The long way home

di Sephora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You are alone ***
Capitolo 2: *** Do you know that, didn't you? ***
Capitolo 3: *** Oliver ***



Capitolo 1
*** You are alone ***



Autrice:
Sephora.
Titolo della storia: The long way home
Santa beta: Lady Aika
Genere: angst, triste, romantico.
Rating: giallo.
Avvertimenti: raccolta, flash!fic, future!fic, SPOILER!
Fandom: American horror story.
Personaggi: Tate Langdon, Violet Harmon.
Sommario: Dicono che ci si possa sentire a casa ovunque, se si è con una persona che si ama. Dicono che ci si possa sentire a casa anche in una villa maledetta, in cui sono stati consumati innumerevoli omicidi – anche se si è l'autore di molti degli omicidi in questione. 
Però, la strada verso casa diventa più lunga se hai messo incinta la madre dell'unica ragazza di cui ti importi qualcosa e, dulcis infundo, hai anche quasi ucciso suo padre.
Ambientazione: post 01x12, tiene conto del finale di stagione. Le flash sono in ordine cronologico: la prima è ambientata pochi mesi dopo Natale, l'ultima diversi anni dopo l'omicidio della baby sitter. 
Note varie ed eventuali: ogni flash si apre con una citazione. Alcune le ho trascritte mentre guardavo la puntata – ho questa fissa, io XD –, altre le ho prese da questa pagina (che consiglio caldamente a tutti gli appassionati di AHS), mentre altre ancora le ho riportate a memoria, per cui nel caso ci fossero imprecisioni è assolutamente tutta colpa mia e del mio cervellino da canarino.
La raccolta è sostanzialmente incentrata sugli sviluppi futuri che quel gran sadico/genio di Ryan Murphy ha pensato bene di ometterci. Tanto meglio, così posso auto convincermi che tutte le Tate/Violet che trovo in giro siano assolutamente Canon.
La raccolta è composta da esattamente dieci pure!flash, ovvero di esattamente 500 parole, limite che mi sono auto imposta.













The long way home






#1 – You are alone.






I'll wait. Forever If I hate to.









Ogni tanto Tate passa le giornate in camera di Violet. Senza il suo permesso, ovviamente, e, a ben vedere, lo fa più di ogni tanto, però lei non lo ha mai scoperto – o almeno non ancora.

Rimane in piedi, a fissare l'armadio, i soliti maglioni abbandonati su una sedia, quel paio di calzamaglie rosse che sbuca da sotto il letto.

Tate va nella stanza di Violet quando si sente solo, il che vuol dire che spende la sua stupida esistenza da emarginato sociale tra quelle quattro mura. È un'abitudine un po' masochista, un po' stupida, eppure la porta avanti con una meticolosità quasi maniacale. Se ne sta lì per ore, fino a che non la sente salire le scale; allora aspetta il rumore della maniglia cigolante e si dissolve.

Alle volte gli sembra che Violet sappia tutto, ma non gli dica niente perché... Il perché non lo sa. Forse non ha la minima voglia di parlare con lui. Neanche Tate, fosse in lei, ne avrebbe – e Tate è matto, matto da legare a sentire Ben. Psicopatico, per essere più tecnici.

Quando Ben lo sorprende mentre sta spiando Violet dalla finestra della cucina, gli urla contro di starle lontano e lo spintona a terra. Da allora Tate non le si è più avvicinato; non vuole litigare con Ben, ha paura di fargli male e peggiorare la propria situazione. Che poi basterebbe una sola sillaba da parte di Violet per farlo tornare da lei, Ben contrario o meno, è tutta un'altra storia.

«Tate».

Quella mattina Violet è dietro di lui, a braccia conserte, con un cipiglio tutt'altro che felice in volto. Resta immobile qualche secondo, prima di richiudere in fretta la porta dietro di sé e girare la chiave nella serratura.

Non si è ancora abituata alla morte, Violet. Forse perché nessuno l'ha aiutata a farlo, forse perché Tate non le ha insegnato tutti i piccoli vantaggi che ha scoperto in vent'anni passati in quella casa quando ne aveva l'occasione. Perché dovrebbe essere lui ad insegnarglieli, non Moira.

