La Stagione Del Cuore- Parte Seconda-

di Carla Volturi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Opportunità ***
Capitolo 3: *** Fortuna! ***
Capitolo 4: *** Ancora Vietri ***
Capitolo 5: *** Amicizia ***
Capitolo 6: *** Bianca Non Farmi Questo (Prima Parte) ***
Capitolo 7: *** Bianca Non Farmi Questo (Seconda Parte) ***
Capitolo 8: *** Ritorni ***
Capitolo 9: *** Quella Settimana Di Settembre ***
Capitolo 10: *** Ti Odio ***
Capitolo 11: *** Una Serata Da Sbronza ***
Capitolo 12: *** Festa E Sorpresa (Prima Parte) ***
Capitolo 13: *** La Verità Nascosta (Seconda Parte) ***
Capitolo 14: *** Ciò Che Meno Ti Aspetti (Prima Parte) ***
Capitolo 15: *** Ciò Che Meno Ti Aspetti (Seconda Parte) ***
Capitolo 16: *** La Mia Donna ***
Capitolo 17: *** Il Mio Destino (Prima Parte) ***
Capitolo 18: *** Il Mio Destino (Seconda Parte) ***
Capitolo 19: *** Pace Fatta! ***
Capitolo 20: *** Giulio ***
Capitolo 21: *** Finalmente A Casa! ***
Capitolo 22: *** Una Delle Persone Piu' Importanti Della Mia Vita ***
Capitolo 23: *** Il Mio Vero Azzurro, La Mia Vera Vita! (Prima Parte) ***
Capitolo 24: *** Il Mio Vero Azzurro, La Mia Vera Vita! (Seconda Parte) ***
Capitolo 25: *** Sotto Il Segno Del Numero 4! ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic Ecco la mia nuova storia o meglio il mio seguito, come anticipato nella nota autore postata ieri.
Vi lascio una piccola trama:  Sei mesi dopo: ancora Bianca, pittrice ventiquattrenne e Cristiano, comandante della Marina trentaseienne. Un segreto condiziona il loro amore, sapranno superare i problemi della vita? Sapranno amarsi ancora?
Per chi non avesse letto la prima parte vi lascio il link sul quale cliccare: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069

Nella foto appaiono Cristiano e Bianca (riquadri grandi), Lucilla e Adriano (riquadri piccoli).
Grazie mille ancora a tutti...spero che anche questa seconda parte vi piaccia,
Carla.



PROLOGO

Quando si guarda al futuro la prima cosa che ci si chiede è: cosa ne sarà di me? cosa farò della mia vita?. Quando si pensa al passato, invece, la domanda è unica: avevo realmente pianificato ciò? mi ero davvero prefissa quest’ avvenire?. La risposta è molto semplice: no! Non pensavi che sarebbe andata cosi, i tuoi progetti erano ben altri, ma il destino ha scelto per te, accontentati!. Riflettendoci bene non è la sorte ad avermi imposto questa realtà, piuttosto sono stata io a decidere per me stessa. Quel giorno fuggi io da Vietri, eppure se tornassi indietro rifarei tutto nuovamente.
Non posso di certo lamentarmi del mio presente: a ventiquattro anni appena compiuti sono una pittrice abbastanza apprezzata e per mia grande gioia sono in grado di mantenermi economicamente con la mia arte, il che è una vittoria personale se pensate alle poche opportunità che vengono offerte ai giovani di oggi. Collaboro con una galleria di Venezia, non troppo grande ne piccola. Insomma il luogo adeguato per chi vuole trovare delle opere, capaci di smuovere la tua anima. Venezia, la città delle gondole: ci abito ormai da sei mesi, o meglio da quando ho chiuso con la Costiera Amalfitana. Ho preferito stabilirmi da mio padre Paolo e dalla sua compagna Anna: benedico Dio per avergli fatto trovare questa donna eccezionale. Le voglio un gran bene. Purtroppo per lei non ha mai avuto figli nei suoi cinquanta anni e si è cosi legata a me, che quasi non sento piu’ la mancanza di una madre. Mio padre è molto felice ed io lo sono per lui. L’invidio: ha tutto ciò che si può desiderare al mondo. Ha tutto ciò che io desidero e che non ho. Anna piu’volte mi ha ribadito che arriverà il mio momento, devo solo lasciare che il destino faccia il suo corso. Eppure sono cosi delusa dal quello stesso destino che lei tanto decanta: mi ha tolto tutto. Mi ha tolto la felicità e la voglia di vivere sorridendo. 

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Capitolo 2
*** Opportunità ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo! Spero che vi piaccia.
Nella foto che posto oltre ai due protagonisti principali, Cristiano e Bianca, vi è Giulio, new entry...vediamo un pò che combina!
Baci da Carla.

CAPITOLO 2- OPPORTUNITA’


La galleria presso la quale lavoro ed espongo i miei quadri, come già detto, non è per nulla grande e visibile al pubblico: ci si deve venire di proposito se la si vuole visitare, poiché ubicata in una stradina stretta e poco frequentata. Per la serie “questo passa il convento”. Il proprietario è un giovane uomo di trenta anni, Giulio Este: mi fu presentato da conoscenti in comune. Da allora la nostra collaborazione non è mai terminata…ci manca che anche la notte progettiamo qualcosa per le nostre opere.
Sono seduta sul sofà, intenta ad osservare ulteriormente quello che definisco il mio capolavoro. Preciso che la mia affermazione non nasce da una personale presunzione, bensi da ciò che mi comunica il quadro. Non è nulla di trascendentale, è il momento in cui l’ho dipinto che è significativo per me.
Un giorno dovrai dirmi perché è cosi importante per te”, afferma Giulio, parlandomi di spalle.
Mi volto, sorridendogli: indossa una camicia celeste e pantalone scuro. Capelli corti biondo chiaro, stesso colore della sua barba ben curata. Occhi chiari e profondi. Faccia da classico bravo ragazzo, del quale puoi fidarti ciecamente.
Mi rigiro verso il quadro: “Credo che non lo dirò mai a nessuno. E’ un pezzo della mia vita”.
Si accomoda accanto a me: “Tela interamente azzurra e macchie nere. Chi è l’azzurro e cosa rappresenta il nero?”.
Lo fisso, inclinando la testa: “Fatti una domanda e datti una risposta! Non lo saprai mai da me”.
Ride di gusto. Iniziamo a parlare. Mi dice che un certo signor Russo ha visto su internet le immagini delle mie produzioni e ne è rimasto colpito. La cosa mi rende particolarmente soddisfatta di me stessa. Giulio mi precisa che il misterioso uomo è disposto a concederci un locale, all’interno del quale fare un esposizione dei quadri. Visto che non sempre ti arriva un opportunità del genere, do il consenso al mio amico di fissare un appuntamento con il Russo, in modo da metterci d’accordo su tutti i particolari possibili e immaginari.
Ci pensi Bianca, questa è un occasione che non puoi perdere”, asserisce, gasatissimo.
L’osservo perplessa. Si rende conto del mio sguardo e replica: “Io non lo so, è vero non ti conosco da molto, ma sono pur sempre una persona che prova sentimenti e tu non sei felice, è palese”.
Faccio spallucce: “Dovrei saltare dalla gioia?”.
Si alza. Scuote la testa: “Io al tuo posto lo farei”.
Lo prendo in parola: sembro un canguro, che gironzola frenetico per la stanza. Scoppiamo a ridere: “Cosi va bene?”.
Annuisce: “Anche troppo!”.
Guardo l’orologio al polso. Ho promesso a mio padre che l’avrei accompagnato a comprare un regalo per Anna: “Vado io. Ci vediamo domani Giulio”.
Mi da un bacio sulla guancia: “A domani Bianca”.
Esco fuori dall’edificio. Paolo mio padre mi da un colpo di clacson, per avvertirmi della sua presenza. Entro in macchina. Lo saluto e gli parlo della novità. In questi ultimi sei mesi il mio papà è stato fantastico, il nostro rapporto è cambiato tantissimo. Siamo piu’complici, piu’ uniti. Quando sono arrivata a Venezia la prima cosa che ha fatto è stata stringermi e convincermi che quanto accaduto non fosse colpa mia. Oggi come oggi sono del suo stesso avviso, ma centottantatre giorni non bastano per cancellare il mio dolore.

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Capitolo 3
*** Fortuna! ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio! Nuovo capitolo, spero che vi piaccia.
Baci da Carla.

CAPITOLO 3- FORTUNA


Il telefono squilla. Lo prendo: è Giulio. Urla, grida per la gioia, ma comprendo poco ciò che dice. Tento di calmarlo, riuscendoci.
Bianca, Bianca ho raggiunto un accordo con il signor Russo. Due settimane di esposizione solo per te”, afferma, preso dalla notiziona.
Porto una mano alle labbra, come per zittirmi. Sono davvero fortunata, non ti capita mica tutti i giorni di ricevere una proposta del genere. Un lieve sorriso sul mio viso: “Non so che dire Giulio”.
Non dire niente. Parti stasera!”, replica.
Aggrotto le sopracciglia: “Cosa? Stasera?”. Ma è normale tutta questa fretta? Voglio dire si parla di quadri e sono certa che non li venderò tutti in un solo istante. E poi il problema principale non sono le valigie, quanto i dipinti da confezionare e spedire con corriere. Corriere che peraltro deve essere di fiducia…non sia mai ti procura qualche danno, addio soldini!.
Percepisce il mio stupore, dunque continua il suo discorso: “Bianca ti avverto. Io non partirò con te, ho ancora degli impegni da sbrigare e non posso rimandarli. Avviati, ci penserò io ad inviarti ciò che ti serve. Ovviamente mi darai un elenco dei quadri che vuoi esporre. Poi ti ho detto penso tutto io”.
Mi siedo, o meglio mi accascio sulla sedia: “Se non ci fossi tu, non so come farei. Ti invierò via mail la lista, ma puoi farmi una cortesia?”.
Tutto quello che vuoi”, risponde con voce dolce.
Io: “Il mio azzurro potresti farmelo recapitare a casa tra un po’? Vorrei portarlo con me”. Il mio azzurro è quello che definisco il mio capolavoro, come dettovi precedentemente. Non mi sposto senza quel quadro. Li c’è riassunta la mia storia, la mia intera esistenza. Mi ricorda ciò che sono e ciò che sono stata.
Giulio: “Fai conto come se fosse già da te”.
Occhi verso il soffitto bianco: “Grazie, sei un amico”. Mordo il labbro inferiore: “Giu’a proposito ma dov’è che devo andare?”.
Ride: “Ah si scusa. Il signor Russo è il sindaco di Vietri sul Mare e vuole che l’esposizione avvenga li. Tu ci sei nata, quindi sai benissimo come…”.
Scatto dalla sedia: “No!”.
Giulio: “Come no?”.
Mi altero: “No, scordatelo non ci vado”. Mi sento morire dentro. Mi piego su me stessa, portando la mano sul mio ventre. Stringo la pelle tra le mani, cerco di strapparla, non riuscendoci. La pressione sanguigna aumenta velocemente. Sudo freddo. Occhi pieni di lacrime, che a stento scendono.
La sua voce squillante: “Bianca se non vai qui ci si fa una figura di niente, senza contare il rimborso che dovremo dare per aver disdetto. E poi quando ti capita un occasione cosi?”.
Con voce tremante gli dico: “Ti chiamo dopo. Ciao”.
Stacco la chiamata e mi accascio a terra, piangendo a singhiozzi. Singhiozzi amari, pieni di dolore, pieni di tristezza, pieni di una decisione che ho preso io, senza tralasciare il ruolo svolto dal mio destino infame. Anna apre la porta. Si siede accanto a me. Mi prende tra le sue braccia, accarezzandomi. Non c’è bisogno che le parli, lei sa già tutto. Mi comprende con un solo sguardo: “Bianca, la vita non mi ha dato un bambino, ma mi ha portata da te ed ora ti parlo come se fossi tua madre: ci saranno sempre gioie e dolori lungo il tuo cammino e credimi scappare non serve a nulla. Sei qui con noi da un pò, eppure non ti ho mai vista sorridere felice di quello che sei. Ritorna in quella terra e affronta il tuo passato piu’ forte di prima. Affronta il passato per vivere il presente”.
Le sue parole vanno dritto al mio cuore: “Non so se ce la faccio”.
Mi da un bacio sulla fronte: “Certo che ce la farai. Sei cosi forte, ce la farai e se avrai bisogno di me sappi che ti raggiungerò”.
Ci stringiamo l’una con l’altra: questa è Anna, la compagna di mio padre. Quando sono venuta qui a Venezia lei mi è stata vicina notte e giorno, ha persino dormito con me, pur di non lasciarmi sola. E’ l’esatto opposto di mia madre. Anna è una persona buonissima: anni fa ha perso in un incidente stradale suo marito e da allora è rimasta sola al mondo. Forse per questo ci comprendiamo a perfezione: entrambe sole in un grande mondo. Mio padre è cosi sereno, da quando c’è lei in casa. Sono sicura che sarebbe stata un ottima madre se avesse avuto dei figli.
Sfiora i miei capelli: “Io ci andrei. Quando ti ho vista in queste condizioni ho subito capito cosa ti era successo. Solo Vietri ti fa quest’effetto. Ma non permettere alla vita di decidere per te. Non lo fare, non cadere nei miei stessi errori. Sii forte e sappi che ci siamo noi con te”.
Annuisco: “Ti voglio bene Anna, davvero tanto. Un giorno farò qualcosa per te, te lo giuro”.
Ride: “Il fatto che tu mi voglia bene è già tanto. Vieni, c’è tuo padre di là, parlane anche con lui”.
Ci alziamo. Asciugo le lacrime e tiro un sospiro di sollievo. Anna incrocia la mia mano con la sua per infondermi coraggio e devo dire che ci riesce tranquillamente. Varchiamo il corridoio ed entriamo in cucina, dove mio padre Paolo è intento a leggere un quotidiano. Gli spiego della chiamata di Giulio e dell’opportunità di andare a Vietri. Si solleva, senza dire una parola. Apre un cassetto e tira fuori due mazzi di chiavi: “Decidi tu in quale casa vuoi stare. Bianca quando mi hai chiamato per dirmi che saresti venuta qui, sono stato felicissimo. Tutti i padri vorrebbero le proprie figlie accanto. Ma ha ragione Anna: per essere felice devi chiudere con il passato e solo a Vietri puoi farlo. Io posso consigliarti, posso aiutarti, ma non posso entrare nella tua mente e nel tuo cuore, i due posti dove albergano le tue paure e il tuo dolore. Sei una donna ormai…devi farcela per forza, lo devi a te stessa”.
Gli vado incontro, sfioro il suo viso, sorridendogli. E’cosi…è cosi purtroppo. La mia è una non-vita. La mia esistenza si è fermata a sei mesi fa, al giorno della sua partenza. Anna spesso mi ripete che si vive una volta sola, dunque è giunto il momento di riessere semplicemente Bianca e chi sa ricominciare proprio da quel luogo che tanto ho odiato. Opto per la casa nel vicoletto, via Pinnarella numero 50. Un abbraccio di gruppo e il calore di una famiglia che ho tanto desiderato e che finalmente ho.
Corro in camera mia. Apro il mobile e tiro fuori le valige: ci butto dentro i miei indumenti, la mia biancheria intima e varie cose, che peraltro poco uso. Nello svuotare i cassetti mi ritrovo tra le mani un portafoto di legno scuro, ci tolgo quel po’ di polvere presente sul vetro: io e lui, abbracciati sulla barca. Posiziono anche tale oggetto nel mio bagaglio: nel mio passato c’è lui…e non solo!.
 
                                                                           ***
 
Dopo tre ore e soprattutto dopo l’aiuto di Anna e papà  la mia indimenticabile Panda gialla è carica di ogni cosa possibile. Inutile dire che unicamente il posto guidatore è libero da vari pacchi e pacchettini. Al posto passeggero il mio quadro azzurro. Sbotto: arriverà il giorno che gli darò un nome!.
Saluto il mio papà con un forte bacio, un grande abbraccio ad Anna, che mi regala un cornetto rosso portafortuna. C’è anche Giulio: mi promette che mi raggiungerà a Vietri per aiutarmi con l’esposizione e con la vendita, visto che in questo sono una frana. 
Verrò il prima possibile da te, te lo giuro”, afferma, mentre entro in macchina
Fai con calma, non preoccuparti. Ci sentiamo via telefono”: chiudo la porta della mia auto. Metto in moto e parto, lasciandomi Venezia alle spalle. Dallo specchietto retrovisore vedo i tre salutarmi e augurarmi buona fortuna. Francamente è proprio ciò di cui necessito…la fortuna!.

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Capitolo 4
*** Ancora Vietri ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio e soprattutto buon fine settimana a tutti!
Posto un nuovo capitolo, scritto ascoltando la versione piano di "Wicked Game" di Isaak Chris...vi lascio il link:  
http://www.youtube.com/watch?v=YvfMK4BFDmM&feature=related

Vi ricordo la prima parte del mio racconto: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069



CAPITOLO 4- ANCORA VIETRI

Ancora qui. Ancora a Vietri dopo sei lunghi mesi. Ancora la curva sulla montagna, che porta al paese. Ancora il mare, le cui onde si infrangono sugli scogli cosi scuri, cosi grandi. La strada del lungomare non è per niente cambiata, solo la segnaletica è nuova, lo noto dai colori accesi. I soliti negozi di prodotti tipici…a quanto vedo il comune ha deciso di collocare delle panchine fuori le vetrine, in modo da attirare quanti piu’ turisti possibile. Il lido: chi sa se c’è ancora quel signore tanto gentile, che mi propose la tintarella sulla spiaggetta. E il parcheggio residenti: sbaglio o vi è qualche posto in piu’?. Una cosa è certa: è il 30 Luglio e vi sono sciami di turisti impazziti, felici delle vacanze finalmente giunte. Quanti flash fotografici, quante risate, quante coppiette innamorate. E i bambini. I bambini…
 Terminato questo primo pezzo di strada, percorro la salita, notando con piacere un nuovo negozio, un tabaccaio per la precisione. Una signora cala dal suo balcone il famoso “panariello”, ovvero cestino di vimini, un mezzo per evitare di scendere le scale per poter acquistare qualcosa di piccolo, tipo un due o tre limoni. I limoni…solo a pensarci chiudo gli occhi per il piacere: non appena arrivo ne mangerò uno con il sale…che goduria!. Ed eccoci alla terza parte della strada, con il suo solito macellaio, la salumeria e il fruttivendolo. Via Pinnarella numero 50, ci siamo. Svolto a sinistra, lentamente, visto le dimensioni ridotte del vicoletto. Spengo il motore, tolgo la chiave, scendo. Casa mia, casa rossa, staccionata crollata chi sa da quanto tempo. Un minuscolo giardino e una scossa interiore che mi riporta già al passato: lui felice di avermi regalato una magnifica sorpresa. Apro la porta e una ventata d’aria calda mi travolge. L’angolo cucina a destra, il divano con televisione e qualche mobile proprio dinanzi l’ingresso. Entro. Un post-it giallo sul tavolino: “A stasera. Tuo Cristiano”. Lo tocco: è pieno di polvere. E’ pieno di amore…un amore andato via, svanito nel corso di questi sei mesi. Spalanco le tre finestre, varco il corridoio: il bagno, la cameretta, la camera da letto. L’ultima stanza indicata è quella che temo di piu’. Resto immobile dinanzi la porta per un po’. Respiro, inspiro, muovo le gambe freneticamente. E sfilo la collanina da mio collo. La chiave ancora con me: l’inserisco nella serratura, la giro e spalanco l’anta di legno. Silenzio tombale: l’armadio lucido, i due comodini, la vetrata, la lampada da letto ed infine il letto, disfatto. Mi ci siedo sopra. Trovo un asciugamano bianco. Lo porto sotto il naso. Chiudo gli occhi: ho come l’impressione di annusare il suo profumo. Ho come l’impressione di udire le nostre risate, i nostri umori, la nostra passione. Mordo il labbro: non ho avuto nessun altro dopo di lui. Lui, unico e solo. Come vedete mi fa male anche pronunciare il suo nome.  Mi fa troppo male.
Ritorno alla macchina, prendo le valigie e sistemo i miei effetti nei mobili in camera, in cucina, nell’angolo soggiorno…insomma ovunque!. Afferro il mio “azzurro”, nome momentaneo del mio quadro, e l’appendo dietro il sofà, in modo da riempire anche l’ambiente ed abbellirlo. Quattro ore piene piene di sfratto, perennemente avanti e indietro, pur di dare un po’ di sollievo alla mia bella Panda gialla. Lego i capelli in uno chignon, il mio abitino bianco è ormai inzuppato di sudore. Rivado fuori. Alzo la serranda del mio box privato: sorrido, vedendo il fantastico motorino verde e quel casco, che tanto gli andava stretto in testa. Parcheggio l’auto e tengo fuori il mezzo regalatomi dal mio papà…è pur sempre utile in città!.
Corro in bagno, mi svesto in un nano secondo e getto d’acqua fredda sulla mia pelle. Nel lavare il collo inclino la testa verso il basso e per un attimo rivedo lui ridere di gusto, con quelle gambe ben definite e possenti a penzoloni sulla vasca. Ha ragione Anna: ho bisogno di chiudere con il passato per poter vivere il mio presente, senza spettri.  Mi avvolgo in un gran asciugamano bianco e inizio a vestirmi velocemente, badando poco ai capelli bagnati e al disordine lasciato sul pavimento.
Primo obiettivo del giorno: andare da lei!  

