like a skyscraper

di hersweetsmile_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** your heart returns my call ***
Capitolo 3: *** make it true? ***
Capitolo 4: *** it has been in the past for too much time ***
Capitolo 5: *** it's good to hear your voice, hope you're doing fine ***
Capitolo 6: *** let problems go away, please. ***
Capitolo 7: *** am I dreaming? ***
Capitolo 8: *** this isn't someone else's dream, finally ***
Capitolo 9: *** nothing's gonna change destiny ***
Capitolo 10: *** we could laugh forever ***
Capitolo 11: *** our night, like you like. ***
Capitolo 12: *** how to save a life. ***
Capitolo 13: *** 'cause baby you're a firework ***



Capitolo 1
*** prologo ***


                                                                                                             Prologo                                     

 scarlett         

Arrivò una telefonata, proprio nel bel mezzo dell’esame di maturità. Chiunque fosse, doveva sapere che appena Scarlet sarebbe uscita da quella prigione e sfuggita alle occhiate fulminanti dei professori, si sarebbe vendicata, e anche molto. Scarlett non era cattiva, anzi era il contrario. Fino a quel momento era andata alla grande, e i professori erano rimasti davvero colpiti. Finì la presentazione sull’Africa e corse fuori dall’istituto.                                                                        

La chiamata era di Annabeth, la sua migliore amica.  Amava quella ragazza,  le rendeva le giornate migliori e quando era con lei non c’era modo di evitare di ridere. Questo era l’aspetto più bello.          

La chiamò. La ragazza rispose subito ansimando faticosamente, il rumore del suo respiro inondava Scarlet di preoccupazione.                                                                                                                                                                                                                                         
«Cosa sta succedendo? Ann rispondimi» rispose la ragazza riparandosi dal vento autunnale con una mano sulla fronte.                                                                                          
«Santissimi Numi, oddio Scarlet, sto tremando non riesco a parlare, Scarlett» l’amica respirava forte e non riusciva a spiegare una sola parola.                                          
«Ann devi dirmi cosa succede, ti posso aiutare, davvero.» Scarlett cominciava ad agitarsi sul serio,  camminava velocemente avanti e indietro per il parcheggio del liceo.                                                                                                                                                     

«No, non puoi aiutarmi. E appena te lo dirò impazzirai.»                                                         

«Se vuoi saperlo, sto impazzendo già adesso. Calmati e dimmi questa benedetta cosa.» Scarlett si stava innervosendo, e non poco.                                                                                                                                                                                                                                                

«Jen, si tratta di Jen» cominciò finalmente a dare qualche indizio, «Lei, lei è.. è… è in aereo, lei domani sarà a Richmond, qui a Richmond. Dove viviamo noi, dove viviamo noi».                                                                                                                                          

Scarlett rimase immobile. Poi qualche secondo più tardi le sue urla di gioia attirarono un gruppo di studenti seduti sul prato e i professori dalle aule. Riprese in mano il telefono e si rivolse ad Annabeth «Non ci credo, non ci posso credere. Questo è il giorno più bello della mia vita, il mio idolo verrà nella mia città, nella nostra città. Jennifer Love Hewitt verrà nella nostra città».


         

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Capitolo 2
*** your heart returns my call ***


WHY DOES MY SOUL FEEL ALONE TODAY?
Una settimana prima, Scarlett, Richmond.
Scarlett non aveva voglia di alzarsi quella domenica mattina, un po' perchè novembre rendeva tutto più grigio e irritante, ma soprattutto perchè quello sarebbe stato uno dei giorni più brutti della sua vita. 
Una ciocca dorata le scivolò sulla guancia, sbadigliò e infilò le pantofole a forma di coniglio che teneva sul tappeto. 

«Buongiorno Sam» disse accarezzando il dorso del suo pastore tedesco che sonnecchiava ai piedi del suo letto. 
Accese il cellulare e mandò un sms ad Annabeth per augurarle una buona giornata e proporle di vedersi il pomeriggio. Intanto sperava che sua madre non la chiamasse mai per salutare suo padre, voleva fermare il tempo, voleva avere altre occasioni per dimostrargli quanto amasse e quanto fosse disposta ad aiutarlo. Ma sapeva, sapeva che suo padre dopo quel giorno non sarebbe più tornato. Era passato un mese da quando gli era stato diagnosticato il tumore al fegato e solo un giorno da quando aveva deciso di partire per New York per curarsi meglio. 
Aveva poco da vivere, davvero poco e Scarlett aveva desiderato che suo padre decidesse di passare quel poco tempo con lei, ma era anche felice che andasse in qualche ospedale dove aveva un minimo di speranza di sopravvivenza. Il loro medico aveva esplicitamente detto che doveva, doveva morire, non c'era salvezza nè cure per quel suo cancro particolare, solo che suo padre, Ritchard Honson non si dava per vinta. 
Le scese una lacrima. Suo padre c'era sempre stato, quando era sola, quando aveva bisogno di lui o di un suo abbraccio, sempre. Non aveva mai sottovalutato la sua presenza, si sentiva fortunata ad averlo accanto e non poteva credere che stesse per lasciarla per sempre.

«Scarlett, fa presto! Vieni di sotto e saluta tuo padre!»  sua madre si mostrava fredda quando parlavano di lui, ma l'aveva sentita piangere tante volte la sera. Davvero tante volte. 
Prese un golfino color pesca e scese giù per le scale, si fermò sull'ultimo gradino. Suo padre stava prendendo le valigie, lo osservò a lungo. Osservò suoi capelli castani spettinati, che continuavano a cadere dopo la chemioterapia, gli occhi blu luminosi come l'oceano, le labbra increspate, il corpo fragile, che solo poco tempo fa era robusto e forte.                                 

«Ciao piccola» l'uomo le rivolse un sorriso triste, prendendo l'ultima valigia per terra. Scarlett gli corse incontro e lo abbracciò dolcemente per paura di fargli del male, affondò il suo viso nella sua camicia e respirò profondamente, «Ciao papà».
Maledizione, non voleva, non voleva lasciarlo andare. Voleva solo tornare indietro, voleva che tutto tornasse come prima.                                                                                                   
«Dai accompagnami fino all'auto» le disse il padre dopo aver indossato il cappotto. 
Scarlett lo prese per mano e con l'altra prese un borsone che le passò sua madre. 
Uscirono tutti e tre fuori, ognuno pensando a qualcosa di diverso.
La madre di Scarlett baciò il marito e poi corse dentro singhiozzando.
Mentre la ragazza accompagnò suo padre fino alla porsche dove William, l'autista discuteva con qualcuno al telefono. 
Si fermarono sul gradino del vialetto, Scarlett aveva gli occhi pieni di lacrime e fissava il vuoto, trattenendosi dal piangere. Non voleva rattristare suo padre ancora di più. Lui scese il gradino e le baciò il palmo della mano.
«Addio papà» mormorò la ragazza con un filo di voce.
«Non è un addio, tesoro. Ce la faremo. Un giorno mi vedrai ritornare sul vialetto con le mie valigie, mi vedrai sorridere e rinizieremo daccapo, dimenticando tutto quanto».
«vorrei dimenticarlo adesso, così da pensare che stai andando solo al lavoro e sarai qui dopo pranzo».
«Tu andrai avanti con la tua vita e sarai felice, io rimarrò nel tuo cuore e se avrai bisogno di me, non dovrai fare altro che pensarmi. Sei mia figlia, non ti dimenticherò mai. Salutami la mamma, vi chiamerò almeno un milione di volte al giorno»
 sorrise lui. 
Le lasciò la mano e fece cenno all'autista di accendere il motore. Chiuse la portiera e la osservò dal finestrino, disegnando un cuore sul vetro e mandandole un bacio. L'auto sfrecciò via, come se volesse lasciarsi tutto dietro e non pensare a cosa aveva perso.  Scarlett rimase sul vialetto, si sedette sul gradino e poggiò la testa sulle ginocchia piegate sul petto. Era accaduto tutto troppo in fretta, aveva avuto diciotto anni per stare con suo padre, e ora non le sembrava abbastanza quello che aveva vissuto con lui, le sarebbe mancato troppo. 

 - - - - - - - - - - - - - - - - - 

Jennifer, Los Angeles.
Mentre a Richmond erano le undici di una giornata grigia di novembre, a Los Angeles erano solo le otto e il sole penetrava dalle fessure della finestra. L'appartamento sulla Toluca Lake Avenue, era molto luminoso, nè grandissimo nè piccolo. Si entrava da un cancello di legno scuro e seguendo un vialetto d'erba, si arrivava alla porta principale. Jennifer decise che sarebbe uscita più tardi, odiava essere fotografata a quell'ora del mattino. 
Dannati paparazzi che la seguivano dappertutto; poteva essere anche divertente per un certo tempo, ma poi diventava irritante. 
Si fece una doccia veloce e indossò una tuta azzurra, e delle scarpe da ginnastica. Era pronta per l'allenamento.  Prima però si rilassò sul divano, con una tazza di caffè fumante in mano. Amava il caffè. 
«Jennifer Love Hewitt» «Jennifer» «Hey Jennifer» «JLove Come on» i tizi che urlavano fuori casa non erano un bel modo di cominciare la giornata, ma quello era il suo lavoro, era un'attrice di Hollywood e le piaceva. Gli aspetti negativi ci saranno sempre, in qualunque cosa. Quella mattina era leggermente diversa dalle altre, aveva un importante incontro agli Universal Studios, per girare delle scene di un film a Richmond. Non c'era mai stata prima d'ora ed era un'occasione per godersi il paesaggio e respirare aria nuova.  Afferrò gli occhiali da sole, le chiavi e il telefono e le mise in tasca. Uscì velocemente sorridendo ai paparazzi. 
Quei flash erano accecanti. Indossò gli occhiali e si diresse verso la sua macchina salutando tutti.
«Ciao ragazzi, grazie. Sì grazie mille. Sto bene. Grazie. Vi amo anche io. Grazie» sorrise nuovamente vedendo Jarod davanti alla sua macchina. 
Jarod era il suo ragazzo da giugno e andavano d'accordo, non aveva ancora le idee chiare su di lui ma le diffondeva allegria. 
«Hey baby, dormito bene? Dove vai?» le chiese stampandole un piccolo bacio.
«Beh, sai com'è. Allenamento, meetings, ti va di andare a pranzo insieme dopo? Ah no, non posso. Magari ci vediamo nel pomeriggio.. No mi dispiace sono sul set. A cena?» 
«Ehm come vuoi tesoro» disse lui ridendo, «Ti accompagno».
Salirono in macchina seguiti dai fotografi che man mano si allontanarono. Jennifer accese il motore e si avviò verso gli Studios. 
Arrivati lì, Carl, il regista del film la accolse con un sorriso stampato in faccia. 
«Ciao Carl, come mai così felice? Tua suocera è in vacanza?»  chiese ironicamente la donna avvicinandosi.
«Come mai devi sempre scherzare Jen? Comunque purtroppo è ancora a casa mia, sto incominciando a pensare che non se ne andrà mai». 
Jennifer rise e anche Jarod. 
«Okay J & J, ridete pure. Comunque, Love dovresti firmare il contratto e la disponibilità di spostarti a Richmond per le scene che ti dicevo ieri a cena, forse ci tratterremo in città un po' di più di quando previsto. Ma credo non sia un problema, no?»spiegò l'uomo passandosi una mano nei capelli neri.
«No, nessun problema. Ci divertiremo» affermò la donna alzando il sopracciglio destro e rivolgendosi al ragazzo che le stava accanto.
Jarod annuì. 

