Arashi in Love

di Sayumi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'incubo di sempre ***
Capitolo 3: *** Chiudere con il passato ***
Capitolo 4: *** Un grosso sbaglio ***
Capitolo 5: *** Punizione con Sachiko ***
Capitolo 6: *** Telefonata ***
Capitolo 7: *** Il coraggio di dirti addio ***
Capitolo 8: *** Rosso Scandaloso ***
Capitolo 9: *** Ti stavo aspettando ***
Capitolo 10: *** Festa di compleanno ***
Capitolo 11: *** Fiori rossi, fiori blu ***
Capitolo 12: *** Odio San Valentino! ***
Capitolo 13: *** Rivale ***
Capitolo 14: *** Venerdì 17 ***
Capitolo 15: *** Forse un nuovo inizio ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Note di quella pazza autrice di nome Sayu:

Cari lettori, che dire… sono tornata con una nuova fic! Non ho la più pallida idea di come possa essere, alla fine siete voi che dovete dirmi che ne pensate no? :P

Vabbè tralasciando questo passiamo alla presentazione:

Arashi è una ragazza Italo-giapponese… normalissima, un solo fidanzato, con il quale è finita pure male… (anche se non vi dico come) e presto avrà a che fare con una sua vecchia conoscenza… Per chi ama le storie romantiche… ma non troppo…

Se vi va lasciatemi un commento!

Buona lettura!

Prologo

Infilo le scarpe mentre mi appoggio al mio armadietto. L'inizio delle lezioni è ancora lontano, ma come sempre, anche il primo giorno di scuola dell'ultimo anno del Liceo, sarò la prima ad entrare in classe. E' un record che mi riconoscono sempre.

La divisa nuova era ancora calda, mia madre aveva deciso di stirarla prima di farmi uscire di casa, era una donna strana, mia madre intendo. Non era Giapponese, e questo spiegava il biondo dei miei capelli, che molti credevano fosse dovuto a qualche tintura. Io ero nata in questa terra, seppure parte delle mie origini provenivano dall'altra parte del mondo, dall'Italia precisamente. I miei genitori si erano conosciuti a Tokyo, quando mia madre si era appena laureata all'accademia di belle arti. Come regalo aveva deciso di partire per il Giappone, aveva persino imparato a parlare la nostra lingua da sola, quando abitava ancora con i suoi. Poi conobbe mio padre, un totale impiastro lo definì al primo incontro, ma dopo una serie di strani incontri voluti dal destino si erano innamorati.

A volte il destino è proprio strano.

Sta di fatto che io resto la più piccola di tre figli. I miei fratelli più grandi, gemelli identici come gocce d'acqua, si erano iscritti da poco all’università adiacente alle stesse scuole superiori. Tutti e tre avevamo preso l'intelligenza di nostra madre, il che spaventava spesso papà. Sosteneva che continuando di quel passo non sarebbe più riuscito a capirci.

Comunque, finalmente tornavo a scuola, potevo riprendere a sentire tutti i miei compagni, il profumo del cancellino sulla lavagna, l'odore delle siepi appena tagliate... tutti elementi della scuola che adoravo.

Come ogni anno eravamo stati cambiati di classe. Poco prima di salire per le scale e raggiungere il famosissimo terzo piano, quello dei sempai, andai sui tabelloni a guardare la mia classe. Era ancora tutto deserto. Non c'era nessuno ad eccezione del responsabile della segreteria, dietro il solito sportello a leggere il giornale con la musica sparata nelle orecchie.

Controllai velocemente i nomi...

Arashi Nokaze... il mio nome era nell'elenco degli alunni della 3 sezione C.

Non badai alle altre persone in elenco, preferivo avere sorprese nei compagni di classe, mi piacevano gli imprevisti.

Salii le scale con la mia borsa e finalmente riuscii a raggiungere la porta della mia nuova aula. Lasciai scorrere il pannello davanti a me e mi trovai i 26 banchi vuoti tutti perfettamente allineati davanti alla cattedra.

Mia madre volle a tutti i costi farmi frequentare un liceo privato, certo i soldi a casa non mancavano date le sue continue opere vendute che viaggiavano per il mondo. Tuttavia ogni tanto mi capitava di odiare gli atteggiamenti snob e presuntuosi di molte mie compagne.

Mi sedetti tra i banchi in mezzo nella fila vicino alla finestra, tanto poco avrebbe importato, quando sarebbe arrivato l'insegnante ci avrebbe sicuramente spostato, come da tradizione. Sostenevano che fosse un modo per unire gli studenti.

Sistemai il calzino bianco della divisa e mi sedetti appoggiando al lato del banco la cartella. La gonna di quel liceo la detestavo da sempre! Era così corta! Mia madre diceva che mi stava divinamente, e che ero fortunata a potermela permettere... ma a volte non erano belli i commenti che si ricevevano.

Ero decisamente assorta dai miei pensieri quando sentii la porta aprirsi nuovamente.

Vi entrarono due ragazzi e una ragazza, che pareva si conoscessero da tempo. Non avevo idea di chi fossero, ma presto o tardi li avrei conosciuti.

-Buongiorno- mormorai sorridente ai nuovi arrivati.

Uno dei due ragazzi, alto e dai capelli neri a caschetto mi sorrise ricambiando il saluto. Altrettanto fece la ragazza, dai lunghi capelli corvini e un viso stupendo e curatissimo, mentre il terzo elemento mi scoccò un'occhiata di astio, aveva qualcosa di familiare, ma non riuscii a capire il quel momento cosa fosse.

-Non badare a Kin-san! Oggi è di pessimo umore!- sorrise la ragazza cordiale. -comunque piacere di conoscerti, io sono Mariko Neko- fece un leggero inchino per poi sedersi dietro di me.

-Io invece sono Riuji Nagase- fece un cenno con la mano il moro. -Mentre lui è Kintaro Yukame- disse indicando il terzo, eppure quel nome mi suonava familiare...

-Piacere di conoscervi! Il mio nome è Arashi Nokaze!- esclamai facendo un lieve inchino dopo essermi alzata dalla sedia.

Ben presto arrivarono anche gli altri compagni di classe, scoprii che gran parte delle mie migliori amiche erano state messe in un'altra sezione. Solo Fumiko Kato, una vecchia compagna di classe rientrava tra le persone che conoscevo.

Poi fu il momento dell'appello e l'assegnazione dei posti a sedere.

Finii involontariamente a stare nell'ultimo banco in fondo della prima fila vicino alla finestra, davanti a me stava il tizio con il muso lungo di prima, Kintaro. Al mio fianco invece c'era un ragazzo con un'acne terrificante i capelli unticci e due occhiali spessi quanto il banco su cui sedevo.

Dopo il termine delle lezioni del pomeriggio fui invitata da Mariko a pranzare con lei, che, in compagnia di Riuji-kun si rivelò una compagna davvero gradevole.

La sala mensa era come sempre affollatissima, ma la maggior parte dei posti era prenotato.

Una volta trovato il tavolo libero ci sedemmo.

Per la prima volta a pranzo, dopo mezz'ora il ragazzo taciturno che non faceva che fissarmi, si decise a parlare.

-Ma i tuoi capelli li tingi?- chiese lasciando tutti a bocca aperta.

-No... sono naturali- dissi con sicurezza.

-Impossibile! Non esistono giapponesi con i capelli biondi!- disse acido.

-Infatti non sono propriamente giapponese...- lo guardai accigliata, irritata da quei suoi modi di fare burberi.

Mariko si intromise nella conversazione -Non si direbbe che sei per metà straniera! Parli benissimo e senza accenti...- commentò quasi entusiasta.

-Io sono nata e cresciuta qui... ma mia madre è italiana...- dissi con tranquillità rivolta verso di lei.

-Quindi sei stata in Italia!- chiese entusiasta Riuji -Mi piacerebbe poter vedere Milano!- esclamò.

-Mia madre è cresciuta e si è laureata a Milano.... è molto diversa da qui, ma il Duomo vale la pena vederlo- sorrisi.

Dopo di che la conversazione ripiegò sui viaggi compiuti da Riuji e da Mariko. Keitaro aveva ripresto a stare in silenzio.

Al termine delle lezioni decisi di prendermela comoda, tuttavia i miei due adorati fratelli.... se così si possono definire, decisero di venirmi a prendere.

Sarebbe stato divertente se fossero stati due normalissimi studenti universitari... ma da mia madre, oltre l'intelligenza avevano ereditato anche una cosa molto particolare.... il modo di vestire!

Stavo camminando tranquillamente con Mariko mentre mi si fecero incontro.

-Cosa sono quei due... sono troppo conciati!- esclamò lei guardandoli.

Erano Kamui e Shin'ichi. Kamui, il più passo dei due aveva pantaloni stracciati, anfibi e una maglietta nera lunga che ricadeva sul fisico decisamente magro e alto, a differenza di me avevano preso da mio padre tutta l'altezza. Shin invece era più sportivo con pantaloni larghissimi e una felpa altrettanto enorme.

Li vidi puntare verso di me.

-Ehm.... Ragazzi... ci vediamo domani...- mormorai un po' imbarazzata andando loro incontro. Li vidi con le facce spalancate. Quando li raggiunsi li presi per le orecchie e li trascinai fuori dal cancello strillando: -COME DIAVOLO VI PERMETTETE DI VENIRE COSI’ CONCIATI! ASPETTATE CHE LO DICA A MAMMA POI VEDETE!- credo che tutto il cortile mi sentì in quel momento.

Avevo appena varcato il cancello quando ad un certo punto sentii la voce di Kintaro chiamare il mio nome.

-Ehi! Nokaze!- portava le mani alla bocca per farsi sentire meglio. -Ti si vedono le mutande!-

Tutti si voltarono verso di me e istintivamente lasciai i due coprendomi il fondoschiena. In realtà non si vedeva assolutamente niente.

-Ehi Arashi-chan, ma quello non è Yukame?- chiese Kamui guardandolo da lontano.

-Si Kamu-chan ha ragione, quello è proprio Yukame- confermò Shin-chan.

-Come diavolo fate voi due a conoscerlo- dissi riprendendomi e lanciando occhiatacce a tutti quelli che stavano ancora ridendo nel cortile.

-Come non ti ricordi? Alle medie ti prendeva sempre in giro, poi si trasferì se non ricordo male.- disse Kamui.

Un lampo mi attraversò la mente. Finalmente capii cosa c'era in quel tizio di familiare.

La mia mente lo aveva rimosso per smettere di pensare a tutte le torture che mi aveva procurato anni prima. un brivido di freddo mi salì lungo la schiena.

"Come ho potuto dimenticarmi di lui.....?"

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Capitolo 2
*** L'incubo di sempre ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 1

-L'incubo di sempre...-

Yukame Kintaro... come descriverlo? Direi, esuberante, estroverso, simpatico, gentile, garbato, intelligente.... con tutti ad eccezione di una singola persona. Me.

Certo perchè Kintaro aveva un odio particolare nei miei confronti, misto ad una pura rivalità sul campo, che durava dalla scuola materna. Senza contare la sua particolare adorazione per le torture... esercitate sulla sottoscritta.

In breve, era il mio incubo dal primo momento in cui l'ebbi conosciuto a tre anni. Da allora riuscii a tirare sospiri di sollievo solamente nel corso delle superiori. Sapevo benissimo che andando in una scuola privata non ci sarebbero stati pericoli di averlo nuovamente tra i piedi, evidentemente mi sbagliavo.

Salii con passo pesante le scale che portavano al terzo piano. La nostra nuova aula si trovava in fondo al corridoio, la prima sulla sinistra.

Già lo sentivo ghignarsela alle mie spalle. Mi chiedevo solamente come diavolo era successo... cosa ci faceva in quella scuola!

Aprii in modo decisamente poco ortodosso la porta d'ingresso.

Ma un'altra sorpresa mi stava attendendo.

Kaji.

Imprecai sotto voce, maledicendo quel giorno.

Lo guardai rimanendo immobile, Kintaro alle mie spalle continuava a spingere per entrare, ed essendo solamente di poco più alto di me faticava a vedere il perchè di quel blocco.

-Ciao...- mormorò sorridendomi, come per iniziare un discorso.

Lo ignorai ed andai a sedermi dall'altra parte della classe.

-Era ora che ti muovessi!- mormorò Kintaro mentre finalmente entrava in classe con tutta la sua poca finezza. -Tu chi sei?- chiese dimenticando le buone maniere a Kaji.

L'altro lo guardò con sufficienza. -Tu devi essere il nuovo rappresentate, Yukame, dico bene?- chiese con tono di superiorità.

-Si, ti crea problemi la cosa?- rispose il primo passandosi una mano tra i capelli nerissimi.

-No, certo... comunque sono Norimogase Kaji- si presentò con un ghigno stampato in faccia. -Arashi-chan, passato bene le tue vacanze in Italia?- chiese poi rivolto a me.

Mi limitai a fissarlo e ignorai totalmente le domande che Kintaro mi faceva con lo sguardo.

-Non dirmi che sei ancora arrabbiata per quella storia?!- chiese quasi indignato dal mio comportamento. -Ti ho detto che hai frainteso! Se solo avessi risposto al telefono quando ti ho chiamato...- iniziò lui.

-Un po' strano come fraintendimento quello! Vai a raccontare le tue frottole a qualcun'altro- sibilai guardandolo malissimo.

Vidi Kintaro sedersi di fronte a me, così come aveva sempre fatto durante gli anni trascorsi.

-Ara-chan, si può sapere chi è quello?- mi sussurrò, seppur consapevole che Kaji avesse sentito il tono confidenziale con cui parlava.

-Ara-chan? Con che diritto dai tanta confidenza...?- chiese lui cogliendo a pieno la provocazione.

-Si da il caso che siamo cresciuti assieme io e lei- sorrise perfido in direzione di Kaji. -E siamo sempre stati "intimi" noi due...- aggiunse in tono decisamente provocatorio.

Mi sentivo presa in mezzo tra due fuochi, non intendevo permettere comunque che fossero dette simili cose sul mio conto.

-Non siamo affatto intimi idiota!- sibilai lanciandogli uno scapellotto sulla nuca.

-Dai su non mentire! Siamo sempre stati fatti l'uno per l'altra- mi scoccò un bacio soffiando sulla mano. -Comunque da quando in qua porti le mutandine colorate? Prima le portavi solo bianche...- mormorò sorridendo perfido.

-Maniaco come ti permetti!- mi alzai di scatto dal banco sbattendo le mani e procurando un fastidioso rumore sul pavimento.

Lui scoppiò a ridere, Kaji invece pareva furente.

Poco dopo entrarono altri nuovi compagni e fu il tempo di iniziare la lezione. Come rappresentanti degli studenti toccò per primi a me e a Kintaro fare le presentazioni.

Al termine delle lezioni mattutine finalmente riuscii a scappare durante la pausa pranzo.

Come al solito mi rifugiai al mio luogo segreto, sul tettuccio della terrazza. Difficilmente mi si vedeva, a meno che non si era alti tre metri. Il che lo rendeva un posto sicuro.

Ma evidentemente non lo era abbastanza. Avevo dimenticato che spesso Kaji vi si rifugiava con me.

-Chi è quel bamboccio?! Come si permette di comportarsi così!?- sbottò decisamente furente una volta che salì anch'esso sul tettuccio.

-Vattene...- sibilai.

-Non finché non mi dirai chi è quello!- rispose lui alzando la voce.

-Abbassa quel tono, e comunque l'hai sentito no? E' un mio vecchio compagno di classe.- sbottai sperando che si decidesse ad andarsene.

-Mi sembra parecchio affiatato, cos'è stavate assieme per caso?- chiese decisamente innervosito.

-No, e comunque anche se lo fosse non vedo come potrebbe preoccuparti la cosa- conclusi incrociando le braccia.

-Mi preoccupa eccome! Sono il tuo ragazzo!- rispose lui alzando la voce, poi un rumore fece scricchiolare la porta che dava sulla terrazza. Poi tornò il silenzio.

-Non sei affatto il mio ragazzo!- strillai di rimando, notando che nessuno era entrato in terrazza.

-Si che lo sono! Non puoi decidere da sola cosa fare del nostro rapporto!- rispose lui avvicinandosi e prendendomi per il braccio.

-Da che pulpito... lasciami, mi fai male.- sibilai cercando di liberarmi dalla stretta.

Pochi secondi e mi ritrovai schiacciata dal suo peso lungo il tetto. -Ti ho detto di lasciarmi!- strillai più forte.

Mancava ancora troppo alla campana e di certo non ci avrebbe sentito nessuno... sentii la sua mano scivolarmi sotto la gonna e istintivamente chiusi le gambe per impedirgli di proseguire.

Poi sentii soltanto un'ondata di acqua gelida colpirmi la faccia e qualcosa che trascinava Kaji lontano da me. Quando riuscii a recuperare la vista, scostando i capelli fradici dagli occhi, vidi Kintaro trascinare per il bavero della giacca Kaji.

-Non hai sentito cosa ha detto Ara-chan?- chiese in tono serio all'orecchio di lui, mentre si piegava sulle ginocchia.

-Vattene al diavolo!- sibilò Kaji che subito dopo scese dal tetto per andarsene.

-Tutto bene Ara-chan?- chiese questa volta rivolto a me.

-La secchiata potevi risparmiartela...- sibilai guardandolo torva. Avevo la divisa completamente inzuppata.

-Mmm... sei decisamente cambiata...- il suo tono era malizioso quando, nel seguire il suo sguardo notai cosa stava fissando. Abbassando il capo notai immediatamente che la camicia era diventata trasparente.

-Ti disintegro!- strillai iniziando a rincorrerlo per il terrazzo.

-Prego, è stato un piacere aiutarti- rispose lui iniziando a scappare.

Al suono della campana ero ancora completamente fradicia. Fortunatamente quel pomeriggio avevo la lezione di educazione fisica e mi ero portata la tuta.

Quando le altre ragazze mi videro entrare nello spogliatoio strillarono fingendo un tono preoccupato.

-Nokaze! Come mai sei così fradicia?- chiese una di loro, Mariko.

-Qualche deficiente ha voluto giocare con i gavettoni.- risposi togliendomi i vestiti bagnati e riponendoli sperando che si asciugassero entro la fine dell'ora.

-Anche Norimogase è tornato in classe fradicio come te, è stato lui forse?- chiese un'altra ragazza.

-No... è stato qualcun'altro....- sibilai cercando di chiudere il discorso.

-Ma è vero che stai con il compagno Kaji-san?- chiese nuovamente Mariko, cambiando argomento.

-No, ci ... ci siamo lasciati tre settimane fa- mormorai.

-Allora non ti dispiace se mi dichiaro vero?- chiese subito dopo in tono disinvolto.

-Certo fai pure- risposi indossando la tuta.

-Però c'è da dire che quest' anno abbiamo dei compagni davvero carini! Anche Yukame, è intelligente e pure bello!- commentò un'altra ragazza.

-Yukame? Quello sgorbio?- pensai a voce alta.

-Ma scherzi! Non hai visto che fisico? E poi quegli occhi così penetranti.... è così adorabile, e poi sembra un tipo sportivo!- continuò la ragazza in tono sognante.

Alzai le spalle mentre le altre cominciavano a passare in rassegna i nostri nuovi compagni.

Poi mentre mi stavo legando i capelli Mariko mi si avvicinò.

-A te non piace nessuno?- chiese in tono forse troppo invadente.

-Al momento no, non voglio storie...- risposi un po' seccata.

-E' per la storia con Kaji? Si dice che ti abbia scaricata senza motivo...- rispose lei pettinandosi.

-Stai scherzando? Chi ti ha detto questa scemenza?- risposi guardandola scioccata.

-Ma come, lo sanno tutti quanti a scuola!- esclamò lei con naturalità.

-Buffò, che certe voci girino tanto in fretta... peccato che non siano affatto vere...- risi acida.

-Perchè, come è andata veramente?- chiese lei stupita.

Poi chiusi l'armadietto di botto. -Prova a chiederlo a Sachiko Ueda della F, forse lei ti saprà spiegare i dettagli di quando l'ho beccata a farsi il mio ragazzo nel ripostiglio delle scope lo scorso semestre.- sorrisi per poi uscire dallo spogliatoio lasciando tutte quante a bocca aperta.

**********************
Ecco a voi il secondo capitolo… Più o meno aggiornerò con la periodicità di circa tre giorni. La storia è già stata terminata quindi saranno pubblicazioni regolari diciamo XD.

Piuttosto, ringrazio chi sta leggendo la fic, sperando che resisterete fino all’ultimo:P

In particolar modo grazie a bamboladipezza e a Hatori per i loro commenti!! ^_^

Al prossimo capitolo ciao!!

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Capitolo 3
*** Chiudere con il passato ***


*Arashi in Love*

Ecco a voi il terzo capitoletto… ringrazio anticipatamente chi lo leggerà e chi invece ha letto i precedenti capitoli spero non m’abbandoni… Vi lascio alla storia^^

*Arashi in Love*

Capitolo 2

-Chiudere con il passato-

La Ueda, dopo la mia affermazione fatta nello spogliatoio fu guardata male da molti a scuola. Ma sinceramente dopo quello che mi aveva fatto non mi preoccupava affatto come l'avrebbero trattata.

