Colors

di Hidden Writer
(/viewuser.php?uid=146486)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trent - Verde smeraldo ***
Capitolo 2: *** Courtney - Verde ***
Capitolo 3: *** Gwen - Blu notte ***
Capitolo 4: *** Ezekiel - Nero ***
Capitolo 5: *** Heather - Grigio ***
Capitolo 6: *** Noah - Beige ***
Capitolo 7: *** Sierra - Viola ***
Capitolo 8: *** Katie e Sadie - Rosa ***
Capitolo 9: *** Alejandro - Rosso ***
Capitolo 10: *** Owen - Giallo ***
Capitolo 11: *** Bridgette - Celeste ***
Capitolo 12: *** Tyler - Rosso bordeaux ***
Capitolo 13: *** Harold - Arancione ***
Capitolo 14: *** Beth - Fucsia ***
Capitolo 15: *** Duncan - Acquamarina ***



Capitolo 1
*** Trent - Verde smeraldo ***


TrentVerde smeraldo.

Era una giornata d'autunno, fredda, molto. Il ricordo di lei mi tormentava come ogni mattina.

Io decisi di uscire, perché effettivamente non avrei ricavato niente dallo stare un altro fottutissimo giorno in casa, il tredicesimo, da quando c'ero tornato, a casa.

E pensavo a quel reality, pensavo che io mi ero illuso di qualcosa che in realtà era stata solo e soltanto aria, che volando aveva portato via ogni dubbio.

E ogni certezza.

Uscii da quella casa che mi aveva sopportato per quasi due settimane in pigiama ventiquattr'ore su ventiquattro. Stavo facendo una passeggiata, quando notai, sotto un albero carico di foglie rossastre, lei.

Mi invitò a sedermi accanto a sé, io non me lo feci ripetere due volte, così mi appoggiai a quella panchina su cui l'avevo vista.

Una foglia pendeva dal ramo più basso di quell'albero, di un marrone spento, quasi a voler cadere subito.

Lei mi parlò, la sua voce era melodiosa, una musica. Non facevo caso a ciò che mi diceva, non mi importava, l'avevo ritrovata, io l'avevo ritrovata, non sarebbe stata più un lontano ricordo.

«...e sì, alla fine è andata così... comunque devo andare, ciao Trent»

La vidi allontanarsi. Un sorriso mi affiorò sulle labbra.

Diedi ancora un'occhiata a quella foglia.

Era verde smeraldo, viva.

Avrei giurato che poco prima non lo fosse!!!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Courtney - Verde ***


Courtney – Verde

Quel giorno stavo facendo il jogging mattutino, quando mi si accodò un tipo incappucciato.

Non mi ispirava fiducia, sembrava un criminale, non gli si vedeva neanche il volto, avevo paura. Allungai il passo di corsa, svoltai ripetutamente in varie direzione, ma lui mi stava sempre dietro. Volevo arrivare almeno alla polizia, quello lì se ne sarebbe andato, ma non sapevo dove fosse.

Cominciai a correre a perdifiato, a cercare una via di fuga in quel parco, alle otto di mattina, deserto. Improvvisamente non lo sentii più dietro di me. Dovevo averlo seminato, così mi fermai un attimo a riposare. Non passarono dieci secondi che una mano mi si posò sulla spalla, e allora io mi voltai, gridai e scappai nella direzione opposta. Il respiro mi si faceva sempre più pesante, cominciavo ad accusare la stanchezza. Poi quello gridò: «ma... non mi riconosci?»

A quanto pare voleva anche attaccare bottone, la paura salì, andai nel panico più totale. Ripassai mentalmente la difesa personale: pugno sul naso o in pancia, e il temutissimo calcio nei...

Lui mi si affianca, io lancio un grido e gli do un pugno in pancia, atterrandolo a faccia in giù.

Pericolo scampato.

Lui si toglie il cappuccio e se ne va senza voltarsi, sbuffando.

