A Thousand Miles

di Viki_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I. ***
Capitolo 3: *** II. ***
Capitolo 4: *** III. ***
Capitolo 5: *** IV. ***
Capitolo 6: *** V. ***
Capitolo 7: *** VI. ***
Capitolo 8: *** VII. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ci vuole un'introduzione, preparatevi, vi annoierò.
Questa storia si è classificata seconda nel contest "Rabbits on the run" indetto da Patronustrip sul forum di EFP, quindi è già scritta.
Sono veramente onorata di aver raggiunto tale risultato.
Oltre al prologo ci sono dieci capitoli e altrettante canzoni da cui ho tratto ispirazione. Sono tutte canzoni di Vanessa Carlton e sono tutte (salvo questa, che è più datata) tratte dall'album Rabbits on the run.
Ok, inizia la parte pesante: basandomi su alcuni versi precisi e sul mood delle canzoni, ho creato dei capitoli che trattassero degli stessi temi dei testi (l'abbandono, la rinascita, la voglia di cambiare). Alcune frasi sono riportate praticamente alla lettera (le ho sottolineate). Rabbits on the run è un album un po' complicato da capire al primo
ascolto. Parla di cambiamento, di fatica, di solitudine, ma anche di amore e di cieli stellati.
Ho cercato di contestualizzare tutta questa valanga di immagini ed emozioni secondo il mio stile.




Dedico questo capitolo a te, che la canticchiavi sempre.




A Thousand Miles

PROLOGO



If I could fall
Into the sky
Do you think time
Would pass me by?
'Cause you know I'd walk
A thousand miles
If I could
Just see you
Tonight
(A thousand Miles)



“Bunhill, Harry? Perché?” chiesi facendogli cenno di sedersi su una panchina, spezzando i suoi pensieri.
Non rispose, rimase a guardare il prato, le pesanti lastre di pietra ammonticchiate nei recinti di ferro battuto.
Eravamo entrati in un altro mondo, fatto di silenzio e di zampettare di scoiattoli.
Niente faceva pensare a Londra, la metropoli che ci circondava ma che lì non era riuscita ad arrivare.
Da secoli Bunhill Fields era lo stesso.
Quando capii che non mi avrebbe risposto, lo assecondai e rimasi in silenzio per lunghi minuti.
Lo sai, camminerei un migliaio di miglia se potessi soltanto vederti stanotte.” borbottai guardando il selciato che disegnava diversi sentieri nell'erba. “Strano luogo per scrivere una frase del genere, il pavimento di Bunhill Fields.”
“Per me invece è perfetto.” rispose tornando finalmente a guardarmi. “Cosa c'è di più eterno ed immutabile di un cimitero?”.

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Capitolo 2
*** I. ***


Dedico questo capitolo alle mie Aurors. Vi sto un po' trascurando, ma vi Awwwo un sacco.

A Thousand Miles

I.



Stealing glances through the key hole
In a brick wall's wooden door
Change are keeping quite secrets
200 year old folklore
(Hear the bells)



“Ho lasciato Ginny.”.
Cercai di sembrare stupita, non mi credette.
Rispose al mio triste tentativo alzando le spalle.
“Te l'ha detto lei?”.
“No, solo...”.
Stai cambiando in fretta, Harry.
Il rumore della porta di ingresso e un paio di imprecazioni ci interruppero.
Kevin Smith, il coinquilino americano di Harry, entrò in cucina con paio di borse piene di qualcosa che tintinnava ad ogni suo passo.
“Buongiorno, Miss Granger.”.
Ne posò una sul tavolo per prendermi la mano e fare un mezzo inchino.
“Ehi, Pottah, stasera do una festa qui in casa.” annunciò appoggiando anche la seconda sporta.
“E che si festeggia questa volta?”.
“Abbiamo già sentito il Ringraziamento canadese e quello americano, la festa di metà autunno, Halloween..” snocciolai contando con le dita di una mano.
“...il Columbus Day, come dimenticare il Columbus Day!”.
Ridemmo.
Kevin borbottò qualcosa di molto simile a “guastafeste”, poi iniziò a svuotare le borse.
“Comunque, si festeggia la fine del primo trimestre.”
“Veramente il trimestre finisce domani.” gli feci notare guardando il calendario dei Los Angeles Galaxy che aveva appeso in cucina.
Anche l'ultimo giorno di novembre era stato spuntato.
“Sì, però domani sera parto. E che festa è senza Kevin Smith?”.
“La verità è che nessuno degli altri è abbastanza folle da offrire il proprio appartamento per una festa.” mi sussurrò Harry, “Comunque a me va bene, non ho programmi per stasera.”.
Detto questo Harry si alzò e iniziò a sistemare le bottiglie di Rum e Martini che l'altro aveva disposto sul tavolo.
“Hermione, sei dei nostri?”.
“Sono fuori a cena con Ron, mi dispiace. Magari passiamo dopo.”.
Harry alzò le spalle, Kevin invece sbuffò rumorosamente.
“Adesso che Pottah ha mollato Miss “Kevin è una cattiva compagnia”, ti ci metti tu? Porta qui il Rosso, dai. Dammi dieci minuti e lo trasformo nell'anima della festa.”
“Vedrò che posso fare.”.
Lasciando il nuovo appartamento di Harry, fui assalita dalla solita sensazione di incompletezza.
Lui, nonostante tutto, nonostante la sofferenza e la morte che ci aveva accompagnato per mesi, sembrava avesse dimenticato.
Era riuscito a cambiare vita.
Si era iscritto all'Accademia, aveva preso in affitto quel appartamento nella residenza studentesca, aveva nuovi amici.
Anche se stavo facendo il suo stesso percorso, anche se anche io avevo cambiato casa e avevo iniziato a convivere con Ron, mi sentivo un passo indietro.
Passeggiando per Chinatown troppo pronta al Natale per il 30 di novembre, cercai di trovare un nome a quello stato d'animo.
Le luminarie di carta e seta, i Babbi Natale che cantavano in lingue sconosciute, le campane.
Tutto intorno a me sembrava volermi suggerire la strada da percorrere.
E io, come una bambina spaventata, lanciavo sguardi furtivi attraverso il buco della serratura.
Intimorita dal cambiamento, intimorita tanto dal suono quanto dal rumore, rimanevo immobile.
E nonostante l'amore ritrovato, nonostante le soddisfazioni in Accademia, nonostante tutto, ciò che mi faceva sentire viva era solo un tremendo mal 
di stomaco.

