Crash!

di elfin emrys
(/viewuser.php?uid=99319)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crash! ***
Capitolo 2: *** Bestia Errante ***
Capitolo 3: *** Richard ***
Capitolo 4: *** Calma momentanea? ***
Capitolo 5: *** Il momento della verità ***
Capitolo 6: *** Megan ***
Capitolo 7: *** Maledizioni e Morti sospette ***
Capitolo 8: *** Sonno perenne ***
Capitolo 9: *** Inizio della sistemazione finale ***
Capitolo 10: *** Ricordi dolorosi per Richard ***
Capitolo 11: *** Emrys ***
Capitolo 12: *** Luce ***
Capitolo 13: *** Verità ***



Capitolo 1
*** Crash! ***


Crash!

Un rumore di cocci rotti riempì l'aria, mentre da una stanza del castello venivano delle grida.

-Ma che hai, l'ateriosclerosi al cervello?

-Ma che dici?

-Ah, no, hai ragione, ho detto una stupidaggine.

-Te ne sei accorta...

-Quale cervello?

Bum!

Un altro boato che fece sobbalzare le serve che passavano di lì.

-Sai che ti dico, Emrys?

-Cosa?

-Vai a quel paese!

-Mi dispiace, mi ci hanno cacciato.

Bam!

Emrys si abbassò, evitando un calice lanciato dalla sorella.

-Ma che fai, strombola?

-Cerco di farti fuori!

-Mi dispiace, sono già fuori-disse, andando fuori dalla stanza.

-Di testa? Beh, quello sì, lo sei!

Wraaam!

Un carro passò a tre centimetri da Aranel.

-Ma che ca...?

-Ops!

La ragazza fissò la faccia del fratello nel quale gli occhi finivano il loro lampo dorato.

-Brutto... potevi ammazzarmi!!

-E' la mia più profonda aspirazione!

Sbum!

Un'incudine cadde a pochi millimetri dal piede del Principe.ù

-Cretina!

Aranel sorrise, arcuando un sopracciglio.

-Idiota!

-Asina!

-Quando vedo la tua faccia mi convinco che Dio è un caricaturista!

-Cos'è quello, un opossum bagnato infilato nella maglia o il tuo viso, Emrys?

Clang!

 

 

Merlin sospirò lentamente, mentre si riprendeva.

Il medico lo fissava sorridente.

-Tutto bene, solo uno svenimento.

Il co-Re annuì leggermente.

Si sentiva come quando era incinto di Emrys.

Si diede dell'idiota: aveva 40 anni, cavolo!

E poi c'era stato quel malfunzionamento...

al pensiero, Merlin rabbrividì.

Il moro scosse la testa, cercando di rialzarsi, ma ricadde subito sdraiato sul letto.

-Non alzarti, Merlin, ti devo dire una cosa.

L'uomo spalancò gli occhi, sorpreso.

-E' qualcosa di grave?

-Sì, di irrimediabile!

Merlin lo guardò spaventato.

Crash!

-Lascia stare, Merlin: solo Aranel e Emrys che litigano.

-Se è qualcosa di grave, bisognerebbe dirlo a Arthur...

-Beh, certo, anche perchè si ritroverà...

-Non dirmi che si ritroverà vedovo!

-No. Con un figlio un più!

Merlin lo guardò come se fosse malato.

-Ma che hai, l'ateriosclerosi al cervello?

-...Aranel mi ha letto nel pensiero!

Il medico lo fissò, sorridente.

-...E' un pesce d'aprile?

-Assolutamente no, non mi permetterei mai!

Merlin lo guardò attentamente, prima di sedersi decentemente sul letto.

-Quindi... non... stai scherzando?

-No.

Il moro si mise sdraiato.

-...Beh... emmm...

 

-Emrys, sottorazza di AntiCristo, vieni qui, che ti concio per le feste!

-Dei, vi prego, non uccidetela, voglio farlo io!

-Hai molto di cui essere modesto, te!

-Sei una fessa fosforescente!

-Entra in te stesso e restaci.

-Come fai ad amare la natura dopo tutto quello che ti ha fatto?

Crash!

-Porca miseriaccia, tutta colpa di Arthur!

I due fratelli si fermarono sentendo la voce del papà.

-Ma che sta dicendo? Emrys, tu lo sai?

-Penso che la predizione che ti ho fatto tre mesi fa si stia avverando.

-Credi che papà sia ancora incinto? Ecco perchè era così nervoso!

-Ma quando Dio sparse l'intelligenza sotto forma di pioggia, lui stava al coperto o cosa?

-Sì, ne ho la conferma, Aranel.

-Ma come mai è così arrabbiato?

-Diciamo che per un uomo non penso sia una cosa felice, né tantomeno semplice.

Crash!

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Merlin sorrise.

Si era finalmente calmato e adesso non era più infuriato.

Arthur doveva capirlo: non era più tanto giovane, era una cosa inaspettata.

In fondo il Re non aveva fatto problemi, l'aveva solo coccolato un po', prima di ricominciare a fare Arthur.

Il moro sorrise, ricordando la notte di tre mesi prima in cui probabilmente era stato concepito il bimbo.

Arthur spinse ancora, gemendo.

-Non sono più tanto giovane...

Merlin rise.

-Sì, me ne sto accorgendo.

Il Re lo baciò, dandogli contemporaneamente un piccolo scappellotto sulla nuca. I due continuarono a muoversi, in maniera lenta e profonda, non frenetica come era una volta.

-Cosa vorresti dire?

Il moro sentì il marito venire dopo un'ultima piacevole spinta, prima di sentirlo sdraiarsi sopra di lui.

-Sai, le tue performance non sono più soddisfacenti come un tempo...

Arthur si ritirò, offeso. Merlin rise, abbracciandolo e allungandosi sopra il suo corpo, strusciando un po' il viso contro il petto del biondo.

-Sembri un gatto...

Il moro rise ancora, facendo il verso delle fusa, mentre gli dava un bacio vicino alle labbra.

-Ma un gatto non potrebbe mai darti dei consigli...

-Che io non voglio...

-Ma che poi segui sempre...

Arthur sorrise, mettendo un braccio sul fianco dell'uomo, addormentandosi.

Merlin sorrise. Un bel ricordo, certamente.

Arthur mentre dormiva era uno spettacolo affascinante.

Sembrava sempre tenero e inoffensivo, con le labbra leggermente aperte, il respiro calmo e regolare...

ed era uno spettacolo di cui solo Merlin aveva goduto davvero.

Il moro si mosse lentamente nel letto, mentre Arthur si svegliava.

-Sei sveglio, Merlin?

-Sì...

-Ma quando sei incinto non riesci mai a dormire?

-...No...

-Troppa emozione?

-No.

-Troppo peso?

-No.

-Troppo...

-No.

Arthur sospirò, accarezzandogli leggermente la spalla.

Merlin alzò gli occhi al cielo.

-Allora cosa...?

-E' una cosa naturale, Arthur. Viene spontaneo. O almeno a me sì.

Il Re gli diede un bacio dove prima aveva poggiato la mano.

-Ma cos'era quella storia dell'intelligenza sparsa con la pioggia e io che stavo al coperto?

Merlin rise.

Un leggero vento entrò dalla finestra: era estate.

-Niente.

-Sì, certo: ripetilo se hai il coraggio!

-Asino sei, asino sarai e asino morirai (speriamo il più tardi possibile), non è vero?

-Sì e ne vado piuttosto fiero.

Le loro voci risuonavano nell'ombra.

Silenzio.

-...Arthur?

-...Sì?

-Tu credi che...

Crash!

In quel momento si udì un brutto rumore, come qualcosa che si rompeva.

E quel suono, anche se l'aria era leggera, anche se risuonavano ancora le loro risate, parve inglobare un oscuro futuro.


NOTE: alcuni insulti sono presi da internet. Mi scuso per alcune cose anacronistiche. Spero che il fatto che in questa fanfiction ci siano molte parti comico/sereno e molte invece drammatiche non dia fastidio, perchè spesso stonano tra loro. Grazie.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Bestia Errante ***


Merlin si risvegliò dopo un sonno agitato.

Non era il primo che faceva quando era incinto e di certo non sarebbe stato l'ultimo.

Aveva sognato Morgause.

Morgause che moriva.

Morguase che lo malediva mentre spirava.

Nel suo sogno aveva rivissuto ogni momento, secondo per secondo, assaporandone le emozioni.

Era stato come rivivere quell'attimo.

L'uomo guardò accanto: Arthur si era già alzato.

Guardò dalla finestra.

Sì, il sole era alto.

Merlin si alzò, facendo attenzione, mettendosi dei pantaloni puliti e la maglia del giorno prima.

Uscì.

Cominciò a camminare per il castello, cercando Emrys per chiedergli spiegazioni.

Il ragazzo, oltre a essere un mago, era anche un veggente: evidentemente il potere della previsione era dei Pendragon, poiché l'aveva anche Morgana.

Morgana... forse anche lei sapeva qualcosa.

Forse voleva solo spaventarlo.

Ma forse lei con centrava niente, forse...

rabbrividì.

Era la seconda volta in poco tempo (escluso quello in cui aveva dormito): ciò non andava bene, per niente.

Merlin entrò nella stanza del figlio, senza bussare.

Lo trovò seduto al tavolo, a mangiare.

-Non dovresti essere ad allenare i cavalieri?

-Di solito sì, ma mi è stato dato l'ordine di non farlo oggi e di farli riposare: è stato avvistato un grande mostro nella foresta. Si dice sia venuto dalle Bianche Montagne e che sia una delle creature che vivono nella Valle dei Re Caduti... Anche se alla fine, chissà per quale ragione, non presenta le stesse caratteristiche: sembra più uno dei mostri delle montagne di Isgard...

-Ah...

Emrys guardò il padre: sembrava preoccupato.

-Heder!

Il servo si girò.

-Sì, Sire?

-Vai a preparare due cavalli.

-Sì, Sire.

Il servo uscì.

Merlin guardò il figlio con curiosità.

-Dove vai?

-Nel bosco. Con te.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Trottarono fino a una piccola radura a ovest di Camelot.

Emrys si fermò, guardando il padre scendere da cavallo.

Merlin sembrava molto più giovane di Arthur, lo era sempre sembrato: mentre al Re cominciavano a spuntare le prime rughette intorno agli occhi e i muscoli cominciavano a rammollirsi, il moro era ancora attivo e magro, con la pelle liscia e prova di imperfezioni.

Solo i suoi occhi facevano intendere l'età: per chi non avesse saputo che il co-Re fosse quarantenne, gli avrebbe dato trenta anni.

Il ragazzo legò Markan, il suo purosangue migliore, a un albero, abbastanza stretto da non fuggire, ma abbastanza largo da permettere che camminasse un po' prima di doversi fermare.

Merlin legò Arator (il proprio cavallo) lì vicino.

Emrys si mise a sedere sull'erba fresca e verde, alzandosi le maniche mostrando il braccio pallido e forte.

Il padre si sdraiò accanto.

-...Papà...

-Sì?

-Mi sembri... preoccupato...

-...No...

-Non sai mentire, papà.

-Sì... un po'... mi chiedevo se...

-Se?

-Se ultimamente avessi sognato qualcosa di strano.

Emrys fissò il padre, inclinando il capo.

-Perchè?

-Come “Perchè”?

-Se mi dici il perchè di questa domanda posso capire cosa è rilevante e cosa no.

Merlin inclinò la testa in segno d'assenso: la logica del discorso era assolutamente irreprensibile.

-Ecco io... ho fatto un sogno... non era un buon sogno... un incubo. E' stato tremendo.

Emrys annuì, socchiudendo gli occhi.

-Anch'io ho fatto un sogno. Circa tre mesi fa. Avevo sognato te che eri incinto. E c'era un donna: un fantasma di una donna. Era bionda con dei grandi occhi scuri. Il suo cuore era nero, roso dalla rabbia e dalla voglia di vendetta. E rideva, dicendo strane cose, che non sono riuscito a capire, dall'aldilà. E... ed era strano... sembrava succedere tutto molto velocemente. Fiamme, tuoni, sangue. Tu urlavi e anche mio padre, il Re. L'ultima immagine era quella di un bambino biondo che cadeva nel buio. Ma non gli ho dato molta importanza, non sul momento, perchè non aveva le caratteristiche della solita previsione. Quindi non pensavo fosse importante. Tempo prima avevo sognato che avrei avuto un fratello e quindi ho dato la prima immagine a quello. Non so... adesso mi sembra di essere stato uno stupido a non parlarne.

Merlin durante il racconto si era messo seduto.

Guardava l'erba che aveva strappato dalla terra: se la rigirava fra le dita, nervoso.

La donna che il figlio aveva sognato era sicuramente Morgause.

L'uomo chiuse gli occhi sospirando.

-Papà...

-...Sì?

Merlin alzò lo sguardo verso Emrys, che lo guardava addolorato.

-La creatura...

-Sì?

-E' mostruosa... ho controllato sul Bestiario e... è quella che viene chiamata... Bestai Errante...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

-Emrys! Ma dove si è cacciato quell'essere immondo? Emrys?!

La ragazza aprì la porta della camera del fratello, non trovandovi nessuno.

-Emrys?

-No, Heder.

Aranel vide il servitore del ragazzo che stava chiamando.

Arrossì.

-Ah... emmm... Heder!

La principessa fece un passo indietro: aveva una cotta per lui da sempre.

Heder aveva dei folti capelli neri e ricci, che facevano da cornice a un volto un po' squadrato, dal naso dritto e dalle labbra piene. La pelle chiara era spesso colorita dalla fatica. Gli occhi erano neri.

Era un tipo molto affascinante e gentile, che catturava spesso gli sguardi delle ragazze che passavano per Camelot, dalle serve, alle dame, che tuttavia preferivano Emrys.

Aranel sorrise imbarazzata, uscendo piano dalla porta.

-Dove va, mia signora?

-Va... vado a... alle stelle...

-...Alle stelle?

-No... volevo dire... alle staffe...

-...Le... le staffe?

-No... emmm... intendevo...

Aranel inciampò su un vaso che stava vicino all'entrata della camera del fratello.

-Ops... ahah.... vabbè, hai capito... sì...

Heder sorrise, mentre la ragazza fuggiva via.

-Oh Santo Bimbo, oh Santo Bimbo, oh Santo Bimbo!

Aranel continuò a borbottare fra sé e sé, con il volto rosso.

Appena girato l'angolo, cominciò a sbattere la testa contro il muro di pietra.

-Idiota! Stpida stupida stupida! Le staffe? Come sarebbe a dire le staffe? Le stelle? Tzè, le stelle. Quanto sei stupida, Aranel? Quanto?

La ragazza, sentendo Heder che usciva dalla stanza di Emrys, fuggì via, verso le stalle, inciampando ancora per le scale.

Rialzandosi, vide la mano del servo tesa verso di lei.

-Ce... ce la faccio da sola...

Heder sorrise.

-Vi siete persa questo.

Il ragazzo le fece vedere un bracciale dorato, con sopra il scritto il proprio nome.

-Grazie.

Il servo sorrise, mentre, con un ultimo inchino, se ne andava, conscio di aver fatto colpo sulla principessa.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Arthur entrò nelle proprie stanze, lasciando che la porta si chiudesse con un tonfo.

Si passò una mano fra i capelli.

-Cavolo!

Diede un calcio al muro.

-Perchè? Perchè proprio Richard?

Merlin era distratto.

Guardava lontano, fuori dalla finestra.

-Merlin?

Silenzio.

Arthur riprovò.

-Merlin?

Il ragazzo si girò verso di lui.

Erano sposati da cinque anni.

-Scusa Arthur.

-Devi stare attento! Non stiamo in una buona situazione: a Mora c'è una rivolta.

-Sì, scusa.

Il Re lo guardò bene, prima di fare cenno a Sir Leon di uscire.

-Merlin? Ultimamente sei molto distratto: sembra che qualcosa ti preoccupi ancora di più di Camelot! Cosa c'è?

-Niente.

-A me puoi dirlo.

Il ragazzo abbassò gli occhi.

Le guance erano colorate di un rosso vivo.

-Merlin?

Il moro lo guardò, sinceramente preoccupato.

-Richard...

-Cosa è successo? Non è più disposto ad allenare Emrys?

-No, anzi...

Sorrise beffardamente.

-...è molto interessato.

Arthur lo guardò: lo vedeva nel suo sguardo che c'era qualcosa che non andava, qualcosa che lo rodeva e che aveva voglia di dirgli.

Aveva forse paura della sua reazione?

-Merlin?

-Richard è...

-...E'...?

Merlin fissò il pavimento.

Oh, sì: Arthur si ricordava bene quello che il suo sposo gli aveva detto.

Richard.

Era uno dei suoi cavalieri migliori...

beh, prima che incominciasse a interessarsi a Merlin.

Dopo quella rivelazione l'aveva punito con tre anni di carcere e con una fustigazione (di cui non aveva parlato a Merlin) per aver cercato di sedurre suo marito.

Aveva tentato, eccome se aveva tentato quel farabutto!

Prima di improgionarlo lo aveva spiato per un po', finchè non l'aveva visto mettere le mani sopra Merlin.

Il moro lo allontanava, cercando di non fargli troppo male: addorittura la magia non funzionava con la perversione di quel tipo!

E adesso era proprio quello di cui avevano bisogno.

Solo Richard conosceva i segreti delle uccisioni delle anime dei grandi maghi.

Perchè era stata avvistata.

Un'anima femminile.

A Camelot.

Era evidentemente quella di una strega, poiché c'era la luce della magia che le brillava al centro del petto.

Non era facile.

Finchè l'anima sarebbe rimasta sulla terra, poteva agire con maledizioni e incantesimi.

Quando moriva, le stregonerie che aveva effettuato morivano con lei.

Era un fenomeno molto raro, quando la magia tendeva a far rimanere viva la persona che la portava: era caratteristico delle persone malvagie che erano morte per mano di altri maghi.

E una creatura simile era stata vista, maledizione, proprio nel periodo della Bestia Errante.

Ciò significava solo una cosa.

L'arrivo della Bestia Errante preannuncia un periodo di sconvolgimenti.

Sconvolgimenti... ma che sconvolgimenti?

Arthur guardò fuori, vedendo Merlin e Emrys tornare a cavallo.

Crash!

Ed eccola, una specie di luce, apparire vicino a loro.

 

 

 

NOTE: Spero vi sia piaciuto ;D Presto aggiornerò anche Rovinerei Tutto (penso stasera). Heder, sì, è un nome da uomo, da non crederci, eh? Comunque, spero in qualche vostro commento.

Kiss

 

P.S. Potreste dare un'occhiatina a questa storia? La nuova Regina

E' una mia storia che potrebbe piacervi, non so ^^ Grazie


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Richard ***


Arthur scese a vedere.

La luce era scomparsa.

Nessuno sembrava essersi accorto di niente.

Il Re andò verso Merlin, aiutandolo a scendere.

-Arthur! Non ho neanche il pancione e già cominci?

Il biondo sorrise.

-Già cadi da cavallo quando non sei incinto, figuriamoci quando lo sei!

L'uomo si guardò intorno, non vedendo nessuno: solo Emrys che portava Markan lontano.

-Arthur... ti devo dire una cosa...

-Cosa?

-E' una cosa molto importante: temo che qualcosa di grosso stia per colpire Camelot.

-Come lo sai?

-...Vieni.

Il moro cominciò a camminare con passi lunghi fino a una stanza vuota.

-Arthur, i segni sono evidenti. I sogni miei e di Emrys, la Bestia Errante: sta succedendo qualcosa e io non ho la minima idea di cosa potrebbe essere.

-Io forse posso aiutarti su questo punto: è stata avvistata un'anima di donna nella città. Per un attimo mi era parso di vederla accanto a te.

Merlin spalancò gli occhi.

Alcune cose si collegarono, ma molte rimanevano ancora oscure.

-Secondo te... potrebbe essere Morgause?

-Cosa?

Arthur lo guardò allarmato.

-Non so: abbiamo sognato che Morgause malediva qualcuno, forse me.

Il biondo lo abbracciò istintivamente, come per proteggerlo.

Non sapeva perchè l'aveva fatto: sapeva solo di doverlo fare.

Una volta tanto non faceva male.

-Merlin...

-Sì?

-Pensi che il bambino risentirà della eventuale maledizione di Morgause?

Il moro poggiò la fronte sulla spalla dell'altro.

-Non lo so: spero ardentemente di no.

-Lo spero anch'io.

I due si separarono: sembravano già essersi arresi all'evidenza della disgrazia.

Merlin scosse la testa.

-Per adesso, Arthur, facciamo come se niente fosse, ok? Forse ci stiamo preoccupando inutilmente e tutti questi fatti non sono collegati fra loro. In fondo non abbiamo nessuna prova che quell'anima sia quella di Morgause, no? Intanto godiamoci la gioia, va bene?

Il biondo annuì, baciandolo un'ultima volta prima di andare fuori a svolgere il suo ruolo di Re.

Merlin sorrise, vedendolo correre dai suoi doveri.

Poi, appena lo vide svoltare l'angolo, il suo viso di incupì.

Si poggiò al muro: le pietre erano fredde.

L'uomo respirò a fondo l'aria.

Non si sentiva bene.

Il mondo era appennato, era fatto di ombre scure.

Merlin sentì una forte nausea.

Impallidì.

Cadde a terra.

Un uomo lo sollevò.

-Ri...richard...?

E poi svenne.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

La prima cosa che Merlin vide furono Aranel, Emrys e Arthur che lo fissavano.

-Stai bene, papà?

-...Sì...

Arthur gli accarezzò leggermente la guancia, sulla quale poi Aranel posò un bacio.

Emrys si limitò a sorridere.

Merlin si alzò: vide chiaramente Richard seduto su una sedia.

-Tu che ci fai qui??

-Che benvenuto, Merlin!

-Stammi lontano.

L'uomo si avvicinò, con aria di sfida.

-Vedo che non sei cambiato: carino come sempre.

Merlin sbuffò, mettendosi seduto sul letto.

-Richard, fuori.

L'uomo sbuffò, prima di eseduire di malavoglia l'ordine, dopo avergli fatto un occhiolino ben poco rassicurante.

Merlin fissò Arthur.

-Che ci fa qui?

-Sai che è l'unico che sa come sconfiggere le anime delle streghe... Resterà solo il tempo necessario, poi lo rimanderò via.

-Non ci credo che è venuto senza chiedere un premio.

-Beh, ne ha chiesto uno...

Il moro spalancò gli occhi.

-E quale sarebbe?

-Di poter andare a letto con te prima di andarsene.

-Co... cosa??

Arthur rise.

-Scherzavo! Ha solo chiesto una somma in denaro.

Merlin sbuffò, in parte sollevato.

-Ok, fallo rientrare: gli devo parlare.

Il Re lo guardò in maniera strana.

-Arthur? Sto bene, non mi guardare così!

Il biondo aprì la porta, facendo entrare Richard.

