sua battaglia, però, qualcuno si
accorse di loro. Di lui in particolare.
“Polizia, polizia!!!!” urlò una
donna “Quel barbone sta MOLESTANDO mia
figlia!!!!!”
“Eh?” fece Ulrich voltandosi ingenuamente.
Era strano perché fino a quel momento, cioè
quando sua figlia stava molestando lui, la madre
era intenta a
spettegolare con una sua amica. Ma quando lui si era finalmente
risvegliato, reagendo alle molestie estetistiche, lei, casualmente,
aveva notato lui e si era miracolosamente accorta
della mancanza della
figlia.
Queste sono considerazioni che si potè permettere di fare
solo successivamente in quanto, quando Ulrich la vide correre verso di
sé, si guardò attorno cercando una via di fuga e
notò invece, con non poca sorpresa, che poco più
in là vi era un vigile urbano, che gironzolava a destra e a
sinistra nella sua uniforme blu, come una mosca su un piatto di
minestra, non vedendo ovviamente l’ora che accadesse qualcosa
di illegale che richiedesse il suo intervento tempestivo.
Fantastico.
Senza pensarci troppo, prese la propria borsa, si alzò dal
suo “letto” scattante come non mai, e corse via
alla velocità della luce.
Corse, corse e corse finchè non si ritrovò nella
periferia del parco, esattamente là dove credeva di trovarsi
la sera prima. Non c’era nessuno di nessuno.
Si fermò e si piegò in due, appoggiandosi
entrambe le mani sulle ginocchia, e respirando affannosamente.
Addocchiò subito una fontanella, dove aveva già
programmato di pulirsi dal rossetto della bimba rompiscatole.
Poi l’occhio gli scappò per una attimo sulla
propria borsa. Da una piccola apertura, riuscì ad
intravedere alcuni dei suoi coltelli.
Cazzo…se il poliziotto mi avesse perquisito la
borsa, avrei
avuto bisogno IO di qualcuno che venisse a liberarmi...
***
“Carino come posto...non mi dispiace affatto.”
“Grazie...” rispose Mag arrossendo un poco
“Ma è di mio padre, quindi il merito è
prettamente suo.”
“Davvero? Beh, pare abbia fatto un bel lavoro...
Però c'è una cosa...” disse puntando il
dito verso di lei “...è un po' troppo buio. Sembra
una bettola di quelle che si vedono nei vecchi film horror degli anni
settanta....Oppure una locanda dei pirati. Sai quelle da
“Yo-oh, yo-oh!” Non so se hai presente...”
“Sìsì, ho capito.”
confermò Mag con una piccola risata.
“Devo dirti la verità, però. Vedendolo
da fuori, l'ho bollato subito come posto da lerci. Di quelli pieni di
sporcizia e dove vengono solo ubriaconi sette giorni su sette. Un
schifo. Sì, decisamente. Un posto da farmi venire il
ribrezzo...”
Mag abbassò lo sguardo un po' sconfortata da quelle
riflessioni.
Il ragazzo se ne accorse, e si tirò subito su in piedi,
lasciando perdere per un attimo il gomito destro appoggiato sul
bancone, e il mento appoggiato sulla propria mano.
“Oh scusami...Devi perdonarmi. Ho l'abitudine di dire le cose
senza farmi troppi scrupoli, sai sono uno senza peli sulla lingua....
Mi rincresce di essere stato così scortese.” disse
rialzando il viso di Mag, ponendo la propria mano sotto il suo mento.
“Potrei perdonarla, signor cliente, a patto che mi permetta
di ripagarla con la sua stessa moneta. Potrei interpretare il suo ruolo
per un attimo?” gli chiese.
“Certo signorina. Si depili ben bene la lingua
allora!”
“Ok. Allora....Ho avuto la vaga impressione...che lei sia un
po' un latin lover...me lo conferma?
Il ragazzo scoppiò a ridere.
“Sai, sei troppo raffinata per poter essere senza scrupoli...
Così sembra che tu mi stia chiedendo se voglio diventare la
reginetta del ballo scolastico. Prova ad essere più crudele
e diretta. Non ti preoccupare, me lo merito. Quindi non mi
offenderò neanche un pochino, promesso.”
“Mmmmm...ok....Vediamo.... Sei un fottuto latin-lover del
cazzo, di quelli che ci provano con chiunque gli capiti sotto tiro solo
per il gusto di portarselo a letto!!!!!”
Il giovane rimase impietrito.
Restò per qualche secondo con gli occhi spalancati.
Anche Mag si spaventò delle proprie parole.
Improvvisamente il ragazzo ruppe quel silenzio imbarazzante alzandosi
con furia dallo sgabello, e dirigendosi alterato verso l'uscita.
“Non ci verrò mai più in questo pub di
maleducati!!!!!” gridò a gran voce.
Mag corse veloce verso di lui.
“Aspetta, mi avevi detto.....!!!!!”
Ma non riuscì a finir la frase che il giovane si
voltò, roteando su se stesso, la afferrò e le
fece fare un caschè, proprio come quelli che si fanno alla
fine di un ballo.
Rimasero a guardarsi un po', fermi in quella posizione.
Mag lo fissava sconcertata.
Lui le sorrise malizioso.
“Lo so, lo so...sono un bravo attore. Ottimo
direi.” disse alzando entrambe le sopracciglia “Ma
sono anche buono e voglio darti un consiglio. Regola numero uno:
“Mai fidarsi di un bravo attore”. Pardon...di un
ottimo attore.” e le fece l'occhiolino.
Mag non seppe cosa rispondere.
Era letteralmente diventata un pezzo di legno.
Fortunatamente una qualche entità benevola le venne in
soccorso.
“Maaaaaaaaaaag!!!!!! Hai visto la mia borsetta per
ca.....”
Viola.
La sorellina minore di Mag.
Il pomeriggio il padre la portava sempre lì al pub dopo
scuola, e Mag doveva prendersi cura di lei ogni santo giorno. Esclusi
il sabato e la domenica, fortunatamente.
Teoricamente il pub nel pomeriggio doveva essere chiuso....Ma Mag
lasciava il portone aperto in caso qualcuno ci volesse entrare per
caso. Qualche soldino extra non fa mai male. Anche se per lo
più un possibile cliente l'avrebbe trovata a pulir per terra
e a sistemare tutto. Oppure seduta a un tavolo del locale ad aiutare
Viola con i compiti.
Ma spesso capitava anche che il “possibile cliente”
venisse accolto dalle urla di una sorella maggiore imbestialita contro
una disubbidiente sorella minore.
Viola faceva la quarta elementare.
Aveva dieci anni.
Un periodo decisamente snervante nella crescita di una bambina,
soprattutto per chi le sta attorno. E soprattutto se la bambina in
questione inizia già ad avere certi grilli per la testa....
“Oh Mag, lo sai che oggi Karol mi ha guardata per
tutta la
lezione???? E mi ha pure sorriso!!!!! Vuol dire che i trucchi che ho
rubato alla mamma han funzionato!!!!!!”
“.....ma non si chiamava Denny?”
“Nono quello era settimana scorsa!!!!! Karol è
alto, magro, con gli occhi azzurri e luuuunghi capelli
biondi!!!”
“Anche Denny era così, se non ricordo
male....”
“Non è vero!!!!! Karol è mooooolto
più bello!!!!!”
“Ah capisco....ma tu....non avevi in ballo un matrimonio? Non
dirmi che te ne sei già dimenticata....”
“Stai scherzando????? Me lo ricordo eccome!!!!! Solo che per
quello dovrò crescere ancora un pochino, ma mica mi scordo
del mio unico amore!!!!!”
“Allora sei una dall'aggancio facile....”
“Cosa?”
“No, niente! Stavo pensando che io alla tua età
saltavo alla corda e giocavo a carta forbice e sasso....Non si fanno
più queste cose?!”
“Ma sei matta???? Quelle sono cose da donne
dell'Età della pietra!!!! Ora si parla di trucchi,
acconciature, di pigiama party e di come rimorchiare i
ragazzi!!!!!”
“Ah, capisco....A proposito di trucchi....Hai detto che hai
preso quelli della mamma???”
“Chi? Io? No che non li ho presi!!!”
“Non rimangiarti quello che hai detto!!!”
“Ma io non ho detto niente!!!!!”
“Ok.....”
“Sì!”
“Scusa Viola, ricordami una cosa….Quanti anni
hai?”
“Dieci, ma tra un anno saranno undici!!!!”
“Ah, ok. Pensavo di ricordare male....”
“....Mag che stai facendo?????”
Mag si ricompose alla svelta, alzandosi in piedi in un nano secondo.
“Niente!!!! Perchè? Che sto facendo?!?”
rispose la sorella facendo finta di niente.
“A me non sembravi in una posa normale....”
“Posa?! Quale posa???”
“Ehi! Ma che bella bimba che abbiamo qui!” disse il
ragazzo avvicinandosi a lei.
“Tu invece sei brutto.” rispose la bambina dalle
lunghe trecce castane.
“Ahah! Si vede che sei ancora piccola...”
“Non sono piccola!!!”
“Sìsì, brava bimba...Mag?”
chiamò ignorando la bambina e i suoi commenti “Ti
chiami Mag, giusto?”
“Esatto.” rispose lei avvicinandosi.
“Mi prepareresti un bicchiere di succo alla pera?
Grazie.”
“Subito!” disse correndo dietro al bancone.
Viola la seguì.
“Pssssss!!!!! Pssssss!!!!!!” la chiamò
Viola a bassa voce da sotto il banco.
Mag la scostò col piede.
“Ehi!!! Lassù!!!!! Ti vuoi abbassare o
no????”
“La vuoi piantare????” urlò Mag alla
sorella.
“Qualcosa non va?” chiese il ragazzo seduto di
fronte a lei sull'alto sgabello.
Mag, che nel preparare il succo gli stava rivolgendo la schiena, si
voltò.
“Nono!!!! E' che....Mi si son slacciate le stringhe delle
scarpe!!! Ora le allaccio e torno subito!!!” si
giustificò aggiungendo un finto sorriso come ciliegina sulla
torta.
Sì abbassò e urlò a voce bassa:
“Ma che hai da rompere????”
“E' il tuo nuovo ragazzo?” le chiese Viola con voce
altrettanto bassa.
“Cosa???”
“Ti ho chiesto se è il tuo nuovo ragazzo!!! Non
fare la finta tonta, vi ho visti prima!!!!”
“Nonononono!!!! Tu hai frainteso in pieno!!!!”
“Credo che farai molta fatica ad allacciare le tue scarpe, se
continuano a bisbigliare in questo modo...”
D'un tratto le dita di Mag spuntarono da sotto il banco. Poi la fronte,
gli occhi...e la bocca, distesa nel sorriso ingenuo di chi è
consapevole di essere appena stato beccato in pieno.
Il ragazzo alzò di nuovo le sopracciglia.
“Regola numero due: “I bravi attori riconoscono
sempre i cattivi attori”. Quindi con gli ottimi...non
c’è speranza.”
“Già, a quanto pare....” disse Mag
rimettendosi in piedi e continuando a preparare il succo.
Ne stappò una bottiglietta e gliene versò il
contenuto in un bicchiere di vetro, che gli appoggiò sul
bancone.
“Oh, scusami. Mi sono dimenticato di dirti una cosa.
Solitamente mi piace bere il succo alla pera versato in un piccolo
calice, sai quelli da vino....Non è che
potresti....”
“E' pure snob oltre che brutto...” si
sentì dire da sotto il bancone.
“Mag, le tue scarpe sono serpentinamente
fastidiose...dovresti cambiarle.”
“Se vuoi te le vendo...” disse Mag sospirando.
“No, grazie. Sono più un tipo da camperos che da
bambucce....”
“Bambuccia a chi?????” gridò Viola
saltando subito in piedi.
“Mag è una bella giornata, non trovi?”
“Sì...direi di sì....”
rispose lei mentre travasava il succo nel calice.
“Ehi???? Pronto???? Sono qui!!!!! Non hai nemmeno il coraggio
di rispondere?????”
“Da quanto tempo avete questo pub?”
continuò il giovane.
“Beh da parecchio ormai...credo da prima che nascessi....
Quindi non te lo so dire con precisione...”
“Sei proprio un pollo!!!! Un pollo snob!!!!
Coccodè!!!!!”
“Capisco. Dev'essere impegnativo starci dietro. Ma toglimi
una curiosità.... Un pub non dovrebbe stare aperto solo la
sera? O comunque da una certa ora in poi....”
“A dir la verità io lo apro nel pomeriggio di mia
iniziativa...sai, per fare qualche straordinario per....”
“Sei un mollaccione!!!! Sei un mollaccione!!!! Tu non gli
lavi nemmeno le scarpe a Piotr!!!! Gnegnegnegne!!!!!”
“Viola la vuoi piantare?????? Non si trattano così
le persone, è da maleducati!!!!! E poi è stupido
paragonarlo ad una persona che nemmeno sa chi
è....” la rimproverò Mag.
“Semplice!!! Piotr è alto, magro, con gli occhi
azzurri e dei luuuuuunghi capelli biondi!!!” le rispose a
tono Viola.
“Ho capito. Beh fa sempre comodo mettere da parte dei soldi
e.... Scusa, cosa hai detto?” si interruppe un secondo il
ragazzo.
“Io?” domandò Mag.
“Nonononono. La bambuccia.”
“Ho detto che Piotr è molto più bello
di te!!!!”
“Dopo.”
“Che è alto, magro, con gli occhi azzurri e dei
luuuuuunghi capelli biondi!!!”
“Lisci?”
“Sì!!!”
“Legati in una coda?”
“Sì!!!!”
“Porta anche gli occhiali?”
“Sì!!!!!”
“.....Lo conosci?” domandò questa volta
Mag timidamente.
“Ci siamo visti qualche volta....Abbiamo chiaccherato un
po'....Un tipo simpatico....” rispose il ragazzo
ricomponendosi “....Viene qui spesso?”
“Sì ogni tanto.... Lui e altri due ragazzi che
vengono qui sono miei amici di vecchia data.”
“Ah, capisco.... Infatti mi era parso di vederlo entrare in
questo locale un paio di volte....” constatò il
giovane.
“Sì, era sicuramente lui. Ma dimmi un po'....Non
è che sei venuto qui solo per cercarlo? Sembri molto
interessato a lui, ma dall’altra parte non facevi altro che
dire che questo è un pub da scaricatori di
porto....”
“Sì, è così. Stavo proprio
per dirtelo. Un po' di tempo fa ci siamo incontrati, e lui ha lasciato
una cosa da me. Lo cercavo per restituirgliela.”
“Ah, ora è tutto chiaro! Beh sei vuoi
potrei...”
“....restituirgliela da parte mia? Sei un angelo. Ecco,
questi sono i soldi per il succo, con un extra per la tua
gentilezza.” disse il ragazzo appoggiando le monete sonanti
sul bancone.
“E questo è ciò che Piotr ha perso per
strada.” disse ancora, e se ne andò via subito,
alzandosi con fretta dalla sedia, quasi stesse per perdere un treno.
Ma, prima di varcare l'uscio, si voltò un secondo.
“Sei una donna interessante Mag, mi piaci. Il genere di donna
che non mi porterei mai a letto.”
“Devo prenderlo come un complimento?”
domandò di rimando Mag.
Ma il giovane se n'era già andato, senza darle alcuna
risposta.
Non se n'era nemmeno accorta.
“Che tipo....” disse Mag sospirando tra
sé.
“Certo che te li scegli proprio bene Mag!!!”
constatò Viola prima di tornare nel retro del pub da cui
prima era comparsa.
“Ma lui non è il mio fidanzato!!!” le
urlò dietro.
Ma anche Viola se n'era già andata.
“Cos'è, oggi nessuno ha voglia di sentire le mie
risposte???” disse seccata.
Sbuffò.
Abbassò lo sguardo sul bancone per prendere il bicchiere
vuoto, e solo in quel momento si accorse dell'oggetto che il ragazzo
aveva lasciato sul bancone e che lei avrebbe dovuto restituire a Piotr.
Lo prese tra le mani.
“Ma questo è....”
Lo osservò meglio, rigirandolo a destra e a sinistra.
“....un preservativo alla cannella?”
***
“Aaron, dato che non abbiamo nessun impegno, che ne
diresti se andassimo a trovare Mag, ora che riesci a camminare? Era
ancora molto preoccupata per te l'ultima volta che le ho
parlato....”
“Cavolo Piotr, hai ragione! Che idiota sono stato, me ne sono
proprio dimenticato.... Ora vado a cambiarmi e andiamo subito da lei,
promesso!” e si baciò entrambi gli indici e i medi
accostati l'un l'altro. Come faceva dopo ogni solenne
promessa, d'altronde.
“Ok, noi ti aspettiamo qui.”
Piotr si portò verso l'ingresso, si infilò le
scarpe ed iniziò ad allacciarsele con cura. Anche i fiocchi
che faceva alle stringhe delle scarpe parevano impeccabili. Come lui
del resto…
Improvvisamente fu però interrotto da un disturbo
sonoro....
“Piotr!!!! Ti piace???” disse Newt giungendo
saltellante e sorridente.
Piotr si voltò.
Lo guardò in silenzio per qualche secondo.
E poi il verdetto.
“No.” disse pacatamente, e tornò, come
se niente fosse, ad allacciarsi le scarpe.
“Macccome No????????? E' bellissimo!!!!!!! E' uguale
all'altro solo che, invece di essere verde col bordo rosso,
è giallo col bordo viola.... E'
strafichissimoooo!!!!!!” affermò saltellando sul
posto e tenendo entrambi i pugni chiusi davanti alla bocca, quasi a
trattenere chissà quale grande emozione.
Sì sa che i pareri di Piotr e di Newton sono quasi
sempre
contrastanti.
(NB: il quasi è omissibile secondo il
piacere personale del
lettore)
Ora, vorrei essere imparziale il più possibile, quindi
lascio decidere a voi se il nuovo poncho di Newt, completamente giallo
con degli orribili originalissimi bordi viola, sia
strafichissimo o
meno.
Non bisogna tralasciare un dettaglio importante però.
I capelli di Newt sono parzialmente fucsia.
(Nel caso qualcuno se lo fosse dimenticato…).
Torniamo a noi!
Piotr finì di allacciarsi le scarpe e si alzò in
piedi. Involontariamente aveva il viso rivolto proprio nella
direzione in cui si trovava Newton.
Si alzò, si voltò e se ne andò dalla
parte opposta senza dir nulla.
“Ehi!!!!!!!!!!! Non puoi ignorarmi
così!!!!!!!!!!!” gli gridò dietro Newt
contrariato.
Piotr, dato che la cosa gli riusciva piuttosto bene e lo faceva sentire
molto aggradato, continuò ad ignorarlo. Lo si
sentì (si trovava in cucina) aprire l’anta
dell’armadio, tirarsi fuori un bicchiere e versarvi dentro un
po’ d’acqua naturale.
“Yu-uh, pronto????? Sono ancora qui lo sai??????”
Niente.
Piotr continuò a deglutire il liquido, godendosi, nella
più completa tranquillità e senza alcuna fretta,
il sapore di quell’acqua pura, di fonte d’alta
montagna. Se riusciva ad insonorizzare Newt completamente riusciva
anche a sentire gli uccellini cinguettare e le mucche muggire.
Ma dato che questo potere mistico sconosciuto al mondo intero
purtroppo non lo possedeva ancora, dovette accontentarsi del
sapore dell’acqua….
Ma anche Newt qualche volta era furbo.
(NB:anche il qualche volta è omissibile
secondo il piacere
personale del lettore)
In realtà aveva imparato ad usare a suo vantaggio
l’unica sua arma disponibile: l’incazzometro.
Far arrabbiare la gente era una delle sue
specialità…quindi richiamare
l’attenzione in quel modo non era per lui
un’impresa poi tanto ardua….
“Piotr?????? Sai che ho comprato questo poncho con i soldi
che mi avevi dato per comprare il filo interdentale??????”
urlò a gran voce.
“Tu cosa?!” disse Piotr sporgendosi
dall’entrata della cucina.
“Ma tanto non serve a niente quel coso!!!! Lo usi solo
tu!!!!! Se invece di quello usassi una cicca allungata e tenuta fine
fine sarebbe la stessa identica cosa!!!!!”
“Senti castigo divino disgraziatamente dotato di
cavità orale, se ti chiedo di comprarmi del filo
interdentale, che tu lo ritenga utile o meno, lo devi fare, soprattutto
se per acquistarlo ti ho dato i miei soldi!” lo
rimproverò Piotr avvicinandosi pericolosamente a lui e
guardandolo dall’alto in basso.
“Ma costava un casino e mi sembrava uno spreco usare tutti
quei soldi per comprare un filo da pesca!!!!!”
“Hai ragione.” Constatò Piotr
ricomponendosi “La colpa è mia, perchè
mi sono ingenuamente fidato di un imbecille come
te. Quindi
la prossima volta vado a comprarlo io il filo.
Anzi, visto che mi sento
particolarmente buono, quando torno a casa ti mostro anche come
usufruirne. Perché si può usare in diversi modi,
sai? Il primo è quello di farselo passare delicatamente
attraverso i denti. Il secondo è quello di legarci i
soggetti che, invece di portare a termine un favore chiesto
ingenuamente da un amico, vanno a comprarsi un raccapricciante
poncho
giallo e viola. Dopo averli legati una prima volta, i soggetti verranno
legati una seconda volta al ramo spezzato di un
albero. Posti sopra un
fuoco acceso in stile campeggio, e fatti cuocere a fiamma alta per una
ventina di minuti. Per chi vuole che il soggetto sia ben cotto si
può anche utilizzare il fuoco lento, ma la cottura si
prolungherà si altri quindici minuti. Allora Newt. Fiamma
alta…. O fuoco lento?”
Newt lo guardò con il viso rivolto verso l’alto,
immobile come una statua, sbattendo solo le palpebre a intervalli
irregolari.
Poi, sempre senza muoversi, dischiuse leggermente la bocca.
“Aaaaron…..Piotr mi vuole
cucinare….”
“Che hai detto New….”
(Pam!!!)
Il sordo rumore di un tonfo terribile interruppe la frase appena
inneggiata a metà.
Anzi, a poco più di metà.
Piotr e Newt corsero verso il bagno.
“Aaron??? Tutto bene???” disse Newt bussando alla
porta.
“Sìsì, tutto be…”
(Spatapam!!!!)
Newt e Piotr si guardarono.
Questa volta fu Piotr a bussare.
“Aaron…. Sicuro che vada tutto bene?”
“Sìsì non vi
preoccup….”
(Slang, crash, clank, stong, slam, bang, booooom!!!!)
“Aaron….” Dissero entrambi esitanti.
“Eh va bene, va bene, aiutatemi!!!!”
I due spalancarono insieme la porta, come due agenti segreti in
incognito. E ciò che trovarono dentro fu più
divertente di un banale criminale da due soldi. Ciò che
videro, fu infatti un Aaron sopraffatto da maglietta e pantaloni troppo
attillati, in una posa tutta ingarbugliata, e impossibile da definirsi
o da riprodursi, in quanto logicamente inimmaginabile per un normale
essere umano.
In sostanza sembra uno sgorbio d’arte moderna.
O un gatto appena investito.
Ma investito parecchie volte però….
“Mettere i pantaloni in pelle attillati non è una
grande idea, dato che non sei ancora del tutto in
forze…”
“Già…. Hai ragione Piotr”
disse in un gemito di fatica tentando di spostare lo sguardo su di loro.
E, non appena ci riuscì, scoppiò a ridere.
“Ehi!!!! Che c’è????
Cos’è che ti fa tanto ridere?????”
saltò su Newt.
“Tu!!!” disse Aaron continuando a ridere, rotolando
come un involtino tenuto insieme dallo spago. Se avesse potuto si
sarebbe tenuto le mani sulla pancia dal troppo
ridere.
“Evidentemente non sono così scemo come
pensi.” constatò Piotr, rivolgendosi a Newt.
“Ma che avete tutti????? Vi siete messi d’accordo
per caso????? Questo poncho è
strafichissimoooo!!!!!”
Aaron continuò ancora per un po’, poi dopo essersi
ricomposto un attimo, si rivolse all’amico:
“Senti, tucano bicolor…. Oddio, che
spasso…. Insomma, invece di parlare a vanvera,
perché non mi dai una mano a slegarmi?”
“Tucano bicolor che??????”
“Piantala Newt e aiutalo. Se no altro che filo interdentale.
Per cucinarti, non è mica obbligatoriamente
necessario… Basta tenerti fermo con indosso i guanti da
forno o le presine.”
I vecchi trucchi del mestiere…
***
“Ehi Viola! Che hai fatto di bello oggi a scuola? Non mi hai
nemmeno detto nulla…” le chiese Mag come di
routine.
“Mmmm….vediamo….oggi a
scuola…. Niente di interessante, come al solito! Ah no
aspetta!!!!! Stamattina ho fatto una cosa nuova!!!!!!!”
rispose Viola tutta contenta.
“Che cosa?” richiese incuriosita Mag al vederla
così eccitata.
“Ho pettinato e truccato un barbone!!!!!!”
***
Jude uscì decisamente incazzato dalla tavola calda,
ripromettendosi che mai più ci avrebbe messo piede, anzi la
cosa migliore sarebbe stata chiudersi in casa una volta per tutte, come
faceva Gry. Gry che invece ci teneva così tanto a vedere il
mondo…ma era molto meglio che rimanesse dove stava. Tutto
ciò che ci circonda può anche sembrare bello ma
si tratta di apparenza, di un inganno.
O almeno così credeva Jude…
Ulrich si asciugò la bocca, ormai tornata del suo colore
naturale, passandoci sopra il dorso della mano destra.
Approfittò del fatto di avere le mani bagnate per
rinfrescarsi anche un po’ il viso. Di imprevisti la vita ne
è piena. E in quanto tali non sono prevedibili. Ma facendo
due calcoli, in realtà, si può prevedere quando
capitano. Come? Semplice! Arrivano sempre nei momenti peggiori.
O almeno così credeva Ulrich…
Il mondo è pieno di merda. Risaputo. La cosa non mi
stupisce
affatto. Ma possibile che tutta quella cazzo di merda deve rompere i
coglioni a me???
Sospirò, appoggiandosi con la schiena contro un muro.
Ma poi, incapace di trattenersi, vi tirò addosso un forte
calcio.
Invece di parlare continuamente di politica e di stronzate
varie,
sarebbe più che necessaria una fottuta propaganda generale
sul farsi i cazzi propri.
Fantastico…ci mancava solo il rossetto sulla
faccia… Non mi trovavo già abbastanza
nei casini? Ci voleva pure la bambina a fare da ciliegina sulla torta?!
Ma che cos’è uno scherzo per caso???
Sospirò, sedendosi su una panchina.
Ma sedersi non fu abbastanza, e si accasciò su sé
stesso.
Non ce la faccio. Non ho più le forze necessarie a
reagire.
Sono rimasto indifferente per anni…. Non credo che
ritornare ad esserlo adesso faccia molta differenza...
Non è una novità che Jude si sentisse
così. Essere spesso adirato era diventata ormai una
questione di routine. Se non lo fosse stato, c’era da
domandarsi se non si fosse preso una botta in testa….
Quando una persona è arrabbiata o enormemente incazza,
è facile accorgersene. Però è molto
più di una questione di apparenza. La rabbia è
strettamente connessa a qualcosa di irrisolto, che è a sua
volta legato ad una nostra debolezza. Si può trattare di un
nostro punto debole oppure di una ferita non completamente
rimarginata…. In ogni caso, il motivo
c’è ed è nascosto dentro di noi.
Solo che spesso ci è molto scomodo scoprirlo.
Non è una novità che Ulrich si sentisse
così. L’abbattimento, lo scoraggiamento,
l’indifferenza di fronte a tutto ciò che lo
circondava non era per lui una sensazione estranea. E la conseguenza di
tutto ciò è un grande senso di smarrimento. Un
disorientamento che ti impedisce di essere padrone della tua
volontà e delle tue azioni. Una sorta di “vivere
per forza di inerzia”, perché non si hanno
più punti di riferimento. Il non sapere più che
farsene della propria esistenza, rende tutto un ostacolo
insormontabile. Reazioni diverse e spesso opposte si intrecciano in un
unico risultato.
Si detesta tutto ciò che si ha, e si desidera ciò
che non si ha.
La calce sbriciolata scese immersa nella polvere bianca.
Decise che non era ancora il momento di tornare a casa.
L’ultima cosa che avrebbe voluto che accadesse era
l’essere tempestato di domande. O l’essere
tormentato di richieste. Stanco di avere intorno a sé
barboni che gli raccontavano la storia della loro vita, passanti che
gli chiedevano l’ora e tutti gli altri esemplari di scassa
coglioni esistenti sulla terra, si diresse verso la periferia, dove il
caos furibondo del centro sfumava lentamente…
Le gocce d’acqua fredda scesero lungo il suo viso.
Nonostante il disordine che gli affollava la mente, capì
che, qualsiasi decisione avesse preso, non avrebbe comunque potuto
passare tutta la vita seduto su una panchina. Magari fare due passi
l’avrebbe distolto un po’ dai suoi pensieri. Si era
rintanato nell’angolo più remoto del parco ma
forse ora, mescolarsi anonimamente tra la gente, avrebbe potuto
distrarlo da tutto ciò che lo tormentava…
Non ce la faccio più, quelle bestie mi danno sui
nervi.
Uomini da confinare in gabbie e da spedire come attrazioni nei safari.
Per fortuna in questa zona della città non
c’è anima viva. Meglio che farsi fare
l’interrogatorio, quasi fossi stato sequestrato.
Come se uno come me si facesse sequestrare da qualcuno. Ma fammi il
piacere…
Oh guarda…Uno stupido ragazzino con i capelli da
donna… E’ ancora lontano ma se mi ferma per
qualche strano motivo giuro che… Aspetta un attimo.
Ma che cazzo….?!?!
Questo vuoto stradale mi distrugge…. Per una volta
che vorrei essere circondato da sconosciuti per compensare la mia
instabilità, non si vede nessuno nel raggio di chilometri.
Sarà destino che io debba passare la giornata solo come un
cane…. Ma d’altronde me la sono andata a
cercare… Lamentarmi adesso è un po’ un
controsenso…
Tò guarda là! Un tipo vestito di nero,
dall’aria poco raccomandabile… E’ ancora
lontano ma pare che abbia pure qualcosa di bianco tra i capelli. Se si
avvicina, è meglio se… Aspetta un attimo.
Oh merda…!!!!!
DoReMiFaSolLaSiDo!
ovvero...
le Note! ^-^
ok, non ho molta voglia di scriverle lo ammetto....
le riassumo in un grande graNDE GRANDE grazie per chi continua a
leggere la storia, i nuovi lettori e i vecchi lettori ritrovati! =)
grazie della recensione in particolare a pieno_pieno, felicissima che
tu abbia ripreso la lettura (e le recensioni ;) ,che la storia ti
continui a piacerti e che il farmacista ti incuriosisca al punto da
volerlo rivedere! XD Spero di averti piacevolmente sorpreso con questo
capitolo! ^-^
a mady che continua la sfilza di recensioni, l'ultima su ricatto in cambio di brioches al cioccolato fatte in casa XD
a Ruin che invece mi recensisce in privato e che dà forma ai
miei personaggi, molto meglio di come potrei farlo io che li ho nella
mia testa in versione originale! ^-^
Insomma...
GRAZIE!!!!!!
e se non ci si sente prima....
BUONE FESTE A TUTTI!!!!!! ^-^
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Iris ***
animal instinct
Iris
Aveva cambiato poncho.
Non per altro, è che Aaron aveva promesso che se si fosse
vestito in quel modo….
“Non posso credere di essermi lasciato convincere da te a
cambiare poncho!!!!!” disse Newt facendo una smorfia ad Aaron.
“Non potevi fare altrimenti, Newt. Ti ricordo che Aaron ha
promesso di metterti in cima alla libreria e di lasciarti lì
finchè non avessi chiesto perdono per la tua mancanza di
buon gusto. E sai che Aaron mantiene sempre le sue
promesse…”
Newt tirò un’occhiataccia a Piotr per intimarlo a
farsi i fatti propri.
“Suvvia Piotr, non esagerare! Ho solo promesso che
l’avrei lasciato lì finchè non avesse
implorato perdono…”
puntualizzò Aaron
guarda caso calcando la mano proprio sul verbo implorare…
“Ma non è giusto!!!!! Quel poncho era
strafichissimo, siete voi che non capite niente di moda!!!!”
“E da quando tu capisci qualcosa di moda?”
“Zitto Piotr che a confronto con te anche il faraone
Tutankakon aveva più senso
estetico!!!!”
“Toglimi una curiosità Newt, tu non dovevi
studiare la storia egiziana ieri?”
“L’ho rimandato a domani.
Perché????”
“No niente, curiosità…”
“Ah ecco!!! Non iniziare mica a rompere anche su
questo!!!”
“E chi ha detto nulla…”
“Sì, ma conoscendoti so già
che…”
“Va bene, va bene basta così!!!! Soprattutto tu Mr
Tutankakon!!!” interruppe Aaron
“Sentite…. Vi scoccia andare a fare un salto in
farmacia? Ci mettiamo un secondo devo solo
prendere…”
“Sì.”
“Sì, che Piotr?!” chiese Aaron con aria
interrogativa.
“Hai fatto una domanda. Ti ho risposto.”
“Ma era una domanda retorica!!!!!! Perché dovrebbe
scocciarti andare in farmacia?! E’ a due minuti da
qui!!!”
“Già, perché dovrebbe scocciarti andare
in farmacia piccolo, povero Piotr…? Non avrai mica paura
delle supposte…” gli fece il verso Newt.
Piotr gli lanciò un’occhiata intimidatoria.
“Andiamo.” Disse poi scostando Newt ponendogli
delicatamente l’intera mano sulla faccia.
Mentre Piotr si allontanava a passo deciso Aaron e Newt, lasciati
indietro, si guardarono e, in una sincronia quasi da specchio, fecero
entrambi spallucce.
***
“Tu….” Disse Jude ringhiando.
Ulrich era spaventatissimo. Non sapeva cosa dire. Né tanto
meno cosa fare…
Insomma ma non è possibile… Che cazzo ho fatto
adesso?!?!
Jude lo afferrò per la felpa e lo spinse contro il muro.
“Chi sei?!” gli chiese sempre ringhiando.
Uno, due, tre, quattro,…avanti dì qualcosa di
sensato!!!!