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Capitolo 3
*** II. ***



A Thousand Miles

II.



I waste away the days
Waiting on a new age
But time betrays me
And I get older one more year
(London)



“...Granger e Smith, Donovan e McKinley. Nei prossimi quindici giorni dovrete conoscervi. Ogni dettaglio della vostra personalità, ogni passione, ogni legame affettivo... nei limiti della decenza.” si affrettò ad aggiungere il professor Lullaby notando le risatine di due ragazze in prima fila. “La prova finale si terrà il 15 di questo mese. Se la supererete, vi verrà alleggerito il carico di libri per l'esame di maggio. Non avrete altri dettagli, nemmeno se mi riempirete di gufi fino allo sfinimento.. Vero signor Carver? Buon lavoro a tutti!”.
L'aula si riempì del grattare delle sedie sul pavimento.
Mi voltai verso Harry, seduto nell'ultima fila con Kevin.
Nonostante cercasse di tenere un certo contegno, era ovvio che la festa della sera prima si era protratta fino a molto tardi.
“Come è andata?” chiesi raggiungendoli.
Kevin mi saltò addosso, spettinandomi i capelli con una mano.
Miss Granger, la mia partner.”.
Harry sbadigliò.
“E' stata una bella festa, ma la casa è un porcile. Kevin, sei pronto?”.
“Certo, amore.” lo canzonò prendendolo a braccetto. “Vieni anche tu da noi, Miss Granger?”.
Sia Harry che Kevin si voltarono verso di me sorridendo.
“Va bene, ma non ho intenzione di alzare un dito.”.


L'appartamento era un disastro.
Ovunque bicchieri di carta, bottiglie di birra vuote.
Il pavimento scricchiolava di pop corn e salatini.
Harry si tolse la giacca e spostò un po' di rifiuti dal divano.
“Siediti.”.
“Scherzavo, posso darvi una mano se volete.”.
“Oh, no. Questo casino l'ha combinato Smith e Smith lo sistema.”.
“Ma io devo partire!” brontolò lui prendendo un bicchiere colmo di liquido ambrato.
Se lo portò al naso, fece una smorfia.
“E dove vai?” chiesi incrociando le gambe sul divano.
“A New York, una settimana.”.
“E il compito? Come facciamo a prepararci se sei così lontano?”.
“Ce la faremo lo stesso. Voglio dire, la metà delle cose su di te le so grazie a Pottah.”.
Harry gli lanciò un cuscino, poi iniziò a raccogliere i bicchieri.
I nostri occhi si incontrarono.
“Ma tu con chi fai coppia, a proposito?” chiese Kevin sollevando alcune bottiglie con la magia.
Harry sorrise, distolse lo sguardo.
“Sandra Pierce.”.
“Sandra? Quella che avevi nel letto stanotte?”.
Spalancai gli occhi, mi voltai verso Harry con un'espressione fintamente severa.
“Perchè detto da te tutto sembra un film porno? Era ubriaca, si è addormentata qui.”.
I due battibeccarono fino all'ora di pranzo, sistemando giusto lo spazio per cucinare e mangiare.
Era davvero strano trovarsi davanti a una realtà così diversa.
Quei due avevano fatto festa fino all'alba, eppure avevano ancora l'energia per scherzare.
Mentre Kevin preparava la valigia, io e Harry finimmo di sistemare la cucina.
“Devo accompagnare Kevin in stazione, vieni anche tu?”.
“Certo.”.


Dopo un addio teatralmente strappalacrime, che ci fece guadagnare le occhiatacce dei babbani di passaggio, lasciammo Kevin davanti a Victoria Station e ci incamminammo verso Diagon Alley.
“Mi mancherà.” borbottò Harry osservando il Terravision partire e litigare con il traffico della metropoli. “E' un pazzo.”.
“Da quando vivi con lui sei cambiato, sai? Sei più allegro, organizzi feste, dormi con sconosciute.”.
Harry sorrise.
“E' vero. Dopo tutta una vita passata a combattere per sopravvivere, c'è stato un momento in cui non sapevo cosa fare. Poi ho capito, non potevo sprecare altro tempo aspettando una nuova era. Dovevo essere io a cambiare la mia vita. E' come se mi fossi svegliato in ritardo. Non posso riavere il mio tempo indietro, ma posso cambiare il mio futuro. Posso cambiare l'adesso.”.
Rimasi a fissare Harry anche dopo che ebbe finito di parlare.
Mi colse un misto di ammirazione e di tristezza.
Sentendo il mio sguardo su di lui, Harry si voltò verso di me e sorrise.
“E' così strano voler essere felice? Che cos'è, in fondo, la felicità?”.
Camminando per le strade ventose di Londra, non riuscii a dire altro.
Rimasi in silenzio, accanto ad Harry.
Legai il suo braccio con il mio per scaldarmi.
La felicità quel giorno, qualsiasi cosa fosse, era ad un passo da noi.

