Lucia

di Meme06
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'eleganza del tempo ***
Capitolo 3: *** Attraverso gli occhi ***
Capitolo 4: *** Corde di violino ***
Capitolo 5: *** Quando la mente riflette i tuoi incubi ***
Capitolo 6: *** La vita in un film ***
Capitolo 7: *** Il riflesso di un incubo ***
Capitolo 8: *** Ciò che è giusto ***
Capitolo 9: *** Le mie domande e le risposte ***
Capitolo 10: *** Perché? ***
Capitolo 11: *** Ho vinto io ***
Capitolo 12: *** Granelli di polvere - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il bene non lo vediamo mai ma lo sentiamo.

Il male lo vediamo di continuo ma non lo avvertiamo affatto.

Qual'è la cosa che ci attrae di più?

Qual'è la cosa che ci fa sentire più vivi?

Più realizzati?

Quale di queste due?

Sarà questione dei punti di vista?

Esiste il paradiso?

Esiste l'inferno?

Domande senza risposta?

E se qualcuno trovasse la risposta incisa a fuoco sulla sua pelle?

In quel caso, che risposta sarebbe?

E che cosa succederebbe a chi lo ha trovato?

Cosa misteriosa la morte, ma ancor più misteriosa è la vita, perché

è un continuo scoprire di sensazioni, un continuo scoprire di

fregature, di tradimenti e di delusioni.

Esiste la felicità o è solo un attimo che noi identifichiamo con delle

emozioni che diamo per belle?

Esiste la paura o è solo il pensiero di provare e sentire quella parola

sulla propria pelle a spaventarci?

Esiste l'amore o è solo un inconscio desiderio carnale a farci dire di

amare una persona?

Esistono le anime, gli spiriti?

E se esistono dove sono?

Magari in mezzo a noi, allora si spiegherebbero quelle tante volte che

ci sentiamo osservati, che ci sembra di avere qualcuno vicino, anche se

siamo soli, voi che ne dite?

Perché il fuoco brucia?

Perché l'acqua bagna?

Perché la terra sporca?

Perché il vento si sente ma non si tocca?

Sono tutte domande senza risposta… o quasi?

Guarda dentro di te e lo scoprirai, oppure voltati e basta, è proprio lì la

tua risposta.

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Capitolo 2
*** L'eleganza del tempo ***


Ci siamo. Sono arrivato. Controllo il nome e la classe e non so se esultare o sbuffare per il fatto che sono giusti. Decido di limitarmi ad aprire la porta e a fare la mia entrata alla seconda ora, come un perfetto ritardatario. Cosa poi che non faceva alcuna differenza se andiamo proprio a vedere.

Gli sguardi degli studenti sono puntati su di me, compreso il suo. Però… non mi sarei mai aspettato un compito tanto gradevole. Mi avvicino alla cattedra salutando il professore, stessa cosa di prima. Devo ridere o fare il serio? Accidenti come sono combattuto! Pensiero derisorio, ovvio. L'unica cosa su cui sono davvero combattuto è se il mio posto è vicino lei o a quel ragazzo che ha tutta l'aria di non valere niente come questa realtà. Come dire, una comparsa nel mondo.

- Siediti vicino alla signorina Davis. - mi dice il prof.

Ogni suo desiderio è un ordine, padrone. Pensò notando il suo sguardo severo mentre appunta il mio ritardo sul registro e mi fissa sedermi al mio posto.

Doveva essere appena arrivato perché il suo discorso ha tutta l'aria di essere appena iniziato e ha tutta l'aria di essere noioso come quello degli altri prof. Mi guardo intorno, stare a sentire è sicuramente l'ultimo dei mie pensieri in questo momento. Preferisco fissare la ragazzina che sta alla mia sinistra e lanciare qualche altro sguardo agli alunni circostanti. Qualcuno mi lancia qualche occhiatina, anche se non capisco che cosa pensano di me non mi importa. Dopotutto non sarà lunga questa cosa.

Il discorso di quel noioso insegnante sembra procedere a passo di tartaruga. Sono passati solo cinque minuti, eppure gli studenti hanno già l'aria annoiata. Com'era ovvio. Tanto il primo giorno di scuola che cosa vuoi fare se non spiegare il programma, paragonabile a somministrare un sonnifero a tutti i ragazzi che cercano di seguire la lezione che minuto dopo minuto si fa sempre più insopportabile.

Ecco, finalmente la campanella. Forse saltare un'ora non è stata una cattiva idea.

- Hey… - è lei. La ragazza che mi sta accanto. - Inizi male proprio il primo giorno?

- Ah? - domando senza capire iniziando a scrutarle ogni centimetro sia del corpo che del viso. Non dev'essere molto alta a considerare da come sta seduta. Ha dei capelli di un biondo chiarissimo, lunghi fino ai gomiti. Gli occhi sono di un bel nocciola, anche se molto chiari anche loro. Sembrano sfumare sul giallo. Labbra sottili e rosee increspate in un sorriso. Il mio sguardo si ferma per un secondo sul petto che viene messo ben in risalto dalla camicetta rosa che porta. È magra e neanche poco. Avrei detto che fosse uno scheletro se non ci fosse stato quello strato di pelle candida a ricoprirle il corpo. Scendo già osservando le gambe coperte da calze fucsia e da una minigonna marrone scuro, trattenuta in vita da una cinta di cuoio. Carina, si, proprio carina.

- Un'ora di ritardo non è cosa da poco, soprattutto per uno nuovo. Rischi di apparire antipatico ai professori. - commenta con l'aria di una che sa certe cose.

Mi limito a sorriderle.

- Cercherò di arrivare puntuale Lucia. - rispondo incrociando le braccia dietro la testa e scendendo un poco lungo la sedia, in una posizione un poco più comoda, accavallando in fine le gambe sotto il banco.

Mi guarda stupita, come se avessi detto una cosa anomala, un'eresia.

- Come fai a…

Prima che continui indico con una mano la sua catenina. La quale presenta una placchetta in argento, dove sono incise in corsivo cinque lettere ben visibili.

- Oh, giusto. - risponde imbarazzata, come se si fosse dimenticata il suo nome. - E tu sei?

Mi chiede. Sorrido. Questa si che è una cosa strana.

- Kaori. - rispondo con il mio tipico mezzo sorriso.

- Sei straniero? - mi chiede.

- In parte. - mi limito a rispondere, il che in un certo senso è vero. - Mia madre è italiana, ma mio padre è giapponese.

- Oh, capisco. - dice semplicemente.

Sorrido, mi sto proprio divertendo.

- Si sa già l'orario delle lezioni? - le chiedo per continuare la chiacchierata.

- No, non si sa fino a metà mese di solito. - risponde tranquilla.

- Ah, che seccatura… - commento.

- L'hai detto! - esclama lei condividendo la mia opinione, detta così su due piedi senza un briciolo di riflessione sopra.

Stava per dire qualcos'altro quando una donna fa capolino nell'aula e si siede subito alla cattedra con fare autoritario. Sembra il tipico personaggio che vive nel passato, in questo caso mai uscito dagli anni settanta. Pantaloni rossi a zampa di elefante e camicetta viola con qualche volant sulla chiusura con i bottoni e sulla fine delle maniche. Non parliamo del trucco, altrimenti diventerebbe un racconto vietato ai minori. Niente male, una vecchia che crede di essere rimasta sedicenne. Ora mi manca solo di vedere un dinosauro che insegna storia e posso anche morire. Rido di me stesso nella mia mente, per non disturbare il prezioso discorso introduttivo che sta facendo quel fenomeno da baraccone. Non ci penso neanche ad ascoltare. O almeno non ci pensavo, fino a che non ha pronunciato il mio nome.

- Nakamura Kaori. - dice pensierosa. - Abbiamo uno nuovo in classe quest'anno, ah?

Dice mettendo le mani nei fianchi e scrutando la classe da cima a fondo per tentare di notarmi. Dovrebbe indossare un paio di occhiali. Lo trovo impossibile il fatto che non riesca a vedere una macchia nera in mezzo ad un mucchio di colorati. Il mio modo di vestire sarà sempre quello. Nero o bianco e nero. Anche se il colore scuro ha sempre la precedenza.

- Ah eccoti! - esclama infine indicandomi. - Hai un nome curioso, non sei di queste parti, dico bene?

- Già. - mi limito a rispondere. Non ho voglia di aggiungere altro. Non serve.

L'insegnate rimane ancora qualche minuto a fissarmi, sperando forse che aggiunga al mio discorso monosillabico qualche altra lettera. Ma poco dopo capisce e rinuncia, ritornando alla spiegazione e illustrazione del programma di questo - sue testuali parole - splendido quarto anno di liceo artistico.

Alla fine dell'ora sento la testa che mi scoppia. Non saprei dire se il motivo è la voce stridula e fastidiosa della professoressa o l'argomento inutile che trattava. Grazie al cielo la sua non era una materia d'indirizzo, altrimenti poveri ragazzi.

- Non sei molto socievole, ah? - mi domanda Lucia.

Mi volto a guardarla.

- Dovrei? - le chiedo.

Noto un attimo di smarrimento nel suo sguardo, di sicuro non si aspettava una risposta così diretta. beh, imparerà presto come sono fatto.

- Non so, ma dire qualcosa in più su di te di un 'già' non farebbe male. - commenta. Faccio spallucce. Certo che è strana, la conosco da due minuti eppure già si prende la libertà di farmi la predica. Sorrido. - Cos'hai per merenda?

Giusto, è la terza ora.

- Non ce l'ho.

- Io ho una pizza in più, ne vuoi una? - mi domanda con un sorriso. Vuole fare amicizia a quanto pare.

- Si, grazie. - rispondo. Dopotutto la pizza non è così male e poi cavolo è da stamattina che non mangio. Lei mi porge un grande quadrato di pizza margherita.

- Ieri l'avevo presa per oggi, ma questa mattina mi ero dimenticata di avere già la merenda, per questo mi sono ritrovata con due pizze. - mi spiega.

Non m'interessa. Addento la pizza annuendo. Buona, devo ammetterlo. - Come mai hai scelto questa scuola?

- Perché mi piace. - rispondo evasivo.

Lei sembra sbuffare. Ecco, ho trovato un suo difetto, la troppa curiosità. Non è un cosa buona, specialmente con uno come me.

- La prossima è l'ultima ora? - chiedo tentando di cambiare argomento.

Lei annuisce.

- Si, il primo giorno si esce un'ora prima. - risponde. Allora la scuola qualcosa di buono ce l'ha.

- Bene. - un mio commento consueto e personale. Lo dico sempre quando so che le persone si aspettano qualcosa da me.

La campanella suona mettendo fine a quei dieci minuti di svago, ingiusti se paragonati alle quattro o cinque ore che ci dobbiamo subire al giorno.

In classe entra subito un professore. Giovane in confronto ai precedenti. Gli alunni subito acquistano il buonumore solo a vederlo.

- Lui è il prof. di architettura. - mi sussurra la ragazza sorridendo. - Ti avverto, è straordinario!

Va bene, posso anche crederci.

- Bene. - rispondo di nuovo, mettendomi nella mia classica posizione relax ed iniziando ad ascoltare la lezione dell'ultima ora. Si, in effetti è bravo come prof. Ci sa fare con gli studenti, è simpatico.

Lucia è rapita da lui e trasuda emozione da tutti i pori. Ovvio che questo professore è uno di quei pochi bravi nel loro mestiere, cioè farti amare la loro materia. Questa lezione la ascolto, anche per la curiosità di vedere cosa causa tanto entusiasmo fra i ragazzi , compresa lei.

L'ora passa in fretta e il suono della campanella quasi mi sorprende.

- Che ne dici? - mi chiede sorridente.

- Hai ragione è un bravo prof.

- Io lo adoro! - esclama mentre mette i libri nello zaino.

- Non lo avevo capito. - dico sarcastico.

Usciamo insieme dalla scuola, continuando a parlare.

- Tu che autobus prendi? - mi chiede.

- Tu?

Lei fa una faccia stranita per poi rispondere.

- Il 3.

- Anch'io. - dico. - Dovrebbe passare fra poco, giusto?

Le domando guardando nel mio orologio a polso.

- Esatto. - mi risponde.

Nemmeno fossi un veggente, dopo due minuti ecco l'autobus che arriva. Saliamo entrambi e ci mettiamo seduti continuando a parlare, come se ci fossimo conosciuti da sempre, come due vecchi amici che si riuniscono. Mi guardo intorno nell'autobus. Allora ci sono anche loro. Finalmente sono arrivati. Bene, allora fin da subito non dovrò fare tutto da solo.

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Capitolo 3
*** Attraverso gli occhi ***


- Però, questo non me lo sarei mai aspettato! - commento sarcastico mentre mi avvicino ai due, che se ne stanno tranquilli, tranquilli davanti casa mia.

- Contento di rivederci? - mi chiede Naoko. Al di là del carattere da maschiaccio posso assicurare che è una ragazza, anche molto bella. Alta, capelli lunghi fino ai fianchi di un biondo chiaro quasi quanto Lucia. La frangetta è di lato e le copre l'occhio sinistro, lasciando in risalto l'occhio color pece destro. La carnagione è chiarissima e il corpo è magro ma formoso.