Ha qualcosa di strano in testa. Ha i capelli pettinati con una cresta alla moicana, ma quella cresta...

È verde?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Gwen - Blu notte ***


Gwen – Blu notte

Come sempre mi alzai da quello scomodo arnese rettangolare che chiamano letto.

Un'altra noiosa giornata con un'altra noiosa colazione il tutto seguito da un noioso pensiero: perché ho una vita così noiosa?

Più che noiosa la definirei monotona.

Perciò noiosa.

La gita mattutina del campeggio indovinate com'era?

Dovevamo andare a visitare un museo... beh, meglio di niente!

Infatti, cinque minuti dopo...

Me ne volevo andare da quel buco puzzolente, non so neanche perché ci ero venuta, non lo so...

Quello schifosissimo museo era a dir poco deprimente, volevo vedere un po' d'arte, e mi ero ritrovata qui. Come se non bastasse avevo una terribile compagnia.

«Katie? Qual'è il tuo colore preferito?»

«Lo stesso tuo, Sadie! E il tuo?»

«Lo stesso tuo, Katie!»

«E allora qual'è il nostro colore preferito?»

Seguì un lungo silenzio.

«Il nostro preferito! Iiiiiiiiihhhh!» In coro, lo hanno detto. Ma non si vergognano?

Passammo davanti a diversi quadri, io mi avviai verso l'uscita.

Uscimmo tutte e tre insieme.

«E qual'è il tuo colore preferito, Gwen?»

Notai che si era fatta quasi notte. Ad un certo punto vidi una nuvola con una forma strana, sembrava... oh no, non lui! Anche nelle nuvole doveva seguirmi? Perché non ero mai riuscita a dimenticarlo? Quegli occhi verdi mi rimbombavano in testa da più di due anni, ormai.

Lasciai che il mio sguardo si perdesse nel blu della notte, per non pensare a lui.

Così annegavo i pensieri, richiudendomi nel colore più oscuro che esistesse, perdendo letteralmente il controllo di me stessa.

«Allora, Gwen?»

«Blu notte...» Risposi distrattamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ezekiel - Nero ***


Ezekiel – Nero

Perché mi sembrava sempre così, il mondo?

Sempre così ostile, così sconosciuto... così... nero.

Perché era così che mi guardava la vita. Questa vita di merda. Uno sguardo tetro, distaccato, quasi maligno. Mi sentivo come se avessi le catene ai polsi, come se di colpo la gravità mi attirasse a terra più del solito. E quella non era la vita che mi ero scelto, era una vita che aveva scelto me, io non meritavo questo, no, affatto.

Eppure...

Avevo sempre avuto una vita di riservatezza, ostilità nei confronti degli altri, non mi piaceva socializzare.

E ne ricavavo questo? Solitudine, in questo schifosissimo ospedale?

Se è così...

Forse allora è proprio così...

E allora perché a tutti è venuto qualcosa di buono, salvo che a me?

Dov'è Dio in tutto questo?

Per darmi una mano...

Anch'io sono un essere umano, merito tutto ciò che meritano gli altri, e invece no.

Non è così.

E, in pieno giorno, le candide pareti dell'ospedale...

Come ogni giorno...

Mi appaiono così opprimenti...

Così oscure...

Così...

Nere.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Heather - Grigio ***


Heather – Grigio

Ne ero sicura.

Lui non era come pensavo.

Crudele, malvagio, subdolo.

Ok... forse sì, lo era.

Ma aveva un cuore. Un cuore grande, capace di ospitare tutto l'amore che provava per me. Lo sapevo, me lo aveva dimostrato più volte.

Lui stravedeva per me, sapevo che avrebbe fatto di tutto, ma io non ero stata abbastanza crudele fino a quel momento, e lo avevo allontanato da quel nostro unico bacio.

E io?

Io mi sentivo schifosa, per una volta avevo sentito la mia dura scorza fredda come il ghiaccio creparsi, quasi aprirsi, poi...

