All'ombra del faggio nero di controcorrente (/viewuser.php?uid=56655)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 1 *** I ***
ALL’OMBRA
DEL FAGGIO NERO
I
All’ombra
del crepuscolo, l’albero di faggio si
tingeva di colori scuri, mischiandosi alle
tenebre incombenti, in un abbraccio
lugubre e carico di morte.
Agnes
osservava muta i neri rami, tenendo
stretta a sé il piccolo palmo della bambina. Alcuni capelli
biondi scivolavano
sulle guance, ormai del tutto prive di quei tratti fanciulleschi,
tipici
dell’infanzia.
Marc
non riusciva a staccarle gli occhi di
dosso.
-Dunque
sono entrambi morti?- domandò.
La
donna annuì, fissando muta la pianta.
-E’così-
fece questa- Marie non è riuscita a reggere
la perdita. Nemmeno Anais è riuscita a fermarla. Se ne
è andata, per seguire il
suo amore.-
Marc
depose la spada al suo fianco, un segno del
valore dimostrato in guerra, un decoro che non aveva strappato nessuno
dalle
fauci della morte.
Si
tolse l’elmo, lasciando che la chioma marrone
scivolasse fino alle spalle. Una cascata autunnale che agli ultimi
raggi del
sole sembrava assumere bagliori di fiamma.
-Sette
anni- mormorò- Sette anni sono passati da
quando il mio amico è stato reclutato nelle file del suo
signore…non doveva
finire in questo modo.-
Agnes
strinse lievemente la piccola mano.
-Marie
ha passato molto tempo, in sua attesa…Laurent
era il suo unico pensiero.- fece, voltandosi verso il nobile ed osando,
per la
prima volta, dopo tanto tempo, levare gli occhi su di lui.
Marc
ebbe un sussulto.
Le
iridi della sorella maggiore di Marie non gli
erano mai sembrate così grandi e profonde. Per un momento,
ebbe la sensazione
di essere inghiottito da quel mare invernale, il vetro con cui lei
vedeva il mondo.
Istintivamente, tornò a fissare i rami del faggio, nel
tentativo, forse, di
fuggire quelle lastre chiare, ma nemmeno questa mossa gli fu concessa.
-Perché
non siete venuto prima?- domandò
improvvisamente Agnes –Vi abbiamo aspettato…io vi
ho aspettato…-
Il
vento fresco della sera era ormai alle porte.
La piana che si vedeva dalla collina appariva ai loro occhi brulla e
spoglia.Uno
specchio del loro animo, uscito a pezzi dalla guerra secolare. Agnes
osservava
quello spazio immenso, sentendo su di sé la presenza del
cavaliere.
La
bolla di quiete, nella quale erano caduti, si
era formata con estrema naturalezza, tanto che nessuno dei due
pensò di rompere
quell’improvvisa stasi. Non vi era nulla attorno a loro,
tranne quel silenzio,
rotto solo dal vento di tramontana che spirava in quel momento.
L’animo
del conte, immerso in quella pace
mortifera, era avvolto da pensieri di ogni genere. Da un lato, si
sentiva
immensamente in colpa nei confronti dell’amico,
dall’altro però, non riusciva a
non provare un sordo risentimento verso Marie e Laurent.
-Non
ci riuscivo- fu la sua risposta.
Agnes
lo guardò.
Era
lì con lei e, malgrado fossero passati
alcuni anni, era ancora bello. La fiammella della speranza e la gioia
di
vederlo vivo, tuttavia, non erano ancora uscite dalla fortezza del suo
corpo,
sebbene sapesse che il passo era molto breve. Marc però era
giunto nella sua
umile dimora per sua sorella, non per lei.
-E’tipico
di voi- disse allora, tenendo lo
sguardo sull’albero nero.
Il
conte di Fussac si voltò, perplesso
–L’amavate
molto…l’ho sempre saputo, come voi eravate a
conoscenza del fatto che i vostri
sentimenti non avevano mai raggiunto, per intensità,
l’animo di Marie.- fece
questa, guardandolo da sotto la cuffia.
Marc
non seppe cosa dire.
La
sorella maggiore della giovane contadina che
aveva rubato il cuore al suo amico, e a lui, era una creatura che non
era mai
riuscito a comprendere fino in fondo. Schiva e riservata, come una
creatura
notturna. Si era sempre sentito a disagio in sua compagnia, sebbene
questa non
gli avesse mai chiesto spiegazioni, né biasimato o compatito
quel sentimento
segreto che lo logorava, tutte le volte che incontrava le iridi cielo
della
piccola di quella casa.