-Lasciateci soli. Arthur, aspetta fuori, per favore.

-Cosa? Ma io sono il Re che dà ordini, non li esegue!

-E io sono il Mago che se non aspetti fuori ti incenerisce!

L'uomo sbuffò, per poi uscire accompagnato da un Emrys e una Aranel molto diffidenti nei confronti del nuovo arrivato.

-Richard...

-Merlin...

I due si fissarono.

Il co-Re constatò che l'altro non era affatto cambiato.

Nonostante i tratti del viso molto più marcati e una barbetta incolta che aveva appena iniziato a farsi crescere, si riconosceva tranquillamente. Il fisico era un po' più robusto e la pelle era più scura. Inoltre i capelli erano di un castano più chiaro e gli occhi verdi erano più intensi e freddi.

O forse era solo una sua impressione.

Decisamente, però, era più affascinante: sicuramente chissà quante e quanti avevano abboccato in passato.

Ma Merlin non era stupido: non era un pesciolino ignaro.

-Come mai hai accettato, Richard?

-Mi sembra ovvio, Merlin: denaro, tanto denaro. E, ovviamente, avrò il piacere di averti sotto gli occhi tutti i giorni.

Il moro non fu contento di constatare che gli stava venendo la bava alla bocca.

-Sei disgustoso.

-Se lo dici tu, Merlin

-Per te sono “Mio signore”.

-Non ti facevo così.

-Per te sono così: è un tuo “privilegio”.

Richard sorrise furbescamente.

-Cambiamo discorso, va, mio signore?

-Va bene.

-Come va con Emrys? Ho saputo che è il miglior cavaliere del regno!

-Sarà, a me sembra solo un altro Arthur.

Il castano rise di gusto.

-E Aranel?

-E' diventata una bellissima ragazza e anche molto intelligente.

-La prima cosa la so, l'ho vista.

-Sfiorala e ti darò un pugno talmente forte che la tua testa sarà data per dispersa.

-Oh, Merlin, che violento! Sai non me l'aspettavo da te.

Il moro lo osservava.

Se solo gli sguardi potessero uccidere...

-Smettila di fare l'ironico.

-Sì, mio signore.

Merlin chiamò Arthur, che entrò.

-Portalo via, per favore.

Il Re chiamò le guardie e lo fece scortare verso la sua stanza.

-Ti ha fatto qualcosa?

-Non ti preoccupare.

Silenzio.

Merlin cominciò a borbottare, come faceva sempre “nelle sue condizioni”.

Arthur scosse la testa esasperato.

Spesso, quando era incinto, si lanciavano in discorsi senza il minimo senso compiuto e che sfioravano la pazzia.

Il Re uscì dalla stanza, sorridendo divertito.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

-Iochaimid go tir sin raimh titim na hàche*... Merlin Emrys!

Crash!

Gli occhi della donna andarono dall'acqua al cielo, pronunciando il nome del maledetto.

-Non potevamo scegliere momento migliore, Morgause...

Una luce rossa comparve vicino alla donna.

Una voca proveniente da essa perlò.

-Morgana non mi ha voluta aiutare: non è più come una volta.

-Morgana di carattere è una persona buona... Poteva resistere finchè il motivo d'odio fosse stato vivo. Ma ora Uther è morto: non c'è più niente che tua sorella voglia sul serio. Non voleva il trono, quello l'ha fatto solo per far del male al padre.

-Solo ora l'ho capito...

-Solo ora?

La mora guardò la luce, sorridendo beffardamente.

-Non sfidarmi neanche con lo sguardo, Ninive: potresti pentirtene, seriamente.

-Sfidarti? Mai, Morgause, lo sai!

-Ti conviene: non sai cosa anche da morta potrei fare.

Le due si allontanarono, mettendo distanza fra loro.

-Come mai proprio adesso?

-Con la nascita di un terzo figlio la felicità di Arthur e Merlin sarebbe completa: è proprio in questi momenti in cui bisogna agire, interrompendo un momento di gioia. Fa più male, così. Entrambi si pentiranno di quello che mi hanno fatto. E non ne risentiranno solo loro...

Le due risero all'unisono.

-Morgause...

-Ninive... Non sai quanto ho sofferto là dove stavo: non è un posto felice. La mia pena sarebbe stata più dolce se avessi saputo che le due persone che odio di più al mondo stanno soffrendo come me: gli farò provare l'inferno, parola mia!

L'anima scomparve, lasciando il posto all'eco del suo male.

 

 

*E' una poesia in gaelico che inneggia Tir Nan Og: non centra niente con l'incantesimo che la donna intenda fare. Suonava solo bene.

 

NOTE: Spero vi sia piaciuto e mi scuso per il ritardo ;D Piccola pubblicità: ho messo una long e vorrei avere più opinioni 

Rovinerei tutto



Grazie!



Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Calma momentanea? ***


Emrys massaggiò lentamente la pelle sotto le proprie mani.

Emily mormorò qualcosa, mentre lasciava andare la testa sulla spalla di lui.

I capelli neri di lei si scompigliavano leggermente, ribelli e indomabili.

Il principe gli passò sopra la mano, accarezzandoli.

Lei sentiva il respiro caldo del ragazzo sull'orecchio.

Lui presto sarebbe dovuto andare via per un po' e lei non ci sarà quando tornerà.

Se tornerà.

Questo pensiero le si incastonò nella testa, facendole male, facendosi spazio fra le speranze e le sicurezze.

Pensa, Emily.

-Non essere sciocca: è solo l'ennesimo essere, non ha niente di diverso dagli altri che ha affrontato. Tornerà, tornerà...

Emrys le dette un bacio sulla fronte, abbracciandola non troppo forte.

Il ragazzo la fissava negli occhi nocciola, imprimendosi nella mente il loro luccichio e la loro profondità.

Il principe si alzò, prendendola in braccio, poggiandola poi su una comoda poltrona, per poi lasciarla lì con un cenno del capo.

In silenzio, come quando l'aveva conosciuta.

Emrys passò le proprie mani sopra gli occhi.

Quel cretino di Heder (sì, quello che emette strani mugolii quando gli dice di lucidare l'armatura e lo stesso che fa evidentemente la corte a sua sorella) gli aveva ammaccato l'elmo.

Il principe, con una smorfia degna di passare alla storia come la più paurosa, sussurrò una minaccia all'orecchio del servo che, correndo, cominciò a scappare lontano, cercando un altro elmo.

Il moro sbuffò infastidito: stupido.

Intorno a lui, oltre il vociare dei contadini e dei cavalieri, si sentivano i risolini delle dame venute in visita al castello: tutte e sette le figlie di Lord Edward, che abitava ai confini con il regno di Caerleon.

Nonostante il moro avesse solo undici anni, ne sapeva già di modi per conquistare le belle fanciulle.

Emrys si avvicinò con un sorriso sghembo, mentre le ragazze continuavano a ridacchiare.

Mary, la maggiore, era una ragazza di quattordici anni e insieme a sua sorella gemella Madlaine, formava un duo di pettegole molto informate. Entrambe avevano una bellezza quasi volgare, molto appariscente, che certo si poteva meglio associare a quella delle donnacce nei sobborghi.

Dionne, di dodici anni e mezzo, era una ragazzina anch'essa molto bella, che, nonostante la giovane età, era adocchiata da tutti i figli di nobili del regno. La sue bellezza, arrogante e superba, aveva fatto il giro anche dei luoghi vicini, arrivando, si diceva, fino ai confini del Mediterraneo.

Sua sorellastra, la figlia bastarda del nobile, in comune con le altre aveva ben poco. I capelli erano biondi e gli occhi di un verde intenso, mentre il corpo, benchè poco formoso, era piccolo e fragile, come quello di Dionne. La ragazza, anch'essa di quasi tredici anni, era la figlia di una delle servette del castello, con cui Lord Edward aveva avuto una scappatella. Era una fanciulla né bella né brutta, che si poteva dire insignificante, se non fosse stato per il suo grande carisma, che mancava alle sorella maggiori. Si chiamava Virginia.

Dopo di lei, c'erano Ringil e Rinie, rispettivamente di dieci e otto anni.

La prima era già sfiorita e immotivata, pallida da sembrare malata e dai capelli neri e deboli: aveva una salute molto cagionevole e, secondo molti, sarebbe morta presto.

La seconda, invece, era una fanciulla piena di vita, dall'aspetto quasi esotico, che ricordava una delle principesse straniere.

Emrys le guardò una a una, notando che ne mancava una: Emily.

Si diceva fosse una ragazza della sua età sgraziata e acida.

Il principe sbuffò: probabilmente non si era perso niente.

-Allora, Principe, che avete intenzione di fare quest'oggi? Ci delizierete con la vostra bravura?

La voce di Dionne gli giunse all'orecchio come un qualcosa di stridulo, che quasi non sembrava appartenente al genere umano.

-Non oggi, mi dispiace signore: purtroppo ho altri doveri. Dovrete aspettare domani.

Si alzò dal gruppo di ragazze delle accese proteste.

-Niente da fare, mie belle, ho altri lavori da svolgere e non posso mancare.

-Ma, Sire, perchè non darci un assaggio della vostra forza?

Mary e Madlaine lo guardarono speranzose.

-Mi spiace, non posso: ho giusto il tempo per fermarmi un attimo qui, per parlare con voi, fanciulle.

Altre proteste. Emrys continuò per un po' a scansare l'ipotesi di un piccolo duello per far vedere alle ragazze cosa sapeva fare (il principe amava farsi desiderare) quando improvvisamente, un “Emily!” passò attraverso l'aria, attirando l'attenzione del moro.

Il principe si girò verso la ragazza che era stata chiamata, che si avvicinava in fretta.

Era goffa e impacciata, nonostante lo sguardo brillasse di orgoglio e fierezza.

Faceva un'impressione totalmente diversa dalle sorelle.

La pelle bianca latte si mischiava perfettamente con una delizioso rossore perenne sulle guance, che in quel momento erano ancora più accese. Delle leggere lentiggine le attraversavano il viso da parte a parte, passando sul naso, dritto e perfetto. La sua altezza la faceva assomigliare molto a Mary o Madlaine, che invece erano molto più grandi.

Emrys continuò a fissarla, sentendo il cuore battergli forte nel petto.

Mano a mano che la fanciulla si avvicinava, sentiva le proprie orecchie arrossarsi e le proprie gambe tremare impercettibilmente.

-Eccomi, sorelle!

-Emy, quello che vedi davanti a te è il principe di Camelot.

Un sussurro che assomigliava molto a un “Guarda com'è bello” arrivò alle orecchie della ragazza.

Emrys pensò che doveva essere molto simpat...

-Bene... un altro broccolo...

Come non detto.

-...Cosa?!

Emrys e Emily continuavano a guardarsi in maniera strana, come se si volessero uccidere: ah, l'antipatia sprint!

Emrys sospirò.

Non gli aveva mai detto cosa intendesse con “broccolo”: forse per lui rimarrà un mistero.

Sa solo che quando lo aveva al suo papà, lui aveva riso.

Cosa l'aveva colpito di lei?

Era una ragazza alquanto insignificante, che non si notava per niente, quindi, cosa l'aveva portato a innamorarsi di lei?

Forse la forza di carattere?

No, certamente no.

Emrys con tutta probabilità non avrebbe mai ammesso la verità, neanche morto.

La realtà è che Emily era molto particolare.

Non aveva la classica bellezza che piace a tutti, no, ma aveva quello sguardo, quella purezza che cattura chi la sa accogliere. Aveva un qualcosa di intoccabile che faceva sfociare, almeno per lui, nella devozione. Per questo, per quanto la desiderasse per sé, anche solo toccarla e baciarla a lui a volte sembrava troppo, per paura che perdesse quella candidezza che tanto la rappresentava. Ciò gli faceva pensare di essere esagerato, un rammollito.

Ma come può l'amore essere una debolezza?

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Arthur guardava Merlin dormire dolcemente sul letto.

Le coperte gli coprivano il corpo esile fino al petto, che si abbassava e alzava con regolarità.

La luna accarezzava il suo viso pallido, che sembrava luminoso e splendente.

Il Re posò la propria mano sulla guancia dell'uomo accanto a sé che, nel sonno, la prese.

Arthur fissò le dita esili del compagno: possibile che non fosse cambiato niente di lui?

Solo l'espressione faceva intendere la sua età, ma il corpo, per quanto messo alla prova dai parti e dalle guerre, era come anni prima, uguale.

Il biondo fissò la propria pancia, che cominciava a raggruppare un po' di grasso.

Forse doveva mettersi a dieta.

In fondo... insomma... lui non era grasso!

Nonostante le prese in giro amichevoli di Merlin e le successive negazioni, Arthur ormai aveva il dubbio di essere un brutto rospo ciccione, di quelli veramente orribili.

Il marito si mosse nel sonno.

Il Re notò che i fianchi di lui erano rotondi e la pancia cominciava a farsi vedere: era il quatro mese, in fondo!

Di questo Arthur era molto felice: nonostante non avessero ancora sconfitto la Bestia Errante, Merlin stava bene e tutto stava andando a meraviglia.

L'anima della strega non si faceva vedere da tre settimane, era sparita.

Tuttavia... c'era qualcosa che lo inquietava, come se quel silenzio improvviso fosse solo la calma prima della tempesta, il risveglio prima del sonno eterno.

Forse era un po' suggestionato, forse stava diventato paranoico come suo padre tempo addietro, ma una cosa per lui era certa: non era finita, non così, senza fare niente.

Per questo, anche se di malavoglia, aveva fatto restare Richard a Camelot, per essere sicuro.

Anche se quel mangia-soldi aveva voluto altro denaro.

Beh, almeno non aveva molestato il co-Re!

O almeno, non che Arthur sapesse.

Non che il Re non si fidasse di Merlin, ma, conoscendolo, era possibile che nascondesse le malefatte di Richard: nonostante il moro lo odiasse, era pur sempre una persona gentile che raramente incolpava qualcuno, se non per salvare qualcuno che non fosse se stesso.

Arthur conosceva Merlin, nonostante il fatto che per lungo tempo non sapesse niente di lui.

Certamente, quella cosa l'aveva presa male.

Aveva preso male la Magia, aveva preso male le bugie, aveva preso male il fatto di dover essere protetto da quel cosino che di grande aveva solo le orecchie.

Sì, quando aveva scoperto tutto l'aveva praticamente massacrato.

E aveva torturato anche se stesso con addestramenti che duravano il triplo del solito, con la totale mancanza di un “Asino!” al giorno.

Beh, neanche per lui era stata una passeggiata.

Alla fine si è umiliato: è andato da Merlin e, borbottando qualcosa, lo riprendeva al proprio servizio.

Ci volle molto più tempo perchè lo riaccettasse come amico.

Ci volle ancora di più per ritrovarselo una mattina nel letto.

E Arthur se lo ricorda, per riconquistare Merlin sudò parecchio, perchè l'allora ragazzo, sottorazza di idiota, aveva pensato che lui fosse stato solo un capriccio momentaneo, che per lui fosse stato come... come... come Gwen, per esempio!

-Ma si è evidentemente sbagliato.

Il Re sorrise, accarezzando dolcemente, accoccolandosi accanto a lui, per quanto la sua corporatura glielo permettesse.

Si addormentò.

Sperando di non ritrovarsi lì il giorno dopo, sennò ci avrebbe messo del tempo a negare di essere un romanticone!

 

NOTE: per chi se lo stesse chiedendo... in effetti NON E' SUCCESSO NIENTE DI RILEVANTE NELLA STORIA. Era solo per chiarire un po' la relazione Emrys/Emily che in futuro sarà molto importante. Voglio fare un  paio di chiarimenti: Heder è un po' più grande del principe e fin da piccolo faceva una sorta di valletto personale e già il piccolino ci provava con Aranel. Lord Edward è un personaggio totalmente inventato, che non è mai comparso nella serie, ma che ho inventato io sul momento. E vi avverto, non tiratemi fuori Edward Cullen che potrei uccidervi. Riguardo all'accenno Arthur/Gwen, mi dispiace, ma ce lo dovevo mettere ='( Riguardo ai tempi, dunque...

PRIMA STAGIONE: M20 A20/21

SECONDA STAGIONE: M21 A21/22

TERZA STAGIONE M22 A22/23

TEMPO DELLA STORIA: M40 A40/41

Quando ho iniziato questa storia, stava arrivando la seconda stagione e io avevo contato che Merlin e Arthur si fossero sposati a 22/23 anni, che coincide con la terza stagione. Ve lo dico perchè mi è stata fatta questa domanda da una mia amica. Ho pensato che Merlin fosse più piccolo a causa del fatto che prima c'è dovuta essere la Grande Purga quindi Arthur era già nato. Poi il tempo di prendere i Dragonlord, di far scappare Balinor, di far innamorare lui e Hunith e i 9 mesi della gravidanza. In tutto penso sia un anno. E con questo, non voglio più domande sui tempi.

A presto, si spera.

Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il momento della verità ***


Richard camminava nella foresta.

La luce filtrava dai rami.

Le foglie e i rami sotto i suoi piedi facevano un leggero scricchiolio.

Gli occhi di lui si strinsero, prendendo la mira verso un cervo e...

Crash!

Una luce comparve al centro della piccola radura.

Il cervo, spaventato, cominciò a correre, ma prima che potesse fare anche solo pochi metri, un incantesimo partì dalla presenza, colpendolo, stordendolo.

Richard sbarrò gli occhi, trattenendo il fiato.

Quella era l'anima della strega.

Non aveva con sé l'armamento, non poteva distruggerla, ma forse...

L'uomo prese delle foglie particolari che aveva in tasca: le portava sempre con sé, sia per la caccia, sia per cose più serie.

Aiutavano a rintracciare le creature di qualunque tipo.

Era un'erba molto rara, che cresceva sulle grandi montagne bianche al di là del mare, e che fiorivano massimo per una settimana all'anno.

Poche di quelle piante, però, sopravvivevano.

E ancora meno facevano fiori.

Comunque, Richard riusciva sempre a procurarsene, a volte addirittura personalmente, con escursioni a volte di giorni e giorni: non fa niente se le trovava secche, perchè così facevano più effetto.

L'uomo fissò la luce, che si muoveva galleggiando sull'erba.

Mise una mano in tasca.

Lentamente ne estrasse un po' di foglie di un colore verdastro pallido.

Le sminuzzò con le dita, attento a non fare rumore.

Improvvisamente uscì dal cespuglio dove era nascosto.

La luce sembrò sobbalzare: adesso che la vedeva sotto i raggi del sole, sembrava avere una forma umana, come un fantasma.

L'anima sembrò fissarlo, per poi subito evocare un incantesimo, che colpì in pieno petto l'uomo.

Prima di svenire, Richard tirò la polvere che aveva creato: non sapeva se aveva centrato l'obiettivo.

Poi il buio.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Merlin si svegliò improvvisamente, quella mattina.

Una strana sensazione gli bloccava la gola.

Aveva mal di testa, ma era leggero, non se ne preoccupava.

Il co-Re si alzò velocemente, indossando qualcosa.

Arthur si era già alzato da un pezzo.

Silenzio.

Era strano che non sentisse, a quell'ora, delle voci nella piazza...

Merlin socchiuse gli occhi, pensando già al peggio, quando improvvisamente cominciò a sentire qualche voce.

Stavano uscendo tutti dal castello.

Cosa era successo?

Il mago uscì di corsa dalla camera, andando verso la sala del trono, sperando di trovarci Arthur.

All'andata, trovò tante persone: non riusciva a capire come fossero tutte entrate nella sala, che era evidentemente troppo piccola.

-Arthur!

Il Re si girò verso il marito, sentendosi chiamato.

-Merlin!

I due si avvicinarono.

-Cosa è successo??

Il biondo lo fissò gravemente.

-Arthur. Che. E'. Successo.

I due si fissarono.

-Ho dovuto dare l'allarme, Merlin. La Bestia Errante è stata sconfitta, Emrys è tornato, ma molti soldati sono stati uccisi o stanno sul punto di morire. Richard ha rintracciato l'anima e stiamo vedendo se riusciamo a trovarla grazie a una specie di polverina che lui le ha buttato addosso, ma poi è svenuto quindi non siamo sicuri di ciò. Di sicuro sappiamo solo che sta succedendo qualcosa di pericoloso. Sto facendo evaquare parte di Camelot, perchè sembra che ci siano stati degli omicidi durante la notte. Non sappiamo chi sia e abbiamo solo l'indizio che è una donna. L'unico testimone che ci avrebbe potuto dare altre informazioni è morto durante la notte e...

-Calma, Arthur, calma! Spiegami tutto con molta calma. Allora, novità sulla Bestia Errante? Dettagliate, grazie.

Il Re prese un respiro profondo: quante cose erano successe in una notte sola!

Lui si distraeva un attimo su Merlin ed ecco che succedeva qualcosa che non andava bene.

Per niente bene...

-La Bestia Errante è stata sconfitta da Emrys, che è tornato illeso. Purtroppo i soldati che erano con lui sono stati decimati e abbiamo perso alcuni dei migliori. Era andato con dieci persone, è tornato solo con tre. I cadaveri sono stati riportati e il funerale si farà oggi stesso. Uno dei guerrieri tornati con Emrys è stato graffiato dalla Bestia: non ci vorrà molto prima che lasci questa vita...

Arthur guardò Merlin negli occhi: nonostante che negli anni avessero visto tanti morti e tante guerre, era sempre un grande dolore, il sapere di non aver potuto fare niente, di non aver potuto salvare qualcuno...

-E... Richard?

-Sta nella propria stanza in questo momento. Ci ha raccontato di aver visto l'anima della strega e di averle gettato addosso un qualcosa che ce la farà rintracciare. Purtroppo, lei l'aveva colpito, quindi non è sicuro di aver effettivamente preso l'anima con la polverina, che poi in realtà erano pezzetti di una particolare erba che si trova al di là del mare. Richard è in ottimo stato.

Il co-Re annuì.

-Dicevi qualcosa su degli omicidi...

-Sì. Durante la notte sono stati uccisi due servi e quattro guardie... Tutti da un coltello. Il taglio che è stato inciso per ucciderli è dello stesso tipo: pensiamo sia stato inferto dallo stesso pugnale e presumibilmente dalla stessa persona. L'unico sopravvissuto è morto mentre stava per giungere l'alba. I corpi sono stati ritrovati da un'altra guardia che stava andando a dare il cambio di turno.

I due si fissarono.

Merlin abbassò lo sguardo, pallido.

-Non sappiamo cosa stia succedendo, sappiamo solo che è qualcosa di molto pericoloso, Merlin... Ho ordinato, come ti ho già detto, l'evaquazione delle zone periferiche, sperando di salvare qualcuno: sto stringendo il cerchio, sarà più facile così. Credo.

-E' proprio questo “credo” che mi preoccupa...

Il co-Re, con sguardo determinato, prese Arthur per un braccio, notando che erano finalmente soli.