Poi lo avevo illuso per quell'attimo, l'avevo disprezzato.

E ora così gli apparivo.

Priva di colore, priva di emozioni.

Di un colore spento, inesistente.

Grigio.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Noah - Beige ***


Noah – Beige

Ero stato sempre uno fuori dal comune.

Il classico secchione della classe, non mi piaceva quella vita, volevo risultare migliore per tutti.

In particolare per lei.

Io non le piacevo, stava sempre a criticare me e quella maglietta beige che portavo, diceva che ero noioso, cinico, freddo...

Non ho mai azzardato a dichiararmi.

Niente di complicato, è solo che sapevo quale sarebbe stata la sua risposta.

Perciò facevo silenzio.

Sempre.

Con tutti.

Quella mattina, come le altre, lei criticò la mia maglietta beige, diceva che quel colore le faceva schifo, che io ero noioso... la solita roba.

Era un giorno stressante, perché era martedì, e noi avevamo palestra.

Non capivo l'utilità di quella materia, io in genere non la facevo, ma quel giorno ero deciso a dare una svolta. Così mi cambiai e cominciai a correre per il campo.

Mi sentivo stanchissimo, ma ero soddisfatto, chissà da quanto correvo...

«Professore? A quanti giri stiamo?»

Chiesi orgoglioso di non essermi mai fermato. Quanti giri saranno stati? Dieci, venti? Forse di più!

«Appena mezzo giro. Su, su, è un campo da pallavolo, non è mica da calcio, datevi una mossa!»

No comment.

L'ora stava per finire, io l'avevo passata quasi tutta in panchina, poi il prof mi disse

di entrare in campo.

Perfetto, pronto a fare un'alta figura di merda. Non era così difficile, avrei solo dovuto colpire la palla per mandarla nell'altro campo. Infatti caddi rovinosamente a terra e mi strappai la maglietta, beh, almeno era solo quella per ginnastica.

Nello spogliatoio mi levai quella maglietta e cercai quella beige. Passarono diversi minuti e io non la trovavo affatto, allora capii.

Me l'avevano fregata.

Tanto per prendermi in giro un altro po'.

Tornai a casa con la maglia strappata triste e sconsolato.

Perché a me?

Perché?

La mattina dopo feci ingresso nel cortile, e vidi Izzy che mi guardava. Le rivolsi lo sguardo, forse quella volta non mi avrebbe insultato...

Mi strizzò l'occhio.

Non capii, poi l'occhio mi cadde sui suoi indumenti.

Indossava una maglietta...

tale e quale alla mia.

Incredibile...

Beige.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sierra - Viola ***


Sierra – Viola

«Ciao Sierra!»

Sospiro, non potendo ancora credere che Cody mi consideri una semplice amica, che non si sia ancora accorto di niente.

«Ciao Cody.»

Decido di rispondergli, anche se lo considero un deficiente, è comunque un mio conoscente.

«Come va?»

Eccolo che comincia a fare lo gnorri.

Lui sa, una donna le sente certe cose.

«Bene»

Basta, ora gli dico tutto, devo dirglielo. Devo fargli rendere conto che lo amo.

«Tu?»

Ora mi risponderà che va bene anche a lui, ma poi io mi avvicinerò al mio Codichino e gli aprirò il cuore davanti.

«Bene.»

Ma poi lui potrebbe fregarsene, tanto a lui piace quella fottuta mozzarella, la gotica.

E allora mi sbatterebbe in faccia tutte le peggiori offese che si possano dire ad un'innamorata. D'altronde, che dovrebbe importargliene se io sono triste? È uno sporco villano, uno...

«Che fai di bello?»

«Stronzo!»

Gli do uno schiaffo. Le cinque dita si arrossano leggermente, poi avvampano e si avvicinano al colore viola.

Io giro i tacchi.

Mentre mi allontano lui mi guarda sena capire, con un'espressione confusa sul volto e la mano a massaggiarsi quelle cinque dita violette sulla faccia.