«Che ci fai qui?» chiede Violet. La sua voce è tagliente, come le lame che nasconde in quell'astuccio nero sotto al letto.

«Sei sola» mormora Tate, un po' a mo' di giustificazione, un po' di più come constatazione. «È colpa mia».

«Dio, Tate, non voglio che tu uccida un ragazzo per me come stavi...»

«Aveva detto che eri strana!» Tate muove un passo verso di lei, incerto, zoppicante. È come se lo scricchiolio del parquet sia un allarme: “stai sorpassando la zona vietata, se esageri uscirà da quella porta e non ci parlerai più per altri sei mesi”. «Ero arrabbiato» aggiunge, fermandosi accanto al letto.

Violet socchiude appena le labbra e si passa le dita tra i capelli, distendendo le palpebre, la fronte, le labbra; poi apre il cassetto del comodino e prende una pallina di gommapiuma.

«Quando ti arrabbi, stringi questa al posto di uccidere. Per favore» dice piano, lanciandogliela prima di scomparire.

Tate rimane solo, a fissare il punto in cui Violet si è dissolta. Evidentemente qualcuno glieli stava insegnando, quei vantaggi.


Dannata Moira.




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Capitolo 2
*** Do you know that, didn't you? ***



Autrice:
Sephora.
Titolo della storia: The long way home
Santa beta: Lady Aika
Genere: angst, triste, romantico.
Rating: giallo.
Avvertimenti: raccolta, flash!fic, future!fic, SPOILER!
Fandom: American horror story.
Personaggi: Tate Langdon, Violet Harmon.
Sommario: Dicono che ci si possa sentire a casa ovunque, se si è con una persona che si ama. Dicono che ci si possa sentire a casa anche in una villa maledetta, in cui sono stati consumati innumerevoli omicidi – anche se si è l'autore di molti degli omicidi in questione. 
Però, la strada verso casa diventa più lunga se hai messo incinta la madre dell'unica ragazza di cui ti importi qualcosa e, dulcis infundo, hai anche quasi ucciso suo padre.
Ambientazione: post 01x12, tiene conto del finale di stagione. Le flash sono in ordine cronologico: la prima è ambientata pochi mesi dopo Natale, l'ultima diversi anni dopo l'omicidio della baby sitter. 
Note varie ed eventuali: ogni flash si apre con una citazione. Alcune le ho trascritte mentre guardavo la puntata – ho questa fissa, io XD –, altre le ho prese da questa pagina (che consiglio caldamente a tutti gli appassionati di AHS), mentre altre ancora le ho riportate a memoria, per cui nel caso ci fossero imprecisioni è assolutamente tutta colpa mia e del mio cervellino da canarino.
La raccolta è sostanzialmente incentrata sugli sviluppi futuri che quel gran sadico/genio di Ryan Murphy ha pensato bene di ometterci. Tanto meglio, così posso auto convincermi che tutte le Tate/Violet che trovo in giro siano assolutamente Canon.
La raccolta è composta da esattamente dieci pure!flash, ovvero di esattamente 500 parole, limite che mi sono auto imposta.













The long way home






#2 – Do you know that, didn't you?






You died loved.









Ben seppellisce il corpo di Violet una notte, in aprile inoltrato, senza dire niente né alla signora Harmon, né, tanto meno, a Violet stessa.

Tate ricorda tutto di quel pomeriggio. La ceramica viscida e scivolosa, l'acqua calda, le urla. Tutto. Sopra ogni altra cosa, però, ricorda che, per un solo attimo, ha desiderato che Violet morisse per davvero. Forse è stata quell'incertezza, quei pochi secondi in più che ha impiegato a metterle le dita in gola ad averla uccisa. O forse no, forse le cose dovevano semplicemente andare così; forse è scritto da qualche parte che Tate deve innamorarsi di una ragazza destinata a morire suicida, tra le sue braccia, nel bagno di una casa maledetta. Osservato da questo punto di vista, tutto acquista una sfumatura più romantica. Un poco macabra, certo, ma pur sempre romantica.

