La Stagione Del Cuore

di Carla Volturi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Arrivo! ***
Capitolo 3: *** Un Piacevole Incontro ***
Capitolo 4: *** Passato/Presente ***
Capitolo 5: *** Stupiscimi! ***
Capitolo 6: *** Follia ***
Capitolo 7: *** La Cena E'Servita! ***
Capitolo 8: *** Una Sera A Vietri Per Caso... ***
Capitolo 9: *** Ciò Che Non Si Aspetta! ***
Capitolo 10: *** Dodici Anni ***
Capitolo 11: *** Santo Patrono, Sante Lacrime ***
Capitolo 12: *** Dolore E Amore ***
Capitolo 13: *** Se Non Ci Fosse Lucilla! ***
Capitolo 14: *** Dieci Giorni E Una Notte ***
Capitolo 15: *** Male E Bene ***
Capitolo 16: *** Una Sorpresa Per Due ***
Capitolo 17: *** Felice E Soddisfatto ***
Capitolo 18: *** Cosi' Speciale ***
Capitolo 19: *** 9 Mesi ***
Capitolo 20: *** Via Da Me ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic Ecco una mia nuova storia...spero vi piaccia!
Un bacio da Carla.


PROLOGO

Sempre la stessa storia: trasferirsi, cambiare, adattarsi e ritrasferirsi.
Mai un attimo di pace!.
Mai un amicizia duratura. Mai un luogo da ricordare per qualche evento importante. Mai una vera casa, in cui sentirsi protetta. Mai nulla di questo.
Solo trasferimenti: una volta a Venezia, una volta a Livorno, una volta all’isola della Maddalena e una volta a Taranto.
Un anno, due anni e poi via, presso una nuova città italiana, che ti apre le sue porte, chiudendole alle tue spalle definitivamente solo ventiquattro mesi dopo.
E ora che ho ventitré anni ne ho le scatole piene!
Non sono mai andata a scuola, perché avevo il professore, anzi no l’istitutore-pedagogo di questo cavolo, privato.
Non ho mai avuto un amica del cuore: c’erano i figli viziati dei colleghi di mio padre a tenermi compagnia.
Non mi sono mai innamorata di un ragazzo, bello o brutto che sia…non ne avevo tempo!.
Insomma la mia vita è stata semplicemente una non-vita, causa professione del mio papà.
Sento molti miei coetanei dire”Magari mio padre fosse ricco!”. Bhè il mio lo è abbastanza, ma per quanto si sia sforzato, non mi ha mai offerto quello stile di vita che io ho tanto cercato. In fondo volevo essere solo come tutti gli altri. Volevo solo svegliarmi la mattina alle 7, bere una tazza di latte e correre come una squinternata per mezzo paese, pur di non arrivare tardi a scuola.
E invece no, Bianca, figlia di Paolo Velletri, supremo comandante della marina militare italiana, è cresciuta sola, in piccole case al centro città.
Dimore ricche di mobilio elegante, ma fredde e spoglie di sentimenti. Non c’era amore in quelle stanze, non c’era calore. E poco importava visto che le avremmo lasciate chi sa a chi, dopo soli due anni.
Ma la fortuna non può voltarti le spalle per sempre!.
E dopo lunghi periodi di pellegrinaggio forzato, eccomi a casa mia, nella terra che mi ha vista nascere: Vietri sul Mare.
Una meraviglia del genere non la si può immaginare ad occhi aperti, bisogna solo osservarla e contemplarla.
E’ una piccola città costruita nella montagna. Il suo mare cristallino, la sua vegetazione sono di una bellezza unica e rara.
Piccole case-rifugio scavate nella roccia qua e là, la solita chiesetta con tanto di campanile, che ritroverete in tutti i paesi della Costiera Amalfitana e la strada principale, che conduce sia al lungomare che al commercio cittadino, rappresentato da negozi di souvenirs e prodotti tipici.
Dopo anni qui, finalmente. Dopo anni i miei capelli neri scossi dal vento ed inumiditi dalle goccioline salate, provenienti da quella profonda distesa d’acqua, in cui tutti i vietresi si immergono.
Finalmente qui…con il cuore pieno di gioia.
Finalmente qui, con la speranza di poter essere felice. Con la speranza di poter semplicemente vivere!.

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Capitolo 2
*** Arrivo! ***


Image and video hosting by TinyPic Ecco il mio nuovo capitolo.
Nel prologo non vi ho accennato la trama: protagonisti sono Bianca, giovane pittrice ventitreenne e Cristiano, ufficiale di marina di  trentacinque anni. Un incontro casuale, un amore travolgente. Che ne sarà di loro?
Baci da Carla.

CAPITOLO 1- ARRIVO!


Vietri è una città piccola, deliziosa città sul mare. Una sola strada principale collega il paese ai restanti comuni della Costiera Amalfitana.
Tale via, peraltro, la percorre in toto, dando vita tal volta, a dei minuscoli vicoli, dove sono state costruite le famose “cortine”, case singole con tanto di giardino incorporato .
Una volta fatto ingresso in paese, da notare la segnaletica alquanto comica “Benvenuti a Vietri, terra di limoni, limoncello. Venite e non vi pentirete”, mi ritrovo immediatamente sul corso principale, ove sono situati una ventina di negozi vista mare.  E specifico quanto detto perché qui vi è anche il lungomare con lido privato e spiaggia pubblica. Sorrido pensando a come sia difficile oggi in Italia scovare una distesa di sabbia libera ed accessibile a tutti, compreso chi ha le tasche del pantalone un po’ leggerotte!.
Giunta a fine strada, seguo la curva che da sotto la montagna, in modo da risalire e avviarmi verso il piccolo centro storico. Che paese strano Vietri, è paragonabile al labirinto di Minosse. Essendoci , come menzionato precedentemente, un'unica arteria principale, gli abitanti si sono adoperati a costruire del minuscoli vicoli, per accedere alle proprie case.
Ne consegue quindi che da una scala da 1 a 100, ti perderai per Vietri una sessantina di volte…e forse anche di piu’!.
Salita terminata, terza parte della via. La mia testa oscilla da destra a sinistra, tentando di scovare un cartello o un insegna con il nome della stradina che cerco: Via Pinnarella.
Palazzi da quattro piani su ambo i marciapiedi, sotto i quali si notano le bancarelle dei piccoli negozi aperti ai clienti. Qui, per esempio, potete fare la spesa con pochi soldi: a quanto vedo macellaio, salumeria e fruttivendolo offrono la loro merce a prezzo stracciato.
E finalmente ecco la meta: Via Pinnarella, numero 50.
Sussulto: possibile mai che qui ci abito da sola?.
Varco il vicoletto, spengo la mia Panda gialla.
Scendo e come di consueto chiudo il mio vestitino rosa nella portiera dell’auto.
 Alzo gli occhi al cielo: “Mannaggia, mannaggia!”, urlo contro me stessa e contro la mia sbadataggine. Riapro la porta e tiro un sospiro di sollievo: nulla di rotto o sporco!.
Osservo il luogo in cui mi sono recata: una casa a piano basso rossa, non eccessivamente grande. Un piccolo giardino, ricordato da una sorta di staccionata di legno molto vecchio. E per concludere un box auto.
Santa cosa: qui a Vietri i parcheggi scarseggiano. Il sindaco ha giustificato tale carenza con il motto della sua vita: “Fatevela a piedi, fa bene al cuore!”.
Porto le mani ai fianchi, stringendoli forte…sarò mica ingrassata? Sento un po’ di carne viva e verace sotto le mie dita.
Sento dei passi dietro di me. Mi giro. E’mio padre, con tanto di arti sulla testa.
Spalanco le braccia: “E’successo qualcosa?”.
Sbuffa seccato: “Sto venendo a piedi dalla sede della capitaneria. La mia Mercedes non entra in questo dannato vicolo”.
Rido di gusto: “Embè? La casa qui l’hai comprata tu. E piantala di stropicciarti i capelli con le mani”. Inclino la testa all’indietro, divertita da una battuta un po’ vecchia e diciamocela tutta squallida: mio padre è calvo da un bel po’!.
Applaude e inizia a contorcersi su se stesso: “Madò sto morendo dal ridere. Oddio non ce la faccio!”.
Cammina verso la mia auto.
Fa un passo indietro: “E se sapevo che avevi tutta questa roba, chiedevo al circo russo di prestarmi un camion ”.
Strizzo gli occhi. Ma che magnifica battuta! In effetti ha ragione: l’unico posto a non esser occupato nella Panda è il sedile guidatore. Ovunque cumuli di scatole di carta. Nel bagagliaio le mie valigie.
Ci sono i miei attrezzi e alcuni miei quadri”, gli dico, mentre ci avviamo al portone di casa.
Si lo so, ma il resto dei tuoi dipinti?”, mi chiede. Cerca la chiave per aprire.
Li ho lasciato alla galleria di Taranto. Appena venduti mi invieranno un bonifico”, rispondo.
Entriamo in casa: davvero molto carina.
Vi è un soggiorno-cucina, con divani in un angolo e televisore. Al centro della stanza tavolo con sedie e alla mia sinistra, il lato cucina, devo dire molto ben fornito. Tre finestre lunghe, che arrivano sin a terra e affacciano sul giardino, situato prima del portone di casa. Una quarta apertura nel muro sui fuochi della cucina…apprezzo molto questa particolarità: nel caso dovessi friggere qualcosa, non rimarrà la puzza in casa!.
Sul lato destro della suddetta stanza vi è una porta in legno chiaro: ecco un corridoio piu’ o meno lungo, ove vi si trovano tre aperture, rispettivamente cameretta, bagno e camera da letto.
Entro nella mia stanza: è bellissima pur essendo piccola. Letto da una piazza e mezzo, armadio bianco laccato, comodino con lampada, cassettiera con televisore. Uno specchio lungo, accanto al quale vi è un ampia vetrata…vedo il mare e uno splendido sole luminoso. Quasi ho voglia di un tuffo in acqua!.
Se ti va, apporta tutte le modifiche che vuoi!”, mi dice mio padre, “Io ora devo andare. Ti dispiace se ti occupi tu di tutto?”.
Mi volto, contenta della nostra decisione di ristabilirci a Vietri, nostra città di nascita: “Non ho nulla da fare. Vai non ti preoccupare!”.
Dopo alcuni minuti sento la porta di casa chiudersi alle mie spalle.
Sospiro di sollievo e salto su letto. Braccia incrociate dietro la testa.
Finalmente a casa. O meglio finalmente a Vietri.
Si perché questa non è la mia dimora di origine…li mio padre non osa metterci piede da lungo tempo.

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Capitolo 3
*** Un Piacevole Incontro ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti!
Vi lascio un nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Baci da Carla.

CAPITOLO 2- UN PIACEVOLE INCONTRO


Sono sveglia. O meglio mi sono appena svegliata. Strofino i piedi uno sull’altro. Grande sbadiglio, con tanto di braccia aperte e allungate chi sa fin dove. Spalanco gli occhi, inarco la schiena e sbuffo, ritornando di nuovo stesa supina a letto. Mi volto verso il comodino bianco: otto in punto!.
Dalla vetrata un forte fascio luminoso. Non c’ è modo migliore del destarsi dal sonno con questo magnifico cielo splendente.
Mi alzo. Causa caldo ho dormito solo con una magliettina extra-large a giro maniche color rosso fuoco. A piedi scalzi esco dalla stanza. Non faccio a tempo a vedere una scatola che ci cado sopra, finendo con le candide natiche a terra.
Sbotto…inizia bene la giornata!.
Apro la porta e con disinvoltura: “Ciao pa..”.  Eh Bianca, “Ciao papà” al muro, sei sola sola in casa!.
Mani ai fianchi. Ulteriore sbuffo. Mi dirigo verso il lato cucina.
Accanto alla tazzina del caffè un biglietto bianco: “Il lavoro mi chiama”. Gioco con le labbra: sai che novità, non c’è mai a colazione! Però devo essere onesta, mi lascia sempre il tutto preparato. Praticamente devo solo sedermi e servirmi.
Continuo a leggere il foglietto: “Qui c’è il numero di Adriano…chiamalo”.
Prendo un cornetto alla crema. Sempre a pieni nudi, vado verso il divano beige, profondandoci.
Adriano…forse unico parente rimastomi? No, mi correggo: niente forse, lui è l’unico parente rimastomi. Mio padre non ha fratelli e per giunta i suoi genitori sono morti da un po’. Niente zie, niente cugini, niente nonni. Solo Adriano, mio cugino di secondo grado.
Metto il broncio: ma com’è che Adriano mi è parente? Boh…mistero della vita!. Ma poco importa, lo chiamerò. Dopo anni di isolamento e pellegrinaggio sarà arrivata l’ora di conoscere qualcuno? Diamine, ho ventitré anni, è arrivata anche il momento… un po’ di amici non fanno mica male!.
Prendo il cordless nero. Digito il numero e completamente distesa sul sofà attendo qualcuno che mi risponda.
Pronto?”, domanda una voce femminile.
Ciao sono Bianca…”, non termino la frase, che una donna indemoniata inizia ad urlare il mio nome.
Bianca, Bianca. Sono Lucilla, la moglie di Adriano. Ma che piacere sentirti!”, afferma con tono molto gentile. Ho un vago ricordo di lei. Stando sempre fuori Salerno e dintorni, non ci siamo quasi mai viste. Forse l’ultima volta il giorno del suo matrimonio.
Ciao Lucilla. Mio padre mi ha dato il vostro numero e ho chiamato”, replico, sedendomi.
Hai fatto bene. Senti ma ti va di venire un po’ da noi a casa? Non ci vediamo da anni!”, mi chiede.
Ma si, magari Lucilla può aiutarmi in termini di “come trovare uno straccio di amico”. E poi mi sta simpatica a pelle.
Ok! Dammi il tuo indirizzo e vengo tra un oretta”, le rispondo
Via Santi 30. A proposito ci sono 30 scalini da fare a pieni! auguri”: wow Lucilla non potevi darmi notizia migliore!.
 
                                                                 ***
Via Santi non è per niente lontana da dove abito…saranno circa cinque, dieci minuti a piedi.
Varco il vicoletto di casa mia. Scuoto la testa da destra a sinistra: gente di ovunque parte del mondo affolla i marciapiedi…quasi mi è impossibile camminare.
Stringo tra le mani la mia pochette bianca. Fa un caldo pazzesco, ma nonostante ciò, la gioia dei passanti mira dritto al mio cuore, rendendomi improvvisamente felice.
Nelle città, in cui precedentemente ho vissuto, ho sempre trovato una calorosa ospitalità, ma nulla può essere paragonato a Vietri. Nulla è come questo paese. Il mio paese.
Terminata la strada attraverso sulle strisce pedonali, ritrovandomi su una sorta di curva. Attentamente scruto ogni insegna, in modo da scovare la meta tanto ricercata.
Una fessura nel muro, con placchetta di ceramica dipinta a mano: “Via Santi 30, famiglia Amato-Scala”. Ci risiamo: un vicoletto striminzito per una sola abitazione.
Lo spazio è molto stretto, quasi inaccessibile. Mi volto sulla destra e sorpresa, 30 gradini solo per te Bianca. Fortuna che non sono eccessivamente pesanti! Pensandoci bene però questa è un ottima palestra a portata di mano, peraltro gratis.
Salita la rampa di scale, mi fermo su un ampia balconata, dalla quale si può ammirare tutto il panorama. Sono sorpresa, ciò che vedo mi mozza il fiato: il lungomare soleggiato, la spiaggia, gruppi di persone che prese dalla foga ridono e si divertono come non mai, la montagna che fa da scudo alla città. E le immancabili terrazze pensili, utilizzate per la coltivazione degli alberi da limoni.
Chiudo gli occhi. Un piacevole vento scuote i miei capelli e il mio abito blu a pois. Di nuovo qui, dove sono nata ventitré anni fa. Di nuovo a Vietri, città che ho lasciato all’età di dieci anni. E non per volere mio. Quante tele bianche ho tentato di dipingere, con l’unico obiettivo di riportare fedelmente quanto la mia mente ricordava? Tantissime! E quanti quadri ho davvero realizzato? Nessuno, mi mancava la musa ispiratrice. La mia Vietri!.
Ritornare alle miei radici. Ritornare per non dimenticare il passato, anche se fa male.
Una voce femminile esclama: “E’un bel panorama, vero?”.
Mi volto: “Bellissimo!”. Lucilla è una donna di grande fascino: alta, mora e due occhi cosi scuri, che sembrano delle pietre rare. Indossa un pantaloncino di jeans e una polo bianca. Un sorriso magnifico e contagioso sul suo viso.
Ci avviciniamo l’una all’altra.
Mi abbraccia: “Come sono contenta del tuo arrivo”.
Ricambio il suo gesto: “Lo sono anche io”.
Mi fa segno di sederci proprio sulla terrazza: in un angolo vi è un tavolo in ferro battuto, coordinato con quattro sedie dello stesso materiale.
Lega i capelli con una molletta. Porta una mano sulla guancia: “Da quanto tempo non ci vediamo?”.
Rifletto per un istante: ”Non saprei…dal tuo matrimonio? ”.
Quindi dieci anni fa. Si hai ragione: tu e tuo padre veniste appositamente da non so quale città”.
Rido: “Ormai ho perso il conto, ma questa volta la marina gli ha giocato un brutto tiro: l’hanno trasferito qui e deve accettare la decisione”.
Incrocia le mani: “Vedo che sei contenta di essere ritornata alle tue origini”.
Sorrido: “Bhè si, questo andare avanti e indietro per l’Italia proprio non mi ha fatto bene. Pensa che a ventitré anni non ho uno straccio di amico”.
Lucilla: “Ah ma di questo non preoccuparti, ti presenterò io qualcuno, tanto qui in paese ci conosciamo un po’ tutti”. Fa oscillare l’indice destro: “Peraltro tra qualche giorno dovrebbe arrivare anche mio fratello Cristiano: lui conosce il mondo intero!”.
Scoppiamo a ridere: “Sai non mi ricordo proprio di lui”.
Nel frattempo, quella che a tutti gli effetti è mia cugina acquisita, mi serve un bicchiere di limonata fredda: “Non appena è qui ti chiamo. Nel giro di pochi giorni ti farà fare amicizia anche il nuovo nato del paese”.
Lucilla è di una gentilezza unica, senza dirle niente ha colto in pieno la mia esigenza primaria: trovare qualcuno con cui dialogare. Sapete, qualcuno con cui andare a mare, qualcuno con cui uscire il sabato sera. Semplicemente qualcuno con cui avere un rapporto di amicizia.
Squilla un telefono: è il mio. Apro la pochette e l’afferro: è mio padre.
Rispondo. Mi chiede di raggiungerlo a casa. A quanto sento la cosa è piuttosto urgente.
Sbotto. Stavo cosi bene qui. Saluto Lucilla, promettendole una mia seconda visita. Mi ha fatto tanto piacere conversare anche solo cinque minuti con lei…i miei unici parenti sono molto simpatici.
Scendo le scale di fretta.
E ripenso alla chiamata di mio padre Paolo:cosa sarà mai successo?

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Capitolo 4
*** Passato/Presente ***


Image and video hosting by TinyPic Buon primo pomeriggio a tutti!
Nuova pubblicazione: inizialmente avevo deciso di dividere il tutto in due diversi capitoli, ma la prima parte non ha nessun colpo di scena rilevante, dunque ho optato per un unico capitolo abbastanza lungo suddiviso in prima e seconda parte. Seconda Parte= colpo di scena
Spero vi piaccia.
Un bacio d Carla.

CAPITOLO 3(PRIMA PARTE)- PASSATO/PRESENTE


Spalanco la porta di casa mia, affannando.
Vedo mio padre seduto sul divano, visibilmente scosso. La sua espressione mi preoccupa seriamente: cosa mai sarà accaduto?. E’ difficile trovarlo cosi angosciato.
Accosto la schiena al muro. Spalanco le braccia: “Allora cosa è successo papà?”.
Appoggia i gomiti sulle sue ginocchia. Incrocia le mani, portandole vicine alla bocca.
Mi guarda fisso: “Mi hanno chiamato in Capitaneria. Dobbiamo partire per Venezia. Hanno bisogno di me”.
Chiudo gli occhi. Giro su me stessa, cercando di trovare un attimo di pace o meglio tentando di gestire la rabbia. Con scatto veloce, gli sono davanti, puntandogli contro l’indice destro: “Tu devi partire per Venezia”.
Sussulta: “Come scusa?”.
Ripeto quanto detto: “Tu devi andare a Venezia, no io”.
Si alza, venendomi accanto, con viso corrugato: “E questo cosa vuol dire?”.
Controllo i miei istinti: “Significa che tu lavori per la Marina no io. Tu sei il comandante Velletri no io”.
Agita le mani: “No, scordatelo”.
Detto fatto, inizio ad urlare come una matta: “No il cavolo, scordatelo tu. Ho ventitrè anni, potrò decidere di me stessa? Non ne posso piu’ di questo vagabondare da un posto all’altro, voglio un po’ di stabilità”.
Mio padre: “Tu sei mia figlia…”. Lo zittisco: “Appunto sono tua figlia e devi ostacolarmi. Lasciami vivere come desidero. Io non li sopporto piu’questi spostamenti. Sono dieci anni che facciamo questo, da quando la mamma…”.
Questa volta ci pensa lui ad interrompermi: “Questo è un altro discorso. Io voglio solo che tu mi stia accanto”.
Afferro con le mie mani il suo volto e con tono pacato replico: “Ti sarò accanto per tutta la vita papà, ma non vengo a Venezia con te. Io resto qui, a casa mia. Voglio iniziare a vivere la mia vita qui, dove sono nata”.
Piccole lacrime scendono sul mio viso. Scuoto la testa. Può dirmi ciò che vuole, non andrò via da Vietri…non ora che sono appena giunta. Un genitore che ama deve farsi da parte per il bene della propria figlia. Per quanto io l’adori, deve comprendere che arriverà il giorno in cui prenderò la mia strada. E quel momento è giunto…ora!.
Fa male separarsi, ma il nostro non è un abbandono.
Certe volte vorrei che si rendesse conto che è un uomo giovane e può ancora offrire tanto. In questi dieci anni si è precluso ogni cosa: un amore, un amicizia…tutto. Il suo unico obiettivo: scappare dai ricordi. Ma per quanto tempo può andare avanti questa storia?.
I suoi occhi gonfi di lacrime.
Le parole di un padre alla propria figlia: “E va bene. Ma promettimi che mi chiamerai sempre, in ogni momento”.
Lo stringo forte a me: “Non ti preoccupare, lo farò”.
Sussurra al mio orecchio: “Ho solo te al mondo. Non mi abbandonare mai, tesoro”.
Gli do un bacio sulla fronte: “Non lo farò mai papà. Ti voglio bene”.
 
