Animal Crossworld di Kieart (/viewuser.php?uid=114581)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Micky ***
Capitolo 2: *** Snake ***
Capitolo 3: *** Red Wool ***
Capitolo 4: *** Any sex, any drugs ***
Capitolo 5: *** Come home ***
Capitolo 6: *** Pure morning ***
Capitolo 7: *** Do you want to ***
Capitolo 8: *** Passive agressive ***
Capitolo 9: *** Sleep Away ***
Capitolo 1 *** Micky ***
0.0 Micky:
Una tenue luce, un tonfo, un forte
sospiro, un esile corpo cercò
di arrampicarsi sulla ripida parete di libri arrivando a stento contro
il quarto
scaffale; ma non si arrese: salì ancora, fino al culmine
delle sue forze,
allungò il braccio verso quel
libro
incastrato tra pezzi d’antiquariato e una lunga tavola di
legno che pareva non
finir più.
Improvvisamente si ritrovò a terrà con il tesoro
tanto ardito in grembo,
chiedendosi per l’ennesima volta perché mai un
tale capolavoro debba trovarsi
proprio sugli scaffali più alti, per lui irraggiungibili se
non aiutato da non
si sa quale forza mistica; soddisfatto strinse il tesoro al petto, con
il cuore
a mille, e si diresse verso la fonte di luce che aveva acceso prima
della sua piccola
arrampicata.
Si sedette, con calma,
tirò un forte respiro per assaporare
l’odore della vecchia carta stampata, con le dita sottili
toccò le scritte
d’oro sulla copertina color borgogna e lesse nella sua mente,
pensando “Sarà la
100esima volta che lo leggo” e a bassa voce
sussurrò “Romeo e Giulietta”
socchiudendo gli occhi come fosse sopraffatto dalla
felicità. Aprì il libro,
leggendo quelle prime fatidiche righe e continuò
così per tutta la notte…
Se una persona come noi, adesso,
fosse entrata nell’enorme
biblioteca del casato Stradivari e si fosse
voltata verso il piccolo Micky, vedendolo di spalle avrebbe pensato
fosse un
mostro con una lunga coda color carne e delle grigie orecchie rotonde,
come
quelle di un topo.
Se il piccolo a questo punto si fosse voltato avreste sicuramente
notato la sua
espressione triste, essendo stato disturbato dalla lettura, delle
adorabili
efelidi in corrispondenza degli zigomi e gli occhi grandi di un colore
soprannaturale che sembrava simile al grigio scuro, ma non era. Il
volto del
17enne sarebbe stato, come al solito, incorniciato da dolci capelli
castano
chiaro, mossi, trattenuti da una parte con due mollettine rosse.
Ma non sarebbe mai accaduto dato che,
persone come noi, non
esistono in questo mondo. Qui tutti hanno un “animale
totem” che si individua nell’aspetto con
coda, occhi e
orecchie. Il
piccolo Micky era un vero e
proprio “topo da biblioteca”.
Il suo amore per la lettura nacque
con lui: sin da
piccolissimo la madre gli leggeva le favole di Italo Calvino, le
struggenti
storie Shakespeariane, educandolo all’amore per il prossimo.
Micky amava quella
donna, amava la donna che l’aveva messo al mondo, la donna
che lo stringeva a
se’ nelle notti di tempesta.
Il piccolo cercò quella
donna per ore nell’enorme residenza, perdendosi
infinite volte, salendo e
scendendo per infiniti scalini. Finalmente raggiunse la stanza della
madre,
chiedendo distrattamente a chiunque passasse per di lì dove
ella fosse. Nessuno
gli rispondeva, nessuno lo guardava, c’era molta agitazione e
Micky iniziava ad
avere paura, allora si aggrappò alla gonna di una serva, che
nervosamente indicava
la strada per la stanza dell’ossessione del bambino ad un
dottore panciuto.
Micky lentamente apriva la bocca trattenendo a stento le lacrime:
“Dov’è la
mamma..?”
La serva si accucciava all’altezza del piccolo di soli tre
anni e stringendolo
forte contro il proprio seno gli sussurrava che sarebbe andato tutto
bene.
Micky non capiva cosa intendesse la giovane, fino quando si rese conto
che la
mamma era andata via. L’unica cosa che gli era rimasto di lei
erano le due
mollettine rosse con cui la donna era solita acconciarsi i capelli
appena
sveglia.