“Ulrich…” rispose titubate con gli occhi
spaventatissimi, come se Jude lo stesse minacciando con un coltello
alla gola.
Anche se ci eravamo vicini…
“Non me ne frega un cazzo del tuo nome!!!!!” gli
gridò contro Jude.
“Ma mi hai chiesto tu…”
Merda.
Ulrich, accortosi di essersi fatto sfuggire di bocca un pericolosissimo
Ma.. atomico, si preparò per l’esplosione.
Distolse lo sguardo e serrò gli occhi.
Non sentì nulla.
Forse il tizio non aveva capito… O forse l’aveva
perdonato… O forse…
Riaprì piano piano gli occhi diffidenti.
Giustamente diffidenti.
Perché si ritrovarono di fronte il muso di Jude
incazzatissimo.
I loro nasi quasi si toccavano.
“Stai insinuando che sono uno stupido, per caso?!”
disse Jude a denti stretti.
Denti che probabilmente stavano trattenendo la rabbia. Oppure un pugno.
I denti possono trattenere un pugno?
“No, affatto!!!!” rispose Ulrich prontamente.
L’aveva visto quasi scattare, quel pugno.
“E’ meglio per te. Perchè se
così fosse, ti inchioderei al muro seduta stante, senza
troppi problemi.”
Ulrich rimase zitto.
Di nuovo in alto mare. Che doveva dire adesso?
“Abbiamo iniziato col piede sbagliato, possiamo
ricominciare?”
No... La cosa migliore da fare sarebbe stata aspettare che il tizio
dicesse qualcosa e poi rispondere solo alle sue domande, senza fare
nulla di propria iniziativa, rischiando di compromettere la
sua…
“Vedi le mie ali vero?” disse a sproposito.
Merda, merda, merda!!!! Ma dove cazzo ho la testa?!?! Devo stare zitto,
devo chiudere questa cazzo di bocca maledetta!!!!
Jude lo fissò per un attimo, impassibile.
Ulrich credette che di lì a dieci secondi avrebbe avuto un
attacco di cuore. Ma fortunatamente l’attesa non
durò così tanto….
Poco dopo infatti, Jude mollò la presa, e se ne
andò senza cambiare minimamente espressione. Quindi era
ancora incazzato.
“Aspetta!!!” gridò Ulrich.
Tanto ormai oggi sono in vena di fare stronzate…
Corse verso di lui e gli appoggiò una mano sulla spalla.
Jude si voltò di scatto.
“Perché non andiamo da qualche parte a discutere
della cosa? Se è un problema di soldi, offro io, oppure
secondo me sarebbe meglio andare in un posto isolato, magari al parco o
verso la…”
“Tu non capisci…” lo interruppe Jude
guardandolo fisso negli occhi.
“…io dovevo essere l’unico.”
***
“Scusi, ce l’ha un disinfettante?”
“No.”
“Dell’alcol?”
“No.”
“Dell’acqua ossigenata?”
“No.”
“Un antidolorifico?”
“No.”
“Una pomata rinfrescante?”
“No.”
“Un anestetico?”
“No.”
“Un sonnifero?”
“No.”
“Dell’alluminio?”
“No.”
“Del pollo arrosto?”
“No.”
“Un cappio?”
“No.”
“Ma mi sta ascoltando?!”
“….”
“…No.”
La situazione era più o meno questa.
Aaron aveva bisogno di un disinfettante per la ferita al fianco. In
caso non ci fosse, per lo meno di un antidolorifico….
Andy, il farmacista, era semi-accasciato sul bancone, con il gomito
lì appoggiato, e la testa, a sua volta, sorretta da quel
braccio. Era decisamente svogliato. Newt si era pure domandato se
levandogli la mano d’appoggio il farmacista si sarebbe preso
una colossale mentata sul bancone. Poteva capitare
di trovare Andy in
ottima forma, ma questo succedeva solo in tarda mattinata,
cioè dopo il dormiveglia mattutino e prima
dell’abbiocco pomeridiano.
Adesso invece era proprio l’ora
dell’abbiocco pomeridiano….
Erano impantanati in quello stato già da circa una decina di
minuti.
Per Piotr tutto ciò non era un grande problema, dato che
aveva tassativamente affermato che li avrebbe
aspettati fuori.
Non c’era un motivo preciso per cui Andy fosse
così spompato. Semplicemente, quando qualcuno gli imponeva
di fare qualcosa, lui non la prendeva con
l’entusiasmo
necessario. Soprattutto se quel qualcosa era lavorare. E tutto per
colpa di suo padre. Nonostante avessero soldi a palate, il babbo voleva
che lui imparasse cosa volesse dire “essere responsabili e
sudarsi da soli i propri soldi”. Ad Andy di tutto
ciò, invece, non gliene fregava un emerito cazzo. Inoltre
era un tipo piuttosto libertino, che sapeva il fatto suo. Quindi
sicuramente aveva tutt’altro per la testa….
“Una scimmia?”
“No.”
“Un dente da latte?”
“No.”
“Un cazzo finto, un paio di manette pelose, adesivi
brillantinati?!”
“…”
“…No.”
Certe attese nelle risposte rendevano alcune affermazioni altamente
sospettose…
“Aspetta Aaron, voglio provarci io!!!!!”
saltò su Newt.
Aaron sospirò.
“Ok è un sì!!!” disse Newt
sorridendo all’amico
“Allora…vediamo… Ce l’hai
lungo????”
Andy spostò inaspettatamente gli occhi verso di lui. Fino a
quel momento aveva mosso solo le labbra. E le mosse ancora….
“Vaffanculo, idiota.”
“Scusa?!?!” fece Newt non credendo alle sue
orecchie.
“Ehi farmacista dei miei stivali!!! Posso anche sopportare il
fatto che tu non mi stia ascoltando da quando sono entrato, ma nessuno
insulta il mio amico e la passa liscia!!!!” intervenne Aaron
in difesa dell’amico indifeso.
Silenzio.
“Mi hai sentito?!” insistette Aaron.
“…No.”
“Oh merda, ci risiamo!!!!” constatò
amaramente Newt.
“Vieni Newt, andiamocene. Non metterò
più piede in questa farmacia. E poi fuori
c’è Piotr che ci sta aspettando da
mezzora…”
Improvvisamente nella testa di Andy risuonò un eco.
Piotr…Piotr…Piotr…Piotr...
Poi gli scappò un secondo l’occhio sulla porta
d’entrata, rigorosamente aperta. E, guarda un po’,
un biondino stava facendo avanti e indietro in attesa di
qualcuno… Un biondino parecchio figo,
oltretutto. Un momento.
Oh cazzo!!!!
“Nono aspettate!!!!” urlò Andy prima che
uscissero.
E miracolosamente, nel giro di due nano secondi, sul bancone comparvero
tutte le cose che Aaron gli aveva cortesemente domandato poco prima. A
parte le cose non inerenti alla farmacia, ovviamente….
“Senti è troppo tardi. Perché ora
dovrei…” disse Aaron.
Ma si interruppe non appena, girandosi, vide sul bancone la borsa colma
di tutti i farmaci che aveva chiesto fino a quel momento.
“Ma allora…mi stavi
ascoltando…” continuò Aaron, con
però un’espressione poco convinta dipinta sul viso.
Newt era rimasto a bocca aperta.
“Scusate…. E’ che ogni tanto vado in
fissa…. Mi dispiace molto. Ecco vi faccio uno sconto per la
pazienza che avete avuto con me. Sono sinceramente dispiaciuto di
avervi fatto alterare…”
“Ok…” fece Aaron sempre poco convinto.
Sarà stato il camice bianco o la faccia da furbo, ma quel
tipo non riusciva a convincerlo al 100%...
“Mi raccomando, tornate presto! E scusate ancora!”
ribadì Andy, facendo “Ciao, ciao!” con
la manina. Ovviamente dopo avergli accuratamente porto la borsa.
I due amici uscirono ancora piuttosto allibiti.
Piotr si era spostato molto più in là, e li stava
spettando pazientemente.
“Quel tipo deve avere qualche rotella fuori
posto…” disse Newt dopo che si furono riuniti.
“Già…” rispose Aaron.
“Concordo.” si unì Piotr.
Newt e Aaron si fermarono entrambi su due piedi, e lo fissarono
all’unisono con aria interrogativa.
***
“Fammi capire bene… Satana non ti ha detto che
siamo in sette ad avere incarnato in noi un demone?”
Ulrich e Jude si erano alla fine ritrovati a parlare della faccenda, a
patto però che fosse Jude a scegliere dove andare. E Jude
scelse il bar di Mag.
Ahimè.
Ulrich però non aveva osato opporsi. Questi erano i patti.
Durante tutto il tragitto non avevano proferito parola. Solo una volta
lì Jude, da una parte forse per la gentilezza di Mag nel
servirli, ma soprattutto perché aveva intuito che Ulrich gli
era praticamente sottomesso, aveva iniziato a fare una discussione
normale.
Con “normale” intendo con tono di voce normale,
cioè non urlando. Ma ciò non toglie che tra lui e
Ulrich scorresse ancora sangue amaro.
Però per lo meno avevano trovato un punto
d’incontro.
Ma anche Ulrich sapeva che, alla minima parola fuori dalle righe,
avrebbe rivissuto un dejavu….
“Sì.” Rispose Jude dopo un attimo di
silenzio.
Ulrich non disse nulla. Aspettò che fosse Jude ad ampliare
il proprio pensiero.
“Mi aveva lasciato intendere che fossi il suo unico
messaggero. Una sorta di prescelto, dillo come cazzo ti pare.”
Dopo un paio di frasi Jude aveva iniziato a fumare. E lo stava facendo
tuttora. Teneva entrambe le gambe incrociate distese, e appoggiate
obliquamente sulla sedia a fianco a quella di Ulrich, che invece gli
stava di fronte. Si trovavano nel tavolo più nascosto del
locale, quello più in fondo. E quello più buio.
Anche se una vecchia lampada, che emanava una luce giallastra, pendeva
sopra di loro. Quelle luci antiquate e i tavoli in legno facevano
somigliare quel pub davvero a una locanda di corsari.
Meglio per loro.
Un altro fattore positivo era che non c’era nessuno
lì, oltre a loro. Si stava avvicinando
l’ora di cena e, in quel particolare momento della giornata,
erano tutti a casa. Di lì a un paio d’ore,
però, si sarebbe probabilmente riempito.
“E perché avrebbe dovuto omettere un dettaglio
così importante?” chiese Ulrich.
“Mi stai chiedendo troppo.” rispose Jude, lasciando
uscire dalla bocca, in direzione della finestra chiusa, una densa
nuvola di fumo. Anche la finestra faceva molto “vecchia
locanda”. Era fatta con vetri verdognoli, opachi tanto da non
potervi vedere attraverso, che si incastravano l’un con
l’altro in una fantasia a rombi.
Ulrich rimase un po’ attonito di fronte a colui che gli stava
di fronte. Si era morso la lingua dopo quest’ultima domanda,
perché aveva temuto che Jude si sentisse sminuito a causa
del dettaglio che gli era stato omesso. E quindi, la conseguenza
immediata sarebbe stata una colossale incazzatura.
Invece no.
Al contrario, aveva risposto in modo molto pacato. Ulrich
pensò che potesse essere il fumo, a tenerlo un po’
più rilassato. Ma osservandolo meglio, si accorse che non
doveva essere solo quello. Aveva il braccio sinistro riverso sul petto
e la mano destra, appoggiata sullo schienale della sedia al suo fianco,
era invece rivolta verso l’alto e teneva, tra
l’indice e il medio, la sigaretta accesa.
E il suo sguardo.
Questo aveva colpito Ulrich.
Era rivolto verso la finestra, che però era troppo opaca
perché vi si potesse guardare attraverso.
L’espressione assente che aveva sul viso, non poteva quindi
essere dovuta al paesaggio che c’era fuori dal locale.
Probabilmente era perso in un altro tipo di paesaggio….
Ulrich aveva intuito che, anche se Jude era uno di poche parole, la sua
mente doveva essere sconfinata. E che, nonostante fosse un
po’ scorbutico e irascibile, capitava anche a lui di
perdercisi, come a ogni altro essere umano. Ma che cosa stesse cercando
tra i suoi pensieri… A che cosa stesse pensando... Non lo
poteva sapere.
“Senti Jude…tu…hai già
trovato…”
“Non sono affari che ti riguardano.” lo
zittì subito Jude.
Fece un altro tiro di sigaretta.
Aveva osato troppo, e l’aveva zittito.
In effetti non aveva tutti i torti…. Non erano affari suoi.
“Ok… Scusami.”
Scusarsi era l’unica cosa che poteva fare per ritornare sui
propri passi. Si sentiva come se ogni parola che usciva dalla propria
bocca avesse un peso enorme. E doveva stare molto attento, per non
usarne una sbagliata.
Non voleva che Jude si arrabbiasse, non solo per la propria
incolumità, ma anche per non farlo star peggio.
Perché si vedeva che già qualcosa non andava. E
poi, volente o nolente, condividevano un segreto. E lui non aveva
nessun altro con cui stare né a cui avrebbe potuto parlarne.
Era come se Jude, il ragazzo che aveva conosciuto solo
un’oretta prima, fosse l’unico appiglio che gli era
rimasto. Anche se probabilmente (anzi sicuramente) Jude lo considerava
un semplice conoscente, se non un anonimo passante, non poteva fare a
meno di pensare che forse aveva trovato qualcuno che avrebbe potuto
aiutarlo. Non necessariamente ad uccidere Aaron…ma per lo
meno a sopportare il peso dell’incarico che era stato loro
assegnato. E in fondo chissà, magari alla lunga, sarebbero
diventati pure amici…
“Hai un posto dove andare?” gli chiese Jude
spegnendo la sigaretta nel portacenere.
“A dir la
verità…No…”
“Allora hai un problema.” gli rispose cinico.
Ulrich abbassò lo sguardo.
“Tu…non mi puoi aiutare?”
domandò timidamente.
“Certo che ti posso aiutare. Ma non ti voglio
aiutare.”
Questa era stata una bella coltellata allo stomaco. Ora potè
intuire vagamente quanto male doveva aver fatto ad Aaron. Anche se non
era proprio la stessa cosa….
Jude si alzò dal tavolo, appoggiandovi sopra entrambe le
mani. Senza aggiungere nessun altra parola, si diresse verso
l’uscita.
“Ci rivedremo?” chiese Ulrich alzandosi dalla
sedia, quasi per far udire meglio la propria voce a Jude, prima che
potesse uscire dal locale.
Quest’ultimo si voltò e lo guardò.
I suoi occhi freddi si incrociarono con quelli speranzosi di Ulrich.
Ma non ci fu altro.
Se ne andò.
Mag, che aveva assistito alla scena da dietro il bancone,
continuò ad asciugare i bicchieri, con la sguardo basso e
scuotendo tristemente la testa.
Ulrich era in piedi, immobile, le mani appoggiate sul tavolo.
Rimase così per qualche secondo ancora, dopo che
l’unica persona che avrebbe potuto ascoltarlo, se
n’era andata via.
***
“Ma smettila, vuoi farmi credere che il tuo quoziente
intellettivo sia maggiore di quello di un macaco??? Ma
piantala!!!” disse Aaron ridendo e tirando a Newt una pacca
sulla spalla.
“Certo che il mio è superiore
siete voi che mi
sottovalutate!!!!”
“Sìsì certo….Ciao
Mag!!!!” esordì Aaron entrando nel locale.
“Aaron!!!!!!!!” gridò Mag, correndo
fuori dal bancone e andandogli incontro.
I due si abbracciarono stretti stretti, come fanno due buoni amici che
non si vedono da tanto tempo.
“Mi sei mancato tanto…” disse Mag
appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Anche tu mi sei mancata Mag...” Rispose Aaron
arrossendo un pochino.
“Mi hai fatto dannare tanto, sai?” lo
rimproverò poi lei sciogliendo
l’abbraccio.
“Beh anch’io non me la sono spassata tanto
bene…” rispose lui sorridendo, e le prese
lievemente il naso tra l’indice e il medio.
“Smettila…” fece lei scostandosi, ma
sorridendogli a sua volta.
“Comunque vedo che stai meglio, per lo meno riesci a
camminare…”
“Sìsì, ora sto molto meglio.
C’è stato qualche altro piccolo imprevisto nel
frattempo, ma comunque tutto bene.” Rispose grattandosi la
testa come se avesse appena combinato un pasticcio.
“Imprevisto?” chiese Mag preoccupata.
“Nono, non ti preoccupare!!! Una cosuccia da
niente… Poi ti spiegherò.”
“Ok… Comunque grazie a Piotr sono rimasta sempre
informata delle tue condizioni. Anche lui è stato un
tesoro…”
Ed entrambi si voltarono a guardare proprio Piotr.
Quest’ultimo, che stava poco lontano da loro in compagnia di
Newton, nonostante non avesse sentito di cosa stessero discutendo,
vedendoli voltarsi entrambi, capì che stavano parlando di
lui, e arrossì. Per evitare che Aaron e Mag lo vedessero
tutto rosso come un peperone, attaccò improvvisamente
bottone con Newt.
“Com’è che non ti sei portato Panda con
te?”
Newt, che stava osservando le cannucce colorate, si voltò,
stupito della domanda.
“L’ho lavato stamattina e quindi non voglio fargli
prendere la broncopolmonite, portandolo fuori con me. Sai, la pelliccia
degli orsi ci mette tanto ad asciugarsi…. Ma
perché questa domanda?!” chiese Newt insospettito.
“Niente, niente. Nulla di importante.”
Newt gli rivolse ancora un’occhiata sospettosa, ma poi
tornò alle sue amate cannucce.
Aaron intanto continuava a ridere e scherzare insieme a Mag.
Mentre parlavano, però, gli sfuggì
l’occhio per un secondo e, voltandosi, vide una figura
riversa su un tavolo in fondo al locale. Pareva ubriaco,
perché aveva la testa appoggiata sul tavolo, e un bicchiere
vuoto a fianco a sé. Lo guardò meglio, ma non
riuscì a distinguere bene la figura.
Improvvisamente l’individuo si alzò e si diresse
verso l’uscita, quindi verso di lui.
Non appena alzò la testa, i loro sguardi si incrociarono.
Quando Ulrich lo riconobbe, trasalì.
Aaron continuò a guardarlo senza dir nulla. Poi si
voltò e, facendo finta di niente, riprese a scherzare con
Mag.
Ulrich, vedendo ciò, perse di nuovo tutte le sue forze, e
non ce la fece a dirigersi verso il portone d’uscita. Decise
allora di tornare indietro, e di risedersi al proprio tavolo.
Cinque minuti dopo Aaron e gli altri salutarono Mag, e se ne andarono
via. Ulrich invece rimase al suo tavolo ancora un po’, senza
dir nulla, né fare nulla.
Mag lo vide in quelle condizioni, e decise, non appena lui si fosse
diretto verso l’uscita, di fermarlo e di chiedergli come
stava.
Ma dallo sguardo triste della ragazza, Ulrich aveva intuito che ci
potesse essere la possibilità che lo trattenesse, e
sfruttò l’unico momento in cui Mag andò
in magazzino per andarsene.
Quando Mag tornò, l’unica cosa che
trovò furono i soldi del suo tè freddo sul
bancone.
***
Era sera inoltrata ormai.
Ed era distrutto.
Sia mentalmente che fisicamente. Era stata una giornata sovraccaricata
per lui, aveva vissuto troppe emozioni (per di più
contrastanti) nel giro di troppo poco tempo. Inoltre la notte prima non
aveva dormito, e quindi il senso di spossatezza era ancora maggiore.
Per questo motivo nel locale di Mag, dopo che se n’era andato
via Jude, si era accasciato sul tavolo nel tentativo di riposarsi un
po’. In effetti, nonostante la scomodità
della posizione, per un po’ c’era riuscito. Tanto
da non aver nemmeno sentito l’arrivo di Aaron e degli altri.
Ora invece vagava in cerca di quella panchina dove si era
fermato in mattinata. Non quella al centro del parco, dove aveva
incontrato la bambina, ma quella verso la periferia. Le luci arancioni
dei lampioni che illuminavano le strade lo facevano assopire ancor di
più. Non capiva molto di quello che gli stava succedendo
attorno, dato che le palpebre quasi gli si chiudevano da sole.
Probabilmente era un po’ ricurvo su sé stesso
mentre camminava, e forse barcollava anche un po’. Magari
qualcuno poteva anche averlo scambiato per un ubriaco.
Ma era veramente sfinito.
Non vedeva l’ora di trovare quella maledetta panchina o un
altro maledetto posto in cui dormire. Solo che, a quel punto del
tragitto, la panchina di quella mattina era il posto più
vicino a lui. Non riusciva nemmeno a pensare, a causa di tutta quella
stanchezza dovuta all’insonnia e al sovraccarico emotivo.
E forse questa era una fortuna.
Un’altra cosa positiva era che probabilmente, ovunque si
fosse messo a dormire, si sarebbe comunque addormentato.
Dopo un po’ di svolta a destra, svolta a sinistra e altre
peripezie varie, giunse, illeso, a destinazione. Mise la
borsa sotto la panchina, dopo aver allungato la cinghia ed essersela
legata alla vita. L’aveva fatto anche la sera prima. Non
poteva rischiare di perdere gli unici ricordi che gli rimanevano di
Ilian e della parte di vita che aveva trascorso con lui. Piuttosto i
ladri avrebbero dovuto sequestrare anche lui. In qualche modo,
riuscì a fare un nodo decente e, finalmente, si
sdraiò sulla panchina. Quella sera faceva un po’
più freddo della sera precedente e quindi, invece che
mettere le braccia sotto la propria testa, se le strinse al petto per
tenersi più caldo. Il risultato fu che dovette dormire con
il capo appoggiato sul legno duro e stagionato. Ma poco importava.
Quello era di gran lunga l’ultimo dei suoi problemi.
Non ci mise molto ad addormentarsi.
Si ricordò solo che l’ultima cosa che aveva fatto
prima di dormire era stato guardare il cielo. C’erano
già un po’ di stelle, che splendevano come delle
piccole lucciole notturne.
Prima di addormentarsi, però, era riuscito a contarne solo
tre.
***
La mattina dopo si svegliò che aveva ancora un po’
di male al collo. Ma, avendo dormito della grossa, era parecchio
intontito. Tuttora stanco e confuso, non aveva ancora ripreso il
contatto con la realtà. Si stava ancora dirigendo
all’uscita del mondo dei sogni. Percepiva solo vagamente la
luce del sole, che voleva obbligarlo ad aprire gli occhi. Ma resistette
ancora un po’.
Poco alla volta, però, cominciarono a ritornagli i sensi e
stranamente la prima sensazione che avvertì fu quella di
qualcosa sotto la testa. Non riuscì a
capire precisamente di
cosa si trattasse, ma pareva non essere legno. Qualche secondo dopo, il
sole ebbe la meglio, e lo costrinse a dischiudere a poco a poco le
palpebre. Mentre apriva gli occhi, i sensi gli tornarono quasi
completamente, anche se non tutti in una sola volta. E la prima cosa
che capì fu che sotto la sua testa c’era qualcosa
di morbido.
Ma non fece in tempo a realizzarlo, che sentì una voce
accompagnare il suo risveglio:
“Tutti pensano che io sia pazzo. E credo proprio che abbiano
ragione....ma la sai una cosa?” disse Aaron abbassando lo
sguardo e sorridendo a Ulrich, ora disteso sulle sue gambe.
“I pazzi non fanno finta di essere normali.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** My Heart Will Go On ***
my heart will go on
My
Heart Will Go On
Le cose che perdiamo trovano
sempre il modo di ritornare da noi.
“Dev’essere stato parecchio comodo dormire su una
panchina di legno… Non è
così?” disse ridendo bonariamente.
Già…
Smise di guardarsi i propri piedi contendersi la strada un passo dopo
l’altro, per rivolgere uno sguardo ad Aaron. Era
così spensierato e felice…. Non era mai cambiato
dal primo giorno in cui l’aveva visto. Anche quando era stato
arrabbiato con lui, in fondo ai suoi occhi era rimasta quella
voglia di vivere e di assaporare ogni secondo della vita che
caratterizzava il suo modo di essere. Era qualcosa di indescrivibile.
Mai aveva trovato in qualcuno quella forza.
E in quei pochi secondi in cui lo fissò realizzò
un’altra cosa.
Aaron gli ispirava sicurezza.
Molta sicurezza.
La stabilità e l’incorruttibilità di
una roccia.
Quella sicurezza che in tutti questi anni gli era mancata….
“Hai bisogno qualcosa?” chiese Aaron guardandolo
con aria interrogativa.
“Io?!” rispose Ulrich preso alla sprovvista.
“E chi altri se no?” disse Aaron tra le risa
“Mi stavi fissando da un po’ e quindi ho pensato
dovessi chiedermi qualcosa… E poi non hai risposto alla mia
domanda!” lo rimproverò benevolmente.
“Ah no? Credevo di averti risposto…”
rispose Ulrich imbarazzato.
“Ahah, forse hai pensato la risposta ma ti sei scordato di
dirla!”
E gli fece l’occhiolino.
Ulrich, non appena i loro sguardi si furono incrociati,
arrossì in viso e, prontamente, tornò a volgere
lo sguardo verso i propri piedi.
Le mani invece le teneva in tasca, non avendo altro posto dove
metterle. La schiena leggermente incurvata verso il basso faceva
presagire nell’insieme che, se avesse potuto, si sarebbe
immediatamente appallottolato come un riccio.
Un riccio tutto rosso per la vergogna.
E ovviamente poi sarebbe rotolato via.
Verso una meta ignota, questo non era importante.
Ma l’imbarazzo che aveva in quel momento (e che non era in
grado di spiegarsi) lo faceva sentire a disagio.
Molto a disagio.
I pensieri iniziavano a fare confusione mischiandosi tra loro, e creare
un periodo logico pareva un’impresa titanica.
Pensò che, se in quel momento fosse stato una cimice,
avrebbe già intossicato con la puzza l’intera
città per colpa di un presunto pericolo imminente
che…
…ma che cazzo sto pensando???
Piuttosto, rimettendo temporaneamente insieme le idee, concluse che
fosse più che doveroso dare ad Aaron quella benedetta
risposta. Anche solo per una questione di educazione…
Ma come farlo?!
Considerò che la prima cosa da fare doveva essere ricomporsi.
Allora iniziò ad inspirare ed espirare, inspirare ed
espirare, inspirare ed espirare….
“Va tutto bene…?” chiese Aaron vedendolo
respirare sempre più velocemente quasi fosse in fase
pre-parto.
Ulrich, preso alla sprovvista, si voltò a guardarlo,
inorridito soltanto all’idea di cosa Aaron stesse pensando di
lui in quel momento.
Cazzo!!! Mi son lasciato prendere la mano!!!!
Espirò per l’ultima volta chiudendo gli occhi.
“In realtà ero talmente stanco che avrei dormito
anche su dei carboni ardenti…” disse.
Si stupì da solo della naturalezza e della
sincerità con cui era riuscito a rispondere.
E così capì che forse la “tattica
migliore” era semplicemente quella essere sé
stesso, lasciandosi guidare dall’istinto del momento.
Realizzò che forse non era Aaron ad imbarazzarlo.
O meglio, che non era solo Aaron ad imbarazzarlo. L’intera
situazione contribuiva al suo disagio. Insomma stavano camminando da
soli per il parco deserto…e la tranquillità ed il
silenzio non gli erano certo d’aiuto in quel caso. Forse, in
quel momento, non gli sarebbe dispiaciuto se fosse improvvisamente
spuntato Newt da un cespuglio a fare un po’ di
trambusto….
“Caspita, allora dovevi essere proprio sfinito!”
“Molto…” commentò a
sua volta.
Continuò a guardare i propri piedi e a contare i passi che
chissà dove l’avrebbero portato. Quando
però alzò lo sguardo per rivolgerlo ad Aaron si
fermò.
Non c’era.
Si voltò subito e lo vide immobile in mezzo alla strada, con
lo sguardo rivolto verso l’alto. Volse anche lui lo sguardo
verso la stessa direzione, cercando di capire l’oggetto di
tutta quella attenzione. Ma non vide nulla di particolare.
Lo contemplò per un po’, cercando di intuire
qualcosa a riguardo, ma non venne a capo di niente. Decise allora di
avvicinarsi a lui pian piano.
Aaron guardò ancora in alto per un attimo prima di
rivolgersi a lui con un sorriso.
“Non credi anche tu che il cielo sia meraviglioso?”
***
L’aria mattutina non l’aveva mai entusiasmato.
Soprattutto nei giorni di bel tempo. Sembrava che il sole volesse
stimolarlo ad iniziare la giornata col sorriso stampato sulla faccia.
Cosa che non sarebbe successa nemmeno se l’avessero pagato
per farlo. Bastava già la gente da cui era completamente
circondato a farlo innervosire. Tutti quei sorrisi, le battute, i
pettegolezzi… Ma che se le tenessero in casa loro tutte
quelle robe! Indifferenza, pace, tranquillità,
silenzio… neanche con tutto l’oro del mondo
avrebbe potuto ricomprarli e averli solo per sé. Una
soluzione più pratica sarebbero stati un paio di tappi nelle
orecchie…ma se li mettessero loro i tappinelleorecchie!!!!
Insomma il detto “Se non riesci a batterli unisciti a
loro” non era contemplato nella testa di Jude. O forse lo
poteva essere in una versione modificata del tipo “Se non
riesci a batterli, sei uno di loro” più una
piccola aggiunta dell’ultimo secondo
“….esiste sempre la bomba atomica,
pirla!!!!!”.
Cose di questo genere.
Ma per fortuna se ne stava andando, oh se se ne stava andando. Due
giorni che era fuori in città e già non la
sopportava più. Tutti i passanti avrebbero dovuto
inginocchiarsi al suo passaggio, dato che per sua estrema
bontà gli edifici erano ancora tutti interi e di morti
novelli non ce n’erano ancora stati.
Tutta colpa di quel ragazzino.
Se non fosse stato per lui, sarebbe già tornato a casa da
tempo. Ma la pulce (o pidocchio se preferite) che gli aveva messo in
testa gli impediva di stare tranquillo e, piuttosto che affrontare una
situazione nuova che lo avrebbe portato a far scappare davvero il
morto, era molto meglio riordinare un po’ la situazione
presente. In realtà il non aver con sé
nessuna spiegazione né un cazzo di altro passatempo, lo
stava portando a tornare a casa, anche se era ancora piuttosto
instabile. In fondo aveva realizzato che, anche rimanendo in giro per
un’altra settimana, i dubbi gli sarebbero comunque rimasti.
Quindi tanto valeva rinchiudersi in camera dato che, nonostante il
sole, la temperatura non era poi così tanto alta…
Entrò in casa come se nulla fosse, si tolse il giubbotto, lo
lanciò sul pavimento insieme alle chiavi e se ne
andò di sopra.
In bagno.
Beh dai ci voleva.
Insomma, anche i duri pisciano…
Ci rimase per un po’ anche perché di fretta non ne
aveva mica. Tanto Grief era sicuramente in camera a dipingere, come suo
solito. Anzi, forse era pure contento della quiete rilassante di cui
aveva goduto in questi due giorni.
Quindi, meglio di così…
Uscì dal bagno con la stessa calma con cui era entrato.
Richiuse la porta, senza farla sbattere.
Sentì un leggero spiffero ai piedi e capì subito
che proveniva dalla fessurina inferiore della porta della sua camera.
L’aria fredda era la stessa che c’era
all’esterno. Si avvicinò alla porta bianca in
legno verniciato, e la aprì tranquillamente.
Entrò nella stanza, ma si fermò subito
sull’uscio.
Lo sgabellino di Gry era vuoto, e la tela che gli stava di fronte era
completamente bianca. Alzò subito lo sguardo, che
istintivamente aveva rivolto allo sgabello pensando di trovarci sopra
seduto l’amico. Lo diresse verso la finestra, sulla parete
opposta della stanza.
Era completamente spalancata, e l’aria già
autunnale dalla quale entrava muoveva dolcemente i ciuffi di
quei capelli che Jude, durante l’infanzia, aveva sempre
accostato alla buccia di un’arancia. Ora sembravano
anticipare il colore che le foglie avrebbero preso di lì a
qualche settimana.
Aveva le braccia incrociate appoggiate al bordo inferiore della
finestra, mentre col busto era proteso in avanti nell’atto di
volgere il suo sguardo il più lontano possibile. Non poteva
vedergli il viso, ma se lo immaginò subito.
L’espressione di Grief era impressa in lui da tempo. La
conosceva a memoria, avrebbe potuto riprodurla anche ad occhi chiusi.
Anche i suoi gesti, le sue parole, erano spesso così
ingenuamente prevedibili.
Ma negli anni si era accorto di una cosa.
A questo punto sapeva che nonostante il suo comportamento fosse ormai
scontato, ogni volta che gli sorrideva, ogni volta che gli parlava,
ogni volta che faceva un gesto ovvio, ripetuto e ripetuto nel tempo,
era sempre come se quel sorriso, quelle parole, quel gesto…
…li vedesse per la prima volta.
In quel momento, però, rimase particolarmente stupito al non
vedere Gry seduto a dipingere. Non che dovesse fare solo quello, ma gli
pareva così…strano.
Senza neanche accorgersene si sedette sullo sgabellino di Grief.
E rimase lì un poco a guardarlo come se, in
quell’occasione, fosse diventato lui
l’artista.
Si erano involontariamente scambiati i ruoli.
Jude era Grief.
Grief era Jude.
Ma per nessuno dei due fu un trauma in quanto in fondo, una cosa sola,
lo erano sempre stati…
***
“Si vede tutto da quassù...” disse
Ulrich tendendo lo sguardo oltre l’orizzonte.
“Tutto, ma mai abbastanza.” rispose Aaron
con lo sguardo perso nel panorama che lo circondava.
“Già…”
Ulrich tentò di alzarsi in piedi per sporgersi di
più, ma gli scivolò il piede.
“Attento!!!!” disse Aaron afferrandogli un braccio.
Non stava per cadere, ma una svirgolata a quell’altezza era
sempre meglio evitarla soprattutto se…
“E’ la prima volta che sali su un
albero?” chiese Aaron aiutandolo a rimettersi in equilibrio.
“Sì…” disse Ulrich
timidamente.
“Ahah! Davvero? Io da piccolo mi nascondevo sempre
sull’albero del mio giardino quando non volevo rientrare a
casa per cena… Erano un po’ la mia seconda
casa.” gli rispose sorridendo.
