I'll be your detonator

di lazybones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Favourite Friend ***
Capitolo 2: *** Tooth Fairy ***
Capitolo 3: *** And I think I'll blow my brains against the ceiling ***
Capitolo 4: *** Bad Wolf. ***
Capitolo 5: *** Just like McDonald's. ***
Capitolo 6: *** Selfish Beasts. ***
Capitolo 7: *** Life ain't just a joke. ***
Capitolo 8: *** All I Want For Christmas is You. ***
Capitolo 9: *** Cemetery Drive. ***
Capitolo 10: *** Homophobia is Gay. ***
Capitolo 11: *** Murder Scene. ***



Capitolo 1
*** Favourite Friend ***


Favourite Friend


 


Salirono le scale a fatica, trascinandosi dietro le valigie pesanti.
Alla seconda rampa di scale, Frank sperò che un giorno lui e i membri della sua band sarebbero diventati abbastanza ricchi da andare in un hotel a cinque stelle dove le valigie te le portano direttamente in camera canticchiando allegri che non serviva si affaticassero. Non in un albergo squallido del New Jersey dove si trovavano in quel momento.
Con un’ultima imprecazione, abbandonò la valigia di fronte alla porta della stanza che avrebbe condiviso con Gerard e Mikey e la aprì con la chiave mezza arrugginita che gli aveva consegnato la vecchia strega all’entrata di tre piani più sotto.
- Cazzo, proprio l’ultimo piano, eh? – si lamentò Gerard, affaticato, la schiena contro il muro e il petto che si alzava e abbassava vistosamente mentre respirava.
Frank riprese la sua valigia e senza dire una parola la trascinò con poca dignità all’interno del piccolo soggiorno spoglio.
- Da urlo. – commentò Mikey.
- Urlo di orrore. – convenne Gerard, spostando la sua valigia a calci fino alla piccola camera da letto che doveva contenere tre letti chissà per mezzo di quale miracolo.
- Io dormo. – sbottò Frank, buttandosi sul vecchio divano che se non altro era di dimensioni decenti.
Serrò gli occhi e ascoltò per un po’ i fratelli Way commentare impressionati le condizioni del piccolo bagno, discutendo animatamente su una macchia sospetta sulla tazza del cesso. Mikey pensava fosse merda, ma Gerard sembrava convinto del fatto che fosse sangue secco e aveva cominciato a fantasticare a voce alta su un probabile omicidio, racconto stroncato da Mikey che gli rivelò il mondo femminile e le mestruazioni. Il silenzio che ne seguì fu qualcosa di tragico.
Povero Gerard.
Mikey si dileguò infine dall’infame stanza d’albergo blaterando qualcosa riguardo Ray e la sua Play Station e se ne andò, facendo calare finalmente il silenzio assoluto in quel posto.
Frank stava quasi dormendo quando percepì i cuscini del divano dove erano appoggiati i suoi piedi sprofondare appena. Per un attimo si vergognò dei suoi calzini facilmente riconducibili a Babbo Natale, ma alla fine decise di ignorare Gerard e farsi la sua cazzo di dormita, che aspettava da sei ore e mezza precise.
Silenzio.
Fra i pensieri di Frank si intrufolò una malsana curiosità, variopinta di fantasie che vedevano un senzatetto intrufolatosi nel soggiorno pronto ad accoltellare Frank e rubargli i sette dollari e cinquanta che aveva nelle tasche dei jeans.
Quindi aprì un occhio e vide che si trattava solo di Gerard, il rompicoglioni d’eccellenza, che per l’occasione si era seduto lì vicino con le ginocchia strette al petto in una posizione ambigua e a dirla tutta inquietante. La sua espressione non poteva essere fraintesa: voleva che Frank gli chiedesse premuroso che avesse, dopodiché avrebbe cominciato un discorsetto patetico sui suoi problemi da diva.
Frank temeva i discorsi con Gerard. Erano sempre un po’ strani, e ora era troppo assonnato per difendersi brillantemente da ogni possibile attacco che Gerard avrebbe potuto sferrare alla sua autostima.
Quindi decise di chiudere gli occhi, rannicchiarsi di più in modo che il suo piede non sfiorasse minimamente Gerard e impedirgli di ricordargli di essere al suo fianco.
Ma si sentiva tremendamente osservato, quindi aprì di nuovo gli occhi e incrociò inevitabilmente quelli di Gerard.
Bene, si era dato una pedata sui coglioni da solo. Ora erano cazzi suoi.
- Che c’è? – sospirò, guardando Gerard con gli occhi gonfi di sonno e non del tutto aperti.
- Sono sotto stress. – confessò Gerard, esageratamente cupo.
Problemi da diva.
- Siamo solo all’inizio. – borbottò Frank, rannicchiandosi dentro la sua felpa larga e comoda.
- Pensi che un giorno faremo tour anche al di fuori del New Jersey? – chiese cautamente Gerard, osservando il tappeto malconcio.
- Mh-mmm. Cioè, lo spero. –
- Sai che stress. –
- Sai quanti soldi per alleviare lo stress. – replicò il più piccolo.
Gerard sorrise, quasi affascinato, e i suoi occhi brillarono per un istante di qualcosa di malefico, ma poteva anche trattarsi di sola, semplice ambizione. Magari aveva appena messo a punto il suo piano per conquistare il mondo e Frank continuava semplicemente a sonnecchiare, ignaro della potenza del cantante del suo gruppo.
- Beh, al momento non ne abbiamo. E io ho bisogno di un modo per scaricare la tensione. – mormorò. A Frank passarono davanti agli occhi l’ultima decina di concerti, spesi a flirtare con Gerard sul palco come se fossero decisamente poco etero. Non se l’era mai domandato, ma forse a Gerard non bastavano gli strusciamenti.
- Trovati un hobby. – farfugliò Frank, a disagio.
- Un hobby. – ripeté Gerard, assorto, dopodiché metabolizzò il senso della frase e rise, - Un hobby? Ma per piacere. –
- Cosa c’è di così brutto? –
- Frank, detto sinceramente... io ho un cazzo. –
- Buon per te, figliolo. –
- E non ho paura di usarlo. –
- Okay. –
- Okay? – ripeté esasperato Gerard, - Quanti anni hai, Frank? –
- Diciannove? –
- Beh, ne dimostri dieci di meno! –
- Sono un tipo giovanile. – fece spallucce Frank, in una flebile giustificazione.
- Sai cosa intendo. – incalzò Gerard, guardandolo di sottecchi.
- Vuoi del sesso? Trovati una ragazza. –
- Una ragazza? – chiese deluso Gerard.
Oh mio Dio.
Parlare del sesso aveva accorciato i tempi, sarebbe arrivato al punto della situazione in velocità, troppa velocità, e Frank non sapeva ancora che dirgli.
- Sai Frank, credo che anche tu abbia bisogno di scaricare un po’ di tensione... –
No, non ci poteva credere. Che cosa... sconcia.
- E del resto, non ti sei mai lamentato quando sul palco ti agguantavo il pacco... –
Frank si trascinò indietro sul divano, stringendosi le ginocchia al petto come un bambino impaurito: - Mi stai davvero chiedendo di diventare scopamici? –
- Scopamici, compagni di sesso... qualsiasi cosa implichi il sesso. – fece spallucce, accendendosi una sigaretta mentre recuperava una lattina da usare come posacenere.
- Perché hai scelto me? – chiese Frank, esitante.
- Perché sei il mio amico preferito. – rispose.
- Si dice migliore amico. – lo corresse Frank.
- Tu non sei il mio migliore amico. Io non ho migliori amici. Tu sei il mio amico preferito. Che forse è ancora meglio, non trovi? –
- Gerard, tu sei un lurido pervertito. –
Gerard rise: - Ogni volta che ti addormenti in autobus nomini il mio nome mentre sogni. Chi è il pervertito, Frank? –
Frank arrossì violentemente e si alzò di scatto in piedi, lanciandogli contro un cuscino.
- Figlio di puttana. – sbottò e abbandonò la stanza.  

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Capitolo 2
*** Tooth Fairy ***


Tooth Fairy




 


Salirono sul palco brilli e ne scesero ubriachi marci.
“Finisce sempre così.”, pensò Frank, demoralizzato, osservando Gerard aggirarsi in mezzo alle dolci ingenue fan, che speravano in un autografo ma che ricevettero solo un abbraccio da vecchio ubriacone.
Già avevano pochi fan, se in più Gerard li trattava così...
Una ragazzina coi capelli fucsia saltò davanti a Frank, seguita da altre tre ragazze, tutte che stringevano fra le mani smaltate un block notes o una foto del gruppo.
- Posso un autografo? – chiese con un sorriso emozionato la ragazza, quasi gli stesse chiedendo di sposarlo.
“Non fare l’ubriacone, Frank, non fare l’ubriacone.”
- Certo. – farfugliò, afferrando il pennarello che gli stava porgendo la ragazza urlacchiando emozionata. 
- Ecco qua. – disse cautamente, restituendole il block notes.
- Grazie! – esclamò lei, gli occhi castani che brillavano, - Posso abbracciarti? –
“Oh, no...”. Frank a volte si sentiva davvero importunato.
- Certo. – disse flebilmente, lasciandosi stringere come un peluche.
- Ah, possiamo fare una foto insieme? – aggiunse la ragazza, con un sorrisone felice. Sembrava una bambina con davanti Babbo Natale... o il principe azzurro.
- Ce-certo. – si arrese, lasciandosi abbracciare un’altra volta mentre un flash in mezzo al buio lo accecava.
- Grazie! – strillò la ragazza, quasi piangendo, - Non hai idea di... –
- E’ tutto okay. – la tranquillizzò Frank con un sorriso prima che un’altra ragazza gli saltasse addosso, chiedendogli autografo, abbraccio e foto (che implicava un secondo abbraccio). Frank si chiese se se le studiassero certe tattiche per stargli addosso.
Ripeté il procedimento per un periodo di tempo indeterminato, le ragazze sembravano essersi moltiplicate. O forse era l’alcol.
Si lasciò accecare dall’ultima foto, dopodiché salutò la ragazza e corse via prima che qualcun altro lo vedesse.
- Vieni! – gli urlò Ray, con un cenno della mano.
Frank gli andò incontro con la solita ingenuità e venne trascinato in un locale pieno di ragazze mezze svestite e musica live. La musica non era male, era il clima generale un po’ sudicio.
Si sedette su uno sgabello vicino al chiosco e ordinò una vodka, osservando quasi ipnotizzato la scollatura della barista.
Okay, no, così si faceva schifo da solo.
Distolse lo sguardo ricordando le buone maniere, anche se del resto la barista avrebbe potuto mettersi qualcosa di meno stretto.
Bevve la sua vodka come fosse acqua e con la testa che girava si trascinò giù dallo sgabello, lasciando sul bancone i suoi sette dollari e cinquanta.
Vagò fra la folla finché vide Gerard scaricare tensione con una ragazza che mostrava al massimo quindici anni.
Urlò il suo nome, ma non gli venne bene quindi si avvicinò di più e ci riprovò: - Gerard! –
Gerard, seduto a un tavolo con la ragazza a cavalcioni sulle gambe, afferrò la biondina per le spalle in malo modo e la obbligò a smettere di baciarlo. Guardò Frank con un sorriso confuso. Uh, fantastico, aveva già un succhiotto al collo.
- Si può sapere che cazzo stai facendo? – tuonò Frank, cercando di farsi sentire oltre le urla del cantante sul palco.
- Scarico la tensione, Frank. Ah, ragazze, vi presento Frank Iero. Il chitarrista della mia band. –
- Ciao, Frank. – lo salutarono con un sorriso languido una decina di ragazze lì intorno.
Frank per poco non svenne. No, non poteva farsi condizionare dal suo testosterone. Non era quel genere di ragazzo.
Afferrò la biondina per il polso e la trascinò giù da Gerard.
- Che cazzo fai? – urlò Gerard, furioso ma troppo ubriaco per far paura a Frank.
Per fortuna, Ray sbucò dal nulla e lo trascinò lontano dal gruppo di ragazz(in)e.
Frank attraversò l’intero grumo di folla ai piedi del palco, con la ragazza per mano, deciso a lasciare quel postaccio dove una quindicenne del genere non avrebbe dovuto stare.
Superò i buttafuori e uscì dal caos che c’era lì dentro e fece un lungo sospiro liberatorio appena l’aria aperta e fresca gli accarezzò le guancie accaldate. Si sentiva troppo ubriaco.
- Che vuoi farmi? – chiese timidamente la ragazza, rabbrividendo nelle sue calze a rete e il suo vestitino corto, stretto e che copriva ben poco.
- Io? Assolutamente niente. – sbottò Frank, offeso dall’idea che la ragazza doveva essersi fatta di lui.
La ragazza si asciugò un labbro, probabilmente ancora umido dalla lingua di Gerard, e Frank provò odio e gelosia allo stesso tempo. Odio perchè Gerard era un lurido ubriacone pervertito a farsela con una ragazzina della sua età, gelosia perchè Frank avrebbe voluto mettersi a cavalcioni sulle ginocchia di Gerard al posto della ragazzina e slinguazzarselo. Le sue emozioni lo stordivano più della vodka, cazzo.
- Che ci fai in posti come questi? – le chiese Frank, accendendosi una sigaretta.
La ragazza non rispose, si limitò a stringersi le braccia al petto tremando.
Frank si levò la giacca e gliela passò: - Tieni, fa freddo. –
La biondina la afferrò timidamente e se la infilò.
- Grazie. – sussurrò.
- Dove abiti? Ti accompagno a casa. –
- No... – mormorò lei, a disagio.
- Non voglio farti niente, voglio solo portarti via da qui. Non dovresti passare la notte in posti come questi con gente come Gerard. Lasciati accompagnare a casa. – disse lentamente Frank, cercando di non strascicare le parole e di risultare rassicurante.
 - No, preferisco prendere l’autobus. –
Mh, missione fallita.
Frank la guardò. Era incredibile. Era estremamente carina ma Dio, la sua voce era ancora così da bambina. Il suo aspetto e il suo modo di comportarsi erano così lontani, non sembrava nemmeno la stessa persona.
- Come vuoi, allora lo aspetterò con te. –
- La fermata è qui vicino, posso andarci anche da sola... – replicò la ragazza, passandosi nervosamente una mano fra i capelli biondo platino.
- Non vestita in quel modo. – sbottò Frank.
Raggiunsero fianco a fianco la fermata dell’autobus vicino al locale, camminando senza dire parola sul marciapiede umido che rifletteva la luce scarsa dei lampioni.
La ragazza infilò le mani nelle tasche della giacca di Frank e si sedette sulla panchina della fermata, accavallando le gambe più per il freddo che per risultare provocante.
Frank rimase in piedi, finendo di fumare nervosamente la sua sigaretta.
- Com’è che si chiama il tuo gruppo? – chiese timidamente la ragazza dopo qualche minuto che fissavano il buio.
- My Chemical Romance. –
- Mi piace la vostra musica. Siete bravi. –
- Grazie. Ci hai visti in concerto? -
- Sì, un paio di volte. - annuì lei, accennando un sorriso per la prima volta. Anche il suo sorriso sembrava quello di una bambina.
- Ti eri presa una cotta per Gerard? -
La ragazza arrossì appena sotto la cipria leggera che aveva sulle guance, ma Frank non si sentiva mortificato. Abbassò lo sguardo per un'istante: - Mh. -
Rimasero in silenzio per un altro po' finché scorsero l'autobus avvicinarsi.
La ragazza si alzò con un sospiro e fece per togliersi la giacca.
- No, tienila. - la bloccò Frank.
- Ne sei sicuro? - domandò lei, gli occhi verdi truccati di grigio che guardavano esitanti l'autobus avvicinarsi sempre di più.
- Certo, non c'è problema. -
L'autobus si fermò di fronte ai due e aprì le porte scorrevoli.
- Grazie. - disse la ragazza e, dopo un'esitazione, gli posò un bacio sulle labbra.
Frank non riusciva nemmeno a muoversi.
La ragazza lo salutò timidamente con una mano e salì sull'autobus con la sua giacca ancora addosso.
Frank rimase a fissare l'autobus allontanarsi, scosso.
Ma chi cazzo era quella? La fatina dei denti? E da dove cazzo era uscita?
 
Quando tornò a piedi all'albergo malconcio (non senza prima aver incontrato un altro paio di ammiratrici, naturalmente) tutto era silenzioso. Forse stavano già dormendo.
Aprì silenziosamente la porta con una chiave trovata per puro culo nei jeans e si intrufolò nel soggiorno.
Riusciva già a sentire Mikey russare. Andò nella piccola camera da letto, per la prima volta da quando era arrivato in quel posto, e guardò demoralizzato i tre letti praticamente attaccati l'uno all'altro da quanto la stanzetta era piccola.
Poi vide Gerard seduto e quasi prese un colpo. Sembrava guardare fuori dalla finestra fisso, e la cosa più inquietante era il suo respiro affaticato. Raffreddore, probabilmente.
- Gee? -
Gerard non si sprecò né a voltarsi a guardarlo né a dare semplici segni di vita. No, lui era troppo figo per rendere agli altri più semplice capirlo o semplicemente decifrare la sua espressione. Figlio di puttana che non era altro.
Frank sospirò e si sfilò pantaloni e felpa, stanco. Non aveva assolutamente voglia di stargli dietro, sapeva che quella sera era di cattivo umore - non lo aveva nemmeno guardato durante il concerto, di solito come minimo gli ficcava la lingua in bocca.
Si distese sul letto scomodo e si rannicchiò sotto le coperte, che se non altro sembravano pulite.
Rimase a fissare il soffitto, al buio, ascoltando Mikey russare piano e Gerard respirare a fatica. Forse avere polmoni del cazzo era di famiglia.
Mikey farfugliò qualcosa nel sonno, Gerard gli intimò di non rompere il cazzo e Mikey non parlò più, ma Frank vide Gerard prendergli una mano nella penombra della piccola stanza e accarezzargli i capelli, con una dolcezza che solo fra fratelli può essere manifestata con quella naturalezza.
Frank tornò a guardare il soffitto, percorrendo con gli occhi le piccole crepe che solo ora che i suoi occhi si erano adattati all'oscurità potevano notare.
Si chiese se Gerard stesse pensando a quella ragazza così come Frank stava facendo. Se ricordasse la morbidezza delle sue labbra, il suo profumo, il modo in cui gesticolava imbarazzata mentre parlava. Macchè, lui non ci aveva nemmeno parlato con lei. Se l'era solo fatta.
Che pezzo di merda. Sarebbe stata la prima cosa che Frank gli avrebbe detto il mattino appena si fossero svegliati, ora voleva solo dormire e ignorarlo, sperando che si autocommiserasse abbastanza da farsi venire un'emicrania.
Ma che cazzo, Frank aveva assaporato le sue labbra e non sapeva nemmeno il suo nome. C'era qualcosa di estremamente affascinante in tutto ciò, e qualcosa di estremamente sbagliato al tempo stesso.
Scivolò nel mondo dei sogni con un sospiro. Troppa vodka. 

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Capitolo 3
*** And I think I'll blow my brains against the ceiling ***


And I think I'll blow my brains against the ceiling


 

- Frankie... - la voce di Mikey lo raggiunse e, sebbene Frank ci mise un po' a metabolizzare ciò che stava succedendo, aprì gli occhi quasi immediatamente, - E' tardi. -
Frank si alzò sui gomiti: aveva schiena, spalle e collo a pezzi.
- Materasso di merda. - sbottò, facendo scrocchiare dolorosamente il collo.
- Gee, dobbiamo andare. - continuò Mikey, chinandosi e afferrando delicatamente il fratello per una spalla, che stava dormendo a pancia in giù ancora nel bel mezzo dei suoi sogni.
- Nooo, Mikey. - si lamentò disperato Gerard, abbracciando con forza il cuscino, - Lasciami stare. -
- Il tourbus sta per partire, Gee. - replicò paziente Mikey. In realtà non avevano ancora un vero e proprio autobus, ma un furgoncino. Però a loro piaceva chiamarlo "tourbus", li faceva sentire potenti.
- Di'... di' al tuo unicorno di bucare una cazzo di ruota, così dormo ancora un po'. -
Mikey sospirò, esasperato, e lanciò un'occhiata a Frank in cerca di aiuto.
Frank sospirò a sua volta e si alzò dal letto cigolante, dirigendosi verso Gerard che continuava a sonnecchiare tranquillamente.
- Gerard, svegliati. - disse fermamente, al limite della sua pazienza.
- Fanculo, Frank. -
Frank allungò una mano sotto le coperte e rintracciò velocemente il pacco di Gerard per strizzarglielo con forza.
Gerard spalancò gli occhi e urlò, allontanandolo con un calcio sulle palle.
Frank urlò a sua volta dal dolore e si piegò in due, lasciandosi cadere sul suo letto.
Gerard rise e gli saltò addossò, facendogli il solletico.
Frank aveva ormai perso il controllo e sghignazzava come un bambino, cercando debolmente di liberarsi da Gerard.
- Quando finirà questa pagliacciata? - chiese Mikey, impassibile.
- Quando Frank rimarrà incinta. - rispose ridendo Gerard.
- Ti prego, basta. - lo supplicò Frank, le lacrime agli occhi.
- Solo perchè siamo di fretta. - gli concesse Gerard, scendendo da Frank.
Frank grugnì, ridacchiando ancora, e si alzò a fatica in piedi, barcollando alla ricerca dei jeans.
Gerard li raccolse da terra e glieli lanciò addosso, di nuovo distaccato.
Era sempre così. Un attimo prima erano gli amici più affiatati del mondo, l'attimo dopo erano una coppia di vecchi sposi in crisi.
- Qual è il problema, Gee? - domandò Frank, spostandosi per lasciar più spazio a Mikey, che cercava di chiudere la sua valigia.
- Problema? Io non ho nessun problema. - replicò lui, infilandosi una felpa. Frank conosceva le sue tattiche e, onestamente, non le sopportava più. Quindi aprì bocca ed espresse tutto quello che aveva pensato la notte prima, a letto, mentre lo ascoltava combattere contro il raffeddore.
- Beh, volevo dirti che ieri notte sei stato disgustoso a fartela con una ragazzina. - sbottò Frank.
Le mani di Mikey smisero di percorrere freneticamente il perimetro della valigia alla ricerca della zip per un istante, dopodiché chiuse la valigia in velocità e lasciò la stanza prima di ritrovarsi interpellato nella lite che si stava creando.
- Ragazzina? - ripeté Gerard, - Oh, andiamo, ero ubriaco. -
- Questo non giustifica un cazzo. - ringhiò Frank. Davvero non ci arrivava? Davvero era così stupido? A dire il vero, era abbastanza furbo da esserlo solo quando voleva.
- Ascolta, Frank, quella sgualdrina mi è venuta addosso e mi si è appiccicata contro, okay? Non sono stato io a cercarla. - sbottò Gerard, le soppracciglia corrugate in un espressione ostile.
- Sgualdrina? - ripetè Frank, furioso, - Come ti permetti a chiamarla così? -
- Che c'è, Frank, te la sei presa a cuore? - urlò Gerard, scaraventando la sua valigia a terra, - Eh? Ci hai scopato dopo averla portata fuori dal locale? -
- Come osi? - tuonò Frank, la voce tremendamente roca ma dannatamente autoritaria.
"Vai così, Frank, fuori le palle."
- Quello che faccio e con chi sono cazzi miei! Va bene? Non ho stuprato nessuno, cazzo, che cazzo vuoi da me? Sei geloso! -
- Geloso? - ripetè Frank, - E di chi, scusa? -
Gerard rimase a guardarlo, la bocca aperta ma nessuna parola che ne fuoriusciva. Era affannato, doveva essere parecchio agitato.
- Vaffanculo, non discuterò con te. - sbottò infine, raccogliendo la valigia che aveva buttato a terra, - Me ne vado. -
- Appena la discussione si fa complessa scappi, eh, Way? -
- Stai zitto, figlio di puttana, ringrazia piuttosto il cielo che non ti meni per il culo dato che so per certo che ti piaccio e che ieri sera eri fottutamente geloso della troietta. -
Frank fece per ribattere ma Gerard abbandonò la stanza, lasciandolo da solo con la sua valigia ancora disfatta.
Frank sospirò, sentendosi stupido e nel torto nonostante sapesse di aver fatto bene a difendere la ragazza. Piuttosto, non era molto sicuro di ciò che aveva detto riguardo la questione "gelosia".
 