Lo portò verso le loro stanze, chiedendo gentilmente, ma con urgenza, a una guardia di chiamare Emrys, Aranel e Richard.

Merlin chiuse la porta.

La stanza era ben illuminata.

Il mago si mise a rifare il letto, che aveva lasciato disordinato per la fretta.

Arthur, seduto su una sedia, lo guardava lavorare.

Era sempre un brutto segno quando Merlin si metteva a fare il proprio dovere quando nessuno gli aveva detto niente.

Veramente un brutto segno.

Il moro si posò una mano sul ventre, sbuffando.

Era affaticato, non doveva, lo sapeva bene.

Era per la corsa.

Il mago si mise seduto sul bordo del letto, respirando lentamente e profondamente.

-Ti devi riposare, papà.

Una voce femminile annunciò Aranel, che entrava in quel momento dalla porta.

La ragazza si mise in piedi davanti ai genitori, dicendo che suo fratello sarebbe arrivato di lì a poco.

Dopo cinque minuti lunghi e di silenzio, arrivarono sia Richard che Emrys.

I presenti si guardarono, aspettando che qualcuno parlasse.

Merlin si alzò, pallido, andando verso la tavola, facendo chiamare un servo perchè gli portasse la colazione mancata: lui non si sentiva molto bene.

Nell'attesa, il co-Re mangiava una mela.

-Sta succedendo qualcosa di strano...

La voce del biondo risuonò nella stanza.

-E non sappiamo cosa sia. Qualcuno di voi ne ha idea?

Silenzio.

Emrys prese la parola, facendo un passo avanti.

-Padre, non ne abbiamo idea. Ciò che avevo sognato, l'ho raccontato. Dopo quell'incubo non ho più visto niente che si possa anche solo lontanamente riferire a ciò che sta accadendo. Posso darvi solo delle informazioni che mi sono arrivate una mezzora fa attraverso lettera: non sono notizie gradevoli. Non ci sono né strane creature né streghe malvagie: la lettera non parla di questo. Parla di un... un... un branco di cani neri dagli occhi fiammeggianti visti mentre si dirigevano qui: si tratta di un cattivo presagio, anche se potrebbero essere tranquillamente dei lupi. Ma non è il solo cattivo augurio: ci sono molte altre creature e molti altri fatti che hanno fatto presagire qualcosa di grande e di terrificante...

I cinque si guardarono: non sapevano cosa fare.

Arthur prese un foglio, con una penna.

-Allora... Emrys, prendi dei soldati e andate qui, in questo valico. Aranel, te comincia a chiamare le tue amiche, quelle della Setta.

-Certo padre.

I due figli risposero all'unisono.

-Andiamo a prendere le guardie, padre.

Il Re annuì, per poi alzarsi e andare con loro.

Richard rimase nella stanza.

Merlin lo fissò, ancora pallido.

Arthur rientrò con un vassoio.

-La colazione.

Riuscendo, il biondo fissò male Richard, che sorrise.

-Allora... Merlin...

L'uomo si avvicinò al moro.

-Lui non lo sa, vero caro?

-Ti ricordo il “mio signore”.

-Certo, mio signore. Una volta non mi avresti fatto parlare così.

-Una volta non amavo Arthur.

-Una volta eri innamorato di me.

Silenzio.

-Stavamo così bene insieme... e poi cosa è successo? Quello si è dovuto mettere in mezzo... Hai dovuto lasciarmi per quel tizio. Cosa stavi pensando? Non pensavi a me mentre stavi con lui, vero? Non pensavi a me e a quello che provavo mentre lo baciavi, vero? Non stavi pensando al povero Richard che è stato mollato senza una ragione. Non ero un romanticone, certo, non ero ricco quanto lui certo, magari non sono nemmeno bello quanto lui, però non ho mai esitato un istante a dimostrarti quello che provavo per te, non ho mai dubitato di te: pensavo che in qualunque caso mi avresti accolto tra le tue braccia. Io ti amavo, Merlin, e tu mi hai illuso: pensavo che forse ero degno di qualcuno come te. Ma non ero abbastanza, forse. Sono stato per giorni, settimane, mesi, a pensare a cosa era andato storto, a cosa non ti ho dato, a cosa non era stato sufficiente. Io per te mi sono umiliato, ho rinunciato a tutto quello che era mio diritto per stare con te: lui non ha fatto niente di tutto ciò. Non oso minimamente pensare a cosa lui ti faceva nelle sue stanze, non oso minimamente pensare per quanto mi hai preso in giro.

-Non è andata così.

-Ah, no?

-No.

-E come è andata?

Silenzio.

-Visto, non sai rispondere: io credevo di essere tutto quello che tu volevi, che tu meritavi. Non ho mai fatto niente di sbagliato, tra di noi c'è stato qualcosa e per te non era importan...

-Non è andata così!!

Merlin si alzò, urlando, con lo sguardo basso.

-Non è andata così... Non è vero...

Richard lo fissava immobile.

-Io ti amavo, Richard: eri tutto quello che io avevo sempre voluto. Ed era tutto così facile, sembrava tutto così bello, così semplice... Ma... ma poi... ma poi sei cambiato: sei diventato perverso, lunatico. Io non capivo, io non... non sapevo cosa era successo. Poi vedendomi triste, ciò che tu, Richard, non hai mai notato, Arthur mi ha chiesto cosa avessi. E io cosa potevo dire? Ho detto che non avevo niente, che stavo bene, lui non ci ha creduto. Ero combattuto, confuso. Non sapevo più cosa pensare di te: ero sicuro che tu non fossi un ripiego, sapevo che ti desideravo che non ti avrei mai lasciato. Ma tu hai cambiato tutto. Hai voluto cambiare tutto. Non ero l'unico, vero?

L'uomo boccheggiò.

-Lo sapevo... Io... eri una delle... delle persone che ho amato di più in questo schifo di mondo. Pensavo fossi speciale, che fossi diverso: credevo che per te come inizio era bastato. Ma te no, volevi di più, qualcosa che io non volevo e non potevo darti. E allora sei andato a cercare in qualcun altro, non è così?

-Non è così!

-E' facile negare! Io ti ho visto, Richard, ti ho visto chiaramente. Mi avevi tradito... e certe cose neanche io sono capace di perdonarle.

Il mago si sedette ancora, mangiando qualcosa: non stava bene.

-No, è diverso, Merlin. Io non ti ho mai tradito, mai. Per me esistevi solo tu. Ero disposto ad aspettarti. Non volevo da te quello, quello che invece è evidente che voleva Arthur.

L'uomo guardò in maniera eloquente il pancione.

-Io volevo da te solo in tuo amore...

-Sì, ah ah! Me l'hai dimostrato bene!

-Ti volevo questo è quanto. Ero così illuso che tu mi amassi che avevo anche la flebile speranza che forse un giorno saresti tornato da me. Quando ti sei sposato io non c'ero, Merlin. Non sono andato. Non potevo vederti con qualcuno che non ero io. Poi quando mi hanno detto che sarei dovuto essere l'insegnante di Emrys, allora ho superato il limite. Ero pazzo, pazzo di dolore. Ed è stata colpa tua. Tua e di quella stramaledetta notte in cui... lascia perdere...

Detto questo si avviò vero la porta, per andarsene.

-...Richard? Io non so neanche cosa è successa in quella notte: so solo che ero ubriaco, mi sono svegliato che ero praticamente nudo. Non so cosa è successo, lo posso solo immaginare, non so come è successo, più che altro. Io credevo fossi stato tu: te l'ho detto io, ricordi? Quando l'hai saputo sei letteralmente impazzito: pretendevi di più sempre di più, eri diventato geloso fino all'inverosimile, non mi lasciavi un attimo di respiro... Neanche tu sai chi è stato e probabilmente non lo saprò mai neanche io. E neanche Arthur: non gliel'ho mai detto. Richard, sai, ti volevo io ad addestrare Emrys, non Arthur. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere, volevo che anche tu gli lasciassi qualcosa e non solo io e suo padre.

-Abbiamo sbagliato tutto, no Mee?

-Sì, Rich, abbiamo sbagliato tutto: io sono finito ad amare Arthur (cosa che non avrei mai sospettato) e tu... beh, eccoti, no?

Richard aprì la porta, stava per uscire quando si fermò un attimo, volgendo leggermente la testa verso il moro che, seduto sulla sedia, stava ricominciando a mangiare.

-Anche tu hai frainteso: lei non era niente per me, solo l'avventura di una notte. Credevo fossi tu l'avventura di una vita.

 

NOTE: DAN DAN DAAAAAAAN!!!! Dunque, dai, con chi Merlin ha passato "quella stramaledetta notte"? Si accettano scommesse. Comunque, spero di avervi chiarito un po' il rapporto Merlin/Richard. Grazie per aver letto ;D

Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Megan ***




Aranel fissò a lungo di fuori.

Le sue amiche della Setta sarebbero arrivate di lì a poco...

La Setta del Calice.

Erano maghe capaci di qualunque incantesimo.

Erano le antiche protettrici del Sacro Calice della Vita, prima che quest'ultimo fosse rubato loro da dei druidi e successivamente preso da Cenred, poi dai Pendragon: Arthur l'aveva restituito loro.

Aveva conosciuto la prima di questa setta quando aveva compiuto tredici anni.

La ragazza, ormai donna, si chiamava Megan.

La ricordava bene la principessa: era alta e magra, con i capelli neri, la pelle scura e gli occhi neri.

Era una bellissima ragazza.

Presto sarebbero arrivate e li avrebbero aiutati con la loro potente magia, benchè dicessero loro stesse di essere miserabili rispetto a Merlin, suo padre.

Aranel uscì dalla stanza: si annoiava.

Forse sarebbe andata in biblioteca... Sì, sicuramente.

La ragazza cominciò a camminare, quando, svoltando l'angolo, incontrò Heder.

-Ah... emmm... ciao! Scusa, non volevo!

La bionda notò che il servo era molto imbarazzato.

Teneva dietro la schiena qualcosa, che probabilmente non voleva farle vedere.

-Ecco, principessa... emmm... questi sono per voi!

Heder tirò fuori un mazzo di alcuni bei fiori, piccoli e bianchi, di un profumo inebriante.

Aranel arrossì violentemente.

-Per me? E da... parte di chi, di grazia?

-Non sono di Grazia, sono da parte mia...

La ragazza rise, mettendo in disagio il moro.

-Sono bellissimi... grazie.

Aranel si porse verso il servo, dandogli un bacio sulla guancia, facendo arrossire tantissimo anche le proprie orecchie.

Heder tossicchiò, imbarazzato: aveva pensato di fare un piccolo passo avanti.

Infondo la loro “relazione” (se così era degna di essere chiamata) non aveva avuto molti modi di esternarsi.

Una volta era successo qualcosa, ma dopo quello l'imbarazzo e la timidezza li aveva fatti regredire.

Una volta si erano baciati.

Beh, “bacio” è una parola grossa.

Diciamo che era stato un “accidentale dolce sfioramento di labbra fra due persone che si amano anche se sono troppo timide per dirselo apertamente”.

Aranel cominciò a balbettare qualcosa solo al ricordo: si era esercitata tanto allo specchio per apparire più sicura, ma a quanto pare ancora doveva fare dei progressi.

Heder sorrise, ritrovando la sua spavalderia che per un attimo si era persa.

-Pensavo di farvi piacere. Adesso... devo tornare a lavorare. Arrivederci, mia signora.

Il ragazzo cominciò a correre per il corridoio.

-...Heder!?

-Sì?

-Aranel, non “mia signora” e neanche “principessa”. Sono solo... Aranel.

Il ragazzo sorrise, annuendo e continuando a correre.

La principessa guardò il mazzo di fiori: forse era più avanti di quanto immaginasse...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Fa paura.

Fa tanta paura.

Il bimbo cade a terra.

Corre.

Corre.

Dietro qualcuno lo insegue.

Cade ancora.

Si sporca le mani di fango, polvere e terra.

Piange.

I capelli biondi gocciolano per la pioggia.

Continua a correre.

Dietro di lui un'ombra.

Dietro di lui ci sono dei passi, delle orme troppo grandi per essere le sue.

E' buio.

Il bimbo corre, ma non sa dove sta andando.

Alle sue spalle l'ombra diventa più grande, fino a sembrare un essere enorme.

Ereinion chiude gli occhi.

Sente una mano fredda che gli copre la spalla e che lo trascina all'indietro.

Il bimbo piange.

Non può, non ce la fa...

Non ce la fa, non ce la farà mai.

Oh Dio, lacrime, sudore, sangue.

Gelo, freddo, fame, sete.

Fa male.

Troppo.

La carne sembra spezzarsi in mille pezzi.

E' ancora intatta, ma per quanto ancora?

Non ci sarà sangue, non ci sarà pugnale, né ferita.

Ma assassino e vittima sì.

Emrys si svegliò di notte.

Si passò una mano fra i capelli.

Il respiro a mille, la testa che pulsa.

Aveva visto.

Ereinion.

Sarà questo il nome di suo fratello.

Rampollo del Re”, significa.

Ma per quanto lo sarà?

Aveva visto un'ombra dietro di lui.

Un'ombra grande, densa, buia.

Oh... lo sa: i guai non sono quelli che stanno affrontando.

Quelli sono solo un debole inizio.

Nessuno colpirà Ereinion finchè ci sarà Merlin a proteggerlo con se stesso.

Ma una volta separati, una volta divisi, una volta che il bimbo avrà un corpo proprio e non dovrà più stare all'interno di suo padre...

La rabbia, sì, aveva sentito quella.

Disgrazie a non finire, morte.

Non sa se colpirà anche suo fratello tutto ciò.

Non sa se ne usciranno illesi oppure no.

Era stato tutto così veloce.

Emrys cercò di rilassarsi, sedendosi sul cuscino, nel letto: quanto sembrava grande in quel momento.

Il buio intorno a lui si faceva più chiaro: l'alba.

L'incubo sarebbe stato cancellato momentaneamente, ma al momento giusto sarebbe tornato ad affliggerlo, forte e prepotente.

Emrys non aveva paura.

Non ne aveva mai avuta.

Ma...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

In fondo alla via principale di Camelot si notava un gruppo di ragazze vestite di verde.

La Setta del Calice.

Le donne passarono davanti alle persone esterrefatte, andando verso il castello le cui mura bianche risplendevano alla luce del sole.

Megan guardò attentamente una finestra in particolare, dal quale si affacciava una fanciulla bionda.

-Aranel.

Il cielo era limpido e non dava segno di cattivo tempo nel momento in cui entrarono nella sala del trono, dove il Re le attendeva.

La luce entrava dalle finestre aperte.

Le donne si misero in fila davanti ad Arthur che sorrideva incoraggiante stando in piedi.

Accanto a lui Merlin stava seduto, ma sorrideva allo stesso modo, con le mani che si poggiavano sopra il ventre gonfio.

Il biondo subito si avvicinò.

Megan sentì subito una forte sensazione al petto: apparteneva sicuramente al Re.

La ragazza aveva il potere di sentire quello che gli altri provavano.

In quel momento capì subito cosa occupava il cuore del sovrano.

Al primo posto c'era la felicità per il nuovo figlio che stava arrivando.

Tuttavia, c'era qualcosa di sottile e pungente, che sembrava infilzare lo stomaco: preoccupazione.

Per se stesso, per il popolo, per la sua famiglia che si era formato con tanta fatica.

Megan comprese subito che se mai avesse perso anche solo un membro di quest'ultima, il sovrano non sarebbe mai stato lo stesso.

Lo vedeva dal suo sguardo azzurro, che sotto sotto poteva nascondere un qualcosa pronto a uscire.

In fondo, anche Uther aveva avuto lo stesso problema.

Per loro fortuna, però, considerò Megan, Arthur sembrava molto più forte del padre.

Non era uomo da distruggersi, non era uomo da portare per sempre rancore.

Era anche merito di Merlin se era diventato così, la ragazza ne era certa.

Lo guardò.

Era molto bello, quasi luminoso, come se fosse avvolto da una strana luce: forse era solo merito della gravidanza.

Merlin sarà stato anche un uomo, ma nessuno potrebbe resistere dall'essere pieno di felicità durante i nove mesi che precedevano il parto: nessuno.

Megan sospirò, facendo un passo avanti e presentandosi.

Improvvisamente entrò Aranel correndo ad abbracciarla.

Dietro di lei c'era il fratello: sempre più somigliante di carattere ad Arthur.

Le due si abbracciarono, scambiandosi saluti amorevoli.

Sorrisero.

Megan le si avvicinò all'orecchio, mormorando la risposta alla sua domanda che gli aveva fatto quando l'aveva convocata a Camelot.

-Sarà maschio, Aranel. Ereinion, si chiamerà: anche Emrys lo sa. Sarà biondo come Arthur, ma alto e magro e con quelle strane orecchie come Merlin. Sarà un grandissimo mago. Ricorda, però, Aranel: tienilo d'occhio. Fai in modo che non arrivi a certe conoscenze.

La ragazza annuì, cercando di capire cosa l'amica intendesse con l'ultima frase.

Guardò il fratello con aria interrogatoria.

Emrys non la guardò subito: sembrava pensieroso e perso.

Molto preoccupato.

Dietro di lui comparve Richard, che ormai era diventato onnipresente nella loro vita di tutti i giorni.

Lanciò un'occhiata a Merlin, che rivolse lo sguardo altrove.

Arthur guardò sia il marito che Richard: sembrava molto geloso.

Il co-Re gli sorrise amorevole, alzandosi e avvicinandosi anch'egli alle ragazze della Setta per salutarle come si deve.

-Dovete sapere alcuni dettagli molto importanti. Crediamo che ci sia qualcosa di molto pericoloso che si sta formando a Camelot. Ma è meglio non parlarne qui: forse in un luogo più appartato.

-Diteci solo cosa dobbiamo fare.

-Vivete.

Dissero questo, con gli occhi ancora pieni dei cadaveri che erano stati ritrovati.

Le fecero entrare in una sala molto più piccola, per informarle delle cose che erano avvenute.

Le donne li ascoltarono.

Già sapevano che loro non avrebbero potuto fare niente.

 

 

NOTE: per adesso, nulla di nuovo. Ditemi quello che ne pensate ;) Nel prossimo capitolo, vi avverto, si cominceranno a vedere i primi "sintomi" della maledizione u_u

Messaggio copia-incolla: Purtroppo ultimamente ho delle difficoltà con lo scrivere, poichè non ho molto tempo. Molti aggiornamenti salteranno e non prometto che alcuni capitoli non subiranno un grosso sbalzo di lunghezza. Spero che continuerete comunque a leggere, nonostante tutto. Mi dispiace =( E' per cause in cui io in realtà personalmente centro ben poco -.-" Alcune storie quindi saranno probabilmente accorciate oppure saranno aggiornate molto lentamente. Grazie per l'attenzione.

Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Maledizioni e Morti sospette ***


Emrys camminava.

Il sole picchiava alto sulla strada.

Il principe stava camminando ormai da un paio d'ore: non avrebbe dovuto allontanarsi così tanto.

Nonostante questo, il moro continuò a camminare.

Emily sarebbe tornata di lì a poco: voleva incontrarla per strada.

Era tornata in patria per quasi due settimane, ma stava tornando.

Sia il padre di lei quanto i genitori di Emrys avevano accettato l'idea che i due fossero inseparabili.

Sapevano che, appena possibile, avrebbero dovto far fronte al loro matrimonio.

Matrimonio.

Emrys rabbrividì.

-Che parola terrificante...

Il moro continuò a camminare.

La strada bianca davanti a lui era piana e larga.

Da lontano, si vedeva un puntino nero: una carrozza?

Il principe cominciò a correre: man mano che la figura si faceva più grande e definita cominciò a intravedersi il viso di una ragazza fuori dalla finestra del cocchio.

-Emrys!

-Emily!

I cavalli si fermarono, mentre la ragazza lo invitava a salire.

Lui annuì di buon grado, sorridendo.

Nella carrozza c'era solo Emily.

-Non doveva venire anche tuo padre?

-Arriverà domani mattina: c'è stato un imprevisto.

I due si sorrisero.

Lui le si avvicinò, baciandola dolcemente.

-Sono contenta di rivederti, Emrys...

-Ma non è passato poi tanto tempo!

-Sai che potrei offendermi? Comunque, non sarà passato molto, ma sai che senza di te la noia regna sovrana.

Sorrisero.

La ragazza si avvicinò a lui, baciandolo ancora.

Lui allungò la mano...

-Ah Ah Ah! Su la mano, Emrys.

Lui mise la mano un po' più su da dove l'aveva messa prima, sulla schiena.

-Bravo principino.

Lui sospirò, alzando gli occhi al cielo.

La baciò ancora, stavolta tenendo la mano ben lontano.

Lei sorrise, lasciando che lui passasse le proprie dita fra i capelli, l'unica cosa che tutti le invidiavano.

Un grande sbalzo del cocchio li fece saltare, trovandosi appiccicati.

Lui la strinse a sé, accarezzandole le guance.

-Sei bellissima...

Lei si staccò improvvisamente.

-Sì, e tu sei la regina di Mora.

Lei sorrise nervosa.

Lei si girò a guardare il paesaggio, con lo sguardo corrucciato.

Lui la fissava stupito.

Insomma, le aveva fatto un complimento e lei, cosa faceva? Si girava da un'altra parte!

Ah, le donne, mondo misterioso e inaccessibile, senza chiave e probabilmente anche senza serratura!

...E poi che cosa c'era dietro quella porta? Unicornini volanti rosa sull'arcobaleno?

No...

Emrys scosse la testa: forse nella testa di Aranel c'era quello, ma in Emily no.

Assolutamente no.

Forse c'era l'arcobaleno, ma non c'erano gli unicornini rosa!

Emrys scosse ancora la testa, inorridito.

Rabbrividì.

Solo a immaginarlo...

Oh, Signore Iddio!!!

-... Emily?

Silenzio.

-Che hai? Non mi dire che ti sei offesa, perchè non ci credo.

Silenzio.

-Che c'è? Ti ho solo fatto un complimento!

-...Io non sono bellissima...

-Sì che lo sei!

-Non è vero.

-Emily...

-Lascia stare.

Lui le si avvicinò.

Piano.

Lentamente.

-Sai a cosa penso?

-A cosa?

-...A quanto sei carina con il corpetto nero.

Lei girò la testa.

Sembrava di sentirne il cigolio.

Solo allora Emrys capì di aver detto la cosa sbagliata.

Completamente sbagliata.

Se avesse detto quello che sospettava sugli unicorni e l'arcobaleno avrebbe fatto una fine migliore.

A giudicare dallo sguardo di Emily molto migliore.

Col molto sottolineato.

-Quando mai mi hai visto col corpetto nero? E, tre secondi, soprattutto come fai a sapere che ho il corpetto di quel colore??

-Ma infatti non lo sapevo! Solo che ho saputo che acquisti i tuoi abiti da Geltrude e lei ne fa di questi neri con i nastri bianchi e...

-Come fai a sapere che ha i nastri bianchi??

