We are Forever

di hipsta please
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First day in London ***
Capitolo 2: *** It's really him ***
Capitolo 3: *** Knowledge ***
Capitolo 4: *** He's engaged ***
Capitolo 5: *** Let's make peace ***
Capitolo 6: *** Mc Donald's ***
Capitolo 7: *** Breakfast together ***
Capitolo 8: *** Misunderstanding ***
Capitolo 9: *** Someone knocks at the door ***
Capitolo 10: *** Last day in London ***
Capitolo 11: *** My reality ***
Capitolo 12: *** Go ahead ***
Capitolo 13: *** One Direction Bring To Italy ***
Capitolo 14: *** Concert ***
Capitolo 15: *** Signin ***
Capitolo 16: *** At the hotel ***
Capitolo 17: *** Togheter ***
Capitolo 18: *** Not for long ***
Capitolo 19: *** With them ***
Capitolo 20: *** What I didn't tell you ***
Capitolo 21: *** Really beautiful Christimas ***
Capitolo 22: *** Not far from you ***
Capitolo 23: *** Surprise ***
Capitolo 24: *** Pain and anger ***
Capitolo 25: *** The girl I love ***
Capitolo 26: *** Forever ***



Capitolo 1
*** First day in London ***


1. First day in London


Baby, you light up my world like nobody else. The way that you flip your hair gets me overwhelmed. But when you smile at the ground it ain't hard to tell. You don’t know… You don’t know you’re beautiful.
Le note della canzone scorrevano nella testa ad una velocità impressionante, mentre i suoi pensieri erano una massa ingarbugliata che non cercava minimamente di districare. Il cielo era pieno di nuvole, e se allungava la mano sembrava riuscisse a toccarle. Cercò di dare una forma a quelle nuvole, come amava fare quando era bambina.
Una torta, un osso, una faccia di un cane; e poi una borsa, un microfono, e...
Quando la massa indistinta di nuvole prese le sembianze di quei ricci che tanto amava, decise che era meglio lasciar stare. Non mancava molto ormai al suo atterraggio a Londra, e come previsto la voce dell’hostess echeggiò nelle casse dell’aereo.
«I signori passeggeri sono pregati di allacciarsi le cinture. Tra circa cinque minuti atterreremo all’aeroporto di Stanford. Auguriamo una buona giornata», ripeté in varie lingue. La ragazza posò l’iPod nella borsa e si allacciò le cinture, mentre con un codino decise di legarsi i capelli. L’aereo atterrò, i passeggeri scesero. Prese le sue valigie, appena arrivate in aeroporto, e uscì sotto il cielo nuvoloso di Londra; un taxi si avvicinò a lei proprio in quel momento, e l’autista la aiutò a posare i suoi bagagli nel cofano. Gli disse la via, e partì.
Le strade scorrevano veloci fuori dal finestrino, in una mezz’oretta arrivò a destinazione; diede i soldi al tassista e scese, con i bagagli in mano. Era una piccola casa circondata da un piccolo giardino e un cancello, così entrò e bussò alla porta. Come previsto, la proprietaria della casa aprì la porta e la invitò ad entrare. Le fece le ultime raccomandazioni, le diede le chiavi di casa e le disse che sarebbe ripassata tra due settimane esatte a riprendersele, prima della sua partenza. Era decisamente migliorato l’inglese della ragazza, se riusciva a capire perfino le parole sgrammaticate della vecchia signora. Le augurò buona giornata e chiuse la porta.
Prese il trolley e il borsone ai suoi piedi e salì le scale che portavano al piano di sopra, con l’intenzione di portare la roba in camera sua; la prima cosa che ci voleva era una bella doccia. Buttò le valigie sul pavimento e andò in bagno, dove c’era già tutto: asciugamani, sapone, phon... Così si rilassò sotto il getto d’acqua calda e, dopo essersi messa un asciugamano intorno al corpo bagnato, andò in camera. Aprì l’anta dell’armadio, a cui era attaccato uno specchio, e posò alcuni suoi pantaloni e magliette. Guardò il proprio riflesso allo specchio; era una ragazza con dei capelli neri, che portava scalati e con un po’ di frangetta, la pelle candida, e gli occhi di un azzurro cielo; un fisico minuto. 
Indossò il completo intimo e una maglia grande, che usava per dormire, poi si asciugò un po’ i capelli lisci. Prese il telefono e chiamò la madre, per non farla preoccupare.
«Jessica? Allora, sei arrivata? È tutto apposto?», chiese in pensiero. Lei sospirò.
«Si mamma, tutto bene. Sono arrivata e mi sono fatta una doccia. La casa è davvero ben tenuta, e tra due settimane passa la signora a riprendersi le chiavi».
«E con l’inglese, ti trovi bene? Hai qualche difficoltà?», chiese. Come se potesse avere difficoltà con una mamma americana e un padre che viaggia sempre.
«No, va benissimo, riesco a capire tutti e a farmi comprendere. Adesso stacco, ho un mucchio di cose da fare», e attaccò. A parte mettere a posto le sue cose non aveva molto da fare, ma non le andava di parlare con la madre. In fondo era colpa sua e del padre se era costretta a trascorrere due settimane a Londra da sola, senza conoscere nessuno. Erano troppo impegnati con le loro questioni di lavoro, e avevano pensato bene di toglierla dai piedi. Forse in un altro momento sarebbe stata contenta di questo viaggio fuori programma, ma adesso non poteva fare a meno che pensare che era un modo per sbarazzarsi di lei.
Sistemò ogni cosa nei cassetti e nell’armadio, prese la tinta blu per capelli e si recò in bagno. Aveva voglia di fare qualcosa ai suoi capelli, e adorava come quel colore le stava, perché era perfetto per i suoi occhi. La tinta era lavabile, così senza problemi iniziò a colorarsi le punte della frangetta irregolare e si fece varie meches. L’effetto fu fantastico, così mentre il colore si asciugava si mise lo smalto nero sulle unghie; tra una cosa e l’altra si fece ora di andare a letto e, senza cena, andò a dormire.


Author's note
Tipo che adesso che arrivate qui pensate: e questo è? ._.
.. Sì, è questo! u.u
Sarebbe troppo facile far cominciare tutto già dal primo capitolo, perciò vi chiedo un po' di pazienza. Vi assicuro che nel prossimo capitolo succederà qualcosa :D
Questa è la mia prima fan fiction, per favore siate buone xD
Mi piacerebbe avere qualche recensione, per sapere se vale la pena continuare o se è meglio che mi ritiri u.u
Grazie! Al prossimo capitolo (spero).
S.

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Capitolo 2
*** It's really him ***


2. It's really him

Un leggero venticello le soffiò sul viso, e stancamente aprì gli occhi. Non erano nemmeno le nove. Si alzò, si fece una breve doccia e poi prese dei vestiti dall’armadio: dei pantaloncini neri, una maglia blu come le sue ciocche con scritto in nero “Smile, you’re beautiful”, e Converse basse nere ai piedi. Un po’ di matita azzurra, un po’ di profumo, e uscì di casa, prendendo prima i soldi per la spesa. Si mise le cuffie nelle orecchie, ascoltando sempre gli One Direction; la voce di Harry la faceva impazzire! Senza nemmeno accorgersene i piedi la portarono in un grande spiazzale, dove un’insegna enorme recitava “Supermarket”.  Diverse ragazze della sua età stavano davanti all’ingresso, ma non sembrava dovessero fare la spesa; erano tutte vestite bene, truccate. Avevano in mano blocchetti di fogli e macchine fotografiche, come se dovessero incontrare una persona famosa. Passò davanti a loro squadrandole da capo a piedi e, sempre con la musica nelle orecchie, entrò nel supermercato. 
Girò tra vari scaffali e prese tutto ciò che le serviva; appena svoltò l’angolo però andò a finire addosso ad una persona, che non aveva sentito arrivare a causa della musica a tutto volume.
«Scusami», disse immediatamente, fissando il ragazzo davanti a lei. Aveva il cappuccio della felpa alzato, dal quale spuntavano dei bellissimi ricci marroni, e degli occhiali da sole quando sole proprio non ce n’era.
«Tranquilla», disse, e girò l’angolo. 
Era lui. Ne sono sicura. Era uguale... Ma no, forse mi sono confusa. Si vede che sono completamente pazza di Harry, si disse tra sé e sé. Intanto il ragazzo si era voltato verso di lei; aveva riconosciuto la canzone a tutto volume nelle sue cuffie. What makes you beautiful. Era una sua fan.
Impossibile che non l’avesse riconosciuto; ma non le era saltato addosso, al contrario di quelle Directioners là fuori che lo aspettavano. Era diversa...
Jess pagò tutto ed uscì; le ragazze erano ancora là fuori, ma diversamente da prima si stavano guardando intorno. 
Non può essere una coincidenza... Delle fan la fuori, e uno che sembra Harry qua dentro...  
Continuò a camminare adiacente al muro, quando da un minuscolo vicoletto spuntò un braccio che la afferrò per la bocca, impedendole di urlare. Jessica era spaventatissima, si dimenava, scalciava, quando una voce le risuonò nell’orecchio, bassa e melodiosa.
«Ehi, tranquilla, non ti voglio fare niente. Ho solo bisogno di un favore», le sussurrò il ragazzo del supermercato all’orecchio.
Lo sapevo. È lui. «Un favore? Ma se non ci conosciamo nemmeno», disse, guardandogli gli occhiali.
«Forse io non ti conosco, ma tu conosci me>, disse lui abbassandosi le lenti giusto un po’, per guardarla negli occhi. Non ci poteva credere, quegli occhi verdi, visti solo in foto, erano lì, davanti a lei... Quel pensiero la fece incantare, ma si riprese subito.
«Cosa vuoi, Styles?», disse cercando di mascherare l’emozione nella sua voce. Ne uscì un tono abbastanza scocciato.
«Italiana? – ammiccò. - Comunque voglio solo che mi aiuti ad uscire di qui, che con una scusa faccia andare via quelle ragazze là», disse a bassa voce, indicando le fan.
«E cosa ti fa pensare di poterti fidare di me?», sorrise ironica.
«Non lo so. Me lo sento, e basta», e la spinse delicatamente fuori dal vicolo. Alcune ragazze si girarono verso di lei.
«Ragazze, è andato di là, l’ho visto io! Stava cercando di raggiungere la macchina!», gridò, mentre tutte le fan si agitavano, urlando, e correndo nella direzione indicata da lei.
Non c’era più nessuno nel parcheggio.
«Lo sapevo che potevo fidarmi», le sussurrò lui da dietro.
«Bene. Mi devi un favore. Adesso ciao», disse
prendendo la sua busta della spesa dalle mani di Harry, mentre il suo cuore le batteva all’impazzata. Uscì più veloce che poteva dallo spiazzale e, quando non fu più visibile, si mise a correre. Arrivò subito a casa.
Non ci posso credere. Harry Styles. E mi deve un favore, pensò sorridendo.

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Capitolo 3
*** Knowledge ***


3. Knowledge

 
Passò tutto il giorno tra servizi e commissioni, pensando continuamente al suo incontro con quel bel cantante. Pranzò, passò un po’ di tempo a girovagare per casa, mise in tv un canale a caso: davano la replica di X Factor. Nemmeno li avesse chiamati, eccoli lì, gli One Direction che salivano sul palco, tra le urla di gioia delle fan. Spense la tv, prese il computer piccolino che aveva in camera sua ed uscì; non ce la faceva a rimanere chiusa in casa, quando tutto ciò che voleva era urlare, saltare dalla gioia.
Si recò a piedi verso uno dei tanti parchi di Londra, il più vicino a casa sua; era proprio grande, così camminò un po’ prima di trovare l’albero ideale e sedersi sotto. Attaccò le cuffie al computer, ascoltando come al solito i 1D, e si collegò ad internet.
Passò parecchio tempo così, quando un ragazzo si sedette vicino a lei, sull’erba. Quel profumo lo avrebbe riconosciuto tra mille.
«Cosa ci fai qui Styles, mi stai perseguitando?», chiese continuando a fissare il monitor.
«Ehi, fino a prova contraria io ti devo ancora un favore!», disse facendo il finto offeso. Jess si girò, e lo trovò con la faccia da cucciolo. Irresistibile!
«Hai ragione. Beh, ci penserò parecchio su prima di chiedertelo», e gli sorrise.
«Sai bel sorriso, ancora non ti ho ringraziato come si deve per oggi...», iniziò a dire, ma lei lo interruppe. Mi ha chiamato bel sorriso! Si vede che non si è guardato bene allo specchio, il ragazzo, pensò gongolando.
«Non ti preoccupare, ci sono abituata. Lo faccio tutti i giorni».
«Aiuti tutti i giorni un cantante che sta cercando di scappare da un mucchio di fan?», chiese ironico.
«Sai, ho una vita piuttosto movimentata, io». Lui rise. Lei si girò, per non perdersi nemmeno un momento di quella scena. Harry aveva buttato la testa all’indietro, gli occhi chiusi, e stava ridendo con tutto se stesso. È bellissimo... 
«Come mai qui? Sei una turista vero? Hai l’accento italiano...>, disse poi tornando serio.
«Si. Hai qualcosa contro il mio accento?», chiese lei fingendosi indignata.
«Veramente no. Io adoro l’accento italiano. – e le sorrise. – Ma i turisti non dovrebbero stare, che so, in giro per musei, e roba così?», chiese poi.
«Beh, in realtà a Londra venni quand'ero piccolina, con i miei. Visitai tutto quello che c'era da visitare, giuro. Adesso basta così. Ho la noia», rispose.
«Cosa è successo? Qualcosa che non va con i tuoi, vero?», disse Harry fissandola negli occhi, per cercare di capire qualcosa di più.
«Non è niente, solo che...», era indecisa se dirglielo, ma quando si girò e lo trovò così interessato alla questione, decise di parlare.
«Il fatto è che mio padre viaggia molto per lavoro, e doveva trascorrere qualche settimana in America. Mia mamma ne ha approfittato per andare a trovare i suoi genitori, visto che lei è americana. E hanno pensato bene di scaricarmi qui, senza nessuno, per due settimane. E questo mi secca molto».
«Ehi, sono sicura che l'hanno fatto con le migliori intenzioni. Secondo me non pensavano di farti un dispiacere», cercò di consolarla sfiorandole il braccio. A quel contatto Jess trasalì, ed Harry spostò la mano. Fu un momento molto imbarazzante per entrambi.
Lei continuò a fissare lo schermo del computer, mentre dalle cuffie la canzone degli One Direction si sentiva a tutto volume. Harry se ne accorse, e rise.
«Proprio fissata con quella canzone?», chiese. 
Lei arrossì di botto. «Beh, se non la conosci, non giudicarla», disse guardandolo e sorridendo. Lui le sorrise.
«Hai ragione, scusa, bel sorriso. Non l'ho mai sentita, non posso giudicare». L’ha rifatto!
«Già. Anche perché è fantastica. Come i cantanti», disse lei, ma se ne pentì subito. Che ho detto?
Harry rise, rise tantissimo. Aveva le lacrime agli occhi. «E, sentiamo un po', te ne piace uno in particolare?», disse cacciando la lingua.
Si. Proprio tu. «Styles finiscila, potrei benissimo andarmene da qui», fece scocciata.
«No! Cioè, no, mi dispiace, non te ne andare... Ehm...», tentò di dire. Stavolta fu lei a ridere: si era fatto tutto rosso!
«Jessica, per gli amici Jess».
«Ok, Jess. Non te ne andare».
«Non ne avevo intenzione. Casomai te ne vai tu», disse risoluta.
Lui ridacchiò. «Sai, sei diversa dalle altre. Sei nostra fan, mi spieghi perché non mi sei saltata addosso?», chiese curioso.
«Volevi che ti saltassi addosso? – lui si fece di nuovo rosso, ma rimase in silenzio. - Io non sono le altre. Io sono Jess. E tu sei una persona. Non mi sembra il caso saltarti addosso. Però sono anche una fan, e una foto me la devi», disse cacciando dalla borsa una bellissima Canon.
«Ok, ci sto!», disse ridacchiando. Non fecero solo una foto; ne fecero due, tre, dieci. Si divertirono tantissimo. E ovviamente, lei gli chiese l'autografo.
«E gli altri? Dove sono?», chiese Jess.
«Louis e Liam sono partiti per qualche giorno. Zayn è andato a trovare i genitori, e Niall è a casa mia con la febbre».
«Oh, accidenti! Mi dispiace. Spero che guarisca presto». disse, un po' pensierosa. Rimasero un po' in silenzio, fino a quando lo stomaco della ragazza non brontolò.
«Sai, Styles? Credo di sapere cosa farne di quel favore».
 

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Capitolo 4
*** He's engaged ***


4. He's engaged

«Grazie. Sai, non avevo soldi nella borsa», disse Jess addentando un pezzo di cornetto col gelato. 
«Tranquilla. Prima o poi avrei dovuto sdebitarmi in qualche modo, quindi», abbozzò un sorriso. Si andarono a sedere su una panchina al bordo del marciapiede.
«Mmh... Sembra buono...», le disse guardandola mentre mangiava.
Che figura! Non gliene ho offerto nemmeno un po'! «Vuoi Styles?», e gli porse il cornetto.
«Ma non ti dà fastidio»>, chiese lui spalancando gli occhi.
«Cosa dovrebbe darmi fastidio?».
«Che io mangi da dove hai mangiato tu».
«Ma non dire sciocchezze. Assaggia, dai! È fantastico», e glielo porse di nuovo. Lui addentò da un lato.
«Si, effettivamente è ottimo!», sorrise. Jess rise, talmente tanto che le faceva male la pancia. 
«Cos'hai da ridere?», chiese lui fissandola.
«Styles, non sai mangiare nemmeno un cornetto! Ti sei sporcato tutto!», cacciò tra una risata e l'altra.
Lui cacciò la lingua, proprio come aveva fatto prima. Così è ancora più fantastico...
«Mi pulisci tu?», le chiese. Lei prese il tovagliolo e gli pulì un angolino della bocca. In quel momento, un flash li accecò.
«Ma cos...?», disse Jess.
«Oh, no». Una quindicina di ragazze, forse quelle di quella mattina, stavano correndo nella loro direzione. Viste così facevano davvero paura.
«Scappa!», disse Harry prendendola per il polso e correndo per le strade di Londra.
«Ma che...? Il cornetto!», urlò da dietro Jess, mentre il cornetto cadeva a terra, e loro si allontanavano sempre di più. Fece una faccia imbronciata, e Harry rise.
«Penserai dopo al cornetto! Non voglio essere assalito da quelle!», e indicò alle sue spalle. Jess si girò: effettivamente, meglio il cornetto a terra che quelle.
«Ma cosa penseranno?», disse Jess col fiatone.
«Di cosa?», ormai stava piovendo, e Harry svoltò in un vicoletto stretto.
«Di me e te. Che corriamo. Insieme». Harry si fermò di botto, e le lasciò il polso. La pioggia cadeva su di loro, che rimasero fermi nel vicolo a guardarsi negli occhi.
«Sicuramente si faranno un'idea. Sbagliata», sospirò. Che gli dispiacesse che quell'idea fosse sbagliata? Si, ok, Jess… Come ce l’hai tu l’immaginazione, non ce l’ha nessuno!
«Andiamo in un posto all'asciutto. Ti va?», chiese avvicinandosi e fissandola negli occhi. Quelli del ragazzo erano così verdi, magnetici... Irresistibili. Lei si limitò ad annuire con la testa. Fuori dal vicolo per fortuna non c'era nessuna fan scatenata. Camminarono veloce sotto l'acqua, fino a quando Jess non riconobbe l'insegna della lavanderia vicino casa sua.
«Ehi Styles, io abito qui. Che ne dici se entriamo da me?».
«Certo. Poi mi spiegherai perché mi chiami per cognome?».
«Mmh. Forse», disse sorridendo mentre infilava la chiave nella toppa, ed entrò. Buttò la borsa nell'angolo e lo invitò a salire.
«So che non è granché, ma in fondo sono solo due settimane», disse Jess entrando nella sua stanza e prendendo un ricambio pulito.
«Ah... Quindi ti fermi due settimane?». Aveva un tono incrinato, che portò Jess a girarsi. Il ragazzo cercava di sorridere.
«Già. Uhm... Adesso è un problema. Insomma, ho una maglia, ma non so che pantalone prestarti», fece cercando freneticamente nella borsa. Trovò dei pantaloni di tuta troppo grandi per lei; probabilmente li aveva fregati al fratello prima di partire.
«Ecco qui. Il bagno è di là. Questi ti dovrebbero andare», e gli lanciò i vestiti. Lui li prese al volo e gettò il cellulare sul letto, prima di chiudersi in bagno. Il suo cellulare... Cosa darei per avere il suo numero... Sospirò, e si tolse i vestiti. Mise anche lei il pantalone della tuta, ma lasciò il toppino bianco sul letto. Con un asciugamano si tamponava i capelli.
«Ecco, questi li posso mettere...», Harry si bloccò all'improvviso. Era entrato nella camera senza bussare, e Jess era ancora in reggiseno. Si fecero tutt'e due rossi, mentre la ragazza prendeva il toppino e se lo infilava.
«Bussare no, Styles?», disse a bassa voce. Stava tremando molto, e aveva ancora il cuore che le batteva all'impazzata.
«Oh... Ehm, scusa Jess. Mi puoi chiamare Harry però?», disse imbronciato e le prese l'asciugamano dalle mani, mentre le tamponava dolcemente i capelli neri. Oh mio dio, quanto è fantastico sto ragazzo...
«Mmh... Che ne dici di Mr. Hazza? O Harold? Credo che Harold ti piaccia di più», disse sogghignando. Lui di tutta risposta le mise l'asciugamano in faccia per non farle vedere e la buttò sul letto.
«Così ti piace prendermi in giro eh? Adesso impari!», disse, e iniziò a farle il solletico.
«Basta, basta! Styles sei antipatico!», urlò tra una risata e l'altra.
«Harry, mi chiamo Harry!», disse lui di tutta risposta, continuando a farla ridere. Lei si levò l'asciugamano di faccia e, tutta rossa in viso, lo fissò.
«Ok, Harry». Lui smise di farle il solletico, e la fissò negli occhi. Erano così stupendi, quegli occhi azzurro cielo... E lei era così bella... E lui si trovava sopra di lei! Si alzò di scatto e si mise a sedere, fissando un punto indefinito sulla parete. Cosa c'è che non va?, pensò Jess triste. Stava così bene con lui...
«Andiamo, ho voglia di una cioccolata», aprì la porta e scese le scale, e lui la seguì. Preparò una cioccolata calda a tutt'e due, e si sedettero sul divano con la tv accesa. Il telefono di Harry squillò.
«Piccola! Ehm, no, sono uscito. No, non volevo disturbarti, così non ti ho chiamata. Dove sono? Ehm... Sono allo Starbucks. Si. No. Va bene, vengo. Ciao!», sospirò e attaccò. Ha parlato al femminile. L'ha chiamata piccola... Oddio, Harry è fidanzato!, pensò sconsolata mentre si alzava a portare la tazza in cucina.
Lui le venne silenziosamente dietro. «Io dovrei andare. Sai... Mi stanno aspettando», sussurrò, e appoggiò la tazza sul tavolo.
«Fidanzata gelosa?», disse Jess con una voce più scortese di quanto avrebbe voluto. Lui non rispose.
«Devo andare», disse solamente. Lei si girò.
«Certo, vai pure. La porta è lì. I vestiti te li puoi tenere», disse indicandogli la porta.
«...Non voglio perderti di vista Jess. Sono stato bene con te, oggi».
«Si sta facendo tardi. Lei ti sta aspettando. Ci vediamo, Styles», disse quasi sputando con rabbia l'ultima parola. Salì le scale e sbatté la porta della camera. Da sotto, il rumore della porta di casa echeggiò nel silenzio della stanza, tra il rumore delle sue lacrime.
 