“Vivevo lì i miei sogni, guardavo le nuvole
rincorrersi per ore e i fiori gareggiare per chi avesse il profumo
più bello. Il sole mi scaldava se avevo freddo e andavo
sempre più in alto di giorno in giorno, sporgendomi quasi
fino a cadere per sentire il suono del vento che mi accompagnava le
giornate come una meravigliosa orchestra. Più salivo in
alto, più lo potevo sentire
chiaramente…”
Ulrich lo guardava sognante al sentire quelle parole che sembravano
uscire direttamente dal suo cuore senza filtri o censure. Anche in quel
momento il sole gli batteva sul viso, e rendeva i suoi capelli
più chiari e i suoi occhi più limpidi. Gli occhi
di Aaron illuminati dal sole acquisivano quel color nocciola che
avevano quelli di Ilian. Era come se nel sole potesse vedere la sua
immagine riflessa…
“Di solito ci passavo le giornate da solo. Piotr non
è mai voluto salire. Insomma, sai com’è
fatto…” disse sorridendo tra sé e
sé a quel ricordo “E Newt all’inizio ci
veniva con me…ma poi è caduto talmente tante
volte che i suoi genitori gli han proibito di salirci. Sì,
se te lo stai chiedendo, Piotr e Newt sono sempre stati così
come sono ora.” constatò sorridendo ma, questa
volta, rivolgendosi a lui.
“E quindi poi è diventato un momento da passare
tra me e me a riflettere sul mondo. Non ho mai avuto un
“compagno d’albero”… Sai, ora
che ci penso era da un po’ che non ci salivo con
qualcu…”
Ma quando Aaron si voltò non vide più Ulrich.
Che fosse caduto???
Ma no l’avrebbe sentito…
O meglio, avrebbe sentito il tonfo.
E’ che era talmente preso dal discorso che se l’era
fatto sfuggire un attim…
Si guardò attorno e non lo vide. Nonostante fosse
comodamente seduto a gambe incrociate sul suo ramo, si alzò
in piedi per cercarlo meglio.
Guardò a destra, a sinistra, giù…su?
Alzò lo sguardo e vide che Ulrich si era arrampicato su un
ramo più alto.
Lo raggiunse in un paio di passi.
Ulrich si era seduto, anch’egli a gambe incrociate, tenendo
gli occhi chiusi mentre il sole ora accarezzava il suo viso. I lunghi
capelli danzavano dietro il suo collo, mossi dal vento leggero.
Aaron lo guardò in piedi da lontano, appoggiato al tronco
dell’albero. Gli ricordava tanto sé stesso, la
prima volta che era salito sul suo albero.
Anche lui quella volta non era solo…
“Aaron?” disse Ulrich voltandosi verso di lui,
interrompendo d’improvviso i suoi pensieri.
“Sì?” rispose Aaron preso alla
sprovvista.
“….Posso essere il tuo “compagno
d’albero” ?”
Non gli rispose.
Si limitò a sorridergli, e lo stesso fece Ulrich, che poi
tornò subito a guardare l’orizzonte.
“Puoi fare di meglio, se vuoi…” aggiunse
a una risposta affermativa che non aveva dato, ma che aveva lasciato
intendere “…puoi essere il nostro nuovo compagno
di casa.”
***
“Non era necessario che tenessi la finestra spalancata come
l’ho lasciata io. Entra freddo e rischi di
ammalarti.”
Si morse un poco il labbro per ciò che aveva appena detto.
“Ammalarmi?” rispose Gry voltando lo sguardo di tre
quarti e accennandogli un sorriso, per poi voltarsi di nuovo verso il
paesaggio silenzioso.
“Aspettavo il tuo ritorno.” Aggiunse poi senza
voltarsi, rispondendo ad una domanda non posta, ma che aleggiava
nell’aria.
Jude rimase sorpreso da quell’affermazione e reagì
con il silenzio.
In realtà era piuttosto ovvio che Grief lo stesse
aspettando…e non era nemmeno stato via molto, solo un paio
di giorni. Ma non immaginava che Gry se la sarebbe presa tanto a cuore.
Perché era proprio questo, che ora gli stava dimostrando.
“E’ buffo che nonostante fossi qui alla finestra
non sono riuscito a vederti entrare…devo essermi distratto
un attimo. Non credi anche tu che sia buffo?” gli chiese
questa volta voltando completamente la testa oltre la propria spalla e
accompagnando come sempre ogni sua frase con un sorriso.
Jude abbassò lo sguardo.
“Sì…forse lo
è…”
“Ho capito che eri entrato solo quando ti sei seduto sullo
sgabello. E’ un po’ vecchio e quando ti ci siedi
scricchiola sempre un pochino…”
continuò sorridendogli.
“Non hai dipinto nulla, mentre non
c’ero?” domandò Jude rialzando lo
sguardo e cambiando improvvisamente discorso.
“Non ci riuscivo…” rispose Grief alzando
le spalle un po’ sconsolato.
“Non riuscivi a dipingere?” chiese Jude stupito.
Era la prima volta che Grief gli diceva una cosa del genere.
“No che non ci riuscivo. Ci ho provato ma avevo la testa
vuota e, quando provavo a disegnare, mi venivano solo degli scarabocchi
senza senso. Allora ho pensato che quando si ha un vuoto nella testa
qualcosa si riesce comunque a combinare. Non sarà il
massimo, ma qualcosa ne esce lo stesso. Il problema è che
c’era un’altra parte di me che era
vuota…”
A quelle parole Jude si alzò d’improvviso dallo
sgabello, adirato.
“Cos’hai in mente Grief?!” gli disse
alzando il tono di voce.
“Solo un piccolo pensiero stupido Jude, non ti devi
preoccupare…” rispose sorridendogli di nuovo.
“Dimmi cos’è!!!” gli
urlò contro avvicinandosi a lui.
Grief conosceva Jude, e come sempre non si fece ingannare dalla sua
incazzatura. Continuò a guardare fuori dalla finestra,
sorridendo, prima di dargli la sua risposta.
“Mentre non c’eri ho avuto la sensazione che
qualcosa ci potesse dividere. Ma non ti preoccupare, è stato
solo un secondo, Jude, perché so che non è
così, per quello ho detto che era un pensiero
stu…”
“Grief!!!!!!!!!” gridò ancora
più forte anche se ora gli stava più vicino.
Gry, non si sorprese di quella reazione e, rimanendo ancora appoggiato
al bordo della finestra, si voltò verso Jude.
“Non ti azzardare mai più a pensare una cosa del
genere.” disse Jude con il suo solito tono pacato e
inespressivo.
Grief socchiuse gli occhi e sorrise, tornando a guardare
l’orizzonte.
“Mi sei mancato, Jude.”
***
Appoggiò sul tavolo la propria cioccolata calda e fumante.
Quasi si scottò le dita da quanto la tazza era bollente ma,
anche se si fosse ustionato l’intera mano, non
l’avrebbe comunque fatto trasparire.
Che uomo è uno che si scotta le dita della mano destra
(perché la destra è importante, eh) con
un’insignificante tazza di cioccolata calda?!
Sicuramente non lui.
Stava già per sedersi al tavolo della cucina, quando si
accorse che mancava qualcosa.
Qualcosa di importante.
Si fermò un attimo.
Ah già.
Tornò verso uno degli armadietti, aprì
l’antina e ne tirò fuori un contenitore di
ceramica. Con molta calma (dato che non aveva particolari questioni per
la testa, né impegni lavorativi) poggiò il
contenitore sul tavolo e si sedette senza molta voglia nemmeno di
metter le gambe sotto il tavolo e di appoggiare la schiena allo
schienale della sedia.
Infatti appoggiò i piedi sulla sedia accanto a lui e la
schiena al nulla, rivolgendo al tavolo il proprio profilo.
Insomma, era seduto esattamente al contrario di come solitamente ci si
siede su una sedia.
Ho reso l’idea?
Aprì con la solita tranquillità il contenitore e
ne tirò fuori una lingua di gatto, tenuta tra
l’indice e il medio, come un foglietto di carta. Le lingue di
gatto erano i suoi biscotti preferiti, e tutte le mattine se li
pucciava nella cioccolata per farsi una dolcissima e calorica
colazione.
Ma senza sconvolgere la propria linea, ovviamente.
In effetti potrebbe sembrare una colazione eccessiva, ma in
realtà non era male come idea.
Lavorava dalle dieci alle dodici ore al giorno, e aveva bisogno di
molti zuccheri da bruciare. Demotivato qual era, poi, ne necessitava
almeno il doppio.
Imbevve il biscotto nella cioccolata e, sempre tenendolo tra indice e
medio, se lo portò alla bocca. L’altro braccio,
invece, era fermo, appoggiato allo schienale della sedia.
I suoi occhi azzurri si guardavano attorno, ingabbiati dietro quelle
bionde sbarre che erano i suoi capelli, il cui ciuffo abbondante
copriva sempre loro almeno metà della visuale. Erano sempre
stati curiosi, i suoi occhi, ora invece erano diventati annoiati nello
scorgere costantemente un ambiente già fin troppo monotono e
familiare. Per lui che poi era stato abituato a girare il
mondo….
Ne avevano viste di cose, quegli occhi.
Erano svolazzati liberi, per luoghi lontani, tanto diversi tra loro, ma
tutti ugualmente e terribilmente affascinanti.
Ma ora erano ingabbiati.
Ingabbiati da quelle ciocche di capelli bionde, e da quelle quattro
mura.
Era circondato.
Socchiuse gli occhi, come faceva spesso, prendendo un altro biscotto.
Aveva l’abitudine innata di tener sempre le palpebre
semichiuse, e ciò spesso gli conferiva un’aria
più misteriosa e affascinante.
Non che ne avesse bisogno (a suo dire…).
Scosse la testa, con un colpetto laterale, per spostare la ciocca di
capelli senza doverla toccare con le mani.
Afferrò poi la tazza e, prima di avvicinarla alla bocca, vi
soffiò sopra delicatamente. Era di una finezza sconcertante,
a tratti, in certi suoi atteggiamenti, poteva ricordare una donna.
Ma... la classe non è acqua, giusto?
Anche le sue mani potevano ricordare quelle di una donna. Erano
scolpite, magre, ossute ma comunque grandi e forti abbastanza per
ricordare che erano le mani di un uomo. Le dita lunghe,
affilate… parevano le mani di un pianista.
Riappoggiò la tazza sul tavolo, e il
“toc” sordo che si senti al contatto con il legno,
scandì perfettamente in tempo, la pronuncia del suo
nome…
“Andy!!!”
“Sì, pa’?” rispose in tono
apatico, senza scomporsi minimamente, e continuando a fare indisturbato
la propria colazione.
“Hai messo in ordine la tua camera???” chiese il
padre alterato.
Suo padre era piuttosto vecchio. Aveva quasi raggiunto i
sessant’anni, ma ciò non gli aveva impedito di
continuare a dirigere liberamente la propria multinazionale. Era
qualcosa con centrava con i prodotti chimici per sgrassaggi,
anticalcare, solfatazione ed altri termini incomprensibili. Fino ad
arrivare anche a dei semplici detersivi. Una cosa importante, comunque.
I segni dell’età si vedevano già dai
suoi radi capelli bianchi, che ormai occupavano solo i contorni
laterali del suo capo. Lo facevano sembrare più vecchio di
ciò che era in realtà. I suoi occhialetti rotondi
alla Harry Potter dalle bacchette fini e fragili, erano
l’intermezzo tra il mondo e suoi occhi azzurri, stanchi, ma
pieni di vita e di esperienza. Gli stessi occhi che poi aveva ereditato
il figlio.
“No.” rispose facendo una breve pausa
“Perché…avrei dovuto?”
continuò sempre con lo stesso tono di voce e alzando un
sopracciglio.
“Sta per tornare Alan, vedi di mettere a posto la tua stanza
e in fretta!!!!!” continuò il padre alzando,
invece, la propria voce.
“Pa’…Alan non sta per
tornare…” continuò Andy sempre con il
tono piatto di chi non ha voglia di parlare, soprattutto di prima
mattina.
E si pucciò un altro biscotto nella cioccolata.
“Alan mi ha detto che tra poco sarà a
casa!!!”
“E invece a me ha detto che ha cambiato idea e che
tornerà più tardi. Va bene?” aggiunse
continuando a far colazione.
“I tuoi sono solo pretesti perché non hai voglia
di risistemare tutto!!!!! Muoviti, va’ a riordinare la tua
stanza!!!!!” gridò il padre rimproverandolo ben
bene.
Andy poggiò con calma la tazza sul tavolo, mentre con
l’altra mano teneva la sua lingua di gatto tra le dita.
Alzò lo sguardo verso il padre, per la prima volta da quando
era entrato nella cucina poco prima.
“Ci sono i domestici. Che lo facciano loro.”
constatò con molto menefreghismo.
“Andy, se non ti alzi da quella sedia ti faccio alzare io, ho
detto che Alan sarà qui tra poco e voglio che tu riordini la
tua stanza. Dovresti essere una persona responsabile, e almeno le tue
cose potresti metterle a posto da solo!!! Soprattutto se sta per
arrivare tuo fratello!!!!!”
Andy rimase impassibile di fronte a quegli ordini e quelle repentine
alzate di voce. Lui era un tipo che sapeva il fatto suo, e obbediva ad
un incitamento o ad una richiesta, solo se riteneva opportuno farlo.
Altrimenti non si sarebbe mosso nemmeno di un millimetro.
L’unico modo per convincere Andy a fare qualcosa che non
voleva fare era fargli cambiare idea….
“Pa’, Alan mi ha detto che
non…” esitò un momento.
Alzò lo sguardo, tenendo però la testa bassa, e
facendo scivolare i propri occhi chiari tra le ciocche di capelli
altrettanto chiare.
Guardò suo padre.
Era evidentemente stanco di litigare con lui. E oltretutto era
già vestito per andare al lavoro, ciò significava
che stava facendo tardi per colpa sua. Sospirò piano,
impercettibilmente, chiudendo gli occhi.
“Sistemerò la mia stanza. Non ora però,
fammi finire di fare colazione. Dopo riordinerò tutto, hai
la mia parola.” disse senza scomporsi minimamente.
Questa era una delle poche volte in cui Andy, per sua esclusiva
spontanea volontà, cambiava la propria idea.
Anche i miracoli a volte succedono.
“Bene. Mi raccomando, quando torno a casa voglio trovare
tutto in ordine. Capito?”
“Afferrato.”
Al suono di quella parola il padre se ne andò subito, segno
che probabilmente era davvero in ritardo a qualche appuntamento.
Andy invece aveva il giorno libero.
Fortunatamente.
Se fosse stato un normale giorno di lavoro, col cavolo che avrebbe
rimesso a posto la propria camera. Suo padre lo faceva sgobbare come un
mulo, nonostante non fosse necessario per lui guadagnare soldi, dato
che vivevano in una situazione economica più che agiata.
Continuava a fare discorsi sulla responsabilità di qui,
responsabilità di là, eccetera
eccetera….
Ma era veramente sfiancante.
E se uno pensa che lavorando in famiglia si venga agevolati, beh si
sbaglia di grosso. Avere il proprio padre come datore di lavoro e primo
supervisore è un vero inferno.
Per fortuna quel giorno non aveva nemmeno particolari programmi, quindi
un po’ di tempo lo poteva trascorrere chiuso nella propria
stanza, in compagnia del Signor Disordine e della banda Acari Della
Polvere.
Una festa, praticamente.
Si scostò il ciuffo di capelli con la mano, ma gli ricadde
subito davanti agli occhi. Allora si alzò e mise la tazza di
cioccolata vuota nel lavandino. Si lavò un pochettino le
mani, che si erano sporcate con la piccola parte di cioccolata che era
colata fuori. E poi anche per eliminare quelle fastidiosissime briciole
dei biscotti dalle dita.
A proposito di biscotti….
Tornò al tavolo, ed afferrò il contenitore di
biscotti con una mano. Se lo tenne sotto il braccio, mentre con
l’altra mano apriva l’antina
dell’armadietto sopra il lavandino. Messo tutto al proprio
posto, gli scappò l’occhio su un vasetto di
marmellata di pere, che era nascosto lì a fianco. Lo
afferrò con una mano e lo guardò.
Si lasciò scappare un sorriso, anzi, un mezzo sorriso, di
quelli che sorridi distendendo solo un lato delle labbra.
“Ah... ecco dov’eri…”
Sorrise di nuovo, e la ripose nell’armadietto.
***
“Fa un po’ caldo, non trovi?”
Erano ancora seduti sull’albero.
Sarà stato il fatto che fossero un poco più
vicini al sole a renderlo accaldato, ma Ulrich rimase comunque stupito
dalla sua affermazione. In fondo si stava avvicinando
l’autunno inoltrato…non faceva più
caldo come a luglio o in agosto.
“In realtà io avrei un po’
freddo…” gli rispose timidamente.
“Ma dai, sul serio? E magari hai anche le mani
gelide?” gli chiese Aaron incuriosito.
“Beh…sì…”
continuò Ulrich timidamente.
“Ahah, ma dai….Devi avere la pressione bassa! Io
invece, appena sento un poco di sole, ho subito caldo!” disse
sorridendogli.
Ulrich lo guardò, alzando le spalle in risposta.
“In ogni caso, io mi tolgo la felpa!” concluse
Aaron.
“Sicuro di non cader…?” gli disse
vendendolo in difficoltà nel togliersela. Si sa, Aaron era
sempre stato impacciato nel vestirsi e nello svestirsi…
Ma le sue parole furono stroncate dalla vista di una cosa.
Mentre Aaron si levava la felpa sfilandola dalla testa, la maglietta
che portava sotto si alzò un poco. Ulrich potè
così intravedere la cicatrice di quella ferita, che lui
stesso gli aveva provocato. Era ancora piuttosto fresca e non
rimarginata completamente. Conoscendo Aaron, aveva sicuramente tolto la
medicazione prematuramente, ritenendo che fosse già tutto a
posto. Tanto nessuno l’avrebbe vista, sotto i suoi vestiti.
Eccetto Ulrich, il diretto interessato.
Ma la cosa peggiore non fu la vista di quella ferita, ma ciò
che Ulrich fece dopo. E per cui, con il senno di poi, si
maledì milioni di volte.
Semplicemente, al vedere quella cicatrice, si lasciò guidare
da un ingenuo istinto e, dopo aver proteso il braccio verso Aaron, gli
toccò la ferità con la mano. Sembrò
quasi un ricongiungersi alla propria opera, come uno scultore che
accarezza la propria statua appena finita. Provava ribrezzo verso
ciò che aveva fatto, ma nello stesso tempo ne era
profondamente attratto.
Ma in realtà ciò che guidò la mano di
Ulrich verso quella ferita fu il dispiacere. La toccò
delicatamente con le dita gracili, come in una carezza, di quelle che
una madre dà al figlio pentendosi di averlo rimproverato con
troppa cattiveria.
Al sentire quell’improvviso contatto freddo, Aaron si
voltò verso di lui e, quando ebbe realizzato che Ulrich gli
aveva appoggiato una mano sul fianco, arrossì
d’imbarazzo.
Automaticamente, come se il rossore fosse passato attraverso il suo
braccio, anche Ulrich, realizzata la situazione imbarazzante,
diventò rosso in viso, e ritrasse velocemente la mano, come
se si fosse appena scottato.
Poi abbassò lo sguardo, guardando altrove, ovunque, bastava
non incrociare gli occhi di Aaron che invece, dal canto suo, era
rimasto impietrito e lo stava ancora fissando, stupito da
quell’uscita inaspettata, ma non per questo dispiaciuto o
rammaricato.
Il rossore gli stava lentamente scivolando via dal viso, ed anche a
Ulrich, ma con più fatica.
Teneva ancora il viso nascosto. Aaron comprese il suo imbarazzo, e
sorrise dolcemente.
Gli appoggiò una mano sulla coscia e gli disse:
“Stai tranquillo. Non è successo nulla.”
Ulrich si voltò, ma aveva perso le parole, non sapeva cosa
dire. Tentò di rispondere al sorriso di Aaron, ma si accorse
che era un tentativo forzato. Non riusciva a non dimostrare che dentro
era scosso. La sua era solo una quiete apparente.
Aaron notò il suo risentimento, e ne rimase dispiaciuto.
Allora tentò di riavvicinarlo in altra via.
“Devi aver davvero freddo, le tue mani erano veramente
gelide!” esclamò ridendo tra sé e
sé.
Ma Ulrich non fece una piega.
“Tieni…” aggiunse quindi porgendogli la
sua felpa rossa.
Ulrich si voltò ancora stupito.
Ci teneva così tanto a lui?
Per quale caspita di motivo continuava ad insistere????
Ma non poteva accettare. Dopo tutti i guai che gli aveva causato, era
lui ad essere in debito con Aaron, e non viceversa. Anche se quel
venticello freddo lo stava facendo…
“Dai prendilo. Stai tremando come una foglia. Guarda che se
non lo prendi mi offendo. Non vorrai crearmi un altro dispiacere,
vero?” gli disse ‘sta volta con sguardo di sfida.
Tac.
Questa era la tattica giusta.
Ulrich afferrò la felpa e se la mise subito, sopra la
propria. Era larga per Aaron che era di costituzione più
robusta, figuriamoci per uno magro come lui. Gli cascava giù
ampia, tanto che forse poteva starci dentro addirittura due volte.
Se la strinse addosso, per scaldarsi un po’. Si
sentì ancora in colpa al vedere Aaron seduto accanto a lui,
con addosso solo una maglietta a maniche corte bianca, leggera quasi da
poterci vedere attraverso.
Abbassò lo sguardo, verso le proprie gambe.
“Aaron…” disse senza scostare il viso.
“Sì?” gli rispose l’altro
voltandosi verso di lui, preso alla sprovvista.
“Voglio parlarti di me.”
Aaron lo guardò un attimo sorpreso.
E poi sorrise.
“Ehi, finalmente!!! Era ora che lo dicessi!!!”
disse tutto eccitato e pieno di contentezza.
Ulrich lo guardò sconcertato. Fu sul punto di ritirare
ciò che aveva appena detto… ma Aaron lo
anticipò con una sonora risata.
“Sto scherzando, tranquillo! Che ne dici di parlarne davanti
ad una bella cioccolata calda?” disse facendogli
l’occhiolino.
Ulrich sorrise.
“Ci sto.” rispose senza pensarci due volte.
***
“Devo uscire nel tardo pomeriggio.” disse Jude
pacato.
“Va bene. Perché me lo dici?”
Di solito Jude non avvisava mai Gry delle proprie uscite, soprattutto
perché la maggior parte di esse erano improvvisate. Quindi
pareva strano che questa volta l’avesse messo in guardia.
Grief aveva formulato la domanda nella consapevolezza di cercare una
risposta, che Jude non gli avrebbe dato.
Ma Jude era anche questo.
Per lui era anche questo.
Era tutto ed era niente.
Si conoscevano da molto tempo, ma la metà delle cose che
pensava su Jude erano nate dalla propria mente. Tutte le risposte che
lui non gli dava, tutte le cose che non gli diceva o che non
faceva…Grief se le immaginava.
Ma in fondo la bellezza delle cose ama nascondersi.
E lui gli voleva bene anche per questo. Forse soprattutto per questo.
Dopo aver formulato la domanda, spostò i verdi occhi,
nascosti dai ciuffi rossi, verso l’amico.
Jude diede la propria replica.
Semplicemente si voltò, incrociando il suo sguardo.
Senza dir nulla.
Si guardarono per un istante.
Poi Grief abbassò gli occhi sorridendo.
Aveva compreso la risposta.
Iniziò ad impastare i colori sulla tavolozza, a mischiare un
po’ di blu e di giallo, per ottenere un po’ di
verde.
“Uhm… Vediamo… Non so cosa
dipingere… Cosa potrei fare?”
“Non so Grief, sei tu l’esperto.”
Jude si sedette sul letto, appoggiando entrambe le mani dietro di
sé.
“Ti trovi con i tuoi amici, giusto?” chiese Grief
sorridente verso la tela, sulla quale intanto stava facendo scorrere il
proprio indice, immaginandosi un ipotetico quadro.
“Sì, da quelli.”
“Quelli?”
“Quelli.”
Grief rise tra sé.
“Che strano modo per definirli.” disse continuando
a muovere il dito sulla tela.
“E’ già tanto che io li definisca. Basta
e avanza.”
Il movimento sinuoso del braccio di Grief scandiva le loro parole.
Pareva un direttore d’orchestra. Con una tavola bianca
davanti a sé.
“Anch’io sono quello?” gli chiese
scherzosamente continuando a sorridere alla tela.
Jude si voltò a guardarlo.
“Non sono io a doverti dire chi sei.”
Grief si bloccò un secondo, fermando l’indice in
un punto della tela.
Pareva paralizzato.
Chiuse lentamente gli occhi, e li sentì pian piano riempirsi
di lacrime.
Ma non voleva piangere.
Non l’aveva mai fatto, in presenza di Jude.
Tentò di raccogliere le lacrime, senza farle cadere.
Aveva ancora entrambi gli occhi chiusi, per trattenerle.
Jude, che stava guardando fuori dalla finestra, non si accorse di nulla.
Purtroppo trattenersi era cosa faticosa, ma d’improvviso gli
venne un’idea. Appoggiò tutte le dita sugli occhi,
inumidendole con le proprie lacrime. Poi posò
tutti i polpastrelli bagnati sulla cima della tela, e pian piano fece
scorrere le mani fino al fondo del quadro.
Proprio in quel momento Jude si voltò e lo guardò
con aria interrogativa, mentre faceva scorrere le dita verso il basso.
“Che stai facendo?” gli chiese.
“Dipingo.” rispose Grief sorridendo.
***
Quattro amici davanti a una cioccolata.
Mi correggo, tre amici e un serial killer.
Eh già.
Aaron aveva sbadatamente omesso che, data la propria
scarsità di finanze, la cioccolata l’avrebbero
consumata a casa sua. Dove logicamente c’erano anche Piotr e
Newton.
E’ vero che la cioccolata di Piotr era molto più
buona di quella del bar, ma forse Ulrich avrebbe preferito evitare un
“nuovo incontro”, dopo un così breve
lasso di tempo. Aveva un brutto presentimento…e il suo
esordio a casa loro non aveva fatto altro che confermarlo.
La dinamica era stata più o meno questa: Aaron entra in casa
e esordisce con qualcosa del tipo “Salutate il nostro nuovo
coinquilino!”. Newt era corso alla porta urlacchiando
qualcosa del tipo “Yeaaaaaah!!!!” e poi un
“Yeaaaah!!!!” e un altro
“Yeaaaah!!!” il tutto in stile sirena da ambulanza,
fino alla fatidica domanda: “…e chi
sareb..?” Domanda non solo fatidica, ma anche interrotta.
Da cosa?
Beh, ovvio.
Dalla vista del tanto celebrato nuovo coinquilino. Il tutto era stato
seguito da qualcosa tipo “Cosaaaaa?????? Ancora
lui!!!!!!!!” seguito da una serie di appellativi mitragliati
a raffica tipo
“Serialkillerpluriomicidadeimieistivaliportatoreclandestinodicoltelliladroapprofittatorediospitalitàbarbonespalmanutellaatradimento….”
Insomma, detto alla Piotr, il tutto si poteva tradurre in un
“pericoloso vagabondo, in cerca di alloggio, pervaso
dall’ardente desiderio di riscatto sociale”.
Piotr però non aveva detto nulla.
Era stato zitto, come al solito. Rispettava sempre le scelte di Aaron,
anche se poteva non condividerle. E sperava di potersi ricredere. Non
aveva pregiudizi, sia chiaro. Ma di solito ci andava sempre con i piedi
di piombo. E, non essendo questi affari suoi (almeno per
ora), decise di stare al gioco di Aaron, dandogli un po’ di
fiducia. Sarebbe intervenuto a bloccarlo solo se necessario.
Comunque tutto ciò non gli impedì di fare una
bella cioccolata come si deve.
Era circa da mezzora che i quattro si ritrovavano seduti a tavola, con
ognuno davanti la propria cioccolata, senza spiccicare la minima parola.
Non era una situazione imbarazzante.
Peggio.
Ad intervalli di una decina di minuti circa, Aaron tentava di smuovere
la situazione, ma il risultato era più o meno questo:
Aaron: “Facciamo una partita a Monopoli?”
Piotr: “Non ho momentaneamente le facoltà mentali
per farlo.”
Newt: “N-O”
Ulrich: “….”
A qualsiasi proposta, il risultato era più o meno lo stesso.
Piotr rimaneva impassibile, Newt fissava il serial killer con disprezzo
e Aaron sospirava.
E Ulrich?
Lui aveva sì l’intento di parlare un po’
di sé…con Aaron però. Non si sentiva
ancora pronto per affrontare il discorso anche con Piotr e Newton con
cui non aveva praticamente mai parlato, e che lo guardavano
praticamente sempre con sospetto.
Era quasi un’ora che stavano lì a guardarsi in
faccia senza spiccicare parola.
Che fare?
Dopo circa quarantacinque minuti, fortunatamente la situazione si
smosse grazie al suono di un campanello.
“Vado io.” disse Piotr alzandosi con calma dalla
sedia.
Aprì la porta con la stessa precedente calma da guru, e si
vide di fronte Mag.
“Ciao Piotr! Proprio te cercavo! Ieri mi sono dimenticata di
darti questo preservat…”
Al sentire quelle poche sillabe annunciate con voce squillante, Piotr
sbarrò gli occhi e tappò la bocca a Mag,
spingendola pian piano fuori dalla porta, e richiudendola dietro di
sé.
Sicuro che nessuno li potesse sentire, le tolse la mano dalla bocca.
“Che c’è? Perché mi hai
tappato la bocca?” chiese Mag sconcertata.
“Cos’è che devi darmi?!”
chiese Piotr di rimando, sperando di aver capito male.
“Non lo so è questo preservativo alla
cannella…” disse rigirandolo tra le mani.
Poi, capendo che la situazione potesse essere fraintendibile, si
corresse subito.
“Ma non è da parte mia!!!!”
esclamò diventando tutta rossa in viso.
“Hai detto…cannella?” domandò
Piotr capendo al volo che non si trattava di Mag.
“Sì…cannella…. Me
l’ha dato un ragazzo… Bello…
alto… biondo… occhi azzurri… bel
fisico…”
“Se vuoi te lo regalo.”
“Il preservativo?”
“No, lui.”
Silenzio.
“Ma scusa.... perché dovresti farlo? E’
tuo amico, no?” chiese poi Mag, non riuscendo più
a seguire il filo logico del discorso. Ammesso e concesso che ci fosse
un filo logico.
“Lui non è mio amico.” rispose Piotr
pacato.
“E cos’è allora, scusa?”
“Uno stalker.”
La serietà con cui aveva pronunciato la parola stalker era
invidiabile a qualsiasi attore hollywoodiano. Pareva il padrino nella
più classica delle battute: “Ti farò
un’offerta che non potrai rifiutare…”.
Se avesse pronunciato stalker alla stessa maniera nelle audizioni per
la parte del padrino, l’avrebbero subito scritturato.
Sicuro.
Al 100%.
“Uno stalker????” esclamò Mag allibita.
“Lascia perdere… Tanto non sa nemmeno il mio
nome…”
Mag si morse le labbra.
“Beh…veramente…”
Piotr si voltò a guardarla.
“Lo sa già vero.” chiese con
comprensione.
“Sì…” rispose Mag, abbassando
lo sguardo dispiaciuta.
“Tranquilla, non potevi saperlo. Non è colpa
tua.”
Ma Piotr, vedendo che Mag rimaneva comunque amareggiata per aver
provocato quel guaio, la invitò ad entrare.
“Che ne dici di venir dentro a bere una cioccolata?”
“Sicuro che non disturbo?” domandò Mag
titubante.
“Tranquilla. C’è in atto
un’accesa discussione. Ma vedremo di fartene prender
parte.” e le sorrise.
Mag non potè cogliere il sarcasmo, ma si fidò di
lui.
Piotr appoggiò la mano sulla maniglia della porta ma, prima
di aprirla, aggiunse:
“Mi raccomando…acqua in bocca!” disse
sottovoce e sorridendole di nuovo.
“Ok!” rispose lei sempre sottovoce.
“Ma Piotr!” aggiunse poi tirandolo per il maglione,
prima che potesse aprir la porta.
“Dimmi.”
“Cosa me ne faccio di questo preservativo?”
Piotr la guardò e sorrise malizioso.
“Regalalo a Newton.”
***
Cinque amici davanti a una cioccolata.
L’accesa discussione continuava ormai da un’ora e
un quarto circa. I loquaci disquisitori facevano a botte pur di
prendere la parola. L’unica titubante era Mag, che non aveva
ancora capito come poter prender parte a quella discussione telepatica.
Si sentiva un po’ stupida… ma lei, sinceramente,
percepiva solo silenzio totale, sguardi che a malapena si incrociavano,
qualcuno che tossiva ogni tanto e il bis della cioccolata.
Fortunatamente, dopo mezz’ora dall’arrivo di Mag,
la situazione si smosse.
Campanello.
“Vado io.” disse di nuovo Piotr in una sorta di
deja vu, e ancora eccitato come la Morte sbarcata in una popolazione di
immortali.
Guardò nello spioncino della porta.
E quasi si prese un infarto.
Nello spioncino vide un altro occhio.
“Cu cu!!!!” sentì esclamare da dietro la
porta chiusa “C’è nessuno???”
“Tranquillo Rei, ci siamo tutti.” disse Piotr
aprendogli.
“Ooooh, Piotr!!!! Ciaoooo!!!! Come va, eh? Ahah!!! Cosa fai
di bello???” gridò Rei come saluto di benvenuto.
“Shhhh…” rispose Piotr portandosi un
dito davanti alla bocca.
Rei si ammutolì, sorpreso.
Poi si voltò verso Mr Kush.
“Shhhh!!!!” gli disse a sua volta.
Si tolse pian pianino le scarpe, si grattò pian pianino la
testa e si diresse in punta di piedi verso la cucina, seguendo Piotr.
Pian pianino, ovviamente.
Quando intravide la presenza in cucina di tutti i suoi amici, Rei si
presentò con un:
“Ciaooooooooo!!!!!!!!!!!!!!”
A cui tutti risposero…tossendo sommessamente.
Eh già.
Rei fu accolto da una tossifonia delle migliori che si fossero mai
sentite.