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Capitolo 5
*** Amicizia ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo della settimana! Spero vi piaccia.
Baci da Carla.

CAPITOLO 5- AMICIZIA


Salgo velocemente le scale. Il mio abito blu oscilla da destra a sinistra, cosi come i miei lunghi capelli sciolti. Borsetta tra le mani. Il terrazzo, sempre luminoso, ha dei nuovi dettagli: un sofà e delle candele spente. Che magari ci sia stata una festa o una cena romantica? Probabile. Busso al campanello. Attendo agitata. Sei mesi di lontananza sono pur sempre sei mesi di lontananza. Anche se tengo a precisare che non c’è stato giorno in cui lei non mi abbia chiamato e viceversa. Apre la porta, senza notare chi vi sia dinanzi. Si ritrae, regalandomi un bellissimo sorriso. Mi salta praticamente addosso: “Bianca!”. La stringo forte: “Quanto mi sei mancata Lucilla”. Quasi piange: “Anche tu. Sono felicissima, non immagini neanche quanto”. Mi accomodo vicino al tavolo, cosi come mia cugina. Le nostre mani si incontrano: “Ma perché non mi hai avvisata del tuo arrivo?”.
In realtà è stato tutto organizzato in poco tempo, precisamente ieri sera. Ho fatto il viaggio in nave sino a Bari. Di li in macchina fin qui”, le rispondo, commossa dalla sua ospitalità.
Ma non mi dire che sei tu la pittrice che deve esporre i suoi quadri”: prepara il caffè e mi serve dei biscotti.
Si, sono proprio io. Mi ha voluta il sindaco Russo”, rispondo, ridendo.
Lucilla: “E di te cosa mi racconti? Come stai?”.
Io: “Sto! Si va avanti, tu ci sei passata, sai cosa si prova
Io ci sono passata con mio marito. Tu no, Cristiano…”: ecco cosa vuol dire “un discorso non programmato”. Il mio esser qui è frutto di un reale sentimento che mi lega a lei e che si chiama amicizia. Ora penserete: dovevi aspettartela un affermazione del genere, visto il grado di parentela tra i due, ma è pur vero che udire unicamente il suo nome mi provoca un dolore senza fine. Continua a parlarmi di lui. Continua ad inferire e la cosa mi fa stare male, malissimo.
Non importa ormai Lucilla”: tento con la mia frase di fare in modo che la conversazione prenda una piega diversa.
Lui ti ha cercata tanto. Ti cerca ancora”, replica, mentre poggia la mano sul tavolo.
Ti prego basta Lucilla, davvero. Sono venuta per stare un po’ con te, tutto qui”: ora basta. Davvero. non tollero piu’ le sue parole…sono come una stilettata al cuore . Percepisce il mio stato d’animo e si scusa piu’ di una volta. Mi calmo. In fondo comprendo anche lei: vuole tutelare suo fratello. Ma è consapevole del mio malumore e sa da cosa proviene. E di nuovo quel male, che mi accompagnerà per tutta la vita. Quella stessa vita che da metà anno non vivo piu’.
Cambia discorso: “Ti va di venire a cena qui stasera?”.
Le sorrido: “Ma certo che mi va. E’ un ottima idea, cosi potrò salutare anche Adriano e i tuoi piccoli”.
Annuisce. Mi alzo: “A quanto pare ogni qual volta mi presento a casa tua non trovo mai quel mattacchione di mio cugino”.
Mi avvio alla porta: “Ora vado. Ho ancora un po’ di cose da sistemare”.
Mi accompagna all’uscita: “A stasera allora. E prepara la pancia, che ci scassiamo!”.
Rido di gusto: “Contaci! A dopo”.
Dopo un caloroso abbraccio, scendo velocemente le scale. Credo proprio che farò un giro per il paese, o meglio ancora chiamerò il sindaco Russo, cosi da farmi indicare i locali dell’esposizione. Questa volta niente “azzurro” in bella mostra: due volte ho rischiato di perderlo, a causa di clienti interessati. Giulio dice che dovrei liberarmene…ma come si fa a lasciar andar via una parte di te stessa?. “Azzurro” è il mio passato, anzi il filo conduttore con il mio passato.

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Capitolo 6
*** Bianca Non Farmi Questo (Prima Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic E capitolo decisivo fu! Per la gioia di chi mi segue ecco il fatidico incontro tra Bianca e Cristiano: preparate i fazzoletti!
Un bacio da Carla vostra.

CAPITOLO 6 (PRIMA PARTE)- “BIANCA NON FARMI QUESTO”


Otto di sera: come consueto  sono in ritardo. Il tempo non ha migliorato questo mio difetto. Pantalone stretto lungo blu, camicetta rosa chiaro a mezze maniche. Scarpe scure. Una punta di rossetto chiaro sulle labbra. Orecchini lunghi. Capelli mossi, grazie alla piastra regalatami da Anna. Mi specchio. Inclino la testa. Chiudo gli occhi: “Bianca non farmi questo”. Mi giro di scatto e per un attimo ho come l’impressione di vederlo li, appoggiato allo stipite della porta, con la sua camicia bianca sbottonata, il suo pantalone scuro e l’immancabile risata. E ancora la sua voce nella mente: “Bianca non farmi questo”. Mi avvio verso la porta, dando un colpo alla cornice di legno alla quale è fissata con tre perni di ferro. Sguardo severo. Mordo il labbro inferiore: questa casa mi parla di lui. Sbraito. Tento di scacciare via i pensieri con le mie mani, neanche se fossero delle mosche fastidiose. Afferro la borsetta e le chiavi. Esco di casa. Metto in moto il motorino e parto: destinazione casa di Lucilla!.
A quanto vedo Vietri si è un attimino civilizzata: i negozi sono tuttora aperti. I turisti comprano ben volentieri e questo è solo un fattore positivo per l’economia della città. Un bar ha organizzato un piccolo buffet molto invitante, se pensate alle cascate di salumi vari, poste nei due lati estremi del tavolo. La luna illumina la strada principale. Il campanile avverte la popolazione che è ormai sera. Tre rintocchi precisi. Parcheggio il motorino tra due macchine, una delle quali mal messa. Tolgo il casco e lo porto sotto braccio. Inizio a salire le scale. Mi blocco: la prima volta che venni qui a cena, me lo ritrovai di fronte, vicino al bagno. Scuoto la testa: no impossibile! Mi avrebbe avvisata della sua presenza.
Busso. Mi apre Adriano. Ci abbracciamo calorosamente: “Quando Lucilla mi ha detto che eri qui, stavo quasi per piombare a casa tua”.
Gli scompiglio i capelli: “E perché non l’hai fatto? Ti avrei offerto solo un bicchiere d’acqua ma potevamo parlare un pò”.
Chiude la porta d’ ingresso dietro le mie spalle: “Non volevo disturbarti”.
Vado verso la cucina. Lucilla sembra impazzita: quattro fuochi, quattro pentole. “Ciao Bià, come promesso stasera ci facciamo nuovi nuovi”, afferma, mentre prova del sugo di pesce.
Ho notato!”, rispondo, inebriata dal buon odore. Dal corridoio sbucano i due furfantelli: Marta ha compiuto nove anni, assomiglia molto alla madre, che tiene a precisare che gli occhi sono identici a quelli della nonna Lucia. Luca, invece, dieci giorni fa ha festeggiato il suo quarto compleanno: i suoi capelli a cresta sono sintomo di vivacità, qualità che poco manca in questa famiglia. Mi saltano letteralmente addosso, soprattutto il piccolo che mi chiede di giocare con lui. Mi indica una serie di personaggi dei cartoni animati: purtroppo per lui io ignoro chi siano. Certe volte mi chiedo: ma i bambini non hanno paura di questi pupazzetti cosi brutti e dall’aria minacciosa, se non addirittura violenta?. La risposta non tarda ad arrivare: Luca lancia dalla finestra, che per fortuna affaccia sul terrazzo, il mostriciattolo che aveva tra le mani. E ride di gusto.
Ci sediamo a tavola tutti e cinque. Quando si mangia, si parla, a maggior ragione se non ci si vede da tempo. Inizia Adriano, alle prese con una classe alquanto turbolenta: “Bià quei ragazzini sono indemoniati e poi parlano di sesso, come se fosse la cosa piu’sempilce di questo mondo”. Sbotta Lucilla: “Adriano il sesso è la cosa piu’semplice di questo mondo. Forse il problema sta nel fatto che non ti aspetti determinati discorsi da un ragazzetto di dodici anni”. Mio cugino concorda. Continuiamo, facendo allusione ai piccoli di casa: “Mi credi se ti dico che Luca fa la manomorta? Ti pare che io debba vergognarmi per strada perché mio figlio di cinque anni allunga le mani?”. Adriano spalanca le braccia: “Ma che fa di male scusa. Sta solo imparando il mestiere”. Sua moglie scuote la testa contrariata: “E a dieci anni che mi combina?. Poi ci lamentiamo che i bambini son precoci”. Arriva il mio momento: parlo di me, della mia mostra, del mio arrivo a Vietri e ancora la classica domanda: “Ma come stai ora?”. Come sto. Vediamo: fisicamente bene, moralmente una schifezza. Per evitare determinati discorsi, la conversazione tocca gli argomenti piu’disparati: politica, lavoro, la vicina di casa che urla come una forsennata. Insomma i classici temi, adoperati laddove si voglia tralasciare punti piu’rilevanti su cui interloquire. Ma francamente poco importa: sono felice di esser qui, in loro compagnia. In compagnia della mia famiglia.
 
                                                                               ***
L’una di notte e tutto tace, compresa la tavola ormai spoglia. Come preannunciato, abbiamo divorato ogni minima cosa cucinata da Lucilla, devo dire un’ottima cuoca. Niente ammazzacaffè per me, sono cosi sazia da non riuscire neanche a bere un semplice bicchiere d’acqua. Adriano si propone di accompagnarmi, ma declino l’invito, dal momento che ho il motorino giu’ bello parcheggiato. Saluto generale e appuntamento alla prossima cena. O caffè, visto che sono convinta che ritornerò presto qui per conversare con mia cugina. Un ultimo abbraccio e scendo le scale, portando il casco alla testa. La strada è illuminata da lunghi lampioni. Serrande abbassate in tutti i negozi, ad eccezione del bar e della tabaccheria, dove vi sono un po’ di persone. Annuso uno splendido profumo di cornetti appena sfornati: se non avessi la pancia cosi piena ne comprerei uno alla crema. Non essendoci traffico rientro in un battibaleno a casa. Mi scoccio di posare il motorino nel box auto, dunque lo lascio parcheggiato vicino a ciò che rimane della staccionata. Apro la porta ed entro in casa. Poggio il casco sul sofà. Tolgo le scarpe: che sollievo, i tacchi d’estate sono una vera tortura cinese. Scuoto i capelli. Sbottono la camicia. Massaggio il collo e tiro un sospiro di sollievo. Quello che ci vuole è una bella, meravigliosa dormita. Varco il corridoio, chiudo la porta del bagno, lasciata semi aperta precedentemente.
Entro in camera da letto: mano contro la bocca, occhi spalancati e ancora una volta una fitta al cuore. Le lacrime non mi danno avviso, scendono e rigano il mio viso immediatamente. Sudo, sudo tanto. E resto sorpresa da quanto vedo. Perché mai e poi mai mi sarei immaginata una cosa del genere.  Mai e poi mai mi sarei immaginata di vedere Cristiano dormire nella mia parte del letto, con il mio cuscino sotto la sua testa. Ed ora cosa dovrei fare? Svegliarlo e dirgli “Ciao sono qui!”. Mi avvicino. Mi chino su di lui e gli sfioro i capelli, leggermente piu’ lunghi e ricci rispetto a sei mesi fa. Barba incolta sul suo viso. Stesso odore da uomo, stessa polo, stesso pantalone lungo. Sempre lui Cristiano, l’uomo che ho amato tante volte in questo letto. L’uomo che ora dorme qui, nelle mie lenzuola. Decido di non destarlo dal sonno, bensi mi stendo dall’altro lato del letto, ancora vestita. Percepisco il suo respiro sulla mia pelle. Percepisco la sua presenza. Tutto questo è surreale. Mi rivolto e lui è tuttora li, inerme. Vorrei toccare le sue spalle toniche e possenti, le sue labbra carnose. Dio, quanto ho goduto per quelle labbra!...ma non lo faccio. Mi rigiro, sperando che Morfeo arrivi presto a cullarmi tra le sue braccia.

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Capitolo 7
*** Bianca Non Farmi Questo (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti! Vi lascio il nuovo capitolo, ovvero seconda parte di quello pubblicato ieri nel pomeriggio. Colgo l’occasione per specificare un dettaglio, chiestomi da un po’ di lettrici: nell’epilogo di “La Stagione Del Cuore” vi è una postilla con scritto “Tre mesi dopo”, da qui dunque si spiega il ritorno di Cristiano giusto sei mesi dopo (la sua missione dura 9 mesi).
Vi allego il link di “La Stagione Del Cuore” per chi non l’avesse letto: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio e grazie…Carla.

CAPITOLO 7 (SECONDA PARTE)- “BIANCA NON FARMI QUESTO”


Sono le otto di mattina e sono seduta da sola in cucina. Lui è ancora in camera da letto. Dorme come un bambino. Non ho chiuso occhio, sono rimasta per l’intera notte a fissarlo. Un intera notte unicamente per lui, che non vedevo da mesi. Chi sa cosa ha fatto, chi sa cosa ha provato quando Lucilla gli ha detto che ero andata via. Sono certa che mi odi. Sono certa che mai e poi mai mi perdonerà. Eppure come precisato precedentemente scappare a Venezia è stata l’unica soluzione possibile: a Vietri soffocavo, mi sentivo morire. Desideravo altro per me e in quella settimana di Settembre qualcosa si ruppe. Forse la speranza: era tutto troppo perfetto, un amore travolgente, un uomo come pochi esistono al mondo e un futuro che si prospettava aureo. Poi la sua partenza, accompagnata da una promessa, che intendiamoci avrei assolutamente rispettato se non fosse accaduto ciò che solo io, Lucilla, Adriano e la mia famiglia sa. Mi è crollato il mondo addosso quel mese: non era programmato, non sapevo neanche che lui fosse dentro di me e quando l’ho scoperto ho tentato in tutti i modi di custodirlo, non riuscendoci. Ero sola con i miei cugini quella sera, sola con il mio dolore e Cristiano che da poco era partito. Il mio cuore era diventato di pietra, non ce l’ho fatta ad aspettarlo o quanto meno a parlargli. Ho preferito che lui sparisse dalla mia vita, velocemente cosi come era entrato.
Ruoto la tazzina del caffè sul tavolo. Sguardo basso, che alzo solo quando si palesa lui dinanzi i miei occhi. Mi osserva sconvolto, come se avesse visto un fantasma. Non si è accorto della mia presenza ieri sera, dunque sono una vera e propria sorpresa per lui. Appoggia la spalla allo stipite della porta del corridoio. Con una mano stropiccia la pelle del suo viso. Inclina la testa verso il basso. Respira ed ispira. Scuote la testa. Non mi degna di una parola, piuttosto preferisce uscire di casa, tacendo. Sbatte la porta alle mie spalle. Per l’improvviso rumore tremo e ritorno a fare quanto precedentemente detto: ruoto la tazzina del caffè sul tavolo. Ruoto la tazzina e penso.

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Capitolo 8
*** Ritorni ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio: vi lascio il capitolo del giorno e link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 8- RITORNI

POV. LUCILLA


Certe volte vorrei essere cosi ricca, ma cosi ricca da potermi permettere la servitu’. Casa mia non è chi sa quanto grande, ma è una vera faticaccia pulire il terrazzo fuori, soprattutto se pensate ai vari guai lasciatimi in giro dai miei figli, specie il piccolino, che va seminando nelle piante i suoi giochi preferiti. Una volta nel vaso del basilico mi ritrovai uno di quei personaggi giapponesi, non so neanche come si chiamino, visti i nomi alquanto strani. Fortuna che c’è Adriano, alias il mio terzogenito, il quale spende piu’tempo dinanzi la Play Station con Marta e Luca, che con me…sono pur sempre sua moglie. Una moglie un po’ petulante. Una moglie che alla soglia dei trentasei anni non smette di chiedere moine sentimentali al proprio uomo, come giusto che sia.
Ed eccomi qui, con scopa al seguito, mentre spazzo sul mio bel terrazzo, pieno zeppo di terreno. Chi sa chi ha fatto le buche nei gerani…non oso proprio immaginare!. Percepisco dei passi sulle scale. Poso quanto ho in mano e mi affaccio: è Cristiano?. Si è proprio lui. Lo guardo sbigottita: “Da quando in qua torni e non avvisi?”.
Ha uno sguardo alquanto serio e nefasto: “Da quando torna Bianca e io non so niente”. Gli vado incontro e lo saluto, ma si scansa: “Perché non mi hai detto che era qui?”.
Incrocio le braccia: “Perché  non mi hai detto che tu eri qui?”.
Appoggia la schiena al muro: “Sono tornato ieri notte da Napoli”.
Mi siedo, nervosa: “E’tornata ieri mattina. Ma io non sapendo del tuo di ritorno, non potevo di certo dirtelo, ti pare?”.
Ha gli occhi rivolti a terra: “Era tardi per questo non te l’ho detto e poi volevo farti una sorpresa”.
Lo fulmino con lo sguardo: “Ci sei riuscito, guarda”.
Si avvicina al tavolo. Beve un bicchiere di limonata: “Ho dormito a casa sua. Non sapevo che c’era lei”.
Mi volto di scatto: “Sei tornato dalla missione e la prima cosa che hai fatto è stata andare a casa sua?”.
Annuisce.
Porto le mani al volto: “Perché? Dimmi perché Cristiano?”.
Mi guarda dritto negli occhi. Posa il bicchiere: “Perché può stare lontana da me per tutta la vita, ma io l’amerò per sempre, nonostante ciò che mi ha fatto. E se non posso averla,per chi sa quale motivo misterioso, allora voglio starmene per conti miei con i miei ricordi. Quelli almeno non li può toccare”.
Affondo completamente nella mia seduta. Lo conosco benissimo: sin da quando mi disse di essersi innamorato, sapevo che sarebbe andata a finire cosi. Sapevo che non si sarebbe mai allontanato da quel sentimento. Cristiano è Cristiano, crede nell’amore vero…un amore vero: Bianca. Per sei mesi non ha fatto altro che buttarsi a capofitto nel lavoro. Poche volte mi ha chiamata eppure le sue domande erano rivolte sempre a lei…la sua Bianca.
 “Cosa vi siete detti?”, gli chiedo curiosa.
Nulla. Cosa le dovevo dire? Ti odio? Ti odio perché mi fai soffrire come un cane ogni giorno della mia vita? Sei una stronza? Se potessi ti cancellerei dal mio cuore e dalla mia mente?”, risponde schietto.
Gli vado vicino. Lo stringo forte tra le mie braccia e mi rendo conto di quanto sia triste, di quanto sia scontento della sua vita. Il suo viso la dice lunga: smorto, smagrito, sempre serio. Non so da quanto non sento una sua battuta. Mi sono dovuta ricredere durante questo lungo periodo: mai avrei immaginato che Cristiano potesse soffrire cosi tanto per amore. Non se lo merita, ha già patito tempo addietro con nostro padre. Eppure non me la sento di puntare il dito contro Bianca. Solo io posso capire cosa ha sopportato.
Io lo so che tu mi nascondi il motivo per il quale Bianca è andata via”, asserisce, allontanandosi leggermente da me.
Non devo dirtelo io, deve farlo lei”, rispondo, con un po’ di rimorso.
Si, vabbè contaci! Vorrei solo capire da che parte stai”: si avvia alla scala.
Dalla parte del vostro amore. Dovete sbrigarvela da soli”, gli urlo contro, sperando che si fermi.
Non esiste piu’ il nostro amore e la colpa è solo sua. E francamente mi avete rotto: tutti sanno eccetto io, ma ora che sono qui nulla può fermarmi…verrò a conoscenza di quanto accaduto”, replica. Si ferma e continua: “Me ne vado in Capitaneria,sai com’è sono stato promosso a Capitano, ma neanche questo sai, visto il nostro nuovo rapporto” . Agita la mano destra: “Ciao!”.
Scende velocemente gli scalini.
Non faccio in tempo a fermarlo, che va via. Mi sento tremendamente in colpa nei suoi confronti, ma d’altro canto non posso tradire Bianca, non posso tradire la sua fiducia. Non ho mai fatto una cosa del genere in vita mia e mai lo farò. Mio padre mi ha insegnato che la parola data è piu’importante di ogni cosa. Ma ora mi chiedo: è piu’importante di mio fratello?.
Qui urge una chiacchierata!.