SPAAAAAZIO AUTORE: ma ciaaao, allora, questo era un po' l'inizio di tutto. Non ho ancora descritto Scarlett perchè toccherà a qualche altro personaggio farlo. Jennifer Love Hewitt è la star di Ghost Whisperer (Melinda Gordon) ed è anche il mio idolo nella realtà. Gli Universal Studios sono gli studios di Hollywood e Toluca Lake è un quartiere di Los Angeles. Spero vi piaccia, ci ho messo molto a scriverlo e vorrei accertarmi di aver fatto un buon lavoro. 
Okay grazie mille a tutti e ci vediamo al prossimo capitolo e.e

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Capitolo 3
*** make it true? ***


round & round.
Scarlett, Richmond, 4 giorni prima.
Il suono aspro e freddo della sveglia risuonò nella stanza di Scarlett e dopo un paio di squilli si fermò. La ragazza non ebbe bisogno della sveglia quella mattina, non aveva chiuso occhio, pensando a suo padre, al suo idolo che viveva la sua vita chissà dove, a sua madre e a quello che sarebbe successo nella sua vita da quel giorno. 
Era come un cerchio, tutto girava in tondo senza un'uscita, aveva sempre le stesse preoccupazioni, gli stessi pensieri che le occupavano la mente dal momento in cui suo padre le aveva baciato la mano ed era sfrecciato via, da quel momento le sue lacrime non si erano più fermate. 
Era lunedì, e la scuola era un altro problema. Grandioso. 
Preparò lo zaino e dopo una doccia veloce si vestì, abbracciò sua madre sul pianerottolo di casa e corse giù per le scale. All'inizio di dicembre avrebbe tenuto l'esame di maturità. Era stata lei stessa a chiederlo, e dato che era la migliore in letteratura e cinema, i professori avevano acconsentito. 
Poi sarebbe andata all'università, a Los Angeles magari, ma non ne era sicura. 
Il vento gelido le pungeva sulla pelle. 
Arrivò alla fermata dell'autobus, sperava in qualcosa di migliore ma non aveva ancora il foglio rosa.



«No baby così non va» un ragazzo poco più grande, la avvolse con le sue braccia, 
«Vieni, ho il motorino parcheggiato dietro l'angolo»
«Ciao Alex» Scarlett sorrise e si lasciò prendere per mano. Alex era il suo ragazzo, capelli neri, occhi color ghiaccio, mani forti e calde.
Si conoscevano fin da bambini e avevano sempre provato qualcosa, l'uno per altro. Lui la diresse verso un garage in una traversa dall'altra parte della strada e l'aiutò a salirci, tenendola per i fianchi. Poi le prese il viso tra le mani e la baciò per qualche istante.

«Mi dispiace per tuo padre, amore» le sussurrò all'orecchio. 
Gli piaceva tutto di lei, i suoi occhi nocciola persi nei sogni, le sue labbra morbide e fredde, i suoi capelli dorati e mossi che gli piaceva toccare, odorare, le sue mani fragili che si univano perfettamente alle sue e il suo corpo; era alta, magra, quando camminava velocemente per i corridoi scolastici con i tacchi,
le gambe erano perfette, lei era perfetta. Il modo in cui si muoveva quando ballava, era una delle ballerine più brave che avesse mai conosciuto e una delle donne più in gamba.
Scarlett accennò un sorriso, con una punta di amarezza e indossò il casco. Alex avviò il motorino e si diressero verso scuola.
Il grande cancello di ferro del liceo era socchiuso, ma non erano in ritardo. Il ragazzo raggiunse i suoi amici sulle scalinate del giardino, mentre Scarlett si unì ad Annabeth che ripetevageometria picchiettando la penna sul foglio.

«Ciao dormigliona, non sai quanto sei fortunata ad avere quel ragazzo, da quando ho rotto con John non ho più voglia di impegnarmi» l'amica le venne incontro con aria stanca «Sai che Jennifer farà un nuovo film? Non vedo l'ora  di sapere dove e su cosa, è così meravigliosa».
 
«Vorrei che fosse qui, che mi abbracciasse. Anche che mi salutasse soltanto, vorrei sapere, per una volta, cosa si prova ad incontrare la persona più importante della tua vita. Guardarla negli occhi, fissare il suo sorriso fino ad averne abbastanza, fino a non dimenticare più niente del suo viso. E' il desiderio che esprimo ogni giorno».
 
«Un giorno, un giorno noi la incontreremo» Annabeth la strinse a sè, percependo il dolore della ragazza, dolore per suo padre e per Jennifer.
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Jennifer, Los Angeles, 4 giorni prima.
Il party per il nuovo film durò fino alle quattro di mattina, e Jennifer alle cinque stava rientrando a casa, stanca, ma eccitata.
Mancavano meno di cinque giorni alla partenza e si sentiva diversa, catapultata verso una nuova avventura.
Quello che aveva progettato Carl, era un film epico. Lei aveva la parte di una detective americana che lavorava per l'FBI, cosa che aveva sempre voluto provare. Jarod l'aveva lasciata sotto casa e si era ritirato anche lui.
 

La donna infilò la chiave nella serratura e spinse la porta verso l'interno. Preparò un caffè con tanto zucchero, doveva essere sul set solo poche ore dopo e non avrebbe avuto il tempo di dormire. Si collegò su twitter e scrisse qualcosa ai fans, retweettò qualche frase che le piaceva e controllò le menzioni. Poi prese il libro che stava leggendo 'Why men love bitches' e si sdraiò sul divano, con le spalle contro lo schienale. Dopo pochi minuti si addormentò. 
Venne svegliata dal suono di un clacson sul vialetto davanti casa, si affacciò alla finestra. Era Jarod,  maledizione doveva essere sul set a quest'ora. Uscì fuori e avvisò il suo ragazzo del ritardo che aveva fatto, gli chiese di aspettare. Si fece una doccia più velocemente che poteva e indossò un paio di jeans e una t-shirt nera con la scritta 'Love coffee', quella maglia era proprio fatta per lei. 
Jarod sbuffava di tanto in tanto e picchiettava le dita sul volante, innervosito. 
«Eccomi, eccomi! Andiamo, presto!» gli gridò la donna mentre correva a bordo dell'auto. Era in ritardo di trenta minuti
e non andava affatto bene. Carl era davanti la porta principale dello stage e camminava velocemente avanti e indietro.
 
 

«Ben arrivata principessa. Se continui così non credo riusciremo a fare tutto» sembrava davvero infuriato. 
Jennifer abbassò la testa e si perse nei suoi pensieri, aveva troppa pressione, a volta aveva bisogno di staccare un po' e vivere. Non voleva che la sua vita fossero solo prove in undannato stage. Amava il suo lavoro, amava il teatro,  il cinema, amava il lavoro di Carl, ma una persona necessita di una pausa. 
Carl sapeva che Jennifer doveva sopportare tante cose dall'inizio del progetto del film,  e che cercava di portare a termine ogni singolo impegno preso, la stimava, la rispettava e l'ammirava per questo. Si accorse di aver esagerato, in fondo era solo un piccolo ritardo. Era raro cheaccadesse con lei. 
«Le date della partenza sono state fissate, oggi è il 28 novembre, partiremo il 2 dicembre e le riprese inizieranno il 3. Chiaro?
Jennifer, cerca di non arrivare più in ritardo e di metterci tutto l'impegno che puoi, è importante» le disse prima di ritornare dentro e iniziare le riprese. 
Jennifer guardò Jarod e lo baciò di sfuggita, poi si voltò e entrò nello stage. Doveva impegnarsi, voleva farlo, voleva che quel film fosse meraviglioso. E non vedeva l'ora di recarsi a Richmond, finalmente novità.

 
SPAZIO AUTORE:  allora, sono riuscita ad aggiustare il testo. spero vi piaccia. mancano solo 3 giorni all'incontro. RIMANETE CONNESSI (?)

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Capitolo 4
*** it has been in the past for too much time ***


I FEEL EMPTY WITHOUT YOU, DAD  .

Scarlett, Richmond, 2 giorni prima.
Le gocce di pioggia le scendevano sulle ciglia, le bagnavano i capelli e i vestiti.                       
Scarlett fece una giravolta.                                                                                                                              
 I suoi occhi nocciola fissavano quelli di Alex. Erano da soli.                                                          
Avevano deciso insieme di non andare a scuola, erano andati nei vasti campi di grano che circondavano la grande villa del ragazzo in montagna.                                                   
Era uno degli ultimi giorni di novembre, ma non faceva affatto freddo.                                              
 
«Vuoi ballare?»Alex la prese per mano e sorrise.  Scarlett si rifugiò tra le sue braccia cercando di nascondere la tristezza che ancora nutriva, e che avrebbe sempre sentito per suo padre. Cominciarono a ballare senza musica mentre continuava a piovere.                    
«Cosa stai facendo? Non sai ballare amore» disse la ragazza ridendo.                                        
Ma continuarono a ballare, le loro labbra si sfioravano, le loro mani si incrociavano.       
Scarlett si fermò all'improvviso, si rannicchiò per terra sull'erba e respirò profondamente.                                                                                                                                                                        

«Non credo di farcela» disse cercando di non piangere.                                                                    
«A fare cosa?»le chiese Alex sedendosi accanto a lei.                                                                        
«A fingere che vada tutto bene, a non pensare al fatto che non ritornerà» Scarlett non riuscì a trattenere le lacrime che cominciarono a scendere dai suoi occhi senza controllo, «mi manca, troppo». 
Alex le prese una mano e la strinse a sé.                                                                                                         
«Sai, ogni mattina facevamo colazione insieme perché mia madre esce sempre prima per il lavoro. Mi preparava i pancakes, mi faceva sentire come la sua unica priorità. So di avere diciotto anni, e di non essere una bambina. Ma lui non mi ha mai trattato da bambina, mi parlava, era colui che mi dava i consigli più belli e non potrò andare avanti. Adesso, quando mi sveglio e vado in cucina, vedo quella sedia vuota, il tavolo vuoto. Non c’è lui, non c’è il suo sorriso che rendeva bella l’intera giornata, che dava un valore ad ogni giornata. Non c’è più niente adesso. Piango appena penso al fatto di non aver vissuto ogni momento con lui, di aver sprecato del tempo».                                                                                                                                   
Il ragazzo la guardò,
«hey» disse asciugandole le lacrime, «non dire così, lui ha avuto il regalo più bello del mondo, ha avuto te. E non penserà ai momenti sprecati o alle occasioni mancate, penserà, ogni minuto, a quanto è stato fortunato, a quanti sorrisi tu gli abbia regalato, alle risate, alle esperienze fatte insieme. Tu sei cresciuta con lui, lui ti amerà per sempre. Devi pensare alle cose belle che avete avuto insieme». 
Scarlett annuì e alzò lo sguardo verso il cielo ormai azzurro. Non pioveva più.                             
«Ballando con te oggi, sono stata felice. Tu mi rendi felice. Nessun altro ci riesce, solo tu ed Annabeth ci riuscite» disse.                                                                                                                        
«E anche, anche Jennifer» affermò il ragazzo dopo averle stampato un piccolo bacio.                                                                                                                                                          
«Sì, sì certo anche lei. Ma lei ha la sua vita, mi rende felice con la sua voce, il suo sorriso. Non potrà mai fare quello che fate voi, abbracciarmi e dirmi queste cose. E’ giusto così»  affermò la ragazza mordendosi il labbro.                                                                         
Alex la prese in braccio correndo verso la villa.                                                                                         