CAPITOLO 3(SECONDA PARTE)- PASSATO/PRESENTE

Quando i pensieri sono tanti è difficile dormire di notte. Idee che passano per la testa, pensieri, riflessioni…chi sa se ho ragione nel pensare determinate cose.
E’ mezzanotte e sono seduta a letto. La tv passa la solita sitcom da quattro soldi. Con un dito sfioro le labbra: ma perché è andata via? Possibile che un amore travolgente, una passione, possa cancellare in un istante lunghi anni felici con la propria famiglia?.
Non la vedo da tempo e devo dire che non sono furiosa con lei, ormai ci ho fatto il callo alla sua assenza. Certo i primi tempi sono stati molto duri, ma il mio papà ha fatto quanto era in suo potere per farmi vivere al meglio. L’abbandono di mia madre spiega l’attaccamento del mio genitore: è da quando ho dieci anni che non mi lascia sola per un nano secondo. E sono convinta che non lo fa solo per me, ma anche per se stesso: parliamoci chiaro è un trauma sapere che la propria moglie è scappata con un uomo conosciuto qualche mese prima. Ma nonostante ciò, non ha  mai parlato male di lei in mia presenza. Anzi si è sempre limitato a non affrontare il discorso e lo capisco, è la stessa cosa che ho fatto io per tutto questo tempo.
Voglio molto bene a mio padre, per me è un modello…una sorta di eroe vivente. Mi è sempre stato accanto. Ricordo con sorriso sulle labbra il giorno in cui entrai nel club delle “signorine”: prima consultò dei libri, poi venne in camera mia, facendo il classico discorso che normalmente ti aspetti dalla mamma.
E quando iniziarono a spuntare le mie forme femminili? Mi accompagnò in un negozio di intimo e con viso palesemente rosso dalla vergogna, mi indicò cosa dovessi acquistare.
E’la migliore persona del mondo e mi dispiace che non si sia rifatto una vita.
Mi alzo dal letto. Stropiccio l’epidermide del mio viso. Vado in cucina. La mia immagine si riflette nel monitor della tv spenta: sono ancora vestita. Maglietta blu, pantaloncino di jeans, con decorazioni da me create. Oltre a dipingere, mi piace molto cucire. Talvolta abbino le due passioni, creando delle tovaglie, asciugamani in seta, con delle stampe dipinte da me. Ci fu un periodo in cui mio padre voleva uccidermi: avevamo casa alla Maddalena zeppa di lenzuola, commissionatemi da una ragazza in procinto di sposarsi. Ricordo tuttora quei drappi di stoffa che andavano avanti e indietro nella mia vecchia abitazione.
Un idea nella mia mente: e se ora andassi dove tutto è cominciato?. Perché no, infondo è casa mia!
Apro un cassetto…dovrei avere le chiavi: eccole!.
Nello stesso momento sento dei piccoli rumori. Osservando dalla finestra mi rendo conto che piove maledettamente. Di solito capita imbattersi in un temporale estivo qui a Vietri.
Scatto: apro a porta e inizio a correre sotto le gocce d’acqua, che cadono velocemente. Corro perché voglio rivivere solo per un secondo la mia famiglia, ormai persa. Nel caso dovessi mai avere un marito o dei figli giuro che non li abbandonerò mai. Proprio il concetto di abbandono è difficile da comprendere per me.
Percorsa la strada verso sinistra, mi ritrovo su una piccola salita. Accanto ad un negozio di alimentari vi è una scalinata non troppo lunga. Ci salgo su, fermandomi sul primo ballatoio: meta raggiunta!.
Sfilo le chiavi dal taschino del mio pantaloncino. Apro la porta, chiudendola alle mie spalle.
La luce è spenta eppure riesco ad intravedere alcuni dettagli, come le poltrone beige, il tavolino, sul quale vi era sempre un piattino con le caramelle alla frutta, la cristalliera, con tanto di esposizione di bicchieri. Qualche quadro qua e la.
Cammino lentamente. Tocco i mobili e strofino le dita, sporche di polvere. Forse non sarei dovuta venire: questa casa getta solo tristezza nel mio animo.
Sono nel corridoio. Ciò che mi sorprende è la luce accesa in bagno.
Com’è possibile, qui non ci viene nessuno da secoli!.
Non faccio a tempo ad aprire la porta, che qualcuno mi precede.
Grido.
Una voce maschile: “Che diavolo ci fai qui?”.
Credo di non aver capito bene: teoricamente questa è casa mia, lui chi diavolo è.
Incrocio le braccia: “Tu che ci fai qui!”.
Va via la luce. Rimaniamo al buio: “Io qui ci vivo, signorina”.
Sussulto: “Come hai detto scusa? Questa è casa mia, simpatico”.
Ride: ”Ma davvero? Senti ragazzina vai a perdere tempo da un'altra parte”.
Stringo forte i pugni: “Numero uno io non sono una ragazzina e numero due questa è casa mia. Velletri non ti dice niente…il cognome affisso sul campanello, no eh?”.
Lancia qualcosa a terra: “Certo che mi dice qualcosa: è il cognome del padrone di casa, Paolo Velletri”.
Resto di sasso, sconvolta. Mio padre affitta la nostra casa e non mi dice niente?.
Io: “Non è possibile!”.
Mi supera: “Aspetta che controllo il contatore. Comunque se non ti fidi, ti faccio vedere il contratto”.
Lo seguo: “Mio padre non mi aveva avvisata di questa cosa”.
Si gira. Percepisco il suo corpo contro il mio: “Signorina, non è un problema mio questo”.
Dio, lo strozzerei…come odio il suo modo arrogante. Mi fa venire una rabbia. E’vero non sapevo nulla di questa storia, ma ciò giustifica il suo atteggiamento? Chi cavolo si crede di essere.
Nel frattempo torna la luce.
Ok, concedetemi cinque minuti per riprendere fiato, perché ciò che vedo va oltre le mie aspettative: me lo ritrovo di fronte, petto nudo, muscoli ben definiti, spalle larghe muscolose ma non eccessivamente, capelli bagnati castani tendenti quasi al nero, un asciugamano bianco in vita e due occhi azzurri che farebbero perdere la testa a chiunque. Labbra carnose rosse, quasi ho voglia di toccargliele. Carnagione scura. E’ alto, è perfetto, è maledettamente bello.
Affanno. Mai mi ero sentita cosi in vita mia. Mai mi era capitato di osservare un uomo cosi attraente. Chiudo gli occhi: ma da dove è uscito?. E’ bellissimo e che profumo che emana la sua pelle fresca di doccia.
Sono bello, vero?”, mi chiede con voce intrigante.
Scaccio via i miei precedenti pensieri: “Come scusa?”.
Ripete: “Sono bello, vero?”.
In un nano secondo il tizio qui presente ha rotto tutta la poesia del momento descrittovi.
Io: “Non ti atteggiare bellimbusto”.
Scoppia a ridere: “Sarò anche un bellimbusto, ma tu stai sbavando da un pò”.
Ummm come lo odio questo farfallone. Si è vero è bello, cavolo se lo è, ma addirittura pavoneggiarsi in questo modo…è insopportabile!.
Gli punto il dito contro. Gliene dico quattro. Sto sul punto di farlo. Ecco sto quasi…e zittisco come una stupida.
Mi allontano da lui, dirigendomi verso la porta.
E dove vai con questa pioggia?”, mi chiede, mentre gli do le spalle.
A casa mia, è ovvio”, rispondo senza voltarmi.
Ma cosi ti bagni”, replica.
Bellimbusto sono già bagnata. Ci si vede!”: apro la porta ed esco fuori.
Nello scendere le scale tiro un sospiro di sollievo. Un leggero sorriso sul mio volto.
La pioggia è nettamente diminuita. Nel dirigermi verso via Pinnarella ho un unico pensiero.
Un unico tarlo nella mente: i suoi occhi.

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Capitolo 5
*** Stupiscimi! ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti!
Ecco il mio nuovo capitolo, spero vi piaccia e spero di leggere tante recensioni.
Un bacio,
Carla.


Dedico questo capitolo alle mie amiche Leitmotiv e MissNanna.

CAPITOLO 4- STUPISCIMI

Martedi mattina: uno splendido sole illumina la mia casa. Un caldo non molto afoso fa da padrone in città. Vestita unicamente con il mio pigiama, sono seduta sul divano. Azzanno un delizioso cornetto alla crema appena sfornato. Lo so, mi vizio: nel congelatore non mancano mai i croissant congelati, la sera li lascio lievitare e la mattina l’inforno, accompagnandoli poi da un bel caffè caldo.
Accendo la tv: telegiornale, fiction, cartoni animati, documentari. Faccio zapping all’infinito, un po’ annoiata. Sbuffo: non c’è mai niente di buono!.
Improvvisamente sento bussare il campanello. Mi alzo. Vado vicino alla porta di casa: “Chi è?”.
Un fattorino vestito di blu, che scruto attentamente dallo spioncino, risponde: “Spedizioniere, può aprirmi?”.
Una volta aperta la porta, faccio un passo indietro.
L’uomo mi dice: “Questo è suo. Le consegno anche questa lettera. Può firmare l’atto di consegna?”.
Ancora sbigottita affermo: “Si certo”.
Terminata la parte burocratica, resto sola con quello che dovrebbe essere un regalo. Rompo la busta bianca della missiva. Un foglio piegato in due: “Ciao tesoro, ora potrai muoverti meglio per Vietri. Baci papà. P.S.= fammi sapere se la consegna è andata in porto!”.
Per il “regalino”mi avvisa e come. Per la casa in affitto no. Giro attorno al mio nuovo mezzo di trasporto, un motorino verde, con tanto di fiocco rosso sopra. Sono sicura che nessuno mi distinguerà per il paese, con questo aggeggio dal colore bello acceso!.
Parcheggiatolo nel box auto, accanto alla mia Panda gialla (qui si tifa Brasile!), entro in casa, cercando subito il cordless.
Compongo il numero di cellulare e chiamo. Un paio di squilli, poi la sua voce:
Buongiorno tesoro”, esclama, con voce molto allegra.
Buongiorno papà, ho ricevuto il motorino. Grazie. Il colore mi piace molto”, affermo, mentre mi siedo sul divano, incrociando le gambe.
Lo so, tu ami i colori vivi. Hai fatto bene a chiamarmi, cosi sto a pensiero sicuro”, replica.
Bhè sarei stata a pensiero sicuro anche io se avessi saputo che avevi affittato casa e non dire quale perché sai a cosa alludo”: detto ciò aspetto la sua risposta. Una risposta che deve chiarire ogni mio dubbio.
Scusa avrei dovuto dirtelo. L’ho affittata solo per non tenerla chiusa ancora per molto tempo”, sentenzia mio padre.
Potevamo andarci noi, no?”: gli chiedo, mentre appoggio un braccio sullo schienale del sofà beige.
Mio padre: “Non mi andava, sai il perché. Ma tu come fai a sapere della casa?”.
Io: “Ci sono stata e ho trovato il nuovo coinquilino, che quasi mi ha scambiata per una matta”.
Mio padre: “Vabbè, penso che hai chiarito la situazione. E’ una brava persona, non temere”.
Sisi. Mi sono presentata. Sembra un tipo apposto”, replico, sbottando.
Tesoro ora devo staccare. Ci sentiamo dopo”, mi dice.
Mordo il labbro inferiore: “Ok, ma la prossima volta non tenermi nascosto nulla”.
Mio padre: “Si, scusami ancora. A dopo. Ciao”.
Chiude la telefonata. Resto per un attimo immobile e pensierosa: forse pretendo troppo da lui, ancora deve metabolizzare la separazione da mia madre. Però un po’ ci resto male: volevo esserci io li, volevo abitarci io li.
Tutto sommato la sua non è stata una cattiva idea: se non potevamo starci noi, visto i ricordi non molto positivi, è meglio che la casa venga vissuta a pieno da un'altra persona.
E ripenso a lui. Sorrido. I suoi occhi azzurri. Azzurri come il mare. Un mare in cui mi piacerebbe tanto perdermi.
 
                                                                        ***
Dovete sapere che io sono una curiosona di prima categoria. Se creo qualcosa, sento la necessità di ascoltare il parere altrui. Se invece, come in questo caso, ho un oggetto fino ad ora mai posseduto, devo per forza di fatti provarlo. Quindi chiavi alla mano e parto con il mio bel motorino, dopo aver tolto il fiocco, ovviamente.
Arrivo sul lungomare in un nano secondo…ha ragione mio padre: con questo mezzo mi è piu’ facile destreggiarmi per la città.
Lo parcheggio nell’aerea residenti, tolgo il casco blu (ribadisco che si tifa Brasile a casa mia, tra auto, motore e casco) e prendo la mia borsa mare.
Mi dirigo verso il lido, scansando gente abbronzatissima e felice. Agosto porta felicità e gioia a tutti, poiché sinonimo di vacanza, relax e niente lavoro.
Il sole è accecante, per questo indosso i miei occhiali da sole a goccia, in modo da proteggere gli occhi.
Varcato l’ingresso della struttura balneare, resto impietrita: c’è una confusione pazzesca. L’angolo bar è affollatissimo: chi beve una coca-cola, chi sorseggia un drink, chi come un tipo orrendo tenta in tutti i modi di abbordare una ragazza. La barista è visibilmente esaurita e sono solo le undici e mezza del mattino.
Vado al punto clienti, dove vi trovo un signore di mezz’età molto cortese.
Buongiorno signorina”, mi dice con fare gentile.
Buongiorno. Senta ha mica un lettino disponibile?”, chiedo, anche se la mia è una domanda retorica.
No, mi dispiace. Tra poco non sappiamo neanche noi dove metterci”, risponde, inclinando teneramente la testa.
Sbuffo dispiaciuta. Niente tintarella!: “Ok la ringrazio lo stesso”.
Sto per andarmene, quando mi sento chiamare: “Signorina, se vuole noi offriamo un servizio navetta. In pratica abbiamo a disposizione delle piccole imbarcazioni che conducono i nostri clienti in alcune spiaggette, accessibili solo via mare. Tra poco ne parte una e ci sono ancora due posti liberi. Il costo è di 6 euro per due ore e mezza”.
Mi porge una brochure, dove è indicato il tragitto e questa fantastica offerta fatta dal lido, in cui mi trovo. Non avendo altre possibilità, poiché anche la spiaggia libera è al completo, accetto la proposta. Pago la mia quota e lascio che il signore mi accompagni alla barca.
A bordo vi sono una ventina di persone, inclusi cinque bambini, uno dei quali piange maledettamente. Mi siedo accanto ad una ragazza, che mi sorride ogni qual volta i nostri sguardi si incrociano. Un po’ mi mette soggezione.
Partiamo, percorrendo un breve tratto di mare. Dietro la roccia infatti si nasconde una bella spiaggia, devo dire anche piuttosto grande, dove vi sono tre persone, venute con un imbarcazione privata.
Giunti, scendiamo uno ad uno, posizionandoci dove piu’ desideriamo. Io preferisco mettermi al centro. Mio padre dice che quando la roccia è compatta ci si può metter sotto,  ma quando è tagliata trasversalmente allora vi è pericolo che possa crollare anche una piccola pietra. Non essendo esperta in materia, evito il tutto e stendo il mio asciugamano nel bel mezzo della spiaggia. Tolgo la maglietta bianca e il pantaloncino blu scuro. Crema solare alla mano. Dopo aver ricoperto il mio corpo di unguenti vari, decido di concedermi l’agognata tintarella, magari ascoltando un po’ di musica punk-rock, che mi rilassa tanto.
Trascorsa un ora e mezza circa, vengo disturbata dal conducente dell’imbarcazione che ci ha condotto qui: causa avaria del motore, tra pochi istanti giungerà la Capitaneria di porto, per recuperarci.
Faccio spallucce: può succedere, non è nulla di grave!.
Dunque mi rivesto, scuoto il mio telo mare, togliendo via la sabbia e posizionandolo nella borsa. Lego i capelli con una piccola molletta e attendo i rinforzi.
Neanche il tempo di nominarli che son qui due barche bianche, con tanto di bella scritta blu sulla fiancata. Ci fanno salire a bordo ad uno ad uno, chiedendoci le generalità.
Mentre sono in fila, giunge un terzo mezzo, sempre proveniente dalla Capitaneria, che si ferma a riva. Il suo unico conducente ci viene incontro. Controlla i documenti in mano al suo collega e conta le persone rimaste. Confabula qualcosa e lo vedo dirigersi verso di me. La cosa mi lascia un attimo attonita.
Toglie il cappello bianco, portandolo sotto il braccio.
La mia mano sulla fronte: non ci posso credere è lui ed è tremendamente bello. Cosi scuro di pelle con quella divisa bianca…affanno, mordo il labbro…mi fa impazzire. E i suoi occhi? Vogliamo parlare dei suoi occhi? Con la luce del sole sembrano piu’ chiari. Sono in estasi. Mi comporto come una ragazzina di quindici anni alle prese con le prime cottarelle adolescenziali.
Ragazzina ci sei anche tu?”, mi dice, ridendo.
Buongiorno eh?”, affermo, seccata dal termine usato. Non sono per niente una ragazzina, ma una giovane donna, che vuole essere considerata tale.
Mi prende la mano: “Vieni con me”.
Mi fermo: “Come?”.
Mi tira: “E dai, quante storie. Ma quando ti capita che un figo, attraente, sexy, intrigante come me ti prenda la mano e ti porti via?”.
Evviva la modestia!”, esclamo, seguendolo. Mi accompagna accanto al collega precedentemente menzionato: “Antonio prendi le generalità della signorina. Viene via con me”.
Arrossisco: vado via con lui. Con l’affittuario di casa mia. Un attimo di stizza: con l’affittuario farfallone di casa mia!.
Sbrigate le pratiche, salgo sulla barca, tenendo la sua mano. E partiamo.
Entro nella postazione comando. Gli sono di spalle. Sbottona leggermente la giacca…fa un bel po’ caldo in questo buccicattolo chiuso sia a destra che sinistra. E le due finestre aperte poco aiutano.
Mi siedo su una panca.
Inizia a parlare: “Hai visto come ti guardavano sulla spiaggia?”.
Sono perplessa: “E perché mai?”.
Si volta per un istante: “Come perché? Perché sei salita qui con me, da sola. Ma lo sai quante ragazze vorrebbero stare al tuo posto?”.
Ummm giuro che lo strozzerei come una gallina. Come non tollero il suo atteggiamento da spavaldo.
Incrocio le gambe: “Senti bellimbusto sei accettabile, è un dato di fatto. Ma c’è bisogno di doverlo ricordare ogni istante della tua vita?. Guarda che non esisti solo tu sulla faccia della terra, mettitelo in testa fanatico!”.
Arriviamo nei pressi della Capitaneria. Non risponde alla mia illazione, il che è strano visto che teoricamente ho toccato il suo punto di Achille.
Ferma la barca al piccolo molo. Chiude il motore.
Si volta, avvicinandosi.
Un espressione maliziosa sul suo viso: “Nessuna ragazza mi ha mai  parlato cosi come hai fatto tu. Mi hai spiazzato. Ma sappi che ti stupirò”.
Detto ciò si allontana, portando il cappello in testa.
Resto a guardarlo. E tra me stessa un'unica parola: stupiscimi!.

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Capitolo 6
*** Follia ***


Image and video hosting by TinyPic Buona Domenica.
Pubblico il mio nuovo capitolo, poi stasera ne posterò uno nuovo, bellissimo e romantico.
Un bacio a tutti e grazie,
Carla.

