Nightmare After Silent Hill

di Violet 95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sogni evanescenti e ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

 

*Bam, bam, bam*

 

“Merda, stanno venendo verso di noi!”

“Spara a tutto ciò che si muove, non fermarti!”

“Sì, ma è difficile!”

“Non eri tu che cercavi movimento? Ti sembra abbastanza questo?”

 

Premette più volte il grilletto, ma le pallottole non si decidevano a uscire: la pistola era scarica.

Guardò con disperazione nella sua tasca, per cercare altri proiettili, ma tutto ciò che trovò furono solo due centesimi: dei bussolotti nessuna traccia.

La ragazza rivolse uno sguardo spaventato all’amica.

 

“Sono finite…” disse in un sussurro.

“Il fucile, il fucile!”

“Si era scaricato e l’avevo buttato via, non ricordi?”

“Cos…?! Perché l’hai fatto? Avevo ancora i proiettili!”

“E io che c***o ne sapevo?!”

“Oh, ‘ste parolacce!”

“Attenta, arriva!”

“Cosa?”

 

Entrambe si voltarono lentamente, temendo ciò che si sarebbero ritrovate davanti. Poi le loro grida si espansero per tutto l’ospedale in rovina.

 

“WAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”

 

 

GAME OVER.

 

“Te l’avevo detto di non buttare via quel fucile…”

“E che scatole, Elena, è la terza volta che facciamo GAME OVER! Hai altri gettoni?”

“No, basta! Le macchinette mi hanno mangiato tutta la paghetta”

“Perché? Da quando tu hai una paghetta?”

“…”

“…”

“Va bene, li ho scroccati a mio padre”

“Ah, ecco…”

“Comunque, non ne ho più voglia: è mezz’ora che siamo bloccate in questo ospedale e che veniamo sempre ammazzate dallo stesso macellaio! E poi, c’è altra gente che vorrebbe giocare…” disse Elena, indicando la fila dietro di loro.

 

Alcuni avevano innalzato un falò con le tende, raccontandosi storie dell’orrore con una pila accesa sotto la faccia; altri avevano allestito una bisca clandestina, che era comunque un altro modo fuori dalla legge per passare il tempo; altri ancora si erano addormentati per terra.

 

“Sì, forse è meglio andare…”

“Allora, hai sbollito la rabbia?”

“Sì, direi di sì! Ammazzare la gente è un ottimo antistress e immaginarmi il volto di lui su quello degli zombie è stato molto utile”

“Bene, almeno abbiamo rimpiazzato Assassin’s Creed…”

“Sì. Comunque, Elena, promettimi una cosa”

“Cosa?”

“Non giochiamo più a Silent Hill: sento che stanotte mi sognerò il macellaio…”

“Te l’avevo detto di non buttare il fucile!”

“E io te l’avevo detto di girare a destra!”

 

Detto ciò, le due ragazze si allontanarono dalla sala videogiochi, seguite dalle lodi di grazia dei giocatori in fila dietro di loro.

Adesso, però, sarebbe meglio fornire al lettore che è incappato in questa follia una descrizione precisa delle due protagoniste della storia…

Elena è una ragazza di sedici anni appena compiuti, dall’indole allegra e aperta con tutti gli sconosciuti che incontra per strada. Carnagione leggermente scura, capelli neri e tagliati corti, con una frangia che le copre quasi interamente gli occhi castano scuro. Ama i beagle, tifa la Juventus solo per la presenza di Del Piero, è leggermente yaoista per l’influenza delle sue compagne di classe, è una grande divoratrice di crepes ed è alla ricerca di un ragazzo, dopo i numerosi stronzi (n.d.a) in cui è incappata. Pratica la pallavolo, frequenta il liceo Biologico di Pistoia e odia i “Promessi Sposi” e l’italiano.

L’altra ragazza è Violet (nome d’arte) e ha sedici anni e mezzo, in attesa dei suoi diciassette. A differenza dell’altra ha un’indole chiusa come un’ostrica e timida, ma pacata e gentile con chi conosce; purtroppo, i suoi scatti di rabbia repressa talvolta incombono. Carnagione chiara, capelli neri corti, occhi dal colore non ben definibile, vicini al verde e al grigio. Ama i gatti, non si interessa ad alcuno sport, è una divoratrice a livello industriale di pizza, legge molto sia manga che libri (soprattutto fantasy), odia il romanticismo e la matematica, vecchia yaoista ora disintossicata. Ha avuto la sua prima storia d’amore con un ragazzo più grande che qui verrà censurato, durata però tre mesi: qui farà di tutto per dimenticarlo. Pratica danza moderna e frequenta il liceo Classico di Pistoia.

