Oleander

di Emma Wright
(/viewuser.php?uid=152260)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sola ***
Capitolo 3: *** Di sorprese e solitudini ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Il vento soffiava con forza, sferzando l’aria violentemente, e i rami secchi degli alberi si muovevano come incantati da quell’antico potere naturale così invincibile.
Il sole stava sorgendo su quella triste mattina d’inverno, illuminando con la sua luce laconica il paesaggio innevato.
L’uomo incappucciato venne fuori da una piccola capanna dall’aspetto squallido, unica macchia scura in quel candore.
Si guardò intorno con aria sospettosa, prima di rientrare nella baracca.
Ne uscì pochi minuti dopo, con un corpo ammantato sulle spalle, che penzolava a peso morto.
La figura e il suo carico proseguirono sul sentiero quasi sommerso dalla neve a lungo, prima di giungere ai margini del bosco.
Abbandonò il corpo della giovane donna alle fronde di un albero ormai spoglio e cambiò direzione, imboccando un’altra tortuosa stradina.
Dopo una decina di minuti di cammino, si bloccò improvvisamente, non prima di voltarsi per controllare di non essere seguito.
Solo allora spostò lo sguardo verso il cielo plumbeo.
All’orizzonte si stagliava, cupa e minacciosa, la Rocca di Arrochar.

 







Salve, gente!
Aspettando l’ispirazione per la mia raccolta, pubblico questa “cosa”, spero che riesca a incuriosirvi almeno un po’, anche se sono negata  per il genere, decisamente.
Sarà una storia d’avventura, che vede protagonista la misteriosa figura di Oleander Burdock, chiedete pure se non siete certi di chi sia ^^
Ringrazio Royaifan, Waindo18 e CateTassorosso per l’ispirazione, quest’ultima perché mentre “parlavo” con lei mi è venuta in mente un’idea geniale.
Scusate per il capitolo brevissimo, è solo il prologo, i prossimi saranno molto più corposi.
Alla prossima, Emma

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sola ***




Dolore.
Una sensazione forte e acutissima.
Ecco cosa provava in quel momento.
Una fitta più forte le trapassò il fianco, facendola gemere.
Oleander non seppe per quanto rimase lì immobile, stesa sul suolo gelido, gli occhi serrati e i polsi indolenziti, legati strettamente tra loro.
Quando si decise a schiudere le palpebre, trovò con sua enorme sorpresa altro buio. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto che era stoffa quella che le si parava davanti agli occhi.
Un tessuto ruvido e non lavorato, grezzo.
Sospirando di sollievo, cominciò a capire che le sfuggiva qualcosa.
Qualcosa di importante.
Un pensiero la fulminò.
Magia!
Come aveva potuto dimenticarla? Si diede nell’imbranata mentre cominciava a scavare dentro di sé per ricordare la formula per tagliare le cose.
Si sentì strana, però, mentre pronunciava l’incantesimo.
Nessun effetto.
Provò ancora, due, tre, cinque volte.
Niente.
Le veniva da piangere, ma si ricordò che era forte e trattenne le lacrime. Anche perché avrebbe rischiato di bagnare quella specie di sacco che le ricopriva testa e proprio non le andava.
Però non riusciva ancora a spiegarsi quel vuoto che percepiva. Le bruciava dentro e faceva male.
Come se le fosse stato negato qualcosa di grande.
Il Potere, ecco. Oleander si sentì fremere. Chi mai avrebbe potuto privare una strega di tutti i suoi poteri.
Un’altra fitta.
Si costrinse a non pensare a nulla, e fece l’unica cosa razionale in quella situazione.
Restò immobile, in attesa, mentre quel dolore tornava a farsi vivo ancora più forte, straziandole carne e spirito.



Dopo quelle che parvero ore, la vita sembrò ridestarsi intorno alla sagoma di Oleander.
L’uomo di prima ripercorse di buona lena il sentiero, per ritrovarsi accanto al corpo, che giaceva riverso.
Non sentendo alcun rumore, dovette pensare che la ragazza si era addormentata, perché si accovacciò per osservarla meglio.
In realtà, lei lo aspettava, rassegnata, ma non un movimento tradì il suo vero stato d’animo.
Il tizio le liberò il capo da quello che in realtà era un pezzo di tela tagliato in malo modo, scoprendo il volto sottile. Sembrò essere spaventato, perché i suoi occhi indugiarono a lungo. Ci vide un viso pallidissimo, quasi cadaverico, circondato da capelli disordinati e scomposti che ricadevano in tutte le direzioni, come animati di vita propria. Gli occhi erano chiusi e
Oleander aveva un’aria inquietante, in effetti.
L’uomo controllò il battito del cuore prima di scoppiare in una sonora risata.
- Farai molto felice il mio padrone, ragazzina - mormorò.
Poi raccolse il corpo dalla neve, e fu come rivivere la scena di poche ore prima. Solo che stavolta fece il percorso al contrario, fino a giungere alla misera capanna.
Vi gettò dentro Oleander, che cadde a peso morto, come svenuta, sprangò la porta e uscì.