CAPITOLO 5- FOLLIA


Mi affretto a salire le scale. E’ l’unica persona con cui io possa parlare qui a Vietri. In realtà è l’unica persona che io conosca. E in questo momento ho bisogno di sfogarmi un po’. Ho bisogno che qualcuno mi ascolti. Che ascolti le mie emozioni. Quell’emozioni che solo lui può darmi: il bellimbusto del mare.
Non appena metto piede sul terrazzo, mi accorgo che non c’è nessuno.
Sbuffo, inclinando la testa. E no, eh? Destino fai in modo che ci sia lei in casa!.
Busso alla porta. Attendo qualche secondo. Nel frattempo lascio che le mie gambe frenetiche oscillino avanti e indietro. Mordo le labbra.
Apri, apri, apri…sesamo: porta spalancata e Adriano in tuta.
I nostri sorrisi a 360 gradi. Ci abbracciamo fortissimo.
Dovete sapere che ho sempre adorato Adriano e non solo perché è l’unico parente rimastomi con Lucilla.
Quando abitavo a Venezia per due anni mi ha fatto da istitutore privato, mi ha insegnato davvero tanto, soprattutto tutte le vicende storiche dell’Italia. Non a caso ora è docente di storia e geografia presso la scuola media del paese. E’ una persona fantastica: leale, gentile, sincero, sicuro di sé e pazzo. Si pazzo, perché quel suo aspetto calmo e tranquillo altro non fa che celare un folle a tutti gli effetti. Una volta si gettò nudo a mare, sotto lo sguardo divertito della gente; un'altra si lancio con il bunging jumping; un'altra ancora quasi si ammazzava facendo rally. Per la serie “cosa devo fare con la mia vita?”.
Finalmente ci acchiappiamo!”, esclama felice.
Eh si. Oh ma io sono venuta già qui, ma non c’eri”, affermo, mentre entro a casa.
Si lo so. Lucilla mi ha informato ”, mi dice, indicandomi la sedia.
Mi accomodo: “Sono contenta di rivederti!”.
Si siede accanto a me: “Si anche io. Però…non ti ricordavo cosi carina”.
Adriano sei uno sgorbio. E’ inutile che fai il galante con Bianca”, esordisce Lucilla in vestaglia.
Mio cugino si volta: “Ah io sono uno sgorbio?”.
Sua moglie riflette per cinque secondi: “Ti ho fatto un complimento, eh?”.
Il bel maestro ride: “Allora visto che mi tratti male, stasera faccio qualche pazzia”.
Lucilla prende il caffè e lo serve in tavola: “Oh ma cosa fai? Voglio venire anche io con te”.
Aggrotto le sopracciglia: “Vi siete accoppiati bene voi due”.
Adriano: “A quanto pare si”.
Lucilla mi guarda da un po’: “Allora come si chiama?”.
Ho un sussulto. Le mani tremano: “Chi?”.
Beve un sorso di caffè ed esclama: “Il tipo che ti piace”.
Sgrano gli occhi, sorpresa: “Chi mi piace?”.
Incrocia le braccia: “E dai si vede da un miglio lontano che hai incontrato uno. Guarda che prima di Adriano, ne ho avuti di ragazzi!”.
Adriano sbotta: “I ragazzi, i ragazzi. Anche io ero ambito, non te lo dimenticare”.
Lucilla gli prende la mano: “Caro ma dove la trovi una come me, che ti asseconda nelle tue pazzie? ”.
Annuisce: “Vero, hai ragione amore. Però voglio sapere chi è il tipo di Bianca”.
Sbotto: “Non è il mio tipo”.
Mia cugina mi punta il dito contro: “Ah e vedi che allora c’è qualcuno”.
Stringo i pugni, agitandoli leggermente. Strizzo gli occhi: mi sono tradita come una bimbetta. Mi tocca parlare, non a caso sono venuta per questo motivo: “Ok non è il mio tipo, ma è di un bello sconvolgente”.
Piu’ bello di me?”, chiede Adriano.
Lucilla gli da un buffetto sulla spalla: “Ma chi ti piglia!. Piantala e fammi sentire”.
Tende la mano verso di me, per indicarmi di continuare il discorso appena interrotto.
Scuoto la testa: “E proprio bello. Ma ha un caratterino…mi sta di un antipatico. Però vuole sorprendermi”.
I due sposi accostano la loro testa alla mia e simultaneamente domandano: “E  come si chiama? ”.
Sbatto contro lo schienale della sedia. Alzo lo sguardo verso il soffitto e sospiro: “Non lo so”.
Iniziano le lamentele: Lucilla si alza, dirigendosi verso la cucina per prendere dei biscotti e continua a ripetere una sola frase “E ma non è possibile”. Adriano incrocia le braccia, abbassa gli occhi, muove la testa: “Cosi non va bene”.
Tutto questo dura per un quarto d’ora. Un quarto d’ora di supposizioni: come rintracciare l’uomo misterioso? Contattiamo i nostri amici? Glielo descriviamo, proviamo…hai visto dei segni particolari? Un tatuaggio, un piercing? Un qualcosa che lo distingue dagli altri?. Ma un'unica cosa lo rende unico: i suoi occhi…e il suo carattere.
Adriano alza l’indice verso l’alto. Eureka: “La spiaggia”.
Cioè?”, gli chiedo, spalancando le braccia.
La spiaggia, li sicuro lo trovi. Ci vanno tutti al mare”, mi risponde, soffi sfatto di se stesso.
Compreso i bonazzi abbronzati”, replica Lucilla, mentre abbraccia suo marito.
Sentiamo il pianto di un bambino. Adriano si alza: “E’Luca. Ci penso io”.
Mi alzo anche io: “Lucilla io vado. Devo fare un po’di compere ”.
Ok ma stasera ti voglio qui a cena”, afferma, mentre si avvicina alla porta per aprirla.
Va bene. A stasera. Salutami Adriano”, replico, felicissima dell’invito.
Sarà fatto. A stasera ”: mia cugina è davvero gentilissima.
Scendo le scale di casa. E rido come una stupida. Una stupida felice: non ho mai avuto tutto questo e ora non voglio proprio rinunciarci!


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Capitolo 7
*** La Cena E'Servita! ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo...il mio preferito, tra quelli pubblicati!
Perdonate eventuali errori, ho scritto su un pc non mio, dunque mi tocca postare, altrimenti perdo il tutto.
Baci da Carla.

CAPITOLO 6- LA CENA E’ SERVITA!


Mi specchio, volteggiando da destra a sinistra: però, niente male!. Vestito nero con leggera scollatura, tacchi alti, nastro rosa antico per legare i capelli, pochette dello stesso colore. Un po’ di lucidalabbra alla frutta, una spennellata di cipria, giusto per dare un tocco di colore.
Rivedo la mia persona proiettata nello specchio…chi sa come sarebbe se ci fosse lui accanto a me…il bellimbusto del mare!
Mi do due schiaffetti sulle guance: ma sarò mica impazzita? Voglio dire non so chi sia, non so il suo nome, l’ho visto due volte e vuoi vedere che mi sono anche infatuata di lui?. Appunto Bianca ti sei infatuata…ma perché ti vuoi infatuare? No ma dai, è fuori luogo!.
Esco dalla mia stanza, percorro la cucina, apro la porta di casa, chiudendola alle mie spalle.
Mi avvio, dunque, verso casa di Lucilla e Adriano. Ma soprattutto continuo a pensare a lui, il bel marinaio. Mi fermo vicino ad un negozio di oggettistica per la casa: e se ora andassi da lui? Una cosa è certa: so dove abita. E che gli dico? Ciao sei un figo da paura, mi dici il tuo nome? Per la serie “come fare una brutta figura” oppure “come attizzare l’alter ego di quell’uomo ”. Tentenno: vado, non vado, vado, non vado. Nel frattempo il commesso del negozio mi guarda allibito, a causa del mio voltarmi improvvisamente avanti ed indietro. I nostri sguardi si incrociano. Sorriso falso e imbarazzato: “Scusa mi dici l’ora?”. “Le nove preciso”, risponde, credendo che io sia pazza. “Cavolo è tardissimo”: inizio a correre come una forsennata per la strada, cercando di non rompere i tacchi vertiginosi in qualche buco del marciapiede.
Finalmente arrivo a destinazione. Mentre salgo le scale tiro giu’il vestito, tentando di sistemarlo al meglio. Aggiusto i capelli. Sospiro di sollievo e da dam: eccomi qui a casa Amato!.
Busso alla porta e mi apre Lucilla con accanto una bimba dolcissima. Ci salutiamo ed entro in casa. La piccola mi fissa, stupita dalla mia presenza…in effetti non mi ha mai vista fino ad ora.
La mamma la prende in braccio ed esclama: ”Bianca lei è la mia primogenita Marta e ha otto anni. Ora non ti da soddisfazione perché è timida, dalle cinque minuti e vedi che ti salterà addosso come una scimmietta. E il piccolo sul divano è Luca, di tre anni. Lui non ti darà pace, stanne sicura”.
Ridiamo. Arriva Adriano, ci salutiamo.
Mi accomodo sul sofà, vicino a Luca. Prendo la sua mano, cosi piccola nella mia. Mi dedica un bellissimo sorriso e mi si lancia contro, stringermi a sé. Marta si avvicina lentamente e dopo un po’ mi porge la sua bambola bionda e un pettine. Iniziamo a fare delle acconciature alla malcapitata, ma all’improvviso Luca imbratta la mia mano con un pennarello rosso. Mi volto verso di lui: si sbellica dalle risate. Chi sa da chi ha preso!.
Lucilla mi puoi dire dov’è il bagno?”, le chiedo, mentre mi alzo dal divano.
Si gira, con in mano una pentola: “Vai nel corridoio, la seconda a destra. Nel primo cassetto dell’armadio c’è alcol e ovatta. Quel birbante!”.
Non è niente, figurati”, le rispondo.
Mi incammino verso il bagno. Prendo l’occorrente e pulisco la mia mano accuratamente. Mi specchio: controllo il trucco…dai stasera sono carina!.
Mentre sto per aprire la porta qualcuno mi precede. Indietreggio per evitare di trovarmi l’anta di legno spiaccicata sul mio naso.
Resto di sasso nel vederlo. Resto senza parole.
E’sorpreso, shockato. Parliamoci chiaro io non sapevo che lui fosse qui…stessa cosa lui.
I nostri sguardi si scontrano. Ci fissiamo per lungo tempo. Un colpo al cuore: lui, i suoi occhi qui proprio di fronte a me. Battiti impercettibili. E la voglia di fermare il tempo.
Sorride: “E tu che ci fai qui?”. Non ho il tempo di rispondere che continua: “No aspetta, la cugina di Adriano, Bianca”.
Annuisco: “Si sono io. Piacere Bianca Velletri e no “ragazzina”.
Fa un inchino: “Ufficiale di Marina Cristiano Scala, per servirla signorina Velletri”.
Inutile dirvi che ha grande fascino e una voce sensuale. Ed è sexy: indossa una camicia chiara aperta, che lascia intravedere un addome ben scolpito, pantalone classico scuro, scarpe chiuse, bracciale d’argento e quintali di profumo da uomo che non deve chiedere mai!.
Sentiamo chiaramente Lucilla chiamarci. Esco dal bagno, chiudendo la luce. Lui fa un passo indietro, facendomi udire un colpo di tacco a mo di soldato in riga dinanzi al suo comandante.
Mi pongo accanto a lui e tentando di non ridere esclamo, falsando una voce maschile rauca: “Riposo Scala”.
Due a zero per Bianca: il bel moraccione mi osserva, compiaciuto dalla mia battuta.
Andiamo in cucina. Lucilla ci guarda: “Bianca hai conosciuto Cristiano, mio fratello. Bhè in realtà l’hai visto dieci anni fa al mio matrimonio, lui e mio padre mi accompagnarono all’altare”.
Ci sediamo a tavola: un antipasto mare e monti apre la cena.
Allora Cristiano che stai facendo a Vietri?”, chiede un Adriano curioso, seduto tra la moglie e la dolce Marta.
Il bell’ufficiale posa la forchetta nel piatto ed esordisce: “Solite cose: colazione al bar, Capitaneria, scartoffie da firmare, un po’ di palestra”, poi guardandomi dritto negli occhi, “e donne ovviamente”.
Tu si che te ne vedi bene della vita”, risponde mio cugino, mentre mangia.
Sisi, la vita dello sciupa femmine”, afferma Lucilla, accomodatasi accanto a me.
Osservo Cristiano di fronte: “Dipende pure da che tipo di donna ti trovi a sciupare”. Addenta il cibo fissandomi con fare intrigante. Ho capito che ti piace il modo con cui ti parlo, ma è solo la pura verità!.
Lucilla mi da ragione: “Sono d’accordo con te. E poi Cri’prima o poi la trovi anche tu la ragazza che ti fa perdere la testa una volta e per sempre”.
Sbuffa: “Forse, chi sa!”.
Che faccia da schiaffi che ha…lo prenderei a mazzate.
Cristiano, ascoltami, te lo dico con il cuore in mano, te lo dico come se fossi tuo fratello, se trovi la donna giusta, scansala. Ascolta a tuo cognato”, gli dice Adriano.
La reazione di Lucilla non si lascia attendere. Da un buffetto sulla spalla del marito: “E cosa vuoi dire, che se sapevi che sarei diventata tua moglie, saresti scappato?”.
Adriano: “Non credo, tu sei pazza, mi saresti corsa appresso e mi avresti anche dato quattro schiaffoni”.
Ridiamo tutti compiaciuti.
Intanto il tempo trascorre e la cena termina.
Luca piange da un po’. Nessuno riesce a tranquillizzarlo.
Lucilla sta per alzarsi, ma Cristiano la precede: “Lascia, facciamo io e Bianca”.
Di scatto lo guardo: che cosa ha detto? Io e Bianca? Da quando in qua parla per me?. Questo proprio…uummm il cervello in fiamme.
Mi scosto dalla sedia e lo seguo. Entriamo in cameretta dei bimbi. Lui mi è di spalle, mentre culla il piccolo di casa. Canta una ninna nanna. Inclina la testa verso il nipotino e gli bacia la fronte.
Io l’osservo stupita. No, con gli occhi dell’amore: possibile che sia cosi perfetto? E’bello, è bravo, è un uomo in carriera, svolge bene il suo lavoro, sa adulare una donna, ama la famiglia ed è cosi dolce mentre fa addormentare Luca. Sicuro è passionale e sensuale…ma che volete piu’dalla vita?.
Mi avvicino a lui, sfiorandogli la spalla: “Ci sai fare con i bambini. Sei bravo”.
Si volta, sorridendo: “Grazie. Mi piacerebbe avere un figlio”. Guardo il piccolo, ormai nel pieno del sonno.
E tu?”, mi chiede, con voce sottile.
E tu cosa?”, affermo.
Poggia il piccolo nella culla: “Ti piacerebbe avere un figlio un giorno?”.
Si perché no. Un figlio, un uomo, una casa, una famiglia. Questa è la vera felicità per me”, gli rispondo, totalmente sincera.
Annuisce: “Hai proprio ragione Bianca”.
 
                                                                           ***
 
Le due di notte. La splendida serata è terminata. Mi sono divertita tantissimo con la mia famiglia. Con le battute di Cristiano.
Saluto Adriano, ma mi ferma: “No aspetta, ti accompagno a casa”.
Cristiano poggia una mano sul braccio di mio cugino: “Sono di strada, ci penso io”.
Do un grande abbraccio a Lucilla, che dopo un istante è impegnata a prendersi a schiaffetti con suo fratello. Vince l’ufficiale, che la solleva sulle spalle. Fanno tanto di quel baccano che quasi svegliano il vicinato.
Che invidia: non ho mai avuto una sorella o un fratello.
Dopo i dovuti saluti, io e Cristiano scendiamo le scale.
Per strada silenzio tombale. Non vi è anima viva…solo una pallida luna e le luci pubbliche accese.
Un vento fresco da sollievo alla nostra pelle: niente afa, niente caldo, niente sudore.
Attraversiamo sulle strisce pedonali.
Posso signorina Bianca?”, mi chiede.
Lo guardo sorpresa: “Cosa?”.
Ma il suo gesto chiarisce la richiesta: pone il mio braccio sotto il suo, accompagnandomi nella passeggiata.
Arrossisco e la cosa aumenta quando, guardandomi negli occhi, afferma: “Sei bellissima stasera”.
La terra mi cade da sotto i piedi. Ma l’eccesiva emozione sfuma presto: “Con quante donne hai fatto cosi?”.
Scuote la testa: “Forse con tutte. Ma questa volta sono serio. Te lo dico sinceramente”.
Tentenno: “Dovrei crederti?”.
Puoi non farlo. Saranno i fatti a parlare per me”, esordisce.
Gli indico il vicoletto di casa mia. Mi accompagna fin fuori la porta. Aspetta che io l’apri e che sia tutto tranquillo.
A presto Bianca. Buonanotte”, mi dice, puntando i suoi occhi azzurri su di me.
Buonanotte Cristiano. A presto e grazie”, rispondo.
Si allontana, standomi sempre di fronte. Si gira, dandomi le spalle e si volta nuovamente, tenendo le mani dietro la schiena: “E’ stato un piacere Bianca”.
Va via, scomparendo nel buio della notte.
Per un nano secondo ho pensato di fermarlo e di dargli un bacio. Il desiderio di accostare le mie labbra alle sue è tanta. Ma desisto. Non voglio agire cosi come farebbe una comune donna attratta da lui. Se deve accadere, deve esser sentito da entrambi. Da me e lui. Bianca e Cristiano.

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Capitolo 8
*** Una Sera A Vietri Per Caso... ***


Image and video hosting by TinyPic Ecco il mio nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 7- UNA SERA A VIETRI PER CASO…


Il ricordo di quella serata, di quella passeggiata a due è ancora vivo nella mia mente. Sento tuttora il calore del suo braccio attorno al mio…i suoi occhi cosi profondi. Occhi che penetrano nella mia anima. Occhi che parlano di lui. Occhi che sanno di uomo. Un uomo forte, virile e sensibile.
Porto la mano sotto il mento, poggiando il gomito sul tavolo della cucina. La forchetta cade nel piatto di ceramica. Sono cosi presa da lui? Un solo uomo nella mia vita e follia pura: scombussola i miei pensieri, mi stravolge, cambia il mio mondo, lo rende diverso, lo rende magnificamente bello, perfetto, meraviglioso. Mi sono innamorata per caso? E quando è successo? Possibile che l’amore non ti avvisi quando ha intenzione di colpire il tuo cuore?. Scuoto le gambe incrociate, mangio un pezzo di pane: ma che vuole l’amore da me?. E di nuovo i suoi occhi, il suo profumo. Sguardo basso, fisso nel vuoto: cavolo com’è bello e quelle spalle possenti… Agito le mani, come per scacciare una mosca: via pensieri, via!.
Intanto la carne è divenuta bella che fredda, dunque addio!.  Mi alzo, prendo il piatto e butto il tutto nella pattumiera. Lavo le poche stoviglie utilizzate, bagno leggermente la mia maglietta rosa.
Sento il campanello bussare. Lego i capelli con un piccolo e sottile elastico nero, posto precedentemente nel taschino del mio pantalone a tre quarti. Mi dirigo alla porta. Sospiro di sollievo. Apro.
Resto immobile, sorpresa piacevolmente. Tutto mi sarei aspettata tranne lui, fuori casa mia.
Sorride. Ha un braccio piegato dietro la schiena. Camicia azzurra aperta, pantalone blu lungo. Sempre elegante, sempre impeccabile…Dio ha creato l’uomo perfetto? Certe volte mi fa paura: è troppo bello, troppo bello per essere vero.
Mica ti ho disturbata?”, mi chiede, accennando un passo verso di me.
Sono le 11 di sera, mica le 3 di notte! Entra”: gli allungo la mano, per fargli largo in casa.
Chiudo la porta. Si volta verso di me e con scatto veloce pone sotto il mio naso un fascio di fiori.
Ci guardiamo negli occhi: ”Non sapendo quale fosse il tuo preferito, ho preso tutti i fiori, sperando che ci sia quello che adori”.
Le mie gambe tremano. L’imbarazzo cresce e vistosamente appare sul mio viso: “Grazie, sono bellissimi. E la calla bianca c’è”. Le uniche fatidiche parole che riesco a pronunciare.
Ci accomodiamo sul divano. Mi metto di fronte a lui, incrociando le gambe: “Fai cosi con tutte?”.
Tentenna: “No, di solito mi limito ad un fascio di rose rosse. Il classico, insomma”.
Il mio braccio sullo schienale del sofà, mano a pugno sulla tempia: “Ah bhè, almeno sei sincero”.
Si è vero. Ma prima di tutto sono sincero con me stesso”, afferma, mentre sbraccia la camicia.
Mi alzo, andando verso il forno della cucina. Mi abbasso, lo apro, poi mi volto verso Cristiano: “Cioè?”.
Senza osservarlo, ascolto la sua risposta: “Cioè non mi pongo limiti una volta presa coscienza di ciò che provo”.
Prendo due piatti, forchettine e coltello. Adagio il tutto sul tavolino da caffè accanto al divano.
Taglio il dolce da me preparato. Glielo servo: “Sincero, allora dimmi se è buono?”.
Mi guarda, inclinando la testa: “Sai anche cucinare?”.
Si certo”, rispondo, mentre iniziamo a mangiare.
E cosa sai fare oltre a questo?”, mi chiede curioso.
Vediamo so dipingere, so cucire, so cucinare, so pulire casa, so arrabbiarmiinsomma me la cavo”, rispondo, gesticolando, “e tu?”.
Sono un abile nuotatore, so sparare, so andare a cavallo, so suonare il pianoforte, non so cucinare, non so dipingere, sono bello, sono sexy, sono adorabile…”, lo zittisco con una risata: “Sei adorabile?”.
Cristiano: “Si perché? Tutte mi vogliono, tutte mi cercano”.
Io: “Si tutte chi? Tutte oche, che ti riempiono di complimenti e niente sostanza”. E che cavolo, ora mi da i nervi.
Poggia il piattino sul tavolino: ”Vero…ma forse neanche io mi sono mai impegnato a trovare qualcosa in loro. Semplicemente non era il momento giusto . Comunque il dolce è ottimo, brava e bella!”.
Bello e farfallone”, rispondo.
Bella e insopportabile”, replica.
Mi volto di scatto, irata: “Io insopportabile? Fanatico
Cristiano: “Io non sono fanatico. Non è colpa mia se le donne mi vogliono”.
Ci avviciniamo lentamente: “Non è vero, sei tu che vuoi loro”.
Mi afferra per il fianco: “No io voglio te”.
Mi bacia. Resto impietrita: i suoi occhi sono chiusi, le sue labbra sulle mie, il suo torace caldo sul mio…e il suo cuore che batte forte. Mi lascio andare, portando le mie mani, dietro la sua schiena, facendole salire pian piano nei suoi capelli corti. Mi faccio prendere dalla passione, faccio in modo che le mie labbra si schiudano per sentire la sua lingua contro la mia. Lo stringo forte a me. Lui ricambia. Appoggio la testa sul bracciolo del sofà, Cristiano è completamente su di me. Incrocio le mie gambe sulle sue. Ci stacchiamo.
Affanna: “Mi piaci da morire”.
La mia mano sul suo petto: “A quante hai detto cosi? Con quante ti sei comportanto cosi?”.
Al diavolo le altre, ora ci sei solo tu” e riprende a baciarmi.
L’intera notte cosi: stesi l’uno accanto all’altro, l’uno sull’altro a baciarci, senza staccarci mai. Sul divano insieme, presi dalla passione, da un reciproco interesse. Perché mi piace da morire per quello che è e poco importa se è stato di altre, ora lo voglio stretto a me e non lo lascio andar via.
E chi se l’aspettava: Vietri non solo città dell’origine, ma città del cuore. E l’estate: non solo stagione della mia prima decisone, ma stagione del cuore!.