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Capitolo 4
*** III. ***



A Thousand Miles


III.



 
And all you'll hear is the music
And beauty stands before you
And love comes back around again
It's a carousel, my friend
(Carousel)



“Ehi, hai visto Harry in questi giorni?”.
“Sì, ieri. Siamo andati da Hagrid e poi a berci una pinta ai Tre Manici di Scopa.”.
Ron finì il suo porridge e spedì la tazza a lavarsi da sola nel lavello.
“Oggi dovrebbe tornare Kevin, penso che andrò da loro più tardi.”.
“Ok. Io penso di finire presto oggi, abbiamo finito di sistemare le vetrine per Natale.
Andiamo al cinema dopo cena?”.
“Sì, va bene.”.
Mi alzai e lo accompagnai alla porta.
“Buona giornata.” gli sussurrai schioccandogli un bacio sulle labbra.
Mentre usciva di casa, sentimmo un forte vociare.
I Tiri Vispi Weasley, al piano di sotto, dovevano aver aperto in anticipo.
“Miss Granger!” urlò Kevin facendo capolino dall'ultima rampa di scale. “E c'è anche il Rosso!”.
Lo guardammo attoniti.
“Io devo rapirla, Rosso. Sono stato a casa e Pottah e Sandra sono due gemelli siamesi e noi... io devo rapirla, lo capisci, vero?” disse battendo una mano sulla schiena di Ron.
Lui aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza sapere cosa dire.
“Sarò qui per il cinema.” commentai correndo in camera per prendere il cappotto e mettere le scarpe.
Kevin mi aspettò fuori dalla porta.
Non seppi se Ron gli avesse detto altro, ma quando ritornai da lui era ancora molto agitato.
“Andiamo da te?”.
“Sì, e intanto raccontami tutto quello che ti viene in mente. Credimi, fanno impressione.”.


Era vero.
Harry e Sandra erano seduti in cucina, circondati da appunti.
In sottofondo alle loro voci una canzone rock stava intonando gli ultimi accordi.
“A che punto siete?” chiesi sedendomi accanto a loro.
Sandra si passò una mano nei corti capelli rosa.
“Con me abbiamo praticamente finito. Ma con la vita di Harry potrei scriverci un libro, accidenti.”
“Avete un metodo per ricordare?”.
“Mah, un ragazzo del terzo anno mi ha passato queste.” disse passandomi una pergamena stropicciata, “Sono le domande che Lullaby ha fatto negli ultimi due anni.”
“Ti ha detto niente della prova?” chiese Kevin strappandomi il foglio dalle mani. “Qual'è il piatto preferito del tuo partner? Ma a cosa serve questa cosa?”.
“Stufato di rognone.” disse Sandra, convinta.
“Torta di melassa.”.
Harry mi guardò un secondo.
“Sai, non avevo pensato alla torta di melassa. Sandra, è la torta di melassa.”.
“Mi stai dicendo che Hermione lo sa e tu no?”.
“Una cosa del genere.” borbottò.
“Ah-a. Uno a zero per Miss Granger. Geminio.”.
La pergamena delle domande si duplicò.
“Andiamo in camera mia, lasciamo questi due in balia dei loro appunti.”.


Non ero mai stata nella camera di Kevin.
Il suo essere americano si traduceva in mille sfumature.
Una bandiera, un poster dei Los Angeles Galaxy, centinaia di foto appese ai muri.
Kevin guardò la valigia ancora chiusa accanto al letto e gli diede un calcio.
“Non ho la scrivania, è un problema?”.
“No, no.”.
Mi sedetti sul grande letto matrimoniale e lui di fronte a me.
“Direi che possiamo partire dalle domande più ovvie e poi passare a...” dissi sbirciando la pergamena che aveva ancora in mano. “Descrivi occasione e motivo della prima volta che il tuo partner ha pensato di morire. Non ce la faremo mai.”.
“No, no. Pensiamo positivo.”.
Passammo il resto della mattina a raccontarci la nostra vita.
Kevin era nato a Londra, ma si era trasferito a Los Angeles a 3 anni. Era un nato babbano e aveva un fratello molto più grande, Joshua, che faceva il gallerista a New York.
I suoi genitori erano dei produttori televisivi e vivevano ancora a Los Angeles, mentre lui si era ritrasferito a Londra da un paio d'anni e aveva vissuto per un periodo con sua nonna.
Era un mago atipico.
Un mago molto babbano.
“E' quasi ora di pranzo, che ne dite di un cinese da asporto?” chiese Sandra facendo capolino dalla porta.
Annuimmo entrambi, ancora concentrati sulle ultime nozioni imparate.
“Benissimo, New York. Tu e Harry andate a prendere da mangiare.”.
“Qual'è il mio piatto preferito?”.
“Maccheroni al formaggio di nonna Grace.”.
Yes, Miss Granger. Dieci punti a Grifondoro.” disse lui sbirciando gli appunti e alzando un braccio “Batti un cinque!”.
Lo feci.
Sandra rise.
Ci alzammo dal letto e tornammo in sala.
Harry era già sulla porta.
“Non ho i soldi, Kevin mi ha rapita.” dissi avvicinandomi e sistemandogli il colletto della giacca.
“Non è un problema. Il solito?”.
“Sì.”.


