Gossip Witch

di Whatadaph
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Pilot ***
Capitolo 2: *** 2. A Wild Luma-Party ***
Capitolo 3: *** 3. Poison D. ***
Capitolo 4: *** 4. Bad News, Grace! ***
Capitolo 5: *** 5. Dare Devil ***
Capitolo 6: *** 6. The Malfoy's Tale ***
Capitolo 7: *** 7. Jake-o'-Lantern ***
Capitolo 8: *** 8. Seventeen Candles ***
Capitolo 9: *** 9. Dom Weasley Must Pie! ***
Capitolo 10: *** 10. Hi, Magic Society! ***
Capitolo 11: *** 11. Christmas Holidays (parte I) ***
Capitolo 12: *** 11. Christmas Holidays (parte II) ***
Capitolo 13: *** 12. Bad Lies ***
Capitolo 14: *** 13. The thin line between Adrian and Jake ***
Capitolo 15: *** 14. The Lily Witch Project ***
Capitolo 16: *** 15. Three is a Crowd, D.! ***
Capitolo 17: *** 16. The other Weasley girl ***
Capitolo 18: *** 17. Scarlet Rose ***
Capitolo 19: *** 18. I'm sorry, Dad ***
Capitolo 20: *** 19. Pride and Prejudice ***
Capitolo 21: *** 20. Scorpius the Cowardly Snake ***
Capitolo 22: *** 21. Here I Am ***
Capitolo 23: *** 22. Step by step ***
Capitolo 24: *** 23. Vampires and Quidditch ***
Capitolo 25: *** 24. My Dear Lucy ***
Capitolo 26: *** 25. Nuove Incognite ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. Pilot ***


CAPITOLO 1

PILOT




 

Buongiorno, Sala Grande! Qui è Gossip Witch, la vostra sola e unica fonte di notizie sulle vite scandalose dell’élite di Hogwarts! Un giorno non può che essere buono se ci sono io con voi. Non so se avrete notato la misteriosa assenza di Rose Weasley dal tavolo di Serpeverde, questa mattina. Chissà in quale letto avrà trascorso la notte la nostra bad girl! Sembra sia stata vista uscire di soppiatto dal dormitorio di Corvonero, questa mattina. Teniamo d’occhio i nostri galeoni, ragazzi. Io vi terrò informati se voi informerete me! So che mi amate.

Baci e abbracci! Gossip Witch.


 

Lucy Weasley soffocò uno sbuffo e ripose in tasca il proprio galeone incantato, prima di attaccare nuovamente la porzione di uova e pancetta che aveva di fronte a sé. Nonostante non fosse raro che qualche membro del suo nutrito gruppo di cugini finisse per essere citato nel giro di pettegolezzi interno alla scuola, a lei non era mai capitato, forse perché non aveva ereditato quella tendenza a finire nei guai tipica di alcuni rami della sua famiglia.

Lei non aveva mai fatto nulla di eclatante, né dimostrato un talento particolare in qualcosa o uno spiccato carisma: era sempre stata la piccola Lucy di cui nessuno parlava e le andava benissimo così. All'interno del suo piccolo universo si sentiva protetta, e a dire il vero non le dispiaceva che le sue vicende personali non fossero in pratica affisse su pubblica piazza come accadeva per parecchi dei suoi cugini.

Tuttavia, teneva sempre la propria moneta magica a portata di mano, forse più per restare al passo con gli eventi che per altro. Erano anni, ormai, che un’anonima e sconosciuta studentessa – o studente, chi lo sa! – aveva sottoposto ad un eccellente Incanto Proteus un buon numero di falsi galeoni, i quali si potevano trovare in quantità pressoché inesauribili nella Stanza delle Necessità. Conservando la moneta in tasca, a brevissimi intervalli di tempo lo si poteva sentire riscaldarsi, e osservando lungo il bordo era possibile leggere dei messaggi. Si diceva che la misteriosa Gossip Witch avesse preso l’idea da un sortilegio equivalente eseguito da Hermione Granger, una delle zie di Lucy, ai tempi della Seconda Guerra Magica: una geniale forma di comunicazione immediata con più persone contemporaneamente.

Ormai chiunque avesse un segreto a Hogwarts doveva stare ben attento. Il che, rifletteva Lucy, sebbene si trattasse di un impiego di dubbia moralità, non rappresentava di certo un problema per chi, come lei, preferiva astenersi dalle occasioni mondane e restare fuori dagli scandali. Per quanto riguardava gli altri membri della sua famiglia, purtroppo, il discorso era ben diverso. Le sue cugine in primo luogo: Dominique, Rose e Lily più di tutte le altre. Anche Albus veniva citato abbastanza spesso, vista la frequenza con cui cambiava ragazza. Più di rado venivano nominati sua sorella Molly e il cugino Hugo, quasi discreti se messi in confronto al resto della famiglia.

Nella Sala Grande si diffuse un mormorio. Lucy sollevò la testa verso l'entrata della Sala Grande, appena in tempo per scorgere stagliata sulla soglia della porta la figura di sua cugina Dominique con la solita corte – Lisbeth Macnair e Viviana Davis, oltre all'onnipresente fidanzato Scorpius Malfoy – per la quotidiana entrata in scena all'ora della colazione.

Come sempre l'aspetto di sua cugina era impeccabile, con la divisa perfettamente in ordine e l'orlo della gonna dritto con precisione millimetrica. Gli ingiusti capelli biondo chiaro cadevano ai lati del volto in onde morbide e la sua espressione era come al solito supponente e altezzosa, senza però che quella smorfia antipatica riuscisse a renderla meno carina.

Sconfortata, Lucy distolse gli occhi. Dopo essere rimasta per alcuni istanti con uno sguardo cupo fisso sul vuoto, sollevò un cucchiaino dal piano del tavolo di Grifondoro, voltandolo per specchiarsi sul dorso. Il riflesso distorto del suo volto ricambiò lo sguardo con occhi chiari, deformati dalla forma curva del cucchiaino. Sembravano enormi e spauriti in un visetto tutto guance.

Lucy sapeva di non essere brutta perché era una persona obiettiva ed era consapevole che le ragazze veramente brutte fossero altre. Il suo viso era abbastanza grazioso, anche se detestava la sua forma rotonda e le guance gonfie come quelle di un criceto, e aveva gli occhi di una bella tonalità di azzurro.

Sapeva di non essere brutta, ma qualcosa di peggio: insignificante. Assolutamente ordinaria, semplicemente parte della massa, facile da dimenticare nella conta del parentado Potter-Weasley, forse perché al contrario dei suoi cugini e di sua sorella evitava sempre, se possibile, di stare al centro dell'attenzione.

Anche questa volta, nell'alzarsi da tavola si affrettò a raggiungere la porta, invisibile come sempre.

Non aveva bisogno di sforzarsi per non essere notata.

 

 

 

*****

 

 

 

“Devi metterci più forza, Jamie. Così!”

James Sirius Potter osservò la cugina Roxanne prendere la mira, e sputare con precisione un nocciolo di ciliegia su di un ramo del faggio sotto il quale si trovavano. Colpì un Asticello che vi era appollaiato, facendolo precipitare nelle acque limpide del Lago, verso il quale propendevano le fronde dell’albero. La creaturina riemerse dopo alcuni istanti, e nuotò in fretta verso la riva, emettendo acuti pigolii di disappunto.

Roxanne rise, divertita. James aggrottò le sopracciglia sopra agli occhi nocciola, gettando alla cugina uno sguardo di rimprovero.

“Mi dispiace per loro, poverini,” bofonchiò insoddisfatto. “Insomma, Rox, che cosa ti avranno mai fatto di male?”

Loro niente.” La ragazza indicò l’animaletto, simile ad un grosso insetto stecco.

La coraggiosa bestiola adesso si arrampicava nuovamente sul faggio con le sue manine taglienti, accolta dagli sgraziati gorgheggi di bentornato dei suoi compagni.

“Insomma…” riprese Roxanne, allungandosi sul prato e incrociando le braccia paffute dietro al capo. “Immagina che siano tante piccole Dominique. Non ti viene voglia di spezzarli in due? Così!” prese un rametto da terra e lo piegò con forza.

Il fuscello si spaccò con uno schianto secco. A quel suono, dal faggio provennero squittii indignati.

James fece una smorfia.

“L’idea è raccapricciante,” commentò. “Non potresti metterle fuori gioco in un modo un po’ meno violento? Che ne so, una pozione soporifera.”

“Le pozioni soporifere sono solo temporanee, James. E comunque anche quelle più potenti sono reversibili. Dovresti saperlo, visto che è la tua materia preferita.”

Il ragazzo scoppiò a ridere, prima di lasciarsi andare con la schiena contro il suolo, sdraiandosi nell’erba ed emettendo un sospiro soddisfatto, la testa poggiata sulla spalla morbida della cugina. Questa volta fu Roxanne a ridacchiare.

Era piacevole godersi quella che probabilmente sarebbe stata una delle ultime giornate di bel tempo assieme alla sua cugina preferita, con il sottofondo delle strida degli Asticelli e il fruscio delle acque del lago contro le sponde.

Improvvisamente, James percepì un particolare e inconfondibile calore diffondersi nella tasca dei jeans – che portava sotto al mantello al posto dei pantaloni regolamentari, nel suo particolarissimo modo di intendere il concetto di divisa.

Estrasse il galeone incantato, sul cui bordo scorse in fretta il messaggio, prima di sbuffare.

“Che cosa succede, adesso?” si informò Roxanne, sollevando un sopracciglio con aria scettica.

Notizie succulente, miei dolcissimi amici!” lesse lui. “Sembra che la rottura di Jacob Greengrass e Gwyneth Parkinson sia definitiva. È stato avvistato assieme a Rose Weasley... Sembra che questa mattina si siano svegliati nello stesso letto senza la minima idea di come ci siano finiti. E continua sullo stesso tono. Questa volta nei sotterranei Serpeverde partiranno le maledizioni.”

Roxanne fece una smorfia. “Almeno nel dormitorio femminile nel sesto anno.”

James annuì, pensoso. “Speriamo che la Parkinson non–”

“Scusate…” qualcuno interruppe le sue parole.

Sollevò automaticamente la testa, mentre la sua mente impiegava alcuni istanti a registrare il fatto che quella voce non gli era nuova. I suoi occhi incontrarono la figura di una ragazza piuttosto alta, con lunghe gambe che le calze coprenti e la gonna della divisa non riuscivano a celare del tutto. La sua carnagione era color caffellatte e i capelli castani, quasi tendenti al biondo sulle punte – Lily avrebbe detto ossigenati.

La voce non gli era nuova perché conosceva quella ragazza.

“Grace Zabini?!” esclamò Roxanne al suo fianco con aria esterrefatta.

L’altra piegò le labbra in una specie di sorriso. “Quanto tempo, eh?” fece di rimando con aria rilassata.

James non riusciva a formulare neanche un pensiero coerente né a farsi uscire una parola di bocca, non riuscendo ancora a credere ai propri occhi. Erano due anni che non vedeva Grace e ormai non pensava più a lei da parecchio: dopotutto era stata solo una cotta da quindicenne, visto che nonostante fossero dello stesso anno e della stessa Casa si erano scambiati sì e no una decina di parole in cinque anni di scuola, senza contare i due che la ragazza aveva passato lontano da Hogwarts. Insomma, la sua cotta storica si poteva definire esaurita in tutto e per tutto.

Ma trovarsela di fronte così, all'improvviso, dopo tutto quel tempo... Non c'era da meravigliarsi che fosse rimasto un po' spiazzato.

“Com’era Beauxbatons?” chiedeva Roxanne nel frattempo, nel tono acido che indirizzava a chiunque non le andasse a genio. E Grace Zabini, sempre al centro dell'attenzione e a braccetto con Dominique, non le era mai stata simpatica.

“Incantevole,” ribatté Grace, in un tono permeato di amara ironia. “Al punto da dare la nausea.”

“E come mai ci sei andata?” continuò Roxanne petulante, decisa a mettere l'altra a disagio. James avrebbe voluto impedirglielo in qualche modo – l'atteggiamento della cugina lo faceva sentire in imbarazzo – ma non avrebbe avuto proprio idea di come fare.

Grace, tuttavia, non si scompose. “Ci eravamo trasferiti per stare accanto a mia nonna durante la sua malattia.”

L'espressione di Roxanne cambiò di colpo. “Adesso starà meglio, immagino.” Borbottò imbarazzata, probabilmente realizzando di aver appena compiuto una spaventosa gaffe.

“Veramente è morta.”

La carnagione scura di Roxanne si imporporò leggermente, mentre lei apriva e chiudeva la bocca, biascicando delle scuse impacciate.

“Non fa niente,” la rassicurò Grace, e fece una specie di mezzo sorriso. Non sembrava che le importasse granché dell'atteggiamento dell'altra, come se avesse avuto cose più importanti a cui pensare. Piegò appena la testa mentre sorrideva, in un gesto che ripeteva spesso. La luce del sole riverberò dolcemente sulle ciocche bionde tra i capelli castani.

Grace sospirò appena prima di parlare. “Che materia abbiamo noi del Settimo in quest'ora?”

James deglutì, riuscendo finalmente a recuperare facoltà di parola. “Noi abbiamo un’ora buca. Chi la fa, ha Aritmanzia,” rispose in tono allegro, cercando di suonare più accogliente possibile.

“Ah, bene!” Grace lo guardò. “Allora ho un’ora buca anche io. Vado a vedere se riesco a farmi dare gli orari da Gazza. Grazie per l’aiuto.”

Sorrise ancora in quel modo automatico, come se fosse stata una posa assunta solo per mantenere una facciata, ma che a James suggeriva piuttosto una tristezza profonda. Poi rivolse loro un cenno con la mano, chinando brevemente il capo, per poi voltarsi e procedere spedita verso il castello, risalendo lungo il crinale della collina.

Lo sguardo di James tornò a scivolare sulla superficie del lago, increspata in piccole onde aguzze dal primo vento autunnale.

Si domandò se fosse sempre così con quelle cotte impossibili, mai destinate a una risoluzione eppure restie ad andarsene, perché se credeva di aver dimenticato quel sentimento così lontano, adesso si sentiva curiosamente sconclusionato, come se tutto gli fosse ripiombato di nuovo tra capo e collo.

 

 

*****

 

 

 

Ehilà, Hogwarts! Questa non ce la aspettavamo proprio. Grace è tornata, e di certo non per una breve visita! Il suo barbagianni ha ritrovato il suo posto in Guferia, e nel dormitorio di Grifondoro hanno aggiunto un letto. Il suo ritorno porterà senza dubbio un gran bello scompiglio. Chissà se tornando a scuola tornerà anche alle vecchie abitudini! Dopo un anno di assenza, forse si aspetta di trovare tutto uguale.

Attenta, G.! Non ti fidare delle vecchie amicizie: potresti prendere qualche colpo basso!

 

Grace Zabini finì di leggere le parole incise sul bordo della moneta magica, prima di rimetterla in borsa. Aveva conservato il galeone stregato per tutto l’anno in cui aveva vissuto in Francia, come se in qualche modo avesse sempre saputo che prima o poi sarebbe tornata ad Hogwarts.

A Beauxbatons non esisteva niente di simile a Gossip Witch. Anche lì le chiacchiere e i pettegolezzi non mancavano, come in qualunque situazione in cui un gran numero di adolescenti si trovino a convivere in uno spazio circoscritto, ma di certo a nessuno sarebbe venuto in mente di affiggere i fatti altrui in pubblica piazza. Nonostante ciò, le ragazze di Beauxbatons avevano già i loro gruppi e le loro abitudini, e per Grace era stato pressoché impossibile farsi delle amiche tra di loro.

Se non altro, adesso non avrebbe dovuto spendere parte del proprio tempo rispondendo a lettere di compagne lontane. Tuttavia, in Francia non era stata male. Si era rifugiata nella solitudine, depurandosi – per utilizzare le parole di sua madre – dal caos sconclusionato che secondo i suoi genitori era costituito dalla sua vita in Inghilterra. Ma un anno era troppo poco per dimenticare, e ancor meno per essere dimenticata.

Fece un respiro profondo, prima di abbandonare l’angolo della Sala d’Ingresso in cui si era rintanata e fare la propria entrata in Sala Grande.

Su di una cosa Gossip Witch non si era di certo sbagliata: il suo ritorno avrebbe senza dubbio causato un certo scompiglio. Se ne accorse dalle centinaia di facce che, mentre metteva piede nella Sala, la guardavano come se non stessero attendendo che quel momento.

Grace ignorò il mormorio che si sollevò mentre avanzava fra i tavoli, avvicinandosi a quello dei Serpeverde, dove si trovava Dominique Weasley, la sua migliore amica. Dominique sedeva ben dritta, in maniera tale da far riverberare una striscia di luce sulla spilla da Caposcuola, che brillava al suo petto. Grace ricordò che faceva lo stesso anche quando, al Quinto Anno, era diventata Prefetto: il cuore le si scaldò un po'. Forse qualcosa non era cambiato.

Dominique era circondata da Lisbeth Macnair e Viviana Davis, più una ragazza che Grace non conosceva, con la cravatta di Corvonero allacciata attorno al colletto. Poco più in là riconobbe Rose Weasley, decisamente più carina e più truccata di quanto non ricordasse; esibiva un'espressione scocciata e teneva gli occhi bassi sul tavolo, come se fosse indecisa se attirare l'attenzione o meno.

Accanto a Dominique, con un gomito mollemente poggiato sul tavolo, stava Scorpius Malfoy, suo ragazzo da tempi immemorabili. Grace si sarebbe aspettata di trovarlo con lo sguardo annoiato fisso nel vuoto, come sempre quando Domi era impegnata nelle sue attività di socializzazione scolastica. Invece gli occhi di Scorpius saettavano di nascosto da una parte all'altra, come cercando qualcuno. Infine si posarono su di lei e lì restarono fissi, con l'aria abbagliata di chi ha appena visto un fulmine. Quando i loro sguardi si incrociarono, Grace percepì un senso di vuoto e smarrimento al centro del petto; si sforzò di ignorarlo, così come di ignorare il fatto che, all'infuori di Scorpius, non c'era nessuno in quel piccolo gruppo che non le stesse rivolgendo uno sguardo di gelida e ostile curiosità.

Anche Dominique era esclusa: continuava a sfogliare con aria altezzosa un libro, comportandosi come se non si fosse accorta del suo arrivo. Ma se Grace la conosceva bene, doveva essersene accorta benissimo. Inghiottì il groppo in cui si era annodata la sua gola e cercò di farsi coraggio prima di accostarsi a lei.

“Ehi, Domi!” La sua voce suonò allegra e squillante, forse fin troppo. “Che bello vederti!”

Dominique rimase immobile e in silenzio per diversi secondi, salvo poi voltarsi lentamente e alzarsi, come se si fosse ricordata solo in quel momento che sarebbe stato carino e sollevarsi in piedi per salutarla.

Grace cercò di ignorare la scarica di nuove percezioni negative, limitandosi ad abbracciarla. “Mi sei mancata.” Disse contro i capelli biondi dell'altra, rilevando nel frattempo che aveva anche cambiato profumo.

“Anche tu mi sei mancata,” replicò Dominique rigidamente. Rimase immobile per una frazione di secondo, per poi ricambiare con freddezza l’abbraccio.

Prevedibilmente, Scorpius la accolse con più calore.

“Sono felice di vederti, Grace,” disse con un sorriso sincero, cui Grace rispose con una smorfia e un’impercettibile ma eloquente occhiata a Dominique, che li stava adesso squadrando con sguardo geloso e furente. Senza smettere di guardarli, fece una mossa con la testa e un lieve sospiro, come ricordando al proprio ragazzo che avrebbe dovuto parlare con lei piuttosto che guardare un’altra con quella precisa espressione.

Grace vide Scorpius deglutire e scoccarle un'ultima occhiata dolente, per poi tornare a fissare il piatto. Cercò ancora di non pensarci, chiedendosi dove fossero Jacob Greengrass e Bernard Boot, con cui il ragazzo due anni prima passava la maggior parte del proprio tempo. Dovevano essersi seduti da un'altra parte: dunque perché Scorpius non stava con i suoi amici invece che ad annoiarsi con quelli di Dominique? Scacciò anche questi pensieri.

La Corvonero si alzò da tavola, lasciando un posto libero accanto a Dominique. Grace fece per sedersi, ma il suo movimento fu bloccato da un gesto dell’altra

“Grace, ma il tuo tavolo non è quello dei Grifondoro?” La voce di Dominique suonò flatuata e zuccherosa, ma anche intrisa di malignità. Quel tono era sempre stato uno dei suoi marchi di fabbrica; evidentemente – pensò lei con amarezza – doveva averlo perfezionato negli anni. Prima di quel momento non si sarebbe mai aspettata di sentirsi apostrofare in quel modo in prima persona. “Non vorrei che ti punissero,” insistette Dominique, incurvando le labbra in un sorriso gelido. Doveva aver perfezionato anche quello.

Grace fece una specie di sbuffo, e stirò a propria volta la bocca in una sorta di sorriso, mordendosi il labbro e scuotendo appena la testa.

“Naturalmente, Dominique,” le rispose sullo stesso tono. “Capisco. La tua premura mi commuove.”

Salutò Scorpius con un cenno del mento, prima di voltare le spalle a quella che era stata la sua migliore amica e avviarsi verso il tavolo dei Grifondoro. Non le restava altro che sperare che Dominique non scoprisse mai il peggiore dei suoi segreti.

La cosa più cattiva che io abbia mai fatto.

Se fosse accaduto, la situazione sarebbe peggiorata ulteriormente.

Si lasciò cadere sulla panca, prima di fare un profondo sospiro e cominciare a riempire il proprio piatto di roast beef e insalata come se nulla fosse. Aveva la certezza che, dal tavolo dei Serpeverde, Dominique la stesse osservando ed era contenta che non potesse vederla in faccia, perché a lei non sarebbe di certo sfuggita la sua aria abbattuta.

“Ehi, Grace,” le si rivolse una voce maschile alla sua destra. “Bentornata!”

Grace si voltò: i suo occhi incontrarono la figura di un ragazzo con capelli scuri in disordine, occhi verde chiaro e il naso appuntito coperto di lentiggini. Al Potter le rivolse un sorriso sghembo che lei ricambiò con sollievo, improvvisamente lieta di aver trovato qualcuno che non la trattasse con ostilità o diffidenza.

“Più o meno,” rispose con una scrollata di spalle. “Dominique,” aggiunse a mo' di spiegazione.

Ad Albus bastò. “Capisco.” Commentò neutro. “Mia cugina è pesante, eh? Sempre detto.”

Lei ridacchiò. Le piaceva il modo che aveva Albus di far apparire tutto sotto una luce più positiva, forse perché viveva le cose con leggerezza.

“Penso che non si aspettasse il mio ritorno,” si sfogò a voce bassa, protetta dal chiacchiericcio della Sala Grande. L'attenzione, per fortuna, sembrava essersi focalizzata su un altro fulcro, qualunque esso fosse. “Non l'ha presa molto bene.”

“Conosci Dominique.” Albus fece una smorfia. “Non le piace non poter controllare le cosa. Odia le sorprese, ricordi?”

“Già.” Il suo cuore accelerò prepotentemente i battiti. Quello che le teneva nascosto – e sperava di poter tenere nascosto per sempre – l'avrebbe sorpresa più di ogni altra cosa.

“So di Scorpius,” fece Albus all'improvviso, con il tono distratto di chi sta commentando il clima.

Dal canto suo, qualcosa dentro Grace parve sprofondare. “Scorpius?!” Cercò di fingere noncuranza. “Ma di cosa stai–”

“Me l'ha detto lui.” Disse l'altro semplicemente, interrompendola. “Il giorno in cui sei partita. E credo lo sappia anche Jake.”

Deglutì, mentre il cuore le rimbalzava impazzito nella cassa toracica. “Al, è fondamentale che tu non dica niente a Dominique. Lo sai, vero?”

“Naturalmente non dirò nulla,” Lo vide annuire lentamente. “È più probabile che lo faccia Scorpius. Non riesce proprio a sostenere i sensi di colpa, lo sai.”

Grace annuì lentamente, sperando che tutto andasse per il meglio, anche se non ci credeva più di tanto.

 

*****


 

James era seduto da solo nell’aula di Pozioni, attendendo placidamente che cominciasse la lezione. Le sue dita tamburellavano distratte sul piano del banco, come al solito occupato solo da lui. Roxanne non aveva superato il G.U.F.O. in quella materia e i suoi compagni di dormitorio, Adrian Goldstein e Frank Paciock, occupavano un banco in coppia fin dal primo anno. Si era dunque rassegnato a seguire le lezioni di Pozioni in solitudine fino alla fine dei corsi M.A.G.O. e a dirla tutta non gli dispiaceva poi così tanto.

Adorava la cugina, con i suoi capelli ricci e il pungente sarcasmo, tuttavia a volte non poteva fare a meno di trovarla un po’ invadente. Tutto sommato, era un sollievo avere una o due ore al giorno in cui poter pensare liberamente, senza il brontolio costante di Roxanne nelle orecchie. Lei era una contestatrice di natura: aveva da ridire su tutto e tutti e non c’era nulla che la soddisfacesse quanto sproloquiare in proposito. Sproloqui che di solito rovesciava senza freni sullo stesso James.

Pozioni era la sua materia preferita. Gli riusciva naturale, quasi automatica, come camminare o respirare. Non aveva bisogno di soffermarsi più di tanto a pensare al dosaggio di questo o quell’ingrediente, al numero di volte in cui doveva girare il decotto o al modo esatto di tagliare un Fagiolo Sopoforoso. Lo faceva e basta, senza pensarci molto, e i suoi risultati molto raramente erano scesi sotto un Eccezionale. La sua innata abilità in Pozioni era l’unico motivo per cui al professor Lumacorno talvolta veniva in mente di invitare James ad uno dei party che organizzava, inviti che puntualmente il ragazzo dribblava con qualche scusa.

Quasi tutti gli studenti avevano già preso posto nell’umida aula sotterranea quando l’insegnante fece il proprio ingresso, ma il banco accanto a quello di James era come sempre ancora vuoto. Horace Lumacorno era un uomo di estrema longevità, che prometteva di raggiungere un’età parecchio più avanzata di quella che già aveva. Era immensamente grasso, portava vesti di seta trapuntata e sotto al naso imponente aveva un grosso paio di candidi baffi da tricheco, sempre perfettamente lucidi e in ordine. Personalmente, James non lo trovava particolarmente simpatico: tuttavia, era cosciente delle sue abilità di Pozionista e sapeva quanto potesse risultare vantaggioso averlo come insegnante.

Lumacorno si sedette alla cattedra – come sempre la sedia scricchiolò pericolosamente – e agitò pigramente la bacchetta alla volta della lavagna, sulla cui superficie comparve il procedimento per produrre il decotto del giorno.

“La Pozione del Ghiaccio!” spiegò loro. “Un fuori programma. Vediamo come ve la cavate!”

Fra gli sbuffi dei compagni, James si mise al lavoro. Per qualche minuto, gli unici rumori nell’aula furono lo scoppiettio del fuoco sotto ai calderoni e il placido ribollire delle pozioni in forma primaria al loro interno. Poi, la quiete fu improvvisamente interrotta da un trambusto nel corridoio, e la porta della classe si spalancò. In parecchi si voltarono verso l’ingresso dell’aula, ma James non era fra questi, almeno finché non realizzò a chi appartenesse la voce che si era appena rivolta a Lumacorno.

“Scusi il ritardo, professore.” Grace Zabini attraversò a lunghi passi il corridoio tra i banchi, esibendo lo stesso sorriso finto di quella mattina. Sembrava distratta, come se stesse pensando a tutt’altro che al proprio ritardo.

“Grace!” L’insegnante la accolse con entusiasmo, palesemente lieto di riavere tra le proprie file una delle sue studentesse preferite. Grace non era mai stata un asso in Pozioni, da che James ricordasse, ma aveva una capacità particolare di attrarre l’attenzione su di sé, come una sorta di inconsapevole carisma che Lumacorno sembrava apprezzare molto. “Non ti si vede da parecchio. Ma avremo tempo per chiacchierare più tardi… Su, trova un posto e mettiti anche tu al lavoro!”

James, che aveva abbassato nuovamente lo sguardo sulla sua pozione, sollevò la testa, incontrando la figura di Grace mentre si guardava intorno, chiaramente in cerca di un posto dove sedersi.

Dominique, che sedeva accanto a Lisbeth Macnair e Viviana Davis, le rivolse un sorriso freddo che a James non sfuggì, come a voler indicare che non c’era più posto per Grace accanto a lei. La ragazza non si scompose, procedendo lungo la fila, anche se l’angolo destro delle sue labbra si era contratto verso il basso.

Subito dietro a Dominique, sedeva da sola una Corvonero di nome Jackie Finigann. Quando Grace le si avvicinò, fu rapida a posare la mano sulla sedia che aveva vicino. “È occupato.”

La stessa scena si ripeté altre due volte.

Infine, Grace si accostò al banco di James, in fondo all’aula, il più lontano dalla porta. Il ragazzo la guardò, scorgendo nei suoi occhi uno sguardo quasi implorante. Lui le sorrise, incredulo di fronte a tanta fortuna, prima di scostare l’altra sedia dal banco, facendole segno di sedersi. Lei ricambiò con un’occhiata densa di gratitudine, prima di accomodarsi al suo fianco con aria sollevata.

“Grazie.” Fu appena un mormorio, ma le orecchie di James non ebbero difficoltà a coglierlo.

Dovette ingoiare un po’ di saliva prima di rispondere.

“Non c’è di che.” Riprese a girare il mestolo nella pozione, continuando a sbirciare con la coda dell’occhio nella sua direzione.

Trascorsero parecchi istanti in silenzio, mentre Grace tirava fuori dalla borsa il necessario per la lezione. “Non sono molto brava in Pozioni.” La udì borbottare.

James deglutì. “Io sì,” rispose senza pensarci.

La sua espressione si fece vagamente divertita. “Sei modesto, James Potter,” commentò in tono ironico.

Nell’udirla pronunciare il suo nome, sussultò. “Ti ricordi di me?”

Parve sorpresa. La vide aggrottare le sopracciglia. “Perché non dovrei?”

Scrollò le spalle, lievemente imbarazzato. “Non sono uno che si fa notare.”

Lei fece una smorfia. “Siamo stati compagni di Casa per cinque anni. È normale che io ricordi chi sei. Così come tu ti ricordi di me.” Dalle sue labbra sfuggì un sospiro lieve. James si chiese a cosa stesse pensando: probabilmente al fatto che chiunque se lo sarebbe ricordato, considerata tutta la pubblicità che Gossip Witch aveva fatto del suo ritorno.

 “Mi sarei ricordato di te comunque,” gli sfuggì prima che potesse trattenersi.

Grace si limitò a scrutarlo in silenzio, con in volto un’espressione sorpresa, gli occhi leggermente sgranati.

Per interrompere quell’imbarazzante momento di sospensione, James accennò con il capo a Dominique e alle sue stupide amiche. “Non sono state particolarmente carine con te,” mormorò.

Lei abbassò gli occhi, stringendo leggermente le labbra, in un’espressione a metà tra la rabbia e lo sconforto. “Già.” Sussurrò di rimando. “Non sembrano felici del mio ritorno.”

Lui deglutì, indeciso su come rispondere. Avrebbe voluto dirle di stare tranquilla, che come al solito Dominique era solo una perfida invidiosa, che si comportava così solo perché non sopportava che Grace attirasse l'attenzione più di lei, ma...

“Non farci troppo caso,” le consigliò semplicemente, perché non gli piaceva parlar male delle persone – fossero anche persone come sua cugina Dominique o quell'arrogante di Jacob Greengrass. “Una volta che si saranno abituate alla cosa si comporteranno meglio.

“Non ne sarei così sicura,” fece Grace amaramente.

Nel frattempo, avevano cominciato a lavorare sulla pozione, che ribolliva dolcemente nel calderone. James dosò la quantità necessaria di pus di bubotubero, e la versò lentamente mentre Grace mescolava con una stecca di cristallo in senso antiorario, con una smorfia vagamente perplessa sul volto. Il decotto assunse la delicata sfumatura color pesca che era descritta come l’ideale stato intermedio, ma la consistenza diventava troppo vischiosa: c'era qualcosa di sbagliato nel modo in cui la ragazza girava la pozione. Il ragazze tagliuzzò dell’erba fondente e la gettò nel calderone, indeciso sul da farsi. La pozione si scurì, diventando di un viola intenso, proprio come James si aspettava. Grace continuò a girare in senso antiorario.

“Okay, adesso abbiamo praticamente finito,” le disse lui. “Bisogna solo continuare a girare finché non diventa nera. Se vuoi ti do il cambio…”

“Non c’è problema,” fece la ragazza, in tono vagamente più allegro. “Posso continuare a mescolare io.”

James decise di lasciarla fare, ben consapevole di star dicendo addio al solito Eccezionale. Se resteremo seduti vicini per tutto l'anno dovrò pensare ad una soluzione... La sola idea di restare seduto accanto a lei per tutti quei mesi ben quattro ore a settimana lo confondeva. “Allora, ehm… dunque. Dopo c’è Trasfigurazione, la fai anche tu?”

“Oh, sì… è la mia materia preferita!”

“Perfetto, allora potrei... Insomma, accompagnarti. Potrei accompagnarti.” Le propose impacciato: non avrebbe chiesto altro che potersi sotterrare. “Forse è meglio che tu non ti faccia vedere da sola da quelle Banshee…” fece nuovamente segno a Dominique e le sue amiche.

Grace scoppiò a ridere.

“Beh, accetto volentieri l’offerta, allora!”

James la guardò. Le guance arrossate dal calore del calderone, quei capelli splendenti e arruffati, la cravatta della divisa allentata… Sembrava quasi troppo bella per essere vera. Temeva che da un momento all’altro si sarebbe svegliato, scoprendo che si era trattato solamente di un sogno. Aveva intrattenuto una conversazione cordiale con Grace Zabini, e l’avrebbe accompagnata alla lezione successiva. Sì, doveva decisamente essere un sogno.


 



 

Salve a tutti! So perfettamente che in teoria dovrei dedicarmi alla mia long fic, ma questa idea mi balenava in mente -prepotente e arrogante- da troppo tempo, ed è uscita fuori tutta insieme. Nella mia idea, Gossip Witch non dovrebbe superare i tre capitoli. Si tratta, come quasi tutti avrete capito benissimo, di una sorta di remake di Gossip Girl in chiave potteriana. Se avete letto questo capitolo, non c'è bisogno di ulteriori spiegazioni. Spero che l'idea sembri buona anche a voi, e che sia di vostro gradimento il modo in cui ho iniziato a svilupparla. So che molti di voi proveranno un moto di rabbia nel leggere come descrivo certi personaggi, e personalmente anche io ho sofferto parecchio nel descrivere Lily come "una stronzetta arrivista con scarse speranze di redenzione". Un'ultima cosa! La Pozione del Ghiaccio non l'ho inventata io: è quella che Harry beve ne "Harry Potter e la Pietra Filosofale" per riuscire ad attraversare il fuoco magico dietro al quale lo attende Raptor. Il procedimento per farla l'ho inventato di sana pianta.

Spero che vi sia piaciuta. Lo spero con tutto il mio cuore.

Baci e abbracci, Daphne S.



 

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Capitolo 2
*** 2. A Wild Luma-Party ***



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A Wild Luma-Party


Buongiorno, Sala Grande! Qui è Gossip Witch, la vostra sola ed unica fonte di notizie sulle vite scandalose dell’élite di Hogwarts. Attendiamo notizie piccanti! Sembra che il party esclusivo del Lumaclub che avrà luogo stasera sarà davvero straordinario. La nostra regina Dominique Weasley ha organizzato tutto alla perfezione assieme al suo professore preferito. E io adoro le feste! Peccato che Grace non sia stata invitata. Mi dispiace, G., ma a quanto pare  i tempi sono proprio cambiati. Chissà se in cucina potranno concederti dell’Ogden Stravecchio per leccarti le ferite. Baci e abbracci! Gossip Witch.

Non appena ebbe finito di leggere il messaggio, inciso a chiare lettere sul bordo della moneta magica, James cercò con lo sguardo Grace, dispiaciuto per il modo in cui Gossip Witch l’aveva trattata. Si trovava in Sala Grande, seduto al tavolo dei Grifondoro e intento a fare colazione. Al suo fianco, Roxanne continuava a ricoprire il suo pane tostato di marmellata d’arancia come se nulla fosse. La cugina si rese conto del suo repentino cambio d’espressione, e fu con le sopracciglia corrucciate che disse:

“Ehi, Jamie. Che cosa è successo, cugino?”

James sospirò, passandole il galeone. Roxanne lesse in fretta, per poi alzare gli occhi al cielo e scrollare le spalle con indifferenza.

“E che sarà mai…” disse.

“Rox, questa è la prova della tua insensibilità.”

“Ormai Grace ci avrà fatto l’abitudine. E poi non mi fido di lei. Non dovresti fidarti neanche tu.”

“Credimi, lei non è come Dominique e le altre… basta guardarla in faccia per capirlo. L’espressione che ha in quegli occhi…”

“Non ti facevo così ingenuo, Jamie,” lo interruppe Roxanne. “Ad ogni modo, fai come ti pare. Io ti dico solo di stare attento…”

Ma il cugino non l’ascoltava più. Era preso a guardare Grace, che si era alzata di scatto, l’aria furente, e si dirigeva agguerrita verso il tavolo dei Serpeverde. James si alzò a propria volta, seguito da una sbuffante Roxanne, che alzava gli occhi al cielo con aria esasperata, accodandosi alla ragazza con discrezione. Grace si era apprestata a Dominique, che non si curò nemmeno di levarsi in piedi, quando l’altra le si rivolse.

L’hai fatto apposta” sibilò la Grifondoro. Fremeva tanto dalla rabbia che a James pareva che i suoi capelli avrebbero potuto fare scintille.

“Non capisco a cosa ti riferisci” ribatté Dominique, con gelida cortesia.

“Sai benissimo a cosa mi riferisco.”

Dominique piegò le belle labbra in un perfido ghigno di soddisfazione.

“Ah, parli della festa? Mi dispiace, Grace, ma penso che a una settimana che sei tornata dovrebbe esserti chiaro. I tuoi occhioni qui non sono più graditi. Sei fuori dal giro.”

Grace spalancò gli occhioni, impietrita. Aprì la bocca per ribattere, ma Dominique la interruppe.

“Che ci fai ancora qui?” disse gelidamente.

L’altra strinse le labbra, e scosse la testa. Girò sui tacchi e si allontanò in fretta dal tavolo, uscendo rapidamente dalla Sala, dritta e orgogliosa.

James rimase immobile per un istante, per poi correrle dietro senza più indugi.

“Grace!” gridò, ma la ragazza non si voltò.

Accellerò i propri passi.

“Grace!” chiamò ancora. L’altra si fermò.

“Che cosa c’è?” lo interpellò, rabbiosa. I suoi begli occhi erano lucidi, e le labbra contratte dallo sforzo di non scoppiare in lacrime. James sentiva che Grace non avrebbe mai pianto davanti a qualcuno. Neanche davanti ad un asociale come lui. Le sorrise.

“Lumacorno ha invitato anche me a quel party,” le disse. “Vuoi venirci con me?”

Le sue parole parvero stupirla. Sembrò esitare un istante. Poi parlò, e quando lo fece aveva tutt’altro tono rispetto a quello con cui gli si era rivolta poco prima.

“Sei cosciente che invitandomi a quella festa ti metterai contro Dominique?” gli disse.

“Per sei anni non mi ha interessato nulla l’opinione di mia cugina. Perché dovrebbe cominciare a fregarmene qualcosa proprio adesso?”

Grace sembrava divertita. Sorrise.

“Ne sei sicuro?”

“Non sono mai stato tanto sicuro in vita mia.”

 

“Dimmi se ho capito bene...” fece Roxanne. “Tu porterai Grace ad una festa alla quale Dominique le ha espressamente vietato di andare?”

“Non glielo ha espressamente vietato,” la corresse James. “Le ha solo detto che non è invitata.”

“Insomma, Jamie. Sai quello che voglio dire. Dominique estirperà sul nascere ogni tuo futuro tentativo di avere una vita sociale.”

“Perché, io ho mai avuto una vita sociale, Roxanne? Sarebbe difficile sentire la mancanza di qualcosa che non ho mai avuto.”

“Puoi pensare quello che vuoi, ma trovo comunque che questa sia una pessima idea. Insomma, portare Grace Zabini ad una festa!”

Il volto di Roxanne era teso, la sua espressione chiaramente irritata.

“Perché, che cosa c’è di male ad uscire con una ragazza che mi piace!”

“Possibile che tu non capisca?” lo aggredì la cugina. “A Grace non importa un fico secco di te! Lei viene a quel party assieme a te soltanto perché è l’unico modo che ha di vendicarsi di Dominique!”

James sentiva di stare cominciando ad arrabbiarsi.

Insomma, chi era Roxanne per decidere ciò che lui avrebbe dovuto fare della propria vita, e soprattutto come si permetteva di giudicare Grace così aspramente senza conoscerla bene? Roxanne non aveva passato tutte le ore di Pozioni dell’ultima settimana al suo fianco, non aveva scherzato con lei a proposito di Dominique e le altre arpie. Non aveva visto la luce che scintillava negli occhi di Grace ogniqualvolta restava sorpresa da un suo gesto gentile. Non aveva avuto modo di ammirare la sua intelligenza svelta e intuitiva, non aveva avuto il cuore di accorgersi della sua determinazione e forza d’animo… già, Roxanne era stata talmente chiusa nei propri pregiudizi per riuscire a comprendere quanto altro ci fosse dietro ai bei capelli e alle lunghe gambe di Grace. Non aveva capito assolutamente nulla di lei, di quanto ci fosse da scoprire. James dovette fare un respiro profondo per calmare la propria voce, prima di parlare.

“Roxanne,” disse lentamente, “credimi. So quello che faccio, e se ho invitato Grace a quella stramaledettissima festa è perché so che dentro è buona. Chiaro?”

Roxanne sbuffò, e scosse la testa.

“Divido il dormitorio con lei da sei anni, Jamie. Credi che non la conosca almeno un po’?”

“Credo che tu non l’abbia voluta conoscere, Rox.”

Alle sue parole, la cugina strinse le labbra.

“Benissimo,” ribatté. “Allora io me ne vado, mentre perdi tempo a rovinare la tua vita. Non riesco a credere che tu sia così stupido.”

Detto questo, corse via.

“Devi solo fidarti di me!” le gridò dietro James.

“Che cosa succede, fratellone?” disse una voce.

Il ragazzo si voltò, e vide al suo fianco il fratello Albus. Oltre a qualche centimetro di altezza – James superava Al di parecchi pollici – e al colore degli occhi – che James aveva scuri e luminosi come la madre-  i due fratelli erano pressoché identici, se non fosse stato che il minore godeva di qualche grado di bellezza in più. Il naso del maggiore era reso appena irregolare da una leggera gobba e il suo volto era privo di lentiggini, ma non era di certo questo a renderlo meno popolare di Albus. Entrambi erano bravi a Quidditch e andavano bene a scuola, ma quest’ultimo era caratterizzato da quella particolare e ineguagliabile spigliatezza che lo rendeva incredibilmente atto ai rapporti umani. Specialmente a quelli femminili, avrebbe aggiunto James. Il quale, pienamente consapevole di essere un solitario tendente alla misantropia, non sarebbe mai stato in grado di eguagliare il fratello sotto quel profilo, né d’altronde lo avrebbe mai desiderato. Nonostante Albus fosse un libidinoso, tuttavia, non sarebbe di certo bastato questo tutto sommato trascurabile difetto per fargli perdere la stima del maggiore. James rispettava Albus, attribuendo scarsa importanza alla sua attitudine per la perdizione, e si fidava di lui. Suo malgrado, non avrebbe potuto dire lo stesso della piccola Lily. Da piccola, la sorella minore era stata una bambina adorabile. Forse viziata eccessivamente o forse, chissà, esortata dai malvagi esempi delle cugine maggiori, Lily sembrava aver perso adesso tutto il suo giudizio e i tre quarti del suo senso morale. Nonostante tutto, James non aveva perso del tutto le speranze che si trattasse di un temporaneo momento di crisi, dovuto alla dura età adolescenziale dei quattordici anni.

In quel momento, tuttavia, i pensieri di James erano lontani anni luce da Lily e dalle turbe psichiche della sua giovinezza. I pensieri di James giocavano con lunghi capelli biondi, vagavano per occhi arguti, scorrevano con dolcezza sulla morbida linea del volto di Grace. Benché fosse sempre stato un sognatore distratto, dall’intelligenza creativa, il nostro giovane Potter viveva nella illusoria convinzione di essere un tipo razionale. Si reputava una persona con i piedi per terra, smaliziata e ragionevole. Inutile dire non era affatto così. Aveva ereditato da suo padre lo spirito idealista, e da sua madre il credere fermamente nella felicità. Forse era stato l’essere nipote di Percy Weasley ad avergli conferito invece una certa superbia ben celata, la quale lo portava a restare, anche contro ogni logica, serrato nelle proprie convinzioni e restio ad accettare che non sempre le sue idee erano quelle giuste. James era un tipo di eccesso, di totalità. Per lui esistevano poche vie di mezzo, era capace di immensa devozione come del più profondo disprezzo, ma raramente riusciva a mantenere le proprie sensazioni in campo neutrale.

James era anche un ingenuo, specialmente nei confronti di Lily. O forse, la sua era solo incapacità di accettare il degrado morale in cui l’adorata sorellina era sprofondata. Ma se James non si era ancora reso conto della propria ingenuità, Albus se ne era invece accorto benissimo. L’incarico che si era egli stesso attribuito, sebbene mai avrebbe osato dirglielo apertamente, era proteggere James dalle trappole che da solo si creava e metterlo in guardia dagli altrui tranelli. Fu per questo, forse, che il maggiore dei fratelli Potter era recalcitrante al fermarsi a conversare con il minore, temendo che anche lui come Roxanne volesse minare la fiducia che riponeva in Grace.

Si convinse però che Albus fosse un Legimante quando lo sentì parlare.

“Stai tranquillo, non ho intenzione di parlarti male di Grace Zabini,” si era infatti affrettato a dire il fratello. “Volevo solo chiarirti una cosa!”

James sospirò.

“Va bene, Al,” disse. “Parla.”

“Non so se tu te ne sia mai reso conto, nella tua campana di vetro fuori dai confini della società…” – Jamie sbuffò – “… ma Grace è mia amica da parecchi anni. Potrei dire che sono l’unico del suo vecchio giro ad esserle rimasto vicino.”

“Non mi sembra…” borbottò James in risposta.

“Forse perché hai gli occhi foderati, Jamie. Devo credere che tu sia un po’ geloso? Puoi stare tranquillo,” continuò Albus in fretta, visto che il fratello aveva aperto la bocca per ribattere .“Non c’è mai stato niente fra me e lei, né mai ci sarà.”

“Era questo che mi volevi chiarire?”

“Come sei impaziente! Comunque no, si trattava solamente di una sorta di introduzione. Quello che ti volevo dire è che ti conosco, so quanto sai essere duro nei tuoi giudizi…”

“E questo che cosa c’entra?”

“… Potresti venire a sapere delle cose non proprio carine su Grace. Ti chiedo solo di non dare troppo peso agli eventi passati.”

James adesso si sentiva interdetto, e anche piuttosto irritato. Uno dei tratti della personalità di Albus che meno sopportava, era questa dannata abitudine di parlare per enigmi. Il fratello raramente diceva le cose apertamente, le celava piuttosto dietro ad un velo di ambiguità. Le sue frasi erano spesso vaghe, e potevano assumere più di una interpretazione. Albus Potter amava atteggiarsi a giovane sfuggente, dicendo cose apparentemente sconclusionate ma che, Jamie lo sapeva, avevano sempre almeno un fondo di verità. Non era un bugiardo, ma astrarre il reale significato di ciò che diceva non era impresa facile. Come ben sappiamo, James aveva un’indole gentile e una congenita incapacità di accorgersi della doppiezza altrui. Non dobbiamo quindi stupirci nell’affermare che, ingenuo connaturato quale era, non fosse in grado di cogliere i doppi sensi di cui erano costellate le asserzioni del fratello. In quanto orgoglioso, questo fatto lo infastidiva. Specialmente se era Grace l’oggetto di quella conversazione.

“Insomma, Al,” sbottò infatti. “Possibile che tu non possa esprimerti chiaramente, per una volta?”

“Se avessi potuto, l’avrei fatto” ribatté il minore placidamente.

“Non ne sarei così sicuro” borbottò James di rimando.

“Il passato non ha molta importanza, Jamie. Quello che conta è il presente. Adesso, non penserai di andare alla festa vestito in quel modo?”

 

A Lucy la biblioteca piaceva. Amava l’odore polveroso dei vecchi libri, il fruscio delicato delle pagine voltate, i lievi mormorii degli studenti impegnati a studiare e la pace ovattata che pervadeva quel luogo. Era per questo che l’anno precedente, quando la ormai anziana Madama Pince aveva richiesto che le venisse assegnato qualcuno ad aiutarla nella gestione della biblioteca, la ragazza non aveva esitato ad offrirsi volontaria. Inizialmente diffidente, l’anziana bibliotecaria aveva pian piano cominciato ad acquistare fiducia nei suoi confronti, al punto di lasciarla qualche volta anche da sola alla guardia dei suoi preziosi volumi. Questa era una di quelle volte. Madama Pince, che da anni soffriva di emicranie ricorrenti, le aveva chiesto di sostituirla per qualche ora. Lucy sedeva quindi alla scrivania della bibliotecaria, dietro a pile di cataloghi dei libri –la Pince li conservava con cura maniacale- e al raccoglitore in cui doveva scrivere le date dei prestiti e delle restituzioni. Alle sue spalle, c’erano degli enormi schedari colmi di fascicoli, uno per ogni studente che aveva fatto uso della biblioteca da cinquant’anni a quella parte. Lucy non aveva resistito a dare una sbirciatina: il fascicolo di zia Hermione era quello più voluminoso di tutti. La ragazza era seduta a gambe incrociate, e ingannava la noia leggendo un grosso tomo chiamato Grandi Alchimisti del Diciassettesimo Secolo. Lavorare nella biblioteca le piaceva. In quelle ore che seguivano il pranzo, inoltre, poteva leggere in santa pace perchè il luogo diveniva poco frequentato e non c’era un granché da fare. Per questo restò stupita quando una voce le si rivolse, distogliendola dalla lettura.

“Scusa…”

Lucy alzò gli occhi: di fronte a lei si trovava un ragazzo biondo, dal mento affilato, che riconobbe come Scorpius Malfoy, un Serpeverde che aveva un paio d’anni più di lei. Era il ragazzo storico della cugina Dominique, e raramente lo si poteva vedere in biblioteca.

“Sì?” gli chiese educatamente.

“Ho perso il mio libro di Pozioni… vorrei prenderne una copia in prestito finché non mi arriva quella nuova dal Ghirigoro.”

“Sezione C” rispose automaticamente, senza consultare il catalogo.

Ormai ricordava a memoria l’ubicazione dei reparti più richiesti, e Pozioni era uno di questi. Si chiese come si potesse essere tanto stupidi da perdere un libro di scuola, e per giunta di una delle materie fondamentali. Tornò a leggere Grandi Alchimisti del Diciassettesimo Secolo.

Si rese conto che il ragazzo era ancora lì solo quando lo sentì tossicchiare, e dovette sollevare nuovamente gli occhi dal libro.

“Sì?” ripeté, un po’ seccata.

“Dov’è la sezione C?”

Lucy si trattenne dal levare gli occhi al cielo, mentre chiudeva il libro – avendo cura di mantenere il segno –, si alzava dalla sedia e faceva il giro della scrivania, per accompagnare Malfoy al reparto di Pozioni. Non lo degnò di uno sguardo mentre camminava fra gli scaffali, decisa a fare più in fretta possibile.

“Come si intitola il libro?” domandò, sbrigativa.

Pozioni Avanzate, di Libatius Borragine…”

Perfetto, pensò Lucy. I libri della biblioteca erano sistemati in ordine alfabetico, a partire dall’alto. A corrispondere alla lettera B erano quindi alcuni degli scaffali più in cima. Questo significava che avrebbe dovuto usare la scala. Sbuffò, e mosse appena la bacchetta per appellarla: un consistente rullio ne annunciò l’arrivo.

“Sei al quarto anno?”

Lucy annuì.

“E già sai fare i Non Verbali?”

Non poté fare a meno di sentirsi stupita nello scoprire che Scorpius Malfoy sapesse cosa era un Incantesimo Non Verbale.

Annuì ancora, e cominciò ad arrampicarsi sulla scala, sforzandosi di non guardare in basso: soffriva terribilmente di vertigini. Di certo fu per questo che il suo astio nei confronti di Malfoy, nel momento in cui giunse al venticinquesimo scalino, stava raggiungendo proporzioni gigantesche. Prese rapidamente il libro dallo scaffale, prima di tornare giù più in fretta che poteva.

“Grazie,” fece Scorpius. “Ma non avresti potuto appellarlo? Ti saresti risparmiata la fatica!”

Ma che presuntuoso…

“I libri della biblioteca sono inappellabili,” gli spiegò. “Per evitare che vengano presi senza il consenso del bibliotecario da chi non ne conosce l’ubicazione.”

“Ah, già… mi sembra logico, adesso che ci penso.”

Lucy ritenne che non fosse necessario dargli una risposta. Si diresse verso la scrivania per segnare il prestito, e lui la seguì. Intinse la penna d’oca nella boccetta d’inchiostro, cominciando a trascrivere il titolo del libro e il nome del ragazzo.

“Ecco il tuo libro,” gli disse. “Hai venti giorni di tempo per la restituzione…”

Mentre prendeva il volume dalle sue mani, Malfoy la osservò attentamente.

“Sei una Weasley, vero?”

“Già, sono la Weasley Invisibile…” borbottò di rimando, risentita.

Con sua grande sorpresa, il ragazzo scoppiò in una risata che andava decisamente oltre il limite sonoro consentito nella biblioteca.

“Che cosa c’è di così divertente?” lo aggredì.

“Tu! Tu sei divertente. Sei simpatica!”

“Simpatica?” chiese Lucy, che non era sicura di aver sentito bene.

Simpatica, lei? La noiosa e insignificante Lucy Weasley, figlia dell’ancora più noioso Percy? Quel ragazzo aveva decisamente qualcosa che non andava.

“Sì, simpatica. Sei forte.”

Lucy deglutì.

“Come hai fatto a capire che sono una Weasley? Nel senso, non lo capisce mai nessuno…” chiese, esitante.

Era sempre stata convinta che i suoi capelli di un castano spento e la mancanza di lentiggini avrebbero precluso per sempre la possibilità di essere riconosciuta come Weasley.

“Sto con Dominique da anni, e Rose ci ronza sempre attorno. Somigli alle tue cugine, tutto qui.”

Questa volta fu Lucy a scoppiare a ridere.

“Somigliare a loro, io?” ribatté, fra le risa.

“Hai la parte inferiore del viso uguale a Rose, e lo stesso cipiglio di Dom” ribatté lui, serissimo.

“Sì, come no…” si tastò comunque le guance e il mento.

Chissà che Malfoy non abbia ragione…

Lo vide sorridere. Si accorse che sembrava però tormentato da qualcosa. Si torceva le mani, e si guardava nervosamente intorno.

Ma non sono affari miei, dopotutto.

“Va bene,” disse, bruscamente. “Hai il tuo libro, io posso tornare al mio.”

Riprese Grandi Alchimisti del Diciassettesimo Secolo dal ripiano della scrivania, accingendosi a ricominciare la lettura.

“Come ti chiami?”

Alzò lo sguardo.

“Lucy,” rispose. “Lucy Weasley.”

“Allora ascolta, Lucy… cosa faresti se avessi mentito… e se questo ti facesse male?”

Strinse gli occhi mentre lo guardava, pensierosa.

“Credo che la cosa migliore sia dire la verità,” fece dopo qualche istante. “Poi, fai un po’ tu”.

 

Sola nella stanza da bagno, Dominique Weasley si guardò allo specchio. Come sempre, non poté fare a meno di contrapporre la propria immagine a quella della sorella. Certo, i suoi capelli avevano una deliziosa sfumatura d’oro pallido, il suo viso ricoperto di efelidi aveva tratti eleganti e il suo corpo era sinuoso. Ma i capelli argentei di Victoire sembravano brillare di luce propria, i suoi occhi violetti facevano sembrare banale il grigio di quelli di Dominique, la sua pelle era perfetta e priva di macchie. Victoire era più alta, più magra, più bella. Il ritratto della madre, l’orgoglio del padre, la ragazza di Teddy. Spostò una ciocca di capelli, si passò una mano sulla pancia. Si sentiva nauseata.

Udì bussare.

“Avanti” disse, seccamente.

Nella stanza entrarono Viviana Davis e Lisbeth Macnair, che le si avvicinarono in fretta, come al solito zelanti e irrimediabilmente fastidiose. Dominique era infastidita da tutte quelle oche che l’attorniavano tentando inutilmente di emularla, ma allo stesso tempo si sentiva lusingata da tutte quelle attenzioni, e provava una sorta di sordido piacere nel torturarle psicologicamente.

“Sei bellissima!” dichiararono le tirapiedi, ammirate.

Lei si limitò a sollevare le sopracciglia, guardandole freddamente.

“Certo, come sempre” mosse la mano, quasi ad intimare loro di smettere di infastidirla con tutti quei commenti.

Si guardò allo specchio. Indossava un lungo abito di satin grigio argento, i capelli chiari erano acconciati in un raccolto elegante e alle orecchie brillavano pendenti di diamanti, un dono di Scorpius per il suo sedicesimo compleanno. Era bellissima, su questo non c’era alcun dubbio.

Ma non era Victoire.

Sulla superficie dello specchio, poté vedere riflesse Viviana e Lisbeth, che si scambiarono uno sguardo.

“Quanto a voi…” disse quindi con voce chiara, mentre si applicava sulle labbra del rossetto scuro. “Via quella collana, Lisbeth, è pacchiana. Viviana: la prossima volta ti sconsiglio vivamente la permanente, se non vuoi somigliare a Nonna Acetonella.”

Sempre nello specchio, vide i volti delle due ragazze assumere un’espressione ferita. Ghignò.

“Dom? Sei dentro?”

La voce proveniente dall’esterno era quella di Scorpius, senza ombra di dubbio. Quando il ragazzo – il suo ragazzo – entrò nella stanza, lei gli si avvicinò, e gli mise le braccia attorno al collo.

“Amore…” gli disse. “Che bello vederti! Sarà una festa magnifica, vedrai, e poi… Scorpius?”

Si era resa conto che qualcosa non andava. Il ragazzo era rimasto rigido fra le sue braccia, invece di ricambiare la stretta con la dolcezza cui era abituata. Si accorse con orrore che indossava ancora la divisa. Fece un passo indietro.

“Scorpius, che succede? Perché non ti sei ancora cambiato?”

Sentiva il cuore in gola.

“Ti devo parlare, Dom.”

Dominique Weasley fece un altro passo indietro, sgradevolmente consapevole di quello che stava per accadere

 

James guardò l’orologio. Era arrivato al luogo dell’appuntamento scelto da Grace con quindici minuti di anticipo, e adesso ne erano passati venti. Gettò uno sguardo al proprio abbigliamento, per il quale Albus non aveva ammesso repliche. Tutto sommato, doveva ammettere che il fratello ci aveva preso. Gli aveva consentito di tenere i jeans, ai quali aveva abbinato una camicia di quella marca babbana di cui non ricordava il nome, quella con il coccodrillo verde sul petto. Visto che la camicia era di Albus, avevano dovuto incantarla per farci stare le spalle di Jamie, che giocava come Cacciatore ed era perciò fisicamente più possente del fratello Cercatore. Il risultato, aveva dovuto ammettere James, non era proprio niente male.

“James?”

Si voltò. Di fronte a lui c’era Grace, incredibilmente bella. Indossava un corto abitino a mezze maniche di velluto grigio scuro, che faceva apparire le sue gambe ancora più lunghe, sotto al quale portava delle ballerine nere. I capelli erano sciolti e splendenti, in una nuvola di aggraziata scompostezza. Le sue labbra erano leggermente lucide e i suoi occhi brillavano.

“Sei bellissima” riuscì a balbettare James.

Lei lo guardò intensamente, e sorrise.

“Anche tu” rispose schiettamente.

 

A Grace batteva forte il cuore, mentre si avvicinava con James all’ufficio di Lumacorno, ma non era per la festa imminente. Le bastava guardare il ragazzo al suo fianco per capire che neanche con Scorpius si era mai sentita così. Scorpius. Cercò di cancellarne il nome dalla propria mente, sperando che Dominique non sapesse nulla della loro breve storia di un paio d’anni prima. Adesso accanto a lei c’era James Potter, e questo la faceva sentire incredibilmente bene. Guardò la zazzera scura e arruffata del ragazzo, e non poté fare a meno di sorridere ancora. Lui si accorse del suo sguardo, e arrossì violentemente. Lei, d’istinto, gli prese la mano, e Jamie la strinse forte.

Insieme, oltrepassarono la porta e fecero il loro ingresso alla festa.

 

L’ufficio del professore di Pozioni era stato completamente trasfigurato. Ogni suppellettile e arredo – compresi i lussuosi tappeti persiani che l’insegnante collezionava – era scomparso, per lasciare il posto a luci psichedeliche, divanetti neri lungo le pareti e un grosso mobile bar, dove numerosi elfi domestici servivano da bere agli studenti.

James sospettava che non vi fosse stato bisogno di tante insistenze con Horace Lumacorno, per ottenere il permesso di introdurre alcolici fra le bevande offerte. In un angolo, gli parve di scorgere Lily, ammucchiata su un divanetto assieme ad un Corvonero del settimo anno. Decise di soprassedere, e si rivolse a Grace. Si era aspettato che la ragazza si guardasse nervosamente attorno, e invece appariva sorprendentemente rilassata, mentre lo osservava con dolcezza. Si sentì al settimo cielo.

“Andiamo a prendere da bere?” le chiese allegramente, costretto a gridare per superare la musica assordante.

“Sì, va bene!” strillò lei di rimando.

La strinse a sé per non perderla nella ressa di invitati, finché non raggiunsero il bar.

 

Grace bevve un sorso del suo MagiMartini, e si guardò intorno, sempre stringendosi al braccio di James. La sua presenza la rassicurava. Ad un tratto, il suo sguardo incrociò quello di Lisbeth Macnair. Vide la Serpeverde spalancare gli occhi dalla sorpresa, e sussurrare qualcosa all’orecchio di Viviana Davis. Dopo pochi istanti, le due ragazze scomparvero nella folla. Grace si sentiva sgradevolmente cosciente di ciò che erano andate a fare. Aveva completamente scordato Dominique, ma sapeva perfettamente che entro pochi minuti la sua nemesi avrebbe saputo della sua presenza alla festa. Vuotò con un solo sorso il bicchiere da cocktail, serrando la presa sul braccio di Jamie ancora di più.

 

A James accaddero senza interruzione una serie di cose, che ebbero il potere di confonderlo parecchio. Dapprima sentì Grace artigliare il suo braccio con inaspettata energia, al punto di fargli male. Non fece in tempo a voltarsi per chiederle cosa stesse accadendo che percepì un familiare calore nella tasca dei jeans dove teneva il galeone stregato di Gossip Witch. Fece per prenderlo ma fu interrotto da un Tassorosso ubriaco che gli capitolò addosso, allontanandolo da Grace. Riprese fiato e si guardò intorno: la ragazza era scomparsa, catturata dalla folla. Si decise di attenderla lì dove si trovava, ed estrasse il galeone dalla tasca.

Come previsto, la festa è bollente! Credo che non sia passata inosservata l’assenza di Scorpius Malfoy a questo Luma-Party, che ci sia un legame con l’inattesa presenza di Grace? Che sete, G., ti abbiamo visto scolare il tuo MagiMartini in un colpo solo! Nervosa?

James si maledisse per non essersi accorto di nulla. Iniziò a cercare Grace, e la vide a pochi metri di distanza, impegnata a fronteggiare Dominique.

 

“Che cosa ci fai qui?” l’aggredì Dominique, inviperita.

Grace sorrise freddamente.

“Accompagno un invitato, Weasley. È forse proibito?”

“Forse non hai capito, stronza. Che cosa ci fai qui alla mia festa?” insisté l’altra.

“Di certo non sono qui per te” ribattè Grace.

La furia selvaggia che brillava negli occhi di Dominique aveva qualcosa di strano. Così come lo aveva il fatto che Scorpius non fosse al suo fianco. Uno spiacevole sospetto attraversò la mente di Grace. Le parole della Weasley lo confermarono.

“Oh, su questo non nutro dubbi!” fece infatti Dominique. “D’altronde, per te non avevo importanza alcuna neanche quando eravamo amiche.”

“Che cosa stai dicendo?!” l’apostrofò Grace, con il cuore che le batteva forte.

A quel punto, Dominique perse definitivamente il controllo.

“Che cosa sto dicendo?!” gridò, sull’orlo delle lacrime. “Guarda che so perfettamente quello che hai fatto!”

A Grace parve che la musica si fosse abbassata di colpo.

“Non so di cosa tu stia parlando” mentì.

“Lo sai benissimo!” la voce di Dominique era più tagliente di un rasoio. “Sei andata a letto con Scorpius!”

Nella sala piombò il silenzio. Uno degli elfi domestici si immobilizzò, in ascolto, con lo shaker in mano e la bocca spalancata.

“Non…” – a Grace mancava il fiato.

“Non mentire!” gridò l’altra. “Almeno per una volta nella tua vita, sii sincera!”

Seguì un istante di stasi. Sembrava che l’intera stanza fosse stata messa sottovuoto.

“Mi dispiace, Dominique” fece poi Grace, mordendosi il labbro inferiore per non piangere, gli occhi pieni di lacrime.

“Non esistono scuse, Grace” ribatté l’altra con voce spezzata. Il mento le tremava. Corse via.

Grace si guardò intorno. Milioni di facce la stavano guardando. In quegli sguardi lesse compassione, rabbia, disprezzo, confusione. Fece in tempo a vedere l’espressione di James, gelida e disgustata, prima che il ragazzo si voltasse e se ne andasse.

“James!” gridò, e cercò di seguirlo, ostacolata dalla folla.

“James!” continuò a gridare una volta uscita dalla sala, correndogli dietro.

“James!” urlò ancora, mentre si perdeva nei corridoi.

“James…” riuscì a sussurrare per l’ennesima volta, prima di crollare a terra, la schiena contro il muro, in un qualche angolo del settimo piano. Il cuore batteva tanto forte da mozzarle il respiro, e quelli che uscivano dalla sua gola non erano altro che rantoli spezzati. Tremava violentemente. Il sudore che scendeva copioso dalla sua fronte era gelato. Riconobbe un attacco di panico, e mise la testa fra le ginocchia, mentre le lacrime iniziavano a piovere senza tregua dai suoi occhi.

 


 

Ciao a tutti! Ci ho messo parecchio a scrivere questo capitolo, e chiedo scusa. Credo che non ci sia bisogno di tante parole. Volevo solo rassicurare il pubblico che Grace non è cattiva. Ditemi che cosa pensate dei MagiMartini!
Baci, Daphne S.
PS: ormai avrete capitolo che i titoli dei capitoli riprendono quelli dei primi episodi della prima serie di Gossip Girl. Pilot/Pilot, A Wild Brunch/A Wild Luma-Party, ecc...

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Capitolo 3
*** 3. Poison D. ***


1x03

Poison D.


Avvistata! La Regina D. sola soletta vicino al Lago Nero. O forse dovremmo dire ex-Regina? Già, sembra che la sua sfuriata a G., oltre ad essere stata molto poco chic, abbia comportato un certo calo di popolarità alla nostra Dominique. A proposito di Grace! Dopo la figuraccia, l’abbiamo vista poco in giro. Depressa, G.? Beh, dopo il tuo comportamento possiamo solo dire che te lo meriti! Baci e abbracci, Gossip Witch.

Questo messaggio era scritto a chiare lettere su tutti i galeoni stregati di Hogwarts, quel venerdì mattina. Tuttavia, Dominique Weasley non lo lesse, sebbene per quell’ora avesse preferito la solitudine del Lago ad una lezione di Trasfigurazione. Stare in classe equivaleva a dover subire la compagnia delle tirapiedi, il che non era molto diverso dal prendere tristemente coscienza dello sgretolarsi del proprio potere. La popolarità di Dominique –come Gossip Witch non aveva mancato di infierire- aveva subito un brusco calo negli ultimi giorni. L’umiliazione di essere stata tradita dal proprio ragazzo e dalla propria migliore amica era piuttosto pesante, oltre che dolorosa. Era stata fregata, e questo le bruciava. Aveva perso le staffe e la dignità in un colpo solo: due piccioni con una fava, per utilizzare le parole di Gossip Witch, la quale aveva rigirato il coltello nella piaga come suo costume.

Dominique sbuffò, e lanciò con rabbia nel Lago Nero un pezzo di corteccia. Poté osservare per un istante le onde concentriche che si andavano disegnando in acqua, prima che ne uscisse un tentacolo che afferrò il legno galleggiante. Poggiò di nuovo la schiena sul tronco del faggio. La scorza dell’albero era scomoda. Ma, dopotutto, che cosa in quella situazione non lo era?

“Ehi, Regina! Che ti succede?”

Dominique si voltò di scatto, incredula. Aveva riconosciuto quella voce, e i suoi sospetti trovarono conferma nel vedere il giovane che aveva di fronte, i cui capelli avevano appena assunto una decisa sfumatura violetta.

“Teddy!” esclamò. “Che cosa ci fai qui?”

“Ho chiesto l’autorizzazione della preside per consultare alcuni tomi della biblioteca. Sai, i miei studi…” le lanciò uno sguardo. “Ma cosa ci fai tu qui? Non dovresti essere a lezione?”

“Ora buca?” propose lei.

Teddy Lupin la guardò, alzando le sopracciglia, mentre le si sedeva accanto.

“E va bene…” ammise quindi Dominique, “non mi andava di fare Trasfigurazione, ecco.”

“Trasfigurazione? Non era la tua materia preferita?”

Lei lo squadrò, sospettosa.

“Non sarai un po’ troppo perspicace per essere un Tassorosso, Ted?” sospirò. “Oppure è stata Victoire a mandarti in avanscoperta?”

“C’è un motivo per cui avrebbe dovuto farlo?”

Dominique si lasciò andare di nuovo contro l’albero, guardando di fronte a sé.

“Ultimamente la mia vita è un casino” confessò.

Teddy annuì.

“Mi era giunta qualche voce,” fece. “Louis ha ancora il suo galeone stregato, anche se ha finito il settimo l’anno scorso. So che con Scorpius…”

“… È finita, sì…” confermò lei. “ma non sto male per lui. Sai, in fondo forse neanche lo amavo davvero.”

“E allora qual è il problema?”

Lei non rispose, mentre giocherellava con una pratolina che aveva appena colto. Iniziò a strappare nervosamente tutti i petali, per poi gettare nel lago lo stelo che le era rimasto fra le mani. Durante tutte queste operazioni, Teddy la osservava in silenzio. Conosceva Dominique fin da bambina, e già allora spesso necessitava di qualche minuto di raccoglimento –per trovare le parole e mettere da parte l’orgoglio- quando le capitava di fare una confessione. Fu per questo che non insistette con le domande, ma attese paziente che lei fosse pronta a parlare. Quando lo stelo scomparve alla loro vista, spinto verso il centro del lago dalla leggera corrente, finalmente Dominique si decise ad aprir bocca.

“Teddy?” disse.

“Ti ascolto” le sorrise lui.

“Tu e Vic vi frequentate da una vita,” cominciò. “La conosci, sai come è fatta. È sempre al centro dell’attenzione, qualunque cosa faccia. Non lo fa apposta, le viene spontaneo. Involontario. E non riesce a contenersi. Lei è sempre migliore di me. Più bella, più buona, più alla mano. Io sono sempre vissuta alla sua ombra. Sempre messa in confronto con lei. Sono sempre stata solo la sorellina di Victoire.”

Tacque un istante. Lanciò un sassolino nel Lago, con rabbia.

“Però non credo che sia Victoire il problema,” fece Teddy, esitante. “Giusto?”

Dominique parve non sentirlo.

“Ma quando è cominciato il mio secondo anno e lei ha finito la scuola… beh, ho deciso che ad Hogwarts sarebbe stato diverso. Ad Hogwarts sarei stata io la migliore, non lei. E così è stato. Fino a due anni fa c’era la favolosa Dominique Weasley, con il suo fantastico ragazzo Scorpius, il suo stuolo di tirapiedi e la migliore amica perfetta. Peccato che Grace sia così simile a Victoire! Si fa sempre notare, si mette sempre in mostra anche non apposta! Lei è così spontanea, dolce… conquista tutto e tutti con un sorriso, nessuno le può resistere. Poi Grace ha iniziato a comportarsi in modo assurdo. Beveva, fumava, usciva con frotte di ragazzi… E alla fine puff! Scompare nel nulla. Senza una lettera, senza un biglietto. Io scrivo a sua madre e lei mi dice che è andata a Beauxbatons. Andata a Beauxbatons! In Francia! E io, la sua migliore amica, non ne sapevo niente!”

Le guance di Dominique erano diventate pericolosamente rosse, sotto al perfetto velo di cipria che le ricopriva, e la sua voce si era fatta più acuta. Teddy sapeva quanto lei fosse orgogliosa, quanto le costasse calare la sua maschera di fredda superbia per svelare ciò che aveva dentro. Ma quando la sorgente Dominique spezzava la roccia, diventava un fiume in piena.

“Poi, dopo un anno, improvvisamente torna! E io cosa avrei dovuto fare? Andare lì, accoglierla a braccia aperte dopo un anno di silenzio? Ha avuto anche la faccia tosta di offendersi! Ma non è finita. Sai che cosa ho scoperto? Che era stata a letto con Scorpius! Lei, la mia migliore amica! Mi ha tradita esattamente come lui. E quel cretino di James che le andava dietro…”

“James?” fece Teddy, interdetto. “Che cosa c’entra adesso James?”

“Aveva deciso di fare il paladino della povera damigella maltrattata, l’avvocato del diavolo! E si è preso una bella fregatura. Per la prima volta in sette anni di scuola Gossip Witch si è accorta che Albus ha anche un fratello.”

“E come sta Jamie ora?” chiese Teddy, adesso preoccupato anche per lui.

“Che vuoi che ne sappia io… non ci parlo da almeno quattro anni.”

Nel vedere lo sguardo severo del futuro cognato, il mento di Dominique tremò.

“Ma lo sai qual è la cosa peggiore?” riprese, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Che qui dentro non ho neanche un amico a consolarmi. L’unica amica che avevo è quella che mi ha fatto più male. Non ho più un ragazzo. Le tirapiedi mi hanno voltato le spalle, e comunque non avrei mai fatto affidamento su di loro. I parenti che frequentano Hogwarts li ho maltrattati o ignorati per anni. E nonostante iocerchi in ogni modo di dare tutta la colpa a Grace, non ci riesco! A causa sua ho perso il mio ragazzo e tutta la mia corte di adulatori, ma sono stata io stessa a precludermi del tutto la possibilità di avere degli amici veri. Ho tiranneggiato l’intera scuola per anni al solo scopo di continuare ad essere la Regina, di far vedere a tutti che potevo essere all’altezza di Victoire. Ma ho ottenuto l’effetto opposto. Tutti mi odiano, Teddy.”

Teddy la abbracciò.

“Sai,” le sussurrò all’orecchio. “Io non ti odio. E credo che non ti odi neanche Grace Zabini, se vuoi saperla tutta”.

 

Per la prima volta, Grace Zabini viveva in silenzio. Da una settimana a quella parte si svegliava all’alba per non incrociare le compagne di dormitorio, evitava la Sala Grande all’ora dei pasti, tornava in Sala Comune solo in tarda ora. Trascorreva il tempo in angoli remoti della biblioteca e aveva adottato la Torre di Astronomia come luogo di studio. A lezione sedeva in fondo, da sola, cercando di non farsi notare. Ma tutto questo non bastava a placare i mormorii. Non bastava a cancellare il volto ferito di Dominique. Non bastava a cancellare i rimorsi, il profondo senso di colpa, l’odio e l’orrore che provava verso se stessa. Ma soprattutto, non bastava a cancellare l’espressione disgustata e fredda del volto di James, lo sguardo deluso che le rivolgeva ogni qual volta si incrociavano in classe, nei corridoi o in Sala Comune. Non si era mai sentita tanto sola in tutta la sua vita, e la cosa peggiore era che sapeva di meritarlo.

“Sai di meritarlo.”

Grace leva lo sguardo  verso sua nonna. Vyvienne ha più di  cinquant’anni, ma non è meno bella di quando ne aveva trenta. La chioma francese è scura e folta, senza un capello bianco, ma gli occhi sono dello stesso azzurro di quelli della nipote. Grace ha i capelli biondi e la carnagione ambrata, conferitale dal pallore della madre e la pelle scura del padre. Da piccola era convinta che sua nonna fosse gelosa perché lei le aveva rubato gli occhi, visto che Vyvienne non faceva che ripeterlo. Adesso ha quattordici anni appena compiuti, e l’unica cosa di cui è convinta è che la nonna incuta un reverenziale timore. Deglutisce, prima di risponderle.

“Che cosa merito, nonna?”

“Meriti che i tuoi genitori oggi non siano qui.”

Oggi è il trenta giugno. Il suo compleanno. I genitori si trovano in Costa Azzurra, nella Nizza magica.

“Perché?” chiede, con voce rotta.

Cerca di non piangere. Si sentirebbe ancora più umiliata.

“Perché sei uguale a me, ecco perché. Noi Leclerc siamo tutte uguali, Grace. Anche quando ci chiamiamo Zabini. La bellezza è la nostra unica arma, e sappiamo solo usarla per ferire a morte.”

Grace sente la rabbia crescere dentro di sé. Si alza in piedi, i pugni stretti.

“Io non sono come te!” ringhia.

Vyvienne resta impassibile. Le risponde placidamente, sorridendo con perfidia.

“Ti renderai presto conto di quanto siamo simili. Abbiamo lo stesso sangue, capisci?”

Grace capisce solo che i suoi genitori non sono lì. Le parole di Vyvienne la colpiscono come pugnalate, la sua calma la fa infuriare. La nonna sorseggia con grazia la sua tazza di tè serale, del tutto indifferente alla sofferenza di Grace. La ragazzina vorrebbe urlare.

La tazza di tè esplode. Gli occhi di Vyvienne si colmano d’ira.

Grace non l’ha fatto apposta. Grace vorrebbe urlare ancora più forte. Grace urla.

“Ti odio!”

Con la coda dell’occhio può vedere lo sguardo della nonna tingersi di rimorso e sofferenza, ma in quel momento non le importa. Si volta, e corre via, forte delle sue lunghe gambe adolescenti, in preda alla disperazione più feroce.  Supera il cancello della villa, incurante della voce di Vyvienne che chiama il suo nome. Si addentra nel bosco circostante il maniero, sempre di corsa, ignorando i rami secchi che le graffiano il viso e i richiami della nonna, sempre più fievoli. D’un tratto le ginocchia non la reggono, e cade carponi sul suolo ricoperto di foglie.

Sente un rumore di foglie smosse e un basso ringhio.

Poi, un ululato. Vicino. Molto vicino.

Solleva lo sguardo. Riconosce la creatura dall’illustrazione sul libro di Difesa del terzo anno.

Il licantropo è a pochi metri di distanza, e lei è senza bacchetta.

Grida. Forte e a lungo.

“Impedimenta!”

Grace viene sbalzata lontano. Sbatte la testa contro l’albero, e l’ultima cosa che vede prima di svenire è il lupo mannaro che balza addosso a Vyvienne.

“So di meritarlo…” sussurrò Grace.

“Come, prego?” disse una voce.

Si trovava nel bagno del secondo piano infestato da Mirtilla Malcontenta, di fronte al proprio smunto riflesso, e credeva di essere sola. Si voltò. Accanto alla porta, ad un’angolazione non visibile dallo specchio, c’era Roxanne Weasley, che la guardava duramente.

“Niente” rispose, piano.

“Bene” ribatté l’altra.

Fece per andarsene, quando Grace la fermò.

“Roxanne?”

“È la prima volta che mi chiami per nome, Zabini. A cosa devo l’onore?”

“Volevo solo chiederti come sta James…” mormorò.

Roxanne la guardò, stringendo gli occhi.

“Mi chiedi come sta James?!” la aggredì. “Secondo te come può stare James?!”

Per l’ennesima volta, in quella settimana, le lacrime premevano per uscire.

“Mi dispiace” riuscì a dire, deglutendo.

“Non credo che questo cambi le cose,” fece ancora Roxanne, aspra. “Lui si fidava di te!”

“E faceva bene…” mentre diceva queste parole, il mento di Grace tremava.

“Ti credeva diversa da quello che sei. Ti credeva capace di cambiare.”

Il cuore cominciò a martellarle le tempie e la gola.

Di nuovo…

“Io sono capace di cambiare” ribatté flebilmente, il respiro mozzato.

Non di nuovo. Non ora.

Scivolò lungo il muro umido, fino a ritrovarsi seduta.

Un altro attacco di panico. Era il quarto, quella settimana.

Roxanne doveva essersi accorta di qualcosa, perché le si avvicinò.

“Ti senti male?” chiese, bruscamente.

Grace aprì la bocca per parlare, ma dalla sua gola non uscì un suono. Si limitò a scuotere la testa, mentre il petto le si alzava e abbassava rapido, in preda ai suoi furiosi tentativi di respirare. Sarebbe passato da solo, come le altre volte. Roxanne si accovacciò accanto a lei, afferrandole il polso. Il battito era decisamente troppo accelerato, il volto dell’altra – dalla naturale carnagione dorata – era terreo.

“Calmati, Grace,” disse Roxanne, spaventata. “Ti prego, calmati.”

L’altra la guardò con gli occhi spalancati, come in trance. Tremava violentemente.

“Me lo merito…” sibilò a fatica, “so… di… meritarlo.”

“Che cosa?!”

“È tutta colpa mia… tutta colpa mia… la nostra unica arma… solo per ferire… ferire a morte…”

“Che cosa stai dicendo? Ferire a morte, ma cosa…”

“È  colpa mia! Se io non fossi scappata, lei…”

Grace stava delirando, Roxanne se ne rendeva conto.

“Grace, stai calma… adesso ti porto in Infermeria!”

A quelle parole, l’altra si agitò ancor di più.

“… No, non Infermeria…”

“D’accordo,” si affrettò a dire Roxanne. “Niente Infermeria, però respira… Che posso fare… Serve una bevanda calmante, qualcuno bravo in Pozioni… James è bravo, però… Albus!”

La porta del bagno si aprì. Roxanne si voltò: sulla porta, si stagliava la figura della cugina Lily, piccola e minuta, con i suoi fluenti capelli rossi e la divisa di Serpeverde.

“Che cosa succede?” la interrogò, stringendo gli occhi.

“Lily,” le disse Roxanne, in preda all’ansia, “vai a cercare Albus e digli di venire subito qui. Adesso!”

“Stai calma, ci sarei andata comunque anche se avessi usato un altro tono…”

La quattordicenne fece per andarsene, ma Roxanne la chiamò ancora.

“Lily.”

“Sì?”

“Non dire a nessuno che non sia del tutto affidabile quello che hai visto. Non voglio che Gossip Witch ne parli.”

La cugina le rivolse il ghigno malandrino tipico dei Potter, e per un attimo a Roxanne parve di avere di fronte James piuttosto che la piccola perfida Lily.

“Puoi giurarci,” ribatté la Potter. “Non voglio che Gossip Witch distolga l’attenzione dal declino di Dominique, sarebbe controproducente.”

 

“Lucy?”

Prima ancora di girarsi, Lucy Weasley aveva riconosciuto quella voce. Voltò le spalle allo scaffale, rivolgendosi invece a chi le aveva parlato.

“Sì?”

“Dovevo restituire questo.”

Scorpius Malfoy le porse la copia di Pozioni Avanzate che aveva preso in prestito, e le sorrise. Lei prese il libro senza una parola, e si allontanò in fretta lungo lo stretto corridoio della biblioteca.

“Ehi, Lucy! Aspetta!”

Il ragazzo la seguì di corsa, raggiungendola e afferrandole il gomito per farla arrestare. Lei si voltò di scatto.

“Che cosa vuoi?” chiese, agitata.

“Che ti prende?” le domandò Scorpius di rimando.

Lucy guardò da un’altra parte, arrossendo.

“È colpa mia,” disse poi con un filo di voce. “Non avrei mai dovuto dirti quelle cose… scusa.”

Approfittò del fatto che lui le aveva lasciato il braccio per marciare verso la sezione C. Scorpius continuò a seguirla.

“Ma sono stato io a chiederti un’opinione… mi hai detto quello che pensavi, tutto qui!”

Lucy si voltò, sbuffando.

“Questo non cambia le cose,” disse a mezza voce. “Resta il fatto che se fossi stata zitta quattro persone non avrebbero sofferto.”

Riprese a camminare. Scorpius di nuovo la affiancò.

“Chi sarebbero queste quattro persone?” le chiese, affabile.

Adesso cominciava a sentirsi veramente esasperata.

“Dominique, Grace Zabini, mio cugino James e uhm, vediamo… tu?”

Scorpius ridacchiò.

Okay, questo è veramente matto…

“Che cosa c’è di tanto divertente?” chiese, seccata.

“Mi sei simpatica, credo di avertelo già detto. E comunque io sto benissimo. Non sto soffrendo, credimi.”

“Ottimo allora! Meglio per te!”

Ormai aveva raggiunto la sezione C, sempre con Malfoy alle calcagna. Appellò la scala distrattamente, e questa scorse sullo scaffale con il solito rollio. Lucy fece per salire sul primo gradino, ma Scorpius la fermò.

“Che cosa c’è adesso?”

“Soffri di vertigini, me ne sono accorto sabato scorso… lo sistemo io, il libro.”

“Ma se non sai neanche qual è il suo posto!”

“Ho visto dove lo prendevi l’altra volta.”

Lucy non poté fare altro che tacere, e attendere che il ragazzo scendesse. Maledisse mentalmente sua madre Audrey con i suoi precetti di cortesia.

Non posso mica mollarlo qui mentre risistema un libro al posto mio…

“Grazie” borbottò impacciata, una volta che il ragazzo fu tornato con i piedi per terra.

“Non c’è di che!” ribatté lui, allegro. “Anche io ti volevo ringraziare.”

Ringraziare?” fece Lucy, incredula. “E per cosa?”

“Le tue parole mi hanno dato il coraggio per fare quello che avrei dovuto fare tre anni fa, cioè farla finita con Dominique. Anche se tecnicamente è stata lei a farla finita con me…”

Scorpius la guardò, sorridendo ancora.

Dopo un istante di esitazione, anche il volto di Lucy si aprì in un sorriso.

