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La notte
circondava densa le quattro donne che camminavano sul tetto del palazzo, la
gelida brezza invernale pizzicava quei pochi lembi di pelle che non erano
coperti dal loro vestiario rigorosamente nero. Una ragazza indugiò qualche
istante ad osservare il cielo picchiettato dalle stelle artificiali di New
York, la luce pallida della luna illuminò per un attimo la sua pelle nivea
prima che si girasse e proseguisse, insieme alle altre tre, la sua camminata
furtiva verso la fine del tetto. Si sporse leggermente dal parapetto, dalla
parte meno illuminata del palazzo, concedendosi qualche secondo per analizzare
con il suo occhio esperto l’ampio balcone che le si trovava davanti. Con un
cenno richiamò le altre e con movimenti fluidi e scattanti si calarono giù dal
tetto fino al balcone dell’ attico. Girarono la testa per osservare la scena
davanti a loro, poi la ragazza dalla pelle diafana si avviò verso la finestra e
con pochi gesti fulminei la aprì, lasciando entrare le sue compagne e poi
richiudendola alle sue spalle. Tre del gruppo allontanandosi dalla finestra
restarono immobili contro la parete mentre la più alta, a passi leggiadri si
diresse verso la porta, trovando il sistema di allarme ed in meno di un minuto
lo disattivò: “Via libera!” sussurrò alle ragazze che cominciarono a muovere
cautamente i primi passi all’interno della stanza. Indugiarono qualche secondo
ad osservare la sfarzosità dell’appartamento, la famiglia Kent era una delle
più ricche di New York, e rimasero deliziate dall’elegante arredamento. Alle
giovani Bastarono poche occhiate da esperte per capire dove fosse il bottino.
Spostarono quella che era una crosta ben fatta di un quadro e trovarono una grande
cassaforte, la ragazza vi si avvicinò e collegandogli un piccolo dispositivo
riuscì ad aprirla, Un’altra dietro di lei aprì il borsone nero che avevano a
seguito, mentre le altre vi mettevano delicatamente le piccole statuette che
stavano trafugando. Una volta completata l’ operazione richiusero cautamente la
cassaforte e vi rimisero davanti il quadro. Poi uscirono dalla porta e con
estrema indifferenza scesero le scale con tanto di refurtiva a seguito.
Uscirono, sempre in rigoroso silenzio dal portone del palazzo, attente a non
fare rumori e a non attirare troppo l’attenzione, ma quella volta unatelecamera fu più furba di loro. La ragazza
dalla pelle candida mostrò distrattamente il suo bel profilo alla piccola
telecamera che riuscì a carpirne la linea perfetta del naso, delle labbra
carnose e un ciuffo di capelli rossi che uscivano dal suo capello nero di lana.
Neal Caffrey
era placidamente seduto dietro la sua piccola scrivania a sorseggiare da una
tazza del caffè bollente. Quel caffè economico che odiava e che non era avvezzo
a consumare, ma che nelle noiose giornate invernali all’unità era l’unico
compagno che avesse per passare un po’ di tempo. Da giorni non facevano altro
che occuparsi di casi banali: furti di scarso valore, qualche frode fiscale e
falsificazioni facili da scovare, niente di eccitante insomma.
Mentre stava
per portare la tazza alle labbra vide avanzare verso di lui un trafelato Peter
Burke, che senza fermarsi gli passo davanti con un’espressione più seria del
solito ed un fascicolo che teneva stretto sotto il braccio esclamò: “Neal in
sala riunioni, subito!”. Il ragazzo, disorientato dal suo comportamento e non
riuscendo a capire il motivo di tanta fretta posò la tazza sulla scrivania e a
passo svelto seguì Burke verso la sala riunioni, Salendo gli scalini che
portavano alla stanza, dove intorno al lungo tavolo troneggiavano già gli altri
membri della squadra, tra i quali Jones e la Berrigan, anche loro convocati
dall’impaziente Burke.
“Hanno
colpito ancora!” sentenziò Burke appena aprì la porta a vetro e muovendo i
primi passi nella stanza fino a prendere posto al capo del tavolo sventolando
il fascicolo che aveva sotto il braccio, seguito da un Neal sempre più confuso
e allo stesso tempo curioso, che andò a sedersi vicino a Diana.
“Chi?”
chiese Jones poggiando la penna con cui stava giocherellando e afferrando i
documenti sul tavolo, imitato dai suoi compagni.
“Sei mesi fa
il primo colpo: un quadro di Monet trafugato dalla galleria d’arte che si trova
sulla 29esima strada, che poi fortunatamente si è rivelato un “falso d’autore”
di scarso valore, poi il furto dell’ argenteria dal museo di storia antica
durante il galà, due mesi fa. Poi il diadema della principessa Josè, rubato
dalla casa del direttore della mostra, che lo stava custodendo. Abbiamo
analizzato questi furti un paio di settimane fa: stesso modus operandi, in
qualche modo sonotutti collegati tra
loro. Ieri notte hanno colpito ancora, hanno rubato delle statuette etrusche
dalla dimora dei Kent, il signor Kent è un collezionista.” Spiegò Peter tutto
d’un fiato con uno strano luccichio negli occhi. “Ma questa volta abbiamo un
indizio in più” aggiunse con tono vittorioso lasciandosi scappare un sorriso,
“Ieri notte le telecamere di una banca hanno filmato i ladri mentre uscivano
dal palazzo con la refurtiva: sono quattro donne. Io le chiamo “La Banda della
rossa”” aggiunse facendo scorrere sul monitor i fotogrammi che aveva ricavato
dal video della sorveglianza.
“Perché
proprio la banda della rossa?” chiese Diana che come tutti non aveva chiaro il
motivo di quel nome.
“Questa
mattina i nostri tecnici di laboratorio hanno analizzato il filmato: le
telecamere hanno filmato tutte le donne di schiena, tranne una. La donna
davanti alle altre è stata distratta e la telecamera è riuscita ad inquadrare
il suo profilo, non è possibile riconoscere la sua faccia e usare un programma
di riconoscimento facciale per controllare se la donna sia nel registro dei
sospettati,l’unico particolare che
emerge è questo, un ciuffo di capelli rossi. Per questo il nome La Banda della
Rossa.” Spiegò l’agente Burke mostrando l’ultimo fotogramma al gruppo, che
ritraeva il profilo della ragazza ed i suoi capelli.
“La banda
della rossa! Wow una banda di ladre… Eccitante” disse
Caffrey, sfogliando ed analizzando il fascicolo, sinceramente colpito dal caso.
“Sono delle
professioniste, non lasciano traccia. Sono come delle Caffrey al femminile.”
Concluse Peter punzecchiando il giovane.
“No hai
ragione Peter. Sono delle artiste della rapina” rispose Neal chiudendo il
fascicolo ed osservando la fotografia sul monitor della giovane dai capelli
rossi.
“Ti dice
qualcosa Neal? Hai sentito parlare di loro?” gli chiese poi l’agente più
anziano notando lo sguardo analitico che Neal aveva rivolto alla donna.
“No. Non ho
mai sentito parlare di una banda di ladre. Proverò a chiedere in giro, ma non
credo che troverò qualcosa.” Rispose Neal scuotendo la testa.
“Bene.
Mettiamoci a lavoro adesso. Neal, tu ed io adesso andiamo sulla scena del
crimine a vedere se è sfuggito qualcosa alla scientifica.” disse Burke
infilandosi la giacca e dirigendosi insieme al suo “collega” alla residenza dei
Kent.
ANGOLO DELL’
“AUTRICE”:
Salve! È la
prima volta che scrivo per questo fandom, e ammetto
di essere un tantino timorosa al riguardo. Questa è una fan-fiction diversa da
quelle che si trovano usualmente nella categoria, per questo mi farebbe molto
piacere sapere cosa ne pensate, e se vorreste continuare a leggerla ^^ Grazie
in anticipo a tutti! Baci ^^
Camminava a
passo svelto tra la folla che occupava le strade di New York cercando di
tornare a casa il prima possibile. Una tazza di caffè bollente in una mano e
una copia del giornale sotto l’altro braccio. Trascinava i piedi sull’asfalto
ascoltando il ritmico rumore sdrucciolo delle sue scarpe a contatto con esso,
girò l’angolo e percosse la breve via fino ad arrivare a casa. Salì i tre
scalini, infilò la chiave nella serratura e aprì la porta. Subito una folata di
aria calda le sciolse i muscoli del viso rimasti congelati dalla fredda aria
mattutina, si tolse velocemente il capotto, accarezzò il suo gatto che se ne
stava appollaiato sul davanzale della finestra e fece il suo ingresso nella
cucina, dove le altre tre ragazze la stavano aspettando.
“Dannazione!
Adesso abbiamo anche l’F.B.I. tra i piedi!” esclamò Roxy lanciando sul tavolo
la copia del quotidiano che aveva appena comprato.
“Rilassati
Roxy! È solo l’F.B.I.!” le rispose Purple con il suo solito tono macchiato di
superbia e tranquillità, mentre era intenta a limarsi le unghie.
“Si certo,
manteniamo la calma! È solo l’F.B.I., al massimo finiremo in gabbia!” le
ringhiò contro Roxy, sedendosi intorno al tavolo portandosi una mano tra i
ricci color fragola.
“Non
litigate ragazze. Restate calme!” si intromise Sawyer, mentre addentava il
sandwich che si era amorevolmente preparata, poi aggiunse: “Roxy, da quando ci
fa paura l’F.B.I.?”
“Io non ho
detto che l’F.B.I. mi fa paura! Vi ho soltanto informate. Adesso che sanno di
noi dobbiamo essere più prudenti” le rispose con stizza la rossa, poi prese un
lungo respiro. “Piuttosto Sawyer, ti sei liberata della refurtiva?” chiese poi
alla sua fidata amica dai lunghi capelli bruni e i brillanti occhi verdi.
“Certo! Ho
messo le statuette nel magazzino al porto insieme alle altre opere” rispose la
ragazza lanciando però un sguardo eloquente alla rossa.