Frank caricò la sua valigia sul baule del piccolo autobus con l'aiuto di Ray.
- Si può sapere che ha Gerard? - gli chiese Ray a bassa voce, - E' sotto ciclo mestruale? -
Frank chiuse la portiera del baule con forza, senza rispondere.
- Voglio dire, prima era sul punto di piangere... - continuò Ray.
Frank spalancò gli occhi: - Davvero? -
Ray annuì con una smorfia preoccupata: - Che gli hai fatto? -
- Sono i suoi stessi sensi di colpa che gli si ritorgono contro, Ray. Si farà suora e gli passerà. - fece spallucce il più piccolo, - Dai, andiamo. Siamo già in ritardo. -
Ray aprì la porta scorrevole dei sedili dietro e sparì, mentre Frank andò su quelli più avanti, accanto a Gerard, che lo ignorò totalmente e continuò a fissare fuori dal finestrino la macchina parcheggiata accanto al furgone, o forse il suo viso riflesso sul finestrino.
- So qual è il tuo problema. - disse a bassa voce Frank.
Gerard si voltò di colpo, forse temendo che Frank alzasse la voce facendosi sentire da Ray, Mikey e Bob, seduti sui sedili posteriori. I suoi occhi non erano minimamente arrossati, e Frank ne rimase deluso. Si aspettava un'espressione più distrutta.
- Hai perso la tua piccola scommessa di portarmi a letto, e ora ti senti terribilmente debole. - spiegò Frank, soddisfatto.
- Frank, io in tutta la mia vita ho perso solo una cosa, la verginità. E il mio mp3 in terza media. Quindi non rompere i coglioni con le tue menate da checca. - disse gelido, masticando una gomma da masticare.
- Come vuoi, le bugie hanno le gambe corte, comunque. -
- Qui di corto c'è solo il tuo pene, Frank. - replicò Gerard.
Frank lo fulminò, offeso, e Gerard scoppiò a ridere, portandosi le gambe al petto e sprofondando sul sedile mentre il furgoncino partiva.
Lurido figlio di puttana. E Frank che pensava di averlo ferito.
Il più piccolo si infilò le cuffie, mentre il naso cominciava a pizzicare e il groppo in gola cominciava a stringersi preannunciando un'imminente attacco di futile pianto infantile.
Incrociò le braccia e si impose di dormire lì, seduto, e solo in quel momento si accorse di quanto scomodo fosse e di quanto gli mancassero le cosce di Gerard, che fungevano da morbido cuscino ogni viaggio.
Fanculo Gerard e le sue cazzo di cosce comode.
Frank non aveva bisogno di lui. Frank era abbastanza grande da non dipendere da nessuno.
 
Quando si svegliò era fin troppo comodo. Avvertì dei jeans ruvidi sotto il suo naso e spalancò gli occhi, spaventato.
- Hai imparato ad impossessarti delle cosce altrui o è un talento naturale? - chiese Gerard, da qualche parte sopra Frank.
Frank si girò un po' per osservare Gerard da sotto le sue narici sottili che ogni volta che aveva un po' di raffreddore lo soffocavano.
Quasi sorrise al pensiero di conoscere ogni cazzata di Gerard.
- Non l'ho fatto apposta. - farfugliò, arrossendo appena. Fece per alzarsi ma a Gerard bastò posare una mano sulla sua pancia per bloccarlo del tutto e farlo irrigidire un po' più sotto della sua mano.
- No, non importa. - disse il moro, celando appena un sorriso, - Mi piace la sensazione del tuo peso. Promettimi che qualsiasi cosa succeda continuerai a dormirmi addosso. E che non ingrasserai o dimagrirai mai. -
Frank si fece scappare una risatina da teenager innamorata: - Promesso. –
 
Seduto su un vecchio divano, Frank ripassava con la sua Pansy le canzoni che avrebbe dovuto suonare quella sera al concerto, una cuffia dell'iPod all'orecchio mentre l'altro ascoltava Gerard fare i vocalizzi di riscaldamento nella stanzetta accanto insieme a Ray. Sorrise appena quando fra gli acuti rintracciò un paio di parolacce.
La porta della stanza si aprì, facendo sbucare la magra ed esile figura di Mikey.
- Ehi. - lo salutò Frank con un sorriso allegro.
- Ehilà. Caffè? - gli chiese Mikey, porgendogli un bicchiere dello Starbucks.
- Oh, mi hai preso il caffè? Non serviva, grazie. - disse sorpreso, prendendo il bicchiere e bevendone immediatamente un sorso.
- Tranquillo. Che fai? -
- Provo un po' di canzoni. -
- Chitarrista impegnato. - sorrise Mikey, sedendosi al suo fianco con le ginocchia al petto. Gli ricordava Gerard, a volte.
- Dovrò pur tener testa a Ray, no? - fece spallucce Frank, sfilandosi la cuffia dell'iPod e spegnendolo.
- Ray è pazzesco. - sospirò Mikey.
- Innamorato? -
- Perdutamente. - scherzò lui, ridacchiando.
Frank rise a sua volta. Si trovava estremamente a suo agio con Mikey, maledizione. A quanto pare, non tutte le ciambelle Way uscivano col buco (ogni riferimento a Gerard Way è puramente casuale). Mikey era totalmente diverso da Gerard. Eppure erano così uniti... c'era qualcosa fra di loro che Frank non riusciva a cogliere, qualcosa che andava oltre il non litigare, qualcosa che tratteneva sempre l'armonia fra i due fratelli senza scambiarsi troppe parole. Forse comunicavano telepaticamente.
Rimasero per un attimo in silenzio ad ascoltare l'ennesima imprecazione di Gerard con tanto di vocalizzo e sorrisero entrambi, scuotendo la testa.
- A volte è così infantile. - sospirò Mikey, quasi stesse parlando di suo figlio.
- Forse è meglio così. A volte Gerard mi da l'impressione di prendersi troppo sul serio. -
- Sembrerà una cagata, ma nel caso di Gerard non è una stronzata dire che è una sottospecie di protezione. E' fragile, e la sua autostima è costantemente attaccata da fattori esterni, lo feriamo ogni giorno involontariamente. -
- Davvero? - chiese impressionato Frank.
- Già, a volte me ne parla. Non hai idea del casino che ha in testa. -
- Se non altro ha qualcuno di cui fidarsi e con cui parlare. -
- A dire il vero scommetterei che dei suoi mille casini me ne svela solo uno ogni tanto. -
- Lo facevo meno... problematico. Cioè, lo pensavo solo fuori. - confessò Frank.
Mikey accennò un sorriso: - Tutto ciò che è diverso da noi lo giudichiamo anormale. -
- Questa considerazione è piuttosto profonda, Mikey. -
Mikey rise: - Grazie, apprezzo il fatto che tu l'abbia notato. -
- Vi volete tanto bene, vero? - mormorò poi Frank, guardando Mikey quasi affascinato. In quel ragazzino magro Gerard vedeva migliaia di motivi per adorarlo, e Frank si chiedeva se ne vedesse almeno uno in lui.
- Beh, per me è stato importante quando eravamo piccoli. Passavamo tutto il tempo insieme, e continuiamo a non annoiarci della nostra presenza, a trovare cose di cui parlare, motivi per cui incuriosirci l'uno dell'altro, è bello. Non so per quanto durerà ancora, ma finora è tutto okay. - disse con un sorriso sereno. Mikey era così tranquillo che a volte sembrava fatto di droghe piuttosto pesanti.
- Credo che durerà ancora a lungo. -
- Lo spero davvero. Ah, posso chiederti cosa hai detto sta mattina a Gerard per ferirlo in quel modo? -
- Ferirlo? - domandò il più piccolo, grattandosi la testa. Cominciava a sentirsi in colpa.
- Era piuttosto scosso, cos'è successo? C'entra la ragazza di ieri? -
- Diciamo che la discussione ha toccato tasti più dolenti... è che a volte mi sento autorizzato a tirargli colpi bassi, perchè lui mi tratta sempre male e appena lo vedo debole qualcosa di maligno mi porta a colpirlo dove scopro non sappia proteggersi. - . Frank aveva sputato le parole tutto d'un fiato, senza rendersi conto di stare parlando a suo fratello, che trattava Gerard come un figlio e che probabilmente in quel momento lo stava detestando.
- E' la tua incertezza sul rapporto che hai con lui, credo. In realtà non capisci che lui ci tiene a te. Pensi che Gerard sia in grado di calpestarti e buttarti via come latte scaduto appena si stanchi di te, ma posso dirti che se Gerard continua ad arrabbiarsi con te è perchè ti vuole bene e ha paura di perderti. Altrimenti non gliene fregherebbe un cazzo e non perderebbe tempo a litigare. -
Frank rimase in silenzio a riflettere sulle sue parole, mentre raggi di speranza trafiggevano l'oscurità della sua anima.
La porta si aprì e sta volta sbucarono Gerard e Ray.
Frank sobbalzò appena vide Gerard, chiedendosi se avesse sentito i loro discorsi. Doveva anche dare l'impressione di uno che è stato colto il flagrante, perchè Gerard soffermò gli occhi verdi su di lui, sospettoso.
- Venite? Fra cinque minuti dobbiamo essere sul palco. - disse poi, accennando un sorriso. Evidentemente, aveva preferito far finta di niente.
- Arriviamo. - disse Mikey, alzandosi in piedi.
Frank si alzò a sua volta, reggendo Pansy fra le braccia, e seguì la chioma di Ray per il breve corridoio fino al palco.
Salirono e vennero investiti dalle urla.
Frank si rilassò, consapevole che la maggior parte erano per Gerard e il suo bel faccino convinto.
Gerard gli si avvicinò dopo qualche canzone, infilando una mano sotto la maglietta sudata di Frank che suonava la sua chitarra come faceva da ragazzino nella sua camera. La differenza era che ora le urla della folla non erano solo nella sua testa.
Il cantante non lo torturò molto, quella sera, del resto, non era ubriaco, anche se Frank era sicuro che appena finito il concerto si sarebbe scolato litri di birra.
Frank lasciò vagare lo sguardo fra la folla, e si ritrovò a esaminare tutte le bionde che trovava con lo sguardo, alla ricerca della ragazza della sera prima. Ma non la vide.
 
Finito il concerto Frank andò direttamente nella suite che avevano affittato per quella sera (a prezzo ridotto perchè il proprietario dell'hotel conosceva il loro manager) a farsi una doccia: finalmente qualcosa di più dignitoso. L'hotel era a due stelle, ma per loro era il massimo. Uscito dalla doccia era troppo stanco per raggiungere gli altri al bar di sotto, quindi andò a letto a crogiolarsi rilassato fra le lenzuola morbide.
Li sentì arrivare intorno alle due di notte, non perchè dormisse leggero, ma perchè strillavano ubriachi una canzone che aveva qualcosa a che fare con degli gnomi e una tipa gnocca.
Rimase per un po' in dormiveglia, maledicendo quei cazzo di ubriaconi che si ritrovava nel gruppo per aver interrotto il suo sonno ristoratore. Nel giro di mezz'ora si addormentarono e calò il silenzio per cui Frank si spaventò non poco quando sentì la porta della sua stanza aprirsi e uno spiraglio di luce colpirlo esattamente sugli occhi.
Si alzò affannato a sedere e guardò sconvolto la figura che si stagliava controluce. Lo riconobbe dai capelli.
- Posso venire qui da te? -
- Hai paura del buio? - farfugliò Frank.
- No, della solitudine. - mormorò Gerard.
Frank sollevò le coperte e gli fece cenno di distendersi al suo fianco. Solo quando Gerard barcollò in sua direzione capì di quanto ubriaco fosse. Ubriaco marcio.
- Gerard, devi smetterla di ubriacarti così frequentemente. - sospirò Frank, facendosi un po' da parte per fargli spazio, - Ubriacarsi va bene, anch'io lo faccio, ma ora stai esagerando. -
Gerard farfugliò qualcosa e si trascinò le coperte addosso, dopodiché appoggiò la guancia sul petto di Frank e ispirò una gran quantità d'aria. Era la stanchezza in persona.
Frank gli cinse le spalle con un braccio per questione di spazio - il letto doveva avere una piazza e mezza al massimo.
- Perchè continui ad ubriacarti? Eh? - gli chiese Frank, accarezzandogli appena i capelli neri e grattandogli dietro le orecchie come se fosse un cane.
Gerard gemette rilassato, dopodiché tirò su col naso e si decise a rispondere: - L'alcol rende più confusi i miei pensieri, così non capisco più il loro significato ed è bello. -
Frank rimase per un attimo in silenzio, cogliendo la muta tristezza dietro quelle parole bisbigliate: - Che pensieri hai, Gee? -
- Sono urla, a volte, mi fanno paura. E sono troppi, tutti insieme, mi fanno venire il mal di testa... a volte. E' come se il mio cervello picchiasse contro il soffitto. -
"Non hai idea del casino che ha in testa", solo ora le parole di Mikey venivano metabolizzate realmente dal cervello di Frank. Solo ora si rivelavano apertamente.
- Gee, ci sono dei farmaci che... -
- No, gli ho già provati. Non fanno un cazzo. E' un problema che ho con me stesso, credo. -
- Cioè? -
Gerard sospirò e tirò su col naso di nuovo: - Basta, Frankie, non mi va di parlare ora. -
- Ma non me ne parleresti mai da lucido. -
- E' per questo che insisti tanto? -
- Voglio esserti d'aiuto. -
- Decido io chi può essermi d'aiuto e come. Non c'è bisogno che ti preoccupi. - . Nelle sue parole non c'era cattiveria, ma Frank si sentì ferito.
- Parli come se avessi tutto sotto controllo, invece non ce l'hai se sei messo così. - replicò il più piccolo, accarezzandogli con le dita il collo e infilandole sotto la maglietta fino alla spalla.
Il moro gemette di nuovo, dopodiché disse con calma: - Continua a insistere e te lo ficco in culo finchè te lo ritrovi in gola. -
- Cosa, Gee? - chiese Frank, cercando di non buttarsi a terra e rotolare ridendo. Era incredibile quanto poco ci mettessero le loro conversazioni a cambiare radicalmente. Passavano dal tragico al comico in maniera disarmante.
- Il mio pene. -
- Ogni pretesto è buono, uh? -
- Non sono così depravato. -
- Mi hai chiesto di diventare scopamici. - gli fece notare Frank, tornando ad accarezzarlo.
- Era una proposta come un'altra, ma tu sei cocciuto... -
- Ma siamo amici, è quello il punto. -
- Ancora con questa storia? Sai benissimo che non lo siamo. E adesso basta, voglio dormire. - sospirò, abbracciandolo e strofinando la guancia sulla maglietta di Frank, - Buonanotte, gay. -
- Notte, checca. - sospirò Frank.
 
 
 

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Capitolo 4
*** Bad Wolf. ***


Bad Wolf





Quando Frank si svegliò, Gerard gli stava addosso e lo stringeva come un cazzo di peluche.
Frank si allungò appena a guardare l'ora: le nove e trentasette.
Tutto era ancora silenzioso: quel giorno non erano di fretta, dato che il concerto di quella sera sarebbe stato non molto lontano da lì e avrebbero passato di nuovo la notte nello stesso hotel, nella stessa suite per quattro persone.
Frank rimase immobile per bontà d'animo: non voleva svegliare Gerard. Aspettò quasi un'ora, ascoltando il suo respiro profondo e regolare, preoccupandosi ogni volta che le sue dita afferravano con forza la sua maglietta e affondavano le unghie sulla sua pelle. Vedeva i suoi occhi muoversi freneticamente sotto le palpebre, chissà quale incubo stava vivendo.
Gerard sussultò bruscamente e spalancò gli occhi verdi, terrorizzato.
Quasi urlò, ma riuscì a bloccare l'urlo in gola appena incrociò gli occhi di Frank.
- Ehi... tutto okay? - chiese Frank, guardandolo preoccupato.
Gerard si alzò a sedere. Aveva il fiatone: - Sì... scusa. -
- Gerard Way che chiede scusa è poco credibile, quindi fai prima a dirmi che non è tutto okay. -
- Da quanto tempo eri sveglio a osservarmi come un pervertito? - cambiò argomento il moro, passandosi una mano fra i capelli neri che Frank aveva accarezzato tutta la notte.
- Quasi un'ora, signor Way. -
- E ti sei ammazzato di seghe osservandomi o...? -
- A dire il vero l'ho fatto per gentilezza, stronzo. -
- Davvero? - chiese Gerard, un sorrisetto soddisfatto che gli arricciava le labbra.
- Sì, non volevo svegliarti. -
- Che cosa dolce, Frank. Lo sapevo io che sei innamorato perso del sottoscritto. -
- Vaffanculo, Way. -
- Tranquillo, Frankie, ti biasimo e ti capisco. Anch'io mi innamorerei di me stesso. -
- Forse sei già in quella fase. - sbottò Frank, guardandolo in cagnesco.
- Oh, no... te lo posso assicurare. - mormorò, ruotando la testa e facendola scrocchiare con forza.
Frank guardò la sua espressione rilassata, terrorizzato.
Gerard riportò gli occhi su di lui e sorrise: - Andiamo a fare colazione? -
- E' un'ora che aspettavo che me lo chiedessi, Gee. - sospirò Frank, facendo sorridere Gerard, che scese dal letto e gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi.
- Davvero, non dovevi. - sorrise il moro. Frank non era abituato a vedere la sua espressione così limpida, priva di sarcasmo o di cattiveria, quasi sospettava che gli stesse nascondendo qualcosa.
Uscirono insieme dalla stanza e andarono a svegliare Ray e Mikey saltando sui loro letti e urlando come bambini.
Ray la prese piuttosto male - la sua espressione a colazione era la stessa di un bambino da poco orfano - ma fu tuttavia divertente... o almeno per Frank e Gerard. Bob era andato via prima a fare la spesa, quindi niente risveglio traumatico per il batterista.
Saltellarono in cucina di buon umore e cominciarono a preparare la colazione.
Ray e Mikey li raggiunsero qualche minuto dopo.
- Che fine avevi fatto ieri sera, Frank? - chiese Ray con occhi sgranati.
- Sono andato direttamente a dormire dopo il concerto. - fece spallucce Frank, tostando il pane su una padella dato che il tostapane ci metteva troppo per i loro stomaci affamati.
- Non diventerai mai una rockstar. - sospirò sconsolato Gerard, sedendosi a tavola. Evidentemente, prepararsi una tazza di latte e cereali era il massimo che ci si poteva aspettare da lui.
- Zitto, checca. Piuttosto, perchè cazzo non mi aiuti col pane tostato? -
- Perchè sono una rockstar e le rockstar non tostano il pane. -
- Ma bevono latte e cereali con un'ape rosa disegnata sulla confezione, vero? -
Ray rise, dando profonda soddisfazione a Frank.
Gerard lo guardò con un sopracciglio alzato, la bocca socchiusa in un'espressione da liceale smorfiosa: - Certo. -
Frank alzò gli occhi al cielo e fece scivolare le fette di pane tostato bruciacchiate su un piatto e lo mise a tavola.
- Da dove viene sto pane tostato? Dall'inferno? - lo prese in giro Gerard, sgranocchiando i suoi cereali rosa ricchi di coloranti.
- E i tuoi cereali? Dall'universo gay? -
- Omofobo del cazzo. -
- Omofobo Frank? Colui che si lascia andare in sorrisi ebeti appena ti avvicini? - chiese con un sopracciglio alzato Ray, - Frank non è omofobo per definizione. -
Frank arrossì e Gerard buttò la testa indietro in una sonora risata.
- Ray, questa me la paghi. - ringhiò Frank.
- Ragazzi. - intervenne Mikey, la stessa vitalità di un bradipo sterilizzato, - E' tutto okay. -
- Vabbè, se lo dice lui. - fece spallucce Gerard, l'ombra di un sorriso divertito ancora sulle labbra.
- Mikey è il tipico ragazzo a cui vai a chiedere che cazzo di droga assume, perchè Dio, a un certo punto diventa il tuo cazzo di ideale. - esclamò Ray con un sorriso radioso. Minchia se era gasato.
Frank rise e anche Gerard lo fece appena il suono della risata di Frank lo raggiunse.
Sembravano fatti, invece erano semplicemente felici.
 