Con
i suoi silenzi, lo costringeva, allora come
in quell’istante, a fare i conti con quello che, in tutti i
sette anni di
scontri, aveva deliberatamente sacrificato sull’altare
dell’amicizia.
L’amore
per Marie lo aveva spesso portato ad un
passo dall’odiare Laurent,
che
era riuscito a conquistare quel fiore
leggiadro, grazie al suo spirito allegro e brigante.
Perché
non lui?
Era
saggio.
Era
colto.
Aveva
ottenuto, malgrado fosse figlio di una
delle tante amanti del conte, un titolo nobiliare.
Aveva
un aspetto gradevole ed era piuttosto
benestante.
Aveva
tutto…tranne il cuore di Marie.
Eppure,
i suoi passi lo avevano spinto
all’albero di faggio, là dove un tempo loro
quattro giocavano insieme. Era
stato più forte di lui, come se a trascinarlo fin
lì vi fosse l’opera di una
corda invisibile.
-Credo,
signor conte- mormorò Agnes – che sia
opportuno andare in casa.-
Marc
sobbalzò.
Le
parole della donna lo avevano fatto scendere
bruscamente con i piedi per terra, un attimo prima che il suo animo,
denso di
malinconia, precipitasse in un vortice doloroso di nostalgia e
rimpianto.
Istintivamente,
con un po’di sorpresa, sorrise.
Lei,
con il suo silenzio assordante, lo aveva
salvato da quell’insidia.
-Perché
quell’espressione?- domandò Agnes,
inarcando un sopracciglio.
Il
nobile non la guardò, concedendosi un ultimo
sguardo all’albero.
–Nulla-
rispose sbrigativamente.
La
beghina osservò l’uomo di fronte a lei poi,
tenendo per mano la bambina, iniziò a incamminarsi.
–Signor Conte- fece,
fissando la strada - non vi sono locande nelle vicinanze. Se lo
desiderate,
potete riposare nella mia dimora.-
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Capitolo 2 *** II ***
II
Agnes
conosceva ormai a memoria quella via. La
percorreva tutte le mattine, da ormai sette anni.
Si
svegliava all’alba, sbrigava la cura
dell’orticello e i vari lavori domestici, poi si recava al
faggio. I ricordi ed
il passato non la lasciavano un solo istante, occupando il giorno e la
notte in
ugual misura. Erano sempre lì, pronti a farle compagnia, con
il loro peso di
omissioni e rimpianti.
Pure
in quel momento.
Vedeva
l’ombra del cavaliere accanto a lei,
qualcosa che non aveva fatto altro che fantasticare in tutti quegli
anni, unica
ancora a nebbia perenne di dolore e memoria che avvolgeva la sua anima.
Socchiuse gli occhi e, senza rendersene conto, strinse la mano della
piccola
Anais. La bambina la guardò un momento, sorridendole poi,
senza un perché,
ignara dell’angoscia della zia.
Agnes
si morse il labbro, tentando di frenare
l’agitazione. Un’onda di emozioni contrastanti, di
gioia feroce, di rabbia
impotente, di sollievo senza scampo, di speranza senza senso.
Si
era quasi pentita di averlo invitato per la
notte. La sua presenza aveva il potere di destabilizzarla, di
confonderla…ma
non poteva abbandonarlo lì. Non ci riusciva.
Intanto,
la minuscola casa fece capolino, da
dietro i pochi alberi radi di quella terra brulla. Marc
fissò sorpreso
l’abitazione. Non era cambiata affatto, malgrado la sua
lontananza.
-Perdonatemi,
se l’alloggio non sarà
confortevole- mormorò la donna, aprendo la porta- ma posso
garantirvi che non
rischierete la vita come in una locanda.-
Il
buio, intanto, aveva quasi del tutto avvolto
la sagoma dell’edificio ma nemmeno quell’assenza di
luce riusciva ad impedirgli
di riconoscere le forme che avevano accompagnato la sua infanzia.
C’era
il minuscolo cortile.
Dove rincorreva la piccola Marie
e Laurent.
C’era
la finestra che vi si affacciava sopra.
Da
dove,
durante gli allenamenti con la spada, provava a sbirciare Marie,
scoprendo poi,
non senza imbarazzo, di aver sbagliato stanza, scambiando Agnes per la
sorella
minore.
A
quel pensiero, una risata, improvvisa e del
tutto inattesa, iniziò a germogliare nel cuore del
cavaliere, senza tuttavia
raggiungere le labbra.
Non
era più abituato a sorridere sinceramente ed
ora, dopo aver abbandonato le speranze, quel sentimento, per lui ormai
completamente
nuovo, lo lacerava, spiazzandolo e ferendolo là dove non lo
credeva possibile. Marc
si posò una mano sul cuore, scrutando il leccio che,
solitario, emergeva nella
radura.