“Bene questo
mi tranquillizza” disse Roxy tirando un respiro di sollievo, non era quello il
momento di piazzare la refurtiva. Avevano deciso di nascondere tutta la refurtiva
in un magazzino, quando poi sarebbe stato il momento di sarebbero rivolte ad un
ricettatore per rivenderle, ma loro sarebbero già state lontane. La rossa si
avviò verso la cucina prese un bicchiere d’acqua ed iniziò a sorseggiarlo. Poi
tornò a sedersi intorno al tavolo e aprì la pagina del giornale alla pagina
dedicata a loro.
“Ehi ragazze, volete sapere come ci chiamano?”disse poi rivolta alle ragazze senza riuscire
a nascondere un sorriso e l’entusiasmo.
“Si, dai come ci chiamano?” esclamò Blair, la ragazza dalla
chioma bionda che fino a quel momento era rimasta in silenzio intenta a
guardare un diseducativo reality show in televisione.
“La Banda della Rossa!” esclamò la rossa liberando la sua
risata cristallina, imitata da tutte le altre che erano curiose di scoprire il
nome che l’F.B.I.aveva loro attribuito.
“Mi piace!” disse la bionda sorridendo serafica.
“Si può andare!” sentenziò Purple annuendo.
“Bene, ma è meglio che la Banda della Rossa si metta a lavoro
per il prossimo colpo!” disse Sawyer richiamando all’attenzione il gruppo.
***
“Queste sono davvero delle maghe del crimine!” dichiarò Neal
Caffrey con una vena di entusiasmo e ammirazione nella voce dopo aver
analizzato la stanza dove le ragazze avevano compiuto il reato.
“Se sono riuscito a prendere il
famigerato Neal Caffrey, riuscirò a prendere anche loro” rispose Peter facendosi
di nuovo vanto delle sue capacità investigative.
“Ma dai! Una
banda di abili ladre … sono l’unico a trovare la cosa stranamente eccitante?”
disse Neal spalancando le braccia con uno strano luccichio negli occhi e il suo
solito sorriso malandrino stampato sul volto.
“Si, sono proprio le donne dei tuoi sogni eh? Quando le
arresteremo sarai libero di provarci con loro” gli rispose Peter con
condiscendenza, anche se non voleva ammetterlo, ma trovava anche lui il caso
estremamente affascinante. Finalmente il duo Caffrey e Burke si rimetteva
all’opera su un vero caso, e soprattutto aveva una gran voglia di arrestare
quelle donne.
“Qualche idea per prenderle?” Chiese Neal aprendo la portiera
dell’auto di Peter e prendendo il suo solito posto nel sedile passeggero.
“Bè hanno già commesso un errore. Dobbiamo solo aspettare che
ne commettano uno come questo, ed è fatta.”disse Peter mettendo in moto l’auto e rivolgendo un
sorriso sghembo al giovane.
“Peter non credo che questo caso sarà così facile come credi.
Penso che tu abbia preso il caso troppo alla leggera.” Ammise Neal con una
smorfia di disapprovazione dipinta sul bel volto.
“Tranquillo, sarà così” sentenziò Peter tenendo gli occhi
puntati sulla strada. “Dobbiamo solo aspettare che commettano un altro errore
come questo” aggiunse ripetendosi, forse più per convincere se stesso che il
Neal.
Neal aprì la bocca per replicare ma fu interrotto dalla
suoneria del cellulare di Burke. L’uomo toccando un pulsante posto sul volante
accettò la chiamata e si affrettò a rispondere. “Burke” disse solenne mentre la voce dall’ altro
capo del telefono parlava in fretta senza lasciare spazio a Peter per
replicare, quando la voce si zittì l’uomo rispose: “Bene! Grazie Diana.” Chiuse
la chiamata e si rivolse a Neal: “Il signor Kent sarà di ritorno da
Philadelphia domani mattina. Verrà alla centrale così potremo fargli qualche
domanda.”
“Bene!”
rispose il giovane rivolgendo i suoi brillanti occhi blu verso la strada,
mentre l’auto sfrecciava silenziosa tra le rumorose strade di New York.
Salve a
tutti!! Scusate se ci ho messo un po’ ad aggiornare, ma l’altro giorno proprio
mentre stavo per aggiornare, rileggendo il capitolo mi sono accorta che non andava
bene, e che era tuuuuuttto da riscrivere. Così adesso
dopo una bella revisionata eccolo qui! Comunque non ne sono molto soddisfatta,
ma questo è solo un capitolo di passaggio, più in là la storia si farà più
intrigante ^_^ Bene, detto questo, ringrazio tutti i lettori, quelli che recensiscono
e quello che mettono la storia tra le preferite_seguite_daricordare. Vi
ringrazio davvero tanto, perché tengo molto a questa storia, e ricevere i
vostri incoraggiamento significa davvero molto per me. Grazieancora a tutti <3 Bè ora basta con le
chiacchiere, vi lascio al capitolo e se volete lasciarmi un recensione per
farmi sapere le vostre idee sulla storia, le critiche, suggerimenti o,perché
no, i vostri complimenti (scherzo ovviamente ^_^) A me farebbe molto piacere.
Grazia ancora a tutti!! Bacii! ^_^
Il signor
Kent camminava nervosamente nella stanza dove lo avevano messo in attesa, si
accomodava sulla scomoda sedia che gli avevano portato, dopo qualche secondo si
alzava, camminava intorno al tavolo, beveva un sorso d’acqua, si affacciava
alla finestra, tornava a sedersi e ticchettava ritmicamente con le sue dita sul
tavolo. Ripetédiverse volte l’intera
successione; lo avevano lasciato lì dentro, dicendogli di attendere e che
l’agente Burke sarebbe stato subito da lui. Forse erano ore che aspettava, o
forse solo pochi minuti, ma di certo l’attesa lo distruggeva: più il tempo
passava, più la tensione e il nervosismo salivano. E salivano sempre di più,
che pensò quasi che potesse scoppiare. Si alzò di nuovo dal tavolo ma si
risedette subito, le gambe non riuscivano più a sostenere il peso del suo
corpo; nascose la testa tra le mani tentando di calmarsi, e in quel momento la
porta alle sue spalle si aprì e fecero il loro ingresso due uomini vestiti con
abiti eleganti. L’uomo si concesse qualche secondo per osservarli: uno era un
uomo sui quaranta, più o meno, dall’aspetto austero, l’altro invece era di
sicuro molto più giovane e di bel aspetto, ma ad una prima occhiata non
sembrava affatto un federale, anzi gli sembrò quasi di riconoscere in lui qualcosa
di famigliare.
“Scusi
signor Kent se l’abbiamo fatta aspettare. Io sono l’agente Burke e lui è Neal
Caffrey, un nostro consulente.” Si presentò Peter mentre stringeva la mano
all’uomo.
“Non si
preoccupi agente” disse con un filo di voce l’uomo, il viso provato da due
profonde occhiaie. Gettò ancora un’occhiata al più giovane dei due uomini, riuscì
a collegare il nome che aveva appena sentito a quel viso che gli sembrava tanto
famigliare,malgrado la stanchezza di una notte insonne. Quel uomo era un falsario,
gliene avevano parlato in molti mettendolo in guardia, un collezionista di
opere d’arte come lui e doveva stare allerta con soggetti come Caffrey. Ma
decise di non dire nulla, così distolse lo sguardo e torno a torturarsi le
mani. I due uomini si accomodarono intorno al tavolo, l’agente aprì il
fascicolo che aveva con sé ed estrasse alcune foto della refurtiva mostrandole
agli altri.
“Allora,
sono queste le statuette etrusche che le hanno rubato la scorsa notte?” chiese.
“Si, Io e
mia moglie eravamo fuori città per affari. Lei è tornata prima di me e ha
notato che l’allarme era stato disattivato. Sembrava che non mancasse niente,
ma poi quando ha aperto la cassaforte ha scoperto che le statuette erano
sparite.” Si affrettò a raccontare l’uomo.
“Quindi i
ladri non hanno toccato niente altro, malgrado la vostra casa fosse piena di
altri oggetti di valore?” si intromise Neal.
“No. era
tutto intatto. Forse se mia moglie non avesse pensato ad aprire la cassaforte
non ce ne saremmo neanche accorti.” Rispose Kent, la sua voce era sempre più
velata di tristezza. Neal invece sembrava divertito, o meglio eccitato; lanciò
uno sguardo eloquente a Peter che annuì di rimando.
“E ci dica,
queste statuette hanno un grande valore?” chiese l’agente mantenendo la sua professionalità.
“Bè per un
collezionista come me quelle statue hanno una valore inestimabile. E sono molto
ricercate, alcuni mi hanno offerto una fortuna perché gliele vendessi.” Rispose
l’uomo, sembrava che ognuna di quelle parole gli provocasse una fitta di
dolore.
“In quanti
erano a conoscenza di questa sua passione?” continuò il suo ciclo di domande
Peter mentre scribacchiava su un foglio alcuni particolari del racconto.
“Tutti
quelli che mi conoscono sanno che sono un appassionato di storia ed un collezionista.”
Rispose l’uomo dopo averci riflettuto per qualche secondo. L’agente sospirò,
poi chiese di nuovo:” Allora ha incontrato di recente qualcuno che ha invitato
a casa sua? O qualcun altro è entrato in casa sua, magari dicendo di dover fare
dei lavori?”
“No, non ho
conosciuto nessuno…” poi l’uomo si fermò, riflette
qualche secondo e riprese:”Oh mio Dio! Stiamo cercando una nuova domestica,
tantissime donne estranee sono entrate in casa mia ultimamente per il
colloquio.” adesso la sua voce era colorata anche da una vena di disperazione.
“Aspettate, però tra tutte quelle visionate abbiamo permesso solo ad una di
fare una prova. Era molto giovane, e ci ha subito colpito. L’abbaiamo lasciata
un giorno a casa ed ha fatto un ottimo lavoro. L’abbiamo richiamata, perché
volevamo assumerla ma non siamo più riusciti a rintracciarla.” Concluse
riacquistando un briciolo di speranza. Peter e Neal si scambiarono un altro
sguardo complice, poi il ragazzo chiese:” Si ricorda che aspetto avesse questa
donna?”
“No, Ricordo
solo che aveva i capelli di un rosso intenso.” I volti dei due si illuminarono
e Peter sussurrò “è lei” e poi si
rivolse nuovamente all’altro.
“Come le ha
detto di chiamarsi?”
“Credo
Madison, si Madison White!”
