Cui placet obliviscitur, cui dolet memini

di ifyourheartdoesntwork
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Album di fotografie ***
Capitolo 2: *** Oblio ***
Capitolo 3: *** They say it's a broken heart... but I hurt in my whole body ***
Capitolo 4: *** Nescio, sed fieri sentio et excrucior ***
Capitolo 5: *** As it is I'll dream of her tonight ***
Capitolo 6: *** The shell of a girl that I used to know well ***
Capitolo 7: *** Il lungo inverno freddo ***
Capitolo 8: *** Costui un giorno osò rivolgerle il discorso ***
Capitolo 9: *** Not this mind and not this heart. I won't rot. ***
Capitolo 10: *** If I fell ***
Capitolo 11: *** And please don't stand so close to me, I'm having troubles breathing ***
Capitolo 12: *** Credi di evitarlo e invece ti tiene ***
Capitolo 13: *** I'm giving up, so just catch me. ***
Capitolo 14: *** La scelta di Hermione ***
Capitolo 15: *** My head told my heart: let love grow! ***



Capitolo 1
*** Album di fotografie ***


Hermione Granger stava salendo gli scalini in ferro battuto della scala a chiocciola, con un passo felpato; Rose e Hugo si erano appena addormentati e non voleva certo che si svegliassero per il cigolio stridulo dei gradini. Ron quella sera era uscito per andare a assistere alla partita di Quidditch con Harry e Ginny, i quali avevano invitato ovviamente anche lei, che però non aveva esitato a declinare gentilmente l’invito per restare a casa in compagnia dei bambini.
Da ragazza non avrebbe mai pensato che essere madre le sarebbe piaciuto così tanto: era impegnata nella lotta contro le forze del male e le ingiustizie, e non aveva certo intenzione di diventare il genere di donna che resta a casa a cucinare e badare alla prole mentre il marito è fuori a fare altro. Non aveva tuttavia preso in considerazione il fatto che avere dei figli volesse dire molto di più; dal momento in cui aveva scoperto di essere incinta di Rose, tutto il suo mondo era cambiato: avrebbe dato alla luce il frutto del suo amore per Ron, una creatura che era in parte Hermione Granger e in parte l’uomo di cui era innamorata. La sua vita non girava più intorno a sé stessa, ma a quelle due personcine ancora così piccole e ingenue, per le quali provava un affetto più grande di qualsiasi sentimento avesse mai provato; e non per questo passava le sue giornate chiuse in casa, anzi, proprio per loro usciva e affrontando i maghi oscuri diventava ogni giorno di più una madre della quale i suoi figli potessero essere fieri.
Anche i passi leggeri che l’avevano ormai portata alla cima della scala erano stati mossi per via di Rose e Hugo.
-Mamma, tu assomigliavi a Rosie da bambina?- le aveva chiesto il piccolino poco prima di addormentarsi.
-Abbastanza!- aveva ammesso lei sorridendo. – Ma non avevo i suoi bei capelli rossi ovviamente.-
-Mi piacerebbe vedere delle tue foto, ma’!- aveva esclamato la bambina sfregandole il nasino contro la spalla. –Di quando avevi la mia età!-
-Anche di quando avevi la mia di età!- aveva aggiunto il fratellino. – E di quando avevi tutte le altre età!-
-Ahah, d’accordo.- aveva acconsentito ridendo. –Ma domani mattina, quando sarete freschi e riposati!-
Hermione non era solita non mantenere una promessa, e dopo aver finito di raccontar loro una fiaba di Beda il Bardo era andata in soffitta per cercare degli album fotografici; da quando era piccola fino ai suoi ventidue anni aveva avuto un amore immenso per la fotografia e gli album, ricordava di aver documentato con attenzione la sua giovinezza e catalogato ogni istante in quei volumi che ormai dovevano essere pieni di polvere: era da secoli che non li sfogliava. Di sicuro non ci avrebbe pensato se Hugo non le avesse posto quella domanda; era come se si fosse completamente scordata della loro esistenza prima che quella scintilla destasse in lei il dolce ricordo degli album.
Ora però si ricordava perfettamente tutto: gli album (erano ben 15) si trovavano sotto i suoi vecchi libri di scuola, che andavano da quelli babbani delle elementari a quelli magici degli anni di Hogwarts; sebbene avesse ritrovato i suoi genitori in Australia e reso loro la memoria, i due dentisti si erano talmente innamorati del continente al punto da decidere di rimanere a vivere lì: Hermione aveva potuto quindi restare ad abitare nella piccola e graziosa casa di Londra nella quale era cresciuta, e che si trovava, per una qualche curiosa coincidenza, a pochi metri da Diagon Alley.
-Gratta e netta!- esclamò agitando la bacchetta, per rimuovere la polvere e le ragnatele dai 14 volumi. Che strano. Era proprio convinta che fossero 15! Con un secondo colpetto di bacchetta fece levitare gli album, i quali la seguirono docilmente fino al piano terra, dove si trovava il soggiorno.
Il camino era accesso, e insieme alla mobilia rossa e oro contribuiva a rendere il salotto molto simile alla sala comune dei Grifondoro a Hogwarts; nel caso i colori non bastassero, i diplomi di MAGO appesi alle pareti e le foto delle varie vittorie dei campionati scolastici di Quidditch non lasciavano ombra di dubbio su quale fosse la casa di appartenenza della giovane coppia. Nonostante avessero lasciato la scuola da più di dieci anni, essere stati parte di quella casata non era una cosa che si potesse dimenticare molto facilmente.
Hermione si sedette per terra, appoggiando la schiena al divano; prese in mano il primo album e iniziò a sfogliarlo sorridendo; i ricordi riaffioravano vividamente nella sua testa, mostrandole immagini e facendole sentire suoni, odori e sensazioni.
Un pomeriggio al lago in cui sua madre le aveva spiegato perché i pesci potevano respirare sott’acqua... La torta che suo nonno paterno le aveva preparato con tanta cura e che il cane si era mangiato... La festa dei sei anni del suo vicino di casa, Martin...
Al tempo non sapeva ancora di essere una strega, e nonostante la fervida immaginazione che hanno solitamente i bambini non avrebbe mai potuto inventarsi un mondo tanto eccezionale e complesso come quello in cui era stata catapultata a 11 anni.
La volta in cui addentando una mela aveva perso il primo dentino... La gita in campeggio con i suoi cugini, con quel procione che aveva bucato la tenda sua e di suo padre... Il pigiama party a casa della sua grande amica del tempo, Hannah...
Sospirò emozionata quando vide sé stessa da undicenne con in mano la lettera di Hogwarts, come se volesse dimostrare al mondo babbano che aveva inventato quella macchina fotografica che la magia esisteva davvero e lei ne aveva una prova.
Da quel momento in poi le immagini cambiavano radicalmente: non erano più statiche, ma in movimento, come tutte le foto magiche.
La prima partita di Quidditch di Harry... Ron intento a copiare i compiti di pozioni... Lei e Ginny nei dormitori di Hogwarts... Tutti i Grifondoro del 2° anno alla fine degli esami... Grattastinchi che saltava addosso a Ron...
La porta si aprì di scatto ed entrarono raggianti Ron, Harry e Ginny; la giovane donna stava sulle spalle del marito, aggrappata con vigore come una hippy adolescente.
-Abbiamo vinto!!- esclamò suo marito correndole in contro per baciarla.
Hermione rise per l’entusiasmo dimostrato dai tifosi e poi sollevò l’album che teneva sulle ginocchia indicando con l’indice la foto con Ron e il gatto.
-Ricordi?- gli chiese sorridente.
Lui dapprima fece una faccia sconvolta, poi il suo sguardo si addolcì ripensando a tutte le lotte con quella palla rossa pelosa e accarezzò gentilmente la guancia della donna; con lei aveva litigato anche di più che con il gatto, eppure adesso erano lì...
Harry si diresse sicuro, come se fosse casa sua, verso la cucina e tornò dopo qualche istante con quattro bottiglie di burrobirra in mano e l’aria spensierata che il Quidditch gli dava sempre; si sedette di fronte a Hermione e invitò gli altri a fare lo stesso, porgendo una bottiglia a ciascuno.
-E’ da un sacco che non guardo delle foto di quei tempi!- disse dopo aver brindato. – Oh Merlino, guardate che capelli aveva Dean Thomas!-
Passarono la serata ad osservare i volti tanto noti rimasti congelati nel tempo e conservati con tanta cura da Hermione; con la maggior parte dei loro compagni di corso erano ancora in contatto, come potevano non esserlo dopo la guerra contro Voldemort? Ma di alcuni avevano perso completamente le tracce...
-Marietta Edgecombe!!- esclamò Ginny scoppiando a ridere vedendo la povera Corvonero con uno strato di fondotinta decisamente superiore alla norma.
Risero tutti e quattro a lungo ripensando a come era stata punita per aver tradito l’Esercito di Silente, per poi convenire tutti – tranne Ginny – nel dire che forse a fine anno avrebbero anche potuto dirle come liberarsi di quell’acne.
Arrivarono alle pagine del sesto anno, all’inizio delle quali c’era una foto molto grande che mostrava tutti gli studenti di quell’età; i nomi di tutti i presenti erano scarabocchiati ai margini dell’immagine, legati alle persone corrispondenti da delle sottili linee tracciate con la magia.
- E questo chi è?- chiese Ron indicando uno studente di Corvonero. Dopo aver seguito la linea magica, mormorò lentamente: -Anthony Goldstein... –
Si voltò verso gli amici con aria persa, come se dubitasse che Anthony Goldstein fosse mai venuto a Hogwarts; Hermione scosse la testa spazientita e tentò di rinfrescargli la memoria:
-Corvonero... piuttosto alto... Andiamo Ronald, era nell’E.S.!!-
Ron spalancò gli occhi e la bocca per poi esclamare: -Ah! E’ vero!-
Harry scosse la testa ridendo per poi smettere stranamente di colpo. Hermione alzò lo sguardo corrugando le sopraciglia, ma l’amico non fece una piega; la donna poté però notare che la sua mascella era leggermente contratta.
Decise di non farci caso – probabilmente Anthony ci aveva provato con Ginny durante le riunioni dell’E.S.- e con il dito continuò a dirigersi -come stava facendo prima che lo strano comportamento dell’amico la interrompesse- verso l’angolo dei Serpeverde. Parkinson, Nott, Goyle....
Si fermò perplessa al centro del gruppetto: strano che non si ricordasse di quella persona; di solito aveva una memoria di ferro, soprattutto per quanto riguardava i volti. Con l’indice seguì la linea che collegava quel volto a un nome e sentì Ron al suo fianco irrigidirsi. Decise di ignorare anche le stranezze del marito e chiese semplicemente:
-Scusate, qualcuno di voi si ricorda chi è Draco Malfoy?-

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Capitolo 2
*** Oblio ***


Ginny si strozzò con la burrobirra e per poco non sputò la bevanda sul tappeto; Hermione ritrasse velocemente l’album affinché qualche goccia non rovinasse la fotografia. Dopo aver battuto qualche colpo con il palmo della mano sulla schiena dell’amica ed essersi assicurata che stesse bene, si guardò intorno osservando i volti impietriti dei due uomini e infine sbuffò spazientita.
- Che cosa avete tutti quanti? E come è possibile che nessuno si ricordi di questo Draco Malfoy?-
Osservò i tratti delicati del biondino, scrutando quegli occhi verdi beffardi e misteriosi.
-Non sembra il genere di persona della quale ci si scorda facilmente, no?- aggiunse.
Harry e Ron si osservarono per un lungo istante, mentre Ginny la guardò scuotendo la testa con aria di chi non ha idea di cosa si stia parlando; i due uomini, nel frattempo, sembravano aver intavolato una lunghissima conversazione silenziosa: impercettibili segni del capo, accennati movimenti delle sopraciglia, tutto questo praticamente senza battere ciglio.
Harry fu il primo a spezzare il silenzio e prendere parola, senza smettere di fissare Ron: -Qualcosa mi ricordo di lui. Ma mi sembra che fosse spesso malato. Non era lui il Serpeverde un po’ strano e solitario? Mi pare fosse un tipo piuttosto lunatico.-
Parigi.
L’odore dell’acqua di fiume.
La sensazione fredda e dura dei gradini in pietra contro la schiena.
I fili d’oro di una chioma di capelli.
Il sapore dei croissant al cioccolato appena sfornati.
Una melodia suonata con il violino accompagnata dal canto leggero di un giovane.
«La lune trop blême pose un diadème sur tes cheveux roux
La lune trop rousse de gloire éclabousse ton jupon plein d'trous
La lune trop pâle caresse l'opale de tes yeux blasés
Princesse de la rue soit la bienvenue dans mon coeur brisé  »

Quando la mente di Hermione tornò nella piccola casa di Londra nella quale il suo corpo si trovava e i suoi sensi ricominciarono a percepire ciò che stava accadendo nella stanza, si rese conto che gli occhi di tutti erano puntati su di lei. Poteva facilmente leggervi l’angoscia che in quel momento stavano provando.
-Io...- boccheggiò pietrificata inchiodando gli occhi a terra. – Io... Io credo di ricordarmi di lui.-
Non riusciva a capire ciò che stava succedendo. All’improvviso ricordava quel ragazzo, ma non vagamente o in ambienti scolastici: ricordava un viaggio a Parigi. Eppure era sicura di aver visitato per l’ultima volta Parigi da ragazzina, con i suoi genitori; Ronald si era sempre dichiarato del tutto indifferente al “fascino da cartolina” della città dell’amore, e nonostante le sarebbe piaciuto portarcelo non l’aveva mai convinto.
Era come se quei ricordi appartenessero a qualcun altro; o meglio, come se fossero di una vita che lei, in un’altra dimensione, aveva vissuto. Improvvisamente qualcosa le fece capire che inspiegabilmente quei ricordi erano sempre stati dentro di lei, sepolti nei meandri più profondi della sua anima, dove la sua mente non era più riuscita ad arrivare da tempo.
Alzò lo sguardo per mettere al corrente i tre delle sue preoccupazioni e con stupore vide gli occhi di Ginny gonfi di lacrime: da quando la conosceva, quella doveva essere forse la terza volta in cui l’aveva vista in quello stato.
La rossa inspirò faticosamente, come se una corda invisibile le stesse stringendo la gola, per poi girarsi implorante verso gli altri due, che la guardarono disperati scuotendo veemente la testa.
Hermione tese una mano istintivamente per accarezzare l’amica, che però si ritrasse coprendo il volto con le mani; si alzò di scatto e percorse a grandi passi la stanza, per poi tornare indietro passandosi una mano tra i capelli. Poi si bloccò di colpo e chiuse gli occhi, cercando di calmarsi. Quando parlò la sua voce era grave e vagamente incrinata.
-Non possiamo continuare così. Sta iniziando a ricordare.-
Ron emise un gemito.
Harry guardo Hermione con aria supplichevole, come se volesse dire: “ti prego, non farlo.”.
Lei non stava capendo niente. Cosa voleva dire Ginny? Era come se avesse applicato la legimanzia su di lei... come se avesse sentito i suoi ricordi. Un brivido le attraversò la schiena quando si accorse che le parole dell’amica avevano perfettamente senso: lei stava iniziando a ricordare. Il vero problema non era però quello... Perché aveva iniziato a ricordare? Perché quelle sensazioni erano rimaste sepolte per anni?
Osservò di nuovo la foto e il suo sguardo trovò subito Draco Malfoy. Una mano invisibile le attraversò lo stomaco e strinse le sue viscere.
 