“A proposito, Lucy… vieni con me ad Hogsmeade, sabato prossimo?”.

 

Se c’era una cosa che Lily aveva appreso in tutti quegli anni in cui aveva osservato Dominique con attenzione, in attesa di prendere il suo posto, era che non bisognava mai farsi vedere di fretta. Andare di fretta significava essere in ritardo o avere qualcosa di urgente da fare, e l’impressione che si doveva dare era invece quella di essere tanto bene organizzate da non avere simili inconvenienti. La fretta poteva anche manifestare l’ansia, e una vera Regina ha sempre la certezza di avere tutto sotto controllo. Fu per questo che utilizzò tutti i passaggi segreti di sua conoscenza, nel coprire i cinque piani che la separavano alla Sala Comune di Grifondoro. Arrivò in cima col fiatone, ma in compenso nessuno l’aveva vista percorrere le scale quattro a quattro.

“Lily? Che cosa ci fai quassù?”

Si voltò, e vide di fronte a sé suo fratello James, con quell’espressione tormentata che aveva assunto nell’ultima settimana e che, a detta di Lily, gli donava molto.

“Sto cercando Al, Jamie,” gli disse, sfoderando un sorriso zuccheroso. “Me lo potresti chiamare, per favore? Tutto quel rosso-oro mi dà allergia.”

James ridacchiò. A Lily non ci volle molto per capire che non lo faceva da diversi giorni.

Dovrebbe far pace con Grace. Si sentirebbe meglio, e lei probabilmente non rischierebbe di rovinarmi la scalata al potere con qualche svenimento da scoop…

Lo vide scomparire dietro al ritratto della Signora Grassa, per poi tornare pochi istanti dopo in compagnia del Potter di mezzo.

“Che cosa succede?” la interpellò Albus, guardandola come in cerca di ferite.

“Grace Zabini si è sentita male,” disse senza tanti giri di parole. “Roxanne è con lei, nel bagno delle femmine del secondo…”

Che cosa?!” la interruppe James, ad alta voce.

“Grace Zabin,i” ripetè lei, calma. “Credo che sia stata affatturata, o qualcosa del genere…”

James sembrava come pietrificato.

Ho gettato l’amo! Il suo cuore Grifondoro sarà molto in ansia, povero fratellone.

Albus capì la situazione al volo.

“Lily, ascoltami bene,” disse, mantenendo la calma. “La parola d’ordine è Schiopodo Sparacoda. Corri nel mio dormitorio e prendi la mia scorta di ingredienti per pozioni e il calderone. Io intanto raggiungo Roxanne e Grace. Tu” si rivolse a James, che era decisamente sotto shock “Vai in Sala Comune e non ti muovere di lì!”

Detto questo, Albus si fiondò giù per le scale, diretto al bagno di Mirtilla Malcontenta.





Dunque! Ho fatto aspettare molto per questo aggiornamento, e mi dispiace. Ad ogni modo, come avrete capito la storia non si concluderà qui! I personaggi si stanno inserendo da soli, e questo mi porta a creare nuovi story line. Adoro quando mi succede, e ho il vago sospetto che Gossip Witch diverrà una long (credo non più di nove/dieci capitoli). Veniamo a questo capitolo. Probabilmente, tutta la parte relativa a Grace vi sarà parsa troppo drammatica, e la nonna troppo cattiva. Ma ricordiamoci che Mrs Zabini Senior (a proposito, nome di battesimo e cognome da nubile li ho inventati) ha sposato una lunga serie di uomini per avvelenarli e prendere il loro denaro, quindi tanto buona non deve essere!

Poi. Mi dispiace per tutti gli eventuali sostenitori di una Rose/Scorpius oppure una Lily/Scorpius. La mia Lucy/Scorpius non è nata così a caso, era decisa fin dall’inizio. Io li adoro insieme e mi andava di sperimentare una coppia nuova.

Comunque, mi piacerebbe ricevere un’opinione sulla mia storia! Anche solo un “mi piace” oppure un “fa schifo”.

Grazie mille a chi segue, ricorda, preferisce, recensisce!

Baci, Daphne S.

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Capitolo 4
*** 4. Bad News, Grace! ***


1x04

Bad News, Grace!


Grace Zabini si affacciò dal suo nascondiglio, dietro ad una colonna della sala d'ingresso, per poi tornare a rifugiarvisi ancora. Aveva individuato Roxanne a pochi passi di distanza, in compagnia di Albus Potter - con sua grande sorpresa e sollievo, poichè temeva di incontrare James. Si raddrizzò la gonna, sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed uscì dalla sua postazione. Al suo arrivo, i due cugini smisero di parlare all'istante, dandole la netta sensazione di essere lei stessa l'oggetto della loro conversazione.
"Ciao," esordì, esitante. "Posso parlarti, Roxanne?"
L'altra annuì, tranquilla. Albus mormorò un saluto a Grace, meravigliata dal comportamento del ragazzo, per poi allontanarsi rapidamente, dirigendosi ad abbordare una Tassorosso del quinto anno.
"Cosa mi devi dire?" le domandò Roxanne, osservandola con i suoi caldi occhi scuri,
Grace si morse le labbra nervosamente, prima di rispondere.
"Ti volevo ringraziare," le disse. "Per l'altro giorno. Quando..."
"Non c'è di che," tagliò corto l'altra, vedendola tentennante. "Piuttosto, tu come stai?"
"Bene!" ribatté lesta Grace, con un sorriso forzato. "Molto meglio!"
"Bene," commentò Roxanne, senza crederci neanche un po'.
"Scusa, ora dovrei andare," proseguì dopo un istante di silenzio. "Ho lezione di Cura delle Creature Magiche..."
"Oh, sì! Certo".
Grace aveva abbandonato ogni tentativo di sorridere: piegò appena le labbra e si allontanò. Non appena scomparve dalla visuale di Roxanne, quest'ultima si abbandonò ad un sospiro di sollievo. Si volse e corse a raggiungere Albus, che, abbandonata la Tassorosso, l'aspettava silente qualche corridoio più in là.
"Allora?" lo interrogò. "Che cosa ti ha detto?"
"Mi voleva solo ringraziare," rispose Roxanne. "Ma l'ho vista piuttosto in crisi.”
"Tutti torna," commentò Albus. "Grace nasconde qualcosa. Qualcosa che teme abbiamo scoperto. La domanda a questo punto è: perché ha tanta paura che qualcuno scopra il suo segreto?"
"Io avrei un'idea" cominciò Roxanne.
Albus strinse gli occhi, incuriosito.
"Continua" le disse con tono interessato.
"Beh, ti ho già detto che quando si è sentita male ha cominciato a dire cose strane... del tipo ferire a morte e cose simili..."
Albus alzò le sopracciglia.
"E allora?" la esortò, con grande stupore di Roxanne, la quale era rimasta di stucco a causa della sua inusuale impazienza.
"Beh... ho pensato che forse non c'entrasse niente il passato... forse quello che ha detto riguardava il futuro," lo guardò. "E se fosse una veggente?"
Albus meditò per qualche manciata di secondi, prima di rispondere.
"Potrebbe anche essere," le concesse. "Ma come possiamo esserne certi?"
"Io non ho mai fatto Divinazione, Al... che cosa ne posso sapere?"
Con sua grande sorpresa – ma era una prerogativa di Albus il lasciarla di stucco –, il ragazzo ridacchiò.
"Mai stata in biblioteca, Roxanne?"

"Che cosa ci fai qui, Weasley?"
Dominique si volse per vedere chi aveva parlato. Davanti a lei c'era un ragazzo dai capelli scuri, che indossava la divisa di Serpeverde e sorrideva furbescamente in un modo che lei conosceva fin troppo bene.
"Che cosa ci fai tu qui, Jake?" ribatté. "Hai deciso che il rosso-oro ti dona di più?"
In effetti, era proprio dalle parti della torre di Grifondoro che Dominique si trovava, per cercare Grace, anche se faticava ad ammetterlo. Jacob Greengrass non si scompose affatto alle sue parole, anzi.
"Joanne Hathaway del settimo meritava la strada," disse, sfoderando un ghigno se possibile ancor più ampio. "Vedessi che gambe, e che..."
"D'accordo, Jake, ho capito. Non c'è bisogno che continui," tagliò corto Dominique, storcendo il naso. "Piuttosto, hai visto Grace?"
Gli occhi di Jacob scintillarono di comprensione.
"Capisco," commentò. "Hai deciso di ritirare gli artigli. Alzi bandiera bianca.”
"Non è affar tuo cosa io abbia deciso o non deciso di fare, Greengrass," mormorò freddamente, seccata. "Adesso, vuoi o no rispondere alla mia domanda?"
"D'accordo," concesse Jacob. "È uscita cinque minuti fa dal suo dormitorio. Naturalmente non mi ha detto nulla, solo lanciato un'occhiata disgustata... Come se lei non avesse mai fatto nulla di simile... Te l'ho detto, ero nel letto della Hathaway, che..."
"Ora basta!" lo interruppe Dominique, esasperata.
Se Albus era un maestro in frasi enigmatiche e sottintesi, Jacob, al contrario, si divertiva ad essere fin troppo esplicito. Lei era stata costretta a sopportarne la presenza per anni a causa dell'amicizia del ragazzo con Scorpius, ma adesso, decise, non ne avrebbe più subito la compagnia. Anche perché aveva una mezza idea di dove potesse essersi cacciata Grace.

Lily Potter, da qualche giorno a quella parte, si era messa in testa di osservare i movimenti di Grace, poiché riteneva che studiandola con attenzione avrebbe trovato il modo di farla riavvicinare a James, e la seguiva come un'ombra ovunque andasse. Complice il Mantello dell'Invisibilità, Lily non aveva difficoltà a pedinarla senza essere vista, ma dalla sua operazione di spionaggio ancora non era riuscita a dedurre alcunché. Quel giorno, Grace Zabini – con l'invisibile Lily alle calcagna – si era spinta fino alla Torre di Astronomia, dove si era appoggiata al parapetto, scrutando il panorama con quell'espressione angosciata che non le si addiceva, e che, secondo Lily, cominciava a divenire noiosa. La Potter, dal canto suo, aveva deciso di non uscire sulla balconata e aveva scelto una finestra aperta come punto di osservazione.
Improvvisamente, Lily udì dei passi salire su per la scala a chiocciola, e doveva averli uditi anche Grace, poiché si volse di scatto. Il suo volto si dipinse di sgomenta sorpresa nel riconoscere i capelli dorati e la carnagione alabastrina di Dominique Weasley emergere dalla botola. Tuttavia, Grace non parlò, e si limitò a fissare intensamente l'altra, mentre gradualmente un'espressione grave prendeva il posto dello stupore, in attesa che Dominique dicesse qualcosa. In effetti, la prima a parlare fu proprio la Weasley.
"Grace" mormorò, seria.
"Come stai, D.?" sussurrò l'altra in risposta.
Lily aguzzò le orecchie, incuriosita, e si sedette comodamente a terra, in ascolto. Non si rese conto che il Mantello era scivolato da una parte, lasciandole scoperto un piede calzato da una ballerina di vernice verde.
Attraverso la finestra spalancata, le voci delle due ragazze giungevano forti e chiare.
"Non bene," ammise Dominique, con un tono schietto che sorprese Lily. "Il mio potere si sta dissolvendo irreparabilmente.”
"Era già successo al quarto anno," le ricordò Grace, cauta. "E ti sei ripresa benissimo. Vedrai, sarà così anche questa volta.”
"Non da sola," ribatté l'altra con voce rotta. "L'altra volta c'eri tu con me. E Scorpius.”
Grace non rispose.
"Se sono salita quassù per cercarti," riprese Dominique. "È per un motivo.”
Lily la udì deglutire.
"Voglio sapere come mai in quarto sei tornata dalle vacanze e hai cominciato a fare una pazzia dietro l'altra. E voglio che tu mi dica la verità. Tutta verità.”
A queste parole, ci furono alcuni minuti di silenzio. Lily, sebbene non potesse vedere le ragazze, riusciva a figurarsi Grace con l'occhio della mente: tesa e concentrata a scrutare l'orizzonte con occhi tristi. Finalmente, la udì proferir parola.
"Ricordi mia nonna Vyvienne, Dominique?" disse con voce flebile.
"Quella che si è trasferita in Francia tre anni fa?"
"Già... Beh, il giorno del mio quattordicesimo compleanno ero sola in casa con Vyvienne. Ora, non so se ricordi lei come era... le cose che mi diceva.”
Evidentemente Dominique doveva aver annuito, poiché Grace proseguì.
"Quel giorno, disse cose più cattive. Cose veramente crudeli. Così mi infuriai e scappai di casa," – la voce aveva presi a tremarle –, "e nel bosco intorno alla villa mi attaccò un lupo mannaro..."
Lily non riuscì a udire altro, perché qualcuno le aveva sfilato di dosso il Mantello dell'Invisibilità. Qualcuno di alto e allampanato, dai capelli rossi, con occhi scuri come i suoi che la scrutavano con severità. Hugo Weasley era in piedi di fronte a lei, con la sua divisa di Corvonero, e a giudicare dalla sua espressione avrebbe potuto affatturarla da un momento all'altro. Lily si pose l'indice sulle labbra, facendo disperatamente segno ad Hugo di mantenere il silenzio, e si fece docilmente trascinare per un braccio giù dalla scala a chiocciola. Non le dispiaceva poi così tanto il non aver udito il resto della conversazione. La sconvolgente scoperta che Grace Zabini fosse un licantropo le era bastata e avanzata. Non appena furono usciti dalla Torre, Hugo le si rivolse, irato.
"Si può sapere che cosa stavi facendo lassù, Lily?" la aggredì.
"Hugo, prima di tutto calmati," sbuffò lei. "Poi anche tu eri là, mi sembra.”
"Avevo dimenticato il telescopio. Te?"
"La mia mappa planetaria" fece Lily, assumendo l'espressione più innocente di tutto il suo repertorio.
Hugo sollevò le sopracciglia, scettico. Lily aveva sempre avuto un certo talento per le bugie, ma lui la conosceva troppo bene perché potesse anche solo sperare di ingannarlo. Oltretutto, sebbene il suo volto fosse impassibile, gli occhi le brillavano di eccitazione, ed era chiaro che moriva dalla voglia di dire qualcosa. Infatti, quando le chiese come mai stesse origliando, Lily non riuscì più a contenersi.
"Seguivo Grace Zabini," confessò. "È un lupo mannaro!"
"È un lupo... Che cosa!?"
Hugo Weasley si disse che aveva sentito male. Si, aveva decisamente sentito male.
Tuttavia, vedendo la piccola perfida Lily per una volta in preda all'ansia, capì di aver sentito benissimo. Con i loro occhi di uguale colore – lo stesso castano luminoso della nonna Molly, di Ginny e di James – si scambiarono un identico sguardo agghiacciato.

James Sirius Potter stava cercando la sorella. Aveva assunto un cipiglio che ricordava sgradevolmente quello di zio Percy, e si aggirava per i corridoi con in mano una certa vecchia pergamena. Si diresse con sicurezza verso il sesto piano – dove aveva individuato i puntini corrispondenti a Lily e al cugino Hugo.
“Lilian Luna Potter!” le si rivolse severamente, brandendo la Mappa del Malandrino come fosse una clava.
“Oh-ho...” fece Lily, mentre sul viso l’inequivocabile espressione di chi è stato colto sul fatto.
James sapeva diventare tremendamente simile alla madre, in certe occasioni.
“Credi che sia così stupido da non accorgermi che stai pedinando Grace da una settimana?”
“James, c’è qualcosa che devi sapere...”
“Insomma, Lily!” proseguì il fratello, ignorandola. “So che hai il gusto per i complotti, ma questo... sono tuo fratello, Merlino!”
“James, Grace è un lupo mannaro!”
L’ira scomparve dal volto di James come fosse stata risucchiata.
“Lily,” le disse. “E’ troppo chiederti di dirmi che stai scherzando?”
La ragazzina fece per rispondere, ma lui la interruppe.
“Vado a cercare Grace!” borbottò, prima di allontanarsi di corsa.
Hugo e Lily si scambiarono uno sguardo. Quest’ultima raccolse da terra la Mappa del Malandrino, che il fratello aveva fatto cadere nella foga.
Per il resto del pomeriggio, James cercò Grace dappertutto. La ragazza non si presentò a Pozioni, e James non riuscì a parlarle durante Trasfigurazione né dopo, dato che Grace si allontanò immediatamente in compagnia di Dominique – la loro riappacificazione era stata annunciata da Gossip Witch un paio d’ore prima. Alla fine, decise di attenderla in Sala Comune, dove trascorse le due ore che lo separavano dagli allenamenti di Quidditch fissando il fuoco e terrorizzando qualche primino colpevole di aver riso troppo forte.

“...La Veggenza sovente suole manifestarsi ogni tre generazioni, essendo essa un carattere di natura ereditaria... tutta questa roba non ci interessa,” sbuffò Roxanne. “Possibile che in tutta la biblioteca non esista un libro con su scritto quello che ci serve?”
“Ossia per quale diavolo di motivo uno dovrebbe vergognarsi di essere un Veggente?” ribatté Albus in tono annoiato, mollemente allungato sulla sedia. “Non sono cose che di solito trovi sui libri, e poi non è così complicato, se ci rifletti un po’. Pensa alla Cooman...”
“Senti, Al, l’hai proposto tu di andare in biblioteca!” lo rimbeccò Roxanne, seccata. “Perciò vedi di non...”
“Potreste andare nella foresta a parlare con gli Andrippi” propose una voce sognante alle loro spalle.
I due si voltarono di scatto, presi di sorpresa, per ritrovarsi davanti un ragazzo molto alto e molto magro, che indossava la divisa di Corvonero e aveva capelli biondo sporco che gli arrivavano alle spalle.
“Salve, Lysander,” disse Albus. “Potresti gentilmente ripetere?”
Lysander Scamandro sbatté un paio di volte le palpebre, prima di rispondere. Roxanne trattenne una risatina.
“Ho sentito che cerate notizie sulla veggenza. Potreste andare nella foresta a parlare con gli Andrippi. Sono degli esperti in materia...”
“Senza offesa, Lysander,” lo interruppe nuovamente Albus. “Ma cosa diavolo sono gli Andrippi?”
Con grande sorpresa di Roxanne, Scamandro ridacchiò.
“Merlino, scusate,” rispose. “E’ mia madre che li chiama così. Intendevo i centauri!”
I due cugini si scambiarono uno sguardo.
“Si potrebbe fare un tentativo,” convenne infine Albus. “Solo che io ho gli allenamenti, stasera. Sono il capitano, non posso mancare”.
“Beh,” fece Lysander, indicando Roxanne. “Potrei accompagnarla io”.

“James! Ma che diavolo hai stasera!? Quella puffa l’avrebbe passata bene anche uno Knarl!”
James, con il vento che gli scompigliava i capelli – come se ne avessero bisogno! –, si limitò a guardare laconicamente verso il fratello minore che volava verso di lui a tutta velocità. Se Albus normalmente era un gatto sornione, sul campo da Quidditch diventava pericolosamente simile ad una tigre infuriata. Tuttavia, dovette accorgersi che qualcosa non andava, poiché - una volta vicino - invece di urlargli addosso gli si rivolse con serietà.
“Non ti senti bene, Jamie?” gli chiese.
“No, non mi sento affatto bene” confessò James, ed era la verità. Si sentiva veramente a pezzi.
“Va bene,” rispose Albus – che nel frattempo aveva intravisto una testa bionda di nostra conoscenza sugli spalti bui –. “Vai, James!”
“Cosa?” fece l’interpellato. “Veramente, Al, non serve, io...”
“Tu non stai bene, e in queste condizioni qui sei del tutto inutile. E poi,” aggiunse, sussurrandogli all’orecchio. “C’è qualcuno che ti sta aspettando”.
Indicò le tribune con un cenno del mento. James seguì la traiettoria del suo sguardo, e il suo cuore mancò un battito quando riconobbe Grace sugli spalti in ombra. Senza altre parole, inclinò il manico di scopa verso il basso e planò a terra. Scopa in spalla, uscì dallo stadio, alla cui uscita trovò Grace ad attenderlo.
“James,” gli si rivolse subito, seria. “Tua sorella mi ha detto che mi cercavi. Che cosa succede?”
“Grace, io so tutto,” non riuscì a trattenersi. “So quello... Quello che sei”.
La ragazza sembrava interdetta.
“Quello che sono?” chiese, estremamente perplessa. “James, ma cosa...”
“So che sei un lupo mannaro!”

“Stai attenta, Roxanne Weasley. Quello è un Grigopurus Grogaria. Potresti ricoprirti di eczemi bluastri, se ti avvicini troppo.”
Roxanne guardò gli occhi spalancati di Lysander e la tenuta da safari viola acceso che indossava, e ancora una voltà maledì Albus per averla cacciata in quella situazione.
Nella Foresta Proibita. Di notte. Con Lysander Scamandro.
“Mmh...” bofonchiò in risposta.
“Come mai mugugni, Roxanne? Mi farebbe tanto piacere se mi parlassi”.
Albus, sei morto.
“Di che cosa dovrei parlarti?” replicò in tono duro.
“Del fatto che odi Trasfigurazione, ad esempio. O del perchè la tua marmellata preferita è quella di limoni,” – sembrò non accorgersi dell’espressione stupefatta della ragazza –. “Insomma, è un gusto insolito. Chi altro mette la marmellata di limoni sui toast? Nessuno, eppure tu la usi sempre...”
Roxanne si limitò a guardarlo, troppo sconcertata per dire una qualunque cosa.
“...Ti deve piacere anche molto, perchè ne mangi regolarmente cinque toast. Sei, nelle giornate no”.
“Senti un po’,” fece Roxanne, imbarazzata – le piaceva mangiare e le sue forme abbondanti lo dimostravano –, “ma ti appunti quello che mangio, per caso?”
Insomma, avremo parlato sì e no due volte...
“No,” rispose Lysander semplicemente, con tono del tutto innocente. “Solo che ti osservo, tutto qui. Guarda!” esclamò entusiasta, una luce adorante negli occhi. “Una Capoguscio Arzilla!”
Si chinò, prendendo fra le mani quella che – a detta di Roxanne – era una banalissima chiocciola.
“Quella è una chiocciolina, amico!” disse una voce burbera sopra le loro teste. “Che ci fate in giro di notte per la foresta? E’ pericoloso!”
Roxanne si voltò, e sospirò di sollievo nel vedere Rubeus Hagrid, il professore di Cura delle Creature Magiche. Lysander sorrise.
“Oh salve, signor Hagrid! Ci dica, ha per caso visto in giro degli Andrippi?”
Hagrid corrugò le sopracciglia cespugliose.
“Mica lo so di cosa parli, però qui non ci dovete stare. Mi dispiace, Rox, ma ci sono costretto a denunciarvi...”
“Hagrid,” fece Roxanne con tono supplichevole. “So che sei il nostro professore, ma ti prego, non dire alla preside che stavamo nella Foresta!”
Il volto di Hagrid si aprì in un sorriso.
“Ma no, ti pare! Mica voglio farvi espellere! Però una bella punizione non ve la leva nessuno...”
Roxanne lanciò un’occhiata a Lysander, che ricambiò con un sorriso sereno. Sembrava che l’idea di beccarsi una punizione non lo sfiorasse minimamente.
Con sommo orrore, Roxanne realizzò che probabilmente avrebbero dovuto scontare il castigo insieme.

“So che sei un lupo mannaro!”
Alle parole di James seguirono alcuni istanti di silenzio. Grace strinse le labbra, mentre si sentiva avvolta da un nauseante senso di sgradevole sconcerto.
“Non che questo sia un problema,” si affrettò ad aggiungere James. “Uno dei miei migliori amici è Teddy Lupin, e lui è figlio di un licantropo, quindi...”
“James,” lo interruppe lei, piano. “Non so chi ti abbia detto questa cosa, ma ti posso assicurare che non sono...”
“Davvero, non sarebbe un problema per me, non ti devi vergognare di questo. Non è colpa tua, non...”
“Non sono un lupo mannaro, James!”
Il ragazzo tacque di colpo, mentre assumeva un’espressione sollevata.
“Ma se tu non sei un lupo mannaro,” fece lui. “Allora chi....”
“Mia nonna lo è,” rispose Grace in tono neutro. “O meglio, lo era. E per quanto riguarda questo... sì, è colpa mia”.
James la guardò ancora, e la vide lottare contro le lacrime. La vide fragile, ma determinata.
Le si avvicinò, le pose un bacio sulla fronte.
“Ne vuoi parlare?” disse, cauto.
Grace annuì.

 


 

Salve gente! Prima di tutto grazie a chi segue, preferisce, ricorda. E naturalmente ai coraggiosi tre che hanno recensito! Questo capitolo è un po’ troppo lungo, credo, ho faticato a farci stare tutto. Comunque! Spero che l’inserimento dei nuovi personaggi abbia avuto successo. Un piccolo appunto su Lysander: Andrippo è una sorta di fusione fra le due parole greche che stanno per “uomo” e “cavallo”. Ho pensato che un nome strano fosse molto alla Luna.
Vabbè. Recensite!
Baci <3

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Capitolo 5
*** 5. Dare Devil ***


 

1x05

Dare Devil

“Sei sicura che sia ancora nel suo ufficio, D.?”
“Più che sicura. Il sabato si alza allle dieci, si fa portare la colazione dagli elfi domestici e si dedica alle sue pozioni per un paio d’ore, prima di scendere a pranzo,” guardò l’orologio “Adesso dovrebbe aver appena finito la colazione”.
Dominique si arrestò di fronte alla porta dell’ufficio del professor Lumacorno, e Grace fece altrettanto. Mentre quest’ultima sbadigliava e si stropicciava un occhio, Dominique - la quale non aveva potuto fare a meno di notare suo malgrado quanto l’amica stesse bene anche struccata e spettinata - controllò che la gonna color melanzana fosse in ordine e lisciò il colletto della camicia candida con due dita. Sapeva di avere un aspetto impeccabile, con la gonna al ginocchio, il maglioncino stirato e i capelli raccolti. Gettò uno sguardo a Grace, la quale nel frattempo continuava a sbadigliare come un gatto pigro.
La sua gonna è un po’ troppo corta, decretò, ma nei limiti della decenza.
Il foulard fra i capelli di Grace era allentato e un po’ storto, ma nonostante ciò la ragazza era fin troppo bella anche così.
Scosse la testa, pensierosa, e bussò tre volte alla porta. Si udì un tramestio all’interno, e pochi istanti dopo i baffoni candidi di Horace Lumacorno fecero capolino da uno spiraglio. Il professore non parve particolarmente sorpreso dalla loro presenza.
“Dominique, ragazza mia!” esclamò, per nulla infastidito “E la signorina Zabini, naturalmente. Entrate, entrate...”
Si scostò, permettendo loro di passare. Come sempre, la stanza era ampia, sui toni del cremisi e del verde, e pareva tutt’uno con il suo occupante, la cui immensa mole era avvolta in una ricca veste di velluto ricamato. Lumacorno sprofondò pesantemente in una grossa poltrona, facendo loro segno di accomodarsi su soffici poltroncine più piccole.
“Dunque, ragazze,” disse, affondando la mano nella scatola di ananas candito posata accanto a lui “A cosa devo il piacere di questa visita?”
Dominique, seduta compostamente al suo posto, rivolse all’insegnante un sorriso zuccheroso.
“Beh, professore,” cominciò in tono compito “Lei sa quanto la sua fama di organizzatore sia superiore a quella di chiunque altro”.
Come previsto, il sorriso di Lumacorno si fece ancora più ampio, sensibile com’era all’adulazione. Sul volto di Grace - comodamente stravaccata sulla poltroncina - aleggiava un’espressione divertita, e la ragazza ammiccò in direzione dell’amica, spronandola a proseguire.
“...Quindi non sarà sorpreso dal fatto che io mi rivolga a lei per organizzare una festa”.
“L’hai sempre fatto, Dominique” le fece notare bonariamente il professore.
“Per l’appunto,” ammise lei, soppesando con cura le parole “Certamente sarebbe in grado di organizzare un party a breve termine”.
“Naturalmente” confermò Lumacorno.
Dominique gettò uno sguardo a Grace, che prese la parola.
“Ad esempio stasera, professore?” fece, sfoderando il più dolce e luminoso dei suoi sorrisi.

Buongiorno, Sala Grande! E’ Gossip Witch che vi parla, la vostra sola ed unica fonte di notizie sulla vita scandalosa dell’élite di Hogwarts. Sembra che Dominique Weasley stia organizzando una festa assieme a Grace: stai cercando di riprendere la tua corona, D.? Ti consiglio un Incanto Scudo, Dom. Non tutti potrebbero averla presa bene! Per quanto riguarda G., invece... Beh, fra i preparativi di un party e un tradimento da farsi perdonare temo che sarà piuttosto impegnata in questi giorni! Baci e abbracci, Gossip Witch.
Leggendo queste parole sul suo galeone stregato, James Potter scorse con lo sguardo la tavola di Grifondoro, in cerca di una certa bellissima ragazza, ma di Grace non v’era traccia alcuna. Con un cupo presentimento, si volse verso i Serpeverde, e difatti la chioma dorata della giovane Zabini risaltava vivace accanto alla testa altrettanto luminosa di Dominique. Grace si accorse del suo sguardo, e gli sorrise, per poi voltarsi nuovamente verso l’amica, che aveva richiamato la sua attenzione con aria seccata. James si concentrò nuovamente sul suo pasticcio di carne, sentendosi decisamente depresso. Un notevole fracasso gli comunicò la presenza di Roxanne, la quale si lasciò cadere sulla panca accanto a lui con aria sconsolata.
“Buongiorno, Rox,” le disse con voce piatta “Che ti succede?”
“Punizione,” borbottò lei in tono funereo “Con Lysander Scamandro”.
Si guardarono. Roxanne parve allarmata nel vedere la sua espressione.
“A te che cosa succede, Jamie?” lo interrogò, ansiosa.
“Dominique e festa. Ergo, Grace non ha tempo per me”.
Udendo il nome della ragazza, Roxanne si irrigidì.
“Grace?” gli chiese “Avete fatto pace?”
“Sì,” rispose James, irritato “E ti chiedo solo di fidarti di... Un momento!” la guardò “Come mai sei finita in punizione con Scamandro?”
Con sua enorme sorpresa, Roxanne arrossì.
“Beh, ecco... Io...” balbettò “Noi stavamo...”
“Voi stavate cosa?” la incalzò James, sfoderando il ghigno malizioso che lo rendeva straordinariamente simile al fratello.
“Noi... Ecco...”
“Dai, Roxanne!” insisté lui, divertito “Che cosa hai fatto con Lysander Scamandro?”
“Siamo andati nella foresta a parlare con gli Andrippi,” intervenne una voce distratta alle loro spalle “Salve, Roxanne Weasley”.
Lysander si allontanò così come era venuto, camminando placidamente fra i tavoli, mentre agitava la mano come se stesse scacciando delle mosche invisibili - cosa che attirò non poche risatine.
James adesso era piuttosto sconcertato.
“Che cosa sono gli Andrippi, Rox?”
“I centauri” rispose mesta la cugina, guardando in un’altra direzione.
“E come mai avresti dovuto parlare con i centauri?”
“Beh, ecco... Noi cercavamo notizie sulla veggenza” concluse in fretta Roxanne.
Il maggiore dei Potter era sempre più stupito.
Che cosa importa a Roxanne della veggenza? Lei non ha mai fatto Divinazione!
“E come mai?” la interrogò “E soprattutto, perchè con Lysander?”
“Beh, Albus aveva gli allenamenti, così io...”
Ma si interruppe di colpo, con tutta l’aria di chi ha appena commesso un colossale passo falso.

Lily Potter non era affatto contenta. Aveva curato ogni dettaglio, pianificato ogni mossa, considerato ogni possibile modo di sfruttare il declino di Dominique a proprio favore. Tutto ciò per risalire la scala sociale fino al dominio dell’intera scuola. E adesso Dominique continuava a metterle i bastoni tra le ruote! Aveva cominciato con la pessima idea di riconciliarsi con Grace, ma non si era accontentata del trambusto che tale notizia aveva creato, no. Adesso con una sola, banale, stramaledettissima festa minacciava di vanificare tutto il lavoro fatto per tentare l’ascesa al trono.
Decisamente, Lily Potter non era affatto contenta. Dotata com’era di una discreta quantità di materia grigia - benchè sfruttata in discutibili scopi -, il suo notevole e acuto cervello si mise in moto all’istante, teso ad esaminare con attenzione ogni tattica da lei conosciuta per rovinare una festa. Chiaramente, non doveva essere possibile l’identificazione di Dominique. L’opinione comune sarebbe dovuta essere quella di un errore della regina. Lily sapeva che le possibilità di distruggere la cugina durante il party erano ben poche.
Ma, pensò Lily, la festa posso sempre rovinarla prima.
Ma come?
Diffondendo informazioni sbagliate sul luogo e l’ora del party, naturalmente.

“Come vi è venuta in mente una cosa del genere!?”
Quando Albus riconobbe, nella furia urlante che gli si era scatenata contro, il fratello maggiore, si sentì decisamente agghiacciato. Cercando di mantenere un contegno, si rivolse a James.
“Respira, Jamie,” ribatté “Così esplodi. E poi, vorresti gentilmente spiegarmi a cosa ti riferisci?”
“Mi riferisco,” sibilò James “Agli Andrippi...”
In quel momento, Al Potter - il mitico Al Potter, il più grande tombeur de femme di Hogwarts da Sirius Black a quella parte - avrebbe voluto sprofondare. Sotto terra. Per un paio d’ore. A giudicare dall’espressione di James, questa volta Albus era nei guai. Guai seri.
“Jamie...” cominciò, cercando disperatamente un modo per uscire indenne e, possibilmente, con eleganza da quella situazione.
“Jamie un corno!” esclamò il fratello di rimando.
“Ti posso spiegare...”
“Non c’è nulla da spiegare! Ho capito benissimo com’è andata la faccenda. Tu hai deciso di indagare su Grace, e hai coinvolto Roxanne in questa storia...”
“Veramente è stata lei che...”
“...Non capisco che cosa abbiate tutti quanti!” continuò James, imperterrito, senza dar segno di averlo udito “Prima Lily, poi voi... Tutti che spiano Grace, indagano su Grace, cercano di capire quali cose terribili abbia fatto Grace! Insomma, non ho bisogno che voi...”
Silencio” fece pigramente Albus, puntando la bacchetta verso il fratello, che tacque all’istante. Sapendo che James ci avrebbe messo solo pochi istanti per formulare non verbalmente il controincantesimo, si affrettò a parlare.
“Jamie, ascolta. L’abbiamo fatto per lei, e questo implica che l’abbiamo fatto anche per te. Vedi, quando si è sentita male ha cominciato a dire cose strane, del tipo ferire a morte e è colpa mia... Abbiamo dedotto che sia una veggente e cercato di capire come mai questo le crei tanti problemi!”
“Beh, allora avete preso un granchio, perchè Grace non è una veggente!” fece James, il quale evidentemente aveva ritrovato l’uso della parola.
Albus levò gli occhi al cielo, esasperato.
“Insomma, James,” sbottò “Io stesso ti ho detto di fregartene del passato e fidarti di Grace, ma qui c’è qualcosa di sospetto! Come fai a sapere che...”
“Lo so perchè ho parlato con lei,” ribatté James gravemente “E mi ha detto tutto”.
Sorpreso, ad Albus non restò che tacere.
“Sua nonna era un lupo mannaro,” continuò il fratello “E Grace è convinta che sia colpa sua. Ecco tutto”.
Lo guardò. Sotto il severo sguardo negli occhi scuri del fratello, Albus si sentì decisamente stupido.
“Mi dispiace, Jamie” disse.
“Prova a dire qualcosa a qualcuno e ti disconosco come fratello, Al” fece questi di rimando.
Albus sorrise.
“Puoi fidarti,” promise “E scusa”.
James strinse gli occhi, pensieroso, e inspettatamente piegò le labbra in un ghigno malandrino.
“Ti perdono,” concesse infine “Ma in cambio devi farmi entrare alla festa di stasera”.

“Ciao, Lucy!”
Lucy Weasley avrebbe riconosciuto fra mille altre la voce che l’aveva salutata con entusiasmo.
“Abbassa la voce, siamo in biblioteca” borbottò in risposta, non sapendo cosa dire: qualunque saluto le suonava piuttosto ridicolo.
Scorpius non se la prese, ma ridacchiò allegramente. Lucy sollevò lo sguardo dal libro che stava riponendo al suo posto, sullo scaffale, e accenno ad un timido sorriso.
Erano passati alcuni giorni da quando aveva acconsentito a uscire con Scorpius Malfoy, con il quale si era accordata per il finesettimana successivo, prevista com’era una gita alla vicina cittadina di Hogsmeade. Tuttavia, benchè mancasse almeno una settimana all’appuntamento, il ragazzo era venuto a trovarla in biblioteca ogni giorno, mettendola spesso in imbarazzo con Madama Pince, la quale chiaramente malsopportava che quell’adolescente rumoroso e irritante distraesse la sua aiutobibliotecaria. Lucy, tuttavia, si trovava bene con Scorpius, sebbene le sembrasse assurdo che un ragazzo come lui - non particolarmente bello ma comunque appartenente all’élite di Hogwarts - potesse trovare interessante e addirittura divertente lei, la Weasley Invisibile.
“Ti va di venire con me alla festa di Dominique, stasera?” le chiese placidamente Malfoy.
Sulle prime, Lucy credette di aver sentito male. Resasi conto del fatto che Scorpius la fissava, in attesa, capì di aver invece udito benissimo.
“Dominique ti ha invitato?” chiese in tono sorpreso, per guadagnare tempo.
Nonostante l’idea di andare ad una festa con lui le piacesse da morire, sapeva che avrebbe significato finire sotto i riflettori, e non era certa di volere questo.
“Non invitarmi sarebbe come dire che c’è ancora un conto in sospeso con Grace, e Dominique vuole che nessuno dubiti della loro riappacificazione,” le spiegò “Allora, ci vuoi venire con me a questa festa?”
Lucy guardò quel sorriso fiducioso. Dopotutto, andando ad Hogsmeade con lui il sabato successivo sotto i riflettori ci sarebbe finita comunque, e poi non era mai stata ad una festa.
“Okay, d’accordo...” acconsentì.
Lui le sorrise ancora.
“Alle otto in sala d’ingresso, allora!”
Prima di andarsene, si chinò verso di lei - che gli arrivava a malapena alla spalla - e le diede un bacio frettoloso sulla guancia. Non appena si fu allontanato, Lucy sfiorò con la punta delle dita il punto in cui lui l’aveva baciata, con un sorriso vago ad illuminarle il viso.
Non sapeva che, dall’altra parte dello scaffale, qualcuno aveva udito tutto, e la verde invidia tramava ai suoi danni.

Nel primo pomeriggio, un gran numero di curiosi bigliettini rosa confetto piovve sul cortile. Il curioso fenomeno fu notato anche da Dominique Weasley. La Regina sedeva infatti sulle scale di fronte al portone, con la ritrovata Grace Zabini al suo fianco e tre o quattro tirapiedi sui gradini sottostanti.
“Non sapevo avessi spostato la festa, D.!” trillò Lisbeth Macnair, che aveva raccoltò uno di quei biglietti e lo stringeva fra le dita.
“Ma quanto sei stupida,” fece Dominique “No che non ho spostato la festa!”
Le strappò di mano il foglietto, e faticò a nascondere la sorpresa nel vedere cosa vi era scritto, vergato in graziose lettere stampate.
La festa Bacio sulle Labbra è stata spostata alle ore 21:30 nella Stanza delle Necessità.
A questa frase seguiva una falsificazione della sua firma svolazzante, tanto ben fatta da parere di sua mano.
“Scopriamo chi è stato e gliela facciamo pagare?” propose Grace, che aveva letto il biglietto da sopra la spalla dell’amica.
“So già chi è stato” ribatté Dominique, amara.
Grace tacque un istante.
“D’accordo,” riprese poi “Intanto risolvo questa faccenda dei biglietti, però”.
In seguito, Dominique non avrebbe potuto che compiacersi dell’abilità dell’amica in Incantesimi. A Grace bastò un unico, ampio arco della sua bacchetta magica per far Evanescere buona parte dei biglietti del cortile. Si portò la bacchetta alla gola, e, dopo aver bisbigliato un Sonorus, annunciò a tutti che Dominique Weasley confermava le otto e mezza nell’ufficio di Lumacorno come ora e luogo della festa.
Annullato l’incanto, Grace si rivolse a Dominique.
“Allora, D.,” fece “Chi è la stronza?”

Quando Grace Zabini scoprì che l’artefice del tentato sabotaggio era Lily Potter, pensando a James pregò Dominique di contenersi della sua vendetta. Un po’ perchè le voleva bene, un po’ perchè considerati gli effetti sortiti avrebbe volentieri evitato una scenata come quella del Luma-Party, Dominique si limitò a poche, calme parole. Ebbe però cura che fossero presenti abbastanza testimoni, in modo che la notizia giungesse presto alle vigili orecchie e alla lingua tagliente di Gossip Witch.
“Lily,” le disse in tono perfidamente tenero “So per certo che sei stata tu. Chi altro saprebbe falsificare la mia firma così bene, per aver tentato di imitare la mia calligrafia per quattro, lunghi anni?”
A quel punto, la piccola perfida Lily era arrossita di rabbia.
“Mi dispiace,” continuò Dominique “Ma sei ancora una principiante, cuginetta”.
Va detto a merito di Lily che non verso neanche una lacrima, ma si limitò ad un sorrisetto gelido prima di allontanarsi con tutta la dignità che le era rimasta.

“Gli invitati arriveranno alle otto e mezza, perciò per le otto dovrete aver finito”.
Gli elfi domestici si affrettarono ad obbedire agli ordini intimati da Dominique, che sovrintendeva con occhio vigile alla collocazione di grossi vasi di fiori e al trasporto di casse piene di alcolici, dritta come un fuso al centro dello studio di Lumacorno. Il luogo era diventato irriconoscibile: tappeti e arazzi erano spariti, mettendo a nudo la lignea pavimentazione. Contrariamente al precedente Luma-Party, nel quale grazie alla Trasfigurazione e al duro lavoro degli elfi la stanza rassomigliava a qualche prestigioso disco pub babbano, per l’occasione della festa Bacio sulle Labbra, Dominique aveva puntato su un candido bancone da bar semicircolare e fiori ovunque. Sorrise fra sé, soddisfatta. Mancavano due ore e mezza all’inizio del party: era ora di abbandonare i preparativi e raggiungere Grace per prepararsi assieme.
“Weasley?”
Infastidita, si volse verso colui cui apparteneva la voce che l’aveva distolta dai propri pensieri. Riconobbe un Grifondoro del settimo anno, tale Adrian Goldstein, membro della squadra di Quidditch e Caposcuola, che riteneva del tutto insipido. Goldstein aveva folti capelli castano chiaro e la guardava con indifferenza, in attesa di una risposta.
“Sì?” concesse Dominique.
“Scusa se ho osato disturbare i preparativi per la festa,” fece il ragazzo, sarcastico “Ma ti ricordo che oltre ad una corona in testa hai anche una spilla da Caposcuola, e che una mano con le ronde ogni tanto non mi dispiacerebbe”.
“Per quello ci sono i prefetti, no?” ribatté, sbrigativa.
Per lei quella spilla era solo un ornamento alla sua impeccabile carriera scolastica, possibile che quell’idiota non lo capisse?
E come si permette di fare il sarcastico con me?
Goldstein la guardò duramente.
“Se non inizi a collaborare, parlerò con la preside” le disse, calmo.
Se solo ci prova lo cancello dalla società per sempre...
“Goldstein, mi hai già disturbato abbastanza,” sospirò “Tieni un invito, almeno stai zitto”.
Gli mollò in mano una cartoncino color carta da zucchero. Il ragazzo non si mosse.
“Ancora qui?” disse, esasperata “Sciò!”
Adrian le rivolse un sorrisino sarcastico, poi la sbeffeggiò con l’imitazione di una riverenza, guardandola con sfida.
Che idiota...

Lucy si guardò allo specchio. Il semplice abitino di chiffon lilla che indossava era abbastanza sobrio, e l’unico fra i tanti scelti da sua madre che avesse il coraggio di mettere. Studiandosi nella superficie fredda e lucida, per una volta riuscì a sentirsi carina, con i capelli sciolti, il vestito e le ballerine color panna - aveva scelto di non arrampicarsi sui tacchi per evitare un drammatico capitombolo per le scale -. Si era anche truccata, o meglio, la sua compagna di stanza Joanne Thomas era riuscita a convincerla a mettere un po’ di mascara e di fard. Il mascara valorizzava i suoi occhi chiari, e anche se il viso di Lucy restaca comunque piuttosto banale il fard le rendeva senz’altro più vivo l’incarnato.
“Sono le otto meno cinque, Lucy” le fece notare Joanne.
Lucy sorrise nervosamente e uscì dalla camerata, sotto gli sguardi un po’ invidiosi, ma il più delle volte indifferenti, delle sue compagne di dormitorio e la stretta di incoraggiamento di Joanne. Attraversò a passo svelto la Sala Comune e si arrampicò nel buco del ritratto. Non appena fu in corridoio, strinse la borsetta a tracolla che portava e si avviò, dopo aver fatto qualche respiro profondo. Non aveva neanche raggiunto le scale che qualcuno le tagliò la strada. Riconobbe in quella ragazza alta e fin troppo procace, dai capelli color sabbia e il naso leggermente aquilino, una Tassorosso del settimo anno, che le sembrava rispondesse al nome di Jackie Finigann.
“Oh, salve, Lucy!” le disse in tono falsamente gentile, che alla piccola Weasley ricordò spiacevolmente quello che spesso assumeva la cugina Dominique.
“Ciao” rispose, esitante e un po’ sorpresa. Non ricordava di aver mai parlato con Jackie, prima.
“Con chi vai alla festa?” le chiese questa in tono affettato.
“Con Scorpius Malfoy” sussurrò Lucy, arrossendo.
Con sua grande sorpresa, l’altra scoppiò in un risolino.
“Oh, che sciocchina...” le disse con voce compassionevole “Scorpius mi ha invitata un’ora fa! Carino il vestito, comunque”.
Vedendo Jackie allontanarsi, Lily si sentì straordinariamente impotente, umiliata e presa in giro.

La festa si avvicina, Hogwarts, e io non vedo l’ora che cominci. A proposito, il party si terrà nello studio del professor Lumacorno alle 20:30. I quattro anni che Lily Potter ha passato copiando la calligrafia di D. a quanto pare sono stati vani.
Baci e abbracci! Gossip Witch
“Avevi ragione, Al!”
Quando il fratello minore lo guardò con espressione interrogativa, James fece spallucce.
“Lily ha tentato di sabotare la festa,” chiarì “L’ha scritto Gossip Witch”.
Fece per infilarsi il galeone stregato in tasca, ma ci ripensò, e lo lasciò sul comodino.
“Te l’avevo detto, no?” commentò Albus, spiccio “Ma adesso non è il momento di preoccuparsi per Lily. Pensa a Grace, piuttosto! Se stasera non ci provi sarò io a disconoscerti, ti avverto”.

***



Quello che avete appena letto doveva essere un capitolo di passaggio, dove si sciolgono alcuni nodi ma, soprattutto, se ne pongono le basi per degli altri. Spero sia stato di vostro gradimento.
Ringrazio di cuore tutti coloro che seguono, ricordano, preferiscono, recensiscono o anche semplicemente leggono! Anche se non mi dispiacerebbe per niente vedere qualche recensione in più.


Ho deciso di postare ad ogni capitolo il volto che immagino per un personaggio.
Per me Dominique è Rachel McAdams! La trovo perfetta. Ditemi che ne pensate!
Baci e abbracci,
S.

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Capitolo 6
*** 6. The Malfoy's Tale ***



 

 

1x06

The Malfoy’s Tale

Scorpius Malfoy era di umore nero. Dopo aver atteso Lucy per oltre mezz’ora, gli era parso evidente che non si sarebbe presentata, e si era recato alla festa più arrabbiato e ferito che mai.
Sono stato un idiota.
Adesso si trovava accanto al mobile bar semicircolare scelto da Dominique, apprestandosi a bere un Whisky Incendiario - al quale erano preceduti un paio di quei cocktails babbani alla frutta -. Attorno a lui voci e passi si confondevano con la musica, l’aria era pervasa da un aroma di fiori, alcool e profumi femminili, sulla pista da ballo non riusciva a distinguere un corpo dall’altro. Sentiva la testa girargli appena, e l’animo ribollire.
Non avrei mai dovuto invitarla a questo stupido party, sono stato un idiota.
Lei era così quieta, divertente. Così diversa. Aveva un animo limpido, buono, incredibilmente lontano dal fuoco d’artificio che era Grace e da quella fredda gemma che era Dominique. Lucy era come un mucchietto di rosse braci: ardeva piano, ma riscaldava con dovizia.
Sì, era stato decisamente un idiota a pensare di portarla lì, in quel covo di falsità. Lei che era così vera.
“Non starai esagerando col bere?” disse una voce femminile.
Grace?
Lo guardò con serenità, Grace Zabini, nel modo in cui si guarda un vecchio amico. Gli tolse delicatamente il bicchiere dalle mani, sorridendo materna. Scorpius la lasciò fare, docile. Qualcosa parve poi attirare l’attenzione della ragazza, poiché si distolse da lui e si allontanò in fretta.
Scorpius ricordava di averla amata, un tempo, ma il fatto che se ne fosse andata non lo ferì, perchè non l’amava più. Ancora una volta, si chiese perchè Lucy non fosse venuta, e si convinse di averne la colpa.
“Scorpius?”
Voltandosi verso la voce che l’aveva chiamato - e che era giunta stranamente fievole alle sue orecchie -, riconobbe i folti capelli color sabbia di Jackie Finigann, che gli porgeva un bicchiere.
Automaticamente, lo portò alle labbra.
“Sei tutto solo, Scorpius...” osservò in tono infantile la ragazza.
Il giovane Malfoy, irritato, si limitò a scoccarle uno sguardo truce, concentrandosi nuovamente sul confuso vorticare di sagome in pista.
“Hai voglia di ballare?” tentò nuovamente Jackie, che aveva seguito la traiettoria del suo sguardo.
Lui scosse la testa, desiderando che se ne andasse. Che lo lasciasse solo con i suoi pensieri, alla taciturna cupezza che la sua tendenza al melodramma e l’alcool gli conferivano.
“Sei triste?”
“Sto benissimo” riuscì a mugugnare.
“Non sarà mica per quella piccola Grifondoro, voglio sperare”.
Scorpius si voltò di scatto.
“Lucy?” la interrogò, afferrandole il braccio “Sai qualcosa di Lucy?”
Jackie diede in un risolino falso.
“Non ci credo!” disse “Non dirmi che ti preoccupi per lei...”
Una gelida consapevolezza si fece strada in Scorpius.
“Sei stata tu!” ringhiò.
“Ma dai, Scorpius...” gli si avvicinò, sensuale “Posso farti compagnia io, se lo vuoi...”
Il ragazzo la allontanò bruscamente.
“Che cosa le hai fatto?” l’aggredì, infuriato.
“Non le ho fatto nulla, mi ha solo detto che non aveva voglia di venire alla festa...”
Scorpius era annebbiato dai fumi dell’alcool, ma una bugiarda la riconosceva ancora.
“Vattene!” intimò, fremente di rabbia.
Jackie desistette, irata, e si allontanò a grandi passi.
Scorpius si lasciò cadere sull’alto sgabello del bar, sentendosi decisamente a pezzi.
Scolò il MagiMartini in un sorso, e ordinò un altro Whisky.

Grace si stava annoiando. Dominique l’aveva abbandonata per conversare con alcune influenti conoscenze del professor Lumacorno, le tirapiedi le davano sui nervi e Albus era sparito nei meandri del castello con un paio di Corvonero. Individuò Scorpius vicino al bar, e vedendolo fin troppo brillo gli si apprestò.
“Non starai esagerando col bere?”
Il ragazzo levò il volto, guardandola per un istante. Con dolcezza, Grace gli tolse di mano il Whisky Incendiario. In quel momento, le parve di scorgere nella folla una familiare testa bruna e scompigliata.

“Bella festa, Regina...”
Dominique si voltò.
“Oh, sei tu...” disse in tono falsamente deluso a Jacob Greengrass, che le si era appena apprestato.
“Anche il tuo vestito è bello, Dominique. Lascia poco all’immaginazione”.
“Sei il solito maiale, Greengrass!” ribatté, acida.
Effettivamente, l’attillato abito nero che indossava era piuttosto corto rispetto ai suoi standard, e le lasciava scoperto un bel pezzo di schiena. Si allontanò da Jacob di qualche passo, sfiorando con le dita il lucido cerchietto verde - in tinta con le scarpe - che portava fra i biondi capelli sciolti, acconciati in morbidi boccoli. Quando il ragazzo la seguì, non ne fu affatto sorpresa.
“Davvero, Weasley,” insisté Jacob “Tenti di farti notare dal tuo ex-ragazzo?”
“Tento di farmi notare da chiunque tranne che da te, perciò lasciami in pace”.
Il ragazzo strinse gli occhi, sorridendo lievemente, senza dare segno di andarsene.
“Balliamo, Weasley?”
“Te lo puoi scordare...”
“Dominique, mia cara!” intervenne la voce tonante di Lumacorno, avvicinatosi ai due “Perchè mai rifiuti questo bel giovanotto?”
Si voltò, ingoiendo un moto di irritazione e trattenendosi dal rispondere bruscamente all’insegnante, cui rivolse un sorriso forzato.
“Dovrei finire la mia bevanda, prima, professore...” disse a mo di scusa, mostrando il drink babbano ancora a metà.
“A questo possiamo trovare una soluzione!” esclamò Jacob, togliendole il cocktail di mano “Alla tua!” disse, levando il bicchiere e vuotandolo rapidamente.
Lumacorno sorrise, compiaciuto, prima di allontanarsi. Suo malgrado, Dominique si avvicinò al ragazzo e lasciò che le mettesse le braccia intorno alla vita.
“Potrei ridurti a meno di una virgola sociale per quello che hai fatto” sibilò.
Jacob non parve neanche sfiorato dalle sue parole.
“Sai perchè quel drink babbano si chiama Mojito, Dominique?” le disse invece.
“Non me ne importa niente, forse?” ribatté, gelida.
Mojo in spagnolo significa Incantesimo,” le spiegò lui, imperturbabile “In realtà è stato un mago a inventarlo. E’ buono, vero?”
Dominique poteva percepire il lieve sentore di menta del Mojito nel fiato del ragazzo. Si liberò dalle sue braccia, infastidita.
“No, per niente!” mentì, allontanandolo.
“Hai già dimenticato quello che ha detto Lumacorno?” le fece notare Jacob “Dobbiamo ballare”.
“Lumacorno è andato via,” replicò, stizzita “E adesso me ne vado anche io!”
Si volse e si allontanò, seccata. Raggiunse il bar e ordinò un MagiMartini, giurando a sé stessa che mai più avrebbe bevuto qualcosa a base di menta, rum bianco o succo di lime.
“Quell’idiota ti infastidiva, Weasley?” disse una voce alle sue spalle.
Dominique rivolse uno sguardo sprezzante ad Adrian Goldstein, ritenendo senz’altro l’oliva che galleggiava nella coppetta da cocktails molto più interessante di lui. Il ragazzo ignorò l’occhiataccia e le si mise accanto, la schiena poggiata al bancone.
“Forse non hai capito che il mio invito aveva il solo scopo di umiliarti, Goldstein?” gli disse, acida.
Adrian fece finta di non aver sentito.
“Sei Caposcuola, Weasley. Avresti potuto togliergli qualche punto, se ti dava fastidio...”
“Non mi dava fastidio”.
“Allora perchè l’hai allontanato?”
“Non sono affari tuoi?”
Calò il silenzio. Dominique si guardò intorno, chiedendosi dove si fosse cacciata Grace.
“Allora anche le regine soffrono la solitudine, qualche volta?”
Accolse quasi con sollievo il tono sarcastico di Goldstein, il quale evidentemente aveva istinti di suicidio sociale, quella sera. E lei sentiva proprio il bisogno di qualcuno da torturare.
“Esatto, e qualche volta pensano che probabilmente staresti meglio dietro al bancone con gli elfi domestici. Ti si addice di più”.
“Se vuoi ti faccio un Mojito, basta chiedere” la prese in giro aspramente.
“Non mi parlare” intimò lei, irritata.
Ma perchè sono tutti così fissati con il Mojito? Alla prossima festa li proibirò.
Adrian la guardò.
“Buona idea. Non parliamo” convenne poi, cogliendola di sorpresa.
Incrociò le braccia e restò al suo fianco, in silenzio.

“James!”
Il ragazzo si volse, riconoscendo all’istante la voce che l’aveva appena chiamato. Grace era radiosa nel suo vaporoso abito bianco, con i capelli appena appuntati dietro la testa e un sorriso sulle labbra. Gli si apprestò. Quel giorno aveva messo delle scarpe col tacco - rosse, lucide, la punta arrotondata -, cosicché era alta quanto lui, e le belle gambe scoperte parevano ancora più slanciate.
Doveva essere un po’ brilla, avrebbe pensato James in seguito, poiché lo salutò con due bei baci sulle guance, entusiasta.
Doveva essere un po’ brillo anche lui, visto che, spinto da chissà quale impulso, ricambiò quel saluto con un abbraccio.
Ma Grace non aveva bevuto - come il bicchiere di Whisky Incendiario, ancora pieno fra le sue mani, dimostrava - e anche James doveva tutto sommato essere ancora abbastanza sobrio, dato che avrebbe saputo riesumare ogni dettaglio di quella stretta anche molti anni dopo. La schiena sottile ma sorprendentemente solida di Grace, il profumo dei suoi capelli, la percezione del sorriso di lei contro la propria spalla.
Albus non lo avrebbe di certo disconosciuto, decise. Non stasera.

Grace pensò che James le avesse letto nel pensiero quando si sentì stringere da lui, perchè non appena l’aveva visto, quella sera, si era figurata fra le sue braccia, e in un suo abbraccio sperava mentre lo baciava con gioia sulle guance. Si sentiva vagamente leggera, forse grazie al bicchiere di quel vino babbano con le bollicine che aveva preso prima.
“Non lo bevi?” le disse James, divertito, ancora cingendola alla vita con un braccio.
Grace seguì la traiettoria del suo sguardo, e si accorse di avere ancora fra le mani il Whisky Incendiario di Scorpius.
“Oh, no,” rise “Questo è di Scorpius Malfoy, gliel’ho preso perchè stava bevendo troppo. Io ho già bevuto dello champagne”.
Mollò il bicchiere in mano allo studente più vicino, prendendo poi il giovane Potter a braccetto.
“Mai stato nella terrazza, Jamie?” gli chiese, sorprendendo se stessa e lui per la familiarità con la quale aveva usato quel nomignolo.
“Lumacorno ha una terrazza!?”
James pareva stupito.
“Già! E’ sul tetto della torretta...”
L’ufficio del professor Lumacorno aveva sede nell’ala Nord del castello, in una torretta gemella a quella dell’insegnante di Incantesimi, dalla parte opposta dell’edificio. Grace condusse James su per una scala a chiocciola, e presto si trovarono sulla terrazza, dove la musica della festa giungeva attutita e alcuni studenti parlavano piano. Lo guardò, e gli sorrise ancora.

A James ogni cosa pareva spontanea, giusta, naturale. Quasi irreale, eppure tangibile e concreta. Concreta era Grace, talmente piena di vitalità ed energia che quasi lo abbagliava, così come lo era la fredda pietra del parapetto al quale la ragazza si poggiava, e la mano che adesso gli aveva posato sul braccio. Una mano affusolata, quella di Grace, ma non bella: le dita erano ossute, le unghie corte e deboli, benché smaltate con cura. Eppure, trovare qualcosa in lei che non fosse perfettamente bello la rese in qualche modo più vera, e ancora più splendida ai suoi occhi. James si rese conto di comprendere appieno i suoi difetti: la sua caparbietà, il suo egocentrismo, la sua fragilità; tuttavia li trovava affascinanti, e capiva quanto essi rendessero ancora più variegata e dolce la sua essenza.

Grace poteva vedere gli occhi scuri di James scrutarla attentamente, la sua espressione farsi pensierosa. Sorrise, pensando a come fin dall’inizio la genuinità del ragazzo e la sua estrema bontà l’avessero sorpresa, colpita. Ricordò anche il suo volto deluso e ferito quando aveva scoperto di lei e Scorpius, e desiderò di non vederlo più con quell’espressione. Le sarebbe piaciuto che lui la guardasse sempre, da adesso in poi, come la guardava ora: sereno, assorto sul viso di lei, con quella luce negli occhi cui Grace quasi aveva paura di dare un nome.
Qualcosa le suggerì che fosse giusto baciarlo. Stava per decidersi a farlo, quando una voce in preda all’ansia la distolse dal suo proposito.
“Grace, finalmente ti ho trovata! C’è bisogno di te, Scorpius sta molto male!”

“Potremmo metterlo qui...” sospirò Grace circa un’ora dopo, aiutando James a stendere Scorpius su di un divano, nella Sala Comune di Grifondoro “La pozione anti-sbornia gliela abbiamo data. Dormirà fino a domani mattina e l’unica conseguenza della serata per lui sarà un gran mal di testa”.
“La situazione non era poi tanto tragica, in fondo” osservò James, studiando i giochi di luce prodotti dal fuoco - che scoppiettava nel camino - sul volto di Grace.
“Già,” ammise lei, grattandosi il mento “Come al solito Viviana Davis ha fatto l’esagerata... Uffa, detesto le tirapiedi di Dominique... Sempre così melodrammatiche!”
James ridacchiò, divertito.
“Ti offendi se ti dico che anche tu spesso sei un tantino melodrammatica?” le disse.
Grace rise a propria volta.
“No che non mi offendo,” rispose “Anche perchè mi sa che hai un tantino ragione!”
Risero entrambi.
“Oh, che sonno!” sbadigliò poi la ragazza “Credo proprio che me ne andrò a dormire... Buonanotte, Jamie!”
Si avvicinò a lui, per poi sfiorargli il braccio, come aveva fatto prima in terrazza, mentre lo guardava, in attesa.
“Buonanotte” borbottò lui, impacciato.
Seguirono alcuni istanti di silenzio, durante i quali l’espressione di Grace parve vacillare, ma poi la ragazza si ricompose e scompigliò i capelli di James, sorridendo. Si diresse verso la scala a chiocciola che portava ai dormitori femminili, ma prima di salire si voltò verso di lui.
“Sogni d’oro, James” disse, prima di sparire su per le scale.
Non appena se ne fu andata, il ragazzo si lasciò cadere su di una poltrona, prendendosi la testa fra le mani e dandosi dell’idiota.
Sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa. Avrebbe dovuto sorriderle, carezzarle il viso, baciarla. Grace se lo aspettava, era evidente.
Questa volta Albus mi disconosce davvero...

I raggi del primo sole mattutino si affacciarono dispettosi alla finestra, e Scorpius si svegliò. Non appena ebbe aperto gli occhi, ebbe appena il tempo di rendersi conto che la luce era veramente troppa rispetto a quella cui era abituato, prima che un lancinante mal di testa lo sopraffacesse, costringendolo a serrare le palpebre. Le sbatté un paio di volte, cautamente, prima di riuscire a mettere a fuoco l’ambiente circostante. Non si era sbagliato nel constatare che la luce era troppa: aveva riconosciuto la Sala Comune dei Grifondoro - dove soleva venire a far visita ad Albus e, in passato, anche a Grace -. La stanza era stata riordinata durante la notte dagli elfi domestici, i quali probabilmente avevano anche avuto cura di coprirlo con la coperta che aveva addosso.
Ma come ci sono arrivato qui?
Lentamente, cominciarono a riaffiorare i ricordi della serata precedente. La festa, il Whisky Incendiario. Lucy che non c’era. Lucy che era stata ingannata. Lucy che probabilmente non l’avrebbe voluto più vedere, figurarsi uscire assieme a lui. Si massaggiò le tempie con le dita, assalito da un violento senso di nausea. Sembrava che il malessere fisico avesse deciso di accompagnarsi alla sofferenza dell’animo, quel giorno.
Scorpius udì uno scalpiccio improvviso, da qualche parte alle proprie spalle. A fatica si voltò.
Ai piedi della scala a chiocciola che - lo sapeva - conduceva ai dormitori femminili, una figuretta minuta lo stava osservando con serietà. Il suo cuore ebbe un balzo nel riconoscere i capelli castani e il cipiglio alla Weasley di Lucy.
“Lucy...”
Si sorprese nel sentire quanto rauca fosse la propria voce. Gli pareva di avere la gola foderata di carta vetrata.  
“Che cosa ci fai qui?” rispose Lucy a bassa voce, scrutandolo con attenzione.
Scorpius l’avrebbe ringraziata in ginocchio solo per avergli rivolto la parola, piuttosto che andarsene irata oppure rivolgergli uno sguardo accusatorio. Notò quanto il volto della ragazza fosse terreo e quanto lei apparisse abbattuta.
Anche se dopo la sbornia di ieri non voglio immaginare in quali condizioni si trovi la mia faccia.
“Ieri, la festa...” riuscì a sibilare - maledicendo le proprie corde vocali, che avevano deciso di tradirlo proprio adesso che tanto gli erano indispensabili per ottenere il perdono di Lucy - “Non so come...”
“Hai bevuto, vero?” lo interrogò lei, avvicinandosi al divano.
Scorpius si limitò ad annuire, guardando in basso.
“Che idiota”.
Il commento della ragazza lo fece trasalire per la sorpresa: solitamente Lucy era piuttosto compassata nel rapportarsi con lui e l’autoironia che Scorpius tanto apprezzava era del tutto adorabilmente involontaria. Levò lo sguardo verso di lei. Il mento le tremava appena. I suoi occhi erano lucidi.
“Lucy,” si affrettò a mormorare fiocamente “Non so cosa ti abbia detto Jackie, ma ti giuro che mentiva... Credimi, davvero, non so proprio...”
“Scorpius,” lo interruppe lei “Io ti credo”.
Il ragazzo non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo, mentre d’improvviso si sentiva leggero, incredibilmente leggero.
“Ma,” proseguì la Lucy - e bastò il tono in cui la congiunzione era stata pronunciata per far sgonfiare la gioia di Scorpius come un palloncino - “Ci ho pensato bene. E credo che Jackie Finigann abbia ragione. Non siamo fatti per stare insieme”.
Da che Scorpius la conosceva, era il discorso più lungo che Lucy mai gli avesse rivolto, ed ebbe per prima cosa il potere di farlo sentire malissimo.
Per seconda, quello di farlo arrabbiare moltissimo.
“Ascoltami,” tentò di esclamare, con un certo sforzo “Non devi dare retta alle cose che dicono Jackie e quelle altre stupide... Non devi dare peso a quello che si inventano!”
Lucy lo guardò dritto negli occhi, con sguardo spavaldo e sconfitto al tempo stesso.
“Sarà sempre così, Scorpius,” gli disse “Io non sono adatta a te. Non sono adatta al tuo mondo, non sono adatta a finire fra i messaggi di Gossip Witch... E neanche lo voglio!”
Queste ultime parole furono come una doccia gelida per Scorpius.
“Non mi vuoi?” le domandò, in tono neutro.
“Non è così!” ribatté Lucy in fretta “Te sì! Insomma... Non è che non voglio te, l’unica cosa che non...”
“E allora!?” emanò Scorpius, interrompendola “Che cosa ti importa di tutto il resto?”
“Io non...” cominciò Lucy, ma dovette tacere.
Scorpius aveva chiamato a raccolta tutte le proprie provate forze, e si era alzato in piedi. L’aveva presa per un braccio e tirata a sé, per poi baciarla prima che avesse il tempo di finire la frase.

L’ora di pranzo era da poco trascorsa, e buona parte degli studenti di Hogwarts si trovava nel parco a godersi il sole, che splendeva tiepido in quella limpida domenica di metà ottobre. Sulle rive del lago, sedevano Grace Zabini e Dominique Weasley. La prima era pigramente sdraiata fra l’erba, giocherellando con una ciocca dei propri capelli; la seconda invece sedeva  composta, scrivendo su di una pergamena che teneva sulle ginocchia.
“Mio cugino è sempre stato un tipo assurdo,” stava asserendo in tono saputo “Non vale la pena di preoccuparsi, credimi”.
Grace lanciò un’occhiata all’amica, la quale al momento pareva assai impegnata a stilare con cura il titolo del suo tema di Aritmanzia.
“Sei di conforto,” commentò quindi mestamente, ironica “Insomma, era un’occasione perfetta... L’unica spiegazione plausibile è che non mi volesse baciare”.
L’altra sospirò.
“Grace, stai dicendo delle cose assolutamente prive di senso,” disse “Quando mai un ragazzo potrebbe non volerti baciare!”
“Ma...”
“Adesso calmati, G.,” tagliò corto Dominique “Smettila di rimuginarci su e fai qualcosa di costruttivo”.
Grace sbuffò. Era evidente che l’amica avesse qualcosa che non andava, giacché era tutto il giorno che l’ascoltava a malapena e appariva persa in tutt’altri pensieri - cosa insolita per la Regina D., che raramente mostrava disattenzione -. La giovane Zabini decise che ne sarebbe venuta a capo, in un modo o nell’altro.
“Che cos’hai, Dom?” la interrogò, scrutandola con aria indagatrice.
“Io?” - Dominique finse sorpresa - “Niente, assolutamente niente”.
“Sicura?” insisté, poco convinta.
La Weasley sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Sto benissimo,” replicò in tono scocciato “E per quanto riguarda James, parlane direttamente con lui. E’ lì, lo vedi?”
Indicò con un cenno del mento due ragazzi, che sostavano lontano, all’ombra di un grosso faggio: James e Albus Potter sembravano star discutendo, difficili da distinguere a quella distanza.
Grace guardò Dominique, la quale le rivolse un sincero sorriso di incoraggiamento, prima di dedicarsi di nuovo al suo tema. Si alzò, si tolse qualche filo d’erba che le era rimasto fra i capelli e si avviò alla volta del faggio. Durante il suo avvicinarsi, James la vide e la salutò con la mano, esitante. Grace ricambiò il saluto, sorridendo.
Quando Grace ebbe raggiunto i due ragazzi, Albus le rivolse un ghigno malandrino e diede una pacca sulla spalla del fratello maggiore, prima di allontanarsi. Una volta che furono rimasti soli, James non aprì bocca: sembrava trovare estremamente interessante il baluginio del sole sulle lievi onde del lago.
“Jamie?”
Il ragazzo si voltò a guardarla, sorridendole nervosamente.
“Ehi, Grace,” disse in tono forzato “Come va?”
“Benissimo, grazie. Tu?”
“Alla grande”.
Calò il silenzio. James la guardò e fece un respiro profondo, prima di parlare.
“Senti, riguardo ieri sera...”
“Non c’è nessun problema, tranquillo” lo interruppe Grace.
“No, dovremmo parlarne! Insomma, sono stato un perfetto cre...”
“Sì, sei stato un perfetto cretino,” convenne Grace, ridendo “Ma vuoi stare zitto un attimo?”
“Come!?”
James sembrava interdetto. Senza dire nient’altro e senza esitazione alcuna, Grace fece un passo verso di lui. Sorrise, mordicchiandosi il labbro, mentre il ragazzo la osservava immobile, come incantato.
Gli si avvicinò ancora, per poi prendergli il volto fra le mani e baciarlo con ardore. James rispose al bacio di slancio, come se non avesse atteso altro da un bel pezzo, circondandole la vita con le braccia.
Si separarono e lui la guardò con occhi ridenti, e poi risero e si baciarono ancora, con la chiara percezione di quanto tutto ciò fosse radicalmente e pienamente giusto.

Dominique osservava da lontano Grace e James baciarsi con passione, sospirando soddisfatta. Soffiò sul foglio del tema per far asciugare l’inchiostro fresco, prima di arrotolarlo e riporlo in borsa.
Cominciava già ad avviarsi verso il castello quando una fulva civetta a lei familiare planò sopra la sua testa, facendole piovere in mano un foglietto di pergamena piegato in quattro. Incuriosita, lo spiegò con delicatezza, e lo lesse.
Dom, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Potresti raggiungerci nella Stanza delle Necessità? Scorpius.
Le belle labbra della Regina D. si piegarono in un sorriso.
Sapeva percepire a distanza l’odore di complotto, e le era irresistibile.

 

***
 

Okay, è assurdo pubblicare un capitolo a quest’ora, ma non resisto e lo faccio comunque.
Che dire! In questo capitolo ho raggiunto livelli di disgustosa sdolcinatezza dei quali non credevo di essere capace, ma sono dettagli.
Spero che vi piaccia.
Ringrazio chi ha letto, seguito, ricordato, preferito e recensito!
Baci, Daphne.


PS: Questo è il vestito di Grace. Questo quello di Dominique. E Blake Lively naturalmente è Grace.

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Capitolo 7
*** 7. Jake-o'-Lantern ***


 

 

1x07

Jake-o’-Lantern¹


Well I've seen you suffer,

I've seen you cry the whole night through

So I'll be your water bathing you clean

Liquid blue

I'll be your father, I'll be your mother,

I'll be your lover, I'll be yours.



Buongiorno e buon Halloween, Sala Grande! Sono Gossip Witch, la vostra sola ed unica fonte di notizie sulla vita scandalosa dell’élite di Hogwarts. Avvistata Grace a darsi da fare già di primo mattino con James Potter. Come se fosse difficile vederli! La prossima volta vi consiglierei la Stanza delle Necessità, ragazzi. Il cortile non è esattamente quel che si dice un luogo riservato, non ve l’hanno ancora detto?

“Che succede?”
Gli occhi di Grace scintillarono mentre poneva la domanda, guardando James dritto in faccia e senza dare segno alcuno di voler spostare le braccia dalla loro comoda postazione, attorno al collo del ragazzo. Non che a lui dispiacesse, sia chiaro.
“Gossip Witch ha mandato un messaggio” si scuso James, armeggiando per estrarre il galeone stregato dalla tasca posteriore dei Jeans.
“Chi se ne importa di Gossip Witch...” sussurrò Grace, per poi ricominciare a baciarlo con passione, sotto gli sguardi divertiti di un gruppetto di Tassorosso.
Baciarsi era così piacevole che prima o poi si sarebbero ritrovati entrambi con le labbra tumefatte e arrossate, gonfie come gomme Bolle Bollenti.
Fu il suono della campanella a interromperli, e a malavoglia si staccarono, per poi dirigersi assieme alla lezione di Pozioni - James intrecciò le dita della mano destra a quelle della sinistra di Grace, mentre si avviavano. Stavano insieme ormai da una settimana, nel corso della quale la loro relazione era stata ampiamente documentata da Gossip Witch; a partire dal loro primo bacio sulle rive del lago fino ad arrivare ai momenti trascorsi assieme in cortile, nelle pause fra una lezione e l’altra. Nei corridoi - che erano pervasi dall’aroma di zucca al forno, preparata dagli elfi domestici per la celebrazione di Halloween -, da un paio di giorni potevano finalmente transitare indisturbati: nonostante ci fossero ancora occhiate indiscrete e, talvolta, risatine, il pettegolezzo era diventato noioso, e gli altri studenti avevano preso l’abitudine alla loro relazione.
“Ho letto delle vostre effusioni pubbliche su Gossip Witch, Grace!” trillò la voce limpida di Dominique, da qualche parte alle loro spalle.
Grace sollevò le sopracciglia, interdetta.
“Deve essere il messaggio che non abbiamo letto...” borbottò James.
“Probabile” commentò Dominique con una specie di sorrisino.
Nonostante fossero cugini, i due non andavano particolarmente d’accordo. James considerava Dominique egocentrica e snob - e non aveva tutti i torti -, mentre lei d’altro canto lo reputava patetico, noioso e privo di attrattiva alcuna. Tuttavia, per amor di Grace, parevano entrambi disposti a subire la reciproca compagnia, poiché Dominique si avviò verso i sotterranei con loro, inveendo con energia contro Jacob Greengrass, il quale a quanto pareva diveniva sempre più intraprendente nelle sue sarcastiche e provocatore advances.
“E’ qualcosa di insopportabile,” si lamentava Dominique. “Il suo linguaggio è così volgare! Come si permette di parlarmi in questo modo...”
“Ma non è che un po’ ti piace?” la stuzzicò Grace, divertita, sempre con la mano allacciata a quella di James.
Dominique parve scandalizzarsi alla scherzosa ipotesi dell’amica, anche se in maniera un poco forzata.
“Sei impazzita, per caso?” ribatté infatti, piccata.
“Beh, ne parli sempre! Devi perlomeno ammettere che non ti da poi così fastidio quanto dici!”
L’altra sbuffò.
“Okay, diciamo che non mi disturba in maniera così eclatante,” ammise poi, seccamente. “Ma i termini che usa non sono proprio ammissibili. Oltretutto,” arricciò il naso. “Non mi sembra il caso di parlarne davanti al tuo ragazzo!”
“E’ tuo cugino, Dom,” le ricordò Grace, sorridendo. “E poi, un parere maschile torna sempre utile, no?”
Dominique li squadrò entrambi con uno sguardo carico di scetticismo.
“Allora, su! Sentiamo la geniale idea di mio cugino!” – rimarcò con cura quest’ultima parola.
James, il quale – nonostante si beasse della voce di Grace mentre conversava con l’amica – avrebbe preferito restare fuori da tutta quella faccenda, non sapeva proprio cosa rispondere.
“Beh, se ti piace,” buttò lì. “Potresti provare a farlo ingelosire, anche se non credo ce ne sia bisogno. Quel tipo salta addosso a qualunque cosa si muova...”
Dominique rise, sprezzante.
“Che consiglio idiota!” ribatté. “Un bambino di cinque anni avrebbe senz’altro saputo darmene uno migliore.”
Grace scosse la testa, sorridendo con affettuoso divertimento.
“Ad ogni modo, sapete per caso quando Albus ha un’ora buca?”
“La prossima,” rispose James. “Ma ti sconsiglio di non tentare di sedurre lui per stuzzicare Greengrass. L’incesto non va più di moda dal Medio Evo.”
Mentre Grace rideva, Dominique levò gli occhi al cielo, esasperata.

“Mi dispiace di averti messo in questo pasticcio, Rox” disse Albus, in tono sinceramente dispiaciuto.
Si trovavano nella sala comune della loro casa di appartenenza, comodamente stravaccati sulle poltrone vicino al caminetto.
“Fa niente...” borbottò Roxanne in risposta. “Siamo stati entrambi dei veri imbecilli a non parlarne subito con James.”
“Già...” replicò il cugino, mentre si scompigliava i capelli con aria pensierosa. “Ci vieni alla festa di Halloween stasera?”
“Non posso,” fece lei tristemente. “Sono in punizione con Scamandro. Pare che sarà una cosa in grande, o sbaglio?”
“Non sbagli” - Albus si stiracchiò pigramente, allungando le membra come un gatto. Dal gruppetto di ragazzine del terzo anno lì vicino, si levarono sospiri ammaliati. Roxanne sbuffò.
“Lumacorno e Vitious si sono coalizzati con Dominique,” proseguì lui, come se nulla fosse. “Credo che la preside impazzirà stasera, Dom ha incaricato Jacob dell’alcool.”
Roxanne sollevò le sopracciglia, scettica.
“Solo Greengrass?”
“No, vabbè... anche me.”
I due cugini scoppiarono a ridere.
“Vorrei solo che Jamie si ricordasse della mia esistenza, di tanto in tanto,” si lamentò lei. “E’ talmente preso da Grace che non riesce a pensare a nient’altro.”
“Lasciali stare, sono innamorati.”
“Già, sono tutti innamorati qua,” brontolò Roxanne. “Hai visto anche Lucy, con Malfoy?”

Fino all’età di quattordici anni e mezzo, Lucy Weasley non aveva mai baciato nessuno.
Ma adesso, pensava divertita e piacevolmente stupita, mi sto rifacendo alla grande.
Certo era che a Scorpius non dispiacesse affatto darle una mano per recuperare. Nel corso di una settimana, le cose erano andate degenerando: dai lievi sfiorarsi di labbra che si scambiavano all’inizio, erano passati a baciarsi appassionatamente negli stretti corridoi della biblioteca, con il potenziale rischio che Irma Pince li sorprendesse, sbucando da dietro uno scaffale con il suo arcigno profilo aquilino.
“Scorpius,” fece Lucy, allontanandosi appena “Ho il turno da vice-bibliotecaria, non posso...”
Si interruppe. Il suo ragazzo - il suo ragazzo - le aveva impedito di dire altro, coinvolgendola per qualche istante in un bacio mozzafiato, tale da non ammettere alcuna replica.
“... dicevo,” riprese, “che dovrei andare...”
“Mmh?” mugugnò lui, concedendole un attimo della propria attenzione prima di tornare a conentrarsi sulle sue labbra.
“... adesso.”
“E come mai?” la scrutava attentamente, ora, con il preludio di una risata che galleggiava vivace nelle iridi chiare.
“Madama Pince... la biblioteca...”
“Secondo te mi importa qualcosa di Madama Pince?” soffiò Scorpius contro il suo collo, strofinandovi il naso come un cane affettuoso, prima di tornare a guardarla.
Lucy fece finta di pensarci.
“Ecco, forse...” - lui riprese a baciarla - “No, direi di no...”
Sorpresa dalla propria audacia, gli circondò il collo con le braccia e rispose al bacio con passione, percependo sulla schiena il lieve impatto con la libreria contro la quale adesso era poggiata.
Weasley! E’ così che si lavora?!”
Il grido lancinante della Pince riecheggiò con furia nella biblioteca, minacciando di incrinare gli alti vetri delle finestre a ogiva. Lucy e Scorpius sobbalzarono, separandosi di botto.
“Sei qui per collaborare, non per farti toccacciare da qualche ragazzino imbecille con ormoni a fischio!”
I due si allontanarono di corsa, per mano, ridendo, mentre gli improperi di Madama Pince li inseguivano per almeno un piano.
Giunti in un aula vuota – tenendosi le dita premute sullo stomaco per il troppo ridere – si arrestarono e ripresero a baciarsi, come se nulla fosse.

“Era partito tutto da Scorpius, ma lui è talmente preso da quella mocciosa di Lucy per darmi ascolto...”
“Ehi, Lucy ha la mia età!” protestò Lily, indignata.
Perciò,” proseguì Dominique, ignorando la cugina minore. “Ne ho parlato con Lily, e abbiamo avuto un’idea interessante...”
Ho avuto,” precisò l’altra.
Dominique alzò gli occhi al cielo, mentre Albus corrugava le sopracciglia, scrutandole entrambe con espressione interrogativa.
“... beh, dopo quello che Jackie Finigann ha fatto a Lucy, non poteva di certo passarla liscia, almeno secondo Scorpius,” concluse la Regina, riassestando i capelli biondi con una secca mossa del capo.
Da quando Scorpius le aveva fatto reperito il messaggio attraverso la sua fulva civetta, Dominique si era attivata per attuare la distruzione sociale di Jackie. Continuava a ripetersi che la propria era solo un’astuta strategia sociale, per affermare ancor di più il proprio potere, ma in fondo sapeva bene che si faceva prendere così tanto dall’elaborazione del piano solamente perchè, se impegnava sufficientemente la mente, riusciva a distogliere la propria mente da un paio di frasi volgari e un sentore di Mojito che la tormentavano da più di una settimana. Poiché Scorpius le aveva, nella pratica, passato il testimone della sfida, Dominique aveva deciso di perdonare la piccola Lily, affinché le desse una mano. Per una vittoria coi controfiocchi, serviva tutta l’arteglieria. Non le era parso il caso di distogliere Grace dalle sue sdolcinate recenti attività, e di chiedere aiuto a Greengrass non se ne parlava proprio.
Perciò aveva contattato Lily, la quale si era dimostrata fin troppo entusiasta, ma si era rivelata fondamentale, suggerendo il ruolo che Albus avrebbe potuto ricoprire in quella faccenda.
Il cugino in quel momento le stava studiando entrambe con curiosità contenuta, e con l’usuale sorrisino sardonico impresso sulle labbra. Resosi conto del fatto che nessuna delle due accennava a parlare, si risolse di prendere parola.
“E cosa avrebbe a che fare tutto questo con me?” chiese in tono indifferente.
Lily e Dominique si scambiarono uno sguardo.
“Oh, beh...” disse quest’ultima, sogghignando. “Tu sarai il fulcro di tutta la questione.”
Ci fu un attimo di silenzio, poi Albus comprese.
“Oh, no...” si affrettò a dire. “Ve lo potete scordare...”.

“Suvvia, Albus. Capirei se ti avessimo proposto di adescare la Goyle, ma Jackie non è poi così male!”
“Non è il mio tipo,” brontolò Albus, scrutando il profilo deciso e le forme abbondanti della Finigann, dalla parte opposta del cortile.
“Il genere femminile in generale è il tuo tipo, fratellone!” trillò Lily. “E a giudicare dalle sue curve prorompenti direi che Jackie è femmina, anche se non sono certa sia umana...”
Dominique trattenne una risatina, Albus rise di gusto.
“D’accordo,” concesse infine “Anche se non ho capito come mai non avete chiesto a Jacob di sedurla. E’ lui il vero pervertito qui, non io.”
“Oh, beh...” fece Dominique, esitando in maniera impercettibile. “Noi pensiamo...”
“Pensiamo che tu sia mille volte più affascinante, Al,” tagliò corto Lily, annuendo con convinzione e fingendo di non rendersi conto del lieve imbarazzo della cugina.

Halloween ha dato già parte dei suoi frutti, ragazzi! Pare che ci sia una nuova alleanza, a Hogwarts, e che abbia già ottenuto un gran risultato. Chiedetelo a Jackie Finigann. Dopo la figuraccia con Albus Potter, credo che la vedremo poco in giro, almeno per un po’. Attenzione, gente! La Regina D. e la sua cuginetta possono essere molto pericolose assieme, e sono implacabili! Credo che la prossima volta non tenterai di sabotare un appuntamento del giovane Malfoy, vero, Jackie?

“Perciò Albus ha sedotto la Finigann, per poi farle fare una figuraccia davanti a tutti,” fece Grace.
“Esattamente!” confermò Dominique, studiando il proprio riflesso nello specchio dapprima con severità, poi con un lieve compiacimento dipinto sul bel volto.
Indossava un principesco abito da ballo, dal corpetto attillato e l’ampia gonna sui toni dell’azzurro e del lilla: le spalle chiare e la nuca elegante erano lasciate scoperte dai capelli raccolti, acconciati in un semplice chignon. Sollevò le braccia, per poi allacciarsi con calma la maschera - Lumacorno aveva insistito affinché fosse obbligatoria.
Lanciò uno sguardo a Grace, attraverso le fessure del semplicissimo domino candido. L’amica indossava un fiabesco costume da fatina, lungo fino ai piedi, con veli su veli di chiffon azzurro sovrapposti, e scintillanti applicazioni di strass e pailette. Gli splendidi capelli biondi erano sciolti, e la maschera che teneva fra le dita era bianca e blu.
“Saresti?” le domandò Dominique.
Grace sorrise.
“Titania,” rispose placidamente. “La regina delle fate di una commedia babbana².”
“Mmh...” commentò l’altra, sistemando una piega del vestito.
“E tu?” le chiese Grace, osservandola con divertito interesse “Tu da chi sei vestita?”
“Ufficialmente da Celestina Warbeck,” rispose Dominique.
“E ufficiosamente?”
“Ufficiosamente da me stessa. Sono già abbastanza fantastica per conto mio, non credi?”