“Sarà
sicuramente un nome falso” disse Neal con ovvietà rivolto al suo compagno.
“Si, ma vale
la pena di provare. Magari scopriamo che ha già usato questa identità.” Gli
rispose l’altro appuntandosi il nome. Poi si alzò dal tavolo e porse di nuovo
la mano all’uomo “Grazie signor Kent. Faremo il possibile per ritrovare le sue
statuette.”
“Grazie a
voi!” rispose l’uomo, mentre i due uscivano velocemente dalla stanza decisi a
scoprire l’identità della misteriosa rossa.
“Con la
scusa del lavoro si è introdotta a casa dei Kent per studiare la casa, i punti
d’accesso, il tipo di allarme. Questa donna ha tutta la mia ammirazione” disse
Caffrey ripercorrendo ad alta voce lo schema seguito dalla rossa.
“Si, quando
la prenderemo potrai chiederle l’autografo.” Disse distrattamente Peter mentre cercava
la sua efficiente collega con lo sguardo. “Diana!” la chiamò quando finalmente
riuscì a scorgerla tra tutti gli altri agenti che si affaccendavano per la
stanza.
“Eccomi
capo!” disse la donna avvicinandosi velocemente ai due.
“Ho bisogno
che tu faccia una ricerca su questo nome Madison White. Vedi se hanno fatto
delle registrazioni a questo nome in qualche motel o altro. Mi raccomando fa in
fretta” le ordinò l’agente Burke, prima di dirigersi verso l’uscita per
concedersi un pranzo con sua moglie sperando di non pensare almeno per un’ora
alla banda di ladre.
***
Un pallido e
timido sole primeggiava tra le soffici nuvole bianche che tentavano di
oscurarlo invano, illuminando e riscaldando il pomeriggio di New York.
Quattro
ragazze sedute intorno ad un tavolo di un elegante caffetteria chiacchieravano
amabilmente, nasconde dietro quella che apparentemente sembrava un frivolo
discorso tra donne la pianificazione di un nuovo colpo. Erano Roxy, una ragazza
di bel aspetto con brillanti occhi verde e capelli rosso fragola, Sawyer, la
sua migliore amica e l’unica di cui si fidasse, lei era molto alta, snella,
aveva lunghi capelli castani e occhi che ricordavano degli smeraldi. Affianco a
queste sedeva, Purple, una donna dai capelli corvini e occhi neri da cerbiatta
e Blair, di piccola statura con i capelli biondi e grandi occhioni azzurri.
“Vuoi rubare
un Monet dal Met?” Esclamò Purple sconvolta
rischiando quasi di sputare il caffè che aveva appena sorseggiato, dopo aver
sentito nominare dalla rossa il MetropolitanMuseumof Art, uno dei più
famosi, e sorvegliati, musei di New York.
“Certo! Sarà
un gioco da ragazzi, Fidatevi di me!” le rispose tranquillamente Roxy
accavallando le gambe e rivolgendo il suo sguardo verso la strada,
estraniandosi dal gruppo osservando i passanti che trascorrevano tranquilli e
spensierati le loro vite davanti a lei, Dio quanto li invidiava.
“Non credi
che sia un po’ azzardato? Adesso abbiamo anche i federali sulle nostre tracce.
Non dovremo fermarci o, che ne so prenderci una vacanza?” sussurrò con la sua
soave vocina Blair spalancano i suoi dolci occhi azzurri da gattina. La rossa
distolse gli occhi dalla folla e tornò ad osservare le sue tre socie: “No, non
possiamo permetterci una vacanza Blair! E se l’idea di rubare un quadro di
Monet dal Met non ti va a genio, Purple, puoi sempre
tirarti indietro!” disse inalberandosi, stanca delle lamentele delle due. La
bionda sgranò ancora di più i suoi occhi, poi abbassò lo sguardo mortificata e
sul piccolo viso sereno comparve una nube nera di tristezza. Ma Purple non era
così fragile, decisamente no, si inumidì un secondo le labbra colorate di un
rosso rubino e si preparò a replicare. “Mia cara Roxy forse il caffè non ti fa
bene! Dovresti ordinare una camomilla!Vuoi rubare un Monet? Bene! Facciamolo!
Non si dica che Purple Moore si sia tirata indietro! E poi, sono io che manda
avanti la “Banda”, senza di me sareste tutte al fresco da un pezzo!” disse con
il suo solito tono di voce altezzoso, presuntuoso e arrogante che si era alzato
notevolmente e il suo bel viso accuratamente truccato era diventato paonazzo.
Roxy restò ferma al guardarla, aspettando che finisse, poi roteò platealmente
gli occhi, prese un respiro profondo e rispose: “ Si certo, tutti noi ti
dobbiamo la vita! Ti ricordo che stavi mandando a monte l’operazione del furto
del diadema di Josè solo perché ti si era rotto il tacco della scarpa! Sei
patetica!”.
“Io sarei
patetica? Bè sono io però quella che riesce a rubare delle opere d’arte anche
su un tacco a spillo di undici centimetri” replicò piccata l’altra, facendosi
vanto di quello che secondo lei era una grande qualità.
“Ma sentiti!
Mi vergogno per te! Pensi che il mondo ruoti solo intorno a te e ai tuoi
dannati vestiti firmati? Poi non darti molte arie, sei la peggiore ladra che io
abbia mai visto! E se non fosse stata per me saresti ancora a lavorare in
quello squallido Call Center!” Gli animi della rossa
si stavano veramente accendendo, aveva sempre odiato quel lato vanesio di
Purple e non le era mai mancata l’occasione di farglielo sapere, Roxy era
infatti, una persona che non si faceva problemi a dire quello che pensava.
“ Io sarei
una pessima ladra? Ti ricordo che è colpa tua se adesso l’F.B.I. è sulle nostre
tracce. Sei stata tu che hai sfoggiato i tuoi assurdi capelli alla telecamera!”
la voce di Purple era alle stelle, rischiando quasi di far sentire la loro
bizzarra e ambigua discussione anche agli altri clienti. Roxy era pronta a
replicare, con l’indice puntato contro la donna dai capelli corvini fece per
aprire la bocca ma fu interrotta da Blair, che aveva trovato il coraggio di
rialzare la testa “Vi prego, adesso smettetela di litigare!”disse con gli occhi lucidi battendo i pugni
sul tavolo facendo tintinnare le tazze.
“Blair ha
ragione. Mi sono stancata delle vostre stupide discussioni!” a questo punto si
intromise anche Sawyer, che fino a quel momento era rimasta attonita ad
osservare la scena bevendo il suo caffè, era ormai avvezza alle discussioni che
avvenivano di frequente tra le ragazze e che si concludevano sempre, o quasi,
nel migliore dei modi. Nel gruppo di creò un attimo di silenzio, poi Roxy riprese
a parlare, ma questa volta il suo tono era molto più pacato e tranquillo.
“Avete
ragione ragazze! Scusami Blair non dovevo trattarti male” si scusò prima con la
bionda toccandole delicatamente il dorso della sua esile mano, “E scusa anche a
te Purple, Sai che non pensavo tutte le cose che ti ho detto.” Proseguì rivolta
all’altra mentendo leggermente sull’ultima frase.
“No, Roxy
perdonami tu! Nemmeno io pensavo tutte le cose che ti ho detto! E sappi che
qualunque cosa tu voglia fare io sono con te!” replicò Purple sorridendo alla
rossa.
“Si, non
avrei dovuto mettere in discussione la tua decisione Roxy!” si scusò
ingiustamente a sua voltala la dolce Blair: era quasi inverosimile che una
creatura sensibile e gentile come lei potesse essere una ladra.
“No, Blair
tu hai solo espresso la tua opinione! Ne hai tutto il diritto! Sono io che mi
sono fatta prendere dalla rabbia. Sapete in questo periodo non so cosa mi sia
preso! Sarà tutto questo stress… “ iniziò Roxy
seriamente dispiaciuta per essersi comportata in modo sgradevole con le
compagne e seriamente preoccupata per quello ce le stava succedendo in quel
periodo.
“Bè so io
come tirarti su il morale!” disse Sawyer mentre infilava le mani nella sua
grande borsa di cuoio. Ne estrasse un lungo foglio di carta tutto arrotolato
che srotolò con fare teatrale sul tavolino accompagnando il tutto con un sonoro
“TA-DA”
“Ma questa è
la planimetria del museo! È praticamente introvabile. esclamò Roxy mentre nei
suoi occhi verdi comparve uno strano bagliore.
“Si. Da qui
possiamo studiare tutte le possibili entrate,tutte le via di fuga e i punti
ciechi per non farci inquadrare, di nuovo, dalle telecamere di
sorveglianza”illustrò Sawyer mentre
scorreva l’indice sul foglio.
“Per quanto
riguarda l’entrata ci ho già pensato io!” Disse la rossa estraendo un opuscolo
dalla giacca. “Venerdì sera ci sarà un galà, e noi saremo invitate!” concluse
sfoggiando uno dei suoi brillanti sorrisi.
“Un Galà? Oh
mio Dio ma è solo tra cinque giorni! Devo ancora decidere quale vestito
indossare!” esclamò Purple tanto eccitata quanto preoccupata.
“Wow andremo
ad un galà! Che bello, non ci sono mai stata!” disse Blair sorridendo eccitata
battendo le mani.
Salve a
tutti!! Ecco qua un nuovo capitolo, è un po’ lungo ma credo che ne valga la
pena, si ne sono abbastanza soddisfatta. ^_^ Noto che siete tanti lettori
silenziosi, e a me sta bene ^^ ma se avete qualcosa da dire non esitate a farlo
=). Volevo aggiungere solo una piccola cosa, io ed una mia amica “Collega”
abbiamo aperto un gruppo su Facebook per tutti gli
scrittori di fan fiction, così possiamo conoscerci, scambiarci consigli, se
volete unirvi vi aspetto! ^^ Vi lascio il link qui Gruppo Facebook^_^ al prossimo capitolooo!! Bacii!!! :*
Con un muffin
al cioccolato tra le mani,Roxy scese frettolosamente i gradini di casa e si
avviò verso la sua auto: un maggiolone vecchio modello giallo canarino. Salì a
bordo, frugò nella tasca della giacca in cerca della chiave, la estrasse e con
un rombo il motore si accese. Cominciando a sfrecciare tra le strade di New
York, Amava guidare, adorava la sua vecchia auto e tutti i suoi stani rumori e
scricchiolii, osservava la vita dalle persone attraverso il finestrino aperto,
lasciando che la fredda aria mattutina le accarezzasse il viso e i capelli,
mentre di tanto in tanto dava qualche morso al suo dolcetto.Guidò per circa quindici minuti, immersa nei
suoi pensieri mentre la vecchia autoradio emetteva musica jazz da una audiocassetta.