Ma finge, ne sono sicura.

Lui sa, una donna le sente certe cose.
 

 

Angolo dell'autore

Certe volte Sierra sa essere simpatica quanto psicotica, e una fanfiction così la descriveva perfettamente!

Leggete e recensite!

Enjoy it!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Katie e Sadie - Rosa ***


Katie e Sadie – Rosa

«Io penso...» Katie e Sadie incominciano l'intervista in coro.

«Ah, no, comincia tu, Katie.»

«Scordatelo, comincia tu, Sadie!»

«No, vai prima tu...»

«No, tu.»

«Va bene Katie, ma ricordati che allora ti devo un favore.«

«Ma dai, no! Fra amiche non si chiedono favori a restituzione...»

Decido di riportarle nel mondo reale.

«Ehm... ragazze, l'intervista.»

«Oh, sì, sì, certo...»

«Bene, vi rifaccio la domanda: Come vedete il mondo al giorno d'oggi? Sadie, comincia pure tu.»

«No, dai, fai cominciare Katie!»

«No, Sadie, comincia tu.» Tronco seccamente. Mi sforzo di mantenere la calma, quelle galline mi danno sui nervi.

«Uhm... Ok. Dunque... penso che nel mondo, al giorno d'oggi ci sia tanta, ma tanta amicizia!»

«Iiiiiiihhhh Sadie, volevo dire lo stesso! Questa è la prova che siamo...»

«Continua, Sadie.» Ho una voce stranamente dura. Credo che se continuano scoppierò.

«E... poi il mondo è molto colorato.»

«Come, scusa?»

«È colorato! Ma di un colore allegro, divertente, il colore dell'amicizia!»

«Sadie! Hai dei pensieri davvero molto profondi! Non ti facevo così...»

«Katie, tu?» La mia voce è ormai completamente deformata da una gentilezza forzata.

Molto forzata.

«Io... penso che il colore del mondo debba essere un colore che rappresenti l'amicizia...»

«E questo l'ha già detto Sadie, tu che dici?»

«Che è un colore che è molto bello... Guarda Sadie! I tuoi elastici dei ciuffetti sono uguali ai miei!»

«Iiiiiiihhhh! Questo vuol dire che saremo amiche per...»

«Basta! Qual'è questo fottuto colore?»

Loro, per niente offese per il mio raptus di rabbia, ci pensano un po' su, poi si guardano a vicenda i ciuffetti. Poi rispondono all'unisono:

«Rosa. Come i ciuffetti di...»

Mi alzo e me ne vado senza neanche salutare.

Galline.

Fottute galline.

 

Angolo dell'autore

Rattadà. Un nuovo capitolo!

Ho pensato di mettere Katie e Sadie insieme, non hanno personalità se sono divise u.u... almeno credo...

Enjoy it!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Alejandro - Rosso ***


Alejandro – Rosso

Ho appena ritrovato un album fotografico, credo sia di dieci anni fa...

Ah, sì, ricordo quella storia, ogni mattina mi svegliavo con lo stesso pensiero...

Un'altra.

Possibile che non mi stanchi mai?

Ogni settimana cambio ragazza, all'inizio mi esaltava questa vita, ma non più, dall'anno scorso.

Quella ragazza non... non sono riuscito a conquistarla.

Quella là è un'autentica sfida, ed io l'ho persa! Ma non era questo a darmi sui nervi. No, era qualcos'altro.

Qualcosa che vedo quando chiudo gli occhi.

Il suo viso.

Perfetto, inimitabile, bellissimo.

È il mio primo fallimento, ma forse... forse lei mi aveva davvero rubato il cuore. Non riuscivo a dimenticare neanche il numero di telefono, neanche la forma degli occhi a mandorla leggermente inclinati verso il naso aquilino perfetto. E quelle labbra che mi avevano fatto impazzire.

Ora mi ritrovavo come niente, triste.

