La voce del rancore - Non è quello che sembra

di Fanny Jumping Sparrow
(/viewuser.php?uid=60955)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Via ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Tutto è bene quel che … ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: La svolta ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Provvedimenti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: È complicato ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Domande e misteri ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Presentazioni ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Ricerche ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Il libro stregato ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Via ***


Salve a tutti! E' la prima volta che mi accingo a scrivere una storia su un cartoon, l'idea mi è nata rivendendo qualche tempo fa L'incantesimo del lago 2 e, provando una certa simpatia per lo sfortunato mago Clavius, oltre ad avere una vera fissazione insieme alle mie sorelle per i tanti bizzarri personaggi di questo film, ho pensato di cambiare il finale partendo dal presupposto: e se il cattivo fosse riuscito a fuggire dalla montagna? Ci saranno anche tante altre sorprese che non vi anticipo.
Ringrazio per l'ispirazione le mie sorelle con le quali ho discusso più volte sui particolari da cambiare che coinvolgono i tre film.
Sarò felice di leggere i vostri pareri. Alla prossima!


Capitolo 1: Via

Il frastuono era fastidiosamente assordante, ogni cosa tremava, e crepe sempre più larghe e minacciose spaccavano le pareti e il pavimento della caverna.
Si alzò di scatto, per quanto il dolore della caduta e l’età non verdissima glielo permettessero. Aveva ancora tempo.
Non intendeva lasciarsi prendere dal panico; aveva il modo di scappare dalla morte che lo minacciava sotto forma di lava bollente. Afferrò una torcia poco prima che cadesse dal muro e cercò di spostarsi da lì.
Il calore aumentava e tutto faceva prevedere che quel posto stesse per esplodere. Si mise a tastare la parete su cui strisciava con la schiena; c’era quasi.
Il tremore impediva i suoi movimenti, i postumi di quello spiacevole salto nel vuoto si facevano risentire con più insistenza, soprattutto sulle ginocchia.
Ma ormai era vicino al passaggio. Lo trovò. Entrò e, alle sue spalle, sentì cadere delle macerie che chiusero ogni possibilità di tornare indietro; e allora andò avanti, raccogliendo le poche, spossate, forze.
La collera soprattutto lo rianimava e muoveva i suoi muscoli verso la salvezza. E la vendetta.
Era stato troppo impulsivo o forse solo sfortunato. Dopo tanti anni di ricerche le arti proibite erano andate distrutte in brevi disgraziati istanti. E per colpa di chi? Di un giovane principe, sciocco, idealista e ficcanaso. Ma almeno anche lui aveva avuto la sua dose di sfiga: la sua amata principessa sarebbe rimasta un nobile ma animalesco cigno per il resto della sua regale vita.
Con questi pensieri il perfido mago Clavius continuava sveltamente a camminare all’interno dello stretto cunicolo che aveva scavato tempo prima nel suo remoto rifugio come via d’uscita secondaria. Lo conosceva soltanto lui, non lo aveva mai mostrato neanche a quell’idiota che aveva arruolato come aiutante.
A proposito … Chissà che fine aveva fatto? Mah, meglio perderlo che trovarlo un demente del genere.
Le gambe non ne volevano sapere più di muoversi, gli mancava l’aria. Possibile che fosse così lungo quel corridoio? Per questo negli ultimi tempi aveva preferito usare il pallone con l’aria calda.
Mancavano ormai pochi metri all’uscita, si sarebbe dovuto ritrovare direttamente nel bosco. Però quel continuo borbottare del vulcano stava iniziando ad innervosirlo non poco.
Calma! Doveva stare calmo!
Già intravedeva un po’ di luce. Provò ad accelerare il passo, ma si affaticava ed era costretto a fermarsi.
Ancora qualche metro.
Tremava tutto.
Un ultimo sforzo.
La luce era sempre più chiara.
Era stremato.
Ma quel principe! Morire per mano sua? Non era questa la fine che si era immaginato per sé.
Qualche folata di vento penetrava tra le fronde che nascondevano l’ingresso. Ritrovò l’energia per raggiungerlo con più velocità. Gettò per terra la torcia e si slanciò sull’apertura prima di restare sepolto nella montagna.
Era fuori! Ma ancora non del tutto al sicuro. Un fumo nero e densissimo fuoriusciva dal cratere in eruzione.
Doveva correre via.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2: Tutto è bene quel che … ***


Buonasera! Mi scuso per il ritardo, cercherò di pubblicare più spesso, intanto aggiungo questo breve capitolo che introduce un altro personaggio.
Ringrazio Piccola Letty e stellysisley che hanno apprezzato l'idea, tutti coloro che hanno letto e Chiara_96 che ha messo la ff tra i preferiti.
Alla prossima!