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Capitolo 9
*** Quella Settimana Di Settembre ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti! Ecco il capitolo del giorno, ricco di rivelazioni.
 Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla. Dedicato a Leitmotiv.
 
CAPITOLO 9- QUELLA SETTIMANA DI SETTEMBRE


Spazzolo i capelli, guardandomi nello specchio in camera mia. L’immagine riflessa del letto: non ho osato sistemarlo, è ancora disfatto. Se c’è una cosa che mi ha colpito è vederlo cosi spento, triste, diverso. Prova le mie stesse sensazioni, ma per ragioni diverse. Indosso la mia polo bianca, abbinata su un pantaloncino nero. Un fermaglio nei capelli. Bussano alla porta. Vado in cucina per aprire. Spalanco l’entrata: è Lucilla.
Entra velocemente: “Bianca dobbiamo parlare. E’venuto Cristiano da me”. Porta le mani alla testa: “Mi dispiace, ma io non ce la faccio piu’a vederlo cosi. Glielo devi dire, altrimenti non so per quanto tempo ancora riuscirò a mantenere questo segreto”.
Le vado incontro, seria: “E cosa vuoi che gli dica? Che quando è partito sono svenuta? Vuoi che gli dica che ero in ospedale, che ho scoperto di aspettare un bambino? Vuoi che gli dica che l’ho perso all’improvviso, senza neanche accorgermene. Vuoi che gli dica questo?”.
Si siede sul sofà: “Non pensare che io non ti capisca, anzi. Questa brutta esperienza ci accomuna, ma lui ha diritto di saperlo”.
Balbetto: “Io non ci riesco”.
Perché?”, mi chiede, con voce calma.
Perché era il suo sogno. Perché era il mio. Perché mi manca proprio il coraggio per confessarglielo. Per me quanto accaduto è sinonimo di dolore”. Zittisco per un secondo, trattenendo il respiro. Continuo:”Lui non ha colpa…”.
Mi interrompe: “Se per questo neanche tu”.
Annuisco: “Si lo so. Ma desideravo cosi tanto quel bambino , che perderlo per me ha significato la fine di tutto. La fine di un amore, la fine di un progetto a due, la fine di ogni cosa”.
Lucilla:“Sei giovane. Potrai averne quanti ne vuoi”.
Io:“E’ovvio. Ma il colpo è stato troppo duro. Cavolo io non mi aspettavo di esser incinta, poi lo scopro e lo perdo. La vita mezza volta mi da qualcosa e me la toglie il giorno dopo”.
Sbuffa: “Ora non pensare alla vita, ma a lui e te. Vi amate ancora, ma se non vi venite incontro rischiate di non ritrovarvi piu’”. Si alza: “Siete due teste di so cosa. Possibile che io vi debba sempre dire parlate, parlate, parlate? E’vero, qui c’è un problema serio, ma cavolo vi appartenete, che vi costa?. Rompete questo muro che avete creato e piantatela di gettarvi quintalate di dolore addosso. Si campa una sola volta”.
Mi avvicino a lei: “Tanto lo so che arriverà il momento della verità”.
Mi abbraccia. Dopo di che esce, andando via. Chiudo la porta. Apro un cassetto nel lato soggiorno e afferro una cornice, in cui ho posto la nostra foto insieme. E ripenso al mio bambino: chi sa come sarebbe stato. Chi sa come l’avrei chiamato. Chi sa cosa sarebbe diventato da grande. Chi sa di chi si sarebbe innamorato. Ma una cosa è certa: avrebbe ricevuto tutto l’amore di questo mondo, sia da me che dal suo papà.

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Capitolo 10
*** Ti Odio ***


Image and video hosting by TinyPic Stasera vi do il bis: nuovo capitolo!
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio grande grande da Carla.

Dedicato a MissNanna
 
CAPITOLO 10- TI ODIO


Dopo metà anno e piu’ mi sono decisa ad aggiustare la staccionata del giardino. Dovevo vederla crollare a terra per ripararla. Ho comprato del legno nuovo da un amico di Adriano, il quale mi ha fornito anche di chiodi molto lunghi e martelli vari. Sono sincera: non so che ne uscirà fuori, dal momento che sono una semplice pittrice…ma vale la pena tentare. Almeno un giorno potrò dire: c’ho provato!. Indosso una salopette di jeans scuro, in testa un fazzoletto rosso a pois. Nel tascone cucito sul ventre vi ho collocato una serie di fascette, che a detta del falegname, dovrebbero servire come ulteriore protezione. Sono un po’ scettica, ma tutto sommato la cosa non sembra difficilissima da farsi. Inizio togliendo via tutti i pali di legno caduti: ho preso appuntamento con l’apprendista, nonché figlio del suddetto falegname, il quale verrà a ritirare il tutto. Ad un ad uno fisso il nuovo materiale nel terreno e con forti colpi, faccio in modo che si tenga ben dritto. Butto della terra in piu’ cosi da livellare la superficie. Dopo di che ulteriori tre, quattro martellate. Porto un dito al labbro inferiore: ma a cosa diavolo servono sti chiodi? Pensandoci bene una staccionata ha pezzi di legno sia orizzontalmente che verticalmente, cosa che non noto qui, su quella che ho creato io. Ma in me c’è un non so che di geniale: tiro fuori dal garage delle corde spesse bianche, adoperate dai pescatori sulle loro barche. Ne afferro una e inizio ad unire i vari pezzi, cosi da rendere il tutto idoneo al luogo in cui ci troviamo. Ne viene fuori un bel lavoro, anche se il materiale usato non è che mi ispiri tanto. Sempre dal box auto prendo un barattolo di fissante e inizio a spennellare come una pazza. Forse è meglio dire che mi auto-spennello, visto che c’è piu’ liquido su di me che sul legno.
Nel frattempo sento dei passi. E ti pareva il giovanotto è venuto prima del previsto: “Senta ma eravamo rimasti che ci saremo visti alle tre”. Mi giro di scatto e mi ritrovo lui, Cristiano, con la sua immancabile divisa bianca. Capelli ricci leggermente lunghi, pieni di gel e tirati indietro. Niente barba. Classico profumo, che stuzzica il mio naso e i miei desideri.
Toglie il cappello: “Vedo che hai un appuntamento”, mi dice con aria seccata.
Mi alzo. Pulisco le mani sulla mia salopette: “Si con il figlio del falegname”.
Espressione compiaciuta: “Dal mare sei passata alla montagna. Hai fatto bene!”.
Ma che cavolo dici? Ma non lo vedi che sto aggiustando la staccionata. Un paio di giorni fa, quando sei venuto di notte, non l’hai vista a terra?”, replico, furibonda. Mi avvicino, minacciosa: “Sei venuto per insultarmi?”.
Tentenna: “Quasi. Sono venuto per dirti che ti odio, cosi tanto come ti ho amata”.
Sguardo basso. Affanno. Mi aspettavo una reazione del genere. Sapevo che mi avrebbe riservato parole non molto dolci. Ed è in questo momento che balena nella mia mente il suggerimento di Lucilla: digli tutto!.
Prendo coraggio. Non so come inizierò, ma gliene parlerò. E’giusto cosi. Deve comprendere le mie decisioni. Deve sapere che alla base di tutto c’è stato solo il mio profondo dolore e non un semplice abbandono, cosi come crede lui. Come avrei potuto abbandonarlo? È perfetto: mi ha amata pienamente e ogni qual volta ho avuto dei dubbi mi ha sempre rassicurata.
Mi volto verso di lui, lo fisso negli occhi. Quegli stessi occhi azzurri, che una sera d’Agosto, mi hanno fatto perdere la testa. Farfuglio qualcosa, ma lui mi precede: “Me ne vado io. Non ti voglio neanche guardare in faccia”. Senza darmi la possibilità di controbattere, va via, lasciandomi li, immobile come una stupida. Sistema il cappello sul capo e svolta a sinistra.
Ed io ancora qui, silenziosa con le lacrime sul viso, consapevole che difficilmente riuscirò ad averlo per me.

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Capitolo 11
*** Una Serata Da Sbronza ***


Image and video hosting by TinyPic Ciao a tutti! Primo pomeriggio= nuovo capitolo! Spero vi piaccia.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla.

Dedicato a Felicity M


CAPITOLO 11- UNA SERATA DA SBRONZA

Le undici di sera: sono seduta sul sofà, intenta a mangiare due taralli, fatti con sugna e pepe…giusto per mantenere la linea! Con questo caldo preferisco spizzicare, piuttosto che riempirmi di cibo. Che poi , detto tra noi, è decisamente piu’ salutare una fetta di carne arrostita che i biscotti salati appena indicati. Prendo il bicchiere, all’interno del quale vi è del vino rosso. Faccio zapping, sperando di trovare un canale serio che trasmetta qualcosa di positivo…ma niente: solito film d’amore, solito film d’azione, solita fiction, ci manca solo il classico sceneggiato, come i “Miserabili” con Gerard Depardieu, su Rete Quattro…come dice l’annunciatrice “gli imperdibili!”: e ti credo bella mia me lo propini ogni estate, come faccio a non perdermelo?. Se pur decidessi di non vederlo, sono costretta a farlo, date le solite cazzate (scusate il francesismo!) proposte nei giorni di calore. Ok, mi calmo…relativamente, ma mi calmo.
Fa cosi caldo, ma cosi tanto caldo che indosso unicamente una maglia extra-large beige. Capelli avvolti in un maxi chignon a centro testa. Se ci fosse stato lui qui, mi sarei divertita di piu’. Ma quante volte ci siamo sbellicati dalle risate su questo divano? E quante volte ci siamo baciati? Una sera, presi dalla noia, mangiammo la bellezza di un chilo di gelato alla nocciola. Non vi dico dopo i mal di pancia!. Però devo precisare che era buonissimo: Cristiano andò a comprarlo ad Amalfi. Se ho fatto bene i conti all’epoca ero incinta di poco. Eravamo in tre su questo divano.
I miei pensieri scompaiono, quando sento urlare il mio nome da fuori. Pulisco le mani con uno straccio. Mi alzo, scuoto la mia maglia. A piedi nudi mi dirigo alla porta, aprendola.
Vorrei non vedere questa scena: si regge a malapena sulle sue gambe. Testa inclinata in basso. Con una mano si mantiene alla staccionata, con un'altra regge una bottiglia. E’palesemente ubriaco. Ubriaco da far schifo. Non l’ho mai visto cosi. Gli vado incontro, portando il suo braccio dietro il mio collo: lo conduco dentro. Puzza terribilmente di alcool. Lo faccio stendere sul sofà e soprattutto gli strappo via della dannata bottiglia di whisky, peraltro vuota. Prendo un fazzoletto, asciugo il suo volto freddo e bagnato. Gli slaccio le scarpe e gli sfilo la polo bianca, divenuta gialla come il liquore. Pulisco il suo petto muscoloso e lo copro con un lenzuolo, temendo che si possa sentire male. Magari sto facendo una sciocchezza, ma non mi è mai capitata una cosa del genere, dunque vado ad intuito. Mentre cerco di prendermi cura di lui, mi afferra il polso e mi guarda negli occhi, balbettando: “Perché mi hai fatto questo?”. Delle lacrime rigano il suo viso: “Ti odio Bianca. Che cazzo ti ho fatto di male?”. Gli accarezzo il viso: “Ora basta, dormi”.
Ascolta il mio suggerimento: si rilassa e si addormenta subito, grazie alla bronza. Le nostre mani sono incrociate, come tanto tempo fa. Mi siedo a terra, sul tappeto. Appoggio la testa sul suo braccio e resto con lui, per tutta la notte. Mi sento cosi colpevole: se sta male lo deve unicamente a me. Il minimo che possa fare ora è stargli accanto in questo preciso istante.
 
                                                                      ***
Preparo il caffè, molto caffè, senza far rumore: è ancora li che dorme sul divano. L’ho sentito piu’ di una volta agitarsi nel cuore della notte, ma è bastato sfiorare i suoi capelli, per farlo calmare. L’osservo e ho come l’impressione che di rivivere una normale scena di quotidianità tra noi. Una scena che appartiene a mesi fa. Apro l’anta di un mobile, tiro fuori dei biscotti al latte…sapete i classici biscotti che si inzuppano nel latte o nel cappuccino. Stendo la tovaglia e ci appoggio l’occorrente. Mentre lavo delle posate, mi rendo conto che si è svegliato: porta la mano alla fronte, tenta di alzarsi ma ricade sul divano. Effetto sbronza!. Noto con piacere che non si ubriacava da tempo per stare cosi male. Mugugna. Si siede: stringe forte gli occhi, forse per il mal di testa. Mi guarda per un istante, poi riabbassa lo sguardo: “Scusa per ieri notte”.
Scuoto la testa: “Non importa”. Silenzio tombale. Nessuno dei due ha il coraggio di pronunciare una parola. Gli indico la bevanda appena preparata e si alza. Si avvicina. Prendo la zuccheriera e gli chiedo: “Sempre due?”. Annuisce. Versati i due cucchiaini di zucchero nella sua tazza, gliela servo. Si accomoda su una sedia: ”Tuo padre mi ha affittato la casa, l’altra”. Lo guardo perplessa: “Non lo sapevo”. Beve: “Se ti da fastidio, dimmelo”. Faccio spallucce: “No, va bene cosi”. E bravo mio padre Paolo: ha dato la mia dimora natia a Cristiano e non me l’ha detto…per la seconda volta. Preciso che la cosa non mi dispiace affatto, ci mancherebbe, ma sono curiosa di sapere perché l’ha fatto. In realtà mezza idea in testa già ce l’ho. Lui e Lucilla sono pro-storia d’amore tra me e il bell’ufficiale, anzi no capitano, data la sua promozione. Ricordo che un mese fa all’incirca, quando ero ancora a Venezia, il mio papà mi diede la lieta notizia: fui cosi felice nel sapere che quella maledetta missione gli era servita per aumentare i suoi gradi. Ha ottenuto qualcosa di positivo almeno in ambito lavorativo. Ma lo conosco a sufficienza per affermare che avrebbe di gran lunga preferito il mio amore che il ruolo che attualmente copre.
Si alza. Afferra la sua maglia, fresca di lavaggio e asciugatura, e l’indossa. E’ un attimo stranito: “Vado. Ciao”. Cerco di fermarlo, ma si oppone: “Non ora Bianca”.
Desisto, accogliendo la sua richiesta. Lo lascio andare via, con i suoi pensieri, con i suoi dubbi, con il suo mal di testa, con il suo odio, con il suo amore per me e con il mio per lui.

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Capitolo 12
*** Festa E Sorpresa (Prima Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Ho deciso di postare anche oggi, diversamente da quanto fatto la settimana scorsa, dunque nuovo capitolo, diviso in due parti.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla. P.S.= scusate i francesismi, presenti nei dialoghi tra i vari personaggi!

