The long way home di Sephora (/viewuser.php?uid=104260)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You are alone ***
Capitolo 2: *** Do you know that, didn't you? ***
Capitolo 3: *** Oliver ***
Capitolo 1 *** You are alone ***
Autrice:
Sephora.
Titolo
della storia: The long way home
Santa
beta: Lady
Aika
Genere:
angst, triste, romantico.
Rating:
giallo.
Avvertimenti:
raccolta,
flash!fic,
future!fic, SPOILER!
Fandom:
American horror story.
Personaggi:
Tate Langdon, Violet Harmon.
Sommario:
Dicono che ci si possa sentire a casa ovunque, se si
è con una
persona che si ama. Dicono che ci si possa sentire a casa
anche in una
villa maledetta, in cui sono stati consumati innumerevoli omicidi
–
anche se si è l'autore di molti degli omicidi in questione.
Però, la strada verso
casa diventa più lunga se hai messo incinta la madre
dell'unica
ragazza di cui ti importi qualcosa e, dulcis infundo, hai anche quasi
ucciso suo padre.
Ambientazione:
post 01x12, tiene conto del finale di stagione. Le flash sono in
ordine cronologico: la prima è ambientata pochi mesi dopo
Natale,
l'ultima diversi anni dopo l'omicidio della baby sitter.
Note
varie ed eventuali: ogni
flash si apre con una citazione. Alcune le ho trascritte mentre
guardavo la puntata – ho questa fissa, io XD –,
altre le ho prese
da questa
pagina (che consiglio caldamente a tutti gli appassionati di AHS),
mentre altre ancora le ho riportate a memoria, per cui nel caso ci
fossero imprecisioni è assolutamente tutta colpa mia e del
mio
cervellino da canarino.
La raccolta è
sostanzialmente incentrata sugli sviluppi futuri che quel gran
sadico/genio di Ryan Murphy ha pensato bene di ometterci. Tanto
meglio, così posso auto convincermi che tutte le Tate/Violet
che
trovo in giro siano assolutamente Canon.
La raccolta è composta
da esattamente dieci pure!flash, ovvero di esattamente 500 parole,
limite che mi sono auto imposta.
The
long way home
#1
– You are alone.
I'll
wait. Forever
If I hate to.
Ogni
tanto Tate passa
le giornate in camera di Violet. Senza il suo permesso, ovviamente,
e, a ben vedere, lo fa più di ogni tanto,
però lei non lo ha
mai scoperto – o almeno non ancora.
Rimane
in piedi, a
fissare l'armadio, i soliti maglioni abbandonati su una sedia, quel
paio di calzamaglie rosse che sbuca da sotto il letto.
Tate
va nella stanza di
Violet quando si sente solo, il che vuol dire che spende la sua
stupida esistenza da emarginato sociale tra quelle quattro mura.
È
un'abitudine un po' masochista, un po' stupida, eppure la porta
avanti con una meticolosità quasi maniacale.
Se ne sta lì per ore, fino a che non la sente salire le
scale;
allora aspetta il rumore della maniglia cigolante e si dissolve.
Alle
volte gli sembra
che Violet sappia tutto, ma non gli dica niente perché... Il
perché
non lo sa. Forse non ha la minima voglia di parlare con lui. Neanche
Tate, fosse in lei, ne avrebbe – e Tate è matto,
matto da legare a
sentire Ben. Psicopatico,
per essere
più tecnici.
Quando
Ben lo sorprende
mentre sta spiando Violet dalla finestra della cucina, gli urla
contro di starle lontano e lo spintona a terra. Da allora Tate non le
si è più avvicinato; non vuole litigare con Ben,
ha paura di fargli
male e peggiorare la propria situazione. Che poi basterebbe
una
sola sillaba da parte di Violet per farlo tornare da lei, Ben
contrario o meno, è tutta un'altra storia.
«Tate».
Quella
mattina Violet è
dietro di lui, a braccia conserte, con un cipiglio tutt'altro che
felice in volto. Resta immobile qualche secondo, prima di richiudere
in fretta la porta dietro di sé e girare la chiave nella
serratura.
Non
si è ancora
abituata alla morte, Violet. Forse perché nessuno l'ha
aiutata a
farlo, forse perché Tate non le ha insegnato tutti i piccoli
vantaggi che ha scoperto in vent'anni passati in quella casa quando
ne aveva l'occasione. Perché dovrebbe essere lui ad
insegnarglieli,
non Moira.
