Bad rabbit

di neme_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 00. Prologo. Mi chiamo Lavi, piacere ***
Capitolo 2: *** Primo incontro, ore 17:30. Non mi freghi, ragazzo ***
Capitolo 3: *** Secondo incontro, ore 16:15. Sia maledetta la mia memoria ***
Capitolo 4: *** Terzo incontro, ore 16:50. Lavi, chi sei? ***
Capitolo 5: *** Quarto incontro, ore 18:50. Sto solo facendo il mio lavoro ***
Capitolo 6: *** Quinto incontro, ore 17:03. Ricominciamo? ***
Capitolo 7: *** Sesto incontro, ore 15:18. Aiutami ***
Capitolo 8: *** Settimo incontro, ore 14:54. Sono pronto ***
Capitolo 9: *** Ottavo incontro, ore 09:45. Botta e risposta ***
Capitolo 10: *** Nono incontro, ore 10:05. Lavi, chi ero ***



Capitolo 1
*** 00. Prologo. Mi chiamo Lavi, piacere ***


Author's note; ciaaao, baldi giovani! Sono Neme e ho deciso di scrivere la mia prima fan fiction in ambito D.Gray-man! Finora ho scritto su Death note, su Bleach, ma su D.Gray-man è davvero la prima volta. E se pensate di trovarci yaoi sbagliate di grosso. Il mio intento era, al contrario, creare una storia che non fosse yaoi. Sapete, vado controcorrente... il fandom qui su efp abbonda di yaoi su DGM, e io vado al contrario. xD
Le storie su cui scrivo io sono quasi sempre AU e quasi sempre angst, e questa storia non fa eccezione. Spero che vi piacciano questo genere di storie, e in particolare amo scrivere storie in cui bisogna scoprire, scavare, svelare anche il più piccolo mistero. Spero che vi piaccia, anche se fa strano vedere i personaggi di DGM muoversi in un contesto simile.
Come avete potuto intuire dal titolo, la storia riguarda Lavi. In questa fan fiction è un ragazzo che vive una situazione davvero particolare. E la storia riguarda anche Tyki. Sarà proprio lui a scavare a fondo nella vita di Lavi, da questo prologo in avanti, per vari motivi. I caratteri di ciascun personaggio che comparirà, anche tramite flashback, verranno analizzati e svelati man mano che la storia prosegue. Anche se so perfettamente che Tyki avvocato fa molto strano, ma vedrete che vi abituerete presto. :'D
Ah, dimenticavo! Uso sempre aprire e chiudere i capitoli con testi di canzoni. Alcune calzano a pennello col capitolo, altre con un personaggio particolare che agisce all'interno della fan fic, altre ancora con un pairing che compare o si accenna. In ogni caso, mi farebbe un sacco piacere se le ascoltaste per sentire con le vostre orecchie se calzano a un personaggio in particolare. Anche se per la canzone di questo prologo non servono molti commenti. <3<3<3
Cavolo, che nota lunga. La pianto qui e posto la fan fic. Buona lettura e spero di leggere presto i vostri commenti! <3





Bad rabbit





Prologo
Mi chiamo Lavi, piacere





Owari mo miezu hashiri nukeru,
yasuraki tooku sugata mo naku.
Kodoku wo fujikomete,
tozashi kakeru manazashi.
( continuiamo a correre,
verso la fine che non si vede da nessuna parte,
anche se la pace è fuori portata e senza traccia
bloccherò la mia solitudine nel profondo
e non la mostrerò. )
[ Doubt and trust – Access ]
[ Terza opening di D.Gray-man ]





Quando era solo un ragazzino, Tyki desiderava cambiare le cose. Nel momento in cui gli veniva posta la classica domanda “cosa vuoi fare da grande?”, lui rispondeva sempre “cambierò le cose che non mi piacciono”. I pensieri che venivano fatti riguardo a queste risposte generiche erano sempre le stesse; è solo un bambino, è volenteroso, chissà cosa significa, poi cambierà idea.

Nessuno si aspettava che restasse fermo nella sua decisione. E invece eccolo lì, sempre più vicino al suo obiettivo. Ne aveva viste e passate tante prima di raggiungere la posizione che aveva. Tyki aveva lavorato nei posti più disparati ed erano molti i posti in cui aveva messo piede. Era stato un minatore, un cameriere, uno spazzino, mentre si dedicava anima e corpo allo studio -benché l'idea di studiare non gli piacesse neanche un po'- per sorprendere tutti e diventare avvocato.

In tutta sincerità, a Tyki non piaceva affatto il sistema a cui aveva giurato fedeltà, ma proprio per questo motivo aveva deciso di intraprendere quella professione. Per cambiare le cose, secondo la sua linea di pensiero, non c'era modo migliore che infiltrarsi nel “nemico” e perseguire così indisturbato il suo proposito. E di cose ne aveva cambiate. Superata la soglia dei ventisei anni poteva vantare un percorso, a suo dire, soddisfacente. Per esempio, aveva fatto uscire di prigione una quantità considerevole di persone destinate all'ergastolo. Perché pensava che fosse molto superficiale limitarsi a dividere il mondo in buono e cattivo, anche chi commetteva errori crudeli e all'apparenza irreparabili aveva il diritto di difendersi e di spiegare. Aveva deciso di mettere i giudici in croce -e non poteva negare che si divertiva molto nel farlo- difendendo quelle persone per cui sembrava non esserci via di scampo. Perché in qualche modo si sentiva simile a loro, bisognoso di dimostrare che la vita non offre un'unica via, che ci sono delle motivazioni, che anche un “malvagio” resta un essere umano.

Certo, anche lui nutriva, come tutti, i suoi dubbi a riguardo. Tyki era una persona che viveva in bilico tra due “io”. Non si trattava affatto di doppia personalità, ma di una coscienza che trovava dei pregi e dei difetti in qualunque cosa. Ma era questo il bello. Buono e cattivo, bianco e nero. Se ci fosse solo il bianco, o solo il nero, non sarebbe divertente. Non si vivrebbe appieno. E Tyki la vita se la godeva.

Anche cercando i casi più complicati. Tanto lui l'innocenza delle persone la dimostrava sempre. Lui credeva fermamente a chi gli diceva “sono innocente”, e alla fine lo dimostrava sempre. Qualsiasi accusa fosse stata mossa.

Eppure quella mattina, il collega che gli porse un fascicolo contenente un nuovo caso, non sembrava entusiasta. Per quell'occasione calzava a pennello la frase “avvocato delle cause perse”.

« Questo caso è stato sottoposto già a tredici persone, e tutte e tredici hanno rinunciato. »

« Perché, di chi si tratta? »

« Ha ucciso cinque persone quando aveva sedici anni. Adesso ne ha diciotto, ha confessato lui stesso, e poi... non sembra neanche umano. »

« Esagerato. »

« Con tutta la buona volontà che si può avere, è un ragazzo indifendibile. »

« Questo lo dirò solo dopo averlo incontrato. Dove l'hanno rinchiuso? »


Quello in cui capitò non era certo un posto dove si poteva tenere prigioniero un ragazzo di soli diciotto anni, anche se era un assassino. Era fatiscente, in ogni angolo si poteva sentire una puzza incredibile di qualcosa che Tyki non voleva neanche immaginare, e i detenuti erano il peggio del peggio. Tyki si era immaginato molteplici facce mentre, seduto nella stanza per i colloqui che aveva richiesto per l'incontro, sfogliava il fascicolo sul caso a cui solo uno come lui poteva interessarsi. Il fatto che ben tredici persone avessero rinunciato a seguirlo, lo affascinava. Avrebbe cambiato ancora una volta le cose.

Dato che nel fascicolo non vi erano foto di questo ragazzo, l'immaginazione gli aveva aperto infinite vie. Ma il ritrovarselo davanti, addirittura sorridente, lo aveva spiazzato completamente. Non seppe tirare a indovinare le origini di quel ragazzo così appariscente, dai capelli di un rosso piuttosto acceso, spettinati, e solo un occhio di un verde chiaro lo guardava incuriosito. Il destro era coperto da una benda nera. La corporatura era nella media. E a differenza degli altri detenuti e addirittura dei secondini, emanava un buon odore. Non era sporco, né sembrava impossibile da gestire. Tyki cominciò a capire il perché quel caso fosse stato definito “impossibile”, ma era preparato. E quando si ritrovò solo col ragazzo, gli fece un sorriso accomodante.

« Io sono Tyki Mikk. »

L'altro sorrise cordiale. Escludendo il fatto che indossasse una tuta da detenuto, sembrava un ritrovo tra vecchi amici in un bar.

« Mi chiamo Lavi, piacere. »

« Ti hanno assegnato un numero bello lungo, eh. » disse l'avvocato dando un'occhiata alla targa posta sulla parte destra del petto.

« Siamo tanti, qui. »

« Ti dà fastidio se fumo? » posò una mano sulla tasca dei pantaloni, prima di estrarre il proprio pacchetto.

Quel tale, Lavi, sorrise di nuovo, sinceramente divertito. « È la prima persona che mi chiede una cosa del genere. Comunque non mi dà fastidio, faccia pure. »

Fu la prima volta per Tyki che accendersi una banale sigaretta lo metteva a disagio. Perché c'era quell'unico occhio verde che lo fissava con un sorriso sghembo, quasi da presa in giro. Non gli era sfuggito come quel ragazzo avesse seguito, senza battere le palpebre una singola volta, ogni movimento, da quando aveva posato tra le labbra la sigaretta a quando cercava di far funzionare il suo vecchio accendino. Sembrava quasi che non avesse mai visto un fumatore da vicino.

« Cos'hai da fissare? » gli chiese alla fine, cercando di risultare indifferente.

« Il suo neo. » rispose il ragazzo, indicando con l'indice quell'imperfezione stampata sul viso di Tyki, un piccolo neo posto sotto l'occhio sinistro.

« Non ti piacciono i nei? »

« Si figuri. Anzi, quelli sotto il labbro o sotto l'occhio sono i nei “strategici”, no? Molte persone li trovano sexy. Mi chiedevo se fosse una di quelle persone che appena si svegliano si disegnano il neo per sembrare più affascinanti. »

Tyki fece una risatina. Non gli era mai capitato qualcuno così schietto. Lo trovava persino divertente, e aveva anche indovinato. Aveva perso il conto di quante ragazze avevano fatto apprezzamenti su quella piccola imperfezione nera.

Inumidì un dito con la saliva, per poi passarsela più volte sotto l'occhio.

« Non c'è trucco, non c'è inganno, ragazzo. »

« Forte! »

Il ventiseienne approfittò del lungo attimo di silenzio che si era appena creato per osservare meglio quello strano ragazzo. Era anche troppo tranquillo. Eppure si trovava in prigione, da quanto leggeva sul fascicolo, da tre anni, come faceva a sorridere in quel modo e a parlare di nei strategici o quel che fosse? Non era minimamente sciupato, né di malumore. Come se trovasse divertente quella situazione. Come se si trovasse a casa sua.

« Posso chiamarla per nome? »

« Eh? Sì, certo. »

« Perché continua a sfogliare il fascicolo su di me, Tyki? »

« Ah, è un abitudine, non badarci. Ora... ragazzo. Veniamo al motivo della mia visita. Sono venuto qui perché il tuo caso mi interessa. Voglio capire meglio il tuo incidente. »

« Lei è la prima persona che considera la mia situazione un incidente. »

« Mi è difficile credere che un ragazzo come te abbia ucciso a sangue freddo delle persone senza alcun rimorso. »

Tyki aveva molteplici metodi di lavoro. Usava sempre fare discorsi di poco conto, domandine all'apparenza ingenue che gli servivano a capire quanto si poteva effettivamente fidare del cliente. Quando accennava al reato commesso, solitamente il cliente sfornava una sequela di giustificazioni, frasi sconnesse, contraddizioni. Ma mai, in tutta la sua vita, gli era capitato di avere a che fare con un ragazzo come quel guercio, che con quel sorriso divertito, disarmante -a detta di Tyki falso- rispondeva in un modo che non ci si aspetterebbe mai da una persona che teme anche solo di poco l'ergastolo.

« Eppure è così. »

Indifendibile, gli avevano detto. E Tyki finalmente capiva perché gli altri colleghi fossero scappati via.

« Hai ucciso cinque persone? »

« Sì. »

« Di tua spontanea volontà? »

« Omicidio premeditato. »

« Addirittura... »

« Sa, lei è proprio strano, Tyki. Gli altri tredici avvocati che sono venuti a parlare con me mi guardavano come se fossi un mostro. E in effetti la loro reazione è normale. Lei invece... non crede affatto che io sia colpevole, vero? »

« Io credo che tu non sia capace di far del male neppure a una mosca, che ti hanno incastrato e che per qualche strano motivo ti stai assumendo colpe che non hai. »

« Che vantaggio avrei a dire che ho ucciso cinque persone quando non è vero? »

« Questo me lo devi dire tu, ragazzo. »

Lavi inclinò di poco la testa, sbalordito da una simile risposta. Quell'uomo era totalmente diverso dagli altri tredici con cui aveva conversato. Era rimasto letteralmente senza parole, mentre Tyki, dopo aver sfogliato per l'ennesima volta il fascicolo, si era fermato alla prima pagina.

« Qui c'è scritto che la tua prima vittima è stata... »

« Linalee Lee, sedici anni, allora mia compagna di scuola. Era il ventuno dicembre del 2004, ore ventidue e cinquantasei. Eravamo appena usciti dalla festa della scuola, prima delle vacanze di Natale. L'ho pugnalata. »

Fu difficile per Tyki trattenere la sigaretta tra le labbra, ma era altrettanto difficoltoso non spalancare la bocca di fronte a quel riassunto impeccabile. Buttò l'occhio più volte sulla pagina, e Lavi non aveva sbagliato neanche l'ora. Da una parte era comprensibile e in parte gli era anche d'aiuto: significava che quell'omicidio gli aveva segnato qualcosa nel profondo, era pur sempre un appiglio.

Tyki fece un sorriso, pur mantenendo gli occhi spalancati di stupore. « Ottima memoria, ragazzo. »

« Mi piace molto ricordare le cose. »

« E ti ricordi anche gli altri quattro? »

« Komui Lee, ventinove anni, fratello maggiore di Linalee, l'ho pugnalato il ventidue dicembre alle quindici e tre. Reever Wenham, ventisei anni, grande amico di Komui, aveva casualmente assistito all'omicidio dell'amico, così alle quindici e ventisette ho ucciso anche lui. Poi Miranda Lotto, venticinque anni, l'ho uccisa il ventitré dicembre alle ore venti e trenta. »

Il ventiseienne credeva che cose del genere esistessero solo nei telefilm o nei romanzi. Invece stava davvero parlando con un diciottenne che ricordava perfettamente persino l'ora in cui aveva assassinato, a suo dire, cinque persone, con una tranquillità disarmante. Fin troppo ostentata.

« È incredibile che dopo tre anni passati qui dentro ricordi così bene tutti questi particolari. »

« Voleva essere un complimento? »

« Qualcosa del genere. » tirò fuori dalla tasca l'orologio, e fece una piccola smorfia nel vedere che doveva già andare. Era andato a parlarci con l'intenzione di restare poco tempo, ma se avesse saputo prima che quel Lavi era così particolare sarebbe rimasto più a lungo. E non gli interessava se quel guercio insisteva a dire di aver ucciso cinque persone, anche sfornando quei dettagli peggio di un manuale. Non ci credeva, Tyki non ci credeva proprio che era stato lui. E non credeva nemmeno che Lavi vivesse così tranquillamente la reclusione da tre anni. Un po' di rassegnazione, sì, era più che normale, ma vederlo sorridere in quel modo era quasi anormale. Come se volesse sembrare quel tipo di persona.

« Devo già andare. » disse Tyki rialzandosi dalla sedia con calma. « Tornerò tra due giorni. »

Lavi sbatté più volte le palpebre a quell'affermazione. Fece un largo sorriso, alzandosi a sua volta.

« Tornerà? »

« Certo. Te l'ho detto, il tuo caso mi interessa. Voglio saperne di più, da te. »

« Lei è il quattordicesimo avvocato che viene qui da me. »

« Lo so. »

« Ma è il primo a dirmi che tornerà. »

« Davvero? »

« Mh-mh. » il rosso continuò a sorridere, fissando un punto indefinito del muro grigiastro. « Sa, di solito se uno confessa di aver assassinato un paio di persone non si prendono nemmeno la briga di procurargli un avvocato. Il primo che è venuto pensava che fossi stato mosso da qualcuno, drogato, quelle cose lì che si leggono solo nei romanzi thriller. Mi ha sottoposto alla macchina della verità e a quel punto ha rinunciato. A tutti gli altri tredici è bastato fare un riassunto come quello che le ho fatto poco fa, per farli andare via. Un po' mi dispiaceva, non mi viene a trovare mai nessuno e parlare con qualcuno che non sia il secondino che ti fa la guardia era divertente, stimolante. Però penso che lei sia il più divertente, Tyki. Ora, quando rientrerò in cella, avrò l'ansia che arrivi il giorno in cui tornerà a parlare con me. L'aspetterò. È la prima volta che ho qualcuno da aspettare. Eh eh... è divertente! »

L'altro aveva ascoltato tutto senza fiatare. Non faceva che chiedersi il perché dell'atteggiamento di quel ragazzo. Lui stesso stava ammettendo che non era divertente stare rinchiuso lì da tre anni. Eppure ci restava col sorriso e sopportava.

Inoltre, secondo Tyki, una persona che sorrideva in quel modo e che sembrava così felice di aspettare una persona, non poteva aver ucciso proprio nessuno. Però Lavi affermava il contrario. A prima vista sembrava proprio indifendibile.

« Tornerò tra due giorni, voglio parlare ancora con te a proposito di Linalee Lee. »

« La prossima volta porti dei dolci, eh! » e Lavi, ancora una volta, sorrise.





Hikari no moto yami wa umare,
shinjitsu wa itsuwari ni yureru
kokoro wo tsukisasu.
Fureta yoru wo korasete mo,
yume to yubu yokubo no kage wo
yobi tsuzukeru.
Kimi no tsumi to itami wo shinjite yuku.
( L'oscurità nasce dalla luce,
le bugie sono le scosse della nostra realtà,
perforano il mio cuore.
Ma anche se la notte non passasse mai,
anche se il mattino non dovesse mai splendere,
l'ombra del mio sogno mi chiamerebbe per raggiungerlo.
Credere soltanto nel tuo peccato,
come nella tua ferita. )

[ Doubt and trust – Access ]
[ Terza opening di D.Gray-man]

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Capitolo 2
*** Primo incontro, ore 17:30. Non mi freghi, ragazzo ***


Author's note; ehilà, salve! Sono Neme. Come avete potuto notare, ho finalmente cambiato il nick di EFP. Shirahime è un bellissimo nome, ma ormai tutti mi chiamano Neme, mi sono affezionata a tale soprannome, perciò ho deciso di cambiarlo. Ma sono sempre io! *-*
Eccoci al primo capitolo, dopo il prologo. Dove Tyki prende sempre più posizione. E Lavi... Lavi è incomprensibile. È un personaggio che adoro proprio per questo. Sembra un po' lo scemo del villaggio all'inizio, ma poi... eh, come dire... ha una psicologia spaventosa. E non avrei mai pensato che muoverlo in un contesto simile, per nulla leggero, fosse così difficile. Spero di averlo reso bene. E di aver reso bene anche Tyki, che pure con 'sta storia dell'io bianco e nero non scherza mica. Mi sono scelta i personaggi più facili, proprio.
Ehi, ma qui compare anche Road! Anche se per poco. Più avanti parlerà molto di più, non temete.
Abbiamo anche uno stralcio di flashback con Linalee. Che dice tutto o niente, lo so. Ma vi prego di portare pazienza. È proprio difficile scrivere questa storia. :'D
E' un capitolo un po' lungo, ma spero che lo leggerete fino alla fine. Le vostre recensioni mi hanno riempita di gioia, apprezzo che anche chi non è amante dell'angst -che è il mio pane quotidiano, non si era capito? :')- è rimasto affascinato dalla mia storia. Spero di non deludervi, davvero. Ci tengo molto a rendervi contenti! *-*
Ringrazio dunque infinitamente
aki_penn, Alexis_Ki, Bibi_, Halley, JennyMatt, Kia_chan_93, Kumiko_Walker, LadyDrago88, M e g a m i, NEMU, Saphirblue, Shaila Light e Wammy per aver inserito la storia nelle seguite!
E ringrazio infinitamente
Giuu e M e g a m i per aver inserito la storia nelle preferite!
Ringrazio ovviamente chi ha deciso di dedicare parte del suo tempo alla lettura e anche alla recensione. Questa è una storia che mi lascia mille incertezze perchè solitamente quando scrivo ho sempre paura di non fare abbastanza, o di deludervi, o di non rendere bene certe cose. Probabilmente questi primi capitoli vi risulteranno un po' incomprensibili perché mi piace confondere le acque. Ma spero davvero che vorrete seguirmi fino alla fine. <3
Ah, già, la canzone scelta stavolta è dei miei tanto amati My chemical romance. Ultimamente li riascolto con un sacco di nostalgia. <3
E poi, ciliegina sulla torta, una bellissima frase di sir Tyki Mikk! <3<3

P.s.: scrivo troppo, lo so. D: E... sapete giocare a Trentuno? *-*





Primo incontro, ore 17:30
Non mi freghi, ragazzo





You better run like the devil,
'cause they're never gonna leave you alone.
You better hide un in the valley,
'cause they're never gonna find you a home.
And as the blood runs down the walls
you see me creepin' up these halls.
I've been a bad motherfucker,
tell your sister I'm another,
go, go, go!
( Fai meglio a correre come il diavolo,
perché non ti lasceranno mai solo.
Fai meglio a nasconderti nel vicolo,
perché non ti troveranno mai una casa.
E come il sangue cola lungo i muri
tu mi vedi strisciare su queste sale.
Sono stato un figlio di puttana cattivo,
dillo a tua sorella che sono un altro. )
[ House of wolves – My chemical romance ]





« Non voglio perdere ciò che ho. Solo che...
il mio io bianco... e il mio io nero...
è proprio perché esistono entrambi che mi diverto! »
[ Tyki Mikk – D.Gray-man ]





Non si poteva negare che Tyki fosse un avvocato piuttosto particolare. Aveva i suoi ritmi e le sue abitudini. Una di queste era lavorare quanto più possibile a casa propria. Non amava particolarmente l'ufficio perché lo riteneva troppo “formale”. Preferiva l'atmosfera accogliente e un po' casinista della sua camera, al secondo piano di una villetta in cui, oltre a lui, vivevano altre persone. Una casa caotica, ma a lui piaceva molto. Le chiacchiere, i rumori, niente di tutto questo lo distoglieva dal lavoro, anzi. A meno che qualcuno non entrava apposta -e rigorosamente senza bussare- in camera per disturbarlo. Come sua sorella.

« Tyki! Guarda qua, come mi sta? »

« Stai benissimo. »

« Ma se non mi hai neanche guardata! »

In effetti il ragazzo era impegnato a osservare fogli all'apparenza tutti uguali, senza degnare di uno sguardo la sorella, la quale, offesa, gli si era precipitata addosso senza tanti complimenti.

« Che stai facendo, Tyki? »

« Sto lavorando. Tu, piuttosto, a parte disturbarmi che stai facendo? »

« Sto cercando un consiglio da mio fratello. Daiii, l'ho appena comprato, questo vestito! Allen potrebbe notarmi, vero? Mi noterà di sicuro, vero?! »

« Road, perché non vai a chiedere a qualcun altro? Sono occupato adesso. »

Sì che l'aveva notato, la piccola Road, ma non gliene importava molto. In casa sua nessuno sembrava capire quanto fosse importante per lei attirare l'attenzione del ragazzo che tanto le piaceva. Tyki era stato il primo a raccogliere la confidenza su quella cotta, dal momento che era l'unico che non aveva mai da ridire su certe cose. Affari della sorella, no? Però, di tutti i momenti, la sorellina -a cui voleva comunque un gran bene- doveva scegliere proprio il più inopportuno?

« Quanti fascicoli... tutto lavoro? » notò la ragazza sporgendo il capo dalla spalla del fratello.

« A-ha. Un ragazzo poco più grande di te che pare abbia ammazzato cinque persone. »

« Pare? »

« Lui dice di averlo fatto. »

« Eeeh?! Ma se lo dice lui a che serve difenderlo?! »

« Perché penso che stia raccontando un sacco di frottole. » finalmente si voltò per guardarla, notando che indossava uno dei tanti vestiti composti da pizzi, fiocchi e merletti, tendenti alla moda gothic lolita, e col corpicino esile che Road si ritrovava, sembrava ancora più infantile. Lui glielo aveva detto che non tutti i ragazzi apprezzavano quello stile, forse anche il “suo” Allen, ma Road sembrava non arrivarci. Rispondeva sempre “ad Allen piaccio così come sono!”. Classico amore unilaterale, perché Allen non sembrava notarla più di tanto, se non per chiacchiere di poco conto.

« Quella gonna non è un po' troppo... come dire... “pomposa”? »

« Esalta le forme! »

« Così Allen penserà che hai un sedere enorme e che cerchi di nasconderlo. »

L'espressione di Road si trasformò dal sorriso infantile a una smorfia di terrore in meno di un istante. « Dici?! Non posso fargli pensare una cosa del genere! Devo cambiarmi subito! »

« Vai, vai. E non tornare a chiedermi un parere. » non si preoccupò della porta che sbatteva con un forte tonfo, perché i fascicoli che aveva davanti catturavano completamente la sua attenzione. C'erano parecchie cose che non tornavano. Abbondavano di dettagli sulle ferite inferte ai corpi -Lavi evidentemente ricordava non solo le date- ma i moventi non erano stati scritti. “L'imputato afferma di non avere un movente”. Assurdo.

E poi, perché erano stati ritrovati i cadaveri delle prime quattro vittime, ma non della quinta? Non era stato scritto neanche questo. E che Lavi avesse commesso o no dei delitti, era l'unico che poteva sapere dove si trovava. Che non l'avesse detto apposta?

Aveva visto solo una volta quel ragazzo, ma non riusciva a levarsi dalla testa quel sorriso, quell'espressione tipica di un ragazzo che cade costantemente dalle nuvole. Sembrava un tale ingenuo, a prima vista... cosa l'aveva spinto a fare una cosa del genere, e a confessare come se niente fosse? O era uno psicopatico, cosa che a Tyki non sembrava, o non era stato lui. Altri suoi colleghi avrebbero concluso con la prima opzione. Solo Tyki era tanto “idiota” da credere fermamente nell'innocenza di quel ragazzo. Poteva chiamarle semplici sensazioni o presentimenti, fatto stava che lui per primo non credeva alle parole di Lavi. Il che era assurdo, visto che era il suo avvocato.

Riordinò i fascicoli alla svelta e li infilò in borsa come meglio poteva, senza preoccuparsi se si fossero stropicciati durante il cammino. A Tyki venne da ridere. Nella solitudine della sua camera, cominciò a ridere sempre con più gusto. Quel caso lo stuzzicava, e non gli era mai successo in vita sua. Era come se quel ragazzo, Lavi, provocasse in lui il risveglio del suo “io” nero, oscuro, che provava piacere in quella strana situazione. Come se l'avesse sfidato a un gioco.

« Tanto vinco io, ragazzo. » si era detto. « Ti farò uscire da lì, vedrai. »


Lavi nell'attesa tamburellava sul tavolo freddo della sala colloqui, unico arredamento, insieme alle due sedie scomode. Talmente scomode che non riusciva a stare nella stessa posizione per più di cinque minuti, complice anche l'attesa. E, quando vide Tyki entrare in tutta fretta, fece un enorme sorriso, spalancando le braccia.

« Allora è tornato davvero! Per un attimo ho pensato di ritrovarmi il quindicesimo avvocato. »

« Ti trovo in forma, ragazzo. » l'avvocato si accomodò davanti a lui, aprendo subito dopo la borsa.

« In realtà non ho dormito granché, e sto anche morendo di fame. Ha portato i dolci? »

« Non posso portare cibo per i detenuti. »

« Poteva dire che erano per lei, no? Stuzzicare qualcosa mentre si lavora, lo fanno tutti. »

« Io preferisco fare altro. »

« Cioè? »

Tyki posò al centro del tavola una piccola scatola rettangolare, tutta nera, con scritte bianche ormai sbiadite dal tempo. Fece al detenuto un sorriso sghembo.

« Sai giocare a Trentuno? »

« Sì. » anche Lavi sorrise. « Lei è davvero divertente, Tyki. »

Che Tyki fosse un avvocato diverso dagli altri era fuori dubbio. Nessun collega, nella sua posizione, si sarebbe mai messo a giocare a carte con il proprio cliente, ma Tyki adorava usava metodi non convenzionali. Diceva sempre che bisognava far sentire il cliente a proprio agio, farlo sentire un suo simile e non un rifiuto della società come facevano altri. Non contava che fosse colpevole o innocente, per Tyki non aveva importanza. Così il cliente si fidava in poco tempo di lui. Anche se, nel caso di Lavi, non sembrava così facile.

« Ho dato un'occhiata ai fascicoli sulle tue vittime. » l'avvocato scartò un'altra carta, sbuffando.

« Lettura interessante? »

« C'è una cosa che non ho capito sulla quinta vittima. Come si chiamava...? »

« Yu Kanda. » Lavi restò fermo per qualche secondo, prima di decidere quale carta buttare via. Optò per il tre di spade. « L'ho ucciso il ventuno dicembre alle ventitré e dieci. Non c'era scritto sul fascicolo? »

« Sì, ma sai... il suo corpo non è stato mai ritrovato. »

« Davvero? Eppure io stesso ho indicato il luogo in cui l'ho seppellito. »

« Non l'hanno trovato. »

« Sarà tornato a essere un tutt'uno con la terra, no? » osservò la nuova carta scartata da Tyki. « Sta andando a coppe? »

« E tu a bastoni? »

« Che intuito! » con lo stesso sorriso che gli vide in faccia la prima volta, Lavi buttò sul tavolo, con tranquillità, l'asso di coppe.

Tyki fece un fischio, fingendo stupore. « L'asso? Guarda che così faccio trentuno! »

« Le serve? Glielo regalo volentieri. »

Il ventiseienne prese senza obiettare oltre la carta, osservando compiaciuto le tre carte che possedeva. Doveva essere proprio un ingenuo, quel Lavi, per mollare così punti così alti. Forse quella stessa ingenuità lo aveva messo in un casino che lo aveva tenuto segregato in carcere per tre anni.

Invece Lavi era ancora tranquillo. Non pescò una carta, bensì bussò due volte sul tavolo, sorridente.

« Ti arrendi, ragazzo? »

« Bussare a Trentuno non significa perdere, anzi. Su, tocca a lei. »

Tyki era così sicuro di sé che, quando dopo il suo turno, dopo aver scartato un'altra carta a suo dire inutile, mostrò con orgoglio le tre carte che formavano venticinque, rimase a bocca aperta nel vedere che l'altro, compiaciuto, aveva trenta. Fortuna sfacciata, fortuna del principiante. Aveva un che di umiliante farsi battere in questo modo da uno come Lavi.

« Non faccia così. » disse il ragazzo con fare un po' sornione. « Vuole la rivincita? »

« Sette e mezzo? »

« Tyki, è un caso se mi sta proponendo giochi tipici del Natale? »

Si guardarono in totale silenzio. Sembrava una sfida di sguardi. Tyki non si aspettava di certo una tale accortezza da parte sua. Era un tipo sorprendente, che in qualche modo lo faceva sentire un po' “perso”. Era la prima volta che non sapeva se i suoi metodi funzionavano o meno, ma non gliel'avrebbe data vinta. Non per così poco.

« Touché. » rimise le carte al proprio posto. Era arrivato il momento di lasciar perdere i giochi da bambini. « Dov'è Yu Kanda? »

« Gliel'ho detto, l'ho ammazzato io. »

« Non hanno ritrovato il suo corpo. »

« Non è certo colpa mia se la polizia non ha saputo ritrovarlo. »

« Allora perchè preoccuparsi di seppellire lui e non gli altri? »

« L'avrei fatto. Li avrei seppelliti tutti nello stesso posto. Guardi che io rispetto i defunti. Solo che, quando sono tornato a prendere Linalee, la polizia era già arrivata. E per la fretta, nei giorni seguenti non ho seppellito gli altri, e non potevo certo andare a fregarli all'obitorio. »

Tyki sviò lo sguardo. Sembrava sincero, ma non voleva credergli. C'era qualcosa, in lui, che lo costringeva a pensare che lui non avesse fatto niente. E perché quella quinta vittima non era stata trovata? Non ci credeva a quella balla del “rispettare i defunti”, altrimenti avrebbe portato subito Linalee Lee da un'altra parte. Se li aveva ucciso la stessa sera, il ventuno dicembre, anche ammesso che fosse difficile per una singola persona trasportare due corpi, cosa l'ha spinto a mollare lì una ragazza morta, perdere così tanto tempo a seppellire uno per poi lasciar perdere gli altri? Per fretta? Ma che storia era?

Se raccontava quelle cose con una tale tranquillità, era normale ripensare agli altri avvocati scappati via. Ma Tyki era diverso.

« Yu Kanda era un tuo compagno di scuola, vero? »

« Sì. »

« Sai, ragazzo, sei il più strano che abbia mai incontrato. A quanto dici, hai ucciso persone... “amiche”, proprio durante il Natale. Strano modo di passare le feste. »

« È lei a essere strano, Tyki. Non mi ha ancora chiesto il perché li abbia uccisi. »

« Agli interrogatori non l'hai mai detto. Quindi suppongo che, se te lo chiedessi io, il risultato sarebbe lo stesso. »

Lavi elargì un altro dei suoi sorrisi, seriamente divertito. Se ne stava sempre chiuso in quel posto. Carcere, penitenziario, prigione, galera, in qualunque modo fosse denominato, rimaneva tappato tra quattro mura, e gli era difficile incontrare persone come Tyki Mikk. Trovava divertente parlare con lui. Inizialmente era rimasto spiazzato da quel modo di fare così insolito per un normale avvocato. Gli altri tredici come prima cosa gli avevano chiesto “perché li hai uccisi?”. E non facevano che guardare con quasi disgusto la benda che portava sull'occhio destro. Una cosa che lo infastidiva molto.

« Tyki, posso farle una domanda? »

« Certo. »

« Perché si è messo in testa di aiutarmi? Io non ho mai chiesto nessun avvocato, benché fosse nei miei diritti. Ho confessato i miei errori e sto scontando la colpa. Allora perché lei vieni qui? »

L'avvocato ci mise un po' a rispondere. Tentò di occupare il silenzio sistemando meglio i fogli sul tavolo, senza sorridere. Aveva ragione. In una normale situazione, Tyki non si sarebbe mai interessato a un caso del genere. Se un assassino confessava, se ne andava in galera e fine della storia. Era andato a incontrarlo puramente per curiosità. Forse perché gli piaceva l'idea di vincere una causa difficile come quella. Eppure... cosa dire dopo aver conosciuto quel guercio?

C'era un qualcosa, in quel Lavi, che in qualche modo lo faceva sentire più simile di quanto immaginava. Quel Lavi sembrava essere, come lui, pienamente cosciente di avere un “lato oscuro”, e magari, come diceva lui, aveva deciso di assecondarlo. Ma, allo stesso tempo, nelle sue parole c'era un tono strano, che solo Tyki sembrava notare. Un tono quasi nostalgico, quando gli aveva menzionato Linalee, e anche Kanda.

Tutto un insieme di fattori di Lavi lo aveva spinto a farsi coinvolgere più del dovuto. Ma se avesse dovuto dare una risposta chiara, non l'avrebbe trovata.

« Risponderò a questa domanda la prossima volta, ragazzo. »

Lavi non parlò. Annuì in totale silenzio, affascinato da quel modo di fare. Per quanto insistesse a dire che aveva ucciso a sangue freddo cinque persone, lui sembrava l'unico a non credergli e a volerlo davvero aiutare. Per un motivo che lui ancora ignorava. Ma non gli dispiaceva.

« Tu e Yu Kanda eravate amici? »

« Se vogliamo definirlo così... »

« Perché dici così? »

« A Yu piaceva molto stare per conto proprio. »

« Lo chiamavi per nome? »

« Gli dava un po' fastidio, ma ci conoscevamo da tanto. E poi ho sempre pensato che Yu fosse un bel nome, ha un suono molto dolce. Era un peccato non chiamarlo così. »

« Anche Linalee era tua amica? »

« Lei è stata la prima a rivolgermi la parola quando mi sono trasferito nella sua scuola. Sa, io ho viaggiato molto insieme a mio nonno, a causa del suo lavoro. Poi lui ha pensato che fosse meglio che frequentassi un liceo in pianta stabile, così mi ha fatto iscrivere al liceo di Linalee che aveva anche dei collegi, e lui è ripartito. »

« Ti ha abbandonato? »

« Non sono così infantile da pensare una cosa del genere. È stata una decisione sensata. »

« Capisco. Allora torniamo a parlare di Linalee. La tua prima vittima. Non ho voglia di sfogliare il fascicolo su di lei. Dimmi tu come l'hai uccisa. »

« Eravamo appena usciti dalla festa della scuola. Sa, quelle che si fanno per festeggiare le vacanze di Natale. Lei era di buonumore, le era piaciuta la festa. Mi chiese di accompagnarla a casa perché suo fratello non poteva venire a prenderla. Ho aspettato che fossimo completamente soli. Le ho fatto un graffio alla gola per disorientarla, poi le ho dato tre coltellate al petto. Ma sbagliai i calcoli. Yu era appena arrivato quando mi vide accanto al corpo di Linalee. Non mi ha lasciato altra scelta. Ero arrabbiato. »

« Perché ti aveva scoperto? »

« Ero arrabbiato anche prima. »

« Con Linalee? »

« Sì. Bè, lei era così presa dalla festa che non si era minimamente accorta del mio malumore. Ho approfittato del fattore sorpresa. Dato che ero in mezzo alla strada ho pensato di portarli da qualche parte, così ho seppellito Yu. Ma quando sono tornato, la polizia era già arrivata. Mi sono spaventato e sono scappato via. E per evitare che il fratello mi mettesse i bastoni tra le ruote, ho ucciso anche lui. Reever aveva assistito per caso, così mi sono visto costretto a uccidere anche lui. »

« E Miranda Lotto? Lei cosa c'entrava? »

« Era la nostra insegnante di sostegno. Quando ho saputo che aveva detto alla polizia di avermi visto allontanarmi con Linalee poco prima dell'omicidio, mi sono arrabbiato e l'ho uccisa per evitare che parlasse troppo. »

« Allora fammi capire... tu all'inizio non avevi intenzione di farti arrestare. »

« In quei momenti è difficile ragionare a mente fredda, dovrebbe saperlo. Io avevo già intenzione di uccidere Linalee. Gli altri quattro sono stati... incidenti di percorso. Ma alla fine mi ero stufato di scappare, e ho confessato. »

Bugiardo. Questo pensava Tyki. Adesso gli altri quattro erano diventati del tutto casuali? E Yu Kanda? Una vittima “casuale” che “casualmente” non era stata ritrovata. Quando Tyki pensò a questo gioco di parole scosse la testa un po' irritato. No, non tornava. Sarebbe stato molto più semplice scappare col corpo di Linalee prima che Kanda arrivasse, e per quanto Miranda potesse dare informazioni, se non aveva lasciato tracce di sé la polizia non poteva prenderlo. E poi Komui Lee... a che serviva ucciderlo, lui che non aveva alcun potere decisionale nella polizia? In che modo lo metteva così in pericolo? Non tornava niente. E Tyki non credeva nemmeno che fosse così arrabbiato. Gli sembrava, in tutta sincerità, un tentativo di farsi passare per uno che non riusciva a controllare la rabbia, quando poi si ritrovava davanti un ragazzo che continuava a sorridere. Pensò, in tutta franchezza, che Lavi lo stesse soltanto prendendo in giro.

« Capisco... » disse infine, focalizzandosi su un'altra questione. « Dunque Linalee ha dato involontariamente inizio a una strage. »

« Se fosse ancora viva, avrebbe pianto nel sapere una cosa simile. A lei non piaceva veder soffrire nessuno, ma era così fragile che piangeva spesso, anche per una sciocchezza. »

« Che rapporto c'era fra voi due? »

Il ragazzo fece un sorriso sghembo, con uno sguardo ammiccante. « Mi sta chiedendo se abbiamo fatto sesso? »

« Anche. » rispose l'altro con la stessa espressione.

Lavi sospirò, posando entrambe le mani sul tavolo freddo. Giocherellò per un momento con le dita, e il suo sguardo sembrò rievocare ricordi distanti.

« La nostra prima volta è stata il trenta ottobre 2004. »

« Ci sono state altre volte? »

« Sei novembre, dieci novembre, venti novembre, ventiquattro novembre, primo dicembre. »

« Allora stavate insieme? »

« No. Se capitava e avevamo voglia, lo facevamo. »

Tyki agitò il fascicolo con stampato sopra il nome della ragazza, sbuffando. « Ho raccolto ogni tipo di informazione su di lei. Linalee faceva parte anche del circolo religioso della scuola. Tutti la descrivono come una ragazza “innocente, spensierata, sembrava l'eterna scolaretta tutta casa, amici, scuola e chiesa”. Mi sembra difficile credere che una come lei faccia sesso come se niente fosse. »

« Cos'è, non mi crede? Vuole sapere i particolari di quelle volte? Non nego che Linalee fosse come la descrivono su quel pezzo di carta. Ma era bella. Oh, se lo era... era irresistibile. E poi, suo fratello Komui era molto geloso di lei. Non per modo di dire, rasentava la nevrosi. Anche volendo, era difficile per lei uscire con qualcuno. »

« E tu vorresti farmi credere che una ragazza del genere, super protetta dal fratello, sia andata a letto con te? E poi, cos'è cambiato? Basandoti sulle tue date, prima della sua morte lo avete fatto sei volte. Cos'è, eri troppo geloso? O quel ventuno dicembre non aveva voglia e “ti sei arrabbiato” per questo? »

Lavi sporse un po' il capo, avvicinandosi al viso di Tyki, col suo solito sorriso incomprensibile. La sua voce si fece più sussurrata, e il suo sguardo era ancora ammiccante. Alcuni ciuffi rossi gli erano ricaduti sulla benda, ma quell'unico occhio verde che si poteva vedere era ben distinto, chiaro e brillante. Quando lo vide avvicinarsi in quel modo, Tyki si avvicinò di pochissimo a sua volta, avvertendo un buon odore. Forse era l'unico che si degnava di farsi la doccia in quel posto, o forse era così di natura. Comunque, era piacevole averlo accanto.