Quando i due ragazzi ci lasciarono sole, io e Sandra ci accomodammo sul divano.
“Allora, come ti trovi con Kevin?” mi chiese.
“Bene. E' sempre allegro, un tornado. E tu?”.
“Scolasticamente parlando, male. Harry è veramente troppo complicato. Umanamente, benissimo. Lo conoscevo poco, ci ho parlato un paio di volte in tutto il trimeste e nonostante questo ero convinta di sapere tutto di lui grazie ai giornali e ai racconti della gente. In realtà Harry è tutto l'opposto.” sorrise. “A volte, quando in questi giorni mi raccontava la sua vita, i suoi sentimenti, io ero spiazzata. In alcuni casi gli ho chiesto di fermarsi, era davvero troppo da sopportare. La sua vita è stata una giostra. Alti e bassi. Quando parla dell'amore mi arrendo. Voglio dire, le sue parole sono musica per le orecchie di qualsiasi ragazza. Quel ragazzo è una scoperta continua.”.
Ascoltando le parole accorate di Sandra, mi sentii meno sola.
C'era qualcosa di estremamente vero e confortante nelle sue parole.
Harry era sfuggente per tutti.
Forse anche per se stesso.
C'era qualcosa in lui, nel profondo, nascosto agli sguardi indiscreti.
Una magia antica, un incantesimo di lunga durata mai rivelato prima.
“E' proprio un bello dentro, uno di quei ragazzi che guardi da lontano e ti chiedi che ci fanno con Kevin.”.
“Parli come se lo conoscessi bene.”.
“Chi, Smith? Siamo stati insieme per più di un anno.”.
Spalancai gli occhi.
“Ah sì? E quanto tempo fa?”.
“In realtà non ci siamo mai lasciati. E' una storia strana. Ci prendiamo e ci lasciamo spesso.”.
“E non fa male?” chiesi curiosa.
“No. Voglio dire... arriverà il momento in cui avrò il cuore talmente a pezzi da decidere di andare a trovare un altro amante, ma per ora sto bene così. Mi sembra, insomma. E' difficile sapere cosa è giusto e cosa no, quando si tratta d'amore.”.
“Non vi ho mai visti insieme, davvero.”.
“Da quando frequentiamo l'Accademia non ci vediamo più spesso. E' per questo che io vivo come se fosse finita.”.
Sandra si voltò verso la televisione e la accese, mettendo fine al discorso.
Mentre sullo schermo passavano le immagini intermittenti prodotte dal suo rapido zapping, ripensai a quello che mi aveva detto.
A quanti amori mi aveva descritto.
L'amore lento e profondo di Harry, che era puro e forte come il diamante.
L'amore scostante ma passionale di Kevin, che nonostante tutto le faceva brillare gli occhi.
Era una questione di ritmo.
“Ti manca, non è vero?”.
Sandra fermò la televisione su una televendita di aspira polveri.
Tornerà di nuovo. Lui è fatto così.”.

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Capitolo 5
*** IV. ***



A Thousand Miles


IV.



 
And And you didn't mean to do it
So I don't have to believe it
If you didn't really mean it
(Fairweather Friend)


“Manchester, cinque giorni.” ripeté Ron strappando con forza eccessiva un pezzo di pane.
“George vuole vedere un paio di negozi in vendita.”.
“E non poteva avvisarti prima?”.
“No... cioè. L'ho saputo settimana scorsa ma... Non c'è stata mai un'occasione per dirtelo.”.
Gli lanciai un'occhiataccia.
“Lo so che è un periodo così per te, mi dispiace Herms. Però...” disse appellando qualcosa nell'altra stanza. “Ti ho comprato questo.”.
Un cellulare.
“Che me ne faccio di un cellulare? Non ho nemmeno un numero.”.
Il mio tono di voce spense il sorriso sulle sue labbra.
“Scusa.” borbottai accendendo il telefono.
“Comunque, me ne sono comprato uno anche io. Ti ho già salvato il mio numero, quello dello studio dei tuoi, quello di Harry... Mi dispiace, davvero.”.
Ron mi prese la mano e fece un mezzo sorriso.
“Quando parti?”.
“Stasera, prima di cena.”.
“RON!”.
“Abbiamo ancora tutta la giornata per stare insieme, no?”.
“Già.”.