Capitolo 2: Tutto è bene quel che …


Odette aprì gli occhi sentendo sulle palpebre l’insistente luce del mattino.
Doveva essere molto tardi ma nessuno si era preoccupato di svegliarla.
Derek la viziava ed era divenuto fin troppo premuroso con lei dopo l’ultima disavventura che aveva messo in serio pericolo le loro vite.
Questa volta aveva davvero pensato di dover abbandonare per sempre le sue sembianze, ma per fortuna tutto si era sistemato.
Però quelle arti proibite sembravano un maleficio senza fine. Erano la magia nera più subdola che mente umana potesse concepire.
La brama di dominio su tutto, era questo che aveva spinto già due uomini a servirsene e si erano opposti con tutti i mezzi alla loro unione.
In fondo la sua unica colpa era quella di essere figlia di un re, ma mentre indossava un bell’abito di seta ricamata si ritrovò a desiderare un’esistenza normale, senza privilegi, servitù e mura invalicabili a dividerla dal mondo esterno.
La avrebbero considerata una sciocca e un’ingrata se solo avesse provato ad esporre quel pensiero; inoltre non avrebbe mai conosciuto il suo amato marito.
E poi il suo povero buon padre non meritava quell’affronto. Doveva essere orgogliosa di discendere da lui, un uomo giusto, onesto, rispettato e pianto con affetto da tutto il reame dopo la sua prematura scomparsa.
Si spazzolò brevemente i capelli e uscì dalla stanza, sforzandosi di scacciare quell’espressione triste che alterava i suoi lineamenti ogni volta in cui ripensava al genitore.
Un nuovo giorno era iniziato.

Errava per quei boschi brulicanti di vita e animali selvatici. Non sapeva più da quanto tempo.
Non ricordava niente del suo passato, da dove veniva, quanti anni aveva, se c’era una famiglia che lo aspettava da qualche parte.
Aveva ormai imparato a difendersi, a cacciare e a costruirsi dei ripari.
Stranamente non gli era risultato difficile, come se dentro di sé fosse stato educato a compiere quelle azioni.
Non ne capiva il motivo ma quasi temeva più gli uomini delle bestie, e per questo non si spingeva nei centri abitati.
D’altra parte aveva anche la sensazione di non conoscere la lingua che essi usavano.
E inoltre non era attirato dall’idea di lasciare quel posto: c’era tutto quello che gli serviva, pensava mentre raccoglieva delle gustose bacche.
Fu allora che scorse una figura umana aggirarsi tra i cespugli incespicando di continuo e borbottando. Era un uomo con una lunga barba bianca e un copricapo di stoffa rossa sulla testa.
Tentennò, poi si nascose dietro il tronco di un faggio studiandone i movimenti.
Lo seguì con lo sguardo per qualche minuto prima che scomparisse. Ascoltò e quando non sentì più alcun fruscio uscì lentamente dal nascondiglio tornando alla raccolta dei frutti spontanei.
Ma subito gettò un grido: il tizio barbuto gli era ricomparso davanti.
D’istinto gli puntò sul viso un legno appuntito.
- Calma, buon uomo! – esclamò quello con un sorriso stanco – Ho solo bisogno di informazioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3: La svolta ***


Rieccomi! Lo so, vi ho fatto aspettare molto, ma avevo un'altra storia in sospeso e poi mi sono concessa qualche giorno di vacanza. Ma ora l'altra ff l'ho finita e posso concentrarmi ad aggionare più spesso questa qui. Non contateci troppo però: purtroppo devo studiare per un esame e per la tesi. Comunque spero che continuerete a seguirmi, se riuscirò ad interessarvi.

Un grazie speciale ad Ilaja  che mi ha fatto tanti complimenti: mi auguro che ti piaccia anche questo capitolo, ma sappi che è nelle mie corde lasciare in bilico i lettori! E poi ringrazio anche Pochaontas che ha inserito la storia tra le seguite: se ti va, lasciami un parere!

