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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo *** Capitolo 2: *** Anno nuovo, abitudini vecchie *** Capitolo 3: *** Tradizioni consolidate, lezioni e compagni di lavoro *** Capitolo 4: *** Quidditch e Scelte *** Capitolo 5: *** Sorprese ***
<< Sveglia,
dai è tardi, alzati. Abbiamo delle cose da fare oggi. >>
Odio
profondo. Ecco che cosa suscita in me la sveglia di mia madre, che irrompe in
camera interrompendo i miei sogni beati con tutta la sua fretta e le sue
regole.
Odio
che cresce esponenzialmente quando, come al solito, spalanca le finestre per
“farmi svegliare meglio” e “cambiare l’aria della stanza”.
<< Merlino
Pansy, un po’ di pietà! Devo ancora abituarmi al fuso orario! >> borbotto
assonnata. Mi rigiro nel letto e nascondo la testa sotto il cuscino, cercando
di proteggermi da quell’invasione di luce.
<< Non
tentare di arrampicarti sugli specchi, signorina. Un’ora di differenza tra qui
e la Francia la puoi superare benissimo. >>
Mi
chiamo Erin Lemaire ed ho una madre sadica.
Sbuffando,
mi libero dalle lenzuola aggrovigliate e scendo dal letto, sorvegliata a vista
da Pansy. Inarco un sopracciglio e porto il mento in avanti nella sua direzione,
invitandola silenziosamente ad andarsene. Senza aggiungere altro, mia madre esce
e mi lascia vestire in santa pace.
Reprimo
il desiderio di rimettermi a dormire: Pansy se ne accorgerebbe subito e
tornerebbe in camera come un falco sulla preda. Certe volte penso che mi tenga
costantemente sotto controllo con la Legilmanzia. Poi
mi convinco che non è possibile, perché se mia madre conoscesse tutti i miei pensieri a quel modo, ne
avrei prove ben diverse dalle mie ipotesi inconsistenti.
Lancio
un’occhiata alla sveglia sul comodino. Le otto e mezza. Stronza.
Non
che di solito Pansy rispetti il dovuto riposo estivo che mi spetta, in quanto
impegnata studentessa in momentanea pausa da Hogwarts, ma perlomeno di mattina generalmente mi lascia dormire.
Naturalmente
il generalmente non comprende i
giorni immediatamente successivi il mio ritorno dal tradizionale mese di vacanza
in Francia, ospite della famiglia di mio padre.
Pansy
disprezza quell’uomo. Vorrebbe che io semplicemente non lo considerassi, come
fa lei: ogni anno, quando torno da Hogwarts e subito pianifico le vacanze per
trascorrere il mio consueto mese in Francia, lei disapprova, e cerca di
dissuadermi.
Non
ho ancora capito se lo fa perché veramente è gelosa e ci tiene ad avermi sempre
con sé, o solamente perché nel suo strano modo di vedere la nostra - la sua –
famiglia, la figura paterna non è assolutamente significante o contemplata. Non
le è mai importato niente di mio padre quando si frequentavano, nemmeno quando
si è accorta di essere incinta. In un certo senso possiamo considerarci
entrambi degli errori di percorso nella vita della mia cara mammina, risalenti
al periodo nero che corrisponde al matrimonio del suo grande amore
adolescenziale. Draco Malfoy.
Buffo
considerare come la mia vita dipenda in gran parte da un uomo che a malapena
conosco.
Se
Draco Malfoy si fosse seriamente fidanzato con mia madre, lei in questo momento
sarebbe felicemente sposata con lui.
Oppure
lui avrebbe fatto lo stronzo, si sarebbero lasciati e lei si sarebbe felicemente
sposata con un altro uomo.
Ma
comunque, sarebbe stata felice.
Se
Draco Malfoy fosse morto in guerra, lei probabilmente sarebbe rimasta casta e
addolorata a vita e io non avrei mai visto la luce del sole.
Ma
Draco Malfoy non ha fatto niente di tutto questo. Lui è rimasto ambiguo fino
alla fine, tenendo mia madre sulle spine. Non si sono mai completamente
sbilanciati l’un con l’altro, non hanno mai chiarito i propri sentimenti, hanno
rimandato quel momento fino a quando è stato troppo tardi per farlo, quando la
Guerra Magica li ha separati, se non fisicamente, psicologicamente.
Forse
mia madre lo avrebbe dimenticato, se non ci fossero stati quei maledetti
processi dopo la Guerra. Allora si scoprì che Draco Malfoy si era isolato da
tutto e da tutti per compiere una missione da cui dipendevano la sua vita e
quella della sua famiglia, salvo poi fallire mantenendo intatta la sua bella
innocenza. Una specie di martire agli occhi di Pansy. E chi se lo dimentica,
l’innamorato martire? Solo che mentre lei languiva nel suo rinnovato amore,
l’oggetto delle sue attenzioni annunciava il fidanzamento con Astoria Greengrass. Boom.
Mia
madre allora si è buttata in una travagliata relazione con un francese
momentaneamente impiegato al Ministero. Mio padre. Che poi si è scoperto aver
moglie e figlioletta in Francia, anche se i felici coniugi stavano
attraversando un periodo di crisi durante il soggiorno di lui in Inghilterra.
Comunque,
qui entro in scena io. La vendetta di mia madre, se vogliamo metterla in questi
termini. La prova vivente che lei può sopravvivere senza Draco Malfoy. Circa.
Di mio padre, l’ho già detto, non le interessava e non le interessa minimamente:
lui se n’è tornato in Francia poco dopo la mia nascita, a rimettere insieme i
pezzi della sua vera famiglia, lei si è presa cura di me. Assieme a nonna
Parkinson mi ha cresciuta senza farmi mancare nulla, ma era sempre distante,
sempre seria, rigida. Mai uno scherzo, un gesto affettuoso, spontaneo.
Da
piccola provavo a compiacerla. Ce la mettevo tutta per renderla orgogliosa di
me, mi sforzavo di comportarmi come lei, di parlare come lei, di pensare come lei.
Crescendo,
chiamatela ribellione adolescenziale, chiamatela disillusione, ho smesso di
cercare di avvicinarmi a mia madre. Per un periodo l’ho quasi odiata, adorando
contemporaneamente il paparino lontano. Ma neanche il suo affetto contenuto mi
era più sufficiente: il mio quinto anno ad Hogwarts passavo le giornate a tormentarmi,
ero arrabbiata con il mondo intero, maledicevo il Destino e la famiglia
sconclusionata che mi aveva affibbiato.
Poi,
poco prima dei GUFO, come se lo stress per gli esami avesse preso in me il
sopravvento, impedendo a qualsiasi altro pensiero di turbarmi, il mio mondo
impazzito si è riassestato, calmandosi nuovamente e permettendomi di riordinare
i pensieri.
Cominciavo
a rivalutare la mia vita, la mia famiglia, a dare loro il giusto peso. Scoprivo
che potevo sopravvivere anche se mio padre e mia madre non erano i genitori
ideali, sapevo badare a me stessa. Ritrovavo il mio equilibrio, e dopo
quell’anno fatidico sono sempre stata ben attenta a tenermelo stretto, a non
incrinarlo neanche minimamente.
Adesso,
ormai quasi diciassettenne, comincio a comprendermi, a capire chi e cosa sono
veramente, anche se spesso ancora mi nascondo dietro le maschere, gli schemi
del passato. Non ho ancora acquisito una tale fiducia in me stessa da esibirla
quotidianamente al mondo, sfidandolo a farmi vacillare.
Convivo
con i miei familiari, con mia madre in Inghilterra e con mio padre in Francia.
Evito nonna Parkinson. Per lo più preferisco prendere le distanza da tutti
loro, e sono ben contenta di rifugiarmi a scuola ogni anno. È più facile essere
libera, lontano da tutti loro.
***
Pansy
ed io passiamo quelle che sembrano delle ore da Madama McClan
a scegliere un abito da cerimonia ciascuna.
Normalmente
non mi dispiacerebbe affatto provare decine di abiti eleganti, specie se, come
oggi, Pansy è disposta a sborsare una quantità di denaro non indifferente. È
l’occasione per cui lo fa che mi rende tanto insofferente: stasera ci sarà una
cena formale con tutti i parenti di mia madre. Nonna Parkinson, mio zio Charles
e famiglia e tutti i cugini di mia madre di cui non ho voglia nemmeno di
imparare i nomi. Trascorrere con tutti loro un’intera serata mette a dura prova
il mio limite di sopportazione.
Ad
ognuna delle tradizionali cene di famiglia, nonna Parkinson tiene banco
(aiutata dal vino elfico, di cui brandisce sempre un bicchiere ben colmo)
disquisendo sull’importanza del sangue puro e del mantenimento delle antiche
famiglie, e non manca mai di raccomandarsi con tutte le nipoti di scegliere
intelligentemente il futuro consorte. E con intelligentemente
intendo accertandosi che sia ricco, facoltoso ed influente. E Purosangue
ovviamente.
Mi
guarda sempre male quando parla così. È convinta che il mio sangue francese mi
possa portare a fare le scelte più sbagliate.
Io spero vivamente che lei abbia ragione, considerando i suoi criteri di giusto
e sbagliato.
Quando
Pansy finalmente si è decisa su quale tonalità di crema si sposi meglio con la
mia carnagione, usciamo dal negozio, lei con un raffinato abito blu notte, io
con una veste un tantino meno classica della sua, color crema, appunto.
L’elfa
domestica di famiglia si è già occupata dei miei acquisti per la scuola, quindi
io e mia madre stiamo per lasciare Diagon Alley quando una slanciata sagoma
familiare ci viene incontro, salutando educatamente.
Jack
Zabini, come me Serpeverde, come me iscritto al settimo anno. Una delle poche
persone su cui posso realmente fare affidamento.
Lui
è più estroverso e solare di me, anche se con mia madre nasconde abilmente la
sua esuberanza, comportandosi da elegante damerino come gli è stato insegnato a
fare fin da piccolo. La convince a lasciarmi sola con lui, assicurandole di
portarmi a casa ad un orario ragionevole con la smaterializzazione congiunta.
Compiendo gli anni in febbraio lui ha già fatto l’esame lo scorso anno
scolastico, io dovrò aspettare almeno fino a dicembre.
Pansy
si lascia abbindolare rapidamente dai modi gentili di Jack, e si congeda
sorridendo.
<< Salutami
Blaise! >> si raccomanda.
Inutile,
penso io, a Zabini Senior non interessano minimamente i saluti di mia madre.
Sua moglie Daphne invece la manda sempre a salutare quando mi incrocia, ma lei
finge di non conoscerla nemmeno. Evidentemente il cognome Greengrass
pesa sulla madre di Jack più dei lunghi anni trascorsi in dormitorio con Pansy.
Non
appena mia madre scompare dietro l’incrocio che porta al paiolo magico, Jack mi
abbraccia, affettuoso come sempre.
Anche
se ci dimostriamo sempre freddi, non è vero che noi Serpeverde non sappiamo
dimostrare calore, solo che alcuni, come Jack, lo dimostrano meglio di altri,
come me.
Jack
ed io gironzoliamo senza meta per Diagon Alley, lui a raccontarmi della sua
mirabolante vacanza in Egitto, io a ridere, contagiata dal suo entusiasmo.
Dobbiamo
sembrare fratelli agli occhi della gente: stessa carnagione olivastra, stessi
capelli e occhi scuri, stessi modi aggraziati. Siamo fisicamente molto simili,
ed è evidente l’affetto che ci lega.
Solo
quando passiamo affianco ai Tiri Vispi
Weasley Jack si zittisce un momento, lo vedo rivolgere un’occhiata strana
all’interno della vetrina del negozio.
Ma
tira dritto, come facciamo sempre, e ricomincia a parlare. A scuola io e i miei
amici evitiamo di venire a contatto con i membri del clan Weasley-Potter, a
maggior ragione evitiamo i loro genitori. Forse i fantasmi dei nostri parenti
ci influenzano più di quanto vogliamo dare a vedere.
Curiosamente,
l’unico ad avere un minimo di rapporto con gli Weasley e affini è Scorpius.
Jack
mi trascina letteralmente da Accessori di
Prima Qualità per il Quidditch, dice che deve assolutamente mostrarmi il
nuovo modello di Firebolt uscito: spera che i suoi
glielo regalino per il compleanno. Un’occhiata al prezzo e
<< Uomini >> mormoro scuotendo la testa. So bene che gli Zabini
possono permettersi una spesa del genere, io stessa potrei permettermela, ma
anche se il Quidditch mi piace, preferisco investire una tale somma di galeoni
in altro.
Anche
se al momento non so dire con precisione a Jack in che altro.
Abbiamo
appena tempo per un gelato da Florian che Jack deve riaccompagnarmi a casa, non
vuole violare gli orari di miss Parkinson.
Ci
ritroviamo davanti alla villa con dieci minuti di anticipo, e a malincuore mi
separo da Jack.
Nuovamente
sola, respiro profondamente, cercando di trovare la forza di non darmela a
gambe.
Mi
rincuora il pensiero che, se riuscirò a sopravvivere alla cena di stasera,
domani rivedrò Jack e gli altri miei amici.
Domani
sarò di nuovo libera.
Nda
Dunque! Mi è venuto lo
spunto per questa storia all’improvviso, e non ho potuto trattenermi dal buttarla
giù. Quindi, ecco questo prologo. Magari ora le dinamiche, i rapporti che
legano i personaggi vi sono poco chiari, ma state tranquilli: verranno
“sciolti” e spiegati nei prossimi capitoli.
Se qualcuno di voi
seguisse l’altra mia fanfiction, comunque, non si
preoccupi: vedrò di aggiornare alternativamente le due storie, in modo di non
lasciarle in sospeso. Tutto sommato, ho sempre lavorato meglio con un po’ di
pressione J
Baci, Lu
P.S Sappiate che le
recensioni non mi fanno schifo ^^
Sarà un miracolo se riuscirò a trovare
l’Espresso, figuriamoci i miei amici.
Quest’anno
ad accompagnarmi al binario ci sono sia mia madre che mio padre, lui si è preso
un permesso speciale dall’ufficio per venire qui con noi. Oltre ad oggi, l’ha
fatto solamente prima che partissi per il mio primo anno, chiamala estrema
dedizione al lavoro. Per molto tempo mi sono chiesto perché mio padre debba lavorare
così tanto, a volte si trova perfino costretto a trascurare me e mia madre, cosa
che, lo noterebbe chiunque, non gli piace affatto.