Come preventivato, Ron partì nel tardo pomeriggio.
Cercai di farmi passare la delusione e, tutto sommato, passammo una giornata serena.
Rimasta sola, decisi di prepararmi una tazza di thè e mi sistemai a berla accanto alla finestra.
Il nostro appartamento era affacciato su Diagon Alley, in quel momento abitata solo dagli ultimi negozianti.
Il mio stomaco brontolò, ma non ci feci caso.
Rimasi a fissare le luminarie di Natale senza sbattere le palpebre.
Il mondo si trasformò in grandi punti di luce cangianti.
Un campanile lontano batté le sette.
Qualcuno suonò alla porta.
“Harry?”.
“Ehi, emm... sei sola?”.
Ci guardammo, Harry fece lo sforzo di rimanere serio.
“Ti ha detto Ron di venire?”.
“Ron? No, no. Sì.” si corresse dopo il mio sguardo scettico.
“Entra.”.
Harry portava con sé una borsa di carta e la sua solita tracolla.
“Sono passato da Tesco.” disse togliendo dalla prima due confezioni di ramen istantaneo e dei biscotti al cioccolato. “Ho portato anche un dvd.”.
“Che ti ha detto di preciso Ron?”.
“Che eri un po' arrabbiata della sua partenza improvvisa e che non si fidava a lasciarti sola a casa.”.
Gli lanciai un'occhiataccia.
Harry non disse altro.
Riempì una pentola di acqua e la mise sul fuoco.
Rimanemmo in silenzio per un po'.
“Pensi che io non me la sappia cavare da sola? Hai intenzione di venire qui tutte le sere con la cena?”.
“No, no. Senti, io non voglio immischiarmi, ok? Lui mi ha chiesto se avevo da fare. Io sto con te volentieri, quindi non ho fatto tante storie e sono venuto qui.”.
“Però lui lo pensa.” commentai a bassa voce.
“Hermione.” Harry si voltò e mi diede un buffetto sulla guancia. “Adesso sei arrabbiata con lui e vedi tutto nero, lo capisco. Non pensiamo più a Ron, ok? Passami il ramen, che l'acqua bolle.”.


La cena fu molto piacevole.
Ci sedemmo sul divano, parlammo di tutto.
Di Ron, di Kevin, di noi.
“Kevin e Sandra fidanzati?” mi chiese ad un certo punto. “E io ho pure dormito insieme a lei, due notti fa.”.
“Ma avete, voglio dire.. hai...”.
“No, no.” si affrettò a dire lui. “Sono arrivato in camera e lei era sul mio letto, vestita. Russava pure. Io ero distrutto, così mi sono messo all'altro angolo del letto. Stop. Comunque questa storia mi è nuova, il fidanzamento, insomma.”.
“Tu e Sandra non vi siete raccontati le vostre vite sentimentali?”.
“No, non ci siamo ancora arrivati.” rispose Harry, meditabondo. “Però ora che ci penso Kevin è la risposta a molte delle sue domande.”.
“Credevi fosse una coincidenza?”.
“No, quello no. Ma non ho mai cercato una spiegazione.”.
“Beh, se Kevin mi avesse parlato molto di Sandra, mi sarei incuriosita. E invece non l'ha fatto. Non penso che lui si stia comportando bene con lei.”.
“A me sembrano piuttosto felici entrambi.” commentò lui con semplicità.
“Sì, però... Non vorrei che Kevin si sia servito di lei finché gli è servita. Poi è arrivato all'accademia e si è accorto che c'erano mille ragazze. Sai, con le matricole è facile, non sono così intelligenti come lei.”.
Harry incrociò le braccia guardandomi di traverso.
“Non puoi giudicare una storia da fuori, Hermione. Che ne sai tu di loro, del loro amore, di quello che c'è stato. Kevin sembra un cretino, uno che ogni sera esce con una diversa, ma non è così. Io non l'ho mai visto con una ragazza. E poi...”.
Harry si interruppe.
“E poi?”.
“E poi anche tu sei la risposta a molte delle mie domande, ma nessuno ha mai fatto un simile castello vedendoci insieme.”.
Tacqui.
Harry abbassò lo sguardo, si mise a litigare con le pieghe del rivestimento del divano.
“Non ci avevo pensato.” commentai candidamente.
“Lo so. Magari per te non è la stessa cosa, ma per me.. Ricordi belli e brutti, per forza di cose, sono collegati a te. Ti piacerebbe sentire parlare di noi come tu stai parlando di Kevin e Sandra?”.
“No, non avevo intenzione di farlo. Non ci avevo pensato proprio. E' che la loro storia d'amore... Sandra sembra molto presa mentre Kevin...”.
Di nuovo, il silenzio.
Mi sentii una sciocca.
Tutti i miei pensieri, tutte le mie congetture crollarono sotto il peso del sottile rimprovero di Harry.
Harry che, in quel momento, mi guardava diversamente.
Non sembrava arrabbiato, no.
Forse un po' deluso.
“Pensi che io sia una persona superficiale?”.
“No, no. Però hai frainteso Kevin. Lui non è uno di quei tipi che ci sono solo quando gli fa comodo o quando non c'è di meglio da fare. Lui è un amico vero e leale e sono convinto che prima di giudicare la sua condotta dovresti sentire anche il suo punto di vista.”.
Dopo il chiarimento Harry si alzò per far partire il film.
Poi, risedendosi, mi tirò verso di lui e mi abbracciò.
Non guardai il film.
Rimasi immersa nei miei pensieri per il resto della serata.
“Harry?”.
“Sì.”.
“Anche per me è lo stesso.”.
“Cosa?”.
“Sei la risposta alla maggior parte delle mie domande.”.

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Capitolo 6
*** V. ***



A Thousand Miles


V.