Un bambino dal viso pallido e i capelli biondissimi si stava avvicinando al tavolo dei Grifondoro.Aveva rubato la ricordella di Neville; Harry e Ron si erano alzati per affrontarlo, ma la McGranitt li aveva fermati chiedendogli spiegazioni. –Stavo solo guardando.- si era spiegato il bambino.
...
-Loro sono stati scelti per il loro talento.- aveva detto la sua voce da ragazzina. –Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca mezzosangue.- aveva risposto a denti stretti il biondo
...
-Avete mai visto una cosa così patetica?E dovrebbe essere il nostro insegnante!- stava dicendo la voce strascicata di Malfoy. Hermione vide la propria mano schiaffeggiarlo in pieno volto.
...
Nell’aula di pozioni, il biondo mostrava con un ghigno la spilla POTTER FA SCHIFO.
 
Hermione si alzò di scatto e fissò intensamente Ginny Weasley.
- Ginevra, - disse seria. – chi è Draco Malfoy? Chi è per me Draco Malfoy? Perché non ricordavo niente di lui, perché è come se quelle memorie fossero rimaste intrappolate nell’obl...-
Si fermò di colpo, sgranando gli occhi.
Oblio.
Era una parola che non poteva non ricordarle un incantesimo. Lei conosceva e padroneggiava alla perfezione qualsiasi incantesimo, ma se ce n’era uno che le veniva particolarmente bene era l’Oblivion. L’incantesimo della memoria.
La donna di fronte a lei era rimasta in silenzio, osservandola mentre univa i puntini e comprendeva lentamente il senso di quello che stava succedendo.
Hermione si voltò verso Ron, che distolse lo sguardo per fissare insistentemente il ricamo del tappeto; la donna incrociò allora i verdi occhi di Harry, il quale non fuggì, ma mantenne il contatto quasi con aria di sfida.
-Voi avete...?- iniziò a chiedere Hermione, che si interruppe quando vide l’uomo annuire lentamente.
Malfoy, circondato dalla sua banda, stava spostando ei ragazzini del secondo anno per occupare un’intera carrozza.
...
-Professore, credo che lei abbia conosciuto mio nonno, Abraxas Malfoy.- stava dicendo il ragazzo per farsi bello agli occhi del professor Lumacorno.
...
-Guarda, Draco, non è quella Granger?- stava esclamando Narcissa Malfoy.
Lui non osò guardarla in volto. –Io... forse... sì.-


Hermione sobbalzò quando sentì una lacrima rigarle piano il volto.
Non riusciva a comprendere il perché, ma sapeva che quella lacrima solitaria era a dir poco insignificante rispetto ai sentimenti che avrebbe provato se in quel momento fosse stata in possesso di tutti i suoi ricordi.
Una seconda lacrima le bagnò il viso, anticipandole un profondo dolore.
La donna inspirò profondamente, cercando di mettere da parte la rabbia, l’angoscia, il risentimento e la tristezza.
-Perché?- chiese disarmata.
Una sola parola, che però bastava a supplicare disperata una complicata risposta.
 
 
NOTE:
-La Canzone riportata si chiama “La complainte de la Butte” ed è stata scritta da Jean Renoir e Georges Van Parys nel 1955; alcuni di voi l’hanno probabilmente sentita nel film del 2001 “Moulin Rouge” interpretata da Rufus Wainwright.
La traduzione delle righe riportate è la seguente:
“La luna troppo pallida posa un diadema sui tuoi capelli rossi
La luna troppo rossa schizza di gloria sulla tua sottoveste piena di buchi
La luna troppo pallida accarezza l’opale (il bianco) dei tuoi occhi disincantati
Principessa della strada, sii la benvenuta nel mio cuore ferito”
 
-I ricordi di Hermione sono presi (in ordine di apparizione) da:
Harry Potter e la pietra filosofale (pagina 140)
Harry Potter e la camera dei segreti (pagina 103)
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (pagina 294)
Harry Potter e il calice di fuoco (pagina 438)
Harry Potter e l’ordine della fenice (pagina 109)
Harry Potter e il principe mezzosangue (pagina 179)
Harry Potter e i doni della morte (pagina 424)

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Capitolo 3
*** They say it's a broken heart... but I hurt in my whole body ***


 Hermione osservava i tre individui che le stavano davanti, in attesa. Aspettava che parlassero, che dicessero qualsiasi cosa potesse fermare il turbine di emozioni che le stava dilaniando il cuore, e se almeno avesse colpito solo quello! Dal caos della sua mente emerse una frase, di cui non ricordava bene l’origine: “lo chiamano “cuore infranto”, ma è tutto il mio corpo che soffre.”.

Il primo a prendere la parola fu Ron; le prese entrambe le mani e la fece sedere sul divano di fronte a lui. Hermione chiuse un attimo gli occhi, per assaporare meglio il momento, per lasciarsi curare da quel tocco, lasciare che rimarginasse le ferite appena riscoperte.  Ma il suo potere taumaturgico non era sufficiente.

- Perché?- ripeté questa volta con voce ferma, incatenando con lo sguardo suo marito, per non lasciargli più alcuna via di fuga.
Ron ebbe un attimo di esitazione –se così si poteva definire- e iniziò a raccontare.
-Non so che cosa hai appena ricordato, Hermione. Non voglio sapere i dettagli. So soltanto che hai capito, e da qui posso partire per spiegarti ciò che è successo. Sì, i tuoi ricordi erano stati cancellati. Sì, siamo stati noi. Beh, non da soli. Non ne saremmo stati capaci, quella esperta sei tu, giusto?-
L’uomo abbozzò un sorriso riconciliante, ma Hermione lo incitò a proseguire.
-Arriva al punto Ron.-
-Ok. Draco Malfoy era un Serpeverde del nostro anno. Tutti si ricordano di lui, perché si divertiva a rendere la vita dei Grifondoro un inferno, soprattutto quella di Harry, me, te, Ginny, Neville... beh, di tutti noi. Draco Malfoy era un viziato figlio di papà che si credeva il migliore di tutti solo perchè discende da una famiglia di purosangue; tutti i suoi compagni di casa lo ammiravano e temevano allo stesso tempo. Suo padre al secondo anno ha dato a Ginny il diario di Tom Riddle, ingannando tutti, mentre noi sospettavamo che suo figlio fosse l’erede di Salazar Serpeverde. Al terzo anno per poco non ha fatto ammazzare Fierobecco. Durante il Torneo Tre Maghi era uno dei più accaniti oppositori di Harry, ha persino collaborato con quella viscida donna... come si chiamava? Rita Skeeter.  L’anno successivo faceva il galletto, era pappa e ciccia con la Umbridge –altra donna viscida.-
-Mi ricordo benissimo la Umbridge, Ron.- disse secca Hermione.
Lui deglutì annuendo. La sua fronte era madida di sudore, e la donna si addolcì un poco vedendo la pena che gli costava fare quel discorso.
-Il sesto anno c’è stata la svolta seria. Si è unito ai Mangiamorte. Marchio Nero e tutto quanto. Ha fatto entrare i seguaci di Voldemort nella scuola e ... beh, Piton ha ucciso Silente. Ricordi quando l’anno successivo siamo stati catturati e portati nel castello dove stava Bellatrix Lestrange? Beh, c’era anche lui. Ci ha riconosciuti, ma non ha detto niente, sembrava stanco. Psicologicamente, ancor più che fisicamente. Quando Voldemort ha tentato inutilmente di uccidere Harry, lui e la sua famiglia l’hanno subito abbandonato. Suo padre è finito in prigione per un po’ di anni, hanno confiscato parte dei loro beni. Ma non sono stati trattati allo stesso modo degli altri Mangiamorte perché sua madre ha praticamente salvato la vita di Harry. Narcissa Black Malfoy, esatto. Questo lo sapevi. E poi l’anno successivo Malfoy è tornato con te ad Hogwarts e...-
Ron si interruppe di colpo, alzandosi. Non la guardò in faccia, ma era evidente che stesse tremando... di rabbia? Harry lo guardò con una profonda tristezza negli occhi, quindi guardò supplichevole Ginny, che si sedette sul divano nel posto lasciato vuoto dal fratello.
Al contrario dell’altro Weasley, stava sorridendo. Tra le lacrime, ma stava sorridendo. Le prese anche lei le mani –il suo tocco era lieve, fresco- e iniziò a parlare e piangere allo stesso tempo.
-E tu hai fatto la cosa migliore che si possa fare dopo una guerra, tesoro: perdonare e ricostruire. In quella scuola, che ormai ti stava visibilmente troppo stretta ma che non volevi abbandonare, perché sei una delle poche persone che riesca a capire quanto quel luogo sia indispensabile per la crescita non solo intellettuale ma anche spirituale di un individuo, in quella scuola tutti ti guardavano come un’eroina, con il rispetto che in fondo avevi sempre meritato. Draco invece veniva escluso da tutti, guardato ipocritamente come un reietto da persone che se fossero state al suo posto probabilmente avrebbero venduto la loro anima a Tu-Sai-Chi. E’ più facile essere dalla parte dei buoni quando la tua famiglia ti ha insegnato cosa è giusto e cosa è sbagliato. Tu invece hai messo da parte le torture e i torti subiti, le offese ricevute, tutti quegli anni passati a litigare; gli sei andata incontro, l’hai aiutato a vedere ciò che c’era di bello in quel mondo che per lui ormai non aveva più senso. Gli hai insegnato ad apprezzare il dare, oltre che il ricevere. E lui ti ha mostrato che c’è un lato oscuro in ognuno di noi, e che per essere felici non bisogna nasconderlo, ma accettarlo; ti ha fatto capire che tutte le bellezze del mondo raddoppiano se si ammirano in due. Voi vi siete...-
-Innamorati.- completò Hermione, tentando inutilmente di ignorare la sensazione che un treno le stesse passando attraverso il petto.
Appoggiò piano la testa alla spalliera del divano e iniziò a singhiozzare, dapprima lievemente, poi scoppiò in un pianto disperato. La cosa più strana di quella situazione era che i ricordi tardavano ad arrivare, eppure le emozioni erano riaffiorate tutte: non ricordava ancora tutto quello che Ginny le aveva detto, ma provava tutti i sentimenti che fino a poco tempo prima erano rimasti nascosti. Come una vecchia ferita non ancora rimarginata, talmente profonda da lasciare un segno per sempre.
Si tirò su di scatto quando si rese conto che per il momento nessuno di quei ricordi poteva giustificare un tale dolore. Guardò con occhi sbarrati Ginny, boccheggiando.
-Lui è... è...-
-Morto?- completò Ron.
-No, tesoro.- esclamò Ginny velocemente, girandole il volto nella sua direzione con una mano, per poi accarezzarle la guancia. –E’ ancora vivo.-
Hermione sorrise tra le lacrime, sorprendendosi nel sentire uscire dalla sua bocca una risatina isterica. Risata che però le morì in bocca quando si accorse che l’amica non ricambiava la sua gioia.
-Lui è...- iniziò Ginny.
-Impazzito.- concluse seccamente Harry.

