A Wedding's Tale

di koukla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Convivenza, pfui! ***
Capitolo 2: *** Piccole vendette domestiche ***
Capitolo 3: *** Un eccesso di Rita ***
Capitolo 4: *** Confessioni ***
Capitolo 5: *** Questo non avresti dovuto dirlo ***
Capitolo 6: *** Riflessioni ***
Capitolo 7: *** L'ascensore ***
Capitolo 8: *** Christmas is all around me- parte prima ***
Capitolo 9: *** Christmas is all around me- parte seconda ***
Capitolo 10: *** Incontrando i Granger ***
Capitolo 11: *** Famiglia ***
Capitolo 12: *** Buon compleanno, Ron! ***
Capitolo 13: *** You're my best friend ***
Capitolo 14: *** Gufi e Confetti ***
Capitolo 15: *** Arrivi, imprevisti e vecchie tradizioni ***
Capitolo 16: *** Il Signor e la Signora Weasley ***
Capitolo 17: *** Il Cerchio della Vita ***



Capitolo 1
*** Convivenza, pfui! ***


Era un tranquillo pomeriggio di metà ottobre e Molly Weasley sferruzzava seduta sulla sua poltrona preferita, mentre le romantiche note delle canzoni di Celestina Warbeck si diffondevano nella stanza dalla vecchia radio all’angolo. Sebbene l’atmosfera fosse serena e rilassante la donna aveva la fronte aggrottata e l’aria preoccupata.

Stava pensando alla sua famiglia.

Ogni cosa in quella casa era indissolubilmente legata a qualche membro del grande clan Weasley. Libri, fotografie, disegni avevano da raccontare storie ed avventure che venivano ricordate durante le grandi riunioni di famiglia; per non parlare poi, del particolarissimo orologio, che (è il caso di dirlo) aveva magicamente aggiunto lancette con il susseguirsi di matrimoni e nascite. La donna alzò gli occhi dal suo lavoro a maglia ed il suo sguardo si posò proprio su quello strambo oggetto.

Ogni volta che lo vedeva un’ondata di orgoglio e felicità le riempiva il petto, subito però a questo momento di gioia ne seguiva un altro di amara consapevolezza ed una lacrima le solcava il volto paffuto.

Un pensiero andava sempre al suo Fred, il suo ragazzo volato via sette anni prima. Non poteva sopportare quella lancetta perennemente puntata sulla parola “morte”. Come se, per uno strano scherzo del destino, dovesse costantemente ricordare a tutti che lui non c’era più… come se ce ne fosse bisogno, per Merlino!

In casi come questi, Molly immaginava sempre la sua famiglia come un puzzle che a poco a poco cresceva e prendeva forma, ma a cui, per quanto potesse sembrare quasi completo, mancava e sarebbe mancato sempre un pezzettino. Quel pezzettino era il suo Fred!

In ogni caso, quel giorno il motivo della sua preoccupazione era un altro. Da anni, forse da quando era diventata madre per la prima volta, la donna si struggeva riguardo il futuro dei suoi figli e ciò che le premeva di più, al di là dei successi scolastici e professionali, era, ovviamente, la loro felicità. Quella parola, per Molly, era sempre stata sinonimo di famiglia, figli, nipoti: quale gioia maggiore di tornare a casa la sera e trovare la tavola apparecchiata per la cena, il fuoco scoppiettante nel camino e tanti piccoli frugoletti ( dai capelli rossi!) che sgambettavano allegramente sul tappeto?

Tutto ciò era, di fatto, una proiezione della sua esperienza personale, questo doveva ammetterlo. Comunque la donna non desiderava altro per la sua numerosa progenie.

E se si escludeva Charlie, che era completamente refrattario a qualsiasi tipo di unione a lungo termine, l’unico che non aveva ancora un anello al dito era il “piccolo” Ron.

Proprio Ron era al centro dei pensieri di Molly quel pomeriggio.

L’apprensione nasceva dal fatto che il giovane stava insieme ad Hermione Granger da circa 7 anni e ancora non si decideva ad ufficializzare la loro unione.

I due, molto semplicemente, avevano deciso di convivere 4 anni prima e, da allora, la situazione era rimasta invariata.

Inutile dire il colpo subito da Molly quando la coppia, durante un pranzo di famiglia, annunciò di avere delle novità: lei non fece in tempo ad immaginare la Tana addobbata in pompa magna ed il suono delle campane nuziali, che la parola “convivenza” la riportò con forza alla realtà! Inizialmente decise di reggere il loro gioco e si mostrò, stupendo tutti, fin troppo felice ed accondiscendente; poi però, stava iniziando a spazientirsi. Per quanto si sforzasse di essere moderna, non riusciva a digerire che quei due continuassero a vivere in uno stato di concubinato: era una cosa assai disdicevole ed inopportuna e se per i Babbani, ormai, era quasi la consuetudine, nel loro mondo non funzionava così.

Era, poi, sinceramente rammaricata perché Hermione era l’unica a non essere ancora presente nell’orologio di famiglia, dato che, ufficialmente, non era una “Weasley”.

Le dispiaceva, soprattutto, perché la ragazza era per lei come una figlia e, detto francamente, anche se questo Molly non lo avrebbe MAI ammesso, era la sua nuora preferita. La ragazza era entrata in casa sua che aveva appena 13 anni e, da quel momento, aveva trascorso con loro quasi tutte le estati, i Natali, le Pasque e qualsiasi altra festività! Però era estremamente testarda e Molly non era ancora riuscita a convincerla che quel matrimonio andava celebrato.

La donna era così immersa nei suoi pensieri da non accorgersi che si erano fatte le 6 e che suo marito era appena tornato dal Ministero. Il signor Weasley osservava la moglie divertito mentre quest’ultima borbottava tra sé frasi appena udibili di cui, al povero Arthur, arrivavano stralci confusi come: “Convivenza, pfui!”, “E’ assolutamente inopportuno” oppure “Come spereranno di darmi un nipotino se continuano così?”

“Lolly Molly!”

“Oh!” esclamò la signora Weasley, lasciando cadere il suo lavoro a maglia. “Arthur, sei tornato! Non ti avevo sentito….ma sono già le sei, Santi Numi!! Devo ancora preparare la cena e…”.

 Si alzò di scatto e stava per dirigersi in cucina quando il marito la zittì. “Molly fermati per favore. Sbaglio o prima stavi ancora pensando a Ron ed Hermione?”

“Cosa? Assolutamente no, Arthur caro! Ma come ti salta in mente? Sbaglio o avevamo deciso che hanno tutto il diritto di fare ciò che vogliono e noi non possiamo che essere felici per loro? Ma se tu hai cambiato idea….”

“Molly! Io ne sono perfettamente consapevole. E tu? Capisco che ti è difficile accettare questa cosa ma è la loro vita e noi non abbiamo il diritto di giudicarli o di intrometterci… pensa a quello che abbiamo fatto noi, cosa sarebbe successo se le nostre famiglie si fossero immischiate?”

“Lo so, lo so; però non riesco a capire come mai ogni volta tirate tutti in ballo la nostra storia. Erano tempi diversi! C’era la guerra e non avevamo altra scelta, se non fossimo fuggiti insieme e avessimo messo le nostre famiglie davanti al fatto compiuto probabilmente non saremmo qui adesso. Oggi è diverso:c’è la libertà, la pace. Perché quei due non hanno intenzione di mettere su famiglia come si deve?”

“Forse non ancora pronti, Molly! In fondo hanno 25 anni…”

“Noi alla loro età avevamo già quasi tutti i nostri figli! E lo stesso vale per Bill, Percy, George e Ginny….tutti hanno almeno un bambino!”

“Molly ora basta!” Il signor Weasley si stava spazientendo e zittì la moglie in modo brusco, cosa alquanto strana, essendo lui un uomo pacato ed infinitamente paziente. “Davvero, non ti capisco. Quando Bill doveva sposarsi con Fleur per te era troppo presto e ti lamentavi che fossero troppo giovani, ora invece ti lamenti per l’esatto contrario. La verità è che non accetti che i tuoi figli siano cresciuti e iniziano a fare le loro scelte con la loro testa! So che è difficile da accettare e ti chiedo scusa se sono stato duro con te ma, davvero, non ne posso più di sentirti parlare continuamente di Ron e Hermione!”

La signora Weasley lo guardò boccheggiando, incapace di proferire parola, poi inspirando profondamente disse: “Forse hai ragione tu, non riesco ancora a realizzare che ormai sono cresciuti e sono andati per la loro strada ma stai certo che se oso intromettermi è solo perché voglio che siano felici! Come lo siamo stati noi… Comunque sai che ti dico? Credo proprio che domenica inviterò tutta la tribù a pranzo; è da tanto che non siamo qui riuniti come ai vecchi tempi!”

Così dicendo Molly salì di corsa le scale per andare a prendere piuma e pergamene, mentre uno stupito Arthur fissava basito il punto in cui la moglie stava poco prima. Chissà perché aveva il presentimento  che la sua dolce consorte stesse escogitando qualcosa e che dietro quel pranzo di famiglia ci fosse qualcosa di più!

 

 

 

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Capitolo 2
*** Piccole vendette domestiche ***


Erano le otto. La camera da letto era buia e silenziosa, la flebile luce mattutina filtrava appena dalle tende ancora chiuse ed Hermione dormiva placidamente accoccolata tra le braccia di Ron, che ronfava profondamente.

All’improvviso un fastidioso ticchettio proveniente dalla finestra ruppe quella quiete immobile e perfetta. La ragazza si svegliò di soprassalto, si mise a sedere bruscamente, gettò di lato le coperte (facendo cadere il povero Grattastinchi che era acciambellato ai suoi piedi) e dopo aver dato un’occhiata alla sveglia, notando con orrore quanto fosse tardi, si diresse verso la fonte del rumore.

Giunta alla finestra, vide uno stremato Errol che la osservava dall’altro lato del vetro, impaziente di compiere il proprio dovere.

Hermione lo fece entrare , prese la lettera che le stava porgendo e lo condusse in cucina per ricompensarlo adeguatamente. Arrivati nella stanza, diede al volatile dell’acqua e dei biscotti di Leo (cosa che valse le protese di quest’ultimo), mise a bollire l’acqua per il tè e si sedette per leggere la lettera dei Weasley:

 

Carissima Hermione,

tutto bene? Come va il lavoro? I turni di Ron sono ancora così massacranti? E tu mangi abbastanza? Sei sempre così magra!

Mi scuso se la lettera vi è arrivata (come credo) di buon mattino, ma Errol è ormai anzianotto e ha già fatto il giro dell’intero parentado. Comunque vi scrivo per invitarvi, la prossima domenica, a pranzo alla Tana. Ci saranno tutti! Attendo una vostra risposta, sperando che sia affermativa!

Con affetto,

                                                                 Molly

PS:Ho scritto direttamente a te visto che quello sciagurato di mio figlio si sarebbe sicuramente dimenticato di rispondere!”

 

Hermione sorrise tra sé ripiegando la pergamena, era felice per quell’invito. Pensò che la signora Weasley non sarebbe mai cambiata: sebbene tutti loro fossero ormai cresciuti ed autosufficienti, lei era ancora premurosa ed apprensiva e ogni occasione era buona per averli di nuovo alla Tana e per preparare gargantueschi banchetti.

Alla ragazza era sempre piaciuta l’accogliente atmosfera che si respirava a casa di Ron, così diversa da quella in cui era cresciuta.

Hermione era nata in una tipica famiglia dell’Upper Class britannica. I genitori, senza mai viziarla, avevano riversato su di lei tutte le loro attenzioni ed aspettative, trasmettendole valori come la libertà, il rispetto, il coraggio e l’infinito amore per la cultura.

Le due famiglie non potevano essere più diverse: tanto i Granger erano riservati e tranquilli, quanto i Weasley erano chiassosi ed estroversi.

Alla Tana Hermione aveva trovato, oltre all’amore della sua vita, i fratelli che non aveva mai avuto (tra questi c’era, ovviamente, anche Harry) ed era incuriosita ed attratta da quei litigi, quei battibecchi e quella complicità che a lei erano stati preclusi.

Comunque, in quegli anni aveva abbondantemente recuperato e se c’era una sola cosa a cui non si sarebbe mai abituata era la quasi totale mancanza di privacy che vigeva dai Weasley e l’invadenza benigna di Molly.

Per carità, lei era affezionatissima alla donna, che vedeva quasi come una seconda mamma, però a volte aveva dei comportamenti difficili da accettare.

 Persa nelle sue divagazioni mentali non si accorse che il bollitore aveva iniziato a fischiare e che era arrivato il momento di toglierlo dal fuoco. La ragazza sospirò rassegnata: non sarebbe mai stata una cuoca provetta!

Riusciva a malapena a fare un tè decente, come avrebbe potuto raggiungere almeno un terzo dell’abilità culinaria della suocera?

In famiglia tutti, da Arthur, il più anziano, a James, l’ultimo nato, erano consapevoli del fatto che Hermione in cucina fosse un disastro!

E dire che le era sempre sembrato molto simile alla preparazione di pozioni; comunque l’addetto ai fornelli era Ron e così in occasione delle feste organizzate da loro il ragazzo si dilettava nella preparazione di saporiti manicaretti mentre la giovane pensava agli addobbi ed alle decorazioni!

Finì in fretta di fare colazione, ripromettendosi di rispondere a Molly dall’ufficio e andò in bagno per farsi una doccia. Mentre si preparava, però un tarlo fisso le ronzava nella testa: perché quella mattina la sveglia non aveva suonato?

Era una cosa alquanto strana di cui Hermione non riusciva a capacitarsi, poi all’improvviso le arrivò un’illuminazione. Era tutta colpa di Ron!

Il ragazzo, infatti, avendo avuto il turno di notte, era tornato all’alba e doveva aver manomesso l’oggetto per non essere disturbato.

Un ghigno, allora, comparve sul volto di Hermione che decise di vendicarsi con il fidanzato!

Entrò in silenzio nella camera dove lui stava ancora beatamente riposando, si avvicinò al letto con fare guardingo e arrivata di fianco a Ron, che dormiva a pancia all’aria con le braccia spalancate, gli saltò addosso.

“Aaaaaaaaahhh! Hermione!”

 Il ragazzo si svegliò di colpo e la prima cosa che vide fu il viso della sua fidanzata a pochi centimetri dal suo.

“ Ma sei impazzita? Poteva venirmi un infarto…si può sapere cosa Merlino succede?”

“Oh nulla amore! Volevo solo salutarti prima di andare a lavoro!”

Il fatto che lo avesse chiamato “amore” e che avesse usato un tono così sdolcinato non prometteva nulla di buono…questo Ron lo sapeva bene e stava per ribattere qualcosa quando Hermione si posizionò meglio a cavalcioni su di lui ed iniziò a baciarlo con (forse troppa) foga.

Nel momento esatto in cui Ron stava per ribaltare le posizioni, la ragazza si alzò con scatto felino, allontanandosi da lui.

“Ma ma ma… Hermione! Non puoi stuzzicarmi così e poi abbandonarmi!”

“Eh caro mio! Sì che posso” ammiccò la giovane con un sorrisetto beffardo.

“ Se la sveglia fosse stata puntale stamattina, avremmo avuto tutto il tempo che volevamo ma sfortunatamente è tardissimo ed io devo scappare in ufficio.”

Si allontanò velocemente per poi tornare indietro e dirgli:  “Ah Ron tua madre ci ha invitato a pranzo da loro domenica! E noi ci vediamo direttamente stasera, a pranzo devo incontrare Ginny!” Gli lasciò un bacio a fior di labbra e si diresse verso il caminetto del salotto per raggiungere il Ministero.

Intanto Ron, sospirando rassegnato, si girò dal’altro lato e si ritrovò faccia a faccia con Grattastinchi appena salito sul letto.

“E tu cosa guardi? Scommetto che eravate d’accordo!”

Gli lanciò un cuscino e si passò, afflitto, una mano sul volto.



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Capitolo 3
*** Un eccesso di Rita ***


“Cara Molly,

che piacere ricevere la tua lettera! Noi stiamo bene e voi? Il lavoro procede come sempre, c’è tanto da fare ma fortunatamente ci sono anche molte soddisfazioni.

Fossi in te non mi cruccerei tanto per i turni di Ron, non possono che fargli bene! Ovviamente scherzo, ma qualcosa che lo metta in riga torna sempre utile. Comunque domenica non mancheremo! Sai bene che non perderei per nulla al mondo uno dei tuoi fantastici pranzetti!

A presto,

Hermione”

 

Rilesse velocemente ciò che aveva scritto, arrotolò la pergamena e la legò alla zampa del barbagianni addetto alla sua posta in ufficio.

Decise, saggiamente, di glissare sul proprio aspetto fisico. Era consapevole che nell’ultimo periodo, particolarmente stressante, fosse molto dimagrita. Era stata molto impegnata a causa del lavoro e del C.R.E.P.A. (che ora aveva addirittura una sede fissa a Diagon Alley) e così aveva passato a casa pochissimo tempo.

Si era resa conto che per un po’ aveva trascurato perfino Ron, ma, per fortuna, era riuscita a farsi perdonare. Hermione sorrise al pensiero del week-end precedente, così rilassante e romantico e sbuffò quando il suo sguardo cadde sulla sua ordinatissima ma stracarica scrivania: scartoffie, pratiche e documenti di varia natura occupavano quasi tutta la superficie!

Quello era, decisamente, un momento particolare.

Se tutto fosse andato come lei aveva programmato, presto una nuova legislazione avrebbe regolato i rapporti tra i maghi e le altre creature magiche e finalmente gli elfi domestici avrebbero riacquisito, o meglio conquistato, la loro dignità.

A quel pensiero Hermione si sentiva felice: anni di proteste, lotte e battaglie avrebbero dato i loro frutti.

Certo, non era stato affatto semplice.

Ogni volta che era ad un passo dalla vittoria, saltava fuori un qualche cavillo burocratico che le impediva di andare avanti. Ora, però, tutto sembrava a posto e nulla l’avrebbe fermata!

“Hermione! Ti disturbo?”

La ragazza sobbalzò nel vedere che una donna di mezz’età, paffuta e cordiale la fissava dallo stipite della porta. Era Dorothy, la sua maldestra e svampita segretaria.

“Oh! Dorothy, assolutamente no! Accomodati pure, devi dirmi qualcosa?”

La donna entrò guardandosi intorno ed Hermione non poté fare a meno di notare lo scialle color arcobaleno che le cingeva le spalle e gli occhiali a forma di farfalla.

“Volevo solo sapere se per pranzo desideravi qualcosa. Non puoi certo saltare di nuovo i pasti come hai fatto ieri!”

“Dorothy! Quando fai così assomigli terribilmente a mia suocera!”

La rimproverò Hermione piccata, per poi ridere di gusto.

“Vi prego! Non sono più una bambina, so badare a me stessa e ti assicuro che morire di fame non è uno dei miei attuali progetti! In ogni caso, per dimostrati che ho intenzione di nutrirmi, sarai felice di sapere che a pranzo mi vedo con Ginny. Anzi se non mi sbrigo rischio di fare tardi e tu sai bene che io odio essere in ritardo!”

“E’ la sorella di Ron, vero? Me la ricordo eccome! Sono sempre stata una sfegatata tifosa delle Holyhead Harpies. Chissà quando si deciderà a tornare in campo, la squadra non è la stessa senza di lei!”

Se c’era una cosa che Hermione non avrebbe mai capito era cosa avessero in comune Dorothy e il Quidditch!

Eppure l’anziana signora aveva due sole grandissime passioni:i capi tricot e quello sport, che per la ragazza era più misterioso di un libro scritto in runico antico. Ogni volta che Ron andava a trovarla in ufficio iniziava a discutere con la simpatica segretaria su quale fosse la migliore squadra del secolo e, puntualmente, i due finivano col litigare!

“A proposito cara! -gorgheggiò Dorothy- Hai davvero intimamente conosciuto Victor Krum e Cormac McLaggen? Ci terrei molto a saperlo, non capita tutti i giorni di essere la segretaria dell’ex-fidanzata di due campioni del genere! Insomma il cercatore della Nazionale Bulgara ed il portiere dei Tutshill Tornados!”

Un suono acutissimo uscì dalla bocca di Hermione, che si voltò verso la donna guardandola con gli occhi spalancati. Dopo pochi minuti, che parvero ore, riuscì finalmente ad emettere una frase compiuta, che era poco più di un sibilo.

“Come scusa?  Ma cosa ti salta in mente?”

Dorothy la guardò mortificata e materializzò un bicchiere d’acqua. Poi, dopo averla fatta sedere, andò alla sua scrivania e tornò con un giornaletto dai colori sgargianti.

Hermione lo prese con mani tremanti e trovò una foto di sé stessa che la osservava sorridente dalla copertina, sotto ad un titolo che, a caratteri cubitali rosa shocking, recitava così:

Hermione Granger: virtuosa santarellina o donna fatale? di Rita Skeeter

“Be’ sei sul Settimanale delle streghe! Mi è arrivato stamattina, sai ho l’abbonamento e ti ho trovato lì in prima pagina… non dice cose molto carine comunque.”

“Non oso neanche immaginare cosa possa esserci scritto! Rita è una vipera, un’infame calunniatrice!”, soffiò Hermione carica di risentimento.

“Sicuramente non si può dire che essere fedele alla realtà sia il suo principale obiettivo! Sembra così soddisfatta di poter guadagnare montagne di galeoni infangando la reputazione delle persone perbene!”

Dorothy osservò Hermione amorevolmente: appariva molto scoraggiata.

“Potresti prestarmelo, per favore? Ci terrei a leggere cosa ha scritto stavolta!” le chiese la ragazza con un filo di voce.

“Certo! Anzi sai cosa ti dico? Disdico immediatamente l’abbonamento. Francamente mi chiedo perché non l’abbia ancora fatto. Ora ti lascio, sai com’è ho un capo molto esigente io! ”

La ragazza le sorrise, grata per aver smorzato la tensione e incominciò a leggere l’articolo.

 

“Chi ha frequentato Hogwarts ai tempi di Harry Potter non potrà non ricordare una ragazzina saputella dai cespugliosi e crespi capelli castani e dai denti davanti un po’ troppo grandi e sporgenti (poi magicamente ritoccati), che sotto il peso di pesanti tomi arrancava dietro il celebre maghetto e il suo inseparabile amico Ron Weasley.

Quella ragazzina, come molti di voi avranno capito, rispondeva al nome di Hermione Granger.

Oggi l’anatroccolo bruttino e saccente di un tempo si è trasformato in un bel cigno stimato ed ammirato da tutto il Mondo Magico.

Non è chiaro, però, come possa essere avvenuta questa trasformazione e, ancora più oscuro è il modo in cui la Granger sia riuscita ad acquisire la fama di cui gode oggigiorno.

Ma non temete fidati lettori!

Lo scopo di questo articolo è proprio quello di svelare i torbidi segreti  e di scoprire i non pochi scheletri nell’armadio che si celano dietro la facciata perfetta e perbenista della maliarda grifoncina.

Occorre, innanzitutto, fare un passo indietro e ritornare al tempo in cui Hermione frequentava ancora Hogwarts. Figlia di babbani e, perciò, completamente sconosciuta agli occhi del mondo magico, la ragazzina mostrò fin da subito una spiccata predisposizione ad emergere e a distinguersi dalla massa.

In un primo momento contò  di sfruttare le sue abilità intellettive che, bisogna ammetterlo, le hanno permesso di diventare una strega brillante.

Ben presto però si accorse che le sue doti naturali (escluso il cervello, la ragazza non possedeva né grazia né tantomeno bellezza) da sole non le sarebbero bastate e decise che la sua carta vincente sarebbe stata stringere amicizia con le persone giuste.

La fortuna volle che, come ho riferito anche prima, proprio in quel periodo il celeberrimo Harry Potter frequentasse la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts e che fosse smistato nella stessa casa della Granger.

Quale occasione migliore per l’ambiziosa streghetta?

L’attenzione del bambino-che-era-sopravvissuto era però contesa anche da un altro ragazzo, Ron Weasley. Fu così che i tre formarono quell’adorabile ed inseparabile gruppetto di cui si parla ancora oggi.

Gli anni passavano e tra “eccezionali” e mille corsi da seguire Hermione arrivò, a 14 ani, a fare i conti con l’adolescenza, le prime cotte e i primi baci. Anche in questa circostanza gli amori non furono scelti a caso, infatti la lungimirante streghetta riuscì a conquistare (con qualche pozione o filtro d’amore? Ahimè ai posteri l’ardua sentenza) il campione di Quidditch Victor Krum, arrivato ad Hogwarts in occasione del Torneo Tremaghi.

Dopo aver giocato con il cuore del povero Harry, con cui nello stesso aveva intrecciato una relazione amorosa, Hermione ammaliò l’aitante bulgaro, suo accompagnatore al Ballo del Ceppo.

Ma come un vecchio detto babbano recita: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, così quando il quarto anno finì e l’abile cercatore tornò nella sua gelida terra natale, la Granger si ritrovò a progettare chi potesse essere la sua prossima preda.

E fu proprio in quel periodo che l’insignificante, timido Weasley (sì lo stesso Ron rimasto in disparte, all’ombra dei suoi due ben più poplari amici) iniziò a diventare interessante.

Nuovo portiere di Grifondoro, fisico scolpito e un tentato avvelenamento resero il ragazzo una vera e propria celebrità a scuola.

Questa volta però il fiuto di Hermione fece cilecca, infatti mentre lei si trastullava tra le braccia di un certo McLaggen, attuale Capitano dei Tutshill Tornados (come potete notare i partners erano sempre scelti con cura ndr) , Lavanda Brown, ragazza ben più carina ed aggraziata, conquistò il cuore del rosso grifondoro.

Comunque la storia non era destinata a durare e terminò bruscamente proprio a causa della Granger. Queste le testuali parole che , pochi giorni fa, Lavanda, una delle mie più stimate ed intme collaboratrici, mi ha riferito: “Figuriamoci! Io amavo Ron e posso affermare con sicurezza che i miei sentimenti erano più che ricambiati… però quella lì non aveva mai accettato di avere perso e così fu in grado di sabotare la nostra relazione. Circuì Ron, è sempre stata molto sveglia, e da allora stanno ancora insieme! Ma è evidente che la loro storia è frutto di un inganno… ”

La terribile Hermione, quindi, colpisce ancora! Fidanzatasi con Weasley all’indomani della Seconda Guerra Magica, il loro amore dura ancora oggi.

Sembra quindi che, finalmente, la strega abbia acquietato i suoi frementi spiriti grazie al giovane Auror (nominato, tra l’altro, mago più affascinante del momento da questo giornale).

Il loro rapporto, però, è ricco di mistero.

Basti pensare, per esempio, che sette anni fa i due fuggirono insieme ad Harry Potter alla ricerca della soluzione per distruggere Voi-sapete-chi, tagliando ogni rapporto con il mondo.

Ma cosa è davvero accaduto durante quell’avventuroso campeggio? Pare, addirittura, che per un periodo Ron abbandonò i due amici, che rimasero soli e liberi di fare ciò che volevano.

È lecito dunque pensare che il triangolo Potter-Granger-Weasley nasconda, in realtà, più di una semplice amicizia e che il rapporto tra Harry ed Hermione non sia sempre stato così puro e fraterno come loro hanno più volte ribadito.

Donna affermata e strega dotata, la Granger lotta da sempre per sogni utopistici e velleitari come l’uguaglianza tra i maghi e le altre creature magiche, elfi domestici in primis .

E mentre tutti i suoi amici stanno mettendo su famiglia, lei gioca ancora a fare l’eterna fidanzatina del suo Ron.

Molti si chiedono perché i due non siano ancora convolati a nozze ed è inevitabile non trovare sospetta questa situazione.

Che la passionale moretta rimandi la data per non rischiare di rimanere intrappolata nelle catene del matrimonio? Purtroppo noi non possediamo i mezzi per rispondere, ma possiamo solo fare supposizioni.

In definitiva, quindi, dietro le apparenze sembrano celarsi cose che vanno oltre ogni immaginazione e il caso di questa strega dall’aspetto puro, innocente e virginale ma con un'anima scaltra e calcolatrice, da vera arrampicatrice sociale, non fa che dimostrarlo.

                                                Rita Skeeter”

 

Hermione fremeva di rabbia e disgusto. Quella donna aveva, ancora una volta, dimostrato la pasta marcia di cui era fatta.

Buttò il giornaletto nel cestino della carta straccia, si alzò, racimolò le sue cose e uscì dalla stanza, pronta ad affrontare a testa alta le occhiate curiose che, era certa, l’avrebbero accompagnata ovunque fosse andata.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Confessioni ***


Scusatemi!!! So di essere imperdonabile per questo mio immenso ritardo ma sono stata impegnatissima tra lo studio e l’esame teorico della patente (andato bene, per fortuna :) ) e ho anche avuto dei problemi con la linea! Vi prometto che non accadrà più ^_^ Non sono del tutto soddisfatta di questo capitolo ma è stato necessario per spiegare alcune cosette… ditemi cosa ne pensate! Ne approfitto anche per ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, ricordate o addirittura tra le preferite!

 

 

Ginny Potter spinse la pesante porta di vetro de “Il Calderone Prelibato” e si sentì sommergere dalla familiare ondata di calore, rumori e voci.

Il locale era quasi pieno. Camerieri in divisa blu scuro si spostavano silenziosamente prendendo ordinazioni e servendo i vari clienti.

Dalla radio di legno scuro, posta nell’angolo, il suono di una vecchia melodia si diffondeva nell’aria, soffocato dal chiacchiericcio generale.

Dietro il bancone Madama McLusky, l’elegante proprietaria, scrutava attentamente le azioni di coloro che la circondavano, controllando che ogni cosa fosse al suo posto.

Tutto sembrava fin troppo perfetto.

La giovane donna riuscì ad arrivare al guardaroba, destreggiandosi abilmente tra i mille sacchettini e buste, risultato della mattinata trascorsa a Diagon Alley, e il piccolo James che dormiva beatamente sulla sua spalla sinistra.

Dopo essersi liberata del suo carico, si diresse verso il tavolo libero più vicino, si sedette sbuffando e sistemò meglio tra le braccia il suo bambino, che, proprio in quel momento, aprì gli occhietti azzurri agitando le manine grassocce.