« Secondo lei? » chiese solamente.

Tyki sorrise a sua volta. Il tono della sua voce si era fatto più cupo e quasi maligno. Più che avvocato e cliente, sembravano due leoni che si studiavano prima di azzannarsi l'un con l'altro.

« Non mi freghi, ragazzo. » gli rispose. « Facciamo che credo che tu abbia fatto sesso con lei. A maggior ragione, non credo che tu l'abbia uccisa. E Yu Kanda? Forse è stato lui e l'hai aiutato a fuggire addossandoti le sue colpe? »

« Non corra, Tyki. Si ricordi che mi hanno sottoposto alla macchina della verità. »

« Quell'affare risponde solo alle pulsazioni. In teoria quando si racconta una bugia le pulsazioni aumentano, ma se uno mantiene sempre e comunque la calma, non ci vuole niente a ingannare una macchina assurda come quella. E, da quanto sto vedendo, tu sembri proprio il tipo in grado di farlo, ragazzo. »

« Ma lei è il mio avvocato, dovrebbe credermi, no? Insomma, un'altra persona, a sentire che facevo sesso con la persona che ho poi ammazzato, avrebbe detto “aaah, ma allora è delitto passionale, possiamo far ridurre la pena se dimostriamo che non eri in te!”»

« Io invece dico che se portiamo Yu Kanda a testimoniare forse riesco a farti uscire da qui. »

« I morti non parlano. »

« Crederò che Kanda sia morto solo dopo aver visto il suo cadavere. »

« Non si affanni. Yu è morto. »

« Sai, hai ragione, ragazzo. Io sono il tuo avvocato. Almeno io devo credere in te. Ma non si sa mai fino a che punto credere a un criminale, e questo vale anche per gli avvocati. Io voglio seriamente farti uscire di prigione, perché più sto parlando con te, meno credo che tu abbia ucciso nessuno. Più parlo con te e meno credo che Kanda sia morto. Tu sorridi e mi racconti tutto ciò che ti chiedo con gentilezza... ma scommetto che se ti porto Yu Kanda qui crollerai e mi dirai tutto. »

Lavi tentò a stento di soffocare una risata, portandosi una mano alla bocca. Poi si portò una mano fra i capelli spettinati, dando un'occhiata a quell'uomo, seduto davanti a sé, che sorrideva in modo quasi sinistro. Ma era seriamente un avvocato?

« Sembra quasi una sfida, la sua. » confessò.

« Diciamo che l'ho presa come tale. »

« Allora lei mi ha scelto solo perchè le piacciono le sfide? »

« Mi piacciono le sfide, mi piace giocare a carte con te, mi piace cercare di capire cosa passa nella testa di chi ho davanti. Per questo non riesco a smettere di fare questo lavoro. Mi piace pensare che tu sia innocente, mi piace pensare di avere ragione. Mi piace scegliere chi difendere, e tu sei il primo per cui non ho avuto dubbi. Già, ragazzo, ti ho scelto io, non tu. E dal momento che ti ho scelto, tornerò qui finché non avrò dimostrato a tutti chi sei veramente. »

« “Chi sono veramente”? Che espressione insolita... però, sa, non è per niente rassicurante con quella faccia. Bè, se lei ha deciso così non posso certo fermarla. Un detenuto qui non ha nessun diritto. »

« Finché non scelgo il contrario, tu dovrai fidarti di me. E vedrai che non mi arrenderò come gli altri tredici. Tornerai presto a vivere una normale vita che fa qualunque diciottenne. »

Il rosso non fece alcun sorriso questa volta, puntando però uno sguardo incuriosito. Fidarsi, non fidarsi... non erano discorsi da fare a uno come lui. Credere o non credere, per Lavi ormai erano discorsi privi di importanza. Diritto, scelta, piacere... tutte queste libertà aveva deciso di buttarle al vento confessando di aver commesso dei delitti. Non poteva negare che gli mancava un po' l'aria del mondo esterno. Vedere se il mondo era cambiato. Ma aveva scelto lui quella strada, non poteva piangersi addosso. L'unico che non ci stava era Tyki. Lavi non riusciva a capire appieno il perché si fosse così intestardito con quella storia che fosse innocente, e che addirittura Kanda non era morto.

Lavi si ritrovò a pensare come per la gente fosse facile credere a qualcuno che affermava di aver ucciso qualcuno. Mentre era difficile credere il contrario. Come se fossero ansiosi, intorno a lui, di gettare nel cestino quello che veniva definito uno sporco criminale. Nessuno aveva avuto da ridire quando era andato alla polizia a costituirsi. Nessuno gli aveva chiesto “sei sicuro?”, oppure “finché non lo accertiamo al cento per cento non lasciare la città”. Alla gente non importava cercare a fondo. Bastava avere qualcuno da scartare, sempre. Poi arrivavano persone come Tyki che, con noncuranza, ripescavano dalla spazzatura i pezzi da riciclare e rimettere a nuovo, perchè sono ancora buoni e possono fare qualcosa. Com'era strano, per Lavi, vedere che qualcuno tenesse così tanto alla sua persona.

Forse Tyki Mikk era una persona perennemente circondata da ragazzi più giovani. Forse aveva una famiglia e uno spiccato senso del dovere nei confronti degli altri. Tanto valeva chiedere.

« Tyki, lei ha figli? »

« No, ma ho una famiglia numerosa. Siamo tredici in tutto. »

« E mangiate sempre insieme? In tredici a tavola porta una sfiga pazzesca! »

« Credi a queste cose, ragazzo? »

« Gesù non ha fatto una bella fine. »

Tyki fece una piccola risata. In vena di scherzare, quel guercio. Non riusciva proprio a vedercelo, un ragazzo simile, nelle vesti di assassino. Forse era davvero troppo testardo, ma a lui non importava. Se anche ci fossero stati dei muri davanti a lui, ci sarebbe passato attraverso pur di dimostrare che lui aveva ragione.

E comunque, per quanto Lavi ostentasse quell'indifferenza, aveva colto una piccolissima traccia di insicurezza e stupore quando gli aveva detto che non credeva che Kanda fosse morto.

« Vuoi vedere che ho fatto centro? » si era detto.

Comunque, ai fini del caso, il corpo di Kanda andava ritrovato. Prima di allora, doveva affidarsi a ciò che diceva Lavi. O cercarsi le prove d'innocenza da solo. Sospirò, pensando alla quantità di lavoro che si prospettava. E sospirò ancora, pensando al fatto che non sapeva da che parte iniziare a cercare Yu Kanda.

Poi tornò a fissare il ragazzo. Presto avrebbe dovuto lasciare nuovamente il carcere, e lasciarlo nuovamente solo. Doveva essere davvero triste stare sempre lì dentro, senza poter vedere nessuno. Ma al rosso sembrava non importare. Cosa gli era successo? Cosa lo aveva spinto a reggere un peso del genere?

« È meglio che vada. » disse, alzandosi dalla sedia. « La prossima volta giochiamo a poker? »

« Perché no? Però porti anche qualcosa da mangiare. La mensa di questo posto fa senso. »

« Farò del mio meglio. »

Lavi lo seguì con lo sguardo finché non vide chiudersi la porta. Non sapeva quando sarebbe tornato, ma lo avrebbe fatto sicuramente. E per la seconda volta in vita sua, Lavi aveva qualcuno da aspettare.

Si sentì il cuore placarsi un po', dopo quell'incontro. Quell'uomo riusciva a fargli smuovere qualcosa. Non si era mai sentito in quel modo con gli altri tredici estranei. Anche Tyki era un estraneo, ma lasciava il segno. Era diverso. Gli chiedeva cose del tutto diverse. E il suo modo di porsi, di parlare, gli faceva tornare in mente ricordi davvero lontani, ma ben nitidi nella sua memoria. Lavi non dimenticava mai. Anche volendo, non riusciva a dimenticare proprio niente. Ogni parola, ogni gesto, ogni particolare.

Ricordava bene quei giorni. Intrisi di un profumo e di un calore piacevoli, accoglienti. Del tutto diversi dal posto in cui risiedeva da tre anni. Eppure, ricordare trasmetteva a Lavi, per un po', l'illusione di essere tornato indietro nel tempo.

« Posso girarmi? »
«
No, ancora un po'. »
«
Linalee, è mezz'ora che sto così! Dai, voglio guardarti! »
«
Solo un altro po', ti prego! »
«
Ma che avrà di speciale, poi... »
«
Dovresti vederti, Lavi... proprio adesso. Non capisco bene nemmeno io il perché, ma non posso fare a meno di guardarti così. »
«
Vuoi dire che la mia faccia non ti piace? »
«
Al contrario. Ma mi piace anche il resto. »

Ricordare... che cosa inutile, per uno come lui.
Tanto quei giorni non sarebbero tornati.





Well, I know a thing about contrition,
because I got enough to spare,
and I'll be grating your permission,
'cause you haven't got a prayer.
And I'll say “hey, hey, hallelujah”,
I'm gonna come on sing a praise.
And let the spirit come on through ya.
We got innocence for days.
Well, I think I'm gonna burn in hell.
Everybody burn the house right down.
( Bè, so una cosa sulla contrizione,
perché ho perso abbastanza,
e ti darò il permesso,
perché non hai una preghiera.
E io dirò “ehi, ehi, alleluia”,
andrò a cantare le lodi.
A lascerò che gli spiriti ti passino attraverso.
Abbiamo ottenuto l'innocenza per giorni.
Bè, penso che brucerò all'inferno.
Tutti bruciano la propria casa verso il fondo. )
[
House of wolves – My chemical romance ]

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Capitolo 3
*** Secondo incontro, ore 16:15. Sia maledetta la mia memoria ***


Author's note; buongiorno, ragazzi! Buongiorno, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte, dipende dal momento in cui leggerete questo nuovo capitolo.
In questo capitolo noterete che ho associato a Lavi uno sport particolare: il basket. Non so, ce lo vedo giocare a basket, e voi? [partono film mentali con nosebleed assicurato] Comunque chissà, spero di riuscire a mostrare una scena in cui gioca. E poi, parlando sempre di “passatempi improbabili di Lavi”, non lo vedete dannatamente bene come... batterista? Cioè, voglio dire. Galeotto fu questa immagine.

http://imageshack.us/photo/my-images/207/lavilavibookmanapprenti.jpg/
N-non trovate anche voi che sia perfetto come batterista? ;V; Ma ops, sto fuorviando.
Questo capitolo, come potrete intuire dal titolo, si affida molto alla memoria, ai ricordi, ai flashback. Ora come ora possiamo affidarci solo alle parole di Lavi, ma chissà se dice la verità, chissà quando la dice, chissà chissà chissà. Però Tyki intanto comincia ad ingranare. Spero che il capitolo vi piaccia!
A proposito, qui incapperete nella memoria eidetica. Spero di averla spiegata bene, comunque è una variante della memoria fotografica. Simile, ma non uguale ad essa.
Ah, già, qui compaiono Link e Bak! Spero che vi siano piaciuti!
Ringrazio infinitamente coloro che stanno apprezzando questa storia e chi dedica un po' del suo tempo a recensire. Ringrazio infinitamente
Giuu, Sidan e Vale_Lapi per aver inserito la fan fiction tra le seguite.
E ringrazio immensamente
aki_penn, FiretearsAngel, JennyMatt e Nemu per aver inserito la fan fiction tra le preferite!
Buona lettura, aspetto con ansia le vostre recensioni!

P.s.: le parole della canzone Sally mi piacciono parecchio, anche se non sono una fan di Vasco Rossi. Inoltre trovo che calzino con lo stato d'animo di Lavi per quanto riguarda la memoria e i ricordi. Spero che vi piaccia. <3
E... poteva mancare qualche parolina del quarantottesimo? <3





Secondo incontro, ore 16:15

Sia maledetta la mia memoria





Sono lontani quei momenti,
quando lo sguardo provocava turbamenti,
quando la vita era più facile,
e si potevano mangiare anche le fragole.
Perché la vita è un brivido che vola via,
è tutto un equilibrio sopra la follia.
Senti che fuori piove?
Senti che bel rumore.
[ Sally – Vasco Rossi ]





« Cos'è quella reazione?
Questo è solo un mucchio d'inchiostro, no, “Lavi”?
Se non riesci a guardare una cosa del genere senza reagire...
non sei degno del tuo incarico. »
[ Dick – D.Gray-man ]





Howard Link era il classico lavoratore che tutti avrebbero definito “modello”. Non discuteva mai gli ordini, anche se non gli piacevano, ed eseguiva tutto con zelo. Ogni commento personale, ogni pensiero, ogni lamentela la teneva per sé, senza farne parola con nessuno. E lui ne aveva, di cose da dire. Lavi se n'era accorto benissimo, aveva un viso così serio e, a suo dire, mogio che era impossibile credere che non avesse alcun problema, anche la più piccola sciocchezza. Così cercava di intrattenere una qualche conversazione, lui dietro le sbarre fredde e umide, e Link dietro una scrivania, sempre a tenerlo sotto sorveglianza. Peccato che Link non si sbottonasse mai. Che noia.

« Ehi, signor Link. Che stai facendo? »

« Sto giocando a solitario. »

« Perché non facciamo due chiacchiere? Com'è il tempo fuori? »

Howard alzò di poco lo sguardo, osservando il detenuto. Ecco, lui era una di quelle cose di cui avrebbe tanto voluto lamentarsi, ma se avesse detto ad anima viva tutto quello che pensava di quel ragazzino, la legge del karma gliel'avrebbe fatta pagare cara. Non ci arrivava proprio, quel Lavi, a capire che lui di parlarci non ne aveva per niente voglia.

« C'è il sole. » rispose secco.

« Ah, bello. E c'erano le nuvole? C'era tanto traffico? »

« Come sempre. »

« Cioè, sono tre anni che mi trovo qui e il mondo non cambia? Che barba... »

« E per te non cambierà nemmeno per il resto della tua vita. »

« Ti sei svegliato dalla parte sbagliata dal letto? Sei di ultra cattivo umore oggi, cioè, più del solito. Il caffè non era buono? A proposito, posso andare in bagno? »

Link sospirò, alzandosi dalla propria postazione per aprire la cella. Era una seccatura bella e buona, perché più che un secondino sembrava un bambinaio. Oltretutto quel rompiscatole aveva la faccia tosta di sorridere come se nulla fosse, come se la sua fosse una perpetua presa in giro del suo lavoro noioso e snervante. Come a dire “che pena mi fai”. Ma picchiarlo per un semplice sfogo non rientrava nei suoi doveri, quindi resistette.

« Sbrigati. » gli ordinò.

« Dai, non mettermi ansia! Meno male che a casa tua non c'è nessuno a metterti fretta quando vuoi pisciare. »

Tyki aveva più o meno immaginato che non era giornata in ufficio, a giudicare dagli sguardi che gli lanciavano i colleghi. Cercò di passarci sopra, ma già si aspettava la sfuriata di qualcuno per qualcosa che poteva aver fatto. Si fece coraggio con un piccolo sospiro, mentre entrava in ufficio, proprio per tuffarsi nel lavoro. Ma non fece neanche in tempo ad accomodarsi alla sua postazione, che un ragazzo biondo, poco più grande di lui, gli si era avvicinato in maniera quasi minacciosa. O preoccupata. Tyki non sapeva su quale delle due opzioni sbilanciarsi.

« Che accidenti stai combinando? » gli chiese con un tono ansioso.

« … mi sto sedendo sulla mia poltrona. »

« Non fare il finto tonto! Ormai lo sanno tutti. »

« Che il mio neo, anche se naturale, è strategico? »

« Cosa? »

« Niente, lascia stare. Dubbi che mi sono venuti parlando con uno strano tipo. »

« Questo strano tipo è il tuo assistito? »

Tyki inarcò un sopracciglio. Non lo infastidiva che qualcuno sapesse a cosa stava lavorando, ma sentire certe cose con certi toni lo urtava non poco. Tornò a ripulirsi quei grandi occhiali che sua sorella Road odiava -”ti rendono bruttissimo”, diceva sempre- e sistemò alla bell'e meglio le sue scartoffie sulla scrivania.

« Qual è il problema? » chiese.

Il collega gli sbatté in faccia la copia di un giornale uscito quella mattina. Si era beccato addirittura la prima pagina, e accanto alla sua foto ce n'era una che ritraeva Lavi. Gli sembrò che le fotografie facessero spegnere un po' quella luce che il suo unico occhio emanava, ma quello che lo colpì in seguito maggiormente fu il titolo dell'articolo.

« Provaci ancora, avvocato! »

Tuttavia Tyki ridacchiò. « Vengo proprio bene nelle foto, uh? »

« Tyki Mikk! » lo richiamò l'altro. « Quando pensavi di dirci una cosa del genere? »

« Bè, nemmeno tu mi dici tutte le cause di cui ti occupi, Bakino. »

« Non chiamarmi Bakino! E comunque questo caso è differente! Non dirmi che non sapevi degli altri tredici! »

« Certo che lo sapevo. Mi sorprende che siano venuti a saperlo anche i giornalisti. »

« Ti hanno visto entrare e uscire due volte dal carcere in cui si trova, basta fare due più due. »

« Ma dai, questo ragazzo è così famoso? »

« Tyki, ti rendi conto che così rischi di far fare una figuraccia al nostro studio? »

« Ehi, ho appena cominciato. Intanto chi lo dice che io scappi via come gli altri? Posso anche riuscire a dimostrare che non è colpevole, sai? »

Bak, o Bakino come molti usavano chiamarlo solo per il gusto di vederlo irritato, fece una smorfia grottesca. Certo, Tyki era un po' strano e lo sapevano tutti, ma decidere di occuparsi di un caso del genere era come suicidarsi. Senza contare che ormai i media si erano presi la libertà di sparare a zero sulla loro professione e su un ragazzo che non conoscevano, se non per una serie di brutali omicidi di cui si era assunto la colpa.

« Bakino, sta' calmo. » gli disse l'altro sorridendo. « Visto che sei in piedi, mi porteresti un qualche fascicolo che riguarda il guercio? Sempre se ne abbiamo uno. »

« Ad avercelo lo abbiamo... ma temo che non troverai molto leggendo su di lui. »

« Perché? »

« Sembra un fantasma. » gli porse sul tavolo una cartella gialla, su cui era stato scritto in una grafia rozza “Lavi Bookman Junior”. A Tyki bastò sfogliarlo velocemente per farsi un'idea dell'assurdità della situazione.

« Solo due pagine striminzite per descrivere diciotto anni di vita di un ragazzo? »

« Questo è tutto quel che abbiamo. Dammi retta, ti conviene rinunciare prima che i giornalisti ti diano sempre più addosso. »

« I giornalisti possono scrivere quel che vogliono. »

Aveva pensato che, prima di cercare qualcosa su Yu Kanda, sarebbe stato meglio informarsi di più sul cliente che seguiva. Ma quei fogli non dicevano poi molto.

« Lavi Bookman Junior
Data di nascita:
10 agosto 1989
Luogo di nascita:
---
Statura:
1.85
Segni particolari:
benda sull'occhio destro. Causa sconosciuta. Orecchini su entrambi i lobi.

Trasferitosi per frequentare le scuole superiori con ottimi risultati, alloggia nei collegi messi a disposizione della scuola. Risulta orfano di entrambi i genitori, non ha fratelli, sorelle o altri parenti.

Confessa di aver assassinato Linalee Lee ed il fratello Komui Lee, Reever Wenham, Miranda Lotto e Yu Kanda, il trenta dicembre 2004.

Dai controlli risulta perfettamente sano, non presenta patologie fisiche e/o mentali. Possiede una stupefacente memoria eidetica.

L'imputato si rifiuta di fare controlli clinici sull'occhio destro. »

Due pagine di informazioni del tutto inutili. Neanche una parola sul rapporto che aveva con le vittime. Quale idiota aveva scritto un fascicolo del genere? Chi se ne frega dei controlli di routine! -anche se Tyki era un po' curioso di sapere per quale motivo portasse costantemente una benda- E poi, Lavi aveva detto di avere un nonno. Perché lì sopra non era stato menzionato?

Se non fosse stato per quella data di nascita scritta sotto il suo nome, e se non lo avesse già visto con i propri occhi, anche Tyki avrebbe creduto che fosse un fantasma, o che fosse un improbabile protagonista per un romanzo thriller. Lavi esisteva. E quasi nessuno sapeva dire niente di lui.

Cercò in tutta fretta qualche informazione su Kanda, sperando di trovare qualcosa di più interessante. Ed effettivamente qualcosa c'era. Nessuno avrebbe considerato una tale informazione utile, ma con Tyki era tutto un altro paio di maniche.

Da quanto leggeva, Kanda era sopravvissuto a un terribile incendio. E poi era stato anche adottato. E se era fortunato, magari quella donna era ancora viva e sapeva dirgli qualche cosa in più delle stronzate che stava leggendo su quei fascicoli.

Si segnò velocemente nome, cognome e indirizzo. E dopo l'ennesima chiacchierata con Lavi, ci avrebbe fatto un salto.


« Bentornato, Tyki! » il ragazzo dai capelli rossi chiuse subito il libro che stava leggendo con un forte tonfo, salutando l'avvocato con un espansivo gesto del braccio. Quel giorno aveva deciso di indossare una sciarpa, ed effettivamente anche Tyki sentiva un certo freddo pungente. Forse i termosifoni si erano guastati.

« Sorpresa. » il ventiseienne gli porse una piccola busta nella quale erano stati messi vari dolci e caramelle. A Lavi brillò letteralmente l'occhio, afferrando famelico la busta e ingoiando subito due dolcetti.

« Era da un sacco che non mangiavo qualcosa di così... così... normale! Sa, oggi ci hanno fatto mangiare una minestra piena di cipolle e... zucchine? Non sono sicuro che lo fossero. Comunque, faceva schifo. »

« Immagino. Sembra che non vedi cibo da una vita. » Tyki fece una piccola risata, intenerito da quell'atteggiamento quasi infantile.

« E poi a colazione portano sempre un bicchiere di latte zuccherato con una galletta di riso. Ho detto loro mille volte che non mi piacciono le gallette, ma mi rispondono sempre che questo è un penitenziario, mica un ristorante. Però cambiare ogni tanto non farebbe male. La ringrazio molto per i dolci. Oooh, questo ha anche le nocciole dentro! »

« Allora, mentre mangi, ti dispiace se facciamo un piccolo test? »

« Cioè? »

« Voglio solo verificare una cosa che ho saputo di te. Oh, stavi leggendo? »

Lavi fece un piccolo cenno con la testa in segno d'assenso. « Il gatto nero di Poe. Per fortuna la biblioteca di questo posto ha anche libri buoni. Oggi avevo voglia di Poe. »

« E... so che ti sembrerà una richiesta strana, ma... » prese il libro sfogliando la prima pagina. « Potresti ripetermi le prime tre righe? »

Lavi fece un sorriso divertito, anzi, sembrava addirittura contento di quella domanda. Si schiarì la voce, emozionato per qualcosa che non sapeva definire.

« “Per il racconto più straordinario, e al medesimo tempo più comune, che sto per narrare, non aspetto né pretendo di essere creduto. Sarei davvero pazzo a pretende”... scusi, Tyki, ma c'è il trattino e va a capo, devo continuare fino al punto? »

L'altro dovette ricontrollare più volte la pagina per convincersi che aveva ragione. Un trattino proprio a “pretendere”, e Lavi se l'era ricordato. Non soddisfatto, però, richiuse il libro e tirò fuori il mazzo di carte che aveva portato la volta precedente.

« Ora ti mostrerò quindici carte, a un secondo di distanza dall'altro. Vediamo se ti ricordi quali sono e in che ordine. »

« Divertente, facciamolo. »

Una delle cose che Tyki Mikk non avrebbe mai dimenticato era senza dubbio lo sguardo di Lavi, così concentrato, così diverso dalla risatina che faceva di solito. Come se per lui ricordare fosse più una missione che una cosa naturale. Il silenzio che si era creato mentre gli mostrava le carte era quasi inquietante.

Ma ancora più inquietante fu il risultato del “test”. Impeccabile.

« Tre di bastoni, sei di spade, asso di coppe, cinque di spade, sei di spade, due di denari, dieci di bastoni, nove di denari, sette di coppe, otto di spade, tre di denari, asso di denari, cinque di coppe, quattro di bastoni, due di bastoni. »

Tyki decise di accendersi una sigaretta per allentare la tensione. Ne aveva sentite di storie legate a quel tipo di memoria, ma non l'aveva mai constatato di persona. La cosa lo divertiva, lo elettrizzava, ma allo stesso tempo lo spaventava. Proprio così.

« Questa è quella che si chiama... memoria eidetica? »

« La mia è più una memoria fotografica. Mi basta vedere una cosa solo una volta per memorizzarla. La memoria eidetica è un po' diversa. Per esempio, se viene mostrata una foto per un secondo, uno continua a vedersela davanti con ogni minimo particolare, ma il ricordo si affievolisce col passare dei secondi. Io invece ricordo sempre. Come se avessi un album di fotografie in testa. Basta richiedere la foto e io la sviluppo. »

« Ed è una cosa che hai sviluppato con un allenamento particolare o... »

« No, ci sono nato. A me piace molto ricordare le cose. Certo, a volte vorrei dimenticare alcuni particolari, ma alla fine il mondo è fatto di cose belle e brutte. »

« Per cose brutte intendi anche Linalee? »

« Al contrario. Linalee era splendida. È un bene che, nonostante tutto questo tempo, io ricordi perfettamente la sua voce, i suoi occhi, il suo portamento. Però effettivamente vorrei dimenticare i giorni in cui la vedevo piangere. Non sapevo mai che fare quando la vedevo così. E ripensarci mi fa tornare in mente quanto sono stato impotente. Sia maledetta la mia memoria. Mi viene da dire questo, a volte. »

« Sul fascicolo che riguarda te ho letto che facevi parte del consiglio studentesco. Eri una persona, come dire... importante? »

« A gennaio ci sarebbero state le elezioni del presidente. Io ero tra i candidati. Anche se non avevo molta voglia... feci domanda tre volte per entrare nel club di basket. Sempre rifiutato. Non volevano che facessi sport. »

« Perché? »

Lavi spostò qualche ciuffo rosso dalla fronte e si indicò la benda nera che gli copriva l'occhio destro. Aveva un sorriso amaro, segno che era un discorso che non gli piaceva affrontare.

« Non volevano prendersi responsabilità nel caso mi fosse arrivata una pallonata in faccia. Io ho detto mille volte che non c'era problema, che potevo, volevo giocare... ma niente. Credendo di farmi un favore, mi hanno sempre tenuto da parte perché sono un... usando termini magnanimi “guercio”, no? Altrimenti per molti ero lo “strabico”. Ehi, cos'è quell'espressione, Tyki? A me non dava fastidio. In fondo, sono un guercio. Mi dava fastidio essere tenuto da parte per questo. Ci vedo benissimo anche con un solo occhio, e posso fare quello che fanno tutti. Entrai nel comitato per coprire la delusione di non essere entrato nel club di basket. Sa, io amo il basket. Ma non mi ci fanno giocare neanche qui. »

Per un momento nella mente di Tyki si allestì un luogo familiare. Una scuola. Fatta di armadietti, aule e ragazzi in uniforme. E mentre tutti venivano assorbiti dalla vita scolastica, in un desolato campo da basket c'era lui, Lavi, che tranquillo e beato giocava per conto suo. Anzi, magari, aguzzando la vista, si sarebbe accorto che Linalee lo guardava, sorridente, seduta su una panchina.

Era una scena così semplice e scontata... ma forse Lavi lo aveva vissuto. Forse la sua memoria aveva immagazzinato anche quello.

Perché decidere di bloccare quei giorni in maniera così brusca? Cos'era cambiato tra loro?

Perché parlare di Linalee con quel tono nostalgico? Si era pentito? Forse per questo aveva confessato. Ma c'era qualcos'altro... che a Tyki non tornava.

Non se la sentiva di dire che gli faceva pena. Non provava sentimenti del genere, e sicuramente Lavi si sarebbe offeso, perché da quel che capiva dei suoi discorsi, ricevere compassione per una stupida benda non era quello che voleva. Chissà quanto si era sentito mortificato quando altri della sua età o i suoi insegnanti gli facevano notare quel particolare che non si poteva nascondere con qualche ciuffo rosso. E pensavano addirittura di fargli del bene. Che stupidi.

« Ragazzo... se io ti chiedessi perchè l'hai uccisa, mi risponderesti? »

« Le risponderei che non ho un movente. »

« Allora parlami di lei. Di quello che vuoi. E anche di Kanda. Forse dalla tua memoria eidetica riesco a capire il perché. »

« Memoria fotografica. »

« È uguale. »

Era davvero strano, quell'avvocato. Però, parlare... forse gli avrebbe fatto bene. Condividere i ricordi con qualcuno. Pensandoci, non suonava poi tanto male. La sua testa era più simile a un computer che a un cervello umano. Anche quando non voleva, immagazzinava troppi dati. E forse, svuotarne un po' il contenuto lo avrebbe fatto sentire più leggero. Lavi volle credere che fosse così facile.

« Cosa vuole sentire? »

« Quello che ti pare. Avevi detto di aver fatto sesso con lei sei volte, giusto? Ma lei viveva col fratello, e tu... »

« Nel collegio della scuola, ma anche lì non era prudente. Lo abbiamo fatto in camera mia solo la prima volta, il trenta ottobre. “La notte del diavolo”. Erano tutti occupati a terminare i preparativi per la festa di Halloween, e io avevo finito prima i miei compiti nel comitato. Così, con la scusa... è strano, sa, Tyki? Lei era vergine. Quando lo scoprii pensai che era mio dovere essere... un vero uomo, quello che la tranquillizzava. Quello che diceva “va tutto bene, ci sono io”, perchè lei non ne sapeva niente del sesso. Però, quando me la sono ritrovata sdraiata sotto di me, mezza nuda, vedere come le bastava poco per arrossire... non so descriverglielo. »

« Credo di capirti. » disse Tyki accennando un sorriso.

« Davvero? »

« Bè, non ho mai passato un'esperienza del genere, ma so che alcune donne possono... farti crollare alcune convinzioni. »

« Già... bè, non esagero se dico che la mia prima vera volta è stata con lei. »

Ma quel trenta ottobre era solo una delle tante date che ricordava volentieri. Quante cose aveva passato con lei, con Kanda, con un sacco di persone. Aveva toccato con mano esperienze che non aveva mai visto. Quando viaggiava con suo nonno, il tempo scorreva troppo velocemente per potersi rendere conto della realtà. Ricordare per Lavi significava classificare costantemente le cose più importanti, ed era sempre indeciso sul criterio per farlo. Non che fosse indispensabile fare una cosa del genere, ma almeno in questo modo riusciva a fare un piccolo bilancio della sua vita che sembrava essersi fermata ai suoi sedici anni.


« Ehi, Linalee! »

« Oh, Lavi! Ciao! »

« Sembri di buonumore. »

« Eh? Bè, io... in effetti sono molto felice. Mi hanno presa per lo spettacolo, sai? Ho la parte della protagonista per la festa di fine anno! »

« Davvero? Grandioso, congratulazioni! »

« Ti invidio, sai? Vorrei ricordarmi sempre tutto come fai tu, così non avrei problemi con le battute! »

« Posso farti da suggeritore, se vuoi. Ho sempre sognato mettermi dietro le quinte e dire “pssst, la battuta è questa!” »

« Ah ah ah! Ma dai, smettila! »

« Comunque, andiamo a festeggiare! Hai visto Yu? A lui l'hai detto? »

« È già andato in mensa, mi pare. »

Lavi era felice quando riusciva a farla sorridere in quel modo, quando la vedeva così contenta. Era una ragazza che splendeva di luce propria quando era di buonumore. Nella loro scuola vi erano diverse ragazze molto più carine e avvenenti di lei, ma Lavi trovava in quella ragazza una semplicità quasi disarmante.


« E poi l'uniforme scolastica le stava così bene... » se si fosse trovato in un fumetto, Lavi avrebbe avuto l'occhio a forma di cuore.

« Il fascino della divisa, eh? » Tyki non provava fastidio nel sentir raccontare quella storia. Facevano pur sempre parte del lavoro, e poi Lavi sembrava così di buonumore, così sereno, che non poteva fare a meno di ascoltarlo.

« Oh, aveva delle gambe fantastiche. E il nero dell'uniforme faceva risaltare così bene la sua pelle chiara! »

« Ho capito, ho capito. Vai avanti. »


« Yu, fai posto alla nuova star! »

« Lavi, smettila! È solo una recita di fine anno! » nonostante tutto Linalee rise, sedendosi accanto a Kanda.

« Ma tu sarai la protagonista! »

Yu Kanda era un ragazzo che non spiccava per il particolare aspetto -a parte capelli lunghi sempre legati in una coda di cavallo- o per la sua media scolastica. Era l'atteggiamento. Scostante, a tratti asociale, di quelli che cercano di chiudere in fretta le conversazioni. Se proprio trovava antipatico qualcuno, lo trattava senza mezzi termini con freddezza e talvolta sarcasmo.

Linalee era molto più moderata, ma non esente anche lei da qualche difetto. Non mostrava nessun rimorso quando sgridava il ragazzo se si mostrava troppo scortese, ed era anche un tantino permalosa. Perdonava, certo, ma non prima di aver fatto pesare ben bene la cosa sulla coscienza di chi le aveva fatto lo sgarbo.

Lavi invece... lui era un caso a parte. Demoliva seduta stante le barriere delle persone attorno a lui. Che Kanda fosse un po' difficile degli altri a lui non creava nessun fastidio, anzi. Era divertente passare del tempo con lui. E Yu, anche se manteneva un modo di fare sempre distaccato, sembrava aver accettato la sua presenza. Nessuno sapeva che riuscivano anche a chiacchierare per ore senza sfociare in litigate pazzesche.

« E a voi come va? » chiese la ragazza, con un sorriso.

« Come al solito. » Kanda tornò subito a dedicarsi al pranzo. Quasi tutti i giorni prendeva soba o tenpura. “È nutriente”, diceva. Bè, se gli piaceva così tanto nessuno aveva da ridire. Solo Linalee gli diceva sempre di variare, di tanto in tanto.

Lavi invece andava letteralmente pazzo per la carne di manzo alla griglia, ma dal momento che sembrava chiedere troppo al cuoco della scuola, si accontentava sempre di pasta o, se aveva lo stomaco chiuso, un panino. Quel giorno però il buonumore per la riuscita audizione di Linalee gli aveva suggerito di esagerare.

« E a te, Lavi? Oggi ti ho visto girare spesso per i corridoi. »

« Noi del comitato avevamo parecchio da fare oggi. Stavamo cercando qualche volontario per l'organizzazione della festa di Halloween. A proposito, Yu, hai poi fatto il favore che ti ho chiesto? »

« Uh? »

« Dovevi comprare le tovaglie. L'hai fatto, vero? »

« Non faccio mica parte del comitato, io. »

« Ma te l'ho chiesto come amico! Io non ho proprio tempo! »

« Su, su! Se non è un problema posso andarci io. » Linalee diede al rosso una piccola pacca sulla spalla.

« Trenta tovaglie per lunedì? »

« Nessun problema. Se i soldi non bastano, chiederò a mio fratello. »

« Ma che dici? Un vero uomo non fa mai pagare una donna! Te li do io i soldi. »

« Davvero? Grazie! »

Agli occhi di molti Lavi poteva sembrare uno scemo quando si trattava di donne. Era facile definirlo un ragazzo che usava le donne come oggetti, o che fosse particolarmente volubile. Ma era semplicemente un grande ammiratore delle bellezza femminile. Lo faceva intendere un po' troppo, a volte, ma con Linalee era completamente diverso. Addirittura Kanda lo aveva notato. Era gentile con lei, pieno di premure. Se aveva problemi con lo studio la aiutava volentieri. Se la vedeva piangere le chiedeva sempre come stava, le prestava un fazzoletto e la lasciava sfogare. Se vedeva che era di umore nero la lasciava in pace.

Semplificando, sembrava cotto di lei. Ma Lavi rispondeva sempre che non era così. “Innamorarsi è una parola grossa, Yu. Le voglio bene, ma non fino a questo punto”.

Sarebbe stato un magnifico discorso se non avesse aggiunto “credo” alla fine.

Comunque, erano fatti suoi. Se non voleva concludere niente con lei, tanto piacere. L'importante per Kanda era non coinvolgerlo in questioni di poco conto e seccanti.

Poi il ragazzo si alzò. Doveva tornare in aula a prendere dei libri. E lui, Lavi, era rimasto solo con Linalee, come tante volte. A mangiare e parlare del più e del meno, come normali amici.


« Sembrano, come dire... normali giorni di vita scolastica. » esordì Tyki.

« Con loro era facile passare momenti del genere. È questo che fanno gli amici, no? Ti fanno dimenticare i problemi e ti fanno innamorare di quelle quotidianità quasi insulse. Io ho viaggiato spesso, non ho mai avuto occasione di legarmi seriamente a qualcuno prima di loro. Non che m'importasse prima. Quando il mio vecchio mi diceva che dovevamo partire un'altra volta, obbedivo senza fare storie. Chissà cosa direbbe di me adesso, il vecchio panda... »

« Vecchio panda? »

« Lo chiamavo così. Sa, aveva il vizio di truccarsi gli occhi come un panda, a ottant'anni suonati. E si arrabbiava sempre quando glielo dicevo. Era molto severo, ma si è preso cura di me finché ha potuto. »

« Non vi siete più visti? »

« Dopo il mio ingresso al liceo lui è ripartito per lavoro. Forse è morto, ormai aveva una certa età. Fa, o faceva, un lavoro che non gli dava tempo per telefonarmi o scrivermi. O magari è ancora vivo e sa che cosa ho combinato. Comunque lui non ha niente a che fare con Linalee e Yu... non verrà menzionato mai in questi ricordi. »

« Capisco. »

Tyki non aveva staccato gli occhi dal guercio nemmeno per un istante. Aveva un'espressione così insolita quando parlava di quella ragazza. Con nostalgia, e una sorta di affetto di fondo. Come aveva potuto ucciderla lui?

« Ragazzo... »

Lavi alzò il capo, tornando nel mondo reale. Non ci fu bisogno per nessuno dei due di dire che il siparietto dei ricordi per quella giornata era terminato.

« Mh? »

« Tu amavi Linalee, non è vero? »

Sorrise, come faceva di solito. Quei sorrisi che Linalee e Yu, e anche Tyki, avevano imparato a conoscere. Quei sorrisi che non dicevano mai cosa pensava veramente. Con Lavi Bookman Junior bisognava affidarsi a quello che diceva, non vi erano vie di mezzo.

« Mi sono reso conto di amarla all'improvviso. Avevo sempre nutrito un certo interesse per lei. Insomma, era bella, irresistibile, e così... pura. La sua esistenza sembrava un invito a violarla. Poi qualcosa dentro di me è esploso. Capii di aver superato il punto di non ritorno da un pezzo. Già, ero cotto di lei. Yu aveva fatto centro sin dall'inizio. »

« Allora l'hai... uccisa perché la amavi troppo? »

Lavi sorrise ancora una volta. « È inutile che me lo chieda. Io non ho un movente per l'assassinio di Linalee. L'amavo, eppure l'ho uccisa. Volevo bene a Yu, eppure l'ho ucciso. Miranda, Komui, Reever... ho ucciso anche loro, sebbene provassi per loro una sorta di forma d'affetto. Tyki, apprezzo che lei cerchi di aiutarmi, ma... »

« Ma niente. Se non me lo vuoi dire tu, il movente me lo cercherò da solo. O forse mi stai dicendo... che il tuo “movente” non è abbastanza plausibile? »

« Che cosa vorrebbe insinuare? »

« Che forse tu non eri neanche presente quando Linalee è morta. E di conseguenza un movente non ce l'hai. »

« Lei proprio non riesce ad accettare il fatto che io possa essere un assassino, eh? » chiese ridendo.

« Proprio così. »

Il ragazzo ridacchiò. Posò il mento su una mano, tutto preso dal ghigno dipinto sul viso di Tyki e da quella sicurezza che gli vedeva sempre addosso. Assunse un tono ironico. « Come siamo temerari, Tyki. »

« Scherza pure. Ora vado, devo incontrare una persona che forse conosci. »

« Ad esempio? »

« La donna che ha accolto Yu Kanda nella sua famiglia. Si chiama Anita. »

Lavi spalancò l'occhio e fece un grande sorriso. La sua voce si era fatta un po' più acuta e a dir poco entusiasta. « Strike! Gran bella donna lei! Me la saluti, eh? »

Tyki gli lasciò gentilmente in regalo il sacchetto di dolci. Sorrise e se ne andò, lasciandolo solo nei suoi ricordi, sempre se aveva ancora voglia di ricordare.

Da qualche parte, in quella memoria che era più simile a un magazzino, c'era la verità. E lui l'avrebbe afferrata quella verità. Ormai per lui era diventata una questione di principio.

In effetti si era sentito meglio, Lavi. Gli aveva fatto piacere raccontare quello che aveva passato e avere qualcuno che ascoltasse tutto senza fiatare. Nessuno, in carcere, lo aveva mai fatto.

Ma c'erano cose non poteva proprio dire. Cose inviolabili. Avrebbe fatto di tutto per tenersele per sé e per la sua testa.