Il piccolo non pianse, si rinchiuse semplicemente in uno “splendido
isolamento” . Nessuno lo cercò,
tantomeno il padre,
sempre occupato con i suoi affari all’estero. Giorno e notte
nell’enorme
biblioteca a leggere libri su libri nella speranza che
“qualcosa” cadesse dal
cielo e cambiasse la sua monotona vita di topo da biblioteca. Nella
speranza
che la madre tornasse da lui.
**Mi scuso infinite volte, ma adesso, dopo aver riletto e sistemato
come ho
potuto i capitoli li riposto nella speranza siano più
scorrevoli e
allettanti!**
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Capitolo 2 *** Snake ***
0.5 Snake:
“Merda,
devo scappare
o rischio di lasciarci la pelle…”
Gli occhi penetranti colore dell’oro fissavano doloranti la
ferita da arma da
fuoco inflitta al braccio destro;
stringeva i denti e strappando un lembo dei pantaloni militari cercava
in ogni
modo di bloccare l’emorragia.
“Se uscirò vivo da questa
missione giuro
di picchiare a sangue il Boss per avermi immischiato in questo
casino.”
Il sangue continuava a fuoriuscire, colando lungo il braccio,
lasciava una
scia rossastra sul pavimento e l’odore dolciastro del liquido
denso.
Snake correva disperatamente verso l’enorme cancello che
divideva la zona
periferica dalla zona residenziale delle Family, i potenti della
nazione, nella
speranza di poterla far pagare ai suoi inseguitori (anche se prima
avrebbe
desiderato massacrare il suo capo) un giorno. Dietro di lui poteva
percepire
distintamente il rumore dei passi di 17 uomini armati di mitra e
revolver,
pensò che se fosse
stato
armato li avrebbe fatti fuori in 45 secondi netti; si sentiva svenire,
fissò la
Luna illuminandosi del suo colore biancastro, mostrando la propria vera
natura.
La pelle bianca, sembrava quasi essere squamata, come quella di un
serpente,
gli occhi risplendevano e i capelli, lunghi, tirati
all’indietro, seguivano la
brezza mostrandosi in tutta la loro magnificenza;
il ragazzo apriva la bocca ansimando per la
disperata fuga mostrando due affilati canini.
Fissava il cancello mastodontico come
per cercare di
oltrepassarlo con il pensiero stesso, sbigottito alla vista di tale
enormità e
udendo le voci degli inseguitori, “
O la
va, o la spacca.”,
si lasciava il
braccio ferito, deciso a scalare quel muro di ferro: delle fitte lungo
tutto il
braccio lo facevano tremare dal dolore ogni volta che provava ad
aggrapparsi ad
una trave, sua unica via di fuga.
Oltrepassava finalmente quello spesso spazio che sembrava voler
dividere due
diverse realtà, balzando per terra da un paio di metri di
altezza, rischiando
di rompersi una caviglia, pensando che, finalmente, avrebbe potuto
riposarsi
qualche secondo. Scrutava l’orizzonte, intuendo che quella residenza fosse
la più vicina. Infrangeva nuovamente
lo sguardo contro la Luna piena e socchiudendo gli occhi si rilassava
per pochi
istanti, sentendo sempre più lontane le voci dei
mafiosi…
Il felino si
avvicinò
a degli uomini alti quasi il doppio di lui, li fissò con i
suoi occhi
azzurri, estrasse
dallo zaino un
pacchetto di droga, profumatamente pagato con tre centoni dai due
spilungoni.
Questo era il lavoro del Boss, spacciare la droga.
“Boss!” l’esile corpo della vipera rise
sonoramente legando le braccia attorno
al collo del randagio.
“Snake! Quante volte ti ho detto di non cercarmi sul lavoro!
Forza, torna a
casa i tuoi saranno preoccupati.”, l’amico si
strinse a suo volta in
quell’abbraccio.
“La mamma sta lavorando con un signore
così mi ha mandato via di casa…
Posso tornare solo appena finisce.”, la voce di Snake si
spense lentamente
mentre stava parlando.
“Quella donna non ha ritegno”
il Boss
solo 12enne prese in braccio il bambino, assopitosi essendo stata ormai
notte
fonda; portandolo con se’, nella sua umile dimora,
stringendosi corpo a corpo
su una brandina scomoda e fredda, riscaldandosi a vicenda, cuore contro
cuore.