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Capitolo 5
*** Let's make peace ***


5. Let's make peace

 
Jess sorseggiava stancamente una bevanda calda seduta al tavolo dello Starbucks; fuori al negozio moltissime persone passeggiavano tranquillamente, facendo gli ultimi acquisti della giornata. 
Erano passati ormai due giorni da quella scenata che aveva fatto a Harry. La ragazza aveva capito di aver sbagliato, e voleva scusarsi; non voleva perdere una persona tanto importante. Ma non sapeva il numero di Harry, e nemmeno dove abitava: solo lui conosceva casa di Jess, ma non era mai passato. L'aveva combinata grossa. In fondo lui aveva il diritto di avere una ragazza, lei non poteva pensare di averlo solo per sé; l'aveva trattato malissimo e doveva scusarsi. Come sempre, per pensare ascoltava musica: Forever Young cantata dagli One Direction, come al solito. Era così presa dalla canzone e dai suoi pensieri che non aveva sentito la campanella sopra la porta suonare all'entrata di un cliente, e nemmeno che qualcuno si era seduto affianco a lei.
Fin quando, quel qualcuno, non le sfiorò il braccio. Si girò, scocciata.
Harry. Il ragazzo stava parlando, così Jess si tolse le cuffie. «Cos... Cosa ci fai qui?».
Lui sospirò. «Sei ancora arrabbiata con me, vero?», chiese lui abbacchiato.
«No... No. Non potrei mai, in fondo io ti ho trattato male. Sono io che devo scusarmi. Scusami, Styles», disse; lui sorrise, sentendo quel nome così familiare, e pronunciato allegramente. Niente "Styles" aggressivi, stavolta.
«Sai, eravamo passati per casa tua ma non ti avevamo trovata; avevo ormai perso le speranze, quando ti hanno visto qua dentro. Così sono entrato», disse felice. Jess non sapeva di più se impazzire per il plurale da lui usato, o se per il fatto che l'aveva cercata con così interesse. Optò per la prima.
«Eravamo?», disse con voce tremante.
«Si, io e i ragazzi. A proposito, sono tutti qua fuori che vogliono conoscerti», indicò delle persone dietro alla grande vetrata che separava lo Starbucks dall'esterno. Jess si girò lentamente; sul marciapiede quattro bellissimi ragazzi chiacchieravano tranquillamente, fino a quando quello con la maglia a righe, Louis, non si voltò nella sua direzione e le sorrise. La ragazza si girò immediatamente, completamente imbarazzata.
«Allora? Vieni con noi? Devo darti ancora una tuta», disse Harry sorridendo.
«Certo». Cercò nella borsa il portafoglio per pagare la consumazione, ma Harry mise una banconota sul tavolo e la prese per il polso.
«Cosa? No, è la mia consumazione, pago io!», disse Jess cercando di opporsi a lui, che la trascinava fuori dal locale.
«Beh, vedila come una scusa per averti fatto cadere il cornetto a terra», rispose lui cacciando la lingua.
«Sei terribile, Styles. Si vede che avete soldi da spendere, voi ricchi»; risero tutt'e due, ed uscirono dal locale. Un leggero venticello le scompigliò i capelli, stavolta con ciocche rosse, a completo con lo smalto; indossava una maglia rossa con scritto Duff, degli shorts di jeans e Superga rosse.
Ecco, la sua faccia si fece esattamente dello stesso colore delle scarpe, dello smalto, della maglia e dei capelli: otto paia di occhi erano puntati su di lei, come se la stessero radiografando. Fu il bellissimo cantante con la cresta nera a rompere il silenzio.
«Ciao, tu devi essere Jessica! Piacere, io sono Zayn», le disse dandole un bacio sulla guancia. Se possibile, si fece ancora più rossa.
«Jess. E so chi siete. Vi conosco tutti», disse imbarazzata.
«Nostra fan?», chiese Liam sorridendole.
Jess fece di sì con la testa. «Posso?», fece cacciando la Canon dalla borsa. Le risposero in coro "Certo!", e si misero a turno in posa affianco a lei, mentre Harry scattava. Aveva un sorriso a trentadue denti. Dopo gli autografi, si incamminarono verso casa della ragazza.
«Lei si che è come si deve Harry; altro che quella Megan che ti sei scelto», se ne uscì ad un certo punto Louis; Jess voleva sprofondare nel marciapiede, mentre Harry lo guardò storto. 
«Vacci piano, ok? Lo so che potrebbe non sembrare tanto simpatica e socievole, ma... È la mia ragazza», concluse a bassa voce Harry.
«E come mai non è qui con noi? Mi andrebbe di conoscerla, sul serio», disse Jess fingendo un sorriso.
«Ehm, diciamo... Che non siamo proprio in ottimi rapporti, adesso».
«Ecco, diciamo... Diciamo che assomigliano più a cane e gatto, però… È la sua ragazza», fece Louis ironico, e gli cacciò la lingua. Harry di tutta risposta gli tirò la maglia a righe che indossava, e lui gli scompigliò i ricci. Jess rise, insieme agli altri, mentre Zayn sogghignava e scuoteva la testa.
«Ehi, Hazza. Mi sa che dovrai trovare un modo per spiegare questo alla tua ragazza», gli disse Niall prendendo un giornalino esposto in un'edicola. Sulla copertina c'erano le foto di Harry e Jess, mentre correvano insieme, quando ridevano... E molte altre foto insieme di cui Jess non conosceva nemmeno l'esistenza. Anche quella in cui Harry entrava a casa della ragazza, completamente bagnati dalla pioggia. E c'era data e ora.
«Mi sa che dovrai convincere Megan che lo Starbucks ha cambiato sede, visto che quella sera dovevi essere là. E invece eri a casa sua>, disse Niall indicando la ragazza.
«Oh mio dio! Ma quella sono io! Sulla copertina di un giornale!». Jess glielo strappò di mano e lasciò i soldi sul bancone, poi si andò a sedere sulla prima panchina che vide e iniziò a leggere. All'interno c'erano un mucchio di altre foto di loro due sorridenti, che scherzavano. "Harry visto in compagnia di una bella ragazza. Sarà la fidanzata?", recitava a lettere cubitali il titolo del servizio. Harry si sedette vicino a lei e iniziò a leggere ad alta voce.
«...Il più giovane degli One Direction avrà una nuova fiamma? Non ne abbiamo la certezza, ma cercheremo di scoprirlo al più presto per voi!», concluse.
«Che mucchio di porcherie», disse Liam scuotendo la testa.
A Jess venne da piangere. «Che c'è?», le sussurrò Harry avvicinandosi.
«Mi dispiace ragazzi. Sembra che combini solo guai. Chissà cosa penserà tua ragazza, adesso. Sarà arrabbiatissima, sicuro! E le fan! Forse è meglio se mi levi dalle scatole per un po'», disse affranta, mentre piccole lacrime le rigavano la guancia.
«Ma chi se ne frega delle fan! E di Megan!», reagì un po' troppo violentemente Louis.
«Cioè... Le fan sono abituate a queste notizie, non possono credere che resteremo single per sempre! E a Megan basta inventare una scusa! Non te ne andare, Jess. Sei la prima ragazza che abbiamo conosciuto con cui poterci sentire noi stessi», aggiunse completamente rosso. Jess diede un'occhiata agli altri ragazzi, che annuivano e le sorridevano.
«Tranquilla, piccola. Si risolverà tutto con Megan. Non fa niente», le disse Harry, e le accarezzò la guancia. L'aveva chiamata piccola. Come Megan. Con la differenza che Megan era la sua ragazza, lei no. 


Leeeeggi qui (?)
Ciao ragazze! Sono già arrivata al quinto capitolo, e con rammarico ho notato solo una recensione. Ho controllato che sono tra le storie preferite e seguite di varie ragazze, e comunque raggiungo molte visite a ciascun capitolo. Per questo, mi chiedevo come mai non commentasse.. Forse c'è qualcosa che non vi convince?
Accetto anche critiche, servono solo a migliorare, ma mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate. In fondo non credo che una recensione prenda poi molto tempo, ed è strano constatare che così tante persone leggono la mia storia e nessuno la commenti.
Mi farebbe piacere leggere qualche vostro commentino, su! Magari anche alle mie due One Shot You've saved my life e I've always loved you.

Grazie ancora! S. 

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Capitolo 6
*** Mc Donald's ***


6. Mc Donald's

 
Aveva appena finito di parlare a telefono con la mamma. Chissà come lei si era ricordata dell'esistenza della figlia, e l'aveva chiamata. Dopo aver attaccato Jess accese lo stereo: era felice, mise la musica a palla e ballò, saltò sul letto, cantò. Sembrava una pazza! Aprì tutti i cassetti e le ante dell'armadio, indecisa su cosa mettersi. Quella sera sarebbe andata con i ragazzi al Mc Donald's, e poi avrebbero fatto un giro per Londra. Scelse una felpa a maniche lunghe dell'Hard Rock color panna, di Barcellona; il leggins a jeans e gli stivali beige foderati di pelliccia, i suoi amati Ugg; la sera faceva sempre molto freddo, e le giornate stavano diventando più fresche. Alle mani si fece il french bianco classico; le ciocche dei capelli le tinse di un biondino chiaro e attaccò la sua frangetta lunga con una mollettina al lato. Da sotto arrivò il suono del campanello della porta, così scese le scale ed andò ad aprire.
«Stavi facendo una festa e non ci stavi invitando?», le chiese Harry raggiante sulla soglia della porta. Dietro di lui, gli One Direction al completo.
«Beh, scusate, ma l'unica invitata ero io. E Mr. Berry!», disse mostrando l'orsacchiotto che aveva da quando era piccola; non se ne separava mai. I ragazzi risero, ed entrarono.
«Se volete aspettatemi qui; prendo le ultime cose e scendo», disse Jess, e sparì in camera sua. Si spruzzò un po' di profumo e controllò di aver preso i soldi e di avere tutto nella borsa. La voce di Harry dietro di lei la fece sobbalzare.
«Sai Jess, pensavo… Per non correre il rischio di perderci di vista, che ne diresti di scambiarci i numeri? Questo è il mio», le disse gentilmente porgendole un bigliettino.
«Uhm... Dare il tuo numero ad una fan... Non so quanto ti convenga questa cosa, Styles», disse cacciando la lingua e prendendo il biglietto prima che il ragazzo potesse ripensarci. Si segnò il numero in rubrica e gli fece uno squillo.
«Questo è il mio», disse. Harry le fece un sorriso fantastico e si memorizzò il numero.
«Allora? Harry sei riuscito a farti dare il numero o il tuo tentativo di flirt ha fallito miseramente?», venne da sotto la voce di Louis. Tutti gli altri risero.
«Grazie, Louis! Aveva funzionato perfettamente, se non avessi dato fiato a quella boccaccia!», gli urlò dietro Harry. Si girò verso Jess, era tutto rosso.
«Non farci caso. Noi scherziamo», disse scendendo le scale. Anche se non sembrava tanto convinto della cosa.
Uscirono tutti nell'aria fredda della sera, guardando da una parte e dall'altra; sembravano spie in ricognizione. Harry si era messo gli occhiali da sole e si era alzato il cappuccio, e molti lo avevano imitato.
«Allora, dov'è?», chiese Jess a bassa voce.
«Dov'è cosa?», fece Liam.
«Il tizio che stiamo spiando. Stiamo giocando a spie, vero?». Tutti risero.
«Ok, forse è un po' esagerato. Rilassiamoci!», disse Harry sorridendole.
«Infatti! E levati sto cappuccio, che copre i tuoi bellissimi ricci. E lo stesso vale per gli occhi», disse Jess sfilandogli delicatamente gli occhiali e guardandolo negli occhi. Harry era estasiato da quella visione, cercava di memorizzare quanti più particolari possibili: si perse nei suoi magnifici occhi, poi le guardò quel naso perfetto, quelle guance rosse per il freddo, finché lo sguardo non si fermò sulle sue labbra. Quelle bellissime labbra rosse e morbide che avrebbe tanto voluto sfiorare...
«Ragazzi, ne avete per molto? Avrei una fame!», disse Niall, mentre tutti sentirono il suo stomaco brontolare molto chiaramente.
«No. Andiamo», fece Harry prendendo gli occhiali da mano a Jess, che era rimasta ancora un po' imbambolata. Le sorrise, e si avviarono al Mc Donald's. Per la strada non incontrarono nessuno, o almeno così sembrava. Giunsero sani e salvi al Mc Donald's, si sedettero a un tavolo e ordinarono. Niall naturalmente prese un mucchio di roba, e il suo fisico rimase sempre perfetto. Faceva venire una rabbia vedere che mangiava e non ingrassava!
«Perché scusa, tu sei grassa?», fece Niall, ovvio.
«Ma che c'entra, io quando mangio ingrasso! Adesso peserò almeno tre chili in più! Qua sei l'unico che mangia e rimane un peso piuma. Anzi, gli unici», si corresse Jess.
«Ma dai, non dire sciocchezze», fece Louis tirandole una patatina.
«Ah, si? Adesso vediamo!», ribatté lei tirandogli un cetriolino in testa. Iniziarono a lanciarsi di tutto e di più, fino a quando il direttore non chiese cortesemente di accomodarsi fuori.
«Bene, adesso siamo anche cacciati dal miglior Mc della città! Meglio di così non poteva andare!», fece Niall rabbuiato; tutti risero. Camminarono per un po', finché non giunsero fuori ad un locale molto frequentato, da cui uscirono parecchie ragazze. Alcune di loro videro gli One Direction, e si avvicinarono.
«Ciao! Siamo vostre fan, potremmo farci delle foto?», chiese la bionda, fissando Harry e sbattendo violentemente le ciglia.
«Uhm, certo!», fece lui, e si misero tutti uno vicino all'altro, mentre Jess scattò la foto.
«Ehi, tu sei quella del giornale! La fidanzata di Harry!», disse la bionda che, nonostante la foto Jess l'avesse già scattata, stava ancora appiccicata a lui.
«Ma no, non siamo fidanzati», fece la ragazza arrossendo e abbassando la testa.
«Ah, si? Ma dalle foto non si direbbe proprio», aggiunse l'amica, squadrandola da capo a piedi. Jess notò che erano davvero belle, nonostante l'aria da smorfiose.
«Si? Beh evidentemente il giornale non sa che pesci prendere. Loro non sono fidanzati. Lei è una nostra amica», rispose Zayn, togliendo Jess dall'impiccio.
«Ah, ok. Grazie per le foto. Ci vediamo in giro, magari!»e, ancheggiando in una maniera esagerata, si allontanarono entrambe.
«Certo, magari ci vediamo in giro. O magari ci buttiamo sotto la prima macchina che passa», fece Louis, imitandole mentre camminavano. Jess aveva le lacrime agli occhi dalle risate.
«Ragazzi, siete sempre così fantastici voi?», chiese Jess ancora ridendo, trattenendosi la pancia.
«Oh, no. Solo con le belle ragazze come te», le fece l'occhiolino Louis, e le mise un braccio intorno alle spalle. Continuarono a camminare per le vie di Londra; Louis sparava battutine a raffica e Jess ormai assomigliava a un pomodoro, tanto era rossa dalle risate. Si fece mezzanotte, e la accompagnarono sotto casa.
«Sono stata bene con voi stasera. Siete dei ragazzi fantastici!», disse Jess ringraziandoli.
«Oh, grazie, lo so. Me lo dicono tutti», fece Louis strizzandole l'occhio. Lei sorrise.
«Ci vediamo», e aprì la porta. Agitò la mano per salutarli, e il suo sguardo si fermò su Harry; aveva chiacchierato a bassa voce con Liam per tutta la serata, e le rivolse a stento un'occhiata quando lei entrò.
Si diresse a letto con un peso nel cuore, e un messaggio sul cellulare che non aveva letto.

My Space
Dopo tanto sono riuscita a postare finalmente il capitolo sei! Mi scuso con le persone che stanno seguendo la mia storia, ma in queste settimane sono piena di compiti in classe e nella prossima sarò fuori per le vacanze. Però ho i capitoli già pronti, quindi non ci metto niente ad aggiornare.
Se vi va lasciate un commentino, mi farebbe piacere (:
E qui vi lascio le mie due One Shot per chi avesse voglia di leggerle: You've Saved My Life e I've Always Loved You .
 
Per chi volesse seguirmi su twitter, sono xthreewords :D
 
 
 

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Capitolo 7
*** Breakfast together ***


7. Breakfast together

La mattina arrivò presto, e lei era ancora assonnata. La sera prima aveva ricevuto un messaggio da parte di Harry, che non aveva letto.
"Vorrei dire anche io di essere stata bene con te, stasera. Ma non posso dirlo; solo Louis può farlo". E un altro, di un numero che non conosceva, arrivato circa mezz'ora prima. "Jess, sono Louis! Appuntamento allo Starbucks alle 10. Colazione insieme". Controllò la sveglia: erano le dieci meno venti. Caspita, è tardissimo!
Mentre il suo corpo si rilassava sotto il getto dell'acqua della doccia, la sua mente non poteva fare altrettanto. Continuava a pensare a quel messaggio di Harry; non sembrava tanto contento della serata, ma non capiva il perché. Infondo Jess non aveva fatto niente di male, aveva riso e scherzato con tutti. Con Louis, veramente. Ma non poteva essere quello il problema, altrimenti significava che Harry fosse geloso. E per Jess sarebbe stato davvero un sogno. 
Si infilò in fretta una t-shirt nera, un pantaloncino grigio e un cardigan a maniche lunghe grigio; ai piedi, Converse basse nere. Si mise un po' di eye-liner nero e del lucidalabbra trasparente, prese una sciarpa nera e uscì nell'aria fresca della mattina.
Controllò il telefono: era in ritardo di circa dieci minuti, ma una corsa sfrenata le fece raggiungere lo Starbucks in poco tempo. I ragazzi erano già dentro, seduti su morbide panchine. Jess si infilò nell'ultimo posto disponibile, affianco a Zayn.
«Buongiorno. Svegliata tardi oggi?», le sorrise Liam.»
«Beh, se qualcuno avesse avvisato ieri sera, invece di stamattina, forse ce l'avrei fatta. Ma non insulto le carote», fece Jess fissando Louis, e si misero a ridere. Harry invece, era molto attento alle venature del tavolo di legno.
«Hai forse voglia di mangiarlo, Styles?», sbottò Jess un po' seccata.
«Eh?», disse lui alzando lo sguardo, come se fosse caduto dalle nuvole.
«Il tavolo. Lo fissi in un modo... Sembra che abbia voglia di mangiarlo», specificò. Lui non le rispose nemmeno; si limitò a spostare lo sguardo fuori dalla finestra. Arrivò una cameriera e prese le ordinazioni, e dopo poco giunse con la loro consumazione. I ragazzi chiacchieravano allegramente del loro programma giornaliero, e misero in mezzo un certo Blue Moon.
«Il Blue - che?», chiese Jess, quasi soffocando col cappuccino che stava bevendo. Risero tutti.
«Il Blue Moon. È il locale dove si terrà un incontro con le fan, diciamo. Dove si fanno foto, si firmano autografi e si chiacchiera», spiegò Zayn.
«Ah, capito. Allora ci vediamo direttamente stasera», fece spallucce Jess.
«Ok, oggi stai fuori almeno quanto Harry. Ti abbiamo appena chiesto se volessi accompagnarci», disse Liam.
«Oh. - Jess si fece rossa. - Ma cosa penseranno le fan? Insomma, le foto sul giornale, poi vengo anche a questo incontro...».
«Beh, penseranno che sei una nostra amica. Che c'è di male?», parlò Niall.
«Oh, niente. Ok, ci sto. - silenzio. - E a te cosa ti affligge, Styles?».
«Cos... Cosa?».
«Ok, di certo non potete paragonarmi a lui! - risero. - Perché stai fuori come me?».
«E tu cos'hai?», ribatté Harry, tagliente. Jess aggrottò le sopracciglia.
«Sono preoccupata. Per la tua salute mentale. Ok, a parte gli scherzi. Cosa c'è, Harry?», disse Jess e si sporse sul tavolo nella sua direzione. Aveva un tono basso, preoccupato. E l'aveva chiamato Harry. Lui non poté non rispondere.
«Diciamo che la mia ragazza... Insomma, non so più se posso ancora chiamarla così. Ma non è solo questo il problema. C'è un'altra cosa che mi... Sta distruggendo», sospirò.
«Non ne vuoi parlare, eh?», e gli sfiorò il braccio con la mano.
Lui sorrise stancamente. «Per adesso preferisco di no».
Finirono tutti di fare colazione, e si diressero fuori dal locale; il tempo sembrava migliorato, faceva ancora freddo ma un po' di luce faceva capolino da quei nuvoloni grigi. Jess era immersa nei suoi pensieri: stava pensando al tempo, che era cambiato così all'improvviso. A cosa si sarebbe dovuta mettere quel pomeriggio, visto che non voleva sfigurare con le fan. E poi pensò alla conversazione di poco prima, all'umore di Harry. Non voleva ammetterlo, ma la faceva soffrire vederlo così: in fondo lui era il suo idolo, il ragazzo che ammirava, quella splendida persona solare e simpatica che mai avrebbe potuto essere sua. E anche se non era in ottimi rapporti con la ex, si vedeva che per questo stava soffrendo. E si vedeva anche che non provava la minima attrazione per Jess.
Abbassò la testa, sconsolata; mentre camminava si fissava i piedi, quelle Converse nere che amava, così rovinate. Come poteva minimamente pensare di piacergli? Lui non la conosceva bene; non era brillante, simpatica, e nemmeno tanto carina. Avrebbe scommesso qualunque cosa che quella Megan era una figa pazzesca.
«...Jess? Ti senti bene?», le sussurrò Harry all'orecchio; non se ne era accorta che era arrivato vicino a lei, ed effettivamente non doveva dare un bello spettacolo a guardarsi i piedi e restare muta. Si fece subito rossa.
«Si Hazza, tutto bene», sorrise stancamente, senza fissarlo. Lui le mise la mano sotto al mento, e le alzò gli occhi all'altezza dei suoi; Jess si perse in quegli smeraldi, e desiderò con tutta sé stessa che lui la baciasse... Lo aspettava quel bacio, lo voleva... Chiuse gli occhi, fantasticando sulla cosa, e sentì la mano di Harry lasciarle il volto, e lui allontanarsi.
«Ragazzi, credo che andrò a casa. Non mi sento molto bene», disse lei con una faccia sofferente, mentre di sottecchi lanciava uno sguardo ad Harry. Anche lui si fissava le scarpe; anche lui era triste, si vedeva.
«Jess, ce la fai a venire oggi? Se vuoi possiamo rimandare e venire a casa a farti compagnia», le disse Zayn premuroso. Oh, che carino che è!
«No, tranquilli, prendo un'aspirina e riposo un po'. Per oggi sarà tutto passato. Fatemi sapere l'ora e il posto, ci vediamo là». E, detto questo, si richiuse la porta alle spalle, tra i saluti dei ragazzi, e i sospiri di Harry.
* * *
Perché si stava comportando così? Il suo caratteraccio l'aveva fatta allontanare, sicuramente. Erano queste le cose che pensava Harry, mentre si dirigeva con i ragazzi verso casa. Non aveva capito più niente, sapeva solo che, quando l'aveva vista così sconsolata, aveva un bisogno enorme di stringerla a sé; gli pareva troppo esagerato, ma si avvicinò.
E quando lei l'aveva risposto non l'aveva degnato nemmeno di uno sguardo. Perché? Perché non l'aveva minimamente calcolato? Che ce l'avesse con lui, oppure per fatti suoi? Questa cosa lo faceva impazzire, sentiva la necessità, il bisogno di quel contatto che tanto amava. Il contatto tra i loro occhi.
Le mise una mano sotto al mento, la guardò: i suoi occhi erano semplicemente fantastici, e quel velo di tristezza che vi si leggeva non ne oscurava la bellezza. Aveva voglia di baciarla, Dio, come voleva sfiorarle quelle labbra; non poteva, non doveva rovinare tutto. La ragazza stava soffrendo, almeno quanto lui in quel momento. Ma era convinto che per lei ci fosse una soluzione. 
Per Harry no.
L'unica soluzione era lei. Lei, quella ragazza conosciuta per caso la settimana prima. Quella ragazza così diversa dalle altre, che gli causava delle sensazioni che mai, mai aveva provato prima. Quella ragazza che lo rendeva felice anche con un sorriso, che lo faceva ridere, che lo faceva sentire finalmente... Completo. Non come Megan; Megan non era niente in confronto a Jess, e Harry capì di dover chiarire. Ci teneva molto alla sua fidanzata, ma forse la vedeva più come un'amica speciale che conosceva dall'infanzia. Non era lei che gli faceva battere violentemente il cuore con un solo sorriso. Non era lei che gli provocava le farfalle nello stomaco se lo sfiorava. Non era lei che aveva voglia di vedere ogni giorno, ogni minuto, ogni ora. 
Era Jess.
La ragazza di cui si era follemente innamorato.

Hola Peopleeeeeeeeeeeeeee (?)
Come rovinare un finale delicato (?) ç.ç
.. Tipo che se si presentava una ragazza con loro all'incontro delle fan io le avrei staccato il collo a morsi uù #js
Allooooors (?) Ho deciso di pubblicare visto che questa settimana -non l'ho mai detto, lo so- partirò per le vacanze di Pasqua in un luogo da sogno, con un ragazzo da sogno, senza PC! ..Bella fregatura :/ Diceeevo, il capitolo. Allora, qui le cose iniziano a farsi interessanti, o almeno per me. (?)
Hazza ha capito finalmente di provare qualcosa per Jess ma quella ragazza si fa mille pippe mentali (?), poverina.
Pochi (?) insomma. (!)

Da qui in poi le cose si fanno interessanti *si sfrega le mani* Spero di leggere qualche bella recensioncina, mi fareste spuntare un sorriso! *w* Passate magari anche dalle mie due One Shot, che adesso non metto in collegamento ipertestuale perché sono sfaticata ùwù
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 :D
 
 
Loooooooooove. xoxo

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Capitolo 8
*** Misunderstanding ***