-Dovresti
entrare- disse improvvisamente Agnes,
comparendo sulla soglia.
Il
conte la guardò.
Si
era tolta il minuscolo mantello che le
copriva le spalle ed ora, nella penombra del camino appena acceso,
poteva
vedere la sua sagoma flessuosa e solida, quasi attraente.
Istintivamente,
spostò la sua attenzione alla porta, non seppe dire se per
rabbia o imbarazzo.
-Anais?-
domandò, tentando di pensare ad altro.
-E’a
tavola. Vieni a mangiare.-rispose l’altra,
scomparendo poco dopo.
Marc
la seguì, stroncando sul nascere quei
pensieri inopportuni.
Agnes,
del tutto ignara del suo turbamento, si
era accomodata alla tavola. Il cavaliere si pose di fronte a lei,
rifiutando,
malgrado le insistenze della donna, di sedere sul lato corto.
Non
sono
il capofamiglia aveva
detto, un po’disorientato.
La
padrona di casa rimase qualche secondo
immobile ed il conte poté vedere, con un certo sgomento, la
sorpresa dovuta
alla sua risposta. –Certo- rispose, abbassando la testa-
avete ragione.-
Non
parlò più, limitandosi ad assistere la
piccola Anais, quando le sue piccole braccia non riuscivano a
raggiungere le
pietanze più lontane.
Marc
la osservava affascinato.
Ogni
volta che passava di fronte alla dimora
della famiglia delle due sorelle, aveva sempre visto la bellezza
sfolgorante di
Marie. Non aveva tenuto conto del fatto che la maggiore aveva sempre
vegliato
costantemente su di lei, né che la perdita della madre
l’avesse spinta a
prenderne le veci, portandola a sacrificare la personale cura di
sé in favore
del benessere altrui. Quelle attenzioni, così vive e
sentite, lo facevano
tornare indietro...A quando Marie e Laurent erano ancora vivi.
Per
un momento, ebbe l’impressione di sentire il
calore di una famiglia, una dimensione che gli era sempre stata
preclusa, per
via della sua origine illegittima.
Anais
mangiò la propria cena, sotto lo sguardo
attento della donna. Una volta finito, guardò il cavaliere
e, salutando entrambi
con la mano, salì al piano di sopra. Agnes prese alcuni
pezzi di stoffa, poi si
accomodò davanti al caminetto, con l’intenzione di
rammendarli. Marc, invece,
si mise a fissare le fiamme, con la testa a metà tra i
ricordi ed la nostalgia.
Ogni
tanto, gettava un’occhiata alla donna sotto
di lui.
Fissava,
non visto, i biondi capelli che,
acconciati in una crocchia improvvisata, evidenziavano, senza volerlo, il collo affusolato,
illuminato dagli sprazzi
del fuoco.
Qualcosa
si incrinò nel nobile, mentre un
pensiero, una realtà inaspettata si materializzò
nella sua mente.
Agnes
era bella.
Il
respiro, improvvisamente si volatilizzò
nell’aria, lasciando spazio ad uno sconcerto misto a sorpresa.
Agnes
era
affascinante e lui non se ne era mai accorto.
Le
immagini di Marie, cristallizzate nella
memoria del passato felice, si mescolarono alla sagoma, nuova, della sorella maggiore che,
silenziosa, aveva
accettato nuovamente la sua presenza in quella piccola casa di ricordi.
-Marc-
domandò, improvvisamente, senza
guardarlo- per quale motivo sei venuto solo ora?-
Il
cavaliere sussultò.
Sapeva
che gli avrebbe fatto una simile
domanda…eppure, malgrado questa consapevolezza, non riusciva
a non sentirsi
ugualmente impreparato.
E
solo Agnes
era capace di farlo sentire in quel modo.
Non
udendo risposta, Agnes si voltò verso di
lui, scoprendolo, a distanza di anni, vulnerabile e solo. Il cuore le
si
strinse in una morsa penosa simile, forse, al periodo precedente la sua
partenza, quando era ormai palese che nessuno avesse colto il suo
amore, discreto
ma ugualmente profondo. E come accadeva allora, quando si struggeva in
silenzio
per la propria pena, così in quel momento, mise a tacere il
proprio cuore.
-Poco
prima di lasciarmi- Laurent mi ha chiesto
di prendermi cura del figlio che Marie portava in grembo…nel
caso in cui fosse
morto.- fece il cavaliere-Perdonami Agnes, per non essere venuto, per non essermi fatto carico
di questo dovere,
per averti lasciato da sola, ad affrontare questo peso…-
La
voce di Marc si disperdeva nell’aria, come se
fosse un insieme di raffiche di vento. Avrebbe continuato per
ore… se un suono,
secco e deciso, non si fosse abbattuto sul suo volto.