Quella sera, il concerto era pieno di gente. La metà finita lì per caso, probabilmente, ma non importava. Tutti si divertivano: i fan, Frank, Gerard, tutti. Erano rilassati, ecco tutto.
Si mischiarono ai fan fuori dal locale a firmare autografi e sopportare un po' di scleri ormonali con sorrisi tirati di chi finge di avere tutto sotto controllo.
Frank firmò un autografo e alzò lo sguardo quando non si ritrovò fra le mani nessun foglio da firmare. Forse volevano solo una foto.
I suoi occhi si posarono su un viso chiaro e sorridente, i cui occhi truccati di nero spiccavano su quella pelle pallida.
No, non era una fan qualunque. Era la ragazza. Quella ragazza.
- Ehi. - esclamò Frank, stupefatto. Sembrava un miraggio, quella notte era stata così surreale. Ci aveva quasi smesso di pensarci e invece bam, eccola lì ad evocare ricordi e sensazioni che pensava si fossero addormentati con lui quella sera.
- Ti ho riportato la giacca. - spiegò sorridente, fra le mani la sua giacca da checca che aveva comprato per prendersi per il culo da solo in un momento di autostima improvvisa, di quelli in cui puoi smerdarti quanto vuoi senza rimanerci effettivamente male.
- La... la giacca. - ripeté Frank. Rincoglionito.
- Già... grazie ancora. -
Frank afferrò la giacca e le sorrise, scoprendosi felice di rivederla: - Come stai? -
- Bene, tu? -
Frank lasciò vagare lo sguardo fra la folla di ragazze accalcata lì intorno e vide che Gerard stava guardando la bionda con aria sconvolta.
- Bene. - disse infine con una scrollata di spalle, e si chiese perchè la sua voce risultasse così poco convincente, - Sono un po' impegnato, ma... -
- Già, immagino di essere di troppo. Scusa, volevo solo riportarti la giacca. -
- No, non intendevo quello! - si affrettò a chiarire il ragazzo, fottutamente goffo, - Per niente. Ti va di andare da qualche parte a bere qualcosa insieme? Sai, qui c'è un po' di casino anche solo per le frasi di circostanza. -
- Io... certo. Volentieri. - annuì la ragazza con un sorriso imbarazzato e forse... forse un po' emozionato.
Okay, Frank adorava mettere in soggezione le ragazze senza rendersene conto. Lo faceva sentire meno... patetico. Lo illudeva di avere doti seduttive nascoste, ecco.
Non lasciò la folla finchè non ebbe accontentato ogni singola fan, dopodiché si allontanò con la ragazza e quando incontrò gli occhi verdi di Gerard in mezzo a quel monotono casino un malsano piacere lo stuzzicò. Non ne era sicuro, ma Gerard poteva anche essere geloso. Non gli importava di chi dei due, l'importante era che lo fosse e che lo facesse sentire... male. Frank era stanco di essere l'unico a soffrire dei due, e poi l'intenzione iniziale non era trattarlo male. Ne sarebbe uscito con un'aria innocente e un paio di scuse, Gerard avrebbe avuto davvero la faccia tosta di accusarlo dopo tutto lo schifo di persona che era?
E poi che cazzo, non avevano nemmeno una relazione. C'era un sottile filo di sentimenti che li legava, forse chiamato semplicemente amicizia, e Gerard spesso lo strappava senza rendersene nemmeno conto. Ma Frank lo ricuciva costantemente, e puntualmente Gerard faceva qualcosa di difficilmente detestabile e tutto tornava all'equilibrio iniziale, schifosamente precario e poco duraturo, ma che importava?
Ripicca, una semplice ripicca personale che Frank si sentiva di dargli, Gerard non l'avrebbe mai nemmeno capito e non gliene sarebbe mai fregato qualcosa perchè dei due era quello che strappava il filo senza problemi. Era Frank quello che ci soffriva, non certo lui.
Forse Frank non ne aveva davvero i motivi, però ormai si stava dirigendo per mano con la ragazza fra la folla urlante, tirarsi indietro era indubbiamente difficile e anche stupido. Non stava mettendo la firma da nessuna parte, un piccolo taglietto non avrebbe dissanguato il cuore gelido di Gerard, sempre che lo ferisse in qualche modo. Il che era improbabile dato che in fondo di Frank non gli importava molto e la ragazza era una delle tante.
Andarono in un bar piuttosto tranquillo e si sedettero vicino alla vetrata. Frank ordinò un caffé, la ragazza una cioccolata calda al latte.
- Quindi... mantieni l'anonimato o mi dai un nome per chiamarti? Va bene anche falso. - fece spallucce Frank, accennando un sorriso cordiale. Che pezzo di merda, faceva lo sfigato adorabile quando in realtà la stava usando.
La ragazza si lasciò scappare una risatina imbarazzata: - Merda, scusa. Mi chiamo Angie. -
I sensi di colpa cominciarono a divorare Frank.
- Beh, piacere, io sono Frank. - farfugliò il ragazzo, stringendole la mano sopra al tavolo e andando a sbattere con il gomito mentre la ritirava. Stupido ragazzino goffo e stronzo.
- Non serve che ti presenti. - sorrise Angie, gli occhi verdi che brillavano circondati da quel trucco scuro, - Sei una specie di leggenda, o almeno nella zona di Belleville. Tutti parlano di voi. -
- Davvero? - chiese Frank, stupefatto.
- Sì, o almeno i giovani... poi vabbé, un certo gruppo ristretto di persone, sai com'è al liceo... -
- L'ho abbandonato da poco, mi ricordo benissimo tutto. I popolari, i bulli, i sportivi, le troiette, le secchione, i nerd... Ehi, ti offendi se ti chiedo a che categoria appartieni? -
"Cazzo, Frank, sai benissimo che è una facile."
- Ufficialmente troia, segretamente nerd. -
- Nerd? -
- Mi sono accorta di avere gli stessi gusti dei nerd quindi ho cominciato a pensare di esserlo. - fece spallucce Angie, quasi gli stesse raccontando il segreto della vita con l'innocenza di una bambina, - Sai, Star Wars... videogiochi. -
- Roba da nerd. - confermò Frank con un sorriso.
- Già. - convenne la ragazza, ridendo con leggerezza, - Cioè, non sto rinchiusa in casa al buio di fronte al computer... ma forse ci sono vicina. -
- Ah, tranquilla, anche... - "Gerard. Gerard, cazzo, non è difficile da dire. Geeraard. Gerard. Dillo, cazzo, dillo!"
- Anche...? - chiese Angie, il sorriso vacillante di una che non sa che fare di fronte a un malato mentale.
- Anche... Gerard. Anche Gerard è nerd. -
La ragazza annuì cautamente: - Okay... -
- Scusa, io... pensavo ti desse fastidio parlare di Gerard dopo... - lasciò la frase di nuovo in sospeso, quasi stessero parlando di roba illegale in un luogo pubblico.
- No, affatto. - replicò lei, con una scrollata di spalle, - Voglio dire, non mi ha stuprata. Non è un argomento tabù. -
Le parole di Gerard riecheggiarono nella mente così vuota e piena al tempo stesso di Frank, e si meravigliò di come somigliassero a quelle di Angie.
Forse era solo paranoico.
Forse era nato nel secolo sbagliato, quello in cui farsela con gli sconosciuti era okay.
- Ah, okay. - sbottò Frank, un po' scosso.
- Tutto okay? - chiese Angie. Ma chi cazzo era per chiederglielo? Avrebbe forse risolto qualcosa?
- Sì. - rispose il ragazzo, sorridendo con aria folle.
- Okay. - mormorò lei, distogliendo lo sguardo, a disagio.
Ah, beh, fanculo.
Il cameriere portò le ordinazioni, dando per un po' di tempo qualcosa da fare ai due. Gli argomenti erano finiti. Di che avrebbero parlato ora? Del surriscaldamento globale? O della percentuale di criminalità infantile?
Frank bevve un sorso del caffé, e per qualche strano motivo gli venne in mente Gerard. No, non era strano, Gerard aveva sempre quel profumo addosso, ma era vergognoso pensare a lui in un momento come quello, con una ragazza così carina davanti. A volte pensava di essere davvero poco etero.
- Posso chiederti quanti anni hai? - domandò Frank, versandosi una bustina di zucchero nel caffé.
- Okay. -
Il ragazzo, vedendo che non proseguiva con la risposta, alzò lo sguardo dalla sua tazza e sorrise, incontrando il sorriso divertito di Angie: era esattamente lo stesso senso dell'umorismo che avrebbe usato lui. Ed era pessimo, ma per qualche strano motivo adorò trovarlo in lei.
- Quanti anni hai? - chiese lentamente, soffocando una risatina.
- Diciassette. -
Stronzate. Perchè mentiva? Frank non se la sarebbe portata a letto a nessuna età, non era quel genere di ragazzo da scopare al primo appuntamento, o secondo, o quel che era. Angie doveva essere abituata troppo ai tipi come Gerard, ai quali le presentazioni nemmeno importano e ti scopano prima ancora di salutarti.
- Perchè menti? - sbottò, infastidito.
Angie spalancò gli occhi, sorpresa: - Mentire? Chi ti da la garanzia che io stia mentendo? -
- La tua taglia di reggiseno, per esempio. -
- Tu giudichi l'età delle ragazze in base alle tette? Cos'è, una tua teoria? -
- Avresti preferito sentirti dire che hai palesemente l'aspetto di una ragazzina? -
- Beh, hai insultato la mia femminilità. - esclamò Angie, acida, incrociando le braccia.
Frank aprì bocca per insultarla, dopodiché la richiuse e la aprì di nuovo quando riuscì a calmarsi sufficientemente: - Hai ragione. Scusa. -
- Non importa. - sospirò la ragazza, mescolando con il broncio la sua cioccolata.
Soffocò un sospiro e bevve il suo caffé, cominciando a farsi un paio di domande su quella ragazzina, domande totalmente inutili, poste tanto per riempire quel freddo vuoto che c'era nella sua testa quando cercava di non pensare a Gerard, il che a volte era addirittura doloroso. Era assurdo, ma Frank aveva sempre la sensazione di non respirare quando lo faceva, di impedire ai suoi pensieri di respirare e forse un giorno ci sarebbe rimasto secco. Lui e le sue stronzate. Pfff.
- A cosa stai pensando? - mormorò Angie, gli occhi verdi che lo guardavano attentamente.
Bella domanda. "Al fatto che soffoco quando cerco di non pensare a Gerard, Angie. Buffo, non trovi?"
- A niente. -
- E' impossibile pensare a niente. -
- Ora ho cominciato a pensare a cosa stavo pensando, ma vedo solo il vuoto. Un freddo, cupo vuoto. -
- Interessante. -
- Nah, non proprio. -
- Come mai mi hai chiesto di bere qualcosa insieme se non fai niente per provarci? -
Possibile che la risposta ad ogni domanda comprendesse Gerard?
- Sei abituata male, tesoro. - sospirò Frank, versandosi una bustina di zucchero sul filo di caffé rimasto in fondo alla tazza e mescolandolo comprimendo appena i granellini. Adorava quella sensazione.
- No, sei tu ad essere un ragazzo all'antica. In che secolo siamo, Frank? -
- Ventunesimo? -
- Ecco, tu sembri un vecchio rincoglionito dell'ottocento. Aggiornati, Frank. -
- Non sono la bacheca di un social network, col cazzo che mi aggiorno. -
- Beh, hai nominato i social network... è già qualcosa. -
- Non trattarmi con aria di sufficienza, preferisco essere un vecchio rincoglionito ottocentesco piuttosto che essere un malato di sesso. Per favore! - esclamò esasperato il ragazzo.
Angie scosse la testa e sorrise, osservandolo mangiare un po' dello zucchero che sapeva di caffé: - Sei adorabile. -
- Detto da una bambina è piuttosto inquietante. - replicò Frank, lasciandosi scappare un sorriso nonostante avesse intenzione di continuare a fare il vecchio quarantenne cinico alla presa con le nuove generazioni.
- No, offensivo in caso. E comunque non sono una bambina. -
- Avere il ciclo non fa di te una donna vissuta. -
- Mi piace definirmi giovane donna. - disse Angie, guardando un punto indefinito del soffitto con aria teatrale, quasi stesse osservando il tramonto o un fottutissimo orizzonte poetico. 
- Okay, ora posso dire di aver sentito l'appellativo più triste del mondo. -
La ragazza rise e trascinò la sua tazza vuota in mezzo al tavolino con aria solenne: - Io ho finito. -
- Ah-ah, non provarci, ragazzina. Non alzerò il culo finchè non mi verrà il diabete con questo cazzo di zucchero al gusto di caffé. -
- Posso assaggiarlo? -
Frank la guardò, dubbioso, stringendo fra le mani la tazza come se stessero cercando di strappargli dalle braccia suo figlio.
- Uhm, okay. - le concesse infine, trascinando lentamente la tazza in sua direzione.
Angie gli rivolse un sorriso soddisfatto e prese il suo cucchiaino, prendendo mezza cucchiaiata di quello zucchero. Lo mangiò con aria assorta, dopodiché chiese: - Mi accompagni a casa? -
- Non mi hai ancora detto se ti piace lo zucchero al caffé. -
- E' delizioso. -
- Bene, allora, in questo caso, ti accompagno. -
Angie lo fulminò scherzosamente per la sua esitazione, fingendosi offesa: - Allora andiamo? E' tardi per i miei parametri. -
- Vecchia rincoglionita ottocentesca, è l'una di notte. E dopo sarei io lo sfigato? -
- Metti che mia madre chiami a casa e non mi trovi... che succederebbe, eh? Rimarrei rinchiusa in casa per mesi e diventerei davvero vecchia e rincoglionita. -
- Perchè, i tuoi non sono a casa? - domandò Frank, sfilando il portafoglio dalla tasca esterna dei jeans e andando alla cassa insieme a Angie per pagare.
- Mia madre è dal suo compagno e mio padre è in cimitero sotto metri di terra a farsi divorare dai vermi. -
Frank si bloccò un istante mentre passava distrattamente una banconota alla ragazza alla cassa: - Scherzi? -
- No, non sono così macabra. - sbuffò Angie, incrociando le braccia e fissando con gli occhi verdi il suo riflesso alla vetrata.
- Mi dispiace, scusa. Non avrei dovuto... -
- Che ne sapevi? E' l'ultima cosa di cui ti dovresti scusare con me. - mormorò, salutando con un cenno la ragazza e uscendo dal bar insieme a Frank.
- Di che dovrei scusarmi, scusa? - domandò Frank, accorgendosi solo dopo della patetica ripetizione.
- Per esempio, di avermi rubato il cuore quella sera e non avermelo più ridato. - butto lì Angie, stringendosi nella sua felpa enorme mentre camminavano fianco a fianco sul marciapiede, proprio come quella notte.
Il ragazzo rimase a fissarla, interdetto.
- Scherzo! - esclamò Angie ridendo, - Non sono presa così male. -
- Sicura? -
- Mh-mmm. - confermò con un sorriso.
Si sedettero sulla panchina della fermata dell'autobus. O meglio, Frank si sedette per primo e Angie sulle sue ginocchia, mettendosi di lato in modo da circondargli con un braccio il collo.
- La fermata dell'autobus è il tuo posto preferito per le porcate? - domandò il ragazzo, - Sai, ho una specie di deja-vù. -
- Porcate? Ti ho dato un semplice bacio, Cristo. -
- E non fare la cattolica. - le rimproverò Frank con un mezzo sorriso, circondandole la vita con un braccio.
Angie sorrise e gli prese il viso con una mano, dandogli un bacio breve ma dolce.
Il ragazzo non riuscì a trattenersi e avvicinò di nuovo il viso al suo, chiedendole un altro bacio, che ricevette all'istante. Non sapeva perchè la stesse baciando, ma ancora non riusciva a pentirsene. Forse gli sarebbe servito più tempo per raggiungere uno stato di auto-sputtanamento assoluto. Un attimo... già lo sentiva arrivare, cazzo.
Si scostò e Angie gli baciò una guancia, senza rendersene nemmeno conto.
L'autobus arrivò e la ragazza scese dalle sue gambe e lo accompagnò dentro per mano. Nemmeno si accorsero di non avere fatto il biglietto, e andarono nei sedili in fondo incrociando appena lo sguardo con i pochi presenti. Beh, dubitava che a quelle ore passassero i controllori. Erano di sicuro a casa a nanna.
Frank si appoggiò al finestrino con la schiena e Angie si infilò fra le sue gambe di schiena, appoggiando i gomiti sulle sue ginocchia e abbandonandosi contro il suo petto. Gli disse brevemente a che fermata doveva scendere, dopodiché sembrò addormentarsi.
Frank non si ricordava quanto fosse bello viaggiare in un autobus silenzioso di notte, in mezzo al buio. Era estremamente rilassante, cazzo. Da quando era in quella band, paradossalmente, non faceva più giretti simili. Forse era meglio, del resto il manager lasciava loro sei ore di sonno per notte, e quando cercava astutamente di negargliele si indignavano e venivano su litigate fin troppo patetiche. Ma in realtà gli mancavano certe cose. Ed era solo in momenti come quelli che se ne rendeva conto. Però non vedeva l'ora di tornare dai suoi ragazzi, era innamorato di quel gruppo di coglioni lunatici... specialmente di Gerard.
 
- Rimani? -
Frank cercò di districare le loro dita e allontanarsi, cercando di rendersi più credibile quando avrebbe detto di no, ma Angie strinse la presa sulle sue dita calde.
- Angie, non posso... - mormorò, accennando un sorriso dispiaciuto. Era la prima volta in assoluto che cercava di avere tatto con una persona, di solito erano gli altri a non averlo con lui e lui a sputare cose acide cercando di sentirsi meglio.
- Sì che puoi. - replicò la bionda, e Frank ebbe l'impressione che se avesse di nuovo rifiutato Angie avrebbe preso una motosega e avrebbe messo su una deliziosa scena alla Saw.
In effetti, sì che poteva. La mattina dopo sarebbero dovuti partire col tourbus alle otto, diretti a Newark, quindi a dire il vero bastava che tornasse all'hotel prima dell'ora prestabilita. Si sarebbe svegliato alle sei e mezzo, probabilmente, ma comunque avrebbe fatto più danni adesso ad andare in autobus col sonno che aveva addosso. Avrebbe saltato di sicuro fermate e sarebbe stato più estremo che svegliarsi presto.
Sbuffò, alzando gli occhi al cielo: - E va bene. -
- Sì! - trillò Angie, saltellando. Alla faccia della diciasettenne.
- Però mi sveglierò alle sei e mezza e tu non mi dovrai rompere le palle. -
- Lo so, lo so, non c'è problema. - gli assicurò sorridendo.
- E non stuprarmi mentre dormo. -
Angie cominciò a canticchiare con aria vaga, trascinandosi Frank dietro fino all'ingresso della casa.
Ah, ottimo.
La casa non era molto grande, ma carina. Sembrava nuova. Nel tragitto per arrivare in camera di Angie vide parecchie foto che ritraevano una bambina bionda e piccola in braccio a un uomo sorridente. Dovevano sentire la mancanza di suo padre, sembrava un uomo tranquillo dagli enormi sorrisi che aveva in tutte le foto.
Angie non si voltò mai a guardarlo, e Frank si chiese se le dessero fastidio tutte quelle foto attaccate in giro.
Aprì la porta della sua camera e Frank venne investito dalla confusione rosa e leopardata che solo una teenager gasata può creare.
Le pareti erano colme di foto e poster, mentre il pavimento era pieno di cavi e fili che Frank scoprì ben presto fossero della Play Station attaccata al televisore.
C'erano leggins, reggiseni e magliette ovunque, sembrava che una lavatrice fosse esplosa.
Frank le chiese il permesso e andò a farsi una doccia, dopodiché si misero entrambi sotto le coperte del letto matrimoniale - doveva invitare spesso i ragazzi a dormire da lei.
Uno scatto e la luce del comodino si spense.
Il ragazzo percepì delle braccia sottili abbracciarlo, ma era troppo stanco per parlarne.
- Frank? - . Lei, evidentemente, no.
- Mh? -
- Sono felice che tu sia qui. - sussurrò, e le sue labbra sfiorarono il collo di Frank, facendogli venire la pelle d'oca.
Frank venne strappato bruscamente dal suo mondo dei sogni e sussultò appena sentì tutto il sangue affluire nella zona boxer.
- Angie... no... - farfugliò fra un bacio e l'altro che la ragazza gli posava sulle labbra.
- Oh, sì. - replicò la bionda, levandosi la maglietta larga dei Nirvana che si era infilata per la notte e prendendo il viso di Frank fra le mani, guidandolo sulle sue labbra.
- Angie, Angie. - borbottò Frank, afferrandola per i fianchi e obbligandola a scostarsi, - Io... -
- Okay, Frank, dillo. Dillo qual è il tuo problema. Io lo so già, sai? -
- Cosa...? - esclamò il ragazzo, fingendosi confuso.
- E' per fare ingelosire il cantante, Gerard. Farlo ingelosire di te. Cosa aspettavi a dirmi che ti piacciono i ragazzi? -
Frank spalancò la bocca, indignato: - Io... non... non stiamo insieme o cose simili, okay? Siamo solo amici. -
- E' ovvio che per ora siete solo amici, altrimenti non sentiresti il bisogno di attirare la sua attenzione e garantirti che gli piaci. - esclamò spazientita Angie, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Il ragazzo era impressionato. Non pensava di essere un libro così aperto... oppure, semplicemente, l'amore era banale e perfino una ragazza come Angie era riuscita a descrivere a grandi linee tutto quello che provava.
- Cosa aspetti prima di chiedermi scusa? Scopare non vuoi, quindi... - gli occhi di Angie vagarono nella penombra, scegliendo e scartando ipotesi, - Non lo so, devo vendere la mia anima al diavolo in cambio di un clone di Gerard? -
- No, Angie. Scusa. Sono un pezzo di merda, me ne rendo conto. Sei libera di schiaffeggiarmi. - mormorò Frank, togliendo la mano ancora posata sulla sua pelle scoperta.
- No, non mi interessa schiaffeggiarti. Non ora, perlomeno. - sospirò la ragazza, facendo cadere le mani sul petto di Frank e facendolo sussultare appena. Portò una mano al suo viso e lo accarezzò con una certa pesantezza, quasi lo volesse cancellare da quel letto. Forse sarebbe stata la cosa migliore per entrambi.
Angie sbadigliò appena e si spalmò praticamente su Frank, solo in reggiseno e mutandine, e il ragazzo si chiese come cazzo facesse a non avere freddo.
La coprì con le lenzuola morbide e profumate e la fece scivolare appena di lato, per stare più comodo, ma le gambe di Angie non mollarono la sua vita, sembrando dei tentacoli lisci e morbidi.
Frank si ricordò della sveglia, improvvisamente, e la fissò sul cellulare, sperando che fosse affidabile, dopodiché gli ormoni si abituarono al corpo di Angie così aderente al suo ed era quasi nel mondo dei sogni quando la sentì sussurrare: - Comunque, ho sedici anni. -
 
La sveglia predefinita del cellulare lo svegliò, salendo al numero uno della classifica di cose più irritanti e vomitevoli di sempre.
- Che cacchio è? - farfugliò Angie, sollevando la testa dal cuscino con uno sbadiglio. Oh, era magicamente tornata nella sua parte di letto.
Frank allungò un braccio sul comodino e prese il cellulare, trattenendosi dal lanciarlo contro il muro davanti e pestarlo finchè il suo inventore scendesse dal cielo implorandolo di risparmiarlo: - La fottutissima suoneria predefinita del mio cellulare. - 
Ah, ottimo, aveva pure otto chiamate perse. Tutte di Gerard.
- Orrenda. - commentò a mezza voce Angie, sbadigliando, - Che ora è? -
- Sono le sei e mezzo, devo andare. - sospirò Frank, scendendo dal letto, - Ti avevo già avvisata ieri notte. -
Angie fece un verso acuto, simile a un lamento impertinente, e il ragazzo cominciò a saltellare per la stanza cercando di infilarsi i jeans, in tremendo conflitto con il suo scarso equilibrio.
Frank uscì dalla stanza e Angie lo seguì con passo incerto giù per le scale fino all'ingresso.
- Vado, Angie. - disse Frank con un sorriso appena accennato e terribilmente stanco.
Gli occhi verdi della ragazza lo imploravano di restare, ma dalle sue labbra non uscì alcuna supplica: - Ciao, Frank. -
Frank esitò, dopodiché le lasciò un bacio sulla fronte, manco fosse sua sorella.
Angie lo guardò come se lo avesse appena insultata e Frank si voltò, deciso ad andarsene in quel preciso istante. Ma la ragazza lo chiamò.
- Frank. -
Si voltò a guardarla.
- E' l'ultima volta che ci vediamo, vero? - disse Angie, sembrando una bambina il cui padre la stava abbandonando per sempre.
Inspiegabilmente, un groppo in gola soffocò appena Frank, che nel profondo era mortificato ma che non si sognava nemmeno di darlo a vedere. Annuì e basta.
Angie annuì appena, deglutendo, dopodiché si avvicinò a Frank e gli buttò le braccia al collo, abbracciandolo con disperazione contenuta.
Frank ricambiò l'abbraccio e le baciò i capelli, ponendo fine a quella tragedia che alle sei di mattina non era in grado di vivere.
- Addio, Angie. - mormorò, e se ne andò prima di darle il tempo di protestare. Il suo posto non era lì con lei. Il suo posto era nella sua band, a fare il chitarrista e l'amico. Se mai si sarebbe fidanzato, di certo non sarebbe stato con Angie. Erano lontani, non si completavano in alcun modo. Angie era giovane, e comprensibilmente aveva identificato in Frank il principe azzurro nel preciso istante in cui l'aveva presa per mano e strappata dalle grinfie di Gerard, il lupo cattivo, ma il principe azzurro non aveva salvato la principessa perchè l'amava. Il principe azzurro aveva allontanato la principessa dal lupo cattivo perchè era lui che amava.
 