8. Misunderstanding

 
Appena entrò in casa Jess salì in camera e si stese sul letto. Sentiva ancora lo sguardo di Harry addosso, e questo non faceva altro che farla stare ancora peggio. Lo stomaco le si strinse in una morsa fastidiosa, e la testa le prese a scoppiare; andò in bagno e prese dall'armadietto dei medicinali un'aspirina, poi si stese a letto e si addormentò. Quando si svegliò erano le tre meno venti; lo stomaco prese a brontolare, così scese giù con l'idea di farsi un panino. Il cellulare le squillò, indicando un messaggio da Zayn. Sarebbero passati a prenderla sotto casa alle tre e mezza.
Si preparò un piccolo sandwich con insalata e pomodoro, e accese il suo portatile. Parlò un po' con alcune sue amiche che non sentiva da parecchio tempo; alcune di loro erano Directioner come lei, e le chiesero spiegazioni su quelle foto che ormai giravano il web e che la ritraevano insieme a Harry. Menomale che non ce ne sono ancora con tutti gli One Direction, sennò qua le fan mi ammazzano!, pensò sarcastica. Le liquidò dicendo che lo aveva conosciuto per caso e spense il computer, visto che non faceva che aumentare il suo insopportabile mal di testa. Si rinfrescò un po' e si andò a preparare per il pomeriggio. Scelse una camicia a quadrettoni bianca e rossa che amava portare aperta, con maniche a tre quarti; da sotto una canotta bianca molto semplice, il leggins di jeans e le Superga rosse. Un po' di matita, una goccia di profumo e si sedette sul divano ad aspettare.
Il suono della porta la ridestò: aveva appoggiato la testa alla parete fresca, un sollievo per il suo mal di testa, e aveva perso la cognizione del tempo. Prese la sua borsa bianca, ci infilò dentro un'aspirina e andò ad aprire: davanti a lei c'era Zayn, che la abbracciò e le diede un bacio sulla guancia.
«Allora Jess? Come ti senti?», chiese apprensivo. Un sorriso si dipinse sul volto della ragazza, così contenta di tutte quelle attenzioni.
«Non proprio bene, ma ho preso un'aspirina, quindi tra un po' dovrebbe calmarsi», disse. Zayn si rabbuiò.
«Io rimango convinto dell'idea che dovresti riposarti. Ormai è tardi per noi disdire l'incontro, ma tu puoi sempre rimanere qua! Passeremo appena finito!».
«Zayn Jawaad Malik, stai cercando un modo per scaricarmi, per caso?», chiese lei divertita, e si chiuse la porta alle spalle.
«Sei una gran cocciuta, lo sai?», le disse con un gran sorrisone, e poi la abbracciò. Jess stava così bene tra quelle braccia calde... Anche se avrebbe preferito che fossero di un altro. Oh, Jess! Niente stupidi pensieri!, si disse.
Entrarono in macchina e arrivarono in dieci minuti al luogo dell'incontro, un mega centro commerciale. C'era da aspettarselo che erano in ritardo, ma in fondo i VIP si facevano sempre attendere un po'. Uscirono dalla macchina ed entrarono; Jess iniziò a pentirsi di essere venuta. Come avrebbero reagito le fan vedendola? Avrebbero di sicuro pensato che era la fidanzata di Harry! Magari si sarebbero arrabbiate con lei, oppure lei le avrebbe spezzato il cuore... Come se le avessero letto l'indecisione nel pensiero, delle mani forti la presero per il gomito e la portarono dentro; era Liam, che la guardava come per dire: non tentare di scappare.
Con un sorrisino incerto anche la ragazza entrò dentro, e immediatamente grosse guardie del corpo circondarono lei e tutti i ragazzi; urla fortissime provenivano da là dietro, segno che le fan si erano accorte di loro. Giunsero incolumi ad un tavolo con cinque sedie, vicino al quale si misero i ragazzi in piedi. Lei rimase un po' in disparte, nell'angolino, ma nonostante questo gli occhi di moltissime ragazze nella sala erano puntati su di lei.
«Chi è lei? Cosa ci fa qui? Ma è la ragazza di Harry, quella delle foto!», si sentiva ovunque. Jess si imbarazzò un sacco, e abbassò la testa. La voce di Niall venne forte e chiara da un microfono.
«Probabilmente vi starete chiedendo chi sia quella ragazza. Lei è una nostra amica, che è stata così gentile da accompagnarci. Non è la fidanzata di Harry, tantomeno di uno di noi. Adesso, godiamoci il pomeriggio insieme!», concluse sorridendo, mentre le fan urlavano dalla gioia. Non sembravano tutte troppo convinte, ma si fidarono. 
Iniziarono ad avviarsi vicino al tavolo, dietro il quale si erano seduti i ragazzi, a gruppi di due o tre; passavano un foglio agli One Direction, mentre loro firmavano e sorridevano. Una ragazza dai capelli rossicci attirò l'attenzione di Jess: era arrivata davanti a Harry e stava piangendo parecchio, quindi gli chiese qualcosa. C'era troppo baccano per capire cosa gli avesse detto, ma a quel punto Harry annuì e si alzò per abbracciarla. Lo stomaco di Jess si strinse in una morsa tagliente, mentre la testa riiniziava a scoppiare.
Jess era una loro amica; tuttavia, non poté fare a meno di pensare che Harry non l'aveva mai abbracciata. Avevano passato parecchio tempo insieme, eppure quella fan era riuscita là dove lei non ce l'aveva fatta. Si trovava là, tra le sue braccia, e piangeva; Harry si staccò e le sorrise, mentre lei salutò tutti con un gesto della mano e si allontanò, per far spazio ad altre ragazze. Lui si andò a sedere e lanciò un'occhiatina in direzione di Jess, che si manteneva con la mano ad un palo per reggersi in piedi; le gambe le tremavano forte. Girò su se stessa e si allontanò un poco da quella ressa, visto che ormai le mancava il fiato. La testa non le dava tregua, aveva bisogno di prendere aria.
«Dove stai andando?», qualcuno la prese per il polso. Zayn.
«Tranquillo, sto... Sto prendendo un po' d'aria. Cercavo il distributore dell'acqua, veramente», spiegò lei.
«È lì>, e l'accompagnò. Lei prese un bicchiere d'acqua e ci sciolse dentro l'aspirina.
«Zayn, è meglio che vai, ti staranno aspettando. Tranquillo, non scappo», aggiunse poi con un sorriso stanco, visto che il ragazzo non sembrava convinto.
«Tu non stai bene. E non lo dico solo sul piano fisico, ma anche su quello emotivo. C'è qualcosa che ti distrugge, qua dentro», disse, e le toccò il petto all'altezza del cuore. Gli occhi di Jess si fecero lucidi.
«Non posso mentirti. Si, è così. Ma adesso non mi sembra né il luogo né il momento per parlarne. Raggiungi gli altri, io vi aspetterò un po' qui», disse accomodandosi sul divano là affianco. Zayn si girò e se ne andò, e non vide Jess che iniziava a piangere silenziosamente. Cosa di cui Harry, che aveva cercato di raggiungere Zayn e li aveva visti da lontano parlare così vicini, si era accorto.
Passarono velocemente quelle due ore e mezza; Jess ancora seduta sul divano, i ragazzi con le fan. Quando si fece ora si diresse senza dire niente all'uscita, vicino alla macchina dei ragazzi, e dopo pochi minuti loro le corsero incontro e si fiondarono nella macchina, prima che le fan li potessero raggiungere. Zayn si mise al volante e si avviò verso casa dei ragazzi, dicendo che doveva un attimo entrare e dopo l'avrebbe accompagnata a casa. Quando la macchina si fermò sul vialetto, Jess non credé ai suoi occhi: era una bellissima villetta a due piani, circondata da un fitto prato verde perfettamente tagliato. Ah, questi inglesi perfettini!, pensò.
I ragazzi scesero tutti dall'auto, e Jess disse che li avrebbe aspettati alla macchina. Così loro entrarono e lasciarono la porta di casa aperta, dato che Zayn doveva prendere qualcosa e uscire. Passarono cinque minuti. Dopo altri cinque minuti Jess scese dalla macchina e si avvicinò verso la porta aperta. Harry era in piedi in salone, intento a levarsi il giubbino.
«Ehi Harry, non te lo levare. Accompagna Jess a casa», gli disse Zayn lanciandogli le chiavi dell'auto. In un primo momento Harry restò un po' di sasso.
«Non dovevi accompagnarla tu, scusa?», sbottò irritato.
«Si, ma si da il caso che devo fare una cosa, quindi l'accompagni tu», spiegò lui.
«Non mi va. Chiedi a Liam, o Louis. Io non voglio». Non voglio. Aveva detto davvero non voglio, o se l'era immaginato? Non "non posso", o "sono impegnato". Ma un "Non mi va, non voglio". Non voleva.
Jess si diresse di nuovo verso l'auto senza dire niente, si sedette avanti e sbatté forte la portiera. I suoi occhi iniziarono a farsi lucidi.
«Zayn?», chiese con la voce bassa e tremante, quando Harry si sedette al posto di guida.
«Oh, si da il caso che Zayn abbia altro da fare, e quindi mi ha incastrato ad accompagnarti», disse lui facendo partire il motore.
«Mi dispiace disturbarti. Potevo benissimo andarmene a piedi», fece lei con la faccia rivolta al finestrino, mentre Harry iniziava a guidare. Delle lacrime, poche lacrime, le scivolarono sulla guancia. Le fece sparire con un gesto veloce della mano.
Il viaggio procedette in silenzio, un silenzio teso e carico di tensione, fino a quando Harry non parcheggiò sotto casa sua.
Spense il motore. «Jess, io...», iniziò a dire, ma si fermò fissando sconvolto la ragazza in viso.
«Jess, perché piangi?», le chiese avvicinandosi un po' a lei. Stava piangendo? Certo che no, lei non... Oh. Si toccò con le mani la guancia, bagnata da tante lacrime.
«Scusami se sono stata un peso, Styles. Spero di non incontrarci, così non ti darò ulteriore fastidio», disse arrabbiata, mentre altre lacrime le scendevano prepotentemente dagli occhi. Uscì dalla macchina e si chiuse in casa; appena fu dentro iniziò un pianto senza freni mentre, da fuori, il rumore di un'auto che si allontanava riempiva il silenzio.

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Capitolo 9
*** Someone knocks at the door ***


9. Someone knocks at the door

 
Cosa gli era preso? Perché l'aveva trattata così male? "Zayn mi ha incastrato a portarti"... Ancora gli risuonavano in testa le parole che le aveva detto, e il tono sgarbato che aveva usato. E poi, lei si era messa a piangere... Ma l'aveva fatto per questo? O perché... Perché si era innamorata di Zayn e non era ricambiata? Li aveva visti parlare, al locale... Erano così vicini, e dopo che Zayn si fu girato lei si era messa a piangere. E quando in macchina era salito Harry al posto di Zayn aveva subito domandato perché. Doveva essere sicuramente per questo. Prima Louis, poi Zayn. Sembrava davvero che gli piacesse un ragazzo della band al giorno.
O forse c'era in lui qualcosa che non andava. Era troppo paranoico. In fondo se scherzava con Louis non significava che gli piaceva, no? E quelle lacrime di oggi potevano significare qualche altra cosa, qualsiasi altra cosa. Ok, doveva guardare in faccia la realtà. A Jess potevano piacere tutti i ragazzi che voleva, non erano fatti suoi. Ma allora perché avrebbe tanto voluto spaccare la faccia a uno a uno di quei ragazzi? Perché voleva essere lui, il ragazzo per il quale lei aveva perso la testa? Perché ogni volta che la vedeva aveva una disperata voglia di abbracciarla, di baciarla? Non poteva più mentire a sé stesso. Quella ragazza gli aveva sconvolto l'esistenza. Avrebbe dovuto chiarire con Megan, anche se questo lo faceva stare male. L'avrebbe fatto, e presto.
Arrivata davanti casa dei ragazzi, la macchina svoltò l'angolo e proseguì.
*
Ok, basta. Doveva smetterla di piangere. Era vero, Harry l'aveva trattata malissimo. Probabilmente aveva problemi personali, anche se questo non era un buon motivo per sfogarsi su lei. Probabilmente problemi con la ragazza. Ci teneva così tanto a quella Megan... Doveva andare avanti. Harry non sarebbe mai stato suo. Non sarebbe mai potuta stare tra le sue braccia; non avrebbe mai potuto sentire il suo cuore battere col suo, i loro profumi mischiarsi, le sue labbra sulle sue. Dopo pochi giorni Jess avrebbe preso l'aereo per tornare a casa. 
E chi s'è visto s'è visto.
La serata passò molto lentamente. Fuori c'era il diluvio, e l'umore della ragazza si avvicinava molto a quello del tempo. Aveva ricevuto molti messaggi da parte dei ragazzi, che le chiedevano di vedersi. Non ne aveva proprio voglia. In realtà, era una vigliacca. Cercava di rimandare al più tardi possibile l'incontro con Harry. Proprio non ce la faceva. Mangiò una minestra calda davanti alla TV, e molto presto si diresse a letto. Faceva più freddo del solito, così si coprì con le coperte fino al mento, e chiuse gli occhi. 
Quanto tempo era passato? Un'ora? Due, forse? Controllò l'orologio; mezzanotte e un quarto. Il sonno non ne voleva sapere di arrivare, e si ritrovò a fissare il soffitto. Fino a quando il rumore di colpi contro la porta non la fece saltare. Chi diavolo può essere a quest'ora?, pensò preoccupata. Scese lentamente le scale, e si ritrovò a fissare la porta chiusa; da fuori si sentiva la pioggia scrosciare fortissimo, e un lampo illuminò a giorno l'intera stanza. Si fece coraggio, e aprì.
Aveva un cappuccio in testa, come la prima volta che l'aveva visto, ma era lo stesso completamente bagnato. Quando alzò lo sguardo, che fino a quel momento stava rivolto sul pavimento, Jess poté vedere molte lacrime rigargli il viso. Lo stomaco le si strinse in una brutta morsa, a quella vista. Senza pensarci due volte lo tirò dentro e chiuse la porta. Lui la abbracciò con disperazione, mentre singhiozzava pesantemente.
«Harry... Cosa...?», fece per dire. Lui la strinse più forte, e continuò a singhiozzarle sulla spalla. Jess aveva fantasticato tanto su quel momento; sul fatto che un giorno si sarebbe trovata tra le sue braccia... Ma non era proprio così che s'era immaginata la situazione.
«Con Megan... È tutto finito...», sussurrò staccandosi da lei e fissandola negli occhi. C'era da aspettarselo... Come poteva pensare minimamente Jess di avere una possibilità con lui, se ci teneva tanto a Megan? 
Non gli disse niente, e gli accarezzò il volto, cercando di togliere le lacrime dalla sua guancia, che continuavano a scendere. Gli prese la mano e lo portò su, in bagno. Lui si sciacquò il viso, ma piccole lacrime continuavano a scendere, di tanto in tanto. Jess gli asciugò un po' i capelli con il phon, o gli sarebbe venuto qualcosa; poi lo portò in camera sua e lo fece sedere sul letto.
«Come mai sei venuto qui? Voglio dire, i tuoi amici? E poi, dopo quello che ci siamo detti oggi...». Harry si mise le mani nei capelli e abbassò lo sguardo, affranto.
«Jess, per favore, scusami per oggi. Non so cosa mi sia preso... Io ci tengo davvero a te... Più di quanto tu immagini. Ero frustrato, e me la sono presa con te. Non volevo, davvero. E poi non sapevo da che altra parte andare; non mi va di dire ancora niente ai ragazzi», fece tristissimo. Un impulso si impossessò di Jess, e di slancio lo abbracciò.
«Non ti preoccupare Harry, è tutto risolto. Stanotte dormi da me, ok? Però conviene che ti levi quei vestiti da dosso, se non vuoi prenderti un raffreddore>, disse sorridendogli. Lui ricambiò stancamente il sorriso, e si tolse felpa e jeans. Jess gli diede la tuta dell'altra volta, e si stese sotto le coperte. Harry si mise affianco a lei, e la abbracciò da dietro.
«Strano, dovrebbe essere il contrario. Dovrei essere io ad abbracciarti e consolarti», rise Jess, per non far vedere la sua emozione.
«Lo so, ma mi va. Spero che non ti dia fastidio», rispose lui aggrottando le sopracciglia.
Jess si girò e lo guardò dritto negli occhi, ancora un po' arrossati. «Certo che no, sciocco. Sto bene tra le tue braccia». Oh mio dio. Davvero mi sono fatta scappare una cosa del genere? Si fece rossa all'istante, cosa che intenerì moltissimo Harry.
«Bene. Notte, piccola», e le diede un bacino all'angolo della bocca. Bene. Adesso Jess poteva morire in pace.
I raggi del sole cercavano di penetrare nelle sue palpebre chiuse, ma lei tenne ostinatamente gli occhi serrati; si girò a pancia sotto, e appoggiò la testa sul cuscino. O almeno, credeva fosse il cuscino, fino a quando non si costrinse ad aprire gli occhi. Dei smeraldi la fissavano, come se riuscissero a leggerle dentro; erano più vicini di quanto immaginasse, infatti Jess era appoggiata con la testa sul petto del ragazzo. Si fece immediatamente rossa.
«Ehm, giorno», disse, e si allontanò leggermente; Harry la cinse con le braccia e la tirò a sé, facendole poggiare di nuovo la testa sulla sua spalla.
«Buongiorno. Dormito bene?», le chiese sorridente, e le stampò un bacio sulla fronte. Oh mamma. 
«Benissimo», rispose lei stiracchiandosi, per poi mettersi a sedere e levare le coperte.
«Ehi, fa freddo!», disse lui con il muso, e si ricoprì fin sopra le orecchie.
Jess rise. «Andiamo, pigrone. È tardi, i ragazzi ti staranno dando per disperso. E tu hai un discorso in sospeso con loro, se non mi sbaglio». Aprì la finestra e ispirò l'odore umido della pioggerellina sottile che bagnava Londra; quel giorno era stranamente di buon umore. Scelse dei vestiti dall'armadio e si diresse in bagno, mentre Harry scendeva le scale per fare colazione.
Scelse di indossare degli shorts neri, mettendosi da sotto delle calzamaglia nere. Una t-shirt nera con paillettes, un cardigan rosso e le Superga rosse ai piedi. Si avvolse intorno al collo una sciarpa nera bianca e rossa a scacchi; legò i capelli lisci in una coda alta lasciando il ciuffo da fuori, e raggiunse Harry in cucina.
«Mmh, che odore! Cosa stai combinando?», chiese entrando. Lui si girò e le sorrise, mentre metteva su un piatto dei pancakes dall'aria squisita.
«Non sapevo che sapessi cucinare, Styles! Complimenti!», e si fiondò sul piatto; erano davvero buonissimi.
«Tu mi sottovaluti! Mangia tutto, io vado a vestirmi», disse, e le stampò un bacio in fronte. Un altro. Ma come è bello il mio Hazza!, pensò gongolante. Dopo aver finito la colazione, una volta che Harry si fu preparato, si incamminarono insieme verso casa dei ragazzi.

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Capitolo 10
*** Last day in London ***


10. Last day in London

 
«Pronto?», gli chiese per la decima volta Jess, una volta giunti davanti casa.
«Neanche un po'», rispose lui, e bussarono alla porta. Venne ad aprire un Louis alquanto preoccupato.
«Harry, amico mio! Ci hai fatti prendere uno spavento!», disse Louis abbracciandolo. Li tirò entrambi dentro, e tutti i ragazzi, sentendo il nome di Harry, accorsero nel salone. Lo abbracciarono ad uno ad uno.
«Cosa è successo? Perché stanotte non sei tornato?», gli chiese Liam. Avevano tutti gli sguardi puntati su di lui, tranne Zayn, che fissava Jess. Si era accorto che era successo qualcosa tra loro; la ragazza sembrava più serena rispetto al giorno prima, e Harry meno scorbutico.
Si sedette sul divano, sotto gli sguardi di tutti. «Mi sono lasciato con Megan», disse. I ragazzi non seppero che dire; in fondo, a loro, Megan non era mai andata molto a genio, ma Harry ci teneva.
«L'hai lasciata tu?», fu l'unica cosa che chiese Niall.
«No. È stata lei. Era follemente gelosa di Jess, diceva che passava troppo tempo con noi, e questo le dava fastidio». La ragazza arrossì, sentendosi messa in mezzo nella questione tra Harry e la ex.
«E perché non le hai detto che è una nostra amica? Perché non le hai fatto capire che ci tieni lo stesso a Megan, che la ami ancora?», chiese Liam, non capendo.
Harry sospirò. «Perché non è così». Silenzio.
«Harry, io... Mi dispiace di essere stata la causa del vostro litigio, io lo avevo detto che stando con voi avrei combinato solo guai...», cercò di scusarsi Jess abbassando lo sguardo, mortificata.
«Ehi... Non devi scusarti. Sono io che ho la testa altrove, e Megan ha fatto bene a lasciarmi. Era meglio che non la illudevo ancora, visto che per lei non provavo più niente. E poi tu mi sei stata molto vicina, e ti ringrazio per questo», le disse sedendosi vicino a lei e prendendole il viso tra le mani.
«Ma allora non capisco... Perché eri così disperato ieri sera? Perché piangevi, se non provavi più niente per lei?», fece Jess confusa.
«Io… Beh… Oh, insomma, io…». Era in evidente difficoltà, infatti balbettava ed era tutto rosso.
«Ehi, ehi, tranquillo! Avrai avuto dei problemi tuoi, non ti preoccupare, non devi spiegarmi niente! L’importante che adesso tu stia meglio», fece lei prendendogli le mani tra le sue e sorridendo. Lui ricambiò.
«… Jess? Che ne diresti di fermarti a pranzo da noi? Stavamo giusto preparando», le chiese Niall sorridendole.
«Beh, se non disturbo…», fece lei.
«Ma che disturbi! Ormai ti consideriamo di famiglia», le sorrise, e si avviò in cucina. Louis trascinò a forza Harry in camera con lui, mentre Liam aiutò Niall in cucina. Erano rimaste lei e Zayn; si fissavano. Il telefono di Jess squillò.
«Pronto?».
«Pronto, Jess? Sono mamma».
«Ehi, mamma. Come va da te?».
«Tutto bene, adesso stiamo per andare all’aeroporto. E tu? Preparato le ultime cose?».
Già. L’indomani Jess se ne sarebbe andata. Avrebbe perso tutto quello che aveva trovato qui. Degli amici. Una famiglia, con cui sentirsi accettata. Zayn la fissava, chiaramente cercando di capire qualcosa. In fondo tutti sapevano che Jess sarebbe rimasta a Londra solo due settimane. Ma quando sarebbe partita?
Non volle mentire. Fissò il ragazzo negli occhi. «Si, mamma. Tutto pronto per la mia partenza di domani».
«Bene, mi fa piacere. Non vedo l’ora di abbracciarti! Un saluto anche da papà. A domani, tesoro».
«A domani», e staccò.
«Allora, è così. Domani te ne vai. Lo dici tu agli altri?», fece lui, e si sedette vicino alla ragazza.
«No! – urlò. Poi, si ricompose. – No, ti prego Zayn. Non sopporto gli addii, è più forte di me. Voglio ricordarvi così, mentre ridete, quando cercate di cucinare qualcosa. Voglio ricordare Harry sorridente, sotto la pioggia. Quando si sporca con un cornetto al cioccolato. Quando mi abbraccia, quando caccia la lingua. E non in un triste aeroporto a dirmi addio. Proprio no».
«Non è un addio! Un arrivederci, casomai. Harry farebbe qualunque cosa per rivederti almeno una volta. Lo conosco, lui ci tiene a te. Almeno tanto quanto tieni tu a lui. Comunque, devi scegliere tu»
«Si, e ho scelto. Un arrivederci, magari… Guardiamo in faccia la realtà: noi non ci vedremo mai più, Zayn. Mai», disse triste. Lui la abbracciò.
«Se è questo che vuoi, ok. Te lo prometto, non lo dirò a nessuno. Ma non perdere le speranze». Jess lo strinse più forte, gli occhi già le si facevano lucidi. Proprio in quel momento Harry e Louis scesero di corsa le scale, ridendo come due bambini; Harry si fermò sulla soglia del salone, con lo sguardo fisso su Jess. Lei si staccò da Zayn, nascondendo la tristezza con un sorriso. Gli occhi lucidi, però, non li poteva nascondere.
Stava meglio Harry, dopo quella sera appena trascorsa? Si, certo, lo era stato. Fino a un momento fa.
«È pronto ragazzi!», urlò Niall dalla cucina, agitando un mestolo. Liam si allontanò da lui spaventato.
«Ancora paura dei cucchiai, Liam?», chiese Jess ridendo, accomodandosi a tavola. Almeno quell’ultimo giorno, voleva goderselo; non pensare all’indomani.
«Tu! In questa casa non si devono nominare! Insieme a “carota nel cestino”, e “brutte maglie a strisce”! Sono assolutamente vietate!», le disse puntandole una forchetta contro.
«Ehi, non puntarmi quella cosa contro! Altrimenti ti faccio vedere io!», fece prendendo in mano un cucchiaio e avvicinandolo pericolosamente alla sua faccia.
«Ok, hai vinto tu! Ma posa quel coso!», disse chiudendo gli occhi. Risero tutti, tranne Harry. Sembrava fosse capitato di nuovo in uno dei suoi momenti no; Jess non lo voleva vedere così, non quell’ultimo giorno, che aveva bisogno solo di sorridere. Sembrava che nemmeno Harry ne avesse l’intenzione.
«Zayn, potresti venire un attimo di là?», gli chiese alzandosi in piedi. Zayn fissò Jess, e si alzò. 
Cosa stavano combinando? Dal salone non si sentiva niente e i ragazzi in cucina, da bravi amici, cercavano di far distrarre Jess in qualche modo. Almeno Zayn e Harry non stavano litigando, e questa era una buona cosa. Tornarono dopo circa cinque minuti: Zayn col sorriso sulle labbra, e Harry decisamente sollevato. Meglio così.
«Allora, quali sono i nostri programmi per oggi? Voglio divertirmi!», disse Jess aiutando Louis a sparecchiare.
«Uhm... Luna Park? Vi va, ragazzi?», chiese Harry sciacquando dei piatti. Accolsero tutti l’idea con piacere.
Verso le quattro erano già al Luna Park: Harry e Louis in fila per i biglietti, gli altri alle macchine dello zucchero filato.
«Eccoli qui! Andiamo!», dissero arrivando sorridendo. Jess corse a prendere il suo, non stava più nella pelle. Si fecero tutte le giostre, si divertirono come bambini: sulle macchine scontro, nel tunnel della paura, sulle montagne russe. Si erano fatte le otto, il sole era tramontato. Quel giorno era stato fantastico, un perfetto ricordo della sua vacanza. Aveva fatto un sacco di foto con i ragazzi su tutte le giostre, e le avevano lasciato un sorriso sulle labbra.
«Direi di farci la giostra migliore, prima di andarcene. Vedrai Jess, ti piacerà», le sorrise Harry, e la prese per mano. Non come le altre volte, che la prendeva per il polso, per trascinarla da qualche parte. Le aveva preso proprio la mano, così calda e piccola, e le aveva donato un sorriso meraviglioso. Il regalo più bello che potesse farle.
Salirono sul London Eye, e la ruota prese a muoversi, e a salire. La ragazza si avvicinò con le mani al vetro della cabina, e la vista le mozzò il fiato: sotto di lei si estendeva Londra, in tutta la sua bellezza. Il Big Ben, Tower Bridge, Westminster Abby, Buckingham Palace: erano tutti minuscoli puntini luminosi visti da lassù, e lo spettacolo era davvero incredibile. Jess si girò con gli occhi lucidi verso Harry, che le sfiorò la guancia con un dito.
«Voglio che ti resti il miglior ricordo di Londra», le sussurrò, e la abbracciò da dietro. Piccole lacrime uscirono dagli occhi di Jess, che mai era stata più felice di piangere, e immortalò quel momento con la sua macchina fotografica.
 