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Capitolo 9
*** Ciò Che Non Si Aspetta! ***


Image and video hosting by TinyPic Dopo urla varie contro la mia chiavetta USB, ecco il nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Un bacio enorme da Carla.

CAPITOLO 8- CIO’ CHE NON SI ASPETTA!


E’ mattina presto. Porto le mani agli occhi, stropicciandoli. Sbadiglio. Stendo le braccia, facendole sbattere contro lo schienale del letto. Sussulto. Mi sollevo leggermente, guardandomi attorno: sono in camera mia. Riaffondo la testa nel cuscino, portando una mano sugli occhi umidi: ancora la stessa scena, io e Cristiano abbracciati sul sofà. Tasto il mio giaciglio: è vuoto. Sono sola. Per un istante ho come l’impressione che tutto sia stato un sogno, ma non è cosi…sento tuttora le sue labbra infuocate sulle mie. Il suo corpo comprimermi ed infine Morfeo, che ci ha cullati tra i suoi soffici arti superiori. Mi alzo. Metto le pantofole. Mi fermo dinanzi lo specchio: sono ancora vestita.
Sento bussare alla porta, mi volto di scatto: è lui!. E corro nel corridoio, facendo oscillare i miei capelli lunghi e mossi. E il sorriso sul mio viso. Lui per me ed io per lui. Sono in cucina-soggiorno.
Apro la porta, sporgendomi felice: “Cristiano!”.
Sbianco, delusa. Avrei voluto vedere i suoi occhi, ma ciò non significa che chi mi è di fronte mi è poco caro.
Cristiano!”, esclama esterrefatto.
Dai entra, accomodati”, asserisco, visibilmente imbarazzata.
Adriano si siede accanto al tavolo, si appoggia allo schienale della sedia, stende le gambe, incrociandole. Stessa cosa per le braccia: “Allora cos’è sto fatto di Cristiano?”.
Sono vicino a lui, porto una mano tra i capelli: “E’ stato qui, ieri”.
Spalanca gli occhi: “Cristiano mio cognato qui con te?”.
Si”, rispondo, sorridendo.
E che avete fatto?”, chiede curioso.
Abbiamo contato le mosche”, asserisco, presa dalle risate.
Vabbè si, te l’ho servita su un piatto d’argento, però mica mi aspettavo che tu e Cristiano, mezza volta che vi siete visti…” .
Interrompo il suo discorso: “Io Cristiano l’ho visto piu’volte. Abita nella mia vecchia casa: ha detto a mio padre, suo comandate prima che partisse per Venezia, che necessitava di una casetta e lui ha pensato bene di dargli in affitto la nostra”.
E poi?”, domanda presissimo dal mio racconto.
Io: ”E poi stavo su quella piccola spiaggia con il servizio del lido, solo che il motore della barca si è guastato. E’ arrivato Cristiano, mi ha vista e mi ha portata via con lui
Adriano: “Da soli”.
Annuisco: “Si, da soli”.
Sorride: “E bravo a Cristiano. E brava a te, piano piano guarda un po’ chi ti sei trovata”.
Aggrotto le sopracciglia: “Io non mi sono trovata proprio nessuno!”.
Allunga la mano, contestandomi: “Ma chi ti crede…hai gli occhi a cuoricino. Però non fate gli stupidi, andateci piano. Io per conquistare mia moglie c’ho messo un anno”, un attimo di riflessione, “Se avessi saputo che andava matta per gli sport estremi come me, avrei avuto subito un bacio, senza aspettare secoli e secoli amen”.
Ridiamo di gusto.
Si alza: “Ero venuto per portarti il giacchino, l’hai lasciato ieri a casa mia”. Gironzola per casa, portando le mani vicino le labbra.
Parla”, gli dico.
Si volta: “Andateci piano. Cristiano non è come sembra e per te vale lo stesso discorso”.
Sono incuriosita: “Sarabbe?”.
Adriano: “Sarebbe che siete due persone che hanno sofferto molto nella vita e sono convinto che entrambi avete bisogno di certezze. Il punto sta capire se lui può darle a te e viceversa”.
Io: “Per il momento va cosi, poi vedremo”.
Annuisce poco convinto: “Ok! Pensateci bene. Ora vado, ho un appuntamento in piazza
Gli do un grande abbraccio. E lo lascio alle sue cose.
Sospiro: non so ancora nulla di lui…mi piace da morire, ma non so nulla di lui. E viceversa: non conosce il mio passato doloroso. Adriano dice che vogliamo delle certezze ed è vero: tutto ciò che desidero è non esser lasciata sola, non ce la farei ad affrontare un altro abbandono, anche solo momentaneo.
 
                                                                                 ***
POV. CRISTIANO

Salgo velocemente le scale a due a due. Varco il terrazzo. Busso alla porta un paio di volte. Me la ritrovo li, davanti, con i bigodini in testa: “Marò e come sei brutta. Fai impressione!”.
Sei bello tu, mostro”, replica, ridendo.
Le vado vicino e la prendo in braccio: “Cristiano tu cosi mi spezzi le ossa”. Ed in effetti sento qualche rumorino. La lascio libera.
Mi segue con gli occhi: “Ma che hai passato?”.
Sorridendo le rispondo: “Sono stato da Bianca ieri sera, ho dormito da lei e ci siamo baciati per tutta la notte”.
Ha la bocca spalancata. E’incredula: “No aspetta un attimo. Cosa hai fatto, cuccatore di donne di Italia e dintorni?”.
Mi siedo sul divano, incrociando le braccia:“Sono stato da Bianca ieri sera, ho dormito da lei e ci siamo baciati per tutta la notte”.
Si accosta alla cucina: “Ma ti sei ammattito? Ma con tante ragazze proprio Bianca? E dai Cristiano sei un figo da paura e questo nessuno lo può negare, però ci sono tante sgallettate che ti posso far perdere un po’ di tempo”.
Mi sono rotto di perdere tempo. Non ho piu’ venti anni, ma trentacinque”, affermo, sicuro di me.
Lucilla si siede e mi guarda perplessa: “Ma la Marina sa che fumi sostanze stupefacenti? No perché mio fratello non mi ha mai detto una cosa del genere prima d’ora. Quindi o stai fumato oppure…
Io: “…oppure mi sono rotto di fare la vita del ragazzino, che non sono piu’peraltro”.
Lucilla: “Tu mi fai paura. E da quando in qua hai quest’idea?”.
Ah Luci’ ma posso maturare nella vita? O devo arrivare a cinquanta anni , calvo e con i reumatismi, senza aver assaporato l’amore vero?”, replico, sbottando.
Ed è cosi. Dopo il diploma sono entrato nella Marina, lunghi anni di sacrifici, esercizi pesanti in condizioni climatiche precarie, ho studiato per salire di grado. Mi sono dato da fare con le donne, che vedono l’uomo in divisa e vanno in fibrillazione…e ora di tutto questo, eccetto il lavoro, cosa mi è rimasto? Nulla!.
Lucilla io voglio creare qualcosa nella mia vita. Voglio tornare a casa e trovare una donna che mi ama e mi aspetta. Basta dimore vuote e fredde, non è vita cosi…non è la vita che voglio ora”, le dico pienamente sincero.
Mia sorella sorseggia un po’ di caffè: “Ed è Bianca la donna che cerchi?”.
Faccio spallucce: “Non lo so. Ma quando l’ho vista ho perso la testa. E’ bellissima. Non mi era mai capitato di stare cosi bene con una ragazza. Con lei ci parlo, ci gioco, mi diverto, ci scherzo e mi piace baciarla, guardarla negli occhi e baciarla”.
Lei sorride, mentre sfiora il mio viso: “Ti credo. Non mi hai mai parlato cosi di una donna. Però voglio che ci stai attento e non lo dico solo perché Bianca è giovane…ancora non vi conoscete, non sai cosa si aspetta lei da te, non sai niente del suo passato né lei del tuo e sai a cosa mi riferisco”.
Con tono serio affermo: “Alludi a papà?”.
Lucilla: “Si cavolo Cristiano parlo proprio di quel periodo. E’ vero ora siamo piu’uniti che mai con i nostri genitori, ma quei due anni ti hanno segnato. Ma che credi che io non sappia cosa c’è dietro quell’aria da uomo di mondo? Cristiano tu sei il ragazzo piu’sensibile, piu’ dolce, piu’ romantico che io conosca. Ma so anche che tu vuoi una donna che ti metta al centro dell’attenzione, una donna che ti faccia sentire suo in ogni istante, che ti dia sicurezze”.
Sbuffo: “Tu mi conosci fin troppo bene. E’ vero, quei due anni per me sono stati terribili, ma non ne voglio parlare  piu’”.
Mi sorride: “Ok ma ricordati chi sei e ciò che vuoi dalla vita e metti in chiaro le tue idee: non è detto che ciò che vuoi tu corrisponda a ciò che vuole Bianca. Anche lei ha un passato”.
Mi alzo: “Seguirò il tuo consiglio”. Mi avvio velocemente alla porta.
Lucilla mi osserva sconcertata: “E ora dove vai?”.
Le sorrido: “A fare ciò che lei non si aspetta da me!

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Capitolo 10
*** Dodici Anni ***


Image and video hosting by TinyPic Domanda del secolo: cosa significa "ciò che lei non si aspetta da me"?. Ecco svelato l'arcano.
Posto un ulteriore capitolo e ringrazio le mie care amiche di penna Leitmotiv, MissNanna e Felicity M, con le quali si è stabilito un bellissimo rapporto che spero duri a lungo.
Un bacione da Carla.

CAPITOLO 9- DODICI ANNI


Un getto d’acqua fresca è quello che ci vuole quando fa caldo. Bagno i capelli, inclinando la testa all’infuori. Prendo un po’ di bagnoschiuma (credo sia al talco) e pian piano lo stendo sul mio corpo, creando dei cerchi concentrici. Piccole bolle di sapone si levano in alto, per poi scoppiare improvvisamente, chi a causa di quale legge della fisica. Mentre purifico il mio corpo, rievoco i dolci ricordi di ieri sera. Sorrido: è la prima volta che dormo con un uomo…e che uomo!. Mi fa sentire cosi importante. Mi fa sentire la donna piu’importante del mondo ed è una sensazione piacevole. Non ho mai avvertito un attrazione del genere in vita mia, sarà che non ne ho mai avuta occasione, ma seppur avessi conosciuto un ragazzo in passato, sono sicura che non l’avrei paragonato in alcun modo a Cristiano. Lui è unico e solo. Chiudo gli occhi, le labbra si schiudono: è cosi uomo, cosi terribilmente uomo. Dinanzi una creatura del genere non puoi ribellarti, devi solo lasciare che faccia di te ciò che vuole e se i suoi desideri e istinti si configurano con l’amore, allora che ben venga!. Sospiro di sollievo: ma io cosa provo per lui? E’attrazione si, ma non voglio che ci sia unicamente ciò. E lui? Lui cosa vuole da me?. Chi sa quante donne ha conosciuto, magari, no è certo, piu’ belle di me. E allora io e lui cosa potremo mai essere?. Non c’è cosa piu’brutta che essere assalita dai dubbi. Ma devo dare a Cesare quel che è di Cesare: è onesto e sincero con me, ogni qual volta gli pongo una domanda. Non ha peli sulla lingua, mi direbbe la verità, anche se fosse brutta, triste e cruda.
Esco dalla vasca. Prendo un asciugamano bianco. Massaggio il mio corpo, togliendo l’acqua in eccesso.  Lego i capelli con una molletta,ancora umidi.
Indosso la biancheria intima e un vestitino blu cobalto. Bikini ai piedi. Mentre sistemo le cianfrusaglie nel bagno, sento chiamare il mio nome. Apro la porta della stanza in cui mi trovo: sto forse immaginando?.
No!. Le urla sono sempre piu’ insistenti. Sciolgo i capelli, scuotendoli con le mani. Vado in cucina. Apro la porta d’ingresso e mi arresto d’improvviso.
Occhi sgranati. Occhi che vanno da destra a sinistra e ancora non credono a quanto hanno dinanzi. Il mio piccolo giardino, ricoperto di calle bianche. Cascate di calle, che nascondono l’erbetta verde. I raggi solari danno un certo scintillio ai fiori, che emanano un profumo unico. Il cuore batte forte e le gambe tremano…se voleva stupirmi, ci è riuscito in pieno. Ma quando mi ricapiterà di ricevere regalo piu’bello? Il mio fiore preferito inonda il mio giardino. E lui, appoggiato alla staccionata di legno, con la sua polo bianca e il suo pantaloncino blu scuro. Lui e i suoi occhi dolci. Lui e il suo sorriso. Lui che guarda me e il mondo che smette di girare. Perché se mi guardi cosi Cristiano, perché se fai un gesto simile per me, rischio davvero di innamorarmi. Rischio davvero di voler amare solo te nella vita. Rischio davvero di dover ammettere che sei l’unico uomo che vorrei ora accanto. Perché sei unico al mondo, sei unico da quella sera che ti ho visto a casa mia.
Gli corro incontro. Mi afferra. Mi stringe a sé piu’forte che può e ci baciamo. Vorrei possedere quanta piu’forza fisica possibile, in modo da fargli percepire il desiderio che ho di abbracciarlo. Vorrei avere la passione del mondo intero, cosi da fargli costatare quanto forte sia il mio sentimento. Vorrei che non andasse via da me. Vorrei non svegliarmi la mattina, senza udire la sua voce. Vorrei trovarlo addormentato nel mio stesso letto, cosi da poterlo baciare ogni volta che ne sento l’esigenza. Ogni volta come ora.
Non so che dire”, affermo, abbassando gli occhi e arrossendo.
Pone un dito sotto il mio mento, facendo in modo che io alzi lo sguardo: “E allora non dire niente”.
Mi da un paio di baci sulle labbra: “Vieni con me, voglio portarti in un posto”.
E dove?”, gli chiedo, fissandolo negli occhi.
E’ una sorpresa”, mi risponde, dandomi un bacio sulla fronte.
Allora aspetta cinque minuti…il tempo che chiudo tutto!” ed entro in casa. Prendo la borsa e ci metto un po’ di cose, sicuramente utili… o almeno penso!.
Chiudo la porta e gli do le chiavi del motorino: “Guidi tu?”.
Annuisce.
Nel tragitto mi stringo forte a lui. Talvolta gli bacio la schiena, sulla quale appoggio la mia fronte. Sorride, voltandosi leggermente.
Arriviamo al parcheggio residenti sul lungomare. Spegne il motorino e poggia il suo braccio dietro la mia testa. Ricambio, cingendogli la vita.
E’bellissimo con i suoi occhiali da sole.
Andiamo al piccolo porto della Capitaneria di Vietri. Lo vedo guardare attentamente le barche, fin quando ci fermiamo dinanzi ad un imbarcazione blu, con cappotta bianca.
Fa un inchino: “Signorina, l’invito a salire sulla mia barchetta”.
Gli sorrido. Afferro la sua mano e salgo a bordo: “E’bellissima”.
Si è vero. Me l’ha regalata mio padre quando mi sono arruolato. Devo ancora scegliere il nome”, afferma, mentre mette in moto il motore.
Mi alzo, attaccandomi forte forte a lui. Prende la mia mano e la bacia: “Ora andiamo in un posto unico al mondo”.
Ogni posto è bello e speciale se ci sei tu con me, Cristiano.
Il vento scompiglia i nostri capelli. Percepisco sotto la mia pelle i suoi muscoli contratti, le sue forme cosi precise. Il suo profumo da uomo. Sfrego il naso sulla sua schiena, appoggio la testa e chiudo gli occhi. Godo ogni secondo a pieno. Le mie mani su e giu’sul suo petto e lui che mi dice: “Vorrei baciarti ora, ma non posso”. E la barca, che taglia le onde del mare, facendo arrivare delle gocce d’acqua su di noi. Sospiro. Sono felice: il destino mi ha voluta qui a Vietri. Il destino ha voluto darmi lui. Io , dal mio canto, non permetterò a questo stesso destino di portarlo via da me.
Giungiamo in una piccola grotta dall’acqua cristallina e pura…è possibile osservare ad occhio nudo il fondale, fatto di enormi massi rocciosi. Il sole mette in evidenzia il diverso colore della stessa roccia: qui e li scintillii verdi, gialli, bianchi. Sembra il paradiso. Chiude il motore. Prende i remi e inizia a vogare. Mordo il labbro inferiore: è di un sexy incredibile. Toglie la maglia, le sue spalle possenti, i suoi muscoli sotto sforzo. La sua pelle rossa.  Ed io che affanno dinanzi a tale vista. Cosa dovrei fare? Saltargli a dosso? Magari!.
Si alza. Con una corda ben spessa, attacca la barca ad uno scoglio nero. Getta giu’ l’ancora. Si avvicina e senza dire una parola mi prende in braccio, portandomi su un minuscolo morso di spiaggia.
“Ti piace qui?”, mi chiede, mentre gira su se stesso, in modo da farmi osservare il luogo in cui ci troviamo.
“Si è una meraviglia”, rispondo, sconvolta da tanta bellezza naturale.
Mi siede sulla sabbia. Lui accanto a me: “Mio padre ci portava mia madre qui, quando erano fidanzati. Questo posto è molto importante per me”
Mi lascia disarmata: prima la sera insieme, poi il giardino di calle e infine la grotta, legata ai ricordi di famiglia. Se avevo qualche dubbio, ora non ne ho piu’…è impossibile averne dinanzi ad un uomo dai gesti cosi eclatanti.
Mi alzo di scatto, tolgo il mio abitino e mi tuffo in acqua. Mi volto: lui è steso, mano tra la tempia e la fronte, gomito sulla spiaggia, gambe incrociate, sporche di sabbia. Sorride compiaciuto. Gli faccio l’ occhiolino: e dai Cristiano, vieni da me!. Sfila il pantalone, restando solo con un costume bianco attillato, a mo di pantaloncino corto. Ansimo: lo mangio con gli occhi, tanto che è bello e sexy. Si lancia in acqua, nuota verso di me. Mi prende e ci baciamo. Le mie gambe dietro la sua schiena.
Gli tiro indietro i capelli con una mano: “Quanto mi piaci”.
Mi guarda dritto negli occhi: ”Mi piaci tanto anche tu!”.
Incuriosita gli chiedo: “Ma quanti anni hai?”.
Aggrotta il sopracciglio: “Trentacinque, perché?”.
“Io ne ho ventitré. Abbiamo dodici anni di differenza”, rispondo,  mentre bacio la sua pelle.
“Ti spaventa la differenza d’età?”: ride di gusto.
Perché ridi?”, domando, sorpresa dalla sua reazione.
Rido perchè questo discorso per me ha poco valore. Pensa, venticinque anni separano i miei eppure si amano ancora”, afferma, mentre incrocia le sue mani con le mie.
Io: “Apposto. Allora se è cosi, questi dodici anni ci porteranno fortuna”.
Cristiano: “Ne sono sicuro”.
Saliamo sulla spiaggetta. Ci sediamo. Prendo un telo mare e lo poggio sulle sue spalle. Mi prende per i fianchi, portandomi sulle sue gambe. Si china su di me, in modo da coprirmi con l’asciugamano. Dopo di che inizia a farmi degli occhiolini: “Sono sexy vero?”. Butto delicatamente una mano sul suo viso: “Ma piantala!”. E scoppiamo a ridere.
Vorrei che tutti i giorni fossero cosi belli, cosi spensierati, cosi romantici. Con niente possiamo godere della massima felicità. Ma ripensandoci io in questo momento ho davvero tutto…c’è Cristiano accanto a me, cosa dovrei desiderare di piu’ dalla vita?.