Roxanne respirò profondamente, prima di bussare alla porta. Non dovette attendere molto prima che questa si socchiudesse, con un lungo e sinistro cigolio. Da uno spiraglio, fece capolino il volto arcigno del decrepito custode magonò, Argus Gazza, che la scrutò con aria sospettosa.
“Sei quella della punizione? Te la sei presa comoda, eh? Quello strambo del tuo amico è già dentro... L’avete fatta grossa, uh? I trofei aspettano solo voi per essere lucidati, senza magia... TU!” abbaiò “Vieni fuori.”
Lysander - lungo, allampanato e con il colletto storto - emerse dall’ufficio di Gazza, con le labbra incurvate nell’abituale, svagato sorriso.
“Salve, Roxanne Weasley!”
Gazza si grattò la testa, stupito, chiedendosi se avesse sbagliato qualcosa
Non si era mai visto che qualcuno si dirigesse verso un castigo con aria tanto felice.

La Sala Grande era stata addobbata divinamente, con grosse lanterne di zucca in ogni angolo - le quali costituivano l’unica illuminazione -, stormi di pipistrelli vivi che planavano dal soffitto, enormi ragnatele che facevano bella mostra di sé sulle pareti, al posto degli usuali stendardi recanti i colori delle quattro case. L’intera sala era un vorticare ipnotico e confuso di maschere e abiti variopinti, la musica trascinante, sebbene un poco sinistra.
Dominique si guardava intorno, compiaciuta dalla perfetta riuscita della festa. Incontrò lo sguardo del professor Lumacorno, che le fece l’occhiolino e alzò entrambi i pollici in segno di vittoria, mentre i candidi mustacchi fremevano di soddisfazione, al di sotto della lussuosa maschera di velluto bordeaux. L’insegnante levò il calice, probabilmente colmo di idromele, e Dominique fece lo stesso con il suo Cosmo-qualcosa, un cocktail babbano assolutamente geniale, anche se un poco troppo forte.
“Alla regina della festa.”
Un mojito - Dominique aveva visto le foglie di menta pressate contro il bordo del bicchiere - era stato fatto cozzare con forza con il suo drink, raggiungendolo da qualche parte alle sue spalle e facendo schizzare ovunque minuscole goccioline.
La ragazza si volse di scatto. Ci mise qualche istante a riconoscere Jacob Greengrass, in abiti stracciati, una lanternina a forma di piccola zucca che si librava in aria sopra la sua spalla sinistra.
“Ti sei vestito da Jack-o’-Lantern!” esclamò.
“Esatto,” - a Dominique parve di scorgere, nel buio, i denti di lui scintillare in un sorriso. “E tu da cosa sei vestita?”
“Non ho bisogno di vestirmi da qualcun’altro,” affermò sdegnosamente.
“Già, e scommetto che quel vestito in realtà sia molto meno casto di quanto non voglia sembrare.”
“Maiale.”
“Frigida.”
Dominique lo guardò.
Ma perchè odora sempre di mojito?

“Guarda, Jamie, sembra che stiano parlando civilmente, per una volta!”
James seguì la traiettoria dello sguardo di Grace, e poté vedere Dominique conversare con quel perverso esemplare di essere umano che era Jacob Greengrass - ancora si chiedeva come facesse Albus ad essergli tanto legato.
“Oh, già!” rispose, con poco entusiasmo.
Grace lo scrutò, pensosa.
“Lui non ti piace, vero?”
“Non mi sta particolarmente simpatico,” ammise James. “Sai, da quando ti ha palpato il sedere in pubblico tre anni fa...”
Lei lo guardò, sorridendogli con dolcezza.
“James!” disse. “Ma come fai a ricordarlo? Io me ne ero del tutto dimenticata.”
“Beh, era da un po’ che ti avevo... notata,” confessò, arrossendo leggermente. “Prima di quest’anno, intendo. Ma non pensare che fossi un maniaco, o uno stalker, io...”
Grace lo interruppe, tirandolo verso di sé per il colletto della camicia e baciandolo. Le loro maschere cozzarono, e la ragazza sorrise contro le labbra di James, prima di prenderlo per mano e trascinarlo verso il tavolo delle bevande, mentre entrambi sentivano chiaramente quanto continuasse a crescere quel senso di reciproca appartenenza che provavano l’uno per l’altra.

La Sala dei Trofei puzzava di Solvente Magico di Nonna Acetonella, e Roxanne continuava a chiedersi come avessero fatto quei dannati trofei a sporcarsi così tanto, considerato che nessuno li toccava mai. Mollò lo strofinaccio a terra, stizzita. Alla sua sinistra, Lysander fischiettava fra sé e sé, perfettamente rilassato, lucidando con grazia una vecchio encomio per i servigi speciali resi alla scuola.
“Che noia, eh?” tentò un po’ di conversazione.
Scamandro le rivolse un enorme sorriso.
“No, affatto!” disse, soave. “E’ terribilmente interessante leggere delle persone che hanno vinto questi trofei, immaginando le loro imprese. Ad esempio, questa,” sollevò la medaglia “E’ stata data ai tuoi zii Harry Potter e Ronald Weasley per aver sconfitto il mostro della Camera dei Segreti, al loro secondo anno.”
“Mi hanno raccontato quella storia,” rispose Roxanne. “Zio Harry ha ucciso il basilisco con la Spada di Grifondoro, salvando la vita a zia Ginny e distruggendo al tempo stesso un Horcrux di Voldemort.”
“Era un bambino prodigio,” affermò Lysander, annuendo con convinzione, gli occhi spalancati.
Era un’immagine talmente buffa che Roxanne non poté trattenersi dallo scoppiare in una risata fragorosa. Invece di offendersi, Lysander la fissò.
“Mi trovi divertente,” asserì, con serietà assoluta “Ne sono lieto.”

Dominique stava aspettando Jacob. Il ragazzo le aveva detto che sarebbe andato a prendere da bere, ma evidentemente doveva esservi molta fila, al tavolo degli alcolici, giacché era scomparso nella folla ormai da una decina di minuti. Spazientita, la Regina si avviò anche lei nella direzione presa dal giovane, decisa a sfruttare il proprio prestigio sociale per scavalcare la gente in attesa. Per questo rimase stupita, quando vide che nessuno era in attesa per bere.
“Desidera bere qualcosa, signorina Dominique Weasley?” gracidò un elfo domestico “Tit è felicissimo di servirla, signorina.”
“Un mojito” ordinò Dominique distrattamente, mentre rifletteva su dove potesse essersi cacciato Jake. Colta da una strana sensazione, si volse di scatto, e riconobbe il costume stracciato di lui, con una ragazza abbarbicata addosso, neanche fosse una qualche erba infestante.
“Ecco qui, signorina Dominique, Tit ha finito il suo drink.”
L’elfo la osservava, con i liquidi occhi color nocciola spalancati, porgendole un bicchiere.
“Grazie,” sussurrò lei, prendendo il drink.
Come posso essere stata così stupida!
Aveva bisogno di parlare con Grace. Si guardò attorno più volte, ma l’amica doveva essersi allontanata dalla festa assieme a James, poiché non la vide da nessuna parte. Risoluta - e decisamente a pezzi - la regina uscì dalla Sala con lentezza, dritta e orgogliosa. Nessuno doveva sospettare il suo stato d’animo.
Una volta che si fu lasciata il portone alle spalle, cominciò a correre, fino a che non andò a sbattere contro qualcuno, rovesciandogli addosso tutto il mojito - aveva continuato a tenere il bicchiere in mano per tutto quel tempo. Inciampò nel lungo abito e rovinò a terra.
“Ehi, stai bene?” le disse una voce familiare, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
Dominique lo ignorò e si tirò su da sola, puntellandosi con le mani sul pavimento. Il ragazzo di fronte a lei indossava un banalissimo costume da vampiro, e aveva una maschera nera a coprirgli metà del volto. Tuttavia, lo aveva riconosciuto benissimo.
“Prova a dire a qualcuno quello che hai appena visto e sei finito, Goldstein,” disse freddamente, accorgendosi con stupore di quanto stesse tremando la propria voce.
“Ah, sei tu, Weasley,” disse lui. “E’ successo qualcosa?”
“Non sono affari tuoi,” sibilò Dominique.
Adrian Goldstein si irrigidì.
“Bene,” sputò fuori, rabbioso, e fece per andarsene.
No.
“Aspetta!” lo fermò Dominique, prima di rendersene conto.
Il ragazzo si arrestò, senza però voltarsi.
“Ho bisogno di raggiungere la tua sala comune,” sussurrò. “Devo parlare con Grace.”
“Non era alla festa?”
“E’ andata via.”
Adrian si voltò. Dovette accorgersi della confusione e della delusione che colmavano gli occhi grigi di lei, poiché si apprestò a Dominique, e si avviò assieme a lei verso il settimo piano.

La sala comune dei Grifondoro era accogliente e calda, ma era vuota, così come lo era il dormitorio di Grace, dove Dominique era appena salita a controllare.
Adrian - seduto su di una poltrona davanti al caminetto, i gomiti sulle ginocchia - si era tolto la maschera, e scrutava pensoso le fiamme, le quali danzavano sul suo volto e donavano bagliori dorati ai suoi capelli castano chiaro. Udendola arrivare, si alzò in piedi.
“Niente?” le chiese, con l’aria di chi già conosce la risposta.
Dominique scosse la testa.
“Mi dispiace” fece lui.
“E’ banale, sai,” fece la ragazza. “Il tuo costume.”
Adrian la guardò, e per una volta non ricambiò con una battuta sarcastica o una presa in giro. Sorrise appena, e le si avvicinò di un passo.
“Non avevo molte idee,” ammise. “E tu da cosa sei vestita?”
“E tu da cosa sei vestita?”
“Non ho bisogno di vestirmi da qualcun’altro.”
“Già, e scommetto che quel vestito in realtà sia molto meno casto di quanto non voglia sembrare.”
“Non ho bisogno di vestirmi... da qualcun’altro,” rispose, la voce incrinata.
Adrian le si avvicinò ancora, e levo una mano a slacciarle la maschera, che cadde a terra con un piccolo tonfo. La guardò dritta negli occhi.
“Che cosa è successo, Dominique?” le chiese.
Non l’aveva mai chiamata per nome.
Lei non dovette pensarci poi così tanto, prima di poggiare le labbra sulle sue.




¹Avrete di certo notato che il titolo di ciascun capitolo si rifà al titolo di un episodio della prima stagione di Gossip Girl. A loro volta, i titoli degli episodi sono dei giochi di parole presi da film, libri o modi di dire inglesi (es. il titolo dell'episodio A thin line between Chuck and Nate si riferisce al film del 1996 A thin line between love and hate). Tuttavia, dato che non trovavo un modo di adattare Victor Victrola ad un contesto Potteriano, ho deciso di trovare una valida alternativa creando io stessa un gioco di parole. Inizialmente ho pensato a Stick or Treat invece che Trick or Treat, ma poi mi è venuto in mente Jack-o’-Lantern, l’uomo alla cui leggenda è legata l’usanza di Halloween. Da lì a Jake-o’-Lantern il passo è breve.
Fonti: Wikipedia.
²La “commedia babbana” cui si riferisce Grace è naturalmente Sogno di una notte di mezza estate, di William Shakespeare.




Note dell’Autrice
Mi dispiace di aver fatto attendere parecchio per questo capitolo, ma ho dovuto curare la raccolta su Gossip Girl, correggere e valutare le storie del contest che ho indetto, fare i compiti e andare a danza. Dovrei riuscire a pubblicare un altro capitolo prima dell’inizio di scuola, dopo cercherò di fare un aggiornamento a settimana. Spero che il capitolo sia piaciuto, e che il finale non sia troppo ovvio.
La canzone che sta all'inizio di questa puntata è I'll Be Yours dei Placebo.
Ho pubblicato il primo capitolo di Day’s dawing, skins crawling, uno spin-off prequel di Gossip Witch sul triangolo Dom/Scorpius/Grace, cui presto si aggiungerà il secondo e ultimo capitolo - che già ho scritto -. Mi piacerebbe che deste un’occhiata.
Grazie a tutti i lettori, recensori, ricordatori, preferitori e seguitori (lo so, a grammaticalmente molto scorretto).
Baci,
Daphne.

PS: Nicholas Hoult è Albus. Azzeccato, no? Questo è il vestito di Dom. Questo quello di Grace.

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Capitolo 8
*** 8. Seventeen Candles ***



1x08

Seventeen Candles

If you think that this is just a game

I'm playing

If you think that I don't mean

ev'ry word I'm saying

Don't, don't, don't, don't,

Don't feel that way

I'm your love and yours I will stay


Quando Dominique Weasley aprì gli occhi, quel primo di novembre, divenne gradualmente consapevole di un certo numero di cose.
Prima di tutto, la cortina di velluto che aveva davanti agli occhi era scarlatta, e non verde smeraldo come quella cui era abituata. Secondo, non aveva nulla addosso. Terzo, un grosso braccio da battitore era poggiato pesantemente attorno alla sua vita.
Oh, Merlino. Goldstein.
Non era affatto una sensazione spiacevole, anzi: il corpo del ragazzo a contatto con il suo sprigionava un delizioso tepore, ed era idilliaco restare a letto a godersi i primi raggi del mattino, lei che era tanto abituata al buio dei sotterranei. Tuttavia, non poteva proprio permettersi di avere simili pensieri.
Non posso essere andata a letto con Goldstein! Che cosa mi è saltato in mente!?
Sgusciò cautamente sotto al braccio del ragazzo, facendo attenzione a non svegliarlo. Adrian emise un mugolio e si rigirò nel sonno dall’altra parte. Dominique recuperò i propri vestiti - sparsi a terra in diversi punti della stanza - e li indossò con calma, silenziosamente, guardandosi attorno - ringraziò il cielo che Goldstein, in quanto caposcuola, avesse diritto ad una camera singola. L’ambiente era sorprendentemente ordinato, completamente diverso dagli altri luoghi popolati prettamente da adolescenti maschi cui era abituata. Nei dormitori di Scorpius e di Albus - le uniche camerate dei ragazzi che mai avesse visitato - regnava sempre il più trionfale disordine:  lo stesso valeva per la stanza da letto di suo fratello Louis, e per quelle dei suoi cugini alla Tana o a Godric’s Hollow. Nel luogo dove dormiva Adrian Goldstein, fuorché gli abiti della sera prima sparsi a terra - e Dominique non ricordava bene come ci fossero finiti -, ogni cosa era organizzata con ordine quasi maniacale.
Ma in fin dei conti c’era da aspettarselo. E’ cosi noioso!
Incredibilmente noioso, in effetti. Fino al giorno precedente aveva quasi creduto che fosse asessuato.
Ma aveva dovuto ricredersi.
Sopra al baule, piegata con cura, si trovava la divisa di Quidditch del ragazzo, con accanto la mazza da battitore. Nel vedere gli abiti scarlatti, Dominique rammentò che quel giorno si sarebbe svolta la prima partita della stagione: Grifondoro contro Serpeverde. Evidentemente, Adrian doveva aver preparato la divisa la sera precedente, prima di dirigersi alla festa.
Anche nella vita privata è così fastidiosamente preciso.
Le risultava difficile accettare che qualcuno fosse più organizzato di lei. Tirò su la zip del vestito, tentò di rassettare la lunga gonna, che si rivelò irreparabilmente sgualcita - anche se, considerato ciò che ricordava della notte precedente, non avrebbe dovuto stupirsene. Gettò un ultimo sguardo ad Adrian, che dormiva supino, il braccio che prima le circondava la vita buttato sul guanciale. I capelli castano chiaro erano scomposti, sul volto aveva dipinta un'espressione beata. Sospirò, prima di voltarsi e lasciare alle proprie spalle quella camera rossa e oro e quel ragazzo addormentato, dirigendosi verso il dormitorio di Serpeverde con tutta la discrezione possibile.

"Si può sapere dove accidenti sta Goldstein?"
Albus era decisamente infuriato. James sapeva bene che il fratello diveniva straordinariamente irascibile prima di entrare in campo: era il suo modo per sfogare la tensione, così come lui stesso si chiudeva in un ostinato silenzio nel pre-partita. Tuttavia, quel giorno, il pessimo stato d'animo di Albus era comprensibile e decisamente giustificabile. Mancavano appena cinque minuti all'inizio dell'incontro, e il loro secondo battitore ancora non si era fatto vedere. Il che, rifletteva James, era piuttosto inusuale, giacché Adrian Goldstein era celebre per la sua precisissima e quasi irritante puntualità. Chris McGregory, il portiere, continuava a passarsi nervosamente i guanti da una mano all'altra, diventando sempre più rosso. Quinn Baston, incredibile battitrice del sesto anno, scrutava torva  la propria mazza, come se le avesse fatto chissà quale gravissimo torto. Improvvisamente, si udì un tramestio, e Adrian sbucò nello spogliatoio, trafelato, i capelli spettinati e la divisa per traverso. Il resto della squadra lo guardò con stupore: non solo il caposcuola Goldstein era in ritardo, ma mancava anche del solito aspetto impeccabile.
Gli brillano gli occhi, notò James. E sembra piuttosto agitato.
"Era ora," brontolò Albus "Si può sapere dov'eri?"
Adrian aprì la bocca per rispondere, ma non fece in tempo: nello spogliatoio si udì il fischio di Madama Preston, e la squadra si preparò ad entrare in campo.

Neanche un'ora dopo, la partita era terminata, e la vittoriosa squadra di Grifondoro planò a terra, stretta in un abbraccio collettivo.
"James!"
Il ragazzo si volse, e vide Grace che gli correva incontro, ridendo, i capelli al vento.
"Siete stati bravissimi, Jamie!"
Gli buttò le braccia al collo, lo baciò.
"Abbiamo giocato partite migliori, Grace," disse la voce di Albus alle loro spalle "Ma immagino che i dieci goal segnati dal mio fratello abbiano contribuito alla vittoria, già..."

 

Una settimana dopo

Adrian continuava a baciarla, scie infuocate di passione che si perdevano sul suo collo e sulle spalle. Poteva percepire la schiena del ragazzo sotto le dita, la sua pelle calda, il lavorio dei muscoli. Le bocca di lui si impadronì della sua, mentre le mani scorrevano sul suo corpo, facendo scivolare via la sottile sottoveste di seta che indossava. A propria volta, si dedicò ai bottoni della camicia di Adrian, slacciandoli uno ad uno...
Tutto ad un tratto, udì bussare. Ignorò quella fonte di disturbo, continuando a baciare il ragazzo con ardore e con  un senso impellente di bisogno. Tuttavia, il rumore si fece più insistente.
"Dom!"
Scosse la testa, infastidita, e fece per togliere la camicia ad Adrian, quando si rese conto del fatto che le proprie mani si muovevano a vuoto, e che era sola nella sua stanza. Sbatté un paio di volte le palpebre, levandosi a sedere fra le lenzuola.
Era tutto un sogno...
"Dom?" disse la voce di Grace, fuori dalla porta chiusa "Ci sei?"
"Avanti" rispose Dominique.
L'amica, bella e ridente come al solito, si fece strada nella camera perfettamente ordinata, per poi sedersi accanto a lei sul letto.
"Che cos'è quella faccia?" le chiese, scrutandola con aria preoccupata.
"Oh... No, niente," borbottò lei "Un brutto sogno".
Beh, brutto non direi.
"Mmh," fece l'altra, poco convinta "Buon compleanno, comunque" aggiunse, sorridendo e porgendole un pacchetto.
Dopo un istante di confusione, improvvisamente Dominique ricordò.
"E' vero, è il mio compleanno!" esclamò, entusiasta "Sono maggiorenne!"
Grace ridacchiò, divertita, e le tese ancora il pacchetto.
"Che cos'è?" la interrogò lei, incuriosita.
"Aprilo!"
Dominique scartò il regalo con attenzione, avendo cura di non strappare la carta. Trovò una scatola con su scritto Amortentia: set deluxe di profumi e prodotti da bagno per la strega di classe, e un completo intimo di pizzo nero, abbinato ad un babydoll di raso color avorio, raffinatissimo benché molto sensuale. Sorrise.
"Grace!" esclamò, abbracciando l'amica "Sono dei regali bellissimi, grazie!"
Grace sorrise a propria volta, mordicchiandosi il labbro.
"Non si diventa maggiorenni tutti i giorni, no?"
"Giusto!"
Ai piedi del letto, c'era un bel mucchio di altri pacchetti incartati, probabilmente consegnati dagli elfi domestici durante la notte. Deposti con cura i doni dell'amica sul comodino, Dominique iniziò a scartare gli altri regali, mano mano che l'altra glieli porgeva.
"Questo chi te lo manda?" domandò Grace, allungandole una grossa scatola avvolta in raffinata carta rosa cipria "Non c'è biglietto".
"Non ne ho idea" rispose, stupita.
Aprì la scatola, per ritrovarsi fra le mani metri e metri di seta argentea e fluida, talmente morbida e pura da scivolarle fra le dita. Si alzò dal letto, per poi poggiarsi addosso l'abito di ottima fattura, di fronte allo specchio a figura intera che aveva in camera.
Dio, è meraviglioso...
Grace lanciò uno sguardo di ammirazione al vestito, per poi chinarsi e raccogliere qualcosa da terra. Era un biglietto, probabilmente nascosto fra le pieghe dell'abito, che doveva essere caduto quando l'aveva sollevato per provarlo.
"Anche questo è molto meno casto di quanto non voglia apparire" lesse l'amica.
Il cuore di Dominique fece un sobbalzo.
Jake.
Grace la guardò.
"Che cosa significa?" le domandò.
"Non c'è firma?" chiese Dominique.
Grace scosse la testa.
"Hai idea di chi te lo abbia mandato?" la interrogò.
Dominique sorrise.
"In effetti, credo di saperlo”.

Come al solito, fra le fila dei Serpeverde, si stagliava vivacemente un orlo della divisa scarlatto, ed uno stemma-rosso oro. Grace Zabini - la chioma bionda visibile a distanza - era seduta accanto alla neomaggiorenne Dominique Weasley, e si stava servendo di un’abbondante porzione di arrosto con patate, che attaccò con voracità. Salvo poi rendersi conto dello sguardo bramoso e stranamente teso che Dominique rivolgeva al suo piatto pieno.
“Che cos’è quella faccia, Dom?” la interrogò, scrutandola con una certa preoccupazione.
Ricordava quella stessa espressione impressa sul volto dell’amica, circa tre anni prima, e non le piaceva proprio per niente, specialmente se considerava gli eventi che ne erano seguiti.
“Quale faccia?” replicò Dominique, un po’troppo in fretta, affrettandosi a piegare le labbra in un sorrisino.
“Quella di prima” insisté Grace, pur con scarse speranze.
Conosceva Dominique, e sapeva che, nel momento in cui ostentava quella specie di tentato sorriso, non c’era verso di cavarle parola di bocca.
“Non ho fatto nessuna faccia, Grace”.
A quel punto, chiunque altro avrebbe lasciato perdere. Ma Grace non era chiunque altro. Era caparbia, era determinata, era la migliore amica di Dominique e, per giunta, era decisamente preoccupata. Per questo non demordette, ma masticò con cura il proprio boccone di arrosto prima di rivolgersi nuovamente all’amica.
“Non mangi niente?” le domandò candidamente, indicando con un cenno del mento il suo piatto vuoto.
“Oh, già,” rispose Dominique, sempre con quel maledetto sorrisino sul volto “Certo”.
Allungò una mano, e si servì di una forchettata di spinaci bolliti, che cominciò a piluccare con aria apparentemente distratta. Grace sospirò.
“Così poco?” le chiese.
“Oh, non ho molta fame,” si giustificò l’altra “Sono appena diventata maggiorenne! Se penso alla festa di stasera, poi... L’idea mi eccita troppo, non ci riesco proprio a mangiare di più”.
Bella scusa.
Grace aprì la bocca per dare voce a questo pensiero, ma Dominique la interruppe.
“Ma quello non è James, tutto solo?” indicò il tavolo di Grifondoro “Perchè non vai da lui a fargli compagnia? Uh, guarda, arriva Jake!”
Si voltò verso Jacob Greengrass, degnandolo di un sorrisetto sdegnoso - ma gli occhi le brillavano -, e a Grace non rimase altro che alzarsi da tavola, di malavoglia, arrendendosi al fatto che insistere in quel momento non solo sarebbe stato inutile, ma anche totalmente controproducente. Attraversò la Sala Grande, fino a lasciarsi cadere sulla panca accanto al proprio ragazzo, con un’espressione cupa che stava sul suo volto come i cavoli a merenda.
“E’ successo qualcosa?” la interrogò infatti James, dopo averla salutata con un lieve bacio sulle labbra.
“A me non è successo niente...” rispose “E’ Dominique a preoccuparmi”.
Jamie aggrottò le sopracciglia.
“Come mai? Ha qualcosa che non va?”
“Mangia poco o niente...” rivelò Grace “E diventa straordinariamente elusiva non appena cerco di toccare l’argomento. Non vorrei che fosse come tre anni fa, quando, sai...”
“Lo so,” disse lui “La nonna Molly a Natale era preoccupatissima perché non toccava cibo, ed era diventata tutt’ossa”.
“Per lei è stato veramente difficile uscirne,” ribatté Grace, guardandolo con gravità “Non vorrei che avesse una ricaduta, o che so io...”
James le strinse la mano.
“Se così fosse, la aiuteremo,” la rassicurò “E’ una promessa”.
Rasserenata, Grace gli mise una mano sulla guancia, prima di cominciare a baciarlo.

“Che cosa vuoi, Greengrass?” disse Dominique, placida, guardando fisso di fronte a sé.
Lo udì ridacchiare.
“Solo augurarti buon compleanno,” rispose Jacob “E assicurarti che ho già messo gli elfi domestici al lavoro”.
Dominique si voltò di scatto verso di lui, gli occhi sgranati per la sorpresa: lo vide ghignare, soddisfatto.
“Esattamente,” proseguì lui “Questa volta non dovrai preoccuparti di nulla. Mi sono occupato io dell’organizzazione”.
Dominique gli sorrise, e Jacob ricambiò, sapendo che da parte sua equivaleva ad un caloroso ringraziamento. Le strinse lievemente le dita fra le proprie, prima di alzarsi da tavola e allontanarsi con calma.
“Buon compleanno”.
Dominique si girò di scatto. Adrian Goldstein, in piedi dietro di lei, la scrutava con uno sguardo di intensità bruciante, rancorosa. Lei gli volse nuovamente le spalle, assumendo l’espressione più indifferente che le potesse riuscire. Era trascorsa esattamente una settimana da quella inaspettata, assurda e maledettamente piacevole notte che avevano trascorso insieme, e Dominique aveva passato quei giorni ignorando Golstein scrupolosamente. Non che lui non avesse tentato di parlarle, anzi. Inizialmente, l’aveva assillata di continuo, cercando di stabilire un contatto con lei ogni volta che ne aveva l’occasione. Alla fine, aveva lasciato perdere, limitandosi a sciccarle sguardi di fuoco ogniqualvolta si incontrassero.
Fortunatamente, il repentino cambio di atteggiamento di Jacob, e le attenzioni delle quali la colmava, avevano il potere di distrarla, contribuendo notevolmente al suo proposito di ignorare Adrian e di fingere che nulla fosse accaduto quella notte. Lei non ne aveva parlato con anima viva - nemmeno con Grace -, e confidava che lui avesse fatto altrettanto.
Jacob non lo sarebbe mai venuto a sapere.

“Finalmente siamo soli...” sussurrò Grace.
James avrebbe voluto ricordarle che si trovavano nel dormitorio maschile, e che chiunque sarebbe potuto entrare da un momento all’altro, ma decise di lasciar perdere, giacché era troppo concentrato sulle labbra di lei per riuscire a pensare razionalmente. Erano così soffici, quelle labbra, così...
Grace lo spinse sul letto - sorridendo in quel suo modo speciale che lo faceva letteralmente impazzire -, prima di raggiungerlo fra i cuscini e riprendere a baciarlo. James fece scorrere le mani sulla schiena di lei, le sfiorò le gambe, le carezzò i capelli. Lei ridacchiò e si tirò su, per poi prendere a slacciarsi uno per uno i bottoni della camicia scolastica - la cravatta rosso-oro era già volata chissà dove. James la guardò, senza fiato, mentre Grace si sfilava la camicetta del tutto e si chinava di nuovo su di lui. Le sue mani corsero automaticamente sui fianchi della ragazza, sulla sua pelle liscia e ambrata... Le loro labbra sembravano incapaci di staccarsi, i capelli di Grace gli accarezzavano il viso mentre lei lo baciava e...
“Ops, scusatemi!”
Entrambi si voltarono di scatto verso chi aveva parlato - James pareva agghiacciato, mentre Grace era imbarazzata, ma anche un poco divertita - e videro Frank Paciock, scarlatto, che si era coperto gli occhi per non vedere.
Ha fatto bene, si ritrovò a pensare James, altrimenti l’avrei affatturato, credo. Per aver guardato Grace, insomma.
Gettò uno sguardo alla propria ragazza, che si stava abbottonando in fretta i bottoni della camicetta. Con i capelli scompigliati, le gote arrossate dall’imbarazzo e dalla foga di poco prima, era  meravigliosa.
No, non l’avrei affatturato. Sarei passato direttamente ai pugni.

“Ehi, D.! Mi ha detto Paciock che mi stavi cercando!”
Dominique si voltò verso l’amica: Grace aveva i biondi capelli decisamente sconvolti e la gonna dell’uniforme storta e spiegazzata. Non portava neanche la cravatta.
“Che stavi combinando, Grace?” le chiese Dominique, le labbra incurvate in un ghigno malizioso.
L’altra ridacchiò e non rispose, cercando di ricomporsi quanto possibile.
“Come si comporta quel verginello di mio cugino?” insisté.
“Cosa mi dovevi dire?” ribatté Grace, ignorandola.
Dominique guardò l’orologio.
“Mancano due ore alla festa. Credo sia ora di cominciare a prepararsi”.
“Non facciamo il giro di revisione della Stanza delle Necessità, prima?”
“Oh, pensa a tutto Jake,” fece lei, alzando le spalle con nonchalance “Si è offerto di organizzare tutto, per fare in modo che io possa godermi la festa...”
“Che carino...” la prese in girò Grace.
“Oh, ma smettila!”
“Ciao, Grace!”
“Ehi, Adrian!”
Dominique maledì la propria distrazione. Non si era accorta in tempo della presenza di Goldstein, e non era riuscita ad evitare di imbattersi in lui.
“Ciao, Dominique” le disse freddamente, chinando appena la testa castana.
Lei lo ignorò.
“Andiamo, Grace!” prese per il braccio l’amica, trascinandola con sé lungo il corridoio.
Una volta che furono abbastanza lontane dal ragazzo, si arrestò.
Grace la guardò, stupefatta.
“Che ti è preso, Dom!?” le chiese.
“Niente” mentì Dominique.
“Come mai hai ignorato Adrian?” insisté Grace “E da quando ti chiama per nome?”
“Non ho ignorato nessuno,” replicò lei, facendo finta di non aver udito la seconda domanda “E adesso andiamo a prepararci?”
Grace alzò gli occhi al cielo, e decise di lasciar perdere.
Era il compleanno di Dominique, dopotutto.

“Ti devo parlare, Scorpius”.
Il tono secco con il quale questa frase era stata pronunciata, sommato al serissimo sguardo di Lucy, bastò per fargli martellare furiosamente il cuore nelle orecchie a causa dell’ansia. Si stava dirigendo entusiasta verso la biblioteca, pronto a confermare l’appuntamento di quella sera con la propria ragazza - sarebbero andati assieme alla festa di Dominique -, quando si era imbattuto proprio in lei, che adesso lo fronteggiava minacciosa dal lato opposto del corridoio. Le si avvicinò.
“Che cosa è successo?” chiese Scorpius, esitante.
“Non credi,” replicò lei, stringendo gli occhi “Che debba essere tu a dirmi che cosa è successo?”
Scorpius aggrottò le palpebre, perplesso, chiedendosi cosa mai avesse combinato.
“Non so di cosa...”
Ma Lucy non riuscì più a trattenersi.
“C’eri tu dietro!” sbottò “Parlo della Finigann! Di quello che Albus le ha fatto!”
Ma allora è questo il problema!
Lo sguardo irato di Lily soppresse però ogni guizzo di nascente risata dalla bocca del suo stomaco. La ragazza parve dedurre di avere ragione dalla sua espressione colpevole.
“Già,” annuì, tristemente “Sei stato tu”.
“L’ho fatto per te, Lucy!” si affrettò a ribattere “Solo per te”.
“So che l’hai fatto per me, ma...”
“Jackie Finigann ha rischiato di compromettere il nostro rapporto!”
Scorpius si sentiva adesso decisamente irritato.
Insomma, dopo quello che Jackie aveva fatto alla mia ragazza, non poteva restare impunita! Che cosa pretendeva Lucy, che la lasciassi alla mercé di quella?
“...Credi che ripagarla della stessa moneta la distoglierà dal provarci di nuovo?” stava dicendo Lucy.
“L’ho fatto per te!” ripeté Scorpius, frustrato.
“Non voglio assolutamente che tu faccia del male ad altre persone per me! Sia pure la Finigann o chi so io!”
Seguì qualche istante di silenzio.
“Non capisco” sussurrò poi lui.
“E’ proprio questo il problema, Scorpius” replicò Lucy, per poi dargli le spalle e allontanarsi.
Scorpius la fermò.
“Verrai alla festa con me, stasera?”
Lei scosse la testa.
“No, Scorpius. Non ho voglia di andare ad una festa”.
A lui non rimase altro che guardarla andare via, sentendosi come se qualcuno stesse urlando, assordante, dentro la sua testa.

Grace si guardava intorno, nella Stanza delle Necessità. Doveva convenire che Jacob aveva veramente fatto un ottimo lavoro: ogni dettaglio era stato curato in modo da coincidere perfettamente con i gusti di Dominique, ma era comunque distinguibile con chiarezza un indefinito tocco Greengrass. E l’effetto d’insieme era veramente strepitoso, non era di certo sorpresa che l’amica fosse così contenta.
“Ecco, Grace”.
Si voltò verso James, e prese l’Acquaviola che le porgeva, sorridendogli con dolcezza. Lui ricambiò il sorriso, circondandole la vita con un braccio.
“Jamie?”
Il ragazzo si voltò. Grace pensò che l’incantesimo gettato da Albus per fare in modo che le persone potessero capirsi nonostante la musica ad alto volume fosse un utile accorgimento.
“Non pensi che ne dovremmo parlare?” gli chiese “Di quello che stavamo per...”
“Ah,” fece James “Già”.
“Tu hai...”
“Tu cosa vuoi?” la interruppe, guardandola con tenera serietà.
“Forse sarebbe meglio...” esitò “Aspettare?”
“Sono d’accordo con te,” convenne James “Aspettare è la cosa migliore. Per un po’, almeno”.
Grace gli sorrise ancora.
“Sai,” le disse lui “E’ anche per questo sorriso che mi sono innamorato di te”.

“Ho fatto bene a scegliere questo vestito,” disse la voce di Jacob, in qualche punto indefinito vicino al suo orecchio “Sei magnifica”.
Dominique si volse verso di lui.
“Ah, sei stato tu?” replicò, fingendosi sorpresa.
“Lo sai benissimo” ghignò il ragazzo.
“Beh, grazie, allora”.
“E la festa? Ti piace?”
Lei lo guardò. Annuì. Sorrise.
Jacob si avvicinò, e posò cautamente le labbra sulle sue.
“E questo?” sussurrò “Ti piace?”
Per tutta risposta, Dominique mise una mano dietro alla nuca di lui, e lo baciò a propria volta.




Note dell’Autrice
Per prima cosa, questo capitolo apkkjxaol
Okay, gente, qui è Lily Potter che vi parla. Sono molto seccata perchè questa biondina qua,” - dà una robusta gomitata all’Autrice, precedentemente legata e imbavagliata - Ha osato mettermi da parte. Insomma, sono la futura Regina, io! Non riesco proprio a capacitarmene. In un capitolo, un intero capitolo, non sono stata nominata neanche una volta! Ad ogni modo, l’Autrice ci teneva a informarvi che ha pubblicato il secondo e ultimo capitolo di Day’s dawing, skins crawling. E’ uno spin-off sul triangolo mia cugina/Malfoy/la ragazza di mio fratello. Spero che Jamie non lo legga. Se a qualcuno interessa la mia faccia, somiglio molto a Kaya Scodelario. Dovete solo immaginarla con i capelli rossi. Il vestito che Jacob ha regalato a mia cugina è questo. Anche se sarebbe stato meglio a me”.
Adesso che Lily ha finito il suo monologo, posso ringraziarvi per aver letto, seguito, recensito, ricordato o preferito.
Baci!
Daphne Kerouac.

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Capitolo 9
*** 9. Dom Weasley Must Pie! ***


 

1x09

Dom Weasley Must Pie!

 

This is becoming a problem I’m hurting it’s unfair

But somehow your words,

The way that I heard are haunting me,

You’re under my skin

You’re breaking in.


L’aula vuota era in penombra: Dominique riusciva a distinguere il profilo dei banchi, colpiti dal lieve chiarore di luna che filtrava dalle alte finestre. Percepiva il proprio corpo allacciato a quello di Jake, che la stringeva, baciandola con impeto. Il ragazzo scostò appena il capo, quel che bastava affinché il suo volto fosse illuminato dalla luna. Le mancò il fiato, nel riconoscere folti ricci castani piuttosto che dei lisci capelli scuri, iridi azzurre e pulite invece che verdastri occhi ammaliatori.
“Adrian...” sussurrò.
“Che cosa?”
Dominique aprì gli occhi. Si trovava fra le lenzuola scomposte del proprio letto, e al suo fianco - sollevato su di un gomito, l’aria assonnata - c’era Jacob, che la squadrava con una strana espressione sul viso.
Si schiarì la voce, maledicendo mentalmente quei sogni che non volevano proprio smettere di torturarla.
“Jacob,” mentì “Dicevo Jacob”.
Il ragazzo parve rilassarsi, e la guardò amorevolmente, prima di sfiorarle le labbra con le proprie.
“Buongiorno, splendore,” le disse “Stavi facendo un bel sogno?”
Per tutta risposta, Dominique gli lanciò uno sguardo malizioso, arricciando appena le labbra. Jacob si chinò ancora a baciarla, questa volta in maniera decisamente meno casta, e Dominique ricambiò con ardore, trascinandolo con sé fra le lenzuola.
Quella mattina avrebbe probabilmente fatto tardi a lezione.
Come ogni giorno da una settimana a questa parte, d’altronde...

Sebbene Dominique potesse parere ad occhi esterni come una subdola manipolatrice - perfida, algida e priva di scrupolo o sentimento alcuno -, la verità era che di sensazioni ne provava fin troppe. Tante al punto che, nella sua mente, si rincorrevano e sovrapponevano confusamente, coinvolte in un intricato meccanismo del quale lei per prima non possedeva la chiave.
Si dice che l’apparenza inganna: così come una promettente bella giornata può invece risultare fallimentare, una lettera che sembra portare buone nuove si rivela del tutto catastrofica.
Per un istante, al tavolo dei Serpeverde, Jacob Greengrass studiò il breve precipitare di un biglietto lilla pallido - sfuggito dalle dita di Dominique - verso la ciotola piena di salsa, prima di arrestarne la caduta con un lieve colpo di bacchetta. Dominique studiò la missiva, delicatamente planata sul tavolo,  per qualche minuto, con un’espressione indecifrabile e le labbra serrate. Questo fino a che Jacob, poiché la ragazza pareva non avere intenzione alcuna di proferir parola, non allungò la mano, prendendo il foglio. Attese da lei un cenno di disapprovazione, che non venne, prima di dedicarsi alla lettura.
Ted Lupin e Victoire Weasley annunciano le prossime nozze, invitandovi a partecipare ai festeggiamenti, il giorno dieci di luglio a Ottery St. Catchpole, Devonshire.  
Jacob sollevò gli occhi dalla partecipazione, incrociando lo sguardo di Dominique.
“Non c’è altro?” le chiese.
Stringendo gli occhi e senza una parola, Dominique prese la busta che aveva contenuto il biglietto - abbandonata accanto al piatto - e ne estrasse una pergamena. La spiegò, mentre Jacob leggeva da sopra la sua spalla.
Cara Domi,
Non riesco ancora a crederci! Teddy mi ha chiesto di sposarlo! E’ stato tutto talmente dolce, sorellina, così romantico! Mi ha portata ad Hogsmeade, sai, dove ci siamo baciati la prima volta (a dire il vero avevo anche l’intenzione di passare ad Hogwarts per vederti, ma non ne ho avuto il tempo perché papà aveva bisogno di me per un problema alla Gringott e Louis aveva l’influenza). Ad ogni modo, siamo arrivati fin davanti Mondomago, esattamente nel luogo in cui mi aveva baciata. A quel punto, mi ha detto che mi ama tantissimo, e che aveva qualcosa di molto importante da chiedermi. Naturalmente, ho capito subito di cosa si trattasse, ma ho fatto finta di non sapere niente, sai, per non rovinare l’atmosfera (e anche per non far rimanere male il povero Teddy, che si era preparato tutto il discorso). Comunque, il mio amore è stato come sempre assolutamente perfetto: ha poggiato un ginocchio a terra, sporcandosi tutti i pantaloni, per poi tirare fuori dalla tasca quella deliziosa piccola scatolina in velluto blu notte. L’ha aperta, e dentro c’era l’anello più bello che avessi mai visto! Ho accluso una foto, Domi, dovevi assolutamente vederlo. Come puoi vedere dalla fotografia, c’è un diamante, un solitario, talmente puro e splendente che quasi mi ha abbagliata (ho dimenticato di dirti che c’era un tempo meraviglioso, quel giorno, un cielo limpido e terso: il sole si rifletteva sul diamante, mandando dei piccoli, adorabili raggi qua e là). Teddy mi ha detto che sono l’unica donna che ha mai amato e che mai potrà amare, poi mi ha infilato l’anello al dito e mi ha baciata. Avevo le lacrime agli occhi, ti assicuro, ero talmente felice da non rendermi conto che tutta la gente che passava ci guardava con aria commossa.
Adesso io e la mamma siamo tutte prese dai preparativi, non facciamo altro che correre in giro per pensare al vestito, scegliere fra campioni di stoffe e tipi di fiori, decidere il menu e tutto il resto. Lo so che è un po’ presto per organizzare tutto, considerato che il matrimonio sarà celebrato a luglio, fra quasi un anno, ma io voglio che ogni cosa sia perfetta. Tu sarai la mia damigella d’onore, e Lou il testimone! Non vedo l’ora che arrivino le vacanze natalizie, così potremo passare del tempo insieme e scegliere il tuo vestito e tutto il resto!
La nonna Molly è scoppiata in lacrime per la gioia, naturalmente, appena ha saputo la notizia.
Tu come stai, Domi? Ho saputo da Gossip Witch (Lou conserva ancora il suo galeone stregato!) che ti stai frequentando con un certo Jacob Greengrass. Spero che vada tutto bene e che tu sia felice con lui, almeno quanto lo sono io con il mio Ted!
Mi manchi tanto.
Baci, Victoire.
Dominique doveva aver finito da un pezzo di leggere la lettera della sorella, ma nonostante ciò continuava a fissare la pergamena - da cui proveniva un vago sentore di essenza di rose. Sulla tavola era scivolata la fotografia, dove una radiosa Victoire agitava la mano, mostrando l'anello di fidanzamento. Jacob non avrebbe proprio saputo dire se brillava più il diamante o più i suoi occhi.
“Beh,” tentò, cauto “E’ una bella notizia. No?”
La ragazza si voltò verso di lui, affrettandosi a sorridere.
“Oh, sì!” convenne, con evidente sforzo di apparire naturale “Una splendida notizia”.
Jacob levò le sopracciglia, scettico.
“Sei sicura di stare bene, tesoro?”
“Più che sicura!” replicò Dominique, annuendo “Ah!” aggiunse “Devo correre a prendere il mio tema di Incantesimi, credo di averlo dimenticato...”
Prima che il ragazzo avesse avuto il tempo di aprir bocca, Dominique si era già allontanata.

“Sei proprio così sicuro che agli asticelli piacciano i Grinzafichi, Lysander?”
Il ragazzo si volse verso Roxanne, rivolgendole uno dei suoi sorrisi vacui e sbattendo più volte le lunghe ciglia.
“Ma certo, Roxanne Weasley. Lo dice sempre mio padre”.
Lei annuì, appena più convinta. Erano passate un paio di settimane, da quando lei e Lysander Scamandro si comportavano quasi come amici, e quei quindici giorni le erano bastati per rendersi conto del fatto che, il più delle volte, le affermazioni del ragazzo erano veritiere, se riferite alle opinioni del padre. Il celebre naturalista Rolf Scamandro possedeva una immensa conoscenza del mondo animale, e una passione per la zoologia che entrambi i figli, fratelli gemelli, avevano ereditato. Tuttavia, come Roxanne aveva dedotto dagli scoordinati discorsi del ragazzo, mentre l’interesse di Lysander era prettamente scientifico, quello del gemello Lorcan si orientava verso il piano pratico e la ricerca sul campo. Ad ogni modo, il giovane Scamandro si faceva spesso influenzare dalle bizzarre ipotesi della madre Luna, saggista e caporedattrice della nota rivista Il Cavillo. Proprio per questo, Roxanne preferiva verificare la fonte da cui Lysander prendeva le sue informazioni, prima di dar loro credito.
“Sai,” disse “Venivo spesso qui con Jamie, prima che lui si mettesse con Grace”.
Si trovavano infatti nei pressi del grosso faggio che sorgeva accanto al lago, dove, un paio di mesi prima, si era imbattuta nella bella Zabini assieme al cugino.
“Non essere gelosa, Roxanne,” replicò Lysander placidamente, porgendo un pezzo di Grinzafico all’asticello più vicino “Piuttosto, raccontami come passavate il tempo, quando venivate qui”.
Ignorando la scomoda verità bellamente espressa dal ragazzo, Roxanne si gettò a raccontare.
“... E qualche volta mangiavamo le ciliege, sputando i noccioli addosso agli asticelli...”
“Povere, deliziose creature!” commentò Lysander, indignato “Maltrattarle in questo modo! Non dovresti, sfogare il tuo nervosismo in attività più meritevoli, Roxanne?”
“Non lo facevamo per sfogare il nervosismo!” ribatté lei “E’ divertente, tutto qui...”
Lysander le sorrise ancora.
“Non è carino trattare male gli animali,” fece “Ma a te posso perdonarlo, Roxanne”.

Dominique  era distesa sul letto, fissando la cortina color smeraldo del baldacchino, alcuni piedi più in alto, incurante dei capelli scarmigliati e della gonna sgualcita.
In quel momento si stava detestando, la nostra Regina. Stava odiando sé stessa come mai prima: per quel suo non riuscire a rallegrarsi per Victoire, per quel continuo paragonare la mera apparenza della propria vita alla perfezione di quella della sorella, per quel sentirsi invidiosa della sua felicità.
Insomma, un matrimonio era una bella cosa. Il matrimonio della sua adorata sorella maggiore era una bellissima cosa.
Ma allora perchè non riesco ad esserne contenta? Perchè devo sentirmi tanto a pezzi?
Probabilmente era lei ad essere cattiva, già. Cattiva ed egoista, incapace di provare gioia per qualcun altro. E Victoire era talmente buona! Sempre allegra, serena, con una parola gentile per tutti. Così affettuosa, così priva di un qualunque dettaglio criticabile.
Dominique sapeva di rendersi odiosa, alle volte. Sapeva di essere acida, pignola e spesso antipatica. Sapeva anche che era proprio su questo che costruiva il proprio successo, e lo faceva proprio perchè non era stata in grado di trovare un’altra via per farsi accettare, apprezzare, ammirare. Quello che Victoire e Grace ottenevano con un sorriso, con uno sguardo garbato, lei lo pretendeva con un secco ordine, cui ogni replica risultava inammissibile.
Perché era così incontentabile? Perché non poteva essere lei quella più bella, più buona, più felice?
Qualunque cosa io possa fare, Victoire sarà sempre un passo avanti rispetto a me.
Perché Victoire e Grace erano così naturali e divertenti, mentre lei era così rigida, severa, formale?
Perché?
L’occhio le cadde su di una grossa scatola di cioccolatini di Mielandia poggiata sul comodino - regalatale da Jacob qualche giorno prima -, che lei, nell’ossessivo rispetto della dieta, non aveva neanche aperto.
Al diavolo, pensò.
Strappò quasi il coperchio dalla scatola.
Prese un cioccolatino, lo masticò, lo mandò giù.
Poi un altro, e un altro ancora.
Forse il dolce odore della cioccolata sarebbe stato in grado di cancellare quella oscura sensazione di disgusto.

Scorpius era seduto in riva al lago, la testa fra le mani. Aveva bigiato un’ora di Erbologia, ritenendo che la brezza gelida e l’erba bagnata del parco gli fossero in quel momento più congeniali, rispetto ad una serra umida e odorosa di concime. Inutile dire che si sentiva davvero giù: ormai era passata una settimana, da quando aveva discusso con Lucy, e da allora la ragazza sembrava evitarlo come la peste.
Perchè, si chiedeva, perchè continuo a sbagliare tutto?
Gli era sembrato di fare la cosa giusta, difendendo la propria ragazza. Certo, forse Dominique e Lily avevano un poco esagerato nel vendicare l’affronto subito da Jackie - insomma, un rifiuto pubblico da parte di Albus, dopo essere precedentemente stata irretita da lui, non era facilissimo da tollerare.
Ma il fine giustifica i mezzi, no? Volevo solo proteggere Lucy.
Nel profondo, Scorpius sapeva che non era esattamente così. Sapeva che Lucy aveva ragione.
Per una volta, devo fare qualcosa. Devo agire. Non posso lasciare che le cose semplicemente accadano intorno a me, senza muovere un dito per cambiare le cose.

“Ehi, Rox!”
La ragazza si volse, nel riconoscere la voce di James, per poi sorridere al cugino preferito.
“Jamie, che bello vederti,” commentò, allegra “Grace?”
“In biblioteca,” rispose lui, tranquillo “Doveva finire un tema di Difesa”.
Roxanne finse un’espressione sconvolta.
“Come!?” esclamò, posandosi una mano sul cuore “Riesci a sopravvivere per più di cinque minuti senza la tua dolce metà a meno di un metro di distanza!?”
“Roxanne!” protestò lui, ridacchiando “Dai, io e Grace non siamo così appiccicosi,” il suo volto si fece dubbioso “O sì?”
Lei scrollò le spalle.
“Solo un pochino,” lo rassicurò “Ma lei mi sta simpatica, adesso, quindi non c’è problema”.
“Non ho bisogno del tuo permesso, Rox...” azzardò James, sospirando di sollievo quando la vide sorridere serenamente.
“Lo so, Jamie,” replicò con inusuale dolcezza “Solo che ti voglio bene, e voglio che tu sia felice. Credo che con lei tu possa esserlo, perciò...”
“Da quando sei diventata così saggia?” la interruppe il cugino, un poco perplesso.
Con suo immenso stupore, Roxanne arrossì.
“Beh, da quando io e Lysander siamo diventati... Amici?” rispose, più a sé stessa che a lui.
James sollevò le sopracciglia.
“Fino ad una settimana fa non dicevi che era matto da legare?”
Un rumore improvviso li fece entrambi voltare. Nel corridoio, qualcuno si stava allontanando in fretta, e nella foga aveva travolto un’armatura, che era precipitata sul pavimento con un fracasso infernale.
“Lysander” sussurrò Roxanne, sbiancata di colpo, prima di affrettarsi a propria volta a correre nella direzione presa dal ragazzo.

“... Avevi ragione, Lucy... Perdonami, Lucy... Ti amo. Scusami, tesoro. Oh, Merlino!”.
Scorpius era in piedi accanto alla porta della biblioteca, da solo, tentando disperatamente di preparare il discorso da fare a Lucy per ottenere il suo perdono.
“Okay, riproviamo. Lucy, io...”
“Sì?” disse una voce.
Il ragazzo si voltò: dalla biblioteca era appena uscita Lucy stessa, con i lisci capelli castani raccolti in una coda e negli occhi un baluginio quasi divertito. E Scorpius seppe che cosa doveva fare.
Non era poi così difficile.
“Ho sbagliato,” fece, dopo aver respirato profondamente “E mi dispiace. Vuoi tornare ad essere la mia ragazza?”
Lucy sorrise, per poi guardarlo con serietà.
“Non ho mai smesso di esserlo, Scorpius”.

“Lysander! Lysander, aspetta!”
Roxanne aveva il fiato corto: si era precipitata dietro al ragazzo per due piani, tentando invano di raggiungerlo.
“Ti prego, Lysander, non è come pensi!”
Lysander si arrestò, prima di girarsi lentamente a guardarla.
“E com’è, allora?” la aggredì a muso duro, con un tono rabbioso che a Roxanne era estraneo, e che in qualche modo stonava con Lysander, così come la smorfia addolorata pareva chissà come sbagliata sul suo volto.
“Io non penso davvero quelle cose di te!”
“James le ha dette. Lui non dice bugie”.
“Sì, questo è vero, ma ti prego, ascoltami!”
Lysander era sembrato essere sul punto di allontanarsi di nuovo, ma Roxanne l’aveva trattenuto per la manica, obbligandolo a restare.
“Ancora non ti conoscevo, quando ho detto tutte quelle stronzate! Ancora non sapevo chi sei!”
“Pensavo fossi diversa. Pensavo che avresti capito”.
“Ma ho capito, Lysander! Io sono tua amica!”
“No!” gridò lui “Noi non siamo amici, Roxanne! Possibile che tu non te ne renda conto?”
“Come!?” sussurrò lei, ferita, con voce rotta “Che cosa stai dicendo, Lysander?”
Lui sospirò appena, scuotendo la testa con aria sconfitta.
In una frazione di secondo, prima che Roxanne potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo, Lysander le prese con fermezza il volto fra le mani, per poi poggiare con forza le labbra sulle sue.
Si staccò e la guardo negli occhi.
Corse via.

Lo sguardo di Dominique corse verso la scatola che aveva contenuto i cioccolatini, e che adesso giaceva a terra, vuota. Vuota.
Si perse a contare gli scomparti vuoti del contenitore. Uno, due, tre, quattro. Dieci. Venticinque.
Venticinque cioccolatini per ingannare il dolore e la rabbia.
Venticinque cioccolatini che non avevano avuto alcun effetto, se non quello di invaderle fastidiosamente lo stomaco, lasciandole in bocca un aroma troppo dolce, che la nauseava.
Lentamente, come in trance, si alzò dal letto, dirigendosi verso lo specchio a figura intera situato in un angolo. Vide riflesso il proprio viso, sporco di cioccolata, il trucco sciolto, circondato da capelli in disordine. Quella vista le provocò ribrezzo.
Studiò con attenzione la propria figura. Sbagliava, oppure il suo collo era in qualche modo meno sottile? Sì, era decisamente più largo, meno flessuoso. Le pareva di poter intuire una pappagorgia che si sarebbe a breve formata. La nausea aumentò.
Sempre lentamente, si volse di profilo. Lo stomaco gonfio pulsava. Fece scorrere una mano sul proprio corpo, sentendolo sgradevolmente morbido.
Rotoli. Dominique Weasley sarebbe diventata rotoli. Rotoli di grasso che si sovrapponevano, che tremolavano ridicolmente ad ogni movimento.
Le salirono le lacrime agli occhi, ripensando alla fatica fatta per ottenere una buona linea, tutte le rinuncie, tutti i sacrifici. Si detestò.
Doveva trovare una soluzione.
La porta del bagno era vicina, facile, una tentazione troppo forte.
Ignorando la voce dentro di sé che le intimava di fermarsi, Dominique entrò in bagno.

Si lasciò scivolare lungo il muro, sconvolta ed esausta. Lo stomaco di Dominique era adesso vuoto, libero e pulito, ma lei non si sentiva affatto meglio: la stanza era pervasa da un fetore di vomito, le dolevano le spalle e la testa a causa dei conati che l’avevano scossa. Le sembrava di essere stata sbriciolata in tanti piccoli frammenti. Chiuse gli occhi.
“Dominique?” la chiamò una voce familiare, proveniente da fuori il bagno “Ti senti bene?”
Spalancò le palpebre.
“Avanti” riuscì a sussurrare in risposta, non bastandole la forza per muoversi.
La porta si aprì con un lento cigolio, Dominique riconobbe avvicinarsi le gambe toniche e la gonna eccessivamente accorciata di Rose Weasley. Alzò lo sguardo, e poté vedere la sua espressione tesa, preoccupata, la partecipazione lilla pallido che stringeva fra le dita.
Rose lasciò cadere il cartoncino, e si precipitò al fianco della cugina. Si inginocchiò presso di lei, accogliendola in un abbraccio rassicurante. Continuò a tenerla stretta mentre iniziava a singhiozzare piano, macchiandole di bianco la camicia immacolata.
Le disse all’orecchio di non preoccuparsi.
Le disse che non sarebbe mai stata sola.

Agli occhi di chiunque la conoscesse - che appartenesse o meno alla famiglia Weasley -, la metamorfosi della quale Rose era stata oggetto negli ultimi due anni era a dir poco stupefacente, e anche piuttosto preoccupante. Era sempre stata una studentessa ligia alle regole e ordinata, gentile e incredibilmente brillante. Proprio per questo veniva continuamente esaltata la sua somiglianza con la madre Hermione, della quale sembrava aver ereditato l’intelligenza e la conscienziosità. Tuttavia, a detta di Dominique, era stato proprio questo frustrante dover rispondere a determinati schemi a condurre Rose all’atteggiamento libertino e provocatoriamente trasgressivo che aveva assunto negli ultimi due anni. Lei stessa faticava a comprendere come Rose potesse sopportare le dicerie sul proprio conto, soprattutto perché, bisognava ammetterlo, non si distaccavano più di tanto dalla realtà dei fatti.
Tuttavia, nella ragazza che adesso la stava abbracciando - materna, preoccupata, incurante del puzzo di vomito -, Dominique riconobbe la vecchia Rose, quella del passato, evidentemente rimasta nascosta da qualche parte.
Fu quando la cugina le disse che avrebbero trovato una soluzione l’esatto momento in cui Dominique si rese conto di quanto le fosse mancata.



Note dell’Autrice
Comincio col dire che mi scuso del ritardo, ma è stato innanzitutto un capitolo che ho faticato a scrivere, e per seconda cosa in questi giorni ho avuto pochissimo tempo.
Poichè è ricominciata la scuola, ho deciso di tentare di dare un ordine e una regolarità negli aggiornamenti. Penso di aggiornare ogni domenica, ma è possibile cha faccia ritardi. Se necessario, aumenterò lo stallo fra un aggiornamento e l’altro.
L’Autrice ha evidentemente deciso di non filarsi Lily neanche in questo capitolo, ma visto che la mia cara e innocente sorellina non vuole darle la soddisfazione di protestare ancora, costringe me a farlo. Autrice! Nomina Lily, ti prego! Così smettera di assillarci tutti quanti. Ad ogni modo, io sono James. O Jamie. O come volete chiamarmi. Faccio schifo con le presentazioni blablabla. Somiglio un po’ a Penn Badgley. L’Autrice vi chiede che ne pensate, perchè lei mi immagina un po’ diverso. Più riccio, non so se mi spiego. Vabbè. Amo Grace Zabini, l’ho già detto?
Grazie a chi segue, recensisce, preferisce, legge, ricorda.
Adesso ho anche un account di Facebook per EFP! Mi chiamo (indovinate?) Daphne S Kerouac Efp.

Baci!
Daph.

Dimenticavo! Su richiesta di Smemo92, ecco uno schemino della distribuzione dei personaggi fra case di appartenenza.
Settimo anno

Grifondoro: James Sirius Potter, Roxanne Weasley, Grace Zabini, Adrian Goldstein, Frank Paciock
Serpeverde: Dominique Weasley, Lisbeth Macnair, Viviana Davis
Corvonero: Lysander Scamandro, Lorcan Scamandro, Molly Weasley
Tassorosso: Jackie Finigann
Sesto anno

Grifondoro: Albus Severus Potter, Quinn Baston, Chris McGregory
Serpeverde: Scorpius Malfoy, Rose Weasley, Jacob Greengrass
Quarto anno

Grifondoro: Lucy Weasley
Serpeverde: Lilian Luna Potter
Corvonero: Hugo Weasley

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Capitolo 10
*** 10. Hi, Magic Society! ***


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Hi, Magic Society!

Darling so it goes

Some things are meant to be

Take my hand - Take my whole life too,

For I can't help falling in love with you.

Sei bella, Dominique. Sei bella e magra.
“Ne sei sicura?”
Ne sono sicura, senza dubbio. Ma anche se così non fosse, che importanza avrebbe?
“Mi farebbe sentire triste”.
Sei già triste, Dom. Ma è solo perché ci pensi troppo.

Puoi farcela. Puoi farcela perché sei tu.
“Io sono debole”.
Non sei debole, Dominique, anche se credi di esserlo. Sei forte.
“No, non lo sono”.
Sì, lo sei, e più di quanto credi.

“Ho paura”.
E’ naturale che tu ne abbia.
“Non voglio restare sola”.
Non sarai mai sola.
“Come puoi saperlo?”
La tua famiglia ti vuole bene. Grace ti vuole bene.
“Non è detto che sia sempre così”.
Puoi stare tranquilla. Io sarò sempre con te.
“Ma chi sei tu?”

Sei speciale, Dominique.
“Non penso”.
Ti assicuro che lo sei, e non per il motivo che tu credi.
“Per quale motivo, allora?”
Tu sei speciale perché sei tu, Dominique. Non perché somigli a Victoire.
“Che cosa ne sai?”
Io conosco molte cose di te.
“Dimmi chi sei!”

Io credo che tu debba fare qualcosa, Dominique.
“Cosa dovrei fare?”
Fino ad ora, hai sempre fatto di tutto per emulare tua sorella.
“E allora?”
Devi riuscire a convincerti della verità.
“Quale verità?”
Tu non sei Victoire. Ma non per questo sei meno bella, intelligente, unica.
“Victoire è buona. Io no”.
Perché non riesci ad accettarti, Dominique?
“Non lo so”.

Sei bella, Dominique.
“Victoire lo è di più.
Sei sveglia.
“Victoire non lo è di meno”.
Ma cosa c’entra Victoire con tutto questo?

Devi riuscire ad accettarti per come sei, o non starai mai davvero bene.
“Come posso fare?”
Basta non pensarci.
“Non è facile”.
Lo so.

Ama dal profondo, Dominique.
“Ma come?”
Essendo sincera con te stessa e con gli altri. Facendo ciò che ti fa sentire bene.
“Tutto ciò che mi fa sentire bene, in verità è cattivo”.
Metterti due dita in gola non ti fa sentire bene, Dominique. Ti fa sentire malissimo.
“Come fai a saperlo?”
Ti conosco.
“Chi sei?”
Io sono ciò che non riesci ad accettare. Te stessa.

Dominique si  guardò allo specchio, esitante, scrutando con cura il proprio corpo, coperto appena dalla lieve camicia da notte. Studiò con attenzione l’immagine riflessa, soffermandosi sulle gambe affusolate, la vita sottile, i tratti eleganti del viso.
Sono anche troppo magra, constatò. Un paio di chili in più non mi farebbero di certo male.
Raccolse i capelli con una mano, sollevandoli a scoprire la nuca elegante. Scostando in quella maniera la chioma dorata, poté notare, la bella linea del collo lungo e flessuoso risultava accentuata.
Fino ad ora, hai sempre fatto di tutto per emulare tua sorella.
Tu sei speciale perché sei tu. Non perché somigli a Victoire.
Dominique allungò una mano verso il comodino, sopra il quale era poggiata la sua bacchetta. La sollevò fra le dita sottili, per poi passarla con delicatezza fra i lunghi capelli d’oro pallido, quasi timorosa.
Fece un respiro profondo, prima di reciderne una ciocca con un deciso colpo di bacchetta.

“Mi piaci con questo nuovo taglio, tesoro,” commentò Jake, osservando la propria ragazza con ammirazione “Sei veramente sexy”.
Dominique ridacchiò, passandosi la mano fra i capelli - adesso scomposti e lunghi fino appena al mento - sussultando ancora una volta nel rendersi conto che le scivolavano via dalle dita dopo pochi centimetri. Percepiva su di sé una strana sensazione: si sentiva frizzante, allegra, piena di vita e di energia, come quando, da bambina, attendeva entusiasta l’arrivo degli invitati alla festicciola per il suo compleanno.
“Il tuo ragazzo ha ragione. Stai molto bene così”.
Si voltò di scatto, piuttosto sorpresa e totalmente priva di dubbi su chi fosse la persona alla quale apparteneva quella voce. Non si sbagliava: quasi le venne da ridere nel vedere Adrian Goldstein, che la osservava con quel che doveva essere uno sguardo duro, prontamente smascherato dalla calda scintilla che danzava in quegli occhi chiari.
Aprì la bocca per ribattere, ma fu interrotta da Jacob.
“Sì, è uno schianto, ma nessuno ha chiesto il tuo parere” borbottò questi, guardando Adrian in cagnesco.
Il Grifondoro si limitò ad alzare gli occhi al cielo, prima di allontanarsi. Con espressione funerea, Jake tornò a dedicarsi alle sue uova fritte.
Improvvisamente, una mano scompigliò i capelli di Dominique, che alzò lo sguardo e vide Grace.
L’amica la osservava con gioia e stupore, dicendole quanto fosse affascinante e particolare con quei capelli corti, e Dominique sapeva finalmente di poterle credere.
Di poter credere a chiunque le dicesse che era bella, intelligente e piena di talento, che eguagliare Victoire non era poi così fondamentale, e che per essere speciale doveva solo essere sé stessa.
Dall’altro capo del tavolo dei Serpeverde, Rose sollevò entrambi i pollici in segno di vittoria, facendole l’occhiolino. Dominique ricambiò con un sorriso grato.

Dicembre era arrivato, portando con sé un’aria tersa e cristallina e la disperazione del professor Paciock, poiché la neve aveva reso inagibili le serre. Nonostante ciò, sebbene il parco fosse gelato e i corridoi pieni di spifferi, nel castello di Hogwarts si cominciava già a respirare un’aria di festa, e Rubeus Hagrid - Custode delle Chiavi e dei Luoghi, insegnante di Cura delle Creature Magiche - si era adoperato per trasportare in Sala Grande i tradizionali dodici alberi di Natale, che i prefetti avevano iniziato ad addobbare, sotto la supervisione del professor Lumacorno. Ghirlande di lamé e di agrifoglio erano state appese ai corrimano delle scale, ed enormi mazzi di vischio facevano bella mostra di sé nei corridoi.
“Personalmente considero la sindrome da vischio come uno degli effetti collaterali migliori del Natale”, soleva  scherzare Albus, riferendosi ai gruppetti di ragazze che convergevano sotto le bianche bacche non appena lo incrociavano nei corridoi¹.
Con l’arrivo della stagione invernale, era stato organizzato l’annuale incontro di orientamento professionale dedicato agli studenti del settimo anno, cui anche i genitori dei ragazzi erano tenuti a partecipare.
“Non ho affatto voglia di vedere mia madre,” si lagnava Grace “Ti assicuro che è un’autentica strega!”
“Tecnicamente lo sei anche tu, amore” le fece notare James, sorridendo con dolcezza.
“Ti amo” rispose lei, baciandolo.
Si trovavano in cortile, in compagnia di Lily, Jacob e Dominique, che levò gli occhi al cielo, esasperata.
“Ti prego, Greengrass, dimmi che non diventeremo mai come loro...” brontolò, rivolgendosi al proprio ragazzo.
Jake ridacchiò.
“Credo sia impossibile,” le soffiò nell’orecchio “Siamo Serpeverde, piccola”.
“Fortuna che non siamo finiti in Grifondoro, allora,” rise Dominique “Se questo vuol dire essere disgustosamente sdolcinati...”
“Ehi!” protestò Albus, da poco sopraggiunto “Io sono un Grifondoro! Vi sembro sdolcinato, per caso?”
“Per adesso no,” lo rassicurò Lily, con un ghigno malandrino impresso sul volto “Ma aspetta solo di trovare qualcuna che ti piaccia davvero! Diverrai docile e indicibilmente sentimentale, ti assicuro. E’ un gene tipico dei maschi Potter, non c’è scampo. Guarda mamma e papà!”
“Concordo,” convenne Dominique “Sembra anche che James Potter senior avesse questa caratteristica. Me l’ha raccontato lo zio Harry”.
Albus sorrise, mite.
“La vedo dura,” replicò serenamente “Credo che quel gene abbia miracolosamente scelto di tralasciarmi”.
“Aspetta e vedrai” insisté Lily, convinta.
Albus levò gli occhi al cielo, borbottando a proposito del fatto che tutte quelle faccende fossero solamente sciocchezze, almeno per quanto lo riguardava.

La Sala Grande era un festoso tripudio di addobbi natalizi, il soffitto magico rifletteva la nevicata che all’esterno si stava abbattendo sul parco. Gli studenti del settimo anno, con le loro uniformi sorprendentemente ed eccezionalmente ordinate, erano distribuiti in piccoli gruppi al centro dell’immensa sala, dove le tavolate delle quattro case erano scomparse, lasciando il posto a tavolini più piccoli. La professoressa Patil passava rapidamente in mezzo agli studenti, intimando di tanto in tanto di tenere la schiena dritta oppure raddrizzare il colletto.
“Detesto questi pantaloni,” mugugnò James, cupo “Non so proprio come facciano a renderli tanto scomodi!”
“Sembra quasi che lo facciano apposta, eh?” convenne Grace, sistemandosi il nodo della cravatta rosso-oro “Comunque devi resistere solo un paio d’ore, dopo potrai tornare senza problemi ai tuoi adorati jeans. Come sto?” gli chiese nervosamente.
James sorrise.
“Sei bellissima” rispose, sincero.
“Grazie,” fece lei, con un sorrisetto ansioso di rimando “Credi che piacerò ai tuoi genitori?” chiese poi, torcendosi le dita.
“Oh, ti adoreranno,” la rassicurò Jamie, prendendole una mano e stringendole le dita fra le proprie “Puoi starne certa. Piuttosto, credi che sarò simpatico ai miei futuri suoceri?”
Grace ridacchiò.
“Papà all’inizio si limiterà a lanciarti uno sguardo annoiato, poi inizierete a parlare di Quidditch e andrete subito d’accordo. Anche lui tiene per i Falcons². Mia madre, invece... Beh, le piacerai senz’altro, ma farà di tutto per farti credere il contrario”.
“Non è detto che io lo faccia, tesoro. Non ora che l’hai avvertito, perlomeno”.
“Mamma!?” boccheggiò Grace, voltandosi di scatto.
Anche James si volse, e dovette battere un paio di volte le ciglia, nel trovarsi di fronte l’esatta fotocopia - con qualche anno in più - della propria ragazza. L’unica, sostanziale differenza era data dalla carnagione, che Grace aveva parecchio più scura: per il resto, madre e figlia erano pressoché indistinguibili.
“Mamma, lui è James. Il mio ragazzo”.
Jamie si schiarì la voce.
“Ehm... salve, signora Zabini,” esordì, tendendole la mano “E’ un vero piacere conoscerla”.
La donna lo squadrò per un istante, prima di sfiorargli le dita in una lieve stretta, sempre scrutandolo ad occhi socchiusi, quasi lo stesse analizzando.
Serpeverde, senza ombra di dubbio.
James sostenne il suo sguardo, con tranquillità, finché lei non distolse il proprio, incurvando le labbra in un leggero sorriso che per un istante sfiorò il volto fermo e impassibile: nonostante la corrispondenza dei tratti, non avrebbe potuto assumere un’espressione più diversa dalle movenze della figlia. Il ragazzo si trattenne a stento dal sospirare di sollievo, poiché sentiva di aver superato l’esame con successo.
“James Potter?”
L’uomo alto, scuro e affascinante, appena intervenuto nella loro conversazione, doveva senz’altro essere Blaise Zabini, il padre di Grace, giacché aveva a contraddistinguerlo la stessa felina eleganza di portamento che aveva anche la figlia. La ragazza non si era sbagliata, dicendo che avrebbe immediatamente assunto un’espressione annoiata, ma a James parve fin da subito evidente che stesse bluffando: prima che incrociasse lo sguardo con il suo, Jamie aveva individuato una scintilla di placida curiosità nei suoi occhi castani e allungati.
“Papà!” esclamò Grace, entusiasta, quasi saltando al collo del padre, il quale le dedicò un abbraccio affettuoso, anche se vagamente trattenuto. “Lui è James Potter, il mio ragazzo. Tiene anche lui per i Falmouth Falcons”.
Grazie, Quidditch.

“Domi, chérie, che cosa hai fatto ai tuoi capelli!?”
“Ciao, mamma”.
Mon Dieu, tesoruccio, sembri così un garçon manqué³! Victoire ci rimarrà très mal, aveva già pensato alla tua acconciatura da demoiselle per il matrimonio!”
“Dai, Fleur, sta benissimo così. Domi, sei uno schianto!”
Dominique rivolse al padre un sorriso grato, cui lui rispose ammiccando, passandosi una mano fra i capelli rossi, che portava ancora lunghi. Lei adorava suo padre, con quella sua voce pacata, le cicatrici sul volto e le mani grandi e lisce.
“Allora, tesoro? Come stai?”
“Nella norma. Studio, mangio, dormo e aiuto Lumacorno ad organizzare feste”.
Lumacorno aiuta me ad organizzare feste.
“E l’attività di Caposcuola? Come ti sembra?”
“Oh, Dominique è la migliore collega del mondo, in questo campo!” intervenne una voce alle sue spalle.
Agghiacciata, la ragazza si volse, per trovarsi di fronte Adrian Goldstein, con un’espressione incredibilmente garbata impressa sul volto. Il ragazzo sfoggiò un adorabile sorriso, stringendo la mano a Bill.
“Adrian Goldstein. Piacere di conoscerla, signor Weasley. Madame...”
Dominique storse il naso, mentre Adrian chinava il volto per fare un impeccabile - e del tutto insaspettato - baciamano a Fleur, che sorrise in segno di approvazione.
“Sono anche io Caposcuola, e posso dire che Dominique è un’incredibile collaboratrice,” riprese Adrian “Senza di lei non saprei proprio come fare, sul serio”.
“Oh, che ragazzo bien elevé!” commentò Fleur, deliziata “E’ cosi gentil!”
“E’ vero,” convenne Bill “Cosa pensi di fare una volta finita la scuola, ragazzo?”
Il sorriso di Adrian - come notò Dominique con crescente orrore - divenne, se possibile, ancora più largo, mentre rispondeva amabilmente a suo padre.
Oh, non farà un bel niente, una volta finita la scuola. Perché io lo ammazzerò prima.

“George, ti prego, non mettere quell’intruglio Verdecapello nel calice di Neville. Non vorrai fargli fare brutta figura davanti a metà dei suoi studenti!”
Alle parole dello zio Percy, James scoppiò in una risata fragorosa, e anche Grace fece un risolino. Come previsto, Harry e Ginny avevano letteralmente adorato la ragazza, la quale d’altronde si era presentata loro con una tale semplicità e dolcezza da rendere impossibile il contrario. C’era stato un minuto di lieve imbarazzo nel momento in cui i coniugi Potter erano stati presentati ai genitori di lei - Harry e Blaise non erano stati particolarmente amici, ai tempi della scuola, e Zelda Zabini non era esattamente una persona facile -, ma escludendo quel breve istante di disagio, ogni cosa era andata per il verso giusto. Essendo Roxanne e Molly al settimo anno come Grace e Jamie, erano presenti anche zio Percy e zia Audrey, zia Angelina e zio George. Quest’ultimo aveva immediatamente proposto alla figlia e ai nipoti - termine con il quale aveva subito accolto anche Grace - di testare sul professor Paciock l’ultima trovata del suo negozio di scherzi, il Verdecapello Semi-Permanente, una tintura per capelli ad assunzione orale che colorava la chioma delle malcapitate vittime di uno sgradevole verde acido. La tinta, ovviamente, impiegava un mese ad andarsene.
Tuttavia, mentre Jamie, Molly e Grace sembravano aver trovato la faccenda decisamente divertente, Roxanne aveva appena sorriso forzatamente, prima di tornare a guardare da un’altra parte. George, che era estremamente protettivo nei confronti della figlia, non aveva potuto fare a meno di accorgersene, così l’aveva presa da parte.
“Che cosa succede, Roxie?” le chiese senza tanti giri di parole.
“Niente” replicò lei in fretta.
“Credi che non sappia riconoscere quando stai mentendo?” insisté “Ma lo sai con chi stai parlando?”
Roxanne accennò ad un sorrisino triste, mentre la sua espressione si faceva un poco più allegra.
“Con uno dei più grandi burloni della storia?” tentò.
“Più o meno,” convenne George “Allora? Me ne vuoi parlare?”
“Ho litigato con un amico” ammise lei.
“E perché mai, si può sapere?”
“E’ complicato...”
Il padre aprì la bocca per ribattere, ma fu interrotto dalla voce di Ginny, che fece loro segno di avvicinarsi.
“Georgie, Rox! Venite, che ci sono Luna e Rolf con i gemelli!”
George lanciò alla figlia uno sguardo, per comunicarle che avrebbero proseguito la loro conversazione in separata sede, prima di raggiungere assieme a lei il resto della famiglia.
Non appena incontrò lo sguardo irato di Lysander, Roxanne balbettò qualcosa a proposito del bagno e fuggì via.

Due settimane più tardi.

“Brr, che freddo!”
Piccole nuvole di vapore si formavano di fronte alle loro labbra ad ogni respiro, mentre si stringevano l’uno all’altra, rabbrividendo al gelo della notte dicembrina, nella vecchia casa abbandonata. James evocò un azzurro fuoco magico, godendo dei riverberi bluastri che provocava sul volto di Grace.
“Devi ancora spiegarmi come hai trovato questo passaggio,” disse lei “Ho sempre desiderato entrare nella Stamberga, sai?”
Il ragazzo sorrise furbescamente, prima di affondare la mano nella tasca del mantello, estraendone quella che sembrava essere semplicemente una vecchia pergamena dai bordi consumati. Grace aggrottò lo sopracciglia, perplessa.
“Che cos...”
Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” sussurrò James, dando un lieve colpo di bacchetta.
Sotto gli occhi di una stupefatta Grace, la pergamenta giallastra si spiegò, e su di essa cominciò a delinearsi un intricato labirinto di linee sottili, tracciate in inchiostro nero, che si definirono in quella che era chiaramente una mappa. Piccoli puntini, contrassegnati da cartigli con scritto il nome corrispondente, si aggiravano nei corridoi.
“Questo,” fece Grace, senza fiato, additandone uno accanto al quale vi era scritto Argus Gazza “E’ veramente...”
“Gazza,” completò James “Già”.
“Ma... come... dove l’hai presa?”
“Dal secondo cassetto della scrivania di mio padre, secoli fa”.
Puntò di nuovo la bacchetta sulla Mappa del Malandrino - perché proprio di quella si trattava - sussurrando Fatto il misfatto, e quella si ripiegò nuovamente.
“E lui come ha fatto ad averla?”
“Beh, è una lunga storia...”

“... Alla fine riuscirono tutti e tre a diventare Animagi... finalmente Remus, il padre di Teddy, quando si trasformava non era più da solo, e soffriva un po' di meno”.
Grace sorrise, un poco tristemente.
“Beh, è una storia bellissima” disse.
“Già,” convenne James “Lo è”.
Lei poggiò la schiena contro il muro, allungando le gambe sul pavimento.
“Sai cosa è che mi fa venire una tristezza incredibile?” gli chiese.
“Che cosa è che ti fa venire una tristezza incredibile?”
“Pensare che i nostro, o meglio, i vostri genitori, zii o nonni hanno tutti quanti fatto delle cose incredibili. Hanno combattuto due guerre, hanno sofferto tanto, e tutte queste cose le hanno fatte perché si sono rifiutati di accettare che un pazzo omicida facesse fuori tutti coloro che reputava indegni. Ecco, sono stati eroici, coraggiosi, mentre guarda come siamo noi adesso! Guarda Gossip Witch! E’ tutto così triste, così squallido”.
James sospirò.
“Beh, non posso che darti ragione!” fece.
“Sai che cosa ho pensato?” riprese lei.
“Che cosa hai pensato?”
“Ho pensato che potremmo diventare Auror. Fare qualcosa di utile. Che ne pensi?”
James, sorpreso - ma neanche più di tanto - le sorrise.
“Penso che sia una cosa bellissima, Grace”.
La ragazza sorrise dolcemente, alla luce di quelle fiamme azzurre, e gli si avvicinò, poggiando piano le labbra sulle sue. James scivolò cautamente sopra di lei, baciandola con crescente passione, mentre fuori la neve cominciava a cadere piano. Quella notte fecero l’amore, al freddo della Stamberga piena di spifferi. Nello stesso luogo in cui, mezzo secolo prima, tre ragazzi prendevano la forma di un cervo, un cane e un topo per tenere compagnia al loro migliore amico, costretto nella forma di un lupo ogni notte di luna piena.
Il cielo lentamente albeggiava, mentre il sole si arrampicava dietro alle montagne fino ad illuminare la neve fresca, e i suoi raggi si posavano su quelle due figure che dormivano abbracciate, mentre il fuoco azzurro si affievoliva piano.




¹ Ho sempre trovato irrimediabilmente comico il passo in cui la Rowling parla delle convergenze-vischio (Harry Potter e il Principe Mezzosangue, ndr), e non ho resistito all’idea di inserirlo. Mi piace l’idea che Albus sia vittima dello stesso fenomeno, ma è evidente quanto sia differente la sua reazione rispetto a quella del padre!
² “I Falcons indossano una divisa color grigio scuro e bianco con una testa di falcone sul petto. I Falcons sono celebri per giocare duro”. Da Il Quidditch attraverso i secoli, di Kennilworthy Whisp.
³ Garçon manqué: letteralmente ragazzo mancato, maschiaccio.


Note dell’Autrice
Okay, questo capitolo è atrocemente lungo, pesante e noioso. Ma soprassediamo. Abbiamo fatto la conoscenza con la mia versione di Blaise - una persona in realtà piuttosto divertente che si atteggia a dandy snob - e con la carissima Zelda Zabini (chiamata così in onore di Zelda Fitzgerald). Mi piacerebbe sapere cosa pensate di questi personaggi, e del modo in cui ho inserito Harry&Co. Spero che il capitolo sia decente, e...
Io non so perché fanno parlare me. Cioé, è un danno quando parla Scorpius, cioè io. Dico sempre cose a sproposito. Cavolate. Logorrea. Roba così. L’Autrice mi impone di chiedervi se il capitolo vi è piaciuto. Solo che non mi piace parlare in pubblico. Il che è un controsenso, visto che non faccio altro che ciarlare dalla mattina alla sera. Cioè. Con Lucy parlerei ore, ecco. Ah, se vi interessa la mia faccia, pensate ad un Chace Crawford più biondo e meno carino. Ecco”.
Grazie infinite a chi segue, legge, ricorda, recensisce, preferisce <3
Daph.

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Capitolo 11
*** 11. Christmas Holidays (parte I) ***


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Christmas Holidays (parte I)

Oh, I just want you for my own

More than you could ever know

Make my wish come true

Baby, all I want for Christmas is you!


Buongiorno, Sala Grande! Qui è Gossip Witch, la vostra sola ed unica fonte di notizie sulle vite scandalose dell’élite di Hogwarts. La neve è bianca, l’agrifoglio rosso e lucido, il vischio malizioso, ed io auguro a tutti un felice (e stuzzicante) Natale. Qualcosa mi dice che anche queste vacanze saranno piene di scandali e discordie! Che cosa ne dite, ragazzi?

 

Come ogni anno, i cugini Weasley al completo avrebbero trascorso alla Tana le festività natalizie, alla completa mercé dell’amorevolezza di nonno Arthur e dell’ottima cucina di nonna Molly. Perciò, quel venti di dicembre, si erano radunati tutti alla stazione di Hogsmeade, assieme agli altri studenti in partenza, pronti a tornare a Londra: da lì un’apposita passaporta li avrebbe condotti a Ottery St. Catchpole, il villaggio semi-magico a poche miglia dal quale aveva sede la scalcagnata e pendente casa dei nonni.

Roxanne cercò Lysander, fra la ressa di studenti che affollavano il binario. Non sapeva se anche i gemelli Scamandro sarebbero tornati a casa per le vacanze, ma se così fosse stato avrebbe di certo avuto occasioni per tentare un chiarimento per il ragazzo: Luna Lovegood e il marito Rolf vivevano solamente un paio di colline più in là della Tana. Per quanto la riguardava, Roxanne non sapeva bene come sentirsi, riguardo a quel bacio disperato e frettoloso che Lysander le aveva posato sulle labbra; non aveva mai pensato che lui potesse piacerle, né di poter piacere a lui. A dire il vero, non lo aveva mai considerato sotto quel punto di vista.

Finalmente, le riuscì di distinguere nella folla la chioma biondo sporco di Lysander, che stava arrampicandosi sul predellino del treno assieme al gemello Lorcan. I due, sebbene si somigliassero moltissimo, presentavano tuttavia alcune sostanziali differenze che li rendevano decisamente più distinguibili. Lysander portava i capelli lunghi, era un poco più alto e aveva acquosi occhi azzurrini. Lorcan, invece, aveva iridi scure, parecchi tagli e scottature sulle guance e grosse mani callose, derivate dalla sconsiderata fissazione per l’applicazione pratica della Cura delle Creature Magiche.

Lysander parve accorgersi del suo sguardo, poiché si irrigidì e le lanciò un’occhiata furente. Anche Lorcan la guardò malissimo, prima di poggiare una mano sulla spalla del fratello, esortandolo a salire a bordo.

Adesso basta, decise Roxanne. In un modo o nell’altro, risolverò questa situazione.

 

“Tieni il mio regalo,” disse Lucy, porgendogli un pacchetto avvolto in carta dorata e lucida. “Volevo dartelo di persona”.

Scorpius parve felice come un bambino, mentre prendeva l’involto che la ragazza gli stava allungando, sorridendole con dolcezza.

“Mi raccomando,” riprese lei. “Non aprirlo prima della mattina di Natale...”