« Lavi, che è successo qui?! »
« Yu... che ci fai qui...? »
« Non ti muovere, Linalee respira ancora! Chiamo subito l'ambulanza, tu sta' fermo e non muoverla. Ma chi è stato? Chi le ha... chi le ha fatto quei tagli? »
« … io... »
« Che? Lavi, datti una calmata e dimmi che è successo! »
« Sono io... sono io che l'ho uccisa! »
« Che cacchio dici... tu...?! »






Forse alla fine di questa triste storia,
qualcuno troverà il coraggio
per affrontare i sensi di colpa,
e cancellarli da questo viaggio.
Per vivere davvero ogni momento,
con ogni suo turbamento,
come se fosse l'ultimo.
Senti che fuori piove?
Senti che bel rumore.

[ Sally – Vasco Rossi ]

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Capitolo 4
*** Terzo incontro, ore 16:50. Lavi, chi sei? ***


Author's note; uhm... questo capitolo è un po'... strano. Lavi è proprio incomprensibile... sto scrivendo questa fan fiction sperando di capirlo meglio, e invece mi rendo conto che è davvero incomprensibile. Per questo mi piace tanto. [fangirla spudoratamente]
Ehm, vabbè. Spero che vi piaccia! Certo che pure Tyki ha i suoi momenti bastardelli... non so chi tra lui e Lavi sia il più inquietante in questo capitolo. XD
Ah, piccolo spoiler. Nel prossimo capitolo ci sarà anche Road! E svariati flashback con Komui e Miranda. È ora che parlino anche loro, no?
E qui, oltre ad Anita... sorpresina. Spero che vi piaccia, davvero!
Piccola nota: il tè che Anita serve a Tyki. Il Kanro Kyoroku, è uno dei più raffinati e costosi. [sì, mi sono rifatta una cultura sul tè, lol]
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito finora e tutti quelli che leggono con interesse questa storia!
Grazie mille a
I r i s per avermi inserito tra gli autori preferiti!
Buona lettura!
P.s.: la canzone usata stavolta per l'introduzione mi fa piangere, davvero. E il titolo del capitolo... bè, è implicito, no? Anche se non gli viene chiesto direttamente, è una domanda che sorge spontanea. Inevitabile, ecco. xD





Terzo incontro, ore 16:50

Lavi, chi sei?





Dov'è Mimì?
Mi volto e la vedo.

Perché vai via?”, le chiedo.
Rimani qui, improvvisiamo”.
E fu così che mi conquistò Mimì.
E tutto iniziò da lì.
Non resto senza Mimì.
[ La grande assente – Renato Zero ]






Lavi si svegliò in seguito a un forte rumore. Stava succedendo qualcosa, nel corridoio. Sentiva qualcuno urlare. Forse qualche detenuto come lui l'aveva combinata grossa. E ai secondini importava poco, se qualcun altro stava dormendo, men che meno se si trattava di lui.

Era stato messo addirittura in isolamento, per aver ucciso cinque persone. La televisione la poteva guardare per poco tempo al giorno -e, casualmente, sceglievano sempre gli orari in cui non c'era niente d'interessante- l'ora d'aria veniva scelta sempre quando gli altri erano già dentro. L'unica richiesta che gli avevano esaudito fu la libertà di andare in biblioteca quando preferiva e di restarci quanto voleva. Tanto quello non era un posto adatto per fare conversazione, e poi nel penitenziario Lavi era l'unico che si dedicava seriamente alla lettura. Se non fosse stato “l'incontentabile strabico”, come qualcuno aveva usato chiamarlo, quel posto non sarebbe stato neanche paragonabile a una banale biblioteca comunale. Dovevano ringraziarlo, in fondo era lui che chiedeva libri su libri. Gli piaceva molto leggere. Quando sfogliava le pagine, il mondo fuori non esisteva. Per Lavi leggere era come entrare in contatto con altri mondi, era come spalancare una porta e farsi investire da miriadi di cose che lui aveva ignorato. Aveva sentito dire da qualche parte che “i libri sono come amici, sembrano conoscere tutto di te e parlarti”, ma lui non ci credeva affatto. Lui aveva sempre pensato che i libri aspettassero solo di essere scelti da chi voleva davvero comprenderli e conoscere. E lui era una di quelle persone.

Così Lavi passava gran parte del tempo da solo, a farsi sorvegliare da Howard Link -che, vista la sua propensione alla conversazione, era come se non ci fosse- a leggere, mangiare, dormire. E magari anche sognare. Non gli capitava da tempo di sognare lei. Bella come la ricordava, sorridente come la ricordava. Non sporca di sangue, né col viso velato di lacrime. Incontri fugaci permessi solo in un mondo irreale come il sogno. Lei sorrideva, poi andava via, senza dire dove, neanche se le veniva chiesto. Poi lui si svegliava con l'amaro in bocca, faceva una piccola smorfia e tornava alla monotona vita da recluso.

Dopotutto non si meritava altro, no?

Era strano pensare come l'unico che lo trattasse effettivamente come un essere umano, da tre anni a quella parte, fosse Tyki. Un avvocato che non aveva richiesto, ma quell'uomo aveva deciso di difenderlo, andando contro alle sue insistenti parole di aver ucciso cinque persone. Il perché Lavi non riusciva a capirlo, ma non poteva nascondere che ciò lo faceva sentire un po' rincuorato. Forse Tyki lo faceva puramente per un interesse professionale, ma non gli creava problemi. Gli piaceva parlare con lui, e avere qualcuno da aspettare, che ti portava dei dolci, o ti invitava a giocare a carte, e che soprattutto ascoltava ogni cosa che aveva da dire.

Lavi sorrise, osservando l'orologio. Chissà quando sarebbe venuto.

Tyki fece un fischio con fare stupito, quando si trovò di fronte all'abitazione dell'ancora sconosciuta Anita. Era una bella villa, con tanto di giardino. Kanda era stato trattato bene, fortunato lui.

Mentre attraversava il vialetto per arrivare di fronte alla porta non fece che prepararsi un discorso appropriato. Non era certo carino suonare e dire “sono l'avvocato di quello che ha ammazzato tuo figlio adottivo, mi inviteresti a prendere un tè?”, ma doveva anche giustificare il fatto che lui, avvocato che non aveva niente a che fare con lei, fosse andato a suonare proprio alla sua porta.

Bè, in qualche modo avrebbe fatto. Tanto lui se la cavava sempre, e se dall'altra parte c'era una donna la cosa era molto facilitata. Tyki sapeva bene come trattarle, di qualunque tipologia si fosse trattata. Sapeva bene come comportarsi in ogni occasione per uscirne sempre vincitore. E poi lui aveva il neo strategico. Quella piccola nota che aveva fatto Lavi non sarebbe mai andata via dalla sua mente.

Tuttavia, le sue convinzioni sparirono nel momento in cui si ritrovò davanti una donna persino più alta di lui, e calva. Cioè, rasata. Completamente a zero. Se non fosse stato per il seno visibile sotto la maglietta, l'avrebbe scambiato per un uomo. Doveva essere una campionessa di qualche sport estremo, meglio fare attenzione.

« Desiderate? » gli venne chiesto.

« Oh, perdonate l'improvvisata. Parlo con la signora Anita? »

« Siete un conoscente della padrona? »

Ah, meno male. Non era lei. Ma se in quella casa erano tutte così muscolose e con un così discutibile senso del look, c'era da preoccuparsi, pensò Tyki. Ma non era lì per criticare le scelte di stile altrui. Tossicchiò, cercando di darsi un tono.

« Sono l'avvocato Tyki Mikk. Mi dispiace essere venuto qui senza preavviso, ma si tratta di una faccenda abbastanza delicata che la vostra padrona certamente comprenderà. »

« Un avvocato...? »

« Sì. »

« … attendete un momento. » lo lasciò davanti all porta, socchiudendo appena. I passi pesanti rimbombarono per qualche secondo, e Tyki ebbe quasi paura. Di ritrovarsi una sua gemella magari, o una vecchia bisbetica, o una vedova che si consolava con un esercito di gatti in casa. D'improvviso Kanda gli fece una gran pena, immaginando lontanamente cosa aveva potuto passare con una donna che si radeva a zero.

Quella stessa donna tornò in poco tempo, invitandolo a entrare. « La padrona si scusa per avervi fatto attendere. »

L'interno non tradiva le aspettative, le sensazioni che regalava il soggiorno ordinato e pieno di oggetti antichi e più o meno di valore erano le stesse che Tyki aveva provato guardando la casa dall'esterno. Anzi, da fuori sembrava persino più piccola. Notò del tè fumante, con dei biscotti, già posto sul tavolino circondato da poltrone e divani rossi. La televisione era stata accuratamente spenta, e solo il tic tac di un orologio a pendolo molto vecchio faceva da sottofondo.

Poi, quasi dal nulla, arrivò a fargli compagnia lei, la padrona. Per gran fortuna di Tyki completamente diversa da quella che sembrava più una guardia del corpo che la domestica. Gli occhi orientali risaltavano bene col trucco, e i capelli erano acconciati in maniera sì particolare ma non assurda. Era davvero una bella donna, con un ottimo portamento, sorridente e cordiale. Davvero una piacevole sorpresa per l'avvocato.

« Io sono Anita, piacere di conoscervi, signor Mikk. Ho fatto preparare del tè Kanro Gyokoru, spero sia di vostro gradimento. »

« Ah... il piacere è tutto mio. » rispose lui, colpito da tanta cortesia.

« Prego, sedetevi. Mahoja mi ha detto che siete qui per una faccenda delicata. »

Il ragazzo diede una piccola occhiata alla donna muscolosa di prima che evidentemente rispondeva al nome di Mahoja. Fece un sorriso sghembo, afferrando poi la propria tazza di tè.

« Vi sembrerò sfacciato, Anita, ma... sono qui per parlare di un ragazzo. Anzi, due. » dalla borsa tirò fuori due foto che ritraevano Lavi e Kanda. Anita dapprima spalancò gli occhi, un po' sorpresa, poi elargì un sorriso amaro.

« Lavi come sta? » chiese infine, sorprendendo Tyki.

« Ha... ha detto di salutarvi. Ehm, Anita... voi conoscete Lavi Bookman Jr.? »

« Naturalmente. Veniva spesso qui, quando Kanda era ancora vivo. »

Anche lei pensava che fosse morto. Eppure non parlava del guercio con odio o disprezzo. Forse non credeva alla colpevolezza del ragazzo. Tyki poteva dunque giocarsela bene.

« Vorrei che mi parlaste di loro. Vorrei sapere se i due hanno mai litigato in modo brusco, se hanno avuto dei precedenti... »

« Voi siete l'avvocato di Lavi? »

« Sono il quattordicesimo, a essere sincero. » fece una risata ironica.

« Nessuno prima di lei era venuto a chiedermi un parere. È la persona di cui ha bisogno Lavi in questo momento. »

« Anita... voi non pensate che Lavi sia colpevole, vero? »

« Lui era un ragazzo particolare. Amava più di tutti la vita. Non si prendeva mai troppo sul serio, non di fronte agli altri. Ogni volta che veniva qui diceva una battuta nuova. Metteva il buonumore, e riusciva a tenere compagnia a Kanda. Immagino voi sappiate di Yu... »

« Vi riferite all'incendio? »

« Aveva perso tutto dopo quella catastrofe. Non sorrideva mai, non tentava di stringere amicizia con nessuno, era problematico. È stato difficile farlo ambientare e aiutarlo a cambiare vita. Io non posso avere figli, e quando ho saputo di lui ho subito voluto adottarlo. Il mio è stato un desiderio un po' egoista. Pretendevo di dargli amore e di aiutarlo, quando lui aveva già perso ogni speranza e ogni voglia di avere contatti con qualcuno. Ma col tempo, grazie anche all'aiuto di Lavi, si stava riprendendo. Aspettate un secondo. » rivolse il capo a quella che sembrava la guardia del corpo -Tyki non aveva ancora capito che ruolo avesse in quella casa- e le disse. « Mahoja, vai a prendere l'album di fotografie in camera mia, per favore. »

Come un perfetto soldato durante un addestramento, la donna scattò sull'attenti e corse su per la rampa di scale, facendole quasi scricchiolare. Si era creato un silenzio alquanto imbarazzante, alleggerito tra sorsi di tè poco rumorosi. L'album che portò in seguito Mahoja era grande e pesante, un po' impolverato, ma pieno di ricordi legati a Kanda. E Lavi. E c'era anche Linalee.

Anita porgeva con gentilezza le foto, lasciando che Tyki scavasse nei loro ricordi, permettendogli di spiare le vite spezzate di quei ragazzi. Il ragazzo provò una strana sensazione, ma non era senso di colpa. Non sapeva definirlo.

« Lavi si faceva fotografare spesso con Kanda. Questa risale al compleanno di Yu... la torta l'aveva fatta Linalee. Povera ragazza... »

« Avevate festeggiato in questa casa? »

« Sì, proprio in giardino. » porse un'altra foto. « Lavi era caduto in piscina e si era trascinato dietro Yu... non gli ha rivolto la parola per mezza giornata. »

« Permaloso, eh... »

« Kanda non sapeva nuotare... »

« Capisco. » Tyki afferrò altre foto, fatte in luoghi diversi. Quella che aveva appena pescato sembrava fatta a un concerto. Era abbastanza buio, ma i volti dei ragazzi erano comunque ben definiti. Sempre loro tre, Lavi, Kanda e Linalee. E un ragazzo che Tyki non riconosceva.

« Chi è questo ragazzo? »

« Oh, lui è Alma. Anche lui si era molto affezionato a Kanda. »

« Mi hanno detto che Yu Kanda era... asociale. Però da queste foto sembra circondato da persone che gli volevano davvero bene... »

« Siamo stati fortunati ad aver incontrato persone come loro. »

L'avvocato stava per rispondere, quando si imbatté in una foto inusuale. Doveva essere stata scattata a tradimento. Erano presenti solo Lavi e Linalee, abbracciati, come fossero intenti a parlarsi, come se stessero per scambiarsi un bacio. Sorridevano entrambi, e in quella foto si poteva vedere come Lavi stesse tentando di avvolgere la ragazza con la propria sciarpa. Un'immagine così spontanea non poté che fargli un po' di tenerezza. Ma allo stesso tempo, provò un misterioso senso di inquietudine. Si trovavano in un posto semibuio, con poche luci. Si vedevano solamente loro due, ben distinti, in mezzo a figure nere che sembravano prossimi a inghiottirli. Sembrava una premonizione. In fin dei conti, tutti quei ragazzi erano sprofondati in un abisso cento volte più grande di loro.

« Quando è stata scattata questa fotografia? »

« La data è scritta dietro. »

Tyki girò velocemente il foglio. « Ventidue settembre 2004... »

Gli vennero subito una serie di dubbi. Gli venne da chiedersi se Lavi non avesse mentito riguardo gli incontri “piccanti” che aveva avuto con lei. Era successo davvero sei volte? Se quella foto risaliva davvero a settembre, quando avevano cominciato a frequentarsi?

Tyki non possedeva una memoria formidabile e infallibile come quella di Lavi, ma una sua frase l'aveva ricordata bene.

« Non stavamo insieme. Se avevamo voglia e capitava, lo facevamo. »

Come no. Tant'è che alla fine si era innamorato di lei.

Non era il massimo basarsi solo sulle parole di Lavi. Linalee non poteva più parlare, dire cosa provasse davvero per Lavi. E nemmeno Kanda poteva parlare. Anita forse... forse sapeva qualcosa.

Le mostrò la foto, e lo rincuorò vedere l'espressione della donna non cambiare minimamente. Anzi, sembrava addirittura nostalgica.

« Voi sapevate della relazione tra Lavi Bookman Jr. e Linalee Lee? »

« Kanda aveva sospettato sin dall'inizio che tra loro ci fosse qualcosa. Una volta tornò da scuola dicendo “mi chiedo se Linalee sia davvero stupida o stia solo facendo finta di non capire quanto Lavi le stia dietro”. Forse il loro è stato un amore nato gradualmente, non credete? Linalee aveva un fratello molto geloso, non poteva confidargli le sue cotte o i suoi incontri, così veniva a confidarsi con me, da donna a donna. Mi diceva che teneva molto a Lavi, ma non voleva rendere ufficiale la cosa, non si sentiva pronta. Eppure, guardate questa foto... erano così spontanei... non potevano nascondersi per sempre. Linalee parlava di Lavi sempre più spesso, con sempre più ammirazione, sembrava davvero felice. Mi ha confidato anche di aver perso la verginità con lui. Sapete, gli ho anche permesso di andare in uno dei miei hotel. »

« Ah, voi gestite hotel? »

« In questa città vi sono tre hotel di mia proprietà, uno di questi è a ore. Li chiamano anche love-hotel. »

« Sì, li conosco. »

« Oh... siete forse un cliente fisso dei love-hotel? » entrambi risero. Era davvero una persona piacevole, quell'Anita, e pure spiritosa.

« Chi lo sa... comunque, avete permesso a loro due di alloggiare in un vostro albergo? »

« Per loro era fuori discussione andare a casa di Linalee o nel collegio di Lavi. L'unica soluzione che avevano trovato fu negli alberghi a ore. Così ho voluto... far loro un regalo nel mio hotel di lusso, senza far pagare nulla. Linalee stava quasi per piangere commossa quando gliel'ho detto. » la donna ridacchiò, nel ricordare quell'episodio.

« Quindi loro due stavano insieme, ma non in maniera “ufficiale”, è questo che volete dire? »

« Solo Kanda ne era al corrente. Forse anche Alma. »

« Dov'è ora questo Alma? »

« Si è trasferito un mese prima della morte di Linalee e Yu. Da qualche parte dovrei avere il suo indirizzo. »

« Siete stata gentilissima, Anita. Ma avrei un'ultima cosa da chiedervi... »

« Certo, ditemi pure. »

« Lavi è dentro da tre anni. Perché non siete mai andata a trovarlo? »

Lei si rabbuiò un po'. Le uscì una lacrima senza volerlo. Le guance si rigarono di un pianto nostalgico. Ma cercava di sorridere. « Le visite di persone così vicine a Linalee e Kanda lo mortificherebbero. »

Tyki non aveva ben compreso la sua risposta, ma non volle tirare la corda più del necessario. Era stato sufficiente irrompere in casa sua a sbirciare foto così personali. Tuttavia Anita si sentì in dovere di lasciargli almeno un ricordo.

« Portate a Lavi questa foto, e ditegli che lo saluto. » porse all'avvocato la foto che ritraeva il ragazzo con Linalee, in quel buio irreale. E, ancora con occhi velati di lacrime, Anita strinse una mano di Tyki, e con la voce rotta dal pianto lo supplicò. « Aiutatelo, vi prego. Fatelo tornare quel ragazzo che amava la vita. »

Il ventiseienne accennò un sorriso, cercando di risultare accomodante e comprensivo. « Non preoccupatevi. Mettere in croce i giudici è il mio lavoro. E poi, nemmeno io penso che sia stato lui. Non so perché lo stia facendo, ma lo scoprirò. »

« Lavi... sorride ancora? »

« Diciamo che non fa altro che sorridere. »

« Meno male... vi ringrazio infinitamente, signor Mikk. »


Lavi aveva ormai preso gusto nel tamburellare sul tavolo nella sala colloqui, sempre più forte, come se stesse creando una qualche melodia. Dover aspettare tutto solo lì dentro lo spazientiva sempre un po'. Finché non arrivava Tyki, non aveva proprio niente da fare, se non picchiettare sul tavolo o leggere qualcosa.

Sorrise nel momento in cui vide l'avvocato fare il suo ingresso in tutta fretta e un leggero fiatone. Si rimise composto, quasi per darsi un tono, e lo salutò cordialmente.

« Sono in ritardo, eh? » Tyki si accomodò al proprio posto.

« Non si preoccupi. »

« Ho portato le carte, giochiamo a scala quaranta? »

« Sì! »

Rimasero in silenzio per parecchio, concentrati nel sistemare le carte e ponderare la strategia giusta. Tyki aveva fatto sin da subito un sorriso compiaciuto nel vedere il proprio mazzo. Poi guardò Lavi, che tutto tranquillo sistemava le proprie tredici carte.

« È poi andato da Anita? » chiese all'improvviso il guercio.

« Non mi aspettavo che me lo avresti chiesto. » il primo a scartare una carta fu l'avvocato.

« Come sta? »

« Ti saluta. »

« Davvero? »

« Pensavi che ti odiasse? »

Lavi restò in silenzio per qualche secondo, approfittandone per scartare la propria carta.

« No, non lo pensavo. »

« Mi ha detto che tu e Linalee stavate insieme. »

« Si è sbagliata. »

« Non ufficialmente, almeno. » stavolta Tyki non scartò alcuna carta, perché posò sul tavolo due gruppi di quattro carte.

Lavi si mostrò sorpreso, ma sicuramente era ironia la sua. « Ma come, già cala? »

« Non dovrei ? »

« Bè, può fare come crede... allora... anch'io. » anche Lavi cominciò a calare delle carte sul mazzo, sorridendo compiaciuto.

« Sai, ragazzo... nemmeno Anita crede che sia stato tu a uccidere suo figlio. »

« Anita è troppo buona. »

« Mi ha anche detto che ti ha permesso di usare uno dei suoi hotel. »

« Sì, è vero. Ogni volta che io e Linalee dovevamo andare in un albergo a ore, pagavo sempre io. Ma gli hotel di Anita sono esclusivi... non me lo sarei mai potuto permettere. È stata gentile. » Lavi scartò un'altra carta, poi sporse di poco la testa per osservare le carte dell'altro. « Che asso è quel jolly? »

« Uhm... picche. »

« Merda. »

Tyki fischiettò, seriamente divertito. Era da parecchio che non giocava così tranquillamente con qualcuno. Ed era niente meno che con un detenuto. Quella situazione aveva un che di esilarante.

Stava per scartare un'altra carta, quando Lavi, con un tono quasi severo, lo colse in flagrante.

« Guardi che la vedo. »

« Cosa? »

« Stava per sostituire una carta. Si chiama imbrogliare, Tyki. Non va bene, sa? Lei è un avvocato, dia il buon esempio. »

Restò per un momento senza parole. Gli venne da ridere, per quanto si sentisse ferito nell'orgoglio. « Sei... sei il primo che se ne accorge. »

« Lo fa spesso? »

« Solo in casi estremi. »

« Aaah, allora si sente in pericolo! Stia tranquillo, non chiudo subito. »

L'avvocato poggiò il mento su una mano, intento a osservare attentamente il volto del rosso di fronte a lui. Era un ragazzo che gli dava innumerevoli impressioni diverse. Sembrava tranquillo, posato, gentile, scherzoso. Quello stesso ragazzo che amava la vita di cui gli aveva parlato Anita. Eppure a volte sapeva mettere in soggezione. Per esempio quando diceva in tutta tranquillità che aveva ucciso una ragazza che amava. Tyki voleva credere che non fosse stato lui, ma era di certo difficile mantenere vivida quella convinzione quando dall'altra parte sembrava non esserci nemmeno il rimorso. Solo nostalgia, quando gli veniva raccontato qualche spezzone di vita normale.

« Perché hai deciso di interrompere tutto? » si era chiesto. Ma le parole che gli rivolse furono ben altre.

« Io e te non siamo poi così diversi, ragazzo. »

« A cosa si riferisce? »

« Quando ci sentiamo in pericolo, imbrogliamo. »

« Ah ah ah! Ehi, ehi, io non imbroglio! »

« Ah, no? »

« Con tutto il rispetto, non sono certo io quello che nasconde le carte sotto la manica. »

« Vedi? Stai imbrogliando ancora una volta. »

Lavi smise subito di sorridere. A Tyki parve quasi irritato. Forse era una di quelle persone che detestava essere scrutato dentro. Non gli sembrava così furente, ma il sorriso era improvvisamente scomparso, e l'atmosfera attorno a loro si era fatta più pesante in un soffio.

Il ragazzo posò sul tavolo le carte, evidente segno che non era il caso di continuare a giocare. Avvicinò la sedia al tavolo per farsi più vicino e scrutare con attenzione il viso di Tyki.

« Imbrogliare, eh...? » gli sussurrò. « Immagino che lei si stia divertendo, non è così, Tyki? Dica un po', che gusto prova a valutare le persone giocando a carte? Pensa di averle in pugno, vero? Pensa di poter ottenere qualunque cosa voglia... »

Tyki sorrise, mantenendo un modo di fare noncurante e sarcastico. « Io non lo penso. Io lo so. »

« No, lei sa di poter ottenere determinate cose imbrogliando, come sta facendo ora. Come sta facendo con me. Lei vorrebbe che io non sia colpevole, ma purtroppo per lei... sono stato io. »

« Sei un grande oratore, ragazzo... si vede che leggi molto. E soprattutto, si vede che imbrogliare per te è la prassi. »

Lavi fece un sorriso sghembo. Il suoi occhio era, in quel momento, davvero simile allo sguardo di un assassino. Ma se pensava di spaventare Tyki per una cosa del genere, sbagliava di grosso.

« A che gioco stai giocando, ragazzo? »

« E lei? »

Ci fu una breve pausa di silenzio tra i due, che serviva a trovare una falla nel comportamento nell'altro. Senza risultati.

« Anita mi ha parlato di un certo Alma. »

« Lui non c'entra niente. Si era trasferito. »

« Che fortuna, eh? »

« Tanto non l'avrei ucciso... a meno che non mi avesse creato problemi. »

« Come Yu Kanda? »

« Come lui, Komui, Reever e Miranda. »

« Non ti dispiace se vado a trovarlo, vero? Gli porto i tuoi saluti? »

« Non so dove abiti. »

« Ma lo so io. »

« … faccia come crede. »

Prima o poi avrebbe ceduto, il guercio. Dopotutto aveva solo diciotto anni, per quanto potesse essere forte non avrebbe mai vinto contro di lui. Ci aveva scherzato su, ma Tyki era davvero il tipo che se voleva qualcosa, la otteneva. Anche imbrogliando, nella convinzione che il fine giustifica i mezzi. E lui avrebbe fatto di tutto per provare l'innocenza di quel ragazzo. Aveva deciso così, ance se Lavi sembrava far di tutto per sembrare uno psicopatico.

« Ah, già. Anita mi ha detto di darti questa. » trascinò sul tavolo freddo e umido la foto che aveva trovato in casa della donna, aspettando una qualsiasi reazione da Lavi. Lui guardava e guardava, aveva preso la foto tra le mani, a capo chino, ma non diceva alcunché. Era indefinibile.

« Grazie. » disse infine, con un'indifferenza quasi inquietante.

Lavi cercò di trattenere con tutte le sue forze una qualche imprecazione quando Tyki se ne andò. Quell'incontro non era stato poi così piacevole. Perché, diamine, odiava davvero che qualcuno lo sfidasse in quel modo plateale. Gli sembrò una situazione assurda, sembrava che dovesse dimostrare a tutti i costi la sua colpevolezza e non l'innocenza come facevano tutti. E odiava pensare che Tyki avesse fatto parzialmente centro: anche lui era un imbroglione. Si divertiva a osservare gli altri, a giocarci quel tanto che bastava per poi voltarsi e non tornare indietro.

Questo finché non conobbe Linalee. Con lei cambiò tutto. Con lei tutto era diventato necessario. Con lei aveva deciso di smettere di divertirsi alle spalle degli altri. Suo nonno diceva sempre che “le persone sono solo un mucchio d'inchiostro”. Ma Linalee non era così. Non lo era nemmeno Yu. Loro erano stati la penna e la pergamena che avevano permesso a Lavi di fermare i ricordi più importanti della sua vita. Loro lo avevano aiutato a scrivere ciò che era davvero importante ricordare.

E lui, sempre lui, aveva stracciato quei fogli e li aveva bruciati. Come uno stupido.


« La... Lavi... »
« Non parlare... »
« Ho... freddo... »
« Sssht, tra poco passerà... »
« Lavi... p-perdonami... »
« Non hai niente di cui scusarti... »
« Non sono stata... abbastanza forte... »
« Ma che dici...? »
« Stammi vicino... fino alla fine... »
« Certo. »
« Io... ti ringrazio... grazie... di avermi amata... »
« Linalee... »
« Ti prego, Lavi... continua a sorridere... per me... »
« … sì... te lo prometto... »
« Allora perché... stai piangendo...? »


Il ragazzo scosse il capo e si coprì metà volto con una mano. Era stato davvero un cretino. Non vi erano aggettivi per descrivere la sua condotta di allora. Era stato cieco, non perchè aveva una benda sull'occhio, ma perché non aveva capito niente di quello che gli succedeva. Amava così tanto Linalee che non si era accorto di come l'aveva lasciata sfuggire tra le dita. Ma era stata colpa sua. Doveva prendersi delle responsabilità. E anche se sapeva di non meritarlo, voleva concedersi il privilegio, ancora per un po', di ricordare quei giorni. Tornò a fissare la foto, e a stento si riconosceva. Erano già passati tre anni da allora. Per quanto tempo ancora avrebbe ricordato?


« Yu... sono andato a letto con Linalee. »
Kanda aveva spalancato gli occhi e lasciato che la soba ricadesse sul piatto. Fu una delle espressioni più divertenti -per quanto poco ci fosse da ridere- che fece, tant'è che Lavi fu tentato di fargli una foto.
« E lei...? »
« Ha goduto come non mai... »
Kanda cambiò subito espressione, quasi esasperato.
« Ah... volevi sapere in senso generale? »
« Sei sempre il solito ritardato, stupido coniglio. »

Lavi rise. « Yu, sei proprio un vero amico! »
« Vabbè, insomma? Lei come ha reagito? »
« Oh... sembra felice. »
« E tu? »
« Io... penso di essermi innamorato. »
« È un problema? »
Lavi sorrise di nuovo, come se si fosse tolto un peso dal cuore. « Penso di no. Tu che ne pensi? »
« Penso che non siano fatti miei. Ma se lo fossero, penserei che non è un problema. »
« Già... »
« E quindi? Dovrei farti le mie congratulazioni? »
« Le faresti? »
« Forse. » Kanda restò un po' in silenzio, osservando la sua porzione di soba mangiata a metà. Non era abituato a ricevere confidenze di quel tipo, anzi, non era abituato ad avere vicino qualcuno che si fidasse così tanto di lui da fargliele. Tentò di mostrarsi indifferente, spostando il piatto di soba al centro del tavolo e porgendo all'amico delle bacchette.
« Ne vuoi un po'? »
Lavi sorrise di nuovo. « Grazie, Yu. »


« Ma dai... Alma non vive poi così lontano. »
Tyki ridacchiò, pregustandosi il suo nuovo, futuro incontro con quel tale, Alma Karma.
« Guercio, forse sarò un imbroglione, ma sono un professionista, sai? » si afferrò una sigaretta e, ridendo, se l'accese. Era proprio di buonumore.





Ho perso te, tutto il resto è qua,
compreso chi ti ha condannata già.
È gente che, una battuta e via,
vittime poi di quella stessa ironia.
Ti ritroverò, lo so,
se questo cuore ascolterò,
volando, volando.
[
La grande assente – Renato Zero ]

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Capitolo 5
*** Quarto incontro, ore 18:50. Sto solo facendo il mio lavoro ***


Author's note; AMICI! FINALMENTE CI RIVEDIAMO! Bè, rivediamo si fa per dire, ma... quanto tempo! Ho passato una settimana in Sardegna -mi sono divertita molto, è bello stare un po' con la famiglia!- ma poi al ritorno sono spuntati fuori un sacco di problemi e internet ha rifunzionato solo oggi! Così l'aggiornamento ha subito un ritardo mostruoso... ma eccoci qui. Ed è davvero lungo questo capitolo... addirittura undici pagine, è il più lungo che abbia mai scritto! Non so se esserne felice o no... mh, credo che ne sarò felice. Spero che lo leggerete comunque, anche perché qui succede proprio di tutto. Compaiono Allen, Road, Alma... succede proprio, ma proprio di tutto. E finalmente è Lavi a vedersi la vita complicata e non Tyki. Bè, mica tanto... perché d'ora in avanti sì che le cose si faranno complicate. Spero di riuscire a renderle bene. Nel frattempo, buona lettura!
Piccola nota: ho deciso di adottare le traduzioni nostrane del manga. Pertanto ho deciso di lasciare Lvellie e non Leverrier come lo chiamano in molti paesi esteri. -eh, sì, qui si menziona pure Lvellie...-
a proposito, ringrazio infinitamente
aki_penn per aver segnalato la storia per le scelte! Grazie di cuore!
Ringrazio ovviamente tutti coloro che leggono con interesse questa storia e dedicano parte del loro tempo a recensire!
Ringrazio
animefan95, Bibi_, Ciel88, Lore Lorenzi e preffy per aver inserito la fan fiction tra le seguite!
Ringrazio di cuore
Athanate, asia94, Dragon Girl31, GLOGLOSSY, RikaScorpion, Seminy_53, Valentyn e Haily per avermi inserito tra gli autori preferiti!





Quarto incontro, ore 18:50
Sto solo facendo il mio lavoro





Dou suru
saiaku na no wa
shinigara ikite iru koto.
Tatoeba ieru koto no nai fukai kizu.
Tatoeba todaeru koto no nai nagai itami,
sore ga omae ni, dore dake,
dore dake wakaru?
Feel alive for yourself,
kitto oretachi wa.
Soredemo ikite yukunda,
yorokobi, ikari, kanashimi,
tanoshimu riaru wa isshun wo.
(Che cosa farai?
La cosa peggiore è vivere mentre sei morto.
Per esempio le ferite profonde
non potranno mai essere curate,
per esempio le ferite che scorrono
non finiranno mai.
Vivere per te stesso,
noi lo facciamo sicuramente.
Viviamo anche con gioia,
rabbia, sofferenza,
noi viviamo dei momenti veri. )
[ Survive – Kenichi Suzumura e Takahiro Sakurai ]
[ Doppiatori di Lavi e Kanda ]





« Linalee... ah... »

Una stanza nuova, un nuovo letto disfatto, altri vestiti sparsi per terra. Ma la situazione era la medesima. Loro due abbracciati, ansimanti, lui che assecondava i movimenti di lei, felice, eccitato, confuso dal profumo che emanava. E lei sorrideva allo stesso modo, lo accarezzava, felice di vedere come riusciva a renderlo felice. Ma non parlava.

« Muoviti... muoviti così... » era bello sentirla su di sé, sentire il suo calore. Lavi avrebbe voluto che quei momenti non avessero mai avuto una conclusione, ed era convinto che anche Linalee lo pensasse, considerando come si muoveva, come si impegnava per rendere quell'ennesima notte indimenticabile. Aveva un corpo splendido, Linalee, lo aveva sempre pensato. E pensare che solo lui poteva toccarla in quel modo lo faceva sentire privilegiato.

La ragazza gli sorrise, gli diede un lieve bacio sulla fronte, poi avvicinò le mani al collo, accarezzandolo come al solito. « Che bel collo, Lavi... »

« Ti piace così tanto...? »

« Sì... » glielo accarezzava insistentemente, muovendosi sempre più piano. Era esasperante, era troppo bello per essere vero. Con nessun'altra ragazza Lavi aveva provato un piacere del genere.

Le mani di lei erano sempre più insistenti, sempre più audaci. Stando con lui, Linalee aveva imparato a mettere da parte un po' di quella timidezza che molti le affibbiavano. Ne era onorato.

Era talmente bello da essere soffocante. Lavi ci avrebbe potuto morire in un momento del genere. Letteralmente.

« Linalee... le mani... »

Lei sembrava non ascoltarlo. Si muoveva sempre più lentamente, mentre le mani, strette intorno a quel collo che tanto le piaceva, stringevano sempre di più.

« Linalee... c-così soffoco... fermati... » si fece forza, Lavi, e cercò di staccarle le mani di dosso. « Li-Linalee... fermati... basta... »

La sua voce aveva raggiunto un tono così basso e strozzato che non riuscì a raggiungere la ragazza. Voleva sperare che fosse così. Anche mettendoci tutta la forza, non riuscì a interrompere quel momento così strano.

« Li... ugh... Lina... lee... b... basta... »

Lei sorrideva. E non smetteva. Finché Lavi non chiuse gli occhi e allentò la presa da quelle mani che tanto amava.

L'urlo che lanciò il ragazzo, dentro la sua cella, avrebbe potuto far svegliare chiunque. Ma solo Link era presente, e lo guardava con quasi preoccupazione. Se ne era accorto, Lavi, aveva gridato come un bambino che viene lasciato improvvisamente al buio da solo. Aveva gridato “smettila”. E si era svegliato con un sobbalzo, tenendosi le mani alla gola. Sudava, ansimava, si guardava attorno insistentemente per accertarsi di essere al solito posto, al sicuro dal mondo esterno. Era felice, Lavi, meglio la prigione che quell'incubo.

Gettò la testa sul cuscino sospirando, ignorando gli sguardi di Link, il quale non osava fare domande. Certo, non lo aveva mai visto così da quando lo sorvegliava. Pensò di lasciarlo in pace e calmarsi, così non ebbe nulla da ridire quando lo vide riavvolgersi tra le coperte, fin sopra le orecchie, rannicchiandosi più che poteva.

Link non poteva più vedere la sua espressione, ancora terrorizzata. Il suo unico occhio verde non accennava a chiudersi, rimaneva spalancato, fisso sulle pieghe del lenzuolo. Non avrebbe mai ripreso sonno, Lavi. Avvicinò, quasi con paura, le mani al cavallo della tuta vecchia e consumata da detenuto, rendendosi conto che quel sogno non lo aveva coinvolto a tal punto. Solo quelle mani strette attorno al suo collo sembravano vere, e se le sentiva ancora addosso.

Era da tempo che non gli capitava di fare un sogno simile. Era di sicuro una vendetta nei suoi confronti. Linalee che, da qualche parte, rispuntava fuori per punirlo di ciò che le aveva fatto.

Era terribile, terribile. Ma in fondo, se lo meritava.

Era una bella giornata di sole, e a Tyki sembrò che le strade fossero un po' più affollate del solito. Era un peccato che in giornate simili lui dovesse dedicarsi esclusivamente al lavoro. Ma, se gli fosse andata di lusso, magari avrebbe scoperto che Alma viveva in una villa ancora più grande di quella di Anita, magari altrettanto gentile e accomodante. Che gli avrebbe offerto tè, biscotti e un bel bagno in piscina.

« Dio, sembro un poveraccio che vuole scroccare a tutti i costi. » Tyki scosse la testa con un sorriso ambiguo. Si ordinò di tornare a pensare al lavoro, per quanto gli fosse difficile.

Aveva deciso di uscire con sua sorella. Non gli era venuta una trovata simile finché non l'aveva vista litigare con altri suoi fratelli, nelle maniere che solo loro sapevano trovare, e aveva pensato che forse proprio quella sua vivacità avrebbe potuto aiutarlo a gestire un ragazzo poco più grande di Road.

La sorellina però sembrava più concentrata a fissare le strade, in particolar modo un punto preciso della piazza su cui stavano passando, dove diversi bambini, anche suoi coetanei e adulti, si erano fermati per fissare qualcosa, applaudendo e ridendo. Road sorrise, e si trascinò dietro il fratello, pregandolo di fermarsi a guardare.

« Sono i soliti artisti di strada, Road... non abbiamo tempo per queste cose. »

Lei però ignorò altamente le sue parole, trascinandolo con la forza. Rassegnato, Tyki sospirò, guardando l'oggetto di tanto interesse. Giocolieri, cagnolini che eseguivano qualsiasi ordine ricevessero, e clown. Sembrava proprio un circo senza tendone, ma quantomeno riuscivano a divertire e intrattenere.

Road tirò una manica della camicia del fratello, indicando il clown. « L'hai visto? L'hai visto? »

« Cosa? Chi? »

« Il pagliaccio! È Allen, non lo vedi?! »

« Solo tu lo puoi riconoscere truccato in quel modo. »

Effettivamente il ragazzo tanto amato da Road, tale Allen, raggranellava soldi facendo il clown per strada, la ragazza glielo aveva riferito. Ed ecco perché aveva voluto a tutti i costi fermarsi a guardare, altrimenti mai nella sua vita avrebbe prestato attenzione a una cosa simile.

Coi vestiti che indossava sembrava ancora più basso di quel che era. Non spiccava certo per la statura, il giovane Allen, ma a quanto Tyki stava vedendo, fare il clown gli piaceva e lo faceva bene. E Road non la piantò di fissarlo con occhi sognanti nemmeno per un istante, finché lo spettacolo non finì, e trascinò ancora il ventiseienne a sé, per raggiungere il ragazzo e salutarlo.

Lo sorpresero quando si stava togliendo il trucco, svelando così ciò che rendeva Allen diverso dagli altri. Tyki non lo aveva mai visto in vita sua, pertanto non riuscì a trattenere stupore quando scoprì che i capelli bianchi non erano frutto di una parrucca. Aveva degli occhi di uno strano azzurro, tendente al grigio, sicuramente era albino. E aveva una stranissima cicatrice sul viso, che gli segnava l'occhio sinistro e assumeva una forma che ricordava una stella. Tyki non volle immaginare come se la fosse procurata. Ma fu quando il ragazzo si tolse i guanti che si chiese davvero che razza di tipi si sceglieva Road per innamorarsi. La mano sinistra era completamente diversa dalla destra. Sembrava bruciata, anzi, dava l'impressione che qualcuno gliel'avesse tagliata a pezzetti e gliel'avesse riassemblata alla peggio. Era... sì, era deforme. Ma Road non sembrava minimamente disgustata da questo fatto, visto il modo in cui aveva abbracciato il ragazzo. Questi la toccò, anche con quella mano, per togliersela di dosso e mettersi un altro paio di guanti.

« Che ci fai qui, Road? » chiese il ragazzo con un sorriso. Sembrava anche sorpreso di vederla lì.

