All'ombra del faggio nero

di controcorrente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


ALL’OMBRA DEL FAGGIO NERO

 

 

 

 

 

 

 

I

 

All’ombra del crepuscolo, l’albero di faggio si tingeva di colori scuri, mischiandosi  alle tenebre incombenti, in un abbraccio lugubre e carico di morte.

Agnes osservava muta i neri rami, tenendo stretta a sé il piccolo palmo della bambina. Alcuni capelli biondi scivolavano sulle guance, ormai del tutto prive di quei tratti fanciulleschi, tipici dell’infanzia.

Marc non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.

-Dunque sono entrambi morti?- domandò.

La donna annuì, fissando muta la pianta.

-E’così- fece questa- Marie non è riuscita a reggere la perdita. Nemmeno Anais è riuscita a fermarla. Se ne è andata, per seguire il suo amore.-

Marc depose la spada al suo fianco, un segno del valore dimostrato in guerra, un decoro che non aveva strappato nessuno dalle fauci della morte.

Si tolse l’elmo, lasciando che la chioma marrone scivolasse fino alle spalle. Una cascata autunnale che agli ultimi raggi del sole sembrava assumere bagliori di fiamma.

-Sette anni- mormorò- Sette anni sono passati da quando il mio amico è stato reclutato nelle file del suo signore…non doveva finire in questo modo.-

Agnes strinse lievemente la piccola mano.

-Marie ha passato molto tempo, in sua attesa…Laurent era il suo unico pensiero.- fece, voltandosi verso il nobile ed osando, per la prima volta, dopo tanto tempo, levare gli occhi su di lui.

Marc ebbe un sussulto.

Le iridi della sorella maggiore di Marie non gli erano mai sembrate così grandi e profonde. Per un momento, ebbe la sensazione di essere inghiottito da quel mare invernale, il vetro con cui lei vedeva il mondo. Istintivamente, tornò a fissare i rami del faggio, nel tentativo, forse, di fuggire quelle lastre chiare, ma nemmeno questa mossa gli fu concessa.

-Perché non siete venuto prima?- domandò improvvisamente Agnes –Vi abbiamo aspettato…io vi ho aspettato…-

Il vento fresco della sera era ormai alle porte. La piana che si vedeva dalla collina appariva ai loro occhi brulla e spoglia.Uno specchio del loro animo, uscito a pezzi dalla guerra secolare. Agnes osservava quello spazio immenso, sentendo su di sé la presenza del cavaliere.

La bolla di quiete, nella quale erano caduti, si era formata con estrema naturalezza, tanto che nessuno dei due pensò di rompere quell’improvvisa stasi. Non vi era nulla attorno a loro, tranne quel silenzio, rotto solo dal vento di tramontana che spirava in quel momento.

L’animo del conte, immerso in quella pace mortifera, era avvolto da pensieri di ogni genere. Da un lato, si sentiva immensamente in colpa nei confronti dell’amico, dall’altro però, non riusciva a non provare un sordo risentimento verso Marie e Laurent.

-Non ci riuscivo- fu la sua risposta.

Agnes lo guardò.

Era lì con lei e, malgrado fossero passati alcuni anni, era ancora bello. La fiammella della speranza e la gioia di vederlo vivo, tuttavia, non erano ancora uscite dalla fortezza del suo corpo, sebbene sapesse che il passo era molto breve. Marc però era giunto nella sua umile dimora per sua sorella, non per lei.

-E’tipico di voi- disse allora, tenendo lo sguardo sull’albero nero.

Il conte di Fussac si voltò, perplesso –L’amavate molto…l’ho sempre saputo, come voi eravate a conoscenza del fatto che i vostri sentimenti non avevano mai raggiunto, per intensità, l’animo di Marie.- fece questa, guardandolo da sotto la cuffia.

Marc non seppe cosa dire.

La sorella maggiore della giovane contadina che aveva rubato il cuore al suo amico, e a lui, era una creatura che non era mai riuscito a comprendere fino in fondo. Schiva e riservata, come una creatura notturna. Si era sempre sentito a disagio in sua compagnia, sebbene questa non gli avesse mai chiesto spiegazioni, né biasimato o compatito quel sentimento segreto che lo logorava, tutte le volte che incontrava le iridi cielo della piccola di quella casa.

Con i suoi silenzi, lo costringeva, allora come in quell’istante, a fare i conti con quello che, in tutti i sette anni di scontri, aveva deliberatamente sacrificato sull’altare dell’amicizia.