“Puoi starne certa,” le assicurò lui. “Il mio regalo arriverà via gufo, non volevo correre il rischio che lo aprissi prima del tempo e, beh... la verità è che non pensavo ce li saremmo scambiati oggi, e mi dispiace, perché...”

Ma Lucy sorrise, chiudendogli la bocca con un bacio, prima di allontanarsi lungo il binario.

Scorpius pensò una cosa, e sentì il bisogno di espletarla immediatamente.

“Lucy!” gridò, correndole dietro “Ho dimenticato una cosa!”

La ragazza si volse, un poco sorpresa, mentre il ragazzo la raggiungeva,

“Ti amo!”.

 

“Mi mancherai da morire!”

“Anche tu, amore mio...”

Albus osservò con espressione indecifrabile l’appassionato - e disgustosamente sdolcinato - saluto che James e Grace si stavano scambiando, sull’innevata banchina della stazione dei treni di Hogsmeade. I due si guardavano con occhi brillanti, e parevano incapaci di staccarsi.

“Grace, Jamie sta partendo per le vacanze di Natale, non per andare in guerra,” le fece notare amabilmente. “Soltanto per due settimane, oltretutto”.

La ragazza scoppiò a ridere, prima di dare un ultimo bacio a James e chinarsi poi per salutare Albus con un abbraccio stritolante, tale da fare invidia a nonna Molly.

Anche se mai l’avrebbe ammesso, era proprio per questo che il minore dei fratelli Potter tanto apprezzava la compagnia di Grace. Lei sapeva dimostrare affetto con una prontezza ed una spontaneità uniche: le riusciva in qualche modo naturale, come camminare o respirare. Oltretutto, Grace era una persona con la quale si poteva scherzare di ogni cosa: non se la prendeva mai, aveva una gentile e fresca ironia e le piaceva ridere.

Se mi fossi azzardato a dire una cosa del genere a Dom, probabilmente mi avrebbe ucciso.

Di certo, l’arrivederci di Dominique e Jacob, qualche metro più in là, non era quel che si potesse definire tenero. Spiritoso, sensuale, romantico forse, ma decisamente non tenero.

“Greengrass,” stava dicendo lei, senza sciogliere la passionale stretta del ragazzo dalla propria vita sottile. “Puoi stare certo che non mi mancherai affatto. Non ti azzardare a scrivermi, o...”

Ma le sue parole morirono contro le labbra di lui.

“Naturalmente,” soffiò Jacob contro il suo collo, prima di baciarla ancora.

Dominique lo degnò di uno sguardo altezzoso - ma ad Albus non sfuggirono un sorriso trattenuto e il caldo scintillio delle sue iridi -, prima di ricambiare il bacio con trasporto.

La locomotiva scarlatta fischiò, emettendo torbidi getti di vapore nella fredda aria dicembrina. Albus vide Jacob stringersi ancora una volta a Dominique, prima di avviarsi verso l’uscita della stazione.

Lui sorrise fra sé, salendo a bordo. Si accomodò nello stesso scompartimento dei fratelli e dei cugini, e fu nel caricare il proprio bagaglio sull’apposita reticella che, attraverso il vetro del finestrino, vide qualcosa di soprendente. Un ragazzo dai capelli castani si stava avvicinando a sua cugina con fare determinato: sussultò nel riconoscere Adrian Goldstein, il suo secondo battitore, la spilla da Caposcuola illuminata dai riverberi del debole sole invernale.

Strinse gli occhi, incuriosito. I due si stavano scambiando qualche parola: Dominique pareva piuttosto alterata, Adrian aveva un’espressione dura. Vide la ragazza sbottare, scuotere la testa con esasperazione e salire sul treno. Goldstein rimase lì dov’era per qualche istante, osservando con particolare intensità la direzione nella quale Dominique si era allontanata, prima di volgersi di scatto e allontanarsi in fretta.

Albus levò le sopracciglia, perplesso, prima di lasciarsi scivolare sul sedile e affrettarsi a ridere all’ultima battuta di Lily.

 

“Greengrass, puoi stare certo che non mi mancherai affatto. Non ti azzardare a scrivermi, o...”

Per una volta, a Dominique non diede affatto fastidio l’essere interrotta, e si beò del fermo tocco di Jacob sulle proprie labbra.

“Naturalmente...” soffiò lui.

La locomotiva, inopportuna, fischiò per richiamare gli studenti a bordo. Jacob la baciò ancora una volta, prima di allontanarsi verso l’uscita, e non appena si fu voltato Dominique si concesse di sorridere fra sé e sé. Si volse verso il treno, un poco timorosa: temeva le vacanze di Natale più di ogni altra cosa, considerato il carico di abbondantissimi pranzi e cene che comportavano, e soprattutto sapeva bene che protagonisti delle festività sarebbero stati Victoire e il suo matrimonio imminente.

A causa dell’ansia, il giorno prima aveva vomitato di nuovo.

Per l’ultima volta.

Fece per salire sul treno, quando una voce spiacevolmente familiare la costrinse a voltarsi.

“Dominique”.

“Lo sapevo!” alzò gli occhi al cielo. “Almeno oggi, non potevi lasciarmi in pace?”

“Dominique”.

“L’hai già detto. Che cosa vuoi, Goldstein?”

Vide chiaramente la mascella del ragazzo irrigidirsi.

“Solo augurarti buon Natale,” replicò duramente Adrian. “Divertiti durante le vacanze”.

Lei gli lanciò un’occhiata gelida.

“Ah, beh,” disse freddamente. “Allora grazie tante”.

Si voltò e fece per andarsene, ma Goldstein la trattenne per un braccio.

“Devo parlarti, Dominique”.

“No, non devi” ribatté, secca.

Si divincolò dalla sua stretta e si affrettò verso il treno, senza guardarsi indietro.

Se l’avesse fatto, forse avrebbe saputo dare un nome alla veemenza che ardeva negli occhi di Adrian, che aleggiava sul suo volto. O forse, non ne avrebbe avuto il coraggio.

 

Caro Jamie,

Mi manchi. Come stai passando le vacanze?

Qui è una pacchia! Scorpius e Jake non fanno altro che lanciarsi palle di neve e giocare a Sparaschiocco dalla mattina alla sera. Naturalmente, gioco con loro. Nelle battaglie di neve vinco sempre io, e anche a Sparaschiocco. Jacob continua a proporre di giocare a Wand-Poker¹, proprio perché perdere gli brucia (e io a Wand-Poker faccio decisamente pena).

Qualche volta studio, anche se Scorpius dice che faccio finta, per il resto passiamo ore ed ore davanti al fuoco della loro Sala Comune a divorare focaccine natalizie, che gli elfi domestici gentilmente ci procurano. Quasi nessuno è rimasto a scuola per le vacanze. Del nostro anno, di Grifondoro c’è solo quel musone di Adrian Goldstein, che come puoi ben immaginare è sempre solo, poverino.

Le vacanze sono belle, ma mi manchi. Tanto.

Saluta i tuoi genitori, Albus, Lily, Roxanne e naturalmente anche Domi!

Ti amo.

Grace

Cara Grace,

Mi manchi anche tu, amore. Da morire.

Qui alla Tana è tutto piuttosto caotico e rumoroso, come sempre. C’è un sacco di confusione, e la casa minaccia di esplodere per sovraffollamento. Io divido la camera con Albus, Louis, Teddy, Hugo e il piccolo Freddie (che tanto piccolo poi non è, visto che l’anno prossimo farà il primo anno ma già è alto quasi quanto me). Credo che Dominique sia sull’orlo di una crisi di nervi. Dorme assieme a Roxanne e Lily, e sai bene quanto mia sorella sappia essere assillante, quando vuole. Anche Rose, Molly e Lucy dormono nella stessa stanza. Victorie, con questa storia del matrimonio, è riuscita ad ottenere una camera tutta per sé, il che è una vera ingiustizia, considerato che noi ragazzi dormiamo in sei nella vecchia soffitta dello zio Ron (talmente piena di manifesti dei Cannoni di Chudley da far male agli occhi).

La nonna non fa altro che cucinare dalla mattina alla sera e rimetterci la camicia nei pantaloni con un colpo di bacchetta. Ci è mancato poco che Al la incenerisse con lo sguardo, per questo. Teme che possa fare del male alle sue parti basse. E’ malato, lo so.

Roxanne è depressa, ma nessuno sa perché. Ho provato in tutti i modi a farle sputare il rospo, ma niente! Penso di mandare Lucy in avanscoperta. Sta talmente zitta che alla fine si finisce a dirle tutto per esasperazione, per riempire il silenzio.

Dominique riceve stormi di gufi. Dovresti dire a Jacob di scrivere un po’ meno: il cortile si sta riempendo di cacche. Naturalmente (non) scherzo.

Ti amo tantissimo.

James

Jamie,

Sei sicuro che sia Jacob a mandare gufi a Dom? Non l’ho mai visto leggere né scrivere lettere, e praticamente stiamo insieme tutto il giorno. Bah. Scriverà di notte, che ne so. Ho sempre detto che non è molto normale!

Dì ad Albus da parte mia che le sue parti basse sono in grave pericolo. Mettere la camicia nei pantaloni potrebbe comprometterle definitivamente.

Mi mancate tutti quanti tanto (ma tu tantissimo). Visto che ad Hogwarts siamo rimasti una ventina di studenti al massimo, in Sala Grande hanno sistemato un’unica tavolata, anche assieme ai professori. Io, Jake e Scorpius ci siamo messi più lontani possibile da Lumacorno, ma seduto accanto a noi c’era il professor Paciock, che ci ha raccontato aneddoti sui nostri genitori, ai tempi della scuola. Sai che il padre di Scorpius una volta è stato trasfigurato in un furetto da un insegnante? Che poi neanche era un insegnante, ma un Mangiamorte sotto Polisucco. Scorpius ha riso per un’ora di fila, con ricadute di risolini per tutta la giornata. Sembrava si fosse drogato. Ad ogni modo, deve essere veramente innamorato di Lucy. Non l’ho mai visto così!

Dominique mangia?

Ti amo da morire.

Grace

Tesoro,

Davvero non è Greengrass a scrivere a Dom? E allora chi mai potrebbe essere?

Ho riferito ad Albus le tue parole. Lui si è messo a ridere, ma ha anche detto di stare in guardia perché potrebbe arrivarti una maledizione per posta.

Anche tu mi manchi moltissimo, amore mio. Ti giuro, non sai quanto vorrei poterti stringere, baciare, guardare. Due settimane mi sembrano un’eternità, lontano da te. (Lo so, sono melenso e sdolcinato come una donzella innamorata, faccio pietà. Però sono giustificato: non sarà una donzella ma innamorato sì!).

Restate lontani da Lumacorno, anche da parte mia e di Albus.

Beh, zio Neville è una forza. Mi sembra che una volta lo zio Ron ci avesse accennato la storia di un furetto rimbalzante, ma la zia Hermione l’ha azzittito. Ad ogni modo, chiedi al professor Paciock di raccontarvi come ha ucciso Nagini, il serpente-horcrux di Voldemort. E’ davvero un’impresa epica, te lo assicuro.

Ho parlato a papà della nostra idea di diventare Auror, e mi è sembrato molto contento.

Nonna Molly ha capito che ho una ragazza, e subito ha detto di invitarti alla Tana, la prossima estate. Naturalmente verrai anche per il matrimonio di Victoire, quindi potresti trattenerti qualche settimana! Sempre se ti va.

Dominique mangia poco, ma mangia.

Ti amo, amore.

James

Jamie,

Non ho idea di chi possa essere, se non lui! Sei sicuro che le lettere vengano da Hogwarts?

Dì ad Albus che è un vero tesoro e che controllerò la posta con molta attenzione.

No, donzella, non sei melenso. Mi fai solo tanto, tanto, tanto felice.

Ti amo così tanto che non so più come dirlo.

Lumacorno ci ha incastrati. Naturalmente è riuscito a mettere in imbarazzo il povero Scorpius, mentre Jake sghignazzava senza sosta. Ma bisogna ammettere che lo spettacolo era qualcosa di esilarante. Immagina uno Scorpius tutto rosso, mentre Lumacorno snocciola complimenti su complimenti e possibili future raccomandazioni a non finire. Ho preferito non dirgli dell’Accademia Auror, dato che non voglio nessun aiuto. A proposito, sono felice che a tuo padre piaccia l’idea! Spero solo di essere all’altezza (perché tu lo sei di certo).

Ho chiesto al professor Paciock a proposito del serpente. Hai ragione, è un vero eroe!

Certo che mi va di venire, quest’estate! Dì a tua nonna che non vedo l’ora di conoscerla!

Tieni d’occhio Dominique, per favore. Non vorrei che avesse una ricaduta.

Ti amo ti amo ti amo.

Grace

Grace,

Ho controllato le buste! Vengono da Hogwarts, ma non c’è il nome del mittente, e leggere la posta di Dominique non mi sembrava giusto. Comunque, la scrittura mi è vagamente familiare, anche se non riesco proprio a ricordare a chi appartenga. E’ un vero mistero!

Mi fa tanto, tanto, tanto felice il farti tanto, tanto, tanto felice.

Ti amo.

Povero Scorpius! Mi è simpatico, quel ragazzo. Lumacorno ha una capacità unica di creare imbarazzo. Gli unici che si divertono con lui sono quelli come Albus, che non si vergognano di niente, oppure quelli con il bisogno patologico di complimenti che ha Dominique.

Credimi, sei all’altezza. Sei una strega molto brillante, amore.

La nonna si è quasi commossa.

Scusami se non scrivo altro, ma Lily mi assilla da due ore affinché la accompagni a far acquisti.

Ti amo.

James

 

Dritto, rovescio, dritto, rovescio...

Molly Weasley sedeva sulla consunta poltrona di pelle del salotto, accanto al caminetto, lavorando ai ferri per Hugo una calda sciarpa blu, tinta emblematica di Corvonero. Finalmente, dopo ore e ore passate in cucina, era riuscita a ritagliare un momento tutto per sé: Lily aveva costretto James ad accompagnarla a fare compere, Victoire e Teddy erano usciti, Rose stava come sempre chiusa nella propria stanza, tutti gli altri stavano giocando a Quidditch - con questo freddo! - dietro la collina, con l’eccezionale presenza di Dominique, la quale aveva gentilmente degnato i cugini e gli zii della propria compagnia.

“Nonna?”

Molly si volse verso la nipote: Roxanne la guardava con serietà e con l’aria stranamente spenta, vagamente simile ad un palloncino sgonfio, che pareva aver deciso di assumere per l’intera durata delle vacanze natalizie. Le sorrise dolcemente, distogliendosi dai ferri.

Come tutti, anche l’anziana donna si era chiesta quale potesse essere la causa del pessimo stato d’animo della giovane, e come tutti non era giunta ad una risposta plausibile. Tuttavia, aveva scelto di non indagare: qualora Roxanne le avesse chiesto un consiglio, sarebbe stata lieta di darglielo, ma finché ciò non fosse avvenuto, non l’avrebbe di certo tartassata di domande.

“Dimmi, tesoro mio”.

Roxanne sorrise con un certo sforzo.

“Esco. Devo andare al villaggio a comprare... a finire gli ultimi regali, ecco”.

Naturalmente Molly non le credette neanche un po’. Roxanne, contrariamente al fratello e a qualcuno dei cugini, non era mai stata in grado di mentire, e solitamente per la fine di novembre aveva già terminato gli acquisti natalizi. Tuttavia, il suo istinto le suggerì che sarebbe stato meglio lasciarla andare, così assecondò la sua bugia.

“Va bene, tesoro. Vai pure. Lo dico io agli altri”.

Roxanne le lanciò uno sguardo grato - sapeva che Molly aveva solo finto di crederle - e accennò ad un sorriso, prima di imbaccuccarsi per bene e uscire all’esterno.

Una volta fuori, prese la direzione esattamente opposta al villaggio, simile ad un puntino di lana colorata che percorreva la campagna imbiancata di neve. Oltrepassò diversi campi, parecchie macchie di alberi e una fattoria, e finalmente raggiunse una casa incastonata fra le colline.

La prima impressione che si percepiva, nell’osservare casa Scamandro, era quella di stare sognando. Si sarebbe detta un miraggio, un allucinazione: una immensa caffettiera che sorgeva in mezzo alla neve, circondata da alberi dal fiorame variopinto anche in pieno inverno e curiosi animali che producevano strani versi. Guardando meglio, tuttavia, si distinguevano finestre sparse qua e là, in ordine apparentemente casuale, una porta d’ingresso piccola e rotonda² e un comignolo in corrispondenza del beccuccio della caffettiera, affinché si avesse l’illusione del vapore prodotto dal caffé bollente.

Per la prima volta da settimane, Roxanne sentì il preludio di una nascente risata gorgogliare nel petto.

Speriamo che abbiano messo almeno qualche Repello Babbanum!

Sempre ridacchiando, scese lungo la cresta della collina e oltrepassò il confusionario giardino, evitando prontamente gli attacchi di qualche piccolo animale. Finalmente, raggiunse la porta circolare, che era dipinta di un intenso giallo limone, priva di pomello, con al centro un piccolo battente a foggia di testa di corvo. Allungò una mano per bussare, quando quello improvvisamente spalancò il becco.

“Chi è la!?” gracchiò, facendola sobbalzare.

“Ro-Roxanne Weasley” balbettò in risposta.

“E perché sei qua!?”

“Io...”

Dall’interno si udì qualcuno strillare qualcosa, poi un sonoro tramestio. La porta si aprì con un cigolio, e Lorcan sbucò fuori.

“Cricket!” esclamò, rivolgendosi al battente. “Ti ho detto almeno un migliaio di volte di non...”

Non appena la vide, il ragazzo si arrestò. Le lanciò uno sguardo inviperito e le sbatté la porta in faccia.

“Lorcan!” gridò lei “Per favore, aprimi!”

“Lorcan?” udì dall’altra parte la voce di Lysander. “Chi era?”

I cardini cigolarono ancora, mentre l’uscio veniva nuovamente aperto e il secondo gemello si affacciava alla soglia. Parve stupefatto.

“Roxanne?” sussurrò.

“Lysander,” cominciò lei. “Volevo chiederti scusa, io...”

Lui annuì semplicemente.

“Mi dispiace”.

Annuì ancora.

“Potrai mai perdonarmi?”

Chinò ancora la testa. Roxanne lo guardò.

“Beh,” fece. “Insomma... grazie”.

Girò sui tacchi, e fece per andarsene.

“Prima o poi!” disse inaspettatamente il ragazzo. “Prima o poi ti perdonerò!”

Roxanne si volse nuovamente verso la casa, ma la porta era stata chiusa.

 

 


 

¹ Un semplice poker mi pareva troppo scontato. Perciò, ecco qua Wand-Poker (letteralmente, Bacchetta-Poker).

² L’idea della porta rotonda, con la maniglia (in questo caso, Cricket il Corvo Battente) al centro, l’ho presa dal Signore degli Anelli. Immagino ricorderete tutti la verde porta della casa di Bilbo!

 

Note dell’Autrice

Confermo l’aggiornamento della domenica. Non sono riuscita a far entrare tutte le feste natalizie in un capitolo, perciò ho diviso il due parti la “puntata” 1x11. Vi volevo anche dire che - AIUTO!

L’Autrice ha infranto il regolamento di Hogwarts, importando alcolici illegali all’interno del castello. Sono Caposcuola, era mio dovere punirla.

Si dice che io sia un tipo noioso. Beh, non è affatto vero! Sono anche piuttosto carino, sapete? Somiglio a William Moseley.

L’Autrice vi comunica che ha pubblicato la prima drabble di una raccolta su Scorpius e Lucy, intitolata Ten things Scorpius Malfoy loves about Lucy Weasley. Le farebbe piacere se deste un’occhiata (e magari lasciaste una recensione). Questo è il suo account Facebook. A proposito! Mi chiamo Adrian Goldstein, l’ho già detto?

 

Grazie a tutti voi <3







 

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Capitolo 12
*** 11. Christmas Holidays (parte II) ***


1x11

Christmas Holidays (parte II)


That’s the sound you’re waiting for

You feel that your will starts crashing down

Whenever you’re will starts crashing down

That’s when you find me.

Il sole brillava, accecante. I raggi riverberavano sulle piccole onde del lago, provocando bagliori che costringevano Dominique a socchiudere gli occhi.
“Sarò per sempre al tuo fianco. Lo giuro.”
Lei alzò gli occhi verso Jacob. Il ragazzo la teneva stretta, ma stava guardando da un’altra parte. Si sentì vagamente perplessa: ciò che le aveva appena detto era incredibilmente romantico, quindi per quale motivo il ragazzo non accennava a incatenare gli occhi ai suoi?
“Lo giuri?” chiese conferma.
“Lo giuro” rispose una voce alle sue spalle.
Dominique si voltò e vide Adrian osservarla, alcuni passi più in là. Boccheggiò, sconvolta.
“Stai scherzando?”
“Domi!”
“... Stai scherzando, vero?”
“Domi, sveglia!”
Aprì gli occhi, per trovarsi davanti quelli caldi e scuri della cugina Roxanne, che la osservava seduta sul bordo del suo letto, un’espressione preoccupata impressa sul volto
“Stai bene?” la interrogò. “Stavi facendo un brutto sogno?”
“C-cosa? Perché?”
“Non lo so, borbottavi qualcosa...” scrollò le spalle. “Buon Natale, comunque!”
“Come? Ah, è vero. È Natale! Auguri anche a te, Roxanne.”
La cugina sorrise con calore – evidentemente doveva aver deciso di anteporre le festività familiari alla celata ostilità che aveva nei confronti suoi e di Rose.
“Beh,” riprese Roxanne. “La nonna mi ha chiesto di aiutarla con la colazione... perché non apri i regali?”
Fece cenno alla sostanziosa quantità di pacchetti ben incartati, ammucchiati confusamente ai piedi del letto, per poi sparire oltre la porta, giù per la tromba delle scale. Non appena fu rimasta sola nella stanza, Dominique si lasciò andare contro la spalliera del letto, affondando il volto fra le mani. Massaggiò appena le palpebre con le punte delle dita, pensosa.
Sarò per sempre al tuo fianco... lo giuro. Maledetti sogni, sembra quasi lo facciano apposta.
Sospirò, prima di cominciare a dedicarsi ai doni natalizi.
Grace le aveva regalato un adorabile abitino di taffetà color bordeaux, Jacob un grazioso bracciale, Victoire un set di penne d’oca e inchiostri colorati – la sorella sapeva bene quanto Dominique adorasse possedere oggetti del genere. Nell’atto di aprire il biglietto che era stato attaccato su di un piccolo pacchetto avvolto in carta verde scuro, la ragazza si bloccò, pietrificata dalla sorpresa.
Tanti auguri di buon Natale, Dominique. A. G.
Lei non aveva alcun dubbio sulla persona alla quale corrispondevano quelle due iniziali: solo uno, fra quanti conosceva, avrebbe potuto scrivere un biglietto tanto laconico e pomposo al tempo stesso, sebbene si trattasse solo di apparenza.
Prese a scartare il regalo con mani tremanti, aprì la scatolina che il pacchetto conteneva. Fra le sue dita, adesso brillava una catenina d’argento scintillante, il cui baluginio – causato dai raggi del debole sole invernale che timoroso faceva capolino fra le nubi – le ricordò il Lago Nero così come era apparso nei suoi sogni. Il ricordo ebbe il potere di annodarle strettamente lo stomaco.
Alla collana era appeso un piccolo ciondolo dello stesso materiale,  a foggia di una D.
Dominique si volse verso lo specchio, appeso al muro in corrispondenza del letto, agganciandosi il monile attorno al collo: il riflesso le rimandò l’immagine di una ragazza dai biondi capelli corti e spettinati, in pigiama, seduta a gambe incrociate fra le coperte aggrovigliate, con un ciondolo a brillare sul petto. Poté vedere nei propri occhi una serissima espressione, assorta e un poco triste.
Distolse lo sguardo dal proprio riflesso, turbata.
È un regalo bellissimo, pensò.
Fece per toglierlo dal collo, quando la porta della stanza si aprì. Victoire fece il suo ingresso nella camera da letto, come sempre perfetta in maniera sconvolgente, sorridendo radiosa e scuotendo i capelli argentei.
Bonjour, Domi! Bon Noël!” trillò.
Dominique sorrise.
“Buon Natale, Vic!” le rispose in inglese – idioma che peraltro parlavano abitualmente. Il francese era riservato alle occasioni speciali, ma a lei non era mai piaciuto utilizzarlo.
Victoire scoppiò in una risata argentina e vivace, mentre indicava il suo collo con la mano piccola e delicata: Dominique si accorse con orrore di avere ancora indosso il ciondolo che le aveva regalato Adrian.
“Oh, ma che carino!” esclamò Victoire, allegra. “Te l’ha regalato il tuo ragazzo?”
“Ehm, veramente...”
“Sì?” la incalzò la sorella, sollevando le adorabili sopracciglia bionde.
“Beh, me l’ha regalato... Grace,” inventò. “Me l’ha regalato Grace, e io ho ne ho regalato a lei uno con una G!”
Fece un sorriso forzato, e Victoire dovette accorgersene benissimo, poiché le rivolse uno sguardo scettico e strinse gli occhi, poco convinta. Parve comprendere che non era il momento di parlarne, ma Dominique sapeva che non sarebbe sfuggita a lungo all’interrogatorio che la aspettava: era stato solo rimandato di qualche ora. Nel frattempo avrebbe potuto inventare una scusa plausibile, certo, ma dubitava che con Victoire qualsiasi bugia avrebbe retto.
Così, si apprestò a seguire la sorella giù per le scale, cercando di nascondere la collana sotto il pigiama a righe – tutti i cugini dormivano dentro pigiami a righe che prudevano, alla Tana.
Giunse in cucina in tempo per udire la voce di James.
“Sai, papà,” stava dicendo allo zio Harry. “Grace mi ha regalato una splendida serie di libri di Difesa per Natale!”.

“Buon Natale!”
Scorpius aprì gli occhi, e il suo campo visivo venne subito oscurato dalla sagoma di Jacob, che lo osservava con lo sguardo appena canzonatorio con il quale si rivolgeva al mondo, carezzando lievemente la cravatta di seta che teneva fra le mani. Sbadigliò.
“Buon Natale anche a te, Jake. Bella cravatta!”
“Vero? Me la regalata Domi. Forza, apri i tuoi regali, così possiamo salire a colazione. Conosci Grace, ci starà aspettando tutta entusiasta.”
Scorpius ridacchiò mentre l’amico spariva nel bagno, volgendo il proprio sguardo sul mucchio di doni incartati che sostava accanto al suo letto al baldacchino. Tuttavia, non fu in direzione di essi che si diresse. Si sporse invece verso il comodino, dove sostava un pacchetto avvolto in lucida carta dorata. Strappò il magiscotch che lo teneva chiuso, per ritrovarsi fra le mani una piccola agenda nera, con il suo nome impresso a lettere argentate. Un biglietto cadde sulle coltri verde scuro, e il ragazzo si affrettò a leggerlo:
Caro Scorpius - diceva la pergamena -, buon Natale!
Questo non è un quaderno qualsiasi, bensì un Diario Comunicante, l’ultima invenzione di mio zio George per il suo negozio di scherzi. Il concetto è lo stesso delle monete stregate di Gossip Witch, così come l’incanto utilizzato, che in questo caso è però ristretto a due oggetti gemelli. Io ho il diario corrispondente al tuo. Ti basterà scrivere qualcosa sulle sue pagine perché io riceva il tuo messaggio in tempo reale, e lo stesso vale per il mio! Spero davvero che ti piaccia.
Con amore, Lucy.
Scorpius sorrise.
“Che cosa c’è di tanto divertente?” lo prese in giro Jake, riemergendo dalla stanza da bagno.
Scorpius lo ignorò, alzandosi dal letto. Frugò nella propria borsa scolastica, e ne estrasse una boccetta d’inchiostro e una penna d’oca.
Buon Natale, Lucy! E’ un regalo meraviglioso, grazie.
Le lettere da lui tracciate parvero essere assorbite dalla carta, ma non dovette attendere molto affinché ne comparissero altre, vergate nell’ordinata calligrafia di Lucy.
Tanti auguri anche a te! Sono contenta che il diario ti sia piaciuto. Anche il tuo regalo è bellissimo, grazie!
Sorrise fra sé.
Ti amo.
Trattenne il fiato.
Ti amo anche io.
“Quella Lucy ti fa male, amico,” disse Jacob. “Non fai altro che sorridere come un idiota”.

“Roxy-doxy¹, c’è un altro regalo per te!”
Roxanne levò lo sguardo verso il fratello, che le porgeva un pacchetto di forma rettangolare, esibendo un sorriso tutto denti.
“Dov’era?” chiese, perplessa, prendendo il dono dalle mani di Fred.
Il ragazzino fece spallucce.
“L’ha portato adesso un gufo. Era stranissimo, sembrava che qualcuno l’avesse immerso in una vasca piena del Verdecapello Semipermanente di papà”.
Roxanne strappò la carta, estraendone – con sua grandissima sorpresa – una copia de Gli animali fantastici: dove trovarli di Newt Scamandro. Improvvisamente, capì.
Avrei dovuto immaginarlo. Solo gli Scamandro potevano possedere un gufo verde!
Lysander doveva averla perdonata.

Grace Zabini adorava il Natale, ma non era stato sempre così. Aveva cominciato ad apprezzare le festività natalizie a undici anni, quando per la prima volta aveva trascorso a Hogwarts le vacanze. Perlopiù, aveva forzatamente rimosso le vaghe e spiacevoli reminescenze dei festeggiamenti infantili. Solitamente quei giorni che sarebbero dovuti traboccare di gioia e condivisione, si rivelavano invece giornate cupe e colme dei silenzi ridondandi, in seguito alle aspre discussione di Blaise con la nonna Vyvienne, che non mancavano neanche in quel periodo.
La gioia del Natale, in quel suo settimo anno, era intaccata esclusivamente dalla lontananza di James, che le mancava da morire: aveva però intenzione di godersi fino in fondo la giornata. Per questo, discese allegramente la scala a chiocciola del proprio dormitorio – in quel periodo occupato da lei soltanto –, con una calda sciarpa azzurra, regalale da Jamie, avvolta attorno al collo, in previsione della battaglia di neve che aveva programmato, assieme a Jake e Scorpius, per quel pomeriggio stesso. Stava attraversando la Sala Comune a passo svelto, quando riconobbe Adrian Goldstein, sprofondato in una poltrona di fronte al caminetto, solo e con un’aria decisamente depressa.
“Ehi, Goldstein! Buon Natale!”
Il ragazzo si volse nella sua direzione, sorridendo debolmente.
“Buon Natale...” borbottò.
Poverino, tutto da solo!
“Non scendi a colazione?”
“Io... beh...”
“Dai, vieni con me! Puoi passare la giornata con me e i miei amici. Non è giusto che tu stia da solo proprio oggi!”
A Natale bisogna essere buoni, no?
Adrian parve non essere in grado di trovare una scusa plausibile, poiché la ringraziò educatamente e la seguì fuori dal ritratto della Signora Grassa.

“Jake ha cambiato idea all’ultimo momento per il regalo, a quanto vedo!”
Dominique si volse verso Albus, che aveva appena parlato, senza riuscire a trattenersi dal portare una mano a coprire il ciondolo sul proprio collo.
“Come!?” ribatté, tentando di apparire naturale e pregando con tutto il cuore che il cugino non avesse notato il suo gesto istintivo – con scarse speranze, a dire il vero.
Albus ricambiò il suo sguardo con fermezza, stringendo gli occhi.
“Jacob pensava di regalarti un bracciale che aveva visto e che riteneva perfetto per te. Evidentemente, deve aver cambiato idea all’ultimo.”
“Beh, in effetti Jake mi ha preso un bracciale...”
Albus non parve affatto sorpreso dalle sue parole.
“E allora chi ti ha donato questa splendida collana?”
“Grace” rispose Dominique, esibendo un sorrisino.
“Grace ti ha regalato un vestito, Dom,” la contraddisse Albus, lanciandole un’occhiata sospettosa. “Ero con lei quando l’ha comprato.”
Lei aprì la bocca per ribattere, mentre il suo cervello lavorava velocemente alla ricerca di una via di fuga, ma la voce della nonna che chiamava i nipoti a tavola la trasse in salvo proprio all’ultimo.
Durante il pranzo – per il quale aveva avuto cura di sedersi il più possibile lontano da Albus – la tensione le opprimeva la mente e il corpo: per l’ansia, riuscì ad inghiottire a stento pochi bocconi di tutte quelle leccornie. Non ebbe perciò modo di osservare Rose: si sarebbe altrimenti resa conto dello sguardo indagatore che la cugina minore continuava a rivolgerle.
La nausea salì prepotente.
“Devo andare... bagno...” borbottò Dominique, prima di precipitarsi su per le scale ed entrare nel primo bagno che incontrò. Si accasciò accanto al gabinetto, tentando inutilmente di provocarsi qualche conato. Ma non aveva mangiato abbastanza da riuscire a rimettere: nonostante i robusti singulti della sua gola, tutto ciò che le uscì dalla bocca fu saliva. Tentò e tentò ancora, mentre le lacrime scivolavano leste dai suoi occhi, scorrendole una dietro l’altra lungo le guance, implacabili.
Una voce ruppe il silenzio.
“Che cosa stai facendo?”.

“Allora, ragazzi! Andiamo nel parco? Guardate quanta neve!”
Grace era assurdamente entusiasta, felice come una bambina. Scorpius ridacchiò appena, nel vedere lo sguardo scettico che Jake – di pessimo umore – le aveva appena rivolto da sotto le scure sopracciglia sollevate. Smise immediatamente di ridere, fulminato da un’occhiataccia di quest’ultimo.
Non che ci voglia molto a capire come mai Jake è di umore nero!
Grace aveva avuto la caritatevole idea di condividere il Natale anche con quel misantropo di Adrian Goldstein, il quale si era mantenuto per tutta la giornata in cupo e religioso silenzio, rivolgendo di tanto in tanto delle furenti – e inspiegabili – occhiate a Jacob.
E naturalmente Jake si è indisposto da morire.
Tutti e quattro si diressero verso il parco: Grace era felicissima, Scorpius divertito, Jacob irritato e Goldstein perlopiù rassegnato. I tre ragazzi assecondarono il desiderio di Grace di fare una battaglia di neve, e presto gelidi proiettili bianchi cominciarono a volare in ogni direzione.
“Ehi!”
Un lancio particolarmente preciso di Goldstein aveva colpito Jacob alla testa, colmando di neve il suo orecchio destro. Scorpius e Grace si immobilizzarono, colpiti dall’eccessiva reazione dell’amico, che aveva gridato rabbiosamente in faccia ad Adrian.
“Mi dispiace,” si scusò quest’ultimo, con un’espressione tutt’altro che dispiaciuta. “Era difficile da schivare, lo so...”
“Non è stato un caso, questo tiro! E’ tutto il giorno che mi guardi malissimo, si può sapere che cosa vuoi?”
“A quanto pare la tua immaginazione è molto viva, o forse soffri di allucinazioni?”
Jacob rise.
“Ma guardati, Goldstein! Non sei neanche capace a insultare qualcuno come si deve.”
“Sono solo educato, al contrario di te.”
“Sei educato quando guardi la mia ragazza come se volessi saltarle addosso?”
Adrian parve toccato, poiché cominciò ad alzare i toni.
“Questo non c’entra niente!” gridò.
“C’entra eccome!” urlò di rimando Jacob. “Tu non hai niente a che fare con Dominique, e mai lo avrai!”
“E proprio qui che sbagli!”
Grace e Scorpius si scambiarono un’occhiata preoccupata, chiedendosi se non fosse il caso di intervenire. Le grida dei due ragazzi riecheggiavano nel parco deserto.
“Che cosa intendi dire!?”
“Lascia perdere! Tanto non potresti arrivarci.”
Jacob ringhiò, prima di gettarsi contro Adrian e cominciare a prenderlo a pugni. L’altro reagì immediatamente, colpendo l’avversario dovunque riuscisse a prenderlo.
Grace estrasse la bacchetta.
Impedimenta!” gridò.
I due ragazzi vennero bruscamente sbalzati in direzioni opposte, e continuarono a guardarsi in cagnesco per qualche minuto, tutti rossi in faccia.

“Che cosa stai facendo?”
Il cuore in gola, Dominique si volse. In piedi alla porta del bagno, Rose la scrutava con serietà. Le si avvicinò, si lasciò cadere in ginocchio accanto a lei.
“Perché?” le sussurrò.
“Perché sono una bugiarda.”
“Vomitare trasforma in verità le tue menzogne?”
Dominique – il mento che iniziava a tremare e la voce rotta – guardò la cugina dritta negli occhi.
“No, ma le fa apparire meno gravi... per un po’.”
Rose continuò a guardarla con gravità. Era proprio questo, ricordò Dominique, che in passato tanto apprezzava della cugina. Chiunque altro a quel punto avrebbe sorriso, avrebbe promesso che si sarebbe risolto tutto. Ma non Rose: lei sarebbe rimasta serissima e decisa, e non avrebbe promesso nulla.
Avrebbe agito e basta. Così in effetti fece: la aiutò ad alzarsi, le gettò un po’ di acqua sul viso e la trascinò in camera per un braccio, costringendola a sedere sul letto.
“Quali sarebbero queste bugie, sentiamo” la interrogò.
Dominique guardò da un’altra parte, senza accennare a rispondere.
“Continuare a mentire,” riprese Rose “non farà altro che rendere ancor più intricata la situazione. Dovresti iniziare a dire la verità, se vuoi che qualcosa cominci a risolversi.”
“Ma quanto sei ipocrita,” sibilò Dominique in risposta, punta sul vivo. “Non fai altro che mentire a te stessa da anni, Rose.”
L’altra parve toccata dalle sue parole. Deglutì, contraendo appena le labbra.
“Che cosa intendi?” mormorò, scossa.
Erano due anni che Dominique si tratteneva: da quando la piccola, dolce Rose aveva cominciato a comportarsi in maniera scriteriata, aveva faticosamente resistito alla tentazione di scaricarle addosso tutto ciò che pensava del suo cambiamento repentino, ossia che era tutta una patetica, ridicola, sciocca, avventata e controproducente farsa. Ma adesso, non riuscì più a contenersi.
“La ragazza che da due anni fingi di essere,” sbottò “non sei tu! La vera Rose non salterebbe continuamente da un letto all’altro! Non avrebbe allontanato tutti da sé senza un motivo!”
“Cosa ne sai?” replicò duramente Rose. “Cosa ne sai tu di me?”
“So che non sei davvero così! E vorrei davvero capire come mai fingi di essere qualcuno che non sei, visto che questo ti fa solo del male!”
“Io invece vorrei capire come mai continui a mentire e vomitare, visto che questo ti fa solo del male!”
“Ti rendi conto di tutto quello che hai fatto in questi due anni? Come hai trattato te stessa per tutto questo tempo?”
“Tu come hai trattato gli altri? Non sei migliore di me!”
“Lo so che non sono migliore di te! Facciamo entrambe schifo, d’accordo?”
Restarono a guardarsi per qualche istante, in silenzio. Poi, Rose capitolò.
Sei identica a tua madre, Rose!” esclamò. “Chissà se sarai brava come tua madre, Rose! Sicuramente hai preso da tua madre, cara! Tutti così, capito? Tutti la mamma di qua, la mamma di là! Sei uguale a lei! Devi essere intelligente quanto lei! Io volevo solo essere diversa. Volevo soltanto distinguermi per qualcosa che fosse mio, e mio soltanto... solo che... non so. Qualcosa deve essersi inceppato, a un certo punto. Qualcosa è andato storto, ecco, e ora non si può più risolvere niente.”
Cadde il silenzio. Rose – che era crollata sul pavimento – si raggomitolò su se stessa, scossa dai singhiozzi. Dominique, addolorata, si lasciò scivolare accanto a lei.
“Sai, Rose,” mormorò. “Sono andata a letto con Adrian Goldstein, la sera di Halloween.”
I singhiozzi dell’altra improvvisamente si placarono. Rose si sciolse dalla sua posizione rannicchiata, voltandosi verso di lei.
Quell’Adrian Goldstein?” chiese, allibita. “Il caposcuola Grifondoro?”
Dominique annuì con aria funerea. Per un lungo istante, le due cugine si guardarono.
Inaspettatamente, Rose scoppiò a ridere, seguita a ruota da Dominique
“Dom, ascolta,” riuscì a dire. “Ne usciremo, capito? Usciremo dalle bugie, e lo faremo insieme”.




¹ Il Doxy spesso viene scambiato per una Fata benché si tratti di una specie piuttosto diversa. Come la Fata, possiede una minuscola forma umana, anche se nel caso del Doxy è ricoperta di folto pelo nero e ha un paio di braccia e di gambe in più. Ho pensato che il piccolo Fred jr. dovesse assolutamente trovare un soprannome canzonatorio per la sorella, e Roxy-doxy mi è sembrato gloriosamente magnifico.

Note dell’Autrice
Spero abbiate notato che la trama si distacca sempre di più da quella di Gossip Girl. Pian piano, diventerà ancora più diversa! Diciamo che il sequel di Gossip Witch avrà poco a che fare con la serie TV. Comunque, qui inizia ad emergere Rose, che fin’ora ha avuto decisamente poco spazio. E... beh, le fan di Jacob dopo questo capitolo mi vorranno strozzare, credo.
Non glielo permetterò, mia cara. Ti strozzo prima io.
Oh, salve, Jake! Beh, mi dispiace... ma ai fini della trama era necessario, bello mio! Non potevo proprio evitarti questa figuraccia.
Ma farmi colpire all’orecchio da Goldstein, Daph? Sei uscita di cervello?
Lo so, è una dura umiliazione.
Comunque, sto pubblicando una raccolta di drabble Lucy/Scorpius (Ten things Scorpius Malfoy loves about Lucy Weasley). E Rose è Kathryn Prescott.
Grazie a tutti voi <3
Daph.













 

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Capitolo 13
*** 12. Bad Lies ***


1x12

Bad Lies

Lost til you’re found

Swim til you drown

Know that we all fall down

Love til you hate

Jump til you break...


Ottery St Catchpole, inizio gennaio

Il villaggio innevato sarebbe potuto essere la versione tridimensionale di una cartolina di Natale – a Roxanne ricordava piacevolmente Hogsmeade – e il sole mattutino riverberava soddisfatto sui tetti ghiacciati. Le abitazioni si inerpicavano lungo la cresta di una collinetta, diradandosi intricate attorno alla strada principale, che tortuosa si arrampicava sino alla sommità del colle.

Roxanne si trovava di fronte ad una piccola caffetteria babbana, attraverso la cui porta a vetri era possibile intuire le sagome di anziani signori che fumavano il sigaro e giocavano a Twist¹, offuscate dal vapore acqueo che permeava la superficie vitrea. La ragazza si guardava attorno con espressione un poco ansiosa, in attesa. Non dovette aspettare a lungo: dal limitare del paesino vide avvicinarsi la figura alta e allampanata di un ragazzo biondo, che nell’apprestarsi a lei accennò un vago sorriso – evitando accuratamente di guardarla negli occhi – e la seguì all’interno del locale.

Dentro alla piccola caffetteria, la differenza di temperatura rispetto alle esterne strade innevate era notevole. I due si sedettero a un tavolino in fondo alla stanza, ordinando due cioccolate calde. Lysander – che non l’aveva degnata di un’occhiata – finalmente posò il proprio sguardo su Roxanne, in attesa. La ragazza si schiarì la voce.

“Beh, grazie...” disse, “per il libro, ecco.”

“Non c’è di che” replicò Lysander, affabile.

“Voleva essere una,” riprese lei esitando, “ehm, offerta di... pace?”

“Ti ho perdonata, se è questo che volevi chiedere.”

Ancora una volta, Roxanne fu sorpresa dal tono del giovane Scamandro. Ai primi tempi della loro amicizia, aveva fatto l’abitudine al suo tono vacuo e sognante, che era stato sostituito da un timbro duro e aggressivo al momento del loro litigio. Adesso, tuttavia, Lysander parlava in tono amabile e serio, cordiale ma al tempo stesso vagamente distaccato.

“Siamo di nuovo amici, Lysander?” mormorò.

Finalmente qualcosa parve smuoversi nell’espressione del ragazzo, che sembrò vacillare. Lysander si ricompose immediatamente – ma rimase qualcosa nei suoi occhi di quello sguardo in qualche modo colmo che le aveva rivolto prima di baciarla, due mesi prima.

“Possiamo provare ad essere amici, Roxanne,” le disse. “Credo di potercela fare.”

“Davvero?” chiese conferma lei, pensando che fosse troppo bello per essere vero.

“Già...” replicò Lysander con sicurezza. “Hai sentito degli ultimi avvistamenti di Nargilli?”.


Hogwarts, ore 8:45 am

“Dominique, ascoltami...”
“Te l’ho detto mille volte, Goldstein. Non voglio ascoltarti, vattene!”
La voce di Dom era dura e irata, ma pervasa al tempo stesso da un’inusuale nota fremente e viva che attirò l’attenzione di Albus. Il ragazzo, udendola, si arrestò d’improvviso nel bel mezzo del corridoio che stava percorrendo, acquattandosi di nascosto dietro ad una colonna.
“Io non c’entro niente con te!” continuava la cugina. “Perché non riesci a capirlo?”
“Non c’entri nulla con me?” ringhiò Goldstein. “Allora perché la porti al collo, eh?”
Albus strabuzzò gli occhi, ripensando al piccolo ciondolo a forma di D che Dominique indossava il giorno di Natale. Poté vedere con l’occhio della mente la cugina farsi pallida in volto, portando la mano a coprire la collana.
“Te lo dico per l’ultima volta, Goldstein!” replicò Dominique. “Vai via! Adesso!”
Il giovane Potter udì i passi svelti della cugina allontanarsi in fretta e furia.

La ragazza nascosta nell’ombra ghignò, compiaciuta.

“Grace, ho bisogno di parlarti.”
La ragazza si mordicchiò il labbro inferiore, staccandosi a fatica da James – dopo due intere settimane di lontananza, il loro rapporto sembrava essersi fatto ancora più morboso: stavano di continuo abbarbicati l’un l’altra come piovre. Sorrise ad Albus, seguendolo alcuni passi più in là.
Si trovavano nei pressi della capanna di Hagrid, dove erano andati assieme a Hugo e Rose per una tazza di té. Albus aveva trovato inspiegabile l’inconsueta presenza di quest’ultima, anche se doveva ammettere che da Natale si era mostrata più socievole e condiscendente nei confronti dei propri familiari. Rose non era mai stata una persona particolarmente empatica, ma negli ultimi tempi stava esagerando al punto che Al non poteva che dirsi sollevato da qualunque eventuale miglioramento da parte della cugina.
Grace lo scrutò, stringendo gli occhi.
“È successo qualcosa, Al?” lo interrogò, seria.
“Il problema è Domi.”
Lo sguardo di Grace si fece feroce.
“Qualcuno le ha fatto del male?” sibilò. “È stato Jacob?”
Albus la guardò tristemente.
“Jacob non c’entra niente, Grace. O meglio: c’entra, ma non come credi tu.”
L’espressione della ragazza mutò ancora: stava stringendo le labbra insospettita.
“Credo che Dominique tradisca Jacob,” riprese Albus. “Con Adrian Goldstein.”
Che cosa?!”.

La ragazza nascosta al limitare della Foresta ghignò, soddisfatta.

“Che noia!” stava dicendo Dominique. “Mi sto annoiando da morire, Grace, non è possibile che... Grace? Che cos’è quella faccia?”
Le due amiche trovavano da sole in biblioteca, chine su di un tema di Pozioni lungo un metro, che pareva non giungere mai a compimento.
L’altra corrugò le sopracciglia, la guardò con espressione rabbiosa e si volse dall’altra parte, senza dir nulla.
“C’è qualche problema, G.?” insisté Dominique.
A quel punto, Grace parve non resistere più.
“Perché non me l’hai detto?” sibilò in tono stizzito.
Ma di che cosa sta parlando?!
“Che cosa avrei dovuto dirti?”
“Che stai tradendo Jake, Domi!”
“Che cosa dici, Grace!” rise Dominique. “Non sto mettendo le corna a Jacob, puoi credermi!”
“Ti dice niente il nome Adrian Goldstein?”
La Weasley sbiancò, sconvolta. Che Rose abbia parlato? No, non è possibile!
Aprì la bocca per ribattere, salvo poi richiuderla immediatamente.
“Che... cosa c’entra Goldstein, scusa?” fece poi.
“Se non lo sai tu,” replicò Grace, “come pretendi che possa saperlo io?”
“Non sto tradendo Jacob” disse in fretta.
“Ah, no? E allora che cos’è questo?”
Le infilò rapida le dita nel colletto della camicia, estraendone la luccicante catenella argentata della collana che Adrian le aveva regalato per Natale – Albus aveva parlato a Grace anche di quello. La piccola D che vi era appesa brillava ai radi raggi del sole che penetravano nell’ampio ambiente, suddiviso da file e file di scaffali.
“Non sto tradendo Jacob!” ripeté Dominique. “Okay, sono andata a letto con Goldstein, ma è stato prima che mi mettessi con lui!”
Grace sospirò di sollievo.
“Beh, perlomeno non stai mettendo le corna a Jacob,” replicò amareggiata. “Ma si può sapere perché non me ne hai parlato?”
“Perché non era nulla di importante, ecco tutto!” tagliò corto Dominique. “Continuiamo con il tema, dai.”
Ma l’amica continuava a fissarla con aria ferita.
“Tu non ti fidi di me” constatò tristemente.
“Il tema” insisté Dominique.
Senza un’altra parola, Grace raccolse le proprie cose nella borsa e si allontanò.

Celata dietro allo scaffale, la ragazza nascosta ghignò di compiacimento.

All’ora di pranzo, in Sala Grande era possibile udire un chiacchiericcio indistinto e disomogeneo, che si confondeva con il continuo tintinnio delle posate e dei bicchieri. Il soffitto magico rivelava all’esterno un cielo oscurato da una compatta coltre di nubi, gonfie di pioggia e neve.
Dominique sedeva come sempre al tavolo di Serpeverde, morbidamente accomodata fra le braccia di Jacob. Contrariamente al solito, fra loro non era presente Grace, che sedeva con Albus e James al tavolo di Grifondoro. Rose studiava la cugina con lo sguardo attento e sereno di una leonessa con i suoi cuccioli, prestando cura al fatto che stesse mangiando o meno - Dominique se ne accorse e le fece l’occhiolino: lei sorrise.
Improvvisamente, nelle tasche di quasi ogni studente di Hogwarts si diffuse un lieve calore che nessuno mancò di riconoscere. Rapidamente, molte teste cominciarono a voltarsi verso il tavolo di Serpeverde, verso una Dominique che, attonita, non capiva perché tutti le stessero rivolgendo quegli strani sguardi – curiosi, stupefatti, sconvolti, compiaciuti.
Incontrò gli occhi di Scorpius, dal lato opposto del tavolo: teneva il galeone di Gossip Witch fra le mani, e faceva correre continuamente lo sguardo da lei a Jacob, boccheggiando. Con un terrificante presentimento, Dominique frugò nella borsa alla ricerca della propria moneta stregata, le mani che tremavano. Finalmente lo trovò.
Buon appetito, Sala Grande! Sono Gossip Witch e devo darvi una notizia sensazionale. Posso assicurare che quello di oggi è un vero scandalo, ragazzi! Tutti noi conosciamo Dominique Weasley, leggenda di freddo distacco. Beh, non è poi così fredda come credevamo! Sembra che, poco prima di mettersi con Jacob Greengrass, sia stata a letto con Adrian Goldstein, Caposcuola e battitore della squadra di Quidditch dei Grifondoro. Non è così che si fa, D.!
Chi si offre per una corona vacante, gente?
Dominique era inorridita. Le sembrava che il proprio cuore stesse precipitando verso il terreno a disarmante rapidità, la testa le girava.
“È vero, Dominique?” mormorò la voce di Jacob, molto vicino al suo orecchio – non aveva smesso di avvolgerla con le sue braccia, ma Domi l’aveva sentito irrigidirsi contro di lei.
“Jacob...” boccheggiò.
Il ragazzo la lasciò andare di colpo, allontanandosi di corsa dal tavolo dei Serpeverde. Nella Sala cominciarono a levarsi parecchie risatine. Dominique si alzò lentamente, e ancor più lentamente abbandonò l’ambiente.
Grace la seguì di corsa, sciogliendosi dall’abbraccio di James.
“Dominique!”
La Weasley riconobbe la voce dell’amica che la chiamava, ma non si arrestò.
“Domi, ti prego! Fermati un attimo!”
Si voltò di scatto, lungo lo scalone di marmo.
“Che cosa vuoi?” l’aggredì, il mento tremante. “Scusarti, per caso?”
Grace parve perplessa.
“Domi, ma cosa...”
“So che sei stata tu! Sei stata tu a dire a Gossip Witch quello che ti è successo!”
“Non sono stata io!” si difese l’altra con veemenza. “Come potrei averti fatto qualcosa del genere?!”
“A quanto mi risulta, in passato hai fatto anche di peggio!”
“Dominique,” insisté l’altra, ferita. “Dimmi un motivo per cui avrei dovuto fare una cosa simile!”
“Non sopportavi che per una volta fossi felice anche io!”
“Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo, Domi?”
“Mi rendo solo conto che sei una bugiarda e lo sei sempre stata!”
“Senti, capisco che tu sia sconvolta, ma adesso stai esagerando!” ribatté Grace.
“Avrei fatto bene a non fidarmi di te!” strillò Dominique in risposta.
Il mento di Grace tremò.
“Bene!” disse, con voce carica di rancore. “Se è questo che credi...”
Se ne andò. Dominique rimase sola, in lacrime, al centro dello scalone di marmo.

Grace ridiscese le scale in fretta, tremante di rabbia. Imbattendosi in James, con stupore si rese conto del fatto che nelle sue iridi aleggiava un curioso sguardo deluso, spento.
“Che cosa succede, James?” chiese duramente.
Lui emise un risolino incredulo e senza gioia.
“Perché hai rivelato a Gossip Witch il segreto di Domi, Grace?”
“Non posso crederci, anche tu.” sibilò lei, prima di allontanarsi di corsa.

Dormitori maschili di Serpeverde, pomeriggio

“Jake... ti prego, Jake, apri la porta!”

Erano trascorsi abbondanti venti minuti, da quando Dominique aveva preso a bussare furiosamente alla porta della camerata maschile del sesto anno. Di tanto in tanto, qualche ragazzo le lanciava passando sguardi curiosi, ma grazie a Merlino i Serpeverde sapevano essere discreti e nessuno le aveva rivolto la parola.

“Jake...”

La porta si aprì con un cigolio, e dietro di essa fece capolino Bernard Boot², che le si rivolse con serietà.

“Weasley,” disse, calmo – Dominique ringraziò il cielo di non leggere disprezzo nei suoi occhi. “Ti consiglio di lasciar perdere. Non sta in buone condizioni, fidati.”

Lei annuì, senza proferir parola.

“Vai a cercare quel Goldstein, magari. Jacob gli ha lanciato una fattura prima di spaccargli il naso... non deve stare una meraviglia.”

Dominique annuì ancora.


L’Infermieria era linda e pulita, i lettini bene ordinati e dritti, le lenzuola tese: solo l’ultimo era utilizzato, le tendine verdi tirate a nascondere il suo occupante. Esitando, Dominique si avvicinò.

“Goldstein...” sussurrò. “Adrian. Posso entrare?”

La voce del ragazzo trapelò attraverso la stoffa.

“Va via” disse.

“Adrian, mi... dispiace. Mi dispiace da morire.”

“Che cosa c’è,” disse faticosamente lui, “adesso che Greegrass ti ha mollata torni da me? Non sono la tua ruota di scorta, Dominique.”

“Posso entrare?”

“No...”

“Allora resto qui.”

La ragazza si sedette su di una sedia, accanto al letto dalle cortine serrate.

“Che cosa vuoi?” le chiese Adrian con voce rasposa.

“Dirti che mi dispiace. Non avrei mai voluto che Jacob ti mandasse in Infermieria.”

“Questo lo so.”

“Posso restare qui?”.


“Sai, Jamie, a volte credo che tu sia un perfetto idiota.”

James si volse verso il fratello, che lo scrutava con inusuale serietà.

“Non rigirare il coltello nella piaga, Al” replicò, stizzito.

Albus ridacchiò.

“Come vuoi, James. Ma ripeto: sei un perfetto idiota.”

L’altro sospirò, rassegnato.

“Perché sarei un idiota, sentiamo!”

“Perché Grace non c’entra niente in tutta questa faccenda di Dominique. Non piangere lacrime da coccodrillo, poi, quando ti renderai conto di essere stato veramente stupido a sospettare di lei!”

James parve afflosciarsi nella poltrona al pari di un palloncino sgonfio.

“Posso fare qualcosa?” chiese.

“Puoi andare a parlarle. Ma non aspettarti rose e fiori, eh! Figurati. Il fatto che tu l’abbia accusata la indurrà a credere che tu non abbia fiducia in lei...”

“... E si convincerà che non la trovo cambiata rispetto a prima...”

“... Che poi è prima di te.”

“Già.”

Calò il silenzio.

“Al?” lo ruppe James.

“Sì?”

“Io e Grace sospettavamo qualcosa... credo. Insomma, Dom riceveva tutte quelle lettere! E Jacob ha preso Adrian a pugni, durante le vacanze di Natale.”

“Beh, immagino che Jake avesse la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava...”

“Come sta lui?”

“Come può stare, Jamie? Malissimo.”

“Beh, mi... dispiace? Sì, mi dispiace un sacco. Greengrass cominciava a piacermi, ecco.”

Albus posò di nuovo il suo verde sguardo sul fratello, pensoso.

“Sai, Jamie,” disse, “credo che dovresti proprio andare a cercare Grace”.


“Grace? Ti disturbo?”

La ragazza era seduta vicino al lago, sotto al faggio, i cui rami carichi di neve sovrastavano le acque ghiacciate, ed era sola – in un pessimo stato d’animo, oltretutto, dopo aver litigato con la propria migliore amica e il proprio ragazzo in una volta sola.

Tuttavia, nel vedere il giovane biondo che stava in piedi a pochi passi da lei, in attesa del suo permesso per avvicinarsi, sorrise dolcemente.

“Oh... ciao, Scorpius.”

Gli fece cenno di apprestarsi a lei. Il ragazzo le si sedette accanto sulla fredda neve.

Restarono in silenzio per qualche estate, fissando i loro sguardi sul sottile strato di ghiaccio che ricopriva il lago. Poi Scorpius parlò.

“Grace... ti ricordi di te e me?”

Sconcertata, la ragazza si volse verso di lui.

“Beh, come non ricordarlo?” replicò, a bassa voce.

“Già...” disse lui.

La neve cominciò a cadere lieve.

“Io ti amavo, Grace,” riprese Scorpius. “E tu amavi me.”

Lei gli rivolse uno strano sguardo, ma tacque.

“Io credo che Dominique ami Goldstein. E che Goldstein ami lei... e per quanto io sia amico di Jacob, per quanto io sia dispiaciuto per lui... credo che il fatto che tutta questa storia sia emersa alla fine si rivelerà il meglio per tutti. Sai, una volta Lucy me l’ha detto... la cosa migliore è dire la verità. Noi abbiamo tradito Domi, in passato. Ma lei ci ha perdonati.”

“Dominique ha pensato che fossi stata io a dire la verità a Gossip Witch,” fece Grace. “Ma non è vero... non avrei mai fatto una cosa simile.”

“Lo so, Grace. E lo sa anche Dominique. La conosci, era un momento di rabbia... probabilmente neanche lo pensava davvero.”

“Ma...”

“Grace.”

“E Jacob? Come ha... reagito?”

“Conosci anche lui. Ha cominciato a spaccare tutto. Al e Bernie hanno dovuto Schiantarlo prima che si facesse male.”

Cadde il silenzio.

“Va’ da lei,” disse poi Scorpius. “Va’ da Dominique. Ha bisogno di te, ora”.


Dominique udì bussare.

“Chi è?” chiese Rose, senza allontanarsi da lei.

“Grace.”

La cugina le rivolse uno sguardo interrogativo, cui Dominique rispose con un cenno di assenso.

“Entra.”

La porta si aprì, e Grace – alta e bellissima – comparve sulla soglia, un’espressione seria e preoccupata dipinta sul volto.

“Domi...” fece, esitando – Dominique era in uno stato disastroso. “Come stai?”

“Non molto bene...” rispose flebilmente l’altra, con voce rotta, mentre le lacrime ricominciavano a rotolare sul suo viso.

Grace l’abbracciò senza dire altro.


“Jake... non esagerare col bere.”

Non appena vide lo sguardo cupo e allucinato dell’amico, Scorpius si pentì di aver parlato.

“Domi è stata a letto con quel bastardo,” replicò duramente Jacob, attaccandosi alla bottiglia di Whisky Incendiario, comprata da Boot a Hogsmeade un paio di mesi prima. “Bevo quanto voglio”.


“Lily, hai visto Grace per caso?”

In quella Sala Comune gelida e umida, dove i divani erano di pelle scura e stendardi verde-argento erano appesi ovunque, James si sentiva un poco a disagio. Non trovando Grace da nessuna parte, aveva dedotto che si trovasse presso i Serpeverde, e aveva scongiurato un ragazzino del primo anno dalla faccia ossuta di farlo entrare. Per sua fortuna, una volta dentro si era imbattuto nella piccola Lily, che adesso lo osservava con severità.

“È da Dominique,” replicò, scuotendo i lunghi capelli rossi. “Ti conviene aspettare domani mattina: Domi è veramente a pezzi.”

“Le potresti dire che sono passato a cercarla?”

“Naturalmente posso. Ma sei un idiota, fratellone, te l’hanno detto?”

“Sì... me l’hanno detto,” borbottò James, pensando ad Albus. “Posso aspettarla qui?”

“Suppongo di sì, ma chiamerò anche Al. Riunione di famiglia?”

Incredulo, Jamie ridacchiò.

“Beh, perché no?”.


 


 


¹ Twist: tipico gioco di carte inglese.

² Bernard Boot: figlio di Terry Boot (Corvonero dell’anno di Harry). Compagno di dormitorio di Scorpius e Jacob, perciò Serpeverde del sesto anno. Ricordate questo nome, più avanti avrà una certa importanza!



Note dell’Autrice

Okay, dopo questo capitolo probabilmente vorrete uccidermi. Immagino. Un gran bel casino, eh? Un tragico e gigantesco floop, povera Domi.

Tu vuoi morire.

Oh, ciao Domi! Notizie dell’ultimo minuto?

...

Okay, Domi non ha voglia di chiacchierare. Comunque... vorrei taaante recensioni per questo complicato e magnifico (?) capitolo, visto che mi è costato tanta fatica! Se siete d’accordo, ovvio. Chord Overstreet è Lysander (lo so, ne prendo troppi dai telefilm... ma lì c’è il più grande afflusso di attori simil-teenager, che volete farci?).

Qui c’è la mia raccolta Lucy/Scorpius.

Grazie a tutti voi <3

Daph.
















 

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Capitolo 14
*** 13. The thin line between Adrian and Jake ***



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The thin line between Adrian and Jake

Time will help you through

But it doesn't have the time

To give you all the answers

to the never-ending why...


La campanella suonò ridondante nei sotterranei, e Grace si affrettò a raccattare la propria roba nella borsa. Ben attenta a non incrociare lo sguardo di James, fece per uscire dall’aula di Pozioni, ma la potente voce di Lumacorno la fermò.

“Grace, mia cara, potresti trattenerti per qualche minuto?”

Lei tornò indietro, passando accanto al proprio ragazzo, che accennò un tentativo di sorriso, guardandola con aria desolata. Grace percepì prepotente un moto di sofferenza, scatenato dalla scarsa fiducia da lui dimostrata nei suoi confronti, aggredirle la bocca dello stomaco. Curvò di rimando le labbra in un sorriso stentato, prima di rivolgersi all’insegnante – a quel punto poté udire la porta dell’aula richiudersi alle spalle di James.

“Sì, signore?”

“Che fine ha fatto la signorina Weasley, Grace? Sono un paio di giorni che non la vedo in giro”.


Finita, deposta, mortificata. Ecco, mortificata è la parola giusta.

Dominique camminava per i corridoi con cautela. Dritta e orgogliosa, certo, ma con cautela.

Non ti curar di loro...¹

Ignorava il mormorio soffuso e maligno che si diffondeva al suo passaggio, ignorava la buia voragine che sembrava aprirsi sempre di più dentro al suo petto. Ignorava con determinazione ogni sentimento, mentre si dirigeva a passo svelto verso Grace, che l’attendeva sorridente accanto all’entrata della Sala Grande.

“Domi,” sussurrò l’amica mentre l’abbracciava. “Sono contenta che tu sia riuscita a uscire.”

Dominique le sorrise a fatica, rivolgendo uno sguardo sprezzante al gruppetto di Tassorosso che l’additava ridacchiando.

Neanche una settimana era trascorsa dal giorno in cui ogni cosa era crollata – lei prefereriva non specificare a se stessa quali cose erano precisamente crollate, anche se prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà. Il primo passo per andare incontro all’accettazione di tutto ciò era stato emergere dalla propria stanza, in effetti, giacché per quei cinque giorni vi era rimasta rinchiusa senza mettere il naso fuori dalla porta.

Era stata Rose a convincerla ad uscire, con l’ausilio di un paio di frasi buttate lì con apparente leggerezza, le quali si erano rivelate molto più risolutive rispetto ai giri di parole di Grace e Lily e ai flebili tentativi di Molly e Lucy, le quali in quei giorni si erano dimostrate stranamente premurose nei suoi confronti – Dominique sospettava che dietro vi fosse lo zampino di Albus.

Sapeva già che non avrebbe incontrato Jacob. Le sue fonti sicure nel dormitorio maschile del sesto anno le avevano comunicato che, al pari di lei, Jake non si muoveva dalla camerata, dove rimaneva tutto il giorno a borbottare in compagnia di una bottiglia di Firewhiskey.

Come se non mi sentissi già abbastanza male.

Scorpius, il quale le aveva passato le informazioni su Jacob, era stato a dire il vero piuttosto comprensivo nei suoi confronti, ma nell’abituale distrazione che gli era propria si era fatto scappare qualche parola di troppo. Il risultato era stata una fuga in bagno di Dominique, che era troppo orgogliosa per piangere di fronte a qualcuno che non fosse Grace o Rose – anche se era di Scorpius che si trattava.

Dominique seguì Grace in Sala Grande, supportata dalla rassicurante presenza dell’amica, la quale si accomodò con lei al tavolo di Serpeverde. Attraversando la Sala, la Weasley aveva fatto ben attenzione a guardare fisso di fronte a sé, evitando in questo modo di scorgere le perfide occhiate che le venivano rivolte dai più. Pian piano, gli studenti parvero abituarsi alla sua presenza e ricominciarono a mangiare come se niente fosse, limitandosi a guardarla con curiosità di tanto in tanto. Dominique lanciò un’occhiata al tavolo dei Grifondoro, e fu sorpresa nel vedere James seduto da solo, con impressa sul volto un’espressione decisamente afflitta.

“Grace,” disse. “Che cosa è successo con James?”

L’amica parve in difficoltà.

“Beh...” disse. “Abbiamo litigato, ecco.”

Dominique si sentiva piuttosto sconcertata.

“Stai scherzando, vero?” le chiese.

“Ecco... no,” sussurrò Grace in risposta.

Dominique l’abbracciò.

“Oh, G... mi dispiace tanto! Ma... perché?”

“Non fa niente, dai,” tagliò corto l’altra.

“Grace.”

La giovane Zabini sospirò.

“Ha pensato che fossi stata io a rivelare a Gossip Witch la verità su di te e Goldstein,” buttò fuori tutto d’un fiato.

Dominique si sentì sprofondare.

“Oddio, anche questa ho combinato...” mormorò.

“No!” si affrettò a ribattere Grace con decisione. “Tu non c’entri niente, Domi. Non è colpa tua, d’accordo?”

Le parole dell’amica la fecero sentire meglio, anche se di poco.

Ma quel leggero sollievo non durò a lungo: percorrendo con gli occhi il tavolo di Grifondoro incrociò lo sguardo di Adrian Goldstein per un breve istante, prima che il ragazzo rivolgesse la propria meticolosa attenzione al piatto pieno che aveva di fronte – sedeva come al solito solo, a un angolo della tavolata. Dominique si prese la testa fra le mani, sconfortata. Gli occhi di lui le avevano trasmesso un grande avvilimento. Vi aveva letto una intensa sofferenza, una rabbia bruciante, una profonda sfiducia.

Probabilmente è lui quello che sta peggio di tutti.


Toc, toc, toc...

Un picchiettare improvviso e insistente contro il vetro della finestra – fuori tono rispetto al caos soffuso che regnava nella stanza –  fece sobbalzare Lucy, distogliendola dal tema di Trasfigurazione al quale si stava dedicando. In principio tentò di ignorarlo, presa com’era dallo studio, ma non appena si avvide del fatto che il rumore – ripetitivo e irritante quanto quello di una sveglia – non accennava a quietarsi, volse il capo in direzione della finestra.

Dietro ai vetri lindi e trasparenti della Sala Comune di Grifondoro, un grosso barbagianni dal piumaggio bronzeo picchiava con il becco contro la finestra, chiedendole evidentemente di aprirla. Lucy non si diresse verso di essa, bensì trasse fuori dalla tasca la bacchetta magica.

Alohomora,” sussurrò.

Le imposte si aprirono con un sonoro scricchiolio, e il barbagianni fece maestosamente il proprio ingresso nella Sala Comune – attirando parecchi sguardi ammirati. Planò verso Lucy, lasciandole cadere una busta sigillata proprio sulla Guida alla Trasfigurazione, volume quarto, che stava sfruttando come fonte per il suo tema.

Sarà di Scorpius? si chiese, incuriosita. No, non può essere. Non è il suo gufo.

Si avvide che il nome del destinatario non era vergato a mano, bensì ricavato attraverso lettere ritagliate da diversi giornali. Le parve di riconoscere una L nel carattere utilizzato dalla Gazzetta del Profeta, e l’inconfondibile W di una pubblicità dei Tiri Vispi Weasley. Colta da un brutto presentimento, si affrettò a spezzare il sigillo e aprire la busta. Da essa prese a uscire immediatamente un liquido di un verde giallastro, che puzzava di benzina e le inondò le mani, i libri e i quaderni. Tremante, si accorse che sulle proprie dita stavanp cominciando ad affiorare grosse bolle gialle e dolenti, che pulsavano dolorosamente.

Pus di Bubotubero!²

Lucy si accorse che tutti, nella Sala Comune, la stavano guardando. Nella maggior parte degli occhi poté leggere pietà e dispiacere, ma presto cominciò a levarsi qualche risatina. Con le lacrime agli occhi per il dolore e l’umiliazione, uscì dal buco del ritratto e si allontanò a gambe levate.

Non appena fu uscita, la sorella Molly si alzò dal suo posto in fondo alla Sala, dove stava giocando a Sparaschiocco con Roxanne – ospite dei Grifondoro nonostante la cravatta bronzo-blu. Si diresse con il passo marziale delle sue lunghe gambe verso il tavolo abbandonato da Lucy, dove il pus continuava a gocciolare a terra, facendo sfrigolare il tappeto. Con cautela, sollevò con un Locomotor della sua bacchetta magica la busta da lettere – che conteneva anche un foglio della cui presenza Lucy non si era accorta -, prima di seguire la sorella nel corridoio.

Tutti i presenti avrebbero potuto in seguito dire che se di solito incuteva timore, quel giorno Molly Weasley avrebbe terrorizzato Colui-che-non-deve-essere-nominato in persona.


Grace si sentiva veramente depressa, sebbene cercasse di non darlo a vedere – Dominique di certo non aveva bisogno di ulteriori preoccupazioni da aggiungere al suo discreto carico di stress emotivo. Sapeva bene che James aveva capito di essersi sbagliato, che era senza dubbio più che pentito delle proprie parole, ma per quanto si sforzasse non riusciva proprio a passarci sopra. Il ragazzo aveva dubitato di lei. Aveva creduto che Grace avesse tradito la propria migliore amica – certo, in passato l’aveva fatto. Ma era passato.

Grace era cambiata. Grace si era impegnata a cambiare.

James non lo capiva?

Che genere di persona mi reputa? Cosa crede che io sia?

Una bugiarda, una ragazza sleale. Una traditrice.

Ma allora perché sta con me? Perché mi ama, se lui crede che io sia così?

La risposta era semplice.

Non mi ama. Sono tutte parole vuote. Ma lui è James, e le sue parole non sono mai vuote.

La cosa peggiore, Grace lo sapeva, era che la colpa in fondo era sua, non di James. Era stata lei, in passato, a comportarsi in maniera indegna dell’altrui fiducia. Non poteva biasimare chiunque nutrisse qualche dubbio riguardo la sua lealtà.

Ma qui non si tratta di chiunque. Si tratta di James.

“Grace.”

La ragazza si volse piano. Sapeva a chi apparteneva quella voce: era il timbro inconfondibile di chi le aveva offerto un appoggio quando nessun’altro l’aveva fatto, di chi aveva sussurrato il suo nome alle stelle in una notte alla Stamberga Strillante. Di chi le aveva detto di amarla, l’aveva detto ancora e poi nuovamente ripetuto.

“Cosa credi che io sia, Jamie?”

Lui la guardò con serietà. Si trovavano soli in un corridoio, dalle parti della biblioteca.

“La ragazza che amo,” rispose. “La mia ragazza.”

“Non c’è altro?”

“Grace...”

“Come mi reputi?”

“Una persona incredibile. Sei luminosa.”

“Perché stai con me?”

“Perché ti amo.”

“E perché mi ami?”

Il labbro inferiore di Grace stava cominciando a tremare – per impedirsi di piangere lo morse.

“Perché sei piena di controsensi, ogni tanto sei incomprensibile. Ma sei allo stesso tempo chiara come il sole. Hai un grande cuore. Sei intuitiva e brillante ma anche terribilmente ingenua...” – Grace cominciò a piangere sul serio – “Hai una patologica incapacità nell’accettare l’aiuto degli altri. Sei testarda come pochi, riesci ad ammettere i tuoi errori solo quando ci sbatti la testa.”

“Mi ami, James?”

“Posso ripeterlo, se vuoi.”

“Fallo.”

“Ti amo.”

“Perché non hai creduto in me, se mi ami? Perché non riesci a fidarti di me?”

“Io mi fido di te!”

“Non è così! Non avresti dubitato di me, altrimenti.”

Vedendo che James rimaneva in silenzio, con uno sbuffo disperato Grace si volse e fece per andarsene, ma il ragazzo la trattenne afferrandola con decisione per un braccio. La trasse a sé.

“Grace,” disse. “Io ti amo. E mi dispiace da morire di aver dubitato di te, non avrei dovuto. Ma credimi: mi fido di te. So chi sei, e chi sei mi piace.”

“Sei sicuro, Jamie?” sussurrò lei.

“Ricordi quello che ti ho detto mesi fa? Non sono mai stato tanto sicuro in vita mia”.


Beh, ragazzi...

Grace e il Potter Solitario sembrano aver chiarito. Si dice spesso che sbagliando si impara, e che è possibile trarre insegnamento dai propri errori. Beh, credo che questi due abbiano capito qualcosa di nuovo, oggi!

A volte il modo migliore per ottenere una risposta è fare una domanda. Talvolta basta chiedere, per trovare una spiegazione ai tuoi perché.

Baci e abbracci, Gossip Witch.


“Lucy? Sei qui dentro?”

La ragazza, all’interno del gabinetto del bagno in cui si era rifugiata a far compagnia a Mirtilla Malcontenta, riconobbe dall’altra parte della porta la voce della sorella Molly. Asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, emerse dal cubicolo. Di fronte a lei si trovava Molly, con i suoi capelli ramati, gli occhi chiari che la guardavano con estrema serietà.

“Oh, Lucy...” sussurrò, vedendo i segni del pianto sul suo volto, e la strinse in un abbraccio.

“Molly,” singhiozzò lei contro la spalla della sorella. “Non è giusto. Perché mi hanno fatto questo?”

“Perché sono delle stronze,” rispose Molly. “Sono solo delle stronzette invidiose.”

“Non è giusto comunque!”

“Lo so che non è giusto! Proprio per questo dovresti denunciare questo fatto.”

Lucy si staccò dalla sorella.

“Ma se neanche so chi è stato!” replicò con voce nasale.

“Beh...” fece Molly. “Veramente lo sappiamo. Quasi per certo.”

“E come?”

“C’era una lettera, nella busta...”

Lucy prese il foglio che l’altra le porgeva, accuratamente ripulito dal pus con un perfetto Gratta e netta, sul quale – ricavate dai soliti ritagli di giornale – erano scritte queste parole:

DovrEsti stare p attenta, e non solo quando apri la tua posta.

C. d. B.

“C’è una sola persona che ha queste iniziali, a Hogwarts,” fece Molly. “Christine de Bourgh³, Serpeverde sesto anno.”

“E come fai a saperlo?” replicò Lucy.

“Sono caposcuola,” ghignò l’altra. “Ho dato un’occhiata alla lista degli studenti... Ad ogni modo, adesso sai di chi si tratta. Denunciala, falla espellere.”

“No!” si affrettò a ribattere Lucy.

Molly parve sconcertata.

“E perché no?” le chiese.

“Scorpius lo verrebbe a sapere, lo direbbe ad Albus e Lily... che non aspetterebbero un minuto prima di organizzare una vendetta con i controfiocchi assieme a Domi!”

“E allora? Si è permessa di mandare una busta piena di schifosissimo pus a mia sorella. Merita questo e altro. Nessuno è autorizzato a farti del male.”

“Non voglio abbassarmi al suo livello. Non voglio che Scorpius si abbassi al suo livello.”

“Lucy, questa ragazza ti ha minacciata! Dovresto stare attenta, e non solo quando apri la tua posta...” recitò.

“Molly, ti prego. Non dire a nessuno che sai chi è stato, okay?”

“Ma...”

“Okay?”

Molly sospirò.

“Va bene, promesso,” concesse a malincuore. “Ma giuro che non la passerà liscia, se prova a sfiorarti un’altra volta”.


“Jake. Jake, amico.”

Jacob mugugnò in risposta qualcosa di incomprensibile, giusto per far capire a Scorpius che aveva preso nota della sua presenza in dormitorio. Non si volse verso di lui, né si alzò.

La stanza era un vero disastro – non che di solito fosse particolarmente ordinata. Il pavimento era un cimitero di bottiglie di Firewhiskey vuote e resti di cibo cominciato e lasciato lì – Jake aveva minacciato di morte ogni elfo domestico che aveva tentato di entrare per pulire. Gli elfi erano scappati via squittendo terrorizzati. Fra i letti sfatti e i calzini sporchi, Jacob era l’incarnazione stessa della devastazione. Il volto tirato e sfatto, occhiaie profonde, i capelli in disordine e gli stessi abiti stropicciati di quattro giorni prima.

“Come stai?” si informò Scorpius, allentandosi il nodo della cravatta verde-argento con due dita.

“Una merda, come vuoi che stia,” brontolò Jake con voce roca.

“Boh, magari ti sentivi meglio,” replicò Scorpius tranquillamente – non aveva mai visto Jacob in quello stato, ma sapeva bene che non era con lui che ce l’aveva. “Non credi sia ora di uscire di qua? Non ti fa bene stare rinchiuso in dormitorio.”

“Certo, mamma.”

Scorpius sorrise, scuotendo la testa. Inaspettatamente, Jacob ridacchiò.

“Mi sento patetico,” mormorò. “Non avrei mai pensato di poter stare così per qualcuna.”

Scorpius esitò, prima di decidersi a parlare.

“Senti,” cominciò, vedendolo di umore quasi decente. “Non potresti perdonarla?”

Jake lo guardo come se fosse impazzito. Scorpius si pentì di aver parlato.

Merlino, sono proprio un imbecille.

“No,” ribatté infatti l’altro bruscamente. “Mi ha tradito!”

“Non ti ha tradito,” puntualizzò Scorpius. “Non stavate ancora insieme quando è stata con Goldstein.”

“Goldstein è un idiota,” brontolò Jacob.

“Sì, va bene,” accondiscese lui. “È un idiota. Ma non cambiare discorso.”

“Perché dovrei perdonarla?”

“Perché sta male quanto te per tutta questa storia, dammi retta.”

“Se l’è cercata.”

“Oh, accidenti Jake! Ma perché devi essere così testardo? Lei non ti ha tradito!”

“È come se l’avesse fatto.”

“Io ho tradito davvero Dominique, due anni fa. E lei mi ha perdonato.”

“Ma lei non ti amava. Io invece, beh...”

“Ami Domi, no? E non ti sembra già una ragione sufficiente per perdonarla?”

“Sicuro di essere nato maschio, Scorpius?”.


Biblioteca, circa un’ora dopo

“Lucy!”

L’esclamazione di Scorpius risuonò sonoramente per tutta la biblioteca. Lucy concentrò intensamente il proprio sguardo sulle candide bende che le avvolgevano le dita.

“Lucy, tesoro... sono venuto non appena ho saputo quello che è successo.”

Lei lo guardò, sorridendo forzatamente – non ce la faceva proprio a fingersi allegra.

“Mi dispiace tanto,” fece Scorpius.

Lucy percepì chiaramente le lacrime risalire nuovamente: il ragazzo dovette accorgersene, giacché fece il giro del tavolo e la raggiunse, per posare le labbra sulle sue e poi abbracciarla strettamente.

“Dimmi chi è stata,” sussurrò nel suo orecchio. “Dimmi chi è stata a farti questo, Lucy.”

“N-non lo so,” balbettò lei, affondando il volto sul petto di lui per celare ai suoi occhi la propria bugia.


Toc toc.

“Chi è?” chiese Dominique, atona.

Si trovava da sola nella propria stanza – dopo lunghe discussioni era riuscita ad allontanare una Rose decisamente troppo apprensiva. Era seduta sul letto, la schiena poggiata sulla testiera e le gambe allungate.

“Sono io, Dominique.”

Il suo cuore fece un balzo. Quella voce, la sua voce, l’avrebbe riconosciuta fra mille – sebbene in quel momento fosse straordinariamente rasposa e arrochita.

Deglutì.

“Entra, Jake.”

Il ragazzo si fece largo nella stanza. Indossava una camicia pulita, ma il suo volto era tirato e stanco. Si lasciò cadere sul bordo del letto, prendendosi la testa fra le mani – i gomiti poggiati sulle ginocchia.

“Come stai?” le chiese bruscamente.

“Non bene,” fece lei con voce tremante. “E te?”

“Male. Ti amo, Domi.”

“Lo so.”

Cadde il silenzio.

“Perché non me ne hai parlato?” mormorò Jacob.

“Non lo so, sai? Perché saresti stato incredibilmente geloso, credo. E poi, se ne avessi parlato con qualcuno...”

“Sarebbe diventato vero.”

Entrambi mantenevano basso il tono di voce, come timorosi di distruggere qualcosa che – lo percepivano – già stava sfuggendo loro di mano. Nessuno dei due voleva fare del male all’altro.

“Sì,” sussurrò Dominique.

Restarono silenti per alcuni istanti, evitando di guardarsi: Jake fissava dritto di fronte a sé, la ragazza teneva gli occhi bassi.

“Non tornerai con me, vero?” fece lui – ma più che come una domanda suonò come un’affermazione.

Dominique scosse la testa, mentre il mento le tremava e le lacrime cominciavano inarrestabili a scorrere lungo le sue guancie. Si sporse verso Jacob, e lui l’accolse fra le braccia, tenendola stretta.

“Scusami!” singhiozzò lei, il volto affondato nella spalla del ragazzo. “Mi dispiace così tanto!”

“Lo so, Dominique,” replicò lui. “Lo so.”

Continuò a stringerla ancora a lungo, mentre una lacrima solitaria scivolava lungo il suo volto.


Tutti i nodi prima o poi vengono al pettine, e scegliere non è mai facile. Una scelta può provocare dolore, rimpianto, nostalgia. Ma non tutto il male vien per nuocere, e a volte una fine può essere qualcosa di simile a un inizio.

Buonanotte, Gossip Witch




¹ Non ti curar di loro, liberamente tratto da Dante (“Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”, dalla Divina Commedia, Inferno, Canto III, 51)
² Mi sono ispirata a quanto avviene alla povera Hermione in Harry Potter e il Calice di Fuoco, quando le fan di Rita Skeeter le inviano lettere anonime (fra cui una piena di pus di bubotubero che le provoca le stesse reazioni da me descritte per Lucy).
³ De Bourgh è il cognome della zia antipatica di Mr Darcy in Pride and Prejudice. Mi è sempre sembrato un cognome da persona odiosa. Non dimenticate Christine de Bourgh, mi raccomando!

Note dell’Autrice
Capitolo di domande e di risposte. In questo episodio – fin troppo breve, devo ammetterlo - ho riversato molto di me. L’ho sentito molto vicino, non so se mi spiego.
È piuttosto triste, in effetti, ma dopo i danni dello scorso capitolo non poteva essere altrimenti. Spero sia stato di vostro gradimento! Mi piacerebbe ricevere tanti pareri in merito, ovvio ;)
Qui c’è il mio spin-off Lucy/Scorpius semi-ignorato, e Ed Westwick è Jacob. Ho sempre pensato a lui con questo volto.
Grazie infinite a tutti voi, davvero. Mi riempite di gioia ogni volta che leggo i vostri commenti! Grazie ai lettori, preferitori (?), seguitori (?), ricordatori (?) e recensori! <3
Baci, Daph.

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Capitolo 15
*** 14. The Lily Witch Project ***


Dedico questo capitolo a Hyperviolet Pixie. <3

Senza la tua Portinaia, probabilmente non lo avrei scritto.

 

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The Lily Witch Project


They've got all the right things in all the wrong places

Someday, we're going down

They've got all the right moves and all the wrong faces

Someday, we're going down.


“Rosie, devo parlarti!”

All’argentina esclamazione della cugina più piccola, Rose si volse lentamente, un’imperturbabile espressione impressa sul volto. Guardando Lily – che fremeva di eccitazione, chiaramente sul punto di rivelarle qualcosa che reputava fondamentale – si chiese una volta ancora come diamine la piccola Potter fosse riuscita a convincersi di essere la copia sputata di Dominique, quando il contrario era tanto evidente.

Lily è solare, insomma. E molto più sicura di sé.

Annuì, dandole a intendere un invito a continuare, che l’altra colse all’istante – Rose non era di tante parole, ma Lily non aveva mai avuto difficoltà a interpretare i suoi segni.

“Ecco, credo di aver scoperto una cosa.”

La Weasley levò le sopracciglia, scettica.

“Oh, Rosie, non fare quella faccia! Questa volta è una cosa seria.”

“Di che cosa parli?”

“Credo di aver scoperto chi è stata a rivelare a Gossip Witch il guaio di Domi.”

L’attenzione di Rose fu finalmente focalizzata appieno sulla conversazione e i suoi occhi si accesero di scaltro e vivo interesse – secondo Lily era il suo sepolto lato Grifondoro a riaccendersi quando si trattava di Dominique o Hugo.