Semplicemente in cucina c’era un silenzio assoluto. Erano
tutti in stato di semi-incoscienza. L’unica cosa che facevano
era sorseggiare la cioccolata. Mai si sarebbero aspettati una
perturbazione di questo tipo. Soprattutto perché ancora non
avevano visto né sentito Rei entrare. E la paura causata da
quell’esordio, mentre stavano bevendo la propria cioccolata,
aveva fatto prendere a tutti un bello spavento, che quasi si sarebbero
aggrappati al soffitto.
Inoltre, come se non bastasse, la cioccolata era andata loro di
traverso.
Il colpo di grazia.
Risultato: tossifonia acuta.
“Salute a tutti.” disse Piotr entrando in cucina.
Poi, quando si accorse che Rei stava per aggiungere altro in
sovradecibel, si voltò, e gli fece di nuovo
“Shhhh…” col dito.
Rei serrò immediatamente le labbra, e mise una mano anche
sulla bocca di Mr Kush.
Si sedette a tavola, nell’ultimo posto libero rimasto,
appoggiando Mr Kush sulle proprie ginocchia. Iniziò a
guardarsi intorno cercando qualcosa da fare, e sperando che si stesse
comportando nella maniera giusta. Si voltò verso Piotr, per
domandargliene conferma con lo sguardo. Piotr gli fece un cenno di
assenso con la testa. Allora Rei sorrise, facendogli un ok col pollice
rivolto verso l’alto.
***
Sei amici davanti a una cioccolata.
Ora anche Rei aveva la sua.
A proposito di Rei.
L’idea di star lì senza far nulla, non era proprio
parte delle sue vene. Resistette guardandosi intorno solo un paio di
minuti e dopo una ventina di secondi da quando si era seduto al tavolo,
aveva già iniziato a far saltellare nervosamente la gamba.
Allora pensò ad una soluzione, e non gli fu così
difficile trovarla. Semplicemente…
…iniziò a fare il mimo.
Prese Mr Kush e cominciò a parlargli ma senza che alcun
suono uscisse né dalla sua bocca né, ovviamente,
da quella di Mr Kush. E sembrava davvero preso da ciò che
faceva. Discussioni, sgridate, risate insonorizzate, lui e Mr Kush
pareva si intendessero alla grande anche senza parole.
Insomma, in quattro e quattr’otto, aveva messo insieme un
bello spettacolino.
Ogni tanto qualcuno scostava gli occhi verso di loro. Anche
perché era piuttosto singolare come Rei potesse divertirsi
da solo in quel modo. Perché il punto era proprio quello.
Rei si stava divertendo sul serio. Quella non era una finzione.
E, grazie a Rei, dopo circa un quarto d’ora avvenne il
miracolo.
Mag, che era quella un po’ più impacciata, decise
di unirsi a lui, e mimò di entrare nella discussione tra Rei
e Mr Kush. Rei, ovviamente, la accolse abbracciandola, con un sorriso
raggiante stampato in viso.
Dopo Mag, anche Aaron si unì a loro. Finse di imbracciare la
propria chitarra e chiese a loro se volevano sentire una canzone. Il
tutto ovviamente senza usare neanche una parola. I due acconsentirono,
e Aaron iniziò la sua imitazione, provocando un riso
insonorizzato in entrambi i suoi ascoltatori. Ah beh certo. Anche Mr
Kush lo stava ascoltando, non dimentichiamocene.
Vedendo come i tre amici (più una marionetta) si
stavano divertendo, Ulrich rimase a guardarli per un po’,
sorridendo e ridacchiando tra sé. Anche perché
poi ad Aaron si era unito Rei nell’imitazione della chitarra.
E lì sì che c’era da ridere sul serio.
Ma, mentre stava imitando di essere il frontman in un concerto di
successo, Rei si accorse che Ulrich li stava guardando, ma che era
intimidito dal farsi avanti. Allora gli fece segno con la mano di
unirsi a loro, sorridendogli. Anche Aaron si voltò e gli
accennò con la testa di farsi avanti.
Allora Ulrich si convinse ad entrare nella loro band, dove
c’erano già due chitarre e un basso, imitato da
Mag. Lui optò per…il flauto. Chissà
perché fu il primo strumento che gli venne in mente. Magari
perché è il più semplice da imitare.
Rimasero solo Piotr e Newton a guardarli. Newt era il più
tentato di unirsi a loro, perché si mordeva le labbra in
continuazione al vederli divertirsi così. Ma era anche
quello più imbronciato e in disappunto, e quindi era anche
troppo orgoglioso per ritornare sui propri passi.
A Piotr invece non importava particolarmente di far parte della band o
meno. Però, dopo un’alzata di spalle,
iniziò la propria imitazione del violino. In sostanza
ciò che aveva pensato era stato: “Se non riesci a
batterli…”.
Rimase solo Newt, impassibile, con le braccia incrociate davanti al
petto e un finto broncio stampato sulla faccia. Ma era estremamente
evidente che si stesse solo trattenendo e che non si sarebbe mai smosso
spontaneamente dalla propria posizione. Allora intervenne colui che
interveniva sempre in questi casi. Scusate il gioco di
parole…
Aaron si avvicinò a lui, lo staccò di forza dalla
sedia e lo sbattè a terra. Non contento, iniziò a
riempirlo di pacche su tutto il corpo, in una scadente imitazione della
batteria. In effetti pareva di più la lotta nel
fango….
Newton, che poteva anche essere un po’ scemotto ma che come
ogni altro essere umano non ci teneva a farsi pestare, si
liberò di Aaron e, piuttosto, si mise di sua spontanea
volontà ad imitare una batteria. Prima perché
obbligato. Ma poi si lasciò trascinare dal divertimento.
***
“Ragazzi io devo andare…far meno di quindici
minuti inizia il mio turno di lavoro…” disse Mag
sfinita.
Ma non era mica l’unica.
Come ogni band che si rispetti, tutti i componenti, finito il concerto,
si erano svaccati su ogni superficie disponibile per poter riposare.
Divani, sedie, tavoli, pavimento, water… Sì, Newt
si era addormentato sul water, ma l’avevano già
recuperato, per fortuna.
Erano tutti stravolti, ed era evidente che, nonostante non fosse ancora
sera inoltrata, i padroni di casa avessero voglia di andare a
riposarsi. Mag l’aveva intuito, e aveva deciso di levare le
tende in anticipo, dicendo invece di essere praticamente in ritardo.
Rei, che era sdraiato per terra raccolto come una chiocciola in
posizione fetale, si alzò di colpo scattante, come se niente
fosse. E pensare che un attimo prima pareva nel mondo dei
sogni….
“Ti accompagno Mag, è ora che anch’io
vada a casa!!! Aspetta…ti chiami Mag, giusto?”
chiese Rei grattandosi un poco la testa.
“Sìsì!” rispose Mag
sorridendogli.
“Bene!!! Sai, non sono un granchè a leggere il
labbiale!!!! Ahah!!!! Perché sai, di solito le uso le
parole!!!”
***
“Vedo che ci siete tutti.” disse Jude avvicinandosi
alla piccola discarica abusiva dove solitamente si trovava con i propri
amici….
“Sì, capo siamo tutti qui.” rispose il
più grassottello dei tre.
Tre.
Sì, non erano in molti… ma tanto a Jude bastavano
e avanzavano, per gli scopi a cui gli potevano servire.
“Come mai… ci hai chiamati…?”
disse invece il ragazzo più gracilino e titubante.
Jude sorrise, guardandoli altezzosamente dall’alto in basso.
“Avevo bisogno di sfogarmi. Anzi, mi correggo. Ho ancora
bisogno di sfogarmi.”
L’uso da parte di Jude del verbo sfogarsi non era, come ci si
può aspettare di solito, nel senso di raccontare agli amici
i propri problemi, in cerca di un consiglio, di conforto, insomma di
una mano….
No.
Niente di tutto questo.
Eliminate ogni connotazione astratta del termine.
Pensate ad uno sfogo dal punto di vista fisico.
Jude non stuprava nessuno, ovviamente. Anche perché non era
nel suo interesse farlo. Mica cercava il piacere. Doveva solo sfogare
la rabbia. E non era un caso che le sue mani nel corso degli anni
fossero diventate irrigidite dai calli. Anche perché andare
sempre di nocche era troppo semplice, e alla lunga poco divertente.
Quindi variava a seconda delle voglie. Pugni, sberle, calci, schiaffi,
ma bastava anche che si impuntasse e basta. Inizialmente si sfogava con
i muri, ma maturando la sua personale concezione del mondo, aveva anche
realizzato che in certo senso poteva sistemare qualcosa trasmettendo il
proprio risentimento a chi gli stava attorno, una sorta di messaggio.
E se non lo capivano, erano cazzi loro.
Tutto ciò che vi ho appena detto, si poteva leggere
chiaramente nel volto dei tre ragazzi che ormai sapevano che quando
Jude parlava di sfogarsi, uno di loro (se non tutti) le avrebbe prese
di sicuro.
Infatti Jude non ci mise molto ad avvicinarsi e ad afferrare il
più grassottello per la collottola, sollevandolo da terra
con un braccio. Era già pronto a sferrargli un pugno in
pieno viso, ma il marmocchio lo bloccò:
“Jude, guarda!!!!! E’ tornato!!!!!”
Jude strinse i denti furente in una maniera indescrivibile,
perché non solo covava dentro già una rabbia di
base, ma ora si era ritrovato anche a trattenere quella che era
già pronto a sfogare su quel deficiente.
Si voltò e, digrignando i denti come un cane e con gli occhi
che quasi gli uscivano dalle orbite, ringhiò…
“Che cazzo vuole ancora?????”
Note d'autore:
Ringrazio semplicemente tutti quelli che continuano a seguire la
mia storia, se siete arrivati fin qui siete proprio dei lettori davvero
fedeli.
E vi ringrazio tanto della fiducia che avete in me e in questa storia.
Ringrazio tantissimo tutti, specialmente chi ha fiducia in tutto questo
a tal punto da mettere The Seventh Seal nei seguiti o addirittura nei
preferiti.
Sia chi l'ha aggiunta in tali categorie recentemente, che chi è già da considerarsi un veterano in tal senso.
Grazie mille a tutti e di tutto cuore, spero di non deludervi.
niebo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Stay the Night ***
stay the night
Stay
the night
“Tana
per Piotr.”
Ok.
La situazione aveva iniziato a degenerare già da quando
aveva messo piede fuori casa la prima volta.
Il punto è: il fatto che uno voglia uscire di casa per farsi
una passeggiata o per comprare ciò che gli serve non implica
necessariamente il fatto che voglia provare nuove esperienze. Anche
perché, se l’avesse voluto, non sarebbe di certo
andato a fare una passeggiata o a comprare ciò che gli
serve. Per questo scopo esistono i bordelli, le chat di incontri, il
fato….
Quel semplice, efficace…stronzissimo fato.
Un mostro con ventimila occhi per vedere, diecimila nasi per fiutare,
trentamila orecchie per sentire e all’incirca sei miliardi di
buchi del culo a disposizione per divertirsi. Ma visto che la sfiga
colpisce anche molte persone contemporaneamente non oso immaginare
quanti cazzi abbia….
Comunque!
La sostanza è che lo mette in culo a molti ma lui di buchi
nel culo non ne ha. Probabilmente è appunto per questo che
si diverte tanto con gli altri…
Un fato attivo, un fato seme, un fato sadico, un fato uomo, un fato
semplice, efficace…stronzissimo fato.
Merda.
Ora, fatte le necessarie premesse (con le relative imprecazioni),
pareva comunque inconcepibile che una persona non potesse nemmeno
uscire tranquillamente a ritirare la posta.
Eh, no.
Non vi sembra di esagerare un pochino?!
Evidentemente no.
Non per quel lui.
Quel semplice, efficace, stronzissimo,…
Va bene, vi risparmio la tiritera.
Se volevate sentirla di nuovo, alzate gli occhi verso le righe
precedenti e rileggete. Tanto avrei scritto più o meno le
stesse cose.
Ma forse vi starete chiedendo (e se così
non fosse vi
inculco io la domanda) :
“Almeno il nostro eroe è riuscito a
prendere ‘sta cazzo di posta???”
Possibili risposte:
-sì: meno male, la narratrice ha finito
lo sproloquio;
-no: cazzo la tirerà ancora per le lunghe.
Mi spiace, ma la risposta esatta è…no!
Ma per una semplice constatazione….
Come cazzo fai a prendere la posta quando appena metti piede fuori
casa, uno sconosciuto ti acchiappa, ti mette al muro e ti blocca
mettendo entrambe le braccia appoggiate alla parete, riducendo
così drasticamente il tuo spazio di fuga?!
“Tiragli un pugno!!!!”
gridò in risposta
un’irrisoria parte del cervello di Piotr.
Ma era talmente irrisoria che Piotr diede ascolto al resto del suo
(razionale) cervello….
“Che cosa vuole?” domandò indifferente.
“Non mi aspettavo questa domanda… - gli rispose
Andy in tono malizioso - “Sei uno che va subito al
sodo, eh…?”
E ammiccò.
Dio, quanto volle tirargli un pugno.
Ma desistette.
Parte razionale…
“No.” rispose Piotr risoluto.
“No è il contrario di sì, quindi
è un sì.” ribattè
allegramente Andy.
“Il suo ragionamento non ha senso.”
continuò Piotr ancora più convinto della sua idea.
“Molte cose in questa vita non hanno senso… Eppure
il mondo gira ancora.” filosofò Andy in risposta.
“Vestire le sue parole in maniera più elegante non
le rende di certo più giuste.”
“Il concetto di “giusto” è
relativo.”
“Anche il fatto che lei mi stia impedendo di andare a
prendere la posta è relativo. La sua stessa presenza
è relativa.” concluse l’ostaggio
impassibilmente.
“Questo cambia qualcosa?” domandò allora
Andy.
Piotr fece per controbattere di nuovo ma, non appena dischiuse le
labbra, Andy lo anticipò:
“Ah ah, ah ah!” – disse in stile
“Non si fa!!!”, scuotendo anche l’indice
in segno di ammonimento – “Domanda
retorica.”
Piotr non disse nulla.
Continuò a fissarlo indifferente.
Ma un po’ scocciato.
Non aveva mai visto un sorriso così malizioso come quello di
Andy. E la cosa non prometteva nulla di buono. Proprio nulla. Da solo
non seppe cosa fare, ma quello di pensare a una soluzione fu un
semplice atto di debolezza che durò non più di un
paio di secondi. Si rassegnò subito
all’idea che quello lì non era
tipo da farsi
prendere per i fondelli, né tanto meno pareva volesse
mollarlo facilmente. Quindi decise di aspettare pazientemente che lo
stalker se ne andasse di sua spontanea
volontà.
Pazientemente.
Molto pazientemente.
Ma il guaio era che Piotr non sapeva che anche Andy era paziente.
Molto paziente.
Il che rendeva la situazione piuttosto problematica.
Molto problematica.
“Scommetto che ti starai chiedendo come sono arrivato
qui…” disse Andy accompagnando la frase con la
classica espressione da “Eh, sono o non sono un
figo?!”.
“In realtà sarei più interessato a
sapere quando se ne va di come
è arrivato.”
rispose Piotr apatico.
“Beh, ho seguito la tua amica, Mag…che tra
l’altro è stata molto gentile a recapitarti il mio
piccolo omaggio…” continuò Andy
ignorando la precedente affermazione di Piotr.
“Molto gentile da parte sua regalarmi dei profilattici
alla
cannella. Se me ne regala ancora un paio li macino e li uso per
insaporire i dolci.” lo sfidò Piotr con tangibile
sarcasmo.
“Ahhhhh che sciocchino che sei!!!”
esclamò Andy recitando la parte dell’effeminato.
Per un nano secondo.
Poi tornò improvvisamente serio, in un lasso di tempo
così breve che avrebbe fatto paura a chiunque.
Una sorta di velocissimo Dr Jekyll e Mr Hyde.
“MA.” – disse allora tornando in
sé – “Dammi pure del tu, Piotr.
Ormai
siamo amici, no?”
“No.” rispose di nuovo Piotr ancora più
risoluto e impassibile e senza nemmeno bisogno di fingere.
Amici?
Questo è proprio un caso di (come lo definirebbe lo stesso
Piotr) talking non-sense.
Un “parlare senza senso”.
O a senso unico.
Un one way-sense o un talking-one way.
Insomma, ho reso l’idea.
E poi…dargli del tu…
Ma stiamo scherzando????
Piotr gli dava del lei appositamente per mantenere
le distanze.
Distanze molto ampie in questo caso. “Dalla Terra alla
Luna”, come il titolo di un famoso romanzo. O magari anche
più in là.
E poi lui non era uno che dava facilmente confidenza, soprattutto se si
trattava di stalker…
A maggior ragione se si trattava di stalker!!!!!
“Bene allora siamo d’accordo. E come buoni amici
quali siamo ci diamo un appuntamento. Che ne dici
di…” - disse Andy sfilando un volantino
dalla tasca dei propri jeans sbiaditi, infilati in un paio di
stivali in pelle marrone in stile “cowboy della
Louisiana” –
“…stasera?”
Piotr si irrigidì di colpo.
“Leva quella mano.” riuscì solo a dire
fulminandolo con la propria voce monotonale.
Non si era nemmeno accorto di avergli accidentalmente dato del
tu… ma le distanze in quel momento erano
diventate
l’ultimo dei suoi problemi. Anche se paradossalmente, in quel
momento si erano avvicinati un po’ troppo….
Andy gli sorrise, allargando però solo un lato delle proprie
labbra, come aveva fatto al vedere la marmellata nell’
armadietto della cucina. Un sorriso bellissimo e seducente, ma nello
stesso tempo agghiacciante, perché racchiudeva in
sé tutta la sicurezza di una persona che sa dove vuole
arrivare e in che modo arrivarci.
Sfilò delicatamente la mano dalla patta dei pantaloni di
Piotr, lasciandovi dentro il volantino spiegazzato.
“Mi piacciono gli uomini difficili.”
constatò.
“A me piacciono quelli che tengono le mani nella proprie
tasche.” rispose Piotr sfilando il biglietto
compromettente e accartocciandolo nella propria mano.
Andy scoppiò a ridere.
“Il tuo sarcasmo pungente è fastidiosamente
affascinante.”
Ci fu un secondo di silenzio, poi Andy staccò le mani dal
murò e si allontanò, come se niente fosse. La sua
andatura e nonchalance ricordavano quei vecchi film in cui il
protagonista, un marinaio giramondo con la sua sacca sulle spalle, sta
per imbarcarsi su una nave, lasciando a terra la donna perdutamente
innamorata di lui, inneggiando un: “Mi spiace, piccola. Ma
devo andare.”. Al che la protagonista femminile scoppia in un
pianto di disperazione.
Anche Piotr l’avrebbe fatto.
Per la gioia, però.
“Scusami se ti lascio così, ma ho un appuntamento
con un’altra ragazza. Sarà ansiosa di vedermi,
meglio non farla aspettare. Tanto noi due ci vedremo stasera.”
“Non riporci troppe speranze.”
“Oh, invece io ci metto la mano sul fuoco. Leggi
attentamente, e capirai cosa voglio dire. Adieu!” disse
alzando i tacchi in direzione della strada principale.
“Ah, dimenticavo!” aggiunse poi fermandosi e
voltando solo lo sguardo in direzione di Piotr “Chiamami
Andy. Dato che io so il tuo nome, è giusto che anche tu
conosca il mio…”
Così disse, e se ne andò.
Piotr lo guardò allontanarsi , pian piano, con le mani in
tasca e una spensieratezza sconcertante. Sembrava proprio che tutto gli
andasse per il meglio, e che il mondo girasse intorno a lui.
Ma lui non aveva intenzione di dargli corda.
Per niente!!!
Mica quel tipo poteva costringerlo ad andare dove.....!!!!!!!
Dove?
Effettivamente lo stalker non aveva specificato il
luogo
dell’appuntamento.
Né l’ora… né
l’occasione…
Qualcosa non andava.
Aprì con calma il volantino che teneva accartocciato tra le
mani, senza pensare troppo a ciò che stava facendo.
Se l’avesse fatto, probabilmente non l’avrebbe
aperto.
Lesse ciò che c’era scritto, molto velocemente.
Lo richiuse di nuovo con calma, tenendolo nel palmo della mano.
Aprì la porta d’entrata del palazzo gentilmente, e
gentilmente la richiuse.
Fece le scale con distensione.
Giunto all’uscio del loro appartamento si pulì
delicatamente la suola delle scarpe sul tappetino d’entrata.
Aprì di nuovo la porta con calma,e con calma la richiuse.
Si levò le scarpe.
Le mise a fianco all’attaccapanni chinandosi un poco, ma
senza fatica.
Si rimise ritto come una colonna e…
“AAARON!!!!!!!!!!!!!” gridò con tutto il
fiato che aveva in corpo.
***
“L’hai visto?”
Fu Grief ad interrompere il silenzio.
Jude era entrato già da una buona decina di minuti, e tutto
ciò che aveva fatto era stato sedersi sul letto lasciando
ricadere le mani tra le gambe semi aperte, appoggiando entrambi gli
avambracci sulle proprie cosce.
Lo faceva sempre.
Più o meno sempre….
Se si sedeva sul letto, o lo faceva in questo modo, oppure appoggiava
il busto al cuscino stendendo entrambe le gambe o stendendone una e
lasciandone ricadere un'altra. E ogni modo in cui si sedeva era
inconsapevolmente caratteristico del suo umore.
Jude non lo sapeva…
Ma Grief sì.
Dopo tanti anni di convivenza, aveva imparato a capirlo anche da questi
piccoli accorgimenti. Quando Jude si sedeva come aveva fatto ora,
cioè come faceva il più delle volte, voleva dire
che era inquieto. Infatti, mentre le altre posizioni tendevano
all’essere almeno semi sdraiato, questa era invece una
posizione più frettolosa e meno rilassata. Il sedersi in
quella maniera sul bordo del letto indicava che aveva in sé
un certo nervosismo. Tanto è vero che, messo
com’era, avrebbe potuto alzarsi, andare alla finestra, uscire
dalla stanza, insomma qualsiasi cosa che la sua inquietudine interiore
l’avrebbe spinto a fare. Un po’ come le persone che
camminano in tondo mentre stanno facendo una telefonata. Anche se
quello di solito fa più che altro innervosire gli
altri….
“No.” rispose secco Jude nel tentativo di chiudere
lì il discorso.
“Stai mettendo alla prova la persona
sbagliata…” ribattè benevolmente Gry
voltandosi verso di lui e accennando uno dei suoi soliti sorrisi.
“…e poi…” –
aggiunse all’ultimo – “…ogni
volta che succede ti ostini a negare…Sei prevedibile
ormai..."
E allargò il sorriso che prima aveva solo lievemente
dischiuso, ritornando poi a dipingere la sua ennesima tela.
Jude lo guardò stupito.
Non credeva che Grief lo potesse comprendere così facilmente
anche se lui non proferiva nemmeno una parola. O forse era davvero
diventato così prevedibile come diceva….
Scosse leggermente la testa e si ricompose.
Non ci mise molto a capire che negare ancora sarebbe stato inutile,
nonché ingiusto nei confronti di Grief, che, insomma, stava
solo tentando di aiutarlo in qualche modo.
Inutilmente.
Ma il tentativo era pur sempre apprezzabile….
“Cosa te lo fa pensare.” gli disse allora in modo
tutt’altro che espressivo.
Grief staccò il pennello dalla tela e lo intinse con calma
nella sua tavolozza vecchia e malconcia.
“Tremi sempre dopo averlo visto.”
***
“Cosa c’è, cos’è
esploso?!?!?” gridò Aaron dirigendosi di corsa
verso l’uscio.
Vi trovò Piotr, scuro in volto e con una vena omicida negli
occhi.
Oh no.
L’aveva visto poche volte in quelle condizioni, ed era
pressoché uno sguardo che solitamente rivolgeva a Newton.
Solo una volta l’aveva rivolto anche a
lui. Era stato quando
aveva incendiato per sbaglio un suo libro di Stephen Hawking
sull’origine dell’universo. Molto semplicemente,
Newt, per fare uno scherzo a Piotr, aveva nascosto il suo libro nel
forno. Aaron, povero malcapitato affamato, aveva acceso il forno per
riscaldarlo e mangiarsi una pizza al volo. Ovviamente senza guardare
cosa c’era dentro perché, impostati tempo, gradi e
tipo di cottura, se ne era tranquillamente andato a fare una doccia.
Tanto, in una decina di minuti, il forno si sarebbe scaldato, lui si
sarebbe lavato e, una volta uscito, avrebbe potuto infornare la pizza.
Ma ciò da cui fu accolto non appena uscì dal
bagno fischiettante non fu l’ideale e invitante profumo
dell’ipotetica pizza che avrebbe mangiato di lì a
poco…ma lo sguardo pietrificante di
Piotr.
L’aveva denominato così solo recentemente,
ripensando al fatto che, quando ti ritrovavi di fronte un Piotr con
quell’espressione, o scappavi, o… scappavi.
Purtroppo era talmente spaventoso che non eri in grado di fare nessuna
delle due cose.
Agghiacciante.
Ti raggelava il sangue nelle vene (e anche nelle arterie) e ti
irrigidiva tutti i muscoli del corpo.
Era una sorta di “effetto Medusa”.
Ecco in quel caso Piotr era come Medusa.
Ci mancava solo che i suoi biondi e lunghi capelli si trasformassero in
serpenti e poteva legalmente entrare a far parte della Mitologia
Ufficiale dell’Antica Grecia (MUAG). Ovviamente con
Denominazione di Origine Controllata (DOC).
Ma!
Torniamo a noi….
Aaron lo vide.
Scorse la vena omicida dilagare nei suoi occhi che, non appena si
alzarono un poco nella sua direzione, lo fulminarono con il fantomatico
sguardo pietrificante. Dopo
quell’invincibile mossa, Aaron
non fu più in grado di battere ciglio, né muovere
arto. Poté solo contemplare terrorizzato Piotr, che si stava
pericolosamente avvicinando nella sua direzione.
A passo deciso.
Sempre più pesante e sempre più
accusatorio.
Il giorno del giudizio era arrivato.
Piotr era sempre più vicino.
Era ormai a due passi da lui…
Un passo e…
Svoltò a destra verso la cucina.
Aaron lo vide allontanarsi e tirò mentalmente un sospiro di
sollievo.
Fiuuuu…meno male che….
“AHIAAA!!!!!!!!” urlò Aaron
improvvisamente, e stupendosi della sua stessa uscita.
Piotr era si passato oltre ma…ciò non gli aveva
impedito di protendere un braccio all’indietro verso Aaron e
di afferrargli con impeto un orecchio, per poi tirarlo con forza verso
di sé.
“Piotr Piotr!!!! Non tirarmi l’orecchio mi fai
maleeeee!!!!!!!” gridò Aaron saltellando su un
piede verso la cucina, trainato come una slitta.
Giunti a destinazione, Piotr lo sbatté letteralmente su una
sedia.
Newt, che si stava mangiando una coppa di gelato, sorrise e
alzò la mano in segno di saluto.
“Ehilà!!!! Ciao Aaron!!! Ciao
Pio…!!!!!”
Mano che abbassò non appena Piotr si voltò verso
di lui.
Continuò allora a mangiare il gelato, abbassando le orecchie
come un cucciolo di cane.
Insomma, per una volta che non era colpa sua, mica voleva finirci in
mezzo….
Intendiamoci, Piotr non si arrabbiava quasi mai. Per lo meno non a
questi livelli. Giungeva nella fase di transizione Piotr-Medusa, quando
accumulava molto disappunto (perché di rabbia, appunto,
non
si poteva parlare) e contrarietà repressi e
raggruppati nel giro di poco tempo. Solitamente, infatti,
l’arrabbiatura gli passava molto facilmente, grazie alla sua
immensa pazienza. Ma in questo caso, tutto ciò che Andy gli
aveva detto e fatto nel giro di pochi minuti e che non era riuscito a
sbollire in tempo, stava venendo a galla. In quell’eruzione
che vi sto appunto descrivendo.
Quindi godetevela, non vi capiterà molto spesso di vedere
Piotr in queste condizioni….
“COS’E’ QUESTO?!?!”
gridò Piotr schiaffeggiando il volantino sul tavolo e
protendendosi verso Aaron con fare accusatorio.
Pareva un agente di polizia in piedi davanti all’indiziato
numero uno durante un interrogatorio….
“Piotr, mi fai paura così…”
riuscì solo a dire Aaron con voce flebile.
Ulrich, che aveva appena aperto la porta del bagno per uscirne, al
sentire Piotr urlare in quella maniera, la richiuse immediatamente e
rientrò nel bagno, facendo finta di niente.
Newt intanto si godeva la scena divorando di gusto il proprio gelato,
come se fosse davvero di fronte al momento clue di un film poliziesco:
la confessione.
Piotr guardò Aaron per un nano secondo.
Si allontanò da lui, si pulì i palmi delle mani
sui due lati del maglione, si tirò dietro le orecchie i
lunghi ciuffi di capelli biondi che nell’impeto gli erano
sfuggiti dalla coda, si schiarì la voce tossendo un paio di
volte e disse:
“Cos’è questo?”
Con la sua solita tranquillità da monaco tibetano.
Fiuuuuu….
Piotr era finalmente tornato in sé.
L’aveva scampata bella…
Aaron, al vedere Piotr finalmente nella sua forma naturale,
ritrovò la forza per allungare il braccio e afferrare il
volantino.
Lo lesse velocemente e poi si alzò, spingendo violentemente
indietro la sedia e sbattendo a sua volta il volantino sul tavolo.
“Non è possibile!!!!!!!” -
gridò Aaron furente d’ira - “Mag sa
benissimo che io odio il rosa!!!! Per quale cavolo
di motivo mi ha
pubblicizzato su dei volantini rosa??????”
“In realtà sarebbe una gradazione di viola,
più precisamente si tratta di lavanda rosata….
Ma
non è questo il punto. Hai letto attentamente cosa dice il
volantino?” chiese Piotr puntualizzando.
In realtà sia lui che Aaron avevano letto il volantino
all’incirca alla stessa velocità…solo
che Piotr era abile a recepire il significato di ciò che le
leggeva anche solo con uno sguardo, Aaron diciamo non
proprio….
“Stasera ci sarà una serata
speciale….blablabla…per
l’inaugurazione..blablabla…presentano
Aaron…blabla…musica dal vivo blabla…
Andy Dj Set …blabla…tre
consumazioni…vi aspettiamo numerosi… Mi sembra
tutto regolare, no?” disse Aaron rileggendo velocemente il
volantino ad alta voce.
Ma poi si bloccò per un secondo.
Riportò lo sguardo sul volantino.
“Serata speciale, inaugurazione, Aaron, musica dal
vivo,… Andy Dj Set.”
– fece una breve
pausa – “ MA CHE CAZZO E’ ‘STA
ROBA?????????” constatò poi allibito.
“Dovrei essere io a chiederlo a te. Anzi in realtà
è già così.”
commentò Piotr impassibile.
“Nonononono!!!!! Io non ne so niente!!!!!! Da quando al bar
di Mag si suona musica tamarra??????? Da quando i dj
frequentano
regolarmente quel locale????????” gridò Aaron in
preda al nervosismo più totale.
“Qualcosa non quadra.” concluse Piotr incrociando
le braccia al petto.
“Lo credo anch’io, cavolo!!!!!!”
confermò Aaron.
“Che bello!!!! Allora stasera c’è anche
un vero dj, con tanta musica da ballare, per scatenarsi tutti insieme
sulla pist….!!!!!!”
Piotr e Aaron si voltarono simultaneamente in direzione di Newton.
“Ok, ok!!!!! Stavo solo facendo le mie considerazioni ad alta
voce…. Mica potete farle solo voi!!!!!”
protestò Newt con decisione.
“E cosa significa ‘sto volantino rosa??????
Cos’è, adesso ci conformiamo ai gusti dei
dj??????? Da quando Mag favoreggia il nemico????????”
commentò di nuovo Aaron infuriato come un generale a cui
è appena andato in fumo un piano di guerra.
“Non credo sia stata Mag a fare il volantino.”
A quelle parole Aaron si voltò verso Piotr. E lo
guardò strano. Con quello sguardo di chi pensa
“C’è qualcosa che non mi hai
detto?”. E anche le sue parole lo confermarono.
“Come fai a saperlo…... Piotr?”
domandò Aaron insospettito.
Piotr fu preso alla sprovvista.
Ma, data la sua dimestichezza in arte oratoria, trovò subito
la risposta adatta.
“Perché non è da lei. Fare qualcosa per
te senza prima domandartelo, intendo.”
La sicurezza con cui Piotr aveva risposto sciolse in Aaron ogni
sospetto nei suoi confronti, per lo meno momentaneamente. Anche
perché in fondo non aveva tutti i torti….
Aaron si lasciò allora cadere sulla sedia, facendosi passare
una mano tra i capelli.
“Io vado a prendere la posta.” disse Piotr rompendo
il silenzio che si era temporaneamente creato.
“Sì, vai…” rispose Aaron con
voce stanca, senza in realtà pensare a ciò che
stava dicendo.
Anche perché, se ci avesse pensato, il primo interrogativo
sarebbe stato… “Ma non eri già andato a
prender la posta?!”
Piotr se ne andò, chiudendo la porta dietro di sé
con la solita calma.
Aaron si appoggiò allo schienale della sedia, riverso in una
posizione scomposta, tenendo una mano sulla fronte.
Chiuse gli occhi.
Gli stava scoppiando la testa….
Rimase così per qualche secondo.
Sospirò e riaprì gli occhi.
Ma quando gli ebbe riaperti si ritrovò di fronte Newton che
lo guardava con molto interesse, tenendo con una mano il manico del
cucchiaino, la cui estremità però stava ancora
nella sua bocca.
La vaschetta di gelato era vuota da un pezzo.
Newt lo stava fissando con gli occhi sbarrati, pieni di aspettativa.
Aaron lì per lì non capì, e gli
rivolse in risposta uno sguardo interrogativo.
Newton, al vedere che Aaron non aveva per niente compreso,
esplicitò.
“Allora???? Che succede adesso????” gli chiese
ansioso come un bambino.
“Eh?” rispose Aaron non meno confuso di prima.