- Potrei anche dire di si a te e fare una faccia annoiata per la principessa. - rispondo con un mezzo sorriso.

- Hey! Quante volte devo ricordartelo di essere un maschio! - esclama Lian, furioso, puntandomi i suoi grandi occhi celesti davanti ai miei di uno strano verde foglia. Ha tagliato i capelli, ora gli arrivano fino alle spalle e sono come al solito di un lucente marrone scuro.

Gli poso una mano sulla nuca sorridendo.

- Come no, come no… - commento sarcastico. - A parte gli scherzi, siete in classe con me?

- Mi dispiace deluderti, ma no. - risponde Naoko con un sorriso a disegnarle le labbra rosse.

- Come mai oggi mi sembri una femmina? - le domando alzando il sopracciglio.

- Se vuoi posso ritornare subito quella che conosci… - dice minacciosa stringendo i pugni fino a far diventare le nocche più bianche di quanto già non siano.

- No, no ti prego! - esclama Lian andandosi a nascondere dietro di me. Dio mio, questa è una gabbia di matti. Sorrido. Mi mancavano questi momenti.

- Dai ragazzi, a parte gli scherzi, come siamo messi? - domando serio.

Anche loro due fanno sparire le facce comiche e mi vengono entrambi di fronte.

- Sarà meglio se entriamo. - dice Lian.

- Non essere stupido nessuno può sentirci. - dico io, mentre con lo sguardo incito Naoko a parlare.

- Non molto bene.

- Da cosa dipende?

- In primo luogo da Tharia. - risponde Lian preoccupato.

- Logico. - rispondo, senza lasciar trasparire la mia preoccupazione. Questa cosa non ci voleva. Io sto solo facendo il mio lavoro, cosa si mette in mezzo lui? - Cosa devo fare?

- Nulla, per il momento non è ancora successo niente. Né a Phato né a Tharia. L'unica cosa è essere prudenti e continuare il lavoro.

Annuisco, questo lo sapevo anch'io. Ma Naoko è precisa e come al solito la sua precisione è troppa.

- Allora a domani. - il mio saluto. Frase scontata che serve a dire 'ora lasciatemi in pace'.

I due la recepiscono al volo e se ne vanno mentre io entro nella mia nuova abitazione. Nulla di speciale. Quattro pareti, un letto, una scrivania, una cucina e un divano. Tutto quello che mi serve e forse anche qualcosa di troppo. Poco importa, non dovrò sopportarlo per molto.

Primo giorno di scuola, una parola che equivale anche a dire 'no compiti'. Non li farei comunque, ma è una soddisfazione sapere che domani non ci sarà nessuno a sgridarmi e a rifilarmi le solite frasette del tipo 'so che puoi fare di più'. Parole stampate di un vecchio copione che si ripete tutti i santi giorni in base alle occasioni. Ormai hanno perso il loro significato, come storie dell'orrore di tanti anni fa che hanno smarrito ormai il brivido che le caratterizzava.

Mi avvicino al letto e prendo dal comodino il fastidioso aggeggio che tutti detestano perché ti toglie dalle dolci carezze del sonno, costringendoti a uscire da quella culla calda e premurosa qual'è il letto.

Non ne ho bisogno, so svegliarmi benissimo da solo, dovrebbe saperlo. Faccio una smorfia di soddisfazione pensando a cosa mi aspetta domani.


- Sono tinti? - mi domanda. Mi volto verso di lei mostrandole tutta la mia incomprensione. - Era da un po' che volevo chiedertelo…

Confessa imbarazzata indicando i miei capelli candidi come solo la neve può esserlo.

- No. - rispondo.

Lei alza un sopracciglio confusa.

- Non avevo mai visto un colore simile. - dice. Non potrei darle torto, neanche lei che ha i capelli molto chiari potrebbe arrivare al mio colore.

- Li aveva così mia madre. - decido di dirle.

- Caspita! - esclama stupita. - Io sono praticamente la copia di mia madre.

Sorride mentre mi guarda e continua a parlare di sé e della sua famiglia. Questa è una buona cosa, almeno non sono costretto a prestarle molta attenzione. Accidenti, forse dovrei iniziare subito a movimentare le cose, altrimenti… no no devo essere paziente. Naoko e Lian ieri mi hanno avvertito ma mi hanno anche detto che non devo farmi prendere dalla fretta e devo semplicemente continuare il mio lavoro. Credo che l'unica cosa che posso fare è provarci. Tharia non mi ha mai dato pace. So già chi manderanno, devo stare attento.

- Allora? - la voce di Lucia mi riporta alla realtà.

- Cosa? - le domando.

La sua espressione mi fa intuire di aver capito che non stavo seguendo una parola di quello che mi ha detto.

- Ma a cosa stavi pensando? - mi domanda curiosa.

- A niente.

- Si, come no! - commenta sarcastica. - Non sperare che ti creda, avevi lo sguardo perso, a cosa stavi pensando?

- Di solito quando uno risponde niente è un pretesto per non dire 'fatti gli affari tuoi'. - che rottura, altro che diciassettenne, qui sembra di essere all'elementari.

Sembra mettere il broncio come solo i bambini sanno fare.

- Oh andiamo non ti sarai offesa… - commento confuso mentre sento la campanella suonare e annunciare l'inizio delle lezioni.


Non lo capisco, è davvero strano. Come se avesse qualcosa da nascondere. Mi guarda in modo particolare, come non mi ha mai guardata nessuno. Non so cosa aspettarmi. In più la cosa strana è che sento di conoscerlo già da tempo, eppure sono sicura di non averlo mai visto in vita mia.

Basta pensare. Devo concentrarmi sulla lezione. Non posso permettermi distrazioni specialmente su questa materia. Guardo l'insegnante che continua a spiegare e a scrivere sulla lavagna. I suoi occhi mi guardano ed emettono strani bagliori gialli. Rabbrividisco, è stata una mia impressione vero?

Scrive alla lavagna, ma i segni del gesso diventano sangue e scendono in rivoli sulla lavagna nera, andando a scrivere parole differenti. Tic Tac il tempo scorre… Sgrano gli occhi dallo stupore, gli altri non si muovono, come fanno a non vederla? Il gesso continua a perdere sangue, fino a consumarsi. La mano del professore inizia a spellarsi e gli strati di pelle cadono a terra mentre i muscoli bagnano la lavagna di rosso. Urlo. Urlo e mi copro gli occhi con le mani. L'odore pungente e metallico del sangue mi giunge alle narici, dandomi la conferma che quello che ho visto non è fantasia.

Sento due mani che si posano sulle mie spalle e mi scuotono. Lentamente apro le mani vedendo Kaori di fronte a me con uno sguardo confuso. Mi volto verso il professore. Niente più sangue, il gesso è bianco e sta nella mano intatta dell'uomo. L'odore del sangue è scomparso.

- Che diavolo è stato? - domando. - Non lo hai visto?

Kaori non dice nulla, guardandomi semplicemente confuso.

- C'era sangue dappertutto… - bisbiglio.

Gli alunni e il professore mi guardano ancora strano, probabilmente per l'urlo che ho dato prima.

- Lucia, ti senti bene? - mi domanda sinceramente preoccupato il ragazzo.

- Non lo so. - rispondo. - Ma quello che ho visto era… reale… ho sentito l'odore del sangue. Era tutto vero.

- Forse hai la febbre. - dice mettendomi una mano sulla fronte.

- Sto benissimo! - esclamo, ma neanche io ne sono più tanto sicura. Mi guardo intorno. La lezione sta riprendendo, chiudo un attimo gli occhi, sospirando. Si, probabilmente era stata tutta un'allucinazione.


Che diavolo è successo? Eppure sono sicuro di non aver visto nulla. Che sia stata opera di Lian o di Naoko? Ma non può essere, quei due sanno che devono sottostare ai miei ordini e non possono permettersi il lusso di fare come fa più comodo loro. Lucia ha visto qualcosa, ne sono sicuro. Ma se la causa ne ero io avrei dovuto vederlo anch'io. Invece non ho visto niente. Chi è che si sta burlando di me? Dopo chiederò a quei due se ne sanno niente. Non possono mentirmi, è contro il regolamento. Lo sanno.

La campanella suona facendomi sobbalzare. Ero talmente assorto da non essermi accorto che è ora di andare a casa. Esco veloce dalla classe, senza pensare a nient'altro se non a risolvere questa faccenda. Mentre sto per raggiungere Naoko che sta uscendo dalla classe sento qualcuno che mi afferra per la maglia.

- Che vuoi? - mi volto bruscamente. Credevo fosse Lucia, invece davanti a me c'è una mora dagli occhi azzurri, che mi guarda in modo tutt'altro che innocente. Fantastico, ci mancava solo questa a farmi perdere tempo.

- Ciao, io sono Mara, non è che tu hai i compiti di inglese, io non ho fatto in tempo a prenderli. - mi dice. Che scusa stupida per venirmi a parlare.

- No, non li ho. - rispondo evasivo. - Ci vediamo.

Riprendo a camminare, ma ormai li ho persi di vista. Ma tu guarda cosa mi doveva capitare! Non potevo essere un cane piuttosto che un ragazzo? Valli a capire quelli.

Vado alla fermata dell'autobus, Lucia dovrebbe arrivare fra poco. Sono io quello che è arrivato in anticipo sfrecciando come un assatanato. Modo buffo di vedere le cose. Bene, eccola mentre esce dalla scuola e scende le scale venendo verso di me. Sembra ancora spossata. Vorrei tanto chiederle che cosa ha visto. Ma dubito che mi risponderebbe, per aura che non le credessi.

- Hey! - dice non appena mi vede.

Io me ne sto lì seduto, gambe incrociate, mezzo sorriso e mani in tasca. fare un po' il fighetto non fa mai male soprattutto con le ragazze.

- Yo. - rispondo.

Lei sorride e mi si siede vicino, tira fuori il cellulare guardando l'ora sul display.

- Uffa, come al solito devo aspettare mezz'ora prima di prendere l'autobus. - si lamenta. - Succede sempre così quando usciamo presto.

Bene, bene, bene… qui adesso entro in gioco io e la mia fantastica fortuna.

- Vuoi che ti do' uno strappo a casa? - le domando.

- E come? - fa lei curiosa.

Sorriso trionfante.

- Ho la moto proprio qui vicino. - le dico.

- Davvero? - sgrana gli occhi dallo stupore. - Sei venuto in moto stamattina?

Annuisco. Lucia sorride.

- Dispiace se accetto? - mi chiede mentre è già in piedi e aspetta solo il mio consenso.

- Certo che no. - rispondo mentre la scorto da vero 'bravo ragazzo' verso la mia moto. Vedo il suo sguardo farsi luccicante alla vista di tanta bellezza. Come darle torto del resto? Hey, non c'è nulla di male a vantarsi un po'. - Coraggio sali.

Lucia si avvicina e sale titubante.

- Reggiti forte. - le dico mentre mi metto il casco, dopo averne passato uno a lei. Poi parto. Sento le sue braccia che stringono intorno alla mia vita. Dovrei rallentare? No, non credo di doverlo fare.





Okay, so che anche qui la storia non da' affatto l'impressione di essere horror, ma le cose miglioreranno ve lo assicuro ^ ^

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Capitolo 4
*** Corde di violino ***


Che strano. Guardo l'orologio. No, non mi ero sbagliata, è in ritardo. Sono le otto e un quarto, la lezione è iniziata e lui ancora non si è fatto vedere. Che stia male? Ma no, ieri mi ha accompagnata a casa, stava bene. Okay, lo ammetto, sono preoccupata. Solo che quel ragazzo ha qualcosa di particolare. Non saprei definire che cos'è. La prima volta che l'ho visto mi sono perfino stupita di vedere un tipo del genere a scuola. Non sembra tenere molto allo studio ed essere interessato molto alle materie di questo liceo. Sospiro. Basta pensare. O meglio, basta pensare a lui, devo solo concentrarmi sulla lezione. L'ultima volta che ho detto queste parole ho assistito ad una scena poco gradevole, spero non accada di nuovo, altrimenti crederò davvero di stare impazzendo.

Guardo la lavagna, il gesso non sanguina. Mmm, è un buon inizio. Il prof non è affetto dalla peste. Anche questo non è male.

Sento una mano che mi tocca il braccio. Sussulto, ero concentrata sulla lezione. Mi volto, un ragazzo dagli enormi occhi marroni mi fissa sorridendo.

- Ciao, hai un foglio? Devo prendere appunti. - mi dice.

Annuisco sorridendo. Però, carino questo, da dove è saltato fuori. Apro il mio quaderno ad anelli e prendo un foglio a righe. Mi volto per darglielo.

Dove prima c'era una faccia ora c'è un ammasso informe di carne umana metà bruciacchiata che sanguina. Gli occhi mi fissano, ingialliti, dietro quella maschera di pelle che lentamente si sta staccando dal cranio per rivelare il muscolo rosato intriso di sangue che vi è sotto.