Buona lettura! ^_^



Capitolo 3: La svolta

Per qualche secondo l’astuto mago e lo smemorato selvaggio si osservarono di sbieco, non senza interesse.
Clavius capì bene che quel tizio non brillava certo per doti atletiche: doveva aver superato la cinquantina, eppure nel suo sguardo mite e malinconico, incorniciato da folte sopracciglia ingrigite, scorse una riposta saggezza e conoscenza che forse gli sarebbero tornate utili.
Ne aveva abbastanza di aiutanti forti e muscolosi ma goffi e senza cervello.
L’uomo intuì che il suo simile appena arrivato non era come gli altri che aveva visto passare fra gli alberi. C’era qualcosa nei suoi modi schietti ma affabili, nelle sue vesti ricercate, nel suo portamento, che gli facevano pensare ad una persona fuori dal comune.
Per entrambi quell’incontro fortuito aveva il sapore di una possibile svolta significativa nella loro stagnante esistenza.
- Tu parli? – chiese lo stregone d’un tratto scoraggiato, inarcando un sopracciglio.
Lo sconosciuto annuì senza emetter fiato, ma quello non gli credette: - Capisci? – seguitò poco convinto – Ho bisogno di conoscere una via per la città – scandì lentamente e gesticolando.
- Devi riposare, zoppichi – proferì serenamente l’abitante dei boschi, sgranando subito dopo gli occhi per lo stupore: quelle erano le prime parole che pronunciava da molto tempo.
Quasi non ricordava più la sua stessa voce.
- Per niente! Ho una vendetta da compiere! – disse il mago, sottraendosi sgarbatamente all’aiuto che quello cercava di prestargli per camminare, sorreggendolo.
- Vendetta? - sussultò il tizio trattenendolo, tingendosi il volto di curiosità e turbamento.
Clavius appoggiò la schiena ad un tronco e serrò la mascella per un’improvvisa fitta ai reni; poi gli gettò un’occhiata dubbiosa e rilanciò con sospetto: - Come ti chiami?
Lo sconosciuto si lasciò scivolare sull’erba e iniziò a raccontare in un sussurro impaurito: - Io non ricordo nulla di prima. A parte un … grande animale …
Lo stregone drizzò le orecchie, incredulo: - Come, come?
- Non mi crederai, lo so – disse mestamente l’uomo voltandosi e sedendosi per terra.
- Niente affatto, amico. Questa storia mi interessa molto! Coraggio, racconta! – lo spronò sistemandosi lentamente accanto a lui.
- È tutto qui – sospirò l’estraneo allontanandosi e alzandosi lentamente sulle ginocchia.
Clavius cercò a sua volta di mettersi in piedi per seguirlo, reggendosi ai rami che intricavano quella zona del bosco: - Vi racconterò la mia storia! – gridò riuscendo ad attirare la sua attenzione.
L’uomo si voltò inviandogli un’occhiata interrogativa, al che lui continuò: - Conoscete il principe Derek? – e su quel nome la sua voce si colorò di rancore.
Il suo ascoltatore strinse gli occhi e poi scosse la testa, confuso. - È un principe mascalzone! Mi ha derubato! Ha piazzato capra e cavoli nel mio castello, mentre ero via per alcuni affari. Senza darmi neanche il tempo di raccogliere le mie cose, capite?
- Ma … è davvero orribile. E i vostri servitori? – domandò l’estraneo, mostrandosi particolarmente coinvolto.
- Tutti sterminati – ribatté secco e afflitto il mago, soddisfatto di aver catturato l’interesse di quello, che ora lo guardava con compassione.
- Quell’animale – riprese turbato – mi ha derubato di qualcosa … o qualcuno che amavo molto … - singhiozzò scombussolato – Ed è svanito.
Lo stregone sorrise tra sé, complimentandosi per la nuova idea perfida che gli aveva attraversato la mente: - Non mi stupirei se si trattasse della stessa persona – dichiarò pietoso, chiarendo poi con asprezza - Se si trattasse di Derek!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4: Provvedimenti ***


Un caro saluto ai miei lettori! Vi informo che per mancanza di tempo e computer instabile gli aggiornamenti di questa storia si faranno attendere, spero comunque che continuiate a seguirmi, se vi piace.
Ringrazio Ilaja e stellysisley per i commenti e bulmettina per aver inserito la ff tra le preferite!
Buona lettura.
Alla prossima!


Capitolo 4: Provvedimenti

- Principe Derek, non credete sia il caso di tornare? È quasi ora di cena e vostra moglie si starà sicuramente chiedendo dove siete finito!
- Hai ragione, Rogers – sospirò amareggiato il giovane mettendosi in piedi.
“Come sempre!”, pensò il suo fidato consigliere spazzandogli via dai vestiti la polvere e le ragnatele con veloci colpi di fazzoletto.
- La sto trascurando di nuovo – ammise con rammarico il principe, vagando con gli occhi per tutto lo stanzone – Ma dopo quello che è successo non posso permettere che le arti proibite vengano ricreate. Dobbiamo cercare indizi ovunque, qualsiasi traccia va eliminata dal castello! – affermò poi, infervorandosi al punto che le sue parole riecheggiarono tra le pareti spoglie di quella camera polverosa e semibuia.
- Sì, ma quel Clavius è morto – tossì il maggiordomo, sospingendolo ad uscire - Chi altri potrebbe avere le facoltà di armeggiare con quelle cose?... – tentò di distoglierlo prima di starnutire fragorosamente e richiudere la porta.
Derek si arrestò a metà del corridoio voltandosi verso di lui e illuminandosi di soddisfazione:
- Dobbiamo fare un censimento di tutto il regno! Cercare qualsiasi notizia sull’esistenza di stregoni, o persone che sono state collegate in qualche modo a Rothbart nel passato, o alla magia nera!
Rogers rimpianse di aver parlato: - Signore, non era questo che intendevo … - farfugliò soffiandosi il nasone e inseguendolo.
- Sei sempre prezioso, vecchio mio! – lo interruppe quello affogandolo in un improvviso abbraccio che gli impedì di ribattere – Cominceremo subito! Predisponi tu i funzionari che andranno in giro a raccogliere informazioni. Voglio un elenco domattina. Gente fidata, mi raccomando – lo salutò correndo via.