CAPITOLO 12(PRIMA PARTE)- FESTA E SORPRESA


Sono trascorsi dieci giorni. Dieci giorni che non lo vedo. Dieci giorni spesi nel locale, datomi dal Comune, per poter esporre i miei dipinti. Il lavoro: unico mio diversivo in questa città, unico modo per non pensare a lui. Proprio ieri ho chiamato il mio papà, riguardo la sua decisione di dare la casa a Cristiano. La nostra conversazione è durata all’incirca cinque minuti, causa sua risposta lapidaria: “Bianca io voglio solo che voi stiate insieme. Sapevo che sarebbe tornato a giorni, c’ho parlato a telefono e gli ho fatto la proposta. Ha accettato…ovviamente ho omesso un particolare: tu a Vietri. Sono felice che vi siate visti ed ora figlia mia invece di discutere con me, vai da lui e chiarisci, che siete pazzi l’un dell’altro”.
Lo sapevo solo io che dietro tutto questo c’era una sorta di complotto ordito da Paolo e Anna, perché lei sicuro sapeva quanto pensato da mio padre. Eppure non mi dispiace, anzi ne sono piu’che felice. So dove sia e posso raggiungerlo quando voglio.
Sono le dieci di sera e mi preparo per la festa del Santo Patrono di Vietri. Ho optato per un abito rosso fuoco, tacchi alti e capelli avvolti in un bellissimo e perfetto chignon. Pochette alla mano. Sbuffo: ancora nella mente questo medesimo giorno di mesi fa e lui sullo stipite della porta, fresco di doccia. Il mio Cristiano…cosi diverso, cosi cambiato. Dovrei solo…no stasera niente pensieri, niente riflessioni, niente di niente. Con ciò non voglio dire che non gli rivelerò il mio segreto. Siamo chiari e precisi: sono qui soprattutto per questo, per combattere contro i demoni del passato.
Chiudo la vetrata in camera da letto ed esco dalla stanza. Percorro il corridoio, sino ad arrivare alla porta, che velocemente si serra dietro le mie spalle. Mi incammino nel vicoletto, stando attenta a non inciampare…non si sa mai, con la fortuna che ho!.
Svolto a sinistra e vedo una sagoma maschile: “Siamo carine stasera!”. Sorrido felice: “E tu che ci fai qui?”.
Lucilla mi ha chiesto di venirti a prendere”, afferma Adriano, affascinante nel suo completo scuro.
Porto la mano al mento: “Devo dire che sei uno schianto, cugino”.
Spalanca le braccia: “Modestamente!”. Schiarisce la voce: “In realtà l’ho messo per mia moglie. Mezza volta mi chiede qualcosa, quindi l’ho accontentata”.
Il mio braccio sotto il suo: mi accompagna nella passeggiata. La luna è particolarmente splendente, colpisce il cielo privo di nuvole. Tantissime stelle scintillano. Un leggero vento accarezza la mia pelle. Tutto tace per strada. I negozi sono chiusi, compreso bar e tabaccheria.
Devi vedere che casino che c’è sul lungomare”, asserisce Adriano.
Annuisco: “Immagino”.
Adriano: “Marta e Luca non vedono l’ora di stare con te”. Ci ripensa: “Forse non vedono l’ora di fartene passare una”.
Scoppio a ridere: “Sono bambini. Ci sta il cinque minuti di esaurimento”.
Mio cugino sgrana gli occhi: “Solo cinque minuti? Luca anche di notte fa baccano!”.
Nel frattempo chiacchiera tira un'altra e siamo giunti alla meta agognata: il lungomare. Sono sorpresa: non ricordavo cosi tanta gente, cosi tanti turisti a Vietri. Qui bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: sulla destra e sulla sinistra vi sono lunghe tavolate imbandite di ogni cosa. Giovani camerieri servono aperitivi e tartine. Al centro un pianoforte a coda nero e due cantanti, precisamente una donna e un uomo, ben vestiti e dalla voce meravigliosa. Al largo una barca con tanto di fuochi d’artificio da far esplodere prima della mezzanotte. Giungiamo al solito angolo giostre: dove vuoi tenere a bada i bambini, se non sulle giostrine? Marta e Luca ridono felici e osservano incantati i grandi, presi dalle loro lunghe conversazioni. Saluto Lucilla, come sempre bella nel suo abito nero. I piccoli mi vengono incontro, baciandomi e chiedendomi di stare con loro. Li adoro: quando mi sento triste ho solo bisogno di vedere i loro occhi per rallegrarmi. Se tutto fosse andato in porto il mio bambino avrebbe giocato con loro. Abbasso lo sguardo: per quanto tenta, non ce la faccio a dimenticare. A cancellare il mio passato. Lucilla comprende il mio stato d’animo, dunque mi coinvolge nella discussione che sta tenendo con una sua amica, una certa Rossella. Si è anche presentata, mi ha parlato di sé, ma con l’immenso rumore che c’è qui, poco ho compreso. Mi limito a dire “si!”. Mi allontano per prendere un bicchiere di champagne. Un cameriere mi serve. Ne bevo uno e ne prendo un altro. Mi siedo su di una panchina isolata, collocata tra due alberi. Precisamente sono rivolta non verso il mare, ma verso il paese: sai che bello spettacolo, ho dinanzi i negozi chiusi. Apatia totale: ero partita piena d’entusiasmo, ma nulla, non mi va di divertirmi. Mando giu’ il secondo bicchiere.  Sbuffo: ci vorrebbe, ci vorrebbe…e spalanco gli occhi: ci vorrebbe lui!. Dal lato destro della strada vedo arrivare Cristiano, vestito con camicia a maniche lunghe bianca sbottonata leggermente, pantalone stretto nero, cintura di pelle lucida, scarpe classiche e quella camminata da ufficiale, che mi fa morire dentro. E’di una sensualità unica. Mi eccito solo osservandolo. Mordo con i denti il bordo del bicchiere, cosi forte che quasi lo spacco. Porto giu’ quel po’ di champagne rimasto e ancora rapace: vorrei andargli incontro e baciarlo con passione. Vorrei sentire le sue mani sul mio corpo bollente. Vorrei godere ed essere consapevole che è solo mio al mondo. Scuoto la testa: vorrei parlargli del nostro bambino. Si avvicina sempre piu’ a me e la cosa mi rende un attimo ansiosa.
Ansia che svanisce quando sento toccarmi le spalle. Cristiano si arresta, irrigidito. Una voce sussurra al mio orecchio: “Eccomi Bianca”. Un bacio sulla guancia e il viso del mio bell’ ufficiale nero dalla rabbia: cambia traiettoria, recandosi da sua sorella e suo cognato. Mi volto: è Giulio. Mi alzo e lo saluto, ma nel frattempo penso a lui e alla sua espressione contrariata. Dopo i dovuti omaggi al caro amico gallerista, con una scusa qualunque lo  conduco da Lucilla e Adriano…scusa banale per far comprendere a Cristiano che Giulio non è altro che un buon conoscente. Non voglio che creda che dietro la mia decisone vi sia un altro uomo.
Mia cugina si avvicina sorridente. “Lucilla ti presento Giulio Este, è grazie a lui se espongo qui a Vietri”. Giulio le tende la mano. Lei ricambia: “Salve Giulio, lui è mio marito Adriano” . Mio cugino saluta il nuovo arrivato a Vietri calorosamente, tenendo costantemente sotto occhio i propri figli. Intanto Cristiano se ne sta in disparte, prendendosi cura dei suoi due nipoti. Nonostante i piccoli tentino di distrarlo il suo sguardo severo e minaccioso è rivolto verso di noi. Mi spiazza quando si dirige verso di me esclamando: “Bianca non mi presenti il signore?”. Arrossisco, imbarazzata. Giulio sorride: “Giulio Este, collaboratore di Bianca. Lei è?”. Cristiano gli stringe la mano: “Cristiano Scala, piacere”. Giulio si strozza con la saliva non appena ode il nome della persona che ha di fronte: gli ho molto parlato di lui, del mio fidanzato. Praticamente non c’è stato istante a Venezia in cui non abbia lodato e descritto il nuovo capitano della Capitaneria. Giulio, nel frattempo, mi da come l’impressione di stare 3 a 0 con la morte: tossisce, si contorce, la sua pelle è paonazza.
Perplessa affermo: “Ti senti bene?”. Schiarisce la voce: “Sisi, niente di che”. Ripresosi, continua il suo discorso con molta piu’ calma, gesticolando leggermente: “A proposito sto con il sindaco Russo: vorrebbe che conversare con noi. I locali, come sai, non sono molto distanti da qui”.
Annuisco, non felice della cosa: “Ok”, poi rivolgendomi ai miei parenti asserisco: “Scusateci, ma a quanto pare il dovere chiama”. Lucilla mi sorride: “Va pure. Ci vediamo domani”. 
Cristiano resta in silenzio, soliti occhi assassini e minacciosi. Saluto con dispiacere i presenti e vado via con Giulio, non senza voltarmi e vederlo ancora li, con le mani nei pantaloni, mentre mi vede allontanarmi.
 
POV. LUCILLA

Sono seduta sulla panchina con mio fratello. E’pensieroso, ha gli occhi bassi e strofina le mani. So a cosa pensa. So che sta morendo dalla voglia di chiedermi qualcosa. Ma è cosi orgoglioso da non farlo, dunque prendo io l’iniziativa.
Cosa vuoi sapere?”, gli chiedo, sfiorando la sua spalla.
Si volta di scatto, mettendo da parte i suoi pensieri cupi: “Cosa?”.
Sbuffo e ripeto, scandendo ogni singola sillaba che compone la mia domanda: “Cosa vuoi sapere?”.
E’palesemente arrabbiato. Sbatte la schiena contro la seduta: “Chi è quel coglione?”.
Sollevo il sopracciglio: “Noto che siamo gelosi”.
Resta immobile: “Chi è quel coglione?”.
Incrocio le braccia e con voce irritata dico: “Se pensi che ti abbia lasciato per Giulio hai sbagliato!”.
Tossisce e quasi mi urla contro:”Se pensi che io non abbia capito cosa passa per la testa di lui hai proprio sbagliato. Sono un uomo anche io”.
Arriccio le labbra e con ironia affermo: “Io preferisco te a lui, nonostante sia un bel ragazzo”.
Si alza di scatto: “Io preferirei sapere la verità. Me ne vado”.
Gli vado incontro: “Cri dai”.
Mi strattona: “Cri un corno. Mi state prendendo tutti per culo: tu, tuo marito e Bianca”
Scuoto la testa, supplicandolo: “Cristiano ti prego”.
Lucilla non mi rompere. Ciao”: detto ciò va via, senza degnarci di uno sguardo. Sguardo che in effetti poco meritiamo, dato il nostro silenzio. Silenzio che l’uccide dentro. Un silenzio che abbiamo voluto anche noi, io e Adriano. Un silenzio chiestoci da Bianca. E di nuovo lo stesso pensiero: se non lo farà lei, lo farò io…non ci sto piu’a vederlo cosi!.

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Capitolo 13
*** La Verità Nascosta (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Buona Domenica a tutti…posto anche oggi un nuovo capitolo, uno dei piu’ importanti dell’intera storia.
A tal punto vi chiedo un aiuto per il mio racconto: mi servirebbe un NOME FEMMINILE (indicatemene piu’di uno!)da dare ad una nuova protagonista, che presenterò negli ultimi capitoli. Per quanto mi sia impegnata non me ne è venuto uno come si deve in mente…dunque lascio a voi la scelta, precisando che vorrei che fosse italiano e no straniero!
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla e grazie.

Dedicato a Dilpa 93
 
CAPITOLO 13(SECONDA PARTE)- LA VERITA’ NASCOSTA


Credevo che la festa del Santo Patrono potesse darmi un oretta di svago, invece niente: se non è la mia vita privata, è il lavoro ad occuparmi. Eppure la mia nuova attività poco mi stanca. Organizzare alla perfezione la mia esposizione poco serve a distogliermi dai miei pensieri. Pensieri sempre rivolti a lui, al mio Cristiano, l’uomo che ho abbandonato, ma che nonostante tutto amo alla follia. Ora vi chiederete lecitamente: ma per quale motivo sei andata via, se desideri stare con lui? La risposta è molto semplice: sono una giovane ragazza, il mio arrivo qui, circa un annetto fa, non era programmato, o almeno voluto da me. Incontro lui una notte ed è colpo di fulmine: in quel momento ho avuto un'unica certezza, voglio averlo per me, voglio amarlo. Ed infine l’amore che realmente giunge da me, travolgendomi in pieno, cosi come la decisione della marina di togliermelo per novi mesi. Ma l’evento che piu’ mi ha sconvolto è la perdita di questo bambino, di cui non sapevo neanche l’esistenza. Ed ancora ricordi, come quella volta alla spiaggetta…altro che cappello e il sole che picchiava: li eravamo già a tre. Un paio di giorni e del mio bambino non è rimasto che nulla, solo un pensiero. Per i primi tre mesi sono rimasta in questa casa, cercando di riprendere in mano la mia vita, ma non ce l’ho fatta: ogni cosa, ogni stanza, ogni muro mi parlavano di lui e indirettamente del frutto del nostro amore. Ero arrivata al punto che non riuscivo a chiudere occhio di notte: paradossalmente tutto ciò che mi portava a Cristiano mi procurava dolore, perché il quel momento Cristiano era il mio piccolo e il mio piccolo Cristiano. Due persone diverse, un unico futuro: il mio, quello che tanto desideravo. Venezia e il ritorno in famiglia non hanno alleviato il mio dolore, ma in un certo senso mi hanno aiutata a riflettere su ciò che mi era accaduto, in primis facendomi giungere alla conclusione che l’aborto non dipendeva da me, ma semplicemente dal fato. In vita mia non ho mai desiderato abbandonare Cristiano, ma è stato piu’forte di me allontanarmi da lui: dovevo superare lo shock.  In tre mesi ci siamo sentiti solo una volta telefonicamente: la sua voce calda e piena d’amore era peggio di una ferita al cuore, piu’parlava, piu’mi dichiarava il suo amore e io piu’mi sentivo male. Male da morire: i suoi ti amo mi riportavano alla mente le mie mani sporche di sangue e la mia supplica al medico dell’ospedale di aiutarmi a salvare il mio bambino.
Porto la mano alla fronte. Sospiro. Fisso il tavolo della cucina, sul quale vi è una tazza di latte freddo. Preferisco metterla in firgo: proprio non mi va la bevanda appena citata. La maglia extra-large, che come di consueto indosso la sera prima di andare a dormire, non è per niente bagnata, complice il vento freddo e la brutta giornata che si prospetta per domani. Osservo una delle tre finestre: sono l’uccellaccio del male augurio…piove!. Peccato per chi era rimasto sul lungomare: ora dovrà unicamente ritirarsi a casa, consapevole che la festa è andata a farsi benedire. Eppure non me ne frega chi sa quanto: in questo momento non mi va neanche di guardarmi in faccia. Lavo sotto la fontana dei bicchieri sporchi e delle posate. Rassetto il tutto. E chiudo la luce. Lascio che piccoli lampi estivi illumino la stanza in cui mi trovo. Mi accascio sul divano, gambe al petto e pensieri costanti nella mente. Pensieri che mi parlano di lui. Vengo destata dal campanello. Perplessa mi alzo, avvicinandomi alla porta. L’apro e mi ritrovo Cristiano, leggermente bagnato. Lo faccio subito accomodare in casa.
E’piuttosto arrabbiato. Inizia a farfugliare qualcosa, si ferma, porta le mani nei fianchi, abbassa lo sguardo. Successivamente inveisce contro di me: “E lui la causa della tua partenza? Me lo devi dire Bianca. Mi devi dire che cazzo ti è passato per la testa”.
Affanno. Agito le mani: “Lui chi? Ma che dici?”.
Si avvicina: “L’amichetto veneziano, Giulio. E’  meglio di me? Rispondi è meglio di me?”.
Non so se ridere o piangere dinanzi un affermazione cosi banale e senza fondamento: “Tu stai fuori. Giulio mi aiuta solo a vendere i miei quadri. Abbiamo un rapporto di lavoro niente piu’”.
Gironzola per casa: “Si ci credo guarda. Ma se ho visto come ti osserva. Ma credi che io sia cieco? Credi che io le cose non le veda?”.
Lo strattono verso di me: “Forse vuoi vedere ciò che ti fa comodo e non la verità”.
Il tono della sua voce aumenta: “La verità è che c’è qualcosa tra voi due”.
E questo Cristiano non me lo dovevi dire. Non dovevi assolutamente, perché mai e poi mai ho pensato a Giulio piu’ di un semplice amico. Perché io non posso cancellare l’amore della mia vita, che sei solo tu. Non posso amare altri se non te.
Tiro un grande respiro. Il mio petto di gonfia e con tutta la forza che ho grido: “La verità è che aspettavo un bambino da te e l’ho perso”. Sul mio viso lacrime, sul suo stupore. Resta immobile e in silenzio. Confuso esclama: “Non è vero, stai mentendo”.
Mi allontano da lui, apro un cassetto e prendo dei fogli. Glieli sbatto in faccia: “La mia cartella clinica. Leggila se non ti fidi”. Continuo, presa dall’ira: “E’normale che tu stia incazzato nero con me, ma addirittura pensare che mi inventi un aborto, mi sembra troppo. Secondo te dopo tutto quello che c’è stato tra noi io ti lasciavo per un altro?
Dopo di chè mi siedo sul divano, presa dai miei singhiozzi. Mi raggiunge. Afferra il mio braccio e chiama il mio nome. Ma non ho voglia di guardarlo in faccia: è vero, solo ora sa del bambino, ma cavolo come ha potuto credere per un nano secondo che io mi fossi invaghita di un altro?.Prende il mio viso bagnato tra le sue mani: “Quando è successo?”.
Subito dopo che sei partito”, replico schietta.
Mi lascia andare e sprofonda la sua schiena nel sofà. E’ confuso, shockato. Occhi che puntano il vuoto e una verità che non aveva preso in considerazione.
La pioggia scende forte su Vietri. I lampi danno luce all’intera mia casa. E noi due sullo stesso divano, ma separati, facciamo i conti con la vita. La nostra.

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Capitolo 14
*** Ciò Che Meno Ti Aspetti (Prima Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Buon inizio settimana a tutti! Posto anche oggi un nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla e grazie.
 
CAPITOLO 14 (PRIMA PARTE)- CIO’ CHE MENO TI ASPETTI

Devo essere onesta: non credevo che la mia esposizione andasse cosi bene. Pensate che sono riuscita a vendere un mio quadro, il che è una grande soddisfazione se contate che soggiorno a Vietri da tre settimane. Gironzolo per le due stanze, rassettando e togliendo un po’ di polvere. Sbuffo e porto una mano sulla fronte, in modo da asciugare il sudore. Accendo un ventilatore, anche se poco servirà dato il caldo eccezionale. Mi siedo su una sedia, facendo cascare le braccia a penzoloni. Gambe allargate. L’afa mi rende molto debole. Scruto il lungomare dalla vetrata: ci vorrebbe un bel bagnetto a mare!.
Sento qualcuno entrare. Mi volto di scatto: è Giulio. Gli sorrido: “Caldo vero?”. Agita le mani: “Non me ne parlare”. Afferra una poltroncina e si accomoda accanto a me. Entrambi ammazzati dal sole accecante. Mi versa un bicchiere di limonata ghiacciata, che non disdegno assolutamente. Bevo la bevanda. Tiro un sospiro di sollievo: “Grazie. Mi ci voleva”. Stranamente sento il suo sguardo fisso su di me. Osserva ogni mio minimo particolare, me ne rendo conto dal movimento impercettibile delle sue pupille. Perplessa gli dico: “Ho qualcosa che non va?”. Scuote la testa: “No tu no, io si”. Mi risistemo sulla mia seduta: “E cosa Giulio?”. Stropiccia le mani: “Bianca io sono innamorato di te”. Lo guardo sconcertata: “I tuoi soliti scherzi!”.
Sfiora il mio viso: “Nessuno scherzo. E’la verità: sono innamorato di te”.
Sbianco dinanzi alla sua affermazione cosi schietta e sincera. Per un attimo ripenso ai sei mesi di conoscenza con Giulio: mai ho percepito sentimenti diversi da parte sua. Sentimenti che non fossero di pura amicizia. E voglio specificare che non ho mai pensato a lui come probabile fidanzato. Nessuno al mondo potrà sostituire Cristiano nella mia vita. Io amo solo lui.
Mi alzo: “Giulio io non ho parole”, cammino per la stanza senza una meta, “credimi io non so che dirti in questo momento”.
Si avvicina: “Potresti dirmi che ci penserai su”.
Le sue mani sulle mie spalle. “No”, replico.
Perché?”, mi chiede con voce triste.
Perché io amo Cristiano e non te”, gli rispondo, spostandomi da lui.
E se non dovesse andare bene tra di voi?”, sentenzia, portando le braccia dietro la schiena.
L’osservo disgustata: “Ma con chi ti credi di avere a che fare?”.
No aspetta Bianca”: mi supplica, tentando di fermarmi.
Lo strattono: “No Giulio! Se la mia storia con l’uomo che amo non dovesse decollare, io non verrò ugualmente da te”. Urlo: “Ma come puoi solo pensare ad una cosa del genere?”.
Il suo volto è spento. Forse è deluso da quanto udito, ma francamente poco conta: preferisco che sappia la verità. Preferisco che conosca i miei veri sentimenti, piuttosto che sperare in qualcosa che mai si realizzerà. Possibile che non mi sia mai accorta di nulla? Mha…quando si ama, non ci si guarda attorno con gli occhi dell’amore, poiché già lo si ha, anche se la mia condizione amorosa è alquanto disastrosa.
Va via dal locale in cui mi trovo. Va via senza dire una parola. Mi accascio sulla sedia, sulla quale precedentemente ero seduta, con un unico pensiero: il mio Cristiano.