E era una situazione strana, lei mi aveva veramente cambiato la vita. Ero addirittura arrivato a comprarle una rosa!

Ricordo quella rosa, rosso acceso, quasi bordeaux.

Decido di uscire, non ha più senso stare qui. La porta cigola leggermente, ma ad attendermi al di fuori di essa vi è un biglietto.

«Scusa.»

Nient'altro, solo...

Una rosa.

Rosso acceso, quasi bordeaux.

Eh no, piccola, questa volta con me non attacca.

Tu hai chiuso con me.

Per sempre.”

Richiudo l'album, sono orgoglioso del carattere che avevo usato in quell'occasione.

Se l'era proprio meritato.

Un momento, allora come mai siamo sposati da dieci anni?

 

Angolo dell'autore

Piaciuta?

È divertente quanto romantica, spero proprio che l'apprezziate.

E che vi scappi un momentino per recensirla... n.n

Enjoy it!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Owen - Giallo ***


Owen – Giallo

Mi ero appena steso sul divano, il campanello aveva suonato appena dieci secondi fa.

Non volevo rispondere, me ne stavo così comodo a mangiare formaggio mentre guardavo la TV...

Eppure quel formaggio era meno buono del solito, forse era il tipo sbagliato, o forse...

Il campanello suonò nuovamente.

Continuai tranquillamente a mangiare il formaggio, che sembrava più giallo di qualunque altro. In TV davano un programma niente male, si chiamava Total Drama qualcosa, credo... forse Action, o qualcosa del genere.

Il campanello suonò di nuvo.

Era forte, inquadrvano un mostro verde che girava per le vie di una città e un sacco di ragazzi che scappavano.

Poi si vedeva uno con una cresta verde che cadeva, si rialzava e gridava, poi un tipo alto che diceva che in realtà era tutto di cartone.

Poi mi accorsi di non essere a casa, ma in una roulotte.

Il campanello suonò ancora.

Poi si vedeva un belloccio con una tartaruga da sogno... ehm, volevo dire... palestrato, insomma, che correva in tutte le direzioni, e poi una rossa che stava attaccata ad una porta e avvicinava il dito ad un pulsante, sempre più rapidamente.

Un'altro squillo del campanello.

Lo ignorai come tutti gli altri. Poi vidi il mostro arrivare dove stava la rossa e prendere in mano la roulotte di cui stava suonando il campanello.

Mi sentii strano, improvvisamente un letto a castello cadde, e il formaggio mi si spappolò in faccia.

Caddi dal divano. Sentii una forte botta alla porta.

«Va bene, va bene!» Dissi, e aprii la porta.

Davanti a me la faccia del mostro che vedevo in TV, stavo a più o meno sette metri di altitudine.

Ai piedi del mostro vidi lei, la rossa.

Il giallo acceso del formaggio sulla mia faccia divenne improvvisamente pallido...

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Bridgette - Celeste ***


 

Bridgette – Celeste

Mi alzai dal letto tutta sudata, di nuovo.

Ogni notte gli stessi incubi, era incomprensibile! E pensare che i miei non mi davano neanche ascolto, si dicevano: “Non ci far caso cara, ha solo quattro anni!” e poi mia madre diceva: “Già, certo che poteva nascere più intelligente, però!”.

Perché sognavo sempre quella cosa affascinante quanto terrificante?

Non mi sembrava tanto spaventosa, ma non so perché mi faceva venire la pelle d'oca solo a ricordalo.

Mi trovavo in una spiaggia con la mia tavoletta da surf, ma mi accorgevo che non c'era neanche il mare, improvvisamente non c'era niente.

Solo sabbia bollente che mi scottava i piedi.

E poi di nuovo rivedevo quella sabbia arrossarsi, diventare incandescente, e allora correvo verso il mare, che però era diventato verde, poi invece giallo e poi ancora verde.

Aveva perso il suo abituale e rassicurante celeste.