Snake sorrideva riaprendo gli occhi,
come dopo aver fatto un
“bel sogno”, si alzava in piedi e riprendeva la sua
corsa verso il palazzotto
da lui scelto antecedentemente come propria salvezza.
Leggeva in un sospiro l’enorme quadrante in ferro battuto
sopra il cancello della
villa “Stradivari…” proseguì
stringendosi il braccio con la mano opposta “Spero
siano ospitali.”
** Nel capitolo successivo a questo ci sarà
l’incontro dei due ragazzi, spero “venga
fuori” come voglio io, See you next time! **
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Capitolo 3 *** Red Wool ***
1.0
Red
Wool
Improvvisamente l’enorme
finestra, che dava sul giardino principale
della residenza, sì spalancò, facendo penetrare
tra i libri della biblioteca la
fresca brezza serale di fine marzo. Le pesanti tende di velluto si
spostarono
appena, ma la piccola luce che illuminava il volto di Micky si spense,
provocando le ire del giovane tutto impegnato nella lettura del suo
libro. Si
alzò dall’antica
e rigida sedia (sulla quale riusciva a toccare a stento terra) per
serrare le vecchie finestre, nella speranza di poter continuare a
leggere
indisturbato; ma, quando si avvicinò alle tende,
notò una luce diversa dal
solito. Lo sguardo del piccolo si era pietrificato davanti a quella
Luna: così
grande e vicina; così luminosa da far brillare qualsiasi
cosa, dando agli occhi
grigi e scuri di Micky sfumature argentee, donando alla sua pelle una
lucidità
ultraterrena, rendendo l’esile “topo da
biblioteca”, uno di quegli adorabili
topolini da compagnia.
Il buio denso della biblioteca, misto alla luce lunare, rese lo spazio
intorno
al ragazzo terrificante e perfetto; la Luna stessa non osava far rumore
pur di
non interrompere quella visione paradisiaca.
Improvvisamente il silenzio notturno venne rotto da un pesante tonfo,
il
piccolo si girò verso l’interno della stanza,
distogliendo tristemente lo
sguardo dal cielo, cercando di scrutare cosa, all’interno di
essa, avesse
provocato quel fastidioso suono terreno. “Un
libro..”
Non riuscì a concludere un pensiero di senso
compiuto. Non ebbe il tempo di
comprendere cosa stesse accadendo.
Si trovò sospeso pochi centimetri da terra, scaraventato con
foga contro gli
scaffali ricolmi di libri, che emanavano l’odore che tanto
amava di vecchio.
Una creatura bellissima, illuminata dalla luce esterna, mentre lo stava
fissando con i suoi occhi brillanti e dorati, stava tentando di
strangolarlo. Agli
occhi di Micky, quella creatura,
sembrò un angelo più che un aggressore.
“Po…Posso curarti..?”, ansimò
e soffocò la voce, il topo, avendo notando
l’appariscente ferita al braccio.
Il rettile allentò la presa, fino a far toccare terra al
piccolo affatto
impaurito nonostante la situazione, anzi, incuriosito; al contrario,
l’altro
crollò a terra esausto, sentendosi svenire a causa della
massiccia quantità di
sangue perso.
“E così ti chiami Snake eh…”,
Micky infilò il sottile filo di nylon nella
microscopica fessura dell’ago, che avrebbe usato per ricucire
la ferita “Sei
fortunato, sai? Il
proiettile ti ha
colpito di striscio, hai perso molto sangue,
però.”, mentre si sporgeva verso
il ferito, questi lo ammonì replicando con tono sarcastico,
“Ehi, sai come si
sutura una ferita? Dubito fortemente. Quindi, gentilmente,
potresti fasciarmi e lasciarmi andare invece che
usarmi come cavia?”.
Micky sbuffò, come se non aspettasse altro che infilzare il
povero serpente; gli
obbedì, anche se a mal in cuore, e avvolse il profondo
graffio con della
morbida garza bianca.
“Topo, perché
mi stai aiutando? Stavo
per ammazzarti, dopotutto…” iniziò a
parlare Snake, essendo calato un
imbarazzante silenzio durante la medicazione.
“Mia madre mi diceva sempre che è importante
aiutare chi più ne ha bisogno”,
continuò Micky, “E mi pare che tu
stessi
per lasciarci la pelle, o sbaglio?”, vendicandosi per
l’antecedente nota
sarcastica.