“Ma sì!!!!! Il capo della polizia entra incazzato
nero, se la prende con il protagonista che è
l’unico sospettato, poi c’è un colpo di
scena perché si scopre che il protagonista è
innocente, e che in realtà c’è un terzo
fantomatico criminale, la cui identità è segreta
ma che presto verrà svelata, il capo della polizia se ne va,
lasciando solo l’eroe che sta già pensando a un
piano per acciuffare il criminale!!!!!!” esordì
Newton tutto eccitato, scandendo ogni parola con un movimento del
cucchiaino, che brandiva fiero come se fosse una spada leggendaria.
“Piano? Quale piano?” chiese Aaron non capendo dove
volesse arrivare.
“Maccccomeeeee!!!!!!! Vuoi dirmi che il film finisce
così????? Niente azione???? Colpi di scena???? Suspence????
Effetti speciali??????? E l’eroe che salva l’amata
dove lo mettiamo???????”
Aaron lo guardò silenzioso.
Anzi.
Lo contemplò.
Contemplò quanto la sua idiozia potesse spingersi oltre un
certo limite.
Ammesso che ci fosse, un limite.
“Newton, tu guardi troppi film.” osservò
Aaron inespressivo.
“Non è vero!!!!!! Sei tu che ne guardi troppo
pochi!!!!!!!!” gridò Newt puntando contro Aaron il
cucchiaino, in gesto d’accusa.
“Piuttosto….” – disse Aaron
ignorando la messa in scena di Newt –
“…credi che ce ne siano molti in circolazione, di
quei volantini?”
Newton, offeso per essere stato ignorato, reagì mettendosi
entrambe le mani sui fianchi e facendo il broncio.
Come faceva sempre in queste situazioni.
Il broncio era d’obbligo.
Poi c’era la variante “mani sui fianchi”
o “mani incrociate sul petto”.
Ma il significato era identico….
Aspettò che Aaron volgesse lo sguardo verso di lui, in modo
che vedesse che l’aveva offeso, e che gli chiedesse subito
scusa. Poi, però, si accorse che l’amico stava
invece volgendo lo sguardo a terra.
Newt poteva anche essere un po’ tardo mentalmente, ma sapeva
bene che, se Aaron guardava a terra, o era triste o era molto stanco.
In entrambi i casi la cosa non era positiva, quindi decise di smettere
di recitare e di tirargli su il morale.
“Secondo me no!!!!! Piotr sarà stato
l’unico sfigato a trovarne uno in tutta la
città!!!! Vedrai che non ce ne sarà neanche uno
in giro!!!!! Ne sono sicuro!!!!” disse inginocchiandosi sulla
sedia di fronte a lui, esattamente dalla parte opposta del tavolo.
Aaron alzò gli occhi e sorrise.
“Grazie, Newt. Speriamo che sia davvero come dici
t…”
Furono interrotti dal rumore di una porta aprirsi e chiudersi.
Piotr.
Si diresse verso la cucina, con tantissima posta tra le mani, talmente
tanta che doveva tenerla tra le proprie braccia. Entrò nella
stanza con il viso coperto da tutta quella carta, che
appoggiò sul tavolo con un tonfo.
“Allora? Di cosa stavate parlando?” disse Piotr
pulendosi una mano con l’altra.
Aaron fu sul punto di svenire.
Newton divenne rosso dalla rabbia.
E fu il primo ad esplodere.
“MA SEI SCEMO?????????? HO APPENA CONSOLATO AARON DICENDOGLI
CHE NON AVREBBE MAI PIU’ RIVISTO NEANCHE UNO DI QUEI
VOLANTINI IN TUTTA LA CITTA’, E TU NE PORTI QUI UNA
MONTAGNA????????????????”
“E’ la posta.”
“MA QUALE POSTA E POSTA????? POSTA UN CORNO!!!!!!!!!!
L’HO SEMPRE DETTO IO CHE TU NON CAPISCI UN ACCIDENTE DI
NIENTE!!!!!!”
Aaron, che nel frattempo non era svenuto, ma era sul punto di
trattenere i suoi bollenti spiriti, esplose a sua volta.
“BRUTTI BASTARDI DEL CAZZO!!!!! ARRIVANO QUI E PENSANO DI
POTER COMANDARE TUTTO E TUTTI, DI FARE CIO’ CHE GLI PARE E
METTER IL TUO NOME SU DEI CAZZO DI VOLANTINI ROSA
SENZA CHIEDERTI
NEMMENO UN CACCHIO DI PERMESSO!!!!!!!!” gridò
stracciando un volantino.
E poi un altro.
E un altro ancora…
“CHE RAZZA DI AMICO SEI SE SFASCI COSI’ LE SPERANZE
DI UN TUO COMPAGNO AFFLITTO, CHIUSO NEL SUO DOLORE INCOLMABILE, PRIVO
DELLE ATTENZIONI CHE MERITEREBBE UN ADOLESCENTE IN
QUEST’ETA’ COSI’ DELICATA E
SOAVE….!!!!!!!” continuò a gridare Newt
contro Piotr.
“IDIOTA. STAI DICENDO COSE SENZA SENSO. E’ INUTILE
CHE CI PROVI, TU NON SEI ABILITATO A FARE DISCORSI
INTELLIGENTI.”gli rispose Piotr alzando il tono di voce a sua
volta per farsi sentire, in quel marasma generale.
La discussione era infatti ormai degenerata.
Il caos era totale.
Tutti e tre si ritrovarono a parlare uno sopra l’altro, anzi,
a gridare uno sopra l’altro per farsi udire a vicenda. Anche
Piotr, come avete visto, era arrivato al punto di parlare gridando,
cosa che, data la sua caratteristica calma, non faceva decisamente mai.
Ma in quell’atmosfera di subbuglio e scompiglio,
improvvisamente una voce si elevò al di sopra delle altre,
facendo il suo ingresso nella scena come un fulmine a ciel
sereno….
“NON HO UNA CACCHIO CASA, SONO SCAPPATO DA UN FOTTUTO CIRCO E
LANCIO DEI CAZZO DI COLTELLI!!!!!!!!!!!!”
Come se fossero stati manovrati dallo stesso filo, Aaron, Newton e
Piotr si zittirono di colpo e si voltarono in contemporanea verso la
direzione da cui era provenuta la voce.
Il bagno.
***
“Grief, secondo te dove potrei trovare molta gente?”
Gry, stupito da quella domanda così inaspettata, si
voltò verso di lui, sorpreso.
Poi si fece sfuggire una risata, dolce e affettuosa.
“Credo che tu lo stia chiedendo alla persona sbagliata,
Jude…” - constatò sorridendo tra
sé e sè – “…ma la
prima cosa che mi verrebbe in mente di dirti è…ad
una festa.”
“Ad una festa.” ripetè Jude alzando un
sopracciglio e tenendo le braccia incrociate sul petto.
“Sì, ad una festa. Alle feste ci vanno molte
persone… o sbaglio?”
Jude spostò lo sguardo verso la finestra, pensieroso.
“No, non sbagli…”
“Ma… perché me lo chiedi?”
fece Gry tutto sommato un po’ incuriosito dalla cosa.
Jude non era di certo un tipo da frequentare luoghi affollati, e quindi
questo stava a significare solo una cosa.
Gatta ci cova…
Jude, col suo sguardo carico di disappunto, dischiuse la bocca per
rispondergli ma Grief lo battè sul tempo.
“Non sono affari che ti riguardano!” lo
canzonò continuando a dipingere la tela.
Jude lo fulminò con lo sguardo.
“Eddai… ti ho aiutato a trovare una giusta
alternativa, ho tutto il diritto di sapere a cosa ti serve la mia
risposta…”
No.
Non voleva rispondergli.
Effettivamente non erano affari che lo riguardavano.
Jude tendeva sempre a tenere Grief alla larga dalle sue
faccende… ma poi gli venne da pensare che le uniche
testimonianze che Gry aveva della vita al di fuori di quelle quattro
mura erano le sue. Che si trattasse di andare a far la spesa o di
acchiappare le mosche. E in quel momento non se la sentì di
privarlo anche di quelle…
Sospirò.
“Devo chiarire una certa faccenda.”
“Loquace come tuo solito…”
constatò Gry sorridendo tra sé.
“Devo solo chiarirmi dei dubbi Grief, e non chiedermi
altro.” concluse Jude alla sua consueta maniera.
“Ok...” cedette Gry alzando bonariamente le spalle.
Tornò a dipingere il suo quadro, mentre Jude, portatosi al
davanzale della finestra, rimaneva nascosto alla sua visuale a causa
della tela.
Si sporse allora verso destra, appoggiando il viso sul palmo della
propria mano, e contemplando Jude guardare l’orizzonte,
mentre stava probabilmente riflettendo su qualcosa di molto
importante…
“Fa freddo stasera.” constatò invece
Jude.
In realtà non era ancora sera. La giornata si stava avviando
verso la fine del pomeriggio. Ma vedere il cielo che cominciava a
tingersi di quel dolce color pesca lo faceva già protendere
verso il tramonto.
“Abbastanza…” rispose Grief
tornando ai propri pensieri e alla propria tela.
Ma poi si rese immediatamente conto di aver risposto senza aver
ascoltato bene ciò che gli era stato detto, e
cambiò allora risposta, facendo subito retro front.
“Copriti.”
L’espressione assorta di Jude lasciò spazio ad una
interrogativamente sorpresa, ma che Grief non poté vedere,
dato che Jude non si era voltato.
Ma, chissà come, Gry aveva comunque intuito che
avrebbe avuto una reazione del genere, e quindi chiarì la
propria affermazione.
“Ti gocciolerà il naso se non lo
fai…”
Quelle erano le tipiche risposte di Grief.
Delle risposte da bambino sincero e spontaneo, forse anche un
po’ ingenuo, che invece di dirti che rischi di prenderti un
raffreddore, si sofferma su ciò che può vedere
con i propri occhi.
Le risposte di un bimbo che, non sapendo cosa sia un raffreddore, nota
semplicemente il fatto che, se fa freddo, ti cola il moccio dal naso.
Questa volta fu Jude a voltarsi per guardarlo.
Lo vide dipingere, come faceva sempre.
E sorridere, come faceva sempre.
Spesso quel suo modo di fare quasi surreale e inusuale, lo spaventava.
Gli pareva così amabilmente diverso da tutte le altre
persone che aveva attorno, che ripensare a quella sua
unicità lo faceva sentire distante, a causa della paura che
lo potesse perdere da un momento all’altro. Quante volte per
questo motivo aveva pensato “Smettila di sorridere,
cazzo!!!!!!!”, accorgendosi però poi che
in
realtà non era quello che voleva.
Aveva paura.
Ma così doveva essere.
Anche quella faceva parte della situazione in cui si trovavano.
Ed eliminarla avrebbe voluto dire eliminare tutto.
Quindi alla fine andavano avanti così.
Consapevoli entrambi di avere la stessa paura.
Ma senza la pretesa di doverselo per forza dichiarare l’un
l’altro.
Fu questo pensiero, forse, che gli fece abbassare lo sguardo e
accennare un impercettibile sorriso.
***
L’unica cosa che in quel momento li accumunava tutti e
quattro era lo stesso sguardo sconcertato.
Anche Ulrich, il padrone della voce fuori campo, li guardava in quel
modo e, se avesse potuto, si sarebbe anche guardato da solo
così.
Ma che cazzo gli era venuto in mente????
No.
Aspetta.
Questa volta non era stato un errore.
Aveva tentato di spiegarsi prima mentre erano a tavola insieme, ma gli
era risultato impossibile, perché si sentiva tutti gli occhi
puntati addosso, con sguardi d’accusa provenienti da ogni
dove, parole non dette che però pesavano più di
mille diffamazioni, silenzi imbarazzanti che l’avevano
portato a desiderare di scomparire seduta stante….
Insomma.
Non c’era riuscito.
Ma ora finalmente ce l’aveva fatta.
Sentendo il caos generale da dietro la porta del bagno, aveva
astutamente deciso di approfittarne, e di spalancare quel muro (porta)
che si era frapposto tra lui e gli altri, tra lui e la sua stessa
identità, tra lui e il mondo.
Allora adesso…ora che si era liberato da quel peso, ora che
aveva finalmente l’opportunità di dire a tutti chi
era, senza più l’ingiustificata paura di non
essere compreso o di essere accusato ingiustamente, ora che davvero
poteva gridare al mondo “Ci sono
anch’io!!!!”…
Si richiuse in bagno.
***
“Credo che abbia fatto outing.”
Disse Piotr rompendo il silenzio imbarazzante.
***
Non sapendo dove dovesse andare nè quanto tempo sarebbe
rimasto fuori, iniziò a raccattare le poche ma essenziali
cose che gli sarebbero potute servire.
Si frugò in tasca per controllare di averle ancora con
sé.
Chiavi.
Si voltò verso il comodino e prese il portafoglio.
Soldi.
Aprì il cassetto del comodino.
Sigarette.
Fece per richiuderlo, ma lo riaprì di nuovo.
E accendino.
Basta.
Aveva preso tutto.
Si attaccò le chiavi di casa con un moschettone ad uno dei
passanti anteriori dei propri pantaloni.
Così gli avrebbero dato meno fastidio, visto che i suoi
pantaloni erano piuttosto attillati e le loro tasche piuttosto strette.
Mancava solo il giubbotto.
Quello nero, in pelle.
Ma era giù.
A terra probabilmente.
Si fermò un secondo, ricalcolando mentalmente se non si
fosse dimenticato nulla.
Tutto.
Fece per uscire dalla stanza, ma poi un pensiero gli balenò
nella testa.
“Copriti.”
Un altro pidocchio della tenerezza?
Mah.
Fatto sta che sbuffò mentalmente, spalancò
furiosamente l’ armadio e ne tirò fuori
una corta sciarpa nera buttata li a casaccio.
Se la mise al collo, senza perdere altro tempo.
In realtà non so a quanto potesse servire dato che stava
comunque uscendo in canottiera….
Ah no c’era anche la giacca di pelle.
Beh allora non dico più nulla….
“Dove vai ‘sta volta?” chiese Grief
sorridendo e facendo scivolare gli occhi verso ciò che
poteva vedere di Jude che, dietro alle sue spalle, aveva già
aperto la porta.
Esitò un secondo.
Lì su due piedi non seppe cose rispondergli senza dover dare
delle dovute (e interminabili) spiegazioni…
“A cercare una festa.” esordì poi
compiaciuto della propria scaltrezza.
***
Non appena uscì dal bagno (perché doveva
uscire
dal bagno dato che, si disse, “Non posso rimanerci
per
sempre!!!!”) li vide seduti al tavolo a
chiacchierare di
qualcosa.
Di qualcosa. Certo…
Non era mai stato bravo a mentire a sé stesso.
Risultava decisamente poco credibile, quasi come quando gli capitava di
dire a qualcuno di essere un lanciatore di coltelli. Al sentirlo dire,
di solito, ridevano.
Bah.
Però almeno quello era vero….
Qui probabilmente nemmeno se fosse stato Dio in persona a dirgli che
non stavano parlando di lui non ci avrebbe creduto.
Sarebbe stato un po’ come se fosse venuto da lui aprendo le
porte del Paradiso dicendogli “Tu sei destinato
all’Inferno!!!!” portando un paio di
pantofole rosa.
Cioè.
Insomma.
Facciamo i seri....
Si liberò di quei pensieri velatamente eretici alzando le
spalle con rassegnazione.
Se nemmeno Dio sarebbe risultato convincente in una situazione del
genere… come poteva pretendere di esserlo lui???
Abbassò istintivamente lo sguardo verso i propri piedi.
Beh… almeno io non indosso un paio di pantofole
rosa….
Si avvicinò, a passi incerti, verso la cucina.
Uno..due…tre…espira…inspira….Nononono!!!!
Inspira…espira…inspira…
Teneva le mani nervosamente in tasca. In quel momento sentiva le
proprie braccia solo come uno stupido impiccio, e non sapeva dove altro
metterle. Un po’ come in quei cartoni di Willie il Coyote
dove al povero malcapitato si allungano le braccia a dismisura. Quelle
di Ulrich non erano certamente così lunghe… ma vi
assicuro che in quel momento erano ugualmente fastidiose.
Lo sguardo era rigorosamente a terra.
Ovviamente.
Dove altro avrebbe dovuto indirizzarlo?
Agli uccellini? Al sole? Alle nuvole rosa???
E’ buffo dirlo ma gli pareva di essere una sposa al momento
di salire sull’altare. Anche se non era accompagnato da
nessuno. Non era vestito di bianco. Non portava il velo. Né
i tacchi alti. E non aveva un bouquet in mano. E non era donna. E non
era il giorno più bello della sua vita. Ma
soprattutto… non doveva sposarsi.
Ok, data la lunga lista di incongruenze, direi di cambiare esempio.
(Rewind!)
E’ buffo dirlo ma gli pareva di essere un carcerato
condannato alla pena capitale. Non era accompagnato da nessuno. Non era
vestito di bianco. Non portava il velo. Né i tacchi alti. E
non aveva un bouquet in mano. E non era donna. E non era il giorno
più bella della sua vita. Ma soprattutto… era
condannato alla pena capitale.
(Meglio?)
Quando mise piede in cucina gli sembrò di aver pestato il
clacson di un’automobile.
Ma in realtà non poteva essere così dato che,
guardando costantemente a terra, sarebbe dovuto essere decisamente
cieco per non vederlo. E pestarlo di conseguenza.
Il punto è che l’effetto fu esattamente lo stesso.
Non fece in tempo ad entrare e….
Peeeeeeeeee!!!!!!!!!!
Si girarono tutti verso di lui.
E lo fissarono all’unisono, con quei soliti sguardi
accusatori che….
Ehi.
Aspetta un attimo.
Si guardò attorno con più attenzione.
Poi si bloccò come una statua, stupito dei sui stessi
pensieri e di ciò che si ritrovava di fronte.
Loro… non lo stavano accusando… gli
stavano…
…sorridendo.
Ulrich li fissò di rimando, talmente incredulo da non saper
cosa fare.
A fatica si ricordava il proprio nome.
L’avevano preso alla sprovvista, era stato un colpo basso.
E ora si sentiva ancora più impacciato di prima.
Mannaggia.
Ma finalmente qualcuno (prima o poi doveva succedere)
sbloccò la situazione.
Aaron.
Scoppiò in una sonora risata.
Alla quale si unirono subito quella di Piotr e Newton.
Ma non erano delle risate di cattiveria, con le quali intendevano
deriderlo. Stavano ridendo bonariamente della situazione e della sua
goffaggine che, al vederla dal loro punto di vista, faceva decisamente
molta tenerezza.
Ancor più tenerezza fece l’impacciato sorriso che
si dipinse sul viso di Ulrich, che si guardò attorno senza
capir bene cosa stesse succedendo. Rigirò nervosamente
entrambe le punte dei propri piedi verso l’interno e
dondolò un poco su sé stesso.
Appariva un po’ ridicolo…
Ma era così nervoso che… non sapeva
più cosa fare!!!!!
“Perché non ti siedi qui con noi?” disse
improvvisamente Aaron.
Ulrich aprì la bocca nel tentativo di farne uscire una
risposta… ma non ne uscì proprio nulla.
Nulla di nulla.
Al vederlo in difficoltà Aaron, ancora sorridente da prima,
si alzò, lo prese dolcemente per un braccio e lo
portò a sedere a fianco a lui.
Non fece in tempo a capire quello che stava succedendo, che si
ritrovò seduto a tavola.
Non più in piedi all’entrata della cucina.
Ma seduto a tavola.
Mah.
Questo non l’aveva capito.
Capì però una cosa di gran lunga più
importante.
Perché quando Aaron l’aveva afferrato per il
braccio… gli aveva sorriso e fatto l’occhiolino.
Allora Ulrich capì che doveva essere stato proprio Aaron a
mettere una buon parola per lui.
E dato che i tre amici non erano persone stupide, avevano probabilmente
compreso anche il disagio e la paura che aveva nel confrontarsi con
loro. E quindi forse avevano anche capito perché aveva
urlato quelle cose poco prima. Ma di questo non era completamente
sicuro…
“Nonostante io ami l’uso della parola, solitamente
tendo a non fare grandi discorsi… “ gli disse
Piotr bonariamente.
Piotr?
Perché era Piotr a parlargli???
Si sarebbe aspettato come portavoce più un Aaron, con cui
già aveva confidenza…
Ma con Piotr…
Non era preparato a parlare con Piotr!!!!!
Ulrich si voltò impaurito verso Aaron, in cerca
d’aiuto.
Aaron gli fece l’occhiolino, di nuovo.
Bastardo…
Aveva organizzato tutto lui, l’aveva fatto apposta!!!!!
E adesso Piotr avrebbe sicuramente detto qualcosa che non avrebbe
capito, e lui avrebbe fatto la figura del babbeo, non sapendo
minimamente cosa rispondergli!!!! E se magari avesse
intenzione di tirare fuori qualche domanda spinosa??? Cosa gli avrebbe
risposto???? E magari vedendolo incerto avrebbe iniziato a
interrogarlo, a fargli domande su domande, in modo da metterlo al muro
e…
“…. Volevo solo dirti che ci scusiamo per il
nostro comportamento ingiustificato e che, se avessi bisogno di
qualsiasi cosa, noi saremo qui a tua disposizione.”
Il cervello di Ulrich osservò un minuto di silenzio.
In lutto verso le proprie capacità intellettive.
E dopo che le sue abilità di comprensione furono morte e
sepolte, il suo cervello sfociò in un….
COOOOOOOOOSA????????????
Nonononononoonononono!!!!!!!!!!!!!!
C’era DECISAMENTE qualcosa che non andava!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Da quando era il re a baciare i piedi al servo e non il servo a baciare
i piedi al re????????????
Doveva essere lui a inginocchiarsi davanti a loro e a chiedere
umilmente perdono per essersi intrufolato lì in quel modo,
per aver usufruito gratis di vitto e alloggio e per aver creato solo
problemi….
Non il contrario!!!!!!!!!!!!
E a questo punto cosa doveva fare Ulrich se non… rimanere a
bocca parta?????
“Puoi anche chiuderla la bocca adesso!” gli disse
Aaron sorridendo.
Anche Piotr si unì al suo sorriso.
Newton, che fino a quel momento aveva solo osservato senza dir nulla,
mugugnò qualcosa.
“Non ho capito perché hai parlato al
plural…. Ahio!!!!!!!!! Chi mi ha tirato un calcio da sotto
il tav…?!?!? Ahia!!!!! Oh ma la volete
piantare????????”
Erano Piotr e Aaron che se la giocavano a turno per farlo stare zitto.
C’era un motivo logico se non avevano reso Newton partecipe
della conversazione.
Ed era semplicemente il fatto che fosse ancora piuttosto diffidente. E
dato che sia Piotr che Aaron sapevano che, testardo com’era,
non sarebbero riusciti a fargli cambiare idea, avevano deciso di andare
avanti per la loro strada, aspettando che lo gnometto
capriccioso si
ricredesse da solo.
Probabilmente ci sarebbe voluto del tempo…
Ma era l’unica soluzione.
“Newt non ti senti in dovere di dire anche tu qualcosa ad
Ulrich?” lo invitò implicitamente Aaron pronto a
tirargli un altro calcio.
“E che cosa dovrei dir… Ahia cazzo!!!!!!!! Un
po’ di pazienza, ci stavo pensando!!!!!!!!” gli
urlò contro con tono di disappunto, non rendendosi conto di
quanto fosse poco credibile.
“Ehmmmm…. vediamo… io…
farò il possibile per… fare il
possibile!!!”
Stock!!!!
“Ahia!!!!! Porcapaletta, Aaron, la vuoi finire o
no??????”
Aaron allargò le braccia in segno di innocenza.
“Ritorna nella tua amabile ignoranza,
Newton. E’
meglio.” disse Piotr con la sua solita pacatezza.
“Ehi!!! Ti ci metti anche tu adesso????? Guarda che se non la
pianti immediatamente io…!!!!!”
“Comunque!!!! Stavamo dicendo….”
– lo interruppe improvvisamente Aaron scandendo bene quelle
due parole quasi a ricordare che stavano parlando e
non litigando
– “…che se avessi bisogno di noi per
qualsiasi cosa, non devi aver timore di farti avanti, Ulrich. E quando
te la sentirai, potrai parlarci anche di te e di tutto ciò
che ti riguarda. Ad esempio iniziando dallo spiegarci la tua uscita di
prima! Ok?” gli disse rivolgendogli un sorriso pieno di
comprensione.
“Ok.” rispose semplicemente Ulrich, che non aveva
ancora realizzato pienamente la situazione in cui si trovava, e nel cui
vocabolario erano rimaste solo poche parole.
Sì.
No.
Ok.
(quest’ultima era una new entry)
“Ok…” rispose a sua volta Aaron.
Silenzio.
Aaron iniziò a far martellare le dita sul tavolo.
Tossì.
O meglio.
Si schiarì la voce.
Per poi aggiungere timidamente un…
“Ma se ora non hai nient’altro di meglio da
fare… noi siamo qui per ascoltarti….”
Aaron era un tipo decisamente curioso.
In qualsiasi cosa.
E lo era sempre stato, fin da quando era piccolo.
Esplorava tutto, a destra e a manca e, non appena aveva
l’occasione buona, si lanciava in qualche strana avventura,
alla scoperta di nuovi orizzonti…
Per questo, quando erano piccoli, Piotr e Newton finivano spesso nei
guai.
Perché Aaron li trascinava con sé.
Ma da una persona così innatamente curiosa… cosa
ci si poteva aspettare se un completo sconosciuto gli stava offrendo su
un piatto d’argento l’occasione di sapere qualcosa
in più su di lui, avendo già commesso
l’errore forse più grande, ovvero quello di
avergli messo la pulce nell’orecchio?
“Aaron credo che sia ora di prepararsi per
stasera.” constatò Piotr.
“Di già? Ma sei sicuro? Lo spettacolo inizia alle
21.30…” gli rispose Aaron.
“Alle 20.30.” ribattè Piotr.
“Come alle 20.30? Io devo suonare alle
21.30…”
“E’ scritto sul volantino.”
Volantino.
Quel volantino.
Aaron contemplò con disprezzo il foglio di carta rosa
che
gli stava di fronte, sul tavolo.
Uno dei tanti.
Allungò la mano con riluttanza e ne afferrò uno.
Lo rilesse per l’ennesima volta, molto velocemente.
E poi…
“COOOOOOSA???????” - disse alzandosi dal tavolo
spingendo furiosamente indietro la propria sedia –
“PERCHE’ ORA IO DEVO SUONARE ALLE 20.30 MENTRE
QUELLO SPOCCHIOSO DI UN DJ SI PRENDE IL MIO POSTO IN PRIMA SERATA??????
OOOOOOOOOH MERDA!!!!!!!!”
Prese il volantino che teneva in mano e lo spiattellò sul
tavolo di fronte a Ulrich. Senza volendolo però spiattellare
veramente di fronte a Ulrich… in realtà voleva
solo schiaffeggiarlo sul tavolo.
Fatto sta però che Ulrich si prese un bello spavento e gli
rivolse uno sguardo decisamente terrorizzato.
Aaron, al vedere il ragazzo così impaurito, si rese conto di
ciò che aveva appena fatto e si calmò subito.
“Scusami, Ulrich…” – disse
mettendogli una mano sulla spalla –
“…non ce l’ho con te, sono solo un
po’ nervoso, mi dispiace. Comunque non ti preoccupare,
davvero. Quando vorrai parlare con me, con Piotr o con Newton fai un
fischio, ok? Non sentirti obbligato. Noi saremo sempre qui per
te.”
Gli sorrise, a conferma di ciò che aveva appena detto.
E non era una bugia.
Aaron era curioso, sì, ma non aveva mai estorto le parole di
bocca a nessuno, né mai aveva obbligato qualcuno a fare
qualcosa che non volesse davvero fare. Saperne di più gli
avrebbe fatto piacere, certo. Ma sapeva capire. E aspettare.
In fondo quando si vuole bene a una persona… si pensa prima
al suo di bene.
Non al proprio.
“Beh sempre…” – aggiunse
subito correggendosi - “…a parte ora. Perché
sì, ragazzi. Siamo ufficialmente in ritardo!!!!!”
***
L’ora tanto attesa e prima solo nominata era ormai giunta.
La città era tutta dipinta del color delle pesche,
dall’arancio più intenso, al rosa più
soave.
I grigi palazzi sembravano ormai assopirsi, e le case ritirarsi nel
calore dei propri camini.
Eh già.
Il cielo stava mettendo a nanna la città, cullandola
dolcemente con tutti i quegli splendidi colori.
Ma in quell’ora di dormiveglia qualcuno girava ancora per le
strade.
Gli ultimi pendolari della giornata, stavano facendo gli ultimi passi
verso casa, stanchi, malinconici, desiderosi di assaporare la loro cena
calda e di andare a dormire, dopo aver dato un’occhiata
veloce al tg e aver fatto zapping tra i canali in cerca del telefilm
più in voga del momento.
Gli autobus e le macchine davano i loro ultimi battenti, prima di
chiudersi nei propri garage e di spegnere finalmente i loro motori
fumanti.
I passerotti cercavano qua e là gli ultimi residui di
briciole della giornata, da quelli delle brioche e del pane fresco del
mattino, a quelli dei panini del pranzo e delle merendine dei bambini
fuori da scuola.
I cani e i gatti randagi vagavano senza meta, silenziosi, in cerca di
un posto dove passare le ultime ore della giornata e pronti a battersi,
per quel posto. E se le loro strade si incrociavano, intonavano
concerti e soffiavano forte uno contro l’altro, come se
avessero entrambi di fronte una torta piena di candeline da spegnere.
Ma c’era anche qualcun altro che vagava senza meta.
In cerca di una meta.
Perché quando si hanno troppe domande, si sa, bisogna andare
in cerca di risposte.
Solo raramente, però, si ha la fortuna di trovarle.
Il più delle volte arrivano, senza preavviso, presentandosi
davanti a te come un invitato dell’ultimo minuto.
O come uno svolazzante volantino rosa....
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Back To You ***
back to you
Back to You
“Ricordami
un’altra volta perché sei
qui.”
“Perché non avevo voglia di rimanere a
casa!!!!!!” esclamò Newton facendo il broncio.
“E per quale motivo non avevi voglia di rimanere a casa, di
grazia?” chiese Aaron dopo uno sbuffo di rassegnazione.
Già si vedeva.
Sistemare tutti quei fragilissimi strumenti, in un pericolosissimo
groviglio di cavi a non molta distanza da bibite e altre bevande
liquide, che non solo avrebbero potuto provocare un cortocircuito se
rovesciate accidentalmente, ma che avrebbero come minimo drasticamente
incendiato il locale.
E quando si trattava di Newton, beh… il domandare
“Posso venire a darti una mano???” equivaleva di
certo ad un “Posso venire a distruggere
tutto???”…
“Perché a casa c’è
Piotr!!!!!!” rispose Newt come se fosse la cosa
più ovvia del mondo.
“E da quando Piotr è diventato un
problema???”
“Hai mai provato a stare a casa da solo con Piotr?????? La
noia totale. TOTALE. Io non resisto da solo a casa con lui!!!!!!
Sarebbe una forma di suicidio volontario!!!!”
constatò Newt dando ancora più ovvietà
al tono di quest’ultima affermazione.
“Ti ricordo che Piotr è rimasto a casa per
prepararci la cena… Dovresti solo ringraziarlo.”
commentò Aaron sentenzioso, prendendo così il
posto di Piotr stesso.
“Lo so, lo so…. Ma questo non centra con il
rimanere a casa con lui!!!!! Una mummia preistorica al confronto
sarebbe moooooolto più divertente, te lo dico io!!! Quindi,
per evitare la Piotr-noia ho deciso di chiederti se potevo venire con
te….”
“Chiedermi….?!” ripete Aaron alzando un
sopracciglio.
“Sì beh… era una richiesta
sott’intesa!!!!!”
“Non puoi fare richieste sott’intese!!!”
esclamò Aaron incredulo.
“E perché no?” chiese Newt ingenuamente.
“Perché non sono più richieste!!!!!!!
Sono semplicemente pensieri nella tua testa bacata!!!!!”
continuò Aaron esasperato.
Ancora non erano arrivati e già si ritrovava furente su un
marciapiede a pochi passi da casa ad imprecare tra sé.
Ma il peggio doveva ancora venire….
Al suono di quelle parole, Newt incrociò le braccia al
petto, e si fermò in mezzo alla strada.
Aaron si voltò e, al vederlo lì fermo con la sua
solita espressione capricciosa stampata sul viso, avrebbe tanto voluto
strozzarlo.
Taaaaanto.
“Newton, che c’è ora???”
chiese facendo ricadere entrambe le braccia lungo i fianchi.
“Tu e Piotr siete dei gran rompiscatole, non so chi tra i due
sia peggio!!!! Se avete dei problemi con me allora cercatevi qualcun
altro da dover sopportare!!!!” rispose Newt di rimando con
voce stizzita, però… anche un poco tremolante.
Cercò in tutti i modi di non farlo percepire, ma Aaron se ne
accorse subito, e un po’ si pentì di aver reagito
così impulsivamente.
Lui non era impassibile come Piotr… che quelli di Newton
fossero tranelli o meno, riusciva sempre a farlo sentire in colpa.
Alzò lo sguardo verso di lui, e scorse una lieve tristezza
nei suoi occhi semichiusi, che seguivano la direzione dello sguardo,
rivolto verso sinistra per non incrociare il suo.
Sospirò, chiudendo gli occhi.
Misericordia…
“Newt non dire queste cose, lo sai che non è
vero… Sono solo un po’ nervoso perché
devo ancora sistemare tutte le mie cose al locale per il concerto. Non
siamo neanche a metà strada e siamo già in
ritardo… Di solito lo faccio da solo perché mi
sbrigo più in fretta, ma se vuoi venire a darmi una mano non
ti caccio via. Non ho mai pensato che tu fossi una palla al
piede. E’ solo un po’ di nervosismo,
tutto qua… Allora… sei con me?”
Newton mantenne il suo sguardo di sufficienza, spostando solo un
po’ gli occhi in modo da osservare Aaron con la coda
dell’occhio. Quest’ultimo, invece, non percependo
nessuna reazione da parte dell’amico, comprese che questa
doveva essere una di quelle volte in cui Newton si arrabbiava sul serio.
Allora, non ricevendo risposta e non potendo fare altrimenti, si
voltò per riprendere il cammino.
Improvvisamente però, mosso il primo passo, si
sentì afferrare la mano con forza.
“Che stai aspettando? Siamo o non siamo in
ritardo???” disse Newt con un sorriso, superandolo di corsa
all’impazzata e tirandolo con sé verso la meta.