Solo
di recente sono riuscito a dare una risposta plausibile se non certa alle mie
domande.
Capire
le motivazioni che spingono papà a fare qualcosa non è mai semplice, penso che
a volte nemmeno lui sappia rispondere consapevolmente delle sue azioni.
Comunque,
tornando al discorso lavoro, mio padre adora il suo. Fin da quando ha imparato
a pronunciare la parola “Quidditch” ha sognato di entrare nell’Ufficio per i Giochi
e gli Sport Magici, anche se a nonno Lucius non l’ha mai detto: sapeva che lui
desiderava qualcosa di più per il suo
unico figlio. La semplice passione però non spiega una tale abnegazione, no. Papà
si sente anche in debito nei confronti di quella parte di mondo magico che ha
dimenticato i suoi errori passati e gli ha concesso un’altra opportunità. Odia
stare lontano dalla sua famiglia, dalla nostra piccola famiglia che, ripete
sempre, lo ha salvato, ma sente anche di doversi impegnare al massimo nel
lavoro per dimostrare di essere all’altezza della fiducia, del perdono
soprattutto, che gli sono stati concessi.
Infine,
vuole far capire alla parte di mondo magico convinta che il suo posto dovrebbe essere
Azkaban, non il Ministero, che Draco Malfoy non è più il sedicenne spaventato
che ha fatto tutte le scelte sbagliate: Draco Malfoy ora è un uomo, un buon marito,
un buon padre e una persona onesta.
Quelli
che lo conoscono bene hanno da tempo capito la sua vera natura, in Ufficio
tutti lo rispettano, ma c’è ancora chi, da fuori, senza sapere niente di lui
tranne quello che è emerso dopo la guerra, non nasconde di ritenerlo solo un
traditore. Di più, fa di tutto per fargli capire ciò che pensa. Anche oggi
qualche genitore lo guarda diffidente, bisbigliando qualcosa all’orecchio dei
figli, della moglie o degli amici, sempre scrutando diffidente la nostra
famiglia. Mio padre se ne accorge, ed è chiaro che la cosa lo mette a disagio.
Ancora una volta, è la mamma a riscuoterlo, a rassicurarlo: non pronuncia una
parola, semplicemente lo guarda intensamente e lui torna a sorridere
normalmente.
Ci
dirigiamo verso il treno, io cammino un po’ avanti a loro, muoio dalla voglia di
ritrovare i compagni di sempre, che durante l’estate ho visto pochissimo.
Finalmente
distinguo una figura nota, sto per raggiungerla quando mi accorgo che Erin non
è sola: sta parlando con una donna che ci dà le spalle. Io non l’ho mai
conosciuta personalmente, ma è ovvio che non può trattarsi che di sua madre.
Mi
volto a guardare i miei genitori, sperando che non si siano resi conto di
nulla, ma non è una novità che le mie speranze falliscano fin troppo
frequentemente. Mio padre è impassibile, ma so che ha indossato la classica
maschera imperscrutabile delle situazioni imbarazzanti, un po’ spiacevoli, che
spera di non dover affrontare. Mia madre non riesce a nascondere le emozioni bene
quanto lui: vedo le sue sopracciglia inarcarsi più del consueto, disegnandole sulla
fronte una ruga di disagio e di…rimorso, forse, appena accennato.
Ancora
una volta, penso a che buffo senso dell’umorismo debba avere il destino. Già è
strano essere amico della figlia della quasi-ex-fidanzata di tuo padre, lo è
ancora di più dal momento che la quasi-ex-fidanzata in questione non lo ha
chiaramente mai dimenticato, ora, dovermi anche subire un tête à tête tra lei e
i miei felicemente sposati genitori mi sembra un po’ troppo.
Erin
deve aver fatto più o meno le mie stesse considerazioni, perché mi saluta con un
cenno appena abbozzato e fa per allontanarsi, probabilmente cercando di
trascinarsi dietro anche la madre.
Ma
Pansy Parkinson deve essere perspicace almeno quanto Erin la descrive, perché
il suo gesto di saluto non passa inosservato, e si volta seguendo la direzione
dello sguardo della figlia. Nonostante la spessa coltre di fumo che aleggia sul
binario, riesco distintamente a vederla assottigliare gli occhi e indurire la
mascella. Ci squadra appena per un istante, incurvando le labbra in un mezzo
sorriso sprezzante, poi gira i tacchi e si allontana, scuotendo i lunghi
capelli. Osservo che sono della stessa sfumatura dello scurissimo castano di quelli
di Erin, il che è quanto meno curioso, considerando che ormai Pansy non è più
un’adolescente. Erin si volta e ci rivolge un’occhiata di scuse, guardandomi,
ruota appena il polso in un altro dei suoi gesti appena accennati che col tempo
ho imparato a interpretare.
“Dopo”
Ci
vedremo dopo, sul treno, ben lontani dalle ombre dei nostri genitori.
<<
Draco non credi che dovremmo parlarle prima o poi? Infondo Erin è amica di
Scorpius e… >> comincia mia madre esitante, con un tono di voce ben
diverso da quello che abitualmente la sento usare.
<<
Per dirle cosa? Lei non cambierà
comunque il suo atteggiamento. >>risponde papà sospirando,
interrompendola.
<<
Non ti preoccupare mamma, i problemi di Pansy Parkinson non hanno niente a che
vedere con me o con la mia amicizia con Erin. >>
Mia
madre annuisce impercettibilmente, riacquistando subito i suoi modi sicuri.
Ci
avviciniamo maggiormente al treno, chiacchierando del più e del meno.
I
minuti passano, ma nessuno di noi ha voglia di accorgersene: non abbiamo mai
amato particolarmente il momento dei saluti.
Poi
fischio acuto proveniente dall’Espresso ci distoglie dai nostri discorsi: è
tempo di partire.
Mia
madre mi abbraccia con calore, come ogni anno si profonde in raccomandazioni e
incoraggiamenti, anzi, oggi più a lungo del solito perché c’è la novità M.A.G.O.
da considerare. Papà ci osserva sorridendo accondiscendente, i suoi saluti sono
meno prolissi di quelli di mamma: è un uomo di poche parole, ma non per questo
poco affettuoso. Mi districo quasi a fatica dalle attenzioni dei miei genitori
e salgo sul treno.
<<
Manda i nostri saluti a Jack! >> si raccomanda ancora mia madre. Non
siamo riusciti a trovare lui e gli zii in mezzo alla confusione del binario.
Annuisco
brevemente, poi le porte del treno mi si chiudono davanti. Sorrido ai miei
genitori, che ricambiano, incoraggianti, poi comincio a percorrere il corridoio
del treno, sperando di trovare in fretta lo scompartimento dei miei amici.
<<
Ehilà, cugino! Ti sei perso? >> sono fortunato, per una volta: non ho
fatto che pochi passi che vedo il viso sorridente di Jack far capolino da uno
scompartimento poco avanti a me. Lo raggiungo sorridendo, e lui mi saluta con
una sonora pacca sulla spalla.
<<
Zabini vuoi chiudere quella porta e fare finta di essere una persona civile,
per favore? Oh, ciao Scorpius! >> la voce tagliente di Kate si addolcisce
appena un pochino quando mi vede entrare dietro a Jack.
<<
Ciao Kate >> mi dedica appena un mezzo sorriso prima di tornare a leggere
la copia del Settimanale delle Streghe che ha appoggiata sulle ginocchia.
<<
Attento Scorpius, Katie ha
sperimentato la Dieta Zero Zuccheri quest’estate, quindi è ancora più acida del
consueto, ma devi comprenderla, poverina, non è così semplice affrontare la
DZZ! >>
<<
Divertente Zabini, il tuo umorismo da Troll ritardato ha colpito ancora
>> risponde l’interpellata, fulminandolo con lo sguardo.
Effettivamente,
Kate è di umore decisamente stizzoso questa mattina. Cioè, più del normale.
Però Jack ha quasi violato la Prima Regola per la Buona Convivenza con Kate: “Mai toccare il tasto cibo, se non si
vogliono subire le ire della suddetta”. E sì che dovrebbe ricordarlo, è stato
proprio lui a inventare la PRBCK, così come la SRCK (“Mai criticare i capelli delle suddetta”) o la TRBCK (“Mai contraddire la suddetta”) e tutte le
altre RBCK. Jack adora questo genere di cose. E, sì, adora le abbreviazioni.
<<
La smettete di battibeccare voi due? Sto cercando di dormire, ma mi risulta
difficile con tutti i vostri commentini di sottofondo! >> sbotta Erin
staccando con foga la guancia dal finestrino.
<<
Le mie scuse, principessa, la smetto immediatamente! >> esclama Jack, per
poi sedersi vicino a Kate porgendole la mano in un gesto teatrale << E
lei, dolce fanciulla, vuole essere così gentile da perdonare la mia scortesia?
>>
Kate
sbuffa e alza gli occhi al cielo, ma ha una mezza risata disegnata sulle labbra
mentre torna a dedicare le sue attenzioni alla rivista. Nemmeno Kate Harper può
ignorare completamente le maniere più affascinanti di mio cugino.
Erin
nel frattempo ha cambiato posizione: si è stesa completamente sui sedili,
occupandone tre da sola.
Mi
chino su di lei sussurrandole all’orecchio << Buongiorno! Scusami se ti
ho svegliato! >>
Lei
apre uno degli occhi scuri e mi guarda << Ciao Scorp >> si solleva
sugli avambracci facendomi posto sul sedile, e appena mi siedo appoggia la
testa sulle mie cosce, ricoprendole di una massa di capelli scuri e trovando
una posizione più comoda.
<<
Seratina impegnativa? >>
<<
Puoi dirlo forte, cena di famiglia. Se adesso mi lasci dormire, a pranzo vi
racconto tutto. >> risponde lei sbadigliando.
Si
propaga un silenzio quasi innaturale nello scompartimento: Kate che
leggiucchia, Erin che cerca di dormire, Jack che guarda fuori dal finestrino.
Non
è imbarazzante, è bello, sa si casa. Ci sarà tempo più tardi per parlare e
scherzare.
Tuttavia
il nostro momento di pace idilliaca viene bruscamente interrotto dalla porta
dello scompartimento che si spalanca con uno scatto.
<<
Ma che… >> salta su Erin, svegliandosi già sul piede di guerra.
<<
Oddio, guarda cosa abbiamo fatto! Abbiamo interrotto il dolce riposo di una
nobile Serpeverde! Verremo severamente puniti per questo! >>
Roxanne
Weasley. Questo è il nome dell’uragano in forma umana che si è appena
catapultato nel nostro scompartimento e che si sta facendo beffe di Erin con il
suo biondo accompagnatore, che sogghigna appena. Un altro degli innumerevoli
cugini Weasley, quello in parte Veela: non lo conosco
di persona.
<<
Oh bè, considerando che si tratta di te Weasley, mi ritengo fortunata se non è
saltato in aria lo scompartimento. >> risponde Erin con freddo sarcasmo,
sedendosi più composta, la sonnolenza di poco prima completamente svanita.
<<
Simpatica, Lemaire, è sempre un piacere parlare con te. >>
Non
si sopportano, quelle due. Ogni volta che si incontrano sono battibecchi a non
finire.
Erin
è la persona più tranquilla che io conosca, ma c’è qualcosa in Roxanne Weasley
che la trasforma in una vipera quasi ai livelli di Kate. La quale ovviamente è
ben lontana dall’offendersi per la concorrenza dell’amica e si gode i suoi “momenti
di stronzaggine acuta”, come li chiama lei, ghignando con estrema malizia, come
sta facendo in questo preciso istante.
Erin
e Roxanne si squadrano, ciascuna pronta a demolire verbalmente l’altra alla
prima occasione.
Jack
distoglie l’attenzione dalla Weasley per puntarla nuovamente sul finestrino,
visibilmente imbarazzato. Ecco, questa è una bella seccatura: generalmente è
lui quello bonaccione che fa da paciere durante i litigi, mentre adesso fa di
tutto per non farsi notare e lascia me a gestire un probabile scontro che,
conoscendo le origini di Roxanne, potrebbe rivelarsi tutt’altro che innocuo per
Erin.
Cerco
lo sguardo di Jack, sperando che ritiri fuori il suo consueto carattere e
risolva la cosa, ma mio cugino continua a trovare assolutamente interessante il
panorama. Promettendomi di capire in fretta le ragioni del suo insolito quanto
per me pericoloso comportamento esordisco: << Ehm, Roxanne ti serviva
qualcosa? >>
<<
Ah, sì Scorpius, Al e Rose vogliono che tu e la bionda qui andiate nella
carrozza dei prefetti tra dieci minuti. Turni di pattugliamento e menate del
genere credo. >> aggiunge roteando gli occhi come a sottolineare quanto
reputi utile la funzione dei prefetti a Hogwarts.
<<
Okay, grazie. Ci andiamo subito. >>
Roxanne
alza le spalle, come a dire che la cosa non la riguarda, e prendendo a
braccetto il suo biondo cugino esce dal nostro scompartimento.
<<
Grazie dell’aiuto Jack! >> sbotto rivolgendogli un’occhiata di fuoco.
Lui
non mi ascolta nemmeno, anzi si rivolge ad Erin: << Perché tu e la
Weasley dovete sempre fare così? Che ti ha fatto per farsi odiare in questo
modo? >>
<<
Io non odio Roxanne. In realtà mi sta anche simpatica. >> risponde lei
atona, scrollando la testa con noncuranza.
Mi
crollano letteralmente le braccia e spalanco occhi e bocca così tanto che se
nonna Narcissa mi vedesse prederebbe paura.
<<
Come scusa? Ogni santa volta che vi guardate in faccia cominciate a lanciarvi
frecciatine, prima sembrava che vi steste per saltare addosso e lei ti sta anche simpatica? >>
<<Come sei esagerato Scorp… >>
<<
Però ha ragione principessa, continuate a litigare… >> aggiunge Jack,
cauto.
<<
Sì, beh, non è che dopo tre anni di ghiaccio possiamo diventare amicone solo
perché io ho aperto gli occhi e mi sono accorta che la gente non va giudicata
solo secondo il metro di mia madre, no? >> risponde lei piuttosto
infastidita, rivolgendo a Jack un’occhiata penetrante. Entrambi abbassiamo lo
sguardo: non era questo il punto dove volevamo andare a parare. Cerchiamo
sempre tutti di evitare di parlare del rapporto tra Erin e sua madre. Prova ne
sia che nessuno di noi due abbia menzionato l’incidente sul binario.