L’amore per Marie lo aveva spesso portato ad un passo dall’odiare Laurent,

che era riuscito a conquistare quel fiore leggiadro, grazie al suo spirito allegro e brigante.

Perché non lui?

Era saggio.

Era colto.

Aveva ottenuto, malgrado fosse figlio di una delle tante amanti del conte, un titolo nobiliare.

Aveva un aspetto gradevole ed era piuttosto benestante.

Aveva tutto…tranne il cuore di Marie.

Eppure, i suoi passi lo avevano spinto all’albero di faggio, là dove un tempo loro quattro giocavano insieme. Era stato più forte di lui, come se a trascinarlo fin lì vi fosse l’opera di una corda invisibile.

-Credo, signor conte- mormorò Agnes – che sia opportuno andare in casa.-

Marc sobbalzò.

Le parole della donna lo avevano fatto scendere bruscamente con i piedi per terra, un attimo prima che il suo animo, denso di malinconia, precipitasse in un vortice doloroso di nostalgia e rimpianto.

Istintivamente, con un po’di sorpresa, sorrise.

Lei, con il suo silenzio assordante, lo aveva salvato da quell’insidia.

-Perché quell’espressione?- domandò Agnes, inarcando un sopracciglio.

Il nobile non la guardò, concedendosi un ultimo sguardo all’albero.

–Nulla- rispose sbrigativamente.

La beghina osservò l’uomo di fronte a lei poi, tenendo per mano la bambina, iniziò a incamminarsi. –Signor Conte- fece, fissando la strada - non vi sono locande nelle vicinanze. Se lo desiderate, potete riposare nella mia dimora.-

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Capitolo 2
*** II ***


II

 

Agnes conosceva ormai a memoria quella via. La percorreva tutte le mattine, da ormai sette anni.

Si svegliava all’alba, sbrigava la cura dell’orticello e i vari lavori domestici, poi si recava al faggio. I ricordi ed il passato non la lasciavano un solo istante, occupando il giorno e la notte in ugual misura. Erano sempre lì, pronti a farle compagnia, con il loro peso di omissioni e rimpianti.

Pure in quel momento.

Vedeva l’ombra del cavaliere accanto a lei, qualcosa che non aveva fatto altro che fantasticare in tutti quegli anni, unica ancora a nebbia perenne di dolore e memoria che avvolgeva la sua anima. Socchiuse gli occhi e, senza rendersene conto, strinse la mano della piccola Anais. La bambina la guardò un momento, sorridendole poi, senza un perché, ignara dell’angoscia della zia.

Agnes si morse il labbro, tentando di frenare l’agitazione. Un’onda di emozioni contrastanti, di gioia feroce, di rabbia impotente, di sollievo senza scampo, di speranza senza senso.

Si era quasi pentita di averlo invitato per la notte. La sua presenza aveva il potere di destabilizzarla, di confonderla…ma non poteva abbandonarlo lì. Non ci riusciva.

Intanto, la minuscola casa fece capolino, da dietro i pochi alberi radi di quella terra brulla. Marc fissò sorpreso l’abitazione. Non era cambiata affatto, malgrado la sua lontananza.

-Perdonatemi, se l’alloggio non sarà confortevole- mormorò la donna, aprendo la porta- ma posso garantirvi che non rischierete la vita come in una locanda.-

Il buio, intanto, aveva quasi del tutto avvolto la sagoma dell’edificio ma nemmeno quell’assenza di luce riusciva ad impedirgli di riconoscere le forme che avevano accompagnato la sua infanzia.

C’era il minuscolo cortile.

                                             Dove rincorreva la piccola Marie e Laurent.

 

C’era la finestra che vi si affacciava sopra.

                                             

Da dove, durante gli allenamenti con la spada, provava a sbirciare Marie, scoprendo poi, non senza imbarazzo, di aver sbagliato stanza, scambiando Agnes per la sorella minore.

 

 

A quel pensiero, una risata, improvvisa e del tutto inattesa, iniziò a germogliare nel cuore del cavaliere, senza tuttavia raggiungere le labbra.

Non era più abituato a sorridere sinceramente ed ora, dopo aver abbandonato le speranze, quel sentimento, per lui ormai completamente nuovo, lo lacerava, spiazzandolo e ferendolo là dove non lo credeva possibile. Marc si posò una mano sul cuore, scrutando il leccio che, solitario, emergeva nella radura.