Odette udì le campane dell’ora del vespro risuonare per le vie del reame.
Annunciavano la fine del giorno. Un altro giorno trascorso in solitudine, nonostante la grande quantità di servitù che la circondava in ogni momento, non facendole mancare mai nulla.
E nonostante i suoi affezionati amici animali, Jean Bob il ranocchio, Freccia la tartaruga, e Puffin la pulcinella di mare, che spesso la facevano sorridere con i loro buffi battibecchi.
Sentiva di non avere niente di veramente suo. E quel castello, che in parte era stato la sua prigione, non smetteva di intrappolarla in brutti ricordi.
Derek le aveva spiegato che abitandovi avrebbero scacciato la paura che la gente nutriva per quel luogo, per il suo precedente padrone.
In fondo era anche un posto splendido, ma aveva la sensazione che nascondesse ancora del male.
L’approssimarsi della voce del marito che parlava amichevolmente con alcuni domestici, la riportò alla realtà: - Confido anche questa volta nel tuo perdono, amore – si scusò entrando e poggiandole un bacio sulla fronte, per poi sistemarsi al suo posto, proprio accanto a lei.
La principessa non poté fare a meno di notare la sua aria stanca: - Dove sei stato oggi? – gli domandò dolcemente immergendo il cucchiaio nella minestra ormai più che tiepida.
Lui alzò appena gli occhi dal piatto balbettando distrattamente: - In giro per il castello. Io e Rogers controlliamo insieme ad alcuni operai che non ci siano stanze pericolanti. C’è ancora molto lavoro da fare – asserì notando l’espressione non del tutto convinta della consorte che un attimo dopo disse con tristezza: - Certo, capisco.
Il ragazzo si sentì scuotere da quel tono, ma voleva proteggerla a tutti i costi dalla scomoda verità delle sue assenze.
Quando un’idea gli balenò in mente sentì di aver temporaneamente risolto quel momento di blocco: - Manderò una lettera a mia madre. La inviterò a trasferirsi per un po’ qui, da noi. Vi farete compagnia e vi divertirete insieme, ne sono sicuro! – dichiarò festoso.
La fanciulla annuì inviandogli un sorriso, quindi i camerieri si affrettarono a servire le altre portate.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5: È complicato ***


Ecco un nuovo aggiornamento di questa ff!

Scusate lo smisurato ritardo, ma ormai il lavoro per la tesi incombe, e tuttavia questa storia ogni tanto si ripresenta nella mia testa, e dopo aver scribacchiato qualche appunto sono riuscita a pubblicare.
Mille grazie a tutti i lettori, assidui e non, un bacione alla mia affezionata stellysisley, e un benvenuto a paperella96: spero continuerai a seguirmi nonostante i ritardi di pubblicazione.
Buona lettura a tutti e a presto!^_^



Capitolo 5: È complicato


I quattro cavalli bianchi nitrirono impennandosi e la carrozza reale si arrestò proprio davanti l’ingresso principale del Castello del Lago.
Una moltitudine di valletti attorniò l’ospite appena arrivata raccogliendone i voluminosi bagagli.
- Mi aspetto una stanza degna di una regina! – esclamò una cinguettante Uberta appena aiutata a scendere da un lacchè, constatando la grandezza di quella dimora ma anche il suo persistente stato di abbandono.
- E dov’è mio figlio? – squillò poi mettendosi sulle punte dei piedi per oltrepassare le teste dei servitori che andavano e venivano trasportando bauli e scrigni scaricati dalla carrozza.
- Madre! – Derek si aprì un varco andandole incontro a braccia aperte e con un enorme sorriso di accoglienza.
- E allora che cosa avete combinato tutti e due, hmm? Sono curiosa! – ribatté lei facendo un piccolo salto e lanciando uno sguardo furbo ad Odette, poco più indietro, che stava avvicinandosi.
Alcuni metri più lontano, accortamente nascosti dalla vegetazione incolta, due figuri assistevano all’incontro dei nobili.
- Eccoci arrivati – ansimò il mago Clavius, fermando i passi e affidando tutto il peso del suo corpo su un bastone alto quasi quanto lui.
Il fedele nuovo aiutante lo raggiunse e si incantò a guardare il panorama: - Oh! È veramente un luogo da re! Non c’è che dire!
- Sì, ma non hai ancora visto l’interno – ridacchiò tra sé e sé lo stregone, gli occhi verdi accesi dall’impaziente ambizione di recuperare le formule per riavere i suoi poteri malefici.
Il suo scagnozzo, rapito dalla contemplazione del paesaggio, ebbe uno slancio imprevisto ed entusiastico che riuscì a stento a frenare afferrandolo per il cappuccio del mantello prima che uscisse allo scoperto: - Che fai? – strillò esterrefatto.
- Non dobbiamo entrare? – domandò candidamente quello, sporgendosi di nuovo in avanti.
Clavius si passò una mano sulla faccia brontolando, poi schiarì la voce calibrandola in un tono autoritario e denigratorio: - Siamo venuti a fare un sopralluogo! Te l’avevo detto!
L’uomo senza nome annuì ma continuò a sbirciare con incontenibile curiosità mentre lo stregone riprese a parlare: - Non siamo mica ospiti come quella lì … Aaaaah! – urlò terrorizzato acquattandosi sull’erbaccia, non appena ebbe riconosciuto la regina.
Il servitore si abbassò sulle gambe, e chiese stranito ma cortese: - Chi è? La conoscete?
- È complicato! – sbottò quello dopo alcuni versacci, restando accovacciato.
Il barbuto aiutante si rimise in piedi ammiccando con un sorrisino: - Una vecchia innamorata, eh?
La frase fece scattare Clavius più che indispettito: - Quella? È una creatura diabolica! – asserì con un alone di rabbia e paura, voltandogli le spalle e avviandosi rapido verso la direzione opposta.
L’uomo si grattò la testa confuso, poi si decise ad andargli dietro non capendo come mai volesse rinunciare dopo tutto il cammino affrontato negli ultimi giorni.
All’improvviso un ranocchio gli tagliò la strada ed ebbe l’impressione, anche se lo giudicò impossibile, che si fosse scusato nella sua stessa lingua.
- Smemorato? Mi hai sentito? - lo richiamò all’attenzione il suo capo. Il tizio scosse la testa facendo arrossare di nervosismo il mago ma, prima che quello ripetesse il discorso che non aveva colto, ricomparve la raganella di prima: - Monsieur Clavius?! – proferì incredula.
- Una rana parlante! – strepitò il selvaggio balzando indietro.
- Tu! - lo stregone gli puntò un dito contro e inspiegabilmente una piccola scintilla di luce avvolse l’animaletto che moltiplicò le sue dimensioni fino a diventare … un essere umano!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6: Domande e misteri ***