<<
E comunque tu e Kate non avevate una riunione tipo ora? >>
Mi
alzo in fretta, ma Kate non muove un muscolo, né distoglie lo sguardo dalla sua
rivista.
<<
Kate? >>
<<
Aspetta, Scorpius, non vogliamo dare l’impressione di cagnolini che corrono
alla prima chiamata degli Weasley, vero? >>
Sbuffo.
Ma che cos’hanno tutti oggi? Jack è innamorato del panorama, che per inciso sta
ancora guardando, Erin si diverte a litigare con chi le sta simpatico e Kate…
Beh, Kate è sempre la solita, ma questa non è una gran consolazione.
<<
Kate… >>
<<
Va bene, va bene arrivo! >> fa lei infastidita, alzandosi lentamente e
ravvivandosi i capelli biondi. Poi mi lancia un’occhiata eloquente invitandomi
a precederla. Infilo le mani nelle tasche e mi dirigo verso la carrozza dei
prefetti. Dove, tra parentesi, sembrano essere già arrivati più o meno tutti.
Odio essere in ritardo, accidenti a Kate e alle sue manie di protagonismo. Lei
ignora le mie occhiatacce e si dirige verso un angolo sufficientemente libero,
senza degnare di uno sguardo nessuno.
A
volte è così irrimediabilmente stronza dentro che mi fa arrabbiare. Mi chiedo
come faccia Erin ad esserle così amica.
Cercando
di rimediare alla freddezza della mia, ehm, collega saluto un po’ di gente del
sesto e del settimo che ho già conosciuto durante i due anni passati. Adam Ward,
sesto anno, Battitore della squadra, mi fa cenno di avvicinarmi, e io sono ben
contento di abbandonare Kate, le cui sopracciglia sono arrivate ad un’altezza
pericolosa persino per i suoi standard. Seguendo il suo sguardo, guardo finalmente
in faccia i nostri due nuovi caposcuola. E capisco anche il motivo dell’ira
malcelata di Kate.
“I
due dalle spille lucenti”, come siamo soliti chiamarli tra prefetti, quest’anno
sono Albus Severus Potter e sua cugina, Rose Weasley.
Ho
già detto che c’è una rapporto particolare
tra Erin e Roxanne, vero? Bene, quel rapporto è niente, assolutamente niente
se paragonato a quello che oppone Kate a Rose. Credo che se potessero si
farebbero fuori vicendevolmente a colpi di bacchetta. Ed essendo entrambe due
streghe tanto dotate quanto testarde ed impulsive non vorrei proprio essere
costretto ad assistere alla scena.
<<
Bene, ora che ci siamo tutti >> esordisce Rose << Io e Al vorremo
parlare un po’ con voi dei nuovi turni di ronda del mese, visto che, come
avrete capito, siamo i nuovi caposcuola e saremo noi a gestire il tutto.
Dunque, credo che tutti converrete con noi nel dire che quelli dell’anno scorso
erano disastrosi, quindi pensavamo di… >>
<<
Weasley, per favore potresti saltare tutti questi giri di parole e andare
subito al sodo? Nessuno di noi ha voglia di sorbirsi discorsi infiniti già il
primo giorno, grazie. >> interviene Kate annoiata, con un falso sorriso
disegnato sulle labbra. Sorriso derisorio che si allarga anche sui volti di
altri ragazzi, soprattutto Serpeverde, a dire la verità.
<<
È esattamente quello che stavo per fare, Harper >> prosegue imperterrita
Rose, arrossendo appena << Quindi ti pregherei di fare le tue domande
alla fine, grazie. >>
Continua
a spiegare i turni senza che Kate dica una parola. Mi chiedo perché lo stia
facendo: non è da lei obbedire così docilmente.
La
riunione si protrae ancora per qualche minuto, poi tutti i prefetti designati al
pattugliamento del treno escono dalla carrozza, seguiti a ruota da quelli che
hanno fretta di tornare ai loro scompartimenti. Kate stranamente non è tra
loro, si trattiene a chiacchierare con una ragazza che non conosco, poi,
notando che ormai buona parte della gente se n’è già andata, si gira verso Rose
sorridendo.
<<
Stavo pensando, Rose, davvero un
sistema di turni efficiente ma mi sembra, ecco, un tantino complicato da
ideare, mi ha dato come l’impressione che tu e tuo cugino ci abbiate speso
molto tempo, molto tempo più del normale
intendo. >>
<<
Che cosa intendi dire? >> chiede Albus prima che la cugina faccia in
tempo ad aprir bocca, cortese come sempre, ma circospetto.
<<
Bè, la sensazione che ho io è che sarebbe un po’ ecco, difficile, concepire una
cosa del genere nelle sole due settimane che solitamente separano l’arrivo dei gufi di Hogwarts con le spille
dall’inizio della scuola>> conclude sorridendo, quasi a scusarsi dell’obiezione
che si trova costretta a sollevare.
L’ho già detto che Kate è intrinsecamente stronza? Bene, lo ripeto.
È
ovvio che Rose abbia passato buona
parte dell’estate a costruire piani su piani per migliorare Hogwarts nel caso
fosse diventata caposcuola, basta vederla a lezione per capire che sarebbe
tipicamente da lei, ma Kate sta usando questo per insinuare dell’altro.
Rose
è spiazzata << Intendi dire he hanno fatto dei favoritismi nei nostri
confronti? >> esala, parte della sua naturale sicurezza svanita.
<<
Oh, non lo so… Tu che dici? >>
È
precisamente quello che intende dire,
ma Kate è troppo furba per ammetterlo esplicitamente. Potrebbe mettere
psicologicamente in crisi il più integerrimo dei maghi, e non esagero. Alcuni dei
prefetti che stavano prendendo la direzione del corridoio tornano indietro,
puntando l’attenzione sulle due. Molti bisbigliano tra loro.
<<
Andiamo Kate, >> esordisce Albus, conciliante << Non avresti motivo
di pensare una cosa del genere, capisco se fossero stati scelti due caposcuola
della stessa casa, ma non è il nostro caso… >>
<<
Hai ragione. Anche se ormai, sai com’è, Grifondoro, Corvonero, Tassorosso o
Serpeverde, che differenza fa? Siamo tutti, come dire, una stessa famiglia no? >>
Ecco
dove voleva andare a parare! È gelosa perché Rose è caposcuola e lei no, quindi
cerca di accusarla con la storia delle parentele. Cattiva, ma sicuramente
efficace.
Adam
vicino a me si agita, inquieto. Ha paura che il polverone che sta sollevando
Kate possa nuocere a tutta Casa.
<<
Albus e Rose sono tra i migliori studenti della scuola, non credo che le loro
famiglie c’entrino con la loro nomina, Kate… >> comincia, esitante. Ha
fegato, il ragazzo: sta violando più o meno metà delle RBCK.
Lei
si stringe nelle spalle << Immagino tu abbia ragione, Adam. Non volevo
dire questo, stavo solo scherzando.>>
Sorride.
Capisce di aver vinto vedendo la faccia di Rose, ora non è più il caso di
tirare la corda. Hanno comunque capito tutti il significato delle sue parole,
tutti sanno benissimo che scherzando si può dire tutto, anche la verità.
Kate
esce senza dire altro, Rose le rivolge un’occhiata incredula e furente, Albus si
sofferma più a lungo sulla sua figura che si allontana. Intravedo nei suoi
occhi una punta di stupore e di un malcelato qualcosa cui non riesco a dare un nome.
Gli
ultimi prefetti che erano rimasti nello scompartimento escono in fretta e io mi
ritrovo solo con i due cugini. Deve essere la mia giornata fortunata per le
situazioni imbarazzanti.
<<
Ragazzi mi dispiace per la scenetta che ha messo su Kate… Lei è un po’ così, si
diverte a provocare la gente, quindi non date peso a quello che ha detto,
davvero. Nessuno di noi lo pensa veramente. >>
<< Ah, non ti preoccupare Scorpius, non
ci faremo abbattere da una cosa del genere. Piuttosto cercheremo di convincere
la tua amica che meritiamo davvero queste spille, non è vero Rosie? >> risponde
Albus deciso. Vedo i suoi occhi accendersi di quella determinazione che di
solito illumina gli occhi di Rose, di Roxanne, dei “Weasley Grifondoro”
insomma, che dimostra che lui, Corvonero convinto, è pur sempre un membro di
quell’enorme famiglia.
<<
Ma sì >> aggiunge Rose scrollando le spalle << Piuttosto dì alla Harper
di godersela finché può, perché alla prossima riunione le renderemo pan per
focaccia. >>
Ecco,
la determinazione di Rose è un po’ più
minacciosa di quella di Albus. Cioè, fa proprio paura. Forse è per via dei
capelli.
Ci
sono molti modi per descrivere i capelli di Rose Weasley. Quello di Kate è “sottospecie
di quelli che dovrebbero essere dei ricci ma che in realtà sono solo una massa
crespa”. Tutti concordano nel dire che quei ricci non hanno niente di normale:
sono vivi, sembra che Rose abbia in
testa un covo di aspidi pronti ad attaccarti. Hanno un che di selvaggio affascinante,
però in momenti come questo l’effetto complessivo è spaventoso.
Okay,
basta elucubrazioni inutili Scorpius.
<< Ci vediamo ragazzi. Magari vedete se
riuscite a mandarci una copia di quei turni di ronda, mi ricordo a malapena i
primi due… >>
<<
Al più presto. Ci si vede, Scorpius. >>
Mi
allontano con la mano sollevata, in segno di saluto.
Quando
torno nello scompartimento lo trovo occupato solo da Jack e Erin, che giocano a
Sparaschiocco in religioso silenzio.
<<
Era ora! Un altro po’ di tempo in quella carrozza e vi sareste il pranzo!
>> esordisce mio cugino ridendo << La bionda nevrotica? >>
chiede, notando la mancanza di Kate.
<<
Non lo so, è uscita da sola dalla riunione, prima di me. Pensavo fosse già qui
con voi. >>
Erin
mi guarda, seria.
<<
Vado a cercarla, non voglio che si perda il pranzo. >> dice alzandosi
<< Se il carrello arriva mentre non ci siamo, prendete qualcosa da
mangiare anche per noi. Non le schifezze di cui vivi tu Jack, qualcosa di
commestibile per le persone normali. >>
<<
Niente paura! Non vorrei mai che Kate dovesse trasgredire alla DZZ! >>
Erin
esce dallo scompartimento senza ascoltarlo, rapida e silenziosa come pochi.
<<
Che roba è questa DZZ Jack? >> chiedo, sedendomi scompostamente sul
sedile di fronte al suo.
<<
Una mia nuova invenzione. Che calza a pennello con l’abituale dieta di Kate e con la sua consueta acidità >>
risponde orgoglioso.
<<
Prima anche i nostri nuovi caposcuola hanno sperimentato gli effetti della DZZ…>>
<<
Oh bè, una volta tanto non sono io lo sfogo della sua stronzaggine non troppo
repressa. >> fa lui non troppo colpito, rivolgendo la sua attenzione al
panorama. Di nuovo.
<< C’è
un particolare motivo per cui continui a guardare fuori dal finestrino Jack?
Come prima, quando è entrata la Weasley… >>
<<
Non capisco assolutamente di cosa stai parlando >> risponde sorridendo
candidamente << Giochiamo? >> aggiunge estraendo una scacchiera dal
baule.
Non
indago oltre e cominciamo a giocare. È ovvio che mi sta nascondendo qualcosa,
ma non ho voglia di affrontare anche
questo discorso oggi…
Nda
Sono un po’ in ritardo rispetto al
tempo previsto per la pubblicazione, ma questo capitolo è più lungo del
precedente e mi lasciava anche un po’ di dubbi.
Spero che il risultato vi piaccia,
per eventuali dubbi, consigli, critiche o apprezzamenti sono qua ;)
Capitolo 3 *** Tradizioni consolidate, lezioni e compagni di lavoro ***
Tradizioni
consolidate, lezioni e compagni di lavoro
Erin
È
parere piuttosto diffuso ad Hogwarts che i dormitori di Serpeverde siano umidi,
viscidi, scuri, freddi, cupi e chi più ne ha più ne metta. Posti dove solo
delle Serpi come noi possono vivere bene, malignano gli studenti più simpatici.
Però
nessuno di quelli che si divertano a blaterare in questo modo ha mai messo
piede nella nostra Sala Comune o nei dormitori, quindi i loro commenti hanno
ben poco di credibile. Sarebbe come se io mi mettessi a sproloquiare su quanto
sia soffocante la Sala Comune dei Grifondoro o quanto quella dei Tassorosso si
avvicini ad una taverna d’altri tempi. Non ci ho mai messo piede, per quanto ne
so io tutti gli altri studenti di Hogwarts potrebbero entrare in altri pianeti
quando varcano la soglia dei loro dormitori.
Quindi
non capisco perché la gente debba sempre criticare perfino il posto dove dormiamo. Okay, se a una persona non piace il
verde non è esattamente il massimo, tra le decorazioni e i riverberi del Lago
Nero. E fa appena più freddo che nelle aule e nei corridoi, ma è solo perché
siamo nel piano più basso.
Però
a parte questo non c’è niente di disprezzabile nei nostri dormitori, anzi.
La
Sala Comune è più elegante che confortevole, è vero, ma non per questo è
scomoda. E le camere, se tutte sono come la mia, sono perfette.
Non
ho mai dormito così bene come nel mio letto a baldacchino verde. E detto da una
che gira sempre con una scorta di pozioni “SonniSenzaSogni”, questo non è un
dettaglio indifferente. Normalmente faccio fatica ad addormentarmi, trascorro
la maggior parte della notte in una specie di dormiveglia agitato. È un
problema che ho fin da piccola, ricordo che anche da bambina le fredde sveglie
di mia madre mi coglievano poco dopo che ero riuscita a chiudere occhio. Certe
sere mi rifiutavo di andare a letto, odiavo trascorrere le notti a rigirarmi
inutilmente.
L’anno
prima che io arrivassi ad Hogwarts il medimago di famiglia mi ha visitato per
questo problema e mi ha propinato una serie di pozioni diverse per curare
l’insonnia. Nessuna di quelle che ho provato ha mai funzionato, solo con la “SonniSenzaSogni”
riuscivo a dormire tranquillamente.