«Che
ci fai qui?»
chiede Violet. La sua voce è tagliente, come le lame che
nasconde in
quell'astuccio nero sotto al letto.
«Sei
sola» mormora
Tate, un po' a mo' di giustificazione, un po' di più come
constatazione. «È colpa mia».
«Dio,
Tate, non voglio
che tu uccida un ragazzo per me come stavi...»
«Aveva
detto che eri
strana!» Tate muove un passo verso di lei, incerto,
zoppicante. È
come se lo scricchiolio del parquet sia un allarme: “stai
sorpassando la zona vietata, se esageri uscirà da quella
porta e non
ci parlerai più per altri sei mesi”.
«Ero arrabbiato»
aggiunge, fermandosi accanto al letto.
Violet
socchiude appena
le labbra e si passa le dita tra i capelli, distendendo le palpebre,
la fronte, le labbra; poi apre il cassetto del comodino e prende una
pallina di gommapiuma.
«Quando
ti arrabbi,
stringi questa al posto di uccidere. Per favore» dice piano,
lanciandogliela prima di scomparire.
Tate
rimane solo, a
fissare il punto in cui Violet si è dissolta. Evidentemente
qualcuno
glieli stava insegnando, quei vantaggi.
Dannata
Moira.
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Capitolo 2 *** Do you know that, didn't you? ***
Autrice:
Sephora.
Titolo
della storia: The long way home
Santa
beta: Lady
Aika
Genere:
angst, triste, romantico.
Rating:
giallo.
Avvertimenti:
raccolta,
flash!fic,
future!fic, SPOILER!
Fandom:
American horror story.
Personaggi:
Tate Langdon, Violet Harmon.
Sommario:
Dicono che ci si possa sentire a casa ovunque, se si
è con una
persona che si ama. Dicono che ci si possa sentire a casa
anche in una
villa maledetta, in cui sono stati consumati innumerevoli omicidi
–
anche se si è l'autore di molti degli omicidi in questione.
Però, la strada verso
casa diventa più lunga se hai messo incinta la madre
dell'unica
ragazza di cui ti importi qualcosa e, dulcis infundo, hai anche quasi
ucciso suo padre.
Ambientazione:
post 01x12, tiene conto del finale di stagione. Le flash sono in
ordine cronologico: la prima è ambientata pochi mesi dopo
Natale,
l'ultima diversi anni dopo l'omicidio della baby sitter.
Note
varie ed eventuali: ogni
flash si apre con una citazione. Alcune le ho trascritte mentre
guardavo la puntata – ho questa fissa, io XD –,
altre le ho prese
da questa
pagina (che consiglio caldamente a tutti gli appassionati di AHS),
mentre altre ancora le ho riportate a memoria, per cui nel caso ci
fossero imprecisioni è assolutamente tutta colpa mia e del
mio
cervellino da canarino.
La raccolta è
sostanzialmente incentrata sugli sviluppi futuri che quel gran
sadico/genio di Ryan Murphy ha pensato bene di ometterci. Tanto
meglio, così posso auto convincermi che tutte le Tate/Violet
che
trovo in giro siano assolutamente Canon.
La raccolta è composta
da esattamente dieci pure!flash, ovvero di esattamente 500 parole,
limite che mi sono auto imposta.
The
long way home
#2
– Do you know
that, didn't you?
You
died loved.
Ben
seppellisce il
corpo di Violet una notte, in aprile inoltrato, senza dire niente
né
alla signora Harmon, né, tanto meno, a Violet stessa.
Tate
ricorda tutto di
quel pomeriggio. La ceramica viscida e scivolosa,
l'acqua
calda, le urla. Tutto. Sopra ogni altra cosa,
però, ricorda
che, per un solo attimo, ha desiderato che Violet morisse per
davvero. Forse è stata quell'incertezza, quei pochi secondi
in più
che ha impiegato a metterle le dita in gola ad averla uccisa. O forse
no, forse le cose dovevano semplicemente andare così; forse
è
scritto da qualche parte che Tate deve innamorarsi di una ragazza
destinata a morire suicida, tra le sue braccia, nel bagno di una casa
maledetta. Osservato da questo punto di vista, tutto acquista una
sfumatura più romantica. Un poco macabra, certo, ma pur
sempre
romantica.