Mi dispiace, mi dispiace molto di aver lasciato da parte questa storia!
Ma prometto a tutti coloro che la stanno seguendo che continuerò a scriverla fino alla fine...solo non posso garantirvi aggiornamenti frequenti per via della capricciosa ispirazione che viene e va. Comunque sia ringrazio stellysisley e fedekaulitz per il commento,  Court per averla messa nelle preferite e RussianRadar per averla inserita tra le seguite.

Buona lettura e alla prossima!





Capitolo 6: Domande e misteri


- Padrone!! Voi avete poteri magici!
Smemorato guardava ancora sbalordito l’uomo comparso dinanzi a sé che biascicava parole concitate nel suo pesante accento francese.
Clavius agitava invano le dita concentrandosi sui suoi desideri ma quel pizzico di magia era del tutto esaurito.
– Non è possibile! Come ho fatto? – si interrogava freneticamente, camminando in tondo e ripetendo formule in greco e latino.
- Io vi ringrazio, ma adesso andrei se non vi dispiace – lo distrasse d’un tratto  l’ex ranocchio.
Il mago in un attimo recuperò da terra il suo bastone: - Certo, andate pure – disse gentile e nello stesso istante scagliò il legno sulla testa del malcapitato: - Raccoglilo! – ordinò poi al suo aiutante che spalancava gli occhi più confuso e impressionato che mai.
- Intendete rapirlo? – tentennò osservando il corpo privo di sensi.
- Sì, può tornarci utile – tagliò corto lo stregone, prendendo per le braccia il tizio svenuto e posandolo sulle spalle del servitore.
I due si allontanarono indisturbati dal castello, svanendo nel bosco per far ritorno al loro rifugio.

La regina Uberta sorseggiava con vezzosità la sua tazza di the, sgranocchiando di tanto in tanto qualche biscotto.
Di fronte a lei stava la nuora con un’espressione che non riusciva a decifrare. Appariva pensierosa e un po’ intimidita dalla sua esuberanza che traspariva dalle insistenti occhiate con cui la colpiva ripetutamente da quando si erano sedute allo stesso tavolino.
- Allora … mia cara, c’è niente che devi dirmi? – ruppe il silenzio la madre di Derek, con finta noncuranza.
La principessa tentennò per qualche secondo restando con gli occhi bassi prima di sollevare il viso verso la suocera rivolgendole un sorriso: - No, nulla. Altezza.
Uberta si risistemò sulla sedia e le porse una mano con aria amichevole e sincera: - Puoi darmi del tu, Odette – le propose continuando a scrutarla con curiosità – Tu e mio figlio mi state preparando una sorpresa, per caso?
Odette credette di aver capito l’errore in cui era caduta la sovrana  e il perché di tutte quelle sue domande e ammiccamenti ma, proprio nel momento in cui stava per risponderle e chiarire, sulla soglia della stanza comparve Puffin, seguito a molta distanza da Freccia: - Principessa Odette! Oh, è tutta colpa mia! – urlò senza fiato la pulcinella di mare, scoppiando in singhiozzi.
Uberta emise un piccolo strillo ed indietreggiò brandendo la teiera ancora fumante.
- State calma, regina. Loro sono miei amici – la rassicurò la principessa chinandosi per prendere in braccio la tartaruga che era evidentemente stanca.
La regina però non smise di guardarla con sconcerto restando lontana dal trio.
- Allora Puffin, cosa è successo? – l’uccello atterrò sullo schienale di una sedia prima di cominciare a raccontare: - Stavamo scherzando, lo prendevamo in giro, come facciamo sempre con lui. Ma questa volta è fuggito!
La principessa sgranò gli occhi: - Jean Bob?
- Sì, Odette. Non riusciamo a trovarlo da nessuna parte. Io ho persino sondato il fossato – disse lentamente Freccia. Sul volto della ragazza si impresse un moto di preoccupazione.
- Cara, ti dispiacerebbe spiegarmi! – si fece avanti la regina poggiando con impeto la teiera sul tavolino. Nei suoi occhi balenavano offesa e  incredulità: quegli animali avevano appena parlato! E sembravano essere in stretta confidenza con la nuora!
La fanciulla non si scompose troppo, parlandole con un lieve sorriso: - Regina Uberta, questi sono Puffin e Freccia, due miei fidati amici. Ci siamo conosciuti qui, durante la mia prigionia nel lago, dopo il rapimento di Rothbart. Mi hanno dato tanto aiuto quando mi sentivo sola. Adesso però siamo preoccupati perché Jean Bob è scomparso.
La donna rimase con la bocca semiaperta prima di balbettare, non del tutto convinta: - Bè, adesso è tutto più chiaro – fece una pausa sedendosi – Ma chi è Jean Bob?