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Capitolo 4
*** Nescio, sed fieri sentio et excrucior ***


Hermione soffocò il gemito che fuoriuscì dalla sua bocca coprendola con una mano; chiuse gli occhi e li riaprì solo quando sentì le braccia di Ginny cingerla: nell’abbraccio affettuoso dell’amica si sentì libera di sfogare quelle reazioni istintive che la stavano tormentando da quando avevano iniziato a raccontarle la verità.
-Come è successo?- chiese in sussurro nell’orecchio della donna.
Si svincolò piano dal suo abbraccio per guardarla negli occhi mentre parlava, e si stupì lievemente quando sentì Harry prendere parola.
-Stavate insieme da un paio di anni. La guerra magica era finita da quasi tre anni, eppure c’erano ancora dei cretini convinti che Voldemort non fosse veramente morto e che sarebbe stato fiero di loro se avessero continuato il suo lavoro in sua assenza. Le loro vittime erano sempre le stesse: babbani, mezzosangue, mangiamorte pentiti. Inutile dire che tu e Malfoy formavate l’obiettivo ideale, colpire voi significava distruggere un simbolo della pace e secondo le loro menti deviate quando Voldemort fosse tornato niente lo avrebbe reso più felice.-
Harry fece una pausa, in modo da far penetrare l’informazione nella mente di Hermione.
-Ma voi li avete combattuti per tanto, tantissimo tempo. Avete imprigionato un numero elevatissimo di quei pazzi, fino a quando... non è successo. Eravate nel castello dei Malfoy, erano le vacanze di Natale. Voi stavate... Stavate andando a dormire. Quando vi hanno trovati eravate a letto, disarmati. Il castello era pieno di protezioni magiche, ma uno dei domestici vi aveva venduto ed era riuscito a farli passare attraverso il vostro camino personale. Prima di uccidervi avevano intenzione di torturarvi, sai, e di...-
L’uomo la guardò con rabbia mista a tristezza e angoscia, mentre la sua mascella si serrava; Hermione gli strinse la mano, capendo che al momento quei ricordi erano più penosi per lui che per lei.
-Si sarebbero approfittati di te, Herm. Senza dubbio. Così, quando il primo incantesimo scagliato si diresse verso di te, Draco... –
Hermione chiuse gli occhi.
Si trovava in una camera da letto lussuosa e accogliente. Il letto a baldacchino sul quale giaceva era coperto da lenzuola argentate e coperte dai ricami verdi e rossi. Era appoggiata al petto nudo di Draco Malfoy quando la porta si spalancò ed entrarono quattro uomini vestiti di nero; uno di loro li precedeva, sembrava essere il loro capo. Aveva i capelli bruni unticci raccolti in una coda, la barba ispida gli copriva in mento appuntito. Il suo naso era dritto e i suoi occhi... erano accesi dall’instabile lume della follia.
Mentre si lanciava verso sinistra, dove sul suo comodino era appoggiata la sua bacchetta, lo sentì gridare –Crucio!- e qualcosa la schiacciò sul letto; per un istante pensò che si trattasse della Maledizione Cruciatus, ma ben presto si accorse che era un corpo che si contorceva a tenerla bloccata. Era Draco.
Con uno sforzo immane tese un braccio oltre il bordo del letto ed afferrò la bacchetta magica.
-Stupeficium!- gridò con tutta la forza di cui era capace.
Due dei quattro uomini sbatterono contro la libreria e non si rialzarono. Il loro capo era occupato a torturare Draco, ma il quarto uomo le lanciò addosso un anatema che uccide, che però la mancò di qualche centimetro.
-STUPEFICIUM!-
-CRUCIO!-
I loro incanti si incontrarono a mezz’aria, cercando ognuno di respingere l’altro.
Le quattro persone nella stanza formavano un trapezio isoscele geometricamente perfetto, eppure così sbagliato. Un lato presentava un duello alla pari. Quello opposto vedeva un uomo armato torturare senza sosta un ragazzo appena diventato uomo, le cui membra giovani e forti si contorcevano nel luogo che di solito lo aveva sempre protetto.
Forse erano passati pochi secondi, forse secoli, quando Hermione riuscì a sopraffare il suo avversario. Lo Schiantesimo travolse anche il suo amico.
Hermione strinse Draco tra le braccia, in lacrime.
Trasalì quando sentì un rumore, e tutto accadde in un istante.
Stringendo forte il polso di Draco, si stava smaterializzando.
Ma qualcosa non andava.
Qualcosa stava trattenendo il ragazzo.
Lei lo strinse più forte.
Lui mollò la presa, facendole completare la Smaterializzazione.
Quando si ritrovò sola nel salotto di casa Potter urlò, e fu il ricordo di quell’urlo a riportarla al presente.
Harry la guardava con aria interrogativa, probabilmente chiedendosi se dovesse procedere con il racconto o meno. Quando si rese conto di aver di nuovo la sua attenzione riaprì bocca per continuare, ma Hermione scosse la testa.
-Non ce n’è bisogno.- disse con voce roca alzandosi meccanicamente.
Camminò dritta fino all’ingresso, dove prese dall’appendino il suo cappotto e una sciarpa; sentendo dei rumori alle sue spalle, urlò – Immobilus!- impedendo che i suoi amici la seguissero.
Uscendo di casa sentì la fredda aria londinese pungerle la pelle, e si affrettò ad indossare i vestiti appena presi; la sua abitazione era poco lontana dal San Mungo, per cui decise di recarvisi a piedi... oltretutto, l’idea di smaterializzarsi la disgustava.
Come ho potuto abbandonarlo? continuava a chiedersi ossessivamente, senza riuscire a pensare ad altro.
Quasi si sorprese quando si rese conto di trovarsi già all’interno dell’ospedale, al quarto piano, nel reparto delle lesioni da incantesimo, davanti a una porta la cui targhetta portava un nome fin troppo significativo, benché rimasto per così tanto tempo ignoto. Non ricordava neanche di aver mai saputo come arrivare fin lì.
Spinse piano la porta, che stranamente non oppose resistenza.
La stanza era di medie dimensioni, e al suo interno conteneva soltanto un semplice letto e un armadio, entrambi bianchi.
Anche le pareti della stanza un tempo dovevano essere state bianche, ma al momento erano strabilianti: dipinte con colori sgargianti, rappresentavano luoghi, persone, volti... che Hermione conosceva tutti, e uno in particolare. Il suo.
L’unico essere vivente nella stanza era seduto di spalle. Indossava una tunica bianca, attraverso la quale si distingueva la sagoma ossuta del suo corpo. I capelli biondi erano ben tagliati, ma tremendamente spettinati.
Draco Malfoy stava pucciando le punte delle dita nei vari vasetti di pittura sparsi attorno a sé, per poi guidarle con grande perizia sulla parete che aveva di fronte.
Quando si girò per via del cigolio della porta, i suoi occhi vuoti incontrarono quelli gonfi di lacrime di Hermione. 
  

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Capitolo 5
*** As it is I'll dream of her tonight ***


Rosso.
Verde.
Blu.
Mancava anche un po’ di giallo.
E ancora del rosso.
Umido.
La sostanza che gli bagnava le dita lo confortava, si sentiva più protetto con quel materiale che copriva quelle sottili appendici del suo corpo.
CRUCIO!!
Dolore.
Draco si prese la testa tra le mani.
No, quel dolore non esisteva più. Era passato. Ma che cosa voleva dire passato? Guardando quel luogo non si ricordava di averlo mai lasciato da quando ci era entrato, e quanto tempo era passato? Qualche ora? No, si ricordava di aver mangiato e dormito diverse volte. Qualche giorno? Probabile. Qualche settimana? Possibile. Qualche anno? Questa era un’idea davvero terrificante.
Verde.
Il foglio gigante che aveva davanti aveva decisamente bisogno di verde.
Era un foglio? Probabile. Draco ricordava senza ombra di dubbio che le cose sulle quali si disegna sono dei fogli.
No, no, NO! NO! NO!
Era troppo verde.
Il verde era il colore delle foreste, e le foreste erano belle... ma erano anche proibite. Sì, anche di questo era sicuro. Il sostantivo foresta e l’aggettivo proibito andavano bene insieme. Ne deduceva che tutte le foreste erano proibite.
E poi... c’era qualcosa che mancava.
Rosso!
Ma certo! Blu e arancione, viola e giallo, verde e... rosso. Erano questi i colori complementari.
-Vedi Draco?- stava dicendo sua madre. – Se aggiungi del viola in quel disegno, farai risaltare il giallo. Perché sono colori complementari. Sai cosa significa?-
-No.- aveva detto la sua vocina acuta.
-Sono colori che hanno le tinte opposte. Giallo-viola, blu-arancio, rosso-verde. Se accostati, risultano più saturi, cioè cromaticamente puri.-
La sua mano tocco il foglio, che trovò sorprendentemente duro, e accostò il rosso al verde. Sua madre aveva ancora una volta ragione.
Sentì cigolare il cancello di Malfoy Manor.
No, non era possibile. Non aveva un udito tanto sviluppato da sentire il cancello del suo castello dalla stanza in cui si trovava.
Sì girò, e scoprì che era stata un’insignificante porticina a fare quel rumore. E davanti a quella porta stava una donna.
Era forse Ciccia? Aveva chiamato così la donna che gli portava il cibo. Perché era grassa.
Ma quella non era Ciccia, non sembrava ne avesse molta, di ciccia.
Era un freddo pomeriggio di Gennaio. Draco stava risalendo la stradina ghiaiosa che portava al castello dalla serra di erbologia. Era stanco, tremendamente stanco, e non solo fisicamente; era stufo di stare in quella scuola, dove tutti lo guardavano male e non si facevano problemi ad insultarlo in faccia. Pensò con amarezza ai tempi in cui era lui quello che tormentava gli altri; la cosa un po’ gli mancava. Gli mancava soprattutto essere felice, più che essere meschino.
-Malfoy!! Malfoy!- gridò una voce alle sue spalle.
Draco si fermò, non del tutto scontento di interrompere quella faticosa camminata.
Hermione Granger stava correndo – più che altro trottando- verso di lui, agitando dei rametti nella mano sinistra. Era un’immagine piuttosto eccentrica, che lo costrinse a non allontanarsi sdegnato.
-Cosa c’è?- domandò fingendo cortesia con una voce strascicata.
Hermione prese fiato, appoggiandosi a lui con una mano per sostenersi; Draco fu tanto colpito da quel tocco inaspettato da non ritrarsi.
-La Sprite... ha visto che i tuoi risultati ultimamente non sono stati proprio eccezionali, e mi ha chiesto di darti una mano a studiare per il test della prossima settimana.-
Draco la guardò stralunato.
-Come?-
-Ascoltami,- tagliò corto lei. – se non hai voglia, non mi importa. Ma mi sembra che tu stia prendendo il tuo ritorno a Hogwarts un po’ alla leggera. Voglio dire, non pensi al tuo futuro? Le ricchezze della tua famiglia sono quasi tutte andate, il nome dei Malfoy non incute più lo stesso timore e senza dei buoni risultati nel tuo MAGO...-
Draco la zittì con un’occhiataccia.
-Non ho bisogno della tua compassione, sporca...-
-Forse non hai bisogno della mia compassione, e non ho nessuna intenzione di provarne. Ma hai bisogno del mio aiuto, e io te lo sto offrendo.-
La Grifondoro lo guardò dritto negli occhi, e Draco sentì qualcosa stringersi nel suo stomaco.
-Va bene... ti contatterò io.- disse velocemente, per poi girarsi e procedere a passi lunghi il resto del sentiero.
Fosse stato un altro giorno avrebbe potuto guardare da un’altra parte, e non se ne sarebbe mai accorto. Ma dal momento che le cose erano andate così, si rese conto che quella notte l’avrebbe sognata.
Draco si alzò, tenendo tra le mani un vasetto di pittura, e si avvicinò alla donna.
-Rosso!!- urlò rovesciandole in testa il barattolo e osservando le striature di quel colore che si formavano sul viso e sui vestiti della persona che aveva davanti.
-La, di, di, da di di!- canticchiò, per poi buttarsi sul letto e addormentarsi di colpo.
 
Nota: Il periodo "Fosse stato un altro giorno avrebbe potuto guardare da un'altra parte, e non se ne sarebbe mai accorto. Ma dal momento che le cose erano andate così, si rese conto che quella notte l'avrebbe sognata" è la traduzione di alcuni versi della canzone "I've just seen a face" dei Beatles, così come "La di di da di di" viene cantato da Draco nello stesso modo in cui è cantanto dai Beatles dopo la strofa citata in precedenza. Per capire meglio, ascoltatevela ;)

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Capitolo 6
*** The shell of a girl that I used to know well ***