Ignorando il tono canzonatorio del più giovane
proseguì, “Diceva… Tua madre
è…?”
“Sì, è morta quando avevo tre anni.
Nessuno mi disse niente ne’ mi cercò, lo
scoprii da solo, quando mi accorsi che era scomparsa da questa enorme
reggia…”,
Micky abbassò le spalle appena terminato di fasciare il
braccio, “Finito.”.
Snake accennò un sorriso, forse commosso
dall’espressione del tenero topo, o
forse semplicemente perché il braccio non gli doleva poi
più così tanto.
Fece per tirarsi in piedi, “Grazie, Topo,
a mai più.”,
ma proprio mentre il
nostro forzuto eroe stava per alzarsi da terra e svignarsela come suo
solito;
ricadde a terra, sgraziatamente, senza curarsi del piccolo che aveva
investito
con il suo peso e che ora si trovava sotto di lui.
“Hai mai pensato di fare una dieta..? Mi stai soffocando,
sposati!”, si lamentò
il diciassettenne.
“Ma quale dieta! Questi
sono tutti
muscoli sai?”, mentre si atteggiava, spinse la sua mole su un
fianco, lasciando
respirare la povera vittima, che tirò un profondo respiro
dopo aver riso con
enfasi.
“Credo che per stanotte sarai costretto a sopportare sua magnificenza Micky Stradivari.”,
disse altezzosamente.
“Micky, finiscila, sono ancora in tempo per
ammazzarti.”
“Sua magnificenza Micky,
prego.”,
corresse; il serpente andò su tutte le furie.
“Ti permetto di dormire tra
i libri di storia dell’arte
ottocentesca e quelli della storia
circense! Posso sapere cosa non ti va bene?!”,
alzò la voce
il proprietario dell’enorme villa; la vipera si
affrettò a rispondere a tono,
“Tu, sottospecie di Coso
che abita in
una reggia stratosferica, stai dicendo, a
me, il grande Snake, che devo dormire tra dei libri?! Stai
scherzando
spero! Non posso credere che non ci sia un letto nell’arco di
cento metri da
qui!”
“Ma infatti un letto c’è, ed
è il mio. L’unico nel raggio
di centro metri, Mister
Irriconoscente!”, corresse, con toni talmente alti
da sembrare femminili,
il topo; Snake non poteva, o probabilmente non voleva credere, che quel
piccolo
esserino indifeso si stava prendendo gioco di lui, “Io non
dormirò mai e poi
mai tra dei libri come un vagabondo senza un soldo bucato.”
“E con questo? Stai insinuando di voler dormire con
me..?”, nonostante Micky
avesse un tono aggressivo, le guance si colorarono di rosso, tradendolo
nel
momento cruciale.
Il serpente rise, canzonandolo continuò, “Ehi, non
ti vergognerai mica? Oh, il piccolo Micky
si vergogna di dormire con
Snake… Adorabile!”.
Micky replicò strizzando gli occhi, pensando a che bestia irriconoscente aveva offerto aiuto
e alloggio per la notte,
“Non è vero! Ti pare che mi vergogni?!
È che…”
“Sì..?”, Snake sapeva di aver vinto.
“Ecco… Io non ho mai dormito con nessuno
all’infuori di mia madre.”, le dolci
efelidi del giovane scomparvero sotto il rossore
dell’imbarazzo.
L’altro, vedendo tale scena ricolma di dolcezza
arrossì a sua volta, sentendosi
quasi in colpa, “Dopo
questa scenetta
compassionevole, possiamo andare a dormire nel tuo
letto?”, sorridendo poggiò il braccio
sulle spalle del topolino,
come per aiutarsi a rimanere in piedi. Questi, scioccato dalla reazione
del più
alto, commentò con un netto
“Sì”, accompagnato da un sorriso
imbarazzato.
La biblioteca era divisa in un enorme
hall principale (dove
vi erano tutti i libri della villa) e un soppalco; nato inizialmente
come ripostiglio;
adattato poi come stanza del topo.
Un ampio e imponente letto ricoperto da una massa disordinata di libri,
il
pavimento cigolante, una luce su una sedia adiacente alla parete, che
illuminava
fiocamente l’ambiente, in perenne penombra; per Micky era un
magnifico
nascondiglio dove passare le giornate a leggere sotto il plaid verde
smeraldo
ben ripiegato sul ciglio del letto. A Snake sembrava una catapecchia.