“Buongiorno!” esclamò Ginny sorridendo intenerita.

Sfiorò con le labbra la fronte del piccolo e prese dalla borsa, che giaceva sotto la sedia, il suo sonaglietto preferito, quello a forma di boccino.

James, a quella vista, emise un gridolino di gioia ed iniziò a muoversi impazzito per reclamare il suo giochino.

La donna lo agitò davanti al suo visetto paffuto e viste le proteste del figlio decise di cedere.

Mentre James, raggiante, si godeva il suo piccolo trofeo, la sua mamma si guardò intorno preoccupata, scostando una ciocca di folti capelli ramati dalla fronte.

Aggrottò le sopracciglia chiedendosi come mai la sua migliore non fosse ancora arrivata.

Hermione Granger era famosa per la sua puntualità ferrea e il fatto che quel giorno fosse in ritardo preannunciava qualcosa di strano.

In altre circostanze Ginny avrebbe pensato che la colpa fosse di quello sciamannato di suo fratello ma quel giorno l’amica l’avrebbe raggiunta direttamente dal Ministero.

Proprio in quel momento la porta si aprì, il campanellino d’argento posto sopra di essa tintinnò e una Hermione trafelata, con il viso arrossato e i capelli disordinati, fece il suo ingresso.

 

 

Hermione Granger si fermò davanti all’entrata de “Il Calderone Prelibato” esitante.

Si sentiva osservata e le sembrava che, al suo passaggio, le persone l’additassero bisbigliando cose poco carine.

Cercava di convincersi che la sua fosse solo suggestione, ma non era più così convinta.

L’articolo della Skeeter la tormentava dall’istante esatto in cui aveva iniziato a leggerlo ed epiteti come “maliarda grifoncina”, “donna fatale” o “arrampicatrice sociale” le rimbombavano nella testa.

“Avanti Hermione! Hai affrontato pericoli ben peggiori e ora vuoi darla vinta a quella gallina perfida e calunniatrice? Su, forza e coraggio!”

Fece un respiro profondo, abbassò con vigore la maniglia e, finalmente, entrò nel locale a testa alta.

La guardarobiera la guardò interessata, non riuscendo a soffocare l’esclamazione di stupore che le sfuggì appena comprese chi fosse la nuova arrivata.

Rendendosi conto della gaffe appena compiuta, arrossì violentemente e cercò di far finta di niente distogliendo abilmente lo sguardo.

Hermione le scoccò un sorriso smagliante notando con disappunto che sul bancone davanti alla donna giaceva una sfavillante copia de “Il Settimanale delle Streghe”.

Madama McLusky, dalla sua postazione di controllo, si accorse che qualcosa non andava.

 Fece schizzare in alto le scure e perfette sopracciglia, strizzò gli occhietti bistrati, raggrinzì le labbra dipinte di rosso e planò, in un fruscio di vesti pesanti, al centro della sala.

“Signorina Granger, che piacere! Posso fare qualcosa per lei?”squittì melensa, fulminando con lo sguardo la sua dipendente e, prima che Hermione potesse rispondere, la trascinò con forza lontano dall’ingresso.

“Salve Madama McLusky, lei è davvero molto gentile ma credo che la mia amica Ginny stia reclamando la mia presenza” rispose la ragazza rivolgendo lo sguardo a Ginny che, accortasi dell’ingresso della sua amica, si stava sbracciando, James permettendo, per attirare la sua attenzione.

“Oh certo cara, certo!Allora tra poco manderò qualcuno per le ordinazioni!” cinguettò garrula.

Hermione sospirò sollevata e si lasciò cadere pesantemente sulla sedia accanto all’amica.

“Ginny, James finalmente! Da quanto tempo… Come state?” disse loro sorridendo stancamente.

“Be’ a noi va tutto alla grande, vero Jamie? Guarda qui com’è cresciuta questa peste!” esclamò radiosa la rossa mostrando il figlioletto come se fosse un trofeo.

Gli occhi di Hermione si illuminarono e subito prese tra le braccia il suo figlioccio, che era intento a fare tante bollicine giocando con il piccolo boccino.

“Meno male che ci siete voi! Un raggio di sole in questa grigia giornata!” borbottò alzando gli occhi al cielo.

Ginny la osservò incuriosita e notò che sul suo volto, dietro la facciata di serenità e spensieratezza, si celava un’ombra scura di tensione e preoccupazione.

“Cosa è successo? Se è ancora per colpa di quel troll di mio fratello, giuro che lo affatturo!”

Hermione scosse la testa e le rispose: “No stavolta lui non c’entra. Almeno non in prima persona. Guarda un po’ qui…”

Frugò nella sua borsa ed estrasse una copia sgualcita di un giornaletto rosa shocking.

“Inizialmente lo avevo buttato poi, non so per quale assurdo motivo, ho deciso di recuperarlo”.

Spiegò porgendo la rivista a Ginny che indignata imprecò: “Per mille pluffe volanti! Rita Skeeter? Ma cosa Merlino si è inventata adesso?”

Mentre l’amica, assorta nella lettura dello scandaloso articolo, si lasciava sfuggire esclamazioni colorite, lei iniziò a fare il solletico al pancino di James che rideva divertito.

All’improvviso Ginny, buttando con disgusto il giornale sul tavolino, sentenziò ironica: “Ti ha dipinto come una baldracca avida e lussuriosa! Devo dire che ci ha proprio azzeccato!”

“Parli bene tu! So che è solo un mucchio di spazzatura, ma la gente le crede… Insomma lo sai! Ricordi cosa è successo durante il Torneo Tremaghi? Non sono sicura di essere pronta per ricevere di nuovo un mucchio di lettere minatorie; per non parare poi della possibile reazione di tua madre. Non oso immaginare cosa possa pensare di me… Suo figlio fidanzato con una donna scarlatta dai facili costumi!”

Hermione!” urlò Ginny facendola zittire di colpo.

“Hermione - riprese con dolcezza- ti prego calmati! Chi ti conosce e chi ti vuole bene sa perfettamente che Rita racconta bugie.

Ti posso assicurare che anche la mamma non legge più i suoi articoli.

Tutti sanno di che pasta è fatta la Skeeter e se casomai qualcuno le credesse, allora questo qualcuno vale meno di mezzo scellino! Ha infangato la reputazione di mezzo Mondo Magico, sembra che si diverta a romanzare l’esistenza tranquilla delle persone perbene. Affronta questa situazione di petto, con la caparbietà e la forza che ti hanno sempre contraddistinto, dov’è la Granger che conosco io?”

Le accarezzò la guancia e, a quel tocco, Hermione si lasciò andare in un pianto liberatorio e curativo.

“Ha-hai ragione! Io non so cosa mi prenda… Guardami! Sto qui a piangere come una stupida invece di risolvere il problema!” balbettò Hermione asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, il leggero trucco che aveva era ormai completamente sciolto.

In quel momento un impeccabile cameriere arrivò al tavolino per chiedere cosa desiderassero e, con molto tatto e professionalità, finse di non aver visto le lacrime di una delle due clienti.

Ginny si occupò sbrigativamente delle ordinazioni, impaziente di confortare l’amica.

“Ma cosa ti succede? Non è da te reagire in questo modo. C’è qualcosa di cui vuoi parlarmi?”

“Sì, e in realtà volevo dirtelo già da un po’ di tempo. Il punto è che per quanto quell’articolaccio sia più fantastico e irreale di uno di quegli animali a cui Luna è tanto devota, in esso c’è un fondo di verità…” confessò Hermione a testa bassa.

Ginny sgranò gli occhi e, gesticolando freneticamente, esclamò sconvolta: “Cioè vuoi dire che sei stata a letto con Krum? Oh cielo, non dirmi che si tratta di McLaggen… E io non ne sapevo nulla!”

La riccia non poté fare a meno di trattenere una risatina e spiegò pazientemente: “Sei forse impazzita? Fammi spiegare con calma senza saltare a conclusioni affrettate e del tutto inopportune. Il punto dolente toccato da Rita è il matrimonio – Hermione si rigirò la parola in bocca come se fosse una caramella Tuttigusti+1 al gusto di fiele- Mi sento così sotto pressione quando esce fuori quest’argomento e, tra l’altro, le frecciatine di tua madre non aiutano! Voglio dire tutti credono che io sia completamente recalcitrante all’idea di sposarmi e che i fiori d’arancio mi terrorizzino. Be’, in realtà, non è affatto così! Sembra che a nessuno sia venuta in mente la possibilità che il problema nella coppia possa non essere io!”

Il tono di voce della ragazza si era fatto sempre più acuto e le sue guance si erano accese di un’intensa tonalità di rosso.

Ginny quasi si strozzò con il suo succo di zucca e le chiese basita: “Vuoi dire che Ron non vuole…?”

“Vorrei tanto poterti rispondere, ma non lo so! Lui non ha mai toccato l’argomento e io non sono stata da meno. So solo che questa situazione per me sta diventando piuttosto frustrante e demoralizzante.

Non sai quante volte la qui presente, logica e razionale, Hermione Granger ha sognato il giorno in cui, fasciata in un abito bianco, avrebbe giurato amore eterno a Ron. Ma a quanto pare questa povera illusa sta ancora aspettando uno straccio di anello di fidanzamento!”

Ginny la guardò contrariata e, con il tono più ovvio del mondo, affermò: “Io non ne avevo idea. Detto fra noi ero convinta che non era una cosa a cui tenessi particolarmente. Però, scusami, se per te è così importante, perché non gliene parli? Sappiamo entrambe che mio fratello per questo genere di cose non è un fulmine… ora che ci penso Ron non è mai un fulmine.”

“Appunto Ginny! Mi sono stufata di prendere l’iniziativa! Chi è che l’ha baciato per prima? Io. Chi è che ha insistito, dopo la Guerra, per parlare e definire il nostro rapporto? Io. Chi è che ha messo in mezzo l’argomento convivenza? Ancora io! Ora basta. Lui non ha mai fatto il primo passo… Il matrimonio è una cosa seria e io non voglio forzare nessuno.

Quando sarà pronto per sposarmi, allora me lo chiederà. Nel frattempo io aspetterò come ho fatto fino ad ora. Ho fiducia in lui.”

“Non posso certo biasimarti! Però non condivido appieno la tua scelta; ho sempre pensato che tu riponessi troppe aspettative in mio fratello.” Sentenziò con una smorfia, ma subito dopo scoppiò in una fragorosa risata contagiando anche l’amica.

Arricciando il naso Hermione trillò: “Per favore! Tuo fratello è incredibilmente dotato e possiede qualità che tu non puoi neanche immaginare. Comunque, ora bando alle ciance e godiamoci questo delizioso pranzetto!”

In lontananza, infatti, si vedeva il distinto cameriere che stava portando le loro ordinazioni.

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Capitolo 5
*** Questo non avresti dovuto dirlo ***


Mi cospargo il capo di cenere e vi chiedo umilmente perdono per questo immenso ritardo!

Poi, data l’altissima improbabilità che io riesca ad aggiornare prima del 25, colgo quest’occasione per fare a tutti i miei più sinceri auguri =)

E visto l’atmosfera che si respira in giro, cosa ne dite di farmi un piccolo regalo di Natale lasciando un commentino, anche piccino picciò? Ve ne sarei davvero grata! ^_^ Ci terrei anche a ringraziare tutti coloro che seguono questa storia "nell'ombra"!!!=)

 

 

Molly Weasley amava la domenica.

Da sempre era il giorno della settimana che preferiva.

Non perché, come molti potrebbero pensare, era sinonimo di ozio e di riposo, ma perché era l’occasione migliore per riunire, sotto il tetto della Tana, la sua grande famiglia.

Sin da quando era bambina, adorava trascorrere questa giornata di festa e di allegria con i suoi parenti: i genitori e i fratelli prima, il marito, i figli e i nipoti ora.

Radunare la sua numerosa progenie attorno ad una tavola riccamente imbandita costituiva per la donna un vero e proprio scopo di vita.

Sebbene, bisognava ammetterlo, fosse un tantino stancante preparare quegli immensi e succulenti banchetti, vero punto forte delle riunioni in casa Weasley, la sua fatica veniva ampiamente ripagata dai volti estasiati dei numerosi commensali.

Le facce compiaciute dei suoi figli (categoria nella quale, per Molly, rientrava a pieno titolo anche Harry), i sorrisi amorevoli delle sue nuore e i gridolini eccitati dei suoi nipotini le riempivano il cuore di gioia e la facevano sentire la donna più felice e fortunata del mondo.

La signora Weasley gonfiava il petto orgogliosa di poter affermare, con assoluta certezza, che la domenica in casa sua era un momento idilliaco, durante il quale enormi tacchini farciti e giganti torte alla melassa tenevano lontani tutti i problemi.

In ogni caso, sembrava che quella domenica non fosse destinata a raggiungere tali livelli di perfezione.

Se era vero che “il buongiorno si vede dal mattino”, allora nubi cariche di oscuri presagi si stavano abbattendo sulla quieta serenità della Tana.

Questo Molly avrebbe dovuto capirlo fin da quando, appena sveglia, una serie di sfortunati eventi e di piccoli incidenti aveva turbato il suo lavoro mattutino.

L’arrosto si stava per bruciare ed era stato salvato per un pelo, le patate, mentre si stavano auto-sbucciando, erano schizzate via dal lavello volando per tutta la stanza, la panna per la torta si era smontata in modo avvilente e una folata di vento improvvisa aveva buttato nel fango il bucato appena lavato.

La donna era estremamente turbata, condizione aggravata da una brutta sensazione che le attanagliava la bocca dello stomaco, e non riusciva a svolgere correttamente il proprio dovere.

La colpa di questa sua agitazione era tutta della prozia Muriel.

Il giorno prima, infatti, Molly era andata a fare visita alla vecchia strega che, subito, aveva iniziato ad inveire contro la fidanzata di suo figlio Ron, Hermione Granger.

Molly aveva, in un primo momento, attribuito gli improperi e i borbottii dell’anziana signora al suo terribile caratteraccio, poi però si era dovuta ricredere.

Sobbalzò stranita appena vide la nuora-bersaglio delle critiche dell’arcigna zia che le sorrideva dal tavolino in stile Liberty del salotto di Muriel Prewett.

Osservando più attentamente, aveva potuto costatare che Hermione era sulla copertina de “Il Settimanale delle Streghe” e che all’interno del giornaletto (cui non era più abbonata da tempo immemore) c’era un intero servizio sulla ragazza scritto da Rita Skeeter.

Molly sapeva bene quanto falsi e diffamatori fossero gli articoli della giornalista in questione e decise fermamente di non leggere un solo rigo di quella porcheria.

Ma si sa, “la curiosità è femmina” e così presto la donna fu sopraffatta dal desiderio di conoscere cosa si fosse inventata quella reporter da strapazzo.

Prese in prestito –di nascosto- la rivista dalla vecchia zia e, quella sera stessa, seduta sulla sua poltrona preferita, davanti ad una tazza di tè bello forte si accinse alla lettura del fazioso articoletto.

Appena ebbe finito Molly si sentì profondamente indignata ed anche un po’ in colpa.

Lei conosceva bene Hermione e vedere il modo infimo e denigratorio in cui Rita aveva sputato cattiverie sul suo conto, l’aveva fatta fremere di rabbia.

La ragazza era sempre stata un’infaticabile lavoratrice, coraggiosa, intelligente, leale, con un senso della giustizia e del dovere sopra la media e lì invece era presentata come una cortigiana priva di morale e di scrupoli.

Quell’articolo, però, era servito da monito a Molly, che grazie ad esso, aveva compreso una cosa: nessuno, neanche lei, aveva il diritto di giudicare o criticare le decisioni di quella ragazza, giuste o sbagliate che fossero.

Per quanto la donna potesse sperare che le scelte di Hermione e Ron coincidessero con i desideri che lei aveva auspicato per loro, era giusto che i due ragazzi facessero i propri progetti ed i propri errori senza l’intromissione di terzi.

Era ovvio, quindi che, quella domenica mattina, Molly si trovava in uno stato di tale confusione.

Presto il Clan Weasley sarebbe arrivato e Merlino solo sapeva come poteva sentirsi quella povera ragazza!

E dire che la donna aveva organizzato quel pranzo proprio perché era convinta che ad Hermione, essendo circondata da mamme felici e da sorridenti frugoletti, sarebbe venuta subito la voglia di metter su famiglia con Ron.

Estremamente imbarazzata e completamente assorta nei suoi pensieri, la signora Weasley sussultò notando che, dal suo camino, era appena sbucata la famiglia Potter al completo, accompagnata dal piccolo Teddy Lupin.

 

 

Hermione diede un’ultima veloce occhiata alla propria immagine riflessa nello specchio della camera da letto, si lisciò la gonna color pervinca e sistemò tra i capelli il fermaglio d’argento a forma di rosa che Ron le aveva regalato sei anni prima, per il loro primo anniversario.

Sbuffò rassegnata notando che i tentativi di acconciare in modo ordinato i suoi capelli ribelli erano stati del tutto vani.

Comunque, sapeva bene nel profondo di sé stessa, che l’irrequietezza che la stava tormentando non aveva molto a che fare con il suo aspetto fisico.

Quella notte aveva dormito poco e male e, per una volta, la colpa non era tutta da attribuire a Ron.

Si era rigirata nel letto, invidiando il ragazzo, che inconsapevole della sua agitazione, ronfava profondamente.

D’altronde non poteva certo biasimarlo, lui non sapeva niente, non poteva sapere niente.

Hermione, infatti, aveva pensato bene di nascondere la spinosa faccenda-Skeeter al suo fidanzato, cosa per cui si stava maledicendo ancora.

In realtà, due giorni prima, era ritornata a casa risoluta a spiattellare tutto a Ron, intenzionata a sfogarsi e ad essere confortata da lui.

Però aver trovato il ragazzo alle prese con i fornelli e del tutto determinato a restituirle il malizioso giochetto a cui lei stessa l’aveva sottoposto quella mattina, non era certamente stato d’aiuto.

Quella sera e i giorni seguenti, non aveva avuto modo di ritornare sulla questione anche perché, in effetti, non avevano passato molto tempo a parlare.

Si era così ritrovata a procrastinare il momento in cui avrebbe dovuto affrontare la verità.

Hermione era conscia del fatto che un tale comportamento fosse completamente infantile, immaturo e che non avrebbe portato a nulla di buono e sperava con tutta sé stessa che nessuno, durante quella giornata, avrebbe toccato il delicato argomento.

Cosa alquanto improbabile poiché era convinta che la famiglia Weasley al gran completo, perfino James, fosse al corrente dell’articolo di quella perfida arpia.

Con disappunto prese la borsetta, lasciò la stanza e si recò nel piccolo e confortevole salotto del loro appartamento, dove Ron l’attendeva tranquillamente stravaccato sul comodo divanetto arancione, pronta a raggiungere la Tana e tutto ciò che quella domenica le avrebbe riservato.

 

 

Il pranzo andò meglio di quanto Molly potesse immaginare.

Tutti furono molto soddisfatti delle ottime pietanze che erano state servite e la donna si diede più volte della stupida, ricordando i timori che l’avevano scombussolata quella mattina.

A pasto finito, si formarono tanti gruppetti nell’accogliente salotto della Tana e ognuno poté dedicarsi alle occupazioni che preferiva.

In un angolo, Teddy e Victoire, la primogenita di Bill e Fleur, parlottavano fitto ideando chissà quali mirabolanti progetti.

All’improvviso i due si avvicinarono ad Hermione, che seduta sulle gambe di Ron, spiegava concitatamente al signor Weasley il giusto funzionamento di un computer portatile.

La ragazza si interruppe di colpo notando che i due bambini la osservavano incuriositi e sembravano sul punto di dirle qualcosa di estrema importanza.

Li guardò incoraggiante e Teddy, prendendo coraggio, chiese: “Perché voi due non avete bambini?”

Hermione sbatté più volte le palpebre, visibilmente stupita da tale domanda e Ron per poco non si strozzò con il Whisky Incendiario che il padre gli aveva offerto poco prima.

Il silenzio calò nella stanza e tutti aspettavano, trepidanti e divertiti, la risposta dei due ragazzi, che iniziarono a balbettare frasi sconnesse e senza senso.

“Te l’avevo detto io! Secondo me non sono capaci!” bisbigliò Victoire rivolgendosi a Teddy.

“Ma magari non sanno come si fa! Ho avuto un’idea, possiamo spiegarglielo noi, cosa ne pensi Vic?” esclamò il bambino raggiante, i suoi capelli diventarono di un’accesa tonalità di azzurro.

A questo punto l’imbarazzo della giovane coppia era alle stelle: le orecchie di Ron erano diventate più rosse dei suoi capelli ed Hermione, cercando qualcosa di intelligente da dire, fulminò con lo sguardo Harry che stava malamente trattenendo una risatina, come tutti gli altri d’altronde.

La ragazza riuscì a prendere nuovamente il controllo di sé e, sorridendo, affermò sicura: “Ma cosa state tramando voi due? Come vi è saltata in mente una cosa del genere?”

“Be’ siete gli unici a non avere figli e così avevamo pensato che forse vi serviva un piccolo aiutino, perché probabilmente non avete proprio idea di come si facciano i bambini.

A me lo ha spiegato la nonna e Vic, invece, lo ha chiesto a Bill. Però a noi non dispiace di condividere la nostra conoscenza con voi! Non dovete essere timidi, né dovete vergognarvi, in fondo mica uno può sapere tutto, no?”

Il discorso del piccolo Lupin non faceva una piega e il bambino osservava soddisfatto Hermione, dato che Ron, in preda al più completo imbarazzo aveva bofonchiato che doveva andare in bagno ed aveva lasciato la sua fidanzata in balìa dei due demonietti.

La ragazza, non poco infastidita dal comportamento di Ron, invitò i bambini a sedersi accanto a lei e, pazientemente, spiegò loro: “Vi ringrazio per la vostra generosità, non è da tutti essere così altruisti; però posso assicurarvi che non occorre che ci spiegate come si fanno i bambini, perché noi lo sappiamo benissimo e quindi… ce la caviamo perfettamente anche da soli.”

Victoire, leggermente contrariata, stava per ribattere qualcosa quando Ron, impugnando un oggetto non ben identificato, attraversò a grandi falcate il salotto per posizionarsi davanti ad Hermione.

“E questo cosa dovrebbe essere?” sbottò alquanto irritato.

Nella stanza calò il silenzio; Hermione lo guardò stupita, spalancò la bocca e arrossì vistosamente, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua, appena si accorse che tra le mani di Ron c’era “Il Settimanale delle Streghe”.

Per la seconda volta nell’arco di una stessa giornata, a dire la verità nell’arco di pochi minuti, la ragazza era a corto di parole e questo era un avvenimento decisamente più unico che raro.

Finalmente, con una debole vocina disse: “Posso spiegarti tutto, in realtà avevo intenzione di dirtelo un po’ di giorni fa, ma non mi sembrava mai il momento giusto.”

Ron la fissava torvo, con le braccia incrociate dall’alto del suo metro e novanta.

“E cosa stavi aspettando? Che lo scoprissi da solo? O peggio, che qualcun altro me ne parlasse? Non riesco proprio a comprendere il tuo comportamento, davvero. Ma probabilmente non volevi parlarmene perché l’articolo dice la verità.”

Hermione alzò lo sguardo molto lentamente, gli occhi velati di lacrime che non aveva intenzione di versare, e disse, in poco più di un sussurro: “Come puoi solo minimamente pensare una cosa del genere, Ronald? Come puoi credere a quella robaccia?”

Harry e Ginny si guardarono allarmati: sapevano bene che Hermione chiamava il fidanzato con il suo nome completo solo quando era arrabbiata.

“E cosa dovrei fare allora? Forza, dimmelo tu visto che sei così brava! Evidentemente ritieni che non sono all’altezza per poter condividere con me le tue preoccupazioni; ma già, tu sei Miss Perfettina-me-la-cavo-benissimo-da-sola! A quanto pare però con McLaggen e Krum eri più che in sintonia, o mi sbaglio?” disse Ron tagliente.

“Ma per tutti calzini rattoppati di Merlino! Cosa stai blaterando? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Mi sto seriamente chiedendo cos’hai in quella testa al posto del cervello!”

Il tono di voce di Hermione si era alzato di qualche decibel e da sommesso e titubante era diventato frustrato e pungente.

Ron, guardandola dritto negli occhi, sputò acido: “Ma certo! Dimenticavo che fossi fidanzata con un rozzo zotico insensibile. È evidente che non sono abbastanza per te, ma comunque puoi rimediare in fretta, no? Non mi sembra che tu abbia difficoltà a trovare qualcuno che sbavi dietro la tua gonnella! Perché non vai da Vicky? Sono sicuro che saprà consolarti a dovere!”

“Questo non avresti dovuto dirlo! Sai benissimo che non è vero niente, niente!” urlò in preda alla più grande disperazione. Le sue grida svegliarono James che iniziò a piangere rumorosamente.

“Io so solo che a quanto pare sto insieme ad una, ad una… una sgualdrina! Ecco!”

Le parole di Ron colpirono Hermione come un bolide in pieno petto, per un istante le sembrò di non poter più respirare.

Poi tremando pericolosamente, raccolse le sue cose e mormorò flebilmente: “Se è questo ciò che pensi allora non abbiamo più nulla da dirci. Mi dispiace solo di aver costretto la tua famiglia ad assistere a questo spettacolo indecente.”

Si voltò bruscamente ed il fermaglio che aveva tra i capelli cadde a terra, ma lei parve non accorgersene.

Uscì di casa e un sonoro CRACK risuonò nell’aria immobile.

Nessuno osava muoversi o fiatare.

Al’improvviso Ron, passandosi una mano sul volto, fremé debolmente: “Sono stato un idiota!”

Raccolse con delicatezza la piccola rosa che brillava sul pavimento e, camminando speditamente, andò in giardino.

Intanto nella stanza, dal divanetto su cui si era seduto poco tempo prima, Teddy Lupin aggrottò la fronte e chiese curioso: “Qualcuno mi spiega cos’è una sgualdrina?”

 

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Capitolo 6
*** Riflessioni ***


Et voilà! Eccomi qui come promesso.

Innanzitutto vorrei fare una piccola premessa: questo capitolo un po’ più corto del solito non era previsto, è stato scritto di getto perché mi sembrava opportuno dare spazio alle emozioni ed ai pensieri dei due ragazzi dopo il furioso litigio. Proprio per questo suo aspetto introspettivo e riflessivo ho trovato giusto separarlo dal seguito, cosa per cui, probabilmente, mi maledirete.

Vi chiedo scusa in anticipo! Vi lascerò con il fiato in sospeso ancora per un po’, dal momento che il 30 parto e tornerò direttamente l’8 gennaio. Se ci riesco aggiornerò domani, ma non vi prometto nulla!

Per questo motivo colgo quest’occasione per fare a tutti i miei auguri di Buon Anno Nuovo!

Ringrazio ancora una volta tutti coloro che seguono la mia storia, in particolare chi mi rende davvero taaaanto taaanto felice lasciando un commentino!:D

 

 

Hermione era acciambellata sul divano e guardava inerme il fuoco scoppiettare nel piccolo camino, unica luce nella stanza.

Grattastinchi faceva pigramente le fusa ai suoi piedi e nel silenzio riecheggiava il rumore dell’acquazzone che infuriava all’aperto.

La ragazza alzò svogliatamente lo sguardo verso la finestra ed un sospiro mesto uscì dalle sue labbra.

Odiava starsene lì in preda all’apatia più totale.

Odiava novembre.

Odiava quel tempo maledetto: la nebbia fitta che le impediva di vedere con chiarezza il mondo circostante e quella pioggerella sottile ed insidiosa che penetrava attraverso i pori della pelle, portando il freddo dentro il suo corpo.

Si sentiva così: debole ed indolente.

Era passato quasi un mese da quando aveva furiosamente litigato con Ron e, da quel momento, le cose erano pressoché rimaste invariate.

Il ragazzo, dopo un’apparente indifferenza iniziale, aveva cercato di parlarle, di giustificarsi, di scusarsi; ma stavolta Hermione non era sicura di poterlo perdonare così facilmente.

Sapeva che, in parte, la colpa era anche sua però Ron, quel giorno, aveva decisamente oltrepassato il limite.

L’aveva ferita e umiliata davanti a tutta la sua famiglia e, cosa ben peggiore, aveva creduto a tutte quelle frottole sul suo conto come se non la conoscesse affatto.

Ripensando a tutto ciò, Hermione iniziò inevitabilmente a piangere, ancora.

Ormai quasi non faceva altro.

Tornando a casa la sera la trovava vuota e fredda e così si sentiva anche lei. Non c’era incantesimo che potesse riscaldarla.

Le mancava il calore che la sola presenza di Ron era capace di evocare, le mancavano i suoi saporiti manicaretti, le sue battute, le sue coccole, i suoi baci, le sue carezze.

In una parola, le mancava lui.

Per quanto le costasse ammetterlo in quella situazione, non era affatto convinta di riuscire ad andare avanti senza il ragazzo.

Tutti i suoi propositi e le sue certezze stavano iniziando a vacillare pericolosamente e questa era una cosa che non poteva accettare.

Lei, sempre così logica e razionale, non aveva messo in conto che, in quella circostanza,  il suo cuore avrebbe potuto prendere il sopravvento sul suo laborioso cervello.

Stupido, stupido, stupido amore. E stupido, stupido, stupido Ron.

Lo stesso amore che circa dieci anni prima la faceva soccombere ogni volta che il ragazzo, facendole gli occhi dolci, la implorava di passargli i compiti.

Lo stesso amore che l’aveva resa pazzamente gelosa, tanto da farle scagliare contro di lui un esercito di canarini infuriati.

Lo stesso amore che, durante la guerra, le aveva dato la forza per combattere, per andare avanti, per non arrendersi, consapevole del fatto che le attenzioni che lui le riservava fossero un modo per farle capire che i suoi sentimenti erano ampiamente ricambiati.

Lo stesso amore costruito giorno dopo giorno, alimentato e fortificato dalla tenerezza dei piccoli gesti quotidiani, dalla delicatezza di parole sussurrate e dall’impudenza di baci rubati.

Lo stesso amore che tante, forse troppe, volte l’aveva fatta piangere e soffrire come adesso.