Hermione rimase ferma mentre sentiva la pittura scivolarle lentamente su tutto il corpo. C’erano state così tante cose che l’avevano stupita quella sera che non aveva quasi più la forza di meravigliarsi del gesto di Draco Malfoy. Ricevere un vasetto di vernice addosso non era di certo la cosa più strana che le fosse successo in quelle ultime ore. Si sentiva del tutto soffocata dalle proprie emozioni: era come se ogni cosa accaduta prima di quella sera non fosse importante, come se ogni altro suo pensiero fosse stato sopraffatto e cacciato dallo sconforto e dalla frustrazione che provava in quel momento. Si sentiva svuotata della sua persona.
-La, di, di, da di di!-
Hermione passò i palmi delle mani sugli occhi e rimosse la pittura che le impediva di aprirli.
Draco era sdraiato sul letto, sembrava addormentato; gli si avvicinò per osservarlo meglio.
Era più magro di quando le era apparso nei ricordi. Il suo corpo una volta abbastanza muscoloso, benché longilineo, sembrava un lungo scheletro assopito; la sua pelle era di una bianchezza malsana, quasi verdognola; i capelli gli ricadevano scompostamente sul volto, coprendo gli occhi cerchiati da profonde occhiaie. Tuttavia, il suo sonno sembrava tranquillo. Hermione per un istante pensò addirittura di vedere le sue labbra incurvarsi in un sorriso.
Sentì qualcosa di pesante cadere sul pavimento.
-Per la barba di Merlino!- esclamò la voce di una donna alle sue spalle.
Hermione si voltò: una donna di mezza età piuttosto ben piazzata si trovava davanti alla porta; ai suoi piedi stava il vassoio con la cena del paziente che aveva appena fatto cadere.
La donna rimase qualche istante immobile, gli occhi spalancati puntati su Hermione.
-Ma...ma... lei è tutta rossa!- balbettò sconcertata.
-Lo so.- mormorò con voce spezzata Hermione.
La guaritrice estrasse la bacchetta.
-Gratta e netta!- esclamò puntandola prima verso il vassoio e dopo verso Hermione.
Solo allora la donna si rese conto di quanta ne aveva avuta addosso fino a quel momento.
La guaritrice la squadrò per qualche breve istante, poi guardò la parete e spalancò gli occhi ancora più di prima.
-Per la barba di Merlino!- ripeté. –Ma lei è Hermione Granger! Lei è... Non è possibile. Come può...? Noi... noi non la vediamo da molto tempo signora.-
-Quanto?- chiese sbottando lei.
-Sono passati otto anni, signora.-        
Otto anni. Otto anni. Che cosa aveva fatto lei in otto anni? Si era sposata con Ron. Aveva fatto carriera. Aveva avuto Rose. Aveva avuto Hugo. Otto anni.
Che cosa aveva fatto lui in otto anni? Aveva dipinto le pareti di quella stanza.
Lo sconforto venne sostituito dalla rabbia. La frustrazione dalla furia.
-Cazzo!- gridò Hermione scattando in piedi.
Si avvicinò all’armadio e tirò un calcio contro una delle ante.
-Per la barba di Merlino...- sentì la guaritrice mormorare.
-Cazzo!-
Afferrò un barattolo e lo scagliò contro la parete opposta, facendolo esplodere e schizzando di vernice verde tutto ciò che c’era nella stanza.
-Signora! SIGNORA!- urlò disperata la guaritrice alzando la bacchetta.
-Expelliarmus!-
La bacchetta fece la stessa fine del barattolo.
Hermione stava per scagliarne un altro quando vide apparire sulla porta Harry.
-Oh, oh!- sbraitò agitando in aria il vasetto. –Ecco l’eroe del mondo magico! Il prescelto! Il ragazzo che è sopravvissuto! Lo sapevo che ti saresti trasformato in un pallone gonfiato! Ma con quale pretesa, ti chiedo, con che diritto hai osato rimuovere i miei ricordi? Non tutti vogliamo il tuo aiuto, razza di bastardo!-
Si sentì traboccare di rabbia quando vide un intimidito Ronald Weasley sbucare da dietro l’uscio. Suo marito teneva gli occhi puntati sul pavimento.
Hermione gli si gettò addosso e lo strattonò per il colletto.
-E tu! Tu mi hai sposata sapendo che lui era chiuso qua dentro e che io l’avevo dimenticato! Cazzo Ronald , abbiamo addirittura avuto dei bambini e tu non mi hai detto niente! Tutto quello che abbiamo nasce da un’orribile bugia!-
Sussultò quando sentì la voce dolce di Ginny sussurrarle piano:
-Hermione, questo è il guaritore Ernie Sullivan. Credo che dovresti parlargli: lui ti spiegherà ogni cosa. Voi avete parlato molto anche...allora.-
La donna osservò con aria spavalda l’ultimo arrivato.
Era un uomo elegante; i capelli, la barba e i baffi erano quasi del tutto bianchi. Portava un paio di occhiali tondi.
-La seguo, signor Freud.- disse con un tono di rispetto palesemente finto.
Prima di uscire dalla stanza, Hermione gettò un’occhiata in direzione del letto: Draco Malfoy era ancora sdraiato, ma era impossibile dire se stesse dormendo.
Ernie Sullivan non fece commenti e la condusse attraverso diversi corridoi bianchi, illuminati da fastidiose luci al neon, fino ad arrivare in una stanzetta asettica la cui aria odorava di disinfettante.
-Questo, signora Weasley, è il mio ufficio.- disse l’uomo sedendosi dietro la scrivania.
-Granger, per favore. Mi chiami signora Granger.- rispose gelida lei. –Bel posto.- aggiunse con tono sfottente.
Sullivan non si scompose, limitandosi ad osservarla per qualche istante tenendo le dita intrecciate sul petto.
-Io non so se lei si ricorda di me, signora Granger, ma io e lei abbiamo parlato molto nei primi anni in cui il signor Malfoy si trovava qui.- disse piano.
Hermione sbuffò.
-Sì, così mi è stato detto. Anche se ovviamente io non ho alcun ricordo delle nostre conversazioni.-
L’uomo annuì.
-Lo immaginavo. A tale proposito... non ho potuto fare a meno di ascoltare la sua... conversazione con i signori Potter e Weasley, e ci tenevo ad informarla immediatamente del fatto che è stata mia l’idea di rimuoverle la memoria. E tutta l’equipe dei guaritori convenne che fosse la soluzione  migliore affinché lei non si riducesse come il suo amico Malfoy.-
Hermione serrò forte i denti e fece uso di tutto l’autocontrollo che possedeva per dire semplicemente:
-Mi dica tutto. Ogni cosa.-


Nota: chiedo scusa se ha qualche lettore ha dato fastidio leggere delle parole volgari nei discorsi di Hermione, ma proprio non potevo farle dire "Acciderbolina!" dopo tutto ciò che ha scoperto. Non sarebbe realistico.


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Capitolo 7
*** Il lungo inverno freddo ***


Ernie Sullivan appoggiò al labbro superiore gli indici, tenendoli uniti e le dita intrecciate.
I suoi occhi grigi incontrarono quelli grandi e marroni della donna che aveva di fronte e il suo sangue freddo venne meno; si ripeteva ogni giorno che la scelta che aveva compiuto otto anni prima era quella giusta, e una parte di lui ne era certa. Eppure... quel dubbio insidioso era così profondamente radicato dentro di lui che continuava ad attanagliarlo anche dopo tutti quegli anni.
Istintivamente gli venne da pensare a quell’enorme bagolaro che sua figlia Hannah aveva voluto rimuovere dal giardino della sua villa in campagna perché desiderava tanto una piscina: nonostante tutti i suoi sforzi, quelli dei suoi famigliari e dei suoi amici e addirittura quelli di maghi specializzati, l’albero non si era mosso di un centimetro, era troppo antico e le sue radici troppo profonde. “Sono qui da prima che voi nasceste.” sembrava dire la pianta a quegli omuncoli. “Come pensavate di potermi togliere da qui?”
Allo stesso modo sembravano schernirlo le sue incertezze. Come pensava il suo ingegno brillante di poter relegare le sue emozioni in un angolo buio e dimenticato della sua mente?
Quando parlò, tuttavia, la sua voce profonda era ferma e sicura.
-Quando il signor Malfoy venne portato in questo ospedale, pensavamo che la sua situazione fosse meno grave di quanto scoprimmo in seguito. Era sotto shock, ovviamente. Aveva subito la maledizione crociatus per circa due ore prima che gli auror da lei chiamati riuscissero a penetrare nel castello e fermare i suoi aguzzini. Una situazione senz’altro spiacevole...-
Hermione Granger sbuffò sconcertata e sembrava del tutto intenzionata a dare di matto, perciò l’uomo alzò lievemente il tono di voce e proseguì.
-...ma che non avrebbe provocato danni permanenti o irrecuperabili. Lo tenemmo in osservazione più che altro per sicurezza qui al San Mungo per alcune settimane. Anche lei venne ricoverata, alloggiavate nella stessa stanza perché non avevate voluto separarvi per alcun motivo. Lei, signora, si riprese subito e ben presto lasciò l’ospedale, pur venendo a rendergli visita ogni giorno. Fu alla quinta settimana che cominciammo a preoccuparci: nonostante le nostre cure, il paziente non sembrava riprendersi minimamente. Solo allora eseguimmo ulteriori analisi e scoprimmo che durante le due ore di tortura avevano testato sul signor Malfoy diversi veleni sperimentali. Creazioni semplici, da quattro soldi, ma altamente dannose. Colpirono il suo cervello.-
Sullivan si interruppe per estrarre dallo scaffale la cartella clinica di Draco Malfoy per mostrarla a Hermione Granger, pur non sapendo che effetto avrebbe avuto su di lei quel gesto. Probabilmente per lei non avevano molto significato.
-Guardi pure.-
La donna osservò un attimo i fogli, per poi richiudere la cartella con disgusto.
-E’ proprio vero che voi medici avete una calligrafia di merda.-
L’uomo non sapeva esattamente quale fosse il significato della parola “medici”, ma era sicuro che non fosse proprio un complimento. Decise di lasciar perdere l’insulto poco comprensibile e proseguì il suo discorso.
-Non sappiamo bene quali sono stati gli ingredienti dei diversi veleni, soprattutto perché non sappiamo il numero di varianti che hanno testato su di lui. Conosciamo solo gli effetti: paralizzano temporaneamente varie aree del suo cervello, danneggiando gravemente la sua memoria e impedendo che si concentri su un pensiero per qualche istante. Parla raramente, e a fatica. Ha bisogno di cure quotidiane affinché il suo cervello non si fermi del tutto, per questo lo teniamo qui.-
Hermione Granger non lo guardava più, teneva gli occhi fissi su un punto alle sue spalle.
-Ora però torniamo a lei e alla faccenda della sua memoria.-
Gli occhi della donna guizzarono nuovamente sul volto del guaritore.
-Quando l’abbiamo informata riguardo ai veleni e ai danni permanenti all’inizio non ci ha voluto credere. Continuava a ripetere che ci sbagliavamo e che doveva esserci una soluzione. E’ andata avanti con questa storia per mesi e mesi, girando in lungo e in largo nel mondo per consultare vari guaritori, chiaramente senza successo. Quando ha capito che non c’era una cura, ha deciso di prendersela con il paziente. Le sue visite continuarono, ma al posto di incoraggiarlo lei gli urlava addosso, dicendo che non si impegnava abbastanza per guarire, che l’aveva... abbandonata. Che faceva apposta a fingersi malato per farla soffrire. E’ qui che abbiamo cominciato a preoccuparsi per la sua salute, signora. Dopo un paio di mesi, ha smesso di prendersela con il signor Malfoy. Probabilmente era semplicemente stanca di urlargli addosso... Voleva portarlo a casa con lei, ma abbiamo rifiutato. Temevamo fortemente per l’incolumità di entrambi.-
Granger strinse forte gli occhi per qualche istante, con aria sofferente, e Sullivan ipotizzò che stesse ricordando qualcosa, ma non disse niente.
-Erano passati quasi due anni dall’incidente quando è iniziata la sua depressione. Dormiva ogni notte sul divano dell’ospedale, e ben presto ottenne di avere un letto accanto a quello del signor Malfoy. Non gli parlava nemmeno più. Si limitava a stare seduta tutto il giorno a guardarlo, nell’attesa che lui facesse qualcosa. Lei divenne a tutti gli effetti una paziente del San Mungo: eravate ridotti nello stesso stato, due vegetali. Passò l’inverno, e la situazione non cambiò. Fu allora che interrogai i suoi genitori, signora Granger, e chiesi anche il parere del signor Potter e di Ronald e Ginevra Weasley. Dissi loro che la situazione era diventata ingestibile, e nonostante i tentativi dei nostri guaritori le sue condizioni psichiche continuavano a peggiorare. L’unico modo possibile affinché lei si riprendesse, spiegai loro, era di farle dimenticare Draco Malfoy, per il quale invece non c’era speranza. Dopo qualche tempo accettarono. Eseguimmo l’incantesimo a metà febbraio.-
Gli occhi di Hermione Granger erano colmi di lacrime, cosa che curiosamente non faceva che renderli più belli. Il suo volto, tuttavia, non era affatto scomposto.
-Quando ha iniziato a dipingere?- chiese con una vocina acuta che non sembrava appartenerle.
-Una settimana dopo la sua partenza.-



NOTA: mi dispiace per coloro che seguono la storia, ma causa ferie non potrò aggiornare per un mese. Ci si vede a fine agosto! Buone vacanze a tutti 

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Capitolo 8
*** Costui un giorno osò rivolgerle il discorso ***