“Chi?” chiese semplicemente, ma la cugina minore poteva vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi più rapidamente.

“Christine de Bourgh. È del tuo anno.”

Come Lily si aspettava, l’autocontrollo di Rose venne meno, facendola sbottare.

“Lo sapevo!” ringhiò. “Soltanto lei poteva essere così perfida!”

“Rose...”

“È così odiosa! Sempre quell'aria enigmatica del-”

“Rose...”

“Ma la pagherà... oh, se la pagherà! Per quanto sia assolutamente irriverente, questa volta capirà la lezione, perché...”

“Rose!” strillò Lily.

La ragazza tacque di colpo, il fiato corto per via di tutti quegli improperi.

“Ascolta,” riprese l’altra. “Ho un piano”.


Dominique non si sentiva poi così male. Stava un po’ giù, certo, ma...

Dominique stava malissimo. Nonostante il perdono di Jacob l’avesse fatta stare decisamente meglio, c’era ancora un ampio margine di miglioramento. Grace e James avevano fortunatamente fatto pace, così da non procurarle ulteriori sensi di colpa – si era sentita capace di procurare solo guai, quando l’amica le aveva comunicato il litigio con il ragazzo.

Probabilmente litigare un po’ ha anche fatto loro bene.

Erano tranquilli, adesso, e più contenuti rispetto a prima nelle loro effusioni – probabilmente anche per delicatezza nei confronti di Domi. Si limitavano a scambiarsi sorrisi segreti, stringersi la mano con discrezione, parlandosi con quell’eterea pacatezza tipica, a detta di Lily, delle persone innamorate e felici.

Dominique non riusciva a leggersi dentro e si sentiva triste, sebbene stesse miracolosamente riuscendo a mangiare regolarmente senza visitare il gabinetto pochi minuti dopo. Rose le aveva difatti consigliato di trarre un minimo di giovamento dalla situazione attuale, sebbene potesse parere impossibile, di approfittare della triste occasione per tentare di capirsi meglio e ricominciare.

Lascia perdere i pettegolezzi. Tempo due settimane e avranno un nuovo scoop di cui sparlare.

Ma due settimane erano tante, sembravano non finire mai. Dominique era abituata a essere guardata con ammirazione e invidia. Era abituata a complimenti e piacevolezze. Gli sguardi sprezzanti erano duri, il sussurro della maldicenza doloroso e umiliante, i mormorii maligni che le facevano scia molto difficili da sopportare.

Scorpius continuava a passarle oculate informazioni sull’andamento del dormitorio maschile,  ossia il numero variabile di bottiglie che Jake continuava a scolarsi ogni giorno – assieme a Bernie Boot, il giovane Malfoy aveva provveduto a sostituire il Firewhiskey con del succo di zucca all’insaputa di Jacob. Quest’ultimo neanche se ne era reso conto, a quanto pareva.

Ma l’unico danno che il succo di zucca può provocare è un’apoteosi di diabete. E per quello basta una dose ben calibrata di Pozione Anti-addolcente¹. Così perlomeno non rischia di essere espulso per abuso di bevande illegali.

Dominique aveva saputo da Scorpius che Lucy era stata vittima di un brutto scherzo – poiché la timida cugina non aveva aperto bocca in proposito. Questa faccenda la faceva imbestialire, giacché Lucy le era stata vicina e lei si sentiva in dovere di aiutarla. Avrebbe voluto aiutarla. Se ancora avesse avuto la scuola in suo potere, avrebbe individuato la colpevole – perché di una lei senz’altro si trattava – e gliel’avrebbe fatta pagare in qualche modo.

“Non hai idea di chi sia stata a mandarti quell’orrore, Lu?”

La cugina piccola scosse la testa freneticamente. Si trovavano entrambe in biblioteca, dove Dominique si era precipitata non appena aveva saputo ciò che era accaduto – non era da lei, ma quella faccenda l’aveva toccata. Forse perché stava rivalutando tutto, chissà.

“No,” replicò Lucy, con un ritardo lieve – ma agli occhi di Dominique significativo – nel rispondere.

Riconosco una bugia, quando la vedo. E Lucy non sa mentire, a quanto pare.

Se si fosse curata maggiormente della cugina negli anni passati, probabilmente avrebbe saputo che l’onestà della figlia piccola di zio Percy era proverbiale in famiglia – ma ci sarebbero stati tutti gli anni a venire per recuperare.

Le bastò una semplice frase per confermare i propri sospetti.

“Non c’era firma, quindi.”

Lucy arrossì violentemente.


“Ti ho portato il libro del quale ti parlavo, Roxanne Weasley.”

Roxanne si volse verso Lysander, che come suo costume le si era avvicinato di soppiatto, facendola sussultare. Nel vedere quei capelli biondo sporco e gli occhi stralunati sorrise largamente.

“Oh, Lys... grazie!”

Prese il libro che lui le porgeva e lo aprì. Lysander le si sedette accanto – si trovavano ai piedi dello scalone di marmo – e iniziò a sfogliarlo assieme a lei.

Era un trattato naturalistico per così dire alternativo, che la madre del ragazzo aveva scritto e il padre approvato a malincuore.

Probabilmente solo perché ama Luna, si ritrovò a pensare Roxanne. Nessun altro editore sano di mente lo pubblicherebbe, in particolar modo il nipote di Newt Scamandro! Eppure Rolf l’ha fatto.

Sotto gli occhi dei due ragazzi, sulle pagine scorrevano le immagini delle più strane, improbabili specie di animali che mai si potessero immaginare.

“...Ricciocorno Schiattoso,” lesse Roxanne. “Piccolo e tenero animale dalle zampe graziose e dotate di comodi e microscopici cuscinetti simili a quelli dei felini. Ha il dorso spinoso e arcuato, fra i suoi occhi ha sede un lungo corno ricurvo dai poteri propiziatori... Lys, sei sicuro che esistano i Ricciocorni Schiattosi?”

“Assolutamente sì!” replicò il ragazzo con convinzione. “Abbiamo a casa il corno di uno di loro.”

“Ah sì?”

“Già! È stata tua zia Hermione a farne dono a mia madre.”

Roxanne trattenne un risolino. Era capitato spesso che zio Ron raccontasse del Corno di Erumpent che assieme a zia Hermione e zio Harry aveva fatto esplodere casa Lovegood durante la guerra. A quanto pareva, il vecchio Xeno era certo si trattasse della protuberanza ossea del Ricciocorno Schiattoso, e la stessa Luna non si era mai convinta del contrario. Quando loro erano bambini, Hermione era riuscita a trovare un finto corno decisamente simile all’originale, e lo aveva donato a Luna. A Roxanne tornò in mente questa storia, riservandosi di raccontarla a Lysander, prima o poi. A dispetto della sua permalosità, con ogni probabilità il ragazzo vi avrebbe riso sopra.

Improvvisamente, la moneta stregata che Roxanne teneva nel mantello si scaldò, propagando calore attraverso la stoffa della tasca.

“Che succede?” le domandò Lysander, placido.

“Oh, niente... Gossip Witch,” borbottò lei, armeggiando per estrarre il galeone dal mantello.

“Gossip Witch? Il professor Paciock, vuoi dire?”

Roxanne scoppiò a ridere.

“Il professor... oh, Lysander!”

Anche il ragazzo prese a sghignazzare.

Salve a tutti!” lesse lei, una volta che si fu ricomposta. “Sento odor di complotto nell’aria! Che cosa ci fanno Rose Weasley e Lily Potter, intente a conversare in un angolo con aria cospiratoria? Attenzione, Hogwarts! Pericoli in arrivo. Vi terrò informati! Baci e abbracci... la solita storia. Chissà cosa avranno in mente questa volta!”

Ripose con calma il galeone nella tasca, apprestandosi a concentrarsi nuovamente nell’osservare il libro.

“Tua cugina...” cominciò Lysander improvvisamente.

“Quale? Lily?”

“No, Rose.”

Il ragazzo tacque.

“Dicevi?” lei lo esortò a continuare.

Lysander scrollò le spalle.

“È carina. Molto.”

A Roxanne mancò il fiato.

“Perché dici questo?” riuscì a sibilare, mentre il cuore le martellava furiosamente nel petto. “E poi Dominique è più carina.”

“Secondo me è meglio Rose. Ha dei bellissimi capelli, e poi è sexy.”

“Non ti facevo tanto diretto.”

Roxanne, sei una stupida.


“Ne sei sicura, Lily?” fece Rose, seria.

“Certo!”

Davvero, tutta quest’aria cupa non serve, pensava la minore dei Potter. Non ha senso e non le dona.

Dal canto suo, Lily era gongolante. Non aveva perso tempo: nel momento esatto in cui Gossip Witch aveva pubblicato il blast minatorio nei confronti di Dominique, aveva sgraffignato a James la Mappa del Malandrino e si era messa al lavoro per scoprire il colpevole.

Che Gossip Witch non faccia uso di una mappa simile a questa per scoprire i segreti degli studenti?²

Tuttavia, sapeva che il metodo dell’anonima studentessa era un altro: suoi alleati erano alcuni dei soggetti ritratti nei quadri del castello, i quali le riferivano tutto ciò che veniva loro rivelato – o confessato – dagli allievi di Hogwarts. Gossip Witch tendeva a cambiare spesso compari – in una rapida analisi Lily aveva calcolato che lo faceva più o meno ogni tre settimane. Al momento, si affidava alla premura del ritratto dell’antico capo del Consiglio dei Maghi Barberus Bragge e dell’effige della donna-vampiro Lady Carmilla Sanguina³. Studiando attentamente la Mappa del Malandrino, Lily si era resa conto di quanto assiduamente una certa Christine de Bourgh – maledetta oca con manie di protagonismo, per utilizzare le parole di Rose – si dirigesse all’ala Ovest del settimo piano, dove aveva sede il quadro ritraente Carmilla. Con aria innocente, si era avvicinata a esso per ottenere ciò che cercava.


La prima impressione che Lily ebbe nel vedere il volto di Lady Carmilla, fu una certa ammirazione vagamente timorosa. La donna-vampiro prendeva posto nel proprio ritratto in una posa dritta e superba. Il volto era latteo, le labbra sottili circondate da un lieve alone rossastro. Aveva capelli lunghi e rossi che a Lily ricordarono i propri, e dipinta sul volto una certa espressione scaltra e vagamente canzonatoria. Lily pensò subito che sarebbero andate d’accordo.

“Salve, Lady Sanguina!” la salutò educatamente – ben attenta a rendere la propria espressione facciale e la propria postura il più possibile simili a quelli dell’antica gentildonna.

Sapeva per esperienza che un simile atteggiamento metteva le persone più a loro agio, ma dubitava che con Lady Sanguina avrebbe funzionato. Tuttavia, la terrificante donna-vampiro parve apprezzare il tentativo, poiché le rivolse una specie di sorriso e con un cenno della mano la invitò ad avvicinarsi.

“Qual’è il tuo nome, fanciulla?” le domando pacatamente – aveva una voce suadente e spaventosa.

“Lily Potter,” rispose svelta la ragazza.

“Qual vento ti conduce qui, Lily Potter? Non ti ho mai vista, prima.”

“Oh, no. Non ho raccontato niente a Gossip Witch, ultimamente.”

Carmilla ridacchiò.

“Immagino che tu non sia qui per questo, allora.”

“Non direi, no.”

La vide sogghignare ancora, mentre la squadrava attentamente.

“Il tuo sangue deve essere dolce, fanciulla.”

Lily rabbrividì, nell’udire tali parole. Tuttavia, guardò il vampiro dritto negli occhi.

“Ho bisogno di sapere,” cominciò. “Se è stata Christine de Bourgh a rivelare a Gossip Witch che Dominique Weasley era stata a letto con Adrian Goldstein prima di mettersi con Jacob Greengrass.”

“Quanti nomi...” commentò Lady Carmilla, divertita.

“È stata lei?” insisté Lily.

“Potrebbe,” sospirà il vampiro. “Questa Christine è piuttosto graziosa?” domandò.

La giovane Potter annuì.

“Se ha capelli castani e occhi chiari,” proseguì Lady Carmilla. “Allora è lei”.


Mi chiedo solo come diamine faccia un quadro a fare tutta quella paura. Quando mi ha detto che il mio sangue deve essere dolce ho pensato che mi avrebbe azzannato davvero, anche se è solo dipinta...

“Lily? Sveglia, Lily! A che pensi?”

La voce di Rose riscosse la Potter dai propri pensieri.

“Oh, beh... a Lady Sanguina.”

“Deve averti terrorizzata, se continui ancora a pensarci.”

“Merlino, Rosie! Sembrava volesse mangiarmi!”

“Beh, è un vampiro, no?” replicò cinicamente Rose.

Lily sbuffò. La cugina sapeva diventare estremamente metodica, puntigliosa e noiosa quando si trattava di qualcosa che avesse davvero a cuore.

Non che io non abbia a cuore questa faccenda quanto lei.

“Dunque, ripetimi ancora una volta con precisione dove e quando hai visto Christine farsela con McGregory.”

“Te l’ho detto!” si lagnò Lily. “Quattro giorni fa stavo guardando i suoi movimenti sulla Mappa... e l’ho beccata da sola con McGregory in un’aula vuota. Ho ricontrollato di nuovo per tre giorni di fila. Stessa ora stesso posto.”

“Oggi dobbiamo andare lì,” decise Rose. “Dobbiamo essere certi che non si tratti di ripetizioni o che so io... anche se è ovvio che non sono ripetizioni!”

Tecnicamente si potrebbe dire che siano ripetizioni di anatomia. Ma come battuta è scontata.

Lily ridacchiò.

“Sai, Rosie,” ghignò. “Non vedo l’ora di vedere la faccia di Christine quando scoprirà che sappiamo delle corna che il suo fidanzatino si ritrova!”

“Domi non si meritava certo di ricevere quel trattamento,” si disse d’accordo Rose. “Christine la pagherà cara”.


Il sole stava tramontando sul parco di Hogwarts, sui cui prati la neve invernale cominciava a sciogliersi, lasciando intravvedere la scura terra al disotto della coltre non più particolarmente candida che la ricopriva. Era possibile vedere due figure discendere lungo la cresta della collina, entrambe abbigliate con la divisa della scuola – a differenziarle solo il colore della sciarpa, che la ragazza più grassoccia portava rosso-oro mentre quella alta e ossuta ne indossava una bronzo-blu, i colori della casa di Corvonero.

“Molly,” stava dicendo Roxanne. “Devo dirti una cosa importante.”

Molly sistemò una ciocca di capelli rossicci dietro l’orecchio, attendendo che la cugina continuasse.

“Credo, beh...” proseguì Roxanne. “Credo mi piaccia Lysander, insomma.”

L’altra le lanciò uno sguardo saputo, sollevando le sopracciglia per un breve istante e scrollando una sola spalla magra sotto il mantello.

“Beh, era ora che ammettessi l’evidenza,” fu il suo commento. “Quindi? Cosa pensi di fare?”

“Non ne ho idea,” ammise Roxanne, sconfortata. “Sai... non credo di piacergli ancora.”

Molly strinse gli occhi.

“Perché dici questo?”

“Oggi ha detto che Rose è sexy,” confessò.

“Roxanne, tutti dicono che Rose è sexy,” dichiarò Molly pragmatica. “È un dato di fatto... come dire che Victoire è bella e Freddie un pericolo pubblico.”

“Freddie non è un pericolo pubblico!” protestò Roxanne, difendendo il fratello. “Ma Lysander non è il tipo da dire che Rose è sexy, o...”

“Chi l’ha detto che mio fratello non è il tipo da dire che Rose Weasley è sexy?”

Roxanne sobbalzò, mentre Molly si limitava a lanciare uno sguardo disgustato al secchio di Vermicoli che Lorcan Scamandro portava con sé. Il ragazzo le osservò attentamente, un’aria sospettosa dipinta sul volto.

“Sono stata io,” confessò Roxanne. “Ma non intendevo...”

“Proprio non ci arrivi, eh Weasley?”

“Ehi!” ribatté Molly. “Come ti permetti di parlare così a mia cugina?”

Lorcan le lanciò uno sguardo beffardo.

“Cosa vuoi fare, Caposcuola del secolo? Punirmi?”

“Il fatto di stare nella stessa casa non mi distoglierebbe affatto dal toglierti qualche punto, sai?” ribatté lei, asciutta.

Roxanne passava di continuo gli occhi dall’una all’altro, confusa.

“Voi due, basta litigare! Lorcan, vorresti spiegarmi a cosa non arrivo?”

Lui sospirò teatralmente, scuotendo la testa con aria falsamente sconfitta.

“Pensaci, Roxanne,” disse semplicemente, prima di voltarsi e andarsene in fretta.

Molly guardò la sua schiena larga allontanarsi, ma Roxanne non se ne accorse.


“Buonanotte, Jamie,” sussurrò Grace contro le labbra del proprio ragazzo, per poi sollevare i lembi della vestaglia e allontanarsi dal dormitorio maschile.

Per poco non andò a sbattere contro Adrian Goldstein, il quale si stava dirigendo verso la propria stanza con l’ormai abituale espressione derelitta dipinta sul volto – più che impietosire Grace, quell’aria da cane bastonato la faceva imbestialire. Soprattutto perché era lui a rifiutarsi di parlare con Dominique.

Ma posso sempre parlare io con lui...

“Ehi, tu!” esclamò. “Goldstein, aspetta!”

Il ragazzo, che si stava allontanando di corsa, si arrestò improvvisamente.

“Cosa vuoi, Grace?” l’aggredì. “Se sei qui da parte di Dominique, non voglio...”

“Ascolta,” lo interruppe la giovane Zabini. “Jacob è tornato da lei.”

L’espressione del ragazzo vacillò.

“D’accordo,” esalò. “Si sono rimessi insieme. Volevi dirmi questo?”

“Dominique l’ha rifiutato, Goldstein.”


 


 

¹Pozione Anti-addolcente: equivalente magico dell’insulina – di mia invenzione.

²Qui è da citare Hyperviolet Pixie e la nostra teoria sull’utilizzo pratico della Mappa del Malandrino. Per ulteriori informazioni, leggete un po’ qui: La Portinaia e la Mappa del Malandrino, della suddetta bravissima autrice. Leggetela, è un ordine.

³ Barberus Bragge (1269): capo del Consiglio dei Maghi, fu il responsabile per l'introduzione del Snidget Dorato nel Quidditch. Lady Carmilla Sanguina (1561-1757): si bagnava nel sangue delle sue vittime, convinta che mantenesse la sua bellezza e la sua salute intatti. (Fonti: Wikipedia).


Note dell’Autrice

Capitolo tutto al femminile. Le nostre ragazze sono alla riscossa! Poiché ho preso la decisione di raddoppiare il numero di capitoli previsto, ho l’occasione di inserire altri storyline che mi danzavano allegramente in testa (non so perché ma quando le idee mi ballano in testa, è sempre un piccolo allegro: qui) e dare maggiore spazio a personaggi che avevo lasciato da parte. Molly ne è un esempio calzante: avevo delle idee talmente carine su di lei che non sfruttarle era un peccato!

Beh, cosa ne pensate? Come al solito, i commenti sono più che graditi ;)

Ryan Newman è la perfetta Lucy. Non osate negare, pena la morte!

Grazie infinite a tutti voi, che mi seguite/leggete/ricordate/preferite/recensite coraggiosamente! <3

Baci, Daph.








 

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Capitolo 16
*** 15. Three is a Crowd, D.! ***


 

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Three is a Crowd, D.!¹


I hate to turn up out of the blue uninvited,

But I couldn't stay away, I couldn't fight it,

I had hoped you'd see my face,

And that you'd be reminded that for me it isn’t over...

“Dominique l’ha rifiutato, Goldstein.”

Adrian boccheggiò alle parole di Grace, sconvolto.
“Stai... sei seria?” mormorò incredulo.
La ragazza sbuffò seccata, lanciandogli un’occhiataccia. Assunse una posa severa, le braccia incrociate - Adrian pensò che fosse estremamente minacciosa nonostante i capelli scompigliati e la vestaglia rosa con un motivo di cuoricini.
“Pensi davvero che scherzerei su di una cosa del genere? In un momento come questo, poi?”
“Io credevo...”
“Credevi male,” lo interruppe Grace. “Piuttosto, perché non ti decidi a parlare con lei, una volta per tutte?”
“Ma...”
“Niente ma, Goldstein.”
Adrian percepì un moto di irritazione risalire prepotente lungo la spina dorsale e pulsare deciso nelle tempie.
“È stata lei a comportarsi male con me,” si impuntò. “Non io!”
Grace levò gli occhi al cielo.
“Non fare il ragazzino viziato, non ti si addice,” replicò.
“Non sto facendo il ragazzino viziato!” protestò Adrian. “È una questione di principio.”
“Ecco dove sbagli!” si animò la ragazza. “Credi che il tuo orgoglio conti più di lei!”
“Ma...”
“Vuoi sapere la verità?” rincarò Grace. “Sai perché sei sempre stato solo, in questi anni? Perché sei un superbo. Hai sempre detto che Dominique è altezzosa, quando il primo a ritenersi superiore agli altri sei tu!”
Calò il silenzio.
“Cosa intendi dire?” chiese Adrian freddamente.
“Quello che ho detto. Se Domi ha fatto determinate cose, è perché sta male con sé stessa! E si è pentita, eccome se si è pentita... possibile che tu non ti sia accorto di come ti guarda? Di come sta?”
“Non ho intenzione di giustificarla ancora.”
Grace sospirò.
“Perché, l’hai mai fatto? Hai mai giustificato qualcuno, Adrian?”
“Io non...” cominciò lui.
“Come pensavo,” mormorò Grace, prima di sparire su per le scale.
Adrian si accorse di tremare per la tensione. Il sentirsi tremendamente esposto per tutto ciò che riguardasse Dominique lo irritava e lo rendeva confuso.
Fin da quando era bambino, suo padre gli aveva insegnato che non bisognava mai perdere il controllo della situazione.
Finché sarai padrone di te stesso,’ soleva dire Anthony Goldstein, ‘non perderai di vista i tuoi obiettivi.’
Adrian aveva cominciato a deludere suo padre il primo settembre di sette anni prima, quando il Cappello Parlante aveva scelto di non smistarlo in Corvonero. Sebbene la madre continuasse a ripetere che Grifondoro era una gran bella Casa, lui sapeva di dover essere essere il primo della classe per dimostrare al padre di essere all’altezza delle sue aspettative – fin da piccolo, Anthony diceva che sarebbe stato un piccolo, brillante corvo.
Erano stati i Weasley a mettergli i bastoni fra le ruote. Quella Molly di Corvonero, con la sua pagella fitta di Eccezionale e l’estrema perizia nello svolgere i propri incarichi, e poi Dominique. L’ambiziosa, ermetica e decisamente assurda Dominique.

Stazione di King’s Cross, settembre 2015

Adrian aveva intravisto per la prima volta Dominique sulla banchina del binario Nove e Tre Quarti, in procinto di dirigersi a Hogwarts per frequentare il primo anno di studi. La bambina non gli aveva fatto assolutamente una cattiva impressione, anzi: Adrian avvertiva una certa curiosità nei suoi confronti, incrementata da quel modo che lei aveva di scrutare il mondo con cauta attenzione, quasi non volesse perdersene neanche una stilla. Era in compagnia di una ragazza grande, dai capelli argentei e lineamenti inverosimilmente perfetti, che le somigliava molto. Adrian poteva intuire, negli occhi di Dominique, un certo astio dei confronti di colei che doveva essere la sorella maggiore, cosa che non mancò di stupirlo. Come si poteva provare avversione nei confronti di una tale adorabile creatura?
Adrian aveva poi perso di vista Dominique, ma fu per una sfortunata  coincidenza che – una volta a bordo dell’Espresso – si ritrovò nel suo stesso scompartimento. Quando spinse la porta scorrevole per entrare, il ragazzino si stupì di trovarla sola, presa a studiare scrupolosamente il paesaggio che sfrecciava fuori dal finestrino, poiché prima, alla stazione, l’aveva vista circondata da una masnada di parenti.
Adrian si sedette di fronte a lei, un poco timoroso.
“Piacere, mi chiamo Adrian Goldstein!” disse, dopo aver fatto un respiro profondo.
La ragazzina studiò con diffidenza la mano che lui le porgeva, prima di tornare a osservare il panorama, senza accennare ad aprir bocca.
Che antipatica!
Non si sorprese più di tanto, alcune ore più tardi, nel vedere il Cappello Parlante smistarla fra i Serpeverde, dopo abbondanti cinque minuti di riflessione. Ad Adrian parve di vedere le labbra della preside McGranitt contrarsi in uno spasmo involontario, nel vedere una Weasley smistata in quella Casa dalla oscura fama. Adrian stesso aveva avuto un istante di perplessità allo scoprire il cognome di Dominique: suo padre gli aveva detto più volte che i Weasley erano tutti Grifondoro e coi capelli rossi.
In seguito, ebbe modo di appurare che non solo la ragazzina era antipatica esattamente come sembrava, ma era anche maledettamente brillante. Infastidito dal suoi atteggiamenti scostanti, Adrian prese a vedere in lei la propria nemesi, l’eterna rivale, un’acerrima avversaria, giacché con i propri successi continuava a ostacolare il suo proposito di non deludere Anthony. Il piccolo Goldstein si contendeva con Dominique e Molly Weasley il ruolo di miglior studente di Hogwarts – li seguivano James Potter e Grace Zabini, altrettanto brillanti ma meno diligenti. Tuttavia, sebbene Adrian invidiasse a Molly l’essere Corvonero, quest’ultima era decisamente più bendisposta e garbata della cugina, e Adrian la riteneva una persona tutto sommato piacevole.
Dominique era odiosa. Lui era sempre solo: la sua superba serietà e il modo di fare un poco saccente avevano provveduto ad allontanare tutti. Dall’esterno Adrian sembrava non rammaricarsene e godere anzi della propria solitudine, ma in realtà stava malissimo.
Dominique, nonostante il modo di fare scostante e pretenzioso, era sempre circondata da moltissime persone. Adrian non se ne capacitava, e non faceva altro che chiedersi cosa avesse in più Dominique rispetto a lui, oltre a qualche scintillante gene Veela e un sorriso accattivante.
Al loro terzo anno la sorella di Dominique aveva finito la scuola, e lei uscì dalla crisalide. Non c’era più l’irragiungibile sorella a metterla in ombra con la sua luce: Dominique cominciò a brillare. Il suo insegnante preferito era Horace Lumacorno – che Adrian non poteva soffrire. In breve il professore, resosi conto della sua volontà di spiccare, la designò eletta fra gli studenti suoi prediletti, iniziando anche a chiedere il suo aiuto per le festicciole che usava organizzare nel suo ufficio.
A quattordici anni, Dominique diventava sempre più carina – sebbene non ai livelli della sorella Victoire. Girava sempre assieme all’amica Grace Zabini e al proprio fidanzatino Scorpius, rampollo della ricca e di nuovo fiorente famiglia Malfoy. Adrian si rese conto di quanto ciò lo infastidisse. L’anno successivo furono entrambi nominati prefetti, e fu con orrore che Adrian capì di non essere del tutto indifferente alle sue battute pungenti, sebbene riuscisse a simulare distacco.
Adrian non sarebbe mai stato indifferente a Dominique Weasley, nel bene o nel male.


Just paint a picture of a perfect place

They've got it better than anyone's told you

They'll be the King of Hearts and you're the Queen of Spades.

And we'll fight for you like we were your soliders...²


Sala Comune di Serpeverde, gennaio 2022

“... e Lucy continua a rifiutarsi di dirmelo, ma io sono assolutamente convinta che in realtà lo sappia.”
Lily annuì, scrutando gli occhi grigi e intelligenti della cugina maggiore con aria pensosa. Dominique appariva tranquilla, ma alla piccola Potter non era sfuggito il modo stranamente ansioso in cui si stava occupando della ‘questione Lucy’. Certamente la causa di ciò poteva essere dovuta al fatto che quello che stava difendendo era l’interesse della cugina, tuttavia... a Lily qualcosa non tornava. Dominique sembrava esaltata da tutta quella faccenda. Nonostante ciò, la ragazzina decise di accondiscendere.
“D’accordo, Domi! Ti aiuterò volentieri... ma adesso devo andare,” aggiunse frettolosamente – aveva visto Rose lanciarle un’occhiata significativa. “Ho un tema di Trasfigurazione da finire,” inventò su due piedi.
Dominique osservò Lily allontanarsi in fretta e uscire dalla Sala Comune, seguita poco dopo da Rose, che oltrepassò il passaggio con aria vagamente furtiva.
Gossip Witch aveva ragione... quelle due stanno combinando qualcosa.
Si abbandonò con un sospiro contro lo schienale della poltrona. Non era abituata a stare da sola, vedere gli altri studenti impegnati nelle proprie attività senza considerarla minimamente non era affatto piacevole.
Si volse verso l’accesso ai dormitori maschili giusto in tempo per vedervi uscire Jacob, scortato da uno Scorpius eccessivamente ansioso – Mamma chioccia, pensò Domi. Il ragazzo era decisamente pallido a causa dei giorni passati al chiuso – i sotterranei non erano particolarmente salubri, oltretutto –, ma per il resto sembrava star bene. Parecchie teste si voltarono al suo ingresso, Dominique avrebbe giurato di aver visto una ragazzina minuscola del primo anno scappare via dalla Sala, chiaramente allo scopo di raggiungere uno dei quadri alleati con Gossip Witch e rivelare che Jacob Greengrass era finalmente emerso dal proprio eremo. Jake si accorse del suo sguardo, e le rivolse un sorrisino lieve e un po’ triste, che Dominique ricambiò. Si diresse poi verso di lei, e fece segno all’uscita della Sala. La ragazza annuì: una passeggiata nel parco era ciò che ci voleva, nonostante il freddo pungente.
Percorsero senza parlare il parco ghiacciato – la neve si era quasi del tutto sciolta ma i prati erano di nuovo coperti di brina. Camminavano in silenzio l’una accanto all’altro, come attendendo che in un modo o nell’altro venisse lenito il dolore delle ferite inferte al loro legame. Sapevano entrambi che niente sarebbe più stato come prima, e in fondo neanche volevano che lo fosse.
“Allora?” chiese Jake improvvisamente, parlando piano. “Come stai?”
“Bene,” rispose Dominique. “Più o meno. E tu?”
“Più o meno.”
La ragazza annuì, e per un istante i due si guardarono negli occhi. Lei non riuscì a sostenere lo sguardo malinconico di lui, e abbassò il proprio. In lontananza, due studentesse li additarono, parlottando fra loro. Jacob guardò Dominique.
“È dura da sopportare, vero?” mormorò, additando alle ragazze, che adesso si stavano dirigendo verso il castello.
“Già,” sussurrò Dominique di rimando.
Calò nuovamente il silenzio.
“Scorpius mi ha detto di cosa è successo a tua cugina Lucy,” disse poi Jacob. Dominique parve animarsi.
“Oh, beh... sto indagando, voglio scoprire chi è stata. Chiunque sia la pagherà.”
Inaspettatamente, Jacob ridacchiò appena di un risolino senza gioia.
“Domi, Domi...” sospirò. “Non cambi mai?”
“Perché dici questo?” replicò lei con voce flebile.
“Ti conosco, sai? So perché stai facendo questo...”
“Cosa intendi?” domandò, perplessa.
“Vuoi avere di nuovo l’illusione che ogni cosa sia sotto il tuo controllo. Vuoi sentirti come prima,” fece una pausa. “Non credo che sia la cosa migliore. Devi smetterla di rifugiarti nella tua gabbia d’oro.”
A Dominique vennero in mentre parole simili, tracciate nella sottile grafia di una persona diversa. Le sembrò nuovamente di leggere quelle lettere, nella stanza in cui dormiva alla Tana, mentre la neve scendeva lieve fuori dalla finestra.
… Hai paura, Dominique... di uscire dai tuoi giochetti, dai tuoi schemi che hai costruito da sola, di cui sei convinta... che sono anche la tua gabbia... Paura di capire me, capire te, capire il mondo...’
Dominique deglutì.
“Hai ragione, Jake,” disse.
“Lo so,” sussurrò lui in risposta.
‘Io credo che tu debba essere felice, ma... non lo sarai mai, se non impari ad affrontare la realtà. ora come ora, la tua esistenza è mera illusione. Vuoi vivere di un’illusione, Dominique?’
“Credi che riuscirò mai ad essere felice, Jake?”
Lui sorrise.
“Credi che io ci riuscirò mai, Domi?” replicò.
“Beh...” fece lei. “Sì, penso.”
“Allora non ho dubbi che ci riuscirai anche tu.”
Per la terza volta calò il silenzio, ma per la prima volta fu Dominique a romperlo.
“A volte credo che non ci sia nulla di buono in me,” confessò.
Jacob la guardo con serietà.
“Sbagli. Sei solo testarda e vigliacca, ma tutti abbiamo dei difetti. E forse è proprio per questo che ti amo...”
Dominique abbassò lo sguardo. Jacob sollevò la mano. Le accarezzò la guancia, sollevò il suo viso.
“So che non mi ami,” sussurrò. “L’ho capito, l’ho accettato. Andrò avanti. E se quel cretino di Goldstein dovesse mai farti soffrire... devi solo dirlo a me.”
La ragazza lo guardò con gratitudine, e strinse la mano che lui aveva posato sul suo volto.
‘Svegliati, Dominique. Accetta la verità e accetta ciò che essa comporta. Solo dopo che avrai fatto i conti con te stessa riuscirai ad essere felice. Ricordalo’.


Campo di Quidditch, ore 20:30

Le sagome scarlatte dei suoi compagni di squadra saettavano a mezz’aria, i Cacciatori si lanciavano la pluffa con rapidità. Albus Potter, capitano della squadra, sfrecciava da una parte all’altra, all’inseguimento del Boccino d’oro.
Adrian non riusciva a ragionare. Per tutto il giorno, ogni qual volta si era soffermato a riflettere le parole di Grace erano risuonate nella sua testa, confondendolo e irritandolo sempre di più.
Perché, l’hai mai fatto? Hai mai giustificato qualcuno, Adrian?’
Vide il bolide con la coda dell’occhio, giusto in tempo per rilanciare la palla con un potente colpo di mazza, dettato anche dal nervosismo. Con suo sommo orrore, le orecchie di Adrian percepirono il tetro tonfo di un Bolide andato a segno.
Oh, Merlino!
Accorse più rapidamente che poté: James Potter si reggeva alla scopa con una mano sola, l’altro braccio storto e ripiegato in maniera innaturale. Adrian si precipitò ad aiutarlo assieme ad Albus, che era sceso in picchiata non appena si era reso conto di ciò che era accaduto al fratello. Sorreggendo James, i due planarono lentamente a terra. Albus fischiò.
“Squadra, giù dalle scope! Quinn, McGregory... accompagnate Jamie in Infermieria. Cecily, Mike, mettete a posto Pluffa e Bolidi. Goldstein, tu resta qui.”
Rassegnato, Adrian si dispose a sorbirsi un rimbrotto del capitano – celebre per le sue strigliate prolisse e impietose, con un’incredibile capacità nel far sentire tremendamente in colpa le malcapitate vittime. Albus attese che tutti gli altri membri della squadra si allontanassero, prima di apprestarsi al Battitore.
Infilò la mano nella tasca: per un attimo Adrian credette che stesse sfoderando la bacchetta per vendicare l’infortunio del fratello. Quando però Albus estrasse di nuovo la mano, sul suo palmo era posato il Boccino. La pallina d’oro schiuse delicatamente le ali, con un sottile ronzio – il capitano doveva averlo appena catturato quando Adrian aveva involontariamente disarcionato James – e Albus lasciò che si allontanasse in volo.
“Forza,” disse, indicando il cielo con il mento. “Prendilo.”
Adrian non se lo fece ripetere due volte. Montò in sella alla scopa e decollò, dandosi una potente spinta sul suolo ghiacciato.
L’aria gelida lo rinvigorì e ridestò. Mentre volava lesto lungo il perimetro del campo, con Albus che lo osservava da terra, si sentì incredibilmente sveglio e vivo, pieno di energia. Percepiva un controllo assoluto di ogni parte del proprio corpo, una consapevolezza di sé unica. Non esisteva più nulla se non lui, il cielo e il buio che calava. Si stava facendo notte: doveva prendere subito il Boccino, o non l’avrebbe trovato più.
Finalmente, riuscì a individuarlo in lontananza e si lanciò all’inseguimento. Il vento gelido gli schiaffeggiava il volto, le mani erano intirizzite sulla scopa, il naso congestionato e gli occhi brillanti. Il boccino era a pochi metri di distanza: accellerò appena, chinò la punta della scopa. Mancava poco, incredibilmente poco... si sporse in avanti, allungò il braccio. Quando percepì le proprie dita chiudersi intorno al freddo metallo – le piccole ali continuarono per qualche istante a dibattersi contro i suoi polpastrelli – sentì un senso di vittoria e liberazione invaderlo prepotentemente. Avrebbe voluto gridare, esultare. In quel momento avrebbe potuto diventare Ministro della Magia, andare sulla Luna e tornare, battere James Potter a Pozioni, baciare Dominique.
Planò lentamente verso terra, il Boccino stetto in pugno. Atterrò di fronte ad Albus, che esibiva un sorrisino soddisfatto.
“Sai, Goldstein,” gli disse, “se sei tanto represso è anche colpa tua. Sei troppo testardo.”
Lo studiò per un istante.
“Non male come Cercatore,” aggiunse, prima di allontanarsi.
Adrian non si mosse.
Ecco dove sbagli... credi che il tuo orgoglio valga più di lei’.


***

Dominique era sola nella propria stanza, quando prese a frugare nel cassetto del comodino. Ne estrasse una scatola piatta di cartone, decorata con un motivo di piccoli pois lilla. Tenendola fra le mani, si sedette sul letto e se la poggiò in grembo. La aprì: conteneva una serie di buste di pergamena giallastra, con l’indirizzo della Tana vergato in una calligrafia stretta e ordinata. Prese l’ultima della pila, e la aprì con mani tremanti.


Adrian Goldstein
Sala Comune di Grifondoro
Hogwarts, Scozia.

Dominique Weasley

La Tana

Ottery St Catchpole, Devonshire


22 dicembre 2021

Dominique,
Qualche volta mi ha attraversato il pensiero che fossi io ad avere qualcosa di sbagliato. Per fortuna, ho subito capito che non è così. Nulla è male da principio. Non sei sbagliata neanche tu, anche se lo credi. Di questo sono convinto. In te non c’è nulla di guasto: semplicemente non sai prendere e sfruttare ciò che in te è giusto. Forse perché non sai precisamente che cosa lo è e che cosa non lo è...
Ma ti assicuro che qualcosa c’è, o non mi interesseresti. Non a questo modo.
A rigor di logica, credo di poter dire di amarti. Altrimenti, non passeresti nella mia testa tutto il tuo tempo. Non mi costringeresti a non riuscire a disprezzarti. Non avrei bisogno di aiutarti. Non ti scriverei pur sapendo che non riceverò alcuna risposta. Ma sono certo che tu leggerai questa lettera, che i tuoi occhi scorreranno sulle mie parole e la tua mente le penserà.
Adesso ascoltami bene: ti amo. Che effetto fa questo?

A. G.




¹ Il titolo del capitolo, Three is a Crowd, Dom! deriva dal proverbio inglese “Two is company, three is a crowd”, che significa più o meno “In due si sta bene, tre è di troppo”. È un riferimento al triangolo Adrian/Dominique/Jacob. D’ora in poi, i nomi dei capitoli non riprenderanno più quelli degli episodi di Gossip Girl, ma sarò io a inventarli.
² Il secondo brano musicale è All Right Moves, degli OneRepublic. “Dipingi un quadro che raffiguri un luogo perfetto / loro fanno di meglio rispetto a quanto ne abbiamo bisogno / te l'ho detto una volta / sarò il re di cuori, tu la regina di picche / e combatterò per te come se fossi il tuo soldato”. Io la trovo perfetta per Domi e Adrian.


Note dell’Autrice
Capitolo di passaggio, incentrato su Adrian e Dominique. Spero che sia di vostro gradimento, e come al solito taaante recensioni farebbero piacere. Volevo anche dirvi che nel giro di un paio di settimane posterò uno spin-off con tutte le lettere che Adrian ha mandato a Domi durante le vacanze di Natale... oggi ve ne ho dato un assaggio! Nel frattempo, Alexis Blendel è Molly.
Grazie a tutti voi <3
Daph



 

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Capitolo 17
*** 16. The other Weasley girl ***


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The Other Weasley Girl¹


Come to decide that the things that I tried

Were in my life just to get high on

When I sit alone come get a little known

But I need more than myself this time

Step from the road to the sea to the sky

And I do believe that we rely on...



“Che cosa state facendo?!” sibilò Molly, sbucando da dietro l’angolo.

“Oh, accidenti,” mormorò Lily, affrettandosi a nascondere la Mappa del Malandrino sotto la veste. Rose fece sfoggio della sua migliore faccia di bronzo, mentre la cugina più piccola assunse la più innocente espressione del suo repertorio.

“Niente,” replicò, ringraziando il cielo che la coppia nascosta nell’aula, dietro alla cui porta si era appostata assieme a Rose, fosse troppo impegnata per rendersi del trambusto che di lì a poco si sarebbe probabilmente scatenato.

Era la quarta sera di fila che le due cugine osservavano i movimenti di Christine De Bourgh, la cui relazione clandestina con Chris McGregory era ormai divenuta per loro una certezza. Avevano in mano numerose prove, ma ancora non avevano deciso come – e se, avrebbe aggiunto Albus se ne fosse stato a conoscenza – metterle a frutto.

Molly le aveva colte in flagrante, percorrendo il corridoio e svoltando l’angolo con il suo passo marziale. All’affrettato negare di Lily replicò levando un sopracciglio e osservò le cugine con un cipiglio decisamente scettico.

“Chi c’è là dentro?” chiese, minacciosa.

Portare il nome della nonna paterna doveva averle trasmesso qualche tratto distintivo della sua omonima, giacché in famiglia – e in tutta Hogwarts – era risaputo quanto poco convenisse far infuriare Molly Weasley. La ragazza, la spilla da caposcuola che brillava sul petto scarno, era innegabilmente terrificante. Dall’alto della sua statura torreggiava minacciosa sulle cugine più minute, alle quali sarebbe piaciuto molto potersi Smaterializzare immediatamente il più lontano possibile.

“Nessuno!” replicò Lily.

“Rose?”

“Nessuno,” ripeté quest’ultima.

“Lo vedremo,” fece Molly, allungandosi per aprire la porta.

“No!” esclamarono le altre due all’unisono. Sul volto della cugina più grande si dipinse un’inquietante espressione vittoriosa.

“Allora?”

Lily e Rose si scambiarono uno sguardo, con tutta l’aria di essere state incastrate.

“Christine De Bourgh,” ammise Lily. “Impegnata a tradire il suo ragazzo con Chris McGregory.”

Con grande sorpresa delle altre due, lo sguardo fermo di Molly parve vacillare, prima che la ragazza si ricomponesse.

“Lo sapete anche,” esitò, “voi?”

“Tu lo sai?!” esalò Lily, stupefatta.

“Beh, io-”

“Come hai fatto a scoprirlo? Perché non hai fatto nulla?” la attaccò Rose.

“Lucy mi ha chiesto di-”

“... non si è comportata bene, avresti dovuto... Un momento!” Lily si arrestò. “Che cosa c’entra Lucy?”

A Molly venne quasi da ridere: “Come?! Cosa c’entra Lucy? Ma se-”

“Oh, certo,” la interruppe Rose, lanciando a Lily – decisamente perplessa – uno sguardo ammonitore che alla maggiore non sfuggì. “Lucy, ovviamente. Cosa ti ha detto di preciso?”

Molly decise di soprassedere per il momento all’occhiata che le altre due si erano scambiate – nascondevano qualcosa, indiscutibilmente.

“Beh,” rispose. “Quando Christine le ha mandato il pus, Lucy mi ha scongiurata di non fare né dire nulla. Non vuole vendicarsi e non vuole che Scorpius sappia, perché altrimenti teme che si vendicherebbe lui.”

Lily sgranò gli occhi, Rose si limitò a tacere.


Campo di Quidditch, Hogwarts. Primi giorni di febbraio.


James si dimenava appena sugli spalti, facendo ridacchiare Grace.

“Non capisco come mai tu sia tanto agitato,” disse quest’ultima. “Davvero! Oggi non sei tu a giocare!”

“È proprio questo il punto,” mugugnò lui in risposta. “Vedere le partite degli altri mi mette in agitazione molto più di quando in campo ci sono io. Non so... non sento il controllo della situazione, ecco.”

“Jamie!” rise Grace. “Non hai il controllo della situazione. Devi solo vedere. Ve-de-re!”

“Mmh...” fece James mentre la baciava. “Come farei senza di te, eh?”

Dietro di loro, Lily fece finta di vomitare. Albus scoppiò a ridere.

“Ciao, ragazzi!”

Dominique si era fatta strada fra la folla di studenti che affollava le tribune, la sciarpa verde-argento avvolta attorno al collo.

“Domi!” fece Grace allegramente, sporgendosi verso la gradinata più in basso per salutare l’amica. “Sono contenta che tu sia venuta!”

“Gioca il Serpeverde, è logico che io venga a vedere la partita. Avete visto Lucy?”

Rose e Lily si scambiarono uno sguardo.

“No,” si affrettò a replicare quest’ultima. “Veniva?”

“Beh, credo di si. Gioca Scorpius, no?”

“Sì, ma-”

“Lucy non viene,” intervenne Molly, appena sopraggiunta. “Non si sente bene.”

Lily fece per dire qualcosa, ma tacque ad un’occhiata ammonitrice della cugina maggiore.

“Che cos’ha?” si informò James placidamente, riemergendo dalle labbra di Grace. “Non saranno ancora quelle bolle, spero!”

“No,” mugugnò Rose. “Christine sapeva quel che faceva.”

“Rosie!” protestò Molly con veemenza. Tutti i cugini si voltarono verso di lei – Albus e James si scambiarono uno sguardo perplesso.

“Ops,” cinguettò l’altra, sogghignando. Lily pensò che avrebbe dovuto farle i complimenti per la faccia tosta, prima o poi.

“Di che cosa state parlando?”

La voce di Dominique giunse imperiosa alle loro orecchie, in quell’intonazione vagamente pretenziosa che a dire il vero era un po’ mancata a tutti quanti.

“Ditemelo,” intimò. “Adesso.”

Nel frattempo era cominciata la partita: figure verdi e blu si rincorrevano svelte nel cielo, ma nessuno dei Potter e dei Weasley prestava loro attenzione.

“Vedi,” cominciò Molly, lanciando un’occhiataccia alle cugine minori. “Christine De Bourgh ha-”

“... rivelato a Gossip Witch di te e Goldstein,” completò Rose, con grande sopresa di Lily.

Dominique chiuse la bocca, per poi voltarsi da un’altra parte. Molly parve dapprima interdetta, poi furiosa.

“Che cosa?!” sibilò a stento. “Ma... che cosa ha in mente scusa? Vuole rovinarci?”

“Vuole spodestarmi...” mormorò a sorpresa Dominique, “ma non mi importa,” si affrettò ad aggiungere.

Rose la osservò con quieto e orgoglioso stupore. Lily era perplessa e anche un poco contrariata. Grace sorrise.

“Sei sicura?” le chiese, sedendosi accanto a lei.

“Non c’è niente che tu voglia fare?” aggiunse Lily, esitando. “Insomma, è stata lei a... rovinarti, ecco.”

“Non mi importa,” ripeté Dominique. “Non voglio fare niente. Sono tutte stronzate in fondo, no?”

Grace le sorrise ancora, lasciando scivolare un braccio attorno alle sue spalle. Il cronista strillò a gran voce un goal dei Corvonero.

“Sono tutte stronzate, già,” convenne Rose in tono neutro.

Lily prese a dimenarsi, agitata.

“Ma Christine non ha fatto solo questo!” protestò. “Lei ha-”

“Taci,” sibilò Molly.

Dominique pareva stupefatta, così come Albus, Grace e James, i quali continuavano a passare lo sguardo dall’una all’altra con aria confusa.

“Diglielo, Lily,” disse Rose, secca.

Tutti gli occhi si poggiarono sulla più piccola dei Potter, la quale ebbe la netta impressione che Rose avesse calcolato tutto, nonostante la sua espressione restasse ferma e imperscrutabile.

“Beh,” cominciò, guardando Molly con aria preoccupata. “Christine De Bourgh ha anche mandato il pus di Bubotubero a Lucy.”

Che cosa?!” esclamò Dominique.

“Come fai a sapere che sia stata lei?” intervenne Albus bruscamente.

Sia Rose che Lily si volsero verso Molly.

“La lettera,” mormorò quest’ultima. “La lettera era firmata con le sue iniziali.”

“Le iniziali di chi?” disse una voce. Roxanne aveva appena raggiunto gli altri cugini sugli spalti.

“Allora?” insisté, sedendosi accanto ad Albus. “Di che cosa stavate parlando?”

In principio nessuno parlò.

“Di Lucy,” sospirò poi Al stancamente. “Abbiamo scoperto chi le ha mandato il pus. Christine De Bourgh. Serpeverde, del mio anno.”

Roxanne deglutì, arrabbiata.

“Beh?” si rivolse duramente a Dominique. “Non fai niente?”

“Ecco,” replicò l’altra con voce sottile. “Insomma, io...”

“Tu cosa?! Hai scatenato una baraonda per cose stupidissime, e adesso che Lucy...”

Dominique si guardò attorno nervosamente, in difficoltà.

“Che cos’è, una riunione di famiglia?” mormorò poi freddamente. “Non ne vedevo da un po’.”

Rose lanciò un’occhiataccia a Roxanne.

E Crickett segna! Il Corvonero resta in vantaggio. Forza, ragazzi! Il portiere di Serpeverde passa la Pluffa a Lisbeth Macnair, che si lancia verso gli anelli avversari...

“E comunque,” riprese Dominique. “Ho intenzione di fargliela pagare.”

“Sentite,” fece Molly, “vi assicuro che se avessi potuto avrei lanciato a quella Banshee tante di quelle fatture da farla restare in Infermieria per un mese. Ma Lucy mi ha chiesto di-”

“Le ha mandato il pus di Bubotubero!” intervenne Lily. “E poi non credo che-”

“Io ho un’idea.”

Il parentado Potter-Weasley e Grace si volsero tutti verso James, perplessi. Grace lo guardò un po’ storto. Non era da Jamie prendere parte agli intrighi dei fratelli e dei cugini, decisamente.

“Fare del male fisico a una studentessa è contro le regole della scuola. Giusto, Molly?”

La ragazza annuì.

“Andiamo a dirlo alla Sinistra²,” proseguì lui. “È la preside. Saprà quel che è più giusto fare.”

Grace gli sorrise dolcemente, Dominique parve ammirata.

“Io sono d’accordo,” proferì Albus. “Voi?”

Gli altri annuirono.

“... un Bolide di Lorcan Scamandro, palla a Jean Darshwood della squadra bronzo-blu... Boot di Serpeverde le spedisce un Bolide addosso, quasi la disarciona. Serpeverde in possesso di palla, Snicket ha la Pluffa...”.


Lily Potter non era affatto contenta. Si sentiva inutile e bistrattata. Tutta la fatica fatta era andata sprecata! Gli appostamenti, le ore di veglia, le serate trascorse sulla fredda e dura pietra del corridoio – il Mantello dell’Invisibilità di certo non forniva un buon riparo dagli spifferi. Quando Lily non era contenta, conveniva preoccuparsi. Aveva pur sempre quattordici anni: una ragazzina da poco entrata nell’adolescenza, perfida ma con una buona dose di genetica impulsività, convinta di poter dominare il mondo. Proprio per questo si era allontanata dai fratelli e dai cugini con una scusa, e correva determinata lungo gli spalti, facendosi largo fra gli spettatori per raggiungere la tribuna del cronista. La sua mente sveglia aveva prontamente messo a punto un rapido piano: avrebbe sottratto al povero Joseph Belby il suo megafono magico, del quale avrebbe poi fatto uso per annunciare alla scuola riunita il ruolo che Christine De Bourgh aveva avuto negli ultimi eventi.

Stava passando lungo la fila di sedili alle spalle di un folto gruppo di Tassorosso quando qualcuno la fermò. Jacob Greengrass, che sedeva da solo a vedere la partita con la sua stessa sciarpa attorno al collo, nel vederla procedere tanto di fretta le aveva afferrato un polso, obbligandola a rallentare.

“Oh, ciao Jake!” lo salutò lei allegramente, esibendo un sorriso tutto denti. “Scusa, ma devo andare, non ho molto tempo.”

Lui le lanciò uno sguardo scettico e vagamente beffardo, dandole a intendere che non se l’era affatto bevuta. Lily notò come l’aria fosca e trascurata del post-Dominique non l’avesse affatto abbandonato.

“Perché stavi andando verso il palco del cronista, mostriciattolo?”

Lily parve contrariata, si rabbuiò.

“Devo dire una cosa a, beh... al professor Paciock,” inventò su due piedi. “E non chiamarmi mostriciattolo.”

“D’accordo, sorellina.”

“Non chiamarmi neanche sorellina.”

“Il professor Paciock non è a vedere la partita oggi, Lily. Ha l’influenza.”

La ragazzina si volse in direzione della tribuna, e dovette riconoscere seppur con frustrazione che Jacob aveva ragione.

“Dimmi la verità, su! Chi volevi umiliare?”

“Christine De Bourgh,” ammise Lily a malincuore. “È stata lei a mandare il Bubotubero a Lucy... e a svelare a Gossip Witch la cosa su Domi e-”

“D’accordo, ho capito,” tagliò corto lui. “Ti ha mandata Domi?”

“Veramente no. Lei... non lo sa, insomma.”

“Non voleva?”

“Ecco-”

Ma la voce amplificata di Belby la interruppe.

... un momento! Quello non era il Boccino?!”

Jacob e Lily rivolsero la propria attenzione al cielo, mentre nello stadio si levava un boato.

Sì, gente, quello è proprio il boccino! Malfoy si è gettato all’inseguimento, tallonato dal Cercatore avversario... scende in picchiata! L’ha preso! Ce l’ha fatta, ma... oh, Merlino!”

A venti metri dal suolo, le dita di Scorpius si erano chiuse attorno alla pallina dorata, ma il ragazzo, ribaltatosi, era precipitato al suolo. Lily si posò una mano sulla bocca. Jake imprecò.


Infermeria, ore 17:00


“Come ti senti, amico?”
Scorpius non si sentiva affatto bene. La testa gli doleva, il bianco accecante dell’Infermeria gli faceva male agli occhi. L’unguento che madama Chips aveva provveduto a spalmare sulla gamba rotta puzzava da morire, la spalla slogata bruciava.
Tuttavia, il giovane Malfoy era anche di cattivo umore, nonostante la vittoria in campo. Avrebbe voluto solo stare da solo. Perciò, mentì ad Albus, che sostava accanto al suo letto assieme a Jake e, con sua grande sorpresa, Lily Potter – Scorpius si chiese per un attimo come mai la ragazzina continuasse a scrutare Jacob in cagnesco. Anche Bernie Boot si trovava in Infermeria assieme al resto della squadra: indossavano ancora la divisa infangata.
“Sto bene,” mugugnò. “Benissimo.”
“Non sembra,” cinguettò Lily. “Sei uno straccio.”
In quel momento, Scorpius l’avrebbe volentieri uccisa.
“Sto bene. Lucy?”
Lily fece spallucce.
“Non ne ho idea,” ammise, scambiandosi uno sguardo con il fratello.
Che cosa...
“Lasciatelo riposare!” intervenne madama Chips. “Questo ragazzo ha una gamba fratturata e una spalla slogata, e probabilmente anche qualche costola incrinata! Andatevene, sciò!”
In un brusio, un po’ alla volta i ragazzi cominciarono ad andarsene.
“Al,” fece Scorpius, trattenendo l’amico. Questi, ignorando le proteste dell’infermiera, si avvicinò nuovamente al letto occupato dal giovane Malfoy.
“Dimmi,” mormorò.
“Che cosa è successo a Lucy?”
Albus sospirò e, dopo essersi frugato in tasca, porse all’altro il galeone stregato di Gossip Witch.
Il colpevole è stato individuato, colpito e affondato, sebbene in maniera poco ortodossa. Sembra che l’intera famiglia Potter-Weasley abbia ritrovato l’unione! Christine De Bourgh, rea di aver inviato alla piccola Lucy Weasley una busta piena di pus di Bubotubero, è stata punita dalla preside Aurora Sinistra in persona. Caro Scorpius, come ti senti ad essere stato tenuto all’oscuro di tutto? Rimettiti presto dal tuo infortunio! Baci e abbracci, Gossip Witch.”
Scorpius ridacchiò appena, di un risolino privo di gioia.
“Senti,” cominciò Albus. “Non-”
“Lo sapevi?” lo interruppe Scorpius.
“L’ho saputo oggi, durante la partita.”
“Come mai Lucy non me ne ha parlato?”
Al scrollò le spalle.
“Non ne ho idea,” mormorò. “Dovresti parlarne con lei. Posso fare, ehm, qualcosa?”
“No, grazie,” fece Scorpius con voce flebile, voltandosi dall’altra parte.
Albus prestò ascolto a quel tacito invito ad andarsene, stringendo brevemente il braccio dell’amico e allontanandosi in silenzio.

Ufficio della professoressa Vector, ore 17:30. Riunione dei prefetti.


“In ritardo, Finigann,” la accolse una voce flemmatica. Molly Weasley, la spilla da caposcuola ben evidente sul petto piuttosto scarno, sedeva al fianco della cugina Dominique – la quale degnò Jackie appena di un’occhiata gelida.
Da quando Jackie Finigann aveva tentato un sabotaggio dell’appuntamento di Lucy Weasley, durante il primo trimestre, la bionda Dominique aveva fatto in modo di tagliarla fuori da qualunque forma di vita sociale, senza alcuna pietà. La giovane Finigann aveva patito in silenzio tutta quella faccenda, conscia di quanto poco potesse fare per mutare la propria condizione.
Ma adesso le cose erano cambiate, e Jackie sentiva di avere in mano le carte per ribaltare la situazione. Spesso la ragazza si chiedeva che cosa diamine ci facesse in Tassorosso. La voglia di lavorare e l’impegno non le mancavano, certo, ma la lealtà? La tenera dabbenaggine?
Oh, no. No e no.
Jackie era gongolante. Nell’aula della professoressa Vector, la quale aveva gentilmente concesso ai caposcuola di tenere lì la riunione dei prefetti, l’aria era densa come il burro. Il caposcuola di Grifondoro, Adrian Goldstein, scrutava torvo Dominique dall’altro lato della stanza. Era risaputa in tutta la scuola la torbida e clandestina relazione che, a quanto si diceva, i due avevano avuto di recente.
La giovane Finigann si accorse che, come sempre, Molly la guardava in cagnesco. Tipa strana, quest’altra Weasley: terrificante quando perdeva le staffe, incredibilmente ligia alle regole. Jackie ricordava con chiarezza una sola occasione in cui la Corvonero aveva
violato il regolamento scolastico: un paio di anni prima, durante la colazione, in una limpida mattina d’aprile. In Sala Grande si erano udite grida acute provenire dalla Sala d’Ingresso. Gran parte della scolaresca si era precipitata a vedere che cosa stesse succedendo, tesa alla solita curiosità febbrile e assetata di pettegolezzo che animava la popolazione di Hogwarts, e lo spettacolo che si era presentato di fronte agli occhi di centinaia di studenti era stato memorabile. Molly Weasley e Lorcan Scamandro – uno di quei gemelli fuori di testa che appartenevano a Corvonero –  si stavano sfidando a colpi di bacchetta, ai piedi della scalinata di marmo, e avevano già fatto esplodere parecchi vasi. La dinamica del duello, in realtà, era piuttosto che reciproca unidirezionale: principalmente era la giovane Corvonero, allora quindicenne, a scagliare una fattura dopo l’altra al compagno di Casa, il quale puntualmente respingeva con prontezza ogni incantesimo. Fu la prima e l’ultima volta che Molly Weasley rischiò di giocarsi la nomina a prefetto, ed entrambi si beccarono una robusta punizione. Più tardi si venne a sapere che Lorcan aveva tentato un consistente sabotaggio agli appunti della ragazza, rovesciandole in borsa una busta piena di Vermicoli.
Jackie, che quella volta aveva riso per ore, adesso non poté che sentirsi piuttosto irritata dall’accoglienza poco garbata che Molly Weasley le aveva riservato nel momento in cui era entrata nell’aula.
“Oh, Weasley... che saranno mai cinque minuti!” replicò, scocciata.
“A quanto mi risulta, è prassi che ci si presenti all’ora concordata,” ribatté acidamente Molly.
“Sciogliti un po’,” la rimbeccò Jackie. “Capisco che tu possa essere turbata, ma...”
La Weasley scoppiò a ridere sopra al vago chiacchiericcio che era diffuso nell’aula.
“Turbata?!”
“Sai com’è,” ghignò la Finigann. “Dopo quello che è successo a tua sorella...”
Nella stanza cadde il silenzio.
“Tu,” sibilò Dominique. “Non osare-”
Ma Molly le posò una mano sul braccio, facendola tacere.
“Finigann,” si rivolse a Jackie. “Per caso c’eri anche tu dietro a tutto questo, assieme a quella cretina della De Bourgh?”
Jackie ridacchiò.
“Oh, no,” fece. “Ma mi sarebbe piaciuto.”
Molly sfoderò la bacchetta.

Corridoio del sesto piano, ore 23:30


Affermare che Molly Weasley era infuriata sarebbe stato poco.
La ragazza aveva lanciato una fattura Orcovolante su Jackie Finigann durante la riunione dei prefetti: ciò le aveva fatto guadagnare un robusto rimbrotto della preside e una settimana di ronde notturne in più. Molly detestava le ronde notturne: erano noiose e toglievano tempo al sonno necessario per mantenere un buon rendimento scolastico.
Molly voleva diventare Ministro della Magia, e affinché vi riuscisse era necessario che uscisse dalla scuola con una media eccellente e il massimo dei voti nei M. A. G. O., indispensabili per far carriera in fretta al Ministero.
La ragazza rimuginava su tutto questo, crogiolandosi fra gli ambiziosi sogni dei suoi futuri probabili successi, mentre percorreva a lunghi passi il corridoio, la bacchetta accesa in pugno. Improvvisamente, udì un gran trambusto. Si affrettò verso l’origine del fracasso, e fu con immensa soddisfazione che incappò in Lorcan Scamandro – designato a momentaneo capro espiatorio della sua frustrazione. Il ragazzo era caduto lungo disteso a terra, rovesciando a terra una gran quantità di qualcosa che somigliava a piccole, viscide uova nerastre. Stretto al petto, teneva un barattolo il cui contenuto, sebbene nascosto, aveva un’aria decisamente illegale.
"Beccato, Scamandro,” si rivolse al ragazzo, puntandogli contro la bacchetta  con una luce febbrile negli occhi. "Fuori di notte... E questa te la confisco!" aggiunse, strappandogli di mano il barattolo. Lorcan mosse appena la bacchetta, ed esso fu richiamata fra le sue mani da un incantesimo di Appello.
"Ti facevo più sveglia, Weasley," ribatté lui con voce aspra. "Non sai nemmeno bloccare gli incantesimi più semplici? L'Accio è programma del quarto anno, sai?"
"Ti conviene stare zitto, Scamandro, potrei affatturarti prima che tu abbia il tempo di aprire quella bocca e lo sai.”
“Non lo faresti mai,” la canzonò Lorcan. “È contro le regole.”
Expelliarmus."
La bacchetta del ragazzo saltò via dalle sue mani. Molly l'afferrò al volo.
"Bravo, Scamandro, vedo che capisci. Se ti fossi difeso, avrei potuto toglierti anche cinquanta punti, volendo. Ringrazia che sorvoli sull'Appello di prima."
"Sorvoli su quell'incantesimo solo perchè non sei riuscita a bloccarlo. Questo lo sai, vero?"
Molly dovette fare uno sforzo per trattenere la bacchetta.
“Imbecille. Forza, andiamo dalla preside.”
“Non preferiresti parlarne?
"Credimi, preferirei farmi una chiacchierata col Platano Picchiatore piuttosto che con te."
Lui ridacchiò.
"Pungente come al solito!" commentò. "Sei davvero insopportabile."
"Detto da te lo prendo quasi per un complimento!" rise lei quasi istericamente. Percepiva quanto i propri nervi fossero vicini al crollo.
"Quando ammetterai che sei cotta di me?”
Lei gli lanciò un’occhiataccia.
“Non ho problemi a toglierti punti, anche se apparteniamo alla stessa Casa.”
Il ragazzo ridacchiò, prima di allungarsi verso di lei e sfiorarle appena le labbra con le proprie.
Dopo un istante di sbigottimento, Molly lo allontanò con uno spintone e lanciò il secondo incantesimo offensivo della giornata. Scamandro crollò a terra, privo di sensi.
Reinnerva,” mormorò Molly, puntando la bacchetta verso il ragazzo.
Lorcan si alzò in piedi immediatamente.
“Ma sei impazzita?” la aggredì. “Mi hai schiantato!”
“Beh, tu mi hai baciato!”
“Baciare una ragazza non è contro le regole,” ghignò. “Se la preside sapesse che razza di caposcuola si è scelta... Oh!" aggiunse, vedendo la ragazza inorridire. "Vedo per caso il mio castigo volare sempre più lontano?"
Molly ci pensò su per qualche istante, prima di parlare a malincuore.
"Facciamo così, Scamandro," fece. "Ti propongo uno scambio equo. Tu tieni il becco chiuso sulla faccenda dello Schiantesimo e io stanotte non ti ho visto né sentito."
Tanto di occasioni per punirti ce ne saranno a bizeffe...
Lui rimase un istante in silenzio, poi annuì.
"Ci sto. Ma ridammi il barattolo."
Molly glielo tese.
"Torna immediatamente al dormitorio," gli disse, secca. "Evita di andare ulteriormente a spasso per stasera, intesi?"
"Faccio quello che dici solamente perché ho sonno," puntualizzò lui, placidamente, prima di allontanarsi.

L’Infermeria era avvolta dalle tenebre della notte, quando la porta si aprì con un sottile cigolio. Una figura dai passi felpati oltrepassò il letto nel quale Scorpius Malfoy dormiva, apprestandosi invece a quello dove giaceva una ragazza.
“Jackie,” le mormorò all’orecchio. “Jackie Finigann.”
L’altra si dimenò appena, infastidita.
“Chi è?” borbottò.
“Sono Christine. Christine De Bourgh”.

 


 

¹ Il titolo del capitolo The other Weasley girl è ripreso dal film The other Boleyn girl (2008). In Italia è uscito con il titolo L’altra donna del re. Naturalmente mi riferisco a Molly.
² Secondo quanto detto da J. K. Rowling, la professoressa McGranitt lascia Hogwarts quando James frequenta il primo anno. Perciò, per me la preside è Aurora Sinistra (insegnante di Astronomia). Vitious è vicepreside.




Note dell’Autrice
Mai ci fu capitolo più faticoso, credo. Spero proprio che non sia venuto uno schifo.
Ho postato il primo capitolo di una sorta di spoiler del sequel del sequel (spero di essermi spiegata). Se sopportate uno slash lieve, mi piacerebbe che deste un’occhiata. È qui: Finché non inizia la fine.
Grazie a tutti voi. Recensite numerosi! ;)
Baci, Daph.











 

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Capitolo 18
*** 17. Scarlet Rose ***


Alla dolcissima Wynne, che sa ascoltare bene e scrivere ancor meglio



Capitolo 17

Scarlet Rose


I feel safe, when I am with you,

I feel warm, when you want me to,

I am cured when you are around

I'm alright

Careful where you stand,

Careful where you lay your head,

It's true we're always looking out for one another.

Rose aprì gli occhi, e nonostante la penombra poté riconoscere sopra la propria testa il baldacchino verde smeraldo di un letto assolutamente identico a quello dove dormiva di solito. Tuttavia, al momento non si trovava affatto nel proprio dormitorio, bensì nella camera singola del prefetto Serpeverde del settimo anno – tale Ben Aubrey. Il ragazzo ronfava beatamente al suo fianco, disteso prono, con il lenzuolo che lasciava scoperto un abbondante pezzo di schiena e il braccio destro buttato sul cuscino accanto alla sua testa. L’altro era pesantemente appoggiato alla vita di Rose: la ragazza sgusciò cautamente da sotto il suo bicipite – attenta a non svegliare Ben – prima di scivolare via dalle lenzuola con indosso solo la biancheria. Muovendosi agilmente nella penombra della stanza, recuperò dal pavimento il resto dei propri vestiti e li indossò lentamente, sovrappensiero, senza accorgersi di aver abbottonato storta la camicia spiegazzata.
Prima di abbandonare la stanza, posò per l’ultima volta lo sguardo sul letto, dove Aubrey giaceva addormentato sulle coltri. Era un bel ragazzo, Ben, con morbidi riccioli scuri che gli sfioravano la fronte e un accenno di malizia nascosta nello sguardo sagace. Poteva apparire tranquillo e scanzonato, ma Rose sospettava da anni che in realtà trovasse solo conveniente fingere un animo quieto. La sagoma del suo corpo si intravvedeva appena sotto alle lenzuola, si sollevava e si abbassava piano a tempo con il suo respiro.
Rose sorrise appena, senza gioia, prima di uscire da lì. Percorse silenziosamente lo stretto corridoio ancora addormentato, dove si affacciavano le porte dei dormitori maschili. Stava per imboccare le scale che salivano verso la Sala Comune quando incrociò Bernie Boot, il ragazzo del suo anno che giocava a Quidditch assieme a Scorpius.
“Che ci fai qui?” le chiese lui con serietà.
“Perché?”
“Non fare finta di non capire, Rose. È il dormitorio dei ragazzi.”
Lei tacque, levando il mento come in segno di sfida. Bernard parve incupirsi.
“Sì,” borbottò, scuotendo la testa irta di ricci castani. “Capisco.”
Rose si sentì improvvisamente a disagio. “Capisci cosa?” replicò, irritata.
“Quello che stavi facendo...”
“... e che non ti riguarda.”
“No, infatti,” mormorò.
“Bene,” tagliò corto lei. Fece per andarsene.
“Weasley... aspetta.”
Rose si volse lentamente: “Che cosa c’è, adesso?”
“Perché fai questo?” le chiese Bernie.
Lei scoppiò a ridere, un suono argentino che si propagò per il corridoio – senza svegliare nessuno, per fortuna.
“Boot, ma fammi il piacere,” disse. “In sei anni ci saremo parlati sì e no due volte, e adesso pretendi di parlare dei fatti miei? Di giudicare?”
“Io non ti giudico, mi chiedo solo perché...”
“Ecco, non chiedertelo,” tagliò corto lei. “Non sono affari tuoi, d’accordo?”
Lui la guardò dritto negli occhi. “Come puoi accettarlo?” le chiese.
Rose sostenne il suo sguardo con fermezza.
“Di che cosa parli?” replicò in tono beffardo.
“Lo sai benissimo di che cosa parlo! Di quello che fai, che la gente ti dice dietro...”
Lei deglutì.
“Tutto questo non ti riguarda,” ripeté.
“Io non credo che tu sia davvero così... insomma, ricordo com’eri ai primi anni di scuola! Eri seria, silenziosa. Guardavi tutti dritto negli occhi senza mai abbassare lo sguardo. Una tosta.”
Il cuore di Rose batteva a mille, mentre la voce di Dominique le riecheggiava nelle orecchie.
“La ragazza che da due anni fingi di essere non sei tu... la vera Rose non salterebbe continuamente da un letto all’altro. Non avrebbe allontanato tutti da sé senza un motivo... So che non sei davvero così... Vorrei davvero capire come mai fingi di essere qualcuno che non sei, visto che questo ti fa solo del male...”
La ragazza scacciò le parole della cugina dalla propria testa, rivolgendosia Bernard.
“Basta, Boot,” sibilò, secca. “Tu non sei mio fratello, e non sei neanche un mio amico. Torna a non parlarmi come hai sempre fatto e lasciami in pace, okay?”
“Ma io n-”
Il rumore dello schiaffo risuonò sulla guancia di Bernie al pari della precedente risata di Rose, mentre la ragazza si allontanava con aria agguerrita.


*

Rose ricordò che giorno fosse solo quando entrò in Sala Grande e la trovò addobbata a festa. Era stata trasformata in un’esplosione di carta velina rosa e coriandoli scarlatti a forma di cuore, che di tanto in tanto piovevano sulla testa di qualche malcapitato studente – infiltrandoglisi malignamente fra i capelli. Fu quando gli occhi di Rose si posarono su di uno stormo di cherubini particolarmente brutti – planavano in volo dal soffitto incantato – che la ragazza si ricordò  del perché odiasse il giorno di San Valentino. Ovunque si voltasse, poteva vedere coppiette prese a scambiarsi sdolcinate moine – in primis suo cugino James e Grace Zabini, il cui sorriso si poteva percepire brillante con la forza di un uragano.
Rose si lasciò cadere sulla panca al tavolo di Serpeverde, rimuginando su come quel sabato quattordici febbraio fosse cominciato male fin dal principio – la discussione con quell’imbecille di Bernard Boot bruciava ancora. Quasi l’avesse chiamato, Bernie entrò proprio in quel momento nella Sala, per poi sedersi qualche metro più in là. Il segno rossastro delle cinque dita di Rose era ancora impresso sullo zigomo del ragazzo. A lei parve di udire la voce di Jacob mentre chiedeva con curiosità all’amico delucidazioni in merito. Se normalmente vi avrebbe riso sopra, adesso percepì il proprio morale scendere ulteriormente. Sotto le scarpe.
Lisciò sulle spalle il mantello della divisa, e stava per servirsi di un toast con marmellata d’arance quando Lily la interruppe.
“Rosie!” trillò la cugina con espressione ansiosa. “Anche a te non funziona più il galeone di Gossip Witch?”
Rose aggrottò le sopracciglia.
“Non leggo Gossip Witch,” replicò. “Che cosa è successo, comunque?”
“Non lo so,” si lamentò Lily, contrariata. “Non capisco, si è come annerito. Forse è solo il mio, oppure-”
“Forza, fammi vedere,” la interruppe Rose con aria scocciata, tendendo la mano.
Lily, ignorando la sua espressione, estrasse il galeone dalla tasca e glielo porse. Rose lo osservò con interesse: la superficie fredda appariva come ricoperta di polvere. La ragazza ci passò un dito, ma la moneta pareva proprio essersi opacizzata, aveva perso tutta l’originaria lucentezza.
Sembra spenta.
“Da quanto tempo è così, Lily?”
“Non lo so!” ripeté l’altra. “Non si scalda più da ieri sera, e di solito a San Valentino si accende di continuo... Rose! Che cosa stai facendo?!”
La cugina maggiore si era alzata di scatto, raggiungendo in fretta Jacob e Bernie. Lily si precipitò dietro di lei.
“Jake,” disse Rose, “potresti farmi vedere il tuo galeone di Gossip Witch? Anche tu, Boot,” aggiunse in tono tagliente.
Quest’ultimo le lanciò un’occhiataccia, ma entrambi estrassero le loro monete stregate – sotto lo sguardo avido di pettegolezzi di Viviana Davis e Lisbeth Macnair, sedute di fronte a loro, le quali subito si misero a cercare a loro volta i galeoni nelle borse. Lo sguardo di Jacob si dipinse di stupore nel vedere l’opaca superficie del proprio.
“Sono tutti così!” esclamò Lily, orripilata. “Ma cosa-”
Nella sala la notizia si diffuse velocemente, e un consistente brusio si levò fra gli studenti. Rose vide Grace staccarsi da James, al tavolo di Grifondoro, e frugare nella propria borsa, sotto lo sguardo perplesso del ragazzo.
“Che cosa succede?”
Dominique si era avvicinata, riassestandosi con le dita a pettine i biondi capelli corti e disordinati.
Lily le rivolse uno sguardo che tradiva tutto il suo essere agghiacciata: “Gossip Witch!” disse. “I galeoni non funzionano più!”

Cosa?!
“Stai scherzando, Lily?”
Dominique, era incredula, ma osservando le reazioni degli altri studenti capì che la cugina più piccola non mentiva.
“Guarda,” fece infatti Jacob, porgendole il galeone. Dominique fu certa di aver visto un lampo passare negli occhi di lui quando le loro dita si sfiorarono – non si erano più toccati, da allora – e restò sorpresa dalla propria mancanza di reazioni. Non un’accellerazione dei suoi battiti cardiaci, non un brivido. Niente.
Prese il galeone stregato dalla mano di Jacob, e notò quanto la superficie della moneta fosse divenuta stranamente opaca. Le venne da ridere e lo fece sinceramente, di cuore.
“Beh,” disse, quando le proprie risa si placarono. “Sembra proprio che Gossip Witch non funzioni più!”
“Perché dici così?” le chiese Bernie Boot, perplesso.
“È l’Incanto Proteus,” fece Rose in tono neutro. Quando vide l’espressione stolida dell’altro, sbuffò e riprese: “Quando un incanto Proteus smette di funzionare, l’oggetto sul quale era stato gettato perde la sua proprietà.”
“Che cosa intendi?” domandò Lisbeth Macnair.
“Un galeone vero è fatto d’oro,” intervenne una voce maschile. “La proprietà di una moneta falsa è apparire identica ad una originale. Perciò un galeone finto deve sembrare fatto d’oro come uno vero.”
Tutti quanti si volsero verso chi aveva appena parlato. Hugo Weasley, tutto impettito nei suoi panni Corvonero, si scambiò un’occhiata d’intesa con la sorella prima di proseguire.
“L’oro luccica, e visto che le monete sono diventate opache non somigliano più a galeoni veri. Hanno perso la loro proprietà, insomma. Quindi c’è un’altissima probabilità, direi quasi certezza, che l’Incanto Proteus gettato da Gossip Witch su quelle monete non funzioni più.”
Rose aveva un’espressione indecifrabile, Lily sogghignò. Dominique non aveva mai smesso di sorridere, Bernie era ammirato: persino Jake pareva un poco impressionato, e Lisbeth e Viviana avevano già preso a confabulare.
“Ah!” esclamò Dominique, esultante. “Gossip Witch è finita!”
Lily parve sconcertata. “E come mai questo ti rende tanto allegra?” le chiese, corrugando le sopracciglia. Per tutta risposta, il sorriso di Dominique divenne se possibile ancor più largo.
“È ora di vivere la nostra vita senza doverne rendere conto a quella lì, Lily,” disse.
“Ma-”
“Domi ha ragione,” tagliò corto Rose. “Non se ne poteva più.”
Cadde il silenzio nel gruppetto, rotto solamente dal continuo cicaleccio di Lisbeth e Viviana. Poi Jacob parlò.
“Ma come è potuto accadere?” rifletté. “Insomma, non è che un Incanto Proteus si esaurisce così, da solo... specie se ben eseguito come quello di Gossip Witch. E mi sembra improbabile che sia stata lei stessa a ritirare l’incantesimo.”
“Ma allora chi è stato?” domandò Lily.
Rose strinse gli occhi. “È un bel mistero,” convenne. Hugo pareva pensoso, ancora in piedi di fronte al gruppo di Serpeverde.
“Non me ne importa più di tanto,” concluse Dominique. “Senza Gossip Witch vivremo tutti molto meglio.”
Per tutta la colazione, non se ne parlò più. Mentre abbandonava la Sala Grande per raggiungere in cortile Molly e Roxanne – decisa com’era a riconquistare l’affetto delle cugine –, Dominique si sentiva incredibilmente libera. Libera di fare le proprie scelte rendendone conto solo a sé stessa e alle persone che amava, libera di vedere un ragazzo senza che ogni studente di Hogwarts ne venisse a conoscenza, libera di sbagliare e di essere perdonata.
Libera di perdonarmi, anche.
Si trovava in Sala d’Ingresso quando udì la voce di Adrian.
“Ci vediamo davanti ai Tre Manici di Scopa, allora?”
“Certo!” replicò una ragazza – a Dominique parve di riconoscere Jean Dashwood, cacciatrice della squadra di Quidditch di Corvonero. La giovane Weasley udì il lieve schiocco di un bacio sulla guancia e uno scalpiccio che si allontanava, seguito dai passi più lenti di Adrian.
Oh, no. No e no.


*

“Prepara le tue cose, ragazzo. Sei dimesso.”
“Davvero?!”
Scorpius quasi non riusciva a crederci. Quei due giorni di degenza in Infermieria erano stati terribilmente spiacevoli: la decrepita madama Chips aveva vietato le visite, perciò si era annoiato a morte. Come se non bastasse, non aveva avuto modo di vedere Lucy né di comunicare con lei. Si sentiva ancora ferito e arrabbiato per le bugie di lei, per quella mancanza di fiducia nei suoi confronti che aveva dimostrato con il suo comportamento. Era una delle più brutte sensazioni che gli fossero mai capitate, si sentiva confuso e deluso e abbacchiato, e tutte quelle altre sensazioni che aveva già sperimentato due anni prima, quando Grace era partita improvvisamente abbandonando tutti quanti – e lui.
Solo che adesso era mille, duemila volte peggio.
Perché ha dovuto mentirmi? Ho fatto qualcosa per non meritare la sua fiducia? Che cosa ho sbagliato?
Ci aveva rimuginato su durante tutto il tempo del ricovero, ma non era riuscito a giungere ad una conclusione. Lo feriva anche il fatto che Lucy non avesse minimamente tentato di mettersi in contatto con lui. L'agenda magica di Scorpius era nel suo dormitorio, nei sotterranei, e come tutti gli articoli dei Tiri Vispi Weasley era protetta da un’incantesimo che lo rendeva Inappellabile, perciò non c’era verso di recuperarla a meno di non farsela portare da qualcuno.
E la Chips ha vietato le visite per la prima volta in vita sua.
Fu per questo che, quando l’infermiera della scuola gli annunciò che era stato dimesso, Scorpius scattò a sedere fra le lenzuola e si vestì rapidamente, fingendo di ascoltare le raccomandazioni di madama Chips. Recuperò la bacchetta magica dal comodino e abbandonò l’Infermeria.
Non appena uscì dalla stanza, la prima persona che vide fu Lucy. La sua ragazza era seduta a gambe incrociate sul piedistallo di una grossa colonna, un libro fra le mani e i capelli trattenuti in cima alla testa con una matita. Era sabato, quindi portava i jeans e un maglione azzurro con ricamata la sua iniziale – che aveva tutta l’aria di essere uscito dai ferri da calza di nonna Molly Weasley: Albus ne riceveva ogni anno uno verde smeraldo.
Lucy doveva aver sentito il rumore dei passi di Scorpius, poiché alzò la testa dal libro e posò i grandi occhi chiari su di lui. Subito lasciò cadere il volume, precipitandosi verso il ragazzo.
“Ciao,” disse, il fiato corto. “Ho cercato di venirti a trovare, ma madama Chips ha det-”
“Sì, lo so,” la interruppe lui freddamente. “Non ha importanza.”
Lei parve colpita e deglutì, mentre una piccola parte di Scorpius si sentiva terribilmente in colpa. Ma fu la parte grande ad avere la meglio, la parte che ringhiava di rabbia, delusione, di frustrazione. Prese a camminare in fretta, pesantemente: Lucy dovette accellerare per stargli dietro.
“Come... come stai?” tentò.
“Lascia perdere, okay?” replicò lui in tono gelido.
Le labbra di lei tremarono, mentre ribatteva: “Mi dispiace! Mi dispiace di averti mentito, ma io non volevo-”
“Lucy, te l’avevo promesso. Ti avevo promesso che, qualunque cosa fosse accaduta, non ti avrei vendicata. E non l’avrei fatto! A malincuore, ma non l’avrei fatto! Dovresti sapere che puoi fidarti di me.”
“Ma io mi fido di-”
“No, Lucy. No.”
“Scorpius,” tentò la ragazza, “io-”
“Non ho voglia di parlarne adesso,” tagliò corto lui.
Accellerò ancora, sperando che lo facesse anche Lucy. Ma lei rimase lì impalata, con il mento che tremava e gli occhi lucidi di lacrime.

*


“Domi, ascolta,” tentò Grace per l’ennesima volta. “Non credo che sia una buona-”
“Ho deciso già,” le fece notare Dominique con falsa noncuranza, gettando un’occhiata all’orologio da polso. “Da almeno un paio d’ore,” aggiunse.
Grace sospirò: “E io continuo a credere che sia una pessima idea. È ovvio che Goldstein stia cercando di scatenare in te una reazione, e se rispondi alle sue provocazioni farai esattamente ciò che lui si aspetta!”
“E allora?” replicò Dominique con un sorrisetto innocente.
“Domi, ragiona! Secondo me faresti un enorme passo indietro.”
Dominique fece un gesto sbrigativo con la mano, come per scacciare una mosca estremamente fastidiosa.
“Un passo indietro riguardo a cosa?” chiese in tono di sfida.
“Riguardo a lui. Riguardo a voi. E riguardo a te.”
“G, lascia perdere. Per favore.”
“Se lascio perdere non ti faccio un favore, Domi.”
Dominique scacciò un’altra invisibile mosca.

“Con Chris McGregory? Stai scherzando?”
James pareva sconvolto alla rivelazione di Grace su Dominique, ma anche un poco divertito. Si trovavano sulla via per Hogsmeade e si tenevano per mano mentre procedevano verso la cittadina.
“Purtroppo no. Lui le faceva il filo anni fa, e lei gli ha proposto di andare insieme a Hogsmeade.”
“Ma che senso ha, scusami?”
“Oggi Goldstein esce con Jean Dashwood... ma è assolutamente ovvio che lo faccia solo per provocare Domi.”
“E lei naturalmente c’è cascata in pieno?” chiese Jamie.
“Esatto,” sospirò Grace. “Vuole farlo ingelosire, ma dobbiamo fermarla prima che faccia qualcosa di cui possa pentirsi,” si passò una mano sugli occhi. “Vorrei riuscire farla ragionare... se solo mi ascoltasse!”
“Hai un piano?”
Grace alzò lo sguardo, e poté vedere un furbesco sorriso marca Potter farsi strada sul volto del proprio ragazzo – ogni tanto James si rivelava insospettabilmente astuto, anche se mai i suoi fini erano meno che ineccepibili.
“Io no,” disse lei. “Ma tu sì.”
Jamie annuì.