Poi si formano onde enormi e diventa nero, poi si avvicina al violetto e mi si getta addosso, lasciandomi un formicolio sulla pelle.

E poi la mia tavola da surf sparisce fra le onde, senza che nessuno l'abbia toccata.

Anche questa notte mi risvegliai nell'abituale bagno di sudore in cui mi trovavo ogni mattina.

Uscii di casa per scappare, non volevo più dormire in quella casa, mi faceva paura.

Sbattei per errore contro un altro bambino, doveva avere più o meno la mia stessa età. Credo.

«Dove vai, bambina?»

«Vado via! Perché il mare è diventato di tutti i colori, non è più cele... oh.»

Notai improvvisamente gli occhi di quel bambino.

Celesti.

Come il mare.

«Il mare? Cerchi il mare? Vieni.»

Non so perché lo seguii.

Forse era quel buffo cappello da cow-boy che lo rendeva simpatico, o quel biondo dei suoi capelli che lo faceva sembrare gentile.

O quel celeste così rassicurante dei suoi occhi.

«Ecco, guarda il mare.»

Io mi coprii istintivamente gli occhi, non volevo vedere, temevo di spaventearmi.

Mi girai dall'altra parte.

«Andiamo, non aver paura, come ti chiami?»

Riaprii gli occhi, spalle alla spiaggia, arrossati di lacrime.

«B...Bridgette.»

Poi la domanda sorse spontanea.

«E tu?»

«Scoprilo da sola, Bridgette: Io ora prendo un foglio e mi metto sulla spiaggia, ci scrivo il mio nome. Poi tu ti giri verso il mare e perciò lo leggi.»

Perché non mi sentivo adirata con quel ragazzino che voleva costringermi a spaventarmi? Sentivo più una sicurezza familiare, di lui mi fidavo.

Mi voltai a volto coperto, poi trassi un bel respiro e levai le mani dal mio viso.

Non feci neanche caso al foglio, guardai subito il mare.

Sospirai di sollievo.

Celeste, come al solito.

Poi voltai lo sguardo verso il bambino.

«Hey, ma non hai scritto niente sul foglio! Mi hai imbrogliata!»

«Ma tu hai superato la paura di vedere il mare.»

Lo guardai con un misto di emozioni abbastanza confuse. Quella più a galla era l'ammirazione, per quel piccoletto che mi aveva convinto a fare una cosa che da sola non avrei mai fatto.

«Beh... Come ti chiami?»

Lui mi guardò con un sorrisetto gentile, ma beffardo.

«Scoprilo da sola, Bridgette...»

 

Angolo dell'autore

Chiedo venia per le cinquecentotredici parole di questo colore, ma è stato impossibile accorciarla.

Enjoy it!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Tyler - Rosso bordeaux ***


Tyler – Rosso bordeaux

Finalmente era arrivato il mio momento, li avrei stesi tutti. Presi in mano la palla ovale rosso bordeaux, ancora un po' e avrei fatto vedere a quell'antipatico di James che io ero il più forte.

Era complicato giocare a rugby, mi confondevo sempre e passavo la palla avanti con le mani, indietro con i piedi, a destra con il sedere e a sinistra con... beh, e in alto la lanciavo con quello che capitava.

Pensavo davvero che fossero queste le regole.

Ma nonostante tutto mi sentivo bene in quel momento, ero sicuro che non avrei sbagliato.

Strinsi in mano la palla rosso bordeaux più forte, fondamentalmente era facile, ma avevo paura di sbagliare, di farmi ancora deridere da James. Il rugby andava lasciato da parte, dovevo concentrarmi sull'istinto per quella faccenda, così mi decisi.

Strinsi maggiormente la palla ovale rosso bordeaux con una sola mano e l'altra la infilai in tasca.

Già, era strana una tuta da gioco con le tasche, ma era anche comodo.

Mi concentrai sempre di più, allora ritirai fuori la mano dalla tasca, stringevo nella mano un piccolo oggetto.