Emrys capì allora cosa significa “scavarsi la fossa da solo”.

-Emrys. Sei. Morto!

Quando il principe vide una mano che stava arrivando verso il suo viso a una velocità esorbitante si ricordò: Geltrude non faceva corpetti neri, ma bianchi e quelli neri erano esclusivamente per Emily.

Cavolo!!!

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Arthur si svegliò.

Si era addormentato tardi la notte prima.

La propria mano era appoggiata sul ventre di Merlin.

Merlin...

-Merlin??

Il Re si avvicinò al marito che, ansante, aveva gli occhi chiusi.

Lo scosse.

Il mago si svegliò subito, con gli occhi spalancati.

-Incubo?

-...Sì, più o meno.

Arthur lo aiutò a sedersi sul letto.

Con il pancione era ancora più bello.

Un leggero rivolo di sudore gli scendeva dalla tempia fino al collo.

Arthur glielo asciugò con la manica.

-Che hai sognato?

-Niente.

Merlin si alzò, anche se con fatica.

Guardò la colazione sul tavolo.

Aveva fame.

L'uomo si avvicinò al tavolo.

-Merlin...

Il Re gli si avvicinò, tendendo la mano verso il suo braccio.

Quando lo sfiorò, Merlin si distolse, quasi cadendo.

-Non toccarmi!!!

Il biondo si allontanò.

Il co-Re lo fissava con lo sguardo fisso e gli occhi spalancati.

Ma cosa...

-Che succcede, Merlin?

Il moro respirava affannosamente.

Era pallido e sudava.

-Stai male?

-No! No...

Il co-Re cominciò a trafficare con gli oggetti sul tavolo, nervosamente e impacciatamente.

Arthur lo fissava: non capiva cosa avesse.

Il mago mangiò la propria zuppa, preparata appositamente per quando lui era incinto.

Sembrava si stesse calmando.

Cosa aveva sognato?

Merlin, finito di mangiare, cominciò a guardare il piatto vuoto.

-Non so perchè mi sto comportando così. Non ricordo neanche cosa ho sognato... E' tutto sfocato. Non capisco. Ricordo solo che sentivo una grande stretta alla gola e al cuore. Non so. Era un ricordo, lo so, ma...

Improvvisamente la linea dei suoi pensieri si interruppe.

Buio.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Emrys, Aranel e Arthur guardavano l'uomo sdraiato nel letto.

Il medico stava sistemando delle cose vicino al comodino.

-Cos'ha?

-Niente di cui valga la pena preoccuparsi: solo è provato perchè non è più tanto giovane ed è incinto. Inoltre quell'incubo deve averlo davvero terrorizzato. E' naturale, niente di strano. La reazione al vostro tocco, Sire, potrebbe essere strana, ma se nell'incubo c'eravate anche voi è una cosa molto normale. Non trovo niente di particolare.

Improvvisamente il co-Re si agitò.

-Ormai dal perdere i sensi è passato all'addormentarsi. Purtroppo non posso dargli sonnifere o varie medicine perchè potrebbero fare male al bambino. Al massimo, essendo druido, posso fargli una barriera con la magia, ma non prometto che sistemi la vicenda.

Il Re sospirò sollevato insieme a Aranel.

Emrys continuava a guardare a terra, i capelli neri che cadevano sul viso.

-Principe?

-Sì?

-Vuole che vi controlli l'occhio?

Il ragazzo scosse il capo, toccando con la punta delle dita l'occhio nero che gli aveva fatto Emily per aver scoperto che aveva sbirciato dove non doveva.

In quel momento il principe, però, non era assorto da quello.

Aveva fatto delle ricerche, appena tornato a Camelot, e stava pensando se la maledizione che avrebbe dovuto scagliare la strega si poteva trovare in uno dei libri della biblioteca reale.

Aveva trovato un tomo dal titolo in lettere argentate, con su scritto “Maledizioni e Morti sospette”: chi l'aveva scritto era evidentemente molto informato, perchè c'erano addirittura le cure alle maledizioni!

Ogni capitolo aveva come titolo il principale sfogo che gli incantesimi portavano e guardando l'indice, Emrys si ricordava che c'era anche la scritta “Incubi e sonno” in mezzo.

Forse... No. Non doveva pensarci. Non adesso.

Il ragazzo si scusò, uscendo dalla stanza sotto lo sguardo allibito di tutti.

Cominciò a correre verso la propria camera.

Doveva andare a cercare.

Subito.

-Emrys?

-Non ho tempo, Emy!

La ragazza lo fissò mentre correva per i corridoi.

Il principe entrò nella propria stanza, dove trovò Heder.

-Heder, fuori!

-Ma...

-Ho detto fuori!

Il servo uscì di corsa, mentre il nobile si buttava su una sedia, afferrando al volo il libro.

Cominciò a sfogliare le pagine e, arrivato all'indice, cominciò a cercare col dito il capitolo giusto.

Improvvisamente si fermò.

-Ma cosa sto facendo? Non so neanche se l'incubo fa parte della maledizione, non ne ho la prova: non so nemmeno a chi è stata mandata! Non so se è un sintomo o no e non so quali sono gli altri, nel caso: come penso di poter trovare la cura per la maledizione se questa non c'è? O se, comunque, non ho abbastanza informazioni? Ma che mi è preso? Aaah... forse è meglio che vada a cercare l'anima della strega con Richard: riuscirò forse anche a tirargli fuori come mai è stato cacciato, perchè nessuno me lo vuole dire e neanche Aranel ne ha idea. Adesso, Emrys Balinor Pendragon, calmati, respira, tranquillo, andrà tutto bene. Sì, tutto bene.

Intanto Megan guardava la finestra della camera del principe.

Egily si avvicinò a lei.

-A cosa stai pensando, Meg?

-...Alla maledizione. Non capisco. Ne ho parlato con Luisa, perchè anche tu sai che lei vede il passato e il presente e il futuro, ma lei mi ha detto solo delle cose apparentemente senza senso.

-Ha parlato di Merlin?

-Sì: ha parlato di certe ferite, di certe paure e poi ha detto qualcosa sull'inconscio. Sono preoccupata, Egi, perchè ho paura che la maledizione non colpisca fisicamente quanto mentalmente la persona. Merlin ha avuto un incubo, ma può essere, può capitare, ma sento la sua aura affievolirsi e i suoi sentimenti sono di paura, dolore e preoccupazione: lui in questo momento sta sentendo un sottile terrore. Luisa mi ha detto solo una cosa di certo: il bambino non ha problemi, per adesso. Ma mi chiedo, se Merlin dovesse morire, se non dovesse farcela, cosa ne sarà del piccolo?

Egily scosse la testa, abbracciandola un poco, rassicurandola.

Il sole avrebbe cominciato a tramontare di lì a poco.

Ma non era questo che preoccupava Camelot.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Ninive tirò il libro, che sorpassò Morgause.

-Cosa hai fatto? Non erano questi i patti!

-Non c'erano patti.

La donna fece cadere il tavolo di legno, rovesciando tutto quello che c'era sopra.

-Certo che c'erano e non erano questi! Non era questo che doveva essere!

Crash!

La ragazza si ritrovò sollevata da terra, schiacciata al muro.

Sentiva come una mano sul collo che sttringeva e la soffocava.

Morgause sorrideva.

-Certo che erano questi, Ninive. Non ho mai promesso né che Camelot sarebbe caduta né che il bimbo ne sarebbe uscito intatto.

La ragazza cadde a terra.

-Ho fatto la maledizione, Ninive. Non voglio uccidere Arthur, voglio far soffrire Merlin e qual è dolore maggiore per un essere umano vivere le proprie maggiori paure, risentire freschi i piccoli traumi e il terrore? Merlin si addormenterà e cadrà in un mondo dove vivrà tutti i momenti più tristi e dolorosi della propria vita e addirittura nella sua mente i timori diventeranno realtà.

-E questo come potrebbe aiutarci a conquistare Camelot?

-Non ci arrivi? Arthur cadrà sotto il peso di non poter salvare Merlin e con lui cadranno i figli. Tutti e tre, anche se non si vede, hanno una parte del carattere tipico dei Pendragon e tipico di Uther: non c'è perdono, il rancore va mantenuto per anni. Camelot cadrà sotto l'ira dei suoi regnanti e allora il regno sarà nel caos.

-E Merlin?

-Partorirà. Ma non sono sicura.

-Resterà addormentato per sempre?

-No...

-E cosa succederà?

Morgause rise.

-Conosci l'espressione “morire dal dolore”?

 

 

NOTE: Che ve ne pare? Ditemi che vi piace, please *supplica* Bene, da qui in poi sarà un po' più dark dei capitoli precedenti. Come faranno i nostri eroi a salvare Merlin? Chi lo salverà? E si scoprirà con chi era andato a letto Merlin quando era ubriaco? Partorirà, oppure...? E, soprattutto, chi cadrà in questa battaglia contro Morgause...? Vi incuriosisco, eh! E cosa scoprirà Emrys nel tomo "Maledizioni e Morti sospette"? Faccio un ringraziamento speciale alle 14 persone che hanno messo questa storia fra le seguite, le 4 fra le "da ricordare" e i 2 fra le preferite e, OVVIAMENTE, a voi che recensite: sul serio, mi fate andare l'umore a mille ;)

Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sonno perenne ***


Arthur era preoccupato.

Molto preoccuoato.

La mattina scorsa Merlin si era svegliato molto più tardi del solito e aveva fatto un'enorme fatica ad aprire gli occhi.

Arthur era preoccupato.

E a ragione, secondo suo figlio.

Emrys guardava attentamente il libro della biblioteca: non sapeva se poteva iniziare a controllare perchè infondo poteva essere solo un effetto della gravidanza per quello che ne sapeva lui.

Il ragazzo sospirò.

Anche lui era in apprensione, lo erano tutti.

Il moro scosse la testa, sistemandosi i capelli: perchè dovevano capitare tutte alla sua famiglia?

Avevano forse uno iettatore fra loro?

Guardò fuori.

Era quasi ora di pranzo.

Il Principe uscì dalla propria stanza, sperando di non ricevere brutte notizie.

Speranza vana.

Non fece che pochi passi che vide Aranel correre per il corridoio chiamandolo e piangendo.

-Emrys! Emrys!

-Aranel! Cosa sta succedendo?

La ragazza lo abbracciò.

Tremava.

-Papà non si risveglia.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Merlin giaceva nel letto.

Non si muoveva, era immobile, pallido.

Non respirava neanche.

-E'... morto?

La voce singhiozzante di Aranel riempì l'aria

Il medico la guardò.

-No: sono più che sicuro che sia ancora vivo.

Silenzio.

-Per adesso.

Arthur sqaudrò male il vecchio medico.

Dietro di lui, Richard fece lo stesso.

Il Re accarezzò per un attimo una guancia del marito: era calda.

-Che cos'ha, allora?

-Credo sia la maledizione, ma non so di che genere è.

Emrys sbarrò gli occhi.

Si strinse le braccia.

-Ci sono altre cose che fanno pensare a un incantesimo?

-Sì, guarda.

Il medico aprì la palpebra dell'uomo: nero.

Era un occhio nero.

Non c'era il bianco, non c'era la pupilla o l'iride.

Solo nero.

Tutti sbarrarono gli occhi.

Arthur si mise una mano sul cuore, poi toccò delicatamente la pancia del moro.

-E il bimbo?

-Sta bene: se Merlin sopravvivrà partorirà senza problemi e vostro figlio non avrà alcun tipo di stranezza.

-Cosa vuoi dire con “se”.

Il medico guardò attentamente tutti i presenti, sospirando.

Emrys teneva lo sguardo basso.

Aranel si stava asciugando le lacrime.

Arthur lo stava fissando con uno sguardo indecifrabile.

Richard aveva una mano sul viso.

-Non so che maledizione è. Se lo sapessi potrei dire con certezza come sventarla e se Merlin subirà dei danni. Tuttavia sono più che sicuro che il bimbo non ne subirà poiché non è lui che la maledizione ha colpito e non è lui che l'incanto ha il fine di ferire.

-Quindi?

-Quindi io farò le mie indagini, ma se qualcuno di voi ha qualcosa che potrebbe aiutarmi nelle ricerche...

-Ce l'ho io.

Emrys alzò lo sguardo.

Non era lucido come quello di altri nella stanza.

-E' un libro: è il più completo nel regno... Adesso potremmo trovare qualcosa di utile.

-Vi aiuto.

Aranel li guardò con gli occhi nuovamente asciutti.

Arthur li fissò attentamente, prima di ordinare al figlio di portare il tomo. Il ragazzo annuì, uscendo velocemente dalla stanza. Il Re mise un orecchio sul pancione del marito, sorridendo quando sentì come un respiro provenire da dentro. Richard distolse lo sguardo: non poteva vedere, non poteva, non ce la faceva.

Il suo Merlin (sì, perchè nella propria testa ancora lo chiamava così) era di qualcun altro ormai, da tempo anche, eppure lui ancora non riusciva ad arrendersi.

Emrys rientrò come una freccia nella stanza portando con sé un grande libro.

-Ecco.

Lo lasciò cadere sul tavolo, sollevando della polvere.

Lo aprì velocemente, lasciando vagare il dito sull'indice.

Aranel gli si avvicinò, aprendo poi le pagine al numero dato.

All'inizio di ogni capitolo c'era una sorta di mini-indice in cui c'erano scritti tutti gli altri sintomi delle maledizioni.

Il medico sopraggiunse, guardando attentamente le scritte.

-Eccolo! La maledizione si chiama Dith*.

Emrys e Arael subito presero la pagina indicata.

Emrys iniziò a leggere ad alta voce.

-Dith, o anche detta Maledizione della Morte. Questa maledizione può essere lanciata solo con fini vendicativi o di assunsione del potere. Può essere lanciata solo da anime di morti o da sacerdoti dell'Antica Religione in carica da più di trenta anni. Sintomi: sonno perpetuo, occhi neri, interruzione della funzione dell'apparato respiratorio, incubi. Non esiste contro-incantesimo. Tuttavia si può interrompere il suo effetto prima dei cinque giorni completi di sonno con il seguente rito: prendi un po' di corniola** e mettila in una ciotola di acacia*** pronunciando il nome di colui o colei che è preda della maledizione, poi scegli delle persone importanti per la vittima e falle sdraiare mettendogli sul petto la ciotola pronunciando “Andate e tornate” per tre volte poi allontanatevi. Le persone scelte andranno nella mente della vittima a vedere ciò che la angoscia: quando tutti i mali che ha subito saranno scoperti da almeno uno di loro e quando la causa di tanta angoscia morirà, allora la preda si risveglierà insieme ai suoi salvatori. Se ciò non si farà, la vittima perirà fra atroci tormenti nell'anima.

Silenzio.

-C'è scritto che c'è un massimo di due persone dello stesso sesso.

Arthur si alzò.

-Io sono sottointeso, chi è il secondo compagno?

-Vorrei andare io.

Richard fece un passo avanti, alzando la mano che fino a quel momento aveva tenuto sul viso.

Era pallido.

Il Re fece una smorfia, ma acconsentì.

Il medico li guardò, sorridendo e annuendo con il capo.

-Allora vado a prendere la corniola.

-Ne hai?

-Sì perchè si usa per alcuni incantesimi e quindi ne ho una scorta. La ciotola di acacia la chiedo alla figlia del falegname che ne ha una. Aspettatemi qui. Per fare l'incantesimo per farlo riuscire meglio direi di chiamare due delle ragazze della Setta.

I tre acconsentirono, mentre l'uomo usciva dalla stanza.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

-Andate e tornate! Andate e tornate! Andate e tornate!

Megan e Egily posarono la ciotola sul petto di Arthur e Richard.

Era pomeriggio.

Aranel e Emrys guardavano intensamente le due donne che si allontanavano velocemente.

Dai corpi dei due uomini si alzò un alone dorato che sparì quasi subito.

Megan si girò verso la principessa mormorando che la magia era riuscita.

Nella testa dei presenti c'era la domanda “Cosa troveranno? Cosa vedranno e come salveranno Merlin?”.

Ma Arthur e Richard stavano già vedendo qualcosa.

Erano in una specie di grande castello scuro, pieno di anfratti e di stanze.

Da ognuna di queste stanze usciva una luce azzura dai riflessi dorati.

-Cos'è questo posto?

 

 

 

*Dith in celtico significa “Morte” o “Distruzione”

**una pietra sacra a Iside e Osiride che successivamente ha preso il potere di scacciare ogni paura di qualunque natura

***un albero che simboleggia la vittoria della vita sopra la morte ed esprime il concetto di forza e serenità

 

 

NOTE: Mi scuso enormemente per avervi fatto aspettare e peril capitolo corto =( Mi rifarò coi prossimi che saranno sicuramente quelli più lunghi che io abbia mai fatto ^^ Diciamo che dovranno accadere un sacco di cose se la voglia finire entro altri 8/9 capitoli (perchè sennò arriva il momento in cui devo partire e non potrò aggiornare niente, quindi) che spero di mettere in tempi record (se se, come no). Intanto vi ringrazio tantissimo perchè nello scorso capitolo ci sono state moltissime recensioni! Sapete che mi piace sentire cosa ne pensate ;)

Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Inizio della sistemazione finale ***


-Cos'è questo posto?

-Credo sia la mente di Merlin...

I due uomini fecero due passi in avanti.

Arthur si diresse verso una porta cercando di aprirla.

Chiusa.

A chiave.

E dall'interno.

Il Re sbuffò, provando ad aprirne un'altra, imitato da Richard.

Niente, erano tutte chiuse.

L'aria era tremita di tensione e nervosismo.

Dalle porte si potevano sentire delle risate, delle voci, degli urli, dei pianti.

Il corridoio era lungo e sembrava interminabile.

I due uomini cominciarono a camminare, contando le porte.

-Sono trentanove e qua ce n'è una quarantesima, ma non c'è niente dietro, si può addirittura aprire.

Richard guardò dietro la quarantesima porta.

Buio. Non c'era pavimento, non c'era soffitto, non c'erano pareti.

Solo una luce debole e lontana...

Arthur lo guardò.

-Come mai questa è vuota?

-...Credo che siano i ricordi di Merlin di ogni anno.

Il Re fissò il corridoio vuoto.

-Sono trentanove le porte, no? E Merlin non ha trentanove anni completi?

-Sì... Ma se ce n'è la quarantesima... possibile che...

-Non penso che la quarantesima sia l'ultima: credo che ogni anno faccia nascere una nuova porta. Spero.

La loro voce rimbombava fra le pareti scure, facendo un'eco quasi sibilante e inquietante.

Un urlo.

Il biondo si girò, vedendo la mano di Richard che usciva dalla porta che avevano aperto, per un attimo, prima di sparire nel buio.

-Richard?!

Anche Arthur si buttò nell'ombra.

Una luce.

Cadde su un tappeto di un rosso scuro, in un'altra ala del castello.

Richard stava in piedi e fissava un punto.

-Chi sei tu?

Il Re guardò nel punto dove l'altro si era incantato.

C'era un bambino.

Era moro, aveva gli occhi azzurri e... le orecchie...

-Non toccatemi!

Sembrava molto spaventato.

-Richard, credo sia Merlin. O almeno, Merlin bambino.

Poteva avere al massimo sette anni.

Gli occhi erano pieni di lacrime e il volto era stravolto e bagnato.

Le due manine coprivano il viso, tremanti.

I due uomini si avvicinarono.

-Non avvicinatevi!

Merlin era sinceramente spaventato.

Le ginocchia, che erano tirate al petto, si strinsero di più mentre la schiena si appiattiva al muro freddo e dalle rocce sporgenti.

-Non vogliamo farti del male, Merlin...

-Bugiardi! Non è vero, non è vero!

Il bambino continuò ad urlare, terrorizzato dai due uomini.

Arthur chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo.

Li riaprì, fissando con benevolenza il bimbo e tendendo la mano a toccargli la testa per accarezzargli i capelli per consolarlo, ma...

-Arthur?

Il Re sparì improvvisamente appena sfiorato il bambino e Richard vide la figura del biondo quasi venire risucchiata dal corpo del bimbo.

-Vi avevo detto di non toccarmi! Sono un mostro, scomparirai anche te se mi sfiori! Ti prego, non farlo...

L'uomo prese le mani del ragazzino, scomparendo a sua volta, lasciando solo Merlin.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

-Cos'ha papà?

-Niente, Aranel: il medico ha detto che sta solo ricordando.

La ragazza abbassò il capo, distogliendo lo sguardo dalla figura di Heder e posandola sul corpo del padre sdraiato sul letto, sudato e tremante.

-Secondo te cosa sta ricordando?

Il ragazzo la guardò, avvicinandosi a lei che, sentendolo sedersi accanto a sé, arrossì.

-Non lo so: penso che sia preoccupato per te e tuo fratello...

-Cosa? Ha già abbastanza problemi, non dovrebbe essere preoccupato per noi!

-Io penso che lo sia.

Silenzio.

Aranel guardò intensamente gli occhi strizzati di Merlin, che si stava agitando sempre di più.

-Si muove sempre più a scatti...

Heder la guardò, poggiando una mano calda sulla testa della principessa, accarezzandole i capelli.

Lei si girò verso di lui, sorridendogli triste.

Era veramente molto bello...

Un gemito di dolore del padre la riportò alla realtà: l'uomo si stava muovendo nel letto, tremando con forza e sudando.

Il corpo del moro si muoveva a scatti tremendi.

La ragazza sbarrò gli occhi, vedendo le palpebre del padre alzate e l'occhio nero che fissava il vuoto, la bocca aperta come se volesse urlare.

Aranel cacciò un urletto che fece arrivare subito il medico che aveva sentito la ragazza dalle scale.

Guardò il co-Re.

-Uscite, subito!

Heder si alzò, trascinando Aranel fuori dalla stanza e, fuori dalla porta, facendola appoggiare a sé.

La abbracciò.

Ma il medico sapeva di non poter fare niente.

Mentre le grida di Merlin si facevano sentire, forti e violente, guardò fuori dalla finestra, dove Megan guardava la stanza dove stava.

Poi silenzio.

Un silenzio agghiacciante.

Tuttavia il medico sapeva che Merlin non era morto, era solamente troppo stanco per gridare ancora.

Non si girò.

Come poteva vedere quel corpo teso dal dolore?

Come poteva guardare la schiena dell'uomo inarcata, gli arti spalancati in un momento di intensa paura, gli occhi che fissavano il vuoto in cerca di una luce che non poteva vedere?

Eppure sembrava che il moro vedesse qualcosa, forse delle sfumature, dei colori lontani...

Una vecchia ferita che aveva vicino all'attaccatura di capelli sulla fronte si riaprì.

Merlin urlò.

Il sangue colava dalla fronte, mischiandosi con le lacrime

Crash!

Un rumore

E poi il buio.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Merlin ricordava.

Oddio, non avrebbe mai dimenticato quella notte.