*


“Goldstein! Ehi, Goldstein!”
Adrian, sollevato, poté smettere di far finta di ascoltare Jean Dashwood parlare dei propri capelli – che indubbiamente costituivano un bel fiume di un lucido color castagna, ma non erano poi così interessanti. Si volse verso chi l’aveva chiamato, e resto sorpreso nel vedere James Potter venirgli incontro, con i caotici capelli scuri se possibile ancora più scompigliati del solito e il lungo naso arrossato dal freddo.
“Ciao, Potter.”
“Posso parlarti, Gol-, ehm, Adrian?”
Lui annuì.
“Jean, puoi...”
“Oh, certo,” fece lei. “Ti aspetto da Madama Piediburro, così ci prendiamo una cioccolata.”
Adrian era agghiacciato alla prospettiva, ma si sforzò di sorridere e annuì.
Quando Jean si fu allontanata, si rivolse a James: “Dimmi.”
“So perché mi hai tirato un Bolide addosso, l’altra volta.”
“Ma non l’ho fatto app-”
“So anche che non l’hai fatto apposta. Ma l’hai fatto perché sei innamorato di mia cugina.”
“Io-”
“È ora di piantarla con tutte queste ripicche. Dominique ha smesso di usare sotterfugi: non cominciare anche tu.”
“Ma io-”
“Tu devi mettere da parte l’orgoglio, Adrian. O non andrete da nessuna parte”.

Grace si sentiva decisamente sconfortata, mentre attraversava la sala comune di Serpeverde – essendo un habitué di quel luogo, ormai ne conosceva la parola d’ordine. Aveva cercato Dominique dappertutto, senza alcun risultato, e così era tornata ad Hogwarts, decisa ad attenderla nella sua stanza. Tuttavia, quando aprì la porta della camera, la trovò lì. Dominique era seduta sul letto, e pareva triste. Di fronte a lei erano sparpagliati alcuni fogli, alzò la testa quando sentì Grace entrare.
“Ehi, D,” fece quest’ultima, piano. “Non l’hai più fatto, alla fine.”
L’altra scosse la testa. “No,” mormorò. “Avevi ragione.”
Grace si fece strada nella stanza, e si sedette a gambe incrociate accanto a lei.
“Il povero McGregory ti avrà atteso per ore,” scherzò.
Dominique ridacchiò appena, esitante: “È probabile,” convenne.
L’altra le circondò le spalle con un braccio, stringendola a sé. Lo sguardo le cadde sui fogli sparsi sul letto.
“Che cosa sono quelli, Domi?”.

*


Adrian Goldstein
Sala Comune di Grifondoro
Hogwarts, Scozia.

Dominique Weasley

La Tana

Ottery St Catchpole, Devonshire

 

19 dicembre 2021

Dominique,
Alla stazione di Hogsmeade ti sei rifiutata di parlarmi, perciò tutto quello che penso lo scriverò qui. Sono certo che, a causa della tua curiosità, non sarai in grado di resistere alla tentazione e ignorare la mia lettera. Puoi azzittire la mia voce, forse, ma non riuscirai a non aprire la busta. Certo, come fai finta di non sentirmi potrai fingere di non aver ricevuto niente. Probabilmente non mi risponderai, ma leggerai le mie parole e non straccerai il foglio.
Io non ti capisco, Dominique, per quanto mi sforzi. Ma ti capisco pure, ecco. Credo di aver cominciato a capirti – e a non capirti – alla stazione di King’s Cross, sette anni fa. Sono cosciente del fatto che sia tutto un controsenso. Forse è quell’ottavo Veela nel tuo sangue a renderti tanto ermetica e incomprensibile, a rendere me tanto confuso.
Perché, Dominique? Vorrei sapere questo. Vorrei capire di più, capire a fondo, capire te. Capire perché mi fai tanto male.
Perché mi hai baciato la sera di Halloween, Dominique?

A. G.


Adrian Goldstein
Sala Comune di Grifondoro
Hogwarts, Scozia.

Dominique Weasley

La Tana

Ottery St Catchpole, Devonshire

 

20 dicembre 2021

Dominique,
Vedo che non mi hai risposto, ma a dire il vero me l’aspettavo. So anche perché non lo hai fatto. Vuoi che te lo dica?
Non mi hai risposto perché sei una vigliacca, Dominique. Una fifona. Sei terrorizzata anche solo all’idea di fare una volta per tutte i conti con te stessa. E i conti con me. Con me! Perché sei fuggita a quel modo dopo quella notte, Dominique? Amavi un altro? Amavi me? Perché hai tanta paura? Perché eviti il mio sguardo, il mio tocco, la mia vicinanza? Perché hai tanta paura di sentire ciò che ho da dirti? Hai paura di dovermi rispondere, vero? Per lui? Per il tuo ragazzo? Lo ami? Ami me?
Il fatto che tu abbia un ragazzo dovrebbe distogliermi da tutto questo, probabilmente. Non dovrei seguirti. scriverti lettere, tentare di parlarti e di capirti. Come quando mi dici di lasciar perdere... suppongo che la motivazione sia quella: il tuo ragazzo.
Ma c’è qualcosa che mi dice di di non demordere, sai? Perlomeno finché non avrò capito qualcosa in più.
Ricordo quanto Greengrass ti avesse fatto stare male, la sera di Halloween e anche quella prima. Quella prima lui ti aveva detto non so cosa, tu ti sei allontanata con furia. Sei venuta da me, anche se non l’hai fatto apposta. Sei venuta da me anche la sera di Halloween, e di nuovo non l’hai fatto apposta. Mi sei letteralmente inciampata addosso mentre fuggivi via. Piangevi. Mi hai trattenuto. Più tardi mi hai baciato.
Perché l’hai fatto, Dominique, se è lui quello che ami?
Perché sei scomparsa il giorno dopo, senza svegliarmi e senza dire una parola?

A. G.


Adrian Goldstein
Sala Comune di Grifondoro
Hogwarts, Scozia.

Dominique Weasley

La Tana

Ottery St Catchpole, Devonshire

 

21 dicembre 2021

Dominique,
A volte penso che tu non segua un ragionamento. Mi spiego: tu rifletti parecchio, e nella tua mania di avere tutto sotto controllo hai la convinzione di affidarti al tuo intelletto. Ma aldilà del tuo discernimento – e a volte dubito anche di quello – nelle cose che contano tu alla fine agisci d’impulso. Ti fai prendere dal panico. Hai paura, Dominique. Paura di pensare davvero, di accettarti per ciò che sei. Di uscire dai tuoi giochetti, dai tuoi schemi che hai costruito da sola, di cui sei convinta. Che sono anche la tua gabbia. Hai paura di capire me, capire te, capire il mondo. Paura di dire sì e di dire no.
In verità credo di odiarti. Ti ho odiata per la prima volta quando avevamo undici anni, sull’Espresso per Hogwarts. Mi è capitato di detestarti numerose altre volte, nell’arco di questi lunghi anni e specialmente negli ultimi mesi.
Ma non era mai del tutto vero.
Sei tu ad avercela con te stessa, non so bene perché. Tu stessa non sai bene il perché. Io credo sia perché non sei sicura di nulla, perché hai paura che il tuo mondo possa da un momento all’altro crollare in mille pezzi. Il mondo non si sfracella a un tuo errore, Dominique. Non dipende da te, non gira intorno a te. Non è sulle tue spalle. Sulle tue spalle ci sei solo tu. Credi di non essere in grado di capire chi sei, perché lo sei, cosa dovresti fare.
Io credo che tu debba essere felice, ma... non lo sarai mai, se non impari ad affrontare la realtà. ora come ora, la tua esistenza è mera illusione. Vuoi vivere di un’illusione, Dominique? Non credo proprio.
Svegliati, Dominique. Accetta la verità e accetta ciò che essa comporta. Solo dopo che avrai fatto i conti con te stessa riuscirai ad essere felice. Ricordalo.

A. G.


Adrian Goldstein
Sala Comune di Grifondoro
Hogwarts, Scozia.

Dominique Weasley

La Tana

Ottery St Catchpole, Devonshire

 

22 dicembre 2021

Dominique,
Qualche volta mi ha attraversato il pensiero che fossi io ad avere qualcosa di sbagliato. Per fortuna, ho subito capito che non è così. Nulla è male da principio. Non sei sbagliata neanche tu, anche se lo credi. Di questo sono convinto. In te non c’è nulla di guasto: semplicemente non sai prendere e sfruttare ciò che in te è giusto. Forse perché non sai precisamente che cosa lo è e che cosa non lo è...
Ma ti assicuro che qualcosa c’è, o non mi interesseresti. Non a questo modo.
A rigor di logica, credo di poter dire di amarti. Altrimenti, non passeresti nella mia testa tutto il tuo tempo. Non mi costringeresti a non riuscire a disprezzarti. Non avrei bisogno di aiutarti. Non ti scriverei pur sapendo che non riceverò alcuna risposta. Ma sono certo che tu leggerai questa lettera, che i tuoi occhi scorreranno sulle mie parole e la tua mente le penserà.
Adesso ascoltami bene: ti amo. Che effetto fa questo?

A. G.


 




Note dell’Autrice
Salve! Bene, so che questo capitolo è un po’ lungo, ma do una buona notizia a tutti: presto ci sarà un po’ di azione! Per quanto riguarda le proprietà di un oggetto e tutto ciò che riguarda l’Incanto Proteus, Wikipedia lo definisce “un particolare incantesimo che permette di legare oggetti magici tra di loro, in modo che incantandone uno, si incantino anche tutti gli altri”. Tutti gli altri dati sono di mia invenzione.
Devo dire altro, se non che vi ringrazio moltissimo? Siete fantastici, lo giuro.

Baci, Daphne.




 

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Capitolo 19
*** 18. I'm sorry, Dad ***


 

Capitolo 18

I’m sorry, Dad


In a bullet proof vest

With the windows all closed

I'll be doing my best

I'll see you sitting

In a telescope lens

And when all you want is friends

I see you sitting...



Qualunque studente avesse frequentato Hogwarts in quell’anno, mai si sarebbe dimenticato del clamoroso trambusto verificatosi in Sala Grande il primo di marzo, all’ora della colazione. D’improvviso si era udito un grido acuto provenire dal tavolo di Tassorosso, e una ragazza era fuggita via coprendosi il volto con le mani. Tuttavia, a ben pochi studenti era sfuggita la fioritura di foruncoli sbocciati sul volto di Jackie Finigann, prima che lei li nascondesse fra le dita. Non appena la ragazza fu uscita di corsa dalla sala, si udì un coro di risatine farsi sempre più sonoro. Le risate scemarono all’istante quando una ragazza si alzò di scatto al tavolo di Serpeverde, puntando il dito verso i Corvonero.
“È stata lei!” strillò Christine De Bourgh, inviperita. “È stata Molly Weasley!”
Il cuore di Molly mancò un battito.
“No,” mormorò lei. “No, non sono stata io.”
Ma nessuno parve udirla.

*

Caro papà,
Ciao papà,
Tanti auguri,

Rose sbuffò, irritata, mentre accartocciava l’ennesimo pezzo di pergamena e lo gettava nel caminetto acceso. Si trovava nella sala comune di Serpeverde, acciambellata in una poltrona accanto al fuoco e impegnata con una lettera per scrivere la quale aveva saltato la colazione. Come abitudine degli ultimi due anni, si era ridotta all’ultimo momento nello scrivere a Ron un biglietto d’auguri per il suo compleanno, senza avere la minima idea di cosa metterci su. Hugo avrebbe senz’altro stilato un elegante cartoncino con un qualche aforismo raffinato, di una sottile ironia che il padre probabilmente non avrebbe compreso immediatamente, ma sul quale Hermione avrebbe di certo riso su.
Intinse rabbiosamente la punta della penna d’oca sul calamaio, per poi armarsi a scrivere sulla pergamena con tanta energia da bucarla. Vi scarabocchiò su qualcosa, ma un’istante dopo il foglio accartocciato sfrigolava dentro al caminetto, divorato dalle fiamme.
Sarebbe stato molto più semplice sorridergli, abbracciarlo e augurargli semplicemente buon compleanno di persona. Corrugando le sopracciglia, scrisse una frase lapidaria.

Buon compleanno!
Rosie

Per nulla soddisfatta, piegò la pergamena in quattro e la inserì nella busta, sul cui retro scrisse il nome del padre e l’indirizzo della loro abitazione, a Godric’s Hollow. Uscì dunque dalla sala comune, apprestandosi a salire numerosi piani di scale per raggiungere la Guferia – chiedere in prestito il gufo a uno dei cugini le scocciava, perciò preferiva fare uso di uno degli anonimi barbagianni della scuola.
Dopo aver percorso diverse rampe nei sotterranei, giunse finalmente nella sala d’ingresso, dove trovò un fremente Albus ad attenderla. Il cugino pareva aver perso la solita apparente imperturbabilità, una scintilla di vivo entusiasmo danzava irrefrenabile nelle iridi verde chiaro. Tutto questo rimandò Rose alla loro infanzia, quando lui sogghignava e le proponeva di attingere di nascosto alla scatola dei biscotti.
Qualcosa era chiaro: il giovane Potter aveva qualcosa in mente.
“Rosie!” l’accolse infatti in tono pervaso dall’eccitazione. “Ho pensato una cosa!”
La ragazza, troppo nervosa per aprir bocca, si limitò a lanciargli un’occhiata interrogativa che Al non ebbe problemi a decifrare.
“Allora,” si apprestò quindi a spiegare, mentre cominciavano a salire lo scalone di marmo. “C’è qualcosa che non mi quadra in tutta la faccenda delle monete, insomma... Merlino, è palese che non sia stata Gossip Witch ad annullare l’Incanto Proteus, no?”
Nonostante il proprio – non inusuale, bisogna ammetterlo – umore nero, Rose non poté mancare di ridacchiare nel verificare una volta ancora l’estrema logorrea che finiva per caratterizzare Albus, quando il cugino perdeva l’abituale compostezza in virtù di un irresistibile enigma da sbrogliare.
“Ecco,” proseguì lui. “Ci ho pensato parecchio, e sono giunto alla conclusione che dobbiamo fare qualche ricerca. Insomma, come si annulla un Incanto Proteus? Si è davvero annullato? E poi -”
“Al, respira,” lo interruppe Rosie, finalmente cominciando a proferir parola. “E calmati.”
L’altro obbedì, sorridendo. “Certo, capitano. Ad ogni modo,” abbassò il tono di voce, mentre passavano accanto ad un gruppo di microscopici Tassorosso del primo anno, “tu hai qualche idea? Non negare, lo so che ci hai pensato.”
“Non negherò,” mormorò lei, affabile. “Ci ho pensato abbondantemente, e credo che l’unico modo per venirne a capo sia scoprire come si annulla un Proteus.”
“Pensi che in biblioteca ci sia qualcosa al riguardo?”
“Non ne ho dubbi”.

*


Molly sedeva ormai da lungo tempo nell’ufficio circolare della preside, con la schiena dolente a causa della scomodità della sedia. Il professor Vitious ve l’aveva condotta frettolosamente, per poi mollarla lì senza tanti complimenti, dicendole semplicemente di aspettare mentre gli insegnanti si consultavano.
Per decidere il mio destino, pensò la ragazza amareggiata. Stanno cercando la migliore punizione per qualcosa che non ho fatto.
Era già parecchio che la giovane Weasley attendeva, immobile su quello scomodo posto, fissando con intensità i titoli sui dorsi dei libri situati negli scaffali di fronte a lei. Annoiata e in preda all’ansia, prese a curiosare in giro per la stanza. Lo studio era ingombro di oggetti e gentilmente confusionario – quel particolare disordine tipico delle persone molto intelligenti, che caratterizzava suo malgrado la stessa Molly. Ovunque si potevano vedere pile di pesanti trattati astronomici, sulla cui cima astrolabi e planetari erano sospesi in equilibrio precario. La professoressa Sinistra sembrava aver tappezzato di mappe stellari – delle quali grossi mucchi si potevano trovare anche in terra e sulla scrivania – ogni spazio delle pareti che fosse libero dai numerosissimi quadri dei trascorsi presidi, i quali sonnecchiavano amabilmente appoggiati alle cornici. Molly fu affascinata da una miniatura in scala del Sistema Solare, nel quale le piccole sfere che rappresentavano i pianeti ruotavano pigramente per le loro orbite. Attrasse la sua attenzione un oggetto molto particolare: sotto una teca in vetro, il modellino di una stella era stato incantato affinché riproducesse fedelmente il proprio ciclo vitale, sebbene in tempi ragionevolmente ridotti.
“Non lo toccare,” intimò una voce beffarda alle sue spalle. “Lo romperesti all’istante.”
Stizzita, Molly si volse verso chi aveva parlato. Individuò presto l’unico antico preside ritratto che pareva essere sveglio, un uomo dai capelli scuri come la folta barba arricciata, che indossava sontuose vesti verde cupo.
“E lei sarebbe?” replicò.
“Phineas Nigellus Black,” intervenne un’altra voce, questa volta più affabile. “Il preside meno amato che Hogwarts abbia mai avuto.”
Molly ridacchiò alle parole di quello che riconobbe all’istante come il ritratto di Albus Silente.
“Non ne dubito,” convenne, senza alcun soggezione.
“Devi aver creato qualche problema, se ti trovi qui,” osservò l’ex-preside con un lieve sorriso.
“Veramente io n-”
“Lo sapevo, io,” borbottò Phineas Nigellus, interrompendola. “Sempre così, i giovani! Tutti uguali, tutti a tentare inutilmente di mascherare le proprie nefandezze con bugie stentate...”
“Ma io non ho fatto niente!” si difese Molly.
“Hai la coda di paglia?”
“Io -”
Ma la ragazza fu interrotta dall’aprirsi improvviso della porta dello studio, dalla quale emerse la preside Sinistra, affiancata dai professori Vitious e Paciock.
“Si sieda, signorina Weasley,” esordì la donna con gravità, indicando con un cenno del mento la sedia scomoda che Molly aveva occupato fino a pochi minuti prima.
Lei obbedì con un sospiro.
“Mi sono consultata con l’intero corpo insegnanti per decidere della sua punizione, signorina Weasley. Già la scorsa settimana ha lanciato una fattura alla signorina Finigann. Non riesco a comprendere tanto accanimento contro un’altra studentessa, e -”
“Ma non sono stata io!” la interruppe Molly. “Davvero, professoressa... io non c’entro assolutamente nulla, questa volta.”
La preside deglutì. “Purtroppo, signorina Weasley, sebbene io stessa a dire il vero non dubiti della sua sincerità, ogni indizio conduce a lei, e la prassi -”
“Ma -”
“La prassi,” riprese la Sinistra a voce più alta, tossicchiando, “richiede che più aggressioni gravi ai danno di uno stesso studente vengano punite con l’esclusione dalle visite al villaggio di Hogsmeade e una nota disciplinare sul fascicolo dello studente.”
Che cosa?!” esalò Molly, terrificata, vedendo la propria brillante carriera finire prima ancora di iniziare.
Non è possibile. Ho faticato tanto per avere dei voti eccellenti e un curriculum impeccabile e adesso... no.
“Purtroppo è così, signorina Weasley,” la voce della preside confermò i suoi timori. “Conosco i suoi progetti, e posso dire solo che mi dispiace. Ma non posso agire in un altro modo.”
“Ma non sono stata io!” gridò lei. “Glielo giuro, io -”
“Molly,” mormorò il professor Paciock.
La ragazza tacque, sconfortata.

*


“Vitious è in ritardo,” notò Jacob in tono rilassato.
Scorpius annuì, prestandogli scarsa attenzione.
“Starà risolvendo la faccenda di Molly Weasley.”
Il giovane Malfoy capì dove l’amico volesse arrivare, e si tuffò sotto il banco per recuperare il libro di Incantesimi dalla borsa.
“Sai,” proseguì Jake. “La sorella di Lucy. Lucy, la tua ragazza.”
Per tutta risposta, lui si accinse a sfogliare il volume con aria molto concentrata.
“E poggia quel libro, tanto non l’hai mai aperto prima.”
“Beh, sarebbe ora di cominciare, no?” brontolò Scorpius, rassegnato.
Jake alzò gli occhi al cielo. “Dicevo,” riprese. “Lucy, la tua ragazza. Perché è ancora la tua ragazza, vero?”
“Beh,” fece Scorpius, preso alla sprovvista. “Sì, suppongo.”
“Allora come mai non le parli da una settimana?”
“Lei mi ha mentito, ha -”
“Tu sei innamorato di lei, giusto?”
Scorpius annuì.
Jake sospirò. “Non lasciarla andare via.”
L’altro aprì la bocca per ribattere, ma fu interrotto dall’arrivo del professor Vitious.

Serra numero tre, quarta ora


“Domi.”
“Mmh...”
“Domi!”
“Eh?”
“Stavi fissando Goldstein, Domi. Di nuovo.”
Dominique prese frettolosamente una finta espressione scocciata, mentre Grace assumeva un’espressione saputa – nei suoi occhi ardeva vivace il ghigno di chi la sa lunga.
“Perché non provi a parlare con lui, D?” propose cauta quest’ultima. “Insomma, potrebbe –”
“No, non potrebbe,” la contraddisse la Weasley in tono amaro. “Non mi vuole, me l’ha fatto capire in ogni modo possibile.”
“Ma potresti –”
“Lui non mi ha dato una seconda possibilità... non vedo perché dovrei essere io a dargliene una. Adesso deve essere lui a venire da me, l’ho inseguito abbastanza”.

“Adesso deve essere lei a venire da me,” sibilò Adrian in risposta alla domanda di James. “Io l’ho già inseguita abbastanza, adesso tocca a lei.”
Il maggiore dei fratelli Potter sbuffò, esasperato. “Dai, conosci mia cugina. È orgogliosa da morire e testarda come un mulo... È già tornata da te una volta, adesso sta aspettando che sia tu a fare il passo successivo.”
Una volta? Hai idea di quante volte io sia tornato da lei?”
“Sì, questo lo so,” ammise James. “Ma noi siamo Grifondoro,” asserì, con l’espressione di chi sta palesando l’ovvio. “È logico che siamo disposti a molto per coloro che amiamo, no?”
Goldstein levò le sopracciglia, scettico. “Allora si vede che non sono poi così Grifondoro. Sai, Potter, nella mia famiglia siamo tutti Corvo-”
“Dai, Adrian, ma chi vuoi prendere in giro?”
“Nessuno, io...”

“Roxanne,” fece Lysander, grattandosi la testa con aria pensosa. “Tu mi eviti.”
La ragazza deglutì. “I-io,” balbettò confusamente, “ecco, non...”
“Mi eviti,” completò lui.
“Ecco, no! Ti sbagli, io...”
Lui le rivolse un sorriso vago. “Me ne sono accorto benissimo.”
“Io –”
“Passi con me meno tempo possibile, se puoi mi ignori... non mi hai più accompagnato a cercare uova di Fruffolo Frizzante, e me l’avevi promesso.”
Lysander tacque un istante.
“Io non dico mai bugie, Roxanne,” disse poi.
Lei non resistette più.
“Quindi è vero che ti piace Rose?” sbottò.
Che cosa?!”

“Io non capisco perché dobbiate farvi del male in questo modo,” insisté Grace. “Te e Goldstein.”
Dominique fece finta di non sentire – aveva quest’abitudine a rifiutarsi di ascoltare, se ciò che le veniva detto le risultava scomodo. Tuttavia, la giovane Zabini non demordette.
“Insomma, vi amate. Potreste stare insieme.”
L’altra prese a potare la pianta di Formicaleone su cui stavano lavorando nel modo più rumoroso possibile.
“Invece state cercando ogni ostacolo possibile o immaginabile... cercate ogni modo per complicare le cose, quando vi basterebbe parlarvi, o baciarvi, o...”
Dominique sbatté le cesoie sul tavolo con un gran fracasso.
“Bel tentativo, G,” borbottò. “Ma sappi che non serve a nulla.”
Grace alzò gli occhi al cielo.
“Come vuoi,” mormorò. “Ma gli ostacoli che immagini non ci sono. Siete voi a costruirli.”

“Roxanne, ma a me non piace tua cugina Rose, anche se è molto sexy.”
“Ma se hai detto che dici sempre la verità!”
“Io dico sempre la verità, e infatti è vero che tua cugina Rose è molto sexy. Così come è vero che non mi piace!”
La campanella suonò, e si levò un certo trambusto mentre gli studenti iniziavano a raccogliere le loro cose. Roxanne e Lysander raccattarono i libri in fretta, riprendendo la discussione mentre uscivano dalla serra.
“A me piaci tu, credo di avertelo fatto capire in ogni modo possibile.”
Roxanne percepì un fastidioso pizzicore percorrerle le guance. “Ecco,” balbettò. “Non è possibile, insomma... guarda Rose com’è, e io sono grassa e –”
“Roxanne, basta.”
Lei deglutì, levando la testa verso Lysander. L’espressione decisa e seria che era impressa sul suo volto le ricordò quella assunta dal ragazzo poco prima di baciarla, ormai più di tre mesi prima.
“Qui non c’entra Rose, o Dominique o chiunque altra, Roxanne. Qui c’entri solo tu, che mi piaci. E non mi piaceresti di più se somigliassi di più a qualcun’altro di quanto somigli a te stessa, ecco. Mi piaci perché sei tu, e non perché sei uguale o diversa da qualcun altro.”
“Ma –”
“Nessun ma.”
E la baciò.

*


In biblioteca si udiva grattare della penna d’oca di Lucy Weasley sul suo tema e l’atmosfera era pervasa di un soffuso chiacchiericcio. Gli studenti – da soli o in gruppo – erano impegnati a studiare o a leggere, qualcuno scacciava le mosche con la bacchetta magica. Lisbeth Macnair e Viviana Davis ridacchiavano su di un numero del Settimanale delle Streghe, le teste chine vicine fra di loro. Qualche scaffale più in là, Rose e Albus erano sommersi dai libri.
“Senti qua,” fece la ragazza, sventolando una copia consunta di Virtuosismi Magici e altri Incantamenti. “Qualora un Incanto Proteus venisse privato dei suoi effetti, ciò che di esso era oggetto perde la Proprietà che lo contraddistingueva... Ma tutta questa roba la sappiamo già!”
“E’ frustrante,” commentò Albus. “Ci sono centinaia di libri che parlano di ciò che succede quando un Proteus viene annullato, ma non uno solo su come si annulla!”
“Forse stiamo solo cercando dalla parte sbagliata,” rifletté Rose. “Magari dovremmo concentrarci sull’unica conseguenza di cui siamo a conoscenza...”
Il ragazzo inarcò le sopracciglia scure. “Parli della Proprietà?”
Lei annuì. “Già.”
Tacque, pensosa.
“Allora?” la interrogò Al dopo alcuni minuti di silenzio.
Per tutta risposta, la cugina si alzò di scatto, mugugnando al giovane Potter di aspettarla, e si allontanò di corsa con un baluginio quasi folle negli occhi. Fu di ritorno poco dopo, le braccia cariche di grossi libri.
“Ecco qui!” annunciò in tono venato di soddisfazione. “C’è un intero reparto sulle Proprietà degli oggetti. Per ora ho preso pochi volumi, poi –”
“Pochi?” la interruppe Albus, divertito.
Rose sogghignò. “Pochi rispetto a quanti ce ne sono in realtà.”
Ridacchiarono entrambi, per essere poi interrotti da una voce alle loro spalle.
“Rosie, che cosa state facendo?”
Hugo Weasley, lungo e allampanato, era in piedi dietro di loro, le sopracciglia lievemente corrugate – ad Al venne quasi da ridere nel pensare quanto somigliasse a Rose, con quell’espressione.
“Niente,” fece quest’ultima con un gran sorriso.
L’altro sbuffò e levò gli occhi al cielo. “Guarda che puoi pure dirmelo, tanto non lo dico a mamma.”
“Hu-go,” sillabò lei, minacciosa.
Per nulla intimiditò, Hugo sospirò. “Volevo soltanto chiederti se hai fatto gli auguri a papà.”
Rose annuì.
“E darti questa,” aggiunse il ragazzino, porgendole qualcosa. “L’ho trovata stamattina.”
Incuriosito, Albus si allungò oltre la spalla della cugina per dare un’occhiata. Quella che la ragazza reggeva adesso fra le dita era una vecchia fotografia, un poco stropicciata in un angolo. L’immagine ritraeva una Rose e un Hugo ancora bambini, e una zia Hermione dal volto più giovane e disteso. I tre sedevano in cucina – le cui pareti erano stranamente sporche di una specie di crema –, coperti da capo a piedi della stessa sostanza dall’aria appiccicosa. Ridevano, si abbracciavano, salutavano con la mano. La piccola Rose strizzò l’occhio ad Albus, che si volse verso la cugina in carne ed ossa.
La ragazza portava impressa sul volto l’abituale espressione indecifrabile, che tuttavia appariva in qualche modo rigida. Strinse gli occhi.
“Ho dimenticato il tema di Trasfigurazione in dormitorio,” mormorò prima di allontanarsi, la vecchia fotografia stretta fra le mani.
Non appena fu scomparsa, Hugo e Albus si scambiarono uno sguardo perplesso.

*


Dieci anni prima


La mamma di Rosie non era mai stata molto brava a cucinare, perciò la bambina si scambiò uno sguardo preoccupato con il fratello Hugo nel vederla annodarsi un grembiule nuovo attorno alla vita, annunciando che avrebbero preparato un dolce. Di solito era Ron a mettersi ai fornelli: stufo di mangiare solo ed esclusivamente pastasciutta scotta e uova al tegamino, qualche anno prima aveva improvvisamente scoperto di aver ereditato le doti culinarie di nonna Molly. Quel giorno, tuttavia, era il suo compleanno. La mattina era uscito di casa talmente presto che i bambini dormivano ancora e non avevano potuto fargli gli auguri. La mamma era tornata prima dal lavoro, sottraendo Rose e Hugo alla baby-sitter, proprio per preparargli una torta di compleanno.
Hermione propose ai figli di darle una mano. Così, mentre lei e Rose estraevano gli ingredienti dalla dispensa, il piccolo Hugo – che da poco tempo aveva imparato a leggere e scrivere – scandiva compito la ricetta dal grosso e pressoché inutilizzato libro di cucina Babbana che tenevano sulla mensola del caminetto.
“Far scogliere...”
Sciogliere, Hugo,” lo corresse la mamma.
“Far sciogliere il burro in un pentolino.”
Rose scomparve quasi nella credenza per trovare il pentolino giusto. Quando riemerse, qualche secondo dopo, ne teneva in mano uno un po’ ammaccato, dal manico tutto storto. Hermione le suggerì di prenderne un altro, ma Rose fu irremovibile: quello era il suo pentolino preferito, perciò l’avrebbero utilizzato per fare la torta di compleanno del loro papà. Fu talmente decisa che la mamma finì per acconsentire, divertita.
Insieme pesarono la giusta quantità di burro. Lo scaldarono appena sul fuoco prima di farlo scivolare nella terrina, nella quale aggiunsero anche lo zucchero seguendo gli ordini di Hugo.
“Rompere quattro uova nell’impasto,” lesse il bambino. “E sbattere con una frustra elettrica.”
“Mamma, che cosa è una frustra eclettica?” domandò Rose, incuriosita.
Hermione sorrise. “Una frusta elettrica,” spiegò, “è un oggetto a cui si attaccano due pezzi metallici che servono per mescolare gli impasti dei dolci. Dentro ha un motore... si accende e gli ingredienti si mescolano.”
Hugo corrugò appena le sopracciglia, confuso. “E noi ce l’abbiamo, una frusta elettrica?”
“Beh, no...” ammise la mamma.
“E allora come facciamo?” chiese Rose, preoccupata.
“Chiediamo... chiediamo a zia Ginny, suppongo. Rosie, te la senti di –”
“Certo, mamma!”
Pochi minuti dopo, la bambina era di ritorno trafelata, con una frusta elettrica stretta fra le mani. Hermione attaccò svelta la spina alla presa della corrente, e i bambini le si fecero intorno, tutti eccitati. Lei spinse il pulsante di accensione: fu allora che si verificò il disastro. La frusta sembrava essere impazzita: prese a schizzare ovunque burro, zucchero e uova, inondando le pareti della cucina e i capelli, i vestiti e i volti di Hermione e dei due bambini. La donna estrasse la bacchetta magica e la agitò: tornò la quiete.
“Rosie,” fece lei. “Zia Ginny ti ha detto di dirmi qualcosa, quando ti ha dato la frusta?”
Sul volto della bambina si dipinse un’espressione colpevole.
“Oh,” balbettò, diventando tutta rossa. “Mi ero dimenticata. Mi ha dato questa.”
Frugò in tasca, per poi estrarre un foglietto tutto spiegazzato che consegnò alla madre con un gesto solenne.
Hermione,” lesse la donna, “papà ha gettato un incantesimo sulla frusta elettrica, si comanda con la magia. Non accenderla quando è attaccata alla presa se non vuoi provocare un disastro! Tanti baci e auguri al festeggiato, Ginny.
Terminato di leggere, Hermione si rivolse alla figlia.
“Rose.”
Il labbro inferiore della bambina prese a tremare. “Oh, mamma! Mi dispiace tantissimo, non l’ho fatto apposta! Mi sono dimentica-”
Ma fu interrotta dal piccolo Hugo, che le aveva lanciato un grumo di impasto, colpendola proprio sul naso. Si volse verso il fratello, inviperita, ma prima che potesse dire o fare qualunque cosa, Hermione aveva rovesciato un misurino di farina sulla testa del bambino. Rose scoppiò a ridere.
Un quarto d’ora più tardi, Ron rientrò dal lavoro e li ritrovò a lanciarsi impasto per tutta la cucina, ricoperti di farina da capo a piedi. Aprì la bocca per dire qualcosa, poi parve ripensarci e si fece coinvolgere a propria volta dalla foga della battaglia.
Pulirono poi la stanza con un Gratta e Netta e i bambini con un bel bagno. Ron spense una candelina piazzata in cima ad un piatto di pasta scotta, ma fu davvero una splendida serata.

*


Rose Weasley
Sala Comune di Serpeverde
Hogwarts, Scozia

Ron Weasley

5 Buckingham Road

Godric’s Hollow, Hampshire


Papà,
mi dispiace. Ti ho scritto un pessimo biglietto, ti scrivo sempre pessimi biglietti negli ultimi anni. Non ti odio, capito? Non ti odio neanche un po’, io ti voglio bene.
Se ho fatto quello che ho fatto è stato perché... non lo so il vero perché, in realtà, anche se mi piacerebbe saperlo. Credo che c’entri qualcosa il fatto di non sapere il perché, visto che quando si è confusi si tende a sbagliare per paura di sbagliare, anche se detto così potrebbe sembrare assurdo. Penso che il fatto di essere come sono, di non essere mamma o zia Ginny o Hugo, potrebbe avere qualcosa a che fare con tutto questo... Insomma, io in fondo l’ho sempre saputo che tu mi avresti voluto sempre bene comunque anche fossi stata peggio di quello che sono... solo che l’ho capito tardi. Spero non sia troppo tardi.
Mi dispiace tanto. Mi dispiace così tanto che mi fa male, perché so che ho fatto male a tutti quanti. Vorrei solo che potesse tornare tutto come quando io e Hugo eravamo piccoli, quando tutto era così semplice e facile da capire. Vorrei tornare indietro, ma so che non si può e ho paura che non ci sia modo di rimediare.
Io ti voglio bene, capito? E adesso so di tutto l’amore che voi e mamma mi avete sempre dato. Sempre, anche quando cercavo di impedirvelo.
Buon compleanno, papà. Scusami.
Rose


The storms are raging on the rolling sea

and on the highway of regret.

Though winds of change are throwing wild and free,

you ain't seen nothing like me yet...


 


 


Note dell’Autrice
Prima di tutto mi scuso del ritardo, poi faccio un annuncio: d’ora in poi non aggiornerò più ogni domenica, ma ogni otto/dieci giorni.
So di aver lasciato parecchi punti in sospeso in questo capitolo. Il punto è che non mi entrava tutto, e non volendo somministrarvi quindici pagine di aggiornamento ho ritenuto opportuno dividerlo.
Avrete notato un certo cambiamento di tono in alcuni momenti della narrazione, immagino. Vi assicuro che questa nuova “serietà” non è casuale... presto finirà il tempo delle frivolezze per i nostri protagonisti! Ma adesso basta anticipazioni.
Questo capitolo non mi convinceva del tutto... fatemi sapere se vi è piaciuto!
Grazie, splendidi lettori!
Bacioni, Daph.







 

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Capitolo 20
*** 19. Pride and Prejudice ***



 

Capitolo 19

Pride and Prejudice


The faster we're falling,

We're stopping and stalling.

We're running in circles again

Just as things we're looking up.



Dire che Molly Weasley era disperata sarebbe stata una colossale inesattezza. Molly Weasley non era disperata, era a pezzi. Letteralmente. Si sentiva disintegrata, sbriciolata, squartata, distrutta. Le pareva di essere stata mutilata, privata di un qualcosa che per anni era stato un pezzo fondamentale della sua esistenza, una parte del suo essere della quale non era certa di poter sopportare l’assenza. Tutte le aspettative e tutti i suoi sogni – quelle ambizioni cui aveva dedicato infinito impegno e immensa dedizione – le erano stati portati via così, in un solo, misero sbuffo di fumo.

Strappati, rubati. E adesso Jackie Finigann sta ballando sul mio cadavere.

A bruciare più di ogni altra cosa era l’estrema ingiustizia di tutta quella faccenda. Accidenti, non era stata lei! Le appariva terribilmente crudele il fatto che tutto ciò in cui credeva le fosse stato tolto a causa di una falsa accusa, un castigo bugiardo che adesso minacciava di compromettere buona parte del suo futuro. Che cosa aveva fatto per meritare tutto ciò? Almeno questo, avrebbe voluto saperlo.

A tutte queste cose pensava Molly alle prime ore del mattino, in piedi al centro della guferia deserta. Attorno a lei, gli ultimi volatili stavano tornando al trespolo dopo le peripezie notturne. Il cielo scuro cominciava a stingere in un tenue azzurro grigiastro, il sole spingeva timoroso i propri raggi oltre le sfilacciate nubi che orlavano il profilo delle montagne. I gufi tubavano, le civette bubolavano, il gallo del guardiacaccia cantò in lontananza. Hogwarts si stava lentamente svegliando.

Molly si trovava lì, immobile e sola nella stanza, stringendo convulsamente una busta da lettere fra le dita ossute della mano destra. Un nodo le serrava strettamente la gola, quel groppo che dal giorno prima la tormentava e che le impediva di versare anche una sola lacrima. Un senso di oscura angoscia la pervadeva.

Improvvisamente, udì un trambusto alle proprie spalle, ma non si volse. Non le interessava di chi si trattasse, almeno finché non riconobbe la voce che le si rivolse.

“Weasley?!”

Lei deglutì, voltandosi. “Che cosa vuoi, Scamandro? Cantare vittoria?”

Lorcan Scamandro era in piedi di fronte a lei, con un volto da notte insonne che probabilmente nulla aveva da invidiare a quello di Molly. Portava con sé una busta gialla, che aveva tutta l’aria di essere un grosso ordine di uova appartenenti a qualche strana creatura potenzialmente pericolosa. Per un istante, Molly ebbe la tentazione di chiedere al ragazzo di cosa si trattasse, ma poi lasciò perdere.

Tanto non potrei punirlo comunque, visto che non sono più caposcuola, pensò con amarezza.

Lorcan la scrutò con aria imperscrutabile. “Come mai dovrei cantare vittoria?” le chiese, perplesso.

Molly levò le sopracciglia.

“Ho perso tutto,” confessò, abbattuta.

“E quindi?” fece Lorcan.

“Come e quindi?” replicò lei, gelida.

“Perché dovrei cantare vittoria?” ripeté Lorcan.

Lei scoppiò in una debole risata che in qualche modo risultò tremula e sferzante al tempo stesso.

“Perché mi odi, no?” ribatté in tono stranamente acuto. “Tu mi odi, quindi non puoi che essere contento del mio fallimento! Tu ne sei felice, lo so!”

Troppo scossa per farci caso, ormai Molly sproloquiava senza pensare, esternando più di quanto avrebbe mai voluto trapelasse normalmente in tali circostanze.

Tuttavia, Lorcan non agì come lei avrebbe pensato, anzi: invece che cogliere la palla al balzo per schernirla, parve perplesso.

“Che cosa intendi dire?” le domandò.

Molly ebbe la tentazione di tirargli un pugno, salvo poi ricordare che i gemelli Scamandro erano abbastanza fuori dal mondo da essere probabilmente gli unici a Hogwarts che non dossero a conoscenza dell’accaduto.

Mi chiedo come faccia Roxanne a essersi presa una sbandata per Lysander... bah!

“Sono stata accusata di aver lanciato di nuovo una fattura a Jackie Finigann,” sbottò. “Cosa che ovviamente non ho fatto.”

Con sua enorme sorpresa, Lorcan sbiancò. Con amara soddisfazione, Molly pensò che era la prima volta in cui fosse riuscita a stupirlo.

“Forza,” lo sfidò, “prendimi in giro. Commiserami. Dimmi quanto pensi che io sia una povera fallita.”

Il volto di Lorcan era contratto in un’espressione che Molly non riuscì a interpretare.

“Che cosa ti hanno fatto?” ringhiò il ragazzo.

Lei sbuffò. “Mi hanno tolto il titolo di Caposcuola e messo una nota disciplinare. Probabilmente mi sospenderanno anche per qualche giorno, se il consiglio dei docenti deciderà così.”

Lorcan corrugò le sopracciglia. Stava evidentemente riflettendo, e pareva stranamente ansioso. “Che cos’è quella?” chiese ancora a denti stretti, indicando la missiva che Molly teneva fra le mani e torturava da ore.

“Una lettera per mio padre,” rispose la ragazza. “Per spiega-”

“Non la spedire!” gridò lui, interrompendola.

Stupefatta, Molly abbassò lo sguardo sulla busta.

Che abbia qualcosa che non va? Potrebbe essere sporca di cacca di gufo, o che so io...

Quando però si avvide che la pergamena era immacolata, scoccò al ragazzo un’occhiata sprezzante.

“E perché mai?” domandò, muovendo un passo verso il barbagianni più vicino.

Ma Lorcan non rispose. Si limitò a strapparle la lettera dalle mani e fuggire via, con la stessa strana espressione contratta di poco prima impressa sul volto. Molly restò lì, immobile al centro della stanza, sola e stupefatta.


*


“Che cosa significa tutto questo, Lys?”

Lysander fischiettò, continuando a tirare la mano di Roxanne per trascinarla dietro di sé lungo il sentiero. Attorno a loro alcuni raggi di sole – si prospettava una domenica magnifica – penetravano attraverso le scure fronde della Foresta, conferendo al luogo una surreale luminosità verdastra e dorata. Il cinguettio degli uccellini si fondeva con altri suoni decisamente più inquietanti, e Lysander si stava divertendo un mondo. L’espressione perplessa della sua ragazza – la sua ragazza! – quando l’aveva condotta nella Foresta Proibita era stata a dir poco esilarante. Roxanne aveva corrugato le sopracciglia e arricciato il naso in un modo così buffo da fargli a stento trattenere una risata.

Questa era in fondo una delle tante cose che amava di Roxanne: era divertente. Divertente, ironica, pragmatica, cocciuta, di un’insicurezza adorabile che riusciva brillantemente a mascherare dietro a quell’apparenza di ferrea tempra e sempiterna allegria.

E di certo avere tutte quelle cugine così esplosive non la aiuta affatto.

Secondo Lysander anche Roxanne era esplosiva, certo. Lo erano quelle sue curve abbondanti e morbide, quegli occhi scuri e sensuali, la bocca piena e la risata trascinante. La trovava terribilmente carina e insostenibilmente fantastica, e se gli avessero chiesto il perché ne avrebbe trovati così tanti che un libro probabilmente non sarebbe bastato a contenerli. Tutte quelle ragioni variavano dalla marmellata di limoni che lei mangiava a colazione fino al vago fiatone che in quel momento emetteva mentre arrancava dietro di lui, nella Foresta.

“Dai, dimmelo! Dove stiamo andando?!”

Lysander scrollò le spalle e sorrise enigmaticamente. “È una sorpresa, piccola. Ti piacerà, vedrai!”

Roxanne sembrava piuttosto preoccupata.

Probabilmente pensa che la sto portando a vedere le Acromantule. Lorcan lo farebbe di sicuro, ma lui ha la delicatezza di un Efelantide imbizzarrito.

La mente di Lysander, mentre vagava saltellando di qua e di là come suo solito, si soffermò sul bacio che si era scambiato con Roxanne due giorni prima. Le sue labbra erano così soffici e dolci, i suoi fianchi così tondi e perfetti che...

Lysander fece categoricamente segno di dissenso con la testa – la ragazza gli lanciò un’occhiata perplessa.

Non mi devo distrarre, no.

“Puoi dirmi almeno quanto manca?” supplicò Roxanne, poco avvezza alle lunghe camminate.

“Poco,” replicò lui. “In cinque minuti dovremmo essere lì.”

Difatti, dopo poco tempo gli alberi si diradarono in una piccola radura – Lysander fece segno alla ragazza di fare meno rumore possibile. Al margine opposto del piccolo spazio aperto, fece capolino il muso chiaro di quello che si sarebbe potuto tranquillamente scambiare per un cavallo, non fosse stato che per la vaga luminosità che pervadeva il suo manto lucido. Quando l’unicorno si fece avanti fra i cespugli, baluginando alla luce del sole che nella radura aveva più spazio, Lysander si volse verso Roxanne. La ragazza era immobile, a bocca aperta, gli occhi brillanti di meraviglia e commozione. Lui sorrise: poteva comprendere i suoi occhi lucidi. Quando si vedeva un unicorno, la sua assoluta e struggente purezza si poteva percepire chiaramente, incuteva un’ammirata soggezione.

Quando Roxanne si volse di lui, nelle iridi di lei era dipinta una gioia incredibile che coinvolse anche Lysander.

“Vai,” le disse. “Se ti avvicini piano, si farà toccare. Gli unicorni preferiscono le ragazze.”

Lei sorrise, prima di muovere qualche passo cauto verso l’animale. Quando vide che questo restava immobile, scrutandola serenamente con gli occhi grandi e rotondi, si mosse con maggiore sicurezza. Quando giunse al fianco dell’unicorno, prese a far scorrere lentamente le dita sul suo manto, all’altezza del fianco. Pian piano, continuando a carezzarlo, risalì verso il collo, grattandolo delicatamente sotto alla mascella.

Lysander si maledì per non aver portato con sé una macchina fotografica, poiché non aveva mai visto Roxanne sorridere così.

L’unicorno si lasciò accarezzare ancora per diversi minuti, prima di strofinare amorevolmente il naso sui capelli della ragazza e dileguarsi nuovamente fra gli alberi. Roxanne raggiunse Lysander con pochi, lunghi passi. Circondò il suo collo con le braccia e lo baciò appassionatamente.

Poiché l’ora di pranzo si stava avvicinando, si misero nuovamente in cammino. Dopo aver percorso qualche metro, Roxanne inciampò, finendo lunga distesa per terra.

“Sto bene, sto bene,” brontolò, mentre si puntellava con i gomiti e prendeva la mano che il ragazzo le porgeva per tirarsi su. “Credo di essere inciampata in un sasso, o qualcosa del genere...”

“Quello?” chiese Lysander, il cui sguardo era stato catturato da una piccola pietra scura. Inciampandoci su, Roxanne l’aveva evidentemente liberata dalle foglie secche che la ricoprivano. Lysander si chinò e la raccolse.

“Roxy!” esclamò. “Non ci posso credere! È un uovo di Fruffolo Frizzante... proprio come li ha descritti la mamma. Simili a piccoli pietre nere, con alcuni graffi sulla superficie.”

L’uovo era ricoperto di terra, ma in alcuni tratti erano visibili delle incisioni sopra a quello che doveva essere il guscio.

A Roxanne veniva da ridere, Lysander se ne accorse ma non se la prese. Il bello del loro rapporto era proprio il ridere l’uno dell’altra.

“Potremmo portarlo al castello,” propose la ragazza. “Poi lo puliremo e lo terremo d’occhio finché si schiuderà. Che ne dici?”

Lysander aveva il vago sospetto che Roxanne lo stesse amorevolmente prendendo in giro, ma colse l’attimo per coinvolgerla negli interessantissimi studi che sarebbero potuti uscir fuori dall’osservazione di quell’uovo.

Non vedo l’ora di dirlo a Lorcan e alla mamma!


*


Da diverse ore ormai Albus Potter e Rose Weasley erano letteralmente sommersi dai libri. Gli occhi di Al bruciavano per quante lettere stampate erano stati costretti a leggere, e Rose sembrava essere sull’orlo di una crisi di nervi. Il suo volto diveniva sempre più pallido e i suoi occhi ardevano in fibrillazione, come se fosse stata febbricitante – il giovane Potter iniziava sinceramente a preoccuparsi, nel vedere il gene Granger risvegliarsi tanto inaspettatamente nella cugina.

Non che non avessero trovato nulla, anzi. I libri che stavano sfogliando da diverse ore contenevano una quantità di informazioni sulle Proprietà degli oggetti tale da far girare la testa, e orientarsi in quella marasma di dati non era affatto semplice. La pila degli appunti di Rose cresceva sempre di più e la testa di Albus era sul punto di esplodere.

La ragazza, sfogliando rapidissima le pagine – ad Al sembrava quasi di non riuscire a vedere le pupille, tale era la velocità con la quale leggeva. Mentre cercava informazioni, non cessava mai di borbottare a mezza voce, talmente scoordinata che al ragazzo sfuggiva qualche parola.

Sì, Rosie deve essere definitivamente impazzita.

Indendiamoci, Albus aveva sempre pensato in fondo che Rose fosse un po’ matta – così come l’aveva sempre pensato di Dominique e Molly, in effetti. Per non parlare di Louis, talmente elettrico da far girare la testa a chiunque gli stesse intorno. A dire il vero, Al pensava che il gene portatore di quella vaga vena di follia fosse piuttosto ricorrente nella famiglia Weasley – così come l’estrema venerazione delle donne amate si poteva ritrovare in ogni generazione Potter. Albus era lieto di poter affermare di essere immune di entrambi, o almeno così pensava.

Ma pazzo lo diventerò di sicuro, se Rose non si calma. È uscita di testa, da un paio di giorni a questa parte.

Rosie era decisamente strana. Più strana del solito.

La faccenda sembrava esser cominciata un paio di giorni prima. Mentre stavano portando avanti in biblioteca la loro ricerca, alle loro spalle era spuntato fuori Hugo. Il ragazzino aveva mostrato loro una vecchia fotografia, e Rose aveva cambiato di colpo espressione. Sembrava... desolata.

Distrutta, direi.

Era scappata via correndo. Da quel momento, l’occhio attento e allenato di Albus aveva notato alcune piccole differenze nell’atteggiamento della cugina. Se n’era accorto a tavola, quando Rose aveva ricambiato un sorriso di Ben Aubrey con un’occhiataccia anziché uno sguardo languido. Lì per lì, la faccenda non l’aveva stupito più di tanto. Poteva anche trattarsi di una giornata no, dopotutto. I primi sospetti li aveva avuti nel corso della stessa giornata, accorgendosi di come gli occhi della cugina avessero preso a guizzare furiosamente di qua e di là, sebbene lei mascherasse tale irrequietezza con la solita faccia di bronzo.

Insomma, un cambiamento era intuibile. Rose era diversa da Dominique e Grace, lei non avrebbe mai rivoluzionato le proprie azioni partendo dall’apparenza – come era stato per Domi con i suoi capelli e per Grace con le gonne sempre meno corte. Era chiaro che stesse mutando qualcosa, dentro di lei. Appariva in attesa.

Non capisco. Che cosa aspetta?

Infine, Albus aveva dedotto che il misterioso malfunzionamento dei galeoni stregati fosse all’origine di tutto ciò. Evidentemente, la faccenda le causava ansia.

“Ecco!” esclamò Rose, inconsapevole del fatto che il cugino stesse pensando proprio a lei.

“Hai trovato qualcosa?” le domandò Al.

“Credo di sì. Senti qua... La perdita della Proprietà è riconoscibile in un oggetto poiché assieme ad essa questo viene a mancare anche delle caratteristiche che ne rappresentano la Sfera dell’Utile... bla bla bla. Ecco, uno dei casi nei quali si verifica la perdita della Proprietà è l’annullamento dell’Incanto Proteus, il potere del quale può essere reso nullo o dalla morte dell’artefice di esso oppure annullando empiricamente le Proprietà di tutti gli oggetti di un certo tipo in un determinato luogo!”

“Non è morto nessuno,” osservò Albus. “Ma che cosa vuol dire annullare empiricamente? E la Sfera dell’Utile... aspetta, credo di ricordarlo.”

“È l’aspetto visibile dell’utilità di un’oggetto,” rispose Rose con voce stanca, passandosi una mano sugli occhi. “Come la luminosità per le monete false.”

“Ah, giusto... riguardo all’annullamento empirico sai qualcosa?”

“Non ne ho idea,” ammise la cugina. “Dovremmo scoprirlo, però... ci deve essere qualcosa!”

Albus sospirò. “Forse stiamo affrontando il problema da un’angolazione sbagliata.”

“E quale sarebbe quella giusta?” ribatté Rose, polemica.

“Non lo so, Rosie. Non lo so proprio. Sappiamo solo che la Proprietà delle monete è stata annullata empiricamente, visto che non è morto nessuno studente. Insomma, si sarebbe saputo, no?”

“Già. Però, Merlino! Annullare empiricamente... cosa diavolo vorrà dire?”.


*


Scorpius era seduto sul letto e fissava diversi oggetti sparsi di fronte a lui – alcune fotografie, delle lettere, un paio di orecchini decisamente vistosi¹ –, quando udì bussare.

“Posso?” disse la voce di Grace, dall’altro lato della porta.

Lui si schiarì la voce. “Entra pure,” rispose.

La porta si aprì con un leggero scricchiolio. Scorpius vide con la coda dell’occhio la figura sinuosa e bionda di Grace farsi strada lungo la doppia fila di letti circondati da cortine verde smeraldo. La ragazza lo raggiunse, sedendosi accanto a lui sopra al materasso.

Scorpius la udì ridacchiare.

“Quelli mi sembra di conoscerli,” fece lei, indicando gli orecchini.

Il giovane Malfoy sorrise. “Già,” commentò. “Erano tuoi. E anche queste.”

Grace abbassò lo sguardo sulle foto, la maggior parte delle quali ritraevano proprio lei, da sola o assieme agli altri. Erano tutte stampe vecchie e consunte, alcune strappate sugli angoli.

“Quando sei partita, due anni fa,” riprese Scorpius, “Domi ha scatenato una furia distruttrice. Ha bruciato tutti i tuoi appunti, tutte le foto in cui comparivi tu. Queste sono le uniche che sono riuscito a salvare... le uniche rimaste dei tuoi primi anni a Hogwarts. E gli orecchini li avevi lasciati qui quella notte... sai, quando –”

“Lo so,” lo interruppe lei. “Come mai hai tirato fuori queste cose?”

“Pensavo. Riflettevo.”

“Riflettendo ti sei chiuso qui dentro per due giorni di fila?”

“Grace, io –”

“Inizio a pensare che sia una prerogativa di voi Serpeverde, questo ritiro in solitudine quando siete tristi o arrabbiati. Vi rinchiudete in voi stessi. Lo fa Jake, lo fa Domi... lo fai tu.”

Scorpius sorrise un po’ tristemente. “Già, credo proprio che tu abbia ragione.”

“Su cosa stavi riflettendo?”

“Sul presente e sul passato.”

“Sei molto loquace, oggi.”

“Già...”

“Appunto.”

Cadde il silenzio per qualche istante. Grace raccolse un’orecchino dal letto e prese a giocherellarci, pensierosa.

“Vuoi sapere perché sono venuta qui, oggi?”

Lui la guardò. “Perché?”

“Perché tu sei stato importante come il ragazzo che amavo e adesso sei importante come un fratello. E in questo momento hai bisogno di aiuto.”

Scorpius tacque.

“So che sei triste e deluso,” aggiunse Grace, “e che sei anche molto arrabbiato. Ma non lasciare che tutto vada in pezzi per una presa di posizione assolutamente inutile.”

“Da quando sei così saggia?”

Lei rise. “Non lo so!”

Scorpius aveva sempre pensato che la risata di Grace fosse una delle cose più belle del mondo. Quando lei rideva, si udiva il suono argentino di una cascata di campanelli. Era sublime, coinvolgente, rasserenante. Lui lo pensava quando lei era la ragazza che amava, e continuava a pensarlo anche ora che la considerava alla stregua di una sorella.

“Ehi, G,” disse. “Ti preferisco come sorella, sai?”

Lei rise ancora, e questa volta rise anche Scorpius.

“Anche io ti preferisco come fratello, ma non credo proprio che Lucy la penserebbe allo stesso modo.”

“Grace...”

“Scorpius.”

“Ma –”

“Vai a parlare con lei. Adesso”.


*


“Signorina Weasley, finalmente sono riuscita a trovarla! La preside desidera parlarle.”
Molly deglutì, mentre seguiva il professor Vitious per i corridoi.
Nana bianca²!” esclamò il minuscolo professore quando raggiunsero il gargoyle di pietra che nascondeva la scala a chiocciola mobile che portava all’ufficio della preside.
Quando entrò nello studio circolare, la presenza del corpo insegnanti quasi al completo non sorprese Molly. A stupirla fu invece la presenza di Lorcan, pallidissimo e abbandonato sulla stessa sedia scomoda sulla quale lei aveva atteso il ritorno della professoressa Sinistra, qualche giorno prima.
Gli si rivolse: “Scamandro, ma cos-”
“Si accomodi, signorina Weasley,” la interruppe la preside con un gran sorriso, evocando per lei una sedia identica alla precedente.
Sempre più perplessa, Molly si sedette.
Ma perché la Sinistra sembra tanto contenta? E cosa ci fa Lorcan qui?
“Per prima cosa vorremo scusarci,” cominciò Aurora Sinistra, “per averla accusata di una violazione delle regole di Hogwarts, quando non era stata lei.”
Il cuore della ragazza prese a battere furiosamente a causa della gioia e dell’incredulità.
Non ci credo! Non posso crederci!
“La nota disciplinare è stata annullata,” proseguì la preside, “e il ruolo di Caposcuola reintegrato. Devo dire che non posso che esserne lieta... era un vero peccato, sa? Un curriculum come il suo!”
Molly sorrise apertamente. Merlino, avrebbe gridato e ballato e saltato per l’entusiasmo!
“Come... come avete fatto a capire che non ero stata io?”
“Beh, il signor Scamandro, qui, ha confessato.”
Che cosa?!”
La ragazza si voltò verso Lorcan, stupefatto. “Eri stato tu?”
Lui, se possibile, parve impallidire ancor di più, contraendo il viso. Annuì.
“Ma... perché?!”
Lorcan la guardò dritto negli occhi. “Ho sentito Jackie parlare male di te e di tua sorella.”
“Ma –”
“Professoressa, posso andare adesso?”
“Oh, certo, Lorcan! Mi raccomando, faccia che non accada più.”
“Certo, professoressa.”
Prima che Molly avesse il tempo di dire o fare alcunché, il ragazzo era già scomparso oltre la porta dell’ufficio. Lei fece per seguirlo, ma fu bloccata dalla voce della Sinistra.
“Aspetti un attimo, signorina Weasley...”.

*


Ron Weasley
Quartier Generale degli Auror
Secondo Livello, Ministero della Magia
Londra

Rose Weasley

Sala Comune di Serpeverde

Hogwarts, Scozia


Cara Rosie,
il primo era effettivamente un pessimo biglietto. Sono stati pessimi anche i due biglietti precedenti, a dire il vero. Ma la lettera mi ha reso felice e allo stesso tempo triste. Mi ha reso triste perché sei mia figlia, e vederti sofferente mi ha fatto del male. Mi ha reso felice perché so che soffri meno rispetto a quanto hai sofferto in questi anni e che continuerai a soffrire sempre meno ancora, se è vero quel che mi dici. Sei stata parecchio infelice, negli ultimi tempi. Per me e per tua madre, la cosa peggiore è stato il sentirsi impotenti. Non riuscivamo a capire bene quello che avevi dentro. Eri te in parte a impedirci di farlo. Ci impedivi di guardarti nell’anima, ci impedivi di aiutarti. Questa è stata la nostra sofferenza. La tua sofferenza e il non riuscire a lenirla in alcun modo, non te stessa. Tu sei speciale, Rosie. Lo sei sempre stata. Il bene che io ti voglio, che noi ti vogliamo... va al di là. L’amore di un padre e di una madre verso la propria figlia o il proprio figlio è qualcosa di assoluto e superiore, non so se mi spiego. Va oltre, non si può spiegare. Tu e tuo fratello siete la cosa più bella che ci sia mai capitata.
So che ti dispiace. So quanto ti dispiace.
Sai, vorrei raccontarti una cosa. Una volta, quando ero in viaggio con Hermione e Harry, li ho abbandonati. Me ne sono andato, ho mollato. Me ne sono pentito a neanche dieci passi da loro, credimi. Anche io credevo che fosse impossibile ottenere il loro perdono e il mio perdono verso me stesso. Ma loro mi hanno perdonato e mi sono perdonato anche io.
Non hai bisogno di essere perdonata, Rosie. Non da noi. Non ti abbiamo perdonata dal momento stesso in cui ci hai risposto male per la prima volta. Ci dispiace che ti sia capitato di perdere la strada. Ma non ci dispiace per noi. Ci dispiace per te.
So che sei forte abbastanza da farcela. Sei forte abbastanza da uscire da tutto questo.
Non verremo a tirarti fuori, Rose, perché è una cosa che devi fare da sola. Devi riuscire tu a trovare la via per sentirti in pace con te stessa. Ma se hai bisogno di noi per essere supportata, per essere consolata... ci saremo sempre. Per tutto il mondo e per tutto il tempo.
Ti voglio tanto bene, piccola mia.
Il tuo papà.

*


“James, dammi quella dannata mappa.”
“Quale mappa?” replicò lui con un’aria innocente decisamente poco credibile.
Molly sbuffò. “La vostra mappa. So che ce l’avete, non mi freghi”.

Quando Molly riuscì a raggiungere Lorcan – aveva individuato sulla Mappa del Malandrino la sua posizione, in un’aula vuota al quarto piano – si era ormai fatto buio. Non bussò prima di entrare. Non era mai stata delicata con Lorcan Scamandro, e non vedeva per quale motivo avrebbe dovuto cominciare ad esserlo in quel momento.
Udendola entrare, il ragazzo si volse. Parve sorpreso, nel vederla.
L’ho stupito due volte in uno stesso giorno, dopo non esserci mai riuscita per quasi sette anni.
“Ciao, Scamandro.”
Non l’aveva mai chiamato per nome e non l’avrebbe di certo fatto adesso. E con ogni probabilità, lui neanche avrebbe gradito se lei l’avesse fatto.
Decise di non attendere la risposta. “Volevo ringraziarti per aver detto la verità.”
“Volevo avere la coscienza a posto,” grugnì lui. “Non l’ho fatto per te.”
“La fattura però l’hai lanciata per me,” lo rimbeccò Molly.
“Questione di principio.”
Lei alzò gli occhi al cielo, prima di muovere qualche passo verso di lui. Improvvisamente, le parve che il suo corpo fosse completamente scollegato dal cervello, il quale le sembrò invaso da una sorta di ovattata nebbiolina bianca. Si chiese per un istante se il ragazzo avesse lanciato un qualche incantesimo. Già, doveva essere così, o non si sarebbe avvicinata ancora a lui. Ripensò all’espressione stupita di prima, e a quella della mattina.
Non c’è due senza tre.
Respirò profondamente, mentre lo afferrava per il davanti del maglione e lo tirava verso di sé.
Non mi ero mai accorta di essere più alta di lui di circa tre centimetri e mezzo.
Lesse stupore negli occhi azzurri di lui, e poi attesa.
Potrei prenderlo in giro per questo. Sono più alta di lui.
Lorcan doveva essersi stufato di aspettare, poiché le mise una mano dietro la nuca e la tirò verso di sé finché le loro labbra non si incontrarono – una parte di Molly non se ne sorprese affatto. Nessuna parte di Molly se ne dispiacque.
Le sembrava di avere il cervello oscurato da un assolo di chitarra elettrica, uno dei migliori delle Sorelle Stravagarie. Il cuore pompava il sangue nelle vene con l’energia della loro batteria, ed erano corde di basso quelle che pizzicavano profondamente all’altezza del suo stomaco, mentre il ragazzo la faceva arretrare verso la cattedra, senza staccare la bocca dalla sua. Tenne gli occhi chiusi, poiché aveva la sensazione che aprendoli non sarebbe più riuscita a distinguere nulla in quel rock furioso e armonico che la invadeva, che invadeva quell’aula infuocata mentre il mantello le scivolava via dalle spalle e le mani di lui le aprivano i bottoni della camicia uno dopo l’altro. Le proprie mani si mossero da sole, e a tentoni nel buio delle palpebre e del colore che vedeva e non vedeva corsero a sfilare il maglione di Lorcan.
“Apri gli occhi,” le sussurrò lui all’orecchio con voce roca. “Apri gli occhi, Molly.”
Senza pensarci, lei aprì gli occhi e si rese conto di scottare. Si rese conto che, potendo vedere, nulla le appariva più chiaro o meno chiaro, ma semplicemente più giusto.
Non capisco. Ma non importa, non importa.
Stesa com’era sulla cattedra, mise le mani dietro le spalle di Lorcan e lo tirò di nuovo sopra di sé, allungandosi per far incontrare di nuovo le loro labbra. La chitarra riprese a suonare dentro alla sua testa.
Importa. Importa da morire.


 


 


¹ Se qualcuno ha letto Day’s dawing, skins crawling sa a quali orecchini mi riferisco. Se qualcuno non l’avesse letto e fosse interessato a saperne qualcosa di più sugli eventi relativi al triangolo Domi/Scorpius/Grace, ecco qui.
² Poiché la preside è l’insegnante di Astronomia, mi sembrava carino che usasse termini relativi alla sua materia come parole d’ordine del suo ufficio.

Note dell’Autrice
Lo so, sono incoerente. Avevo detto ogni otto/dieci giorni, e invece qualche miracolosa congiunzione astrale ha voluto che l’ispirazione e il tempo si mettessero d’accordo. Spero che ne siate felici!
Volevo raccomandarvi di cominciare a tenere bene a mente i dettagli, perché da qui le vicende si faranno sempre più intricate. E’ venuto fuori un capitolo un po’ troppo lungo, temo.
Fatemi sapere se vi è piaciuto!
Grazie a tutti voi, vi adoro davvero
Daph

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Capitolo 21
*** 20. Scorpius the Cowardly Snake ***



 

Capitolo 20

Scorpius the Cowardly Snake


The sun doesn't like you, you always get burned,

Stay in the shade and watch the world turn.

Better find a new place to lay on the ground,

Can't stay where you are or you're gonna be found.¹



Hugo Weasley
Sala Comune di Corvonero
Hogwarts, Scozia

Hermione Granger

5 Buckingham Road

Godric’s Hollow, Hampshire


Cara mamma,
come va? Qui tutto bene, tutto uguale e niente diverso. E viceversa, anche, sebbene possa parere strano. Storia della Magia è la solita noia, io prendo i soliti Eccezionale e Lily diventa sempre più psicopatica ogni giorno che passa.
Per dirti come stanno gli altri dovrei profondermi in una lunga e prolissa filippica sulle complicate beghe sentimentali del clan Potter-Weasley. Credo che tu conosca la vena esibizionistica e la tendenza al melodramma della cuginanza... non riescono a far nulla che non sia plateale, chiassoso ed estremamente appariscente. Sai, turbe adolescenziali, tormentate vicende amorose e via dicendo. Questioni senz’altro avvincenti e lacrimevoli. Delle vere e proprie tragedie.
Fin da piccolo, ero sempre stato convinto che a fare tanto chiasso fossero più che altro i Grifondoro, ma negli ultimi anni ho finito per ricredermi. La nostra famiglia va controcorrente, perché se le statistiche generali dicono chiaramente che tipicamente sono i Grifondoro ad agire con un gran fracasso mentre i Serpeverde intrigano sottobanco, qui sembra paradossalmente essere il contrario. Basti pensare a Domi. Lei una Serpeverde fatta e finita, ma credo sia quanto di più plateale al mondo possa esistere. O Lily, ecco. Anche lei è estremamente scenografica, no?
In questi ultimi mesi, poi, sono stato costretto a rivedere le mie statistiche familiari ancora una volta. I primi a rompere gli schemi sono stati James e Lucy, che da invisibili che erano si sono messi con persone fra le più popolari della scuola (lo so, è un tragicomico cliché). Ultimamente anche fra i Weasley Corvonero c’è chi si è ritrovato al centro di un paio di scandali scolastici. Ovviamente non parlo di me, ma di Molly. Prima è stata accusata ingiustamente di malefatte non compiute da lei, bensì da Lorcan Scamandro, e per poco non la sospendevano. Quando la faccenda si è risolta, con Scamandro ha cominciato a uscire. Credo che non capirò mai le donne.
(Detto fra noi, non dire a papà di Molly e Scamandro. Sai come è fatto... lo direbbe a zio Percy, e lui chiuderebbe Molly in casa per il resto dei suoi giorni, rovinando i suoi piani di diventare Ministro).
Insomma, ho dovuto riformulare tutte le mie statistiche. I risultati ottenuti hanno provato questo: al clan Potter-Weasley non è applicabile alcun teorema. Neanche quelli di affinità che stanno all’ultima pagina del Settimanale delle Streghe (lo ammetto, mi sono ridotto a leggere quella spazzatura, ai fini della mia ricerca).
È impossibile stabilire un qualche schema, ecco. Il clan Potter-Weasley è ufficialmente non riassumibile. Ma ce ne faremo una ragione.
Ho stilato una lista di titoli interessanti a questo proposito, che accludo alla lettera. Il più illuminante è Il fascino di un sorriso fascinoso di Gilderoy Allock. Anche Olympe Maxime: vanità e grandezza di Rita Skeeter contiene alcuni paragrafi che potrebbero tornare alquanto utili, sebbene l’autrice sia disgustosa. Sbaglio o è quella che hai Trasfigurato in uno scarabeo e infilato in un barattolo?
Ad ogni modo, c’è pure una intervista a zia Fleur ai tempi del Tremaghi, lì dentro. Ti consiglio di dare un’occhiata, io l’ho trovata esilarante.
Ti voglio bene,
Hugo
PS: il professor Vitious ci ha affidato una ricerca sull’Incanto Proteus e come si annullano i suoi effetti. Ho fatto delle ricerche, ma non riesco a trovare nulla sull’annullamento Empirico della Proprietà. Potresti spiegarmi oppure suggerirmi qualche titolo che potrebbe tornarmi utile?



Hermione Granger
5 Buckingham Road
Godric’s Hollow, Hampshire

Hugo Weasley

Sala Comune dei Corvonero

Hogwarts, Scozia


Caro Hugo,
ti ringrazio per il bollettino metereologico. Poi mi spiegherai meglio in base a cosa metti in pratica i tuoi calcoli statistici, anche se ti assicuro che sono molto divertenti. Il gusto per il melodramma e i gesti plateali non è nuovo nella famiglia Weasley, ti assicuro. Sono sicura che tuo padre ti abbia raccontato più volte di quando zio George ha fatto esplodere a Hogwarts un’intera riserva di fuochi d’artificio assieme allo zio Fred. Per non parlare di quando hanno montato una palude portatile, per poi fuggire dalla scuola in sella ai loro manici di scopa. Il povero signor Gazza dovette traghettare gli studenti per diversi mesi affinché riuscissero ad attraversare quel corridoio. Per quanto riguarda Lily, posso dirti che tuo zio Harry ha baciato per la prima volta zia Ginny davanti all’intera casa di Grifondoro. La cosa sorprendente è che se ci avesse pensato un po’ di più non l’avrebbe fatto, probabilmente. Se vuoi saperne qualcosa di più, parlane con zia Ginny. Lui si sentirebbe in imbarazzo. Però ti posso assicurare che l’espressione di tuo padre fu impagabile.
Tornando a noi... che cosa ha combinato Molly? O meglio, che cosa ha combinato Lorcan Scamandro? Che io mi ricordi, ai miei tempi non è mai accaduto che sospendessero qualcuno. Mi sembra strano... mi informerò. E non dirò nulla a papà di tua cugina e quel ragazzo, stai tranquillo.
Non posso davvero credere che tu abbia letto il Settimanale delle Streghe, ma qualche volta l’ho fatto anche io. Quando pubblicava gli articoli della Skeeter su di me, ad esempio. Per la cronaca: non ho Trasfigurato affatto Rita in uno scarabeo! Lei è un Animagus non registrato, e io mi sono limitata a ricattarla un pochino.
Non sapevo che il povero Gilderoy Allock si fosse ridotto a scrivere libri di questo genere! Anche se l’ultima volta che l’ho visto avevo quindici anni e lui stava al San Mungo, firmando autografi a chiunque passasse di lì. Tenero, dopotutto.
Hugo, non è carino prendere in giro zia Fleur. Potresti prestarmi quel libro, comunque?
Qui tutto bene, anche se al Ministero c’è qualche problema, ultimamente.
Ti voglio bene,
La tua mamma
PS: molto astuto, Hughie, ma con me non la sfanghi. L’Incanto Proteus è programma del settimo anno. Dimmi cosa avete in mente tu e tua sorella, piuttosto.

Hugo Weasley
Sala Comune di Corvonero
Hogwarts, Scozia

Hermione Granger

5 Buckingham Road

Godric’s Hollow, Hampshire

Mamma,
la tua mancanza di fiducia nei miei confronti mi demoralizza. Certo, posso capire che in una situazione del genere c’era l’ottantacinque per cento delle probabilità che io e Rosie avessimo in mente qualcosa, ma non è detto che sia così!
(E infatti non è così).
Il professor Vitious mi fa seguire un programma extra un po’ più avanzato, ma è un segreto. Non lo devono sapere gli altri studenti, e difatti non lo sa neanche Rose.
Tornando alla faccenda di Molly... è un po’ lunga da spiegare. In pratica una ragazza ha fatto un brutto scherzo a Lucy, e la migliore amica di questa ragazza l’ha presa in giro davanti a Molly. Lei le ha lanciato un’Orcovolante. Alla stessa ragazza dell’Orcovolante, Lorcan Scamandro ha scagliato un’altra fattura. La colpa è stata data a Molly anche se non era stata lei, ma poi Scamandro ha confessato.
Ti voglio bene,
Hugo


Hermione Granger
5 Buckingham Road
Godric’s Hollow, Hampshire

Hugo Weasley

Sala Comune dei Corvonero

Hogwarts, Scozia

Tesoro mio,
ma chi credi di prendere in giro?
Ti voglio bene,
Mamma.

*


Primo giorno di primavera. Hogwarts, Scozia.


“Visto? È stato del tutto inutile.”
Alle parole del fratello, Rose sospirò.
“Beh,” ammise. “In fondo lo sapevo anche io che mamma non se la sarebbe bevuta.”
“Preparatevi all’interrogatorio, durante le vacanze di Pasqua,” pronosticò Albus in tono tetro. “Zia Hermione è una delle persone più curiose che io conosca, e di certo la più intelligente.”
Hugo sbuffò. Rose, inaspettatamente, curvò le labbra in un sorriso – Al aveva già notato che da qualche giorno la cugina sorrideva più spesso. O meglio, guardava il mondo con meno astio.
Tuttavia, il giovane Potter non riuscì a spiegarsi quel sorriso. “Cosa c’è di tanto divertente?” le chiese, perplesso.
“Non ti hanno scritto i tuoi? A Pasqua la famiglia raggiunge lo zio Charlie in Romania... si resta a Hogwarts.”
Albus si sentì decisamente sollevato. “Meno male,” commentò. “Devono averlo scritto a James, e lui si sarà dimenticato di dirmelo...”
Hugo alzò gli occhi al cielo in un modo che ricordava incredibilmente Hermione. “E’ logico,” commentò con il tono lievemente irritante che ostentava quando riteneva di star palesando l’ovvio. “Non ci si può affidare a Jamie per cose del genere. Specialmente da quando si è innamorato.”
Albus gli diede uno scappellotto sulla nuca.
Rose ridacchiò, prima di cambiare discorso: “Al, hai fatto gli auguri a Scorpius?”
“Sì... questa mattina. Io e Jake gli abbiamo mandato un gufo con un carico di Caccabombe.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo nel medesimo gesto del fratello. “Siete incorregibili,” borbottò. “A volte mi chiedo se veramente abbiate sedici anni...”
“Scorpius ne ha diciassette, in veri-”
“Peggio ancora,” insisté Rose, ma sorrideva.
Anche Albus sorrise, mentre Hugo si profondeva in un’enumerazione dettagliata dei milleuno possibili usi delle Caccabombe – specificando qualità dei risultati e dispendio energetico.
Rose attese che il fratello finisse di parlare, e lui si interruppe giusto in tempo prima che lei perdesse la pazienza.
“Dunque,” esordì in tono pratico. “Ricapitolando... sappiamo che è stato praticato questo annullamento Empirico sul Proteus di Gossip Witch. Ma abbiamo la minima idea di cosa questo voglia dire.”
“Potremmo chiedere a Vitious,” propose Al, pensieroso.
“Ma non avrebbe sospetti, scusa?” mormorò Rose in risposta, titubante.
“Rosie, Vitious è un pezzo di pane. Basterà spiegargli che stiamo facendo una ricerca per interesse personale, e –”
“Pensi davvero che se la berrà?” ribatté lei, scettica.
“Tentar non nuoce, no? E poi non stiamo facendo niente di male... se vuoi sapere come la penso io, l’unico motivo per il quale zia Hermione non ci ha detto nulla è che era troppo curiosa di sapere a cosa ci servisse questa informazione!”
Rose sbuffò. “Mamma non è talmente irragionevole da impuntarsi su una cosa così. No, se non ce l’ha detto è perché si tratta di qualcosa di complicato, o con altri risvolti...”
“Ma –”
“Al, ragiona! Se fosse una cosa innocente e banale, di certo sarebbe stata scritta in uno delle migliaia di libri sulle Proprietà che abbiamo sfogliato. Secondo te perché ci sono così pochi volumi sull’Incanto Proteus?”
“Rosie, diventi logorroica quando –”
“Ascoltate,” intervenne Hugo, interrompendo il loro battibecco. “Ho avuto un’idea, credo.”
Gli altri due lo guardarono con tanto d’occhi.
“Parla,” intimò Rose.
“Forse stiamo affrontando il problema da un’angolazione sbagliata... continuiamo a preoccuparci di come si annulli un Proteus, invece dovremmo pensare a chi sia stato, perché Gossip Witch la escluderei...”
Albus strinse gli occhi. “Nessuno studente al disotto del sesto anno,” disse piano. “Se c’è una cosa che sappiamo sull’annullamento Empirico è che si tratta di una magia difficile.”
“Al, io sono al livello di uno del sesto anno,” replicò Hugo senza l’ombra di una falsa modestia. “E Lucy di uno del quinto. Lo sarebbe anche Lily, se si impegnasse un po’ di più...”
“Ho capito,” ridacchiò una voce. “Siete una famiglia di geni.”
Tutti e tre si volsero verso chi aveva parlato. Scorpius Malfoy sorrise largamente, sotto ad un ciuffo biondo – negli ultimi mesi aveva lasciato crescere i capelli, e adesso le liscie ciocche chiare gli piovevano sugli occhi e sfioravano la base del collo.
“Buon compleanno,” gli augurò Rose, sorridendo.
“Auguri,” aggiunse Hugo.
“Grazie,” fece il giovane Malfoy. “Di cosa stavate parlando?”
“Ecco,” cominciò Albus. “Noi...”
“Una ricerca di Incantesimi,” completò Rose.
Scorpius lanciò loro un’occhiata poco convinta, poi scrollò le spalle. “Fa niente. Al, come sta Lucy?”
Il Potter di mezzo sospirò. “Perché non glielo chiedi tu?” propose. “Questa faccenda sta diventando ridicola.”
“Io –”
La faccenda stava effettivamente diventando ridicola, o almeno così la pensava Albus. Scorpius non era mai stato un tipo che portava rancore o una persona restia a perdonare. Fatto sta che da settimane non rivolgeva la parola a Lucy, limitandosi a informarsi su come stesse tramite Albus o Dominique. Tuttavia, quando qualcuno gli chiedeva se si fossero o meno lasciati, rispondeva elusivamente.
“Malfoy, è ora di smetterla con questa storia,” intervenne Rose in tono minaccioso.
Dall’espressione di Scorpius, era evidente che stesse riflettando sul timore incusso nel modo in cui la ragazza aveva pronunciato le tre sillabe del suo cognome – cosa abbastanza strana di per sé.
Beh, effettivamente Rosie sa essere terrificante. Ma se funziona...
In effetti, Scorpius non protestò. Si limitò a salutare con la mano e allontanarsi, evitando accuratamente – come Al notò – di passare accanto alla scrivania della vice-bibliotecaria.
Fifone. Sempre e solo fifone.

*


“Non si schiude. Sono tre settimane che lo studiamo e quel maledettissimo uovo non si schiude!”
“Complimenti, Lorcan,” borbottò Molly. “Non ti ho mai sentito pronunciare una frase tanto lunga.”
Lui le lanciò un’occhiataccia. “Non fare la bisbetica, Weasley.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, Roxanne scoppiò a ridere. Lysander riprese a fischiettare amabilmente.
“Capito, fratello?” riprese Lorcan. “Ti sbagli. Non è un uovo di Fruffolo Frizzante.”
Lysander lo guardò come se l’avesse appena udito dichiarare di essere una renna a pois. “Oh, sì che lo è,” lo contraddisse. “Mamma mi ha detto che sono fatti proprio così.”
“Mamma ha detto che si sarebbe schiuso in diciassette giorni e tredici ore esatte. Sono passati ventuno giorni, e quel coso è rimasto identico.”
“Fratello, sono assolutamente certo che sia un uovo.”
Lorcan sbuffò. “Ma dai, Lys! Ragiona!”
L’altro aprì la bocca per ribattere, ma Roxanne si sporse in punta di piedi e gliela chiuse con un bacio, facendo sorridere Molly – sempre meglio evitarli, i battibecchi fra i gemelli Scamandro. Erano capaci di andare avanti per ore a rimbeccarsi.
Un po’ come Lorcan e me, pensò la ragazza. Allora forse è Lorcan che fa venire i nervi a tutti.
Lo guardò. Sopra alle grosse spalle, sul volto di lui era impressa la solita aria scontrosa.
Non escluderei questa eventualità. A me fa venire sempre i nervi.
Probabilmente prima o poi l’avrebbe ammesso, che era proprio quell’atteggiamento da orso bruno una delle cose che di lui più le piacevano. Lorcan era sincero e immediato. Onesto e naturale. Ruvido ma buono.

*


Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale

Ministero della Magia


Avete interesse per la politica internazionale e ottimi voti? Vi piacerebbe prendere parte alle decisioni che potrebbero dettare il futuro della società Magica? Siete disposti a faticare per ottenere i risultati a cui auspicate? Ritenete di avere un certo talento diplomatico?
L’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale potrebbe essere ciò che fa per voi. Una carriera prestigiosa, nella quale solo i migliori riescono ad avere successo ma che può dare anche grandi soddisfazioni.
La location dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale si trova nella sede londinese del Ministero della Magia Inglese, in una posizione comoda e facilmente raggiungibile. Abbiamo a disposizione –

Adrian richiuse di scatto il dossier che teneva fra le mani, prima di gettare un’occhiata sconsolata alle pile di vivaci volantini che stavano impilati sul tavolo di fronte a lui.
Io vorrei solo sapere chi è stato il genio che ha inventato gli incontri di orientamento pre-esami del settimo anno.
Era qualcosa di irritante. Qualcosa di molto irritante, quel vedersi di fronte milioni di possibilità lavorative e sapere di poter a conti fatti scegliere fra un numero decisamente ristretto di opzioni. Anzi, di non poter scegliere affatto, a dire il vero.
Una parte di lui avrebbe preferito non venire a conoscenza dell’esistenza di alternative. Avrebbe veramente trovato maggior diletto nel non averne la minima idea.
Un po’ come Dominique. So che c’è, ma che è lontana. Avere qualcosa  a portata di mano ma le braccia legate... a quanto pare è un ritornello costante, nella mia vita.
Quasi l’avesse chiamata, il giovane Goldstein percepì improvvisamente una folata di quel profumo vago e sfuggente che caratterizzava Dominique. La sentì fermarsi accanto a lui, e questo lo sorprese.
Levò lo sguardo verso di lei, e si rese conto che nel loro costante evitarsi vicendevolmente erano secoli che non la vedeva da vicino. I capelli chiari erano cresciuti disordinatamente fin quasi alle spalle, in una selvaggia scompostezza che le donava in un modo un po’ strano. Doveva aver preso finalmente qualche chilo, poiché le spalle apparivano meno aguzze, le ginocchia meno ossute e il volto più dolce e disteso. I suoi occhi sembravano in qualche maniera più limpidi, sebbene si potesse ancora intuire il perpetuo lavorio della sua mente, nel baluginio che brillava nelle iridi.
Dominique corrugò le sopracciglia bionde, prima di strappargli di mano senza tanti complimenti il volantino del Ministero.
“Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, Goldstein?” esordì in tono spiccio. “Non ti ci vedo affatto, sai?”
Lui sospirò. “Ho sempre saputo che sarebbe stata questa la mia strada,” disse in tono piatto.
Lei alzò gli occhi al cielo. “Dovresti comunque leggere qualche altro dossier,” commentò. “Magari c’è qualcosa che ti piace di più.”
Adrian, sbalordito dalla familiarità con cui Dominique gli si rivolgeva – Non è da lei, no. No? – non ebbe la forza di ribattere.
Insomma, non ci parliamo da... da quanto?
Lei si chinò sul tavolo, sbattendogli in mano altri volantini con un’espressione che non ammetteva repliche – e questo invece era molto da lei.
“Tieni,” disse. “Accademia Auror. Gringott. Sperimentazione Magica.”
“Ma –”
La ragazza lo guardò con un’espressione che Adrian non seppe valutare.
Ma quando mai sono riuscito a valutarla? Ogni volta che mi sembra di arrivare al dunque... puff. Mi sfugge.
“Non ti ci vedo dietro ad una scrivania, Adrian.”
Lui sorrise mestamente. “Mio padre mi ci vede, invece.”
“A volte anche i padri sbagliano. Leggi quei fascicoli, okay?”
Adrian deglutì. “Dominique, io...”
Ma Dominique si era già dileguata.
Perché devi sempre fuggire?
Abbassò lo sguardo sui volantini che teneva in mano.
Banca dei Maghi Gringott...

*


“Allora, Adrian Goldstein. Sei un mago talentuoso, davvero promettente... potresti fare qualsiasi cosa.”
“Così sembra.”
“Hai già qualche idea?”
“Mio padre ha sempre voluto che lavorassi all’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale.”
Aurora Sinistra levò le mani e si sfilò gli occhiali dal naso, studiando il diciassettenne che aveva di fronte con il suo azzurro sguardo, giusto ma severo. Il giovane Adrian Goldstein ricambiò la sua occhiata con espressione decisa, un certo tormento interiore nascosto nelle iridi e appena intuibile sotto a quel volto pulito.
“Qui non conta ciò che tuo padre vuole, Adrian,” disse, in tono vagamente raddolcito. “Stiamo parlando del tuo futuro.”
“Io voglio lavorare al Ministero!” si affrettò a dire lui.
Questo ragazzo non sa mentire.
“Sai, Adrian. A mio dire saresti sprecato dietro ad una scrivania. Hai mai pensato ad un lavoro che potesse mettere alla prova le tue capacita? Chessò, l’Auror o lo Spezzaincantesimi, ad esempio.”
Lo vide deglutire. “Beh, in effetti alla Gringott ci ho pensato”.