Credo
di aver sviluppato una sorta di inconscio legame affettivo con quell’intruglio:
da bambina è capitato che quando sentiva che mi agitavo nel letto, mia madre
entrava in camera con la Pozione nella mia bella tazza con il bordino verde, e
rimaneva con me fino a quando il farmaco non faceva effetto e mi addormentavo.
Uno dei pochi gesti quasi affettuosi che ricordo della mia infanzia. Comunque,
il medimago diceva che non dovevo abusare di quella particolare pozione,
altrimenti correvo il rischio di entrare in uno stato di sonno profondo e
continuo molto difficile da interrompere*, o qualcosa del genere. Per inciso, quell’
uomo non ha affatto contribuito a risolvere il mio problema: saputo del sonno
senza fine avevo anche il terrore di addormentarmi e di prendere la “SonniSenzaSogni”.
Perciò
potrete immaginare quale sia stato il mio sollievo quando, arrivata ad Hogwarts,
ho scoperto di poter dormire abbastanza serenamente senza intrugli vari. Certo,
quando sono sotto stress, soprattutto sotto esami, ho ancora bisogno della mia
dose notturna, ma ci sono stati anche dei weekend in cui arrivavo a dormire
fino all’ora di pranzo, cosa che non mi succedeva da tempi immemori.
È
capitato più di una volta, prima che Kate entrasse nella sua stupida fissa con
il cibo: da qualche anno ormai, il mio sonno leggerissimo viene interrotto dai
suoi esercizi mattutini. Non che Kate faccia rumore, respira appena per non
farsi sentire da noi. È che ormai ho preso l’abitudine: quando lei comincia con
la ginnastica io mi sveglio, come se scattasse un campanello d’allarme nella
mia testa. Aspetto appena qualche minuto, giusto per non farla insospettire,
poi mi alzo e vado a interromperla. Di solito funziona con la scusa del ritardo,
le dico che deve sbrigarsi ad andare a lavarsi, visto che lei vuole sempre la
doccia per prima. Per fortuna non porta mai orologi e non si accorge di essere
comunque perennemente in anticipo, così come non si rende conto di trascorrere
buona parte del tempo tra la sua sveglia e la nostra sotto l’acqua calda.
Oggi
è il primo giorno di scuola, e gli esercizi di Kate sono più intensi del
solito. Ovvio, dovrà smaltire la abnorme
quantità di cibo che ha ingurgitato
ieri sera al banchetto.
Speravo
che con l’estate le fosse un po’ passata la sua mania, ma è evidente che non è
così.
<<
Kate basta, hai fatto abbastanza addominali per oggi. Facciamo tardi a lezione
se non vai subito a farti la doccia. >>
<<
Ancora una serie >> esala continuando come se niente fosse << ho
quasi finito! >>
Come se dopo tutto questo tempo
fosse ancora credibile penso estraendo la divisa dal
baule e stendendola sulla testata del letto.
<<
No Kate, se non ti muovi vado io in bagno. >>
A
questo punto lei è costretta ad alzarsi e sbuffando si chiude nella doccia.
Mi
infilo di nuovo sotto le coperte, giusto per non prendere freddo mentre aspetto
la sveglia, quella delle persone normali.
<<
Kate è in doccia? >> mi chiede Marlene Warrington girandosi nella mia
direzione.
<<
Appena entrata. >> rispondo senza smettere di tenere gli occhi puntati
sui tendaggi del mio baldacchino.
<<
L’ho sentita prima che si alzava per far ginnastica. Ancora non ha smesso di
torturarsi inutilmente, vero? >>
Domanda
retorica, lo sappiamo entrambe. Scrollo la testa, rispondendole comunque e
distogliendo lo sguardo dal letto per puntarlo in maniera eloquente nei suoi
occhi azzurri.
Lei
annuisce, dispiaciuta.
È
molto dolce Marlene, si preoccupa per la salute di Kate, pur non essendole così
legata. Con lei non ne parla, sa che Kate si arrabbia da morire quando la gente
le dice quello che deve fare. Soprattutto per quanto riguarda le sue abitudini
alimentari.
Anche
io la maggior parte delle volte evito di discuterne direttamente con lei, e
dire che è la mia migliore amica da quasi sette anni, ormai la sincerità
reciproca dovrebbe essere scontata. Ma né Kate né io siamo persone semplici, e
il rapporto che ci lega lo è ancor di meno. Esiste, in qualche modo, e tanto ci
basta.
La
sveglia di Nicole scatta e, come da tradizione, ci spinge ad uscire dai nostri
letti accoglienti.
Lei
le dà qualche pugno per fermarla; sarebbe più semplice se prendesse in mano la
bacchetta sul comodino, ma non sarebbe da lei fare le cose nel modo più
semplice e meno rumoroso, soprattutto di mattina.
Nicole
Nott, la quarta occupante del nostro dormitorio, si rigira nel letto e si
rimette a sonnecchiare. Non so nemmeno perché continui ad attaccare la sveglia:
Nicole non si alza mai quando la
sente. Abbandona il suo letto solo dopo la terza chiamata di Marlene, e allora
comincia a correre dappertutto per non fare tardi ulteriormente.
È
divertente guardarla affannarsi così, anche se generalmente io e Kate, lavate
vestite e profumate, usciamo per la colazione prima che lei esca da sotto le
coperte. Per fortuna Marlene la dà una mano, o sarebbe perennemente in
punizione per i ritardi.
Qualche
minuto dopo il suono della sveglia, come da copione, Kate esce dal bagno,
ancora bagnata e con un asciugamano ad avvolgerla, e comincia ad asciugarsi i
capelli a colpi di bacchetta. La guardo mentre è tutta intenta nell’operazione
e noto quanto sia magra, sarà che è tutta l’estate che non la controllo da vicino
ma mi sembra ancora più esile di quando ci siamo salutate a giugno. Non è un
pensiero incoraggiante.
<<
Sei dimagrita ancora quest’estate? >> le sussurro in un orecchio,
avvicinandomi dietro di lei.
I
suoi occhi riflessi sullo specchio si fermano sui miei e sorride, tentando di
rassicurarmi. Inarca anche un sopracciglio, però, in un avvertimento appena
percepibile.
<<
Un paio di kili, niente di che. >> scrolla le spalle, sperando di lasciar
cadere la cosa.
Annuisco
appena, non mi sembra dell’umore giusto per continuare il discorso, così mi
vesto aspettando che Marlene finisca la doccia.
Anche
questa è una tradizione consolidata: Kate e Marlene fanno la doccia di mattina
e occupano il bagno per prime, io e Nicole entriamo dopo perché ci mettiamo
meno tempo. Preferiamo entrambe far la doccia la sera, io per rilassarmi meglio
prima di andare a dormire, lei perché non avrebbe il tempo materiale per farla
di mattina.
Quando
quattro ragazze condividono camera e bagno per così tanto tempo, ci si trova a
seguire un rigido e consolidato protocollo.
Io
e Kate scendiamo per la colazione, dove Jack e Scorp ci tengono il posto nella
solita estremità destra del tavolo. Forse non sono solo le ragazze ad essere
abitudinarie: tutta la mia quotidianità è fatta di piccole precise tradizioni.
Ci
sediamo una di fronte all’altra e ci serviamo specularmente: prima una dose
abbondante di caffè, entrambe senza latte e con poco zucchero, poi la spremuta
io, lei il succo di mirtilli, infine un paio di toast con la prima marmellata
che ci capita a tiro.
È
divertente osservare i modi diversi che abbiamo di far colazione.
Jack
ingurgita rapidamente le prime cose che gli capitano a tiro, senza distinzioni,
che siano uova e pancetta o fiocchi d’avena. Mangia abbastanza, parla molto di
più.
Scorp
è il teorico della colazione abbondante: allinea nel piatto diverse dosi di
cibi sostanziosi accuratamente selezionati che mangia senza troppo fretta e in
religioso silenzio.
Io
mangio in fretta i miei consueti toast e poi mi abbandono al rito del caffè: lo
bevo lentamente, gustandomelo appieno. A volte me ne servo anche diverse tazze,
soprattutto quando abbiamo periodi scolastici impegnativi. Alla sera mi è
rigorosamente vietato, quindi me lo godo di mattina, quando posso farlo senza
problemi.
Kate
pilucca qualcosa dal piatto, se è una buona giornata a fatica mangia tutto
quello che la obblighiamo a prendersi. Altrimenti, si limita a rigirare il cibo
con le posate e a ridurlo in pezzetti sempre più piccoli, lamentandosi del mal
di stomaco, della cena pesante o dello stress che le toglie l’appetito.
Siamo
tutti impegnati con le nostre colazioni quando il direttore della nostra Casa,
l’inossidabile professor Lumacorno si avvicina con un enorme sorriso per
consegnarci i nostri orari. Sempre Gioviale Lumacorno: ormai avrà superato
perfino Albus Silente ad anni d’insegnamento, credo, e pur continuando a
dichiarare di anelare alla pensione con tutto se stesso, l’entusiasmo con cui
si rivolge agli studenti non cambia di una virgola.
<<
Buongiorno ragazzi miei, i vostri nuovi orari. Dunque, sì, avete tutti superato
gli esami dell’anno scorso quindi le materie sono le stesse. Oh aspetti,
signorina Harper, sua madre mi ha scritto che intende abbandonare Aritmanzia, è
così? >>
<<
Sì professore, il mio orario era un tantino troppo pieno per gestire i M.A.G.O…
>>
<<
Capisco, figliola, anche se la professoressa Vector* non ne sarà molto felice,
temo, perdere un’alunna così dotata >> sorride, adulatorio: è uno dei
pochi insegnanti ad avere una spiccata preferenza per Kate. Ed è uno dei pochi
ad avere la sua stima, anche. << Comunque, ecco qua allora. Ci vediamo
domani a lezione! Ah, signor Zabini, dopo il suo brillante esame finale
dell’anno scorso mi aspetto un netto miglioramento da lei, la tengo d’occhio!
>> esclama allontanandosi, strizzando l’occhio a Jack con il suo solito
fare teatrale.
Lui
annuisce, ma appena il professore si gira emette un poco rassicurante verso
strozzato.
<<
Che succede Jack? >>
<<
Succede che all’esame ho copiato per metà da Catherine Midgen, quella di
Corvonero, aveva il calderone vicino al mio. Lumacorno non sarà contento di
notare che la mia A canonica di media non si è alzata minimamente. >>
Rido,
notando la smorfia finto disperata in cui si esibisce Jack. Quel ragazzo ha una
vena comica troppo forte, potrebbe lavorare per il Tiri Vispi… Oh, forse no.
<<
Perché hai mollato Aritmanzia, Kate? >> chiedo, ritornando con la mente
alle parole del professore.
<<
Mia madre dice che sono troppo stressata, che non fa bene alla mia salute. Voleva
che mollassi qualche impegno, e quella è la materia che mi piace meno. >>
Alzo
gli occhi al cielo, senza farmi vedere da Kate. Se la signora Harper si
preoccupasse veramente per la salute di sua figlia, la costringerebbe a
mangiare un po’ di più, non ad abbandonare materie scolastiche. Ma del resto,
chi sono io per giudicare le madri altrui?
<<
Merlino, bel modo di cominciare la giornata! >> esclama Jack leggendo
l’orario << Due ore di Trasfigurazione con i Tassorosso prima di pranzo:
Boot ci farà sputare sangue come al solito. Per fortuna dopo pranzo c’è
Erbologia con i Corvonero e poi ora buca. Torneo di scacchi in Sala Comune?
>> propone entusiasta.
<<
Niente da fare, io ho ancora un’ora di Aritmanzia con i Grifondoro dopo
Erbologia. >> rispondo controllando l’orario. Non mi era mai capitato di
seguire una lezione senza nessuno degli altri tre e, devo dirlo, la cosa non mi
alletta per niente. Per fortuna ci sarà Marlene.
Jack
continua a commentare il nostro orario settimanale mentre ci dirigiamo verso
l’aula di Trasfigurazione; sta ancora leggendo quando ci fermiamo davanti alla
porta, lui non se ne accorge e ci viene addosso, facendo cadere a Kate la borsa
dei libri ed irritandola non poco.
Non
è una scena che io e Scorp siamo così ansiosi di vedere, lui mi prende a
braccetto e mi trascina sorridendo in classe.
Ci
sediamo nel nostro posto preferito, nell’angolo vicino alla finestra. Ci
raggiungono in fretta anche Jack e Kate, lei con l’aria soddisfatta, lui con
due borse sulle spalle per darle la sua piccola rivincita.
Il
professor Boot arriva appena qualche secondo dopo il suono della campanella,
puntuale come sempre, interrompendo i bisbigli sommessi che aleggiavano per
l’aula. Non possederà la leggendaria aura di severità che caratterizza la ex
insegnante di Trasfigurazione ed ex preside McGranitt, ma sicuramente Boot è
uno che si fa rispettare. Credo abbia più o meno l’età di mia madre; ex
Corvonero, membro dell’Esercito di Silente, reduce di guerra. Dedito allo
studio ed alla conoscenza, abile con la bacchetta, ha un’acutezza del parlare
non comune, sa affascinare gli studenti con poche parole. Abbastanza severo ma
equo, raramente si profonde in complimenti gratificanti, ma cerca sempre di
spronare gli alunni in tutti i modi. Non sopporta gli scansafatiche né coloro
che si accontentano del minimo indispensabile, pretende da tutti il massimo e
per questo è solito caricarci di lavoro.
<<
Buongiorno a tutti. Dunque, mi sembra inutile perdere tempo con prolisse
dissertazioni su quanto l’impegno dei M.A.G.O. sia prossimo e decisivo per il
vostro futuro: chi non si è ancora convinto di questo a mio avviso farebbe
meglio a rifare i bagagli e tornare a Londra oggi stesso. >> fa una pausa
ad effetto e ci guarda tutti negli occhi, uno ad uno. Scorp emette un fischio
sommesso: ha sempre ammirato la schiettezza di Boot.
<<
Quindi, direi di passare subito dalle parole ai fatti. Il principale argomento
di studio di quest’anno sarà la Trasfigurazione umano-animale: cominceremo con
il trasfigurare parti del vostro corpo in membra animali e entro fine aprile,
massimo inizio maggio, ciascuno di voi dovrà sapersi trasformare completamente
in un animale qualsiasi. Naturalmente, per fare ciò è necessaria una buona e
solida preparazione sulla Trasfigurazione umana, che abbiamo studiato l’anno
scorso. Per essere certi che ciascuno di voi la padroneggi perfettamente, dedicheremo
queste prime lezioni al ripasso degli incantesimi che abbiamo già studiato. La
prima settimana di ottobre ci sarà un test su questi argomenti, e il voto che
otterrete farà già parte della vostra media per i M.A.G.O., quindi vi consiglio
di non perdere tempo e di cominciare subito. >>
Conciso,
diretto, breve. Il suo discorso mette più ansia di qualsiasi sermone preesame
io abbia mai sentito.