«Vuoi fare qualcosa con me ora?»le chiese.                                                                                            
«Tipo cosa?»domandò Scarlett alzando il sopracciglio.                                                                       
«CIOCCOLATAAAAAAAAAAAAAAA!»il ragazzo si mise ad urlare correndo in cucina.                                                                                                                                                
«Mi hai fatto seriamente paura»gli disse Scarlett ridendo.                                                             
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Jennifer, Los Angeles, 2 giorni prima.                                                                                                    
Jennifer si svegliò con la sottile luce del sole che entrava dalle finestre di camera sua.                 
Infilò la vestaglia e si diresse in cucina per preparare un caffè, sbirciò ancora una volta nella sua stanza e vide Jarod che dormiva profondamente con un cuscino in faccia.                                                                                                                                                                                     

Era davvero elettrizzata. Mancavano due giorni alla partenza. Non aveva ancora detto ai suoi fans del viaggio, decise che lo avrebbe scritto su twitter il giorno dopo.                                
Oggi non doveva essere sul set, Carl l'avrebbe chiamata nel pomeriggio per i particolari, e poi magari sarebbero andati all'aereoporto per i biglietti.                                                
Passò davanti allo specchio del soggiorno. Esso ritraeva i suoi occhi marrone chiaro, profondi e intensi, le sue ciocche castane che le incorniciavano il viso e le sue labbra chiare e morbide. Un grande sorriso le illuminò il viso.                                                                      
Sentiva che sarebbe successo qualcosa di speciale durante quel viaggio, non era mai stata così emozionata.                                                                                                                                                     
Una telefonata la distolse dai suoi pensieri. Era Carl, ancora. Jennifer cominciava a pensare che quel tizio non si interessasse a lei solo per lavoro.                                                      
 
«Chi è che disturba la mia pausa caffè?» disse schiarendosi la voce.                                                      
«Ahah, divertente. Cambio di programma, ci tratteremo un mese a Richmond. Finiremo lì le riprese del film»le parole del regista le occuparono la mente.                                      
«Un mese? Cosa?»chiese sconvolta la donna.                                                                                                            
«Credo sia la cosa migliore da fare, puoi sempre rifiutare se vuoi»cosa stava facendo Carl? Jennifer non avrebbe mai rifiutato, anche se le sarebbero costati sacrifici enormi.
«Ci sto» disse tutto d'un fiato.    
 

SPAZIO AUTORE: saaaalve, allora ecco qui il nuovo capitolo. Qui i vari personaggi riflettono su loro stessi, spero vi piaccia. Grazie per le recensioni. Love you all.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

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Capitolo 5
*** it's good to hear your voice, hope you're doing fine ***


Do you know you changed me, miss Hewitt?

And then when you least expect it 
And you tried about everything 
Somebody hears your opinion 
Somebody cares what you say.

Scarlett, Richmond. 1 giorno prima.
Mancava un giorno, un solo giorno all'esame di maturità, un giorno alla fine del liceo. Scarlett cercava di non pensarci e di godersi i corridoi affollati della scuola ancora un po'.                                                                                                                                             
Annabeth le corse incontro
«No ti prego, non andare via. Resta fino alla fine dell'anno». 
Per poco non la stritolava, «sai che ho chiesto io ai professori di farmi tenere l’esame a dicembre, l'ho fatto per un motivo». 
«E perché non vuoi dirmelo?»
l'amica la fissò per un momento.                                                      
«Perché non ce ne è bisogno. Sono pronta per fare l’esame e poi voglio realizzare i miei sogni, niente di più» spiegò Scarlett.                                                                                                
«Puoi realizzare i tuoi sogni anche dopo l'estate»  Annabeth cominciò ad innervosirsi.                                                                                                                                                
«Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Dovrei rinunciare ai miei sogni per restare ancora qualche mese in questa scuola? Sono pronta, davvero»disse la ragazza, nelle sue parole c'era una punta di odio, non sarebbe rimasta. Ma non perché non amasse la sua migliore amica, anzi, per lei era una delle cose più importanti. Ma perché voleva fare tante cose, andare a New York per rivedere suo padre, studiare cinema, diventare la persona che aveva sempre sognato di essere.                                              
«Pensavo fossi la mia migliore amica»Annabeth pareva non capire le sue intenzioni.                    
«E lo sono, lo sarò sempre».
«No. Non lo sei. Come puoi essere la mia migliore amica se preferisci i tuoi stupidi sogni a me?»
questo era troppo.                                                                                                                        
«I miei stupidi sogni? Ti ricordi quante volte abbiamo programmato le nostre vite, come o chi saremmo state? Ti ricordi? Erano anche i tuoi sogni Ann, incontrare Jennifer, trasferirsi..»
«Erano solo fantasie»
in un secondo la persona che riusciva a capirla più di tutti, con cui poteva essere se stessa era cambiata, l'aveva delusa.                                                              
«Allora anche la nostra amicizia è una fantasia, era fondata sui sogni che adesso per te valgono meno di niente. Mi dispiace, credevo fossi diversa, credevo avessi capito» Scarlett corse via, cercando di non guardarsi alle spalle, mentre la campanella dell'inizio della prima ora riempiva ogni angolo dell'istituto.

Come poteva Annabeth averle fatto questo? Ne avevano discusso insieme, avevano fatto tanti progetti e adesso era crollato tutto. La vita di Scarlett era sottosopra, tutto sembrava al contrario, niente andava come voleva lei.                                                              
Accese l'ipod.                                                                                                                                               

"It's all a state of mind but I don't mind trying to find a way to keep my head above the mess I make, what the world creates sometimes it feels so good to let it all fall as the world fall, I may fall, we all may fall and then the world comes tumbling down down down down down".                                           
La voce di Jennifer le rimbombava in testa e all'improvviso tutto il resto scomparve, “quello che il mondo crea a volte può sembrare così bello da lasciare che tutto crolli, e quando il mondo crolla, posso cadere anche io, possiamo cadere tutti". Sì era così. Non le importava più di niente in quel momento. Da quando suo padre era andato via le era sembrato tutto scuro, come qualcosa da cui non poteva uscire. Basta.                                      
Doveva reagire. Il giorno dopo avrebbe fatto l'esame, sarebbe andata a New York da suo padre, sarebbe rimasta con lui finchè poteva. Sì.                                                                            

______________________________
Jennifer, Los Angeles. 1 giorno prima. 
Pioveva, pioveva forte. Quella mattina Jennifer provava un senso di malinconia, ma non sapeva per cosa. Piegò alcuni vestiti di Dolce&Gabbana, altri che aveva comprato il giorno prima e li gettò nella valigia verde ai piedi del letto. Erano le sei, non aveva dormito per niente. Ultimo giorno di novembre, avrebbe passato il Natale a Richmond e l'idea le piaceva. Era sempre andata da qualche parte a Natale, New York, Hawaii..                                                                                                                                             
Bene, si collegò su twitter. Doveva dire ai fans del viaggio. Non sapeva cosa scrivere.                    
"Goin’ to Richmond for a month, the movie is gonna be wonderful. So excited" andava bene, in fondo amava i suoi fans ma doveva solo lavorare e non avrebbe avuto il tempo per incontrarli arrivata lì.                                                                                                   
Invio in corso.                                                                                                                                                                     
Ora ne avrebbero parlato tutti.                                                                                                                                                                                       
Cliccò sulle menzioni, le avevano già risposto in tanti, le auguravano buona fortuna, di divertirsi. Voleva rispondere a qualcuno.                                                                                           
"@xscarletthonson_ I need you Jennifer" qualche minuto fa.                                                         
Cliccò il tasto per risponderle, Scarlett Honson. Chissà chi era quella ragazza e da dove veniva o che cosa stesse facendo.  
                                                                                                          
"@xscarletthonson_ I’m here for you" le rispose. Sapeva che non era una risposta ad effetto, ma voleva far sorridere chi gliel'aveva scritto, come se qualcosa la spingesse a farlo.          

Poggiò il telefono sul letto e si sdraiò. Si mise a fissare il soffitto pensando alla sua vita.                                                                                                                                                                
“Scalett Honson" continuava a ripetere quel nome nella sua mente. A volte le capitava di immaginare come fossero i suoi fans ma quelle parole che le aveva scritto, che aveva bisogno di lei la colpirono davvero. Forse tutte le fans glielo scrivevano ma quella ragazza, non sapeva come, sembrava diversa dagli altri.                            
Riprese il telefono e cliccò sul suo profilo. Lesse la bio, il nome, gli ultimi tweets che aveva scritto, poi vide la posizione: Richmond.                                                                                        
Un sorriso comparve sul suo viso. Poteva fare qualcosa per lei, sentiva dentro di sé di dover fare qualcosa.


SPAZIO AUTORE: lo so che sono mooooolto fantasiosa AHAHAHA, cioè questa è una cosa a dir poco impossibile, ma in questa storia, in un modo o nell’altro, Scarlett e Jennifer sono legate da qualcosa. Allora, la canzone che c’è all’inizio è New Classic di Selena Gomez e Drew Seeley, quella che ascolta Scarlett è Barenaked di Jennifer Love Hewitt, cioè il suo idolo e il mio u.u                                           
Fatemi sapere cosa ne pensate :’D
   
                                                                                                                                                                                                                                                     

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Capitolo 6
*** let problems go away, please. ***


MAKE ME SMILE?

Dont you cry,  
Dont you shed a tear, 
when you wake up
I will still be here 

Scarlett, Richmond, 1 giorno prima. 
«Scarlett, aspetta!» la ragazza si girò di scatto, sperando fosse la sua migliore amica, ma vide solo lo sguardo di Alex che la fissava dolcemente.                                                                 
«Alex»sussurrò Scarlett togliendosi le cuffie dell’ipod dalle orecchie.                                             
«Vieni in classe?» le chiese lui avvicinandosi.                                                                                                    
«Credo che ritornerò a casa. Sono riuscita a rovinare anche l'ultimo giorno di scuola» disse lei abbassando la testa.                                        
Alex le prese i fianchi, sorrise «no, puoi sempre migliorarlo».
«e come potrei fare?»