Stupito
fissò la beghina, la mano tesa e
tremante.
Non
riusciva a credere che Agnes lo avesse
schiaffeggiato.
-Non
osate mai più dirmi simili astrusità. Anais
è mia nipote, figlia di mia sorella.- sibilò.
Il
conte di Fussac la osservava muto.
Il
volto della riservata primogenita di quella
famiglia di contadini appariva completamente stravolto. Quelle iridi,
prima
glaciali, sembravano attraversate da una strana fiamma, che rendeva
quel mare
d’inverno, vivo e combattivo.
Quei
capelli, biondi e illuminati dalle fiamme,
simili ad oro liquido.
Quel
corpo che, scosso dalla rabbia, sembrava
sprigionare un calore inatteso, insopportabile…un fuoco che
il conte, nella sua
grigia esistenza di sopravvissuto alla guerra e agli stenti, aveva
sempre
cercato.
La
ragione non andò oltre questa consapevolezza,
troppo stanca di giudicare le insensatezze della mente e della sorte.
Con
un gesto brusco ed inaspettato, la afferrò saldamente
e, senza darle il tempo di replicare, poggiò le proprie
labbra su di lei.
Agnes
lo lasciò fare: aprì la bocca, dandogli
accesso e concedendogli la possibilità di approfondire.
E
il conte di Fussac si gettò su quell’inattesa
offerta, troppo stanco ed affamato di umanità per rifiutare.
Lasciò che il
calore di quella bocca gentile penetrasse nel suo corpo arido, come
l’acqua
nelle zolle di terra secca. Si nutrì dell’aroma di
quella pelle, avido, come
chi vede, dopo tanto tempo, un pezzo di pane...E, forse, avrebbe
continuato,
abbeverandosi fino in fondo a quella fonte, se la vista di quel faggio
solitario, non avesse spinto la sua mente là dove non gli
era permesso.
-Marie…-mormorò
involontariamente, rompendo
quella bolla di pace effimera.
Marc
però non si accorse di nulla, fino a quando
non percepì che quel calore, tanto cercato, si era fatto
lontano e distante.
Fissò allora Agnes, che prima aveva stretto tra le braccia,
guardarlo contrita,
senza più quell’armatura di riserbo e compostezza,
con la quale si era sempre
mostrata a lui.
E
mai come
in quel momento le era parsa così viva.
Aprì
e chiuse la bocca per parlare, senza
successo, come se la voce fosse stata risucchiata via.
-Marc-
mormorò allora Agnes, non riuscendo a
guardarlo in volto-ti prego, non farmi questo. -
Il
cavaliere provò ad afferrarla per il braccio
ma lei, più veloce dell’aria, eluse la sua presa.
–Posso sopportare tutto…la
povertà, il dolore, la perdita…-disse, prima di
alzare finalmente lo sguardo,
asciutto e lucido- anche a perdere il mio onore…se sei
tu… solo tu…Ma non posso
tollerare una simile concessione, se la tua mente è occupata
da Marie. Io non
sono e non voglio essere una sostituta.-
Agnes
lo guardò un’ultima volta, alla disperata
ricerca, in quei tratti fonte di emozioni che con fatica aveva sempre
soffocato, di una sua reazione ma il corpo dell’uomo pareva
congelato nei
propri pensieri.
Non
disse una parola e quel silenzio penetrò la
dura corazza di doveri e rimpianti, mettendone a nudo
l’anima. Il peso di quei
sentimenti, privò ormai di quella difesa, divenne qualcosa
d’insostenibile per
lei, una debolezza dolorosa che non poteva più accettare. La vergogna e la paura,
che aveva sempre
soffocato, divamparono improvvise: non si rese nemmeno conto di aver
abbandonato la stanza e di essersi precipitata in lacrime nella propria
camera.
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Capitolo 3 *** III ***
III
Le
braci del caminetto giacevano in mezzo alla
terra battuta, spente e dimenticate. Marc le fissava muto,
giocherellandoci
distratto.
Con
un ferro, scrostava la nera superfice,
scoprendone il luminoso contenuto. Con la mente, ripensava a quanto era
accaduto prima, senza riuscire a trovare una soluzione.
Non
aveva mai visto Agnes in quel modo.
Troppo
preso dal sentimento che nutriva per
Marie, non aveva mai notato la sorella maggiore, tanto da non riuscire
a
riconoscersi.