- Grazie… - mi dice allungando una mano per prendere il foglio, ma mi cade di mano. - hey, tutto bene?

- Aaaaaahhhh!! - urlo, urlo a perdifiato. Mi alzo e corro fuori dalla classe. Cosa sta succedendo? Che cos'era quello? Cosa ci fa qui?

Mi fermo. Okay, calma. Respira. No, non ci riesco. Accanto a me un ammasso informe che prima mi sembrava un ragazzo mi ha appena chiesto un foglio per gli appunti. Perché accanto a me cera un cadavere? Perché sto iniziando a vedere tutte queste cose atroci?

Un suono. No. Una melodia. Una musica. Sento una musica che proviene da un'aula poco lontano da dove mi trovo. Tendo l'orecchio. Violino. Non amo particolarmente questo strumento, ma in un momento come questo andrei ovunque pur di non tornare in classe. Cammino verso quell'aula. Il battito del cuore sta rallentando e il respiro sta facendo di nuovo la sua comparsa. Ottimo, questa cosa è positiva. Mi avvicino alla porta dell'aula. Chiusa. Giro il pomello e apro la porta.

Vedo un ragazzo che non ho mai visto, i capelli davanti al viso, neri, solo un occhio bianco spunta fuori tra una ciocca e l'altra e mi fissa. Tiene tra le braccia un ragazzo che non fa altro che sputare sangue. Il collo è aperto e si vede l'interno. La maglietta è sporca di rosso. L'archetto che tiene in mano il moro sta suonando sulle corde. Ma non sono corde di violino. È poggiato su corde vocali umane, quelle del ragazzo.

- Quando si dice che ci vuole impegno… - sibila il moro.

Urlo. Di nuovo. Anche le mie corde vocali sono brave a cantare. Chiudo la porta sbattendola e corro. Corro via. Devo uscire da qui. Questo è il primo pensiero che mi attraversa la mente. Non capisco. Non capisco cosa sta succedendo, ma so che di sicuro non è cosa buona.

Fuggo via, fuori dalla scuola, fino a sbattere contro qualcuno. Mi aggrappo a lui. Nel mio correre senza meta avevo intravisto un ciuffo di capelli bianchi.

Kaori.

- Ehm… scusa, tu sei? - questa voce però non sembra la sua.

Alzo lo sguardo. Specchiandomi in due zaffiri lucenti. I capelli bianchi ci sono. Ma non è lui, non è Kaori. Faccio appena in tempo a realizzare questo che un calore improvviso mi attraversa le guance. Mi stacco dal ragazzo che mi guarda sorridendo e un po' confuso.

- Ecco… - balbetto imbarazzata. - Io credevo che tu fossi un altro.

- Dovevo supporlo, peccato però… - mi dice avvicinandosi pericolosamente al mio volto. Sento il calore espandersi a tutto il mio viso. Allunga la mano e mi prende la catenina. - Lucia… ma che bel nome.

Okay, è chiaro che da l'impressione di essere un vero playboy. Devo ammettere che è anche bravo, ci sa fare. Non sono mai arrossita così tanto in vita mia.

- T-tu sei? - balbetto. Devo essere proprio un pomodoro in viso.

Lui si allontana da me, probabilmente deciso a darmi un po' di respiro.

- Asami.

Sorride. Santo cielo, spero tanto che sia un nuovo studente.

- Te la fai con le liceali adesso? Asami. - questa voce la conosco. Guardo dietro Asami. Non mi sono sbagliata.


L'Idiota si gira verso di me. Ma tu guarda, allora era lui. Chi si crede di essere per fare il bamboccio con Lucia?

- Ehi, fratellino, come andiamo? - domanda. Brutto figlio di… cioè, se non fosse anche mia madre.

- Tu puoi anche andartene. - rispondo serio. - E poi ho un nome. Fratellino

- Siamo di cattivo umore stamattina, ah? - mi domanda sorridendo. Dei infernali quanto è odioso.

Mi avvicino a lui e lo sorpasso, afferro Lucia per la mano e la trascino - letteralmente - dentro la scuola. La sento rabbrividire.

- Cosa c'è? - domando.

- N-niente. - risponde, ma si capisce che è successo qualcosa. Sono proprio curioso di sapere come lo racconterà.

- Andiamo, si vede che è successo qualcosa. - ribatto convinto.

Lei sbuffa. È la prima volta che glielo vedo fare così platealmente.

- Non possiamo sorvolare? - mi domanda. Dovrebbe suonare minaccioso, ma in quella frase c'è solo paura.

- Come vuoi tu. - sorrido sornione. Non so ancora chi le ha fatto lo scherzetto in classe ieri, devo chiedere ancora ai due. Ma quello che è successo adesso lo so eccome.

Sto per entrare in classe, ma lei mi blocca.

- Non possiamo restare qui? - mi chiede. Il terrore negli occhi.

La guardo preoccupato. Scena.

- Perché? Deve interrogarti? - le chiedo scherzando.

Ma lei non scherza. Ha paura e non vuole entrare. Oh, come la capisco.

- Va bene. - le dico. Controllo da qui che l'Imbecille sia andato via. Poi usciamo. - Ti va di fare un giro in moto?

Le chiedo. Lucia mi rivolge uno sguardo misto tra lo speranzoso e lo stupefatto.

- Dici sul serio? - mi chiede.

Annuisco. Andiamo al parcheggio. La mia Honda nera ci aspetta paziente. Brilla. Amo quella moto. Lo sguardo della ragazza si illumina come l'altra volta. A quanto pare sa riconoscere una moto che ha classe. Salgo, soddisfatto di vedere lo sguardo ammirato di Lucia.

- Vieni? - le chiedo. Una punta di soddisfazione nella voce. Un sorriso ad incresparmi le labbra e uno sguardo provocatorio degno di nota.

Lei annuisce più volte per poi afferrare il casco che le porgo e salire dietro di me. Si aggrappa come l'altra volta, stringendomi la vita tramite il giubbotto di pelle che indosso. Metto il casco e… si parte!

Sfreccio velocissimo. Mi sto divertendo come poche volte è successo. Man mano che accelero sento la stretta di Lucia farsi sempre più salda. Non m'importa, ormai ci ho preso gusto. D'un tratto però vedo davanti a me 'Colours shop'. Un negozio di abiti firmati che è praticamente proibitivo, per via dei prezzi. Freno all'improvviso. Un piccolo gridolino da parte della ragazza. Sorrido.

- Perché ti sei fermato? - mi domanda sorpresa guardandosi intorno.

Guardo l'orologio.

- Ormai è tardi per tornare a scuola. - le dico. - Ma non per mangiare.

Lei sorride.

- In effetti avevo una certa fame. - confessa leggermente imbarazzata.

- Bene, andiamo a mangiare un panino, ti invito a pranzo a casa mia. - le dico.

Lei fa una faccia sorpresa, poi accetta. Bene, bene, chissà se non riesco a fare i compiti con lei. Un luccichio malizioso mi attraversa gli occhi.

Metto di nuovo in moto e sfreccio verso casa mia.

Una volta arrivati ci avviamo verso la porta. La vedo titubante all'ingresso. Come se avesse paura di qualcosa.

- Beh, non avevi fame? - le chiedo.

Sembra come risvegliarsi da qualcosa a me oscuro. Annuisce e attraversa lo stipite della porta, seguendomi in cucina. Oddio, come se non ci sarebbe potuta arrivare da solo. Tutto è nella stessa stanza. Come la casa della Barbie, avete presente? Quelle che si aprono come libri e si chiudono per metterle meglio a posto.

- Con cosa lo vuoi? - le domando mentre tiro fuori il pane a cassetta e qualche affettato dal frigo.

- Prosciutto e insalata. - dice con già l'acquolina.

- E prosciutto e insalata sia. - rispondo preparandomi a farle il panino.

- Tu come lo prendi?

- Io… direi con il formaggio e la maionese.

Per un attimo fa una faccia stupita, poi spallucce, afferrando e iniziando a mangiare avidamente il panino che le ho appena dato.

- Fame eh? - le chiedo girandomi poco dopo che lei ha annuito, per fare anche il mio.

Mangiamo in silenzio. Nessuno dei due sa cosa dire. Chi se ne importa, non mi piace parlare troppo.

- Vivi solo? - come non detto.

- A-ah. - dico semplicemente.

- Non ti annoi? - sei tu quella che mi annoia.

- No.

Credo che abbia capito, perché adesso si limita a consumare il suo pranzo.

- I tuoi non si preoccupano se torni troppo tardi? - le domando improvvisamente.

- No, sono in viaggio di lavoro.

Annuisco. Non che m'importi, ma sono comunque un tipo curioso e se posso racimolo qualche informazione che non potrei riuscire a scovare con le mie sole forze.

- Ti va se facciamo i compiti insieme? - mi domanda una volta finito di pranzare.

- Hai i libri con te?

- No, ma tanto per domani c'è fisica, dobbiamo solo studiare.

- Per me va bene. - si, va bene. Anche se poco fa quella parola l'avrei associata ad un altro tipo di attività.

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Capitolo 5
*** Quando la mente riflette i tuoi incubi ***


Buio. Sono legata. Le corde mi segano i polsi e le caviglie. Sento una presenza, ma non so chi sia o che cosa sia. Cosa ci faccio qui? La gola mi si chiude, il respiro non lo avverto più. Sento il cuore stringersi, come in una morsa. Non respiro. Sento un ronzio. Ovattato. L'aria si sta facendo pesante, come se intorno a me tutto stesse prendendo fuoco. Mi sbaglio. Non è fuoco. Acqua. L'acqua mi entra nei polmoni. Sto soffocando. Muoio.


- Aaaahhh!!! - urlo. Mi tasto il corpo. Non ci sono segni di corde. - Era solo un sogno…

- Lo spero per i nostri timpani, signorina Davis.

Alzo lentamente lo sguardo. Davanti a me c'è il prof. Credo di essere arrossita terribilmente, avverto calore sulle guance. I miei compagni di classe mi fissano. Che imbarazzo, sono proprio senza speranze. Non posso credere di aver gridato davanti a tutti e soprattutto non posso credere di essermi addormentata in classe. Quando mai è successo?

Accanto a me c'è Kaori, anche se non ride come gli altri posso intuire le sue labbra leggermente piegate verso l'alto. Si sta forse trattenendo per non farmi rimanere male? Mi sembra un po' impossibile.

Mi volto di nuovo verso il prof. che mi guarda duro.

- Mi scusi… non accadrà più. - mormoro imbarazzata.

Lui annuisce e dopo avermi scoccato un'ultima occhiata che esprimeva un 'ci conto' se ne va. Sospiro. Perché ultimamente capitano tutte a me? Alla mia destra c'è Daniel che mi guarda strano. Segno che vuole dirmi qualcosa. Nemmeno fossi una veggente, non appena suona la campanella mi si accosta.

- Ehm… Lucia, hai un attimo? - mi chiede.

Sorrido e annuisco.

- Cosa ti è successo?

- Eh?

- Ultimamente ti stai comportando in modo strano, non dire che non è vero. Non posso certo dargli torto. Prima ho urlato in classe per quello che ho visto alla lavagna. Ieri sono uscita urlando dalla classe e non sono più rientrata. E per finire oggi mi sono addormentata, ho avuto un incubo e ho fatto una mega figuraccia con il professore.

- Dove vuoi arrivare? - gli domando incrociando le braccia. Questo atteggiamento non mi appartiene, ma non ho alcuna intenzione di raccontargli quello che ho visto.

- Dove mi chiedi? Ahh, ma che ti prende? - mi domanda confuso. Mi dispiace Daniel ma non posso dirti nulla. - Sai una cosa? Non m'importa, lascia stare…

Se ne va lasciandomi da sola. Abbasso lo sguardo. Sono una stronza, lo so. Ma che potevo dirgli? 'Scusa Daniel ma ultimamente vedo un sacco di cadaveri?' Mi prenderebbe ancora di più per matta. Che situazione…

- Tutto bene? - una domanda posta con la voce che ha tutta l'aria si trasmettere scherno.

- Come no! Considerando il fatto che ho appena perso il mio migliore amico e che sono diventata pazza, posso constatare che va tutto a meraviglia… - commento frustata e triste.

- Cosa c'è che non va?

- Non ne ho la più pallida idea. - dico girandomi.

Kaori mi guarda con un sorrisetto che ha un non so che di trionfante. Chissà per cosa poi…

- Sei preparata per il compito di matematica? - mi domanda.

- Cazzo… - mormoro a denti stretti.

Lui ride.

- Cosa ridi idiota, ieri non ho avuto tempo di studiare! - grido.

- Rido perché il compito di matematica è domani.

Per un attimo rimango interdetta, poi una volta compreso il significato di quelle parole la rabbia ha la meglio.

- Stronzo! - esclamo superandolo per prendere la merenda.


Ah, quella ragazza mi fa proprio impazzire. La adoro. Non ci vuole un nulla a spaventarla. Questo mi diverte. Ma devo comunque parlare con Naoko e Lian. Oggi li becco sicuro.