***
Un rumore di sciacquone nel silenzio.
Un passo fuori dal bagno.
Un sospiro di sollievo.
L’assenza di forme di vita.
Ma…
…dove sono finiti tutti????
Ulrich si guardò attorno spaesato.
Ma che….?
Si diresse pian piano verso il salotto.
Nessuno.
Sbirciò nella camera di Piotr e Newton.
Niente.
Fece per dirigersi a passi incerti verso la camera di Aaron, ma il
suono di una voce lo immobilizzò in un lampo.
“Stai cercando Aaron?” domandò la voce
proveniente dalla cucina.
Piotr.
Sì…
Si disse tra sé.
Non riusciva a muovere un muscolo, figuriamoci dedicarsi alla
fonetica…
Era fermo vicino all’uscio, ma non riusciva a vedere Piotr.
Meglio così.
Non aveva la minima intenzione di incrociare il suo sguardo o di
spostarsi.
Nemmeno se fosse stato in grado di farlo….
“E’ uscito di corsa per andare a montare
l’attrezzatura per il concerto…”
Oh cazzo!!!!! Se n’è andato!!! E io come faccio
adesso?????
Breve pausa dei suoi pensieri.
E Newton…? Dov’è Newton????
Pensò cercando di autoconvicersi che forse, ma proprio
forse, non era rimasto davvero in casa da solo con Piotr.
“…e Newton gli è corso dietro. Per non
rimanere a casa con me (e te) suppongo.”
Cazzocazzocazzo!!!!!!! Ma come ha potuto lasciarmi qui da solo con
Piotr??????
“E’ triste da dire. Ma credo che si sia scordato di
te…”
Ulrich iniziò a sudare freddo, come un ghiacciolo sotto il
sole.
Scordato.…. di me????
***
“Newton fermati!!!!!!” gridò
improvvisamente Aaron.
“Che c’è????”
domandò seccato Newt.
“Credo di aver dimenticato qualcosa….”
disse Aaron auto interrogandosi.
“Mmmm….”
Si afferrò il mento tra l’indice e il pollice, con
espressione pensosa.
“….il jack!!!!!!”
Aprì freneticamente la custodia della chitarra e vi
frugò disperatamente dentro.
“Ah, no…. L’ho preso!!!”
esclamò poi trionfante, sollevando il jack al cielo.
“Possiamo ripartire ora?!?!” domandò
ancor più seccato Newt.
“Sì, direi di sì.” rispose
Aaron rimettendo tutto nella custodia della chitarra.
“Però… mi pareva che… Va
beh. Sarà stata solo una mia impressione.”
***
Per un attimo ebbe l’impressione che forse la voce di Piotr
non era reale, che fosse solo l’immaginazione a farla
risuonare nella sua testa….
Sì.
Dev’essere così....
Il rumore delle stoviglie lo riportò alla realtà.
No.
Non era affatto così.
Era tutto vero.
E… quindi?
Che fare ora?
Era ancora inchiodato al pavimento, le possibilità non erano
molte!
“Mi dispiace, Ulrich…” disse allora
Piotr dopo una pausa di silenzio.
Ulrich, al sentir il proprio nome uscire dalla bocca di Piotr, si
sentì improvvisamente arrossire in volto.
Rosso…
Caldo…
E anche questa non era stata solo una sua impressione.
Le sue guance erano diventate tutte rosse dall’imbarazzo.
Meno male che non poteva vederlo…
Ma questo peggiorò solo la situazione perché ora
non solo non sapeva cosa fare, ma era anche diventato del colore di un
pomodoro maturo.
E se per i pomodori questo era un buon segno... per lui non lo era di
certo.
***
“Lo so, lo so!!!!!!” esordì di
nuovo Aaron.
“Cosa???” domandò di nuovo Newton.
“L’accordatore!!!! Ho sicuramente dimenticato
l’accordatore!!!!” si auto convinse
Aaron, praticamente volendo che fosse proprio quella la cosa che aveva
dimenticato a casa.
“Aaron…” commentò Newt
compassionevole “….Tu non hai mai avuto
un accordatore!!!!!!”
***
Quella sensazione di disagio che gli frullava nello stomaco non aveva
intenzione di andarsene, anzi, continuava a rimescolargli i visceri
come una lavatrice nel pieno del suo lavaggio.
Era anche vero, però, che non poteva fare
l’indifferente. Anche se non faceva apposta a starsene zitto
di fronte a Piotr, si trattava pur sempre di un comportamento
da maleducato. A maggior ragione perché Piotr si era
dimostrato molto gentile nei suoi confronti….
Decise allora di sbloccarsi (in qualche modo) e di andare pian piano
verso la cucina.
In fondo stando lì fermo cosa avrebbe ottenuto?
Nulla.
A starsene fermi sul posto, nella vita, non si ottiene mai nulla.
Bisogna saper osare, buttarsi nella mischia, rischiare un
po’, dirigersi verso la cucina…
Bisogna saper affrontare gli ostacoli.
E se il suo ostacolo era la cucina, lo avrebbe superato.
In fondo… ognuno di noi ha le sue cucine da superare!!!!
Insomma, come poteva pretendere di raggiungere i propri
obiettivi standosene fermo immobile all’entrata di
“casa Aaron”?
Aggiudicato.
Avrebbe osato.
Attese però che ci fosse qualche piccolo rumore molesto che
potesse coprire il suono dei suoi passi. Era una stupidata, ma lo
faceva sentire più sicuro.
Fortunatamente, proprio in quel momento, Piotr
iniziò ad affettare qualcosa.
Tac tac tac.
Il rumore della lama del coltello che picchiettava sull’asse
in legno, scandiva perfettamente i suoi passi.
Tac tac tac.
Lui e la lama camminavano insieme.
Tac tac.
Tac tac.
Tac tac.
Tra l’altro Piotr doveva essere qualcosa di molto simile ad
un asceta veggente.
Infatti, non appena Ulrich ebbe mosso il suo primo passo (dettato
dall’istinto più che dalla ragione), Piotr riprese
a parlare…
“Se vuoi andar da loro, dovresti essere ancora in tempo a
raggiungerli...”
Tac tac.
Tac tac.
Tac tac.
Arrivò sull’uscio della cucina, senza dir nulla.
Non si sentiva ancora abbastanza sicuro per rispondergli.
Figuriamoci, non sapeva nemmeno se il colore del suo viso fosse
ritornato quello naturale…
Presentarsi davanti a lui, però, poteva essere
già qualcosa.
Decise quindi di sporgersi sull’uscio moooolto lentamente,
per vedere esattamente dove si trovasse Piotr.
Insomma…
Un’occhiatina…
Che poteva succedergli di male?
A poco a poco sull’entrata spuntarono la sua fronte, i suoi
lunghi capelli castani, gli occhi grigio-verdi, il naso, il
viso….
Un viso roseo...
…che però non ci mise molto a cambiar di nuovo
colore.
Sgranò un poco gli occhi e poi tornò subito a
nascondersi dietro al muro.
Ehi!!! Perché ti stai nascondendo di nuovo???? Cosa
c’è che non va ‘sta volta?????
Iniziò a respirare sempre più velocemente e in
maniera irregolare.
Il suo viso era diventato ancora tutto rosso, ma di un rosso diverso
rispetto a prima.
Questa volta era più…un rosso barbabietola.
Da solo non seppe capire perché si era sentito
così in imbarazzo.
D’altronde…
Aveva solo visto Piotr…
Che c’è di male se Piotr ha i capelli sciolti,
idiota????? E’ una cosa normale, insomma, normalissima!!!!!
Giusto, normalissima. E allora perché mi sento rosso come un
peperone?!?!?
Peperone...?
Ulrich doveva sentirsi particolarmente ottimista in quel
momento…
***
“Ce l’ho!!!! Questa volta ce
l’ho!!!!!!” esordì ancora Aaron.
“Oh no, di nuovo….” disse Newton
sconsolato
“Il plettro!!!!!! E’ il plettro vero???”
chiese Aaron speranzoso di togliersi finalmente quel dubbio di dosso .
“Aaron…” commentò nuovamente
Newt “Il plettro ce l’hai al
collo… legato… come puoi averlo lasciato a
casa?????”
***
In realtà Piotr non aveva i capelli propriamente sciolti.
La maggior parte lo erano, e gli ricadevano come lunghi fili
d’oro sulle spalle. Quelli che però erano
più vicini al viso li aveva raccolti e legati insieme dietro
alla testa, in un piccolo cipollotto, un po’ come facevano
una volta i samurai. Le orecchie gli rimanevano coperte dalle ciocche
più lunghe, mentre alcuni ciuffi troppo corti, invece,
sfuggivano alla presa e gli ricadevano comunque sul viso leggermente
abbassato nell’intento di affettare dei pomodori. Il suo
sguardo era particolarmente sereno, e non solo perché era
illuminato dagli ultimi raggi di sole della giornata, ma anche
perché pareva libero da ogni preoccupazione, e dolcemente
sorridente.
Sarà stata la pettinatura, che probabilmente lo riconduceva
istintivamente a qualche elfico mondo fantastico, ma
quell’aura di calma gentile che lo circondava a Ulrich parve
così surreale e...
…affascinante?
Anche, se vogliamo.
Ma non nel senso amoroso del termine…
Era così…così…
Insomma, è chiaro no?!
Ed era questo che probabilmente aveva reso Ulrich del colore degli
ortaggi che Piotr stesso stava delicatamente affettando.
Un caso?
Mah.
Fatto sta che si sentiva decisamente imbarazzatissimo.
Che fare, che fare, CHE FARE?????
“…altrimenti puoi rimanere qui con me e ci andiamo
poi…”
Il suono di una porta sbattere spezzò l’ultima
parola dal resto della frase.
“…insieme.” concluse Piotr.
Ulrich se n’era già andato.
Ma probabilmente aveva intuito quale fosse l’ultima parola
mancante anzi, quasi certamente era stata proprio
quell’intuizione a spingerlo a scappare senza nemmeno tener
conto dei “Tac tac” del coltello...
Al sentire quelle parole, non era riuscito a reggere il troppo
imbarazzo.
Ogni suo buon proposito era andato in fumo.
E forse proprio per questo motivo aveva sentito la necessità
di prendersi una boccata d’aria…
E Piotr l’aveva capito.
Senza bisogno di vederlo.
O sentirlo.
“Gioventù odierna…”
commentò solo, continuando ad affettare i pomodori e
sorridendo tra sè di tenera comprensione.
***
“Questa volta ce l’ho davvero Newt…
Preparati….” disse Aaron scuotendo pensieroso il
dito indice.
“Non dirmelo, ti prego…” rispose Newton
che si vide per la prima volta a dover sopportare qualcuno e non ad
essere sopportato.
Dura la vita quando i ruoli si invertono, eh?!
“E’ la…. chitarra!!!!!!!!!!”
esclamò Aaron pieno di convinzione e puntando
eroicamente il dito verso di lui.
“Santo Iddio Aaron!!!!!!!!!!! La chitarra ce l’hai
sulle spalle!!!!!!!!!!!!!!!!!” gli gridò Newton
allibito.
Aaron si bloccò un secondo.
E sospirò, sedendosi sconsolato sul
ciglio del marciapiede.
“Scusami Newt… è che sono
così nervoso…. Avere la convinzione che mi manchi
qualcosa mi fa essere inquieto… E se non sono tranquillo non
riuscirò nemmeno a suonare bene…”
Sospirò di nuovo.
“Eddai, su… Non fare così….
Ti verrà in mente, vedrai!!! Avanti…Torna in
te!!!! Sii l’Aron di sempre!!!!!”
esclamò Newt facendogli un grande sorriso.
“Anche perché il tuo comportamento anomalo mi
spaventa…” aggiunse poi facendosi
anch’egli improvvisamente pensieroso.
Aaron sospirò per la terza volta.
“Su, dai, alzati in piedi!!!!!” lo
esortò Newt tirandolo su per un braccio “Vedrai
che, quando meno te lo aspetti, te lo ricorderai, davvero!!!!
Anzi, vedrai che sarà proprio lui a venirti
incontro!!!!!”
“Sì…hai ragione…forse
sarà davvero lui a venirmi incontr….”
Ma non appena Aaron si voltò, il tempo gli parve fermarsi.
Anzi no.
Rallentare.
E scorrere…
Mooooolto lentamente.
Perché quando si voltò…
…vide Ulrich che, spinto da qualcosa di molto simile alla
forza della disperazione, stava correndo proprio verso di lui.
Molto.
Moooolto lentamente.
Correva a rallenty, come i bagnini di un vecchio telefilm, sfidando
però l’asfalto invece della sabbia.
E scuoteva la testa a destra e a sinistra, facendo ondeggiare la sua
lunga chioma.
Gli occhi di Aaron si illuminarono come due piccole paiette poste alla
luce del sole.
E’…. Ulrich!!!!!!!!!!!
Decise allora di unirsi anche lui, a quella scena a rallentatore.
Allargò entrambe le braccia e, gioendo per aver finalmente
capito cosa aveva dimenticato a casa, corse verso di lui molto,
moooolto lentamente, un passo dopo l’altro, a rallentatore,
gridando….
“Ulrich!!!!!!!!!!!!!!!” urlò Aaron
correndo velocemente verso di lui.
Molto.
Moooolto velocemente.
Ulrich, che nel frattempo si era voltato un secondo per vedere cosa
avesse lasciato alle spalle (e per controllare che presumibilmente non
ci fosse Piotr alle sue spalle…), tornò a
guardare davanti a sé e, improvvisamente, si
ritrovò di fronte un esaltatissimo Aaron che stava correndo
all’impazzata verso di lui a braccia aperte e gridando al
mondo il suo nome.
Che cazz…?!
Ma mentre stava pensando ciò, Ulrich non smise di far andare
i piedi e, di lì a poco, lui e Aaron si sarebbero
amorevolmente incontrati.
Anche perché non stavano decisamente correndo alla
velocità corrispondente all’immaginario di Aaron.
Loro stavano per rischiare una piacevole collisione.
Un'amorevole collisione.
Che faccio, che faccio, CHE FACCIO?????
Ormai erano lì.
Si trovavano a pochi metri di distanza, e Aaron era già
pronto ad abbracciarlo con immensa gioia.
Meno 5 m.
Meno 4 m.
Meno 3 m.
Meno 2….
Meno 1……
Le braccia di Aaron si richiusero all’istante
avvolgendo…
…l’aria?
Rimase fermo con le braccia sospese al vento come un ebete, guardando
Ulrich correre a razzo nel senso opposto.
Stava....
… scappando?
Ulrich girò l’angolo a sinistra.
Direzione: ignota.
Sì, stava decisamente scappando.
Newton raggiunse Aaron con una corsetta.
Lo osservò a destra e a sinistra come se fosse una scultura,
e lo pizzicò con il dito, per risvegliarlo da
quell’immobilizzazione improvvisa.
Aaron fece ricadere le braccia.
“Dici che l’ho spaventato…?”
chiese poi non avendo ancora realizzato bene il risultato del suo
incontro-scontro con Ulrich.
“No….” commentò Newt.
“Beh…” si corresse subito dopo
“…forse un pochino...”
“Tu dici?” domandò Aaron ancora dubbioso.
“Beh…sì… Ma secondo me
è perché stavi correndo troppo
velocemente!!!!”
“Ah sì?” rispose Aaron stupito
“E pensare che a me sembrava di correre addirittura troppo
piano. Sai, come se avessi avuto dei pesi ai piedi…. Non so
se hai presente… come quel telefilm in cui i bagnini corrono
sulla spiaggia…”
***
Ma che cavolo gli salta in mente???????
….pensò Ulrich mentre correva, tentando di
riprendere il più velocemente possibile il suo colore
naturale.
Di nuovo.
***
“Aaaaaah finalmente siamo arrivati!!!!! Non ce la facevo
più a correre!!!!!!” esclamò Newton
piegandosi in due dalla stanchezza proprio di fronte alla porta del
locale.
“Già… Ora però ti ricordo
che dobbiamo sistemare tutto!” lo ammonì Aaron.
“Eh?! Io la mia parte l’ho già
fatta….”
“Parte? Quale parte?!” esclamò
Aaron allibito.
Newton alzò le spalle, dedicandogli uno sguardo di
sufficienza.
Aaron lo fulminò con lo sguardo.
Visto che era venuto a rompere le palle, ora doveva romperle, quelle
palle!!!!
Quindi era giusto che anche lui si desse da fare.
Oh, sì.
Era più che giusto.
Aaron afferrò Newton per il poncho.
“No… ora tu vieni dentro con me a sistemare
TUTTO.” ribadì trascinandoselo dietro di forza.
“Eddai, è un’ingiustizia bella e buona
questa!!!!! Anzi… non per niente né bella
né buona, ora che ci penso!!!!!!!”
Aaron si voltò per guardarlo male, molto male, e fu sul
punto anche di dirgli qualcosa ma, mentre tutto ciò era in
atto (o per lo meno in programma) Aaron, non guardando di fronte a
sé, si scontrò con qualcuno.
Tornò subito a guardare di fronte a sé, per
scusarsi della sua disattenzione.
Ma non fu necessario....
“Mag?”
“Aaron!!!”
Rimasero fermi a guardarsi per un paio di secondi.
Per poi esordire all’unisono…
“Ti stavo proprio cercando!!!!!!”
Mag arrossì subito al sentire la propria voce sovrapposta a
quella di Aaron e, per evitare che lui se ne accorgesse,
chiarì subito le proprie intenzioni.
“Stavo venendo a casa tua a cercarti urgentemente…
Ho delle cose da dirti…”
“Anch’io ho delle cose da dirti.” rispose
Aaron seccato.
“Ah sì?” disse Mag alzando lo sguardo
ancora un po’ imbarazzato.
“Sì.”
Esitò per qualche secondo per formulare in maniera coerente
e non troppo impulsiva il proprio pensiero. Però forse
sbottò comunque con troppa veemenza…
“Cos’è questa storia dell’
ANDY DJ SET??????”
Scandì le ultime tre parole perché fossero
più chiare, ma in realtà lo sarebbero state anche
se non l’avesse fatto.
Era così palese che la frase ruotasse intorno a
quelle…
Mag lo guardò, impietrita da quell’uscita
così impulsiva che, da uno come Aaron, era abbastanza raro
trovarsi a sentire. Si sentì piccola piccola di fronte a lui
e alle sue parole anche se, in realtà, lei non era proprio
dalla parte del torto…
“Stavo venendo da te appunto per dirtelo…
E’ tutto il giorno che ti chiamo e non mi rispondi al
cellulare…” disse allora un po’ esitante.
“E poi sono anche venuto a scoprirlo da solo, anzi grazie a
Piotr!!!!! Come avrei fatto a suonare altrimenti???? Sai benissimo che
ho bisogno di almeno due ore per preparar…. Hai detto che mi
hai chiamato...?” chiese Aaron realizzando ciò che
Mag aveva detto con una ventina di parole di ritardo.
“Sì…ti avrò chiamato almeno
una decina di volte…”
Aaron si bloccò un secondo, pensieroso.
Cosa aveva fatto quel pomeriggio per non aver nemmeno sentito il
cellulare?
Mmmm… Vediamo…. La doccia l’ho fatta
questa mattina… La spesa l’abbiamo fatta
l’altro giorno… La posta l’ha presa
Piotr… vediamo… doccia, spesa, posta….
Aspetta. Posta?????
“Cavolo, hai ragione!!!” –
esclamò rimembrando l’accaduto –
“ Questo pomeriggio abbiamo sbraitato talmente tanto che
probabilmente non avrei sentito nemmeno un bulldozer passare sotto la
finestra di casa nostra…”
“Ehi!!!!!! Ma là c’è una
batteria!!!!!!” esclamò improvvisamente Newt
avvistando una batteria posta sul palchetto in fondo al locale.
E, senza che nessuno potesse aggiungere altro, corse esaltato a
picchiettarci sopra con le bacchette che c’erano
lì a terra, proprio a fianco ad essa.
Aaron e Mag lo guardarono saltellare gioioso verso lo strumento e,
mentre lui scandiva le loro parole picchiettando a caso sui tamburi e
sui piatti, continuarono il discorso:
“Avete litigato questo pomeriggio?” chiese Mag con
tono comprensivo.
“Eh?” rispose distrattamente Aaron non ricordando
più dove si fosse interrotto il discorso. Con tutte le cose
che erano successe da poche ore prima a quel preciso istante, era
comprensibile che fosse stanco e anche un po’
assente…
“No, mi stavi dicendo che avete sbraitato oggi, e mi stavo
chiedendo se aveste litigato…”
Aaron fissò Mag per un momento senza dir nulla.
E le sorrise, apparentemente senza alcun motivo.
Ogni tanto capita che qualche pensiero passi rotolando nella mente
delle persone, ma solo così, di passaggio.
Rotola, rotola, rotola dalla parte destra alla parte sinistra del
cervello e poi non ricompare più.
Un po’ come una persona che attraversa il palco di un teatro
da una parte all’altra, senza poi ritornare più
sulla scena. E il pensiero che in quel momento aveva sfiorato la sua
mente era stato semplicemente il fatto che era solo grazie a Mag se lui
poteva esibirsi dal vivo e se aveva potuto esibirsi dal vivo fino a
quel momento. Lei gli dava sempre volentieri la
disponibilità ogni qualvolta volesse, oppure era
direttamente lei a proporgli di fare un’ esibizione in una
certa data. E lui ora si era ritrovato a lamentarsi con lei
perché aveva invitato un'altra persona a movimentar la
serata. Si sentì un po’ infantile al pensare che
forse non si era arrabbiato tanto perché questa persona
fosse un dj e perché lui non sopportava la loro
musica… forse si era arrabbiato perché magari da
quel momento in poi non sarebbe stato più l’unico
ad esibirsi. Una sorta di gelosia o un qualche vago senso di
attaccamento… ma ormai era passato. Era venuto con
l’intenzione di chiedere spiegazioni, però si rese
conto che in fondo era lui a doverle dare. Aveva reagito in maniera
troppo impulsiva e senza sapere le motivazioni per cui Mag aveva
organizzato tutto ciò.
Che comportamento stupido….
“Aaron, se mi guardi così mi
imbarazzo…” disse Mag abbassando il viso e le
guance vividamente rosate.
Dal canto suo Aaron, mentre stava ancora pensando ai propri sensi di
colpa, realizzò con assai poco piacere che ancora non aveva
preparato nulla.
“Tempus fuget.” avrebbe detto Piotr.
Doveva sistemare la chitarra, doveva rispondere a Mag, doveva andare a
recuperare Newton,doveva cercare Ulrich…
Come poteva fare????
D’improvviso si risvegliò dal disordine del suo
cervello, come se fosse stato pizzicato da qualcosa.
E vide Mag davanti a sé ancora con lo sguardo timido
abbassato e rossa in viso.
In realtà non erano passati più di un paio di
secondi da quando lei gli aveva detto che si sentiva in
imbarazzo…
Allungò il palmo della mano verso di lei, le alzò
il viso sollevandole delicatamente il mento con le dita e le diede un
bacio sulla guancia.
“Grazie.” le disse poi sorridendo dolcemente.
Mag, ovviamente, divenne ancora più rossa e
imbarazzata e, mentre osservava Aaron allontanarsi da lei e
dirigersi verso Newt, decise che sarebbe stata cosa sensata andare a
bersi un bicchiere d’acqua fredda, per ristabilire il battito
cardiaco e la giusta temperatura corporea.
Aaron era sempre stato di una dolcezza infinita… ma mai
soffocante. Il confine tra le due cose era molto labile, ma lui sapeva
sempre essere sulla cresta dell’onda senza ostentare
né esagerare. Perché ciò che rendeva
speciale ogni sua dolcezza, ogni sua gentilezza e ogni sua cura e
attenzione era proprio il fatto che non fossero studiati, ma che gli
provenivano da dentro con autentica naturalezza. E ciò li
rendeva puri, sinceri… veri.
Ma perché l’aveva ringraziata?
Mag non riuscì a capirne il motivo, e si ripromise di
chiederglielo, la prima volta che ne avesse avuta
l’occasione. Ora era impegnato, si stava dirigendo passo
passo verso Newton, probabilmente aveva qualcosa da dirgli. Ma mentre
lo osservava, da dietro il bancone, si accorse che qualcosa non andava.
Vide Aaron avvicinarsi sempre di più a Newt e a poco a poco
rallentare l’andatura, fino a fermarsi di fronte a lui,
immobile. E lo guardava, come se avesse visto qualcosa di molto
improbabile, inaspettato…
Non so… come un asino che vola, per intenderci.
Chissà perché si è ferm…
“Newton da quando sai suonare la batteria...?”
chiese ancora avvolto da un improvviso stupore.
Newt si bloccò con le mani a mezz’aria e, con
volto intimorito, fissò Aaron di rimando.
“Da mai!!!!!!!!!!!” rispose poi lanciando dietro di
sé le bacchette e improvvisando un fintissimo sorriso.
“Eddai non fare lo scemo, ti ho sentito!!!!! Stavi suonando
una delle mie canzoni!!!!! Non sono ancora sordo, sai?!”
Anche Mag rimase vagamente stupita dall’accaduto. Mentre
parlava con Aaron le era parso che Newton stesse suonando a
casaccio, e probabilmente era anche stato così, ma in un
certo momento doveva aver iniziato a suonare davvero, senza che loro lo
notassero minimamente.
Ma ora se n’erano accorti.
Aaron se n’era accorto.
“Allora…?” fece di nuovo Aaron con le
braccia incrociate sul petto e il piede che picchiettava a terra, nel
tentativo di cavare qualche parola fuori dalla bocca di Newt.
Il che era veramente strano.
Anzi.
Paradossale, oserei dire.
Di solito a Newton si doveva mettere un tappo in bocca, non invogliarlo
a spiccicare qualche parola…
“Eh va bene, va bene….” si arrese Newt
scendendo dal palco e dirigendosi verso Aaron.
“Ti ricordi… le lezioni di surf su sabbia per gli
ultranovantenni…?”
“Sì…”
“E il volontariato verso i sassi arenati sugli
scogli…”
“Sì…”
“Gli incontri per l’integrazione di frutti e
ortaggi importati dall’estero…”
“Sì…”
“I corsi per diventare infermiere
lunare….”
“Sì…”
“Assistente costumista per le donne dei night club con
problemi di invalidità…”
“Sì...”
“L’iniziativa “Svuotiamo insieme
oceano”…
“Sì…”
“La raccolta fondi per far giocare i bambini poveri a
Monopoli con soldi veri….”
“Sì…”
“Ecco, quelle cose… Come dire… Non le
ho mai fatte…” ammise tristemente Newt.
“Ma dai? Chi l’avrebbe mai
detto…?” - concluse Aaron fingendosi stupito
– “Se avessi aggiunto anche “Insegnare a
nuotare ai pesci” probabilmente avrei iniziato a dubitare di
te. Ma non ti preoccupare. Solo un pochino.…”
“E’ che avevo scoperto che qui nel locale ogni
tanto qualcuno lasciava questa batteria… E allora io venivo
ad esercitarmi a suonarla…”
“E’ vero Aaron. Papà mi dice sempre che
durante i suoi turni c’è il batterista di un
gruppo che suona ogni tanto qui al locale e che lascia qui la batteria
per un paio di giorni, prima di riprendersela. E’ uno
strumento un po’ più impegnativo da portare in
giro e forse, non avendo la disponibilità o il
tempo di smontarlo e portarlo via, lo lascia qui per un
po’… Tanto non la ruba nessuno.”
“Ma qualcuno se ne approfitta…”
commentò Aaron in risposta a Mag ma voltandosi verso Newt.
“Ma…ma… io… l’ho
fatto solo perché volevo suonare con te,
Aaron….” ammise allora Newton per forza di cose.
Doveva essere uno dei momenti più onesti di tutta la sua
vita.
Aaron lo guardò, preso alla sprovvista. Non si aspettava
questa uscita, soprattutto da Newt, il bambino egoista e capriccione
per antonomasia.
Che fosse stato miracolato? Newt? Gli sembrò un
po’ improbabile, ma forse anche Newton era sul punto di
avvicinarsi a una vago e nebbioso processo di beatificazione…
“Tu… hai fatto questo… per
me?” sillabò Aaron ancora in preda allo stupore.
“Volevo che fossi orgoglioso di me… volevo
dimostrarti che non sono un buono a nulla come mi dite
sempre… ma soprattutto… perché volevo
che suonassimo insieme… No, aspetta. In realtà il
motivo principale era per sfogare le mie voglie omicide verso
Piotr… Però va, beh… Suonare insieme
veniva subito dopo!!!!!!!!”
Aaron allora smise di guardare Newt stupito e, con un sorriso di gioia
stampato in faccia e lacrime di commozione agli occhi,
abbracciò pieno di letizia, l’amico ritrovato.
Anche Newton aveva gli occhi che brillavano di felicità e di
commozione e insieme, sognanti come due innamorati, ostentavano al
mondo…
“Che bello!!!!! Suoneremo insieme!!!!!!! Quale gioia e quale
letizia!!!!!!”
Mag, divertita (e un po’ inquietata) da quello spettacolo,
non poteva far a meno di sorridere della loro contentezza.
E, mentre i due amici si tenevano entrambe le mani e si scambiavano
sguardi d’amore e d’intesa…
“Ah! Ciao Ulrich!” esclamò Mag
accogliendolo con un sorriso.
Ulrich rimase impietrito al vedere Aaron e Newt guardarsi negli occhi,
saltellando felici mano nella mano per la stanza come due cerbiatti in
primavera, e il suo viso non potè fare a meno di dipingersi
un’espressione interrogativa…
“Tranquillo, è da un po’ che vanno
avanti… cioè in realtà questo non
dovrebbe essere un motivo per stare tranquillo…comunque non
ti preoccupare. Per il momento sono ancora solo
amici…” disse Mag tranquillizzandolo un poco e
sorridendogli, ancora divertita.
Effettivamente era una vista inquietante, sembravano due effemminati
della peggior specie, era normale che si fosse irrigidito un
po’…
Mancavano solo gli uccellini e i petali di rosa…
Le parole di Mag però lo rassicurarono e, fortunatamente, si
sciolse un po’.
Stava per ringraziarla e spostarsi finalmente dall’uscio su
cui era fossilizzato (per l’ennesima volta) quando…
Beh…
Insomma…
Si fossilizzò di nuovo.
Sentì una pericolosa presenza alle sue spalle...
Qualcuno che stava per attaccarlo…
Qualcuno la cui influenza agghiacciante faceva irrigidire anche i
sassi…
Qualcuno che gli faceva cambiare la temperatura corporea a tempi di
record…
Qualcuno che gli appoggiò una mano sulla spalla…
“Mi sono perso qualcosa…?” disse Piotr
entrando nel locale e riferendosi ovviamente ai due piccioncini che si
guardavano negli occhi sognanti e si tenevano le mani come due amanti.
Piotr, a quella vista, non aveva potuto fare a meno di inarcare anche
il sopracciglio, unico segno di vita nella sua solita espressione
sentenziosa.
Ma Ulrich non poteva saperlo.
Non osava voltarsi…
Il solo sapere di avere Piotr alle sue spalle e la sua mano sulla sua
spalla lo stava per far collassare.
Fortunatamente si limitò a irrigidirsi e a sudare un
po’ freddo…
Un po’ come prima, insomma.
Beh, in realtà…come ogni volta in cui Piotr gli
parlava o si avvicinava troppo a lui.
Eppure le sue intenzioni erano più che buone…
Mettere la mano sulla spalla di un amico è un segno
d’affetto…giusto?
Giusto???
“Piotr!!!!!!” esclamarono Newt e Aaron
all’unisono, presi alla sprovvista.
“Non è come sembr…. Ahia!!!!!
Perché mi hai schiaffeggiato la testa?????” si
lamentò Newt che stava solo tentando di dare delle
spiegazioni.
“Perché te lo meriti.” rispose Aaron
già ricomposto.
“Ma perché, scusa???? Che ho fatto?????”
“Niente. Ma sono sicuro che non appena avrò finito
questa frase, ne combinerai una delle tue.”
“Ah sì???? Beh allora ti rubo la
chitarra!!!!!!!” annunciò Newt afferrando la
chitarra di Aaron e iniziando a correre in giro per la stanza.
“Visto? Che ti avevo detto? Ridammi la chitarra,
moscerino!!!!!!!” inneggiò Aaron inseguendo Newton
per tutto il locale.
Mag, Ulrich e Piotr li osservavano divertiti.
Beh… Ulrich non propriamente divertito.
Ma fortunatamente Piotr non rimase lì per molto…
“Sempre i soliti…” disse a Mag
sospirando tra sé e appoggiando sul bancone la borsa che
teneva nell’altra mano, borsa piena di stuzzichini
e panini vari, da lui personalmente preparati.
Ulrich tirò un sospiro di sollievo.
Fiuuuu….. Meno male….
Ma non fece in tempo a gioire che, non appena ebbe visto Piotr da
lontano, si irrigidì di nuovo.
Cavolo si era bloccato e sbloccato talmente tante volte che avrebbe
potuto cambiare ruolo e fare qualcosa di simile a un interruttore della
luce…
O al massimo a una statua ornamentale…
Ma questa volta poteva consolarsi.
Perchè non fu l’unico.
Anche Aaron, osservando meglio Piotr, fermò improvvisamente
la sua corsa.
“Ehi!!!!! Perché ti sei
ferm…????”
E anche Newt si bloccò di conseguenza.
Rimasero tutti fermi per qualche secondo a guardarlo, e Piotr non ci
mise molto ad accorgersene….
“Qualcosa non va?” chiese con la sua solita
compostezza.
“Piotr…. I tuoi capelli…”
disse Aaron debolmente, cercando di dar voce ai propri
pensieri.
Anche se non in modo del tutto chiaro.
“Sì?”
“Non te li avevo mai visti portati in quel modo,
cioè… Li hai sempre avuti
legati…”
Piotr lo guardò in maniera interrogativa.
Spostò quindi lo sguardo sui propri capelli, e
intese subito quale fosse il dilemma…
“Aaaah, capisco. Ho scordato di sciogliermi il mage* e di
legarmi i capelli in una coda, come faccio solitamente. Li sistemo
subito.”
“No!!!!” gridò improvvisamente Aaron.
“Perché no?” chiese Piotr stupito da
quel comportamento insolito, e con le mani ancora a mezz’aria
nel tentativo di sfilarsi l’elastico dai capelli.