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7: Presentazioni ***


Salve! Sono stata una pessima scrittrice con questa storia, tant'è che l'ho abbandonata da mesi! Ma mi auguro che chi ha letto i primi capitoli vorrà continuare a leggere.

Ringrazio e saluto le 4 persone che l'hanno messa tra le seguite (EffieSamadhi, Elelovett, Ilaja, paperella96), le 2 che l'hanno inserita tra le preferite (bulmettina, Court).
A presto! (si spera :)


Capitolo 7: Presentazioni


Gli uccellini cinguettavano, l’aria era fresca, il cielo sprigionava gli ultimi bagliori del giorno che stava svanendo e lui aveva un gran mal di testa.
Era in piedi ma non poteva muoversi e si trovava in un posto molto alto, tanto che le sue vertigini stavano tornando prepotentemente a farlo tremare.
Non vedeva nessuno lì attorno a lui, non sapeva dove si trovava però c’era una piccola capanna di legno da cui usciva del fumo, a pochi metri dal suo naso.
Jean Bob si caricò per spiccare un bel salto e scendere da quell’albero, ma le gambe non gli risposero. Dov’erano?
Si sentiva diverso e lo era, almeno fisicamente. Piegò il collo e guardando in basso scorse due lunghe e sottili gambe da uomo fasciate da una calzamaglia e in fondo ad esse delle calzature di pelle.
In un attimo la sua mente si rischiarò: non era più un ranocchio!
- Ah, bene! Il nostro ospite si è svegliato.
Una voce contenta ma con una sfumatura beffarda precedette la comparsa di un ometto con la barba bianca e lunga, un copricapo cremisi e un’andatura claudicante.
- Clavius! – esclamò lo sfortunato ostaggio.
Il mago sollevò le grigie sopracciglia: - Tu mi conosci, ma io non conosco te. Chi sei? – lo interrogò pungolandolo all’altezza del mento col suo bastone.
- Eri morto! – urlò Jean Bob, tentando di divincolarsi – O almeno così mi hanno detto … sei un fantasma?
Lo stregone non gli rispose e riprese a pronunciare delle formule magiche, lo sguardo concentrato e le dita che non stavano ferme.
Intanto il suo aiutante uscì dalla capanna reggendo un pentolone, tre scodelle e un mestolo che poggiò su un banchetto di legno. Con le mani ai fianchi osservava la scena contraendo la faccia per l’incomprensione.
- Se volete fargli il solletico, dovete toccarlo, capo – sbottò indulgente e divertito. Clavius si urtò e tirò un calcio alla pentola rovesciandone tutto il contenuto sull’erba e rattristando Smemorato che scoppiò a piagnucolare: - Ci ho messo più di due ore a cucinarla! – sostenne, alludendo alla zuppa.
- Mon Dieu! Sono in mezzo ai matti! – proruppe Jean Bob, dandosi da fare per forzare le corde che lo tenevano legato ad un albero.
- Chi. Sei. Tu? – scandì nuovamente Clavius, accentuando la sua impazienza.
Jean Bob balbettava, indeciso sulla risposta: - Faccio parte della corte del principe Derek e della principessa Odette – si risolse a rivelare quando il suo rapitore lo minacciò più persuasivamente con il suo bastone dalla punta acuminata.
- Questi nomi non mi sono nuovi – pensò ad alta voce Smemorato. Aveva sentito come un tarlo solleticargli le orecchie quando l’ostaggio le aveva pronunciate. Doveva significare qualcosa? Il suo passato era ricoperto da una spessa coltre di oblio. Invece nel suo orecchio doveva davvero essere entrato qualche insetto e vi infilò il mignolo, impegnandosi a scacciarlo.
- Molto interessante. Sì – asserì nel frattempo Clavius, una vena di ritrovato entusiasmo negli occhi verde muschio che esplose in una fragorosa e perfida risata.
- Tu! Sarai il mio piede di porco per entrare nel castello!
Jean Bob diventò paonazzo: - Come ti permetti di darmi del porco?! Io sono un gentiluomo, sai!
- TATATATATA!! – lo zittì il mago – Sei una rana, sciocco! E se non mi aiuterai ti trasformerò in un misero girino!
- Non vedo come potrei aiutarvi – obiettò Jean Bob, seppure un velo di interesse iniziava subdolamente a stuzzicarlo. Aveva sempre sognato le sembianze di un affascinante principe!
Ma subito tornò coi piedi per terra: non poteva tradire i suoi amici, non voleva farlo.
- Non vi aiuterò mai! Brutto mascalzone! – urlò togliendo le parole di bocca allo stregone, il quale scoprì i denti:
- Questo è da vedere – sibilò con accento minatorio, voltandogli le spalle.
Poi, sotto lo sguardo turbato del suo aiutante e quello preoccupato dell’ex ranocchio, si ritirò nella capanna, lasciando una scia di mistero sulle sue intenzioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8: Ricerche ***


