What Brings Us Closer Together

di CrazedLunatic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre - Prima Parte ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre - Seconda Parte ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Questa è la traduzione di una storia di Crazed Lunatic. Potete trovare l'originale QUI.




“Ascolta, so che hai la scuola e tutto il resto, e so che sono tipo le due del mattino, ma… è importante.”
Blaine strizzò gli occhi, cercando di decifrare il nome sullo schermo del cellulare. I suoi capelli ricci erano spettinati e i suoi occhi nocciola assonnati. Lo schermo era di un blu luminoso e spiccava contro la completa oscurità del resto della stanza, rendendo ancora più difficile per lui distinguere il nome di chi lo stava chiamando. Non era nemmeno sicuro di essere davvero sveglio perché il display si era spento e non si sentiva nessun suono. I suoi occhi si chiusero e si mosse per posare il telefono, immaginando di aver solamente sognato di sentirlo squillare.
“Blaine? Blaine, ci sei?”
Cercò di rispondere “sì”, ma non era del tutto sicuro che gli fosse uscito in quella maniera. Si costrinse a riaprire gli occhi. Quello era il motivo per cui non passava due notti di fila in bianco per poi aspettare la mezzanotte del terzo giorno per andare a dormire.
“Ascolta, devi venire qua. Kurt. E’ una cosa seria.”
Questo lo svegliò completamente. Principalmente perché la voce che aveva detto “Kurt” sicuramente non era quella del suo Kurt. La voce di Kurt era molto più acuta. La voce di Kurt gli faceva battere il cuore. Questa voce gli era in qualche modo familiare, ma non era importante e ci mise alcuni minuti per riconoscerla. “Finn? Che succede?”
“Si tratta di Kurt. E’… è in ospedale, amico. Non… non è messo bene.” Inspirò bruscamente. “E’ stato aggredito, amico. Non ne so molto. Non si è presentato e -.” Blaine non stava più ascoltando l’altro ragazzo. Saltò in piedi, afferrando la sua felpa blu dell’Università del Kentucky. Si sfilò velocemente i pantaloni del pigiama, inciampando e quasi cadendo a terra. “Pensano che sia stato violentato, credo.”
Nel sentire queste parole Blaine strinse il telefono così forte che pensò che avrebbe potuto rompersi. Questa volta fu lui a inspirare bruscamente. Chiuse gli occhi, cercando di mantenere la calma nonostante sentisse il bisogno di sfogarsi e di prendere a pugni qualcosa. O di urlare. Si sentiva incredibilmente sopraffatto e confuso. Stava succedendo davvero? “E’… Cosa..?” balbettò, incapace di trovare la voce.
“Non lo so. Sono appena arrivato e non ti avevano chiamato perché il telefono di Kurt è rotto e non avevano il tuo numero, ma io lo avevo e – Aspetta.” Sentì un lieve fruscio.
“Tesoro, ciao.” disse la voce rassicurante di Carole, la matrigna di Kurt e madre di Finn. Blaine stava ancora immobile nel mezzo della sua stanza, con una sola gamba infilata in un paio di jeans. “Sono Carole. Come stai?”
La prima cosa che uscì dalla bocca di Blaine fu, “Cosa sta succedendo?”
“Kurt è stato ricoverato al Lima Memorial Hospital. E’ stato aggredito la notte scorsa. Per ora è stabile, ma… ma è grave. Non voglio scendere nei dettagli per telefono. Pensi che potresti venire qua più tardi, dopo le lezioni? Ti pagheremo la benzina-.”
Blaine afferrò le chiavi. “E’ stato violentato? Finn ha det-.”
Carole sospirò, e Blaine poté quasi vederla rivolgere uno sguardo arrabbiato a Finn e Finn scrollare le spalle in maniera imbarazzata, le mani affondate nelle tasche dei jeans. “Blaine, parleremo quando arriverai qua. E’ al primo piano. Se qualcuno ti chiede qualcosa, di’ loro che sei suo fratello.”
“Ma-.”
“Tesoro, ti prego.” La voce della donna aveva un tono definitivo e Blaine sapeva che discutere con la matrigna di Kurt avrebbe reso le cose dieci volte peggiori. Inoltre, alla famiglia di Kurt lui sembrava piacere abbastanza e cominciare a litigare avrebbe potuto cambiare la loro opinione. Avrebbe dovuto aspettare. 
“Va bene. Sto arrivando.” Blaine attaccò e afferrò con mani tremanti il suo zaino. Ci buttò dentro due cambi di vestiti, il suo portatile, una bottiglia d’acqua, il suo cellulare, il caricatore del computer e il suo iPod, che andarono ad aggiungersi ad alcuni libri di scuola che non aveva avuto il tempo di tirare fuori. Corse in tondo per il suo appartamento almeno tre volte prima di trovare il suo portafoglio, che ovviamente era stato proprio accanto al suo zaino per tutto il tempo.
Andrà bene. Calmati. Andrà tutto bene. Se non fosse così, Carole sarebbe sembrata molto più preoccupata.
Blaine corse alla sua macchina, una BMW X5 M blu, e accese il motore. Posò lo zaino sul sedile del passeggero, lo stesso sedile su cui sedeva sempre Kurt quando erano insieme e uscì dal vialetto. Se avesse fatto in fretta, dato che erano soltanto le due del mattino, avrebbe potuto ridurre a due le tre ore e mezzo di viaggio. Avrebbe almeno potuto provare.
Per favore, fa che stia bene.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Questa è la traduzione di una storia di Crazed Lunatic. Potete trovare l'originale QUI.




A Blaine occorsero due ore e mezzo per raggiungere il Lima Memorial e al suo arrivo trovò l’allampanato fratellastro del suo ragazzo seduto fuori dall’uscita.
“Che sta succedendo?” chiese Blaine, quasi correndo verso di lui. “E’ sveglio? Come sta? Cos’è successo?
Finn alzò le braccia, sgranando gli occhi. “Non lo so, amico. Mi hanno chiamato alla OU, come io ho chiamato te. Non ne sappiamo molto.”
“E’ una sigaretta quella?” chiese Blaine, senza nemmeno rendersi conto di quello che stava dicendo.
“Sei proprio il ragazzo di Kurt, non è vero?” rise Finn mentre gettava la sigaretta in un cestino e si metteva le mani in tasca. “Non raccontarlo a mamma.”
Decise di non dire a  Finn che non avrebbe avuto bisogno di dire niente, perché Carole sarebbe stata in grado di sentirne l’odore. E che se Kurt lo avesse saputo, sicuramente lo avrebbe già detto a Carole e Burt nel tentativo di salvare Finn da problemi polmonari più avanti nella sua vita. Il nome di Kurt sembrò ricordare a Blaine il motivo per cui si trovava lì ed entrò nell’ospedale con Finn. Ai due ragazzi non servì molto tempo per trovare i coniugi Hudson-Hummel nella sala d’aspetto dipinta in un disgustoso color arancio che avrebbe fatto impazzire il povero Kurt. Specialmente in abbinamento con quegli orrendi quadri verdi con cui avevano tappezzato tutta la stanza.
Blaine infilò le chiavi dell’auto nella tasca della felpa e il rumore attirò l’attenzione dei genitori di Kurt. Non aveva riflettuto su cosa dire loro e ora non riusciva a pensare a nulla. Cosa avrebbe potuto dire in effetti? Nelle ultime tre ore tutto quello a cui era stato in grado di pensare era stato il suo Kurt – il suo Kurt – schiacciato contro un muro o spinto dentro una macchina e violentato. O gettato a terra in un vicolo sporco e violentato. O-
Burt fu il primo a venire verso di lui. Non disse nulla, ma uscì dalla stanza rivolgendogli un cenno del capo. Voleva che lo seguisse, quindi Blaine lo accontentò.
“Grazie per essere venuto.” Disse in tono burbero, e Blaine si ricordò quanto potesse essere imbarazzante a volte trovarsi insieme al padre di Kurt. Era molto gentile, ma per lui era un po’ strano. Forse se Burt avesse passato più tempo con Kurt e Blaine sarebbe stato più semplice. Non c’era mai scortesia, solo un’occasionale goffaggine.
Cosa ci si aspettava che dicesse Blaine? Che non lo menzionasse? Oh, adoro ricevere telefonate disperate alle tre del mattino che mi chiedono di raggiungere il mio ragazzo in ospedale. Non c’era nulla da dire, e comunque dubitava che la sua voce avrebbe funzionato correttamente. E così i due uomini continuarono a camminare fino a che non ebbero raggiunto una porta. Era aperta e la faccia di Blaine si contrasse quando vide la figura all’interno della stanza. Incespicò all’indietro, portandosi la mano alla bocca. Le prime parole che gli sfuggirono fra le labbra furono, “O mio Dio, no… no…” Quello sul letto non era Kurt. Semplicemente non lo era. “O mio Dio, no… no…” ripeté, cercando di non piangere nonostante la sua faccia si stesse già accartocciando contro la sua stessa volontà.
“Vorrei poterti dire che sembra più grave di quello che è.” Disse passivamente Burt. “Il dottore ha detto che le sue costole… alcune delle sue costole si sono rotte, e una ha perforato il polmone e -“
Burt non riusciva a vedere lo sguardo inorridito sulla faccia di Blaine? Non era in grado di sopportarlo. Non voleva sapere cosa c’era che non andava. Perché quello non era Kurt.
“Ha riportato una commozione. Un sacco di tagli e livi-.”
“Smettila. Basta!” Blaine pronunciò quelle parole ad alta voce, e più aspramente di come le aveva intese. Tutto quello che riusciva a vedere era il corpo martoriato di Kurt. Si fece strada incespicando all’interno della stanza, ignorando il fatto che Burt non lo aveva ancora fatto entrare, senza nemmeno sapere se a Kurt fosse permesso ricevere visite. Si sedette vicino al letto, senza rendersi conto che se a Kurt era permesso ricevere visite quella era stata probabilmente la sedia occupata da Burt in precedenza quella sera. Semplicemente non gli importava. Doveva calmarsi – doveva. Aveva diciotto anni, quasi diciannove. E dare di matto, nonostante fosse un atteggiamento giustificabile in quella situazione, non sarebbe stato di nessun aiuto per Kurt. “Kurt.” Non aveva avuto intenzione di dirlo ad alta voce, ma uscì fuori come un gemito silenzioso.
Burt posò una mano sulla sua spalla, sentendosi in colpa per aver sconvolto Blaine. A volte si dimenticava che, anche se si comportava in maniera molto matura, Blaine aveva solo un anno più di Kurt ed era soltanto un ragazzo. Avrebbe dovuto affrontare il discorso delle lesioni di Kurt in maniera diversa, con più gentilezza. Non aveva idea di cosa avrebbe potuto dire per far sentire meglio Blaine, ma si chinò verso di lui e gli disse all’orecchio, “N-non è stato violentato, Blaine… Quando lo hanno trovato, aveva tutti i suoi vestiti addosso. Hanno fatto un esame per esserne sicuri.”
Questo avrebbe probabilmente dovuto rassicurare Blaine, e anche se si sentiva come se gli fosse stato tolto un grosso peso dalle spalle, non si sentì meglio di colpo. Non c’era ancora nessuna sensazione che tutto sarebbe andato bene. Non sarebbe andato bene. Non nell’immediato. Quindi annuì una volta, prendendo la piccola mano di Kurt nella sua, più grande. I suoi occhi ispezionarono i tagli sul dorso della sua mano, le nocche contuse. Se non guardava Kurt nella sua interezza e si concentrava unicamente sulle singole parti, era più facile. Ma i suoi occhi si soffermarono sulla vita di Kurt, nuda e coperta di lividi terribili. Poi sul suo petto, dove poteva vedere che gli avevano rimesso a posto le costole, o almeno pensava che lo avessero fatto. Il suo povero, povero Kurt. Non riusciva a guardare il tubo che gli usciva dalla bocca e che sicuramente lo stava aiutando a respirare. Era semplicemente troppo.
“Ha d-detto… cos’ha detto che ha che non va?” parlò di nuovo, per la terza volta. Inspirò profondamente e regolarmente. Ora che lo shock di vedere Kurt era in qualche modo scomparso, o sembrava almeno più gestibile, si trovò a voler sapere cosa non andava. Forse perché sperava che, contrariamente a quanto detto da Burt, le condizioni di Kurt non fossero così critiche come sembrava.
Burt scelse di riferire a Blaine i problemi minori prima dei più gravi, sperando di non terrorizzare il ragazzo come aveva fatto dieci minuti prima. “Ha un sacco di tagli e lividi che guariranno abbastanza bene… è stato spinto piuttosto violentemente contro un palo, quindi ha un brutto livido e una commozione. Il suo polso è slogato, ma pensano che sarà a posto in pochi giorni.” Burt sospirò. “Ha due costole rotte, sul lato sinistro del torace. Una delle due ha perforato il polmone e lo opereranno domattina non appena arriva il chirurgo. Gli hanno dato dei farmaci piuttosto pesanti quindi non sente molto dolore.”
Blaine si sentiva intontito e si chiese se tenendogli la mano stava procurando dolore a Kurt. Lasciò andare la mano del ragazzo, posandola sul letto. Aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono. La sua mente stava correndo, tuttavia non riusciva a separare un pensiero dall’altro. Non sarebbe stato in grado di formulare una frase nemmeno se avesse tentato. La mano di Burt era di nuovo sulla sua spalla, ma avrebbe dovuto essere Blaine a consolare lui. Tuttavia tutto quello che poteva fare era starsene seduto lì, come un bambino piccolo, e fissare il corpo martoriato di Kurt. Alla fine parlò. “So che non è colpa mia, ma non mi rende in alcun modo le cose più facili. Kurt è la persona più gentile e affettuosa che esista. Non si merita una cosa del genere. Non avrebbe dovuto passare attraverso tutto questo. Io…” indicò Kurt con la mano, poi scosse il capo. “Semplicemente non è giusto…”
“Questo ragazzo ne ha passate abbastanza, lo ammetto.” Burt posizionò una sedia accanto a quella di Blaine e si sedette vicino al letto. “Starà bene. E’ forte, e noi saremo qui per aiutarlo. Spero solo che la polizia catturi chiunque ha fatto questo.”
Blaine era consapevole che le possibilità erano praticamente nulle. Molte molestie ai danni dei gay restavano impunite; lo sapeva per certo. A meno che non si trattasse di qualcuno che Kurt conosceva ed era in grado di identificare, i responsabili non sarebbero stati presi. E’ solo che le cose vanno così…
 
 
Dolore accecante. La faccia di Kurt si contorse e lui si lasciò sfuggire un gemito basso e prolungato, incapace di focalizzarsi su qualunque cosa al di fuori delle lucine luminose che danzavano davanti ai suoi occhi e della sensazione che il suo corpo venisse scrollato e lacerato in parecchie direzioni diverse ogni volta che respirava. Trattenne il fiato e il dolore sembrò alleviarsi leggermente.
“Shh, shh. Va tutto bene.”
Delle dita familiari gli spinsero indietro i capelli e quella voce se non altro lo calmò un po’.
“Bene. Shh. Piccoli respiri.” Come amava quella voce…
Apri gli occhi Kurt. Andiamo. Non è così difficile.
Ma lo era. Le sue dita si contrassero, mentre la mano si protendeva in direzione della voce.”
“Sei al sicuro. Andrà tutto bene.” Questa voce era diversa, sconosciuta. La persona gli fece abbassare la mano. “Non dovresti muoverti. Il tuo corpo è molto debole in questo momento, dopo l’operazione.”
Gli occhi azzurri di Kurt si aprirono, ma le luci bianche che gli danzavano davanti non svanirono completamente dalla sua vista.
“L’operazione ha avuto un esito positivo. Sarà una lunga guarigione.” disse la voce sconosciuta. Non era una voce sgradevole, di per sé. Solo che non voleva sentirla parlare quando Blaine era così vicino ed aveva una voce tanto più bella.
Kurt si sforzò di alzare lo sguardo ed incontrò un paio di occhi nocciola. Erano preoccupati, ma sulla faccia che stava guardando c’era un sorriso incredibilmente forzato.
“Oddio, ho un aspetto così orrendo?” La voce di Kurt non sembrava nemmeno la sua e per un attimo provò il timore profondo di non essere se stesso. Che fosse successo qualcosa e che in qualche modo si fosse risvegliato nel corpo di qualcun altro. Il suo viso doveva aver lasciato trasparire il suo panico perché il ragazzo più grande si sporse gentilmente, con lentezza, e premette le labbra sulla guancia di Kurt.
La voce sconosciuta continuò a ciarlare, ma l’attenzione di Kurt era interamente focalizzata sul ragazzo di fronte a lui. Perché Blaine era lì? Non aveva detto a Kurt, appena tre giorni prima, che non sarebbe stato in grado di venire a trovarlo nel weekend e che la prossima volta che si sarebbero visti sarebbe stato durante le vacanze della Festa del Ringraziamento? Ma che nonostante le vacanze della UK andassero solo da mercoledì a venerdì, avrebbe saltato lunedì e martedì in modo da avere un po’ più di tempo da passare insieme? E non c’era la scadenza di un qualche importante elaborato?
Avrebbe voluto chiederlo al suo ragazzo, ma tutto quello che riuscì a dire fu “Blaine?”
La faccia di Blaine cambiò espressione, sembrando perfino più preoccupata. “Certo che sono io, sciocco.”
Kurt avrebbe voluto dirgli che ovviamente sapeva che era Blaine. Che era confuso, e che vedeva delle luci e che gli faceva male tutto. E anche che Blaine aveva gli occhi più belli e che era così felice di non dover aspettare altre cinque settimane per vederlo. Che gli faceva male respirare e parlare e persino guardarlo. Che era confuso. E tutto stava girando. Che c’erano punti luminosi dappertutto e che la stanza era troppo bianca e che si sentiva male. Che niente aveva un senso e aveva la sensazione che fosse successo qualcosa di brutto, di davvero brutto e che si stava spaventando.
“Oh Kurt, non piangere. Va tutto bene, va tutto bene. Sei al sicuro adesso.” mormorò Blaine, baciandogli la fronte. “Finirai per farti male. Smettila, tesoro. Per favore.”
Non sapeva quando aveva iniziato a piangere, ma gli spedì scosse di dolore per tutto il corpo, il che lo fece solo piangere più forte. Dov’erano suo padre, e Carole, e Finn? Dov’era lui?
“Tesoro, ti prego. Calmati. Sei al sicuro.” La voce di Blaine non riuscì a calmarlo granché, come se si fosse spinto troppo in là per quello.
“Figliolo, devi calmarti.”
Smise immediatamente di singhiozzare e il viso di suo padre entrò nel suo campo visivo. “Papà, papà…” La lacrime scorrevano ancora sulle sue guance pallide e si sentiva incredibilmente appiccicaticcio e sporco. Cosa stava succedendo?
“Devi riposarti, recuperare le forze.” Perché suo padre sembrava così preoccupato e arrabbiato? Aveva scoperto che lui e Blaine avevano fatto sesso? Sicuramente se lo aspettava. Kurt aveva diciotto anni, Blaine quasi diciannove. Avevano aspettato per mesi. Inoltre era stato tre settimane fa e, e..
“Mi dispiace, papà. Mi dispiace.” ansimò. Non voleva che suo padre ce l’avesse con lui, specialmente ora che era così spaventato e confuso. E gli occhi di Blaine erano così belli e come avrebbe potuto non fare l’amore con l’unica persona al mondo che lo comprendeva, che lo capiva e lo amava per tutto quello che era e tutto quello che non era?
“Kurt, non scusarti. Non hai fatto niente di male, figliolo. Voglio solo che ti riposi un po’.”
Kurt annuì, deglutendo. Ma anche quello gli provocava dolore e si sentì rabbrividire involontariamente.
“Devo parlare con il dottore e occuparmi delle pratiche dell’assicurazione, figliolo. Ma sono proprio qui dall’altra parte del letto e c’è Blaine con te. Okay? Va bene?”
“Non andartene.” mormorò Kurt.
“Non me ne vado. Sarò proprio qui accanto.” Suo padre lo baciò sulla fronte e scomparve dalla sua vista.
“I tuoi occhi sono così belli.” farfugliò Kurt quando Blaine lo guardò, tornando nel suo campo visivo.
“Lo sono anche i tuoi.” Il sorriso di Blaine era forzato.
“Sono così stanco, Blaine. Fa male.” Le sue parole diventarono più sommesse, meno comprensibili, finché non si ridussero a semplici mormorii. “Cosa sta succedendo?”
“Oh, Kurt…” Il sorriso falso di Blaine si spense di colpo. “Shh, dormi un po’.”
Kurt annuì appena e scivolò nel sonno, la mano stretta attorno a quella di Blaine.
Mentre dormiva, fece dei sogni davvero strani. Veniva spinto contro qualcosa e preso a pugni. Blaine lo stava baciando. Suo padre era furioso e lo incolpava. Sua madre gli teneva la mano e gli diceva che tutto andava bene. Il padre di Blaine stava prendendo a calci Blaine e Kurt correva in avanti. Blaine lo stava baciando. E poi il padre di Kurt stava prendendo a pugni Blaine. Niente di tutto questo aveva senso, ma Kurt non riusciva a svegliarsi a dispetto di quando duramente ci provasse.
I suoi occhi si aprirono di scatto e si lasciò sfuggire un rantolo shockato. La stanza era buia e sentiva il ronzio delle macchine. Gli faceva male tutto. Ricordava di aver attaccato con Mercedes, dopo essersi accordati per portare Quinn a fare shopping, quando tre uomini adulti lo avevano strattonato. Uno aveva pestato il suo cellulare, un altro aveva afferrato la sua borsa e l’aveva gettata da parte. Aveva sentito lo scricchiolio della plastica e il rumore dei vetri che si infrangevano quando il suo portatile si era rotto, ma era troppo occupato a lottare con il più grande degli uomini che lo stava spingendo contro al muro, colpendolo alla faccia e allo stomaco. Ancora e ancora. E ancora. Gli altri due lo incitavano. L’uomo lo aveva allontanato dal muro e Kurt si era afflosciato per il sollievo, pensando che fosse finita, finché non l’avevano spinto contro un grosso palo di legno. Kurt aveva avvertito un dolore acuto al fianco, e aveva sentito un crack. L’uomo era tornato a concentrarci sulla sua faccia, colpendolo ancora e ancora. Dal suo naso era zampillato del sangue e il suo labbro si era spaccato. C’era stato un ultimo pugno al fianco, un dolore intenso e poi Kurt ricordava solo bianco.
La sua mano si sollevò e si accorse che stava stringendo quella di qualcun altro. Guardò giù e vide, a lato del letto, la testa ricciuta di Blaine affondata nel materasso. Forse Blaine stava dormendo. Almeno aveva appoggiato la testa mentre riposava. Kurt liberò la sua mano dalla stretta di Blaine con lentezza e attenzione e toccò uno dei suoi riccioli. Si era aspettato di provare dolore, invece si sentiva quasi come se stesse galleggiando. I suoi pensieri però erano lucidi. Ricordava di essere stato aggredito. Sapeva che doveva trovarsi in un ospedale e che probabilmente gli avevano somministrato qualche potente antidolorifico.
“Hey, figliolo.”
Kurt girò la testa e vide suo padre. Si sentì immediatamente invadere da un senso di sollievo, o forse di sicurezza. Lasciò andare un respiro che non sapeva nemmeno di aver trattenuto e incontrò gli occhi dell’uomo.
“Come ti senti?” gli chiese a bassa voce, come per non svegliare Blaine. Kurt aveva la sensazione che suo padre non dormisse da ore. Forse giorni.
“Non sento molto.” ammise Kurt, lasciando che la mano che stava toccando i capelli di Blaine si posasse sulla sommità della sua testa, in parte perché si sentiva troppo debole per muoverla. Guardò suo padre, deglutendo.
“Sono passati due giorni. Ti hanno operato al polmone ieri. Una costola lo aveva perforato.” Spiegò suo padre, sospirando. “Starai bene. Sei ancora giovane; il tuo polmone dovrebbe guarire completamente. Ma il dottore ha detto che per un po’ non potrai muoverti molto. Starai assente da scuola per un po’.”
Kurt annuì soltanto, troppo debole per dire qualsiasi cosa. Quanto più restava sveglio, tanto più cominciava a sentirsi stordito.
“Non si è mai allontanato. Era qui quando ti hanno portato in sala operatoria ed è stato il primo al tuo fianco quando ti hanno portato in sala post-operatoria. Sono a malapena riuscito a farlo mangiare.”
Kurt sorrise, nonostante gli procurasse dolore. Fece scorrere le dita fra i ricci di Blaine, abbassando lo sguardo su di essi.
“E’ anche la prima volta che dorme. Quando sei stato ricoverato, ha guidato dritto fin qui alle due del mattino.”
Il suo cuore cominciò a battere come se qualcuno lo stesse strattonando. Ricordava che Blaine aveva avuto una settimana molto piena, che aveva passato intere notti in bianco e che aveva dormito solo per una o due ore alla volta. Nonostante la stanchezza, si era comunque fatto tutta la strada verso Lima. Non avrebbe potuto tradurre in parole la quantità di amore che provava per Blaine Anderson nemmeno se ci avesse provato. Scelse invece di concentrarsi sui capelli del suo ragazzo. I riccioli erano morbidi fra le sue dita, morbidi e familiari. Amava i capelli di Blaine quando portava il gel, ovviamente. Aveva un aspetto davvero favoloso. Ma per quanto Kurt sottolineasse sempre l’importanza di apparire al meglio e di vestire sempre in maniera impeccabile con i capelli acconciati, c’era qualcosa nei riccioli spettinati di Blaine che gli faceva sciogliere il cuore.
“Il ragazzo rimarrà nei paraggi per un po’, vero?” chiese Burt, sebbene suonasse più come un’affermazione. Burt aveva pensato che la loro coppia sarebbe durata per sempre? No. Kurt aveva solo diciotto anni, e ne aveva diciassette la prima volta che si erano incontrati. Ma diavolo. Il ragazzo aveva guidato attraverso degli stati alle due del mattino e non lo aveva lasciato per due giorni. Doveva rassegnarsi al fatto che si trattava di qualcosa di più di una storiella fra liceali. Che questo ragazzo avrebbe probabilmente fatto parte della sua famiglia per… per sempre. Incredibilmente, questo non spaventava Burt come pensava sarebbe successo. Kurt era innamorato di questo ragazzo, e a Burt questo andava bene. Perché Blaine gli piaceva davvero. Blaine si prendeva cura di Kurt e gli importava davvero molto di lui. Era stato in quel momento, quando Blaine aveva detto, “Mi scusi se sto oltrepassando il limite.” e Burt aveva risposto, “Lo stai facendo.” che aveva capito che un giorno i due si sarebbero messi insieme. Al diavolo, Burt aveva sperato che succedesse, perché Blaine chiaramente era un bravo ragazzo e Kurt aveva bisogno di una persona del genere.
“Lo amo.” Fu la risposta fi Kurt. Non c’era nient’altro da aggiungere, perché quelle due parole avevano più significato di qualsiasi spiegazione prolissa su come sarebbero rimasti insieme per sempre.
“Riposati un po’, figliolo. Va bene? Ne hai bisogno.”
Kurt annuì, consapevole che l’indomani non si sarebbe sentito altrettanto bene o calmo. L’indomani si sarebbe probabilmente sentito dolorante e parlare sarebbe stato un compito più arduo. Non si sarebbe sentito come se stesse galleggiando e probabilmente si sarebbe sentito spaventato ricordando l’aggressione senza l’aiuto dei farmaci a calmarlo e ad alleviare il dolore. Non era esattamente impaziente di affrontare la giornata successiva, ma allontanò la mano dai ricci di Blaine, prese la mano del ragazzo più grande nella sua, e scivolò in un sonno sorprendentemente tranquillo.