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Capitolo 15
*** Ciò Che Meno Ti Aspetti (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Oggi ho voglia di pubblicare, dunque vi lascio anche la seconda parte del capitolo.
A proposito del toto-nome femminile ho scritto su dei foglietti tre nomi da voi consigliati, precisamente Elena, Sofia e Vittoria. La sorte ha voluto Elena come preferito. Quindi il misterioso personaggio che vedrete alla fine del racconto si chiamerà Elena.
Grazie a tutti per i vostri suggerimenti!
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 15 (SECONDA PARTE)- CIO’ CHE MENO TI ASPETTI


E’difficile non pensare alle parole di Giulio. Per quanto la mia mente si sforzi di cancellarle, esse ritornano piu’ forti di prima. Salgo le scale il piu’veloce possibile: ho bisogno di sfogarmi con Lucilla, unica persona su cui posso contare qui a Vietri. Il terrazzo è deserto. Il sole lo illumina interamente, quasi rende le mattonelle in ceramica incandescenti…mancano solo le allucinazioni e stiamo apposto!. Busso al campanello, tento di forzare la porta tanto che sono agitata. Mi apre: “Bianca ma che c‘è? Quasi mi buttavi giu’il portone di casa”. Entro dentro come una forsennata: “Non sai cosa mi è successo. Non ci posso pensare”, le dico, portando le mani nei capelli.
Accomodati”, mi dice, mentre si siede vicino al tavolo, “si tratta di Cristiano?”.
Scuoto la testa: “Si tratta di Giulio, il mio amico gallerista”.
Aggrotta il sopracciglio: “Giulio?”.
Si Giulio. Neanche dieci minuti fa mi ha confessato di essere innamorato di me”, affermo, affannando ancora per la corsa fatta precedentemente.
Affonda la schiena sulla base della seduta ed afferma, sorpresa: “Wow! E tu che gli hai detto?”.
Una terza voce interrompe la nostra discussione. Spalanca la porta, pieno d’ira: “Ed ora da dove è uscito Giulio?”.
I miei occhi castani si scontrano con i suoi, belli come il mare. La sua pelle è infuocata, lo noto dalla polo bianca aperta sull’immancabile pantalone scuro. Appoggia la spalla destra allo stipite della porta di casa. Incrocia le braccia: “La prossima volta che parlate, fate attenzione che nessuno vi senta”.
Lucilla lo guarda attonita: “Certo che pure tu che ti metti ad origliare
Non c’è nulla di male nell’origliare”, dice con aria di indifferenza, dopo essersi leggermente calmato.
Si volta verso di me: “Vorrei sapere questa cosa di Giulio”.
Lucilla si alza: “Vi lascio da soli. Ne approfitto per fare delle commissioni”. Nonostante questa sia casa sua, apprezzo la decisione di mia cugina di andar via…cosi almeno avrò l’opportunità di chiarirmi con il mio uomo una volta per tutte. La porta si chiude alle spalle di Cristiano e dopo un cinque minuti di silenzio iniziamo a conversare pacificamente, come ormai da tempo non facciamo. Prendo io la parola: “Prima ero nei locali della mia esposizione e Giulio mi ha detto dei suoi sentimenti. Francamente sono sconcertata perché non mi ero mai accorta che da parte sua ci fosse piu’ di una semplice amicizia”.
Beve un bicchiere d’acqua fredda: “Bianca non m’importa quello che prova Giulio per te. Lui non può competere con me e non perché io sia chi sa chi, ma perché lui non può amarti cosi tanto come ti amo io”.
Io: “Allora non c’è alcun problema visto che io amo te e nessun altro”.
Ci fissiamo intensamente. Prende la mia mano. La bacia: “Mi sarei preso cura di te. Ti avrei capita. Ti avrei consolata. Forse non sarei arrivato subito, ma sarei senz’altro venuto da te”.
Interrompo il suo discorso: “Non volevo abbandonarti. E’ solo che io…”.
Mi fa tacere, portando un dito sulle mie labbra: “Non ti sto puntando il dito contro, ne ti sto giudicando. Avrei voluto solo la verità, il resto ormai non conta, compreso la tua decisione di trasferirti a Venezia…forse questa è stata una scelta positiva: nessuno ti ama piu’della tua famiglia, eccetto me. In questi giorni mi sono chiesto “Cosa avrei fatto al suo posto?”. Non sono stato in grado di darmi una risposta, credo che non ci riuscirò mai”.
Recupera il fiato per un secondo: “Ti ho raccontato di me, sai che ho perdonato già altre volte e lo farò anche con te”. Agita le mani: “Anche se perdonare non so se sia il termine esatto da usare, non hai deciso tu per il bambino. Dovevi solo confessarmi tutto”.
Tento di giustificarmi, ma non mi lascia spazio nella conversazione: “No, non lo fare. Perché per quanto dolore possa aver provato io dopo aver saputo del bambino, il tuo è di gran lunga superiore. Io ho contribuito alla sua esistenza, ma sei tu che l’hai portato dentro di te. Sei tu che hai subito…”.
Inclina il capo, sospira: “Insomma sei tu e non io
Tante piccole lacrime rigano il mio viso. Cristiano prende un fazzoletto e le asciuga delicatamente: “Avremo altre occasioni. L’importante è stare insieme. Chiudere con il passato e stare insieme”.
Annuisco felice: “L’importante è stare insieme”.
Ci abbandoniamo in un lungo bacio, pieno di passione, pieno di amore. Sento battere il suo cuore…forte come il mio. La pace ritrovata e il nostro rapporto, che non sarà come prima, ma decisamente migliore. Un futuro che si prospetta aureo…felice.
Ed “Azzurro” :sicuramente ha perso le sue macchie nere!.

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Capitolo 16
*** La Mia Donna ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio e buon capitolo nuovo, spero vi piaccia. Vi consiglio di badare bene all’azione compiuta da Giulio, poiché verrà ricordata in un successivo capitolo.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla.
 
Dedico questo capito a MissNanna e alla sua attesa!
 
CAPITOLO 16- LA MIA DONNA


Le quattro del pomeriggio e cinquee giorni chiusa in casa, senza andare a lavoro. Cinque giorni di pensieri profondi, talvolta cupi, che attanagliano la mia mente e il mio cuore. Cinque giorni in cui parlo con lui, Cristiano, che ascolta ogni mia minima parola, ogni mio pensiero. Cinque giorni spesi sul divano, mattina pomeriggio e sera, solo noi con il nostro passato. Molte volte ha usato termini severi con se stesso, ma è stata mia premura precisare che lui non ha avuto alcun ruolo in quanto accaduto: sono stata io ad andare via, o meglio a non rivelargli quanto accaduto. L’ho visto pensieroso, silenzioso, stranito…i suoi sentimenti ricordano i miei di sei mesi fa. E’ come se stesse metabolizzando il tutto. Dorme sul divano stanco morto, si sveglia la mattina, giusto il tempo di un caffè e si reca a lavoro. Alle sei ritorna a casa, ancora il sofà e noi due con i nostri lunghi discorsi. Ripensa a quella volta sulla spiaggetta e ai miei sintomi: l’unica frase che pronuncia “Se fossimo andati da un medico, chi sa…”. Chi sa niente Cristiano, sicuramente l’avrei perso quel bambino. Ma le nostre lunghe conversazioni oltre ad un chiarimento non hanno dato nulla di nuovo al nostro rapporto: siamo ancora separati, divisi. Ovvio che non pretendo che ogni cosa torni come prima in un nano secondo, ma non nego che c’ho sperato. Ho sperato in qualcosa di diverso, che non si è manifestato. Forse è giusto darci ulteriore tempo. La fretta non ha mai portato nulla di positivo nella mia vita.
Sono sola in casa: il tavolo della cucina è colmo di briciole di biscotti al cioccolato e burro, divorati non tanto per la fame quanto per il nervosismo. Una bottiglia d’acqua vuota. Piatti sporchi nel lavabo. Sembra piu’la tranquilla dimora di un uomo piuttosto che di una donna.
Mi alzo, lego i capelli folti. Mi dirigo il bagno.
Apro la fontana della vasca: getta spruzzi d’acqua tiepida a ritmi ben precisi. Mi ci calo sotto, ancora in biancheria. E porto le mani al viso, lavandolo accuratamente. Sfilo gli indumenti fradici color rosa. Prendo un po’ di bagnoschiuma e detergo il mio corpo, scacciando tutte le negatività assorbite nel corso dei suddetti giorni. E penso, penso a lui. Alla nostra prima volta a casa sua, che in effetti è anche la mia. Pagherei tutto l’oro del mondo per udire ancora le sue dichiarazioni d’amore, il suo calore, il suo petto contro il mio. Le sue mani, che freneticamente sfioravano la mia pelle. E i suoi ansimi, cosi decisi, cosi erotici. E la fine: noi a letto, occhi negli occhi, abbracciati. La mia testa sul suo torace ed infine il sonno profondo. Ricordi di un amore unico.
Prendo un asciugamano, per assorbire l’acqua. Con la mano pulisco lo specchio sul lavabo, coperto dal vapore acqueo. Osservo la mia persona: sorrido…ma si, perché no!.
 Vado in camera mia: biancheria bianca di pizzo , vestito dello stesso colore e ballerine ai piedi. Spazzolo velocemente i capelli, lasciandoli sciolti. E non badando a finestre aperte o cose del genere, chiudo la porta di casa dietro le mie spalle.
Inizio a correre per strada, scansando numerose persone che, nel frattempo colpite da qualche parte del mio corpo, sicuramente mi hanno mandata a quel paese. Superata la curva, scendo facendo attenzione, data la discesa, a non cascare a terra. La gonna del mio vestito si gonfia leggermente. Il vento fa oscillare i miei capelli…chi sa quanti nodi ci ritroverò dentro! Ed infine le mie scarpe, la cui suola è divenuta di fuoco. Ma poco importa se la meta è lui, Cristiano, il mio uomo per sempre.
Giungo sul lungomare. Decelero, dato il fiatone e l’affanno. Mi piego per un istante su me stessa, portando le mani sulle ginocchia sudate. Respiro, ispiro. Chiudo gli occhi per lo sforzo e di nuovo corsa. Anche in questo caso evito i piu’disparati ostacoli: persone, bambini nevrotici, ragazzini, fontanelle.
E il porto, dove sono sicura che lo troverò, solo in religioso silenzio.
Cerco, scrutando qua e la tra le varie imbarcazioni, piccole e grandi, la sua…o meglio la barca senza nome “perché ancora non ho avuto la giusta ispirazione”. Nascosta dietro un peschereccio, la trovo finalmente. Sempre bianca, con immancabile striscia blu. E mi blocco, mirando con stupore e commozione la scritta sopra dipinta: “Bianca”. Senza pronunciare alcuna parola, mi avvicino lentamente. Lo vedo uscire dal posto comando con uno straccio tra le mani. Bellissimo come sempre, ancora in divisa. Deglutisco a malapena, vendendolo. E il cuore batte incessantemente. Quanto desidero un suo bacio, quanto desidero lui, le sue labbra carnose, che mi fanno impazzire solo alla vista. Una forza sconosciuta mi spinge da lui. I nostri sguardi si incrociano d’improvviso. Scende, dirigendosi verso di me.
L’hai chiamata Bianca”, asserisco, con voce molto bassa e sottile.
Si. Un regalo per te prima che partissi per la missione”, risponde, portando le mani nel pantalone, “non ho avuto tempo per mostrartela”. Inclina il corpo verso destra: “ora l’hai vista”.
Annuisco. “Sono qui per te”, gli dico sincera.
Sorride leggermente: “Hai fatto bene”.
Mi indica di andare sulla barca. Lo seguo. Di scatto mi prende tra le sue braccia e il mio cuore si ferma. E’ come se fosse esplosa una bomba atomica: avete presente l’effetto successivo alla deflagrazione? Una violenta ondata chimica si estende sul territorio, dando vita a fasci di luce alternanti. E chi la vede resta impalato e meravigliato, ignaro della futura morte. Ecco proprio questo accade ora: i suoi occhi, le sue labbra cosi vicine alle mie, le sue mani sul mio corpo, fanno scoppiare qualcosa dentro di me…qualcosa di potente, che non riesco e non voglio controllare. E al diavolo Vietri, il porto, le strade, le case, il lungomare e chi mi ha mandata cordialmente a quel paese…la mia energia ha annientato tutto e tutti. Perché non esiste piu’ nulla se non noi due cosi vicini, come una volta.
Sento che ci avviciniamo, che ci cerchiamo. Sento il suo cuore pulsare. E non posso sbagliarmi: questo è amore, un amore che non è finito per entrambi. Un amore che cerchiamo ancora, nonostante tutto. Ma come detto tempo addietro gli amori violenti o le situazioni analoghe a questa da me vissuta, terminano nello stesso modo in cui sono nate: violentemente. Perché a distrarci ci pensa Giulio, che invoca il mio nome. Cristiano si gira di scatto. Mi lascia andare con cura e si incammina verso di lui, con fare da militare. Io resto indietro, solo per qualche secondo: capisco che le cose possono mettersi male.
Bianca sono venuto da te…”: la frase di Giulio viene interrotta dal bel comandante che lo strattona: “Che vuoi? Sei venuto a dirle che l’ami?”.
E se pure fosse che ne vuoi fare tu, fatti da parte”, sentenzia il gallerista.
Non mi faccio da parte se tocchi la mia donna, stronzo”, replica Cristiano, le cui parole colpiscono la mia anima. Sono ancora la sua donna!.
Giulio: “Questo deve deciderlo lei. E poi non stavate in crisi?”.
Gli occhi di Cristiano sono rossi dalla rabbia. Quello di Giulio è un vero e proprio affronto per il bel comandante, che strattona il suo rivale nuovamente: “Fatti i cazzi tuoi Giulio”.
Ne nasce una colluttazione, in cui Giulio perde alla grande e Cristiano gli molla un pugno in pieno viso. Il mio amico gallerista porta la mano al labbro sanguinante. Si piega leggermente in avanti, retrocedendo. Non emettono una parola, piuttosto continuano a sfidarsi con lo sguardo, almeno fin quando Giulio non va via. Dopo averli separati precedentemente, ora punto i miei occhi su Cristiano, che affanna. Labbra socchiuse. Ci fissiamo ancora, poi decide di salire sulla barca. Da solo. Non mi sembra il caso di commentare l’accaduto, dunque vado via, non senza aver udito il mio uomo adirato prendere a calci la sua imbarcazione.  

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Capitolo 17
*** Il Mio Destino (Prima Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Visto che domani sarò un pò incasinata, posto un secondo capitolo, che sono sicurissima vi piacerà!
Un bacione grande!

CAPITOLO 17(PRIMA PARTE)- IL MIO DESTINO


Sempre sul solito divano con i miei biscotti al burro a farmi compagnia. Stavolta niente Cristiano, che ha deciso di restare a casa sua. E niente zapping sui canali statali, ma stereo ad alto volume. Ovviamente nessuna stazione radiofonica, che magari trasmette le canzoncine degli ultimi sfigati appena sfornati da programmetti tv da quattro soldi, bensi un Cd del grande Lucio Battisti.
Chiudo gli occhi, sprofondando nel tessuto chiaro del sofà. Pantaloncino microscopico blu, maglia extra-large beige, che lascia le spalle nude, capelli sciolti e ancora freschi di doccia. Piedi scalzi. Sulle labbra il sapore di quel bacio mancato al porto stamane. Un bacio disturbato da un uomo che io non amo. Un bacio, il cui pensiero mi eccita all’inverosimile. I suoi occhi. Le sue mani sul mio corpo. E l’amore qui, su questo divano. I miei pensieri vengono distratti da “Insieme a te sto bene”:
                                            
                                        “La donna è donna e tu una donna sei!”


Mi alzo di scatto. Metto velocemente le ballerine. Scuoto i capelli. E nuovamente io a decidere. A decidere da donna, perché io infondo questo sono: una donna che ama e che vuole riprendersi il suo uomo. Porta chiusa dietro le spalle e camminata veloce che si trasforma in corsa.
A mezzanotte non dorme quasi nessuno: bar e tabaccheria come sempre aperti. Pullulano di gente divertita e visibilmente abbronzata.  Le serrande dei negozi “classici” come supermercato e fruttivendolo sono abbassate, ma di certo domani avranno un gran numero di clienti da servire. In fin dei conti d’estate non si fa altro che mangiare frutta, verdura e panini non troppo farciti, altrimenti addio linea!.
La strada sta quasi per terminare. Alzo lo sguardo: la luna è ben visibile…bianca e tonda come di consueto. Stelle qua e la e cielo senza nuvole, presagio che l’indomani ci sarà una bella giornata. Nel frattempo mi ritrovo nella curva, che porta alla mia casa natia, affittata da mio padre al mio uomo. Piccolo varco e scale: le salgo quanto piu’veloce possibile, senza prendere fiato. Non essendo molto abituata all’attività fisica giungo a destinazione con un grande fiatone. Busso forte alla porta. Intanto mi abbasso, giusto per rilassarmi e riprendermi. Apre proprio quando mi risollevo. Mordo il labbro inferiore nel vederlo a torso nudo, con indosso solo il pantalone bianco della divisa. Il suo petto scolpito, i muscoli delineati. Il suo non stupore nel trovarmi qui da lui. E infine i nostri occhi che si fondono, penetrando nei nostri cuori.
Accenna un passo in avanti. Si piega e fulmineo porta le sue mani sui miei glutei, sollevandomi. Assecondo il suo gesto, aprendo le gambe, le cui ginocchia urtano ai suoi fianchi. Cingo il suo collo. E ancora noi ad osservarci, senza stancarci mai. Sguardi rapaci, vogliosi e pieni d’amore. Chiudo la porta, facendola sbattere.
Mi porta in camera, adagiandomi candidamente sul letto. Si solleva, ma afferro le sue spalle, spingendolo verso di me. Le mie mani sul suo volto e quel dannato bacio che l’altra volta ci hanno tolto. Percepisco tutta la sua passione, il suo essere uomo forte e deciso. Rotoliamo tra le lenzuola varie volte, ma sono io ora a stargli sopra. Sussurro al suo orecchio: “Ti voglio Cristiano”. Non risponde, ma so che mi vuole anche lui: sfila via la mia maglia e il pantaloncino, lasciandomi in biancheria. Ricambio il suo gesto e ammiro la sua intera fisicità, la sua pelle rovente. Inarco la schiena, sentendo le sue dita tracciare il mio corpo: il mio collo, i miei seni, il mio ventre ed infine la mia intimità. Bacio la sua epidermide. Geme. Affondo le unghie nella sua schiena, presa dal momento indescrivibile. Via la biancheria. I nostri umori riempiono la stanza, che ci protegge. Che protegge il nostro amore. Le nostre mani si incrociano e lui entra in me, facendomi morire dentro. Ci muoviamo in sincronia, abbracciati in modo cosi forte da farci male. “Ti amo da morire”, mi dice con voce flebile. “Diamoci una seconda opportunità amore mio”, affermo, mentre godo delle sue labbra, “ho bisogno di te”. “Anche io”, mi risponde, poco prima di giungere all’orgasmo. Affanniamo entrambi, l’uno sull’altro. Si allontana per un istante da me, il tempo di prendere il lenzuolo, finito chi sa dove. Dopo di che mi porta su di se, coprendomi con il drappo di cotone. Bacia la mia fronte.
Presi dalla stanchezza ci addormentiamo, dopo aver trascorso una notte d’amore ed eros allo stato puro. La luna crea con la sua luce delle immagini strane all’interno della stanza. Immagini che vanno spariscono all’improvviso.
Tutto va via, tutto può cambiare, eccetto il mio sentimento per lui: il mio destino…Cristiano.
 