Dopo una settimana, riuscii a recuperare il mio solito ritmo scolastico, e stranamente mi ero anche abituata alle frecciatine che Kintaro mi lanciava durante le lezioni, senza preoccuparsi di quello che il professore poteva pensare. A me bastava studiare e mi sentivo in pace.

Stranamente non aveva ancora incominciato con i suoi soliti scherzi. In compenso Kaji doveva essere venuto a sapere della notizia "dello spogliatoio" perchè non mi rivolgeva la parola da giorni. In compenso non credo che Mariko si fosse dichiarata dopo aver saputo la notizia.

Entrai come sempre in classe aprendo la porta e trovandomi davanti uno spettacolo insolito.

Sachiko Ueda si era presentata davanti a me, e nell'attesa si era fermata a parlare con Kintaro.

Li ignorai deliberatamente, ma evidentemente non mi era concesso tale privilegio.

-Sei tu la Nokaze?- chiese la Ueda in tono sprezzante.

-Dipende da chi mi cerca- sorrisi acida.

-Sei una stronza! Per causa tua adesso nell'istituto credono che sia una facile!- sbottò arrabbiata.

-Ah davvero?- feci un finto tono di stupore.

-Non fare la finta tonta! Perchè sei andata in giro a dire di quella volta?!- tirò a se il banco invitandomi ad alzarmi e a guardarla.

-Perchè qualcuno... si è divertito a raccontare palle sul mio di conto.... per cui mi hanno chiesto la verità, io l'ho resa pubblica, non è certo un reato dire la verità- risposi acida, ma ancora tranquilla.

-La tua è diffamazione!- scoppiò lei.

In tono piatto risposi a mia volta -Non cercare scuse per il tuo comportamento, se qualcuno dovrebbe arrabbiarsi, quella dovrei essere io- la guardai.

-Vuoi davvero sapere perchè me la facevo con il tuo ragazzo?- rispose acida, mi limitai a fissarla con occhi di ghiaccio. -Perchè tu non sei stata capace di soddisfarlo a dovere!- aggiunse in tono saccente.

-Se tu sei abituata a scoparti tutti i tuoi fidanzati dopo due mesi che ci stai assieme, allora sappi, che non tutte sono come te... e io sono tra queste ultime- sorrisi in tono perfido, invitandola ad uscire dall'aula.

Lei non fece problemi a seguire il consiglio ma prima di uscire si preoccupò di precisare che me l'avrebbe fatta pagare cara.

Rimasi sola in classe con Kintaro, prima dell'inizio delle lezioni mancava ancora una mezz'ora.

-Quest'oggi abbiamo il primo turno di pulizie- iniziò lui, osservandomi mentre prendevo i quaderni dalla cartella e iniziavo a ripassare per la lezione.

-Va bene- risposi sfogliando le pagine.

-Dopo hai da fare?- chiese in tono tranquillo.

Alzai lo sguardo per vederlo e mi fissava attendendo una risposta. -No, perchè?- chiesi.

-Ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa?- aggiunse sorridendo.

-Yukame, mi stai forse chiedendo di passare un'intera serata con te?- alzai un sopracciglio stupita.

-Piantala di chiamarmi per cognome, chiamami Kin-Chan, e comunque si... hai capito benissimo- sorrise.

-A cosa è dovuto questo enorme cambiamento?! Credevo mi odiassi!-esclamai divertita.

-Non ti ho mai odiato... lo sai...-Sorrise ambiguo abbassando lo sguardo. -Allora?- rialzò gli occhi per scrutarmi.

-Ok- risposi, senza nemmeno pensarci troppo.

Le lezioni trascorsero velocemente e presto venne il turno delle pulizie, oltre a me e a Kintaro c'era di turno anche Kaji. Il silenzio restava nell'aria mentre mi occupavo della lavagna e della cattedra, gli altri due pulivano i pavimenti e i banchi.

-Ara-chan, ti manca molto?- chiese Kintaro appoggiato allo spazzolone, in attesa di metterlo via.

-Adesso arrivo...- mormorai riponendo i gessetti in ordine nel cassetto.

Kintaro andò a riporre il materiale nel ripostiglio mentre rimasi nella classe con Kaji, senza fiatare mi diressi a prendere le mie cose prima di andare.

-Esci con quello?- chiese Kaji infrangendo quel silenzio lugubre.

-Non ti riguarda- risposi secca per poi uscire dall'aula prendendo anche la giacca e la cartella di Kintaro.

Una volta raggiunto scendemmo nel cortile per poi uscire verso la metro.

-Dove mi porti?- chiesi curiosa sedendomi in un posto appena liberatosi.

-Hanno aperto da poco un ristorante specializzato in Okonomiyaki- rispose lui.

Sorrisi e cominciammo a parlare del più e del meno.

La serata trascorse piacevolmente.

-Si è fatto buio, hai avvisato i tuoi?- chiese lui. Annuii con il capo.

-Ti accompagno, ti spiace? Tanto sono di strada- rispose di rimando e camminandomi di fianco, con la cartella sulla spalla.

-No figurati...- rimasi in silenzio cercando di stare al suo passo. -Kintaro...?- lo chiamai attirando la sua attenzione.

Lo vidi voltarsi verso di me e sorridere, in quel momento mi sembrò così strano chiamarlo per nome, e soprattutto per intero. Allo stesso tempo cominciai a capire perchè le mie compagne lo trovavano tanto carino. Era cambiato decisamente dalle scuole medie.

Ora era più alto di me di diversi centimetri, mentre un tempo ero io quella che lo guardava dall'alto al basso. I capelli neri gli facevano risaltare il volto dai lineamenti molto fini, tipicamente orientali, completati da due occhi scuri a mandorla. Sorrisi al pensiero dei commenti di mia madre, che sicuramente l'avrebbe incastrato per un suo ritratto.

-Cosa c'è?- chiese lui vedendomi assorta nel contemplarlo.

-Perchè ti sei iscritto alla mia scuola?- chiesi.

-Perchè mi annoiavo nell'altra senza di te...- sorrise per poi arrestarsi e fermasi a guardarmi.

C'era qualcosa di strano, qualcosa di diverso nel suo sguardo, o forse, più semplicemente lo vedevo per la prima volta. Vidi il suo volto avvicinarsi al mio, non so per quale motivo ma istintivamente chiusi gli occhi. Lo sentii sfiorare la pelle della mia guancia con le labbra.

Quando riaprii gli occhi lui si era allontanato e sorrideva divertito. Poi mi prese per mano e mi trascinò di nuovo lungo la via.

Arrivammo alla stazione per prendere il treno, fortunatamente l'orario di punta era passato da un pezzo ed era possibile sedersi lungo i posti disponibili.

Restammo a chiacchierare per diversi minuti fino all'arrivo della mia fermata.

-Devo andare...- mi alzai avviandomi alla porta automatica, poco prima dell'arrivo.

-Mi è piaciuta questa serata, dovremmo sperimentare cose simili di nuovo- sorrise accompagnandomi. -Quando non ti arrabbi potresti essere definita "quasi adorabile!- ammiccò.

-Io Sono adorabile!- risposi indignata incrociando le braccia.

Lui mi prese il volto tra le mani e mi scoccò un altro bacio sulla guancia, sorrisi a quel tocco e poi lo salutai nello scendere dal treno, appena arrivato.

Vidi chiudersi davanti a me le porte mentre lui salutava ancora con la mano. Il treno ripartì nella sua corsa.

Mi voltai per tornare a casa e attraversai il passaggio per uscire dalla stazione mostrando la tessera dell'abbonamento.

Iniziai a salire le scale per uscire dal sotterraneo quando mi trovai di fronte Kaji. Aveva le mani in tasca e un berretto in testa, non aveva la divisa, evidentemente era tornato a casa a cambiarsi. Mi chiesi per la prima volta quanto tempo fosse passato in compagnia di Kintaro. Guardai l'orologio e mi accorsi che si erano fatte le 10.30. Camminai salendo i gradini ignorando totalmente la sua presenza.

-Sai che è proibito uscire con qualcuno con addosso la divisa senza il consenso della presidenza?- chiese lui in tono acido sperando di fermarmi. Ma continuai a camminare senza voltargli le spalle. -Mi hai sentito?- insistette.

-Si ti ho sentito... e sai che ti dico, la tua è solo una scusa- non mi voltai nemmeno nel dire quelle parole.

-E va bene è una scusa! Sta di fatto che non sopporto che tu esca con qualcuno!- rispose lui di botto.

Ripresi a camminare. Sentii alle mie spalle i suoi passi seguirmi. -Io esco con chi mi pare- risposi secca.

-No che non lo fai!- mi prese per un braccio costringendomi a guardarlo. In quel momento mi parve come qualcosa di repellente, che non volevo mi toccasse.

-Lasciami in pace- risposi liberandomi dalla stretta.

-Cosa ci trovi in quel bamboccio!?- mi strillava contro, il che lo rendeva ancora più insopportabile.

-Mmmm vediamo, non sta con me solo per portarmi a letto?- lo guardai per la prima volta, ora decisamente arrabbiata.

-Io non... - iniziò a parlare ma lo fermai.

-Tu "non" cosa? Non mentire, sai benissimo che ho ragione!- questa volta ero io ad alzare la voce.

-Da che mi hai lasciato non riesco a smettere di pensarti!- il suo tono ora era supplichevole.

-Vai dalla Ueda, sicuramente saprà come consolarti- gli strillai, poi aprii la mia borsa e presi un ciondolo che mi aveva regalato e che avevo appeso al cellulare. Lo strappai dalla rabbia e glielo gettai in faccia. -Lunedì ti faccio avere anche il resto!- mi voltai e presi a correre verso casa.

A metà tragitto trovai Kamui e Shin che mi stavano venendo incontro.

-Dove diavolo eri finita? La mamma cominciava a preoccuparsi...- esclamò uno dei due, non seppi dire quale.

-Andiamo a casa...- fu la mia sola risposta. Poi salii le scale del condominio in cui abitavamo, mi tolsi le scarpe, e corsi in camera mia a tirare fuori dai cassetti tutto quello che Kaji mi aveva regalato.

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Capitolo 4
*** Un grosso sbaglio ***


*Arashi in Love*

Nuovamente ringrazio i miei lettori e i loro commenti!

Buona lettura!^^ by Sayu!

 

 

 

*Arashi in Love*

 

 

Capitolo 3

 

-Un grosso sbaglio -

 

 

Passai il fine settimana a casa a studiare, essere il rappresentante degli studenti richiedeva anche avere una media impeccabile, senza contare che l'anno prossimo avrei iniziato gli studi universitari. Fortunatamente ero una persona che non aveva bisogno di stare troppo sui libri per ottenere risultati decenti.

Stavo chattando al computer con Alexis, quando vidi irrompere Shin nella mia stanza.

-Arashi-chan, ti vogliono da basso, hai ospiti.- commentò trattenendosi dallo scoppiare a ridere.

Lo guardai perplessa, per poi capire cosa stava succedendo. Da basso c'era mia madre!

Corsi immediatamente fuori dalla stanza, poi mi fermai di botto prima di attraversare la porta che dava sulle scale. Mi guardai da capo a piedi e mi resi conto di come ero vestita. Corsi nuovamente in camera, da dietro la porta sentii la voce di Shin soffocare una risata. -Ero curioso di vedere quanto ci avresti impiegato prima di capirlo.

Mi vestii velocemente indossando qualcosa di guardabile, mentre mi scusavo con Alexis digitando che avevo ospiti.

Una volta resa presentabile scesi di corsa lungo la scala e vidi mia madre che aveva preso per il viso Kintaro, mentre stavano al centro della stanza.

La scena era sconvolgente. Mia madre era più bassa di lui di almeno tutta la testa e lo girava in mille posizioni per studiarne i lineamenti. -Mamma, per favore non torturarlo!- mi intromisi entrando nel salotto.

-Non mi sta torturando tranquilla!- rispose lui tranquillo e tutto sorridente. Vidi in mia madre una luce strana. Poi sorrise e mi guardò con gli occhi che quasi luccicavano.

-Vi lascio soli, ma mi raccomando, non disturbare tuo padre, sta riposando.- disse per poi andare in cucina a preparare il pranzo. Poi dall'altra stanza si sentì nuovamente la sua voce -Vuoi fermarti con noi a pranzo?- la sua testa sbucò nel salotto in attesa di risposta.

Guardai mia madre furente.

-Se per voi non crea disturbo...- rispose lui acconsentendo.

-Cosa... ci fai qui?- chiesi portando una ciocca dietro l'orecchio, mi sentivo strana a stare a casa, il mio rifugio, con lui davanti.

-Lo so, sono uno stupido, ma avevo solo bisogno di vederti... - disse a bassa voce, consapevole che da dietro la porta avrebbero potuto origliare.

Mi sentii invadere da una strana sensazione di calore, mai provata. Lo guardai senza sapere cosa dire.

Lui portò una mano ad accarezzarmi il volto, mentre lo vedevo sorridermi e guardarmi con quegli occhi scuri e intensi.

Se non fossi stata nel salotto di casa mia, sapendo che dietro la porta mi stavano spiando, sicuramente avrei faticato di resistere alla tentazione di baciarlo.

Chinai la testa interrompendo quel dolce contatto per poi posare le mani sui fianchi e voltarmi verso la porta. -Avete finito di spiare?- dissi scocciata.

Subito dopo le teste di Shin, Kamui e mio padre spuntarono.

-Dobbiamo imparare ad essere più discreti ragazzi....- disse mio padre ai due gemelli.

-Ma se sei tu che fai sempre rumore quando non devi!- ribattè Kamui.

-Il punto non è questo...- li guardai furente, mentre una venuzza sulla mia fronte cominciava a pulsare.

-Direi che noi ci dileguiamo...- disse Shin trascinando via Kamui. -Muoviti prima che diventi una tempesta!-* (piccola nota: Arashi, tradotto dal Giapponese significa tempesta, quindi il commento è mirato al significato dell'ideogramma con cui è scritto il nome di Arashi, ovvero tempesta)

Rimase solamente mio padre che si sollevò dal pavimento. In quel momento, vedendolo di fronte a Kintaro notai quanta differenza di statura stava tra lui e mia madre. A differenza di lei, papà poteva benissimo guardare negli occhi Kintaro. Involontariamente mi chiesi cosa legava mia madre a mio padre, come due culture così diverse si siano potute unire così bene. Anche se, mamma, di italiano aveva solo il nome e l'aspetto. Nei modi di fare e nel linguaggio non invidiava niente a nessuno.

-Piacere di conoscerti, sono Hiroki Nokaze, il padre di Arashi, probabilmente non ti ricordi di me, ma in compenso ho sentito spesso parlare di te in questa casa...- sorrise facendo un leggero inchino verso Kintaro.

-Piacere di conoscerla, il mio nome è Kintaro Yukame.- ricambiò l'inchino. -Sono compagno di classe di sua figlia.- aggiunse.

Vidi negli occhi di mio padre qualcosa che non avevo mai visto prima. Scrutava a fondo il ragazzo che aveva davanti con uno sguardo serio.

Poco dopo fu pronto in pranzo e le ore passarono velocemente. Mi ero completamente scordata di Alexis, e passai il pomeriggio a ripassare alcune lezioni con Kintaro, che aveva portato con se gli appunti.

Venne sera prima ancora di accorgermene e per lui fu l'ora di tornare a casa.

Quando chiusi la porta alle mie spalle, dopo averlo accompagnato alla stazione vicino casa, mi ritrovai sommersa da un vociare terribile.

-Complimenti figliola, io ti appoggio, molto meglio lui di quel Kaji!- esclamò mia madre prendendo per prima la parola.

-Finalmente ne hai trovato uno degno di te!- Esclamarono in coro Kamui e Shin, entrambi sghignazzanti.

Poi guardai mio padre, sapevo che doveva dire qualcosa anche lui. Lo vidi alzarsi e avvicinarsi. Il volto era tremendamente serio. Poi mi appoggiò la mano sulla spalla e rimase a guardarmi.

I secondi scorrevano e diventavo sempre più perplessa.

Poi lo vidi sospirare, abbassò il capo per poi tirarlo su di colpo e aspirare aria dalle narici che divennero tonde.

-Approvo la tua scelta! Potete sposarvi!- disse in tono solenne.

Lo guardai sconvolta da quelle parole.

-CHE COSA?! MA VI E' ANDATO DI VOLTA IL CERVELLO?! VOI SIETE MATTI!- strillai isterica per poi correre nella mia stanza.

Nel frattempo tra di loro restarono a confabulare.

-Dice così solo perchè si vergogna, si vede che sono cotti l'uno dell'altra- affermò mia madre.

Gli altri tre annuirono in coro con un cenno della testa.

 

Il giorno seguente avevo preparato il cofanetto che Kaji mi aveva regalato all'inizio della nostra storia, con dentro tutte le cianfrusaglie che mi aveva regalato.

Indossai la divisa, come tutti i giorni, ma questa volta commisi una piccola infrazione al mio solito abbigliamento. Decisi di raccogliere i capelli in una semplice treccia lungo la schiena. Era consentito, peccato che non potevo mettere qualche fermaglio colorato. A volte le regole d'abbigliamento della scuola erano eccessive a mio parere.

Scesi le scale per fiondarmi in cucina. Ogni volta che incrociavo un membro della mia famiglia mi guardavano tutti sorridenti e con gli occhi eccessivamente curiosi.

Presi una tazza di tè verde, preparato in quantità industriali da mia madre. Poi infilai la felpa grigia e mi diressi alla porta.

Quel giorno i due fratelloni non avevano lezione e salutai mia madre che, essendo in piena crisi da mancanza d'ispirazione, era come in trance.

Nell'uscire di casa vidi delle nubi grigie addensarsi all'orizzonte, pensai che era il caso prendere l'ombrello per quel giorno.

Presi a camminare lungo la strada di casa, nella mia mente frullava ancora la lezione di Giapponese antico del venerdì precedente, quando mi ritrovai senza nemmeno rendermene conto davanti all'ingresso della stazione. Mostrai il tesserino e attraversai la struttura fino ad arrivare ai binari. C'era già un discreto numero di persone a quell'ora, anche se era decisamente presto per i pendolari mattutini.

Il display lampeggiò sopra la testa, quando la voce elettronica uscì dagli altoparlanti.

"Il treno per Shinjuku, in arrivo sul binario 6 sarà in ritardo di 6 minuti. Ci scusiamo per il disguido"

Sospirai e cercai un posto a sedere, mi sarebbe toccato aspettare ancora.

Davanti a me, nella stazione, c'era un mucchio di gente. Studenti di altre scuole chiacchieravano allegramente. In un angolo dei teppisti fumavano ignorando totalmente il divieto, uno di loro aveva in testa una cresta rosso fuoco e le lenti a contatto gialle, pensai decisamente che persone del genere fossero semplicemente pazze. Poco distante c'erano altre studentesse, le tipiche Yakee dalle gonne lunghe e i piercing al naso... sorrisi al pensiero di persone simili nella mia scuola. Sicuramente sarebbero impazzite con i professori... o forse sarebbe stato il contrario.

Guardai la borsa che avevo in mano, la maggior parte di quelle cose nemmeno mi piaceva, quando mi erano state regalate avevo sorriso con cordialità, ma di certo non erano il mio genere.

Provai una punta d'invidia per gli studenti italiani. Sapevo che loro a scuola non erano perseguitati come noi. Alexis ad esempio era ancora in vacanza, prima di ottobre non sarebbero iniziate le sue lezioni.

Finalmente il treno giunse risvegliandomi da quei pensieri e salii un po' schiacciata tra i vari impiegati in giacca e cravatta che dovevano recarsi in ufficio.

Dopo un quarto d'ora abbondante di viaggio finalmente ci fu il capolinea. Chiesi permesso più volte prima di riuscire a passare.

Una volta fuori da quel treno mi sentii chiamare alle spalle da qualcuno.

-Buongiorno Ara-chan!- era Kintaro, solo lui mi chiamava a quel modo!

-Buongiorno- risposi gentile avanzando insieme a lui verso l'uscita per non intralciare il traffico.

-Cos'hai nella borsa?- chiese curioso cercando di spiare.

-I regali che Kaji mi faceva quando stavamo assieme...- dissi in tono piatto.

-Capisco...- mormorò lui, continuando a camminare con la sua solita andatura svogliata e la cartella poggiata sulla spalla.

Dopo diversi minuti di tragitto arrivammo a scuola. Il cortile era semi deserto come tutte le mattine a quell'ora. Solo i più secchioni arrivavano prima per ripassare la lezione del giorno.

Andammo agli armadietti, dirigendomi così verso la sezione femminile. Aprii lo sportello, non venivano mai chiusi a chiave, solitamente ci si fidava dei propri compagni, anche se spesso bisognava controllare che qualcuno non ti mettesse puntine o supercolla nelle pantofole.

Mi cambiai le scarpe e richiusi nuovamente lo sportello.

Salii le scale, lentamente, avevo perso di vista Kintaro, ma sicuramente l'avrei rivisto in classe. Poi una voce sul pianerottolo tra il primo e il secondo piano mi spinse a fermarmi in mezzo alla scala.

-Avete visto quella della A? La capoclasse? Non credete anche voi che si dia un mucchio di arie?- borbottava una ragazza.