Quando
Ben finisce di
colmare di terra la fossa di sua figlia, Tate lo vede trasportare
qualcosa in un sacco, qualcosa di ingombrante e che ha l'aria di
essere anche piuttosto pesante. Dopo aver scavato la buca per il
disinfestatore, Ben si volta verso Tate, con uno sguardo
indecifrabile in volto.
Tate
ha sempre avuto
difficoltà a capire quello che le persone pensano, ma
è quasi
sicuro che, per una volta, Ben non è arrabbiato.
Oltre
alla stanza di
Violet, Tate prende d'assedio anche quel che rimane del gazebo
–
chissà per quale assurdo motivo Hayden l'ha fatto a pezzi
con
un'accetta.
Una
mattina trova
Violet accasciata contro il tronco di un albero, che stringe le
ginocchia al petto, e ci impiega un po' a capire che sta fissando
proprio quel punto.
«So
di essere sepolta
qui» dice non appena si accorge di lui, senza distogliere gli
occhi
dalle terra ancora smossa.
Tate
abbassa lo sguardo
e le si siede accanto, arricciando appena le labbra. «Avrei
dovuto
dirtelo?»
«Penso
di no».
Violet
tace per qualche
minuto, limitandosi a dondolarsi sulle punte dei piedi e sui talloni.
«Raccontami
cosa è
successo quando... Insomma, hai capito» sussurra infine, con
la voce
strozzata e la cadenza titubante di chi non è convinto di
voler
ascoltare la risposta.
«No»
sibila
immediatamente Tate. «No, no, no, Violet. Non voglio farti
del
male».
«Te
lo sto chiedendo
io».
«Oh,
Violet, io...»
«Tate».
Violet si
passa una mano tra i capelli, grugnendo qualcosa, e prende dalla
tasca un pacchetto di sigarette. Paradossalmente da quando non si
deve più preoccupare di cancro, arterie e polmoni fuma
più di rado.
«Avanti».
Tate
la fissa a lungo,
poi le afferra rapidamente la mano – non sa se è
la sua ad essere
tiepida o la propria ad esser fredda – e la stringe al grembo.
«In
mezzo a tutte
quelle lacrime, a tutta quella tristezza... Tu eri amata, Violet.
Amata da me, per cui non so quanto – e se – valga,
ma... non eri
sola. Non sei sola». Le carezza il dorso
col pollice,
lentamente, leggermente, allentando un poco la presa. «Questo
lo
sai, vero?»
Prima
di andarsene,
Violet ricambia appena la stretta.
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Capitolo 3 *** Oliver ***
Autrice: Sephora.
Titolo della storia: The
long way home
Santa beta: Lady
Aika
Genere: angst,
triste, romantico.
Rating: giallo.
Avvertimenti: raccolta, flash!fic,
future!fic, SPOILER!
Fandom: American
horror story.
Personaggi: Tate
Langdon, Violet Harmon.
Sommario: Dicono
che ci si possa sentire a casa ovunque, se si è con una
persona che si ama. Dicono che ci si possa sentire a casa anche in una
villa maledetta, in cui sono stati consumati innumerevoli omicidi
– anche se si è l'autore di molti degli omicidi in
questione.
Però, la strada verso casa diventa più lunga se
hai messo incinta la madre dell'unica ragazza di cui ti importi
qualcosa e, dulcis infundo, hai anche quasi ucciso suo padre.
Ambientazione: post
01x12, tiene conto del finale di stagione. Le flash sono in ordine
cronologico: la prima è ambientata pochi mesi dopo Natale,
l'ultima diversi anni dopo l'omicidio della baby sitter.
Note
varie ed eventuali: ogni flash si apre con una
citazione. Alcune le ho trascritte mentre guardavo la puntata
– ho questa fissa, io XD –, altre le ho prese da questa pagina
(che consiglio caldamente a tutti gli appassionati di AHS), mentre
altre ancora le ho riportate a memoria, per cui nel caso ci fossero
imprecisioni è assolutamente tutta colpa mia e del mio
cervellino da canarino.