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Capitolo 11
*** My reality ***


11. My reality

 
Chiuse la valigia, e si guardò alle spalle: non aveva dimenticato nulla. Scese le scale e sorrise alla vecchietta che la stava aspettando vicino alla porta.
«Grazie mille, signora. Sono state le settimane più belle della mia vita. Grazie per avermi messo a disposizione la casa», le sorrise porgendole le chiavi.
«Figurati tesoro. Hai lasciato la casa in perfette condizioni, sei una ragazza davvero seria e responsabile. Sono felice di affittarti la casa tutte le volte che vorrai tornare», e la salutò con la mano.
Il cielo era ancora scuro: in fondo era presto, e il sole era oscurato da pesanti nuvoloni. 
Le sarebbe mancato tutto. Perfino quel cielo, che aveva assistito ai momenti più belli della sua vita.
*
Bussò alla porta, ancora affannato. Questa si aprì, e un sorriso si fece strada sul suo volto. Prima di scomparire del tutto.
«Lei dov’è?», chiese alla signora anziana.
«Ti riferisci alla giovane ragazza? È partita, proprio poco tempo fa»
Non trovò la forza di muoversi, rimase bloccato sulla soglia della porta.
La vecchia signora gli venne in aiuto. «Corri, ragazzo. Non fartela scappare».
*
Eccola di nuovo là. Due settimane prima non avrebbe mai voluto metterci piede. E, nel corso di due settimane, cinque ragazzi avevano completamente sconvolto la sua esistenza. Cinque? Forse addirittura uno.
Adesso, non voleva più lasciare quel posto. Piccole lacrime iniziarono a uscire dagli occhi, ma si impose di non piangere. La vita le aveva fatto un regalo; l’aveva sfruttato, fino alla fine. Adesso non doveva avere rimpianti. 
La voce metallica rimbombò per le vaste aree dell’aeroporto; stavano chiamando il suo volo. Si incamminò, ma una voce la costrinse a fermarsi.
Una voce che fino a due settimane fa aveva sentito solo attraverso un video, dietro lo schermo di un computer. Una voce che in quei giorni aveva sentito talmente tante volte, che l’aveva imparata a memoria. Una voce che non avrebbe mai voluto lasciare, ma che era stata costretta a farlo. 
La sua voce. Lì, dietro di lei, che la chiamava.
Si girò. «Harry! Cosa ci fai qui?», chiese sorpresa, e lo fissò.
Lui le corse incontro. «Credevi di potermi lasciare così, senza salutarmi? Credevi di poter tornare in Italia e fare finta che non fosse successo niente? No, non puoi. Non voglio che tu parta», le disse prendendole il viso tra le mani; aveva l’affanno.
Iniziò a piangere. «Harry, non posso! Sai quanto vorrei restare qua con voi, sai quanto mi sono affezionata a te e ai ragazzi… Ma non ho scelta. Questo che hanno chiamato è il mio volo, e io non posso perderlo. È un addio».
«Ma perché non ci hai detto niente? Sai quanto ci avrebbero tenuto i ragazzi a salutarti per bene! Ti rendi conto che se non fossi venuto a chiamarti a casa, non ci saremmo mai salutati?», disse lui fissandola negli occhi, e asciugandole le lacrime, che non volevano saperne di smettere.
«E cosa importa? Sarebbe stato meglio. Io non avrei pianto, e avrei conservato un bellissimo ricordo di voi. Senza rimpianti».
«Ma sarebbe stato peggio per me. Avrei vissuto col rimpianto di una cosa che non avrei mai potuto fare. Non ora, non che mi ero deciso!», disse con veemenza.
«Cos…?», fece per dire Jess, ma venne interrotta, nel modo migliore che ci potesse essere. Le labbra di Harry si poggiarono delicatamente sulle sue, e le strinse il viso tra le mani, per paura che potesse scappare. Le comunicò tutto ciò che poteva in quel bacio: tutto l’affetto che provava per lei. La voglia che lei rimanesse qui. E tutta la dolcezza del mondo. Le loro labbra sembravano che fossero state fatte apposta per unirsi: la ragazza rimase di stucco, davvero non se lo aspettava.
Harry Styles. Il cantante. Il ragazzo famoso, quella persona che migliaia di ragazze avrebbero voluto al loro fianco… La stava baciando. No. Doveva esserci uno sbaglio.
Lui staccò delicatamente le labbra da quelle della ragazza, e la fissò negli occhi; anche lui stava piangendo. Ok, nessuno sbaglio.
«Addio, Harry», disse lei, e gli accarezzò dolcemente il volto. Dopodiché gli voltò le spalle, e salì su quell’aereo che l’avrebbe portata lontano dal suo sogno.
Lontano da tutto ciò che aveva sempre desiderato.
Da ciò che era così vicina da avere, ma che per uno strano scherzo del destino sembrava non raggiungere mai.
Lontana da lui. Harry Styles.
*
Era tutto finito.
L’aveva raggiunta. Era riuscita a comunicarle, almeno in parte, ciò che sentiva.
Lei si era girata, e se n’era andata.
Aveva fallito.
Mai da nessuna sconfitta ne era uscito così distrutto. Non aveva mai perso l’unica cosa per la quale valeva la pena di vivere.
*
L’aereo decollò.
Sotto di lei, quel che rimaneva dell’esperienza più bella della sua vita.
Qualche piccola casa, un parco; poi man mano sempre più minuscoli, si trasformarono in tanti puntini. Nella sua borsa, la macchina fotografica con tutte le loro foto sembrava volesse sfondarla. Ma mai come il macigno che sentiva sul cuore.
Era andata a Londra. Senza aspettarselo minimamente, aveva realizzato il suo sogno. E aveva ottenuto anche di più.
Ma come tutti i bei sogni, arriva il momento di svegliarsi. Di tornare alla realtà.
E la sua realtà era l’Italia.
Quel che le rimaneva erano solo dei bellissimi ricordi; un supermercato.
Un ragazzo.
E poi un prato, un cornetto, della pioggia.
Una chiamata, un caffè allo Starbucks, un panino al Mc Donald’s.
Tanti, tanti problemi. E poi quel bacio sulle labbra, che le aveva lasciato un buonissimo sapore. 
Il suo sapore.
E che non voleva saperne di andarsene.
*
Aprì la porta di casa. I ragazzi lo attendevano impazienti, era evidente. Erano seduti sul divano; cercavano di comportarsi normalmente.
Una battuta, delle risate, un gioco alla Play Station.
Ma quando lo videro, si bloccarono tutti.
Zayn gli venne incontro.
«Allora?», gli appoggiò una mano sulla spalla.
Harry lo guardò, li guardò ad uno ad uno.
Sorrise, un sorriso stanco. Distrutto. «L’ho baciata. E lei se n’è andata».
Salì in camera, e si chiuse la porta alle spalle. 
E, alle spalle, si lasciò tutto.
I ricordi.
La sua voce.
Il suo profumo.
Quel bellissimo sorriso, la prima cosa che aveva catturato la sua attenzione.
Il suo sguardo.
E quel bacio.
Ma non l’avrebbe mai dimenticata, e in fondo lo sapeva.

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Capitolo 12
*** Go ahead ***


12. Go ahead

 
Di ritorno a casa. La sua famiglia, i suoi amici. Era tutto come l’aveva lasciato, due settimane prima. Erano passate solo due settimane? Sembrava un’eternità.
All’aeroporto le vennero incontro il padre e il fratello; la madre era rimasta a casa per cucinarle un bel pranzetto. Inutile dire che Jess non aveva la minima voglia di mangiare.
Salita in macchina, il sole l’accecò attraverso il finestrino; incredibile quanto una cosa che amasse fosse diventata così fastidiosa. Fino a poco tempo fa amava crogiolarsi al sole; e all’improvviso tutto quello di cui aveva voglia era stare sotto il cielo nuvoloso di Londra.
… Inutile prendersi in giro. Il come e il dove non le interessava. Voleva solo rivedere i ragazzi.
Voleva solo stare con Harry.
E, con quei bellissimi ricordi nella mente, si addormentò.
*
«Andiamo, Harry! Abbiamo le prove della canzone, e l’appuntamento in radio! Faremo tardi!», urlò da sotto Louis. Di Harry nessuna risposta; l’amico decise di salire in camera sua. Il ragazzo era sdraiato sul letto, e fissava il soffitto. Si poteva pensare che si stesse riposando, o qualunque altra cosa. Ma i suoi occhi arrossati non lasciavano dubbi.
Aveva pianto.
Di nuovo.
«Harry, andiamo, non puoi continuare così. Devi uscire, devi distrarti», gli disse all’amico, sedendosi vicino a lui.
«No, non mi va. Preferisco rimanere qui a deprimermi, grazie».
Louis sospirò. «Ti manca tanto, eh? Ma manca a tutti noi. Devi andare avanti amico, come facciamo noi».
Harry lo guardò male. «Che? Non puoi pensare davvero una cosa del genere. Non siete stati voi ad avere a portata di mano la cosa più bella della vostra vita, e a perderla, senza nemmeno accorgervene. Non siete stati voi a correre come degli stupidi all’aeroporto, a dichiararvi, e a vederla andare via. No, proprio no. Quindi non mi potete capire. Io non ho voglia di uscire, resto qui», e si girò dall’altro lato, fissando la finestra della sua camera. Senza dire niente, Louis si alzò ed uscì, avvertendo i ragazzi di annullare i loro programmi anche per quel giorno. 
Come ormai succedeva da tre settimane.
Erano tre lunghe settimane, che succedeva sempre la stessa cosa: cercavano, a turno, di convincerlo ad uscire. Ed era esattamente da tre settimane che Harry rispondeva sempre nello stesso modo. Non usciva mai dalla sua camera, se non per mangiare, quella volta ogni tanto.
Non potevano vederlo così. Dovevano fare qualcosa.
E a Louis venne un’idea.
*
Posò tutti i libri nello zaino, e si avviò fuori dalla classe.
La scuola era ormai iniziata da diverse settimane; sempre le stesse facce, sempre le stesse persone. La sua giornata? Scuola – casa. Casa – scuola. Programma molto avvincente, a dire la verità.
Non che non aveva amiche che non le chiedessero di uscire, anzi: ogni fine settimana, cinema, shopping o pizzeria. Per le prime volte aveva anche deciso di uscire: dopotutto, non poteva fare una vita da reclusa. Ma era inutile, non ce la faceva: anche quando usciva il suo umore era sempre lo stesso. Inutile, non riusciva a distrarsi in nessun modo; l’unica cosa di cui aveva voglia era vedere quei ragazzi.
Come al solito, appena tornata a casa, gettò lo zaino a terra e si diresse in camera sua. La madre la chiamò per il pranzo ma, anche stavolta, non aveva fame. 
Controllò il cellulare, che aveva dimenticato a casa: ancora nessun messaggio, nessuna chiamata. Un’altra cosa che la faceva riflettere; un’altra cosa che non faceva che peggiorare il suo umore.
Sentiva regolarmente i ragazzi, a telefono. Certo, non era esattamente la stessa cosa, ma per il momento poteva andare. Si era abituata a salutarli la mattina con un bacio sulla guancia, ad abbracciarli; sentirli per telefono non era proprio il massimo, ma ok, si poteva fare.
Se almeno sentisse regolarmente tutti i ragazzi.
Era da quel giorno all’aeroporto che non aveva notizie di Harry; dopo quel bacio, i loro rapporti si erano interrotti bruscamente. Non un suo messaggio, non una sua chiamata; Jess non osava fare il primo passo, aspettava sempre che lui la cercasse. Inutile dire come c’era rimasta, quando lui non l’aveva cercata. 
Come se non fosse mai esistita.
Su internet ormai c’erano decine di video dei ragazzi, girati in casa loro, o per le vie di Londra. Ma mano a mano i video si facevano sempre più radi, sempre meno divertenti. Harry non era presente in nessuno di essi, e la sua assenza si faceva sentire.
Louis non era più lo stesso senza l’amico; gli altri non erano da meno. Quando li sentiva per telefono erano tutti così tristi, così abbacchiati. Le raccontarono che Harry passava le giornate chiuso in camera sua a piangere. Ma allora perché non si faceva sentire? Se davvero la ragazza le mancava, cosa gli costava una chiamata?
Molti dubbi affollavano la testa della ragazza, che era stesa sul letto. Come un automa, si alzò in piedi e frugò tra le ante dell’armadio; trovò quel che cercava.
Aprì l’album e iniziò lentamente a sfogliarlo.
Le prime foto erano quelle di lei e Harry sull’erba del parco, il primo giorno che si conobbero. E poi, le foto con tutti gli One Direction, i loro autografi.
Le foto artistiche di Louis, come quella che ritraeva un pacco di carote nel loro frigo. A quel pensiero, un sorriso le si dipinse sulle labbra; andò avanti con le pagine.
Le ultime foto, quelle del loro ultimo giorno. Zayn e Liam sulle macchine a scontro, tutti concentrati. Niall con una montagna di zucchero filato, Louis con la sua immancabile maglia a righe. E poi… Beh, poi c’era quella.
“Un istante perfetto”, era scarabocchiato sotto nella sua grafia.
Ritraeva Londra dall’alto, completamente illuminata; e, in un angolino della foto, Harry che la abbracciava. Ripensò a quel giorno. Ripensò a quell’istante, davvero perfetto.
E come fare, a quel punto, a trattenere le lacrime? Iniziò a piangere, a singhiozzare pesantemente. Non come aveva fatto in quei giorni; di più, molto di più. Rivisse in mente tutti i momenti trascorsi con quel ragazzo; di come, in poco tempo, le aveva totalmente sconvolto l’esistenza. E ripensò a quel bacio.
Quanto lo aveva sognato, quanto lo aveva desiderato quel momento? E come se l’era fatto scappare… Avrebbe davvero voluto, con tutto il cuore, lasciar partire quell’aereo, e rimanere là con lui.
Ma non poteva.
Era inutile continuare a rimuginarci sopra.
Basta.
Da quel giorno, sarebbe andata avanti.
Buttò l’album sotto al letto, prese il cappotto ed uscì.


Salve gente!
Questo capitolo è davvero noioso, ne sono consapevole, ma ero depressa per la partenza di Jess (?) e non sapevo cos'altro dire. Ma il prossimo si farà più interessante, promesso (:
Voglio ringraziare quelle ragazze che ormai commentano ogni capitolo e che mi fanno sorridere, e vorrei approfittarne per chiedervi magari di lasciare anche un piccolo commentino per sapere se la storia è di vostro gradimento o meno. Non richiederà più di due minuti :D
Ringrazio chi commenterà, e le persone che hanno messo questa storia tra le preferite/seguite.
Un bacio! xx

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Capitolo 13
*** One Direction Bring To Italy ***


13. One Direction Bring To Italy

 
Nuovo giorno; solita routine.
Mezzogiorno; Harry uscì dalla sua camera e si diresse in cucina per prepararsi un toast. Seduti intorno al tavolo, gli amici lo fissavano.
«Cos’avete da guardare?», chiese addentando un po’ di pane.
«Basta, Harry. Preparati. Si cambia aria per un po’», gli disse Zayn serio.
Lui lo guardò, come se fosse diventato immediatamente scemo. «Non hai capito? Io resto qui. Non mi va di uscire».
«Non insistere; abbiamo deciso così. Quindi adesso sali in camera, prepari le valige, e ti riposi. Stanotte partiamo».
«Ah bene, fate come se non esistessi! Organizzate un viaggio alle mie spalle, tanto a voi non interessa se a me faccia piacere partire o no! Grazie, siete dei grandi amici!», rispose alzando il tono della voce.
«Non ti preoccupare, Harry. Ci ringrazierai meglio una volta atterrati a Milano», gli disse Louis ammiccando.
*
«Ehi, quel centro ha un sacco di negozi fantastici! Entriamo a dare un’occhiata, per favore! Poi ci riposiamo un po’, giuro!», le disse l’amica trascinandola.
Era tutta la mattina che Marta trascinava Jess in giro a fare compere, e lei davvero non ne poteva più. I piedi le dolevano in una maniera esagerata; tuttavia, come inizio, non c’era male.
Era riuscita a lasciarsi per un po’ i ricordi alle spalle, e doveva ringraziare soprattutto l’amica, che l’aveva fatta divertire. Glielo doveva.
«D’accordo, l’ultimo! Ma poi mi offri il gelato, sia chiaro!», la minacciò, prima di scoppiare a ridere.
Il centro era davvero grande; enormi poster pubblicitari riempivano lo spazio di ogni parete. Il negozio che Marta aveva trovato era proprio di fronte ad una panchina, così Jess ci si buttò sopra, dicendo che l’avrebbe aspettata lì. Con lo sguardo osservò l’ampio spazio, i poster. Fino a quando, uno di essi, non catturò la sua attenzione.
“One Direction Bring To Italy. 3 ottobre 2011, Shu Café, Milano”. Una mega foto si trovava sotto la scritta, che li mostrava tutti sorridenti.
Il cuore di Jess perse un battito; parecchie ragazze, venute probabilmente con l’idea di fare qualche acquisto, si fermarono a guardare il manifesto, prima di scambiarsi sguardi sorridenti. Marta, Directioner come lei, appena uscì dal negozio e si ritrovò davanti la gigantografia dei suoi idoli fece la pazza.
«Ma ci pensi? Gli One Direction qui, allo Shu! Caspita, è tra due giorni! Ci andiamo insieme, vero? Vero, Jess?», iniziò a sproloquiare.
«Mmh… Si». Gli One Direction.
A Milano, qui da lei.
Li avrebbe rivisti.
Avrebbe rivisto Niall… Zayn, Liam, Louis.
Avrebbe rivisto Harry.
*
L’aereo decollò. Finalmente.
I ragazzi cercavano di riposare, in fondo col fuso orario si trovavano in piena notte. Inutile dire che Harry non riusciva a chiudere occhio. Non faceva altro che fantasticare sul suo incontro con Jess.
Cosa avrebbe fatto quando l’avrebbe vista?
Le sarebbe andata incontro; l’avrebbe abbracciata, sicuramente l’avrebbe baciata. Non ce la faceva più; sentiva la necessità di guardarla negli occhi, di stringerla a sé. Di sentire il suo profumo, il suo cuoricino battere in contemporanea col suo.
Si, avrebbe sicuramente fatto così.
Ma l’avrebbe rivista? In fondo, era un mese che lui non si faceva sentire. Non l’aveva mai chiamata, mai cercata. Stava troppo male per sentire la sua voce; voleva solo dimenticarla. Era sicuro che lei aveva fatto lo stesso. Ma adesso che si presentava quest’occasione di mettere le cose a posto, non se la sarebbe fatta scappare.
Fu con questi pensieri tormentati, che scivolò in un sonno agitato.
*
Aveva rimuginato su cosa indossare dal giorno in cui aveva saputo la notizia. Non le veniva in mente niente, le sembravano sempre le solite cose.
Alla fine optò per qualcosa di non troppo particolare: in fondo i ragazzi la conoscevano, e lei voleva sembrare semplicemente se stessa.
Una t-shirt bianca a righe blu; il jeans scuro che adorava, e ai piedi Superga blu. Completò con una cintura sottile rossa e un foulard dello stesso colore. Si lasciò i capelli lisci e sciolti, e arricciò solo il ciuffo. Un po’ di profumo, dell’eye-liner nero, e uscì nell’aria fresca di ottobre.
L’appuntamento con Marta era davanti al locale, visto che si trovava proprio sotto casa dell’amica. Lei si fece trovare già pronta, e si avviarono al botteghino per acquistare i biglietti; per fortuna c’erano poche ragazze, così riuscirono a garantirsi un posto nelle prime file. 
Per ora di pranzo si fecero un panino nel bar lì accanto, mentre chiacchieravano allegramente.
L’ora del loro incontro si avvicinava sempre di più, e Jess diventava sempre più tesa.
«Ehi Jess, cos’hai?», le chiese Marta. Una semplice occhiata le fece capire tutto.
«Tranquilla. Vedrai, che se ci tiene davvero, non sarà cambiato niente. Sono una fan, è vero, ma sono prima di tutto una tua amica. E se è lui che vuoi, devi lottare per averlo», le disse sincera.
«… Fece la ragazza completamente innamorata di Liam Payne», rise Jess.
Rise anche lei. «Beh, dettagli».
Mancavano pochi minuti all’arrivo dei ragazzi allo Shu; fuori dal locale c’erano già parecchie ragazze, e ogni minuto sembravano aumentare a dismisura. Si sentivano ovunque grida, scatti di macchine fotografiche, e si vedevano parecchi cartelloni colorati. Jess si imbarazzò un po’: in fondo non aveva preparato nemmeno uno striscione; chissà come si era ricordata all’ultimo minuto di prendere la Canon.
Dopo minuti che sembravano ore, in cui Marta aveva fatto amicizia con alcune Directioners là affianco, una macchina nera lucida svoltò l’angolo: le urla divennero sempre più assordanti, gli scatti delle macchine fotografiche più frenetici, e i suoi occhi si fecero sempre più lucidi.
La ricordava quella macchina. Fu quella che usò Harry per accompagnarla a casa, la sera che litigarono. Immediatamente tutti i ricordi che credeva di essere riuscita a dimenticare in quei giorni le ripiombarono in mente più prepotenti di prima.
Come aveva solo potuto pensare di essersi dimenticata di quei cinque angeli? Era stupida solo l’idea.
Il primo ad uscire dall’auto fu Zayn, bellissimo nella sua giacca blu. Salutò con una mano le fan, che si buttarono contro le barriere al suo passaggio, e si fece una corsa fino all’interno del locale. Fu la volta di Niall, che fece la stessa corsa. Poi Liam, e a quel punto nessuno più riusciva a trattenere Marta, che urlava come una pazza e agitava le mani per farsi notare; Jess sogghignava sotto i baffi. Un cenno della mano e anche lui corse dentro, come gli altri. Louis naturalmente si doveva distinguere: appena sceso dall’auto salutava le fan regalando numerosi sorrisi, e passeggiava verso il locale tranquillamente, incurante del fatto che se non si fosse sbrigato migliaia di fan si sarebbero decisamente buttate addosso. 
Stava pensando a quanto fosse scemo quel ragazzo, e a quanto volesse bene a tutti loro, quando i suoi pensieri furono interrotti dalle urla della ragazza affianco a lei, che aveva scritto in fronte “Harold” con un pennarello nero e urlava come una pazza.
Harry era appena sceso dall’auto, e si guardava freneticamente intorno; fu solo quando parecchie ragazze urlarono il suo nome, esigendo la sua attenzione, che lui si ricordò di dove fosse e cosa stesse facendo. Regalò tutte loro un bellissimo sorriso e, senza riuscire a nascondere agli occhi delle fan il suo disappunto, entrò dentro.

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Capitolo 14
*** Concert ***


14. Concert

 
Il suo primo pensiero appena sceso dalla macchina fu lei. Si voltò intorno, scrutò tra la folla: tra tutti quegli sguardi sconosciuti non riusciva a trovare quello che cercava. E se non fosse venuta?
I suoi pensieri vennero però interrotti dalle grida delle fan tutte intorno: Harry capì che non aveva fatto proprio una bella figura ad uscire dalla macchina in quel modo, senza calcolare nessuno. Fece un gran sorriso, che però non si estese agli occhi: continuava a chiedersi se l’avrebbe rivista.
Ci sperava.
*
Una volta che tutti i ragazzi furono entrati nel locale la folla delle ragazze prese a muoversi come una sola persona, e Jess venne trascinata contro la sua volontà; perse di vista la sua amica e, senza altre soluzioni, decise di avviarsi al locale ed aspettarla al loro posto.
La sala si riempiva mano a mano che il tempo passava, ma di Marta nemmeno l’ombra; fu solo quando stavano per spegnere le luci che l’amica fece il suo ingresso nella sala e si andò a sedere vicino Jess.
«Ma che fine avevi fatto? Ti stavo cercando ovunque», le disse Marta preoccupata.
«Sono stata trascinata dalla folla fino all’ingresso dello Shu, così ho deciso di entrare ed aspettarti qui», si giustificò lei. La sala si fece immediatamente buia, e tutte intorno presero ad urlare come matte; piccoli faretti si accesero illuminando il palco.
«Ci siamo!», le sussurrò emozionata l’amica. Già. C’erano davvero. Le note di “What Makes You Beautiful” iniziarono a sentirsi in tutta la sala amplificate dalle casse, e i cinque bellissimi ragazzi fecero il loro ingresso sul palco, con i microfoni in mano. Non si capiva più niente; chi urlava di qua, chi piangeva di là. In mezzo a tutta quella confusione Marta trovò il coraggio di alzarsi, ed urlare “Liam!”. 
Il ragazzo si girò giusto prima di attaccare a cantare la sua parte da solista, e sorrise alla ragazza in piedi che indossava una maglia con la sua faccia; il sorriso si allargò ancora di più quando accanto lei vide Jess, ormai con le lacrime agli occhi.
Anche lei si alzò in piedi. «Ehi, Payne. Lo sai che ti voglio bene!», urlò. Il ragazzo, mentre cantava, si batté la mano sul cuore e la indicò. “Anche io te ne voglio”, significava.
Con tutta quella confusione gli altri quattro non notarono Jess, ma a lei andò bene così. Già diverse ragazze la guardavano storto per il saluto di Liam, meglio non esagerare.
Harry quando cantava era ancora più fantastico del solito: impugnava il microfono e si calava talmente tanto nella canzone che esistevano solo lui e la musica. Arrivò la sua parte da solista: quella era decisamente la preferita di Jess. Però il ragazzo invece di sorridere e guardare le fan, teneva gli occhi chiusi: come se non se la sentisse di guardarle negli occhi durante quel pezzo, che considerava troppo importante. Quanto avrebbe voluto Jess che guardasse lei…
La prima canzone finì; il tempo di lasciar urlare a Zayn un “Salve Italia!”, che attaccarono con la seconda, “Na Na Na”. Altre urla, altro delirio: abbandonata la tensione della prima canzone tutte le ragazze si alzarono in piedi a cantare con gli One Direction; Marta e Jess si stavano divertendo da pazze.
Louis sembrava che stesse per girarsi da quella parte; Jess ne approfittò. «Ehi, Carotaman!», cacciò sopra le urla delle fan. Aveva sentito: si girò immediatamente, e fece un sorriso enorme; diede di gomito al primo ragazzo che trovò vicino, Niall. Anche lui la vide, e le fece l’occhiolino. Dio, quanto li voleva bene!
«No senti, tu me li devi presentare!», urlò Marta all’orecchio di Jess per farsi sentire.
«Certo, M! Appena usciamo di qui ti potrai buttare nelle braccia del tuo adorato Payne!», le urlò di rimando. Lei le sorrise e continuarono a cantare quella bellissima canzone.
La musica finì, le fan si sedettero. «Ciao ragazze!», urlarono in italiano; com’erano buffi, non sapevano parlare per niente! Un coro di urla si levò a quel saluto.
«Siamo felicissimi di essere qui con voi, grazie del vostro sostegno! Divertitevi e cantate con noi le prossime canzoni!», dissero stavolta in inglese.
Louis si intromise prima di far partire la musica. «Ehi tu, terza fila! Bella maglia, complimenti!», e le strizzò l’occhio. Un piccolo fascio di luce si concentrò su di lei, e le andarono a fuoco le guance; tenne gli occhi bassi, anche se sentì gli sguardi di tutti nella sala puntati addosso. Un po’ intimorita, alzò lo sguardo: sembrava che Harry avesse visto un fantasma. Non si capiva se era felice o semplicemente sconvolto, ma la stava fissando.
Finalmente si era accorto di lei; finalmente aveva visto che lei c’era.
*
Zayn aveva finito di parlare, e si prepararono per la prossima canzone.
Quando Louis parlò.
«Ehi tu, terza fila! Bella maglia, complimenti!». Conoscendo Louis, o la ragazza aveva una carota sulla maglia o l’indossava a righe. Si girò per cercare di capire chi avesse una maglia con indosso una di queste due cose, ma un riflettore gli semplificò il compito.
Nell’arco di luce c’era Jess, con la testa bassa. Quando la alzò, i loro sguardi si incrociarono; no, non poteva essere.
Dopo un mese, lei era lì. Dopo un mese, l’aveva finalmente rivista.
Gli occhi azzurri della ragazza si fecero lucidi, e una piccola lacrima le scese sul viso; prima che riuscisse a trattenersi, anche lui si ritrovò a piangere silenziosamente.
*
Attaccarono la terza canzone, Forever Young; ma la luce non si era spenta abbastanza in fretta da nascondere le lacrime di Harry.
Perché piangeva? Sperava con tutto il cuore che fossero lacrime di felicità, come le sue.
Come al solito, dopo il primo pezzo cantato da Liam era il turno di Harry; una luce bianca venne puntata su di lui, che si mosse dal suo posto. Sembrava stesse venendo nella sua direzione.
Senza nemmeno rendersi conto di quello che stava facendo, Jess si alzò in piedi: Harry era inginocchiato sul palco, e la fissava con quei suoi occhi fantastici. Allungò la mano verso di lui, e il ragazzo fece lo stesso; a causa della distanza dal palco riuscì solo a sfiorargli le dita, ma quel contattò bastò per riaccenderle la fiamma nel petto che provocava ogni suo gesto, ogni sua mossa.
Quella fiamma che non si era mai davvero spenta.
Altre lacrime iniziarono a scendere dagli occhi di Harry ma lui, a malincuore, si alzò e tornò al centro dagli altri ragazzi. Jess si risedette, e scoppiò; mise la testa tra le mani e pianse l’anima.
Il concerto durò per altre due ore: passato quel primo momento di malinconia Jess iniziò a divertirsi molto, e cantò e ballò con Marta e le altre ragazze della sala tutte le loro canzoni. Sprizzava felicità da tutti i pori, e quando i ragazzi si diressero dietro le quinte per riposarsi un po’ dopo il concerto, lei rivolse un sorriso enorme alla sua amica.
«Liam, Liam… È stato così fantasticamente perfetto! E poi hai sentito che voce, che aveva… Dio quant’era bello!», le urlò l’amica saltando dalla gioia e abbracciandola. Jess ricambiò l’abbraccio.
«Si, erano tutti così fantastici. E io ancora non ci credo che ho rivisto Harry», disse tutta sognante.
«E pensa che non è ancora finita qui! Ci aspettano altre due ore di totale divertimento!», le disse Marta con un sorrisone enorme.
«Già!». Si avviarono sotto braccio verso l’uscita per mettersi in fila verso l’altra entrata del locale, dove si sarebbe tenuto il resto dell’incontro. Una ragazza le sfiorò delicatamente la spalla.
«Ehi, tu sei quella che è stata salutata da Liam! E quella a cui Louis ha fatto i complimenti! E anche quella ragazza che ha sfiorato la mano di Harry!», disse in un sol respiro.
«Ehm, si, sono io», le rispose imbarazzata Jess. 
«Quanto sarei voluta stare al tuo posto! Devi essere emozionatissima!», le disse ancora, mentre si avviava in fila con le due ragazze.
«In effetti, sono ancora piuttosto scossa. Comunque piacere io sono Jess, e lei è la mia migliore amica Marta», presentò educata a quella ragazza che sembrava davvero simpatica.
«Piacere mio, mi chiamo Stella! Chi è il vostro preferito? Il mio Niall», disse raggiante.
«Liam, assolutamente!».
«Ehm, tutti dai», fece Jess imbarazzata. Stella e Marta risero.
«Secondo me però tu sei la preferita di Harry!», cacciò Stella. Jess rimase pietrificata.
«Andiamo, si vedeva come ti guardava, ha anche pianto! Non poteva essere una coincidenza… Comunque tranquilla, non sono arrabbiata né altro: sono felice per te! Quanto vorrei che il mio Horan si accorgesse di me…», aggiunse un po’ malinconica.
«Ehi, sono sicura che ti farai notare per il tuo carattere allegro e solare. Non perdere le speranze!», la consolò Jess.
Vennero però interrotte da Marta, che le tirò per il braccio. «Ragazze, andiamo: gli One Direction sono arrivati!».