Parcheggiò velocemente senza fare troppa attenzione, scese dirigendosi verso un
negozio di fiori. Entrò facendo tintinnare la campanella che si trovava in alto
sulla porta,il negoziante di trovava girato di spalle intento ad aggiustare un
grande vaso di girasoli dietro il bancone, era un uomo dal fisico slanciato e
con lunghi capelli bianchi legati in una coda.
“Sai dovresti
tingerti i capelli Roxy…” le disse senza girarsi. La
ragazza strabuzzò gli occhi prima di lasciarsi scappare un sorriso, aveva
sempre trovato inquietante quel modo di fare del uomo.
“Non ci
penso nemmeno!”rispose ridacchiando mentre avvicinava il naso ad un tulipano.
L’uomo infilò l’ultimo girasole nel vaso e si girò verso la rossa sorridendo.
“Catilina ho
bisogno del tuo aiuto.”Gli disse Roxy, L’uomo si faceva chiamare Catilina, come il
famoso personaggio storico romano. Nessuno sapeva il suo vero nome, lui stesso
diceva di averlo dimenticato. Non era chiaro il motivo per cui avesse scelto
quel nome, forse per la sua passione per la storia classica, o perché anche lui
come il vero Catilina era avvezzo al tradimento, o più semplicemente forse solo
per esaltare le sue origini italiane.
“Certo Roxy
tutto per te!” le rispose l’uomo con il suo strano accento cadenzato,ancora
colorato dalla pronuncia della sua lingua madre.
“Venerdì sera
ci sarà un galà al Metropolitan Museum ed io e le ragazze vorremmo tanto
andarci! Ma abbiamo bisogno del invito…” l’uomo subito la bloccò alzando la
mano. “Bè se si tratta si questo genere di affari dobbiamo parlarne nel mio
ufficio.” Così dicendo uscì dal bancone e si diresse verso la porta scambiando
il cartello con la scritta “aperto” con un’altra con su scritto “Torno Subito” ,
e fece cenno alla ragazza di seguirlo nel retro del negozio. Il negozio che
apparentemente sembrava un semplice colorato e profumato Fioraio , nascondeva
il laboratorio di uno dei più grandi falsari d’America, che ormai dedito alla
pensione si occupava solo di sbrigare qualche lavoretto per gli “amici”.
Catilina si chiuse alle spalle la porta del piccolo magazzino dove tra i fiori
erano nascoste stampanti e altri “ferri del mestiere”.
“Hai una
copia del invito?” le chiese l’uomo mentre spostava una vaso di orchidee per
mettere in funzione uno strano macchinario.
“Si eccolo…
L’ho trovato nella borsa di una certa Meredith Steward “ le rispose Roxy mentre
estraeva dalla borsa l’invito stampato su una carta pregiata e con una
carattere blu elegante e raffinato.
“Mmh…” disse
l’uomo mettendo sul naso i suoi occhiali dalle lenti tonde e leggermente
ombrate di un celeste pallido, esaminando con occhio esperto il biglietto. “Sei
fortunata mia casa Roxy, mi è rimasta un po’ di questa carta. Mi metto subito a
lavoro!” disse prima di fiondarsi tra gli scaffali in cerca di materiale.
“Andate al
Met per lavoro suppongo?”
“Se accadrà
qualcosa ti lascio il gusto di scoprirlo da solo sui giornali” le disse la
ragazza rivolgendo lo sguardo altrove. Era meglio non dare troppe informazioni
ad un tipo come Catilina, certo lui la conosceva fin da quando era una
ragazzina, le aveva insegnato tutto quello che sapeva, ma Roxy aveva imparato
anche a non fidarsi di nessuno e a
lasciare sempre un alone di mistero intorno a tutto quello che faceva.
“D’accordo
Roxy!” le rispose l’uomo annuendo,quasi compiaciuto dalla risposta della
ragazza, era un segno che avesse imparato quanto negli anni aveva cercato di
insegnarli. “Qui ci vorrà un po’…”
“Bene,
allora io torno tra un po’… Ho dei lavori da fare!” disse strizzando l’occhio
al suo mentore e uscendo velocemente dal negozio. Senza curarsi della multa che
troneggiava tra i tergicristalli della sua vecchia auto si diresse verso il
museo per esaminare dal vivo quella che presto sarà la sua scena del crimine.
***
Nell’appartamento
di Neal quel pomeriggio regnavano il silenzio e la concentrazione, gli unici
rumori che si potevano udire tra i respiri calmi dei due uomini erano quelli delle
pedine che si alzano e ricadevano sulla scacchiera di marmo. Gli occhi blu del
ragazzo si alzarono dal tavolo per incontrare quelli dell’altro uomo coperti
dalle lenti colorate, ci fu un ultimo secondo di silenzio poi sul viso del
giovane si accese un brillante sorriso beffardo.
“Scacco
Matto Mozzie!” esultò mentre l’altro uomo continuava ad esaminare la scacchiera
cercando di capire quali erano stati i propri errori.
“Avrai vinto
una battaglia Neal ma non vincerai la guerra!” sancì alla fine Mozzie bevendo
un sorso di vino.
“Si, certo”
rispose con condiscendenza il ragazzo alzandosi dal tavolo per andare a
riempire il suo calice con dell’altro vino pregiato. Mentre si portava il
bicchiere alle labbra sentì la vibrazione seguita dalla suoneria del suo
cellulare, lo estrasse dalla tasca dei suoi pantaloni dal taglio classico e se
lo portò all’orecchio.
“Neal dove
sei?” disse subito la voce di Peter carica di impazienza.
“Sono a
casa, avevi detti che potevo andare, che non c’era altro d fare per oggi…”
spiegò il ragazzo turbato da quella telefonata.
“Si si lo
so… Devi tornare subito qui! Abbiamo delle novità sul caso della Banda della
Rossa.” Gli ordinò l’agente con un tono che non ammetteva repliche.
“Certo. Sarò
da te tra quindici minuti….” Gli rispose Neal ponendo fine alla conversazione
ignorando le parole di protesta di Peter.
“Il tuo
federale ti marca stretto eh?” gli si rivolse Mozzie guardandolo quasi con
sdegno.
“Stiamo
seguendo un caso molto impegnativo Moz” cercò di spiegare Neal mentre annodata
di nuovo la cravatta. “A proposito, sai qualcosa su una banda di ladre
capitanata da una rossa?”
“Considerando
il fatto che non sono una spia, e che non tradisco i colleghi. No non ne ho mai
sentito parlare. Ma potrei chiedere in giro” gli rispose l’uomo occhialuto
accompagnando le sue parole con degli ampi movimenti delle braccia.
“Si grazie
ci saresti di grande aiuto”
“Ma spiegami
meglio. Tu e il federale state dando la caccia ad una banda di ladre?” chiese
Mozzie ripensando a ciò che gli aveva detto prima Neal.
“Si. Sono
delle ladre d’arte. Molto brave, e fino ad ora abbiamo solo un fotogramma dei
capelli rossi di una di loro.” Spiegò meglio il caso al suo “fidato” amico.
“Wow,
affascinante! Se sentirò qualcosa in giro sarai il primo a saperlo monamie” gli ripeté l’uomo mentre rimetteva
ai propri posti i pedoni sulla scacchiera.
“Ci vediamo
Moz!” lo salutò Neal infilandosi frettolosamente la giacca e uscendo dalla
porta per dirigersi verso l’edificio dell’F.B.I. dove lo aspettava il suo
collega Peter.
Ticchettava
impaziente con le dita sulla scrivania del suo ufficio, mentre beveva la terza
tazza di caffè in un’ora. Aprì di nuovo il fascicolo di quel caso che lo stava
mano a mano ossessionando sempre di più, mentre come una tarlo nella sua mente
si faceva spazio il pensiero di prendere i colpevoli. Si alzò di nuovo dalla
sedia per vedere se tra la folla di federali scorgeva la figura slanciata Del
suo pseudo collega. Finalmente lo vide aprire la porta a vetri e fare il suo
ingresso, subito incrociò lo sguardo con il suo e gli fece cenno di andare
immediatamente nel suo ufficio con una espressione severa sul volto.
“Eccomi
Peter” si presentò Neal entrando nel piccolo ufficio dell’agente e prendendo
posto sulla sedia di fronte all’altro.
“Ce ne hai
messo di tempo Caffrey!” lo ammonì Peter mentre riprendeva posto sulla sua
sedia. Il ragazzo in risposta si limitò solo a roteare platealmente gli occhi,
poi prese a giocherellare con una pallina di elastici da ufficio, facendo
innervosire ancora di più Peter che prontamente gli bloccò la mano e prese a
dire:
“Ti ho
chiamato qui perché abbiamo avuto una testimonianza,da una fonte attendibile,che
dice di aver visto la nostra rossa scattare foto al Metropolitan Museum OfArts”
“Come
facciamo a sapere che sia proprio la nostra ladra?” protestò il ragazzo, come
se non volesse ammettere a se stesso che quella donna così abile avesse potuto
commettere un altro errore.
“Da quando
abbiamo scoperto questo particolare abbiamo messo in allerta tutti i Musei
della zona. Una guida del MET dice di aver visto una ragazza dai capelli rossi
avvicinarsi furtivamente a dei quadri di Botticelli e Caravaggio cercando di
fotografarle di nascosto. Appena la guida si è girata per avvertire la
sicurezza la donna è sparita”
“Potrebbe anche
essere soltanto una turista appassionata di arte.”
“Potrebbe. A
non me la sento di rischiare. Io sono più che convinto che si tratti della
nostra rossa, che ha commesso un altro errore. Quindi ho fatto mettere sotto
controllo la zona. Se nelle prossime ore tenteranno di rubare qualcosa noi lo
sapremo”disse Peter sicuro delle sue
parole.