« Passavo da queste parti con mio fratello e... sei bravissimo, Allen! »

« Hai visto lo spettacolo? Grazie! »

Non aspettò oltre, Allen. Una volta ripulito si avvicinò a Tyki e fece un distinto inchino, sorridente. « Piacere di conoscervi. Voi dovete essere il fratello di Road, non è vero? Io sono Allen Walker. »

« Che formalità mostruosamente impeccabile... » si disse Tyki, ricambiando il saluto con un sorriso quasi imbarazzato. « Io sono Tyki Mikk... piacere. »

Allen si mostrò sorpreso, questa volta. « … l'avvocato che si occupa di Lavi Bookman Jr.? »

« Conosci Lavi?! »

« No, io... ho solo letto la notizia sui giornali... all'epoca frequentavo le medie, non ero ancora nella sua scuola. »

« Ah, capisco... » era un po' deluso, dovette ammetterlo. Aveva per un momento sperato di aver trovato qualcun altro che conoscesse il guercio e che magari sarebbe stato disposto ad aiutarlo.

Allen fraintese la sua espressione, mostrandosi dispiaciuto. « Scusatemi... sono stato indiscreto a chiedervi una cosa simile. »

« Eh? Ma no, figurati. Stavo pensando ad altro. »

« Alleeen! » Road sorprese nuovamente il clown con un abbraccio. Ogni scusa, per lei, era buona per stargli appiccicata. « Ti ho detto mille volte che sei troppo formale! Guarda che Tyki è molto più zotico di quel che sembra! »

« Ah, io sarei uno zotico, piccola vipera? »Tyki fece una risata ironica per sdrammatizzare il momento, e prese per un braccio la sorella. « È stato un piacere, piccolo, ma ora io e mia sorella dobbiamo andare. Abbiamo parecchio lavoro da sbrigare. »

« Eeeh?! Uffa! »

« Certo, state tranquillo. In bocca al lupo per il vostro caso. »

Prima di andarsene, Tyki volle togliersi una piccola curiosità. Chiedergli una cosa del genere non era di così vitale importanza, ma non riuscì a resistere alla tentazione.

« Piccolo... tu hai letto sui giornali di Lavi? Che cosa sai di lui? »

« Eh? Uhm... so che ha confessato di aver ucciso cinque persone, e che ben tredici avvocati prima di voi hanno cercato di difenderlo senza risultato. Spero che con voi vada diversamente. »

« Secondo te è stato davvero lui? »

« Ho visto le sue foto sui giornali, ma dalla sua faccia non riesco a capire se possa essere un assassino o no. Mi lascia, come dire... una strana sensazione addosso. Certo, è strano che una persona confessi così a cuor leggero di aver fatto una cosa tanto orribile, peraltro da solo. »

Tyki rimase meravigliato da quella risposta. Per essere precisi, dall'ultima parte. Forse Allen era molto più sveglio di quel che sembrava, il che gli fece piacere.

« Da solo...? Pensi a un complice? »

« Non saprei... ma non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che non abbia fatto tutto da solo. »

« … hai da fare adesso, piccolo? »

Road non capiva l'improvviso interesse di Tyki per il ragazzo che le piaceva, ma guardò la situazione da un altro punto di vista. Se Allen si fosse unito a loro, avrebbe passato molto più tempo con lui. Non tutti i mali vengono per nuocere, no?

Lavi non poteva neanche immaginare cosa stesse combinando il suo avvocato. Si era rinchiuso in biblioteca, con Link sempre al suo fianco, sebbene mantenesse un po' le distanze. Aveva pescato da un angolo remoto degli scaffali uno dei libri che amava di più, una storia semplice, la classica fiaba per bambini, una storia che aveva letto tantissime volte, senza mai annoiarsi.

Tutti conoscevano quella storia, con protagonisti bambini, una fata gelosa e un pirata che al posto della mano aveva un uncino e nutriva una fobia esagerata per un coccodrillo. Sì, proprio Peter Pan. Lavi adorava all'inverosimile quella storiella così banale agli occhi degli altri. Gli piaceva pensare a quel posto, l'isola che non c'è. Doveva essere un posto bellissimo, dove il mare non è inquinato, tutti pensano solo a giocare -o a spiare le sirene mentre facevano il bagno, anche questa idea lo divertiva parecchio- e anche i pirati passavano le giornate a solcare i mari e bere vino fino a scoppiare. Un isola dove anche se pioveva i ragazzini non si rattristavano, dove c'è un mucchio di spazio per giocare senza pensare a nulla, dove i pellerossa si mostrano gentili, offrono cibo e invitano gli altri a ballare intorno al fuoco con tanto di penne tra i capelli. Un posto dove non ci sono guerre.

Che fosse sui giornali, sui libri di storia o in televisione, Lavi era sempre stato circondato dalle guerre. Ogni conflitto era scoppiato per motivi che a lui sembravano assurdi. Gli uomini erano degli stupidi, sempre pronti a compiere vere e proprie stragi per i propri interessi. Suo nonno diceva sempre che anche se era una cosa dolorosa, era proprio grazie alla guerra che la storia proseguiva. Grazie alla storia, diceva, le persone possono comprendere i propri errori e andare avanti.

« Allora perché c'è sempre una guerra, da qualche parte? »

« Agli uomini serve più di una sculacciata per capire. »

E il nonno chiudeva sempre i discorsi così. Lasciava sempre le cose a metà, almeno con lui. Era severo, ma dopotutto si era preso cura di lui, lo aveva tirato su da solo, senza chiedere aiuto a nessuno. Lui gli aveva insegnato a leggere e scrivere ancor prima di iniziare le scuole elementari, lo aveva sempre spinto a leggere, leggere, leggere fino ad avere sempre l'odore della carta stampata addosso. Quando viveva con lui a malapena riuscivano a camminare in casa, vista la quantità esorbitante di libri che avevano. Ogni giorno Lavi tornava a casa con un libro nuovo, poi lo prestava al vecchio e ne parlavano anche per giorni interi. Non era affatto noioso stare con lui. Il nonno gli aveva insegnato che era importante sapere e avere la semplice curiosità. E a Lavi la curiosità non mancava di certo. Grazie ai libri aveva persino imparato a cucinare, cucirsi i vestiti da solo e coltivare piante. Senza mai trovarlo noioso.

Ma a volte sentiva il bisogno di staccare e concedersi cose senza pretese come Peter Pan. E pensare a quel posto così meraviglioso da risultare irreale, tanto da chiamarsi Isola che non c'è. Dove le guerre non arrivano, almeno all'apparenza. Sì, perché alla fine Lavi si rendeva sempre conto che la violenza si trovava soprattutto in quelle storie per bambini. Che anche lì era necessario inserire le guerre per “andare avanti e raccontare”. Le lotte tra Peter Pan e Capitan Uncino sembravano sciocchezze, ma sempre guerre erano. Aveva ragione suo nonno.

« La guerra c'è e ci sarà sempre dappertutto. Ma è grazie a questa che la storia prosegue. »

« Chiedo scusa, signor Tyki... ma dove ci troviamo? » Allen alternò lo sguardo tra l'avvocato e l'abitazione dinanzi a loro, sempre con Road appiccicata al suo braccio.

Tyki si era nel frattempo acceso una sigaretta, mostrando un atteggiamento tranquillo. Non osava avvicinarsi alla casa, una modesta villetta a due piani senza cancello o giardino. Era lì che viveva Alma Karma. E aveva deciso di portare Allen con sé, perché poteva essere d'aiuto per capire meglio la situazione di Lavi. Senza che il ragazzino sapesse nulla, gli aveva confermato che l'idea che Lavi fosse stato accompagnato da qualcuno, o che qualcun altro sapesse senza aver detto nulla, non era così assurda. Forse proprio Alma era quel ragazzo che si muoveva dietro le quinte. E le foto che aveva visto in casa di Anita erano un ulteriore conferma.

Non si mossero finché non videro un ragazzo uscire da quella casa. Si era ben coperto con un cappotto lungo fino alle caviglie e il passo era abbastanza svelto. Ma Tyki non lo fermò, cercò piuttosto di avvicinarsi alle finestre senza dare nell'occhio.

« Signor Tyki... questa non è violazione di domicilio...? » Allen cercava di mantenere le distanze, comprendendo solo in quel momento che si stava involontariamente ficcando in un guaio.

« No, diamo solo un'occhiata. » rispose subito l'altro. « Per vedere se l'interno è sospetto, poi magari aspettiamo che torni e gli chiediamo di entrare. È prevenzione la mia, capisci? »

« Perché, chi era il ragazzo uscito poco fa? » chiese Road.

« Alma, una vecchia conoscenza di Lavi... e Kanda. » la finestra dava a una piccola e normalissima cucina. La piccola televisione era stata lasciata accesa, Tyki non seppe dire se per una dimenticanza. Ma lui ci credeva poco a casi del genere, soprattutto se avevano a che fare con Lavi Bookman Jr. E poi c'era un altro fatto che lo incuriosiva: perché c'erano due tazze sul lavandino?

« Vuoi vedere che ho indovinato? » fece un largo sorriso, fiero di sé stesso.

« Di che cosa parli, Tyki? »

« Ho pensato che Alma Karma non vivesse da solo. »

« E chi dovrebbe esserci con lui? »

« Yu Kanda, ad esempio. »

Allen si mostrò perplesso, quasi agitato. « Ma lui è stato ucciso! »

« L'hai mai visto cadavere? »

« No, però... »

« E ci credi alle coincidenze, piccolo? »

« … direi di no. »

« Appunto. Insomma, ritrovano i cadaveri di quattro persone, tranne di Kanda. Lavi ha detto di aver indicato il luogo in cui l'ha seppellito, mentre non ha fatto in tempo a seppellire gli altri. Ma se, stando agli orari in cui ha ucciso, Linalee è morta prima, perché seppellire prima Kanda di lei? Io invece penso che Kanda sia in qualche modo scappato. »

« Ma... la polizia avrà trovato tracce che confermassero la sua morte, no? »

« Tu non conosci Lavi, piccolo. Ma ti posso assicurare che lui ha la testa per fregare dei poliziotti smaniosi di far carriera. »

« E allora che facciamo? » sua sorella continuava a guardare l'interno dell'abitazione, quasi interessata al notiziario che stavano trasmettendo.

« Bussiamo e vediamo chi ci apre. Magari in realtà vive con la madre o con la nonna, ma tanto vale tentare, a questo punto. »

Doveva agire in fretta, non sapeva quando Alma sarebbe tornato. Bussò con fare deciso tre volte, e suonò persino al campanello per sicurezza. Dopodiché, i secondi che passarono da lì in avanti furono i più lunghi della sua vita. Fu un attesa snervante fatta persino di preoccupazioni. Perché se si fosse sbagliato avrebbe fatto una serie di figuracce che non poteva proprio permettersi in quanto avvocato, ma in particolar modo, se avesse sbagliato, sarebbe stata una vittoria per Lavi, e lui non gliela voleva proprio concedere. Il fatto che Alma se ne fosse andato un mese prima dell'omicidio lo aveva insospettito a tal punto da spingerlo a fare quella sottospecie di indagine al limite della legalità. Il fatto che Kanda non fu mai stato ritrovato cadavere lo aveva insospettito a tal punto da collegarlo al trasferimento di Alma e convincersi che non era morto, ma semplicemente fuggito. E poi c'era Anita, che aveva mostrato un atteggiamento del tutto diverso da quello che ci si aspetterebbe da una madre che ha perso un figlio. Nemmeno lei riusciva a credere che Lavi fosse un assassino. Tyki non sapeva cosa la spingesse a crederlo così fermamente, ma se non era l'unico a pensarlo, allora non era del tutto pazzo. Non quanto sua sorella -che sembrava addirittura divertita dall'intera faccenda- o Allen che si era lasciato persuadere e lo aveva seguito, convinto di aiutarlo per quanto possibile.

A proposito di lui, poi, si disse Tyki. Chissà se Road era riuscita a far colpo. Il ragazzo sembrava imbarazzato dai continui abbracci della ragazza, ma non la scansava, sorrideva e rispondeva sempre con tono gentile. Tyki si ritrovò a pensare se i due facevano una vita come quella di Lavi e Linalee, fatta di incontri fugaci e segreti nei love-hotel. Immaginarsi Road nel pieno di esperienze simili, lei, che sembrava così bambina, lo fece ridacchiare. Meglio tornare a pensare al lavoro.

Finalmente la porta si aprì, lentamente e non abbastanza per dare la possibilità a chi era fuori di spiare l'ingresso. Il ragazzo che aprì la porta sembrava volersi nascondere, e guardava tutti e tre con fare indagatore.

« Sì? »

« Parlo col signor Alma Karma? »

« Lui in questo momento non c'è. »

« Ah. E con chi parlo, se posso permettermi? »

« Sono suo fratello. Lei chi è, piuttosto? »

« Sono l'avvocato Tyki Mikk. »

Sia Road che Allen lo guardarono sorpresi. Non si aspettavano che si sarebbe rivelato così a cuor leggero. Ma li sorprese di più la presentazione che Tyki fece per loro.

« Questi sono i miei assistenti Road e Allen. »

Assistenti? Ma da quando?

Quello che si era presentato come il fratello di Alma li guardò con una vena d'irritazione. Schioccò la lingua, mise una mano sulla maniglia della porta, tirandola un po' verso di sé. Come volesse chiudere presto quel contatto sconosciuto.

« E cosa vuole un avvocato da mio fratello? »

« Volevo fargli qualche domanda a proposito di Lavi, il mio assistito. So che i due si conoscevano all'epoca in cui il mio assistito ha ucciso Linalee. » frugò nella borsa per qualche istante, per tirarne fuori una foto che ritraeva Lavi con tale Alma, felici e sorridenti. « Tu conoscevi Lavi? »

« Mai visto prima. »

« Ah, sì? Che strano... perché... » tirò fuori un'altra fotografia. « Questo qui ti somiglia tantissimo. »

Il ragazzo osservò la foto per qualche istante. A Tyki sembrò di vedere una piccola distorsione facciale simile allo stupore, ma non riuscì a determinarlo con certezza assoluta, perché il ragazzo fece subito una smorfia e un sorriso irritato.

« Al mondo ci sono sette sosia, non lo sa? »

« A ogni modo, vorrei parlare con Alma del caso. Posso entrare e aspettarlo? »

« No, non può. » fu la risposta, a detta di Allen piuttosto sgarbata. « Non facciamo entrare estranei, anche se sono avvocati. »

« Allora ripasso più tardi. A che ora torna? »

« Non lo so, grazie mille e arrivederci. »

« Allora gli puoi lasciare un messaggio? »

« Sì, sì, ora però se ne vada. » fece per chiudere la porta, ma Tyki, con un movimento svelto e deciso, ci si piombò addosso. Aveva ancora alcune cose da dirgli.

« Ci ho ripensato. Non ti dispiace se parlo con te, vero? Se sei il fratello di Alma, saprai tutto, no? »

« Ehi, ma...! » il ragazzo cercò di spingerlo via. A Road e Allen sembrava proprio una scena da film o fumetti mediocri, e cercarono di trascinarsi dietro Tyki per fargli cessare quella pessima sceneggiata.

« Ma che diavolo vuole da me?! Le ho detto che non so niente, se ne vada! Altrimenti chiamo gente! »

« Va bene, chiama chi ti pare, perché tutti devono sapere che un ragazzo innocente si trova in prigione da tre anni! Tu conoscevi Lavi Bookman Jr.? »

« La pianti! »

« Sapevi che aveva una relazione con Linalee Lee, la ragazza che ha poi ucciso? Sapevi che il corpo di Yu Kanda non è stato mai ritrovato? Perché tu e tuo fratello vi siete trasferiti proprio un mese prima di questi omicidi? Sapevi che Lavi e Linalee erano costretti a incontrarsi negli hotel a causa della gelosia del fratello della ragazza? Sapevi che Lavi era in gran confidenza con Yu Kanda? »

« Silenzio! Non ho idea di cosa stia parlando! »

« Non hai idea di che cosa? Del fatto che un cadavere inspiegabilmente non si trova o del fatto che Lavi amava così tanto una ragazza da pagare sempre e comunque da solo i conti degli hotel? Che voleva così bene a Kanda da chiamarlo per nome? Non hai idea del perché si sia costituito o del perché nemmeno la madre di Kanda crede che Lavi sia colpevole? Tu queste cose le sai, ne hai di idee... e non perché sei il fratello di Alma, vero... Kanda? »

« Insomma, basta! Io non sono Kanda o come si chiama! »

Forse avrebbero continuato all'infinito a spingersi la porta a vicenda per averla vinta, coi poveri Allen e Road che cercavano di calmarli -anche se Road, in cuor suo, li avrebbe lasciati fare volentieri- e di trovare una soluzione più diplomatica. Sennonché arrivò un'altra persona, che con un sacchetto della spesa tra le mani guardava la scena perplesso.

« E voi... e voi chi siete? »

Tyki non voleva mollare di certo, pertanto continuò a spingere la porta, rivolgendo un sorriso al ragazzo appena arrivato. « Parlo con Alma Karma? »

« Sì...? »

« Tuo fratello non mi fa entrare. Puoi provvedere? »

Il ragazzo, dall'altra parte della porta, sbraitò come un pazzo, urlando come più poteva con fare isterico. « Non ascoltarlo, Alma! È uno che si spaccia per avvocato per entrare e derubarci! »

Allen si ritrovò nel bel mezzo di un casino assurdo, ma cercò di fare da mediatore. « No, il signor Tyki è davvero un avvocato! Non facciamo niente di male, vogliamo solo farvi qualche domanda... »

« Alma, non dar loro retta e torna subito in casa! »

« Ma così io da dove entro, scusa? »

« Se il signor Kanda si calmasse un pochino... » esordì Road con un sorriso sghembo, seriamente divertita. Tyki sbagliava di rado, quando lavorava a un caso, e se lui credeva che quel tipo fosse Kanda, non aveva motivo di non credergli.

« Non mi chiamo Kanda, nanerottola! »

Stavolta intervenne Allen. « “Nanerottola” non è un termine da rivolgere a una signorina! » e ignorò con non poche difficoltà i larghi sorrisi che fece Road, emozionata da quella difesa plateale.

« Io però dovrei entrare... » esordì Alma, imbarazzato dall'intera faccenda.

« Allora perché non convinci tuo fratello a calmarsi e farci entrare? » chiese Tyki, mostrandosi fin troppo tranquillo. In realtà si stava addirittura divertendo, perché le reazioni di quello che si spacciava per il fratello di Alma erano così esagerate da suscitare divertimento.

« Calmarmi?! Lei sta cercando di entrare in casa mia! »

« Sto solo facendo il mio lavoro! »

« Un avvocato non pretende di entrare in casa d'altri spingendo la porta! »

« Devo solo fare qualche domanda su Lavi! »

Alma si avvicinò titubante e sorpreso. « Lavi...? »

« Sì, lui! Eravate amici, non è così? Se non avete niente da nascondere, non c'è motivo di reagire così, vero? »

« Lei non è normale! Alma, non starlo a sentire ed entra in casa! »

« Lo farei, ma qualcuno sta bloccando la porta... »

Piombò poi il silenzio da parte del ragazzo così astioso nei confronti di Tyki. Teneva bloccata la porta, ma tutti pensarono che forse si stava convincendo... calmando. Tanto prima o poi si sarebbe comunque arreso e avrebbe lasciato la via libera.

Effettivamente così fece. Mollò improvvisamente la presa, Tyki quasi cadde per terra. L'unico imprevisto fu ritrovarsi il ragazzo con in mano un coltello, e glielo puntava contro con una sicurezza inquietante.

« Sparisca immediatamente dalla mia vita. » gli intimò in un ringhio.

Allen si mise in mezzo, cercando di calmarlo. Anche Road cercò di fare del suo meglio, mentre Alma finalmente aveva libero accesso per casa sua. Anche lui cercò di far rinsavire il fratello, o presunto tale.

« Non... non è necessario reagire così. » fece Tyki, un po' preso alla sprovvista.

« Ah, no? » l'altro sorrise. Era troppo, troppo inquietante. « Chissà di chi è la colpa, eh... »

« Io sto solo facendo il mio lavoro. » anche Tyki assunse un tono che sembrava un ringhio. Alzò comunque le mani, dimostrando così di non avere intenzione di degenerare ulteriormente. « Sto cercando di dimostrare che Lavi è innocente. Ascolta, Kanda... non prendiamoci in giro. So che per qualche motivo è importante che tutti ti credano morto, ma pensa un po' a Lavi... era il tuo migliore amico, no? Tu sai che non ha ucciso Linalee, l'amava, tu te n'eri accorto dall'inizio! Sai che non sarebbe mai stato capace di uccidere lei, Komui, Reever e Miranda. Fermati un momento a ricordare di quando andavate a scuola insieme. Lui trattava Linalee come una principessa, vero? E voleva bene anche a te e Alma. Sono stato a casa di tua madre, Anita... lei soffre, soffre perché ti crede morto e perché sa che non è stato il suo migliore amico a ucciderlo. Lei sa che un innocente si trova in prigione da tre anni, e lo sai anche tu. Sai che Lavi sta facendo di tutto per sembrare quello che non è, e io voglio tirarlo fuori. Ho bisogno del tuo aiuto. Te lo chiedo per favore... metti via quel coltello e aiutami a liberare quello che è ancora il tuo migliore amico. »

Alma si avvicinò di poco all'altro ragazzo, dopo quel discorso. Tutti poterono notare le sue guance rigate da lacrime silenziose. Posò una mano sulla spalla dell'altro, e mormorò. « Yu... basta così. »

L'altro si mostrò ancora irritato e scostante. « Non chiamarmi così o stai a vedere che accoltello anche te. »

Alma però sorrise, seppur con gli occhi ancora velati di lacrime. « Yu... ti prego, basta. Queste persone sanno di te... e Lavi... Lavi è in carcere. Non posso sopportare l'idea che lui stia passando tutto questo da solo... era nostro amico. Ti prego, Yu... ora basta nascondersi. Devi... devi tornare a esistere come Yu, non come mio fratello. »

Furono lunghi attimi di incertezze. Tyki non riuscì a stare tranquillo -come Allen e Road, d'altronde- finché lui, Kanda, non allentò la presa dal coltello, sospirando. Alma continuava a piangere. E Tyki aveva vinto.

Kanda non era cambiato di una virgola. Capelli sempre lunghi, sempre raccolti in una coda, e tremendamente asociale. Ma finalmente stufo di farsi passare per un cadavere.

« Stupido coniglio... » mormorò alla fine, arrabbiato più con sé stesso che con Lavi.

Finalmente in casa Karma c'era un'atmosfera più tranquilla -anche se Kanda riusciva a emanare sempre e comunque un'aura ostile- accompagnati da tè e biscotti appena comprati. Allen guardava il ragazzo che rispondeva al nome di Yu con una certa diffidenza. Aveva visto in quel ragazzo una maleducazione incredibile, ma anche tanta solitudine. Non sapeva niente né di lui, né di Lavi, tanto meno di Linalee, ma Tyki aveva avuto ragione. Kanda non era affatto morto. E la sua esistenza metteva in dubbio tutte le versioni di Lavi che o indicavano come un assassino.

In definitiva, Lavi sembrava proprio aver detto un mucchio di balle. Quantomeno, in realtà le persone uccise erano quattro e non cinque come dovevano essere.

« Bene... siamo calmi, ora? » chiese Tyki, con un sorriso.

« Vi chiedo scusa per il comportamento di Yu... » fece Alma imbarazzato.

« Io non mi scuso affatto. » fece l'altro, tenendo le braccia conserte con aria di supponenza.

« Passiamo al sodo, eh? Kanda... perché sei... perché sei vivo? »

Yu ci mise un po' a rispondere. Perché raccontare andava contro i suoi principi, andava contro la promessa fatta quella maledetta notte di dicembre, dove le vite di tre liceali erano state ridotte a brandelli.

« Non dire nulla, Yu. Risolvo tutto io, ma per farlo ho bisogno del tuo silenzio. Fatti ospitare da Alma. Da questo momento in avanti Yu Kanda è morto, non lo si vedrà più in giro, non potrà più parlare. Ti chiedo scusa, Yu... ti sto costringendo a vivere segregato in casa da qui in avanti. »

« Appunto, è una stronzata pazzesca. Chiamiamo la polizia e raccontiamo quello che è successo. »

« Sei impazzito...?! Io... non posso permettere una cosa del genere! La polizia non deve sapere! »

« Ma così ti arresteranno! »

« Questo non è un tuo problema. Tutto ciò che ha a che fare con me non ti riguarda più. Perché tu sei morto, Yu. Non parlerai mai più di me, e prima o poi ti rifarai una vita da qualche parte. Piano piano ce la farai. Un'esistenza in cui io non ci sono. Giura, Yu. Proprio qui, davanti al corpo di Linalee. Non farai parola con nessuno di quanto è successo. Giuramelo, Yu... e mantieni la parola. Portati questo giuramento fino a quando non morirai davvero. »

« … così si è fatto arrestare, eh? » chiese Kanda, a voce bassa.

« Hanno trovato tracce del tuo sangue. »

« È stata una sua idea per confermare la mia morte. Mi ha fatto un piccolo taglio sulla pancia e ha sparso il sangue qua e là, accanto a Linalee. Così, anche se non hanno ritrovato il mio corpo, hanno comunque dato per certo che fossi morto. Non che l'idea mi andasse a genio, figuriamoci. Ma non mi aveva colpito in un punto vitale. Poi mi ha medicato e io sono andato a vivere con Alma spacciandomi per suo fratello, come aveva chiesto lui. Non ho mai messo piede fuori casa. I pochissimi che sono venuti in questa casa mi hanno creduto suo fratello. È bastato cambiare pettinatura e fingere un tono di voce diverso. »

« Perché tutta questa messinscena? Lavi ha davvero ucciso Linalee? »

« Non dica stupidaggini. Anche lei ha capito quanto ne era innamorato. »

« Allora cos'è successo? »

« Quando sono arrivato Linalee respirava a malapena. Lavi era sporco di sangue fin sopra i capelli. Piangeva disperato, continuava a dire di averla uccisa, ma... figuriamoci. » fece una risatina.

« Allora nemmeno tu sai cosa sia successo? »

« Già... o almeno, non al cento per cento. Era sconvolto, non riuscivo nemmeno a capire le sue parole, tra un singhiozzo e l'altro. Ma non è stato lui. Anche se avessero litigato nel peggiore dei modi, anche se avesse ricevuto schiaffi su schiaffi da Linalee, lui non le avrebbe mai torto un capello. »

« Hanno mai litigato? »

« Mà, qualche volta, discussioni di poco conto che fanno tutti, penso. »

« Lavi l'ha mai tradita? Linalee ha mai sospettato una cosa del genere? »

« Non mi faccia ridere. Avrebbe preferito morire piuttosto che tradirla, anche solo col pensiero. E nemmeno Linalee era capace di tradire. Dovevano nascondere la loro relazione perché Komui era un gran rompipalle quando si trattava di Linalee e uomini, costava fatica ficcargli in testa l'idea che sua sorella era una ragazza di sedici anni che pensava ai ragazzi come tutte. »

« Allora Komui non poteva vedere Lavi? »

« No, al contrario. Chiacchieravano volentieri. Komui era un ricercatore e in casa aveva un mucchio di libri. A Lavi piaceva parecchio leggere e spesso andava a casa sua per farsi prestare un libro o solo vederlo. Komui non ha mai sospettato la relazione che aveva con Linalee, l'ha sempre visto come un suo amico. »

« Solo tu eri al corrente della loro storia? »

« … forse anche Miranda. »

« L'insegnante di sostegno? »

« Sì... anche se di sostegno ne dava ben poco. »

« Sarebbe a dire? »

« Era la persona più insicura che si potesse incontrare. Gli insegnanti di sostegno solitamente si limitano a dare ripetizioni agli studenti più scarsi o ad aiutare i disabili nello studio. Miranda però riceveva anche molte confidenze dagli studenti, come fosse stata la psicologa della scuola, ma prima di dare il consiglio giusto ci pensava almeno mezz'ora. Era troppo, troppo insicura. Faceva cadere le palle anche solo a guardarla. Però molti studenti andavano a sfogarsi da lei, quindi immagino che a loro bastasse parlare con qualche estraneo che non li giudicasse. Ora che mi viene in mente... effettivamente Lavi ha parlato con lei a proposito di Linalee. »

« Ti ha detto anche il contenuto della conversazione? »

« Parola per parola. »

« Racconta, nei minimi particolari. »

« A patto che riferiate a Lavi una cosa da parte mia. »


Lavi l'aveva capito subito che qualcosa era successo. Tyki sfoggiava un sorriso fin troppo felice, quasi fuori luogo per l'ambiente ostile che era il carcere. Ma restò comunque calmo e sorridente, come al solito, lasciando che Tyki si accomodasse al suo posto in tutta calma.

« Non hai una bella cera, ragazzo. » notò l'avvocato.

« Ho dormito malissimo. »

« Chissà, magari la notizia che ti porto ti renderà felice. O ti farà sbiancare di più. »

« … perché? »

« Ho un messaggio da parte di Yu Kanda. »

Anche trattenendosi con tutte le forze, Lavi non riuscì a non spalancare l'occhio sinistro, l'unico che potesse mostrare le sue emozioni. Anche Tyki si accorse del fatto che gli mancò il fiato per qualche secondo, aveva visto le spalle irrigidirsi, e un'espressione che sembrava davvero terrorizzata. Probabilmente in quel momento Lavi si stava dando del cretino, per aver commesso un errore.

Ma poi il guercio sorrise, assumendo un atteggiamento ironico. « Parla coi defunti, Tyki? »

« Potrebbe essere. »

« E... cosa le avrebbe detto? »

« “Sei un coglione, stupido coniglio. Vedi di uscire in fretta da là”. »

Tornò a regnare il silenzio opprimente e soffocante. Come in quel sogno dove Linalee, proprio lei, cercava di ucciderlo. Forse era un segno... avrebbe dovuto accorgersene. Avrebbe dovuto riconoscere prima i propri limiti, in fondo era un essere umano anche lui, che compiva errori. E lui di sbagli ne aveva fatti parecchi, quel ventun dicembre. Sbagli che erano costati la vita a Linalee, e in seguito a Komui, Miranda e Reever.

Gli tornò alla mente, all'improvviso, il viso di Komui, quasi sempre semi coperto da una tazza di caffè. Lui non aveva mai sospettato la relazione che aveva con Linalee, così lo faceva entrare in casa senza problema, e si sentiva anche al sicuro quando sapeva che ad accompagnare Linalee a casa era lui.

« Lavi, hai mai letto questo libro? Se vuoi te lo presto. »

« Davvero? Grazie! Appena lo finisco te lo restituisco. »

« Fai con comodo. A scuola come va? »

« Bene, bene. Ultimamente non sto fermo un attimo. Sai, le elezioni per la presidenza del comitato si avvicinano e... »

« Sei nervoso, eh, signor presidente? »

« Dai, mica si sa ancora! E non sono affatto nervoso! »

« Comunque stai tranquillo, che Linalee voterà sicuramente per te. E già che ci siamo, le dirò di imbucare taaanti bigliettini per te a mio nome. »

« Ah ah ah ah! »

« A proposito di Linalee... grazie per quello che fai per lei. »

« Mh? »

« Lei ha sempre sofferto molto per la morte dei nostri genitori. Anche se mi sforzavo molto per farla sorridere, lei rimaneva un po' sulle sue, sempre impaurita dal resto del mondo. Aveva paura persino a uscire di casa. Però con te ride e scherza tranquillamente, e poi tu l'aiuti sempre con lo studio, l'accompagni a casa... ti ringrazio davvero. »

« … figurati. Per me non è un problema. »

« Però se scopro che hai messo le mani tra le sue gambe ti trapanerò il cranio. »

« Non lo farei mai, Komui... quindi smettila di dire cose così tetre con quel sorriso. Farò il possibile per far sì che Linalee stia tranquilla come ora. »

E invece non ce l'aveva fatta. Aveva fallito miseramente. Linalee non c'era più, e lui non pensava di certo che la morte potesse rasserenare qualcuno. Al contrario, lui non aveva proprio idea di cosa ci fosse dopo la morte. Il non sapere lo irritava un po'. Il non sapere dove si trovava Linalee lo mandava nel pallone.

« Ovunque tu sia, Linalee... mi avrai perdonato? » si diceva.

Tyki richiamò i suoi pensieri sbattendo un pugno sul tavolo, senza risultare troppo violento. Non lo guardava con aria severa o di superiorità. Non provava neanche tanta pena. Pensava solo di dover fare il possibile per tirar fuori un innocente da quel postaccio. Perché non era stato Lavi. E quando lo vide così impacciato, nel sapere che lui con Kanda ci aveva parlato, lo aveva addirittura intenerito. Vide tornare quel liceale che amava la vita, che teneva i suoi amici, che cercava di vivere normalmente anche se con una benda sull'occhio. E che amava una ragazza così tanto da avere il coraggio di addossarsi colpe del genere.

Non avrebbe mai lasciato un ragazzo del genere in quel luogo.

« Yu... » esordì il guercio. « … è cambiato molto? »

« Per niente. » rispose Tyki con un sorriso. « Ed è davvero asociale come si dice. »

« Ah ah ah... »

« … non hai nient'altro da dire? »

Lavi portò le mani sul tavolo, intrecciandole con fare impacciato. Prese un bel respiro prima di rispondere. « Le chiedo scusa. L'ho ingannata. »

« Avrai avuto le tue buone ragioni. Ora però... che ne diresti di smetterla? »

« … non lo so. »

« Il mio proposito di scarcerarti non lo abbandono mica. »

« Lei è proprio strano, Tyki. » disse il ragazzo con una risatina.

« Kanda mi ha detto che una volta hai incontrato Miranda per parlarle di Linalee. »

« Di solito incontravo Miranda per aiutarla a sistemare scartoffie della scuola, in qualità di membro del comitato. Solo una volta ho sentito il bisogno di sfogarmi con lei... a differenza di Yu lei non avrebbe avuto nulla da ridire, non mi avrebbe rimproverato. »

« Cos'era successo? »

« Avevo litigato con Linalee. Lei era nel torto, ma quella volta esagerai. E poi... quel giorno vorrei davvero dimenticarlo. Proprio nell'ufficio di Miranda incontrai... qualcuno. »

« Chi era? »

« Si chiamava Malcolm C. Lvellie. Era un nuovo professore. »

Gli sembrò un po' più mansueto. A Tyki sembrò che quel nome suscitasse davvero il voltastomaco di Lavi. Ora che Tyki si era avvicinato di poco alla verità, le cose sarebbero un po' cambiate.

Ma trattandosi di Lavi Bookman Jr., non sarebbe stato facile. Tasselli riuniti e assemblati alla rinfusa si stagliavano nella mente di Tyki. Ma ce l'avrebbe fatta. Che Lavi lo volesse o no.





Tachitsukushite sou naru yo,
moshi sono ashi de aruku no nara.
Mata musuu no sen ni deau,
doko he yukou ga tsunagaru.
(Cosa accadrebbe se restassimo ancora?
Se vuoi camminare con queste gambe,
ti rivedremo innumerevoli volte.
Non importa dove, sono connesse)
[
Survive – Kenichi Suzumura e Takahiro Sakurai ]
[Doppiatori di Lavi e Kanda]

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Capitolo 6
*** Quinto incontro, ore 17:03. Ricominciamo? ***


Author's note; salve! Come ve la passate? Finalmente sono riuscita a completare questo capitolo! I segni del destino sembravano contro di me, non riuscivo mai a trovare il tempo per aggiornare, poi la prima bozza era un'oscenità assurda... spero che ora il risultato sia decente. Ne vedrete delle belle qui. Spero di non deludervi! Qui Tyki è proprio uno stronzo... ma a fin di bene, no...? uhm, non vi anticipo nulla, meglio. Scommetto che vi verranno un sacco di domande, ma tutto verrà spiegato, prima o dopo. Questa storia è fatta così, pazientate e tuuutto avrà il suo perchè!
Dal prossimo capitolo le cose cominceranno a svelarsi più facilmente... la cosa mi entusiasma! Non mi era capitato di scrivere di avvocati o di omicidi in maniera così... “palese”, ed è veramente dura, ma mi diverto tantissimo a scriverla. Spero che vi piaccia! Le vostre recensioni mi rendono molto felice!
Ringrazio tantissimo
AllenNeko, Dark_Glo e LadyWolf_ per aver inserito la storia tra le seguite!
Ringrazio poi
Aphrodite, Dark_Glo, Dragonite e _ L a l a per aver inserito la storia tra le seguite!
Ringrazio tutti coloro che leggono e apprezzano, e chi lascia un segno del proprio passaggio con una recensione! Grazie di cuore!






Quinto incontro, ore 17:03
Ricominciamo?





Kasanari au dake ga munashikute.
( Mentire al primo che capita è inutile. )
[
D-TecnoLife – UVERworld ]
[ Seconda opening di Bleach ]





« È tutta colpa della mia immaturità...
ma adesso chiuderò il conto come si deve! »
[ Lavi – D.Gray-man ]





Tyki si accese la sigaretta con calma, ripensando al nuovo nome fatto da Lavi. Malcolm C. Lvellie doveva essere un personaggio che il guercio mal sopportava, considerando l'espressione che aveva fatto nel pronunciarlo. Lo osservò attentamente, con l'intenzione di cogliere qualche altra reazione particolare in Lavi. A conti fatti, non era poi così bello avere una memoria tanto formidabile, pensò l'avvocato.

Il detenuto, dal canto suo, sembrò aver ritrovato un po' di calma. Tyki ostentava una tranquillità tale, quando si accendeva una sigaretta, che riusciva a trasmettergliela un po'. E l'odore che emanava quella sigaretta, stretta attorno alle dita lunghe dell'avvocato, aveva un odore agrodolce. Sembrava rispecchiare il suo stato d'animo, ma non seppe dire se ciò costituisse un bene.

« Dunque... questo Lvellie era un professore? »

« Sì. »

« Mi è sembrato di capire che non ti andasse particolarmente a genio. »

« Per niente, ma la cosa era reciproca. »

Era ricominciato un viaggio nel tempo, tornando indietro di tre anni, a ricordare un uomo coi baffi, l'aria fin troppo severa, sempre composto e pulito ma, nel profondo, sporco come la spazzatura. Un uomo che possedeva una lingua velenosa, ma Lavi aveva sempre cercato di tenergli testa, nei limiti del possibile.

« Per caso tu e Linalee avevate litigato a causa di questo professore? » chiese Tyki.

« Fu una delle tante ragioni. Lvellie aveva cominciato a sovraccaricarmi di lavori, con la scusa che facevo parte del comitato, e avevo sempre meno tempo per vederla. Ma non era quello il problema. Lvellie aveva preso di mira Linalee, non so bene il perché... per esempio, la costringeva a restare due ore a scuola, dopo le lezioni, per delle ripetizioni. Durante le interrogazioni Linalee non riusciva a concentrarsi e sbagliava. All'inizio pensavo fosse per la timidezza, o un impressione, ma poi... mi accorsi che lui la guardava in modo strano. »

« Attrazione? »

« No, no. Era come se si divertisse a metterla in difficoltà. Le rifilava occhiatacce dappertutto, durante il pranzo quando parlava con le amiche, durante le lezioni la sgridava dicendo che non stava attenta, e soprattutto quando era con me o Yu la osservava attentamente. Mi dava profondamente fastidio. Lei diceva sempre che non era un problema, di lasciar perdere perché lui era un professore e non voleva rovinarsi la media. Ma non era questo il motivo principale per cui litigammo. »

« Allora cos'è successo? »

« Eravamo in hotel. Sa, Linalee aveva un “vizio”... le piacevano moltissimo le mie spalle. Ogni volta che andavamo negli hotel e avevamo finito di farlo, lei mi chiedeva sempre di girarmi per... uhm, “disegnare i contorni delle spalle”. Era una sua fissa, ci stava anche mezz'ora. Comunque, quella notte volle spingersi troppo in là. Convinta che stessi dormendo, tentò... di levarmi la benda. »

Effettivamente, Tyki si era sempre chiesto a cosa fosse dovuta quella benda. Doveva essergli successo qualcosa di grave, forse l'occhio destro neanche lo aveva. Ma era evidente che non gli piaceva affrontare quel discorso. Si sentiva distintamente nell'aria una sensazione sgradevole, fastidiosa, pesante.

Lavi continuò il racconto. « La fermai in tempo. Lei mi disse che era solo curiosa di sapere cosa mi fosse successo. Io... ho avuto un incidente, da piccolo. E non voglio far vedere le conseguenze. Quindi, per favore, non mi chieda nemmeno lei di togliermela. »

« Per questo hai rifiutato di farti controllare l'occhio destro, una volta arrivato qui? »

« Esatto. Tanto non c'è nessun bisogno di fare controlli, so bene cos'ho. »

« Non hai pensato di farti un'operazione? »

« Purtroppo non si può recuperare. »

« Capisco... dunque è per questo che avevate litigato. »

« Le gridai contro tutto quello che mi passò per la testa. Sin dall'inizio le avevo detto che non mi andava di parlare della benda. E non sopportavo l'idea che lei avesse cercato di togliermela a mia insaputa. Aveva calpestato completamente i miei sentimenti, solo per il gusto di togliersi una curiosità... l'avevo odiata, mi aveva deluso profondamente. Il giorno dopo andai da Miranda per aiutarla a sistemare delle scartoffie. Le confidai della litigata, senza accennare alla benda. »

« E ti era stata d'aiuto? »

« Bè, un po'. »


La sala professori era grande quanto tre aule. Miranda cercava di mettere in ordine come poteva, anche e qualche scatolone per terra lo si trovava sempre. Lei sedeva quasi sempre alla scrivania accanto alla finestra e alla macchinetta del caffè, col computer sempre acceso e qualche oggetto rotto da aggiustare. Miranda aveva fama di essere una gran maldestra. Non era colpa sua, non lo faceva apposta, ma era così goffa che riusciva sempre e comunque a combinarne una. Come rompere il vetro o una lampada inciampando, sporcare i compiti in classe col caffè. Tutti avevano mostrato un'invidiabile pazienza con lei, tranne Lvellie. Per poco non la fece licenziare.