“James Potter?”
Aurora osservò il ragazzo alzarsi e seguirla all’interno della stanza. Come ogni volta che lo vedeva, pensò a quanto il suo sguardo onesto le ricordava il padre Harry.
“Allora, James. Tu sei un altro che potrebbe fare praticamente tutto... anche se sconsiglierei un contatto troppo ravvicinato con Erbologia.”
Il giovane Potter ridacchiò.
“Hai qualche idea?” riprese la preside.
“Vorrei fare l’Auror.”
Aurora sorrise. “Non posso che approvare. Sarai un grande Auror, Potter”.

“Dunque, Lorcan... come procede il castigo?”
Il ragazzo biondo, non troppo alto ma dalle spalle larghe, lanciò ad Aurora uno sguardo carico d’astio.
“Va male,” brontolò. “Professoressa, è una punizione. Come può andarmi bene?”
“Scamandro, devi solo riordinare qualche schedario. Sempre meglio che pulire il fegato di drago dai vermi, no?”
Lui non rispose.
“Bene,” fece la preside, pacata. “Cosa vorresti fare?”
“Draghi.”
“Con questo intendi... ?”
“Draghi,” un baluginio quasi folle illuminò gli occhi di Lorcan. “Voglio occuparmi di draghi”.

“Lysander... i tuoi voti sono un po’ ballerini, ma te la cavi.”
Il ragazzo sorrise dolcemente.
“Oh, grazie!” esclamò, entusiasta. “Adoro il balletto, anche se mi riesce difficile immaginare i miei voti mentre eseguono trentadue fouettés en tournant*.”
Aurora trattenne una risatina.
“Suvvia, Lysander. Cosa vorresti fare da grande?”
Lui la guardò con tanto d’occhi.
“Devo deciderlo adesso?”
“Beh, sarebbe opportuno che ti facessi un’idea...”
“Ah.”
“Non c’è proprio nulla che vorresti fare?”
“Vorrei stare con Roxanne.”
“E dopo?”
“Anche dopo!”
“Lysander, non intendevo in quel senso...”.

“Dominique...”
Quella ragazza bionda non le aveva mai suscitato tanta simpatia. Da ex-Grifondoro, Aurora amava le persone solide e determinate, decise e generose, e malsopportava gli eterni indecisi e gli egoisti. Dominique Weasley era un’adolescente chiaramente un poco instabile, probabilmente eterna indecisa e indubbiamente egoista.
Ma non posso lasciarmi condizionare dalle mie simpatie, no?
Dominique ricambiava il suo sguardo con occhi pensierosi e vivi, in paziente attesa.
“Allora, Dominique. Cosa vorresti fare dopo la scuola?”
“La Spezzaincantesimi,” replicò lei, senza alcuna esitazione nella voce.
Appariva talmente sicura che...
Forse devo rivedere i miei giudizi.
Aurora gettò uno sguardo alle voti della ragazza.
“Il tuo Eccezionale in Aritmanzia conferma i miei pensieri, Dominique,” disse. “Non potresti fare scelta migliore, se è ciò che vuoi davvero”.

“Ah, Molly. Sono lieta di vederti!”
“Il piacere è mio, professoressa.”
Aurora sorrise. Era sempre andata d’accordo con Molly... era una ragazza che sapeva ciò che faceva e, soprattutto, ciò che voleva.
La preside si schiarì la voce. “Mi scuso ancora per l’inconveniente della signorina Finigann.”
“Non si preoccupi... è stato un disguido, no?”
Aurora sorrise ancora, e annuì.
“So già cosa vuoi fare...”
“Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, Winzengamot, Ministro della Magia.”
“... e credo proprio che ci riuscirai”.

La cugina di Molly Weasley che entrò dopo di lei non le somigliava affatto. Se Molly era alta, pallida e ossuta, Roxanne era più bassa e robusta, con riccissimi capelli neri e una calda carnagione color caffelatte. Sorrise un po’ timidamente, ma ad Aurora parve poco significativo – soli pochi minuti prima l’aveva vista ridere in modo molto meno timido, nel corridoio.
“Buonasera, Roxanne.”
“Buonasera, professoressa.”
Aurora sollevò il fascicolo della ragazza e lo scorse rapidamente.
“Bene, i tuoi voti sono piuttosto buoni... hai qualche incertezza in Trasfigurazione, ma per il resto non hai nessun problema. Sai già di cosa vorresti occuparti dopo la scuola?”
Roxanne si schiarì la voce. “Ecco, a dire il vero non molto. Ho qualche idea, certo, ma niente di definito.”
“Parlami un po’ di queste idee.”
“Ecco... mi piacerebbe essere una giornalista.”
“Che ambito del giornalismo?”
“Inizialmente pensavo cronache sportive. Ma a dire il vero credo che mi piacerebbe occuparmi di divulgazione magi-scientifica.”
Aurora annuì. “Mi pare un’ottima scelta. Solo una cosa...”
“Sì?”
“Scegli bene, perché credo che il signor Scamandro ti seguirà anche in capo al mondo”.

Aurora spuntò un altro nome sulla lista, e sospirò lievemente di sollievo quando si rese conto che ne era rimasto uno solo. La testa bionda di Grace Zabini fece capolino dalla porta, e la preside sorrise facendole segno di entrare. Anche Grace le era sempre piaciuta, nonostante in passato avesse avuto – e creato – parecchi problemi. La ragazza aveva quel modo pieno e sincero di vivere ogni esperienza, una celata forza d’animo che solo negli ultimi tempi era realmente emersa, ma che era sempre stata lì.
“Dunque, Grace. Hai qualche idea?”
La ragazza sorrise di quel suo sorriso incredibile, simile a un’esplosione oppure un fuoco d’artificio.
“A dire il vero sì... vorrei fare l’Auror.”
Aurora la guardò bene. Sembrava coraggiosa, appassionata, convinta.
“Sai, Zabini, credo che tu abbia tutte le potenzialità per diventare un’ottima Auror”.

*


Lucy era convinta di aver finalmente capito. C’era una sola cosa da fare, adesso, se voleva riaggiustare le cose con Scorpius: prendere l’iniziativa.
E sperare che non sia troppo tardi.
Era sera, e Lucy stava appostata in sala d’ingresso, in attesa che i giocatori di Quidditch di Serpeverde tornassero dagli allenamenti. Il suo piano era di andargli incontro non appena l’avesse visto arrivare, per poi comportarsi come se nulla fosse intervenuto a incrinare il loro rapporto. Da parecchi minuti torturava nervosamente il piccolo dono incartato che stringeva fra le dita, battendo ritmicamente sul pavimento di pietra il piede sinistro.
Oh, Merlino. Che ansia...
Finalmente, udì il chiasso della squadra di Serpeverde che attraversava il parco in un cameratesco fracasso. Le sembro perfino di poter sentire la risata di Scorpius. Quando i giocatori entrarono nella sala d’ingresso, Lucy respirò profondamente e uscì dal buio della colonna dietro alla quale si era nascosta.
Nel vederla, Scorpius si immobilizzò. Un suo compagno di dormitorio, tale Bernie Boot, parve comprendere la situazione, poiché fece un segno al caposcuola e capitano Ben Aubrey, il quale lo degnò di un’occhiata di superiorità prima di incitare la squadra ad avviarsi verso i dormitori. Quando l’ultima infangata divisa verde scomparve giù per le scale che conducevano ai sotterranei, Lucy si avvicinò a Scorpius.
“Ciao,” disse in tono vagamente tremante. “Buon compleanno!”
Scorpius sorrise in modo appena tirato. “Grazie,” mormorò, e prese il pacchetto che lei gli porgeva.
Lucy deglutì. “Scorpius, io...”
Ma si interruppe. Lui la guardò con occhi teneri ma gravi.
“Dimmi,” la incoraggiò, piano.
“Mi dispiace. E mi manchi,” Lucy arrossì, ma sostenne il suo sguardo. “Tanto.”
Scorpius le diede un leggero pizzicotto sulla guancia rotonda, e Lucy sorrise fra le lacrime che iniziavano a salirle, annebbiandole la vista. Anche il mento del ragazzo tremò.
“Mi manchi anche tu,” mormorò. “Tanto.”
“Io –”
Ssh...” fece lui, posandole l’indice sulle labbra. “Le parole non servono.”
Lucy seppe cosa doveva fare. Si sollevò sulla punta dei piedi, tirando al contempo Scorpius verso di sé per il davanti della divisa di Quidditch. Poggiò le labbra sulle sue, e se il loro qualcosa non era tornato integro, qualche pezzo era stato di nuovo incollato insieme.

Vows are spoken to be broken,

Feelings are intense, words are trivial.

Pleasures remain, so does the pain,

Words are meaningless and unforgettable.

All I ever wanted, all I ever needed is here in my arms.²



 


 

¹The sun doesn't like you, Norah Jones.
² Enjoy the Silence, Tori Amos.



Note dell’Autrice
Salve! Per prima cosa annuncio che mentre scrivo queste parole ho queste corna da renna in testa. (Lo so, probabilmente non vi interessa, ma vi assicuro che lo spettacolo è esilarante visto dal vivo). Al di là dei miei deliri, buon quasi-Natale!
Ci stiamo avvicinando alle 100 recensioni... quando ci arriveremo vi farò un regalino per festeggiare, deciso.
In questo capitolo avete conosciuto meglio Hugo, fatto amicizia con Aurora Sinistra e gridato “Finalmente!” al pezzo su Lucy e Scorpius. Credo. Ecco. Sto migliorando con i banner, vero? (Ditemi di sì ditemi di sì).
Ditemi se vi è piaciuto il capitolo!

Baci e tanto amore,
Daph-la-Renna.

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Capitolo 22
*** 21. Here I Am ***


Dedico questo capitolo a tutti voi, che mi avete seguita fino ad ora e che, spero, continuerete a farlo ancora. Grazie, grazie davvero.

Capitolo 21

Here I Am


The sky is crying the streets are full of tears

Rain come down wash away my fears

And all this writing on the wall

Oh, I can read between the lines.


Anche il giorno di Pasqua, Adrian si svegliò all’alba. La rosea luce del sole che cominciava a sorgere invadeva completamente la sua camera da letto di Villa Goldstein, che era ampia e ariosa. L’illuminazione era garantita dagli archi a tutto sesto delle finestre. Suo padre Anthony diceva sempre che esse imitavano l’architettura della sala comune dei Corvonero, caratterizzata da ambienti luminosi e larghe finestre. Dando retta a lui, in quelle stanze era percepibile come una costante vibrazione nell’aria, il fremente trattenere il fiato che precede una qualche scoperta interessante. Adrian non era mai capitato nella torre di Corvonero, perciò non poteva sapere se ciò corrispondesse a verità o se fosse invece una fanatica suggestione di suo padre. Certo era che la sua camera da letto corrispondeva a tutte le descrizioni che gli erano state fatte dei dormitori bronzo-blu: le cortine blu polvere dei letti a baldacchino, il senso di elevazione provocato dai paesaggi circostanti, il cielo azzurro che ravvivava il grigio pietra delle pareti. I libri. I tanti libri.
Adrian si rigirò ancora nel letto, tentando di riprendere sonno. Dovette però avvedersi di essere ormai perfettamente sveglio: per quel giorno, non avrebbe dormito di più.
Avendo quindi poco da fare, con il sole quasi neanche sorto e ogni barlume di sonnolenza dissolto, Adrian finì per sedersi alla vecchia scrivania in mogano che aveva sede di fronte al letto, colpita lateralmente dalla rosata luce dell’aurora. Fin da quando il giovane Goldstein potesse ricordare, nella sua camera da letto c’erano sempre stati gli stessi mobili – antiquati e imponenti, decisamente poco adatti alla stanza di un bambino. Nell’ambiente pressoché ogni cosa era rimasta immutata, salvo la grossa libreria che era andata sempre più riempendosi e una piccola macchia sul muro che si era fatta più evidente. La stanza non aveva mai contenuto giocattoli, i quali pur se forniti in abbondanza erano relegati a luoghi più opportuni e orari programmati. Era suo padre a prescrivere i precisi ritmi della sua giornata, e non tollerava che essi non venissero rispettati. Secondo Elena, la madre – italiana – di Adrian, a indurirlo in questo modo era stata la guerra, in cui aveva perso entrambi i genitori. Proprio per le esperienze vissute egli aveva imposto ai propri figli un’educazione tanto rigida. Adrian sapeva che anche Lucrezia, la sua sorellina, veniva istruita in tale maniera, e sperava solo che a causa di ciò non finisse per perdere la sua estrema vivacità.
Guardandosi attorno, il ragazzo realizzò quanto quella stanza fosse impersonale in maniera disarmante. Le pareti erano del tutto spoglie, prive di manifesti o ritagli o qualunque altra cosa che ad un qualsiasi adolescente sarebbe piaciuto appendere ai muri della propria cameretta. Anche la scrivania, presso la quale Adrian adesso sedeva, era terribilmente linda e muta, nonostante il fascio di pergamente ordinatamente impilato, la boccetta d’inchiostro colma e ben serrata e le penne d’oca stipate per bene nel loro scomparto. Unica fonte di vivacità era una busta chiusa, con il mittente tracciato in chiare lettere.
Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale
Ministero della Magia
Londra
Adrian rabbrividì, ripensando alle parole della preside Sinistra.
I moduli per le domande di ammissione arriveranno presto alla vostra abitazione... li compilerete in luglio, dopo aver ricevuto i risultati dei vostri esami.
Ma dov’é la lettera della Gringott?
La cercò con gli occhi sul piano della scrivania, ma non trovandone traccia giunse alla conclusione che non dovesse ancora essere arrivata. Sospirò e si lasciò andare contro lo schienale della sedia, pensoso, intrecciando le mani dietro la testa.
Forse è un segno del destino, rifletté. Forse non devo fare lo Spezzaincantesimi.
Dietro alle sue palpebre chiuse baluginò l’immagine di Dominique, mentre con quell’espressione strana in volto dichiarava fermamente di non vedercelo affatto, dietro ad una scrivania.
Merlino, Dominique...
Sospirò pesantemente, nel rendersi conto che poteva ricostruire alla perfezione ogni immagine di quella breve conversazione. I riflessi del sole che entrava dalle finestre sui suoi capelli, quella scintilla d’oro che danzava vivace sulle ciocche chiare ad ogni movimento del suo capo. Il modo in cui alcuni ciuffi arrivavano a solleticarle le spalle, quello scompigliato disordine che le stava bene, anche se appariva un po’ strano. La pelle chiara delle sue dita, strette intorno ai dossier.
Tieni. Accademia Auror. Gringott. Sperimentazione Magica.
La sua voce, brillante e chiara... quella voce categorica, a tratti sbrigativa. I suoi acuti occhi grigi, quello strano fremere delle sue iridi che non aveva saputo valutare. La quiete. La quiete che, come i suoi capelli corti, le stava addosso stranamente ma anche bene, che gli aveva fatto scaldare il cuore.
Basta, Adrian. Smettila.
Per distrarsi, aprì di scatto il primo cassetto della scrivania e ci infilò la missiva del Ministero, tentando incosciamente di nasconderla ai propri occhi.
Quella lettera era categorica quanto Dominique, ma in modo sbagliato. Appariva all’orizzonte, pesante e opprimente, inondando il suo futuro con prepotenza.
Gringott.
La banca dei maghi era uno spiraglio, questo Adrian lo percepiva chiaramente. Uno spiraglio che avrebbe dovuto cogliere, forse... o forse no.

Lì sulla banchina della stazione, la mano di Anthony si posa sulla spalla del figlio, il quale distoglie lo sguardo da quella ragazzina bionda per prestare attenzione al padre. Quell’inaspettato contatto fisico lo stupisce: suo padre è sempre duro, distante. Manifesta il proprio affetto – che pure è tanto, Adrian lo sa – con sguardi, rari sorrisi, occhiate di approvazione. Solo che a volte per un bambino non basta.
Anthony si abbassa alla stessa altezza del figlio, e lo guarda. I suoi occhi sono strani, nota l’undicenne. Sembrano deboli, in qualche modo scoperti. Probabilmente, riflette con stupore, papà è emozionato.
“Allora, Adrian,” dice in tono calmo. “Adesso è ora di salire su quel treno.”
Il ragazzino annuisce.
“Andrà tutto bene. Con ogni probabilità, verrai smistato in Corvonero. Avrai ottimi voti.”
Adrian annuisce ancora.
“A Hogwarts starai bene. Hogwarts ti farà felice,” sospira. “Scrivici,” aggiunge. “Ci mancherai. A me, alla mamma e a Lucrezia.”
Lucrezia ha solo quattro anni e mezzo, ma già riesce a scrivere qualche frase sgrammaticata. Adrian spera di ricevere qualche lettera anche dalla sorellina, ma non lo dice.
“Va bene, papà,” mormora, abbassando gli occhi.
“Adrian.”
Lui alza di nuovo lo sguardo.
“Ti voglio bene.”
“Anche io, papà.”
“Rendimi fiero di te, d’accordo?”
“Okay.”
Adrian vorrebbe davvero renderlo fiero. Lo vorrebbe con tutto il suo cuore, perché sa che lo renderebbe felice.
Adrian comincia a renderlo meno fiero poche ore dopo, con il Cappello Parlante in testa.
“Oh, qui abbiamo un dilemma interessante!” sussurra la vocina nel suo orecchio.
Il ragazzino deglutisce.
Che dilemma?, chiede mentalmente.
“Collocarti non è una facile impresa, ragazzo. Questo lo sai, vero?”
Veramente io...
“Cosa fare?”
Siamo tutti stati Corvonero in famiglia, e –
“Uhm. Corvonero, dici? Oh, di certo hai molte delle qualità dei Corvonero. Sei arguto, intuitivo... con una certa vena di competizione, ma –”
Io voglio andare in Corvonero.
“C’è un ma... in te c’è molto altro. La conoscenza non è ciò che più ti preme.”
Io...
“Tu brami avventure, ragazzo. Brami intensità.”
Ma...
“Ne ho visti, di fanciulli da smistare. Ho visto tanti Corvonero, e tu non sei uno di loro. GRIFONDORO!”
Al piccolo Adrian sembra di sprofondare, mentre la tavolata rosso-oro esulta e lui sente un prepotente senso di nausea avvolgerlo. Il professor Vitious, dietro di lui, gli sfiora appena la schiena, e solo a quel punto Adrian si ricorda che dovrebbe togliersi il Cappello e raggiungere i suoi nuovi compagni di casa. Percorre lo spazio fra i tavoli come in trance, lasciandosi cadere sulla panca con aria assente. Quasi non si accorge delle mani che stringe, degli studenti che lo festeggiano, mentre guarda il tavolo di Corvonero e pensa a papà...

Adrian scosse la testa, scacciando i ricordi. Si avvicinò invece al proprio baule. Lo aprì e vi frugò dentro, fino a estrarne la propria sciarpa di Grifondoro.
La attaccò alla testiera del letto con un incantesimo di Adesione Permanente, prima di tornare a dormire.


*


Roxanne Weasley
Sala Comune dei Grifondoro
Hogwarts, Scozia

Fred Weasley Jr

Riserva Nazionale di Covasna

Transilvania, Romania

Caro Freddie,
come va in Romania da zio Charlie? Conoscendoti, ti starai divertendo un casino e starai facendo dannare l’anima alla mamma, mentre papà se la ride.
(E non è una cosa carina, Freddie, neanche un po’).
Merlino, rompiscatole, mi manchi. Qui a Hogwarts non c’è nessuno che rompa sufficientemente (sai, fratellino, mi domando come tu faccia ad essere una tale pestilenza anche a dieci anni, con qualche stato di distanza).
Proprio perché mi manchi ti do la possibilità di prendermi in giro ancora di più di quanto tu già non faccia: ho un ragazzo. Un ragazzo vero, e anche adorabile, anche se un po’... particolare? Il figlio degli Scamandro, hai presente?
No, non quello psicopatico che lancia Vermicoli sui passanti quando osano passargli davanti. Lui sta con Molly (e non uscirtene con la famiglia, se non vuoi far infuriare nostra cugina. Non vuoi far infuriare Molly, vero? Vero?).
Ricapitolando, il mio ragazzo non è (ringraziando il cielo) quel raro esemplare di orso imbizzarrito che è Lorcan, ma Lysander. Quello con gli occhi sgranati e sognanti che somiglia molto a sua mamma. Sì, so perfettamente cosa dirai. Che sta fuori come un balcone bla bla bla, ma anche che proprio per questo è geniale. Che dire, Freddie! Mi manca il mio fratellino, ed è davvero un ingiustizia che io e te non passeremo contemporaneamente neanche un anno a Hogwarts. Quasi quasi ho la tentazione di farmi bocciare nei M. A. G. O., ma la mamma mi ucciderebbe a mani nude.
Qui te la spasseresti, davvero.
Ti voglio bene, rompiscatole!
Roxanne


Fred Weasley Jr
Riserva Nazionale di Covasna
Transilvania, Romania

Roxanne Weasley

Sala Comune dei Grifondoro

Hogwarts, Scozia


Roxy-doxy,
hai un ragazzo? Hai DAVVERO DAVVERO un ragazzo? Ahahaha.
Lo conosco poco, quel Lysander. Sta sempre perso nel suo mondo immaginario, giusto? Con quegli occhi svagati e persi? Le creature dei suoi sogni?
Devi farmelo conoscere, Roxy-doxy. Me lo spasserei con lui. Il tuo ragazzo, sorella! Doxy-boy! Deve essere un genio e sicuramente è fuori come un balcone.
Qui è una figata. I draghi sono ELEVATI, giuro. C’è un Ungaro Spinato che mi sta molto simpatico, e terrorizzo la nonna perché mi avvicino quando dorme e gli tocco le spine (che poi sono degli affari lunghi mezzo metro). In verità c’è un incantesimo che li fa dormire, ma nonna non lo sa (o forse lo sa ma se ne dimentica). Comunque quello Spinato è pazzesco, e quando muove la coda fa SWISH SWISH nell’aria. Immagina la scena. Un coso grosso, scuro e ringhiante che puzza di zolfo e che ruggisce e muove la testa, ha una faccia cattivissima e gli occhi GIALLI, poi agita la coda nell’aria e SWISH SWISH! Insomma, è magnifico. Poi apre la bocca e sputa fuoco, e le fiamme si agitano fra quei dentoni affilati e taglienti.
Roxy-doxy, è pericoloso. Molto pericoloso.
Ma io rido in faccia al pericolo, e riderebbe anche Terrie*se fosse qui. Che poi Terrie è la sorella del tuo ragazzo e del ragazzo di Molly ed è la mia amica del cuore e LEI sì che sta fuori come un balcone.
(Ma una che si chiama TERPSICHORE può solo stare fuori come un balcone).
Sorella, non dirò nulla alla famiglia di Cane Pazzo Lorcan e i suoi Vermicoli mandrilli, specie riguardo alla sua storia con Molly. (No non voglio far arrabbiare Molly perché è terrificante e perché poi sta con un pazzo potenzialmente omicida).
A parte gli scherzi, quello ha qualche rotella fuori posto. L’ultima volta che l’ho visto sembrava un toro INFEROCITO, sai, quando i tori strusciano con lo zoccolo per terra prima di correre verso la muleta (il drappo rosso dei toreri).
Lorcan Scamandro è pazzo, ma Molly è pazza quanto lui e poi ce la vedo come matador.
Tu sei davvero melensa in maniera DISGUSTOSA quando dici che ti manco.
(Io non te lo dico perché la lettera potrebbe essere letta da qualcun altro e non si deve spargere la voce che mi manchi).
Ciao,
Fred.



*


La mattina di Pasqua, Rose sospirò profondamente, prima di sollevare la mano con le dita strette in un pugno e battere tre colpi misurati alla porta che aveva di fronte.
Dopo settimane di ricerche infruttuose, il giovane Hugo, stanco dei battibecchi ormai continui fra Albus e Rose, aveva deciso che avrebbero dovuto darci un taglio. A quel punto era chiaro, aveva stabilito, che nella biblioteca di Hogwarts non vi fosse un singolo volume in grado di spiegare loro cosa diavolo fosse l’annullamento Empirico della Proprietà.
“Probabilmente,” aveva aggiunto Rose con aria scocciata, “ hanno nascosto i libri da qualche parte.”
Hugo aveva annuito con aria solenne, e per una volta anche Albus si era rivelato d’accordo – ultimamente sembrava averci preso gusto, a fare il Bastian contrario della situazione.
Infine, il ragazzino aveva decretato che non possedevano i mezzi per poter risolvere quell’enigma da soli, e che perciò era necessario chiedere di nuovo aiuto ai grandi.
Rose si era in principio opposta strenuamente.
“Insomma, Hugo!” aveva protestato. “Abbiamo già fatto un tentativo con la mamma, e guarda com’è finita.”
“In fin dei conti,” l’aveva contraddetta Albus con aria pensosa, “quella di Hugo non è affatto una cattiva idea.”
Rose si era indignata. “Ma cos-”
“Insomma,” proseguì Al, ignorandola. “Vitious è molto più malleabile di zia Hermione.”
Tanto dissero e tanto fecero che Rose non poté fare a meno di acconsentire, sebbene la contrariasse parecchio l’essere stata lei stessa designata per quell’ingrato compito.
“Suvvia, sei bravissima in Incantesimi!” l’aveva adulata Hugo nel tentativo di convincerla. “Vitious ti adora.”
Rose aveva dovuto considerare di essere in effetti fra i tre la più adatta a un simile incarico – Albus era troppo... troppo qualcosa, e Hugo era troppo piccolo.
Tuttavia, fu a malincuore che bussò tre volte alla porta dell’ufficio del professor Vitious. Per qualche istante, udì dall’altra parte solo una serie di suoni melodiosi, poi essi si interruppero e la voce nell’insegnante si levò in un pigolio, invitandola ad entrare. Rose, che pure era di corporatura minuta, non poté fare a meno di sentirsi come sempre una goffa gigantessa nel conferire con Vitious. L’insegnante le arrivava a stento alla vita, ed era questo – assieme alla barba candida e vaporosa, simile a zucchero filato –  a conferirgli quell’aspetto di eterea fragilità che fece sentire la ragazza tanto inadeguata. Specialmente perché Filius Vitious era buono e fiducioso, e lei stava per prenderlo in giro.
Per un buon fine, però.
Era un buon fine, su questo non c’era alcun dubbio. Al si era detto d’accordo con Rose, quando lei gli aveva confidato di percpepire qualcosa di sospetto in tutta quella faccenda. Era una brutta sensazione...
“Buongiorno, Rose!” cinguettò il professore, scostandosi per lasciarla entrare.
Rose poté vedere un violino abbandonato sul tavolo, e capì in cosa consistessero i suoni melodiosi che aveva sentito mentre sostava di fronte alla porta. Se possibile, questo la fece sentire ancora più in colpa.
Che razza di Serpeverde sei, Rosie?
Il professore la fece accomodare su di una  sedia confortevole  e le offrì del té, che la ragazza rifiutò gentilmente.
“Che cosa ti porta qui?” le chiese infine cordialmente, appollaiato in cima ad una pila di cuscini. Rose deglutì, preparandosi a dire la bugia che aveva concordato assieme ad Albus e Hugo.
Per fortuna so mentire.
“Mia cugina Roxanne mi ha chiesto aiuto per una ricerca di Incantesimi,” esordì – Roxanne era sempre stata un poco traballante in Incantesimi. “Sull’Incanto Proteus,” aggiunse.
Vitious annuì – per evitare gaffe, si erano informati sui cugini maggiori a proposito del punto cui erano arrivati col programma.
“Ed ecco... ho trovato qualcosa di interessante, ma che non sono riuscita a capire... ho cercato di fare altre ricerche, ma da nessuna parte si parla di cosa sia l’annullamento Empirico della Proprietà.”
Quando Rose ebbe finito di parlare, Vitious sospirò. e la ragazza seppe chiaramente che non se l’era bevuta. Gli occhi dell’insegnante scintillarono, permettendole per un istante di cogliere l’acciaio ben temprato che era nascosto sotto quell’apparenza fragile.
“Rose,” le chiese dolcemente. “Ti andrebbe di spiegarmi qual’è il vero motivo per cui cerchi di scoprirlo?”
La giovane Weasley non si scompose. “Oh, mero interesse magi-scientifico,” mentì.
Il professore sospirò ancora, e lei si arrese, abbassando gli occhi.
Avremmo dovuto immaginarlo, pensò, irritata.
Nonostante l’aspetto amabile, Vitious non era di certo un ingenuo. Era ovvio in fin dei conti che non si lasciasse rigirare tanto facilmente, e per giunta con una bugia tanto scontata... Il professore era della vecchia scuola, aveva fatto la guerra – ne aveva fatte due. E loro, tre ragazzini, avevano pensato di poterlo ingannare a quella maniera? Maledisse la propria superbia.
“Mi dispiace, professore,” mormorò alzandosi – ma dispiacendosi per lo più a causa della propria stoltezza. “Non avrei dovuto farle una domanda simile.”
Vitious annuì gravemente, ma sorrise con indulgenza. “Già, Rose. Non avresti dovuto”.


*


“Papà non viene a pranzo?” chiese Adrian cautamente, prendendo posto in tavola accanto alla madre. Di fronte a lui, l’undicenne Lucrezia gli lanciò un’occhiata ammonitrice e scosse impercettibilmente la testa. Lui annuì gravemente.
“Okay,” mormorò. “Che cosa c’è da mangiare?”
Le labbra di Elena si incurvarono appena in un lieve sorriso, prima che si rivolgesse al figlio. “Quello che mangiamo ogni anno la domenica di Pasqua, tesoro. Agnello al forno con patate e contorni di vario genere.”
“E il dolce pasquale!” aggiunse Lucrezia con costruita vivacità, volta più che altro a rallegrare l’atmosfera – ad Adrian venne da sorridere, seppure un po’ tristemente.
“Ah, beh... wow!” fece lui. “Che fame!”
La sorellina gli lanciò un’occhiata di traverso e poi roteò gli occhi, gesto che Adrian non ebbe difficoltà a interpretare.
Lo so, recito malissimo.
Elena batté un paio di volte le mani. A quel segnale, il loro vecchio elfo domestico entrò nella stanza con un grosso vassoio pieno di agnello e patate al forno, coperto da una salsa dall’aspetto e dal profumo davvero deliziosi. Adrian lo vide servire anche il posto vuoto del padre senza attendere un ordine di Elena, come fosse una consuetudine. Gettò di nascosto un’occhiata a sua madre, e osservando il modo in cui evitava di trattenere il proprio sguardo a lungo sul posto vuoto che aveva di fronte, capì che anche mentre lui si trovava a Hogwarts quello era l’andazzo. Percepì un moto di rabbia artigliarli prepotentemente lo stomaco, ma si contenne. Lucrezia stava scrutando la madre con serietà, come a sorvegliarla.
Qui è lei a badare alla mamma, realizzò Adrian. Non viceversa.
La conscienziosità della sorella non lo stupiva affatto, ma non era giusto che fosse lei a prendersi cura di Elena.
Chi si prende cura di Lucrezia, mentre io non ci sono?
La ragazzina parve indovinare i suoi pensieri, perché agitò appena il mento con noncuranza, come a dire che non importava. Fin da quando erano bambini, i due fratelli avevano sviluppato una sorta di codice, un linguaggio di occhiate e gesti quasi impercettibili che era comprensibile solo a loro, e che utilizzavano quando volevano parlare sotto gli occhi dei genitori di qualcosa che nessun’altro doveva capire. Tuttavia, quello scrollare di mento di Lucrezia, riportò alla mente di Adrian un altro gesto, un’altra persona. Rivide davanti ai propri occhi la mano liscia e pallida di Dominique agitarsi con grazia vezzosa, come se stesse scacciando una mosca. Gli sembrò di poterla vedere fare quel gesto infinite volte... quando Grace era appena tornata dalla Francia, ad esempio. Adrian stava sbirciando di nascosto Dominique dal tavolo di Grifondoro, come era solito fare. Grace si era avvicinata ai Serpeverde, le due ragazze si erano strette in un freddo abbraccio. La Weasley aveva detto qualcosa di probabilmente perfido, e poi aveva fatto quel gesto... l’altra si era allontanata. Grace in quel momento la infastidiva, poiché era qualcosa con cui avrebbe dovuto fare i conti. Nella sua mente la mano di Dominique si ripeteva come un’eco continua, e lui si rese conto che la ragazza compiva quel gesto ogni qual volta si trovasse di fronte ad una realtà spiacevole, una scomoda verità che non voleva affrontare.
Grace, il cibo. Me.
Adrian guardò Lucrezia scrollare appena il mento, e scosse la testa. La ragazzina corrugò per un istante le sopracciglia, sorpresa. Lui la guardò con gravità.
“Adri, tesoro,” disse Elena d’improvviso, come se si fosse solo in quel momento ricordata della loro presenza. “Come... come va con la scuola?”
“Tutto bene, mamma, io...”
Ma si interruppe, rendendosi conto che la madre non lo ascoltava.
Deglutì. “Ho preso un Troll in Trasfigurazione, mamma,” buttò lì. “E ho una media di Desolante in Pozioni.”
“Ah sì?” fece Elena. “Bravissimo, tesoro.”
Quasi gli venne da ridere per la disperazione. Lucrezia scosse la testa.


*


“Tu!” abbaiò la voce di Irma Pince. “Vieni qui.”
Albus sbiancò, immobilizzandosi.
Oh, accidenti!
Respirò profondamente e si sforzò di imprimere sul proprio volto la più innocente delle espressioni, prima di voltarsi lentamente e sorridere alla bibliotecaria con fare ammaliante. Non che si illudesse di farla franca.
“Potter!” ringhiò ancora la vecchia bisbetica. “Ce l’hai il permesso, eh?”
Al non aveva il permesso, no. Si era limitato ad assicurarsi che la biblioteca non fosse troppo affollata, e poi aveva scavalcato il cordone che separava il Reparto Proibito dalle altre sezioni, sperando che l’usuale nonchalance bastasse per tenerlo fuori dai guai e permettergli, magari, di scoprire qualcosa di utile. A quanto pareva, non aveva funzionato. Si sforzò di rendere il proprio sorriso ancora più largo.
“Il permesso?” disse con naturalezza. “Oh, certo. Devo averlo da qualche parte.”
Finse di frugare nelle tasche, mentre le sopracciglia sottili della Pince si sollevavano al punto di scomparire quasi all’attaccatura dei capelli grigi.
“Ops!” fece, sorridendo ancora. “Devo averlo dimenticato.”
La bibliotecaria sogghignò. “Oh, no, Potter... non lo hai dimenticato. Tu il permesso non ce l’hai.”
“Ma –”
“Seguimi dal custode, e senza fare troppe storie.”
Albus sospirò profondamente, e vedendosi costretto ad obbedire tacque. Seguì la Pince per un corridoio e qualche rampa di scale, prima di arrivare nella stanza del custode.
Al pari della bibliotecaria, Argus Gazza si poteva considerare un vero e proprio reperto archeologico della scuola. Ormai vecchio e ingobbito, ancora proseguiva a rincorrere gli studenti per i corridoi, agitando il bastone da passeggio e imprecando loro dietro con la sua voce stridula. A detta di zio Ron, l’unica cosa che negli anni era cambiata era la sua gatta. Quando l’ormai decrepita Mrs Purr era deceduta, era stata sostituita da una soriana di nome Dolores, grassa e dal muso schiacciato, altrettanto antipatica – parecchi studenti sognavano di tirarle un bel calcio nel didietro, una volta o l’altra.
Madama Pince aprì la porta dell’ufficio di Gazza senza bussare, con familiarità, il che fece pensare ad Albus che le voci riguardanti un presunto flirt fra i due non dovessero avere poi tutti i torti. Quando la seguì all’interno della stanza, scoprì che il custode non era solo – e tirò un sospiro di sollievo: per un istante aveva temuto di essere coinvolto in un triangolo amoroso fra lui e la Pince. Di fronte alla scrivania del vecchio Gazza, era seduta una ragazza dai capelli castani e ricci, con il fisico atletico e uno sprezzante nasino all’insù. Albus boccheggiò.
“Q-quinn?”
Lei si volse, e nel vedere la sua espressione rabbiosa, Al desiderò essere ovunque, davvero, fuorché lì. Quinn Baston era del suo anno, battitrice della squadra di Quidditch di Grifondoro, e oltre a essere l’antitesi della femminilità, era anche terrificante. Sebbene fosse davvero graziosa, non si sapeva di un singolo ragazzo che avesse provato ad avvicinarsi a lei – neanche lo stesso Albus, il quale onestamente preferiva continuare ad avere la testa attaccata sul collo piuttosto che azzardare un’advance con una tipa del genere.
Perché Quinn era matta, matta da legare. Competitiva e combattiva, faceva del Quidditch una ragion di stato e aveva davvero un pessimo carattere.
Se andavano d’accordo, era perché Albus aveva finito per considerarla un uomo.
“Potter,” lo salutò lei sbrigativamente – Al non l’aveva mai udita chiamare qualcuno per nome.
Il ragazzo iniziò subito a pensare a quale sarebbe stata la via di fuga più rapida, una volta che la Pince e Gazza avessero deciso il suo destino. Non aveva la minima intenzione di essere la valvola di sfogo della rabbia di Quinn, no.
Tuttavia, non riuscì a trattenere la curiosità. “Perché sei qui, Quinn?” le chiese. “Che cosa hai combinato?”
“Oh, niente,” fece lei, distendendo appena il volto – lui trattenne un sospiro di sollievo. “Stavo solo cercando di mettere delle uova di Doxy nelle mutande di Cratchey di Tassorosso.”
Albus dissimulò una risata con un colpo di tosse. “E perché mai?” le chiese, divertito, non appena si fu ripreso.
“Ha cercato di tirarmi contro una fattura, in corridoio. Adesso anche i Tassorosso tentano di sabotare quelli delle altre squadre, sai?”
Al scrollò le spalle, la ragazza lo squadrò con sospetto. “E tu che diavolo ci fai qui, Potter?”
Lui aprì la bocca per rispondere, ma fu preceduto da Madama Pince.
“Questo moccioso stava nel Reparto Proibito,” sputò fuori la bibliotecaria, disgustata. “Insudiciando libri. Libri rari.”
“Ehi,” la interruppe Albus, indignato. “Ma io non stavo –”
“Puniscilo!” esclamò la Pince, con voce stridula ed espressione folle. “Argus, puniscilo!”
“Dovrai pulire il fegato di drago dai vermi, ragazzo!” dichiarò il custode, scrivendo su di uno schedario il suo castigo con esasperante lentezza. “E per te,” indicò Quinn, “vasi da notte. Infermieria”.
Albus e Quinn si scambiarono un’occhiata disgustata.


*


“Papà?” disse Adrian, facendo capolino dalla porta dello studio. “Mi volevi parlare.”
Anthony annuì con serietà. “Sì, Adrian. Vieni.”
Indicò la sedia di fronte alla scrivania dalla quale torreggiava minacciosamente. Adrian si avvicinò e vi si lasciò cadere.
“Come va la scuola, Adrian?”
Il ragazzo trovava che il modo in cui il padre insisteva sul suo nome, ogni qual volta gli si rivolgeva, fosse in grado come nient’altro al modo di provocargli ansia.
“Va bene,” rispose. “Ho voti molto alti e il mio curriculum è impeccabile.”
“Ottimo,” replicò Anthony in tono neutro. “Così non avrai problemi al Ministero, Adrian.”
Il giovane Goldstein respirò profondamente, preparandosi ad annunciare al padre che probabilmente non sarebbe andato al Ministero, dopo la scuola.
“Papà, io –”
“So che hai fatto domanda anche per la Gringott, Adrian,” lo interruppe l’altro.
Adrian corrugò le sopracciglia. “Ma come...” cominciò, ma poi tacque, poiché il suo sguardo era caduto sulla busta che il padre teneva di fronte a sé e che recava impresso lo stemma della Banca dei Maghi.
“Tu lavorerai al Ministero, Adrian,” fece Anthony, in un tono che non ammetteva repliche.
“Papà, hai intercettato la mia posta?” ribatté Adrian, ferito.
“Adrian, spero di essere stato abbastanza chiaro.”
“Ma io –”
“Lavorare al Ministero è quello che hai sempre voluto.”
Il ragazzo non riuscì più a trattenersi. “Quello che ho sempre voluto io,” ringhiò, “o quello che hai sempre voluto tu?!”
“Adrian,” sibilò Anthony. “Ti sembra il linguaggio appr-”
Ma Adrian non ce la faceva più. Vide passare rapidamente, di fronte ai propri occhi, alcune immagini, una di seguito all’altra. Lo Smistamento, Dominique, Elena, la sciarpa rosso-oro, Lucrezia e poi ancora Dominique. E poi ci vide rosso.
“E a te,” gridò, interrompendo il padre. “E a te sembra giusto il modo in cui ti comporti con noi, eh?”
“Adrian! Ritira immediatamente quello che hai –”
“Mamma è depressa, papà! E Lucrezia è sola. Ti rendi conto di quello che ci stai facendo, eh? Te ne accorgi, per caso? Ci hai abbandonati! E lo sai perché lo hai fatto?”
“Io –”
“Perché sei un egoista! Perché pensi sempre e solo a te stesso!”
“Non –”
“Mi hai sempre fatto scontare quello che sono, papà! Perché io non sono un Corvonero, non lo sono stato e mai lo sarò! Sono fiero di essere un Grifondoro, fiero di essere quello che sono! Non ho mai voluto lavorare al Ministero, capito? Eri tu che lo volevi per me!”
“Ma –”
“Volevi che fossi il tuo riflesso? Volevi che fossi uguale a te, così perfetto? Beh, vuoi sapere una cosa? Che perfetto non lo sei proprio per niente, e che sono felice di non essere uguale a te! Io voglio fare lo Spezzaincantesimi, e tu non puoi decidere del mio futuro al posto mio!”
Alle spalle di Adrian, uno scoppiò di adolescenziale magia involontaria fece capitolare una libreria. Mentre i volumi rimbalzavano sul pavimento con un gran fracasso, il ragazzo si allontanò sbattendo la porta.
Non poté vedere Anthony chinare la testa e prendersi il volto fra le mani.
Aveva bisogno di Dominique. Aveva bisogno di Dominique immediatamente.


If I've been hard on you I never chose to be

I never wanted no one else

I tried my best to be somebody you'd be close to

Hand in hand like lovers are supposed to.


Quando Adrian si fu Materializzato immediatamente fuori dai cancelli di Hogwarts, dal cielo brumoso era cominciata a cadere una pioggerellina sottile. Era quel tipo di pioggia silenziosa e quasi impercettibile, che ci si ritrova completamente bagnati prima ancora di accorgersi che stia piovendo. Poiché le difese del castello lasciavano passare gli studenti, non ebbe difficoltà alcuna ad entrare. Risalì il parco di corsa, diretto al castello, mentre l’acqua cominciava a scorrere in rivoletti lungo la sua fronte e le sue spalle, bagnando la camicia bianca che indossava – neanche aveva recuperato il mantello, vista la fretta con cui era fuggito via.
“Goldstein?” esclamò una voce stupita.
Ad Adrian parve che il proprio cuore si fermasse, quando riconobbe chi aveva parlato. Si voltò, e credette di vedere un miraggio. Dominique era lì, sotto la pioggia, a pochi metri da lui. Poiché era giorno di vacanza indossava un paio di jeans e una maglietta azzurra al posto della divisa. Stringeva fra le mani un libro che probabilmente la pioggia aveva rovinato.
Mentre le si avvicinava di corsa, Adrian pensò a quanto suo padre sarebbe rimasto scandalizzato nel vedere un libro in tali condizioni. Aveva voglia di ridere. Si sentiva stranamente temerario, onnipotente.
Ormai avvicinatosi a Dominique, la guardò in faccia. Lei sembrava perplessa, e quasi divertita. Una gocciolina di pioggia stava percorrendo agilmente il profilo del suo zigomo, Adrian la seguì con gli occhi mentre proseguiva la sua strada. Permise che scivolasse un poco lungo la guancia della ragazza, prima di sollevare la mano e asciugarla via.
“Goldstein, ne verranno altre,” sussurrò lei. “Piove.”


Oh, here I am baby I'm coming back for more

I'm like a wave that's going to roll into the shore

Yes and if my love's in vain how come my love is so strong?


“Sì, Dominique,” ammise lui. “Sta piovendo.”
“Piove, sta piovendo... è la stessa cosa.”
“Ma cosa stai dicendo?” mormorò Adrian.
Non aveva ancora tolto la mano dalla sua guancia. La fece scorrere piano dietro la sua testa, sui capelli bagnati. Come quando le aveva slacciato la maschera, mesi prima. Ebbe come la sensazione che un cerchio si stesse chiudendo, e dovette averla anche Dominique, giacché nei suoi occhi brillò una certa consapevolezza. Adrian non perse tempo ad analizzare quello sguardo, poiché qualcosa lo spinse ad afferrarla per la nuca e tirarla verso di sé.
“Dominique,” le sussurrò sulle labbra. “Non fuggire più, capito? Non fuggire più.”
“No,” disse lei. “No.”
Adrian le strinse la nuca più saldamente, prima di poggiare le labbra sulle sue quasi con rabbia. Da quel momento, non ci capì più niente. Ogni cosa era un turbinio. Dominique, la pioggia, i suoi capelli umidi, le sue labbra, i suoi denti e la sua lingua, il freddo, il caldo, i suoi occhi, il suo cuore. Quel senso di fierezza, di giusto, di felice e completo.
Di basta rincorrersi. Di finalmente.
Dominique.
Dominique.


Oh I can read between the lines

Rain come down forgive this dirty town

Rain come down and give this dirty town

A drink of water a drink of wine.


 


 



Note dell’Autrice
Oh, ma io sono felice. Tanto felice. Sono felice, ovviamente, per le 100 recensioni. Ma sono felice anche perché pregustavo da mesi il momento in cui avrei scritto questa scena, e adesso... ecco. Sta a voi dirmi cosa ne pensate. La canzone che compare nel capitolo per me è la quintessenza di Adrian e Domi. Si chiama Hand in Hand ed è dei Dire Straits... vi consiglio di dare un’occhiata al testo.
Il regalino per le 100 recensioni lo trovate qui.
Vi è piaciuto questo capitolo?
Joie, Daph.

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Capitolo 23
*** 22. Step by step ***


Dedicato a Smemo92, milly92 e Zia Palla. Perché seguite questa storia da... più o meno dall’inizio

Capitolo 22

Step by step


Step by step

Day by day

Mile by mile

Now don't you slip away

Don't you go too far

'Cause when I close my eyes

I know who you are.


La notizia che Adrian Goldstein stava con Dominique Weasley dilagò perfino più in fretta di quanto i ragazzi si sarebbero aspettati – e non era poco. La prima che aveva avuto la possibilità di accorgersi del loro ricongiungimento era stata tale Edith Smith, Grifondoro del terzo anno che non aveva esitato un istante a diffondere la notizia fra tutti gli studenti della propria casa. E per quanto riguarda i figli di Godric, è noto che la discrezione non sia certo la loro prima virtù. Fu così che la notizia trapelò, quando, dopo aver visto i due tornare dal parco di Hogwarts totalmente zuppi ma con gli occhi che brillavano, la piccola Edith aveva sussurrato concitatamente la novità bollente nell’orecchio della sua amica Emily – la quale si era accertata che Violetta Burnett e Alexander Kirke ne venissero subito a conoscenza. Il tredicenne Kirke aveva una sorella maggiore di nome Ellen, timida compagna di dormitorio di Grace Zabini. Quando Alexander aveva riferito la faccenda ad Ellen, era presente anche Liza McDonald. Sapendo che Ellen era estremamente riservata e che difficilmente sarebbe andata a raccontare in giro la faccenda, ci pensò Liza a dirlo a Grace, la quale era in compagnia dei tre fratelli Potter. Lily Potter ne aveva in seguito entusiasticamente parlato con le sue verde-argento compagne di dormitorio, che l’avevano detto a tutti.

Ma per la prima volta in vita sua, Dominique Weasley si scoprì del tutto impermeabile ai pettegolezzi¹. Nulla le importava dei sussurri e delle risatine, degli sguardi e delle malignità... le sembravano tutte ridicole facezie, ecco tutto. Nel frattempo, si trovava a scoprire dettagli inaspettati. Ad esempio, mai avrebbe creduto di trovarsi perfettamente a proprio agio nella sala di ritrovo dei Grifondoro, se glielo avessero detto solo poche settimane prima. Sebbene vi stesse di stanza la sua migliore amica, raramente Dominique aveva avuto l’occasione di entrarvi – di solito era Grace a venire da lei. Ogni volta che si era trovata lì dentro, oltretutto, aveva provato come un senso di estraneità: le sembrava che gli stessi caldi colori delle pareti le ricordassero la sua codardia. In effetti, solo una volta prima d’ora era stata nella torre di Grifondoro senza l’ombra di tali sensazioni. Quel giorno indossava un abito da sera, e la mano di Adrian Goldstein aveva lasciato cadere ogni maschera.

Adesso, con la schiena appoggiata alle ginocchia di Adrian e un libro di Aritmanzia da studiare aperto davanti a sé, si sentiva estremamente bene. Da quando lei e il ragazzo avevano cominciato ad uscire insieme, si era scoperto che Adrian andava piuttosto d’accordo con suo cugino James – anche se Dominique aveva sempre creduto che fosse un’inutile impresa trovare qualcuno a cui stesse simpatico. Aveva sempre creduto tante cose su quello che adesso era il suo ragazzo, e doveva ammettere che si trattava di un caso unico, poiché le piaceva scoprire di essersi sbagliata.

Era un’ora buca, e lei e Goldstein si trovavano con Grace e James, seduti vicini attorno al caminetto della sala comune di Grifondoro. Solo quella mattina avevano realizzato con orrore che aprile stava ormai volgendo al termine, e che mancava quindi poco più di un mese agli esami.

“Ebbene sì,” aveva sospirato James, la guancia poggiata sulla testa di Grace. “Quei dannati M.A.G.O. incombono all’orizzonte.”

“Incombono minacciosamente all’orizzonte,” lo corresse la ragazza con dolcezza. “Rende più l’idea.”

“Odio gli esami,” brontolò Dominique. “Con ogni probabilità prenderò il massimo dei voti, ma odio gli esami.”

“Dillo a me!” replicò Grace. “Sono due anni di fila che faccio gli esami di livello!”

James lanciò uno sguardo perplesso alla propria ragazza. “Ma cos-”

“A Beuxbatons fanno gli esami di livello al sesto anno,” intervenne Adrian. “E al quinto quelli ordinari. Il che è una vera idiozia, secondo me...”

“Una colossale idiozia,” convenne Grace. “Tutti gli esami di livello si accumulano negli ultimi due anni.”

Il fuoco scoppiettava allegramente nel camino della sala pressoché deserta, ma il cielo oltre i vetri delle finestre era di un azzurro delicato, un po’ esitante ma dall’aspetto durevole.

“Dovremmo poter uscire,” sbuffò James, incrociando le braccia dietro la testa. “Vorrei essere ancora al sesto anno, davvero... insomma, il sesto è una pacchia! L’unico anno con le ore buche e gli esami ordinari...”

Adrian borbottò il proprio assenso. L’attenzione del quartetto fu poi catturata dalla figura di Albus, il quale aveva attraversato furtivamente la sala comune e adesso si guardava attorno con aria guardinga, per poi uscire dal buco del ritratto senza che nessuno di loro avesse il tempo di salutarlo.

“Scusa, ma quelli del sesto non avevano Pozioni, in quest’ora?” chiese Grace, incuriosita. “Insomma... è una materia che ama. Perché avrebbe dovuto saltarla?”

James si abbandonò con la schiena sulla poltrona. “Non ne ho la minima idea. Ma ormai ho rinunciato a sapere che cosa ha in testa mio fratello.”

“Probabilmente starà correndo dietro alla sua ultima fiamma,” ipotizzò Dominique.

“Già da qualche giorno si comporta in modo un po’ strano,” fece notare Grace. “Sta sempre sulle sue, spara meno frasi enigmatiche... e non l’ho visto con nessuna ragazza.”

“Forse si è innamorato sul serio,” fece James, con l’aria di non crederci tanto neanche lui. “Di una che non gli dà corda, magari...”

“Potrebbe essere un’ipotesi...”

“Se così fosse,” intervenne improvvisamente Adrian. “Sembrerebbe depresso... credo.”

“Hai ragione!” concordò Grace. “Non sembra triste, ma solo... concentrato? Ecco, concentrato è la parola giusta.”

Dominique sbuffò. “Dai, si sarà solo preso una sbandata per una che fa la difficile!”

“Il che non sarebbe un male,” borbottò James.

“No,” insisté Grace. “Sta sempre lì a confabulare con Rose e Hugo...”

“Grace, è da quando avevano quattro anni che Rose e Albus giocano ai piccoli salvatori del mondo,” disse seraficamente James. “Se devo essere sincero, il fatto che stiano progettando qualche piano top secret non mi stupisce più di tanto... anche se devo ammettere che non facevano nulla del genere da anni. E non con Hugo.”

Dominique sbuffò ancora. “Non sarà niente di importante, dai,” borbottò.

“Invece secondo me hanno in mente qualcosa,” fece Grace, corrugando le sopracciglia. “Poi perché Al non avrebbe dovuto dircelo se gli piace una ragazza?”

“Mio fratello è abbastanza riservato per queste cose, in verità,” rispose placido James. “E poi, orgoglioso com’è, non vorrebbe mai ammettere di essere anche lui in possesso del gene amore-zerbino-Potter.”

Adrian e Dominique scoppiarono a ridere. Grace ridacchiò per poi stringere gli occhi, poco convinta.


*


Anthony Goldstein
Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale
Ministero della Magia, Londra


Adrian Goldstein

Sala Comune di Grifondoro

Hogwarts, Scozia

Adrian,
inutile dire che la tua fuga non mi ha fatto per nulla piacere, così come la tua perdita di controllo davvero fuori luogo. Tipico di voi Grifondoro, potrei dire, fare scenate simili. Ma taccio, nella speranza che provi almeno un poco di rammarico per quello che hai fatto. Hai mancato di rispetto a me e alla tua famiglia, e hai fatto preoccupare a morte tua madre.
So che stai frequentando Dominique Weasley. La madre è in parte Veela, sono creature inaffidabili. Ti consiglio di riflettere bene su quanto ti convenga intrecciare una relazione con questa ragazza.
Per quanto riguarda tua madre e Lucrezia, posso assicurarti che provvedo affinché abbiano il meglio del meglio. Non hai il diritto né la facoltà di giudicare il mio agire – che peraltro non ritengo da biasimare. Il fatto che tu abbia gridato in quel modo è una chiara prova della tua immaturità e mancanza di giudizio, così come lo è fare una scelta come lo Spezzaincantesimi per il tuo futuro.
Mi hai molto deluso.
Spero che rifletterai su queste parole.
Papà


Elena Goldstein
Villa Goldstein, Kingston-upon-Hull
Yorkshire

Adrian Goldstein

Sala Comune di Grifondoro

Hogwarts, Scozia

Tesoro mio,
tuo padre sta molto male per quello che hai fatto. Lui non lo dice, ma io lo so. Mi spiace che tu pensi simili cose del suo atteggiamento nei confronti miei e di Lucrezia, ma... ti assicuro che è solo una tua impressione, davvero. Tua sorella cresce bene e io sono felice. Molto felice. Felicissima, davvero. Ti prego di credermi, figliolo... non complicare le cose. Fidati di tuo padre. Quando mai ha veramente sbagliato giudizio? Sa ciò che dice quando afferma che il Ministero è per te la scelta migliore. Con ogni probabilità ha ragione... ma sono sicura che lo sai, in fondo al cuore, e che sei pentito davvero per quelle brutte parole che hai detto. Non farci soffrire così, te ne prego.
Ti voglio bene, tesoro.
Tua mamma


Lucrezia Goldstein
Villa Goldstein, Kingston-upon-Hull
Yorkshire

Adrian Goldstein

Sala Comune di Grifondoro

Hogwarts, Scozia

Caro Adrian,
anche se sei stato magnifico BLA BLA BLA non ti sei regolato. Dai! Non si può dire che stessimo bene, okay. Ma era questione di POCHI MESI, visto che a settembre io andrò a Hogwarts. D’accordo, tu starai a casa, ma sei grande ed è diverso, ecco. Papà naturalmente parla di Corvonero per me, ma io non ci vado manco morta. Secondo te quale casa lo farebbe più arrabbiare?
(Oh, ma con tutto il tuo saggio giudizio da fratello maggiore mi dirai di non fare così e non mettere quel maledetto carro davanti ai maledetti buoi perché magari Corvonero mi piacerebbe).
(La risposta è no).
Comunque mi manchi tanto, e in verità credo che sei stato bravissimo a sfidare in quel modo papà (davvero, è la prima volta che ti vedo perdere il controllo in quel modo! O meglio, ti “sento”).
Adesso devo andare a studiare geografia (papà ha rotto con le materie babbane).
Ti voglio bene,
Lucrezia

Adrian Goldstein
Sala Comune di Grifondoro
Hogwarts, Scozia

Lucrezia Goldstein

Villa Goldstein, Kingston-upon-Hull

Yorkshire

Cara Lucrezia,
magari era effettivamente questione di pochi mesi, ma la faccenda andava risolta.
Dì a mamma e papà che sto bene... non ho voglia di rispondere alle loro lettere, ma questo non lo dire. Da ragazzina intelligente quale sei avrai senz’altro immaginato il contenuto delle loro lettere, e credo che tu possa capirmi. Sbaglio forse, mocciosa?
Dovresti andare alla casa che più ti si addice, comunque. Se continui con questo tono credo proprio sia Serpeverde (e questo farebbe davvero infuriare papà, ad ogni modo).
Per la cronaca, chi ti ha insegnato a dire tutti quei “maledetto”?
Mi manchi anche tu, mocciosa.
Adrian

Lucrezia Goldstein
Villa Goldstein, Kingston-upon-Hull
Yorkshire

Adrian Goldstein

Sala Comune di Grifondoro

Hogwarts, Scozia


Caro Adrian,
ottima idea, Serpeverde è perfetta.
(Devo andare, non voglio che scoprano che scrivi solo a me. E manda un MALEDETTO biglietto a mamma e papà, okay?)
L.


Adrian Goldstein
Sala Comune di Grifondoro
Hogwarts, Scozia

Mr & Mrs Goldstein

Villa Goldstein, Kingston-upon-Hull

Yorkshire

Cari mamma e papà,
sto bene. La mia media è sempre alta e non ho note disciplinari. Ho deciso per la Gringott.
Adrian.


Lucrezia Goldstein
Villa Goldstein, Kingston-upon-Hull
Yorkshire

Adrian Goldstein

Sala Comune di Grifondoro

Hogwarts, Scozia


Caro Adrian,
non così lapidario! Comunque devo farti i miei complimenti, papà sta facendo esplodere tutto il suo studio con scoppi di magia involontaria (proprio come te una settimana fa). Ha decisamente perso il controllo, ma non l’avevo mai visto tanto spontaneo.
Bye,
L.


*


Noi cerchiamo di estorcere a Molly un permesso per il Reparto Proibito, e ovviamente tocca a me e Hugo sorbirci il ragazzo di Roxanne, pensò Al con stizza.
“Ho portato Roxy nella foresta,” stava dicendo Lysander. “Per vedere gli unicorni, sai...” il suo tono si fece sognante. Alle sue spalle, Hugo simulò un conato di vomito. Al ingoiò una risatina.
“Beh, wow,” commentò. “E le sono piaciuti gli unicorni?”
“Oh...” gli occhi di Lysander si sgranarono. “Dovevate vedere il suo stupore. Avete presente gli occhi di Roxanne? I suoi meravigliosi occhi scuri e intensi? Così caldi e dolci che –”
“Lysander, è nostra cugina,” tagliò corto Hugo in tono sbrigativo. “Sappiamo tutto dei suoi dolci occhi.”
“Quel giorno,” riprese Scamandro, ignorandolo. “Abbiamo trovato anche un uovo di Fruffolo Frizzante.”
“Un... Cosa?!” fece Albus, perplesso.
“Un uovo di Fruffolo Frizzante,” ripeté Lysander. “Solo che è un po’ lento a schiudersi.”
“Forse perché non è un uovo?” borbottò Hugo a mezza voce. Albus gli pestò il piede.
“Davvero?” disse. “E come mai?”
“Ho parlato con mia mamma, e lei mi ha detto che avrei dovuto metterlo al caldo... perciò lo porto sempre con me, in una tasca a contatto con la mia pelle. Così ha il calore corporeo a scaldarlo.”
Hugo cambiò di colpo espressione. “Stai...” deglutì, incredulo. “Stai covando?!”
La mente di Albus fu istanteaneamente colmata da un Lysander Scamandro accovacciato su di un nido di paglia, intento a covare il suo uovo. L’immagine era talmente buffa che dovette reprimere una risata. Hugo non seppe fare altrettanto: si stava sganasciando contro il muro alle spalle di Lysander.
“Dunque,” disse quindi Al. “Ce l’hai qui con te?”
“Cosa?!” perso nei suoi pensieri, il giovane Scamandro si riscosse. “Oh, sì. Certo.”
Frugò in tasca per qualche istante, per poi estrarvi quella che aveva tutta l’aria di essere un’innocente pietruzza scura. La depositò con cautela sulla mano di Albus, che l’avvicinò agli occhi per studiarla. Anche Hugo si avvicinò, interessato.
“In base a cosa hai capito che si tratta di un uovo di Fruf... di quel coso?” chiese, impassibile.
“Oh, ecco... vedi quei graffi lì? Quando una madre di Fruffolo Frizzante depone un uovo ci passa sopra le unghie per verificarne la consistenza e capire se il cucciolo è sano.”
Sulla superficie della pietra scura delle incisioni leggermente più chiare andavano a formare una sorta di occhio. I fianchi apparivano consumati e segnati, come se fosse stata incastonata in un gioiello, un tempo.
Albus sobbalzò quando Hugo gli serrò il braccio in una morsa dolorosa. Restituì a Lysander il presunto uovo, e il giovane Scamandro lo accarezzò dolcemente prima di rimetterlo in tasca e prendere a guardare fuori dalla finestra con aria sognante.
“Che c’è?” chiese fra i denti Albus al cugino, massaggiandosi il gomito indolenzito e trattenendosi a stento dall’impulso di tirargli un ceffone.
Ma Hugo scosse la testa, gli occhi che brillavano, prima di borbottare qualcosa a proposito della guferia e allontanarsi di corsa.
Ma c’è qualcuno che non sia fuori di testa, qui?


*


La brezza di fine aprile soffiava pigramente, carezzando appena i prati di Hogwarts e increspando lievemente la superficie del lago, che riverberava sotto il sole timido del primo, vero giorno di bel tempo. Due figure sostavano sotto un faggio dalle fronde larghe e nodose, presi a godersi quell’idillio.
“Sai, sono davvero felice di avere gli esami ordinari, quest’anno!” disse Scorpius allegramente, incrociando le braccia dietro la testa e allungandosi sulla fresca erba di primavera.
Seduta a gambe incrociate qualche passo più in là – la schiena poggiata contro il tronco del faggio – Lucy sorrise. Il suo volto era chino verso il libro che teneva sulle gambe e sfogliava distrattamente. Alcune ciocche sfuggivano alla treccia sommaria in cui aveva raccolto i capelli castani e sottili, piovendole sul viso rotondo. Lei li scansò con le dita, e il suo sguardo incontrò quello di Scorpius, che sdraiato poco più in là la guardava da sotto in su, una pratolina fra i denti. L’immagine del ragazzo disteso in mezzo all’erba, con un sorriso beato impresso sul volto e quel fiorellino in bocca era perfettamente complementare con l’ambiente che lo circondava e anche piuttosto buffa. Lucy, colta da un qualche misterioso istinto, chiuse il libro e lo infilò con cura della borsa, prima di buttarsi sul prato accanto a lui e poggiare il mento sul suo stomaco. Scorpius stirò le labbra in un sorrisetto vago, Lucy ridacchiò.
“Dicevi?” lo interpellò.
Lui le gettò uno sguardo interrogativo.
“A proposito degli esami, che cosa dicevi?”
“Che sono felice... davvero felice di avere quelli ordinari, quest’anno... Niente G.U.F.O. o M.A.G.O. o...”
“Però ci toccheranno il prossimo anno,” gli fece notare lei, divertita. “A tutti e due.”
“Sì, ma il prossimo anno è lontano...”
Scorpius tacque e socchiuse gli occhi, godendosi il sole e Lucy. La quale, dal canto suo, volto un poco la testa e poggiò la guancia sullo stomaco del ragazzo, un poco più rilassata. Lui prese a carezzarle la testa castana – gli piaceva il modo in cui i suoi capelli scivolavano via dalle dita, lisci e sottili, e riverberavano alla luce del sole.
“Ehi,” le chiese. “Anche tu hai notato che i tuoi cugini si stanno comportando in modo un po’ strano, ultimamente?”
“Scorpius, i miei cugini si comportano sempre in modo un po’ strano!” rise. “A quali ti riferivi, comunque?”
“Albus, Rose e Hugo.”
“Mmh,” fece lei. “Hugo di solito si comporta in maniera abbastanza normale... non mi sono accorta di niente, comunque.”
“Beh, stanno sempre a confabulare! E poi Albus è troppo quieto. Hanno in mente qualcosa, te lo dico io!”
Lucy sorrise e scosse la testa. “Scorpius,” sospirò, allungandosi a baciarlo. “Loro hanno sempre in mente qualcosa, davvero!”
Il ragazzo ricambiò il suo morbido bacio, prima di riprendere il discorso. “Questa volta è diverso!” insisté. “L’altro giorno stavano discutendo di qualcosa, poi sono arrivato io e si sono stampati in faccia le espressioni più innocenti del mondo. Tutti e tre.”
“Ma –”
“Dimmi se non è sospetto!”
Lei alzò gli occhi al cielo. “Sì, lo è... ma non sarà nulla di importante, no? Qualche piano di vendetta, sai, adesso che Gossip Witch non –”
Ma si interruppe bruscamente, notando come Scorpius aveva d’improvviso trattenuto il fiato.
“Che succede?” gli chiese.
“Lucy,” mormorò lui, con gli occhi che brillavano e l’aria di chi ha appena ricevuto un’illuminazione divina. “Gossip Witch! E se ci fossero loro dietro a tutta la faccenda? Dico... dei galeoni che non funzionano, no?”
Lucy strinse gli occhi, pensierosa. “Beh, potrebbe anche essere, in fondo... ma non avrebbe tanto senso. Credo.”
“E invece sì!” fece Scorpius. “Rose vuole redimersi, a quanto pare. E di certo Gossip Witch non le avrebbe semplificato le cose!”
Lei scosse la testa. “No, Rose è troppo orgogliosa. Se anche avesse deciso di affrontare Gossip Witch, avrebbe voluto farlo da sola.”
Scorpius parve sgonfiarsi come un palloncino bucato. “Beh, devo dire che hai ragione,” ammise. “Allora deve essere qualcos’altro.”
Lucy ci pensò su per un istante, poi scosse la testa. “Non ne ho la minima idea”.


*


“Lily, ma cosa diavolo stai combinando?”
Oh, accidenti!
La ragazzina si voltò verso chi aveva parlato, tentando di imprimere sul proprio volto un’espressione innocente.
Diamine, pochi passi ed ero arrivata!
Jacob Greengrass, di fronte a lei, scosse la testa con aria divertita. “Che cosa ci facevi in questo corridoio?” le domandò, affabile.
“Ti ha mandato Al?” si lagnò lei. “Non sto facendo un bel niente.”
“Lily, stavi andando da Lady Sanguina.”
“Io –”
“Non mi freghi.”
Lei lo guardò con espressione torva. “Non sono affari tuoi,” borbottò.
“No, infatti,” convenne lui. “Ma vorrei solo che tu capissi che la scomparsa di Gossip Witch è stato un bene per tutti.”
Lily alzò gli occhi al cielo. “Sì, me l’avete detto in cinquecento. Quasi mi avete convinta,” sospirò. “Solo che volevo capire che fine abbia fatto.”
“È l’Incanto Proteus che –” cominciò Jake.
“L’Incanto Proteus può essere annullato solo con la morte di chi l’ha evocato,” lo interruppe Lily in tono didattico – e con tutta l’aria di aver letto tante volte quella frase da impararla a memoria. “Oppure con l’annullamento Empirico.”
Jacob inarcò leggermente le sopracciglia. “Brava, Lily. Adesso dimmi una cosa.”
“Sì?”
“Sono per caso affari tuoi, questi?”
“No, ma –”
“Allora lascia perdere.”
Lily pestò il piede per terra, irritata. “Uffa, quanto sei noioso! Voglio scoprire che cosa è l’annullamento Empirico.”
Lui sospirò. “Perché non ne parli con tuo cugino Hugo, allora? Quel ragazzino è una specie di enciclopedia vivente.”
“Perché Hugo è un presuntuo-”
“Perché, tu no?”
“Ma la pianti di farmi la predica! Non ti si addice neanche un po’!”
Jacob scosse la testa – non sembrava più tanto divertito.
“Io voglio scoprirlo,” insisté Lily. “E ci riuscirò.”
“E credi che Lady Sanguina possa aiutarti?” la prese in giro lui, scettico. “È un quadro!”
La ragazzina sbuffò. “Senti,” disse in tono più calmo, dopo aver fatto un respiro profondo. “Io non so cosa ti sia preso oggi, ma fammi passare.”
“No, Lily n-”
Lei strinse gli occhi. “Su-bi-to.”
Jake la fissò per qualche istante, poi scoppiò a ridere. “Niente da fare,” le disse. “Il tono imperioso di Domi non ti riesce.”
Lily aprì la bocca per parlare, ma parve ripensarci e la richiuse.
“E questo è un bene,” aggiunse lui, pensieroso. “Va’ in Sala Grande, adesso... o dirò tutto ad Albus.”
“Ma –”
“Su-bi-to,” la scimmiottò.
Lei lo guardò in modo un po’ strano. “Sei veramente un guastafeste,” sibilò, prima di allontanarsi alla volta della Sala Grande.


*


“Jake,” sussurrò Albus, ospite degli amici al tavolo di Serpeverde. “Si può sapere come mai Lily ti guarda come se volesse incenerirti?”
Jacob scrollò le spalle, con aria rilassata. “Oh, niente,” fece. “Abbiamo avuto una piccola scaramuccia, nulla di grave.”
Albus parve perplesso. “Per quale motivo, si può sapere?”
Jake prese a giocherellare con il tovagliolo. “Veramente le ho più o meno promesso di non dirti nulla,” ammise, calibrando il tono con attenzione. “Non era nulla di che, però posso assicur-”
“O me lo dici tu, o lo chiedo a lei.”
Jacob alzò gli occhi al cielo. “Oh, voi Potter! Siete di una cocciutaggine unica, davvero!”
“E tu sei troppo bravo a cambiar discorso. Dai, dimmelo!”
Curioso in maniera irritante.
“E va bene,” sospirò. “Stava andando a parlare con Lady Sanguina.”
“Lady Sanguina?” ripeté Albus, interdetto. “Il quadro?”
“Proprio lei,” confermò Jacob.
“Quella che trasmetteva i messaggi a Gossip Witch?”
Il giovane Greengrass annuì.
“Ma non ha senso,” mormorò Albus. “Non adesso che Gossip Witch non c’è più... o no?”
“Forse è proprio quello il motivo,” borbottò Jacob fra i denti.
“Cosa?”
“Oh, niente.”
Al alzò gli occhi al cielo. Fece per parlare, ma Jacob lo interruppe prima che potesse cominciare.
“Oh, senti, chiedi a Lily!” sbottò. “È lei tua sorella.”
Inaspettatamente, il giovane Potter sorrise. “E tu sei mio amico, Jake. Dai, cosa stava cercando?”
Lui scoppiò a ridere. “Voleva scoprire che fine ha fatto Gossip Witch. Cercava di scoprire che cos’è l’annullamento... Empirico? Mi pare si chiami così.”
Jake si stupì nel vedere Albus sbiancare. Gli occhi verdi scintillarono per un istante, poi il ragazzo si alzò e raggiunse Lily a grandi passi. Le mormorò qualcosa all’orecchio e poi la trascinò via per un braccio. Lei parve protestare e si divincolò, per poi seguirlo fuori dalla sala con aria colpevole.
Oh, per le mutande di Merlino... mi sa che ho combinato un casino.
Lo sguardo gli cadde sul tavolo di Grifondoro, dove Dominique stava scherzando con Goldstein e Grace, e rideva.
Con me non ha mai riso così.
“Ehi, amico!” esclamò Scorpius, accomodandosi accanto a lui assieme a Lucy. “Tutto bene?”
Jake si sforzò di sorridere e annuì.


*


“Lily, stai cercando di scoprire che cos’è l’annullamento Empirico?”
La ragazzina sbuffò. “Oh, uffa! Quell’imbecille di Greengrass te l’ha detto!”
Albus la ignorò. “Pensi davvero che Lady Sanguina ne sappia qualcosa?”
Lei lo guardò con stupore, poi fece spallucce. “I quadri ne sanno sempre una in più,” disse. “Lady Sanguina stava in contatto con Gossip Witch... e le sto simpatica.”
Il fratello annuì. “Bene. Pensi che parlerà anche davanti a me?”
“Oh, perché no? Ma scusa, per-”
“Andiamo da lei. Dobbiamo scoprire che cos’è l’annullamento Empirico della Proprietà.”
Lily sgranò gli occhi.





¹È chiaramente una ripresa da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, subito dopo che Harry si è messo con Ginny.


Note dell’Autrice
Innanzitutto, spero che il capitolo non faccia proprio troppo schifo. È di passaggio e proprio non mi veniva meglio di così. Scusate il ritardo nel postare, comunque... spero che mi perdonerete!
Avrete notato che la situazione si sta intricando ancora, e... mi dispiace, ma ce ne vorrà di tempo prima di avere la soluzione a questi enigmi! Tornando a noi, mancano ormai meno di dieci capitoli alla fine. Grazie a tutti voi, davvero
Joie,
Daph


 

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Capitolo 24
*** 23. Vampires and Quidditch ***


A Wynne, perché è quasi il suo compleanno e forse riuscirà a leggere questo capitolo prima di partire, chissà (ma anche se lo legge dopo le vorrò bene ugualmente).

A June, perché è veramente una Little Genial Teen.

E a Pixie, anche se leggerà questa dedica fra un po’. Perché la adoro, ecco


Capitolo 23

Vampires and Quidditch


I pulled back the hood and I was talking to you,

And I knew then it would be a life long thing,

But I didn't know that we, we could break a silver lining.



Il fratello annuì. “Bene. Pensi che parlerà anche davanti a me?”

“Oh, perché no? Ma scusa, per-”

“Andiamo da lei. Dobbiamo scoprire che cos’è l’annullamento Empirico della Proprietà.”

Lily sgranò gli occhi.


“L-Lady Sanguina?”

Albus si stupì di quanto la voce di Lily fosse tremula. La cosa lo fece sorridere: non accadeva spesso che Lily si mostrasse spaventata – o intimidita – da qualcosa o da qualcuno.

“Lily,” la prese in giro amorevolmente. “Hai paura di lady Sanguina?”

La ragazzina corrugò le sopracciglia e contrasse il volto in una smorfia stizzita, un buffo broncio da bambina capricciosa.

“Assolutamente no!” affermò, punta nell’orgoglio. “E’ solo un quadro, no?”

Sembrava che stesse cercando di convincerne se stessa, più che lui.

I due fratelli percorsero a passo svelto le diverse scale e i passaggi che li separavano dal ritratto della donna-vampiro, senza scambiarsi altre parole. Quando giunsero all’inizio del corridoio nel quale aveva sede il quadro, tuttavia, Al strinse brevemente la spalla esile di Lily. La sorella si divincolò, ma pare rassicurata dall sua stretta, pur tentando visibilmente di non darlo a vedere. Ancora una volta, Albus si trovò a riflettere su quanto Lily fosse superba nel credere di poter sempre fare tutto da sola, e orgogliosa nel suo riserbo di accettare aiuto.

Cocciuta come pochi. Ma, in fin dei conti, è sempre stata troppo bugiarda per finire in Grifondoro.

Quando raggiunsero l’effige di lady Carmilla Sanguina, Al dovette convenire che aveva un aspetto davvero inquietante. La pelle nivea era di un pallore spettrale, le labbra scarlatte circondate da un vago alone rossastro e gli occhi seducenti erano cerchiati da profonde occhiaie. I capelli erano fulvi, una fitta selva di boccoli ramati che le piovevano sulle spalle candide e lasciate scoperte dall’abito che indossava, dotato di una generosa scollatura. Era incredibilmente bella, ma anche terrificante. Non parve stupita dalla loro presenza, ma i suoi occhi si accesero vivacemente di un sinistro bagliore, nel riconoscere Lily.

Albus si volse a guardare la sorella. Pareva in qualche modo più dritta e la sua espressione appariva imperturbabile, una maschera di bronzo tradita solo dal ginocchio destro, visibile fra l’orlo della gonna regolamentare e la cima del calzettone, che si contraeva nervosamente in un vago tremolio.

“Salve, lady Sanguina,” salutò educatamente Lily, assestando al fratello una robusta gomitata nelle costole. Albus trattenne un gemito di dolore e si affrettò a fare eco al suo saluto.

Il ritratto sorrise, mostrando i canini appuntiti fra le labbra piene.

“Lily Potter,” disse, “chi è questo bel giovane che porti con te?”

“Lui... lui è mio fratello, Albus.”

Gli occhi di lady Carmilla si posarono sul ragazzo. Lui sostenne il suo sguardo con sicurezza.

In fondo è pur sempre una donna... e io ho sempre avuto un discreto ascendente sul genere femminile.

Albus si riscosse dai propri pensieri. “Lieto di fare la vostra conoscenza,” mormorò in tono ossequioso.

Lily gli scoccò un’occhiata di approvazione, mentre la nobildonna vampiro parve piuttosto divertita.  

“Siete una famiglia fortunata, fanciulla,” si rivolse a Lily. “Anche tuo fratello deve avere un sangue dolce come il tuo.”

Orripilato, Albus lanciò uno sguardo alla sorella.

Adesso inizio a capire perché Lily è terrorizzata!

Lady Sanguina scoppiò a ridere di cuore, sinceramente divertita. “Oh, puoi stare anche tranquillo, giovane Potter! Purtroppo sono costretta in questa tela. Certo, devo ammettere che se così non fosse stato non mi sarei fatta alcuno scrupolo ad assaggiarti.”

Ridacchiò ancora.

“Lady Sanguina,” le si rivolse ancora Lily con garbo. “Sarebbe di troppo disturbo se vi facessimo alcune domande?”

“Siete venuti qui per questo,” osservò il ritratto placidamente. “Forza! Oggi sono di buon umore. Chiedimi ciò che vuoi, fanciulla, e tenterò di darti una risposta.”

La ragazzina sorrise. “Beh... ci chiedevamo che fine avesse fatto Gossip Witch.”

Il sorrisò morì sul volto della nobildonna, che abbassò gli occhi.

“L’incanto,” disse, dopo un istante di silenzio. “L’incanto ha smesso di dare i suoi frutti.”

“Sì,” fece Lily. “Ma chi è stato ad annullarlo?”

Lady Carmilla levò lo sguardo nel vuoto. “Questo è un mistero,” mormorò.

“Quindi non ne sapete nulla?”

“Fanciulla, ho detto che avrei tentato di chiarire i tuoi dubbi. Non che possiedo la risposta a ogni domanda.”

“Nessuno la possiede,” intervenne Albus.

Il ritratto annuì gravemente.

“Non avete neanche un’idea?” insisté Lily.

Lei scosse la testa. “Forze. Forze grandi e potenti, o almeno così dicono i fantasmi.”

Tutto ad un tratto, Al si sentì invaso da un curioso senso di inquietudine. “Quanto grandi?” chiese, e la sua voce riecheggiò nel corridoio deserto.

La donna-vampiro scosse ancora la testa. “Non lo so. Ma più grandi di voi, indubbiamente.”

Calò ancora il silenzio. Il ragazzo si accorse che gli occhi grandi e scuri di Lily erano sgranati e vagamente timorosi. Le strinse di nuovo la spalla, e questa volta la ragazzina non protestò. Il ritratto li osservava, e pareva vagamente scossa.

“Lady Carmilla,” fece lui a voce bassa. “Cosa sapete dirci dell’annullamento Empirico della Proprietà?”

Lei tese il collo e i suoi occhi brillavano, mentre ritrovava parte del suo sorriso misterioso.

“Mi piaci, giovane,” commentò vivacemente. “Anche se tua sorella resta sempre la mia favorita,” sospirò. “Come mai volete sapere che cosa è l’annullamento Empirico?”

“Noi, ecco...”

“Siete curiosi, giusto?”

“Si, ma n-”

Lady Carmilla fece tacere Lily sollevando appena la mano – e suo malgrado Albus la ammirò per questo: non era facile impresa zittire la più piccola dei Potter, e quel quadro riusciva nell’impresa con un solo gesto!

“La curiosità il più delle volte paga,” disse il ritratto. “E il più delle volte, non si può tornare indietro. Siete sicuri di voler andare... avanti?”

“Che cosa potete dirci?” rispose Albus, piano.

La donna-vampiro sorrise di nuovo, ma in modo un po’ triste. “Come volete,” sospirò. “Ma fate bene attenzione.”

“Lo faremo, certo!” affermò Lily, trepidante.

“Non possiedo nozioni precise, riguardo questi argomenti.”

Albus si sentì inondato da un moto di delusione.

“Tuttavia, so dove potrete trovare le informazioni che cercate.”

Il giovane Potter si ritrovò a trattenere il fiato, fremente.

“Il Reparto Proibito,” sussurrò la nobildonna. “Empirismo... è pericoloso quello che cercate.”

Volse la testa all’improvviso, come se avesse udito un rumore da qualche parte dietro di sé.

“Di più non posso dirvi.”

La figura della donna-vampiro voltò il busto, e uscì dal quadro. Ricomparve a pochi metri di distanza, sul quadro lì vicino, sempre allontanandosi in fretta.

“Lady Carmilla, aspetta!”

Lily le corse dietro fino alla fine del corridoio, poi si voltò verso Albus, lanciandogli un’occhiata costernata.