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre - Prima Parte ***


Questa è la traduzione di una storia di Crazed Lunatic. Potete trovare l'originale QUI.




Due giorni dopo, Blaine si svegliò nella stanza da letto di Kurt. La notte precedente Burt e Carole lo avevano costretto ad andare a casa loro per una buona notte di sonno e Kurt, dolce com’era, si era dichiarato d’accordo e aveva persino guardato Blaine con occhi da cucciolo per farlo acconsentire. A Blaine non piaceva per niente lasciare Kurt, ma aveva dovuto lavorare sull’elaborato che doveva inviare al suo professore di letteratura. Doveva anche controllare il programma dei corsi per verificare quando avrebbe dovuto assolutamente fare ritorno, nonostante fosse abbastanza sicuro che avrebbe comunque ottenuto buoni voti anche se avesse saltato un test. A meno di non contare chimica, ma in ogni caso chi va bene in una materia del genere?
Blaine si sfregò gli occhi e si guardò intorno, non ancora pronto ad alzare la testa dal cuscino perché aveva il profumo di Kurt. Toccò lentamente le lenzuola, ricordandosi di quando Kurt le aveva scelte durante l’estate. Gli Hudson-Hummel avevano comprato una nuova casa e Kurt aveva avuto l’occasione di ridecorare la sua stanza. Kurt era così eccitato e aveva trascinato Blaine in diversi centri commerciali finché non aveva trovato il “perfetto” questo e il “perfetto” quello. Non avrebbe potuto lamentarsi comunque, perché amava passare del tempo con Kurt.
La porta si aprì e Finn entrò nella camera. “Volevo solo vedere se eri sveglio. Oggi hanno trasferito Kurt in una nuova stanza e mamma vuole che ti dia il numero prima di dimenticarmelo, perché lì i cellulari non prendono. E’ la 215B.”
“Sono sveglio.” Blaine si tirò su, prendendo mentalmente nota del numero.
“Bel portatile.” Disse Finn, guardando il suo Mackbook Pro.
“Non è male.” Blaine si alzò e si stirò. “E’ sveglio? E sta bene? Finn, puzzi di fumo da morire.”
“Dannazione. Ho anche fatto una doccia.” Grugnì. “Mamma ha detto che si è addormentato cinque minuti dopo che te ne sei andato, e che si è svegliato abbastanza a lungo da cambiare stanza. Ha detto anche di prendere tutto quello ti serve. Quindi usciremo appena sarai pronto.”
Giusto. La sua macchina era all’ospedale. Ancora parcheggiata di nello stesso punto in cui l’aveva lasciata cinque giorni prima. O erano quattro? Blaine non ne era sicuro. “Dammi dieci minuti per fare una doccia e cinque per controllare una cosa.”
“Amico, sono tipo le nove del mattino. Sta dormendo. E probabilmente non si sveglierà prima delle tre. Ma se davvero ci metterai quindici minuti per prepararti, andremo.” Finn lasciò la stanza, scuotendo la testa e borbottando qualcosa tipo, “Comunque non capisco perché voglia starsene lì a fissarlo mentre dorme.”
E davvero Finn non lo capiva. Aveva fatto visita a Kurt, certo. E si sentiva male per lui. Ma semplicemente non riusciva a comprendere che Kurt fosse emotivamente instabile. Era stato aggredito da tre uomini adulti perché era gay. Sapeva che Kurt aveva riportato delle ferite, ma dato che non passava molto tempo con lui, ne ignorava la reale estensione. Il suo polmone era stato perforato ed operato. Il fluido in esso contenuto non si stava riassorbendo come previsto e nelle ultime diciotto ore la febbre di Kurt aveva continuato a salire e scendere. Aveva bisogno di avere qualcuno al suo fianco, anche mentre dormiva. Gli serviva semplicemente una persona che stesse seduta accanto a lui e gli tenesse la mano, di modo che quando si fosse svegliato e avesse avuto bisogno, tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato alzare lo sguardo e un aiuto sarebbe stato lì.
Dopo aver fatto la doccia più veloce a memoria d’uomo, Blaine si sedette alla scrivania di Kurt con il suo portatile. Era martedì. Se ne era andato venerdì mattina. Il lunedì non aveva lezioni, quindi finora aveva perso soltanto il venerdì e il martedì. Aveva già spedito al suo professore gli elaborati di letteratura, quindi su quel fronte non avrebbe dovuto preoccuparsi, almeno finché avesse trovato il tempo di lavorare al saggio e spedirlo. Il giovedì seguente, alle otto di sera, aveva un test di chimica e la mattina successiva un esame di introduzione alla psicologia. Psicologia sarebbe stata abbastanza facile, ma chimica… beh, era destinato comunque a non passarlo. Questo gli dava circa nove o dieci giorni da trascorrere a Lima. Si sarebbe presentato ai suoi due test e sarebbe tornato indietro il giorno successivo. Spense il portatile e lo ripose nella sua borsa, guardandosi intorno. C’era nulla che Kurt avrebbe voluto? Non aveva menzionato nulla, ma ben presto si sarebbe stancato di guardare repliche de “I Maghi Di Waverly” con Burt. Blaine era sicuramente stufo, ora che ci pensava.
Si sedette, passando in esame alcuni dei film di Kurt e decidendo quali prendere. Tutti Insieme Appassionatamente ovviamente era un must e se Blaine si fosse presentato con una scelta di film che non lo comprendeva, Kurt lo avrebbe lasciato per la sua pura stupidità. Gli avrebbe quantomeno lanciato una frecciatina sprezzante, e i suoi occhi azzurri si sarebbero illuminati mentre rideva.
No. Kurt non avrebbe potuto ridere per via del suo polmone. E sarebbe stato davvero troppo stanco e debole per essere il suo solito, insolente se stesso, quindi probabilmente lo avrebbe semplicemente ringraziato e avrebbe guardato qualunque cosa Blaine avesse portato senza lamentarsi. Era abbastanza inquietante, davvero. Blaine fece un respiro profondo – Kurt non avrebbe potuto fare nemmeno quello, ora come ora, pensò – e osservò i DVD, ma senza vederli più davvero. Lampi casuali di grossi uomini che spingevano Kurt contro dei pali e lo colpivano costantemente gli balenarono nella mente. Poteva solo immaginare quella studentessa del college avvicinarsi a lui in quel corridoio, urlando al suo ragazzo di chiamare il 911 e accovacciandosi accanto ad un Kurt privo di sensi. Apparentemente Kurt era rinvenuto per pochi secondi, sufficienti per dare alla ragazza il numero di telefono di Burt. Sarebbe venuta a trovare Kurt? La polizia aveva riferito a Burt che era chiaramente sconvolta. Blaine voleva ringraziarla. La maggior parte delle persone, anche se avesse visto un corpo, gli sarebbe semplicemente passata davanti senza lasciarsi coinvolgere. Se non si fosse avvicinata per controllare, Kurt sarebbe potuto morire. Morire.
E se Blaine si fosse trovato lì, in attesa di prendere parte al funerale di Kurt?
Smettila. Kurt starà bene.
No, non veramente. Quando Kurt avrebbe smesso di assumere i pesanti antidolorifici, avrebbe probabilmente cominciato a comportarsi in maniera diversa. Le cose per lui sarebbero diventate reali. Specialmente quando fosse venuto il momento di lasciare l’ospedale. Sarebbe stato ansioso – ancora più ansioso, perché il ragazzo era in grado di diventare piuttosto ansioso già di suo. A Blaine non piaceva pensare a come Kurt avrebbe preso il suo ritorno in Kentucky. Lui e Burt ne avevano già discusso. Mancavano ancora quattro settimane e mezzo alle vacanze del Ringraziamento, che adesso avrebbe passato interamente con la famiglia di Kurt (non che avrebbe voluto passarle da solo comunque) e dopo ci sarebbero state altre quattro settimane prima delle vacanze invernali. Blaine ancora non sapeva dove sarebbe stato in quel periodo. Come avrebbe gestito Kurt quelle settimane senza Blaine al suo fianco? In tutta onestà, forse Blaine avrebbe dovuto passare meno tempo con lui, in modo da abituarlo. Ma non sarebbe successo. Blaine non aveva voluto trascorrere una notte lontano dal suo ragazzo. E volendo essere onesti, Kurt l’aveva gestita meglio di quanto avesse fatto lui. Blaine aveva passato le prime ore sdraiato senza dormire, incapace di sentirsi a suo agio e cercando di tenere le immagini di Kurt aggredito lontane dalla sua mente.
Smettila. Non ricominciare a pensarci. Prendi solo qualche altro film e vai da Kurt.
Sospirò e tornò a concentrarsi sulla collezione di DVD, cercando di decidere quali sarebbero piaciuti di più al suo ragazzo…
 
 
 
"Hey."
Il fatto di trovare Blaine al suo fianco ogni volta che si svegliava stava davvero cominciando a viziare Kurt, ma questo non impedì ad un sorriso di scivolare lentamente sul suo volto assonnato e segnato dai lividi. “Ciao.”
Blaine si sporse verso di lui, baciandolo con estrema gentilezza sulle labbra in modo da non fargli male. La ferita sul suo labbro non si era ancora rimarginata e sembrava piuttosto dolorosa. “Ho una sorpresa per te.” Gli comunicò allegramente mentre si allontanava.
"Ha niente a che fare con il mio trasferimento in una stanza con uno schema di colori migliore?” Kurt si accigliò, esaminando la stanza rossa e marrone. Il Lima Memorial aveva decisamente bisogno di una decorazione di interni.
Il suo ragazzo rise, e questa volta non sembrò una forzatura. Era una buona cosa. L’aspetto di Kurt doveva essere migliorato rispetto a prima. “Questa stanza non è così male. Non guardarmi in quel modo solo perché non sono schizzinoso come te.”
"Non sono schizzinoso. E’ solo che tu non hai buon gusto. Marrone e rosso? Cosa li ha costretti a fare questo? E le sedie verdi sono orren-” Kurt si zittì non appena si aprì la porta. Per quanto si accalorasse per la stanza, aveva la sensazione che non fosse il caso di lamentarsi davanti ai dottori e alle infermiere che avrebbero potuto sputare nel suo cibo o somministrargli “accidentalmente” la dose sbagliata di medicinali.
"Salve, Kurt. Come ti senti?” l’uomo aveva i capelli rossi ed era grasso, ma sembrava molto allegro. Troppo allegro per qualcuno che passava la giornata a contatto con malati e feriti. Faceva sentire a disagio Kurt, che cambiò posizione con imbarazzo. “Senti dolore?”
"Sì.” Disse Kurt, con una voce che suonava molto più quieta rispetto ad alcuni momenti prima. Percependo la tensione, Blaine si sporse in avanti e lo prese per mano.
“Bene. Ora voglio che ti giri sul fianco in modo che io possa auscultare i tuoi polmoni. Tuo fratello può aiutarti se ne hai bisogno.”
Quest’uomo è davvero un idiota, no?Pensò Kurt, ma annuì.
Blaine si fece avanti, molto insicuro di quello che stava facendo. Era davvero saggio farlo sdraiare sul fianco dopo un’operazione? Non gli avrebbe fatto male? Posò la mano sulla spalla di Kurt mentre il dottore gli piazzava la sua sulla vita.
Kurt si irrigidì visibilmente, ma i suoi occhi incontrarono quelli di Blaine e lui gli sorrise.
“Procederemo molto lentamente, Kurt. Va bene? Se ti fa troppo male, devi dirmelo.” Lo istruì il dottore mentre lo giravano, il dottore che lo accompagnava più di Blaine.
“Può quantificare ‘troppo’?” chiese Kurt, digrignando i denti. Stava decisamente provando molto più dolore rispetto a due minuti prima. Voleva tornare a distendersi sotto le sue lenzuola, perché era una cosa notevolmente più piacevole di quello che stava sentendo adesso. E voleva davvero sapere che cos’era la sorpresa di Blaine.
“Oh, lo capirai … Ecco, tieni solo le spalle così. Bel lavoro, Kurt.” Ci fu un fruscio mentre l’uomo indossava lo stetoscopio. “Okay, cominceremo con dei piccoli respiri e poi cercheremo di alzare il livello di difficoltà.”
Kurt trasse un piccolo respiro, vedendo di nuovo dei puntini luminosi danzargli davanti agli occhi. Quando sentì i suoi polmoni espandersi sussultò. Ogni volta che l’uomo glielo chiedeva, faceva dei respiri più profondi, ognuno più doloroso del precedente. Blaine mantenne il contatto visivo con lui per tutto il tempo, e, ogni volta che Kurt distoglieva l’attenzione, gli sussurrava qualcosa finché lui non tornava a guardarlo. Alla fine Blaine lo aiutò con estrema lentezza e gentilezza a distendersi di nuovo, mormorandogli che aveva fatto uno splendido lavoro.
Si rilassò contro i cuscini con gratitudine e chiuse gli occhi. Si sentiva come se qualcuno si fosse piazzato sul suo petto e stesse saltando su e giù, ma il dolore stava lentamente cominciando ad attenuarsi con ogni respiro. Comunque, non volendo mettere alla prova la sua fortuna, si assicurò di fare dei respiri molto piccoli.
Blaine gli ravviò i capelli, guardandolo negli occhi. “Stai bene?”
Kurt aprì la bocca per rispondere di sì, ma non riuscì a formare la parola. A essere onesti non si sentiva bene. Si era sentito meglio il giorno precedente. Onestamente. Era felice di aver mandato Blaine a casa a dormire perché il ragazzo sembrava in condizioni molto migliori rispetto a ieri. Ma Kurt non aveva dormito per tutto il tempo come Carole aveva detto a Finn. Aveva finto di dormire, mentre ascoltava Carole e Burt parlare di come Blaine alla fine sarebbe dovuto tornare alla UK, a costo di costringerlo. Di come non potesse gettare al vento i suoi studi solo per tenere compagnia a Kurt, perché Kurt “non aveva davvero bisogno di lui lì.” Ma Kurt aveva bisogno di Blaine lì, per quanto egoistico fosse. Sapeva che Blaine sarebbe dovuto tornare indietro prima o poi. Non voleva che Blaine rinunciasse al college per lui. Kurt non si era mai sentito più solo di quando aveva sentito i suoi genitori parlare del fatto che prima o poi Blaine sarebbe dovuto tornare indietro. Era come se il suo cuore si fosse infranto in pezzi minuscoli, come se non potesse respirare.
“Kurt, dimmi qualcosa.” Blaine si stava chinando su di lui. Posò un bacio sulla guancia di Kurt. “Cosa c’è che non va?”
Kurt scrollò le spalle e poi sussultò. Non poteva nemmeno scrollare le spalle. Non poteva nemmeno fare qualcosa di semplice come scrollare le spalle. Non era giusto. Non aveva fatto niente. A nessuno. Stava semplicemente camminando. Semplicemente camminando verso la sua macchina e questo era il risultato.
“Kurt, Kurt, no. Non piangere, tesoro. No. Shh. Lo sai che il dottore ha detto che non fa bene al tuo polmone.”
“Non mi interessa.” Rantolò Kurt fra i singhiozzi.
“Per favore, non fare così mentre non posso abbracciarti.” Lo pregò Blaine, visibilmente turbato. “Non sai cosa fa al mio cuore.”
Questo lo fece solo piangere più forte, perché non meritava davvero qualcuno così gentile come Blaine. Blaine sarebbe dovuto stare con una persona migliore. Una persona che non se ne andasse in giro vestito in maniera così vistosa da essere aggredito mentre camminava verso la sua auto. Una persona più attraente, con un sorriso migliore. L’unica cosa che aveva dalla sua parte erano i capelli. E probabilmente anche quelli al momento avevano un aspetto orribile.
"Kurt, no. Non fare così. Calmati. Calmati.” Blaine fece scorrere la sua mano su e giù per il braccio di Kurt, il massimo che potesse fare senza che il ragazzo sentisse dolore. “Shh, shh. Va tutto bene. Va tutto bene.”
“Non va bene.” Singhiozzò Kurt. “Non andrà bene. Mai.”
"Oh, Kurt." Blaine si sedette sulla sponda del letto e gli passò un braccio intorno alle spalle, il massimo che poteva fare senza fargli male. “Per favore, guardami.”
Kurt si voltò dall’altra parte, pur sapendo che si stava comportando da immaturo. La sua mente gli stava dicendo di calmarsi. Che stava agendo in maniera irragionevole e che far preoccupare Blaine non avrebbe portato a nulla, se non a farlo sentire in colpa dopo. Una parte di lui amava le attenzioni che stava ricevendo, ma una parte ancora più grande sentiva semplicemente il bisogno di essere abbracciato e confortato. E se Blaine non fosse ritornato? E se avesse deciso che Kurt era troppo infantile ?
Singhiozzò perfino più forte. Gli sembrava che tutto gli si stesse serrando intorno.
“Kurt, devi smetterla! Finirai per farti male!” C’era della disperazione nella voce di Blaine, e questo bastò a fermare i singhiozzi di Kurt. Le lacrime continuavano a scendere sulle sue guance pallide e gli sfuggirono alcuni singulti occasionali, ma a parte questo la stanza divenne stranamente silenziosa. Blaine tirò un sospiro di sollievo, le mani che correvano velocemente e ripetutamente fra i capelli castani di Kurt. Blaine era nervoso, era in grado di dirlo. Kurt trasse dei piccoli respiri e ognuno di essi fece più male di quanto avrebbe dovuto. Poteva sentire gli occhi di Blaine su di sé e sopravvenne il senso di colpa, che indusse una nuova ondata di lacrime. “Kurt, parlarne ti farà sentire meglio.” Kurt scosse il capo. “Per favore?” Lo scosse di nuovo. “Va bene, razza di meschino.” La testa di Blaine si appoggiò contro la sua, e Kurt capì che non stava parlando sul serio.
La tensione nella stanza si allentò lentamente e si tramutò in un momento quasi piacevole, con entrambi i ragazzi seduti vicini in un silenzio confortevole. Ogni tanto Kurt tirava su con il naso, ma Blaine lo calmava baciandolo sulla fronte o sull’attaccatura dei capelli. Le sue dita scivolavano in maniera tranquillizzante su e giù per il braccio di Kurt, e questo quasi cullò il ragazzo più giovane fino a farlo addormentare.
“Cos’era la sorpresa?” chiese Kurt con voce roca circa dieci minuti dopo, principalmente per impedirsi di scivolare nel sonno. Poteva solo immaginare quanto fosse orribile per Blaine essere bloccato in un ospedale di Lima con qualcuno che passava l’intera giornata dormendo.
Blaine, che aveva cominciato a canticchiare sommessamente nell’orecchio di Kurt, si sedette diritto. Era scivolato in una scomoda posizione mezzo sdraiata, con una gamba sul letto e una sul pavimento. “Ho immaginato che cominciassi ad annoiarti un po’, così ho portato questo.” Kurt lo seguì con lo sguardo mentre andava a prendere il suo zaino e tirava fuori un portatile. Kurt era un po’ confuso, visto che non poteva muoversi abbastanza da usare correttamente un portatile. Poi Blaine cominciò a tirare fuori diversi DVD e a posizionarli sul comodino, sopra il suo portatile. “Non ero sicuro di cosa avresti preferito. Ho portato Tutti Insieme Appassionatamente, Rent, qualcosa che non ho nemmeno mai sentito nominare, Gipsy. Oh, e ovviamente Il Mago di Oz.”
Kurt tese velocemente le mani, senza nemmeno pensarci, ma rimase sorpreso quando non gli fece male come pensava. Blaine glielo porse, sedendosi di nuovo sulla sponda del letto. Stava ancora frugando dentro la sua borsa, posando altri DVD sull’altra pila. Kurt lo guardò, accorgendosi che stava sorridendo leggermente.
“Ne deduco che guarderemo per primo Il Mago Di Oz, ma adorerei davvero vedere Maurice. Non l’ho ancora visto.”
Kurt si lasciò sfuggire un rantolo. “Hai portato Belli e Dannati. Avevo perfino scordato di averlo! River Phoenix è bello oltre misura.” Il suo umore stava cambiando molto rapidamente, e sapeva che questo era in larga parte dovuto alle medicine che gli somministravano. Nel profondo sentiva ancora della tristezza, ma la accantonò. Voleva passare dei momenti piacevoli con Blaine adesso che si sentiva abbastanza bene da sedersi. Si sarebbe preoccupato più tardi del fatto si essere sconvolto. O almeno ci avrebbe provato.
“Stai scherzando, Kurt? Keanu Reeves è dieci volte più carino di River Phoenix in quel film. E ha un accento…”
“Cos’altro hai lì” Kurt si tirò lentamente più su, così da poter vedere. “Quanti film hai portato, Blaine? Ce ne sono ancora tipo una decina lì dentro!”
Blaine sventolò la mano e tirò fuori i film restanti, accatastandoli in una pila ordinata. “Lo sai quanto posso essere indeciso quando si tratta di spettacolo. Ero tentato di portare anche tutte le tue serie di Friends, ma non volevo sacrificare nessuno di questi.” Kurt appoggiò la testa sulla spalla di Blaine, e non riuscì a impedirsi di tirare leggermente su col naso. Dato che era seduto senza appoggiarsi, Blaine gli passò la mano dietro le spalle e cominciò ad accarezzargli gentilmente la schiena. “Ti faccio male?”
“No, è piacevole.” Mormorò Kurt, chiudendo gli occhi alla sensazione delle dita contro la sua pelle nuda. Le sue labbra si socchiusero leggermente, sollecitando Blaine a sporgersi e baciarlo sulla bocca. Kurt ricambiò il bacio con dolcezza, sollevando leggermente la mano per toccare il viso di Blaine.
“Bene.” Mormorò Blaine sulle sue labbra, continuando ad accarezzargli la schiena. Alla fine interruppe il bacio, ma non spostò la mano. “Possiamo vederlo fra poco.”
Kurt annuì contro la sua spalla, tirando di nuovo su con il naso. “Blaine?” La voce gli uscì in un sussurro, e si sentì infantile. Non voleva rovinare il momento. Stava diventando un momento così bello. Ma non riuscì a farne a meno. Sapeva che era sbagliato da parte sua far sentire in colpa Blaine. Sapeva che era incredibilmente ingiusto. Blaine aveva fatto così tanto per lui nell’ultima settimana, e chiedere ancora qualsiasi altra cosa sarebbe stato crudele. Ma non riuscì a farne a meno.
“Sì?” Blaine abbassò lo sguardo su di lui meglio che poteva senza muoverlo.
“Non lasciarmi.” Sussurrò Kurt. “Non tornare in Kentucky."
 

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre - Seconda Parte ***


Questa è la traduzione di una storia di Crazed Lunatic. Potete trovare l'originale QUI.