Arrivò all'hotel alle sette e qualcosa. Prese l'ascensore e andò al quarto piano, dove avevano la loro suite. Aprì la porta con calma e gli mancò il respiro quando si sentì subito spinto contro il muro alle sue spalle e ci sbattè la testa con forza. Maledetti corridoi stretti.
- Dove cazzo eri? - urlò Gerard, afferrandolo per la maglietta. I suoi occhi verdi erano ardenti, ma non di quel fuoco che ti eccita, anzi, ti facevano cagare intorno.
Frank si portò le mani alla testa dolorante con un lamento pietoso mentre Ray afferrava Gerard per i fianchi stretti e lo allontanava da Frank.
- Lasciami andare! - ringhiò Gerard, dimenandosi invano dato che anche Bob lo stava tenendo fermo.
- Gerard, calmati. - intervenne Mikey, affacciandosi sul corridoio con una tazza di caffè in mano.
- Dov'eri, eh? - tuonò Gerard, gli occhi che guardavano furiosi Frank, - Sei andato dalla puttana a scopare, vero? Hai una cazzo di band, ricordi? Non puoi fare quel cazzo che vuoi, andare a scopare tutta la notte e tornare quando ti va! Siamo in ritardo per colpa tua, cazzo! -
- Dovevamo partire alle otto e sono le sette e diciassette. - disse flebilmente Frank, intimorito. Raramente Gerard si incazzava così con lui.
- Ieri sera avevamo deciso di partire prima perchè abbiamo dei problemi con le stanze che abbiamo affittato, e se tu avessi risposto al tuo cazzo di cellulare, l'avresti saputo! Ma siccome i cellulari sono stati inventati solo per i scopamici, tu naturalmente non mi caghi! -
Frank spalancò la bocca, senza trovare scuse. Si era comportato male, Gerard aveva ragione: - Mi dispiace.-
- Non me ne fotte un cazzo delle tue scuse! Io non ce la faccio più a farmi il culo per una band che non sa nemmeno che cazzo è la professionalità! Io me ne vado, arrangiatevi sta sera. Fate cantare Frank visto che è tanto bravo, io ne ho abbastanza delle sue stronzate. - sbottò Gerard, liberandosi di Ray e Bob con uno strattone e allontanandosi a passo veloce e furioso per il corridoio.
- Gerard! - protestò Ray, preso in contropiede.
- Gee, ti prego! - esclamò Mikey, cercando di inseguirlo.
Bob lo bloccò: - Lascialo andare. -
- Ma... - protestò Mikey, gli occhi disperati e il respiro affannato.
- Tornerà da solo se vorrà farlo. - disse Bob fulminando Frank, il cui mondo gli stava crollando addosso distruggendolo.
Che casino che aveva fatto. Tutto per quella ragazza e per la sua malsana voglia di far soffrire Gerard. Non avrebbe mai pensato che fosse andata a finire così. Non avrebbe mai pensato che quei capricci fossero un'arma a doppio taglio. E per quei stupidi capricci sentimentali stavano sfasciando una band, una band della quale entrambi erano innamorati.
Dopo una lunga discussione con il manager, decisero di andare ugualmente a Newark e di far cantare davvero Frank nel caso Gerard non si fosse presentato. Disdire il concerto era troppo rischioso dato che le possibilità che Gerard tornasse c'erano. Gerard amava troppo il suo lavoro, chiunque se ne sarebbe accorto.
Ma l'ansia non abbandonava lo stomaco di Frank, che per tutto il viaggio aveva tentato di chiamare Gerard al cellulare, lasciandogli messaggi goffi e colpevoli alla segreteria telefonica. Lo chiamò tredici volte in tutto e gli mandò sette messaggi, tutti di scuse tranne uno, l'ultimo che ebbe il coraggio di mandare e che diceva che non voleva perderlo.
Guardando i paesaggi monotoni che circondavano le autostrade, Frank non faceva altro che pensare a lui, non riusciva nemmeno a dormire, diamine.
Mikey, Ray e Bob non lo sgridarono mai esplicitamente, forse per pietà dato Frank si stava tormentando da solo crogiolandosi nei suoi sensi di colpa.
Pensava a cosa avrebbe potuto dirgli, a cosa gli avrebbe detto appena si fossero rivisti, si immaginò discorsi improbabili e infine realizzò che forse Gerard se n'era davvero andato.
Per sempre.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Just like McDonald's. ***



Just like McDonald's

 


Mancavano due minuti esatti all'inizio del concerto e Ray stava dando velocemente delle dritte a Frank, che era sul punto di piangere.
- Ray, non ce la faccio. - ansimò Frank, la stessa virilità di una stupida ragazzina al primo appuntamento.
- Tu hai creato il casino, tu lo risolvi. - disse rigido Ray, afferrandolo per le spalle.
-  Ma così vi rovino, non risolvo un cazzo! - esclamò il più piccolo, la voce nervosa che si lasciava andare in spaventosi acuti.
- Andrà tutto bene. - gli assicurò il riccio, inchiodandolo con gli occhi nocciola.
Frank lo abbracciò: - Scusa, Ray, scusa per tutta la merda che sto creando. -
- Tranquillo, Gerard ha un po' esagerato ma vedrai che ritornerà. Non so che gli sia preso, sinceramente... dev'esserci altro sotto. -
Il più piccolo si scostò e non aggiunse altro. No, Ray non era il tipo adatto a cui raccontare le sue avventure sentimentali, specialmente se coinvolgevano il cantante del suo gruppo.
- Frank, come stai? - chiese Mikey, comparendo dal nulla con in mano una bottiglietta di acqua leggermente frizzante, - Hai provato un po' di canzoni? -
- Faccio schifo! - urlò con voce disperata e roca. Era nato per lo screamo, non per scimmiottare la voce pulita e graffiante di Gerard.
- No, è solo che è molto diverso da Gerard... - spiegò il riccio.
- Come reagiranno i fan? - esclamò poi Frank, terrorizzato.
- Non è ancora detto, magari Gerard ar... -
- Fra un minuto in scena! - urlò il manager, lasciando la frase di Mikey in sospeso.
Mikey fece una smorfia preoccupata: - Beh, sarà un'esperienza nuova, no? -
- Sarà umiliante. - mormorò Frank, prendendosi il viso fra le mani.
Mikey gli battè una mano sulla schiena, cercando di incoraggiarlo: - Nessuno criticherebbe Frank Iero. -
- Ragazzi, andiamo! - esclamò Bob, comparendo accanto a Mikey.
Frank prese la sua Pansy e fece un respiro profondo, dopodiché seguì Bob per il corridoio stretto.
Salirono sul palco e le fan cominciarono ad urlare eccitate, inconsapevoli che colui che era il loro idolo in realtà mancava. Che cazzo, Gerard era il succo di tutta quella band, solo ora Frank lo capiva. Senza Gerard non erano più i My Chemical Romance.
- Ehilà. - salutò incerto Frank, sistemando meglio il microfono sull'asta.
Delle urla femminili si alzarono a urlare il suo nome, manco avessero visto Gesù Cristo.
Dopodichè capirono improvvisamente che qualcosa non andava e cominciarono a urlare il nome di Gerard.
Frank si sentiva morire, sapeva che appena avrebbe pronunciato le fatidiche parole tutte coloro che prima lo amavano lo avrebbero odiato a morte per avergli strappato e sostituito Gerard.
Dov'era finito Gerard? Dove cazzo era?
Ormai era troppo tardi.
- Sì, uhm... beh, Gerard ha avuto un problema e beh, non è potuto venire. -
Urla di protesta quasi gli fecero esplodere i timpani, voleva scendere dal palco e correre via piangendo ma non riusciva nemmeno a muoversi.
Poi, all'improvviso, sentì una voce bassa mormorare una filastrocca inquietante di cui colse la parola "bambine cattive" e "il lupo è venuto a prendervi". Col cuore che martellava nelle tempie, si voltò sconvolto e vide Gerard sussurrare al microfono con un sorriso malizioso e inquietante. Non riuscì a trattenersi e saltò praticamente addosso al cantante, stroncando la sua filastrocca del cazzo in un abbraccio straziante.
Gerard lo respinse leggermente, senza darlo a vedere alla folla ma facendolo percepire solo a Frank.
Lo sguardo distaccato e indifferente di Gerard fu come una morsa gelida allo stomaco del più piccolo, che rimase a guardarlo senza sapere che diamine dire o semplicemente che cazzo fare.
Il moro lo superò, come se si fosse appena imbattuto in uno sconosciuto, e si fece accogliere dalle urla della folla.
Frank si voltò a guardarlo e lo sentì giustificarsi disonvolto dicendo che aveva avuto dei problemi con i suoi jeans attillati, dopodiché andò da Ray a dirgli qualcosa, e per passaparola giunse notizia a Frank che avrebbero iniziato con Our Lady of Sorrows. Per qualche strano motivo, la canzone fece sentire Frank ancora peggio, nonostante il ritornello averebbe dovuto tirarlo su. Ma Gerard non si voltò mai a guardarlo, non gli rivolse nemmeno mezzo sorriso, sembrava che sul palco ci fossero solo lui, suo fratello, Ray e Bob.
We could be perfect one last night.
Frank era diventato invisibile, ed era la sensazione più brutta del mondo. Rivoleva Gerard, le sue stronzate pornografiche da diva, gli bastava anche solo uno sguardo d'odio, bastava che Gerard lo considerasse in qualche modo.
Quando finì il concerto, Gerard scese dal palco senza rivolgere parola a nessuno, tranne che a Mikey, al quale disse qualcosa di sprezzante che Frank non riuscì a capire, lì dov'era.
Frank abbandonò il palco a passo veloce, e andò direttamente a chiudersi dentro il bagno dei camerini a piangere. Sembrava una ragazza appena lasciata dal ragazzo, e forse era proprio così. Pianse a dirotto per mezzora, dopodiché gli ci vollero venti minuti per ricomporsi, aspettare che gli occhi da arrossati e gonfi tornassero normali e che smettesse di tremare.
Quando uscì dal bagno si sentì la persona più patetica del mondo. Non sapeva nemmeno dove cazzo fossero tutti gli altri. Chiamò Ray al cellulare e prese notizia che quella notte in due avrebbero dovuto dormire nel tourbus dato che una camera l'avevano persa e, ironia della sorte, avrebbe dovuto condividere il piccolo furgoncino proprio con lui, il ragazzo che al momento lo amava più di qualsiasi altra cosa al mondo: Gerard. L'idea fu naturalmente del cantante, che probabilmente aveva intenzione di sgozzare Frank mentre faceva finta di dormire (di sicuro avrebbe passato la notte in bianco).
Andò al posto che Ray gli aveva descritto, e cercò con lo sguardo il furgoncino parcheggiato nel parcheggio dell'hotel. Riusciva già a vedere la chioma di Ray scaricare valigie.
Appena Frank vide i capelli neri del cantante il suo cuore accelerò. "Questa è la volta buona che mi viene un infarto.", pensò, barcollando in direzione del tourbus. Faceva pure un freddo cane, cazzo, gli sarebbe venuta l'influenza se non fosse morto prima ibernato.
Ray, Mikey e Bob gli rivolsero un saluto veloce, Gerard nemmeno lo guardò.
Frank rimase con le braccia incrociate appoggiato al tourbus, osservandoli imprecare mentre trascinavano le valigie giù dal baule. Sentiva il cuore battere dentro le orecchie e rimbombare nella testa. Stava impazzendo.
Il manager si assicurò che avessero delle coperte, quasi fossero a un corso di sopravvivenza, e infine li lasciò con un saluto molto presa per il culo.
Gerard si voltò a guardare Frank. Non con odio, ma con un infinita e terribile tristezza.
- Frank, io non voglio litigare con te. Non chiedermi il perchè, perchè davvero non lo so, ma sta di fatto che qualcosa di te me ne frega, a quanto pare. Nemmeno io voglio perderti... ah, sì, ho letto e ascoltato tutti i tuoi messaggi. Non so se erano dettati dalla paura di lasciare il gruppo o se davvero volevi fare la pace con me, ma beh, mi sono sentito... davvero male. Credo sia la prima volta che litighiamo così, ero incazzato e lo sono tuttora se ci ripenso, ma so che se ti fossi ubriacato in giro con una puttana qualunque non me la sarei presa. Invece hai passato la notte con quella ragazza, la stessa che mi hai negato quella notte e beh, mi sono sentito ferito e preso in giro. Perchè pensavo lo facessi per il mio bene, non per scopartela te. Mi ero illuso, ed è stato un brutto colpo vederti con lei. -
Frank non ne era sicuro, ma forse non stavano parlando di gelosia. Stavano parlando di qualcosa di meno egoista, forse di... amore?
- Se ci tieni a saperlo, non abbiamo scopato. - disse cautamente Frank, decidendo di dimostrarsi altrettando sincero di fronte alle parole di Gerard che sapeva gli costavano tanto.
- E allora che avete fatto? Perchè siete andati via insieme? -
- Volevo farti ingelosire. - ammise infine Frank, abbassando lo sguardo sull'asfalto. E dopo era Gerard il pezzo di merda? Solo ora si rendeva conto che lui per primo era scorretto.
Gerard rimase in silenzio per un po', ma Frank non vide la sua espressione, quindi non ebbe la più pallida idea di cosa stesse pensando.
- Farmi ingelosire di chi, dei due? - chiese infine Gerard.
- Speravo di me. - mormorò il più piccolo. Raccattò un po' di coraggio e alzò lo sguardo per vedere il viso di Gerard, che sorrise appena.
- Non ti dirò mai se ce l'hai fatta. -
- Beh, il fatto che tu ti sia arrabbiato con me dice molto... -
- Dell'intera gamma di emozioni che un essere umano può provare, tu hai preso in considerazione solo la gelosia? Ci sono altri sentimenti da prendere in considerazione, e sono sicuro che tu l'abbia già fatto. - disse Gerard con un sorrisetto strafottente.
- E' così palese che io sia il ragazzo più illuso del mondo? - chiese sconcertato Frank.
Gerard sorrise, si accese una sigaretta e se la portò alle labbra, ispirando una lunga boccata di fumo. Stava cercando di fargli capire qualcosa con tutto il discorsetto delle emozioni? O era l'ennesima sega mentale di Frank?
- Ad ogni modo, non volevo... cioè, sì, volevo ferirti ma solo ora mi rendo conto che in realtà non avrei mai voluto farlo. Scusa. - farfugliò il più piccolo, affondando le mani nelle tasche della felpa.
Gerard inarcò appena le sopracciglia, confuso dai pensieri contorti di Frank: - Ti perdono. -
Frank si lasciò andare in un sospiro e aprì la portiera del furgoncino, sedendosi su un sedile con i piedi a penzoloni sopra l'asfalto.
- Non comportarti più così. - mormorò Gerard, osservando la cenere cadere dalla sua sigaretta, - Sei l'unica persona al mondo che riesce a smerdarmi, e la cosa non mi piace. -
- Ora che lo so potrei gasarmi. -
- No, non lo faresti. -
- Sono così prevedibile? -
- Ah-ha. - confermò Gerard.
Frank abbassò lo sguardo, scuotendo la testa appena, e Gerard gli baciò i capelli. Doveva essere il segno definitivo che avevano risalvato la loro flebile amicizia coraggiosa.
Il moro si mise di fronte a lui, osservandolo con scherzosa aria indagatoria prima di chinarsi ed avvicinare il viso a quello di Frank, soffiandogli il fumo praticamente in bocca.
Il più piccolo socchiuse le labbra e inspirò la boccata di fumo, decidendo che quello era il modo di fumare più eccitante del mondo.
- Che ne dici, Frankie, andiamo da qualche parte? Io ho fame. - dichiarò Gerard, scostandosi e sollevando la testa per soffiare fuori l'ennesima boccata di fumo. Frank adorava sentirsi chiamare in quel modo, ma preferì non delirare e soffocò ogni singolo grammo di entusiasmo che rischiava di sprigionarsi e investire Gerard.
E così, avevano già fatto la pace? Tutto qui?
- Anch'io. Andiamo a mangiare kebab? -
- Che schifo. - sorrise il moro con una smorfia.
- Nah, è buonissimo. - replicò Frank, saltando giù dal sedile e sfilandosi la felpa per mettersi sotto un maglioncino per proteggersi almeno un po' dal freddo.
- Hai mai visto un kebabbaro all'opera? No, perchè immagino cambieresti idea dopo aver visto ogni singola goccia del suo sudore percorrergli le guancie paonazze fino al mento, dove cade e finisce sul tuo kebab a speziarlo ulteriormente. -
Frank si mise il maglioncino e ci infilò sopra la felpa, battendo i denti per il freddo. Si voltò a guardare Gerard: - Sta sera mangiamo cinese. -
 
Passarono la serata tranquillamente. Andarono in un ristorante cinese che stava per chiudere, ma fortunatamente la figlia tredicenne del proprietario li conosceva e tennero aperto mezzora in più in cambio di autografi e foto. Quando finirono di mangiare andarono in giro per  negozi di musica (i pochi ancora aperti) a guardare le chitarre per la gioia di Frank e le commesse per la gioia di Gerard, dopodiché andarono in un bar a bere un caffé e infine tornarono al parcheggio dell'hotel. Era da tanto che non uscivano insieme, solo loro due, semplicemente per ridere, parlare e divertirsi come due semplici amici, non come due ragazzi costretti a convivere in quanto nella stessa band. A volte Frank aveva l'impressione che Gerard stesse con lui per scopi puramente lavorativi (o per cercare di scoparselo), ma quella serata gli dimostrò che in realtà non era così, che a Gerard piaceva la sua compagnia e che erano bravi anche a parlare di cose aldilà del loro lavoro.
- Ti rendi conto? E' la cosa più triste del mondo. La gente normale dopo aver passato la serata in giro andrebbe a casa sua a bere un the e poi a dormire, noi invece andiamo in uno squallido parcheggio a dormire in un furgoncino. - esclamò il moro, stizzito.
- E' terribile. - confermò ridendo Frank.
- Ed è colpa tua, stronzo. - sorrise Gerard, dandogli uno spintone.
- Ehi. - protestò il più piccolo con il suo solito sorrisetto idiota.
- Ti voglio bene, sai? - disse Gerard, quasi stesse sottolineando ironicamente un suo difetto.
Era la prima volta in assoluto che Gerard glielo diceva, e Frank stava per svenire senza alcun motivo propriamente etero.
- Ora lo so. -
- Che depresso, Frank! Dovevi dire "anch'io", non fare l'omino senza palle. -
- L'omino senza palle? - ripeté sghignazzando Frank, - E chi ti garantisce che l'omino senza palle ti vuole bene? -
- Ogni singola parola che dici, Iero. - rispose Gerard.
Frank si mordicchiò appena un labbro, alterando appena il sorriso allegro che gli era spuntato. Non se l'aspettava una risposta del genere, e all'improvviso si sentiva costantemente osservato. Pensava di essere ignorato dal resto del mondo, era strano scoprire che in realtà qualcuno si era accorto di lui e gli prestasse attenzione. Specialmente se quel qualcuno era estremamente importante per lui.
Aprirono il furgoncino sghignazzando per la triste ironia della scena e si infilarono nei sedili posteriori, trafficando con le coperte che era riuscito a procurargli il manager.
Gerard chiuse con forza la portiera e si assicurò che l'intero furgoncino fosse serrato.
- Hai paura che ci rubino? - chiese ridendo Frank, da sotto una coperta.
- Siamo estremamente carini, è comprensibile che uno sconosciuto passando si possa innamorare di noi. - spiegò Gerard, abbassando i sedili davanti nel tentativo di formare qualcosa di simile a un letto.
Allungarono le gambe sui sedili abbassati e rimasero in silenzio per un po', valutando la loro posizione, dopodiché si voltarono a guardarsi contemporaneamente.
- Bella merda. - dissero all'unisono.
Si strattonarono per un po' le coperte a vicenda, in egoistici tentativi di coprirsi al meglio e una volta soddisfatti Gerard si sporse e spense la lucetta del furgoncino, nel quale non calò comunque il buio dato che accanto al veicolo parcheggiato c'era un lampione.
Cazzo, che barboni.
Rimasero per un attimo in silenzio, dopodiché Frank sentì Gerard trafficare con le mani sotto le coperte. Non disse niente appena capì si trattasse solo dei jeans, che lanciò da qualche parte vicino al volante, probabilmente sul cruscotto.
Altro minuto di silenzio e Gerard tornò a trafficare, grugnendo appena per lo sforzo. A questo punto, Frank si sentì autorizzato ad allarmarsi.
- Gee, ti sei tolto le mutande? -
- Mh-mmm. - confermò Gerard con aria beata.
Frank sorrise nella penombra e gli prese il viso per il mento, posandogli un bacio bagnato sulle labbra.
Gerard ricambiò con parsimonia il bacio, gli occhi ancora chiusi, dopodiché le labbra di Frank diventarono più fameliche e appena Gerard si rese conto di cosa aveva intenzione di fare spalancò gli occhi con un sorriso entusiasta.
Frank rise e Gerard gli saltò addosso, strappandogli di dosso ogni singolo indumento lo ricoprisse.
Quella notte nessuno dei due provò più freddo.
 
La luce colpiva in piena faccia Frank da un po', e per quanto indugiasse sul corpo completamente nudo di Gerard aveva cominciato a stancarsi di starsene lì e iniziò ad abbandonare il mondo dei sogni e ad affrontare gradualmente la realtà.
Okay, aveva fatto sesso con Gerard. Okay, gli era piaciuto. Okay, non era più molto etero. Okay, erano ancora nudi. Okay, erano sul tourbus della band. Okay, sarebbero potuti arrivare da un momento all'altro e trovarli in quelle condizioni. Okay, si sarebbe infilato delle mutande e avrebbe svegliato Gerard. Okay, non ne aveva nessunissima voglia ma l'avrebbe fatto.
Si sollevò dal petto di Gerard e cominciò a saltellare per il furgoncino alla ricerca delle sue mutande, svogliato nonostante il sedere gli facesse piuttosto male. Le trovò sui sedili anteriori, e per un attimo si immaginò il viaggio che dovevano aver fatto per arrivare fin lì. Trovò il suo cellulare per terra, in mezzo alle loro scarpe in maniera davvero poco dignitosa, e prese atto che erano le sei e mezzo del mattino. Si buttò da un sedile all'altro e raggiunse di nuovo Gerard, atterrandogli addosso con la stessa leggiadra di un elefante in procinto di partorire.
Gerard grugnì leggermente appena il peso di Frank gli cadde addosso, ma la prima cosa che pensò di fare fu afferrarlo per le chiappe e stringerselo contro.
Frank gemette e si chinò a dargli un lungo bacio, infilando le mani fra i suoi capelli neri e strappandoglieli quasi. Più aveva Gerard, più lo voleva.
Due colpi secchi al finestrino e Frank quasi urlò, scostandosi immediatamente da Gerard. Si voltò e guardò sconvolto la chioma inconfondibile di Ray, che contro luce era qualcosa di immenso e spaventoso.
Gerard sorrise e lo salutò con la manina, raggiante.
Frank allungò una mano e abbassò il finestrino, patetico come pochi.
- Non mi interessa che cazzo state facendo, e nemmeno mi interessa vedere il cazzo di Gerard, quindi mettiti delle fottutissime mutande. E in fretta, dato che Mikey e Bob stanno per arrivare e sapete quanto il piccolo Way sia sensibile. -
Frank andò quasi in iperventilazione appena vide i capelli biondi di Bob da lontano e Mikey barcollare in loro direzione, quindi si fiondò avanti e lanciò a Gerard mutande e pantaloni finiti sul cruscotto, soffocando urla di dolore causate dal freno a mano conficcato fra le costole. Dannato furgoncino del cazzo.
Gerard si infilò tutti gli indumenti, sghignazzando divertito, e trovò addirittura il tempo per esultare appena vide che i jeans gli stavano larghi.
Frank si sedette disinvolto dall'altra parte del furgoncino, e salutò con un sorriso Mikey e Bob avvicinarsi.
- Ehi. - salutò Mikey, gli occhi socchiusi a causa del sole, - Dormito bene? -
- Sì, sì. - rispose con aria vaga Frank.
- Avete fatto la pace? Tutto a posto? - continuò cautamente Mikey, lasciando la valigia sul baule.
- Sì, sì. - rispose Frank, continuando a mantenere un aria disinvolta.
- Okay... - mormorò Mikey, insospettito.
Gerard si limitò a fare un enorme sorriso tirato prima di tornare ad esaminare quanto esattamente l'orlo dei jeans distanziasse dalla sua pancia.
Li raggiunsero anche il manager e l'autista e fecero un breve tratto di strada prima di fermarsi a un bar lì vicino per fare colazione.
Tutti si fiondarono praticamente fuori dal furgoncino, tranne Frank che cercava impacciato di scendere senza dare l'impressione di uno che l'ha preso in culo, e Gerard che si accorse del suo stato pietoso e decise di aiutarlo.
- Tutto okay? - chiese tremendamente soddisfatto Gerard.
Frank non riuscì a trattenere un sorriso: - Mi hai praticamente sfondato il culo, Way. -
- Ieri sera non mi sembrava di averti sentito lamentarti. - replicò l'altro, voltandosi e caricando Frank sulla sua schiena.
Frank gli circondò il collo con le braccia e la vita con le gambe, poggiando il mento sulla sua spalla: - Dovevi essere molto preso dalla cosa, allora. -
Gerard ridacchiò.
- Come ci si sente ad essere dietro, Frank? - domandò il moro, dirigendosi verso l'entrata del bar.
- Tremendamente bene, Way. - sospirò Frank, baciandogli i capelli.
 