Sono amiche da quando erano lattanti ed entrambe, per quanto diverse, amano due cose in particolare: Assassin’s Creed e Altair.

Tornando alla storia, Elena e Violet si dirigevano fuori dalla sala videogiochi per incontrare i loro genitori venute a prenderle in macchina. Violet aveva gli occhi fuori dalle orbite per il troppo tempo passato di fronte allo schermo del gioco, mentre Elena barcollava come un’ubriaca vicino all’amica, senza un apparente motivo.

Non appena i padri delle due le videro, il primo pensiero fu uno soltanto.

 

“Ma vi siete drogate?”

 

Dopo questa filosofica domanda, Violet ed Elena si salutarono ed entrarono ognuna nella propria macchina, pensando che il giorno dopo avevano scuola. Violet si chiese se poteva essere valida la giustificazione per attacchi epilettici causati dalle troppe ore di fronte a Silent Hill; Elena pensò al modo migliore per fingere la propria morte e fuggire a New York pur di saltare un giorno di scuola.

Così immerse nei loro diversi pensieri, tornarono rispettivamente alle loro case, cenarono con la loro famiglia, cazzeggiarono o studiarono per il resto della serata e finalmente andarono a dormire con un forte mal di testa.

 

Ma sì, andiamo a dormire, tanto non ho paura di sognarmi i mostri di Silent Hill!, pensarono entrambe.

 

Da qui in poi, iniziò la loro avventura.

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

ecco la cosa demenziale che mi è uscita fuori dopo aver giocato a Silent Hill e aver pensato all’altra storia che sto scrivendo “Fadwa, colei che si sacrifica” (non è pubblicità subliminare!). Le protagoniste dovremo essere io e una mia amica, entrambe amanti di Assassin’s Creed e di Altair, ma qui penso di dar spazio anche a Ezio, almeno in parte…

E’ la prima volta che scrivo una storia demenziale: diciamo che è solo una prova, uno sfogo che ogni tanto mi vorrei concedere! Spero di divertirvi ^^

PS: non ho niente contro le yaoiste, anzi, alcune le trovo perfino simpatiche e ogni tanto il mio lato nascosto riemerge di fronte ad alcune fanart. Anche qui potrebbe succedere, chissà…

Ci si vede al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 2
*** Sogni evanescenti e ***


Sogni evanescenti e “zucchero”

 

 

 

Firenze, Rinascimento.

 

Delle grida sommesse, unite a gemiti che è meglio non specificare, provenivano da un punto non precisato di un’abitazione abbastanza suntuosa, piena di bella gente e di tante donne amichevoli e sorridenti in particolare verso gli uomini. Questo adorabile posticino era uno dei tanti bordelli che di quei tempi spuntavano come funghi a Firenze, per lo sconosciuto volere di qualcuno che non faceva altro che correre dietro alle donne.

Da uno di questi provenivano le risate di un giovane fiorentino, che eseguiva lo stimato e fruttuoso lavoro di assassino a domicilio, circense per hobby e assiduo frequentatore di bordelli.

Praticamente, quel cascamorto di cui si parlava prima.

Il suo rinomato nome era Ezio Auditore e…

 

“Aspetta, aspetta, aspetta… Fammelo dire a me, ti prego!” gridò supplichevole una voce fuori campo.

“Ezio, non rompere i maroni e torna a bere, che fra poco compari!”

“Voglio presentarmi da solo, ti prego!”

“…”

Eddai!”

“Va bene, ma dopo torna fra le tue donne! Muoviti, abbiamo già sprecato mezza pagina con questo inutile discorso!”

“Ah, bene. Allora”, cominciò lo sconosciuto, schiarendosi la voce, “sono Ezio Auditore, e sono un Assassino”

 

Detto ciò, il giovincello si mise in una posa assurda, così all’improvviso, seduto com’era sui divanetti di velluto rosso in mezzo a tante prostitute. Forse voleva apparire sensuale per tutte le sue fans, ma forse non sapeva che loro non potevano vederlo e che non doveva essere a conoscenza di essere un personaggio di una storia.

Le donne intorno a lui, vedendolo contorcersi per assumere una posa sconcia, si allontanarono con circospezione, soprattutto perché si erano rese conto che parlava da solo.