“Perché…insomma…in
realtà…tu…”
“In realtà credo che Aaron stia cercando di dirti
che stai molto bene con questa pettinatura, Piotr.”
spiegò Mag arrossendo un po’ ma riuscendo
così a salvare Aaron da una situazione
d’impaccio e di evidente stallo.
Insomma, gli uomini….
Non si dicono certe cose tra loro…
“Ma che state dicendo, Mag???? Piotr stai malissimo e sembri
pure una donna!!!! E’la pettinatura più brutta che
io abbia mai visto nell’intero universo
galattico!!!!!!” sbottò Newton per far cadere
l’idea ipotizzata Mag (e pensata da Aaron…).
“Se non condividessimo la stessa casa, scommetterei
sull’assenza di specchi nella tua
abitazione…” rispose Piotr con compostezza.
“Che?! Ce l’hai con i miei capelli????? I miei
capelli sono fichissimi!!!!!”
“Mi vergogno solo a starti accanto…”
“E allora perché ci stai????”
“La tua ignoranza valorizza la mia intelligenza.”
Pausa di silenzio.
“Non è vero!!!!! Ho l’intelligenza
più intelligente dell’intero universo
galattico!!!!!!” esclamò Newt dopo essersi preso
un paio di secondi per comprendere la precedente affermazione di Piotr.
“Sì, e spari un Big Bang di stronzate. Ops,
scusa… mi è sfuggito.” rispose Piotr
lanciandogli uno sguardo di sfida.
“Grrrrrr!!!!!!! Me ne vado a prendere un
caffè!!!!!!!! Per il bene
dell’umanità!!!!!” concluse Newt
eroicamente, uscendo stizzito dal locale per andarsi a prendere il
suddetto caffè.
Sbatteva a terra i piedi come un elefante, ed era incurvato come un
cammello.
Anche se effettivamente i cammelli non sono incurvati…
Ma hanno la stessa gobba che Newt si era appositamente creato per
l’occasione.
Dopo che lui e la sua rabbia se ne furono andati, il silenzio
regnò sovrano nella stanza.
Ma non per molto.
Dieci secondi dopo Newt rientrò nel locale, allo stesso modo
in cui era uscito.
Solo che alla camminata pesante e all’incurvatura della
schiena si aggiunse anche uno sbuffo molto accentuato.
Piotr, Aaron e Mag si guardarono con aria interrogativa.
Newt si diresse dritto verso il bancone, e si sedette su uno degli
sgabelli.
Sapeva di essere sotto gli occhi di tutti, quindi decise di fare
l’indifferente.
Ma non ci riuscì molto....
“Un caffè, per favore.” disse a Mag con
fare corrucciato, ancora stizzito per essersi scordato di trovarsi
già in un bar…
* il mage è una delle parti di cui è composta la
tradizionale pettinatura dei samurai. In particolare si tratta di
quello che nel gergo comune viene chiamato
“cipollotto” (o almeno, io l’ho sempre
chiamato così ^-^’’) a causa della sua
particolare forma, che ricorda quella dell’omonimo ortaggio.
***
“Che dici la riproviamo un’ultima volta?
Però dobbiamo fare in fretta, fra una mezzora
incomincerà ad arrivare gente…” disse
Aaron dando una sbirciatina all’orologio appeso sopra il
bancone.
“Sì!!!!!! Un’ultima volta,
dai!!!!!!” rispose Newton tutto eccitato, riprendendo in mano
le bacchette.
E mentre Aaron e Newt riprovavano il pezzo che avrebbero dovuto suonare
insieme di lì a poco, Piotr, Mag e Ulrich stavano sistemando
un piccolo rinfresco (a cui sia Mag che Piotr avevano contribuito dal
punto di vista culinario) posto su alcuni tavoli ai lati della stanza.
“Ciao Mag!!!! Scusa il ritardo, ho avuto un imprevisto oggi a
scuola….” disse qualcuno entrando di corsa nel
locale.
Mag si voltò verso l’entrata.
“Ciao Tim!!!! Tranquillo, ci sono anche Piotr e Ulrich che mi
stanno dando una mano mentre Aaron e Newton suonano un
po’… Fai pure con calma, siamo
già a buon punto!” rispose lei sorridendogli con
gentilezza.
Tim appoggiò anch’egli la propria borsa sul
bancone, lasciando trapelare un po’ di incertezza nei suoi
movimenti.
“Ok… beh, allora… io vado a
cambiarmi!!!”
E in un attimo si era già trasferito nel retro del banco.
Ulrich lo guardò allontanarsi, immobile in mezzo alla stanza
con un vassoio in mano.
Si ricordò la prima volta in cui l’aveva visto (e
l’unica fino a quel momento).
Era così insicuro e timido….
Newton e Piotr l’avevano mandato in crisi….
E poi Aaron, come si era infuriato con loro!!!
Sorrise tra sé, rimembrando quei momenti, che per un attimo
credeva di aver dimenticato.
Si erano divertiti molto quella sera…
Beh, in realtà si rese subito conto di come fosse
più confuso e spaesato, che divertito…
però aveva iniziato a conoscere quei tre buffi personaggi,
che lo avrebbero poi accompagnato fino a quel momento.
Pensò di nuovo a come Newton e Piotr avessero bisticciato,
in una maniera talmente originale ai suoi occhi, che gli pareva quasi
una montatura. Una di quelle da film demenziale
americano…
Poi però aveva imparato che, in realtà, non si
trattava di un semplice fotogramma del film di una sera, ma che era la
routie che caratterizzavo il loro (strambo) rapporto.
Che tipi…
Pensò abbassando lo sguardo e sorridendo tra sé.
E poi?
Cosa c’era stato poi?
Ah sì!
Poi avevano suonato e….
Interruppe un secondo i suoi pensieri, e volse lo sguardo verso Aaron,
ricordando improvvisamente tutto.
Aaron gli aveva…
…salvato la vita.
Come aveva potuto dimenticarlo?
Si era già abituato così tanto alla sua presenza,
da aver scordato un dettaglio così importante?
Continuò a fissare Aaron, intento a suonare sorridente, e a
dar consigli a Newt in caso ne avesse bisogno.
E rimase lì, imbambolato a guardarlo con il vassoio in mano.
Al centro della stanza.
In mezzo alle scatole.
Improvvisamente qualcuno gli prese il vassoio di mano, risvegliandolo
dal suo torpore.
“Tranquillo. Faccio io.” disse Piotr sorridendogli
con i suoi socchiusi occhi azzurri.
Ulrich lo guardò un secondo senza dir nulla, imbambolato
allo stesso modo di prima.
Semplicemente, le mani sospese a mezz’aria che
prima stavano sostenendo il vassoio, ora non stavano sostenendo nulla.
Non riuscì a rispondergli nemmeno con
un”Grazie”.
La cosa che più lo aveva imbarazzato, questa volta, era il
fatto che sicuramente Piotr aveva capito cosa lui stesse pensando.
Beh ovviamente non poteva sapere nello specifico quali fossero i
pensieri di Ulrich, ma di certo aveva intuito che fossero tutti
dedicati ad Aaron.
Però era proprio vero, e dovette ammetterlo.
Nonostante Piotr riuscisse a comprendere bene le persone, non faceva
mai pesare loro il fatto che avesse intuito qualcosa. Non era andato da
lui dicendo “Stai pensando ad Aaron, eh?” anche se
era palesemente scritto a caratteri cubitali sulla sua fronte.
Né aveva fatto altre affermazioni o domande in merito.
L’aveva semplicemente compreso.
E non era mica cosa da poco.
C’è una sottile differenza tra capire e
comprendere.
Comprendere racchiude in sé anche l’idea di
“venire incontro” alla persona che si è
compresa, concetto che nel verbo “capire”
è un po’ più fugace.
Era una bella cosa.
Sì.
Davvero una bella cosa.
Sorrise con espressione un po’ da ebete, sospirando sollevato.
Sollevato da cosa, non si sa…
Sapeva solo di sentirsi finalmente più tranquillo.
Senza preoccupazioni o strane comparse improvvise.
Volse ancora un ultimo sguardo veloce ad Aaron, prima di girare i
tacchi verso il bancone.
Questa volta, però, Aaron lo colse in flagrante, e gli fece
l’occhiolino, unico movimento che probabilmente poteva
rivolgergli mentre suonava la chitarra.
Ulrich arrossì, al pensare di essere stato beccato in pieno,
e rispose con un impercettibile saluto con la mano, e con il sorriso da
ebete di prima.
E sistema di qua, sistema di là, suona di su, suona di
giù, riuscirono a preparare tutto per tempo.
La gente aveva iniziato a riempire il locale.
“Newton, adesso devo suonare io, la canzone che facciamo
insieme la teniamo per ultima come gran finale, ok?” disse
Aaron spiegando all’incirca le dinamiche della serata.
“Ok!!!!” rispose Newton tutto eccitato.
“E mi raccomando. Mettiti qui a lato del palco,
perché se ti perdi in mezzo alla folla, non possiamo
aspettare un’ora perché tu raggiunga la tua
postazione. Chiaro?”
“Chiarissimo!!!!!” esclamò Newt ancora
più eccitato.
“Bene. Hai qualcos’altro da chiedermi, qualche
dubbio da risolvere, prima che io vada?”
“No!!!!”
“Fantastico. Allora io vado a….”
“Aaron!!!!!!!!!” gridò allora Newton
bloccando Aaron, il quale era già in procinto di andare alla
suo posto.
“Che c’è?” chiese Aaron
stupito.
Non era tutto ok?
“Ho le falene nello stomaco….” disse
allora Newt facendo il broncio e portandosi entrambe le mani sulla
pancia.
“Le falene nello stomac.. Aaaaaah ho capito! Beh è
normale quando ci si esibisce davanti a un pubblico, Newt. Vedrai che
ci farai l’abitudine. Ce le ho anche io,
quindi…”
“Vojo Panda…” si lamentò
allora Newton ignorando (quasi) ciò che Aaron gli aveva
appena detto.
“Panda?!”
“L’ho dimenticato a casa….”
constatò intristito.
“Non puoi andarlo a prendere ora!!! E’ troppo
tardi, non torneresti mai in tempo per il finale!!!!!!”
“Uffi….solo lui con il suo pelo riesce sempre a
farmi passare il mal di pancia….”
“Vedrai che ti passerà comunque, Newt. Ora non si
può proprio andar….”
“Ehi, disfatta del raziocinio.” – disse
poi una voce proveniente da dietro di loro – “Ti ho
portato il tuo animale.”
Newt si voltò.
Aaron sorrise, mettendosi entrambe le mani sui fianchi.
Eeeeeeeh…. Per una volta Newt sarà costretto a
ringraziarlo… Che bello… Niente litigi
finalmente…
“Come mi hai chiamato scusa??????” -
sbottò subito Newton al vedere Piotr che reggeva Panda
sospeso in aria, tenendolo per una zampa – “E poi
non è un animale!!!! E’ un panda!!!!!!”
Piotr inarcò il sopracciglio, guardandolo con la solita
espressione sentenziosa stampata sul viso.
“Hai ragione, scusa. Tra i due sei tu
l’animale.”
E mentre da lontano osservava Piotr e Newt litigare per la restituzione
di Panda, che si protese per un po’ a causa della
preponderante differenza in cm che impediva a Newton di raggiungerlo,
Aaron sorrise, scuotendo la testa.
Non cambieranno mai….
Pensò voltando loro le spalle e dirigendosi passo a passo
verso il palco, imbracciando, spensierato, la propria chitarra.
***
Il concerto era stata per Ulrich un’esperienza davvero strana
e… dolorosa?
Questa volta aveva deciso di mettersi in prima fila, sotto il palco,
per vedere meglio da vicino.
Ovviamente poco distante da lui, ma lontano dalla folla, stava il suo
mentore (Piotr) a cui Aaron aveva affidato l’importante
incarico di tenerlo d’occhio.
Teoricamente Ulrich non avrebbe dovuto saperlo… ma era quasi
più palese del fatto che prima lui stesse fissando Aaron
pensando ad Aaron….
Era così eccitato all’idea di vedere il suo primo
concerto!
L’altra volta non ci aveva prestato molta attenzione e poi,
in realtà, quel drastico imprevisto gli aveva impedito di
godere pienamente di quello spettacolo.
Teneva in mano un tè freddo, posto in uno di quei
bicchierini carta da McDonald’s completo di copri bicchiere e
cannuccia bianca a striscioline rosse e blu.
Si sentiva come un bambino però a bere con la cannuccia e
con quel bicchiere infantile, anche perché, più
si guardava attorno, e più vedeva che ognuno aveva il suo
bicchiere, boccale, calice,… in vetro.
“Mag!!!! Ascolta, se prima o durante il concerto Ulrich ti
chiedesse una bibita, servigliela nel bicchiere di carta. Potrebbe
farsi del male quando verrà investito dalla
folla….”
“Ok Aaron… Se lo dici tu….”
Bah.
Chissà perché.
Smise di pensarci con un’alzata di spalle, e
iniziò a guardarsi attorno incuriosito.
E forse anche un po’ impaurito.
Certo che l’altezza media della popolazione maschile in
quegli anni doveva essere proprio aumentata.
E forse non solo l’altezza.
Anche la larghezza…
Il fischio del microfono dissolse in un secondo tutte le sue fantasie
demografiche e lo fece tornare alla realtà.
Stava per incominciare.
Tra qualche secondo Aaron sarebbe salito sul palco.
Tre…
Due…
Uno…
Buio.
Buio pesto.
Buio totale!!!!!
Sentì la folla urlare, ma non riusciva a vedere nulla
intorno a sé.
Per un momento non riuscì a capire più dove
fosse, ma un paio di spintoni gli fecero rimembrare tutto. Beh, un paio
di spintoni per risvegliarsi…. Ma lo spasso non era ancora
incominciato!
Si rese ben presto conto di stare in piedi solo grazie agli spintoni e
alle spallate che lo colpivano da ogni lato.
Se l’avessero colpito a destra sarebbe caduto a sinistra.
Se l’avessero colpito a sinistra sarebbe caduto a destra.
Ma, visto che era ancora in piedi (e si sentiva completamente
dolorante), dovevano averlo colpito in ogni minimo cm3 di sé
stesso disponibile.
Stanco però di essere pestato da ogni lato (in quel gesto
che poi scoprì avere addirittura un nome: il pogo) e
accortosi che la gente non lo stava spintonando per sbaglio ma
volutamente, decise di farsi largo tra la folla, e tornare al suo posto
originario, dove poteva vedere Aaron.
Sapeva che dall’alto del palco non avrebbe potuto comunque
aiutarlo, ma anche il solo vederlo lo faceva sentire più
sicuro….
Però continuavano comunque a spintonarlo, eccheccavolo!!!!!
Mentre Ulrich era intento a tirare delle occhiatacce malefiche a
chiunque lo spintonasse Aaron, dall’alto del palco, si
accorse della situazione di difficoltà in cui
l’indifeso amico si trovava.
E fece un cenno con la testa.
Anche Ulrich se ne accorse, ma…
..perchè ha fatto quel cenno con la tes…
“Tutto bene?” disse Piotr spuntando improvvisamente
dietro di lui e provocandogli quasi un infarto.
Ulrich, impietrito come suo solito, si limitò a voltare la
testa di un paio di gradi, e a fargli un impercettibile cenno
con la testa, giusto per non farlo preoccupare troppo…
Poi tornò subito a guardare Aaron, cercando di auto
convincersi del fatto che Piotr non fosse veramente dietro di lui.
Menomale che il locale era piuttosto buio.
Non osava pensare al colore che aveva assunto la sua pelle in quel
momento…
Oh, beh.
Meglio godersi il concerto.
In realtà si rese però conto di quanto
quell’ora fosse volata velocemente.
Aveva fissato Aaron per tutto il tempo, incantato dal suono, la musica,
gli strumenti, la voce….
Tutto…
Si vedeva veramente quanta passione mettesse Aaron in ogni singola
nota, in ogni singolo gesto, in ogni singola sillaba…
Ed era proprio questo che l’aveva incantato.
Probabilmente succede così ad ogni concerto….
Si disse.
Ma l’immagine di Aaron che suonava la sua chitarra, elettrica
o acustica, in un lento o in una canzone rock, fu una delle immagini
che più gli rimasero impresse nel corso della sua vita.
Non sapeva come descriverlo…
Gli sembrava tutto così surreale….
Era come se Aaron stesso fosse in un altro mondo, fuori dal
mondo…
Ma la cosa più importante era che nel trasporto di ogni sua
azione si leggevano una felicità e una spensieratezza
infinite, sensazioni che lui sapeva di non provare più da
tempo.
Sorrise tra sé al dover ammettere che era contento di vedere
Aaron così felice.
Con tutte le conseguenze che ciò poteva avere per
lui…
In un batter d’occhio si arrivò anche
all’ultima canzone.
Newton salì sul palco armato di bacchetta, bacchetta e
Panda, e si posizionò alla batteria.
Tre colpetti e la canzone partì.
Ulrich sorrise divertito al vederli suonare insieme.
E lo stesso fece Piotr alle sue spalle.
Erano davvero una bella coppia scalmanata.
E per di più suonavano pure bene!
Anche Newton, che all’inizio sembrava avere qualche
incertezza, riuscì a lasciarsi andare e a dare il meglio di
sé.
Sembrò proprio la prospettiva di una coppia destinata ad
andare avanti a suonare insieme.
Beh sarebbe stata una bella cosa.
Davvero una bella cosa.
E così in tre minuti anche il finale finì
(perdonate il gioco di parole), come ogni altra cosa del resto.
Aaron giunse sul limitare del palco, per ricevere gli applausi e
ringraziare con un inchino.
Ma chiamò anche Newt con un cenno della mano, e presto si
ritrovarono in due a godersi tutto l’apprezzamento del
pubblico.
All’inizio però Newton era decisamente un
po’ troppo esaltato.
Arrivato al limitare del palco e prendendo gusto a quelle ovazioni,
spinse di Aaron di lato con un movimento del fianco.
“Ehi!!!!” rispose Aaron riguadagnando il centro del
palco e spingendo via Newton a sua volta.
Poi Newt tornò stizzito e tentò di ripristinare
la sua supremazia.
E lo stesso fece Aaron.
Sembrò che il guadagno del centro della scena dovesse durare
all’infinito ma…
…poi Aaron ebbe l’illuminazione.
A che scopo spingersi via se tanto, non si oscuravano comunque a
vicenda?
Prese allora Newton per le spalle, e lo portò davanti a
sé.
Per l’altezza che aveva Newton rispetto alla sua, si vedevano
comunque entrambi benissimo!!!
Newton alzò lo sguardo verso Aaron alle sue spalle, e gli
sorrise.
Anche Aaron gli rispose sorridendo.
Era riuscito tutto alla grande.
E si sentivano entrambi soddisfatti di loro stessi, gratificati del
fatto che la loro collaborazione, seppur breve, avesse dato i suoi
frutti.
Quando la gente iniziò a dissiparsi portandosi verso il
bancone o verso gli stuzzichini, Aaron e Newton scesero dal palco a
braccetto, marciando felici come due compagni di bevute.
“Allora??? Com’è andata????”
chiese subito Newton, curioso di avere un’opinione esterna.
“Bene.” rispose Piotr alla sua solita
maniera.
“Bene?!?! Solo bene?????” sbottò Newt,
sdegnato da un apprezzamento così breve.
Aaron scoppiò a ridere.
“Newt, lo sai come è fatto Piotr, più
di tanto da lui non puoi estorcere! Proviamo a chiedere a Ulrich!
Ulrich, cosa ne pensi della nostra neo-collaborazione?”
chiese allora Aaron voltandosi verso Ulrich.
Voltandosi verso Ulrich.
Verso Ulrich.
Ulrich.
Qualche secondo di silenzio.
Poi lo sguardo di Aaron si spostò velocissimamente verso
Piotr.
“Piotr, dov’è Ulrich???????”
domandò Aaron esasperato.
“In bagno.” rispose Piotr laconico.
“Perché…” –
aggiunse subito dopo – “…Avrei dovuto
seguirlo anche lì?”
***
Gli mancavano un poco le forze, forse aveva bisogno di una boccata
d’aria.
Non era abituato ad un rumore così alto e a stare immerso in
un ammasso di gente così insidioso.
Ancora un po’ frastornato, tentò di riprendersi
dallo sballottamento dovuto al caos sciacquandosi il viso con un
po’ d’acqua fresca.
Prese un paio di salviettine di carta e le appoggiò sul
lavandino, accanto a sé. Aprì poi il rubinetto
cigolante e mise la punta delle dita sotto l’acqua
scrosciante per controllare che fosse abbastanza fresca.
Era gelida.
Meglio così….
Unì le proprie mani a coppa per raccogliervi dentro un
po’ d’acqua e abbassò li viso sul
lavandino.
Al sentire il contatto con l’acqua fredda e le goccioline
scorrergli giù dalla fronte si sentì subito
sollevato.
La testa smise un po’ di girargli e riusciva e reggersi in
piedi senza troppa fatica.
Tenendo ancora gli occhi chiusi per evitare che vi entrassero dentro
delle fastidiose gocce d’acqua, tastò un
po’ il lavandino con la mano e recuperò le
salviettine di carta. Le afferrò con entrambe le mani e le
portò al viso. Rimase così per qualche
secondo, con gli occhi serrati e il viso appoggiato su entrambe le
mani, sulle quali a loro volta c’erano le salviette che, a
poco a poco, iniziarono ad assorbire tutta l’acqua.
Nonostante fosse ormai asciutto, a parte alcune goccioline che
pendevano da alcune ciocche di capelli che gli erano ricadute in
avanti, si sentiva talmente comodo in quella posizione, che quasi non
voleva distaccarsi. Come quando rimani per un po’ con il viso
appoggiato sull’asciugamano morbido dopo esserti sciacquato
il viso nel bagno di casa tua.
Probabilmente aveva anche paura che, togliendo le mani e riaprendo gli
occhi, la testa avrebbe rincominciato a girargli vorticosamente. Il che
non era del tutto improbabile, anzi….
Mentre ancora si stava facendo cullare dalle proprie mani quasi fossero
un morbido cuscino, sentì improvvisamente un soffio caldo
sul proprio collo.
Come se…
Come se…
Si voltò di scatto, levando veloce la carta bagnata dal
proprio viso e appoggiandosi con entrambe le mani al lavandino per non
sbilanciarsi, dato che era ancora piuttosto frastornato.
Ora che rivolgeva le spalle al lavello, potè vedere con
sorpresa che dietro di lui non c’era nessuno, diversamente da
come aveva sospettato.
Spostò gli occhi ancora spaventati a destra e a sinistra per
verificare che fosse veramente solo. Le porte dei bagni era tutte
spalancate, e ognuno di essi era completamente vuoto.
Sussultò di nuovo al sentire il rumore del fruscio di vento.
Guardò allora in alto, che gli sembrò la
direzione da cui proveniva il soffio di vento, e vide con grande
sollievo che, quasi al confine con il soffitto, vi era una piccola
finestra semiaperta.
Chiuse gli occhi e tirò un sospiro di sollievo.
Sentì le gambe diventargli molli e prive di forza tanto era
il sollievo.
Si voltò allora di nuovo verso il lavandino tenendosi saldo
al ripiano su cui esso si trovava, per evitare di accasciarsi a terra.
Non ce ne fu bisogno.
Non appena si fu girato, si irrigidì di colpo, come un pezzo
di legno.
Le mani iniziarono a tremargli.
E lo sguardo spaventato…
…ad intenerirsi.
Protese davanti a sè le dita leggere ed insicure e le
appoggiò sullo specchio, facendole coincidere con quelle di
Ilian.
La stessa espressione malinconica che Ulrich aveva sul viso, si trovava
anche su quello di Ilian.
Ogni più impercettibile movimento del viso o degli occhi, si
ripeteva uguale nello specchio che gli stava di fronte.
Solo che l’immagine che vedeva non era la sua.
Chiuse gli occhi e strinse i denti abbassando la testa.
Quello non è Ilian!!!!! E’ una tua stupida
allucinazione, dannato idiota!!!!!! Sei talmente sconvolto da vedere
nello specchio l’immagine di Ilian invece della tua!!!!!!
Strinse i pugni con forza a questo pensiero, ma li allentò
poco dopo.
Era stanco.
Molto stanco.
Anche se riusciva a reggersi in piedi e a camminare, si sentiva
debilitato e provò una gran voglia di lasciarsi andare e
accasciarsi a terra.
Si lasciò invece ricadere in avanti, e appoggiò
la propria fronte sullo specchio, e così fece anche
l’immagine riflessa.
Inspirò ed espirò profondamente.
“Ulrich!!!! Tutto ok?” esclamò
improvvisamente Aaron spalancando la porta del bagno.
Ulrich si risvegliò subito dal suo torpore e si
voltò di scatto, facendo finta di nulla.
“Sìsì tutto bene!!! Mi girava solo un
po’ la testa…” rispose poi sperando che
Aaron non l’avesse visto stanco e accasciato come poco prima
aveva dimostrato di essere.
“Non ti preoccupare! E’ normale quando
c’è molta folla e tanto rumore. Capita spesso
durante i concerti, molto spesso mi è capitato di vedere
gente nelle prime file portate via in barella perché aveva
dei mancamenti. Spesso nell’insieme è un atmosfera
difficile da reggere… e si vede che tu non sei abituato a
questo tipo di cose...” gli disse sorridendo benevolo.
“Già…dev’essere come dici
tu…”
“Sicuramente! Non ti preoccupare! E ora andiamo a raggiungere
Piotr e Newton, si stanno che ci stanno aspettando di
là!”
“Ok!” rispose allora Ulrich sorridendo e inseguendo
Aaron , che l’aveva afferrato sottobraccio.
Dopo lo sbattere della porta, nel bagno rimase un cupo silenzio.
Il fruscio del vento che prima aveva intervallato il nulla di quella
stanza vuota, smise di farsi sentire.
Anche i suoni che Aaron e Ulrich avevano lasciato nell’aria
incominciarono lentamente e disperdersi e a sciogliersi, come tempera
in acqua fresca e limpida.
Accarezzò delicatamente il punto dello specchio in
cui vi era ancora l’alone lasciato dalle dita di Ulrich,
dall’altra parte del vetro.
Sorrise dolcemente al suo ricordo, mentre la sua immagine
incominciò lentamente a dissolversi, come i sogni al momento
del risveglio.
E con lui se ne andò anche l’ultimo suono che
stava aleggiando leggero nella stanza.
Il soffio caldo del suo respiro.
***
Mentre la gente si stava disperdendo per la sala o era intenta a bere
aperitivi e a mangiare stuzzichini, una figura stava nascosta nella
penombra, appoggiata con le spalle al muro più remoto e buio
della sala.
Lo sguardo abbassato, le gambe distese ma incrociate, e allo stesso
modo entrambe le braccia conserte sul petto.
Mentre ancora teneva gli occhi chiusi e il viso basso nascosto da un
cappello da cowboy, la figura nella penombra sorrise.
Sorrise tra sé.
Un sorriso malizioso.
Perché nessuno si era accorto di lui.
Almeno finche non si mise in piedi, gettò via tenendolo tra
il pollice e l’indice lo stuzzicadenti che aveva tra le
labbra, alzò lo sguardo e si diresse a passi decisi verso le
porte antipanico che aveva di fronte.
Le aprì simultaneamente appoggiando entrambe le mani
rispettivamente sull’una e sull’altra maniglia, e
facendo così aprire l’entrata della stanza come se
fosse una grande finestra.
Rimase fermo sull’uscio di quella nuova sala, con le braccia
ancora sospese a mezz’aria, quasi fosse il San Pietro di quel
mondo.
Un altro mondo.
Un nuovo mondo.
“Il mio mondo.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Better Off Alone ***
better off alone
Better
off alone
“Aspetta.”
Ulrich fu preso improvvisamente da una stretta morsa allo stomaco.
Aaron, che si stava dirigendo a passo spedito verso la sala in cui
già risuonava forte la musica, si bloccò e si
voltò a guardarlo.
“Scusami… Ti va se prima di raggiungere gli
altri… uscissimo un attimo?”
Gli rispose sorridendo dolcemente e facendo un lieve cenno
d’assenso con la testa.
***
“Un’indicibile perdita di tempo.”
“Eh?” fece Newton voltandosi verso Piotr,
sorseggiando il suo cocktail alla frutta.
Mentre l’intera sala si stava divertendo scatenandosi a
più non posso sulla pista, Piotr e Newton erano gli unici
due che si trovavano al tavolo dei rinfreschi, a fare da spettatori.
“Nulla.” disse Piotr con voce piatta, quasi
annoiata.
Pareva che i suoi occhi chiari fossero vuoti, rispetto a tutto
ciò che vedeva intorno a sé. Sembrava fossero
persi, che non avessero nessuna meta precisa, ma che si guardassero
attorno solo perché costretti a rimanere aperti.
Probabilmente bastava il suo pensiero per farlo vagare nel
nulla… all’osservazione di ciò che gli
stava attorno si sarebbe dedicato in un altro momento…
“Che stai guardando, Piotr…? Li stai squadrando
per bene i sederi delle ragazze, eh?!?!” intervenne Newton
alzando il sopracciglio, dopo aver tirato su con la cannuccia
l’ennesimo sorso di cocktail.
“Mhm?” fece Piotr risvegliandosi dal torpore dei
propri pensieri e voltandosi verso Newton.
“Aaaaah, lascia perdere… se non ti arrabbi non
è divertente!!!!!!” gli rispose, riprendendo a
bere il suo drink, annoiato.
Intanto il volume della musica pareva alzarsi sempre più, in
modo proporzionale ai movimenti della gente, sempre più
frenetici e scomposti. Le luci colorate illuminavano a tratti la sala,
e risultavano abbastanza fastidiose quando erano a intermittenza ma,
soprattutto, quando ti puntavano dritto negli occhi…
“Aaron ci sta mettendo più tempo del previsto a
raggiungerci.”
“Già, effettivamente è un quarto
d’ora che stiamo aspettando il signorino…
io mi
sto annoiando a morte!!!!!! Anche il cocktail inizia a farmi schifo!!!!
Ma poi, adesso che ci penso… io la musica la
sento…. Però alla console non
c’è nemmeno l’ombra del
d…”
Improvvisamente le luci e la musica si spensero.
Solo qualche lamento della gente era rimasto a condire
l’atmosfera.
E in questi casi, approfittando dell’assenza di luce,
commenti di ogni genere, spesso trattenuti, partono molto
più facilmente….
“Cazzo.”
“Piotr…?! Non ti vedo più!!!!!!!!! Ehi.
Aspetta un attimo. Che hai detto????”
“Niente.”
“Oh, certo. Non è che se non ti vedo allora non ti
sento!!!!!!”
“Ho detto: “Grandioso.”.”
“Ehi non prendermi per il culo!!!!!!!! Non era una parola
così lunga!!!!! Guarda che non sono mica scemo, io!!!!!
Lo
so che hai detto un’altra cosa!!!!!!”
“Se lo dici tu…”
“Eh?!”
“Ho detto “Pazzo.”.”
“Pazzo???? Chi????”
“Tu.”
“Ma che cazzo vuoi da me, io non sono pazzo!!!!!
Perché dovrei esserlo scusa????”
“Storpi la realtà oggettiva delle cose.”
“Storpio che…???”
“Un cazzo.”
“Eh?!?! Vuoi parlare in italiano per una
volt…!!!!!! Aspetta. Di nuovo?????”
“Pazzo.”
“Pazzo chi?????”
“Tu.”
“Grrrrrr!!!!! Piotr, la vuoi smettere di approfittare del
buio per darti liberamente al linguaggio frivolo????”
“….”
“….”
“Qualcosa non va.”
“Concordo.”
“Scambio di ruoli.”
“Decisamente.”
“Cazzo!!!!!”
“Newton, la vuoi smettere di approfittare del buio per darti
a un linguaggio frivolo?”
“Guarda che sei tu che… Ehi…aspetta un
attimo. Tu
ti stavi dando alla pazza gioia sparando parolacce a caso,
io non
centro nient...!!!!!!”
“Ehilà
ragazzi!!! Qui è Dj Andy che vi
parla!!! Siete pronti a passare una magnifica serata
all’insegna della musica più fica del
pianeta?!?!?”
La folla rispose in coro con un boato che fece tremare la sala,
nonostante l’intera stanza fosse ancora completamente al buio.
Evidentemente erano talmente sballati che si fidavano anche solo di
alcune semplici parole che uscivano da un microfono…
Improvvisamente tutti le luci si riaccesero, e la musica
ripartì a tutto volume.
L’unica differenza era che ora, al mixer, vi era la presenza
di un giovane.
Alto, capelli biondi… occhi azzurri nascosti da un cappello
da cowboy troppo basso sul viso… i pantaloni bianchi come la
neve e sul petto una maglietta viola con una provocatoria scritta
dorata:
Unwrap me, is my gift
ovvero:
Scartami, è
il mio regalo
Regalo evidentemente molto gradito, al sentire i commenti
proveniente dalla folla, soprattutto da tutte le giovani ragazze
presenti nella sala che, alla vista del tanto sospirato dj, iniziarono
a gridare all’unisono…come oche. Ma in
fondo… anche gli uomini rimasero affascinati da quella
figura prestante, imponente, misteriosa,… e dal suo sorriso
intrigante e malizioso…
Tutti gli occhi sognanti della folla erano puntati su di lui.
Con la sua sola presenza, in un secondo era diventato
l’Unico… il Solo… il Figo…
il Mito… il….
“….Farmacista??????” sbottò
Newton dopo aver riversato con poca grazia tutto il cocktail contenuto
nella propria bocca addosso alla persona che più gli stava
appresso.
Piotr.
***
Un vento leggero muoveva dolcemente i loro capelli, mentre entrambi
stavano seduti sul ciglio del marciapiede. Era come se entrambi, nel
silenzio, stessero guardando lo stesso punto, ma vedendoci dentro
qualcosa di diverso. Il buio della notte prendeva la conformazione di
ciò che loro volevano… di ciò che il
vento sussurrava alle loro orecchie…
Ulrich alzò lo sguardo al cielo, chiudendo gli occhi.
Aaron si voltò per osservarlo, intenerito.
Quando Ulrich se ne accorse, arrossì subito tornando a
guardare di fronte a sé, impacciato dal fatto di sentirsi al
centro dell’attenzione.
Aaron gli sorrise.
“Va meglio?” gli chiese poi.
Ulrich si voltò subito verso di lui, ancora più
imbarazzato di prima.
“Sìsì!!!!! Sono solo un po’
scombussolato…”
disse sorridendogli come se si
fosse magicamente ripreso.