La stanza illuminata al neon era di un biancore fastidioso, il genere di luce che fa sembrare ogni cosa orribile. Hermione aveva gli occhi gonfi di pianto, un mal di testa penetrante ed erano le quattro del mattino; era accovacciata su un divanetto verde nella sala di attesa e fissava da venti minuti la porta della stanza di Draco Malfoy, non avendo idea di cosa fare. Voleva entrarci con tutta sé stessa, ma un parte di lei aveva un terrore folle del dolore che avrebbe provato vedendolo di nuovo in quelle condizioni, e così era rimasta immobile per tutto quel tempo.
Odiava il silenzio di quella stanza. Non aveva idea di dove fosse finito il resto del mondo, e nemmeno le importava.
Si alzò di scatto e si scaraventò quasi letteralmente sulla maniglia della camera d’ospedale. La porta si aprì subito, docilmente.
Draco Malfoy era seduto sul letto, le gambe incrociate, le mani giunte come in preghiera.
Alzò lo sguardo verso la donna che era appena entrata, ma non parve farle caso.
Tornò a guardarsi le mani, incrociò le dita medie, ruotò i palmi e agitò allegramente le due dita.
-Cip cip cip!- cinguettò guardando Hermione.
Lei sentì una stretta allo stomaco e si sedette sul pavimento freddo, abbastanza lontana dal letto da poter vedere la figura magra dell’uomo.
Quando incontrò il suo sguardo, Hermione sorrise.
I suoi lineamenti non erano cambiati, anche se il suo volto era più scavato. Ora li ricordava bene: ricordava di aver passato ore ad accarezzarli con dolcezza, a goderseli con gli occhi. Erano delicati ma ben definiti, presentavano il genere di bellezza tipica dei paesi nordici; ricordava che in molti dei loro viaggi –anche se al momento a parte Parigi non aveva idea di dove fossero stati- la gente chiedeva spesso se lui fosse svedese: avevano trovato la cosa molto divertente, per cui alla fine rispondevano sempre di sì. Del resto, i suoi occhi apparivano a prima vista freddi come i monti scandinavi, anche se osservandoli più accuratamente era maggiore la somiglianza con le limpide acque dei fiumi montani. E i suoi capelli erano di un biondo... non quasi albino, ma simile a quello dei campi di grano.
Hermione non dovette fare nessuno sforzo per alzarsi e andare a sedersi sul letto.
Prese la mano fredda di Draco tra le sue e lo guardò negli occhi.
-Draco, sono io, Hermione.- disse piano.
Lui dapprima tenne gli occhi fissi sulle loro mani intrecciate, con la fronte corrugata, come se stesse cercando di capire che cosa significasse; poi li sollevò piano verso il suo volto, ma era come se non la vedesse, come se stesse guardando la porta attraverso la sua testa.
All’improvviso, Hermione sentì una seconda volta quella mano invisibile attraversarle lo stomaco e stringerle le viscere: gli occhi di Draco avevano iniziato a muoversi di scatto da un occhio all’altro di lei, come succede quando si è così vicini ad una persona da non sapere quale guardare.
-Hermione... aiuta...mi.-
La mano invisibile strinse più forte.
Hermione era seduta sui gradini che portavano ai sotterranei con le braccia incrociate e il volto imbronciato; quando la figura allungata di Malfoy spuntò dal buio del corridoio si alzò di colpo, e sembrava pronta a scagliargli contro tutta la sua furia.
Quando il ragazzo la vide si bloccò per un attimo, stupito, ma si ricompose in fretta e ghignò quando la sentì sbraitare: -MALFOY!-
La Grifondoro gli corse incontro e per un istante sembrava che gli sarebbe saltata addosso.
-Avevi detto che saresti stato qui alle quattro! E sono le cinque meno dieci!! Ero già arrabbiata per il modo in cui mi avevi dato l’appuntamento, ma questo? Ora sono furibonda! Oltre che meschino sei anche la persona più maleducata che io abbia mai incontrato!-
-E allora perché mi hai aspettato?- domandò lui sempre ghignando.
Hermione boccheggiò per qualche istante e poi sbottò:
-Per insultarti! Addio.-
Si stava per girare ma il Serpeverde la richiamò.
-Non così in fretta Mezzosangue, credevo avessimo un patto.-
Hermione gli lanciò un’occhiata inceneritrice che avrebbe fatto abbassare lo sguardo di chiunque, ma il ragazzo non si scompose.
-Un patto?- disse lei beffarda. –Lo chiami “patto”?Il mio era un tentativo di aiutarti perché sei nella merda, Malfoy. Credevo che fossi un bastardo egoista a cui importa solo di sé stesso, ma non è neanche così! Non ti interessa neanche la tua di vita. Il che significa che o sei stupido o sei disperato.-
Questa volta il viso di Draco Malfoy si irrigidì e lui afferrò il polso della ragazza, che inutilmente cercò indignata di sottrarsi alla sua presa.
-Lasciami.- disse a denti stretti.
-No.- rispose secco lui. –Tu non sei altro che una sciocca ragazzina che gioca a fare l’eroina. Sei stata brava con l’Oscuro Signore, te lo concedo, ma se credi di avere il mondo nelle tue mani perché hai aiutato San Potter a sbarazzarsi del cattivo sei fuori strada. Il bene non ha vinto. Non ci sono rose e fiori e palloncini colorati all’angolo di ogni strada. E io non sono l’ultimo pezzo rotto del puzzle da aggiustare, ce ne sono a migliaia. Quindi fammi il piacere di andare a rompere i coglioni a qualcun altro.-
Per una delle rare volte nella sua vita, Hermione non sapeva cosa dire. Draco sembrò accorgersene e allentò la presa sul suo polso.
-Lo so che il mondo non è perfetto.- sussurrò guardandolo negli occhi. – Ma le cose si possono aggiustare...-
-Chiedi al fratello di lenticchia se quell’idiota del suo gemello si può aggiustare.- sbottò con voce sprezzante.
La mano libera di Hermione gli tirò uno schiaffo sonoro. Le poche persone che avevano assistito alla scena se ne andarono rapidamente fissando il pavimento.
Mentre vedeva la ragazza allontanarsi, Draco Malfoy mise a tacere rapidamente la sua mente calcolatrice e per una delle rare volte nella sua vita seguì il suo istinto e mi mosse a passo svelto per raggiungerla.
-Mezzosangue, aspetta! Non dovevo, è stato di cattivo gusto.-
Lei non si girò.
Se ci fosse stato qualcuno in giro, se avesse avuto ancora il controllo dei Serpeverde, se fosse successo due anni prima, se non si fosse sentito del tutto impotente e allo sbaraglio, Draco non l’avrebbe fatto.
-Hermione, per favore, aiutami.- osò dire infine.
La sventurata rispose.



Nota: forse avrei dovuto farlo prima...comunque lo dico adesso: grazie grazie grazie grazie a tutte le persone che hanno messo questa storia tra le seguite\preferite\da ricordare e alle mie due commentatrici di fiducia (siete gentilissime J). E grazie a tutti quelli che sprecheranno un po’ del loro tempo per mettere (forse) una recensione in futuro, anche solo per dirmi “fai schifo”. Fa sempre piacere!   

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Capitolo 9
*** Not this mind and not this heart. I won't rot. ***


Qualcosa nella sua mente era scattato.
Ma più quel pensiero diventava nitido, più il suo cervello si surriscaldava, la sua vista si annebbiava e si accorgeva di stare per perdere i sensi.
Non appena l’aveva vista entrare nella stanza la prima volta, Draco aveva riconosciuto quella donna: lei era il sole. Le aveva subito dimostrato di averla riconosciuta, le aveva donato il suo colore, ma il suo cervello non aveva retto tutte quelle informazioni né il suo cuore tutte quelle emozioni, e così si era addormentato.
Al suo risveglio, il sole era sparito. Eppure non era così che funzionava di solito, dopo l’alba il sole rimane per ancora molto tempo.
E che stupido era stato! Quando il sole era tornato, lui l’aveva scambiato per Ciccia, di nuovo. Solo quando aveva sentito la sua mano in quelle di lei si era reso conto che –porca troia- quella non era assolutamente Ciccia; aveva sentito di nuovo quel brivido lungo la schiena, lo stomaco che si stringeva, il cuore che batteva forte. Era lei.
Ed era addirittura riuscito a guardare i suoi occhi, quei meravigliosi pozzi marroni, non si era limitato a vederli, come vedeva il letto, la stanza, le infermiere. Erano i suoi, senza dubbio. Splendevano, anche se più debolmente di un tempo.
“So-le” avrebbe voluto dire. Ma non ci riusciva.
Poi arrivò l’illuminazione: Hermione! Lei si chiamava Hermione, dannazione! Certo, lei era il suo sole... ma non era così che il resto del mondo la conosceva.
Che cos’è il mondo? Di sicuro è tondo. La maggior parte della superficie terrestre è ricoperta di acqua. Aveva proprio sete: da quanto tempo non beveva una burrobirra? Troppo.
Ma doveva concentrarsi!
Qualcosa nella sua testa non funzionava, questo l’aveva capito fin troppo bene, e la cosa lo spaventava a morte. Draco un tempo era abituato ad avere il controllo di tutto, e ora non controllava neanche il suo corpo. A volte riusciva a guardarsi allo specchio, e allora vedeva un vecchio di 30 anni in deperimento.
Ma forse lei poteva aiutarlo, lei sapeva fare tutto. Wingardium leviosa! C’era anche lui al suo primo grande trionfo.
Come si faceva a parlare? Si ricordava che un tempo non stava mai zitto, anche quando avrebbe dovuto.
Doveva assolutamente riuscirci.
E poi all’improvviso si ricordò come fare, o meglio, gli venne spontaneo mormorare quelle poche parole: -Hermione... aiuta...mi.-
Fu come se un fuoco d’artificio gli fosse esploso nel petto: era riuscito a mettersi in contatto con lei; ora non aveva quasi più importanza salvarsi, ritornare la persona che era, uscire da quel maledetto posto. Aveva ristabilito un collegamento con la sua Hermione, lo capiva facilmente guardando quei suoi grandi occhi sgranati: lei l’aveva sentito, l’aveva capito, e non l’avrebbe abbandonato. Glielo si leggeva in faccia che da quel momento in poi per lei sarebbe stato impossibile lasciarlo a sé stesso, e quando Draco se ne rese conto, un secondo fuoco d’artificio rimbombò nel suo cuore. Lei lo amava ancora, oh sì. Come una volta, forse come sempre.
Draco sorrise.
E di nuovo provò una gioia illimitata, perché era da millenni che non tendeva i muscoli del suo volto in quel modo. Normalmente, una persona ride 15 volte al giorno. Ma lui non sorrideva da così tanto tempo che il solo pensiero gli faceva venire le vertigini.
Hermione, davanti a lui, boccheggiava. Il suo labbro inferiore tremava leggermente.
Si alzò di scatto, come se avesse avuto una molla nel fondo schiena. Draco la osservò mentre camminava con fare isterico per la stanza.
Aveva un’emicrania fortissima, le sue orecchie avevano cominciato a ronzare e la vista gli si stava annebbiando, ma la gioia che provava gli impediva di cadere di nuovo addormentato. La cosa divertente – anche se in fondo non faceva poi tanto ridere – era che al momento Hermione sembrava meno sana di lui.
Continuava a marciare avanti e indietro e sembrava avere l’intenzione di strapparsi tutti i capelli a forza di passarci in mezzo le dita; ogni tanto si fermava e si copriva il volto con le mani mentre serrava e le labbra e alzava gli occhi al cielo. Draco ricordò che l’aveva vista fare quella cosa molte volte... in quale occasione? Il mal di testa aumentò, ma almeno trovò la risposta: quando cercava di trattenere le lacrime.
Riuscì ad intercettare il suo sguardo e si rese subito conto che lei aveva capito che lui la stava cercando di comunicarle qualcos’altro.
-Dimmi che cosa, ti prego. Dimmi cosa posso fare per aiutarti.- mormorò lei con voce spezzata ma abbastanza forte perché lui la sentisse.
Draco ci pensò su. Questo non se l’era aspettato, di solito era Hermione che aveva una soluzione pronta per tutto. Lui no, lui era quello che trovava sempre un modo per rovinare le cose. Eppure... c’era stata una volta in cui l’idea brillante l’aveva avuta lui. Ed era stata una trovata davvero geniale, a cui la ragazza non avrebbe mai osato pensare.
All’improvviso sentì che la cosa giusta da fare non poteva essere che quella.
Si alzò anche lui con un balzo e si trovò davanti a Hermione, che lo fissava incuriosita.
La guardò negli occhi e pensò intensamente ciò che non riusciva a dirle: io non deperirò. Non questa mente, non questo cuore. Non se ci sei tu.
Prese il suo volto tra le mani e la baciò.
Rulli di tamburi, palle di cannone, palloncini che esplodono, bollicine d’acqua gasata, lucciole che volano, ballerini che battono le mani, fuochi d’artificio.
Un unico, meraviglioso, splendente fuoco d’artificio che illumina la notte e fa pensare: “l’amore è nell’aria stasera”.  




Nota dell’autrice: chiedo umilmente perdono per l’attesa di quasi un mese, sono desolatissima, ma ultimamente non sono stata affatto ispirata. Spero che questo capitolo vi piaccia... Aspetto con ansia le vostre recensioni e giuro che se aumentano la prossima volta vi faccio aspettare di meno (eddai cosa vi costa? ;) )!

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Capitolo 10
*** If I fell ***


Novembre 1998

Hermione si svegliò di soprassalto.
Era sdraiata nel letto a baldacchino del suo dormitorio, nella torre di Grifondoro. Un rumore improvviso, che però non avrebbe potuto identificare, l’aveva riscossa dal sonno; dovevano essere circa le quattro del mattino.
Il silenzio era tale che se non avesse saputo di trovarsi in un castello dove abitavano centinaia di studenti avrebbe pensato di essere completamente sola. Si acciambellò sotto le coperte, tentando di riaddormentarsi.
Stava facendo un sogno molto piacevole fino a qualche attimo prima, ma non ricordava esattamente di cosa si trattasse. Ricordava solo che si trovava in passaggio segreto di Hogwarts, stava salendo delle scale, era con qualcuno... e poi si ricordò con chi.
Ma non è possibile! Pensò girandosi dall’altro lato, imbronciata.
Quella doveva essere la decima volta in due settimane che sognava quello schifoso pallone gonfiato razzista di Draco Malfoy.
Era cominciato tutto per colpa della professoressa Sprite: lei le aveva chiesto di aiutarlo in Erbologia, e ovviamente Hermione non aveva potuto rifiutare la richiesta di un’insegnante; poi, dopo essersi fatta trattare malissimo, quando lui le aveva chiesto aiuto e l’aveva finalmente chiamata per nome, era riuscita –non sapeva bene come- a farsi abbindolare da quel furetto. Anche se ovviamente non le importava minimamente che lui la chiamasse per nome.
Nelle due settimane successive si erano visti diverse volte, e quel pazzo aveva alternato momenti di sorprendente gentilezza a fasi di irritante arroganza; lei si era sforzata a sopportarlo, rispondendo per le rime alle sue scortesie e balbettando ogniqualvolta lui si improvvisasse galante.
Ma lei lo sopportava. Aveva preso molto sul serio il suo compito, come al solito. Tutto qui. Appena aveva tempo si trovavano in biblioteca a studiare, e del resto un po’ di ripasso faceva bene anche a lei; e dato che Draco non era affatto stupido, erano ormai quasi avanti rispetto al programma che la professoressa Sprite stava facendo.
Il fatto che lo sognasse non significava assolutamente nulla. Era solo perché avevano passato molto tempo insieme, non c’era nessun altra ragione; di sicuro le capitava spesso di sognare anche Ginny, solo che non se lo ricordava. Il fatto è che i sogni con Malfoy erano sempre molto vividi: gli odori, i colori, le sensazioni, erano tutti così intensi che era quasi impossibile riuscire a distinguerli dalla realtà. Hermione ci riusciva solo perché sapeva che era altamente impossibile che lei o Malfuretto si comportassero in quel modo.
In quell’ultimo sogno, ad esempio, stavano salendo insieme delle scale a chiocciola. Stavano parlando delle ali di pollo che avevano mangiato a cena e Draco insisteva nel dire che al tavolo dei Serpeverde erano decisamente più buone; lei si ostinava a negarlo, era certa che fossero molto più buone quelle che mangiava lei. Avevano cominciato a picchiarsi, ma ricordava di aver pensato che il ragazzo fosse proprio deboluccio, perché non le faceva per niente male. Poi lui si era fermato e aveva detto che probabilmente le alette erano state fatte dagli stessi elfi domestici.
Hermione ricordava di aver tirato fuori dalla tasca una spilla del CREPA e che aveva cominciato a punzecchiarlo con quella fino a quando Draco non le aveva afferrato il polso e aveva detto: “Se nessuno di noi ha mai assaggiato le alette dell’altro, come possiamo dire quali sono le migliori?”
E poi...
Oh no, no, no. Non aveva senso. O forse aveva senso proprio perché era solo un sogno. Ma fino ad allora non avrebbe mai, mai, mai pensato di sognare una cosa del genere, così come non avrebbe mai sognato di baciare uno Schiopodo Sparacoda. E infondo qual era la differenza tra baciare Malfoy e baciare uno Schiopodo?
Nessuna.
Beh, forse, era più accettabile per persone non zoofile baciare una persona, anche se si trattava di Malfoy. Ma perché tra tutte le persone sulla Terra aveva dovuto sognare di baciare lui?
Perché voleva baciare lui.
La risposta era semplice quanto disarmante.
Non è che in sette anni non ci avesse mai pensato: è una cosa normale immaginarsi come sarebbe baciare qualcuno anche se non si ha la minima intenzione di farlo; una volta si era chiesta come sarebbe stato baciare Piton, ed era rabbrividita al solo pensiero di una così poca distanza dai suoi capelli unticci. Anche se Piton si era rivelato un grand’uomo, ai suoi occhi restava un amante molto poco invitante.
Quanto a Malfoy, aveva sempre pensato che nonostante non fosse un brutto ragazzo, il suo carattere lo rendeva insulso. Ma da quando aveva cominciato a passare del tempo con lui tutti suoi difetti sembravano meno rilevanti a causa del contrasto con i suoi pregi, che fino ad allora Hermione non si era mai accorta esistessero.
Prima di tutto, Draco era un ragazzo divertente. Durante gli anni in cui aveva usato la sua ironia per tormentare tutti i Grifondoro, Hermione l’aveva disprezzata e ignorata. Eppure quando non usava il suo talento naturale per buttar giù la gente era davvero capace di renderla allegra. In un attimo la tristezza e l’aria annoiata che aleggiavano solitamente nei suoi occhi potevano sparire, lasciando spazio ad un’irresistibile scintilla ironica.
Riusciva a cogliere il momento migliore perché la sua mente era agile e sveglia; possedeva quel genere di intelligenza superiore che non annoia le persone, ma le sorprende.
Ma soprattutto, Hermione era riuscita cogliere sotto quello strato di arroganza e durezza un’anima insicura, persa e sorprendentemente buona.
Forse anche lei soffriva di quella malattia che fa credere ad ogni ragazza di essere “quella che riuscirà a salvarlo”. Il problema era che non riusciva a non pensare a lui tutto il giorno. Si rigirò di nuovo nel letto, furente.
Doveva solo aspettare che la cotta le passasse, poi avrebbe potuto continuare ad odiarlo. O forse non ne sarebbe più stata capace?
Hermione prese con rabbia il libro di Incantesimi dal comodino: aveva deciso di studiare un po’. A dire il vero aveva un gran sonno, ma sapeva che se si fosse addormentata l’avrebbe sognato, ed era esattamente quello che cercava di evitare.