-Si concordo! Poi che confidenza con il sempai Yukame!- rispose l'altra.

Ma evidentemente non dovevano essere le sole perchè una terza voce intervenne. Questa però la conoscevo. -Si dice che li abbiano visti nel quartiere dei piaceri lo scorso fine settimana!- era la Ueda.

-Davvero?! L'ho sempre detto che quella ragazza sembra tanto santarellina ma in realtà è una troietta come tante altre- rispose la prima ragazza.

-Senza contare che va in giro a dire di te che le hai soffiato il ragazzo!- mormorò la seconda.

-Quella fa solo la parte della santarellina!- aggiunse la Ueda per poi scoppiare a ridere.

Non ce la feci più. Presi a salire le scale decisamente furente fino a che me la trovai davanti. La guardai da capo a piedi e appoggiai la cartella lungo la parete, lanciai la borsa con i regali e presi a salire le scale. Una volta di fronte a lei le tirai uno schiaffo che risuonò lungo tutto il pianerottolo accresciuto dall'eco.

Non avevo nemmeno notato il professore alle mie spalle. Vidi semplicemente quella ragazza saltarmi addosso e prendermi per i capelli, iniziai a graffiarla fino a che non mi sentii strattonare da delle braccia maschili e mi ritrovai di fronte la faccia del prof di Giapponese.

-Sono rimasto basito di fronte al suo comportamento signorina Nokaze.- fu il suo unico commento.

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Capitolo 5
*** Punizione con Sachiko ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 4

-Punizione con Sachiko-

Ero stata trascinata in presidenza per la prima volta dall'inizio della mia carriera scolastica. Ma non ero pentita di ciò che avevo fatto.

-Signorina Ueda, conoscendo i suoi precedenti, sono sicuro che il gesto della signorina Nokaze, sia senza ombra di dubbio dovuto a qualcosa detto da lei... - il professore iniziò a rimproverare la Ueda, evidentemente non era la prima volta che provocava qualcuno al punto di spingerlo ad usare la violenza. -Tuttavia, in quanto rappresentante degli studenti, deve capire, signorina Nokaze, che il suo gesto non è per nulla giustificabile, ne è consapevole vero?- continuò questa volta rivolto a me.

-Si professore- fu la mia replica con occhi glaciali rivolti verso un punto imprecisato dietro la scrivania.

-Bene, almeno è consapevole del suo sbaglio, ora vorrei che chiedesse scusa alla signorina Ueda- aggiunse.

-Chiederò scusa quando la signorina Ueda, smetterà di diffarmarmi davanti i compagni- risposi sempre gelida.

-Io diffamarti? Sei tu che sei andata in giro a dire che mi sono fatta il tuo ragazzo nel ripostiglio delle scope!- sbottò lei acida davanti al professore, che prese gli occhiali e li sistemò sul naso, guardando prima lei, poi me, con occhi sconvolti.

Sorrisi e mi voltai lentamente a guardarla. -E' forse una bugia? Sono diventata cieca forse?-

Lei rimase in silenzio boccheggiando senza sapere cosa rispondere. Il prof era sempre più sconvolto e iniziò a parlare -Signorina Ueda! Non mi pare un comportamento consono ai membri di questa scuola!- era decisamente sconvolto.

-Almeno io non esco a pomiciare con i miei compagni a Shibuya! E lo sanno tutti che è chiamato il quartiere dei piaceri!- sbottò lei acida.

Incassai il colpo. Il professore si voltò verso di me. -Cosa significa questo signorina Nokaze...?- questa volta il tono era serio ed indagatore.

-Mandi a chiamare Kintaro Yukame! I due rappresentanti degli studenti erano assieme venerdì scorso a quando mi ha detto un mio amico!- quella ragazzina non la smetteva di parlare, sapeva perfettamente che una notizia del genere avrebbe provocato senza dubbio sospetti nel consiglio docenti.

-Sta dicendo il vero?- si era voltato a guardarmi, continuando a sistemarsi gli occhiali.

-Abbiamo semplicemente cenato assieme per accordarci sullo studio. Può chiedere conferma, e se non mi crede posso ripeterle esattamente tutta la lezione prevista per oggi, dato che ho passato due giorni a studiarla.- mi aggrappai all'ultimo appiglio che mi era rimasto.

-Sta mentendo!- strillò la Ueda in preda al panico.

-Perchè dovrei? Può anche chiedere a Yukame, sicuramente avrà ancora la ricevuta della cena.- risposi con sicurezza guardando il professore.

-Mandatemi a chiamare Kintaro Yukame.- disse il professore.

-Veramente iniziano le lezioni tra meno di cinque minuti, non potremmo...- la Ueda sperava forse di svignarsela?

La guardai, trattenendomi dal sorridere, non avrebbe di certo aiutato.

Pochi minuti dopo Kintaro si presentò davanti al professore mostrando la ricevuta del locale e confermando la mia versione.

-Signorina Ueda, evidentemente deve cambiare informatori-ammiccò quasi sollevato l'insegnante - inoltre non sta bene sparlare alle spalle delle persone senza conoscerne i veri fatti.- concluse. -Direi che una settimana di punizione dovrebbe servirle di lezione, e ringrazi che non la sospendo. La diffamazione è un reato.-

Poi lo vidi voltarsi verso di me. -Signorina Nokaze, ammetto che lei è senza dubbio una ragazza affidabile, tuttavia le sconsiglierei di farsi vedere a Shibuya, non gioverebbe alla sua immagine. In quando al suo comportamento di stamani...- fece una pausa. -E' ingiustificabile, per cui darò anche a lei una punizione di una settimana da scontare con la signorina Ueda. Vi voglio nel mio ufficio al termine delle lezioni per affidarvi il compito.-

Fummo tutti e tre rimandati nelle nostre aule, una volta usciti dalla porta e abbastanza lontani dalla sala insegnanti la Ueda mi puntò il dito contro. -E' tutto per causa tua, ma verrà il giorno in cui non sarai più tanto popolare! E allora sarò io a ridere dopo la tua caduta!- mi minacciò.

Kintaro si intromise tra me e lei e la guardò dall'alto al basso. -Tieni a freno la lingua, non sei nella posizione di dire nulla! E ricorda che non quello che vai a dire in giro, crei problemi anche a me, e se vengo a sapere altro, non sarò così gentile come ha fatto Arashi... - poi mi prese per mano e mi trascinò in aula.

Il professore era rimasto ancora in aula insegnanti e i compagni ci guardarono sospettosi vedendoci mano nella mano.

Istintivamente mi staccai ed andai a sedermi, la mia cartella era stata appoggiata al banco ma il sacchetto era sparito. Guardai istintivamente per la classe e vidi che Kaji guarva fuori dalla finestra mentre parlava con altri compagni, ai suoi piedi aveva il sacchetto.

-E' stato stupido il tuo comportamento...- mi disse Kintaro voltandosi, il volto era serio.

-Sono stanca di rimetterci sempre per colpa di quella! Mi da sui nervi!- brontolai incrociando le braccia.

-Ti da sui nervi perchè ti ha portato via il ragazzo, oltre che per le bugie che racconta sul tuo conto- non era di certo una domanda.

-Non me ne frega nulla, anzi, mi ha aiutato a capire che razza di stronzo fosse...- guardai male Kaji.

-Sta di fatto che ti piace ancora, per quanto tu faccia l'orgogliosa, semplicemente ti brucia che ti abbia tradita- rispose lui questa volta voltandosi.

-Ti sbagli!- protestai.

Non rispose. Iniziò la lezione e per tutta la durata della giornata nemmeno mi guardò in faccia. Sentii un blocco sullo stomaco dopo pranzo e non passò nemmeno quando il professore annunciò la punizione, avremmo dovuto lucidare tutti i trofei vinti dalla scuola e ripulire la sala insegnanti per tutta la settimana.

Iniziai la punizione in silenzio, senza fiatare e semplicemente pulendo quello che mi era stato dato. Non riuscivo a smettere di pensare alle parole di Kintaro.

Sapevo benissimo che non era vero, non provavo nulla per Kaji, anzi, molto probabilmente non avevo mai provato nulla per lui. Mi ci ero messa assieme tanto per sapere cosa significasse avere un fidanzato, ma a dire il vero non mi entusiasmava molto la cosa.

Fuori dalla finestra iniziò a piovere e poco dopo anche a tuonare. Fortunatamente mi ero premunita con l'ombrello.

La mia compagna di punizioni invece parve decisamente più irritata da quel temporale.

Terminai la lucidatura quando ormai tutti gli insegnanti erano usciti. Scesi le scale tranquilla mentre estraevo l'ombrello dalla borsa.

La Ueda, evidentemente doveva esserne sprovvista perchè mi guardò con astio.

Sospirai e pensai in quel momento che doveva essermi andato di volta in cervello.

-Ti accompagno alla stazione- dissi gelida. -E non pensare che sia per pietà- aggiunsi in tono sprezzante.

Evidentemente quella ragazza non doveva essere poi così stupida perchè accettò l'invito e malvolentieri percorsi con lei il cortile fino a raggiungere la stazione.

Era praticamente già buio quando entrammo nella struttura piena di luci al neon quasi angoscianti, ricordava vagamente un ospedale.

Scesi i gradini dopo aver compiuto la mia buona azione, appena terminata la scalinata sentii la voce della Ueda cogliermi alla sprovvista.

-Perchè ce l'hai tanto con me?- chiese. -E' sato lui a volerlo... voleva farti ingelosire di proposito- ammise scendendo poi le scale e fermandosi di fianco a me.

La guardai semplicemente e non risposi. Mi limitai a sospirare. -E perchè tu ce l'hai tanto con me?- chiesi a mia volta.

-Perchè lui è innamorato di te, invece io resto solo un passatempo- guardava da un'altra parte, ma il suo tono era amareggiato.

-Per quel che mi riguarda non lo posso ricambiare...- mormorai abbassando lo sguardo.

-Già perchè sei innamorata di lui non è vero? Di Yukaze...- chiese questa volta guardandomi negli occhi.

Per la prima volta mi fece notare che aveva ragione. Alle medie ero consapevole dell'affetto che provavo per lui, per quanto Kintaro si divertisse ad irritarmi e a provocarmi. Ma avevo represso quei sentimenti per paura di soffrire.

Sorrisi, questa volta ero io ad essere amareggiata. -Si, lo sono da sempre...-

-E allora vai da lui...- disse la Ueda indicando qualcosa dietro di me, poi prese a dirigersi verso i binari.

Sapevo chi c'era alle mie spalle, ma avevo paura a voltarmi. Poi presi il coraggio a due mani e mi voltai.

Kintaro mi stava guardando. Mille domande mi tartassavano la testa, cosa ci faceva ancora lì, aveva sentito tutto?

Lo guardai presa da panico.

Poi non seppi più nulla, sentii semplicemente le sue labbra sulle mie e le sue mani che mi sfioravano i fianchi stringendomi a lui.

Quando mi staccai rimasi stupita a fissarlo con gli occhi spalancati.

-Scusami, ti ho trattato malissimo...- mormorò lui.

-E' acqua passata...- mormorai a mia volta per poi alzarmi e ripetere quel tocco andando a baciarlo nuovamente.

Mi abbandonai a lui per diversi minuti che parvero ore, e contemporaneamente, parvero non bastare mai.

Poi la voce dell'alto parlante ci ricordò che avevamo un treno da prendere.

Passammo il tragitto a programmare il fine settimana, fantasticando su un pic nic al parco, nel caso ci fosse stato bel tempo. Avrei preparato l'Obento per lui, per la prima volta in vita mia avrei cucinato per un ragazzo. Ero a dir poco elettrizzata.

Quando tornai a casa e tolsi le scarpe, nemmeno mi ero accorta che i calzettoni erano completamente fradici. Mi sentivo come se sotto di me non ci fosse nulla e stessi volando ad un metro da terra. I miei fratelli si limitarono a guardarmi e chiedermi se ero pazza.

Salii in camera mia e appoggiai la cartella alla scrivania.

Poi la voce di mia madre mi riportò alla realtà.

-Ha telefonato la scuola... in punizione per una settimana? Questo è strano persino per te!- esclamò, pareva arrabbiata.

-Si...- risposi, non avevo voglia di pensarci.

-Sei in castigo, per un mese non uscirai da qui se non per andare a scuola. Ti verrà tolto l'internet e il cellulare.- Andò a staccare la presa dietro il computer, non riuscivo nemmeno a fermarla, se l'avessi fatto probabilmente sarebbe stato solo peggio. Poi si fermò davanti a me col palmo aperto. Consegnai il cellulare.

Il mio umore si incupì di colpo. Ora dovevo dire a Kintaro, che del fine settimana non se ne faceva più nulla...

Era incredibile di come da un momento all'altro potesse cambiare la situazione....

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Capitolo 6
*** Telefonata ***


*Arashi in Love*

Eccomi tornata da voi con il capitolo nuovo, perdonate se ci ho messo un po’ più del solito a pubblicare ma ho avuto alcuni impegni :P

Passo subito a ringraziare Hatori, yuna, bamboladipezza e Flo per le recensioni lasciate! Grazie!!!

E poi ovviamente ringrazio chi legge comunque la fic… spero non deluda…

Ora vi lascio alla lettura^^

*Arashi in Love*

Capitolo 5

-Telefonata-

La punizione a scuola trascorse velocemente, quella di mia madre, invece, fu decisamente più ardua, tuttavia, presto, tutto tornò a scorrere normale.

Dal giorno in cui mi misi con Kintaro sono trascorsi due mesi, sebbene uno sia trascorso potendo stare con lui solamente nelle ore scolastiche. Con la Ueda invece pareva andare tutto perfettamente, lentamente avevamo cominciato a prendere tra noi un tono molto più confidenziale, si poteva quasi dire che eravamo amiche.

Oltre alle lezioni normali, inoltre, mia madre ha insistito affichè frequentassi il corso preparatorio all'esame universitario, inizialmente mi opposi, visto che avrei avuto il passaggio automatico nell'università annessa all'istituto, tuttavia non volle sentire ragioni.

Il tempo quindi scorreva frenetico, presa com'ero dagli esami e dallo studio, e nel poco tempo libero che ci restava, io e Kintaro, passavamo spesso ore a chiacchierare o uscire per musei. Mi sentivo molto bene in sua compagnia, riuscivo ad essere tranquilla, nonostante qualche piccolo battibecco ogni tanto.

Però, una tempesta stava per abbattersi sulle nostre vite. Ne notai le prime avvisaglie dopo l'avvenimento che mutò di botto il comportamento di mia madre.

Quella sera ero appena tornata dal corso preparatorio, ero esausta e avevo ancora i capelli bagnati dalla doccia appena fatta. Mia madre era, come sempre, rinchiusa nel suo studio nel suo solito stato "ispirato", come lo definisce mio padre, quindi era decisamente intoccabile.

Papà e i due fratelloni erano usciti, il primo aveva un appuntamento con lo zio, per una partita alla società che frequentava, non ho mai capito poi cosa lo spingesse ad amare tanto il gioco degli scacchi, anche se, data la strana mania di mia madre per i fumetti, non mi stupivo più di tanto. Shin e Kamui invece erano l'uno dalla propria ragazza e l'altro al circolo del Kendo, come ogni sera.

Avevo appena acceso il televisore, in quella fascia oraria davano solamente telegiornali, assistetti alla notizia dello tsunami che si era appena ripercosso sulle coste cinesi, quando all'improvviso il telefono prese a squillare.

-Pronto? Famiglia Nokaze, desidera?- risposi gentilmente alzando la cornetta.

Rimasi decisamente stupita quando dall'altra parte del ricevitore mi risposero in inglese con una strana cadenza. Chiedevano di mia madre.

Coprii un lato dell'apparecchio per non irritare il signore, che non aveva nemmeno detto quale fosse il suo nome.

-Mamma! Ti vogliono al telefono!- strillai dal salotto, consapevole che nella stanza di lato, sarebbero giunte le mie grida.

Sentii la porta aprirsi e svogliata, avvolta dalla vestaglia, uscì mia madre, terribilmente stanca con due occhiate terribili. -Ti ha detto chi è?- chiese lei.

-No, parla inglese, magari è italiano...- risposi alzando le spalle e passandole l'apparecchio telefonico.

In quel momento vidi il suo volto cambiare non appena rispose con un inglese appena accennato. Dopo aver capito chi fosse, intuii che il mio dubbio era fondato, era qualcuno dall'Italia.

Rimase li per diversi minuti a parlare, pareva quasi preoccupata e muoveva il filo arricciato della cornetta, nervosa. Poi dopo aver parlato con un dialetto della sua zona, molto stretto, attaccò l'apparecchio.

-Chi era?- chiesi istintivamente.

-Nessuno, solo il commercialista, solite questioni di lavoro...- mormorò per poi rinchiudersi in camera.

Rimasi perplessa. Da quando in qua mia madre aveva cambiato commercialista? Fino a una settimana prima era stato a casa nostra, ed era un cittadino giapponese. Per quale motivo ha parlato inglese?

Scossi la testa allontanando i vari pensieri e tornai a vedere il telegiornale.

Il giorno dopo mi alzai nuovamente di buon ora. Mi vestii, feci colazione, poi uscii di corsa per andare a prendere il primo treno. Quel giorno avevamo deciso di incontrarci, io e Kintaro, prima dell'inizio delle lezioni.

Quando lo vidi lo salutai baciandolo, per poi avviarmi con lui nei giardini della scuola, mancava ancora una buona mezz'ora prima che iniziasse la lezione di giapponese antico.

Eravamo seduti su una panchina. Faceva un freddo terribile, si avvicinava il Natale e non cadeva nemmeno un fiocco di neve.

Gli alberi avevano ormai lasciato cadere tutte le foglie, mentre noi parlavamo dei nostri buoni propositi per le feste.

Poi mi venne spontaneo descrivergli l'avvenimento del giorno prima.

-In inglese dici?- chiese.

-Si e poi in italiano...- annuii precisando.

-Magari è il responsabile della casa editrice italiana che cura i suoi lavori....- commentò lui.

-No! Ti dico che è giapponese, fa spesso avanti e indietro per casa nostra!- affermai più convinta.

Lui rimase fermo per un istante poi parve voler scacciare un brutto pensiero e scosse il capo.

-Cosa pensi?- chiesi preoccupata.

-Niente, non preoccuparti, se ha detto che è solo lavoro allora non c'è problema, no?- chiese sorridendomi, ma non mi convinceva.

Lo guardai, rimanendo in silenzio.

-Avanti, smettila di guardarmi così!- rispose lui facendomi il solletico per farmi cambiare espressione.

Poco dopo ci dirigemmo nelle aule a lezione. Quel giorno tuttavia non capii molto della spiegazione del prof, ero troppo presa dai miei mille pensieri per pensare alla lezione.

Il giorno dopo quei pensieri non mi avevano ancora abbandonato. Vagai persa tra le nuvole quando mi accorsi che avevo già passato la stazione da un pezzo, mi riscossi e tornai indietro. Quello era l'ultimo giorno prima dell'inizio delle vacanze. Attraversai la stazione scendendo i gradini e mostrando meccanicamente l'abbonamento, involontariamente andai a sbattere contro un ragazzo molto più alto di me, di almeno tutta la testa, che aveva gli occhi colorati, così come i capelli, di tinte innaturali ed estremamente assurde.

-Scusi!- mormorai facendo un leggero inchino. Quello mi guardò, poi mi parve che sorrise, ma non vi badai troppo perchè proseguii diretta al mio treno.

Quando scesi alla fermata della scuola, nel quartiere, sgusciai tra i numerosi pendolari e salii le scale che portavano fuori.

Involontariamente mi trovai di fronte la Ueda che pareva quasi aspettarmi.

-Buongiorno- mi sorrise cordiale per poi invitarmi a farle compagnia.

-Buongiorno- risposi gentilmente.

-Come va?- la conversazione pareva tesa ma risposi comunque affermativamente alla sua domanda.

-Senti, Nokaze... io volevo chiederti... scusa per tutto quello che c'è stato in passato... mi sono comportata da stupida...- disse tutto d'un fiato cogliendomi decisamente alla sprovvista.

-Oh... anche io ti chiedo scusa, non avrei dovuto rispondere a quel modo alle tue provocazioni...- ricambiai l'inchino che mi rivolse e poi fu più semplice riprendere il discorso.

-Sai, tra me e Kaji, adesso sta diventando una cosa seria...- sorrise illuminata in volto.

-Mi fa piacere!- esclamai, sinceramente sollevata dal sentirlo dire.

-Tu con Yukame come procedi?- chiese con uno strano luccichio negli occhi.

Rimasi un po' in sospeso senza sapere cosa dire, effettivamente con Kintaro non era capitato nulla di speciale. Al massimo solo qualche bacio.

In quel momento mi sentii in un certo senso come una ragazzina delle medie, e non una ragazza dell'ultimo anno di liceo. Sapevo perfettamente che almeno la metà delle mie compagne di classe erano decisamente più esperte di me.

-Ho capito...- rispose da sola alla domanda. -Non l'avete ancora fatto- rise quasi per prendermi in giro, ma non in modo troppo offensivo.

Abbassai la testa e la voltai dall'altro lato per nascondere il rossore che avevo in faccia.