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Capitolo 11
*** Santo Patrono, Sante Lacrime ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio! Come consueto ecco il mio nuovo capitolo.
Spero vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 10- SANTO PATRONO, SANTE LACRIME


Un odore acre di polvere da sparo inonda casa mia. Non preoccupatevi non mi sono presa a pistolettate con Cristiano, anche se certe volte vorrei farlo!.
Sono trascorsi dieci giorni dal nostro romantico giro in barca, eppure ho come l’impressione di aver vissuto tutto cinque minuti fa. Nonostante ciò, le cose tra noi vanno a gonfie vele…sono cosi felice, tranne quando lo vedo alzarsi dal divano per andar via. Non so quante volte lo supplico di restare con me, ma risponde sempre che è giusto cosi, che non bisogna correre. Con il senno di poi gli do ragione, anche se di notte vorrei tanto stringerlo a me.
Stasera c’è la festa del santo patrono…è delirio per la città. O meglio sul porto del lungomare: se fate un giro per il paese troverete negozi chiusi, serrande abbassate, luci spente e silenzio tombale. Il tempo di percorrere qualche metro…accanto alla Capitaneria c’è una confusione pazzesca: fuochisti, saltimbanchi, cascate di champagne e stand con tanto di esposizione e assaggio dei prodotti tipici della Costiera Amalfitana. Ricordo che per mio padre era d’obbligo andare alla festa, la mamma mi comprava lo zucchero filato. Giocavo con i miei amici…chi sa che fine hanno fatto, dovrei avere ancora l’album di classe con i loro nomi e cognomi.
Sento aprire la porta di casa. Sorrido: è Cristiano. Gli ho dato le chiavi, nel caso fossi stata ancora e come spesso accade sotto la doccia. Mi chiama. Gli dico di venire in camera.
Entra ed inizia a sbottare: “Tu mi vuoi del male”.
Lo guardo dallo specchio: “Io? E perché?”.
Gesticola: “Perché? Ti sei messa un abito da urlo e mi dici anche perché? ”.
Strizzo l’occhio destro: “Mi chiudi la cerniera?”.
Si avvicina: “Pure?”.
E’ dietro di me. Percepisco le sue mani sulla mia schiena nuda. Il suo odore solletica le mie narici. Chiudo gli occhi. Stendo il mio braccio dietro la sua colonna vertebrale. Lo spingo verso di me. “Bianca non farmi questo”, mi dice, affannando. Le nostre mani destre di incrociano, si stringono forti. Mi fa ruotare sotto il suo arto: mi ritrovo con il mio petto contro il suo. Ci baciamo. Respiro a fatica, perché a fatica riesco a reprimere i miei impulsi. E se accadesse ora? Se facessimo ora l’amore? Per me sarebbe la prima volta…la mia prima volta con un uomo che desidero e adoro. Sorrido tra me stessa. Se succedesse, ne sarei solo felice. Mi bacia lungo il collo, piano, lievemente…sento le sue labbra calde posarsi sulla mia pelle e lasciare delle piccole scie di calore. Ansimo: altro che calore, questa è passione. Nel frattempo la spallina del mio abito cade lungo il braccio, cosi come la mia testa scivola sul suo petto. Essendo la sua camicia bianca aperta di qualche bottone, riesco a sfiorare con il mio labbro inferiore la sua epidermide.
Mi stringe ulteriormente a se: “Bianca non farmi questo”. I nostri nasi si toccano. E le sue parole sussurrate all’orecchio: “Non ora, piccola mia”.
Lo bacio candidamente: “Perché no?”.
Mi guarda fisso negli occhi. I suoi occhi azzurri: “Perché sono sicuro che ci sarà un momento migliore”.
Mi abbraccia. Come lo odio quando fa cosi. Lo so che è un modo per proteggermi, ma lo odio ugualmente. Come si può essere cosi razionale? Come fa a reprimere i suoi umori? . Chiude la zip del mio abito. Si allontana, abbassa la testa e scuote le mani.
Lo guardo, perplessa: “Cri?”.
Continua quanto precedentemente detto, gironzolando per la stanza: “Aspè che ora mi calmo!”.
Porto la mano alle labbra e rido, cercando di non farmi sentire.
Passato il rossore cutaneo sul suo viso, mi chiede: “Quanto sono sexy, bello, intrigante, sensuale, bono, figo, tenebroso, misterioso, meraviglioso stasera?”.
Scuoto la testa: ci risiamo, ecco il mio solito Cristiano, con tanto di petto impostato in bella vista.
Sinceramente”, gli dico, dirigendomi verso di lui, “stasera 0 spaccato”.
Fa un passo indietro: “Ma che dici? Signorina il sangue degli Scala scorre nelle mie vene. Noi maschi Scala siamo uomini al 100%, con una carica erotica da far paura”.
Incrocio le braccia e con aria di chi vuole darti ragione solo per pietà, rispondo con un secco: “Si!”.
Interpreta quanto da me detto come una vera sfida e con fare sensuale si avvicina, iniziando a sedurmi, come solo il migliore dei seduttori sa fare. Inutile dire che perdo la ragione, forse perché accompagnata a questa vi sono i miei sentimenti. Lo strattono, dandogliela vinta.
Si dimena come un posseduto. Balla, muove il bacino, si agita compiaciuto: “Donne venite da Cristiano vostro ”.
Fanatico”, gli dico seccata, mentre comincio a comportarmi come una pazza, “ti odio quando fai cosi!”.
Mi stringe a sé, ridendo: “Io ti adoro invece”. Poi con tono serio e con fare sincero ribadisce: “Io ti adoro davvero, Bianca”.
Gli do un bacio sulle labbra: “Anche io Cristiano”, poi prendendogli la mano, “Andiamo che Adriano e Lucilla ci aspettano”.
 
                                                                    ***
Come detto, sul porto non si capisce nulla, a stento si riesce a camminare. La gente sembra quasi impazzita, se poi ci mettete l’interesse dei turisti e delle loro macchine fotografiche, comprenderete bene che destreggiarsi per questa zona è alquanto difficile. Fortuna che Cristiano distingue sua sorella, con famiglia al seguito, nei pressi delle giostre.
Ci avviciniamo. Saluto Lucilla, bellissima nel suo abito verde, che impazzita dice a suo fratello: “Cri’ ti prego calma Luca, solo tu ci riesci. Stiamo da mezzora io e Adri, ma niente”.
Cristiano prende il piccolo, divenuto ormai paonazzo dal pianto, tra le sue braccia ed afferma: “Dai Luca smettila. Se fai il bravo zio ti compra il giornale di Playboy”.
Io e Lucilla ci voltiamo di scatto, allibite da quanto udito.
Esordisce Adriano: “Oh Cri’ lo compri pure a me?”. La reazione di sua moglie non tarda ad arrivare: gli da un buffetto dietro la testa ed esclama, “Invece di dare il buon esempio, assecondi mio fratello e le sue idee folli”.
Mio cugino, con mano dietro il collo, sentenzia: “Ma non è un idea folle, amore!”.
Intanto Cristiano non placa il suo umorismo: “Ok Luca, zio ti compra Playboy di nascosto, perché tua madre le cose da uomini non le capisce, è vecchia. Pensa su questo giornale ci sono tutte quelle donne esagerate che ti chiamano e dicono “Luca…”.
In coro io e mia cugina lo zittiamo. Scoppiamo a ridere.
Ma anche il questo caso dobbiamo attenerci alla realtà: il piccolo si è calmato e non piange piu’.
Nel frattempo esplodono i fuochi d’artificio: scintille variopinte colorano il cielo. I bambini sono come incantanti. I grandi invece sono felici di rivedere come ogni Agosto la tradizione andare avanti. Una bellissima tradizione, che ora appartiene anche a me. Brindiamo con un bicchiere di champagne. Adriano e Cristiano iniziano a spruzzarci la bevanda addosso, in segno di buon augurio. Un buon augurio che quasi ci fa ritornare a casa fracide.
Mentre parlo con Lucilla, lo vedo allontanarsi da me, cosi…all’improvviso. Di primo acchito non ci do tanto peso, ma successivamente inizio a notare la sua assenza, dunque vado a cercarlo. Cammino per quasi tutto il porto, ma di Cristiano non c’è l’ombra. Mi reco accanto la barca, ma è vuota. Giro per il lungomare, ma niente. Che sia forse tornato da Lucilla e Adriano? Probabile.
Nel ritornare verso le giostre, vedo due ragazzi, vicino ad un muro di un ristorante. Mi sporgo e mi accorgo che è lui, Cristiano. Ride con una giovane donna mora, molto bella, stretta nel suo abito rosso fuoco. La mano di lei sulla schiena di lui. Il braccio di lui su quello di lei. E ridono insieme, ridono di gusto. E nuovamente lei, che si avvicina alle sue labbra. Sussurra qualcosa e lo fissa con occhi rapaci.
L’ira travolge la mia anima. Non è semplice amicizia quella. Non sono risate che innocentemente e giustamente scambiano due amici. Li c’è molto di piu’. C’è malizia da parte sua e lui, a quanto vedo, l’asseconda.
Scappo via, senza farmi vedere. Senza dirgli che è un gran pezzo di merda. Senza salutare nessuno. Senza voltarmi indietro. Senza chiedere spiegazioni. Senza pretendere niente, perché tutto sommato noi non siamo una coppia e lui è libero di fare ciò che vuole, a patto che non ferisca i miei sentimenti.
Tolgo i tacchi, cosi da correre quanto piu’veloce possibile. Intanto quella stessa rabbia fa in modo che delle lacrime righino il mio viso, visibilmente segnato dal bel spettacolo di prima. Varco il vicoletto di casa. Giungo fino alla porta, la spalanco per poi richiuderla alle mie spalle.
E mi accascio a terra, sconvolta e arrabbiata con me stessa.
Scuoto la testa: credevo di aver trovato il vero amore…che stupida che sono!.

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Capitolo 12
*** Dolore E Amore ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo!
Baci da Carla.

CAPITOLO 11- DOLORE E AMORE


Sbatto con il naso contro qualcosa di duro, la porta di casa precisamente. Porto la mano al volto, leggermente dolorante. Stropiccio gli occhi e mi guardo attorno. Sono a casa mia, nel mio salone-cucina, sdraiata a terra, con addosso ancora il vestito della sera precedente. Ho dormito vicino l’entrata, li dove mi ero accasciata, presa dalle lacrime, dopo aver scoperto Cristiano con la misteriosa ragazza. A fatica mi siedo, portando la schiena contro l’anta di legno scuro. Scosto le scarpe, gettate l’una sopra l’altra. Le gambe vicino la testa. Mi rannicchio come se fossi una bambina e ripenso alle loro risate, a quello sfiorarsi, che proprio non mi va giu’. Mi rialzo. Il profumo dei cornetti lievitati, lasciati sul tavolo ieri prima di uscire, mi da la nausea. Vado in bagno, sfilo l’abito nero, con tanto di biancheria coordinata. Mi getto sotto la doccia. Resto immobile per qualche secondo, facendo si che l’acqua fredda risvegli i miei muscoli contratti dalla cattiva postura. I capelli bagnati ed il classico rituale: bagnoschiuma al talco sulla mia pelle. Ma i pensieri sono tanti, cattivi e non mi fanno stare in pace. Lui non mi da pace e chiedo a me stessa per quale motivo si è avvicinato a me, non riuscendo a controllare i suoi impulsi da Don Giovanni.
Chiudo l’acqua, esco fuori e mi avvolgo in un asciugamano. Dopo ciò mi siedo sul WC, mani alle tempie e penso. Penso e ripenso e ancora lui nella mia mente…ancora il suo ricordo. Ancora quella notte piovosa nella mia casa natia. Ancora lui che mi porta via con se. Ancora lui da Lucilla. Ancora il giardino con le calle, la grotta e la passione. Ancora i suoi occhi profondi. E infine le loro parole sussurrate e le risate.
Scuoto la testa: sono stupida, vero? Si lo so, non so nulla dell’amore e da vera presuntuosa pensavo pure di averlo trovato cosi facilmente. Certo Bianca, cosa vuoi? Un fidanzato? Eccolo servito. Vuoi essere amata? Non ci sono problemi, tieni!. Come se fosse cosi facile amare e farsi amare.
Vado in camera mia. Indosso un costume verde, maglia dello stesso colore, pantaloncino bianco. Metto i bikini al piede. Mi avvio in cucina: ho bisogno di un caffè. Lo preparo. Ne verso un po’ nella tazzina e inizio a sorseggiarlo lentamente.
Bussano alla porta. Mi avvicino e senza chiedere chi sia apro la porta, per poi allontanarmi, non dando soddisfazione al mio ospite.
Osserva ogni mio atteggiamento e tace.
Chiude dietro di se la porta. Si avvicina. I miei occhi severi contro i suoi, consapevoli dello sbaglio.
Il bel marinaio apre le danze: “Ieri sei andata via”.
Sbuffo, guardando la tazzina del caffè: “Si lo so”.
Mi sfiora la mano, ma l’allontano: “Vorrei chiederti scusa e vorrei spiegarti”.
Sciacquo le mani sotto la fontana: “Non mi devi nulla”.
Inclina il viso verso il mio: “Lo sai che non è cosi”.
Mi volto verso di lui: “Noi non siamo una coppia, non mi devi nulla”.
Appoggia il fianco al mobile della cucina: “Questo è un altro discorso. Lo so che mi hai visto ieri sera”.
Io: “E quindi?”.
Cristiano: “Non fingere che non te ne freghi niente, perché non ci riesci con me. E’ vero sono stato uno stronzo, me ne sono andato senza dirti nulla, potevo venire da te stesso ieri e non l’ho fatto. Ma ti voglio dire che lei non conta nulla per me. Siamo stati insieme forse un dieci anni fa, ma ora non c’è niente. Sono stato un idiota a lasciarti andar via, questo si. Ma per il resto ti posso assicurare che da parte mia non c’è stato niente, anzi le ho solo ribadito determinate cose”.
Replico, dopo aver udito il suo bel discorso: “ Immagino cosa. Le hai dato un appuntamento? Quando vi vedrete? No aspetta, sei venuto qui solo perché sono imparentata con tuo cognato, dopo ci fai la figura di merda con tua sorella e Adriano…”.
Sbatte la mano sul lavabo: “Ma cosa diavolo dici? Ma per chi mi hai preso?”.
Urlo piu’ di lui: “Per quello che sei: Cristiano Scala, l’uomo che non deve chiedere mai, tutte le donne sono sue”.
Mi guarda schifato. Si allontana da me. Apre la porta, ma prima di andar via, puntando i suoi occhi contro i miei, afferma: “Lo sai che le ho detto a quella ragazza vicino al ristorante?” .Inclina la testa, respirando a fatica, poi continua: “Le ho detto che sono innamorato perso. Innamorato perso, folle di te e le ho anche sottolineato che non ha niente di te, niente. I suoi giochini da quattro soldi poco mi interessano. E se non mi credi chiedi a Lucilla, ha sentito tutto per telefono: l’ho chiamata perché volevo che tu sentissi. Un modo come un altro per farti capire quanto io ci tenga a te. Quanto tu sia importante”. Poggia le mani in tasca: “Ma sai cosa, Bianca, tu sei come tutte le altre: ti sei limitata a giudicare la mia fama, i miei muscoli…come se io fossi solo questo”.
Non faccio a tempo a fermarlo, che chiude la porta dietro di se, senza darmi l’opportunità di replicare. Senza darmi l’opportunità di scusarmi. Vorrei uccidermi in questo stesso momento: ho commesso l’errore piu’grande della mia vita. Sono una stupida, una stupida istintiva: anche se avesse realmente sbagliato dovevo dargli cinque fottutissimi minuti per spiegarmi. E invece no, ho fatto a testa mia e questa è la conseguenza.
Ho perso la persona piu’ importante della mia vita in un nano secondo. Ho perso la persona piu’importante della mia vita per una terribile sciocchezza.

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Capitolo 13
*** Se Non Ci Fosse Lucilla! ***


Image and video hosting by TinyPic Pubblico un nuovo capitolo, che dedico alla mia amica Leitmotiv...se non ci fossi stata tu, oggi non ci sarebbe questo nuovo seguito!
Un bacio a tutti da Carla.

CAPITOLO 12- SE NON CI FOSSE LUCILLA!

POV. LUCILLA


Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando, a diciotto anni, decisi di lanciarmi dal quel dannato trampolino a Minori. All’epoca ero famosa per la mia incoscienza. Credo che non dimenticherò mai quell’estate e non solo per i segni che tuttora porto sul mio corpo: il ritorno di mio padre, l’arrivo di Pietro…insomma il mio cuore dovette fare i conti con un sentimento fino ad ora poco rilevante per me: l’amore. Ce ne mise di anni mio padre per riconquistarmi, per riconquistare la mia fiducia. Discussioni, biglietti lasciatimi sotto la porta della mia stanza, consigli…tutto per riavere la sua bambina. Con il senno di poi mi rendo conto che mi ha insegnato tanto, in primis a non arrendermi mai…si lotta sempre per ciò che si vuole. Ed è anche grazie a lui se oggi sono quella che sono: una madre, una moglie. Una donna…paradossalmente molto simile a mia madre Lucia, il pilastro della mia famiglia. L’ho sempre invidiata e non solo per la sua bellezza. Lei ha un energia fuori dal comune ed è un bravo genitore che bada poco a se stessa e molto ai suoi figli. Ricordo ancora che quando ero a Napoli, causa università, prendeva il treno e veniva a stare da me, pur di non lasciarmi sola. Una volta venne mio padre Carlo, ci fece una magnifica sorpresa: si presentò fuori la porta di casa con due fasci di fiori. Di sera ci sedemmo tutti e tre sul divano: ci lesse il suo libro, finché non ci addormentammo. Ne ho una copia in casa…la conservo gelosamente, quasi fosse una reliquia. Come vorrei tornare indietro nel tempo. Come vorrei rivivere la mia giovinezza, vedere Cristiano dal pergolato di casa mentre lucida la barca con papà, la mamma e la sua vestaglia di seta rigorosamente blu notte e Luna presa dal suo amore per Salvo. Se Carlo non fosse mai ritornato ne avrei sofferto a morte. Forse avrei perso anche fiducia negli uomini e chi sa non mi sarei mai fatta coinvolgere da Adriano. Pioveva quel giorno, pioveva tanto, cosi tanto che il porticato dell’università era completamente allagato. Inciampai ma lui mi afferrò. Mi piacque subito! L dissi a Cristiano, quella stessa sera: mio fratello non mi parlò per due giorni. Che geloso che era ed è!. Ci misi un po’ a far comprendere ad Adriano che ero interessata a lui: volevo proprio constatare fin dove arrivava il suo interesse nei miei confronti. Se potessi tornare indietro lo bacerei in quello stesso istante in cui l’ho visto per la prima volta. Si, è vero, è mezzo esaurito, come me d’altronde, ma ci completiamo. Siamo complici in tutto. Molte volte temo che sia in grado di leggere i miei pensieri. Gli devo molto. Gli devo due figli…la mia piccola Marta e il mio birbante Luca. I loro nomi chiudono un cerchio: Carlo e Lucia passano il testimone a Lucilla e Adriano e ai loro due piccoli…la Marta e il Luca del libro. Ne avrei voluti altri di figli, ma la natura non sempre ti aiuta. Ma meglio non lamentarsi di ciò che si ha…sono cosi fortunata!.
Tra le persone piu’importanti della mia vita c’è lui, Cristiano…lo amo piu’di ogni altra cosa al mondo. E’ proprio vero, i gemelli vivono le stesse emozioni, le stesse paure, le stesse angosce. Rido nel ricordare i suoi due svenimenti quando misi al mondo i miei piccoli…manco se avesse subito lui le tragiche ore del parto!. Ed ora sento che c’è qualcosa che non va e quel qualcosa si chiama Bianca. Con ciò non voglio dire che lei non mi piaccia, ci mancherebbe altro, non poteva scegliere di meglio, ma sono due…non so neanche come definirli, indecisi forse? Insomma sono due che dalla mattina alla sera si sono incontrati, si sono avvicinati, senza arrivare al cuore del loro principale problema: chi siamo? E cosa siamo stati in passato?. Cristiano e Carlo, Bianca e sua madre Letizia…se solo ne parlassero insieme riuscirebbero a risolvere il buon 80% delle loro problematiche. Senza contare proprio l’amore: lui e il suo harem, lei e nessuno, visto che non ha mai amato in vita sua.
Come vorrei aprire i loro cervellini fumati…ci vuole cosi tanto a capire che bisogna conoscersi?. Ora che ci penso io so cosa loro dovrebbero fare…magari…
   
                                                                                   ***
Prendo il cordless. Compongo il numero. Squilla: “Pronto?”, domanda una voce maschile.
Bomba sexy sfogati”, rispondo, mentre mi siedo sul divano di casa.
Numero uno: grazie per il bomba sexy, tu si che te ne intendi e numero due, che ne sai tu che devo sfogarmi?”, afferma, con tono palesemente sorpreso.
Non ti far pregare”, gli dico.
E vabbè, se insisti: ma ti pare che io debba essere giudicato sempre per lo stronzo di turno?”, mi chiede urlando.
Cri’ tu per trentacinque anni sei stato lo stronzo di turno”, replico schietta.
Si ma uno stronzo può cambiare? Si che può! Posso innamorarmi, può piacermi follemente una donna e non solo da un punto di vista sessuale?”: sono sicura che stia gesticolando come un pazzo mentre parla…non per niente sento un baccano esagerato dal telefono.
Certo. Ma tu per un attimino ti sei chiesto cosa pensa lei? Cristiano, bello mio, anche tu!... certe volte ho come l’impressione che ti butti la zappa sui piedi!. E poi lei non è come te”: mi interrompe:“E che vuoi dire?”.
Io: “Che se tu hai visto in vita tua 3000 donne, lei a stento sa che esiste la specie maschile sulla faccia della terra. Come pretendi che lei si fidi immediatamente di te? E’ al suo primo innamoramento? E tu, testa di cavolo che non sei altro, dovresti conoscere le donne no?”.
Cristiano: “E ora che fai? Te la prendi con me?”.
Io: “Certo che me la prendo con te. Te ne vieni un giorno qualunque, sbraiti, le dici ”sono pazzo di te” e poi mi metti pure il broncio? Che ti aspettavi, è normale che lei sia titubante”.
Sospira: “E cosa dovrei fare mamma?”.
Sorrido per la sua ironia: “Quanto ti piace?”.
Da morire”, risponde.
E allora fai l’uomo, dalle delle certezze, apriti con lei, raccontale del tuo passato e soprattutto mostrati per quello che sei: semplicemente Cristiano e no Cristiano alias le donne ce l’ho tutte io. Che poi fattelo dire: c’hai fatto proprio due palloni stratosferici con ste donne”: ah, che bellezza, mi sono liberata!.
Cristiano: “Te l’ho mai detto che sei la mia vita?”.
Arrossisco: “Anche tu la mia”. Batto la mano sul bracciolo del sofà: “E ora fai una bella cosa, vieni da me e ti stai pure zitto, ok?”.
Si signora. A tra poco”: stacca la telefonata.
Mano sulla guancia e sorriso maligno. Compongo il numero. Attendo qualche secondo. Risponde: la conversazione dura cinque minuti, il tempo di darle un appuntamento!.
 