“Non lasciarmi. Non tornare in Kentucky." Kurt tirò su col naso, guardando Blaine con i suoi grandi occhi azzurri. Poggiò la fronte contro la sua. “Ti prego.”
Blaine rimase in silenzio, il respiro bloccato in gola e il cuore nello stomaco. Aprì la bocca un paio di volte, ma non riuscì a dire nemmeno una parola. Era shockato. Era l’ultima cosa che si aspettava di sentire uscire dalla bocca di Kurt e, sapendo che non sarebbe dovuto tornare per almeno nove giorni, non ci stava neppure pensando. Il Kentucky era l’ultimo dei suoi pensieri.
“Per favore.” Kurt si fece più vicino. “Ti prego. Ho bisogno di averti qua e non ti ho mai chiesto nulla e mi rendo conto c-che è infantile, ma voglio davvero che tu rimanga, Blaine.”
“K-Kurt… ho due test alla fine della prossima settimana. E-e gli esami di fine corso a dicembre.” Non era quello che Blaine avrebbe voluto dire, ma il suo cervello non stava funzionando come si deve. A essere onesti, non si sarebbe sorpreso di mettersi a parlare di elefanti volanti.
Kurt cominciò a piangere, la faccia che si accartocciava. “Non voglio rimanere qua tutto da solo. Ti v-voglio al mio fianco. Ti prenderai cura di me.”
“Tutto da solo? C-ci sono tuo padre e Carole qui. Possono prendersi loro cura di te.” No! Non avrebbe voluto dire nemmeno questo! Come mai continuavano a sfuggirgli di bocca quelle frasi? Blaine non era bravo quando lo mettevano alle strette in quel modo.
“Ho bisogno che tu rimanga qui. F-farò qualunque cosa, Blaine.” Le lacrime cominciarono a scivolare sulle sue guance. “Ti prego.
Blaine circondò Kurt con le braccia, il primo abbraccio che si erano scambiati da quando era partito per il Kentucky. Stava davvero, davvero attento a non avvicinarsi alle fasciature e lo toccava a malapena, ma lo aveva comunque cinto con le braccia e lo aveva baciato sulla testa. Le parole lasciarono la sua bocca prima ancora che avesse coscienza di quello che avrebbe detto. “Non andrò da nessuna parte, Kurt. Non tornerò indietro.”
Le mani graffiate di Kurt afferrarono strettamente la sua maglietta, le nocche coperte di lividi lo fecero rabbrividire. Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo contro il petto di Blaine, poi un altro, poi altri tre ancora.
“Shh, non me ne vado. Non me ne vado, tesoro. Andrà tutto bene.” Blaine poteva già sentire le telefonate rabbiose da parte di sua madre, con in sottofondo le imprecazioni di suo padre su come non avrebbero mai dovuto mandarlo in “quella scuola gay”. Poteva solo immaginare la vergogna di sua nonna quando fosse andata a fare la spesa o in ufficio e qualcuno le avesse chiesto come si trovava Blaine alla UK e lei avrebbe dovuto rispondere, “Oh, ha mollato.” Non aveva importanza. Non al momento, almeno.
Sapeva che avrebbe dovuto tentare di raggiungere un compromesso con Kurt. Avrebbe dovuto promettere di tornare solo per i test. Ma il college… non gli importava di quello che diceva la gente. Almeno i corsi che seguiva avevano frequenza obbligatoria, non ci si poteva presentare solo agli esami ed ottenere comunque buoni voti. Avrebbe dovuto dirgli, “Mi dispiace Kurt. I miei genitori hanno pagato. Devo andare.” Ma cos’avevano mai fatto i suoi genitori per lui? Suo padre aveva speso metà della sua vita nel tentativo costante di renderlo etero – aggiustando una macchina con lui, spedendolo in campi religiosi dove avrebbero dovuto “curarlo” per cinque estati di fila. Cinque anni! Sua madre non era migliore di lui, semplicemente perché gli aveva permesso di farlo. L’unico motivo per cui avevano acconsentito a mandarlo alla Dalton, ne era certo, era che in questo modo “il suo atteggiamento” non avrebbe danneggiato la campagna di sua nonna per diventare sindaco.
Kurt stava ancora singhiozzando contro il suo petto, stringendo così forte la sua maglietta che uno dei graffi sulla sua mano aveva ricominciato a sanguinare. “Grazie, grazie.” Continuava a ripetere piangendo. “Grazie d-davvero, Blaine. Grazie.”
“No, non ringraziarmi.” Bisbigliò Blaine, lo stomaco stretto in una morsa. “Ora fai silenzio e sdraiati.”
Kurt non ne aveva intenzione. Si avvicinò, trasalendo leggermente, poi lo attirò a sé. Le sue braccia si avvolsero attorno al suo collo e tutto quello che Blaine riusciva a pensare era che avrebbe finito per farsi male, ma non sapeva imporsi di sfuggire alla presa dell’altro. “Grazie, Blaine.” Kurt stava ancora piangendo, ma ora sussurrava all’orecchio di Blaine anziché singhiozzare contro il suo petto. Blaine poteva sentire le lacrime che bagnavano la guancia di Kurt.
La porta si aprì ed entrambi i ragazzi sollevarono lo sguardo. Burt stava immobile sulla soglia e sembrava estremamente a disagio e confuso. Mosse le labbra senza parlare, e Kurt si limitò ad affondare il viso nel collo di Blaine e a ricominciare a piangere.
"Che c’è? E’ successo qualcosa?” Burt aveva ritrovato la voce e aveva parlato in tono urgente e burbero. “Kurt, cosa c’è che non va?”
Kurt scosse solamente il capo, attirando Blaine ancora più vicino. Blaine si ritrovò piegato a un’angolazione scomoda, con la schiena dolorante ed il collo in tensione. Ciononostante non ebbe il cuore di muoversi, specialmente perché era passato un sacco di tempo dall’ultima volta in cui era stato così vicino al suo ragazzo.
"Shh, shh." Sussurrò, incontrando lo sguardo di Burt. Burt formò con le labbra le parole ‘Cos’è successo?’, ma Blaine non poté rispondergli, perché era troppo impegnato a bisbigliare nel tentativo di tranquillizzare Kurt e comunque non avrebbe saputo cosa dire. Le cose non stavano andando come previsto, a dispetto della conversazione che lui e Burt avevano avuto la notte precedente, nel corso della quale Burt gli aveva detto che avrebbe dovuto essere insensibile e non lasciarsi sconvolgere quando Kurt si fosse arrabbiato per il suo ritorno a scuola.
No, la conversazione del giorno prima era stata completamente inutile, perché Blaine era semplicemente incapace di dire di no a Kurt. Era stata una discussione particolarmente lunga, nel corso della quale Burt gli aveva raccontato di come, dopo il suo decimo compleanno, Kurt avesse rifiutato di parlargli per una settimana perché non gli aveva comprato una torta red velvet con delle rose disegnate sopra perché era “da femminuccia”. E di quella volta che il cinema locale aveva trasmesso “Tutti Insieme Appassionatamente” e lui non aveva permesso a Kurt di andarci con sua zia perché non aveva voglia di vedere la propria madre, che ovviamente sarebbe venuta con sua sorella. Kurt era rimasto chiuso in un silenzio di tomba finché non gli aveva promesso di comprargli un nuovo guardaroba e di lasciarlo andare a vedere Rent a mezzanotte, in corrispondenza dell’uscita nelle sale. Suo figlio doveva avere undici o dodici anni all’epoca, ma Burt avrebbe preferito di gran lunga sorbirsi quel musical piuttosto che vivere per un altro giorno in una casa silenziosa. Kurt era la regina delle scenate e sapeva come lavorarsi le persone per ottenere quello che voleva.
Ci volle quella che sembrò un’eternità perché Kurt si sfinisse e si addormentasse, abbandonato fra le braccia di Blaine. Il ragazzo lo distese con attenzione e lo sistemò comodamente contro i cuscini, grato di essere finalmente in grado di sedersi diritto. Invece di alzare lo sguardo su Burt, rimboccò le coperte a Kurt e cominciò a riordinare i DVD in ordine alfabetico. Si sentiva in soggezione davanti al padre del suo ragazzo e sperava infantilmente che potesse semplicemente scomparire. A essere sincero, l’idea di confrontarsi con Burt, quale che fosse l’argomento, lo terrorizzava a morte.
“Voglio sapere cosa sta succedendo.” Disse finalmente Burt. “Quindi perché non la smetti di riordinare quei film e me lo dici?”
Blaine annuì e scese dal letto per accomodarsi in una delle sedie. Le cose non si sarebbero messe bene. Non voleva che Burt si arrabbiasse con lui e ancor meno voleva che si arrabbiasse con Kurt. Doveva smetterla di comportarsi come un ragazzino e di temporeggiare. Respirò profondamente e disse, “Kurt… mi ha chiesto di restare in Ohio.”
“E tu cosa gli hai risposto?” Gli domandò Burt lentamente.
Blaine si raddrizzò, sollevando lo sguardo a incontrare quello dell’uomo. “Gli ho risposto che sarei rimasto.”
L’espressione di Burt era difficile da decifrare. Per un secondo sembrò sollevato, poi arrabbiato, poi forse felice, poi di nuovo arrabbiato? L’uomo si lasciò sfuggire un sospiro. “Perché l’avresti fatto, Blaine? Devi finire gli studi.”
“Quando Kurt uscirà dall’ospedale, lei avrà bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui.” Disse in fretta Blaine, senza pensare. Si sentiva incredibilmente nervoso ed era sorpreso di riuscire a formulare frasi coerenti. “Lei ha il garage e Carole il lavoro. Finn sta frequentando il primo semestre alla OU-.”
“E tu stai frequentando il primo semestre alla UK.” Lo interruppe Burt. “Il college non è una specie di lavoro part time che puoi gettar via.”
Blaine alzò le mani in un gesto di difesa. “Per prima cosa, non sto gettando via nulla. Posso sempre riprendere gli studi il prossimo anno. Seconda cosa, chi pensa si dovrebbe prendere cura di lui mentre tu e Carole siete al lavoro? In teoria Finn potrebbe vivere a casa e prendersi cura di lui mentre non ci siete, ma, mi rincresce dirlo, non credo che sia in grado di gestire la situazione. Ieri sera ho dovuto insegnargli come funziona il microonde. Terza cosa, non lascerò Kurt da solo in questo modo. Ha bisogno di qualcuno che sia qui per lui.”
“Ed è a questo che serve la sua famiglia.”
“Beh, lui è la mia famiglia.” Le parole gli sfuggirono di bocca prima che riuscisse a trattenerle. Non sapeva che stavano arrivando e sgranò gli occhi lui stesso.
Burt tossicchiò e distolse lo sguardo, posandolo su Kurt, poi sospirò. “Facciamo una specie di patto. Tornerai indietro per dare gli esami e starai con noi nel corso delle vacanze invernali.”
“Quale parte del ‘avrà bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui’ non riesce a capire?” Non si stava mettendo bene. Blaine cominciava a sentirsi frustrato e a dire cose che in circostanze normali non avrebbe mai detto. “Forse verrà dimesso fra meno di una settimana e non può dirmi di essere pronto a mollare il lavoro al garage per prendersi cura di lui ventiquattr’ore su ventiquattro. Carole lavora a tempo pieno come receptionist. Nessuno di voi può mettere da parte le proprie occupazioni, mentre io potrò tornare a scuola il prossimo anno. Non è poi questo gran problema.”
Burt si massaggiò la tempia, guardando Kurt. “Invece lo è, ragazzo. Il college è importante. Come pensi che sarai in grado di mantenerti in futuro?”
“Cercherò un lavoro notturno. E prenderò un appartamento qua vicino. Ho qualche soldo da parte per tirare avanti finché non trovo un lavoro. Posso cominciare a inviare domande di assunzione anche subito. Domande online.” Blaine stava ancora parlando a velocità incredibile, rispondendo senza davvero pensarci. Accennò al suo portatile sul comodino. Tuttavia, più ne parlava, più era sicuro di stare facendo la cosa giusta.
“Aspetta un attimo, aspetta.” Stavolta fu Burt ad alzare le mani, poi cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza. Sospirò diverse volte, fermandosi nel bel mezzo di un passo, solo per riprendere di nuovo a camminare e ripetere il processo dall’inizio. “Non è stato corretto da parte di Kurt chiederti una cosa del genere.” Blaine fece per aprire la bocca, ma Burt lo interruppe. “Fammi finire, ragazzo. Non è stato corretto. E sono dannatamente convinto che non dovresti mollare così la scuola da un giorno all’altro, perché è importante e costosa… se Kurt facesse una cosa del genere, sarei furioso.” Fantastico, aveva giocato la carta del genitore. Blaine deglutì leggermente. “Ti rendi conto di quale messaggio stai mandando, rinunciando ai tuoi studi per prenderti cura di Kurt?”
“Prendendomi una pausa.” Lo corresse piuttosto nervosamente Blaine. “E non è nelle mie intenzioni lanciare nessun tipo di messaggio. Voglio solo essere qua per lui.”
"Non hai nemmeno diciannove anni, ragazzo. Non è una tua responsabilità. Prendersi cura di lui è un dovere mio e della sua matrigna. Il tuo dovere invece è quello di terminare gli studi, essere ammesso in una scuola di specializzazione e diventare qualcuno. E sarà lo stesso per Kurt.”
"Non sono un bambino! Sig-.” cominciò Blaine, ma fu interrotto a metà frase.
“Voglio che il prossimo semestre tu segua i corsi all’istituto per formazione professionale para universitario. Seguili online o quello che è, ma seguili. Segui i corsi e potrai-potrai stare da noi. Non dovrai preoccuparti di trovarti un lavoro o dei soldi.”
Blaine lo ascoltò molto attentamente, mantenendo il contatto visivo per dimostrare la sua serietà.
“Questa cosa che stai facendo, però… è seria. Seria come un attacco di cuore, e io ne so qualcosa. Prendersi un impegno del genere per Kurt, mollare tutto per restare al suo fianco… ha un significato, lo sai? E’ una decisione da adulti. Una di quelle che devi essere sicuro di essere pronto a prendere. Non puoi, in mancanza di parole migliori, fare le cose alla cazzo di cane con mio figlio. Mi capisci? Se hai intenzione di lasciare la scuola per prenderti cura di lui, devi essere disposto a rimanere con lui. Per molto, molto tempo. Non puoi prendere una decisione così importante alla leggera, perché Kurt ha un gran cuore. Ed è difficile riparare un cuore così grande, quando viene spezzato. Capisci quello che sto dicendo?”
Blaine si sentiva teso, come se ogni sua mossa fosse osservata. Annuì, grattandosi un ginocchio. Lo sguardo di Burt lo rendeva incredibilmente nervoso. “Signore… amo Kurt. Se non pensassi che abbiamo una possibilità di rimanere insieme per sempre, allora non mi comporterei in questo modo. E’ tutto quello a cui penso mentre sono in Kentucky. Perché crede che nel weekend guidi per quattro ore ogni volta che posso per vederlo, anche se solo per poche ore? E’ perché voglio stare con lui. Non ho intenzione di… Uh… fare le cose alla cazzo di cane con lui. Ho intenzione di tornare a scuola – tornare all’università – il prossimo autunno. E-e sì, il prossimo semestre frequenterò i corsi all’istituto per formazione professionale parauniversitario. Voglio trovarmi un lavoro e… e mantenerlo un giorno.”
Burt annuì, un’espressione imperscrutabile sul volto.
"Voglio essere qua per lui. Posso sempre tornare a scuola, signore. Ora come ora ha bisogno di me.”
“Va bene.” Burt camminò verso di lui. “Stanotte parlerò a Carole e quando arriverà vedrò come la pensa su questa situazione.” Allungò una mano per dare una patta sulle spalle a Blaine, poi parlò con voce tranquilla. “Sei un bravo ragazzo. Sapere che Kurt è in buone mani mi fa sentire più tranquillo riguardo a tutta questa faccenda. Odio il fatto di dover continuamente correre al lavoro per far quadrare le cose… ma…” Non finì la frase. Strinse forte la spalla di Blaine, poi uscì dalla stanza per fare due passi.
Blaine si lasciò sfuggire un grosso sospiro e si sfregò la faccia. “Perché mi sento come se avessi appena chiesto la mano di Kurt?” si chiese a voce alta, poi si asciugò i palmi sudati sui jeans. Se era così difficile parlare di lasciare la scuola per prendersi cura di Kurt, non voleva nemmeno pensare a quanto sarebbe stata dura quando avrebbe finalmente chiesto il permesso di sposare Kurt. Nonostante ciò, ogni parola che aveva detto corrispondeva a verità. Voleva davvero essere in grado di mantenere Kurt un giorno.
Kurt era una persona brillante e Blaine era consapevole del fatto che sarebbe stato perfettamente in grado di provvedere a sé stesso, ma lui voleva meritarsi di stare con una persona così speciale. Avere l’opportunità di vivere da solo con lui, di mantenerlo, di mettere il cibo in tavola… era questo che pensavano gli uomini etero delle loro fidanzate? Si chinò, facendo scorrere le dita lungo il palmo aperto di Kurt. Le dita del ragazzo si flessero e la sua mano si mosse verso il punto in cui si toccavano. Blaine la afferrò saldamente, cercando di scacciare la paura improvvisa che si stava impadronendo di lui. Non era il fatto di aver fondamentalmente confessato il suo eterno amore per Kurt a suo padre a spaventarlo. E nemmeno il fatto di aver mollato l’università – no, di essersi preso una pausa. Gli piaceva la UK ed aveva conosciuto delle persone fantastiche; non avrebbe certamente avuto nulla in contrario a riscriversi l’autunno successivo, quando Kurt sarebbe stato meglio. Gli studenti erano gentili, i professori pigri ma quasi altrettanto cortesi.
Aveva paura del momento in cui i suoi genitori l’avrebbero scoperto. Ecco di cos’aveva paura. Non aveva più parlato con suo padre da quando aveva quindici anni e anche i contatti con la madre erano sporadici. Suo padre non avrebbe nemmeno voluto pagare per il college di Blaine, ma sua nonna lo aveva costretto. Anche se non approvava l’atteggiamento di Blaine, lui restava pur sempre suo nipote e questo significava che suo figlio aveva il dovere di prendersi cura di lui. Tuttavia nel corso della campagna elettorale aveva fatto tutto il possibile per nascondere quell’ “atteggiamento” e, nonostante fosse merito suo se era in grado di frequentare l’università, Blaine provava ancora dell’ostilità nei suoi confronti. Sua madre… Sua madre gli dava semplicemente la nausea. Chiamava sempre, mandava messaggi allegri a cui Blaine non rispondeva mai. Gli aveva detto che le andava bene il fatto che fosse gay, che si trattava “solo di una malattia come la depressione o il cancro.” Ma che “lo amava lo stesso, perché era suo figlio”. Ogni volta che pensava a lei gli veniva voglia di vomitare, perché nonostante sostenesse di tenere a suo figlio e che il padre avrebbe dovuto trattarlo meglio, aveva comunque permesso che Blaine fosse spedito a quei campi gay per cinque anni di fila.
Per cinque estati era dovuto starsene ad ascoltare qualche predicatore folle leggere dei passi della Bibbia riguardanti il peccato e quello che accadeva ai peccatori. Per cinque estati aveva dovuto dividere la camera con altri tre adolescenti gay e, ad essere onesto, Blaine era probabilmente l’unico che non se l’era spassata con chiunque gli capitasse a tiro. Almeno finché non aveva raggiunto i quindici anni e aveva sentito la sua rabbia crescere: era stato allora che aveva cominciato ad “esternare” il suo dolore facendo sesso. Tanto, tanto sesso, con tante, tante persone che conosceva a malapena. Solo per il fatto che si trovava là, bloccato in quel posto – ed era davvero un posto orribile. Aveva affrontato innumerevoli settimane in cui non aveva fatto altro che ascoltare come sarebbe finito all’inferno se non avesse cambiato “atteggiamento.” Le ultime settimane della sua quarta estate al campo, quando aveva quindici anni, non erano certo uno dei momenti migliori della sua vita ed era fortunato a non contrarre nessuna malattia.
Ma quella telefonata. Sapeva che sarebbe arrivata. Quella telefonata da parte di sua madre, che gli avrebbe chiesto singhiozzando perché era una tale delusione. Oppure sarebbe stato suo padre a chiamarlo, rompendo il suo silenzio di tomba? Beh, questo sarebbe stato incredibile, no? Forse lo avrebbero fatto chiamare da sua nonna. O forse avrebbero semplicemente svuotato il suo conto in banca e non gli avrebbero rivolto mai più parola. Volendo essere realistici, questo sarebbe probabilmente successo. Suo padre sarebbe stato dell’opinione che quei soldi gli fossero “dovuti”.
"Sì, devo aprirmi un nuovo conto.” Mormorò quietamente Blaine fra sé e sé. Suo padre si sarebbe comportato esattamente così. Non avrebbe fatto differenza il fatto che i soldi fossero di Blaine. Blaine era gay, ma non era abbastanza gay da uscire e cantare e ballare di fronte ad un pubblico nei parchi a tema perché pensava che fosse divertente. Amava cantare e ballare, ma si sentiva stupido ad esibirsi in situazioni del genere. Di solito le ragazze ci andavano a nozze, ma lui… non così tanto. Ad ogni modo, quei soldi erano suoi. Se li era guadagnati con le sue forze e non voleva che suo padre ci mettesse le mani .
Sapeva che c’erano anche diverse altre cose di cui si sarebbe dovuto occupare, ma non aveva nemmeno idea da dove cominciare. Sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa per ritirarsi dalla UK ed era piuttosto sicuro che il termine per ritirarsi riavendo indietro più di metà dei suoi soldi era scaduto, ma la cosa in realtà non lo preoccupava granché. Come avrebbe disdetto il contratto d’affitto per il suo appartamento? Diavolo, come avrebbe recuperato le cose nel suo appartamento e dove le avrebbe messe? Anche avendo una macchina più grande, ci sarebbero voluti due viaggi per svuotarlo completamente. Quando si era trasferito, Kurt lo aveva seguito con un carico in modo che Blaine non dovesse fare due viaggi. Questa non era esattamente un’opzione praticabile al momento. Quindi avrebbe dovuto fare avanti e indietro dal Kentucky due volte nella stessa giornata.
Se non altro, pensò, Burt gli aveva offerto di restare da loro. Questo però sarebbe stato imbarazzante. Avrebbe dormito nella stanza di Kurt? No, certamente no. In quella di Finn, dato che lui viveva all’interno del campus? Sarebbe stato davvero strano stare nella camera del fratellastro etero di Kurt. Blaine si sentì improvvisamente come se avesse ventinove anni anziché diciannove. Non moriva dalla voglia di affrontare tutto questo. No, proprio per niente.
Devi farlo per Kurt .
 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


Attenzione!! Momentaneo cambiamento del rating in rosso a causa del linguaggio e di alcune scene di violenza contenute in questo capitolo.