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Capitolo 15
*** Signin ***


15. Signin

 
La sala era già strapiena; fu con molta fatica che le ragazze riuscirono a passare tra la folla e arrivare giusto sotto le transenne. Poco distante da loro c’era un tavolo con cinque sedie; esattamente uguale a quello del locale di Londra. Altri ricordi sommersero Jess, che però vennero interrotti dall’amica che le tirava un braccio.
«Guardali! Sono fantastici!», le urlò sopra le grida delle fan, mentre iniziava a piangere.
«Già, Marta. Sono davvero fantastici», le disse, e le sorrise. Accanto a lei Stella piangeva pesantemente alla vista di Niall, cosa che intenerì moltissimo Jess. Secondo me starebbero bene insieme, quei due.
I ragazzi si posizionarono davanti al tavolo, e salutarono tutte le fan; Zayn, che non l’aveva ancora vista, se la ritrovò davanti con un sorriso enorme.
«Jess! Ehi, ragazzi, ma…», fece per dire agli amici; uno sguardo a Harry, che aveva un sorriso a trentadue denti, gli fece capire che già se ne doveva essere accorto. Era parecchio che non lo vedevano sorridere così; ai ragazzi si strinse il cuore. Gli avevano fatto proprio un bel regalo.
Dopo aver salutato con la mano le fan gli One Direction presero ad avvicinarsi alle ragazze delle prime file, per stringere loro la mano e renderle ancora più felici di quel momento.
«Ehi, Niall!», urlò Jess al ragazzo, che si girò nella sua direzione. Lei gli indicò Stella vicino a lei, che ormai aveva le mani nei capelli talmente piangeva forte; lui le si avvicinò e le alzò il volto, asciugandole le lacrime.
«Non piangere, per favore», le disse triste. Lo aveva capito?
«Ok. Però tu sorridi; sei bello!», le sussurrò lei prima di gettarsi tra le sue braccia. Ok, lo aveva capito; Niall le fece un sorriso tenerissimo e andò avanti a salutare altre fan.
«Oh mio Dio, Jess! Grazie, grazie!», le urlò dalla felicità e la abbracciò.
«Figurati. Sono felice per te; cercherò di fartelo conoscere dopo, se posso», le sussurrò per non far sentire alle altre ragazze che lei li conosceva.
«Ma, ma tu… Li conosci davvero?», rispose lei. Jess le fece di si con la testa, e le sorrise. Intanto, accanto lei Marta urlava come una pazza per farsi notare da Liam.
«Non è che potresti fare qualcosa anche per me?», disse a Jess con il muso.
«Non ce n’è bisogno; guarda», e indicò nella direzione di Liam. Lui si stava avvicinando alla ragazza, perché si era ricordata della sua maglia.
«Questa maglia è carinissima», le disse con un bel sorriso; inutile dire che mancava poco perché Marta non svenisse.
«Lo sai perché è bella? Perché ci sei tu», trovò il coraggio di dire nel suo inglese accademico. Cosa ne era stato di Marta la timida? Jess sorrise, era felicissima per lei. Si scambiarono un piccolo abbraccio e poi Liam si avvicinò a Jess.
«Principessa!», fece, e la abbracciò.
«Liam, mi siete mancati tutti un casino», sussurrò lei con le lacrime agli occhi.
«Anche tu, tanto; ma più di tutti a Harry. È meglio se mi faccia da parte», le disse sorridendole e si allontanò. Dietro di lui, Harry la fissava con quegli occhi magnetici; Jess scoppiò a piangere.
«…Styles!», cacciò tra le lacrime. Lui le fece un sorriso bellissimo e la strinse forte a sé; un po’ difficile con quelle transenne in mezzo, ma meglio di niente. Quanto le era mancato il suo profumo… I suoi bellissimi capelli soffici, il respiro sulla sua pelle…
«Pensavo che non saresti venuta», le sussurrò lui guardandola negli occhi, e le accarezzò dolcemente il viso.
«Sono qui», fu l’unica cosa che riuscì a dire. Quanto avrebbe voluto baciarlo, avvicinarsi al suo viso, sfiorargli quei ricci irresistibili… Purtroppo non poteva, con tutte quelle fan; l’ultima cosa che ci voleva era uno scoop su di loro. Harry sembrò leggerle il pensiero.
«Quanto… Quanto è difficile averti così vicina e non poterti sfiorare…», sussurrò triste. Lei invece fece un sorriso enorme.
«Non ti libererai di me tanto facilmente, Styles. Ci vediamo dopo, adesso vai dalle altre fan!», gli disse accarezzandogli la guancia e spingendolo via da lei delicatamente. Lui le sorrise; strizzò l’occhio a Stella, che lo stava fissando con gli occhi fuori dalle orbite, e con un “Ciao, bella!” si allontanò dalle altre fan.
Jess rise. «Quel ciao bella è stato davvero fantastico. Non sono proprio capaci di parlare in italiano!», iniziò a ridere, contagiando le ragazze affianco a lei.
Dopo che i ragazzi ebbero salutato quante più ragazze possibili, si sedettero dietro le sedie e le guardie del corpo intimarono le fan di disporsi in una fila ordinata.
«Adesso ci sono gli autografi! Jess, come stanno i capelli?», le chiese Marta tutta agitata, passandosi le mani tra i ricci.
«Già, e a me? Sembro un panda, vero?», le fece Stella tirandola dalla sua parte, per farsi aggiustare il trucco.
«Ragazze, calma! – rise Jess. – Marta, a te i capelli stanno benissimo come al solito; Stella, tu hai solo un po’ di trucco sbavato. Niente che non si possa risolvere con una salviettina struccante!», disse voltandosi verso lei e cacciando una salviettina dalla borsa.
«Oh Dio, ma tu sei grande! Grazie!», le disse mentre Jess cercava di aggiustarle un po’ il trucco.
«Ecco qua. Siete bellissime, ragazze», concluse sorridendo. Era inutile che chiedesse lei in che condizioni stava: già si immaginava i capelli gonfi e il trucco completamente sbavato dalle lacrime. Si passò fremente una mano tra i capelli, cercando di aggiustarli quanto possibile, e si aggiustò delicatamente il trucco con una salviettina e l’aiuto di Marta.
«Anche tu sei bellissima. Come se ci fosse ancora bisogno di fare colpo su Harry!», le disse l’amica; Jess le lanciò un’occhiata storta.
«Marta ha ragione; non so cosa sia successo tra te e Harry, ma ti guarda come un pesce lesso», fece Stella.
«Ok, basta, stop! Concentriamoci sulla serata e lasciate perdere la mia vita sentimentale!», disse un po’ scocciata avanzando nella fila. Dietro di lei vennero le risate delle amiche.
Era quasi giunto il loro turno: tra le poche ragazze davanti a lei riuscì a scorgere i ragazzi seduti alle sedie intenti a firmare cartoline con la loro immagine. Un signore enorme prese lei e le sue amiche per il braccio, e le buttò davanti al tavolo.
«… Che modi!», stava dicendo Marta guardando storto la guardia, quando si accorse di avere i ragazzi davanti e arrossì di botto.
«Ciao bella!», le disse Liam, e iniziò a firmare il foglio.
«Ciao bellissimo», sussurrò lei tremante; Liam rise. Stella si gettò di nuovo tra le braccia di un Niall parecchio sorridente, mentre lei si concentrò sugli altri tre ragazzi seduti.
«Mi fate pena, non siete calcolati da nessuno», fece Jess guardandoli e scuotendo la testa; risero tutti.
«Ci sei mancata tanto, ragazza», fece Zayn alzandosi per abbracciarla, seguito a ruota da Louis.
«Voi di più», rispose lei stringendoli. La guardia imprecava che dovevano muoversi; in fondo c’erano ancora parecchie fan in fila per il loro autografo. Jess lanciò un’occhiata al gruppo che sarebbe dovuto entrare dopo di loro: erano rimaste scioccate quando avevano visto che erano stati Zayn e Louis a volerla abbracciare, e non il contrario.
Stella e Marta si fecero fare il loro autografo, e ormai piangevano pesantemente; Jess si limitò a sorridere e a scattare parecchie foto. Se ne stavano per andare, quando qualcuno la prese per il braccio.
Harry. «Ti stai dimenticando qualcosa», le disse sorridendo, e le lasciò la cartolina. Jess, confusa, ricambiò il sorriso, ma non ebbe tempo di fare altro; delle guardie le stavano letteralmente cacciando fuori dal locale.
«Giuro che non le sopporto quelle guardie del corpo!», urlò Marta mentre si aggiustava la maglia tutta stropicciata, tra i consensi di Stella. Jess intanto fissava la sua cartolina. Dietro la loro foto, scarabocchiato in un angolo del foglio c’era un indirizzo e un numero. Trattenne a stento un urlo.
«Ragazze! Ragazze, venite a vedere!», disse alle amiche, e si allontanarono dalla folla fuori dallo Shu.
«Ma… Ma è…», fece Marta a bocca aperta.
«… L’indirizzo del loro albergo e il numero della loro stanza!», concluse Stella scioccata quanto lei.
«Si, ma non urlate per favore! Ve l’ho promesso: verso le otto andremo all’albergo e ve li farò conoscere», disse Jess. Le ragazze la stritolarono in un abbraccio.
«Piano, mi soffocate!», rise Jess. 


My space.
Ciao ragazzuole! c:
Eccomi qui con un altro capitolo.
Che dire? Vorrei avere io un'amica come Jess hdureiosdpl ç.ç Anzi, vorrei essere Jess, ma infondo è tutto inventato, quindi. (?)
Questo è l'ultimo capitolo che pubblicherò prima di partire per le mie vacanze - hyuewasasiu non vedo l'ora. c:
È da tipo una settimana che sto dicendo a mia mamma che voglio quella dannata chiavetta di internet ma ancora non si è decisa a prenderla .-. Quindi non so se riuscirò ad aggiornare. Come farò senza internet fino a settembre? Aiuto D:
Spero di riuscire ad aggiornare, davvero, ma se lo farò non credo sarà a distanza di qualche giorno come adesso. Ma potrei anche sorprendervi e stare qui tutti i giorni (?) No non penso, meglio non promettere niente x)
Vorrei ringraziare quindi chiunque abbia messo la mia storia tra le preferite/seguite, e in particolare chi commenta ogni singolo capitolo. Sono quelle tre o quattro recensioni che mi fanno capire che a qualcuno la mia storia piace, e mi fanno aggiornare ogni volta. Grazie.
Spero vi piaccia anche quest'altro capitolo!
Buone vacanze a tutti. xx

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Capitolo 16
*** At the hotel ***


16. At the hotel

 
Chiamarono ai loro genitori, avvisandoli che avrebbero fatto tardi.
«Come mai, è successo qualcosa?», chiese la madre di Jess preoccupata.
«No mamma, tranquilla. Mangiamo qualcosa per strada e ci facciamo un giro, poi torniamo».
Dall’altro capo del telefono, la signora sospirò. «D’accordo. Com’è andata, comunque?».
«Benissimo! Mamma, sono stati fantastici! Abbiamo cantato e riso tanto, e abbiamo anche parecchie foto e i loro autografi», disse tutta eccitata.
«Sono contenta che vi siate divertite. A stasera tesoro!».
«Ciao, mamma!», e attaccò.
«Allora? Che hanno detto?», chiese Stella che aveva appena attaccato anche lei.
«Per i miei va bene», disse Marta.
«Anche ai miei. Tu, invece?».
«Beh, è stata dura convincere mio padre. Sapete, io abito fuori zona, ed era preoccupato sul fatto che mi sarei dovuta prendere i mezzi molto tardi. Sono riuscita a convincerlo, per fortuna», sorrise.
«Oh, quindi non abiti qui? Peccato. Però ci potremmo vedere qualche volta, ti va?», chiese Marta.
«Oh, certo! Potrei venire io qui o voi da me! Scambiamoci i numeri, dai!», disse sorridente.
Eh, si. Con quella bellissima esperienza avevano trovato anche un’amica simpatica. Anche senza volerlo, gli One Direction erano stati davvero fantastici. 
Si avviarono verso il bar più vicino e comprarono qualcosa da mangiare; passeggiarono un po’, mentre intorno a loro si vedevano parecchie ragazze che stavano per tornare a casa. Si avvicinarono a due di loro, che stavano piangendo parecchio.
«È successo qualcosa?», chiese Jess preoccupata.
«È tutto finito. È stato un giorno bellissimo oggi, ma non li rivedremo mai più! A me mancano di già!», disse una di loro continuando a piangere. L’amica fece di si con la testa.
Jess non sapeva come comportarsi. In fondo per loro non era davvero finita; a momenti li avrebbero raggiunti all’albergo, e lei il giorno dopo di sicuro sarebbe andata anche all’aeroporto. E forse sarebbe tornata a Londra per trovarli…
«Capisco… Mi dispiace; vedrai che torneranno. Dobbiamo aspettare un po’, ma sono sicura che all’uscita del prossimo cd verranno di nuovo! È dura, lo so, ma non abbiamo altro su cui appenderci per rendere le nostre giornate un po’ più leggere. Pensa anche alle migliaia di fan che magari per un motivo o per un altro non sono potute venire nemmeno oggi; siamo state davvero fortunate. Sono sicura che torneranno presto», cercò di dire Jess.
«Già, hai ragione. Mia cugina, ad esempio, è della Calabria e oggi non è potuta venire. Si, siamo state fortunate… Torneranno, ne sono sicura», fece l’amica con un sorriso.
«Bene, così vi voglio. Ciao ragazze! Viva gli One Direction!», urlò Jess allontanandosi con le amiche. Quelle due ragazze le salutarono con la mano.
«Viva gli One Direction!», urlarono, e si misero a ridere.
Si erano ormai fatte le otto e un quarto, e Jess, Marta e Stella si diressero verso l’hotel.
«Però! È davvero enorme quest’albergo!», fece Stella con la bocca aperta.
«Si, è il più grande e più costoso della zona. Ma chiudi la bocca, altrimenti ti entrano le mosche!», fece Marta ridendo. 
Notarono che nell’enorme parco dell’albergo c’erano una ventina di ragazze; probabilmente sapevano che gli One Direction pernottavano lì, oppure volevano solo controllare. Le tre ragazze fecero per entrare dentro, ma giunte nella hall venne incontro loro il direttore.
«Ragazze, mi dispiace, ma dovete accomodarvi fuori come le altre», disse prendendo Marta per un braccio e spingendola fuori.
«No, un momento! A noi ci hanno detto di venire qui! I ragazzi, intendo. Noi li conosciamo», cercò di spiegare Jess.
Il direttore alzò gli occhi al cielo. «Si, certo. Comunque non so perché vi ostinate a venire qui; cercate in qualche altro albergo».
«Aspetti! – cacciò dalla tasca la cartolina e la lesse. – Hotel Soraya, stanza 215. I ragazzi sono qui. E ci hanno detto di venire», disse mettendogli davanti alla faccia il foglio. Il direttore strinse gli occhi, e si guardò intorno.
«Venite con me», disse. Giunsero al bancone della hall, prese il telefono e fece un numero. Parlottò per un po’, poi attaccò. 
«L’ascensore è vicino all’ingresso, sulla destra. Terzo piano. E non dite niente!», le avvisò. Le ragazze sorrisero a annuirono, prima di dirigersi verso l’ascensore; quando passarono davanti alle vetrate d’ingresso, delle ragazze le indicarono.
«Guardate, quelle sono entrate! Anche noi vogliamo entrare!», e presero a urlare come matte. Le tre amiche si fecero una corsa fino all’ascensore, e premettero terzo piano.
«Oddio! E questo era perché stavo bene! Jess!», le disse Marta guardandola storta, osservando il suo riflesso nello specchio dell'ascensore.
«Ma stavi bene! Ok… Tenete», sospirò, e cacciò fuori dalla borsa qualche trucco e un po’ di profumo. Si truccarono alla bell’e meglio in quei pochissimi minuti prima di arrivare al terzo piano, ed uscirono sul pianerottolo.
Stella tremava. «Jess. La 215. È quella», e indicò la porta.
«Si», sorrise la ragazza, e bussò. Dopo secondi che sembravano interminabili, venne ad aprirle Niall.
«Jess!», fece, e la abbracciò. Lei si fiondò tra le sue braccia, e lui le accarezzava i capelli.
«Jess, ci sei mancata tantissimo. Senza di te era davvero un mortorio; eri tu a renderci allegri e felici», le disse.
Si sorrisero. «Anche voi mi siete mancati, tanto. In questo mese non è stata la stessa cosa. Ma adesso sono qui, e voglio godermi il momento», disse felice. Dietro di lei Stella e Marta li guardavano a bocca aperta: sia perché in quel momento la loro amica si trovava abbracciata ad un cantante, sia perché parlava talmente bene e veloce in inglese che non ci stavano capendo una mazza. 
«Ah, scusate ragazze. Niall, lei è Marta, la mia migliore amica, e lei è Stella, una ragazza fantastica che ho conosciuto oggi. Scusami, ma non potevo non portarle», disse a mo’ di scusa.
«Tranquilla. Piacere, ragazze», le salutò lui con un bacio.
«Dai, entra. Ti stavamo aspettando tutti». 
La stanza era davvero bene arredata, e anche molto grande. Il primo che le si avvicinò fu Louis, che aveva appena preso dal frigo bar una carota enorme.
«Jessica!», le urlò, e la prese in braccio.
«Fammi scendere, Louis! Fammi scendere, o ti butto tutte quelle carote nella spazzatura!», lo minacciò ridendo. Lui la fece scendere.
«Sai, mi erano mancate anche le tue minacce, mocciosa», le disse. Lei gli cacciò la lingua, e salutò calorosamente anche Liam e Zayn, seduti sul divano.
«Loro sono Marta e Stella, delle mie amiche. Ci tenevano tanto a venire, non potevo dire di no», ripeté imbarazzata.
«Figurati. Fa sempre piacere conoscere belle persone», disse Liam senza distogliere lo sguardo da Marta, che aveva il viso in fiamme.
«Ti ha appena fatto un complimento», le disse Jess ad alta voce in italiano, tanto i ragazzi non avrebbero capito.
«Lo so scema, ho sentito», fece Marta ancora più imbarazzata.
I ragazzi cominciarono a chiacchierare per conoscere Marta e Stella, che ormai stavano svenendo dalla gioia; ma Jess non poté fare a meno di provare un tuffo al cuore.
Harry non c’era.


My space.
Salve ragazze!
Come vedete sono riuscita ad aggiornare, e a strappare qualche minuto dalla chiavetta internet di mia zia u.u
Continuerò a farlo ma i miei aggiornamenti saranno più lenti. Almeno non vi lascio sole, dai (?)
Spero vi possiate godere lo stesso questo capitolo.

Grazie a chi ha messo questa storia tra le preferite/seguite c:

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Capitolo 17
*** Togheter ***


17. Togheter

 
«... Jess? Jess, sei qui tra noi?», le disse dopo poco Liam.
«Ah? Ehm, si. Dimmi tutto», rispose imbarazzata.
Lui sospirò. «Se ti aspetti che Harry sbuchi dall'armadio per salutarti, ti sbagli. È uscito circa mezz'ora fa». Non lo fece finire di parlare. Il rumore del suo cuore che si spezzava sembrava aver riempito la stanza.
«Cosa?... Uscito? Ma... Ma non mi stavate aspettando? E poi lui Milano non la conosce! E ci sono almeno un centinaio di fan, là fuori! E poi piove!», iniziò a dire isterica; Zayn le mise le mani sulla spalle.
«Jess? Respira. Calma. È vero, piove, ma la pioggia non lo ucciderà, e poi sono quattro goccie. Se si perde, potrà sempre farsi venire a prendere dall'autista. Ed è abituato alle fan, non ti devi preoccupare». Aveva accuratamente saltato la prima domanda.
«... Ma a lui non interessava che io venissi», affermò con gli occhi lucidi.
«Certo che gli interessava. Ed è per questo che non ce l'ha fatta, ed ha deciso di uscire. Sono passate più di due ore, era convinto che tu non volessi venire; che non lo volessi più rivedere». Non perse nemmeno un secondo: prese il telefono, con cui stava giocando Louis, e si avviò verso la porta.
«Jess? Dove stai andando?», le chiese Marta preoccupata.
«A trovare quello stupido. Aspettatemi qui», disse, e si chiuse la porta alle spalle. Scese di corsa le scale, si fiondò fuori all'hotel, e a quel punto si fermò.
Non aveva la minima idea di dove andare.
Iniziò a camminare un po' a vanvera, cercando nei vicoli dei dintorni; di lui nessuna traccia, e non poteva nemmeno fermarsi a chiedere a qualcuno. E se fosse stata una fan? Meglio di no.
Quelle quattro goccie di poco prima si erano trasformate in un vero e proprio diluvio; la ragazza stava completamente congelando a mezze maniche. Ma vedi tu se si può essere più stupidi di quel ragazzo!, pensò con una stretta al cuore, controllando nell'ennesimo bar. Ormai aveva cercato dappertutto, sembrava essere scomparso.
E se gli fosse successo qualcosa?, si disse preoccupata. Non poteva, non voleva accettare che per colpa sua gli fosse successo qualcosa; voleva chiamarlo, ma lui aveva lasciato il cellulare in hotel. 
Sfinita, e ormai rassegnata, si diresse verso la panchina sotto la grande quercia, il suo posto preferito; stava praticamente tremando di freddo, ma mai quanto il suo cuore, al pensiero del ragazzo. Iniziò a piangere silenziosamente.
Delle braccia calde le circondarono la vita, e portarono Jess, parecchio spaventata, a girarsi.
Anche con i capelli zuppi era sempre stupendo; i ricci gli ricadevano scompostamente sulla fronte, e parecchie gocce d'acqua incorniciavano i suoi bellissimi occhi. Jess lo guardò, finalmente felice.
«Si può sapere cosa cavolo ti è preso, ad uscire in questo modo? Sei uno stupido! Ti poteva succedere qualcosa, e poi non conosci per niente Milano, e...». La ramanzina di Jess venne interrotta dolcemente dalle labbra di Harry, che si erano posate delicatamente sulle sue. Quanto tempo aveva bramato quel bacio, da quanto desiderava risentire le labbra calde del ragazzo sulle sue... Gli accarezzò dolcemente i ricci, mentre lui stringeva il suo corpo minuto tra le sue braccia, con l'intento di riscaldarla un po'. Si staccarono, e lui fece un sorriso enorme.
«Hai finito adesso? O ti devo zittire di nuovo?», le chiese, fissandola dolcemente negli occhi e spostando delle ciocche nere incollate sulla fronte dall'acqua.
«Mi sa che continuerò a parlare...», sussurrò lei, e si perse in quei fantastici occhi; Harry le prese delicatamente il volto tra le mani, avvicinandosi di nuovo alle sue labbra e, quando le sfiorò, sorrise dolcemente. Amava quel contatto, non ne avrebbe mai fatto a meno; sentirla tra le sue braccia la faceva sembrare così piccola e indifesa, e adorava custodirla delicatamente con un abbraccio. Si staccarono, di nuovo, e Jess gli sorrise con le lacrime agli occhi.
«Quanto mi hai fatto deprimere, eh? Per avere quello che volevo», gli disse, mettendogli le braccia intorno al collo.
«Non è stato un bel periodo nemmeno per me, te lo assicuro», fece lui improvvisamente affranto. 
Le batteva forte il cuore. «Perché non mi hai mai chiamato? Perché non ti sei mai fatto vivo?... Perché non mi hai fatto capire che ci tenevi a me, e non che mi consideravi una stupida botta e via?», sussurrò accarezzandogli il volto, mentre delle lacrime scendevano dai suoi occhi, e si mischiavano alla pioggia.
«Non ce la facevo. Non riuscivo più a sentire il tuo nome, figurati a parlarti! Soffrivo troppo. Ammetto... Ammetto che avrei voluto tanto dimenticarti; ero convinto che non ci sarebbe stata mai soluzione, volevo andare avanti. Ma poi ho capito che non posso andare avanti, se il mio futuro sei tu», le disse asciugando quanto poteva le lacrime.
«Sai, anch'io ho passato un bruttissimo periodo. Non uscivo, non mangiavo; non vivevo più. Anche io ho provato ad andare avanti; ti dirò, sembrava che ci fossi riuscita. Ma è bastato vederti, anche attraverso una stupida foto su un cartellone, per capire che ero stata un'illusa a credere di aver dimenticato tutto. Ero stata un'illusa a voler dimenticare tutte le nostre chiacchierate, i nostri momenti bui, le nostre risate, il nostro ultimo bacio. Perché, la verità, è che io non ti posso dimenticare. Perché io vivo di te», disse sincera, abbassando lo sguardo. Per qualche secondo Harry non parlò; sembrava fossero passate ore, quando le cinse delicatamente i fianchi con le mani e le fece appoggiare la testa sul suo petto. Le baciò delicatamente i capelli, e appoggiò la testa sulla sua spalla, in un belissimo abbraccio.
Sarebbero rimasti volentieri così per ore, ma la pioggia sopra di loro si faceva sempre più insistente, e Jess tremava vistosamente.
«Andiamo, altrimenti ti verrà qualcosa. Torniamo all'hotel, i ragazzi saranno preoccupati», le disse, e la prese per mano. Iniziò a camminare, portandosi dietro Jess, mentre lei lo fissava in attesa di qualcosa, sorridendo sotto i baffi. Harry continuava a camminare, fino a quando non si girò verso Jess.
«Cos'hai da ridere?», fece sorridendo.
«Harry».
«Jess». Rise.
«L'hotel è dall'altra parte della città», disse seria. Scoppiarono immediatamente a ridere, quando un tuono sopra di loro li fece saltare.
«Sarà meglio muoversi», e prese il ragazzo per mano, camminando a passo svelto. In un quarto d'ora tornarono all'hotel, per fortuna non si erano allontanati molto; una marea di ragazzine con gli ombrelli li costrinse a fermarsi.
«E ora?», fece la ragazza preoccupata; non poté evitare un gemito.
Lui rise.
«Ed ora... Preparati», disse, prima di trascinarla con lui in mezzo a tutte quelle ragazze. Inizialmente non lo riconobbero; vedevano solo un ragazzo, completamente bagnato, che si faceva largo tra la folla insieme ad una tizia.
Poi, collegarono.
«Oh mio Dio, ragazze! È Harry Styles! Correte!», si iniziò a sentire ovunque.
«Ehm, Harry, lo so che non conosci l'italiano, ma ti assicuro le cose che stanno urlando quelle ragazze non sono da prendere alla leggera», urlò in mezzo al frastuono.
«Sai? Non l'avrei mai detto!», rispose lui ironico. Con una corsa sfrenata riuscirono ad entrare nella hall dell'hotel, e a chiudersi la porta alle spalle. Tutte quelle ragazze là fuori spingevano e battevano pugni contro i vetri, volendo entrare, ma i buttafuori dell'albergo non lo permettevano. Una volta dentro, e al sicuro, Harry poté concedere loro un bellissimo sorriso e, presa per mano Jess, tra gli sguardi sconvolti delle fan, salirono in camera.