Qualcosa stonava di sottofondo in quell'ampio scenario gay in cui Frank si ritrovava. Qualcosa di sottile, che l'entusiasmo di Frank cercava costantemente di nascondere. Era la consapevolezza che Gerard aveva vinto di nuovo. Tecnicamente, era stata un'idea di Frank, ma si sentiva comunque usato. Si piegava sempre a ogni volere di Gerard, se mai si sentiva protagonista era perchè Gerard glielo stava concedendo, non perchè ce la facesse da solo a farsi valere.
Lo guardò parlare con Mikey, che rideva mentre Gerard imitava il loro padre, e si chiese quanto avrebbe aspettato prima di rinfacciarglielo. Forse nel prossimo litigio, tanto per buttare merda nel caso si ritrovasse troppo nel torto. Forse sul più bello, quando il cuore di Frank sarebbe stato totalmente nelle sue mani e al posto di una stretta affettuosa avrebbe deciso di stritolarlo. Forse avrebbe aspettato che Frank ne parlasse, e in quel caso si sarebbe divertito a fare la vittima.
Forse non gliel'avrebbe mai detto, perchè forse non gli importava di vincere, forse gli importava solo di avere Frank.
- Ehi, Frank. Tutto okay? -
Frank distolse lo sguardo da Gerard e rivolse un sorriso timido a Ray: - Sì, ho solo un po' di sonno. -
- Ci avete dato dentro ieri notte, eh? -
Frank arrossì. Pensava di aver sviato il discorso, invece si era dato una mazzata sulle palle da solo. Gli succedeva spesso, diamine: - Io... ah-ehm, Ray... uhm... -
- Non mi sconvolge più di tanto. Dopo aver visto erezioni concerto dopo concerto mi ero abituato all'idea che forse approfondivate l'argomento in privato. - fece spallucce Ray, bevendo un sorso di birra.
Frank rise della sua logica e della tranquillità con cui ne parlava. Beh, era stato un colpo di culo avere Ray come primo testimone della loro scopata. Se fosse stato Mikey, a quell'ora il gruppo si sarebbe già sciolto da un pezzo per le tragedie che solo i Way riuscivano a mettere in atto.
Ray posò la bottiglia di birra e cominciò a sfogliare dei fogli in velocità: - Uhm, Frank, hai idea di quando sia la tappa a Belleville? Devo aver perso il foglio... -
- Aspetta, quella di Belleville devo averla scritta sicuramente sulle note del cellulare. - disse Frank, sfilandolo dalla tasca.
- Già, verranno anche i tuoi parenti a vederci? -
- Credo di sì, sarà... strano. -
- Specialmente se Gerard ti palperà il culo, no? - ridacchiò Ray.
Frank fece finta di non sentire e cercò fra le numerose note-cagata che aveva salvato sul suo cellulare preistorico alla ricerca di quelle che contenevano le tappe, quando vide con la coda dell'occhio il moro avvicinarsi e posargli un bacio languido sulla guancia.
Frank spalancò gli occhi e alzò lo sguardo per un attimo dal display del cellulare per assicurarsi che Ray non se ne fosse accorto. Fortunatamente, stava di nuovo sfogliando la cartella alla ricerca del foglio. Il più piccolo sospirò appena, sollevato.
Una mano di Gerard gli accarezzò con leggerezza il sedere, scatenando con così poco le farfalle nello stomaco di Frank. Dopodichè gli agguantò con forza il culo, facendolo sussultare appena. Frank pensava che a quel punto i suoi ormoni potessero tornare a dormire, ma la mano di Gerard scivolò più sotto, infilandosi in mezzo alle gambe di Frank e afferrandogli il cavallo dei pantaloni e tutto ciò che contenevano.
Frank gemette rumorosamente, sorpreso dalla manina curiosa di Gerard, e Ray alzò sorpreso lo sguardo dai suoi fogli.
La mano di Gerard sparì improvvisamente, quasi Frank se la fosse solo immaginata, e il moro rimase semplicemente lì al suo fianco, ridacchiando appena: - Povero Frankie, con le immagini porno sul cellulare. -
Ray sghignazzò, tornando ai suoi fogli, e Frank guardò con odio Gerard.
- Questa me la paghi. - sibilò a bassa voce il più piccolo, fulminandolo con gli occhi.
- Oh, non aspettavo altro, piccolo. -
Frank rimase interdetto ad osservarlo allontanarsi insieme a Bob fuori dal camerino, urlando gasato qualcosa riguardante il caffé.
No, non si sarebbe mai adattato alla logica Way.
 
Andarono insieme nella camera da letto di Frank, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Gerard posò la tazza di caffé - il terzo dopo il concerto - e scaraventò Frank contro il letto.
Frank si tolse immediatamente i vestiti e aiutò Gerard con la cintura dei suoi jeans.
Fecero sesso, un sesso così vuoto e sporco da far sentire Frank una sgualdrina. Era così che si sentiva Angie?
Aveva la bocca impastata dal seme di Gerard e voleva solo vomitare via tutta quella merda, vestirsi e andare a raggomitolarsi contro il dolce Mikey a fare sogni tranquilli e colmi di unicorni, non di cazzi, dolore e orgasmi.
La notte prima si era illuso che fosse stato romantico, ma non lo era. Gerard voleva solo il suo corpo, con il suo cuore ci si puliva il culo.
Appena ebbero finito Gerard nemmeno aspettò che il suo respiro tornasse regolare e si alzò e tornò dal suo bicchiere dello Starbucks. Caffeinomane del cazzo.
Per un attimo Frank credette che se ne sarebbe andato via così, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, ma Gerard tornò sul letto di Frank con il bicchiere in mano e si trascinò sotto le coperte fino al suo fianco.
Frank era ancora a pancia in giù, e il suo battito cardiaco non era ancora riuscito a regolarizzarsi. Gli faceva di nuovo un male tremendo il culo.
Si alzò appena sui gomiti e le labbra di Gerard raggiunsero immediatamente le sue. La sua lingua sembrò cercare solo la sua essenza, non quella di Frank.
Il più grande si lasciò cadere sul cuscino, il petto chiaro che si alzava e abbassava ancora vistosamente.
Frank si girò con un lamento. Aveva praticamente le lacrime agli occhi, ma non era sicuro che fosse solo per il dolore.
Il moro gli baciò una spalla: - Scusa, Frankie. -
"Per cosa? Il maltrattemento emotivo o quello fisico?". Non si sognò nemmeno di dirlo ad alta voce, dato che in quella roca di Gerard non c'era alcun tipo di sentimento premuroso o anche solo colpevole. Una scusa di circostanza, quasi a farlo tacere prima che aprisse bocca per lamentarsi.
"Non voglio perderti.". Quante balle.
Gerard bevve un sorso di caffé e si schiarì la voce, quasi volesse riprendere un discorso lasciato in sospeso dopo una breve pausa: - Avevo fissato una scadenza. -
- Di cosa? - mormorò Frank, le braccia incrociate e lo sguardo cupo. Sapeva già di cosa.
Il moro lo ignorò totalmente, leccandosi le labbra: - Pensavo di metterci di più, considerato che in mezzo c'era stata anche una litigata. Ma si sa, alla fine le urla alimentano solo la passione. E puntualmente, la stessa sera della nostra litigata abbiamo fatto pace e subito dopo scopato. -
- Tutto secondo i piani? - domandò, e l'altro nemmeno si accorse della tristezza nella sua voce.
- Tutto secondo i piani. - confermò Gerard, bevendo un altro sorso di caffé.
- Sono il tuo schiavo. - sussurrò Frank, fissando il suo piede spuntare da sotto il lenzuolo con rassegnazione.
- Non mi sembrava di averti fatto annoiare. - replicò.
- Non c'entra... -
- Era quello che volevi anche tu, no? - . Gerard sembrava cominciare a seguire la linea di pensieri di Frank, senza farlo sentire troppo male.
- Io non so mai ciò che voglio. Pensavo l'avessi già capito ogni volta che ci metto mezz'ora dal McDonald's per ordinare alla fine il solito fottutissimo Big Mc. Lo sappiamo entrambi dall'inizio che lo ordinerò, ma io mi ostino a rifletterci, a cercare di cambiare pensando di rendermi un ragazzo migliore, ma non ce la faccio mai ad ordinare il McChicken, perchè non so che sapore abbia, non l'ho mai assaggiato. Ho paura che mi deluda, ho paura di rimanerci male. Il Big Mc mi fa schifo, ma continuerò ad ordinarlo perchè non trovo il coraggio di oppormi e cambiare idea. -
- Non ho ben capito. -
- Oh, nemmeno io. -
- Frankie, la prossima volta che andiamo dal McDonald's prendo il McChicken e te lo faccio assaggiare. -
- Grazie. -
- Non è così male. -
- Okay, ma non hai capito. -
- Ho esattamente capito ogni singola metafora. Sei libero di prendere il McChicken se è ciò che vuoi. Ma non ti lascerò mai da solo a finirlo, se non ti piacerà. Ci sarà sempre il Big Mc ad aspettarti perchè anche lui fa schifo e in fondo è solo se non arrivi tu a mangiarlo. -
Frank si lasciò scappare un sorriso e Gerard gli prese il viso fra le mani, lasciandogli un dolce bacio premuroso sulle labbra. Era incredibile come Gerard nel giro di pochi secondi riuscisse a passare dall'odioso all'adorabile.
- Io ti voglio bene, Frank, e per quanto io sia egoista voglio che tu sia felice. Pensi che il Big Mc sia troppo alto e indistruttibile, ma in fondo è quello che costa meno, è di scarso valore. Tu meriti di più, meriti un McChicken, Frankie. Il Big Mc lo potrai buttare via quando vuoi, del resto ti ha fatto vomitare troppo spesso. Sarebbe la sua giusta punizione. -
- No, in fondo il Big Mc ha pur bisogno di qualche grassone che lo apprezzi, no? -
- Il Big Mc si troverà un consumatore meno importante, del resto l'unica cosa che gli interessa è finire nello stomaco. -
- Un giorno vorrà gustare anche al palato... - mormorò Frank, le labbra che sfioravano il collo di Gerard.
- Lo so. - sussurrò lui, accarezzandogli il viso e i capelli.
- E che ne sarà del Big Mc, quel giorno? -
- Aspetterà che torni a mangiarlo. -
- Dubito. -
- Alla fine stiamo sempre parlando di cibo spazzatura, no? Tutti i panini fanno schifo, in fondo, ma continuiamo a mangiarli perchè ci piacciono e ci piace danneggiarci. Perchè ci interessa solo il sapore, non ci interessa se cagheremo mattoni dopo. Perchè quando saremo su quel cesso, penseremo che cazzo, ne era valsa la pena. -
Frank sorrise e lo baciò, trascinandosi appena sul suo corpo nudo.
- Allora cosa prendi, Frank? - sussurrò Gerard, fra un bacio e l'altro.
- Credo prenderò un Big Mc... è quello che sazia di più. -
- E quello più scadente. - mormorò il moro, lasciandosi girare a pancia in giù contro il materasso.
- Ci penserò quando cagherò mattoni, ora voglio solo divorarlo. - . Del resto, non aveva ancora nessun McChicken da ordinare. Ed era sicuro che anche se l'avesse, avrebbe continuato a ingozzarsi di Big Mc.  

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Capitolo 6
*** Selfish Beasts. ***


Selfish Beasts

 
I giorni passavano, a volte veloci e a volte lenti, e i contatti con Gerard diventavano sempre più radi. Si limitavano a qualche bacio di tanto in tanto, quando erano soli, quindi praticamente solo durante quelle notti insonni che passavano distesi a parlare. 
Il discorso sul McDonald's, forse quello aveva aperto gli occhi a entrambi. 
Frank non sentiva la mancanza del corpo di Gerard, ma non sapeva se fosse lo stesso per quest'ultimo. 
Sembrava che si fossero stancati l'uno dell'altro, in un certo senso. E forse proprio per quello passavano le notti insonni. O almeno Frank. Aveva paura di aver perso Gerard già da un pezzo e di non essersene nemmeno accorto. 
Ma un giorno, un ridicolo istinto di onnisapienza lo invase nel bel mezzo di un innocente sonnellino di Gerard, che si era appoggiato al petto di Frank sul divano della stanza d'hotel.
Erano parecchi minuti ormai che Frank fissava il cellulare di Gerard, che il moro aveva appoggiato sul petto mentre dormiva coprendolo con una mano pallida, quasi a proteggerlo dal mondo esterno. 
Le dita calde di Frank, che fremevano da un bel po', compirono quel fatidico gesto che ormai stava immaginando da molto nella sua mente malata e afferrarono per un istante la mano fredda di Gerard e la spostarono appena.
Il moro non diede segno di essersene accorto quindi Frank, incoraggiato, afferrò il cellulare e andò immediatamente nella lista dei messaggi ricevuti, leggendo solo i nomi. Dopo qualche paio di nomi maschili, il nome Eliza si stagliò come una mostruosa apparizione, con tanto di suono di trombe, e mandò Frank in iperventilazione. 
Improvvisamente, la mano di Gerard scattò e gli strappò il cellulare di mano, facendo urlare Frank di terrore.
- No, questo no! - esclamò Gerard, con una risata folle e agghiacciante, sollevandosi dal petto di Frank e sfilandosi dalle sue gambe piegate per sventolare il cellulare come se avesse trovato il bigliettino d'oro di Willy Wonka, - Porca troia, Frank, che cazzo fai? Non siamo nemmeno insieme! - 
- Chi era quella Eliza? - replicò Frank, arrossendo appena.
- Nessuno! - 
- E allora perchè mi hai strappato il cellulare di mano? - 
- Guarda che ti stavo osservando da un bel po'. - sbottò Gerard, gli occhi assonati che facevano del loro meglio per guardarlo male.
- E allora perchè proprio al nome di Eliza me l'hai tolto di mano? - incalzò il più piccolo.
- E perchè tu hai saltato tutti i nomi maschili? Pensi di essere l'unico ragazzo con cui scopo? -
- Che cazzo...? - domandò Frank, esasperato, senza riuscire a concludere la frase. Poco importava, intanto Gerard l'aveva già interrotto.
- Non lo so, okay? - urlò Gerard, - Sarà che sono settimane che resisto all'impulso di sbatterti a terra e scoparti fino a sputare sangue! Pensavo di fare del mio meglio, invece tu te ne esci con queste stronzate da mogliettina gelosa, pensavo che questo periodo... casto ti avesse fatto capire che io non sono tuo. -
- Stai dicendo una valanga di stronzate, andiamo per ordine, almeno. - farfugliò il più piccolo, resistendo all'impulso di correre per la stanza urlando giusto per scaricare un po' di tensione.
- Non sono stronzate! - ringhiò il moro, spintonando Frank contro il divano, - Ogni volta che cerco di parlarti tu dici che sparo stronzate! -
- E poi sarei io la mogliettina apprensiva? - strillò Frank, alzandosi in piedi per puntare un indice contro il petto del moro, - Ti sei sentito? No, dico, ti sei sentito? Cazzo! - 
- Si può sapere che cazzo ti è preso? Porca puttana, non so nemmeno come siamo arrivati a questo punto. Fino a qualche minuto fa stavo facendo un fottutissimo sonnellino in mezzo alle tue gambe, adesso spiegami il passaggio in cui diventi una bestia inferocita e in via di estinzione. -
Frank colse l'occulta minaccia alla fine della frase, ma non ne fu intimorito. Si schiarì appena la voce e domandò: - Gee, che ci sta succedendo? - 
- Niente! Assolutamente niente! Perchè sei sempre depresso, cazzo? Chi dei due ha problemi con la droga e l'alcol? Eh? E allora perchè continui a lamentarti? Qualsiasi cosa io faccia, finisco per ferirti! E credimi, all'inizio adoravo farlo, adoravo vederti a disagio, ma ora mi sto fottutamente impegnando a renderti felice, a farti stare bene, perchè ho capito che se sono a disagio con me stesso è un problema che ho con me medesimo, non con te. Ho capito che cercando di non farti sentire all'altezza non mi sto innalzando l'autostima. Sei stato tu a pronunciare quelle frasi contorte che implicavano dei cazzo di fast food, o no? E allora cosa vuoi adesso? Il Big Mc si è cestinato da solo, era quello che volevi! E allora perchè continui a lamentarti? Sei impossibile, Frank! - urlò Gerard, e abbandonò la stanza quasi in lacrime.
Frank rimase immobile di fronte a quel divano dove prima era tutto perfetto, con la schiena di Gerard sul suo petto, il bacino fra le sue gambe e la testa abbandonata a pochi centimetri dalla sua. 
Gerard aveva ragione. Perchè non era mai felice? In fondo, la sua vita era piuttosto rosea in confronto a quella di Gerard, avrebbe dovuto aiutarlo invece che giocherellarci, scoparci di tanto in tanto e fare il broncio quando lo insultava.
Aveva passato troppo tempo a giudicare i lati negativi, mai a cogliere quelli positivi e deboli che lui, da amico, avrebbe dovuto saldare.
Pensava di essere vittima, invece in fondo anche lui era carnefice. Continuavano ad aggrapparsi l'uno all'altro graffiandosi per respirare aria pulita, spingendo l'altro sotto e soffocandolo, perchè erano bestie egoiste, pensavano sempre prima a loro stessi.
Avrebbe dovuto alzarsi, andare da Gerard, abbracciarlo e scusarsi. Lo sapeva. Forse era proprio quello che Gerard si aspettava, lì dov'era.
Ma Frank non riusciva più a muoversi.
 
Rimase chiuso nella sua camera d'albergo per ore, fissando il muro bianco con apparente calma mentre i pensieri si inseguivano urlando nella sua mente.
La porta si aprì improvvisamente e Frank sobbalzò, spaventato. Checca. 
Non era Gerard. Pensava e sperava fosse lui, anche se si sarebbe tuttavia sorpreso a trovarlo lì dopo averlo visto in lacrime qualche ora prima. Beh, prima  o poi l'avrebbe rivisto comunque.
- Ehi, Frank, tutto bene? - chiese preoccupato Ray, con la sua voce buffa e rassicurante.
Frank accennò un sorriso, ma non doveva essergli venuto molto bene, perchè Ray si sedette al suo fianco sul divano e gli accarezzò la schiena cercando di infondergli coraggio o qualcosa del genere.
- Che succede? - domandò il riccio.
Frank si lasciò scappare una risata cupa e forse un po' isterica: - Gerard! - 
- Gerard? - ripeté lentamente Ray, quasi gli avesse confessato di avere l'AIDS.
- Ci stiamo comportando male entrambi. Ci accoltelliamo ogni fottutissimo giorno, fa parte della routine. Ti svegli, vieni puntualmente insultato da Gerard, ci rimani male, pensi per qualche ora qualcosa di acido e poi glielo dici, godendo del suo sguardo ferito. -
- E' piuttosto triste. - convenne l'altro con aria grave.
- Che dovrei fare? - si lamentò Frank.
- Ah, non lo so. State insieme...? -
- Cosa? - urlò quasi Frank, - No! Affatto. Dio, Ray, non parlarmene nemmeno, okay? Ho le idee più confuse che mai, Gerard è una specie di psicofarmaco che agisce al contrario, capisci? -
- Nah. - fece spallucce Ray.
Frank sorrise, scompigliandogli i capelli ricci e soffici: - Cosa da gay. - 
- Nah, non necessariamente. Anche in una semplice amicizia può succedere. Ammettilo, anche tu lo pensi. -
- Già... ma a volte ho paura di raccontarmi balle da solo. - 
Ray rise: - Esilarante. -
- No, amico, è triste. -
- Frank, tu hai bisogno di una ragazza. -
- Ma col cazzo! Ho quasi sfasciato il gruppo per una cazzo di ragazza! -
- Magari la prossima volta fai cose meno estreme, eh? - suggerì il riccio. 
- Cazzo, avevo tutte le buone intenzioni del mondo... - si lamentò Frank, crogiolandosi nella sua sfiga.
- I ragazzi non vanno bene, le ragazze nemmeno... oddio, Frank, non è che te la fai con tutti quei cani? - 
- No, neanche loro mi filano. - si finse demoralizzato.
- Oh, povero Frankie. - uggiolò Ray, battendogli una mano sulla spalla.
- Morirò solo. - 
- Se vuoi farmi uno squillo quando reputi di essere sul punto di morte, dimmi che arrivo e ti faccio compagnia. - 
- Lo apprezzo, Ray, grazie. - ridacchiò Frank.
Ray gli diede un ultima pacca incoraggiante e piuttosto forte sulla schiena, facendo passare la eventuale scogliosi a Frank, e si alzò in piedi.
- Dai, preparati. Fra meno di un'ora c'è il concerto. - disse, lanciandogli addosso i cuscini del letto.
Frank si alzò a sua volta e si diresse verso l'armadio, cercando sovrappensiero qualcosa di decente da mettersi.
- Ci vediamo giù al bar. - lo salutò Ray.
- A dopo. - confermò Frank con un sorriso.
Ray fece per uscire dalla stanza, ma Frank lo fermò con la mano posata sulla maniglia.
- Ray? -
- Mmm? -
- Grazie. - 
- Un giorno me le paghi tutte, non preoccuparti. -
- Al diavolo, allora. - 
- Addio. - lo salutò Ray ridendo, e uscì dalla stanza.
Frank si era appena infilato la t-shirt con uno zombie sopra che gli aveva regalato Mikey quando voltandosi appena si accorse che qualcuno era entrato nella sua stanza.
Non colassò, ma sfiorò il limite quando vide Gerard raccogliere dal suo letto la sua felpa.
- G-gee. - farfugliò Frank, il cuore che martellava.
Gerard alzò lo sguardo. Non aveva gli occhi nemmeno minimamente arrossati. Di nuovo, le aspettative di Frank vennero deluse.
- Ero solo venuto a prendere la mia felpa. - spiegò con una certa foga, forse sprigionata dal suo nervosismo. 
- Rimani? - chiese a bassa voce Frank, quasi temesse una risposta urlata.
Gerard contrasse la mascella e dilatò appena le narici sottili. Alzò gli occhi verdi dal bordo delle coperte disfatte e lo guardò: - Hai davvero intenzione di mettere quei pantaloni per il concerto? - 
Il più piccolo abbassò lo sguardo sui suoi jeans, a disagio: - Onestamente, Gee, i pantaloni sono il mio ultimo problema. Voglio dire, hai visto la mia faccia da culo? -
Si indicò con un indice il viso pallido e segnato da delle occhiaie violacee che raramente si vedeva addosso. "E tutto per colpa tua, stronzo.", pensò.
Gerard arricciò appena le labbra, trattenendo un sorriso soddisfatto che Frank colse comunque. In fondo, un po' lo conosceva. Il moro si avvicinò a Frank e gli posò le dita fredde sulla guancia mentre gli posava un leggero bacio sotto l'occhio destro. 
A Frank ricordò tanto i bacini che i genitori danno ai bambini per fare sparire la bua, quindi gli venne naturale chiedere: - Sono sparite? - 
Gerard si scostò e inclinò appena la testa, osservandolo: - No, ma almeno hai preso un po' di colore. - 
Frank arrossì, ulteriormente a quanto pare, e si mordicchiò un labbro, nervoso e imbarazzato.
Il moro gli circondò il collo con le braccia e se lo spinse contro il petto in un abbraccio inaspettato e quasi violento. La collisione dei loro petti fece tremare il cuore di Frank da qualche parte insieme alla sua anima.
Il più piccolo posò esitante le mani sulle sua schiena, mentre Gerard continuava a stringerselo a sé, affondando il mento sulla sua spalla. Frank si chiese se fosse una tattica per ucciderlo, ma i secondi passavano e lui era ancora vivo, fra le sue braccia, cercando di non piangere per la gioia. Quand'era l'ultima volta che si erano abbracciati? Cioè, un vero abbraccio, non di quelli veloci che dai ai compleanni prima di scaricare al festeggiato il regalo. Era passato tanto, troppo tempo. 
Gerard sciolse lentamente l'abbraccio, con delicatezza, e Frank fece scivolare le mani lungo le sue costole, lasciandosele cadere sui fianchi.
- Mi mancava la tua erezione. - confessò Gerard, la stessa espressione adorabile di un bambino che confessa il suo amore alla fatina dei denti. 
- Anche a me. -
 