Il giorno precedente, dopo che Kurt si era svegliato, lui, suo padre, Carole e Blaine avevano discusso del trasferimento di quest’ultimo. Carole era entusiasta all’idea che Blaine tornasse in Ohio per aiutarli ed era corsa a casa quasi immediatamente per pulire la stanza degli ospiti, che, come si era assicurata di precisare, era proprio accanto a quella di Kurt. Burt non era sembrato molto eccitato all’idea, ma non aveva detto nulla. Nonostante l’imbarazzo, Burt aveva trascorso tutta la notte con i ragazzi. Erano rimasti tutti e tre svegli fino a tardi a guardare Tutti Insieme Appassionatamente (“Di nuovo?”), Rent (“Dobbiamo proprio?”), Il Mago di Oz (“Sai a memoria tutte le battute. Cosa lo guardi a fare?”) e avevano finito vedendo diversi episodi di Teen Mom (“Mi stai prendendo in giro, Kurt? Hai intenzione di costringermi a guardare le repliche di questo programma quando sull’altro canale c’è la partita?”).
Blaine si era addormentato a metà del secondo episodio di Teen Mom, dopo aver borbottato: “Svegliatemi se decide di cambiare canale e guardare la partita dei Buckleyes.” Burt seguiva distrattamente lo show, ma in realtà stava soprattutto pensando alla discussione che aveva avuto con Blaine. Gli piaceva quel ragazzo. Gli piaceva davvero. Il modo in cui aveva letteralmente mollato tutto per precipitarsi al fianco di Kurt era una dimostrazione di quanto tenesse a suo figlio. “E’ un bravo ragazzo.”
Kurt distolse lo sguardo da Teen Mom, trasalendo leggermente per il movimento troppo veloce: “Uh?”
Burt accennò a Blaine che se ne stava raggomitolato su una piccola sedia, le gambe ripiegate sotto di sé e la testa che gli ciondolava sulla spalla. Mentre dormiva respirava in maniera profonda e regolare, un braccio rilassato sulla propria vita e un altro sul bracciolo. “Blaine… è davvero un bravo ragazzo, Kurt.”
“Lo so.” Kurt incontrò lo sguardo di suo padre e si appoggiò contro i cuscini. “Ha un grande cuore, papà. Per me è una specie di supereroe. Però il suo guardaroba è notevolmente migliore di quello di qualsiasi eroe dei fumetti che io abbia mai visto.” Si voltò verso Blaine, sorridendo leggermente. Aveva davvero il ragazzo più adorabile del mondo.
“Supereroe, eh, figliolo?” rise Burt. Non sapeva come dire a Kurt quello che voleva dirgli. Che era felice che avesse finalmente trovato una persona del genere. Più che essere a disagio perché Kurt era gay, c’era sempre stata una parte di Burt che temeva che suo figlio non avrebbe mai trovato qualcuno. Che avrebbe dovuto vivere una vita senza amore. Comunque Blaine nutriva dei sentimenti per Kurt già da prima che cominciassero a uscire insieme. Perché mai altrimenti avrebbe rintracciato Burt, oltrepassando spudoratamente i limiti, per dirgli che Kurt aveva bisogno della chiacchierata? Burt aveva la sensazione che Blaine all’epoca fosse già innamorato di suo figlio, solo che non lo sapeva ancora. Burt capiva anche questo. L’amore non era sempre a prima vista e lui sperava che il fatto che prima fossero stati amici significasse che sarebbero rimasti insieme più a lungo e avrebbero avuto una relazione più sana. Quella era una cosa che Burt aveva rimpianto dopo il matrimonio con la mamma di Kurt. L’aveva amata più di ogni altra cosa, ma non erano stati amici prima di cominciare a uscire insieme. Quel genere di amicizia che si confonde con una relazione avrebbe evitato loro molto dell’imbarazzo iniziale.
Fra Kurt e Blaine invece non sembrava esserci nessun tipo d’imbarazzo o d’incertezza. Questo era evidente. C’era forse un certo disagio da parte di Burt ogni volta che Blaine parcheggiava fuori da casa sua il sabato mattina e Kurt correva fuori, gettandogli le braccia al collo e strillando felice e i due si baciavano. Quando Blaine entrava in casa mano nella mano con suo figlio, Burt distoglieva velocemente lo sguardo e borbottava un rapido saluto. Il ragazzo era sempre estremamente cortese nei confronti della famiglia di Kurt e aveva sempre quel sorriso sciocco sul volto quando Kurt raccontava una barzelletta su “cose da gay” che Burt non avrebbe mai capito del tutto.
Anche le differenze fra i due ragazzi lo sorprendevano. Blaine amava il football del college, specialmente i Buckeyes, e alla Dalton aveva giocato a calcio per tre anni. Apparentemente la UCLA, la UC Santa Barbara e la Duke gli avevano offerto una borsa di studio, ma lui le aveva rifiutate per rimanere più vicino a casa. Burt aveva la sensazione che in quella decisione Kurt fosse stato un fattore più determinate di quanto Blaine avrebbe probabilmente mai ammesso. Kurt passava i suoi momenti di pausa leggendo Vogue Magazine e facendo shopping. Blaine leggeva un sacco di libri e correva. Kurt guardava film, Blaine giocava a basket. Kurt odiava il cibo spazzatura, mentre Blaine in più di un’occasione aveva fatto fuori insieme a Finn svariati sacchetti Cool Ranch Doritos mentre guardavano la televisione. In genere Kurt non era interessato ai programmi che giustificavano l’assunzione di Doritos, quindi emetteva un piccolo verso di protesta e si rannicchiava accanto a lui, aprendo il nuovo numero di Vogue che aveva già letto almeno tre volte e facendo commenti del tipo, “Guarda quant’è carino. E ha i capelli lisci.” Questo in genere portava a una di queste tre conseguenze: Blaine gli solleticava il fianco, lo colpiva in modo giocoso sulla testa, o affermava allegramente che il giorno successivo sarebbe andato dal parrucchiere per farsi lisciare i capelli. L’ultima soluzione zittiva sempre Kurt molto in fretta.
Non erano completamente diversi, però. Carole scherzava spesso sul fatto che, quando Blaine arrivava dal Kentucky la mattina presto, era sempre vestito in maniera simile a Kurt. I loro vestiti erano spesso intonati. O sul fatto che, man mano che passavano il tempo insieme, le loro risate cominciavano ad avere lo stesso suono. Entrambi avevano gli stessi gusti in fatto di macchine. Ovviamente entrambi amavano cantare ed esibirsi. Entrambi si osservavano con un lieve sorriso quando l’altro non guardava.
Per Burt era molto strano essere testimone di questi sguardi rubati fra Blaine e Kurt. Gli occhi di Kurt s’illuminavano di eccitazione, lo stesso tipo di eccitazione di quando da piccolo aveva visto per la prima volta Lo Schiaccianoci. Quando Blaine era nei paraggi, il suo comportamento cambiava completamente. Era più a suo agio con se stesso, era più felice. Burt sapeva che per molto tempo Kurt non aveva avuto amici, così come sapeva che ne aveva passate tante alla McKinley prima di trasferirsi alla Dalton. Dopo il trasferimento, Kurt aveva cominciato a camminare un po’ più a testa alta. Non che fosse esattamente cambiato, aveva semplicemente più fiducia in se stesso. Burt era dannatamente sicuro che Blaine fosse in gran parte responsabile anche di quello. Quando era con lui, Kurt era un po’ più rumoroso e molto più felice. I suoi sorrisi non sembravano mai forzati. Quando Blaine guardava Kurt, era evidente che lo amava. I suoi occhi indugiavano sui suoi capelli luminosi e sempre perfettamente acconciati, sul suo naso. Si avvertiva il suo bisogno di proteggerlo. Ogni volta che Kurt era turbato, lui si allungava verso di lui e gli prendeva semplicemente la mano. Un gesto così semplice, eppure significava davvero qualcosa per Kurt. Burt aveva visto Kurt inciampare nelle scarpe di Finn più di una volta (era un evento comune) e Blaine afferrarlo o tendere un braccio davanti a lui prima che potesse cadere e ridere perché era così goffo.
Diavolo, Burt non sapeva se essere turbato o felice per suo figlio. La vita sarebbe stata molto più difficile per Kurt semplicemente perché era gay. Voleva che conducesse una vita normale, ma a chi voleva darla a bere? Kurt, che da piccolo aveva chiesto un paio di tacchi vertiginosi per il suo compleanno, non era mai stato normale. Sarebbe stato compassionevole, di buon cuore, dolce, comprensivo, timido. Ma non sarebbe mai stato normale. Ed ecco qualcuno che accettava Kurt per il giovane uomo che era. Un giovane uomo gay, ma comunque un uomo in tutto e per tutto, proprio come lo era Burt. Forse anche di più, Perché Kurt si accettava e aveva il coraggio di essere se stesso. Se Burt fosse stato gay, non sarebbe stato altrettanto disinvolto e sicuro di sé. Blaine amava suo figlio e lo aveva reso dolorosamente ovvio quando la sua faccia si era accartocciata ed era crollato in quella stanza d’ospedale, si era seduto accanto al letto e aveva preso la mano di Kurt con così tanta attenzione. Quando si era messo al volante alle due del mattino, era arrivato all’ospedale alle quattro e da allora era rimasto con Kurt praticamente ogni minuto.
Burt era terrorizzato dal loro amore. Non gli piaceva pensare che l’anno seguente in quello stesso periodo Kurt avrebbe potuto vivere da solo con Blaine. Tuttavia, Kurt aveva diciotto anni. Era un giovane adulto, sebbene a volte si comportasse in maniera immatura. La maggior parte delle decisioni che prendeva erano buone e, nonostante fosse una regina del melodramma, non si comportava mai in maniera avventata. Burt era felice che avesse trovato qualcuno, ma non poteva fare a meno di pensare che Kurt se ne sarebbe andato di casa per frequentare il college e non sarebbe più tornato. Suo figlio aveva grandi sogni e lui sapeva che aveva le capacità di realizzarli tutti. Forse non ci sarebbe stato così male se Kurt se ne fosse andato da solo e avesse inciampato alcune volte prima di raggiungere la meta. Almeno Burt non si sarebbe sentito rimpiazzato.
Era stupido, vero? Quando Kurt aveva dodici anni e veniva importunato a scuola, non glielo aveva mai raccontato. Ma lui lo sapeva. Come avrebbe potuto non saperlo? Kurt piangeva nella sua stanza mentre guardava Tutti Insieme Appassionatamente. Si addormentava ascoltando tristi colonne sonore. Kurt non era alto e aveva quel modo di fare… Burt non voleva dire che sembrava gay perché Kurt aveva sempre definito quel commento oltre il pregiudizio ed immorale, papà, ma non c’era altro modo di metterla. Burt sapeva che Kurt avrebbe cominciato ad avere problemi a scuola quando gli altri ragazzi avessero cominciato a diventare alti e muscolosi e lui avesse continuato a guardare musical e a cantare a squarciagola con la radio. Come se non bastasse, Kurt in genere si esibiva cantando parti da donna. Aveva mantenuto la sua faccia dolce con grandi occhi azzurri. Le sue mani erano rimaste piccole e quasi femminili. Alla maggior parte dei ragazzi sarebbero bastati cinque minuti per scegliere un modello di jeans e comprarne cinque paia e cinque magliette per la scuola. Lui passava ore visitando ogni negozio per mettere insieme dei completi.
Burt sapeva che, quando era preso di mira dai suoi compagni, Kurt piangeva. Non aveva amici, nessuno con cui parlare. Sapeva anche che avrebbe dovuto confrontarsi con Kurt a proposito della sua sessualità, ma come fai una cosa del genere? E se si fosse sbagliato? Come fai ad andare da tuo figlio, che hai tenuto in braccio da bambino e immaginato sposato a una donna di lì a venticinque anni, e chiedergli se è attratto dagli uomini? Se sua madre fosse stata lì… avrebbe saputo come gestire la situazione. A lei Kurt lo avrebbe confessato. Burt invece non era bravo in questo genere di cose. Quindi cercava di non sentire i singhiozzi di Kurt a notte fonda e cercava di ignorare gli orribili sorrisi forzati che gli rivolgeva quando scendeva dall’autobus. Nei weekend gli permetteva di dargli una mano al garage, in modo che non si sentisse così solo. Poiché voleva renderlo felice, lo accompagnava agli spettacoli e ai musical, ma… ma non era mai completamente sufficiente e Kurt continuava a tornare a casa sconvolto e si chiudeva per ore nella sua stanza ad ascoltare quella vecchia canzone ancora e ancora. Burt si sentiva ferito e impotente. Si sentiva come se non potesse fare niente per aiutare il suo bambino e la cosa gli spezzava il cuore.
Burt non sapeva cosa fare, come aiutarlo. Sapeva che sua sorella era gay, ma non l’aveva trattata bene. Si era comportato con lei nello stesso modo in cui Finn si era comportato con Kurt quella notte in cui lui e Carole si erano quasi lasciati, chiamandola lesbica ogni volta che ne aveva l’occasione. Rivelando ai suoi genitori che aveva una ragazza. Facendo battute orribili con i suoi amici della squadra di football. Lasciando che le persone a scuola la intimorissero e la trattassero da schifo. In un certo senso approvando le loro azioni, perché quello che faceva lei era sbagliato. Come poteva quindi, dopo anni, rivolgersi a lei per un aiuto? Dirle che Kurt era… che Kurt era come lei. E che era così dispiaciuto di averla trattata in quel modo. Che a quel tempo non sapeva nulla, ma ora… ora lo capiva appieno. Capiva quanto era stato ottuso perché adesso guardava suo figlio e improvvisamente non gli importava più quello che stava facendo. Non stava facendo nulla di male e di certo non era sbagliato perché era il suo unico figlio, il suo bambino. E che suo figlio gli aveva fatto realizzare quanto era stato stupido e pieno di pregiudizi in quegli anni. No, non aveva il fegato di farlo, perché odiava ricordare che genere di persona era stato. Quei ragazzi stavano facendo a suo figlio né più né meno di quello che lui aveva fatto a sua sorella maggiore.
Quando Kurt aveva tre anni e aveva cominciato a comportarsi… beh, da bambina… Burt non l’aveva presa molto bene. Quando aveva compiuto cinque anni, lo aveva iscritto a lezione di football, baseball e calcio. Wrestling. Karate. Kurt piangeva sempre quando ce lo accompagnava, ma Burt continuava a ripetergli, “Questo. So che questo ti piacerà, Kurt.” Perché ci doveva pur essere un’attività da maschio che a Kurt piacesse. Il problema era che suo figlio non l’aveva ancora trovata, ma una volta scoperto lo sport giusto, tutto sarebbe andato a posto e Burt sarebbe stato in grado di dimostrare che suo figlio non era… così. Burt non aveva mai rivelato a Elizabeth dove portava Kurt e aveva detto al bambino che si trattava del loro segreto. Quando Elizabeth lo aveva scoperto, era andata su tutte le furie. Fra loro due, era sempre stata lei il genitore migliore. Cantava e ballava con Kurt, cucinava dolci con lui, lo portava a lezione di piano. Giocava con lui a travestirsi e gli permetteva anche di trotterellare in giro sui suoi tacchi. Questo aveva fatto infuriare Burt. “Stai cercando di far diventare gay nostro figlio!” l’aveva accusata.
"Kurt si diverte a ballare e cantare, Burt. Gli piace travestirsi.”
“Dovrebbe travestirsi usando le scarpe di suo padre, non quelle di sua madre.”
“Sono spiacente di informarti,” aveva sussurrato in tono aspro, “che tuo figlio non vuole indossare le tue scarpe e ora come ora non me la sento di biasimarlo. Lo hai portato per mesi a fare cose che odiava, Burt! Sapevi che era sbagliato e questo è il motivo per cui non me l’hai detto! Se ti comporti così adesso, cosa succederà quando avrà tredici anni e vorrà dichiararsi? Avrà troppa paura che tu non lo accetti… avrà ragione?”
“Kurt non è gay! Ha solo cinque anni!” Gli era difficile controllare il tono. Non l’aveva mai detto ad alta voce, lo aveva solo pensato mentre era.
“Non porterai di nuovo Kurt a quelle lezioni di karate, Burt. Devi cominciare ad accettarlo adesso o non sarai mai in grado di farlo fra dieci anni, quando ne avrà maggiormente bisogno.”
Come aveva fatto Elizabeth a essere così intelligente? A riuscire a fermare le lacrime di Kurt semplicemente cullandolo e cantando quella canzone triste che a Kurt piaceva ascoltare a ripetizione? A sapere sempre qual era la cosa giusta da dire, mentre Burt non sapeva da che parte cominciare? Doveva essere quello il motivo per cui sua sorella adorava Elizabeth. Si parlavano spesso al telefono, almeno una volta la settimana, se non di più. Kurt la seguiva mentre faceva le pulizie e parlava al telefono, aggrappandosi alla sua gamba e aggiungendo i suoi estemporanei commenti perspicaci ogni volta che poteva.
Ma la vera domanda era un’altra: come aveva fatto Kurt a trovare qualcuno in grado di lenire il suo dolore proprio come faceva sua madre? In Blaine aveva trovato qualcuno con cui ballare e cantare. Con cui cucinare dolci. Qualcuno con cui piangere quando si sentiva sconvolto, qualcuno che sapeva esattamente cosa dire per tirarlo su di morale. Blaine sapeva suonare il piano e di tanto in tanto suonava alcune note di una canzone familiare, facendo spuntare un grosso sorriso sul volto di Kurt. Talvolta Kurt cominciava a cantare, altre si sedeva semplicemente accanto a lui sulla panca, gli poggiava la testa sulla spalla e osservava le sue mani mentre suonava. Quando Kurt tornava a casa da scuola sconvolto e si rinchiudeva nella sua camera, potevi aspettarti di sentirlo singhiozzare o grugnire di frustrazione un minuto dopo e di sentire un chiacchiericcio allegro o addirittura una risata provenire da dietro la porta nel giro di soli cinque minuti. Questo significava sempre che era al telefono con Blaine. Come diavolo faceva Blaine? Burt aveva lottato per anni nel tentativo di riuscirci e Blaine era semplicemente entrato a passo di danza nel quadro ed era stato capace di… farlo. Come poteva qualcuno che conosceva Kurt da poco più di un anno capirlo meglio di Burt, quando Burt aveva vissuto con lui per tutta la vita? Lo faceva sentire insignificante. Lo faceva sentire un genitore orribile.
Carole gli aveva detto che di stava comportando da sciocco e lui sapeva che aveva ragione. Blaine non avrebbe mai potuto prendere il suo posto nella vita di Kurt. E Burt non era un cattivo padre. Era un ottimo padre. Lui e Kurt avevano un bel rapporto. Blaine aveva perfino fatto un commento al riguardo quel giorno al garage. Si stava comportando da sciocco, perché niente avrebbe mai potuto portargli via suo figlio.
“Quindi… tu, uh… ti tratta bene, vero?”
Kurt lo stava fissando, la testa inclinata di lato. Raddrizzò il capo, poi annuì. “Molto bene, papà. E’ un perfetto gentiluomo. Sempre.”
“L’altro giorno mi hai detto di amarlo, Kurt. So che stavi parlando sul serio… e sto soltanto… credo di stare cercando di venire a patti con tutto questo. E’ un po’ strano per me, figliolo. Ti immagino ancora all’età di quattro anni, quando sfilavi con indosso le scarpe di tua madre.”
“Oddio.” Kurt si coprì il volto con le mani dopo aver controllato Blaine con una rapida occhiata. Il ragazzo ovviamente stava ancora dormendo, anche se si era mosso leggermente. “Per favore, papà. E’ imbarazzante.”
"Sei un adulto adesso, Kurt. E stai passando un momento terribile e le cose peggioreranno ancora prima di migliorare.” Disse lentamente Burt.
“Voglio solo dormire.” Suo figlio stava cercando di sprofondare nel letto. “Sono stanco.”
"Ti restano solo alcuni giorni da trascorrere in ospedale. Quando tornerai a casa, le cose saranno molto diverse e voglio solo… voglio solo essere sicuro che tu sappia che sarà più difficile.” Si sporse verso di lui, ravviandogli i capelli. “Gli antidolorifici che ti somministreranno saranno meno potenti. Sentirai dolore e comincerai a ricordare…”
“Papà…”
“Kurt, devi capire che non è qualcosa che potrai tenerti dentro, perché se lo farai… finirà per divorarti. Sarà molto difficile. Ma hai me, Carole e Finn…” Fece una breve pausa. “E Blaine. Ci sono almeno quattro persone con cui puoi parlare. Per favore, approfittane, perché se non lo farai sarà ancora più dura per te… molto più dura.”
Kurt deglutì. Ricordava cosa era successo. Aveva semplicemente detto alla gente di no perché non voleva parlarne. Si sentiva in colpa per aver mentito, ma ripensare a quello che era successo lo faceva sentire piccolo e inferiore. Gli faceva gelare il sangue nelle vene. Non pensava di poterne parlare.
"Voglio che tu sporga denuncia, Kurt. Quando recupererai la memoria, voglio che tu parli con qualcuno. Puoi venire da me se vuoi, o puoi rivolgerti a Blaine. Ma voglio che tu ne parli con qualcuno. Poi questo qualcuno ti accompagnerà alla centrale di polizia in modo che tu possa stilare un rapporto. Voglio che chiunque ti ha fatto questo paghi.”
Kurt deglutì di nuovo, guardando fuori dalla finestra. Lontano da suo padre e lontano da Blaine.
“Sei quasi morto, figliolo. Questo non va bene.” Disse Burt con voce ferma ma gentile. “Devi fare in modo che la persona che ti ha ridotto così venga punita.”
La faccia di Kurt si contorse, le sue labbra cominciarono a tremare.
“Non mi importa chi sei o quale scelta hai fatto o non hai fatto. Nessuno ha il diritto di farti una cosa del genere. Mi hai sentito?”
Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato, desiderando che suo padre la smettesse di parlare. Non voleva pensarci ora. Ecco perché non aveva tirato fuori l’argomento. Allungò la mano verso il piccolo bottone che gli permetteva di rilasciare una dose della sua medicina per il dolore.
“No.” Burt glielo tolse. “Questa medicina è per questo e questo.” Disse indicando il braccio e il torace di Kurt. “Non per questa.” Proseguì, indicando la sua testa.
"Ma mi fa male la testa.” La voce gli uscì fuori come un fioco squittio.
“Che cosa ti spaventa a tal punto, Kurt? Sei sempre stato così fiero di chi eri. Hai sempre lottato per quello che era giusto.”
 
"Prima della settimana scorsa però non avevo rischiato di morire per colpa di quello che sono, o no?” Kurt alzò la voce e Blaine aprì immediatamente gli occhi, raddrizzandosi e sfregandosi il viso. “No. Non era successo. Prima potevo camminare verso la mia macchina senza essere aggredito. Se la polizia li trovasse, potrebbero tornare indietro e cercare di finire quello che hanno cominciato.”
“Potrebbero farlo anche se tu non aiutassi la polizia a trovarli! Non è il momento di comportarsi come un bambino, perché si tratta della tua vita. Non hai avuto problemi a farti aiutare e a trasferirti alla Dalton quando le cose alla McKinley hanno preso una brutta piega. Perché adesso non puoi andare alla polizia?”
"Perché non farebbe nessuna differenza, papà!” Kurt aveva alzato ulteriormente la voce. Blaine era incollato alla sedia e lo fissava. Non sapeva cosa dire e di sicuro non voleva essere coinvolto nella discussione. Non ancora, per lo meno. “Non farebbe nessuna differenza perché sono gay, papà! A nessuno importa di quello che fanno i delinquenti a un frocio!”
“Non usare questo linguaggio! Non osare, Kurt!” Anche Burt alzò la voce. “Ci sono persone a cui importa. A me importa, e anche a Carole. Importa a questi dottori e ai tuoi professori. Importa ai tuoi amici! Importa a Blaine!” puntò il dito contro Blaine, che si mosse a disagio sulla sedia mentre gli occhi di Kurt si posavano su di lui.
"Non conta.”
“Mi stai dicendo che questo ragazzo ha lasciato la scuola per prendersi cura di te, ha guidato per tre ore nel cuore della notte, ha a malapena dormito, ha a malapena mangiato, e i suoi sentimenti non contano?” Disse Burt lentamente.
“Non era quello che intendevo, papà! Stai travisando le mie parole e non capisci!” Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo strozzato e afferrò le lenzuola. “Non sai cosa significa essere v-vittima di cose del genere s-senza che qualcuno se ne accorga.”
“Era quello che intendevi, Kurt, perché è quello che hai detto. Se pensi che la sua opinione non conti, allora guardalo in faccia e digli di tornare a scuola perché sai bene quanto me che quello è il posto a cui appartiene. Non hai il diritto di chiedergli di trasferirsi, soprattutto se hai intenzione di comportarti come se quello che pensa non abbia valore.”
Kurt stava singhiozzando ancora più forte. “Stai d-d-distorcendo le mie parole! Smettila!”
Blaine saltò su e accorse al suo fianco, sedendosi sul bordo del letto e circondando Kurt con le braccia. “Shh, shh. Va tutto bene. Vieni qua, tesoro.”
Kurt strisciò più vicino, seppellendo il viso nel collo di Blaine. Continuò a piangere disperatamente per alcuni lunghi minuti. Burt fissava rabbiosamente fuori dalla finestra, senza sapere come gestire la situazione. Perché Kurt si stava comportando così? Lui stava solo cercando di aiutarlo. Blaine tenne lo sguardo fisso di fronte a sé, continuando a sussurrare parole dolci all’orecchio di Kurt e a baciarlo sul volto.
“Non era quello che i-i-intendevo! Non era quello che i-intendevo.” Singhiozzava disperatamente Kurt.
“Va tutto bene, va tutto bene. So che non era quello che intendevi, Kurt. Lo so.” Blaine lo cullò lentamente, con gentilezza. “Lo so, tesoro. So esattamente quello che intendevi.”
A queste parole, Burt alzò lo sguardo.
“Lo sai?” Kurt tirò su con il naso, guardandolo.
"Certo che lo so, sciocchino.” Blaine sorrise a Kurt. Quest’ultimo stava giusto lanciando a suo padre uno sguardo da ‘Visto, te l’avevo detto’, quando Blaine proseguì. “Questo comunque non significa che io sia d’accordo con te.”
Burt grugnì.
"Quello che Kurt stava cercando di dire è che anche se alla sua famiglia e ai suoi amici importa, per le altre persone non è così.” Spiegò Blaine a bassa voce. “Ma non è vero, Kurt. A me è importato prima ancora che diventassi tuo amico. E ci sono parecchie persone che nemmeno ti conoscono cui importerebbe. Perché pensi che ci siano così tanti attivisti per i diritti dei gay là fuori? Perché cose come questa succedono di continuo e a loro importa e vogliono che tutto questo finisca.”
Kurt tirò su col naso, tenendo lo sguardo basso.
"Le persone non possono fermare tutto questo se tu non le aiuti, Kurt. E tuo padre ha ragione. Hai detto che se raccontassi tutto alla polizia potrebbero tornare indietro per finire quello che hanno iniziato… ma non hai la certezza che non lo farebbero in ogni caso. La cosa più importante è la tua sicurezza.”
"P-pensi che dovrei s-sporgere denuncia?” Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo.
"Penso che è quello che farei se fossi in te… ma ti supporterò qualunque sia la tua decisione.” Rispose Blaine con cautela e calma. Kurt ricominciò a piangere sulla sua spalla e lui fece scorrere le dita fra i suoi capelli in disordine. “So che hai paura. Ho paura anch’io. Ma non sei solo, e andrà tutto bene. Finché sono qui, non permetterò che ti succeda nulla. Okay? Nessuno alzerà mai più un dito su di te. "
"Non so chi fossero.” Ansimò Kurt fra i singhiozzi. “Non li c-conoscevo. M-mi sono s-s-semplicemente saltati addosso mentre r-raggiungevo la m-mia macchina!”
"Li hai visti?” gli chiese Blaine in tono sommesso. “Li avevi già incontrati da qualche parte?”
Lui scosse la testa, il viso rosso e gonfio. “N-non c-credo- E-erano d-d-davvero alti e f-forti. I-i-il primo ha a-afferrato la m-mia b-borsa e mi ha ti-tirato indiet-indietro mentre stavo p-prendendo le mie chiavi.”
“Quanti erano, Kurt?” domandò Burt. “Hai detto il primo.”
“T-tre, credo. P-perché… perché…” I suoi respiri si erano trasformati in brevi rantoli e le sue mani tremavano. Chiuse gli occhi. “Perché il p-primo ragazzo ha a-afferrato la mia borsa e l’ha t-tirata a un tipo più grande. E-e un altro ha preso il mio cellulare-.”
"Eri al telefono?"
"No, avevo appena attaccato. L’ha p-preso e gli ho urlato di fermarsi, perciò l’ha gettato a terra e l’ha calpestato. P-poi il r-ragazzo con la mia borsa l’ha lanciata via e il m-mio portatile si è rotto e gli altri due r-ridevano e dicevano qualcosa.”
"Cosa stavano dicendo?"
"Non lo so” U-uno continuava a dire ‘Diamogli una lezione!’ e l’altro ragazzo continuava… continuava a parlare, non lo so!” La sua voce era veramente acuta ed isterica.
Blaine gli massaggiò con gentilezza la spalla. “Calmati. Shh. Va bene. Prenditi il tuo tempo, Kurt. Respira. Vuoi fare una piccola pausa?”
Kurt scosse velocemente la testa. “Continuava a dire ‘Diamogli una lezione! E’ un f-f-frocio, diamogli una lezione!’ E ho cercato di s-scappare, ma quello g-grosso mi ha spinto c-contro un muro e-e m-mi ha c-chiamato Principessina e m-mi ha colpito q-qui.” Toccò l’area sopra il suo sopracciglio destro con una mano tremante. “E-e continuavo a dire ‘Lasciatemi, lasciatemi!’ ma… non mi ascoltavano nemmeno. M-mi ha colpito duramente alla m-mascella e ho sbattuto la t-testa contro il m-muro molto, molto forte.”
Blaine spostò la mano dietro la testa di Kurt e gentilmente gli accarezzò i capelli arruffati e sporchi per rassicurarlo.
"E ho cercato di p-prenderlo a calci e devo esserci riuscito perché poi lui… lui…”
“Lui cosa, Kurt?” lo incoraggiò suo padre.
Kurt chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. “Mi ha dato un p-pugno d-davvero forte nello stomaco. Ho s-sentito in bocca il sapore del vomito. M-mi ha colpito nello stesso punto ancora e ancora e ho a-aperto la bocca e gl-gli ho vomitato addosso e mi ha sb-sbattuto di nuovo contro il muro e ha c-cominciato a colpirmi d-duramente al p-petto. Mi faceva così male.” Gemette e quel suono strinse il cuore di Blaine in una morsa. “Gli altri d-due continuavano ad i-incoraggiarlo ed e-era disgustoso. Continuava a darmi pugni in f-faccia e sullo s-stomaco e-e poi se n’è andato.”
“Se n’è andato?”
“Pensavo che avesse finito.” La voce di Kurt tremò e lui fece un respiro profondo e si appoggiò a Blaine. “M-ma poi mi ha spostato e mi ha s-scagliato contro un p-palo di l-legno della linea e-elettrica e-e m-mi ci ha s-sbattuto m-molto forte la testa contro.” Fece un altro respiro profondo. “P-po-poi mi ha t-tirato una ginocchiata alla bocca dello stomaco e h-ho sentito il rumore di q-qualcosa che si rompeva. E poi è t-tornato a concentrarsi sulla mia faccia e ha semplicemente continuato a colpirmi, ancora e ancora, e-e-e…” deglutì, sfregandosi furiosamente gli occhi. “Continuava a dire, “Ora n-n-non sei più così carino, eh, f-frocio?’ e n-non potevo più dire niente perché a-avevo urlato per t-tutto il tempo e m-mi faceva male la gola e m-mi sanguinavano il labbro e il n-naso ed era orribile. E-e poi mi ha colpito di nuovo e-e mi sono sentito come… come se fossi morto. Faceva c-così male e poi mi sono svegliato… ed ero qui.”
La stanza era silenziosa, eccetto che per i singhiozzi di Kurt sulla spalla di Blaine, che aveva i denti stretti, gli occhi pieni di lacrime, ma non allentò la presa sul suo ragazzo. Burt camminava avanti e indietro, facendo respiri profondi. Continuava a contrarre i pugni, gli occhi ridotti a fessure. Non sapeva cosa fare, cosa pensare. Era furioso perché una cosa del genere era accaduta a suo figlio. Suo figlio.
"H-ho cercato con tutte le mie forze di scappare, p-papà. Ci ho p-provato davvero, ma era troppo grande.” Kurt aveva parlato con una voce così sommessa da sembrare piccolo, come un bambino di sette anni che ha paura di finire nei guai per aver rotto un bicchiere.
Burt si precipitò verso di lui e in un attimo lo strappò dalle braccia di Blaine e lo strinse fra le sue. Kurt cominciò a singhiozzare perfino più forte contro il suo petto, mormorando parole che nessuno era in grado di capire. Burt lo cullò avanti e indietro accarezzandogli la schiena. “Chiunque ti abbia fatto questo pagherà, Kurt.” Gli promise. “Troverò quegli uomini e mi assicurerò che paghino per quello che ti hanno fatto.”
"Ci ho provato davvero.” Singhiozzò Kurt. “Mi dispiace, mi dispiace tantissimo. Ho davvero cercato di scappare.”
"Lo so, figliolo. So che ci hai provato.” Lo baciò sulla sommità della testa. “Sono così fiero di te, Kurt.”
Burt non lo lasciò per quasi mezz’ora, finché non arrivo l’infermiera per controllare i parametri vitali e le medicazioni. Cambiò la sacca per l’infusione endovenosa, inconsapevole dell’orribile discussione appena avvenuta nella stanza. Mentre gli chiedeva come si sentiva continuò a canticchiare allegramente, senza notare o scegliendo di non commentare i suoi occhi gonfi e le sue guance rigate di lacrime. Se ne andò dopo aver annunciato a Burt che la cena sarebbe arrivata di lì a poco.
Blaine sedeva sulla sponda del letto e Burt stava in piedi dall’altro lato, la mano sulla spalla di Kurt. Il rinnovato silenzio ebbe comunque vita breve, perché il cellulare di Burt cominciò a squillare. Sospirò. “Ciao… cos’è successo di preciso? … Beh, è davvero un brutto momento, Jeff. Non so cosa dirti…”
“Va bene, papà.” Sussurrò Kurt.
“No. Non me ne vado Kurt.” Gli rispose Burt. “Possono trovare il modo di risolvere il problema da soli.”
"Mi sento meglio. Davvero. Potrai tornare qui una volta risolta la crisi e gironzoleremo e canteremo o quello che è, se ti va. Ma adesso vai.”
“Sei sicuro?” Burt lo guardò in faccia, abbassando il telefono.
“Sì.” Confermò Kurt, scrollando le spalle. Si sentiva davvero meglio e non gli sarebbe dispiaciuto se suo padre si fosse allontanato: tutto quello che voleva era un po’ di tempo da solo con Blaine per farsi coccolare. C’erano delle cose che semplicemente non potevi fare di fronte a tuo padre, e le coccole con il tuo ragazzo erano una di quelle. “C’è Blaine con me. Inoltre, sta per cominciare una maratona di Project Runway e sappiamo entrambi quanti odi quel programma. Starò bene.”
Sentendo queste parole, Burt si sentì quasi grato per l’emergenza all’officina. Guardare Teen Mom la notte prima era stata una tortura sufficiente. Non gli sarebbe dispiaciuto perdersi qualche ora di Project Runway. "Tornerò. Presto. Okay, figliolo? Molto presto.”
Kurt annuì, tirando su col naso. “Okay, papà.”
“Ti serve qualcosa? Cibo, riviste, qualcosa da bere? Vuoi che ti compri un nuovo portatile e un cellulare?”
“Sebbene in qualsiasi altro momento sfrutterei il fatto che ti senti così dispiaciuto per farmi comprare una macchina nuova e chiederti qualunque cosa sulla faccia della terra… al momento non c’è davvero nulla che voglia a parte guardare la televisione. Però grazie.”
"A te serve qualcosa, Blaine? Cibo, libri?” domandò Burt.
“Grazie, ma sono a posto.” Rispose Blaine in tono sommesso. “Se dovesse aver bisogno di qualcosa, ti telefonerò.”
Burt annuì e arruffò i capelli di Kurt. “Tornerò il prima possibile, figliolo. Te lo prometto.”
“Su, vai.” Kurt gli fece un cenno di saluto con la mano. “E dì a Jeff che deve smetterla di indossare le polo con quella maglietta verde come so che sta facendo e assicurati di informarlo del fatto che gli stanno davvero malissimo!”
Burt sbuffò e se ne andò scuotendo la testa. Chiuse piano la porta dietro di sé.
Kurt alzò lo sguardo su Blaine e tirò un po’ su col naso.
“Fatti più in là, tu.” Disse Blaine, felice che Kurt potesse muoversi un po’ di più adesso, perché così non era costretto a starsene per metà fuori dal letto. Kurt si spostò con cautela e abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Blaine si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia. “Ha mentito.”
“Cosa?” Kurt lo guardò, gli occhi azzurri ancora lucidi per le lacrime.
“Quel ragazzo ha mentito. Sei ancora bellissimo.”
Kurt si appoggiò a lui, sorridendo leggermente. “Ti amo, Blaine.”
Blaine lo baciò di nuovo sulla guancia e lo attirò perfino più vicino. Il corpo di Kurt combaciava perfettamente con il suo e i due si strinsero insieme in maniera confortevole. Blaine gli accarezzò delicatamente il fianco mentre si raggomitolavano l’uno contro l’altro. “Ti amo anch’io, Kurt.”
 