Seduta su quel divano, con le ginocchia al petto e il volto rigato di lacrime, ripensando a tutto ciò, si stava chiedendo se davvero ne valesse la pena.

Se i sospiri, i sogni, l’ebbrezza e la gioia tanto esaltati da una miriade di poeti innamorati e di giovani amanti, potessero davvero compensare, alla fine dei conti, la sofferenza, il dolore, l’abnegazione da sé che l’abbandono della persona amata potevano provocare.

 

 

Ron imprecava a bassa voce guardando la pergamena bianca davanti a sé.

Batté un pugno sulla scrivania, si alzò bruscamente e andò a prendere una boccata d’aria fresca.

Non riusciva proprio a concentrarsi, non da quando era lontano da lei.

Tutto sembrava assolutamente inutile ed insignificante se paragonato allo stato in cui si trovava in quel momento.

Se già in circostanze normali, avere a che fare con un mucchio di pratiche e di scartoffie non era proprio un compito che preferiva, figurarsi in una situazione del genere.

La verità era che lui si sentiva inutile e completamente svuotato senza di lei.

Hermione era l’aria che riempiva i suoi polmoni, l’acqua che lo dissetava, il fuoco che lo riscaldava e la terra che lo sorreggeva.

Hermione amica, Hermione amante, Hermione complice e compagna.

E ora l’aveva persa, forse per sempre.

Il solo pensiero di dover passare il resto della sua vita senza la ragazza, gli annebbiava la mente e gli chiudeva lo stomaco ( cosa che, doveva ammetterlo lui stesso, faceva davvero capire la gravità della situazione).

Negli ultimi quattordici anni della sua vita, non c’era un momento che non avevano vissuto insieme.

Avevano riso, avevano scherzato, avevano combattuto e rischiato la vita, avevano infranto regole, avevano fatto l’amore ed avevano litigato.

I loro litigi e battibecchi erano celebri e, probabilmente, erano conosciuti da mezzo Mondo Magico; però quanto era bello, dopo,  fare la pace.

Temeva, con tutto sé stesso, che stavolta non sarebbe stato così.

Si era comportato davvero in modo ignobile ed era consapevole di aver oltrepassato il limite; mise una mano in tasca e sentì, sotto i polpastrelli, un oggetto freddo ed appuntito: la rosa di Hermione.

La tirò fuori e se la passò tra le dita, non se ne separava mai, era l’unica cosa che lo faceva stare meglio.

Ricordava quando gliela aveva regalata: era il loro primo anniversario e lui non sapeva proprio cosa donare alla ragazza. Voleva qualcosa di speciale, di unico ed aveva paura di cadere nella banalità più insulsa e mediocre.

Poi, quando ormai era in preda allo sconforto più totale e vagava a Diagon Alley senza una meta, l’aveva visto: un piccolo e delicato fermaglio d’argento a forma di rosa. Era perfetto.

Senza riflettere troppo era entrato nella microscopica gioielleria e l’aveva comprato. Mentre il commesso stava sproloquiando su quanto fosse pregiato l’argento di cui era fatto, lavorato dai più abili folletti, lui non lo ascoltava, pensando solo a come sarebbe stato bene tra i capelli di Hermione, della sua Hermione. Effettivamente la ragazza aveva gradito parecchio il dono del suo fidanzato e lo indossava sempre nelle occasioni speciali. Era diventato, probabilmente, il simbolo del loro amore.

Ron sospirò afflitto e con una mano scacciò via quei pensieri, quei ricordi lontani, che forse non sarebbero più ritornati.

Era arrabbiato, frustrato e scoraggiato. Era solo ed esclusivamente colpa sua se si trovavano in quella situazione: la sua impulsività aveva ancora una volta preso il sopravvento.

La cosa che gli faceva più male, però, era sapere di essere stato la causa della sofferenza della ragazza. Non poteva sopportare l’idea di vederla così, fragile e piangente, ancora una volta.

Aveva cercato di parlarle, aveva implorato il suo perdono, ma Hermione era stata irremovibile; d’altronde non poteva certo biasimarla.

Si chiedeva se non era stato meglio che le cose fossero andate in quel modo: probabilmente vivere lontano da lui sarebbe stato preferibile, Hermione avrebbe avuto l’opportunità di costruirsi una nuova vita, un futuro con qualcuno di migliore.

Inaspettatamente il suo sguardo si posò sulla foto che era sulla scrivania: loro due che, sorridenti, si abbracciavano felici, scambiandosi languide occhiate di complicità, dietro di loro il mare si infrangeva impetuoso sulle bianche scogliere di Dover.

All’improvviso l’illuminazione, l’epifania, la folgorazione.

Si diede dello stupido per le cose che aveva pensato poco prima, non c’era e non ci sarebbe stato mai nessun altro nella vita di Hermione, finalmente lo aveva capito anche lui.

Ron comprese che non tutto era perduto, non poteva essere così. Un’idea gli balenò nella mente e, se avesse giocato bene le sue carte, allora l’avrebbe riconquistata.

Stavolta per sempre.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** L'ascensore ***


Sono tornataaa!!!! Meriterei qualche bel Crucio per questo immenso ritardo e sono consapevole di non avere scuse. Diciamo che il rientro in città ed alla routine di tutti i giorni è stato più traumatico del previsto, così tra studio, esami ed incombenze varie ho avuto pochissimo tempo per dedicarmi alla stesura di questo capitolo, che è stato particolarmente impegnativo.

Comunque ora la smetto di blaterare frasi senza senso per lasciarvi alla tranquilla lettura della storia; prima però è doveroso fare i miei più sentiti e sinceri ringraziamenti a tutti voi lettori che con costanza e pazienza (nonostante la mia saltuarietà e discontinuità -.-‘) continuate a seguirmi e a rendermi felice con i vostri commenti, sempre graditissimi!

Al prossimo capitolo, che mi auguro arriverà più in fretta!!! Un'ultima cosa: mi lasciate una recensioncina? :D

 

 

 

 

Hermione Granger sorrideva.

Finalmente dopo un mese di totale agonia e disperazione, la sua bocca si incurvò all’insù in modo tanto inaspettato quanto naturale.

Si sentiva felice. Una soddisfazione dirompente stava attraversando tutto il suo corpo, come linfa vitale, facendola sentire viva e dinamica.

Quel giorno sarebbe passato alla storia ed era impossibile non festeggiare.

A questo pensiero, però, gli occhi della ragazza si velarono di quell’acquosa melanconia che l’aveva accompagnata negli ultimi tempi.

Mai, mai avrebbe pensato di non condividere questo traguardo così importante con lui.

Dopo anni di lotte, di rifiuti, di proteste, finalmente era riuscita ad ottenere una delle cose a cui teneva di più: la liberazione degli elfi domestici.

 Il Wizengamot aveva appena approvato il disegno di legge, presentato da lei stessa, che deliberava l’affrancamento definitivo di quelle povere bestioline da qualsiasi forma di schiavitù, garantiva loro dei diritti e prevedeva dure sanzioni per tutti coloro che non l’avrebbero rispettato.

La contentezza e l’appagamento per aver ottenuto un così brillante risultato erano inevitabilmente offuscati dalla tristezza provocata dalla lontananza di Ron.

Per tutto il tempo in cui aveva combattuto quella battaglia, lui era sempre stato al suo fianco e, bisognava ammetterlo, la loro storia era legata a doppio filo con tutta quella faccenda.

Il ragazzo l’aveva derisa e schermita quando, appena quattordicenne, si presentò al suo cospetto, determinata e volitiva, con una scatola piena di spille e tanta voglia di fare, oppure quando, qualche anno più tardi, disseminava per tutta la Sala Comune dei bitorzoluti e nodosi berretti di lana.

In ogni caso Hermione aveva sempre saputo, in cuor suo, che Ron l’aveva sempre appoggiata ed ammirata e lo aveva dimostrato durante la Battaglia finale, quando a un passo dall’oblio, in bilico tra la vita e la morte, aveva sfruttato quei poveri elfi per estorcerle il loro primo bacio.

Per questo e per tanti altri motivi aveva sempre immaginato che il ragazzo sarebbe stato accanto lei anche in quest’occasione.

Così non era stato.

Una lacrima solitaria scese prepotente sul suo viso e la ragazza dovette raccogliere tutta la sua forza per ricacciarla indietro, passandosi stancamente una mano sugli occhi.

E dire che, quella mattina, qualcosa sembrava destinato a cambiare. Che sciocca che era stata!

Appena arrivata al Ministero, irrequieta ed ansiosa, si era subito diretta verso gli ascensori, pronta ad affrontare quella giornata così impegnativa.

Attraverso le grate di ferro che chiudevano il piccolo ascensore aveva potuto intravedere, giusto un attimo prima che l’apparecchio  si mettesse in movimento, una testa rossa di sua conoscenza.

Il ragazzo, che stava dietro la fontana dell’atrio, si era voltato e, per una frazione di secondo, i loro sguardi si erano incrociati.

Si era persa nel blu dei suoi occhi, e annegando in essi aveva trovato speranza, desiderio, fiducia.

Forse non era tutto perduto.

Uscì veloce dal suo piccolo ufficio, salutò cortesemente Dorothy, arrossendo ai complimenti che, ancora una volta, la simpatica donna le stava rivolgendo e si incamminò spedita verso quella gabbia dorata in cui, poche ore prima aveva vissuto la più bella delle illusioni.

 

 Ron correva a perdifiato per i corridoi del Ministero, impaziente di arrivare alla propria meta. Finalmente, affannato e boccheggiante, arrivò davanti ad una porta che conosceva fin troppo bene.

Una targa di ottone lucido recitava: “Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Vicedirettore: Hermione Jean Granger”

La grinta e la risolutezza che lo avevano accompagnato poco prima, sembravano essere all’improvviso venute meno.

Fece un respiro profondo, raccolse tutta la determinazione che aveva e abbassò con vigore la maniglia, trovandosi faccia a faccia con una figura bassina e rotondetta.

Quella, decisamente, non era Hermione.

Il ragazzo rimase interdetto e spalancò la bocca, assumendo l’espressione che sua madre definiva sempre da merluzzo bollito.

Era arrivato certo di trovare la donna che amava e che avrebbe sempre amato, con un piano impeccabile, pronto per farsi perdonare e invece si era ritrovato davanti la sua eccentrica segretaria!

“Ronald Weasley! Meriteresti una bella tirata d’orecchie per quello che hai fatto a quella povera ragazza. Comunque, come posso esserti utile?”

Il volto di Dorothy, dapprima contrito in una smorfia di rimprovero, adesso si era rilassato lasciando il posto ad un’espressione comprensiva, vedendo l’aria afflitta del ragazzo.

“Veramente io volevo parlare con Hermione, ma se lei non è qui… Oh miseriaccia!”

“Effettivamente è appena andata via, ma se ti sbrighi hai una buona probabilità di incontrarla in uno degli ascensori…” disse la donna facendogli un occhiolino.

Il volto di Ron si illuminò,  le rivolse uno smagliante sorriso e lasciò veloce la stanza.

 

Hermione si ravvivò i capelli, osservando la propria immagine riflessa nello specchio dell’ascensore, che era particolarmente affollato.

Di solito quando indossava quel tailleur grigio e quella camicetta lilla, che Ron malediva ogni volta, per via dei bottoncini di madreperla, così difficili da slacciare, metteva sempre anche il fermaglio a forma di rosa.

Stranamente quel mattino non lo aveva trovato nel piccolo portagioie di legno, e si era ripromessa di cercarlo appena fosse ritornata a casa.

Improvvisamente l’ascensore si bloccò di colpo, facendo vacillare pericolosamente tutti coloro che erano al suo interno.

La grata di ferro si spalancò e un Ron trafelato fece la sua apparizione.

La ragazza corrugò la fronte, incerta su quello che stava succedendo.

Ron tirò fuori il distintivo di Auror e mostrandolo intimò: “ C’è stato un guasto, vi prego di abbandonare l’abitacolo. E’ per la vostra sicurezza, bisogna fare dei controlli.”

Tra i brontolii e le lamentele generali, tutti obbedirono agli ordini del ragazzo, compresa Hermione che stava per uscire quando qualcosa la tirò per un braccio, sospingendola nuovamente dentro.

La griglia metallica si richiuse e l’ascensore riprese lentamente il suo cammino, mentre lei si ritrovava incastrata tra una delle pareti dell’angusta cabina e il corpo di Ron, che le stava stringendo ancora il polso sinistro.

 I volti vicinissimi, i respiri che si confondevano, i nasi che si sfioravano, gli occhi dell’uno incatenati in quelli dell’altra.

Stava per cedere, ancora qualche millimetro e avrebbe colmato il pochissimo spazio che c’era tra di loro.

Non poteva permetterlo: distolse lo sguardo, inspirando profondamente. Stranamente sembrava mancare l’ossigeno.

Passò un tempo indefinito quando si decise a guardarlo di nuovo, risoluta a mostrargli il suo disappunto.

“Cosa diavolo stai facendo? Lasciami andare. Non c’è nessun guasto, vero?” domandò dura.

Ron distese le dita della mano, liberando così il braccio della ragazza dalla sua presa, si allontanò di qualche passo e iniziò a parlare.

“Hai ragione, non c’è nessun guasto; però non posso lasciarti andare. Resterai qui con me e ascolterai ciò che devo dirti. Poi potrai decidere cosa fare.”

Hermione sbuffò, poche volte aveva visto il ragazzo così deciso e sicuro.

“Avanti, parla.” Acconsentì brusca.

“Ho ripensato molto a quello che è successo il mese scorso e sono sempre più convinto di essermi comportato come un vero idiota.”

“Ah davvero? Non l’avrei mai detto!” ribatté altezzosa.

“Hermione, ti prego. So di aver fatto probabilmente la più grande sciocchezza della mia vita e tu non puoi neanche immaginare come mi sia potuto sentire in tutto questo tempo…”

La ragazza alzò un sopracciglio e, con sguardo torvo, lo interruppe pungente: “Come ti sei sentito tu? Ma tu hai una vaga idea di ciò che ho provato io? Sono stata pubblicamente umiliata e come se non bastasse la persona che amavo, a cui tenevo di più al mondo non ci ha pensato due volte, prima di credere ad un mucchio di fandonie sul mio conto e di riversarmi addosso le più bieche offese… Mi hai ferito Ron, non posso fingere che ciò non sia mai successo.”

Il ragazzo, ora, la guardava titubante prima di riprendere nuovamente la parola: “Ero arrabbiato, miseriaccia! Mi ero sentito escluso dalla tua vita, messo da parte… Ho reagito d’impulso, sai bene che non pensavo  sul serio quelle cose.”

“No, non lo so! Chi mi assicura che un giorno tu non possa ricadere nello stesso errore? Ho sofferto troppo, sono stata male, tanto male.

La verità è che tu ormai fai parte della mia vita, sei la mia vita; ma non credo di poter sopportare un dolore del genere un’altra volta.

E’ stata durissima riprendermi, rimettere a posto i cocci e per quanto ciò ti potrà sembrare strano la mia lucida razionalità mi aveva completamente abbandonato. Se avessi seguito il mio cuore allora sarei tornata da te subito, ma una parte di me mi frenava.

Avevo paura, Ron. Paura di te, delle tue imprevedibili ed istintive reazioni. Non potevo essere impulsiva, basti già tu per questo.”

Hermione aveva parlato come un fiume in piena, aveva cacciato fuori tutto ciò che avrebbe voluto e dovuto dirgli molto tempo prima e ora si sentiva svuotata e prosciugata. Abbassò lo sguardo ed iniziò a piangere in modo sommesso e silenzioso.

Le parole della giovane donna avevano colpito Ron come la peggiore delle maledizioni, non poteva vederla così.

Le si avvicinò, prese il suo viso tra le mani, delicatamente, come se al solo suo tocco potesse ferirsi.

Attese un attimo e notando con piacere che lei non si era ritratta, asciugò con il pollice le sue lacrime.

Poi prese dalla tasca la piccola rosa e abbozzò un mezzo sorriso.

A quella vista Hermione sgranò gli occhi.

“Credo che questa appartenga a te. Ti era caduta alla Tana, il giorno del litigio; l’ho raccolta subito e da allora non me ne separo mai.

E’ giusto che ritorni dalla sua legittima proprietaria.”

Parlava dolcemente, quasi sussurrando, e sembrava che stesse cantando una ninnananna.

Con garbo mise il fermaglio tra i capelli della ragazza, che chiuse gli occhi ipnotizzata.

“R-Ron ti prego…” lo supplicò con la voce spezzata.

“Sposami.”

Una parola detta così, a bruciapelo, senza fronzoli, senza moine.

Semplice, diretta, sincera.

Come lui.

Hermione spalancò gli occhi e aprì la bocca a formare una “O” perfetta.

Lo scrutò attentamente, voleva cogliere ogni particolare del volto del ragazzo.

Aveva un’espressione indecifrabile.

Ron aspettava, fissandola pazientemente.

“Sì” bisbigliò Hermione.

Una risposta appena sussurrata, ma che ora risuonava nella sua testa come una banda in festa.

Hermione sorrise, si avvicinò di più al ragazzo e, senza lasciargli il tempo per fare qualunque cosa, posò le labbra sulle sue.

Si baciarono.

Un bacio lento, calmo, delicato.

Si staccarono.

Sì, sì, sì” ripeté , fin quasi ad urlare,  la ragazza e stavolta fu Ron ad appropriarsi della sua bocca.

Un bacio passionale, bramoso, pieno di desiderio e nostalgia che doveva colmare giorni di parole non dette, di gesti non fatti e di emozioni non vissute.

Si cercavano famelicamente, terrorizzati all’idea di doversi separare.

I loro corpi combaciavano perfettamente,  complementari, finalmente riuniti l’uno accanto all’altro.

Ron spinse la ragazza contro una delle pareti ed Hermione gli accarezzava instancabilmente i capelli.

Si divisero solo quando la mancanza di ossigeno fu intollerabile.

A questo punto Hermione, aggrappandosi con tutta la sua forza alle spalle di Ron, come se da ciò dipendesse la sua stessa vita, soffiò sulle sua labbra: “Dimmi che non mi lascerai mai più. E’ un ordine.

“Lo farò. E’ una promessa.”

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Capitolo 8
*** Christmas is all around me- parte prima ***


Dopo appena una settimana ( per me ormai è un record!) ritorno con un nuovo capitolo che, probabilmente, vi risulterà un po’ anacronistico, considerato il tema trattato: il Natale.

In origine mi ero prefissata di arrivare a questo punto della storia a dicembre, ma così non è stato!

In ogni caso ho voluto fare un regalo a voi e a me (dato che mi sono appena patentata!) ^_^

Ho deciso di dividere il capitolo in due parti: la prima tratterà un po’ della preparazione, mentre la seconda sarà incentrata sul Natale vero e proprio.

Ora vi lascio alla lettura e come sempre vi ringrazio per l’appoggio che mi dimostrate!

Le vostre opinioni sono molto importanti: mi motivano e mi spingono a fare sempre meglio ;)Per questo vi chiedo, mi lasciate un commentino?:D

Baci baci

 

 

 

I feel it in my fingers,
I feel it in my toes,
Christmas is all around me,
and so the feeling grows

It's written in the wind,
It's everywhere I go,
So if you really love Christmas,
C'mon and let it snow”

 

( “Christmas is all around me”

Billy Mack

Love Actually Soundtrack)

 

 

 

23 dicembre.

Il Natale, ormai, era alle porte e ovunque a Londra si poteva respirare un’atmosfera festosa ed allegra.

Le luci di Oxford Street, i mercatini a Covent Graden, la pista di pattinaggio di Somerset House e l’enorme albero decorato al centro di Trafalgar Square.

Le strade affollate, le persone indaffarate e cariche di buste e pacchettini, la frenesia smaniosa ed impaziente dell’ultimo minuto.

Sì, il Natale a Londra era davvero qualcosa di magico.

Di questo Hermione era convintissima.

Con occhi sognanti stava guardando le vetrine riccamente addobbate di Harrods e, per un momento, le sembrò di essere ritornata bambina.

Ricordava bene quando, piccola e curiosa, si recava con i suoi genitori nel Grande Magazzino per compiere il tradizionale rito di incontrare Babbo Natale, sedersi sulle sue ginocchia e iniziare a fargli un’interminabile serie di impertinenti ed imbarazzanti domande.

A quel pensiero, non poté trattenere un risolino divertito: non era mai stata una bambina ordinaria.

I suoi coetanei si accontentavano di ricevere una bambola di pezza o un cavalluccio di legno, lei, invece, aveva gusti decisamente più difficili.

Innanzitutto ai giocattoli aveva sempre preferito un bel libro; poi, ogni anno, puntualmente, la sua testolina laboriosa e intelligente si poneva mille quesiti circa la possibilità dell’esistenza di Babbo Natale, delle sue renne volanti e della sua magica slitta. Le sembrava razionalmente impossibile che il buon vecchietto potesse davvero portare, nell’arco di una sola notte, i doni a tutti i bambini buoni del mondo.

Sua madre, ogni volta, alzando gli occhi al cielo rassegnata, le spiegava che c’erano delle cose che non potevano essere spiegate in modo logico, dal momento che appartenevano ad un mondo sovrannaturale e magico. Lei, allora, corrucciava le sottili sopracciglia e metteva il broncio per un po’, risoluta a ricevere una risposta più esauriente l’anno successivo.

Se solo avesse saputo, a quei tempi, il modo in cui la magia avrebbe sconvolto la sua vita pochi anni dopo.

Le carole di natale, cantate da un gruppo di persone all’angolo della strada, la riportarono alla realtà; una folata di vento la fece rabbrividire, così strinse le braccia al corpo e, sospirando, rimase per una frazione di secondo ad osservare la nuvoletta di vapore che le era uscita dalla bocca.

Non si era recata in città per fare compere o per godersi le decorazioni natalizie: aveva una missione da compiere.

Si guardò intorno e, compiaciuta, notò che le sue supposizioni erano giuste, la farmacia che stava cercando si trovava proprio sul marciapiede di fronte.

Con passo svelto, facendosi largo tra la folla, raggiunse le strisce pedonali, aspettò che il semaforo desse il segnale di via libera e attraversò.

Si sentiva impaziente e, al tempo stesso, terrorizzata da ciò che poteva succedere da un momento all’altro.

E dire che in quello stesso negozietto era entrata milioni di volte per comprare sciroppi e medicinali, nonostante le proteste di Ron.

Per quanto, doveva ammetterlo, in ambito terapeutico i rimedi magici fossero molto più efficaci di quelli babbani, lei aveva sempre preferito curare un raffreddore oppure un’influenza con i metodi con cui era stata cresciuta.

In ogni caso Hermione, quel giorno, era sana come un pesce e il motivo per cui si era avventurata per le trafficate e caotiche strade di Londra era un altro.

Entrò nella piccola farmacia e inspirò a pieni polmoni il familiare odore diffuso al suo interno.

Quell’aroma di menta e di pulito le aveva sempre ricordato lo studio dentistico dei suoi genitori, trasmettendole una sensazione di quiete e di benessere.

Lo stato di estasi in cui si trovava, però, cessò in fretta, appena si rese conto che era arrivato il suo turno.

Deglutì a fatica, torturando nervosamente un ricciolo ribelle uscito dalla crocchia in cui aveva raccolto i suoi capelli e, finalmente, si decise ad alzare lo sguardo per fissare la cordiale dottoressa che, incoraggiante, le sorrideva da dietro il bancone.

 

 

Molly Weasley guardò compiaciuta l’albero di Natale, così riccamente addobbato che stava in piedi per miracolo.

Con un colpo di bacchetta raddrizzò l’angioletto in cima, diede un’occhiata fuori dalla finestra,dove la neve stava pigramente cadendo giù e con passo trotterellante, si diresse in cucina.

C’era ancora molto lavoro da fare: il giorno seguente l’intero clan Weasley si sarebbe riunito alla Tana per festeggiare il Natale e tutto doveva essere perfetto.

La donna, gongolante, poteva affermare di essere completamente soddisfatta di come stessero procedendo le cose: il suo Ron era riuscito, alla fine, a riappacificarsi con Hermione dopo quel terribile litigio e la piccola Ginny aveva annunciato esultante, poche settimane prima, di essere incinta.

Il grande ricettario, compilato con costanza e con pazienza da lei stessa, era aperto sul tavolo della cucina, pronto per essere consultato; mentre nell’aria si diffondeva l’invitante profumo dei biscotti alla cannella che cuocevano nel forno.

Con l’aiuto della magia posizionò il vischio sopra la porta della stanza, appagata del proprio operato: aveva lavorato instancabilmente da più di una settimana e, alla fine, il risultato era stato più che soddisfacente.

Quell’anno aveva addirittura iniziato a confezionare i suoi celebri maglioni ad agosto dal momento che i membri della famiglia stavano aumentando in maniera esponenziale, e ora accuratamente impacchettati, aspettavano nascosti nel suo armadio la mattina del 25 dicembre.

Con l’arrivo dei suoi nipotini la casa, in quel particolare periodo dell’anno, era investita nuovamente da un ridente clima di festa e di spensieratezza, dopo una fase buia piena di angoscia e di afflizione.

Gli occhi della donna, si inumidirono commossi ricordando la sofferenza e l’agonia del primo Natale dopo la Battaglia di Hogwarts.

Festeggiare sembrava la cosa più insensata e stupida da fare: nessuno aveva voglia di preparare un albero sfavillante, di magiare un tacchino ripieno e, perfino lei aveva trovato insopportabile l’idea di dover sferruzzare un maglione di meno.

Poi, il tempo e, soprattutto, la nascita di nuove piccole vite riuscirono a sostituire la staticità del dolore e della sofferenza con la fiducia e la speranza nel futuro.

Certo, era ovvio che un po’ di malinconia la investiva sempre in quei giorni, ma vedere la sua famiglia felice e realizzata  le dava la forza per andare avanti.

Stringendo convulsamente la bacchetta, scivolò pesantemente su una sedia della cucina, lasciando che il suo sfogo continuasse ancora un po’, ringraziando Merlino che non ci fosse nessuno in casa.

Alla fine, determinata a prendere in mano la situazione, che era evidentemente sfuggita al suo controllo, si asciugò il viso bagnato, decisa a preparare il più favoloso banchetto che i Weasley avessero mai visto.

 

 

Ginny Potter impacchettava diligentemente i regali per tutti i suoi familiari ed amici, immaginando le loro espressioni sorprese ed entusiaste, mentre le note di una nota canzone di Natale si diffondevano nel confortevole salotto e i leggeri fiocchi di neve, volteggiando, coprivano ogni cosa all’esterno.

Le piaceva compiere questo lavoro manualmente, alla maniera babbana senza ricorrere alla magia, poiché le sembrava che la pazienza e l’affetto dei suoi gesti lenti sarebbero arrivati anche ai destinatari al momento di scartare i loro doni.

Amava, soprattutto nell’ultimo periodo, prendersi cura delle persone a cui voleva bene.

In un gesto involontario, portò la mano sinistra al ventre, accarezzandolo dolcemente; si sentiva serena e felice.

Una felicità mite e posata che la faceva sentire placidamente piena di sé e che aveva provato solo un’altra volta nella vita: quando aspettava James.

Certo, la gravidanza comportava anche delle difficoltà e, spesso, non era tutto rose e fiori; ma in quel momento l’unica cosa che provava era un piacere puro e sincero, come il bambino che portava in grembo.

Diventare madre era stata un’esperienza indescrivibile, che le aveva davvero sconvolto l’esistenza e, cosa ben più stupefacente, le aveva dato un mucchio di soddisfazioni.

Non avrebbe mai pensato che una donna volitiva, caparbia e tenace come lei potesse  trovare appagante la vita di casa e la tranquillità del focolare domestico, eppure così era stato.

Indubbiamente le mancavano le avventure vissute con la squadra, l’adrenalina prima di una partita e lo stordimento di una vittoria, ma queste sensazioni erano state adeguatamente rimpiazzate con una ebbrezza tutta nuova.

Ginny sapeva bene che tutti questi pensieri non erano arrivati per caso, ma avevano una causa ed una motivazione ben precise.

Poco tempo prima, infatti, la "Gazzetta del Profeta" le aveva offerto un posto come cronista sportiva e lei fino a quel momento non era stata capace di decidere se accettare o meno.

Si sentiva confusa e non era in grado di scegliere cosa volesse fare del suo futuro, dal momento che il richiamo di un manico di scopa e di volare era ancora troppo forte.

Tuttavia, da quando aveva scoperto di essere di nuovo incinta, vedeva le cose da una nuova prospettiva: finalmente aveva potuto schiarirsi le idee e prendere una decisione. Nessuno ne era a conoscenza, neanche Harry; ma Ginny era fermamente convinta del fatto che, comunqe, la sua famiglia l'avrebbe appoggiata e sostenuta in ogni caso.

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Capitolo 9
*** Christmas is all around me- parte seconda ***


Eccomi qui con la seconda parte del capitolo, che devo ammettere è stata impegnativa e laboriosa da scrivere, dal momento che è ricca di contenuti importanti.

Mi scuso, come sempre, per l’attesa, ma febbraio è un mese pieno di esami, così ho un mucchio di cose da fare. Questo pomeriggio però ho deciso di prendere una pausa dalla  mia tanto amata/odiata matematica, per dedicarmi alla storia e soprattutto a voi! (:

Non smetterò mai di ringraziarvi per l’appoggio che mi date!  E sono davvero mortificata per non aver ancora risposto alle vostre recensioni, ma come avete ben capito sono impegnata fin sopra i capelli!!!

Rimedierò presto!

Ora, visto che vi ho tediato abbastanza, vi lascio alla lettura del capitolo, chiedendovi, sinceramente, di dirmi cosa ne pensate ;)

Baci e, spero, a presto!

 

 

Hermione aveva sempre ritenuto che il blu fosse un colore oggettivamente bello e,in quel momento, ne era ancora più convinta.

Si trovava nel bagno del piccolo appartamento che divideva con Ron e stava fissando apprensiva ed agitata il test che giaceva sul mobiletto sotto la finestra, torturando il foglietto illustrativo.

Quelli sarebbero decisamente stati i cinque minuti più lunghi della sua vita.