Il co-Re poteva vedere distintamente le mani di Arthur sulle proprie cosce, il viso del biondo sepolto nel proprio collo.

L'aria era piena di gemiti e di sospiri, di nomi pronunciati a mezz'aria e non terminati.

La pelle diventava bollente dovunque Arthur lo toccava con la propria pelle, con le proprie labbra.

Merlin aumentò la presa sui capelli del marito, baciandolo sulla nuca, prima che lui alzasse il viso per permettergli di baciarlo anche sulla guancia, sulla fronte, sulla bocca.

Arthur aumentò la profondità delle proprie spinte, mentre le mani del compagno andavano a poggiarsi sulle spalle forti.

Delle lacrime cominciarono a uscire dagli occhi del Merlin spettatore: poteva ancora percepire il corpo del marito sopra il proprio, il suo peso tutt'altro che dolce che sembrava opprimerlo e invece lo faceva sentire bene...

Ma quella volta, quella che vedeva, non era stata una volta felice.

I due raggiunsero l'apice, mentre il volto del biondo andava ancora a nascondersi sul collo del co-Re.

Poi...

Merlin si sentì mozzare il fiato.

Sentì il bimbo agitarsi.

Si mise le mani sul ventre, cercando di calmarsi.

Le immagini sbiadivano e si riformavano velocemente, come se corressero.

Incubi.

Ricordi di incubi, di dolori interni.

La voce di Arthur che si faceva sempre più lontana.

Il bimbo dentro di sé sembrava contorcersi, quando improvvisamente si fermò.

Merlin restò senza fiato.

I polmoni che si rifiutavano di funzionare.

-No...

Un debole lamento, prima di ritrovarsi nel vuoto, nel buio, ancora.

-No...

Gli occhi sbarrati.

Il ricordo terminò così, nell'istante di dolore più intenso e forte, con l'immagine di se stesso circondato da persone, circondato da...

-No, ti prego...

Il moro mise ancora una mano sul proprio ventre che sentiva vuoto...

Le labbra dell'uomo si aprirono senza parlare, tremanti, come il proprio corpo all'esterno, che potevano vedere Aranel, Heder e il medico.

Un attimo si sentì morire, terminare così, senza niente, nell'oscurità.

Vacuo.

Nella mente l'eco di poche parole, che si sovrapponevano fino all'estremo.

Merlin cadde in ginocchio, con le lacrime che colavano dal mento e che cadevano a terra, con dei “Tic” che in quel silenzio sembravano assordanti..

Sentì il rumore di una porta aprirsi e Merlin si chiese se mai si sarebbe risvegliato.

Come quella volta, quella volta in cui...

Non sente più niente.

Di nuovo il silenzio sembra farsi tangibile e concreto, sembra attraversarlo con innumerevoli stilettate.

Il ricordo è terminato.

Stavolta veramente.

Finalmente.

Il moro mette ancora il palmo della mano sul ventre.

Sente come un respiro.

E' vivo.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Richard e Arthur si guardavano.

Si trovavano in un'altra ala ancora del castello.

Avevano un gran mal di testa: sentivano come tante ammaccature, sulle ginocchia e sui gomiti, sulla testa e sul petto.

Era come se nella loro mente avessero tutti i primi sedici anni di vita di una persona.

Sedici anni.

Merlin?

Nella loro testa non ce n'era ombra, se non in qualche ricordo loro e come riflesso...

Riflesso di cocci, di vetri in mille pezzi, riflesso di acqua, di pozzanghere un po' laudose, con la terra sopra a coprire il bel viso pallido...

Ma non ebbero tempo per star ad ascoltare le varie sensazioni che sentivano nel loro cuore, nella propria testa.

Tutte quelle voci, quei suoni, li stordivano.

Come si poteva vivere così tanto tempo in pochi secondi?

Ma ancora stavano nel castello.

In quell'antro scuro.

Le finestre erano tappate da travi e da stoffe pesanti e le porte erano tutte chiuse a chiave o tutte chiuse col catenaccio.

I due si guardavano: non sapevano cosa fare.

Quel posto sembrava molto più piccolo rispetto alla stanza dov'erano prima e dove avevano trovato il bambino.

Il bambino!

I due si guardarono intorno, vedendo solo un'ombra davanti a una finestra che guardava da uno spiraglio fra il legno fuori.

Riconobbero subito quella figura magra e alta, quel pezzo di rosso sul petto, quei capelli neri...

Richard si lanciò sopra di lui, volendolo abbracciare, ma si ritrovò ad abbracciare l'aria.

Vuoto intorno a lui.

La voce di Arthur era lontana...

E ancora dei ricordi si infilarono con forza nella propria testa.

Arthur lo chiamava, ma non era preoccupato.

Probabilmente sarebbe stato meglio senza di lui...

Ma il buio intorno a lui prese forma e non pensò più ad Arthur.

Colori.

Colori sbiaditi, lontani, leggeri.

Delle voci concitate e balbettanti e dei fruscii di stoffa.

Notte, fuori, dalla finestra.

Richard sbirciò dalla porta aperta della camera di Merlin.

No...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Emrys guardava fuori dalla finestra.

La notte ormai stava avanzando.

Il padre ancora non si era risvegliato, ma aveva smesso di gridare nel sonno, anche se era comunque agitato.

Due braccia esili lo abbracciarono da dietro.

Emily aveva poggiato la propria testa sulla sua spalla a occhi chiusi.

La mano pallida del ragazzo si poggiò sulle dita di lei che sorrise triste.

-Emrys...

Il ragazzo si girò verso la mora, che lo guardò dritto negli occhi azzurri.

Il principe guardò bene i suoi occhi nocciolati: avevano mille sfumature!

Erano verdi, castani, neri, azzurri... sembravano aver mille colori.

-Emily...

Il ragazzo le diede un bacio sulla fronte, sorridendo e accarezzandole la guancia rosata.

Non sapeva cosa gli era preso nella carrozza.

Normalmente non avrebbe mai e poi mai provato a toccarla, neanche con un fiore o con un petalo!

Eppure si era lasciato andare e si era fatto un occhio nero per questo: amava Emily anche per il pugno.

Non gli aveva fatto altro che bene: l'aveva svegliato.

Aveva sentito un'attrazione diversa, più complicata e avvolgente e forte e incontrollabile.

E non gli era piaciuta, o almeno non era piaciuta al suo cervello: in realtà le sue braccia e il suo petto avevano goduto parecchio di quel contatto temuto, ma...

Emily gli diede una carezza fra i capelli neri, scostandosi e sedendosi vicino a lui sul davanzale.

Probabilmente le servette avrebbero chiacchierato molto sul ritardo della nobile nelle stanze del principe, ma a nessuno dei due importava

-Emily?

-Sì?

-Papà si risveglierà, vero? E anche mio padre e Richard.

-Sono sicura che andrà tutto bene, Rys, è inutile preoccuparsi. Tuo padre e Richard faranno un ottimo lavoro, ne sono sicura.

Il moro annuì, guardando con estremo interesse e sospetto un'ombra scura che aveva intravisto per un attimo correre nel cortile.

-Piuttosto, ho saputo che altri due servi sono stati uccisi.

-Sì...

-Hai idea del motivo?

-Credo che la maledizione per funzionare abbia bisogna in continuazione di sangue, o almeno così ho letto in un libro. Questo sangue deve essere messo in una particolare bacinella fatta di un metallo preciso e questo metallo sprigiona una forza che consente che la maledizione sia egualmente forte per tutto il tempo. Così le uccisioni dei servi senza traccia di sangue penso sia dovuta a questo. Poiché la bacinella deve essere abbastanza grande e riempita fino all'orlo, è ovvio che vengano massacrate molte persone. Inoltre hanno scelto persone nel nostro castello per spaventarci.

-E riguardo alla polverina che Richard aveva buttato sopra l'anima?

-Purtroppo la polverina ha funzionato fino a un certo punto, là evidentemente la strega ha usato un incantesimo per estinguere quello delle foglie sminuzzate. Tuttavia adesso abbiamo meno luoghi in cui cercare... Ora, scusa, ma devo andare...

-Dove?

Il ragazzo non rispose, prese la spada e uscì, lasciando Emily da sola.

Il principe corse per i corridoi.

L'ombra che aveva visto era molto sospetta e si stava dirigendo verso gli alloggi della servitù.

Il moro continuò a correre, quando sentì la voce soffocata di una donna.

Si fermò, aprendo la porta dove dietro aveva sentito quel rumore, trovandosi davanti una figura incappucciata con uno strano pugnale a mezza luna in mano e una giovane serva terrorizzata.

Il principe si buttò sopra la figura, brandendo la spada.

Ci fu un breve duello, prima che Emrys riuscì a fermare la figura e ad abbassargli il cappuccio.

Il principe sbarrò gli occhi.

-Una donna?

 

NOTE: Che ne pensate? Purtroppo non è lungo come pensavo, però dovrebbe essere il capitolo più lungo della fanfiction u_u Comunque, il ricordo di Merlin è quello di Miracolo Perduto u_u Nel prossimo capitolo farete delle scoperte molto importanti sulò rapporto Merlin/Richard e penso che ci dedicherò quasi tutto il capitolo ^^ Comunqe, che dire... chi sarà la donna che Emrys ha preso? E credetemi, non è così semplice *ih*ih* Penso che nei prossimi capitoli il rapporto Heder/Aranel diventerà più sicuro e ci sarà una grande svolta, ma non penso che metterò qualcosa di particolare su questa coppia nel prossimo capitolo, invece ci sarà una bella cosa Emrys/Emily ;)

Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Ricordi dolorosi per Richard ***


Avviso: rileggete quello che vi avevo detto su chi aveva passato con Merlin “quella stramaledetta notte”! Sennò, passate oltre e leggete questo capitolo arivato in ritardo -.-”

 

Colori.

Colori sbiaditi, lontani, leggeri.

Delle voci concitate e balbettanti e dei fruscii di stoffa.

Notte, fuori, dalla finestra.

Richard sbirciò dalla porta aperta della camera di Merlin.

No...

Vide.

Il moro era sdraiato sul letto e che ansimava.

Le candele consumate si stavano spegnendo, coprendo col buio quella pelle bianca e morbida su cui passavano delle labbra estranee.

Un altro gemito.

Merlin aveva il viso rosso, gli occhi appannati e il volto sudato.

La sua camicia blu, dimenticata sul pavimento, e la sua bandana rossa che stava gettata su una sedia non gli stavano più addosso, ma assistevano impotenti alla scena.

Il moro si aggrappò al compagno, che con le mani sopra i glutei dell'altro lo spingeva dolcemente contro di sé.

Una mano pallida ed esile passò fra i capelli biondi per poi scendere sul collo forte.

I due sorrisero, mentre l'altro aumentava il ritmo delle spinte con cui...

-...A... Arthur...!

Le spinte aumentarono di profondità e velocità, senza controllo alcuno.

Richard chiuse la porta: non poteva vedere.

Non voleva vedere è l'espressione giusta.

Non voleva né vedere, né sentire i suoni, i sapori e gli odori di quello che stava avvenendo dietro quella porta.

L'uomo si mise una mano sulla bocca, sbarrando gli occhi.

Doveva andarsene da lì, andarsene per sempre.

Non voleva, non voleva...

Merlin... Merlin era...

Richard scappò dalla stanza, ma quei suoni lo perseguitavano ancora e ancora.

Sentiva il bisogno di urlare, gridare tutta la propria rabbia e angoscia.

Ma non lo fece.

E così rimase tutto dentro.

Come sempre, del resto.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Merlin guardava.

Guardava la propria vita sgretolarsi sotto quegli occhi indifferenti e pieni d'odio.

Era come temeva.

Arthur, Arthur non aveva accettato che lui gli avesse nascosto una cosa così importante per tanto tempo.

E in quel momento lo fissava.

Lo fissava mentre piangeva, mentre cercava con voce balbettante di spiegare.

E le lacrime uscivano copiose ma silenziose sul suo viso pallido.

Lo sguardo di Arthur era come mille stilettate, come se per tante volte lo colpissero con violenza senza mai farlo morire.

Era una lenta agonia, un dolore intenso.

Il Merlin spettatore si appoggiò a un

mobile, con gli occhi pieni di paura.

-Vattene, stregone!

Le parole del biondo erano piene di rancore e di rabbia, di un'ira dettata dall'orgoglio e dal suo animo ferito.

Il moro non se ne andò.

Restò lì, a soffrire, sussurrando un “No, no, ti prego...” leggero e quasi inudibile.

La voce di Arthur, così simile a quella di Uther in quell'istante, riempiva ancora l'aria, colpendo ancora la sua anima, ferendolo come quegli occhi diventati di ghiaccio.

Merlin restava nella stanza e sembrava quasi pregare il biondo di non cacciarlo.

Si stava aggrappando disperatamente al suo principe, alla sua faccia della medaglia.

Faccia che adesso sembrava ripudiarlo.

Chi aveva detto che una metà non poteva odiare ciò che la rendeva intera?

Il moro sentiva il Destino sotto di sé sgretolarsi e con lui tutte le sue certezze, i suoi sogni e le sue speranze.

Il Merlin spettatore si strinse una mano sulla stoffa che stava sul petto, vicino al cuore che pulsava veloce.

C'era qualcosa che non andava, che non quadrava, come se quello che stava vedendo non era la realtà che aveva vissuto.

Eppure in quel momento non si ricordava come aveva reagito il vero Arthur, se c'era un vero Arthur, non ricordava.

L'altro Merlin sfiorò con una mano la spalla del principe, che lo spinse lontano da sé.

Il mago cadde a terra, ma si rialzò subito.

Le gambe tremavano e la voce era balbettante.

-Arthur...

-Non chiamarmi per nome!

Il biondo lo cacciò ancora, gettando a terra il tavolo con tutto sopra.

Un porta candele arrivò fino ai piedi di Merlin insieme a una mela.

Il moro gli arrivò accanto per farlo ragionare, ma...

-No!

Il mago si ritrovò a terra con la guancia dolorante.

L'aveva... colpito...?

Il Merlin spettatore sbarrò gli occhi.

No, non poteva essere la realtà, Arthur lo l'avrebbe mai fatto, lui stesso non l'avrebbe mai perdonato, perchè significava che aveva giocato con lui fino ad allora, aveva solamente fatto finta di amarlo e invece aveva sentito perfettamente quanto affetto e quanta passione c'era nei suoi baci, nelle sue carezze.

Il moro del ricordo si toccò il punto in cui era stato colpito, sentendo la mano di Arthur afferrarlo per i capelli per buttarlo con violenza fuori dalla propria camera.

Merlin spettatore chiuse gli occhi: non era andata così, benchè in quel momento non potesse ricordare sapeva per certo che non era andata così.

Se fosse successo tutto quello, lui non gli avrebbe dato mai più dato la possibilità di possederlo, non dopo quello; non gli avrebbe mai più dato il proprio affetto e la propria fiducia.

Semplicemente non l'avrebbe voluto vedere mai più.

Non avrebbe potuto.

Se fosse successo quello, Merlin era sicuro che sarebbe tornato da Richard, se questi l'avrebbe accolto ancora come per il figliol prodigo.

Ciò che aveva visto era solo la sua paura più grande ma sembrava così vero e vivo...

Il moro chiuse gli occhi, mentre vedeva altre immagini.

Richard, ovviamente, non lo voleva più con sé...

Arthur continuava a rifiutarlo, a odiarlo...

Arthur che si sposa e...

-...!!

Quella è Gwen?

Sentì un grande disprezzo montargli nel cuore.

Come poteva disgustare così una sua amica?

Ma del resto era solo.

Solo con se stesso.

Solo...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

-Una donna?

La ragazza aveva una maschera sul viso, ma si vedevano perfettamente i tratti gentili e femminili, il trucco leggero sugli occhi, i capelli lunghissimi legati in una coda.

Emrys fu sbattuto a terra con un incantesimo, mentre lei tirava un coltello alla serva.

Il principe si alzò e prese il pugnale al volo rischiando di ferirsi, rimandandolo alla proprietaria velocemente.

Si fermò a un centimetro dal viso: un'altra magia.

Il moro cercò di far continuare l'arma con dei propri incantesimi, ma la donna era molto potente ed era difficile.

Silenzio.

La serva era fuggita, lasciando il principe a combattere da solo.

Il ragazzo prese un proprio pugnale, tirandolo e mirando alle gambe della giovane che non riuscì a fermarlo in tempo.

Il sangue colava da subito sopra il ginocchio, macchiando i pantaloni e gli stivali e cadendo a terra.

La donna cadde, ma approfittando della distrazione del ragazzo per la piccola vittoria, lanciò il coltello che stavano reggendo, colpendolo sulla spalla.

Non un gemito sfuggì dalle labbra del moro.

Lei sorrise perfida mentre il ragazzo si piegava per il dolore: il pugnale era penetrato a fondo nella carne.

La donna zoppicando si avviò verso la porta aperta.

Emrys le lanciò un incantesimo, sperando che funzionasse.

-Ah!

La giovane cadde a terra nuovamente.

Il principe sorrise, mentre Emily entrava nella stanza legando i polsi dell'intrusa.

-Grazie Emily.

Lei sorrise gentilmente, andando a chiamare il medico per la ferita alla spalla.

Poi parlò alla sconosciuta con tono beffardo.

-E adesso scopriamo chi è questa giovane fanciulla.

Quando tolse la maschera, notò che la ragazza era molto bella.

Ma Emrys non era uno stupido: il pugnale a mezza luna era tipico delle sacerdotesse dell'Antica Religione e sapeva perfettamente che queste potevano mascherare la propria vecchiaia o la propria bruttezza con una magia detta “Incanto”.

-Chi sei?

-Ti aspetti che te lo dica?

-No, ma sarebbe meglio visto che in ogni caso lo capireri. E non mentire.

La maga non rispose.

-Bene. Guardie!

Tre uomini entrarono dalla porta: li aveva portati Emily.

-Portate questa donna in una cella. Fate in modo che non scappi: è una sacerdotessa.

Le guardie annuirono, prendendo la ragazza per le braccia e portandola un po' malamente via.

Emrys sorrise, vedendo Emily rientrare con il medico ancora in tenuta da notte.

Lo portarono nello “studio” del medico dopo averlo medicato rapidamente sul luogo.

Il principe stava in quel momento seduto su uno sgabello e la sua ragazza gli stava accanto, fasciandogli meglio la spalla.

I due si guardarono, sorridendo, mentre Emrys posò il proprio viso sulla spalla della ragazza, accoccolandosi là.

Lei arrossì lievemente, accarezzandogli il capo e i capelli mentre con l'altra mano lo teneva abbracciato a sé.

Il moro mugolò, strofinando il viso contro la pelle della giovane, che rise.

Sembrava che il principe facesse le fusa.

Emily lo fece alzare, accompagnandolo nelle sue stanze e facendolo sdraiare sul suo letto a baldacchino enorme.

Fece per andarsene, ma una mano la fermò.

-Sai, penso che il letto sia troppo grande per me solo, no?

La ragazza sorrise e, timidamente e con imbarazzo, mise le ginocchia sul materasso, vedendo il moro che le faceva spazio e, lentamente, gli scivolò accanto, abbracciandolo delicatamente.

Emrys sorrise come un bimbo felice, ricambiando l'abbraccio...

Sbam!

-Ahi! E questo per cos'era??

-Per la tua proposta così sfacciata, ovvio.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

 

Richard si ritrovò ancora a Camelot.

Guardò le stelle in cielo.

Perchè gli era stato mostrato quello?

Perchè farlo soffrire così?

L'uomo cominciò a camminare senza sapere dove stava andando: semplicemente seguiva uno strano istinto che probabilmente lo avrebbe portato sul luogo del prossimo ricordo.

Sentì degli uomini parlare riguardo al tornero dove Sir Reginald era arrivato secondo: il suo cuore perse un battito.

Quello era un ricordo anteriore a quello che aveva visto prima.

Se lo ricordava bene anche lui.

Era...

Richard cominciò a correre verso un'ala del castello lontana da occhi indiscreti, deserta e solitaria.

Sentì la propria voce sussurrare qualcosa.

Si fermò: era arrivato.

Lui era piegato leggermente in avanti con la fronte poggiata a quella di Merlin che sorrideva.

La propria mano era poggiata sulla spalla del ragazzo.

Era la notte in cui si erano messi insieme, se la ricordava come se fosse stato il giorno prima.

Le sue labbra si avvicinarono a quelle del moro che, sentendole premere sulle proprie, sorrise ancora di più avvicinando la mano pallida ed esile al collo.

Richard si disse di distogliere lo sguardo.

Quei ricordi gli facevano male, gli aprivano e allargavano dellle ferite che sperava ancora di poter ricucire.

Quelle ferite sangunavano già troppo.

Troppo.

La bocca dell'uomo si distorse dallo sforzo: non ci riusciva, non poteva non guardare.

Si vide stringere Merlin a sé e baciarlo, le mani del moro che si allacciavano alle proprie in un gesto d'amore e di fiducia.

-Merlin... ti amo...

Il ragazzo ridacchiò, baciandogli l'angolo delle labbra.

-Lo so.

-Tu mi ami?

Il moro strofinò con dolcezza il naso contro il collo dell'altro.

-Ti devo dare davvero una risposta così ovvia?

Il Richard spettatore li guardò, attendendo la propria risposta che, nonostante la conoscesse, aveva paura di veder morire.

Desiderò di essere quel Richard che stava lì, a dividere il proprio amore con il moro.

Chiuse gli occhi appena le proprie orecchie cominciarono a sentire la propria voce.

-Voglio sentirtelo dire.

Aprì gli occhi e guardò avanti a sé, sorpreso.

Vedeva appoggiato al proprio petto il viso di Merlin: era diventato il Richard del ricordo.

-Ti amo.

Sorrise, sentendo che sulle proprie guance stavano scendendo delle lacrime.

-Perchè piangi?

-Lascia stare, Merlin, lasciami piangere.

Il moro sorrise, baciando le gocce salate che stavano sul viso dell'altro.

-...Dimmi che mi ami, Merlin.

-Ti amo.

Sorrise.

Richard sentì le mani calde del ragazzo andargli sul volto, per poi sentire premere contro di sé il suo corpo esile.

-Mi amerai per sempre, Richard?

-...Sì, Merlin, qualunque cosa tu posso vedere e pensare: per sempre, ricordalo. Per sempre...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

 

Merlin cominciò a correre.

-Asppetta!

Arthur tese la propria mano verso il ragazzo che correva.

Il moro si girò.

I suoi occhi azzurri brillavano al buio e sembravano illuminare l'aria vicino.

-Aspetta!

Il ragazzo ricominciò a correre.

Arthur cominciò a seguirlo.

Mentre gli andava dietro, intorno a lui poteva vedere il castello e le sue nere mura sempre uguali.

Sempre anfratti scuri, porte che non si sarebbero mai aperte, finestre tappate con travi e ancora anfratti, angoli bui dove chissà quale essere si nascondeva.

Correvano.