-Dovresti entrare- disse improvvisamente Agnes, comparendo sulla soglia.

Il conte la guardò.

Si era tolta il minuscolo mantello che le copriva le spalle ed ora, nella penombra del camino appena acceso, poteva vedere la sua sagoma flessuosa e solida, quasi attraente. Istintivamente, spostò la sua attenzione alla porta, non seppe dire se per rabbia o imbarazzo.

-Anais?- domandò, tentando di pensare ad altro.

-E’a tavola. Vieni a mangiare.-rispose l’altra, scomparendo poco dopo.

Marc la seguì, stroncando sul nascere quei pensieri inopportuni.

Agnes, del tutto ignara del suo turbamento, si era accomodata alla tavola. Il cavaliere si pose di fronte a lei, rifiutando, malgrado le insistenze della donna, di sedere sul lato corto.

Non sono il capofamiglia aveva detto, un po’disorientato.

La padrona di casa rimase qualche secondo immobile ed il conte poté vedere, con un certo sgomento, la sorpresa dovuta alla sua risposta. –Certo- rispose, abbassando la testa- avete ragione.-

Non parlò più, limitandosi ad assistere la piccola Anais, quando le sue piccole braccia non riuscivano a raggiungere le pietanze più lontane.

Marc la osservava affascinato.

Ogni volta che passava di fronte alla dimora della famiglia delle due sorelle, aveva sempre visto la bellezza sfolgorante di Marie. Non aveva tenuto conto del fatto che la maggiore aveva sempre vegliato costantemente su di lei, né che la perdita della madre l’avesse spinta a prenderne le veci, portandola a sacrificare la personale cura di sé in favore del benessere altrui. Quelle attenzioni, così vive e sentite, lo facevano tornare indietro...A quando Marie e Laurent erano ancora vivi.

Per un momento, ebbe l’impressione di sentire il calore di una famiglia, una dimensione che gli era sempre stata preclusa, per via della sua origine illegittima.

Anais mangiò la propria cena, sotto lo sguardo attento della donna. Una volta finito, guardò il cavaliere e, salutando entrambi con la mano, salì al piano di sopra. Agnes prese alcuni pezzi di stoffa, poi si accomodò davanti al caminetto, con l’intenzione di rammendarli. Marc, invece, si mise a fissare le fiamme, con la testa a metà tra i ricordi ed la nostalgia.

Ogni tanto, gettava un’occhiata alla donna sotto di lui.

Fissava, non visto, i biondi capelli che, acconciati in una crocchia improvvisata, evidenziavano, senza volerlo,  il collo affusolato, illuminato dagli sprazzi del fuoco.

Qualcosa si incrinò nel nobile, mentre un pensiero, una realtà inaspettata si materializzò nella sua mente.

  Agnes era bella. 

                       

Il respiro, improvvisamente si volatilizzò nell’aria, lasciando spazio ad uno sconcerto misto a sorpresa.

 

Agnes era affascinante e lui non se ne era mai accorto.

 

Le immagini di Marie, cristallizzate nella memoria del passato felice, si mescolarono alla sagoma, nuova,  della sorella maggiore che, silenziosa, aveva accettato nuovamente la sua presenza in quella piccola casa di ricordi.

-Marc- domandò, improvvisamente, senza guardarlo- per quale motivo sei venuto solo ora?-

Il cavaliere sussultò.

Sapeva che gli avrebbe fatto una simile domanda…eppure, malgrado questa consapevolezza, non riusciva a non sentirsi ugualmente impreparato.

 

E solo Agnes era capace di farlo sentire in quel modo.

 

Non udendo risposta, Agnes si voltò verso di lui, scoprendolo, a distanza di anni, vulnerabile e solo. Il cuore le si strinse in una morsa penosa simile, forse, al periodo precedente la sua partenza, quando era ormai palese che nessuno avesse colto il suo amore, discreto ma ugualmente profondo. E come accadeva allora, quando si struggeva in silenzio per la propria pena, così in quel momento, mise a tacere il proprio cuore.

-Poco prima di lasciarmi- Laurent mi ha chiesto di prendermi cura del figlio che Marie portava in grembo…nel caso in cui fosse morto.- fece il cavaliere-Perdonami Agnes, per non essere venuto, per  non essermi fatto carico di questo dovere, per averti lasciato da sola, ad affrontare questo peso…-

La voce di Marc si disperdeva nell’aria, come se fosse un insieme di raffiche di vento. Avrebbe continuato per ore… se un suono, secco e deciso, non si fosse abbattuto sul suo volto.