Erano le tre di notte a l'aria del locale cominciava ad essere troppo pesante per Frank, che si guardava intorno alla ricerca di Gerard da quando aveva messo piede in quel posto insieme a Bob e Mikey. Ma non c'era. O almeno, lui non riusciva a vederlo. Magari si era appartato con qualche ragazza, forse non l'avrebbe mai saputo. 
Il cellulare nella sua tasca vibrò e la sua mano scattò immediatamente a prenderlo, sperando che non fosse la sua compagnia telefonica con qualche presa per il culo.
Sono sul letto in camera tua, vieni su? Mi annoio.
Era di Gerard. 
Frank andò in iperventilazione. Non gliene fregava se anche quella notte l'avrebbe usato, perchè anche lui avrebbe abusato del suo corpo, e avrebbero ballato ancora insieme quella danza di bestie egoiste perchè in fondo finchè i piedi non sanguinavano era divertente.
- Mikey, io torno all'hotel. - gli disse all'orecchio Frank.
Il piccolo Way gli fece un sorrisone: - Vai pure! Il mio unicorno ti mostrerà la strada! - 
- La so da solo, grazie. - replicò tetro l'altro, guardandolo allarmato buttare giù un altro sorso di vodka, - Mikey, forse è meglio se ti accompagno su. - 
- Ma mi sto divertendo! - urlò Mikey.
- Ehi, Frank. Tranquillo. Ci penso io a lui. - lo rassicurò Bob, guardando divertito il piccolo Way.
- Okay, allora questo lo prendo io. - sorrise Frank, togliendogli di mano il Beileys, - Divertitevi, io vado a nanna. - 
- Sogni d'oro, Frankie! - trillò Mikey, al limite dell'etero.
- Abbi cura di te. - lo salutò Frank, rivolgendo un cenno di saluto anche a Bob, che si era già preso una birra.
Abbandonò il locale bevendo il Beileys di Bob e si trascinò per le strade fredde e vuote lì fuori. Incontrò qualche gruppo di ragazzini, il genere di adolescenti che lo picchiavano alle medie e all'inizio delle superiori, e provò la stessa paura di quando era più piccolo. Detestava il loro modo di urlare per comunicare fra di loro, erano così arroganti e stupidi. Lo ignorarono completamente, quasi fosse un'ombra, e Frank si chiese perchè non fosse stato così anche a scuola. Entrò nell'atrio dell'hotel silenzioso, dove si sentiva solo un telefono squillare piano. Prese l'ascensore e vagò per i corridoi molleggiando fino alla sua camera. Trovò la porta aperta e sorrise quando vide la luce soffusa. Gerard aveva pure tentato di fare qualcosa di romantico. Ridicolo. 
- Ciao, Frankie. -
- Ciao, Gee. - 
Gerard si alzò dal letto con un sorriso e gli venne timidamente incontro: - Sai che giorno è oggi? - 
- Sono quasi sicuro che sia venerdì. - mormorò Frank, prendendogli una mano.
Le note di una canzone retrò cominciarono a invadere con delicatezza e dolcezza la piccola stanza.
"These arms of mine they are lonely, lonely and feeling blue.
- Idiota. Oggi è il mesiversario della nostra prima scopata. - annunciò orgoglioso.
Frank stava per piangere dall'emozione mentre quelle parole incredibilmente dolci della canzone lo invadevano e lo facevano sentire cullato.
"These arms of mine, they are yearning, yearning from wanting you."
Non ci poteva credere. Gerard si ricordava a malapena il suo compleanno, che coincideva con il giorno di Halloween. Non sapeva se esserne lusingato o offeso. Beh, era troppo tardi per chiederselo, perchè si stava già sciogliendo.
"And if you would let them hold you, oh how grateful I will be."
- Mi concedi un ballo, Iero? - domandò con un sorrisetto Gerard, fingendosi timido. E Dio, come gli veniva bene.
"These arms of mine, they are burning, burning from wanting you."
- Non so ballare. - mormorò Frank, sopprimendo sul nascere una risatina nervosa e inappropriata.
- Shh, nemmeno io. - sussurrò Gerard, - Ma facciamo finta di saperlo fare. - 
Frank sollevò le mani, aspettando che Gerard le afferrasse e le posizionasse da qualche parte, ma tutto ciò che ottenne fu solo un'occhiata divertita. Al diavolo.
Gerard gli sollevò le braccia e se le strinse attorno al collo.
- Col cazzo, devo fare pure la donna? - si lamentò Frank.
"Just be my little woman, just be my lover."
Gerard lo guardò con un sopracciglio alzato, compiaciuto: - Visto? Se lo dice Otis... non puoi opporti a Otis Redding, cazzo. - 
Frank si lasciò scappare un sorriso, e le mani di Gerard si posarono sui suoi fianchi. Il più piccolo avvicinò il viso lateralmente a quello del moro, affondando il suo sorriso sulle sue stesse braccia mentre dondolavano appena, come una coppietta adolescenziale al ballo di fine anno.
Il suo cuore tremava e supplicava di sprigionare tutto l'amore che vi fremeva all'interno.
La canzone ricominciò, ma Frank non ne era stanco. Si scostò e infilò una mano fra i capelli folti del moro e lo baciò, un bacio profondo e più eccitante di certe scopate che aveva fatto in vita sua. Naturalmente, non si stava riferendo a quelle con Gerard.
Si trascinò sul letto e si appoggiò con la schiena alla testata mentre Gerard si sfilava la felpa e gattonava lentamente sul letto in sua direzione, sembrando una pantera pronta ad azzannare e uccidere la sua preda. 
Canticchiava la canzone, ma naturalmente in una versione tutta sua.
- This dick of mine, yeah it is yearning, yearning from fucking you.
- No, questa è oscena. Come puoi rovinare una canzone simile? - ridacchiò Frank.
- Lo sai che non sono romantico. E per oggi ho fatto fin troppo. Prima e ultima cosa romantica che farò in vita mia. - lo avvisò, alzandosi sulle ginocchia di fronte a Frank, - E ora festeggiamo. Sfilami i pantaloni, per favore. - 
Per favore. Tsk. Non fu l'ultima supplica che le sue labbra pronunciarono quella notte, anche se più che richieste sembravano ordini sadici. 
Cos'è che pensava? Che non gli mancasse il corpo di Gerard?
Puah, balle. 

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Capitolo 7
*** Life ain't just a joke. ***


Life ain't just a joke



Quando si svegliò avvertì delle braccia sottili abbracciarlo.
Rimase in silenzio ad occhi chiusi mentre la vaga sensazione che quelle non fossero le braccia di Gerard prendeva progressivamente spazio fra i suoi pensieri. Conosceva a memoria le braccia di Gerard, il loro peso, il modo in cui lo stringevano e quelle braccia lo riportarono in una notte lontana e sbiadita.
Spalancò gli occhi e si voltò. Non c'era nessuno. Solo le lenzuola spiegazzate e il materasso freddo.
Fuori. Era solo un po' fuori, tutto qui. Probabilmente aveva ingurgitato troppa saliva di Gerard la notte prima e stava diventando folle come lui. Gli sarebbe passato. O almeno così sperava.
Scese dal letto e guardò per un istante il materasso vuoto, demoralizzato: perchè non l'aveva svegliato?
Girovagò per la stanza infilandosi i suoi vestiti lasciati per terra e un'improvvisa illuminazione gli ricordò che si erano dati appuntamento ancora prima del concerto della sera prima in camera di Gerard a fare colazione. Ecco, forse era andato lì per non far insospettire di niente gli altri.
Uscì dalla sua camera e la chiuse a chiave, sentendosi un po' a disagio nel vedere gente vestita come si deve passare e osservare con compassione i suoi vecchi pantaloni di tuta scoloriti e la sua t-shirt larga.
Fanculo la dignità, aveva fame e voleva deliziarsi la vista al più presto con gli occhi di Gerard e tutto ciò che li circondava.
Camminò quasi decentemente (il suo di dietro cominciava ad abituarsi alle spinte di Gerard) fino alla camera di Gerard, e aprì completamente la porta leggermente socchiusa.
Li ritrovò radunati per terra, posizionati in una specie di semicerchio davanti alla tv.
Frank non riuscì a capire che stavano guardando, perchè spensero il televisore immediatamente e si voltarono a guardarlo in silenzio.
- Che... succede? - farfugliò Frank, a disagio.
Cercò gli occhi di Gerard per primi, e lo vide accennare un sorriso triste e dispiaciuto.
Un groppo strinse la gola di Frank, e per quanto deglutisse non se ne andava.
- Che succede? - ripeté con voce tremante.
Nel silenzio generale Gerard si alzò e andò ad abbracciarlo con delicatezza, sussurrandogli all'orecchio: - Angie è morta. -
Un tonfo sordo. Brividi freddi lungo la schiena. Poi tutto sembrò pulsare freneticamente, le sue mani, le sue tempie, il suo cervello.
- Morta? - ripeté flebilmente.
- E' stata violentata e uccisa da un gruppo di ragazzi. - continuò Gerard, cautamente, continuando ad abbracciarlo con quel fastidioso affetto di circostanza.
Un singhiozzo sordo gli percosse il petto, che premette su quello di Gerard con più forza, e nella sua mente cominciarono a stagliarsi immagini di quella ragazzina, così stupida e infantile, che voleva essere grande e matura, ma che frequentava i posti sbagliati per diventarlo.
Suo malgrado immaginò come assassino Gerard e lo respinse appena, tremando mentre la rivedeva con la sua giacca addosso e un sorriso imbarazzato, velato di vergogna per ciò che aveva fatto e ciò che avrebbe continuato a fare.
Nessuno accese la tv, sentire la voce fredda della giornalista narrare l'omicidio sarebbe stato solo macabro.
Frank indietreggiò e respinse Gerard: - Perchè mi abbracci? -
Gerard sembrava confuso, ma non infastidito come era di solito: - Perchè mi dispiace. -
- Per cosa? Lei non era nessuno per me. Non l'amavo, non eravamo nemmeno amici. Ci siamo ritrovati nella stessa stanza una notte senza un motivo, non significa niente. -
- Quindi non andrai al funerale? -
Frank si asciugò una lacrima che gli era scesa senza motivo con un gesto brusco: - No, che dovrei fare? Le condoglianze a sua madre? E lei che mi direbbe? "Oh, grazie, ma chi sei?" "Oh, niente di che, signora, ho passato una notte con sua figlia a casa sua a vostra insaputa e beh, stavamo per scopare ma in realtà ho passato del tempo con sua figlia solo per fare ingelosire... - si bloccò incontrando gli occhi di Ray, - ... qualcun altro. Mi dispiace, comunque. Aveva dei gran bei occhi.". Ti sembra dignitoso? -
Quasi urlava, perchè si faceva schifo. Perchè la vita era importante, e lui gliel'aveva impercettibilmente rovinata e smerdata, le aveva fatto perdere ulteriore valore, non l'aveva rispettata. E ora non poteva più chiederle scusa davvero, ora non poteva più dirle che stava sbagliando a frequentare quei posti e quella gente, una singola parola l'avrebbe potuta salvare ma lui non l'aveva pronunciata, nessuno l'aveva mai fatto.
Ed era piccola, aveva bisogno di un padre, ma non l'aveva più per urlarle la sera quando tornava tardi e mezza svestita, non aveva nemmeno la madre ad aspettarla a casa e chiederle se si era divertita, con chi era e cosa aveva fatto.
Lui avrebbe potuto salvarla. Chiunque l'avrebbe potuto fare. Ma lui era l'ennesima goccia di veleno che l'aveva aiutata a bruciare la sua stessa vita, e sua madre non aveva bisogno di essere compatita perchè anche lei aveva sbagliato irrimediabilmente. E quando c'è la morte di mezzo non si può più tornare indietro, si può solo imparare, ma l'uomo continuerà a sacrificare migliaia di vite prima di capire che per sopravvivere bisogna aiutarsi.
E questa volta era toccato ad Angie sacrificarsi.
 
I pensieri si susseguivano urlando nella sua testa, e una vaga sensazione di panico gli stringeva lo stomaco, facendogli venir voglia di vomitare. Non provava veri e propri sentimenti di dispiacere, solo ansia. Un'ansia vuota e inespressiva.
La portiera del tourbus si aprì ed entrò Gerard, inciampando sui pantaloni e le scarpe lasciate per terra. Imprecò qualcosa di fantasioso, forse pensando di far ridere Frank, che in realtà non l'aveva nemmeno capito.
- Caffé? - domandò il moro, sollevando con un sorriso esitante un bicchiere di plastica dello Starbucks.
In quel momento, il caffè era la cosa che lo avrebbe di più nauseato al mondo, ma la commozione nel realizzare che Gerard per la prima volta in vita sua aveva offerto qualcosa a Frank fu più forte dello stomaco chiuso: - Grazie. -
Afferrò il bicchiere e ne bevve un piccolo sorso. Okay, pensava peggio. Gli ricordava il sapore di Gerard, ecco.
Il moro si inginocchiò di fronte a Frank, che era rannicchiato con la schiena contro la portiera, nascosto dal fastidioso sole pomeridiano: - Come stai, Frank? -
Non glielo chiedeva mai, fu quasi irritante sentirselo chiedere in quelle circostanze.
- Sto bene. - sbottò Frank. Non avrebbe dovuto stare male, infatti era tutto okay.
- E allora perchè non sorridi? - domandò tristemente Gerard, le sopracciglia leggermente contratte in un espressione sofferente. Che drama queen. Del tutto inappropriato.
- Perchè non c'è niente di divertente per cui sorridere, al momento. -
- Prima sono inciampato e ho detto porco goblin senzatetto e comunista e non hai nemmeno sorriso. -
- Perchè era pessima, Gee. -
- In realtà era geniale. Che devo fare per farti sorridere, Frankie? -
- Che domanda del cazzo, tu cosa risponderesti? -
- Metterti un tutù e ballare lanciando budella in giro, ma è questione di gusti personali. -
- Gee, sto bene. Davvero. - sospirò Frank.
Il moro sbuffò e lo spintonò verso il sedile davanti per farsi spazio e sedersi al suo fianco. Come sempre molto delicato.
Il più piccolo si massaggiò la spalla andata a sbattere guardandolo in cagnesco, ma Gee non se ne accorse.
Si accese una sigaretta e alternò per qualche minuto boccate di fumo a sorsi di caffé.
- Frank, non devi vergognarti delle tue emozioni. Mai. - disse a bassa voce a un certo punto, quasi per non farsi sentire da chissà chi.
L'altro si voltò a guardarlo, sorpreso: - Io... non... -
- No, non devi darmi spiegazioni. Solo che... se vuoi parlarmi di quello che hai dentro, puoi farlo, senza vergognarti della merda che ne verrà fuori perchè sono più marcio io, fidati, non potrei mai giudicarti. -
- Non ho niente da dirti al riguardo. - mormorò Frank, grattando con le unghie la plastica del bicchiere.
- Okay. - bisbigliò Gerard, baciandogli una guancia con un gesto veloce, quasi infantile.
Frank sorrise appena.
- Beccato! - esclamò Gerard, facendolo sobbalzare, - Devo baciarti per farti sorridere! O devo andare più a fondo? -
- Gee. - rise Frank, allungando le gambe sul pavimento di tappetini del tourbus.
- Forse qualcosa non va se quando cerco di essere carino tu ridi di me. - commentò Gerard con un sorriso fugace, lanciando la sigaretta consumata fuori tramite la portiera ancora aperta.
- No, vai bene così. - lo tranquillizzò Frank, mentre i loro sorrisi tornavano a spegnersi lentamente, lasciando un sottile silenzio quasi malinconico.
Rimasero in silenzio finché gli altri tornarono nel tourbus con dei panini ipercalorici per Frank, che in tutto quel tempo non aveva trovato ancora il coraggio per esternare l'inquietudine che gli accarezzava gelida lo stomaco, senza trovare il coraggio per aprirsi di fronte a Gerard, impaurito di dimostrarsi ancora più vulnerabile e debole. Non riusciva a parlargli, sembrava così distante, non l'avrebbe mai capito e lui non avrebbe mai capito Gerard perchè pensavano di conoscersi ma c'erano ancora troppe cose, le peggiori, che rimanevano occulte sotto pelle, muscoli e ossa, segreti che era meglio nessuno sapesse. Alcuni nemmeno loro li sapevano.

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Capitolo 8
*** All I Want For Christmas is You. ***


Okay, forse era più opportuno pubblicare un capitolo del genere a Natale ma sono sfigata quindi lasciatemi stare ç.ç E Dio, è la prima volta che scrivo un'introduzione a questa FF D: *balbetta nervosa*
Ehilàà. Ve lo dico subito, a meno che la matematica non sia un'opinione, questo è il terzultimo capitolo di questa menata che in tanti seguono ma in pochi recensiscono (sì, sto parlando a te tirchio :c) quindi vi invito a recensire almeno uno di questi ultimi capitoli, tanto per farmi sentire meno forever alone. 
Il capitolo qua sotto è molto corto, lo so, ma se lo univo a quello dopo 1 non potevo tenere sto titolo che fa figo, 2 diventerebbe un mattone da vomito, 3 *trollface* non c'è un punto tre. *forever alone*
Grazie a coloro che hanno recensito, a coloro che mi hanno aggiunta agli amici su Facebook (Ehi Chiaraaa) e a te che la metti fra le preferite o fra le seguite e non recensisci c': immagino che il silenzio dica di più di molte parole, quindi lo apprezzo comunque (anche se prima ti ho dato del tirchio, lascia stare, sono incoerente)
Detto ciò, buona lettura. (?)

 
Kathy G
 
P.S.: sabrinasabrina sei libera di insultarmi <3



 
All I Want For Christmas Is You

 
- Gee, che vuoi per Natale? - 
Gerard smise di osservarsi i capelli appena tinti allo specchio e si voltò a guardarlo con aria sospettosa: - Una ventina di miei cloni coi quali poter fare discorsi interessanti e perchè no, da sbaciucchiare. - 
Frank posò la testa allo schienale del divano, guardando disperato il soffitto.
Gerard non aggiunse altro, evidentemente disinteressato all'argomento, e cominciò a disegnare qualcosa su un foglio.
- Non posso regalarti una ventina di tuoi cloni. - spiegò Frank, lentamente. 
- Infatti ci pensa Babbo Natale ai regali, non tu. - 
Frank ridacchiò, crogiolandosi nel caldo tepore che la felpa invernale gli regalava. 
Gerard alzò per un istante gli occhi verdi dal foglio e lo guardò: - Lo so dove vuoi arrivare, e onestamente non ho palle di sostenere la tua pesantezza emotiva quando ci rimani male quindi Frank, dimmi, cosa vorresti per Natale? - 
- Una mia statua fatta di marshmellow colorati. -
- Oh, che bello, te la faccio coi marshmellow rosa e allegato, magari dentro le tue mutande di marshmellow, ci metto un assegno per comprarti un vibratore così la smetti di rompermi le palle ogni volta che andiamo a letto insieme. Che ne dici? - 
Frank gli sferrò un calcio: - Idiota. - 
- Non capisci mai un cazzo, eh? - sbottò Gerard, alzandosi in piedi e premendogli contro il petto il foglio sul quale poco prima stava disegnando. 
Frank abbassò lo sguardo e il foglio gli cadde in grembo mentre Gerard toglieva la mano. C'era scritto "All I want for Christmas is you, motherfucker." in grande, quasi con foga. 
Gerard fece per andarsene ma Frank gli afferrò la mano e lo obbligò a voltarsi e chinarsi. Gli baciò una guancia e spostò le labbra sul suo orecchio bisbigliando: - Ti amo. - 
- Non dirlo a Gerard, potrebbe arrossire. - gli bisbigliò di rimando, sorridendo mentre i suoi denti azzannavano il lobo a Frank e lo tiravano appena. 
Frank, in preda al dolore, fece per spintonarlo indietro con una mano ma le dita di Gerard si intrecciarono alle sue e lo baciò. Si scostò appena, poggiò la fronte a quella di Frank e gli accarezzò una guancia e i capelli, posandogli di tanto in tanto leggeri baci sulle labbra.
- Ti amo anch'io, Frankie. - 

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Capitolo 9
*** Cemetery Drive. ***


Ehi sono tornata! *la fucilano*
*resuscita* Come và? Ho deciso di dividere questo capitolo in due parti, quindi ne mancano ancora *conta con le dita* due. ç.ç Ehi, l'ho detto già nell'introduzione dell'ultimo capitolo, SONO INCOERENTE! Prometto che però mi leverò dalle palle... prima o poi. D: Sto capitolo è un po' triste, prometto che se abusate troppo dei fazzoletti li pago io! In alternativa, se finisco i soldi, vi faccio i biscotti!
Ringrazio le donzelle che hanno recensito l'ultimo capitolo, AI LOV IU <35983490 e coloro che hanno recensito i capitoli precedenti ancora e blablabla, AMO ANCHE VOI, e coloro che recensiranno. °^° *passa una balla di fieno* no, eh? *foreveralone*
Vabbè, ciao, me ne vado. <3 
Lasciate un commento porco grizzly se vi va. <3
Con ammorre