E correvano.

Il respiro si stava facendo pesante.

Anf! Anf!

Le gambe tremavano.

E correvano ancora.

E ancora strani angoletti, porte chiuse, mura nere...

e buio.

Merlin continuava ad andare avanti.

Arthur sentiva lo strano respiro del ragazzo che stava cedendo.

Lo sentiva dentro di sé, nel proprio stomaco e nel proprio cuore, nella mente e nell'anima.

Ancora respiri e sospiri.

La figura sottile del ragazzo spariva.

Anf!

Un ultimo battito del cuore, un ultimo respiro nel buio.

E poi il silenzio di quei muri, di quei ricordi, di quei momenti che non lasciavano altro dietro di sé che il dolore e il profumo acre del passato.

-Dove sono? Richard? Merlin?

Arthur si guardava intorno.

Stava in una stanza senza muri e senza soffitto, con solo il pavimento di una sostanza biancastra.

Intorno a lui non si vedeva niente.

Ai bordi del pavimento c'erano delle candele consumate che presto si sarebbero spente ma che ancora illuminavano di una luce cupa e inquietante la “stanza”.

Arthur stava al centro.

-...Merlin?

-Arthur!

Il re si girò, vedendo Richard dietro di lui.

-Da dove sei venuto?

-Non lo so, sono apparso qui e basta.

I due uomini si guardavano intorno.

-Dove siamo?

-Non lo so e penso di non volerlo sapere.

Le candele cominciarono a spegnersi una a una, sporcando il terreno di cera.

Il buio avanzava.

Improvvisamente una figura distorta apparve in mezzo agli ultimi due lumi accesi.

-Oh dei...

 

 

Note: come avrete capito, il primo ricordo è quella stramaledetta notte ;) Il prossimo capitolo è quasi tutto dedicato al Heder/Aranel, spero non vi rompa le scatolette di fagioli -.-" Comunque spero che Richard vi sia piaciuto, almeno poco poco: poverino, a nessuna di voi piace, eppure è un gran fusto! Ah, per quella donna, si scoprirà nel prossimo capitolo chi è! Grazie per la pazienza.

Kiss

P.S. mi dispiace per il vostro probabile diabete dopo questo capitolo

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Emrys ***


-Oh dei...

-Tu... non sei Merlin...!?

Davanti a loro c'era un uomo.

Il suo corpo era uguale a quello di Merlin, soltanto che aveva gli occhi completamene dorati e le orecchie a punta.

I suoi arti si muovevano senza senso, come se al momento non avesse scheletro.

Non era Merlin.

Per quanto gli si avvicinasse, non era lui.

Emanava un'energia diversa, più intensa e palpabile e il suo sguardo, tutt'altro che amichevole, faceva intendere che tutta quella forza, in quel momento, si era catalizzata su di loro.

Sul volto, che fino a quel momento possedeva solo gli occhi, comparve un naso e una bocca rosea e le braccia e le gambe smisero di agitarsi, fermandosi.

L'essere parlò.

-Non sono Merlin.

Richard guardò intensamente la creatura, per poi fissare Arthur.

-E allora chi sei?

Il falso Merlin abbassò il capo, facendo intravedere fra i capelli che coprivano il volto un sorriso distorto, più simile a una strana smorfia di disprezzo e di rancore.

Il corpo dell'essere ricominciò per un attimo a vibrare, prima che la forza che il re e il cavaliere avevano percepito fino a quel momento solo da lontano li sconvolse e li scaraventò a terra.

Lo sconosciuto mosse la testa, scrocchiando il collo.

-Che domande. Io sono Emrys.

Arthur sbarrò gli occhi.

-Che sciocchezze! Tu non sei Emrys!

L'essere rise.

-Non tuo figlio, certo. Merlin diede questo nome al tuo caro pargoletto come simbolo riconciliatore fra Camelot e la Magia. Ha dato il mio nome a una creatura così piccola e fragile: quando mi pronunciò la prima volta per suo figlio fu per me come una scarica di disgusto.

Il re assunse un'espressione indecifrabile.

Richard fissava ancora la figura di quel falso Merlin che diceva chiamarsi Emrys.

-Io non sono solo la magia dentro il corpo del tuo caro Merlin. Io sono la sua forza vitale, la sua anima; sono i battiti del suo cuore che, poco a poco, si stanno spegnendo. Io non posso permettere che Merlin muoia, non posso. E quindi vi ho portato qui. Non vi ho fatto finire il viaggio nei ricordi che si stava facendo incoerente e insensato sempre più man mano che il corpo che li possiede si stava indebolendo. Anche il dolore di Merlin è più intenso e ormai, coinvolgendo più parti del corpo, rende la sua mente confusa. Il mio omonimo non aveva forse detto che la fonte della sofferenza di Merlin doveva andare distrutta? “ Quando la causa di tanta angoscia morirà”, ha detto. E' quello per cui vi ho portato qui. Uno di voi due è la sofferenza di Merlin.

Emrys li indicò con tono accusatorio e con gli occhi dorati che lanciavano lampi.

La voce si era fatta severa e, da un filo debole e lieve che era, diventò come un tuono.

Richard e Arthur si alzarono in piedi, guardandosi: era evidente che ognuno dei due incolpava l'altro di essere il motivo dell'agonia di Merlin.

-Purtroppo non so chi di voi due. Forse te, Arthur, che gli hai fatto patire i dolori dei parti e che gli hai quasi causato tante volte la morte e che, con i tuoi sguardi rivolti a tutti ma non a lui, lo facevi soffrire più di ogni altro. O forse sei te, Richard, che gli hai spezzato il cuore e che, una volta che ti fu assegnato il compito di allenare il mio omonimo, ti facevi in quattro per spezzare il legame fra lui e il tuo sovrano e cercavi di riprendere il cuore e il corpo di Merlin? Non riesco a trovare una risposta. Ma non ho molto tempo. Quindi ho preso una decisione.

I due guardarono l'essere muoversi ciondolando verso di loro.

Una volta che fu vicino si accorsero di quanto era imponente e di quanto i suoi occhi dorati assomigliassero a quelli dei rapaci e dei rettili, quanto assomigliassero a quelli di un drago infuriato.

Anche il viso ne aveva assunto la forma, con quella smorfia che ne segnava i tratti.

-Ho deciso che ognuno di voi vedrà come l'ha fatto soffrire e in che situazioni con lucidità. Avrete notato che gli ultimi ricordi erano esagerati e confusi e soggetti alla mente in sobbuglio di Merlin. Tu, Richard, dovresti averlo notato particolarmente perchè i due ricordi cui sei stato spettatore sono stati uno violento e confuso, l'altro dolce e caldo: Merlin li vedeva così e così tu li hai visti.

Emrys sospirò, muovendo le dita delle mani velocemente e sogghignando con il suo sorriso d'ombra.

-Andate. Non tornate senza risposte.

Richard e Arthur videro il paesaggio sparire piano piano e il buio scomparire per lasciare il posto a un colore non definito e mai visto, che era cupo e spettrale.

Le ultime cose che videro, furono due tizzoni ardenti, due occhi dorati.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Arthur guardava se stesso inveire contro Merlin.

Quasi non si ricordava più quella litigata: era successa in un periodo che sembrava così tanto lontano che nella mente del re era quasi diventata sfocata come un sogno, un'illusione.

-Ti avevo creduto, io... io mi ero fidato di te e mi hai fatto fare... la figura dell'idiota...

Il biondo sentiva nella propria voce una rabbia mal repressa, una vergogna che offuscava qualunque tipo di fede verso quello che Merlin gli aveva detto.

-Non è andata come previsto, ma...

Il moro abbassò un attimo lo sguardo: era evidente che non sapeva ancora come comportarsi con lui.

L'Arthur ancora giovane spalancò gli occhi, girandosi con ira.

I due ragazzi si guardarono un attimo, uno dispiaciuto e timoroso, l'altro talmente inquieto da serrare la mascella come se stessa ringhiando, come se stesse cacciando un animale nemico.

-Non è andata come previsto?! Mio padre e l'intera corte reale credono che io sia un codardo.

A quel punto cominciò a urlare, mentre Merlin faceva un passo indietro, spaesato da quella rabbia che si stava abbattendo su di lui, con uno sguardo colpevole.

-Mi hai umiliato, Merlin!!

Il giovane biondo si girò, come per distogliere lo sguardo da una vista fastidiosa, oppure per non far vedere l'ira che gli faceva inumidire gli occhi, cosa che tanto cercava di nascondere a chiunque.

Merlin sembrò ritrovare la parola e gli si avvicinò: solo lui poteva sapere quanto gli facesse male vedere quello stupido asino ferito.

-Possiamo ancora smacherare Valiant.

-Non mi occorrono più i tuoi servigi.

Il moro non sembrò sorpreso.

Il suo tono di voce rimase fermo.

-Mi state licenziando?

Il vecchio Arthur sorrise, capendo solo in quel momento quanto in realtà il moro fosse forte: le sue frasi, messe a confronto con quelle dell'altro, erano decise, non quasi tremanti, e il suo respiro era solo di poco velocizzato, mentre il giovane biondo respirava a stento.

-Voglio un servo di cui fidarmi.

Quelle parole sembrarono trafiggere Merlin che improvvisamente sembrò meno tranquillo.

-Voi potete fidarvi di me!

Era vero.

Arthur lo sapeva che era vero, entrambi gli Arthur lo sapevano.

Ma come potevano non credere, almeno per un secondo, che quella risposta fosse quella giusta?

Mentire a se stessi, mentire al servitore, per nascondere... nascondere cosa?

Il giovane Arthur, come il re spettatore del resto, credevano a Merlin e quindi cosa avrebbero dovuto nascondere?

La debolezza?

Che debolezza?

Lo sguardo di Merlin si rifece diretto quanto indignato.

-Dopo la figura che ho fatto... Sparisci dalla mia vista!

Lo spettatore non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire uno sbuffo.

Il giovane biondo non stava guardando il moro, lo stava semplicemente sentendo dietro alle sue spalle.

Lo sguardo di Merlin si fece come lucido.

Il ragazzo inghiottì a vuoto.

Uscì dalla stanza.

Era molto più ferito lui del principe.

La stanza non svanì come il re si aspettava.

Semplicemente comparvero altre persone al suo interno e la luce cambiò, come cambiarono le posizioni di alcuni oggetti, come cambiò il volto e gli abiti del principe.

-Vattene.

Il biondo stava sistemando delle cose quando Merlin entrò.

-Il Re è stato un po' severo.

-Non ho bisogno di compassione, specialmente da parte tua.

Il moro gli si avvicinò velocemente.

-Penso che avesse ragione.

Il giovane biondo alzò lo sguardo infastidito e inquieto, di chi ha fretta e qualuno lo sta rallentando.

-Ti ho ordinato di andartene, lasciami in pace!

-Lo so che pensate di essere innamorato di Sophia, ma...

-Chi sei tu per sapere che cosa penso?

Merlin quasi sussurrò la risposta, come se non ne fosse convinto, ma allo stesso tempo lo disse con una tale decisione che...

-Sono vostro amico.

-No, Merlin. Sei il mio servitore.

...che chiunque ci avrebbe davvero creduto.

Eccolo.

Quello sguardo ferito, spento come candele consumate.

Il moro inghiottì a vuoto, come solo si manda giù la delusione.

-Non sapete cosa fate.

Era un abbaglio ma la voce per un secondo aveva tremato?

-Vi ha fatto un incantesimo: siete stregato.

Il sorriso beffardo del giovane Arthur non fece altro che aumentare la sicurezza di Merlin.

Sembrò sul punto di dire qualcos'altro, ma una dolce voce femminile lo anticipò.

-Te l'avevo detto che avrebbero cercato di dividerci!

Il biondo guardò oltre le spalle del moro che si girò.

Alla porta c'era Sophia con suo padre.

No, non poteva essere così tardi.

-Lo so: non accadrà mai...

-Vi tiene sotto il suo controllo.

L'incantesimo per un attimo sembrò vacillare, ma poi Sophia, come per temere che Arthur cedesse alle parole del moro, parlò.

-Fuggiamo insieme da questo posto e da queste persone.

-Io so tutto.

Merlin indicò i due per poi volgere leggermente la testa verso Arthur, guardando fisso il padre della ragazza.

-L'ho seguito. Hanno intenzione di sacrifarvi!

L'uomo rise.

-Lasciate che un servo parli così ai vostri ospiti?

Il vecchio calcò sulla parola servo, avvicinandosi al moro, come per calcare il concetto.

Il ragazzo lo guardò con fare ovvio: non sembrava ferito da quello che l'anziano aveva detto.

-So cosa volete fare perchè vi ho seguito fino al lago e ho sentito tutto.

Arthur abbassò il capo come in difficolatà.

L'Arthur re sapeva perfettamente cosa sarebbe successo.

-Dovete credermi!

Nella voce del moro si sentiva una leggera nota di allarme e di supplica.

-Non ascoltarlo, Arthur. Andiamo, andiamocene questa notte.

La confusione nella testa del principe sembrò aumentare.

Il re se lo ricordava che c'era stata una lotta nella propria mente, tra l'affetto verso il servo e il falso amore per Sophia.

Chiuse gli occhi.

-Vi ucciderà: Sophia intende sacrificarvi per ottenere una vita immortale!

Il giovane principe sbattè ancora le palpebre.

-Morirete se la seguite!

-E... e questo... non ha senso...

Lo sguardo del giovane era perplesso.

-Noi ci amiamo.

-Sono cretaure magiche!

Merlin si girò, cercando di prendere lo scettro che il vecchio teneva fra le mani.

-Le iscrizioni sul bastone...

Il moro guardò il viso dell'uomo: i suoi occhi erano di un rosso vivo e acceso.

Merlin sembrava agitato e spaventato.

-Guardate gli occhi... Guardatelo!

Il giovane biondo aveva la testa chinata sul petto.

-Mi credete ora? Arthur, lo vedete?

Il ragazzo chiamato si girò, ma come potevano le parole di Merlin salvare la mente del principe dall'incantesimo?

-Io vedo tutto...

Lo sguardo del ragazzo era acceso anch'esso di un bruciante fuoco.

Un silenzio raggelante sembrò espandersi e ghiacciare tutta la sala.

Merlin si guardò intorno spaesato.

Il moro si gettò sullo scettro di Sophia e del padre, ma l'uomo pronunciò un incantesimo che lo lanciò dall'altra parte della sala al muro.

Il ragazzo svenne.

Prima di andarsene, il giovane Arthur gettò un'occhiata al servo a terra, per poi essere nuovamente guidato da Sophia verso l'uscita.

E ancora l'immagine della porta mutò: sembrò diventare più vecchia, sembrò mutare colore.

Un cambiamento così impercettibile, lontano, eppure così tangibile che Arthur non potè fare a meno di sorridere al ricordo di quello che quelle ante avevano visto, al ricordo di cosa quelle serrature avevano nascosto per tanto tempo prima che qualcosa venisse mostrato alla luce del sole.

Anche i muri cambiarono.

Cominciarono mano a mano a sembrare più tetri e poi più luminosi, man mano che il tempo passava.

Anche loro, insieme alla porta e ai tendaggi del letto, avevano assistito a talmente tanto dolore nascosto, talmente tanta passione consumata in baci sulla pelle e sulle labbra, che non sembravano più oggetti inanimati, quanto fedeli amici, custodi incorruttibili.

Se solo quelle pietre, quel legno e quelle stoffe avessero potuto parlare, quante luci calde e fioche di mozziconi di candela avrebbero raccontato!

Avrebbero narrato anche delle sensazioni inebrianti che riempivano il corpo del giovane principe quando si rendeva conto di cosa aveva, di chi gli aveva dato tutto se stesso, in ogni suo aspetto.

Quante volte quel senso di potere aveva scosso il sangue nelle sue vene alla sola idea di avere al proprio servizio una tale creatura, un tale essere talmente bello e puro nella sua integrità da far spegnere le luci più grandi?

Le narici del re si dilatarono, mentre finalmente il tempo sembrò rallentare, decidendo di mostrare qualcos'altro.

E quando Merlin apparve, bello come sempre, il biondo spettatore non potè fare a meno di sentire il suo cuore pompare orgoglio per affermare di possedere qualunque cosa del moro, in una stretta di egoismo e di convulsa possessione riuscì a percepire chiaramente quegli occhi dorati, quegli spicchi di un'energia a lui sconosciuta, sulla propria pelle.

E finalmente, Merlin parlò.

Disse qualcosa che il re non riuscì a capire, come se quel ricordo fosse talmente sfumato da non ricordarne i fatti.

Comunque il giovane principe si stava preparando per partire, era evidente: Arthur conosceva fin troppo bene il proprio sguardo, quello stesso sguardo che il ragazzo lasciò un attimo cadere sul viso di Merlin, per poi essere riabbassato ed essere rialzato al rumore del servitore che usciva.

Il re fu quasi certo di sentir sussurrare un “Merlin...” al vuoto, con la vista quasi annebbiata.

Ma poi i muri divennero siepi.

I rumori dei soldati che si davano il cambio divennero onde.

Il soffitto divenne un cielo azzurro e senza nuvole.

-Merlin...!

-Mi dispiace.

Il re notò che il moro era seduto davanti a un tavolino in cui c'erano dei calici dorati.

Un uomo con un bastone e un mantello bianco e grigiastro sembrava aspettare i due giovani.

Dopo un silenzio abbastanza lungo, interrotto solo dalle onde, Arthur guardò lo sconosciuto.

-Lascialo andare. Affronterò la tua prova, ma lui deve essere liberato.

-Questo non è possibile: Merlin fa parte della vostra prova.

In quel “vostra” c'era quasi una sottolineatura e Arthur ebbe l'impressione, per la prima volta, che non si stesse riferendo a lui educatamente, ma che stesse parlando anche al moro.

-Sedetevi, per favore. Se voi non affrontate la prova Camelot verrà distrutta.

Il giovane biondo guardò la seggiola che stava al lato opposto a Merlin e ci si sedette.

-Non ti avevo detto di restare a casa?

Merlin inghiottì a vuoto, abbassando un attimo lo sguardo per poi rialzarlo sul suo principe.

Arthur lo guardò per poi fissare l'uomo.

-Allora cominciamo?

-Ci sono due calici davanti a voi. Uno dei due contiene un veleno mortale, l'altro un liquido innocuo. Il contenuto di entrambi i calici deve essere bevuto, ma ognuno di voi potrà bere da un solo calice.

I due ragazzi si scambiarono un'occhiata che nascondeva una profonda angoscia.

Lo sguardo del principe si fece incredulo.

-Che razza di prova ridicola è questa? Che cosa proverebbe?

-Questo sta a voi deciderlo. Se la superate la maledizione verrà annullata.

C'era ancora quel “voi”. Quel “voi” che di regale aveva ben poco...

Il respiro di Merlin si accellerò e il suo petto cominciò ad alzarsi e abbassarsi più velocemente.

-Allora... riflettiamo. Che succede se bevo il mio calice per primo?

Arthur lo guardò, mordendosi il labbro inferiore: la tensione in lui era palpabile e guizzava in ogni muscolo del suo corpo.

-Se è avvelenato morirai.

-E se non lo è voi berrete dal vostro e morirete.

Il giovane biondo inghiottì.

Alzava gli occhi e li riabbassava con fretta, come se volesse accertarsi che Merlin fosse ancora lì.

-Ci deve essere un altro modo.

-E' molto semplice: uno di noi deve morire.

Merlin alzò la testa verso il principe, che continuò a parlare.

-Dobbiamo capire quale calice contiene il veleno. Quindi lo berrò.

Il moro che fino a quel momento aveva annuito, alzò il capo con lo sguardo di chi pensava di non aver capito bene.

-Lo berrò io invece.

-E' un mio dovere: io lo berrò.

-La vostra vita è più importante! Voi siete il futuro re, io solo un servo!

Dio solo lo sapeva quanto al moro era costato dire quella frase: quanto avrebbe voluto poter riempire le distanze che li separavano...

-Non devi fare l'eroe, Merlin, non è il tuo ruolo.

-C... che ne dite se bevo prima dal mio? E se non è avvelenato poi berrò anche il vostro.

Arthur guardò il vecchio (si chiamava Anhora? Sì, il re lo ricordava adesso...), per poi rivolgere lo sguardo verso il servitore.

-Ha detto che ognuno di noi può bere da un solo calice.

Merlin guardò il mago, poi i calici.

Lo sguardo del giovane biondo non faceva vedere altro che un'intensa frustrazione: come avrebbe voluto essere il re che sognava, quanto avrebbe voluto passare più tempo con Merlin... ma non poteva.

Si sarebbe sacrificato per Camelot, per lui.

Punto e basta.

-Sei così impaziente di morire per me?

Il re non fu sorpreso di vedere nelle iridi del moro un “Morirei per te” certo, così sicuro, come un'ancora, come delle mura di difesa.

-Fidatevi anche io stento a crederci.

Il principe si lasciò sfuggire uno sbuffo simile a una risata nervosa.

-...Sono contento che tu stia qui...

L'azzurro degli occhi del servo si tinse di una gioia pura e semplice, come se non aspettasse altro che quella frase, che per lui sembrava così tanto importante.

Il respiro del giovane biondo stava man mano diradandosi.

-Ho capito. Allora, versiamo il liquido in un solo calice così siamo sicuri che è avvelenato e tutto il liquido potrà essere bevuto da un solo calice.

-Mi sorprendi sempre: sei più intelligente di quanto sembri.

-...Questo era un complimento?!

La voce del ragazzo tradiva l'emozione e l'ironia.

Il principe guardò il sorriso del moro davanti a sé: come poteva lasciare che si spegnesse per sempre?

-Attento!

Merlin si girò, mentre il giovane biondo prendeva il calice in cui aveva trasfuso tutto il liquido.

Il moro si alzò.

-No no, voglio berlo io!

-Non te lo permetto!

-Non potete morire: non è il vostro destino.

-Pare che ti sbagli...

-Ascoltatemi!

-Mi conosci bene, Merlin: io non ti ascolto mai.

-Arthur... no!

Il biondo ingoiò il liquido.

-Cosa avete fatto...

Il principe cadde a terra.

Il cuore del moro sembrò accellelare, come se volesse battere anche i battiti che avrebbe dovuto fare quello del biondo.

-Arthur! No!

Le mani piccole e pallide del moro si posarono sul petto del principe, in una flebile speranza di sentirlo battere.

I loro visi erano così vicini: se avesse voluto avrebbe potuto accarezzarglielo con il proprio.

-Arthur! Arthur! Coraggio!

Il principe non si muoveva.

-Arthur, ti prego, coraggio! Forza!

Non si muoveva ancora.

Il re poteva sentire il cuore di Merlin come fermarsi, i suoi occhi inumidirsi, le sue labbra, che spesso avrebbe assaggiato in seguito, farsi secche.

Il moro era impallidito in maniera anormale.

-Arthur...