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


Mi scuso per la lunga attesa, ma vuoi il Natale, vuoi la lunghezza del capitolo, non sono davvero riuscita a farlo uscire prima. D'ora in poi tutto dovrebbe comunque tornare alla normalità :) Buona lettura!


1. Trasferire il conto bancario
2. Ritirarsi dalla UK
3. Rescindere il contratto d’affitto
4. Impacchettare tutto e traslocare
5. Fare domanda d’ammissione per la OU- online o per i corsi serali? Chiedere a Carole cosa ne pensa?
 6. Comprare a Kurt un bel regalo per tirarlo su di morale
 
Questa era la lista di cose che Blaine doveva fare nei tre giorni successivi. Per quanto le prime cinque apparissero difficili, Blaine era sicuro che l’ultima voce della lista scritta su un tovagliolino della caffetteria sarebbe stata la più complicata.
Kurt aveva avuto una notte agitata. Si era svegliato diverse volte gemendo e scalciando. L’infermiera gli aveva dato qualcosa per aiutarlo a dormire, ma apparentemente aveva interagito male con uno degli altri farmaci, perché dopo averlo assunto Kurt era finito a vomitare per due ore e mezzo dentro secchio. Alla fine, verso le tre del mattino, il poverino era finalmente riuscito ad addormentarsi, ma aveva tossito per la maggior parte della notte. Il risultato era stato che si era svegliato alle 11:30 con 100.7 di febbre, si era riaddormentato immediatamente e non si era più risvegliato a partire di quel momento. Adesso erano le tre del pomeriggio e cominciava a mostrare i primi segni del risveglio. Emetteva suoni sommessi, aveva cercato di girarsi un paio di volte (il che si era tradotto in un gemito perché aveva applicato pressione sulla ferita) e la sua mano stava cercando a tastoni nel tentativo di afferrare qualcosa.
Blaine si sporse verso di lui e la prese. Le dita di Kurt s’intrecciarono con le sue e il ragazzo sembrò rilassarsi visibilmente. "Mmmmmhey." Sbadigliò, con gli occhi ancora chiusi.
“Ciao.” Blaine si chinò e lo baciò sulla fronte. “Ti senti meglio?”
Kurt gli strinse la mano e annuì. “Credo di sì, sono solo s-stanco.” Sbadigliò di nuovo, girandosi sul fianco in modo da fronteggiare Blaine, perché altrimenti le sue ferite glielo avrebbero impedito. Sbadigliò ancora in maniera davvero adorabile. Alla fine aprì gli occhi e ammiccò. “Ciao.”
Blaine rise e lo baciò di nuovo sulla fronte. “Ti ho già detto che ultimamente sei assolutamente adorabile?” Quando Kurt scosse la testa, rise ancora di più. “Beh, lo sei. Sono quasi sicuro che nessuno al risveglio sembri così adorabile.”
“Specialmente dopo aver passato tutta la notte a vomitare.” Cinguettò Kurt.
Blaine premette le labbra contro le sue. “Ti amo.”
Kurt sorrise e rispose al bacio. “Ti amo anch’io.” Premette la fronte contro quella di Blaine e si limitò a guardare il suo ragazzo, senza dire nient’altro. Ogni tanto Blaine gli dava un bacio veloce, ma i loro occhi non si staccarono mai da quelli dell’altro. Alla fine, Kurt parlò di nuovo. “Ho paura, Blaine.”
Blaine sollevò una mano per accarezzargli la guancia morbida. “Non hai nessun motivo di esserlo. Ci saranno tuo padre e Carole qui con te.”
"Ma tu no.” Kurt abbassò lo sguardo. “Ultimamente passo la metà del tempo a sentirmi come un anatroccolo che non fa altro che zampettarti intorno e deprimersi non appena lasci la stanza. Sono un bambino?”
“No.” Il ragazzo più grande scosse lentamente la testa. “E di certo non sei nemmeno un anatroccolo, Kurt… sei solo spaventato e va bene così.”
“Fa schifo sapere che domani non sarai qui. E che Dio mi aiuti, se Finn mi sfascia la macchina lo uccido.” Scherzò Kurt nel tentativo di alleviare la tensione, perché non voleva far preoccupare Blaine.
“Seriamente, Kurt, domani andrà tutto bene. L’agente di polizia vorrà solo che tu gli ripeta esattamente quello che hai detto a tuo padre e a me. Tutto qua. Ci vorranno meno di venti minuti, e poi pensaci. Avrai tutto il giorno per guardare quegli stupidi programmi che adori e di cui io mi lamento sempre.” Stavolta era il turno di Blaine per cercare di alleggerire un po’ l’atmosfera, ma non funzionò granché bene.
"Preferirei averti qua e guardare una stupida partita di football.” Brontolò Kurt, poi si tirò a sedere e si appoggiò contro i cuscini. “E se non mi credessero?”
“Non hanno ragione di non crederti, tesoro.” Blaine gli baciò la mano.
“Non sono nemmeno stato stuprato. Non penso che gli interesserà…” Fissò lo sguardo sulle proprie ginocchia. “Non è successo niente di eccezionale, giusto?” Nella sua voce c’era una traccia di sarcasmo, ma lo stomaco di Blaine si rivoltò per il modo in cui tenne gli occhi abbassati mentre pronunciava quelle parole.
Blaine rimase completamente shockato da quell’affermazione. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di sentire da Kurt. Niente di eccezionale? Aveva un polmone perforato. Anche se la maggior parte dei lividi e dei tagli stavano cominciando a scomparire, alcuni erano ancora visibili. Per non parlare dei disordini emotivi che sapeva non avrebbero fatto altro che peggiorare. Kurt sarebbe presto passato dal turbamento alla rabbia, poi sarebbe tornato allo stato attuale. Sarebbe stato un processo lungo. “E’ eccezionale eccome, Kurt. Hai dovuto subire un’operazione. Saresti potuto morire.”
Kurt fece una strana espressione e scrollò le spalle. “Ma non sono morto.”
“Non importa che tu non sia morto! Avresti potuto e sono sicuro che anche loro la vedranno così. Tutto quello che devi fare domani è raccontargli cos’è successo.” Blaine non sapeva come dire a Kurt che la faccenda era molto più seria di come stava cercando di dipingerla lui e che non doveva fingere di stare bene. Gli strinse la mano, sperando di rassicurarlo, ma Kurt si sottrasse alla sua stretta con uno scossone e si torse timidamente le mani.
“E se non riuscissero a prenderli?” sussurrò.
"Li perseguiranno. Verranno accusati di aggressione e resteranno in carcere per molto, molto tempo. Sarai al sicuro.” La mano di Blaine si spostò sulla sua testa e le sue dita scorsero fra i suoi capelli.
“Ma dovrò… vederli?”
Kurt sembrava di nuovo un bambino spaventato e la cosa gli stava spezzando il cuore. Non gli piaceva questo Kurt. Gli piaceva il bello, divertente, sarcastico e impertinente Kurt che era sempre in grado di ribattere alla perfezione a qualunque cosa gli si dicesse. “Non lo so, tesoro… penso che dipenda dal fatto che si dichiareranno colpevoli. Non credo che ci sarà un processo… ma non posso esserne completamente sicuro.”
Kurt rimase in silenzio per alcuni secondi, poi si rilassò visibilmente. “Guardi troppo Law and Order, Blaine." Lo stuzzicò.
"In realtà non l’ho mai visto.” Rise Blaine. “E’ solo che ho preso in considerazione la scuola di legge e ho letto un po’ di cose. Mi piacevano davvero le lezioni di Educazione Civica alla Dalton. Inoltre, prima di diventare sindaco mia nonna faceva il giudice. Quando ero più piccolo mi raccontava tutto al riguardo.” Continuò, ad accarezzare i capelli di Kurt, guardandolo con attenzione. Quando lui alzò gli occhi per guardarlo, sorrise. “Va meglio?”
“Sì. Vieni a sederti vicino a me.” Annuì con impazienza e si spostò verso la sponda opposta del letto. Blaine si accomodò accanto a lui ed entrambi si sistemarono comodamente. Erano pigiati insieme abbastanza strettamente, ma lo sarebbero stati anche se si fossero trovati sul letto in camera di Kurt. E sul letto di Blaine sarebbero stati perfino più vicini, ma quella era tutta un’altra storia. “Non parli molto di lei.”
“Di mia nonna?” Blaine posò la testa sulla spalla di Kurt.
"Sì.” Kurt prese la mano di Blaine, giocando con le sue dita. “E’ gentile? In TV sembra sempre gentile.”
Blaine strinse le labbra con aria pensierosa. Non gli piaceva molto parlare della sua famiglia, quindi non sapeva esattamente come rispondere. Aveva sempre fatto in modo che il padre di Blaine facesse la cosa giusta quando lui era coinvolto. Però aveva anche pagato per mandarlo alla Dalton Academy, guarda caso proprio in concomitanza del periodo delle elezioni. Avere al suo fianco un nipote gay le sarebbe sicuramente costato alcuni voti. Nel profondo Blaine aveva sempre pensato che era stata quella la ragione a spingerla a tirare fuori i soldi per fargli frequentare la scuola, e non gli episodi di bullismo. “E’ gentile…”
"Non suona molto convincente.” Sussurrò Kurt, spalancando le braccia. “Andiamo. Non mi farai male.”
“Potrei.” Protestò Blaine.
“No. Ti lascerai abbracciare e mi racconterai tutto della tua perfida nonna. Fallo, o ti farò una scenata.”
Blaine scivolò in una posizione semi distesa e appoggiò con estrema attenzione la testa sul petto di Kurt, assicurandosi di non avvicinarsi alle sue ferite. Le dita di Kurt gli accarezzarono i capelli. “Non è cattiva. Non c’è molto da dire, davvero.” Scrollò le spalle.
“Non ti credo.” Cantilenò Kurt.
Blaine rise silenziosamente e scollò di nuovo le spalle. “Non lo so… non è mai stata apertamente cattiva nei miei confronti. E’ complicato…”
"Posso sopportare il complicato.” Lo incalzò Kurt. “Mi aiuterà a non pensare a domani.”
“Davvero, non voglio scocciarti con tutto questo adesso, Kurt.” Blaine strofinò il viso contro di lui. “Parliamo di qualcos’altro. Che cosa vuoi studiare al college? Teatro?”
“Forse. Mi piacerebbe anche studiare fashion design o merchandising.” Allungò le mani per prendere di nuovo quelle di Blaine. “Ho dato un’occhiata agli istituti in Kentucky… alla Eastern Kentucky University ci sono entrambe le facoltà.”
"Hai preso in considerazione le scuole in Kentucky?” Blaine sollevò la testa per guardare Kurt, il cuore che gli batteva un po’ più forte nel petto.
"Sembra che il Kentucky ti piaccia… voglio restare vicino a te. Ma la UK non ha un corso di Fashion merchandising… e la EKU dista solo mezz’ora di macchina dalla UK…” si morse il labbro e guardò in basso verso Blaine. “Forse potremmo vivere insieme?”
Blaine si sollevò a sedere e lo abbracciò: “Pensavo che volessi frequentare l’università in California o a New York?”
“Quello era prima di incontrarti.”
Blaine lo baciò diverse volte sulla testa, i battiti del cuore nuovamente accelerati. Amava così tanto Kurt Hummel che… come poteva spiegarlo? Era una sensazione travolgente, ma travolgente nel modo più straordinario. Quel ragazzo lo faceva assolutamente sciogliere. Non aveva idea di quanto fosse fantastico in realtà. Non aveva idea dell’effetto che aveva su Blaine. “Oh, Kurt… non rinunciare ai tuoi sogni solo per stare vicino a me. Possiamo far funzionare una relazione a distanza. Ce la siamo cavata davvero bene in questi tre mesi, no?”
“Voglio davvero stare con te, Blaine. M-mi sei mancato così tanto e non penso davvero di riuscire a stare senza di te.”
Blaine spostò entrambi in modo che fossero di nuovo sdraiati, accarezzando i capelli di Kurt. “Forse possiamo fare una sorta di compromesso? Mi piace davvero la UK, ma per stare con te sono disposto ad andare da qualche altra parte… ma sarò sincero. Non penso mi piacerebbe molto vivere in California o a New York. Ho visitato New York ed è una meta fantastica per un viaggio, ma… penso che viverci sarebbe tutta un’altra storia.”
"Vuoi ancora frequentare la scuola di legge? So che ti stai laureando in Inglese, ma non mi hai mai davvero parlato di quello che vorresti fare dopo. Ti limiti a scherzare sul fatto che non c’è nulla che tu possa fare con quella laurea.”
"La scuola di legge è davvero dura.” Toccò il naso di Kurt, sorridendo leggermente. “Sarebbe bello, ma non so nemmeno se riuscirei a entrare.”
“Se è quello che vuoi, dovresti provarci.” Nonostante stesse cominciando a sembrare leggermente pallido e assonnato, Kurt gli offrì un grosso sorriso. “Sono certo che saresti un avvocato eccezionale. Sei eccezionale in tutto quello che fai.”
“Grazie.” Blaine lo baciò. “Vieni qui, schiaccia un pisolino. Quando ti sveglierai tuo padre sarà qui con la tua cena e poi guarderemo Chicago. So quanto ti piacciono Mr. Cellophane e He Had It Coming."
Il ragazzo annuì e seppellì il viso nel petto di Blaine. “Non andare da nessuna parte.”
“Non me lo sognerei nemmeno, Kurt. Riposati un po’” Blaine lo baciò sulla testa e si sistemò comodamente mentre Kurt si addormentava.
 
 
"Grazie per aver accettato di darmi una mano, Finn.”
“Non dirlo nemmeno.” Finn rimase in piedi dietro Blaine mentre lui lottava per infilare la chiave del suo appartamento nella serratura. Erano le nove del mattino e pioveva a dirotto. “Abbiamo scelto una giornata d’inferno per il trasloco.”
"Benvenuto nella mia vita.” Grugnì Blaine mentre riusciva finalmente ad aprire la porta. “Probabilmente c’è un vero casino.” Lo disse per abitudine. In realtà casa sua era molto pulita e organizzata. Era una persona talmente ordinata che se una sola cosa era fuori posto si sentiva come se l’intera casa fosse nel caos. Ecco perché passava spesso il venerdì sera pulendo ogni singolo centimetro del suo piccolo appartamento.
"Bel posto! La mia camera al dormitorio fa schifo. E ci si congela sempre.” Si mise le mani nelle tasche dei jeans e si guardò intorno. “Guadagni davvero abbastanza da avere una casa così carina? Dove lavori?”
“Beh, lavoravo nella biblioteca principale del campus e nel negozio di libri in fondo alla strada. Comunque non guadagnavo così tanto. Erano i miei genitori a pagare l’affitto.” Le parole avevano un sapore sgradevole nella sua bocca. Odiava che fossero loro a pagare il suo appartamento e non avrebbe voluto niente di più che avere abbastanza soldi da essere in grado di mantenersi da solo.
"E’ fantastico, amico. I tuoi genitori devono volerti davvero bene se hanno sborsato tutti questi soldi.”
Qualcosa del genere, pensò Blaine, spingendo dentro a calci le scatole che aveva portato per imballare le sue cose. Lasciarono una traccia d’acqua sul pavimento. “Era già arredato quindi non dobbiamo preoccuparci dei mobili. Non dovremmo metterci molto.”
"Non riesco a farmi una ragione di quant’è carino questo posto!” esclamò Finn alcuni secondi dopo, mentre inscatolava dei libri. “Amico, cos’hanno detto i tuoi genitori quando gli hai raccontato che stavi lasciando l’università? Mamma era preoccupata al riguardo, ma io le ho risposto che non avrebbero avuto nessun problema. Lo fai per Kurt e tutto il resto, sai. Non è come se tu stessi semplicemente mollando gli studi, giusto?”
“Giusto. In realtà non li ho ancora avvisati.” Nella fretta di impacchettare, Blaine gettò alla bell’e meglio in una scatola DVD e CD. Aveva già trasferito il suo conto in banca, aveva rescisso il suo contratto di affitto (che fortunatamente era trimestrale, il che significava che, visto che era la fine di Ottobre, Blaine ci aveva rimesso solo i soldi di due mesi di affitto, che aveva saldato mentre si trovava lì), e si era ufficialmente ritirato dall’Università del Kentucky. Dopo aver visto la sua media dell’A pieno, il consulente aveva cercato ripetutamente di dissuaderlo, ma niente avrebbe potuto impedirgli di tornare da Kurt.
“Perché no? Pensi che si arrabbieranno?” Finn chiuse la scatola con il nastro adesivo.
“Probabilmente. Non sono esattamente entusiasti all’idea che io stia con Kurt, Finn.”
Non lo aveva mai ammesso ad alta voce. Beh, lo aveva fatto con Wes… ma non contava. Era sempre stata una specie di cosa non detta fra Kurt e Blaine, entrambi lo sapevano ma decidevano di non soffermarcisi. Dopo tutto non era Kurt a non piacergli; era il loro “atteggiamento”. Lo rattristava il fatto non si erano nemmeno presi la briga di conoscere Kurt. Non che non se lo aspettasse da suo padre, ma sua madre avrebbe potuto almeno incontrarli per pranzo o qualcosa del genere.
“Non gli piace Kurt?” Chiese Finn, suonando molto sulla difensiva.
"Non gli piace che io sia gay.” Rispose seccamente Blaine. “Non s’intona esattamente con la loro immagine di famiglia. Non è che parli molto con loro. Si limitano a pagare per i miei studi e per l’affitto perché mia nonna, a cui non piaccio comunque molto, li costringe.”
Finn lo fissò a bocca aperta. “La tua famiglia… la tua famiglia non parla con te perché sei gay? Non pensavo che tu potessi non piacere a qualcuno, amico! Sei così… piacevole.”
Blaine rise. “Grazie, Finn. Va bene. Non tutti i genitori sono comprensivi come Burt e Carole, ma sapevo che sarebbe successo.” Piegò la coperta che si trovava sul divano e la posò ordinatamente sul tavolino da caffè. “Quando ho fatto coming out sapevo che non sarebbe andata bene. Mi sono dichiarato il giorno del mio dodicesimo compleanno. A mio padre. La mattina dopo mi ha iscritto a un Campo di Conversione.”
“A un campo di cosa?” Finn lo guardò, confuso.
“Si chiamava Desistere o qualcosa del genere. E’ giù in Tennessee. E’ un campo in cui i miei genitori mi hanno mandato per… per farmi diventare etero.”
Finn lasciò cadere la scatola che aveva in mano,  che per fortuna non conteneva nulla di fragile. “Che cosa?
“Era un campo totalmente ridicolo.” Blaine non ne aveva mai veramente parlato prima di allora. Getto alcuni oggetti in una grossa scatola, senza guardare Finn. Pensare a quel campo gli procurava una sensazione di disagio. “Non potevamo nemmeno parlare con la nostra famiglia. Ci sono rimasto per sei settimane. La prima la passi in un albergo riconosciuto con un solo familiare. Non puoi parlare o ‘comunicare in nessuna maniera’ con loro. Non puoi guardare il telegiornale. Non puoi ascoltare nessun tipo di musica fatta eccezione per quella Cristiana e approvata.” Mentre parlava gettò altri vestiti nella scatola, arrabbiandosi sempre di più a ogni parola che pronunciava. “E devi leggere queste riviste ridicole.”
“Su cosa?” Finn lo stava ancora fissando con espressione shockata.
Blaine fece un cenno distratto con la mano. “Su come dovresti ‘cambiare atteggiamento!’ Che cosa significa, poi? Oh, girerò un interruttore e di punto in bianco cominceranno a piacermi le ragazze?”
“Ma tu non vivevi lì?”
“Dopo la prima settimana sì. Dividi la camera con altri tre adolescenti gay.”
“Puoi parlare con loro?”
“Sì, ma era assolutamente ridicolo.” Blaine sigillò la scatola. “Non è che comunicassimo granché e quando lo facevamo… beh… tutti non facevano che parlare di sesso e droga. Di notte la gente sgattaiolava fuori e dava feste e beveva e se la spassava. Il campo non faceva altro che dare a un gruppo di ragazzini gay la possibilità di fare sesso. Scrivevamo il nostro diario sull’astinenza e sull’ignorare i nostri impulsi, ma cinque minuti dopo aver finito di scrivere quasi tutti si rinchiudevano in bagno a fare sesso.”
"Q-quindi… ti leggevano solo la Bibbia e cose del genere?”
“Dovevamo memorizzare dei passi.” Blaine era passato alle stoviglie e Finn lo aveva seguito nell’altra stanza. Blaine avrebbe voluto smettere di parlarne, ma non voleva comportarsi in maniera scortese. “E se non li imparavamo alla perfezione, venivamo puniti.”
“Puniti?”
A Blaine tremavano le mani mentre infilava i suoi piatti di plastica nella scatola. “Sì, puniti. A volte ti costringevano a guardare questi stupidi documentari sulle gioie di amare un uomo o una donna. Hai presente, gli omosessuali guardavano quelli sull’amare una donna, le lesbiche quelli sull’amare un uomo. Altre volte invece ti facevano restare alzato tutta la notte a imparare e recitare un verso dopo l’altro. E a volte uno dei giovani ‘ministri in addestramento’ ti picchiava.”
“Che cosa?” Strillò Finn.
"Già. Gli piaceva colpirti. Specialmente se eri più piccolo o vestito in maniera sgargiante.” Blaine trasse un profondo respiro. Ora che aveva iniziato, sembrava che non riuscisse a smettere di parlarne. Non aveva mai rivelato nemmeno a Kurt cosa succedeva in quel campo e di sicuro non gli aveva confessato le sue scappatelle sessuali incontrollate. Kurt sapeva che a quindici anni la sua vita sessuale era stata molto piena, ma non era a conoscenza dei dettagli. “Venivano avviate indagini di continuo. Sai, colpivano un ragazzino con troppa violenza e, quando questi tornava a casa, qualcuno se ne accorgeva. Ma non portava mai a nulla. Mi ci hanno mandato per cinque estati di fila."
"Come mai hanno smesso?” chiese Finn.
“Non ne voglio parlare.” Rispose Blaine in tono tagliente. Aveva detto abbastanza e si stavano avventurando su un terreno decisamente insidioso. Blaine non se la sentiva, non adesso.
"Okay, amico.” Finn annuì e cominciò a impacchettare alcuni degli oggetti contenuti nei mobiletti. Rimase in silenzio per alcuni secondi, poi disse, “Credo che… uh… non avrei dovuto chiedere. Mi dispiace davvero, Blaine. Non… non è giusto. Quello che ti hanno fatto, intendo…”
Blaine alzò lo sguardo e incontrò quello di Finn. Ormai aveva avuto abbastanza tempo per calmarsi e riuscì a rivolgergli un ampio sorriso. “E’ passato un sacco di tempo, va tutto bene. Solo non dirlo a Kurt.”
“Kurt non lo sa?” Finn sembrava sorpreso. “Perché no?”
"Non mi piace per niente parlarne. Se mai me lo chiederà, gliene parlerò. Ma sai, non sento il bisogno di tirare fuori l’argomento…” Blaine scrollò le spalle. “Al momento ha già abbastanza di cui preoccuparsi. Prima o poi glielo dirò.”
Finn annuì di nuovo, sentendosi ancora in colpa per averlo turbato. Però il fatto che avesse appena avuto un momento di cameratismo con il ragazzo del suo fratellino era piuttosto figo. Il rispetto che provava per Blaine Anderson era aumentato a dismisura nel corso di quella breve conversazione e adesso lo vedeva sotto una luce completamente nuova.
 