Le
due ore trascorrono in fretta, e a fine lezione mi accorgo di aver ripassato a
stento un terzo di tutti gli incantesimi che ho imparato lo scorso trimestre.
Un paio non me li ricordo nemmeno più, dovrò farmi spedire da casa i vecchi
appunti di Trasfigurazione.
<<
Continuate con il ripasso, per la prossima settimana voglio 60 centimetri di
pergamena sui principi della Trasfigurazione umana, descrivendo anche nel
dettaglio gli incantesimi con cui avete incontrato maggiori difficoltà. Buon
pomeriggio. >>
Usciamo
tutti dall’aula piuttosto tesi ed affamati: può sembrare strano, ma eseguire
così tanti incantesimi diversi mette davvero appetito.
Mangiamo
rapidamente in Sala Grande, poi ci dirigiamo verso le serre.
Da
lontano vediamo il professor Paciock ridere con Albus Potter, ma i due si
separano subito quando vedono che ci stiamo avvicinando.
Aspettiamo
fuori dalle serre che anche gli altri Corvonero e Serpeverde arrivino, quando
ci siamo tutti il professor Paciock ci fa entrare e si chiude la porta alle
spalle.
Non
si sente volare una mosca: tutti rispettano enormemente Neville Paciock, è un
eroe ed è anche una delle persone più gentili che io abbia mai conosciuto. Si
fa amare facilmente da tutti gli studenti, non ho mai sentito nessuno
lamentarsi di lui.
Anche
Paciock inizia la lezione con un breve commento sui nostri prossimi M.A.G.O.,
per poi assegnarci dei ceppi di Pugnacio a gruppi di quattro: li abbiamo già
trattati alla fine dell’anno scorso, ma il professore dice che sono piuttosto
frequenti agli esami e vale la pena di rivederli, anche perché quelli che
tratteremo oggi sono delle piante giovani, gli sono nate solo durante l’estate,
e sono più aggressive delle anziane.
<<
Se ve la cavate con queste, non avrete alcun problema se vi dovesse capitare il
Pugnacio ai M.A.G.O. >> conclude sorridendo bonario.
Ci
mettiamo subito al lavoro: io, Scorpius e Jack formiamo un quartetto con Liam
Nott, il gemello di Nicole, mentre la sorella, Kate e Marlene finiscono in
gruppo con niente meno di Albus Potter. Scorpius mi ha raccontato della
battutine di Kate durante la riunione dei prefetti, perciò ammiro Albus quando
le sorride come se niente fosse. Kate ricambia il sorriso solo per metà, quasi
fosse anche lei incredula per quanto sta facendo. Mi piacerebbe spiarli ancora,
ma Jack con una gomitata mi ricorda che abbiamo un, ehm, piccolo problema
nodoso da gestire.
Non
mi ricordavo che il Pugnacio fosse così complicato
da avvicinare, praticamente ingaggiamo una lotta a quattro per prendere quei
maledetti preziosi baccelli.
Alla
fine rimediamo parecchi graffi e contusioni e cinque baccelli pulsanti. Poco
prima del suono della campana, il professor Paciock ci permette di abbandonare
i nostri ceppi per sistemarci un attimo.
<<
Oh guarda, ti sei graffiata qui >> mi dice Scorp guardandomi in faccia e
sfiorando con il pollice il mio sopracciglio sinistro, affettuoso. Prende la
bacchetta e mormora un incantesimo di guarigione.
<<
Grazie >> sorrido riconoscente.
Sta
per dire qualcosa quando la campana ci interrompe.
<<
Devo andare, farò tardi ad Aritmanzia! Ci vediamo in Sala Comune! >>
Esco dalle serre e aspetto che
Marlene e Liam mi raggiungano.
Insieme
raggiungiamo la classe della professoressa Vector, dove i nostri coetanei
Grifondoro hanno già preso posto. C’è un unico gruppo di sei banchi in centro
all’aula, dove riconosciamo subito Rose Weasley, anche se lei ci dà di spalle
quella testa viva può appartenere ad una sola persona. Alla sua destra, girato
di tre quarti, c’è il ragazzo biondo che gira spesso con Roxanne, che ghigna
appena vedendoci arrivare, in una specie di cenno di saluto o di derisione, non
riesco ad interpretarlo. Alla sua sinistra c’è una ragazza pallida dai capelli
chiari che non conosco.
Ci
sediamo di fronte a loro ed aspettiamo, evitando di parlare o di guardare i
nostri compagni.
La
professoressa Vector arriva dopo qualche minuto.
<<
Buongiorno ragazzi! >> esclama vivacemente << Ben ritrovati! Oggi
ho preparato per voi delle serie numeriche simili a quelle che affronterete ai
M.A.G.O., sono piuttosto difficili, perciò vi lascio lavorare in triplette. Non
così però! >> aggiunge vedendo che siamo già divisi in triplette
appartenenti alla stessa Casa << Dunque, la signorina Weasley e la
signorina Finnigan con il signor Nott, il signor Weasley con la signorina
Warrington e la signorina Lemaire. Oh, separiamo i banchi, così lavorerete
meglio. >>
Agita
la bacchetta e i banchi si spostano immediatamente ai lati opposti dell’aula,
trascinando sedie e studenti con loro.
<<
Allora, tu sei… Marlene giusto? >> chiede Weasley alla mia compagna, che
annuisce.
<<
Bene, e tu invece sei la figlia della >>
<<
Erin, se non ti dispiace. >> taglio corto. Non provare a pronunciare quel nome fiammeggiano i miei occhi.
<<
Bene, Louis Weasley. >> si presenta a sua volta cordiale << Qualche
idea su che cosa vogliano dire tutti questi numeri? >>
<<
Credo sia un’iscrizione degli antichi greci. 1, 7 e 3 si ripetono alla fine.
>> aggiungo rispondendo al sopracciglio inarcato di Louis.
Lui
guarda un po’ i numeri e poi annuisce, scribacchiando qualcosa sulla sua
pergamena.
L’ora
trascorre così, tra parole stentate e silenzi tesi.
<<
Basta così, per oggi. >> esclama la professoressa Vector al suono della
campana << Terminerete le vostre serie la settimana prossima, sempre
divisi in questi due gruppi.
Grande, morivo dalla voglia di fare
amicizia con il Weasley biondo.
Mi
rifugio in Sala Comune dove trovo Scorpius seduto su uno dei divani in pelle.
Mi siedo stanca vicino a lui appoggio la testa alla sua spalla.
Abbiamo
questo rapporto strano, io e Scorpius. Poche parole, tanti gesti. Non è come
con Jack, che ti conquista con parole, risate e abbracci continui.
Ma
stare con Scorpius mi rilassa, lui è dolce a modo suo, e non sempre ho bisogno
di tutte queste parole.
Nda
Eccomi! Lo so, sono in ritardo, ma
sono appena tornata dalla gita e non sono riuscita a postare martedì sera prima
di partire. Il capitolo era pronto, ma dovevo ancora rivederlo bene, quindi
arriva solo oggi. Cercherò di postare i prossimi più velocemente.
Ho da fare solo poche precisazioni:
tanto per cominciare avrete notato che l’immagine a inizio capitolo e il
personaggio trattato sono diversi. Questo perché l’immagine di Erin l’avevo
appena postata, mentre Marlene, anche se sarà un personaggio abbastanza
importante, non credo avrà un capitolo dedicato interamente a lei, quindi
eccola qui.
Il nome e gli effetti della Pozione
SonniSenzaSogni sono di mia invenzione: mi sembrava plausibile che una persona
che beve una pozione per l’insonnia a lungo possa cadere in un sonno profondo
stile Bella Addormentata.
Poi, l’insegnante di Aritmanzia è
la professoressa, non professor, Vector: questo perché nella versione inglese
lei si chiama Septima Vector, ma nella traduzione è diventata inspiegabilmente
un lui. Ho preferito attenermi al nome originale.
I programmi di tutte le materie
sono di mia libera interpretazione con qualche spunto dalla rete, in
particolare la serie numerica di Aritmanzia l’ho inventata, perché se cercate
su vari siti di questa materia si trovano solo le definizioni base, quindi non
avevo molto su cui ispirarmi.
Per quanto riguarda i personaggi,
spero comincino a delinearsi nei loro caratteri e problemi, anche se c’è ancora
molto da spiegare, come è normale dopo un terzo capitolo.
Se avete dubbi, in basso c’è una
finestra per le recensioni tutta per voi ;)
Ringrazio chi continua a leggere e
seguire, soprattutto mery91g che ha recensito entrambi gli
scorsi capitoli.
Quarantotto,
inspira, quarantanove, espira, cinquanta. Un’altra serie ora, non provare
neanche per scherzo a mollare.
Non
so di preciso quando la parte più forte di me ha cominciato a dare ordini
all’altra. È successo e basta, e sinceramente rende le cose più semplici.
È
più facile raggiungere i tuoi obiettivi quando è la parte dura di te ad avere il
controllo.
Sei,
sette, otto…più veloce, è tardi. Infatti…
<<
Se ti stanchi così tanto come pensi di riuscire ad analizzare tutta la nuova
squadra di Quidditch? Ti addormenterai sugli spalti! >>
Erin.
Tanto per cambiare. Appoggio la schiena al tappeto morbido per una frazione di
secondo e la vedo accucciata dietro di me, ancora spettinata e in pigiama.
Sorride, incerta, nervosa, come ogni mattina quando mi dice che è tardi. Come
quando mi chiede come mai non ho appetito o se ho perso ancora peso. Sbuffo.
Undici,
dodici.
<<
Non mi interessa più così tanto il Quidditch, sai? >>
Quindici,
sedici. Durante il breve istante in cui le mie scapole toccano il tappeto la
vedo alzare gli occhi al cielo. È una balla colossale, e lo sappiamo entrambe.
Adoro il Quidditch. Adoro vederlo e adoravo giocarci. Sono anni che non faccio
un volo sul campo, ma non dimenticherò mai quella sensazione… Euforia,
adrenalina, controllo, un cocktail di emozioni che neanche la più potente
pozione eccitante potrebbe minimamente equiparare.
Ma
comunque, è passato.
Diciannove,
venti.
<<
Non ti interessa neanche vedere come se la cava Jack come capitano? >>
Giusto,
Zabini è il nostro nuovo capitano. Sarà per questo che Erin è così fissata con
quei provini.
<<
Sarà una baraonda, non mi piace vedere troppa gente. >> Ventidue, ventitré.
<<
Sei troppo abituata a spiare gli allenamenti dei Grifondoro. I nostri sono
piuttosto tranquilli in realtà. Tranquilli come possono essere degli
allenamenti di Quidditch, in ogni caso. >> si corregge ridacchiando.
<<
Facevo il lavoro sporco solo per dare
più chances alla squadra. Non credo che adesso sia più necessario, senza il
mitico duo, e comunque non ho più tanto tempo libero…>>
Sono
balle anche queste, anche se Erin stavolta non lo sa.
Mi
piaceva davvero spiare i Grifondoro. Sia chiaro, li disprezzavo e li disprezzo comunque
profondamente, ma vedere la squadra che James Potter e Fred Weasley II hanno
messo in piedi l’anno scorso, beh, era un’occasione che ben pochi appassionati
dello sport si perderebbero. Una potenza, nel vero senso della parola, che ci
ha fatti tutti neri nonostante il mio prezioso contributo.
Non
così prezioso, forse, dal momento che la mia attenzione non era sempre
catturata dalle tattiche di gioco rosso-oro. Era una tortura, a dirla tutta,
trascorrere ore rannicchiata sotto gli spalti, con i muscoli indolenziti, il
vento, la pioggia o la neve che imperversavano sopra la mia testa, il caldo
quasi estivo o il rigido freddo invernale che mi opprimevano. Per quanto sia
profondamente attaccata a Serpeverde, il solo orgoglio patriottico non sarebbe
mai bastato a farmi sopportare tutto questo, anche se a stento riesco ad
ammetterlo a me stessa. Ma non dovevamo pensarci più, vero Kate? Lui deve
rimanere fuori dalla nostra testa, quindi continua a concentrarti sulla
ginnastica.
È
passato anche quello, anche lui, e non vale la pena soffermarcisi.
Ventinove,
trenta.
<<
Neanche il tempo per venire a fare il tifo per la tua migliore amica che ha i
provini questa mattina? >> insinua Erin sorridendo, interrompendo i miei
pensieri ed i miei esercizi: sono così stupita che rotolo su me stessa, appoggiandomi
sulla pancia, per guardarla negli occhi.
<<
Farai i provini? Ti interessa finalmente il ruolo di titolare, Lemaire?
>>
Merlino,
questa sì che sarebbe una novità. Erin si è sempre rifiutata di entrare nella
squadra di ruolo, preferendo sempre allenarsi come riserva. Dice che così si
tiene il divertimento ma non le pressioni. In realtà è solo troppo timida o
paurosa per esporsi in prima persona davanti a tutta la scuola, nel Quidditch
come nella vita. Ha sempre paura di essere additata come “la figlia della
Parkinson”, ma sembra non riesca a capire che rimanere nell’ombra e lasciar
fare agli altri non la aiutano a dimostrare quanto realmente valga.
A
sua discolpa, non deve essere facile avere per madre colei che tutti riconoscono
come la perfida ragazzina pronta a consegnare senza esitazione il salvatore del
mondo magico. Le colpe dei padri ricadono sui figli, o almeno così si dice.
<<
Non esattamente. Solo che Jack vuole che anche le riserve si presentino ai
provini ufficiali, dice che vuole una squadra competitiva al massimo >>
risponde stringendosi nelle spalle.
<<
Va bene, muoviamoci allora >> acconsento infine alzandomi.
Sono
più che sicura che Jack abbia inventato questa scusa dei provini unici per dare
ad Erin l’opportunità di entrare nella squadra titolare, visto che lei non se
la vuole prendere da sola. In questo caso avrà bisogno di tutto il mio
sostegno. E delle mie spietate critiche a tutti i suoi avversari, anche se lì
per lì magari non le piaceranno. È la
mia unica vera amica, e farei più o meno di tutto per vederla felice. E poi so
che mi perdonerà comunque, come sempre.