“Bè si… Mettiamo
caso che tu abbia ragione, e che la rossa di cui parli sia la leader della
banda. Sei davvero sicuro che torni lì? Hai visto come operano, sono molto
furbe. Se si è accorta di essere stata scoperta non tornerà lì con le altre ma
cambierà obbiettivo!” gli si oppose Neal.
“Hai
ragione, ma per sicurezza lascerò degli agenti a sorvegliare la zona.” Ammise Peter
mentre la voce aveva perso la sicurezza di prima e si stava abbandonando
all’amarezza. Seguirono alcuni secondi di silenzio dove gli occhi di Neal erano
fissi nel vuoto e nella sua mente si intrecciavano miriadi di pensieri.
“Aspetta.
No, non abbandonerà. Venerdì ci sarà un galà al Met, la folla, la confusione,
sono perfetti per un furto. Non si cureranno di essere state scoperte, faranno
il colpo!” disse Neal con certezza.
“Ne sei
proprio sicuro Neal?” chiese Peter con gli ormai ridotti a due fessure in impaziente
attesa di una risposta positiva.
“Si. O
perlomeno io farei così…” disse e l’agente lo ammonì
con lo sguardo. “Ipoteticamente parlando è ovvio” si affrettò ad aggiungere
Neal alzando le braccia.
“Non posso
crederci. Ci sarà un gala al Met e noi dovremmo godercelo stando “comodamente”
seduti nel nostro profumatissimo furgone” commentò con sarcasmo Neal mentre si
dirigeva verso l’ascensore con il suo collega Peter.
“Sta
tranquillo, tu non passerai la serata nel furgone. Passa a casa a prendere il
vestito elegante: andrai al galà” annunciò passando l’invito al ragazzo che lo
guardava sorridendo sorpreso.
“Dici sul
serio Peter?” chiese il ragazzo per accertarsi,prima di lasciarsi prendere dal
entusiasmo, che il suo amico non si stesse prendendo gioco di lui.
“Che mostro
sarei se non permettessi a Neal Caffrey di partecipare ad un galà così
importante” rispose Peterquesta volta
caricando lui la sua frase con sarcasmo ed ironia.
“Non vedo
l’ora!” esclamò Neal mentre analizzava il suo invito.
“Ehi,
ricordati che sarai lì per lavorare, non per fare baldoria. Dovrai cercare tra
le invitate quelle con i capelli rossi che somigliano alla nostra sospettata,
avvicinarle e tenerle d’occhio nel caso ad una di loro venisse voglia di rubare
qualcosa. Registreremo le conversazioni con questo.” Disse porgendogli un
orologio dal taglio elegantementre il
ragazzo si affrettava a metterlo intorno al polso “Noi saremo pronti ad entrare
in azione. Mi raccomando Neal sta attento!” gli raccomandò Peter.
“Sta
tranquillo!” gli rispose Neal, nei suoi occhi blu era ricomparso una bagliore
d’eccitazione. Non sapeva se era per il fatto che stesse per partecipare, se
pur per lavoro, ad un galà di uno sei più importanti musei della nazione; o
perché probabilmente quella sera avrebbe fatto la conoscenza di quella donna.
Roxy,
Sawyer, Purple e Blair erano pronte per il loro colpo. In quei giorni avevano
programmato tutto, il loro piano non poteva fallire. Si erano preparate per
quella sera e niente poteva coglierle di sorpresa. Forse.
Arrivarono
con auto diverse, fingendo di essere delle estranee, se qualcosa sarebbe andato
storto o se qualcuno le avesse notate, sarebbe stato meglio che non
rischiassero tutte insieme, così che poi quelle rimaste avrebbero comunque
potuto portare a termine il colpo. Presentarono alla donna che accoglieva gli
ospiti vestita con un elegante abito nero gli inviti che erano stati
accuratamente falsificati da Catilina. Poi fecero il loro ingresso nell’immensa
sala addobbata elegantemente per l’occasione. Senza dare segno di conoscersi le
ragazze si sparsero per la grande sala: Sawyer che indossava un lungo vestito
grigio scuro, che andava decisamente contro la sua natura e contro quello che
era il suo consueto modo di vestire, si fiondò verso il bar e chiese da bere il
suo solito whisky liscio per iniziare la serata. Purple invece, che indossava
un vistoso abito bordeaux, corto fin sul ginocchio e il collo gonfio di fiori
di stoffa pomposi, si perse ad osservare la stanza e a mischiarsi con
quell’eleganza congenita e a fare amicizia, chiacchierando con i più importanti
esponenti della serata. Blair invece stretta nel suo lungo e attillato vestito
fucsia si guardava intorno spaesata, si fermò per prima al buffet per cercare
di mangiare qualcosa, afferrò delle tartine e le trangugiò mentre i suoi
occhioni azzurri non la smettevano di guardare adoranti l’immensa eleganza
della stanza. Roxy fu l’ultima ad arrivare, indossava un elegante vestito nero
leggermente decorato da delle pietre brillanti sul petto, con delle scarpe
luccicanti abbinate, e non fu difficile per lei mischiarsi tra la folla.
Anche Neal
Caffrey aveva fatto il suo ingresso nella sala. Camminava tra gli invitati del
galà con una coppa di champagne tra le mani, cercando anch’esso di non dare
troppo nell’occhio. Si aggirava tra la folla, attento a scorgere tra le donne
coperte di costosi abiti griffati, la chioma rosso fragola che cercava. Vide
una ragazza ferma in mezzo alla stanza, aveva i capelli mossi e rossi. La
guardò per qualche secondo, poi riprese a camminare e non perse l’occasione per
parlarle. Camminando, con la sua solita andatura raffinata e signorile, simulò
uno scontro con la ragazza.
“Mi scusi
tanto.” Disse fingendosi, con la sua solita dote teatrale, sinceramente dispiaciuto,
e poi concedendo uno dei suoi irresistibili sorrisi.
“Si figuri!”
la donna lo guardò, e evidentemente non poté fare a meno di rimanere folgorata
dalla bellezza del giovane e subito si affrettò a presentarsi: “Sono Susan”
“Piacere
Nick!” si presentò a sua volta Neal, usando una delle identità che più gli
stava a cuore. Sorrise di nuovo compiaciuto, ancora una volta il suo fascino lo
aveva aiutato.
“Si sta divertendo Nick?”gli chiese la donna
con un tono di voce più caldo di quello che usava normalmente e carico di
sensualità.
“Molto di
più adesso” rispose Neal anche lui in modo seducente, poi la guardò
attentamente. I suoi capelli non era dello stesso rosso intenso che aveva la
donna della foto, e in più c’era qualcosa dentro di lui che gli continuava a
ripetere che non era quella la donna che stava cercando. Ormai conosceva quel
tipo di persone, quelli come lui, e quella Susan non era dotata dello stesso
fascino che possedevano i truffatori. Così decise di allontanarsi e continuare
la sua ricerca.
“Mi scusi,
devo andare” disse quasi bruscamente alla donna, che rimase ferma nel mezzo
della sala, a fissare impietrita la figura del ragazzo che spariva tra le
persone.
Neal
continuò ad osservare tutti gli invitati, a camminare per l’immensa stanza in
cerca di quella donna. Di tanto in tanto si fermava a farsi riempire il
bicchiere, a mangiucchiare qualcosa dal buffet, e a scambiare qualche parola
con qualcuno degli invitati. Era più di un’ora che portava avanti la sua
ricerca, ma non era ancora riuscito a trovare niente. Si sentì quasi deluso,
forse si era sbagliato. Forse la “Banda della Rossa” aveva deciso di rimandare
il colpo, e la sua supposizione era totalmente sbagliata. Non avrebbero
sfruttato comunque il Galà per il loro furto. Quasi affranto, si diresse verso
la postazione del bar, era stanco di bere champagne, aveva bisogno di qualcosa
di più forte. Non sapeva se fosse più deluso perché aveva sbagliato, o perché non
aveva avuto l’occasione di conoscere quell’intrigante ladra dai capelli rossi.
Il tempo
sembrava non passare mai. Roxy odiava trovarsi lì, tra centinai di persone
ricche che si godevano la loro vita respirando il dolce profumo del denaro. Con
quasi un’espressione di disgusto sul viso finì di bere il contenuto del
bicchiere che aveva in mano, e guardò per l’ennesima volta l’orologio. Era ancora
troppo presto per mettere in atto il piano, e questo significava essere
costretta a restare ancora. Senza farsi notare guardò in direzione delle sue
amiche, loro si che si stavano godendo la festa: Blair non faceva altro che
mangiare e chiacchierare con un giovane ragazzo che aveva incontrato all’inizio
della serata, Purple invece si stava divertendo con un gruppo di anziane
signore, tutte del suo stampo, aveva finalmente trovato il suo ambiente. Persino
la cupa Sawyer aveva trovato un passatempo per la serata, continuando a farsi
offrire da bere da un uomo molto più grande di lei. Roxy sbuffò, guardò il suo
bicchiere vuoto, e pensò che per poter sopportare quel ambiente ancora per
molto, doveva assolutamente riempirlo con qualcosa di forte. Si fece largo tra
gli invitati, sfiorando i tessuti pregianti dei vestiti e annusando folate di
profumi costosi che ricoprivamo le donne e gli uomini all’interno del museo. Arrivò
finalmente al bancone del bar e quasi vi si gettò, facendo un segno con la mano
al cameriere per richiamare la sua attenzione, questi le passò davanti più
volte e tra la confusione non udì le sue richieste.
“Cosa prende
signorina?” le chiese una voce suadente alla sua sinistra. Istintivamente la
donna alzò lo sguardo e vide il padrone di quella voce. Lo guardò per un istante
e poi pensò che, forse, quello poteva essere il suo passatempo per la serata.
“Un Gin Tonic, grazie.” Gli rispose sorridendogli.
“Un Gin Tonic per la signorina, e già che c’è riempia anche il mio”
disse al cameriere il ragazzo, alzando il braccio e la sua calda voce. L’uomo
dietro il bancone non tardò ad eseguire il suo ordine, servendo la bevanda a
Roxy.
“Alla sua
salute, signor?” chiese la rossa sorseggiando il suo Gin.