                                                                     ***
Bussano alla porta. Apro, tutta bella vestita, pulita e sistemata. Sorriso smagliante e furbetto: “Ciao cara, entra”.
Si accomoda sul divano. Davvero carina nel suo abito bianco. Capelli avvolti in uno chignon.
Mi hai letto nel pensiero. Stavo per chiamarti”, afferma, con aria triste.
Mi siedo accanto a lei: “Che cosa ha fatto quel testone?”.
Strofina le mani: “In realtà che cosa abbiamo fatto entrambi”.
Le faccio cenno di proseguire il discorso. Si confida totalmente: “Tu sai di quella tipa, la sua ex. Mi ha detto che hai ascoltato la chiamata”. Annuisco, mentre porto la mano sotto il mento. Continua il suo discorso: “Ho frainteso, ho voluto vedere ciò che non esisteva, ma non l’ho fatto apposta, è solo che quando l’ho visto con la ragazza volevo ucciderlo. Sono una scema, vero? Sono una scema gelosa”.
Scuoto la testa: “No Bianca, sei solo una giovane ragazza alle prese con il suo primo amore. Ci siamo passati tutti. Eccetto tu e Cristiano. Ebbene si, sarà anche un uomo, ma non si è mai innamorato in vita sua, un po’ perché preso dalla sua carriera, un po’ perché si è sempre soffermato sull’aspetto fisico di una donna ”.
Abbassa lo sguardo: “E’ questo quello che mi fa dubitare di lui: e se fossi anche io una semplice cotta e nulla di piu’? Io non voglio questo da lui”.
Spalanco le braccia: “Diglielo!”.
Mi osserva perplessa: “Dovrei dirglielo?”.
Sorrido: “I problemi si risolvono solo se ci si chiarisce. Non vi costa nulla”.
Bianca: “Dovrei parlarci?”.
Io: “Credo proprio di si e soprattutto dovresti dirgli chi sei. Parlargli di Bianca, una giovane ragazza con passioni, dolori, ambizioni e passato. Non potete amarvi se prima non vi conoscete”.
I suoi occhi sono luminosi. E’come se le avessi dato una speranza. Le scuoto i capelli. Nel frattempo sento citofonare: rispondo. Mi volto verso la mia ospite e le dico: “Bianca scusami un attimo, c’è il fattorino giu’. Subito arrivo”.
Non le do il tempo di rispondermi che scappo via. Salgo su dalla mia vicina di casa, in modo da non incontrare lui sulle scale.
 
POV. BIANCA

Affondo la schiena nel divano. Tristezza e gioia attanagliano il mio cuore: se solo avessi avuto una sorella!. Come invidio i fratelli Scala…loro si che possono contare l’uno sull’altro. Fortuna che in piccola parte rientro anche io in questa grande famiglia, cosi piena d’amore. E di nuovo quel pensiero ritorna alla mente: la famiglia. Se la mia mamma fosse stata qui magari avrei potuto confidarmi con lei. Magari lei mi avrebbe consigliato cosi come oggi ha fatto Lucilla. Ma niente, anche questo tipo di rapporto è inesistente nella mia vita.
La porta si apre. Mi alzo di scatto e resto ferma nel vederlo. Cristiano è allibito, si volta avanti e indietro. Poi sorride: “Guarda cosa ha combinato. L’ha fatto apposta”.
Un leggero sorriso sulle mie labbra. Mi sento un attimo a disagio, vista la situazione in cui ci troviamo. Ci accomodiamo entrambi sul sofà. E’ cosi bello nel suo bermuda blu e maglia bianca. Quanto mi sono mancati i suoi occhi.
Anche tu in bianco oggi”, afferma, imbarazzato.
Annuisco.
Silenzio tombale. Le sue mani sulle tempie, gomiti sui ginocchi. Il mio sguardo fisso nel vuoto.
Ci voltiamo di scatto l’uno verso l’altro ed entrambi: “Io…”.
Zittiamo. E nuovamente: “In realtà io…”.
Sorridiamo. “Inizia tu”, mi dice con galanteria.
Scuoto la testa: “No tu”.
E ancora silenzio. Un unico rumore: le gocce d’acqua che a ritmi ben precisi cadono dalla fontana in cucina.
Afferra la mia mano: “Io ho sbagliato con te ieri. Lo so quello che pensi: questo dopo anni e anni di storielle varie se ne viene e mi parla d’amore”.
Deglutisco a fatica: “Bhè si. Come faccio a fidarmi di te se non ti conosco?. O meglio, so unicamente che sei stato uno sciupa femmine per cosi tanto tempo. Oltre a ciò non ho altri mezzi per poterti giudicare”.
Cristiano: ”Ed è proprio per questo che ti chiedo di conoscermi. Lascia che mi riveli a te per quello che sono. Io non sono solo Cristiano e le donne”.
Io: “Ed io non conosco l’amore, non l’ho mai sperimentato in vita mia. Aiutami tu a comprendere quali siano i miei veri sentimenti per te”.
Mi stringe a sé, baciandomi il capo: “Vorrei dirti tante cose, non immagini quante. Vorrei che tu fossi la prima in assoluto a toccare il mio cuore. Vorrei che tu mi guardassi con occhi diversi. Vorrei essere solo un uomo per te”.
Sfioro la sua pelle: “E lo sarai. Ma confidiamoci tutto. Perché se devo amarti, voglio farlo consapevole di ciò che realmente sei”.
Ti dirò ogni cosa”, afferma con voce dolce.
Ti dirò ogni cosa anche io, Cristiano”, replico, annusando il suo odore, che mi è tanto caro.
Prende il mio viso: “Ci voleva Lucilla per farci ritrovare”.
Sorrido, portando le mani tra i suoi capelli. accarezzo il suo viso. Percepisco la sua barba sotto il palmo della mia mano. E lo guardo, lo fisso, dedico ogni secondo di questo momento a lui. Ha ragione: se non ci fosse stata Lucilla, forse ora non starei neanche qui a parlare con lui. Voglio solo innamorarmi. Voglio solo una storia vera. E allo stesso tempo voglio poter esser sicura che i suoi sentimenti corrispondano ai miei. Ce la metterò tutta per superare le mie paure, le mie perplessità. Da ora in poi lui sarà altro per me…sarà semplicemente Cristiano, l’uomo del mio cuore!.

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Capitolo 14
*** Dieci Giorni E Una Notte ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti!
Vi lascio il mio nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 13- DIECI GIORNI E UNA NOTTE


Dieci giorni. Dieci giorni senza dormire o vedere un programma in tv. Dieci giorni senza dividerci mai. Dieci giorni spesi sul divano a parlare delle nostre vite. Dieci giorni in cui io mi sono aperta a lui e lui a me. Dieci giorni in cui ho conosciuto la sua famiglia: sua madre Lucia, una donna forte e coraggiosa, che affronta le difficoltà della vita in nome di un grande amore; suo padre Carlo, medico in pensione, che preso dalle sue paure infantili scappa di casa, lasciando i propri figli nel caos totale. Torna, si, ma gli sono serviti anni interi per riconquistare la fiducia di tutti. Luna, sua sorella maggiore, cosi riflessiva e sincera, oggi è medico in quello stesso ambulatorio che fu del padre, è sposata con Salvo e ed in attesa del terzo figlio; Lucilla, la sua dolce gemella: una volta si infatuò di un uomo adulto, scatenando le ire del mio Cristiano. In un giorno qualunque entra Adriano nella sua vita ed è passione. Ed infine lui…Cristiano, un uomo sicuro di sé solo in parte, un uomo che non ha mai amato piu’ di una notte, perché timoroso di ciò che poteva nascere con una donna…timoroso dei sentimenti di lei. “Non solo gli uomini non son capaci di amare, lo sai?”, mi ha detto, prima di addormentarci sul sofà. Mi ha parlato di suo padre “Quando ritornò a Minori stavo quasi per spaccargli la faccia. Ero cosi arrabbiato. Mi aveva lasciato solo, non sai quante notti ho pianto, sentendo la sua mancanza. Ma ho fatto bene a dargli una seconda possibilità: oggi è un'altra persona, gli voglio bene e lo stimo”.Mi ha parlato delle sue conquiste “che francamente non mi hanno lasciato nulla di relativamente importante”. Mi ha parlato della sua unica cotta “Laura era bellissima e aveva solo quindici anni”. Mi ha parlato di quella donna vista il giorno della festa “Piu’ che fidanzata è stata un amicizia profonda e quando mi sono reso conto che lei mi amava ed io no l’ho lasciata”. Ed infine mi ha parlato dell’amore “Se mi rendessi conto di avere di fronte una ragazza che mi ama e che amo non ci metterei molto a chiederle di sposarmi. Non ci sarebbe cosa piu’bella che dividere la mia vita con lei”. Dopo aver ascoltato questa sua affermazione gli ho sfiorato le labbra, pensando che non ci sarebbe cosa piu’bella che avere un uomo come lui nella mia vita. Sono totalmente presa, totalmente avvolta e ammaliata dall’amore. I suoi occhi hanno la capacità di scaldarmi l’anima e di rendere la mia giornata bellissima. Ultimamente trascorre l’intero giorno da me e questo non fa che rendermi felice. Posso ripeterlo all’infinito: con lui è stato colpo di fulmine. Da quella notte non ho fatto altro che ripensare al suo sguardo, alla sua pelle, alle sue labbra carnose. Impazzirei se lo perdessi. Solo chi ha provato un amore folle può capirmi in questo momento. Ringrazio ancora Lucilla per averci fatto ritrovare...non so cosa sarebbe accaduto senza il suo intervento. Oggi magari non penserei a Cristiano in quanto uomo di trentacinque anni che vuole solo esser accettato per quello che è: una persona sensibile, romantica, bisognosa di amore. Quanti stessi pensieri abbiamo condiviso durante questi lunghi, lunghissimi dieci giorni: quando gli ho parlato di me, della fuga di mia madre Letizia, gli sono venute le lacrime agli occhi…ha rivissuto quello che è stato il suo dolore. E quante parole ha speso per mio padre Paolo, in parte simile a sua madre Lucia per grinta e tenacia. Quante cose ci siamo promessi “Suonerò qualcosa solo per te, ma in cambio di un tuo dipinto”. Quante risate “La mattina quando ti svegli hai sempre l’aria da mezza imbranata. E sei bellissima”. Quanto divertimento “Odi quando dico che sono sexy? Ok, sono sexy!”. Ed infine il futuro “Vorrei crearmi una famiglia e tu Bianca?”, “Piacerebbe tanto anche a me. Non ne ho mai avuta una”… e le solite parole sussurrate da entrambi “Un amore, una casa, un lavoro e chi sa dei figli”.
Guardo l’orologio al muro: le undici di sera. Sono sola: lui è tornato a casa sua per cambiarsi. Mi alzo di scatto: non resisto un altro istante. Afferro le chiavi del motorino e esco fuori dalla mia dimora.
 
                                                                             ***
Un vento fresco e leggero scompiglia i miei capelli sciolti. La maglietta rosa non si appiccica alla pelle asciutta e non piu’ umida come nei giorni precedenti.
Percorro la via principale, il tempo di superare il mio isolato e sono a destinazione. Qualcuno è intento ad abbassare le serrande della propria bottega. Per il resto silenzio assoluto: la città dorme e regala ai suoi cittadini un meraviglioso panorama, illuminato da una pallida luna, che fa capolino dietro piccole nuvole bianche.
Salgo le scale, velocemente. Ci impiego poco ad arrivare. Prendo la chiave di casa dal mio pantalone bianco e apro. Luci spente, una sola finestra aperta. Lo chiamo ma non ricevo risposta. Varco la cucina, entro nel corridoio: solo il bagno è illuminato. La porta leggermente socchiusa: spio…Cristiano è sotto la doccia e non può ne vedermi ne sentirmi. Un passo indietro e schiena contro il muro. Affanno. Chiudo gli occhi: cosa faccio? La mia domanda non è casuale: sono giorni che ho un unico tarlo nella mente. Sono giorni che desidero completarmi con lui. Ma un po’ di paura c’è: non sono per niente esperta in materia, anzi. Una cosa è certa: mi sono sempre ripromessa che avrei fatto l’amore con l’uomo che amavo. Ed ora, in questo preciso momento io amo lui, io desidero lui. E’ giusto cosi!. Sfilo i miei abiti e la mia biancheria, restando nuda. Entro decisa. La cabina doccia è in vetro scuro: non sa che sono qui…per lui e per me. Respiro ed ispiro…puoi ancora andare via, Bianca!. Ma no, non voglio: apro l’anta ed entro dentro, richiudendola alle mie spalle.
Si gira di scatto, sorpreso: “Ma che fai?”. Non credo che si aspettasse una presa di posizione del genere da me.
Prendo il suo viso tra le mie mani: “Dimmi che lo vuoi anche tu”.
Ride: “Lo voglio piu’ di ogni altra cosa al mondo. Ma tu sei cosi preziosa per me: non ti chiederei mai una cosa del genere se…”. Lo zittisco: “Ti desidero Cristiano. Ti desidero stanotte con me”.
Mi bacia: “Non voglio che tu te ne penta. Non voglio che un giorno ricorderai questa notte come un errore”.
Sfioro la sua pelle bagnata: “Tu non sei un errore, sei tutta la mia vita”.
Un grande e meraviglioso sorriso sul suo viso. Mi abbraccia forte a sé, proteggendomi con le sue spalle possenti. Iniziamo a baciarci con passione, con trasporto, perché tutto quello che voglio ora è comunicargli i miei sentimenti…comunicargli che ci sarò sempre, fin quando vorrà, nella sua realtà.
I suoi baci roventi sulla mia epidermide e le sue mani che dal collo scendono sui miei seni, stringendoli. Il lieve dolore procuratomi non è per niente paragonabile al piacere che mi sta dando. E’ eros allo stato puro: mi solleva, portandomi con la schiena contro le mattonelle celesti del bagno. Intanto la doccia continua a gettare spruzzi d’acqua calda: nuvole di vapore acqueo si mischiano al calore emanato dai nostri corpi. Il rumore delle gocce che scendono a stento riesce a coprire i nostri gemiti di piacere. Scie d’acqua delineano la sua fisicità virile e corpulenta, inarca la schiena e si dedica completamente a me. Sfiora i miei glutei, le mie gambe, che vogliose tendono verso di lui, alzandosi e aprendosi. Chiudo gli occhi, lascio che la mia testa si appoggi sulla sua spalla. Le labbra socchiuse. Lo tocco ovunque, traccio le sue forme cosi perfette, cosi generose. Le mie dita camminano sul suo petto, sino a scendere nel basso ventre. Lo sento affannare, lo sento stringermi ancora a sé. La sua mano prende la mia coscia, portandola accanto al suo fianco e leggermente sento la sua mascolinità urtare contro la mia femminilità. Gemo, godendo a pieno del momento. Ci baciamo, posseduti dal piacere del momento. Mi abbraccia, mentre entra in me, con molta delicatezza. Chiudo piu’forte che posso gli occhi per il dolore. Dolore che svanisce sentendo il mio uomo sussurrarmi all’orecchio: “Ti amo Bianca”. Piango per l’emozione…piango perché non avrei potuto immaginare questo momento in miglior modo. Bacia le mie palpebre: “Ti amo amore, non piangere”. Le mie mani dietro il suo collo e i nostri corpi che a ritmi impercettibili si muovono: “Voglio morire di te, Cristiano”. Mi guarda negli occhi: “Io voglio vivere di te, amore mio”. Gli sorrido e annuisco. Voglio vivere anche io di te, amore… sei cosi speciale!. Arriva l’orgasmo…purtroppo! Si perché avrei voluto fare l’amore con lui per il resto della mia esistenza.
Mi da un bacio sulle labbra. Apre l’anta della doccia. Afferra un asciugamano bianco: copre la sua nudità. Ne prende un secondo, viene da me, avvolgendomi. E con scatto veloce mi solleva tra le sue braccia, portandomi in camera sua. Mi stende sul letto e si allontana. Maneggia qualcosa, ritorna. Si accomoda accanto a me, poggiandomi un fascio di calle bianche: “Questo te l’avrei portato dopo!”.
Sorrido: “Sei cosi perfetto”.
Tentenna: “Non credo. Forse sono semplicemente innamorato di te”.
L’afferro per le spalle, tirandolo verso di me: “Sono tanto innamorata di te anche io amore”.
Ci baciamo. Incrocia le mie mani nelle sue: “Ti amo, come nessuna nella mia vita”.
Sfioro il suo naso: “Ti amo Cristiano, dal primo giorno che ti ho visto”.
Un dito sulle mie labbra: “Questa è stata la seconda notte piu’bella della mia intera esistenza”.
Inclino la testa: “La seconda?”.
Sorride: “La prima è quando ti ho conosciuta amore”.
Mi sento solo di dirvi che ovunque sarò, non dimenticherò mai quanto accaduto tra noi stanotte!

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Capitolo 15
*** Male E Bene ***


Image and video hosting by TinyPic Buon sabato a tutti!
Vi lascio il mio nuovo capitolo, ormai la storia è già bella che scritta.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 14- MALE E BENE


Dolce è il risveglio, dopo una lunga notte d’amore. Le tende da sole esterne proteggono la camera da letto dai raggi solari. Penombra. Tasto il posto accanto al mio: è vuoto. Mi capita tra le mani un foglietto: “Sono felice!”. Sorrido leggendo la firma “Cristianuccio tuo”. Nel bene o nel male non si smentisce mai. Infilo la biancheria intima e una sua camicia bianca, extra-large sul mio corpo esile. Capelli sciolti. A piedi nudi mi avvio in cucina, dove lo trovo intento a preparare un caffè. Indossa la divisa bianca, una vera tortura per i miei occhi.
Sei di un sexy”, affermo, mentre appoggio la mia spalla destra allo stipite della porta, incrociando le gambe.
Si volta sorridendo: “Lo so. L’ho messa proprio per vedere se mi salti addosso”. Spalanca le braccia: “Fammi quello che vuoi Bianca”.
Rido, andandogli incontro. Con una mano accarezzo il suo volto, fino alle sue labbra, che sfiorano la mia epidermide: “Sei sempre il solito!”.
Mi versa il caffè nella tazzina: “Non mi dire niente, ma devo andare in Capitaneria. Fai come se fossi a casa tua!”. Tentenna: “No aspetta questa è casa tua”.
Gli do un buffetto sulla natica: “Vai amore, che il dovere ti chiama”.
Cinge i miei fianchi: “Ti troverò a casa al mio ritorno?”.
Annuisco: “Si, ma all’altra. Ci penso io al ricambio, non preoccuparti”.
Stringe le mie mani: “Grazie. Ti chiamo dopo”.
Prende dal tavolo il suo cappello. Glielo sistemo sul capo. Sfioro le sue labbra rosse. E lo vedo andare verso la porta. L’apre. Si ferma e torna indietro. Mi abbraccia con vigore: “A dopo piccola mia”. Lo bacio forte e lo vedo uscire.
Inizio a danzare come una sciocca, presa dagli effetti dell’amore. Rido di gusto da sola. Spalanco le finestre e osservo la città con gioia…una gioia immensa che proviene dal mio cuore. Porto un dito tra le labbra: mi merito tutto questo? Merito davvero un uomo cosi meraviglioso?. Affondo nel divano e ripenso: un uomo cosi dannatamente sexy, pieno di eros, quel classico uomo che tutte desiderano e poche hanno!. Sorriso compiaciuto: e guarda un po’ chi ha avuto questa grande fortuna? Io, Bianca Velletri…sono la ragazza piu’ fortunata al mondo. Il mio mondo: lui, Cristiano.
 
                                                                  ***
Dopo aver rassettato casa ed essermi concessa una doccia rilassante, prendo la borsa con gli effetti personali di Cristiano e vado via. Chiudo la porta alle mie spalle e scendo per le scale.
La strada pullula di gente. Turisti stranieri inondano i negozi con oggetti tipici della zona. Un fruttivendolo espone la sua merce nella piccola vetrina della sua bottega. L’odore del mare fa da cornice a quanto descritto. Gruppi di ragazzi con canotti di plastica sotto braccio: ovviamente andranno in spiaggia. E con questo sole la tintarella è assicurata. Non vedo l’ora che venga stasera. Non vedo l’ora di sentirlo bussare alla porta di casa. E cavolo Bianca, potrai aspettare un paio d’ore, o no?. La risposta è unica e sola: no! Lo voglio con me ogni secondo!. Tentenno: però…mi sto attaccando al bel marinaio peggio di una cozza. E se a causa di quest’atteggiamento dovessi perderlo? Potrebbe stufarsi presto di me. Potrebbe voltarmi le spalle. Scuoto la testa: no, non lo farà! Ma perché diavolo penso queste cose?.
Mentre il mio cervello cerca di cacciare via i pensieri infausti, una giovane ragazza afferra il mio braccio. La guardo perplessa. La guardo e mi rendo conto di chi lei sia.
Ti piace Cristiano, vero?”, mi chiede con fare da prima donna.
Scusa ma chi sei?”, domando, togliendo la sua mano dal mio arto.
Poco conta io chi sia. So che ti vedi con lui e questo mi basta”, afferma acida. Il suo sguardo è infiammato. Viso rosso piu’ del suo vestito. L’osservo senza parole: avrà all’incirca una trentina d’anni e si prende ancora il lusso di fare queste piazzate da quindicenne incallita.
Non essendo interessata alle sue parole, scanso l’ostacolo, andandomene: “Bhè se ti basta questo allora ciao!”.
Di spalle ascolto la sua cattiveria, che non lascia indifferente il mio cuore: “Tanto fa cosi con tutte. E’un uomo di mare e gli piace conoscere porti nuovi”.
Per un attimo, accecata dall’ira, stento a controllare la voglia di prenderla a schiaffi. Ma mi reputo una ragazza intelligente e mai mi abbasserei ai suoi livelli. La lascio li, da sola con le sue chiacchiere, mentre nella mia mente rimbombano le fatidiche parole.
 