*


“Beh, perlomeno adesso sappiamo dove cercare,” fu il commento di Hugo il giorno dopo a colazione, al tavolo di Corvonero. Studiò con attenzione il pezzo di pancetta che aveva appena tagliato con il coltello, prima di riscuotersi e metterlo in bocca. Seguì una cucchiaiata di uova strapazzate, sotto lo sguardo leggermente critico di Lily.
“Hugo, mangi per tre,” fece, vagamente disgustata.
Il cugino non se la prese. “La mia mente lavora di continuo,” commentò in tono impassibile. “Ha bisogno di carburante.”
Lì vicino, Rose alzò gli occhi al cielo.
Albus ridacchiò appena, prima di riprendere la parola: “Ma in fondo,” disse, tornando al discorso di prima. “Non sappiamo niente di nuovo!”
“Però abbiamo una traccia da seguire,” osservò Rose. “Empirismo. Reparto Proibito.”
“Reparto Proibito, sai che novità...” brontolò Albus.
Lily sbuffò. “Al, sei insopportabile quand-”
“Empirismo...” la interruppe Hugo. “Mi sembra di aver-”
Dicevo,” riprese Lily ignorandolo, “che quan-”
Mi è sembrato,” ringhiò Hugo, “di averne sentit-”
“Ma la smetti? Io penso che-”
“Basta!” intervenne Rose, spazientita. “Smettetela di parlarvi sopra!”
“Ma è lui!” si difese Lily. “Mi interrompe sempre!”
“Sei tu che dici cose stupide,” brontolò Hugo.
Gli occhi della ragazzina si accesero di irritazione. “Hugo, smettila...”
Hugo roteò le pupille. “Al, mi spieghi perché hai dovuto coinvolgerla?!”
Albus alzò gli occhi al cielo. “Piantatela anche di battibeccare, okay?”
A malincuore, Lily annuì.
“Hugo,” fece poi Rose. “Quando hai sentito parlare di Empirismo?”
Il fratello ci pensò su un istante, prima di parlare. “A Babbanologia, credo,” disse poi. “Deve avere qualcosa a che fare coi Babbani... se solo riuscissi a ricordare!”
Poverino...” borbottò Lily fra i denti.
Hugo fece per ribattere, ma la sua attenzione fu catturata dall’arrivo della posta del mattino. Sotto lo sguardo perplesso della sorella e dei cugini, studiò gli stormi di gufi che planavano dalle finestre con attenzione. Quando anche l’ultima lettera fu consegnata al proprio destinatario, scosse la testa con aria delusa e tornò a dedicarsi alle sue uova strapazzate con il bacon. Lily e Albus si scambiarono uno sguardo.
“Hughie,” disse Rose. “Aspetti una lettera?”
“Mmh?” replicò lui.
“Non fare finta di non capire.”
Hugo ingoiò un enorme boccone di uova prima di rispondere. “Cosa? Oh, sì. Una lettera.”
Tacque.
Rose emise un piccolo sbuffo. “Di chi?” insisté.
“Oh, beh... di Xenophilius Lovegood.”
Che cosa?!” esclamarono Al e Rose all’unisono, incapaci di trattenersi. Metà del tavolo di Corvonero scoccò loro occhiate di disapprovazione. Li ignorarono.
“Il nonno degli Scamandro?” si informò Lily tranquillamente. “Il papà di Luna?”
“Proprio lui,” confermò Hugo.
“E perché mai gli scrivi?”
“Interesse magiscientifico.”
Rose alzò gli occhi al cielo. “Sì, come no...”
“Perché dovrei mentire?” replicò Hugo tranquillamente.
“Perché dovresti scrivere a Xenophilius Lovegood?” insisté la sorella.
“Sei un pessimo bugiardo, Hugo,” rincarò Lily.
Il ragazzino aprì la bocca per ribattere, ma parve cambiare idea e la richiuse.
“Senti...” cominciò Albus, ma il cugino lo interruppe.
“E va bene!” cedette, spazientito. “Ve lo dirò... ma solo quando la faccenda sarà un po’ più chiara.”
Lily parve voler insistere, ma tacque – aveva capito che, almeno per quel momento, non sarebbero riusciti a cavargli di bocca altre parole.
Dopo alcuni istanti di silenzio, Al parlò: “Resta un problema. Non possiamo andare nel Reparto Proibito, visto che nessun professore ci darà mai il permesso e anche Molly si è rifiutata.”
Rose ci pensò su. “Forse Lumacorno potrebbe...”
“Le autorizzazioni vengono scritte per dei libri in particolare,” le fece notare il cugino. “E noi non sappiamo di preciso che titoli cercare, no?”
“L’unica possibilità che ci rimane è usare il Mantello,” comcluse Lily abbassando la voce.
Albus annuì.
“Beh,” cominciò Rose lentamente. “Basta chiedere a James se ve lo presta.”
I due fratelli Potter si scambiarono uno sguardo.
“Il problema è che poi toccherebbe spiegargli a che cosa ci serve,” mormorò Al.
“E da quando gliel’ho sgraffignato per spiare Grace ci sta molto più attento,” aggiunse Lily. “Non si può prenderlo a sua insaputa.”
“Ma è successo mesi fa!” protestò Hugo. “Avrà abbassato la guardia, no?”
“Non credo proprio,” replicò Albus in tono tetro.
Rose sopirò. “Allora dovremmo dirgli a che cosa ci serve,” decise. “Chi...”
I quattro si guardarono fra di loro per qualche istante.
“Lily?” propose poi Albus.
“E va bene,” concesse la ragazzina sospirando teatralmente.
Fra una cosa e l’altra, tuttavia, trascorsero alcuni giorni prima che Lily riuscisse a parlare con il fratello maggiore. Fra i continui allenamenti di Quidditch in vista della finale di campionato – Grifondoro contro Corvonero – e il ripasso intensivo pre-esami, James era davvero impegnatissimo. Come se non bastasse, la più giovane dei Potter era stata colta in flagrante da Argus Gazza mentre tentava di raggiungere Hogsmeade di straforo e messa in castigo per una settimana.
“Non è giusto,” brontolò con la cugina Lucy e, più tardi, con le compagne di dormitorio. “Come se non avessi già abbastanza da fare con i compiti!”
A quell’affermazione, Amarillide Stubbins aveva dissimulato una risatina con un colpo di tosse.
Dopo essersi confrontata con il fratello e i cugini, Lily aveva deciso di mettere anche Lucy a parte della loro ricerca.
“Lu è affidabile,” decretò mentre tentava di convincere Albus. “Anche se è terribilmente noiosa. E poi è vicebibliotecaria... potrebbe darci una mano per trovare i libri giusti.”
Però, onde evitare equivoci, avevano deciso di aspettare il via libera di James per il Mantello prima di rivelarle alcunché. Sebbene Lucy fosse piuttosto discreta, non era improbabile che si sarebbe comunque lasciata sfuggire qualche parola con Scorpius, il quale a propria volta ne avrebbe parlato a Jacob. La voce sarebbe presto giunta alle orecchie di Grace e Dominique, così l’avrebbe saputo anche James. E, come disse Albus, se il fratello più grande ne fosse venuto a conoscenza tramite altre vie, non avrebbe mai prestato loro il Mantello – e tutte quelle macchinazioni si sarebbero rivelate del tutto inutili.
Quando ormai era arrivato il quindici di maggio e mancavano solo un paio di giorni alla finale di Quidditch, Lily riuscì a intercettare James fuori dalla biblioteca – mentre faceva una pausa dal ripasso per sgranchirsi un poco le gambe.
“Jamie! Ehi, fratellone!”
Lui le scoccò uno sguardo divertito. “Che cosa vuoi, Lily?”
La ragazzina sbuffò, un poco seccata. “Perché oggi sei così simpatico, Jamie?”
“Lily, quando mi saluti con tanto entusiasmo c’è sempre qualcosa sotto.”
Lei deglutì. “Beh, in effetti devo chiederti una cosa,” disse in fretta.
James si passò una mano fra i capelli.
“Forza, spara,” disse.
“Mi presti il Mantello?”
L’espressione di James subì un cambio repentino. “Per permetterti di spiare qualcun’altro? No, Lily, assolutamen-”
“Non devo spiare nessuno!” protestò lei in tono lamentoso. “Davvero, te lo giuro!”
“Lily –”
“Veramente, credimi!”
“Dimmi a cosa ti serve, allora.”
La sorella assunse un’espressione desolata, della cui falsità James poté accorgersi solo perché la conosceva molto bene.
“Veramente serve anche ad Albus,” ammise Lily apparentemente a malincuore. “E a Hugo e Rose.”
James ebbe il forte sospetto che tutto quel teatrino fosse stato programmato assieme agli altri tre. Si batté una mano sulla fronte. “Accidenti, aveva ragione Grace quando diceva che stavate tramando qualcosa! Non pensavo che c’entrassi anche tu, però.”
“Mi hanno coinvolta da poco,” confermò Lily candidamente.
Il ragazzo sospirò. “Allora? A cosa vi serve il Mantello.”
“Dobbiamo andare al Reparto Proibito,” disse lei in tono neutro. “Per scoprire che cosa è l’annullamento Empirico della Proprietà.”
Dalla faccia di James, si sarebbe potuto dire che la ragazzina stesse parlando in goblinese.
“Lily, ma da dove esce questo discorso?” chiese con aria costernata.
“Ha a che fare con l’Incanto Proteus, Jamie.”
Lui strinse gli occhi. “Gossip Witch?”
“Mh-mh.”
Sospirò ancora. “Ah, ecco. Non vorrete farla tornare, spero.”
“Oh, no,” assicurò Lily. “Solo scoprire che fine ha fatto, ecco tutto.”
“Sicura che sia tutto qui?”
Lei lo guardò dritto negli occhi. “Posso giurartelo, davvero.”
James la studiò per qualche istante. “E va bene,” concesse infine. “Però dì ad Albus che dovrà spiegarmela per bene, questa faccenda!”
Lily parve scoppiare di gioia. “Certo!” esclamò. “Grazie, fratellone!”
Gli saltò al collo, stampandogli un grosso bacio sulla guancia, prima di allontanarsi saltellando per il corridoio. James scosse la testa con aria sconfitta, i capelli ancora più scompigliati di prima. Ma sorrideva.


*



Louis Weasley
Villa Conchiglia
Tinworth, Cornwall

Dominique Weasley

Sala Comune di Serpeverde

Hogwarts, Scozia

Domi,
Victoire è insopportabile. Davvero, non la sopporto più. Non vedo l’ora delle vacanze estive, così verrai a salvarmi. Poverina, eh, mica lo fa apposta! Ma i preparativi per il matrimonio la stanno facendo diventare veramente isterica. Conosci Teddy, poi. Fa di tutto per darle una mano, ma è talmente imbranato che combina solo danni, e Vicky esce fuori di testa. Insomma, piccola! Conosci nostra sorella quando si arrabbia. Sembra una Banshee, più che una Veela... però è talmente adorabile che poi si sente in colpa. Ma quello è il momento peggiore, perché piega le labbra in quel dolce, piccolo broncio (e alla fine chissà come è sempre Teddy a consolare lei, dopo essersi beccato una sfuriata).
A proposito di Teddy... sto organizzando un Addio al Celibato coi fiocchi. Credo che alla fine sarà talmente bronzo da non ricordarsi neanche come si chiama.
(Sì, lo so che il Firewhikey ormai è out. Ma i locali Babbani vanno di moda, no?).
(No, non è vero che voglio andare per locali Babbani solo per rimorchiare le londinesi. Ritira immediatamente quello che hai pensato, Domi).
Mi manchi, sorella. Accidenti se mi manchi (e non ti azzardare a fare frecciatine sulla mia sdolcinatezza quando torni, okay? Sennò non mi manchi più).
Mi mancano le tue battute acide, però. Giuro, mi mancano. Qui è tutto dolci e cuori, fiori e amore. E matrimoni, e veli, e vestiti da sposa.
Come puoi immaginare, la nonna è in visibilio e non fa altro che sobillare Vicky di consigli di ogni tipo (e nostra sorella, devo ammetterlo, affronta il tutto con molta diplomazia). Tratta noi maschi come appestati, lanciandoci occhiatacce ogni volta che proviamo anche solo a nominare un vestito da sposa.
Per fortuna c’è il piccolo Freddie. Il nostro cuginetto è un mito, piccola, posso assicurartelo. Mi fa letteralmente crepare dalle risate, lui e la sua amichetta del cuore... Terpsichore Scamandro, la sorella minore dei ragazzi del Generale Molly e di Roxanne (se le voci che mi sono giunte sono vere). Quella ragazzina sta fuori come un balcone, ma è maledettamente simpatica. E mi adorano entrambi, sono il loro mito (“Diventerai un Auror, che figata!”).
A proposito di voci che mi sono giunte... è vero o no che stai con Adrian Goldstein? Me lo ricordo come un quindicenne bravo a Quidditch e insopportabilmente contenuto... è lui? Comunque bella scelta, Domi. Ha l’aria di avere un bel cervello, e poi è un Grifondoro come me. Insomma, hai la mia benedizione (e sì, lo so cosa dirai... che la benedizione di un dongiovanni squinternato come me non vale nulla. Tanto lo so che non lo pensi).
In bocca al lupo per gli esami, piccola. Non ti stressare troppo, okay? E saluta il mio discepolo (parlo di sexy-Al, ovviamente).
Ti voglio bene,
Louis


*


Il giorno della finale Albus si svegliò di pessimo umore, ma si trattava dopotutto di una sua prerogativa: era sempre estremamente nervoso quando doveva scendere in campo – ed essendo capitano, adesso risentiva ancor di più di questa sua ansia da prestazione.
“Voi uomini,” sentenziò Lily all’ora della colazione, dopo essersi apprestata al tavolo di Grifondoro per augurare buona fortuna ai fratelli. “Fate del Quidditch una ragion di stato.”
James ridacchiò dell’aria da donna matura che la ragazzina aveva assunto per dare un tono alla frase – Al gli invidiò tanta tranquillità. A pochi posti di distanza, Quinn Baston si schiarì sonoramente la voce.
“Oh, è vero!” si corresse Lily, sorridendo angelicamente. “Voi squadra,” – alzò teatralmente gli occhi al cielo. “Fanatici,” commentò, prima di levare il naso in alto e allontanarsi con il collo teso verso il proprio tavolo.
Lo spettacolo era talmente buffo che strappò un sorriso perfino ad Albus, mentre Quinn tornò a squadrare il proprio piatto con espressione arcigna.
Sopraggiunsero Dominique e Grace, tenendosi a braccetto. La prima andò a sedersi qualche metro più in là, accanto ad Adrian Goldstein – davvero, Al non capiva come mai si ostinassero a dividere i tavoli per Case. Il battitore stava mangiando distrattamente, fissando con aria assente il vuoto di fronte a lui, ma quando la ragazza si accomodò al suo fianco parve riscuotersi ed emise un sorriso flebile.
Grace, invece, si sedette sulle ginocchia di James. Lui le circondò la vita con le braccia, e i due presero a baciarsi teneramente – ad Albus venne il voltastomaco, poiché gli pareva che emanassero una sorta di aura rosata e zuccherosa. Il suo sguardo incontrò quello di Quinn, e gli sembrò che l’ombra di una risata goliardica ardesse per un istante nel fondo delle sue iridi chiare, ma poi la ragazza distolse gli occhi dai suoi e corrugò torva le sopracciglia.
Devo ricordarmi di dirle che punti su Flurry, rifletté. Ogni volta che giochiamo contro i Corvonero marca Jamie di continuo.
Diede un’occhiata all’orologio da polso e fece un segno alla squadra. Grace si alzò dalle ginocchia di James, il quale seguì il fratello e gli altr giocatori alla volta del campo.
“Dunque, ragazzi,” esordì Albus, una volta raggiunto lo spogliatoio e indossate le divise. “E’ la finale...”
“Che novità,” borbottò Quinn a nessuno in particolare.
“Sta’ zitta,” replicò Chris McGregory, tutto corrucciato.
La ragazza parve inalberarsi. “Senti...” cominciò, rabbiosa.
Al si ricordò che Quinn era in possesso di una mazza da battitore, ritenne quindi doveroso intervenire – preferiva evitare di ucciderli per aver compromesso i risultati della partita prendendosi a botte.
“McGregory, ci penso io a sgridarla. Quinn,” sospirò. “Non mi interrompere, okay?”
La ragazza gli lanciò un’occhiata truce. Nel frattempo, la tacita tensione di poco prima sembrava essere scemata, giacché lo spogliatoio riecheggiava di mormorii.
“Silenzio!” disse Albus – tutti tacquero. “I Corvonero sono avversari forti,” proseguì. “Ma noi siamo più forti di loro, giusto?”
“Giusto!” convenne Quinn, stringendo gli occhi – davvero, Al era felice che la ragazza sfogasse la rabbia repressa sui bolidi. Il più delle volte, questo significava vittoria.
“Allora andremo in campo,” aggiunse. “E non usciremo di lì se non con una coppa, d’accordo?”
Goldstein si scrocchiò le nocche e ricontrollò ancora una volta la propria mazza da battitore, prima di annuire con serietà. Lo sguardo di Albus incontrò quello di James, che gli sorrise in modo un po’ vacuo.
Fuori dallo spogliatoio, risuonò il fischietto che invitava le squadre prepararsi per entrare in campo.
“Buona fortuna a tutti,” mormorò Albus mentre si mettevano in fila, scope in spalla. “Quinn...”
La ragazza si voltò verso di lui, un’espressione decisa dipinta in volto. “Sì?”
“Tieni d’occhio Flurry, okay?”
Lei annuì.
“Senti...” cominciò lui, ma la sua voce fu coperta dal secondo fischio dell’arbitro.
Raggiunse in fretta la testa della fila. Uno dopo l’altro, uscirono tutti e sette sull’ovale, erboso campo di Quidditch.
Il tempo è splendido, pensò fra sé e sé. Non dovrebbero esserci problemi.
“I capitani si stringano la mano!”
Albus avanzò fino al centro campo, consapevole degli sguardi di metà dello stadio puntati su di sé. Georgia Menley, capitano dei Corvonero, gli lanciò un sorrisino di sfida. Mentre stringeva le dita sottili della ragazza fra le proprie, Al non poté fare a meno di pensare a quanto fosse graziosa, con quei folti capelli castani, gli occhi luminosi e le labbra piene. Era del suo anno, e, a meno che non si sbagliasse di grosso...
Basta, Albus. Non è il momento. Andrai da Georgia Menley e ci proverai, ma solo dopo averla sconfitta sul campo di Quidditch. Punto.
“In sella alle scope!”
Seguì con lo sguardo le mosse del signor Snicket mentre egli apriva la cassa contenente le quattro palle da gioco.
“Decollare!”
Albus si diede una robusta spinta per terra e si alzò in volo, alcuni metri sopra al resto della squadra. La brezza gli scompigliò i capelli, schiaffeggiando il suo viso. Il signor Snicket liberò i Bolidi, che si scagliarono in cielo; seguì il Boccino d’oro, delle dimensioni di una grossa noce. La piccola palla sfrecciò davanti agli occhi del ragazzo in un rapidissimo e brillante baluginio, prima che lui la perdesse di vista.
L’arbitro fischiò ancora, prima di lanciare in aria la Pluffa scarlatta – nello stadio si levò un boato, e i giocatori presero a saettare da un lato all’altro del campo, sfocate sagome rosse e blu che si inseguivano in ogni direzione.
“Salve, Hogwarts,” tuonò la voce del cronista, amplificata dal megafono magico. “Benvenuti all’ultimo incontro di Quidditch della stagione... nello schieramento Grifondoro troviamo i cacciatori Thomas, Hasting e Potter! Come battitori Adrian Goldstein e Quinn Baston... La ragazza sembra piuttosto agguerrita... più del solito,” rise. “In porta Chris McGregory. E ovviamente il capitano Al Potter è cercatore!” i tifosi Grifondoro urlarono. “Potter ha messo su proprio una bella squadra quest’anno, dopo il campionato disastroso dell’anno passato. I nuovi acquisti Thomas e Hasting sembrano proprio essere in grado di rimpiazzare il leggendario Louis Weasley, uscito da Hogwarts ormai da due anni... le ragazze lo rimpiangono ancora.”
Albus, nel frattempo, sorvolava il perimetro del campo, stringendo gli occhi alla ricerca del Boccino. A quest’ultima battuta del cronista Tassorosso, il suo sguardo corse automatico verso Georgia Menley, ma la ragazza sfrecciava rapidissima lungo il campo con la pluffa sottobraccio, estremamente concentrata. Al stava per gridare a James di andare a marcarla, ma il fratello lo precedette, raggiungendola. Per schivare un bolide di Goldstein, Georgia dovette lasciar cadere la Pluffa. James la prese e si diresse a rotta di collo verso gli anelli avversari. La ragazza pareva contrariata... era carina anche così.
Insomma, Albus! intimò lui a se stesso. Okay... è sexy, ma dopo.
“L’attacco congiunta del battitore Goldstein e di James Potter ha sventato l’azione di Georgia Menley, capitano di Corvonero. Davvero una bella ragazza, la Menley... Una volta le ho chiesto di uscire, ma lei mi ha detto di no...”
Seduto accanto a lui sugli spalti, Horace Lumacorno rise amichevolmente alle parole del cronista, assestandogli robuste pacche consolatorie sulle spalle. Albus distolse lo sguardo da loro, ricominciando a cercare il Boccino. Gli parve di intravvedere un bagliore dorato con la coda dell’occhio, ma fu distratto da un Bolide scagliato nella sua direzione, che dovette schivare. Quinn si lanciò all’inseguimento della palla, rilanciandola poi verso i cacciatori avversari. Si voltò verso Albus, sollevano entrambi i pollici. Lui rise.
“Un Bolide di Quinn Baston fa perdere palla ai Corvonero... Hasting di Grifondoro la recupera, ed effettua un perfetto passaggio alla volta di Potter. James si lancia verso gli anelli avversari... e segna! Dieci punti per Grifondoro!”
Dalla curva rosso-oro si levò un boato.
Tre quarti d’ora dopo, il Grifondoro era in vantaggio su Corvonero di appena dieci punti: centottanta a centosettanta. I bronzo-blu erano degli avversari forti, e la partita si stava dimostrando accesa e faticosa – esattamente come pronosticato da Albus. Il ragazzo adesso sorvolava nervosamente il campo da gioco, cercando con disperazione di individuare il Boccino – Edgar Thomas aveva preso un Bolide in pancia, poco prima, e Al dubitava che avrebbe retto ancora a lungo.
Finalmente, gli parve di vedere la pallina dorata dal lato opposto del campo: l’aveva intravista svolazzare attorno agli anelli di Corvonero. Si spinse in avanti più rapidamente che poteva, sfrecciando in aria. Il cercatore avversario, Dickens, se ne accorse e si lanciò anche lui in quella direzione.
“Oho!” riecheggiò la voce del cronista. “Sembra che i due cercatori abbiano visto il Boccino!”
L’intero stadio trattenne il fiato, ma Albus a malapena se ne accorse.
Maledizione... Dickens è molto più vicino di me!
Accellerò disperatamente.
Merda!
Dickens filava come un razzo all’inseguimento della pallina dorata, con Al alle calcagna.
Non lo raggiungerò mai!
Ma proprio quando il Corvonero ce l’aveva quasi fatta, James gli tagliò la strada giungendo da chissà dove, la Pluffa sottobraccio, disorientandolo. Con il cuore che batteva rapidissimo, Albus lo superò in volo – gli parve che il fratello stesse ammiccando nella sua direzione.
Seppe con categorica certezza che avrebbero vinto pochi secondi prima di prendere il Boccino. Quando chiuse le dita attorno alla pallina dorata, gridò dall’esultanza, ma la sua voce fu sovrastata dagli strilli di metà dello stadio.
“Grifondoro vince!” gridò il cronista, e allora Al non ci capì più niente.
Senz’altro è curioso il fatto che Al nelle ore successive non riordò niente dei minuti che seguirono, mentre molti anni dopo ne avrebbe saputo rivivere ogni dettaglio nella mente. Si accorse a malapena dell’abbraccio collettivo in cui la squadra si strinse mentre planavano al suolo. Non riusciva a staccare gli occhi dal proprio pugno, dentro il quale il Boccino continuava a dibattersi furiosamente. Lo lasciò andare solo quando fu consegnata loro la coppa, e dovette sollevarla con entrambe le braccia... gli pareva tutto così irreale, perfetto. Tuttavia, vide James riacchiappare prontamente la pallina dorata e infilarsela in tasca.
Il turbine biondo che lo travolse poco dopo si rivelò essere Grace, che gli era corsa incontro e lo aveva abbracciato, per poi precipitarsi a baciare James. Quest’ultimo la sollevò tra le braccia e la fece roteare, ridendo ed esultando – baciandola sulle guance, sulla fronte e sulle labbra.
Lo sguardo di Albus cadde su Quinn, la quale gli rivolse un sorriso gioioso.
“Abbiamo vinto, capitano!” gridò la ragazza. “Abbiamo vinto!”.


*


“Lasciatemi... lasciatemi andare. Voglio andare a chiedere a Georgia Menley di uscire con me!”
“Meglio di no, Al,” cinguettò Lily. “Non preferisci essere sobrio quando lo farai?”
In seguito alla vittoria a Quidditch di Grifondoro contro Corvonero, l’intera casa si era radunata in sala comune per festeggiare. Anche Jacob e Scorpius si erano uniti a loro, assieme a quasi tutti i Potter-Weasley appartenenti ad altre case – con l’ovvia esclusione di Molly e Hugo, la prima per orgoglio patriottico e il secondo perché si stava rodendo il fegato dalla delusione, probabilmente.
In preda all’entusiasmo – e con Chris McGregory che non cessava mai di riempire il suo bicchiere – Albus sembrava essersi preso una bella sbronza, e Jacob stava impiegando tutte le proprie forze per limitare i danni. Nello specifico, si trattava di impedire all’amico di precipitarsi da Georgia Menley e fare la peggior figura della propria vita – il che, Jake doveva ammetterlo, contribuiva notevolmente a distogliere la sua attenzione da Dominique, che chiacchierava con Goldstein su un divano.
“Al, non è il caso,” fece notare al giovane Potter, che aveva tentato di eludere il suo controllo per precipitarsi fuori dal buco del ritratto. “L’hai appena battuta a Quidditch, ti lancerebbe una fattura.”
“Ma è sexy...” insisté Albus, biascicando. “E io voglio...”
“Ti prego, preferirei non saperlo,” sospirò Rose. “Le tue turbe ormonali non mi interessano affatto.”
Jacob ridacchiò.
“Uffa!” protestò Albus. “Lei è sexy!”
“L’abbiamo capito,” borbottò Jacob.
Questa volta fu Lily a ridere.
McGregory, che si sentiva un poco responsabile della cosa, propose di portare Al in dormitorio e Jake si offrì di aiutarlo. Rose scomparve chissà dove, e così Lily si ritrovò sola. Lo sguardo le cadde sulla cugina Lucy, seduta a scherzare con alcune compagne di dormitorio.
Potrebbe essere il momento giusto per andare in biblioteca, rifletté. Nessuno si accorgerebbe della nostra assenza... e James è distratto, posso prendere il Mantello senza che se ne accorga.
Si avviò verso la cugina con decisione.
Tanto il permesso di usarlo me l’ha dato, no?
Quando si apprestò al piccolo gruppo, la cugina levò lo sguardo verso di lei, e sorrise.
“Lu,” disse Lily. “Jamie mi ha chiesto di andare a prendere una cosa nel suo dormitorio. Mi accompagni?”
“Va bene,” acconsentì Lucy. “Vengo subito.”
Mezz’ora dopo, le compagne di dormitorio si chiesero dove fosse finita Lucy, ma – come disse Laurel Mingott con una scrollata di spalle – con Lily Potter non si poteva mai sapere. Non si accorsero del buco del ritratto che si apriva e richiudeva, apparentemente senza nessuno a spingerlo... nessuno se ne accorse, a dire il vero.
Nel frattempo, Scorpius si era avvicinato a Grace e James.
“Bella partita,” si complimentò con quest’ultimo.
James sorrise. Non aveva mai avuto una vera e propria conversazione con Scorpius Malfoy, eppure gli aveva sempre dato l’impressione di essere un tipo simpatico. Aveva amato Grace, dopotutto – anche se questo lo rendeva un poco geloso – e adesso amava Lucy. Perlomeno, aveva ottimi gusti.
“Grazie!” replicò allegramente il giovane Potter. Si sentiva estremamente euforico, anche se una parte di lui avrebbe voluto mollare tutti e andare a rinchiudersi con Grace da qualche parte.
Scorpius sorrise in quel suo modo vagamente inquieto. “Ho visto che hai preso il Boccino,” disse. “Come mai...”
James ridacchiò. “Un ricordo,” si giustificò, “erano secoli che desideravo sgraffignare un Boccino, a dire il vero.”
Anche il giovane Malfoy rise, e così Grace – era difficile trovare qualcuno che non stesse ridendo, in effetti.
“Scorpius, ti va una Burrobirra?” intervenne una voce.
Senza farci troppo caso né prestare grande attenzione a chi appartenesse la voce, il ragazzo accettò il bicchiere che gli era stato porto.
“Grazie,” disse distrattamente, mentre si apprestava a bere.
Non si accorse dell’espressione di Grace.
“Non berlo!” gridò lei. “Scorpius, non...”
Ma era troppo tardi. Prima ancora di comprendere le parole della ragazza, aveva già svuotato il bicchiere in una sola, lunga sorsata.


I tried to downplay it

with a bet about us

You said that you'd take it

as long as I could

I could not erase it.







La canzone che compare nel capitolo, sia all’inizio sia alla fine, è A Sorta Fairytale di Tori Amos. Posto di seguito la traduzione di entrambi i passi che ho inserito. Questa è la prima: Mi tolsi il cappuccio / e parlai con te / e sapevo che sarebbe stata / una cosa lunga una vita. / Ma non sapevo che / avremmo spezzato ogni speranza. E questa è la seconda: Ho provato a minimizzare / con una scommessa su di noi. / Tu hai detto che l’avresi accettata / il più a lungo possibile. / Non potevo ritirarla.

Note dell’Autrice
Due punti in sospeso tutti per voi! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché mi ci sono davvero tanto impegnata. Non sono in grado di descrivere partite di Quidditch... spero che il risultato sia perlomeno decente!
Ho fatto i miei conti, e mancano due o tre capitoli alla fine (più due epiloghi) e non so proprio come dirvi grazie. Nel frattempo, i primi due capitoli del sequel sono già scritti. Beh... grazie. Davvero
Per le prossime settimane aggiornerò con regolarità una o due volte a settimana (a seconda del tempo a disposizione).

Joie,
Daph.

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Capitolo 25
*** 24. My Dear Lucy ***



Alla Little-Genial-Teen che incontrerò domani


Capitolo 24

My Dear Lucy


High up above or down below

when you're too in love to let it go

but If you never try you'll never know

Just what your worth.


Lucy e Lily stavano percorrendo il corridoio che conduceva alla biblioteca, nascoste al sicuro sotto il Mantello dell’Invisibilità. Le due ragazzine si erano allontanate di soppiatto dalla torre di Grifondoro, approfittando dei festeggiamenti seguiti alla vittoria a Quidditch per procedere non viste. Prima avevano sgraffignato il Mantello dal baule di James – dopo che Lily ebbe più volte assicurato a Lucy di avere il suo permesso. La piccola Potter aveva spiegato alla cugina la faccenda, e quest’ultima si era dimostrata inaspettatamente curiosa.
Ma siamo parenti, dopotutto. Il gene del ficcanasare non fa sconti.
Minute com’erano, le due ragazzine riuscivano a infilarsi entrambe sotto al Mantello senza difficoltà alcuna. Quando finalmente raggiunsero la porta della biblioteca, Lucy estrasse la bacchetta magica e la aprì con un silenzioso incantesimo – Lily si ripromise di chiederle chi le avesse insegnato i non-verbali. Scorpius si poteva anche escludere, decretò.
Lucy si mosse con sicurezza nella biblioteca buia e silenziosa, guidando la cugina lungo gli stretti corridoi fra le librerie. Con il cuore in gola, scavalcarono il cordone che separava quello Proibito dagli altri reparti.
“Lumos,” sussurrò Lily.
La luce della sua bacchetta si accese, illuminando i profili dei grossi libri stipati l’uno accanto all’altro, sugli scaffali.
“Lucy,” mormorò ancora, “dove...”
Ma la cugina aveva già ricominciato a muoversi, tirandosela dietro per la mano. Con sicurezza raggiunse uno scaffale, e lì si fermò.
“Ho accesso alla lista dei titoli,” spiegò piano all cugina, “e so qual’è il libro in cui si potrebbe trovare qualcosa. So anche dov’è, solo che -”
“Solo cosa?” la interruppe Lily in tono febbrile. “Prendiamolo, su!”
“Solo che c’è un problema,” riprese l’altra. “Sta in alto, e non possiamo usare la scala perché farebbe troppo fracasso.”
Lily alzò la testa. Le cime degli scaffali scomparivano nel buio fitto.
“Quanto in alto?” chiese flebilmente
“Non troppo in alto,” la rassicurò Lucy. “Se ti prendo sulle spalle possiamo farcela.”
A Lily venne da ridere. “Dai, Lu, ci sarà un altro –”
“Sei più leggera di me,” le fece notare l’altra.
La ragazzina sbuffò. “D’accordo,” concesse.
Dieci minuti e parecchi altri sbuffi dopo, Lily era seduta sulle spalle della cugina, la bacchetta accesa per leggere i titoli.
“Si chiama Filosofia e stregoneria avanzata,” le aveva detto Lucy. “Dovrebbe stare fra De Potentissimus Potionibus e Studi sugli Inferi...”
“Eccolo,” sussurrò Lily, euforica. “L’ho trovato.”
“Forza, prendilo,” le disse Lucy, “non ce la faccio più!”
La piccola Potter estrasse a fatica il pesante tomo dallo scaffale, e si appoggiò alla libreria per scendere dalle spalle della cugina senza farsi male. Miracolosamente, le due riuscirono a non fare tumore. Si rintanarono nuovamente sotto il Mantello, sedute in terra e con Filosofia e stregoneria avanzata aperto sulle giocchia di Lucy. La ragazzina scorse rapidamente l’indice, per poi sfogliare il volume fino alla pagina giusta. Lily la lasciò fare: era chiaro che sapesse ciò che faceva.
“Ecco...” sussurrò Lucy.
La cugina levò la testa di scatto, mentre le sue pulsazioni cardiache accelleravano furiosamente. “Che cosa hai trovato, Lu?” le chiese.
L’altra sorrise trionfante. “Con il termine Empirismo,” lesse, “facciamo riferimento ad una corrente filosofica piuttosto diffusa fra i non-Maghi dell’Inghilterra della fine del 1700. Tale teoria si basa su un principio fondamentale, ossia che qualsiasi forma di conoscenza deriva esclusivamente dall’esperienza pratica, anziché dalla mera speculazione mentale. Si contrappone al Razionalismo... Cartesio... Questo non ci interessa. Ecco qui!”
“Dimmi!” la incitò Lily, fremente, faticando a mantenere basso il tono di voce.
Sebbene non ne abbiano poi colto l’essenza, i non-Maghi sono arrivati molto vicini allo scoprire in che cosa realmente l’Empirismo consiste Come già accennato in precedenza, la mente umana è organizzata su diversi livello, che chiamiamo Sfere. La Sfera Empirica è legata strettamente alla Sfera della Memoria, giacché si ha conoscenza di qualcosa in maniera consequenziale all’esperienza pratica che si ha relativamene ad essa. Il campo Empirico di un determinato oggetto è il sapere di che cosa si tratta e il poterlo figurare nella propria mente. Ciò deriva necessariamente dall’esperienza pratica, poiché per sapere che cosa è un albero, ad esempio, è necessario averne visto uno o perlomeno averne sentito parlare.
“Se ho capito bene,” la interruppe Lily parlando con lentezza. “Avere la coscienza Empirica di qualcosa è poter pensare ad essa... Giusto?”
“Credo di sì,” convenne Lucy. “Senti qua... Il concetto di conoscenza Empirica ha molto a che fare con alcune pratiche magiche avanzate. L’esempio più lampante è costituito dall’Incanto Proteus, procedimento di stregoneria che consente di legare fra di loro alcuni oggetti della stessa categoria. Per cancellare gli effetti dell’Incanto Proteus,” – Lily le strinse il polso con tanta forza che quasi le fece male – “è necessario ricorrere all’annullamento Empirico della Proprietà. La Proprietà di un oggetto è, sostanzialmente, ciò a cui serve, lo scopo per il quale è stato creato. Quando la Proprietà diviene nulla, l’oggetto perde alcune delle caratteristiche basiliari che identificavano il suo scopo. La Proprietà viene annullata Empiricamente quando, per tutte le persone che al momento in cui l’incantesimo viene gettato si trovano in un luogo circoscritto e ben determinato, diviene impossibile pensare all’oggetto in questione in relazione allo scopo per il quale era stato creato. Si tratta di una pratica magica complessa e proibita, proprio per questo si consiglia di gettare un Incanto Proteus solo se non ci sono alternative, poiché l’annullamento di esso è illegale.”
Quando Lucy concluse la lettura del paragrafo, le due ragazzine tacquero per qualche istante. Poi, Lily parlò.
“Non credo che Gossip Witch avesse letto questo libro,” pigolò.
Ma Lucy pareva pensare ad altro. “Lily,” mormorò. “Ma non riusciamo ancora a pensare ai galeoni stregati come monete false.”
L’altra aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse.


*


Quando Jacob si svegliò, la prima cosa che vide fu Scorpius, ben sveglio e vestito di tutto punto, steso supino sul proprio letto e con le braccia incrociate dietro la testa. Impressa sul volto aveva un’espressione beata.
“Buongiorno!” lo salutò allegramente.
Jake aggrottò le sopracciglia: generalmente al mattino Scorpius era molto insonnolito, e perlopiù comunicava a grugniti. Adesso era domenica mattina, poi, ed era presto.
“Anche a te,” replicò, sbadigliando e stiracchiandosi pigramente.
Scorpius sospirò. “Che bella giornata...” commentò con aria estatica.
Il giovane Greengrass era sempre più perplesso. “Scorpius, non non abbiamo le finestre,” gli fece notare.
Scorpius lo guardò come se avesse appena annunciato di essere follemente innamorato della professoressa Cooman. “Io ho il mio, di sole,” disse come palesando l’ovvio.
Jacob levò le sopracciglia. “Amico, cosa ti sei fumato?”
L’altro parve interdetto. “Fumato?”
“Niente, lascia perdere,” mormorò Jake.
Cosa diavolo gli è preso?
Si vestì con calma. Scorpius attese che avesse finito prima di alzarsi a propria volta, e non appena fu in piedi Jacob scrutò con perplessità il suo abbigliamento. Nei finesettimana, di solito, gli studenti vestivano alla Babbana – ma questo stava a significare jeans e felpe, non gli eleganti pantaloni di sartoria e la camicia candida che l’amico indossava in quel momento. Jacob notò le lustre scarpe nere che l’amico indossava, e represse un risolino.
“È per il tuo sole che sei vestito così?” domandò all’amico, ripromettendosi che sei mai avesse amato un’altra donna, e dopo Dominique non ne era poi così sicuro, non sarebbe mai divenuto un damerino del genere per lei.
Scorpius parve riscosso da profondissimi pensieri. “Eh?” fece.
“Per Lucy, Scorpius. Il tuo sole.”
“Lucy?”
Adesso Jacob cominciava davvero a spazientirsi. “Lucy! La tua ragazza!”
“Non conosco nessuna Lucy,” borbottò Scorpius di rimando.
Jacob levò le sopracciglia. “E di chi parli, allora?”
Il volto dell’amico parve illuminarsi, e lui assunse di nuovo quell’aria estatica. “Come di chi parlo! Di Jackie Finigann, ovviamente!”
Al giovane Greengrass parve che qualcuno stesse fischiando nelle sue orecchie in tono molto acuto, mentre uno sgradevolissimo pensiero andava prendendo forma nella sua mente. “No...” mormorò, agghiacciato. “Oh, no!”
“Come no!” Scorpius pareva esaltato. “Lei è così bella... I suoi fianchi sono così... così sensuali che...” disegnò con le mani una figura femminile a mezz’aria, con espressione adorante.
Oh, merda...
“Scurpius, tu non ami Jackie!” esclamò. “Tu ami Lucy!”
“Che cosa succede?” mugolò Bernie Boot con voce insonnolita, ridestato dal fracasso.
Scorpius lo ignorò. “Ancora con questa Lucy,” ringhiò. “Io amo Jackie Finigann!”
Bernie si guardava intonro con occhi sgranati.
“Credo abbia bevuto un filtro d’amore,” si affrettò a spiegargli Jake, mormorando.
L’altro guardò Scorpius, che adesso andava declamando a gran voce le lodi delle gambe di Jackie.
“Credo anche io,” borbottò cupamente.


*


Come di consueto, durante la colazione stormi di gufi planarono in Sala Grande dlle alte finestre, per la consegna giornaliera della posta.
Era da qualche settimana che, al tavolo di Corvonero, ogni mattina Hugo Weasley scrutava invano fra i volatili alla ricerca del proprio allocco dal piumaggio fulvo – da parecchio tempo assente dalla Guferia. Quella domenica mattina, tuttavia, nelle sue iridi scure si dipinse uno sguardo trionfante, vedendo il proprio famiglio puntare con decisione verso di lui. Atterrò fra il bricco del latte e un vassoio colmo di uova fritte, per poi arruffarsi elegantemente le ali e allungare una zampa, permettendo al proprio padrone di recuperare la missiva che vi era stata legata. Le dita di Hugo tremavano leggermente mentre scioglieva il nodo, ma il ragazzo riuscì ugualmente a storcere il naso nel notare che alcune penne della coda del gufo erano divenute di un verde brillante. Scrollò le spalle – ci avrebbe pensato più tardi – e diede all’allocco un pezzo di toast prima che volasse via, per poi focalizzare la propria attenzione sulla lettera. Aprì la busta, trepidante, e ne trasse una pergamena che iniziò subito a leggere.
Gentilissimo Hugo Weasley,
innanzitutto voglio ringraziarti per aver scritto. Non accade spesso che qualcuno dia credito a noi Cercatori dei Doni. Si sa, la gente è stupida e ristretta. Ad ogni modo, se desideri saperne di più, sarei lieto di incontrarti. Mi hai posto degli interrogativi veramente elettrizzanti, ma non è sicuro discutere di questi argomenti per lettera. Qualcuno potrebbe intercettare la posta, no?
So che frequenti Hogwarts, quindi fra non molto sarai in vacanza. Comunicami una data eio ti dirò se sono disponibile nel giorno in questione.
Cordiali saluti,
Xenophilius Lovegood, Cercatore dei Doni della Morte.
L’espressione esaltata di Hugo era gradualmente andata scemando, mentre proseguiva con la lettura. Il ragazzino sbuffò, irritato.
Insomma, gli servivano settimane per rispondere che non può rispondere?!
Sebbene si fosse ripromesso di tenere d’occhio il comportamento del cugino, al tavolo di Grifondoro Albus Potter non aveva notato assolutamente nulla dei suoi ultimi movimenti – ma questo, come adesso vedremo, è decisamente comprensibile.
La sorella Lily lo aveva difatti raggiunto fra i pochi Grifondoro che quella domenica mattina erano stati mattinieri, seguita da una perplessa Rose. Anche Lucy era con loro, e sia sul suo volto che su quello della piccola Potter era dipinta una palese soddisfazione – e discrete occhiaie, anche.
Avevano scelto il tavolo di Grifondoro, così disse Lily, perché sebbene fosse pieno solamente a metà c’era tanta di quella confusione che nessuno avrebbe prestato attenzione a loro.
“E poi, si sa,” aggiunse. “Fra noi Serpeverde c’è sempre qualcuno pronto a origliare...”
“Allora?” tagliò corto Rose. “Cosa dovete dirci?”
Lily si scambiò uno sguardo con Lucy. “Sappiamo che cosa è l’annullamento Empirico della Proprietà!” annunciò a mezza bocca, in tono triongante.
Albus era incredulo. “Davvero, Lily?”
Lei annuì, con aria estremamente compiaciuta.
“E che cos’è?” chiese Rose.
“È un po’ complicato da spiegare,” rispose Lucy – la quale pareva inaspettatamente lieta di essere stata coinvolta. “In sostanza... beh, impedisce di pensare ad un oggetto in relazione alla sua vera Proprietà. Letteralmente.”
“Ed è qui che sorge il problema,” intervenne Lily. “Perché noi riusciamo ancora a pensare ai galenoni di Gossip Witch come monete false, il che vuol dire...”
“... che non è quella la loro vera Proprietà,” completò Rose.
Le altre due annuirono.
“C’è un altro problema,” disse Lucy. “Come possiamo capire qual’è la vera Proprietà se non possiamo pensarla?”
Albus aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto dall’improvviso sopraggiungere di Jacob Greengrass, il quale si precipitò verso il tavolo di Grifondoro con aria sorprendentemente ansiosa. Senza degnarli di un saluto sussurrò qualcosa all’orecchio di Albus, in tono concitato. Quest’ultimo cambiò di colpo espressione e scoccò a Lucy un’inspiegabile occhiata carica di preoccupazione, prima di seguire in fretta l’amico fuori dalla sala.
“Ma cosa gli è preso?” chiese Lily, stupita.
Rose scrollò le spalle.
Dalla parte opposta della sala, Dominique Weasley aveva visto tutta la scena. Strinse gli occhi, sospettosa, mentre Adrian scrutava perplesso la traiettoria del suo sguardo.


*


Quando finalmente riuscirono a raggiungere il campo di Quidditch senza intoppi – merito anche della Mappa del Malandrino, che Al aveva utilizzato all’insaputa di Scorpius per evitare Jacki Finigann –, dovevano costituire una scena piuttosto buffa, o almeno così la pensava Albus. Lui, Jacke, Boot, Quinn, Goldstein e qualcun’altro, più Scorpius – con espressione sognante –, tutti con le scope in spalla e un caledoscopio di emozioni differenti impresse sui loro volti. Boot si trascinava dietro la grossa cassa contenente le palle da gioco.
L’idea era stata di Quinn, anche se Al ancora non aveva capito bene come avesse finito per essere anche lei convolta in quella faccenda. Era passata accanto a loro proprio mentre Scorpius elencava nel dettaglio le doti del seno della Finigann, e aveva storto il naso.
“Portatelo al campo, no?” propose, non appena le ebbero spiegato a grandi linee l’accaduto. “Ditegli che per conquistare quella ragazza dovrà prendere il Boccino. Basterà non liberarlo finché non finiscono gli effetti del filtro.”
Jake strabuzzò gli occhi, ammirato – non si sarebbe mai aspettato una simile arguzia da Quinn Baston l’Uomo Mancato, probabilmente.
E se devo essere sincero, neanche io.
Fatto sta che avevano racimolato due squadre in fretta e furia e si preparavano a giocare una partita. Al era in squadra con Quinn, Goldstein, James e Lily – che in fondo sapeva volare. Anche Zoe MacDonald ed Emma Finch-Fletchey di Tassorosso si erano unite a loro. Dall’altra parte, Scorpius giocava con Jake, Bernie, Roxanne, Lysander Scamandro – il quale squadrava il manico di scopa come se non sapesse bene che farci – e due compagne di dormitorio di Lily, le quali non cessavano di ridacchiare. Albus le trovava terribilmente irritanti, ma confidava che una volta in sella alla scopa sarebbero state troppo impegnate a non precipitare giù per riuscire ancora a ridere.
Soffiò nel fischietto che aveva Evocato e portava appeso al collo, prima di spalancare con un calcio la cassa contenente le palle. Liberò i Bolidi e controllò che Scorpius non stesse guardando prima di fingere di fare lo stesso con il Boccino d’oro. Come stabilito, furono le ridacchianti amiche di Lily a distrarre Scorpius, facendogli qualche domanda su Jackie. Il ragazzo parve entusiasta e disegnò per l’ennesima volta la figura della ragazza nell’aria, rischiando quasi di cadere dalla scopa.
Al scosse la testa, prima di lanciare la Pluffa verso l’alto.


*


“Che cosa hai fatto, questa volta?”
Nell’udire quella voce conosciuta, Jackie Finigann sobbalzò. Si volse lentamente, e sullo stipite della porta vide proprio chi credeva.
“Oh,” disse, sorridendo. “Ciao, Dominique.”
La Weasley non sorrise, limitandosi a sollevare le sopracciglia e lanciarle un’occhiata gelida. Si fece largo nella stanza con incedere superbo, la testa dritta.
“Non ho voglia di perdere tempo, Jackie,” le disse. “E a quanto pare ancora non hai rinunciato a fare del male a Lucy.”
“La cosa non ti riguarda,” sibilò lei.
Dominique strinse gli occhi. “Mi riguarda eccome,” mormorò. “È mia cugina, le voglio bene.”
Jackie scoppiò in una risata. “Bene, Weasley? Da quando in qua vuoi bene a qualcuno che non sia te stessa?”
L’altra sgranò per un istante gli occhi, chiaramente toccata. “Io –” cominciò, ma Jackie la interruppe.
“Me lo ricordo, sai... ricordo perfettamente cosa hai fatto a mia sorella, due anni fa!”
Anche Dominique ricordava perfettamente cosa avesse fatto a Pauline Finigann, due anni prima. Grace era partita all’improvviso senza dar notizia di sé, Scorpius era sempre più assente e lei aveva capito di non avere veri amici. Aveva finito per scaricare tutta la sua frustrazione su Pauline, la quale nei suoi confronti si era dimostrata caritatevole in maniera irritante... L’intera scuola aveva riso di lei per mesi, e la ragazza aveva finito per ritirarsi prima di concludere il settimo anno.
Dominique ricordava perfettamente, ma adesso poteva capire. E si sentiva in colpa. Tremendamente in colpa.
“Mi... mi dispiace,” mormorò. “Davvero, allora non capivo.”
“Che me ne faccio del tuo dispiacere?” sibilò Jackie. “Che se ne fa Pauline del tuo dispiacere?”
“Adesso come... come sta?”
“Ha superato la cosa, alla fine... ma hai distrutto anni della sua vita, diamine! Era già fragile di per sé, e poi –”
“Mi dispiace,” ripeté Dominique. “Sul serio. Ma stai facendo la stessa cosa a mia cugina, te ne rendi conto?”
Jackie sorrise falsamente. “Già,” ammise. “Ed è solo colpa tua.”
Dominique deglutì. “Questo non puoi dirlo. E non è giusto che tu te la prendi con lei per qualcosa che ho fatto io! Anni fa, capisci?”
“Due anni non sono molti.”
“Due anni possono essere molti.”
Tacquero entrambe per qualche istante. Jackie guardava Dominique in cagnesco.
“Senti,” riprese la Weasley. “Dimmi che cosa hai fatto, o andrò a chiederlo alla tua amichetta Christine. O alla Sinistra, se preferisci.”
Jackie scosse la testa. “Christine non c’entra nulla,” bofonchiò.
“Vuoi rovinare a Lucy gli anni della sua adolescenza come io ho fatto con Pauline?”
“Non parlare di lei.”
“Proprio perché è tua sorella non dovresti volere che qualcuno passi ciò che ha passato lei.”
L’altra non rispose.
“Che cosa hai fatto, Jackie?” le chiese Dominique con più dolcezza.
L’interpellata quasi rise. “Che cosa ne hai fatto della subdola e vendicatrice Regina D.?” replicò.
“L’ho mandata dove meritava,” sorrise Dominique. “Jackie...”
“Ho dato un filtro d’amore a Scorpius,” ammise la Finigann. “E mi dispiace”.


*


Grace si stupì quando si accorse che Dominique si stava avvicinando in compagnia di Jackie Finigann, soprattutto nell’avvedersi che non parevano in procinto di accapigliarsi.
“Domi,” chiese all’amica, “cosa...”
“Jackie ha dato un filtro d’amore a Scorpius,” spiegò la ragazza, lanciandole un’occhiata significativa. “E le dispiace.”
Grace annuì, ripromettendosi di farsi spiegare tutto più tardi.
“Puoi darci una mano a mettere su un antidoto? Quegli imbecilli dei ragazzi neanche ci hanno pensato e hanno colto la palla al balzo per organizzare una partita di Quidditch, a quanto pare.”
“Già, James mi ha accennato qualcosa... gioca anche Adrian, vero?”
Dominique annuì. Jackie, notò Grace, pareva a disagio – il che era piuttosto comprensibile, a dire il vero.
Si schiarì la voce. “Che tipo di filtro d’amore era?” chiese in tono professionale.


*


A Rose e Molly – la quale fremeva per andare a riferire tutto alla Sinistra – era stato affidato il compito di tenere impegnata Lucy, affinché quest’ultima non si imbattesse in Scorpius. Si trovavano in biblioteca, con il presunto scopo di aiutare Molly e Lorcan a ripassare in vista dei M.A.G.O., scusa peraltro assai bislacca, poiché non si era mai visto che Molly avesse difficoltà nello studio e Lorcan era maledettamente orgoglioso.
Lucy, ignara di tutto e senza alcun sospetto, pareva molto allegra. Rose notò quanto fosse cresciuta, negli ultimi mesi. Adesso la cugina era molto meno chiusa, sebbene i suoi modi fossero ancora molto riservati, e l’atteggiamento tranquillo che prima risultava anche un po’ irritante adesso era piacevole e rilassante.
“Rosie?”
Nell’udire la voce del fratello, la ragazza si voltò.
Hugo era di fronte a loro, in piedi. Fra le mani stringeva un voluminoso tomo.
“Dimmi,” fece Rose.
“Potresti venire un momento con me? Vorrei mostrarti una cosa.”
Lei annuì e si alzò, per poi seguirlo qualche scaffale più in là.
“A proposito,” disse lei. “Abbiamo scoperto –”
“Lo so,” la interruppe il fratello. “Me l’ha detto Lily stamattina.”
Appoggiò il libro su di un tavolo, sfogliandolo velocemente.
“Guarda.”
Rose osservò la pagina. Vi era rappresentata una bacchetta magica, assieme ad un Mantello dell’Invisibilità e...
“Hugo!” sibilò. “Questi sono i Doni della Morte, ma cos-”
“Ssh,” fece lui – e se Rose non si offese fu solo perché era troppo curiosa. “Guarda qui.”
Puntò il dito sul disegno della Pietra della Resurrezione.
“Vedi queste linee che sono incise sopra la Pietra?”
Effettivamente, sul disegno del sassolino erano rapprestate alcune incisioni, recanti un triangolo con inscritto un cerchio, tagliati a metà da una linea verticale. La ragazza annuì.
“Hai presente l’uovo di Fruffolo Frizzante che sta covando Lysander Scamandro.”
Lei inarcò le sopracciglia. “Mi stai dicendo –”
“Ci sono le stesse incisioni. Non è affatto un uovo, è la Pietra della Resurrezione.”
Rose sbuffò. “E con ciò? Basterà convincere Scamandro a rimetterla dove l’ha trovata.”
Hugo parve improvvisamente in ansia. “Ma perché?”
“Cosa vuoi farci? Richiamare i morti?”
“È un artefatto magico potentissimo... potrei studiarlo, oppure...”
Lei sospirò. “Non dirlo a nessuno, però...” cambiò di colpo espressione. “Non avrai scritto a Xenophilius Lovegood che suo nipote ha la Pietra della Resurrezione, spero.”
Hugo si indignò. “Certo che no, mica sono un imbecille! Gli ho solo scritto che vorrei intraprendere la ricerca dei Doni e chiesto se poteva dirmi qualcosa in più su di essi.”
“Ti ha risposto?”
Inspiegabilmente, il ragazzino parve deprimersi. “Sì, mi è arrivata la sua lettera questa mattina. Dice che per posta non può dirmi nulla, ma che se voglio possiamo incontrarci quest’estate.”
“Bene,” rispose Rose. “Ci andremo insieme... ma prima dobbiamo convincere Lysander a darci la Pietra.”
Hugo sorrise, trionfante. “Sapevo che saresti stata dalla mia parte!” esclamò.
Mentre tornavano dalle cugine, non si accorsero del sospiro che qualcuno si era fatto sfuggire – né che il qualcuno in questione avesse udito tutto.


*


“Ecco qui!” esclamò Grace, soddisfatta. “Antidoto finito!”
Porse a Dominique una fialetta colma di una pozione di un caldo color arancio.
“L’hai fatto controllare a Lumacorno?” disse Jackie, osservando il decotto con cautela.
Grace la guardo con espressione appena tiepida – non le era simpatica quella ragazza, no, anche se Dominique pareva averla inspiegabilmente perdonata.
“No che non gliel’ho fatto controllare,” ribatté. “In Pozioni ho Eccezionale, e poi avrebbe sospettato.”
La Finigann annuì.
Dominique gettò un’occhiata nervosa all’orologio da polso. “Staranno rientrando, adesso. Se li incrociamo, possiamo dare l’antidoto a Scorpius.”
La giovane Weasley non si era sbagliata sui tempi, anzi. Le tre ragazze giunsero nella sala d’ingresso proprio mentre gli altri vi entravano, stravolti dalla partita che era durata ore.
“Ehi!” disse una voce allegra. “Che ci fate tutti qui?”
Vedendo Lucy, Dominique si accorse con orrore di non aver considerato un dettaglio fondamentale, giacché adesso Scorpius, Jackie e la cugina più piccola – sopraggiunta assieme a Rose, Molly e Lorcan – si trovavano nella stessa stanza e nello stesso momento. Anche la Finigann doveva essersene accorta, perché si nascose dietro a Grace, facendosi piccola piccola. Dominique incrociò le dita, pregando che Scorpius non la vedesse.
Nel frattempo, Lucy si stava avvicinando al gruppo del Quidditch, mentre Molly la guardava con apprensione e Lily aveva portato una mano alla bocca. Tutti gli altri erano immobili – l’aria era talmente pervasa dalla tensione che avrebbe potuto sprizzare elettricità.
La ragazzina parve accorgersi che qualcosa non andava, poiché si guardò intorno con aria perplessa. “Che cosa... che cosa avete tutti?” chiese in tono flebile. “Scorpius...” chiamò il ragazzo.
Lui le rivolse uno sguardo di glaciale indifferenza¹.
Il labbro inferiore di Lucy tremava. La ragazzina era incredula, e sconvolta – non capiva, e come avrebbe potuto?
“Scorpius, che cosa succede?”
“Niente,” replicò lui in tono annoiato. “Chi sei?”
Lei corrugò le sopracciglia. “Scorpius, sono io... sono Lucy.”
Inaspettatamente, il ragazzo sbuffò. “Ancora con questa Lucy? È da stamattina che non fate che nominarla. Quante volte vi devo ripetere che non conosco nessuna Lucy?!”
“Lu,” intervenne Albus all’improvviso. “Non dare retta a quello che dice... è stato stregato.”
Lei annuì, seria. “L’avevo capito.”
Ma l’attenzione di Scorpius si era focalizzata su qualcos’altro, o meglio, su qualcun’altro. Evidentemente la sagoma di Grace non era stata sufficiente per coprire quella della Finigann, giacché il ragazzo si precipitò verso di lei. Allontanò Grace con una spinta, prima di afferrare Jackie per i gomiti e poggiare le labbra sulle sue talmente in fretta che lei non ebbe modo di reagire in alcun modo.
Lucy scappò via.
“Bevi... bevi questo,” disse la ragazza non appena riuscì ad allontanarlo, porgendogli la fiala.
“Tutto per te!” esclamò Scorpius, vuotandola in un sorso solo.
Crollò a terra. Jackie fece due passi indietro, mentre Jake e Albus accorrevano accanto all’amico.
“Scorpius! Scorpius, stai bene?”
Lui riaprì gli occhi. “Lucy...” mormorò con voce roca. “Dov’è Lucy?”
Ma la ragazzina non era più lì.


And the tears come streaming down your face

When you lose something you can't replace

When you love someone but it goes to waste

could it be worse?



La canzone che compare all’inizio e alla fine del capitolo è Fix You dei Coldplay. Ecco la traduzione di entrambi i brani: Lassù o laggiù / quando tu sei troppo innamorato / per lasciar andar via tutto / e se tu non provi, non saprai mai / quali valori hai. Ecco il secondo: Quando le lacrime si versano sul tuo viso / quando perdi qualcosa che non puoi rimpiazzare / quando ami qualcuno ma tutto va perduto / potrebbe andar peggio?

¹Si, so che non dovrei essere così cattiva e perfida, ma volevo chiedervi se conoscete il cartone della Disney in cui casca un vaso di fiori in testa a Paperino, e lui si ritrova con la voce di Frank Sinatra ma senza ricordi di Paperina. Se l’avete visto, capirete il collegamento con lo sguardo di glaciale indifferenza di Scorpius.


Note dell’Autrice
Numero uno: non mi odiate. Sì: so che mi odierete anche se vi ho chiesto di non odiarmi, ma... vabbé.
Okay, questo è il penultimo capitolo effettivo. Ne manca uno solo più due epiloghi e , mi sto preparando il discorsetto commovente.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo, gente.
Joie,
Daph.

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Capitolo 26
*** 25. Nuove Incognite ***



Capitolo 25

Nuove Incognite


Now that I've lost everything to you

You say you wanna start something new

And it's breakin' my heart you're leavin'

Baby, I'm grievin'...


Quando Scorpius aprì gli occhi, quel lunedì mattina, dovette guardare l’orologio per vedere che ore fossero. Era una cosa che aveva sempre detestato dei dormitori di Serpeverde, la mancanza di finestre. Gli ambienti erano opprimenti e scuri, la vaga luminosità verdastra che li pervadeva innaturale e inquietante. A lui piaceva svegliarsi ai raggi del sole che sfioravano la pelle: per questo motivo apprezzava molto le mattinate estive e la sua stanza al quarto piano di Villa Malfoy.
Quando ci si svegliava nei dormitori di Serpeverde, bisognava controllare l’orologio per scoprire se era sorto il sole. Quel lunedì mattina, Scorpius si svegliò alle sei – l’alba doveva essere da poco passata. Si sentiva un poco intorpidito, gli pareva di avere la mente ovattata – come un doposbornia.
Devo essermi beccato un’influenza, o qualcosa del genere...
Rimase immobile per qualche minuto, in quello stato nel quale la mente deve elaborare il concetto di alzarsi dal letto prima di essere in grado di trasmetterlo al corpo. Finalmente, riuscì a mettersi seduto, e lo spettacolo che gli si parò davanti non poté che stupirlo: dovette battere un paio di volte le palpebre prima di convincersi di non star sognando. Distesi per terra, accanto al suo letto, c’erano Albus e, inspiegabilmente, Quinn Baston, la battitrice di Grifondoro – completamente vestiti ed entrambi profondamente addormentati. Il braccio di Al era poggiato distrattamente attorno alla vita della ragazza.
Spostando lo sguardo, Scorpius poté vedere anche Rose Weasley, raggomitolata nel letto di Bernard, il quale aveva dormito assieme a Jake – che doveva quasi aver buttato giù a calci il povero Bernie, poiché il ragazzo giaceva tutto storto con il busto fuori dal materasso e la bocca spalancata.
Merlino, ma cosa ci fanno tutti qui?!
Si lasciò cadere nuovamente sui cuscini, perplesso. Dandosi un’occhiata, si rese conto di indossare una delle sue migliori camicie bianche, tutta stropicciata.
La mamma mi ammazzerà.
Scostò la coperta: indossava dei pantaloni di sartoria. Ai piedi del letto erano posate delle scarpe eleganti, sotto al fango di cui erano ricoperte era visibile a tratti la vernice nera e lustra.
Ma cosa ho fatto ieri?
Ci pensò su.
Se oggi è lunedì, decise. Ieri doveva essere domenica...
Ricordò che sabato il Grinfondoro aveva giocato la finale di Quidditch contro il Corvonero, vincendo. Ricordò anche che di sera si erano riuniti tutti nella sala comune rosso-oro per festeggiare, e che era stato invitato anche lui. Albus era ubriaco. Aveva parlato con James, e poi... qualcuno gli aveva offerto da bere.
“Non berlo! Scorpius, non...”
Grace.
Oh, merda.
I ricordi del giorno precedente riaffiorarono uno dopo l’altro, inarrestabili – e davvero, Scorpius avrebbe desiderato non ricordarle certe cose...
“Ancora con questa Lucy? È da stamattina che non fate che nominarla. Quante volte vi devo ripetere che non conosco nessuna Lucy?!”
La ragazzina lo guarda. Ai suoi occhi è insignificante, davvero. Gli importa solo di Jackie, di vedere, baciare e toccare Jackie. Le rivolge uno sguardo gelido. Perché non se ne va?
… Le labbra di Jackie. Le labbra di Jackie sulle sue... lei che lo allontana.
“Bevi... bevi questo.”
“Tutto per te!” esclama lui, e manda giù l’intero contenuto della fialetta.
Le vertigini... gira tutto, tutto il mondo. Sente il duro pavimento sotto la schiena, fa male.
Cosa ha fatto? Che cosa... Lucy. Deve sapere dov’è Lucy.
“Lucy... dov’è Lucy?”
Scorpius si rizzò nuovamente a sedere di scatto.
Che cosa ho fatto?
Si prese la fronte fra le mani – fuori di testa, fuori di testa davvero.
Lucy... devo trovare Lucy.
Non si curò neanche di cambiarsi d’abito: infilò le scarpe e si precipitò fuori dal dormitorio così com’era, con gli abiti stropicciati e i segni del cuscino sulla faccia.
Lucy, devo parlare con Lucy.
Non si accorse che Rose si era svegliata, e l’aveva osservato uscire con aria dispiaciuta. Quando fu trascorso qualche minuto da che il ragazzo si era allontanato, anche lei si alzò.
“R-Rose?” chiese piano Bernie, sbadigliando.
Lei gli sorrise appena. “Dormi,” mormorò, prima di lasciare la stanza.


*


Anche quando fu Lucy ad aprire gli occhi era appena l’alba. Contrariamente a Scorpius, già appena sveglia si vide costretta a realizzare che non era stato tutto un sogno: gli avvenimenti del giorno precedente erano realmente accaduti. Erano ingombranti nella sua mente e nel suo cuore, dolorose in tutta la loro pesantezza. Ingombranti, pesanti e fastidiosi – e facevano male, tanto male. Le veniva da vomitare, e lei era una che non dava mai di stomaco.
Fino a quel momento, si era sforzata di tenere lo sguardo fisso sul baldacchino scarlatto sopra la propria testa. Aveva avuto l’impressione che, se avesse abbassato gli occhi, la realtà le sarebbe piovuta addosso, facendole male.
Realizzò che prima o poi avrebbe dovuto togliere lo sguardo da lì, e non vide motivo per aspettare ancora. Abbassò gli occhi e vide Lily, perfettamente sveglia, che sedeva appollaiata su di uno sgabello accanto al suo letto. Sulle ginocchia teneva aperta la Mappa del Malandrino, e la studiava alla luce rosata del giorno nascente – il sole cominciava ad affacciarsi dalle alte finestre. I capelli rossi le piovevano di fronte al viso. Lucy non avrebbe saputo dire se la cugina sapesse o no che lei era sveglia. Doveva ammettere però che faceva un po’ impressione, completamente vestita nella sua divisa Serpeverde – in quel dormitorio addormentato dove tutto era rosso e oro.
Lily levò lo sguardo dalla pagina, posando gli occhi castani su di lei. Lucy non le aveva mai visto un’espressione così dolce sul viso.
“Buongiorno,” la salutò tranquillamente.
Lucy aprì la bocca per ricambiare, ma si accorse di avere la gola secca. Lily corrugò le sopracciglia per un attimo, poi fece lievitare verso di lei la brocca d’acqua e il bicchiere che avevano sede su di un tavolino, in un angolo del dormitorio. Lucy si mise a sedere e bevve. L’acqua la rinfrancò immediatamente. Le sarebbe piaciuto se fosse stata in grado di lenire il bruciore del suo cuore quanto quello della sua gola.
“Meglio?” le chiese Lily.
Lucy avrebbe voluto dire di sì, ma non furono quelle le parole che uscirono dalla sua bocca. “È tutto vero?” chiese invece.
Lily annuì, seria. “Purtroppo sì.”
Tacquero per qualche istante. Lucy desiderò non uscire mai più da quella stanza.
“Cosa pensi di fare?” domandò poi l’altra.
Lei scosse la testa. “Non lo so. Dovrei parlargli, credo.”
“E cosa vuoi dirgli?”
Sospirò. “Non lo so,” ripeté.
Lily strinse appena le labbra, pensierosa. “È qui, comunque,” disse, indicando un puntino sulla Mappa. “Fuori dal ritratto della Signora Grassa.”
Lucy scosse la testa. “Non adesso,” mormorò. “Devo pensare.”
La cugina la guardò, un poco a disagio. “Va bene,” disse. “Vado... vado a dirglielo.”
Lei annuì.


*


Chissà come, Albus e Quinn si svegliarono contemporaneamente. Lei si accorse di averlo addosso e gli diede uno spintone, lui strillò.
“Ragazzina!” lo sgridò lei.
Allo strillo di Al, si era improvvisamente ridestato anche Jake, facendo inavvertitamente cadere Bernie dal letto. Quest’ultimo si rialzò, brontollando e assestandogli una cuscinata sulla spalla. Jacob lo ignorò.
“Buongiorno,” li salutò Rose in tono neutro, improvvisamente comparsa alla porta – era vestita di tutto punto. “Fra quindici minuti cominciano le lezioni... solo per dirve-”
“Che cosa?!” fece Albus, prima di dare un’occhiata all’orologio.
Oh, merda...
Si precipitò fuori dal dormitorio di Serpeverde e poi dalla sala comune, seguito da Quinn.
“Sai,” le disse ansante, mentre correvano fuori dai sotterranei, “mi hai fatto male, prima.”
“Sei tu che strilli come una femminuccia!” protestò la ragazza. “Guardati! Hai già il fiatone... io ho molto...” – cominciarono a salire lo scalone di marmo –, “molto più fiato di te!”
“Vuoi vedere?” replicò Al, piccato, e accellerò – gli pareva che i suoi polpacci stessero letteralmente gemendo.
Anche Quinn accellerò, apparentemente senza difficoltà – lui avrebbe voluto maledirla, davvero. Tuttavia, dopo un altro piano anche la ragazza cominciò ad avere il fiato corto. Albus rallentò appena, per poi aumentare di nuovo la velocità, superandola.
“Non vincerai, Potter...”
Albus scoppiò a ridere nel vedere la sua espressione concentrata. Ciò gli mozzò l’aria nei polmoni: Quinn gli fece uno sberleffo mentre guadagnava parecchi metri di vantaggio. Albus capì che stava facendo sul serio, e stette al gioco.
“Ehi, Baston! Vuoi che ti cacci dalla squadra?” le gridò, correndo dietro di lei – faceva davvero troppo caldo.
“Non oseresti!” esclamò Quinn, affannata.
“Tu dici?”
Lei strinse i denti e richiese uno sforzo ulteriore alle proprie gambe. Ormai correva a caso, come una furia, cercando solo – ed evidentemente – di andare pù veloce di Albus.
“E poi come faresti senza di me in squadra, Potter?” disse.
“Ce la farei tranquillamente.”
Quinn accennò una risata, ma questo non rallentò la sua corsa.
“No che non ce la faresti, Potter... chi ti salverebbe il culo da tutti quei Bolidi, eh?”
“Sai quanti bravi battitori ci sono in giro?”
Mancano solo due corridoi, Al. Ce la puoi fare. Ce la puoi... mamma mia, che fatica.
“Non bravi quanto me!” gridò Quinn.
“Sei una ragazza!”
“Sono una fuoriclasse!”
Si arrestarono di colpo davanti al ritratto della Signora Grassa, e si accorsero di essere arrivati lì allo stesso istante. Si guardarono e poi scoppiarono a ridere – ridere di cuore.
Quinn, esausta, si spostò un ricciolo dalla fronte.
Al le sorrise. “Hai avuto una...” – non riusciva a respirare –, “una buona idea, ieri, con questa storia della... della partita.”
Lei annuì. “Già.”
Ad interrompere il loro dialogo, furono Grace e James.
“Al, lo sai che fra cinque minuti cominciano le lezioni?” chiese quest’ultimo.
Albus guardò Quinn, e scoppiò a ridere ancora.


I need another story

Something to get off my chest

My life gets kinda boring

Need something that I can confess...


*


Erano ormai le cinque di pomeriggio quando Scorpius riuscì a parlare con Lucy – o meglio, quando Lucy volle parlare con lui. Dapprima Lily gli aveva detto che la ragazza non si sentiva pronta in quel momento... Scorpius neanche l’aveva ascoltata. Gli era bastato capire che non sarebbe riuscito a vederla... si era allontanato subito.
Si erano incrociati per i corridoi, più tardi. Lei lo aveva guardato con serietà, in modo consapevole – consapevole di qualcosa che lui invece ancora non capiva, probabilmente. Aveva fatto una mossetta con la spalla, un movimento rapidissimo che diceva parliamo dopo.
Adesso era dopo, e adesso riuscirono a parlarsi. Lei gli aveva chiesto tramite Lily di vedersi in Guferia, così lui l’aveva raggiunta lì. Entrando nella stanza – le luci erano quelle bronzee che anticipano i tramonti di fine primavera – capì perché aveva scelto quel posto. C’era vita, c’era rumore.
Scorpius sentiva addosso un senso di apprensione, che non si acquietò quando riconobbe la sagoma di lei – gli dava le spalle, in pieni al centro della stanza, presa in pieno dal riquadro luminoso di una delle altissime finestre senza vetri. I suoi capelli riverberavano appena, e sembrava terribilmente piccola.
“Lucy.”
Non si voltò. “Ciao.”
Lui le girò intorno, fino a trovarsi di fronte a lei. Guardava fisso di fronte a sé – concentrata nel tentativo di non piangere, probabilmente.
“Mi dispiace,” disse Scorpius. “Mi dispiace da morire, scusami... Non volevo, io...”
“Non sono arrabbiata,” lo interruppe Lucy. “Non è... non è colpa tua.
“Ma io mi sento in colpa lo stesso.”
“Non devi,” – pronunciò queste parole in fretta, quasi come un singhiozzo.
“Mi dispiace. Io ti amo, Lucy. Amo te.”
Lei sospirò appena.
“Vorrei che potessi perdonarmi.”
Lucy scosse la testa. “Ti ho già perdonato. So che non volevi...”
“Ma?”
Lo guardò. “Deve esserci un ma?”
Scorpius deglutì. “Questo devi deciderlo tu.”
Cadde il silenzio, rotto solo dagli schiocchi e gli arruffamenti dei gufi. Il sole nel frattempo era sceso ancora – i rettangoli di luce si erano allungati, e la bronzea luminosità era divenuto più intensa e rossastra.


Oh, baby, baby, it's a wild world

It's hard to get by just upon a smile

Oh, baby, baby, it's a wild world

I'll always remember you like a child, girl...


Lucy puntò gli occhi nei suoi. Quei suoi larghi occhi chiari, larghi occhi saggi. “Io non so deciderlo, però.”
Scorpius sospirò. “Cosa pensi sia meglio?”
Lei si grattò nervosamente dietro al collo. “Penso... penso che sia meglio pensarci.”
“Io ti amo.”
Lei abbassò gli occhi. “Ti amo anche io,” sussurrò. “Ma c’è qualcosa che non va.”
Si sarebbe messo a urlare. “Che cosa non va, Lucy? Io ti amo, tu mi ami. Restiamo insieme. Non deve cambiare nulla, io...”
“Quello che è successo ieri –”
“Ma io non volevo!”
“Lo so,” fece lei. “Credimi, lo so.”
“Allora non –”
“Scorpius, ti prego, fammi parlare.”
Lui annuì.
“Penso che sia meglio pensarci un po’,” riprese lei.
Il ragazzo annuì ancora. “Va bene,” disse, “Non c’è bisogno di decidere ora, no?”
Lucy sospirò. “Ho già deciso.”
“Di pensarci?”
“Di pensarci da soli.”


You know I've seen a lot of what the world can do

And it's breakin' my heart in two

Because I never wanna see you a sad girl

Don't be a bad girl...


Nel vederla allontanarsi, Scorpius ricordò improvvisamente quanto Lucy fosse inesorabile. Una volta presa una decisione, non tornava sui propri passi – anche a costo di farsi male.
Anche a costo di farmi male.


Baby, I love you

But if you wanna leave, take good care

I hope you make a lot of nice friends out there

But just remember there's a lot of bad and beware.¹


*


Tre settimane più tardi...

“E così anche l’ultima prova pratica è andata!” esclamò James soddisfatto, sdraiandosi sul bordo del lago.
Grace sorrise e scosse la lunga chioma bionda, prima di poggiare il mento sul suo petto e sorridergli dolcemente. Lui prese ad accarezzarle pigramente i capelli, godendosi il sole estivo. Lei sorrise appena. “Finalmente, eh? Non vedevo l’ora.”
Tacquero per qualche istante.
“Avevi ragione, sai?” disse poi James. “Sui miei fratelli, dico.”
“Come mai?”
“Stavano combinando qualcosa.”
Grace sbuffò. “Te l’avevo detto io! E tu che non mi davi retta...”
“Il bello è che me l’hanno anche detto. Solo che hanno omesso qualche dettaglio, secondo me.”
Lei sollevò leggermente le sopracciglia, guardandolo negli occhi. “Dai, Jamie... a questo punto puoi dirmelo.”
James sospirò teatralmente. “E va bene,” concesse. “C’era una volta...”
“Dai!” lo interruppe lei, ridendo. “Non fare lo stupido!”
“Hai detto stupido a me?”
“Sì, proprio a te!”
“Ti amo”.

Caro Adrian,” lesse il giovane Goldstein. “Ho riflettuto un poco. In effetti mi sono sempre intromesso troppo in alcune parti della tua vita e troppo poco in altre. Spero ci sia tempo per recuperare, figliolo. E voglio conoscere la tua ragazza.”
“Beh,” sorrise Dominique, “adesso voglio conoscerlo anche io tuo padre.”
Adrian annuì, in silenzio.
“Ehi...” fece lei. “Che succede?”
La guardò dritta negli occhi. “Credo di amarti, Domi.”
La ragazza finse di rifletterci su. “Credo di amarti anche io,” convenne infine.
“Dici sul serio?”
“Beh, certo.”
Adrian parve rasserenato, mentre le baciava con dolcezza una tempia.
“A proposito,” disse Dominique, spostandosi per guardarlo in faccia. “Vieni al matrimonio di mia sorella, vero?”
“Non mi stai invitando solo per umiliarmi?”
Rise. “Questa è una vera insubordinazione, Goldstein...” mormorò, prima di afferrarlo per il colletto della camicia e tirarselo dietro sul divano.

“E così partirai.”
Lorcan guardò Molly. “Tanto devi diventare Ministro, Weasley,” brontolò. “Non avresti comunque tempo per me.”
Lei sospirò. “Mi mancherai, però.”
“Sciocchezze. Dici sempre che sono insopportabile.”
“Tu sei insopportabile, Lorcan.”
“Come farò a mancarti, allora?”
Lei ci pensò un istante. “Mi mancherà il tuo essere insopportabile,” concluse poi. “Anche se ammetterò che studiare i Draghi in Romania con la supervisione di mio zio Charlie costituisce un’alternativa valida.”
Lorcan sorrise in quel suo modo un po’ strano – come se per ostinazione non vi fosse abituato. “I draghi non sono meglio di te, Molly.”
“Che novità!” fece lei, sarcastica. “Anche se da te mi aspetta-”
“Ai draghi non si può fare niente del genere,” le fece notare lui, mentre la afferrava per la vita e poggiava le labbra sulle sue con la solita irruenza.
“No,” convenne Molly mentre lo baciava. “Effettivamente no”.

“Ti va di aiutarmi a fare i bagagli?” chiese Lysander a Roxanne.
Lei lo guardò, divertita. “No che non mi va!” disse. “Io ho sempre odiato fare i bagagli.”
Lysander parve sgonfiarsi come un palloncino bucato. “Ah,” fece. “Peccato. Mi sembrava una cosa tanto romantica.”
Roxanne si sentì un poco in colpa. “Mi dispiace!” esclamò.
“Tranquilla,” sorrise lui. “Non lo sapevo, sai?”
“Che cosa?”
“Che odi fare i bagagli.”
La ragazza lo guardò con tenerezza. “Come, ma non sapevi tutto di me?”
“Quasi,” convenne Lysander. “Ma è bello scoprire qualcosa di nuovo, ogni tanto”.


*


La locomotiva del lucido treno scarlatto emetteva continui getti di vapore, al punto che sulla fumosa banchina della stazione di Hogsmeade non si riusciva a vedere ad un palmo dal naso: il binario era assiepato di studenti, i cui contorni erano appena intuibili come sagome confuse attraverso il denso strato di esalazioni.
In quella nebbia, Albus riuscì a malapena distinguere la figura flessuosa di Georgia, ma non appena fu certo che si trattasse proprio di lei le si avvicinò.
“Ehi, Menley!”
Lei gli sorrise, provocante. “Potter... divertiti, quest’estate.”
“Anche tu,” fece lui. “Esci con me a settembre?”.

Lucy era seduta nello stesso scompartimento di Lily e Hugo, ma non partecipava alla conversazione. Fuori dal finestrino il paesaggio scorreva rapido, conducendoli via da Hogwarts – le aveva sempre messo un poco di tristezza, il viaggio di ritorno. L’andata, la chiamava Scorpius, l’inutile andata verso casa.
Qualcuno bussò alla porta dello scompartimento. I tre cugini non avrebbero potuto stupirsi di più, nel vedere chi c’era alla soglia.
“Posso... posso parlarti un attimo?” balbettò Jackie Finigann.
Lucy ignorò le occhiate preoccupate di Lily e Hugo, seguendo la ragazza nel corridoio del vagone senza dire una parola. Fissò l’altra, attendendo che dicesse ciò che doveva.
Jackie, c’è da dirlo, non si fece attendere poi molto. “Mi dispiace,” disse. “Mi dispiace molto di essermi comportata con te in quel modo.”
“Dominique mi ha detto di tua sorella.”
“Mi dispiace anche per quello.”
Lucy le sorrise tristemente. “Lo so”.

Scorpius e Jacob quasi non dissero una parola per tutta la durata del viaggio, nello scompartimento che condividevano con alcuni Tassorosso, i quali giocavano ininterrottamente a Sparaschiocco.
Quando il treno giunse alla stazione di Londra, sii guardarono per un istante solo, e a quel punto Jake sorrise, scuotendo la testa.
Scorpius capì. Ce l’avrebbero fatta entrambi. Anche se le ragazze che amavano li avevano scaricati.
Gli amici servono pur sempre a qualcosa, no?, pensò, nell’assestare al giovane Greengrass una robusta pacca sulla spalla.


Come ogni anno, l’arrivo a King’s Cross fu rumoroso e confusionario – saluti, grida, abbracci, anche lacrime. Risate.
“Ehi, Weasley!”
Rose si volse verso chi l’aveva chiamata.
Bernard Boot stava correndo verso di lei, goffo e impacciato come suo solito.
“Passa una buona estate, Weasley.”
Lei annuì, seria. “Certo,” gli assicurò. “Anche tu.”
Lo guardò allontanarsi, stranamente divertita
“Chi era quello?” le chiese Ron, una volta che il ragazzo ebbe raggiunto i propri genitori.
Rose sorrise, stringendosi al padre. “Un amico”.








¹ La canzone di Scorpius e Lucy è, come avrete capito, Wild World di Cat Stevens. Posto qui la traduzione di tutti i brani che ho inserito: Oh, tesoro, è un mondo selvaggio / è dura farcela solo con un sorriso / Oh, tesoro, è un mondo selvaggio / ti ricorderò per sempre come una bambina, ragazza. Poi: Sai, ho visto parecchio di quanto il mondo può fare / e questo sta spezzando il mio cuore in due / Perché mai avrei voluto vederti come una ragazza triste / Non essere una cattiva ragazza. E in ultimo: Tesoro, ti amo / ma se vuoi andartene, abbi cura di te / spero che troverai tanti buoni amici, là fuori / ma attenzione, ricorda che ce ne sono molti di cattivi.



Note dell’Autrice
E siamo al penultimo. Dopo lunghe riflessioni, ho stabilito di scrivere questo e poi un solo epilogo. Spero... spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Non so come ringraziarvi per tutto.
Avrete notato che lascio molti punti in sospeso. Vi assicuro che tutto vi sarà chiarito, qualcosa prima e qualcosa poi.
Per oggi basta così, che altrimenti mi commuovo.
Ci rivediamo per l’epilogo, e poi per il sequel!
Joie,
Daph.



 

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Capitolo 27
*** Epilogo ***


Ed eccoci qui, all’epilogo. L’epilogo di questa avventura che ho amato davvero moltissimo. Beh, per gli arrivederci alla fine. Silente si conserva sempre i discorsi importanti per la fine del banchetto, no?


Epilogo


Crisi: cresce il malcontento
Come può uscire l’Inghilterra dal sempre più concreto pericolo della crisi economica? Il ministro del Tesoro John Graysand prova a dare una risposta proprio in questi giorni.
Il governo guidato da Chace Mellins, infatti, intende procedere a una severa stretta sulle norme che regolano il diritto bancario e più in generale i mercati finanziari. Lo stesso Graysand ha già presentato alla Camera dei Comuni il programma di riforme economiche che l’esecutivo laburista intende attuare per evitare possa ripetersi la medesima situazione di diversi anni fa, quando la crisi mondiale dei mercati finanziari del 2012 ha rischiato di portare l’Inghilterra ad una grave depressione economica.
E qui scatta subito la polemica con il governo ombra conservatore. George Jones, ad esempio, critica il ministro per lo scarso coraggio che sta dimostrando nel gestire la crisi.
Ma quali sono i principi della nuova economia inglese secondo Grayland? Davanti ai Comuni ne ha individuati tre-

L’uomo – piuttosto in carne, con un grosso paio di baffi color paglia – udì lo scatto della cassetta delle lettere, seguito dal lieve tonfo della posta che cadeva sullo zerbino.
“Lizzy!” la voce di sua moglie giunse ovattata dal giardino sul retro. “Lizzy, la posta!”
“Io non ci vado!” gridò di rimando una voce acuta, dal piano superiore. “Mandaci Max!”
Lo sguardo di Dudley si sollevò dal giornale, andandosi a posare su Maximilian. L’occhialuto e grassoccio figlio minore a malapena sollevò la testa dal fumetto che stava leggendo.
Lui sospirò e mise da parte il giornale, alzandosi per andare a prendere la posta – tirandone quattro a Meghan nel frattempo.
“Quanto le costava,” borbottò fra sé e sé, “lasciar perdere per un minuto i suoi gerani,” sbuffò, “e venire dentro a prendere la posta?” sospirò. “Guarda per amore che cosa mi tocca fare...”
Raccolse un pacchetto di posta dallo zerbino. Due buste dalla banca. Una dalla rivista di giardinaggio cui era abbonata Meghan. Una cartolina che Piers Polkiss gli mandava dal Giappone. Una lettera per Lizzy.
Una lettera per Lizzy.
Strabuzzò gli occhi. La busta era in pergamena giallastra, e con inchiostro verde smeraldo era vergato l’indirizzo.

Elizabeth Dursley
Cameretta
4, Privet Drive
Little Whinging, Surrey

Con mani tremanti, voltò la busta. Sulla ceralacca che la teneva sigillata, riconobbe all’istante lo stemma araldico con un leone, un corvo, un tasso e un serpente riuniti attorno ad una grossa H.
Dudley si diede un pizzico sul braccio, un pizzico molto forte, prima di voltarsi verso casa e gridare a pieni polmoni.
“MEGHAN!”



FINE





Note dell’Autrice
Aha! Vi ho stupito, eh? Non sapete da quanto pregustavo questa scena.
Bando alle ciance.
Non ci avrei mai creduto, ma ho scritto quella parola. Fine. L’ho scritta, sì... e mi sembra... come dire. Strano. Confuso. Ancora non concepisco del tutto l’idea.
Veniamo ai ringraziamenti.
Ringrazio innanzitutto tutti (e dico tutti) coloro che hanno letto questa storia. Senza di voi, senza il vostro entusiasmo e il vostro incoraggiamento... non sarei mai arrivata fin qui.
Poi chi ha recensito. Ogni singola parola delle vostre recensioni mi ha commossa. Un segno, ecco. Il segno che la mia storia vi piaceva e che quello che stavo scrivendo aveva un senso. Trasmetteva qualcosa, magari. Donava qualcosa. Era l’esatta e precisa dimostrazione che non facevo qualcosa di poi così inutile... che non stavo perdendo tempo. Che magari potevo regalarvi qualcosa di buono. Questa storia è una mia creazione, dalla prima all’ultima parola. Non è perfetta, certo, non sarà un capolavoro... ma è mia. La mia creatura, se così vogliamo chiamarla. Mi ha commossa e mi ha reso immensamente felice il fatto che la mia creatura vi sia piaciuta. E sono felice di condividerla con voi, dalla mia prima alla mia ultima parola.
Veniamo ai ringraziamenti un po’ più personali.
Prima di tutto alla mia mamma. La assillo di continuo con Gossip Witch (ormai conosce la storia meglio di me) ed è stata un consigliere eccellente, sforzandosi di mantenersi imparziale nei giudizi in merito – anche se è pur sempre la mia mamma, non ci riesce mai del tutto.
Un grazie anche a Wynne, la dolcissima Wynne. Anna. Beh, Anna, grazie. Grazie perché mi hai dato appoggio e consiglio, perché sei tanto dolce e comprensiva. Perché mi capisci e perché sei un’amica.
Grazie a June, o Eralery, o Alessia, o Little-Genial-Teen (perché lo è, geniale). Grazie perché sei un tesoro, sei piena di entusiasmo e di arguzia e di talento. Perché sei tu, ecco.
Grazie a Federica, altrimenti conosciuta come Hyperviolet Pixie, Pixie, Lagna-Pix o che dir si voglia. Grazie perché sento di volerti davvero bene, anche attraverso il computer. Perché dai sempre consigli saggi e onesti. Perché sei vera.
Grazie a Silvia, o Tefnut. Perché è sempre incoraggiante. Perché sì.
E... grazie ancora. Grazie a Zia Palla, a Milly92, a Smemo92, JennyBlaBla, Hailstorm, Valie, MioneCullen101, FraJV_94, _Sapphire_, Pluffabuffa, Madeleine_95, Joanne Weasley e tutti gli altri.


Posso fare un annuncio, adesso?
IL SEQUEL. Già.
Si chiama Sulla tua pelle. E il primo capitolo sarà postato fra circa due settimane (o forse tre). Il 15 febbraio, la festa dei single (come Scorpius e Jake). Mi piace come data, a voi no? Può darsi che io anticipi di una settimana. Ad ogni modo, se mettete la serie Nella pelle fra le serie seguite potrete vedere gli aggiornamenti.
Grazie, gente. Grazie ancora.
Io ho parlato... adesso parlate voi!
Cosa vi è piaciuto di questa storia? Cosa invece no? Che personaggio preferite? Eccetera.

Grazie ancora (ennesimo).
Joie,
Daph.


PS: annuncio a tutti che una lacrima è scesa, almeno da parte mia.
 


 

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