Stupito fissò la beghina, la mano tesa e tremante.

Non riusciva a credere che Agnes lo avesse schiaffeggiato.

-Non osate mai più dirmi simili astrusità. Anais è mia nipote, figlia di mia sorella.- sibilò.

Il conte di Fussac la osservava muto.

Il volto della riservata primogenita di quella famiglia di contadini appariva completamente stravolto. Quelle iridi, prima glaciali, sembravano attraversate da una strana fiamma, che rendeva quel mare d’inverno, vivo e combattivo.

Quei capelli, biondi e illuminati dalle fiamme, simili ad oro liquido.

Quel corpo che, scosso dalla rabbia, sembrava sprigionare un calore inatteso, insopportabile…un fuoco che il conte, nella sua grigia esistenza di sopravvissuto alla guerra e agli stenti, aveva sempre cercato.

La ragione non andò oltre questa consapevolezza, troppo stanca di giudicare le insensatezze della mente e della sorte.

Con un gesto brusco ed inaspettato, la afferrò saldamente e, senza darle il tempo di replicare, poggiò le proprie labbra su di lei.

Agnes lo lasciò fare: aprì la bocca, dandogli accesso e concedendogli la possibilità di approfondire.

E il conte di Fussac si gettò su quell’inattesa offerta, troppo stanco ed affamato di umanità per rifiutare. Lasciò che il calore di quella bocca gentile penetrasse nel suo corpo arido, come l’acqua nelle zolle di terra secca. Si nutrì dell’aroma di quella pelle, avido, come chi vede, dopo tanto tempo, un pezzo di pane...E, forse, avrebbe continuato, abbeverandosi fino in fondo a quella fonte, se la vista di quel faggio solitario, non avesse spinto la sua mente là dove non gli era permesso.

-Marie…-mormorò involontariamente, rompendo quella bolla di pace effimera.

Marc però non si accorse di nulla, fino a quando non percepì che quel calore, tanto cercato, si era fatto lontano e distante. Fissò allora Agnes, che prima aveva stretto tra le braccia, guardarlo contrita, senza più quell’armatura di riserbo e compostezza, con la quale si era sempre mostrata a lui.

 

E mai come in quel momento le era parsa così viva.

 

Aprì e chiuse la bocca per parlare, senza successo, come se la voce fosse stata risucchiata via.

-Marc- mormorò allora Agnes, non riuscendo a guardarlo in volto-ti prego, non farmi questo. -

Il cavaliere provò ad afferrarla per il braccio ma lei, più veloce dell’aria, eluse la sua presa. –Posso sopportare tutto…la povertà, il dolore, la perdita…-disse, prima di alzare finalmente lo sguardo, asciutto e lucido- anche a perdere il mio onore…se sei tu… solo tu…Ma non posso tollerare una simile concessione, se la tua mente è occupata da Marie. Io non sono e non voglio essere una sostituta.-

Agnes lo guardò un’ultima volta, alla disperata ricerca, in quei tratti fonte di emozioni che con fatica aveva sempre soffocato, di una sua reazione ma il corpo dell’uomo pareva congelato nei propri pensieri.

Non disse una parola e quel silenzio penetrò la dura corazza di doveri e rimpianti, mettendone a nudo l’anima. Il peso di quei sentimenti, privò ormai di quella difesa, divenne qualcosa d’insostenibile per lei, una debolezza dolorosa che non poteva più accettare.  La vergogna e la paura, che aveva sempre soffocato, divamparono improvvise: non si rese nemmeno conto di aver abbandonato la stanza e di essersi precipitata in lacrime nella propria camera.

 

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Capitolo 3
*** III ***


III

 

Le braci del caminetto giacevano in mezzo alla terra battuta, spente e dimenticate. Marc le fissava muto, giocherellandoci distratto.

Con un ferro, scrostava la nera superfice, scoprendone il luminoso contenuto. Con la mente, ripensava a quanto era accaduto prima, senza riuscire a trovare una soluzione.

Non aveva mai visto Agnes in quel modo.

Troppo preso dal sentimento che nutriva per Marie, non aveva mai notato la sorella maggiore, tanto da non riuscire a riconoscersi.