-Allora ti conviene sbrigarti! Prima che qualcuno te lo rubi!- esclamò divertita dal mio imbarazzo.

La guardai torva mentre entravamo nel cortile della scuola e la campana suonava la sua solita canzone stonata.

Dopo le lezioni il doposcuola non c'era. Per cui ne approfittai per uscire con Kintaro. Avevamo deciso di comprare assieme i nostri regali di natale quindi andammo per le vie di Tokyo a cercare qualche bel negozio che vendesse articoli interessanti.

Presi per lui una camicia, trovata in una boutique, ai margini di un Corso che attraversava il quartiere. Il prezzo non fu eccessivo e l'articolo gli stava divinamente indosso.

Lui invece decise di prendermi un ciondolo in argento con un ideogramma portafortuna.

Ovviamente non c'era alcuna sorpresa nel comprare i regali in quel modo, ma nessuno dei due era particolarmente legato alla festa quindi ci andava bene così ad entrambi.

Tornammo stretti nelle sciarpe e nei cappotti verso la stazione più vicina e chiacchierammo del più e del meno.

Avevo completamente dimenticato l'accaduto con mia madre, ma ben presto sapevo che la verità sarebbe venuta a galla.

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Capitolo 7
*** Il coraggio di dirti addio ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Perdonate l’immenso ritardo con cui posto il capitolo, ma tra i miei vari impegni non ho più trovato il tempo per pubblicare i capitoli, in futuro aggiornerò molto in fretta, anche perché c’è una probabile nuova fic che potrei anche decidere di pubblicare….

Se vi và lasciatemi un commento! Altrimenti, grazie comunque a tutti quelli che leggono i miei cap!!

Scusatemi ancora!!!!

Capitolo 7

-Il coraggio di dirti addio -

"Tokyo è la capitale del Giappone, posto nella parte orientale dell'arcipelago. New York, invece, è posto a sua volta nella parte orientale degli Stati Uniti e per raggiungerlo occorrono diverse ore di volo."

Quante sono le ore di volo? Non mi preoccupai nemmeno di chiederle, erano comunque troppe.

Quella sera quando tornai a casa ero troppo distrutta per poter dire qualsiasi cosa. Non risposi nemmeno a mio fratello Shin, quando urlò nel vedermi. Semplicemente tolsi le scarpe, non so in che modo, non vi prestai attenzione. Poi salii. Sentivo le gocce cadere con un ritmo cadenzato dai miei vestiti fradici, mentre salivo le scale, mi infilavo in bagno, estraevo gli asciugamani, prendevo la biancheria pulita e mi ficcavo sotto la doccia.

Solo quando sentii una scia calda lungo la spina dorsale la mia mente parve riprendersi.

Credo che fu quello l'istante in cui mi accorsi che in realtà stavo piangendo da più di due ore. Ovvero da che Kintaro mi aveva abbracciato nel mezzo del cortile dicendomi che si sarebbe trasferito... a New York.

Quando uscii, avvolta dalla vestaglia e in ciabatte, ignorai totalmente i miei fratelli che mi guardavano blaterando parole incomprensibili per me in quel momento.

Caddi sul letto. Mi feci pure male alla testa sbattendo contro lo spigolo dell'armadio, ma a quel dolore scoppiai semplicemente a ridere.

Sentii i miei fratelli dirsi che ero diventata pazza almeno quanto la mamma.

Mi addormentai sul mio letto quando ormai era passata la mezzanotte e solo due ore dopo mi svegliai in preda alla fame.

Scesi silenziosa le scale. Non volevo svegliare nessuno, ma a quanto pareva qualcuno era già sveglio. Una luce proveniente dal frigorifero dichiarava che qualcun'altro aveva fame in quella casa.

Non mi stupii di trovare mia madre alle prese con del riso avanzato e delle verdure rimaste dalla cena.

-Cosa ci fai alzata a quest'ora? Domani hai scuola!- esclamò in un sussurro, preoccupata dal mio arrivo.

-Ho fame...- alzai le spalle e mi avvicinai a lei prendendo quel che lei aveva lasciato.

-Sai cosa mi manca dell'Italia? Il pane! A quest'ora sarebbe perfetto...- sorrise aiutandomi a scaldare la mia porzione.

-In effetti...- le sorrisi e mi sedetti di fronte a lei.

-Allora, cosa è successo?- chiese senza voltarsi verso di me, presa dal cucinare.

-Kintaro si trasferisce...- mormorai trovando la forza di concretizzare quell'orribile pensiero, forse riuscendo a dirlo, sarebbe stato più facile accettarlo. -A New York- completai in un sospiro.

-Capisco... so come ti puoi sentire...- mi sorrise, questa volta guardandomi.

-Ma tu non eri fidanzata quando sei partita dall'Italia!- esclamai come per dire che non poteva essere vero.

-Giusto, ma non era a quello che mi riferivo...- mi porse comprensiva la ciotola davanti e si servi per . -Quando avevo poco più della tua età... il ragazzo di cui ero innamorata da molto tempo si trasferì in Inghilterra...-

Rimasi un po' stupita da quella cosa. Mamma non parlava mai dei suoi vecchi amori.

-E come hai fatto a...- rimasi in sospeso, senza saper continuare.

-A vivere?- completò lei. -Mi sono buttata a capofitto nel lavoro e nello studio, ero arrivata ad essere troppo occupata per pensarci, fino a che non mi si presentò l'occasione di trasferirmi qui, e poi conobbi tuo padre... il resto lo sai- disse mentre mangiava qualche boccone.

-Ma scusa, se potevi trasferirti, perchè non sei andata anche tu in Inghilterra?- la guardai.

-Potevo, ma erano passati quattro anni, lui ormai aveva la sua vita e io dovevo ritrovare la mia...- continuò a prendere dei bocconi con le bacchette.

-Lo senti ancora?- le chiesi quasi istintivamente.

Lei rimase in sospeso per un po', a bocca aperta, poi si volse a vedere la luna fuori dalla finestra che spuntava da uno dei palazzoni di fronte. -Qualche volta...-

Era una sua tipica usanza essere vaga. Forse un po' era anche dovuto alla differenza etnica con la quale era cresciuta... però a volte sapeva essere irritante con quel suo modo di fare ambiguo.

Non osai chiedere oltre. Mangiammo in silenzio quello che restava e poi me ne tornai a letto, mentre lei, disse di voler rimettersi ancora un po' al lavoro.

Il mattino dopo, quando mi svegliai, mi sentii il naso colare e un insolito freddo. Capii immediatamente che avevo la febbre.

Mandai un messaggio a Kintaro, dicendo che quel giorno sarei rimasta a casa... in tutta risposta anche lui disse di avere la febbre.

Sorrisi triste a quella notizia.

Mamma mi riempì di thè caldo, brodo e riso a vapore, chiudendomi in camera, sostenendo che non potevamo ammalarci tutti quanti.

Per lo meno potevo passare le ore a ripassare e a chattare un po' su internet.

Mi stupii di trovare qualcuno a quell'ora, non appena aprii la schermata della chat subito mi squillò la finestra in basso.

"Ciao.." era Alexis, il figlio della sorellona di mamma. "Come mai a casa? Non dovresti essere a scuola in questo momento?" mi scrisse.

"Sono a casa con il raffreddore, piuttosto non dovresti essere a nanna tu?" chiesi. In Italia c'erano quasi 12 ore di differenza.

"Non ho molto sonno ora..." rispose lui.

"Come mai?" scrissi curiosa.

"Problemi di cuore! ehehehe XD" fu la sua replica.

"Ti capisco -_- " commentai.

"Ma non stavi con quel Kintaro?" chiese lui.

"Si ma si deve trasferire all'estero!" dissi triste.

"Caspita mi dispiace un mondo!"

"Tu invece?" chiesi.

"Giulia dice che penso solo allo studio, e che vuole più attenzioni, ma penso sia una scusa... da tempo le cose non vanno..." rispose.

"Ho capito, mi spiace..."

"Non importa... piuttosto ora è meglio che vada, mia madre poi s'arrabbia... guarisci presto!"

La finestra divenne vuota. Era andato.

Era consolante... in un certo senso, sapere di non essere la sola a soffrire... eppure faceva così male...

Mi accovacciai nelle coperte. Continuavo ad immaginare la mia vita senza di lui e vedevo solo il vuoto... ero un'illusa? Forse. Ma le lacrime non smettevano comunque di scendere, anche quando non piangevo. Per quanto non fosse niente di speciale mi sentivo come se il petto fosse un enorme buco nero che risucchiava lentamente la mia anima, lasciando solamente un arido deserto alle sue spalle.

Anche quella mattina trascorse normale, entro sera la febbre calò e il giorno seguente ripresi la scuola.

Parlai spesso con Kintaro da quel giorno, ma senza toccare l'argomento del suo trasferimento. In un certo senso avevamo deciso, tramite un tacito accordo, che ci saremmo lasciati.

Così arrivarono anche gli esami.

Il giorno delle graduatorie ero con lui. Guardai il tabellone, ma non riuscii a provare gioia, nonostante fossimo giunti a parimerito al primo posto, premiati come migliori alunni dell'anno scolastico.

La primavera e il caldo erano decisamente arrivati, eppure lo scorrere del tempo non era più tanto significativo.

Trascorse anche la cerimonia dei diplomi, ostentai davanti a tutti un sorriso quasi radioso, dico quasi perchè in realtà era tutto finto. Sapevo benissimo che dopo la cerimonia avrei dovuto accompagnarlo all'aereoporto. Ringraziai Kaji e Sachiko d'essersi offerti d'accompagnarmi. "Altrimenti poi quella si fa stirare, se non la controlliamo" così si era giustificata la Ueda.

All'aereoporto c'era una confusione tale che capii ben poco di quello che accadde. Ricordo bene le ampie vetrate, sormontate da pilastri di ferro che si intrecciavano sul soffitto.

Mi chiesi se l'aereoporto sembrasse così freddo sempre oppure era solo a me che sembrava tale.

Tenevo nella mano Kintaro, senza dire nulla, mentre i nostri due compagni stavano dietro in silenzio. Mi ero ripromessa di non piangere e di salutarlo con il sorriso, per cui cercavo di parlare del più e del meno, ricordandogli di darmi l'indirizzo internet, almeno l'avrei potuto sentire per corrispondenza.

Quando i suoi genitori lo chiamarono per passare il metal detector fu il momento di separarsi. Lo guardai semplicemente e gli sorrisi. Lui tentò di fare altrettanto e mi sfiorò la guancia con le labbra.

Osservai le sue spalle mentre si allontanava. Attraversò la barriera e lo vidi voltarsi. Mi sforzai di sorridere ancora.

Poi lo vidi avviarsi all'aereo.

Poco dopo Kaji e Sachiko mi trascinarono fuori dall'edificio e mi riaccompagnarono alla stazione.

-Se vuoi posso accompagnarti fino a casa...?- si offrì lui.

Sachiko pareva essere sull'orlo di una crisi di nervi e aveva le lacrime agli occhi. Pensai che forse era un po' troppo sentimentale... non piangevo nemmeno io.

-No lascia stare...- gli sorrisi. -Ho bisogno di stare un po' sola...- e mi avviai da sola verso il mio treno.

Non versai lacrime.

Stavo semplicemente seduta, in silenzio, mi infilai le cuffie dell'mp3 nelle orecchie, lasciando andare una canzone italiana che parlava di un addio forzato, ma era come se non la sentissi. Guardavo fuori mentre il treno sfrecciava.

Vicino a me era pieno di persone stanche dopo la giornata lavorativa, alcuni dormivano. Sorrisi.

Poi arrivò la fermata. Le porte automatiche si chiusero, mentre abbandonai quel treno alle mie spalle, consapevole che Lui non l'avrebbe più potuto prendere per andare a scuola...

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Capitolo 8
*** Rosso Scandaloso ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Come promesso aggiorno prima il nuovo capitolo….

Qui inizia la seconda parte della storia, e in merito a questo devo assolutamente commentare una lettrice che mi segue dal primo cap… bambola di pezza… non temere che c’è un motivo ben preciso della scelta che ho fatto^^

A voi la lettura^^

Capitolo 8

-Rosso scandaloso -

Dalla partenza di Kintaro passarono sei mesi.

Ormai frequentavo regolarmente le lezioni universitarie nello stesso istituto delle superiori, in compagnia dei miei fratelli. Avevo scelto la facoltà di Lettere moderne. Sachiko era una mia compagna di corso, visto che aveva deciso di frequentare anche lei il medesimo percorso. Eravamo diventate buone amiche e ci chiamavamo addirittura per diminutivo, nessuno avrebbe detto che fino ad un anno prima ci saremmo scannate vive.

Lei stava bene con Kaji, e, a differenza di me, pareva essere bersagliata da tanti ragazzi che spesso il suo ragazzo le faceva delle scenate infinite, di cui, molte delle quali, davanti alla sottoscritta.

Io, in compenso, non mi misi più con nessuno e pensai bene di dedicarmi allo studio.

Quella sera avevo deciso di prendermi una pausa. Avevo appena terminato gli esami di fine trimestre ed ero avanti con il mio programma.

Uscii per fare una passeggiata. Ormai era passato diverso tempo, la neve aveva ripreso a scendere avvisando dell'arrivo di un nuovo Natale.

Avevo gli scarponi che mi coprivano metà polpaccio, le calze pesanti e una gonna a pieghe che mi ero regalata dopo l'ultimo esame. Nonostante il tempo non sentivo freddo. Su questo mia madre diceva che era una cosa ereditata da lei, dalle sue parti faceva molto freddo l'inverno ma lei non lo soffriva affatto.

Ero arrivata ad un parchetto, le giostre dei bambini erano completamente ricoperte, e, nonostante fossero le quattro del pomeriggio, erano vuote.

Sentivo i miei capelli completamente ricoperti dalla neve, avevo deciso di non portare l'ombrello proprio perchè adoravo la sensazione d'essere sfiorata da quei minuscoli cristalli gelidi.

Salii lungo il bordo di un marciapiede e mantenni l'equilibrio stando attenta al ghiaccio.

Ero immersa decisamente nei miei pensieri. Ricordai il tempo passato con Kintaro lungo quelle vie, le stagioni che avevamo trascorso insieme, e alle sue ultime notizie dall'America. Mi parlava dei suoi problemi con la lingua... della nuova scuola.

Sospirai.

Poi sentii l'eco d'una voce alle mie spalle. Non capii cosa dicesse, la neve aveva creato una sorta di filtro per i suoi e tutto pareva essere distante anni luce.

Me ne resi conto dieci secondi dopo, quando un enorme ammasso canino mi piombò sulla schiena facendomi finire con la faccia dentro la neve.

Ora potevo dire che non era altrettanto piacevole... e si... decisamente fredda!

Cercai di voltarmi mentre quel cane continuava a farsi le unghie nel mio cappotto, lanciando piume ovunque.

-Maledetto cagnaccio!- strillai cercando di scappare ai suoi denti.

-Kintaro! Smettila! Lasciala!- sentii le zampe anteriori sollevarsi strappando la stoffa mentre un'ombra indistinta lo tirava via da me.

Sentii solo il nome con il quale era stata chiamata quella bestia. "Kintaro". Che insulto a quel nome!

Riuscii a gattonare di lato, con il fiatone, i capelli e i vestiti completamente all'aria, piena di graffi in faccia e lungo le braccia.

Con mano tremante scostai una ciocca di capelli dalla mia fronte per poi tirare un sospiro di sollievo mentre vedevo quel cagnaccio allontanarsi da me.

-Scusa... ti sei...- vidi una mano di qualcuno tentare di toccarmi e istintivamente la allontanai con la mia.

-Non mi toccare, grazie! Il tuo cane mi ha già fatto abbastanza!- brontolai cercando di sistemarmi.

-Almeno lasciati aiutare...- mormorò quella voce maschile.

Lo guardai torva e nel sollevare lo sguardo rimasi inorridita. Ora potevo immaginare il perchè del comportamento del cane! Visto il padrone!

Era un teppista con i vestiti pieni di spille e borchie, piercing alle orecchie e al sopracciglio, capelli rosso fuoco e le lenti a contatto gialle. L'avevo già visto!

Prendeva il treno alla stazione poco dopo di me!

Mi alzai da sola e mi allontanai di qualche passo. -Grazie ma faccio da sola...- cercai di sistemarmi la gonna e tolsi il cappotto, decisamente distrutto. Sospirai, fortunatamente avevo deciso di non mettere il mio preferito... In ogni caso non volevo avere a che fare con quel tipo di persone.

-Tieni- mentre mi ripulivo la gonna, nell'alzarmi vidi la sua mano. Aveva le dita affusolate coperte da piccole fasce d'argento decorato con disegni tribali, mentre al polso portava un polsino in pelle nera. Mi stava porgendo il suo cappotto e lasciò le sue spalle robuste coperte solo da un maglione scuro.

-No grazie, sto bene, quello serve più a te- rifiutai e iniziai a dirigermi verso casa.

-Andiamo, Arashi, non fare la schizzinosa!- mi aveva appena chiamato per nome... come faceva a conoscerlo?

-Tu come diavolo...- iniziai ma lui fu più veloce. Mi mise il cappotto sulle spalle e mi prese per un polso.

-Come conosco il tuo nome? Non ha importanza- sorrise mentre mi trascinava verso il suo cane, appollaiato sotto un albero, mentre masticava i resti del mio cappotto.

-Kintaro! Muoviti vieni qui!- urlò al cane che subito si fece avanti. Indietreggiai immediatamente.

Lui lo legò prima che potesse aggredire nuovamente.

-Dove abiti?- mi chiese poi voltandosi.

Gli indicai la strada e lui mi accompagnò lasciandomi fuori casa. Gli restituii il cappotto.

-Ti ridarò i soldi del vestito domani... scusa ancora...- cercò di abbozzare un inchino, ma fatto da lui sembrava quasi ridicolo, con quei capelli. Lo fissai nuovamente per qualche istante. Era scandaloso. Eppure aveva un bel fisico e i suoi lineamenti, così come la sua pelle erano a dir poco perfetti. Poi feci un inchino a mia volta. -Non occorre, lascia stare, tanto quel cappotto nemmeno mi piaceva- sorrisi.

Rimasi un po' interdetta nel percepire il suo sguardo serio su di me, mi fissava in un modo talmente intenso da farmi venire la pelle d'oca.

Poi fu strattonato dal cane e si congedò con un gesto della mano.

Corsi immediatamente su in casa.

-Che diavolo è successo quel cappotto?!- esclamò Kamui appena mi vide.

-Un cane mi è saltato addosso- mormorai tra i denti ripensando a quel cagnaccio.

-E il padrone dove diavolo era?-sbottò irato.

-Cercava di trattenerlo, se non era per lui finivo sbranata!-

-Almeno ti sarai fatta pagare i danni? Sei ferita?- chiese.

-No alla prima e no anche alla seconda domanda, era un teppista, non voglio avere a che fare con certa gente...- mormorai ripensando a quel rosso scandaloso.

-Almeno i danni potevi farteli pagare!- esclamò.

-No grazie, va bene così-

-Fortuna che non era il tuo cappotto preferito.- constatò lui. Ed aveva ragione.

Il giorno dopo la voglia di alzarsi era praticamente ridotta a livelli minimi. Mi facevano male tutti i graffi di quel cane e un paio di muscoli indolenziti, ma non furono quei dolori a svegliarmi.

Sentii delle voci non ben definite provenire dal piano inferiore.

Scesi, ancora avvolta nella vestaglia, mentre mi scontravo con Kamui e Shin, che erano appostati a spiare la scena dal bordo del corridoio, nascosti da mamma e papà che evidentemente litigavano. Era la prima volta che accadeva e immediatamente mi accostai sotto di loro (ero la più bassa).

-Aggiornatemi, che succede?- sussurrai ai due sopra di me.

-A quanto pare la mamma è furiosa... dice che è stanca di vederlo rincasare alla mattina del lunedì...- sussurrò Shin in risposta.

-Papà invece non da risposta... non vuole dire dove va tutti i fine settimana...- aggiunse l'altro.

-Ah ecco che lui gli chiede chi è quello italiano che telefona sempre...- continuai io...

Poco più sotto la mamma era a dir poco adirata. Strillava come una pazza ed era tutta rossa in faccia.

Mio padre era ancora peggio, sempre che fosse possibile una cosa simile. Strillava e sbatteva con forza qualsiasi cosa trovasse a portata di mano.

Shin e Kamui stavano attenti e aspettavano ad entrare in scena, solo nel caso in cui si fosse arrivati alle mani.

Dopo la domanda di lui, di chi fosse quell'individuo, tutti e tre ci sporgemmo ancora di più dall'angolo.

Seguì un silenzio poi la voce sibilante di mamma riprese a tuonare. -Prima dimmi con chi te la spassi nei fine settimana!-

-Come osi insinuare che ho l'amante?!- tuonò lui in tono di sfida.

In quel momento la mamma uscì dalla stanza in cui stavano e salì per le scale. Ci nascondemmo immediatamente nella prima porta che trovammo e la sentimmo frugare nella sua stanza. Poi con passo pensante la guardammo portare qualcosa tra le mani e di nuovo scese le scale.

Tornammo a guardare dall'angolo e fu chiaro cosa avesse in mano.