Finn e Blaine finirono di disimballare e sistemare verso le dieci di notte, e Blaine era consapevole che non c’era modo di riuscire a intrufolarsi di soppiatto in ospedale, perché l’orario di visita terminava alle 9:00. Aveva sperato di riuscire a raggiungere l’ospedale in modo da poter passare almeno la notte con Kurt, ma le cose non erano andate esattamente come aveva sperato. Lui e Finn ci avevano messo più del previsto a impacchettare tutto, e il fatto di aver lasciato la TV accesa sulla partita dei Buckleyes non aveva per nulla aiutato.
"Tanto stanco. Non posso muovermi.” Gemette Finn, collassando sul divano.
“Non avrei mai immaginato che una scatola di vestiti potesse pesare così tanto.” Blaine crollò su una sedia in soggiorno. Fissò la TV con sguardo spento, senza nemmeno vederla. Quando il suo cellulare squillò era già mezzo addormentato. Abbassò lo sguardo sull’oggetto, immediatamente terrorizzato dall’eventualità che si trattasse dei suoi genitori. Ma era praticamente impossibile che lo avessero già scoperto. Era un numero sconosciuto, ma decise di rispondere comunque. “Pronto?”
"Blaine."
Blaine sorrise e si alzò, incamminandosi verso la stanza degli ospiti in cui lo avevano sistemato. “Hey! Come ti senti? Com’è andata?”
E’ andata bene.” Rispose il suo ragazzo con voce dolce. “Mi sei mancato. Sei già arrivato a casa?”
“Abbiamo appena finito. Ho cercato di tornare in tempo per vederti, ma ci abbiamo messo più tempo del previsto. Mi dispiace.”
"Mmmh, va bene."
Blaine poteva immaginarsi Kurt raggomitolato sul fianco mentre parlava al telefono. E probabilmente in quel momento appariva adorabile. “Hai guardato molta TV oggi?”
“Mhmm. Ho guardato La Bella e la Bestia con Carole. Potrei o non potrei essermi messo a piangere.” Sbadigliò. “Hanno detto che dovrei essere dimesso presto. Probabilmente dopodomani. O il giorno successivo. Purché non mi venga di unovo la febbre o qualcosa di simile.
“Oh?” Chiese Blaine. Aspettò per alcuni secondi ma non ottenne risposta. “Kurt?”
“Hmmm?” Kurt si stava ovviamente assopendo.
"Kurt, ti amo… ti amo.” Ripensando alla conversazione che aveva avuto in precedenza con Finn, Blaine sentì il suo stomaco contrarsi. Voleva vedere Kurt, voleva che Kurt lo abbracciasse. Pur non sapendo cosa c’era che non andava, Kurt lo avrebbe fatto sentire meglio. Ogni volta che pensava a qualcosa di triste, se ne andava dritto da Kurt e gli chiedeva di abbracciarlo. In situazioni del genere Kurt era molto bravo a non insistere per ottenere informazioni. Si limitava ad avvolgere le sue braccia intorno a lui, alzandosi sulla punta dei piedi, e a posare la testa sulla spalla di Blaine. Talvolta canticchiava o lo cullava appena, altre restava immobile, abbracciando forte il suo ragazzo finché Blaine non decideva di staccarsi. “Lo sai, vero?”
"No, non prendere il telefono. No.” Piagnucolò improvvisamente Kurt.
“Tesoro, sono Carole. Mi dispiace, ma si sta addormentando. Gli hanno cambiato di nuovo medicine.”
Blaine si morse il labbro e resistette all’impulso di sospirare lievemente. “Digli che gli parlerò domani?”
“Certo, tesoro. Dovresti cercare di riposarti anche tu. Mi sembri esausto.”
“Lo farò, Carole. Grazie.” Blaine chiuse la chiamata e si sdraiò, ma non si mise a dormire. Aveva troppe cose a cui pensare per dormire e questa non era necessariamente una cosa positiva.
 
"Ciao, Kurt!"
Kurt, che stava per mangiare un boccone di purè di patate, quasi fece cadere la forchetta ('Chi mangia il purè con la forchetta?”  aveva pensato quando l’infermiera gli aveva portato il vassoio) e i suoi occhi si spalancarono per l’orrore. Rachel Berry se ne stava in piedi nella sua stanza d’ospedale e lui, Kurt Hummel, aveva un aspetto orribile. Aveva un aspetto orribile perché non si faceva una doccia da una settimana e probabilmente puzzava. Aveva un aspetto orribile perché aveva i capelli unti ed era abbastanza sicuro che la sua faccia si stesse screpolando per la mancanza di lavaggi.
"Oddio.” Rantolò, mentre due uomini la raggiungevano silenziosamente all’interno della stanza.
“Rachel, non puoi semplicemente fare irruzione nella stanza di ospedale di qualcuno senza bussare!” Sussurrò Leroy Berry, il padre afroamericano e musulmano.
“Come stai Kurt?” gli chiese Hiram, il padre ebreo di Rachel, avvicinandosi al letto.
“Oddio.” Ripeté.
Leroy rise. “Ecco perché non si fa irruzione in camera della gente, Rachel. Pensavo avessi imparato la lezione dopo quanto è successo quando avevi sei anni. Presumo che abbia mentito quando ha detto di averti chiamato?” Rivolse di nuovo la sua attenzione a Kurt.
Kurt riuscì soltanto ad annuire.
Rachel si limitò a roteare gli occhi, si sedette sul largo davanzale munito di cuscini vicino al letto e incrociò le gambe. “Sapevo che avrebbe detto di no, ma la cosa sta diventando semplicemente ridicola. E’ qui da una settimana e non ha permesso a nessuno di fargli visita. Mercedes sta diventando isterica, Kurt.”
"Rachel, non posso credere che tu abbia fatto una cosa del genere.” Hiram scosse il capo e si sedette vicino a Kurt. “Mi dispiace, Kurt. A volte si dimentica che il mondo non gira intorno a lei.”
“Non ha niente a che vedere con me! Kurt Hummel, sono venuta per discutere la scaletta per le Provinciali. Le New Directions hanno bisogno del tuo consiglio. Se avremo un aspetto migliore, anche la mia voce suonerà migliore.
Gli occhi di Leroy si spalancarono per l’orrore. “Rachel! Per favore, vai alla caffetteria e compra qualcosa! Dico davvero!”
“Papà, tornerà in men che non si dica e siamo i due cantanti migliori del Glee Club. Mi serve il suo parere. Portiamo il peso del club sulle nostre spalle e se voglio entrare-.”
"Porta questo peso da qualche altra parte per alcuni minuti, okay? E cerca di tornare un po’ meno concentrata su te stessa, tesoro.” Aggiunse Hiram. “Ti ritengo responsabile per averle comprato quel set per il karaoke quando aveva tre anni, Leroy.
“Va bene!” sospirò Rachel. “Ma tornerò, Kurt, e discuteremo di alcune cose. Voglio parlare con te di alcune idee per i costumi. Stavo pensando di ispirarmi ad Alexander McQueen. So che quel tizio è morto, ma-.”
“Tesoro, vai.” Leroy le fece un gesto con la mano e indicò la porta. Tuttavia stava sorridendo alla figlia e sembrava solo vagamente contrariato.
Rachel Berry uscì dalla stanza, praticamente saltellando.
"Ci dispiace così tanto, Kurt. Ci ha detto che ci avevi dato il permesso di venirti a trovare.” Disse Hiram, sporgendosi verso Kurt e mettendo una mano sulla sua. “Come te la stai cavando?”
“Oddio.”
Leroy rise e si sedette accanto al marito. “Non ti preoccupare, Kurt. Non ti giudicheremo per il tuo aspetto. Anche perché ogni altra volta che ti abbiamo visto, avevi un aspetto fantastico.”
Kurt sbatté le palpebre e aprì la bocca per parlare ma non ne uscì nulla.
“Volevamo venire appena abbiamo saputo che eri qui, ma tuo padre ci ha detto che pensava avessi bisogno di un po’ di tempo. Spero che non ti dispiaccia.” Hiram parlò in tono gentile.
“Ovviamente no.” Squittì Kurt. “G-grazie per essere venuti.”
Leroy sorrise: “Come te la cavi, Kurt? Stai guarendo bene?”
“Sì.” Annuì lui. “Il mio polso adesso sta molto meglio e posso mangiare cibi solidi e muovermi… però non vogliono ancora che provi a camminare. Pensano che sarebbe troppo stancante o qualcosa del genere.”
“Dovresti davvero prenderla con calma.” Hiram strinse leggermente la mano di Kurt. “C’è qualcuno qui con te? Mi sembrava di avere visto il camion di tuo padre.”
"Papà è al telefono con Jeff. Sapete, un altro tracollo al garage. Ha assunto tutta gente nuova – beh, a parte Jeff- e due di loro sono delle specie di idioti.” Kurt scrollò le spalle. “Probabilmente è appena fuori dall’ospedale, dove il telefonino prende meglio. E Blaine dovrebbe arrivare tra poco.”
"Ti abbiamo portato qualcosa da mangiare!” Esclamò improvvisamente Leroy, mostrandogli due contenitori di plastica. “Ti ho preso dei biscotti perché tutti amano i biscotti. Hiram ha pensato che avresti voluto della frutta… il che probabilmente è vero, visto che mangi sempre in maniera sana… ma i biscotti sono buoni e io ti ho portato quelli. Li ho comprati al negozio, però, perché non so cucinare.”
"Questo lo sappiamo, tesoro.” Rise Hiram. Era stato lui a rimanere a casa e a prendersi cura dell’abitazione e di Rachel. Aveva ricominciato a lavorare solo quando Rachel aveva compiuto tredici anni ed era stata considerata matura a sufficienza per restare a casa da sola (e per cucinarsi la cena, perché ogni volta che lei e Leroy erano da soli lui optava per una visita al fast food).
Kurt rise a disagio, non sapendo cosa dire. Non vedeva i genitori di Rachel da più di un anno, ma loro –specialmente Hiram- erano le persone da cui correva di solito quando le cose diventavano insopportabili. Soprattutto quando la situazione alla McKinley aveva cominciato a peggiorare davvero.
Hiram sospirò lievemente, la mano ferma su quella di Kurt in maniera rassicurante. “Stai bene?”
“No.” Pronunciò le parole con voce più bassa di quello che avrebbe voluto e suonò come un bambino piccolo.
Leroy si sedette sulla sponda del letto, dove di solito si sedeva Blaine, e lo guardò con attenzione.
"Quando Rachel me l’ha raccontato ho pianto.” Confessò piano Hiram. “Speravo che non avresti dovuto affrontare niente del genere, Kurt…”
“Anch’io.” Sussurrò Kurt, guardando in basso.
“Migliorerà.” Leroy gli diede un buffetto al ginocchio. “Prima o poi migliorerà davvero.”
“Non mi sembra.” Kurt tirò su leggermente con il naso. “E mi dimetteranno domani o dopodomani… non voglio tornare a casa.”
"Quando mi hanno aggredito alla tua età, mi sono sentito anch’io così. Il tuo attacco però è stato peggiore.” Disse piano Leroy. “E’ un adattamento. Ma la tua famiglia ti aiuterà a rendere il processo più facile. E puoi sempre chiamarci. Anche alle tre del mattino.”
Kurt sorrise in maniera piuttosto patetica e il suo labbro cominciò a tremare. “Lo so. E’ solo che perfino pensarci è d-difficile.”
Hiram si alzò e lo abbracciò- “Hai bisogno di pensarci e di parlarne così da poter guarire… ricordo che Leroy si tenne tutto dentro e rese solo…” La sua voce si spense, mentre cercava le parole.
“Rese le cose più difficili.” Sospirò Leroy. “Ma dopo averne parlato mi sentii molto meglio. Fu più facile superare la cosa e guarire.”
“Ho paura.” Ammise contro il petto di Hiram.
“Lo so, tesoro. Lo so.”
La porta si aprì leggermente.
"Rachel, puoi dar- oh, salve.” Disse Leroy, poi sorrise. “Tu devi essere Blaine.”
Blaine entrò senza far rumore. “Vi ho interrotti?”
Kurt scosse la testa, asciugandosi gli occhi. "No."
Leroy tornò a sedersi. “Sono Leroy Berry. E’ bello conoscerti.”
Blaine sorrise incerto. “Il papà di Rachel? Sono Blaine Anderson.”
“Hiram Berry.” Hiram gli porse la mano non appena Blaine raggiunse il letto.
“Oh, non sapevo che Rachel avesse due padri. E’ un piacere conoscere entrambi.” Blaine strinse prima la mano di Hiram, poi quella di Leroy.
Hiram arruffò i capelli a Kurt. “Dovremmo lasciarvi soli?”
Kurt scosse la testa, perché non voleva davvero che se ne andassero. Si sentiva maggiormente a suo agio sapendo che Leroy era passato attraverso tutto quello e che adesso stava bene. Gli faceva sperare che anche lui sarebbe stato bene. “Non dovete.”
Hiram annuì e arruffò di nuovo i capelli di Kurt. “Resteremo ancora un po’, ma non voglio rimanere troppo a lungo. Devi riposare.”
I quattro rimasero in silenzio per alcuni minuti. Kurt incontrò gli occhi di Blaine e tirò leggermente su col naso, pregandolo silenziosamente di sedersi accanto a lui. Non è che avesse così tanta paura- Solo che aveva davvero bisogno di Blaine al suo fianco.
"Vai ancora a scuola con Kurt e Rachel, Blaine?” Chiese Leroy nel tentativo di fare quattro chiacchiere.
“No. Mi sono diplomato l’anno scorso.” Rispose Blaine, sedendosi sulla sponda del letto.
“Vai alla OSU con Finn?” Gli chiese Hiram con curiosità.
“Studio Inglese alla UK. Comunque mi sono preso una piccola pausa.” Guardò Kurt e gli sorrise.
"Prima di iscrivermi al college non sono andato a scuola per alcuni anni.” Disse con aria pensierosa Leroy.
“ Pensava di poter fare il modello. Non ci è riuscito.” Hiram sbuffò e scosse il capo.
“Se non avessi fatto il modello-”
“Tentato di fare il modello.”
“Se non avessi tentato di fare il modello, non ti avrei mai incontrato.”
Kurt rise sommessamente ascoltandoli. Aveva trascorso abbastanza tempo in casa loro e aveva fatto abbastanza pigiama party con Rachel da abituarsi al loro punzecchiarsi. Quando era più piccolo, prima di incontrare Blaine, era solito desiderare quello che avevano loro. In un certo qual modo erano i suoi idoli. Ovvio che lo fossero, erano le uniche persone gay che conosceva a parte sua zia, che vedeva raramente.
La porta si aprì e Rachel entrò. "Blaine Warbler!"Esclamò, come faceva sempre non appena lo vedeva.
"Anderson." La corresse lui, ma ormai ci era davvero abituato. Non era l’unica a chiamarlo Blaine Warbler. "Ciao, Rachel."
Rachel si precipitò ad abbracciarlo. “E’ così dolce da parte tua fare tutta questa strada per stare con il tuo ragazzo. Ammiro la tua devozione nei suoi confronti. Anche se, devo ammetterlo, la tua presenza è completamente inutile.”
Leroy roteò gli occhi e Hiram lo colpì. Blaine si limitò a guardare Kurt, inarcando un sopracciglio.
“Intendo dire che ha me e Mercedes, naturalmente. Solo che non ci ha permesso di fargli visita. Ma, se lo avesse fatto, saremmo state qui anche noi. Ho provato a entrare il primo giorno, ma mi hanno scortato fuori. Hanno detto che lo facevano perché stavo cantando –volevo solo annunciare la mia presenza- ma penso davvero che non mi avessero in simpatia. Ora, Blaine, cosa ne pensi di camice turchesi e boa verde neon? Molto Alexander McQueen, no?"
"Erm… in realtà, non penso… e…” Blaine guardò Kurt.
“E’ un’idea atroce, Rachel Berry.” Emise un pesante sospiro. “Cosa state combinando al Glee Club? Sono stato via solo per una settimana e state cercando di riportare tutti agli anni settanta. Se continuerai chiedendomi di pantaloni bianchi a vita alta, non ti parlerò mai più.”
"Ho superato la fase dei maglioni con gli animali. Pensavo ne saresti stato fiero.” Lo prese in giro Rachel.
“Lo sarò quando non descriverai lo schema di colori di un bavaglino coperto di vomito di bambino paragonandolo ad Alexander McQueen."
Hiram rise e si alzò. “Dovremmo andarcene, Kurt. Non vogliamo agitarti e impedirti di riposare.”
Leroy diede una patta sul ginocchio di Kurt. “Chiamaci ogni volta che hai bisogno. Siamo sempre a tua disposizione per parlare.”
Kurt annuì. “Grazie per essere venuti. Davvero. Tutti e tre.”
“Starai bene. Migliorerà.” Disse Leroy in tono sommesso.
“Prenditi cura di lui, va bene?” Disse Hiram a Blaine, stringendogli la mano. “ E’ stato un piacere conoscerti.”
“Posso restare?” chiese Rachel.
"Penso che Kurt abbia bisogno di riposarsi. Ti porteremo di nuovo a trovarlo.” Rispose Hiram, avviandosi alla porta e voltandosi a guardare Kurt. “Ciao, tesoro.”
Rachel si chinò per baciare Kurt sulla guancia. “Tornerò a trovarti. Se puoi chiama Mercedes. E’ davvero preoccupata.”
“Lo farò.” Annuì Kurt.
Leroy gli lanciò un ultimo sguardo e se ne andò con suo marito e sua figlia.
Kurt avvolse le braccia attorno a Blaine e strofinò il viso contro il suo fianco, felice di averlo finalmente tutto per sé. “Mi sei mancato così tanto.”
“Mi sei mancato anche tu.” Blaine si sporse per posargli un bacio sulla testa.
Kurt rimase con la testa poggiata sul fianco di Blaine per un po’ di tempo. La tensione che provava stava lentamente svanendo per essere sostituita da conforto e sicurezza. Sentiva alternativamente le dita di Blaine accarezzargli i capelli e strofinargli la schiena. Era molto tempo che non si sentiva così a suo agio.
"Stai dormendo?” Sussurrò Blaine, temendo di svegliarlo nel caso stesse facendo un pisolino.
Kurt scosse la testa, accostandosi a lui. Sentì Blaine ridere e muoversi e poi si sentì attirare più vicino. Guardò su verso Blaine, il mento posato sul suo stomaco. “Mi dispiace di essermi addormentato al telefono. Quelle medicine hanno avuto un effetto più pesante di quello che pensassi.”
"Non è un problema.” Blaine gli rivolse un piccolo sorriso e gli toccò una guancia. “Hai un aspetto molto migliore oggi.”
“Hai fatto tutto quello che c’era sulla tua lista?” chiese Kurt, appoggiandosi a lui.
“Sì. Apri la mano.”
“Perché?” Chiese Kurt con aria furba.
Blaine lo baciò sulla guancia. “Vedrai. Aprila.”
"Posso almeno tenere gli occhi aperti?” domandò mentre apriva la mano. Non ottenne una risposta, comunque. Blaine si limitò a mettersi la mano in tasca e a far cadere qualcosa di molto piccolo sul suo palmo.
"Volevo trovare qualcosa di meglio… ma niente era abbastanza bello. Spero che ti piaccia.”
Kurt guardò giù e vide una piccola tartaruga di vetro verde con occhi di un azzurro brillante. Era bellissima e i dettagli erano molto curati.
“L’ho scelta perché i suoi occhi mi hanno ricordato i tuoi. Al ritorno ci siamo fermati per mangiare in questo piccolo centro commerciale… volevo trovare qualcosa di meglio, ma-.”
Kurt si sollevò e lo baciò,  interrompendolo. “E’ perfetta. Penso che la chiamerò… Nolan.”
“Mi hanno quasi chiamato Nolan.” Rise Blaine. “A un certo punto avrei dovuto essere Nolan Christopher Anderson."
"Molto prestigioso.” Notò Kurt.
“E mi hanno quasi chiamato Zachary Sean. Lucas Branson. Remington Dominic."
"Disgustoso! E’ brutto quasi quanto Wyatt.”
“Wyatt sarebbe il mio secondo nome.” Blaine gli diede una gomitata.
“Il tuo secondo nome è davvero Wyatt?” Kurt rise forte.
“Penso che volessero solo un nome che suonasse ricco.” Blaine scrollò le spalle, ormai abituato al fatto che le persone ridessero del suo nome. A volte ne rideva lui stesso. I suoi genitori avevano gusti davvero pacchiani.
"Blaine Wyatt Anderson." Kurt pronunciò il suo nome in un modo che lo fece sembrare più carino di quello che era. Lo faceva suonare davvero bene. "Blaine Wyatt... sai, in un certo senso mi piace."
Blaine sbuffò. “Beh, sei incredibilmente di parte, no? E che secondo nome va con Kurt Hummel?"
"Elizabeth." La risposta di Kurt fu immediata.
“Ti ho detto il mio, Kurt. Devi dirmi il tuo. E’ giusto così.”
"E’ Elizabeth."
"Kuuuuurt."
"Il mio secondo nome è Elizabeth. Dovevo essere una bambina.” Disse Kurt, in apparenza molto serio. “Il dottore pensava che sarei stato una femmina. Mia madre era estasiata perché aveva sempre voluto una piccola Elizabeth a cui tramandare il suo nome. Quindi decise di riempire il mio certificato di nascita mentre mio padre era in bagno. Papà voleva chiamarmi Kurt… quindi mi ha chiamato Kurt Elizabeth Hummel."
"Stai mentendo. Non ti credo. Nemmeno per un minuto.”
Kurt sbuffò un po’, frustrato, e tornò a concentrarsi sulla sua piccola tartaruga. “Nolan è così carina. Quale dovrebbe essere il suo secondo nome?”
“Sarah?” lo canzonò Blaine.
Kurt lo colpì su un braccio e fu un colpo sorprendentemente duro per un tipo minuto come Kurt Hummel. “Prenditi di nuovo gioco del mio secondo nome, Anderson, e ti chiamerò Redmington Dominic ogni giorno per il resto della tua vita.”
Blaine rise e si appoggiò a lui. “Mi fai sorridere… e quello non è il tuo secondo nome, Kurt.”
“Beh, sei crudele.” Kurt si imbronciò, sebbene avesse sicuramente gradito la maggiore vicinanza del suo ragazzo. Blaine era davvero troppo intelligente per il suo stesso bene. Di nuovo, questo era uno dei motivi per cui gli piaceva Blaine. Era estremamente intelligente. “Adesso scegli il secondo nome di nostro figlio!”
“Nostro figlio, eh?” Blaine osservò la tartaruga. “Personalmente credo che ti assomigli.”
“Blaine!” Kurt rise forte di nuovo. “Scegli un nome!”
"Hmm… Nolan Alexander?"
"Nolan Alexander Anderson-Hummel." Kurt annuì molto seriamente, come se stessero davvero decidendo il nome di un bambino reale. “Bel lavoro, Blaine. Mi piace.”
Burt aprì la porta ed entrò. “Che state facendo voi due?”
“Stiamo dando il nome al nostro primo figlio.” Cinguettò Kurt, mentre Blaine si limitò a scuotere il capo e a ridere.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