La sua ragione lo invitava a tener conto del fatto che era ancora reduce dallo scontro e che era molto, moltissimo tempo che non avvertiva un po’di calore umano. Gli scontri, gli assedi e gli assalti alle truppe inglesi avevano messo a tacere quel lato che distingueva l’uomo dalla bestia, al punto da spingerlo ad agire in modi che mai avrebbe pensato di fare.  Dopo la battaglia di Castillon, aveva atteso molto, prima di far ritorno a quella casa.

Si era separato dal suo amico Laurent, abbandonando definitivamente qualsiasi speranza di conquistare la donna amata.

 

-Amico mio- disse l’uomo- sebbene non abbia un padre nobile come te, non nego il fatto che la tua amicizia sia stata, per tutti questi anni, uno dei tesori a me più cari.-

L’altro annuì.

Laurent, malgrado avesse assistito, come lui, ai massacri della guerra, sembrava aver conservato maggiore umanità…e Marc quasi invidiò questa sua caratteristica. Si chiese come riuscisse ancora a sorridere e ad avere l’animo leggero.

La strada di casa era ancora lunga e, per la prima volta dopo tanto tempo, non l’avrebbero percorsa insieme. Il conte di Fussac, suo nonno, era in fin di vita e, disperando di poter avere degli eredi legittimi si era rivolto, dopo aver perso i nipoti ed i figli nella guerra, a lui, che altro non era che il figlio di una serva.

-E’un vero peccato che tu non possa venire con me- osservò l’altro, improvvisamente serio- ma, se mai la nostra amicizia non è mutata in tutto questo tempo, desidero che tu ascolti quanto ti dico.-

Marc si fermò.

Erano ormai a pochi passi dal bivio.

-Che cosa vuoi dire?- domandò perplesso- Stai tornando a casa dalla tua fidanzata…ti sembrano discorsi da fare, razza di menagramo?-

Laurent sorrise, senza che quella luce, che quell’espressione era capace di suscitare, raggiungesse gli occhi. –Non sto scherzando. La vita di ogni individuo è costantemente appesa ad un filo, cosa che ho compreso solo con questa guerra. Marc, io non ho parenti e, nel caso dovessi lasciare questo mondo, desidero che tu ti prenda cura di mia moglie e della sua famiglia. Questo solo ti chiedo, poiché, come me, hai a cuore la loro felicità.-

 

Il conte di Fussac aprì di scatto gli occhi.

Sette anni erano passati da allora.

Da quando aveva lasciato al bivio il suo migliore amico Laurent, donandogli il sauro che il suo superiore aveva concesso a lui. “Per fare una sorpresa alla tua Marie”gli disse, senza prevedere che quello splendido animale avrebbe attratto le mire dei briganti. Tagliagole che, per impossessarsi di quella bestia, lo avevano ucciso lungo la via del ritorno.

Ora erano morti entrambi, lasciandolo solo.

Un sorriso comparve improvvisamente sul viso del cavaliere.

Gli era rimasta Agnes e sua nipote.

Aveva pensato spesso a loro, chiedendosi come fosse la loro vita, senza mai osare far loro visita. Aveva saputo della fine di Laurent solo alcuni mesi dopo le sue esequie e, temendo il giudizio delle due sorelle e, soprattutto, i propri sentimenti nei confronti della vedova, aveva indugiato a lungo.

Forse, se avesse fatto visita a quella famiglia prima, tutto questo non sarebbe successo.

Sarebbe riuscito a mantenere le distanze.

Come era sempre stato capace di controllarsi, in presenza di Marie.

Di questo tentava di convincersi, senza troppi risultati. Il bacio di Agnes lo aveva turbato non poco…ma cosa doveva aspettarsi?

Da sempre, con i suoi silenzi, era sempre stata lì, pronta a dissipare la nebbia che lo circondava. Tutte le volte che si accingeva a compiere delle azioni insensate, c’erano lei e il ricordo della sua immagine, ad ammonirlo e a portarlo a scegliere la soluzione più appropriata.

 

Lei era sempre lì.

 

Alzò improvvisamente la testa, con il naso rivolto al piano superiore.

Non era mai riuscito a vedere Agnes, a sondare la sua anima con la stessa facilità con cui Narciso si era innamorato della propria immagine. Era sempre silenziosa e composta in sua presenza, tanto da sparire quando era in compagnia di Marie.

Solo ora riusciva a vederla davvero…e si trattava di una solitudine simile alla sua.

Una comunanza d’anime talmente vicina da lasciarlo imbambolato e confuso.

Mai aveva provato una cosa simile per nessuno.