Il
castello è solitario e sonnacchioso come qualsiasi sabato mattina di ottobre;
perfino in Sala Grande, dove accompagno Erin per la colazione, ci sono solo
pochi studenti mattinieri sparpagliati per i tavoli, con poca voglia di
chiacchierare. Dobbiamo arrivare al campo di Quidditch prima di scorgere un po’
di vita, per quando i gruppi di persone in attesa sotto o sopra gli spalti siano
silenziosi, leggermente nervosi i primi, assonnati i secondi. Mi separo da Erin
nel corridoio che divide l’entrata agli spogliatoi e quella agli spalti e raggiungo
rapidamente le gradinate. Saluto un paio di compagni di casa con un cenno del
capo ma non mi dilungo in chiacchere, del resto non si aspettano che io lo faccia.
Mi fermo solo quando trovo la posizione perfetta per seguire il provino,
centrale, in prima fila. Non mi siedo, mi appoggio alla balconata che delimita
gli spalti con le braccia incrociate e osservo la gente di sotto.
Riesco
a vedere alcuni ragazzini del secondo anno tremare appena mentre, pallidi,
scrutano il viso dell’imponente capitano. Merlino, se riescono ad aver paura
perfino di Zabini…
Non
verranno presi, lo vedo nelle loro faccette nervose.
È
difficile entrare in squadra già al secondo anno, a meno che tu non abbia un
talento niente male e una buona dose di determinazione e testardaggine.
Magari
tra qualche anno avranno qualche possibilità, con qualche muscolo e qualche
centimetro in più a dar loro una mano.
A
me non sono serviti. Ma d’altra parte, non è quella l’espressione che avevo io quando mi sono presentata al mio primo
provino…
***
Sono qui, sola con la
mia scopa in mezzo al sabbioso campo di Quidditch. Non ci sono altri ragazzi
del mio anno in fila per questo provino, oltre ad un paio di tipi del terzo che
non conosco, gli altri sono tutti del sesto o del settimo. È rimasto un unico
posto libero nella squadra, un unico cacciatore da inserire nella formazione già
quasi completa che lotterà per la coppa quest’anno. Siamo una ventina, qui in
fila ad aspettare, e non mi spaventa essere la più piccola e gracilina del
gruppo. Non ho intenzione di andarmene a testa bassa, come i due del terzo
hanno appena deciso di fare. Piattole.
Quel
posto deve essere mio.
Finalmente lei entra
nel campo, seguita dal resto della squadra. Se quei due la vedessero ora se la
farebbero sotto. Cammina a testa alta, con passo svelto, la divisa verde che la
fa sembrare grande due volte la sua taglia effettiva. La maggior parte degli
studenti qui presenti sono più grandi e più grossi di lei, ma non hanno la metà
della sua determinazione, né appaiono minacciosi a tal punto.
I suoi occhi verdi
mostrano una sicurezza non comune, e ne ha ben ragione: è al quinto anno, è una
ragazza ed è il capitano e la stella della squadra di Serpeverde. La prima
dalla fondazione di Hogwarts.
Se non fossi sicura di
poter fare anche meglio ti invidierei, Melrose.
Il suo sguardo non riesce
a farmi vacillare, per quanto sappia che se fallissi l’umiliazione non mi
permetterebbe più di guardarla in faccia.
Mi vede, e la sua
espressione dura lascia il posto a una punta di stupore non appena mi
riconosce.
Dovresti saperlo,
sorellina, non ti avrei mai lasciato l’esclusiva.
Imbocca il fischietto,
e comincia i provini senza tante cerimonie. Rapida e decisa, come quando
recupera il boccino e fa vincere Serpeverde prima che chiunque abbia il tempo
di dire “Quidditch”.
Il primo a provare è
disastroso.
Il secondo forse
avrebbe qualche chance, se avesse un briciolo di cervello sotto tutti quei
muscoli. Non è il tipo di giocatore che mia sorella cerca, lo so bene.
Il terzo se la cava per
i primi minuti, ma poi sbaglia un gol fatto.
Il quarto fa pena.
Il quinto gioca bene,
ma si fa parare l’ultimo tiro. Peccato, una gran bella prestazione. È il primo
che devo temere.
Prosegue così, in un
susseguirsi di prove pietose e accettabili, alla fine sono solo quattro i
giocatori che possono aspirare al posto e rimangono sul campo, gli altri se ne
sono andati.
L’ultima sono io.
Chissà se Melrose l’ha fatto apposta.
Salgo in volo sicura e
non mi lascio sorprendere da una palla veloce di Flitt.
Ripasso, zigzago, evito i bolidi e mi smarco. Arrivo di fronte al portiere e
tiro, veloce, precisa, con tutta la forza che le mie braccia possiedono. McLaggen parte in ritardo e non sfiora nemmeno la pluffa, che centra precisa il terzo anello. Fuori uno.
Riesco a segnare altri
quattro gol consecutivi, poi Melrose urla a McLaggen
di svegliarsi, se non vuole essere sostituito, e a me di provare alcune serie
di passaggi con gli altri due cacciatori titolari. Sento l’orgoglio divamparmi
nel petto, ormai quasi sicura di avercela fatta: non ha chiesto di provare i
passaggi, agli altri.
Melrose ci osserva
senza fiatare per alcuni minuti, poi ci fa cenno di scendere. Vicino a lei, in
piedi con le scope in mano, sono rimasti i quattro reduci che hanno provato
prima di me. Mia sorella si rivolge prima a loro.
<< Grazie per
essere venuti ragazzi, vi chiamerò quando avrò bisogno delle riserve. >>
Li congeda senza un
sorriso di scuse, o di comprensione: non è colpa sua se non sono stati bravi
abbastanza. Io aspetto.
<< Kate, sai già
gli orari degli allenamenti vero? >> mi parla per la prima volta in tutta
la mattinata, guardandomi negli occhi, identici ai suoi. Annuisco.
<< Bene, ci
vediamo lunedì sera allora. >>
Mi sorride, e mi
carezza leggermente la testa mentre si allontana dal campo.
<< Bel colpo
sorellina. >>
***
Non
pensavo che lo avrei mai detto, ma come capitano Zabini se la cava piuttosto
bene. Certo, non è Melrose, ma dopo l’idiota che ci ha guidati negli ultimi due
anni lui è un cambiamento più che gradito. Dopo un’ora la squadra ha già
trovato il battitore che cercava, Nathaniel
Smith ha ottimi margini di miglioramento, per quanto essendo del
quarto anno come stazza lasci un po’ a desiderare, ma vola bene, e maneggia la
mazza con gran disinvoltura.
Nel
frattempo io ho perso di vista Erin, ma riesco facilmente ad individuare
Scorpius: la sua testa bionda sembra un faro perfino con il sole di metà
ottobre, immagino che se giocasse d’estate, ad una buona distanza il cercatore
avversario potrebbe anche scambiarlo per il boccino. Sarebbe un’ottima tattica
diversiva, comunque. Erin è molto vicina a lui, tanto per cambiare, mi sembra
che stiano parlando fitto fitto, ma non riesco a dirlo con precisione. Malfoy,
non potevi scegliere un momento migliore per provarci con lei? Quella ragazza
ha bisogno di concentrarsi per passare il provino! Sono settimane che stanno
sempre ad amoreggiare pensando che io e Jack non ce ne accorgiamo. Ora, non
posso garantire per Zabini, ma per quanto mi riguarda me ne sono accorta
benissimo.
<<
Kate? >>
Qualcuno
mi sfiora un braccio e io faccio un salto per la sorpresa. Chiunque sia stato giuro
che lo affatturo. Mi volto lentamente, con un’espressione che spero manifesti
chiaramente quanto io sia scocciata per esser stata disturbata, e mi trovo
davanti Albus Severus Potter con uno dei suoi smaglianti sorrisi a trentatré
denti dipinto in faccia.
<<
E tu che cavolo ci fai qui? >>
<<
Ho i provini con la squadra dopo i vostri. >> spiega, e io noto solo in
questo istante la spilla da capitano attaccata al pullover << Ti ho visto
qui e sono passato a salutare, così posso anche darti la tua copia dei turni di
ronda del mese prossimo. >> Estrae dalla borsa una pergamena arrotolata e
me la passa, il tutto senza smettere per un momento di sorridere.
Scrollo
le spalle e spero che mi lasci in pace in fretta, ma lui non sembra demordere
di fronte al mio evidente scarso entusiasmo nel conversare con lui, perché si
appoggia alla balconata di fianco a me e tira fuori una pila di toast dalla
borsa.
<<
Fame? >> mi chiede porgendomene uno.
Scuoto
la testa in fretta, e lui comincia ad addentarlo con gusto.
Ho
superato il controllo di Erin bevendo solo un caffè stamattina, figuriamoci se
ho voglia di rovinarmi per i toast di Albus Severus Potter.
Con
la coda dell’occhio lo osservo mangiare con una velocità tale che farebbe
invidia a Zabini, poi si scuote le briciole dal maglione e si volta di nuovo
verso di me. Continuo ad ignorarlo, sperando di fargli cambiare idea.
<<
Come mai non ci sei anche tu, là sotto? Eri una stella nel Quidditch, mi
aspettavo di vederti vincere tutto come tua sorella >>
Lo
guardo con gli occhi spalancati, incredula. Erano secoli che qualcuno non mi
chiedeva più niente sul Quidditch, pensavo che si fossero dimenticati tutti
della talentuosa sorellina del capitano Harper.
<< Io… Ehm… mi
hanno dato una squalifica a tempo determinato >> rispondo infine
bruscamente.
<< Oh…Non lo
sapevo. Come mai? >>
Curioso. Troppo, per i
miei gusti.
<< Non mi va di
parlarne. >>
<< E questa
squalifica può esser revocata a breve? >>
<< Direi di no.
>>
Che orrore no. È
impossibile. Non potrei mai.
Mia
sorella ha finito gli studi quando io ero al quarto anno. Mi aspettavo, l’anno
successivo, di diventare capitano, invece la spilla è stata inspiegabilmente
consegnata a Jason Cook, un idiota tutto muscoli e niente cervello un anno più
vecchio di me. Io ero il vicecapitano, e litigavamo in continuazione. Avevamo
idee di gioco di verse, lui voleva rovinarci mettendo in piedi una squadra
composta di gorilla idioti almeno quanto lui, io non facevo che contestare le
sue scelte. Mi odiava.
Durante
la prima partita della stagione sono svenuta sulla scopa, precipitando
dall’altezza di quaranta metri e rischiando di spappolarmi al suolo. Ero
debole, e arrabbiata. Dopo una visita dell’infermiera scolastica, fu subito
chiaro quale fosse il mio problema. Durante l’estate avevo perso troppo peso, e
troppo velocemente. Non volevo mangiare la quantità di cibo che l’infermiera mi
consigliava, così non ha potuto fare altro che suggerire una squalifica per
evitare che mi capitasse un altro incidente come quello. Mi sarebbe bastato
pesare 55 kg per tornare in squadra, peso che l’infermiera riteneva ideale per
la mia statura. Ma io ero convinta che comunque Cook non mi avrebbe riammessa,
quindi me ne fregavo delle diete che lei mi aveva caldamente raccomandato.
L’estate
scorsa mi sono resa conto che, con Cook fuori dai giochi, potevo finalmente
tornare a fare quello che amavo. Ma era troppo tardi per riprendere tutti quei
kili, anche volendo non ce l’avrei fatta. Quindi ho lasciato perdere.
Non
potrò giocare a Quidditch ma almeno avrò il corpo che desidero. Un giorno, se
continuo di questo passo.
Potter
non parla più, segue i provini in silenzio.
Credo
che Milton Harris si sia appena guadagnato un posto in squadra. Ottimo provino,
veramente.
Erin
risulta alla pari con un tipo che non conosco, dovrebbe essere del sesto. Tutto
sommato ha fatto un buon provino, qualche sbavatura, forse, ma buono. Jack
vuole far tirare loro dei rigori prima della scelta finale.
Erin
lascia tirare l’altro tizio per primo, che sbaglia solo un gol su cinque.
Raggiunge
lentamente la sua postazione davanti a Jack. Segna i primi due, poi lui gliene
para uno. Una bella parata, Zabini è un buon portiere, non credo che questo
comprometterà la prova di Erin. Segna anche il quarto tiro. Per Salazar, sono
più nervosa per il suo provino che per il mio: non avevo delle unghie così
distrutte dagli esami finali dell’anno scorso.
E
poi, clamorosamente, sbaglia l’ultimo tiro. Jack non deve nemmeno buttarsi, la pluffa vola ben alta sopra l’anello centrale.
<<
Non è possibile, l’ha fatto apposta… >> mormoro incredula.
<<
Sì è un errore un po’ plateale in effetti. >> concorda Potter pensieroso
<< Ma perché? >>
<<
Perché è un’idiota, ecco perché >> ringhio prima di abbandonarlo sugli
spalti e dirigermi quasi di corsa verso il campo.
Vedo
la squadra dirigersi verso gli spogliatoi, ma Erin Jack e Scorpius sono ancora
sul campo.
<<
Come ti salta in mente? >> urlo infuriata guardando la mia migliore amica,
che sta sorridendo lì imbambolata con
Scorpius.
<<
Kate… >> comincia, mordendosi il labbro.
<<
L’hai fatto apposta, si vedeva chiaramente! >> la aggredisco
avvicinandomi.
Erin
sembra spaventata, Jack è livido di rabbia ma non si esprime, è Scorpius che
interviene a calmarmi.
<<
Kate smettila. È una scelta sua, e se Erin non vuole entrare nella squadra è
giusto che tu la rispetti. >>
Lei
mi rivolge appena uno sguardo di scuse prima di allontanarsi con lui.
Sono
esterrefatta, e quando mi volto verso Jack, che sta rinchiudendo la pluffa, mi accorgo che per una volta condividiamo la stesso
identico umore: per entrambi il fatto che qualcuno rinunci volontariamente alla possibilità di giocare a Quidditch è
semplicemente inconcepibile.
<<
È un affronto… >> mormoro.