Quando Ben finisce di colmare di terra la fossa di sua figlia, Tate lo vede trasportare qualcosa in un sacco, qualcosa di ingombrante e che ha l'aria di essere anche piuttosto pesante. Dopo aver scavato la buca per il disinfestatore, Ben si volta verso Tate, con uno sguardo indecifrabile in volto.

Tate ha sempre avuto difficoltà a capire quello che le persone pensano, ma è quasi sicuro che, per una volta, Ben non è arrabbiato.



Oltre alla stanza di Violet, Tate prende d'assedio anche quel che rimane del gazebo – chissà per quale assurdo motivo Hayden l'ha fatto a pezzi con un'accetta.

Una mattina trova Violet accasciata contro il tronco di un albero, che stringe le ginocchia al petto, e ci impiega un po' a capire che sta fissando proprio quel punto.

«So di essere sepolta qui» dice non appena si accorge di lui, senza distogliere gli occhi dalle terra ancora smossa.

Tate abbassa lo sguardo e le si siede accanto, arricciando appena le labbra. «Avrei dovuto dirtelo?»

«Penso di no».

Violet tace per qualche minuto, limitandosi a dondolarsi sulle punte dei piedi e sui talloni.

«Raccontami cosa è successo quando... Insomma, hai capito» sussurra infine, con la voce strozzata e la cadenza titubante di chi non è convinto di voler ascoltare la risposta.

«No» sibila immediatamente Tate. «No, no, no, Violet. Non voglio farti del male».

«Te lo sto chiedendo io».

«Oh, Violet, io...»

«Tate». Violet si passa una mano tra i capelli, grugnendo qualcosa, e prende dalla tasca un pacchetto di sigarette. Paradossalmente da quando non si deve più preoccupare di cancro, arterie e polmoni fuma più di rado. «Avanti».

Tate la fissa a lungo, poi le afferra rapidamente la mano – non sa se è la sua ad essere tiepida o la propria ad esser fredda – e la stringe al grembo.

«In mezzo a tutte quelle lacrime, a tutta quella tristezza... Tu eri amata, Violet. Amata da me, per cui non so quanto – e se – valga, ma... non eri sola. Non sei sola». Le carezza il dorso col pollice, lentamente, leggermente, allentando un poco la presa. «Questo lo sai, vero?»

Prima di andarsene, Violet ricambia appena la stretta.




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Capitolo 3
*** Oliver ***


Autrice: Sephora.
Titolo della storia: The long way home
Santa beta: Lady Aika
Genere: angst, triste, romantico.
Rating: giallo.
Avvertimenti: raccolta, flash!fic, future!fic, SPOILER!
Fandom: American horror story.
Personaggi: Tate Langdon, Violet Harmon.
Sommario: Dicono che ci si possa sentire a casa ovunque, se si è con una persona che si ama. Dicono che ci si possa sentire a casa anche in una villa maledetta, in cui sono stati consumati innumerevoli omicidi – anche se si è l'autore di molti degli omicidi in questione. 
Però, la strada verso casa diventa più lunga se hai messo incinta la madre dell'unica ragazza di cui ti importi qualcosa e, dulcis infundo, hai anche quasi ucciso suo padre.
Ambientazione: post 01x12, tiene conto del finale di stagione. Le flash sono in ordine cronologico: la prima è ambientata pochi mesi dopo Natale, l'ultima diversi anni dopo l'omicidio della baby sitter. 
Note varie ed eventuali: ogni flash si apre con una citazione. Alcune le ho trascritte mentre guardavo la puntata – ho questa fissa, io XD –, altre le ho prese da questa pagina (che consiglio caldamente a tutti gli appassionati di AHS), mentre altre ancora le ho riportate a memoria, per cui nel caso ci fossero imprecisioni è assolutamente tutta colpa mia e del mio cervellino da canarino.
La raccolta è sostanzialmente incentrata sugli sviluppi futuri che quel gran sadico/genio di Ryan Murphy ha pensato bene di ometterci. Tanto meglio, così posso auto convincermi che tutte le Tate/Violet che trovo in giro siano assolutamente Canon.
La raccolta è composta da esattamente dieci pure!flash, ovvero di esattamente 500 parole, limite che mi sono auto imposta.