Era biancheria femminile di pizzo rosso.

Lui portò le mani al volto e sospirò come chi è stato colto in flagrante.

Le mani di lei tremavano mentre gliela lanciava in faccia e piangeva. -Chi è?- strillò nuovamente.

-Non la conosci...- sospirò lui, abbassando la testa.

-Voglio il divorzio... - sospirò lei, cacciando le lacrime.

-Aspetta, riflettici, è stato solo un incidente, io...- iniziò lui.

-In venti anni... ne hai commessi fin troppi di questi incidenti.- la sua voce era gelida.

Lui la guardò scioccato.

-Non ho mai detto nulla, ma ora basta...-

-Però anche tu ti sei fatta l'amante! Quell'italiano!- la accusò papà.

-E' l'avvocato... divorzista a cui mi sono rivolta- lei alzò lo sguardo e lo fissò.

Non aveva alcun modo per rispondere. Noi ci guardammo e arretrammo nella nostra stanza, in perfetto silenzio.

Il giorno dopo le valige erano appostate davanti alla porta.

Nessuno di noi disse nulla quando papà uscì salutandoci con la mano. Ci limitammo ad un cenno del capo e poi ci voltammo a guardare nostra madre.

Era vestita in modo ordinato, con la gonna nera e la camicia bianca appena stirata. Le scarpe col tacco e i capelli perfettamente in piega. Si limitò a dire che sarebbe dovuta andare all'ufficio a consegnare le nuove bozze.

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Capitolo 9
*** Ti stavo aspettando ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 9

-Ti stavo aspettando -

Abituarsi alla nuova idea non fu tanto facile all'inizio, ma la routine, ben presto, inglobò la nuova situazione e nessuno di noi badò al fatto che nella casa mancava qualcuno. Credo che, se non fosse successo tutto quel putiferio, nessuno si sarebbe effettivamente reso conto, che la situazione andava avanti da anni.

Personalmente me ne accorsi una volta, a tavola.

La mamma aveva apparecchiato come sempre, ciotole di riso a sinistra, bacchette alla destra del piatto, quel giorno aveva preparato una tempura di gamberi con contorno di germogli di soia e del riso. Non era niente di troppo elaborato. Ci sedemmo al tavolo come sempre ai soliti posti e capii che effettivamente mio padre non c'era praticamente mai. I quattro lati del tavolo erano occupati da ciascuno di noi, mentre mangiavamo in silenzio.

Poi mamma parlò. -Arashi, come hai fatto a distruggere il cappotto?- chiese guardandomi e sollevando il capo dai suoi gamberi. Come teneva le bacchette era impressionante per essere cresciuta in un paese occidentale, ma effettivamente abitava in Giappone da più di vent'anni.

-Un cane mi è saltato addosso...- sibilai, avevo già rimosso quell'episodio.

-E solo adesso lo dici?!- esclamò sconvolta.

-Non mi sono fatta nulla, ha distrutto solo la stoffa.- commentai scrollando le spalle.

-Almeno potevi farti risarcire....- commentò alzando le spalle a sua volta... ecco da chi aveva preso mio fratello... quando si trattava di soldi erano tutti e due identici.

-Preferisco non avere nulla a che fare con gente del genere...- mormorai.

Lei alzò un sopracciglio e mi scrutò da capo a piedi.

-Cosa intendi per... "certa gente"?- chiese indagatrice.

-Un teppista, sai quelli capelli rossi, vestiti in modo strano... come i tizi della musica che ascolti tu... più o meno...- afferrai il riso e iniziai a mangiarlo.

Lei mi guardò con un'occhiata terribile, non amava molto sentire insultare i suoi cantanti preferiti... ma era l'unica in quella casa ad ascoltare quella musica Punk o rock... -Sai come la penso riguardo all'apparenza delle persone...- fu il suo unico commento.

Aveva già fatto più volte la lezioncina su "l'apparenza inganna". Lei stessa diceva spesso d'esserne un esempio. In effetti da casa al lavoro sapeva trasformarsi in una persona totalmente differente, una sorta di dr Jackill and mr Hide.

Annuii e terminammo di mangiare ascoltando Kamui che ci perseguitava con le sue avventure scolastiche e Shin che gli faceva da spalla.

Poi tornai nella mia stanza e ripresi a studiare.

Il computer pareva morto, mentre il cellulare era scarico da giorni e non avevo voglia di caricarlo.

Mi annoiavo, anche se come termine lo trovo riduttivo.

Pensai di uscire di casa, così presi il soprabito e decisi di andare a fare una passeggiata fino in biblioteca, per cercare un libro da leggere.

Non feci in tempo a mettere piede fuori di casa che mi trovai davanti il ragazzo di pochi giorni prima, quello del cane, si insomma, il teppista.

Che cosa ci facesse lì non mi importava, e fregandomene lo ignorai totalmente e andai dritta per la mia strada.

-Che fai? Non saluti nemmeno?- chiese lui iniziando a seguirmi.

Alzai le spalle incassando il colpo. -Ciao- contento ora?

-Ti stavo aspettando...- continuò lui, senza smettere di seguirmi.

Mi arrestai, lo scrutai da capo a piedi, quel giorno i suoi capelli erano lisci, li ricordavo ricci e molto più corti, in questo modo sembravano ancora più accesi. I vestiti erano qualcosa di indecifrabile. Era completamente vestito di nero e ricoperto di borchie di metallo, una più appuntita dell'altra. Gli scarponi sembravano supplicare la morte, evidentemente memori di un passato migliore. Mentre il cappotto in pelle, anch'esso nero, sembrava un puntaspilli. Per un momento mi chiesi se qualcuno avesse avuto il coraggio di avvicinarsi ad una persona simile.

-Perchè?- chiesi risvegliandomi dalla mia riflessione sul suo aspetto. Tornai a guardarlo in faccia... aveva borchie anche lì...

-Perchè ti devo risarcire per il cappotto...- disse lui, constatai che non s'era portato dietro il cane..

-Ti ho già detto che non occorre...- conclusi io facendo un semplice inchino, non troppo profondo, e riprendendo la strada per la biblioteca.

-Almeno lasciami rimediare... ci sarà qualcosa che posso fare per aiutarti...- disse lui continuando a seguirmi.

-Una cosa la puoi fare- mi fermai nuovamente. Lo guardai, decisamente irritata -Smettila di seguirmi- sbottai per poi riprendere a camminare con passo più veloce.

-Andiamo, cosa ti ho fatto di male? Mi offro persino d'aiutarti!- disse lui sfoderando un sorriso di supplica.

-Non voglio avere a che fare con te....- sibilai senza voltarmi.

-Ah, ho capito...- lo vidi sparire alle mie spalle, doveva essersi fermato. -Sei una di quelle superficialone...- disse in tono che suonò fin troppo di sfida.

Mi fermai, stava toccando quei tasti che era meglio non toccare... Tirai un lungo respiro e mi voltai infuriata.

-Sarò o no libera di parlare con chi voglio?! Mi hai già distrutto il cappotto, non occorrono altri danni, grazie!- strillai nel bel mezzo della strada, con tutte le persone che ci fissavano.

-Ammettilo, mi stai giudicando solo in base a come mi vesto...- si avvicinò, parlando a voce bassa, mentre intorno la gente ignorò la scena e riprese a camminare.

-Se ne sei tanto convinto!- sibilai a denti stretti, trattenendomi dal prenderlo a schiaffi.

-Si, ne sono convinto eccome!- scoppiò a ridere.

-Che cosa c'è... da ridere?!- strillai decisamente irritata, con una punta di imbarazzo.

-Niente, solo che sei carina quando ti arrabbi!- sorrise lui.

La rabbia iniziò a prendere il sopravvento, chiusi gli occhi. Non sopportavo quel ragazzo e tutti i suoi modi di fare presuntuosi e arroganti.

Poi alzai lo sguardo, sfoderando il sorriso più perfido che conoscevo. -Certo, a quante l'hai detto prima d'ora? Speri di fare colpo così dicendo? Sei solo un bamboccio...- lo sfidai.

-Attenta...- sorrise beffardo, poi si avvicinò per sussurrarmi qualcosa all'orecchio, feci per ritrarmi ma mi bloccò stringendomi per la spalla. -Non giocare troppo con il fuoco, si finisce con lo scottarsi... e fino a prova contraria mi stai insultando...-

-Lasciami in pace- lo guardai sostenendo lo sguardo minaccioso che mi rivolse.

-Perchè dovrei farlo? Sono anni che ti osservo, ho aspettato che quel mocciosetto di Kaji si levasse dai piedi, poi è arrivato quell'altro, e ho aspettato che ti stancassi anche di lui, ora sono stanco di aspettare che tu sia libera per provarci con te...- sorrise, mentre un profondo desiderio si spaccargli la faccia si fece largo tra i miei pensieri.

Non ci pensai due volte e sollevai il pugno sinistro in un montante perfetto che schivò le borchie del giubbotto nero e colpì direttamente allo stomaco.

Feci due passi indietro. Lo guardai infuriata mentre mi trattenevo dallo scoppiare a piangere. Sentii le lacrime salire mentre la mia voce urlava: -Non ti permettere mai più di insultare Kintaro o Kaji!- Era piegato per il fiato che gli avevo tolto.

Mi voltai e presi a correre verso la biblioteca, riuscii a calmarmi solo una volta che fui circondata dagli scaffali dei libri, che odoravano di chiuso e di vecchio.

Passai diverse ore rinchiusa tra quegli scaffali. Non volevo uscire per paura che quel teppista fosse ancora fuori.

Però l'orario di chiusura era vicino e prima o poi, volente o nolente sarei dovuta uscire da lì dentro.

Presi i libri che intendevo leggere e uscii dalla porta principale. Mi guardai intorno, tirai un sospiro di sollievo nel vedere che nessuno con i capelli rosso fuoco era nei paraggi. Mi avviai, un po' incerta verso casa, attraversando un quartiere intero a piedi e mi stupii di aver corso tanto. Quando iniziai a vedere la mia via mi sentii decisamente più rassicurata, se non altro potevo sempre correre e raggiungere il portone.

Ma evidentemente non avevo calcolato tutte le circostanze.

-Sei stata parecchio chiusa in quella biblioteca...-

Un brivido mi corse lungo la schiena. Imprecai. Come minimo me l'avrebbe fatta pagare per il pugno... Iniziai a pregare preoccupata.

Lo ignorai nonostante le mie paure e proseguii, ancora pochi passi e sarei stata a casa.

Ma lui si parò davanti a me sbarrando la strada. -Mi hai fatto male con quel pugno lo sai?- mi sorrise quasi gentile, doveva essere una messa in scena.

-Ne vuoi un altro?- chiesi gelida.

-Ne hai di fegato ragazzina!- ghignò lui.

Alzai il pugno ben diretta a colpire in faccia questa volta, ma lui fu più veloce e mi fermò la mano chiusa a metà tragitto.

-Non mi freghi due volte con lo stesso trucco...- strinse la presa e i libri caddero sull'asfalto del marciapiede.

-Lasciami!- strillai.

Lui mollò la presa e istintivamente feci schioccare le dita. Mi chinai a raccogliere i libri.

-Che diavolo vuoi da me?! Non intendo avere a che fare con te chiaro?!- gli sbraitai in faccia.

-Ti facevo più intelligente...- il suo tono era calmo e tranquillo. Le sue braccia erano distese lungo il corpo e mi fissava con qualcosa che identificai come delusione.

-Cosa ne sai tu di me?!- gli risposi con astio.

-Cosa so di te? Più di quanto tu creda...- si lasciò sfuggire un ghigno. -ti ha sempre descritto come una ragazza fantastica ma credo che fosse solo una cotta del momento, il che spiegherebbe molte cose...- il suo tono era basso, sembrava tutto un enigma al quale mancavano gli indizi principali.

-Di che cosa stai parlando?!- chiesi sospettosa.

-Non ha importanza...- alzò le spalle e prese a camminare lungo la strada.

-Per te niente ha mai importanza a quanto pare! Però credi che a me faccia piacere sapere che qualcuno va in giro a parlare di me ad uno sconosciuto?!- sibilai irritata, e dirigendomi verso il portone.

-E hai pensato anche solo per un istante che forse non tutto è come appare? Signorina Superficialona?- chiese lui una volta che l'avevo lasciato alle spalle.

Gli lanciai un'ultima occhiata una volta chiuso il cancelletto, lo fissai dritto negli occhi, lenti a contatto gialle riflettevano il grigio della strada, sembrando quasi cupi. Poi mi voltai e salii le scale, scomparendo dietro la porta di casa.

Una volta entrata andai nella mia stanza e riposi i libri sulla mensola. Poi scesi le scale ed andai a vedere cosa c'era per cena.

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Capitolo 10
*** Festa di compleanno ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 10

-Festa di compleanno -

Erano passati quasi due mesi da quell'assurdo episodio, e ringraziai il cielo che non si ripresentò più quel "ragazzo dai capelli rossi", così l'avevo chiamato visto e considerato che non sapevo come si chiamasse.

Avevo ripreso tranquillamente le lezioni universitarie in compagnia di Sachiko, lei e Kaji come sempre andavano d'amore e d'accordo e da una settimana abbondante mi perseguitava con i suoi dubbi su quale fosse il regalo migliore da fargli.

Il 2 febbraio sarebbe, infatti, stato il compleanno di Kaji. Come ogni anno organizzava una festicciola intima con gli amici, ma prima di allora non avevo mai avuto l'occasione di andarci. Il più delle volte era a causa del raffreddore, visto che pareva avessi l'abitudine d'ammalarmi sempre in quel periodo.

Per l'occasione avevo preso a Kaji un videogioco che desiderava da parecchio tempo e che non era riuscito a trovare da nessuna parte, in un certo senso sperai che nessun'altro avesse avuto la mia stessa idea.

Sachiko era senza freni, continuava a parlare, senza preoccuparsi nemmeno che qualcuno l'ascoltasse. A volte era proprio buffa. Credo che in cuor suo sapesse perfettamente quale scelta fare...

Poi finalmente arrivò il giorno della festa e con essa anche il termine delle estenuanti discussioni di Sachiko.

Passò lei da casa mia, una volta arrivata dalla stazione, abitavo vicino a Kaji ed ero di strada.

S'era vestita in modo particolare, diceva di voler far colpo sugli amici di lui. Aveva deciso d'indossare un paio di calze a rete gialle sopra delle calze coprenti nere, con una gonna che le arrivava di poco sopra al ginocchio anch'essa gialla e una maglietta abbinata alle calze, con un pizzo nero ricamato sopra la stoffa a tinta unita. I capelli li aveva legati in una coda al lato della testa e l'effetto era completato da un trucco non troppo pesante, fatta eccezione per la matita nera che le risaltava gli occhi a mandorla.

Di fianco a lei mi sentivo strana, io avevo optato per qualcosa di decisamente meno appariscente, ovvero una gonna in jeans anch'essa arrivante appena sopra il ginocchio, una camicia nera e delle calze del medesimo colore con delle ballerine. I capelli lasciati lisci e un velo di trucco.

Ci incamminammo entrambe lungo la strada chiacchierando del più e del meno, mentre nelle borse avevamo i nostri regali per il festeggiato.

-Adesso preparati a conoscere il suo fratellastro!- disse tutta divertita mentre imboccavamo il viale della casa di Kaji.

-Parli di Akira? Non lo vedo da anni, ricordo che s'era trasferito con il padre, non sapevo fosse tornato a vivere con Kaji e la madre...- avevo un vago ricordo della famiglia di Kaji.

Effettivamente non andavo a casa sua da almeno un anno. La sua famiglia aveva passato diverse avventure diciamo. La madre si era risposata in seconde nozze con il padre di Kaji e dal matrimonio nacquero lui e una bambina più piccola, Noriko, ma nelle prime nozze la donna aveva avuto un figlio di nome Akira.

Akira Akai, questo il suo nome, si era trasferito a vivere con il padre, il primo marito della signora Norimogase, quando Kaji aveva ancora dieci anni. Essendo stata in classe con Kaji per tutta la durata delle elementari, avevo avuto modo di conoscerlo, ma ne conservavo un ricordo decisamente sbiadito. A quei tempi Akira frequentava già il primo anno di liceo e ricordo bene quanto era attaccato al fratellino sebbene avessero padri differenti.

A quanto mi spiegò Sachiko, Akira era tornato poco dopo che mi ero lasciata con Kaji, durante l'estate e la mia vacanza in Italia.

Arrivati davanti alla casa di Kaji rimasi un po' stordita, ricordavo fosse grande, ma non così tanto!

Dovete sapere che il padre di Kaji era un ricco proprietario terriero (ci tengo a far presente che frequentando una scuola privata è praticamente scontato che tutte le persone che frequenta Arashi abbiano un discreto patrimonio, la stessa Arashi vive in un appartamento molto grande n.d.Sayu) e la sua casa era una delle ultime del quartiere, costruita secondo la tradizione giapponese era costituita da un'ala centrale in cui viveva la famiglia, una periferica riservata alla servitù, e tutt'intorno una serie di giardini in perfetto stile giapponese.

Sachiko, ormai abituata a frequentare quel luogo, suonò il campanello e presto una cameriera arrivò ad aprirci la porta.

Entrambe ci togliemmo le scarpe e infilammo le pantofole messe a disposizione per gli ospiti.

Feci un inchino in segno di saluto alla signora Nana, la ricordavo bene, era una donna deliziosa, anche lei nel riconoscermi si complimentò per poi accompagnarci nella sala riservata alla festa.

-Ecco a voi, il signorino Kaji vi stava aspettando... è stato un piacere rivedervi signorina Nokaze- fece un inchino e si congedò lasciandoci davanti alla porta dalle pareti in carta e la struttura in legno che scorse davanti a noi rivelando l'immenso salone.

-Kajii-chan!!!!- Sachiko corse immediatamente tra le braccia di Kaji, vestito con abiti occidentali.

-Sachiko, così mi strozzi... Arashi vieni avanti... Arashi....?-

La voce di Kaji mi parve così lontana. Ero rimasta a dir poco paralizzata. Molte cose divennero più chiare nella mia mente. Quegli occhi, sebbene non avessero le lenti a contatto colorate erano per me inconfondibili. Così come erano inconfondibili quei capelli rosso fuoco, più lunghi di due mesi prima e raccolti in un codino dietro la nuca.

Kaji si fece avanti e sia lui, sia Sachiko ci fissarono mentre lui sorrideva divertito e io mi arrabbiavo ogni istante di più.-Arashi, ti ricordi di Akira, mio fratello vero?- mi chiese.

-Certo, come potrei dimenticarlo...- sorrisi cordiale, in realtà l'avrei strangolato!

Poi qualcosa mi spinse a voltarmi. -Arashiiiii!!!- una ragazzina che mi arrivava al gomito mi abbracciò al fianco. Noriko.

Pensai che almeno per lei, avrei fatto buon viso a cattivo gioco. Ricambiai l'abbraccio e mi limitai ad ignorare Akira per tutta la durata della festa.

Poco dopo fortunatamente arrivarono anche gli altri amici di Kaji.

Tra tutta quella confusione provai il desiderio di avere al mio fianco Kintaro.

Chiacchierai, sorrisi, giocai, scherzai. E mentre facevo tutto ciò sentivo su di me gli occhi di Akira puntati, come un'aquila scruta la sua preda a chilometri di distanza.

Poi, lentamente, gli invitati se ne andarono e rimanemmo, nuovamente, in quattro, anche Noriko era andata a dormire. S'era fatto decisamente tardi e dovevo riaccompagnare Sachiko alla stazione per prendere l'ultimo treno.

-Vi accompagnerei, ma ci sono qui i miei zii che aspettano nell'altra stanza.- si scusò Kaji.

Poi, dopo un pomeriggio e una serata passati in silenzio Akira si intromise nel discorso. -Se vuoi le accompagno io- si offrì con un sorriso gentile fissandomi con uno sguardo pieno di perfidia.

Sachiko per un istante staccò lo sguardo da Kaji e osservò il fratello, per poi guardare me che rispondevo a lui con uno sguardo carico d'odio puro.

Poi la vidi illuminarsi... -Arashiii....- mi voltai a guardarla, odiavo quando usava quel tono mieloso per chiamarmi, significava solo guai... -da quando in qua conosci così bene Akira?-

-Non lo conosco affatto!- sbottai prima ancora di pensare.

-Si, infatti, non mi conosci...- rispose lui perfido.

Sachiko continuava a fissarci divertita, poi sussurrò qualcosa all'orecchio di Kaji che non riuscimmo a capire. Poi anche lui ci guardò e scoppiò a ridere.

-Sachiko, questa volta ti sbagli!- continuò a ridere.

Sospirai, poi adirata cercai di trovare il tono più gentile che mi riuscisse in quell'istante. -Non occorre che ci accompagni tuo fratello...-

-Invece voglio che venga, non è prudente che tu torni a casa da sola a quest'ora!- disse Sachiko fingendo un tono preoccupato.

Avrei volentieri strangolato anche lei.

Dieci minuti dopo eravamo sul cancello di casa Norkimogase e ci incamminammo. Sachiko e Akira chiacchieravano tranquilli mentre io restavo a fianco di lei in silenzio.