Né per sua madre.

Né per Marie.

Solo con Agnes, poche ore prima, era riuscito a trovarsi davvero a casa.

Quel nido che la sorte non gli aveva mai concesso davvero.

“Non può essere…” pensò, prima di udire uno strano suono provenire dal piano di sopra.

Rimase qualche istante fermo poi, il ripetersi del suono lo spinse a salire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da quanto tempo non saliva al piano superiore?

Marc non sapeva dirlo.

Il passato era qualcosa che non aveva fatto parte dei suoi pensieri, soprattutto nel periodo che aveva trascorso a difendere i territori francesi dalle ambizioni degli invasori. Non aveva avuto un solo momento per pensarvi…nemmeno per dedicarlo a Marie.

 

A differenza del suo amico Laurent.

Lui non smetteva di parlare dei suoi progetti, sicuro di tornare da lei.

 

Il conte si fermò.

“Curioso che io, che non avevo veri appigli per rimanere vivo, sia giunto fino a questo momento” si ritrovò a pensare, scuotendo la testa.

Era assurdo.

Forse era la distanza.

Forse era la lontananza, obbligata e voluta, ad averlo portato fin lì.

Il corridoio era seminascosto dall’oscurità della notte. Lo strano rumore che aveva sentito poco tempo prima, intanto, si ripeté, immerso nell’aria scura di quel cielo senza stelle.

Una delle stanze aveva la porta leggermente accostata, lasciando penetrare una leggera brezza sul pianerottolo. Il conte di Fussac aggrottò la fronte, chiedendosi come fosse possibile che una persona come Agnes potesse tenere la finestra aperta, in una notte così fredda.

Non seppe dire cosa lo spinse ad entrare.

Mai, in nessun altra occasione, si sarebbe mosso in quel modo.

 

Ma quel rumore, strano ed insistente, martellante e sordo, lo attraeva come una calamita.

Entrava dentro, simile alla pioggia che scivolava nel sottosuolo.

 

Stupito, si guardò attorno.

Era una semplice camera.

Un letto.

Un cassettone.

Una croce appesa alla parete.

Null’altro.

Marc mosse incerto i propri passi fino a raggiungere l’apertura minuscola che gettava luce nell’interno. Lentamente fece scivolare il vetro, fino a quando non chiuse quella porta trasparente. Guardò per un momento l’apertura. Da lì si poteva vedere la pianura dove poco tempo prima aveva parlato con Agnes.

In quello spazio piatto e privo di alture, avvolto all’alba dalla nebbia, l’albero di faggio campeggiava, cupo e silenzioso. Marc aveva notato gli sguardi angosciati della donna, senza riuscire a capire la ragione di quel tormento che la divorava.

In un primo momento, aveva pensato che fosse dovuto alla responsabilità di doversi occupare di una bambina, da sola e senza l’aiuto di nessuno. Del resto, aveva quasi ventisette anni, tre meno di lui. Troppi per una donna nubile.

Un improvviso rumore, proveniente dal letto,  attrasse l’attenzione dell’uomo, unito al suono soffocato di alcuni singhiozzi. Gli occhi neri del conte si posarono allora sulla proprietaria di quella casa. Agnes era rannicchiata sul materasso di stracci e tremava. Teneva lo sguardo schiacciato nella stoffa, come se volesse, con il semplice tessuto, schermare il suo fragile corpo, dalle angherie della vita.

Una vista che gli fece crescere dentro, inaspettato, quell’istinto di protezione che da sempre nutriva nei suoi confronti.

Del resto, Marie era sempre stata difesa, da tutto e tutti.

Da suo padre.

Da Laurent.

Dalla stessa Agnes che doveva fare le veci della madre, morta nel dare alla luce la sorella.

A differenza della minore, lei aveva sempre dovuto proteggersi da sola, facendosi fortezza delle solitudini e dei problemi del mondo.

Marc le rivolse una lieve carezza sulla guancia, prima di allontanarsi.

 

Come ho potuto non vedere tutto questo?

Come ho fatto a non sentirti fino ad ora?

Quante volte hai versato il tuo pianto silenzioso, Agnes?

 

 

 

 

 

La mattina successiva, il sole splendeva luminoso nell’aria.  

Agnes aprì piano piano gli occhi, fissando stanca le travi del soffitto.

“E’l’alba” pensò, stropicciandosi il volto. Non aveva dormito molto, preda come sempre dei propri fantasmi. Quella notte, però, il suo dolore aveva un sapore diverso.