Pray to a ghost that we've never met
Time turns for a cure, for the scientists, for
madness, madness of the heart
she knew it, we knew it from the start
(Tall tales for spring)


“Il tuo incantesimo preferito... L'Expelliarmus.”.
“Giusto. Quale oggetto mi porterei su un'isola deserta?”.
“La bacchetta. Senti... ma... La bacchetta vale come oggetto?” mi chiese Sandra.
“Penso di sì. Tu che hai risposto?”.
“Un coltellino svizzero.” risposero in coro lei e Harry.
Applaudii.
Mi ero svegliata di prima mattina, sola.
Harry era stato con me fino a notte fonda.
Ci eravamo addormentati guardando uno dei film più noiosi della storia del cinema.
Quando Harry se n'era andato, mi ero sentita veramente sola.
Quell'appartamento, la casa che io e Ron avevamo scelto, mi sembrava troppo grande.
Tutto sommato, mi dissi continuando ad osservarli studiare, una casa non è un semplice
quadrato di muri.
Finestre, porte.
Mobili, tappeti.
Fuoco, acqua, elettricità.
La mia casa, il mio rifugio, era tutt'altro.
Era calore, profumo, mani, braccia.
Parole, musica.
In quel preciso istante, seduta sul tavolo della cucina nell'appartamento di Harry, sentivo
di avere tutto quello che volevo.
Tranne Ron, certo.
Mi mancava.
Nonostante il pensiero verso il mio ragazzo lontano, ero uscita dal mio appartamento
subito dopo colazione, quasi sollevata.
Harry era già sul divano con Sandra a studiare.
Kevin era uscito a fare jogging.
“Ok, è arrivato il momento di quelle nuove, Harry.” disse Sandra in tono solenne,
risvegliandomi dal mio sogno ad occhi aperti. “Tipo... Per chi o per cosa il tuo partner
morirebbe?”.
Harry alzò lo sguardo verso di me, fece un mezzo sorriso.
“Inizia tu.” disse a Sandra prendendo un pezzo di pergamena.
Mi alzai.
“Dove stai andando?”.
“Non penso che sia un argomento di cui Sandra vuole parlare con tutti. Posso aspettare
Kevin anche in camera sua.”
Lei scosse la testa.
“No, no. Rimani, mi fa piacere. Datemi solo un momento.” disse alzandosi a sua volta,
“Siediti accanto ad Harry, preferisco rimanere in piedi.”.
Sandra percorse la stanza con passo lento, massaggiandosi la fronte.
Harry, con la penna a mezz'aria, guardava lontano.
“Per chi o per cosa morirei? Penso per l'amore. Ma non in senso romantico, no. In senso...
Potteriano.” sorrise.
Lo sguardo che Harry le regalò mi scaldò il cuore.
“Penso che l'amore sia una delle invenzioni migliori del mondo. L'amore è tutto: follia,
tristezza, gioia. In questi giorni ho conosciuto forme d'amore diverso da quello che
conoscevo, di quello che ho provato e provo. E' l'amore inspiegabile, una forza che
combatte contro il destino, contro il malvagio che è in tutti gli umani. L'amore è tutto: un
sorriso assonnato, il cielo, una canzone rock.”.
Sandra si interruppe, gli occhi lucidi di vita e di commozione.
Senza rendermene conto avevo preso la mano di Harry.
Lui la strinse, rimanendo con lo sguardo sulla sua partner.
Proprio in quel momento Kevin entrò.
Il suo sguardo passò in rassegna la stanza.
L'atmosfera era densissima.
Le parole di Sandra sembravano aleggiare ancora nell'aria come fantasmi.
“Che sta succedendo?”.
“Stavamo parlando di te, New York.” rispose Sandra ricomponendosi all'istante.
Qualcosa si spezzò.
Kevin sorrise.
“Vado a farmi la doccia. Miss Granger, sono subito da te.”.
Nonostante l'interruzione, la mano di Harry era ancora serrata.
Lo conoscevo bene, anche se era cambiato.
Sandra, le sue parole, avevano avuto il potere di far riemergere la vera natura di Harry.
L'eroe.
Il frutto dell'amore più grande.
Harry che grazie all'amore era morto solo a metà.
Mi sembrò di sentire il battito accelerato del suo cuore.
“Hai abbastanza informazioni?” chiese Sandra appellando poi una birra.
“Sì, grazie.”.
Solo in quell'istante le nostre dita si separarono.

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Capitolo 7
*** VI. ***


A Thousand Miles

VI.




We will build a pole and then catch a ride
Wrapped our love in golden twine
We wrote
We wrote a legacy
Just you and me
Just like kings under lavender skies
(I don't want to be a bride)