Rieccomi, dopo molto tempo, con un aggiornamento. Come sempre un grazie a chi legge, chi segue e chi mette tra i preferiti.
Adesso la storia mi è più chiara e spero di concludere al più presto un nuovo capitolo.

Alla prossima!)


Capitolo 8: Ricerche


Al Castello del Lago c’era molta preoccupazione per le sorti di Jean Bob.
Derek aveva ordinato di cercare sue tracce in tutto il regno, Puffin si era affrettato a reclutare cigni, anatre e altri amici pennuti per trovarlo, e Freccia si era offerto di guidare le ricerche nei fiumi e nei laghi.
Uberta non aveva capito le ragioni di tutto quel dispiego di uomini, ma al tempo stesso non aveva ancora trovato un momento per parlare a quattr’occhi col figlio.
Stava impazientemente percorrendo uno dei tanti corridoi del maniero quando scorse Rogers, che sapeva essere il maggior confidente di Derek, nonché l’uomo più informato su qualunque fatto accadesse nel raggio di qualche miglio lì attorno. Con un pretesto lo fermò.
- Rogers! Almeno voi avete un minuto per me? – lo sorprese con tono pretenzioso e ammiccante.
Il maggiordomo approntò un mucchio di scuse senza senso tentando si seminarla, ma ad ogni passo che metteva avanti lei lo faceva indietreggiare o lo costringeva a spostarsi ora a destra ora a sinistra, così che sembrava che i due stessero facendo un balletto.
- Perché mio figlio anziché pensare ad un erede deve dare la caccia a degli animaletti? – cantilenò stridente la regina.
- Madame, temo che si tratti di affari di stato, dei quali non posso mettervi a parte – si discolpò Rogers, spingendola più sgarbatamente di quanto non fosse consentito, e riuscendo finalmente a passare.
Uberta non lo rincorse solo per dignità, ma era decisa a non inghiottire il rospo.

Quel mattino il risveglio di Jean Bob non fu dei migliori: si sentiva tutto il corpo intorpidito e freddo, come se il sangue avesse smesso di scorrere e la sua mente era più scombussolata che mai.
L’avevano lasciato in piedi, legato a quel tronco. Era prigioniero e non sapeva ancora il perché. Aveva visto troppo. Ma almeno quel terribile stregone gli aveva risparmiato la vita.
Per quanto ancora?
Malediceva la sua scarsa attinenza alla lotta: d’altronde aveva sempre creduto che un principe dovesse affidarsi ai suoi soldati e non rischiare la pelle direttamente. Ma ora gli avrebbe fatto comodo sapersi difendere, e quel fisico, ben più robusto del suo fragile corpicino da ranocchia, aveva grosse potenzialità, ma non sapeva come usarle.
D’un tratto la sua attenzione passò allo svampito tizio che viveva con lo stregone e che stava intrattenendosi poco lontano da lui dando da mangiare dell’erba fresca ad un cerbiatto.
Non sembrava particolarmente cattivo, e neppure particolarmente sveglio.
- Vi dispiasce slegarmi, buon uomo? – provò a chiedergli con la voce più supplichevole che gli riuscisse Jean Bob. Quello lo fissò per un attimo, con compassione, ma poi scosse la testa dispiaciuto, facendogli capire che non intendeva disubbidire agli ordini del padrone e, nonostante le insistenti suppliche del prigioniero, tornò nella piccola abitazione.
Ma neanche due secondi dopo Clavius riuscì, spingendolo fuori: - Mi serve quel libro! Dobbiamo tornare alla Montagna di Fuoco! Partiremo subito! – ansimò impellente, trascinandosi di fretta col bastone sulla sola gamba non dolorante verso Jean Bob, il quale ripeté balbettando il nome di quel posto, che da solo lo faceva tremare.
Smemorato si affaticava nel tentativo di sorreggere il mago che, quando si infervorava, zoppicava più del solito:
- Avevate detto che è esplosa.