Potente forse più della spada.

Chiusi gli occhi, James era dietro di me, così, allentai la presa sulla palla ovale rosso bordeaux e li riaprii. Avevo uno sguardo determinato, deciso, potente.

«Allora signore, mi fa questo autografo?» La voce infantile di quel bambino mi riscosse.

Stappai la penna, la poggiai sulla palla rosso bordeaux, forse con troppa forza e la feci scorrere.

T... Y... L... E... R...NO!

Il pallone si afflosciò nella mia mano, la penna metà dentro e metà fuori lo sfortunato oggetto. Il rosso bordeaux si era ormai spento.

Il bambino piangeva.

James rideva.

James.

Gli tirai la penna in faccia.
 

 


Angolo dell'autore

Tadaaaaaà!

Qui metto in evidenzia la goffagine di Tyler, che perfino nel firmare un autografo sa combinare disastri. ^.^

Spero che vi piaccia.

Recensite!

Enjoy it!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Harold - Arancione ***


Harold – Arancione

Ci riprovai ancora.

E poi ancora, e ancora.

Ma non mi veniva mai! E pensare che solo un'ora dopo dopo avrei dovuto stupire un pubblico con quel gesto, avrei dovuto dimostrare la mia grandezza, la mia bravura.

Così mi decisi.

Ci riprovai, presi il coraggio a due mani e ci riprovai.

Sbagliai ancora. Non era possibile!

Quando si sarebbe aperto quel sipario arancione che mi separava dal pubblico avrei fatto una figura barbina, eppure da tutto quello dipendeva la mia reputazione, insomma, non si è mai visto un'artista che non esercita alla perfezione le sue incredibili doti. Perché io ero particolarmente dotato per questo genere di cose, sapevo farlo come nessuno lo sapeva fare.

Mi stupivo che ancora non mi avessero dato un qualche premio.

Guardai con disprezzo quel sipario arancione che mi celava ciò per cui sarei stato in imbarazzo.

Il pubblico.

Le mie incredibili capacità sarebbero bastate? Forse avrei dovuto ricorrere ai miei poteri mentali sovrannaturali, ma sarebbe stato come barare.

Avrei dovuto contare sule mie infinite risorse.

Guardai ancora quel sipario, scorsi un movimento sulla stecca che lo sorreggeva.

Numi, si stava aprendo!

Mi ricomposi, gonfiai il petto e preparai tutto.

Ormai ero visibile, non vedevo più quell'arancione.

Mi ripetei che le mie doti fantastiche mi avrebbero fatto fare bella figura.

Mi adagiai sulla testa il cilindro da mago ed estrassi il mazzo di carte.

Era complicato, ma procedevo bene.

«Dov'è la carta?» Dissi ad alta voce. Poi mi levai il cilindro e ne estrassi la carta “scomparsa”.

«Eccola qua!» Incredibile! Mi era riuscito!

Quel sipario arancione che mi aveva celato la paura ora mi dava sicurezza, in fondo, era l'arancione delle mie bretelline. A soli due giorni dal mio ventiseiesimo compleanno ero così bravo! Il pubblico era in delirio, riconobbi mia madre, mia zia, la mia cuginetta e mia nonna.

Godevo come non mai di fronte all'applauso che nella platea rimbombava.

Ero veramente felice vedendo applaudire ben cinque persone.

Un momento, quello là non stava applaudendo!

 

 

 

 

Angolo dell'autore

Scusate, ho dovuto pubblicare di nuovo questo capitolo per un problema: la storia non si vedeva.

Non so se è il mio PC o proprio il sito, sta di fatto che se aprivi il capitolo 13 la schermata era bianca, ho anche provato a riavviare il computer, senza successo.

Credo di averlo inizialmente postato male, me ne sono accorto solo ieri.

Scusate ancora, fate come se fosse uscito oggi...

Recensite, mi raccomando!