                                                                          ***
Busso alla sua porta. Attendo una manciata di secondi. Apre e mi guarda sconvolta: “Cosa ti è successo Bianca?”.
Porta le mani sulle mie spalle. Mi fa accomodare sul divano. Con un fazzoletto di cotone asciuga le mie lacrime copiose, che inesorabilmente rigano il mio viso. Non ce l’ho fatta a scacciare quella frase dalla mia mente. Non ce l’ho fatta a mandar giu’ tanta cattiveria gratuita. Il pensiero che quella affermazione corrisponda a verità mi fa morire dentro.
Ne parlo con Lucilla, furibonda. Agita le mani velocemente e gironzola per casa: “Quell’idiota! Giuro che se la prendo tra le mani non so che le combino. Numero uno: chi cavolo le da tutta questa confidenza, ti ferma per strada manco se fossi sua amica. Numero due: mio fratello può esser anche un Don Giovanni, ma non è il tipo a cui piace gustare nuovi porti. Non si è mai preso di queste libertà con le donne. E poi vorrei capire una cosa: ma sta trentenne stupida possibile che abbia ancora Cristiano nella mente? Ohhhh sono trascorsi anni e anni, riprenditi bella e guardati in giro, che gli uomini si buttano”.
Poi punta il dito contro di me: “E tu non piangere, che le stai regalando solo tempo prezioso”.
E se lei avesse ragione? Se Cristiano si è solo infatuato di me?”, le chiedo, mentre bevo un bicchiere di acqua e limone.
Mi si siede accanto: “Ma cosa è successo tra voi in questi giorni?”.
Sbuffo, solo a pensare alle notti insieme. Sento molto caldo, forse sarà la pressione sanguigna di gran lunga aumentata. Le mani sudano. Le gambe tremano. Ho come l’impressione di udire ancora i nostri gemiti e la nostra passione.
Lucilla si scosta leggermente da me, con sorriso malizioso. Accosta la schiena al bracciolo del sofà: “No, dimmi che non è vero. Dimmi che non è vero quello che penso”.
Stropiccio la pelle del mio viso: “E’vero!”.
Batte le mani una contro un'altra, spalancando la bocca: “Non ci posso credere e cosa ti ha detto?”.
Sorrido: “Che mi ama”.
Sgrana gli occhi: “E tu hai ancora dei dubbi? Ma sei impazzita per caso? Ma lo sai a quante donne ha detto ti amo?”.
Scuoto la testa.
A nessuna”, mi dice, shockata da quanto udito, “Fai conto che io sia tua sorella e ascoltami bene: se si è cosi tanto sbilanciato con te significa che hai fatto breccia nel suo cuore. E poi ti adora, adora tutto di te. Riesci a dargli quella gioia, quella serenità che nessuna gli ha mai dato. Se l’avessi visto quando è venuto qui… ”.
Interrompo il suo discorso: “E’ venuto qui?”.
Annuisce: “Si per dirmi di te e di quanto sei fantastica. Cristiano è tutta apparenza, lui e quei stupidi discorsi sulle donne ma in fondo è l’uomo piu’romantico del mondo”. Accosta il suo viso al mio: “Ed è sexy. Se non fosse stato mio fratello, c’avrei provato spudoratamente. Non che il mio Adriano non si faccia valere, eh intendiamoci”.
Scoppiamo a ridere. Mi abbraccia: “Ah Bianca, sono proprio felice per voi. Vi conosco abbastanza per dire che starete un amore insieme. Vi completate. Sono certa che lui darà a te ciò che meriti e viceversa”.
Sorrido e il buon umore si fa largo dentro di me. E’stato un bene venire qui da Lucilla: le sue parole mi sono di grande aiuto. Sono sempre piu’convinta che rimanere qui a Vietri è stata la migliore decisione che potessi prendere. E non solo da un punto di vista sentimentale: qui ho ritrovato quella famiglia che mai ho avuto e ne sono davvero felice. 

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Capitolo 16
*** Una Sorpresa Per Due ***


Image and video hosting by TinyPic Buona domenica a tutti!
Questo capitolo nasce solo dalla volontà di mettere in luce la quotidianità di Cristiano e Bianca, cosa che non ho mai fatto nei miei precedenti racconti. Una storia è una storia e deve presentare ogni singolo momento e dettaglio, compreso alcuni spaccati della vita di coppia.
Un bacio a tutti, spero che il mio nuovo capitolo vi piaccia,
Carla.

CAPITOLO 15- UNA SORPRESA PER DUE


Corro da un lato ad un altro della casa. Corro controllando l’orologio al muro: deve essere tutto pronto per le otto in punto. Vado in cucina, precisamente lato fuochi: alzo il coperchio della pentola e annuso l’ottimo odore delle vongole, sfumate con un bicchiere di vino bianco locale. L’acqua per la pasta è calda al punto giusto. Apro l’anta del forno: anche qui è tutto ok!.
Sospiro di sollievo e corro nuovamente in bagno: spalanco la porta…pollice in su!.
Ora tocca solo a me: afferro l’abito nero, posto sul letto e muovendo i fianchi lascio che avvolga il mio corpo. Tacco cento ai piedi. Fermaglio con pietrine bianche nei capelli. Un po’ di colore rosso sulle labbra: le apro e le chiudo…perfetto!.
Il mio uomo vuole conquistare, ma deve anche esser conquistato. E poi sono cosi innamorata di lui…si merita una serata il cui obiettivo è “far rilassare Cristiano”.
Bussa alla porta. Sogghigno tra me stessa. Scrollo le mani e l’apro, dedicandogli un gran sorriso.
Sgrana gli occhi. Solito cappello d’ordinanza sotto il braccio. Abbassa il capo. Poi inizia a girarsi verso l’interno casa e il giardino con il vicoletto.
Fuori e dentro…e tu”, le uniche tre parole che riesce ad emettere.
Dal mio canto affermo: ”Ben tornato amore”.
Mi bacia, ancora shockato. Non si aspettava di trovare l’intero percorso fuori totalmente illuminato da piccole candele bianche, poste sia a destra che sinistra. La sua reazione di sconcerto aumenta quando si imbatte in una tavola imbandita, con tanto di candelabro in argento al centro. Mi pongo dietro di lui, poso il suo cappello sul divano e gli massaggio le spalle. Chiude gli occhi: “Nessuno ha mai fatto questo per me”.
C’è sempre una prima volta amore”, gli sussurro all’orecchio.
Tenta di stringermi, ma lo fermo: “E no signor Scala non è ancora finita”.
Sbotta: “Signorino, prego”.
Scoppio a ridere. Come faccio ad esser seria con lui?. Mi è praticamente impossibile.
Lo conduco in bagno, dove si palesa dinanzi i suoi occhi una vasca colma di acqua calda e schiuma, con tanto di petali di rose rosse. Niente luce accesa, ma candele variopinte poste qua e la per la stanza.
Sorpreso porta la mano sulla guancia: “Ma che hai combinato stasera? Non ci posso credere”.
Credici”, gli dico sensuale, mentre sbottono la sua divisa, lasciandolo in slip.
Arrossisce: “Amore…non sto capendo niente”. E ride, felice della serata che si prospetta.
Bacio la sua pelle rovente. Incrocio le mie mani alle sue e faccio in modo che si avvicini alla vasca. Entra, guardandomi imbarazzato…sembra un bambino.
Massaggio i suoi muscoli e gli chiedo: “Allora cosa hai fatto oggi a lavoro?”.
Aggrotta il sopracciglio: “Tu mi stai sconvolgendo gli ormoni e vuoi sapere che ho fatto oggi a lavoro?”.
Annuisco e tranquillamente gli dico: “Si!”.
Porta le mani agli occhi: “No però scherzi a parte, grazie amore. Se volevi farmi una sorpresa non potevi trovare modo migliore. Ma farai cosi tutte le sere che torno?”.
Perché no!”, gli rispondo, sorridendo.
Allora sei da sposare”, afferma, puntando i suoi occhi azzurri su di me.
Deglutisco a fatica. Un'altra donna al mio posto gli avrebbe teso le braccia al collo, dopo aver udito una frase del genere, invece io resto di sasso. Sbianco. Comprende la mia reazione.
Forse sono stato indelicato, scusa”, mi dice, sfiorando la mia guancia.
Si alza. Gli pongo un accappatoio, facendoglielo indossare. Rompo il silenzio: “Non è nulla”.
Porta le sue mani dietro la mia schiena: “Lo so meglio di te che è presto. E’ normale. Ma voglio anche che tu sappia cosa penso: se amo una donna e sono cosciente di non riuscire a vivere senza di lei, credimi la prima cosa che faccio è chiederle di sposarmi, sperando che lei accetti. Perché se dovesse dirmi di no ne morirei”.
 
So che la sua è stata una semplice affermazione, ma tuttora mi quale sia stato in quell’istante il mio pensiero: avrei voluto che dicesse “Vorrei sposare te Bianca” o “un giorno mi sposerò, ma non so con chi”.
Gli sorrido e ci baciamo, sprigionando tutto il nostro amore. Come di consueto mi prende tra le sue braccia, portandomi in cucina. Mi stende sul divano, stando su di me. Sfioro con il labbro inferiore la pelle del mio uomo, cosi tremendamente sexy e nudo. Per come sto messa io e per come sta messo lui, sono sicura che o diamo fuoco a casa nostra o ci scappa il morto. Meglio mangiare, va!.
Si ricompone, indossando il cambio lasciatogli sul letto. E imbronciato si siede a tavola, di fronte a me. servo il primo e gli chiedo: “Cosa c’è?”.
Falsando una voce da bambino piccolo risponde: “Io normale e tu sexy”.
Cioè?”, domando perplessa.
Braccia conserte: “Amore ti pare normale? Tu sei vestita tutta carina e provocante e io con il classico bermuda e polo?”.
Io: “Che problema c’è?”.
Inizia a mangiare, continuando a prendermi in giro: “C’è! Io devo essere sempre elegante, sexy, sensuale”. Si alza e si inginocchia accanto a me: “conturbante, adorabile”.
Rido, mentre asciugo le labbra con il tovagliolo di cotone bianco: “Ancora con adorabile?”.
Tenta di mantenere le risate: “Si, ancora con adorabile”. Poi prende la mia mano tra le sue e la bacia, guardandomi dritto negli occhi, come solo un galantuomo sa fare: “Grazie per la magnifica serata amore. Sei davvero speciale per me”.
Gli accarezzo il viso: “Lo sei anche tu per me!” 

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Capitolo 17
*** Felice E Soddisfatto ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti! Vi lascio il  mio nuovo capitolo, spero vi piaccia! Come vedete ho postato una nuova foto, in cui oltre a Bianca e Cristiano vi sono Lucilla e Adriano (almeno per come li immagino io!)
Un bacio da Carla

CAPITOLO 16- FELICE E SODDISFATTO


POV. LUCILLA

Adoro svegliare mio marito la mattina con un dolce bacio sulle labbra. So che gli piace esser destato dal sonno in questo modo, quindi l’accontento. Luca dorme nel lettone a pancia sotto. La sua piccola mano sul viso. Ogni tanto sbadiglia. Sfioro i suoi capelli: mi ci sono voluti cinque anni per averlo e ora che è qui voglio godere ogni singolo attimo della sua vita. Vado in cucina per preparare il caffè. Spalanco la finestra, cosi da far entrare un po’ d’aria fresca. Sento bussare al campanello, tre squilli per la precisione. Sbuffo, sorridendo. Apro la porta e gli do un paio di buffetti. Ricambia il mio gesto. E’ particolarmente raggiante oggi. Lo vedo cosi felice e rilassato.
Siamo contenti e soddisfatti oggi?”, affermo, mentre appoggio sul tavolo i biscotti per la colazione.
Si”, risponde, portando le mani sotto la mascella.
L’osservo stupita. Inclino la testa: “Cri?”.
Che c’è?”, mi chiede. Mangia e beve il caffè.
Tu mi fai paura. Non ti ho mai visto cosi”: mi siedo di fronte a lui.
Non mi hai visto mai innamorato”, replica.
Entra in scena quel guastafeste di mio marito. Sgrana gli occhi. Batte le mani una contro l’altra: “Non ci posso credere. Tu eri il mio idolo”.
Sguardo severo contro Adriano: “Idolo, piantala!”.
E’ sconvolto: “Sei sempre stato un grande per me ed ora ti ho perso!”.
Io: “Adri vai a svegliare i bambini, che è meglio. Vedi se vogliono andare a mare”.
Ascolta la mia richiesta. Poi punta di scatto il dito contro mio fratello: “Macho man ti tengo d’occhio con Bianca”.
Scuoto la testa: “Non lo pensare. Piuttosto che mi dici di te e Bianca?”.
Incrocia le braccia: “E che vuoi che ti dica. Stiamo benissimo insieme, sto benissimo con lei. Parliamo, ci divertiamo…mi fa sentire uomo. Sono felice che non ci sia stato solo un colpo di fulmine tra noi, ma anche un vero e proprio coinvolgimento sentimentale”.
Porto la mano sotto il mento: “Se tu sei felice, lo sono anche io per te e trattamela bene, che è davvero una ragazza d’oro”.
Annuisce: “Lo so ed è per questo che spero che duri a lungo. Mi conosci abbastanza per capire che sto facendo sul serio con lei”. Riflette per qualche secondo: “Sai che faccio? Ora organizzo qualcosa sulla barca…magari la porto in qualche posto carino”.
Gli do un consiglio: “Che ne dici della grotta?”.
Già fatto!”, asserisce, mentre si alza.
Spalanco gli occhi: “Se hai portato Bianca li significa che sei proprio cotto di lei”.
Te l’ho detto! Vado, cosi preparo per dopo”: mi da un bacio sulla guancia.
Lo vedo scappare, con sguardo luminoso. Dopo anni finalmente è felice. Prima l’abbandono di papà, poi il suo ritorno, gli anni in accademia, i vari spostamenti dovuti al suo lavoro…si è quasi sempre trovato da solo, senza avere qualcuno accanto. Ed è per questo che capisco il suo attaccamento a Bianca: per la prima volta sente di appartenere a qualcuno e vuole che sia per sempre. Spero che sia realmente cosi…in caso contrario sono convintissima che ne soffrirebbe a morte.

POV. BIANCA

Sono da mezzora a gironzolare per casa. Mani nei fianchi. Fischio. Mordo le labbra: devo inventarmi qualcosa… per me e il mio Cristiano. Intendiamoci, nulla di trascendentale, solo qualcosa per stare insieme. Per trascorrere del tempo felici. Peccato che io stia qui da solo un mese, non sono molto esperta della zona. Metto il broncio: magari potrei chiamare Lucilla e chiedere a lei. Scuoto la testa: no, non mi va di disturbarla continuamente. Affondo nel sofà: mi limiterò ad un pranzetto fatto con le mie mani, nonostante la semplicità, so che Cristiano apprezzerà molto lo sforzo. Sorrido e penso a lui: è da quando abbiamo fatto l’amore che lo guardo con occhi diversi. E’ vero che è un bellissimo uomo, ma ora come ora poco ci bado alla sua fisicità. Quando lo sfioro, quando lo bacio, quando lo sento mio tra le mie braccia mi rendo conto di avere una persona diversa da prima. O forse sono io ad esser cambiata nei suoi confronti. O sono i miei sentimenti a condizionarmi. Bhè se è cosi, che ben venga: non c’è cosa piu’ bella che abbracciare il proprio uomo e fargli capire quanto lo ami. Perché io amo tutto di lui: le sue mani, la sua pelle, i suoi sorrisi, quel modo strano di dormire con due cuscini, uno a destra e uno a sinistra, il prendermi in braccio prima di metterci a letto, le sue battute. Ho notato che quando si sveglia ha due diverse risate: la prima accennata, poiché ancora preso dal sonno, la seconda generosa, subito dopo aver bevuto il caffè. Il mio Cristiano…il mio uomo.
L’orologio segna le undici in punto. Sarà meglio uscire per la spesa. Oggi niente motorino: voglio godere a pieno del magnifico sole, della magnifica giornata. Apro e chiudo la porta dietro le mie spalle. Fisso la staccionata in legno: prima o poi l’aggiusterò e credo che Cristiano mi aiuterà ben volentieri. Già fremo sol pensando ai suoi muscoli contratti dallo sforzo. Ha la capacità di farmi impazzire. Cammino per il breve vicoletto di casa mia, giro verso destra ed urto contro qualcuno. Mi abbraccia: “Ti volevi già liberare di me?”.
Sorrido e scuoto la testa: “No mai amore. In realtà…”.  Stavo quasi per rivelargli tutto.
Con sguardo furbetto mi dice: “In realtà cosa?”.
Alzo gli occhi al cielo: “Volevo farti una sorpresa. Niente di che, solo un pranzo insieme”.
Mi da un bacio sulle labbra: “E ti pare poco? Comunque anche io avevo in mente qualcosa di speciale: avevo pensato alla barca”.
Umm magari potremo unire le cose, facendo un pranzo veloce sulla barchetta, che ne dici?”, affermo, portando le mie mani dietro la sua schiena.
Aggiudicato!”, risponde, voglioso delle mie labbra.
Come siete carini. Ma dimmi un po’ Cristiano la verginella qui presente non ti ha dato ancora niente?”: la domanda squallida, cattiva, impertinente viene posta al mio uomo da quella stessa donna della festa. Alta, mora, con fare da diva, ci osserva con sorriso malizioso sul viso. Cristiano diviene rosso dalla rabbia, ho come l’impressione che voglia darle un calcio nel sedere, cosa che farei molto volentieri anche io. Precedo la sua reazione, poggio la mano sul suo petto  e mi rivolgo alla sconosciuta: “Non deve interessarti ciò che facciamo”.
Tanto rientrerai facilmente nella sua lista”, afferma ridendo di gusto.
Cristiano non si contiene: “Se proprio vuoi saperlo tu fai parte della lunga lista, lei è una cosa a parte. E’la mia fidanzata e ora smamma, che sei ridicola”.
Scuote i capelli: “Addirittura fidanzato?”. Lo guarda schifata: “Che delusione che sei Cristiano Scala. Ti preferivo nella veste da bello e impossibile”.
Si avvicina a lei: “Io non ti ho mai preferito. Vattene e fai finta che non mi hai mai conosciuto”.
La ragazza si allontana immediatamente. Cristiano la fissa con occhi iniettati di sangue. Si volta verso di me. farfuglia qualcosa, ma lo precedo: “Non è niente”. Gli accarezzo il viso, sorridendogli. Lo vedo calmarsi. Lo vedo ritornare il Cristiano di dieci minuti fa. Sussurro al suo orecchio: “Sono felice con te”. Lo sono davvero tanto: è la prima volta che lo sento parlare di me come la sua fidanzata.
Decidiamo di ritornare a casa. Forse è meglio cosi, Cristiano è un tantino nervoso.
Apro la porta. Entriamo. Gironzola per il lato cucina. Inclina la testa. Sbuffa seccato. Mani nei fianchi.
Cri’?”: lo chiamo per catturare la sua attenzione.
Corre da me. Poggia le sue mani sul mio viso: “Te lo giuro, io ti amo”.
Rido: “Non c’è bisogno che mi rassicuri”.
Mi stringe a sé: “Impazzirei se ora ti perdessi”.
Scompiglio i suoi capelli: “Non accadrà, stai tranquillo”.
Restiamo per l’intera giornata sul divano: io distesa con la schiena contro il bracciolo, lui su di me, con il busto cinto dalle mie braccia. Mi stringe forte. Si addormenta. Gli do un bacio sulla fronte e l’accarezzo. Annuso l’odore dei suoi capelli. Osservo le sue labbra carnose, i suoi occhi chiusi, le sue spalle possenti. Le nostre gambe incrociate. Le sue mani sul mio ventre. Ogni tanto si muove, sfioro la sua pelle e capisce che sono li con lui. Per lui. Sono sincera: non avrei potuto organizzare momento piu’ dolce e romantico di questo. Poco conta l’effetto sorpresa, l’importante è che ci sia lui…il mio Cristiano!.