JHONNY, LA GENTE ESTA MUY LOCA. TUNZ TUNZ TUNZ (?)
Ciao ragazzuole. Ahahah scusate per lo sclero (?)
Ecco il capitolo del bacio, finalmente UN BACIO COME SI DEVE! Non vedevo l'ora di pubblicarlo *-*
Spero vi possa piacere anche questo, e vi dirò.. mancano circa nove capitoli alla fine, già già.
Sto già scrivendo un'altra storia, ma con il caldo e il mare non ho mai tempo di scrivere quindi non so quando potrò pubblicarla, perché non lo farò finché non sarò CERTA che darò una fine a quella ff. Non mi piace lasciare le cose a metà.
Detto questo ho concluso.
Un bacio e buona estate a tutti, e grazie a chi legge e commenta :3

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Capitolo 18
*** Not for long ***


18. Not for long

 
La porta si aprì, e Louis si fiondò tra le braccia dell'amico.
«Ci avevi fatto preoccupare, imbecille! Dovevi proprio dimenticare il telefono qui?», gli chiese dandogli uno schiaffo in testa. Risero, ed entrarono.
Harry non si era accorto delle due ragazze che avevano aspettato Jess da loro, e le due rimasero completamente sconvolte, più ancora di quanto non lo fossero già, quando assisterono allo spogliarello di Harry. Il ragazzo, infatti, completamente bagnato dalla testa ai piedi, si era levato la maglia con l'intenzione di farsi una bella doccia, e si era trovato davanti due faccie con la bocca spalancata. Tre, quando si girò e vide Jess.
«Ehm, mi sa che mi sono perso qualcosa. Loro chi sono?», farfugliò imbarazzato rimettendosi la felpa velocemente. Tutti gli amici si rotolavano ormai a terra dalle risate, mentre Marta e Stella sorridevano come delle idiote. Jess, poi, aveva la testa abbassata, ma si capiva benissimo che si era fatta tutta rossa.
«E così Hazza ci prova con le italiane! Loro sono delle amiche di Jess, lei le ha portate con sé ma le ha abbandonate qui per venire a cercare te», riuscì a dire dopo un po' Zayn.
«Non c'è bisogno che ci provi con loro. Sapete? Sono felice. Senza contare che finalmente ho avuto il mio bacio sotto la pioggia», disse Harry con un sorriso enorme, prima di avviarsi in camera. Quattro paia di occhi si puntarono su Jess che, se possibile, si fece ancora più rossa. Marta e Stella invece si guardavano intorno, visto che non stavano capendo niente.
«Hai capito la ragazza! Con la scusa di andarlo a cercare, ha fatto pure i suoi comodi!», le disse Louis ammiccando, posandole un braccio sulla spalla.
«Finiscila Lou», rispose lei spingendolo leggermente, ancora più imbarazzata.
«Ehi Jess, tranquilla. Siamo davvero felici per te, e per lui. Era da tempo che non lo vedavamo sorridere così, vero ragazzi?», fece Niall; gli altri annuirono.
«E poi ti consideriamo parte del gruppo, oramai. Anche se magari non sai cantare», la prese in giro Liam.
«Un giorno ti sorprenderò, ragazzo», fece lei cacciando la lingua. Aspettarono che Harry si finisse di lavare, mentre diedero a Jess una coperta calda per riscaldarsi. Intanto lei aiutò Marta e Stella a parlare con i ragazzi, facendo da interprete, e loro due si fecero le foto con tutti. Sprizzavano felicità da tutti i pori.
«Ti assicuro che quello che stai facendo per noi non me lo scorderò mai, Jess», le disse Marta con un sorrisone.
«Già, vale lo stesso anche per me, che ci siamo conosciute solo oggi», le fece eco Stella.
«Figuratevi, ragazze. Vi voglio bene», rispose lei, e si abbracciarono.
«Dopo vogliamo sapere per filo e per segno cosa diavolo hai combinato con quel bel ragazzo», le sussurrò Marta all'orecchio, e lei e Stella ridacchiarono. La solita, pensò Jess sorridendo, e alzando gli occhi al cielo. 
Harry entrò in camera perfettamente asciutto, i ricci gli ricadevano in modo dannatamente sexy sulla fronte.
«Sai Jess? Assomigli a un pulcino bagnato», la prese in giro ridendo.
Gli fece la linguaccia. «Tutto questo è colpa tua, Styles. Se mi verrà la febbre mi avrai sulla coscienza», rispose. Lui sembrò seriamente preoccupato, perché aggrottò le sopracciglia e le porse la mano.
«Vieni, ti do qualcosa di asciutto», e si avviarono in camera. Dal salotto, i commenti sarcastici dei ragazzi arrivarono fin da loro.
«Stupidi, vi sentiamo!», urlò Harry. Mentre Jess rideva lui prese una felpa dalla sua valigia, e la porse alla ragazza.
«Ho solo questa purtroppo, niente tute», disse porgendogliela.
«Tranquillo. Vuol dire che mi terrò il jeans bagnato da sotto», fece, e si avviò in bagno. Si asciugò i capelli, fino a quella mattina impeccabili, con spazzola e phon, prima di passare al jeans. Cercò di asciugarlo meglio possibile, con scarsi risultati; indossò la felpa viola della Jack Willis di Harry, e si rifece il trucco, prima di uscire.
«Eccomi qua! Mi sono persa qualcosa?», chiese sorridendo e buttandosi sul divano tra Zayn e Louis; Stella e Marta intanto si stavano facendo la foto con Harry.
«Allora ragazzi... Voi ci dovete raccontare qualcosa?», chiese Niall fingendosi indifferente.
«No, assolutamente niente», disse Jess abbassando lo sguardo. Forse non parlavano perfettamente inglese, ma le due amiche non erano stupide: perforarono Jess con lo sguardo, e lei si fece ancora più rossa.
«Ehm, credo che delle fan abbiano capito qualcosa. Cioé, ci hanno riconosciuti quando siamo tornati in albergo, e io stavo dando la mano a Jess», fece Harry riflettendo sulla situazione.
«E perché le stavi dando la mano?», ammiccò Louis.
«Oh, questi non sono affaracci tuoi, carota!», si sentì all'improvviso. Tutti gli sguardi dei ragazzi, e quello di Jess, si puntarono su Marta, che aveva trovato coraggio per parlare. Jess e Stella risero.
«Sei forte, sorella!», disse, e le batté il cinque.
Liam la guardò, e le fece un sorriso enorme. «Questa ragazza mi sta sempre più simpatica». Marta gli sorrise.
«Ok, ragazzi, parliamo di cose serie. Quando ve ne andrete?», disse Jess stendendosi sulle gambe del primo che trovò affianco; Zayn. Nessuno rispondeva.
«Allora? Tranquilli, sono preparata», disse mentendo e fissando Zayn negli occhi.
Da un lato della stanza si sentì sospirare. «Domani sera», rispose Harry.
«Oh. Insomma, mi aspettavo... Mi aspettavo un po' di più», cacciò Jess, prima di passarsi una manica della felpa sugli occhi, per asciugarsi una lacrima. Zayn le accarezzò dolcemente i capelli.
«Il fatto è che il nostro menager non ha accettato di farci venire solo in Italia, e così in settimana dobbiamo andare in Germania e Svezia», le disse.
«Capisco». Finse un sorriso, e spiegò tutto a Marta e Stella, che nel frattempo si erano accomodate vicino Niall e Liam.
«Jess, in fondo non potevi aspettarti che si fermassero tanto a lungo», la consolò Stella.
«Lo so. Ma il fatto è che ho passato un bruttissimo periodo senza i ragazzi, Marta lo sa. E non ce la faccio a separarmene di nuovo; non ce la faccio a separarmi da lui», sussurrò lei in italiano, per non far capire ai ragazzi. Harry la guardò; che avesse capito?
«Jess, mi mancherai tanto, ma non posso fare diversamente. Però ti prometto che non mi comporterò più da stupido; ci sentiremo sempre, sempre. Ti verrà la nausea per tutte le volte che ti chiamerò», le sorrise dolcemente Harry, prendendo il posto di Louis. Jess si alzò dalle gambe di Zayn, e si avvicinò al ragazzo.
«Si Harry, ci credo. Ma sentirti non sarà la stessa cosa. Per telefono non potrò abbracciarti; non potrò sentire il tuo profumo. Le tue labbra sulle mie...», sussurrò l'ultima parte a bassissima voce, sperando che nessuno l'avesse sentita. Lui le sorrise teneramente, e la abbracciò; Jess si strinse più forte a lui, e gli appoggiò la testa sulla spalla.
«Mi mancherai. Mi mancherai tanto. Mi mancherà tenerti tra le mie braccia, vederti arrossire; mi mancherà la dolcezza delle tue labbra sulle mie», fece lui ad alta voce. Jess arrossì di botto, e nascose il volto nell'incavo del suo collo.
«Ehi, ragazzo. Io non ti dimenticherò mai, lo sai. Troveremo un modo per vederci, vero?», disse con la voce soffocata dalla maglia del ragazzo.
«Lo troveremo. Te lo giuro, piccola». Le sollevò il mento, facendo incrociare i loro sguardi. Si perse in quella distesa d'acqua azzurra, così profonda che sembrava potesse affogarci; si sarebbe affogato volentieri nei suoi bellissimi occhi. Avvicinò il suo viso a quello della ragazza, e i loro nasi si sfiorarono; le sorrise dolcemente, prima di lasciarle un bellissimo bacio a fior di labbra. Quei baci, così dolci, così calmi, se potevano facevano impazzire ancora di più la ragazza.
Le due amiche la guardavano con occhi spalancati, un po' sconvolte, un po' commosse, mentre intorno a loro i ragazzi lanciarono gridolini di gioia.
«Lo sapevamo, lo sapevamo!», ululò Liam dalla gioia.
«Vi vogliamo bene, ragazzi!», fece Louis, e si buttò su di loro; immediatamente tutti gli altri tre si fiondarono su quel piccolo divano, soffocando la povera Jess e il ragazzo seduto affianco lei.
«Piano, così li ammazzate! Pensate alle povere fan della Germania e della Svezia, che aspettano solo di vedervi!», urlò Marta, mentre Stella rideva come una matta.
«Grazie per aver pensato anche a me, eh!», uscì flebile da sotto tutti i ragazzi la voce di Jess, che si dimenava cercando di respirare.
«Ma siete stupidi! Staccatevi di dosso, ragazzi!», urlò Harry, tra le risate generali.
«Non prima che ci dici che ci vuoi bene!», affermò Louis dandogli pizzicotti ovunque. Harry, con quella poca di dignità che ancora gli era rimasta sotto tutto quell'ammasso di corpi, lo guardò storto.
«Ti farò vedere io, Louis Tomlinson. A te e le tue carote», cacciò.
«Stop!», urlò Louis, e spinse tutti i ragazzi a terra.
«Ehi, ma dico, sei diventato matto?», si lamentò Niall massaggiandosi il sedere, seduto sul pavimento.
«Le mie carote non si toccano!», disse lui a mo' di spiegazione, alzando le mani; risero tutti.
«Ok, a parte gli scherzi. Siamo felici per voi, ragazzi», disse Zayn con un sorrisone enorme. E, a uno a uno, abbracciarono i due ragazzi, finalmente felici, finalmente insieme.
Anche se quella felicità sarebbe durata per poco.


My corner.
Ciao ragazzuole! Ecco il nuovo capitolo, anche se un po' in ritardo.
Hope you like it!

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Capitolo 19
*** With them ***


19. With them

 
«Si è fatto tardi. Credo che noi dovremmo andare, Jess», fece Marta a un certo punto alzandosi, a malincuore, da vicino a Liam.
«Cosa? Di già!», rispose lei mettendo il broncio. Avevano passato qualche oretta seduti lì con loro, chiacchierando, e si stavano divertendo molto. Jess stava sul divano vicino a Harry, che le cingeva affettuosamente le spalle con un braccio, e di tanto in tanto le dava un bacio in fronte, o sui capelli.
«Si, io abito abbastanza lontana e mio padre non può venirmi a prendere. Sarà così in pensiero!», aggiunse Stella triste.
«Oh, d'accordo. Scusa Stella, non ci avevo proprio pensato. È meglio se noi andiamo, ragazzi», disse rivolta loro alzandosi dal divano.
«Cosa? No! Per favore, Jess, un altro po'!», la pregò Harry. Lei sospirò.
«Styles, sono quasi le dieci e mezza. Noi dobbiamo proprio andare», fece lei triste.
«Ma ci vediamo domani, vero? Prima che noi partiamo», disse Zayn.
«Si, per favore Jess! Vogliamo vederti!», la supplicò Louis. Lei sorrise.
«Certo ragazzi. Che faccio, vengo qua da voi?».
«Meglio di si. Noi non conosciamo molto bene il posto», fece Niall.
«Perfetto. Domani dieci e mezza, va bene? Magari pranziamo anche insieme».
«Si, sarebbe grandioso! Naturalmente sono invitate anche le tue amiche», disse Liam con un sorriso rivolto alle due ragazze, che non avevano afferrato bene la conversazione.
«Non credo si sarebbero lasciate scappare un'occasione simile. Daccordo, a domani ragazzi», disse abbracciandoli ad uno ad uno. Le amiche, capito che se ne stavano andando, si avvicinarono timidamente ai ragazzi e li abbracciarono; erano completamente rosse in viso, e stavano per piangere.
«Come sono dolci!», disse Niall in inglese, mentre Stella lo fissava con gli occhi luccicanti dalla felicità. Jess rise.
«Così mi sa che non le aiuti», fece riferendosi alle ragazze, ancora più imbarazzate di prima.
«E a me non abbracci?», sussurrò qualcuno al suo orecchio. Si girò, il cuore che le batteva a mille. Nonostante lo conoscesse da un po' di tempo, nonostante fossero amici... Forse anche qualcosa di più, pensò gongolante. Nonostante tutto ogni suo gesto, ogni suo sguardo non poteva non provocargli le emozioni della prima volta, quando se lo trovò davanti, in un supermercato sperduto di Londra; un cantante famoso, il suo idolo. Amava ogni cosa che faceva, e dipendeva totalmente da lui. Rimase in silenzio a contemplare la sua bellezza, quel sorriso meraviglioso che si aprì sul suo volto in quel momento, quelle bellissime fossette da bambino che aveva agli angoli della bocca. Lui la abbracciò delicatamente, e Jess appoggiò la testa sul suo petto, fremendo dalla felicità. Gli circondò la vita con le braccia e lo strinse forte, come se non se ne volesse più separare, mentre lui le rideva leggermente sul collo.
«... Jess?», fece a bassa voce, e lei alzò lo sguardo.
«Si, Harry?», chiese con un piccolo sorrisino emozionato.
Lui sospirò. «Ti voglio tanto bene».
«Anche io, Harry». Le prese delicatamente il volto tra le mani, e lei si alzò in punta di piedi. I loro nasi si sfiorarono, e ad entrambi scappò un sorriso. Poi Jess chiuse gli occhi, e si godette al meglio quel momento: le labbra di Harry sulle sue, morbide, sicure; i loro respiri che si mischiavano, le mani del ragazzo che le accarezzavano dolcemente il volto. Il cuore le scoppiava di gioia, non ne avrebbe mai avuto abbastanza di tutto ciò; a malincuore sciolse l'abbraccio, e gli sorrise.
«Ci vediamo domani, Harry», lui sorrise, un sorriso dolcissimo. Sembrava un bambino a cui avessero regalato il giocattolo nuovo; era emozionato, fremente.
«A domani, piccola». Le ragazze si avviarono verso la porta.
«Ciao a tutti!», dissero Marta e Stella, con un sorriso da un orecchio all'altro.
Il rumore fastidioso della sveglia rimbombò nel silenzio ovattato della camera e Jess, a malincuore, aprì gli occhi. Il sole illuminava leggermente un angolo della camera, e la ragazza si alzò per aprire totalmente le finestre della stanza; un fascio di luce le illuminò il volto, e la fece sorridere. Dopo il temporale della sera precedente un piccolo arcobaleno faceva capolino da soffici nuvole bianche. 
L'aria fresca di prima mattina, i raggi del sole che le accarezzavano la pelle; era una bella sensazione.
Finalmente, dopo mesi, si sentiva di nuovo felice.
Indossò i vestiti che aveva accuratamente scelto la sera precedente: una t-shirt bianca con delle scritte nere, un pantaloncino corto alla "marinaia", a vita alta, con dei bottoni per decorazione; da sotto, calzamaglia nere e le sue amate Converse. Attaccò i capelli con una coda alta, e si spruzzò al volo un po' di profumo; piegò accuratamente la felpa della Jack Willis che aveva indossato la sera precedente, e che si era dimenticata di restituire. La infilò in una borsa nera, prese un cardigan nero lungo e scese le scale.
«Mamma, io esco!», urlò alla signora in cucina. 
«Esci? E dove vai, così presto?», rispose lei affacciandosi ancora in vestaglia. Eh si, sembrerebbe strano, ma i suoi genitori erano i tipi da restare in pigiama fino alle undici.
«Mi incontro con Marta, e una ragazza che abbiamo conosciuto ieri allo Shu. E andiamo a fare un giro con gli One Direction, quindi non mi aspettare per pranzo», spiegò.
«Un giro... Con chi? Quei cantanti famosi che ieri sei andata a vedere? Vai a farti un giro con loro?», chiese strabuzzando gli occhi. La ragazza sorrise.
«Proprio così. A stasera!», urlò chiudendosi in fretta la porta alle spalle; meglio scappare prima che la madre avesse un ripensamento.
"Io e Marta stiamo arrivando. Fatti trovare pronta davanti alla fermata ". Invio a: Stella.
«Bellezza, buongiorno!», la salutò Marta con un sorriso enorme, venendole incontro.
«Giorno! Particolarmente felice, oggi?», chiese lei ammiccando.
«E me lo chiedi? Saltare un giorno di scuola per uscire con gli One Direction? È già tanto che non mi metto a saltare per la strada», fece lei ridendo.
«Per carità, va bene così!». In pochi minuti arrivarono alla fermata del pullman, e riuscirono a non perderlo per un soffio. Scesero alla quinta, e si trovarono davanti una Stella parecchio sorridente.
«Ragazze, finalmente! Non stavo più nella pelle!», le saltò addosso quest'ultima.
«Ehi ehi calma, siamo in anticipo», ridacchiò Jess ricambiando l'abbraccio. Si avviarono ancora sognanti verso l'Hotel Soraya; Stella e Marta non facevano che chiacchierare su quanto fossero belli e bravi e fantastici i ragazzi, mentre Jess aveva l'aria sognante. Pensava ad Harry.
Varcarono le porte di vetro dell'albergo senza troppi problemi; niente fan scatenate fuori stavolta, ma Jess ci avrebbe scommesso che non avrebbero passato una giornata priva di intoppi.
«Salve. Abbiamo appuntamento con gli One Direction», fece Jess sorridendo alla ragazza dietro al bancone della hall.
«Un momento», fece questa fissandole con gli occhi socchiusi; probabilmente stava pensando se crederci o no. Compose un numero, come quello che fece il direttore la sera prima, e dal capo del telefono si sentì una voce maschile; Liam. Era il numero della loro stanza.
«Va bene, va bene. Le faccio accomodare», disse la signorina in un inglese abbastanza italianizzato, e si rivolse alle ragazze.
«Adesso scendono. Intanto potete accomodarvi nei divanetti». Tutte e tre si diressero sorridendo verso quelli, e pregustando il loro incontro con i ragazzi.



Un enorme scusa a tutti quanti (?).
Ehm.. *coff coff*
Ok, ok, OK, SIIII, SCUSATE LO SOOO, HO FATTO UN RITARDO MOSTRUOSO >.< E come se non bastasse questo è anche un capitolo di passaggio, niente di importante.. Adesso posso anche prepararmi la fossa (?)
Giuro, cercherò di pubblicare il prossimo più in fretta, e se vedo che lo apprezzano più persone rispetto alle solite che commentano metterò le ali alle mani (?) e farò ancora prima u.u
Grazie per seguirmi, un bacio. c:

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Capitolo 20
*** What I didn't tell you ***


20. What I didn't tell you

 
«Chi sono?», le disse qualcuno che appoggiò le mani sui suoi occhi.
«Andiamo Louis, ancora con questi giochetti?», rispose lei ridendo. Louis le fece la linguaccia, poi l'abbracciò.
«Ehi, ehi. Cos'è tutto questo affetto con la mia ragazza?», si sentì la voce di Harry. Il cuore di Jess fece una capriola. La sua... La sua ragazza? 
«Ecco che inizia con la parte del fidanzato geloso. Quasi quasi ti preferivamo con Megan», disse Louis alzando gli occhi al cielo; si beccò un'occhiataccia da Jess.
«Buongiorno piccola». Harry le si sedette accanto; i loro volti erano vicinissimi, eppure lui sorrideva. La ragazza colmò la distanza che c'era tra di loro con un piccolissimo bacio. Posò delicatamente le labbra su quelle del ragazzo, e si staccò.
Harry cacciò il muso.
«Cos'hai, Styles?», chiese lei ridendo e alzandosi dal divano.
«C'è che ho voglia di te», disse lui prendedola per i fianchi. Avvicinò immediatamente il suo viso a quello della ragazza; le loro labbra si sfiorarono, le lingue si trovarono con una velocità immensa. Il cuore di Jess batteva impazzito e, contro il petto di Harry, poteva sentire il suo fare altrettanto. Si staccarono quando non ebbero più fiato.
«Wow», furono le brillanti parole della ragazza, prima di arrossire. Intorno a loro tutti avevano inziato a ridere e Jess, per evitare eventuali commenti sarcastici, si avviò per prima fuori dall'hotel.
«Allora, dove si va? Ho una fame!», Niall la raggiunse.
«Non avevo dubbi. Bhe, qui non ci sono Starbucks, ma vi assicuro che c'è un bar dove si mangia altrettanto bene», sorrise. Si avviarono verso il locale, mentre Marta e Jess avevano gli occhi luccicanti dalla felicità. Presero posto ad un tavolo, ed ordinarono.
«Allora ragazze? Che ne dite?», chiese loro Jess.
«È tutto perfetto! Se solo sapessimo qualcosa in più d'inglese... È difficile intavolare una discussione con loro, quando non ci capiamo», le rispose Stella corrucciata.
Jess rise. «Tranquille! Vedrete che è solo questione di tempo, poi li capirete meglio e riuscirete a dire qualcosa!».
«Si, ma è proprio quello il problema. È il tempo, che non abbiamo». Jess abbassò la testa, si rabbuiò. Era vero; quel pomeriggio sarebbero partiti per la Germania, e chissà quando li avrebbe rivisti. Non doveva, non voleva pensarci; rovinare così un bel momento. Però... Non poteva farne a meno.
La mattinata trascorse allegra: i ragazzi si divertirono molto, Jess fece vedere loro il Duomo e parecchie altre cose. Avevano incontrato per la strada qualche fan; queste, dopo aver ottenuto un autografo e una foto, non si dimenticarono di lanciare un'occhiataccia a Jess e alle amiche. 
Venne ora di pranzo: le ragazze li portarono in una delle migliori pizzerie del centro; Niall era fremente di assaggiare la famosa pizza italiana.
«Non c'è proprio paragone con quella di Londra! Mille volte meglio questa!», affermarono tutti convinti. Dopo un altro giro, venne ora di tornare in albergo; i ragazzi dovevano prendere i loro bagagli per poi andare in aeroporto.
Una voce metallica gracchiò dall'altoparlante; i ragazzi si avviarono per fare il check-in, quando un'enorme folla catturò la loro attenzione.
Centinaia di fan chiacchieravano allegramente nell'aeroporto, incuranti di tutte le occhiate che ricevevano dalla gente. Si sbrigarono a fare i biglietti, ma qualcuno li notò; immediatamente vennero circondati da ragazze che urlavano e piangevano, mentre Jess, Marta e Stella venivano allontanate dai ragazzi.
«Jess!», urlò Harry, perdendola di vista. Passarono minuti, forse ore; il loro volo sarebbe partito a momenti, ma per fortuna tutte le fan erano state accontentate. Ancora non avevano deciso di andarsene, però. 
Le tre si fecero largo tra la folla a suon di spintoni, beccandosi non poche occhiatacce; riuscirono a raggiungere i ragazzi, che sorrisero a tutte.
Marta e Stella li abbracciarono tutti, uno per uno, mentre piangevano.
«Sono stati i due giorni più belli della nostra vita. Grazie, One Direction. Vi amiamo», riuscirono a dire. I ragazzi le abbracciarono e baciarono.
«Jess... Ci mancherai un sacco», le disse Liam stritolandola in un abbraccio. A turno venne abbracciata da tutti, mentre Harry se ne stava in disparte.
« ...Harry?», chiese lei, con la voce incrinata. Il ragazzo aveva la testa abbassata, così lei gliela alzò.
«Harry, non... Non piangere, ti prego». Aveva cercato a lungo di trattenere le lacrime, inutilmente; si formò un enorme groppo in gola, mentre tante lacrime le solcavano le guance.
«Come farò a stare lontano da te, ancora? Io non ce la faccio! Quando sto senza te, è come se non vivessi! Per favore Jess, per favore, vieni con me», cacciò, e si buttò tra le sue braccia. Quelle parole colpirono Jess al cuore; quanto avrebbe voluto fregarsene di tutto e di tutti e salire su quell'aereo? Quanto?
Ma la realtà era che non poteva.
«Harry, io... Non posso, e tu lo sai. Te lo giuro, te lo giuro, troveremo un modo per vederci. Questo non è un addio, no!», urlò, mentre nascondeva il viso sul petto del ragazzo. Lui le accarezzò i capelli.
«No, questo non è un addio. Ci rivedremo, lo so, presto. Jess, io...», non finì di parlare. Una voce metallica catturò la loro attenzione; stavano chiamando il loro volo. Jess interruppe il ragazzo con un piccolo bacio; lo guardò e, tra le lacrime, sorrise.
«Adesso vai». Si girò verso le ragazze e, prese per mano, uscirono dall'aereoporto.
*
Guardava la figura della ragazza allontanarsi sempre di più, mentre qualcuno lo strattonava per un braccio.
«Andiamo, Harry! Perderemo l'aereo!», gli disse una voce. Liam? Non lo sapeva nemmeno lui; aveva la testa da tutt'altra parte. Stava pensando a cosa aveva fatto. O meglio, cosa non aveva fatto.
Era sul punto di dirglielo. Era sul punto di dirle quello che si stava trattenendo dentro da ormai troppo tempo, e che gli sembrava fosse venuto il momento di dirle. Da quando tratteneva i suoi sentimenti? Da quella mattina allo Starbucks. Era bastato trascorrere solo un giorno con lei, per capire che non poteva fare a meno della sua presenza. Era come se ogni cosa che lui facesse, ogni suo gesto, dipendesse totalmente da lei; Jess era la sua droga.
Intorno a lui il mondo sembrava si fosse fermato; si domandò come potesse riuscire a concentrarsi per il loro concerto che avrebbero tenuto in Germania, e in Svezia. A come potesse riuscire a comportarsi normalmente con le fan, quando in realtà dentro di lui si scatenava una tempesta di emozioni.
Riuscì a rispondersi: la verità era che non gli importava.
Ok, è vero, era un comportamento da egoista. In fondo era grazie alle fan che lui e i suoi amici erano arrivati dove si trovavano adesso; era merito loro, del loro affetto e della loro intraprendenza che i ragazzi erano riusciti ad incidere le loro prime canzoni e si stavano preparando per l'uscita del loro primo CD, e di un tour mondiale. Ma non poteva non mettere prima di tutto Jess: prima della sua carriera, prima delle fan. Di sicuro nessuno doveva sapere della relazione che c'era tra di loro: gli One Direction avrebbero subito un calo di immagine alla diffusione di un eventuale fidanzamento di un membro della band, senza contare che Jess non avrebbe avuto un attimo di pace. E Harry desiderava solo che vivesse una vita normale, al di fuori da gossip e riviste scandalistiche.
Una vita che lui, nelle sue condizioni, non poteva darle. Ma avrebbe rinunciato a tutta la sua carriera, al tutto il suo futuro per lei. Perché era lei il suo futuro.
Nella sua mente, le parole che non era riuscito a dirle rimbombavano come non mai.
Ti amo.