La
sua ragione lo invitava a tener conto del
fatto che era ancora reduce dallo scontro e che era molto, moltissimo
tempo che
non avvertiva un po’di calore umano. Gli scontri, gli assedi
e gli assalti alle
truppe inglesi avevano messo a tacere quel lato che distingueva
l’uomo dalla
bestia, al punto da spingerlo ad agire in modi che mai avrebbe pensato
di fare.
Dopo la battaglia di
Castillon, aveva
atteso molto, prima di far ritorno a quella casa.
Si
era separato dal suo amico Laurent,
abbandonando definitivamente qualsiasi speranza di conquistare la donna
amata.
-Amico
mio- disse l’uomo- sebbene non abbia un padre nobile come te,
non nego il fatto
che la tua amicizia sia stata, per tutti questi anni, uno dei tesori a
me più
cari.-
L’altro
annuì.
Laurent,
malgrado avesse assistito, come lui, ai massacri della guerra, sembrava
aver
conservato maggiore umanità…e Marc quasi
invidiò questa sua caratteristica. Si
chiese come riuscisse ancora a sorridere e ad avere l’animo
leggero.
La
strada
di casa era ancora lunga e, per la prima volta dopo tanto tempo, non
l’avrebbero percorsa insieme. Il conte di Fussac, suo nonno,
era in fin di vita
e, disperando di poter avere degli eredi legittimi si era rivolto, dopo
aver
perso i nipoti ed i figli nella guerra, a lui, che altro non era che il
figlio
di una serva.
-E’un
vero
peccato che tu non possa venire con me- osservò
l’altro, improvvisamente serio-
ma, se mai la nostra amicizia non è mutata in tutto questo
tempo, desidero che
tu ascolti quanto ti dico.-
Marc
si
fermò.
Erano
ormai a pochi passi dal bivio.
-Che
cosa
vuoi dire?- domandò perplesso- Stai tornando a casa dalla
tua fidanzata…ti
sembrano discorsi da fare, razza di menagramo?-
Laurent
sorrise, senza che quella luce, che quell’espressione era
capace di suscitare,
raggiungesse gli occhi. –Non sto scherzando. La vita di ogni
individuo è
costantemente appesa ad un filo, cosa che ho compreso solo con questa
guerra.
Marc, io non ho parenti e, nel caso dovessi lasciare questo mondo,
desidero che
tu ti prenda cura di mia moglie e della sua famiglia. Questo solo ti
chiedo,
poiché, come me, hai a cuore la loro felicità.-
Il
conte di Fussac aprì di scatto gli occhi.
Sette
anni erano passati da allora.
Da
quando aveva lasciato al bivio il suo
migliore amico Laurent, donandogli il sauro che il suo superiore aveva
concesso
a lui. “Per fare una sorpresa alla
tua
Marie”gli disse, senza prevedere che quello
splendido animale avrebbe
attratto le mire dei briganti. Tagliagole che, per impossessarsi di
quella
bestia, lo avevano ucciso lungo la via del ritorno.
Ora
erano morti entrambi, lasciandolo solo.
Un
sorriso comparve improvvisamente sul viso del
cavaliere.
Gli
era rimasta Agnes e sua nipote.
Aveva
pensato spesso a loro, chiedendosi come
fosse la loro vita, senza mai osare far loro visita. Aveva saputo della
fine di
Laurent solo alcuni mesi dopo le sue esequie e, temendo il giudizio
delle due
sorelle e, soprattutto, i propri sentimenti nei confronti della vedova,
aveva
indugiato a lungo.
Forse,
se avesse fatto visita a quella famiglia
prima, tutto questo non sarebbe successo.
Sarebbe
riuscito a mantenere le distanze.
Come
era sempre stato capace di controllarsi, in
presenza di Marie.
Di
questo tentava di convincersi, senza troppi
risultati. Il bacio di Agnes lo aveva turbato non poco…ma
cosa doveva
aspettarsi?
Da
sempre, con i suoi silenzi, era sempre stata
lì, pronta a dissipare la nebbia che lo circondava. Tutte le
volte che si
accingeva a compiere delle azioni insensate, c’erano lei e il
ricordo della sua
immagine, ad ammonirlo e a portarlo a scegliere la soluzione
più appropriata.
Lei
era
sempre lì.
Alzò
improvvisamente la testa, con il naso
rivolto al piano superiore.
Non
era mai riuscito a vedere Agnes, a sondare
la sua anima con la stessa facilità con cui Narciso si era
innamorato della
propria immagine. Era sempre silenziosa e composta in sua presenza,
tanto da
sparire quando era in compagnia di Marie.
Solo
ora riusciva a vederla davvero…e si
trattava di una solitudine simile alla sua.
Una
comunanza d’anime talmente vicina da
lasciarlo imbambolato e confuso.