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Capitolo 11
*** And please don't stand so close to me, I'm having troubles breathing ***


-Come facciamo a scoprire quali sono i cinque usi del pus di Tuberoide? Sul libro di testo non c’è scritto! E nemmeno sugli altri libri della biblioteca che abbiamo letto!–
Sentendo le parole del ragazzo Hermione non poté fare a meno di sorridere.
-Calmati Malfoy, sembri me!-
 Lui sorrise e i suoi occhi si illuminarono, scintillanti.
-Sto solo dicendo...- spiegò avvicinandosi alla ragazza per osservare con aria guardinga il vasetto nel quale avevano messo il pus. –Che è un compito impossibile. Se tutti i grandi studiosi di Erbologia di cui abbiamo letto i libri non hanno scoperto nessuna funzione interessante di questa roba, come possiamo noi trovarne cinque? Siamo solo degli studenti.-
Hermione sorrise di nuovo. Era come se non potesse farne a meno quando Malfoy era nei paraggi: lui diceva qualcosa, lei sorrideva, lui le sorrideva, lei rispondeva, e così all’infinito. Non doveva per forza essere una situazione divertente... per il semplice fatto che fossero in contatto tutto sembrava follemente piacevole.
-Solo degli studenti? Ti prego. Non voglio certo vantarmi, ma non siamo dei semplici ragazzini: le nostre simulazioni dei MAGO sono state eccellenti e possediamo una logica che ci permette di avere una visione d’insieme e cogliere dettagli che alle altre persone sfuggono. Possiamo benissimo farcela con un po’ di impegno.- gli disse.
Malfoy scoppiò a ridere gettando la testa indietro, come un ragazzino.
-Che modestia, Granger, soprattutto per una che non vuole vantarsi. A quanto pare sei tu quella che comincia ad assomigliarmi sempre di più... una vera Serpeverde!-
Hermione gli diede una botta leggera sul petto e lui prese la mano tra le sue.
-Dovrei passare al lato oscuro perché avete i biscottini?- chiese lei innervosita, sperando che quella mano non fosse sudaticcia quanto l’altra.
-No, dovresti passare al lato oscuro perché siamo gentiluomini.- le rispose.
Si inchinò maestosamente e fece il baciamano, quindi scoppiò a ridere.
Hermione ritrasse in fretta la mano, si spostò lungo il tavolo in direzione opposta alla sua e si mise a fissare il pus, come aspettando l’ispirazione.
-Tutto ok?- chiese la voce profonda alla sua sinistra.
-Sì Malfoy.- rispose seccamente.
Non alzò gli occhi dal vasetto ma sentiva chiaramente il suo sguardo puntato su di lei; si stava sforzando di riprendere un colorito normale e di sciogliere il nodo che le stava stringendo lo stomaco, e che sapeva non dipendere dall’aspetto rivoltante del pus.
-Ho fatto qualcosa?-
Hermione raddrizzò il capo, evitando tuttavia di guardare nella sua direzione: sapeva che sarebbe tornata ad essere più simile ad un peperone che ad un essere umano.
-E’ solo che ... non mi piace scherzare sul lato oscuro.- balbettò.
-Ma hai cominciato tu!- esclamò logicamente lui.
-Lascia stare.-
Puntò di nuovo tutta la sua attenzione sul pus; non era stata una scusa brillante, neanche vagamente: si sarebbe aspettata di più dal suo cervello, il quale però pareva abbandonarla ogniqualvolta il biondo fosse nei paraggi.
La verità era che quella che le era sembrata essere una cotta passeggera continuava ad ingigantirsi ogni giorno di più, sia che lo vedesse sia che lo evitasse: lui la guardava e lei cominciava ad analizzare i mille motivi per cui avrebbe dovuto farlo; se non lo faceva, passava i giorni successivi a chiedersi che cosa avesse fatto di male per farlo arrabbiare. Quando poi scopriva che non era veramente arrabbiato con lei, il palloncino dentro il suo petto tornava a gonfiarsi di elio ed era come se camminasse sulle punte dei piedi.
Eppure non aveva alcuna intenzione di provarci, perché sapeva che tutto ciò che provava non era corrisposto e non poteva permettersi di esporsi e consegnargli l’arma con la quale avrebbe potuto distruggerla completamente. Certo, c’era una piccola parte di lei che si aggrappava alla speranza di loro due insieme e che lottava assiduamente per la propria sopravvivenza, ma era prepotentemente schiacciata da quella razionale.
-Potremmo provare a mettere un po’ di campioni in ambienti diversi, e vedere come interagiscono con ognuno di essi... almeno per cominciare.- disse con voce meccanica.
Draco le si avvicinò dal dietro, facendole chiaramente sentire il suo respiro sul collo; Hermione cercò di non pensare a che cosa le faceva pensare il suo odore e si girò, trovando il suo volto così vicino da dover inarcare la schiena all’indietro per mantenere la concentrazione sulla ricerca di erbologia.
Per qualche istante (probabilmente pochi secondi, ma a lei parvero lunghi come ore) si guardarono negli occhi: quelli di lui erano grandi ma allungati, simili a ghiaccio ardente, accecanti come la luce che viene riflessa dalle distese di neve in montagna; poi Draco parlò con voce roca.
-Sì, ehm, io direi... mettiamone parte in una boccetta d’acqua, parte in un vasetto con una fiamma magica, parte con qualche foglia e del terriccio e quel che resta lo lasciamo in contatto con l’aria.-
Detto questo si allontanò velocemente, dirigendosi verso lo scaffale che conteneva i boccali che venivano usati per questo genere di esperimenti; ne prese tre e li poggiò sul tavolo, poi si girò verso Hermione e le disse schiettamente:
-Ascoltami, non avevi mica detto che volevi ripassare Trasfigurazione? Io l’ho fatta secoli fa e la so ancora perfettamente. Vai a studiare se hai tempo di prendere un voto perlomeno decente e lasciami preparare le cose da solo, di sicuro senza di te farò più veloce.-
La Grifondoro lo guardò con gli occhi spalancati, sperando di vedere una scintilla in quelli di lui che sottintendesse che stava solo scherzando, ma non avvenne. Non sorrise. I suoi occhi erano diventati freddi come il ghiaccio a cui assomigliavano, ogni traccia di ironia era sparita, era come se fossero tornati a qualche mese prima.
Gli sorrise senza allegria né simpatia e sbottò con voce affettata: -Bene.-
Raccolse la sua roba ed uscì dalla serra, sbattendo forte la porta, per poi sperare pochi passi dopo di non averlo fatto: così stava solo facendo il suo gioco.
Ma del resto che cos’altro avrebbe potuto fare una fiera, furiosa e ferma Grifondoro nei confronti di un Serpeverde tanto prepotente, perfido e pacato?
L’unica cosa alla quale riusciva a pensare era come fosse possibile che una persona fosse così cattiva da infrangere così brutalmente le speranze degli altri; perché Voldemort era stata una persona orribile e malvagia, ma nessuno si sarebbe mai aspettato da lui qualcosa di meglio.
Quando soffrendo si può incolpare qualcun altro delle nostre sventure ci viene facile odiarlo, ed è un conforto misero ma pur sempre importante; quando invece la persona che riteniamo colpevole siamo noi stessi, perché la nostra intelligenza non è stata all’altezza della situazione e i nostri sentimenti ci hanno ingannati, allora il nemico ci colpisce con un’arma a doppio taglio.
E questo, agli occhi di Hermione, rendeva Draco Malfoy la persona più meschina del mondo.  



Nota: chiedo umilmente scusa per la lunghissima attesa! Giuro che durante il ponte mi metto a lavorare come una pazza per farvi arrivare il prossimo capitolo in tempi più ragionevoli :)

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Capitolo 12
*** Credi di evitarlo e invece ti tiene ***