Cammino per il corridoio fino ad arrivare alla loro classe. Sono dentro. Come immaginavo. Entro senza pensarci troppo.

- Guarda guarda chi si vede! - esclama Naoko.

Le faccio un cenno col capo. Siamo soli in aula. Ottimo. si potrà parlare indisturbati.

- Sei stata tu?

Fa una faccia che esprime la più pura incomprensione.

- A fare che?

- Quella visione della lavagna a Lucia.

Lei sorride con fare furbo.

- Forse. Oh ma andiamo, divertirsi un po' non è un peccato.

- Sai che dovevi avvertirmi. Se avessimo fatto due visioni contemporaneamente sarebbe successa una catastrofe. Lo sai.

Naoko fa spallucce.

- Non succederà mai.

- Questo non puoi dirlo. Un altro scherzetto del genere e ti rispedisco a Phato in un attimo. - la minaccio. Con Naoko non si può fare altrimenti.

Lei abbassa lo sguardo in segno di assenso.

- Ehm… cos'è successo? - chiede Lian, proprio come un perfetto idiota. Mi metto una mano davanti agli occhi e scuoto piano il capo.

- Nulla, lascia stare. - dico per poi uscire dall'aula.

Ma tu guarda, ho a che fare con dei bambini. Avrei detto che quello che fa cose avventate era Lian. Ma a quanto pare anche la signorina lì non si tira indietro per farmi arrabbiare. Che seccatura. Meglio che ritorno dal mio divertimento, ormai quotidiano.

Lucia è davanti al distributore di merendine. Mi avvicino a lei.

- Ciao! - esclamo allegro.

Lei si gira e mi guarda male. Oh oh, credo ce l'abbia ancora con me. Pazienza, troverò il modo di farmi perdonare.

- Che vuoi?

- Come siamo scontrose!

- Scusa, ma non ho molta voglia di parlare ultimamente.

- Successo qualcosa?

- Non sai quanto hai ragione.

- Come?

- Niente, niente.

Mi viene da ridere, ma mi trattengo. La ragazzina pensa di poter tenere i segreti con me. Non posso crederci, è troppo divertente.

La campanella suona. Lucia scarta la merendina ed inizia a mangiarla, senza curarsene.

- Io torno in classe. - le dico. Lei fa spallucce. Mi volto. Sorrido, mentre rientro in classe.


Uffa, quel ragazzo per me ha qualcosa che non va. Non gli ho voluto dare la soddisfazione di entrare in classe con lui, ma se resto qui mentre le lezioni iniziano rischio di prendermi una punizione. Non ho voglia di entrare in classe, poi con la merenda non posso.

Pazienza, farò quattro passi. Cammino per i corridoi della scuola. Che bello quando è tutto così tranquillo. Quando passo davanti alla porta di qualche classe sento la voce ovattata dell'insegnante che spiega. In lontananza il suono dei flauti dell'aula di musica mi giunge come un grido disperato alle orecchie. Amo il flauto. Quello è di sicuro il mio strumento preferito. Lo so anche suonare. Mio padre è un bravo flautista e io voglio seguire le sue tracce.

La mia barretta al cioccolato è quasi finita, non ho fatto colazione stamattina, ho ancora fame. Mi guardo intorno, alla ricerca di una macchinetta nelle vicinanze. Eccola. In fondo al corridoio, accanto all'aula di disegno.

Mi avvicino ad essa e passo in rassegna tutte le merende che mi si offrono. Ho carenza di zuccheri questo periodo, perciò opto per un'altra barretta al cioccolato. La cosa che mi stupisce è che sono restata un'ora a guardarle tutte per poi scegliere la stessa cosa che ho mangiato un attimo fa. Faccio spallucce mentre dono, al mio fedele amico del cibo, due euro. Ecco, è caduta. Vado per aprire quella specie di sportello e gustare la mia merenda, quando uno strano prurito mi attraversa in braccio. Tiro su la manica del braccio destro. Urlo. Le vene sono tutte gonfie e mi percorrono tutto il braccia, sembrano esplodere. I capillari anche sono ben in mostra. Alzo l'altra manica. Stessa identica cosa. L'unica differenza è che qui una vena mi scoppia, schizzandomi sangue sul viso.

- Aaaaaaahhhhhhh!!!! - Grido. Tiro giù le maniche e mi inginocchio prendendomi il volto tra le mani. Deve essere un sogno. Un'allucinazione. Mi alzo lentamente e vado in bagno. Sto tremando.

Entro. Guardo nello specchio. Urlerei se il terrore non me lo impedisse. Il mio viso ospita piaghe e vene che gettano sangue. Finalmente dalla mia bocca riesce ad uscire qualche suono. Finalmente riesco ad urlare. Urlo, mentre chiudo gli occhi e mi piego su me stessa. Lontana dallo specchio mi tocco il viso.

- Non sento nulla.

Mi alzo lentamente e guardo lo specchio. Il mio viso è tornato normale. Mi tiro su le maniche. Le mie braccia sono umane, bianche e lisce come sempre.

Respiro. D'un tratto mi manca l'aria. Sto impazzendo. Questa è l'unica spiegazione. Che cazzo sta succedendo?


Sorrido. La ragazzina doveva imparare prima o poi che l'apparenza non è tutto.

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Capitolo 6
*** La vita in un film ***


- Ehm… intendi cosa voglio fare con te? - mi domanda leggermente confusa.

Le rivolgo un sorriso malizioso. Come non farlo? Lei arrossisce di botto, voltando la testa di lato.

- Pervertito! Non parlavo in quel senso… - si affretta a dire.

- Oh, e dire che ci speravo… - le dico con la faccia da cucciolo.

Lei arrossisce di più, nient'altro.

- Comunque, parlando seriamente, cosa facciamo questo sabato? - le domando. Avevamo deciso di uscire. Il che è un bene per me. Ma ancora lei mi deve dire un luogo dove vorrebbe andare oggi pomeriggio.

- Mmm… al cinema? - mi domanda.

Annuisco convinto. Infatti sai quanto me ne frega dove andiamo? L'importante è seguirla.

Ci mettiamo d'accordo per pranzare insieme e poi andare al cinema verso le quattro. Mi chiedo come cacchio farò a sorbirmi due ore di chiacchiere, ma posso anche resistere fingendo di ascoltarla.

- Beh, andiamo… - dico. L'orologio segna le tre e mezza.

- Di già? Il cinema è piuttosto vicino.

- Allora vorrà dire che arriveremo in anticipo. - concludo. Basta, non la sopportavo più.

Lucia mi guarda un attimo perplesso, poi annuisce e mi segue senza fiatare. Aveva ragione, il cinema era vicino. Fa niente, tanto sicuramente sarà dura scegliere che film vedere. Non credo di avere i suoi stessi gusti.

- Kaori! Guarda che bello!

Ecco. Come avevo appena detto. Non abbiamo gli stessi gusti. Mi sta indicando una copertina a sfondo rosa. Con davanti un tizio e una tizia che si abbracciano mentre sorridono tutti e due come degli idioti. Ma la cosa più 'bell' è il titolo: Toccami l'anima.

- Quella vuole che le tocchi tutto tranne che l'anima… - commento. Mi becco subito un'occhiataccia da parte di Lucia.

- Andiamo, un film d'amore è l'ideale dopo tutte le cose brutte che si sentono. - commenta. Se si riferisce a quello che è successo a lei, beh allora si. Ma io non ho alcuna voglia di sorbirmi una cosa del genere.

- E se andiamo a vedere quello? - le domando indicando un cartellone dall'aria e dall'immagine poco rassicurante.

- U-un h-horror? - mi domanda terrorizzata.

Oh, questa è una cosa fantastica. Annuisco e senza aspettare vado a fare i biglietti, sfruttando il fatto che Lucia è troppo impegnata a tremare.

- K-Kaori… - uff… siamo appena entrati in sala e già mi sta appiccicata come una cozza.

- Lucia, ci sono ancora le pubblicità.

- Non importa, ho paura! - strilla isterica. Per poi guardarsi intorno. - Ma ci siamo solo noi…

- Ovvio! - mi scappa di dire.

- Ovvio?

- Beh, si… a quanto pare questo film fa davvero paura. - commento. Ah, quanto mi diverto a spaventarla.

Trema. Sorrido, non riesco a trattenermi. Il film sta iniziando. Lucia mi stringe ancora di più il braccio. Santo cielo, che paurosa.

Per tutta la durata del film non ha fatto altro che urlare, chiudere gli occhi e stritolarmi il braccio. Mentre io ero annoiato. Che razza di boiata. Anche se mi potrebbe tornare utile.


Non appena usciamo non posso fare a meno di guardarmi intorno circospetta e di strattonare ovunque Kaori. Quell'idiota doveva proprio portarmi a vedere questo film? D'accordo, magari poteva dire di no al film d'amore. Ma a me sarebbe andato bene anche uno di avventura. O un thriller, ma non di paura.

- Mamma mia, ora capisco perché il cinema era vuoto… - dico in un sussurro. Kaori sembra non avermi sentito. Meglio così, visto che quasi sicuramente mi avrebbe presa in giro.

- Vuoi tornare a casa? - mi domanda.

- S-si… - riesco a dirgli.

Saliamo sulla sua moto e in poco tempo arriviamo davanti casa mia. Scendo, ma non entro in casa.

- Beh… ci vediamo.

- Ehm… Kaori? - lo fermo giusto un secondo prima che parta.

- Che cosa c'è? - mi domanda lui con un mezzo sorriso.

- Ecco… puoi restare un po' con me? - speriamo solo che non fraintenda e che non capisca il vero motivo. Ho una paura matta di restare da sola in questo momento.

Lui chiude gli occhi un secondo e scuote piano la testa.

- Mi spiace, ma proprio non posso. Ho da fare. - mi dice con un mezzo sorriso.

- Ah… okay. - rispondo anche se ho paura ad entrare in casa. Mi faccio forza e apro la porta. Dentro la mia casa sembra del tutto normale. Faccio un passo ed entro, mentre sento la moto di Kaori che si allontana dalla mia casa. Mi sento come sola, abbandonata a me stessa e alle mie paure. Non è affatto una bella sensazione.

- Coraggio Lucia, va tutto bene… - avanzo lentamente e chiudo la porta alle mie spalle. Sospiro. Oh, andiamo era solo un film horror. Non possono esistere certe cose nella realtà. Non ne sono poi così convinta considerando le mie recenti allucinazioni.

Raggiungo il salotto, mentre mano a mano accendo tutte le luci che casa mia possiede. Mi siedo sul divano, sempre guardandomi intorno. In questo momento vorrei davvero avere anche solo una mosca, a farmi compagnia. Ho un'idea. Estraggo il cellulare bianco dalla tasca e compongo il numero di Marta. Una mia amica. Non andiamo a scuola insieme, lei fa lo scientifico. Ma siamo comunque buone amiche. Ogni volta che ho bisogno di aiuto la chiamo e lei è sempre disposta ad aiutarmi. E adesso ho bisogno di lei più che mai.

- Che strano, è occupato… - dico, guardandomi di nuovo intorno. Forse dovrei smetterla di spaventarmi per così poco. Vado a fare una doccia.

Vado in bagno. Non appena apro la porta vedo due occhi verdi che mi fissano nel buio. Inizio a tremare. Chiudo gli occhi e accendo la luce.

- M-Marta? - possibile che sia davvero lei?

Davanti a me, in ginocchio, c'è una ragazza che mi guarda. Ha la braccia aperte. I polsi sono stati incisi bruscamente e da essi sgorga sangue. Solo ora mi accorgo che ne è intrisa. Anche gli occhi fanno scendere quel liquido rosso, come se stesse piangendo. Per non parlare del sangue che c'è a terra. Eppure lei mi guarda. Sorride, si sorride.

Grido spaventata e chiudo la porta del bagno. Ritorno in salotto e mi getto sul divano, mentre le lacrime scorrono veloci dai miei occhi. Perché la mia amica era in bagno in una pozza di sangue? Ma soprattutto come è entrata nella mia casa?

- Anche nel film è successa una cosa del genere… - dico mentre mi ritorna in mente. Tremo. Com'è possibile che stia succedendo davvero? Alzo lo sguardo.

Davanti a me c'è lei, la mia amica. La testa che ciondola e gronda sangue, poi mi guarda, mentre di avvicina, lasciando dietro di se una scia rossa. I suoi occhi sono privi di vita e mi guardano mentre si avvicinano. Scappo terrorizzata in camera. Nel letto, c'è sempre lei. Volta la testa e mi guarda.

Urlo mentre corro verso la porta. La apro e sto per fuggire quando vado a sbattere contro qualcuno. Sento che qualcuno mi prende per le spalle e mi scuote un poco.

- Lucia, Lucia…


Cazzo! Questo no. Ce l'avevo quasi fatta. Era sull'orlo di crollare per la paura. Perché si è intromesso?

Sbatto i pugni sulla scrivania.

- Cos'è successo? - mi domanda Naoko mentre mi porge un panino al tonno.