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Capitolo 18
*** Il Mio Destino (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Capitolodel giorno, spero vi piaccia!
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 18(PARTE SECONDA)- IL MIO DESTINO


Stamane mi sono svegliata prima del solito, complice quanto accaduto ieri notte. L’emozione di esser ancora una volta tra le sue braccia mi ha tenuta sveglia per chi sa quante ore, interamente spese ad ammirarlo e a sfiorare la sua pelle. Talvolta l’ho visto sorridere lievemente, pur avendo gli occhi chiusi.
L’ho lasciato a letto, leggermente coperto da un lenzuolo bianco. Io, dal mio canto, ho indossato il mio slip e la mia maglia extra-large, cosa che quotidianamente facevo sei mesi fa. Spalanco la finestra, in modo che l’aria fresca entri dentro. Oggi c’è un magnifico sole, ma niente afa, il che è una vera e propria vittoria per la mia pelle perennemente sudata.
Gironzolo per la cucina: ho voglia di preparare qualcosa di speciale per il mio uomo, o meglio ci provo, visto che Cristiano, come ogni altra persona di sesso maschile sulla faccia della terra, non è dedito alla spesa presso il supermercato della città, che dista forse cinque minuti da casa. Trovo dei biscotti, li dispongo in un piatto piano. Nel frattempo il caffè è pronto. Sul tavolo due tazzine con piattino e cucchiaio, una zuccheriera, una brocca con la limonata e frutta…una mela e un arancia!.
Afferro la caffettiera e verso il caffè nei bicchieri. Intanto non mi accorgo di lui, appoggiato allo stipite della porta, che mi osserva con attenzione. Vuole torturarmi, lo so: ha unicamente lo slip blu scuro…il resto è alla portata di tutti. Braccia incrociate, cosi come le gambe. Piedi nudi. E sorriso sulle labbra: “Buongiorno”.
Tremo di paura, udendo la sua voce, proprio perché non resami conto della sua presenza. Quasi mi casca tutto di mano. Appoggio le varie cianfrusaglie nel lavabo e mi giro: “Buongiorno”. Gli faccio cenno alla colazione. Si avvicina, sedendosi. Sto per accomodarmi, quando mi blocca con la mano: mi fa sistemare sulle sue gambe.
Cosi va bene”, esclama. Caro Cristiano cosi va bene per te forse, ma non per me: mentre inizia a bere il caffè, chiudo gli occhi, ripensando alla passione della scorsa nottata, alla passione di mesi fa. Affanno: la sua pelle contro la mia, il suo calore e quell’indimenticabile odore di uomo…no Cristiano cosi non va bene. Gli tolgo la tazzina, porto le mie mani sul suo viso e lo bacio con passione. Ricambia il mio gesto, anzi insiste, prendendomi in braccio e portandomi sul divano. Ed ancora una volta lui su di me, ancora tanto eros che viene fuori senza preavviso. L’impeto mi prende: accarezzo il suo petto, sino a giungere al basso ventre con l’intento di togliere via quei piccoli centimetri di stoffa che lo coprono. Inarca la schiena per il piacere, ma si controlla: “Bianca…”. Lo zittisco: “…non farmi questo”. Respira a fatica: “Eh!”.
Inclino la testa: “Non mi vuoi Cri?”.
Ride, mi bacia: “Si è ovvio, ma vorrei portarti alla grotta e vorrei starci da solo con te”.
Sfioro la sua guancia: “Ok!”.
Ci alziamo. Sto per andare vicino al tavolo, quando mi risolleva, facendo urtare i miei seni sul suo torace. Ci baciamo tanto. Esclama: “Buongiorno amore. Oggi è una magnifica giornata”. Naso contro naso: “Buongiorno amore. Si lo è davvero!”.
 
                                                               ***
La barca taglia di netto le onde del mare. Gocce d’acqua bagnano la mia pelle. Metto gli occhiali da sole per proteggere i miei occhi. Nel frattempo tolgo la maglia rosa, rimanendo in costume. Il sole picchia, fortuna che sulla Bianca vi è una cappotta bianca. Cristiano mi è di spalle, nella parte comandi. Il vento gonfia la sua polo scura. Gli vado incontro portando le mie mani sul suo torace, come di consueto caldo e possente. Poggio la mia testa sulla sua schiena. Sposta la testa verso destra, intravedo un suo sorriso. Bacio la sua pelle: “Voglio essere felice con te”. Mi interrompe, con voce serena: “Anche io. Iniziamo da oggi, che ne dici?”. Annuisco: “Va bene!”.  Silenzio assoluto e pace ed ancora io aggrappata a lui.
Sei bellissima stamane”, mi dice, rendendomi la donna piu’felice del mondo. “Lo sei anche tu amore mio”, replico, sincera.
Si lo so!”, esordisce, pieno di se. Ma la cosa non mi disturba, poiché da tanto che desidero sentire le sue battute. E’ da tanto che desideravo vederlo soddisfatto della sua vita. Della sua vita con me, di nuovo e finalmente.
Giungiamo alla grotta di Minori, dall’acqua no cristallina, di piu’. E il solito magnifico fondale…sono sincera quando affermo che le zone della Costiera Amalfitana non hanno nulla da invidiare ai Caraibi. Cosa manca qui? Il mare c’è, stessa cosa per sabbia, caldo, limoni e amore. Noto con piacere che la zona è stata messa in sicurezza dal Comune, come segnalato da un cartello, ove viene precisato che questo piccolo gioiello è parte dei Beni naturali della Campania.
Fasci di luce diversi, le rocce producono scintillii. Minuscole onde si infrangono sul morso di spiaggia. Cristiano ferma il motore, abbassa l’ancora. Lega la barca ad uno scoglio nero con una fune bianca molto spessa. Mi aiuta a scendere. Afferro la mia borsa, dove ho posto dei teli mari, che successivamente stendo. Tolgo via anche il pantaloncino, cosi come il mio uomo che resta in costume. Gli lancio un occhiata languida. Mi sdraio a riva, lasciando che l’acqua bagni solo la parte del mio corpo a contatto con la sabbia. Mi viene accanto.
Ti ricordi la nostra prima volta qui?”, gli domando curiosa della risposta.
Come non posso non ricordare! La tua domanda sulla differenza d’età”, risponde, mentre scruta il mare.
Vieni a vivere da me. Voglio riconquistarti giorno dopo giorno”, esordisco sicura di me.
A patto che mi dirai sempre che sono bello e sexy”, replica, con voce intrigante. Lo guardo perplessa. Continua: “Scherzo. Abbiamo bisogno di stare insieme”. Tira il labbro inferiore: “Anche perché se stiamo separati finisce come ieri sera: o vieni tu da me o io da te. Tanto vale vivere insieme”. Tocca la punta del mio vaso: ”Mangiamo insieme, parliamo insieme, discutiamo insieme” . La sua voce diviene sempre piu’intrigante: “Litighiamo, dormiamo insieme”.
Sfioro la sua guancia: “E voglio riconquistarti”. Scuote la testa, facendo in modo che la mia mano vada sulle sue labbra: la bacia. La bacia cosi come faceva tanto tempo fa: “Come?”.
E’ palese la sua provocazione: i suoi occhi azzurri, puntati su di me. E’ come se mi stesse autorizzando a fare ciò che penso. Mi sollevo. Cingo il suo collo: un bacio intenso…uno dei tanti che ho intenzione di dargli per recuperare il tempo perduto. Mi blocca, lasciando che io cada sulla sabbia. Si pone su di me. E ancora una volta il desiderio che divampa. Ancora una volta la sua bocca fa rabbrividire la mia epidermide, che a contatto con la sua diviene rossa e calda. Slaccia il reggiseno del mio costume: il mio petto nudo contro il suo. Stringo forte le sue spalle virili e con movimenti concentrici accarezzo la sua fisicità. Percepisco la sua mascolinità: urta contro la mia parte intima. Nel frattempo i nostri corpi si muovono in sincronia con veemenza. Il pensiero di averlo ancora mio, ora in questo preciso momento, mi fa stare bene e male allo stesso tempo, per il semplice motivo che vorrei godere di lui sempre e con foga. Le mie gambe sulla sua schiena e le onde del mare forti che ci fanno da lenzuolo. Attimi di impazienza e lui in me: geme e affanna. Incrociamo le mani e nel pieno dell’ardore sussurro al suo orecchio: “Ti amo da morire”. Si allontana dall’incavo della mia spalla e guardandomi negli occhi risponde: “Anche io”. E ancor amore, eros, sentimento, furore, finché non giunge l’orgasmo per entrambi, che ci lascia senza fiato. Io e Cristiano qui, da soli, insieme tuttora. Mi fa da scudo con il suo corpo. Lo stringo forte in me, quasi a non voler che scappi via.
Ci rialziamo e ci vestiamo, dopo di che sdraiati sul telo mare ci abbandoniamo a carezze, baci, abbracci. Si addormenta, stanco: palpo i suoi muscoli, scompiglio i suoi capelli ricci…l’ammiro silenziosamente. Una volta gli dissi che le cose belle durano poco. Oggi posso affermare che non c’è niente di piu’ meraviglioso del mio uomo ed è per tal motivo che farò di tutto affinchè la nostra storia duri per sempre. 

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Capitolo 19
*** Pace Fatta! ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti, vi lascio un nuovo capitolo, che dedico a tutte le mie amiche di penna incontrate qui su Efp.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla.
 
CAPITOLO 19- PACE FATTA!


Adoro bere la limonata fredda, fatta con limoni nostrani, sul mio terrazzo. Soprattutto nel tardo pomeriggio, quando il sole saluta la città, nascondendosi dietro la cima della montagna, che circonda Vietri. Verso le sette/otto di sera potrete ammirare l’inchino del disco solare e l’entrata in scena della luna, solitamente a metà o tre quarti. Quando l’osservo ricordo mia sorella maggiore e il suo sorriso: di solito nomino unicamente Cristiano e in parte credo mi giustifichiate perché in fondo io con il mio fratellone c’ho diviso tutto, compreso la pancia della mamma. Ma non per questo Luna mi è poco cara, anzi…mi ha aiutata moralmente, sempre in ogni circostanza. Mi è stata accanto durante il travaglio ed infine nel parto, mentre Cristiano candidamente sveniva e cadeva a terra come una mela cotta. Non oso immaginare cosa accadrà quando diverrà padre. Per un istante il mio viso s’incupisce: se tutto fosse proceduto bene, forse avremmo avuto tra noi un baby Scala. Ma va bene cosi, o meglio andrebbe bene se i due facessero pace. L’invidio: il loro è un legame di testa, di cuore, di impeto e passione. Vorrei che anche il mio con Adriano fosse in tal modo: sarà, ma piu’trascorrono gli anni e piu’noto che l’uno si abitua all’altro, mettendo da parte l’eros e l’istinto.
Sorrido, portando il bicchiere alle labbra: sono sicura che mi avrete soprannominata “la casalinga/insegnante disperata di Vietri”. Forse lo sono realmente e ne sto prendendo solo coscienza.
I miei pensieri vengono disturbati da due mani calde, che sfiorano le mie spalle. La mia pelle tocca la sua. Si siede a terra, di fronte a me. Gomiti appoggiati sulle ginocchia. Polo scura, sbottonata al collo. Bermuda dello stesso colore. Non faccio alcun cenno, anzi do via alla conta: uno, due, tre e Cristiano inizia a parlare. Sembra un fiume in piena. Senza che io gli dica “dai ti ascolto” oppure “taci, ho mal di testa” mi racconta ogni singola cosa, compreso dettagli intimi, che francamente poteva risparmiarsi. E’ sempre stato cosi: ricordo quella sera a letto, nella nostra stanza e la sua frase pronunciata tranquillamente “sai oggi ho fatto l’amore per la prima volta”. Avevamo 17 anni e lui si sentiva uomo, salvo precisare tre giorni dopo che quella ragazza in fin dei conti non gli aveva comunicato molto durante l’amplesso. Ogni volta sempre cosi: oltre al piacere fisico, niente di piu’. Ma voglio essere sincera: neanche lui nel corso degli anni si è mai impegnato a trasmettere dei veri sentimenti alle sue fiamme.
Poi è piombata Bianca nella sua vita…un vero e proprio uragano. Sono sicura che se lei l’avesse tradito carnalmente con un altro uomo, lui l’avrebbe perdonata, dopo un po’ di tempo, ma l’avrebbe fatto, perché l’ama piu’ di ogni altra cosa al mondo. E’ come se mio fratello dipendesse da quest’amore. Oddio Bianca non è che stia messa meglio. Sembrano due calamite, sempre attaccate, sempre insieme.
I dettagli riguardo la loro riappacificazione non terminano, anzi si moltiplicano, triplicano, quadruplicano. Ma ciò che mi rende felice è sapere che il loro legame è piu’ forte che mai. Riserva un po’ di spazio anche a noi, i gemelli Scala, ultimamente troppo divisi, troppo lontani. Le nostre mani s’incrociano e ci scusiamo l’un l’altro per l’incomprensioni. Lo stringo a me, ma essendo lui un marcantonio d’uomo, ribalta la situazione, portandomi sulle sue spalle. E riecco le sue battute, molte delle quali tremende. Ma per quanto tempo ho desiderato udire le sue frasette pungenti?. Non potete immaginare quanto mi sia mancato: un solo giorno senza di lui e mi sento morire dentro.
Aggrotta il sopracciglio: “Ma tu mi trovi sempre sexy anche a trentasei anni?”.
Gli scompiglio i capelli: “Insomma”.
Perplesso afferma: “Come insomma?”.
Bevo la mia bevanda: “Se tagliassi sti boccolotti che hai, andrebbe di sicuro meglio”.
Tocca i suoi capelli. Preciso non gli stanno male, ma lo preferisco rasato o quasi…mi sa piu’ di uomo che non deve chiedere mai.
Credevo mi rendessero tenebroso”, sentenzia, offeso.
Muovo l’indice della mano destra: “No, ti rendono Tarzan. Tagliali”.
Sogghigna: “Tarzan è virile, va in giro con un solo slip. E’ tutto muscolo ed è il re della foresta”. Ecco che ci risiamo: spara pose che non è altro!.
Incrocio le braccia sotto il seno: “Dunque tu saresti il re di Vietri, bel maschione?”.
Si alza: “No no mi sono ritirato. Ora sono accasato, basta”. Tentenna: “Ma resto un bel maschione!”.
Gli tiro addosso il cuscino della sedia. Si scansa a tempo e ride: “Ora devo andare, che il lavoro mi chiama”.
Ci abbracciamo forte: “Niente piu’ litigi Cri’”.
Mi da un paio di buffetti sulla schiena: “Niente piu’ litigi”.
Un quarto d’ora intenso di mazzate e carezze e va via, finalmente soddisfatto di se stesso. Ora si che posso dir di essere felice. Tutto è stato chiarito. Niente piu’rapporti spezzati, niente piu’ verità da nascondere. Solo noi, consapevoli di ciò che siamo: persone che amano e che vivono gioie e dolori della vita.
 

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Capitolo 20
*** Giulio ***


Image and video hosting by TinyPic Oggi posto due capitoli. Credo che questo piacerà soprattutto a chi segue il mio racconto ed odia Giulio, il nostro bel gallerista veneziano.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio e grazie ancora...Carla.


CAPITOLO 20- GIULIO

Entro nei locali esposizione con un gran fiantone, dopo aver ricevuto una telefonata preoccupante da Giulio. Mi piego su me stessa in modo da recuperare un po’ di energie. Oggi la testa mi gira particolarmente, forse sarà dovuto al fatto che non ho mangiato nulla se non un misero biscotto a casa. Mi reco nell’angolo rinfresco, dove verso in un bicchiere arancione un po’ di limonata fredda. Trovo delle caramelle e le porto in bocca. Strizzo gli occhi: ammazza e come fanno schifo, sono…che ne so come sono, ma fanno dannatamente pena e la cosa bella è che le ho comprate io, dunque meglio tacere e mandare giu’ nello stomaco il dolciume incriminato. Chiamo invano Giulio. Porto le mani ai fianchi: ma come, prima mi da appuntamento e poi non si presenta? E’strano, non si è mai comportato cosi. Dalla vetrata scorgo una macchina nera, la cui marca mi è un attimino sconosciuta, tuttavia basta la rigatura sottile nella fiancata per farmi capire che è del bel gallerista biondo. Ciò che attira la mia attenzione sono gli infiniti pacchi nella parte passeggero. Lo vedo scendere. Con il suo telecomando chiude l’auto.
Entra dentro. Oggi è molto carino: camicia rosa, pantalone scuro. Si avvicina lentamente. Tento di prender parola, ma mi precede: “Ritorno a Venezia”.
Incrocio le braccia e seccata dalla sua decisione chiedo: “Come mai?”.
Qui non c’è posto per me!”, afferma, mentre beve un po’ di limoncello, preso da tavolo adibito per il ristoro clienti.
Dipende dai punti di vista”, replico, mentre mi siedo.
Giulio: “Dipende che ti ho manifestato i miei sentimenti e tu l’hai rifiutati. E poco è bastato interrompervi un paio di giorni fa al porto…”.
Lo zittisco e lo fulmino con uno sguardo acido e cattivo: “Cioè? Illuminami”.
Ti ho vista correre. Sapevo che andavi da lui, non ce l’ho fatta e ti ho seguita”, risponde assolutamente sincero. Si accomoda accanto a me.
La sua dichiarazione mi fa impazzire. Divento nera dalla rabbia. Ma come ha potuto farmi una bassezza del genere, sapendo in che condizione stavo? Sapendo in che condizione stava il mio rapporto con Cristiano?. non ci posso credere, mai mi sarei aspettata una vigliacca cosi infima e senza senso da lui…quello che reputavo essere un buon amico, o comunque sia una brava persona.
Questo dimostra quanto sei poco uomo. Se pensavi che una sciocchezza potesse dividerci, hai proprio sbagliato”: una voce maschile irrompe nella nostra discussione. E francamente non fa altro che togliermi le parole di bocca. Cristiano mi viene accanto, con la sua classica mise da sexy uomo mediterraneo. Il suo profumo riempie la stanza. Porta le mani in tasca: “Tu non sai nulla di me e Bianca e detto tra noi Giulio non ti ho mai temuto, quindi trai tu le conclusioni”.
Il gallerista si alza, portando il suo corpo molto vicino a quello del mio capitano. La cosa mi spaventa non per Cristiano, quanto per Giulio: non vorrei che si beccasse un secondo pugno, solo per la sua testardaggine. A cosa serve combattere se la donna a cui rivolgi i tuoi sentimenti non ti ricambia? E menomale che sono stata onesta con lui sin da primo momento!.
Giulio: “Cristiano Scala hai vinto tu”.
Cristiano scuote la testa, disapprovando ciò che ha appena udito: “Io non voglio vincere nulla Giulio. Voglio solo il suo amore”. Gli punta il dito contro: “A differenza tua non ho mai usato mezzucci da quattro soldi per conquistare qualcuno”.
Il biondino incrocia le labbra. Porta lo sguardo verso il basso. Dopo di che batte le mani l’una contro l’altra: “Come vuoi”. Fa tre passi indietro: “Allora mi faccio da parte”.
Giulio tu non ti fai da parte, perché non sei mai entrato nella mia storia con Cristiano. La decisione di andar via è solo tua ed ora come ora non posso che condividerla. Per quanto riguarda il nostro sodalizio lavorativo credo che sia un bene far terminare anche questo, poiché ho deciso di mettermi in proprio qui a Vietri ”. Stringo il palmo della mano di Cristiano: “Io resto qui con lui e per lui”.
Prima di varcare la porta afferma: “Allora addio Bianca. Addio per sempre”. Un ulteriore occhiataccia al mio uomo: “Cristiano”, inclina leggermente il capo. Lo vediamo uscire definitivamente dalle nostre vite. Entra in macchina, mette in moto e se ne va, inghiottito dal traffico della città. Abbraccio il mio uomo vicino la vetrata del negozio. Un nuovo sole si presenta dinanzi ai nostri occhi. Un sole carico di luce e bellezza. Bello come la nostra vita a due. La nostra nuova vita insieme.