Il bagno dei prefetti era, secondo il “modesto” parere di Draco Malfoy, una delle sette meraviglie di Hogwarts; i ragazzi che si ritenevano tanto superiori da non volere aspirare alla carica di prefetto probabilmente non avevano idea di cosa si stessero perdendo. Una delle poche cose negative di Hogwarts era che, essendo un collegio, la privacy era praticamente inesistente: certo, stare 24 ore su 24 in compagnia dei propri amici era assai divertente, eppure per la maggior parte delle persone non avere mai neanche un attimo di solitudine era un po’ scocciante. Malfoy, chiaramente, era una di queste. Il bagno in questione era uno dei pochi luoghi in cui uno studente poteva stare in santa pace a pensare ai fatti propri (oppure passare un po’ di tempo in dolce compagnia) senza essere disturbato dalla presenza dei propri compagni di corso. Entrambi i suoi genitori erano stati prefetti, e per molti anni gli avevano raccontato di come quel bagno fosse magnifico e di alcuni loro incontri in quel luogo di cui il ragazzo non aveva voluto assolutamente sapere i dettagli. Quando al quinto anno aveva finalmente avuto la possibilità di accedervi, la visione che si trovò davanti era decisamente all’altezza delle sue aspettative: la vasca era delle dimensioni di una piccola piscina, l’arredamento era superbo e c’erano così tanti rubinetti che Draco ci aveva messo un bel po’ di tempo per ricordarsi la funzione esatta di ciascuno. Quella sera Draco sentiva come non mai il bisogno di passare un po’ di tempo da solo, lontano da quegli idioti dei suoi compagni di Casa, di scuola e da tutto il mondo in generale, che riteneva decisamente troppo poco sveglio per capire i suoi problemi; era ben lontano dal comprendere che per le questioni amorose spesso le persone considerate più intelligenti sono quelle che meno capiscono i naturali meccanismi dei cuori umani. Quando la porta del bagno si chiuse alle sue spalle, Draco sentì un grande peso scrollarsi dalla sua schiena: non doveva più fingere che tutto andasse bene, poteva finalmente lasciarsi andare senza temere che qualche studente lo vedesse e lo giudicasse debole. Le giovani donne in questi casi di solito piangono per ore ed ore sotto la doccia: il Serpeverde, che non sopportava essere visto piangere nemmeno dal suo riflesso, si limitò a pestare i piedi sul mosaico del pavimento imprecando contro tutti i maghi famosi che ricordava. Era mai possibile che fosse tanto sconvolto a causa di Hermione-la-Mezzosangue-Granger? Era peggio di qualsiasi cosa avesse mai potuto immaginare, pensò mentre si buttò nell’acqua della vasca che si era appena riempita ad una velocità magica. Non era la prima volta che provava dei sentimenti per una ragazza: c’era stata Ashley, Martha, Emma, Camilla, Alice, Bethany, Carly... “in Italia seicentoquaranta, in Germania duecentotrentuno, cento in Francia e in Turchia novantuno ma in Ispagna son già milletre!” pensò infastidito dal fatto che aveva sempre sperato di finire come Don Giovanni risucchiato dall’inferno piuttosto che pentirsi e cambiare vita! Eppure era lì, come una quattordicenne in preda agli ormoni, incapace di stare attorno alla ragazza che desiderava senza dire cose stupide e noiose; si stava scervellando per decidere se seguire i suoi istinti (non avrebbe mai osato pensare che voleva seguire il suo cuore) oppure la sua ragione: e se avesse scelto di seguire i suoi istinti, come si sarebbe comportato? Lei lo avrebbe voluto? Il suo fascino era certamente notevole e i suoi metodi di seduzione impeccabili, eppure aveva passato gli ultimi sei anni e mezzo ad insultarla quotidianamente... lei e i suoi amici. E se c’era una minima possibilità che Hermione Granger dimenticasse gli insulti nei suoi confronti, di sicuro non avrebbe dimenticato le offese a Potter, Weasley, Weasley femmina, Paciock e compagnia bella. Draco Malfoy osservò disperato un quadro che rappresentava una giovane molto bella seduta in un bosco con i capelli dorati sparsi nel vento, la schiena appoggiata al tronco di un albero e le pieghe della gonna cosparse di fiori; accanto a lei scorreva un torrente dalle acque chiare, che pareva terminare nella vasca. -Scusami carissima, ho bisogno di una distrazione. Potresti aiutarmi?- domandò, non sapendo bene perché stava chiedendo aiuto ad un dipinto. La donna sorrise, angelica. -Tu non hai bisogno di una distrazione, carissimo. Ti serve un aiuto. Conosco un uomo che una volta scrisse: "Ciò che ero solito amare, non amo più; mento: lo amo, ma meno; ecco, ho mentito di nuovo: lo amo, ma con più vergogna, con più tristezza; finalmente ho detto la verità. E' proprio così: amo, ma ciò che amerei non amare, ciò che vorrei odiare; amo tuttavia, ma contro voglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza. In me faccio triste esperienza di quel verso di un famosissimo poeta: "Ti odierò, se posso; se no, t'amerò contro voglia."- Draco la guardò stranito, chiedendosi se i quadri potessero praticare la legimanzia o se i suoi comportamenti fossero tanto banali e comprensibili. -Sono belle parole, senza dubbio.- disse. – Ma non capisco come possano aiutarmi.- Gli occhi della ragazza brillarono, e il Serpeverde ebbe la spiacevole e allo stesso tempo confortante sensazione che avesse intenzioni di fargli comprendere il suo ragionamento a poco a poco. Si sdraiò supina appoggiando il mento sulle mani e lo fissò con occhi penetranti. -Non mentirmi, ragazzo triste, perché io riesco a vedere attraverso il tuo cuore. Non sei il primo che viene a rifugiarsi dal freddo del dolore in queste acque calde, ho visto generazioni e generazioni di ragazzi farlo prima di te. Avete tutti negli occhi quell’insicurezza che vi spezza lo sguardo e vi fa tremare il midollo; e siete tutti convinti che le sventure accadano solo a voi e che la felicità degli altri sia irraggiungibile. Ma vuoi che ti dica una cosa, ragazzo triste? Nessuna delle persone che vedi camminare in questi corridoi possiede quella felicità che tu invidi tanto. Perché siete tutti persi nell’incredibile ricerca di qualcosa da amare. Per alcuni quel qualcosa sarà una missione, per altri un figlio, per qualcuno un mestiere, per alcuni una divinità ma quasi per tutti sarà anche una persona. E allora dimmi, ragazzo triste... tu ti sei riconosciuto nelle parole che ho detto prima. Ma dimmi, perché odiare ciò che ami? Perché odiare l’amore? Non è forse grandioso avere qualche cosa che ti fa alzare la mattina, che ti rende presente, infinito, immortale? Non ha senso vergognarsi di essere.- Nessuno aveva mai parlato a Draco Malfoy in quel modo. Quelli non erano certamente i discorsi che avrebbero potuto fargli i suoi genitori e ancor meno i suoi amici, tanto erano impegnati a non contraddirlo mai. Di sicuro non era ciò che aveva voluto trasmettergli Lord Voldemort quando Draco era un suo Mangiamorte. Si chiese se Tom Riddle avesse mai conversato con la donna del dipinto. Dopotutto anche lui era stato prefetto. Chissà cosa avrebbe pensato di quello sproloquio sull’amore così lungo, noioso, sciocco e ... follemente rivelatorio. -Se la ami dimostrarglielo. Falle sentire quello che provi. I rimorsi che proveresti se non lo facessi sarebbero molto più laceranti dei dubbi che hai ora.- disse con voce dolce la donna. Draco arricciò il naso e sbottò con una risata fredda: -Beh, magari provo qualcosa per lei, ma di certo non la amo. Credimi, ho passato tutta la vita a scacciare l’amore.- Questa volta fu lei a ridere, in modo leggero e per niente beffardo. -Oh, tesoro, se c’è una cosa che ho imparato nei miei 700 anni di vita è che l’amore è un uccello ribelle, nessuno può addomesticarlo. Quando è lontano lo aspetti, ma è quando non lo aspetti più che compare; ti gira intorno velocemente, viene, parte e poi ritorna. Tu credi di tenerlo e lui ti evita. E quando credi di evitarlo, lui ti tiene. - Ascoltando queste ultime parole, Draco sentì una stretta al cuore. Balzò fuori dalla vasca d’un colpo e non ridacchiò neppure quando vide la giovane che arrossendo si copriva gli occhi per non vedere le sue parti intime. Si asciugò in fretta e di vestì distrattamente, per poi precipitarsi verso la porta; stava per attraversare l’uscio quando si bloccò e si rivolse verso il dipinto. -Come ti chiami?- La ragazza sorrise, come se non avesse aspettato altro per tutto il tempo: -Laura.- -Beh, grazie di tutto... Laura.- Draco uscì e si diresse di corsa verso la Torre di Grifondoro, sperando di arrivarci prima di ritrovare il senno.



Nota: scusatemi per l'attesa infinita!! Mi scuso davvero tantissimo!

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Capitolo 13
*** I'm giving up, so just catch me. ***


Hermione era seduta sul letto a baldacchino con il libro di trasfigurazione in mano e lo sguardo perso nel vuoto; le sue compagne di stanza erano andate tutte in sala comune non appena avevano capito che in camera tirava una brutta aria: aveva passato l’ultima mezz’ora a zittirle dicendo che doveva studiare ma si erano subito accorte del fatto che stava rileggendo la stessa riga da secoli.
La mente della ragazza, in effetti, stava pensando, ripensando, analizzando, sezionando la discussione del pomeriggio con Draco Malfoy ed era arrivata alla conclusione che solo la professoressa Cooman avrebbe potuto prevedere peggio di lei i suoi futuri rapporti con il ragazzo.
Perché doveva essere così complicato avere dei sentimenti per qualcuno?
Perché non poteva semplicemente saltargli addosso ogni volta che ne aveva voglia?
“Perché se no lui non avrebbe un minuto di pausa nemmeno per mangiare.” Pensò sorridendo.
C’era una parte di lei, quella razionale, probabilmente mossa dall’emisfero sinistro del suo cervello, che avrebbe voluto eliminare ogni traccia dei suoi sentimenti, come un chirurgo che estrae una freccia da un petto che sia alza e sia abbassa ancora ma debolmente o un giardiniere che sradica una pianta selvatica. Quella mossa dall’emisfero destro, invece, pur essendo prepotentemente schiacciata dalla parte razionale, continuava coraggiosamente la sua lotta silenziosa: fingeva di lasciarsi convincere a lasciar perdere Draco Malfoy, per poi riportarlo prepotentemente tra i suoi pensieri ogniqualvolta si imbattesse in una M, in una D, nel colore giallo, nel grigio, nel verde, nella parola “serpente”, nella parola “stronzo”...
Continuava a fare a sé stessa promesse che non poteva in alcun modo mantenere, come ad esempio “Giuro che non lo penserò mai più!” e passando le successive ore a pensare a come non pensarlo.
Per questo quando vide il suo volto pallido fuori dalla finestra per prima cosa strillò, sobbalzò e cadde dal letto.
Si rialzò, massaggiandosi la testa, convinta di essere diventata completamente matta e di soffrire di allucinazioni fino a quando non sentì qualcuno bussare contro un vetro e si rese conto che quello era davvero Malfoy, ed era davvero fuori dalla sua finestra, perciò senza pensarci più di tanto corse ad aprirla.
Il ragazzo volò all’interno a cavallo della sua nimbus 2002.
-Buonasera Granger.-
-Non potevi usare la porta come le persone normali?-
Malfoy ghignò.
-Sai, ti sembrerà strano ma i tuoi compagni di Casa e anche quella cicciona che fa da guardiano alla vostra porta si rifiutano categoricamente di fare entrare nei vostri dormitori un Serpeverde, specialmente se si tratta di me. Il che ti rende una sovversiva, immagino.-
Hermione si coprì la bocca con la mano, sconvolta: come aveva potuto non pensarci? Per secoli e secoli nessuno studente di un’altra casa era entrato nei loro dormitori, ed erano sette anni che lei lottava accanitamente contro le compagne che volevano portare maschi in camera, ed ecco che in un colpo solo aveva appena infranto due regole della scuola.
Vedendo la sua espressione il ragazzo scoppiò a ridere (perchè in questo caso non si trattava di un ghigno, ma di una vera e propria risata).
-Stai tranquilla, Granger, non hai appena rovinato le antiche tradizioni di Hogwarts. Ti assicuro che altri serpeverde sono entrati in questi dormitori prima di me... Nott per esempio mi aveva raccontato di quando...-
-Che cosa ci fai qua?- lo interruppe bruscamente Hermione.
Per un attimo le sembrò che Draco fosse arrossito, poi pensò che doveva semplicemente essere accaldato dalla differenza di temperatura tra la stanza e l’esterno.
-Devo farti vedere una cosa, per cui fai poche storie e sali sulla scopa!- disse indicando con un cenno del capo la nimbus.
In qualsiasi altro momento, forse anche il giorno prima, Hermione non avrebbe accettato di abbandonare lo studio per salire sulla scopa di Draco Malfoy e andare con lui a vedere “una cosa”. Tuttavia, durante quel lungo pomeriggio, durante i tutti i suoi apparentemente inutili pensieri riguardanti il ragazzo si era resa conto che non sopportava l’idea che lui la trattasse come aveva sempre fatto: poteva non ricambiare i suoi sentimenti, poteva addirittura prenderla in giro, ma non come un tempo. Negli anni precedenti non erano mai stati nemmeno lontanamente amici; nell’ultimo mese, invece, da quando avevano cominciato a studiare insieme lo erano effettivamente diventati, benché nessuno dei due avesse intenzione di ammetterlo.
Se fosse tornato a trattarla male dopo quel momento sarebbe stato lecito per lei sentirlo come un vero e proprio tradimento. E un tradimento significava che perlomeno tra loro qualcosa c’era stato, e per questo lei era pronta a pagarne il prezzo.
-Ok.- disse semplicemente mentre montava sulla scopa.
Si strinse al ragazzo e sentì lo stomaco fare un balzo quando volarono fuori dalla stanza dirigendosi in picchiata verso il parco di Hogwarts, passando sopra le serre di erbologia.
Ringraziò il cielo che Draco le stesse dando le spalle (o meglio, che la sua faccia fosse schiacciata contro la sua schiena) perché nonostante il freddo invernale sentiva di avere il volto in fiamme ed era certa che fosse dello stesso colore delle tende del baldacchino del suo letto.
Eppure stringersi a lui era una sensazione così nuova e piacevole che proprio non riusciva a vedere cosa ci fosse di male in tutto quello, né a convincersi del fatto che “quello” poteva essere solo frutto della sua immaginazione. Dopotutto lui era venuto a prenderla in camera su una scopa, e le sembrava proprio una valida alternativa al cavallo bianco (almeno le nimbus non puzzavano).
Rallentarono in vicinanza del Lago Nero e il ragazzo planò piano fino a fermarsi ai piedi di un albero a pochi metri dall’acqua: era una pianta longilinea e imponente, ma non sembrava che ci fosse niente di particolare da vedere nelle vicinanze.
Hermione scese controvoglia dalla scopa, ben presto imitata da Draco, e iniziò a guardare attraverso l’oscurità stringendo gli occhi. Non vedendo niente, si girò verso il ragazzo con aria interrogativa.
-Scusami, che cos’è che dovrei vedere?-
Draco non rispose subito, sembrava imbarazzato. Iniziò a camminare avanti e indietro, poi si fermò, la guardò, aprì la bocca... ma la richiuse e tornò a camminare. Hermione stava per iniziare a straparlare quando il ragazzo (intuendo le sue intenzioni?) si decise a stare fermo ed esplicitarle i suoi pensieri.
 -Ricordi quando mi hai schiaffeggiato? Eravamo al terzo anno.-
Hermione annuì sorridendo: era una delle occasioni in cui era stata più fiera di sé stessa, e indipendentemente dai suoi attuali sentimenti continuava a provare un moto di orgoglio per quell’azione.
-Sì, brava, gongola pure!- borbottò Malfoy. – Tu sarai stata in un brodo di giuggiole per essere entrata in contatto con il mio splendido viso, ma io ero livido di rabbia , mi vergognavo da morire e non potevo sopportare le occhiate sconvolte dei miei amici, per cui ho trovato una scusa per stare un po’ da solo e sono corso qui...-
Il cuore di Hermione cominciò a battere all’impazzata: non sapeva dove sarebbe andato a parare, ma era quasi del tutto sicura che stava per parlare di qualcosa che riguardava loro due... era forse possibile?
-Ho passato cinque minuti a prendere a calci questo tronco,pensando a quale fattura scagliarti addosso; poi mi sono fermato, anche perché i miei piedi erano doloranti, e ho cominciato a realizzare che per tre anni non ce l’avevo avuta con te perché eri di Grifondoro o perché eri amica di Potter...  C’era proprio qualcosa dentro di te che mi infastidiva particolarmente. Eri tu il mio problema, non loro.-
Ed ecco che la prima coltellata raggiungeva il cuore della Grifondoro, inaspettata quanto la siccità nel deserto.
Ma quando il ragazzo osò guardarla in faccia e notò attraverso l’oscurità il brillio sofferente nei suoi occhi arrossì e parlò in modo più titubante.
-Tu mi hai sempre messo in discussione, con le tue parole, con i tuoi modi, con le tue azioni... fai crollare tutte le mie certezze con disarmante semplicità. Ed è una cosa che nessun altro sa fare! Generalmente le persone mi annoiano, lo sai? Quasi tutte. La vita in sé mi annoia quasi sempre. Ma quando ci sei tu...Quello che sto cercando di dire, e devi farmelo dire prima di schiaffeggiarmi ancora, perché se non lo dico credo che imploderò a breve, è che tu hai il fuoco dentro di te, e che io credo di essere pazzo di te.-
Fu un istante lungo quanto un battito di ciglia: le mani del ragazzo le strinsero il viso e le sue labbra si posarono su quelle di lei.
Ed Hermione capì finalmente il significato di “ossimoro”.
Il suo cuore era come una barca trasportato alla deriva dalle onde durante una tempesta.
E 'l naufragar le era dolce in quel mare.
 