Arrivati alla stazione lei riuscì a prendere l'ultimo treno per un soffio, la salutai.

Poi, una volta chiusa la porta automatica, mi voltai e mi incamminai da sola.

-Ma tu sei sempre così arrabbiata o sono io che ti faccio quest'effetto?- chiese divertito alle mie spalle.

Mi voltai a guardarlo male. Notai per la prima volta dall'inizio della serata che non era ricoperto di borchie come un puntaspilli. -Direi più la seconda!- sibilai.

-Oh ma allora sei capace di rivolgermi la parola!- commentò sarcastico mentre salivo adirata le scale per uscire dalla stazione. -Le porti ancora le mutandine con la farfalla sul davanti?- chiese ancora più divertito.

Mi voltai di scatto, senza accorgermi che era a pochi centimetri da me, sullo scalino subito dopo il mio. Era molto alto, nonostante il dislivello mi superava di metà testa. Per poco non gli tiravo una testata.

-Se sapevi chi ero perchè quando ti ho chiesto come facevi a conoscere il mio nome non hai detto chi eri?!- dissi tutta d'un fiato.

-Perchè sapere chi fossi, ti avrebbe forse fatto cambiare idea sul mio conto?- chiese lui in tono serio.

-Forse- risposi tenendo alta la testa.

-Però se fossi stato qualcun'altro? Mi avresti dato le stesse identiche possibilità che avresti dato ad Akira?- chiese in tono di sfida.

Esitai per un istante, poi decisi di essere sincera. -No, non te le avrei date-

-Ma sapere o meno il mio nome, non cambia quello che sono...- fece una pausa. -Un teppista, è così che mi definisci no?-

-E' quello che sembri...- risposi in tono asciutto incrociando le braccia.

-La mamma non te l'ha detto che non è tutto oro quello che luccica?- rispose nuovamente ironico. -Se mi avessi lasciato parlare anzichè sparare subito sentenze, ora sicuramente non avresti fatto la figura della stupida...- feci per ribattere ma lui mi tappò la bocca con un dito. -E' inutile che protesti, sai che hai sbagliato, almeno evita di diventare ancora più stupida-

Si scostò e mi trascinò per un braccio spingendomi. Cercai di liberarmi della stretta ma solo una volta fuori dalla stazione lasciò la presa.

Ripresi a camminare massaggiandomi il polso mentre lui camminava due passi avanti a me.

-La sai una cosa?- s'arrestò senza voltarsi. Automaticamente mi fermai e fissai la sua schiena. -Non mi sbagliavo, sei proprio carina quando t'arrabbi!- mi guardò e scoppiò a ridere, riprendendo a camminare.

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Capitolo 11
*** Fiori rossi, fiori blu ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 11

-Fiori rossi, fiori blu -

Dopo il compleanno di Kaji, e quella discussione con Akira, tutto tornò alla routine di tutti i giorni. Andavo a lezione all'università, il sabato uscivo con le amiche, il resto della settimana per lo più studiavo o davo una mano a mia madre che lentamente riacquistava il buon umore. Ma di quel ragazzo con i capelli rossi non ci fu alcun segno. Non andai a cercarlo, ma nemmeno lui venne a cercare me.

Come da calendario, arrivò anche la festa di San Valentino. Odiavo quella festa praticamente da sempre, la trovavo decisamente consumistica e non sopportavo tutte quelle stupide usanze di regalare i cioccolatini alla persona amata.

Mamma parve diventare decisamente nervosa già due giorni prima di quella festa. Solitamente aveva preso l'abitudine di uscire con papà la sera della festa, ma quest'anno molto probabilmente sarebbe rimasta con me a farmi compagnia. Effettivamente della famiglia ero l'unica a non uscire mai in quella data, nonostante le opportunità non mi siano mai mancate.

La mattina del 14 febbraio mi alzai come sempre per uscire a prendere il treno. Mi vestii con un maglione a collo alto e un paio di jeans decorati con delle scritte gotiche e scesi le scale sbadigliando.

Kamui stava già sclerando per scegliere il fiocco che avrebbe messo sul pacco da regalare alla sua fidanzata, mentre Shin già aveva ricevuto inviti su inviti per uscire alla sera. Li guardai trovandoli ridicoli, alla fine non era nemmeno una festa di quelle importanti come il Capodanno!

Mamma era già in cucina e il tradizionale profumo di cioccolata proveniva da dietro la porta. Guardai i miei due fratelli che ricambiarono lo sguardo.

-Perchè prepara dolci?- chiese Kamui mentre teneva ancora in mano un fiocco rosa e una coccarda gialla.

Alzammo le spalle sia io che Shin. Non essendoci papà avremmo quasi scommesso che sarebbe stata rinchiusa tutto il giorno nel suo studio, non ci aspettavamo che preparasse la solita sfilza di dolci occidentali che solitamente mangiava con papà.

Scendemmo circospetti le scale e notammo un profumo diverso da quello del cioccolato, profumo di fiori.

Infilammo la testa in cucina e la guardammo cucinare. Aveva il suo solito grembiule a cuori azzurri (non chiedete il perchè siano azzurri... quella donna aveva corredi interi di quel colore... ndArashi), mentre mescolava la cioccolata con un cucchiaio di legno. Sul tavolo c'erano due mazzi di fiori enormi.

-Ehm... mamma...?- chiese per primo Shin. -Di chi sono tutti quei fiori?-

-Oh! Buongiorno ragazzi!- sorrise allegra e notammo le sue guance rosse, preferii supporre che fossero dovute al calore dei fornelli. -I fiori? Un mazzo è per me, l'altro è per te Ara-chan- rispose.

Mi scostai dalla porta ed andai a vedere i mazzi di fiori. -Quello rosso è il tuo... la busta del mittente è all'interno- indicò il mazzo alla mia sinistra.

Lo guardai. Era un insieme di fiori di diverso genere tutti di svariate tonalità di rosso. Afferrai la busta, ma qualcosa mi diceva che solo una persona poteva aver mandato tutti quei fiori, lo stesso colore lo suggeriva.

Sfogliai i vari fogli e lessi velocemente... "Buon san Valentino... non sapevo quale fiore fosse il tuo preferito, ma mandarti solo rose rosse mi sarebbe sembrato troppo ordinario... vuoi uscire con me stasera?" allegato c'era un numero di cellulare. Fissai il foglietto.

Shin di soppiatto comparve alle mie spalle e riuscì a leggere il messaggio.

-A quanto pare la nostra sorellina ha un ammiratore segreto... non si è nemmeno firmato!- commentò ammiccante.

-Ti sbagli, la sua firma è più vistosa di quanto tu pensi...- mormorai fissando i fiori.

-Allora a quanto pare sta sera la casa rimarrà deserta...- sogghignò la mamma.

-Ma io non intendo uscire. Sai cosa ne penso di questa stupida festa!- protestai.

-E rifiuteresti un invito simile?- mi guardò con un'espressione che pareva chiedere se mi ero bevuta il cervello.

-Non voglio dare false speranze a nessuno!- conclusi.

-Andiamo, una possibilità non si nega a nessuno... a meno che questa persona non sia un maniaco...- si intromise Kamui.

-Non è un maniaco...- lo guardai male.

-E allora cosa ti costa?- chiese alzando le spalle.

-Avanti, magari passi una serata piacevole!- continuò mamma.

Sospirai. Era il loro modo per dire che se non avessi acconsentito avrebbero continuato per tutto il giorno fino a farmi cedere per forza. -Oh e va bene!- dissi senza troppo entusiasmo.

-Si ma... chi è?- chiese Shin guardandomi di sottecchi.

-Questa è un'informazione riservata!- gli feci una linguaccia mentre mandavo una mail al numero indicato sul foglietto.

-Senza dubbio una persona che ama il rosso...- commentò allegra mia madre.

-A proposito dei fiori... mamma da dove spuntano quei fiori blu e azzurri?- chiese Kamui fissando l'altro mazzo composto da fiori secchi e spighe di grano, dalle tonalità che andavano dal bianco al blu, passando per l'azzurro.

Tutti e tre la guardammo mentre sogghignava. -Da qualcuno che conosce il mio debole per i fiori bianchi e azzurri...- commentò enigmatica come a suo solito.

-Mamma... per una volta, potresti evitare di parlare per rebus ed essere un po' più chiara?- chiese Shin decisamente scocciato.

-Anche se vi facessi il suo nome, non lo conoscete- rispose pacata.

-Ci devi uscire?- chiese Kamui sospettoso.

Una strana sensazione piombò nella stanza mentre la mamma restava in silenzio. Era strano pensare che qualcuno che non fosse papà sarebbe uscito quella sera con mamma.

-Si, ho una cena...- rispose vaga.

Immediatamente vidi i miei due fratelli prendere una sedia e sedersi ai lati del tavolo e fissare la mamma che spense con tranquillità il fornello e coprì la pentola con un coperchio. Li imitai sedendomi, facendo decisamente meno rumore.

-State tranquilli, non intendo certo risposarmi....- disse tranquilla mentre s'appoggiava al bordo della cucina.

-Per adesso, ma in futuro?- chiese Shin serio in volto.

-Non lo so, il tempo darà le risposte...- rispose con un sorriso sereno.

-Chi è questa persona?- chiese Kamui risoluto.

-Si chiama... Thomas... è italiano... forse tu, Ara-chan, ne ricorderai la voce, è l'avvocato che si occupa del divorzio tra me e vostro padre...- disse in tutta tranquillità.

Restammo tutti quanti di stucco, ma solo Kamui dette voce ai nostri pensieri. -Te la fai con l'avvocato del tuo divorzio?!- il tono era forse eccessivamente isterico.

-Frena il linguaggio Kamui, ti ricordo che sono io che mantengo i tuoi studi...- disse con una punta d'irritazione nella voce.

-Si... ma si occupa del tuo divorzio... è... è...- non sapevamo nemmeno noi come completare la frase, nonostante ci guardasse supplichevole.

-E' cosa? Deplorevole? Vergognoso? Ridicolo? E' il suo lavoro, era l'unico avvocato di cui mi fidassi residente vicino Tokyo. E per quanto riguarda i sentimenti che ci legano, non stupitevene troppo. Con vostro padre non funzionava da diversi anni, forse mi ero persino illusa che funzionasse, ma temo che i problemi c'erano sin dall'inizio ma non volevo vederli. Sospettavo da cinque anni che avesse modo di fare "qualche scappatella", ma credetemi quando vi dico che sono rimasta più sorpresa di voi nello scoprire che in realtà aveva una relazione fissa.- abbassò lo sguardo quando terminò di parlare.

Effettivamente non avevamo mai preso in considerazione la situazione, non nei minimi dettagli.

Presi coraggio e iniziai a parlare: -Quando avete litigato... hai detto che erano vent'anni che ti tradiva o sbaglio?- chiesi guardandola.

Anche Shin si intromise, -E poi papà ti ha anche accusato d'avere l'amante pure tu, quindi aveva ragione?- insinuò.

Lei prese un lungo respiro e poi rispose alle domande: -Prima del nostro litigio ho chiesto l'aiuto di un investigatore privato. Certo, avevo già trovato la biancheria che gli ho buttato in faccia, ma volevo conferme. Anni addietro aveva avuto numerose relazioni di breve durata, per lo più duravano un mese o due, poi si stancava. Fino a che non ha conosciuto la sua attuale compagna. A quanto ho scoperto questa donna premeva da tempo che lui mi lasciasse, ma vostro padre si era rifiutato... vedete...-sospirò. -Se vostro padre avesse lasciato questa donna, due settimane prima che se ne andasse, quando litigammo la prima volta... voi non c'eravate- aggiunse in fretta allo sguardo interrogativo di Kamui. -se l'avesse lasciata allora, probabilmente ora sarebbe qui e quel mazzo di fiori non sarebbe sul tavolo.- Sorrise amaramente. -Ma le notizie dell'investigatore, non smisero di arrivarmi. Il giorno stesso in cui voi ci avete visto decidere per il divorzio, esattamente due ore prima, mi era giunta notizia che la donna con cui sta vostro padre è attualmente incinta di sei settimane.-

La osservai. Stava tentando disperatamente di restare calma, ma si vedeva che non lo era. Le mani le tremavano mentre gli occhi erano lucidi.

Rimasi lì in silenzio. Mentre Kamui e Shin si guardavano a bocca spalancata senza capire più nulla.

Passarono dieci minuti abbondanti, quando il suono del mio cellulare fece sobbalzare tutti dalla sedia.

I tre mi guardarono, lessi velocemente la mail.

-Sta sera esco alle sette e mezza...- fu la mia risposta alle loro facce interrogative.

Poi Shin, ruppe il silenzio forzato. -E riguardo alla mia domanda?- azzardò.

-No, Shin.... non ho mai tradito tuo padre, questo è il primo appuntamento che ho con Thomas...- rispose lei.

Shin sorrise, poi tornò a guardare il gemello, ancora troppo sconvolto per pensare a qualcosa.

Tornò il silenzio e la mamma riaccese i fornelli, solo il rumore del cucchiaio di legno che fregava contro il metallo della pentola risuonava nella stanza.

Kamui all'improvviso, svegliatosi dal suo sonno prese a parlare...-Certo che papà... è proprio un figlio di...-

Una goccia di cioccolato bollente piombò sulla guancia di Kamui, attraversando l'aria che divideva me e Shin.

-Signorino, è meglio per te che non completi quella frase...- tuonò la mamma con il bastone di legno in mano.

Io e Shin guardammo le gocce di cioccolato cadere sulla tovaglia incerata, poi ci scambiammo un'occhiata terrorizzata.

-Ma l'ha messa incinta!- esclamò lui massaggiandosi la parte scottata.

-Non è per tuo padre... è che non sta bene insultare la nonna...- fu il commento diabolico di quella donna, che in quel momento faceva decisamente paura.

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Capitolo 12
*** Odio San Valentino! ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 12

-Odio San Valentino! -

Dopo la minaccia di mia madre verso Kamui, capimmo quanto effettivamente la mamma ce l'aveva con papà.

Non lo insultava apertamente davanti a noi, ma molto probabilmente dentro di se gli aveva sparato tanti di quegli insulti che nemmeno osavo immaginare.

Fatto sta, che dopo quella chiacchierata non toccammo l'argomento per il resto della giornata. Aiutai mia madre a preparare i dolci di cioccolato, mandando al diavolo le lezioni per quel giorno.

Poi arrivò il momento più terribile della giornata.

Erano le sei. Tra un ora e mezza circa Akira sarebbe arrivato a prendermi.

Nell'accettare non avevo nemmeno pensato di chiedere quale fosse il posto in cui mi voleva portare.

E nella mia mente un unico dubbio mi assalì.

Cosa diavolo mi sarei messa d'abito?!!!

Feci un sospiro, pensai per prima cosa di darmi una sistemata ai capelli e mi truccai lievemente, senza esagerare, in modo da poter essere ordinata ma non troppo assomigliante ad uno spaventapasseri.

Poi tornai in camera e aprii le ante dell'armadio.

Ufficialmente non era mai capitato che uscissi con qualcuno più grande di me, tanto meno che quella persona in questione, fosse il figliastro di uno dei nobili più importanti del paese. Avrei dovuto vestirmi in modo tradizionale o occidentale? E se mi sarei vestita in occidentale sarebbe stato meglio un vestito elegante, uno sportivo o uno casual?

Fissai terrorizzata l'armadio.

Per l'abito tradizionale non sarei mai riuscita a rispettare i tempi, anche perchè mia madre non sapeva legare l'obi, solo mia zia ne era in grado, ma a chiamarla ci avrebbe messo troppo tempo, sempre che fosse stata disponibile.

Quindi restava solo l'abito normale.

Lo sportivo lo scartai immediatamente, quindi il dubbio restava sull'elegantissimo, l'elegante, il non troppo elegante, e il semplice.

Frugai ovunque ma non trovai niente che potesse soddisfarmi.

Avrei volentieri chiesto in prestito qualche vestito a mia madre, se non fosse che era più bassa di me di almeno 10 centimetri, e io ero decisamente più magra.

Continuando a cercare riuscii a decidere di mettere una semplice camicia bianca, di gonne non sapevo minimamente quale scegliere.

-Mammaaaaaaaaaaaaaaaa- strillai disperata chiedendo aiuto.

-Cosa c'è?- la vidi entrare preoccupata col fiatone.

-Non so cosa mettermi!- dissi con le lacrime agli occhi.

Lei mi guardò assottigliando gli occhi rendendoli due fessure. Poi sospirò e mi spinse a farle vedere la camicia.

Poi portò le dita al mento e iniziò a frugare nell'armadio. Aveva la testa sempre più infilata nei miei abiti, con lo chignon che le raccoglieva i capelli e il vestito che aveva scelto per la serata. Se non altro aveva più gusto di me nel vestire. Aveva optato per una gonna nera che le scendeva lungo i fianchi, sopra due calze nere che finivano in un paio di eleganti scarpe col tacco tutte impreziosite da piccoli brillantini, mentre il maglione a collo alto le dava un'aria quasi nobile, mentre la sua collana con incisioni strane le impreziosiva il collo e completava l'effetto.

Assorta com'ero nei suoi abiti nemmeno mi accorsi che aveva trovato una gonna marrone che era perfetta con la camicia, aveva anche pensato alle calze e alle scarpe che prese immediatamente dalla scarpiera, poi, dopo avermi lasciato con i vestiti sul letto andò in camera sua a prendere un maglione della stessa tinta della gonna con delle maglie larghe che avrebbero lasciato intravedere la stoffa bianca della camicia.

Mi vestii di fretta e scesi di corsa le scale. Mancavano ancora venti minuti prima dell'arrivo di Akira, ma prima ci tenevo ad avere l'assenso dei miei fratelloni.

-Sei fantastica!- esclamarono in coro.

Poi mia madre mi guardò da capo a piedi e assottigliò nuovamente gli occhi in due fessure, per poi sollevare un sopracciglio. -Vieni con me- disse trascinandomi nel suo bagno, adiacente al suo studio.

Mi prese i capelli e iniziò a pettinarli, per poi raccogliermeli dietro la nuca in una serie di piccoli nodini, simili a chignon, che lasciavano scivolare alcune ciocche bionde. Poi prese una scatoletta ed estrasse un paio di orecchini a pendolo, con delle pietre nere, e mi puntò un fermaglio a forma di medaglione sotto il colletto, anch'esso in pietra marrone e beige.

Sentii il campanello suonare. Il cuore prese a tamburellare e corsi velocemente giù dalle scale, gettandomi ad aprire la porta.

Non pensai nemmeno a come avrebbero reagito i miei fratelli nel vedere Akira, tanto meno la reazione di mia madre, fatto sta che quando aprii la porta non fu Akira che mi trovai davanti.

Un uomo altò poco più di me, dai capelli castani e i lineamenti occidentali, vestito di tutto punto era davanti alla porta.

Il suo giapponese non era perfetto quanto quello di mia madre, evidentemente non era da molto che viveva qui...

-Mamma... è per te...- mi feci da parte e lasciai entrare quell'uomo che si fermò sull'uscio, aspettando mamma.

-Tu sei Arashi?- chiese con un forte accento italiano.

Annuii e feci un leggero inchino.

-Perdonami, non parlo bene giapponese...- si scusò. -Somigli molto a tua madre...- mi sorrise e poi alzò lo sguardo verso la scala. Mamma aveva preso lo scialle e se l'era avvolto attorno alle spalle, mentre scendeva verso di noi.

Mi voltai istintivamente a fissare quell'uomo e rimasi decisamente sorpresa nel vedere come guardava mia madre. Credo, o almeno lo pensai in quel momento, che nemmeno mio padre avesse mai guardato mamma in un modo tanto intenso. Mi chiesi, divertita, se fosse dovuto al fascino italiano.

Mentre dalla porta entrava un freddo vento, una folta chioma di capelli rossi spuntò da dietro quel Thomas, e immediatamente i miei fratelli, che avevano sporto la testa per vedere il nuovo arrivato, esclamarono in coro... -Ora ho capito qual'era la firma!-

Lanciai loro un'occhiata fulminante.

Poi mia madre sorrise e invitò i due ad entrare, così da permettere di chiudere la porta. Infine si avvicinò e sistemò le scarpe.

Guardò i capelli rossi di Akira, poi il resto e sorrise.

-Akira, è da molto che non ti facevi vedere...- era stata senza dubbio migliore di me nel riconoscerlo. -Sei cresciuto molto...- poi sorrise.

-Quel rosso...- esclamò l'altro ospite... -Se non ricordo male, anche tu da giovane avevi i capelli di quel colore...-

-Hai buona memoria Tom- sorrise mia madre che si voltò a raccomandare ai miei fratelli di non fare troppo tardi.

Uscimmo tutti e quattro e indossai il cappotto aiutata da Akira.

-Mamma, tu avevi i capelli rossi?- chiesi sconvolta prima di chiudere il cancelletto.

-Si, adoravo quel colore, ma tuo nonno ha insistito per quasi un anno, fino a che non sono tornata bionda... poi, alla fine, non ho più cambiato...- sorrise e ci salutò affidandomi nelle mani di Akira.

Rimasti soli, lui si chinò a sfiorarmi la guancia con un bacio.