Kevin si rigirò un paio di pergamene tra le mani, fermandosi di tanto in tanto per leggere
frasi a mezza voce.
Avevamo passato l'intero pomeriggio a studiare, interrompendoci solo per cenare.
Harry e Sandra dopo aver mangiato si trasferirono nel suo appartamento, un piano più in
alto, perché lui potesse vedere la sua collezione di cd.
“Ma che fine ha fatto il tuo gatto Grattapiedi?”.
“Grattastinchi.” lo corressi non riscendo a rimanere seria. “Adesso è a casa dei miei, però
penso che tornerà a vivere con me, prima o poi”.
“Non hai detto che il Rosso non lo sopporta?”.
“Oh, è una storia passata. Il Rosso capirà.” tacqui un istante. “Kevin, ho saputo di te e
Sandra.”.
Kevin si fermò.
Rimase a guardare un punto imprecisato degli appunti per un po'.
“Te l'avrei detto, prima o poi, siamo partners.” disse alzando finalmente lo sguardo.
Sorrideva.
“Siete fidanzati?”.
“Dobbiamo per forza definire ciò che siamo? Mi piace la sua compagnia, il suo corpo,
passare del tempo con lei.”.
Sembrava serio.
“Sai, a volte le definizioni aiutano. A volte definire i rapporti evita alle persone di dover
discutere delle regole.”.
Kevin sbuffò.
“Pensi che i rapporti debbano sottostare a delle regole? Io e Sandra abbiamo passato più di
un anno insieme senza il bisogno di chiamarci fidanzati, senza pensare a sposarci. Sandra
non ha bisogno di un anello d'oro o che io mi inginocchi per lei, ma questo non vuol dire
che io la ami di meno di quanto il Rosso ama te.”.
Kevin si sistemò meglio sul letto.
I suoi occhi chiari mi scrutavano.
“Non vi ho mai visti insieme.”.
“Non vuol dire niente. A volte non è necessario. Senti, Hermione, io mi chiedo come tu
faccia a dire queste cose. Lo sai meglio di me, ci sono rapporti che non necessitano di
parole, di gesti. In cui tutto quello che serve è la presenza di dure persone. Niente case
sulla collina, famiglie felici, porcellane per il thé, pargoli festanti. Alcuni rapporti sono
troppo complicati e profondi per essere definiti con una parola.”.
Era la prima volta che mi chiamava per nome.
Kevin, forse vedendomi in difficoltà, rise.
“Ti ho convinta? Pensi che parlerei di queste scemenze da sentimentalisti con il cuore
d'oro se non l'amassi davvero, darling? Ogni rapporto ha le sue fasi. Come fai a non
rendertene conto?”.
“Non vi conosco così bene.”.
“Non sto parlando di me e Sandra, adesso. Ci trasferiamo sul divano? Se sto ancora un po'
su questo letto mi addormento.”.
La serata trascorse senza altri riferimenti a Sandra.
Il discorso, però, non era concluso.
“Parlavi di me e Harry prima, vero?”
“Ci sei arrivata due ore dopo?”
“No, no. Solo che...” scossi la testa “stavo cercando il modo per darti torto. Harry è...”
“Te l'ho detto Miss Granger, non ce bisogno di trovare una parola. Ah, ecco... non dire a
Sandra quello che ti ho detto.”.
“Non preoccuparti.”.
Detto questo riprendemmo a studiare i nostri appunti.
Era strano rileggere le prime informazioni che avevo raccolto su Kevin con quel nuovo
punto di vista.
Mi iniziai a chiedere dietro a quanti di quei momenti importanti ci fosse Sandra.
I suoi viaggi.
Quella volta in cui si era fratturato un braccio cadendo dagli sci.
La sua decisione di non tornare in America.
Alzai gli occhi solo per controllare che cosa stesse facendo.
Anche lui, ogni tanto, mi guardava.
In un paio di occasioni mi indicò con il dito il nome Harry segnato negli appunti sulla mia
vita.
“Non ti farò il dispiacere di contare di quante volte batte il Rosso. Sarebbe umiliante.”.
“Perchè lo fai?” gli chiesi dandogli una pacca sul gomito.
“Perchè siete due fottuti ciechi, tu e Pottah.”.
Una coperta, qualcosa di caldo.
Mani.
Il tessuto mi solleticò il mento.
“Smith, svegliati.”.
Un sussurro.
“Stai schiacciando Hermione, alzati.”.
Un mugugno vicino ai miei piedi.
Una spinta sul polpaccio.
Il corpo indolenzito.
Mi stiracchiai.
Un'ombra si avvicinò al mio volto, mi sfiorò la fronte con le labbra.
“Buonanotte.”.

 

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Capitolo 8
*** VII. ***


A Thousand Miles

VII.




Do you know a love like a bullet in the chest?
(Marching line)



“A ballare?”.
“Sì, a ballare.” ribadì Sandra.
Il raviolo al vapore che aveva tra le bacchette cadde nella zuppa, schizzando ovunque.
“Io ci sto.” rispose Kevin. “E anche Pottah.”.
Harry, con la bocca piena, mugugnò qualcosa di molto simile ad un assenso.
Gli sguardi si voltarono verso di me.
“Io, certo, vengo.” borbottai prendendomi uno dei biscotti della fortuna al centro del
tavolo.
“Aspetta ad aprirlo.” Harry appoggiò la mano sulla mia “Dobbiamo farlo tutti insieme.”.
Kevin annuì vigorosamente.
“Ah, ci sono voluti mesi, ma la trasformazione di Pottah mi sta dando un sacco di
soddisfazioni!”.
“In effetti non l'avevo mai visto mangiare cinese e giapponese.” commentai.
Quando tutti ebbero finito, spezzammo i biscotti.
Kevin imprecò.
“Abbandona questa severità nei tuoi confronti. Ma che cosa vuol dire? Questi fortune tellers
valgono meno di zero.”.
Hai davanti a te una brillante carriera, grazie.” lesse Sandra.
Lascia tutto alle spalle e unisciti alla marcia.” la seguì Harry alzando le spalle.
“Hermione?”.
Lessi e rilessi il mio biglietto.
Conosci un amore simile ad un proiettile nel petto?”.
Kevin scoppiò a ridere, rompendo il suo bigliettino in mille pezzi.
“Guarda che porta sfortuna, New York. Dovresti..”.
“...bruciarlo.” concluse lui la frase. “L'hai detto anche quella volta in quel ristorante a
Shangai.”.
“E avevo ragione, cinque minuti dopo stavi rischiando di romperti una gamba, a Nanjing
Road.”.
Era la prima volta che Kevin e Sandra parlavano del passato.
Vedendo la loro complicità, mi sentivo felice.
La solitudine, che si presentava in me ciclicamente come la notte sul mare, scomparve.
Non c'era una parola degna di descrivere quello che vidi sul volto di Sandra.