La voce del ragazzo era rotta dalla sofferenza e dal pianto che sarebbe arrivato da lì a poco.

-...No... Forza!

Il moro alzò lo sguardo verso Anhora.

-Vi prego! Vi prego! Fate... Fatemi prendere il suo posto...!

-Era la prova di Arthur non la tua.

Il cuore del ragazzo si stava man mano incrinando: la consapevolezza di aver perso il suo destino lo stava trascinando in un baratro, in una foresta buia e senza strade, verso il fondo di una caverna umida e viscida.

La sua altra metà, non poteva essersene andata, non senza di lui, no, non poteva!

-L'avete ucciso!

Lo stomaco del moro si era chiuso, le membra si erano fatte improvvisamente pesanti come sassi, come enormi massi che bloccavano l'uscita da una grotta.

-Io dovevo proteggerlo invece!

E quella frase gli era costata fin troppo, ancora più dell'auto-proclamarsi patetico in confronto ad Arthur.

Ma ormai lo pensava sul serio.

Ma nulla poteva contro la morte che fredda e inesorabile avrebbe preso il corpo di Arthur del tutto: doveva fare qualcosa.

Almeno morire insieme a lui...

-Non è morto: ha appena assunto un sonnifero. Si sveglierà presto.

Merlin guardò Anhora.

L'altra metà era viva...

E il mondo ricominciò a muoversi.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Aranel correva.

Sentiva la tensione e il dolore scivolare via dal suo esile corpo.

La magia dentro di lei fluiva nelle vene e la bruciava dall'interno di un calore rassicurante.

I suoi capelli biondi al vento risplendevano al sole.

Quando era piccola, amava tanto correre in quel prato.

Divenuta troppo grande, cominciò ad andarci di nascosto, con l'aiuto di Merlin che le dava i vestiti di quando lui era un semplice servitore.

E così Aranel sentiva la bandana rossa che le copriva il petto muoversi e la casacca blu troppo grande per lei aderire al proprio corpo.

La ragazza si fermò, ansimando, lasciandosi cadere nell'erba, tra le margherite e i tulipani.

Alcune farfalle e alcune api svolazzavano da un fiore all'altro, incuranti dell'invidia che provava la ragazza nei loro confronti.

Benchè sapesse che non aveva tante preoccupazioni e responsabilità quante ne aveva il fratello, Aranel non poteva fare a meno di sentirsi chiusa in una morsa: sapeva che, anche se la maledizione fosse scomparsa, non sarebbe finita lì.

Le ragazze della Setta del Calice erano andate insieme a parte dell'esercito a proteggere il regno da un'invasione nemica, suo fratello restava a Camelot a controllarla e a sperare.

In qualche maniera, sapeva che ci sarebbero state altre avventure ad attenderli.

Che portassero gioia o dolore non avrebbe fatto differenza, eterna gloria o eterno disonore non avevano importanza in quel momento.

I cinque giorni stavano passando e non solo Merlin sembrava peggiorare, ma né Arthur né Richard erano ritornati!

Troppe domande offuscavano la testa della ragazza.

E a quelle domande si aggiungeva la frustrazione per il suo futuro fratello (era sicura sarebbe stato un maschio), per i suoi genitori, per Emrys, per se stessa, per Camelot.

E ancora tutto questo veniva moltiplicato a causa della situazione che si era andata a creare con Heder.

Era per loro un periodo instabile e indeciso: per quanto entrambi fossero sicuri dei sentimenti dell'altro, non avevano il coraggio di fare il primo passo.

Aranel era alquanto sicura che i suoi genitori avrebbero capito, mentre Emrys se ne sarebbe fatto una ragione.

La principessa aprì gli occhi.

Il cielo era di un dolce azzurro, rassicurante e senza le sfumature biancastre delle nuvole.

Faceva caldo.

La ragazza si girò su un fianco, guardando qualche albero poco lontano, vicino a un piccolo fosso: era lì che avevano trovato il loro primo cagnolino, che, purtroppo, si era ammalato e li aveva lasciati.

Aranel si rimise col la schiena a contatto con la terra e l'erba verde.

Chiuse nuovamente gli occhi.

-Ciao.

La bionda sollevò le palpebre, sentendo delle mani poggiarsi vicino al proprio viso e una voce calda e sicura frasi strada in lei.

Sapeva già chi era.

-Heder?

-Indovinato.

Il ragazzo sorrise, scuotendo i capelli neri e socchiudendo gli occhi scuri.

Il servo si stese accanto a lei, mettendo le mani dietro la nuca.

-Che state facendo?

-Pensavo.

Silenzio.

-Non credete sia una risposta evasiva?

-Non lo penso. E' la verità pura e semplice, senza fronzoli.

-E a cosa pensavate?

-A quello che sta accadendo.

Heder mosse legggermente il proprio corpo, portandolo inconsapevolmente più vicino a quello della ragazza.

-Anche io stavo pensando.

-E a cosa?

Il moro sembrò un attimo indeciso su cosa rispondere.

-E' difficile spiegarlo.

-Mostramelo con i gesti allora!

Le labbra del ragazzo tremarono un attimo.

-Non ce la faccio più. C'è così tanta tensione, così tanta indecisione. Non so più cosa fare, non so come stabilizzare il tutto: mi sento molto stupido a dirla tutta.

La bionda non capiva di cosa il ragazzo stesse parlando.

O meglio, forse lo capiva, ma non avrebbe mai pensato che si stesse riferendo a quello.

-Seriamente, credo che dovrei darmi una mossa: non potrò far restare la situazione così per sempre. Non credi anche te?

Aranel non fece in tempo a rispondere che sentì le proprie labbra a contatto con delle altre.

-Oh Santo Cielo!

La principessa agì d'istinto: mise le mani fra i capelli neri del ragazzo e, dandosi una spinta, riuscì a rivoltare le posizioni, assicurandosi il posto sopra.

Una leggera brezza cominciò a far smuovere le foglie, i fiori e l'erba, come se il vento avesse una voce e cantasse.

Il cuore dei due pompava sangue all'impazzata, i loro visi erano rossi di vergogna.

Quando le loro labbra si allontanarono, Aranel guardò il ragazzo sotto di sé, con gli occhi sbarrati.

Era sorpresa: non avrebbe mai pensato che Heder potesse fare una cosa del genere e, soprattutto, non aveva mai pensato di poter reagire così.

Forse non si conosceva così tanto in fondo...

-Beh, direi che è chiaro.

-Che cosa?

-Che posso darti del tu, mia principessa.

Heder le prese la mano, baciandola, per poi sorridere felice.

Aranel, dopo due secondi, piegò gli angoli della bocca in su, poggiando i propri gomiti ai lati della testa di lui.

-Nessuno ti ha dato il permesso di farlo...

Il moro ridacchiò, accarezzandole i capelli.

Lei arrossì lievemente, scostando il proprio sguardo da quello del ragazzo.

Gli poggiò il capo sul petto per non farsi vedere il viso imbronciato.

Una nuvola solitaria oscurò il sole in un istante in cui Heder fece sedere la principessa a terra.

Si alzò, fissando un punto nel cielo.

Lei subito si mise in piedi, guardando anch'ella in alto.

Improvvisamente sentì le dita di lui che sfioravano le proprie.

Arrossì un poco.

Si mise una mano davanti alle labbra.

Poi si diresse verso la fine del campo insieme a lui.

 

 

 

Note: Sentite, è da quando sono tornata dalle vacanze che sono bloccata lì, quindi per non farvi aspettare ancora posto il capitolo così, anche se avrei voluto farlo più lungo D= Gli episodi in cui Arthur è capitato sono in ordine "Valiant", "Le porte di Avalon" e "Il laborinto Gedref". Spero che non sia tutta una schifezza. La scena prima di quella dei calici è totalmente inventata e per cui non ho messo alcun dialogo: non è un punto importante, non vi siete perse niente.

Sempre gradite recensioni, mi raccomando, anche perchè vedo che ho perso molte lettrici: non vorrei che qualcuno pensi che io sia molto noiosa D=

Non sembra, ma questo capitolo sono dieci pagine e mezza, non vi lamentate che è il capitolo più lungo che abbia mai fatto (conto di arrivare a 12 pagine nel prossimo capitolo, ma non ne sono molto sicura. Comunque, saranno ben più di 7 pagine u_u)

Prossimamente il nuovo capitolo de "Rovinerei Tutto" e il capitolo extra della stessa fanfiction. "Animi Motus" sarà aggiornata entro una settimana (o comunque entro poco tempo). "La Nuova Regina" sta subendo continui ritardi perchè mi sono bloccata a un punto e non riesco ad andare avanti. Sarà aggiornata appena avrò tempo u_u

Nel prossimo capitolo di questa fanfiction, protagonisti assoluti saranno Richard e Arthur, i loro ricordi e un sogno premonitore di Emrys. Le puntate da cui prenderò spunto saranno della seconda stagione. Per farvi un'idea della situazione, vi conviene rivedervi lo schema con la cronologia della storia che avevo messo nelle note di un capitolo precedente.

Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Luce ***


Era buio.

Arthur si guardò intorno.

Niente.

Si sentirono dei passi.

Ed eccola, la luce.

Man mano il paesaggio si fece sempre più delineato e vivido.

Era come svegliarsi dopo un lungo sonno.

Il Re vide se stesso accovacciato nelle stalle con davanti a sé un Merlin dormiente.

L'Arthur spettatore dovette ammetterlo: era troppo carino.

-Eh?

Il moro aprì gli occhi, vedendo degli stivali, alzò il capo.

-Sire!

Il Re rise: aveva dello sterco attaccato alla guancia.

Il giovane biondo lo guardò alzarsi.

-Che stai facendo?

-Niente.

-Questo lo vedo anch'io.

Merlin si mise una mano alla testa, frastornato e confuso.

-Non stavo dormendo.

Ah, ecco il negare l'evidenza!

Il Re si guardò bene, mentre il proprio viso assumeva un'espressione di disappunto e di ovvietà.

-Stavo... ehhh... mi stavo chinando.

Il principe sembrò annuire un attimo.

-Per cercare qualcosa?

-Sì! Sì...

Anche lui si alzò, facendo cenno al moro di guardarsi intorno con la mano e con gli occhi.

-Forse cerchiamo la stessa cosa!

-Cosa?

Il Re scosse la testa ridacchiando ricordando l'idiozia che Merlin aveva dimostrato quella volta.

-Oh, non saprei... forse, I CAVALLI.

Il viso del biondo cambiò radicalmente espressione, dando vita a delle smorfiette di superiorità, di irritazione e di esasperazione.

-I... cavalli...?

Merlin si guardò intorno, per poi sbarrare gli occhi.

-Oh...!

Il giovane Arthur gli si avvicinò.

-Un errore lo capisco (tutti possono avere una giornataccia) ma tu ne stai combinando una dopo l'altra!

Il servitore si mise le mani fra i capelli, con lo sguardo perso e sinceramente interrogativo.

Scosse la testa.

-Non so cos'è successo!

Il biondo lo guardò scimmiottandolo.

-Sire?

Ed eccolo lì: Cedric. Alla. Porta. Delle. Stalle.

Lo sguardo di Merlin si indurì un po'.

L'uomo si avvicinò loro.

-Non siate troppo severo con lui: è un bravo servitore. Solo... è solo stanco.

Quando Cedric allungò quella lurida manaccia su una spalla di Merlin, il ragazzo sembrò svegliarsi.

-No, non è vero!

-Se avesse... magari la serata libera...

-Non voglio la serata libera!

-Una notte di sonno.

-Ma io non mi sono addormentato!

Il giovane principe guardò intensamente il viso del moro: a chi la voleva dare a bere? Era ovvio che si era addormentato!

-Sono disposto a occuparmi io dei suoi doveri questa notte.

Nonostante lo sguardo del biondo fosse meno severo e irritato, le parole che disse dopo sembrarono quasi sconvolgere Merlin.

-Forse hai ragione.

-No...

-Zitto, Merlin.

Toccò al moro cercar di far ragionare Arthur, che però sembrava non sentire, non vedere. Era sordo, cieco.

-Non capite cosa vuole fare? Vuole liberarsi di me: se non foste uno zuccone lo capireste.

Cedric sembrò ridacchiare sotto quei baffacci maledetti, mentre il principe sembrava essersi davvero inquietato: infatti disse due parole sole minacciosamente.

-Cosa sarei?

-Ah... Ehh...

Cedric decise di intervenire, poiché Merlin si era appena reso conto di cosa avesse detto.

-“Zuccone”, sì, ha detto proprio “zuccone”.

Gli occhi di Arthur si assottigliarono pericolosamente, per poi inclinare la testa per guardare con rimprovero il moro.

Silenzio.

-Cedric ha ragione. Lui baderà a me stanotte.

Il Re si guardò: si ricordava di quanto fosse stato dannatamente stupido.

Ma il calcare quel “lui” sembrò come un colpo di grazia.

Si sbagliava, o gli occhi di Merlin si erano inumiditi leggermente?

-Tu puoi andare a dormire e riflettere se vuoi essere il mio servitore o no.

-Ma io...

-E' un ordine.

Cedric abbassò gli occhi e, mordendosi le labbra probabilmente per non ridere, allungò il braccio per prendere a Merlin il giacchetto, per poi pulirlo dalla paglia e porgerglielo.

Il moro guardò prima l'uomo, poi la giacca, poi di nuovo l'uomo.

Sembrava deluso.

Il moro guardò il principe, in un'ultima supplica silenziosa.

Tratteneva il fiato.

Esplose in un sospiro affranto, guardando il biondo e il ladro-di-posti-da-servitore fissarlo.

Merlin se ne andò.

Non avrebbe permesso di far vedere a qualcuno quanto tutto quello l'avesse ferito.

L'ultima cosa che il Re vide prima che la scena sfumasse era Merlin che andava da Gaius.

C'era una stanzetta, una casupola.

Il Re si guardò intorno.

Vide se stesso guardare perplesso un pollo.

La porta si aprì lentamente, facendo intravedere la figura esile di Merlin.

-Merlin, grazie al cielo.

Il biondo si alzò, guardandolo.

Il moro aveva una strana espressione di disappunto.

Era perplesso.

In qualche maniera, sembrava quasi addolorato.

-Gwen dice che cucinate voi.

-Portami due pasti dalle cucine del palazzo.

-Quindi non cucinate?

-No. Gwen non deve saperlo: per quanto la riguarda, la cena sarà preparata e cucinata da me.

Gli occhi di Merlin si strabuzzarono un pochino, per poi tornare sottili.

Una strana sensazione si faceva largo dentro di lui.

Arthur gli dava le spalle.

Arthur voleva fare colpo.

Su Gwen.

Su... Gwen...?

-State cercando di fare colpo?

-Non essere ridicolo, Merlin. E portami una maglia decente: i tuoi vestiti mi fanno venire il prurito dappertutto, mi sembra di avere le pulci.

Il viso del moro era veramente indecifrabile.

E ancora quella sensazione.

Era fredda, tagliente.

La mente del moro immaginò la ragazza legata a un dirupo.

No, non poteva essere davvero geloso, non poteva.

Il Re guardò Merlin: era come sentire le sue sensazioni.

Il primo impulso che ebbe, era quello di picchiarsi.

Il secondo fu quello di scappare.

Il moro diede ascolto al suo secondo pensiero.

Aprì la porta.

Uscì.

In quegli ultimi minuti non aveva sorriso neanche una volta.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Stava lì.

Lì, con lui.

Richard aveva appena ricevuto la nomina da cavaliere.

Si stava avvicinando a Merlin, cercando nella propria testa un qualunque motivo per fare discorso.

Era un ricordo.

Uno dei più belli che Richard avesse.

In realtà per Merlin non doveva essere un bel ricordo.

Ed eccolo là.

Piccolo, pallido... bello, luminoso...

L'uomo sorrise, un sorriso così diverso da quello del suo gemello più giovane, che faceva parte del ricordo.

Il neo-cavaliere si avvicinò a Merlin, lasciando cadere il proprio bicchiere colmo di vino.

-Oh!

Non era sembrato un incidente, ma era questo il piano: infastidirlo.

Merlin lo guardò un attimo negli occhi, per poi reprimere le parole che stavano scalpitando per uscire dalle labbra.

-Allora?

Richard lo guardò.

Un sospiro.

-Lasci, Sir, pulisco io.

Che umiliazione! Certo, Merlin sapeva che essere servitori era anche quello, soprattutto quello, ma il suo misero orgoglio da uomo si ribellava a quelle dimostrazioni di maleducazione e di sopruso che facevano spesso i nobili.

Il moro si chinò, lavando a terra con uno strofinaccio.

Richard prese un altro bicchiere colmo di vino, per berne, mentre con lo sguardo sembrava attraversare il corpo del ragazzo chino a terra.

Beh, mica male, il servo.

Peccato mancasse di misura toracica, ma quello era naturale del resto.

Il neo-cavaliere girava intorno al moro, come un avvoltoio.

Richard guardò dietro le proprie spalle.

Notò lo sguardo di Arthur.

Era piuttosto arrabbiato.

Merlin si alzò, mentre un altro servo di passaggio lo aiutava a liberarsi dello strofinaccio bagnato di vino.

-Fatto.

Il moro guardò il biondo negli occhi, con aria di sfida.

Il ragazzo pensava.

Quel nuovo cavaliere e Arthur si assomigliavano.

Gli stessi capelli biondi, lo sguardo arrogante, il portamento nobile, i muscoli.

Merlin fece un sorriso forzato e falso, sorpassando il nuovo cavaliere.

Era stata una sofferenza.

Piccola, vero, ma sembra un dolore.

E chissà quanto potevano fare dei piccoli dolori come quello messi insieme.

Il paesaggio cambiò radicalmente.

E c'era la voce di Merlin.

E la propria.

-Come... come...?

-Merlin...

-Mi hai mentito! Mi hai usato!

-Non è vero!

Il moro non osava guardarlo.

Era girato, si stringeva le braccia con le mani.

Confusione sul suo viso.

Si passò le dita fra i capelli.

-Non mentirmi ancora, Richard! Io ti ho visto. Ti ho visto!

-Non è come sembra.

-Ah, no? No, sai, perchè sembrava tanto che lei ti stesse baciando e tu mica eri tanto sconvolto, sai! Inoltre, mi sbaglio, o stavate parlando del fatto che avevate fatto sesso?

-Non capisci, Merlin: l'ho fatto per te.

-Sì, certo, come no! SEI STATO UN TESORO, GUARDA.

Merlin si stava muovendo freneticamente.

-E poi mi hai anche urlato contro quando ti avevo detto dell'incidente!

-Era un'altra questione.

-No, non lo è, Richard. Lei non è un'altra questione.

Ogni parola era interrotta da dei respiri affrettati.

Merlin aveva una mano sullo stomaco, come se gli facesse male.

-No, lei...

-Era una prostituta, Richard! Svegliati!

-Non capisci.

-No, hai ragione, non capisco i tuoi motivi subdoli.

Il biondo gli mise una mano sulla spalla.

-Merlin!

-NON TOCCARMI!

Il petto del cavaliere si alzava e abbassava velocemente: sembrava sentirsi male.

-Ora capisco! Il tuo improvviso cambiamento nei miei confronti, la tua fretta... Ti ho anche creduto. Era più facile pensare che tu mi amassi piuttosto che tu mi volessi solo... solo...

-Non è così! Non è così, quante volte te lo devo dire?

-Finchè non mi convincerai e per adesso non stai avendo risultati, mi pare.

-Merl...

-NON CHIAMARMI PER NOME!

La pallida mano del ragazzo si tolse dallo stomaco, per metterla su una spalla, stretta, quasi aggrappata disperatamente, come a proteggersi da un'idea che lo stava avvelenando e infilzando con mille spade.

Faceva male.

Vederlo così.

Rivivere quella scena, quella stessa scena che aveva rivisto milioni di volte nei propri incubi.

Non era come stava dicendo Merlin, non lo era mai stato.

Ma tutto era contro di lui.

-Oseresti dire ancora che mi ami?

-Sì!

-Io non ti credo più. Adesso basta, mi vuoi lasciare sì o no? Non vedi come sto? Vuoi forse finirmi?

-Merlin...

-Ti ho detto di non chiamarmi per nome. Non lo voglio ma più sentire da te! E adesso vattene. VATTENE!

Richard abbassò la mano che aveva teso verso il ragazzo.

Abbassò lo sguardo, sconfitto.

Si mise l'altra mano fra i capelli, prima di aprire la porta e uscire.

Il cuore del Richard spettatore batteva, andava a mille, scalciava.

Merlin si coprì la bocca.

Gli occhi fissi a terra, tempestosi, sconvolti.

Il moro aprì le labbra una, due volte, prima di richiuderle senza dire niente.

Era chino.

Le spalle erano basse e piegate in avanti.

Il ragazzo si sedette, mettendosi le braccia intorno al busto, cullandosi.

Ora le labbra erano strette.

Non pianse.

Non fece più niente.

Solo una lacrima a solcargli il viso, creando una strada bagnata di dolore.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

C'era il passato.

Li inseguiva, come un cane da caccia.

Li braccava.

Il buio artigliava loro le gambe, cercava di azzannarne le braccia.

E c'era una donna.

Una donna alta e mora, bellissima.

Ma era sfiorita.

Non era più giovane e le rughe di un lungo odio gli crepavano la fronte.

Poi c'era un uomo.

I capelli castani, la pelle abbronzata, gli occhi scuri.

Occhi tinti di una forza singolare.

Non facevano niente, restavano lì.

E non vedevano.

Percepivano, ma non vedevano.

Non ascoltavano.

Graffi sulla pelle

ma non sulla propria

sangue dalle viscere

ma non il suo

dolore dallo stomaco

ma non lo sentiva.

Era così estenuante.

Boschi, deserti di fuoco e ghiaccio.

E infine c'era un drago.

Dipanava le ombre, allungava la luce.

Sembrava la salvezza, era la salvezza.

Ma delle mani invisibili lo trattenevano

no, non era lui a correre

dei becchi neri gli strappavano la pelle

bianca, pura, troppo morbida per essere la sua

le dita che entravano nella terra

dita... piccole, infantili

e un filo.

Un filo lungo, rosso, macchiato di oscurità.

Che si univa.

A un altro filo.

Fato. Destino.

Un inizio che non si vedeva ancora, che doveva ancora venire fuori.

Il respiro spezzato.

L'aria assente.

Sprazzi di un buio più intenso.

Terrore.

Puro, instabile, soffocante.

Tagliente.

Lacrime.

E ricordi, ricordi che lui non possedeva, che appartenevano a qualcosa che ancora non c'era.

E altri, altri che erano passati, che ormai non esistevano più.

Momenti.

Secondi di silenzio.

Caos.

E poi c'era lui,

un bambino troppo piccolo, troppo,

i capelli dorati che cadono sugli occhi blu.

Un cuore che tremava, delle labbra che si schiudevano.

Sopracciglia arricciate.

Pupille sottili.

E ci si accorge che non era buio,

era solo un qualcosa di informe.