-Sei davvero carina questa sera...- sorrise e mi porse il braccio invitandomi a seguirlo verso una macchina nera apparentemente molto costosa. -Ho chiesto in prestito questa a mia madre per l'andata...- si giustificò, per poi dare indicazioni all'autista fermo sul volante in attesa del via libera.

-E per il ritorno?- chiesi curiosa mentre mi sedevo al suo fianco.

-Tesoro, del dopocena ne parliamo dopo la cena non credi?- ammiccò lui, divertito dalla faccia che feci io dopo aver sentito la parola "dopocena". -Avanti! Stavo scherzando!-

Mi portò ad un locale di cucina cinese, il posto era carinissimo, tutto ben curato: dalla raffinatezza dei cibi all'arredamento, il tutto accompagnato da una musica leggera di sottofondo che rendeva l'atmosfera molto tranquilla e serena.

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Capitolo 13
*** Rivale ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 13

-Rivale -

Dalla sera di San Valentino il mio cellulare rimase spento. Non mi preoccupai minimamente che qualcuno potesse cercarmi. Semplicemente preferii non rischiare di dover trovare messaggi di Akira. Mi bastava vederlo sotto la finestra di casa.

Per tre giorni avevo deciso di darmi malata, quindi saltai le lezioni e rimasi nel letto, mentre mia madre scrutava dallo spiraglio della mia porta, consapevole che la mia era solo pigrizia. Il giovedì sera, decisa varcò la soglia, posizionandomi alle mie spalle mentre mi stavo lisciando i capelli appena asciugati.

-Intendi nasconderti per sempre?- chiese con voce atona. Mi voltai a guardarla, aveva le mani sui fianchi, il che significava rimprovero o peggio punizione.

-Non mi sto nascondendo...- risposi fingendo un tono malaticcio.

-Arashi Nokaze, finiscila di raccontare bugie, nella mia vita ne ho dette più di te, quindi non funziona la sceneggiata con la sottoscritta!- brontolò minacciosa. -Domani, ti alzerai puntuale e andrai a scuola, vestita e pettinata, e frequenterai le lezioni- non aggiunse altro e si avviò alla porta. -Non tollero proteste da parte tua.- chiuse la porta con un rumore secco e rimasi a fissarla.

Uscire di casa significava una cosa sola. Vederlo. Per tutto il tempo, scostando le finestre, lo vedevo lì. Seduto, in silenzio, a fissare il cancelletto. Sospirai.

Andai alla finestra e scostai anche quella sera la tenda. Sospirai. Per lo meno non era fuori al gelo.

Andai al computer e l'accesi, poi decisi di togliermi l'asciugamano bagnato, che avevo ancora addosso dalla doccia, e andai a prendere la vestaglia per dormire.

Feci appena in tempo ad indossare la sottoveste che mi arrivava fino a metà coscia, quando un rumore improvviso, in esterno, mi fece sobbalzare.

Mi guardai attorno nella stanza cercando la mazza da softball della scuola. Andai vicino al portaombrelli che la conteneva e la sollevai, per poi avvicinarmi alla porta a finestra.

Qualcuno bussò leggermente. -So che sei lì Arashi! Sono Akira, aprimi, qua fuori si gela!- sussurrava con insistenza. Tirai un sospiro di sollievo e posai la mazza, indossai una sopraveste e andai ad aprirgli.

-Ma cos'hai nel cervello? Le scimmie urlatrici?!- sibilai, assicurandomi che nessuno avesse sentito nulla. -Se ti scopre mia madre ti ammazza!-

-Se tu non mi avessi lasciato due giorni fuori di casa ad aspettare al freddo, ora non sarei qui!- brontolò lui, cercando di riscaldarsi.

-Ara-chan?! tutto ok?- la voce di Kamui arrivò dal corridoio, istintivamente presi Akira e lo spinsi dentro l'armadio, senza troppi complimenti.

-Si perchè?- chiesi angelica non appena spuntò da dietro la porta.

-Io e Shin usciamo e la mamma sta dormendo.- disse, per poi guardarmi perplesso. Infine alzando le spalle uscì chiudendo la porta alle sue spalle.

Aspettai che i miei fratelli uscirono e una volta sicura che mia madre fosse nel suo studio andai ad aprire l'armadio.

Trovai Akira immerso tra le mie gonne, mentre ne osservava una particolare che si allacciava con delle fibbie intrecciate. -Come fai a mettere questa roba?- mi chiese mentre lo trascinai fuori dall'armadio.

-Fai poco rumore, mia madre ha l'udito di un gatto!- Sibilai. -Cosa ci fai qui?!- lo guardai con uno sguardo che lasciava intendere che doveva fare in fretta.

-L'altra sera sono stato sgarbato... volevo scusarmi- disse lui in tono dolce.

-Non importa, in fondo, anche io mi sono comportata male... è solo che sta accadendo tutto troppo in fretta... io non so nemmeno se...- non completai la frase.

Sfiorò le mie labbra quasi con fretta, forse per la paura di un mio rifiuto. Inizialmente rimasi interdetta, ero stata presa decisamente alla sprovvista.

Poi, percepii qualcos'altro in quel bacio, qualcosa di diverso dai baci che avevo sempre dato in precedenza.

Mentre, lui era decisamente più esperto e seppe come farmi cedere sotto la sua insistenza.

Con un piccolo cigolio mi appoggiò contro la porta dell'armadio, lasciato socchiuso e le sue mani percorsero la linea della mia schiena salendo a giocare con le punte dei miei capelli, intrecciandosi con essi.

Più si prolungava quel bacio e più le mie difese si abbassavano una dopo l'altra, senza riuscire ad arrestare quella caduta a catena, quasi fossi stata composta da migliaia di tessere del domino.

Poi, l'istante terminò e fummo separati. Tenevo ancora gli occhi chiusi, come per paura di vedere nei suoi, che sapevo essere intenti nell'osservarmi.

Sospirai, poi di nuovo lui tornò a baciare le mie labbra, questa volta con più passione. Portai le braccia attorno al suo collo, mentre lui approfondiva la stretta fino a farmi aderire completamente a lui.

La mia mente era vuota, come abbandonata o addormentata in un piacevole torpore che mi faceva sentire serena.

Infine anche quel bacio terminò e questa volta aprii gli occhi, per scrutare nei suoi.

Non portava le lenti a contatto e i suoi occhi erano azzurri, colore decisamente insolito per un orientale.

Nessuno disse niente, restammo semplicemente lì, fermi, a guardarci e abbracciati, in silenzio.

Poi lui sciolse l'abbraccio e tornò verso la finestra. -Posso sperare di vederti domani?-

Annuii mentre mi avvicinavo a lui e accompagnai la porta fino a chiuderla. Restai appoggiata al vetro per diversi istanti, fissando un punto indefinito sul muro.

Poi mi decisi ad alzarmi. Il Computer si era acceso automaticamente e diverse finestre chiamavano dalla chat, che doveva essersi aperta nell'attesa.

In una brillava una scritta che chiedeva dove fossi finita e perchè non rispondevo.

Sorrisi, presi il mouse, scelsi start.... ed infine "spegni".

Il mattino seguente mi alzai, vestendomi di tutto punto, per andare a lezione. Decisi di mettere la gonna che la sera prima Akira s'era chiesto come facessi ad indossarla, mentre delle calze bianche coprenti terminavano in un paio di stivaletti e un dolcevita mi riscaldava il collo.

Feci velocemente colazione e andai fuori.

Immediatamente incrociai gli occhi con Akira che era fermo ad aspettare proprio dietro ad una siepe.

-Buongiorno- disse lui, avvicinandosi e sfiorandomi la guancia con un bacio.

-Buongiorno- arrossi e abbozzai un sorriso per poi avviarmi al suo fianco verso la stazione.

Parlammo tranquillamente, senza citare l'episodio della sera precedente.

Poi arrivò l'entrata della stazione e si fermò davanti alla porta che si aprì, essendo automatica. -Là dentro ci sono i miei amici... Colleghi....- disse con voce bassa.

-Oh...- qualcosa mi mise in allarme.

-Non sei obbligata a seguirmi, però vedi... non vorrei metterti in imbarazzo, senza contare che...- fece una pausa scostando dal volto una ciocca con fare nervoso - non saprei come presentarti, insomma....-

Rimasi in silenzio per diversi istanti. Pensai e ripensai a cosa fare. Poi presi coraggio e cercai le parole, ma non mi veniva in mente nulla. -Puoi sempre presentarmi come amica...- tentai di dire... anche se sapevo che era rischiosa come affermazione.

-Il problema è che non mi crederebbero mai...- sospirò lui rassegnato.

-Allora non dire nulla- lo guardai fisso negli occhi. -Lascia che pensino quello che preferiscono, e poi se sono tuoi amici ti crederanno, no?- sorrisi e feci dei passi avanti attraversando l'entrata.

Parve convinto, tentò di sorridere e mi seguì nell'edificio.

Una volta arrivati all'interno mostrai il solito tesserino, lui fece altrettanto, e poi scendemmo le scale.

Lui mi portò verso un gruppo composto da diverse tipologie di persone. Ce ne era uno in giacca e cravatta, una donna in tailleur estremamente bella, e altri tre che avevano un abbigliamento simile a quello di Akira, per intenderci altri tra puntaspilli con i capelli rispettivamente Blu, gialli e verdi. Insieme avrebbero potuto formare l'arcobaleno, mancava solo il viola e l'arancione....

Lui mi guardò sospettoso ma poi senza troppe discussioni mi presentò ai suoi amici.

Il primo, in giacca e cravatta era un impiegato di Shibuya, si chiamava Nitta Koryu. Era magrissimo e alto, ma anche simpatico a giudicare dalla sua risata cristallina.

I tre puntaspilli si chiamavano rispettivamente: Aoi Ginko, e aveva i capelli, visti più da vicino, di un colore più simile al Cyano, come la pelle dei puffi per intenderci. Dopo di lui c'era il ragazzo dai capelli gialli: Kiiroi Nobuo, decisamente eccentrico e con dei denti bianchissimi e quasi perfetti. Infine c'era il terzo puntaspilli dai capelli verde foglia: Midorino Daiki.

E a completare il gruppo c'era la ragazza in tailleur. Se da lontano sembrava bella, da vicino lo era ancora di più. Aveva lunghissimi e ben curati capelli neri, con occhi scuri e sottili, assottigliati anche dal nero della matita. Era magra e molto elegante nei modi, non potei fare a meno di provare un moto d'invidia nei suoi confronti. Ma fu ben presto sostituito da qualcos'altro. La vidi ignorarmi totalmente e saltare al collo di Akira.

Rimasi immobile a fissare loro due, mentre lei lo baciava sulla guancia.

-Aki-chan! Non ti sei fatto vedere per giorni!- finse un broncio e si staccò da lui... se fosse stato un polipo sicuramente avrebbe fatto un suono simile a quello di una bottiglia quando viene stappata...

Lei lo mangiava letteralmente con gli occhi. Poi si volse verso di me e fece una smorfia.

-E questa chi è?- chiese con sufficienza alzando un sopracciglio, poi fece gesto con la mano di andarmene.

-Keiko, sii gentile, magari è un'amica di Akira-san!- in quel momento ancora non si era presentato, ma fu Koryu ad intromettersi.

-Ragazzi, questa è Arashi Nokaze...- mi presentò lui e io mi limitai a fare un inchino.

-E chi sarebbe? Una tua amica?- mi guardò con sospetto quella donna, che mi piaceva sempre meno. -Comunque il mio nome è Kuroi Keiko, puoi chiamarmi Kuroi-san-

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Capitolo 14
*** Venerdì 17 ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 14

-Venerdì 17 -

Non ero mai stata superstiziosa, ma in quel momento, quando conobbi la signorina Kuroi Keiko, pensai seriamente che la superstizione avesse messo il suo zampino. Era venerdì 17, e dire che mia madre mi ripeteva spesso di portare un portafortuna al collo. Chissà forse mi avrebbe aiutato a tenere quella donna alla larga. Ma poi capii che sarebbe stato inevitabile incontrarla.

Quando mi chiese chi fosse un moto di pura rabbia mi avvolse. Non notai nemmeno gli sguardi preoccupati degli altri quattro uomini intorno a noi.

Semplicemente le avrei sfondato quel suo dolce visino se avessi potuto. Ma, sfortunatamente per lei, sono e resto una persona civile.

Sfoggiando un sorriso diabolico feci un inchino e le risposi: -piacere di fare la vostra conoscenza...- dissi in tono educato, sottolineando la mia superiorità alle sue provocazioni.

Evidentemente doveva aver intuito la sfumatura delle mie parole, perchè una faccia schifata le si stampò in volto. -Aki-chan, da quanto tempo te la fai con le mocciosette?- si voltò verso di lui con uno sguardo fintamente scettico, ignorandomi totalmente.

-Keiko, ti suggerirei di comportarti più educatamente...- proferì lui in tono irritato.

-Come preferisci, tanto non dura un mese- disse per poi voltarsi e raccogliere la sua valigetta. -Ragazzi, ci vediamo, il mio treno arriva a momenti-

Si voltò scomparendo tra la folla. Guardai l'orologio, a breve sarebbe arrivato anche il mio.

-Akira, il mio treno sta per arrivare...- dissi in tono pacato.

-Ti accompagno se vuoi...- disse lui tornando gentile e guardandomi un po' preoccupato.

-Non occorre- sorrisi e mi voltai verso i suoi amici per salutarli. -Perdonate se non mi fermo oltre...- feci un inchino.

Il ragazzo dai capelli blu sorrise. -Tranquilla, è un piacere conoscerti.... possiamo chiamarti Arashi?- chiese.

-Certo- annuii poi mi allontanai di corsa.

Mi voltai un istante per vedere Akira e lo vidi accerchiato dai tre puntaspilli che gli battevano la mano sulla schiena. Scossi la testa perplessa per poi correre dentro al vagone un attimo prima che si chiudessero le porte.

Sospirai. Il ricordo di quella donna mi lasciò tesa per tutto il tragitto, fino a che non arrivai alla mia fermata.

Mi concentrai sulla folla alla ricerca di Sachiko. Infine la vidi che agitava la mano per farsi vedere.

-Eccoti! Allora racconta come è andata a San Valentino?!- mi chiese immediatamente.

-Buongiorno anche a te!-esclamai prendendola in giro, poi partii con il racconto della serata e di quello che era successo la sera prima.

-Wooow!! Non ci credo!- strillò eccitata quando gli dissi del bacio.

Arrossii e continuai a camminare in silenzio.

Lei prese a ridere a crepapelle fino all'entrata dell'università.

Poi cercai di distrarla chiedendole delle lezioni del giorno: -Oggi abbiamo Letteratura occidentale con il prof Tegami- rispose prontamente lei.

Ci avviammo nella folla e come sempre eravamo sedute ai primi banchi. Non erano in molti a frequentare quell'università, molti non venivano ammessi, altri invece non potevano permettersi una retta tanto alta come la nostra.

Nella classe saremmo stati poco più che una cinquantina.

Sedute nei primi banchi sfogliavo gli appunti, mentre Sachiko insisteva nei dettagli della sera prima.

Infine la porta si aprì, ma non fu piacevole ciò che vidi. Kuroi Keiko era appena entrata in tutto il suo "splendore", accompagnata dal rettore "Kinniku", così lo chiamavamo io e Sachiko. Era sempre stato un uomo muscoloso... ma aveva l'aria del gigante buono.

-Ragazzi, questa è la signorina Kuroi Keiko, sarà la supplente del professor Tegami, che purtroppo ha avuto uno spiacevolissimo incidente dove si è rotto diverse ossa che non sto qui ad elencarvi, siate educati, arrivederci- come sempre, in tutte le sue comparse fulminee, presentò come da copione e sparì nel corridoio.

Quella donna si presentò alla classe, poi, solo in un secondo momento parve notarmi. E cominciò con un discorso in cui sosteneva che solo pochi meritevoli sarebbero stati ammessi alle classi successive.

Imprecai in silenzio, sapendo che dietro quelle parole si nascondeva una sicura lotta per ottenere la promozione con lei. Sicuramente mi avrebbe impedito in tutti i modi di passare di classe. Sfortunatamente per lei, non sapeva con chi avesse a che fare.

Sorrisi fingendo ammirazione per tutta la durata del corso, poi, una volta fuori, andai con Sachiko alla mensa. Poco dopo anche Kaji si unì a noi.

Sachiko parlava lamentandosi:-Quella supplente si crede una gran donna, solo perchè è bella d'aspetto! Che arroganza! E poi che nome assurdo: "nero" che razza di cognome è?!- sbottò adirata.

-Non dirmelo, quella donna mi farà patire le pene dell'inferno, ne sono sicura- sibilai appoggiando i gomiti sul tavolo e addentando dei polipetti che avevo messo nell'obento.

-Andiamo, nemmeno ti conosce!- rispose Kaji alzando le spalle.

-Magari fosse così, l'ho conosciuta questa mattina, esce nella compagnia di tuo fratello!- mormorai tra i denti, masticando il polipetto.

-Aspetta...- disse Kaji guardandomi sconvolto. -Dimmi che non si chiama Keiko Kuroi!-

-Bingo!- esclamammo io e Sachiko all'unisono.

-Allora si che sei nei guai! Quella è la ex di mio fratello! E' una vipera! All'ultima fidanzata è arrivata a rasarle i capelli a zero! Non farla arrabbiare, è immischiata in giri poco raccomandabili!- mi avvertì lui.

Chiusi gli occhi e tirai una testata al tavolo. -Maledizione...- sibilai.

-A meno che...- aggiunse poi in tono più cauto...- a meno che tra te e mio fratello non ci sia nulla...-

-Ma sei ieri sera...- iniziò Sachiko alla quale tappai immediatamente la bocca ficcandole un gamberetto in gola.

La vidi passare alle spalle scrutando con la coda dell'occhio, pensai bene di farmi sentire. -Kaji, io e Akira, siamo solo amici, tra di noi non c'è nulla!- tenni un tono di voce abbastanza alto da farmi sentire.

Kaji e Sachiko capirono che c'era lei nei paraggi e quindi annuirono con poca convinzione.

Terminato il pranzo andai alle ultime lezioni e mi diressi in fretta a casa.

Arrivata alla mia fermata scesi dal treno e mi scontrai immediatamente con Akira, appostato vicino ad un pilastro.

-Arashi, ti aspettavo... vieni con me- senza aggiungere altro mi invitò a seguirlo, mentre si guardava intorno circospetto.

Usciti dalla stazione ci dirigemmo verso casa mia, senza scambiarci una parola per tutto il tragitto lui mi lasciò davanti casa.

Senza avvicinarsi troppo mi fece capire, usando i gesti che sarebbe passato come la sera prima per la finestra.

Lo salutai con la mano ed entrai in casa. Prima di chiudere la porta tuttavia capii il perchè dei suoi silenzi durante la passeggiata. Dietro un angolo s'era appostata la Kuroi. Chiusi la porta, facendo scattare la serratura, e scostai lo spioncino sbirciando fuori. S'era avvicinata al cancelletto e stava per suonare.

Tolsi velocemente le scarpe e corsi su per le scale piombando nella camera dei miei fratelli.

Shin era a computer mentre Kamui era intento a leggersi un libro.

Il campanello suonò.

-Ara-chan, potresti andare tu ad aprire?- chiese Kamui annoiato.

-No, dovete andare voi, chiederanno di me, ma dite che sto poco bene!- esclamai schiodando Shin dal computer e costringendolo a scendere.

Al campanello insistevano e il gemelli andò ad aprire.

Lo vidi, da dietro la tenda della cucina, che stava discutendo con la Kuroi, aspettai che se ne andasse e corsi nuovamente alla porta.

-Cosa voleva?- chiesi in fretta.

-Sapere se abitavi qui e in che rapporti eri con i Norimogase.- disse tranquillo.

-E tu cosa gli hai risposto?- chiesi nuovamente agitata.

-Che abiti qui e che i rapporti con i tuoi amici non sono affari di dominio pubblico...- disse un po' scocciato e storcendo il naso -Mi è parsa maleducata, poteva almeno presentarsi prima, è una bella donna, ma si vede che ha un pessimo carattere...-

-E' la supplente di lettere, e la ex di Akira...- dissi con calma ritrovata.

-Deve essere ossessionata da quel tipo allora per pedinarti a quel modo!- disse lui preoccupato. -Vuoi che ti accompagnamo d'ora in poi?- si offrì.

-Per ora non occorre...- sorrisi cercando di sdrammatizzare.

Poi salii in camera mia.

Non so cosa feci, ero troppo nervosa, aspettai Akira e per poco non gli rompevo una mano quando lo sentii bussare alla finestra.

-Fortuna che hai aperto subito- si richiuse la porta alle spalle. -Mi controlla temo, ma nessuno mi ha visto uscire di casa, non ho usato il portone principale- sorrise e tirò un sospiro di sollievo.

Poi mi sfiorò la guancia con la mano e s'avvicinò a me baciandomi.

Questa volta non ne rimasi affatto sorpresa. Ricambiai il bacio, che tuttavia, fu più breve della sera prima.

-Perdonami, ti sto solo mettendo nei guai...- sospirò lui. -Non dovrei nemmeno essere qui...- scosse il capo.

-La tua amica... quella Kuroi... è la mia insegnante di Lettere occidentali...- sospirai trattenendolo per una mano.