EDIT: ci tengo molto a ringraziare tutte le gentilissime ragazze che stanno commentando: un grazie di cuore. Considerando che il fandom è, purtroppo, poco popolato, non me le aspettavo proprio XD Purtroppo oggi non riesco a rispondervi, francese mi reclama a gran voce (con tanto di erre moscia). Però ci tengo comunque a pubblicare, perché so già che, sbadata come sono, se aspetto ancora un po' me ne dimenticherò senz'altro. Già, mi chiamano memoria d'elefante di solito.













The long way home








#3 – Oliver






Check this out! I think gay porn is hot.






Patrick e Chad si lasciano e rimettono insieme con la frequenza che più aggrada quest'ultimo: in alcuni periodi, quando Patrick sembra più incline ad assecondare le sue manie di ristrutturazione, Chad si dimentica quasi dei loro trascorsi; in altri... beh, è meglio evitarli scrupolosamente se non si vuole rimanere coinvolti in una delle loro tanti liti, costernate da urla isteriche e da quello che Hayden chiama il lancio del soprammobile.

Questa routine si ripete fino a che non si trasferisce in casa Oliver, cognome ignoto e jeans attillati. Ha la voce stridula, sottile, la esse strascicata e la erre moscia: è, decreta Chad – più che per il tono di voce, per le riviste di uomini nudi che l'ha visto riporre nel comodino –, sicuramente gay. Prima che Ben o Vivien possano impedirlo, Oliver cade accidentalmente giù dalle scale, e il suo nome si aggiunge alla lista delle vittime che Marcy fa di tutto per occultare.

Il trapasso di Oliver, oltre a segnare la fine di urla nel cuore della notte e del lancio del soprammobile, costringe gran parte dei fantasmi che abitano lo scantinato a trovarsi temporaneamente un altro posto dove stare, perché Chad e la sua nuova fiamma vogliono ristrutturarlo.

«Mi piace questo bagno. Ha un non so che di evocativo...»

Tate, dal canto suo, non ha più gli occhi pesti e il portamento di un condannato al patibolo da qualche settimana; più o meno da quando ha capito di poter rimanere per qualche minuto nella stessa stanza con Violet senza che lei gli imprechi contro. Ma solo qualche minuto.

«Chiudi immediatamente la porta, se i miei ti beccano qui sono morta» rimbrotta Violet, a bassa voce. «Cioè, si fa per dire».

«Vieni spesso qui».

«Nessuno vuole stare al cesso, così...»

«Vuoi rimanere sola?»

«Sì».

«Vuoi che me ne vada?»

«Come posso stare sola in compagnia?»

Tate scivola lungo le piastrelle, distendendo le gambe fino a sfiorare coi piedi la parete. «Io sono stato solo per anni – decenni –, dopo un po' ci si stanca».

Violet si volta lentamente, puntellandosi con le braccia sul bordo del lavabo. «Io... io non so quel che faccio. Tate, lo sai: non dovresti essere qui. Stare con te mi fa star male! Non riesco a guardarti senza...»

«Dio, Violet!» Tate si passa le mani sul viso, premendo le dita contro le tempie. Tate sa, ma non capisce. «Io ti amo, non m'importa se a giorni alterni mi vorrai vedere o mi detesterai, non... non me ne fotte niente del resto: tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata. Tu mi ami, lo so, me l'hai detto! Perché non possiamo solo smetterla?»

Violet abbassa lo sguardo sino a sfiorarsi la gola col mento. «Ci sono dei momenti in cui non sai quanto vorrei che fosse così semplice, Tate».

Tate si alza, incespicando un po' – quando piange fa così - e le tocca una spalla con la punta dei polpastrelli. «È tutto nelle tue mani, Violet. Io sono nelle tue mani».









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