Scombussolato…
Già.
Era proprio la parola più adatta a descrivere la situazione.
Non solo in riferimento al suo stomaco… ma anche alla sua
testa. Teneva la mano premuta sulla pancia, dove ogni tanto avvertiva
qualche fitta… A qualcosa stava servendo, anche se era pur
sempre solo una mano… Ma in ogni caso, alla fine, sapeva che
quel dolore sarebbe passato presto.
Lo stesso non si poteva dire della sua testa.
Neanche mille mani appoggiate sopra la sua fronte gli avrebbero dato
sollievo…
“Mi dispiace di averti trascinato qui…”
disse improvvisamente Aaron mentre fissava la strada,
deserta, davanti a sé.
“…forse avresti preferito rimanere a
casa…”
Ulrich lo guardò, sorridere tra sé al nulla di
quella terra di cemento, priva di vita.
Si stupì di quelle sue parole così apparentemente
innocue… ma dal gigantesco peso. Come poteva prendersi la
colpa anche di qualcosa in cui non centrava nulla? Lui non aveva fatto
niente di male… E si stava caricando di un fardello che non
era nemmeno il suo.
Si sentì terribilmente in colpa…
Ma cosa stava facendo..?
Per colpa sua una persona stava soffrendo anche se non avrebbe dovuto
farlo.
Si stava prendendo gioco delle uniche persone che in quel momento lo
stavano aiutando…
Da quando era diventato così meschino?
Così egoista?
Non gli bastava soffrire da solo?
Aveva bisogno di altre persone addolorate che gli facessero compagnia?
Si sentì come il peggiore rifiuto lasciato ai margini della
strada…
Di quella
strada.
Si faceva schifo da solo.
Come poteva stare lì a guardare quando altre persone che gli
volevano bene stavano male quasi quanto lui?
E per lui.
Abbassò lo sguardo in direzione del marciapiede su cui era
distrattamente seduto.
Sospirò, chiudendo gli occhi.
“Qualche anno fa… è morta la persona
più importante della mia vita…”
Aaron si voltò improvvisamente, preso alla sprovvista al
sentire quelle parole così importanti dette così,
quasi per sbaglio.
E lo guardò, stupito, cercando di comprenderlo, di aiutarlo,
di sorreggerlo in qualche modo… ma si sentì per
la prima volta così piccolo e insignificante di fronte a lui.
Così impotente…
Le sue parole erano scivolate leggere nell’aria, ed erano
già volate via… ma avevano lasciato sul suo cuore
un peso così grande… e
capì… capì che ciò che
Ulrich nascondeva dentro non erano semplici briciole di vita perse
distrattamente per strada.
Era la sua vita intera.
“Da quel giorno… non sono più stato in
grado di riprendermi… Ho cercato di trovare una via
d’uscita… ma ho sempre imboccato le strade
sbagliate… Tuttora non so se quello che sto facendo sia
giusto… Però ora che ho incontrato te…
ora che ho incontrato voi… ho finalmente trovato una
certezza. E ho capito che… per una volta… sono
felice… di aver imboccato la strada più
difficile...”
“Non lo sarà.” lo interruppe subito
Aaron.
Ulrich si voltò sorpreso verso di lui, non capendo cosa
stesse cercando di dirgli.
“Finché sarò con te…
farò in modo che la tua strada non sia mai difficile. A
costo che lo diventi la mia.”
E fu quasi sul punto di scoppiare in lacrime quando Aaron, baciandosi
alternativamente le dita delle mani, gli pronunciò quelle
tre parole…
“…Te lo prometto.”
***
“Oh cacchio!!!!! Piotr scus…!!!! Cioè
volevo dire… E’ tutta colpa di quel fottuto
dj!!!!!! Mi ha fatto prendere un colpo e….”
“Non fa niente.”
“…non mi aspettavo fosse lui e
allora…!!!!!! Che hai detto..?”
Piotr si voltò e si allontanò da Newton, senza
dire più nulla.
Newt si fermò a guardarlo allontanarsi, stranito. Non una
frecciatina, non una parola d’insulto e senza pretendere
nemmeno delle scuse..?
No...
Non era decisamente da lui.
Decise allora di seguirlo, per vederci un po’ più
chiaro.
“Ehi Piotr!!!!!!! Piotr!!!!!!” gridò
facendosi largo tra la folla.
Cominciò a perderlo di vista.
“Merda!!!!!! Piotr, ma dove cazzo stai
andando?!?!?” urlò forte senza che
l’altro potesse sentirlo.
Si alzò sulle punte per vedere meglio.
In bagno… Sta
andando in bagno!!!!!
Allungò il passo per raggiungerlo, soddisfatto di aver
almeno compreso dove si stesse dirigendo.
Inseguendo Piotr in maniera così istintiva, non si rese
nemmeno conto del fatto che si stesse preoccupando per lui.
O forse lo sapeva bene…
…ma lo stava negando a sé stesso.
Raggiunse il bagno e spalancò la porta, entrando in fretta e
furia.
Si fermò sulla soglia, ansimando per il fiatone dovuto al
frenetico inseguimento.
Vide Piotr di fronte al lavandino, pulirsi il maglione con un
po’ d’acqua e una salviettina di carta.
Al sentir la porta sbattere, Piotr si era voltato, e ora lo stava
guardando stupito. Rimasero a fissarsi per un attimo, senza dire nulla.
Solo il respiro affannato di Newton risuonava nell’aria.
“Ti ho detto che non fa niente. Non era necessario
che venissi qui.” disse poi Piotr tornando a pulirsi la
maglia.
Newton rimase ancora fermo a guardarlo.
Non sapeva cosa dirgli.
Non poteva mica uscirsene con un “Piotr, ho
l’impressione che ci sia qualcosa che non va!!!!!”
come se niente fosse. Avrebbe dato l’impressione di essere un
sensitivo o qualche altra ridicola cosa...
O peggio.
Avrebbe potuto dare l’impressione che si stesse preoccupando
di…
“Piotr, ho l’impressione che ci sia qualcosa che
non va!!!!!!!”
Come non detto.
Non per niente Newton si morse la lingua subito dopo…
“Va tutto bene. Non c’è bisogno che ti
preoccupi per me.”
“No che non va tutto bene, scemo!!!!!! Si vede lontano un
miglio che hai qualche grillo per la testa!!!!! Sei ancora
più pensieroso del solito!!!!! Ah e poi… Cosa ti
fa credere che io mi stia preoccupando per te????? Ti senti per caso
così importante?????” concluse Newt incrociando le
braccia sul petto e inscenando il ruolo dell’altezzoso
indifferente.
Piotr inarcò un sopracciglio.
Poi aprì il rubinetto del lavandino che gli stava di fronte,
e fece passare le proprie mani sotto l’acqua scrosciante, per
pulirsele dai residui di cocktail appiccicoso che vi erano rimasti.
“Il fatto che tu pensi troppo poco ti fa credere che io stia
pensando troppo.” Rispose sorridendo tra
sé e lanciando a Newton uno sguardo di sfida.
Newt si bloccò un attimo.
Il solito paio di secondi per afferrare il senso della frase, e
poi…
“Ma che cazzo vuoi da me????? E io che ero anche venuto qui
preoccup… cioè, per accertarmi che la macchia se
ne fosse andata via!!!!!! E questo è il
ringraziamento!!!!!!”
Piotr si asciugò le mani sfilando qualche altra salviettina
di carta, e si diresse verso l’uscita del bagno.
Passò a fianco a Newton e, dopo aver alzato piano la propria
mano, la calò sulla sua testa, spettinandogli un
po’ i capelli.
“Ehi!!!!! Ma che cazz…?!?!? Chi ti ha dato il
permesso di toccare i MIEI capelli???????”
Piotr accennò un lieve sorriso.
“Andiamo. Ora siamo noi che probabilmente stiamo facendo
aspettare Aaron e Ulrich.”
***
“NON-SONO-ANCORA-ARRIVATI!!!!!!!!!!!!!!!”
sbraitò Newton al vedere che Aaron e Ulrich non solo non li
stavano aspettando, ma non c’erano proprio.
“A quanto pare…”
“Smettila di fare l’indifferente Piotr!!!!! Tu vuoi
che siano qua tanto quanto lo voglio io, perché sai
benissimo da solo che stare con te è una noia
mortale!!!!!!”
“Insinuando che io mi annoio da solo, stai al contempo
negando la tua stessa presenza. Ovvero, non tenendo in considerazione
te stesso nella tua stessa affermazione, non ti stai considerando da
solo. Vedo che stai imparando ad ignorarti. I miei
complimenti.”
“Grrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!!!!! Vedi perché voglio
che Aaron sia qui?????? Tu mi porti all’esasperazione!!!!!!!
Dannato Mr SoTuttoIo
dei miei stivali!!!!!!!!!!!”
Piotr si limitò a squadrarlo per un paio di secondi.
Per poi aggiungere…
“Quali stivali..?”
Newton allora fu sul punto di rispondergli nuovamente a tono, ma si
trattenne.
Qualcosa lo
trattenne.
Un vago brontolio che giungeva in lontananza…
“Ho altre cose più importanti da fare che
ribattere continuamente alle tue battutine sarcastiche!!!!!”
“Ah sì?” fece Piotr alzando il
sopracciglio “Tipo...?”
“Mangiare!!!!!” rispose Newt afferrando con
entrambe le mani, poste a coppa, un’ enorme valangata di
patatine dalla ciotola che stava sul tavolo dei rinfreschi, dietro di
loro.
E mentre Newton si abbuffava, Piotr aspettava pazientemente, ingannando
il tempo osservando la folla ballare, ballare e… ballare.
Lo riteneva uno spettacolo piuttosto monotono.
Soldi sprecati, se per vederlo avesse dovuto comprare un biglietto.
Ma qualcosa colpì improvvisamente la sua attenzione.
Avrebbe preferito che non fosse successo, però sapeva che
prima o poi sarebbe accaduto. Una persona così appariscente
non sarebbe mai rimasta nascosta nell’ombra per troppo tempo.
E allora lo osservò, da lontano.
Non seppe bene il motivo…
Ma, volente o nolente, ormai aveva attirato la sua attenzione.
Anche perché era impossibile non notarlo.
Con una grandissima disinvoltura aveva scavalcato con un solo balzo il
mixer situato in un’improvvisata postazione da dj, fatta di
scatoloni impilati uno sopra l’altro. E subito si era buttato
in pista, al suono della sua stessa musica, e altrettanto velocemente
si era ritrovato circondato da un sacco di ammiratrici vogliose.
O almeno questa fu l’impressione che ebbe Piotr.
Da questa cosa però non era particolarmente colpito.
Ripeto, una persona così appariscente difficilmente sarebbe
passata inosservata.
Ma c’era dell’altro…
Qualcos’altro che aleggiava nell’aria, tra lo
scandire di note della musica dance e i colori accesi delle luci a
intermittenza…
E una strana sensazione.
Un orribile sensazione.
Perché da quando l’aveva visto entrare in
pista…
…non era più riuscito a smettere di osservarlo.
Lo vedeva ballare sicuro di sé in mezzo alla pista, quasi
fosse l’unico ballerino al centro della sala.
E, in quello che sembrava quasi un gioco erotico, si divertiva ad
alternare le espressioni sul proprio viso, che però
ricordavano tutte una sorta di godimento interiore.
Ma a parte questi piccoli dettagli che non potevano scatenare in lui
nulla se non un vago ribrezzo, il solo vederlo ballare in modo
così sciolto, unico in mezzo a tutta quella gente, gli
ricordava qualcosa di simile a un telo… morbido e
fluido… attraversato da un soffio di vento.
Allo stesso modo gli pareva che Andy si lasciasse attraversare dalla
musica.
E, osservandolo così avvinghiato e stretto da quella
passione così forte, gli pareva quasi un’altra
persona.
Oddio senza sbilanciarci troppo ora…
Probabilmente lo sembrava solo perché stava facendo qualcosa
che gli piaceva…
Che amava…
E anche perché non stava rompendo i coglioni a lui.
Cosa non da poco conto.
Decisamente
non da poco conto.
Però era veramente strabiliante.
Questo doveva ammetterlo.
Non aveva mai visto nessuno ballare così.
I suoi movimenti erano così fluidi, liberi… e si
susseguivano incessantemente incastrandosi in modo perfetto
l’uno con l’altro, come una sequenza di palle da
biliardo che si colpiscono una di seguito all’altra.
E facendo sempre centro.
Finito un movimento, ne iniziava subito un altro, senza che nemmeno si
percepisse il distacco tra i due.
Piotr era da sempre un grande osservatore.
Nessun particolare, nessun dettaglio sfuggiva alla sua vista.
E ora si era preso bene ad osservare Andy.
In ogni più piccolo ed insignificante particolare.
Almeno finchè Andy non si fosse accorto di lui
perché, se fosse successo, l’avrebbe subito
avvicinato e molestato, come suo solito.
Ma la cosa strana era che in quel momento non riusciva a vedere Andy
completamente in cattiva luce. Stava facendo quello che gli piaceva. E
magari può sembrare esagerato da dire, ma ci stava mettendo
l’anima.
Lui l’aveva percepito.
Però forse non era stato l’unico…
Perché notò che Andy riscuoteva una grandissima
ammirazione, non solo da parte delle donne, ma anche da parte degli
uomini. E questo non sessualmente parlando, anche se magari
c’era qualcuno interessato anche da quel punto di
vista…
Il fatto era che Andy poteva fare qualsiasi stronzata. Poteva mettersi
a rotolare a terra come un pazzo, a ballare il ballo del qua qua o
mettersi ad imitare un tricheco in calore (cosa che in
realtà non si discostava molto dalla sua vera
natura)…
Però.
Qualsiasi cosa facesse… riscuoteva una grandissima
ammirazione da parte di tutti.
Se si fosse messo a ballare come un deficiente…
probabilmente gli altri l’avrebbero seguito e imitato. O in
ogni caso non avrebbero comunque diminuito la considerazione che
avevano di lui.
E tutto ciò nonostante non lo conoscessero.
Forse era questo che attirava Piotr.
Il suo carisma.
Quello strano magnetismo che suscitava in tutti…
…a parte lui.
Però in certi casi bisogna anche saper essere obiettivi.
Ma Piotr non fece in tempo a pensar relativamente
bene
di lui, che
subito Andy riuscì a smentirlo.
Perché fino a quel momento aveva ballato da solo.
Ora aveva iniziato ad avvinghiarsi anche alle ragazze.
E così il suo istinto animale diventava inevitabilmente
sempre più evidente.
Molto evidente.
Semplicemente, quando si stancava di ballare da solo, si avvinghiava ad
una ragazza, che trascinava a sé col semplice ausilio del
suo sorriso.
Falso e
spudorato…
pensò Piotr.
E il momento successivo gli faceva venire ancora di più il
ribrezzo.
Lo vedeva che, mentre stringeva a sé con forza
l’oggetto del suo desiderio, ovvero l’occasionale
compagna di ballo, i suoi occhi si socchiudevano, alzava la testa verso
l’alto, e sul suo viso si dipingeva con
un’espressione d’estasi così evidente
che Piotr temette che stesse venendo sul serio.
Probabile.
Estasi poi dovuta a cosa?
Chissà.
Forse dovuta alla musica che lo avvolgeva… o molto
più probabilmente all’occasionale ragazza che
stava rimorchiando.
E le sussurrava qualcosa nell’orecchio, le sorrideva
maliziosamente e l’ipotetica “lei” rideva
a quelle parole così segrete che lui le aveva appena
confessato.
“Porco.” disse improvvisamente Piotr apatico e con
le braccia conserte sul petto.
“Cosha..? Ge l’hai chon me??????”
sbottò Newton con la bocca piena di pop corn e altre
schifezze varie.
“No, tranquillo. Continua pure a fare il porco anche
tu…”
Probabilmente Newt non percepì bene la velata frecciatina di
Piotr… altrimenti gli avrebbe risposto per le rime. Era
troppo occupato a rimpinzarsi… come un maiale, appunto.
Piotr tornò all’oggetto della sua osservazione.
Quasi fosse un inviato speciale di National Geographic che scruta le
abitudini del raro esemplare di Macacus
arrapatus della Sexonia
meridionale…
Ma poi.
Era un esibizionista.
E che esibizionista, dannazione!!!!!
Quando lo vide prendere il proprio cappello e lanciarlo come un frisbee
così che qualche donna della sua schiera lo afferrasse
ammaliata ed arrapata pure lei… il sangue gli
ribollì in corpo.
Si stava approfittando di tutte quelle galline che
gli
svolazzavano
intorno.
Ma questa non era una novità.
Anzi.
Questo era il biglietto da visita con cui Andy si era presentato a lui.
Come poteva dimenticarlo?
Quell’aria da presuntuoso, di uno che conosce le proprie
capacità a tal punto da diventare troppo sicuro di
sé…
E così tutte le sue mosse risultavano finte,
calcolate…
Sapeva bene cosa voleva o come poterlo ottenere.
Ed era proprio questa sua innata presunzione che Piotr non poteva
sopportare.
Non poteva sopportare lui.
E meno male che non l’aveva ancora visto!!!!!
Sapeva che prima o poi sarebbe venuto a cercarlo, ma sperava che non
riuscisse a trovarlo.
Quell’arrapato,
d’un mandrillone, di un cane in
calore, peggio di quelli che ti si attaccano alla gamba e incominciano
a…
“Perché ti preoccupi tanto di lui?”
La voce squillante di Newton lo risvegliò improvvisamente
dai suoi pensieri.
“Prego?”
“Massì!!!!! E’ inutile che neghi!!!!! Ti
ho visto, sai???? E’ da più di un ora che stai
osservando quel dj!!!!!!Che hai in testa, eh????”
Ma, prima che Piotr potesse rispondergli, Newt si rispose da solo.
Sussultò.
“Oh no…. Non dirmi che… Sei passato
all’altra sponda!!!!!!!!!”
“Newt…”
“OHMMIODDIO, Piotr!!!!!! Da te non me lo sarei mai
aspettato!!!!!!!”
“Newt…”
“Appena lo verrà a sapere Aaron vedrai come
rimarrà scioccato!!!!!!!!!! Forse quasi quanto me!!!!!!!!
Anzi…. Più di me!!!!!!!!!!!!!!!”
“Newton, guarda che io… ma che stai
facendo?” domandò Piotr vedendo che, a ogni sua
parola, Newt faceva un passo indietro, allontanandosi da lui.
“Newt, guarda che non sono affetto da
peste….”
“Sìsì certo!!!! Dicono tutti
così!!!!! E poi…. Bim Bum Bam!!!!!!! E ti ritrovi
frocio!!!!!!!”
“Newton la vuoi piantare???” gridò
questa volta Piotr, alzando decisamente il tono di voce.
Fortunatamente il volume dalla musica aveva coperto il suo urlo
disperato…
“Ok…ok.. stavo scherzando… ma mi
raccomando, non farmi brutti scherzi, eh? Sono un uomo molto credente,
e la cosa potrebbe ferirmi profondamente…” disse
facendo il finto amareggiato.
“Newton tu sei il dio Ateo in persona. Se vuoi che io tenga
in considerazione quello che dici, almeno usa a tuo favore delle tesi
credibili.”
“Sìsì, certo….”
fece Newton snobbandolo nuovamente e andando a versarsi un altro
po’ di cocktail.
Piotr, al vederlo andare via, sospirò, mettendosi una mano
sulla fronte, e massaggiandosela un poco.
Gli stava venendo un forte mal di testa.
E i motivi erano piuttosto evidenti, direi…
Si tolse la mano dal viso, e tornò a guardare la pista.
Andy si era allontanato un secondo per controllare la musica o per
cambiare qualche cd, ma fu di ritorno subito dopo.
E la solfa si ripeteva.
Andy che si strusciava allegramente su una ragazza… poi su
un’altra… e su un'altra ancora…
E tutte loro erano accondiscendenti, anzi, pareva non potessero essere
più gratificate.
Gli fece veramente schifo pensare a come potesse trattare le donne come
oggetti, come semplici appagamenti del suo desiderio.
Tutto doveva girare intorno a lui.
Ovviamente.
Che uomo
infame… come si fa a trattare in maniera
così superficiale delle….
Ma d’improvviso anche i suoi pensieri si bloccarono.
Notò qualcosa, che aveva smosso la monotonia di
ciò che stava osservando.
Andy si spostò dal centro della pista, abbandonando tutte le
ragazze che lo circondavano e, a passo lungo e deciso, si
diresse verso il fondo della sala, alla parete perpendicolare a quella
dove stavano Piotr e Newton.
Piotr provò ad osservare meglio, nel buio della sala, per
vedere cosa stesse facendo Andy.
Strizzò un po’ gli occhi, e si sistemò
bene gli occhiali sul naso, così riuscì ad
intravedere la figura di una giovane ragazza, seduta in disparte, che
stava piangendo, sola.
Vide Andy parlarle un po’… abbassarsi poi sulle
ginocchia… e sorriderle dolcemente, asciugandole le lacrime
che scendevano copiose sul suo viso.
La ragazza sembrava desistere dalle sue attenzioni, sembrava intimarlo
di tornare a ballare e di lasciarla perdere…
O almeno questa fu l’impressione che ebbe Piotr.
Provò, ad avvicinarsi un po’ a loro, per osservare
meglio, senza però farsi vedere.
Andy a quel punto si rialzò in piedi, prendendole le mani.
Lei ancora fece segno di no con la testa, e Piotr potè
leggere dal suo labbiale le parole “Non so ballare.”
Ma Andy continuava ad insistere, e la trascinò comunque con
sé.
Piotr, continuò ad osservarli, da lontano.
Mentre tutti ballavano come pazzi scatenati al suono di quella musica
così energica, Andy abbracciò la ragazza,
tirandola verso di sé e ballarono vicini, uno di fronte
all’altro, un lento che solo loro potevano immaginare di
sentire.
Ad un certo punto la ragazza riprese a piangere e strinse forte Andy a
sé. Allora lui in risposta le sorrise dolcemente, e le
disse…
“Stai tranquilla. E’ tutto a posto ora.”
Sembrava che lei si stesse affezionando particolarmente a lui.
E Andy se ne era reso conto.
Quando la vide troppo stanca e frastornata la fece sedere su una sedia,
dove quasi si addormentò. Fece per allontanarsi da lei,
quando si risvegliò e gli disse esitante..
“Dove vai?”
Andy le sorrise.
“Vado al mixer. Anche se mi diverto purtroppo sto pur sempre
lavorando.”
Se ne andò da lei lasciandola con un sorriso e, quando si
voltò a guardarla, pareva già assopita.
Durante il tragitto verso la sua postazione puntò un tipo e
lo fermò, mettendogli una mano sulla spalla.
“Senti, ti piace quella ragazza?” disse Andy
indicando con un cenno la giovane addormentata in fondo alla sala.
“Sì è carina…”
fece l’altro non capendo dove Andy volesse andare a parare.
“E perché non ci hai provato con lei???”
chiese di nuovo Andy più insistente.
“Perché ci stavi provando tu!!!! Non sono mica un
porco che se le fa tutte una dietro l’altra
io!!!!!!”
“Bene.” disse allora Andy ricomponendosi e
sorridendo malizioso.
“Va’ dai lei allora.” aggiunse.
“Cosa??? Ma se ci stai provando tu!!!!!”
“Se ti piace e non hai cattive intenzioni accompagnala a
casa. Ha bisogno di riposare.”
“Ma….”
Andy afferrò il ragazzo per la maglietta.
“E se ti azzardi a torcerle anche un solo capello ti ammazzo.
Chiaro?”
“Sì… chiaro…”
rispose l’altro intimorito.
Andy fu allora sul punto di andarsene, quando il ragazzo lo
bloccò con una domanda.
“Ma perché vuoi che me ne occupi io?
Cos’è… Non ti piace..?”
Andy si voltò.
“Oh no. Mi piace eccome. E’ una bellissima
ragazza.”
“E allora perché non ci provi tu?
Perché lo stai lasciando fare a me???”
Andy sorrise, stupito da quella domanda.
“Perché…” disse
allontanandosi voltando le spalle al ragazzo
“…è meglio che si dimentichi
di un tipo come me.”
***
Quando li videro entrare… beh quasi non riuscivano a credere
ai loro occhi.
Pareva così strano vederli ridere, scherzare e scambiarsi
battute come se si conoscessero da anni. E soprattutto
perché fino a qualche ora prima Ulrich si mostrava ancora
piuttosto titubante nel dare confidenza ad Aaron.
Ancor meno a loro.
Ma quando Piotr e Newton li videro in
quell’atteggiamento… non poterono fare a meno di
rimanere piacevolmente sorpresi.
Forse era anche ora che quei due finalmente iniziassero a conversare
amichevolmente, senza nessuna paura…
Però qualcosa doveva essere successo.
Sicuro.
Prima c’era un evidente muro tra loro due, un muro che
entrambi non erano ancora stati in grado di abbattere. E adesso invece
sembrava che quel muro fosse magicamente scomparso.
Così.
Da un momento all’altro.
Chissà che cosa…
Non importa…
pensò Piotr tra sé e sé.
Li guardò e sorrise, al vederli così in sintonia.
Pareva andassero d’amore e d’accordo come non mai.
Newton invece continuò a fissarli, a bocca aperta,
e con ancora il bicchiere stretto nella mano.
<>No… Non
è possibile!!!!! Aaron? E il serial
killer…? Pappa e ciccia???? Culo e camicia????
Dev’essere un allucinazione!!!!!!! Ma sei sicuro che siano
loro????E poi… chissà perché si dice
“Culo e camicia”… Mmmm…
questa è proprio una bella domanda…
Mah… Forse perché sotto sotto….
“Ehi! Che c’è da guardare?”
disse Aaron dopo aver interrotto la sua risata al vederli
così stupiti.
Ulrich, accorgendosi solo in quel momento di essere stato osservato per
tutto il tempo, arrossì, e smise subito di parlare.
“Come che c’è che non va???? Te ne sei
andato via che quasi neanche lo conoscevi e ora arrivi qui tutto pappa
e camicia, culo e ciccia o come cacchio si
dice…..!!!!!!!”
“Non c’è niente che non va, sono sicuro
che ti sta confondendo con qualcun altro. Non è vero
Newton…?” intervenne tempestivamente Piotr.
“Qualcun altro un cavolo!!!!!!!!!! Io mi riferivo
proprio….!!!!!!!!”
“Oh. Hai detto che vuoi un sorso di cocktail? Ti accontento
subito.”
“Ehi aspetta!!!!! Io non ho detto proprio
nient….!!!!!!”
Ma Piotr lo zittì portando il suo stesso bicchiere, con la
sua stessa mano, alla sua stessa bocca con la forza.
E Newt fu costretto a bere, altrimenti si sarebbe sbrodolato
tutto…
“Buono?” domandò poi Piotr con
indifferenza, quasi quella fosse solamente una domanda da manuale.
“Pfffffffff!!!!!!!!!!!!!!” sbottò Newton
sputando fuori il cocktail in segno di risposta più che
esaustiva.
E una volta ripreso….
“Eddai insomma!!!!!!!!! La volete piantare una buona volta o
no con i vostri litigi???? Io e Ulrich stavamo solo chiacchierando un
po’… non è vero Ulrich?
Ulrich…? Ulrich…?!”
Aaron si voltò più volte per cercare
l’amico che, preso dal battibecco degli altri due, aveva
perso momentaneamente di vista.
“Ulrich...? Ulrich...?” continuava a domandare
spostandosi a destra e a sinistra e rovistando tra
la
folla.
“Aaron è laggiù.” gli disse
Piotr facendo un cenno con la testa.
Ulrich dal canto suo, sentendosi semplicemente a disagio per la
situazione imbarazzante che si stava per creare, si era solamente
allontanato un poco da loro, e si stava ora guardando attorno con aria
incantata, come se fosse finito nel mondo delle fiabe.
Effettivamente quella era una realtà per lui sconosciuta, ed
era normale che fosse incuriosito da tutta quella folla di gente
festante, dalle luci psichedeliche, dalla musica fin troppo alta, dai
cocktail, dai rinfreschi…
Non sapeva più dove voltare la testa.
Si era guardato talmente tanto attorno che quasi si sentiva il
torcicollo.
Ma poi improvvisamente qualcosa attirò la sua attenzione
sopra tutto.....
“Lascialo andare.” disse Piotr ad Aaron bloccando
così il suo tentativo di salvataggio.
“Ma devo andare a prenderlo!!!!!! Si mischierà con
quella folla di tamarri allucinati che potrebbero risucchiarlo tra
loro!!!!! Potremmo perderlo Piotr!!!!!! Potrebbe diventare un
ibrido!!!!!!!”
“Calmati Aaron, stai iniziando a parlare come
Newton… il ragazzo vuole semplicemente guardarsi un
po’ in giro…”
“Sì ma è pericoloso!!!! Potrebbe
perdersi in quell’ammasso di gente, finirebbe per essere
calpestato e risucchiato da quella massa
informe!!!!!!!!”
“Vuoi dire come sta succedendo a Newton?”
“Sì, voglio dire come sta succedendo….
Cosa????”
“Newton è appena andato a ballare con la massa
informe.”
“E perché l’hai lasciato
andare????????”
“Qualsiasi cosa che allontani Newton da me è
sempre ben accetta.” commentò Piotr lapidario come
suo solito.
“Ma… ma…. Dovevi
fermarlo!!!!!!!” intervenne Aaron disperato.
“E’ grande e vaccinato. In teoria. Ma in fondo,
quando si tratta di legalità, quello che conta è
l’età anagrafica…”
“Ma Piotr si tratta della massa informe!!!!!!!!!!
Siamo
fratelli, dobbiamo sostenerci l’un l’altro
perché non ci degradi fino al degenero
completo!!!!!!!!”
Piotr rispose inarcando il sopracciglio.
Per l’ennesima
volta.
Aaron sospirò, e si appoggiò di schiena al tavolo
dei rinfreschi, accanto a Piotr.
“Non credi sia meglio tener d’occhio un tipo come
lui in mezzo a così tanta gente?” disse rivolgendo
il suo sguardo verso la folla “Newt è bravo a
combinare casino in condizioni normali, figuriamoci quando è
pieno di gente… Ubriaca e festaiola per di
più… Sai bene che lui è uno che si fa
facilmente prendere la mano, soprattutto nelle cose che lo attirano di
più, che solitamente sono proprio le cose che non dovrebbe
fare… Quindi perché non…” si
voltò verso Piotr.
“Piotr? Piotr…? Piotr…?! Maccome di
nuovo?????” esclamò esasperato.
Com’è che la gente quella sera aveva
così tanta voglia di sparire senza dirgli niente?
Sospirò abbassando lo sguardo in direzione dei propri piedi.
Li guardò per un poco ma poi scorse qualcosa, con la coda
dell’occhio.
Alzò lo sguardo in quella direzione e intravide Piotr che
cercava con lo sguardo qualcuno, tra la folla.
Beccato...
pensò sorridendo tra sé e sé.
Poi scostò lo sguardo dall’altra parte della sala.
Lo avevano lasciato solo, sì. Ma tutti i vari componenti del
gruppo erano comunque sparsi in giro per la stanza. E da quella
parte,
si era diretto Ulrich.
Non ci mise molto a ritrovarlo.
Ulrich era l’unico a muoversi lentamente per la sala, come
uno zombie, guardandosi in giro e tenendo la bocca
leggermente aperta, senza neanche accorgersene. Sembrava veramente
affascinato da tutto quello che stava vedendo.
E se da una parte era un male, beh, per lui che della vita non aveva
visto ancora niente, non poteva che essere un bene.
Questa era una motivazione più che valida per lasciarlo fare.
Era giusto che anche lui a poco a poco scoprisse cosa c’era
al di fuori di quelle mura entro le quali lo avevano tenuto chiuso per
tanti anni…
Sorrise di nuovo afferrando un bicchiere di cocktail e bevendone un
sorso.
“Oh beh… Vorrà dire che oggi passerai
la serata da solo caro, mio…” si disse tra
sé.
Poi si voltò verso Piotr…
Verso quello che riusciva a scorgere di Newton…
Verso Ulrich…
“…ma va bene così.”
Sorrise dolcemente, sorseggiando nuovamente un po’ del suo
dolce cocktail ai frutti tropicali.
***
Luci colorate, musica, balli, quell’atmosfera di festa che
sembrava non finire mai….
Tutto quello che lo circondava era davvero meraviglioso….
Ormai aveva esplorato quasi tutta la sala da cima a fondo.
E quasi quasi l’avrebbe esplorata nuovamente…
Se fosse che si era dimenticato di un punto importante, che ancora non
aveva visitato.
Quel punto che già da lontano aveva improvvisamente attirato
la sua attenzione.
Quello che sovrastava tutti gli altri.
Quello da cui tutto pareva nascere.
Quello che più di tutti l’aveva lasciato a bocca
aperta.
E nel contempo quello che più lo intimoriva, e a cui si
avvicinava con più esitazione.
Ma ora era arrivato lì.
A due passi da quel posto così importante…
Fu quasi sul punto di tornare indietro.
Se non che…
“Vuoi fare una dedica, fanciullo?” disse Andy
mentre stava rovistando tra gli scatoloni, cercando dei cd.
Era inginocchiato e voltato di schiena, ma si era accorto della
presenza di Ulrich vedendolo di sfuggita con la coda
dell’occhio.
Ulrich rimase zitto, a bocca ancora aperta e immobile, come una statua.
“Guarda che non ti mangio mica,
ragazzo…” disse Andy rialzandosi e voltandosi
nella direzione di Ulrich.
Fu sul punto di mettere il cd sulla console, quando si fermò
per un momento, esitante.
Ulrich continuava a fissarlo, di rimando.
E anche Andy rispose alla stessa maniera.
“Ah… capisco…” disse poi
ritornando a guardare il suo mixer “…la serata si
fa interessante.”
Accostò una cuffia all’orecchio, sorreggendola tra
la testa e la spalla e sorridendo tra sé, divertito.
“Allora…” aggiunse poi posizionando il
disco sulla console “…la vuoi fare questa dedica,
o sei solo uno dei tanti….”
I loro sguardi si incrociarono ancora.
Andy gli sorrise, malizioso.
“….a cui piace stare a
guardarmi?”
I suoi gelidi occhi azzurri incontrarono di nuovo quelli di Ulrich, che
non seppe fare altro se non rimanere costantemente immobile di
fronte alla vista delle enormi ali nere, che sovrastavano il
suo licenzioso interlocutore.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=461523
|