Il ragazzo premette le labbra sulle sue e la prese in braccio. Scarlett poggiò la testa sulla sua spalla e giocò con i suoi capelli.                                                                                                     
Sfrecciarono via sul motorino, che si fermò davanti la villa dove il giorno prima avevano ballato sotto la pioggia.                                                                                                           
Alex prese Scarlett per il polso e la trascinò nella sua stanza. Era una grande camera con i muri bianchi, molti quadri moderni su ogni parete, un letto matrimoniale con mille cuscini colorati, la batteria e la chitarra in un angolo, tende bianche e trasparenti. Sembrava una reggia.                                                                                                          
Lui prese di nuovo Scarlett tra le sue braccia e la guidò fino al letto continuando a baciarla. Le slacciò il reggiseno e la sdraiò sul copriletto bianco.                                                        
Lei si tolse il maglione a righe arancioni e blu che indossava e i jeans, poi si aggrappò a lui respirando profondamente.                                                                                                                
Alex si spogliò e le accarezzò i capelli e la schiena assaporando le sue labbra lentamente.                                                                                                                                                     

«Tu»  le disse tra un bacio e l'altro, «sei perfetta».
Scarlett sorrise.                                                                                                                                                       
Dopo qualche minuto, si rannicchiò sotto le coperte e poggiò la testa sul petto del ragazzo, che le stringeva le mani nelle sue.                                                                                            

«Dovrei ripassare per l'esame di domani».
«Resta con me ancora un po'» 
sussurrò lui avvicinandola a sé.

Scarlett venne svegliata da un sms, era suo padre. Si affrettò a prendere il telefono, mentre Alex le teneva una mano sulla pancia.                                                                                                
“Domani non potrò chiamarti, buona fortuna per l'esame, piccola” lo schermo del suo cellulare diventò la cosa più bella del mondo in quel momento. Aveva bisogno di sentire suo padre. Premette il tasto per chiamarlo, squillava, era libero.                           
Un sorriso le riempì gli occhi di luce.                                                                                                                

«Pronto, tesoro» la fragile voce dell'uomo era quasi incomprensibile.                                              
«Papà, papà. Come ti senti?»
«Bene, bene. Ma mi stavo chiedendo, come mai non sei a scuola?» 
domandò lui con un pizzico di nostalgia nelle parole, quasi impercepibile per chi non lo conosceva bene come Scarlett.                                                                                                                                              
«Sono dovuta uscire prima, ma niente di che. Presto verrò a New York da te, sto organizzando il viaggio. Tra meno di due settimane sarò in viaggio da te».
«Ti aspetterò piccola, ora vado a pranzo con degli amici. Love you» 
disse l’uomo chiudendo la comunicazione.                                                                                                                                                                                          

La giovane donna aprì l'applicazione ‘Twitter for Iphone’ e controllò le menzioni.                                
Fece un altro sorriso, il millesimo da quando Alex l'aveva portata via da scuola.                           
“@xscarletthonson_ I’m here for you” tre ore fa, da.. da.. Jennifer!                                              
Non ci poteva credere, si era accorta di lei, il suo idolo, lei, davvero lei.                                           
Non controllò nemmeno il profilo della donna, chiuse il telefono e svegliò Alex, abbracciandolo e urlando dalla gioia.                                                                                                     
Il ragazzo rise e prese il viso di Scarlett tra le mani sfiorando le sue labbra tante volte.                                                                                                                                                                       

«Te lo meriti» disse.

 

Jennifer, Los Angeles, 1 giorno prima.  
«Jarod, Jarod, Jarod» il rumore dei tacchi di Jennifer rimbombava in tutta la cucina e lei stava quasi per lanciare il cellulare dalla finestra per rabbia.                                                           
«JLove, JLove, JLove» le parole del ragazzo contenevano un pizzico di ironia.                                               
«Non scherzare, sai che non puoi mollarmi in asso in questo modo».
«Te la caverai alla grande, sei in gamba, sei bella, sei sexy».
«Non me ne frega un cazzo che sono sexy. Non puoi chiamarmi e dirmi che non verrai a Richmond con me. E poi sai che Carl ci proverà» 
la donna continuava a spostarsi per tutta la casa camminando velocemente.                                                                                      
«E tu eviterai che ci provi. Dai, Jen, sei sempre stata indipendente da quando ti conosco. Hai sempre affrontato ogni problema, te ne sei sempre fregata dei giudizi e dei pettegolezzi, hai sempre camminato con la testa alta. Perché non puoi farlo anche questa volta? Cosa ti prende?» Jarod parlava normalmente, senza alzare minimamente la voce.                                                                                                                                        
«Non si tratta di questo, capisci? Non mi prende un bel niente, ma tu stai per prendere un bel calcio in culo da me, via telefono»  Jennifer aveva sempre fatto così con tutti, non si lasciava vincere da nessuno, mai.                                                                                                                       
«E allora di cosa si tratta questa volta?» rispose il ragazzo sbuffando.                                              
«Si tratta di un'altra città, di un film diverso. Credevo potessi essere un sostegno per me in questa situazione»  sospirò la donna cercando di calmarsi.                                                                        

«Vedrò di esserci, ma durante la prima settimana dovrai vedertela da sola» disse lui prima di attaccare.                                                                                                                                                             
“Solo un mucchio di cazzate” pensò Jennifer gettando il telefono sul tavolino di fronte al divano. 

Chiuse la valigia verde una volta per tutte e sospirò. Poteva mandare tutti a fanculo, era una professionista.                                                                                                                                   
Chiuse anche le altre due valigie, simili alla prima, sia per grandezza che per colore e chiamò Ashley, la sua migliore amica. Era occupato, grandioso.                                                      
Poggiò la schiena contro la porta del soggiorno e chiuse gli occhi, cercò di trattenere le lacrime, ma doveva sfogarsi in qualche modo. Non sapeva cos'era a farla piangere, forse la pressione, i dubbi, Jarod.                                                                                         
Si asciugò il viso con il palmo della mano e si sedette per terra.                                                     
Il giorno dopo sarebbe stato stupendo, ci sperava davvero. 

 
SPAZIO AUTORE: sssaaaaalve, allora come va? Io credo che Alex sia un ragazzo dolcissimo e vorrei averlo io AHAHAH. Anywaaaay, non preoccupatevi per Jennifer, non è triste, è la pressione, ansia e si sistemerà tutto, e poi Jarod che la pianta in asso non va bene, ma poi ritorna. Okay vi sto dicendo troppo, grazie per le recensioni al capitolo precedente :3 love you. 
-ems

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Capitolo 7
*** am I dreaming? ***


EVERYTHING IS A DREAM UNTIL YOU MAKE IT REAL.


Scarlett, Richmond, poche ore prima.
Il rumore della cerniera dello zaino ruppe il silenzio di quella mattina. La luce del sole non riusciva ad arrivare al viso di Scarlett, ma segnava un lunga linea dorata sul suo letto. Jeans, maglione verde, stivaletti marroni, pronta.                                                                                                     
Baciò sua madre su una guancia e uscì afferrando un muffin dalla cucina. Era preparata, sapeva tutto per l'esame. Tutto.                                                                                              
Mentre camminava rileggeva l'sms di suo padre della sera prima e le scappò un sorriso. Arrivò davanti all'entrata della scuola.                                                                                                                                                                                      
Respirò. Tutti i suoi compagni  iniziavano le lezioni a quell'ora, lei invece sarebbe entrata nell'ultima stanza del primo piano e avrebbe parlato dell'Africa e dei problemi che la circondano.                                                                                                              


Anche Annabeth entrò a quell’ora, era da due giorni che lei e Scarlett non si parlavano. Sapeva di aver sbagliato, tutto. In realtà aveva sognato quelle cose, in fondo aveva paura, paura di perdere la sua migliore amica. Si collegò a twitter, andò sul profilo di Jennifer. Vide il tweet che aveva scritto a Scarlett e le si illuminarono gli occhi, poi lesse il tweet seguente, quello dove la donna aveva scritto che sarebbe venuta a Richmond. Oggi. Jennifer Love Hewitt sarebbe venuta a Richmond.                              
Stava per urlare. Dove chiamare Scarlett, doveva farlo.                                                                                                                 


«L'Africa è un continente ricco, molto ricco. Ma ha tanti problemi principali che non le permettono di industrializzarsi, nessuno muove un dito per risolvere questi problemi, è per questo che io…» Scarlett parlava lentamente, decisa e sicura di sé.            
Arrivò una telefonata, proprio nel bel mezzo del suo esame, di uno dei momenti più importanti del liceo. Chiunque fosse, doveva sapere che appena Scarlett sarebbe uscita da quella prigione e sfuggita alle occhiate fulminanti dei professori, si sarebbe vendicata, e anche molto
.                                                                                                               
Terminò la presentazione sull'Africa e i professori ne rimasero colpiti, ma uscì così in fretta che non potettero nemmeno dirle cosa ne pensavano.
Scarlett sentiva che c'era in ballo qualcosa di importante. La chiamata era di Annabeth.                                             
Compose il suo numero istintivamente. La ragazza rispose subito ansimando faticosamente, il rumore del suo respiro inondava Scarlett di preoccupazione.            

«Cosa sta succedendo? Ann rispondimi»rispose la ragazza riparandosi dal vento autunnale con una mano sulla fronte.
«Santissimi Numi, oddio Scarlett, sto tremando non riesco a parlare, Scarlett» l'amica respirava forte e non riusciva a spiegare una sola parola.
«Ann devi dirmi cosa succede, ti posso aiutare, davvero»Scarlett cominciava adagitarsi sul serio,  camminava velocemente avanti e indietro per il parcheggio del liceo.                              
«No, non puoi aiutarmi. E appena te lo dirò impazzirai».                                                                                  
«Se vuoi saperlo, sto impazzendo già adesso. Calmati e dimmi questa benedetta cosa» si stava innervosendo, e non poco.                                                                             
«Jen, si tratta di Jen» Annabeth cominciò finalmente a dare qualche indizio,«Lei, lei è.. è… è in aereo, lei domani sarà a Richmond, qui a Richmond. Dove viviamo noi, dove viviamo noi».                                                                                                                                                                                                          
Scarlett rimase immobile. Poi qualche secondo più tardi le sue urla di gioia attirarono un gruppo di studenti seduti sul prato e i professori dalle aule. Riprese in mano il telefono e si rivolse ad Annabeth «Non ci credo, non ci posso credere. Questo è il giorno più bello della mia vita, il mio idolo verrà nella mia città, nella nostra città. Jennifer Love Hewitt verrà nella nostra città».
Cominciarono ad urlare nello stesso tempo, fregandosene del resto del mondo.                           
Dimenticarono la loro litigata e tutto quello che si erano dette, avevano solo un pensiero in testa: Jennifer.                                                                                                                         

«Quando arriverà? Cosa farà? Quanto rimarrà? Ann non ci credo, aiutami» le parole di Scarlett raggiungevano Annabeth alla velocità della luce, entrambe gridavano, piangevano, come se in una telefonata tutti i loro problemi fossero scomparsi.                                 
«A ora di pranzo, verrà qui per girare un film e ha scritto che resterà un mese».
«Dobbiamo preparare qualcosa, adesso. Vediamoci a casa mia tra dieci minuti» disse Scarlett, che iniziò a correre verso casa, troppo eccitata a pensare di poter prendere un autobus. Annabeth finse di stare male e uscì da scuola, correndo nella stessa direzione. Dovevano prepararsi per il giorno più bello della loro vita.                                  