Per ingannare l’attesa aveva escogitato uno stratagemma abbastanza bizzarro: stilare mentalmente una lista dei pro e dei contro del colore blu.

Doveva esserci, in fondo, un motivo, se quella tinta era stata associata ad un esito positivo, mentre il rosa ad uno negativo.

Lei, dal canto suo, non poteva che condividere quella scelta.

Fino a quel momento, infatti, pensando al blu le erano venute in mente solo cose rilassanti e gradevoli come il cielo di notte, il mare della Cornovaglia e la copertina di “Storia di Hogwarts”.

E gli occhi di Ron, ovviamente.

Il rosa, invece, le rammentava solo sgradevoli ricordi come le caramelle appiccicose e dolciastre che le offriva sempre la prozia Muriel, i completini frivoli e raccapriccianti della Umbridge e i puerili fiocchi di Lavanda.

Diede una veloce occhiata all’orologio e notò, sbalordita e timorosa, che quel tempo interminabile era, finalmente, trascorso.

Si scapicollò letteralmente di fianco al mobiletto, rischiando di inciampare nel tappetino azzurro che stava davanti alla doccia e, tremando spaventosamente, prese tra le mani il test bianco.

Fece un respiro profondo e giro la sottile bacchetta per vedere il risultato di quella snervante attesa.

Involontariamente un sorriso a trentadue denti le si aprì sul volto e poté definitivamente constatare che il blu era indiscutibilmente il suo colore preferito.

 

 

“Deck the halls with boughs of holly,

Fa la la la la, la la la la.

'Tis the season to be jolly,

Fa la la la la, la la la la.”

(Deck the Halls)

 

 

24 dicembre, Vigilia di Natale

La cucina era gremita di persone.

Si potevano sentire il profumo di ottimo cibo, di felicità e di famiglia e nell’aria risuonavano il chiacchiericcio generale, il tintinnio dei bicchieri e il rumore metallico delle posate.

Molly, seduta a capotavola, si godeva quel meraviglioso spettacolo con il cuore che le scoppiava di gioia, osservando uno ad uno tutti i commensali.

C’era Bill che, con infinita tenerezza, imboccava la piccola Dominique di appena un anno, mentre al suo fianco Fleur, supportata da Andromeda, spiegava ad una seccata Victoire e ad un ancora più contrariato Teddy che erano ancora troppo piccoli per poter avere una Firebolt 3000 tutta per sé.

Alla sua destra, Percy rispondeva, compiaciuto ed orgoglioso, alle domande sul Ministro della Magia che la sua Molly gli stava facendo, sotto gli occhi divertiti ed esasperati di sua moglie Audrey.

Quella bambina era la copia esatta di suo padre, su questo non c’erano dubbi.

Di fronte a loro, Hermione e Ron parlottavano fitto, innamorati e rapiti l’uno dall’altra, come se fossero soli nella stanza.

Era dall’inizio della serata che Molly aveva notato negli occhi della ragazza una strana luce, che le aveva fatto sorgere un dubbio… chissà se poteva davvero essere così!

Intanto Ginny ed Harry combattevano disperati con James, che trovava molto più divertente e proficuo spargersi la pappa sul visetto paffuto, piuttosto che portarla alla bocca.

All’altro capo del tavolo sedeva Arthur, intento a mostrare un telecomando babbano a Fred Jr., che lo scrutava incuriosito e sconcertato, sotto lo sguardo sinceramente divertito di George e di Angelina.

L’obiettivo di riunire la sua grande famiglia in un clima di festa e di allegria era stato pienamente realizzato e, per questo, Molly non poteva fare altro se non auto-compiacersi.

 

 

A cena conclusa, satolli e sonnacchiosi, accompagnati dalle note dell’immancabile Celestina Warbeck, si trasferirono tutti in salotto, dove iniziarono a giocare a scacchi, a mangiare i dolcetti che lei aveva preparato o a parlare di Quidditch.

La serata trascorse in modo tranquillo e piacevole finché l’orologio sopra il camino, battendo ben undici rintocchi, annunciò che era arrivata l’ora di andare a dormire.

Andromeda e Teddy salutarono tutti per andare a casa, con la promessa che il mattino dopo sarebbero tornati;  mentre i piccoli Weasley, del tutto contrari all’idea di cadere tra le braccia di Morfeo, correvano per la stanza, decisi a sfuggire dalle grinfie dei propri genitori.

Molly osservava divertita la scena, ricordando i tempi in cui toccava a lei correre dietro ad una mezza dozzina di pestifere e scalmanate testoline rosse.

All’improvviso i suoi occhi si posarono su Hermione che, almeno per il momento libera da qualunque obbligo genitoriale, stava fissando, sognante, la neve che morbida e leggera cadeva giù, dietro il vetro della finestra.

La donna si fermò ad osservare, ancora una volta, l’espressione della ragazza e i dubbi, che l’avevano colta durante la cena, tornarono a tormentarla.

Era arrivato il momento di scoprire la verità.

 “Hermione cara, mi aiuteresti a portare questi vassoi di zuccotti in cucina per favore?” le disse con gentilezza.

La ragazza, destandosi dalle sue fantasie, la guardò affabile e fece un gesto d’assenso con il capo.

Quando furono da sole Molly poté affrontare, con tatto e delicatezza,  l’argomento che la stava logorando da tutta la serata.

“Allora, di quanti mesi sei?” le chiese comprensiva a bruciapelo.

Hermione si girò di scatto, portando istintivamente ed inconsapevolmente una mano al ventre completamente piatto.

Con gli occhi leggermente lucidi e le guance imporporate, si stupì per ciò che aveva appena fatto.

Un gesto spontaneo e naturale che le fece definitivamente prendere atto della sua “nuova condizione”.

La reale consapevolezza di ciò che stava accadendo e di ciò che aveva scoperto neanche ventiquattro ore prima, la stava travolgendo.

Investita da un vortice di emozione e sensazioni che non aveva mai provato, scrutò Molly che aspettava pazientemente una sua risposta.

Rivolgendole un sorriso smagliante e genuino, annunciò entusiasta: “ Oh Molly! Sono così contenta… L’ho saputo con certezza solo ieri sera, quindi non so ancora di preciso a che punto sono; credo intorno alle due settimane, comunque.

Non avrei mai pensato di poter provare una felicità così, così..., oh Merlino!, mi mancano addirittura le parole. Ma tu come hai fatto a capirlo?”

“Tesoro mio, non sono mica nata ieri e, ti ricordo che ho messo al mondo ben sette fanciulli! Riconoscerei quello sguardo dovunque… Che gioia! State per avere un bambino, com’è emozionante! Ma vieni qui, fatti abbracciare come si deve.”

Cinguettò commossa, allargando le braccia.

Hermione si lasciò avvolgere dalla stretta sincera e complice della donna.

“Ron non lo sa ancora, vero?”

“Effettivamente è così. Avevo pensato di dirglielo domani mattina, sarebbe una bellissima sorpresa!”

“È un’idea fantastica! Questo sarà davvero un Natale speciale. Ora però ritorniamo in salotto, o la nostra assenza inizierà a destare qualche sospetto.”

Le accarezzò dolcemente una guancia e, insieme, si avviarono dal resto della famiglia.

 

 

Hermione si svegliò presto quella mattina, aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu l’abbaino completamente ricoperto di neve.

Disorientata e confusa, non riuscendo a scorgere il familiare profilo della camera che divideva con Ron, si chiese dove fosse.

Nello stesso istante in cui la memoria le ritornò, si mise a sedere di scatto, emozionatissima, girandosi a guardare il ragazzo che dormiva al suo fianco.

Piegando il capo da un lato, lo scrutava con tenerezza, passando delicatamente un dito sul contorno del suo viso, sul naso, sugli occhi ancora chiusi, sulla bocca.

Sentendo quel tocco leggero, Ron  schiuse gli occhi, sorridendo e, senza darle il tempo di fare nulla, la tirò su di sé, baciandola dolcemente.

Hermione si lasciò trascinare su di lui con condiscendenza, godendosi appieno quell’imprevedibile dolcezza a cui non avrebbe mai rinunciato.

Si baciarono a lungo, tra gesti lenti, parole appena sussurrate e carezze audaci.

Ad un certo punto, issandosi sui gomiti, Hermione interruppe quel momento idilliaco; si era ripromessa di confessare tutto a Ron quella mattina stessa e niente, neanche quelle piacevoli coccole, avrebbe potuto distoglierla dal suo intento.

Ron, contrariato e riluttante, decise di riprendere il contatto sospeso bruscamente poco prima, ma una mano di Hermione glielo impedì.

“Aspetta” mormorò appena, squadrando attentamente i suoi occhi blu che la fissavano interrogativi.

“Credo sia arrivato il momento di aprire il mio regalo. Non fare quella faccia! Ti assicuro che, dopo, mi ringrazierai.”

Parlò in modo concitato ed animato, poi, battendo risolutamente le mani, si diresse gattonando verso i piedi del letto, dove una montagna di doni non aspettava altro che essere scartata.

Ron, che sedeva con le spalle appoggiate ai cuscini, aspettava titubante e perplesso la prossima mossa della ragazza, sempre più convinto che la sua imprevedibilità non avesse limiti.

Eccitata come una bambina, Hermione emise un gridolino quando trovò finalmente il  morbido pacchetto che stava cercando.

Ritornò di fronte a lui e, incrociando le gambe, glielo porse radiosa.

“Buon Natale!”

“Beh, Buon Natale anche a te! Ma sei sicura che non devo preoccuparmi? Sei così strana!”

La ragazza ridacchiò compiaciuta, scuotendo la sua folta e scompigliata chioma.

“Non sono mai stata meglio… tu piuttosto! Ti vuoi sbrigare ad aprire il regalo? Quest’attesa è alquanto snervante!” lo schernì puntigliosa.

Alzando le spalle, Ron strappò la carta azzurra che avvolgeva quel vellutato fagotto. Curioso, estrasse dall’involucro, ormai a brandelli –la delicatezza non era il suo punto forte-,  una veste arancione.

“Per il sinistro floscio di Godric Grifondoro! Ma questa è la divisa originale che i Chudley Cannons utilizzarono durante la memorabile partita del 1892*! Ci sono perfino gli autografi di tutta i membri della squadra… è assolutamente introvabile! Come hai fatto a procurartene una? Ah, a proposito, ti ho mai detto che ti amo?”

L’entusiasmo di Ron era irresistibile e contagioso ed Hermione non poté che ridere soddisfatta del proprio lavoro.

“Se ogni tanto me lo ricordi non mi dispiace, comunque ho  le mie armi segrete, che non ti rivelerò ora. Potrebbero tornarmi utili un giorno, non credi? In ogni caso, se cerchi bene troverai anche un’altra cosa nel pacchetto”

Ron, inebetito dalla sorpresa e con uno sfolgorante sorriso stampato sul volto, frugò tra la carta lacera e tirò fuori un’uniforme identica in tutto a quella che aveva tra le mani poco prima, tranne che per le dimensioni.

Questa era minuscola e, poteva giurarci, neanche James sarebbe potuto entrarci dentro.

Dubbioso, alzò lo sguardo verso Hermione, che aspettava trepidante una sua reazione.

“Io non capisco, cosa…”

Si interruppe di colpo, i suoi occhi saettarono sul ventre della ragazza, per poi ritornare sulla sgargiante tutina.

Iniziò a balbettare frasi senza senso, finché Hermione decise di mettere fine a quella comica  ed angosciante attesa.

Prese il viso del ragazzo tra le mani e disse con un tono infervorato: “Sono incinta, Ron.”

Mordicchiandosi il labbro, come faceva sempre quando era preoccupata o particolarmente concentrata, aspettava irrequieta una reazione del ragazzo, che, con la bocca spalancata, sembrava aver perso la capacità di intendere e di volere.

Dopo un tempo che sembrò interminabile, si decise ad aprire la bocca e proferì trionfante e frastornato: “Altroché Chudley Cannons, questa sì che è una vera sorpresa! In confronto il campionato di Quidditch è noioso quanto un tema di pozioni!”

Gettando in aria la piccola vestina, tirò Hermione per un braccio e l’abbracciò con vigore.

Per quanto la risposta di Ron potesse sembrare bizzarra e stravagante, Hermione era sicura di poter affermare che mai, in nessun caso, avrebbe potuto desiderare qualcosa di migliore o di diverso da ciò che possedeva.

Assolutamente convinti che per le parole ci fosse ancora tanto tempo, passarono il resto della mattinata a festeggiare, in modo adeguato, la lieta novella.

 

 

 

 

Ripensando alle vacanze di Natale di quell’anno, anche molto tempo dopo, Molly non poteva fare a meno di sorridere.

Se avesse dovuto dare un titolo a quel particolare periodo, avrebbe scelto, con assoluta certezza, la parola “dichiarazioni”.

Dopo la confidenza di Hermione la sera di Natale, il pranzo del giorno successivo fu, infatti, molto movimentato.

Ricordava che, mentre lei stava portando in tavola il suo celebre ed insuperabile tacchino, il suo figlio più piccolo, Ron, si alzò di scatto dicendo che doveva fare un annuncio.

Episodi del genere erano, in effetti, molto comuni durante le riunioni di famiglia, dal momento che, quasi sempre, qualcuno aveva una novità da rivelare.

Alla fine, non senza difficoltà, visto che Ron non poteva certo definirsi una persona carismatica, e grazie al’aiuto di Hermione, riuscirono a svelare il mistero, con somma gioia di tutti.

L’arrivo di un nuovo Weasley era sempre un motivo di grande commozione e felicità e, fatta esclusione per le battutine maliziose di George e di Charlie –che imbarazzarono Hermione e fecero tingere di rosso le orecchie del povero Ron-  tutto andò nel migliore dei modi.

Il momento più esilarante fu senz’altro quando il piccolo Teddy Lupin, con la schiettezza che solo un bambino di otto anni poteva possedere, si complimentò con i ragazzi, esclamando: “Ma allora ne eravate davvero capaci! E io che ero convinto che mi avevate mentito.”

In un impeto di sincerità disarmante Ron raccontò addirittura che, poche settimane prima, aveva chiesto, in un modo non proprio ortodosso, ma questo fu opportunamente taciuto,  ad Hermione di sposarlo.

Mentre brindavano allegri e briosi, Ginny batté delicatamente il coltello contro il bordo del bicchiere per attirare l’attenzione generale, ammettendo che aveva anche lei una confessione da fare.

La cosa stupì e preoccupò i commensali e lo stesso Harry guardava allibito sua moglie.

Ginny, dopo averli rassicurati, affermando che la sua gravidanza procedeva benissimo e senza problemi, annunciò orgogliosa che aveva trovato un nuovo lavoro come cronista sportiva presso la “Gazzetta del Profeta”.

Per il momento, con un bimbo ancora così piccolo e con un altro in arrivo, non le sembrava proprio il caso di rimettersi in sella ad una scopa.

 Volendo, però, preservare la propria indipendenza e sentendo la mancanza di un’occupazione al di fuori delle mura domestiche, quella scelta le era sembrata l’alternativa migliore.

Sebbene abbastanza sorpresa, la sua famiglia, come aveva pronosticato il giorno precedente, condivise con entusiasmo la cosa.

Molly, dal canto suo, non poteva che essere fiera della decisione della sua giudiziosa ragazza.

Non c’era da stupirsi, quindi, se la donna fosse convinta che quel Natale alla Tana era stato uno dei più animati ed imprevedibili di sempre.

 

*Mi sono documentata e ho letto che la partita del 1892 fu l’ultima vinta dai Chudley Cannons, ecco il motivo per cui per Ron è così importante!!! (:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Incontrando i Granger ***


 

 

Credo di aver toccata il fondo, davvero! Ormai ho battuto ogni mio record, non aggiornando per quasi un mese, un mese! Sono terribilmente mortificata e spero possiate perdonarmi per questo, ma sul serio è stato un periodo di inferno.

Ho appena vissuto il mio primo febbraio da studentessa universitaria con tutto ciò che ne consegue: cioè esami, esami e ancora esami!

Come se ciò non bastasse ho avuto la geniale idea di iscrivermi ad un contest, il mio primo contest!, e quindi questa storia aveva una certa priorità dal momento che la scadenza era abbastanza vicina.

Ora però vi prometto che non mi farò mai più aspettare così a lungo.

A questo punto sono d’obbligo i miei ringraziamenti per voi, tutti voi, che con pazienza e costanza continuate a seguirmi nonostante i miei fastidiosi e purtroppo consueti ritardi!

Sperando che questo capitolo riuscirà a farmi perdonare e aspettando la vostra opinione, che è sempre graditissima, vi saluto, assicurandovi che mi impegnerò per essere più veloce!:)

 

 

 

 

 

 

This is our last dance
This is ourselves
Under pressure
Under pressure
Pressure

(Under pressure - Queen)


 

Per Ron Weasley il weekend era sacro.

Due giorni da trascorrere nell’ozio più totale, tenendo lontano qualunque tipo di dovere o responsabilità.

Se fosse stato per lui avrebbe volentieri passato ogni sabato e domenica comodamente stravaccato in poltrona a sonnecchiare, a mangiare e a lasciarsi coccolare da Hermione.

Peccato però che la sua dolce metà non fosse dello stesso avviso.

Hermione Granger era conosciuta per la sua grinta e dinamicità e niente, neanche i fastidiosi sintomi iniziali di una gravidanza, avrebbe potuto cambiarla.

A ciò bisognava aggiungere anche la straordinaria testardaggine della ragazza che, unita ad un pizzico di astuzia ed alla giusta dose di tenacia, costringeva Ron a fare tutto quello che voleva.

Il ragazzo sospirò sconsolato, non poteva credere che anche quella volta gliela aveva data vinta.

Certo, bisognava ammettere che Hermione, spesso, troppo spesso, ricorreva a dei bassi trucchetti e a delle minacce non troppo velate che avrebbero fatto soccombere chiunque.

Andare a trovare i signori Granger quel sabato pomeriggio rientrava, per il ragazzo, nella lista delle occupazioni altamente incresciose e tediose.

Umettandosi il labbro con un’espressione afflitta in volto, Ron tirò fuori dalla tasca dei jeans il Deluminatore che gli aveva lasciato Silente.

Ogni volta che si sentiva particolarmente agitato e nervoso, faceva scattare incessantemente quell’eccentrico oggetto che fungeva, per lui, da perfetto antistress.

Per fortuna, in quel momento si trovava da solo nel salotto suo appartamento, aspettando pazientemente che Hermione finisse di prepararsi, dato che il particolare marchingegno emetteva un seccante suono metallico che faceva profondamente irritare tutti coloro che gli stavano attorno.

La ragione della sua preoccupazione era proprio l’imminente visita dai Granger; presto, infatti, sarebbero dovuti andare nell’accogliente ed elegante villetta dei genitori della sua, ormai ufficiale, fidanzata per comunicare loro le sconvolgenti e piacevoli novità che avrebbero cambiato radicalmente la loro vita.

Il ragazzo non aveva nulla contro Edward e Jean Granger, stimati dentisti e persone deliziose; però  trovava che fossero troppo diversi da lui e per questo gli mettevano addosso una sgradevole sensazione di ansia.

Già il fatto che abitassero a South Kensington, uno dei quartieri signorili di Londra, non migliorava le cose, anzi!

Quella raffinata schiera di case tutte uguali, con le colonne di marmo bianco nel portico e le pesanti porte di legno scuro con le targhe dorate, lo faceva sentire a disagio.

Lui era abituato al vivace ed accogliente caos della Tana, con il suo tripudio di colori, le assi scricchiolanti, il giardino incolto e disordinato, il profumo di buon cibo in cucina e il trambusto che regnava sovrano.

La casa di Hermione, al contrario, era intrisa di una perfezione e di un ordine quasi innaturali.

Era agitato e riluttante e non poteva certo essere biasimato. 

In cuor suo sapeva bene che i signori Granger sarebbero stati felicissimi  di diventare nonni.

Forse, però, avrebbero gradito di più se le cose fossero andate secondo la tradizione: un matrimonio prima e dei figli poi.

Ron era sicuro che avrebbero iniziato a vederlo con occhi diversi, Edward Granger in modo particolare.

In fondo era stato lui a rovinare la reputazione della sua bambina, ingravidandola prima del tempo.

Aveva cercato di spiegare le sue preoccupazioni ad Hermione, che lo aveva liquidato alzando gli occhi al cielo e mormorando una cosa del tipo: “Questo discorso è privo di alcun fondamento, Ronald. Non siamo più nel Medioevo e ognuno è libero di fare ciò che vuole! Ti assicuro che non hai nulla da temere.”

Comunque, volente o nolente, Ron non aveva potuto fare altro se non acconsentire e ora si sentiva terribilmente sotto pressione.

Perso nelle sue divagazioni mentali, non si era accorto che Hermione, appoggiata allo stipite della porta e con le braccia incrociate, lo stava fissando da circa una decina di minuti.

All’anulare della sua mano sinistra faceva bella mostra di sé un anellino semplice ed elegante, ricoperto di piccoli e lucenti diamantini: alla fine Ron era riuscito a farle una proposta come si deve; anche se la ragazza non avrebbe mai potuto dimenticare la bizzarra ed eccitante esperienza nell’ascensore del Ministero.

Con uno sguardo malizioso e un sorrisetto beffardo, decise di porre fine all’immeritato ozio del ragazzo: “Ehm ehm- iniziò avvicinandosi sempre di più a lui- hai intenzione di stare seduto, in modo totalmente scomposto e fuori luogo tra l’altro, ancora per molto? Non ti pare che sia arrivato il momento di andare? Si sta facendo tardi e sai quanto mio padre odi i ritardatari.”

E va bene, forse gli aveva tirato un colpo basso, ma era così bello stuzzicarlo!

Ron, accortosi appena della presenza di Hermione nella stanza, sussultò deglutendo rumorosamente, per poi alzarsi di scatto.

“Be-bene, allora andiamo, no? Comunque, Hermione, sappi che se non sopravvivrò a questa giornata lo hai voluto tu, eh!”

“Avevo decisamente dimenticato che fossi così melodrammatico e tragico, cosa sarà mai!”  esclamò lei esasperata, infilandosi il cappotto.

“La fai facile tu! Non puoi neanche immaginare come mi senta io adesso.”

Hermione ridusse gli occhi a due fessure e, appoggiandogli una mano sulla spalla, costrinse Ron a voltarsi per poter guardarlo in faccia: “Come ti senti tu? Fino a prova contraria quella incinta sono io, io! E’ un mese che sono sottoposta a dei ricorrenti e micidiali bombardamenti ormonali che mi fanno cambiare continuamente umore, mi provocano un incessante senso di nausea – e per inciso il tuo dopobarba non aiuta!- e stanno radicalmente trasformando il mio corpo! Il mio seno è aumentato di una taglia e mi fa un male cane, per tutte le sottovesti sdrucite di Morgana!”

Ron la guardò con aria mortificata ed afflitta, ormai era avvezzo a quel tipo di scenate ed erano soltanto all’inizio della gravidanza!

Su consiglio dei suoi fratelli maggiori e di Harry, che non poteva certo essere invidiato dal momento che ora si ritrovava con una donna isterica e con un bambino pestifero che incominciava a fare i primi passi, provocando una montagna di pasticci, aveva deciso  di adottare una linea di neutralità e comprensione e, soprattutto, aveva imparato a proprie spese che non bisognava mai, mai, contraddire una donna incinta.

Si accostò alla ragazza e, prendendole il viso fra le mani sorridendo goffamente, le disse: “Hermione lo so. Posso solo immaginare cosa tu stia passando in questo momento però sappi che puoi sempre contare su di me. Ci sono io qui con te.”

Hermione alzò lo sguardo su di lui e, prima di impossessarsi delle sue labbra,  aggiunse ridacchiando: “E ci mancherebbe! Le devo forse ricordare Signor Weasley che ha contribuito al 50 % a quest’opera?”

Ancora abbracciati uscirono dall’appartamento e prima che la porta di casa si chiudesse si poté udire Ron che bisbigliava con fare suadente nell’orecchio della ragazza: “Ma davvero ti è cresciuto il seno?”

 

 

Jean Granger si aggirava nell’elegante salotto della sua villetta come una tigre in gabbia.

Ormai stava percorrendo lo stesso tragitto, compiendo i medesimi gesti, da circa un quarto d’ora.

Si avvicinava alla finestra che dava sulla strada, scostando leggermente una delle tendine di mussola per sbirciare fuori, poi si fermava davanti al caminetto  passando un dito sul ripiano di marmo, alla ricerca di un qualche inesistente granello di polvere e, infine, guardava apprensiva il grande orologio a pendolo che stava in un angolo della stanza.

Nel frattempo suo marito Edward fumava la pipa leggendo il “Times”, comodamente seduto davanti al fuoco.

“Non credi che sarà successo qualcosa? Hermione è sempre così puntuale di solito!” gli chiese tamburellando con le dita sul tavolino da tè apparecchiato di tutto punto.

“Jean, è la terza volta che mi fai questa domanda. Staranno arrivando, vedrai; in fondo sono in ritardo di appena 15 minuti!” rispose lui laconico, togliendosi gli occhiali da lettura e riponendo con calma il giornale.

La signora Granger stava per aprire la bocca, pronta a ribattere qualcosa, quando uno scampanellio forte e chiaro riempì l’aria, annunciando che gli ospiti erano arrivati.

L’uomo si alzò per andare ad aprire, non prima di aver rivolto un’espressiva ed eloquente occhiata a sua moglie.

Come previsto, sua figlia, infagottata in un pesante cappotto grigio e saldamente attaccata al braccio del suo fidanzato Ronald Weasley, fece il suo ingresso nel vestibolo dalle pareti azzurrine della casa.

“Oh papà, sono così felice di vederti!” affermò liberandosi del pesante indumento, per poi abbracciarlo con dolcezza.

Il signor Granger li condusse in salotto, dopo aver ricevuto una vigorosa e poderosa stretta di mano dal suo futuro genero.

Jean salutò i ragazzi con affetto e li fece accomodare sul divano, porgendo loro le candide tazze di porcellana ricolme di tè fumante.

“Ero leggermente in pensiero, sapete? Fuori nevica da morire e voi tardavate ad arrivare. Comunque ora siete qui e non vedo l’ora di conoscere le novità di cui dovete parlarci! Ma prima godiamoci questo tè, a proposito servitevi pure da soli dei muffin e degli scones, non sapevo quali preferivate e così li ho fatti entrambi!”

Ron non se lo fece ripetere due volte e, ringraziando più volte impacciato la madre di Hermione, si fiondò sul vassoio d’argento straripante dei gustosi dolcetti.

La ragazza, intanto, sorseggiava pensierosa il bollente liquido ambrato, riflettendo su come affrontare l’argomento che li aveva portati lì.

Alzò gli occhi e si ritrovò a fissare sua madre che con uno sguardo furbo e perspicace stava osservando l’anello che portava alla mano sinistra.

Decise che era giunto il momento di fare il grande annuncio ( o meglio i grandi annunci).

Appoggiò la tazza sul tavolino e, dopo aver fatto un respiro profondo, esclamò con voce chiara e sicura: “Allora, come mamma ha ricordato poco fa, io e Ron abbiamo una cosa importante, molto importante di cui parlarvi.”

Riuscì ad attirare l’attenzione di tutti i presenti, Edward inforcò gli occhiali con aria interessata, Jean la guardava incoraggiante e Ron si era quasi strozzato con il tè.

Si strinse di più al ragazzo e stringendogli una mano, si schiarì la gola prima di ricominciare a parlare.

“Sapete bene da quanto tempo io e Ron stiamo insieme e, soprattutto, come stiamo bene insieme. Così avevamo pensato che è giunto il momento di, come dire, ufficializzare la nostra unione, ecco. Ci sposiamo!”

Un sorriso a trentadue si aprì sul suo volto, mentre il ragazzo continuava ad annuire in modo concitato, convinto che questa partecipazione da parte sua fosse più che sufficiente.

I suoi genitori, nel frattempo, sorridevano felici, ignorando che le sorprese non fossero finite lì.

Hermione, allora colse la palla al balzo e, senza dare a nessuno il tempo di proferire parola, aggiunse fulminea: “In realtà ci sarebbe anche un’altra cosa, non è vero Ron?”

Il ragazzo le rivolse un’occhiata supplichevole e deglutendo rumorosamente boccheggiò per una frazione di secondo, incapace di dire alcunché.

Poi, assumendo nuovamente un contegno e attingendo al coraggio che solo un vero Grifondoro poteva possedere, dichiarò: “Effettivamente Hermione ha ragione, ci sarebbe un’altra piccola, anzi direi quasi insign-“ Fu bloccato da un calcio della ragazza che con uno sguardo omicida, assomigliava terribilmente ad un Basilisco pronto a colpire una sua preda.

I signori Granger, confusi e leggermente spaesati, seguivano quella particolare e, per certi aspetti, comica  scenetta, senza sapere bene cosa aspettarsi.

Finalmente Ron, incitato dalla minacciosa espressione di Hermione, disse tutto d’un fiato, certo che così sarebbe stato meno doloroso: “Oh e va bene, aspettiamo un bambino!”

La reazione dei signori Granger non tardò ad arrivare.

Jean batté una volta le mani e risoluta a mostrare tutta la sua gioia, corse dalla figlia avvolgendola in un caloroso abbraccio, mentre Edward, pallido come un cencio e in iperventilazione, fece inavvertitamente cadere la sua tazza sul pavimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Famiglia ***


Un mese e quattro giorni di ritardo.

Non so cosa dirvi, se non mi dispiace.

Mi dispiace sul serio ma è stato un periodo un po’ particolare.

Spero che riusciate a comprendermi, nel frattempo non posso che rinnovare i miei ringraziamenti a tutti voi che, nonostante tutto, continuate a seguirmi ed a mostrarmi il vostro appoggio.

Grazie.

 

 

 

“Living life is fun and we've just begun
to get our share
of this world's delights.
High...
High hopes we have for the future
and our goal's in sight.
No...
No, we don't get depressed.
Here's what we call our golden rule.
Have faith in you and the things you do.
You won't go wrong, oh no.
This is our family jewel.
We are family.”

 

(“We are family”, Sister Sledge)

 

 

 

 

Hermione amava sfogliare i grandi album pieni zeppi di fotografie, accuratamente allineati sulla mensola del caminetto.