Mai
aveva provato una cosa simile per nessuno.
Né
per sua madre.
Né
per Marie.
Solo
con Agnes, poche ore prima, era riuscito a
trovarsi davvero a casa.
Quel
nido che la sorte non gli aveva mai
concesso davvero.
“Non
può essere…” pensò, prima di
udire uno
strano suono provenire dal piano di sopra.
Rimase
qualche istante fermo poi, il ripetersi del
suono lo spinse a salire.
Da
quanto tempo non saliva al piano superiore?
Marc
non sapeva dirlo.
Il
passato era qualcosa che non aveva fatto
parte dei suoi pensieri, soprattutto nel periodo che aveva trascorso a
difendere i territori francesi dalle ambizioni degli invasori. Non
aveva avuto
un solo momento per pensarvi…nemmeno per dedicarlo a Marie.
A
differenza del suo amico Laurent.
Lui
non
smetteva di parlare dei suoi progetti, sicuro di tornare da lei.
Il
conte si fermò.
“Curioso
che io, che non avevo veri appigli per
rimanere vivo, sia giunto fino a questo momento” si
ritrovò a pensare,
scuotendo la testa.
Era
assurdo.
Forse
era la distanza.
Forse
era la lontananza, obbligata e voluta, ad
averlo portato fin lì.
Il
corridoio era seminascosto dall’oscurità
della notte. Lo strano rumore che aveva sentito poco tempo prima,
intanto, si
ripeté, immerso nell’aria scura di quel cielo
senza stelle.
Una
delle stanze aveva la porta leggermente
accostata, lasciando penetrare una leggera brezza sul pianerottolo. Il
conte di
Fussac aggrottò la fronte, chiedendosi come fosse possibile
che una persona
come Agnes potesse tenere la finestra aperta, in una notte
così fredda.
Non
seppe dire cosa lo spinse ad entrare.
Mai,
in nessun altra occasione, si sarebbe mosso
in quel modo.
Ma
quel
rumore, strano ed insistente, martellante e sordo, lo attraeva come una
calamita.
Entrava
dentro, simile alla pioggia che scivolava nel sottosuolo.
Stupito,
si guardò attorno.
Era
una semplice camera.
Un
letto.
Un
cassettone.
Una
croce appesa alla parete.
Null’altro.
Marc
mosse incerto i propri passi fino a
raggiungere l’apertura minuscola che gettava luce
nell’interno. Lentamente fece
scivolare il vetro, fino a quando non chiuse quella porta trasparente.
Guardò
per un momento l’apertura. Da lì si poteva vedere
la pianura dove poco tempo
prima aveva parlato con Agnes.
In
quello spazio piatto e privo di alture,
avvolto all’alba dalla nebbia, l’albero di faggio
campeggiava, cupo e
silenzioso. Marc aveva notato gli sguardi angosciati della donna, senza
riuscire a capire la ragione di quel tormento che la divorava.
In
un primo momento, aveva pensato che fosse
dovuto alla responsabilità di doversi occupare di una
bambina, da sola e senza
l’aiuto di nessuno. Del resto, aveva quasi ventisette anni,
tre meno di lui.
Troppi per una donna nubile.
Un
improvviso rumore, proveniente dal
letto, attrasse
l’attenzione dell’uomo,
unito al suono soffocato di alcuni singhiozzi. Gli occhi neri del conte
si
posarono allora sulla proprietaria di quella casa. Agnes era
rannicchiata sul
materasso di stracci e tremava. Teneva lo sguardo schiacciato nella
stoffa,
come se volesse, con il semplice tessuto, schermare il suo fragile
corpo, dalle
angherie della vita.
Una
vista che gli fece crescere dentro,
inaspettato, quell’istinto di protezione che da sempre
nutriva nei suoi
confronti.
Del
resto, Marie era sempre stata difesa, da
tutto e tutti.
Da
suo padre.
Da
Laurent.
Dalla
stessa Agnes che doveva fare le veci della
madre, morta nel dare alla luce la sorella.
A
differenza della minore, lei aveva sempre
dovuto proteggersi da sola, facendosi fortezza delle solitudini e dei
problemi
del mondo.
Marc
le rivolse una lieve carezza sulla guancia,
prima di allontanarsi.
Come
ho
potuto non vedere tutto questo?
Come
ho
fatto a non sentirti fino ad ora?
Quante
volte hai versato il tuo pianto silenzioso, Agnes?
La
mattina successiva, il sole splendeva
luminoso nell’aria.
Agnes
aprì piano piano gli occhi, fissando
stanca le travi del soffitto.
“E’l’alba”
pensò, stropicciandosi il volto. Non
aveva dormito molto, preda come sempre dei propri fantasmi. Quella
notte, però,
il suo dolore aveva un sapore diverso.