- Mi ha intercettato.

- Ah… - dice con noncuranza addentando il suo panino.

- Non potresti almeno fingere che t'interessi?

- Dovrei? - domanda.

Certo che dovresti.

- Ricorda che dipendi da me. - le dico.

La vedo irrigidirsi un istante. Poi torna a mangiare la sua cena.

- Ma tu non lo faresti mai, giusto? - mi chiede sorridendo nervosa.

Un sorriso sadico mi si dipinge sul volto.

- Chi lo sa…

- Kaori? - terrorizzata.

Scoppio a ridere. Adoro fare queste cose.

- Non posso certo assicurarti nulla. Ma per il momento, direi di no. - le rispondo. - A proposito, Lian?

- La principessa sta arrivando. - dice Naoko. - Dobbiamo solo aspettare qualche minuto.

Sorrido. Ottimo.


- Lucia, Lucia…

Alzo lo sguardo, trovandomi a fissare gli occhi di…

- Asami. - dico stupefatta. - Cosa ci fai qui?

Domando confusa. Lui mi guarda sorridente.

- Passavo di qui quando ti ho visto e credimi, avevi la faccia di una che sarebbe svenuta da un momento a un altro. - mi dice guardandomi preoccupato.

- In casa mia c'è qualcosa di strano. - dico con la voce che mi trema.

Lui mi guarda sorridente.

- Non credo ci sia più. - mi dice.

- Non mi credi vero? - gli dico. Vorrei portarlo in casa e fargli vedere quello che ho visto. Ma ho paura.

- Non ho detto questo. Ma dammi retta, non c'è più nulla lì. - dice portandomi di nuovo in casa.

Mi guardo intorno titubante. Non c'è più nulla. Ma anche prima era lo stesso, eppure. Abbasso lo sguardo e mi guardo le mani. Noto solo adesso che c'è una ferita.

- Questa come me la sono fatta? - mi chiedo. La avvicino al mio viso per controllarla. La pelle inizia a muoversi. Lo guardo terrorizzata, mentre dalla ferita esce uno scarafaggio. Grido, mentre Asami mi guarda stranito e non capisce cosa c'è che non va. Esatto, lui non capisce.

Ne esce un altro e un altro ancora. La mia mano si riempie di quegli insetti schifosi. Provo a toglierli, ma non tolgo solo gli insetti, la carne della mia mano si sta togliendo lentamente e da lì sotto ne escono altri e altri ancora.

- Aaaaaaahhhhhhh! - urlo terrorizzata, mentre cerco di dirmi che è un'illusione. Eppure io il dolore lo sento. Gli scarafaggi sono davvero dentro la mia carne.

Sento due mani coprirmi gli occhi e sussurrarmi all'orecchio parole che non capisco. Quando mi permettono di nuovo di vedere la mia mano è tornata normale.

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Capitolo 7
*** Il riflesso di un incubo ***


Non ce la faccio più. Voglio sapere che cosa mi sta succedendo. Quegl'incubi, quelle allucinazioni… Non posso essere casuali, mi sta accadendo qualcosa. Mi metto le mani tra i capelli. Rischio d'impazzire in questo modo. Ieri sera poi è stato come se mentre stavo vivendo un incubo è venuto un sogno a salvarmi. Sta accadendo qualcosa di molto strano che non riesco a spiegarmi. Pensare che sia colpa del film horror è un'assurdità. Non è la prima volta che vedo un film di paura, e poi le allucinazioni sono iniziate prima. Fatto sta che il dubbio rimane e anche la paura. Non so quando accadrà di nuovo e non so il perché di tutto questo. Non mi piace. Proprio per niente.

- Ciao! - sussulto. Mi metto una mano sul cuore e mi volto, dove un Daniel soddisfatto mi sorride.

- Oh, sei tu… ciao. - lo saluto. Non sorrido. Non sono affatto in vena.

- Hey, successo qualcosa? - mi domanda. Prende una sedia da un banco vuoto e si siede vicino a me.

Vorrei davvero dirgli tutto quello che mi sta succedendo. Come vorrei raccontargli del sangue, dei cadaveri, di tutto quello che ho visto finora e che mi ha spaventata. Vorrei esporgli le mie preoccupazioni, le mie paure, tutto. Daniel è pur sempre un amico prezioso per me. Eppure non riesco a dirgli nulla. Paura di non essere creduta? Forse. Chi può dirlo. Ormai non credo nemmeno più di conoscermi.

- No, sono solo…

- Stanca?

Lo guardo un attimo sorpresa.

- Beh, lo dicono sempre nei film per nascondere la loro tristezza.

Vorrei mettermi a piangere proprio adesso e dirgli tutto. Ma non lo faccio. Non solo perché siamo in classe e di conseguenza porterei lo sguardo dei miei compagni su di me. Ma anche perché non voglio farlo preoccupare. Chissà, magari scoprirò che è davvero solo stanchezza… Ah, che sciocchezza che ho pensato. Come possono delle allucinazioni di quel livello essere solo stanchezza? Non posso nemmeno considerare il fatto che siano semplici incubi causati dalle mie paure. Ero perfettamente sveglia in ognuno. Quindi, a meno che io non stia sognando - cosa alquanto improbabile - devo farmi coraggio e ammettere che sia tutto vero.

Sgrano gli occhi. Vero. No. Reale. Tutto reale. Non avevo mai pensato a quanto tremendo potesse essere il significato di questa parola. Reale.

Sento la mano di Daniel posarsi sulla mia spalla. Il suo sguardo è preoccupato, e come non potrebbe esserlo. Santo cielo, sto impazzendo davvero.

- Lucia… - lo guardo. Cosa dovrei dirgli? La frase 'va tutto bene' sarebbe inutile a questo punto. - Vado nell'aula d'arte, a quest'ora ho pittura.

Lo guardo ancora un po' prima di afferrare il senso delle sue ultime parole.

Annuisco. Lo vedo alzarsi e uscire dall'aula.

Mi sento malissimo. La testa potrebbe scoppiarmi. Mi tocco la fronte. No, non sembra ch'io abbia la febbre. Anche se in questo caso non serve quella a far capire che sto male.

- Hey Lucia! - mi volto.


Santo cielo. L'ho proprio rovinata. Un sorriso sadico fra presa nella mia mente, mentre osservo il suo dolce visino sbattuto e che ospita sfumature di paura. Noto due leggere occhiaie, tra qualche giorno non saranno così impercettibili.

- Ciao. - mi risponde quasi meccanicamente.

Sorrido. Non avrei potuto trattenermi a lungo.

- Come stai? - le domando. Sento già le risate espandersi nella mia mente, mentre la vedo abbassare lo sguardo e rimanere in silenzio.

- Non molto bene credo. - mi risponde. Wow, è sincera.

- Ti ha spaventato così tanto quel film? - le domando nonostante io sappia già che la risposta non sarebbe del tutto esatta. Dopotutto quello che ha passato lo hanno vissuto nel film horror che l'ho portata a vedere. Quindi se mi rispondesse di 'sì' sarebbe la verità. Ma allo stesso tempo il 'no' è lo stesso accettabile.

- Non lo so. - mi risponde. O poverina, non lo sa. Non preoccuparti, fra poco lo saprai.

- Come vuoi… - le dico sedendomi. Certo, che vita monotona che fanno quelli della sua età. Tutte le mattine a scuola, tranne la domenica che dormono fino a mezzogiorno. Raramente fanno qualcosa di nuovo o di interessante. Incrocio le gambe e mi metto per bene comodo sulla sedia, mentre aspetto che la campanella suoni e segni l'inizio delle lezioni. Ecco, è entrato il prof. che fa andare tutti a posto e fa iniziare una noiosissima ora.

Ogni tanto mi volto verso Lucia. Non solo non segue la lezione, non ha neanche il coraggio di guardare la lavagna. Un sorriso di scherno mi disegna il volto. La vedo mentre prova a scrivere e prendere appunti della spiegazione del prof. Non mi stupisco che non ci riesca, le trema la penna. Le lettere sono confuse e tremolanti. Mi sorprendo che ancora non l'abbia capito.

Ah, mi sorprendo un corno, è una cosa normale. Nessuno ci è mai arrivato fino alla fine.


Ho paura. Ho paura che accada di nuovo. Ormai non mi sento al sicuro più da nessuna parte. A scuola ci sono le allucinazioni. Anche a casa mia ora so che potrebbe succedere. Ho paura. Potrebbe accadere anche adesso. Come posso esserne sicura?

Guardo gli appunti. Non sembrano nemmeno parole quelle che ho scritto. Vedrai se mi interroga in storia la prossima volta, quello che potrò dirgli sarà poco.

Mi metto una mano fra i capelli e mi appoggio ad essa col capo. Questa sensazione è terribile. Stare sempre in ansia. Aver paura di quello che può accadere da un momento a un altro. Terribile.

Stringo forte la penna che ho in mano, quando mi accorgo che non è più la penna che sto stringendo. Ma un serpente.

- Aaaahhh!! - provo a lasciarlo, ma quello mi morde e si attacca alla mia mano. Agito il braccio fino a che non lo vedo staccarsi e finire a terra. Credevo che mi stessero fissando, invece mi accorgo che nessuno si è accorto di quello che è successo.

Guardo a terra. La mia penna. Che fine ha fatto quel viscido e terribile animale? Non voglio raccogliere la penna, se si trasformasse di nuovo sarebbe terribile.

Alzo la mano e chiedo di andare in bagno.

Esco e inizio a camminare. Ovvio che non andrò là, dopo lo scherzetto dell'altra volta ho qualche riserva verso quel luogo. Continuo comunque a camminare. Ho bisogno di schiarirmi le idee. O meglio, ho bisogno di tornare me stessa. Improvvisamente questa mi sembra l'impresa più ardua che abbia mai affrontato. E poi… Un forte scossone arriva all'improvviso. Infrange i vetri delle finestre, che mi si conficcano nella carne. Urlo e sanguino. Sento le ferite allargarsi, la carne dilaniarsi e il sangue fluire fuori dal mio corpo. Mi accascio a terra, spingendo involontariamente alcuni pezzi ancora più a fondo. Come hanno fatto a rompersi i vetri in questo modo? Provo a strisciare via, ma l'unica cosa che faccio è aumentare la lunghezza dei miei graffi. Fa male. Un male terribile. Mi fermo. Morirò dissanguata.

Apro gli occhi. Mi guardo intorno. I vetri non sono più rotti. La mia pelle è tornata normale, le ferite non ci sono più. Un'altra allucinazione? Mi alzo guardandomi bene intorno. Riprendo a camminare. Si, probabilmente solo un… Una fitta improvvisa mi attanaglia la pancia. Stringo forte le mani intorno ad essa.

- Qualcosa si sta muovendo… - mormoro incredula. Sento la carne aprirsi. Un dolore atroce. Il sangue scorre e bagna di rosso la mia maglia bianca. La alzo. Scoprendo un buco terrificante, dal quale arrivano dei lamenti. C'è qualcosa lì dentro. Prima di poter pensare altro, vedo un ratto uscire dalla mia pancia. Mi fissa un attimo, poi scappa. Oddio… non può essere vedo. Crollo a terra. Un'altra allucinazione, vero? Ti prego… il sangue esce, scorre lento, il dolore è ineguagliabile, in confronto i vetri mi fanno il solletico. Guardo la ferita e provo a rialzarmi. Mi aggrappo alla finestra dome mi rifletto. Dentro la ferita è pieno di ratti che mi stanno rosicchiando la carne.

- Aaaaaaaaahhhhhhh! - grido di terrore, mentre le ginocchia non mi reggono più e io crollo di nuovo a terra. Ecco perché sentivo dolore. Mi stanno divorando e io non posso fare nulla per fermarli.

Guardo un'ultima volta verso la mia pancia. Oddio, sono davvero lì dentro? Li vedo uscire uno dopo l'altro, mentre altre fitte mi fanno crollare a terra. Sento un dolore alla schiena. Probabilmente hanno bucato anche quella. Di me non resterà nulla. Chiudo gli occhi.


Sorrido. Non sei abbastanza forte per contrastarmi…


Quando li riapro noto che il sangue ha raggiunto il capo e mi sta bagnando i capelli. Non sento più dolore. Provo ad alzarmi. Mi tocco la pancia.

- Non c'è più niente… - dico incredula. Ma come… Quel sangue allora da dove viene?

Lo seguo per un po'. Fino a constatare che viene dall'aula di pittura. Daniel. Oddio. Apro la porta con le mani tremanti. Vedo il mio amico. La testa che mostra il cervello, spaccata a metà. Il capo poggiato alla tela. Sullo sfondo, nel muro verde, una scritta rossa. Spero che tu apprezzi l'arte.

Indietreggio terrorizzata, stando a attenta a non scivolare sul liquido rosso che esce da quella stanza. Daniel. Perché?