“Nick Halden, ma chiamami Nick.” Neal se ne stava appoggiato al
bancone convinto ormai che non avrebbe trovato la donna quella sera, ma poi
vide una ribelle chioma di ricci rosso fuoco avvicinarsi a lui. La osservò, era
una ragazza tanto bella quanto particolare, e il suo istinto gli disse che era
lei la rossa che stava cercando. Così con il suo solito accattivante modo di
fare era riuscito a parlarle e adesso stava cercando di attirarla nella sua
trappola.
“Io sono Valerie, molto piacere Nick”si presentò a sua volta Roxy,
usando anche lei un nome falso. Non sapeva perché avesse usato quel nome, forse
perché era il titolo di una canzone che stava ascoltando in macchina lungo il
tragitto da casa sua al museo e che pensava la rappresentasse, o più
semplicemente perché le piaceva.
“Il piacere
è tutto mio, credimi. Allora, come mai sei qui, Valerie?”
le chiese Neal cercando di trattenere il più possibile la ragazza che però non
aveva nessuna intenzione di allontanarsi. Nel frattempo, il ragazzo spinse il
pulsante che aveva sul orologio, avviando la registrazione e permettendo così a
Peter di ascoltare la sua conversazione.
“Sono un’antiquaria.
E in più adoro l’arte” rispose tranquillamente Roxy, continuando a bere il suo
drink, recitando perfettamente la parte che aveva appena inventato. “E tu
invece?” chiese poi, curiosa di sentire quello che NickNeal
le avrebbe risposto.
“Sono solo
un appassionato di arte. Non sapevo che le antiquarie fossero così carine”
disse sorridendo sornione il ragazzo.
“Bè si,
infatti ce ne sono poche.” Rispose RoxyValerie ridacchiando,
seguita da Neal. La ragazza vide le sue tre amiche che erano già pronte nelle
loro postazioni, impazienti di mettere in atto il loro piano. Come sempre Blair
con la sua aria innocente, avrebbe cercato di distrarre la sicurezza, Purple
avrebbe fatto il palo mentre Sawyer disattivava l’allarme, o qualunque altro
dispositivo di sicurezza si sarebbe messo tra loro e la refurtiva,e le
eventuali telecamere e Roxy avrebbe tagliato dalla cornice il quadro, con una
precisione unica, che solo lei poteva avere. E poi se la sarebbero data a
gambe, prima che qualcuno avesse scoperto il furto. La rossa avrebbe voluto
avvertirle con lo sguardo, ma il ragazzo di fronte a lei, che dava però le
spalle al resto della banda, se ne sarebbe accorto. Così discretamente, mentre
continuava a sbevazzare, parlare e ridacchiare con Nick estrasse il cellulare
dalla sua elegante pochette che teneva sotto il braccio, e scrisse un criptico
messaggio che inviò a Sawyer.
SONO OCCUPATA. DOVRETE CAVARVELA SENZA DI ME. CI VEDIAMO A CASA.
Infilò il
cellulare nella borsetta, Neal ovviamente si era accorto del sms che Roxy aveva
inviato, eppure non riusciva a scorgere nessun cambiamento: né sul volto della
ragazza né all’interno dalla stanza. Roxy rivolse un’occhiata verso dove, pochi
istanti prima erano ferme le ragazza e con felicità vide che non c’erano più. Tirò
un respiro di sollievo e continuò la sua amabile conversazione con quel giovane
dai magnetici occhi blu.
Al interno
del angusto furgone di sorveglianza Diana, Peter e Jones osservavano da alcuni
piccoli monitor le sale deserte del museo, mentre con le cuffie osservavano
attentamente la conversazione che l’orologio di Neal stava registrando.Gli occhi di Peter erano fissi sul monitor la
cui telecamera puntava le opere di Botticelli e Caravaggio che la donna dai
capelli rossi era stata scoperta a fotografare furtivamente. Ma ormai la serata
cominciava a giungere al termine, e neanche le parole della giovane che Neal
stava abbordando valevano qualcosa. Peter si alzò sbuffando ormai quasi certo
di aver fallito, nessuna “Banda della Rossa” avrebbe colpito quella sera.
“Ragazzi,
credo che per questa sera non prenderemo nessuna banda!” esclamò Peter ai suoi
colleghi, arrendendosi al pensiero che gli girava per la testa.
“Non
arrendiamoci capo.” Disse Diana cercando di tirare su di morale Peter.
“Si dai.
Tanto ormai siamo qui. Ricolleghiamoci con le telecamere delle altre stanze.
Controlliamo la situazione.” Ordinò Peter puntando di nuovo gli occhi contro il
monitor. Passarono in rassegna tutti i settori del museo senza trovare nulla di
strano, fino a quando Jones esclamò:
“Ehi Peter è
normale che in quella stanza manchi una tela?”
“No. Non
credo che sia normale.” Disse allarmato Burke mentre afferrava il cellulare per
chiamare il direttore del Museo, che era stato messo in allerta. Si scambiarono
poche parole, e poi Peter impallidì.
“Infatti,
non è affatto normale che manchi una tela. È appena stata rubata.” Informò poi
gli altri suoi colleghi. con la voce carica di rabbia. Poi prese di nuovo il
suo cellulare tra le mani per avvertire Neal.
“Neal ci
hanno fregato. Hanno appena rubato un tela, il direttore ha detto che si tratta
di un Monet. Stavamo tenendo sotto controllo la stanza sbagliata maledizione”
disse velocemente.
Neal ascoltò
le parole di Peter dall’altra parte del telefono, mentre il suo bel volto si
piegava in un’espressione piuttosto confusa.
“D’accordo
ti aspetto qui allora!” disse terminando la chiamata. Questa volta era stata
Roxy ad aver intuito la stranezza di quella telefonata, appena Neal allontano
di qualche centimetro il cellulare dall’orecchio, la rossa gli sussurrò nell’altro:
“Ci rivedremo presto Nick” e quando il ragazzo si girò per fermarla, lee era già sparita tra la folla.
Ciao scusate
se ci ho messo tanto. Ma diciamo che mi sono presa le vacanze di Natale in
anticipo. Ma non temete, ora sono qui, e non mi fermerò più. È un capitolo
piuttosto lungo, e spero che tutti i passaggi siano chiari. Io ne sono abbastanza
soddisfatta, e voi?? Ringrazio tantissimo tutti i lettori, soprattutto quelli
che mi lasciano le recensioni, grazie per la forza che mi date e che mi fa
andare avanti. Vi aspetto al prossimo… Baci!! Ah e
BUON NATALE A TUTTI!!!
Quella
mattina il sonno non si decideva a lasciar libera Roxy che coperta fino alla
punta dei suoi lucenti capelli rossi sonnecchiava beatamente incurante dello
scorrere delle ore della mattinata. Sciava tra le cime dei suoi monti onirici,
sognando tra le cose più disparate, alcune le avrebbe ricordate altre, invece,
sarebbero rimaste solo sogni irraggiungibili persino dalla sua memoria. I suoi
occhi verdi erano serrati dalle palpebre che come saracinesche ostruivano il
passaggio di ogni piccolo granello di luce così da non disturbare il sonno
della ragazza. D’improvviso un forte bagliore proveniente dalla finestra che
aveva davanti al suo letto costrinse i suoi occhi ad aprirsi, il tutto fu
accompagnato da un forte rumore che riconobbe come la sua porta che sbatteva
brutalmente contro il muro e poi ci furono tante parole che non riuscì a
decifrare. Ignorando la piccola folla che si era radunata intorno al suo letto,
Roxy aprì la bocca regalandosi un sonoro sbadiglio poi si mise a sedere, si
guardò intorno strabuzzando gli occhi e tutto le fu più chiaro: Sawyer se ne
stava ancora vicino alla finestra con una parte della tenda che aveva appena
scostato tra le mani e la guardava imbronciata, Blair invece era seduta ai
piedi del suo letto e cercava di rivolgergli uno sguardo severo ma quello che
le uscì fu solo uno sguardo languido e alquanto buffo mentre Purple era rimasta
all’entrata della camera, con la mano ancora poggiata sulla porta,
probabilmente era stata lei a sbatterla poco prima anche se Roxy avrebbe attribuito
quei modi bruschi a Sawyer, e le urlava contro insulti e imprecazioni.
“Roxy!
Dannazione! Cosa diavolo ti è saltato in mente ieri sera? Ci hai piantate nel
bel mezzo di un’operazione!” le ringhiò contro la donna dai capelli corvini .
La rossa presa in contropiede da quelle insolite parole, si prese ancora alcuni
minuti per rispondere, mentre si malediva per aver dato alle ragazze la chiave
di casa sua.
“Sono stata
bloccata da un uomo…” cercò di spiegare, tentando di
mettere insieme le parole adatte per giustificare la sua azione.
“Un uomo,
certo! L’abbiamo notato! Te ne stavi tranquilla a ridacchiare e sbevazzare
mentre noi facevamo il lavoro sporco per te!” la bloccò subito Purple ormai in
preda all’ira. Blair alzò la sua delicata manina cercando di zittire l’amica
che ormai continuava ad urlare contra l’altra, e si rivolse a Roxy con la sua
vocina tenue:
“Ci hai
mollate per un uomo. Non è da te Roxy!” ,
“Si non è da
te Roxy! Sapevo che stavi dando i numeri ma non avrei mai pensato che fossi capace
di arrivare a tanto!”al modo garbato
della bionda si contrappose ancora quello di Purple. La rossa ormai al limite
della pazienza, senza dire niente si alzò da letto buttando il lenzuolo per
terra e si diresse verso la cassettiere. Frugò per qualche minuto all’interno e
poi ne estrasse un foglio di giornale:
“Quello non
era un uomo qualunque, Idiota! Quello era Neal Caffrey!” disse amaramente
rivolta a Purple e quasi lanciandole il giornale, per mostrargli la foto, e
l’articolo che parlava di un grande falsario che era stato arrestato più o meno
quattro anni orsono. Roxy aveva sempre ammirato quel uomo, e aveva conservato
per anni quel foglio di giornale per ricordarsi di non fare lo stesso errore.
Si lasciò scappare un sorriso tra sé e sé quando ripensò al fatto che la sera
prima aveva provato a fregarla.