In quel momento, fra la baldoria generale del bordello, entrò in scena un vecchio e caro amico di Ezio: Leonardo da Vinci. Il poveretto si guardò intorno titubante e con l’aria di uno che non si trovava nel luogo adatto; scorgendo però l’amico, si avvicinò a lui sorridendo a trentadue denti, dente più, dente meno.

 

“Ezio, amico mio!”

“Oh, Leonardo! Che ci fai qui?” lo salutò l’altro, risistemandosi a dovere.

“Perché eri in quella posa sconcia?”

“Per accontentare le mie fans”

“Quali fans?”

“Lascia stare. Ma dimmi, piuttosto, cosa ti porta qui? Voglia di donne?” domandò Ezio, tirandolo per un braccio e facendogli l’occhiolino.

“In verità, le donne non mi interessano molto… Tu lo sai, vero, che io ho altre preferenze più… Insomma, con persone simili a me…”

“Non riesco a comprendere” ammise Ezio, non avendo capito una benemerita mazza di quello che aveva detto Leonardo: per forza, era ubriaco!

“Vabbè, non importa. Ma tu non dovresti essere a lavorare?”

“La compagnia di Moira Orfei ha lasciato la città, ma mi richiamerà se dovesse servirgli un altro trapezista…”

“Non quel lavoro, ma l’altro!”

“Ah… Intendi l’Assassino?”

“Eh, beh, direi di sì… Ma non volevi vendicarti e riportare l’ordine dal dominio dei Borgia?”

Aaaaah, sì, è vero! Ma come vedi, ora, ho fatto una piccola pausa…”

“E io le tue nuove armi dove accidenti le metto? Sul sofà?!” sbraitò Leonardo, rischiando di avere un’altra crisi di nervi.

 

Sinceramente, lui amava e rispettava Ezio, ma quando faceva così lo avrebbe volentieri preso a bastonate. E l’amico faceva ben poco per rimediare a queste voglie di vino e donne.

 

“Appoggiale lì in un angolo, e dammi altri cinque minuti che poi vado a fare una ronda notturna… Ma scusa, che fretta c’è, poi? I Borgia non andranno certo a rompere i coglioni alla gente di notte?”

“In realtà, lo fanno sempre…”

“Dettagli, Leonardo, dettagli! Piuttosto, cos’è quel sacchetto che tieni in mano?” chiese Ezio, indicando con mano tremante un piccolo pacchetto fra le braccia dell’amico.

“Ah, non lo so. Si tratta di una polvere che vorrei usare per i miei esperimenti di piccolo chirurgo, ma ancora non conosco i suoi effetti…” spiegò Leonardo.

 

Poi ebbe un’illuminazione e la lampadina di Edison si accese sulla sua testa. Poco importa se a quei tempi nessuno sapeva chi era Edison…

E se avesse fatto provare la polvere a Ezio? Era già abbastanza su di giri, di sicuro non gli avrebbe fatto altro male di quanto gliene poteva causare il vino.

 

Ma siamo sicuro che questa polvere non sia mortale per il mio amico?, si domandò Leonardo.

 

Ma scosse subito le spalle con noncuranza, fregandosene altamente una volta tanto del destino di Ezio.

 

“Ezio, potresti fare una favore per me?” chiese con voce mielata Leonardo.

“Che favore?” ribatté Ezio, gettando la testa all’indietro e tentennandola con un moto molto ipnotico.

“Vorresti provare un po’ di questa polvere? Dicono che abbia degli effetti strabilianti, che però durano poco tempo…”

“Quali effetti? Non morirò, vero?” biascicò Ezio, mettendosi le mani fra i capelli per fermare un impellente mal di testa.

“Ecco… Sarai più… Più…”

 

Entra nella sua mentalità, entra nella sua mentalità!

 

“Più figo con le tue fans! E forse ti farà passare questa emicrania…”

“Da’ qua!” gridò con giubilo Ezio, che prese il sacchettino senza ascoltare alcuna parola dell’amico.

 

Lo aprì con uno strappo secco, facendo cadere la maggior parte della polvere bianca sul pavimento, e ne versò il resto del contenuto in una coppa di vino. Aspettò che si sciogliesse e lo bevve d’un fiato.

Se i lettori si stanno domandando se Ezio era lucido in quel momento, la risposta è no: non sapeva assolutamente quello che stava facendo e avrebbe potuto ingurgitare del veleno senza nemmeno accorgersene.