"Kurt… Kurt, tesoro… su, svegliati.” Kurt cercò di ignorare la voce femminile e la mano che lo stava scuotendo. “Mi dispiace, ragazze. Gli stanno somministrando delle medicine che lo fanno sentire davvero uno straccio. Kurt, tesoro…”
"Mmmh, smettila.” Gemette Kurt, cercando di girarsi su un fianco. Voleva solo dormire. Non era ancora pronto ad alzarsi.
“Tesoro, hai visite.” Sussurrò Carole, scuotendolo di nuovo per la spalla. “Su, svegliati.”
“Blaine può aspettare.” Si rannicchiò contro il cuscino.
“Ragazzo bianco, farai meglio a svegliarti e a spiegarmi perché non mi hai mandato nemmeno un messaggio per dieci giorni!” Intimò ad alta voce Mercedes Jones, la sua migliore amica.
“Non urlargli contro.” Intervenne Quinn Fabray con la sua voce dolce e pacata. “Come ti senti?”
"E perché sembra che tu non ti faccia la doccia da una settimana?”
Nonostante l’intontimento, Kurt si costrinse ad aprire gli occhi. Impiegò alcuni secondi a mettere a fuoco le sue amiche. “Perché è così.” Rispose con aria assonnata, sollevandosi lentamente a sedere.
“Cos’è successo, Kurt?” lo interrogò a bassa voce Quinn. “Abbiamo sentito… voci. Finn ci ha detto solo che eri in ospedale e che se avessimo voluto sapere altro, avremmo dovuto rivolgerci a te. Stai bene?”
"Voglio sapere perché non hai chiamato nessuno.” Intervenne Mercedes. “Pensavo che fossimo amici.”
Kurt si massaggiò la fronte e sussultò, ricordando a se stesso di usare l’altro braccio in futuro. Era in grado di muoversi da solo, ma doveva fare attenzione con la parte sinistra del corpo perché i tagli dovuti all’operazione gli facevano ancora molto male e non voleva far saltare nessun punto.
“Stai bene?” Stavolta la voce di Mercedes suonò più tranquilla, meno arrabbiata.
“Non ho un telefono. Ecco perché ho usato quello di Blaine ieri notte. Mi dispiace di non aver chiamato. E a essere completamente sinceri, non sono stato molto presente nel corso di questa settimana.”
“Cos’è successo?” Quinn si sedette sula sponda del letto, alla sua sinistra.
"Fai attenzione, tesoro.” La avvertì Carole con gentilezza. “Ha subito un’operazione e il suo fianco è sensibile. Kurt, sarò fuori in corridoio se hai bisogno di qualcosa, okay?” Gli passò le dita fra i capelli.
"Grazie, Carole." Kurt annuì e le fece un cenno di saluto con la mano mentre si allontanava. Alzò nervosamente lo sguardo su Quinn e Mercedes. Non vedeva Quinn da quando si era diplomata l’anno prima con Finn, ma si sentivano ancora spesso per telefono. Specialmente per parlare del suo nuovo ragazzo, che aveva conosciuto al college a New York. Alla fine Quinn era riuscita ad andarsene da Lima e Kurt era molto felice per lei. Ovviamente vedeva Mercedes tutti i giorni, era la sua migliore amica. Si sentiva in colpa per non averla chiamata, ma, al tempo stesso, non se l’era davvero sentita di parlare con qualcuno a parte la sua famiglia e Blaine.
"Operazione? Operazione?"
"Sono stato operato al polmone. Si era… perforato. Ecco perché non ho potuto fare la doccia. Il dottore ha detto che non potrò farla finché non sarò tornato a casa.” Kurt cercò di sembrare allegro. A giudicare dalle loro facce, però, era sicuro di non esserci riuscito.
"Puoi ripetere? Perché potrei giurare di averti sentito dire che il tuo polmone è stato perforato e operato!” Esclamò Mercedes. “Non mi sorprende che tu non abbia chiamato, tesoro! Stai bene? Ce la fai a respirare? Hai bisogno di ossigeno?”
"Calmati, ‘Cedes.” Kurt rise piano e si costrinse a sorridere. “Di solito riesco a respirare. Però se mi agito, o cose simili, diventa più difficile. Per sicurezza mi mettono ancora sotto ossigeno a distanza di poche ore…” Si interruppe piuttosto fiaccamente.
“Oddio, Kurt.” Quinn afferrò la sua mano. “Non sapevo che fosse così grave.”
"Già, Kurt. Pensavamo che ti avessero picchiato e che tu non volessi farti vedere da nessuno in un camice d’ospedale. Penso che nemmeno Mr. Shue sapesse che la situazione è così grave!” Aggiunse Mercedes.
“Lo sa.” Kurt si guardò le mani. “Tutti gli insegnanti sono stati informati. Non potrò tornare a scuola per un po’… e quando lo farò probabilmente non sarò in grado di ricominciare a frequentare il Glee Club.” Al pensiero di non poter partecipare al Glee Club con i suoi amici sentì gli occhi riempirglisi di lacrime.
Quinn gli strinse la spalla. “Hey, va bene. La tua salute è più importante. Devi rimetterti.”
“E’ solo che è difficile.” Il suo labbro tremò. “Volevo davvero arrivare alle Nazionali con voi ragazzi quest’anno. L’anno scorso non siamo riusciti a vincere… avrebbe dovuto essere il nostro anno.” Si sentiva un tale bambino. Seppellì la testa nella spalla di Quinn e cominciò a piangere, senza nemmeno sapere se stava davvero piangendo per il Glee Club o no.
"Hey, le cose mi sono andate bene anche se non ho vinto le nazionali, no?” Gli chiese Quinn nel tentativo di rallegrarlo. “E sei in forma perfino migliore di com’ero io all’epoca. Tutto quel tira e molla con Finn…” Rabbrividì leggermente. “Ma tu. Tu hai già un ragazzo fantastico che ti adora. Una famiglia che tiene a te. Non è meglio che andare alle nazionali?”
“Blaine è davvero fantastico, no?” Kurt tirò su con il naso, appoggiandosi alla sua spalla.
“E’ un ragazzo dannatamente buono.” Annuì Mercedes, sedendosi dall’altro lato di Kurt. “Mentre arrivavamo l’abbiamo visto andarsene. Per essere così basso ha una macchina enorme.”
"Ha davvero dei capelli adorabili. Non mi ero mai accorta che in realtà fosse riccio.” Commentò Quinn con aria pensierosa, accarezzando i capelli di Kurt.
“Guardalo, come sorride. Basta parlare di Blaine per rallegrarlo.” Gli sorrise Mercedes.
Kurt rise, asciugandosi gli occhi. “E’ troppo buono per me.”
"Può essere troppo buono con te, ma non è troppo buono per te.” Lo corresse Quinn, passandogli un fazzolettino.
“Di sicuro è troppo sexy per te.”
"Hey!" Kurt singhiozzò e poi rise. “Non puoi essere crudele con una persona ricoverata in ospedale. Lo dice il regolamento.”
“Sto solo dicendo che potresti diminuire la sua figaggine e darla a qualcun altro, che potrebbe uscire con me. Se volessi, sai?”
"Sono piuttosto soddisfatto della sua figaggine così com’è, grazie.” Sbuffò Kurt.
Quinn si limitò a scuotere il capo. “Al momento giusto troverai qualcuno, Mercedes. Succederà quando meno te lo aspetti. Vero, Kurt?”
“Kurt annuì, asciugandosi il viso bagnato di lacrime “Già… non posso credere di aver incontrato Blaine in quel modo. Fino a quel momento la giornata era andata da schifo e… lui era…”
“Sexy?” Sorrise di nuovo Mercedes.
"Oh sì." Rise Kurt. Ma davvero… davvero non me lo aspettavo. Per niente. Stava andando tutto per il verso sbagliato e poi… eccolo lì.”
Quinn poggiò la testa sulla sua e gli prese le mani. “E’ stato amore a prima vista? All’epoca non parlavamo granché…”
“Per me sì.” Kurt rise di nuovo. “Non penso che si possa dire lo stesso di Blaine. Lui giura che è stato così, solo che non lo sapeva. Comunque sono felice che le cose siano andate come sono andate.”
“Oh, Kurt…” Mercedes si sporse e lo abbracciò. “Ti va di parlarne? Cos’è successo?”
“Per favore, non oggi.” Sussurrò contro il suo collo.
Quinn gli posò una mano sulla schiena e gliela massaggiò gentilmente. “Ce lo racconterai quando sarai pronto, non un minuto prima. Ti abbiamo portato qualcosa.”
Kurt si sedette, incuriosito. “Cosa?”
"E’ in corridoio. Vado a prenderlo. Volevamo farti una sorpresa, ma prima volevamo sgridarti.” Mercedes liberò Kurt dall’abbraccio e uscì in corridoio, tornando con un cesto. Si sedette sul letto e Kurt si tirò su, mettendoselo sulle ginocchia.
"Abbiamo preso degli snack perché mi ricordo quanto era cattivo il cibo dell’ospedale quando sono stata ricoverata per partorire.” Rise Quinn. “E ti abbiamo comprato il libro perché sei ossessionato con Judy Garland. Abbiamo pensato che l’avresti gradito.”
“E il pigiama perché sappiamo che dovrai restare molto a letto. So che ami quello blu, Kurt, e ti sta benissimo, ma non durerà molto se continuerai a metterlo tutti i giorni finché non ti sarai ripreso.” Aggiunse Mercedes. “E questi sono calzini arcobaleno. Non abbiamo saputo resistere.”
Kurt sentì gli occhi riempirglisi di lacrime. Non permettendo loro di fargli visita prima si era comportato da pessimo amico. Erano così gentili nei suoi confronti, sentiva di averle trattate da schifo. Perché erano così dolci con lui?
"Volevamo solo farti sapere che noi siamo qui per te, Kurt. Ti vogliamo bene.” Disse Quinn con voce sommessa, tenendolo fra le braccia.
Kurt si appoggiò a lei e cominciò a piangere. “Vi voglio bene anch’io. Grazie per non aver fatto irruzione chiedendomi un parere su dei boa verde neon.”
“Non può averlo fatto!” Rantolò Mercedes. “Miss Mutandine Prepotenti è idiota, ma non fino a questo punto!”
“E’ un Beanie Baby quello?” Kurt trattenne il fiato mentre tirava fuori dal cesto un piccolo peluche a forma di orangotango. “E’ Bongo! Oh mio Dio, è Bongo!”
Quinn rise e lo abbracciò. “Finn ci ha raccontato qualcosa su come ha-”
“Su come ha distrutto il mio precedente Bongo? Su come lo ha brutalmente assassinato?” Suggerì Kurt.
“Su come ci è passato sopra con un-”
“Non dirlo! E’ troppo doloroso!” Kurt abbracciò il Beanie Baby, bloccando sul nascere le sue parole. “Il mio povero Bongo.”
“Tu limitati a tenerlo lontano dai tosaerba.”
Kurt fece un’espressione di estrema disperazione. “Il mio povero, povero Bongo non ha fatto nemmeno in tempo a rendersene conto.”
“Beh, questa è sicuramente una cosa strana da sentire entrando in una stanza.”
Kurt si illuminò, senza fiato, “Ciao, Blaine!”
“Mi sembrava che fossi tu, Mercedes, ma non ne ero del tutto sicuro. Come stai? Ciao, Quinn.” Blaine fece un piccolo gesto di saluto con la mano e, visto che il letto era pieno, si accomodò su una sedia.
Adoro i tuoi capelli. Sembrano così morbidi.” Disse Quinn, che sembrava si stesse trattenendo dall’allungare una mano per toccare i riccioli neri.
"Grazie.” Blaine guardò Kurt abbracciare il suo animaletto di peluche e sorrise. “Come ti senti?”
“Dispiaciuto per me stesso.” Rispose Kurt. “Ma ho Bongo e i crackers, quindi riuscirò a tirare avanti.”
"Okay, Kurtsie." Mercedes si alzò. “Cominci a sembrare stanco.”
“Sembro sempre stanco. E mi ci sento anche.” Sospirò. “Più tardi gli ruberò il telefono per chiamarvi.”
“Mi raccomando, fallo, ma non prima di essere pronto.” Quinn gli arruffò i capelli e lo baciò sulla guancia. “Devo tornare a New York, se dovessi telefonarmi mentre sono in classe ti richiamerò.”
"Va bene.” Annuì Kurt, facendo un piccolo gesto di saluto. “Grazie per aver fatto così tanta strada per vedermi.”
Quinn scribacchiò il suo numero su un tovagliolino e lo porse a Blaine. “Chiamami se dovesse servirgli niente o se dovesse succedere qualcosa, va bene?”
“Lo farò.” Blaine annuì, accettando il tovagliolo. “E ho ancora il tuo numero, Mercedes.”
Mercedes abbracciò Kurt. “Lascia che le persone si prendano cura di te.”
“Ci sto provando.” Rispose lui sommessamente.
“Mandami un messaggio quando torni a casa.”
“Lo farò. Promesso.”
Prima di andarsene entrambe le ragazze abbracciarono Blaine. Questi guardò Kurt, che aveva cominciato a tirare su col naso. “Hey, hey… non piangere.” Si sedette sul letto. “Cosa c’è che non va? Senti dolore?”
“Sono un p-pessimo amico.”
“Chi è che lo pensa?” gli chiese, prendendolo fra le braccia.
“A-avrei dovuto chiamarle.” Gli tremò il labbro. Maledette le sue emozioni. Odiava piangere, ma ultimamente gli sembrava di non fare altro. Non solo era deprimente, ma lo lasciava davvero stremato. Voleva smettere di assumere le medicine e voleva sentirsi meglio.
"Kurt, sei in ospedale. Hai dovuto affrontare un sacco di cose ultimamente. Non ricevere visite non ti ha reso una cattiva persona. Non ti fa bene stressarti ulteriormente.” Sussurrò con calma, cercando di farlo sentire meglio.
“Però tu e p-papà siete stati qui.”
“Non saresti riuscito ad allontanarmi nemmeno se ci avessi provato.” Blaine lo baciò sulla guancia e cercò di cambiare argomento. “Domani si torna a casa.”
“Non vedo l’ora di fare una doccia.” Soprirò Kurt. “Mi spiace se puzzo.”
Blaine rise. "Non preoccuparti, non puzzi.”
“So che i miei capelli sono in uno stato orrendo. Non so come tu faccia a toccarli.”
La mano di Blaine si spostò immediatamente sui suoi capelli e cominciò a giocherellare con le ciocche castane. “Hai cose più importanti di cui preoccuparti, Kurt. Ad esempio rimetterti. Ti agiti per delle cose a cui non dovresti pensare due volte. Oggi cerca di rilassarti e di non stressarti, va bene?”
"Va bene." Alzò i suoi grandi occhi blu su Blaine. “Possiamo guardare Aladdin?”
"Certo, Lizzie." Gli rispose Blaine con un largo sorriso.
"Ti odio."
 
 
"Sei così leggero, figliolo.” Disse Burt mentre lo sollevava dalla sedia a rotelle e lo sistemava sul sedile posteriore della sua auto. “Per favore, Blaine, passami quell’asciugamano posato sul sedile anteriore.”
Blaine aprì la portiera e fece come gli era stato detto, poi guardò Burt avvolgere l’asciugamano attorno alla cintura di sicurezza. “In questo modo la cintura non darà fastidio ai punti.” Grugnì, notando la faccia confusa di Kurt. “Siediti diritto.”
“E’ difficile.” Gemette Kurt, lottando per raddrizzarsi. Era sembrato così semplice ieri, sotto l’effetto di potenti antidolorifici. Adesso si sentiva come se ogni movimento lo stesse uccidendo lentamente. Burt gli mise la mano sotto la spalla e lo sollevò gentilmente.  Kurt sussultò mentre la cintura veniva allacciata e fece per sbloccarla.
“No, figliolo. Devi tenerla.” Burt la sistemò in modo che fosse un po’ più sopportabile, ma gli dava ancora fastidio. “Non lasciarti scivolare giù o sfregherà contro i punti. E non guardarmi così, Kurt. Non c’è niente che possa fare al riguardo.”
“Allora guida veloce.” Kurt scrollò le spalle, gemendo di nuovo.
"Siediti dietro con lui, Blaine. Non lasciarlo scivolare.”
Blaine annuì e salì sul sedile posteriore. Sebbene si fossero svegliati molto presto, c’erano volute quattro ore per spiegare loro cosa serviva a Kurt, come gli serviva, che medicine doveva prendere e quando, cos’era normale e cosa non lo era, come avrebbe potuto fare la doccia e sdraiarsi, quali movimenti avrebbe potuto fare e quali invece no… Non ci sarebbe voluto così tanto se il dottore glielo avesse spiegato tutto in una volta, ma sentiva il bisogno di andarsene continuamente.
Burt si accomodò sul sedile del guidatore della macchina di Kurt (sapeva che in tre non sarebbero stati comodi sul suo furgone), e avviò il motore. “Io sto morendo di fame, e voi?”
“Per favore, niente KFC.” Disse Kurt con aria assonnata. Spostarsi prima in una sedia a rotelle e poi in un’auto lo aveva fatto sentire come se non dormisse da giorni. Le cose iniziarono a farsi confuse e quando cominciò a fare fatica a tenere la testa sollevata si rese conto di quanto fosse realmente stanco. Sentì Blaine stringergli la mano e poi si addormentò.
 
“L’hai preso?”
Kurt si rannicchiò contro la persona che lo stava stringendo, svegliandosi dal suo sonno profondo.
“Sì, l’ho preso.”
"Mmmh, Blaine." Kurt disse allegramente. “La tua spalla è come un marshmallow."
"Quelle medicine devono aver fatto effetto.” Sentì dire da suo padre.
"Woah!" Kurt urlò improvvisamente, mentre tutto di colpo sembrava beccheggiare. Si aggrappò a Blaine, spalancando gli occhi.
“Sto solo salendo sul portico. Va tutto bene.” Disse Blaine in tono rassicurante.
“Non mi lasciare. Non voglio cadere. Il terreno è duro.” Mormorò in fretta.
“Lo so. Non ti lascerò cadere. Smettila di muoverti. Sto per salire un altro gradino.”
"Woah!" Kurt si mosse di scatto fra le sue braccia, protendendo le sue come per fermare una caduta. “Mi lascerai cadere!”
“Se la smetti di dimenarti non lo farò.” Grugnì Blaine, salendo l’ultimo gradino. “Ecco. Visto? Fatto. Dove vuoi che lo porti?”
“In cucina.” Cinguettò Kurt.
“No, no. Sul divano.” Rispose Burt in tono fermo.
Suo figlio non ne voleva sapere e sembrava deciso a non rivedere la sua posizione nonostante fosse praticamente impossibile sistemarlo in cucina. “No. In cucina.”
“Kurt, sul divano.”
“No, in cucina. Con il cane.”
“Kurt, noi non abbiamo un cane.”
"Si chiama Fido e lo abbiamo da quando avevo sei anni. Ha solo tre zampe.”
“Il ragazzo ha guardato di nuovo le pubblicità informative del Rifugio Degli Animali.” Commentò Burt, indicando il divano. “Lo sposteremo nella sua stanza più tardi.”
“Dov’è Fido?” chiese Kurt, dimenticando il suo desiderio di essere portato in cucina. Gli riusciva molto difficile concentrarsi sulle cose. “Papà, questo divano è comodo. Sono felice che tu non abbia comprato quell’orrendo modello verde perché sembrava – sembrava – oh, ciao Blaine.”
Blaine lo sistemò sul divano, aiutandolo cautamente a distendersi. “Ciao, tesoro. Ti senti bene?”
“Oh, mi sento magnificamente! Possiamo uscire per fare una passeggiata? O per correre? A te piace correre, vero? So che è così e lo trovo stupido. A me non piace, ma sai, in questo momento ho proprio voglia di correre. Fino…”
“Sarà una settimana interessante.” Borbottò Burt. “Devo allontanarmi un attimo per separare le sue medicine e fare una lista di tutto prima di dimenticarmene. Sarò in cucina. Ce la fai a gestirlo?”
“Sì, ci penso io.”
Burt arruffò i capelli di Kurt e si diresse in cucina per mettere in ordine le numerose pillole di suo figlio.
"Blaine, mi piacciono i tuoi capelli così.” Kurt si sollevò.
“Hey, rimani sdraiato o ti farai male.”
“Sono così ricci ed elastici. Beh, lo sarebbero se fossero più lunghi.” Non si sdraiò di nuovo, ma cercò di mettersi dritto.
“Kurt, Kurt. Sta’ giù. Mi siederò accanto a te.”
“Sembri asiatico. Beh, non proprio. Insomma. Blaine, sei giapponese?”
"No."
"Cinese? Lo sai, sono praticamente uguali. Vengono dall’Asia e parlano molto velocemente. E’ una figata.” Kurt stava ancora parlando molto in fretta, il cervello che lavorava a pieno regime.
"Mia mamma è originaria delle Filippine e mio padre è irlandese.” Rispose in tono pacato, chiedendosi se Kurt ci avesse già pensato quando non era sotto l’effetto degli antidolorifici ma avesse avuto troppa paura per chiederlo.
"Quindi… sei asiatico o no?” Domandò Kurt, inclinando la testa di lato.
“No. Sono dell’Ohio, proprio come te.”
Improvvisamente Kurt caracollò in avanti e lo baciò.
“Kurt, devi stare giù. Finirai per farti saltare i punti.” Blaine lo costrinse a sdraiarsi di nuovo. Per quanto avesse voglia di una gradevole sessione di pomiciate, non era davvero il momento adatto.
"Non vuoi baciarmi. Nemmeno io voglio baciare te perché i tuoi capelli non mi piacciono per niente. I riccioli sono stupidi.”
“Mi avevi appena detto quanto ti piacciono i miei riccioli.” Gli fece notare Blaine, spostando le braccia che Kurt teneva incrociate sopra il petto mentre gli teneva il broncio. “Penso che tu li ami segretamente, stupidino, ma che tu voglia convincermi del contrario. Ma io so che li ami, quindi puoi smettere di fingere. Non tenere le braccia sopra al petto in quel modo. Finirai per farti male.”
“Ti sdraierai accanto a me?”
“Non voglio farti male. Ora che non ti stanno più somministrando le medicine che ti davano all’ospedale, sentirai più dolore. Il divano è troppo piccolo.”
"Ma io mi sento bene! Ehy, abbiamo preso qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame!” Si mosse per sedersi. “Papà? Papi!”
Burt lo raggiunse e lo costrinse a sdraiarsi nuovamente. “Kurt, anche se ti sembra di sentirti bene, potresti comunque causare dei danni. Solo perché non te ne rendi conto non significa che tu non ti sia fatto nulla. Mi capisci?”
“Non essere così cattivo con me.” Piagnucolò Kurt. “Stai ferendo i miei sentimenti, papà.”
"Se non ci ascolti, finirai per peggiorare la situazione. Non vorrai essere costretto a tornare in ospedale?” Kurt scosse il capo in maniera infantile. “Okay. Allora sdraiati. Blaine accenderà la TV e fra cinque minuti ti porterà da mangiare. Va bene?”
“Va bene.” Annuì molto seriamente. “Mi dispiace.”
“Vediamo quanto durerà.” Rise Burt, alzandosi in piedi.
“Sarò molto bravo, papà.” Kurt mantenne la stessa espressione seria e la cosa fece ridere Blaine. Dio, perché Kurt era così dannatamente adorabile? Lo spingeva ad amarlo ancora di più.
"Blaine, vediamo di rendere le cose più facili… figliolo, se resterai sdraiato senza muoverti ti prenderò un cucciolo.”
"Un cucciolo vero?” A Kurt si illuminarono gli occhi, come se gli avessero detto che Natale sarebbe arrivato in anticipo. “Non mi muoverò nemmeno.”
“Okay. Blaine mi dirà se ti comporti male.”
“E’ da quando avevo sette anni che voglio un cucciolo!” Confessò Kurt senza fiato mentre suo padre usciva dalla stanza. “Sono così eccitato” Un cucciolo! Sarebbe un cane molto piccolo.”
Blaine si sedette sul pavimento, vicino al divano. “Guardiamo un po’ di TV. Cosa ti andrebbe di vedere?” Sfogliò la guida televisiva. “Vediamo… Stanno dando Una Mamma Per Amica.” Kurt scosse la testa. “Okay… Giudice Judy?”
"Ha un serio problema di atteggiamento.”
Blaine avrebbe potuto rispondere a quest’affermazione con una serie di battute taglienti, ma dato che Kurt stava ancora male – e solo per questo motivo – decise di tenerle per sé fino a quando non si sarebbe presentata un’altra occasione. Nonostante fosse fermamente convinto che Kurt fosse la persona più dolce che avesse mai conosciuto, sapeva molto bene che quando era arrabbiato poteva assumere un atteggiamento in grado di rivaleggiare… beh, con chiunque, davvero. Quindi Blaine si limitò ad annuire, astenendosi dal commentare, e continuò la lista. Trascorsero dieci minuti discutendo dei programmi ("Infanti e Tiare?" "Con chi pensi di uscire?" "Va bene, La Vita Moderna di Rocko?" "Il suo guardaroba è peggiore di quello di Finn." "La famiglia Griffin?" "Non mi piace Stewie." "Shark Attack?" "Ti sembro mio padre?" "Mogli Sorelle?" "Hai visto come si vestono?” "Il telegiornale?" "AMERICA'S NEXT TOP MODEL!" "Beh, mancano ancora due giorni alla messa in onda dell’episodio, Kurt.”) e alla fine Blaine riuscì a convincere Kurt a guardare Food Network. Blaine non prestò molta attenzione alla televisione perché doveva tenere d’occhio Kurt per essere sicuro che non si dimenticasse della sua promessa di non muoversi. Per di più, gli piaceva davvero guardare Kurt. Avrebbe approfittato volentieri della scusa per farlo.
Nel corso delle due ore successive, Kurt si fece lentamente meno animato. Sorrideva di meno e all’inizio della terza ora sembrava che stesse per scoppiare a piangere. “Mi fa tanto male il fianco, Blaine."
"Lo so, lo so. Ti avevo detto di non muoverti così tanto.” Mormorò dolcemente Blaine. “Non vuoi peggiorare le cose. Concentrati sul programma e non pensarci. Fra due ore potrai prendere le tue medicine.”
"Non posso apettare.” Aveva gli occhi pieni di lacrime. “Fa davvero, davvero, davvero male.”
“Shh, shh. Ti prendo qualche Tylenol per aiutarti a resistere, okay? Rimani sdraiato lì.”
Kurt annuì, guardandolo mentre lasciava la stanza. Il fianco gli stava dando fastidio come non mai, persino più di quando si era svegliato per la prima volta dopo l’operazione. Sapeva che la colpa era degli antidolorifici meno potenti, ma il dolore era quasi insopportabile. Sapeva anche che non avrebbe potuto prendere le sue medicine per altre due ore, perché i dottori non volevano che sviluppasse una dipendenza da farmaci. Il fatto che le pillole che avrebbero potuto alleviare il suo dolore si trovassero solo due stanze più in là, però, non gli rendeva le cose più facili.
Blaine tornò da lui in fretta, svitando i l tappo. “Te ne darò uno adesso e, se fra un’ora non dovessi sentirti meglio, te ne darò un altro. Va bene?”
Kurt si mosse per prendere la pillola e sussultò.
“Ecco, ti aiuto io. Stai fermo.” Blaine si inginocchiò, prendendo il bicchiere che avevano usato prima durante il pranzo. “Apri la bocca.”
“E’ così imbarazzante.” Gemette Kurt.
"Sono solo io. In più, vedilo come un rimborso per quella volta che mi sono ubriacato e hai dovuto stare sveglio per prenderti cura di me. Però non puoi baciare Rachel.” Gli sorrise brevemente. “Ora apri la bocca.” Kurt fece come gli era stato detto, rabbrividendo all’idea di baciare Rachel Berry. Blaine gli mise la pillola in bocca e gli portò il bicchiere alle labbra. Kurt bevve come se la sua vita dipendesse da quello. Blaine non gli mise fretta né sembrò contrariato, si limitò a starsene seduto accanto a lui finché non ebbe svuotato il bicchiere. “Vuoi che ti prenda altra acqua?”
"No, grazie.” Kurt gli rivolse un debole sorriso. “Grazie.”
Blaine gli posò un bacio sulla testa proprio mentre Burt rientrava nella stanza. L’uomo aveva una strana espressione sul volto, ma non disse nulla. Si sedette su una sedia vicino al divano e fissò la TV senza davvero vederla. Kurt supponeva che il suo comportamento fosse dovuto al fatto che aveva assistito a un momento di tenerezza, ma non poteva esserne sicuro. Tornò a prestare attenzione alla TV, o almeno ci provò. Posò la mano sul fianco dolorante, abbassando di tanto in tanto lo sguardo, quasi si aspettasse di vedere del sangue. Sentì le dita di Blaine scorrere fra i suoi capelli e si ritrovò a chiudere gli occhi involontariamente. “Dormi un po’, Kurt.” Gli sussurrò. “Ti sentirai meglio.”
A quel punto, però, Kurt si era già addormentato.
“Dorme?” Chiese Burt.
Blaine annuì. “Sembra di sì. Ha bisogno di riposo.”
“Non so nemmeno come dirtelo… Blaine, mentre stavo separando le medicine di Kurt, mi ha chiamato l’agente di polizia. Ieri notte è stato attaccato un altro ragazzo. Pensano che si tratti delle stesse persone che hanno aggredito Kurt.”
Blaine si sentì gelare il sangue. Una sensazione di freddo gli si infiltrò in tutto il corpo, per poi venire rapidamente sostituita dalla rabbia. Abbassò di nuovo lo sguardo sul suo povero, dolce, ferito Kurt. “Li hanno presi?” Conosceva già la risposta, ma doveva comunque chiedere.
Burt sospirò. “No. Il ragazzo è in coma. Potrebbe non risvegliarsi.”
Blaine strinse la mano di Kurt, in preda a emozioni confuse. Era dispiaciuto per quel povero ragazzo in ospedale. Era arrabbiato con le persone che continuavano a fare cose del genere. Era anche sollevato, così sollevato, che non fosse Kurt a essere finito in coma. Kurt era a casa e stava cominciando a riprendersi. Kurt sarebbe stato bene. Non augurava il coma a nessuno… ma era così felice che non si trattasse del suo Kurt.
"E’ successo a un isolato di distanza dal luogo in cui è stato attaccato Kurt.” Burt si massaggiò la fronte. “Non riesco a credere che avrebbe potuto toccare a lui. Non capisco. Non capisco perché le persone si comportino in questo modo… non voglio dirlo a Kurt. Non se non sarò costretto a farlo. Non voglio che si spaventi. La polizia farà meglio a prenderli.”
Non era realistico. Lo sapeva Blaine e probabilmente lo sapeva anche Kurt. Quegli uomini non sarebbero stati puniti per le loro azioni. Le probabilità che fossero presi e puniti… non erano molto alte. Non era giusto. Non era davvero giusto. Non voleva spiegare al padre di Kurt quanto fosse improbabile che gli uomini che avevano quasi ucciso suo figlio pagassero per quello che avevano fatto. “Spero che lo facciano.” Disse invece, e accarezzò i capelli di Kurt…
 