<<
Già. >> commenta Jack scuotendo la testa sconsolato << Immagino che
Scorp abbia ragione, però: noi possiamo provarci quanto vogliamo ma se Erin non
vuole entrare in squadra dovremo lasciarla fare. >>
<<
Assurdo. Assurdo. E non me la menare,
Scorpius fa solo l’innamoratino accondiscendente! >>
<<
Non sono l’unico ad averlo notato allora! >> ride Jack << Sai, le
ha chiesto di andare con lui ad Hogsmeade le settimana prossima… >>
<<
Ah sì? Allora immagino che andranno insieme anche al Ballo di Halloween!
>>
Per
i miei genitori risulta sempre strano sentirmi parlare di balli ad Hogwarts. Sono una novità relativamente recente,
introdotta dal neo preside Vitius durante il nostro
primo anno, dopo il suo mirabolante viaggio d’aggiornamento nelle migliori
scuole magiche degli Stati Uniti. Pare che nel nuovo continente sia una
tradizione ormai secolare organizzare balli scolastici in pompa magna per ogni
occasione, tradizione che il Preside ha abbracciato entusiasticamente, aiutato
nell’organizzazione dal professor Lumacorno e con la sponsorizzazione di Hannah Abbott, consorte del professor Paciock e attuale
proprietaria dei Tre Manici di Scopa. Ci sono quattro balli nel corso dell’anno
scolastico: ad Halloween, Natale, a marzo prima dell’equinozio di primavera e a
maggio per la Festa della Vittoria. Inoltre, a fine anno solamente per quelli
del settimo anno c’è una festa extra ad Hogsmeade, la Festa del Saluto.
<<
Probabilmente. In questo caso penso che ci sarà uno scambio di coppie, che te
ne pare? >>
Ai
balli io sono sempre stata accompagnata da Scorpius e Erin da Jack, anche se
poi trascorrevamo la serata tutti assieme. È una specie di tradizione, aiutata
dal fatto che, specialmente durante i primi anni, non avrei potuto sopportare
di trascorrere un’intera serata con Zabini.
<<
Sarà uno strazio. >>
<<
Oh lo so bene. Aspetti l’invito di un ammiratore segreto? Perché per uscire con
me c’è la fila, in questo caso. >>
Le
sue parole sono ironiche, ma pronunciate senza cattiveria.
Mio
malgrado mi ritrovo a sorridergli.
<<
Non ti montare la testa, Zabini. >> accetto infine, allontanandomi dal
campo.
Nda
Premesso
che mi vergogno profondamente di essere sparita per, ehm, più di quattro mesi,
mi scuso con tutte le buone anime che mi hanno seguito e che spero continueranno
a farlo anche adesso.
Sotto
“il paragrafo della vergogna” ecco un paio di chiarimenti sul capitolo… Dunque,
cominciamo a conoscere meglio il personaggio di Kate, il suo amore per il
Quidditch e i motivi che l’hanno portata ad abbandonarlo, il suo rapporto con
Melrose. La questione del “lui” che la nostra bionda si lascia scappare verrà
spiegata più avanti.
Ah,
tanto per chiarire: Kate non odia
Jack. Vero, spesso lo tratta con un’antipatia non trascurabile, ma è pur sempre
uno dei suoi pochi amici e, cosa ancor più importante, una persona molto legata
ad Erin. Si è creato una sorta di ponte tra loro verso la fine del capitolo,
che li vede inaspettatamente quasi amici.
Ultima
cosa, lo giuro: la questione dei balli. Allora, so che magari a molti di voi
l’idea potrebbe non piacere, personalmente anche io odio quelle storie in cui
ad Hogwarts (una scuola)ci sono un sacco di feste che si
trasformano in orge senza il minimo controllo. Però, questi balli mi servivano
nella trama, e prometto solennemente che li adatterò al contesto di Hogwarts,
senza esagerare.
Bene,
come sempre grazie a tutte le persone che leggono e seguono, e grazie alla mia
fedele recensitrice Mary che spero non mi abbandonerà
nonostante la mia imperdonabile assenza.
La cosa che più mi colpisce quando
riesco ad aprire gli occhi, è il silenzio totale che pervade la camera.
Per quanto di solito sia io la
principale fonte di rumore qui, e per quanto i miei coinquilini siano
generalmente poco chiacchieroni, non sono certo delle ombre. Non è normale
svegliarsi e non sentire niente, quando dormi con altre persone: dovrebbero
esserci sospiri, coperte che si agitano, il leggero russare di Scorpius, oppure,
se è già tardi, acqua che scorre e bauli che vengono rovistati. Invece, niente
di tutto questo. Scosto le tende verdi del mio baldacchino e, quando i miei
occhi si abituano alla luce, mi rendo
conto che il dormitorio è completamente vuoto. Non era mai successa un cosa
simile, ma forse sono semplicemente ancora addormentato, in preda ad uno di
quei trip da dormiveglia che sembrano sempre così reali. Poi vedo la sveglia sul
comodino, silenziosa come tutti gli oggetti che mi circondano.
Oh, merda. Mi alzo di scatto dal
letto e comincio a raccattare vestiti in giro per la stanza, infilandomeli alla
rinfusa. Pantaloni, camicia, maglione, cravatta, anche se non esattamente
nell’ordine giusto, credo. Non ho il tempo di controllare. Ho già perso almeno
due ore di lezione, e andando in aula dovrò inventarmi una scusa decente per il
ritardo. Magari funzionerà mettendo in piedi un sanguinario rapimento notturno
di cui sono caduto vittima. Potrei anche procurarmi qualche livido come prova.
Non dovrebbe essere troppo difficile, non sono neanche arrivato in Sala Comune
che già sono inciampato almeno tre volte. Con Boot non funzionerà di certo, ma
magari Lumacorno apprezzerà la recitazione… Momento, momento, momento. Per chi
cavolo devo inscenare un rapimento? Non mi ricordo minimamente l’orario di
oggi. Sbuffando e ansimando per le troppe corse, mi fiondo nuovamente in camera
a cercare la mia maledetta tabella, anche se so già che sarà un’impresa
impossibile: l’ho persa all’incirca tra la seconda e la terza ora del primo
giorno, Salazar solo sa dove potrebbe trovarsi adesso. Cerco quella di
Scorpius, lui potrebbe benissimo averla lasciata in camera, dal momento che ricorda
perfettamente ogni lezione. Sto per buttare per aria il suo baule – dopotutto
se lo merita, perché cavolo non mi ha svegliato? – quando i miei occhi si
posano sul calendario nella parete. È un bel calendario, di quelli che ti
segnano la data corrente e tutti gli impegni della giornata mano a mano che li
prendi, insieme ad un sacco di altre cose inutili come le fasi lunari o quale
stupido pianeta in collisione con quale altro oggi ti renderà la vita
impossibile. La madre di Nott ha il pallino della Divinazione, purtroppo per
lui. E per noi, dal momento che le frasi sul calendario cambiano a seconda
della persona che lo consulta. Vedo distrattamente che Marte e Giove in qualche
modo mi procureranno non poche sorprese, prima di posare lo sguardo sulla data
scritta a caratteri cubitali.
Sabato. Ventiquattro. Ottobre.
Sabato ventiquattro ottobre.
Oggi è sabato.
Niente lezione, il sabato. Mi
ributto sul letto, imprecando a gran voce contro Marte e Giove e qualunque
altro pianeta sia il responsabile della mia idiozia.
Nessuna persona sana di mente
potrebbe correre in giro come un pazzo per tutto questo tempo senza rendersi
conto che non ce n’è nessunissimo bisogno.
Ovvio che né Scorpius né Liam
abbiano osato svegliarmi: il sonno è sacro per Jack Zabini, hanno imparato da
diversi anni che per nessun motivo devono interromperlo il sabato mattina. Si
saranno alzati ore fa, senza che io me accorgessi minimamente.
Mi vesto (con un minimo di
attenzione, questa volta) e scendo in Sala Comune, che scopro popolata
esclusivamente da bambini del primo e del secondo anno. Mi sembra di essere
capitato per sbaglio in un covo di folletti, tanto sono piccoli. Accidenti, noi
eravamo così bassi alla loro età?!
Un ragazzetto magro mi avverte che
Liam Nott e gli altri suoi amici sono usciti per Hogsmeade un paio d’ore fa, e
che gli avevano chiesto di avvisarmi che mi aspettano al villaggio.
Giusto, oggi cade anche il primo
fine settimana ad Hogsmeade dell’anno. E né Scorpius né Erin mi hanno aspettato
come al solito perché, ricordo, hanno un appuntamento
galante a cui, ovviamente, non sono invitato. I pezzi combaciano, quindi le
mie facoltà mentali sono tornate alla loro normale attività. Era anche ora.
Mi concedo un lauto pasto (la Sala
Grande è già apparecchiata per il pranzo) poi, complici gli amici pseudo innamorati
e la mia meravigliosa dormita, mi trovo a percorrere il viale che conduce ad
Hogsmeade da solo con i miei pensieri.
Erano secoli che non mi succedeva di
trovarmi fuori dal gruppo e di fare qualcosa in completa solitudine.
Anche quando non sono con Scorp,
Erin o Kate, ci sono sempre gli altri compagni di casa, gli amici della
squadra: mi unisco a chiunque abbia voglia di compagnia. Sono circondato da
persone per la maggior parte del tempo, mi piace la folla, il caos, il calore
umano.
E non mi piace troppo stare da solo
con me stesso, quindi mi affretto verso il villaggio, sperando di riuscire a
trovare gli altri in fretta.
Fa freddino, considerando che è
solo ottobre e che la settimana scorsa ho fatto i provini di Quidditch sotto il
sole.
Sono appena arrivato all’entrata
del villaggio che comincia a diluviare. Stupido clima scozzese.
Potrei correre fino ai Tre Manici
di Scopa, dove sono quasi sicuro di trovare gli altri, e con tutta probabilità
arrivare bagnato fino al midollo rischiando di prendermi un raffreddore (ODIO
il raffreddore, anche se amo il decotto curativo di Madama Spinnet,
quello ti fa uscire dalle orecchie quintali di fumo, mi sembra di essere
l’Espresso di Hogwarts). Oppure potrei fiondarmi dentro i Tiri Vispi Weasley e
spendere un po’ di galeoni in scherzi infantili
ed idioti (testuali parole di Kate) aspettando che l’acquazzone si plachi.
Prospettiva decisamente più allettante. Vorrà dire che corromperò Madama Spinnet per avere quel decotto, male non fa.
Non ero mai entrato nella filiale
di Hogsmeade dei Tiri Vispi. A dire la verità sono andato raramente anche nel
negozio principale, solo un paio di volte quando mi trovavo da solo a Diagon
Alley mi ci sono intrufolato, evitando di farmi notare troppo. Ho come la
sensazione di essere fuori posto in mezzo agli Weasley, ed è strano perché in
genere mi trovo a mio agio in qualunque tipo di situazione.
Ciò non vuol dire che io non sia un
adepto degli scherzi magici più spettacolari del secolo. Oh, no no no. Sono un
fedelissimo - quasi un dipendente, direi - degli ordini via gufo. A casa e in
dormitorio ho quintali di oggettini di marchio Weasley. È divertente, ogni
tanto da qualche angolo della camera spunta fuori uno strano gadget che Scorpius
o Liam si premurano puntualmente di raccogliere per restituirlo al legittimo
proprietario, salvo poi trovarsi ricoperti di gelatina puzzolente, presi a
morsi, o tossicchianti in mezzo ai fumi di qualche poco rassicurante esplosione.
Inutile dire che ormai ho preso l’abitudine di nascondere oggetti del genere
sperando di vedere la reazione dei miei troppo ingenui compagni.
La pioggia non accenna a calmarsi,
e credo che avrò tutto il tempo per esplorare il negozio. Mi rendo subito conto
che questa è più piccola della sede a Diagon Alley, e sembra che la merce in
vendita sia stata selezionata. Mancano la sezione dedicata ai giochi di
prestigio Babbani, quella storica con i gadget anti magia
oscura, così come tutti i vari scherzi dedicati ai più piccoli. Questo negozio
appare pensato interamente per gli studenti di Hogwarts, ci sono anche articoli
che non avevo mai visto nella sede o nei cataloghi di quello di Londra.
Come questa novità assoluta, i
“Bouquet Avvolgenti”. Riesco a farmi largo tra la calca di gente raggruppata
davanti al cartello (a Diagon Alley o a Hogsmeade, i Tiri Vispi sono sempre traboccanti
di clienti), ed afferro una scatola dei fantomatici Bouquet. “Immancabili ai vostri eventi più galanti,”
leggo sul retro della confezione “vi
assicureranno grasse risate anche partecipando a quelli più noiosi.
Sconsigliabili da utilizzare all’aperto, i Bouquet potrebbero crescere a
dismisura. Controindicazioni: damigelle infuriate e, da parte di quelle più
perfide, ritorsioni assicurate. Disponibili nelle varianti rosa, violetta e
fiori d’arancio”. Sul davanti della scatola, una buffa vignetta raffigura
una ragazza tutta in ghingheri stringersi il bouquet al polso e venir
avviluppata da un cespuglio di rose a misura d’uomo.
Mi venisse un colpo se questo non è
lo scherzo perfetto da regalare a Kate per il ballo. Strepitoso, già me la vedo
indossarlo e ricoprirsi di foglie e fiorellini. Poi sbroccherà di brutto, ma ne
sarà valsa la pena.
Elettrizzato, mi dirigo alla cassa
con la scatola in mano e un ghigno solo leggermente ebete stampato sul volto.
C’è un ragazzo dietro il bancone,
che traffica sugli scaffali retrostanti dandomi la spalle. Avrà più o meno la
mia età.
Si volta sorridendo e, anche senza
che i suoi occhi incrocino i miei, riconosco subito quel viso. Non mi stupisce
affatto trovarlo qui, in effetti, dove mai sarebbe potuto finire uno come Fred
Weasley II? Voglio dire, ha questo lavoro nel sangue. Oltre ad essere il più
inguaribile burlone che abbia mai conosciuto.
Sembra piuttosto di fretta, ma la
sua espressione cambia radicalmente quando riconosce l’articolo che gli sto
porgendo. Sembra un bambino il giorno di Natale, quando trova sotto l’albero
una montagna di enormi pacchi colorati.
<< Grande! Tu sì che sei un
intenditore! Questi sono la mia prima creazione, sono in vendita solo da oggi.
E visto che tu sei il primo cliente a comprarne uno, ti regalo una confezione in
omaggio, ma cerca di farmi una buona pubblicità, eh! Non vorrei mai dover darla
vinta a Roxanne! >> esclama entusiasta, ridendo e porgendomi le due
scatole. Parla talmente in fretta che a stento capisco cosa mi stia dicendo, ma
mi incuriosisce l’ultima parte del suo discorso.