Clavius si fermò un momento, scioccato e indispettito dalle precisazioni del suo aiutante: - Ora tu mi ci porterai! - lo intimidì muovendogli davanti agli occhi le dita, come a simulare che stava per scagliargli contro un qualche incantesimo – Oppure ti trasformerò in un vermiciattolo!
Il povero senza nome calò la testa in segno di assenso ma Jean Bob lo distrasse: - Non può farlo, amico. Non ha più poteri.
- Eri una rana, o mi sbaglio? – lo smentì Clavius, sebbene non sapere come fosse riuscito a compiere quella magia era qualcosa che lo rendeva più scontroso e irritato del solito.
Ciò detto lo imbavagliò mentre mandò Smemorato a recuperare da un nascondiglio di rovi un carrettino sul quale attaccarono il cerbiatto. Caricato Jean Bob, i tre si misero in viaggio, protetti dalle ombre della foresta.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9: Il libro stregato ***


Finalmente ho ripreso questa storia! Lo so, è passato davvero tantissimo tempo, confido come sempre nella vostra clemenza!
Qui il racconto prende una svolta, spero inaspettata...d'ora in poi succeranno tante cose!
Ringrazio tutti coloro che in questi mesi hanno continuato a leggere, quelli che hanno messo la storia tra le preferite (bulmettina, Court, Lauracullen, Nickoku) o le seguite (EffieSamadhi, Elelovett, Ilaja, moon queen, paperella96) e chi ha lasciato commenti in passato, tra cui l'immancabile stellysisley.
Buona lettura!


Capitolo 9: Il libro stregato

C’era un tetro odore di zolfo e di bruciato attorno la montagna che per qualche anno era stata il suo rifugio segreto. L’incendio si era ormai spento ma aveva lasciato segni profondi nella natura desolata e sofferente di quella vallata deserta.
Jean Bob si svegliò di soprassalto quando una delle ruote del carretto prese una fossa, e gli parve di piombare in un incubo: la tiepida luce dell’aurora gettava lunghe e spettrali ombre di alberi bruciacchiati coi rami bitorzoluti e una leggera nebbiolina aleggiava sull’erba scura.
Clavius saltò giù dal carretto: - Fallo scendere – sbraitò all’indirizzo di Smemorato che si affrettò a strattonare con forza l’ostaggio per la corda che gli legava i polsi, facendolo ruzzolare per terra e poi scusandosi premurosamente della sua maldestria e aiutandolo a mettersi in piedi.
Lo stregone, nonostante quel trambusto, neppure si voltò. Aveva iniziato a percuotere con il bastone i tronchi degli alberi, quasi indistinguibili tra loro dopo l’eruzione che li aveva in gran parte inceneriti, finché ne scovò uno che risuonava come cavo: - Eccolo! – gioì con un gridolino e, facendo leva con la punta del legno dentro una piccola fessura orizzontale che tagliava quasi a metà il fusto di quella quercia, dopo alcuni tentativi, riuscì ad aprire una sorta di cassettino incassato nell’albero.
Jean Bob e Smemorato erano increduli: all’interno di quel tronco il mago aveva nascosto un libro dalla copertina rosso fuoco, decorato con l’emblema di un teschio, a rilievo insieme ad altre mostruose figure di rettili e diavoli: - Finalmente! Il libro stregato! Questo compenserà la perdita delle arti proibite … Per ora – ridacchiò perfidamente stringendoselo al petto.
Poi, appoggiando la schiena al fianco del carretto, aprì il volume, sfogliando freneticamente le grandi pagine costellate di scritte colorate e simboli indecifrabili.
Dopo qualche secondo si fermò su una pagina in particolare, leggendo più volte il testo in mente, quindi lo scandì ad alta voce:
- Malorum Rex invoco te, servum meum faciat istum – iniziò pronunciando di seguito la stessa frase in altre lingue oscure e fissando intensamente negli occhi Jean Bob, al quale parve che le iridi dello stregone si accendessero di lampi verdi e rossi mentre ripeteva quegli arcani riti.
Clavius gli si avvicinò sempre più, agitando le dita e sibilando ancora con la voce incrinata dalla collera e dall’impazienza le formule stregate.
- Credo che tu sia troppo vecchio per questi trucchi, mon ami – lo derise Jean Bob, ma proprio in quell’istante un raggio di luce scarlatta uscì dal libro stregato e, in mezzo ad una nube nera, si materializzò una figura demoniaca dalla consistenza impalpabile, che sembrava galleggiare nell’aria.
Smemorato e Jean Bob urlarono di paura abbracciandosi istintivamente, senza riuscire a muovere un muscolo, il mago intanto si prostrò umilmente ai piedi del diabolico spettro.
L’aiutante e l’ostaggio non capirono neanche una parola di quel dialogo tra i due malvagi, ma quando il demone venne risucchiato dal libro si tranquillizzarono un po’.
- P … padrone … chi era quello? – balbettò Smemorato, battendo i denti.
- Il mio angioletto custode, Abraxas – affermò Clavius, sarcastico e stizzito. Aveva ancora quella validissima carta da giocare per vendicarsi di Derek.
Ringraziò la sua lungimiranza per avere nascosto quel prezioso manoscritto fuori dalla caverna.
Di scatto si gettò contro Jean Bob e strinse le dita attorno al suo collo: - E se adesso non farai quello che ti dirò, userò te per il sacrificio umano che mi ha richiesto.
- Sacrifiscio! – deglutì l’ex ranocchio – Ne possiamo parlare, un momento, monsieur?
Il mago ghignò: - Nessuno fa nulla per nulla, lo so. Perciò aiutami a scoprire dove si nascondono le arti proibite e ti farò restare per sempre un uomo.
Jean Bob lo guardava contrariato, ma sentiva di non avere molte alternative.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=513737