Lavi in quell'occasione era seduto di fronte a lei, apparentemente tranquillo. La calma con cui le aveva spigato parte della faccenda aveva un po' angosciato la professoressa, ma un po' per timidezza e un po' per discrezione, si accontentò di quanto le era stato riferito.

« In effetti ha... un po' esagerato, Linalee... ma... n-non pensi che... sia molto più importante? »

Troppo buona, Miranda. Troppo ingenua. Era giovane, ma era difficile avvicinarsi agli adolescenti, soprattutto quando erano arrabbiati. E Lavi non faceva certo eccezione.

« Ha tradito la mia fiducia. »

« Sì, però... »

« Voglio dire... proprio lei, capisci? »

« Non l'ha fatto con cattiveria... »

« Non c'entra niente, l'ha fatto comunque. »

« Però... pensaci, Lavi... vi vedo sempre insieme, all'uscita da scuola. Sembrate così... felici... non è giusto rovinare un così bel rapporto per... una cosa del genere. Linalee è una brava ragazza... capirà e imparerà. Dalle un'altra occasione. »

« Non lo so. »

« Ti ci vuole tempo, lo so... »

« E se poi... accadesse di nuovo? »

« Sono sicura di no. Linalee non è il tipo. »

« Ah, bè, se sei sicura tu allora... »

Miranda chinò il capo con un'espressione che definire triste era un eufemismo. Purtroppo era così insicura di sé stessa che bastasse anche una battuta del genere a buttarla giù. Lavi si mordicchiò subito il labbro, rendendosi finalmente conto di chi aveva di fronte.

« Dai, non fare così, Miranda! Sei una professoressa, che figura ci fai? Mi stai aiutando molto, sai? Lo so che sono un po' permaloso, è che... stavolta l'ha fatta grossa. »

« Saprà... saprà farsi perdonare. Però tu... cerca di capire il suo punto di vista. Scommetto che... dopo le vorrai bene più di prima. »

Lavi rimase in silenzio per un po'. Una piccola parte di sé era delusa. Sperò che gli desse totalmente ragione, anche non sapendo della benda, perché diamine, ritrovarsi una ragazza che fa certe cose alle spalle farebbe incazzare chiunque. Ci aveva provato, a capirla. In fondo, lei sapeva solo che aveva avuto un incidente, non le era stato detto quali conseguenze ci furono. Portare una benda serviva solo a mettere curiosità, a invitare la gente a toglierla. Però Lavi aveva sperato che Linalee rispettasse il suo bisogno di non parlarne, e invece...

Parlarne con Kanda non sarebbe servito. Con lui i casi erano due: o diceva che non erano fatti suoi, o gli dava ragione tanto per farlo contento.

Miranda invece era una che vedeva del buono in tutto. Conosceva bene sia lui che Linalee, e l'idea di vederli separati era straziante per lei. Nel suo piccolo, aveva tentato di dare loro una spinta. Ma tanto, si diceva, era così imbranata da non poter assolutamente riuscire in un'impresa del genere.

Lavi però alla fine sorrise, dicendole. « Sono un tipo difficile, eh? »

« Ma no... »

« Dillo pure, non mi offendo mica. »

« No, io...! Non sei difficile... adesso sei arrabbiato, ma... »

« Ma passerà. Prima o poi tutto passa, giusto? »

« … sì... esatto... »

« Grazie, Miranda. »

« Oh, io... non ho fatto niente... »

« Non dire sciocchezze. Se non avessi parlato con te, non mi sarebbe venuto in mente di portare a cena fuori Linalee per... fare pace. Non dico che abbia ragione, però... »

« La ami, vero? »

« Uhm... bè... diciamo di sì. »


« Così avevate fatto pace... » esordì Tyki con un sorriso sghembo.

« Linalee era davvero dispiaciuta. Mi chiese scusa. Dice che sono stato troppo tenero? » il ragazzo ridacchiò, portandosi una mano sotto il mento.

« Non saprei, non la conoscevo. Però... non posso proprio credere che tu poi l'abbia uccisa. »

« È capitato. »

Lo diceva così? Come se avesse bevuto un bicchier d'acqua? Senza mostrare un minimo di rimorso? Eppure Tyki aveva saputo che Kanda era vivo, e questo particolare metteva a rischio tutte le versioni da Lavi riportate. Avrebbe dovuto metterlo con le spalle al muro, disorientarlo e spingerlo a vuotare il sacco, dire finalmente che lui Linalee non l'avrebbe mai toccata per farle del male. Al contrario, il guercio aveva emanato un sorriso fuori luogo per il contesto e continuava ad ostentare quella tranquillità, disarmante e inquietante, che Tyki non si spiegava. E lo faceva arrabbiare come pochi. Farsi prendere in giro da un cliente era proprio il colmo.

« Kanda è vivo. »

« Mh-mh. »

« Perché farlo passare per morto? Ragazzo... ora basta mentire. La mia pazienza ha un limite, e gradirei un piccolo aiuto da parte tua per risolvere questo caso. »

« Non le ho mai chiesto nessun aiuto. È lei che è andato a cercare Yu. D'accordo, non è morto. L'ho fatto fuggire dicendogli di non farsi più vedere, di non dire niente a nessuno. Perché ucciderlo, se bastava mandarlo via? Per assicurarmi che non lo cercassero, ho fatto credere che fosse morto. »

« Non è ciò che mi ha detto Kanda. »

Lavi non rispose. Si mordicchi il labbro cercando di sembrare tranquillo. In realtà avrebbe voluto sfogarsi e gridare ai quattro venti tutte le parolacce che gli erano appena venute in mente. Perché non ci voleva proprio. Non era colpa di Yu, aveva fatto del suo meglio. Anzi, farsi passare per morto per tre anni era straordinario, per lui.

Lavi voleva solo essere lasciato in pace. Lasciarlo lì nella prigione che si era scelto. Sapeva bene che non c'era salvezza o giustificazione per quello che aveva fatto. Perché Tyki non voleva capirlo?

« Allora, vogliamo collaborare o no? » Tyki tamburellò sul tavolo per richiamare l'attenzione. Lo sguardo si era assottigliato, ma sapeva che ciò non bastava per incutere un po' di timore. Non su Lavi.

« Collaborare? »

« Tu non hai ucciso Linalee. Né Komui, né Miranda, né Reever. »

« Si sbaglia. »

« Forse è stato Lvellie? »

« Ma chi, quello? Era bravo solo a parlare e a prendersela con le ragazze. »

« Bè, Linalee era una ragazza. Molto carina. » l'avvocato tirò fuori dalla borsa vecchia e consumata, inseparabile compagna di libri, documenti, sigarette, per tanti anni, il fascicolo riguardante Linalee Lee. Con aria noncurante andò subito alla prima pagina, guardando la foto che ritraeva la ragazza.

« Eh, sì, era proprio carina... e che bei capelli lunghi. »

« A inizio dicembre se li tagliò. È stato quasi un trauma, ma anche col caschetto stava bene. »

« Già, una ragazza così sta bene con tutto. »

« Dove vuole arrivare? »

« Tu stesso mi hai detto che Lvellie l'aveva presa di mira. La costringeva a fare ripetizioni in orari assurdi, no? Chissà cosa succedeva durante quelle “ripetizioni”... »

Lavi possedeva un solo occhio. Ma era sufficiente per esprimere emozioni. Anche la bocca, che si era contratta in modo quasi anormale, aveva fatto da contorno. No, non era arrabbiato. Andava ben oltre il semplice arrabbiarsi. Tyki per un attimo pensò che si sarebbe scaraventato su di lui per picchiarlo a sangue, ma non accadde nulla di tutto questo. Così andò avanti, per stuzzicarlo. Non erano metodi che amava particolarmente, ma Lavi se l'era voluta.

« Mi sa che forse l'idea ti è venuta, eh? » sfogliò lentamente le pagine. « Qui c'è scritto che Linalee lasciò improvvisamente il circolo religioso. »

« Il primo novembre. » rispose il ragazzo, quasi con un ringhio. « Era un circolo molto tradizionalista. Per loro valeva la regola “niente sesso prima del matrimonio”. E ovviamente erano contro l'uso del preservativo, e tutte quelle cavolate religiose. Linalee era troppo onesta per restare in un gruppo del genere dopo aver perso la verginità. Non che la cosa mi dispiacesse. E poi lei si era stufata di stare in un gruppo di quattro maniaci della Bibbia. »

« Lvellie c'era all'epoca? »

« Sì... »

« Chi lo sa, potrebbe essere stato lui a mandarla via dal circolo, no? »

« Lui non sapeva della nostra relazione. »

« Sicuro? »

« Sì. »

« E se Miranda glielo avesse detto per sbaglio? »

Lo sguardo di Lavi era sempre più irritato. Stava stringendo talmente tanto le mani che le nocche erano diventate bianche. Non era semplice disgusto: quel Lvellie era proprio innominabile di fronte a lui.

Forse non era carino, ma Tyki si stava divertendo un mondo. Era la prima volta che vedeva Lavi così furioso. Metterlo alle strette, dopo tante bugie, aveva un gusto dolcissimo a cui non sapeva resistere. Se Lavi aveva creduto di riuscire a mandarlo via come gli altri tredici, aveva commesso un grosso errore. E ne stava pagando le conseguenze.

« Oh... forse ho indovinato? È successo? » chiese di rimando l'avvocato, notando il silenzio del detenuto, quasi per prenderlo in giro.

« No, non è successo. »

« Te l'ha assicurato Linalee? »

« A scuola non ci eravamo mai concessi particolari attenzioni. Eravamo attenti. Se Komui avesse saputo di noi, sarebbe successo un casino assurdo. »

« Infatti il casino è successo. Quattro persone sono morte. »

« Sì, lo so... »

« Allora cos'è andato storto? Lvellie ha saputo di voi e vi ha reso la vita impossibile? E perché? Perché aveva preso di mira la tua ragazza? L'ha avvicinata? Scommetto che ti è venuto il sospetto di una cosa simile, vero...? »

« No. »

« Però lei ti tranquillizzava, ti diceva che andava tutto bene, quando non era vero. E poi il ventun dicembre è scoppiata la bomba. Hai scoperto che magari Lvellie faceva foto alla tua ragazza di nascosto, e chissà cosa ci combinava a casa. »

Il corpo di Lavi fu colto da un leggero tremolio. La sua voce era ormai diventata cupa, ringhiosa, per nulla accomodante come faceva di solito. Non traspariva neppure un sorriso sul suo volto.

« Stia zitto... »

« Poi però le foto non bastavano. Linalee aveva delle gambe così belle, vero? Lui era un professore, lei una studentessa, le metteva soggezione... impossibile ribellarsi, vero? »

« Stia zitto... »

« Allora la situazione è degenerata, Lvellie ha fatto i suoi comodi col corpo della tua ragazza, tenendo la situazione sotto controllo perché una studentessa come lei non avrebbe mai provocato scandali, vero? Dopotutto Linalee aveva solo un fratello che contava così tanto su di lei, pensa che disastro rovinarsi la media, pensa che scandalo nel sapere che lei è stata consenziente con un professore! »

« Basta... »

« Tu lo sapevi, lo sospettavi, non è così? Poi è scoppiata la bomba. Però tu amavi tanto Linalee, l'avresti aiutata. Ma figurati se Lvellie ve lo avrebbe lasciato fare... sai, adesso sto immaginando cosa sia successo quel ventun dicembre. Tu, Kanda e Linalee stavate tornando a casa. Siete stati sorpresi alle spalle, non hai fatto in tempo a proteggere Linalee, ma hai cercato di far fuggire Kanda. E a tenere il coltello non eri tu. Era Lvellie, vero? »

« STIA ZITTO! » si alzò di scatto, Lavi, lasciando che la sedia cadesse a terra con un forte tonfo, enfatizzato dal rimbombo. Gli tolse di mano il fascicolo su Linalee con un gesto violento del braccio destro, scaraventandolo lontano. Aveva il fiatone, il viso imperlato di sudore, e un'aria sconvolta. Tyki si mostrò totalmente indifferente di fronte a quello spettacolo. Anche se non poteva negare che era stato un po' meschino ridurlo così.

« Non è andata così! » continuò a gridare il ragazzo. « Quell'uomo... quello là non c'era! »

« Chi c'era allora? »

« È stata colpa mia! Quante volte ve lo devo dire?! Perché mi tortura in questo modo?! Linalee è morta per colpa mia! L'ho uccisa io! »

Tyki si alzò lentamente, per raccogliere quanto Lavi aveva gettato via. Fortunatamente la foto non si era rovinata. « Guardala, Lavi. Questa era la tua ragazza. Kanda mi ha detto di non sapere cosa sia successo, ma anche lui è certo della tua innocenza. E anche Alma, e anche Anita. E nemmeno io credo che sia stato tu. Uno come te che si infuria se gli dicono che qualcuno le ha stuprato la ragazza non uccide. » gli riportò la foto, sbattendogliela in faccia. Lavi cercò di sviare lo sguardo, ma Tyki gli afferrò il mento, senza preoccuparsi di quanto stesse stringendo. « Guardala, ragazzino. Linalee non c'è più. E tu ti sei rinchiuso qua dentro per cosa? Per scappare dalle tue responsabilità? O forse hai pensato che fosse giusto così? Linalee non ne sarebbe affatto contenta. Se invece esci da qui e dici la verità, qualcosa potrebbe cambiare. Linalee potrebbe finalmente avere giustizia insieme a suo fratello e agli altri. Quindi ora la smetti con questo atteggiamento. Alzati, esci di qui! Devi tornare a vivere! »

La vista di Lavi era ormai offuscata dalle lacrime che gli solcavano la guancia sinistra. I singhiozzi si fecero sempre più forti.

Era finalmente giunto al limite.

Tyki non avrebbe voluto perdere la pazienza in questo modo, ma cos'altro poteva fare? Lasciare che lui si facesse passare per quello che non era? Assolutamente no. Kanda si era privato di una vita normale, ma almeno viveva in un posto accogliente, accanto a una persona amica. Lavi, invece... aveva accettato l'idea di passare un'intera vita chiuso tra quattro mura. E si ostinava a mentire, a mantenere una maschera ormai ridotta a pezzi. Tyki non lo accettava proprio. Non accettava che un ragazzino di diciotto anni si prendesse gioco in questo modo di lui e della sua professione, non accettava che un ragazzo come lui si fosse tolto ogni speranza di salvezza. Se c'era un modo per riportarlo a vivere, a capire davvero che da solo non avrebbe mai potuto trovare la salvezza. Non sapeva dire se fosse il suo io bianco o nero a spingerlo. Non sapeva più dire se voleva aiutare quel ragazzo solo per il gusto di vincere una causa o per sincera pietà.

Vederlo piangere in quel modo, però, lo fece zittire di colpo. Gli lasciò il mento quasi dispiaciuto. Era decisamente troppo per un ragazzo che, ora ne aveva la prova certa, non aveva fatto niente. Per buona parte del tempo non seppe trovare parole di conforto per lui. Lo lasciò sfogare, lasciò che si accasciasse sul tavolo a singhiozzare, cercando di non far troppo rumore. Non faceva che invocare, disperatamente, il nome di Linalee e a chiederle scusa.

« Non potevo fare altro... che questo... »

« … hai fatto anche troppo. »

« Io l'amavo... dico davvero... »

« Sì... lo so. »

« Cazzo... cazzo... ho fallito su tutti i fronti... »

« Non sei un supereroe. Non puoi fare tutto da solo. Per questo ci sono anch'io. »

Cercò di calmarsi, il ragazzo. La manica sinistra era ormai fradicia. Aveva un aspetto sciupato, pessimo, come se fosse invecchiato improvvisamente di vent'anni. Non voleva arrivare a questo punto. Aveva giurato a sé stesso che non avrebbe ceduto in quel modo così vergognoso. Linalee, il suo ricordo... e anche Yu. Voleva tenerli fuori da quel mondo così triste nel quale si era rinchiuso. Si era promesso di non permettere a nessuno di violare i suoi ricordi, eppure era appena successo. Ma se, da una parte, si sentiva umiliato, dall'altra gli sembrò di essere più leggero. Come se qualcuno lo avesse appena preso per un braccio per sorreggerlo. Quel qualcuno era Tyki, che si era intestardito così tanto ad “aiutarlo” che si era ridotto a piagnucolare. Ma forse era meglio così. Basta, basta mentire.

« Ragazzo... hai ucciso tu Linalee Lee? »

Il ragazzo chinò il capo, scuotendo leggermente la testa.

« Hai ucciso Komui Lee, Reever Wenham, Miranda Lotto? »

Scosse nuovamente il capo, senza fiatare.

« Allora non hai nessun motivo per restare qui. »

« Ma ormai... chi mi crederebbe? »

« Bè, io ti credo. E comunque, lascia fare a me. È il mio lavoro dimostrare la tua innocenza. Se riuscissi a far testimoniare Kanda, ad esempio... »

« Testimoniare...? »

« Bè, sì. »

« Ci sarà un processo...? »

« Direi proprio di sì. Cos'è, hai paura della gente? Dopo tre anni che sei qui da solo... »

« No, non ho paura... non ho paura. »

« Guarda che è normale, eh. »

« Non ho paura. È solo che ormai non mi crederà nessuno. Ho ingannato tutti, anche lei. Dire che sono innocente dopo tutti questi anni... »

« Ti ho detto che questo è il mio lavoro. Tu devi soltanto dirmi la verità. Ora lo farai, vero? »

« Sì... lo farò. Io... » si passò la lingua sulle labbra per inumidirle e farsi coraggio. « … mi dispiace per tutto questo. e... la ringrazio. »

Tyki accennò un sorriso. « Dovere e piacere. » gli tese la mano. « Ricominciamo, Lavi Bookman Jr.? »

Lavi lentamente avvicinò la mano. Ricambiò la stretta. L'avvocato stringeva forte e con decisione, qualità che Lavi cercò di ritrovare, stringendo il più possibile. Sorrise a sua volta. Tornare a vivere... non credeva che per lui sarebbe stato possibile.

« Sì... ricominciamo, Tyki Mikk. Anche per gli altri che non ci sono più. »

« Questo è il Lavi di cui ho sentito parlare. Per il processo, lascia fare a me e stai tranquillo. Convincerò Kanda a testimoniare. »

« Vorrei parlare con Yu, prima. Posso provare io a convincerlo. »

« Mh, va bene... ora, se possibile... »

« Preferirei domani. » disse Lavi prontamente, con un sorriso di circostanza. « Adesso sono distrutto... non si preoccupi, le dirò la verità, questa volta. »

« D'accordo. » rispose il ventiseienne sorridendo e alzandosi. Lavi aveva già cominciato a sistemar il fascicolo nella borsa, porgendogliela. Tyki ringraziò con un cenno del capo. « Allora ci vediamo domani. E mi porto pure Kanda. »

« Grazie. »


Quando Tyki si gettò sul proprio letto, tirò un sospiro indefinitamente lungo. Si sentì esausto e incredulo. Era riuscito davvero a far cedere Lavi. Ora gli avrebbe detto la verità, nella quale c'entrava di sicuro anche Lvellie, anche se non sapeva in che modo. Innervosirlo con quella storia squallida e disgustosa tra Linalee e lui era servito per sbloccarlo. Non si aspettava una reazione del genere, ma quanto meno era servita per dissipare ogni dubbio. Ma se non era stato Lvellie, né Lavi, chi aveva ucciso quelle persone? Come aveva detto Kanda, Lavi era con lei, sporco di sangue, e continuava a dire che l'aveva uccisa. Se Lvellie non c'era, se erano da soli, come avevano fatto a ridursi in quel modo? Quale altro pezzo mancava?

Tyki scosse la testa, confuso. Aveva un po' di mal di testa. Si rassegnò all'idea che avrebbe dovuto aspettare per avere risposte. Finalmente poteva concedersi un po' di meritato riposo. Più o meno.

« Tykiii! »

Road sembrava arrabbiata. E Tyki non aveva alcuna voglia di alzarsi dal letto. Ma tanto, poco importava; la sorella entrò come una furia in camera sua -sempre senza bussare- con al seguito due ragazzi di qualche anno più grandi di lei. Anche se non sembrava, anche se uno era moro e l'altro biondo, i due erano gemelli, ed erano due dei tanti fratelli che viveva in quella casa.

« Cosa... che c'è? »

« Debit e Jusdero hanno preso i miei trucchi senza permesso! »

« Tyki! » il moro, che rispondeva al nome di Debit, usava truccarsi in maniera pesante e vestiva in maniera molto particolare, anche se completamente diversa da Road. Ma soprattutto, anche se aveva ormai diciotto anni, giocherellava sempre con una pistola comprata al mercato nero -senza munizioni, ovviamente- e la puntava sempre contro il fratello. Di rimando, il gemello, Jusdero, ragazzo biondo con modi di fare ancora più eccentrici dell'altro, giocherellava con una pistola identica. Erano stati messi in punizione per due mesi per quelle pistole comprate senza permesso, ma si ostinavano a non separarsene.

« Ma tanto non li usi quasi mai! E poi, Tyki, guarda che mi ha fatto! » Debit si indicò il viso coperto di macchie nere. « Mi ha schizzato lo smalto in faccia! »

« E a me ha strappato i capelli! » Jusdero per poco non si mise a piangere, toccandosi una ciocca dei suoi lunghi capelli biondi e mossi.

Tyki si voltò verso il muro, dando le spalle ai tre fratelli. « Road, non pasticciare o strappare i capelli dei tuoi fratelli. Debit, Jusdero... »

« Insieme siamo Jusdebi! »

« Come vi pare, comunque non prendete più le cose di Road senza permesso. »

« Lei non ce le presta! »

« Road, prestagliele. »

« No, perchè loro prendono in giro Allen! »

« Jusdebi, non prendete in giro Allen. »

« Ma Road prende in giro i capelli di Jusdero! »

« Road, non farlo. »

« Ma... »

« Insomma, basta! Mi state facendo venire il mal di testa! »

« E ora perché ti arrabbi?! »

Tyki si massaggiò le tempie, con un'espressione disperata e stanca che i fratelli non potevano vedere. Sentendosi davvero la testa martellata, gridò a gran voce il nome di un altro fratello, l'unico che poteva aiutarlo in quel frangente.

« Wisely, dammi qualcosa per il mal di testa! »

Dopo quella vittoria su Lavi, sperava di trovare un po' di pace, per poi alzarsi allegro e pimpante e impegnarsi a fondo per liberare quel ragazzo.

Avere una famiglia così numerosa non sempre era sensazionale.





You'd better forget everything,
remember, modoranai kedo,
hizunda kioku no you na toki no naka de,
itsuka wakari aeru kara.
( Sarebbe meglio se dimenticassi ogni cosa,
ricorda, anche se non possiamo tornare.
Ma come il tempo passa ogni giorno,
noi impareremo qualcosa di nuovo. )
[
D-TecnoLife – UVERworld ]
[ Seconda opening di Bleach ]

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Capitolo 7
*** Sesto incontro, ore 15:18. Aiutami ***


Author's note; ehilà! È da un po' che non ci vediamo, come ve la passate? Meno male, son riuscita a completare il capitolo prima di Natale! [risatina] Bene, qui la verità viene dunque svelata. Ed è una verità un po' banale e scontata... perdonatemi, il mio intelletto non mi permette di sfornare di meglio. Se comunque vi piacerà, ne sarò molto lieta, davvero!
Certo, ci sono ancora delle cose da chiarire... cose che verranno chiarite nel prossimo capitolo. Ora tocca fare il processo, ragazzuoli... che emozione! Tyki avvocato dal neo strategico, vai e conquista!
Ringrazio infinitamente tutti voi che dedicate tempo alla lettura di questa mia storia. Tra l'altro, ben due persone hanno segnalato la storia per le scelte, sono onorata e felicissima! Grazie di cuore!
Buona lettura, dunque, aspetto con ansia i vostri pareri!

Note; avrete notato che qui si incappa in una serie di equivoci sul nome di Lavi, tra cui una certa Rabi en Rose. Ebbene, Lavi en Rose è un personaggio dell'anime Di Gi Charat. Il vero nome del personaggio è Hikaru Usada, ed è un'avvenente fanciulla vestita da coniglietta. Poi ci sono Dejiko il gatto, la sorella Puchiko e Pyocola il panda (era un panda?) Comunque è un anime molto carino [che straordinariamente Kanda conosce...]. Inoltre, Lavi è un nome di origine ebraica [è vero!] che significa proprio “leone”. Lavi è nato il dici agosto, per cui è del segno del leone. Interessante, vero? [splende]





Sesto incontro, ore 15:18

Aiutami





Ho ancora la forza di starvi a raccontare
le mie storie di sempre, di come posso amare,
di tutti quegli sbagli che per un motivo o l'altro so rifare.
E ho ancora la forza di chiedere anche scusa,
o di incazzarmi ancora con la coscienza offesa,
di dirvi che comunque la mia parte ve la posso garantire.
[ Ho ancora la forza – Francesco Guccini ]





« Questa è la decisione migliore che “io” possa prendere in questo momento. »
[ Lavi – D.Gray-man ]





Link si avvicinò alla cella di Lavi silenziosamente. I suoi passi si sentivano a malapena, quasi volesse fare attenzione a non svegliare il detenuto. In realtà, il ragazzo non stava dormendo. Si era rivolto contro il muro per poterlo fissare e pensare per conto suo. Un muro grigio, di un colore così triste da far cessare subito la voglia di guardarlo, conciliando il sonno. Lavi invece ne approfittava, e dipingeva, su quei muri tristi, il viso di Linalee. Innumerevoli volte si era chiesto cosa ne era stato di lei dopo la morte, dove l'avevano seppellita, se qualcuno passava ogni giorno a portarle dei fiori. Lui non ci poteva andare, in cimitero, ma anche se avesse ottenuto il permesso, non ne avrebbe mai avuto il coraggio. Si sarebbe sentito una nullità, non certo degno di vederla sotto terra. Eppure, da bravo egoista qual era, il desiderio di vederla, sia nei sogni che dentro una bara, lo aveva sempre. Indubbiamente sentiva la sua mancanza. Eppure questo non gli toglieva l'appetito, né gli impediva di chiudersi in biblioteca a leggere quantità esorbitanti di libri. Il riuscire ad andare avanti nonostante tutto lo faceva sentire quasi un mostro. Ma anche il dirselo, in quel preciso istante, dentro la sua cella, non lo sconvolgeva più di tanto. Che fossero gli effetti del tempo? Lavi non ci voleva pensare. Era orribile.

Il ticchettio della chiave su una delle sbarre, leggero come è sempre stato, lo costrinse a voltarsi. Link gli aveva portato il pranzo -se così lo si poteva definire- e, rivolgendogli un solo, glaciale sguardo, lo intimò a sbrigarsi e mangiare. Il detenuto non batté ciglio, afferrando il piatto bollente e lasciando che Link si allontanasse da lui. Solitamente lo tratteneva dieci minuti buoni a cercare di intrattenere una conversazione -sfida persa in partenza- ma quel giorno Lavi non aveva granché voglia di parlare. Non faceva che pensare a ciò che gli aveva detto Tyki. Cose come processo, testimonianze, libertà, non le aveva mai contemplate prima. Non credeva che ci sarebbe stata via d'uscita per lui, e da una parte neanche lo voleva. Aveva scelto lui di entrare lì dentro, e sempre lui aveva rispedito al mittente ben tredici avvocati, addirittura divertendosi a farli dannare.

E poi avrebbe rivisto Kanda. Dopo tre anni di buio totale. In una situazione normale gli avrebbe detto “quanto tempo, non sei cambiato di una virgola, Yu”, ma Lavi era sicuro al cento per cento del fatto che, una volta ritrovatosi faccia a faccia con lui, non avrebbe trovato nessuna frase di circostanza. Come Yu, del resto. Tanto lui non parlava molto comunque.

Quando Tyki aprì la porta, per un attimo pensò di avere le allucinazioni, o di essere particolarmente stressato per il lavoro. Gli era bastato l'episodio dell'irruzione in casa di Alma -Tyki preferiva definirlo un “rocambolesco benvenuto”- per capire che Yu Kanda e quel ragazzo dai capelli bianchi di cui era innamorata Road, tale Allen Walker, si sopportavano ben poco. Pertanto, ritrovarseli entrambi davanti alla porta fu per lui qualcosa di incredibile.

Anche se i due si odiavano reciprocamente, erano dotati di una strana sincronia che permetteva loro di parlare all'unisono, e mettere subito in chiaro alcune cose.

« Ci siamo incontrati per caso strada facendo. »

« Oh, d'accordo... » Tyki li fece entrare con un sorriso divertito.

Allen, a differenza dell'altro, si fece qualche scrupolo in più ad entrare, sibilando un debolissimo “con permesso” e guardandosi intorno quasi intimorito. Aveva subito notato una rampa di scale a chiocciola che con ogni probabilità portavano al luogo da lui desiderato, ma la cortesia che gli era stata inculcata lo costrinse a chiedere.

« Road è di sopra? »

« Già, ha ancora la febbre. » Tyki si scostò dalla fronte alcuni ricci ribelli, divertito.

« Posso andare da lei? Le ho portato qualcosa da mangiare e... già che c'ero, delle cose importanti che ci hanno dato a scuola. »

La ragazza, ignara di tutto, avrebbe protestato. Era stata categorica col fratello. “Allen non mi deve vedere così!”. Come se l'influenza rendesse una persona un mostro. Ma quel giovanotto aveva fatto tanta strada per andare a trovarla, e poi era decisamente più divertente così. Quindi, Tyki gli indicò la stanza in cui si trovava. Qualunque cosa fosse poi successa, alla fine Road lo avrebbe santificato.

Rimase dunque solo Yu, all'ingresso, a braccia conserte e con l'aria perennemente imbronciata. Aveva deciso di non raccogliere i capelli lunghissimi, nascondendoli con sciarpa, cappotto e cappello. Per lui era stata una vera follia uscire di casa, col timore di essere riconosciuto e far accrescere la voce che esistessero gli zombie. Ma l'aveva fatto -benché riluttante all'idea di dover collaborare con un perfetto sconosciuto quale Tyki- per aiutare Lavi a uscire di prigione. L'avvocato cominciò a capire come mai Lavi si fosse tanto affezionato a lui.

« Sei sicuro? » gli chiese, prima di afferrare una giacca.

« Mi sembra tardi per ripensarci. »

« Hai ragione anche tu. Ma... non vi vedete da tre anni. Non sei neanche un po' emozionato? »

« In effetti, mi prudono le mani. »

Tyki cercò di non dar peso a quella frase più simile a una minaccia. « Capisco... »

Yu Kanda non era certo il tipo da mostrare apertamente affetto verso qualcuno, men che meno se si trattava di “uno stupido coniglio rompiscatole”.

Coniglio... riflettendoci, era stato proprio lui a chiamarlo così. Per un banalissimo errore di pronuncia.

Che Lavi fosse di origini sconosciute e lontane, lo si capiva al primo sguardo, nessuno si azzardava a tirare a indovinare da dove venisse. Solo a Kanda, Lavi confidò di avere lontane origini orientali, e che proprio per questo masticava bene lingue come il cinese. E aveva un atteggiamento completamente opposto a Yu, vittime e carnefici di culture diverse. Yu non sapeva ancora dire se quel guercio si era avvinato per semplice curiosità a lui, ma col tempo erano diventati addirittura... amici.

« Scusa... puoi darmi una mano? » aveva picchiettato più volte sulla spalla del ragazzo dai lunghissimi capelli scuri, provocando in lui un'inconsapevole irritazione.

Ma anche se quel contatto non fosse avvenuto, Yu avrebbe risposto allo stesso modo. « Mh? »

« Dov'è la prima sezione? »

« Sei nuovo? »

« Si nota molto, eh? »

« Allora ti avranno dato una sottospecie di mappa della scuola. »

Lavi chinò di poco la testa verso la propria destra, confuso. « È un messaggio in codice che significa “non so nemmeno io dove sia”? »

« So benissimo dov'è! »

« E allora perché non rispondi? »

« Non sono affari tuoi. »

« Tu in che sezione sei? »

Kanda, in un'altra sede, l'avrebbe già spintonato via. Ma dal momento che si trovava in un edificio scolastico, decise di usare le maniere più delicate che conosceva. « Senti, non sono la persona adatta a cui chiedere aiuto. Almeno l'aula professori sai dov'è, no? Chiedi a uno di loro. »

« Aula professori, mh. E dov'è? »

« Ma tu da dove vieni? Non sai davvero nulla?! »

Il rosso fece una risata ironica, quasi volesse nascondere l'imbarazzo. « Non sono granché abituato a un posto simile. Sai, io ho viaggiato molto, col mio vecchio, e visto che cambiavo spesso scuola, alla fine mi ha fatto un po' lui da professore. Però resterò qui fino al diploma, ha deciso così. Mi sono già perso tre volte, è un casino di scalinate e corridoi, questo posto! Quindi, per favore, dammi una mano! Anche piccola piccola! »

Kanda non poteva capire pienamente come ci si sentiva, ma poteva intuire che quel ragazzo così strano, con quella benda strana, e i capelli strani -ignorava del tutto il fatto che a scuola fosse vietato portare bandane o qualsiasi accessorio per capelli che non fosse l'elastico- doveva sentirsi un perfetto sconosciuto, se non un fantasma. Tuttavia sorrideva, e con noncuranza cercava aiuto dal primo che passava.

Sospirò, voltandosi. « Da questa parte. »

« Wow! Grazie! » l'altro lo seguì fedelmente, con una vivacità non richiesta e fuori luogo. « Come ti chiami? »

« Kanda. »

« Che nome strano! »

« È il mio cognome. »

« Perché, un nome non ce l'hai? »

Tasto dolente. Almeno per Kanda. Il suo nome era Yu. Breve, incisivo, ma fin troppo “carino e delicato”, una ridicola schifezza. Solitamente tutti si accontentavano di sentire il cognome, tranne quel rompiscatole. E adesso che gli andava a dire?

« Eeehi? Terra chiama ragazzo senza nome! »

« E sta' zitto! Non vedo perché impararlo, visto che non ci vedremo più. »

« Siamo compagni di scuola, come faccio a non vederti più? Anche volendo, uno come te non lo si può non notare. Ah, io mi chiamo Lavi Bookman Jr, però tu chiamami tranquillamente Lavi. »

Era un ragazzo che parlava parecchio, senza vergogna. Indossava l'uniforme con disinvoltura, senza sentirsi fuori posto. Era sorridente, allegro, uno che non sembra aver avuto grossi problemi nella vita.

Ma Kanda sapeva bene che il mondo si divide in due categorie: i pessimisti che non parlano molto col resto del mondo, come lui, i quali pensano che non ci sia via d'uscita, non riescono a uscire dalle proprie tragedie. Poi c'erano quelli come Lavi, che affrontavano i problemi a modo loro. Anzi, non li affrontavano: li aggiravano con quell'atteggiamento. Secondo Kanda, parlava decisamente troppo per non avere qualcosa da nascondere. Non era poi così diverso da lui. Ed era straordinario, per lui, scoprire di nutrire una sorta di empatia con qualcuno.

« Rabi. »

« Uh? »

« Rabi, come la coniglietta. »

« E chi è? »

« Rabi en Rose. »

« Cos'è? »

« Bè, comunque, ha a che fare coi conigli. Cos'è, sembravi uno di loro, appena nato? »

Lavi sembrò dispiaciuto. Nessuno gli aveva mai fatto una domanda così denigratoria prima d'allora. Così preciso. « No, è Lavi. La-vi. »

« Rabi, Lavi... è uguale, sempre conigli sono. »

« No, Lavi significa “leone”. Sai, io sono nato in agosto, dev'essere per questo che mi hanno chiamato così. »

« No, Rabi ricorda il coniglio. »

« Ma non mi chiamo così! »

I ragazzi si fermarono si fronte alla porta che indicava la prima sezione. Kanda gliela indicò con un gesto veloce e un tantino brusco del braccio, come un muto addio ben gradito da lui. Tuttavia, Lavi non sembrava propenso a entrare. Parlava, parlava, parlava... per la prima volta Kanda sperò nel suono anticipato della campana.

Ci pensò invece un altro ragazzo a “salvarlo”. Un suo coetaneo, e l'unico che tollerasse la sua presenza. Anzi, sembrava quasi suo fratello. Si chiamava Alma, un ragazzo dai capelli corti e con uno strano sfregio sul naso, ma Lavi non volle indagarci molto sopra.

« Yu, eccoti! Ti stavo cercando! »

Il rosso si voltò verso il ragazzo, visibilmente irritato. « Oh, allora ti chiami Yu? Che carino! »

« Zitto. La tua classe è questa. Addio. »

« Ciao ciao, Yu! Ci vediamo dopo le lezioni! »

« Piantala, stupido coniglio! »

Quando Kanda uscì dal tunnel dei ricordi, era già in macchina, seduto al fianco di Tyki. Dietro di loro, intento a osservare il mondo sfrecciare fuori dal finestrino, c'era Allen. Aveva chiesto di accompagnarli, sia perché non voleva disturbare oltre Road ammalata, sia perché era inaspettatamente incuriosito da un ragazzo che si faceva passare per quello che non era. Allen si era già dimostrato un ottimo aiutante per Tyki, sapeva che non gli avrebbe detto di no. Forse, se questo Lavi avesse visto quanti erano disposti a dargli fiducia, si sarebbe convinto a uscirsene di prigione. Allen non voleva neanche immaginare che sofferenza potesse essere starsene chiuso lì per tre anni. Quando Kanda lo vide salire in macchina con loro, aveva fatto una smorfia a dir poco irritata, ma nessuno dei due mise becco, per quieto vivere.


La sala colloqui del penitenziario era fredda, dalle pareti di un grigio triste e rovinato, senza decorazioni. Vi era una finestra grande quasi quanto la parete, la quale in teoria serviva per ascoltare le conversazioni dall'esterno, ma non veniva mai usata. Il tavolo, anch'esso freddo, piccolo e dello stesso colore dei muri, era posto al centro, con due sedie. Lavi ne occupava una, apparentemente tranquillo, almeno finché non vide Yu. Non era cambiato per niente, i capelli li teneva sempre lunghi, lo sguardo era sempre assottigliato, le braccia sempre tenuto conserte o in tasca, a indicare che i contatti fisici o col prossimo in generale non erano da lui granché graditi.

I due si scambiarono diverse occhiate. Lavi era mortificato, felice, emozionato, ma tra queste, la prima emozione faceva da padrona. Era difficile reggere gli occhi severi di Kanda.

« Ciao, Yu... » gli disse a bassa voce, con un sorriso di circostanza.

L'altro non parlò. Si avvicinò a lui con calma, continuando a guardarlo in una maniera indefinibile. E senza che nessuno se lo aspettasse -ad eccezione di Tyki, che però non lo aveva fermato- aveva sferrato un pugno liberatorio al rosso di fronte a lui, facendolo cadere dalla sedia. Lavi aveva più o meno immaginato una reazione simile, ma aveva sperato che in tre anni si fosse moderato un po'. Come no. Solo Allen si mostrò davvero sorpreso, correndo a soccorrere il detenuto.

« Che cavolo combini, idiota?! » gli gridò contro Kanda. « Avresti risolto tutto, eh?! Guarda come sei messo! A forza di stare qui dentro, i tuoi connotati sono diventati un invito a picchiarti! Ma sei scemo o cosa?! Mi hai fatto passare per morto per chiuderti qui dentro?! Questa me la paghi, deficiente! »

Allen si frappose fra i due, imbarazzato. « K-Kanda! Smettila! È un tuo amico, non mi sembra il caso di litigare adesso! »

« Tu sta' zitto e spostati, mammoletta! È una cosa che non ti riguarda! »

Lavi, che si era appena ripulito la bocca con la mano, più che avere paura del suo amico, si voltò verso il ragazzo dai capelli bianchi, ponendo domande fuori luogo. « Mammoletta? »

Anche Allen non capiva da dove provenisse quel soprannome denigratorio, ma non era il momento migliore per pensarci. Aiutò Lavi a rialzarsi. « Stai bene? »

« Uh? Sì, tranquillo. I pugni di Yu non fanno poi così male. Ehm, tu sei...? »

« Mi chiamo Allen. Sono... un amico del signor Tyki. »

« A dopo i convenevoli. » Tyki aveva già preso posto. A malincuore, Kanda lasciò momentaneamente perdere l'idea di suonargliele a quel coniglio che definire idiota era un eufemismo, e anche Allen si era avvicinato all'avvocato, in silenzio. Lavi non aveva compreso appieno il motivo per cui Allen si trovasse là, ma non aveva temo per pensarci. Anche se non gradiva molto la presenza di estranei in quella circostanza, si arrese all'evidenza. Se non altro, vide il bicchiere mezzo pieno: prima nessuno andava a trovarlo, ora si ritrovava con un bel trio a fargli visite “di cortesia”.

« Tyki... » Lavi fece un sorriso quasi imbarazzato, indicando la porta. « Vorrei parlare da solo con Yu, se possibile. »

L'avvocato non fece in tempo a rispondere che Kanda, stizzito come sempre, schioccò la lingua in una smorfia quasi grottesca. « No, non parliamo da soli. Tanto dici sempre delle cazzate. E questo qui è il tuo avvocato. La mammoletta puoi anche ignorarla. »

« Mi chiamo Allen! »

« Sono d'accordo col tuo amico, ragazzo. Quando questa storia sarà finita, parlerete da soli quanto vorrete... ora è importantissimo che partecipi anch'io. »

« Ma... »

« Tanto non ti lascio confabulare per creare nuove versioni. » il ventiseienne sorrise in modo sinistro, fingendo di essere amichevole.

« No, io... dirò la verità, giuro. »

« Allora comincia. Ventun dicembre. »

Lavi chinò il capo. Raccontare la verità era così difficile... non era giusto far sapere agli altri dei suoi errori, di quell'orrore provato allora. Ma ormai, non c'era più niente da fare.