Nota: sì, lo so, mega iper super ritardo! Ve lo chiedo in ginocchio: perdonatemi! Se le persone che ci governano fossero scostanti quanto me saremmo proprio nella merd... ah no, lo siamo già! Scusatemi anche per il riferimento politico, ma in una situazione del genere non so trattenermi. 

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Capitolo 14
*** La scelta di Hermione ***


Sinistra.
Il corridoio era deserto, probabilmente per l’ora; anche i malati di un ospedale avevano la decenza di dormire il quel lasso di tempo che ci si chiede se definire notte o mattina.
Destra.
Ancora nessuno. I piedi della donna battevano sul pavimento in linoleum a ritmo costante; in quel silenzio i suoi passi parevano assordanti come cannonate.
Di nuovo destra.
Di nuovo nessuno.
Hermione si chiese se avrebbe continuato a vagare in quel modo per molto o se prima o poi avrebbe smesso di fuggire, tanto quella stanza era ormai lontana.
Era strano parlare di tradimento dopo tutto quello che Ron le aveva nascosto, eppure non riusciva a non pensare al fatto che era la prima volta da ancor prima che si sposasse che baciava un altro uomo. Non si sentiva affatto colpevole, date le circostanze, eppure provava una sensazione bizzarra.
Da un lato piacevole, certo. Aveva sentito il cuore battere all’impazzata e i suoi sensi amplificarsi come un’adolescente alle prime armi; c’era stato qualcosa in quel bacio che le aveva sussurrato all’orecchio che era così che ci si sentiva quando si era davvero innamorati,che quel senso di smarrimento non era mai riuscito a farglielo provare nessuno, nemmeno... Ron. Dal quale aveva avuto due figli: Rose e Hugo.
Rose e Hugo.
Come doveva comportarsi se metà del suo cuore voleva correre dai suoi bambini e l’altra metà desiderava restare per sempre in quella stanza con Draco?
Da quando era diventata madre non aveva mai preso una sola decisione che andasse contro il bene dei suoi figli, e di certo non voleva farlo ora; non avrebbe mai permesso che Rose e Hugo la vedessero soffrire, si preoccupassero per lei, che sentissero il bisogno di proteggerla... non era così che doveva funzionare un rapporto genitori-figli. Lei doveva essere la persona adulta che facesse loro da scudo contro le avversità della vita, cercando di evitare il più possibile che soffrissero; non poteva permettersi di mettere al primo posto qualcun altro.
Eppure lo voleva.
Desiderava con tutta sé stessa salvare il fossile umano che l’aveva baciata poco prima, non solo perché sentiva una cavità nel mezzo del petto da quando aveva ricordato di averlo perso, ma perché l’idea che lui fosse ridotto in quella condizione le faceva venire voglia di vomitare.
Dolore e rabbia erano due sentimenti che mischiati nel cuore di Hermione producevano una determinazione inarrestabile. Quando Ronald Weasley si trovò per sua malaugurata sorte sulla sua strada e andò a sbatterle addosso, poté chiaramente leggere nel suo sguardo il dualismo che muoveva il suo animo.
-Hermione!-
La donna gli rivolse un sorriso glaciale.
-Ronald! Anche tu a zonzo per questi corridoi? Come è piccolo il mondo!- disse con un sarcasmo manifesto.
-Ascolta...- provò a dire lui.
Lei lo schiaffeggiò.
-No. Non ho alcuna intenzione di ascoltare le stronzate che vuoi rifilarmi. Le vostre spiegazioni del cazzo le ho già sentite, le ho capite e mi ci pulisco il culo. Non c’è assolutamente niente che tu possa dirmi che mi faccia dimenticare quello che hai fatto. A meno che tu non voglia usare di nuovo un incantesimo di memoria, tanto ormai è la quotidianità.-
Quando gli occhi di Ron iniziarono a diventare lucidi Hermione scoppiò in una risata beffarda.
-Oh, per favore! Risparmiami questa scena pietosa.-
Ron deglutì e senza aprire bocca si allontanò piano; dopo qualche passo, tuttavia, si fermò e parlò senza voltarsi.
-Ora vado a casa. Mia madre è da noi per controllare i bambini e mi dispiace tenerla sveglia per così tanto tempo, e poi dopotutto dovremmo essere noi a occuparci di loro.-
Detto questo se ne andò, forse sapendo di aver giocato l’unica carta che avrebbe potuto far breccia nel cuore di sua moglie.
Hermione si smaterializzò all’istante.
La stanza in cui si trovava adesso era debolmente illuminata dalla luce della luna che filtrava attraverso le imposte chiuse. I corpi dei suoi figli, rannicchiati sotto le coperte, erano mossi su e giù a ritmo regolare dai loro respiri. Hugo russava leggermente.
Posò un leggero bacio sulla fronte di Rose e poi si sdraiò accanto a Hugo, che a differenza della sorella non dormiva con gli arti spalancati, lasciandole quindi un po’ di spazio dove mettersi; Hermione inspirò profondamente immergendo il naso tra i capelli del figlio per sentirne il profumo: shampoo all’albicocca e borotalco; tenerezza e innocenza. C’era davvero altro di cui aveva bisogno oltre che sentir battere quei due piccoli cuoricini contro il suo petto?
Avrebbe potuto alzarsi, fare una doccia, andare a letto; dormire accanto a suo marito per poi svegliarsi la mattina e stampargli un bacio sulle labbra per augurargli il buon giorno. Avrebbe sceso le scale e preparato la colazione per i suoi marmocchi prima di mandarli alla scuola babbana, immaginando come sarebbe stato una volta che, raggiunta l’età giusta, sarebbero partiti per Hogwarts. Avrebbe potuto abbracciare Ron e dirgli che capiva le ragioni per cui le aveva cancellato la memoria e lui le avrebbe detto che avrebbero superato la cosa insieme; lei gli avrebbe sorriso, fiduciosa.
Non sarebbe mai più andata a trovare quell’uomo sventurato in quel triste ospedale; ripensandoci avrebbe sospirato in modo malinconico, ma nulla di più. Avrebbe continuato la sua vita accanto ai suoi amati figli senza più curarsi di Draco Malfoy, mentre lui trascorreva il resto dei suoi giorni a marcire in una stanza che sarebbe diventata sempre più soffocante.
Hermione si alzò di scatto.
Non poteva assolutamente abbandonarlo. Non soltanto per lui o per sé stessa, ma anche per i suoi bambini. Come avrebbe potuto essere una buona madre se non era prima di tutto una brava persona?  
Lei era combattiva, empatica, coraggiosa, non rientrava nei suoi principi abbandonare una persona che aveva bisogno di lei. Non avrebbe dato un esempio del genere a Hugo e Rose.
 
 
Nota: scusatemi come al solito per l’attesa e per la (non) lunghezza del capitolo, ma ormai avete capito che non so fare altrimenti...
Vorrei sfruttare l’occasione per due piccole comunicazioni:
1. Ci tenevo a consigliarvi due fanfiction, entrambe sulla new generation.
 La prima si chiama “In fondo, che cos’è un nome?” ed è di fiammablade3466.
 La seconda si chiama “Famous last words” ed è di thenightsonfire.
Mi piacciono entrambe molto quindi ho pensato di condividerle con voi... se volete leggerle le trovate tra le mie storie seguite!
2. Ho iniziato una nuova storia, riguardante anche questa la new generation, nello specifico James S. Potter e una ragazza da me inventata. Se vi andasse di darle un’occhiata mi farebbe molto piacere!  

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Capitolo 15
*** My head told my heart: let love grow! ***


Spalmare la marmellata sul toast non le era mai sembrata un’azione tanto complicata e innaturale quanto quella mattina; Hermione era seduta al tavolo della cucina con addosso una camicia da notte leggera, una vestaglia di seta e delle pantofole comode mentre i suoi figli e suo marito stavano ingurgitando chili di nutella con l’aggiunta di un po’ di pane, giusto per non sembrare degli animali.
La radio appoggiata al bancone della cucina stava trasmettendo alcuni classici della musica magica e babbana: in quel momento Celestina Warbeck stava intonando “Un calderone pieno di forte amor bollente”, una delle canzoni più sdolcinate mai scritte da una persona con poteri magici.
Il calderone di Hermione, invece, non avrebbe potuto essere più freddo di così; lei e Ron non si erano parlati da quando erano tornati dall’ospedale, e si chiedeva se i ragazzi si fossero accorti di qualcosa o pensassero soltanto al loro stomaco.
Non fu molto sorpresa quando Hugo alzò il nasino sporco di cioccolato dal piatto e chiese:
-Papà, come mai hai dormito sul divano questa notte?-
Per qualche istante non rispose nessuno, lasciando che la voce di Celestina fosse l’unico suono a pervadere la cucina.
-Diciamo che papà...- iniziò a dire Hermione.
-Io e la mamma abbiamo litigato.- rispose secco Ronald.
Hugo spalancò la bocca in modo teatrale mentre Rose lasciò cadere la fetta di pane sul piatto che (come è chiaro) atterrò dal lato dove aveva spalmato la nutella.
-Su, ragazzi, sono cose che capitano.- disse Hermione.
-Ma voi non litigate mai!! – insistette Hugo.
-Non è vero,- si intromise Rose. –mi ricordo che una volta zia Ginny mi ha detto che da ragazzini litigavano tutto il tempo!-
-Secondo me zia Ginny si sbagliava...-
-Evidentemente se adesso hanno litigato vuol dire che zia Ginny aveva ragione!-
-Sì ma...-
-Basta!- esclamò Hermione. –Non è perché io e papà abbiamo litigato che adesso dovete farlo anche voi. Ora tornate su, lavatevi i denti e prendete gli zaini: lo scuolabus passerà a prendervi tra poco.-
Rose trangugiò la fetta di pane in un sol boccone e corse su per le scale dietro suo fratello, probabilmente con l’intento di occupare prima di lui il lavandino con il rubinetto che funzionava meglio: ogni mattina si sfidavano nella stessa lotta per la sua conquista.
Hermione si girò verso suo marito quando lo sentì spegnere di colpo la radio.
-Scusami, - si spiegò. –ma non sopporto proprio Celestina Warbeck.-
Lei gli sorrise, gelida.
-Tranquillo, Ron: non mi pare che tu abbia mai avuto bisogno del mio permesso per eliminare le cose che ti danno fastidio.-
-Tranquilla, Hermione: non mi pare che tu abbia mai sentito il bisogno di ringraziarmi per evitarti degli strazi.-
La donna gli si avvicinò furente, chiedendosi se questa volta avrebbe resistito alla tentazione di tirargli uno schiaffo.
-Sai perché non sento questo bisogno? Forse perché quelli che tu ritieni strazi a me piacciono.-
Ron era così vicino che sua moglie poté sentire il suo corpo fremere dalla rabbia; l’uomo stava per aprire bocca quando due vocine acute li salutarono dalle scale.
-Ciao mamma, ciao papà!-
-CIAO BAMBINI!- risposero all’unisono.
Continuarono a fissarsi negli occhi fino a quando non sentirono la porta d’ingresso chiudersi e i ragazzi salire sullo scuolabus che li aspettava dall’altro lato della strada.
-Alcuni strazi sono così terribili da non poter piacere a nessuno.-
Hermione scoppiò in una risata priva di allegria.
-Oh, ti assicuro che la voce di Celestina riempie il mio calderone di un amore molto più bollente del tuo!-
Lui la afferrò per un polso.
-Davvero? Beh, non mi sembra che il suo amore sia mai riuscito a far uscire mai niente dal tuo calderone. Siamo sicuri che fosse abbastanza grande?-
-Oh, il suo amore è molto più grande del tuo...-
Ron afferrò la sua nuca e la baciò in profondità.
Era un bacio che mancava di ogni sorta di tenerezza ma Hermione gli rispose con altrettanta decisione: non si oppose quando lui le sfilò con malagrazia la vestaglia, ma lo imitò, facendo scorrere velocemente le mani sul suo torso per levargli la maglia del pigiama.
I loro corpi si avvicinarono sempre di più, l’uno avido dell’altro, senza riguardi e anzi cercando di far pressione sull’altro quasi fino a soffocarlo per fargli sentire la propria rabbia.
Lei gli cinse i fianchi con le cosce e lui strinse le mani sui suoi glutei mentre la trasportava frettoloso sul tavolo ancora apparecchiato, dove la distese e si gettò sopra di lei.
Nessun tentativo di seduzione, nessuna ricerca del piacere più assoluto, nessun desiderio di soddisfare l’altro.
Erano soltanto due esseri umani che non sapevano più come lottare e scontrarsi se non unendosi l’uno con l’altro, consci del fatto che era la vicinanza fisica coincideva con la più grande lontananza emotiva.
Fecero l’amore mentre lo sentivano svanire dai propri cuori.

 
 
Nota: giusto un assaggino, il prossimo capitolo giuro che arriverà presto e sarà più lungo. Spero che nell’attesa non vi siate rivoltati contro di me decidendo di abbandonarmi perché –ahimé- sono un’autrice scostante.
Spero anche che nessuno sia rimasto sconcertato da quest’ultima scena coniugale, anche perché mi pare di aver mantenuto un linguaggio piuttosto pudico.
Inoltre, per chi la sta seguendo, sarà aggiornata a breve anche la mia altra storia!
Un bacio a tutti :)
 

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