Marc
sa
tutto.
Marc
conosce anche il segreto che ho custodito gelosamente per
più di dieci anni.
Marc
non
mi guarderà più come prima.
Marc
non
tornerà più da me.
Il
cuore iniziò a batterle accellerato, mentre
sentiva nuove ferite solcarne la superficie, unendosi alle vecchie
cicatrici. Il
paesaggio si fece improvvisamente nebbioso ma quel giorno, Agnes ebbe
la
certezza che non fosse colpa della foschia. Era il suo pianto che, dopo
tanti
anni, si riversava nelle ore diurne, solcandole il viso.
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Capitolo 4 *** IV ***
IV
Marc
passeggiava nervoso per il minuscolo
sentiero.
Il
comportamento di Agnes lo aveva turbato non
poco. Non riusciva a credere che tutto fosse cambiato in un unico
giorno, ma
forse, non doveva stupirsene. Forse erano i sentimenti che aveva sempre
nutrito
per lei e che erano cresciuti durante la lontananza, nascosti dietro
all’infatuazione
per la sorella…o forse, era semplicemente la vita che aveva
deciso, all’ultimo
momento, d’indicargli una strada diversa.
Senza
rendersene conto, si trovò di fronte al
cimitero del borgo.
Si
trattava di un mare di lapidi, sui quali
erano scritti i nomi degli sventurati che avevano lasciato quel mondo
infelice.
Il conte di Fussac si guardò attorno, alla ricerca del nome
della sua cara
Marie e del suo migliore amico Laurent…ma non li
trovò.
-Cercate
qualcuno?- domandò improvvisamente una
voce anziana.
Marc
si voltò, incontrando la sagoma smilza del
parroco del luogo.
-Cerco
due persone, prete- rispose il nobile,
fissandolo dritto negli occhi.
Agnes
si chiedeva come potesse ancora muovere i
propri passi fin lì.
Il
faggio era davanti a lei, con la sua
corteccia nera, immerso in quel suolo scuro e gramo.
Vederlo
era una continua pugnalata al suo cuore
martoriato…ma non riusciva a staccarsi dai ricordi.
-Fin
da quando ti ho rivista- disse una voce
alle sue spalle, facendola sussultare- ho sempre visto qualcosa di
diverso in
te. Non riesci a staccarti da loro…non è
così, Agnes?-
La
donna si voltò, fissandolo incredula.
-Pensavo
te ne fossi andato- mormorò, tenendo la
testa bassa- perché?-
Marc
era lì di fronte a lei.
Non
riusciva a crederci.
Era
impossibile.
-
Ero uscito perché avevo delle cose a cui
pensare. Caso ha voluto che facessi visita al cimitero del paese -
rispose il
conte di Fussac, guardandola fisso e fermandosi ad un passo dal suo
corpo- e incontrassi
il prete. Mi ha raccontato tutto, Agnes.-
Gli
occhi cerulei della donna si specchiarono in
quelle lastre nere e profonde, nelle quali era annegata più
di una volta.
-Non
volevo che tu lo sapessi.- disse,
stringendosi nervosamente le mani- non in questo modo-
Marc
la fissò paziente.
-Volevi
proteggermi, è così?- domandò- Volevi
difendermi dalla delusione per quell’amore che sentivo per
Marie. La verità,
però, mia gentile Agnes. è che io sapevo che lei
non mi amava. Fin dal
principio, mi era palese il suo interesse per Laurent.-
Un
lieve venticello si alzò improvviso, facendo
scuotere il mantello del cavaliere e la gonna della beghina.
–Sono responsabile
della fine del mio migliore amico, sai?- disse, tenendo lo sguardo
fisso sui
rami- Sono stato io a donargli il cavallo…non avrei mai
pensato, né voluto, che
cadesse vittima dei briganti.-
Agnes
socchiuse gli occhi.
-La
guerra porta conseguenze simili- mormorò,
fissando il faggio- è sempre stato
così…ma mia sorella, nella sua
fragilità,
non lo ha mai compreso.-
Il
conte di Fussac la vide allungare la mano
verso la corteccia, concedendo alla pianta una carezza gentile.-
Sapevamo
dell’arrivo di Laurent. Ricordi che era venuto pochi mesi
prima dell’incidente
nella nostra casa? Papà era appena morto e, complice il
caso, i sentimenti
repressi ed il dolore della perdita, aveva reso mia sorella madre. Non
credo
che lo sapesse, poiché non ho trovato nessuno che potesse
recapitargli la
lettera. Quando ci è giunta la notizia della sua morte,
Marie non ha retto il
colpo. E’stato solo un miracolo, e forse la mia
cocciutaggine, a sostenerla nel
concludere la gravidanza. Pochi mesi dopo il parto, però, ha
deciso di seguire
il suo amore perduto.-disse, tristemente.