« Linalee era davvero bellissima, quella notte... » esordì, mentre gli altri tre, in assoluto silenzio, avevano aguzzato l'udito.


Era stata una serata divertente e ben riuscita. Per Lavi, membro del comitato studentesco, era un onore vedere che tutti si divertivano. Aveva organizzato lui la festa, nei minimi particolari. Se la serata fosse andata a buon fine, si sarebbe guadagnato molti più voti per la presidenza. Non che ci tenesse particolarmente, ma da quando lo avevano espulso per la terza volta dal club di basket, con insofferenza, aveva deciso di vendicarsi in una maniera un po' contorta. “Divento presidente, mi prendo più agevolazioni, e se mi va di lusso assisto comunque la squadra. Mi chiederanno scusa in ginocchio”, si diceva, come un bambino capriccioso. In particolare, voleva lasciare a bocca aperta Lvellie, colui che più di tutti insisteva a non far partecipare Lavi a nessun circolo sportivo. Al terzo rifiuto, cui presenziava anche lui, disse senza mezzi termini “sei disabile. Non possiamo farti giocare”. Lavi aveva resistito con tutte le sue forze all'impulso di spaccargli la testa.

Eccolo lì, dunque, a dimostrare a Lvellie che il “disabile” riusciva a essere presente a ogni singola riunione, a svegliarsi per primo la mattina e controllare se nelle aule fosse tutto a posto, a proporre attività extra scolastiche studiate nei minimi dettagli per far contenti tutti, pure quell'uomo che considerava disgustoso. Il professore di certo si stizziva nel vederlo così attivo nonostante tutto, ma non lo dava mai a vedere.

E comunque, fortunatamente, durante la festa non mise bocca da nessuna parte. Se ne stava a gironzolare per fatti suoi. Forse non voleva neanche ammettere che la festa gli era piaciuta. Poco male. Lavi era soddisfatto anche così.

E Linalee... era incantevole. Rideva, scherzava, come qualunque persona normale farebbe. Lavi non immaginava di certo cosa sarebbe accaduto dopo essere usciti da scuola. Era felice anche lui, nessuna nota di preoccupazione o ansia. Come al solito, non ebbe niente da ridire sul riaccompagnarla a casa.

« Mio fratello è fuori da un collega... »

« Sta' tranquilla, per me non è un problema. Vuoi andare via adesso? »

« Però questa è la tua festa... »

« Dai, mica è il mio compleanno. Ci facciamo una bella passeggiata, io e te da soli, mh? »

Lavi si era ormai abituato ad averla così vicina. Pensare che fosse solo sua, e che lei lo amasse allo stesso modo, gli dava una serie di sensazioni strane, ma piacevoli. Quando l'aveva incontrata la prima volta, appena trasferito nella sua scuola, l'aveva trovata davvero carina, sì. Bella e irraggiungibile. All'inizio l'avvicinava solo per gioco, dovette ammetterlo. Però Linalee aveva qualcosa che... lo catturò inevitabilmente. Senza neanche accorgersene, cominciò a pensarla sempre più spesso, e vederla più spesso, e desiderarla davvero. Si era proprio innamorato, il guercio. Chissà cosa avrebbe detto il vecchio, a vederlo in quello stato.

« Che freddo... » mormorò Linalee, strofinandosi le mani.

« Già... c'è aria di neve. Quest'anno la nevicata è un po' in ritardo, eh. »

« Io spero che nevichi. Io e mio fratello, ogni Natale, giochiamo a chi fa il pupazzo di neve più bello. »

« Sembra divertente. »

« E anche un po' imbarazzante. Quando arriva il momento, mio fratello Komui attira sempre tutto il vicinato gridando “farò un pupazzo che somigli alla mia bellissima Linalee!”. »

« Ah ah ah! Tipico di Komui! »

« E tu a Natale di solito che fai? »

« Mà, io e il mio vecchio non siamo particolarmente attaccati alle tradizioni. E poi diceva sempre che non aveva più l'età per sciocchezze come addobbare l'albero o comprare luci natalizie. Di solito non facevamo neanche regali. Solo una volta mi fece un regalo. Questa collana. »

Frugando sotto la felpa, Lavi estrasse una collana piccola e neanche tanto preziosa, a colpo d'occhio. Era solo un filino di cotone su cui erano stati appesi dei pendenti normalissimi. Il filo poi era così corto che era già tanto se riusciva ad annodarselo.

« Ormai ha sette anni, questa collana... e la metto meno rispetto a prima, per paura che si rovini. Però mi piace molto... »

« Tuo nonno era una persona gentile. »

« Non lasciarti commuovere, Linalee. Era un vecchio panda scorbutico. »

La ragazza rise di gusto, non curandosi di dove stesse mettendo i piedi. Inciampò all'improvviso, ma Lavi fece in tempo a sorreggerla, con dei movimenti maldestri.

« Accidenti, il tacco...! »

« Si può riparare? »

« Speriamo... però non ci voleva adesso. »

« Ti porto in spalla, allora. » ed era già pronto ad acchiapparla per i fianchi.

« Che? No! Da qui a casa mia ci vuole un bel po'! »

« Ma non ci puoi mica tornare scalza, no? Col freddo che fa, poi... »

« Se mi aiuti, ci posso tornare saltellando. »

« Bene, allora da oggi ti chiamerò “Linalee salterina”! »

« Non ridere di me! »

« Dai, sto scherzando. Però non suona male. Oppure potrei chiamarti... uhm... amore? Credo che sia ora. »

« Li... Linalee va benissimo! »

Il ragazzo la circondò con le braccia, sfiorandole la guancia col naso. « Tesoro... amore mio... oppure potrei adottare quei nomignoli che fanno venire il latte alle ginocchia, tipo “bisteccona mia”, “principessina”, “luce dei miei occhi”... »

« Pffft! Hai sempre voglia di scherzare! »

« E tu, allo stesso modo, potresti chiamarmi “bocconcino mio”, “mio eroe”, “batuffolino”... anche “coniglietto”! Sarebbe pure più azzeccato! »

« Oppure... Dick? »


« Dick? » chiese Tyki, interrompendo il racconto.

« Era uno dei nomi falsi che adottavo quando andavo negli hotel. Mica ero così stupido da dire il mio, no? »

« Quali altri nomi hai usato? »

« Dick era il quarantottesimo. »

« Ma tu e Linalee non l'avevate fatto solo sei volte? »

« Bè, gliene avevo proposti quarantotto, poi lei ha scelto quelli che le piacevano di più. »

Kanda sbuffò snervato. « Stiamo cianciando su cose prive di importanza. »

« Sì, scusate. »


« Dick? Così mi gioco la reputazione! E tu sei una porcella. Linalee porcellaaa! Ecco, ti chiamerò “maialina”! »

« Eeeh?! No! Non intendevo che... » la ragazza si bloccò di colpo, osservando un punto oscuro del viale su cui stavano camminando. Le era sembrato di sentire qualcosa, come un fruscio. Sentì lo stesso rumore più volte, anche Lavi lo avvertì. Ma mentre lui aveva pensato a qualche animaletto tra i cespugli, Linalee non riusciva a stare tranquilla.

« E se fosse un serpente? »

« Non ci sono serpenti da queste parti. »

« O un lupo, magari. Sai cos'è successo a Johnny, che abita a due isolati da me? Si è ritrovato un lupo in giardino a mangiare la sua spazzatura! »

« Linalee, calmati! Se fosse un lupo affamato, sarebbe già uscito a cercarci. Se lo lasciamo in pace e ce ne andiamo per fatti nostri, non ci succederà niente. Forza, aggrappati a me, ce ne andiamo saltellando come due grilli. »

« Il rumore però non smette... forse... forse è qualcuno che si sente male... ecco, non vedi che le foglie si muovono in modo strano? »

Lavi sospirò, mollando la presa dai suoi fianchi e avvicinandosi all'angolo più buio della strada. « Do un'occhiata, così ti tranquillizzi, okay? Tu resta lì. »

Era come ritrovarsi in un film horror da quattro soldi, col killer che aspettava tranquillo lo scemo di turno che si faceva ammazzare senza problemi. Ma figurati se queste cose esistono, si disse Lavi. E infatti, la causa di tanto spavento per Linalee, non era altro che un cane randagio che si stava scavando una buca.

Lavi tirò un sospiro di sollievo -un po' di ansia gli era effettivamente venuta- e fece una risata. Solo quando si voltò si rese conto che qualcosa di peggio stava accadendo. Non era uno di quegli squallidi film dell'orrore. Era tutto dannatamente reale.

Non riusciva a vederlo in faccia, tra buio e cappuccio tirato su. Era però molto alto e robusto, e tappava la bocca di Linalee stringendola con forza. Lavi non ci pensò due volte: si scaraventò su di lui, intimandogli di lasciarla andare. Gli aveva visto un coltello, in mano. Forse era un ladruncolo che si stava approfittando di due ragazzi che tornavano a casa da soli. Ma aveva sbagliato bersaglio. Linalee non andava neppure sfiorata.


« Scusa, Lavi, ma... » Allen un po' si vergognava di esternare così apertamente i propri dubbi. « Mi riesce difficile credere a una cosa del genere. Non è, come dire... troppo ovvio? »

L'altro fece un sorriso amaro, scostandosi i capelli dalla fronte. « Lo so... è una delle ragioni per cui non ho detto la verità. Chi mi avrebbe creduto? Cose del genere succedono, appunto, solo nei film. Ma tu non hai ancora afferrato il succo della cosa, Allen... magari si fosse trattato di un semplice ladro di portafogli. »

« Ossia? Cosa intendi dire? » chiese Kanda, a braccia conserte.

« Solo dopo un po' mi accorsi che quell'uomo era diverso... troppo “preso” dall'azzuffata con me. E cercava di coinvolgere anche Linalee, che stava cercando di aiutarmi. Quell'uomo era troppo robusto, mi era difficile tenergli testa, poi aveva pure un coltello. Mi aveva ferito un po' alla mano, ma non era importante. »


« Lasciami andare, dannazione! Ma che vuoi?! »

« Lavi! Lavi, resisti! Lascialo! »

« Ce l'hai con me, per caso? Chi sei?! Linalee, tu... tu allontanati! Chiama qualcuno! »

« Io... s-sì! »

Forse il suo fu un semplice tentativo di trattenere una potenziale testimone. O forse faceva parte di un piano più accurato, di cui Lavi non poteva conoscerne l'esistenza. Chissà se aveva abbandonato il coltello per caso... chissà se gli aveva offerto l'occasione apposta.

Bè, in quel momento Lavi non ci pensò su più di tanto. Tanto più che quello non cercò minimamente di frugargli nelle tasche, dunque era qualcuno che lo odiava così tanto da fare cose simili. E Lavi non era il tipo che lasciava scappare chi tentava di fargli del male, soprattutto se rincorreva la sua ragazza.

Era buio, non vedeva bene. Riusciva a distinguere appena l'ombra di quello sconosciuto, tanto più grande di Linalee, tanto violento. Non voleva ucciderlo. Sarebbe bastata una ferita piccola piccola, in grado di tenerlo bloccato finché non fosse arrivata la polizia.

Ma vuoi la confusione, vuoi un po' di paura, vuoi che né Lavi, né Linalee immaginavano che quell'aggressione fosse ben più contorta, che... le cose sfuggirono di mano.

Lavi non ferì quell'uomo. Se ne accorse troppo tardi.

Gliel'aveva spinta contro. E lui l'aveva presa. E il coltello era troppo, troppo a fondo.

Non c'era più tempo, né voglia di rincorrere il bastardo. Non aveva neanche la forza di chiamare aiuto.

« Cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo... »

« Lavi... »

« Non parlare! va... va tutto bene! io... mi dispiace, io non... non volevo... devo... devo fermare il sangue, aspetta! » si tolse subito la sciarpa, avvolgendola sulla pancia della ragazza. Come aveva potuto essere così stupido e frettoloso? Per colpa sua...

« Fa... fa male... »

« Lo so, ma cerca di resistere! Ti prego, perdonami! Adesso chiamo l'ambulanza, ma tu resisti! Non siamo poi così lontani dalla scuola... »

« Non... chiamare... nessuno... »

« Ma che stai dicendo...?! »

« Quell'uomo... s-so chi è... l'ho... riconosciuto... » Linalee si aggrappò con forza alle spalle di Lavi, tentando di resistere. « Ti prego... c-corri a casa mia... m-mio fratello... Komui è in pericolo... »

« Prima ci sei tu! »

« No... Lavi... ascoltami... u... uccidimi, ti prego... »

« Zitta! Non capisco di che cazzo stai parlando! Perché dici queste cose?! Chi era quello?! »

« Anche se... chiamassi aiuto... finiresti nei guai... perciò... scappa... »

« Non posso... non posso... » i singhiozzi cominciarono a prendere il sopravvento. « Diremo che è stato un incidente... »

« Scappa... non farti trovare... altrimenti ti daranno la colpa... e proteggi mio fratello, ti prego... »

« Fuggire da chi?! Che... che cosa posso fare io...?! »

Respirava a malapena. Faticava a parlare. Solo le mani rimanevano ben salde alle sue spalle. Non voleva essere aiutata, e voleva far fuggire Lavi. Senza che lui capisse un accidente... era faticoso per lei confidargli qualcosa in quelle condizioni.

« Linalee... »

La ragazza cercò di farsi forza per avvicinarsi a lui, e confidargli quell'ultimo segreto che l'avrebbe spinto a cambiare vita. « Non dire niente... nemmeno a Kanda... »

Lavi non le prestava granché ascolto, disperato com'era, intento a tenere ferma la sciarpa sul suo ventre insanguinato. « Merda! Fermati, fermati, fermati! »

« Lavi... quello... q-quello era... »

Il tempo si era come fermato. Il mondo esterno non esisteva più. Solo buio, sangue, lacrime. Verità che facevano male... e la consapevolezza di aver fatto del male alla persona che amava, stavano portando Lavi alla pazzia. Riuscì a farle solo un'ultima promessa. Ma sapeva che non sarebbe bastato per farsi perdonare. Non era riuscito a proteggerla, e anzi, l'aveva uccisa. Lui.

« Lavi... prometti di sorridere sempre... »

« Sì... »

« C... conto su di te... »

« Linalee... »

« Grazie di tutto, Lavi... ti amo... »

« Linalee... n-no... » nel momento in cui vide che chiudeva gli occhi, non capì più nulla. « D-dai, apri gli occhi... non lasciarmi... non... non te ne andare... Linalee... Linalee, ti prego... »


Né Tyki, né Allen, tanto meno Kanda avevano parole per esprimere le proprie emozioni. Altro che film dell'orrore. Era molto peggio, era un incubo. Chiunque sarebbe crollato all'istante. Lavi, invece... aveva raccolto le ultime confidenze di quella ragazza e ne aveva fatto una ragione di vita. Era normale, per lui, colpevolizzarsi in quel modo. Era tremendo. Era terribile non avere nessuna parola di conforto per lui, che si asciugò una lacrima incontrollata dalla guancia.

« Poi arrivò Yu... Linalee respirava ancora, ma... non c'era più niente da fare. Perdonami, Yu... dovevo proteggerti... »

L'altro chinò la testa. Si vedeva lontano un miglio che anche lui era frustrato. « Se fossi arrivato prima... »

« Non sono riuscito a fare nulla... io... ho fatto del male a Linalee. »

« Non dire così. » fece Tyki, che nel frattempo si era acceso una sigaretta per allentare la tensione. « È stato un incidente. Resta da definire chi era quell'uomo... »

« Dopo aver fatto scappare Yu, misi in atto la messinscena e scappai. Aspettai un giorno per andare da Komui e avvertirlo, proteggere almeno lui. Ma non feci in tempo... Linalee aveva ragione. Trovai morto anche Reever, in casa sua. Forse si era trovato per caso nel posto sbagliato. »

« E Miranda? »

« Miranda è stata sfortunata. Lei non aveva nessuna colpa, né aveva un ruolo particolare in tutta questa faccenda. È stata uccisa per colpire me... perché sapevano che avrebbero dato la colpa a me. Perché Miranda mi era vicina, era amica mia e di Linalee, era una nostra professoressa. Mi avrebbero trovato. Sarei stato comunque dichiarato colpevole. io... io sono colpevole! »

« Ma chi può fare una cosa del genere? » anche Allen era sull'orlo del pianto. A pensare che Lavi si era negato una via d'uscita, a pensare che era stato messo così alle strette, provava rabbia e sofferenza.

« Lvellie? » chiese Tyki.

Lavi ci mise un po' a rispondere, ma poi chinò leggermente il capo, in segno d'assenso. « Era il mandante. »

Solo l'avvocato riuscì a mantenere la calma di fronte a quelle rivelazioni che avevano un che di irreale. Dopotutto, aveva mentito per tre anni, perché credergli adesso? Ma Tyki non era così bastardo da ignorare certe parole dette con quel viso, con quell'espressione.

« Lvellie mi odiava a morte. E odiava Linalee. »

« Cosa l'ha spinto a volerti morto? »

« Non è che volesse uccidermi. Voleva solo rovinarmi la vita. »

« Direi che ci è riuscito. E non l'ha rovinata solo a te. » dire che Kanda era furioso non era sufficiente a esprimere ciò che provava realmente. Nemmeno lui riusciva a trovare le parole adatte. Per colpa di quell'essere -non si poteva neanche definire uomo- quattro persone erano morte, Lavi stava in prigione, lui era dovuto fuggire. Era troppo. Desiderava ardentemente averlo davanti per ucciderlo con le sue stesse mani.

« Lvellie non era il tipo che sembrava. Era mille volte peggio. Dopo la morte di Linalee, scoprii che aveva pescato un disperato per fingere di aggredire Linalee, e fare in modo che la uccidessi io. Lui aveva agganci con persone pessime. Era un uomo che non si faceva scrupoli ad allearsi con chi conveniva. Io queste cose le avevo sapute per caso, quando andavo a scuola. Ma credevo di essere riuscito a non farlo capire. »

« Intendi dire... un'organizzazione? »

« Non conosco i particolari, ma possiamo dire che è una cosa del genere. Lvellie doveva esserne un pezzo grosso. Forse ha scoperto che io sapevo di più sul suo conto, e ha adottato la soluzione estrema per tapparmi la bocca. »

Si sentiva un po' più rilassato. Raccontare la verità fu per lui una liberazione. Certo, non bastava a farlo sentire meno in colpa, ma aveva trovato un po' di serenità. « Avrei preferito morire... invece, per colpa mia... ci ha rimesso Linalee... »

« Lvellie che fine ha fatto? »

« L'uomo che mi ha aggredito è morto. Non voglio sapere come. Lvellie... francamente, non lo so. »

« Queste cose che hai detto... sono delle bombe, ragazzo. Con queste dichiarazioni, vinciamo il processo a occhi chiusi. »

« È la mia parola contro quella di Lvellie. » Lavi fece una risata ironica, segno che le speranze le aveva perse del tutto. « Sceglierà gli avvocati migliori. »

« Ehi, guarda che io sto difendendo te. »

I due ridacchiarono, scambiandosi un paio d'occhiate, Tyki per incoraggiarlo e Lavi... bè, gli faceva piacere avere qualcuno così disposto ad aiutarlo. Non poteva negare che un po' di paura effettivamente la provava. Aveva timore degli sguardi della gente, di come avrebbero reagito a sentire la verità dopo tre anni di silenzio. Forse si erano anche dimenticato di lui, e di Linalee. Che crudeltà, pensare che potessero dimenticarla così facilmente.

« Kanda... » Tyki mosse velocemente la sigaretta sul posacenere, quasi avesse fretta. « Te la senti di testimoniare a favore di Lavi? »

Il guercio spalancò l'occhio, irrigidendosi. Voleva essere categorico, ma evidentemente non c'era riuscito granché. « Non possiamo! Yu dovrebbe essere morto! »

« Appunto, pensa che colpo se sapessero che hai una vittima in meno. »

« Ma... e Anita? »

« Ha sofferto anche troppo, mi pare. » il sorriso stampato sul volto di Kanda era strano. Non era dolce, né amichevole. Sembrava una sfida aperta nei confronti del mondo, e una ripicca verso Lavi, che si era dato tanta pena per aiutarlo, senza ricevere nulla in cambio.

« Testimonierò. »

Poco ci mancava che Lavi piangesse di nuovo, in un misto tra sensi di colpa e felicità nel vedere che Kanda era rimasto un amico. « Yu... »

Anche Allen sorrise, ritrovando un po' di ottimismo. « Testimonierei anch'io a tuo favore, ma purtroppo sono estraneo alla faccenda... ma, nel mio piccolo, farò il possibile per farti uscire da qui. »

« Allora è deciso. »

« Ci... sarà un processo? »

« Non ti preoccupare. Vinceremo noi, vedrai. Sarai libero. » Tyki gli fece l'occhiolino. In fondo gli si era addirittura affezionato. Vederlo con l'occhio spalancato, l'espressione sbigottita, quell'atteggiamento timoroso nei confronti del mondo esterno lo stavano rendendo molto più simile a un bambino al suo primo giorno di scuola. Come si poteva lasciarlo là dentro?

Nessuno lo derise, nemmeno Kanda, quando lo videro piangere. Li aveva guardati negli occhi, tutti e tre, persino Allen che, anche se era un perfetto sconosciuto, era disposto ad aiutarlo. Erano tre anni che non trovava persone del genere. Persone che gli facevano venir voglia di tornare a vivere.

« Mi perdonerai, Linalee, se accetto l'aiuto di chi ti vuole ricordare. E stavolta ti vendicherò come si deve. »

La manica della tuta da detenuto era ormai fradicia, ma Lavi non smise di piangere, con il sorriso di chi ha ritrovato qualcosa di prezioso. Come la determinazione.

« Grazie... vi ringrazio, tutti quanti. Mettiamocela tutta. »





Ho ancora la forza che serve a camminare,
picchiare ancora contro per non lasciarsi andare.
Ho ancora quella forza che ti serve quando dici “si comincia”.
E ho ancora la forza di guardarmi attorno,
mischiando le parole con due pacchetti al giorno.
Di farmi trovar lì da chi mi vuole sempre nella mia camicia.
[
Ho ancora la forza – Francesco Guccini ]

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Capitolo 8
*** Settimo incontro, ore 14:54. Sono pronto ***


Author's note; alè! Ma quanto tempo! Tra le feste di Natale e Capodanno, fatti di ritrovi a casa di amici e scorpacciate che mi basteranno per le prossime due settimane, non ho proprio avuto occasione di aggiornare, se non aggiungere un esperimento di one shot con Tyki e Lavi, ancora. Ma passiamo a Bad Rabbit, che finalmente viene aggiornata col processo. Processo appena iniziato, nel prossimo capitolo avrà molto più spazio. E proprio perché di processo si tratterà, non ci saranno più incontri, ma udienze. Bè, dai, ci siamo capiti. Questo capitolo serve a confermare e non confermare, a rivelare ipotesi che per il momento sono tali. Tyki è un tale istintivo, certe volte, da bravo barbone qual è, ma anche questo è uno dei suoi lati buoni. Miranda, Miranda, tormento e delizia, tassello mancante, accidenti a te, sfortunata Miranda. Tyki deve ancora svelare il tuo mistero, ma chissà se ci sta arrivando. E Lvellie? Per il momento lo si vede di sfuggita, ma vedrete al prossimo capitolo. Più si va avanti, e più viene difficile scrivere questa storia. Creare misteri è dura, spero che vi piaccia comunque questa strampalata one shot.
A propooosito, il numero da detenuto di Lavi. Io non l'avevo mai pensato. Ma un dì, quella ragazza geniale che è
Haily, disegnò una cosa bellissima: Lavi detenuto e Tyki avvocato, con la scritta “Bad rabbit”. Cover perfetta per la mia storia, sapeste che onore! E ha pure scelto un bel numero per Lavi. Eccovi il Link, guardate e ammirate, non è favoloso? Haily, ti amo. - http://i39.tinypic.com/o8ar94.jpg -
Per quanto riguarda la canzone che introduce il capitolo, l'ho scelta un po' per riprendere la passione di Peter Pan che ho affibbiato a Lavi in questa storia, e un po' per instillare un po' d'ottimismo. Perché Tyki è un inguaribile ottimista, fa tutto con nonchalance che ti mette tranquillità. E anche Lavi è un ottimista. E pure un po' Kanda, lo sappiamo che non lo ammetterai mai, ma ti vogliamo bene comunque.
E, bè... chiedo scusa se le verità vengono svelate in pezzetti così piccoli. Sono fatta così, chiedo venia... ma spero che comunque questa storia vi piaccia. Grazie infinitamente a voi che leggete, recensite, inserite la storia tra le preferite e le seguite! Grazie mille!





Settimo incontro, ore 14:54

Sono pronto





Son d'accordo con voi,
niente ladri e gendarmi,
ma che razza di isola è?
Niente odio e violenza,
né soldati, né armi,
forse è proprio l'isola che non c'è.
[ L'isola che non c'è – Edoardo Bennato ]





« La rabbia, il rancore... li inghiotto tutti. »
[ Yu Kanda – D.Gray-man ]





Quanto era cambiato il mondo fuori? Chi ci viveva, che vita si faceva? Il tempo per Lavi si era bloccato. Natale, Capodanno, Carnevale e vacanze estive, tutto per lui era scomparso da tre anni. Pertanto, ritrovarsi seduto per terra, nella sala colloqui del carcere, a mangiare dolci in compagnia di Allen Walker gli fece prendere coscienza del fatto che il mondo continuava a girare, anche senza di lui. Ma, proprio perché la ruota non si fermava, la sorte gli faceva capitare anche persone così particolari come quel ragazzo dai capelli bianchi, che di sua spontanea volontà era andato a trovarlo, e gli aveva portato dei dolci, e lo aveva invitato a mangiare in sua compagnia. Non aveva osato chiedere a Kanda di accompagnarlo, anche perché, pur conoscendolo pochissimo, sapeva che questi avrebbe rifiutato. Ma non gliene faceva una colpa. In una situazione come la sua, nella quale in teoria doveva essere morto, muoversi comportava troppe problematiche, specie se l'obiettivo era andare a trovare il presunto assassino.

E questo lo sapeva anche Lavi. Chi meglio di lui poteva conoscere Kanda? Anzi, per come la vedeva il rosso, meglio non vedersi, non ancora. Metabolizzare tre anni di silenzio, dopo quella faccenda, era dura, per entrambi. Ma chissà se, tra un dolce e l'altro, avrebbe ritrovato la forza.

« Sono i dolci più buoni che abbia mai mangiato in vita mia! » aveva esclamato tutto contento, rovistando nel sacchetto. Il muro alle sue spalle non sembrava più tanto freddo. « Dio, Allen, sono davvero qualcosa di paradisiaco. Posso assumerti come consulente culinario? »

« Sono di una nuova pasticceria che ha aperto la scorsa settimana. »

« Immagino facciano affari d'oro, se cucinano dolci del genere. »

« Io sono già un loro cliente fisso! »

« E che posto è? Accogliente? Bello? Colorato? »

« Quando uscirai da qui ti ci porterò, e mangeremo fino a scoppiare! »

Era strano, per Lavi. Non parlava così animatamente con nessuno da così tanto tempo. Lui e Allen si erano appena conosciuti, e ciononostante chiacchieravano come due vecchi amici. E l'altro sembrava dare per scontato che Lavi ne sarebbe uscito pulito da quella faccenda. Perché lui, come Tyki, come Kanda, credeva in lui.

Tuttavia per il guercio non era così facile, ma fu abbastanza saggio da tacere. Non voleva rovinare quell'atmosfera così calda.

« E... hanno aperto negozi nuovi? Non so, costruito fontane nuove, qualche coppia storica si è messa le corna... cos'è cambiato, là fuori? »

« Ah, niente di particolare. Hanno un po' ampliato il liceo. »

« Il liceo che frequentavo io? »

« Esatto. »

« Quanti anni hai, scusa? »

« A Natale ne farò sedici. »

« Wow! Dev'essere bello nascere nel giorno più importante del mondo. »

Allen pescò tre dolci dal sacchetto che Lavi teneva per mano, masticandoli tutti insieme con espressione soddisfatta. Era evidente che per lui mangiare era un piacere e non solo un bisogno. « Dipende dai punti di vista. »

« C'è chi la trova una festa consumistica e chi la ricorrenza più importante del mondo religioso, anche se non si è cristiani. Comunque, è il più importante. Io ne sarei onorato. E poi sapevi che nel medioevo quelli nati in inverno venivano considerati fortunati? Era difficile sopravvivere tra freddo e gelo all'epoca. »

« E questo chi te l'ha detto? »

« L'ho letto su un libro tempo fa. »

« Bè, io non mi considero poi così fortunato. » si guardò la mano sinistra più volte. Guardarla gli faceva ricordare quante persone avessero evitato di abbracciarlo, con la scusa che fosse poco igienico o, molto più ipocritamente, “per non fargli male”. Per quanto Allen ricordava, solo Road, e poi Tyki, non si erano creati problemi. Anzi, Road cercava costantemente di prendergli proprio quella mano. Era gentile e dolce, a modo suo. E poi c'era lui, Lavi. Un suo... “simile”, per certi versi. Chissà quanti sguardi torvi, per quella benda. Lui per nascondere la sua malformazione indossava un guanto, lui una benda. Entrambi avevano qualcosa a cui non si poteva porre rimedio e che non avevano deciso loro. Forse, a ben pensarci, quella fu una delle ragioni che spinse Allen a tornare a trovarlo, e parlarci. Non aveva mai incontrato nessuno come lui, che lo capisse.

« Allen... » esordì Lavi, con un sorriso gentile. « Non voglio dire frasi pseudo filosofiche come “sei vivo, questa è la fortuna più grande di tutte”. Però prova a immaginarti nel medioevo. Sei nato in pieno inverno, in uno scantinato umido, povero, dove a malapena avete da mangiare perché forse la tua famiglia per guadagnarsi da vivere coltiva fave o alleva pecore, come l'ottanta per cento della popolazione. Tu sei riuscito a sopravvivere, nonostante tutto. Poi cresci, ti accorgi che quella mano non è come le altre e non lo sarà mai. Il quindici per cento della popolazione è costituita dal clero, un esercito di bigotti che interpretano ogni malformazione come un richiamo del demonio. La tua famiglia ti abbandona perché non ti può mantenere e, ignorante com'è, crede che tu sia davvero il figlio del diavolo. Ti braccano senza sosta per mandarti al rogo, ma... credo proprio che tu saresti stato uno di quelli che avrebbero continuato a vivere, nonostante tutto. Come stai facendo tu oggi. E non solo perché hai imparato a fregartene della mano, ma soprattutto perché sei fortunato. Forse Dio ti assiste davvero, sempre se esiste. »

Allen gli sorrise a sua volta, rincuorato, anche un po' affascinato dal discorso. « Allora ance tu sei fortunato. »

« Io sono nato in estate, per me questa regola non vale. »

« Ma nel medioevo avrebbero cacciato anche te. » gli si avvicinò, camuffando di poco la voce. Lavi rise subito di gusto. « Avete i capelli rossi e siete pure guercio! Prove inconfutabili di stregoneria! Al rogo, al rogo! »

« Ah ah ah! Va bene, va bene, mi arrendo! Mi ero dimenticato della sciagura che ricadeva su chi aveva i capelli rossi! »

« Forse nel medioevo ci saremmo ritrovati a fuggire insieme. »

« Sarebbe stato divertente. Insomma, avere qualcuno con cui passare ogni esperienza... dev'essere bello. »

Poi regnò il silenzio. Si guardarono. Era davvero così insolito, per loro, ritrovarsi così simili. Così simili da sedersi per terra, appena conosciuti, e mangiare dolci, e parlare, parlare, parlare, guardarsi a vicenda le proprie malformazioni e capirsi, senza dire nulla. O anche avvicinare quella mano così brutta agli occhi degli altri e avvicinarla a quella benda così anomala. E Lavi che non le respingeva, bensì lo lasciava fare, con un sorriso.

« Siamo strani, eh? » gli disse, sempre sorridente, seppur con una nota di nostalgia.

« Così strani da non farci schifo a vicenda. » gli rispose Allen di rimando.

« A me non fai schifo. »

« Nemmeno tu mi disgusti. »

« E neanche Linalee ti avrebbe discriminato. »

« Mi sarebbe piaciuto conoscerla. »

« L'avresti trovata subito carina. »

« Ah ah, forse... doveva essere una persona speciale. »

« Sì... sai, nessuno ha più parlato di lei, o almeno qui. Fuori non so come stia andando... ma l'unico che mi ha chiesto di parlare di lei è stato Tyki. Bè, lui l'ha fatto anche per lavoro, ma... è bello vedere che non tutti si sono dimenticati di lei. »

« Quando uscirai da qui, andremo a trovarla, tutti insieme. Tutti sapranno che tu... che tu non hai fatto nulla di male. »

« Linalee l'ho uccisa io. Cioè... sono stato io, non importa se intenzionalmente o no. »

« Il signor Tyki ce la farà. Ha detto che la settimana prossima, al processo... »

Lavi si voltò di scatto verso il proprio interlocutore. Non sembrava troppo sorpreso, ma la notizia era stata comunque inaspettata. « Di già?! »

« Ha detto che prima si fa, meglio è. Così la controparte non avrà il tempo di organizzarsi. »

Il detenuto rovistò ancora una volta nel sacchetto, rendendosi conto che vi erano rimaste solo piccole briciole -e poteva giurare che Allen si fosse mangiato più della metà- e un frammento di biscotto. Non avendo voglia di mangiare quel rimasuglio, pescò qualche briciola per gettarla a caso sul pavimento, non curandosi di colui che avrebbe dovuto ripulire lì dentro.

« Ho l'impressione che noi siamo cento volte più disorganizzati. » disse ridacchiando.

« Ha anche detto che è naturale che la prima udienza sia un disastro. »

« … devo ridere o piangere? »

Il tardo pomeriggio, per Tyki, rappresentava per quel giorno un qualcosa d'importante. Fu la seconda volta che si presentò a casa di Anita, con nientemeno che Kanda al proprio fianco. Aveva espresso proprio lui il desiderio di tornare, di dirle di persona che stava bene, prima che lo venisse a sapere dai giornali. Ormai era stato deciso che il processo si sarebbe tenuto la prossima settimana, con o senza prove inconfutabili. Tanto sarebbe stato solo il primo di una lunga serie -Tyki sperava non così lunga- e altri elementi li avrebbe trovati man mano. Un atteggiamento frettoloso che Bak non riusciva a comprendere.

E comunque, l'attenzione in quel momento era catturata totalmente da Kanda, che si mostrava fin troppo sicuro, una volta sceso dalla macchina. Senza travestimenti, solo Yu.

« Le verrà un colpo. » gli fece notare l'avvocato.

« Mahoja sa far rinsavire bene le persone. » non tentennò nel rispondere. E il ventiseienne, ricordando la figura imponente della donna con tale nome, non ci mise molto a capire la motivazione.

« E cosa le dirai? “Mamma, ciao, sto bene”? »

« Io non l'ho mai chiamata così. Lei non è mia madre. »

« Ma ti ha adottato, è come se lo fosse. Penso che la faresti felice chiamandola così almeno una volta. »

« Il rapporto con mia madre adottiva non la riguarda. »

« Ecco, vedi? La consideri comunque tua madre. »

Kanda sbuffò, ormai di fronte alla porta. « Chiuda la bocca, ha già detto troppe cavolate. »

Tyki ridacchiò, divertito, e pregustandosi la reazione che avrebbe avuto Anita. Come minimo avrebbe pianto e detto cose tipo “non ci credo, non è possibile”. Alla peggio, sarebbe svenuta. Oppure sarebbe svenuta quella Mahoja. Vedere una donna del genere svenire era un evento imperdibile.

Ad aprire, come prevedibile, fu proprio Mahoja. Che alla prima occhiata lo aveva riconosciuto. Del resto, Yu Kanda fisicamente non era cambiato quasi per niente. Solo il fisico era diverso, più alto, spalle più robuste, e i capelli si erano un po' allungati.

Non ci furono prese da wrestler o svenimenti vari. Ci fu un forte richiamo di Mahoja, passi che accorrevano all'ingresso, e lei, Anita, che dopo aver spalancato gli occhi pianse, pianse a dirotto, a costo di farsi sentire da tutto il vicinato, e senza alcuna vergogna lo aveva abbracciato, con grande imbarazzo del ragazzo e tanto divertimento per l'avvocato.

« Ma tu non eri... »

« Posso spiegare. » si limitò a dire Kanda, ricambiando, seppur a malapena, l'abbraccio. Sviò per un momento lo sguardo sull'uomo che lo aveva portato fin lì, il quale lo incitava a una riconciliazione più espansiva. Dopotutto era sua madre, seppur adottiva.

« Sto sognando, vero...? »

« No, no... che dici? Guarda, mi stai toccando. Sono vivo e vegeto. »

« Dio mio... »

« … posso rientrare in casa mia? »

« C-certo! Dio, guardati... come sei diventato alto... e i capelli... e il tuo viso... stai bene... grazie a Dio... M-Mahoja! Prepara subito della soba! Certo, sarai affamato, vero? E vorrai stenderti un po'... signor Mikk, voi... »

« Ah, non state in pena, me ne vado subito. Volevo solo assicurarmi che tornasse in ottime condizioni. » fece per voltarsi, ma la padrona di casa lo bloccò tempestivamente.

« No, voi dovete assolutamente cenare con noi, stasera! E spiegarmi tante cose... »

Kanda colse la palla al balzo. Ancora abbracciato alla donna che lo aveva tanto amato, e ancora lo amava come un figlio, fece un sorriso sghembo, il più beffardo che Tyki gli avesse mai visto. « Sì, Tyki. Venga a spiegarci. »

« Che razza di bamboccio subdolo e... ehm, contieniti, Tyki. Contieniti. » si disse, a denti stretti, elargendo il sorriso migliore che poteva sfoderare ed entrando in casa.

Fu comunque una bella serata. Vedere una famiglia riunita fece sentire Tyki fiero di sé, al di là del fatto che quella rappresentasse una sua vittoria in campo lavorativo. Vedere Anita che si tratteneva con tutte le sue forze di non piangere, Mahoja che seguiva a ruota la padrona, soprattutto Kanda, il quale si trovava visibilmente in difficoltà di fronte a quel rientro, mangiando soba compostamente e spiegando brevemente i fatti salienti che lo avevano portato a quella tragica esperienza, per Tyki fu come guardare un telefilm. Sembrava davvero una serata senza pretese, felice, a cui lui aveva avuto l'onore di partecipare.

Finché, nella settimana seguente, non arrivarono le grane. Prima classificata tra queste: i giornalisti. Certo, non c'era pi motivo di tener nascosta la notizia della falsa morte di Yu Kanda. Su quasi tutti i quotidiani primeggiava il titolo “La quinta vittima è risorta”, ma vi erano anche variazioni sul tema come “Il morto parlerà a favore del guercio”. Sì, erano capitati anche articoli di cattivo gusto, a cui l'avvocato non ci aveva minimamente badato. Distoglievano solamente dal lavoro.

E come poter ignorare gli articoli sulla futura causa a un, citando testualmente “modesto professore liceale”? Lavi si sarebbe certamente infuriato a leggere tali aggettivi per quell'uomo. E Kanda, ritrovatosi per l'ennesima volta a casa del ventiseienne, in vista del processo, stava in qualche modo rivivendo le emozioni dell'amico ancora in carcere. Il suo viso ritraeva bene il disgusto nel leggere il nome di Malcolm C. Lvellie.

« Non posso credere che riescano a scrivere questa roba! »

« È naturale che Lvellie si dipinga così. » aveva risposto l'avvocato senza scomporsi. Sembrava avere la testa da un'altra parte.

« Io continuo a dire che fare un processo così presto non ci farà bene. »

« La controparte non riuscirà a raccogliere elementi sufficienti in tempi così ristretti. »

« Perché, noi ce li abbiamo, gli elementi per difendere Lavi? »

« Bè, innanzitutto tu sei vivo. » non poteva negare, però, che la scelta di chiedere un processo così presto era stata un'arma a doppio taglio. Aveva così tanta fretta, voglia, di liberare quel ragazzo, che per un attimo si era lasciato andare all'istinto, errore quasi fatale per un avvocato nella sua posizione.

« Con la tua testimonianza, se vorrà anche Alma, possiamo far cadere tutte le accuse di omicidio. Il problema riguarda Miranda Lotto... c'è qualcosa che non torna nella sua morte. Come se fosse fuori posto. »

« Lavi non ha detto tutto? »

« Avresti dovuto vederlo, quando è crollato. Credo che ormai ci abbia detto tutto. Ma dev'esserci dell'altro, che nemmeno lui sa... qualcosa che riguarda Linalee. Ripensandoci: Lvellie farebbe parte di una specie di organizzazione criminale, supponiamo che sia anche mafia, perché dovrebbe insediarsi in una scuola come professore? »

« Tutte le persone simili hanno una facciata. »

« Poteva spacciarsi per imprenditore, o presidente di una grossa azienda. Invece, un lavoro semplice come professore. Forse si era introdotto lì per controllare qualcuno. »

Kanda inarcò un sopracciglio, riuscendo a seguire, a grandi linee, il discorso di Tyki. Un discorso che non gli piaceva per niente. « Lei sta dicendo che... stava controllando Linalee? »

« Lavi ha detto che la costringeva spesso a fare ripetizioni a scuola. Nessuno sa cosa succedesse, a parte lei e Lvellie. O forse lo sapeva anche Miranda. »

« No, no, no! Così non torna niente! Quella notte avevano aggredito Lavi, non lei! »

Tyki afferrò in tutta fretta un fascicolo dalla scrivania, sfogliando velocemente le pagine fino al punto desiderato. « L'uomo che quella notte aggredì Lavi era un poveraccio di periferia. “Casualmente”, morto il giorno dopo l'aggressione per annegamento. Però, se ti ricordi, Lavi racconta che Linalee aveva riconosciuto quell'uomo. Lo so, sembra assurdo, ma è proprio Linalee la risposta. O la sua famiglia. »

« Non capisco. »

« Che lavoro faceva Komui Lee? »

« Il ricercatore. » e, un momento dopo, Kanda si irrigidì, ad occhi spalancati. Di colpo il discorso tornava a filare, ed era assurdo, terribile, impossibile, se si pensava a Linalee, e Komui. Le persone più oneste che avesse mai potuto incontrare.