Jennifer, LAX (aeroporto di Los Angeles), poche ore prima.                                                               
«Ultima chiamata, volo diretto a Richmond delle ore 7.35am» l'auto parlante nella sala d’attesa A16 fece scattare Jennifer in piedi. Il rumore della cerniera della sua valigia verde le riempì il viso di felicità. Abbracciò Jarod e si incamminò velocemente verso l'hostess in fondo alla sala e le porse i biglietti. Lei e Carl in viaggio. Gli altri membri del cast sarebbero atterrati a Richmond con il volo delle 9am.                                                                  
Jennifer indossava leggins blu scuro, non troppo attillati, maglietta leggera, larga e bianca, abbinata ad un sciarpa bianca e nera a quadri e un paio di stivali neri, molto alti, i lunghi capelli neri raccolti in una coda, trucco nero accennato con la matita e borsa di abbinata. Arrivò sull'aereo e poggiò la borsa sul sedile della seconda fila in prima classe.                                                                                                                                                         
Il viaggio sarebbe durato poco più di cinque ore.                                                                                                          
Carl si sedette accanto a lei, vicino al finestrino con un sorriso da ebete.                                         
Jennifer rise.                                                                                                                                                                              

«Perché ridi?» chiese lui con un’espressione sorpresa.                                                                              
«Non so, la tua faccia»disse la donna spegnendo il cellulare.                                                                                    
«Bella vero?» domandò Carl passandosi una mano tra i capelli e toccandole il braccio.                                                                                                                                                                              
Jennifer spinse via la mano dell'uomo,
«Come no» rispose poi.                                                         
«Dai non stare sempre sulla difensiva» attaccò lui rivolgendole un sorrisetto falso.                              
«Non sto sulla difensiva»Jennifer sì irrigidì, «non permetterti di comportarti così durante tutto il mese in cui staremo a Richmond perché io ritorno indietro».
«Come mi starei comportando?»  
chiese Carl mettendole di nuovo la mano sul braccio.                                                                                                                                                                          
«Da perfetto idiota, io sto con Jarod».                                                                                                                          
«Okay Love, hai vinto il primo round, ma non la partita» finì lui facendole l’occhiolino e indossando la mascherina da notte, poi si sistemò sulla poltrona e abbassò la persiana del finestrino.                                                                                                          

Jennifer lo guardò un attimo, scosse la testa e si appoggiò sul cuscino che aveva portato, “solo cinque ore con lui, solo cinque ore” pensò.
                                                                  

SPAZIO AUTORE:LALALALA, allora questo è il capitolo che collega l'arrivo di Jennifer con Scarlett e Annabeth, il prossimo sarà più bello e tra poco entrerà in scena un personaggio importante. Detto questo, grazie delle recensioni e love you all u.u                                                                                                                            

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Capitolo 8
*** this isn't someone else's dream, finally ***


Enchanted?
Forcing laughter, faking smiles
Same old tired, lonely place
Walls of insincerity
Shifting eyes and vacancy
Vanished when I saw your face.


Scarlett & Jennifer, Richmond.

Le due ragazze erano immobili all’entrata dell’aeroporto, nessuna delle due parlava. Solo pochi minuti dopo, da quella porta sarebbe uscita Jennifer, solo pochi minuti.                                          
«Se poi non si ferma? Se se ne va? se non la vediamo?»  Scarlett ruppe il silenzio.                                            
«Non succederà»  sussurrò Annabeth guardandosi intorno.                                                
Ritornò il silenzio.                                                                                                                                         

Carl era rimasto indietro a parlare al telefono, chissà con chi, Jennifer decise di andare fuori prima che lui la raggiungesse. Prese le sue due valigie verdi e si avviò verso l'uscita, osservando ogni particolare di quel posto, ci sarebbe ritornata un mese dopo. Trascinò fuori i bagagli, si immerse nel traffico intenso. L'aeroporto era circondato da grandi edifici, le strade erano molto ampie e abbondavano di alberi e aiuole. Si avvicinò al parcheggio dei taxi.                                             
Scarlett si voltò di scatto. La vide.                                                                                                                                                                                              
Le si riempirono gli occhi di lacrime, un sorriso enorme le comparve sul viso. Le lacrime iniziarono a scendere e bagnarle la pelle chiara.                                                                     
Non poteva crederci, era davanti a lei. Non sapeva cosa fare, se gridare, andarle incontro, abbracciarla, ridere, saltare.                                                                                                                          
La fissava, fissava la donna che la rendeva felice ogni giorno, la cui voce riusciva ad entrarle dentro e darle forza, coraggio. Sentì un nodo allo stomaco, aveva il viso bagnato, si girò verso Annabeth, non c’era. Prese in mano il telefono, un sms?                                      
‘Sono dovuta andare a casa, mia nonna si è sentita male, salutami Jennifer, mi dispiace tantissimo. Fissa un incontro, ti scongiuro’.                                                                            
Sospirò e si voltò di nuovo verso la donna, stava andando a prendere un taxi, doveva parlarle, ne aveva bisogno. Voleva sentire la sua voce per un attimo.                                                                   

Jennifer camminava velocemente sul marciapiede grigio davanti all'aeroporto, non sapeva dove fosse l'hotel, fece scorrere lo sguardo su un cartello poco distante ‘sciopero di taxi’, maledizione.                                                                                                                  
Scarlett cercò di seguirla, la vide fermarsi davanti un cartello, lesse anche lei ‘sciopero di taxi’, oddio. Era destino, si avvicinò.                                                                                   
«Jennifer!» la chiamò.                                                                                                                                 
Jennifer si sentì chiamare, incrociò gli occhi nocciola di una ragazza alta a pochi metri da lei. Si fermò e torno indietro. Sorrise.                                                                                               
Non sapeva perché lo stesse facendo, sentiva che doveva andare da quella ragazza.                              

Scarlett si avvicinò ancora, erano a meno di un metro di distanza, sul marciapiede. Sorrise e pianse allo stesso tempo.                                                                                          
«Ehm, ehm..» disse, «t-tu sei tutto per me, posso fare una foto con te, perfavore?».                                                                                                                                                
La donna sorrise nuovamente,
«potresti anche accompagnarmi all’hotel? Non so dove sia e il mio cosiddetto ‘amico-regista’ mi ha piantato in asso da sola».                           
Risero entrambe.                                                                                                                                  

«Certo, certo, certo, certo, certamente Jennifer, sì subito» disse Scarlett annuendo.                                
«Come ti chiami?»chiese la donna fissandola.                                                                                                             
«Scarlett Honson»dichiarò la ragazza mordendosi il labbro.                                                                               
«Ho già sentito il tuo nome, credo. Beh, non c’è bisogno che ti dica il mio, no?» Jennifer rise ancora.                                                                                                                                            
Scarlett scosse la testa sorridendo,
«credo di no», sospirò,«sai, io non avrei mai immaginato di poter avere l’occasione di parlarti e dirti quello che sento e quello che tu hai fatto per cambiare la mia vita, avevo immaginato di incontrarti ogni notte, cercando di non piangere, guardando le stelle. Pensavo, per consolarmi, che fossimo sotto lo stesso cielo, che in qualche modo lo stessi guardando anche tu a Los Angeles. Ho desiderato un tuo abbraccio, un tuo sorriso, e ora che ti ho davanti a me, non so cosa dire e…».
«E non devi preoccuparti, tu mi hai detto che hai bisogno di me, vorrei fare qualcosa di più che una semplice foto e un autografo»
la interruppe Jennifer.                                                                      
«Tu, tu cioè io te l’avevo scritto su twitter, te lo ricordi? Oh mio Dio. Hai già fatto tutto per me, sei qua, non ci credo ancora»Scarlett cominciava a credere di vivere un sogno, quello che aveva immaginato per tutta la sua vita.                                                                
«Esattamente, eri tu»rispose la donna, «che ne dici di parlare durante il tragitto verso l'hotel?».                                                                                                                                                              
Aiuto. Non poteva succedere, non a Scarlett. Non se lo meritava, c’erano tanti fans che avevano bisogno di lei, tanti ragazzi con problemi più grossi, come quelli africani di cui aveva parlato poco fa, ma invece, invece era davvero lei che stava realizzando un suo sogno. Non aveva mai provato una sensazione del genere, voleva parlare con Jen come se fosse una di quelle fate che raccontano storie di notte, di cui suo padre le aveva letto tanti racconti, voleva sentirsi al sicuro. Desiderava fermare quel momento, e rimanere così per un po', affrontare i secondi e i minuti che scorrono via, imprimere nella mente ogni singolo istante, ogni emozione, ogni cosa che provava. Soltanto voleva intensamente gettare via i problemi, aprire il cassetto della memoria e incidere dentro tutti i momenti che stava vivendo così che il suo cuore sussultasse ancora come stava facendo adesso.                                                                                                                                                                                                               
                                                             

Your eyes whispered ‘have we meet?’      
SPAZIO AUTORE: ssalve, scusate per il ritardo, allora questo è un capitolo di passaggio e non succede quasi niente tra scarlett e jen maaaaa il prossimo sarà il più bello e ricordatevi il personaggio u.u                           

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Capitolo 9
*** nothing's gonna change destiny ***



It's become so hard, 

for me to be surprised. 
You're bringin back the real me, 
no judgement in your eyes. 
cause when I dance with you 
it's how I speak the truth. 
Just classic when we met,
now you made me new.

                                                                                                                                                                                                                                                     
«Quindi sei nata New York City? Quanto amo quella città».                                                       
«Già, ricordo ancora le luci dei grattacieli che mi tenevano sveglia ogni notte».                                            
«Io ci sono stata qualche mese fa, è come essere in un film» Jennifer camminava lentamente sul marciapiede grigio mentre il vento le scompigliava i capelli, «l'hotel è ancora lontano?».                                                                                                                                       
«Non molto, stiamo camminando lentamente, se vuoi accelleriamo il passo» disse Scarlett sorridendo.                                                                                                                                   
«Non ho fretta» rispose la donna.                                                                                                    
«Io vorrei questa strada diventasse più lunga».                                                                                       
«Perché?».                                                                                                                                                           
«Così da godere ogni momento, in modo da non doverti salutare alla fine di questo viale» affermò ancora Scarlett tenendo lo sguardo puntato sull'asfalto freddo.                            
«Chi ha detto che ci saluteremo dopo questo viale?» chiese Jennifer sorridendole.                                    
La ragazza sentì che un urlo di gioia le stava per scoppiare in petto e cercò di trattenersi, tutto quello che stava accadendo non poteva essere vero.                                                                       
Non rispose.                                                                                                                                                                            
«Ti piace recitare?»                                                                                                                                     
«Dio, recitare è la mia vita», ed ecco un altro sorriso.                                                                                                                        
«Ho un'idea» disse Jennifer facendole l'occhiolino.                                                                                   
«Quale?»                                                                                                                                                      
«Sorpresa».                                                                                                                                                                                   
Scarlett rise.                                                                                                                                                                                             
Girarono sulla destra del vialetto e si ritrovarono davanti ad un alto edificio marroncino con una grande insegna sulla parte frontale 'LITTLE LIGHT HOTEL'.                            
Si avviarono verso la reception dove Jennifer chiese informazioni e le assegnarono la suite numero 33. 