Mi volto e inizio a correre, i miei piedi segnano il mio passaggio, lasciando macchie cremisi ovunque. Corro, fino a che non vado a sbattere contro qualcuno. Cado a terra, mentre le lacrime mi annebbiano la vista. La persona contro cui sono andata a sbattere mi porge la mano. No, ho paura. Mi alzo da sola e corro via, mentre mormoro un leggero 'scusi'. Non m'importa chi era. Ho paura. Continuo a correre, fino a che non esco dalla scuola. Lo avverto dall'aria. Mi guardo intorno. Davanti a me c'è una ragazza bionda.

- Ciao. - mi saluta quella sorridendo. - Non credo che ci siamo mai conosciute. Io sono Naoko, un'amica di Kaori.

Annuisco avvicinandomi. Lei mi porge la mano, io la stringo, anche se titubante.

- Va tutto bene? - mi domanda scrutandomi bene il viso.

- Non trovo un amico. - le dico mentendo. L'ho trovato purtroppo.

- Oh, come si chiama?

- Daniel. Ma credo che sia tornato a casa.

- Se vuoi ti aiuto a cercarlo. - mi dice sorridendo. Sembra sincera, allora perché mi trasmette angoscia? Le lascio la mano. Sto di nuovo tremando.

- Non è necessario. Comunque io sono Lucia.

- Oh, lo so… - commenta come una che la sa lunga. Che sia stato Kaori a parlarle di me? Mi sembra alquanto improbabile. - Kaori mi ha parlato di te.

Come non detto. A quanto pare è più umano di quello che sembra. Sorrido pensando a questa frase. Quel ragazzo è davvero imprevedibile. Sento una mano che mi si poggia sulla spalla. Sussulto. Mi volto.

- Ciao, io sono Lian. - è un ragazzo. Come mai oggi incontro tutte persone? Per di più fuori dalla scuola. - Tu sei Lucia, vero?

Annuisco confusa.

- Piacere. - mi dice il ragazzo.

Mi allontano di qualche passo. Avverto qualcosa di strano. Qualcosa che non mi piace.


Ottimo. Almeno qualche volta posso contare su di loro. Stanno arrivando. Povero fratellino, da solo non ce la fai?

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Capitolo 8
*** Ciò che è giusto ***


- Niente male quello scherzetto Kaori. - dice Lian avvicinandosi a me.

- Ah? - gli chiedo confuso.

Lian mi sorride ovvio.

- Naoko ha parlato con Lucia. - mi dice facendomi intuire il resto.

Oh, poverina, aveva bisogno di confidarsi. Allora sono stato bravo. Però… e chi l'avrebbe mai detto che sarei diventato il migliore di Phato. Ah, ma io lo sono sempre stato. Comunque a parte gli scherzi e il pavoneggiarsi, pensiamo alle cose serie.

- Che si sa di loro? Sono davvero qui? - chiedo. Anche Lian si fa serio.

Annuisce. Cazzo, allora è vero.

- Quanti sono?

- Due, almeno credo.

- Credi?

- Kaori non ti arrabbiare, non è mica colpa mia! - esclama Lian mettendo le mani avanti.

- Lo so. Ma questa cosa non mi piace. - dico. Sono preoccupato. Terribilmente. Potrebbe mandarmi a monte tutto. Maledizione! - Cosa si sa di loro?

- Non molto.

- Sono ragazzi o ragazze? Verranno a scuola oppure no?

- Kaori non lo so! - esclama alla fine.

Fiamme dell'inferno...

- Va bene. Naoko dov'è?

- Con Lucia.

- A fare che? - gli chiedo leggermente confuso.

- Se arrivassero Naoko potrebbe comunque rallentarli, inoltre di noi due è lei la più forte.

- Questo già lo sapevo. - dico con un sorriso accompagnato da uno sguardo di ovvietà. - Ma quindi potrebbero arrivare anche adesso?

- Non è che potrebbero… - risponde. La voce incrinata. - Sono qui. Te l'ho detto pr…

Lo afferro per il colletto sollevandolo un poco. Vedo un lampo di paura passare nei suoi occhi.

- Non mi hai detto che erano già sulle nostre tracce! - esclamo. Sono fuori di me dalla rabbia.

- Scusami, credevo che…

Lo mollo gettandolo a terra e voltandomi. Mi passo una mano fra i capelli. Dannazione! Devo porre fine subito a questa cosa. Prima che s'intromettano troppo loro. Era tutto previsto per molto più tempo, ma a quanto pare ci sarà un piccolo imprevisto. Questa è una cosa urgente, non posso assolutamente trascurarla.

- Naoko sta facendo il possibile, ma credo che le dovresti darle una mano. - mi volto verso Lian.

- Darle una mano? - chiede.

- Esatto. - mi dice lui serio alzandosi in piedi. - Io non posso fare molto in questo momento. Voi due siete nati per lavorare in coppia…

- Kaori!

- Ascoltami. Dovete farmi da scudo. Creare uno Skaji. - spiego loro. - Io penserò a…

- Ma ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo?

- Certo, per questo ti chiedo di muoverti. - gli dico. - Non c'è molto tempo.

- No, non ce n'è affatto! Però è pericoloso, anche per te!

- Lian, muoviti invece di sprecare fiato! Lo sai che va fatto! - grido.

I miei occhi puntati nei suoi. Lo vedo indugiare ancora per un attimo, poi annuisce e se ne va.


Guardo l'ora. Oggi Kaori non si è presentato a scuola. Cosa gli può essere successo? Si sarà ammalato?

- Ciao Lucia! - mi volto.

Oddio. Non ci credo, non è possibile.

- D-Daniel? - balbetto. - Ma tu…

L'ho visto. Era morto, era terribilmente morto, ho assistito alla scena, sono scappata via per questo. Dopo tutte quelle allucinazioni… Allucinazioni? Che anche quella sia stata un'allucinazione?

- Io cosa? - mi chiede sorridendo. - Ti senti bene?

- Ehm… - mi sforzo di sorridere. - Si, si. O almeno spero…

- Hai fatto i compiti?

- Compiti?

- Esatto. Ti ricordo che siamo studenti e che siamo a scuola in questo momento. Ma soprattutto ti ricordo che i tema d'italiano li ritira oggi.

- Cosa? - esclamo strabuzzando gli occhi. - Oh, accidenti…

Lui sorride.

- Vuoi copiare la traccia da me per poi farlo? - mi domanda passandomi il quaderno.

- Tra poco entrerà la prof.

- Allora vallo a copiare nell'aula d'informatica, ora è vuota. Tanto la prof. li ritira alla fine dell'ora. Entrerai a quel punto, fingendo di essere entrata un'ora dopo. - mi dice.

- Mmm… - faccio pensierosa. - Okay, dammi qua!

Afferro il quaderno ed esco all'istante fuori dall'aula. Quella d'informatica è infondo al corridoio. Corro entrando subito nella stanza, stando attenta che nessun professore mi veda. Devo essere fortunata oggi. Mi chiudo la porta alle spalle e mi siedo ad un banco. Apro il quaderno e inizio a copiare la traccia. Sembra uno dei soliti temi d'attualità che ti assegnano i professori.

- Che noia… - mormoro. Scrivere è la cosa che mi piace meno. Preferisco di più matematica. Sono cose pratiche, le trovo più facili e sbrigative. Se i compiti fossero state equazioni li avrei fatti anche in classe.

Respiro profondamente mentre inizio a scrivere. Ho solo un'ora. Non è molto ma cercherò di farmela bastare. La sufficienza. Chiedo solo questo.

Stavo per iniziare una nuova pagina quando sento un rumore provenire da dietro di me. Mi paralizzo sulla sedia. Cos'è stato? Mi volto lentamente.

Nulla.

Dev'essere stato nell'aula accanto.

- Concentrati Lucia, concentrat… Aaah! - sento qualcosa che mi afferra la caviglia. Ma perché non vedo nulla?

Vengo strattonata giù dalla sedia. Sento unghie che mi graffiano le braccia e il viso, provocando graffi profondi e che bruciano. Grido. La cosa è anche più terribile delle precedenti, perché non posso difendermi. Non vedo nulla. Sento solo cose che mi lacerano la pelle. Terribile. Provo ad alzarmi, ma l'unico risultato che ottengo è che vengo sbattuta contro il muro. La testa si fa pesante. Sento le ossa del cranio scricchiolare e il calore del sangue scendere lungo i collo. Le palpebre sono pesante. Le mie braccia vengono sollevate, mentre noto con orrore, provando un dolore atroce, che in ambo i polsi si stanno formando dei tagli profondi. Mi tagliano le vene. Non mi viene in mente altro. Mi vogliono uccidere. Gli occhi sono annebbiati. Ma riesco a distinguere benissimo quello che mi sta succedendo e cosa si sta avvicinando a me. Serpenti. Serpenti terribili che non vedono l'ora di divorarmi. Le mie gambe ne sono già completamente coperte, mentre sento i loro morsi e il mio sangue che scorre finendo nelle loro bocche avide.

Sto morendo, ora lo so…

La porta si spalanca di colpo. Provo a vedere chi sia, ma non ci riesco. Intravedo solo una figura femminile che si avvicina a me. I tagli sembrano rimarginarsi fino a scomparire del tutto. I serpenti stanno scomparendo. I dolori nel mio corpo si stanno facendo meno.

Anche il sangue alla testa sembra andarsene. Che cosa sta succedendo? Questa persona… è venuta a salvarmi? Mi sento sollevare e sussurrarmi parole all'orecchio. Non so che cosa siano, ma non m'importa. Chiudo gli occhi, sprofondando in un buio totale, che in questo momento vorrei tanto che sia eterno.


Cado a terra. Tossisco sangue. Come diavolo ha fatto? Nemmeno Asami ci era mai riuscito! Chi hanno chiamato per riuscire a farmi questo. Tossisco ancora. Mi metto la mano davanti alla bocca. Il sangue continua a uscire, dalla bocca e dal naso. Oddio, mi sento malissimo…

Striscio fino a prendere un fazzoletto e a posarmelo sul naso. Sapevo che questi erano gli svantaggi, ma non credevo che qui fosse tanto realistica come cosa. Qui. Che assurdità…

Lo so da dove viene. Dev'essere uno di loro. Ma non sono riuscito ad individuare la sua identità attuale.

Mentre cerco di diminuire il sangue, impedendogli di uscire ancora, sorrido. Dopotutto non è così male. Nonostante questa sia la mia prima volta in questo luogo, non credevo che avrei incontrato un avversario alla mia altezza. Sono sempre stato il più forte fino adesso. Lo so. Poter combattere seriamente è grandioso. Asami dopotutto era solo una nullità. So che non si arrenderà e probabilmente ora che ha un'alleato così farà ancora di più il fighetto. Ma sai quanto me ne frega? Non gli permetterò di vincere. Il sangue non esce più. Tolgo il fazzoletto e lo getto via. Questa cosa non è molto comoda, ma poco importa. Vincerò io. Questa è una… no promessa suona troppo scontato. Vediamo… una certezza? Oh insomma! Quello che è.

Fatto sta che loro non riusciranno a battermi.

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Capitolo 9
*** Le mie domande e le risposte ***


Apro lentamente gli occhi. Vedo tutto offuscato. Credo di essere ancora a scuola. Quelli che vedo sono banchi o sbaglio? Piano piano, sbattendo un poco alla volta gli occhi riesco di nuovo a vedere bene. No, non mi ero sbagliata. Siamo in classe.

- Che ci faccio qui?

- Ti ci ho portata io. - dice una voce femminile. Nella mia visuale fa capolino una ragazza dai capelli rossi e gli occhi blu. Alta. Vestita completamente di giallo. Cavolo, adoro quel colore, perché mi ricorda il sole e l'estate.

Ma aspetta. Chi diavolo è quella? Come mai mi ha 'aiutata'?

- Chi sei? - le chiedo senza inutili giri di parole.

- Piacere, mi chiamo Priscilla. - si presenta con un sorriso porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi.

Una volta in piedi sorrido anche io.

- Io sono Lucia.

- Lo so…

- Oh già, la catenina!

- Anche. - la sua risposta mi confonde un attimo. Ma decido di non badarci.

- Come… ecco… come sapevi che ero lì? - le domando curiosa. Improvvisamente ho la strana sensazione che quella ragazza non sia normale o per lo meno che abbia qualcosa di strano.

- Beh sai, le grida si odono abbastanza facilmente. - fa Priscilla scherzosamente.

C'è poco da scherzare. Se avesse visto quello che ho visto io non sarebbe così allegra.

- Giusto, ma… no, lascia perdere. - le avrei voluto chiedere dell'inspiegabile situazione, per la quale non appena lei è arrivata le mie allucinazioni hanno scemato fino a scomparire.

- La scuola è finita da qualche ora. Hai dormito davvero molto. - mi dice quella ragazza.

- Cosa? Dici davvero?

- Si, dice sul serio. - questa voce la conosco. Ma che diavolo ci fa lui qui?


Si gira verso di me. Ah, allora è una ragazza. Non lo crederò mai che è da sola. Non può.

- Che ci fai qui? - mi chiede fredda.