« Questa è roba da film da quattro soldi. » disse, sprezzante. « Lei non ha nessuna prova per... »

« Infatti per il momento sto solo facendo delle ipotesi. E ammetterai anche tu che così ha un senso. Komui Lee che lavorava per l'organizzazione di Lvellie. Il ricercatore... forse gli era stato affidato un lavoro importante. Linalee serviva da tramite per le informazioni, da scuola a casa. Poi dev'essere successo qualcosa. Forse Komui si era pentito, ha cercato di togliersi da quella situazione, forse fino a quel momento lo aveva fatto sotto minacce. Comunque, qualcosa spinse Lvellie a decidere di toglierli di mezzo. Facendo ricadere la colpa su Lavi, essendo a conoscenza della loro relazione. Non era Lavi il bersaglio. Era Linalee! »

Kanda si accasciò sul tavolo, incredulo. « Mi sta girando la testa... »

« Il punto è: Miranda che ruolo aveva in questa storia? Se solo riuscissi a scoprirlo, vincerei il processo a occhi chiusi. Dannazione... »

« Lei sta farneticando. Seguendo ragionamenti simili, anche Reever è sospetto, no? »

« Reever si trovava effettivamente a casa di Komui, all'ora del delitto. Persone simili si preoccupano di evitare testimoni col metodo più facile. E, leggendo su di lui, era un collega. Potrebbe anche essere... »

« Insomma, la smetta! Praticamente ci sta dicendo che Linalee ha mentito a tutti noi per... per quanto tempo?! »

« E Lavi non sospetta minimamente una cosa del genere... »

« Mi sta ascoltando?! »

Già, Lavi. Lui aveva scoperto puramente per caso delle faccende di Lvellie, ma non era riuscito a scoprire la parte più importante. In una situazione normale, sarebbe stato un sollievo. A nessuno faceva piacere sapere che la propria ragazza era servita per una cosa del genere. Ma in quel frangente era tutto un altro paio di maniche. Se Tyki stava indovinando, allora era stato Lavi il caso, non Linalee. Lavi c'entrava poco e niente, era solo un capro espiatorio. Ma, in particolar modo, come avrebbe reagito di fronte a quelle ipotesi. Tyki non poteva permettersi reazioni incontrollate o crolli psicologici da parte sua. Prima di dirgli qualsiasi cosa riguardo Linalee, doveva capire che ruolo avesse Miranda Lotto. E come accidenti avrebbe fatto?

« Kanda, ti prego, dimmi che sai qualcosa di più sul conto di quella donna. »

« A parte che era anonima, tendente alla depressione, insicura, goffa e sempre a rischio licenziamento? No, non so dirle altro. E proprio perché l'ho conosciuta, posso dire con assoluta certezza che lei era l'ultima persona capace di prestare servizio a persone come Lvellie. »

« Ma potrebbe aver scoperto qualcosa come Lavi? È una cosa tanto assurda? »

Kanda, a malincuore, scosse la testa. « … no, non è una cosa tanto assurda. »

« Qualcun altro conosceva bene Miranda Lotto? Un fidanzato, un parente... »

« Fidanzato? Miranda? Sta scherzando? E per quanto ne sappia, non aveva parenti. I suoi genitori erano morti quando io ero in prima superiore, mi sembra di malattia, comunque erano già vecchi di loro. Non aveva fratelli o sorelle, viveva da sola. E nella vita sociale era il peggio del peggio. Non era il tipo da andare in discoteca, ogni tanto la mattina la vedevo passeggiare nel parco, ma sempre per fatti suoi. Sembrava quasi che non esistesse. Non mi viene in mente nessuno che potesse essere suo amico. Riceveva le confidenze degli studenti, ma nessuno aveva una così grande considerazione di lei. Giusto Lavi e Linalee. »

« E allora non mi resta che farmelo dire da Lvellie al processo. »

« E come si fa? »

« Qualcosa m'inventerò. »

Furono giorni particolarmente duri per Tyki. Elaborare diverse strategie difensive, accordarsi con Lavi e Kanda, nel corso dei colloqui, su come comportarsi in aula. Per quanto riguardava le testimonianze, Tyki aveva una sola regola. Dire tutta la verità, come veniva richiesto. Senza farsi intimorire dagli sguardi altrui. Ma soprattutto, per lui era importantissimo che né Lavi, né Kanda cedessero in qualche modo alle provocazioni che sarebbero giunte, perché ce ne sarebbero state a fiotti.

Evitò accuratamente di parlare delle nuove ipotesi sulla famiglia Lee, non essendo nemmeno lui del tutto sicuro. Non aveva alcuna prova, non ancora, e si stava aggrappando, come un bambino, alla speranza di far cantare Lvellie, in qualche modo. Di colpo tutta la sua sicurezza, la sua eccitazione nel vedere Lavi bello e libero, era sparita. Non si era mai imbattuto in una causa del genere, e ormai non contava più di tanto vincerla o no. Almeno, non per il suo curriculum. C'era di mezzo un innocente. La priorità era tirarlo fuori da una prigione, Tyki era l'unico che poteva farlo. Non poteva permettersi il minimo errore.

Lavi aveva notato la strana angoscia che accompagnava l'avvocato, ma non si sbilanciò con le domande. Gli era venuto un momentaneo vuoto, mentre ridimensionava tutta la sua situazione. Si ritrovava, all'improvviso, a dover fare i conti con un giudice, altri avvocati che lo avrebbero accusato di tutto, e Lvellie. Rivedere quell'uomo... che sensazione gli avrebbe scatenato?

« Ragazzo. »

« Uh? Sì? »

« Domani c'è la prima udienza. »

« Già... »

« Cerca di stare tranquillo. »

« È vero che la prima udienza è sempre disastrosa? »

« Nel settanta per cento dei casi sì. »

« Aspetti, questo vale solo per lei o per tutti gli avvocati? »

« Noto una piccola presa in giro nella domanda. »

« Non mi permetterei mai. »

« Ancora a dire bugie? »

« Ah ah ah... la ringrazio. Per... per tutto quello che sta facendo. »

« Ringraziami quando sarai uscito. »

Lavi scosse la testa. Sorrideva, come aveva quasi sempre fatto. « La ringrazio ora. Lei è stato il primo a parlare con me per più di una seduta. Se lei non si fosse intestardito così tanto con la mia innocenza, a quest'ora... scusi, non so bene cosa dirle. Mi ero promesso di restare qui, per il bene di tutti. Per tenere Yu al sicuro, per impedire che qualcuno infangasse la memoria di Linalee. Però lei... come dire... ha stravolto la mia risoluzione. Grazie, grazie per avermi spinto a cambiare scelta, per avermi convinto a... fare la cosa giusta. Perché io non voglio che il mondo dimentichi Linalee, e quello che ha passato. Voglio finalmente dire la mia verità. Ed è tutto merito suo. Non la ringrazierò mai abbastanza. Comunque vada. »

Comunque vada... già. Erano tutti nel dubbio. Era solo la prima udienza, ma come sarebbe andata? Tyki che fine avrebbe fatto, dopo quel processo, qualunque sarebbe stato l'esito? E cosa dire, dopo quel ringraziamento così sincero, da parte di un ragazzo che si era sempre sforzato di essere il contrario? Come poterlo deludere, dopo quelle parole? Per lui contava eccome, vincere. Perché non era giusto che Lavi se ne stesse là. Voleva vincere, e lo avrebbe fatto. Lui i giudici li faceva dannare, sempre e comunque, aveva dimostrato sempre la verità. Aveva scelto di difendere quel ragazzo e sarebbe andato fino in fondo.

Era il suo io bianco o nero a prevalere, in quegli istanti? Quale parte stava traboccando di voglia di avere giustizia? Cosa gli aveva smosso, Lavi, per spingerlo a prenderla così a cuore? Chi era, realmente, Lavi? Un semplice innocente, per niente. Lavi Bookman Jr. aveva il diritto di tornare a vivere.





Prima udienza, ore 09:30






Entrare in tribunale non era mai stato tanto difficoltoso per Tyki. Kanda era prossimo a tirare un sonoro pugno a qualche fotografo. Già non gli piacevano i contatti ravvicinati da parte di sconosciuti di suo, ritrovarsi assaltato da giornalisti fu per lui un incubo. Se non ci fosse stato Tyki a trattenerlo, altro che rissa.

« Niente domande, signori, niente domande. Potete assistere al processo, ma fuori dal tribunale non rilasciamo nessuna dichiarazione. »

« Come ci spiegate il fatto che Yu Kanda sia vivo? »

« Non rispondere, Kanda, fila dentro. »

Entrare in tribunale non era mai stato così strano per Lavi. Perché era il primo posto diverso dal carcere dove capitava dopo tre anni. E vestito con abiti normali, camicia, jeans, scarpe normali, pulite, una cravatta, da quanto non la vedeva. Annodata alla peggio perché, indossare abiti del genere dopo tanto tempo, lo facevano sentire quasi fuori posto, era quasi soffocante. Se non fosse stato per le manette, non si sarebbe per niente riconosciuto, in un posto simile. Con Link, sempre a fianco, che gliele aveva strette attorno ai polsi ben bene, facendolo poi sedere all'angolo, poco prima che tutti entrassero.

« Non avrei mai pensato di vederti ad un processo. » si concesse il secondino.

Lavi fece un sorrisetto, quasi volesse prenderlo in giro. « Nemmeno io. »


17 giugno 2007, ore 09:30
Udienza preliminare sul caso di Lavi Bookman Jr. detenuto numero 40350,
accusato di omicidio preterintenzionale di Linalee Lee, Komui Lee,
Reever Wenham e Miranda Lotto.


Lavi non avrebbe mai potuto dimenticare, complice la sua memoria, lo sguardo d'intesa che gli lanciò Tyki. Gli fece l'occhiolino, gli sorrise. Neanche fosse suo fratello maggiore, gli aveva detto, senza parlare, di stare tranquillo, che sarebbe andato tutto bene. E accanto a lui, composto, serio, sempre imbronciato, Kanda. E dietro di loro Allen, che lo aveva salutato con la mano, felice. E Road, sempre appiccicata all'albino, sorridente anche lei, pronta a tifare silenziosamente per il fratello. E, guardando meglio, mescolati alla folla c'erano anche Anita e Mahoja, che lo cercavano con lo sguardo. Vederli lì, tutti insieme, per lui, fu l'esperienza più ambigua che avesse mai passato. Era una sensazione bellissima.

E poi venne la parte meno interessante della faccenda. Due sconosciuti parlottavano con Lvellie. Non era cambiato per niente, anzi, a Lavi sembrò ancora più ripugnante. Con quegli odiosi baffetti -che gli avevano valso, a scuola, il soprannome di “Hitler in scala ridotta”- e quel sorriso beffardo, e quell'atteggiamento simil composto che lo disgustavano. Il primo desiderio di Lavi, nel vederlo, fu quello di pararglisi davanti, prendere un sacchetto qualunque e vomitarci dentro, solo per il gusto di vederlo irritato. Ma a sfotterlo per bene ci avrebbe pensato Tyki. Già, finalmente sentiva di poter riporre la massima fiducia in lui. Chissà se il suo “neo strategico” sarebbe servito a ingraziarsi il giudice. Ma, dal momento che era un signore sui sessant'anni dall'aria severa, Lavi dovette scartare tale divertente fantasia.

Non aveva osato parlare, nemmeno quando Lvellie, sempre sicuro di sé, sempre con quella faccia da schiaffi, aveva ribadito la sua innocenza, e aveva pubblicamente accusato il rosso di calunnie.

« Io ho sempre svolto il mio dovere di insegnante con zelo. Non ho mai avuto problemi con i miei colleghi o con gli studenti. Ritenevo Bookman Jr. un bravo ragazzo, mai avrei pensato a un'accusa simile nei miei confronti. Questo ragazzo ha seri problemi mentali. »

Tyki si trattenne con tutte le sue forze dal ridergli in faccia. Si sistemò il colletto della giacca per farsi coraggio, per poi alzarsi con calma, non prima di aver guardato Kanda.

« Vostro onore, chiamo a testimoniare Yu Kanda. »

Il ragazzo si alzò, senza che nessuno gli avesse chiesto ancora nulla. Ignorò le voci degli increduli che assistevano alla sua entrata in scena dopo un silenzio durato tre anni. Ignorò gli sguardi di lavi, preoccupati, in qualche modo dispiaciuti per l'amico che si apprestava a difenderlo. Ma Yu era sempre così: imperscrutabile, asociale, diretto, fedele a sé stesso.

« Ciao, Kanda. » Tyki gli si era avvicinato con un sorriso. « Com'era il Paradiso? »

« Non c'è male. » fu la risposta serissima.

« Scherzi a parte, come mai sei vivo? Il tuo assassino ha sbagliato i calcoli? »

« Nessuno ha attentato alla mia vita. »

« Dunque Lavi Bookman Jr. non ti ha ferito in alcun modo? »

« Esatto. Anzi, ha cercato di fare il possibile per salvarmi. È stata sua l'idea... di farmi passare per morto. »

« Come mai? »

« Riteneva che fossi in pericolo. Che eravamo stati presi di mira da qualcuno e che, se mi avessero trovato, sarei stato accusato di omicidio. »

« Perché tu eri presente, quando Linalee è morta? »

« Sì. »

« E chi l'ha uccisa? »

« Lavi e Linalee erano stati aggrediti da uno sconosciuto. »

« E chi poteva essere ad avercela tanto con voi? »

« All'epoca non capivo cosa stesse succedendo, ma poi ho pensato che... effettivamente, qualcuno che ci odiava c'era. »

« Quell'uomo è in questa stanza? »

« Certo. Il signor Lvellie. » fece un lieve cenno del capo verso quell'uomo, incurante degli sguardi torvi ricevuti. Il cenno che gli fece superava a malapena la considerazione, lo stava trattando peggio di un cane. Fu una delle vendette più belle che Kanda si gustò, e fu per lui quasi un piacere vedere tutti i curiosi, venuti ad assistere, sbalorditi di fronte a quelle parole.

« Come mai vi odiava tanto? »

« Io difficilmente gli rispondevo bene. Lavi gli aveva procurato qualche fastidio nel comitato. »

« Che genere di fastidio? »

« Ad esempio, tutte le attività che proponeva Lavi per la scuola venivano bocciate da Lvellie. Però lui in qualche modo vinceva sempre, perché gran parte dei professori approvavano il suo operato. A Lvellie non piaceva essere contraddetto. E Linalee... bè, era la sua ragazza. »

« Linalee e Lavi erano fidanzati? »

« Ci stavano lavorando. »

« E Linalee ha mai “contraddetto” Lvellie? »

« Aveva sempre appoggiato Lavi in qualunque cosa facesse, specie se questa serviva a farlo dannare. »

Lavi si stava sentendo disorientato. Gli sembravano così sicuri che quelle storie parevano quasi vere. Bè, non è che stessero dicendo bugie dall'inizio, ma ci stavano parecchio ricamando sopra, cosa che, se fosse stato un film, li avrebbe subito candidati all'Oscar. Peccato che con le manette non poteva fare applausi.

« E, Kanda... ritieni che Lvellie fosse il tipo da reagire così violentemente a “insulti” simili? »

Yu si gustò per un momento gli avvocati di Lvellie che gli bisbigliavano qualcosa, prima di rispondere. « La punizione che preferiva, a scuola, era quella di mettere dietro la lavagna qualcuno. Giusto perchè le bacchette non si potevano portare a scuola. »

Tyki gli sorrise, soddisfatto. Quanto gli piaceva irritare gli altri con quei giochetti, e ringraziò mentalmente Kanda per l'aiuto dato.

« Non ho altre domande. »

Sorrise di nuovo verso Lavi. Più per rassicurarlo. Perché ora che sarebbero stati gli altri a fargli domande, sarebbe cominciato il brutto.

Ma Lavi gli sorrise a sua volta. Sembrava ottimista, e pure divertito da quanto stava guardando, benché ci fosse pochissimo da ridere.

« Sono pronto. » si disse. Non per auto convincersi. Non si sarebbe tirato indietro.





Seconda stella a destra,
questo è il cammino,
e poi dritto fino al mattino.
Poi la strada la trovi da te,
porta all'isola che non c'è.
Forse questo ti sembrerà strano,
ma la ragione ti ha un po' preso la mano,
ed ora sei quasi convinto che
non può esistere l'isola che non c'è.
[
L'isola che non c'è – Edoardo Bennato ]

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Capitolo 9
*** Ottavo incontro, ore 09:45. Botta e risposta ***


Author's note; immensamente spiacente per il ritardo. Connessione andata a farsi fottere per tre giorni, dojinshi da portare avanti, disegni da fare, scuola, oltretutto in casa siamo in tre con un pc e di tempo per stare a scrivere non ne ho tantissimo, è difficilissimo portare avanti una storia del genere, ma... ECCOMI QUI! *-*
Spero che vi piaccia. Non ho molto da dire a riguardo, è diciamo un “riscaldamento” del processo. Nel prossimo ci saranno più svolte, promesso!
E finalmente sono riuscita a dare una palla da basket a Lavi! Aveva proprio bisogno di svagarsi, quel povero figliolo. E, per quanto riguarda la parte iniziale, ci tenevo molto a scriverla, spero che vi piaccia.
Un grazie infinite a
Aryadaughter, preffy e schwarzlight per aver inserito la storia tra le seguite! E naturalmente grazie a tutti coloro che leggono e mi lasciano un proprio parere!
P.s.: amo la canzone di De André che ho scelto per questo capitolo!





Ottavo incontro
Seconda udienza, ore 09:45
Botta e risposta





E se furon due guardie a fermarmi la vita,
è proprio qui sulla terra la mela proibita,
e non Dio, ma qualcuno che per noi l'ha inventato,
ci costringe a sognare in un giardino incantato.
[ Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato) – Fabrizio De André ]





« Lo sappiamo che quei tipi sono forti.
Ma noi non siamo venuti fin qua per perdere. »
[ Lavi – D.Gray-man ]





Trovarsi di fronte tutta quella gente che lo osservava lo aveva un po' scosso, nel profondo. Si sentiva un bambino appena nato, Lavi. Lui da solo, disorientato, senza capire bene cosa ci fosse intorno a lui, mentre tutti lo guardavano aspettandosi un cenno. Lavi non sapeva dire se quella situazione irreale, assurda per un normale diciottenne, lo divertisse o lo spaventasse. Forse quell'ammasso di sconosciuti -eccezion fatta per Allen, Kanda, Tyki, Anita, Mahoja e Lvellie- si aspettavano un qualche gesto violento, un urlo, una risata degna dei film horror. Ma il guercio, in tutta onestà, non aveva voglia di dire alcunché. A lui piaceva tanto starsene da una parte e osservare, come faceva suo nonno. Guardando e basta si potevano vedere un'infinità di sfumature del mondo. Godersi il lento scorrere del tempo guardando come le cose cambiavano, estraniarsi da quelle medesime cose e, perché no, beffarsi dei cambiamenti che subivano. Perché qualunque cambiamento avesse visto, Lavi lo aveva trovato risibile.

Tutti nella vita pensano di essere protagonisti, di essere soggetti a una cosa astratta chiamata “destino” che scrive la storia per loro, tutti che pensano di dover seguire una propria strada. Ma che scemenza. Come se una cosa grande come il destino potesse occuparsi di miliardi di persone, di un'infinità di animali e via discorrendo. Si nasce, si cresce e alla fine si muore, punto. Lavi aveva cominciato a pensarla così, e non c'era mai stato nulla che gli avesse potuto far cambiare opinione. L'idea di essere immutabile, mentre il resto del mondo cambiava, lo affascinava.

Ma in fondo cambiare è umano, e lui lo era. Dopo aver incontrato Linalee, qualcosa in lui aveva cominciato a muoversi. Non si vergognava ad ammettere che ne fosse innamorato, avrebbe voluto gridarlo a tutti, ma aveva una specie di paura. Paura di vedere quanto quel sentimento lo avrebbe cambiato. Se fosse cambiato, Linalee avrebbe smesso di amarlo? Oppure avrebbe smesso lui?

« Linalee, mi ameresti ancora? Se tu fossi qui, staresti ancora al mio fianco? Anche dopo tre anni, mi avresti detto “ti amo” con quel rossore sul viso? »

Erano pensieri frequenti, in carcere. Immaginare una Linalee diversa per lui era doloroso ma inevitabile. Perché anche lei era umana, e sarebbe cambiata, a lungo andare. Come sarebbe diventata Linalee dopo quel ventun dicembre? Magari si sarebbe abituata a quelle carezze audaci che gli faceva e non sarebbe più arrossita, forse sarebbe riuscita a dire a tutti che lui era il suo ragazzo e di nessun'altra. E lui sarebbe riuscito a convivere con un cambiamento del genere?

« Linalee, mi ameresti ancora? Ora come ora, mi diresti “ti amo”, come facesti quel giorno? Anche se io cambiassi, rimarresti con me? »

Non era il caso di piangere, non in tribunale, non per cose del genere. Tanto Linalee non avrebbe potuto rispondere, scemo lui che faceva ancora questi pensieri. Idiota lui, che si era innamorato di lei e a distanza di tre anni non era riuscito a scrollarsi di dosso il suo ricordo.

Tornò a guardare le facce sconosciute che, di tanto in tanto, ricambiavano il suo sguardo, quasi con paura. Howard Link, al contrario, era sempre impassibile. Anche lui era una di quelle persone immutabili. Lavi ne fu felice.

Anche Yu non era cambiato. Teneva testa a tutti, chiunque fosse stato, a costo di ritrovarsi contro dieci persone grosse il doppio di lui che lo picchiavano a sangue. O forse un po' era cambiato e lui non se n'era accorto. Era difficile osservare senza lasciarsi trasportare dai sentimenti, arrivati a questo punto. Ma aveva sempre un che di divertente vedere Yu Kanda, l'essere umano più introverso, scorbutico, asociale che avesse mai incontrato, fronteggiare uno sconosciuto che difendeva un uomo che lo aveva disgustato quanto lui, al liceo.

« Kanda, perché non sei andato alla polizia quella notte del ventun dicembre? »

« È sordo per caso? Ho già detto che Lavi mi aveva detto di scappare, temendo fossi in pericolo. »

« Ma non avevi niente da temere, tu non avevi fatto nulla, giusto? E nemmeno il tuo “amico” aveva fatto qualcosa di male, stando a quanto dici. Allora perché non chiamare la polizia? »

« Lei chiamerebbe la polizia quando la sua donna sta morendo e il suo migliore amico è in pericolo? »

« Certo. »

« Stronzate. »

« È pregato di usare un linguaggio adeguato, signor Kanda. »

Il ragazzo sbuffò di fronte al rimprovero del giudice. « Sì, mi scusi. Comunque in quei momenti nessuno ci pensa. » tuttavia Anita non poté fare a meno di ridacchiare. Era sempre il solito, Yu Kanda.

« Allora fammi capire, Kanda. Un professore metterebbe in gioco la propria professione per uccidere due ragazzi problematici? »

« Lvellie non è il tipo da sporcarsi le mani direttamente. »

« Allora lui non era presente, quella notte? »

« Aveva mandato qualcuno. »

« E come fai a dire con assoluta certezza che è stato lui a mandarlo e non un altro? Te l'ha assicurato il tuo “amico”? Non sarà che il tuo “amico” odiava così tanto il professore da volerlo mettere nei guai fino a questo punto? »

Lavi si vide davanti agli occhi una scena che aveva visto solo nei film, fino a quel momento. E ancora una volta avrebbe voluto applaudire, dannate manette. Tyki si era alzato con sicurezza, senza mostrarsi arrabbiato più di tanto, anzi. « Obiezione. Queste sono insinuazioni prive di fondamento. »

« Accolta. »

« Non importa, tanto non ho altre domande. Vorrei chiamare a testimoniare Lavi Bookman Junior. »

E nuovamente tutti guardarono lui. E lui che guardava Tyki, e nessuno che sapeva dargli una risposta. Era del tutto diverso rispetto al parlare con una sola persona, stavolta si trattava di confessare tutto davanti a un sacco di gente che non conosceva, con Lvellie che guardava, sentiva, e magari se la rideva sotto i baffi alla faccia sua.

Tuttavia Tyki gli intimò con lo sguardo di farsi avanti. E nel momento in cui Link tolse le manette, Lavi capì di non poter tornare indietro. Lui era bravo a parlare, aveva fatto scappare tredici avvocati, al confronto quello non era niente. Gli conveniva pensarla così. Continuò a pensarlo durante quei pochi passi dalla sua postazione a quella che Yu aveva appena lasciato, mentre le sue scarpe gli rimbombavano nella testa, mentre tutti continuavano a guardarlo, neanche fossero stati allo zoo. Come poter spiegare a parole il magone che sentiva? Come poter fingere tranquillità mentre si sedeva?

Si guardarono velocemente, per un secondo soltanto, Lavi e quell'uomo. E fu Lavi, quasi inconsciamente, a parlare, a giocare. « Io mi ricordo di lei. »

« Come? » ci fu una risatina di circostanza.

« Lei è stato il primo avvocato a venire da me. Accidenti, se avessi saputo che avrebbe finito per difendere quell'uomo, l'avrei tenuto. » mentiva, e si vedeva. Si beffava di lui, e si vedeva. Aveva un che di gustoso il viso impacciato dell'altro, il quale tentò poi di cambiare argomentazione all'istante.

« Lavi, ci risulta che tu abbia avuto rapporti sessuali con Linalee Lee. »

Cominciamo bene, si era detto. « Sì. »

« E perché nessuno ne era al corrente? »

« Perché dovrei rendere noto a tutti che faccio sesso con qualcuna? »

« Dunque il fatto che il fratello della suddetta fosse morbosamente geloso non rientrava nelle motivazioni? »

« Parla come se non avesse mai avuto sedici anni. » rispose il ragazzo, inarcando un sopracciglio. Tyki sorrise. Se la stava cavando bene.

« Ma di solito le sedicenni frequentano liberamente chi vogliono, no? »

« Lei non ha figli, eh? »

« D'accordo. Allora spiegamelo tu il mondo degli adolescenti. Eri geloso di Linalee Lee? »

« Non particolarmente. Voglio dire, era una bella ragazza ma non era il tipo da provocare. »

« E Linalee di te? »

« Non le ho mai dato motivo di essere gelosa. »

« Ma le hai dato motivo di chiedersi chi fosse la persona con cui andava a letto, non è così? »

« Prego? »

Il modo con cui l'avvocato sconosciuto gli passava davanti, con quei passi frettolosi e snervanti, gli stava facendo girare la testa. Tutto in quella stanza lo stava irritando, i rumori, i toni di voce, gli sguardi, quegli sguardi beffardi che pensavano di conoscerlo a fondo. « Dove sono i tuoi genitori? »

« Sono morti. In un incidente stradale. »

« E chi si è preso cura di te? »

« Scusi, questo cosa c'entra? »

« Non aver paura, sono semplici domande. »

Lavi fu un po' titubante, questa volta, non capendo dove il discorso volesse parare. O meglio, lo stava immaginando, ma con Linalee non aveva comunque nulla a che fare.

« Sono cresciuto con mio nonno fino al mio ingresso alle superiori. »

« E perché non è qui a difendere suo nipote? »

« Potrebbe essere morto anche lui. Voglio dire, era molto vecchio. »

Tyki era già abbastanza irritato di suo, ma quando vide quell'uomo -scoprire che era stato il primo della lunga serie di avvocati creava una situazione paradossale- voltarsi verso tutti i curiosi giunti a vedere ridacchiando, gli venne voglia di prenderlo a calci.

« Non ha un che di assurdo che un nipote non sappia che fine ha fatto il nonno? »

« Obiezione. » calmati, Tyki, questo si diceva. Anche se era dannatamente difficile resistere dalla voglia di picchiarlo a sangue.

Qualcuno che rise con lui c'era stato, primo fra tutti Lvellie. E fu quella faccia a fargli venire voglia di rispondere. D'accordo, era sotto processo, ma coglione no. Mai.

« Sì, è assurdo. Assurdo quanto un uomo come Lvellie che fa il professore. »

Si creò il silenzio, per qualche minuto. Tra gli sguardi dei presenti Lavi aveva notato una piccola nota di paura nei suoi confronti. Non doveva aver fatto una bella faccia.

E Tyki poteva confermare. Lavi non era un assassino, ma sapeva assumere dei piccoli atteggiamenti che inquietavano le persone normali. Gli era stato detto che Lavi non era umano, ora finalmente sembrava capire il perché. In lui sembravano esserci una moltitudine di persone diverse, pronte a parlare nei momenti più disparati. Tyki non seppe dire quale Lavi stesse parlando.

Era davvero strano. Lui, il suo avvocato, che non conosceva a fondo il suo cliente, ed era rimasto addirittura affascinato da quella dualità che Lavi sapeva esporre. Un po' come la sua. Vedere l'io nero di qualcuno esibirsi a quel modo lo lasciava quasi senza parole.

« Potresti spiegarti meglio, Lavi Bookman Junior? »

« Lvellie non ha alcun bisogno di fare il professore, e lei lo sa benissimo. Quanto l'ha pagata per difenderlo? Ah, però immagino che le abbia dato un anticipo, perché quell'anello non ce l'aveva quando l'ho incontrata, e costa decisamente troppo per un normale avvocato. Bè, la carriera è sua, non ci metto becco. »

Ci fu ancora qualche secondo di silenzio, interrotto solo da una risatina sarcastica del guercio. « Ha temprato il carattere, complimenti. Al nostro incontro lei scappò via dopo dodici minuti, in seguito a una conversazione simile. Però all'epoca lei non mi chiese del mio vecchio. »

« Perché allora non era importante saperlo. » aveva la fronte lievemente imperlata di sudore. Era proprio bravo a parlare, Lavi Bookman Jr.

« Tu e tuo nonno vi siete trasferiti svariate volte... »

« Nove traslochi. » lo interruppe il ragazzo.

« Sì, nove. Per via del suo lavoro, dico bene? Ma nessuno sapeva che lavoro facesse, tranne te. »

« Le sue insinuazioni mi fanno ridere. A mio parere nessun lavoro è disonorevole, tranne quello di Lvellie. E non mi riferisco al “professore”. »

Tyki avrebbe voluto riempirlo di baci sulla fronte, fargli una statua e decantarne le lodi ininterrottamente, per il lavoro che stava facendo. Pensava sarebbe stata disastrosa come seduta, e invece si stava ritrovando la controparte in mezzo ai casini, le persone dietro di lui che parlottavano su quanto Lavi stava dicendo, la credibilità di Lvellie che si andava sgretolando. Lavi forse, come avvocato, gli sarebbe stato addirittura superiore.

Tuttavia quell'altro, che Tyki aveva definito simpaticamente “Uno”, giacché era stato il primo a tentare di difendere Lavi, lo ignorò, cercò di ignorarlo.

« Non siamo qui per discutere della vita privata del signor Lvellie, ma della tua. Una vita che non esiste. Non hai genitori, dici che sono morti in un incidente ma chi può confermarlo? Forse tu eri troppo piccolo per ricordare le circostanze della morte. »

« Lei non può ingannare la mia memoria. » gli disse con fare quasi intimidatorio.

« Sta di fatto che ti trasferisci qua e là, tu e tuo nonno siete sfuggenti, sembrate fantasmi, nessuno vi conosce a fondo. All'improvviso arrivi alla scuola di Linalee, te la porti a letto e poi la ragazza muore. Incredibile che il signor Komui non abbia mai dubitato di te. O forse l'ha fatto, per questo l'hai ucciso. Nessuno si fida di una persona dal passato inesistente come il tuo. »

Tyki si alzò nuovamente dalla sua postazione. « Obiezione. »

« Respinta. »

« State martellando un ragazzo a cui sono stati portati via i genitori senza concludere niente. Siamo qui per parlare della morte di Linalee, il passato del mio assistito non ha nulla a che vedere con questo. »

« … d'accordo. »

Road, la sorellina di Tyki, seduta dietro di lui, strinse convulsamente il braccio di Allen, accennando un sorriso. Non le capitava spesso di assistere ai processi di suo fratello, ma ogni volta che lo vedeva così agguerrito si divertiva un mondo. Allen, al contrario, si sentiva un po' a disagio, essendo per lui la prima udienza a cui assisteva in vita sua. Ma non poté che ammirare il fratello della ragazza.

« Forte mio fratello, vero? » gli bisbigliò Road, sorridente.

« Sì... ora capisco perché siete fratelli. »

« Uh? »

« Bè, tu sei anche più agguerrita di lui. » accennò una risatina, cercando di non farsi sentire.

« Trovi? »

« È uno dei tuoi lati buoni. » le disse, sinceramente, con quel sorriso gentile che Road aveva imparato ad amare. Lei sorrise, felicissima. Lo avrebbe abbracciato, magari anche baciato -nonostante fosse quasi sicura che Allen l'avrebbe cortesemente respinta, anzi, non sapeva dire nemmeno questo- ma decise di tornare a dedicarsi al fratello.

« Lavi, quando parli della professione del signor Lvellie non ti riferisci al professore. Allora di cosa parli? »

Il ragazzo guardò per un attimo l'uomo al centro della conversazione, prima di rispondere. La tentazione di umiliarlo e dire finalmente la verità era troppo forte, per cui non riuscì a resistere.

« Lvellie faceva dei “favori” a gente poco raccomandabile. Era il quattro novembre, Lvellie era arrivato da poco. Io vivevo nel collegio della scuola e di solito prendevo una scorciatoia per tornare prima, passando per il giardino. Lui era lì, appartato con qualcuno, un uomo che non ho visto in faccia, ma sono riuscito a sentire. Si scambiavano soldi, parlavano di conti cifrati, di “operazioni risolte”, di “concorrenza eliminata”. »

E per la prima volta gli sguardi furono riservati solo per Malcolm C. Lvellie. Tutti, nessuno escluso, avevano stupore, anche orrore negli occhi. Lui sudava freddo, che uomo patetico, pensò Lavi. Viscido come era sempre stato, e lui che godeva nel vederlo in quelle condizioni.

« E tu riesci a ricordare un episodio così vecchio? »

« Dovrebbe essere al corrente della mia memoria. »

« … non ho altre domande. »

Quando Tyki si avvicinò al proprio cliente si sentì eccitato, frenetico. Lui e Lavi si erano rivelati inaspettatamente una bella squadra, quasi sincronizzati. E il guercio era stato eccezionale, aveva reagito come gli era stato detto, non si era lasciato intimorire né prendere dalla rabbia. Solitamente le prime udienze erano disastrose, ma forse con Lavi si stava verificando una piacevole eccezione.

Fatto stava che, purtroppo, una nota dolente c'era. Tyki non si era riuscito a scrollare di dosso il sospetto che Linalee e la sua famiglia fossero addirittura alleate di Lvellie, all'epoca. Non era ancora riuscito a scoprire quale fosse il tassello mancante della orte di Miranda Lotto. Ma soprattutto, Lavi era completamente all'oscuro dei sospetti di Tyki, e renderglieli noti un po' lo intimoriva. Ricordandosi della sua reazione a quel meschino giochetto di Lvellie e Linalee in una pseudo relazione, venire a sapere cose simili a cosa l'avrebbero portato?

Bè, ormai era lì. Era solo la prima udienza. In qualche modo, magari con delle prove, sarebbe riuscito a risolvere quel “ragionevole” dubbio.

« Lavi, è vero che tu eri il presidente del consiglio studentesco, all'epoca? »

« No, ero tra i candidati. »

« Ti piaceva stare nel comitato? »

« Non mi dispiaceva, però... non era quella la mia ambizione. Volevo entrare nel club di basket, ma mi hanno respinto tre volte. »

« Ti piace il basket? »

« Ci gioco praticamente da quando so tenere una palla in mano. È bellissimo. »

« E come mai sei stato respinto? »

« Ritenevano che un guercio come me non fosse adatto alle competizioni sportive. Dicevano che se mi avessero colpito in faccia sarebbero state grane, e la scuola non poteva permetterselo. Sinceramente non penso che una benda possa essere così rilevante, gli incidenti capitano sempre, no? Faccio una vita regolare anche se porto una benda. Ma, per citare le parole di Lvellie, mi dissero che “un disabile non può giocare. Questo è quanto”. »

« Disabile? » Tyki ridacchiò.

« Strabico, orbo, videoleso... anche handicappato, inabile... scelga quella che preferisce, me le hanno dette praticamente tutte. »

« Lvellie dunque ti definiva un handicappato? »

Lavi non disse nulla, limitandosi a lanciare un'occhiata alquanto eloquente. Tuttavia non gli diede modo di intendere che quelle parole lo avessero ferito. Anzi, volle aggiungere un ulteriore schiaffo morale. « Ha anche detto che è normale che uno nella mia situazione sia... “meno dotato” rispetto agli altri. »

« In che senso? »

« La mia memoria, sa... »

« La memoria eidetica? Eppure tutti vorrebbero ricordare tutto con una tale precisione. »

« La memoria eidetica è frequente nei bambini, oppure nelle persone affette da ritardo mentale. »

« Allora fammi capire. Lvellie ha detto che è normale per te ricordare così bene tutto perché sei un ritardato? »

« Esatto. »

« Però svolgevi i tuoi compiti nel comitato con zelo, non ha considerato il tuo operato? »

« Pare di no. »

« E lo stesso valse per Linalee? »

« Linalee aveva dei buoni voti, ogni tanto le davo una mano, ma anche da sola se la sarebbe cavata benissimo. Tuttavia, Lvellie la terrorizzava. La sgridava, la costringeva a fare ripetizioni a scuola. »

« Ripetizioni dopo scuola? Dove nessuno poteva assistere, nemmeno tu? »

« Non era assolutamente permesso. »

« Quindi è possibile che Lvellie, lontano dagli occhi di tutti, abbia fatto qualche pressione su Linalee? Perché magari sapeva della tua scoperta casuale? »

« Non ho mai rivelato a nessuno di quanto avevo scoperto su di lui, non volevo impicciarmi. Se Linalee l'ha scoperto da sola, non posso saperlo. »

« Obiezione, stiamo dando per scontato che il mio assistito sia un criminale senza alcuna prova. »

Lavi avrebbe voluto rispondere che lui era la prova, la sua memoria era una prova, la morte di Linalee era una prova. Ma in fondo i suoi occhi e le sue orecchie valevano ben poco. In fondo lui aveva inizialmente confessato di averla uccisa. Non gli erano sfuggiti gli sguardi dubbiosi della gente. Come si poteva sperare di essere creduto all'improvviso?

A detta del rosso, non stava andando così bene, ma d'altra parte Allen lo aveva avvertito. Tuttavia gli venne da chiedersi se avesse fatto davvero bene a testimoniare così apertamente.

Tyki, al contrario, era di un opinione diametralmente opposta. Lui era convinto al cento per cento della sua innocenza e l'avrebbe dimostrato. Gli serviva solo un po' di tempo.

« Vostro onore, se mi date una settimana vi dimostrerò coi fatti della vera attività di Malcolm C. Lvellie. »

« Una settimana? »

« È il tempo minimo che posso concedere. »

« Allora dispongo che la prossima udienza si tenga il ventiquattro giugno alle ore dieci. La seduta è tolta. »

Sia Lavi, che Tyki, persino Kanda, tirarono un sospiro di sollievo, non tanto per l'esito della prima udienza, che aveva segnato l'esordio di Lavi come semplice sospettato e non più come un brutale assassino, quanto per scaricarsi lo stress di dosso. Lavi fu subito raggiunto da Link, il quale però non gli mise subito le manette. Lo accompagnò fuori dal tribunale, facendosi raggiungere, nel giro di pochi minuti, da Tyki e tutti gli altri. C'erano anche Anita e Mahoja.

« Una settimana? » gli chiese prontamente il ragazzo, quasi spaventato.

L'altro sospirò di rimando. « In una settimana si possono scoprire tante cose. »

« Yu, sei stato grande, sai? Proprio un vero uomo! »

« Pensa per te. »

« Vi ringrazio per essere venuti, davvero. Mi chiedo se qualcuno mi abbia creduto, là dentro. Mi guardavano come se fossi un mostro. »

« Di certo hai lasciato il segno. E accidenti, non sapevo mica che quello fosse stato il primo avvocato. »

« È un mondo piccolo, che vuole che le dica. » fece spallucce, Lavi. « Comunque sa, Tyki, io non ero l'unico a essere trattato come un ritardato. Anche Linalee. »

« Cioè? »

« Lvellie aveva cominciato ad assegnarle dei test “speciali”, diversi da quelli degli studenti, domande diverse, ecco. Più facili per lei, a detta sua. »

Tyki cercò con tutte le sue forze di non ridere. Non pensò al fatto che un dettaglio così importante -importante solo per lui- saltasse fuori in quel momento, era felice e basta. Si sarebbe dannato come un povero idiota, da quel momento in avanti, per tutta la settimana, ma chi se ne fregava. Se c'era una sola possibilità, doveva coglierla al volo, come aveva sempre fatto.

« Bè, ne parliamo con più calma più avanti. Ora andiamo. »

Link precedette Lavi nel passo, con l'aria seria e composta come sempre, senza ammanettarlo. Allen e Road ridacchiavano, anticipando tutti verso l'uscita, mentre Anita e Mahoja avevano deciso di tornare a casa. Kanda era rimasto con la comitiva, non prima di aver garantito alla madre adottiva di tornare a un orario decente per pranzare. Lavi non capiva un fico secco di quanto stava succedendo. Si vide quasi trascinato fuori di tutti quanti, verso un ampio spazio verde, poco distante dal tribunale. Non ricordava che ci fosse un parco, doveva essere recente.