La
fronte del cavaliere s’increspò.
-Aveva
smesso di mangiare, al punto che mi ero
trovata costretta a forzarla…per allattare la Anais.-
mormorò, con gli
occhi fissi alla pianta e la mente ai ricordi – Un giorno, io
e il prete la
trovammo appesa ai rami di questo faggio.-
-Il
parroco mi ha detto che Marie è stata
seppellita sotto questa pianta. Come suicida non poteva essere
diversamente.-
fece.
Agnes
annuì, prima di sorridere. –Qui- disse,
toccando la corteccia- abbiamo trovato e seppellito Laurent. Malgrado
le ferite
di pugnale è riuscito a raggiungere questa pianta. Aveva gli
occhi puntati
verso la nostra casa, sai? -
La
lieve brezza del mattino si era fatta più
tiepida, segno che il giorno stava lentamente prendendo possesso della
notte. –
Agnes, in tutto questo tempo, ho pensato a lungo alla mia vita, a
Marie, a
Laurent…e anche a te.- disse, addolcendo lievemente la voce.
La beghina lo
guardò, non potendo fare a meno di pensare a quella
stranezza. Non era mai
accaduto che le parlasse in quel modo.
-
Tua sorella ed il mio amico si sono amati,
hanno vissuto…ma tu…ed io, possiamo dire di
averlo fatto? Li abbiamo sempre
protetti, credendo di poter avere uno spicchio della loro
felicità. Solo ora mi
rendo conto che non avrei mai potuto guardare Marie con lo stesso
sguardo di
Laurent…e tutto questo è merito tuo, Agnes.-
disse. La donna s’immobilizzò,
sorpresa per quella confessione. – Io non so ancora se posso
amarti…non ho mai
imparato a farlo. Come bastardo, non mai ricevuto un’oncia di
affetto da
nessuno…solo la tua famiglia mi ha donato un po’di
quel calore. Un tempo,
pensavo che provenisse da Marie e, troppo colpito dalla sua bellezza,
ho
vissuto di questo riflesso…senza accorgermi che eri tu a
darmi silenziosamente
ciò che cercavo da una vita.- fece, prendendole la mano.
-Ho
ventisette anni- provò a dire l’altra, nel
tentativo di allontanare da sé quello che non credeva essere
altro che
un’illusione, frutto delle sue ostiche fantasie.
-Non
mi importa- ribatté il conte di Fussac- ho
vissuto troppo solo per preoccuparmi di una cosa simile. Vieni con me,
insieme
ad Anais-
Ed
Agnes pensò a tutto quello che aveva passato.
Al
pianto disperato di sua sorella e a quello
lacerante che l’aveva colta quando la vide impiccata al ramo.
Troppo dolore
aveva afflitto il suo animo. –Se ti accontenti di una come
me…-provò a dire, ma
le parole vennero meno. L’abbraccio del conte
cancellò tutto.
Il
passato.
Il
presente.
Il
futuro incerto.
Alla
luce del sole nascente, Agnes provò, per la
prima volta dopo molto tempo, la speranza di poter essere
felice…e mai come in
quel momento percepì quella sensazione farsi così
concreta. Unì le proprie
braccia a quelle di Marc, in un intreccio che non avrebbe sciolto tanto
facilmente: pur nella sua misera vita mortale, avrebbe fatto di tutto
per
tenerlo stretto a sé.
Non per Anais, né per nessun altro.
Solo
per Agnes…e questo bastava.
FINE
Grammatica,
sintassi, ortografia
e lessico: 7 / 10
Sviluppo
della trama: 8 / 10
Caratterizzazione
dei personaggi: 8 / 10
Espressività:
8 / 10
Originalità:
7 / 10
Attinenza
al tema e ai parametri posti: 10 /
10
Valutazione
finale: 8 / 10
All'inizio
la storia fatica a partire,
probabilmente per l'introduzione improvvisa di quasi tutti i personaggi
che non
permette subito di capire bene chi stia parlando e di chi.
La
trama di per sé presenta tratti molto
"classici", che non per questo dispiacciono. Molte espressioni, poi,
sia in bocca ai personaggi, sia nella narrazione, calano il lettore in
un'atmosfera popolana e lievemente cavalleresca tipica del periodo.
Ho
trovato alcuni errori di battitura e spazi
mancati, soprattutto dopo un apostrofo. Il che è un vero
peccato, perché la
storia è scritta bene e a livello di lessico piuttosto ricca.
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