 

Marc sa tutto.

Marc conosce anche il segreto che ho custodito gelosamente per più di dieci anni.

Marc non mi guarderà più come prima.

Marc non tornerà più da me.

 

Il cuore iniziò a batterle accellerato, mentre sentiva nuove ferite solcarne la superficie, unendosi alle vecchie cicatrici. Il paesaggio si fece improvvisamente nebbioso ma quel giorno, Agnes ebbe la certezza che non fosse colpa della foschia. Era il suo pianto che, dopo tanti anni, si riversava nelle ore diurne, solcandole il viso.

 

 

 

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Capitolo 4
*** IV ***



IV

 

 

 

Marc passeggiava nervoso per il minuscolo sentiero.

Il comportamento di Agnes lo aveva turbato non poco. Non riusciva a credere che tutto fosse cambiato in un unico giorno, ma forse, non doveva stupirsene. Forse erano i sentimenti che aveva sempre nutrito per lei e che erano cresciuti durante la lontananza, nascosti dietro all’infatuazione per la sorella…o forse, era semplicemente la vita che aveva deciso, all’ultimo momento, d’indicargli una strada diversa.

Senza rendersene conto, si trovò di fronte al cimitero del borgo.

Si trattava di un mare di lapidi, sui quali erano scritti i nomi degli sventurati che avevano lasciato quel mondo infelice. Il conte di Fussac si guardò attorno, alla ricerca del nome della sua cara Marie e del suo migliore amico Laurent…ma non li trovò.

-Cercate qualcuno?- domandò improvvisamente una voce anziana.

Marc si voltò, incontrando la sagoma smilza del parroco del luogo.

-Cerco due persone, prete- rispose il nobile, fissandolo dritto negli occhi.

 

 

 

Agnes si chiedeva come potesse ancora muovere i propri passi fin lì.

Il faggio era davanti a lei, con la sua corteccia nera, immerso in quel suolo scuro e gramo.

Vederlo era una continua pugnalata al suo cuore martoriato…ma non riusciva a staccarsi dai ricordi.

-Fin da quando ti ho rivista- disse una voce alle sue spalle, facendola sussultare- ho sempre visto qualcosa di diverso in te. Non riesci a staccarti da loro…non è così, Agnes?-

La donna si voltò, fissandolo incredula.

-Pensavo te ne fossi andato- mormorò, tenendo la testa bassa- perché?-

Marc era lì di fronte a lei.

Non riusciva a crederci.

Era impossibile.

- Ero uscito perché avevo delle cose a cui pensare. Caso ha voluto che facessi visita al cimitero del paese - rispose il conte di Fussac, guardandola fisso e fermandosi ad un passo dal suo corpo- e incontrassi il prete. Mi ha raccontato tutto, Agnes.-

Gli occhi cerulei della donna si specchiarono in quelle lastre nere e profonde, nelle quali era annegata più di una volta.

-Non volevo che tu lo sapessi.- disse, stringendosi nervosamente le mani- non in questo modo-

Marc la fissò paziente.

-Volevi proteggermi, è così?- domandò- Volevi difendermi dalla delusione per quell’amore che sentivo per Marie. La verità, però, mia gentile Agnes. è che io sapevo che lei non mi amava. Fin dal principio, mi era palese il suo interesse per Laurent.-

Un lieve venticello si alzò improvviso, facendo scuotere il mantello del cavaliere e la gonna della beghina. –Sono responsabile della fine del mio migliore amico, sai?- disse, tenendo lo sguardo fisso sui rami- Sono stato io a donargli il cavallo…non avrei mai pensato, né voluto, che cadesse vittima dei briganti.-

Agnes socchiuse gli occhi.

-La guerra porta conseguenze simili- mormorò, fissando il faggio- è sempre stato così…ma mia sorella, nella sua fragilità, non lo ha mai compreso.-

Il conte di Fussac la vide allungare la mano verso la corteccia, concedendo alla pianta una carezza gentile.- Sapevamo dell’arrivo di Laurent. Ricordi che era venuto pochi mesi prima dell’incidente nella nostra casa? Papà era appena morto e, complice il caso, i sentimenti repressi ed il dolore della perdita, aveva reso mia sorella madre. Non credo che lo sapesse, poiché non ho trovato nessuno che potesse recapitargli la lettera. Quando ci è giunta la notizia della sua morte, Marie non ha retto il colpo. E’stato solo un miracolo, e forse la mia cocciutaggine, a sostenerla nel concludere la gravidanza. Pochi mesi dopo il parto, però, ha deciso di seguire il suo amore perduto.-disse, tristemente.