« Scusate, cosa... »

Link rispose prontamente come uno studente modello durante un'interrogazione. « Hai un'ora. »

Guardò Tyki, perché non aveva mica capito. L'avvocato gli sorrise, lasciando che Allen frugasse nel proprio zaino e ne tirasse fuori un pallone. Tyki lo lanciò a Lavi di rimando e, notando che l'aveva preso al volo, fischiettò.

« Allora non ti sei arrugginito. »

« Mi spiegate che succede? »

« Io e te facciamo squadra, il piccolo farà squadra con Kanda. »

« Io voglio fare squadra con Allen! » urlò Road, abbracciando Allen da dietro.

« Una bella partita a basket. »

Lavi guardò Tyki per una quantità indefinita di secondi, senza riuscire a dire alcunché. Non riusciva a capire come potesse essere possibile che lui, un carcerato, potesse uscire all'aria aperta per giocare.

« Bè, ora non sei più un assassino, ma un semplice sospettato. E finché c'è Link non dovrebbero esserci problemi. Hanno concesso solo un'ora, ma tanto vale approfittarne, no? Così ti abitui all'aria aperta. »

Il ragazzo si rigirò il pallone più volte. E sentiva le mani formicolare. Quanto tempo era che non si dedicava allo sport che più amava al mondo? Poter toccare un pallone, gli sembrò un privilegio. E il canestro era a pochi passi da lui, e i piedi fremevano. Si sentiva un idiota. Ma non smise mai di essere riconoscente nei confronti di Tyki.

« Guardi che sono forte, eh. »

« Ottimo, io non so proprio giocare. »

« Ah ah ah! Peggio per lei, perché a basket non si può imbrogliare come a carte. Dai, cominciamo. Provi a rubarmi la palla. »

Pur non sapendo le regole -Lavi le aveva spiegate allo sfinimento ma era già tanto per Tyki aver capito che non si può tenere la palla per più di tre secondi, né palleggiare con due mani, né tenerla con due mani, né aspettare più di cinque secondi prima di fare canestro, c'era anche qualcosa a che fare con gli otto secondi ma non si ricordava granché- avevano giocato. Lui, Lavi, Allen e persino Kanda, mentre Road guardava, seduta per terra, tutta presa a fare il tifo per il suo albino. E Lavi era bravo. Oh, se lo era. Era davvero un peccato non permettergli di giocare perché, accidenti, uno che ti fa canestro otto volte su dieci doveva giocare. Ma soprattutto, Lavi era felice. Rideva di gusto come non aveva mai fatto. Correva, saltava, giocava, si rotolava a terra neanche fosse un bambino, senza smettere di ridere neanche un secondo. Fu l'ora più bella che avesse mai passato, nel corso di quei tre anni.

E poi Lavi si lasciò andare all'immaginazione, anzi, a essere onesti, ai ricordi. Per un momento vide Linalee, accanto a Road, sorridente, che lo guardava fare canestro da solo, in una delle tante giornate che passavano insieme. Lo guardava ammirata, “sei bravissimo”, gli diceva sempre. E lui se ne stava là a gongolare per i complimenti ricevuti e a guardarla, Dio, era bellissima.

Sarebbe stato davvero perfetto, se ci fosse stata anche lei. Ma forse, chissà, lo stava davvero guardando, da qualche parte. Non faceva male a nessuno, pensandolo.

Farsi rimettere le manette non gli costò poi molto, vista la giornata andata oltre le sue aspettative. Lavi ringraziò nuovamente tutti, facendosi promettere di giocare ancora una volta, il più presto possibile. Sembrava davvero un bambino, in quel frangente.

Tyki si sentì un po' stanco. Si stiracchiò, con un sorriso, rivolgendosi poi a Kanda.

« Devo chiederti di accompagnarmi alla tua vecchia scuola. »

« Perché? »

« C'è un posto dove tengono i vecchi test? »

Allen si mise in mezzo, quasi felice di essere utile. « Sì, li tengono in aula professori, li controllano per vedere quali argomenti sono stati fatti e poter fare così i nuovi test. »

« Tengono anche quelli di tre anni fa? »

« Non si buttano mai i test, però quelli sono davvero vecchi, non so se li tengano lì... »

« Che intenzioni ha, Tyki? »

« Voglio dare un'occhiata ai test speciali di Linalee. Potrebbero essere la risposta alla morte di Miranda. »

Né, Allen, né Kanda avevano compreso. Road nemmeno poteva immaginare tutto quello che passava per la testa particolare del fratello, ma tutti e tre avevano fiducia in lui. Se quei fogli ormai vecchi e consumati potevano servire per aiutare Lavi, allora lo avrebbero appoggiato.

Anche loro volevano tornare a giocare con lui il prima possibile. Persino Kanda.





Mai più mi chinai e nemmeno su un fiore,
più non arrossii nel rubare l'amore,
dal momento che inverno mi convinse che Dio
non sarebbe arrossito rubandomi il mio.
[
Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato) – Fabrizio De André ]

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Capitolo 10
*** Nono incontro, ore 10:05. Lavi, chi ero ***


Author's note; ma ciao! Come va? Passato un felice san Valentino? E il Carnevale? La neve vi ha tenuti bloccati? Per pochi giorni, spero. Qui da me per un paio di giorni è stato un po' un casino, ma per fortuna è tutto a posto ora. Un inverno così non si vedeva da un sacco! Passando al capitolo, ho cercato di fare parecchia introspezione su Lavi e di mettere in risalto le sue interazioni coi personaggi. Soprattutto questa questione dei “due Lavi”, che riportano, un po' volutamente, ai volumi dodici e tredici di D.Gray-man, ossia lo scontro psicologico tra Lavi e il suo quarantottesimo alter ego, Dick. O Deak. O come dicono i giapponesi, Dikku. Insomma, come si chiama, si chiama, dopotutto sempre Lavi è. Queste “crisi d'identità” fanno un po' andare il cervello in pappa, ma mi sono divertita moltissimo. Spero di aver reso bene la cosa. Tyki invece... uhm, non so. Trattarlo nella sua parte bianca mi fa molto strano, forse perché in quelle vesti non lo vediamo quasi mai. :risatina: E il processo... eh eh eh, questo è solo l'inizio! E, ahimè, ci avviciniamo anche verso la fine... forse ne abbiamo per due, tre capitoli. O forse di più. Non so mai con esattezza fino a quanto durerà una mia long. :altra risatina: Spero che questo capitolo vi piaccia e che resterete fino alla fine, con colpi di scena che spero di rendere bene! E vorrei fare dei ringraziamenti a tutti, tutti, tutti. Quindi, nell'ordine, rifaccio i ringraziamenti come si deve, così sono sicura di non aver scordato nessuno. Un grazie infinite pieno di baci e abbracci a aki_penn, AllenNeko, Dark_Glo, FiretearsAngel, Giuu, JennyMatt, KayeJ, LadyWolf_, M e g a m i, NEMU, rose princess e Haily per aver aggiunto la fan fiction tra le preferite! E un grazie di cuore, doveroso, a animefan95, Aphrodite, Aryadughter, Bibi_, Ciel88, Dark_Glo, Dragonite, Giuu, I r i s, Iria, JennyMatt, KayeJ, Kia_chan_93, Kumiko_Walker, LadyDoll, LadyDrago88, Lore Lorenzi, M e g a m i, NEMU, preffy, Saphirblue, schwarzlight (che nome difficile da ricordare! xD), Shaila Light, Sidan, Wammy, Yucchan_, _L a l a, Nameless per aver inserito la storia tra le seguite! Siete tutti quanti meravigliosi! Ringrazio ovviamente tutti quelli che leggono, aspetto con ansia un segno del vostro passaggio, pareri e recensioni!









Nono incontro
Terza udienza, ore 10:05
Lavi, chi ero





« Anna ni issho datta no ni
kotoba hitotsu touranai
ugoki hajimeta kimi no jounetsu,
anna ni issho datta no ni
yuugure wa mo chigau iro
semete kono tsukiakari no shita de
shizuka na nemuri wo. »
( Anche se siamo stati così vicini
non possiamo neanche dire una parola
tra le nostre distanze crescenti,
anche se siamo stati così vicini
il tramonto ha un colore diverso.
Vi prego, dateci un sonno tranquillo al chiaro di luna,
se è l'ultima cosa possibile. )

[ Anna ni issho datta no ni – See-Saw ]





« Lavi... da quanto tempo siamo qui? »

Il ragazzo dai capelli rossi scostò di poco il capo, lasciando che alcuni ciuffi ricadessero sull'occhio e poi sul naso. Accennò un sorriso, manifestando come un senso di gratitudine per avere accanto Linalee, bellissima nella sua nudità che davanti a lui ostentava con timidezza.

« Tre ore, più o meno. Perché? »

Dio, se era bella. Forse solo Lavi lo vedeva, ma Linalee era dotata di una sensualità rara. Non era affatto provocante, le si poteva dire tutto tranne quello. Le piaceva indossare minigonne a prima vista troppo corte, gli sguardi di molti ragazzi erano inevitabili, ma lei non approfittava mai della situazione. Non si sedeva mai in modo da far intravedere la biancheria, né si era mai avvicinata a qualcuno con una camminata degna di una top model in passerella. Linalee Lee, in tutta sincerità, prima di Lavi non era mai stata con un ragazzo e non aveva mai trattato nessun uomo con particolare riguardo.

Solo con lui si era concessa. Poter infilare le mani sotto la sua gonna, o assaggiarla dove preferiva, per Lavi era come toccare un miraggio, qualcosa di astratto, pura immaginazione, ma così vero sotto le sue mani. E sentirselo dire. “Ti amo”. Mentre lo facevano, in un momento in cui già era tanto connettersi con la realtà, Linalee aveva preso il coraggio a quattro mani e, trasportata da quei movimenti audaci, glielo aveva detto. E lui se n'era stato zitto, come un deficiente, limitandosi a fissarla. A chiedersi cosa si doveva rispondere in quei casi. Non voleva dire frasi banali come “anch'io”, o peggio ancora “lo so”. Ma non voleva nemmeno stare lì senza dir niente. Dopotutto, cosa costava? Lo sentiva anche lui. Tuttavia, il corpo non era dello stesso parere, non in quei momenti, non durante il sesso. Perciò si diceva, con convinzione, che una volta terminato avrebbe fatto le cose per bene.

Ma poi regnava il silenzio nella camera d'albergo. Perché entrambi, pur non sapendolo, erano convinti che dopo prestazioni simili il buio totale dei rumori era qualcosa che rendeva ancora più estasiante il rapporto. Nella maggioranza dei casi finivano per addormentarsi, ma erano anche capaci di fissarsi, toccarsi i capelli umidicci di sudore, sentirsi addosso i propri odori. E Linalee sorrideva. Come se avesse già capito che Lavi l'amava comunque, anche senza dirglielo. A lei andava bene così. Lui lo dimostrava ogni santo giorno, nelle piccole cose.

« È meglio se ce ne andiamo. Altrimenti ti costerà un sacco. »

« Sta' tranquilla. Questo albergo a ore non è così lussuoso come potrebbe sembrare. Me la posso permettere un'altra oretta o due. Non è niente. »

Diceva sempre così. Gli veniva del tutto spontaneo.

Linalee era una ragazza che gestiva le proprie emozioni a fasi alterne. In alcuni giorni sembrava una tigre, in altri risultava troppo fragile. Era facilissimo ferirla. Lavi lo aveva fatto un sacco di volte, seppur non intenzionalmente. Quando era di malumore e le rispondeva male, quando faceva una battuta non proprio divertente come voleva, anche quando lei aveva le sue cose e allora apriti cielo, qualunque cosa poteva farla piangere. Ma Lavi si impegnava a fondo anche per consolarla. I risultati all'inizio erano alquanto scadenti. Qualche sorriso glielo aveva sempre strappato, sì, ma non serviva a renderla felice e farle dimenticare il negativo della sua vita. Poi in lei si fece sempre più chiara la consapevolezza che lui c'era e che in ogni gesto le avrebbe dimostrato di poter contare su di lui, di essere affidabile. Che lui l'amava, veramente, e che sarebbe stato con lei fino alla fine. Come era effettivamente accaduto.

« Linalee. »

« Sì? »

« Come ti vedi dopo il liceo? »

« Con te. »

« Lo spero anch'io. »

« Lavi. »

« Nh? »

« Come ti vedi adesso? »

« Felice. »

« Davvero? »

« Oh, sì. »

« Ti amo. »

« Uhm... se ti dicessi “anch'io” come ti sembrerei? »

« Il solito Lavi di sempre. »

« Il solito Lavi che ami? »

« Sì. »


Howard Link picchiettò sulla sbarra della cella, guardando il giovane detenuto con uno sguardi a tratti severo. Lavi non riusciva mai a capire cosa gli frullasse nella testa, cosa pensasse esattamente di lui, a parte il solito scocciatore chiacchierone. Lo vide con un piatto tra le mani e si preparò all'idea di dover mangiare l'ennesima sbobba che osavano definire “pranzo”.

« Ciao, Link. » afferrò svogliatamente la pietanza, accomodandosi subito sul letto, scomodissimo per mangiare, dove perdeva gran parte del tempo a trovare una posa comoda per poter tenere il cibo. Col risultato che il piatto si freddava e aumentava il senso di nausea di Lavi quando lo portava alla bocca.

Il secondino si concesse un'osservazione, cosa che coi detenuti, in particolare col guercio, raramente si concedeva. « Sembri di buonumore. »

« Diciamo di sì. Secondo te il processo è andato bene? »

« Non sono tenuto a fare questo tipo di considerazioni. »

« E dai, a chi vuoi che lo dica? »

Link, in tutta risposta... non rispose.

« Lvellie ti è sembrato simpatico? »

« Mi è sembrato un uomo rispettabile. »

« Già. Non c'è confronto, eh? »

Durante il silenzio che si era creato, Lavi mandò giù due o tre bocconi, noncurante di nascondere le smorfie di disgusto nei confronti di quella cosa chiamata “pasta”. Ma se non altro, almeno per un po' gli tappavano il buco allo stomaco.

Link era rimasto a fissarlo, facendosi una serie di interrogativi interiori. Per tre anni non aveva fatto altro che osservarlo al di là delle sbarre, seduto comodamente dietro la scrivania, evitando ogni tipo di comunicazione con lui. A guardarlo Lavi sembrava proprio un ragazzino impiccione e addirittura maleducato per il suo modo di porsi così simpaticamente con tutti. Una volta aveva avuto il coraggio di chiamarlo “due nei”, a causa di quelle imperfezioni sulla fronte. Tuttavia non si poteva negare che Lavi era stato un detenuto più che modello. Nonostante l'isolamento forzato non aveva mai avanzato lamentele d'alcun tipo, non aveva mai dato fastidio ai secondini o picchiato qualche altro detenuto. L'unica richiesta che aveva fatto era di poter usare liberamente la biblioteca, sempre sotto stretta sorveglianza. Solitamente la pena viene ridotta in caso di buona condotta. Ma non fu il caso di Lavi. Per lui “detenzione a vita”, nessuno sconto. E, cosa che aveva davvero colpito Link, fu vedere il ragazzo che non si era minimamente ribellato all'idea. Al suo posto chiunque avrebbe perso la testa.

« Perché adesso? »

« Uh? Hai detto qualcosa? »

« Perché accusare qualcun altro dopo tre anni? »

« Tu non credi che io sia innocente, vero? »

« Ti ho fatto una domanda. »

« Anche stando chiusi tra quattro mura per tutto questo tempo le cose cambiano, Link. » si limitò a rispondere lui, con un sorriso.

Pur non sopportandosi, Allen e Kanda si erano ritrovati a muoversi spesso in coppia. Con al fianco Tyki pronto a fermare eventuali risse o godersi le loro frecciatine. Chissà cosa si sentì dentro Kanda, nel rivedere la propria vecchia scuola, un po' cambiata nell'aspetto, ma sempre quella. Lo avevano visto irrigidirsi un po' e restare più del dovuto davanti alla scalinata, fissando il portone principale. Ma poi entrò, mani in tasca, senza guardare in faccia nessuno. Chissà quali considerazioni aveva fatto. Ma nessuno lo avrebbe mai saputo.

« Signor Tyki, non si fuma a scuola. » fece notare Allen.

« Sì, sì. » l'avvocato ignorò altamente l'ammonizione, continuando a stringere la sigaretta tra le dita. « Dov'è la sala professori? »

Allen si fece seguire lungo tutto il corridoio, con passo deciso, fino ad arrivare alla porta che indicava, con un cartello, l'aula professori. Una stanza molto più grande delle altre, la quale non era stata esente da cambiamenti. Kanda lo notò subito. Il posto che solitamente occupava Miranda Lotto, accanto a una macchinetta del caffè, era stato sostituito con una fotocopiatrice. Rimpiazzata da una macchina. Forse questo avrebbe fatto capitolare l'insicura insegnante nel profondo della sua depressione. Kanda si era già immaginato una delle sue reazioni, tra pianti e singhiozzi strozzati. “Persino una fotocopiatrice fa un lavoro migliore del mio! Perché sono così imbranata?!”, cose del genere. E, per quanto qualcuno tentasse di risollevarle il morale, i complessi di Miranda sembravano indistruttibili.

« Non c'è nessuno, come mai? » chiese Tyki guardandosi intorno.

« Oggi c'era uno sciopero o qualcosa del genere, non sono venuti tutti i professori. In ogni caso, trattandosi di lei ho chiesto l'autorizzazione a visionare tutto ciò che c'è qui dentro. » rispose prontamente l'albino, con un sorriso gentile.

« Che efficienza, piccolo. Allora cominciamo subito. » l'avvocato indicò il primo armadietto capitato sotto il suo sguardo, per poi andare alla ricerca di un posacenere.

Solo il primo armadio contava dieci scatoloni contenenti fogli vecchi e stropicciati. Per un attimo ci aveva sperato, ma gli toccò arrendersi all'evidenza che quel lavoro sarebbe durato molto più a lungo del previsto, anche se erano in tre. Inoltre, non erano neanche stati catalogati per data, quindi la difficoltà era aumentata. Kanda non tardò a lamentarsi di questo fatto. « Almeno Miranda le cose le metteva con ordine. » avevo detto con uno schiocco di lingua irritato.

Passarono diverso tempo nel totale silenzio, interrotto di tanto in tanto da frasi come “qui niente”, “questo non ci serve”. Ogni tanto Tyki controllava l'orologio, e le ore sembravano non passare mai. Gli venne spontaneo chiedersi se anche per Lavi era stato così per tre lunghi anni, lui che in cella non aveva neanche un orologio, un calendario per rendersi conto che i giorni passavano. Neanche uno specchio per potersi guardare e trovarsi cresciuto.

Sembrava incredibile come il tempo poteva giocare brutti scherzi. A volte sembrava scorrere troppo lentamente. Poi, quando si avevano un mucchio di cose da fare, era troppo veloce, quasi volesse mettere alla prova. In un caso del genere, confuso tra odori di fogli e delle sue sigarette consumate, Tyki si stava lasciando soggiogare da una specie d'illusione. Per lui non c'era tempo, gli avevano dato una settimana, e quell'orologio, proprio in quell'istante, sembrava non volesse più far arrivare la prossima ora. Come a dire “tu Lavi non lo liberi”. Scosse la testa irritato. Stress, si disse. Non poteva sentirsi stanco proprio in un momento del genere.

« Niente, nemmeno qui. » disse a voce bassa, con un tono deluso ed amareggiato. Sbuffò, massaggiandosi le tempie. La sua intuizione da avvocato lo aveva portato a controllare i test di Linalee, test speciali, a detta di Lavi. Quindi aveva pensato: se prendiamo per buono che Komui lavorava per Lvellie e Linalee faceva da tramite, perché non pensare a messaggi nascosti proprio in quei test? La ragazza aveva una buona media, dopotutto. Non v'era alcun bisogno di farle compilare fogli del tutto diversi dagli altri.

« O forse sto dando davvero di matto? » si ritrovò a pensare. Soprattutto perché Lavi quel tipo di esternazioni non le aveva fatte. Uno come lui, che aveva sfoderato una mente tanto brillante da far credere a tutto il mondo che il suo migliore amico fosse morto per causa sua, non aveva neanche contemplato una simile idea? Forse perché troppo innamorato? O forse Tyki era davvero pazzo?

Che casino. La testa iniziò a girargli. In quel momento chiunque gli avrebbe chiesto chi glielo avesse fatto fare. E lui avrebbe risposto subito con il nome del detenuto dai capelli rossi a cui si era, tutto sommato, affezionato. Era innocente, lo sapeva, glielo aveva detto. Era solo un ragazzino di sedici anni cotto come qualunque altro suo coetaneo, che aveva fatto l'impossibile per proteggere cinque persone. Poteva benissimo essere suo fratello, e pensarlo rinchiuso là dentro per Tyki era intollerabile. Avere così tanti fratelli gli si stava, in un certo senso, ritorcendo contro. Ma che ci poteva fare?

« Forse ho trovato. » Kanda lo disse con una tale tranquillità che l'avvocato lì per lì neanche gli aveva dato peso. Quando si vide porgersi una serie di fogli con indicato il nome di Linalee, poi, si sentì come liberato.

« Mio eroe! » disse il ventiseienne, quasi commosso, provocando nel diciottenne un malcelato senso di disgusto per quelle dichiarazioni.

Allen si sedette subito accanto a Tyki, mentre Kanda restò in piedi, a braccia conserte, aspettando tutte le intuizioni che Tyki avrebbe fatto riguardo quei test quasi banali, a vederli.

« Sono tutte domande che vertono sulla chimica. » notò Tyki, facendo un rapido confronto con test presi a caso di altri studenti. Completamente diversi, non solo per le domande, ma anche perché richiedevano a Linalee spiegazioni più approfondite. « Lvellie cosa insegnava? »

« Matematica, storia e biologia. » rispose subito Kanda. « A me non sono mai capitate domande del genere. Ed ero in una classe diversa. »

« Allora Linalee era l'unica in tutta la scuola a fare questo tipo di compiti. »

« E come mai? » chiese Allen.

« A leggere queste risposte, sembra che Linalee la sapesse lunga sull'argomento. Lavi ha detto che Lvellie aveva deciso di assegnarle compiti più “facili”, ma a leggere questo... »

« Allora nemmeno lui sapeva quali fossero le domande. » intuì Kanda. « Linalee non gli ha mai detto niente. »

« E che motivo avrebbe avuto di tenerglielo nascosto? »

« Piccolo, non dimenticarti che Komui Lee era un ricercatore. E io ho accusato Lvellie di aver avuto affari con lui. »

Kanda si voltò di scatto da un'altra parte stizzito, lasciando che la lunga coda di cavallo fluttuasse nell'aria. « Io non posso credere che Linalee si sia prestata a una cosa del genere. »

Tyki non gli prestò granché ascolto, consultando velocemente tutti i test. « Tutti i test riguardano la chimica. Ventitré ottobre 2004, tre novembre, sedici novembre... non cambia argomento neanche una volta. »

« Ma non è mica una prova, no? »

« Linalee rispondeva praticamente a tutto. Tranne a questa domanda. Non l'ha lasciata in bianco, ha scritto “non sono preparata a questa domanda”. Non ho mai visto un test fatto così in vita mia. »

Kanda, senza avvisare nessuno, fece per uscire. Allen lo richiamò a gran voce con tono severo, invitandolo a fermarsi, ma lui non volle sentir ragioni. Guardò l'albino malevolo, e non degnò di uno sguardo l'avvocato.

« Non voglio stare qui a sentire stronzate un minuto di più. »

« Sto solo cercando di capire, Kanda. »

« No, lei sta fantasticando! Non può mica basarsi su dei compiti per dire che Komui era corrotto! »

« Non ho mai detto che fosse corrotto. Può darsi che abbia lavorato per Lvellie sotto minacce, e che Linalee abbia fatto da tramite per le informazioni. Non c'è niente di più semplice di un test, passa inosservato come niente, così Lvellie se li porta a casa, li guarda con calma e, per non destare sospetti, li riporta a scuola, sicuro del fatto che nessuno controllerà o non si farà domande. »

« A me sembra più un tentativo di adattare i fatti alle teorie. Senta, dico solo che mi sembra assurdo che Linalee... insomma, lei! Neanche Lavi ci crederebbe! »

« Io comunque glieli faccio vedere. Voglio sentire cosa mi dice. In ogni caso, questo darà del filo da torcere a Lvellie, non aspettandosi che gli chieda dei test speciali. Però mi serve anche altro... devo sapere cosa si siano detti lui e Linalee durante le ripetizioni forzate. Magari hanno scritto anche altro. »

« Abbiamo controllato tutti gli scatoloni. » fece notare Allen, sospirando ripensando alla fatica fatta.

« Non tutti. Da qualche parte ci dev'essere qualche cartella su Miranda. Era un'insegnante di sostegno, potrebbe aver appuntato qualcosa sugli studenti. »

Allen si alzò subito, andando dietro ad una scrivania per frugare nei cassetti. Lui sapeva bene dove cercare, era uno studente di quella scuola e, al contrario di Kanda, era a conoscenza di tutti i cambiamenti che erano stati fatti. Kanda non poteva sapere che le cartelle degli insegnanti, mentre una volta erano tenuti in cassetti diversi, erano stati raggruppati dentro un'unica scrivania.

« Dicono che così è più ordinato. » anticipò Allen, scartando velocemente i nomi che non interessavano. Ma si ritrovò ad assumere un'espressione delusa. « Miranda Lotto non c'è. »

« Hanno fatto sparire il suo registro? »

« Non penso che l'abbiano buttato. »

« Hanno sostituito la sua scrivania con una fotocopiatrice, non mi stupisce che abbiano fatto sparire pure le sue carte. »

« Ma almeno ce l'aveva un registro, Miranda Lotto? » chiese Tyki, con un sorriso sarcastico.

« In effetti non mi ricordo. Ogni tanto appuntava qualcosa su un'agendina, oppure teneva i registri degli altri professori. » tuttavia Kanda non riuscì a ricordare più di così.

« Certo che la considerazione che hanno dato a questa Miranda era meno di zero, eh. » l'avvocato, dopo quella battuta, pescò il cellulare dalla tasca, componendo velocemente il numero di un collega. Più che un collega, un amico.

« Ciao, Bakino! »

Sentì subito riecheggiare un ringhio. « Quando la smetterai di chiamarmi così?! »

« Mi daresti una mano? »


« Cosa stai leggendo, Lavi? »

« Principiorum primorum cognitionis methapysicae nova delucidatio. »

« … eh? »

« Kant. » semplificò lui con una risatina.

« Certo che leggi proprio tanto. »

« Mh. »

« Chissà, forse sapendo quel che leggo io ti metti a ridere. »

« Io ho letto praticamente di tutto, Linalee. Anche quei romanzetti rosa da quattro soldi. »

« E perché? »

« Bella domanda. Non so, quando inizio a leggere, non mi fermo più. Anche se non mi piace, aspetto di leggermelo tutto così posso dire con la coscienza pulita che fa schifo fino alla fine. »

« Quando ti eri appena trasferito, ti vedevo sempre leggere, tutto solo, seduto sul prato della scuola. »

« Sembravo uno sfigato, eh? »

« No, anzi. Mi sembravi solo... molto solo. Hai un'aria così seria quando leggi. Come se non ti importasse del resto del mondo. »

« Non è così. È proprio perché il mondo mi interessa che non riesco a smettere di leggere qualunque cosa mi capiti tra le mani. Puoi capire un sacco di cose di una persona attraverso le cose che scrive, i suoi pensieri, i suoi ideali, quello che vuole comunicare. »

« Ma ti sentivi solo, vero? »

« No, no. Cioè. È un po' difficile da spiegare. Prima di arrivare qui non sono mai riuscito a intrattenere rapporti stretti con gli altri, ci restavo troppo poco tempo. E persone che non contano così tanto per me non mi mancano più di tanto. Mi sentirei molto più solo se non potessi più leggere. »

Non gli capitava quasi mai di fare quel tipo di discorsi. Non si era mai posto il problema di sentirsi solo o meno. Erano pensieri che non potevano avere spazio nella sua vita, tanto una risposta non l'avrebbe avuta, inutile scervellarsi su cose come quelle. Sui libri è tutto più facile, problemi come questi se li pongono ma trovano sempre una soluzione creata ad arte, come se lo scrittore volesse consolarsi di non essere riuscito a trovare un posto nel mondo. A dirla tutta, prima di Linalee nessuno gli aveva posto una simile domanda, e il ritrovarsi senza una risposta precisa lo fece sentire quasi un idiota.

Aveva appena detto che senza libri si sarebbe sentito solo davvero. Ma era davvero così? Davvero non poter sfogliare pagine gli avrebbe reso la vita addirittura insostenibile? E Linalee? Lei contava meno di un libro? Senza di lei si sarebbe sentito solo allo stesso modo?

Si ritrovò a fissarla, in cerca di una risposta in quel sorriso tenue. Una risposta che, tanto, non sarebbe mai arrivata. Magari fosse stato il protagonista di un romanzo. Almeno lo scrittore avrebbe dato la risposta per lui.

« Perché non scrivi un libro? Così non ti senti più solo. »

« Eh eh eh, non sono bravo a scrivere! »

« Prendi sempre il massimo dei voti ai temi. »

« Ma quella è una cosa completamente diversa, Linalee. No, meglio lasciar scrivere chi è capace davvero. »

« Bè, almeno provaci. A me piacerebbe leggere un tuo libro, sicuramente lo adorerei. »

« Magari uno di quei romanzetti rosa che adori? »

« Ah ah ah, ma dai, smettila di prendermi in giro! »


Forse un giorno si sarebbe messo a scriverlo davvero, un libro. Ma senza Linalee, che senso avrebbe avuto?

Si ricordava anche di chi, detenuto come lui, si metteva a scrivere un'autobiografia, un resoconto dettagliato delle esperienze passate, dell'esperienza in carcere. Una cosa del tutto inutile. Tanto che ci fa la gente con un libro del genere dove, gira e rigira, ci scrivono sempre le stesse cose? E poi lui non sentiva il bisogno di giustificarsi o di lasciare le proprie memorie a qualcuno. A nessuno interessa veramente la psicologia di un assassino, a meno che non sia uno squilibrato. O un poliziotto per dargli la caccia. O un amico, come Yu. E Tyki. Definirlo amico forse era un'esagerazione, ma anche Lavi aveva capito che ormai quello strano avvocato si stava muovendo per una cosa ben più grande del senso del dovere.

Ecco, forse un libro su di lui l'avrebbe scritto davvero. Con protagonista un avvocato che imbrogliava a carte e ammaliava tutti col suo neo strategico. Ridacchiò, nel silenzio della cella. Figurati se qualcuno comprerebbe certa roba, si disse. Solo Linalee l'avrebbe comprato. Per non farlo sentire solo.

« Linalee, secondo te sto sbagliando? Ho infranto la promessa di non dire niente a nessuno. Mi daresti uno schiaffo, vero? Me lo meriterei. Credimi, fosse stato per me io non... non lo so più, Linalee. È passato così tanto tempo. Quasi non mi riconosco. Anzi, non riconosco l'uomo che era con te, che ti abbracciava e ti baciava. Chi ero? È straziante vederti con qualcuno che mi somiglia, ma non sono io. Cioè, quello sono io. Sarei io, no? Sono quello che ero. Ma non riesco più a capire chi ero io. Merda, Linalee! Perché mi hai fatto promettere una cosa del genere? Come hai potuto pretendere che io mi facessi carico di una cosa così senza dare di matto? Guarda come sono messo. Il Lavi che ero non avrebbe mai fatto questi pensieri. Ti avrebbe amata comunque. »

Solo una cosa accomunava quei due Lavi che ora si vedeva nella testa. Una cosa che lo teneva ancora aggrappato al mondo, e non lo faceva sentire solo.

« Ti ho amata così tanto, Linalee. Risulta incredibile persino a me. Anche se io dovessi uscire da qui e dovessi rifarmi una vita... insomma, ecco, non lasciare che ti dimentichi. Altrimenti sì che mi sentirò solo come un cane. »


A Tyki un po' dispiaceva quel sorriso ottimista di Lavi, quando se lo ritrovò davanti, nella sala colloqui. Perché sarebbe scomparso subito, rovinando così quel buonumore che caratterizzava Lavi Bookman Junior, anche in situazioni estremamente difficili come quella. Però era anche importante sentire una sua opinione su quei fogli. Così glielo porse, con discrezione, anche con dei dolcetti che aveva portato su raccomandazione di Allen. Si era limitato a fissarlo in assoluto silenzio. E il viso di Lavi, dapprima incuriosito, divenne poi stranito, persino arrabbiato.

« Perché me li ha fatti vedere? » gli chiese il rosso, poggiandoli in malo modo sul tavolo.

« Voglio solo sapere che ne pensi. »

« Tyki, lei non mi farebbe mai vedere una cosa del genere senza avere qualche intuizione a riguardo. Me lo dica, non mi offendo. Tanto, ormai... »

Si concesse qualche secondo, prima di chiedere. « Secondo te questi test sono normali? »

« Per niente. » fu la risposta, una volta riacquisita la calma. « Sono di un livello troppo alto per una studentessa delle superiori che in teoria chimica non la studia nemmeno. »

L'altro annuì, un po' spaesato dalla risposta. Allora nemmeno lui era a conoscenza dei contenuti di quelli domande, ma gli sembrò comunque una situazione difficile da capire.

« So cosa sta pensando. » Lavi accennò un sorriso, ma non era possibile capire cosa pensasse veramente. « Komui era un ricercatore, per lui la chimica era facile come respirare. E Lvellie faceva parte di questa organizzazione. Le scoperte di uno come lui poteva fare comodo. »

« Quello che penso anch'io. Kanda invece... »

« Non è che Yu non ci creda, è solo che... insomma, capisce, vero? »

« Linalee non ti aveva mai detto in cosa consistevano i suoi test? »

« No. »

« E la cosa non ti insospettiva? »

« Altroché. Ma ogni volta che tentavo di sapere succedeva sempre qualcosa. O aveva da fare, oppure Lvellie gironzolava nei paraggi, come se la stesse sorvegliando. Avrei dovuto costringerla, a costo di farla piangere e beccarmi uno schiaffo. »

« Potrebbe averlo detto a Miranda? »

« Può darsi. »

« Sai se Miranda tenesse un registro, una cartella... qualcosa del genere? »

« Un'agendina. Sul registro spesso faceva un mucchio di errori, e piuttosto che ritrovarseli pasticciati, i professori le hanno concesso di tenere tutto sull'agenda. Tanto lei era insegnante di sostegno, non era così necessario per lei. »

L'altro annuì nuovamente, limitandosi a fissare il pavimento con fare nostalgico. Lavi l'osservò per qualche istante, lasciandosi andare, per un po', alla comprensione. D'improvviso tutto era così diverso da quei giorni di scuola che passava tranquillamente, ma Linalee non le era sembrata neanche per un solo istante un mostro perché gli aveva tenuto nascosto qualcosa. Era difficile, ma sopportava.

« Immaginavo che uno come te sarebbe giunto a una conclusione simile, ragazzo. »

L'altro continuò a sorridere. « Lei da quanto sta seguendo questa pista? »

« Più o meno da quando è iniziato il processo. È che... la morte di Miranda è strana. È fuori posto. Però non riesco a togliermi dalla testa Linalee che le confida qualcosa, o Miranda che lo scopre per caso... così tornerebbe tutto. »

« Insomma, sta dicendo che... che io non c'entro niente, non è così? Che mi sono fatto rinchiudere per tre anni per nulla. Che io non ero così importante per Lvellie. »

« Ti considera comunque un nemico. Forse pensa che le cose che hai scoperto te le abbia dette Linalee. »

« A questo punto non so più che ruolo ho in questa storia. Chi ero io. »

« Sai, l'hai presa anche meglio di quanto credevo. »

« Gliel'ho detto, ormai... che importanza ha? Linalee non può più tornare. »

« … lo so. »

Il guercio abbassò lo sguardo verso il tavolo, verso quei fogli che aveva appena letto. Un po' deluso lo era. Pensava di aver raggiunto un'intimità tale, con lei, da poter avere il diritto di conoscere la verità. Invece l'aveva scoperta da solo, seppur solo parzialmente. Se solo l'avesse saputo prima, da lei, l'avrebbe protetta, non sarebbe morto nessuno e lui non si sarebbe trovato in galera. Ma di chi era la colpa, alla fine?

« Tyki, mi faccia un favore. »

« Mh? »

« Alla prossima udienza voglio vedere Lvellie umiliato. Come non lo è mai stato. »

L'altro, in tutta risposta, ghignò. Era quello che voleva esattamente anche lui, sarebbe stato un piacere esaudire quella richiesta piena di rancore, così umana.

La conversazione fu interrotta da una telefonata. Di Bak Chan, il suo collega. Così presto, Tyki non se lo aspettava. Sperò in buone notizie. E, una volta tanto, la sorte gli fu favorevole.

« Ho trovato quello che mi hai chiesto. »

« Così in fretta? »

« Miranda Lotto era sola, non aveva parenti né un marito, così la polizia ha preso tutti i suoi effetti personali. Ora l'agenda ce l'ho io, proprio qui accanto a me. Quando te la porto? »

« Arrivo subito. Sei un mito, Bakino. »

« Chiamami “signor Bak”, accidenti a te! Non hai idea di quanto abbia litigato coi poliziotti per avere quest'agenda, mi aspetterei un minimo di gratitudine! »

« Sì, ti voglio bene anch'io, Bakino. Ci vediamo dopo. »

Lavi non si stupì nel vederlo alzarsi di scatto dalla sedia. Era solo incuriosito. « Chi è Bakino? »

« Un grand'uomo che mi ha dato un enorme aiuto. »

« Cioè? »

« Cioè che alla prossima udienza Lvellie lo umiliamo per bene. Ci vediamo domani, ora vado di corsa. »

L'altro sorrise, quasi divertito. « Secondo me quel Bakino è innamorato del suo neo. »

L'avvocato risistemò in fretta e furia tutte le scartoffie nella borsa. « Anch'io mi stupisco di quanto sia irresistibile. » rispose, facendo l'occhiolino.

« La prego, non faccia così! Potrei innamorarmi, sa? »

« Ah ah! Ora scappo davvero. Mangia tutti i dolci, mi raccomando. »

« E lei veda di non inciampare correndo così. »

Lo guardò sfrecciare via con un sorriso. Anche Tyki sembrava davvero contento. I dolci sembravano più buoni. Lavi non si era mai sentito solo, così si diceva sempre. Ma non era sicuro di poter dire lo stesso in quel momento, avendo a che fare con tipi come Tyki Mikk, tipi tutt'altro che normali. Fuori di testa, come lui. Se lo meritava, un libro sulle sue gesta.

Tyki però non volle anticipargli nulla delle scoperte appena fatte. A giudicare da com'era contento, doveva essere roba che scottava, anzi, lava incandescente. Gli disse di aspettare fino alla settimana successiva, che arrivò, lentamente a detta di tutti, colpa forse dell'ansia, ma arrivò. Lvellie se ne stava seduto al proprio posto, indifferente, sprezzante come al solito. Tyki non vedeva l'ora di vederlo capitolare.

« Vostro onore, chiamo a testimoniare Malcolm C. Lvellie. »

Per un attimo il “professore” incrociò lo sguardo di Lavi. Con superiorità. Lavi invece, rispose con totale indifferenza. Perdere contro di lui, non ci pensava nemmeno. Aveva fiducia in Tyki. Lui, che raramente si affidava così a qualcuno. E sapeva che Tyki non lo avrebbe tradito.

« Signor Lvellie, le va di parlare un po' di Miranda Lotto? »

« Povera donna. »

« Già. E povera Linalee. »

« Linalee Lee era problematica, ma sicuramente aveva delle qualità. »

« E lei le qualità di Linalee le aveva scoperte, vero? »

« Non la seguo. »

Gli porse subito i fogli contenenti i test, dandone poi una copia al giudice. « A quanto pare Linalee era un genio della chimica. »

« Chiunque, studiando, può avere un buon esito. »

« Ma questi... » porse altri fogli, test di altri studenti. « Sono completamente diversi, perché? »

« Linalee Lee era molto diversa dagli altri. »

« In che cosa era diversa? »

« Bisognava prestarle particolare attenzione. »

« Aveva forse problemi di apprendimento? Non studiava? Perché da quel che vediamo nei test sembrava tutt'altro che stupida. Perché allora dedicarsi così tanto a lei e non ad altri studenti che rischiavano la bocciatura? »

« Cosa sta insinuando? »

« Io? Niente. Pongo delle semplici domande. La domanda più corretta dunque sarebbe: perché si mette subito sulla difensiva pensando che io voglia insinuare qualcosa? »

« Lei mi ha accusato, una settimana fa, di avere a che fare con gente criminale. Adesso non mi faccia credere che non stia insinuando che abbia prestato attenzione a Linalee Lee per questi affari. »

« Lo ha appena detto lei, non io. »

L'avvocato di Lvellie, quello che Tyki chiamava “Uno”, si alzò di scatto. « Obiezione. »

« Accolta. Veda di andare al sodo, avvocato Mikk. »

« Sì, sì. » non se la prese per il richiamo. La faccia irritata di Lvellie valeva più di qualsiasi cosa. E l'occhio verde di Lavi, che brillava di luce propria. Non lo aveva mai visto così, mai in tutti i suoi incontri.

No, non poteva proprio perdere.





« Unmei to umaku tsukinatte iku nara kitto,
kanashii toka sabishii nante itte rarenai,
nando mo tsunagatta kotoba wo muryoku ni shite mo,
taikutsu na yoru wo tsubushi tainda ne. »
( Se hai intenzione di affrontare il destino
non puoi andare a dire che sono triste e solitario,
anche se questo significa rompere i legami di parole
che abbiamo creato insieme,
potresti dire ancora addio alle notti noiose)
[
Anna ni issho datta no ni – See-Saw ]

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