E c'era un'altra persona.

Lo teneva per la mano (questo vedeva, non come gli altri, sì, vedeva).

Gli occhi dorati.

Palmi troppo grandi per contenere solo una forza umana.

E finalmente un aiuto.

Ma poteva già essere troppo tardi.

Un ultimo strattone.

Una nuova medaglia che si stava fondendo.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Era ferito.

Arthur non aveva visto il contesto, né il fatto che aveva rotto il cuore di Merlin.

Ma lo sentiva.

Il rumore di tanti pezzettini di un amore di cristallo.

La mano sul petto, poi sulle labbra.

Le iridi che si muovevano frenetici, come se avessero qualcosa (qualcosa di grande) da nascondere.

Le sopracciglia si stringevano e allontanavano a scatti, l'agitazione che si poteva leggere in ogni suo gesto.

Era un'agitazione interna, emotiva; forte e fremente.

Nei suoi occhi si muovevano pensieri e immagini, che a stento erano state trattenute; il petto si alzava e abbassava con velocità; si sentiva soffocare, sentiva una mano gli stringeva il cuore, come se volesse ucciderlo.

E poi, in mezzo a quell'inquietudine così viva... c'era silenzio.

Un silenzio fermo, appeso per aria su un filo che poteva essere spezzato solo dai singhiozzi del dolore.

Dolore che non veniva esternato.

E Merlin alzò il viso, si sistemò la giacca e la bandana, sorrise di un sorriso così falso, così finto... e uscì da dietro la colonna.

Le pietre e le stelle: le uniche che avevano visto per infiniti secondi un momento di cedimento.

Una sofferenza inspiegabile.

Un amore indicibile.

Nascosto così bene.

Segreto addirittura al suo portatore.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Sussulti nello stomaco.

Odio, amore, ragione, passione, tutto nella pancia in tremiti confusi.

Merlin era bravo a fingere.

Non mentiva, ma nascondeva, ed era come mentire.

Tradire.

E Richard lo sapeva, oh, lo sapeva quanto il moro era bravo a mantenere i segreti.

Così bravo che addirittura lui, la persona che credeva di conoscerlo meglio di chiunque altro, era rimasto sorpreso di fronte all'evidenza.

Merlin era semplicemente disorientato.

Era stato catapultato da un mondo a un altro senza alcun filo logico, come se il Destino avesse deciso di far accadere in pochi giorni quello che doveva accadere in anni.

Tutto era veloce.

Anche i ricordi.

Ricordi offuscati, incomprensibili, memorie, sogni ubriachi.

E poi baci non dati e rabbia e dolore.

E ancora, subito dopo, soddisfazione, improvvisa realizzazione.

Richard, Arthur, tutti insieme in un enorme cumulo d'amore da dare.

Eventi inspiegabili davanti ai suoi occhi, sentimenti che non immaginava neanche lontanamente di provare.

O che immaginava e non riconosceva.

Coltellate al cuore, lame che lo trafiggevano, i rimpianti.

Perchè Merlin avrebbe voluto, sì, avrebbe voluto amarlo.

A lui, a Richard, non Arthur o chicchessia.

Ma c'era l'orgoglio pulsante nelle tempie e nelle vene, segni di mesi al fianco del principe.

Il moro avrebbe voluto, esatto, beh, sì.

Ma come poteva?

Come poteva ormai?

Adesso, in quell'istante, nel futuro, come aveva fatto in passato e come continuava a fare nel presente?

Non c'era più il pensiero del tradimento, quello era sparito, scomparso in goccioline di lacrime notturne, poche, ma necessarie.

Ma c'era qualcos'altro.

C'era una leggera consapevolezza, consapevolezza di coperte, pelle sudata, baci, sussurri.

E se, e se... ma perchè non avrebbe dovuto dirglielo? Tenerglielo nascosto, a quale scopo?

Era una sensazione assurda, un misto fra vergogna ed eccitazione, un rossore sul viso e, soprattutto, sulle orecchie.

E Richard ne era protagonista.

Era un protagonista che faceva solo la comparsa, e poi c'era Gaius, nelle profondità della mente, che si intrometteva e faceva il gobbo, come per suggerire le battute.

Parole.

Stupide, inutili.

Richieste.

Mai dette, mai ascoltate.

Ma stavolta Richard sentiva, come spettatore, vero, ma sentiva. Percepiva ogni punto interrogativo cui lui aveva un punto esclamativo, un punto fermo, una risposta per ogni domanda, per ogni dubbio.

L'amava, l'aveva sempre amato, sempre, ogni giorno della sua vita.

Anche forse solo perchè non poteva averlo, perchè non l'aveva mai posseduto del tutto, neanche quando... sì, poteva dirlo, quando era riuscito a mettere le mani su quel corpo pallido.

Ed era strano.

Merlin non era bello.

O forse lo era? Di una bellezza particolare, appuntita e magra, profonda e silenziosa, toccante e pura, leggera e angolosa.

Solo pochi potevano rimanerne colpiti.

Senza senso, pensieri scollegati, frasi senza punteggiatura.

E spilli di magia che Merlin sentiva pungergli la pelle dall'interno.

Era tutto così travolgente, semplicemente era andato da sé.

Graffi di domande silenziose, un cuore che batteva per quelle domande irrisolte, per quegli assurdi indovinelli.

E Richard...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Emrys aveva un dito puntato sulla guancia.

Osservava.

I suoi occhi d'oro brillavano nel buio, trafiggendo le immagini che vedevano.

Con noncuranza spostò la giacca nera lunga fino ai piedi con cui era vestito con un piede, cercando di mettersi in una posizione migliore per vedere quello che stava accadendo.

Non ci riusciva.

Semplicemente non riusciva a decidere.

Era troppo, troppo difficile, alla luce dei fatti (di tutti i fatti).

Una strana sensazione di impotenza che poche volte aveva sentito negli ultimi anni lo accolse.

Richard. Arthur.

Entrambi non hanno fatto altro che distruggere Merlin, immergendosi fino alle ossa.

Nessuno dei due mai dimenticato.

Per quanto i sentimenti di Merlin fossero ormai certi da molti anni, per quanto fosse sicuro che tutto il suo cuore era rivolto al re, Emrys non poteva certo negare il profondo affetto che legava il moro all'altro biondo.

Si alzò in piedi: non poteva attendere, non poteva decidere; i ricordi sarebbero passati uno dietro l'altro senza fine, almeno che lui non avesse preso in mano la situazione.

Veramente adesso.

Cosa poteva fare?

Sapeva bene che per uno dei due significava... significava morire... per Richard o per Arthur, non c'era scelta.

Ma come non c'era scelta, non c'era neanche margine di errore.

Quale uccidere?

O quale poteva indurre a uccidersi?

Ormai il tempo stava scadendo, era il quarto giorno, maledizione, il quarto dannatissimo giorno.

E il giorno dopo Merlin sarebbe morto.

Li avrebbe fatti andare via entrambi.

Scomparire... l'unica cosa da fare.

L'unica cosa che l'altruismo di Merlin ancora riusciva a dire nel profondo di quella mente oscurata.

Una mano fra i capelli neri.

Una specie di ringhio.

La creatura si mise a camminare, incorporea, spalancando una porta e trovandosi nel suo castello.

Ignorando i vari Merlin nascosti dietro tendaggi, porte, appoggiati ai muri, arrivò in un grande salone.

Tutte le finestre erano sbarrate.

Le guardò.

Scomparire, oppure...

Emrys fece uno scatto, attraversò la sala, prese con le mani le travi per togliere, staccarle dal muro, per far entrare la luce.

Man mano cominciarono a vedersi vetri appannati, il legno e il ferro.

Scomparire oppure far entrare la luce.

Ecco cosa doveva fare.

Non avrebbe salvato Merlin, questo no, ma avrebbe rallentato la maledizione limitandone i danni.

Gli sbarramenti si ricreavano per magia, ma Emrys con la propria li fermava, le mani tagliate che non sanguinavano, i denti che si stringevano.

Appena un rivolo di luce lo colpì sul petto, un sorriso storto apparve sul viso della creatura: nessuno avrebbe potuto impedirgli di riuscire a salvare Merlin, nessuno.

In fondo, era il suo padrone...

Se fosse morto, Emrys sarebbe stato libero di tornare nel cuore della Terra, dove nasce la magia e avrebbe aspettato, aspettato un nuovo uomo pronto ad accoglierlo nelle proprie vene.

E avrebbe aspettato millenni.

Crash!

Con un boato, due travi caddero a terra di un colpo.

Crash!

Un'altra, sopra le sue compagne.

E ancora, ancora, rimbombi nel castello, fili di sole che filtravano dai vetri.

E i cattivi ricordi così si tranquillizzavano.

Merlin rallentò i suoi respiri velocizzati.

Il medico gli si avvicinò subito, con una speranza negli occhi.

Gli mise una mano sul petto, poi sul collo, sul polso, gli mise una lama sotto al naso: stava facendo qualsiasi cosa per accertarsene in pieno, per non dare false speranze al principe e alla principessa.

Sorrise.

Merlin abbassò le palpebre, dopo giorni, mentre le labbra costantemente dischiuse in strani urli silenziosi si chiudevano tranquillamente.

Il medico sentì una mano sulla propria spalla e girandosi vide il suo re e il cavaliere che lo guardavano spaesati, come per dire “E' tutto finito?”.

L'uomo sorrise annuendo.

Arthur si avvicinò al letto, guardando il marito dormire placidamente dopo tanto tempo.

Richard restò lontano.

Si mise una mano sul petto: aveva capito.

Con l'arrivo della luce aveva capito tutto.

Sapeva cosa fare.

Sapeva che Merlin sarebbe morto se non avesse fatto qualcosa.

Così, restò nella camera, aspettando che il re uscisse.

Rimase lontano dal moro per molte ore, finchè non fu notte inoltrata.

Arthur ancora non era tornato: si era addormentato nella sala del trono.

L'ex-cavaliere si avvicinò lentamente al corpo sdraiato.

Gli presa una mano, avvicinandosela lentamente alle labbra.

La baciò, per poi appoggiare sopra le dita la fronte.

-Merlin...

Basta.

Era il momento della verità.

 

Note: Mi inchino davanti alla vostra pazienza. Beh, devo avvertirvi che questo è il penultimo capitolo. Il prossimo è già in fase di lavorazione e non sarà tanto lungo, anzi, perciò non aspetterete più di un mese, ma senza darvi altri riferimenti temporali per non illudervi (*sussurra: giovedì prossimo, alle 17:30 precise, ci conto XD*)

Eeeeeh, beh, che dire? Finalmente sta per finire. Come sempre, non vedo l'ora di mettere l'ultimo capitolo e Amen!

Spero che questo capitolo (11 pagine) non vi sia dispiaciuto ;) Guardate che ci sono voluti due giorni di piena ispirazione per scriverlo (infatti in questo due giorni ho preso varie insufficienze XP No, ok, non è vero, ma una è sicura). Infatti stavo disperando, quando BAM! ISPIRAZIONE DIVINA MENTRE LEGGEVO I PROMESSI SPOSI! (sì, per questo il capitolo ad alcune di voi sembrerà parecchio noioso XP).

Mi raccomando, recensite, dai, almeno per stappare uno champagne perchè è il penultimo capitolo: fatemi contenta!

Kiss

P.S. Mi dispiace per il Merlin lagna version! Mi è venuto così, scusateeeemiiii >.< Inoltre il ricordo di Arthur, quello piccolo a parte è come io ho pensato avesse reagito (segretamente) Merlin quando Gwen aveva baciato Arthur per farlo "guarire" dall'incantesimo (ma tanto lo sappiamo tutte che in realtà Merlin aveva dato il bacio del verso amore ad Arthur che ha solo finto di svegliarsi di fronte a Gwen u.u Mica siamo stupide!)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Verità ***


Avviso a tutte le lettrici: ebbene sì, lo ammetto, la trama durante il corso della storia è cambiata moltissimo dal mio piano originale. Perciò alcuni spoiler sulla fine che avrei potuto fare in precedenza potrebbero essere smentiti da questo capitolo. Inoltre vi consiglio di andare a rileggere il capitolo 10, perchè qua ci sarà una grande rivelazione su un ricordo lì presentato. Grazie per l'attenzione.

La serie di Erede terminerà entro poche storie. Prevedo ancora un paio di one-shot separate, un'altra long (che spero vivamente di fare meglio di questa XP) e una raccolta di one-shot inedite. Quindi ne avrete ancora per un po', ma non vi preoccupate: rispetto a come era all'inizio, manca poco XD

 

Era il momento della verità.

Doveva dire a Merlin ogni cosa, tutto quello che per tutti quei giorni, quei mesi, quegli anni gli aveva tenuto nascosto.

Tutti i segreti, tutti gli intrighi, stavano per essere finalmente svelati.

-Merlin...

La mano pallida dell'uomo ancora nella sua.

-Merlin...

La voce sembrava andarsene.

Boccheggiò un paio di volte, per poi stringere le labbra.

Doveva parlare.

Doveva farlo.

Che codardo che era! Che falso!

Richard scosse piano la testa.

Prese coraggio.

E, infine, parlò.

-Merlin, credo che adesso io debba dirti tutto quello che non ti ho mai confessato. Tu non hai mai pensato fin dove noi ci eravamo spinti insieme, non lo hai mai saputo. Lo hai sospettato, sì, un paio di volte, ma niente più. Non potevi sapere: come potevi immaginare del resto cose simili? Come potevi ricordare?

Prese fiato.

-Io ti volevo. Più di ogni altra persona al mondo. Può apparire sdolcinato fino all'inverosimile, ma è così. Non ci sono altre parole per dirlo... Tu non ti sei mai concesso a me e io continuavo, imperterrito. Ma sono sempre stato un uomo che non riesce a resistere a lungo senza... beh, quello. Adesso, che cosa ironica, adesso mi faccio degli scrupoli a dirlo chiaro e tondo, quando fino a qualche giorno fa non avrei esitato un attimo ad arrivare al nocciolo della questione. Quanto sono stupido...

Sospirò un attimo, mettendosi una mano alla testa, per poi riguardare il viso placidamente addormentato del moro.

-Forse non sentirai quello che ti sto per dire, ma devo togliermi questo peso: hai il diritto di sapere. Io avevo accumulato molissima frustazione sessuale: ero arrivato a un punto in cui sognavo tutte le notti qualcosa che avesse a che fare col sesso. Mai avrei pensato di sfogarmi con te, mai. Né con te né con qualcun altro. Ma dopo un mese capitolai. Ebbene, sì, lo feci! Andai da quella donna che tu avevi visto che mi baciava e la pagai. Non ce la potevo fare. Per me era fisicamente impossibile. Sono stato debole e subito mi pentii di averlo fatto. No, non è vero. La realtà è che benchè i sensi di colpa mi stessero divorando, non potevo fare a meno di pensare di aver fatto la cosa giusta. Non volevo metterti fretta, ma non sono riuscito a trattenermi: era stato più forte di me. Non pretendo che tu mi capisca, ma... diamine... ma poi capitò quello.

Prese un profondo respiro, chiudendo gli occhi e continuò.

-Quella mattina in cui tu mi dissi che eri andato a letto con uno... io mi arrabbiai. Non fingevo. Ma non ero infuriato per quello che pensavi tu.

Si mise una mano sul petto, sentendo il proprio cuore impazzito e riprese.

-Io sapevo chi era stato. Lo sapevo. Ed ero invidioso. Geloso. Non potevo pensare che qualcun altro ti potesse avere. Da questo tu potresti pensare chissà chi. Ma no. Non fu uno sconosciuto a farti quello. Fui io. Io andai a letto con te quella notte. Ed era tutto perfetto: finalmente ti stavo avendo, anche se non avresti ricordato niente. Sapevo che avresti fatto l'offeso, ma contavo sul fatto che... che tu mi amavi, mi amavi davvero. Mi avresti perdonato. Ma... ma mentre...

Un singhiozzo.

-Scusa, un attimo... Mentre c'ero io, tu sembravi per metà cosciente di chi stava con te. E mi nominavi. Era bellissimo. Ma improvvisamente, fra un “Richard” e un altro apparve un nome che non era il mio. Non so come fosse potuto accadere. Nel mio cuore si agitarono pensieri contrastanti. Ero arrabbiato e confuso. Per un attimo sperai di aver sentito male, ma non era così. La mia ragione mi diceva che non mi ero sbagliato. Tu avevi detto proprio “Arthur”. Io... io non... ero così... così tanto... innamorato di te e pensavo che il tuo amore era falso e che c'era qualcun altro nel tuo cuore. Per questo diventai possessivo, eccessivamente. Per questo tentai da allora più volte di averti. E il fatto che tu non volevi fare niente con me era nella mia testa come una conferma di quello che pensavo. Eri mio, dovevi esserlo. In me lottavano il pensiero dell'inganno e quello della tua sicura sincerità. Arthur. Arthur! Mi perseguitava la notte, non riuscivo a smettere di pensarci. Ma non potevo dirti niente. Non potevo. Cosa ti avrei detto? “Scusa, ma a tua insaputa abbiamo fatto sesso e tu mentre lo facevi con me hai detto 'Arthur', non è che mi stai tradendo con lui? I tuoi sentimenti sono sinceri?” E se anche avessi tagliato la prima parte, tu mi avresti chiesto il perchè di quelle domande. Non volevo mostrarmi così debole, non volevo. Così un mese e mezzo dopo quell'evento tornai dalla ragazza. Una seconda notte. La pagai. Ma come potevo pensare, Merlin? Come potevo anche solo immaginare che quella si fosse innamorata di me? Che ne potevo sapere? Poi, “innamorata” è una parola grossa. Diciamo “infatuata”. Tu mi avevi detto di mantenere la nostra relazione segreta e io avevo giurato. Non potevo dirle niente. Rifiutarla? Per che motivi? E io continuavo ad allontanarla e lei mi chiedeva il perchè e io non sapevo rispondere. E tu continuavi a rifiutarmi. Puoi capire come mi sentivo. E una notte di quelle in cui quella ragazza (come si chiamava?) era andata da me, tu ci hai visti. Mi hai lasciato. Io continuai a cercare di ricongiungermi a te: ero quasi diventato un inseguitore, un maniaco. Ti seguivo ovunque. E quando dopo tre mesi (me lo ricordo ancora) ti vidi entrare nella camera del principe e non uscirne se non in mattinata, mi sentii morire. Se prima fra voi non c'era niente, io ti avevo spinto fra le braccia di Arthur. Oh, quell' “Arthur”, come dimenticarlo? La realizzazione di quello che il mio orgoglio aveva fatto mi faceva star male. Quel nome, quanto odiavo quel nome e la persona che lo portava.

Silenzio.

La mano di Richard si strinse di più intorno a quella di Merlin.

-Non venni al tuo matrimonio. Non venni neanche alle celebrazione per la nascita di vostro figlio. Non riuscivo a rallegrarmene. Li odiavo, tutti quanti. Ma non te. Come potevo? Continuano a volerti e la mia mente non riusciva ad accettare la sconfitta. Ti amavo troppo, di un amore devastante e che mi stava distruggendo. Quando mi assegnarono il compito di allenare Emrys non sapevo se esserne felice o disgustato. Potevo starti accanto, ma dovevo stare di più con lui. Ti assomiglia così tanto. Ma assomigliava anche molto ad Arthur.

La bocca era riluttante a pronunciare così tante volte quel nome.

I ricordi rivenuti a galla, la ferita, che sanguinava come se fosse stata fresca nel petto, faceva male.

-Volevo resistere, davvero, volevo resistere e non lasciare che la mia voglia ti raggiungesse. Ma non ce la feci. Appena quattro anni, resistetti appena quattro anni. E poi tu dissi tutto al re. Sai cosa mi ha fatto, Merlin? Sai quale vergogna, quale onta sul mio onore e sul mio orgoglio? E quando mi richiamarono qui, ero appena uscito da una taverna. Ero felice. Avevo la possibilità di riscattarmi al tuo sguardo. Potevo sperare di avere ancora un posto speciale nel tuo cuore, seppur piccolo. Pensavo che mostrandomi gentile tu mi avresti accettato con più benevolenza. E invece tu hai travisato tutto. Hai sbagliato, ho sbagliato, abbiamo sbagliato, insieme. Oh, Merlin! Mio dolcissimo signore! Cosa potevo dirti? Ho pensato solo al mio di dolore, mai al tuo: tu eri contento, avevi una famiglia, una vita, una vita che pareva così bella, così completa. Ma poi ho capito.

Richard lasciò la mano dell'uomo, mettendola accuratamente sul letto morbido.

-C'ero anche io, insieme ad Arthur, nella tua testa. C'ero anch'io...

Sospirò, si alzò, si allontanò.

-Ho scoperto, ho... ho capito che sono io la persona che ti fa stare male...

Il respiro si fece lento.

-Così... così io morirò per te.

Piano, la sua pelle diventò più bianca, il suo corpo più freddo.

-Ho già fatto tutto, sto morendo, Merlin. Addio.

Un ultimo respiro dalle labbra che già cominciavano a farsi violacee con una velocità oltre ogni limite.

Merlin sentì una voce ritirarlo su dall'oblio. Sentì qualcuno che gli parlava.

Percepì le sue palpebre alzarsi, giusto per vedere dietro le ciglia un uomo, in piedi.

Era RIchard? La voce era la sua...

-Se solo potessi...

E poi cadde a terra, rovesciando la brocca, che produsse un rumore così simile a quelli che aveva sentito dentro di sé non molte ore prima.

Crash!

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Se ci fu Morgause dietro tutto quello, nessuno lo seppe mai.

Merlin percepì solo un'anima potente svanire, come era arrivata, stremata.

Se invece fu Richard a salvare Merlin e a salvare suo figlio, tutti lo racconteranno per anni.

Se il re consorte si addolorò per la morte del cavaliere, nessuno lo vide piangere, ma c'è chi lo sentì.

La maledizione era rotta, ma a quale prezzo? Ancora una volta, qualcuno era dovuto morire, ancora una volta.

I funerali di Richard furono organizzati interamente dal moro.

Il nuovo principino nacque senza alcuna complicazione e fu gioia nel regno.

Per gli anni a venire, Merlin lo avrebbe portato due volte all'anno sulla tomba del cavaliere che aveva rotto la maledizione.

Sulla lapide, c'era scritta una dedica, una sola, lasciata dal mago: “Se solo potessi..."

 

GRAZIE A TUTTI PER AVER SEGUITO LA STORIA ^_^ IN PARTICOLARE...

Ringraziamenti ufficiali:

fiflai

Raen91

Stella_Oscura

Agito

Chiby Rie_chan

Giuppi95

alice cullen88

FairyCleo

chibimayu

Grinpow

Lady Ivory

SilviAngel

cassy_star

lilly86

Sick

Andy14

asia94

capricorno24

cesarina98

Charlie_Winchester

Lolita03

masrmg_5

pikkolarii

smemorina123

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=687158