<< Perché, lei che cosa ne dice?
>>
<< Oh >> la sua
espressione cambia di nuovo, ora sembra un cucciolo sperduto << Secondo
lei non faranno mai successo perché ad Hogwarts ci sono troppi banali
innamoratini e troppi pochi ragazzi con il senso dell’umorismo. Ma sono più che
sicuro che si sbagli! >> aggiunge subito, di nuovo in modalità bambino – a
– Natale – davanti – ai – regali.
<< Nah,
si sbaglia di sicuro. Non siamo ancora presi così male, ad Hogwarts! >>
concordo dirigendomi verso l’uscita.
Ho quasi raggiunto la porta -
dannazione, piove ancora: preso dai Bouquet mi sono dimenticato il motivo
principale della mia visita - quando sento la voce di Fred Weasley chiamare a
gran voce qualcuno.
<< Ehi aspetta! Dico a te!
>> si dirige a grandi passi nella mia direzione, con un aria determinata
in viso, quasi travolgendo una ragazza. Si arresta davanti a me e mi punta un
dito contro.
<< Io lo so chi sei! Perché
non me l’hai detto subito? >> esclama, evidentemente seccato.
Oh merda. Non sapevo che Fred
Weasley fosse uno dei sostenitori accaniti della rivalità
Grifondoro-Serpeverde. Bel modo di scoprirlo. Ora mi toglierà la confezione
omaggio.
La sua espressione si fa sempre più
corrucciata.
<< Amico ti ho spedito in
infermeria l’anno scorso, e ti metti anche a pagare le mie invenzioni? >>
Ma che? Oh quello… Lui sorride,
appena si rende conto che ho capito di cosa stia parlando.
<< Non che fosse stata colpa
mia, eh. Però vedi, il mio capitano e cugino James, che non so proprio come si
sia ritrovato capitano tra parentesi, uno più decerebrato di lui devo ancora
conoscerlo…cosa stavo dicendo? Ah sì, il mio capitano e cugino James mi aveva
distratto urlandomi di seguire uno dei suoi schemi deliranti e mi sono
ritrovato un bolide che sfrecciava davanti al mio naso, così l’ho spedito
lontano all’ultimo secondo, ma non avevo preso la mira, ed è arrivato a te.
Davvero non volevo farti cadere dalla scopa! >>
Parla ancora tutto d’un fiato, ma
stavolta riesco a cogliere la maggior parte del discorso. Ricordo benissimo
quell’incidente, uno dei più dolorosi di tutta la mia carriera sportiva, in
realtà. Stavo cercando di seguire il gioco di Baston
in mezzo alla nebbia quando sento questo allucinante colpo alla tempia. Mi sono
svegliato ore dopo in infermeria, con una spessa fasciatura ed una brutta
commozione cerebrale, a detta di Madama Spinnet.
Secondo Scorpius, Fred Weasley e James Potter avevano aspettato alcune ore
fuori dall’infermeria, per scusarsi, ma l’idiota di Cook li ha mandati via in
malo modo. Non ha mai saputo reagire bene alle sconfitte.
Riporto la mia attenzione sul
ragazzo che mi sta di fronte, che ora mi sta guardando con espressione
implorante. Merlino, non ho mai visto nessuno con un’espressività e una mimica
facciale del genere. Però è imbarazzante. Soprattutto perché metà del negozio
ci sta guardando. Oh, stiamo vertendo di nuovo sul cucciolo sperduto.
Alla fine non riesco più a
trattenermi e scoppio a ridere.
<< Figurati >> riesco a
dire tra una risata e l’altra << Ma il Quidditch è il Quidditch, sono
cose che capitano >> aggiungo, ricomponendomi.
<< Parole sante, amico!
>> annuisce serio << Il Quidditch è il Quidditch! >>
È il personaggio più comico che
abbia mai visto. Tutta questa serietà, quasi gli scoppio di nuovo a ridere in
faccia.
<< Però devo assolutamente
trovare il modo di farmi perdonare. >> aggiunge pensieroso <<
Trovato! >> esclama dopo qualche secondo , con un entusiasmo tale che mi
aspetto di vederlo circondato da fuochi d’artificio ad incoronare il suo
successo << Adesso tu vieni con me e ci facciamo una buona bevuta in
memoria dei vecchi tempi. Pago io naturalmente! >>
<< Ma non… >> sto per
ricordargli che ha un negozio pieno di scherzi e di gente da gestire, non ha
tempo di una buona bevuta in memoria dei
vecchi tempi, ma mi interrompo subito, perché Fred non mi sta già più
ascoltando.
<< Verity!
Verity! >> esclama a gran voce.
Una donna sulla quarantina con i
capelli biondi ed un espressione rassegnata dipinta in volto si avvicina per rispondere
al suo impaziente richiamo.
<< Verity,
io vado con il mio amico… >> mi guarda con sguardo interrogativo,
rendendosi conto di non ricordare il mio nome. Forse perché non gliel’ho mai
detto.
<< Jack >>
<< Sì, io ed il mio amico
Jack andiamo a fare un giro ai Tre Manici di Scopa, ti occupi tu del negozio,
vero? Grande! >> aggiunge subito, prima che la donna, con un aria sempre
più disperata, possa anche solo pensare di ribattere.
Afferra due mantelli a caso su un
espositore (idrorepellenti, riesco a leggere dal cartello), e mi trascina
letteralmente fuori dal negozio.
<< Quella Verity…
Non si arrabbierà? Il negozio è pieno di gente… >>
<< Come? Ah no, figurati. Verity non potrebbe mai arrabbiarsi con me. Mi conosce da
quando sono nato, lavorava per papà e suo fratello prima della guerra. Da
piccolo mi raccontava un sacco di aneddoti divertenti su papà e lo zio Fred,
quando lui non sentiva. Adesso che io gestisco la filiale di Hogsmeade, lei mi
dà una mano. Le piace, le ricordavecchi
tempi. Anche se ripete sempre che la faccio impazzire, non capisco proprio come
mai… >> racconta ridacchiando.
<< Nemmeno io >>
concordo ridendo con lui.
<< Vedi? Quella donna è
davvero troppo nervosa! >> conclude entrando ai Tre Manici di Scopa.
<< Buon pomeriggio Hannah! Radiosa come sempre! >> saluta con un gran
sorriso << Porteresti due Whiskey Incendiari a me e al mio amico?
>>
<< Subito, Fred >>
risponde la donna, sorridendo indulgente, mentre noi raggiungiamo un tavolo
libero.
Mi guardo intorno, ma non riesco a
scorgere nessuno dei miei amici. Oh pazienza, la giornata si prospetta comunque
divertente.
Molto
divertente,
a giudicare dalla dimensione di quei bicchieri di Whiskey.
***
Qualche ora e qualche bicchiere
dopo, la testa mi gira leggermente, più leggera che mai, e Fred continua a
ridere come un ossesso. Nessuno sembra farci caso, del resto ha continuato a
ridere e a parlare per tutto il tempo. Hannah ci
riempie puntualmente i bicchieri, anche se sono abbastanza sicuro che in quanto
titolare del pub e moglie di un insegnante, non dovrebbe fornire una tale
quantità di alcool ad uno studente. D’altra parte, è impossibile dire di no di
fronte ai sorrisi di Fred Weasley.
In questo momento lui è
assolutamente esilarato dalla descrizione della mia accompagnatrice per il
ballo.
<< Quindi tra tutte le
ragazze della scuola tu sei riuscito a sceglierti la più acida, cinica e noiosa,
e lei non ti sopporta nemmeno??
>>
<< Neanche io la sopporto! La
maggior parte delle volte, almeno. >>
Cerco di far ordine nelle mie idee
per trovare una spiegazione decente, ma non è semplice, soprattutto se Fred
continua a ridere così.
<< Vedi c’è questo mio amico…
E questa mia amica anche… Loro… Oh ci rinuncio, hai ragione tu! >>
Mi arrendo, e comincio a ridere
anch’io come se avessi appena sentito la barzelletta più divertente del secolo.
<< Fred?! Cosa stai facendo tu qui? >>
Il mio compagno, continuando a
ridere, si volta in direzione della voce che lo ha chiamato, ma la sua
espressione cambia di colpo notando il cipiglio di sua sorella Roxanne.
<< Roxy!
Che piacere vederti! Io… >> tenta di suonare spontaneo, ma ha
l’inconfondibile espressione di chi è appena stato colto con le mani nel sacco.
Sua sorella non gli lascia neanche
il tempo di finire la frase prima di esplodere.
<< Verity
è bloccata in un negozio pieno di gente che dovresti gestire tu, mentre tu te
ne stai qui tranquillo a ridere e a bere con – prende fiato – Jack Zabini??
>>
Alzo lo sguardo verso di lei,
sentendomi preso in causa, ma Roxanne ha occhi solo per suo Fred, che sembra
voler rimpicciolire sempre di più mano a mano che la voce di sua sorella cresce
di tonalità. Mi dà le spalle, ma sono sicura che in questo preciso istante è in
modalità cucciolo smarrito.
<< Ma >> tenta Fred
debolmente << io dovevo sdebitarmi
con lui! Ti ricordi che gli ho fracassato la testa l’anno scorso? E poi ci
stavamo divertendo tanto, non mi ero proprio accorto che fosse passato così
tanto tempo! >>
<< Non mi interessa! Tu
dovresti essere in negozio a quest’ora! Lo avessi anche spappolato
completamente… E’ il Quidditch, queste cose succedono. E lui è il capitano di Serpeverde, comunque, è abituato alla gente
che gioca sporco! >>
Un momento. Nessuno può mettere in
dubbio la mia onestà di giocatore, neanche Roxanne Weasley. Dopo anni passati a
litigare con Cook per il suo stupido motto di “vittoria a tutti i costi” non è
leale che mi rinfacci una cosa del genere.
<< Ehi! >> la
interrompo, senza pensarci due volte << Guarda che ti sbagli di grosso,
se qualcuno imbroglia nella mia squadra viene sbattuto fuori a suon di pedate!
Io non sono Cook, e non è colpa mia se la squadra di Serpeverde ha avuto un
capitano del genere per due anni, ma ti posso assicurare che le cose adesso
sono cambiate. Vieni a vedere i nostri allenamenti se non ci credi! >>
Ho esagerato. Non avevo mai parlato
a Roxanne Weasley in questo modo, anzi, non le avevo mai parlato affatto.
Salazar santissimo, mesi e mesi a controllare ogni mia mossa e adesso rovino
tutto così. Grazie Marte, grazie Giove e grazie a tutti gli altri
maledettissimi pianeti che mi hanno reso così idiota.
Mi guarda con un’espressione
strana, poi torna a rivolgersi a suo fratello.
Non ascolto neanche quello che si
stanno dicendo, tanto mi sento umiliato.
Ricordo precisamente quando tutto
questo è iniziato. Quando ho cominciato a ritenere Roxanne Weasley attraente.
Quella famosa ultima partita
Grifondoro – Serpeverde, prima che mi prendessi il bolide in testa, Roxanne
aveva messo in piedi un’azione da vera fuoriclasse. Non ricordo i dettagli, la
commozione cerebrale ha reso tutta la partita un po’ confusa, ma ricordo
l’espressione con cui mi guardava prima mi tirare la Pluffa
che aveva faticosamente recuperato. Un concentrato di determinazione, trionfo e
forza che mi colpì come un pugno sullo stomaco.
Non l’ho più dimenticata. Complice
la pozione che Madama Spinnet mi aveva propinato, la
notte, in infermeria, quei suoi occhi azzurri facevano capolino in ogni mio
sogno.
Quindi da quel giorno mi sono
sentito giustificato se ogni volta in Sala Grande la cercavo per vederla ridere
con i suoi cugini. Se a lezione mi perdevo a fissare i riflessi della luce sui
suoi capelli neri. Se sull’Espresso di Hogwarts non ho difeso la mia migliore
amica per non fare brutta figura con lei.
Tutta colpa di un trip da
medicinali.
Ma adesso non ha più importanza,
dopo oggi non potrò neanche più rivolgerle la parola.
Sembra che nel mio momento di
estraneazione dal mondo Fred e Roxanne abbiano raggiunto un accordo, perché lei
ha un’espressione soddisfatta, mentre lui mi rivolge un’occhiata di scuse prima
di raggiungere il bancone e pagare Hannah.
Roxanne mi squadra un momento,
prima di commentare: << Non vedo l’ora di vedere la nuova squadra di
Serpeverde in azione, allora. >>
Sorride, ma non sembra mi stia
sbeffeggiando. Dopo anni passati a contatto con Kate riesco a distinguere
facilmente le risposte sarcastiche da quelle che non lo sono. E questa non lo è,
ne sono sicuro.
La vedo allontanarsi, e penso che
non sia poi perduto.
Salutando Fred, con la testa sempre
più leggera, l’unico pensiero coerente che mi passa per la mente è che avrei
dovuto dire a Roxanne che i Bouquet di suo fratello sono un’idea fantastica.
Anche se forse avrò l’occasione di
dimostrarglielo al ballo.
Nda
Per
quelli di voi che mi davano per perduta, sono felice di annunciarvi che sono
ancora qui, determinata più che mai a dare una svolta alla storia. Tempo e
scuola permettendo, mi impegno solennemente a postare il prossimo capitolo
entro 2 settimane.
Btw, eccovi un’occhiata più da vicino
a Jack e Fred. Fred è adorabilmente pazzo, non trovate? E Jack, almeno nella
mia testa, è sulla buona strada per diventarlo.
E’
ricomparsa Roxanne sul finale, e, come potete immaginare, acquisterà sempre più
importanza nella storia, in particolare dopo Natale.
Ah,
piccola nota sui prestavolto: i personaggi hanno la
carnagione più scura, mulatta, avendo entrambi un genitore di colore, ma non ho
trovato di meglio. Anzi, a dire la verità Darren Criss
non l’avrei cambiato comunque: è l’incarnazione perfetta del mio Fred.
Bene,
ci vediamo nel prossimo capitolo con il Ballo di Halloween; nel frattempo
ricordate che mi fa un piacere immenso leggere le vostre recensioni, quindi se
anche avete critiche da fare, scrivete! Poi, se son complimenti, meglio
ancora ^^
Alla
prossima, e grazie a tutti coloro che seguono e leggono questa storia
nonostante l’autrice scostante in maniera imbarazzante!