La fronte del cavaliere s’increspò.

-Aveva smesso di mangiare, al punto che mi ero trovata costretta a forzarla…per allattare la Anais.- mormorò, con gli occhi fissi alla pianta e la mente ai ricordi – Un giorno, io e il prete la trovammo appesa ai rami di questo faggio.-

-Il parroco mi ha detto che Marie è stata seppellita sotto questa pianta. Come suicida non poteva essere diversamente.- fece.

Agnes annuì, prima di sorridere. –Qui- disse, toccando la corteccia- abbiamo trovato e seppellito Laurent. Malgrado le ferite di pugnale è riuscito a raggiungere questa pianta. Aveva gli occhi puntati verso la nostra casa, sai? -

La lieve brezza del mattino si era fatta più tiepida, segno che il giorno stava lentamente prendendo possesso della notte. – Agnes, in tutto questo tempo, ho pensato a lungo alla mia vita, a Marie, a Laurent…e anche a te.- disse, addolcendo lievemente la voce. La beghina lo guardò, non potendo fare a meno di pensare a quella stranezza. Non era mai accaduto che le parlasse in quel modo.

- Tua sorella ed il mio amico si sono amati, hanno vissuto…ma tu…ed io, possiamo dire di averlo fatto? Li abbiamo sempre protetti, credendo di poter avere uno spicchio della loro felicità. Solo ora mi rendo conto che non avrei mai potuto guardare Marie con lo stesso sguardo di Laurent…e tutto questo è merito tuo, Agnes.- disse. La donna s’immobilizzò, sorpresa per quella confessione. – Io non so ancora se posso amarti…non ho mai imparato a farlo. Come bastardo, non mai ricevuto un’oncia di affetto da nessuno…solo la tua famiglia mi ha donato un po’di quel calore. Un tempo, pensavo che provenisse da Marie e, troppo colpito dalla sua bellezza, ho vissuto di questo riflesso…senza accorgermi che eri tu a darmi silenziosamente ciò che cercavo da una vita.- fece, prendendole la mano.

-Ho ventisette anni- provò a dire l’altra, nel tentativo di allontanare da sé quello che non credeva essere altro che un’illusione, frutto delle sue ostiche fantasie.

-Non mi importa- ribatté il conte di Fussac- ho vissuto troppo solo per preoccuparmi di una cosa simile. Vieni con me, insieme ad Anais-

Ed Agnes pensò a tutto quello che aveva passato.

Al pianto disperato di sua sorella e a quello lacerante che l’aveva colta quando la vide impiccata al ramo. Troppo dolore aveva afflitto il suo animo. –Se ti accontenti di una come me…-provò a dire, ma le parole vennero meno. L’abbraccio del conte cancellò tutto.

Il passato.

Il presente.

Il futuro incerto.

Alla luce del sole nascente, Agnes provò, per la prima volta dopo molto tempo, la speranza di poter essere felice…e mai come in quel momento percepì quella sensazione farsi così concreta. Unì le proprie braccia a quelle di Marc, in un intreccio che non avrebbe sciolto tanto facilmente: pur nella sua misera vita mortale, avrebbe fatto di tutto per tenerlo stretto a sé.
Non per Anais, né per nessun altro.

Solo per Agnes…e questo bastava.

 

FINE

 

Grammatica, sintassi, ortografia e lessico: 7 / 10 
Sviluppo della trama: 8 / 10
Caratterizzazione dei personaggi: 8 / 10 
Espressività: 8 / 10 
Originalità: 7 / 10 
Attinenza al tema e ai parametri posti: 10 / 10

Valutazione finale: 8 / 10
All'inizio la storia fatica a partire, probabilmente per l'introduzione improvvisa di quasi tutti i personaggi che non permette subito di capire bene chi stia parlando e di chi.
La trama di per sé presenta tratti molto "classici", che non per questo dispiacciono. Molte espressioni, poi, sia in bocca ai personaggi, sia nella narrazione, calano il lettore in un'atmosfera popolana e lievemente cavalleresca tipica del periodo. 
Ho trovato alcuni errori di battitura e spazi mancati, soprattutto dopo un apostrofo. Il che è un vero peccato, perché la storia è scritta bene e a livello di lessico piuttosto ricca. 

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