Bevve però qualcosa di molto simile.

Leonardo aspettò impaziente che accadesse qualcosa, osservando l’amico con insistenza. Ezio aveva gli occhi vacui e guardava un punto fisso nel vuoto con faccia da ebete.

E all’improvviso sbottò.

 

Brucaliffo, arrivo!” urlò alzando le braccia al cielo e cadde con un tonfo secco sul pavimento.

 

La gente intorno cominciò a correre spaventata senza un apparente motivo, sbattendo addosso agli altri e rialzandosi per poi correre di nuovo, gridando: “Assassino, assassino!”.

Leonardo restò al suo posto, senza soccorrere l’amico in difficoltà. Lo sentì poi russare sonoramente e sospirò di sollievo nel vedere che almeno era ancora vivo.

E che parlava nel sonno.

 

“Leonardo, ti amo… Scemenze!”

 

O meglio, delirava in mezzo a tante nuvole grigie ed evanescenti che si concentravano intorno ai suoi occhi, impedendogli di vedere oltre quella coltre. Intanto, però continuava a parlare a vanvera, in quel sogno assai strano e privo di donne, dove c’erano invece un tanfo insostenibile e un’aura di mistero e malvagità.

Nel suo vagare senza meta, Ezio sorpassò un cartello fatiscente nascosto dalla nebbia verdognola, che riportava a caratteri cubitali la località del posto in cui era finito.

BENVENUTI A SILENT HILL.

 

 

 

Luogo sconosciuto, data sconosciuta.

 

Violet si alzò dal suo letto, dopo aver sentito l’ennesimo cigolio.

 

Che cazzo è stato?! Ci sono i ladri, fantasmi, mostri, macellai, infermiere, vermi volanti, dentisti, formule matematiche, Uomo Nero, Justin Bieber

 

La sfilza di nomi durò ancora a lungo nella sua mente, mentre cercava a tentoni una torcia per andare in cucina e bere un bicchiere d’acqua. Dopo aver sbattuto contro lo stipite della porta, contro l’angolo del suo comodino e contro la sedia messa lì in mezzo, riuscì a prendere la torcia agognata e ad illuminarsi il cammino. In mano, oltre alla torcia, teneva anche un enorme vocabolario di greco che, dato sulla testa, poteva indurre allo stato vegetativo un essere umano e, forse, perfino un mostro.

Era pronta a qualsiasi attacco naturale, soprannaturale e sottonaturale.

Arrivata in cucina, accese la luce e poggiò il vocabolario sul tavolo. Trovò però già pronto con suo grande stupore un bicchiere di acqua con accanto una bustina di zucchero.

 

“Chi li ha preparati?”

“Non farti troppe domande e bevi” disse una voce davanti a lei.

 

Violet alzò lo sguardo e si ritrovò davanti un enorme cane, un doberman a chiazze marroni e bianche, seduto a tavola con davanti un bicchiere contenente uno strano liquido dorato. La scena le ricordò quel dipinto dove c’erano alcuni cani a giocare a poker; l’animale che era lì davanti lo riconobbe però subito.

 

“Odino, cosa ci fai qui? Non dovresti essere un peluche? E non dovresti trovarti in camera mia?” domandò la ragazza con la più assoluta naturalezza.

“Forse sì, o forse è solo un sogno…”

“È una risposta da cane…”

“Grazie”

“Sto sognando?”

“Sì, Violet, è solamente un sogno da cui presto ti sveglierai e io tornerò a essere un comune e muto peluche…”

“Vorrei che durasse ancora a lungo questa conversazione”

“Allora bevi quel bicchiere, versandoci dentro la bustina di zucchero”

“Che schifo l’acqua zuccherata!”

“Non puoi tirarti indietro: perfino il bicchiere te lo dice” disse calmo il cane, indicando con la zampa un biglietto che prima non c’era.

 

Il suddetto biglietto portava una scritta a caratteri eleganti: BEVIMI.

Poi Violet si accorse che anche accanto alla bustina c’era un altro biglietto, stavolta con la scritta: VERSAMI. Più chiaro di così non poteva essere il suo subconscio.

 

“Oh, beh, se me lo dici tu, allora non posso certo tirarmi indietro…” disse Violet, scrollando le spalle.