Lucia mi guarda confusa. Oh giusto, lei non lo sa. Chissà perché lo dimentico sempre. Sorrido beffardo e fisso la rossa che mi guarda con uno sguardo di sfida. Si, è stata brava. Non che io glielo andrei a dire. Ma devo comunque ammettere che mi ha stupito. Non è mai stato facile tenermi testa in quel modo.

- Beh, una mia amica a quanto ho sentito è stata male, ero preoccupato. - dico 'sinceramente'. Sono proprio bravo come attore. Lo appuro proprio adesso, guardando il leggero rossore che colora le guance della mia vittima.

- Tu che ti preoccupi per qualcuno ma non…

- Priscilla! - la interrompe Lucia. - Lui è un mio amico, non trattarlo così male.

Lei si gira incredula a guardare la ragazza. Mmm… è brava, è forte, questo lo abbiamo già appurato. Ma non è molto intelligente a quanto sembra. Trattarmi così equivale a far andare in frantumi la maschera e ad essere 'risucchiati'. Beh, io di sicuro farò in modo che questi avvenga, ma, come mia impeccabile caratteristica, userò la pazienza. La suddetta Priscilla, si chiama così a quanto ho capito, non credo sia in possesso di questa dote.

- Amico? - domanda quasi con disprezzo.

Ritiro i miei ragionamenti e affermo subito che è un'idiota. Dunque… a quanto ne so - tanto per noi quanto per loro - le coppie consistono in uno impulsivo e in uno che ragiona. In parole povere una mente e un braccio. Da me, Lian è la mente e Naoko è il braccio. Non sembra vero?

Qui direi che Priscilla è il braccio, ma la mente ancora non si è fatta viva.

- Si, uno dei miei migliori amici. - cara mia, qui stiamo andando fuori dai binari. Non capisco se lo faccia solo perché non le piaccia il modo di parlare di Priscilla o perché davvero ci tenga a me. Opto per la prima. - Io ti ringrazio per avermi aiutata, ma adesso puoi anche andare.

Si stupisce quasi di quello che le ha detto, poi ci rinuncia e si dirige verso la porta. O in altre parole verso di me.

Prima di andarsene non può non rifilarmi un 'bastardo' all'orecchio e un'occhiataccia. Quando la vedo sparire mi sento molto più rilassato.

- Beh, ciao. - faccio avvicinandomi a lei.

Non capisco perché ha ancora le guance rosse, eppure qui non fa caldo.

- C-ciao. Sei qui per…

- Vedere come stai. Ultimamente non mi sei sembrata molto in forma. - grazie al cielo, vorrei aggiungere. Ma mi trattengo.

- Ah, grazie. Si, in effetti… - balbetta. Il capo chino. Che sospetti qualcosa?

Mah, mi sembra impossibile. La trovo troppo stupida per sospettare anche il più palese indizio.

- Beh, vuoi che ti accompagni a casa? Ho la moto qua fuori. - le dico. Visto che lei si fida di me perché non approfittarne, no? Sarei un'idiota a non farlo.

E poi… sono disposto a tutto per raggiungere il mio obbiettivo e continuare a vivere.

- Oh, grazie… - mi risponde.

- Hey, perché così impacciata? - le chiedo con un mezzo sorriso. Ah, arma infallibile. Alza il volto, ma non mi guarda negli occhi.

- Ecco… lascia perdere. - risponde. Ma è forse imbarazzo quello? Che cacchio sta succedendo? Sono solo venuto ad 'accertarmi' che stia 'bene'.

- Okay, andiamo… - faccio e ci avviamo all'uscita.

Fuori la mia moto splende, sembra quasi pregarmi di salire e metterla in moto. - Dai sali…

L'aiuto a salire e lei si aggrappa a me. Provo un senso di disgusto. Quello che sta accadendo non mi piace. Ah, gli umani. Perché non possono evitare di provare sentimenti? Gliela farò pagare questa.

Arriviamo davanti casa sua e finalmente mi lascia.


Non so che cosa mi sta succedendo, ma sto provando qualcosa di strano.

Kaori si è preoccupato per me. Perché ne sono stata così contenta?

Lasciamo perdere, sono proprio romantica a volte. Solo che queste cose capitano spesso nei libri che leggo… perciò… Ahh, Lucia lascia perdere.

- Ci vediamo. - mi fa lui.

Mi volto e gli sorrido.

- S-si, ciao. - dico.

Lui nemmeno mi sorride che se ne va via. Sembra infastidito da qualcosa. Non capisco da cosa, infondo non ho fatto altro che farmi dare un passaggio.

Mah…

Entro in casa. Sono pensierosa. Ultimamente sta accadendo qualcosa di strano. A parte le mie illusioni dico. Insomma, tutto d'un tratto esce fuori questa Priscilla che misteriosamente fa scomparire quello che stavo vedendo. Poi anche il fatto che tutte le persone che incontro che o cercano di aiutarmi, o comunque sono strane, sembra che abbiano un legame con Kaori.

Ad esempio quella ragazza sembrava odiarlo con tutte le sue forse. E trovo inappropriato pensare che sia solo una sua ex.

In più… i miei genitori. Sono settimane che sono via e ancora non si fanno sentire. No, qui sta accadendo qualcosa di anormale. E chissà perché Kaori sembra c'entrarci fin troppo bene. No, questa cosa non mi piace. Devo sapere.

Entro nella mia camera con questi pensieri che mi frullano nella testa. Mi stendo sul letto e fisso il soffitto, come se fosse proprio lui quello che mi dovrebbe dare le risposte.

D'un tratto, noto una piccola macchia rosata. Non capisco che cosa sia e mi avvicino - mettendomi in piedi sul letto - per guardarla meglio. Noto che piano piano si allarga, aumentando anche il colore che inizia ad essere più acceso. Di un rosso vivo. Inizio ad avere paura. Che diavolo… Mi rimetto seduta sul letto, mentre sento qualche goccia cadermi sul viso. Senza pensarci intuisco subito di che cosa si tratta. Sangue. Ma… prima di pensare qualcos'altro avverto delle braccia, l'odore dolciastro della putrefazione, e gli arti che mi bloccano sul letto. Il soffitto cede, lasciando posto al sangue e a tutte dita, interiora ed altre cose. Urlo. Ma faccio male ad urlare. Il sangue mi entra in gola, ne avverto il sapore metallico, insieme a qualche parte di un corpo mutilato. Dita soprattutto. Poi denti. Infine occhi.

Improvvisamente, fu come se tutto si bloccasse. Un urlo disumano mi giunge alle orecchie e tutto quello che ho vissuto adesso non sta accadendo più.

Esco di corsa fuori dalla mia camera e poi fuori di casa.

Corro. Corro veloce. Non so dove sto andando, ma non m'importa. Vorrei delle risposte. Ma probabilmente le volevo. Ora l'unica cosa che vorrei è andarmene da qui. Andarmene via.

Inciampo. Sto piangendo. Si, avverto le guance umide e le lacrime che scendono lungo esse umiliandomi. Mi alzo a fatica. I singhiozzi solo l'unico suono. Mi volto e quello che vedo mi fa gridare ancora più forte.

- Kaori… - mormoro incredula. - Kaori!!!

Grido gettandomi su di lui. Interamente ricoperto di sangue. Ferite ovunque. Piaghe. Contusioni e gli occhi. Aperti e velati. Quel verde bello e acceso ora non è altro che un verde opaco. I capelli sono ancora di quel bianco strano e ineguagliabile. Ma appiccicati alla fronte e bagnati di schizzi rossi.

Piango più forte, mentre guardo davanti a me.

Vedo Asami che mi fissa.

Forse ho capito chi è stato.

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Capitolo 10
*** Perché? ***


- Kaori… - mormoro incredula. - Kaori!!!

Grido gettandomi su di lui. Interamente ricoperto di sangue. Ferite ovunque. Piaghe. Contusioni e gli occhi. Aperti e velati. Quel verde bello e acceso ora non è altro che un verde opaco. I capelli sono ancora di quel bianco strano e ineguagliabile. Ma appiccicati alla fronte e bagnati di schizzi rossi.

Piango più forte, mentre guardo davanti a me.

Vedo Asami che mi fissa.

Forse ho capito chi è stato.

- A-Asami? Perché? - chiedo. Le lacrime non vogliono fermarsi.

- Lucia, ascoltami, io…

- Che scena patetica… - questa voce, l'ho già sentita da qualche parte.

- Perché cerchi di spiegarle? Hai fatto quello che dovevi. O tu o lui. Questa era la regola. - era la ragazza di prima. Priscilla. - Anzi, dovrebbe ringraziarsi se sapesse la verità.

- La verità? - chiedo. Di che diavolo stano parlando? Sono pazzi? Mi volto verso Kaori. Sparito. Il suo corpo non c'è più. - Ma dove…?

- Oh tranquilla, Kaori sta bene. - una ragazza bionda affiancata da un ragazzo si avvicinano. Li riconosco. Naoko e Lian. Perché improvvisamente sono tutti qui? Che diavolo… - Skaji. - continua a dire Naoko. - Lo abbiamo creato apposta. Si tratta di una barriera mistica dove chi vi entra vede il suo intento avverarsi, nonostante non sia così. Costa molte energie, ma ce lo ha detto Kaori e noi dobbiamo obbedirgli. Il corpo che hai visto era solo un'illusione. Ma Asami non se n'è accorto.

Il ragazzo infatti sgrana gli occhi e si volta verso Priscilla.

- Lo sapevi, vero?

- Non è il compito di un Guardiano rivelare certe cose. - disse.

- Guardiano? - faccio io. Non ci sto capendo nulla. - Di che diavolo stai parlando?

- Ancora non ci sei arrivata? Come sei lenta… - commenta Lian guardandomi.

Non capisco, sono contro o insieme a me? Ma quello che non capisco è chi sono.

- Ryo? Che fine ha fatto? - chiese d'un tratto Naoko, rivolta a Priscilla.

- L'ho lasciato indietro. Sono abbastanza forte per farcela da sola. - rispose quella.

- Insomma! - urlo. Sono stressata. Non ce la faccio più. - Volete dirmi chi diavolo siete?

Mormoro infine. Mi siedo a terra. Mi gira la testa. Vorrei morire in questo momento.

- Uff… che noia. Dobbiamo farlo? - domanda Naoko.

- Quanto ti costa spiegarle? Tanto ormai è quasi ora. - risponde Asami.

- Va bene… - dice Lian sospirando. - Inizierò io…

Lo guardo speranzosa, mi sento improvvisamente debole. Mi sento male.

- Io e Naoko siamo Flagelli e veniamo da Phato, o più comunemente chiamato da voi umani Inferno. - inizia a dire.

No…

Non ci crederò mai. Questa è sicuramente una bugia. Uno scherzo per spaventarmi.

- Non mi lascio spaventare per così poco… - dico. ma la voce mi trema.

- Fai come ti pare. Hai chiesto spiegazioni e io te le sto dando… - dice Lian.

- Che cosa sono i flagelli? - chiedo allora io.

Ma il ragazzo non sembra intenzionato a rispondermi.

- Sono dei servi. - dice Naoko amaramente. - Viviamo per milioni di anni e solo il nostro padrone ci può uccidere. Non abbiamo forma, perché nasciamo dal cuore delle fiamme della nostra casa.

Mi sembra di stare in un racconto dell'orrore. Deve essere per forza uno scherzo. Non crederò mai ad una cosa così assurda.

Una domanda mi passa nella mente e brucia con l'intensità di un milione di soli. Ma il sole è un paragone fin troppo allegro e positivo.

Pongo la domanda con timore.

- M-ma quindi… Kaori chi è?

I due sorridono malignamente.

- Mi stavo giusto chiedendo quando l'avresti chiesto. - dice Naoko. - Kaori è un demone. Come ce ne sono tanti. Ed è stato creato nello stesso modo di tutti i demoni che appartengono ad un essere umano.

- Appartengono? - domando.

- Kaori lo hai creato tu.

Sgrano gli occhi. Che cosa mi sta dicendo? Questa ragazza - o qualunque cosa sia - dev'essere pazza. Non posso credere ad una simile sciocchezza.

- Come avrei fatto a creare un demone? - domando allora. Meno spaventata e più convinta che sia uno scherzo.

- I demoni nascono dagli esseri umani. Del resto come gli angoletti custodi. - disse questa cosa in tono canzonatorio, mentre guardava Asami. - Fin dalla nascita un essere umano crea un angelo, poi tre anni dopo, quando inizia ad avere i ricordi e a pensare crea un demone. I due, creati dalla stessa persona verrano legati da un legame fraterno, nonostante siano condannati a combattere a vita fino a che uno dei due non supera l'altro e lo uccide. Kaori è sempre stato in netto vantaggio.

Ho paura. Quello che mi sta dicendo mi spaventa più di ogni altra cosa.

- M-mi sta dicendo… - cerco di dire. La voce mi trema e fatico a formulare frasi di senso compiuto anche nella mia mente. - Che io ho creato… loro due?

Naoko annuì.