Kathy G






Cemetery Drive



Il Natale era arrivato e si erano presi un periodo di pausa dal tour. Frank pensava sarebbe stata la cosa più appagante del mondo, invece rivedere la propria famiglia era stato bello solo inizialmente perchè ora, di notte, da solo, si ritrovava a pensare a Gerard quasi con le lacrime agli occhi. Erano tre giorni esatti che non lo vedeva, e gli mancava terribilmente. Avrebbe voluto che entrasse da quella finestra, si proclamasse il suo salvatore e si buttasse in mezzo alle coperte con lui.
Invece l'unica cosa a muoversi in quella finestra erano le tende scosse dal vento freddo.
Si strinse sotto le coperte e affondò il viso contro il cuscino, cercando di non piangere, ma finì per soffocarsi e rialzò gli occhi lucidi, guardando fuori dalla finestra la luna bianca illuminare il cimitero. Okay, forse erano i lampioni, ma da lì la scena era piuttosto inquietante.
Si alzò dal letto e si asciugò una patetica lacrima scesa. Probabilmente a quell'ora Gerard si stava ubriacando con i suoi amici fighi e un paio di ragazze.
Non si erano mai mandati nemmeno un messaggio, ed era assurdo perchè aveva passato ore a messaggiare con Ray sulle cose più futili, solo per sentirsi e buttare lì un po' di battute geniali e deliziarsi reciprocamente. Una volta Mikey l'aveva addirittura telefonato, solo per raccontargli di aver sognato una canzone e aver infine realizzato per mano di Frank che era la sigla di un cartone animato che aveva sentito inconsapevolmente prima di addormentarsi. Bob l'aveva visto di persona perchè si erano scambiati gli iPod, che erano uguali, e avevano passato insieme il pomeriggio a giocare con la Play Station.
Ma con Gerard niente. Proprio non erano in grado di mantenere una relazione a distanza. Non che la loro fosse una relazione amorosa, era qualcosa più vicino all'amicizia, forse. Al diavolo, non l'avrebbe mai capito.
Beh, gli aveva detto che lo amava... era tanto detto da Gerard. Forse era una stronzata, detta tanto per non star zitto e farci rimanere male Frank. Che cazzo, non gli dimostrava mai di amarlo, era ovvio che pensasse non fosse vero. Nelle ore solari si trattavano per lo più come amici, stuzzicandosi ogni tanto più per prendersi per il culo che altro, mentre appena il sole tramontavano diventavano bestie assatanate di sesso.
"Preferisco essere un vecchio rincoglionito ottocentesco piuttosto che essere un malato di sesso!"
Le sue stesse parole gli esplosero in testa mentre rivedeva Angie sorridere. Tremò violentemente, terrorizzato appena vide una cazzo di ombra fuori dalla finestra, probabilmente il ramo di un albero.
Si buttò giù dal letto e si trascinò dietro la lampada, l'afferrò al volo e l'accese, rannicchiandosi contro il muro col cuore che gli batteva fortissimo in petto. Era da tanto che non aveva così tanta paura. Da quando era piccolo, probabilmente.
Si concentrò sul suo respiro accelerato, trovandoci la familiarità necessaria per farlo sentire a casa e non in un campo di morte dominato da demoni e fantasmi del suo passato.
Si alzò cautamente in piedi e le sue ginocchia schricchiolarono in maniera raccapricciante. Si avvicinò alla finestra e si accertò che quello fosse stato davvero un ramo. Gli si infilò quasi nel naso quando si affacciò però sì, era un ramo. Lasciò vagare lo sguardo, lasciandosi accarezzare il viso da quell'aria fredda e pungente. Non c'era la neve, più che Natale sembrava Halloween. O forse era solo il cimitero a dargli quell'impressione.
Lo osservò per un po', fissando ogni singola ombra, forse alla ricerca di uno zombie. Okay, guardava troppi film. Era Gerard che l'aveva fatto diventare macabro a furia di mettere su film horror ogni notte insonne che passavano insieme a parlottare, far finta di capirsi e comprendersi quando quello che stavano dicendo non corrispondeva a quello che avevano realmente dentro. L'unica cosa davvero sincera che Frank gli avesse mai detto era che lo amava, ma non aveva la certezza che anche Gerard lo pensava davvero. Erano così abituati a dire balle per chiudersi in sè stessi che a volte venivano spontanee.
Basta, doveva smettere di pensare a Gerard e a quelle due paroline stupide che si erano detti.
Si mise una felpa e si infilò dei jeans, muovendosi senza pensare davvero. Scese silenziosamente le scale, cercando di non svegliare i suoi genitori, e uscì di casa prendendo le chiavi della macchina di suo padre nel cassetto della scarpiera vicino all'ingresso. Non era sicuro che suo padre avrebbe approvato, ma salì in macchina e guidò lentamente per le strade più o meno deserte, diretto al paese dove abitava Angie.
Ci mise un paio di ore, arrivò alle tre e mezzo di mattina e girovagando per il piccolo paese e seguendo un paio di cartelli arrivò al cimitero.
Era malmesso e triste, abbandonato e morto proprio come le persone che il suo terreno freddo ricopriva.
Camminò sul terreno congelato lentamente, esaminando tutte le croci di legno che trovava - teoricamente Angie non aveva ancora una lapide di pietra, era troppo presto.
Non fu difficile trovarla. Era circondata da peluche, lettere, foto, fiori e candele.
Frank tremava. Si inginocchiò e guardò la sua foto. Non era quel genere di foto che hai nella carta d'identità, stava sorridendo spontaneamente, doveva essere una foto con le amiche o una cosa del genere.
Nonostante le buste di plastica, alcune gocce di pioggia avevano raggiunto le lettere, macchiandole di inchiostro come lacrime.
Gli tornarono a mente quei pochi momenti che aveva passato con Angie, a volte detestandola, a volte sorridendo della sua infantilità. Non si sarebbe comportato così se avesse saputo che la sua vita si sarebbe conclusa così velocemente.
Ed era stupido pensarlo ora e sputare e risputare frasi fatte sui suoi rimorsi.
Frank serrò gli occhi e affondò le dita nel terreno gelido e congelato con un enorme scrocchio e pianse a dirotto, ma non perchè gli dispiacesse, era proprio questo il punto: non riusciva a provare alcun tipo di tristezza di fronte a quella tomba.
 

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Capitolo 10
*** Homophobia is Gay. ***


Ehilà donzelle! Questo capitolo è finalmente un po' piu' lungo, chiedo umilmente scusa per le due merdine pubblicate prima ç.ç Lo so, non  ho scuse ç.ç 
Questo capitolo è a mio parere un po' patetico, se non trovate nessi logici in mezzo agli eventi qua sotto narrati, siete pregate di scrivermi "FALLITA." sul spazio recensioni, me ne farò una ragione e mi ritirerò. c':
Ringrazio come sempre chi la segue, chi l'ha messa fra le ricordate e non se ne ricorda e chi l'ha messa fra le preferite c': In particolare, ringrazio tutte le brave bambine che hanno recensito, siete fighe, sappiatelo. 
Detto ciò, vi lascio al capitolo qua sotto, dove apparirà di nuovo GerHARD (nooooo, non ti sto inducendo a leggere, pervertita!) A questo punto vi aspetterete qualcosa di spinto, in realtà sono i soliti strusciamenti amorevoli <3 
Con tanto ammorre

Kathy G





 

Homophobia is Gay

 

Tornò a Belleville alle nove di mattina. Spalancò bruscamente la porta dell'ingresso e si trascinò in casa.
Suo padre si fermò con il giornale in mano a guardarlo con occhi spalancati.
Non c'era da meravigliarsi, l'aspetto di Frank era piuttosto pietoso. Aveva i jeans macchiati di fango, le unghie incrostate di sangue e terra ed era pure un po' sbronzo.
- Dov'eri? - domandò l'uomo, sbigottito.
Frank non rispose e si diresse verso le scale, trascinando le scarpe sporche a terra.
- Frank! -
Il suo nome, urlato in quel modo, gli fece accapponare la pelle. Si fermò e un sorriso divertito gli spuntò sulle labbra. Era da tanto che non lo rimproveravano.
- Dove diavolo eri stato? -
- Ho fatto un giro, papà. - biascicò Frank, ridendo, - Vado... a farmi una doccia. Il bagno è su... o giù? Aspetta. Credo sia gi... su. -
- Frank, sei ubriaco. - esclamò il padre, furioso.
- Hai ragione, papà, sono ubriaco. -
- E' possibile che tu ti debba comportare così? Non ti vediamo da mesi e la prima cosa che fai tornato qui è scappare la notte e ubriacarti? -
- Non è la prima cosa che ho fatto... - replicò Frank, - Erano tre giorni che mi comportavo bene! -
Si fermò un attimo a guardare lo sguardo deluso e triste del padre. Non voleva farlo star male. Gli voleva bene, non voleva che fosse in pensiero per lui. Frank non voleva mai essere un peso per nessuno, specialmente per i suoi genitori. Gli occhi gli si riempirono di lacrime, ma non si preoccupò di nasconderle: - Scusa. E' che... è che mi manca Gerard... -
- Gerard? - ripeté esasperato il padre, - Piantala, Frank, non sei un bambino! -
- No... tu non capisci. - singhiozzò Frank, cadendo in ginocchio a terra con il viso fra le mani.
- Frank, cresci! Sei troppo grande per farti sgridare da tuo padre! Volevi la tua vita da musicista, volevi essere indipendente, ora lo sei! Ma una persona matura dovrebbe sapere da solo quando sta sbagliando, e ora mi stai ferendo. Smettila di frignare, non sei una femminuccia, mio figlio è un Iero e i Iero non sono mai deboli. Quindi alzati, fatti una doccia e presentati con dignità a tavola, tua madre arriverà fra non molto, e non ho assolutamente intenzione di vedere mia moglie triste per lo stesso figlio che ama più di sé stessa. - sbottò, gesticolando da vero italiano con l'indice alzato che sferzava continuamente l'aria insieme al giornale. Abbandonò l'atrio e andò in cucina a grandi passi, lasciando Frank a terra.
Frank rimase per un attimo immobile a fissare il punto dove prima c'era suo padre. Si alzò con un sospiro e si asciugò il naso con il dorso della mano, tirando su come un bambino.
Gli erano mancati quei rimproveri, quelle urla così autoritarie e giuste che lo ferivano solo per renderlo successivamente più forte. Gli era mancato avere un padre, ecco. Vivevano come bestie in quel tourbus, l'autorità sembrava una leggenda metropolitana della quale avevano sentito parlare ma mai sperimentato.
Era infinitamente grato a suo padre per averlo fatto sentire una merda, perchè era stato una merda a comportarsi così ed era giusto che lo sapesse. Il messaggio era arrivato vivido e chiaro attraverso quella coltre opaca e densa d'alcol, ed ora era di nuovo nell'ottica del figlio responsabile che sua madre desiderava.
La casa Iero era un meraviglioso campo di concentramento per Frank, se ora non era una bestia insensibile come Gerard era grazie ai suoi genitori. E pensare che da piccolo li chiamava stronzi.
 
- Ho preparato l'insalata di patate, so che ti piace tanto. - spiegò la madre con un ampio sorriso, posando a tavola una terrina piena di quella delizia.
- Grazie, mamma. - esclamò Frank, quasi commosso, sorridendo felice.
Vide il padre accennare un sorriso dietro al suo giornale, segretamente soddisfatto, e Frank si rispecchiò in quei modi di fare.
- Frank, dov'eri questa mattina presto? Non ti ho trovato a letto. - disse la madre, sedendosi a tavola e cominciando a mangiare la carne che aveva preparato per pranzo.
- Ho fatto una passeggiata, era da un po' che non vedevo Belleville all'alba... - spiegò Frank, tagliandosi con foga un pezzo di carne con gesti impacciati.
- E com'era? - chiese curiosa.
- Facevo prima a stare a letto. - fece spallucce Frank, sorridendo.
La madre rise, una risata cristallina e felice.
- Hai trovato una ragazza, Frank? - chiese il padre.
"No, papà, ho trovato un ragazzo."
- No, no... - mormorò Frank, a disagio. Non aveva capito un cazzo prima quando gli aveva detto che gli mancava Gerard, a quanto pare.
- Dai, Frank, non essere riservato. - incalzò il padre.
- No, davvero, nessuna ragazza. -
- Un ragazzo come te ha bisogno di una donna. Com'è possibile che non hai la ragazza? Tutte le figlie dei miei amici hanno perso la testa per te. - esclamò ridacchiando.
- Papà, io... non voglio una ragazza... - disse con voce tremante Frank.
- Su, caro, non insistere. - lo rimproverò con leggerezza la madre, sorridendo mortificata a Frank.
- E va bene, e va bene. - si arrese il padre, - Frank, mi passi l'insalata di patate? So già che la fai fuori tutta se non me ne tiro fuori un po' adesso... -
Frank gli passò la terrina di vetro e incontrò i suoi occhi.
- Papà. - disse con voce rotta, in ansia.
Il padre esitò, guardandolo.
- Io... io sono innamorato di Gerard. - farfugliò Frank.
La forchetta di qualcuno andò a sbattere impacciatamente contro il fondo del piatto e il manico colpì il bordo con un rumore forte e fastidioso.
Porca puttana, l'aveva davvero detto? Con che coraggio? Che stronzata.
- Gerard? Intendi... Way? Gerard Way? - ripeté il padre, stizzito.
La madre li guardava senza parlare.
- Sì, papà, Gee. Pensate che non sia un buon partito? Non lo è, infatti. Ma io lo amo. -
- M-ma... lui lo sa? - farfugliò il padre.
- Lui... - Frank sospirò, sovraccarico di stress emotivo, - Lui... sì. Lui lo sa. -
- E sie... avete una relazione? -
 - Papà. - farfugliò Frank, deglutendo l'insalata di patate. Ecco, adesso l'avrebbe per sempre collegata all'ansia e all'omofobia che sapeva sua madre stava provando in quel momento, in silenzio, - E' strano... è... complicato. Non lo so, papà. -
- Siete... sapete, le malattie... - suo papà non riusciva a concludere la frase e le guance di Frank erano in fiamme.
- Papà, lo so! - urlacchiò, lasciandosi andare in tremendi acuti- Mamma. Dì... dì qualcosa. -
La madre cercò di sorridere: - Scusa, Frank. Sei libero di... stare con chi vuoi. -
- Mamma... sono fatto così. - farfugliò Frank, offeso dalla poca convinzione nella sua voce.
- Non è vero, Frank. E' un capriccio adolescenziale... -
- No! - urlò Frank, alzandosi di scatto in piedi, - Non dirmi che il mio amore è un capriccio adolescenziale! -
- Frank. - lo rimproverò il padre, afferrando una mano alla moglie.
- No, papà! - ringhiò Frank, - Perchè non posso amare un ragazzo? Cosa c'è che non va? -
- Frank, vuoi davvero infangarti la reputazione dappertutto solo per Gerard? Quel ragazzino impertinente e inquietante? Ti porterà su una brutta strada, dicono che si droghi, lo sai? -
- Papà! Non sono affari tuoi se Gerard si droga! Non sai un ca... assolutamente nulla di lui, quindi piantala di trattarlo come se fosse un malato mentale! -
- Frank, nessuno dovrebbe sapere di voi due... -
- Se tu sapessi usare internet sapresti già cosa succede sul palco ogni tanto, preferivi scoprirlo tramite una figlia dei tuoi amici? Eh? "Ah, ho visto Frankie farsela con Gerard al concerto di ieri sera, che dolci! Lo sapeva signor Iero?" - si lasciò pure andare in un patetico falsetto in una pessima imitazione di una voce femminile. Sì, era fuori di lui.
- Frank, ragiona, non è davvero quello che vuoi. Ti passerà, non prenderla troppo sul serio... -
- Voi non sapete un cazzo di me! - urlò Frank con voce roca e rotta dalla rabbia che cercava di reprimere, ottenendo un effetto molto metal.
Lasciò la stanza, furioso. Tutto ma non l'omofobia. Salì in camera e si sbatté la porta alle spalle. Aprì la finestra e si sedette sul davanzale, appoggiando la tempia al muro freddo mentre lacrime silenziose gli scendevano sulle guancie bollenti. Avrebbe dovuto saperlo che quella società di merda non li avrebbe accettati, tantomeno i suoi genitori.
Sfilò il cellulare dalla tasca. Mandò un messaggio a Gerard, senza nemmeno pensarci. Voleva solo che lo sapesse che stava male senza di lui.
"Mi manchi."
 
L'atmosfera era piatta. La caffetteria era quasi del tutto vuota, c'era solo un tavolo in fondo alla stanza occupato da un paio di ragazzini che cercavano di fare colpo sulle ragazzine sedute lì con loro, ma che non li filavano nemmeno, prese com'erano a bisbigliare fra di loro indicando Frank con gesti mal camuffati.
La giovane cassiera fissava la vetrina, muovendo appena la testa al ritmo della canzone commerciale di sottofondo che la radio locale stava trasmettendo.
Frank si chiese che diavolo avesse di meglio da fare Gerard per arrivare in ritardo al loro appuntamento.
Aspettò tredici minuti, poi finalmente la porta si aprì suonando la campanella lì sopra, e la cassiera, le ragazzine e Frank sobbalzarono contemporaneamente.
- Ehi. - lo salutò Gerard, la voce forte in quel silenzio sordo.
- Sei in ritardo. - replicò Frank con voce roca.
- Un caffè doppio. - esclamò Gerard, lanciando un'occhiata alla cassiera.
Frank si prese la testa fra le mani, esasperato dalle cattive maniere di Gerard con il resto del mondo, Frank compreso. Quando rialzò la testa sentì le labbra di Gerard posare un leggero bacio sui suoi capelli corti.
- Come stai? - sussurrò Gerard, mentre i ragazzini riprendevano goffamente a parlare.
- Mi sei mancato. - mormorò il più piccolo, guardando quel viso che aveva solo immaginato per giorni. Non era cambiato... okay, grazie al cazzo, erano passati solo quattro giorni. Ma era colpa sua se Gerard oltre a farlo impazzire in tutti i sensi gli faceva perdere la cognizione del tempo o più semplicemente lo rincoglioniva?
- Anche tu. - disse Gerard.
Era strano che Frank, dopo aver pianto la notte pensando a lui, trovasse anche il coraggio di rinfacciargli come prima cosa che era in ritardo. La faccia irritante di Gerard sembrava un mito distrutto, come se un fan incontrasse il suo idolo e lo scoprisse con un carattere di merda. Essenzialmente, aveva passato quattro giorni ad adorare un ragazzo dolce che gli piaceva immaginare ma che non esisteva.
La ragazza arrivò con il caffè di Gerard e lo posò sul tavolo.
Gerard le sorrise appena, quasi acido, e si sedette di fronte a Frank sul tavolino, stringendo il bicchiere di caffé fra le mani per scaldarsele, forse. Oppure semplice nervosismo.
- Che hai fatto, Frank? In questi quattro giorni, intendo. -
- Ho mangiato, dormito e a volte respirato. - rispose lentamente Frank.
- Non sei mai andato in bagno? - chiese Gerard, inarcando le sopracciglia fingendosi preoccupato.
- Beh... sì, anche quello. -
- E scommetto che mi hai pensato spesso. - disse a bassa voce, malizioso.
- A dire il vero, solitamente non ti penso mentre faccio la cacca. -
- Frank! - esclamò Gerard con un'espressione disgustata, - E' la prima cosa che mi nomini dopo giorni che non ci vediamo? -
Frank rise: - Te la sei cercata. -
- Tu e il flirt non andate proprio d'accordo, eh? -
- Non nei luoghi pubblici, Way. -
- Luoghi pubblici... - ripeté Gerard, - Ho come l'impressione che dopo finiremo a casa mia. -
- Oh, no. -
- Oh, sì. Il tuo regalo, sfigato. -
- Cosa? L'hai dimenticato a casa tua? -
- E tu che mi hai portato? - cambiò argomento, come sempre.
Frank staccò il fiocco dal regalo nel sacchetto di cartone al suo fianco e se lo attaccò in testa, allargando le braccia: - Buon Natale! -
Gerard rise, per una volta semplicemente divertito e non beffardo.
Frank tirò fuori il vero regalo sorridendo, e ci riattaccò sopra il fiocco: - Spero ti piaccia. -
Il moro lo afferrò, gli occhi verdi che lo guardavano quasi sadici da quanto erano curiosi. Lo scartò in velocità, senza esitazioni, e spalancò gli occhi appena si accorse che era il numero di Watchman che gli mancava. Guardò Frank con un sorriso entusiasta e si alzò per andare ad abbracciarlo.
- Porca troia! - starnazzò, - Dove cazzo l'hai trovato? -
Frank sogghignò, compiaciuto: - Hai detto che ci pensa Babbo Natale ai regali, non io. -
Gerard sorrise e gli baciò languidamente una guancia, serrando una mano attorno alle sue guancie e al suo mento: - Sei fottutamente adorabile. -
- Oh. - arrossì Frank, accennando un sorriso.
- Andiamo fuori. - sbottò Gerard, afferrandolo per mano e trascinandolo in piedi mentre si dirigeva a grandi passi verso la cassa.
Frank riuscì ad afferrare il suo bicchiere di plastica in tempo, Gerard pagò per entrambi più per velocità che per gentilezza e uscirono all'aria fredda e invernale.
Il moro lo trascinò a lato dello Starbucks, in uno stretto vicolo che passava fra la caffetteria e l'edificio accanto (tipico posto da stupro), e lo spinse praticamente contro il muro di cemento in fondo.
Frank si lamentò appena, ma Gerard non gli permise di emettere ulteriore suono perchè lo stava già baciando con quel suo sapore di caffé ancora sulla lingua.
- Non hai idea di quanto tu mi sia mancato. - ringhiò quasi, posandogli una mano sul petto e spingendolo ulteriormente contro il muro, quasi fosse colpa sua.
- Ne avevamo già parlato... - farfugliò Frank in un'esile osservazione, distratto dalle sue labbra così invitanti.
- No, non come si deve. - sibilò il moro, infilando una mano sotto la sua maglietta e posandola sul suo fianco nudo.
- Perchè non mi hai mai cercato? - chiese debolmente il più piccolo, illudendosi di aver colto il momento più adatto che gli sarebbe potuto capitare per parlare davvero, senza ragazzine ad origliare.
- Tu l'hai forse fatto? - replicò Gerard con un sorriso freddo.
- Pensavo di darti fastidio, aspettavo fossi tu a fare il primo passo. -
- Sono tutte scuse. Potrei dirlo anch'io. -
- Detto da Gerard Way non sarebbe credibile. -
- Cosa sono diventato, un'etichetta? -
- No, un ragazzo spregevole ed egoista. E non è una novità, sei così da sempre. -
- Mi sono impegnato, quella volta del mesiversario. - replicò Gerard, le sopracciglia corrugate in un'espressione offesa e ostile, - Ogni tanto sono romantico, piantala di lamentarti. Tu non fai mai un cazzo. -
- Perchè riesco a malapena a respirare quando ci sei! - esclamò Frank, forse un po' troppo forte perchè le sue parole echeggiarono rumorosamente in quelle pareti strette e fredde.
Gerard scosse la testa, osservandogli le labbra, e si lasciò scappare un sorriso sussurrando: - Sei una checca. -
Il più piccolo infilò una mano fra i suoi capelli folti e gli baciò il collo, le labbra così fottutamente sensibili da sentire le sue vene pulsare. Diventava un'entità sovrannaturale in presenza di Gerard, cazzo, pure quello. Sollevò la testa e lo guardò negli occhi.
Voleva dirglielo, cazzo, voleva dirglielo che lo amava, ma non ce la faceva.
- Che c'è? - sussurrò Gerard.
- Ho... ho detto ai miei di noi due. - farfugliò Frank.
Il moro lo mollò di colpo, e fu come se gli avesse strappato il cuore e lo stesse buttando in mezzo al vuoto.
- Perchè l'hai fatto? - sibilò Gerard, infastidito, - Non stiamo nemmeno insieme! Che cazzo gli hai detto, esattamente? -
- Che... che sono innamorato di te. -
- Tu... cosa? - esclamò incredulo Gerard, - Tu sei innamorato di me? -
- Non ho detto di amarti per hobby, sai? Tu sì? -
Gerard si bloccò un istante.
Ecco, lo sapeva. Non lo pensava davvero. Gli aveva detto un'altra frase vuota, una delle tante, che Frank cercava di rinfilzare di sentimenti.
- Perchè sei così? - urlò Frank, spingendolo indietro in malo modo, - Pensi a quello che dici? Non puoi parlare alla cazzo! Vedi che sei stronzo? -
- Frank, mi è scappato. -
- Non può scapparti un "ti amo"! - sbraitò il più piccolo, e, senza nemmeno rendersene conto, sollevò un pugno e gli colpì il naso.
Gerard si allontanò, reggendo le mani a coppa sotto le sue narici, e Frank già scorse del sangue.
Il moro lasciò perdere il naso e lasciò il sangue scendere sulle sue labbra, gli occhi verdi accesi di cattiveria, e con un pugno fece sbattere Frank di nuovo al muro, ma sta volta niente farfalle nello stomaco, solo tanta nausea.
Frank si piegò in due e gli tirò un calcio. Sembravano due stupidi bambini, non dei ragazzi maturi, infatti finirono a terra azzuffandosi e insultandosi nelle maniere più pesanti che trovarono.
Frank si piegò in due all'ennesimo pugno, le gambe incastrate a quelle di Gerard, e sta volta, quando si piegò non lo colpì con un cazzotto ma allargò le braccia e lo abbracciò.
- Basta. - singhiozzò con voce tremante, stringendo Gerard fra le braccia doloranti.
Gerard rimase interdetto con il pugno ancora premuto contro il suo stomaco, dopodiché ritirò il braccio e lo guardò, sorpreso dal suo gesto. Le sue mani smisero di stringergli la felpa e si posarono sulla sua schiena, accarezzandogliela brevemente.
- Frankie... - sussurrò Gerard, appoggiandosi alla sua spalla con il viso.
- Siamo due figli di puttana. -
- Ce lo diciamo dalla mattina alla sera, pensavi scherzassimo davvero? - domandò il moro, sorridendo tristemente. Sciolse l'abbraccio e accarezzò il viso a Frank, come se avessero appena fatto l'amore e non si fossero gonfiati di botte.
- Ti ho fatto male? - gli domandò a bassa voce.
- Sì. - rispose Frank, portandosi d'istinto le mani alla pancia.
- Scusa. - mormorò Gerard, quasi a disagio, osservandolo con una smorfia.
- Io non ti ho fatto male? - chiese deluso Frank.
Gerard sorrise, divertito, facendo spuntare i denti bianchi sotto le labbra sporche di sangue: - Il colpo al naso è stato micidiale. E mi dispiace, perchè ho un bel naso... -
Frank accennò un sorriso velato di tristezza e quasi amarezza per la sua insensibilità: - Perchè mi hai mentito? Non serviva mentire, bastava baciarmi e non me ne sarei accorto. -
Gerard rimase per un po' in silenzio, mordicchiandosi un labbro, forse deliziato dal sapore del suo sangue: - Frankie, sono confuso... non so cosa provo per te. -
- Di sicuro non mi ami. -
- Perchè non posso semplicemente volerti bene? -
- Perchè non saremo mai più amici dopo quello che è successo. -
Gerard sospirò, rassegnato.
- Ed è colpa tua, sai? - aggiunse Frank, acido.
- Per scopare bisogna essere in due, hai presente? -
- Ma è da quando hai iniziato con la storia dei scopamici che la mia eterosessualità ha cominciato a vacillare. -
- Perchè, ti definivi etero quando sul palco mi agguantavi il culo? -
- Non lo facevamo sul serio, lo sai... -
- Perchè, quando scopavamo lo facevamo con amore? -
- Io sì. -
- Non mentire a te stesso, non mi hai mai amato. -
- Ma se ti sto amando addirittura adesso, gonfio di imminenti ematomi a causa delle tue botte? -
- Frank, devi imparare a rimanere insensibile a certe cose, io l'ho fatto. -
- Quando? -
- Quando ero innamorato di te, Frankie. -
Una specie di suono di trombe stordì Frank.
- Quindi ho già perso il treno? - chiese esitante.
- Non è il massimo paragonarmi a un mezzo di trasporto su rotaie ma... -
- Gerard, non si può smettere di amare a comando. -
- Forse continuo ad amarti, hai ragione. -
- Perchè deve essere tutto così difficile? -
- Perchè siamo ragazzi. - fece spallucce Gerard, accennando un sorriso triste.
- Sei tu stesso omofobo? - lo accusò Frank, mentre gli echi della rabbia da poco rimpiazzata con la tristezza si facevano più forti.
- Entrambi lo siamo, in fondo. Altrimenti ci ameremmo e basta. -
- Io sto cercando di amarti, sei tu che non mi lasci fare. -
- Ogni volta che cerco di farlo io ti trasformi in un fottutissimo verginello. -
- Perchè cerchi solo di scopare! -
- Non è vero! Non mi capisci. Mai. -
Frank sospirò e lo baciò, nonostante gran parte del sangue era ancora fresco sulle labbra di Gerard. Ormai non gli importava più di capirlo. Era stanco di cercare di farlo, perchè in fondo gli bastava solo averlo accanto e poterlo baciare per sentirsi bene, ogni volta che parlavano finiva sempre male quindi forse era il caso che smettessero di farlo.
Una terza persona si schiarì la voce, e l'eco arrivò diretto e sconvolgente alle loro orecchie.
Sussultarono e si mollarono a vicenda, come se scottassero.
- Tutto okay? - chiese l'uomo in divisa.
- Cazzo, un poliziotto. - commentò a mezza voce Gerard.
Frank accennò un sorriso e alzò il pollice della mano: - Tutto okay. -
Gerard soffocò una risata per la leggerezza con cui Frank parlava in quello stato.
- Avete un po' di... - l'indice del poliziotto cominciò a girovagare attorno al suo stesso viso con fare imbarazzato, - ... sangue ovunque. -
- Sembra peggio di quel che sembra, in realtà è tutto uscito dal naso. Stiamo benone. -
- Anche il tuo... - si schiarì la voce, - Uhm, amico sta bene? -
- Oh, lui sta da Dio, si fidi. Sono io quello messo peggio. Grazie per l'interessamento, agente. -
- Ci eravamo solo fraintesi, e una cazzotto tira l'altro... - spiegò con aria vaga Gerard.
- Avete bisogno di un'ambulanza? -
- Oh, no. - rise il moro, - Siamo solo un po' gay. -
Il poliziotto si schiarì la voce, a disagio: - Allora vi auguro una... uhm, buona giornata. Arrivederci. -
Lo guardarono sparire dalla loro visuale e si accorsero di tutta la gente che passava per quel marciapiede lì davanti. Chissà in quanti li avevano visti in tutto quel tempo.
Frank si prese il viso fra le mani, in estremo imbarazzo, e il più grande gli batté una mano sulla schiena con aria rassicurante.
- E' tutto okay, Frankie. -
 