Era convinta che quei piccoli rettangoli di carta colorata – e talvolta in movimento- fossero l’unico mezzo per permetterle di fare un tuffo nel passato.

Erano strane le fotografie: riuscivano ad intrappolare, in modo misterioso e quasi magico, ogni istante di vita, per sempre.

Sorrideva, Hermione.

E piangeva.

Un’infinità di fotografie che rappresentavo le tappe più significative della sua vita e le persone importanti che l’avevano accompagnata in questo incredibile e, talvolta, tortuoso percorso.

Volti sbiaditi, segnati dal tempo che, impietoso e implacabile, andava avanti portandosi spesso con sé i suoi compagni di viaggio.

Man mano che girava quelle pagine, che profumavano di passato e di ricordi, poteva vedere come ciò che aveva appena pensato fosse terribilmente vero: alcune persone scomparivano all’improvviso per dovere, per necessità o per semplice fatalità mentre visi nuovi comparivano dapprima sporadicamente per poi diventare una presenza costante.

Osservando un’immagine di sé da neonata, bianca e rosea e con pochi ciuffi di capelli castani in testa, aveva iniziato a fantasticare sull’aspetto del bambino che portava in grembo e che, ora, non era più grande di uno scellino.

Innanzitutto sarebbe stato un maschio o una femmina? E sarebbe stato più simile a lei oppure a Ron?

Comunque, lei era convinta che avrebbe avuto i capelli rossi; tutta la nuova generazione Weasley aveva infatti ereditato, in modo più o meno evidente, il tradizionale colore di famiglia e quindi riteneva che anche nel suo caso sarebbe stato così.

Mentre stava richiudendo l’ultimo album, quello dell’estate subito dopo la Guerra, guardò distrattamente l’orologio che aveva al polso sinistro.

Le lancette segnavano le 10 e 15, doveva prepararsi o rischiava di fare tardi.

Finì di sorseggiare l’infuso di menta piperita che di recente era diventato il suo preferito per poi avviarsi con passo spedito verso il bagno.

Quel giorno si era presa un permesso dal lavoro poiché aveva un appuntamento con Audrey, che lavorava al San Mungo, per una visita di controllo; nel pomeriggio, invece, doveva vedersi con Ron, che, con fare guardingo e misterioso, le aveva detto che aveva una sorpresa per lei.

Sistemandosi frettolosamente i capelli in una semplice e scomposta crocchia, non poté fare a meno di ridacchiare nel vedere la schiera di flaconcini e barattoli allineati sul mobiletto sopra il lavandino.

Acido folico, vitamine, integratori, minerali e Merlino solo sapeva cos’altro le aveva comprato sua madre appena era venuta a conoscenza della sua gravidanza.

Come ogni bravo medico che si rispetti – e, ahimè, anche i dentisti rientravano a pieno titolo nella categoria- aveva iniziato a compilare una lista dei farmaci  che, a suo dire, erano assolutamente indispensabili per la crescita e lo sviluppo del feto che, tra meno di sei mesi, sarebbe stato suo nipote.

Così nonostante la neve aveva insistito per uscire costringendo Ron ad accompagnarla mentre lei era rimasta a casa con suo padre, che aveva avuto una reazione completamente diversa.

Dopo un’iniziale stato di totale abulia, durante il quale era mancato poco che diventasse cianotico per la mancanza di ossigeno, si era alzato e le era venuto incontro con un’espressione indecifrabile sul volto, totalmente irrigidito eccezion fatta per il labbro inferiore, scosso da un impercettibile tremolio.

Poi, all’improvviso, l’aveva abbracciata e, avendo riacquistato la piena consapevolezza di sé, si era seduto accanto a lei ed aveva incominciato a parlare.

Hermione non aveva mai pensato di poter avere una conversazione del genere con lui, eppure ne era rimasta piacevolmente colpita.

Il padre le aveva confessato che era rimasto parecchio sconvolto dalle notizie che aveva appena appreso, non per sciocchi ed anacronistici motivi morali, ma semplicemente perché ciò significava che la sua bambina era davvero cresciuta, diventata una donna.

E lui aveva una matta ed immotivata paura di perderla: di perdere la piccola Hermione, che aveva cullato, coccolato, cresciuto, a cui aveva insegnato a parlare, camminare, leggere, a cui aveva trasmesso il suo amore per la cultura e l’importanza di valori come la fedeltà, la costanza, il coraggio.

D’altro canto aveva dovuto ammettere che lui e sua madre si aspettavano da tempo che i due ragazzi compiessero un passo del genere, era così che doveva andare.

Per quanto duro e malinconico potesse essere ammettere una cosa del genere, loro erano sempre stati coscienti di non essere stati gli unici punti di riferimento della ragazza da quando aveva undici anni; volenti o nolenti avevano dovuto accettare la presenza di Harry e, in maniera maggiore, di Ron ed avevano dovuto imparare a condividerla con loro.

Con il passare del tempo di erano resi conto che proprio il secondo ragazzo sarebbe stato la causa del definitivo allontanamento della loro unica figlia, ma non erano tristi per questo.

Edward Granger confessò alla sua bambina che, molto probabilmente, non sarebbe stato così accondiscendente se al posto di Ron ci fosse stata un’altra persona.

In fondo Hermione non era che una piccola parte di loro stessi, ma non era di loro proprietà: è questo il destino dei figli, nascere, crescere e poi prendere la propria strada, imparare a volare, fare le proprie scelte, i propri errori, vivere gioie e dolori, in una parola vivere.

E forse perché non si sarebbe mai aspettata che il suo ligio e rigoroso padre potesse mai farle un discorso del genere, forse perché in quel momento lei aveva davvero bisogno di quelle parole Hermione lo abbracciò come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.

E pianse.

Pianse di commozione, gioia e nostalgia.

 

 

 

Harry Potter sedeva alla scrivania dell’ufficio che divideva con Ron, intento a massaggiarsi le tempie, mentre la sua bocca si apriva inesorabilmente in profondi sbadigli e i suoi occhi tendevano, inevitabilmente, a chiudersi, reduce di una nottata passata completamente in bianco come stava succedendo fin troppo spesso nell’ultimo periodo.

Se fino a qualche anno prima la stanchezza ed il sonno al mattutini erano indice di divertimento e bella vita, negli ultimi tempi non era affatto così.

Aveva passato la notte precedente a calmare il piccolo James che aveva urlato come una Banshee fino all’alba a causa dei dentini che stavano nascendo, mentre Ginny correva ogni tre minuti al gabinetto, in preda a terribili attacchi di nausea.

A peggiorare la sua situazione c’era Ron che, gongolante e con un sorriso ebete stampato sul volto, lo fissava in tralice, dondolando sulla sua poltrona di pelle di drago.

“Si può sapere cosa ti prende?” sbottò all’improvviso Harry, profondamente irritato.

“Uhm, ehi amico secondo me tu hai bisogno di una vacanza! Comunque, visto che me lo chiedi sono felice di dirti che la mia vita va a gonfie vele!” esclamò allegramente Ron.

Harry si passò una mano sulla faccia e ribatté: “Una vacanza, certo. Tu non hai idea di cosa significhi avere a che fare con un lattante che strilla come un’aquila né tantomeno con tua sorella incinta. Non fraintendermi,  io li adoro, però a volte mi fanno rimpiangere i tempi in cui combattevano contro un Signore Oscuro di nostra conoscenza! E non riesco a capire cosa ti renda così soddisfatto e raggiante. ”

L’altro non riuscì a trattenere una risata e, dopo aver ripreso il controllo di sé, dichiarò con tono beffardo: “Beh detto in tutta sincerità non ti invidio neanche un po’, anche se non sono stato certo io che ti ho convinto a sposare mia sorella e ad ingravidarla così presto e così in fretta.

“Non sei nella posizione più adatta per parlare, credo. Almeno noi abbiamo aspettato il matrimonio, prima di fare dei figli. A proposito, non mi hai più raccontato com’è andata dai genitori di Hermione sabato!”

Harry era sicuro di aver toccato un tasto dolente, invece inspiegabilmente il sorriso di Ron si fece ancora più largo.

“Oh è andata alla grande, oltre ogni mia aspettativa. Certo c’è stato un breve momento in cui ho temuto per la mia incolumità, dato che il padre di Hermione mi fissava in modo strano e aveva perfino rotto una tazza; però poi tutto si è risolto per il meglio. Diciamo che ho salvato la pelle ancora per un po’!”

“Quindi niente evirazione?” chiese Harry, ricordando uno dei timori più grandi dell’amico a proposito delle possibili reazioni del suo futuro suocero.

Ron gli scoccò un’occhiata trionfante dicendo con enfasi: “Puoi ben dirlo! Sul serio, Harry le cose non potrebbero andare in modo migliore.   

Ti ricordi di quella faccenda di cui ti avevo parlato la settimana scorsa? Stamattina ho ricevuto una lettera di conferma e oggi pomeriggio devo incontrare Hermione per andare a visitare insieme il posto. Ho deciso di farle una sorpresa, non è fantastico?”

Harry annuì laconico con la testa ciondolante, fino a che, vinto dalla stanchezza, crollò sulla scrivania.

 

 

“Ronald Weasley, si può sapere cosa significa tutto ciò?”

Hermione odiava non avere tutto sotto controllo ed essere con gli occhi bendati vagando da circa 15 minuti senza una meta, incapace di muovere un solo passo senza l’aiuto di Ron, la rendeva fastidiosamente vulnerabile.

“Hermione, te lo ripeto per la centesima volta ti fidi di me? Siamo quasi arrivati.  Attenta c’è uno scalino” cantilenò il ragazzo stringendo la sua mano con più vigore.

Hermione sbuffò spazientita: “Certo che mi fido di te, però potevi almeno dirmi dove stiamo andando. Lo sai che non mi piace quando fai il misterioso”.

“Se ti dico che sarà una sorpresa, sarà una sorpresa! Non posso rivelarti nulla, vedrai che rimarrai di stucco!”

“Me lo auguro per te! Altrimenti so io come farti passare la voglia di giocare al piccolo agente segreto”.

Mentre continuava a borbottare tra sé, Hermione si accorse appena che si erano fermati e che Ron le aveva lasciato la mano per slegarle la benda che le impediva di vedere.

“… e poi quante volte devo dirti che a me le sorprese non piacciono…”

“Hermione, vuoi stare un attimo zitta per favore? Siamo arrivati.”

La ragazza si bloccò di colpo, sbattendo velocemente le ciglia per riabituare gli occhi alla luce del pomeriggio.

Si trovavano in un rigoglioso giardino, davanti ad una grande casa di mattoni rossi.

“Io non credo di capire.” mormorò con un filo di voce.

Ron la guardò eccitato come un bambino la mattina di Natale e disse trepidante: “Allora ti piace? Signorina Granger le presento la nostra nuova casa!”

Hermione lo guardò sconcertata.

“Oh cielo! Ma-ma cosa stai dicendo?”

Ron la guardò un po’ deluso, si aspettava salti di gioia e invece sembrava che la ragazza non fosse neanche in grado di formulare una frase di senso compiuto senza balbettare.

“Ecco vedi ho sempre pensato che quando ci saremmo sposati e avremmo avuto dei bambini, il nostro appartamento a Diagon Alley sarebbe stato poco indicato. Insomma è piccolo e per crescere dei bambini serve spazio, un giardino, cose così.

Una settimana fa ho trovato quest’annuncio sulla Gazzetta, sono venuto a vedere la casa e mi è sembrata perfetta, così l’ho bloccata. Siamo a Godric’s Hollow, a dieci minuti da Harry e Ginny, non è magnifico? So che probabilmente sarai arrabbiata perché avrei dovuto consultarti prima, però l’idea di farti una sorpresa mi sembrava perfetta. Anche se, dalla tua reazione non credo che abbia fatto la cosa giusta.”

Hermione si avvicinò di più a lui e prendendo il suo volto tra le mani disse: “ Ron, non devi assolutamente pensare una cosa del genere e se non ti sembro abbastanza entusiasta è solo perché non me lo aspettavo. Sei stato così dolce, insomma anche io ho sempre ritenuro che avremmo dovuto traslocare e questa casa sembra così bella. Mi hai fatto una sorpresa stupenda, sul serio.”

Si alzò sulle punte e lo baciò.

Ancora abbracciati, Ron bisbigliò sulle sua labbra: “Sai, credo che dovremmo entrare. Non hai ancora visto l’interno!”

Hermione sembrò un po’ contrariata per il fatto di doversi separare da lui però lo seguì docile.

Stavolta Ron aveva davvero superato se stesso.

La casa era grande e spaziosa: al piano terra c’erano un confortevole salotto con un adorabile camino, la cucina, la sala da pranzo , un bagno ed uno studio con un’imponente libreria di legno scuro che correva lungo  tutte le pareti.

Al piano superiore c’erano quattro camere da letto con relativi servizi e una piccola scala a chiocciola portava in mansarda, da dove, grazie ad una vetrata colorata, si aveva una visione mozzafiato di tutta la piccola cittadina e delle colline circostanti.

Sul retro un enorme cortile completava il tutto.

Hermione si aggirava per le stanze elettrizzata e contenta, trascinando Ron con sé e facendo mille progetti.

All’improvviso si fermò di botto a metà scala, rischiando di far inciampare il ragazzo e, guardandolo con un’espressione preoccupata gli chiese: “Ron ma sei sicuro che possiamo permettercela?”

Ron strabuzzò gli occhi, le appoggiò le mani sui fianchi e le rispose rassicurante: “Certo che possiamo! Hermione appena sono entrato in questa casa ho capito subito che sarebbe stata perfetta per noi, ho sentito che doveva essere nostra.

Siamo una famiglia ora e se pure dovrò fare dei sacrifici, li farò costi quel che costi.

E comunque ti assicuro che il prezzo è del tutto ragionevole e rientra nelle nostre possibilità.”

“Sei così dannatamente romantico e devo ammettere che la cosa non mi dispiace affatto. Sai penso proprio che potrei abituarmi a tutte queste attenzioni.

Non ti avevo mai sentito parlare così!

 A quanto pare, Weasley, ti ho proprio incastrato!”

Scoppiarono a ridere entrambi, Ron dondolò sul posto e la strinse forte tra le sue braccia.

Non c’era più bisogno di parole e se qualcuno avesse letto nella mente dei due ragazzi si sarebbe accorto che stavano pensando esattamente la stessa cosa.

Erano una famiglia, ora.

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Capitolo 12
*** Buon compleanno, Ron! ***


È passato maggio senza che io mi facessi viva, due mesi senza aggiornamenti.

Mi dispiace. Molto.

Ho scritto e riscritto questo capitolo tante volte, non riuscendo a farmelo piacere; solo ora posso dire di esserne davvero soddisfatta.

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Farò di tutto per non deludervi più, ve lo prometto ;)

Ringrazio tanto i lettori nuovi e vecchi, soprattutto i vecchi, che con tenacia e costanza continuano a seguirmi.

Grazie e, come sempre, il vostro parere è sempre molto gradito. :D

 

 

 

“Ogni tanto mi sorprendo
un po’ t’invento un po’ ti dai
Ogni tanto perdo il filo forse non ci sei
non hai nome chi ti crede fiore di ninfea
Duri un attimo
Ogni tanto fai spavento
prendi tutto e non ti fermo

Amor che nulla hai dato al mondo
Quando il tuo sguardo arriverà
Sarà il dolore di un crescendo
Sarà come vedersi dentro”

("Ogni tanto" - Gianna Nannini)

 




Hermione Granger era nota per essere una strega, oltre che brillante, anche ordinata e precisa in maniera quasi maniacale.

Lo sapeva bene la sua segretaria Dorothy che, suo malgrado, era una donna abbastanza pasticciona e confusionaria e ammirava la capacità della ragazza di avere sempre tutto sotto controllo.

In quei giorni, però, l’eccentrica donna non aveva potuto fare a meno di notare che il solito rigore e la consueta cura che vigevano nell’ufficio della Signorina Granger erano decisamente venuti meno.

Appoggiata allo stipite della porta, Dorothy osservava con curiosità ed attenzione le numerose pergamene che volavano per tutta la stanza, mentre una Hermione piuttosto concentrata ed indaffarata dettava ad una piuma auto-scrivente la relazione sull’attuale situazione degli Elfi Domestici.

La donna decise di prendere in mano la situazione e avvicinandosi alla ragazza, che non si era ancora accorta della sua presenza, tossicchiò leggermente per attirare la sua attenzione.

“Oh cielo, Dorothy! Mi farai prendere un colpo se ti presenti così all’improvviso!” esclamò Hermione sobbalzando.

Sistemandosi gli occhiali a forma di farfalla sul naso Dorothy si accomodò sulla sedia posta di fronte alla scrivania e, con l’espressione più seria che riuscì ad assumere, proferì: “Io credo invece che se tu fossi un tantino meno stressata non salteresti su come una molla ad ogni minimo rumore.”

“Io non sono affatto stressata” borbottò Hermione piccata.

La donna alzò un sopracciglio e con disappunto affermò: “Be’ io non direi. Sai che non mi permetterei di parlarti così se non avessi a cuore il tuo bene ed è per questo che sono venuta qui a offrirti il mio aiuto. Devi staccare un po’ la spina e dedicarti di più a te stessa, non sei una macchina da guerra e con tutte le incombenze a cui devi pensare in questo momento, anche al di fuori del lavoro, non mi stupisco che hai perso un po’ il controllo.”

Dorothy, per essere ancora più convincente, parlò allargando le braccia in un movimento circolare come a volerle mostrare lo stato disastroso in cui si trovava l’ufficio.

Hermione si guardò introno con occhi spalancati e sussultò nervosa come se si fosse realmente accorta solo allora del caos che la circondava.

Doveva ammettere che, in fondo, Dorothy non avesse poi del tutto torto: oltre alle pergamene svolazzanti ed alle piume che scrivevano frenetiche, pile e pile di libri occupavano la grande scrivania di noce, il cestino era colmo di bicchieri ormai vuoti di caffè e la parete di destra era completamente ricoperta da post-it multicolore che le ricordavano i numerosi appuntamenti di quei giorni ( a quella vista non poté che sorridere, ogni colore corrispondeva ad un ambito: l’azzurro era legato alla gravidanza, il verde al lavoro, il bianco al matrimonio ed il rosso al trasloco).

Come le ripeteva sempre sua nonna il “disordine materiale era sintomo di disordine mentale” e lei non poteva che essere d’accordo, aveva mille cose a cui pensare e, per quanto Ron potesse esserle d’aiuto, lei voleva sempre avere tutto sotto il suo diretto controllo; però, come le aveva ricordato Dorothy poco prima, non era una macchina e forse, ultimamente, aveva perso qualche colpo.

Si passò stancamente una mano sulla faccia e disse debolmente: “Ok, forse hai ragione tu. Mi rendo conto che, in effetti, non posso fare tutto da sola, altrimenti rischio di non fare nulla come si deve.

 D’altra parte è tutto della massima importanza e non posso tralasciare un impegno a scapito di un altro.”

La donna la guardò comprensiva e dandole un buffetto affettuoso sul braccio disse: “Il fatto che tu abbia ammesso di non poter fare tutto da sola è già qualcosa di importante. Per questo mi sono presa la libertà, prima di chiederti il permesso, di riordinare un po’ gli appuntamenti delle prossime due settimane!”

Hermione scrutò colpita l’agenda che la donna le stava porgendo, in cui erano stati sistemati in modo ordinato ed inappuntabile – e questa era la cosa più straordinaria conoscendo la sbadataggine della segretaria- i suoi impegni futuri.

“C’è però qualche piccola incongruenza riguardo gli incontri di domani pomeriggio.” confessò Dorothy con una punta di imbarazzo “Hai due appuntamenti che si accavallano: uno è presso un certo Nightingale Hospital” e l’altro é il convegno della delegazione dei folletti provenienti da Warwick. Quale devo rimandare?”

Hermione le rivolse un’occhiata sconvolta ed esclamò: “Per le mutande di Merlino! Come ho potuto fare una cosa del genere? Oh Dorothy sono in un enorme pasticcio.”

“Fammi pensare un po’ cosa si può fare; a proposito, per quale bislacco motivo devi andare in un ospedale Babbano? Non è che potresti spostare questo appuntamento?”

Hermione, a quella domanda, arrossì leggermente.

“No, assolutamente. E’ una visita medica di vitale importanza, senza dimenticare che è un mio regalo per Ron, sai domani è il suo compleanno!”

“Fagli tanti auguri da parte mia cara, però, scusa se sono indiscreta,  perché gli hai regalato una visita medica?” le chiese Dorothy visibilmente meravigliata.

Hermione, divertita di fronte allo sconcerto della donna, rispose: “Ma non é una visita medica qualsiasi, domani ho un’ecografia: é una specie di fotografia del bambino.

Sono sicura che Ron ne sarà felicissmo, ha completamente perso la testa per  lui e non è ancora è nato! Quando torno a casa mi sequestra e passa ore intere a palargli o a cercare di ascoltare qualcosa appoggiando l’orecchio sulla mia pancia.”

“Tesoro, ma è meraviglioso! Vedrai che Ron sarà un padre fantastico. Bisogna ammettere che i Babbani quando vogliono sanno essere ingegnosi. E sai cosa ti dico? Ho avuto un’idea geniale per risolvere la questione; al convegno ci andrà Andrew Plank, il tirocinante. Tu stessa hai ammesso che ha talento e questa è l’occasione perfetta per dimostrare le sue capacità!”

“Dorothy, ti adoro! Non so come farei senza di te, è una soluzione perfetta.”

Decisa a mostrarle tutta la sua gratitudine, Hermione si alzò e le diede un bacio sulla guancia.

 

 

 

1 marzo 2006

 

“Hermione se questo è uno scherzo per farmi pagare il fatto che non ti avevo detto nulla sulla casa, ti assicuro che non è divertente! E poi mi era sembrato che l’effetto sorpresa, alla fine, ti fosse piaciuto!”

Hermione alzò gli occhi al cielo e trascinando il ragazzo per un braccio dichiarò esasperata: “Ron per la centesima volta, questo non ha nulla a che fare con la casa. Te l’ho detto è il mio regalo di compleanno per te e se non la finisci giuro che me lo godrò da sola!”

Il ragazzo biascicò un “Va bene, sto zitto” poco convinto e strascicando  i piedi continuò la sua marcia.

Si trovavano nel South Kensington, il signorile e distinto quartiere di Londra che aveva dato i natali a Hermione e che Ron tanto detestava.

Attorno a loro la primavera quasi alle porte stava facendo timidamente capolino annunciando il suo arrivo con qualche primula sbocciata qua e là nei curati giardini e con il cinguettio delle rondini, che stavano tornando dopo la loro lunga e faticosa migrazione, pronte a costruire i nidi che, presto, avrebbero ospitato tante piccole nuove vite.

Il ragazzo si guardava attorno con circospezione chiedendosi cosa avesse in mente Hermione e per quale motivo lo avesse portato in quel posto Babbano, sebbene sapesse quanto lo mettesse in soggezione.

D’accordo una parte di lui aveva imparato ad amare quella zona, fosse solo perché era il luogo in cui era nata e cresciuta la ragazza, ma, in ogni caso, era pur sempre troppo distante dal suo mondo.

Finalmente, giunti davanti ad un alto cancello di ferro battuto su cui troneggiava un cartello con su scritto “Welcome to Nightingale Hospital”, Hermione si fermò.

Ron strabuzzò gli occhi e stupito e spaventato al tempo stesso le chiese: “Non dirmi che siamo arrivati. Il mio regalo sarebbe una visita in un ospedale?”

Hermione, allegra e con un sorrisetto beffardo sul volto, lo rassicurò: “Mi dispiace deluderti, però in parte hai ragione. Questa è la clinica dove sono nata e, effettivamente, al suo interno c’è il mio regalo per te. Però ti posso assicurare che non c’è nulla di cui preoccuparsi, ti fidi di me, vero?”

Ron, considerato il tono con cui gli si era rivolta, non poté che acconsentire e se pure alquanto perplesso decise di seguirla senza fare altre storie.

Dopo aver percorso un lungo viale arrivarono davanti ad una struttura bassa dipinta di bianco, salirono i gradini di marmo e spingendo le pesanti porte di vetro dell’ingresso arrivarono in un atrio spazioso e luminoso.

Tutt’intorno si diffondeva una melodia dolce  e leggera, dietro ad un bancone sedeva un’infermiera sorridente e dovunque guardasse Ron si ritrovava davanti donne con prorompenti pancioni ed immagini di neonati avvolti in copertine di delicati colori.

Totalmente assorto nell’osservazione dello strano ambiente che lo circondava non si rese conto che Hermione si era avvicinata al bancone per chiedere informazioni alla cordiale infermiera.

La donna, con indosso una divisa rosa e con un cerchietto di celluloide tra i capelli biondi, disse loro: “Bene, la dottoressa Carter sarà libera tra pochi minuti, la sua assistente vi chiamerà quando sarà il vostro turno. Nel frattempo accomodatevi pure nella saletta qui a fianco.”

Hermione le rivolse un sorriso e arpionando per un braccio un Ron sempre più sbalordito giunse nella sala d’aspetto.

“Allora, sei pronto per la grande sorpresa?” gli chiese più euforica che mai.

“Dovrei rispondere di sì? Cioè, io sinceramente non capisco dove tu voglia andare a parare.

Prima fai tutta la misteriosa e va bene, poi mi porti in questo quartiere Babbano e va ancora bene perché dici che è la sorpresa per il mio compleanno, ma adesso mi sono un po’ spazientito, miseriaccia!

Siamo in un ospedale e da quello che ho potuto vedere ci troviamo in un reparto per donne incinte.

Hermione c’è qualcosa che non va nella tua gravidanza? Il bambino ha qualche problema? Sono stufo di questi giochetti, voglio la verità!”

Ron la fissava con uno sguardo duro e preoccupato, che unito al tono frustrato che aveva appena usato, fece capitolare Hermione.

Gli si fiondò letteralmente addosso, abbracciandolo stretto e con il volto appoggiato sul suo ampio petto mugugnò: “Ron, scusami. Sono stata una stupida, io volevo solo farti una sorpresa, non avrei mai pensato che potessi esserti impensierito.

E’ così dolce da parte tua preoccuparti sempre per me e per il bambino e così avevo pensato di regalarti, per il tuo compleanno, la possibilità di vederlo davvero.

Hai ragione, questo è il reparto maternità della clinica però sia io che lui stiamo benissimo; ci troviamo qui perché ho prenotato un’ecografia!”

Ron si staccò un po’ da lei e alzandole il viso con una mano le chiese: “Una eco-che? E che intendi con vederlo?”

“L’ecografia è una specie di fotografia che permette di vedere all’interno della pancia. Attraverso un sistema di ultrasuoni si formano le immagini del bambino su uno schermo come quello di un televisore” gli spiegò con il cipiglio da studentessa modello che non l’aveva mai abbandonata del tutto.

“Wow… Tu mi stai dicendo che tra poco vedremo nostro figlio? È fantastico! Fantastico! Il più bel regalo che potessi mai farmi, sul serio!”

L’entusiasmo di Ron era tangibile, tanto che la sollevò da terra baciandola e tenendola stretta a sé.

Fu così che entrambi non si accorsero dell’infermiera, giunta nella sala d’aspetto per accompagnarli dalla dottoressa.

Divertita e intenerita la donna quasi si dispiacque per aver interrotto una così romantica scenetta: “Scusate se vi disturbo ma è arrivato il vostro turno, la dottoressa Carter vi sta aspettando.

Seguitemi.”

Visibilmente imbarazzati per essere stati colti in flagrante i due ragazzi la seguirono lungo un asettico e candido corridoio in silenzio.

 

 

 

Tum, tum, tum.

 

“E quel puntino nero che vedete è il suo cuoricino.”

Incanto, meraviglia, stupore, felicità, perplessità, paura, entusiasmo: Ron non sapeva distinguere la varietà di emozioni che stava provando in quel momento… e c’era chi aveva insinuato che possedeva la sfera emotiva di un cucchiaino.

La stessa persona che ora era distesa sul lettino di quell’ospedale, con la pancia ricoperta di gel, gli occhi scintillanti di gioia e un sorriso smagliante sulla bocca e che aveva reso possibile tutto ciò che stavano vivendo in quel momento.

Ron aveva tante volte immaginato come potesse essere suo figlio, quanto potesse essere grande, come si trovasse lì dentro, nella pancia di Hermione, eppure non aveva mai realmente pensato di poter vederlo –e sentirlo- davvero.

Guardare come, sullo schermo di quel letevisore si agitasse come un pesciolino, portando la minuscola mano al volto ed ascoltare il rumore continuo e inarrestabile del suo piccolo cuore  che risuonava nell’aria, lo rendevano consapevole della sua presenza: lui era lì, reale e tangibile, pronto già a reclamare l’amore dei suoi genitori, che, d’altra parte, lo ammiravano estasiati.

Ron aveva sempre creduto che l’amore a prima vista non fosse possibile: l’amore si costruiva a piccoli passi, era un sentimento che andava costantemente nutrito e rinvigorito con gesti, parole, attenzioni, non poteva semplicemente essere ascritto all’euforia effimera del momento.

Ebbene, in quel preciso istante, il ragazzo aveva dovuto ravvedersi, visto che si era appena – ma probabilmente lo era fin dall’inizio- innamorato di suo figlio.

Hermione si girò versi di lui, gli strinse forte la mano e, con gli occhi puntati nei suoi, bisbigliò: “Buon compleanno, Ron!”

 

 

 

Quella sera, sdraiato sul divano, con la schiena appoggiata a uno dei braccioli, Ron osservava rapito le immagini che la dottoressa Carter aveva dato loro.

Fu così che lo trovò Hermione, quando, con numerose lettere e due fumanti tazze di tè tra le mani, entrò nel salotto del loro appartamento.

“Dici che se ti dedicassi un po’ alla sua mamma, il piccolino si offenderebbe ora?” gli chiese sedendosi tra le sue gambe, dopo aver appoggiato le tazze sul basso tavolino di legno.

“Mmm credo che per oggi le attenzioni che gli ho dedicato gli possano bastare. Quindi sei la benvenuta” rispose il ragazzo invitandola ad appoggiarsi con la testa al suo petto.