 

Prese dunque la bustina e versò lo zucchero – forse un po’ troppo polveroso – dentro il bicchiere, aspettando che si sciogliesse. Dopo ciò, si portò il tutto alle labbra e bevve d’un fiato: solo dopo si accorse che l’acqua non aveva quel sapore zuccheroso e nauseante che conosceva bene, ma un altro tipo di sapore le inondò il palato.

 

“Sei sicuro che fosse proprio zucchero, Odino?” domandò Violet, sentendo le palpebre chiudersi.

“Forse no, o forse sì…” rispose in tono serafico il cane.

“Ho sonno, e non mi sento neanche tanto bene…” biascicò la ragazza, cadendo con un sonoro tonfo a terra e addormentandosi lì, sul freddo e sporco pavimento.

“Alla tua salute!” le augurò Odino.

 

Prima che scivolasse in un sonno senza sogni, Violet ebbe il tempo di pensare un’ultima cosa.

 

Ma siamo sicuri che fosse proprio zucchero?

 

 

 

Masyaf, 1191

 

Altair si accasciò stancamente sul suo letto improvvisato, che costituiva in una cassa per la frutta e la verdura con una coperta posata sopra. Purtroppo, da quando era stato retrocesso al rango di Novizio, gli era stato tolto tutto: armi, privilegi, rispetto. E soprattutto il letto. Quello di ora era lo stesso di tutti i Novizi e, a quanto diceva Al Mualim, serviva solo per risparmiare sui costi.

 

“Hai idea di quanto costino le cucce per cani?! Fidati, la cassa della frutta va benissimo!” lo assicurò il suo Maestro, quando Altair si era andato a lamentare del suo nuovo giaciglio.

 

Sebbene l’Assassino non fosse molto d’accordo, non poté lamentarsi di questo, soprattutto perché si era procurato questa umiliazione con le sue stesse mani. E i suoi fratelli non facevano molto per infondergli coraggio e fiducia…

Sospirò esausto, chiedendosi quanto ci sarebbe voluto per tornare come prima.

Mentre si toglieva quel poco che aveva addosso, Altair si ricordò di quel sacchetto che gli aveva dato un mendicante folle, a cui aveva acconsentito di prenderlo solo per toglierselo dalle scatole. Lo estrasse da sotto la cintura e se lo rigirò fra le mani: dentro c’era qualcosa di morbido, ma non sapeva dire bene che cosa.

Incuriosito, Altair aprì il sacchetto e ci infilò il naso, come farebbe un cane con il suo nuovo pasto; parte di quella strana polvere che si trovava al suo interno la aspirò per sbaglio e l’Assassino allontanò di scatto la testa, infastidito da quella polvere bianca e inodore.

Nel fare ciò, sbatté la testa contro il muro e per un attimo vide tanti Templari corrergli davanti agli occhi. Poi lo sguardo dell’Assassino si fece vacuo e sentì la strana polvere salirgli al cervello, stordendolo. Dondolò la testa come se fosse ubriaco e le palpebre si appesantirono, facendo scendere su di lui il buio più totale.

Così, Altair cadde in avanti, portandosi dietro la cassa della frutta e la coperta, che gli finirono sulla schiena, e lanciò un rantolo strozzato, chiedendo debolmente aiuto. Infine, sentì il sonno prendere possesso delle sue membra.

Ma fu in tempo a elaborare un ultimo pensiero lucido.

 

Promemoria: non prendere più nulla dagli sconosciuti e uccidere tutti mendicanti che mi capiteranno a tiro. Da domani, però…

 

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

questa cosa sta diventando sempre più stupida, o forse pare solo a me…

Comunque, da qui inizia la VERA storia, la VERA avventura dei nostri eroi, capitati in questa impresa solo per aver seguito i consigli di un vecchio amico scienziato, un peluche parlante e un mendicante sconosciuto. Ma, a parte questo, spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno con i miei accanimenti su Ezio (pardon, cercherò di trattarlo meglio da qui in poi… Forse XD).

Bene, e con questa piccola uscita, vi lascio. Ma ricordate sempre: controllate bene il vostro zucchero, perché potrebbe non essere come sembra…

Altair: “E soprattutto, non accettate mai niente dagli sconosciuti!”

Giusta affermazione, Maestro u.u

Recensite, commentate, leggete, altrimenti Ezio e Altair si sentiranno tanto soli… E forse il prossimo capitolo potrei farlo commentare a uno di questi personaggi…

Ringrazio per la recensione: Warda.

Al prossimo capitolo!

 

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