La mattina seguente Kurt stava seduto nella vasca da bagno, facendo molta attenzione a non bagnare le fasciature. Si stava rivelando un’impresa difficile. Ci sarebbero volute almeno due settimane prima che potesse farsi una doccia o un bagno senza le bende, e anche allora avrebbe dovuto fare molta attenzione.
"Va tutto bene lì dentro, figliolo?” chiese suo padre per la quinta volta in venti minuti.
“Se avrò bisogno di te, urlerò!” rispose Kurt, affondando maggiormente nella vasca. Voleva solo scivolare giù fino a lasciare fuori dall’acqua solo la testa. Non solo, ma si sentiva stupido a fare un bagno. Si sentiva come se avesse bisogno di una barchetta per giocare o qualcosa del genere. Era ridicolo, non aveva cinque anni.
Sapeva che presto avrebbe dovuto uscire dal bagno, ma stava comodo. Si sentiva molto combattuto. Il fianco lo stava uccidendo, ma odiava gli effetti collaterali degli antidolorifici. Gli mandavano la testa in confusione e si accorgeva di dire cose senza senso, ma non poteva fare nulla per impedirselo. In un certo senso era come essere in trappola. Odiava gli sguardi compassionevoli che Blaine gli rivolgeva e temeva che il ragazzo cominciasse ad averne abbastanza di lui. Dopo tutto, gli aveva detto cose abbastanza assurde. Chiedergli se era asiatico? Davvero? C’era un motivo se Kurt non aveva mai affrontato l’argomento, perché era maleducato. Non si poteva andare da una persona e chiedergli senza giri di parole se era asiatica. Beh, evidentemente Kurt Hummel sotto l’effetto dei farmaci era capace di farlo.
"Kurt, hanno detto che non puoi stare nella vasca per troppo tempo. Quindi dovresti cercare di uscire, okay?”
Kurt si lasciò sfuggire un verso di frustrazione.
“Ti ho sentito. Su, Kurt.” Sospirò Burt.
Kurt tolse il tappo alla vasca e guardò l’acqua defluire nello scarico. Quando la vasca si fu svuotata, afferrò cautamente i suoi boxer e li indossò. “Okay, papà. Sono pronto.”
Burt entrò nella stanza e afferrò un asciugamano per aiutarlo ad asciugarsi. “Ti senti meglio, figliolo?”
“Non meglio, ma più pulito.” Sospirò Kurt, sussultando quando suo padre lo tirò in piedi. “Ce la fai a uscire dalla vasca?”
“Posso provarci.” Era la prima volta in due settimane che Kurt stava in piedi e gli tremavano le gambe. Alzò la sinistra e ondeggiò leggermente, ma suo padre tenne un braccio fermo attorno alla sua vita.
"Ecco, fai passare la gamba sopra il bordo… Ci sei, bravo. Ti senti bene?”
Kurt annuì, sentendosi sbilanciato, ma abbastanza fiero di sé. Il suo orgoglio comunque ebbe vita breve. Cercò di alzare l’altra gamba ma perse l’equilibrio, cadendo addosso a suo padre.
"Stai bene? Kurt?” Chiede Burt con urgenza, sentendo Kurt urlare. “Oh mio Dio, mi dispiace così tanto!”
“Non scusarti. Carole, puoi venire qui?” chiede Burt. cercando di non alzare troppo la voce perché Blaine e Finn stavano ancora dormendo. Kurt si stava lasciando sfuggire dei gemiti, più per lo spavento che per altro.
Carole entrò di corsa nella stanza. “Oh, tesoro! Vieni, ti aiuto ad alzarti.” Si chinò, passando un braccio di Kurt sopra le proprie spalle. “Piano e con gentilezza, okay?”
Sollevò Kurt abbastanza da permettere a Burt di rimettersi in piedi e Burt tirò su Kurt con facilità e lo portò a letto. Scostò immediatamente le bende sul suo petto. “Sembra tutto a posto, Carole. Dobbiamo chiamare un dottore?”
"No, penso che finché non si strappa qualcosa sia tutto sotto controllo.” Si piegò per esaminare i punti. “No, sono a posto.”
Blaine entrò nella stanza con passo malfermo. “Cos’era quel rumore? Va tutto bene?”
“Dovete starvene tutti qui?” Chiese Kurt con impazienza. Sono praticamente nudo e la cosa si sta facendo davvero imbarazzante.”
“Kurt è caduto mentre usciva dalla vasca.” Spiegò Burt a Blaine mentre Carole aiutava Kurt a indossare un paio di larghi pantaloni di felpa.
"Questi sono di Finn, ma penso che per il momento li troverai più comodi.” Sussurrò con un tono rassicurante, poi lo aiutò a infilarsi una vecchia t-shirt. “Ecco fatto. Spostati sui cuscini e riposa. Ti fa male il fianco?”
“Non più di prima.” Sospirò Kurt. Non c’era molto di cui essere fieri. Non era nemmeno in grado di uscire da una cavolo di vasca! “Ce la faccio da solo, papà!” Esclamò quando suo padre si mosse per aiutarlo.
Burt lo guardò, ansioso. “Kurt, preferirei che mi lasciassi aiutare.”
“Non mi farò saltare un punto strisciando all’indietro!” Kurt abbassò lo sguardo sulla sua mano e sussurrò, “Mi dispiace.” Perché era così arrabbiato? Suo padre stava solo cercando di essere d’aiuto.
"Vado a prenderti le medicine.” Burt sospirò, continuando a guardare suo figlio.
“Non le voglio.”
“Kurt, devi-.” Cominciò Burt.
“Ho diciotto anni e non sono costretto a fare quello che dici!” Disse Kurt in tono di sfida. “Non mi piace prenderle. Non voglio prendere quelle. Stupide. Dannate. Medicine.”
"Cosa vuoi che ti dica, figliolo? Chiaramente vuoi qualcosa che non ti sto dando quindi smettila di comportarti come un marmocchio viziato e sputa il rospo. Siamo entrambi stanchi e bisticciare non ci porterà da nessuna parte.”
Kurt si limitò a fissare fuori dalla finestra.
“Perché non ti piace prenderle, tesoro?” Chiese Carole, sedendosi accanto a lui.
“Non lo so.” Sentì che gli occhi gli si stavano riempiendo di lacrime.
“Ti fanno male?” Lui scosse il capo. “Hai paura?” Scosse il capo di nuovo. “Bene, cosa c’è allora?”
“M-mmi fanno sentire s-strano.” Si asciugò gli occhi. “Perché cazzo sto piangendo di nuovo?” Si coprì il viso con le mani e le sue spalle cominciarono a tremare.
"Strano in che senso, tesoro?” Si stava comportando in maniera molto gentile e paziente con lui. Burt sembrava troppo frustrato persino per parlare.
“N-non lo so. M-mi fanno s-sentire strambo. E m-mi fanno male allo stomaco. S-sembro ridicolo.”
“No che non lo sembri.” Lo prese fra le braccia. “Per niente. Che altro?”
"N-non mi piace d-dire s-stupidaggini. E-e mi fanno s-sentire c-così triste e a-arrabbiato. E stanco e d-debole.”
“Tesoro, devi prendere le pillole. Una volta che ti ci sarai abituato non ti faranno più sentire strano e nel giro di due settimane cominceranno a somministrarti dei farmaci meno pesanti. Quindi non sarà una cosa duratura. Se non le prendi, soffrirai molto. Nessuno di noi vuole vederti soffrire.”
Kurt annuì appena, asciugandosi gli occhi. Guardò Blaine, con la faccia gonfia di pianto. Voleva solo che Blaine si sedesse accanto a lui e gli dicesse che tutto sarebbe andato bene.
“Perfetto.” Burt batté le mani. “Sono felice che la questione sia risolta. Vado a prendere le medicine.”
Uscì dalla stanza e Carole strinse leggermente Kurt. “Ce la farai tranquillamente, Kurt, e diventerai più forte.”
Kurt fece un sorriso forzato e si pulì il naso.
“Prima che tu te ne renda conto tornerai a scuola, poi arriverà estate e andrai al college.” Gli accarezzò i capelli bagnati. “La tua vita è appena cominciata, tesoro. Questa è solo una piccolissima battuta d’arresto in mezzo a tutte le cose meravigliose che ti succederanno. Okay?”
Annuì, cercando di ignorare il fatto che il gesto cominciava a fargli venire le vertigini. “Okay.”
Lei sorrise e lo baciò sulla guancia. “Credo che Blaine saprà consolarti un po’ meglio di me.” Si alzò. “Accomodati, tesoro.”
Blaine le sorrise debolmente e prese il suo posto. “Grazie.”
“Kurt, ti va di fare colazione?”
Kurt scosse il capo.
“Cosa vuoi che ti prepari, Blaine?” Allungò una mano e arruffò i capelli disordinati di Blaine, cogliendolo di sorpresa.
“O-Oh, sono a posto.”
"Lui ha la scusa dello stomaco disturbato. Qual è la tua?”
“Ti sta lanciando lo sguardo che riserva a Finn. Ti conviene chiederle di farti qualche toast.” Disse gioiosamente Burt, mentre rientrava con le pillole e un bicchiere d’acqua.
“Va bene un toast.” Disse a bassa voce Blaine, prendendo le pillole da Burt.
“Lasciate la porta aperta.” Ordinò Burt mentre lui e Carole si allontanavano.
“Sì, perché ci daremmo dentro come conigli.” Borbottò Kurt.
"Tieni.” Blaine gli porse le medicine e le posò sul suo palmo aperto. “Prendile.”
“Mi dispiace di averti chiesto se sei asiatico.” Sussurrò Kurt, tenendo gli occhi bassi.
“Non sei la prima persona a domandarmelo.” Il suo ragazzo rise forte.
“Davvero, non sembri nemmeno asiatico.” Brontolò Kurt, ancora imbarazzato. “Solo che alcune espressioni… A volte dico delle cose davvero stupide. E’ una bella seccatura. Mi dispiace di averti infastidito.”
Blaine gli accarezzò la schiena. “E’ adorabile, Kurt. Non mi ha dato per niente fastidio. Lo giuro. In effetti, mi ha fatto venire voglia di coccolarti.”
L’altro gli rivolse un debole sorriso, meno forzato di quello che aveva rivolto alla sua matrigna. Ingoiò le sue pillole, bevve il suo bicchiere d’acqua e si rannicchiò contro il fianco di Blaine. Il ragazzo cominciò a canticchiare a bassa voce, mentre Kurt giocava con le dita della sua mano. Con l’altra, Blaine continuava ad accarezzargli i capelli in maniera rassicurante.
“Cosa stai canticchiando?” sussurrò Kurt, chiudendo gli occhi.
"Non lo so. Stavo solo… canticchiando.” Rispose Blaine, scompigliandogli i capelli e sorridendo. Visto che probabilmente non avrebbe più avuto l’occasione di farlo senza beccarsi uno schiaffo, aveva deciso di approfittare della situazione il più possibile. Dal momento che erano bagnati, era persino in grado di farli stare su dritti.
"Smettila.” Piagnucolò Kurt. “So cosa stai facendo e non mi piace. E smettila di sorridere.”
"Mi conosci troppo bene.” Rise Blaine, piegandosi per baciarlo sulla testa.
“Aspetta solo che mi senta meglio, Blaine Anderson."
"Mi spiace, ma è difficile restare intimiditi da qualcuno con i capelli-.” Blaine fu interrotto dallo squillo del suo cellulare.
La tensione riempì la stanza. Era come se entrambi sapessero di cosa si trattava. Chi altri avrebbe chiamato Blaine così presto? Kurt si sedette lentamente e Blaine si sporse per prendere il suo telefono dal tavolino. La parola “Mamma” lampeggiava sullo schermo.
Kurt afferrò la mano di Blaine.
"Pronto?"
"Ciao, Blaine! Mi spiace disturbarti. Dev’esserci qualcosa che non va con la tua iscrizione alla UK, perché abbiamo appena ricevuto una notifica che ci informa che sul nostro conto è stato accreditato il 50% della tua retta. Dobbiamo mandarti l’avviso? "
La madre di Blaine aveva un accento pesante, ma Kurt era in grado di capire ogni parola alla perfezione.
"Blaine?"
"Mamma, sono in Ohio.”
Ci furono alcuni secondi di silenzio. Blaine si mordeva il labbro, il mento posato sul palmo della mano.
“Oh, sei andato a trovare quel ragazzo?”
“Quel ragazzo ha un nome, mamma. Si chiama Kurt.” Non sarebbe finita bene. Kurt gli strinse la mano e Blaine si sedette diritto, passandosi nervosamente l’altra mano fra i capelli. “E sono qui per restare. Mi sono ritirato dalla UK.”
Chiuse gli occhi, in attesa. Aspettando che chiamasse suo padre urlando. Non andò così. Aprì gli occhi e guardò lo schermo. Aveva riattaccato.
“Cazzo.” Fu l’unica parola che gli sfuggì dalla bocca. Beh, almeno adesso tutte le carte erano in tavola. Lo avrebbe richiamato presto, dopo essersi consultata con suo padre. Gli avrebbe fornito le stesse argomentazioni che avrebbe potuto dargli l’uomo se non si fosse sentito troppo disgustato perfino per parlare con il suo stesso figlio.
Dopo pochi minuti di silenzio il suo telefono ricominciò a squillare.
“Blaine, tua nonna sta chiamando il rettore. Devi tornare a scuola.”
“Mamma, non ho intenzione di farlo.” Chiuse gli occhi. Sentì la mano di Kurt accarezzargli la schiena con piccoli movimenti circolari.
"Ma tu devi tornarci! Lo sai quanto costano le tasse fuori dallo stato, Blaine? Sai cosa dirà tuo padre? Cosa dirà tua nonna? Blaine, è in corsa per un seggio al Senato. Non puoi farle questo! "
Carole entrò silenziosamente nella stanza con il suo toast. Kurt formò qualcosa con le labbra e lei annuì, posando il piatto.
“Non sto facendo niente alla nonna e non me ne potrebbe fregare di meno di quello che dirà papà.” Sua madre cominciò a urlare in un misto di cinese e inglese. Quando Burt entrò, Blaine si stava colpendo la fronte. “Mamma… mamma… mamma, potresti stare zitta?”
Kurt sobbalzò quando la donna cominciò a urlare perfino di più, ma Blaine non sembrava per nulla turbato.
"Con chi sta parlando?” Bisbigliò Burt, nonostante la donna stesse gridando così forte che non avrebbe comunque potuto sentirlo.
“Sua madre.” Sussurrò Carole di rimando e si sedette, posando una mano sul ginocchio di Blaine.
"Non mi interessa della sua stupida campagna, mamma! Non me ne potrebbe fregare di meno se nonna fosse candidata alla presidenza degli Stati Uniti. No, non mi metterò a parlare in cinese perché non voglio! Non posso semplicemente tornare saltellando alla UK. Mi sono ritirato. E non ti azzardare a tirare fuori la Dalton perché è semplice-”
"E’ colpa di quel ragazzo! Quel ragazzo! Ti ha fatto il lavaggio del cervello!”
Blaine sembrava sul punto di lanciare il telefono, ma Carole gli diede una pacca sulla gamba. “Tutto questo non ha niente a che vedere con Kurt e smettila di chiamarlo ‘quel ragazzo’.” Parlò con calma. Se ci fosse stato Kurt al telefono, non sarebbe rimasto altrettanto tranquillo.
"Quella scuola! Quel campo avrebbe dovuto fermare questa cosa! Abbiamo speso venticinquemila dollari per mandarti là per tutte quelle estati e tu cos’hai fatto? Ti sei fatto spedire a casa perché-”
La reazione di Blaine fu istantanea. Chiuse di colpo il telefono con mano tremante. Non se lo aspettava. Forse da suo padre, ma non da lei. Aprì di nuovo l’apparecchio e premette il tasto di accensione, spegnendolo immediatamente. Kurt gli stava ancora accarezzando la schiena, Carole aveva ancora la mano posata sul suo ginocchio e Burt se ne stava appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto, apparentemente furioso.
Kurt si chinò, facendo aderire il petto contro la sua schiena, e lo abbracciò da dietro. Blaine si appoggiò leggermente a lui, facendo attenzione a non sfregare contro il suo fianco sensibile. Kurt non sapeva cosa dire, ma si ritrovò a chiedersi cosa dovesse fare esattamente una persona per essere cacciata da un campo orrendo come quello. Dato il modo con cui gli occhi di Blaine si erano spalancati e la velocità record con cui aveva chiuso la chiamata, si trattava chiaramente di qualcosa che non voleva rendere noto né a lui né alla sua famiglia. Lo baciò sulla nuca, sull’orecchio, cercando di confortare il ragazzo che aveva passato ogni singolo minuto delle ultime due settimane facendo altrettanto con lui.
"Sto bene.” Rispose bruscamente Blaine, posando il telefono.
“Richiamerà.” Sussurrò Kurt.
"Lo so."
"Devi solo lasciare il telefono spento. A questo punto, qualunque cosa abbiano da dire può aspettare.” Commentò Burt in tono burbero. “Quel che è fatto è fatto e non possono costringerti a tornare in Kentucky. Non so chi si creda di essere tua nonna, ma non ha controllo sui college in altri stati.”
Blaine annuì, inspirando profondamente.
“Mangia il tuo toast.” Carole gli arruffò i capelli e uscì dalla stanza con Burt, chiudendo la porta silenziosamente.
"Blaine, c—" Cominciò piano Kurt. Non era mai stato il genere di persona che faceva pressione sugli altri per ottenere informazioni. D’altro canto non si era mai reso conto che c’erano informazioni troppo importanti per essere nascoste.
"Ora come ora non voglio parlarne.” Lo interruppe Blaine. Non sembrava arrabbiato o insofferente. Non c’era durezza nella sua voce. Sembrava solo agitato e triste.
“Sdraiamoci.” Kurt si lasciò scivolare giù, sussultando leggermente.
“Su, lascia che ti aiuti.” Blaine gli offrì un piccolo sorriso e lo aiutò gentilmente a sdraiarsi. Al momento non poteva preoccuparsi dei suoi genitori. Sapevano che Kurt viveva a Lima, ma non sapevano in che parte della città. Non conoscevano nemmeno il suo cognome, quindi non correva il rischio che si presentassero al garage. No. Ora come ora doveva occuparsi di Kurt, che di sicuro a breve avrebbe cominciato a sentire gli effetti delle sue medicine. Il suo ragazzo sarebbe stato decisamente più felice se fosse riuscito a farlo addormentare prima del manifestarsi degli effetti collaterali. “Sei comodo?”
"Mhmm. Sdraiati accanto a me.” Kurt sollevò le coperte.
In condizioni normali Blaine avrebbe protestato, dichiarando che Burt non avrebbe gradito. Ma fece come gli era stato chiesto, spostandosi più vicino a Kurt. Kurt gli prese le mani fra le sue sotto le coperte e posò la testa sul suo petto.
“Sei sicuro di stare bene?” Gli chiese, completamente dimentico di quanto sconvolto fosse lui stesso solo venti minuti prima. Era buffo. Si preoccupava per Blaine esattamente come Blaine si preoccupava per lui.
Blaine annuì e posò il mento sulla testa di Kurt. “Su. Mettiamoci a dormire prima che quelle medicine facciano effetto.”
Kurt annuì e chiuse gli occhi. La stanza era silenziosa e la testa di Kurt si sollevava con ogni respiro di Blaine. Mentre ascoltava il battito del suo cuore, sentiva le sue dita accarezzargli i capelli. Un quarto d’ora dopo, sospirò. “Blaine, non riesco a dormire.”
“Perché no, tesoro?” Blaine lo baciò sulla testa.
"Non lo so…” Si spostò e si rannicchiò più vicino a lui. Tacque, ma passò i minuti successivi muovendosi e cercando una posizione comoda. Di solito quando si sdraiava accanto a Blaine, Kurt trovava subito la posizione perfetta. “Perché?” Gemette. Si sentiva assonnato, chiudeva gli occhi, ma qualcosa dentro la sua testa gli diceva APRI GLI OCCHI KURT e lui obbediva. Man mano che il tempo passava, diventava sempre più irrequieto e si lasciava sfuggire versi di frustrazione.
Blaine si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia, poi cominciò a canticchiare sommessamente. Kurt non aveva mai sentito quella canzone, ma come al solito la voce dell’altro era così bella che si sentì sciogliere. Continuava ad aprire e chiudere gli occhi, ma quelli di Blaine non lo abbandonarono mai. A metà del secondo ritornello le sue mani finalmente si rilassarono e cominciò a russare quasi impercettibilmente.
Blaine si sdraiò di nuovo al fianco di Kurt, facendo attenzione a non disturbarlo. Kurt si mosse appena, ma non si svegliò. Sbadigliò e guardò l’orologio. Erano solo le nove del mattino. Forse avrebbe seguito l’esempio di Kurt e sarebbe tornato a letto. L’alternativa era starsene seduto per ore nel terrore del prossimo incontro con i suoi genitori. Dormire sembrava decisamente l’opzione migliore, quindi chiuse gli occhi e si lasciò scivolare nel sonno.

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