“A proposito, cosa sono tutte quelle buste? Aspetta, lasciami indovinare, mamma ci ha, di nuovo, tartassato di lettere?”

Hermione strinse le labbra in una smorfia divertita agitando con la mano destra quattro degli otto rettangoli di pergamena in segno di risposta.

“Sai credo che Molly, però, non abbia tutti i torti. Per organizzare un matrimonio ci vuole tempo e noi non abbiamo ancora deciso neanche la data! Fa bene a preoccuparsi.”

Ron fece spallucce e dopo aver dato una lunga sorsata alla bevanda bollente affermò: “Secondo me ha solo paura che cambiamo idea!”

La frase gli costò uno scappellotto da parte della sua fidanzata, che assunse un’aria fintamente imbronciata e minacciosa.

“Be’ Weasley, sarà meglio per te che non sia così. Comunque, dovremmo davvero iniziare a pensare ai preparativi. Personalmente non mi sono mai piaciuti i matrimoni in estate inoltrata, fa troppo caldo e poi bisogna considerare che per quel periodo il pancione sarà piuttosto evidente ed io non ho alcuna intenzione di assomigliare ad una meringa formato gigante!”

“Su questo siamo d’accordo. Considerando quanto mi piacciano le meringhe e quanto mi piaccia tu, non posso garantire che riuscirò a trattenermi davanti ad una Meringhermione enorme e morbida e succulen-!”

Non riuscì a finire la frase, dal momento che un cuscino lo colpì in piena faccia.

“Ehi! Ma come siamo diventate permalose… In ogni caso, anche io non voglio sposarmi d’estate, ricordo ancora con orrore il matrimonio di Bill e non per l’arrivo a sorpresa dei Mangiamorte. I vestiti da cerimonia con il cado diventano insopportabili! E poi uno mica deve scegliere una data qualunque, ci vuole un giorno particolare, che abbia un significato importante, ecco.”

Hermione si voltò di scatto per guardarlo negli occhi, assunse un’espressione raggiante e prima di dargli un bacio festoso, esclamò: “Ron, tu sei un genio! Ora so quando fissare la data!”

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** You're my best friend ***


Poco più di due settimane, sto ritornando nella norma! :)

Spero di riuscire ad essere costante, perché vorrei davvero finire la storia prima di partire per le tanto agognate – meritate :P- vacanze.

Ringrazio di cuore tutti voi che leggete, seguite e recensite; in modo particolare chi ha commentato lo scorso capitolo. Presto vi risponderò in modo adeguato ;)

 

 

 

“Whenever this world is cruel to me
I got you to help me forgive
You make me live now honey
You make me live

You're the first one
When things turn out bad
You know I'll never be lonely
You're my only one
And I love the things
I really love the things that you do
You're my best friend
You make me live

I'm happy at home
You're my best friend
You make me live
You you're my best friend”

( “You’re my best friend” – Queen)

 

 

 

Quando quella tiepida e soleggiata mattina di inizio marzo Arthur Weasley si alzò, poté notare, con un certo disappunto, che nell'aria non c'era il consueto buon odore di cannella, zucchero e salsiccia che da quasi quarant'anni accompagnava ogni suo risveglio.

Ciò non preannunciava nulla di buono: nella sua lunga e, più o meno, serena vita coniugale ben poche erano state le volte in cui sua moglie Molly non aveva adempito al suo compito di madre e moglie perfetta, dimenticandosi di preparare un pasto.

La verità era che per la donna nutrire la sua famiglia era una priorità assoluta, tant'è vero che anche quando la sua numerosa progenie aveva ormai abbandonato il nido, lei continuava a mandare loro cestini straripanti di torte fatte in casa, di pasticci di carne e di verdure, di fragranti biscotti e di genuine conserve caserecce.

A nulla erano valse le flebili proteste dei figli di fronte a quella, seppur benevola, invadenza nelle loro vite: in realtà erano i primi ad apprezzare e, talvolta, addirittura a rimpiangere, le impareggiabili doti culinarie della madre, con buona pace delle loro consorti, che avevano dovuto rassegnarsi di fronte a cotanta bravura.

Per questo lo sgomento del signor Weasley era più che lecito.

Incuriosito e preoccupato per quell'anomala stranezza, si recò di tutta fretta in cucina - rischiando più volte di inciampare per le numerose rampe di scale – e ciò che vide lo lasciò più basito che mai.

Molly Weasley, con un'espressione corrucciata sul volto paffuto, avvolta nella sua vestaglia rosa a fiori e con i bigodini tra i capelli, era seduta al lungo e robusto tavolo di legno, intenta a scribacchiare con una consunta piuma d'oca su un chilometrico rotolo di pergamena.

Soltanto qualche minuto dopo, quando alzò distrattamente gli occhi dal suo misterioso lavoro, si rese conto della presenza del marito, che si era seduto di fronte a lei e la stava scrutando con attenzione cercando di capire cosa stesse architettando.

Perché di questo Arthur era sicuro: sua moglie aveva in mente qualcosa.

“Arthur, buongiorno! Tu non hai idea di cosa è successo stanotte, ma d'altronde dormivi alla grossa e non ti sei accorto di nulla.”

Lo rimbrottò bonariamente Molly e, senza dargli il tempo di rispondere, riprese: “Devi sapere che verso le 3 è arrivato Leo, il gufo di Ron, con una lettera da parte dei ragazzi. Mi sono svegliata di soprassalto, ero preoccupata, pensavo che fosse successo qualcosa di grave; invece quei due hanno finalmente deciso la data del matrimonio e hanno pensato bene di comunicarmelo il prima possibile.

Io non so cosa Merlino abbiano per la testa; leggi tu stesso! ”

La donna parlò gesticolando freneticamente e terminò la sua arringa sbattendo davanti al marito la lettera incriminata.

Arthur non riusciva a comprendere il motivo di tutta quell'agitazione: fino al giorno precedente Molly non aveva fatto altro che lamentarsi perché Ron e Hermione non avevano ancora scelto quando sposarsi e lei, anche se questo non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, era terrorizzata dalla possibilità che avessero cambiato idea, specialmente ora con un bebè in arrivo!

“Posso capire che l'arrivo inaspettato di Leo, nel cuore della notte, possa averti turbato, però perché sei così shockata?”

“Oh insomma Arthur ma bisogna sempre spiegarti tutto? Se solo ti fossi degnato di leggere, ora ti sarebbe tutto chiaro.

Indovina quando vogliono celebrare le nozze? Il primo maggio, il primo maggio, ti rendi conto?”

Il tono della donna era diventato stranamente acuto e pericolosamente isterico; vedendo lo sguardo vacuo che le stava rivolgendo il marito, che evidentemente continuava ad ignorare la gravità della situazione, Molly sbuffò spazientita e alzandosi di scatto esclamò: “Mancano solo due mesi al primo maggio, Arthur! Come si può organizzare un matrimonio decente in così poco tempo? Credevo che Hermione fosse più giudiziosa, ma evidentemente la vicinanza con tuo figlio ha infettato il suo senno!”

Dopo aver frettolosamente racimolato le numerose carte che ricoprivano il tavolo, si recò a passo di marcia verso le scale, senza dare ad Arthur la possibilità di proferire parola.

 

 

Hermione, scarmigliata e trafelata, si catapultò in casa Potter e, guardando di sfuggita la sua immagine riflessa nello specchio dell'ingresso, sbuffò davanti alle sue guance arrossate e alla crocchia disfatta.

Sfilandosi distrattamente lo spolverino grigio, rimase in ascolto per qualche secondo, cercando di capire dove fossero gli abitanti della casa.

Fu un urletto eccitato di James, seguito dalla sua cristallina risata, che la condusse nella spaziosa e luminosa cucina della casa.

Appoggiata all'arco che conduceva nella stanza osservò Harry che, con i capelli ricoperti da una strana sostanza verdognola, stava sgridando James che lo scrutava meditabondo.

La scena era terribilmente comica e la ragazza non riuscì a trattenere un risolino; a quel punto Harry, accortosi della sua presenza, le rivolse un'occhiata rassegnata.

“Ciao papà! Hai bisogno di aiuto? Qualcosa mi dice che non te la stai cavando troppo bene” esclamò ilare la ragazza.

“Hermione, non infierire per favore! A quanto pare James non ha gradito la sua cena. La prossima volta Ginny farà meglio a lasciare qualcosa di più appetitoso.”

Il bambino, sentendosi chiamato in causa, gorgheggiò allegramente tendendo le manine grassocce verso la sua madrina che, senza pensarci due volte, lo prese tra le sue braccia, liberandolo dal seggiolone.

Sedendosi accanto a Harry, disse: “Scusa se sono piombata qui senza avvisare ma sono appena passata per casa e così sono venuta a salutarvi.

A proposito, dov'è Ginny?”

“Alla Gazzetta, doveva consegnare un articolo, così a me è toccato fare il papà a tempo pieno! Comunque, sai bene che puoi venire quando vuoi, ma come mai eri da queste parti?”

Aggrottando le sopracciglia, in un'espressione contrariata, Hermione affermò:

“Dovevo portare dei libri a casa; non mi sembra vero di avere uno studio tutto per me! Nell'appartamento di adesso ho dovuto fare un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile al comodino per farci stare dentro tutti i miei volumi!

Purtroppo mentre stavo uscendo ho avuto il piacere di conoscere la nostra vicina: Piper Fredrickesen! È odiosa.”

Harry pensò che la ragazza non sarebbe mai cambiata e rivolgendole un'occhiata comprensiva disse: “Ti capisco. È abbastanza fastidiosa, appena c'eravamo trasferiti noi si presentava ogni giorno con qualche scusa.

Sembra che voglia capire chi sta invadendo il suo territorio. In ogni caso, a parte questo è innocua.”

Hermione agitò una mano per aria come a voler cambiare discorso quando i suoi si posarono sulla crostata di more che svettava al centro della tavola in un piatto di ceramica verde.

“Oh Merlino! Sbaglio o quella è la crostata di Molly? Ti prego dimmi che posso mangiarne una fetta!

Ultimamente non faccio altro che averne voglia: pensa che la scorsa settimana avendo già finito quella che ci aveva mandato, ho provato a cucinarla io; inutile dirti che il risultato è stato penoso.”

Harry, sentendo l'affermazione dell'amica, rise di gusto per poi porgerle una fetta formato gigante.

Mentre Hermione gustava estasiata il dolce della Signora Weasley, il ragazzo tentò di pulire il disastro combinato da James che fissava la scena con aria colpevole.

“Sai, spesso mi chiedo se la scelta di chiamarlo James Sirius sia stata saggia: con un nome del genere è normale che abbia ereditato la birbanteria, l'esuberanza e la tendenza a cacciarsi nei guai dei suoi celebri predecessori!”

Hermione gli sorrise ironicamente e ribatté: “Be' signor Potter dimentica che anche lei non è mai stato uno stinco di santo e se a ciò aggiungiamo che nelle vene di James scorre lo stesso sangue di Fred e George, tutto quadra!”

“Su questo non posso darti torto, però neanche tu sarai messa meglio eh! Devo ricordarti tutto ciò che abbiamo combinato insieme?”

Hermione rispose animata: “Per carità! Se penso a come tu e il tuo degno compare avete deviato la mia rettitudine mi vengono i brividi. Non c'è mai stato un anno di tranquillità con voi due!”

Nonostante il tono sostenuto Harry notò che Hermione si stava divertendo e che negli occhi aveva uno strano luccichio.

Ricordare le loro avventure era un’esperienza carica di emozioni.

Il legame che li univa aveva in sé qualcosa di speciale: c'era più di semplice amicizia tra di loro.

Mentre la guardava seduta di fronte a lui intenta a cullare James, che si stava addormentando, si accorse, forse per la prima volta o, molto più probabilmente, lo aveva sempre saputo, che donna meravigliosa fosse diventata.

Aveva una personalità complessa e poliedrica: al tempo stesso autoritaria ed affettuosa, fragile e volitiva, inflessibile e comprensiva, coraggiosa ed altruista.

In tutti quegli anni era stata il suo costante punto di riferimento: spesso si era chiesto la fine che avesse fatto se lei non ci fosse stata.

Vide che era assorta nei suoi pensieri, lo aveva capito dal modo impercettibile con cui arricciava le labbra.

“A cosa pensi?”

Hermione parve destarsi all'improvviso, alzò gli occhi da James e rispose: “A come sarà fare la madre.

Ho paura, Harry. Una paura matta di non essere all'altezza. Me ne sto rendendo conto giorno per giorno; io non so nulla sull'argomento e sai quanto odio essere all'oscuro di qualcosa!

Certo, mi sono documentata, sto leggendo tantissimi libri ma non credo che tutto ciò serva a granché. Fare il genitore non è qualcosa che si può imparare studiando!”

Harry fu colpito da quelle parole.

La ragazza aveva sempre avuto la tendenza a mostrarsi forte e tutta d'un pezzo, quasi come se fosse costantemente sotto esame ma in realtà dietro il velo di indistruttibile sicurezza si celava un carattere fragile e sensibile.

“Hermione è normale che tu abbai paura; cioè io non so cosa significhi essere madre, è ovvio; però il timore che provi è assolutamente comprensibile. Credi che per me, per noi, non sia stato lo stesso?

Io sono sicuro che sarai una mamma stupenda, guarda già come ti comporti con James! Sei sempre stata la più responsabile dei tre, ti sei incessantemente presa cura di me e di Ron nei momenti difficili.

Ok, forse all'inizio farai, farete, degli sbagli ma chi non ne fa?

Ti assicuro che appena avrete tra le braccia vostro figlio capirete che il bello di essere genitore sta tutto lì: è qualcosa che è dentro di te da sempre e aspetta solo di uscire fuori, crescerete ed imparerete con lui e per lui.”

Harry completò il suo discorso allungando la mano per accarezzarle un braccio e la ragazza gli rivolse uno sguardo colmo di gratitudine; le sue labbra si mossero appena sussurrando un lieve ti voglio bene.

 

 

La sede principale de I Tiri Vispi Weasley di Diagon Alley era cambiata poco negli ultimi anni: le stesse vetrine viola e arancioni e gli stessi cartelloni pubblicitari dai colori sgargianti.

Ron, con passo deciso, si diresse verso l'ingresso del negozio; era appena passato alla Gringott per versare l'ultima quota di galeoni per completare l'acquisto della casa e aveva deciso di passare a salutare George.

Entrò nel negozio e da dietro il bancone, seduto su una pila di cuscini, c'era Fred Jr.

“Ciao zio Ron!” esclamò il bimbo appena lo vide.

Il ragazzo gli sorrise e passandogli una mano tra i capelli castano-rossicci disse: “Ehi campione! Dov'è papà?”

“Adezzo arriva! Ha detto di azpettarlo qui. Vuoi giocare con me? Ho un sacco pienizzimo di Gobbiglie!”

Ron annuì entusiasta e si stava sedendo accanto al nipote quando Verity, la storica commessa del negozio, arrivò sovraccarica di pacchettini colorati.

“Ron! Qual buon vento?”

“Mi trovavo a Diagon Alley e sono passato per un saluto. George?”

“È in magazzino, vai pure.”

Ron le fece un cenno di ringraziamento, si scusò con Fred e andò verso l'angusta scaletta che portava sul retro.

Ormai conosceva benissimo ogni angolo del negozio.

Ricordava com'era straziante entrarci subito dopo la Guerra; la morte di Fred era un evento ancora troppo vicino e tutto lì dentro non faceva che ricordare la sua assenza.

Era buffo come la presenza del fratello, proprio quando era scomparso per sempre, fosse visibile ovunque.

D'altronde quella era la sua creatura, il progetto della sua vita a cui aveva lavorato con fatica e caparbietà.

Era stato proprio lì che Ron aveva trovato la forza per andare avanti, dove aveva capito che ciò che avrebbe dovuto fare per sistemare le cose era aiutare George a risollevarsi, a ricominciare partendo proprio dal negozio che aveva aperto con Fred.

Era stato difficile all'inizio, però con il tempo era riuscito a conquistare la fiducia del fratello e ora erano legati da un rapporto speciale.

Certo, George continuava a schernirlo e a prenderlo in giro, ma Ron non era da meno.

Avevano iniziato a frequentarsi di più, quando lui aveva capito che il suo compito affianco a George era finito e aveva intrapreso la carriera di Auror non passava molto tempo prima che uno dei due passasse a trovare l'altro, fosse anche solo per un saluto.

“Ehi! Sempre indaffarato eh? Ammettilo che senza di me è tutto molto più faticoso!”

George lo fulminò con lo sguardo e senza rispondere gli lanciò addosso un intero stock di Pasticche Vomitose.

“Molto divertente, davvero. Mi chiedo come fai ad avere un senso dell'umorismo così squallido, quasi mi viene da pensare che non siamo fratelli. Che ci fai qui? Nostalgia dei vecchi tempi?”

“Cioè di quando mi trattavi peggio di un Elfo Domestico? Nah! Ero alla Gringott e sono venuto a salutarti.”

“Allora ciao.

A proposito prima sono passato alla Tana, devo ammettere che ti avevo sottovalutato: pensavo che mamma sarebbe impazzita per causa mia non per colpa di Ronnino piccolino paparino!”

Ron si passò una mano sul collo a disagio e biascicò: “Smettila per favore. Nelle orecchie mi rimbomba ancora la Strilettera che ci ha inviato stamattina.”

George lasciò perdere l'inventario e sedendosi su uno degli scatoloni invitò il fratello a fare altrettanto, poi – Ron non capì bene da dove- tirò fuori due Burrobirre e gliene offrì una.

“ È assolutamente nella norma, è di mamma che stiamo parlando, le passerà.

Certo che voi non le avete facilitato la cosa: prima vi lasciate dopo quella sfuriata davanti a tutti, poi vi rimettete insieme e dopo neanche un mese, Bam!, metti incinta Hermione? È troppo perfino per lei!

Ah, quasi dimenticavo, a completare il tutto, la proposta di matrimonio nell'ascensore del Ministero!”

Ron sbarrò gli occhi e si strozzò con la bevanda ghiacciata.

“Coff coff, tu come fai a sapere del Ministero? Non ne abbiamo parlato con ness- Harry! Io lo uccido, lo uccido!” la voce del ragazzo era diventata stranamente acuta.

“Ehi rilassati! Ok me ne ha parlato lui, ma qual è il problema? Tu sei troppo stressato, fidati. Scattare così per una sciocchezza simile.

Però una cosa devo chiedertela, perché avete scelto proprio il 1 maggio? Eppure, visto che siete gli ultimi, dovreste sapere che quando mamma deve organizzare un matrimonio ha bisogno come minimo di sei mesi di anticipo!

Ci credo che è sconvolta, ne mancano sì e no due.”

“Non mi sembra che le tue di nozze siano state così tradizionali!”

“Tu mi batti però fratellino!”

“Lascia perdere. Comunque l'idea è stata di Hermione, è il giorno del nostro primo bacio*. Mi sembrava una cosa carina.”

George emise un mugugno non ben identificato di risposta e dopo aver dato un'ultima lunga sorsata alla sua Burrobirra si alzò in piedi dando una poderosa pacca sulla spalla al fratello.

“Sarà. Io però ho già perso troppo tempo quindi cosa ne dici levare le tende e di tornare dalla tua dolce Hermione?”

“Me ne vado, me ne vado non ti preoccupare”

Ritornarono insieme nella stanza principale del negozio dove Fred aveva lanciato tutte le Gobbiglie nella gabbietta delle Puffole Pigmee terrorizzandole e Verity cercava invano di risolvere la situazione.

Ron si defilò molto abilmente ma arrivato sull’uscio si fermò di botto.

Si voltò e, con un sorriso enorme stampato sul volto, disse: “Ehi George! Ti andrebbe di farmi da testimone?”

 

 

*Allora, probabilmente la scelta del giorno vi sembrerà strana.

Però riflettendo, credo sia proprio così: Harry sconfigge Voldemort il 2 maggio, come tutti sappiamo.

La battaglia però inizia molte ore prima, addirittura il giorno precedente: il bacio quindi è stato dato il primo maggio e non il 2.

Forse è un chiarimento stupido e tutti ci eravate arrivati già da soli però io ci ho dovuto riflettere a lungo: volevo per forza farli sposare il giorno del loro primo bacio, però effettivamente il 2 maggio era una data un po’ particolare per celebrare un matrimonio; alla fine dopo diverse considerazioni sono arrivata a questa conclusione.

 

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Capitolo 14
*** Gufi e Confetti ***


 

Et voilà! Probabilmente avete temuto che non mi sarei fatta più viva per moltissimo tempo, visti i miei precedenti e invece eccomi qui!;)

A mia discolpa posso dirvi che sto preparando un esame abbastanza pesante e impegnativo e potevo scrivere solo nelle pause.

Comunque alla fine ce l'ho fatta ed è nato questo capitoletto: un capitolo particolare, tutto scritto in forma epistolare, che è di transizione perché gente, udite udite, il gran giorno è ormai vicinissimo :D

Ringrazio tutti coloro che hanno commentato il capitolo precedente, appena riesco risponderò singolarmente ai vostri commenti!;)

A presto e preparate il riso, mi raccomando!!!

 

 

"'Cause wishin', and hopin', and thinkin', and prayin',
Planning and dreamin' his kisses will start.
That won't get you into his heart!

So if you're thinking how great true love is!

All you gotta to is hold him, and kiss him, and squeeze him, and love him.
Yeah, just do it!
And after you do, you will be his.

You will be his.

You will be his!"

 "Wishin' and Hopin'" - Ani DiFranco - My Best Friend's Wedding
 

 

 

Cara Hermione,

Mi ha fatto molto piacere ricevere la tua lettera!

Qui tutto procede come sempre, il clima si è mitizzato e così trascorro il mio tempo facendo lunghe passeggiate sulla spiaggia e dedicandomi alla cura delle rose in giardino.

Sono contenta che anche tu ti senti in gran forma e che la pancia comincia a vedersi; non hai idea di come sia elettrizzata all'idea di diventare bisnonna! Mi sembra ieri che sei nata tu.

Comunque, cerca di riguardarti, sei in una fase delicata e tra i preparativi per il matrimonio e il trasloco vedi di non affaticarti troppo.

A proposito, voglio i dettagli sul vestito! Non mi basta sapere che l'hai trovato. Certo sei stata abbastanza veloce, ricordo ancora con terrore quando tua madre dovette cercare il suo: impiegò un sacco di tempo.

Ti devo confessare che sono curiosissima di assistere alle nozze: non sono mai stata ad un matrimonio magico! È molto dolce il fatto che abbiate deciso di celebrarlo a casa di Ron, queste tradizioni familiari sono molto interessanti.

Come al solito ho scritto molto e ti avrò annoiato a morte con le mie chiacchiere da vecchia bisbetica!

Ci sentiamo presto.

Ti voglio bene,

la tua nonna”

 

****

 

 Cara Molly,

ho finalmente preso il vestito! Non sai come sono felice, credevo che non avrei mai trovato quello giusto e invece è assolutamente perfetto!

Devo confessarti, però, di avere una paura matta che il giorno del matrimonio possa non entrarmi più per via del pancione, che sta crescendo a vista d'occhio. Cioè, in realtà è ancora abbastanza piccolo ma il fatto che inizia a intravedersi attraverso i vestiti è così emozionante.

Ho parlato con mia madre ed ha accettato con entusiasmo il tuo invito a pranzo domenica: potrà essere l'occasione perfetta per definire insieme i dettagli degli addobbi e del menù.

Per la casa non devi preoccuparti, proprio ieri Ron è andato a controllare i lavori, che, a quanto pare, saranno ultimati tra circa 4 settimane. Giusto in tempo per il matrimonio quindi; contiamo di trasferirci appena dopo le nozze!

Sono contenta che l'idea dei due testimoni ti sia piaciuta tanto, non sai quanto fosse importante per Ron avere al suo fianco sia Harry che George in uno dei giorni più significativi della sua vita . D'altronde anche io ho due damigelle, no?

Ci sentiamo presto per ulteriori aggiornamenti,

Hermione”

 

 ****

 

 Harry! Krum verrà al mio matrimonio! Krum! KRUM! Ti rendi conto della gravità della cosa?

Ti prego, almeno tu cerca di capirmi! Ho provato a parlarne civilmente con Hermione, intenzionato a mostrarle tutto il mio disappunto e non puoi neanche immaginare come ha reagito.

Ha alzato gli occhi al cielo e con aria di sufficienza ha detto – sono le sue testuali parole- che se non avessi smesso subito di essere così immaturo e puerile allora avrei dormito sul divano fino al matrimonio, se non oltre!

Ti rendi conto della gravità della situazione? Ho dovuto per forza fare buon viso a cattivo gioco, di fronte ad una minaccia del genere: è una strega diabolica!

Comunque non gliela faccio passare liscia così; io quello lì non ce lo voglio al mio matrimonio!

Anzi sai cosa ti dico? Se lei ha invitato il suo Vicky io invito Lavanda, voglio proprio vedere come reagirà!

Rispondi al più presto!

Ron”



****

 

 Ron, per la Spada di Godric Grifondoro, vuoi ragionare?

Mi dispiace non poterti appoggiare amico, ma stavolta hai davvero torto. Insomma, Hermione avrà anche deciso di invitare Krum al matrimonio ma non riesco a capire quale sia il problema!

Sei tu che ti sposi con lei, non Krum.

Sei tu che avrai un bambino con lei (immagino il primo di una lunga serie!), non Krum.

E sei tu che dividerai il resto della tua vita con lei, non Krum.

Per una volta metti da parte il tuo orgoglio e la tua gelosia perché non ha proprio senso tutto ciò.

Sono il tuo testimone, oltre che il tuo migliore amico, quindi è mio compito farti ragionare: per questo, anche l'idea di invitare Lavanda è totalmente campata in aria.

Senza considerare che verrà comunque al matrimonio visto che sta uscendo con Seamus e lui è invitato.

E poi vorrei farti notare che se dovessi avercela con gli ex di tua sorella non avrei dovuto più rivolgere la parola a Dean! È acqua passata oramai.

Non pensarci più e ci vediamo stasera alla Testa di Porco!

Harry


P.S. Verrà anche Neville, ha bisogno di un po' di distrazione. Ha detto che Hannah capirà se per una volta va dalla concorrenza!

Da quando è nata Alice è abbastanza stressato, ah questi neo-papà!

Muoio dalla curiosità di vedere come te la caverai tu!”



****

 

 Hai ragione sono uno stupido! Ma non posso farci niente, ogni volta che sento il nome di Krum penso che lui l'ha baciata prima di me.

Ha baciato la mia Hermione e questo non potrò mai perdonarglielo.

Però riflettendoci è un bene che venga: sarà la mia rivincita su di lui.

Hai detto un mucchio di cose giuste. Sono io che me la sposo mica quel becero scimmione microdotato!

Non posso farmi rovinare questi momenti unici da una sciocchezza del genere. Tra due settimane abbiamo un'altra ecografia e sono emozionatissimo. Tu non hai idea di ciò che si prova nel vedere e sentire tuo figlio sul serio. Ti fa capire che lui c'è veramente, che non è solo frutto della tua immaginazione.

Un po' invidio Hermione, ha detto che scalcia parecchio, però è ancora troppo presto affinché possa sentirlo anch'io.

Ti devo confessare che da quando è incinta è ancora più bella. Forse ti potrà sembrare strano e impossibile ma sembra più completa, più matura, più donna.

E se penso che è la mia donna mi vengono i brividi.

Oh Merlino, ti pregherei di tenere tutto ciò per te. Sono stato fin troppo sdolcinato, ne va della mia immagine!

A stasera, Potter!

Ron”



****




Cara Hermione,

sono appena riuscita a comunicare con Luna!

Attualmente si trova in Patagonia con Rolf alla ricerca di non so quale strano animale, però mi ha garantito che tornerà in tempo per le nozze.

Era felice di farti da damigella.

Mi ha anche confessato che ha una sorpresa in serbo per noi, secondo te faccio male ad essere preoccupata?

Conoscendola potrebbe tranquillamente tornare con una schiera di marmocchi al seguito, no?

Comunque, spero che il vestito che hai intenzione di farci indossare sia abbastanza comodo perché qui il piccolo Potter sta crescendo a dismisura.

Certo il vostro matrimonio sarà molto simile ad un reparto maternità con tutti questi pancioni e questi neonati in giro!

A proposito, sono andata a trovare Hannah e Neville e la piccola Alice è dolcissima; hanno detto che non devi preoccuparti per non essere ancora passata e che ti capiscono benissimo: sei super indaffarata!

Ah quasi dimenticavo! James ormai cammina spedito da solo ed è un piccolo terremoto, bisogna stargli sempre dietro e combina un mare di guai.

Mi auguro che quest'altro sia più tranquillo e non so perché ma credo che sia un altro maschietto.

Anche stavolta, Harry ed io abbiamo deciso di puntare sull'effetto sorpresa; voi invece come siete orientati?

Visto che avete deciso di affidarvi ad un medico babbano, mi chiedo se anche loro hanno inventato qualche diavoleria per scoprire il sesso in anticipo!

Ci vediamo dopo,

Ginny”



****




Oh Ginny!

Non sai che sollievo è stato ricevere la tua lettera.

Io ho cercato di comunicare con Luna in ogni modo, ma i tentativi sono stati tutti vani!

Spero vivamente che faccia in tempo a tornare per l'inizio di maggio, altrimenti sono nei pasticci! E ti posso assicurare che sono preoccupata quanto te riguardo la sorpresa.

Sono contenta per James, ormai è un piccolo ometto.

Per gli abiti non preoccuparti, oggi pomeriggio li vedrai e non potrai che esserne soddisfatta.

Capisco benissimo come ti senti, non dimenticare che sono incinta anche io!

Riguardo al sesso, abbiamo deciso di aspettare la nascita; anche se con l'ecografia si sarebbe potuto scoprire benissimo.

Tra due giorni devo fare la prossima e Ron è fuori di sé per l'eccitazione! A proposito, ha scoperto di ViKtor e, come era presumibile, ha fatto una scenata che non finiva più.

Alla fine però sono riuscita a farlo ragionare, o meglio, con le giuste minacce ha dovuto acconsentire per forza! È così prevedibile a volte.

Non riesco a capire che possa ancora essere geloso di Viktor.

Insomma, dovrebbe aver capito, ormai, che tutto ciò non ha affatto senso.