Si fermarono entrambe davanti la porta.                                                                                                                  
«Allora arrivederci, è stato bello» disse la ragazza abbassando gli occhi.                                                        
«Arrivederci? Ti sei bevuta il cervello per caso? Ci vediamo domani noi» rispose Jennifer sistemandosi un ciocca di capelli dietro l'orecchio.                                                                                
«Come?»                                                                                                                                                           
«Tu, io, domani, film» spiegò, «cercavamo da un po' di tempo una ragazza per il personaggio della nipote di Grace, cioè io. Tu sei perfetta, che ne dici?».                                                               
«Dico che questo non è il giorno più bello della mia vita, ma di più, è di più di questo» Scarlett si mise a saltare.                                                                                                                                     
«Beh allora piacere, sono Jennifer Love Hewitt».                                                                                                     
Si abbracciarono.                                                                        


La ragazza si allontanò continuando a mordersi il labbro e a sorridere come non aveva mai fatto.                                                                                                                                                
Pensava a suo padre e a che lui sarebbe stato felice e fiero di lei, pensava che si era avverato molto di più di quanto lei avesse mai immaginato, che avrebbe potuto rivedere Jennifer e non solo come una fan.                                                                                                     
«Scusami» un sussurro la risvegliò.                                                                                                                                                      
«Cosa?» lo guardò negli occhi, «Riley!»                                                                                                 
«Scarlett?» lui fece lo stesso.                                                                                                                                 
«Oh mio Dio, sei proprio tu?» riprese lei.                                                                                                                         
«Pensavo di averti perso» disse, «Mi sei mancata così tanto».                                                                                     
«Perché sei andato via da me? Eri il mio migliore amico».                                                                                                                      
«Credevo fosse la cosa più giusta. Ti stavi allontanando da me, poi hai conosciuto Alex e io…»                                                                                                                                                                   
Scarlett lo abbracciò, «no no no, perfavore non andartene più, non puoi lasciarmi».                               
«Ma cosa dici?» disse lui ridendo, «non lo farò, cosa ci fai qui?»                                                                           
«Non ci crederai mai, sai chi è Jennifer, no?».                                                                                                              
Annuì.                                                                                                                                                                                                                 
«Beh, ecco lei è qui a Richmond da stamattina, l'ho incontrata all’aeroporto, mi ha detto che reciterò in un film con lei, interpretando sua nipote, sono così felice» spiegò Scarlett.                                                                                                                                                                         
Lui sorrise, «allora è destino».                                                                                                                                                         
«Cosa?»                                                                                                                                                                         
«Che i tuoi sogni si avvereranno» rispose Riley.                                                                                                              
«Tu hai sempre creduto in me, l'hai sempre saputo» la ragazza si gettò ancora tra le sue braccia.                                                                                                                                                      
                                                                                                                                               
«E non smetterò mai» affermò il diciannovenne con gli occhi neri e i capelli rossi come il fuoco.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

                                                                                                                                                                             

  
 

GEEEEENTE, AVETE VISTO IL PERSONAGGIO? AMO RILEY sofhgodfh *O* è dolcissimo cazzo. allor (?) qui si intreccia un po' tutto, nei prossimi capitoli ritornerà anche Annabeth che è dovuta stare con sua nonna çwwwç, poi Alex che invece è a scuola ma sa tutto eh e anche lo scassapalle, cioè Carl AHAHAH. okay, ora recensite u.u 
with love,
ems 

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Capitolo 10
*** we could laugh forever ***


 It’s the plane you wanna catch to Vegas.
Things you swear you do before you die
It’s the city you love that waits for you
But you’re too damn scared to fly

Let the moment take you lose control tonight

Un manifesto sul muro era proprio davanti a lei e a caratteri cubitali c’era stampato 'THE WHEEL, starring JENNIFER LOVE HEWITT'. Niente era mai stato così bello, quello non era solo un film che avrebbe visto al cinema, era un film in cui avrebbe recitato, sì, lei, Scarlett Honson.                                                                                              
«Non ci credo Scarlett, vedrò la tua faccia in uno schermo di una sala cinematografica, e non in una sola. Te lo meriti, davvero» Annabeth la teneva a braccetto e i suoi occhi vivaci scrutavano ogni particolare di quel luogo, «e poi, conoscerò Jennifer anche io, finalmente».                                                                                                                           
«Sei la migliore amica più fantastica che abbia mai desiderato, andiamo».                                                                           
E varcarono quella porta.  
                                                                                                                                                                                            
Jennifer era lì, vestito nero stile impero, tacchi alti, trucco leggero e sorriso perfetto, come sempre.                                                                                                                                   

«Tu devi essere Annabeth, è un piacere» disse porgendo la mano alla ragazza che invece l'abbracciò.                                                                                                                               
«Sei il sogno di entrambe»rispose.                                                                                                                                                                             
«Ti va di assistere alle riprese?»chiese la donna sorridendole e indicando le telecamere.                                                                                                                             
«Ovviamente sì»disse Annabeth guardandola.  
                                                                                                                                                                            

«Ah ma salve signore, Love, tu sei Scarlett giusto? E lei è la tua amica?»Carl si avvicinò con la sua solita espressione da ebete, «Come sono felice di vederti, Jen».                  
«Beh io no»rispose lei facendogli l'occhiolino, «Mettiamoci al lavoro».                                                                                        
«Arrivo subito, chiamo mio padre»intervenne Scarlett con il telefono in una mano.   
                                                               

La linea era libera, suo padre rispose dopo un paio di squilli.                                                                                                            
«Piccola mia»finalmente risentiva quella voce.                                                                                                                                   
«Papà, hai ricevuto i miei sms? Sono sul set».                                                                                                                                          
«Sì, vorrei essere lì con te, mi hai reso un padre fiero»rispose l’uomo.                                                                                                   
«Mi manchi tanto»                                                                                                                                                                                      
«Ci vedremo presto, verrò da te. Hai reso la mia vita migliore, quando sei nata è diventato tutto più bello, ogni cosa che abbiamo fatto insieme mi ha insegnato che amare è la cosa più meravigliosa del mondo, i tuoi occhi, i tuoi capelli che si muovevano per il vento sull'altalena di casa, le nostre chiacchierate sugli alberi più alti del Central Park, il trasloco a Richmond, le sera passate in casa davanti alla TV» suo padre sembrò diventare più malinconico.                                                                                                                                                             
«Quel bar dei tuoi amici dove cantavamo insieme sul palco, tu suonavi la batteria, e le gite in montagna a raccogliere fiori. Poi c'era la mamma che portava sempre lo spray anti-insetti e le sue minestre durante il campeggio» Scarlett rise, «Non le mangiavamo mai, e tu tiravi fuori la nostra barretta di cioccolato fondente dalla borsa e lo dividevamo noi tre, sembrava che tutto il resto del mondo fosse scomparso all'improvviso. C'eravamo noi e la nostra serata all'aperto, una volta al mese».                                                                
«Ricordi stupendi, cose che non dimenticherò mai».                                                                                                                                                 
Scarlett stava per scoppiare in un lago di lacrime, «papà» cercò di parlare.                                                                                                                    
«Devo scappare piccola, ti chiamerò dopo, promesso» disse lui chiudendo la conversazione.                                                                                                                                            
Scarlett rimase con il telefono accanto all'orecchio, finché non sentì più nulla.                                     

Jennifer la vide, capì che c'era qualcosa che la rendeva triste e si avvicinò.                                                                                                     
«Hey» sorrise, «stai bene?»                                                                                                                                                                                                    
«Sì certo, tutto okay» Scarlett mosse un po' la testa abbassando gli occhi.                                                                                                 
«Puoi dirmelo se qualcosa non va, lo sai, vero?»                                                                                                                                             
La ragazza rimase in silenzio per qualche istante, poi sospirò «Mio padre è malato di cancro, sta morendo».                                                                                                                                      
Jennifer la guardò e allungò le braccia e la avvolse.                                                                                                                                            
Scarlett, questa volta, non riuscì a frenare le lacrime che le inondarono il viso, «mi dispiace tanto, davvero» disse singhiozzando.
«Ma di cosa?» chiese la donna stringendola a sé.                                                                                                                                                    
«Non voglio crearti problemi».                                                                                                                                                                                  
«No, tu non mi crei nessun problema, sei una ragazza stupenda, è normale tutto questo, è normale piangere quando tieni davvero a qualcosa» Jennifer aveva gli occhi lucidi e la leggera brezza le muoveva i capelli.    

                                                                                                                                                                                                     

«E azione!» Carl gesticolava come un pazzo da rinchiudere, «Su ragazzi dai, azione!»                                                                                    
Jennifer iniziò a parlare.                                                                                                                                                                                       
«Non è affatto un gioco, può essere pericoloso, non te lo permetterò Claire» si rivolse a Scarlett.                                                                                                                                                 
«No no no, io voglio venire con te a Parigi, Grace».                                                                                                                                         
«Niente di tutto questo è… è… è» Jennifer si fermò, «dannazione non mi ricordo la battuta».                                                                                                                                               
«Niente di tutto questo è adatto a te» le disse Carl fermando le riprese.                                                                                     
«Giusto».                                                                                                                                                                                                      
«Azione, scena numero 18».                                                                                                                                                                                   
«Niente di tutto questo è ad..., aaaaah bleaaaah» la donna cominciò a ridere e fece la linguaccia a Carl seduto davanti a lei. Tutti risero.
«Adatto a te, adatto a te, t-e, te» ripetette Carl sorridendo, «E Azione, scena 19».                                                                                                                                
«Niente di tutto questo è adatto a te, so che ti è difficile, prova per una volta, una sola a fidarti di me».                                                                                                                                 
«Va bene, stop. Ora facciamo la scena dell'incontro con il tizio nel tunnel» disse Carl agitando le mani.                                                                                                                            
«Azione».                                                                                                                                                                                                                                            
«Devo passare, mia zia è andata da questa parte, l'avrete vista sicuramente» Scarlett cominciò a recitare, «Maledizione, devo passare».
«Mi dispiace signorina» intervennero due uomini in uniforme.                                                                                                                             
«Al diavolo» dopo un secondo dalla battuta la ragazza si fermò, «Non riesco a dire 'al diavolo' in questo modo».
«Stop, stop, non va affatto bene» Jennifer si era messa un paio di baffi sulla faccia e camminava per la stanza con un basco in testa imitando Carl.
«Ma cosa ti salta in testa? Che stai facendo adesso?» chiese l'uomo.                                                                                                                             
«Ma è ovvio idiota, cioè sai, io ho un certo talento per dirigere i film che voi attori non potete capire, mi chiamo Carl e sono un perfetto egocentrico» rispose lei facendogli un segno con la mano.                                                                                            
Carl rise, «lo sai che non sei proprio portata alle imitazioni? Andiamo a prendere un caffè».                                                                                                                                                       
«Pausa, pausa» un ragazzo con una tuta blu camminava per la stanza informando tutti delle parole del regista.
«Scarlett vieni» Jennifer chiamò la diciottenne.                                                                                                                                                                                                        
«Credi che riuscirò ad impegnarmi abbastanza per questo film?»                                                                                                                  
«Io ne sono più che sicura».                                                                                                                                                                                                                                    
Si avviarono verso un bar vicino il set, sorridendo. 

SPAAAZIO AUTORE: ssao, scusate tantissimo per il ritardo D: non ho avuto nè tempo nè idee per questo capitolo, ma poi ieri sera sono uscita con una mia amica e ho comprato delle caramelle, okay non c'entra niente. comunque sono state loro a darmi l'ispirazione, quindi ringraziatele. grazie caramelle :')
Good, avete visto che anche Ann ha conosciuto Jennifer? e poi adesso è proprio fighissimo sul set, okay la smetto. 
Lasciate una piccola recensione se vi è piaciuta, a preeesto belli C:

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Capitolo 11
*** our night, like you like. ***



Scarlett teneva la mano poggiata sul vetro del finestrino dell’aereo.