“Neal
Caffrey? Tu intendi veramente quel Neal Caffrey? Neal Caffrey il falsario?” a
parlare fu Sawyer, che fino a quel momento era rimasta lontano dalle altre e si
limitava solo a rivolgere qualche sguardo in cagnesco alla rossa.
“Si” rispose
Roxy accompagnando la parola da un generoso cenno son la testa.
“Ma non era
in prigione?” esclamò Blair che era rimasta evidentemente indietro con i fatti,
vi si aggiunse Purple: “Ma non era morto?!”
“No, credetemi
lui è vivo e vegeto, e ieri sera mi ha offerto da bere!” sentenziò Roxy
guardando le sue compagne.
“Bè comunque
questo non è un buon motivo per abbandonarci durante un furto che per giunta tu
hai insisto per fare!” Purple aveva ripreso il suo tono altezzoso che faceva
innervosire Roxy
“Purple ma
ti sei bevuta il cervello? Invece di leggero solo quell’immondizia che tu e
quelli come te chiamate “Riviste di moda” dovresti leggere anche i giornali! Neal
Caffrey adesso sta finendo di scontare la sua pena lavorando come consulente
per l’F.B.I. , e questo significa che i federali erano lì! Ed erano vicini,
l’abbiamo scapata per un pelo. Per questo ho dovuto abbandonarvi! Ma davvero
avete pensato che vi avrei lasciate in una situazione così delicata per un uomo?”
adesso era Roxy ad essere accecata dalla rabbia,
“Scusaci,
noi non potevamo saperlo…” cercarono di farfugliare delle
scuse le ragazze, ma senza ascoltarle la rossa prese dall’armadio un vestito
senza farci troppa attenzione e si chiuse in bagno. Quando uscì aveva quasi
riacquistato la calma,forse l’acqua ghiacciata della doccia aveva contribuito a
far sbollire la rabbia.
“Comunque,
come è andata ieri sera?” chiese poi fredda mentre con il resto della banda si
spostava in cucina per prepararsi una bella tazza di caffè bollente.
“Benissimo.
Tutto è andato per il meglio. Anche se, senza la tua esperienza ci abbiamo
messo un po’ a tagliare il quadro dalla cornice, ma alla fine ce l’abbiamo
fatta!” rispose Blair quasi euforica tornando a sorridere serafica.
“Bene,
Sawyer hai già portato il Monet al magazzino?” chiese ancora Roxy sorseggiando
il suo caffè. Sawyer era l’unica addetta a nascondere la refurtiva nel
magazzino, dove gli oggetti rari se ne stavano ben nascosti aspettando che le
acque si calmassero per poi essere
venduti. Anche Roxy sapeva dove era il magazzino, ma non aveva mai osato
avvicinarcisi. Mentre Purple e Blair sapevano solo che si trovava nei sobborghi
della città e che era difficilmente raggiungibile e ben nascosto.
“Tranquilla,
Roxy. Il Monet è al sicuro!” la rassicurò Sawyer facendole strizzandole
l’occhio in segno d’intesa.
“A
proposito, vorrei vederlo anche io questo magazzino. E vedere se davvero la
merce è al sicuro. Non mi sta bene che siate solo tu e Roxy a vederlo.”
Commentò caustica Purple riaccendendosi.
“Ti prego
non ricominciare!” le disse la rossa mentre si massaggiava le tempie, il brusco
risveglio aveva portato con sé anche un forte mal di testa.
“Purple
neanche Roxy l’ha mai visto! Te l’ho già spiegato, se dovessero pedinarci
arriverebbero al nascondiglio, quindi alla refurtiva, quindi alla banda e
quindi tu marciresti in galera. Per questo vado solo io, così se dovessero
scoprirmi ne pagherei solo io le conseguenze.” Spiegò Sawyer spazientita e
stanca di ripetere sempre le stesse parole alla compagna.
“Ah e
vorresti farmi credere che tu sei così gentile da sacrificarti per la banda?”
aggiunse ancora Purple decisa a non lasciar cadere la conversazione anche una
volta.
“Io non ce
la faccio a starla a sentire. Pensateci voi!” disse Roxy, la rabbia cominciava
ad assalirla di nuovo, prese il cappotto e uscì senza salutare. Aveva bisogno
di un po’ della fresca aria newyorkese e di farsi un giro abbordo della sua
vecchia auto per rimettere in ordine la nebulosa di pensieri che invadeva la
sua mente e per far sbollire,di nuovo,la rabbia che cresceva dentro di lei.
***
“Oh Peter
abbiamo cercato per tutta la notte. Sono stanco, andiamo a casa!” disse Neal
sbadigliando,con un bicchiere di carta pieno di caffè bollente tra le mani,
mentre seguiva per l’ennesima volta Peter lungo la scala che li avrebbe portati
ancora una volta nella sala dove le ladre avevano trafugato il dipinto, alla
ricerca di un indizio che non c’era.
“No. Deve
pur esserci qualcosa. Devono aver lasciato una traccia! Ci hanno fregato una
volta, giuro che non lo permetterò di nuovo!” rispose l’agente infuocato dalla
voglia di acciuffare quelle ladre che la sera prima erano riuscite a rubare un
prezioso Monet proprio da sotto il suo naso.
“Ma non
c’è.” La voce del ragazza si era ridotta quasi a un sussurro, si abbandonò su
una panca nel bel mezzo della sala dove prima era custodito il quadro. Si
lasciò scappare un altro sbaglio, mentre i suoi occhi blu dovevano combattere contro
le palpebre pesanti per cercare di rimanere aperti.
“Non
arrendiamoci così presto” disse Peter dandogli una pacca sulla spalla “Jones
hai controllato le impronte su questa parete?” richiamò il suo collega mentre
correva freneticamente per la stanza alla ricerca di qualcosa.
“Si, Burke.
L’avrò fatto almeno cinque volte. Niente di niente!” gli rispose il collega
anche lui stanco e assonnato.
“Non è
possibile. Deve esserci per forza qualcosa!”si trovò a ripetere il federale sedendosi
affianco a Neal,quasi vinto dalla stanchezza anche lui.“Allora, Neal. Ripercorriamo ancora una volta
quello che hai fatto durante la serata. Hai visto qualcosa di strano?”
“Te l’ho già
detto! Sono sicuro di aver parlato con la rossa della banda. Se le ladre erano
lì lei era sicuro una di loro. Avevo progettato di seguirla quando sarebbe
andata con le altre per rubare il quadro, e quando ne sarei stato sicuro ti
avrei dato l’allarme. Ma non so per quale motivo lei non è andata!” raccontò di
nuovo esasperato il ragazzo.
“Quindi tu
sei proprio sicuro che quella ragazza che ha detto di chiamarsi Valerie sia
della banda della rossa?” chiese ancora una volta Peter, che non riusciva a credere
alle parole del amico.
“Si si e si.
Non chiedermi il perché ma sono certo che Valerie sia una ladra. è solo che
qualcosa deve averla insospettita e ha mandato solo le sue amiche a compiere il
lavoro.”
“Bha… tutto questo è strano. Ma voglio crederti.
Ricorderesti il viso della ragazza?” gli chiese ancora dubbioso.
“Certo” bofonchiò
Neal mentre con le mani continuava a stropicciarsi gli occhi e combattere
contro il sonno.
“Bene,
allora faremo un identikit e lo faremo vedere in giro per gli altri
dipartimenti e anche musei, forse qualcuno l’ha già vista. La ricercheremo in
tutta l’America se sarà necessario!” sancì Burke ormai più che ostinato a
trovare le colpevoli.
“D’accordo.
Ma tutto questo dopo che ci saremo fatti una bella dormita” gli rispose il
ragazzo alzandosi barcollando dalla panca e facendo per dirigersi verso l’uscita.
“No adesso.
Dai andiamo, non c’è un minuto da perdere. I criminali non aspettano, e
dovresti saperlo bene” insistette l’agente afferrando per la manica della
giacca Neal.
“Ma ti
prego, io ho sonno!” ripeté ancora una volta quella frase che sembrava ogni
volta sempre più una preghiera.
“Smettila di
lamentarti Caffrey, come puoi dormire sapendo che la “Banda della Rossa” è
ancora a piede libero?”
“Scommettiamo?”
rispose sarcasticamente il giovane; ma le sue obbiezioni furono inutili, Peter
senza ascoltarlo lo aveva trascinato nella sua auto dirigendosi verso la sede
del F.B.I.
Allora,
siamo arrivati al sesto capitolo di questo capitolo…
Allora che ne dite? Credo sia ora di iniziare a tirare le somme, che ne pensate?
Siete rimasti delusi a qualcosa? C’è qualcosa che non è chiaro? Vi piace la
storia? Vi fa schifo? La continuerete a leggere? Bè se avete voglia di
condividere con me quello che pensate io ne sarei felice! Io devo confessarvi
che sono piuttosto soddisfatta di questo mio lavoro, credo sia uno dei migliori
^_^ Ringrazio ancora una volta tutti quelli che mi seguono o che hanno messo la
storia tra le preferite *_* o tra le ricordate ^^ e un grazie speciale a chi si
è fermato a recensire ^^ Vi aspetto al prossimo capitolo! Baciii!!
La mattina
volgeva al termine, il sole si trastullava tra le soffici nubi nivee circondato
dal dolce azzurro denso del cielo; un leggero venticello muoveva timidamente le
foglie degli alberi che circondavano il parco mentre il cinguettare allegro
degli uccellini allietava le orecchie dei passanti. Neal Caffrey camminava
lentamente per il sentiero selciato beandosi del fresco profumo della natura,
Tra i passi non poteva fare a meno di lasciarsi scappare anche qualche pensiero
che avrebbe voluto allontanare: gli
guizzava nella mente quella ragazza, spesso da quando aveva iniziato a lavorare
sul caso si ritrovava a pensare a lei. Pensava ancora a quella sera, di come
era riuscita a metterlo nel sacco, ma malgrado si sentisse in qualche modo
oltraggiato per essere stato imbrogliato con così grande facilità, non riusciva
a provare rabbia nei suoi confronti, no, lui provava una forte ammirazione.