Anche se questo suo comportamento, un po' mi lusinga.

Certo è fastidioso ed infantile però fa parte del suo modo di amarmi: non c'è Ron senza un pizzico di possessività!

Ora ti devo lasciare perché ho lasciato l'arrosto nel forno e ho paura che bruci.

Non ti allarmare non ho intenzione di avvelenare tuo fratello, infatti non l'ho cucinato io; lo ha preparato tua madre e me lo ha dato domenica quando siamo andati a pranzo da loro e sono venuti anche i miei genitori. Io ho dovuto solo riscaldarlo!

A presto,

Hermione”



****



Hermione cara,

come ti senti?

Manca davvero poco al grande giorno! Tra meno di una settimana sarai ufficialmente una Signora Weasley! Naturalmente sai benissimo che per me sei sempre stata come una figlia, ma è comunque così esaltante e commovente.

Finalmente tocca anche a voi.

Vedrai che sarà tutto perfetto, io e tua madre abbiamo formato una squadra invincibile!

Sarai bellissima, l'abito è eccezionale e la gravidanza ti dona: hai una nuova luce negli occhi.

Zia Muriel ha acconsentito alla mia proposta di prestarti la tiara: tutte le nuove signore Weasley l'hanno avuta, sarebbe stato un peccato doverci rinunciare.

Non preoccuparti se si mostrerà un tantino sgarbata, non ce l'ha con te, è proprio il suo carattere.

Ci sarebbe anche un altro piccolo particolare di cui devo parlarti: ho preferito ometterle il fatto che tu sia incinta, avrebbe aggravato le cose.

Sta ancora pensando all'articolaccio di quella vipera della Skeeter e la notizia della gravidanza l'avrebbe turbata ancora di più.

È una donna all'antica e anche abbastanza bigotta, non capirebbe.

È meglio che se ne accorgerà il giorno delle nozze, davanti al fatto compiuto non potrà più tirarsi indietro.

Io e Arthur vi aspettiamo domani per i ritocchi finali; trasferirvi qui per questi ultimi giorni è stata l'idea migliore.

Ci vediamo presto,

Molly”

 

 

 

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Capitolo 15
*** Arrivi, imprevisti e vecchie tradizioni ***


 

Eccomi qui, di ritorno sul sito e dalle vacanze.
E' sempre difficile ambientarsi nuovamente alla realtà di tutti i giorni, dopo aver passato un mese tra il mare, la montagna ma, soprattutto, con gli amici di sempre, quelli che ti conoscono da una vita e da cui separarsi è una tortura.
Dopo questo piccolo sfogo personale, passiamo al capitolo.
La storia sta volgendo al termine, miei cari: dopo quest'aggiornamento ce ne saranno al massimo altri tre.
Come vi avevo annunciato il grande giorno è, finalmente, arrivato anche se non tutto filerà liscio come l'olio... lo scoprirete leggendo e spero che non mi truciderete per come ho concluso!
Vi assicuro che stavolta pubblicherò più presto; so che ormai, giunti al quindicesimo capitolo, non mi crede più nessuno ma vi prego di avere fiducia in me ;)
Buona lettura!
P. S. Risponderò al più presto alle vostre recensioni e mi scuso con le persone a cui avevo scritto che avrei aggiornato circa una settimana fa. Il capitolo allora era pronto, ma non mi convinceva e così l'ho riscritto di nuovo!
"Slipping through my fingers all the time
I try to capture every minute
The feeling in it
Slipping through my fingers all the time
Do I really see what's in her mind
Each time I think I'm close to knowing
She keeps on growing
Slipping through my fingers all the time

Sometimes I wish that I could freeze the picture
And save it from the funny tricks of time
Slipping through my fingers..."
 

Slipping through my fingers - Abba - Mamma mia soundtrack

La luce filtrava dispettosa e indisponente attraverso il piccolo spiraglio tra le tende, disegnando una scia più chiara sul pavimento fino ad arrivare sul volto della ragazza che stava dormendo sul letto posto al centro della stanza.

Hermione emise un mugugno di protesta, piuttosto infastidita, e stava per voltarsi dall’altro lato quando la reale consapevolezza di cosa dovesse accadere quel giorno le fece aprire gli occhi di scatto.

Un sorriso si dipinse sul suo volto e iniziò ad accarezzare languidamente il suo pancione, ormai abbastanza evidente.

Si tirò su a sedere e, prima di cercare le pantofole, rivolse un’occhiata crucciata al posto accanto a sé, inequivocabilmente vuoto.

D’altronde non poteva essere altrimenti: lei e Ron, quella notte, avevano dormito in letti e camere diversi come da tradizione.

Fosse stato per loro avrebbero rinunciato senza tanti problemi a quell'usanza, però Molly e sua madre, sostenute – e questo non era ancora riuscita a spiegarselo- a gran voce da Ginny, erano state irremovibili.

Alla fine i due ragazzi, messi alle strette, avevano dovuto acconsentire per forza.

Hermione ghignò compiaciuta pensando che quel sacrificio non era stato poi così doloroso, visto che quella sera stessa lei e Ron avrebbero sicuramente recuperato il tempo perduto.

Finalmente decise di alzarsi e si diresse verso la finestra, tirando le tende e spalancando le imposte.

Una brezza lieve si insinuò nella stanza, portando con sé un intenso profumo di fiori e primavera e facendo volteggiare il lembo della sua leggera camicia da notte.

La ragazza dovette trattenere un gemito di stupore di fronte alla bellezza del giardino della Tana: un tripudio di bianco e lilla in cui spiccavano peonie, ortensie, fresie e, ovviamente, tante rose.

A differenza di tutti gli altri lei e Ron avevano voluto che la cerimonia si svolgesse all’aperto: il tempo era troppo bello per non approfittarne.

Così al centro del cortile, su una pedana, era stato collocato un archetto bianco ricoperto di rose dello stesso colore, davanti al quale era posto un lungo tappeto; ai lati erano disposte in file ordinate le sedie per gli ospiti.

Al termine della funzione sarebbe comparso un grande tendone dove sarebbe continuata la festa.

Era proprio soddisfatta di come fossero andate le cosse nell’ultimo periodo: i preparativi si erano conclusi nel migliore dei modi possibili, sebbene non fossero mancati gli imprevisti, la sua gravidanza procedeva alla grande, come aveva testimoniato l’ultima ecografia, e il bambino cresceva a vista d’occhio.

In quel momento qualcuno bussò alla porta con un tocco delicato e gentile, lo stesso tocco che l’aveva accompagnata da quando era nata: quello di sua madre.

“Entra pure.”

Come aveva previsto, la figura snella e slanciata di Jean Granger fece la sua apparizione nella stanza.

Aveva i capelli sciolti sulle spalle e gli occhi pieni di felicità ed emozione.

“Ero venuta a svegliarti.; ma a quanto pare sono arrivata tardi.

Come ti senti?”

Hermione si sedette sul letto, invitandola con un cenno della mano a fare lo stesso.

“Bene, sto bene. Un tantino emozionata in realtà; ma è normale no?”

La madre le sfiorò una guancia con il dorso della mano e la rassicurò: “Assolutamente normale, te lo posso garantire.

Anche io non posso negare di provare una certa euforia, la mia bambina sta per sposarsi!

Oggi ti congederai definitivamente da noi per diventare la signora Weasley.”

“Oh cielo! Detto così ha in sé qualcosa di intimidatorio.

Comunque non vedo l’ora.” pronunciò le ultime parole, scandendole bene.

“Però non devi pensare che questo sia una separazione definitiva, non cambierà nulla rispetto a ieri o a un mese fa.

Nulla, a parte una s che diventerà una r prima del mio cognome sulla targa dell’ufficio!” proseguì, punzecchiando la madre che le diede un piccolo buffetto sul braccio.

“Che sciocca che sei!

So bene che non ti dimenticherai di noi, ci mancherebbe.

Però il matrimonio, il bambino, tutto questo significa che stai costruendo qualcosa che appartiene soltanto a te e a Ron.

Oggi è la prima tappa di un lungo viaggio che sarà qualcosa di totalmente nuovo e sconosciuto e che intraprenderete insieme: il primo tassello nella costruzione della vostra famiglia.

Vostra e di nessun altro.

Ecco, lo sapevo.

Mi ero ripromessa che non sarei diventata come quelle mamme da romanzetti rosa di quattro soldi e invece sto qui a farti questi discorsi smancerosi e strappalacrime.”

Hermione sapeva bene che sua madre non era una persona che si lasciava andare eccessivamente di fronte alle emozioni, aveva un carattere intransigente e, spesso, era fin troppo rigorosa perfino con se stessa. Ciò non significava che non era un tipo affettuoso e amorevole, semplicemente odiava gli atteggiamenti leziosi e sdolcinati.

Si somigliavano straordinariamente in questo.

“Non devi essere così dura con te stessa.

Ti assicuro che mi farebbe davvero piacere se adesso tu avessi voglia di farmi uno di questi discorsetti: ti ascolterei con piacere.”

Jean abbracciò forte la figlia, carezzandole dolcemente la schiena.

“Hermione.” iniziò “La verità è che sei cresciuta così tanto e io non me ne sono neanche resa conto.

Guardati, sei diventata una donna, una splendida donna.

E a me sembra di non averti conosciuto mai davvero, di non essere mai riuscita ad entrare fino in fondo nel tuo mondo, come se avessi lasciato correre via dei momenti importanti.

Ricordo quando ti accompagnavo a prendere il treno per Hogwarts e tu mi salutavi con un sorriso distratto sul volto e con una strana eccitazione nello sguardo, pronta a tuffarti in un nuovo anno ricco di sorprese, incantesimi e magie.

Ogni volta ero assalita da un’ondata di melanconia e mi sentivo anche un po’ in colpa. Quando partivi sentivo che ti stavi allontanando sempre un po’ di più da noi. All’inizio non riuscivo ad accettarlo completamente, non riuscivo a capirlo: tuo padre è stato molto più maturo di me in questo.

Con il tempo ho compreso che, al di là del fatto che tu fossi una Strega, quello era il naturale svolgersi delle cose; i figli hanno il diritto di imboccare la propria strada e i genitori hanno il dovere di lasciarli andare, incoraggiandoli e lasciandoli liberi di fare le loro scelte e i loro errori .”

Hermione si scostò un po’ dal corpo della madre, che stava continuando a tenerla stretta tra le sue braccia.

“Sai bene che non ho mai voluto tenervi fuori, se qualche volta l’ho fatto è stato in modo assolutamente inconsapevole.

È stato così duro andare avanti senza di voi, quando vi ho cancellato la memoria, mi mancavate tanto. Potevo morire e per voi sarebbe stato lo stesso, non avreste mai più avuto la possibilità di sapere che c’ero anche io. Se fosse successo non me lo sarei mai perdonato”

Chiuse gli occhi trattenendo una smorfia di dolore, il ricordo di quel periodo portava con sé sentimenti bui e angosciosi.

“Sei stata molto coraggiosa, invece.

So di non avertelo mai rivelato prima ma ho ammirato la forza e l’audacia che hai dimostrato di possedere. E non pensare neanche per scherzo che se ti fosse capitato qualcosa – e questo non voglio neanche immaginarlo- noi ne saremmo stati all’oscuro.

Sai, mentre ero lì sentivo che mancava un pezzo importante alla mia vita, non ero mai pienamente soddisfatta di ciò che possedevo.

Con il senno di poi, è apparso chiaro che quel tassello mancante eri tu.

A livello inconscio, quasi come una percezione, io sapevo che tu esistevi; una madre non può dimenticarsi dei propri figli, non può dimenticare di essere ciò che è.”

Hermione la guardava confusa.

“Non me lo avevi mai detto.”

“Lo so. Ho aspettato a lungo; volevo dirtelo quando avresti potuto capire a fondo il senso di ciò che ti ho confessato. Quel momento è arrivato: presto sarai anche tu una mamma!”

Jean diede un leggero bacio sulla fronte di sua figlia e stava per accomiatarsi da lei, quando Hermione, trattenendola per un braccio, le chiese: “Ti andrebbe di darmi una mano con i preparativi? Sarei felice se mi aiutassi tu.”

La donna increspò le labbra a formare un sorriso, sussurrando un gaio ed elettrizzato .

 

 La cucina della Tana era carica fino all’inverosimile di succulente prelibatezze: Molly, stavolta, aveva davvero superato se stessa.

Tutte le superfici della stanza erano ricoperte da tartine, vol-au-vent, zuppe, sformati, arrosti, pasticci, stufati, dolci di ogni specie e tante altre leccornie magiche e babbane.

Per niente annoiata o nauseata da tutto quel cibo, la signora Weasley stava preparando, ignorando le proteste degli abitanti della casa, dei leggeri sandwich al prosciutto per il pranzo.

La cerimonia, infatti, sarebbe iniziata alle tre e quindi la donna aveva immaginato che sarebbe stato difficile arrivare a quell’ora senza mettere nulla sotto i denti.

Totalmente assorta nella preparazione dei tramezzini Molly alzò distrattamente lo sguardo, notando due figure che stavano arrancando sulla collina che si ergeva di fronte alla finestra della cucina.

La donna represse a stento un singhiozzo appena capì chi fossero: Ron e George, diretti al cimitero di Ottery St. Catchpole.

Lasciando cadere il coltello con cui stava imburrando il pane nel lavello, Molly si asciugò rudemente una lacrima solitaria che si stava facendo strada sul suo volto.

Non voleva piangere.

Non doveva piangere.

Non ancora, almeno.

Era sicuro che in quel momento non era tristezza ciò che provava, piuttosto una grande nostalgia.

E anche un po' di rabbia.

Succedeva sempre quando un evento felice allietava la famiglia: era allora che l'assenza di Fred si faceva sentire con maggiore intensità.

Non era giusto che quel giorno non ci fosse anche lui per festeggiare insieme a tutti loro il matrimonio; immaginava già le allusive e beffarde battutine con cui avrebbe tormentato Ron.

Ron, il suo bambino.

Com'era stato forte e coraggioso e leale, dopo la Guerra.

Aveva dimostrato di essere un vero eroe e non solo per aver combattuto con valore e ardimento.

Era stato in grado di sacrificare, seppur momentaneamente, i suoi sogni e i suoi progetti pur di aiutare George.

Ed era riuscito lì dove tutti avevano fallito; il cuore le si gonfiava di orgoglio ogni volta che li vedeva insieme.

Ron era riuscito a far andar avanti George, a farlo ricominciare a vivere e soprattutto a sorridere.

Sapeva fin dall'inizio che non sarebbe mai riuscito a rimpiazzare Fred, né era sua intenzione, ma era stato in grado di instaurare con lui un rapporto profondo.

Il fatto che lo avesse scelto come suo testimone, ne era una prova.

Aveva fatto risorgere “I Tiri Vispi”, riportandoli all'antico splendore. Molly era certa che Fred, ovunque si trovasse, sorrideva fiero del lavoro compiuto dal piccolo Ron.

E che stesse ridendo di gusto vedendo che, finalmente, stava per sposarsi con Hermione.

A questo pensiero, Molly, non poté che ridere anche lei.

E pensare che solo pochi mesi prima lei stessa si struggeva all'idea che quei due non fossero mai convolati a giuste nozze!

Intanto, dei rumori provenienti dalla porta d'ingresso la fecero voltare di scatto, ridestandola dai suoi pensieri.

Arthur e Edward Granger erano appena entrati, di ritorno dalla stazione del paese.

“Molly, eccoci qui! Ho il piacere di presentarti Isabel Hale, la nonna di Hermione.”

Sulla soglia apparve una graziosa ed elegante vecchina, avvolta in uno svolazzante completo verde acqua con tanto di cappello abbinato, che le rivolse un'occhiata affabile prima di sorriderle cordialmente.

 

Le lancette della sveglia delle Sorelle Stravagarie, testimone delle passioni giovanili di Ginny, segnavano le due.

Hermione ammirava radiosa la propria immagine riflessa sullo specchio a muro della stanza.

Il vestito bianco, stile impero, era semplice ma elegante e rimarcava la dolce e morbida pienezza del suo corpo.

Si restringeva subito sotto il seno grazie ad una cintura finemente ricamata -mettendo in evidenza il tondo pancione- per poi cadere sofficemente fino a terra.

I capelli erano stati raccolti dietro la nuca e dall'acconciatura sfuggivano alcuni boccoli per incorniciare in viso, mancava solo la tiara della prozia Muriel per completare il tutto.

Nonostante il viso della ragazza sprizzasse felicità da tutti i pori, c'era un velo di apprensione nel suo sguardo che non sfuggì a Ginny.

Sollevando un lembo del vestito da damigella, di una stupefacente tonalità lilla con delle sfumature argentate, si avvicinò alla sposa, chinandosi per sistemarle lo strascico.

“Vedrai che arriverà in tempo.”

Hermione si girò e sussurrò: “Lo spero tanto. Avrebbe dovuto essere già qui! Sembra che qualcuno ce l'abbia con me, prima l'incidente con i colori e adesso questo.”

Ginny distolse lo sguardo, tossicchiando.

Decisamente, circa un'ora prima, era stata una sciocca a lasciare James da solo, con una scatola piena di pennarelli colorati e con un abito bianco a portata di mano.

E dire che che era stato per pochi, fatali minuti!

Nella stanza era rimasto il bambino, che ormai scorrazzava agile sulle sue grassocce gambine, dato che Hermione era in bagno, sua madre, dopo averla aiutata con il trucco e con l'acconciatura, era andata a prepararsi e Ginny era scesa in cucina per riportare il piatto su cui Molly aveva servito loro i sandwich per il pranzo.

Al loro ritorno avevano trovato un'inaspettata e spiacevole sorpresa: un lembo della gonna del candido vestito era stato dipinto con un'accesa e vivace tonalità di giallo.

L'arrivo provvidenziale di Molly e del Solvente Magico di Nonna Acetonella, però, riuscì a risolvere la situazione: l'abito era tornato ad essere più bianco di prima e il sorriso era tornato sul volto della sposa.

Il problema, ora, era un altro: Luna Lovegood, seconda damigella di Hermione, non era ancora arrivata, mandando in tilt l'organizzazione generale.

Per le mutande logore di Merlino! Comincio a pensare che le sia successo qualcosa.”

Ginny sobbalzò di fronte all'esclamazione dell'amica; sapeva bene che tirava in ballo la biancheria intima dell'illustre mago solo quando era eccessivamente tesa e preoccupata.

Le posò una mano sulla spalla, sospirando: anche lei aveva avuto lo stesso timore ma decise di non darlo a vedere.

“Hermione, vedrai che non è successo nulla. Adesso Luna spunt-”

“Stavate parlando di me?”

Capelli biondi spettinati e lunghi fin quasi ai fianchi, la solita espressione stralunata e svampita di sempre, un frusciante abito variopinto che la copriva fino ai piedi: Luna Lovegood aveva fatto irruzione nella stanza.

Le ragazze si catapultarono su di lei, stringendola in un abbraccio collettivo.

“Oh grazie al Cielo sei qui!

Tu non arrivavi, il mio vestito era diventato giallo e io non sapevo più cosa pensare!”

Hermione parlò quasi senza riprendere fiato, tanto che Luna le rivolse un'occhiata visibilmente preoccupata.

“Io sono qui ora.”

Pronunciò quelle parole come se fossero la cosa più ovvia del mondo.

La ragazza, con il suo aspetto distratto e sognante e i modi di fare pacati e sereni riusciva, probabilmente inconsapevolmente, a tranquillizzare chiunque.

“Giusto, sei qui ora.”

Hermione ripeté a bassa voce la frase dell'amica, forse in un tentativo di auto-convincimento.

“Non mi sembra che il tuo abito sia giallo, Hermione. E' bianco come la neve, sai credo che sarebbe stato più originale se l'avessi lasciato com'era, il giallo è un colore che porta fortuna!

Sei sicura di sentirti bene?”
“Sto benissimo.

Comunque quello del vestito è stato un piccolo incidente, ma per fortuna ora è tutto risolto, vero Ginny?”

La ragazza annuì distrattamente, spostandosi accanto alla finestra e appoggiando i gomiti sul davanzale.

“In realtà, ora che ci penso, Luna non ha tutti i torti, potevi lasciarlo com'era! È di buon auspicio a e poi se consideriamo che sei incinta e che hai convissuto con Ron per anni, la storia dell'abito completamente bianco a testimonianza della tua illibatezza sarebbe stata poco credibile, no?”

Poi, sporgendosi un po' di più e senza dare il tempo alle altre di rispondere, riprese: “Ma chi accidenti è quello?”

Hermione e Luna si accostarono a lei incuriosite.

Ginny indicò un ragazzo alto e bizzarro, con una folta capigliatura e un eccentrico abbigliamento.

La faccia di Luna si distese in un'espressione dolce e affermò, con tono scontato: “È Rolf!”

Rolf Scamandro, il tuo compagno di ricerche? L'ho incontrato diverse volte al Dipartimento prima che voi partiste.” chiese stupita Hermione.

“Io e lui stiamo insieme adesso.

Era questa la sorpresa di cui vi avevo parlato. Eravamo sul lago Titicaca, tra il Perù e la Bolivia, e abbiamo capito di essere innamorati l'uno dell'altra.

Siamo molto felici.”

“E' una notizia meravigliosa, Luna!”

 

“Miseriaccia!”

Ron, seduto sul bordo del suo letto e con la testa fra le mani, continuava a parlottare tra sé e ad imprecare a bassa voce come se all’interno della stanza non ci fosse nessun altro al di fuori di lui. In realtà, Harry lo stava osservando da circa una decina di minuti profondamente interessato e divertito; gli sembrava di essere tornato ai tempi di Hogwarts, quando Ron aveva delle vere e proprie crisi di nervi prima di ogni partita di Quidditch.

Sebbene il ragazzo fosse cresciuto e maturato molto da allora, riuscendo finalmente ad avere più fiducia in se stesso e nelle sue capacità, in quel momento era piuttosto teso.

“Ehi, tutto bene?”

Ron sollevò distrattamente il capo e accortosi della presenza di Harry si alzò di scatto chiedendogli bruscamente: “Ha-Harry! Che ci fai tu qui? Credevo di essere solo, comunque va tutto alla grande, alla grande. Perché me lo chiedi?”

Harry rispose scaltramente: “Sei un fascio di nervi amico! Si vede da un miglio di distanza, comunque se dici di stare bene…”

Ron, lasciandosi cadere nuovamente sul letto, si passò, affranto, una mano sul volto mentre con l’altra cercava, invano, di allargare il colletto della sua veste da cerimonia.

“Si nota così tanto eh? Harry sono così nervoso!

Sto per sposarmi con Hermione. Sto davvero per sposarmi con Hermione.

Perché questo non è un sogno, giusto?

È tutto così strano. E anche dannatamente perfetto.

Non è possibile che stia capitando a me, Ron Weasley.

Tra poco più di un’ora la donna dei miei sogni diventerà mia moglie e come se non bastasse presto avrò anche un figlio.

Deve per forza esserci qualcosa sotto!

E poi se non sono capace di fare il marito? O peggio se sarò un pessimo genitore? ”

Harry si sedette accanto a lui, continuando a guardare davanti a sé.

“Ron ascoltami bene. Non so cosa diavolo ti stia passando per la testa in questo momento ma sappi che è tutto reale.

E non c’è niente di strano in questo. Tu e Hermione siete fatti l’uno per l’altra e lo sai benissimo anche tu.

Devi smetterla di pensare che non meriti ciò che ti sta capitando perché non è affatto così: se ci sono due persone che hanno diritto ad essere felici queste siete tu e lei. E poi vedrai che anche con il bambino andrà tutto bene.”

Ron fece spallucce, anche se le parole di Harry l'avevano rinfrancato parecchio.

“A proposito sono appena passato dalle ragazze; sono bellissime.”

Le facce di entrambi si illuminarono.

“Ora, però, Ron vedi di sistemarti il vestito e scendiamo di sotto, gli invitati stanno arrivando!

E se il mio discorso farà schifo sappi che è solo ed esclusivamente colpa tua: mi hai fatto sprecare tutto il mio estro creativo per tirarti su di morale!”

 

Come Harry aveva previsto, il giardino della Tana era brulicante di gente.

Una schiera di persone colorata, allegra e, soprattutto, molto eterogenea: Maghi, Streghe, Babbani, Elfi Domestici e perfino delegazioni di Folletti e Centauri.

E c'era addirittura un Gigante, Grop, il fratellino di Hagrid.

Il fatto che fosse assolutamente innocuo non aveva impedito che alcuni invitati gli avessero lanciato, in tralice, occhiate impaurite.

Mentre all'aria aperta l'atmosfera, già abbastanza accesa ed animata, si surriscaldò ulteriormente con l'arrivo dello sposo e dei suoi due testimoni, all'interno della casa Hermione aspettava che la prozia Muriel le portasse la sua famosissima tiara.

Nella stanza, intanto, erano appena giunte anche Audrey, Fleur e Angelina e ognuno di loro aveva tra le mani un pacchettino.

Hermione le guardò in modo interrogativo e prima che potesse chiedere qualcosa, Ginny parlò.

“Prima che arrivino mamma, tua nonna, la prozia Muriel e tua madre avremmo una sorpresa per te!”

“Tu sei una Nata Babbana...” disse Luna, lisciandosi il vestito, uguale a quello di Ginny.

“... e come tale hai delle tradizioni diverse da noi Maghi.

Ci siamo informate e abbiamo scoperto che è importante per una sposa Babbana indossare, il giorno delle nozze, qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di blu.” proseguì Audrey.

Hermione spalancò gli occhi, molto colpita; conosceva bene quell'usanza e, ad un certo punto, aveva anche pensato di rispettarla.

Poi però tra contrattempi e impegni vari le era sfuggito di mente. Era contenta che a qualcuno non fosse passata inosservata.

“È un'idea bellissima! Così mi fate commuovere, siete state così gent-”

Ginny la interruppe bruscamente, appoggiando le mani sulle sue spalle.

“Fossi in te aspetterei a ringraziarci. Per quanto ne sai in quei pacchettini potrebbero esserci degli articoli dei Tiri Vispi!”

“Alors, voliamo iniziare? Et voilà, qualcosa di vecchio pour toi.”

Fleur porse ad Hermione un fagotto di stoffa, che la ragazza aprì febbrilmente.

Tra le mani, ricadde il delicato fermaglio a forma di rosa e vedendolo le lacrime iniziarono a pizzicarle gli occhi.

“Ma è la rosa. Sono senza parole...”

Fleur l'aiutò ad appuntarla tra i capelli.

“Sappiamo che è molto importonte per voi!”

Subito dopo fu il turno di Audrey che le diede una confezione rigida di velluto blu.

“Questo è da parte nostra. Qualcosa di nuovo: un dono per questa bellissima sposa.”

Hermione aprì il pacco e vide un paio di orecchini di perle: erano piccoli ma molto eleganti; rimase senza fiato.

“Sono stupendi! Non dovevate.”

Audrey corrucciò le sopracciglia e agitò la mano destra come per allontanare quelle parole e, con un cenno del capo, invitò la ragazza ad indossarli.

A quel punto si fece avanti Angelina, tra le mani aveva una bustina rosa decorata con un grande fiocco.

“Per il prestato dovrai aspettare la tiara.

Io qui ho qualcosa di blu!”

Hermione, titubante, sciolse il nastro, incoraggiata dalle altre.

“Su aprilo!” riprese Angelina.

Le guance della sposa si tinsero di rosa appena vide il contenuto della busta: una giarrettiera di pizzo.

“Vedrai che Ron ne sarà entusiasta. Se buon sangue non mente stanotte farete faville!” continuò, facendo un occhiolino a Hermione, ormai paonazza, e suscitando l'ilarità generale.

“Angelina ti prego!”

“Hermione, siamo tutte signore Weasley quindi non puoi negare che...”

“Per l'amor del Cielo!” inveì Ginny, tra una risata e l'altra. “Basta parlare delle doti dei miei fratelli, specie del più piccolo! Per quanto interessante possa essere - e sono sicura che lo sia - non voglio assolutamente conoscere i dettagli della vostra vita amorosa!

E poi sento delle voci provenire dal corridoio. Credo che sarà imbarazzante farci trovare così dalla mamma e le altre, no?”

Hermione, quindi, si affrettò a mettere la giarrettiera.

Non senza difficoltà, a causa del pancione e dell'abito lungo, la ragazza finì di indossare il regalo giusto un attimo prima che la prozia Muriel, a capo di quel manipolo di donne, fece il suo ingresso nella stanza.

“...Brutto portamento e caviglie secche, me la ricordo bene.” stava borbottando come suo solito, provocando lo sdegno della nonna di Hermione, che le stava lanciando occhiate di fuoco.

Entrate nella stanza trovarono le ragazze in loro attesa, Hermione di spalle davanti allo specchio.

La prozia Muriel, che stavolta indossava un improponibile completo color ciclamino, si portò al suo fianco brandendo con fare minaccioso il suo bastone dal pomo d'ottone.

L'espressione corrucciata lasciava presagire che non fosse affatto ben disposta, nonostante Molly avesse cercato, precedentemente, di addolcirla un po'.

Se di solito era piuttosto burbera e scontrosa, in quel frangente la sua acidità e la sua diffidenza erano notevolmente aumentate.

Non aveva mai mostrato di provare particolare simpatia verso le mogli dei suoi nipoti e neanche per loro, a dirla tutta, pronta com'era a criticarli, proferendo lapidarie sentenze di biasimo e di disapprovazione.

“Vediamo un po'” rifletté, studiando la ragazza “Purtroppo la postura non è migliorata crescendo però devo ammettere che sei carina.

Voltati, su, che ti mostro come indossare il diadema.

È un importantissimo cimelio di famiglia, lo possediamo da sec-...

Per tutti i segreti di Albus Silente! Ma sei incinta!

E con la tiara ancora stretta tra le mani, svenne.

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Capitolo 16
*** Il Signor e la Signora Weasley ***


Ehm ehm, buonasera a tutti!

Probabilmente voi sarete già pronti con i fucili (o forse è il caso di dire le bacchette?) puntate contro di me, aspettando le dovute spiegazioni dopo una così lunga assenza.

Purtroppo non ho scuse originali e divertenti ma posso solo dirvi che sono stata sommersa dallo studio e dalla vita reale, così piena e incasinata ultimamente.