Enjoy it!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Beth - Fucsia ***



Beth - Fucsia

Mi ritraggo al suo tentativo di carezzarmi, arrabbiata.

Lui è lì davanti, capelli castani, fisico scolpito, occhi penetranti e... quella.

«Andiamo, Beth...»

«Non mi toccare!» Gli urlo.

Lui è il mio Brady, perché mi ha deluso così?

«Andiamo, davvero ti fa arrabbiare?» Mi mormora canzonatorio.

Guardo con disprezzo quella... cosa, adagiata sul suo petto e sulla sua schiena, ed il sangue mi sale alla testa.

«Non dovrebbe?» Cerco di tenere a freno la rabbia.

«Ma no... insomma, mica ci sono sposato!» Ride.

Gli do uno schiaffo. Come si permette di prendermi in giro così?

«Verme...» Sibilo.

Lui si porta una mano alle cinque dita rosee lasciate sulla faccia.

«Beth... tu mi hai dato uno schiaffo...» Sussurra scosso.

«Beh, ora la tua pelle è in tinta con quella!» Indico sprezzante il motivo del nostro primo litigio, la quale non è per niente decisa a scollarsi dal mio fidanzato.

«Se non la fai sparire entro cinque minuti ti ammazzo!» Gli urlo.

«Ma è soltanto una camicia...»

«Sì, ma è fucsia

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Duncan - Acquamarina ***



Duncan - Acquamarina

«Pronti?» Sussurro.

«Sei sicuro?» Mi sussurra Thor, incerto.

«Ricorda, ho l'arma segreta.» Lo rassicuro.

«Allora, pronti?» Ribadisco.

Jason e Thor mi guardano con un ghigno ed annuiscono, segno che possiamo andare. Lancio un osso di gomma in aria, questi cadendo emette un suono assai poco simpatico, un mastino napoletano si fionda su esso, sorpassandoci senza neanche vederci.

«Ora!» Do il segnale.

Thor parte verso la staccionata, seguito da me. Jason resta fuori. Salgo sul mio amico ed entro nel giardinetto. Vado sotto il porticato, lì si trova l'obiettivo di questa azione notturna.

Bibantello, ecco come mi definiscono i miei, non hanno il coraggio di chiamarmi ladro perché ho solo otto anni, ma mi conviene abituarmi al nominativo.

Una bambina sta scendendo, dovrò sbrigarmi se non voglio essere scoperto. La bicicletta è incastrata, devo tirarla fuori.

Un piccolo sforzo e sento la tensione allentarsi, è qualcos'altro a tenere la bici.

La bambina, avrà più o meno l'età mia, capelli castani, occhi scuri ed un aria da principessina.

Di primo acchito sembra debole, ma con un violento strattone mi tira a lei, io rispondo, cercando d'accaparrarmi la refurtiva.

«Lasciala! Brutto bambino! Lasciala!» Grida. Riprende fiato.

«Se non la smetti urlo! Hai capito? u... u...»

Improvvisamente apre gli occhi ed incrocia i miei, le mie iridi acquamarina si riflettono nelle sue pupille. Molla la presa, cadiamo entrambi.

«U... uau...» Scandisce.

Scappo fuori, aprendo la porta, soddisfatto. L'avevo detto, ho l'arma segreta.

«Duncan? Perché sei senza la bici?» Mi domanda scioccato Jason.

Mi osservo stupito le mani vuote, in tempo per vedere il mastino napoletano tornare. Scappo a gambe levate, seguito dai miei amici.

Forse non ero l'unico ad avere quell'arma segreta.




Angolo dell'autore

Ok, diciamo che questo capitolo non è il massimo dell'originalità, ma spero che apprezziate, ad ogni modo.

Spero anche di ricevere qualche recensione, c'è troppa parsimonia, ultimamente... o sbaglio?

Posso capire che ciò sia dovuto al protagonismo di personaggi secondari, come Tyler, Harold e Beth.

Beh, beccateve sta bomba!

Enjoy it!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=825336