Anche senza riuscire ad ammetterlo con se stesso, avrebbe voluto incontrarla di
nuovo e parlarle, ma non come un consulente dell’F.B.I. che avrebbe voluto solo
arrestarla, ma da collega a collega. Dentro di lui, era quasi pentitoper aver fornito l’identikit della ragazza ai
federali, e per aver fatto si che fosse divulgato per quasi tutta la nazione,
non avrebbe mai voluto che un genio della rapina come quella ragazza, così
carismatica e astuta, potesse essere presa, questa per lui era la vera
ingiustizia. Poco le importava degli altri membri della banda, lui era
concentrato solo su di lei, e sul modo di prenderla, ma non per farla arrestare
da Peter, solo per conoscerla. Immerso nei suoi pensieri non si era accorto si
essere arrivato nella piccola piazzetta del parco, circondata da panchine
occupate da gruppi di ragazze e famiglie e sovrastata da una possente statua
posta nel mezzo al centro di una fontana, lì seduto su una panchina gli dava le
spalle il suo amico Mozzie che cercava di nascondere
la sua faccia dietro le pagine di un quotidiano che teneva aperto su una pagina
a caso. Senza parlare andò a sedersi di fianco a quel uomo di bassa statura,
dalla testa calva, gli occhiali scuri ed un elegante e singolare abbigliamento.
“La tua
Banda ha colpito ancora eh?” esclamò Moz abbassando il giornale e lanciando
un’occhiata divertita all’amico.
“Sei già
arrivato a quella pagina del giornale eh?” gli fece eco Neal riferendosi alla
miriade di articoli sulla “Banda della Rossa” che invadevano ormai tutti i
quotidiani.
“Non c’è
voluto molto sai? Sono in prima pagina!” lo stuzzicò ancora l’amico divertito,
Neal non rispose, rivolse gli occhi al cielo e si sfilò elegantemente il
cappello. Poi estrasse un foglio ripiegato dalla tasca della giacca e
spiegandolo lo mostrò a Mozzie.
“L’hai mai
vista?” sul foglio era ritratta quella che sembrava essere una caricatura della
Rossa:i capelli rossi, i grandi occhi che Neal ricordava bene essere di un
bellissimo verde, il naso piccolo e le labbra carnose.
“È Carina!”
sentenziò Mozzie esaminando il foglio, Neal, malgrado
la pensasse allo stesso modo, non rispose e lo fulminò con lo sguardo. “No, non
l’ho mai vista in giro. E ho anche chiesto in giro, nessuno sa niente di lei,
né di una banda di ladre donne. Ma comunque terrò gli occhi aperti!” riprese
l’uomo ripiegando il foglio e porgendolo di nuovo a Neal.
“No tienilo
tu. Ho visto talmente tante volte quell’identikit che ormai potrei riconoscere
quella ragazza tra mille.” Gli rispose il ragazzo, mentre i suoi grandi occhi
blu saettavano lungo il parco. D’improvviso gli parve di scorgere una piccola
figura che attraversava velocemente la strada oltre il cancello, pur camminando
veloce riusciva sempre a mantenere una certa eleganza, tra le mani teneva un
bricco di caffè, e indossava pesanti occhiali da sole neri e un capello che
lasciava libero un solo ciuffo che le occupava metà del viso di un eccentrico
rosso. Neal la osservò, gli sembrava di riconoscere in quella ragazza la
Valerie che gli si era presentata al galà al Met,ma subito scosse la testa come a voler
soffocare quel pensiero: era evidente che ormai cominciava a fissarsi troppo su
quel caso. Ma anche contro la suo volontà, gli occhi non si decidevano a
smettere di guardare quella donna, che ora si dirigeva verso l’entrata del
parco mantenendo sempre la testa e lo sguardo bassi. Lui continuò imperterrito
ad osservare ed analizzare ogni movimento della donna; questa alzò gli occhi
per qualche secondo incontrando la figura di Neal, e al giovane fu chiaro che
la donna lo stava guardando. La ragazza con estrema discrezione girò i tacchi e
tornando a camminare velocemente uscì dal parco e si rimise sulla strada.A quel punto Neal quasi con un balzo si alzò
dalla panchina, ormai era certo che quella donna fosse la sua Rossa, e che
anche lei l’avesse riconosciuto; con un rapido gioco di manisi rimise il cappello e deciso a seguirla si
mise correre verso di lei. Mozzie ignaro dei pensieri
del ragazzo e confuso dal suo strano comportamento gli urlò: “Ehi Neal, ma dove
stai andando?” in risposta il ragazzo si limitò a fargli un gesto con la mano
ad indicare che dopo gliene avrebbe parlato. Uscito dal parco girò la testa
prima a destra e poi a sinistra, cercando di scorgere di nuovo la ragazza. Poi
la vide in lontananza e prese a rincorrerla.
Roxy aveva
appena varcato la soglia dell’entrata del parco quando, vide lui, Neal Caffrey
seduto su una panchina proprio di fronte a lei che guardava nella sua
direzione. Cercando e sperando di essere invisibile, con estrema indifferenza
si girò e prese al via dell’uscita: giacché grazie a lui, per lei uscire
diventava sempre più difficile, dato che il suo grottesco ritrattoidentikit
della sua faccia compariva su tutti i notiziari, decise che era meglio non
rischiare e tagliare la corda. Certo se Caffrey non fosse stato un consulente
dell’F.B.I. , ma la versione vecchia che sicuramente le piaceva di più, sarebbe
andata da lui come un fan si fionderebbe dal suo cantante preferito se lo
incontrasse per strada, ma oramai lei doveva scappare da lui. Si rimise sulla
strada intenta a tornare a casa ma ormai era troppo tardi: anche lui l’aveva
riconosciuta e la stava seguendo, ovviamente per Roxy non era mai stato un
problema far perdere le proprie tracce, ma si rese conto che il suo pedinatore
era quasi bravo quanto lei, cercò allora di mischiarsi tra la folla, di
perdersi e di fondersi tra gli altri Newyorkesi ma risultò più difficile del
previsto, il ragazzo era sempre dietro di lei. Ma camminando e cercando di
allontanarsi da Neal si ritrovò in una zona della città che non conosceva,
decise di affidarsi al fato ed entrò in un vicolo sperando di nascondersi o
almeno perdersi alla vista di Neal, ma purtroppo quel giorno la fortuna non era
dalla sua parte: quello era un vicolo cieco. Comuqneu
si ostinò a camminare quasi fino alla fine, sperando quasi che una voragine si
aprisse nel muro che aveva davanti, e con la coda dell’occhio poté notare Neal
fermo dietro di lei che le rivolgeva un sorriso beffardo.
“Sei in
trappola!” !” si sentì dire alle spalle da quella voce sensuale che aveva
conosciuto due sere prima. Alzando gli occhi al cielo decise di arrendersi e
stampandosi a sua volta un sorriso beffardo sul bel viso decise di combattere.
“Neal
Caffrey, sei qui per arrestarmi?” gli chiese spavalda,e le sembrò di scorgere
quasi uno sguardo di ammirazione negli affascinanti occhi del ragazzo, ma
questo non bastò ad intenerirla.
“Tranquilla
non ti arresterò, non oggi”le rispose mantenendo
un tono misto tra il calmo e il divertito.
“Allora cosa
vuoi Caffrey?” replicò stizzita la rossa.
“Bè
innanzitutto sapere il tuo nome. Tu consoci il mio ma io non so il tuo” rispose
ancora un volta con semplicità Caffrey abbandonando sul volto sempre il suo
sorriso.
“Te l’ho già
detto come mi chiamo.” Disse Roxy avanzando di qualche passo verso di lui.
“Ma io non
ti credo” ribatté il ragazzo facendo anche esso un passo verso la rossa.
“Che tu ci
creda o no, chiamami Valerie!” rispose decisa la ragazza arricciando le morbide
labbra rosee.
“D’accordo,
Valerie!” si arrese Neal marcando la sua voce sul falso nome della donna, “Sai
che è pericoloso andare in giro per la città quando la tua faccia è ricercata
in tutto il paese?” aggiunse quasi a volerla ammonire, e quasi deluso dallo
sbaglio che aveva commesso la ragazza, anche se ormai aveva imparato che ogni
suo errore era calcolato.
“Tu ne sai
qualcosa vero? Dimmi cosa vuoi da me e facciamola finita. Si sta facendo tardi
ed io ho fame!” disse la ragazza astiosa mentre le labbra le se contraevano
sempre di più. Il ragazzo notò quel suo piccolo riflesso involontario e ne
rimase piacevolmente colpito, donava al volto già bello della ragazza una nota
di infantilità ma allo stesso determinatezza che la rendeva irresistibile. Ma
Neal cercò di non perdersi di nuovo nei pensieri, scosse la testa e si affrettò
a rispondere: “Innanzitutto sapere perché non hai nemmeno provato a negare di
essere tu la Valerie del Galà…”
“Bè perché avrei
dovuto negarlo? Non ho fatto niente di male…” rispose
con tranquillità e con un espressione innocente stampata sul volto, sapeva che
l’F.B.I. non aveva niente in mano per incastrarla: eccetto alcune foto poco compromettenti,
niente che sarebbe valsa una condanna in tribunale.
“Oh certo
sono state le tue amiche ha fare il lavoro per te, questa volta. Ma quando
avete preso il diadema di Josè o le statuette etrusche sono sicuro che anche tu
hai contribuito.” Continuò Neal, non perché volesse estorcergli una
confessione, di sicuro del loro incontro non ne avrebbe fatto parola con Peter,
ma voleva sentir ammettere dalla ragazza che lui aveva ragione.
“Non so proprio
di cosa tu stia parlando.” Replicò fingendosi tranquilla Roxy mentre le sue
labbra continuavano involontariamente a contrarsi. “Hai altro da dirmi o posso
andare?”
“In realtà
si. Devo dirti un’ultima cosa.” Azzardò il ragazzo fermandosi qualche secondo
tra una frase ed l’altra ad osservare la ragazza “Volevo complimentarmi con
voi, sarà un bel lavoro prendervi” concluse concedendo alla rossa il suo
ammaliante sorriso. La ragazza lusingata dalle parole del giovane decise di non
rispondere ma non riuscì a fermare il largo sorriso che le era comparso sulle
labbra, riprese a camminare passando alle spalle del giovane che rimaneva fermo
a guardarla magari in attesa di una risposta, e riprese la strada senza dire
una parola ma con una strana sensazione che le mordeva il cuore.