Ciiiaaaao ragazzuole.
Si, lo so, ho promesso che facevo prima e invece non l'ho fatto D:
È che mia cugina mi ha invitato a stare qualche giorno da lei, c'erano le giostre, sono andata su una che davvero non pensavo di farcela, il cuore batteva a mille, ma mi sono divertita un sacco! E poi c'era Noemi, ma quando siamo arrivate sotto al palco lei se ne stava per andare, e.. Sto divagando (?)
Scusate, scusate davvero. Almeno questo capitolo è più interessante, dai u.u
E chiudo qui, visto che il mio spazio sta diventando più grande del capitolo lol
Grazie a chiunque abbia messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate.

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Capitolo 21
*** Really beautiful Christimas ***


21. Really beautiful Christmas

 
«Signorina, vuole farci il piacere di seguire la lezione?». La voce della professoressa le giunse come un suono parecchio fastidioso e, a malincuore, decise di puntare gli occhi su di lei. Era intenta a spiegare una complicata equazione alla lavagna, sotto lo sguardo poco attento degli alunni. Cose già fatte e rifatte, che non impedirono a Jess di cacciare uno sbadiglio.
«Zitta, se non vuoi che ti cacci dalla classe!», le sussurrò divertita Marta guardando la faccia scocciata dell'amica.
«Parli facile, tu. Qua sono l'unica che ha passato la notte in bianco per parlare a telefono», rispose reprimendo un altro sbadiglio.
«Li hai sentiti? - gli occhi della ragazza si illuminarono di colpo. - Cosa fanno? Come stanno? Che hanno detto?», sussurrò fremente.
«Calma, cos'è, un interrogatorio? - rise Jess. - Ti spiego dopo, altrimenti la prof. ci ammazza», fece alzando gli occhi al cielo, e meritandosi un'occhiataccia da parte di quest'ultima. Il suono della campanella venne accolto come un miracolo, e tutti i ragazzi si alzarono preparando le cartelle. Finalmente, dopo mesi di segregazione, era libera, anche se per poco. Libera.
Pregustò al meglio questa parola, sorridendo appena; nel cortile della scuola parecchi ragazzi raccoglievano la neve che si era accumulata durante la notte, lanciandosela addosso. Un freddo improvviso si impossessò della sua gamba destra, e la costrinse a girarsi.
«Io l'ho sempre detto che te sei scemo», fece Jess cercando di scrollarsi la neve da dosso.
«Jess, M! Come state ragazze? Pronte per le vacanze di Natale?», chiese con un sorrisone un ragazzo che si avvicinò loro.
«Mmh, si dai. Cos'hai in programma per quest'anno Mirko?», chiese Marta con un sorriso altrettanto grande. Quando parlava con Mirko gli occhi le si illuminavano come quando sentiva parlare dei suoi idoli. È un caso patologico!, Jess alzò gli occhi al cielo.
«Ho in mente una mega festa per capodanno al locale dei miei; ovviamente sei la prima ad essere invitata», disse ammiccando. Marta arrossì.
«E tu, Jess? Sarai dei nostri, vero?», chiese poi lui.
«Ehm, veramente, non so. Sai, stavo pensando di andare fuori per Natale; devo solo aspettare il permesso dei miei. Poi ti faccio sapere!», rispose lei calcandosi il cappello di lana in testa.
«Fuori? Dove hai intenzione di passare le vacanze? Jamaica? Rio de Jainero, Caraibi?», fece l'amico.
«Ehi, ehi, vola basso canarino. Stavo pensando Londra!», rispose Jess ridendo.
«Beh, si, anche Londra è accettabile...», rispose lui con aria di sufficienza; ricevette uno spintone leggero da Jess, prima di scoppiare a ridere entrambi. Marta intanto li perforava con lo sguardo.
«Adesso devo andare! Jess, poi mi fai sapere; noi ci vediamo in questi giorni, bella», concluse rivolgendosi a Marta, facendole l'occhiolino.
«Qualcuno qui ha fatto colpo, qualcuno qui ha fatto colpo...», canticchiò divertita la ragazza, tra le risate di Marta.
«Allora, cos'è questo fatto che vuoi andare a Londra e mi lasci da sola alla festa di Mirko?», fece Marta cacciando il muso, mentre si sedeva insieme all'amica sul muretto ghiacciato della scuola.
Jess alzò gli occhi al cielo. «Oh andiamo, non morirai mica! E poi non so, era un'idea che mi è venuta in questi giorni, devo ancora parlarne coi miei. Sono agitata», rivelò mentre si torturava le mani. Marta l'abbracciò.
«Spero che ti dicano di si. Quindi è una sorpresa?», disse una volta staccatasi.
«Beh, in realtà l'ho detto ai ragazzi; solo Harry è all'oscuro di tutto. A lui gli voglio fare la sorpresa», rispose la ragazza sorridendo timidamente.
«Ehi, a proposito di Harry... Non mi devi raccontare qualcosa, tu? Cosa avevate da dirvi tutta la notte?», fece Marta sospettosa, prima di scoppiare a ridere. Scesero da quel muretto ghiacciato e si avviarono verso casa, mentre Jess parlava ininterrottamente.
«Pronta?», le chiese l'amica una volta giunte sotto casa di Jess.
«Nemmeno un po'. Ti chiamo io per farti sapere, ci sentiamo!», e si salutarono.
«Tesoro, sei arrivata! Ho appena apparecchiato, vieni!», le urlò la madre dalla cucina. Jess buttò la cartella nell'ingresso, e si tolse il cappotto e la sciarpa; entrata in cucina salutò la madre con un abbraccio. Erano cambiate tante cose tra i suoi da quel viaggio a Londra; come al solito aveva ragione Harry. La madre non cercava un modo per liberarsi di lei, sperava solo di farla felice; le voleva bene, aveva sempre amato sua figlia.
«Ehm, mamma, senti... Ti vorrei chiedere una cosa», iniziò Jess addentando un po' di pasta; la madre le rispose con un sorriso incoraggiante.
«Ehm... Sai, per i buoni voti a scuola, e il mio impegno, volevo... Che mi facessi un regalo un po' più particolare a Natale», chiese timidamente. La madre alzò gli occhi al cielo, e le sorrise.
«Tranquilla, l'ho ordinato quel telefono. Per Natale sarà tuo», sorrise.
«Cosa? D-davvero? Oddio, mamma grazie, ma... In realtà non era questo che volevo chiederti. Adesso mi fai sentire in colpa, però», cacciò Jess abbassando la testa. La madre le accarezzò dolcemente la mano, per invitarla a continuare.
«Io desideravo... Un viaggio. A Londra», concluse tutto d'un fiato. In cucina non volava una mosca; il fratello guardava tranquillamente la televisione, come se non avesse sentito una parola.
«Un... Un viaggio? A Londra? Ma, tesoro, a Londra ci sei già stata! Potresti andare da qualche altra parte, che so, Parigi! È la capitale dell'amore, ti è sempre piaciuta Parigi da piccola!», disse la madre prendendo un po' di pasta. Cosa significava? Che l'avrebbe fatta partire?
«Ma, mamma... Significa che tu e papà sareste disposti a regalarmi un viaggio? Davvero?», la ragazza aveva gli occhi ormai lucidi.
La signora sospirò. «Se è questo che desideri... In fondo sei responsabile, so di potermi fidare di te». Jess si alzò di scatto dalla sedia per buttare le braccia al collo della madre.
«Grazie! Grazie, grazie!», fu l'unica cosa che riusciva a ripetere mentre la madre, divertita, le accarezzava i capelli.
«Ma, Jessica, sei sicura di Londra?», chiese poi la signora scettica.
«Si, mamma, sono più che sicura. A Londra c'è tutto ciò che voglio», affermò decisa. Era fatta.
*
Il telefono di Louis squillò, così glielo porse.
«Ehi Lou, ti stanno chiamando», disse Harry svogliato, senza distogliere lo sguardo dalla TV.
«Chi è?», la sua voce arrivò smorzata dalla cucina; entrò in salone con una carota in bocca. Prevedibile.
«Non so, rispondi e vedi». Quando lo sguardo dell'amico si posò sullo schermo del cellulare spalancò gli occhi, e per poco non si strozzò con la carota.
«Ehm, vado a rispodere di là», e uscì dalla stanza. Cos'aveva? Dalla stanza accanto arrivò un gridolino, che fece saltare il ragazzo dal divano.
«Louis, ma che...?», fece quest'ultimo entrando in camera; appena l'amico lo vide attaccò il telefono.
«Sarà un bel Natale questo. Davvero un bel Natale», disse con un sorriso.
A volte questo ragazzo è davvero stupido.


Ehm.. *coff, coff*
SIIIIIIIIIIII, LO SOOOOOOOOOOO, SONO IMPERDONABILE, INSULTATEMI PURE COME VOLETE NELLA VOSTRA MENTE. (?)
.. In realtà non è proprio tutta tutta tutta colpa mia, la chiavetta mi ha lasciato a piedi nel bel mezzo di agosto e non ho potuto aggiornare c.c Ma adesso le vacanze sono finite, io sono tornata, e sono qui più depressa che mai ad aggiornare :/
Adesso che ho una connessione come si deve e che passerò tutti i giorni al pc, prometto, giuro solennemente che sarò sempre puntuale con gli aggiornamenti, parola di scout. (?) Spero che ci sia ancora qualcuno che mi segua però D:
E, per farmi perdonare, adesso ora in questo momento (?) darò un volto alla mia Jess.
Lei è Lucy Hale, un'attrice che amo. Vorrei tanto metterla in un banner questa foto ma proprio non sono capace, quiindi, se c'è qualcuno all'ascolto più capace di me se si facesse avanti io non mi offendo mica èwé
Sarei davvero felice di ricevere qualche recensioncina. E appena finirò questa storia ne ho già pronta un'altra che amo immensamente.
Ciao ragazze :D

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Capitolo 22
*** Not far from you ***


22. Not far from you

 
«Allora, fai attenzione, ricordati di chiamarmi appena arrivi, guarda bene la strada quando attraversi...».
«... E non accettare caramelle dagli sconosciuti. Mamma, lo so! Adesso vado, altrimenti perdo il volo», rispose Jess posando il telefono in tasca. Aveva appena avvisato di Louis di star per salire sull'aereo, e lui l'aveva informata che qualcuno sarebbe venuta a prenderla all'aereoporto.
«D'accordo tesoro. Divertiti», fece la mamma, e le diede un bacio. La ragazza salutò frettolosamente il padre ed il fratello, prima di salire sull'aereo.
Tra poche ore avrebbe rivisto Harry.
*
«Andiamo, Harry! Vuoi alzarti da quel divano ed andare a rispondere a quel dannato telefono?», urlò Zayn dall'altra stanza.
Che scocciatura. Alzarmi? Si sta così bene, qui.
«Mi scoccio ragazzi. Andate voi». Il ragazzo prese svogliatamente il telecomando in mano, girando a caso i canali della televisione.
«È da giorni che non alzi il tuo fondoschiena da quel divano, Harry. Prenderà la forma del cuscino», ringhiò l'amico correndo al telefono, mentre si aggiustava la felpa ancora aperta.
Gne gne gne.
In TV non c'era niente di interessante, così la mente di Harry prese a vagare, come ormai succedeva spesso in quei giorni. E il suo pensiero era sempre lo stesso.
Chissà quando l'avrebbe rivista. Le mancava incredibilmente...
Zayn parlottò fitto fitto al telefono per una decina di minuti, prima di attaccare.
«Ragazzi!», urlò, e dopo un po' scesero tutti.
«Ancora sul divano Harry? Dimmi un po', ma ti sei mai alzato da questa mattina?», lo prese in giro Louis. Il ragazzo si limitò a fare la linguaccia.
Ma cosa hanno tutti contro me e il divano?
«Ha appena chiamato il manager. Dice che stasera siamo stati invitati ad un "X Factor Party", come partecipanti della scorsa edizione. Saranno presenti ovviamente anche i presentatori, compresi quelli dell'Extra Factor. - Niall, Liam e Louis si guardarono a disagio. -... E l'ingresso è libero, possiamo portare chi vogliamo», terminò, tra i sospiri di sollievo generali. Ma cosa prendeva a tutti?
«Benissimo. Allora vado a, ehm... Vado un attimo a fare quel servizio e poi torno», disse Liam prendendo la giacca e avviandosi alla porta.
«Oh! È gia ora?», gli chiese emozionato Niall. Liam annuì.
«L'ora per cosa? Dove vai, Liam?», chiese il ragazzo sul divano. Quel fare misterioso aveva acceso la sua curiosità.
«Ci incontriamo direttamente stasera ragazzi, dopo vado a casa! Ciao!», e si chiuse la porta alle spalle.
«Ehi, ma... Liam!», urlò Harry cercando di alzarsi dal divano. «Ragazzi, ma che...?», tentò di dire.
«Sta zitto Styles, e continua a mimetizzarti coi cuscini del divano», lo aggredì Zayn stizzito.
«Zayn!», urlò Harry fingendosi indignato, mentre i ragazzi salivano le scale per andare nelle proprie camere.
Finalmente un po' di pace. Avrebbe dovuto scegliere cosa indossare, e prepararsi in anticipo, visto quanto ci metteva. 
Che seccatura. Quasi quasi resto sul divano un altro po'.
*
L'aria pungente di Londra la investì appena atterrò, nonostante si trovasse ancora dentro l'aeroporto. Le gambe la portarono meccanicamente al deposito bagagli, mentre la mente vagava da tutt'altra parte, ormai in tilt.
Manca poco. Tra poco lo rivedrò. Un sorriso ebete le si dipinse sul volto, prima di scomparire esattamente come fece quel po' di sole dietro pesanti nuvoloni grigi. All'uscita dell'aeroporto un ragazzo dai capelli corti e castani firmava decine di autografi su pezzetti di carta, mentre parecchie ragazze si accalcavano attorno alla sua auto.
E ti pareva.
Jess si fece largo tra le fan cercando di raggiungerlo, quando lui si voltò e si accorse di lei.
«Principessa!». Lasciò bruscamente il foglio e la penna, che caddero sull'asfalto ghiacchiato, mentre si buttava tra le braccia della ragazza in uno dei suoi abbracci da orso.
«Calma Liam, o non arriverò viva a stasera! Sto soffocando!», gli disse divertita la ragazza, buttando a terra i suoi borsoni. Quelle ragazze che c'erano iniziarono a farsi da parte, mentre Liam prendeva le valigie di Jess e le caricava nel cofano.
«È che mi sei mancata troppo. Sei mancata tanto a tutti noi», le disse rifiondandosi tra le sue braccia.
Ma quant'è tenero e coccoloso!
«Ehi, cos'hai fatto ai capelli?», chiese poi lei mentre salivano in auto. Lui si aprì in un sorrisino timido.
«Beh, ho pensato di tagliarli. Sto tanto male?», chiese col muso. Come se si potesse resistere a una faccia così!
«Certo che no, sciocco, sei sempre bellissimo! Anche se non credo che ti avrei risposto in modo diverso, con quella faccia!». Scoppiarono a ridere entrambi, mentre il ragazzo si dirigeva verso casa sua.
«Allora, quanto manca? Non vedo l'ora di abbracciarli uno ad uno», disse Jess ad un certo punto, ormai impaziente. L'auto si fermò in un vialetto che non aveva mai visto.
«Calma Jess, non correre! Non è ancora arrivato il momento di incontrare i ragazzi». Scesero insieme dall'auto e si diressero verso casa di Liam, mentre lui poggiava le sue cose in una piccola stanza.
«Cosa vuol dire, Liam? Perché non posso vederli?», chiese brusca, sdraiandosi sul letto. Buttandosi, più che altro.
Liam rise, e si sdraiò affianco a lei. «Allora, ascoltami bene. Stasera ci hanno invitati ad una festa, in quanto ex concorrenti di X Factor. Possiamo portare chi vogliamo, tranquilla. I ragazzi hanno deciso che arriverai con me direttamente stasera, quando saranno già là. Ed è allora, e solo allora, che Harry ti vedrà», terminò brillantemente.
«Mi sembra una cosa troppo avventata», sbottò dopo un po' lei. Liam la guardò male.
«Stai insinuando che la nostra proverbiale intelligenza ha fatto cilecca?».
«Insinuo, insinuo. - scoppiarono entrambi a ridere. - Liam, cosa farà Harry quando mi vedrà?», chiese, tentando di farlo ragionare, come si fa con i bambini piccoli.
«Beh, con ogni probabilità ti salterà addosso. E frignerà come un bambino», disse lui dopo aver finto di ragionarci un po' su. Jess gli diede una spinta amichevole.
«E ad un party importante, dove saranno presenti molti fotografi, come credi che reagirà la stampa alla sua reazione? Intuiranno che c'è qualcosa sotto. E io non voglio che si intuisca ancora niente, dato che non c'è niente di certo. Tra me e Harry, intendo», concluse un po' abbacchiata. Liam si spostò di lato, cingendole la vita con la mano e attirandola a lui.
«Non abbiamo mai visto Harry in questo modo Jess, credimi. Deve essere qualcosa di serio, perciò non farti strani pensieri. Solo che ci metterà un po' a mettere in chiaro le cose; sarà parecchio confuso anche lui. Ma vedrai che succederà qualcosa, e presto, prima di quanto immagini. E per la stampa... Beh, Hazza dovrà cercare di trattenersi. O magari è la volta buona che annunci il vostro fidanzamento davanti alla stampa», le sorrise dolcemente.
«Ma non siamo fidanzati!», mugugnò lei.
«...Non ancora».


My corner.
Ciiiao bellissime! c:
Come promesso eccomi qui, con un nuovo capitolo, spero vi possa piacere. Ne succederanno delle belle..
#littlespoiler
Che ne dite di farmi sapere le vostre opinioni? Siamo quasi giunti alla fine della storia, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di Lucy Hale per Jess, o se magari ve la siete immaginata col volto di qualcun'altro, qual è la parte della storia che vi è piaciuta di più e quella che vi è piaciuta di meno.. Insomma, qualunque cosa avete da dirmi, critiche comprese, sono qui per ascoltare! :)
Alla prossima! x

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Capitolo 23
*** Surprise ***


23. Surprise

 
«Andiamo Harry, faremo tardi!». L'urlo dal piano di sotto lo distrasse dalla sua interessantissima lettura.
«Ancora a leggere quel fumetto? Muoviti, che ti stiamo aspettando!». Niall gli buttò distrattamente il giornalino a terra, alzandolo di peso dal letto.
«Ma cosa hai mangiato in questi giorni, pietre?», gli chiese col fiatone, prima di scoppiare a ridere per la sua stessa battuta.
«Finiscila Horan, o non ti do il mio regalo di Natale. Il CD di Justin Bieber», disse Harry, e l'amico smise immediatamente di ridere.
Che faccia!
«Allora, siamo tutti pronti?», disse Zayn lanciando un'occhiataccia a Harry, che alzò le mani in segno di resa.
«Scusate, stavo finendo di rispondere alle fan sul computer! Sapete, sono così curiose per stasera...», inventò al momento. Sembrò che Niall voleva ribattere, ma si fermò quando Harry mimò con le labbra "CD di Justin". L'aveva nel sacco.
«D'accordo, d'accordo. Andiamo, o faremo tardi. E Liam ci starà aspettando», disse Louis, interrompendo Zayn che stava per dire qualcosa. I suo amici erano davvero dei bambini, a volte!
Salirono in macchina, dirigendosi verso l'hotel dove si sarebbe tenuto il party. Per fortuna per la strada non c'era molto traffico, e arrivarono giusto con una mezz'oretta di ritardo. All'esterno numerosi fotografi scattavano foto all'impazzata, cercando di cogliere tutte le celebrità prima che entrassero all'interno; uno di loro si accorse dei ragazzi, e li inseguì col fiatone.
«Una foto per Star Magazine, per favore!», urlò concitato, e i ragazzi si misero in una delle loro pose buffe.
«Ma aspettate... Non ne manca uno?». In quel momento parecchi paparazzi si avvicinarono, sparando domande a raffica. Tutti chiedevano cos'avesse Liam, se magari stesse con qualche ragazza.
«Ehi, ehi, non traete conclusioni affrettate! Liam arriverà a momenti, è stato rallentato da...», iniziò Zayn.
Da?
«Dalle carote! Aveva fatto indigestione, ma ha preso una medicina. Nessun problema, niente di grave!», fece Louis conciliante, sorridendo alla stampa. Tra gli sguardi sconcertati di... Di un po' tutti, a dire la verità, entrarono dentro l'hotel.
«... Dalle carote?», lo guardò Zayn con la faccia da sei-scemo-o-cosa.
«È la prima cosa che mi è venuta in mente ragazzi! Suvvia, non ne fate un dramma!», disse lui, sorridendo ad un ex concorrente che aveva riconosciuto.
«A proposito di Liam... Ma dov'è? Cosa doveva fare oggi? Rischia di fare una figura di niente se non si presenta», fece Harry con uno sbadiglio.
Che noia.
«Liam... Liam... Diglielo tu Niall, dov'è Liam?», tentennò Zayn prima di sparire improvvisamente, fingendo di essere stato chiamato da qualcuno.
«Liam? Ehm... Liam, vedrai che... Uh, ci sono le tartine! Scusate ragazzi!», e si fiondò al buffet.
Ma cosa prende a tutti?
«Louis. Louis», lo scuoté Harry, visto che il ragazzo si era incantato a vedere una che pareva essere una top model.
«D-dimmi».
«Louis. Dov'è. Liam», fece il ragazzo serio. Louis lo guardò negli occhi, in evidente disagio.
«Ehm, Harry sai, credo che Zayn mi abbia detto di...». Tentò di andarsene, ma lui lo trattenne per il braccio.
«Allora?», ringhiò. Aveva una strana sensazione che i ragazzi gli stessero combinando qualcosa. E non gli piaceva.
L'amico sospirò. «Liam è andato a prendere una ragazza. Si presenterà qui con una ragazza», decise di dire.
Cosa? Liam, con una ragazza?
Un sorriso gli spuntò sul volto. «E dove l'ha cacciata Liam, una ragazza? - scosse la testa, divertito. - E come mai non mi avete detto niente?».
«Beh, non so, Liam voleva dirtelo di persona. Più che altro, voleva che vedessi di persona». Harry era abbastanza confuso, stava per chiedergli cosa intendesse dire, ma una voce fastidiosa li interruppe.
«Louis! Harry! Ma ciao, Harry!». Il ragazzo si trattenne a fatica dall'alzare gli occhi al cielo.
«Ciao, Caroline».