Alla fine, però, questo capitolo, tanto atteso, tanto desiderato e tanto faticato è arrivato. È il momento cruciale della storia, il vero fulcro di tutto.

Spero di aver fatto un buon lavoro, perchè ve lo devo. Lo devo a tutti voi che poco più di un anno fa, - ebbene sì, AWT ha compiuto un anno!- hanno dato fiducia a quest'autrice in erba e alle prese con la sua prima storia.

Grazie!

 

Questo capitolo è dedicato a Voi.

Tutti Voi che leggete, seguite e commentate,

nonostante tutto.

 

 

 

Il giardino della Tana era un miscuglio di gente, di parole, di risolini e di singhiozzi commossi.

Gli invitati erano disposti in modo ordinato lungo le due file di sedie e osservavano, compiaciuti e rapiti, gli addobbi e le decorazioni.

Sulla pedana posta alla fine del lungo tappeto, Ron si guardava nervosamente intorno.

Notò soddisfatto che, in quella folla variegata e colorata, non mancava proprio nessuno: poteva rivedere, in quei volti sorridenti, in quegli occhi emozionati, in quelle persone elegantemente agghindate, le tappe più importanti della sua vita con Hermione.

Non soltanto gli amici e i parenti più stretti – e bisogna ammettere che, nel caso della famiglia Weasley, la cerchia fosse piuttosto numerosa- ma, in generale, coloro a cui la coppia voleva più bene e da cui era ampiamente ricambiata.

Scorse il volto severo della professoressa McGranitt -fasciata in un abito dai ricami scozzesi e con gli occhi lucidi- e il grosso faccione di Hagrid che, nel suo orripilante vestito da cerimonia, singhiozzava rumorosamente, avvistò i membri dell'ES, dell'Ordine della Fenice, della squadra di Quidditch di Grifondoro e i molti ex compagni di scuola.

Vide Xenophilius Lovegood, vestito di giallo canarino da capo a piedi, parlare in modo concitato con la segretaria di Hermione, Dorothy, che lo ascoltava attenta in un tripudio di pizzi e falpalà.

Qualche fila più indietro, notò Andromeda Tonks che cercava di tenere buoni e tranquilli Teddy e Victoire, inverosimilmente eccitati per i loro ruoli di paggetto e damigella.

E poi c'erano i colleghi del Ministero suoi e di Hermione, il Ministro Kingsley Schacklebolt, Neville accompagnato da Hannah e la loro microscopica bimba Alice, Dean, Seamus, Lee Jordan, le gemelle Patil, lo strambo accompagnatore di Luna e alcuni negozianti di Hogsmeade e di Diagon Alley.

Ron sentì lo stomaco chiudersi quando distinse Lavanda che, stretta in un vestito rosso fuoco, gli rivolse un'occhiata in tralice.

Poco distante da lei sedeva Victor Krum; a quella vista il volto di Ron si contrasse in una smorfia minacciosa e involontariamente si ritrovò a stringere i pugni.

Poi, abbassando lo sguardo sulle nocche, diventate bianche per lo sforzo, decise di lasciar correre.

Quello era il suo, il loro, giorno e nessuno avrebbe potuto rovinarlo.

“Ehi fratellino!”

George, posizionandosi al suo fianco sotto l'arco, gli diede una poderosa pacca sulla spalla destra, ridestandolo dai suoi pensieri.

Un cenno con il capo e un mugugno indistinto furono il suo saluto per il fratello.

“Hai un colorito piuttosto strano, sicuro di stare bene? Secondo me un goccetto di Whisky Incendiario è quello che ti serve. Ecco qui!”

Ron gli rivolse un'occhiata laconica, annuendo debolmente e afferrando il bicchierino colmo di liquido ambrato che gli stava porgendo.

Trangugiò la bevanda senza troppe cerimonie e per poco non si strozzò quando Harry arrivò trafelato di fronte a loro.

“Sono appena stato di sopra. C'è stato un piccolo incidente con Zia Muriel” spiegò affannosamente.

I due fratelli lo guardarono incuriositi e George, riempiendo nuovamente il bicchierino di Ron con una piccola fiaschetta d'argento, esclamò: “Non dirmi che il vecchio pipistrello ha deciso di tirare le cuoia proprio oggi!

Indubbiamente, sarebbe divertente mandare a monte le nozze di questi due proprio quando si erano decisi a compiere il grande passo; ma non credo che Hermione e la mamma la pensino in questo modo.”

Harry rise senza troppa convinzione e, scuotendo la testa, continuò: “No, anche se ci sei andato vicino. È semplicemente svenuta, ora si sta riprendendo. A quanto pare non ha gradito molto la notizia della gravidanza di Hermione.

Ma cosa stai facendo, vuoi farlo ubriacare?”

George, guardandolo falsamente indignato, continuò: “Stai scherzando? È solo un goccetto. Gli farà bene vedrai!”

 

 

“Oh cara, sei bellissima. La tiara è perfetta, ti dona molto.”

Molly avvolse Hermione in uno stretto abbraccio sussurrandole in un orecchio: “Ho sempre saputo che un giorno saresti entrata nella nostra famiglia davvero; tu e Ron siete fatti l'uno per l'altra”.

Poi, baciandole dolcemente una guancia, si allontanò.

La ragazza sospirò profondamente, voltandosi verso sua madre e sua nonna che stavano fissando la scena visibilmente emozionate.

“La Signora Weasley ha ragione. Sei un incanto!” esclamò la nonna, aggiustandosi il cappellino verde acqua che, nel trambusto precedente, si era spostato, pendendo da un lato.

“Per fortuna che tutto si è risolto. Sono contenta che la prozia di Ronald si sia ripresa.

Certo, devo ammettere, che è un tipo abbastanza particolare.

Offenderti in quel modo! E poi ha avuto una reazione esageratamente melodrammatica scoprendo la tua gravidanza.” constatò contrariata.

“Non è cattiva, è semplicemente una donna all'antica. Sai ha più di 110 anni!” cercò di spiegarle Hermione.

“Ciò non toglie che sia una scorbutica maleducata! Sei sempre troppo gentile Hermione.” Si intromise Ginny, arricciando il naso con disapprovazione.

Prendendo il mazzolino di rose bianche e lilla, proseguì: “Meno male che tutto è finito per il meglio, però. I sali che aveva in quella orripilante borsetta sono stati provvidenziali e il discorsetto di mamma l'ha fatta ragionare.

Insomma, nessuna donna di questa famiglia può sposarsi senza la sua vecchia tiara, è una tradizione consolidata!

E tu, a prescindere da quello zuccone di mio fratello, sei una di famiglia.”

Le fece un occhiolino e le porse il suo bouquet.

Sulla soglia apparve il padre di Hermione, elegantissimo nel suo frac babbano, che tossicchiò per attirare l'attenzione delle donne.

“È arrivato il momento di andare. Siete pronte?”

Jean gli fece un cenno di assenso, si accostò alla figlia per sistemarle il velo sul viso e scomparve per la scale seguita da sua madre.

“Bene, andiamo.”

Hermione si appoggiò al braccio del padre e scese al piano di sotto con Luna e Ginny al suo fianco.

 

 

L'allegro e trepidante vociare che serpeggiava in giardino si fece ancora più rumoroso quando la Signora Weasley e la Signora Granger si accomodarono nei rispettivi posti: la cerimonia stava per iniziare.

All'improvviso un'armoniosa melodia si diffuse dalle campanelle che pendevano dall'arco e la folla tacque di colpo.

Ron si girò verso Harry e George che gli rivolsero un'occhiata incoraggiante prima di voltarsi stupiti verso il fondo del cortile, incitandolo a guardare in quella direzione.

Il cuore del ragazzo fece un balzo nell'attimo esatto in cui vide Hermione.

Preceduta da Teddy e Victoire che portavano gli anelli e lasciavano cadere dei petali candidi sul tappeto, saldamente ancorata al braccio del Signor Granger e seguita da Ginny e Luna, Hermione era stupenda.

Ron deglutì vistosamente, pensando quanto bella fosse la ragazza in quel momento.

Per lui Hermione era sempre bella, anche con i capelli in disordine, con il volto corrucciato in un'espressione concentrata e un grosso librone tra le mani; però in quel frangente era magnifica.

Sembrava l'incarnazione stessa della felicità con quel sorriso enorme che le illuminava il volto, gli occhi leggermente lucidi e il pancione evidenziato dal lungo abito.

Hermione si ritrovò alla fine del tappeto senza sapere come ci fosse arrivata: era come se le sue gambe fossero dotate di vita propria, muovendosi autonomamente.

Si congedò dal padre e giunse sulla pedana vicino a Ron, che, con mani tremanti, le sollevò il velo.

La ragazza puntò gli occhi nei suoi, stringendogli forte la mano.

Intanto, il funzionario del Ministero iniziò ad officiare il rito.

“Signore e Signori, siamo qui riuniti oggi per celebrare l'unione di due anime fedeli: Ronald Bilius Weasley e Hermione Jean Granger.

Essi si sono trovati e scelti l'un l'altro e hanno deciso di trascorrere il resto della loro esistenza insieme, come marito e moglie.

È proprio questo che rende così speciale l'unione di Ronald e Hermione: la libertà che sta alla base della loro scelta... ”

Il celebrante proseguì elencando gli obblighi e i doveri che avrebbero dovuto rispettare, ammonendoli riguardo i cambiamenti che avrebbero stravolto le loro vite ed esortandoli ad essere felici.

Si potevano udire, in sottofondo, i composti singhiozzi di Molly e di Mrs. Granger e quelli decisamente più rumorosi di Hagrid. La prozia Muriel, nel frattempo, dava sfogo alla sua indignazione con borbottii poco gentili riguardo la coppia; ma nessuno le prestava attenzione, per fortuna.

Finalmente arrivò il momento che tutti aspettavano: lo scambio delle promesse.

“Vuoi tu, Ronald Bilius, prendere Hermione Jean come tua sposa, decidendo così di unire la tua vita alla sua e promettendo di amare, onorare e rispettare questa donna per il resto dei tuoi giorni?”

Ron intrecciò ancora più saldamente le sue dita con quelle della ragazza e, sostenendo il suo sguardo, pronunciò un chiaro e forte lo voglio.

Subito dopo fu il turno di Hermione che rispose con la voce spezzata dall'emozione.

A questo punto, il piccolo Teddy si fece avanti portando orgogliosamente il cuscino con gli anelli. Essendo un'usanza tipicamente babbana, furono molti i mormorii di curiosità e interesse che si levarono dagli invitati.

Ron incontrò qualche difficoltà nell'infilare la fede all'anulare sinistro di Hermione, visto che a causa della gravidanza le dita della ragazza si erano leggermente gonfiate; ma a parte questo piccolo particolare tutto andò bene.

“... dunque vi dichiaro uniti per sempre”.

Il funzionario del Ministero alzò la bacchetta sopra la testa degli sposi e una pioggia di stelle d'argento cadde su di loro, avvolgendoli in una spirale. Nello stesso momento, comparve una cascata di piccole sfere di luce, che fluttuavano leggere e luminose.

Hermione sgranò gli occhi, guardando meravigliata Ron, che, senza darle il tempo di reagire, la tirò verso sé e la baciò con passione.

Dalla folla di invitati arrivavano fragorosi applausi e fischi di incoraggiamento; erano ufficialmente marito e moglie.

 

 

Ben presto i novelli sposini furono assaliti da una moltitudine di persone che voleva felicitarsi con loro.

Ron, preoccupato che tutta quella confusione potesse provocare un malore a Hermione, rimase ostinatamente al suo fianco, cingendole la vita con un braccio.

Baci, abbracci, strette di mano e pacche sulle spalle.

L'unico attimo di tensione ci fu quando Victor e Lavanda si avvicinarono, per puro caso insieme, alla coppia; la cosa fu abbastanza imbarazzante per tutti.

“Victor!” la voce di Hermione non fu più forte di uno squittio mentre Ron la strinse ancora di più a sé, possessivamente.

“Herrmioni sei dafero bellissima! Ronald faccio auguri anche a te. Tu sei molto molto fortunato.

Io ho saputo sempre che Herrmioni afrebbe fatto felice qualcuno un giorno.”

Hermione arrossì imbarazzata mente Ron emise un grugnito di assenso, marcando ancora di più la stretta e gongolando spudoratamente, intanto che stringeva la mano che il bulgaro gli stava tendendo.

“Anche io vorrei porgervi le mie congratulazioni.”

Lavanda Brown si fece avanti, avanzando malferma sui vertiginosi tacchi.

Hermione alzò il mento fiera, mettendo in bella vista, accidentalmente, la mano sinistra.

“Sono contenta per voi, dico sul serio.

Il passato ormai non conta più nulla e poi sapevamo tutti che sarebbe finita così; probabilmente l'avevamo capito molto prima di voi.” Ammise Lavanda, abbozzando un sorriso e facendo volteggiare la folta chioma bionda prima di allontanarsi.

Quando furono entrambi a debita distanza Hermione si girò verso Ron, incrociando le braccia dietro il suo collo.

“Devo confessarti che temevo potessi fare qualcosa di avventato quando si è avvicinato Victor.”

Ron, crucciato, sbuffò: “Ti ringrazio per la fiducia, amore.

Comunque, perché avrei dovuto? Mi sono appena sposato con te; diciamo che è stato un modo per mettere le cose in chiaro una volta per tutte.

Adesso sei mia e di nessun altro.”

Hermione inarcò un sopracciglio, interdetta: “Ma come siamo possessivi Signor Weasley! La facevo più generoso.”

Si avvicinò di più al suo volto e bisbigliò a pochi millimetri dalle sue labbra: “E comunque sono sempre stata tua, non serviva certo uno stupido anello!”

Il volto del ragazzo si aprì in un sorriso scaltro.

“Oh no, certo.

Quindi è stato per puro caso che tu hai sventolato sfacciatamente la mano con lo stupido anello sotto gli occhi di Lavanda. O sbaglio?”

“Noto con piacere che sei diventato un Mago davvero molto perspicace.”

Poi, ridendo maliziosamente annullò la distanza tra di loro, baciandolo con entusiasmo.

 

 

Per il ricevimento, un grande gazebo bianco aveva sostituito le file ordinate di sedie ed il piccolo archetto di rose.

Gli sposi erano seduti al suo centro, circondati dalle lunghe tavolate degli altri invitati.

L'atmosfera era frizzante e gioiosa, c'erano cibo in grande quantità e vassoi carichi di coppe di champagne che fluttuavano tra i tavoli, riempiendosi magicamente.

Una melodia tranquilla e rilassante si diffondeva nell'aria, preparando gli invitati alle danze che, presto, sarebbero iniziate.

“Se mangio ancora un altro boccone, giuro che scoppio!”

Hermione si portò una mano sulla pancia, svagata.

“Ma se hai mangiato come un uccellino!” Ron la guardò come se fosse impazzita, pronto ad addentare l'ennesima coscia di pollo.

Purtroppo, fu interrotto da un suono metallico proveniente dal tavolo dei testimoni.

Poteva significare solo una cosa: era arrivato il momento del discorso.

George si alzò e, sorridendo sornione, si schiarì la voce.

Ehm ehm. Sono sinceramente dispiaciuto per aver interrotto le vostre attività ma, a quanto pare, come testimone dello sposo ho il compito di fare un discorso.

Sarò breve e conciso, ho solo poche cose da dire e credo che saranno condivise dalla maggior parte delle persone presenti.

Alla fine ce l'avete fatta.

ERA ORA!

È incredibile pensare quanto tempo abbiate impiegato per sposarvi; ma d'altra parte da due che ci hanno messo sette anni per dichiarare i propri sentimenti, cosa potevamo mai aspettarci?”

Meno male che aspettate già un bambino, altrimenti chissà quanto ci avreste messo per sfornarne uno.”

Uno scroscio di risate si diffuse tutt'intorno, mentre le orecchie di Ron arrossirono notevolmente e Hermione sorrideva divertita.

“In effetti, ora che ci penso, questa è stata l'unica cosa in cui siete stati veloci.

Comunque, concludo qui gente. Ora è il turno di Harry e sono sicuro che il suo discorso sarà molto più profondo e toccante del mio.

Auguri!”

Ron tirò un sospiro di sollievo, si aspettava di peggio da George.

Mentre gli ultimi applausi si affievolivano, Harry si sistemò, impacciato, gli occhiali sul naso, e iniziò a parlare.

“Bene, entrambi sapete che non sono molto bravo con i discorsi, però cercherò di fare il mio meglio.

D'altra parte non ho scelta, ve lo devo!

Lo devo al ragazzino con il naso sporco e alla bambina dai capelli crespi che incontrai quindici anni fa sull'Espresso per Hogwarts.

Già, quindici anni.

Potrebbe sembrare banale e scontato dire che vi conosco da una vita, ma è la verità.

E, cosa ancora più importante, in tutto questo tempo non c' stato un singolo episodio che non abbiamo vissuto insieme. Insomma, sfido chiunque qui dentro a dire di aver affrontato più pericoli, di aver infranto più regole - Hermione non fare quella faccia - di aver condiviso più avventure di noi tre.

Mi chiedo dove sarei ora senza di voi. Senza l'intelligenza, la forza e l'altruismo di Hermione e senza l'ironia, la lealtà e il coraggio di Ron.

Probabilmente sarei ancora alle prese con quella Scacchiera gigante nei sotterranei di Hogwarts.

La verità è che se sono stato in grado di fare tutto ciò che ho fatto, se sono diventato quello che sono oggi, è solo grazie a voi.”

Gli invitati lo ascoltavano rapiti e in silenzio, Hermione bisbigliò un Oh Harry, con gli occhi umidi e la voce strozzata, mentre Ron, premuroso, le cinse le spalle con un braccio.

“Comunque, per quanto forte potesse essere il rapporto che ci univa, e che ci unisce tutt'ora, ho sempre saputo che tra di voi c'era qualcosa di speciale.

Anche in questo caso, io sono stato per voi, testimone più o meno partecipe dell'evoluzione della vostra relazione.

C'ero quando Ron si rese conto per la prima volta, ma forse lo sapeva già da tempo, che Hermione era una ragazza e quando lei lo accusò di possedere la sfera emotiva di un cucchiaino.

C'ero quando Hermione scagliò contro Ron uno stormo di famelici canarini e quando quest'ultimo, in bilico tra la vita e la morte dopo aver ingerito dell'Idromele avvelenato, bisbigliò il suo nome.

C'ero quando, nel bel mezzo di una Guerra, nel peggiore momento di tutti e con tempismo perfetto, si baciarono per la prima volta.

Fu molto imbarazzante a dire il vero, ma questo vi fa capire che dire che ci sono sempre stato, non è un eufemismo.”

Risa divertite si levarono dai tavoli e anche Ron e Hermione, sereni e rilassati, si godevano il discorso di Harry.

“Ed ora eccomi qui a festeggiare insieme a voi, e a tutte le persone che vi sono state vicine in questi anni, il vostro matrimonio.

Sono fermamente convinto che nessuno più di voi due si meriti di essere felice; e voi lo sarete, insieme.

Non credo assolutamente che la vostra nuova vita sarà tutta rose e fiori, sarei uno sciocco se lo pensassi, conoscendo meglio di chiunque altro i vostri tremendi litigi; però so che, nonostante i battibecchi, le sfuriate, i diverbi e le piccole incomprensioni, siete fatti l'uno per l'altra.

A questo proposito, avevo raccomandato ai presenti di evitare regali che non fossero infrangibili, visto che non avrebbero resistito alla prima lite coniugale; purtroppo non so se tutti mi hanno dato ascolto!

Nonostante questo so che nulla potrà mai separarvi, neanche avvenenti biondine o aitanti giocatori di Quidditch.

E sappiate che io sarò qui per voi ogni volta che ne avrete bisogno, sarò pronto ad ascoltarvi, a consigliarvi e anche ad offrirvi il mio divano – Ron mi riferisco a te – se sarà necessario.

A Ron e Hermione!”

Harry, emozionato, levò in aria il suo calice e tutti lo imitarono, ripetendo le sue parole.

A Ron e Hermione!”

 

 

Quando calò la sera, la baldoria sotto il padiglione divenne sempre più sfrenata.

Hermione, stretta tra le braccia di Ron, si guardava attorno soddisfatta.

Nel crepuscolo, il gazebo scintillava alla luce delle piccole sfere luminose, il complesso stava suonando una melensa canzone d'amore e gli ospiti stavano ballando.

Si sentiva felice e immensamente fortunata. Con un sospiro, appoggiò la testa sulla spalla di Ron.

“E così ce l'abbiamo fatta.” sussurrò alzando gli occhi verso quelli del ragazzo.

“Sembrerebbe di sì. E pensare che soltanto pochi mesi era tutto così diverso, è incredibile come possa cambiare la vita in così poco tempo.” Le rispose, lasciandole un bacio leggero sulla fronte.

Danzarono in silenzio per un po', poi, ad un certo punto, Ron sgranò gli occhi inverosimilmente e Hermione gli sorrise, annuendo impercettibilmente con il capo.

“Hermione, si è mosso!” esclamò il ragazzo, con la faccia di uno che è appena stato colpito in testa da un Bolide.

“Il bambino si è mosso e io l'ho sentito. Ho sentito nostro figlio!” ripeté euforico, facendo ridere Hermione.

Con un'espressione ancora inebetita sul volto iniziò ad accarezzare il ventre della ragazza, sperando di sentire qualche altro movimento.

“Magari è felice anche lui. Sì, deve essere proprio così! È felice e ce lo ha detto!”

Hermione levò gli occhi al cielo divertita.

“Non hai detto una sciocchezza. Sai, ho letto che l'umore dei bimbi è influenzato da quello della mamma durante la gravidanza.

E io non sono mai stata più felice di così!”

Ron la abbracciò con così tanto entusiasmo che la sollevò in aria, facendola volteggiare.

Poi, riportandola delicatamente a terra la baciò con tutto l'amore e la tenerezza possibili.

Era tutto assolutamente, indiscutibilmente e magnificamente perfetto.

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Capitolo 17
*** Il Cerchio della Vita ***


Ebbene sì, è finita.

So di aver  preannunciato la presenza di altri due capitoli, invece non sarà così.

Forse non apprezzerete la mia scelta – poiché credo che questa conclusione non sarà, probabilmente, come molti di voi avranno immaginato – però arriva un momento in cui bisogna davvero mettere la parola fine.

Per A Wedding’s Tale questo momento è arrivato, in fondo la storia poteva dirsi in parte già conclusa dallo scorso aggiornamento.

È difficile per me congedarmi definitivamente da questa storia, non solo perché mi ha accompagnato ormai da più di un anno ma anche, e soprattutto, perché è stata la mia prima fan fiction in assoluto.

Se ho continuato a scrivere, a pubblicare, ad aggiornare lo devo soltanto a voi che con il vostro appoggio, le vostre critiche e i vostri complimenti avete reso possibile tutto ciò.

Grazie.

 

 

La storia è dedicata a tutti coloro che, in questi quattordici mesi, mi hanno accompagnato con la loro presenza e i loro preziosi consigli.

E anche a chi ha preferito rimanere nell’ombra.

 

 

From the day we arrive on the planet
And blinking, step into the sun
Theres more to be seen than can ever be seen
More to do than can ever be done

Some say eat or be eaten
Some say live and let live
But all are agreed as they join the stampede
You should never take more than you give

In the circle of life
Its the wheel of fortune
Its the leap of faith
Its the band of hope
Till we find our place
On the path unwinding
In the circle, the circle of life

The Circle of Life - Elton John - The Lion King Soundtrack 

 

 

 

31 agosto 2007, la Tana.

 

Sono tutti nel giardino della Tana, sotto il cielo azzurro e il sole splendente.

Bambini dappertutto, giocano, piagnucolano e si divertono. Sono rumorosi, corrono e ridono tra gli adulti.

Hermione si guarda attorno e pensa che sono fortunati, è una giornata gioiosa: il primo compleanno di sua figlia, Rose Isabel Weasley.

Vede Ron che la solleva e la lancia in aria contro il cielo limpido, la bimba allarga le braccia e ride divertita.

La sua risata, c’è suono più bello?

Il ragazzo afferra al volo sua figlia e la stringe contro di sé, inspirando il suo profumo di vaniglia e di pulito.

Poi la lascia andare.

La piccola, malferma sulle gambe grassocce, passa in mezzo a quella folla di amici e parenti barcollando, aggrappandosi ai pantaloni dello zio Bill oppure alla gonna di nonna Jean per non perdere l’equilibrio.

Al suo passaggio c’è chi accarezza la sua testolina rossa e chi si abbassa al suo livello per salutarla.

Rose è diretta verso la sua mamma e, giunta a destinazione, inizia a gorgheggiare soddisfatta e felice.

Afferra un lembo del vestitino a fiori di Hermione e si lascia prendere in braccio con docilità.

Con il peso della piccola su un fianco e la sua testolina appoggiata su una spalla, la donna si sente perfettamente equilibrata.

Rose ha i capelli rossi e gli occhi azzurri di Ron ma per il resto è uguale a lei. Il naso all’insù, la bocca sottile e il suo stesso sguardo attento e curioso.

È una bambina tranquilla e allegra ma anche tremendamente testarda e determinata.

I capelli colorati di Teddy, poco distante da loro, catturano l’attenzione di Rose, che inizia a divincolarsi fin quando Hermione non la mette a terra.

In quel momento arriva Ron, che abbraccia la donna da dietro e le sussurra in un orecchio: “Non è stupenda?”.

Hermione annuisce, sorridendo serena e portando una mano sul ventre appena rigonfio: contiene una nuova piccola vita che vedrà la luce all’inizio del nuovo anno.

 

 

La Signora Weasley schizza da una parte all’altra, dalla cucina al cortile, dal salotto allo stagno.

Anche in quest’occasione il lungo tavolo posto al centro del giardino testimonia le sue fatiche.

Piatti su piatti di piccoli sandwich, panini morbidi, tortini colorati, budini tremolanti, biscotti alla cannella e caraffe colme di limonata e succo di zucca.

Al centro, la torta.

Enorme, con il diametro di almeno sessanta centimetri e ricoperta di roselline di glassa.

Molly si ferma sotto il portico a guardare quella marea di persone che invade la sua casa, con una mano porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio mentre strizza gli occhi marroni contro la luce del sole pomeridiano.

Si sente immersa in un mare di beatitudine e piacere: è nel suo vero elemento.

I Weasley, veri o acquisiti, sono tutti insieme per festeggiare il compleanno della più piccola di casa, almeno per il momento.

Sarebbe meraviglioso vivere così, tutti insieme sotto lo stesso tetto.

Naturalmente sa che è impossibile e non ha senso; nessuna casa potrà mai essere grande abbastanza per tutti loro, per contenere le loro tensioni, i loro desideri, le loro storie.

Il loro passato, il loro presente e il loro futuro.

Osservando Rose che gioca con Albus, di appena un mese più grande, pensa a quanta gaiezza c’è nell’aria.

È uno di quei giorni in cui tutto sembra facile e sereno; ma non sempre è così.

Molly lo sa bene.

Tuttavia, sa ancora meglio che impegnandosi e mettendocela tutta, alla fine ogni cosa volgerà per il meglio.

Quanti ostacoli, quanti pericoli, quanti dolori hanno dovuto affrontare, loro, tutti loro, prima di poter assaporare il gusto della felicità.

È così che vanno le cose, queste sono le regole della vita.

 

 

La grande casa di mattoni rossi è silenziosa e buia, la finestra al primo piano è la sola a essere illuminata.

È quella della cameretta di Rose.

Al suo interno Ron adagia delicatamente la bimba, già profondamente addormentata, nel suo lettino.

È stata una giornata faticosa.

Socchiude la porta e si dirige in silenzio verso la stanza che divide con Hermione.

La donna è distesa al centro del grande letto, intenta a sfogliare, alla fioca luce dell’abat-jour, un enorme librone.

Ron sorride, capendo che non è un nuovo manuale di Incantesimi oppure un racconto in Runico Antico.

È l’album in cui hanno raccolto fotografie, pensieri, ricordi.

Si avvicina a Hermione e si accomoda al suo fianco; la ragazza appoggia la testa sulla sua spalla e, insieme, iniziano a sfogliare quelle pagine spesse e fruscianti.

È come fare un viaggio nel passato.

C’è Hogwarts e ci sono loro due, che da ragazzini timidi e impacciati diventano adulti coraggiosi e leali.

C’è il giorno del loro matrimonio, Hermione nel suo abito bianco e Ron che le rivolge sguardi innamorati. C’è la prima immagine di Rose, un’ecografia sfocata e confusa in cui la bambina non è molto diversa da un pesciolino.

Ci sono il viaggio di nozze a Parigi e la pancia di Hermione che in ogni foto diventa più grande.

E poi il primo ritratto di famiglia, nel giardino della loro grande casa, Hermione che culla dolcemente una minuscola Rose mentre Ron le cinge le spalle, emozionato.

Sfogliano e ricordano, finché non arrivano a una pagina bianca, pronta per essere riempita.

Hermione prende un rettangolino di carta colorata e con un colpo di bacchetta lo incolla al foglio vuoto: è la foto scattata quello stesso pomeriggio davanti alla torta, tutti insieme sorridenti e spensierati, stretti l’uno accanto all’altro.

Ron posa un bacio sulla guancia di Hermione, prima di chiudere l’album.

Entrambi sanno che quella non è la fine, c’è ancora molto da raccontare.

Non ha dubbi Ron, pensando che quella è davvero la storia più imprevedibile e interessante di tutte.

La storia della loro vita.

 

 

“…But the sun rolling high through the sapphire sky
Keeps great and small on the endless round

 

 

 

 

NdA:

 

Probabilmente molti di voi pensavano di leggere – com’è logico che sia- la nascita di Rose.

Ho creduto più opportuno narrare un episodio diverso, inaspettato e più distante nel tempo.

Per questo la scelta del presente è voluta, così come l’introspezione del capitolo. Mi è sembrato giusto concludere con i pensieri e le riflessioni degli stessi personaggi con cui la storia iniziava: Molly, Hermione, Ron.

 

Ciò non toglie che in futuro possa narrare davvero la nascita della piccola Weasley, semplicemente credevo non fosse questo il momento più adatto.

 

 

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