Capitolo scritto in fretta e pure male, tanto per cambiare, a scuola mentre la prof di storia interrogava su qualcosa che doveva essere la seconda guerra mondiale.
Al riguardo, ho riflettuto, incerta se pubblicare oggi tutti gli aggiornamenti, sia qui che all’altra storia. Decine di anni fa, in un passato non troppo lontano, sei milioni di persone sono state uccise a causa della follia di un unico pazzo. E mi piacerebbe ricordarle qui.
Baci, Emma.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Di sorprese e solitudini ***


Da quanto tempo era lì?

Giorni, ore o solo pochi minuti?

Cercò di costringersi a riflettere su altro, ma quel pensiero, e la paura che l’uomo tornasse, erano diventati una sorta di chiodo fisso.

Guardò fuori dalla finestra, che era più che altro uno squarcio chiuso con un pezzo di vetro, sperando di riuscire a distrarsi.

La neve cadeva lentamente, creando un maestoso spettacolo bianco.

Da quando era stata rapita, aveva avuto modo di pensare.

Aveva sempre desiderato una vita in grande stile, irripetibile, così fantastica da non poter essere imitata. Ce l’aveva perfino fatta, o quasi, la sua gloria era durata venti splendidi anni.

Tutti quei ricordi le tornarono in mente, cullati dai morbidi fiocchi che continuavano a scendere.

Una bambina che rideva con i suoi amici, e si divertiva facendo seccare un po’ crudelmente tutti i fiori del suo giardino, così selvaggio e incolto.

La sua infanzia era stata oscurata solo dall’ombra di avvenimenti misteriosi. Per esempio, Oleander non aveva mai conosciuto sua madre.

Chissà chi era, e se era ancora viva, continuava a domandarsi di tanto in tanto, come quando era inverno e si sentiva particolarmente malinconica. Si chiedeva perché se ne fosse andata. Sapeva per certo che era fuggita.

Lontana da un presente che pareva troppo difficile per le sue capacità.

A volte, Oleander si guardava allo specchio. Sei uguale a lei, le diceva suo padre.

Occhi azzurri, capelli neri, sorriso a volte cupo.

Ma guardando l’unico ritratto che le era rimasto non si riconosceva nemmeno un po’.

Di Camelia Woods conosceva l’incanto, ma aveva perso una vita solo rodendosi dalla curiosità, lasciandosi alle spalle una lieve scia di tristezza. Come se rimpiangesse qualcosa che non aveva mai avuto.



All’improvviso, si udì un grido.

Risuonava dall’esterno di un’unica nota acutissima.

Le straziava i timpani, non lasciava scampo. Si accucciò ancora di più per non sentire, ma, rapido com’era cominciato, l’urlo si spezzò, e fu di nuovo silenzio.

Qualcosa colpì di botto la porta della casupola, facendo sobbalzare la ragazza, che cercò di tirarsi su invano, le mani immobilizzate, come i piedi. Sapeva di essere indifesa, di nuovo. Anche la magia l’aveva tradita, cos’altro poteva essere?

I cardini cedettero alla spinta e una figura incappucciata si fece largo sul legno quasi marcio.

Oleander alzò lo sguardo terrorizzata, e quello che vide la pietrificò.

La persona che le sorrideva era una ragazzina, poco di meno delle sua età. Aveva i capelli scuri e corti e gli occhi di un verde inquietante, quasi trasparente. Però la sua espressione era allegra.

Si tolse il mantello e lo gettò sul pavimento di terra battuta, e l’altra poté vedere il suo abbigliamento. Indossava un paio di calzoni grigi, un gilet di pelle con sotto una larga casacca di tela, e alla cintura un fodero. Quest’ultimo particolare non servì a rendere più fiduciosa Oleander.

Infatti, l’apparizione estrasse un pugnale e le si avvicinò.

La giovane restò impotente, mentre si chinava e le recideva con un colpo deciso tutte le corde.

Poi si alzò e le tese la mano, raggiante.

-Ciao, Oleander. Io sono Selena, vengo dalla valle del vento.

 



 
Chiudo sempre sul più bello, io :)
Sono sadica, punto. Ah, be’, credo che questo sia un capitolo molto riflessivo, anche perché ho introdotto il personaggio di Camelia, che sarà di vitale importanza in seguito (non aggiungo altro, aspettatevi di tutto!) ;D
Woods è un cognome inventato, l’ho scelto come quello di Oleander da nubile perché letteralmente significa “boschi” e ci stava troppo, considerata la saga.
Bene, alla prossima!
Hermes

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=935812