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Capitolo 21
*** Finalmente A Casa! ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo...ormai ne mancano quattro alla fine.
Come di consueto ringrazio tutti i miei lettori.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 21- FINALMENTE A CASA!


30 Agosto: ormai il mese estivo per antonomasia è terminato. A discapito di quanto si possa pensare i turisti sono ancora presenti in città, complice forse i prezzi nettamente dimezzati sia di hotels che ristoranti…quando la crisi chiama, gli imprenditori rispondono, come meglio possono. Nove mesi fa Cristiano partiva per la sua missione. Nove mesi fa perdevo il nostro bambino. Ed ora, invece, aspetto che venga a cenare da me. Ho deciso che cucinerò i suoi piatti preferiti: carne arrostita, parmigiana di melanzane e per concludere torta di mele, appena sfornata. Voglio prenderlo per la gola e non solo!. Apparecchio la tavola: calici per il vino rosso, posate poste a seconda dell’ordine dei cibi, tovaglioli ben piegati ed infine tovaglia con piccoli e semplici ricami. Come sapete non ho una mamma, dunque mi sono dovuta fare da sola quello che a Napoli viene chiamato “il corredo della sposa”. Il corredo è indispensabile per una giovane donna, guai chi si sposa senza…porta sfortuna!. Ogni ragazza deve possedere una cassapanca di legno rigorosamente scuro, con tanto di lucchetto al centro, preferibilmente di ferro od ottone. All’interno verranno poste dapprima coperte e lenzuola per il letto, in cotone o in seta, ricamate o colorate, a seconda delle proprie finanze. Si continua con tovaglie e quanto serve per la cucina, sino a terminare con la biancheria intima, ove non possono mancare capi in seta pura. Giuro che le mamme napoletane sono capaci di farsi i debiti pur di acquistare il tutto appena indicatovi. E quando vi sono feste popolari particolari, come le processioni per il Santo Patrono, ogni donna si sente in obbligo di stendere sul balcone di casa il pezzo migliore del proprio corredo matrimoniale. Non vi dico le zuffe: “Il mio è piu’ bello”, “Il mio è piu’ costoso del tuo”, “Il mio è di puro lino”… e il mio me lo son comprato da sola, vabbuò?. Anna, tuttavia, ha precisato che farà la sua parte: a Venezia, precisamente nello stanzino di casa, ho rinvenuto uno scatolo con su scritto il mio nome e dentro delle magnifiche asciugamani in pizzo. Davvero bellissime. Se dovessi fare una scaletta degli obiettivi da perseguire, nel corso della mia vita, metterei al primo posto un figlio, piuttosto che il matrimonio: credo che un bambino leghi due persone piu’ di quanto possa fare un normale contratto firmato dinanzi al sindaco.
Smetto di pensare e per un attimo vengo assalita da un dubbio. Controllo la mia mise: vestitino blu a pois, ballerine bianche. Capelli legati con un nastro di raso. Tutto ok!. Sbircio per un nano secondo dalla finestra: cielo senza nuvole e luna piena luminosa. Peccato che io viva a pian terreno, da qui non si vede alcun panorama.
Ritorno all’angolo cucina, dove sistemo le ultime cianfrusaglie.
Bussano alla porta, tre tocchi: è Cristiano. E’arrivato Cristiano! Corro alla porta e apro. Lo guardo sorpresa, felicissima, emozionata, innamorata. Mi getto tra le sue braccia. Lo bacio. Le mie mani dietro il suo collo e la mia guancia contro il suo viso sbarbato e rinfrescato dal dopobarba: “Ti amo amore mio”. Restiamo cinque minuti cosi, dopo di che afferma: “Allora il sex simbol di Vietri può entrare in casa?”. Annuisco, tenendogli la porta. Ebbene si gli tengo la porta, poiché trascina con se due valigie nere: si stabilisce qui, a casa nostra. Vivremo nuovamente insieme e questa volta per sempre.
Si ferma: “Questo è odore di cibi preferiti”.
Gli massaggio le spalle, portando sotto le mie mani la giacca della sua divisa: “Ti voglio prendere per la gola”.
Ok!”, risponde tranquillo e soddisfatto.
Sussurro al suo orecchio: “Come sei bello amore con i capelli corti. Come sei sexy”.
Bianca…”, replica, ridendo.
Continuo, provocandolo: “Cri’ tu mi fai perdere la testa in divisa”.
Bianca…”, ripete nuovamente, agitato.
Io: “Le tue spalle possenti mi fanno impazzire”.
Si volta di scatto: “Ah si? Va bene!”. Mi prende in braccio, portandomi sul divano. I nostri sguardi, il nostro desiderio.
I suoi occhi azzurri: “Voglio te, voglio solo te”.
Sempre rivolta a lui, sbottono la sua casacca bianca, tracciando con il mio indice una sorta di linea invisibile che divide il pettorale destro da quello sinistro. Inarco la schiena, permettendogli di mandar giu’la zip del mio abito. Un bacio lungo e tanto eros, che nel giro di pochi giorni esplode, travolgendoci…proprio come nove mesi fa. Resto unicamente con lo slip di pizzo. Bacia la mia pelle, sino a giungere ai miei seni sodi, che afferra tra le sue mani, procurandomi solo piacere. Dal canto mio lo libero del pantalone e della sua biancheria intima, facendo si che sia nudo su di me. La luce soffusa mi permette di osservarlo per bene: le sue gambe sono perfette, frutto di non so quanti anni di palestra, la sua invidiabile tartaruga e il suo basso ventre, che non smetto di contemplare. Sfioro il suo membro delicatamente. Rabbrividisce. Sudiamo sia per il momento vissuto che per il forte caldo. I nostri corpi si uniscono, fondendosi e finalmente lo sento in me. Piccole spinte, che diventano sempre piu’forti e prepotenti. Spinte audaci, che manifestano il suo bisogno di stare con me. Spinte dolorose come non mai, sintomo di una passione che cresce nel tempo e che non diminuisce. E le nostre dichiarazioni d’amore, che fanno comprendere l’uno all’altro cosa ci si aspetta dal futuro. Poco prima di raggiungere l’orgasmo, mi guarda dritto negli occhi. Poggio le mie labbra sulle sue e gli sorrido. Tutto ciò che ne segue rimane con noi, nella casa nostra. Dentro di noi…dentro di me!.

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Capitolo 22
*** Una Delle Persone Piu' Importanti Della Mia Vita ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio. Posto il nuovo capitolo: visto che è abbastanza piccolo molto probabilmente ne pubblicherò un secondo.
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla e grazie.
 
CAPITOLO 22- UNA DELLE PERSONE PIU’ IMPORTANTI DELLA MIA VITA!


Domenica 10 Settembre, mattina: ma come è possibile, dieci giorni fa il caldo stava per ammazzarci e oggi sta per nevicare? Non ho dormito l’intera notte, poiché sentivo la pioggia fitta colpire la vetrata della camera. Cristiano, sentendo i miei movimenti a letto, mi ha rassicurata tra le sue braccia possenti. Rassicurata poi…ma come fa a tranquillizzarmi se mi si palesa dinanzi con solo un misero slip, per giunta bianco? Ma come faccio a resistergli? Ed infatti non ci riesco: ogni volta è diverso con lui. Ogni volta vi è un sapore, un desiderio diverso…e la voglia di conoscersi, di amarsi. Dorme ancora beato. Sfioro i suoi capelli finalmente corti…non che lunghi fossero brutti, ma cosi è di un sexy, che ve lo dico a fà!.
Mi sollevo leggermente e lo guardo perplessa: la sua pelle è calda, eccessivamente calda. Mi volto. Prendo dal comodino il termometro e l’adagio sotto il suo braccio. Attendo un po’ e il responso conferma quanto da me pensato: 38 di febbre. Nel frattempo si sveglia. Gli rido in faccia. Confuso chiede: “Che c’è?”.
Sei tanto grosso e tanto malato. Hai la febbre a 38”, rispondo, portando la mano alle labbra.
Impossibile”, replica, sedendosi a letto.
Te l’ho misurata con il termometro”, sentenzio, mentre metto su la maglia del pigiama.
Io sono sempre caldo,sensuale, bellissimo e travolgente. Sono Cristiano Scala, mica uno qualunque”: mantiene il viso, stropicciandolo. Ha gli occhi lucidi. Tentenna: “Forse hai ragione, mi sento una schifezza”.
Rido di gusto: “Travolgente mi mancava”. Mi alzo.
Cerca di fermarmi: “Ed ora dove vai?”.
A preparare la colazione. Resta qui che te la porto a letto!”, gli dico, mandandogli un bacio.
 
                                                                  ***
Dopo quindici minuti di preparazione, eccomi in camera mia, dal mio malato preferito, che nel frattempo ha indossato il pigiama blu scuro, lasciatogli da me sul comodino. Nudo o vestito è sempre un gran gnocco. Nel vassoio ho posto del caffè, una tazza di latte, del miele, cornetti imbustati alla crema, zucchero, biscotti al burro e acqua. Iniziamo a mangiare, ogni tanto gli tocco la fronte per tenerlo sotto controllo. Appoggia la testa sulla mia spalla. Lo bacio.
Tiene ancora il croissant in mano quando mi dice: “Tu mi nascondi qualcosa da un paio di giorni”.
Aggrotto le sopracciglia e con sorriso malizioso rispondo: “Io? No amore”.
Agita il cucchiaino: “Io conosco il tuo segreto”.
Prendo il suo viso tra i palmi delle mie mani: “E allora non è piu’un segreto amore mio”.
Con voce sincera e sicura afferma: “Ti amo, potrei dirtelo ogni secondo. Sei la persona piu’importante della mia vita”.
Scuoto la testa, facendo oscillare i miei capelli lunghi: “Una delle persone piu’importanti della tua vita”.
Ride. Il suo sorriso è cosi bello, cosi luminoso…rende migliore la mia giornata. Questa magnifica giornata. Mi prende in braccio, facendo cadere sulle lenzuola ciò che resta della nostra colazione. Ma poco importa. Tutto perde valore quando sono con lui…una delle persone piu’ importanti della mia vita!.

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Capitolo 23
*** Il Mio Vero Azzurro, La Mia Vera Vita! (Prima Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Come promesso seconda dose del mio racconto. Qui ci sarà una sorpresa particolare per i miei fedeli lettori…spero davvero che gradirete. Ho provato delle bellissime sensazioni scrivendo gli ultimi tre capitoli di questa storia, è come se si chiudesse una sorta di cerchio. Inoltre ho rivissuto le emozioni di alcuni miei vecchi personaggi che tanto amo e che un po’ mi son mancati!
Vi lascio link di la “Stagione Del Cuore”, per chi non l’avesse letto:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=927069&i=1
Un bacio da Carla e grazie.

P.S. = DETTAGLI SULLA NUOVA FOTO PUBBLICATA: in alto CARLO E SUA MOGLIE LUCIA (teoricamente dovrebbero essere piu' anziani, ma questo passa il convento!), lato destro e sinistro dell'immagine LUNA (primogenita di Carlo e Lucia) CON SUO MARITO SALVO, in basso lato sinistro CRISTIANO (figlio di Carlo e Lucia) CON LA SUA FIDANZATA BIANCA, seguendo LUCILLA (figlia di Carlo e Lucia e gemella di Cristiano) CON SUO MARITO ADRIANO.
 
 
CAPITOLO 23(PRIMA PARTE)- IL MIO VERO AZZURRO, LA MIA VERA VITA!


I giorni trascorro velocemente e noi comuni mortali stentiamo a rendercene conto, forse troppo presi dagli eventi dalla vita, dalla vita stessa frenetica, che non ci lascia respiro. Quando l’osservo a letto, mentre dorme, mi accorgo dei diversi sconvolgimenti a cui sono stata sottoposta: il mio ritorno a Vietri, l’esposizione in galleria, Giulio e il suo amore non corrisposto, io, Cristiano e nostra verità. Ed infine ancora noi…noi e la ritrovata felicità. Sorrido pensando a ciò che è del nostro rapporto oggi: sempre complici, sempre innamorati, sempre uniti. Proprio ieri ha ricevuto due settimane di ferie, il che è fonte di gioia per me, che posso averlo 24 ore su 24.
Molto spesso lo spio, in bagno, in cucina, a letto…scruto ogni suo particolare e lo riproduco fedelmente su un foglio da disegno. Tracciare il suo corpo, il suo sguardo, i suoi occhi è sintomo di piacere per me: una semplice riga nera di matita ben temperata mi riporta alla mente episodi memorabili, come le nostre gite in barca alla grotta. Disegnare le sue mani è eros puro: le unghie, i polpastrelli, quelle piccole rughe, la pelle screpolata…tanti piccoli dettagli, che hanno un loro perché a contatto con la mia epidermide. Le spalle possenti: quanto mi sono costate. Quanto mi è costato ritrarle. Quanto mi è costato raffigurale ed immaginarle deformarsi durante le nostre notti d’estate.
Sospiro e di scatto faccio in modo che il mio capo si volti verso l’alto. Abbasso le palpebre e tento di respirare ciò che resta degli umori della scorsa serata, spesa come di consueto sotto le nostre lenzuola gialle.
La mia effige nello specchio dell’armadio: abito elegante nero aderente, scarpe alte del medesimo colore. Labbra rosso fuoco, grazie ad un lieve tocco di rossetto. Niente trucco, o meglio mi sono limitata a correttore e mascara. Preferisco presentarmi al naturale, cosi come sono: Bianca…innamorata persa. Di certo ben sapete ho deciso di rimanere qui a Vietri, ho interloquito con il sindaco Russo e fortuna ha voluto che mi concedesse i due locali comunali per l’intero anno. L’esposizione va alla grande: tre quadri venduti ed uno commissionato: il ritratto di un bambino, la madre è fissata con queste cose, dunque mi toccherà assecondarla.
Due giorni fa ho preso la mia macchina da cucire e ho dato vita…ve lo svelerò piu’tardi! Anzi non ditelo a nessuno: è un nostro piccolo segreto!.
I miei pensieri vengono disturbati piacevolmente dal mio uomo, che cinge il mio ventre. Sorride e poggia la sua testa sulla mia spalla: “Allora?”.
Rido: “Allora ti amo”. Mi giro, portando le mani dietro il suo collo.
Ti amo anche io Bianca”, replica, facendo urtare il suo petto contro il mio. Mi scosto leggermente, il tempo di dare giustizia ai miei occhi vogliosi: il suo classico completo scuro, la solita camicia, questa volta celeste e quell’immancabile profumo…le mani sulle mie guance e lunghi respiri, che hanno come obiettivo da perseguire quello di cacciar via eventuali idee maligne e malvagie.
Guardo l’orologio alla parete. E ti pareva: la solita ritardataria!.
Cristiano siamo in ritardo!”, esclamo, andando avanti e indietro.
E che fa. Se ci chiederanno qualcosa, risponderemo che abbiamo avuto altro da fare”, replica soddisfatto della sua affermazione.
Aggrotto le sopracciglia: “Ma non abbiamo fatto niente amore”.
Batte il piede destro a terra. Il tacco quadrato sottile della sua scarpa provoca un piccolo rumore: “Mannaggia! Dopo, dai!”.
Faccio spallucce: “Dopo va bene”.
E sghignazzo tra me stessa: si, come no, dopo ci sarà altro!
 
                                                                ***
Cinque minuti in motorino ed eccoci a casa di Lucilla. Si ode chiaramente un forte baccano dalla strada.
Nel salire le scale Cristiano mi blocca, facendo si che la mia schiena urti contro il muro. Iniziamo a baciarci con veemenza. Porto le mani sulle sue spalle e lo strattono: “Cristiano non farmi questo”.
Ride di gusto: “Non è colpa mia se sono cosi travolgente, sexy e sensuale”.
Mi ricompongo e mando via quell’eros che tanto vuole esplodere. Intanto mi guarda compiaciuto: sa che non riesco  resistergli!
Ok. Ora andiamo”, replico, trascinandolo via con me.
Un ultimo bacio e giungiamo alla meta: il terrazzo è stato ornato con palloncini di vario colore, festoni, candele profumate, senza contare la lunga tavolata da non so da quanti posti a sedere. L’immancabile sofà sul lato destro.
Ci avviciniamo al diretto interessato: “Buon compleanno Adriano”.
Ebbene si, oggi è il compleanno di mio cugino, alias mio cognato, alias 40 anni tondi tondi.
E’cosi allegro, eppure Cristiano esordisce: “Ti sei fatto vecchio, ma sono convinto che la sostanza non manchi”.
Imbarazzo totale da parte mia, smorzato da Lucilla, stretta nel suo vestito blu: “Non ti preoccupare quella non manca mai, lo posso assicurare!”.
I due fratelli si abbracciano e si stringono l’un l’altro. Come di consueto continui schiaffetti, che terminano con lui che prende in braccio lei. Se non fosse tornato il sereno tra loro credo che non me lo sarei mai perdonato: a causa del mio segreto stavano per separarsi definitivamente. E ciò non è giusto: nessuno ha il diritto di sfasciare un legame cosi intenso.
Marta e Luca corrono come degli indemoniati, seguiti da Lucia e Antonio, figli della prima sorella di Cristiano, Luna. Me la presenta: è una bellissima donna, capelli lunghi ricci, occhi azzurri, aria di una persona dolce e sensibile. E’ estremamente gentile e cordiale. Ho il piacere di fare la conoscenza di suo marito Salvo, ovvero il primo e unico fidanzato di Luna. Ebbè se è davvero cosi, devo dire che ci ha preso bene la ragazza: alto, snello, moro da far paura…ditemi voi cosa le manca!. Tra le braccia di lui il loro terzogenito nato da poco, Lorenzo.
Lascio Cristiano discutere con sua sorella. Nel frattempo mi accomodo sul divano. Bevo un sorso di succo di frutta all’ananas, ottimo soprattutto se si ha una gran sete. Osservo il mare e il bellissimo panorama.
Tu dovresti essere Bianca”, mi chiede una voce. Mi volto e mi ritrovo accanto un uomo da bell’aspetto, affascinante nonostante la sua età. Occhi profondi e azzurri, che mostrano un intera vita vissuta. Camicia a maniche lunghe scura, cosi come il pantalone classico. Per un istante noto che sorregge un bastone.
Mi son slogato la caviglia, giocando con i miei nipoti”, precisa. Capta il mio imbarazzo e continua: “Allora sei tu Bianca?”.
Annuisco: “Si sono io. E lei?”.
Dopo un elegante baciamano si presenta: “Carlo Scala, il padre di Cristiano”.
Deglutisco appena: brava Bianca hai fatto la conoscenza di tuo suocero…il tanto decantato Carlo.
Ora capisco da dove provengano i modi di Cristiano”, dichiaro, mentre poso il bicchiere sul muretto.
Petto impostato e voce ben schiarita: “Modestamente sono il padre!”. Non mi da tempo di intavolare un qualsivoglia discorso: “Sai Bianca Cristiano mi ha parlato molto di te. Parla di te ogni volta che ci sentiamo a telefono. Mi ha raccontato tutto e mi è dispiaciuto tanto, perché sei una giovane ragazza”. Mi prende sottobraccio: “Ma mi piaci, so che lo renderai felice e viceversa”. Accarezza il mio viso: “La nostra è una famiglia grande e tu sei la benvenuta”.
Sorrido piena di gioia: “Grazie. Grazie mille signor Scala”.
Ah nono, niente signor Scala. Carlo va bene, ho ottantatre anni, non son mica vecchio!”: scoppiamo a ridere. Intanto si palesa una bella signora dinanzi a noi, che mani nei fianchi afferma: “Carlo e lasciala stare a Bianca”.
Occhi scuri, cosi come i capelli. Lineamenti molto delicati. Bassina e fisico fantastico se pensate che debba avere quasi una sessantina d’anni.
Inclina la testa: “Sono Lucia, la mamma di Cristiano”. Facciamo dello spazio sul sofà, pregandole di sedersi con noi. Accetta l’offerta. Lucia è la classica donna mediterranea: dal suo viso traspare il suo amore per la famiglia, il marito e i suoi tre figli. Molto raffinata, se si scruta il suo vestito nero con accessori bianchi.
Immagino che mio marito ti abbia fatto una testa di chiacchiere. Lui fa sempre cosi con i partner dei suoi figli”, mi dice guardandomi negli occhi.
Scuoto il capo: “No signora, anzi suo marito è molto gentile”.
Corregge la mia frase: “No Lucia, anzi tuo marito è molto gentile”. Accetto di dare ad entrambi del tu. Come precisano sono di famiglia. Una grande famiglia che ora è anche la mia!.
 