Era la vigilia di Natale e l’avrebbe passata a New York con suo padre, tra meno di due ore.     
Erano due settimane che lavorava con Jennifer sul set, e si sentiva completa.                                          
Era nato un bel rapporto tra tutti e si volevano bene, altri quindici giorni e poi tutti sarebbero ritornati a Los Angeles, le avevano chiesto di venire con loro ma Scarlett aveva risposto che ci avrebbe pensato.                                                                                                                                                                               
«Hey, l’hostess mi ha dato questa rivista, se ti va di leggere. Io cerco di dormire» sua madre, Janet, le sorrise e si sistemò sul sedile.                                                                                                             
«Grazie mamma» rispose lei.                                                                                                                  
Sfogliò le pagine, lesse i titoli più interessanti, poi si fermò.                                                                         
C’era un articolo sulle coincidenze,
“Carpe Diem: cogli l’attimo”                                                                 
Iniziò a scorrere lo sguardo sulle parole stampate.                                                                                                
“C’è qualcosa nella tua mente su cui il tuo pensiero continua a spostarsi? Magari un uomo che hai visto correre via, una bambina che giocava a palla in un prato, un pastore tedesco che saltava nel fango, gli occhi più belli del mondo, un giorno di sole, la luna piena sul mare. C’è qualcosa che ti sei promesso di fare o terminare ma hai lasciato che il tempo la cancellasse? Un progetto non ultimato, una donna che bacia un bambino, un uomo di spalle di cui avresti voluto conoscere il viso, un aereo che decolla sopra di te e lascia la scia, un centesimo per terra, un giocattolo rotto.
A volte si piange, si ride, si scappa, si sogna.
Una persona ha cambiato la tua vita?
Ti manca qualcuno?
Non nasconderti dietro qualcun altro, dietro un desiderio mai esaudito.
Spera finché puoi, balla fino a crollare, ridi, sorridi, piangi e grida, sogna per sempre, cogli gli attimi. Solo così vivi” 

«Solo così vivi» Scarlett ripeteva queste tre parole nella sua testa, voleva conoscerne il significato più profondo. Coincidenze, ne aveva vissute tante.                                                       

L’aereo era appena atterrato, accese il telefono.                                                                                                              
In quel momento, suonò.                                                                                                                                           
«Pronto?» disse.                                                                                                                                                                 
«Ciao Scar» era Jennifer, la chiamava sempre Scar perché diceva che era un bel soprannome, significava ‘cicatrice’ e in un certo senso sperava che quella cicatrice rimanesse a lungo.                                                                                                                                                   
«Jennifer, come procede lì a Richmond? Ti manco, non è vero?» rise.                                                                                                                            
«Sì che è vero, manchi a tutti. Carl è il solito, mentre Annabeth aiuta molto, lo sai che abbiamo scoperto che è davvero grande come scenografa? Le abbiamo assegnato alcune scene, sono rimasta affascinata dal suo lavoro» rispose la donna.                                                                             
«Mi ha sempre detto di amare il cinema, come me d'altronde».                                                                    
«Già. Siete atterrati ora?» domandò Jennifer.                                                                                                                  
«Sì, tra pochi minuti vedrò mio padre. Verrà a prenderci».                                                                                                                                                                             
«Sono felicissima per te, che ore sono lì?» disse.                                                                                                                                              
«C’è lo stesso fuso orario Jen» rispose la ragazza ridendo.                                                                                 
«Giusto, ero convinta di essere a Los Angeles» rise anche lei.                                                                                                                                                                        
«Ora devo andare. Mi sono accorta di non averti mai detto una cosa, di non averti mai detto grazie della chance che mi hai dato anche se nessuno te lo aveva chiesto».                
«Ascolta, tu te lo meriti. Ho sentito di farlo» rispose Jennifer, «ti chiamo dopo».                       
Chiusero la conversazione.                                                         


«Dio mio, papà, papà, mi sei mancato da morire, troppo, papà» Scarlett sparava parole a caso mentre correva incontro a suo padre che le sorrideva all’uscita dell’aeroporto.
Poi lo abbracciò.                                                                                                                                           
Respirò profondamente quell’odore che non sentiva da tanto, era di nuovo tra le sue braccia. Quelle due settimane erano state orribili, ogni giorno che passava credeva di non poterlo rivedere mai più, era come un equilibrio troppo fragile.                                                                                                 

«Allora piccola, raccontami ogni cosa» erano tutti e tre, lei, sua madre e suo padre, davanti il piccolo appartamento al ventunesimo piano di un grattacielo.                                                  
«Beh, non so da dove iniziare, è partito tutto da un tweet che mi ha mandato, poi è arrivata a Richmond e io ero là e…» la ragazza si fermò.                                                                                 
Camino acceso, tante tavole di legno per terra, dalla finestra di vedeva Brooklyn, le luci animavano la stanza, cioccolata, tanti dvd sparsi su un tavolino di fronte il divano marrone con tanti cuscini bianchi, giochi da tavola, coca cola, milk shakes appena comprati e caramelle.                                                                                                                                        
«Questa è la nostra serata papà» disse Scarlett guardando sua madre, sentiva che stava per piangere, che quella era una cosa così meravigliosa e allo stesso tempo così semplice.                                                                                                                                                                                   
«Questa è la nostra serata» rispose l’uomo annuendo e baciando velocemente sua moglie e poi sua figlia in fronte.                                                                                                               

Ritornarono la famiglia che erano una volta, solo qualche mese fa, almeno per una notte. Festeggiarono così la Vigilia di Natale, in una nuova casa, diversa, solo loro tre, ma questa volta ci fu anche qualcos’altro che la rese perfetta. La prima Vigilia di Natale in cui Scarlett ricevette la telefonata di auguri dal suo idolo.                                                                                
Si addormentò verso le tre, dopo aver parlato a lungo con Riley via skype e aver messaggiato con Alex.                                                                                                                                                     
Chiuse gli occhi e ripensò a quanto fosse cambiato tutto in quindici, quindici giorni.                    
Era Natale.                      

SPAAAZIO AUTORE: okay people, ci ho messo un po' a scriverlo perchè non avevo idee, come al solito. però poi sono andata in auto con mio padre e ho messo la mano sul finestrino e mi è venuto tutto in mente, strano vero? AHAHAH. sì, mondo strano. qui non c'è molto Jennifer, perchè comunque, si parla di Scarlett e di suo padre, ma io credo che meritino uno spazio in questa storia loro due, è un personaggio importante. spero vi sia piaciuto, tra un po' Scarlett dovrà decidere se lasciare Richmond e andare a lavorare a L
.A (babe babe babe) o no :o
non vi dico più niente comunque.
recensite :3
continuerò quando la storia avrà almeno 70 recensioni perchè sono calate un po' le viewers çwwwç
Love you.
bye.
okay me ne vado.
ciao.
AHAHAHAAH troll face.
CIAO.           
                                                                                                                                                        

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Capitolo 12
*** how to save a life. ***


Her face is a map of the world,you can see shes a beautiful girl

And she's taller than most 
And she's looking at me 
I can see her eyes looking from a page in a magazine 
Oh she makes me feel like I could be a tower 
A big strong tower 
She got the power to be.


«Papà, ti accompagno».                                                                                                                                                                                                    
«Sicura?»                                                                                                                                                                                                                       
Scarlett annuì e prese suo padre sottobraccio. Era il 28 dicembre, e il giorno dopo sarebbe andata via da lui, ancora, doveva riiniziare le riprese.                                                                                                                                                                                                 

Arrivarono davanti l’ospedale. L’uomo doveva ritirare alcune analisi.                                                                                                                    
Le pareti erano bianche, come il soffitto e il pavimento. Persone in divisa e con una mascherina azzurra sulla bocca correvano dappertutto, alcune con una barella, altre con dei fogli in mano.                                                                                                           
Cercavano di non perdere neanche un secondo, che poteva essere vitale per i pazienti.                                                                                                                                            
«Io aspetto in fila, vuoi farti un giro?» chiese suo padre alla ragazza accarezzandole i capelli.                                                                                                                                                 
«Va bene» rispose lei allontanandosi.                                                                                                                                                    
Si sbottonò la giacca bianca e incominciò a camminare verso l’ascensore.                                                                                                            
«Salve» un medico anche lui vestito di bianco la salutò porgendole la mano. Lei la strinse.                                                                                                                                 
«Buongiorno» poi sorrise.                                                                                                                                                                                  
«E’ una volontaria qui all’ospedale?»                                                                                                                                                                      
«No, sono venuta ad accompagnare mio padre. Perché?» chiese Scarlett.                                                                                                                                            
«Volevo chiederle se fosse disponibile ad intrattenere dei bambini malati di cancro al piano di sopra».                                                                                                                           
«Ma certo» concluse lei sorridendo ancora.                                                                                                                                                          
Seguì l’uomo nell’ascensore e in una stanza in fondo al corridoio del secondo piano.                                                                                     
«Ecco, verrò a controllare dopo. Hanno bisogno di qualcuno, grazie davvero» le disse l’uomo per poi rivolgersi ad un’infermiera.                       

Scarlett aprì la porta, c’erano più o meno 8 bambini, giochi sparsi per terra, odore di medicinali, dalla finestra sulla parete filtrava un po’ di sole e si intravedeva la neve. Appena entrò nella stanza tutti tacquero e la guardarono. Ogni bambino aveva gli occhi più belli dell’altro, azzurri, verdi, nocciola.                                                                                 
Sorrise.                                                                                                                                                                                                        
«Che ne dite di giocare?» chiese la ragazza inginocchiandosi accanto ad una bambina bionda con le lentiggini.
«Perché non andiamo fuori? Voglio toccare la neve» disse.                                                                                                                   
Scarlett sospirò e abbassò gli occhi, «mi dispiace, ma dovete restare qui».
«Perché non siamo come gli altri? Perché non andiamo a scuola e non giochiamo in giardino?» domandò un altro bambino sedendosi vicino a lei.
Scarlett gli prese la mano e lo guardò: aveva i capelli castani leggermente scompigliati, la bocca sottile e morbida, gli occhi verdi grandi e un po’ persi, naso piccolo e all’insù, era magro, ma alto, doveva avere sei anni al massimo.                                                                                                                                                                                                                      
«Ascoltate, tutto quello che state facendo voi, qui, combattendo contro qualcosa che può sembrare più forte di voi, vi rende speciali. Ci riuscirete, un giorno sarete in giardino a giocare, a scuola a studiare e godrete di più della vita di qualsiasi altro bambino. La vita è vostra, e non potete permettere che quello che state passando ora vi distrugga. Non posso capire cosa state provando in questo momento dentro di voi, ma dovete rimanere forti, sempre» disse Scarlett, «aspettate un secondo».                                                                           
Si alzò e si avviò verso il medico con cui aveva parlato prima «i bambini possono uscire?».                                                                                                                                    
«Penso proprio di no, anzi assolutamente no. Sono deboli».                                                                                                            
«Sono deboli perché restano chiusi qui, perché non permette che facciano un esperienza diversa? Qualcosa che possano ricordare e sorridere. I bambini devono fare quello che sognano, sentirsi liberi, e non importa se sono malati oppure sani, sono bambini. Lei non ha mai voluto fare qualcosa non pensando alle conseguenze? Forse solo per perdere il controllo e provare qualcosa di nuovo. Io credo che..».                                                                                        
Il medico la interruppe, «cosa crede? Questo metterà in pericolo la loro vita».                                                                                                     
«La loro vita è già in pericolo, voi medici non sapete quando uno di loro andrà via, tenendoli qui sempre non fate che distruggere i lori sogni. Non sono persone anormali perché sono malati» riprese la ragazza.                                                                
«Ho detto di no» l’uomo incominciò ad infuriarsi.                                                                                                                                         
«Essere un medico non significa solo operare i pazienti o dar loro le medicine, essere un medico vuol dire diventare qualcuno su cui loro possano contare sempre, che li faccia sorridere e che faccia sembrare questo mondo meno crudele di quanto già non è. Non si deve rinunciare a una cosa che vuoi fare perché hai una fottuta malattia. Ho conosciuto persone malate che hanno continuato a vivere normalmente, che sono morte magari, ma sono morte con dei sogni, con un sorriso, perché hanno fatto ciò che li rendeva felici. Sa come sorrideranno quei bambini quando finalmente usciranno e toccheranno la neve. Si sentiranno normali, normali, è solo per una volta»
le si inumidirono gli occhi e si girò per tornare dai bambini.                                                                             
«Aspetti» il medico allungò il braccio verso di lei, «va bene, ma solo per pochi minuti».                                                                                                                                          
Scarlett si mise a correre verso la stanza, «potete andare fuori, potete toccare la neve!».                                                                                                                                                   
I bambini indossarono i loro giubbini e le sciarpe e i capelli. La ragazza li sistemò uno ad uno stampando un bacio sulla guancia a tutti.                                                                                                                                 