Lui tirò un pugno in aria, quasi con rabbia, ma attento ad evitarmi.

-Questa non ci voleva... Keiko... è pericolosa... Forse è meglio che ti stia alla larga...- disse lui avviandosi alla finestra.

Lo vidi aprirla e istintivamente lo presi per la mano esclamando una sola parola: -No!-

Lui si voltò, richiuse la porta a finestra e mi sorrise. -Non dovresti tenere la voce bassa?- chiese.

Scossi il capo e sorrisi, questa volta maliziosa. Non seppi nemmeno io cosa mi spinse a farlo, ma mi avvicinai a lui, le nostre bocche erano distanti pochi centimetri, -Sono sola in casa, i miei sono appena usciti...- e questa volta, fui io a baciare le sue di labbra, mentre le sue mani mi tiravano verso di lui.

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Capitolo 15
*** Forse un nuovo inizio ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 15

-Forse un nuovo inizio? -

Era forse la prima volta, in tutta la mia vita, che potevo dire di stare con qualcuno. Prima, quando stavo con Kintaro, ovviamente ne ero innamorata, ma con il senno di poi, ripensandoci, credo che non fosse propriamente amore quello. Ad essere sincera, non so nemmeno se anche quello che provo per Akira sia amore.

In fin dei conti, cosa significa amare una persona?

Sapevo che non bastava starci assieme per poter dire di amarla, e allo stesso tempo, credo che non occorra che si possa chiamare amore quel sentimento d'affetto reciproco. Anzi, credo che esistano addirittura persone che amano per anni la stessa persona, senza che l'altra lo sappia mai. Ma, in quel momento, mentre baciai Akira, io potevo dirmi veramente fortunata. Ma questo non fa comunque di me una persona innamorata. L'amore è quel qualcosa, che secondo me, ti fa battere il cuore a mille quando vedi lui, quando ti sembra di avere diecimila farfalle nello stomaco e sei convinta che in quell'istante avresti potuto eruttare lava incandescente, se solo avessi avuto un cratere sopra la testa. Significa lasciar morire le parole sulle labbra dopo averlo visto sorridere. Aver paura di chiamarlo per nome, perchè pensi che detto da te abbia un suono strano. E allo stesso tempo pensi quanto sia bello il tuo, di nome, ad essere pronunciato da lui. Amare significa sentire un brivido gelido attraversarti quando lui ti sfiora, avere paura di tutto, pur sapendo che se desideri qualcosa, niente potrà impedirti di ottenerla. Amare significa mordersi un labbro, quando vedi qualche ragazza avvicinarsi e fare gli occhi dolci, anche se poi magari scopri che è solo sua sorella. Significa piangere, camminare sotto una pioggia di lacrime quando lui ti risponde male; provare le sue stesse emozioni e provare il desiderio di accarezzargli il volto quando soffre.

Credo che non avrei mai riflettuto sul vero significato di amore se quella sera, con Akira, non avessi passato le ore migliori della mia vita.

Prima di allora non mi era mai capitato di soffermarmi a pensare su quello che sentivo nell'incontrarlo uscendo di casa.

Dopo quel bacio, quello che fui io a dargli, ne seguirono altri, e nel giro di pochi istanti, mi ritrovai distesa sul letto, mentre le sue mani avanzavano dolcemente sotto la mia maglietta andando a sfiorarmi i seni. Non avevo mai permesso tanto a nessuno prima d'ora, mi sembrava di tremare, ma allo stesso tempo non avrei permesso a nessun pensiero stupido di fermarmi. Lui scese con la bocca a baciarmi lentamente il collo, attorno a noi regnava il silenzio.

Mi abbandonai alle sue lente carezze e ben presto fui presa dal dolce ritmo della passione.

Persi totalmente la cognizione del tempo.

Quando riaprii gli occhi di fianco a me non c'era nessuno, la luce era spenta e avevo le coperte tutte aggrovigliate attorno alle caviglie. Cercai di sistemarmi i capelli, quando un rumore sospetto venne da dietro la porta che dava sul corridoio.

Mi alzai e cercai qualcosa da mettermi addosso.

Sperai in cuore mio che fosse solamente Akira, che per qualche motivo si era nascosto, mentre mi dirigevo verso la porta e lasciavo piegarsi sotto la pressione della mia mano, la maniglia, per poi socchiudere la porta e portare la testa fuori.

Trattenni un urlo quando capii che là fuori non c'era Akira, ma qualcun'altro.

Andai immediatamente a prendere la mazza da softball dentro l'armadio quando quella stessa persona spalancò la porta della mia camera e accese la luce.

Istintivamente portai la mazza avanti, mentre la luce improvvisa mi accecò per qualche istante. -Fermo dove sei!- strillai.

-Ara-chan, metti giù quella mazza, sono io...- disse l'uomo, che lentamente, riacquistando la vista riabituatasi alla luce, si rivelò essere mio padre.

-Papà! Cosa diavolo stavi facendo!- chiesi guardandolo male e abbassando la mazza.

-Avevo dimenticato una cosa, ma temevo se se l'avessi chiesta a tua madre l'avrebbe distrutta, sono solo venuto a riprenderla...- disse agitando una cartelletta con dei fogli bianchi all'interno.

-E c'era bisogno di comportarti come un ladro?- brontolai stropicciandomi gli occhi.

-Tua madre non c'è? E i tuoi fratelli?- chiese cambiando discorso.

-No sono usciti...- brontolai nuovamente, cercando un maglione da mettere sopra la t-shirt extralarge che avevo addosso, sperai anche che "l'ospite inatteso" non s'accorgesse di quello che era successo.... -Che ore sono?- chiesi infine.

-L'una quasi... certo che Shin e Kamui fanno certi orari!- sospirò lui, per poi aggiungere. -Tua madre sta fuori fino a quest'ora?- il tono cercava d'essere neutrale, ma con scarsi risultati.

-Avrà anche lei diritto di divertirsi ogni tanto...- commentai, non mi andava certo di dirgli che sarebbe rimasta fuori con il suo nuovo fidanzato.

-Già... ma qui cosa è successo? Sembra scoppiata una guerra, e poi la finestra è aperta, se entrava qualcuno che non fossi stato io?!- cercò di rimproverarmi, ma anche questo suonava principalmente patetico.

Lo guardai con sufficienza, poi andai a chiudere la finestra, fuori non c'era nessuno. Poi un foglio bianco attirò la mia attenzione, era appoggiato sotto la finestra, vicino al tappeto. Feci finta di niente e lo nascosi ulteriormente per essere sicura che mio padre non lo vedesse. -Bè se hai preso quello che ti serviva...- commentai, era decisamente un invito ad andarsene.

-Arashi... vorrei che almeno tu e i tuoi fratelli non mi odiaste per... ... la mamma ve l'avrà detto...- balbettava quasi, mentre si passava una mano dietro al collo, imbarazzato.

-Non ti odiamo... ma è meglio se stai lontano da mamma... riguardo al figlio della tua fidanzata... buona fortuna...- proferii gelida.

-Quando nascerà... sarà una bambina, sarebbe bello se verrete a vederla. In fondo... è sempre vostra sorella, anche se per metà...-

-Lo dirò a Shin e Kamui.- risposi secca. -Per curiosità, come sei entrato?-

-So dove tua madre mette le chiavi di scorta...- sorrise e s'avviò verso l'uscita.

Lo accompagnai e chiusi in silenzio, presi la copia della chiave e la posai sul tavolo della cucina. Un consiglio dovevo dare alla mamma... cambiare posto a quella chiave.

Tornai di sopra, corsi a prendere il biglietto che era rimasto sotto il tappeto:

"A domani..."

Sorrisi. Poi tornai a letto e mi ficcai sotto le coperte. Sospirai serena e in pochi minuti mi addormentai cadendo come un sasso.

Il mattino dopo eravamo un po' tutti distrutti. Ma forse fui l'unica ad avere un po' di energie per alzarsi e andare a scuola.

I due fratelloni s'erano dati alla pazza gioia, mentre la mamma era tornata a casa alle quattro del mattino tutta allegra per poi crollare anche lei dal sonno.

A colazione addentai allegra una fetta di pane tostato cosparso di marmellata e sorseggiai il mio tè. La mamma era con la testa stesa sul tavolo e gli occhi chiusi, evidentemente in trance. Kamui reggeva per il manico la tazza che però penzolava dal suo dito con un equilibrio decisamente precario. Shin invece era appoggiato alla tavola con due occhiaie paurose e il biscotto che teneva nella mano era ormai dissolto nel tè in cui era caduto.

Sollevai il sopracciglio guardando il quadretto, sarebbe bastato dire che papà era passato la notte prima, ma erano troppo spassosi visti così che non me la sentii di svegliarli dal loro "sonno prolungato".

Sogghignai ed uscii.

Non appena chiusi il cancelletto vidi Akira aspettare vicino al palo. Non si vedeva la Kuroi da nessuna parte fortunatamente.

Sorrisi e arrossii contemporaneamente al ricordo della sera prima.

-Buongiorno- sussurrò con un tono dolcissimo per poi baciarmi la fronte.

-Buongiorno- mi lasciai sfiorare dolcemente sorprendendomi del mio stesso comportamento così mansueto.

-Tutto... ok?- chiese quasi con un accento di preoccupazione nella voce mentre mi guardava negli occhi.

Annuii con la testa e ricambiai lo sguardo per poi avviarci tranquillamente alla stazione.

Camminavo di lato a lui mentre tenevo la borsa a tracolla.

Mi sentivo con la testa talmente per aria che mi sembrava d'essere leggerissima.

Parlammo per tutto il tragitto e all'arrivo in stazione prendemmo un po' più di distanza.

La Kuroi, così come gli altri erano già vicino al binario quando li trovammo. Sospirai nel vederla, mentre gli altri parvero lanciare occhiatine indagatrici.

Lei mi fissò con astio sin da subito mentre gli altri salutarono cordiali.

Poi gli eventi si susseguirono velocemente. Preso il treno mi recai a lezione con quell'arpia e aspettai che terminassero per poi tornare a casa...

Erano le sei passate. Attraversai il cancelletto in tutta calma quando vidi mia madre per la prima volta che metteva piede fuori da casa in orario di lavoro.

-Mamma, tu non esci mai che cosa...- prima di riuscire a dire altro mi afferrò per l'orecchio e mi trascinò in casa.

Strillavo per il dolore all'orecchio, mentre mi trascinava su per le scale.

Una volta dentro camera mia notai le coperte completamente rovesciate, mi mollò, chiuse la porta e prese ad indicare le macchie sulle lenzuola.

Imprecai portandomi la mano alla bocca e diventando rossa come un pomodoro.

-Conosco a memoria le tue abitudini... ma... dopo un'attenta valutazione delle possibili realtà ne è uscita solo una possibile...- il tono era serioso... quasi minaccioso. -Chi è? Non dirmi che è il rossino!- il suo aspetto cambiò radicalmente e scoppiò quasi a ridere dal divertimento.

Dallo stupore passai ad uno sguardo di sufficienza mentre rideva e mi saltellava intorno come una cavalletta.

-Daiii dillo alla tua mammina!! E' Akira vero?!- continuava a saltellare mentre parlava.

-Mamma ti prego finiscila! Si è Akira ma stai ferma!Mi dai sui nervi!- sibilai tra l'irritato e l'imbarazzato.

-Bene, sei in punizione!- terminò sorridendo.

La guardai sconvolta! -Perchè!- strillai.

-Perchè hai portato senza permesso un ragazzo quasi sconosciuto a casa e perchè hai lasciato entrare tuo padre in piena notte senza nemmeno preoccuparti che fosse un ladro.- ora era tornata seria. -Questo per farti capire che non sempre si può essere fortunati, se fosse stato un ladro o un mafioso della Yakuza a quest'ora saresti potuta morie, inoltre, ti conviene levare quelle macchie.- concluse uscendo dalla stanza.

-Ma...- cercai di protestare.

-Vai a fare compagnia ai tuoi fratelli, anche loro sono in punizione- sorrise acida e insopportabilmente testarda.

La detestavo quando era così... nella mia vita avevo beccato poche punizioni, almeno non quante i miei due fratelli, tuttavia mi sembrava d'essere trattata come una bambina.

Presi le lenzuola e le trascinai in bagno, dove trovai Shin alle prese con il WC e Kamui con la lavatrice.

-Punizione?- chiesero in coro.

Annuii e lavai le lenzuola nella vasca.

-Prima volta?- Chiese Kamui ammiccante.

Mormorai qualcosa che doveva suonare come un sì.

-Tranquilla, anche con noi l'ha fatto... sempre uguale...- disse Shin alzando le spalle per poi tornare a lavorare.

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Capitolo 16
*** Epilogo ***


*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

** Ringraziamenti a fine capitolo**

Capitolo 16

-Epilogo -

Passai il tempo della punizione accompagnata dai miei due amatissimi fratelloni, entrambi compagni di disavventure.

La motivazione del loro castigo era l'avermi lasciata a casa da sola, infrangendo il coprifuoco.

Quando informai Akira della punizione scoppiò a ridere credendo fosse uno scherzo, ma, dopo aver visto la mia faccia seria, ha capito che non stavo scherzando.

Superato anche quell'ostacolo, ovvero riconquistate le chiavi delle catene imposte da mia madre passarono diversi mesi.

L'unico problema era costituito da Keiko Kuroi. La supplente aveva provveduto a rendere impossibile il mio percorso scolastico. La mia media era calata e quando spiegai la cosa a mia madre nemmeno la sua donazione, associata a quelle di molti altri genitori, con i figli in una situazione analoga con quell'insegnante, bastarono per smuovere quella "montagna nera"(Kuroi significa letteralmente "nero", l'aggettivo montagna invece è dato dalla sua forza e tenacia ndSayu). Il preside sembrava restio a cedere ad ogni tipo di persuasione. Il consiglio dei genitori era spaccato in due.

Alcuni che venivano, come me, definiti "immeritevoli" avevano visto la loro media perfetta crollare sotto il peso della sua crudeltà.

Faceva domande impossibili, chiedeva cose mai spiegate, ogni scusa era buona per far cedere allo stress e alla depressione metà corso avanzato.

Akira non sapeva più che fare, io ero messa peggio degli altri, visto e considerato che, oltre all'odio per i secchioni, quella donna odiava me perchè avevo l'oggetto del suo desiderio.

Per quanto cercassi di liberarmi degli esami legati alla sua materia il consiglio docenti faceva di tutto per attribuirmi i suoi corsi.

Solo negli scritti mantenevo la mia media, grazie alle correzioni visionate dalla commissione.

A circa sei mesi dal suo arrivo, in corrispondenza con il termine del primo semestre, tuttavia, ci fu un dono mandato dal cielo.

Fu diffusa la notizia che il professor Tegami, sarebbe tornato all'inizio del secondo semestre.

E così accadde.

Mezza facoltà di letteratura tirò un sospiro di sollievo quando vedemmo il signor Tegami, con i suoi occhiali cerchiati di nero, vagare per i corridoi della scuola. Eravamo sopravvissuti alla "montagna nera", chi più distrutto, chi meno.

Ma sfortunatamente per me, dovevo prendere comunque il treno con le tutte le mattine.

Era una mattina come tante quella dove ci fu il nostro ultimo scontro.

Ero uscita e mi dirigevo alla stazione, come sempre in compagnia di Akira, che mi parlava dei suoi ultimi problemi sul posto di lavoro. Nelle ultime tre settimane si era ritinto i capelli che sembravano, se possibile, ancora più rossi; mentre il suo abbigliamento era forse meno "Spigoloso".

Entrammo come sempre nello stesso istante varcando le porte scorrevoli, quando la vidi e me la trovai davanti.

Sospirai. La guardai e la salutai cordiale: -Buongiorno signorina Kuori-san- mi inchinai rispettosamente, come d'abitudine, ma lei non pareva altrettanto cordiale quel giorno.

Prese a puntarmi un dito contro e a strillare come un'ossessa, i suoi lineamenti di norma stupendi, si trasformarono presto in qualcosa di orribile: -Tu sporca sgualdrina! Come può una come te anche solo respirare! Tu non meriti di vivere!-

Alle sue spalle comparve immediatamente, in tutta la sua professionalità il signor Nitta-san, che la prese da dietro e le intimò di calmarsi.

Solo in quell'istante notai che effettivamente c'era qualcosa in lei che non quadrava. Non aveva il suo solito tailleur elegante, ma un semplice paio di jeans e una maglietta aderente.

-Nokaze, vai, o perderai il treno...- mi disse in un tono che non ammetteva repliche.

Non me lo feci ripetere e filai via, lanciando solo un semplice sguardo a quella donna che sembrava in preda ad un esaurimento nervoso.

La sua immagine mi rimase impressa per tutta la giornata e sono nella serata, quando vidi Akira camminarmi incontro, appena scesa dal treno, riuscii a dimenticare la tensione e concentrarmi su altro.

Una volta avvicinato gli chiesi: -Come sta? Cosa... le... è...?- iniziai.

-Ha avuto un esaurimento... piuttosto è meglio che tu vada a casa, questa sera sei invitata a cena...- sorrise cordiale, ma sembrava ci fosse qualcosa...

Annuii e andammo direttamente a casa dove mi cambiai e nel giro di un'ora fui pronta ad uscire.

Era passato il tempo in cui stavo ore a decidere cosa mettere, avevo imparato esattamente quali vestiti gli piacevano e quali meno, anche se, sapevo mi avrebbe accettata in ogni modo, anche vestita di stracci o in vestaglia da notte.

-Eccomi!- commentai sorridente quando uscii dal cancelletto.

Ma ad aspettarmi c'era la limousine con lui appoggiato alla fiancata, vestito con una camicia bianca lasciata fuori, una cravatta rossa tenuta allentata e dei pantaloni neri dal taglio semplice.

-Eccoti- mi salutò per poi sfiorarmi la bocca con un bacio e sorridendo, invitandomi ad entrare nell'auto.

-Dove mi porti?- chiesi una volta seduta e con lui al mio fianco.

-A casa mia, ma solo se prima accetti una cosa...-

Fece una pausa e mi sorrise guardandomi negli occhi, quella sera niente lenti a contatto. Annuii con il capo.

Lui parve cercare qualcosa nella tasca dei pantaloni e s'ingobbì per infilare la mano, la quale, una volta estratta, conteneva una scatoletta nera.

La guardai scioccata quando me la porse.

-So che non è un modo originale per chiedertelo... ma...- aprì la scatola mostrando il contenuto. Era un anello semplicissimo, in oro bianco, con tre brillanti incastonati nel metallo che riflettevano la luce. -Vuoi sposarmi?-

Non saprei dire per quanto tempo rimasi lì, come una scema, a fissare l'anello, con la bocca aperta e gli occhi sgranati.

A dire il vero, non so nemmeno quello che risposi, ma mi accorsi che il tempo continuava a susseguirsi quando scesi e vidi la casa della famiglia di Akira davanti a me, imponente come sempre, e al mio anulare sinistro, l'anello perfettamente calzante.

Quella sera il tempo pareva seguire una cadenza diversa, quasi a intermittenza, seguita da attimi infiniti alternati ad attimi veloci come un battito.

Vidi davanti a me Kaji sorridere e abbracciarmi felice, per poi lasciare il posto a Sachiko, che a sua volta lasciò il posto alla mia futura suocera e a Noriko che pareva al settimo cielo.

In men che non si dica ero già sulla strada di casa e salivo le scale, quando trovai mia madre a sorridermi con Kamui e Shin, divertiti e dal ghigno diabolico alle sue spalle.

-Cosa... ci fate qui fuori?- sussurrai data l'ora tarda.

-Ti aspettavamo- disse mia madre per poi guardare Akira dietro di me. Non disse nient'altro, semplicemente sorrise.

Gli unici a commentare furono i due gemelli che dopo un breve conto alla rovescia intonarono nel pieno della notte a squarciagola e svegliando tutto il vicinato:

"Tra rosa e fior..... nasce l'amorrrrr"

-Che cosa stanno dicendo?- mi sussurrò Akira sentendoli gridare quella canzone in un'altra lingua, l'italiano che lui non conosceva.

-Niente, semplicemente li ammazzo!- e così mi fiondai verso i due che come mi videro presero a scappare.

Allora ecco a voi i **Ringraziamenti**

Prima di tutto ringrazio la mia sorellina che per prima ha letto la fic interamente e l’ha commentata :P

Poi ringrazio tutti coloro che l’hanno letta fino alla fine e in particolare:

Yuna

Hatori

Sherazade

Niwad

Bamboladipezza

Flo

Etoil noir

Anima

Grazie davvero.

Poi ne approfitto per auto pubblicizzarmi annunciando il titolo della mia prossima fic: “Sei la mia droga” che attualmente è in fase di stesura e, una volta raggiunto, un numero decente di capitoli, inizierò a pubblicare. Il genere ovviamente è romantico, e sarà sicuramente NC17 (quindi siete avvisati :P)
Inoltre ho da poco terminato una nuova storia abbastanza breve (si conclude in 7 capitoli) alla quale non ho ancora dato un titolo, e che pubblicherò non appena l’avrò sistemata ^^

Un abbraccio a tutti i lettori.

Ciauuuu ^_______^

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