                                                                ***
Dopo una lunga cena, a base di frutti di mare e ottimi primi e secondi preparati da Lucilla, si passa al dolce, fatto da Lucia. Poste le candeline si inizia ad intonare la classica canzone “Tanti auguri a te”. Cristiano euforico si alza in piedi, stonando come una campana. I bimbi saltellano e pregano le mamme di riceve l’agognata fetta di torta panna e cioccolato.
Brindiamo tutti insieme. Carlo, con tanto di calice alla mano, dedica un bel discorso al genero Adriano e alla sua famiglia, la sua adorata famiglia. E soprattutto alla cara moglie Lucia “vero pilastro delle nostre vite”. Mi fanno una gran tenerezza quando li vedo baciarsi sulle labbra, dinanzi a figli e generi esultati che applaudono ai “novelli sposi”, come chiamati da Cristiano.
Mentre mangiamo il dessert, decido di prendere parola. Mi alzo e mi rivolgo a tutti, tentando di mascherare il mio naturale imbarazzo: “Quando sono giunta qui a Vietri un annetto fa non mi sarei mai aspettata tutto questo: una nuova vita, un immensa felicità, nuove conoscenze e una nuova famiglia”, mi rivolgo al mio Cristiano: “e tu, il mio uomo, la persona che piu’ amo al mondo, la persona piu’importante in assoluto. Non c’è stato mai nessuno prima, perché io sono nata per te, per adorarti ogni giorno della mia vita. Ti amo Cristiano”.
Preso alla sprovvista e commosso, si avvicina stringendomi forte tra le sue braccia. La voce rotta dall’emozione: “Ti amo anche io, tanto”.
 
                                                 Il continuo nella seconda parte!

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Capitolo 24
*** Il Mio Vero Azzurro, La Mia Vera Vita! (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Buongiorno e buon Carnevale a tutti!
Posto il penultimo capitolo della mia storia, spero tanto che vi piaccia e colgo l'occasione per ringraziare TUTTE LE MIE FANTASTICHE E CARE LETTRICI, che commentano ogni mia singola pubblicazione....VI ADORO! A proposito ecco svelato il personaggio femminile misterioso tanto atteso: non so se ricordate il toto- nome femminile. Un paio di giorni fa ho fatto un estrazione a caso ed è venuto fuori Elena, gentilmente consigliato dall'amica Dilpa93!
Un bacio,
Carla.

CAPITOLO 24(SECONDA PARTE)- IL MIO VERO AZZURRO, LA MIA VERA VITA!


La festa di Adriano è terminata da un pezzo. Intanto io e Cristiano siamo ancora stretti in lungo abbraccio, dopo la mia dichiarazione d’amore. Non ci sono parole tra noi, solo silenzio, che in questo istante è piu’ significativo di quanto si possa pensare. Sento il suo cuore battere, forte cosi come il mio. Entrambi emozionati, entrambi innamorati.
Dinanzi a tutti Cristiano mi prende in braccio ed esclama: “Signori buonanotte. È stato un piacere, ma ora ci ritiriamo nella nostra umile dimora”.
Carlo punta l’indice contro il figlio: “Cosi si fa. Uomo di conseguenza”. Tutti sprofondano in una fragorosa risata, mentre noi ci allontaniamo, ponendo fine ad una serata magnifica e piena d’allegria.
Dopo aver sceso le scale, camminiamo per strada, o meglio cammina lui visto che continuo a stargli addosso. Lo faccio fermare: “E il motorino?”.
Chi se ne frega! Lo prendiamo domani amore”, mi risponde, mentre si dirige verso casa.
La luna è di una bellezza unica. Cielo spoglio di nuvole e stranamente di stelle, sono cosi poche che posso contarle. Delle ragazze sedute ai tavolini del bar, tuttora aperto, ci guardano incantate. La cosa mi disturba leggermente, dunque tengo stretto a me il mio uomo, che come ben sapete è un belvedere.
Cristiano comprende il mio atteggiamento e sorride soddisfatto: “Non ti preoccupare è vero che sono splendido, ma non ti tradirei mai”.
Sbuffo: “Io intanto controllo i fatti miei”. Sfioro la sua pelle: “Sei tutto per me”.
Bacia le mie labbra: “Lo sei anche tu”.
Varcato il vicoletto di casa, giungiamo finalmente alla porta. L’apre ed entriamo. Chiedo al mio uomo di lasciarmi andare. Mi accontenta. Prendo le sue mani e faccio in modo che si incrocino con le mie. Punto il mio sguardo verso il suo: “Ho una sorpresa per te”.
Tira il labbro inferiore, un piccolo sorriso sul suo viso. Lo costringo a seguirmi nel cuore della notte, senza accendere alcuna luce. Ma credo che questo sia l’ultimo dei nostri problemi dal momento che conosciamo bene la nostra casa. Nel corridoio sostiamo vicino la porta del bagno. La spalanco e accendo la luce.
Entriamo. Mi siedo sul WC. Cristiano a terra, di fronte. Respiro ed ispiro, dopo di che apro il terzo cassetto del mobile color prugna ed afferro uno scatolino, che nascondo tra le mie mani. Si lamenta, perché non capisce cosa stia accadendo. Ma le sue lagne non hanno alcun effetto su di me.
Gli svelo l’arcano. Porta le mani alla testa, che inclina verso il basso e ride felice. Si riprende: “Allora ci siamo?”.
Annuisco, emozionatissima: “Allora ci siamo!”.
Seguo la procedura indicatami dalle istruzioni del test di gravidanza. Ogni minima cosa con estrema cura. Ed aspettiamo. Vado da lui, che mi stringe a sé. Tremiamo e non vediamo l’ora di conoscere il responso. La tensione fa da padrona. Muovo freneticamente le gambe. Torturo le mie labbra. Schiocco le dita, fin quando la risposta arriva: 2/3 settimane.
Inizio ad urlare: “Sono incinta, sono incinta”.
Cristiano si commuove e mi tiene a sé. E’ difficile spiegare quanto io stia provando: questa nuova gravidanza spazza in un attimo tutto il mio dolore. Tutte le nostre sofferenze. E’ un segno, un nuovo inizio. Una nuova vita, la sua e la nostra.
Piango, contenta della lieta notizia: “Non ci posso credere!”.
Si asciuga in volto e riprende fiato: “Io si”. Agita le mani: “L’abbiamo fatto in due, eh!”.
Scoppiamo a ridere. Ci baciamo con passione. Ma mi scosto da lui. E se dovesse andare male? Mi è già capitato. E se fosse cosi anche questa volta?. Il mio viso diventa tutto d’un tratto cupo e triste. Sono una comune mortale, non so cosa mi riserva il futuro.
Ci sono io con te”, mi volto verso di lui impaurita. Tocca le mie guance, massaggiandole: “Non succederà nulla se stiamo insieme. Vi proteggerò io”.
La sua sicurezza diviene la mia e faccio si che i miei pensieri nefasti vadano in un'altra direzione, lontani per sempre da me. Ci alziamo. E di nuovo in braccio. Mi porta in camera nostra. Ci stendiamo sul letto. Si solleva leggermente su di me. Accarezzo il suo viso ed esclamo: “Carlo”.
Perplesso chiede: “Carlo?”.
Annuisco: “Si. Se mai sarà maschio voglio che si chiami Carlo”.
Senti papà che feste che farà. Sempre se non muore d’infarto”, poi ci pensa su, “ma può essere una femminuccia, Elena che ne dici?”.
Dico che va bellissimo”, replico entusiasta.
Ma un idea all’improvviso ci accomuna ed entrambi domandiamo l’un all’altro: “E se fossero gemelli?”.
Risponde Cristiano: “E se fossero gemelli li chiameremo Carlo ed Elena”.
Per concludere la bellissima nottata il mio uomo esordisce con una sua battuta: “Certo che se fossero gemelli sarei molto orgoglioso di me stesso e del mio esser uomo virile, bello, sexy ed adorabile”.
Scompiglio i suoi capelli: “Sempre lo stesso!”.
Se per “sempre lo stesso” intendi pazzo di te, allora si, sono sempre lo stesso”, sussurra al mio orecchio, facendomi impazzire.
Quasi dimenticavo la mia sorpresa. Mi siedo a letto e dal comodino afferro un foglio: “Per te amore”.
Lo prende e resta meravigliato: l’ho ritratto di profilo, intento a vogare sulla sua barca. Resta per dieci minuti a scrutare se stesso e tutti quelli che sono i dettagli del disegno.
Mi bacia: “E’bellissimo, grazie amore mio”.
Ricambio il suo gesto: “E di che”. Tentenno un attimo: “Anzi sai che facciamo ora?”.
Scuote la testa: “Cosa?”.
Ci alziamo: “Vieni con me!”.
 
                                                                   ***
Siamo al porto, avvolti dalle tenebre. Cristiano da galantuomo poggia la sua giacca sulle mie spalle nude. Il vento fa oscillare il mio abito e i miei capelli sciolti. Le onde del mare urtano contro gli scogli e le imbarcazioni. Un forte odore di acqua salata e pesce: qui vi sono anche dei piccoli pescherecci. Passeggiamo mano nella mano sulla banchina, finché non giungiamo alla fine, dove vi è una grata di ferro. Ci abbassiamo, mantenendoci vicino alla sbarre doppie e resistenti. Dalla tasca dell’indumento datomi dal mio uomo tiro fuori “Azzurro”, privo di base di legno. L’osservo per l’ultima volta e lo ringrazio per avermi fatto compagnia per cosi tanto tempo. 
Addio amico mio”: lo getto accuratamente in acqua. Come una leggera piuma bianca si muove sulle onde marine, andando qua e la. Sembra stia danzando per noi. Questo è suo commiato. Esce di scena, vedendo chiudersi dinanzi il sipario, dopo lunghi applausi.
Ed ancora io ad osservarlo: lascio che entri nella vita di altri. Lascio a lui l’ardua missione di aiutare chi come noi ha sofferto nella vita.
Cristiano stringe le mie spalle. Ci rialziamo e torniamo a casa, quella stessa casa dove un nuovo futuro ci attende. Un futuro ricco di risate, gioia, attese e pianti di bambino. Quello stesso bambino cosi amato dalla sua mamma e dal suo papà, che in soggiorno ammirerà il quadro del mio Cristiano…il mio vero azzurro, la mia vera vita!

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Capitolo 25
*** Sotto Il Segno Del Numero 4! ***


Image and video hosting by TinyPic Sono troppo curiosa di leggere cosa ne pensate del finale, dunque posto questo ultimo capitolo. 
Grazie mille per avermi seguita tanto, non so come avrei fatto senza di voi.
Un bacio e alla prossima,
Carla.


CAPITOLO 25(EPILOGO) - SOTTO IL SEGNO DEL NUMERO 4!

POV.LUCILLA
 
                                                              
                                                                        Nove mesi dopo

 
Ho sempre odiato la sala attesa, la trovo di uno snervante unico. Tu, che sei parente del paziente, aspetti come un allocco seduto, pieno di agitazione e ansia, e quando vedi un uomo o una donna in camice bianco la prima cosa che fai è andargli incontro e chiedergli del tuo caro. Classica risposta lapidaria: “Non posso dirle nulla”. Ah si? Non puoi dirmi nulla? E se ti do un pugno in testa che fai, me lo dici? No sai perché rischi di andare tu dritto dritto sotto i ferri!.
Fortuna che in sala ci sia Luna, di mia sorella mi fido e come!. Paolo, il padre di Bianca, gironzola nel corridoio come una trottola e le parole di sua moglie Anna poco placano la sua tensione.
A smorzare i miei pensieri ci pensa papà, medico in pensione, alias mio cucitore personale, visto le numerose ferite che ha dovuto suturare nel corso del tempo. Povero papà, quante volte l’ho fatto morire dalla paura!. Accarezza le mie mani e mi tranquillizza. Mamma nel frattempo porta dei caffè.
Adriano non c’è, ha preferito restare a casa con i bambini. La sua è stata una saggia decisione, ma non lo so…avrei voluto che fosse qui con me. In realtà vorrei che lo fosse sempre e non solo fisicamente.
Ma ora poco conta il mio stato sentimentale o le mie lamentele…questo non è il  mio giorno!.
 
 
POV. BIANCA

Sono distesa a letto, in una stanza grande, rivestita con parato bianco e verde. Un piccolo armadietto con due ante, una scrivania con due sedie e una vetrata, attualmente coperta la una veneziana, totalmente abbassata. Mi giro a destra: un secondo letto, vuoto, non occupato da nessuno.
Sospiro: sono mezza morta, mai avrei pensato che il parto fosse cosi duro da sopportare. Tre ore di travaglio e via in sala operatoria, devastata dalle mie urla infernali. Scoppio a ridere nel ricordare Cristiano accanto a me: cuffietta nei capelli, mascherina e camice lungo sin terra. Le mie vene ingrossate dallo sforzo e lui che respirava, ispirava ed infine soffiava. Io che mi liberavo di tre chili e mezzo di bambino e lui che sudava. Io che sentivo piangere il nostro piccolo e lui che sveniva a terra.  Due le mie domande a Luna, che mi ha assistita nel parto: “Come stanno?”, alludendo soprattutto a mio marito.
Ebbene si, Cristiano mio marito. Ero di quattro mesi quando venne a casa e mi chiese di seguirlo, senza fare domande. Ovvio che subito accettai: mica ti capita tutti i giorni che un uomo cosi virile ti domandi una cosa del genere?.
Mi accompagnò alla Capitaneria. Li mi trovai Lucilla tutta ben vestita e truccata. Rimasi perplessa. Cristiano mi lasciò tra le sue mani e andò via. Nel giro di dieci minuti mi ritrovai ad indossare un vestito da sposa prémaman, bianco, leggermente scollato, con una cinturina di brillantini proprio sotto il seno. Lasciai i capelli sciolti. Mia cognata mi portò sulla banchina del porto e li mio padre, in alta uniforme, mi prese sotto braccio. Ciò che vedevo era bellissimo, perfetto: sedie bianche rivestite sia a destra che sinistra, un piccolo altarino al centro, dietro al quale vi era il noto sindaco Russo. Pochi invitati, ma non per questo non graditi: Lucia e Carlo, Anna, Lucilla e Adriano con i loro figli. Luna e famiglia. Una calla bianca tra le mie mani, stesso fiore presente ovunque, compreso sulle barche che facevano da meraviglioso scenario. Un bellissimo cielo blu e sole splendente. Splendente come lui, Cristiano e la sua immancabile divisa da Capitano. Mani incrociate, che urtavano contro il suo addome. E una visibile commozione…la mia e la sua!.
Quando mi posizionai accanto a lui, seppi solo dirgli: “Ti amo. Grazie”.
Si accostò a me e sussurrò: “Grazie a te, che tra cinque mesi mi darai la vita”.
Durante la formula matrimoniale portammo le nostre mani sul pancione…un modo per rendere partecipe anche il frutto del nostro amore.
Tutto ciò che ne venne è ben deducibile: solo gioia e felicità.
Osservo la mia fede d’oro. Il simbolo del nostro amore.
Bussano alla porta: lo vedo entrare, finalmente in possesso delle sue facoltà psicofisiche. Spinge la culletta. Giunge da me. Ci baciamo e mi porge tra le braccia prima Carlo, poi Elena. Ulteriore sorpresa: quella sera azzeccammo i nomi e il pronostico…un maschietto e una femminuccia. La piccola è cosi bella, ha la mano chiusa a pugnetto. E’ cosi delicata. Il piccino invece ho la vaga impressione che poco ha preso da me, dal momento che riposa a braccia aperte e bocca socchiusa. E’ come se volesse dire “ammiratemi”. Sono adorabili nelle loro tutine colorate…vi ricordate il segreto di un po’ di tempo fa? Una donna conosce bene il proprio corpo ed io avevo intuito quel giorno che per un po’ di mesi non sarei stata sola.
Cristiano li osserva imbambolato, con aria sognante. Sospira ogni cinque secondi. Poi rivolge il suo sguardo a me, con occhi languidi: “Sono pazzo di te e loro”.
Anche io amore”, affermo esausta.
Comprende la mia stanchezza, dunque poggia i bambini nella loro culletta. Dopo di che si siede vicino: “Sei la mamma piu’ bella del mondo”.
Un leggero sorriso sul mio viso pallido: “E tu il papà piu’ dolce”.
A proposito stasera resto con te”, replica, mentre bacia le mie labbra.
Resti qui?”, chiedo confusa.
Sisi. Dormo nell’altro letto, che metterò vicino al tuo. Non ti lascio sola”, esordisce, impostando il petto in avanti…che macho!.
Io: “E come hai fatto?”.
Inizia a farmi degli occhiolini: “Ho fascino mammina sexy”. Ride e continua: “Per il momento non serve a nessuno, quindi posso stare”.
Lo prego di stendersi accanto a me. Porto la testa sul suo petto. Sfiora la mia fronte e i miei capelli. Lascia sulla mia epidermide numerosi baci.
Pensa che tra una settimana massimo staremo tutti e quattro a casa”, mi dice con tono romantico.
Si, non vedo l’ora”, rispondo, stringendomi a lui.
Peccato che siano ancora piccoli. Non possono dormire con noi”, controbatte, mentre osserva di tanto in tanto i piccoli.
Dagli un cinque mesi e vedrai quante te ne faranno passare”, asserisco ridendo compiaciuta.
Aggrotta il sopracciglio. Smorfia maligna sul suo viso: “Cinque mesi eh?”.
Lo guardo perplessa: “Si, perché?”.
Bacia le mie labbra: “Non cosi, magari potremmo pensare ad un bis”, si corregge, “un tris”.
Mio marito vuole il mio male: “Si come!...ambo, terno, quaterna, cinquina e tombola”.
Si volta: “Sisi, si può fare!”.
Una mano sotto il mento e aria da furbetta. Strizzo gli occhi: “Magari tra una decina di mesi…”.
Ridiamo entrambi e ci baciamo. Le sue labbra calde e carnose, che mi fanno impazzire ogni giorno di piu’. Il suo profumo da uomo. La sua passione per me, che traspare ogni secondo.
Ed ancora noi, Cristiano e Bianca, fautori del nostro destino. Un destino che non rema piu’ contro, ma che ci accoglie caloroso, sotto il segno del numero 4…e poi chi sa!.
 
                                                        
                                                                               Fine…per il momento!
 


ANGOLO AUTRICE:

Come consueto eccomi sola con voi! Un'altra storia giunge al termine e porta via con se tutte le emozioni da me provate, scrivendola. Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta e, chi sa, che vi abbia comunicato delle belle sensazioni. Come vedete dall’epilogo lascio porte aperte ad un eventuale continuo, una terza parte o qualcosa simile…ma non vi svelo altro. Sono stata per un paio di settimane senza ispirazione, ma per fortuna o sfortuna, dipende dai punti di vista, la voglia di scrivere si è rimpossessata di me!
Vi sarò sempre riconoscente,
vostra non Carla la scrittrice, ma Grazia che vi porta nel cuore!

P.S.= Certo però che emozione a scrivere ancora di Carlo e Lucia!

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