- I due si devono sempre scontrare. Ma arriva il momento che dovranno combattere fino alla morte. In questo caso subentrano i Flagelli e i Guardiani. I Guardiani non sono servi, sono aiutanti. Chi li sceglie non è l'angelo, ma il caso. - questa volta era Priscilla a parlare. - Inoltre i Guardiani non hanno nessun legame con l'angelo e non devono aiutarlo con informazioni, bensì con i fatti.

Ma dove sono capitata? Sicuramente sto sognando. Per forza. Tra poco mi sveglio, tra poco mi sveglio. Ahahah, si, fra poco mi sveglierò. Nessuno di loro ci sarà più. Mia madre e mio padre saranno con me e io andrò a scuola a studiare come tutti gli altri.

Giusto, i miei genitori.

- Che cosa avete fatto ai miei genitori? - domandò d'un tratto.

- Che ragazzina egoista! - esclamò Lian. Egoista? Io? Perché? Ho chiesto una cosa del tutto normale.

- Egoista?

- Si, egoista. Perché avresti dovuto portarli con te? - continua il ragazzo.

Portarli? Sono loro che se ne sono andati. No, basta. Basta!

Mi alzo e inizio a correre. Questo non è vero, è solo uno stupido incubo. Kaori è un demone? Asami è suo fratello ed è un angelo? E i due li ho creati io? Non ci crederò mai! Non voglio crederci! No! No! No!

Mi fermo di botto. Mi volto. Sono ancora tutti lì. Come se non mi fossi mai mossa.

- Guarda che questo posto lo gestiamo noi. - mi informa Naoko. - Insieme a questi due imbecilli, però è così.

- S-se siete nemici… - inizio a dire. Almeno mi pare di aver capito questo. - Perché non combattete come fanno Asami e Kaori?

- Perché i Guardiani e i Flagelli non hanno motivo di combattere. - mi risponde Priscilla. Priscilla. Si chiamerà davvero così? - Nonostante i Guardiani e i Flagelli siano due cose opposte e stiano reciprocamente insieme al nemico, noi non abbiamo motivo per odiarci. Perché facciamo solo il nostro dovere. Sarebbe come biasimare un lupo che mangia una capra.

Basta. Basta. Perché tutto questo? Che cosa ho fatto per meritarmi questo? Perché ce l'hanno tanto con me?

- Cosa volete da me?

- Beh… - dice Asami. - Ognuno di noi vuole la stessa cosa, però in modi diversi. Diciamo che se non ci fossi io qui tu a quest'ora non saresti ancora in questo posto?

- Cosa? - domando. Quello che sta dicendo è incomprensibile.

- Secondo te perché Priscilla ha fatto sparire le tue allucinazioni? Perché io voglio aiutarti. - mi spiega.

Questa cosa è assai poco credibile.

- Non mi sembra che tu abbia fatto molto per aiutarmi… - dico.

- Purtroppo ti sbagli. - dice Naoko. - Kaori avrebbe tranquillamente continuato le sue allucinazioni indisturbato se lui non si fosse intromesso e le avesse stoppate.

Cosa? Quindi era Kaori a farmi vedere quelle cose orribili! Perché? Io non capisco! Perché? Non capisco Perché!

- Perché? - domando.

- Se ci tieni tanto te lo spiego. - questa… questa voce. Mi volto. Eccolo, è lui. - Vuoi saperlo? Lucia?


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Capitolo 11
*** Ho vinto io ***


- Perché? - domanda.

- Se ci tieni tanto te lo spiego. - le dico. Si irrigidisce un attimo, poi si volta verso di me e mi guarda. - Vuoi saperlo? Lucia?

I suoi occhi esprimono solo una cosa: Stupore. Oltre che la voglia matta di voler conoscere a tutti i costi quello che le ho da dire.

- Kaori tu… - inizia, poi abbassa lo sguardo, come se ci avesse appena ripensato.

- Si, mi hai creato tu. Io sono il demone creato dalla tua mente. Lui è l'angioletto. - dico senza perdere l'occasione di sfottere quello che tutti sanno che è mio fratello. - Fatto sta che alla fine si sa già chi vincerà…

- Io non capisco… - dice d'un tratto.

La guardo senza capire. A quanto pare l'ho sopravvalutata, è proprio scema invece.

- Cosa non capisci?

- Non capisco perché tutto questo… e poi… non capisco… - fa un breve respiro prima di riprendere a parlare. - Non capisco dove sono. Questo posto che cos'è?

- Piccola cara… - inizio io ghignando. - Tu sei morta e per quanto non ci crederai sei all'inferno. Per questo sei tu l'unica povera pazza che vede le persone morte e che dopo le ritrova vive. Loro non sono altro che fiamme mutate. Tutto questo luogo è creato sulle fiamme plasmate dala mia volontà. L'unico difetto è che le fiamme accolgono anche gli oppositori. Perché dopotutto all'inferno ci si diverte. Il demone che l'essere umano crea è quello che si diverte a farle subire le torture dell'inferno se esso ci andrà, poiché… se andrà in paradiso nessuno potrà più fare nulla. Asami stava cercando di salvarti e di mostrare al suo 'Padrone' che tu non meritavi di essere punita. Ma io non gliel'ho permesso e tu ora resterai per sempre qui.

I suoi occhi formano due "o" perfette. Senza contare il leggero tremolio delle labbra e le spalle insieme.

Paura.

- Non ci credo! - esclama. Ma la sua voce tradisce tutte le sue emozioni. Si volta e scappa. Corre veloce. Molto veloce. Bene, fra poco se ne accorgerà.


Corro. No. Come può anche solo pretendere che io riesca a credere ad una cosa del genere? Mentre corro a perdifiato mi accorgo che non c'è nessuno nei dintorni. Che io sia davvero… No, è assurdo anche solo pensarlo! Poi perché dovrei essere all'inferno? Che cosa ho fatto di così terribile da essere punita in questo modo?

Passo davanti ad un luogo molto familiare. Quel negozio. Ora ricordo… ci ero passata davanti la prima volta che ero salita in moto con Kaori. Mi escono altre lacrime. I miei occhi sembrano non riuscire a fare altro.

Paura.

Corro, fino a che non vedo intorno a me sparire tutto.

- Ma.. cosa…?

Davanti a me non c'è più nulla se non il nero. Mi volto. La città, i luoghi, stanno venendo tutti risucchiati da serpenti neri che vengono verso di me. Nero. Ora non c'è altro di fronte a me.

- Male, male piccola umana. Ora il luogo da me creato è sparito e quindi sei costretta a sapere e io sono costretto a ridurre il divertimento fino ad annullarlo. Non dovevi farlo, mi sarei divertito in molti modi con te. Doppi sensi e non. - mi dice. La sua faccia mi fa paura. La sua espressione, i suoi occhi verdi e penetranti.

- Perché sono qui? Perché sono all'inferno? Perché quel posto è sparito?

- Hey piano con le domande! Il posto è sparito per un semplice motivo di spazio! Le fiamme sono riduttive, non potevano mica ricreare l'intera città. Per questo quella volta mi sono fermato con la moto. - risponde. - Sei all'inferno per quello che hai fatto.

- C-cosa? - domando sconvolta. - Che cosa ho fatto?

- La parola rasoio ti dice niente? - mi domanda sorridendo sadico.

Rasoio? Un'improvvisa ondata di ricordi mi invade la mente. Mi passano davanti come la pellicola di un film che viene mandata avanti veloce.

Quella sono io…

Sono in bagno…

Sto prendendo un oggetto che conosco bene…

Sgrano gli occhi. Perché l'ho fatto? Non ricordo. Perché mi sono tolta la vita?

- Perché l'ho fatto?

- Boh… - risponde lui facendo spallucce. - Non è affar mio… ma questo lo è…

Dalle pareti intorno a me inizia a scendere del colore bianco con la stessa lentezza del sangue che scende lungo i polsi di un braccio dalle vene tagliate.

Mi guardo intorno impaurita. Vedo Kaori sparire sotto tutto quel bianco.

Mentre tutto sparisce, penso…

Era stato tutto inventato. Lui, tutto questo, da quanto? Da giorni magari e per me sono passate settimane. Mesi. Anni. Che tristezza…

Mi ritrovo improvvisamente in un posto tutto bianco che piano piano lascia spazio ad un luogo totalmente diverso.

Un cimitero.

Davanti a me, un lapide con su scritto:


Lucia Davis

N. 14-02-1994

M. 12-09-2010

Riposa in pace


Sgrano gli occhi. Un vento fortissimo inizia ad agitare le foglie degli alberi circostanti, non che l'erba che posa - seppur io non la senta - sotto i miei piedi. La terra si muove, piano piano sparisce. Lo vedo. Vedo il coperchio marrone scuro. Piano piano viene fuori. Si apre lentamente.

Sono io.

Terribile consapevolezza. Vedere se stessi. Quello è… il mio corpo.

Sui polsi si notano benissimo le tracce di profondi tagli.

- Perché l'ho fatto? Perché io… - piango. Piango. Piango.

Perché?

Poi d'un tratto. Tutto scompare. Il nero riavvolge tutto e quello che una volta era il mio corpo se ne va via. Allungo istintivamente il braccio. Come a trattenerlo. Come se potessi rimediare a tutto afferrando quel corpo privo di vita e di anima dannata quale ormai è la mia.

Perché?


- Bene. - sorrido. - Ed ora è meglio finirla qui… non credi Asami?

Il suo volto sofferente mi guarda. Gli occhi hanno ancora troppa luce. Nonostante il suo corpo ricoperto di piaghe, lacerazioni e quel bel liquido rosso mostri chiaramente quale sarà la sua fine. Che peccato…

Devo dire che mi sono divertito abbastanza. Peccato che Priscilla non lo può aiutare, non è stata incaricata di fare nulla per lui. Che cosa insignificante e meccanica. Eseguire ordini. Le uniche parole che mostrano la loro ragione di vita.

Almeno i Flagelli sono utili a molto di più nonostante a volte siano particolarmente fastidiosi proprio per questo. In ogni caso anche loro se ne sono andati. Sapevano che il colpo di grazia al mio fratellino l'avrei dato io.

- Ho vinto. - dico sogghignando mentre piano piano il corpo dell'angioletto si apre. Iniziando dal punto dov'è il cuore, la carne inizia a cadere, poi i muscoli, il sangue scorre. Gli occhi scivolano via dalle orbite. Le labbra e la lingua, assieme a tutti i denti, cadono.

Si sgretola, fino a tramutarsi in polvere. Sparisce.

- Ho vinto io. Mi spiace, angioletto…

Ora rimane solo una cosa da fare. Ah, questa è la parte più noiosa.

Ma chi se ne frega. Mi sono divertito abbastanza.

E la mia ricompensa giungerà comunque a me.

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Capitolo 12
*** Granelli di polvere - Epilogo ***


Bene. Ora tocca a me. Per ognuno di noi c'è una fine e la mia è arrivata. La mia ricompensa era nient'altro che questo. Come demone ho fatto bene il mio compito. Ora mi aspetta la pace del fuoco e il calore delle fiamme.

Chi credevate ch'io sia?

Sono un demone come tanti. Che tra poco ritornerà a far parte dell'inferno come parte viva di essa.

Molti se sapessero quello che ho fatto potrebbero detestarmi o magari lodarmi. Si, mi sono proprio divertito. Ma ormai è finita.

La mia carne se ne sta già andando, diventando fitta polvere nera e cadendo al suolo. I demoni non hanno anima. I demoni hanno solo un compito che devono portare a termine. Vivono per questo. Io sono vissuto per questo.

La ricompensa è la libertà. E chi è più libero di un granello di polvere?

Sorrido amaramente.

Il corpo della ragazzina è stato gettato tra le fiamme. Questo è il peso dell'inferno. La tua anima viene distrutta e quando un'anima muore della persona non rimane nulla e non potrà mai essere in pace, poiché l'essenza che è rimasta dallo spirito - perché niente può essere distrutto definitivamente - non troverà mai pace, non ritrovando il suo posto d'origine.

Beh, almeno per me la fine è molto più bella. Proprio perché ho vinto, altrimenti avrei fatto la stessa fine della ragazza, solo che io non muoio tra le fiamme, quindi sarei vissuto per il resto dell'eternità nel dolore. Come tutti i demoni che non sono riusciti a portare a termine la loro missione.

Oh, il braccio, è già andato. Sparirò anche io in mezzo alle fiamme. Neanche io sarò ricordato. Proprio come un granello di polvere. Tutt'uno con la sabbia.

Lentamente. Sto svanendo…

Beh, che dire in questi casi? Non ne ho la più pallida idea.

Il mio corpo se ne va.

Sparisce.

Per sempre.










Fine!!!! Wow! *-* Non potete immaginare quanto io sia felice! Lo so, lo so, la fine è triste. Ma come credevate che sarebbe andato a finire? Se lo ha creato Lucia è ovvio che sarebbe morto con lei ^.^

Kaori: Assassina!

Meme: Devi rompere? Devo ricordarti di essere una mia creatura? Muahahah!!

Kaori: O.O Almeno ora ho capito chi è Satana.

Beh, che dire… grazie a tutti quelli che mi hanno seguita! Fatemi sapere che ne pensate! Ciao ciao! ^ ^

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