La raccolta è sostanzialmente incentrata sugli sviluppi
futuri che quel gran sadico/genio di Ryan Murphy ha pensato bene di
ometterci. Tanto meglio, così posso auto convincermi che
tutte le Tate/Violet che trovo in giro siano assolutamente Canon.
La raccolta è composta da esattamente dieci pure!flash,
ovvero di esattamente 500 parole, limite che mi sono auto imposta.
EDIT: ci tengo molto
a ringraziare tutte le gentilissime ragazze che stanno commentando: un
grazie di cuore. Considerando che il fandom è, purtroppo,
poco popolato, non me le aspettavo proprio XD Purtroppo oggi non riesco
a rispondervi, francese mi reclama a gran voce (con tanto di erre
moscia). Però ci tengo comunque a pubblicare,
perché so già che, sbadata come sono, se aspetto
ancora un po' me ne dimenticherò senz'altro. Già,
mi chiamano memoria d'elefante di solito.
The long way home
#3
– Oliver
Check
this out! I
think gay porn is hot.
Patrick
e Chad si
lasciano e rimettono insieme con la frequenza che più
aggrada
quest'ultimo: in alcuni periodi, quando Patrick sembra più
incline
ad assecondare le sue manie di ristrutturazione, Chad si dimentica
quasi dei loro trascorsi; in altri... beh, è meglio evitarli
scrupolosamente se non si vuole rimanere coinvolti in una delle loro
tanti liti, costernate da urla isteriche e da quello che Hayden
chiama il lancio del soprammobile.
Questa
routine si
ripete fino a che non si trasferisce in casa Oliver, cognome ignoto e
jeans attillati. Ha la voce stridula, sottile, la esse strascicata e
la erre moscia: è, decreta Chad – più
che per il tono di voce,
per le riviste di uomini nudi che l'ha visto riporre nel comodino
–,
sicuramente gay. Prima che Ben o Vivien possano impedirlo, Oliver
cade accidentalmente giù dalle scale, e
il suo nome si
aggiunge alla lista delle vittime che Marcy fa di tutto per
occultare.
Il
trapasso di Oliver,
oltre a segnare la fine di urla nel cuore della notte e del lancio
del soprammobile, costringe gran parte dei fantasmi che
abitano
lo scantinato a trovarsi temporaneamente un altro posto dove stare,
perché Chad e la sua nuova fiamma vogliono ristrutturarlo.
«Mi
piace questo
bagno. Ha un non so che di evocativo...»
Tate,
dal canto suo,
non ha più gli occhi pesti e il portamento di un condannato
al
patibolo da qualche settimana; più o meno da quando ha
capito di
poter rimanere per qualche minuto nella stessa stanza con Violet
senza che lei gli imprechi contro. Ma solo qualche minuto.
«Chiudi
immediatamente
la porta, se i miei ti beccano qui sono morta» rimbrotta
Violet, a
bassa voce. «Cioè, si fa per dire».
«Vieni
spesso qui».
«Nessuno
vuole stare
al cesso, così...»
«Vuoi
rimanere sola?»
«Sì».
«Vuoi
che me ne vada?»
«Come
posso stare sola
in compagnia?»
Tate
scivola lungo le
piastrelle, distendendo le gambe fino a sfiorare coi piedi la parete.
«Io sono stato solo per anni
–
decenni –,
dopo un po' ci si stanca».
Violet
si volta
lentamente, puntellandosi con le braccia sul bordo del lavabo.
«Io...
io non so quel che faccio. Tate, lo sai: non dovresti essere qui.
Stare con te mi fa star male! Non riesco a guardarti senza...»
«Dio,
Violet!» Tate si passa le mani sul viso, premendo le dita
contro le
tempie. Tate sa, ma non capisce.
«Io ti amo, non m'importa se a giorni alterni mi vorrai
vedere o mi
detesterai, non... non me ne fotte niente del resto: tu sei la cosa
migliore che mi sia mai capitata. Tu mi ami, lo
so,
me l'hai detto! Perché non possiamo solo
smetterla?»
Violet
abbassa lo
sguardo sino a sfiorarsi la gola col mento. «Ci sono dei
momenti in
cui non sai quanto vorrei che fosse così semplice,
Tate».
Tate
si alza,
incespicando un po' – quando piange fa così - e le tocca una spalla
con
la punta dei polpastrelli. «È tutto nelle tue
mani, Violet. Io
sono nelle tue mani».
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