- E' qualcosa di osceno, vero? - sbottò tetro Frank, quando appena varcata la soglia di casa Way Gerard gli coprì gli occhi con le mani.
- Shhh, forse ci sono i miei in casa. - gli sibilò all'orecchio Gerard, da dietro, facendo venire i brividi al più piccolo, che si limitò a sorridere come un idiota mentre Gerard lo accompagnava su per le scale.
- Perchè mi tappi gli occhi? Secondo me non serve. -
- No, infatti, però mi andava. Fa più scena. Ah, cazzo, aspetta, adesso che te l'ho detto ho rovinato tutto. -
- Allora è il caso che mi lasci camminare come si deve su per le scale, no? -
Sentì Gerard ridere, dopodiché i suoi piedi si ritrovarono improvvisamente nel vuoto e urlò, aggrappandosi alla prima cosa che trovò, ovvero le spalle di Gerard.
Ah, okay, l'aveva solo preso in braccio.
- Checca. - sbuffò beffardo Gerard, correndo su per le scale con Frank in braccio. Si fermarono davanti alla sua camera e lo lasciò scendere.
- In camera tua? Lo sapevo, è qualcosa di osceno. - esclamò Frank, mentre Gerard tornava a tappargli gli occhi.
- Adesso serve. - dichiarò, aprendo la porta con un calcio.
Frank sentì il tipico rumore di zampe che raschiano contro il pavimento e quando Gerard tolse le mani vide un adorabile cucciolo bianco e goffo corrergli pesantemente in contro.
- Oh mio Dio! - urlacchiò, chinandosi a prendere il cane in braccio, che affondò la lingua immediatamente nel suo orecchio, facendogli il solletico.
- Oh mio Dio! - ripeté, - E'... l'essere più adorabile del mondo. -
- No, prima ci sono io, poi tu e dopo il cane. E comunque se ne approfitta, sta mattina mi sono svegliato col suo culo praticamente in faccia perchè non so che con che pudore ha dormito sul mio cuscino. -
- Che cosa dolce. - commentò con voce mielosa Frank, baciando la testa morbida del cucciolo. Lo sollevò per osservarlo meglio e si accorse della busta appesa al suo collare, - Cos'è? -
Gerard esplose in un sorriso, eccitato: - Una lettera per te. Ma non leggerla adesso, mi mette in imbarazzo. -
- Una lettera? - ripeté Frank, al settimo cielo.
- Sì, è un po' patetica ma... ha un che. - blaterò, calciando una sua All Star lasciata a terra chissà da quanto tempo.
- Un che...? -
- Un che di... -
- Dolce? -
- Nah, figo. -
Frank scosse la testa, senza riuscire a smettere di sorridere, e abbracciò il cagnolino come se fosse un peluche. Adorava i cani.
- Cioè, okay, hai intenzione di rimpiazzarmi con un cane o mi degni di un bacio? - chiese infastidito Gerard.
- Hai ragione, scusa. - convenne Frank, sghignazzando, e lasciò il cagnolino a terra per baciare Gerard. La sua mente vagò per un attimo lontano, fantasticando sul fatto che sembravano davvero fidanzati.
Perchè non potevano esserlo e basta?
Perchè stavano diventando famosi, perchè erano dello stesso sesso e perchè l'omofobia avrebbe sputato continuamente in faccia ad entrambi.
- Perchè non sono nato donna? - mormorò Frank, sovrappensiero, quando Gerard si scostò.
Il moro spalancò gli occhi: - Non mi piaceresti se fossi donna... ehi, un momento, non starai mica pensando di... -
- No! - sbraitò Frank, avvampando, - Sono nato uomo e morirò uomo. -
- Uomo? - ripeté Gerard ridacchiando, - Sei una checca, dai. -
- Ma che... frocetto. -
- Vedi che sei omofobo? - lo accusò.
- No, l'ho detto con affetto. - si difese Frank, guardandolo in cagnesco.
- Perchè ogni nostra conversazione finisce con toni ostili o risse? - domandò Gerard.
- Perchè parlare non è il nostro forte. - fece spallucce il più piccolo, senza rendersi subito conto di quanta malizia avrebbe potuto contenere quella frase se blaterata un po' meno.
- Quindi rimani qui la notte? - chiese Gerard con un sorriso languido.
- No, non posso. Non è davvero il caso, ho appena litigato con i miei, non voglio peggiorare la situazione... - mormorò Frank, sedendosi sul letto di Gerard.
Gerard si sedette al suo fianco e appoggiò la testa sulle sue gambe: - Cosa ti era saltato in mente quando gliel'hai detto? -
- Non lo so. Stavamo parlando di ragazze, mio padre insisteva che avevo una ragazza e non sono riuscito a non dirlo... -
- Pensi che lo diranno ai miei? - domandò a bassa voce.
- No, figurati se lo dicono in giro! -
- Frank, avrebbe senso se lo dicessero ai miei, dato che sono loro figlio e quindi sono coinvolti. -
Frank si prese la testa fra le mani e si buttò indietro sul letto.
Gerard risalì il suo petto puntando i gomiti sulle sue costole, in maniera a dirla tutta piuttosto dolorosa.
- Ho fatto un casino, vero? - frignò il più piccolo.
- Oh, sì. - confermò Gerard.
- Perchè non mi dici niente di incoraggiante? - si lamentò Frank.
- Che senso ha mentirti? Il problema non sparirà. -
Sentirono dei passi fuori dalla camera e non fecero in tempo a separarsi che la porta era già spalancata con Mikey che li guardava con la bocca spalancata.
- Ehi, Mikey. - lo salutò Frank, fingendosi tranquillo, - Non sapevo fossi in casa. Come stai? -
- Cosa...? - farfugliò il piccolo Way, indicandoli come un bambino.
- Stavamo solo parlando, Mikey. - sospirò Gerard, rotolando giù da Frank e guardandolo con aria annoiata.
- Comunque io sto bene. - farfugliò Frank.
- Io... non... volevo disturbare. - blaterò Mikey, aggrappandosi alla maniglia della porta.
- Disturbare cosa? Davvero, Mikey, stavamo parlando. - disse Gerard, sorridendogli serenamente. Possibile che con suo fratello si comportasse sempre come si deve? - Ti serviva qualcosa? Se cerchi la tua felpa, chiedi un po' al figlio di puttana lì per terra, ci ha pisciato sopra ieri sera, ti rendi conto? -
Mikey guardò sconvolto il cagnolino scodinzolante.
- Che pezzo di merda. - commentò esasperato.
- Ehi, pronto? Stiamo parlando del mio cane! - sbottò Frank.
I due Way sospirarono alzando gli occhi al cielo.
- Frankie, sei troppo fissato. - scosse la testa Mikey, sorridendo, - Io adesso vado al cinema a vedere l'ultimo di Steven Spielberg, sapete che non posso perderlo. Venite anche voi? -
- Certo! - esclamò Gerard, saltando giù dal letto e strattonando Frank.
- E il cane? - chiese debolmente Frank, mentre correvano tutti e tre giù per le scale.
- Il cane passerà la notte qui. Esattamente come farai tu. - aggiunse il moro, fulminandolo prima di stampargli all'insaputa di Mikey un bacio sulle labbra.
 

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Capitolo 11
*** Murder Scene. ***


Okay, ULTIMO CAPITOLOOOOOO! *sospiro di sollievo generale* 
Here we are bitches! (?) <3 (sì, sono gasata.)
Volevo ringraziare come prima cosa le dolci donzelle che hanno recensito l'ultimo capitolo con parole dolci e amorevoli, I freakin' love you! 
Ringrazio anche coloro che hanno recensito i capitoli precedenti, coloro che hanno aperto la mia FF anche solo per sbaglio (siete fighi) e coloro a cui ha fatto schifo e non mi hanno insultata nelle recensioni, avete un gran cuore. c':
Non c'è molto da dire su questo capitolo. Ah, sì. E' UN PO' TRISTE. Ma vabbè oh, non sto qua a farvi spoiler sennò mi smerdo da sola. 
Ah, quella qui sotto è la lettera di Gerard a Frank, quella che era allegata (?) al cagnolino e che non voleva che Frank leggesse di fronte a lui PERCHE' SONO DUE CHECCHE. E' piuttosto dolce, quindi chi ha problemi di diabete ci potrebbe rimettere la vita, vi avverto. DA LEGGERE CON CAUTELA. 
Basta, mi levo dai coglioni, una volta per tutte. c':

...
...
...
Balleee! Sto già scrivendo un'altra FF (HA!) dal punto di vista di Gerard, non ha niente a che fare con questa, quindi da questo lato SI', MI LEVO DAI COGLIONI DAVVERO però boh, se vi va di leggere altra roba mia sapete dove trovarmi ;D (in giardino a casa tua) 
Bastaa, mi sto dilungando D: vi lascio a leggere l'ultimo capitolo, come sempre siete pregati di lasciare una recensione dopo il segnale acustico del vostro cervello esploso per la troppa merda appena letta <3
Con ammorre
Kathy G
P.S.: sabrinasabrina sopravvivi! <3








 
Murder Scene

 

Ehi Frankie,
forse una lettera non te l'aspettavi da me. Forse mi facevi meno patetico, e cazzo, sto perdendo punti così, lo so, ma ci sono cose che non riesco e non riuscirò mai a dirti. Sono alle prese con un'altra notte insonne, e non è colpa degli attacchi di panico, è colpa tua che russi come un orso in pensione, stravaccato in laterale sul letto in modo da non lasciarmi nemmeno una piazza intera. Vaffanculo. Ti sveglierei e te lo direi ma devo ammettere che sei piuttosto adorabile, e poi so che cominceresti a starnazzare quindi preferisco lasciarti al tuo ambiguo mondo di sogni dove LO SO CHE CI SONO ANCH'IO, proprio ora stai mormorando il mio nome. Te l'ho mai detto che parli nel sonno? Ora lo sai. Non sotterrarti, in realtà è una cosa carina. Qualsiasi cosa tu faccia è carina, anche quando ti soffi il naso sei arrapante. Non sei mai detestabile, a dire il vero. E non ascoltarmi quando mi incazzo, perchè ogni singola parola che pronuncio quando lo sono non la penso mai davvero. Mi scappano. Le parole mi scappano troppo spesso, forse per questo scrivo così tante canzoni. E ce ne sono centinaia che ho cestinato perchè dico troppo. E quando è il momento di dimostrarti che a te ci tengo non ci riesco mai, perchè ho paura che una tua parola possa uccidermi e squartarmi. Sei uno dei pochi che ci riuscirebbe. E ho perennemente paura che tu non ci tenga a me quanto io ci tengo a te. Quindi te lo scriverò qui, perchè non potrò vedere la tua smorfia di disappunto quando lo leggerai.
Ti voglio bene. Sei una delle poche cose che contano, e non sto parlando del sesso, quella è l'ultima cosa. Ci sono centinaia di motivi per adorarti, ti ammiro in tutto, vorrei avere il tuo carattere, il tuo talento, la tua faccia adorabile. Invece sono in un corpo freddo e inespressivo, deprimente per chi lo guarda, figurati per me che lo vivo. Vorrei essere più limpido, vorrei che non servisse scrivertelo qui su una lettera che ti voglio bene, vorrei che i sentimenti trasparissero dai miei occhi invece ho costruito un cazzo di muro tanto tempo fa e non sono riuscito ancora a demolirlo. Ci sto provando. E nel frattempo devo solo sperare che tu non fraintenda le mie espressioni spente, che tu non ascolta le mie parole quando non vorrei pronunciarle, di averti ancora accanto quando tutto il resto non ci sarà più. 
Ecco, tutto qui. Cazzo, che rottura di palle, vero?
Ah, Buon Natale. Spero che il cane ti piaccia. Se non ti piace... okay, è fuori discussione che non ti piaccia. Lo so che adori i cani, ogni tanto ti ascolto quando blateri le tue stronzate. Lo sto facendo anche adesso, che stai dicendo qualcosa riguardo il mio cazzo. Che mente malata che hai, Frankie. 
Guarda meno porno.
Gee
 
 
Avevano ripreso con il tour, i soldi arrivavano sempre più numerosi, le camere di hotel diventavano sempre più di lusso, e i ragazzi cominciavano a viziarsi non poco.
Specialmente Gerard.
Fra tinte, trucchi e vestiti stava diventando sempre più diva e di conseguenza odioso e irritante.
E Frank era triste, perchè aveva smesso di far parte del suo piccolo universo, ora che si era ampliato e valorizzato. La lettera lo aveva fatto sentire un po' meglio, certo, ma non era abbastanza.
Frank era troppo poco per Gerard, lo sapeva.  
Se ne rendeva conto ogni volta che andava nella sua stanza d'hotel anche solo per parlare e trovava mutandine e reggiseni ovunque. 
La lettera che gli aveva scritto era irrivelante, perchè lo considerava solo un amico, e a Frank andava stretto quel ruolo.
Non andavano più a letto insieme, ma a volte era di gran lunga meglio stare svegli a parlare abbracciati per farsi compagnia a vicenda.
Il problema era che succedeva piuttosto raramente, dato che la maggior parte delle volte Gerard si ritirava subito dopo il concerto nella sua stanza di hotel con una ragazza o due e tutto ciò che si sentiva per i corridoi silenziosi erano le loro urla che lasciavano ben poco all'immaginazione. 
A volte a Frank venivano i complessi di non essere stato abbastanza bravo a letto, di non averlo soddisfato davvero, altrimenti quale altra spiegazione c'era?
Perchè diamine Gerard non lo voleva più?
 
Faceva freddo quella sera. 
Gerard era appoggiato al muro e Frank seduto sui gradini di quel posto abbandonato, entrambi a fumare senza proferire parola.
Frank guardava il fumo delle loro due sigarette mischiarsi, e sperava che fossero le loro labbra, ma andare avanti a seghe mentali non serviva a niente. 
- Sai, Frank. - sbuffò Gerard, soffiando fumo fuori dalle labbra, - Ho conosciuto una ragazza. - 
Una piccola esplosione all'altezza del petto fece sussultare Frank.
- E' bellissima... siamo andati a letto insieme, è uno schianto. Si chiama Eliza. - Eliza. Quella dei messaggi, cazzo, - E' pure parucchiera quindi che vuoi di più? Mi farà la tinta ogni fottutissimo giorno a gratis, questo è il massimo. -
Forse si aspettava una risatina di Frank, ma a dire il vero nemmeno lo stava guardando, faceva vagare gli occhi verdi attraverso la coltre di fumo, osservando il paesaggio lì intorno, che sembrava avvolto a sua volta dal fumo e isolato dal resto del mondo. Una scena ben organizzata per sacrificare il cuore di Frank sull'altare di una parucchiera. 
- Mi piace davvero. - disse infine Gerard, e il suo sorriso si spense, facendo acquisire più autenticità alla frase. Autenticità che non aveva mai dimostrato quando si trattava di Frank, o meglio, che aveva sempre fatto finta di non saper dimostrare quando si trattava di Frank, - Credo di esserne innamorato. - 
Frank si strinse le ginocchia al petto, quasi cercando di tenerne i pezzi tutti assieme, e cominciò a tremare. Non per il freddo. 
Cominciò a tremare perchè il suo cuore, per mano con la sua anima, lo stava facendo, diventando sempre più freddo e agonizzante.
- Quindi credo che non dovremmo più fare sesso o fare altre cose che non siano da amici. - concluse Gerard, gli occhi verdi che guardavano Frank, inespressivi, indifferenti alla sua morte. Stava morendo dissanguato, davvero. L'accoltellata finale era arrivata, dritta al cuore, squarciandogli l'anima che vi si era parata di fronte. 
Non c'erano medicinali per sistemare il tutto, solo una persona, la stessa che ora lo stava assassinando. Come si poteva amare il proprio uccisore? Come si poteva continuare a vivere senza un cuore e senza un'anima?
Gerard aveva strappato i macchinari che lo tenevano in vita, e tutto ciò che restava ora a Frank era la speranza che un giorno arrivasse con una misera flebo a farlo sentire di nuovo vivo, a rivolgergli un minimo sorriso e qualche parola buttata là. Ma forse quando sarebbe arrivato il sangue avrebbe già abbandonato tutto il suo corpo e non sarebbe servito più a niente cercare di aiutarlo. Sarebbe stato troppo tardi e il suo viso non avrebbe più scosso il suo cuore inerme.
- Non mi dici niente? - domandò Gerard, inginocchiandosi di fronte a lui, sullo stesso gradino, e avvicinando il viso al suo per osservarlo. 
Frank si rispecchiò nei suoi occhi verdi, e ci vide i suoi, colmi di terrore. Si chiese se avrebbe mai avuto Gerard così vicino dopo quella conversazione, se ne valeva la pena di dargli un ultimo bacio, demolendo ogni possibile rapporto sopravvissuto alle bombe che aveva sganciato finora.
Amarlo non era bastato.
- Sono felice per te. - sussurrò Frank, sparandosi da solo una pallottola dritta al cervello. 
- Grazie, Frankie. Ti voglio bene, lo sai. - mormorò Gerard, baciandogli la guancia con un bacio morbido prima di alzarsi e andarsene via, trascinandosi dietro tutto ciò che teneva in vita Frank.
Frank rimase a fissare il suo assassino allontanarsi, nella sua pozza di sangue, e aspettò per ore, forse giorni, che il suo cuore smettesse di battere, ma non successe. 
Perchè la speranza che un giorno il suo uccisore potesse tornare in vesti di salvatore lo costringeva a continuare a pulsare sangue finché ne sarebbe valsa la pena di vivere perchè in fondo adorava sentire gli aghi ficcarsi nelle sue vene. Perchè in fondo adorava sentirsi vivo.

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