*

«Jess, per favore! È un'ora che stai rinchiusa là dentro! Siamo in ritardo!», ripeté per la centesima volta Liam, abbastanza rassegnato. Dubitava che la ragazza sarebbe uscita in tempo e così, abbattuto, si fiondò sul divano. La porta della sua camera si aprì, lasciando uscire una ragazza piuttosto imbarazzata.
«Ehm, Liam? Ho bisogno di un aiuto», fece lei timida. Non si trovava minimamente a proprio agio nel vestito che indossava, né tantomeno con quei trampoli ai piedi. Il vestito era di un blu profondo, sopra al ginocchio, con delle spalline e una profonda scollatura circolare sul petto. Sotto al seno si stringeva, per poi ricadere dolcemente sui fianchi; al lato era decorato con tanti brillanti argentati, a completo con i bottoni delle scarpe che indossava. Erano degli stivaletti alti fino alla caviglia, di velluto blu, con dei bottoni argentati. Al collo indossava un colliére di Swarosky che brillava incredibilmente, come i brillanti alle sue orecchie.
Ma niente, niente era più brillante dei suoi occhi in quel momento.
«C-cosa vuoi che faccia?», rispose il ragazzo, allargandosi per quanto possibile il colletto di quella camicia, che sembrava stesse per strozzarlo. Era davvero bellissima.
«Che tu mi dica sinceramente quanto io faccia schifo da zero a dieci», sospirò lei spostandosi il ciuffo, arricciato per l'occasione, che non faceva che ricaderle davanti agli occhi. Stupidi capelli a boccoli. Stupido vestito, stupidi trampoli. Stupida festa, alla quale devo andare per forza.
«Sei bellissima, davvero. Farai rimanere Harry morto sul colpo», le disse sorridendo, accarezzandole delicatamente la schiena; Jess aveva i nervi a fior di pelle.
«Grazie, Liam», sussurrò abbracciandolo. Lui, e i suoi abbracci fantastici!
«Andiamo, adesso». Per strada Liam correva come un pazzo, cercando di non arrivare per ultimo. Fuori all'hotel c'erano ancora parecchi paparazzi, che li assalirono immediatamente appena scesi dall'auto.
«È lui, il ragazzo che mancava agli One Direction! Sorridi!». Jess si spostò il più lontano possibile, accecata da tutti quei flash e imbarazzata come non mai. Non voleva foto ad un evento mondano; soprattutto, non voleva essere fotografata con Liam. Cosa avrebbero pensato le fan? Sperava vivamente di non essere notata.
Speranza vana. «Liam, chi è quella ragazza con cui sei arrivato? È la tua ragazza? Una foto, per favore!». I fotografi si accalcavano uno sull'altro, mentre Liam cercava di entrare immediatamente.
«Non è la mia ragazza. Lei è... Una cara amica di famiglia di Harry. Ci tenevo tanto a portarla. E adesso scusate, ma dovremmo entrare», disse frettolosamente prendendola per il polso e facendosi largo tra i paparazzi.
Dio, che vergogna!
«Tutto bene, Jess?», chiese lui comprensivo, una volta dentro. Stava per rispondere, quando una scena le bloccò il respiro in gola.
Prima, gli occhi di Harry fissavano i suoi, le labbra semi aperte dalla sorpresa. E dopo, quelle labbra, intente a baciare quelle di una signora. Si, era una signora.


My space.
Credo che non ci siano molti dubbi su quale signora abbia baciato Harry.. Dio, come la odio yfjwejiweuerasn.
Scusate se ci ho messo tanto a postare, ma speravo di ricevere qualche altra recensione.. Insomma, siamo quasi alla fine, cosa ne pensate? Avreste immaginato che andasse in un altro modo? 
Vi aspettate una fine felice o no? Ahaha.
Fatemi sapere che ne pensate, ci terrei molto c:

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Capitolo 24
*** Pain and anger ***


24. Pain and anger

 
Quando Caroline attaccava a parlare sapeva essere estremamente fastidiosa. Blaterava a proposito di una vacanza che aveva intenzione di fare; poi l'argomento passò ad una ragazza del party vestita come una Barbie, di un rosa sgargiante, poi all'ultimo vestito che aveva trovato in saldo... Harry sbadigliò, cercando di non farsi notare dalla presentatrice che non gli staccava gli occhi da dosso.
«Allora Harry, come va la tua vita sentimentale? Ho saputo che ti sei lasciato con quella... Meggy? Madison?».
«Si chiama Megan. E si, l'ho lasciata, ma stiamo parlando di mesi fa. Adesso ho altro per la testa», disse con un sorriso raggiante. Ed ecco che il suo pensiero tornò di nuovo a lei...
«Sai Harry, secondo me non ti fa bene stare con le ragazze della tua età. Sono così sciocche, delle bambine. Dovresti cercare qualcuno di più grande, che ti sappia apprezzare per quello che sei. Una donna», fece lei con la sua voce gracchiante. Harry alzò un sopracciglio, confuso. Questa conversazione lo stava davvero stancando.
«Ah, si? Una donna, dici. Avresti qualcuno in mente?», chiese beffardo, sospettando già la risposta. Era da quando era stato preso a X Factor con gli One Direction che Caroline non faceva altro che lanciargli maliziose occhiate e sguardi furtivi. Forse non aveva capito che lui, con una signora che avrebbe potuto essere sua madre, non ci sarebbe mai stato. Spostò lo sguardo verso l'entrata dell'hotel, stanco di tutta quella conversazione. Non aveva quasi nemmeno sentito la sua risposta.
«Tipo me. Saremmo perfetti insieme, Harry». Il cervello di Harry sembrò andare in tilt: davanti ai suoi occhi Liam entrava con una bellissima ragazza. 
La sua Jess.
Stava ancora connettendo del fatto che lei fosse lì per lui, quando sentì delle labbra ruvide che sapevano di alcool sulle sue.
Ma cosa diavolo...?
Caroline gli stringeva possessivamente il volto tra le mani, facendolo quasi male. Quelle labbra così viscide si muovevano sulle sue, e il troppo profumo della presentatrice lo stordiva completamente.
No. No, no, no! 
Le prese bruscamente i fianchi con le mani, scostandola più lontanamente possibile. Forse aveva esagerato, dato che Caroline stava per cadere all'indietro.
«Ma cosa...?», tentò di dire, cercando di assumere un poco della sua dignità. Gli occhi di tutti nella sala erano posati su di loro; i fotografi completamente eccitati da quello scoop scattavano migliaia di foto. 
«Cosa? Caroline, come te lo devo dire? Mi fa schifo stare con te. Io sono innamorato di una bellissima ragazza. Non avvicinarti più a me; non rovinarmi la vita», disse Harry con disprezzo.
Cercò con lo sguardo Jess: il suo bellissimo vestito blu sparì al di fuori della sala gremita di persone, lasciandogli un enorme peso nel cuore.
*
Non è possibile.
Quella donna, quanto potrebbe aver avuto? Sembrava una quarantenne. Non poteva baciarsi il suo Harry così, davanti a tutti.
Il problema era quello: lui non era il suo Harry. Forse non lo era mai stato. 
Cercò a tentoni di uscire da quella folla; la vista era appannata per le lacrime che minacciavano di scenderle.
«Jess, aspetta!». La voce di Liam la raggiunse, ma lei era troppo sconvolta per girarsi. Voleva solo andarsene da lì. 
Andarsene da lui, il più lontano possibile.
Uscì nell'aria gelida di quella sera di dicembre, e si maledì per non aver indossato qualcosa di più pesante. Da sotto il suo leggero cappotto sentiva il freddo penentrarle la pelle. Camminò velocemente, girando per incroci e attraversando strade sconosciute; quando si trovò davanti a vicoli ciechi tornava sui suoi passi, e continuava a camminare verso un'altra direzione.
Il tempo passava, i suoi piedi camminavano, la mente vagava per conto suo. E le lacrime scendevano, scendevano.
Era stata solo un'illusa. Un'illusa a credere che potesse funzionare con una persona famosa come Harry.
Un'illusa a credere che il loro rapporto a distanza avrebbe potuto funzionare.
Un'illusa a credere che Harry si fosse innamorata di lei.
Era stata l'unica stupida ad aver messo in ballo il suo cuore, evidentemente. Ne era uscito in pezzi, completamente distrutto. A quanto pare, lei era l'unica dei due ad essersi veramente innamorata. 
Si chiese cos'avesse fatto di male per meritarsi tutto questo. Perché non funzionava? Ma forse la risposta l'aveva sempre avuta sotto al naso.
Harry non era il tipo da legarsi veramente ad una persona, come le aveva dimostrato con Megan. Era stata sciocca solo a pensare una cosa del genere; credeva di averlo cambiato, almeno un po'... Di essere riuscita a cambiare qualcosa nella sua vita. Ma questo era quello che lei voleva vedere; era stata cieca, aveva negato l'evidenza, perché non era ciò che lei voleva.
Aveva cercato di nascondere in tutti i modi il fatto che lei, per Harry, era solo un passatempo. Di non pensarci, di essere ottimista. A cosa serviva essere ottimista, se poi si era trovata il ragazzo che lei amava baciarsi con una donna di quindici anni più grande?
Il cuore sembrò pesarle incredibilmente; era diventato un macigno insopportabile che le schiacciava il corpo, impendendole di respirare correttamente. Era stato per tanto tempo colmo di tutti i sentimenti che provava per Harry, e adesso sembrava incredibilmente vuoto, spezzato.
Incredibilmente inutile.
L'oscurità intorno a lei sembrava farsi sempre più opprimente; poche stelle illuminavano la strada che le si snodava davanti. Una strada totalmente sconosciuta, anonima.
Dove mi sono cacciata?
Si diresse lentamente verso una panchina sedendosi sopra, sfinita. La paura per essersi persa, l'ora tarda, l'enorme dolore che provava in quel momento sembrarono sommergerla, come uno tsunami. Aveva solo voglia di tornare a casa, dalla sua famiglia, dai suoi amici. Aveva voglia di essere protetta, di dimenticarsi tutto ciò.
Non sarebbe mai dovuta venire a Londra.
Non avrebbe mai dovuto conoscere Harry Styles.
Il rumore di un tuono squarciò il cielo, facendola sussultare. Pesanti goccie di pioggia presero a scendere, bagnandola completamente.
Era come se il cielo stesse piangendo con lei per tutto ciò che aveva passato.
Per un momento, solo per un momento, non si sentì più tanto sola.
Poi, le sue lacrime presero a mischiarsi con la pioggia, in un vortice di dolore e rabbia.

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Capitolo 25
*** The girl I love ***


25. The girl I love

 
«Sei... Sei sicura, Jess?», le chiese l'amico con voce tremante, venuto a trovarla nel suo appartamento.
«Ti ho detto di si, Zayn. La signora è stata così gentile a concedermi di restare nella sua casa che mi aveva affittato anche a settembre, nonostante non l'avessi avvisata prima. Non me la sento di stare nella stessa casa con lui», disse sputando quel "lui" con tutto il disprezzo possibile. 
Era passato qualche giorno, e le foto di Harry e Caroline ormai giravano tutto il mondo. Harry l'aveva cercata, voleva parlarle, ma Liam era stato tanto gentile da non farlo entrare in casa sua, sotto il volere di Jess. Ma i genitori di Liam sarebbero tornati presto dalla loro vacanza in Francia, e lei non poteva rimanere a casa sua.
Jess cercava di mostrarsi indifferente, fredda, davanti all'amico. Come se non le importasse niente.
Come se di Harry, in realtà, non le fosse mai importato molto.
Nessuno, nessuno sapeva come diavolo soffriva ogni giorno. Come iniziava a piangere solo a sentire il suo odore sui vestiti, come si chiudeva in camera per non uscire quando sentiva pronunciare il suo nome. Cacciava lacrime su lacrime, che non ne volevano sapere di prosciugarsi. Nessuno sapeva come quel ragazzo le avesse completamente sconvolto la vita; di come quel ragazzo le avesse strappato dal petto il cuore, e la voglia di vivere.
Zayn sospirò. «Jess, io... Non sono stupido, sai? Mi sono accorto di tutto ciò che nascondi dietro un falso sorriso, mi sono accorto come cambiano i tuoi occhi quando senti parlare di lui. So che soffri incredibilmente. Ma tenerti tutto dentro non serve a niente, sai? Per favore, confidati con me. Sfogati», le sussurrò accarezzandole i capelli. Gli occhi di Jess iniziarono a farsi lucidi, la vista le si annebbiò. Non voleva, non doveva piangere davanti a nessuno. Odiava mostrarsi debole.
«Si, Zayn, soffro tanto. Ma cosa ci posso fare? Evidentemente a lui non è mai importato tanto di me, visto che non ci ha pensato un attimo a baciare quella. Un'ultratrentenne, Zayn! Posso capire con una giovane modella provocante, ma, Caroline! Mi sento ancora più da schifo così. Devo riuscire ad andare avanti. Devo...», ma il fiato le si bloccò bruscamente in gola. La mano di Zayn continuava ad accarezzarle leggermente i capelli, le guance, e i suoi occhi color nocciola sembravano perforarla. Jess si arrese a quello sguardo, e iniziò a piangere, a singhiozzare pesantemente. Cosa che ormai andava avanti da parecchi giorni.
Zayn si limitava a stringerla a sé, e a sussurrare qualche parolina dolce di tanto in tanto. Erano ormai diverse ore che stava a casa di Jess, senza aver avvisato i ragazzi. Non se ne importò più di tanto; in quel momento lei aveva bisogno del conforto di qualcuno. E Zayn non se l'era fatto ripetere due volte.
«Jess, ma tu... Sei stata innamorata davvero, di Harry?», chiese dopo un po', quando la ragazza sembrò essersi calmata un pochino. Gli occhi color del mare le si ghiacciarono immediatamente, e Zayn temette che si sarebbe rimessa a piangere.
«Si Zayn, lo amavo. Lo amavo, e lo amo tutt'ora. Ma non gliel'ho mai detto. E onestamente credo che adesso sia totalmente inutile», sussurrò lei, accoccolandosi di più tra le braccia calde del ragazzo. Inutile dire che in quel momento Zayn era totalmente a disagio. Quanto avrebbe voluto dirle, urlarle in faccia che era stata Caroline a baciare Harry, e che lui l'aveva respinta immediatamente. Quanto avrebbe voluto dirle di tutte le volte che Harry non faceva altro che pensare a lei, nominarla; di quando si chiudeva in camera a piangere perché lei le mancava. Di quando aveva rivelato ai suoi amici che lui era davvero innamorato di Jess.
Purtroppo erano cose che dovevano risolvere da soli, come gli aveva ripetuto più volte Liam. Così si limitò a darle lo stesso consiglio, per l'ennesima volta, sperando che quella cocciuta ci avesse pensato due volte prima di rifutare.
«Sai... Secondo me dovresti sentire cos'ha da dirti Harry. Voglio dire, non mi sembra poi chissà che...», ma la ragazza lo interruppe bruscamente.
«E per cosa, Zayn? Per sentirmi riempire di bugie, che non voleva, che lui ci tiene a me e che Caroline non è niente? Per poi ricascarci di nuovo? O, ancora peggio, sentirmi dire che io per lui non ero mai stata niente e che sono stata una stupida a metterci il pensiero? No, grazie, sto già abbastanza male così. Non mi serve altro», affermò esasperata. Zayn alzò gli occhi al cielo, prima di cacciare un sorrisino.
«Mi spieghi adesso perché sorridi?», fece lei col muso tirandogli il colletto della maglia come una bambina; non riuscì a trattenere anche lei un sorrisino.
«Perché sei proprio cocciuta. Parlare con te equivale a sbattere la testa contro al muro. È per questo che credo che tu e Harry siate perfetti insieme. Stupidi tutt'e due», affermò sorridendo. Jess nascose il volto tra le pieghe della maglia del ragazzo.
«Avrai fatto qualche errore di calcolo, Malik. Io e Harry non siamo poi così perfetti insieme, visto che lui non ci ha pensato due volte a baciare quella», disse con disprezzo. Zayn rise. «Ho paura a vedere cosa succederà se ti capita a tiro Caroline».
«Oh, stai sicuro che potrà dire addio a quei quattro peli che ha in testa», rispose malignamente, prima di scoppiare a ridere col ragazzo.
*
I giorni passavano, sembravano correre. Harry non fece altro che maledirsi mentalmente, per essere andato a quello stupido party.
Lo sapevo, lo sapevo che non dovevo uscire di casa. A quest'ora Caroline non mi avrebbe baciato, e Jess non sarebbe arrabbiata con me. Perché, perché non risponde alle mie telefonate? Ho bisogno di parlarle!
Il ragazzo fece uno strano verso, metà tra lo scocciato e il disperato, e ficcò la testa sotto il cuscino. Erano giorni che era chiuso in camera sua, giorni che non voleva uscire, mangiare. Era come se non volesse minimamente vivere.
A cosa serve la mia vita, senza di lei?
... Che melodrammatico, Styles. Si immaginò la voce della ragazza, e la sentì esattamente come se fosse accanto a lui in quel momento. Era sicuro che quelle sarebbero state le sue parole, se l'avesse sentito. E se non fosse arrabbiata con lui. Un sorriso automatico gli spuntò sul volto, il primo dopo tanti giorni, al ricordo di Jess. Quando faceva la bambina perché voleva a tutti costi una cosa, o quando lo chiamava sempre Styles. A quanto tempo ci aveva messo, per fidarsi di lui, per lasciar andare i suoi sentimenti. A tutte le nottate che passavano al telefono insieme, a tutte le volte che la sentiva ridere, quando si torturava il labbro inferiore dal nervosismo. Tutte cose che gli mancavano incredibilmente.
Basta.
Non avrebbe passato il resto dei suoi giorni chiuso nella sua camera, a rimpiangere quello che ormai sembrava aver perso. Avrebbe fatto di tutto, di tutto per farla tornare da lui. L'avrebbe convinta a parlare, con le buone o con le cattive. E le avrebbe finalmente rivelato ciò che da ormai troppo tempo si tratteneva dal dirle.
Le avrebbe detto che la amava. Che per la prima volta lui, Harry Styles, si era finalmente innamorato.
Non l'avrebbe lasciata scappare così facilmente.
Scese le scale in fretta e furia, prendendo al volo la giacca e indossandola.
La testa di Louis spuntò dalla cucina, con in testa un ridicolissimo cappello da chef.
«Dove scappi, Harry? Tra poco è pronto. Devi mangiare qualcosa, è da giorni che non tocchi cibo!», gli disse a mo' di rimprovero.
«Non ho tempo, Louis. Vado a riprendermi la ragazza che amo».
Si chiuse la porta alle spalle e salì in macchina, diretto verso quella casa che ormai conosceva come le sue tasche.


Tatatataaaaaaaaan! (?)
Scusate per l'enorme ritardo, sono un mostro, lo so, prendetevela con i prof èwé
Questo è il penultimo capitolo, Harry è deciso a riprendersela. Riuscirà a chiarire? Lei gli sbatterà la porta in faccia?
Spero di avervi messo abbastanza sulle spine.
Io adoro gli happing end.. Ma credo che una fine triste sia molto più romantica. c': Non è uno spoiler, solo una mia idea uù
Fatemi sapere che ne pensate! :)

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Capitolo 26
*** Forever ***


26. Forever

 
«Jess! Jess, apri. Jess, apri immediatamente, o giuro che butto giù la porta!», urlò il ragazzo, martellando di colpi la porta di casa.
Possibile che non si arrenda mai, questo ragazzo?
In questo era esattamente uguale a lei. Testardo, ottuso come un mulo.
«Jessica, per favore. E sappi che se butti giù la porta, sarai tu a ricomprarla, Styles», fece lei schifata, aprendo di scatto la porta; Harry era ancora con la mano a mezz'aria, intento a bussare.
Lui sospirò, si aggiustò i capelli. Quanto diavolo è bello. «Ok, scusami, Jessica. Posso entrare? Devo parlarti».
«Io non ho niente da dirti, invece. Sarà per la prossima volta», fece con un finto sorriso chiudendo la porta, ma Harry mise un piede per bloccarla, e la fissò negli occhi.
«Io devo dirti delle cose invece, e anche molto importanti. Quindi adesso mi farai entrare». Non l'aveva detto come un ordine, anzi: aveva usato la voce più dolce che riuscisse a cacciare. Gli occhi di Jess di incatenarono nello smeraldo brillante dei suoi, e senza rendersene conto aprì la porta e lo fece passare.
La risatina di Harry le rimbombò nel cervello, facendola uscire da quello stato di momentaneo torpore in cui era caduta.
Oh, accidenti, lui e i suoi bellissimi occhi.
«Avanti, cosa devi dirmi?», fece sbrigativa. Lui si sedette sul divano.
«Non mi offri nemmeno qualcosa da bere?», si finse sorpreso.
La ragazza perse le staffe, e si avvicinò pericolosamente al viso del ragazzo. «Senti, non ho tempo da perdere dietro ad uno come te. Quindi, o ti sbrighi e mi dici quello che devi dire, oppure ti caccio fuori di casa a calci. A te la scelta», soffiò sul suo viso, arrabbiata. Harry continuava a fissarle le labbra, poi sospirò e si accomodò meglio sul divano.
«Jess... Jessica, siediti, per favore», iniziò a dire torturandosi le mani, in evidente disagio.
«Sto bene in piedi, grazie».
Lui la guardò male. «Non rendermi tutto più difficile, ok? Siediti e fammi parlare. Poi, se è ciò che vuoi... Me ne andrò. Da questa casa. Dalla tua vita», disse affranto.
«È proprio quello che voglio», lo guardò lei, accomodandosi vicino a lui. Ok, questo non era affatto vero: avrebbe tanto voluto che Harry la riempisse di bugie e tornassero insieme, pur di stare di nuovo con lui.
Ma Jess, cosa vai a pensare?, si maledisse da sola.
«È stato tutto un enorme sbaglio. Un enorme equivoco», iniziò a dire lui.
«Nessun equivoco, Harry. Vi ho visto come vi baciavate. O vorresti dire che magari sono io che ho visto male?», chiese serafica.
«No, Jess, non sto dicendo questo. Ma quello che devi capire è che non sono stato io a baciare lei, bensì lei me».
«Non vedo differenza. Lei ti ha baciato, tu l'hai baciata. Sta di fatto che io ho visto le vostre labbra incollate, e questo mi basta», rispose dura.
«No! È questo che non capisci! - Jess lo guardò male, lui sospirò. - Jess, per favore, fammi finire. Io non l'ho mai sopportata Caroline, ti giuro. Era dall'inizio del programma che non faceva altro che starmi dietro, nonstante io avessi diciassette anni. Mi fa il filo da anni, nonostante io non abbia mai accettato le sue avanches. Al party mi stava dicendo che io sarei dovuta stare con qualcuna più grande, tipo lei; con una donna. Non puoi minimamente immaginare come mi stava stancando, la stavo per mollare là e andarmene. Ma poi ho incrociato il tuo sguardo, e non ho capito più niente. Tu eri lì per me, e i miei amici mi avevano tenuto all'oscuro di tutto. Una marea di emozioni mi si riversarono dentro, non capii più niente. Volevo solo venire da te, stringerti, abbracciarti. Non mi interessavano i fotografi, non mi interessava niente; c'eri tu, e questo mi bastava. Non capivo più niente, così Caroline mi ha baciato. È stato qualcosa di allucinante, giuro, da farmi venire il voltastomaco. Mi sono staccato immediatamente, le ho intimato di non avvicinarsi più a me e di non rovinarmi la vita. Volevo venire da te, volevo dirti ciò che sentivo. Ma tu te n'eri andata». Gli occhi di Jess iniziarono ad appannarsi, mentre il ragazzo stava ormai piangendo lievemente.
«Non puoi pensare che io abbia preferito baciare Caroline. Non puoi pensarlo, perché non sai cosa realmente provo per te. Non sai quanto piangevo, la sera, per non averti al mio fianco. Non sai quante volte ti pensavo al giorno, quante volte sognavo di sentire il tuo profumo mischiarsi col mio ancora una volta. Non sai come mi rabbuiavo tutte le volte che ti nominavano, o come mi rendeva felice passare le nottate a telefono con te. Tu, Jess, non sai che io mi sento costantemente a disagio, perché non posso darti tutto quello che meriti. Perché non posso farmi vedere con te in giro, non posso correre il rischio delle fan e dei paparazzi. E non sai nemmeno che io sono disposto a rinunciare a tutto questo per te. Sembrerà stupido, ma... Per quanto io ami la musica, sono disposto a rinunciarci. Perché, prima di amare la musica, io amo te», terminò fissandola negli occhi, piangendo copiosamente. Jess abbassò la testa, mettendosi le mani nei capelli; immediatamente fiotti di lacrime sgorgarono dai suoi occhi, per poi caderle lungo le braccia. Non era vero, non era vero. Harry le aveva detto che la amava.
«Harry, io...», tentò di dire, ma non trovava le parole.
«Stammi a sentire, Jess. Io ti amo, con tutto il cuore. Si, finalmente l'ho detto. Ti amo, e non sono mai stato più sicuro in vita mia», le disse prendendole le mani e stringendole tra le sue, asciugandole le lacrime.
«E io che pensavo che per te non fossi niente, che ero stata un'illusa... - la ragazza scosse la testa. - Anche io ti amo, e ti credo. Ti credo Harry. Ci credo che mi ami, che non volevi baciare Caroline, che provi qualcosa per me. Ma per favore, non farmene pentire», sussurrò esausta, appoggiando la testa al suo petto.
Il ragazzo le prese il volto tra le mani, e si avvicinò alle sue labbra. Sorrise, per quello che stava per fare; gli era mancato tutto, tutto. La morbidezza delle sue labbra, il calore della sua pelle sotto le sue mani, la luce che passava nei suoi occhi quando Harry le si avvicinava, le donava un sorriso, la stringeva a sé. Posò le labbra su quelle della ragazza, che fremevano dall'emozione. La sua bocca si schiuse per lasciar passare la lingua di Harry; presero a giocare insieme, come in una danza d'amore e passione. Mille brividi attraversarono il corpo di entrambi, che si strinsero ancora di più tra di loro.
Ti amo, avrebbe voluto urlagli ancora. E ancora, ancora, e ancora. Non si sarebbe mai stancata.
Il ragazzo si staccò dolcemente, avvicinando la fronte alla sua e accarezzandole il naso col suo.
«Non te ne pentirai, lo giuro. Perché noi, Jess, siamo per sempre», ed eccolo, uno dei suoi fantastici sorrisi, che poteva illuminare a giorno un'intera strada.
«Per sempre», sussurrò lei, prima di rifiondarsi di nuovo sulle labbra del suo ragazzo.
Del ragazzo che amava, e che avrebbe amato per sempre.



Mamma miiia :')
anifweaiwednm ancora non ci posso credere che è finita. Pubblicare questa storia è stato come un parto. Faticoso, ma anche parecchio gratificante.
Voglio ringraziare tutte le persone che si sono fermate anche dieci minuti per leggere la mia storia; chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate, chi è stata al mio fianco in ogni capitolo a commentare e anche chi ha letto silenziosamente.
Spero continuiate a seguirmi dato che ho diverse os e una nuova ff da pubblicare, e sarei felicissima di sapere cosa ne pensate.
Chiunque volesse seguirmi o chiedermi qualcosa sulle ff o semplicemente parlare un po', sono @xthreewords.
Alla prossima storia c:

 

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