Li portò fuori e si sedette per terra tenendo il piccolo dagli occhi verdi in braccio e ridendo.                                                                                                                                                  
Il medico, si avvicinò a suo padre che la aspettava sulla soglia dell’ospedale.                                                                             
«Ha reso i bambini persone diverse, e quello che mi sorprende di più è che ci è riuscita in meno di un’ora. Deve essere fiero di lei, ha migliorato tutto qui dentro appena è entrata. Non ho mai incontrato qualcuno così» gli disse.                                                                                                                                                                                                         
«Già, ha un grande cuore».                                                                                                                                                                          

Scarlett si girò verso suo padre e gli mandò un bacio. 

SPAZIO AUTORE: 

ciaaao, eccomi. scusate ancora per il ritardo AHAHAHA. allora, questo capitolo è concentrato su Scarlett e l'ospedale, su cosa significa essere malati. Dal prossimo ritornerà alla vita normale e da Jennifer *ww* (mi manca nei capitoli çç) e ci sarà un festa di capodanno dofhbdfohb, però voi non siete invitati e.e
non potrò scrivere fino a domenica prossima perchè sarò in montagna e poi dovrò fare la cresima, ci vediamo tra una settimana belli.
recensite c: 
bacio,
ems.

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Capitolo 13
*** 'cause baby you're a firework ***


 

 

Lipstick in hand.
Tahitian tanned
in her painted of jeans.
She dreams of fame
She changed her name
to one that fits the movie screen.
                     She's headed for the big time, that means                               

 
Boom.                                                                                                                                                                                                      
«Carl, come hai fatto ad organizzare tutto questo?»Jennifer si rivolse all’uomo in smoking con un bicchiere di champagne in mano.
«L’ho fatto per te, piccola»rispose lui mettendole un braccio attorno alla vita.                                                                                                                                                 
«E’ meraviglioso, davvero»disse la donna.                                                                                                                                                                                                       
«Come mai non mi hai ammazzato per averti toccato?»chiese Carl con qualche sospetto, «non stai con Jarod?»
«Stavo con lui»spiegò lei, «semplicemente non era per me».                                                                                                              
«E io lo sono?»                                                                                                                                                                                                                         
«Siamo amici, e basta»
«Si vedrà»concluse lui alzando il sopracciglio.
«Chi sono?» due mani calde coprirono gli occhi di Scarlett.                                                                                                                                                          
«Alex» disse lei girandosi e baciandolo, «sei venuto, sono così felice»                                                                                             
«Per te» rispose il ragazzo, «mi sarei mai perso la festa di capodanno più bella del secolo con la mia ragazza?»
Boom.                                                                                                                                                                                                                   
Scarlett amava i fuochi d’artificio, le davano un senso di libertà. Carl aveva organizzato tutto, affittato il locale più bello della città e invitato tantissima gente.                                                                                                                                   

Era l’ultima settimana. Era stato il mese più sorprendente che avesse mai vissuto, con notizie brutte, belle, cose che non avrebbe mai immaginato. Avete presente quella sensazione strana nello stomaco? Sì, quella quando pensi che forse con ogni scelta che fai potresti perdere tutto, la sensazione di paura del domani, di quello che verrà, era proprio così che si sentiva. Una diciottenne nel bel mezzo della sua vita ha realizzato il suo sogno più grande e faceva ancora fatica a crederci.                                                                                                                                            
«Ci sono anche io» disse Riley sbucando dietro di lei e sorridendo.                                                                                                           
«E questo rende la festa ancora più bella» rispose lei.                                                                                                                        
«E’ l’ora del discorso!» Carl urlava nella sala, indicando Jennifer su un palco con il microfono nella mano sinistra.                                                                     


Si schiarì la voce.                                                                                                                                                                                                        
«Quindi, siamo arrivati alla fine. E’ stato un viaggio fantastico, con tutti voi ragazzi. Abbiamo riso tanto, pianto, urlato, sbagliato e ci siamo sentiti orgogliosi del lavoro che abbiamo svolto insieme. Fatto nuove conoscenze..» guardò Scarlett, «e rafforzato le vecchie» guardò Carl. Sorrise e continuò, «le persone entrano nella vita degli altri per un motivo e ognuno ha imparato qualcosa, ci siete stati quando avevo bisogno di voi, mi sono sentita al sicuro. E’ stata una tappa  della mia vita, e lo ricorderò a lungo. Mi sono accorta di amare il mio lavoro di più di quanto pensassi. Ora vorrei chiedere una cosa ad una persona, vorrei chiederle se vuole continuare questo percorso con noi, perché è stata fantastica e ha tantissime capacità. Scarlett.. verrai a Los Angeles?»

She's going to Hollywood.
She's going to Hollywood tonight.
it's true, that you, may never ever that chance again.
                                                                                                                                                                                                                                           

                                                                                          

Ecco, era il momento. Doveva solo rispondere di sì e tutto quello che sognava di sarebbe realizzato. Ma era spaventata, temeva le conseguenze, temeva di rimanere delusa.
Il cuore le batteva a mille all’ora e non aveva fatto altro che accelerare nell’ultimo mese. I secondi trascorrevano veloci e lei era muta in fondo alla stanza, fissando la donna che l’aveva cambiata.                                                                                                
Una delle scelte più importanti della sua esistenza aspettava una risposta, il suo futuro era lì in attesa. Solo una semplice parola doveva pronunciare, quella che le si era rimasta in gola, soltanto un ‘Sì’.                                                                                                   
Le persone nella sala cominciavano a mormorare tra di loro e a girarsi per guardarla.                                                                           
Era un miscuglio di emozioni.                                                                                                                                     

Jennifer le rivolse un sorriso. La ragazza sentì la forza salirle in petto, nei polmoni e infine gridò, «Sì che ci vengo».
Un forte applauso si alzò tra la folla e tutti si congratularono con lei.                                                                                                    
L’aveva detto, certo che l’aveva detto.


«Allora, ci andrai» Riley le si avvicinò.                                                                                                                                                                     
«Già» annuì Scarlett abbassando la testa.                                                                                                                                                         
«Quando partirete?»                                                                                                                                                                                             
«Domani sera»                                                                                                                                                                                                               
«Io verrò a trovarti» disse lui.
«Ovvio, tu devi venirmi a trovare, devi farlo» rispose invece lei sorridendo a mala pena.                                                                                                                                                  
«Sarai sempre la mia migliore amica, sempre».                                                                                                                      
Scarlett lo abbracciò, poggiò la testa sulla sua spalla e cominciò a piangere, «anche tu, anche tu».
«Hey non piangere» disse Riley asciugandole le lacrime, «sai quanto sono felice per te?»
Lei annuì di nuovo e si passò il palmo della mano sulla guancia.                                                                                                       


«Verrò da te appena finita la scuola e ti chiamerò ogni giorno, te lo giuro» Alex teneva le mani di Scarlett nelle sue, «ti amo».
Le accarezzò i capelli e la baciò.                                                                                                                                                                         
E lei pianse anche lì, erano troppe emozioni per una serata sola.                         


Affondò il suo viso tra le braccia di Annabeth, lei avrebbe lavorato con loro appena dopo gli esami.
«Eccoti qua, sei la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto» le disse l’amica.
«Non vedo l’ora di essere ad Hollywood e che ci sia anche tu, non ci credo».
«Tieni il telefono acceso eh, non me ne importa del fuso orario. Resta sveglia anche alle quattro di notte, ti chiamerò sempre e ti racconterò tutto, tutto e tu dovrai raccontarmi come te la spasserai con ragazzi, jet privato e shopping sulla Rodeo Drive con Jennifer, okay?» chiese Annabeth.                                                                                                        
«Sì sì e sì, e poi un giorno ci andremo insieme, tutte e tre. Conoscerò già la città e ti farò da guida, affitteremo un appartamento e compreremo un gatto persiano, ne ho sempre voluto avere uno e infine..»                                                                                          
«Lascia che lo scopra da sola cosa succederà» risero.                                                                                                                                                                                  


«10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1… BUON ANNO» fuochi d’artificio, champagne.                                                                                                            
Era iniziato un altro anno, e sarebbe stato meraviglioso.


You just gotta ignite, the light, and let it shine
Just own the night like the 4th of July.

‘Cause baby you’re a firework
Come on, show ‘em what you’re worth
Make ‘em go “Oh, oh, oh”
As you shoot across the sky-y-y.

 
SPAZIO AUTORE: woooooooow, siamo arrivati al PENULTIMO CAPITOLO. ho pianto mentre scrivevo questo capitolo, non chiedetemi perchè. okay ve lo dico AHAHA, perchè ho sempre sognato queste cose e scriverle mi ha fatto una strana sensazione çwwwç.
Beh il prossimo capitolo saaaarà un po' lungo, vabbè dai è l'ultimo. E poi nell'epilogo *O* ci sarà una soooorpresa.                                                                                     
cccomunque, la prima canzone in alto e al centro è Hollywood Tonight di Michael Jackson, quella alla fine è Firework di Katy Perry. Le amo entrambe, mi danno tantissima forza. Le foto all'inizio è Hollywood, ifhogdbh le amo.
Adesso recensite e poi, visto che Jennifer in questi giorni è malata (davvero) scrivetele qualcosa uu
Su twitter è @TheReal_Jlh e io sono @ccennifer.
Facciamola sentire meglio e spero che qualcuno di voi l'abbia conosciuta meglio in questi capitoli. 
Alla prossima, vi dico già da adesso che mi mancherete tanto çwwwwç.
SSaaaao, love you all <3

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