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Capitolo 18
*** Cosi' Speciale ***


Image and video hosting by TinyPic Come promesso pubblico anche un secondo capitolo.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 17- COSI’ SPECIALE


Se la nostra storia d’amore dovesse continuare per lungo tempo, sono certa che apporterò subito una modifica in casa: la vasca!. Quella attualmente presente in bagno è eccessivamente piccola, soprattutto quando si programma un bagno per due. Cristiano ha deciso di dedicarmi una giornata intera: oggi niente lavoro e la cosa mi rende assolutamente felice. Apriamo le danze proprio nella suddetta stanza: un ora di coccole, avvolti da schiuma e acqua calda, è quello che ci vuole. La mia schiena è contro il suo petto cosi virile e delineato, le sue braccia circondano il mio corpo, le sue mani sui miei fianchi. Inclina la testa e mi bacia sul collo.
Vorrei che tutti i giorni fossero cosi”, mi sussurra all’orecchio.
Sorrido: “Le cose belle durano poco, amore”.
Affonda il suo capo nell’incavo della mia spalla. Mi sfiora: “Lo so ed è per questo che oggi non voglio che nessuno ci disturbi”.
Annuisco. Mi volto verso di lui, facendo sbattere i miei seni contro i suoi pettorali. Porto le mani al suo viso: “Ti adoro”. Ride: “Anche io”. Ci baciamo con passione. Le mie gambe contro la vasca. Mi siedo su di lui. L’abbraccio. Bagno i suoi capelli. Il mio indice scende lievemente sul suo corpo. Rabbrividisce. Getta dell’acqua sulla mia schiena, in modo da non farmi sentire freddo. Affanna: “Voglio fare l’amore con te sempre”. Un attimo di silenzio e una fragorosa risata: noi tutti i giorni contiamo le mosche che svolazzano per casa, maligni!.
Mi alzo. Vedo schizzi d’acqua ovunque. Mi giro e lo vedo dimenarsi come un bambino che fa i capricci. Mi avvolgo in un asciugamano: “Che c’è?”. “Pensavo che mi coccolavi un altro pò”, afferma con il broncio. Prendo un telo per lui e glielo porgo: “Abbiamo un giorno intero!”. “Vabbè”, mi dice un po’ offeso, “ma sappi che sono uno Scala…”. Lo zittisco: “…e non ti darò pace!”. Rimane stupito: “Esatto!”.
 
                                                                          ***
Una volta preparatici, usciamo di casa, con tanto di borsa frigo. Mi giro di scatto, con mano sinistra nel fianco: “Stavolta guido io”.
Si abbassa ed emette un suono. Sembra contrariato.
Con sguardo assassino gli dico: “Cioè?”.
Tu corri come una matta”, afferma. Mi da le chiavi. Metto in moto e partiamo. La scena che si presenta è piuttosto comica: un uomo adulto, bello e statuario seduto dietro ad una ragazza piuttosto mingherlina. La cosa piu’ buffa è il casco verde, indossato da Cristiano: è eccessivamente piccolo per lui e a stento è riuscito a legarlo sotto il mento. E’ come se avesse un oggetto indefinito sul capo, color fosforescente. Percorsa l’intera strada, poso il mio mezzo nel parcheggio residenti. Scendiamo.
Mi hai fatto fare una di quelle figure…altro che playboy di Vietri!”, sentenzia, mentre prende tra le mani le borse.
Rido di gusto. Rido cosi tanto che divento paonazza.
Scuote la testa: “Ridi, ridi. Devi farti perdonare”.
Gli cammino accanto: “Cioè?”.
Poggia il suo braccio dietro il mio collo: “Ci penso e ti faccio sapere amore”.
Il lungomare è colmo di gente, soprattutto famiglie: ci sono tantissimi bambini. Uno di questi urta involontariamente Cristiano: il mio fidanzato lo prende in braccio e gli chiede se si sia fatto male. Ci gioca, lo fa sorridere e divertire. Ed io non intervengo, lo lascio fare. Mi godo questo piccolo istante ed immagino il mio uomo con il suo di bambino. Immagino Cristiano con suo figlio sul divano, l’immagino mentre gli fa fare l’aeroplanino sulla sua spalla, o cantargli una canzone e metterlo a letto o a tavola, mentre l’aiuta a mangiare. Semplicemente immagino Cristiano padre. So che questo è il suo piu’grande desiderio. Ed è anche il mio: voglio una famiglia numerosa, con tanti pupi.
Arriva la mamma del piccolo: ci ringrazia e va via. Cristiano mi sorride e ci avviamo al porto, verso la sua barca.
E nella mente ancora un secondo fa…un secondo di felicità.
 
                                                                          ***
Non ci andava di recarci chi sa dove con la nostra imbarcazione, per tal motivo abbiamo optato per la spiaggetta, in cui, quel giorno di ormai un mese fa, Cristiano venne a salvarmi, avvolto ancora dall’anonimato. Gettata l’ancora, mi aiuta a scendere. Una cosa la devo dire: ma quanto è uomo il mio Cristiano? E non alludo solo alla sua fisicità, ma anche ai suoi modi cosi galanti e gentili. E poi, non so voi, ma vedere le sue gambe forti, bagnate dall’acqua del mare, mi fa venire un non so che di indescrivibile. Mi eccito solo a pensarci. Stendo sulla sabbia un telo molto grande, sul quale ci sediamo. Visto l’ora tarda organizziamo anche il nostro picnic, a base di insalata di mare, panini all’olio e frutta. Niente di pesante insomma. Ogni tanto l’imbocco, ma si ritrae: “Bianca non fare cosi, che dopo perdo la testa e ci denunciano per atti osceni in luogo pubblico”. Adoro stuzzicarlo, provocarlo. Adoro sentire le sue rimostranze. Gli verso un bicchiere d’acqua, ma afferma: “Prima la mia signora”. Arrossisco: mi fa sentire davvero importante quando usa tali frasi. E la cosa bella è che non sono per niente calcolate: una volta lo disse anche a Marta, pensate un po’!. Morale della favola: come Cristiano non c’è nessuno. Ed è mio. Solo mio. Non lo lascerò mai.
Terminato il pranzo, decidiamo di rilassarci un po’. Poggio la testa sul telo. Il mio uomo mi fa da ombra con il suo corpo: gomito sulla sabbia e mano sulla tempia. Sorride. Si china per baciarmi.
Fa caldo oggi. Fa proprio tanto caldo. Sudo molto. Sudo e sento freddo. Chiudo gli occhi, portandoci su una mano. Ho le nausee, oddio non sono niente di esagerato, ma un po’ di fastidio l’avverto. Le braccia diventano pesanti, le lascio cadere. Affanno. Cristiano intuisce il mio malessere. Mi prende tra sé e chiama il mio nome, ma non ce la faccio a rispondergli…sono cosi debole. Bagna il mio viso e il capo con dell’acqua fredda. Dopo qualche secondo ritorno in me. Sfiora la mia fronte: “Un cappello in testa no, eh?”. Sono confusa: “Un cappello?”. Annuisce: “Si un cappello. Il sole picchia oggi e le rocce non aiutano”. Gli dico unicamente: “Non lo sapevo”.
Asciuga le gocce d’acqua che cadono dalla mia pelle: “Non importa, non è niente. Ma è meglio tornare a casa”. Farfuglio qualcosa, ma mi zittisce: “Si fa come dico io, signorina”. “Ok bellimbusto”, affermo, mentre mi prende in braccio, portandomi sulla barca.
Andiamo via dopo un po’. Andiamo via, perché vuole esser sicuro che io stia bene. Le onde contro l’imbarcazione e Cristiano al timone. Lo guardo con gli occhi dell’amore: ogni suo pensiero è rivolto a me. Ogni sua parola, ogni sua decisione, ogni sua azione per me. Eccetto mio padre, mai nessuno in vita mia mi ha fatta sentire cosi importante e speciale.

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Capitolo 19
*** 9 Mesi ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio! Pubblico il mio nuovo capitolo.
Colgo l'occasione di ringraziare la mia amica MissNanna che ha realizzato questa bellissima immagine: grazie mille, davvero!
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 18- 9 MESI


E’ la mattina del 10 Settembre e a Vietri la gente inizia a scomparire. Purtroppo si ritorna a lavoro/scuola. Le grandi città si ripopolano, le automobili inizieranno a scorrazzare ad alta velocità per le strade, fuori i licei i ragazzini riprenderanno a baciarsi e a sognare l’amore vero. Di nuovo le ramanzine dei soliti politici idioti, che puntano il dito contro le persone sbagliate. Insomma si ritorna alla vecchia routine, alias la vita di tutti i giorni!. Solo io cambio vita: rimarrò qui, nella mia Vietri. Aspetterò le otto di sera il mio Cristiano tornare a casa. Lo vedrò appoggiare il suo cappello bianco sul divano. Lo vedrò togliersi la divisa e indossare la classica maglia scura con pantalone coordinato. Si siederà accanto a me sul divano e imprecherà contro i programmi assurdi che la televisione trasmette. Lo vedrò andare in camera da letto ed aspettarmi. Lo sentirò affannare quando faremo l’amore e lo saluterò la mattina seguente con un bacio prima di andare a lavoro. E sarà per sempre cosi, fin quando lui vorrà. Fin quando lui mi vorrà. Rassetto il letto. Annuso il suo cuscino, che profuma di lui. Apro la finestra e lascio che il vento porti via i nostri umori della notte scorsa.
Sento bussare alla porta: chi sarà mai a quest’ora?. Varco il corridoio ed apro: è Cristiano. Ha il fiatone. Lo guardo perplessa. Si accomoda sul sofà. Lancia il cappello per terra. Pronuncia un bel po’ di parolacce. Scalpita. Scuote la testa: i suoi occhi sono rosso fuoco e pieni di lacrime. Mi avvicino a lui, ma non faccio a tempo, che si scansa, alzandosi.
Cristiano ma cosa è successo?”, gli domando preoccupata.
Sbraita ad alta voce: “Mi hanno affidato una missione. Mi avevano garantito che non avrei avuto piu’ incarichi del genere, visto che sono diciassette anni che vado avanti e indietro. E invece no ”Ufficiale Scala abbiamo bisogno di lei”. Voglio morire”.
Le sue parole sono un colpo al cuore. Non avevo messo in conto una cosa del genere. Sorrido leggermente: “Verrò con te. Lo sai…”. M’interrompe: “Non puoi. Mi hanno dato 9 mesi in mare”.
Tremo: “9 mesi?”.
Annuisce: “Si, 9 mesi”. Da un calcio al tavolo: “Proprio ora che ti ho trovata, dovevano mettere in mezzo questa missione del cavolo”.
Chiudo gli occhi. Ci risiamo: prima mio padre, ora il mio fidanzato. Il mare mi porta via ad uno ad uno le persone che amo. Un altro abbandono, il piu’ duro.
Si inginocchia accanto a me, prendendo le mie mani: “Dimmi che mi aspetterai. Se fosse per me non ci andrei, ma rifiutare significherebbe porre fine alla mia carriera e ai miei sogni. I nostri se tu lo vuoi ancora”.
Scoppio in lacrime. Ci abbracciamo: “Lo so che odi gli abbandoni, ma dimmi che mi aspetterai Bianca, ti prego”.
Rimarrò qui, a casa nostra. Ma tu promettimi che quando potrai, anche solo per un secondo mi chiamerai”, affermo, deglutendo a fatica.
Lo farò amore mio. Ti dirò sempre che ti amo e ricorderò i giorni che ci separano”: mi bacia, accarezza il mio viso.
Devi partire oggi, vero?”, gli chiedo. So già quale sia la sua risposta: mio padre svolge il suo stesso lavoro e non so quante volte abbiamo preparato le valigie di fretta e furia. Come se noi non fossimo altro che oggetti, che devono rispettare gli ordini supremi.
Si è cosi”, risponde, visibilmente dispiaciuto e triste.
Mi alzo: “Allora ti aiuto con i bagagli”.
Mi ferma per un braccio: “No. Ora voglio te”. E mi stringe tra le sue braccia. Le nostre labbra si uniscono. I nostri visi si bagnano di lacrime amare. Andiamo uniti verso la camera da letto. Sbottono la sua giacca, lasciandolo a dorso nudo. Mi sfila la maglia. Slego i miei capelli lunghi. Allento la cinta, abbasso la cerniera del suo pantalone bianco. In un attimo siamo nudi, stesi a letto, uno sull’altro. Sfioro la sua pelle, questa stessa pelle che per nove mesi non avrò piu’ e lui tocca le mie gambe vogliose. Entra in me, con quella stessa dolcezza e tenerezza che contraddistinguono tutti i nostri momenti d’amore. Sussurra al mio orecchio: “Non mi lasciare”. Presa dal piacere lo rassicuro: “Ti aspetterò amore”. Geme: “Ti amo Bianca”. E di nuovo gocce d’acqua scendere dai miei occhi: “Ti amo anche io Cristiano”.
La stanza si riempie di passione, d’amore, di promesse, di speranze, di desideri che vogliono avverarsi.. e sarà cosi!. Non permetteremo alla marina o al destino di separarci. Non ora che ci siamo conosciuti, non ora che siamo consapevoli dei nostri sentimenti. Questa sarà la nostra personale prova: un modo per dimostrare al mondo intero che quando si ama tutte le difficoltà possibili possono esser affrontate e superate insieme. In due. Io e Cristiano. 

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Capitolo 20
*** Via Da Me ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic Introduzione: chi mi conosce bene sa che sono una curiosona di prima categoria, quindi non potevo non pubblicare l'ultimo capitolo del mio racconto. Voglio sapere proprio cosa ne pensate! Ancora una volta ringrazio tutti coloro i quali mi hanno dedicato ciqnue minuti del loro tempo libero e soprattutto le mie non piu' amiche di penna ma vere e proprie amiche...mi dispiace solo che chilometri e chilometri ci separino!
Un bacio grande e alla prossima,
Carla.

CAPITOLO 19- VIA DA ME


Siamo tutti qui, alla banchina del piccolo porto, vicino la Capitaneria. Le due valigie di Cristiano a terra. Luca le tocca e ci guarda con aria innocente, di chi non sa cosa stia accadendo. Marta afferra la gamba della madre, il cui sguardo è basso e triste.
Il sole fa capolino dietro la montagna, lascia la scena alla luna e alle tenebre. Quelle stesse tenebre che ora lo porteranno via da me. Il vento scuote i miei capelli sciolti, unico mezzo per nascondere la mia amarezza. So che ora dovrò dirgli addio. E’ un addio momentaneo, certo, ma è pur sempre un addio. Porta il cappello alla testa, lo posiziona correttamente. Adriano gli si avvicina, gli da una pacca sulla spalla e lo saluta calorosamente. “Tienimi d’occhio le mie tre donne”, gli dice Cristiano, accennando un sorriso. Prende il piccolo Luca in braccio: gli promette che lo porterà a mangiare un gelato quando tornerà. Ed infine la sua “stellina” Marta, che lo stringe con le sue mani minuscole. Gli regala un fiocchetto, Cristiano lo porta nel suo pantalone. Nel frattempo Adriano ha consegnato le valigie del mio uomo all’ufficiale, che lo attende non poco lontano da noi. Ritorna e prende i bambini, portandoli via con sé alle giostre. Tocca a Lucilla, che gli sfiora il viso: “Cri’ non ti far male, mangia, chiamaci e pensaci”. La bacia sulla guancia: “Si, non ti preoccupare. Sono grande ormai, mamma”. Una smorfia di dolore sul viso di mia cugina e un ulteriore saluto tra i due fratelli, che a stento riescono a separarci.
Vi lascio soli”, afferma, prima di andar via. Si volta, fa cenno con la mano e raggiunge la sua famiglia.
Ci siamo solo noi ora. Io e lui. Si avvicina e mi solleva. Le mie mani dietro il suo collo. “Mai avrei pensato che mi sarebbe capitata una cosa del genere. Mi è bastato un mese e poco piu’ per conoscere l’amore. E quell’amore sei tu, Bianca. Conterò tutti i giorni che ci dividono. Aspettami amore, perché stai sicura che come metterò piede a Vietri correrò da te”.
Bagno la sua divisa con le mie lacrime. Non voglio lasciarlo andare, ma devo: “Ci vediamo tra nove mesi amore. Ti aspetto a casa”.
Accarezza il mio viso: “Sei importante per me, ricordatelo”. Annuisco: “Lo sei anche tu”.
L’ufficiale gentilmente ci disturba. Indica che è il momento di partire. E’ il momento di lasciarci. Un ultimo intenso e passionale bacio e lo vedo incamminarsi verso l’imbarcazione che lo porterà a Napoli, luogo dal quale partirà. Si avvia, deambulando all’indietro, sorridendomi e lanciandomi sguardi pieni di speranza. La speranza di ritrovarsi ancora una volta. La barca è in moto, sale. Procede lentamente e mentre va via rivivo un intero amore. Il nostro. La sera dell’ incontro, le sue sorprese, i suoi sorrisi, il nostro confidarci ogni cosa, le nostre notti insonni. Ed infine lui, che a stento riesco a distinguere: è cosi lontano da me, ma non dal mio cuore. Abbasso gli occhi per rialzarli: non gli ho detto che lo amo. Vado vicino alla grata, saltello da destra a sinistra, ma non lo vedo piu’. Inizio ad affannare, deglutisco a fatica, sudo freddo e ancora una volta qualcosa attanaglia il mio cuore. Continue nausee. La testa gira forte e velocemente. Tutto è sfocato, tutto è cosi irregolare. Il mio corpo pesa maledettamente. Non sono capace di tenermi su. E cado. Cado a terra, battendo la testa e non provando dolore. La vista s’annebbia.

POV. LUCILLA

Corro prima che posso verso Bianca. Mi segue Adriano. Non faccio a tempo ad afferrarla: a peso morto si schianta a terra. Urlo il suo nome, ma niente non mi sente, non mi risponde. Porto un dito al polso: il battito c’è, eppure è visibilmente debole. Mi spavento. Grido a mio marito di chiamare un ambulanza. Le dico di stare calma, ci sono io con lei, non deve temere nulla.
I soccorsi giungono velocemente. Un portantino si avvicina con il kit del primo soccorso. Nel frattempo Bianca sembra riprender conoscenza. Farfuglia qualcosa. Capisco che percepisce dolore da qualche parte, ma non so dove. Allunga la sua mano verso la zona interessata. La guardo dritta negli occhi: cosa vuoi dirmi, tesoro?. Una lacrima sul suo viso e le sue dita sporche di sangue. Abbasso le palpebre, sconvolta. Mi butto a terra: è come se il mio passato stesse bussando alla porta. Tento di rassicurarla, di calmarla, ma sa ciò che vede. Ed è sola, perché per quanto ci possa esser io e Adriano, ora lei vorrebbe unicamente lui, Cristiano, al suo fianco.
 
                                                       
                                                                                    Tre mesi dopo

 
Tiro un gran respiro. Osservo per l’ultima volta quanto fin ora mi ha tenuto compagnia. Un sorriso amaro e triste sul mio volto: il divano, sul quale ho amato Cristiano, il tavolo e le nostre colazioni, la cucina e i miei pranzi per lui ed infine il corridoio, che da accesso alla nostra camera da letto: l’ho serrata con doppia mandata…nessuno deve entrarci, nessuno deve respirare quanto da noi vissuto. Tocco la catenina al collo, dalla quale penzola la chiave…nessuno l’avrà mai!. Un ultimo sguardo e addio a tutto: afferro la porta, chiudendola per sempre. Prendo l’ultima valigia, la posiziono nella mia Panda gialla. La staccionata è ancora mezza rotta, non ho avuto il tempo di aggiustarla. Occhi pieni di lacrime. La fine di tutto. Gli amori violenti e passionali terminano allo stesso modo, lasciando desolazione e dolore a chi li ha sperimentati. Dei passi. Mi volto: è Lucilla.
Mi abbraccia: “Sei sicura?”.
Porto la mano alle labbra, tento di asciugare le gocce d’acqua sulle mie guance: “Si. Devo andare”.
E Cristiano?”, mi chiede premurosa.
Non ce la faccio Lucilla. Se ti chiede di me ancora, digli semplicemente che sono andata via. Che non ho mantenuto la promessa”: il mio cuore è dilaniato. Ma ora come ora so che questa è la scelta giusta. Ho bisogno di ritrovare me stessa.
Non si darà pace”: appoggia la schiena alla macchina.
Non è il solo”, rispondo, con tono triste.
Tenta di consolarmi: “Ti capisco. So che vuoi dire. Prenditi il tempo che ti serve…”. I miei singhiozzi disturbano il suo discorso: “Piccolina mia, non è colpa tua. Ora pensa a te, ma non negarti quest’amore. Magari se ci parlassi…”.
Scuoto la testa: “Non ci riesco. Addio Lucilla e grazie di tutto”.
Ci stringiamo ancora per un po’. Un bacio e un saluto. Entro in auto, posto guidatore. Accendo il motore e retromarcia. Parto, mi allontano da quella casa e da Lucilla, che mi osserva andar via. Il vento freddo scuote i suoi capelli e il cappotto scuro. Non dimenticherò mai quest’immagine e lei, che piu’ di ogni altro mi è stata accanto. Le sue parole, tuttavia, poco hanno avuto effetto su di me. Su quello che è rimasto di me.
Mi immetto sulla strada principale. Scruto per l’ultima volta il paesaggio non piu’estivo ma invernale. Gli alberi perdono foglie gialle e marroni, sono spogli. Niente piu’limoni, niente piu’arance. Niente piu’turisti, niente piu’mare, niente piu’ sole, niente piu’amore. Niente di niente, compreso i negozi ormai chiusi da tempo. La desolazione fa da padrona in questa piccola città, dalla quale amaramente mi separo. Varco una curva. Il cartello stradale mi indica che tra un paio di metri non sarò piu’ a Vietri. E allora caro paese addio per un ultima volta, tieniti di me il cuore, l’anima. Tieniti ciò che vuoi. L’amore, quello puro, l’hai portato via con te un paio di mesi fa.
 

NOTA DELL’AUTRICE
Ed eccoci ancora una volta insieme, io e voi, dopo la fine di un'altra mia storia. Forse la piu’bella ad esser sincera. Per quanto io abbia potuto amare Carlo e Lucia, Cristiano e Bianca li superano di gran lunga, per carattere e passionalità. Dall’epilogo si deduce che vi sarà un seguito, quindi, se volete, ci vediamo nella seconda parte, ove ci sarà una bella sorpresa per gli affezionati della famiglia Scala.
Aggiungo un ultima cosa, piu’ che altro una supplica: Cristiano? se ci sei ed esisti realmente, batti tre colpi alla mia porta, consapevole che una volta entrato mai piu’ uscirai ;)
Un bacio e grazie mille alle mie care lettrici e amiche…non ci sarebbe stata alcuna storia senza di voi!

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