Dopo cena, come deciso, uscii per tornare nel mio appartamento.
I ragazzi mi avrebbero raggiunto fuori dal Paiolo Magico un paio di ore più tardi.
Diagon Alley era semi deserta.
I miei passi scricchiolavano sul lastricato ghiacciato.
Il ritmo del mio cuore si fece calmo.
Camminai lentamente, respirando l'aria fredda che mi pungeva il naso e il cuore.
Fui presa dalla malinconia dell'inverno.
Nel cielo, nuvole come cattedrali mi privavano del calore delle stelle, della luna.
Freddo.
Ecco cosa sentii entrando in quelle quattro mura.
Una notte lontana era bastata a raffreddarle.
Mi avvicinai al camino, accesi il fuoco e ci misi vicino i vestiti.
Circa un'ora dopo ero pronta.
Avevo fatto tutto con estrema calma, cercando di risollevare la pesante atmosfera di quella
che doveva essere casa mia.
Chiamai Ron.
Fu una telefonata veloce.
Indolore.
Poi, di nuovo la solitudine.
Uscii di casa troppo presto.
Il cielo era ancora più cupo.
Le luminarie natalizie non riuscivano a scalfirlo.
Una lastra grigia sopraffatta da cumuli e cumuli di nuvole.
Charing Cross Road era piena di giovani babbani.
In mezzo alla folla, dopo circa mezz'ora, riconobbi Harry, Kevin e Sandra.
“Dove si va?”
“Al Koko.” rispose Sandra prendendomi a braccetto.
“Ci materializziamo?”.
“No, stasera non siamo maghi. Siamo ragazzi.”.


Passammo l'intera serata in quel locale.
Il Koko, a Camden, era un locale fumoso e pieno di gente di ogni tipo.
Turisti, punk, giovani dell'alta borghesia in completo elegante.
Ci mischiammo tra la folla e ballammo senza mai fermarci.
Harry, dapprima spaesato, si divertì molto.
“E' fantastico sai? Non essere riconosciuto.” mi urlò avvicinandosi al mio orecchio. “Sono
uno tra tanti, a nessuno importa come mi chiamo.”.
I nostri corpi, spinti dalla massa, sbatterono più volte uno contro l'altro.
Nonostante la sua goffaggine, Harry non si fermò.
Mi fece fare un paio di giravolte, ridemmo molto.
Kevin e Sandra scomparvero per un po', tornando più tardi con quattro cocktail.
“Che cos'è?” chiesi annusandone uno.
Frutta e alcol.
“Il Koko Up and Down.” rispose Sandra. “Prima ti tira su, poi ti stende!”.


Sandra non aveva tutti i torti.
Un paio di Koko Up and Down più tardi, uscimmo dal locale.
Stanchi ma lucidi.
I miei piedi, nonostante portassi scarpe comode, invocarono pietà.
Decidemmo di usare la materializzazione per tornare a casa, spegnendo sul nascere le
proteste di Kevin.
Io e Harry ci buttammo sul suo letto.
Vestiti, con le scarpe.
“Mi fischiano le orecchie da morire.” dissi appoggiandomi un braccio sugli occhi per
coprirmi dalla luce.
Harry rise.
“Non sono mai stato in discoteca, è stato divertente.”.
“Già.”.
Mi voltai sul fianco, verso di lui.
Mi aggrappai alla sua camicia e mi tirai verso di lui.
Lascia tutto alle spalle e unisciti alla marcia, forse il biscotto aveva ragione. Il tuo che
diceva?”.
Conosci un amore simile ad un proiettile nel petto?” ripetei alzando lo sguardo.
Harry mi guardò.
Il suo sorriso si spense solo per un istante.
Ne sentii immediatamente la mancanza.
Mi sollevai con fatica, facendo perno con le braccia.
Osservai i tratti del suo volto.
I capelli spettinati, gli occhi lucidi e stanchi, la cicatrice.
Mi piegai sul suo volto, lo baciai.
Tempo, spazio.
Tutto diventò inutile.
Solo Harry.
In quella tempesta di vita che in pochi giorni mi aveva colpito, quel bacio fu come
un'overture.
Il suono di uno strumento magico.
Il colpo di fucile caricato nella canna, pronto per essere sparato.
Harry non si ribellò alle mie labbra, anzi.
Cercò il mio corpo, mi adagiai su di lui.
Quando, alla fine, le nostre labbra si separarono, mi sdraiai accanto a lui.
Occhi negli occhi.
Quasi senza sbattere le palpebre.
Harry mi prese una mano, la appoggiò sul suo petto.
Una guerra si era scatenata in lui.
, mi dissi, lo conosco.

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