Micky illustrò lo spazio intorno a loro come se fosse un
museo, spiegando nei
minimi particolari, all’amico incurante, ogni più
insignificante oggetto, con
enfasi.
Il serpente notò
l’emozione che il
piccolo ci metteva; nella sua mente si affollavano parole, domande,
oggetti;
poi, la “guida”, si voltò, “Ti
piace?”, domandò mostrando un ampio sorriso.
La possente mole di
Snake sovrastò
l’esile corpo del topo, spingendolo sul letto, premendo sui
polsi di questi,
bloccando ogni suo movimento.
“Sei così ingenuo, indifeso. Proprio come adesso,
stanotte potrei ucciderti se
volessi; dopotutto l’ho fatto infinite volte lavorando per la
mafia, come avrai
intuito; eppure mi hai curato, offerto un letto…
Perché, Micky?”, poggiandosi
sul petto del piccolo, il rettile parlò con un filo di voce;
Micky al contrario
dell’altro sembrò essere molto tranquillo, pur non
capendo il senso della
domanda, “Te l’ho detto, no? La Mamma mi ha
insegnato ad aiutare chi ne avesse
avuto bisogno.”. Snake parve quasi deluso da quella risposta.
“E poi… Sei la cosa più strana che mi
sia mai capitata”, proseguì,
“Grazie.”,
stringendo in un abbraccio caldo e affettuoso il più grande.
“Micky, ti piace la mia sciarpa vero? Mentre mi stavi
medicando la fissavi in
continuazione.”, infine disse la serpe, dopo un imbarazzante
silenzio,
poggiandosi su un fianco e guardando il più giovane;
“Sì, è vero. Amo il colore
rosso. E poi sembra essere così
calda…”, il topo avvicinò timidamente
una mano
verso essa, palpandone il tessuto.
Snake, con un gesto repentino, lo spinse verso di se’,
avvolgendolo con l’enorme
lembo di lana.
“Ah, è bollente…”,
sospirò il topo percependo per primi il calore e il rumore
dei muscoli contratti di Snake. Lentamente gli si chiusero gli occhi;
pensando
a quanto fosse stato piacevole rimanere per sempre “così”.
“Buonanotte Micky, buonanotte.”,
terminò infine l’altro, stringendolo
contro il proprio petto; nella speranza che non si accorgesse di quanto
stesse
battendo forte il proprio cuore. Sperando, ancora, che
l’odore del piccolo gli
rimanesse addosso per sempre…
Micky si alzò placidamente dal letto, sentendosi stordito e
confuso, ma
eccitato per l’accaduto della notte precedente.
“S-Snake, te ne sei andato..?”
Si toccò il collo: era avvolto con la sciarpa rossa che gli
piaceva tanto.
Eppure, qualcosa non gli quadrava… Come se il serpente
avesse portato via qualcosa di estremamente importante per
il topo.
“Quel bastardo! Mi ha fregato le mollette!”,
esultò infine Micky, passandosi una
mano tra i capelli; pensando, ancora,
a che bestia irriconoscente avesse
offerto aiuto e alloggio.
Di certo non avrebbe lasciato impunito Snake per la sua bravata.
**Dedico questo capitolo a ScratchingOut,
persona importante per me, amante del fluff e sostenitrice di
Micky!
Con questo si entra nel vivo della storia, cosa farà il
povero topo per vendicarsi di Snake?**
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Capitolo 4 *** Any sex, any drugs ***
2.0 Any sex, any drugs:
Micky continuò a fissarsi
davanti lo specchio per infinito
tempo quella mattina.
I suoi capelli, mossi e disordinati, sembrarono ispidi e quasi crespi
agli
occhi del giovane, senza quelle due mollette.
Prese la sacca contenente del cibo e un libro, il suo preferito, Romeo
e
Giulietta; indossando la sciarpa rossa aprì
l’immensa finestra della
biblioteca; fissò l’orizzonte: in lontananza vide
l’enorme cancello di ferro
che divideva le due realtà; aveva ben chiaro quello che
avrebbe fatto, ma non
quello che sarebbe successo.
Quand’era bambino, ricordò nitidamente, che la
madre gli raccontava sempre
storie tristi sulla periferia; Micky sapeva che avrebbe trovato Snake
in quel
luogo, dopotutto l’infame era un mafioso, no?
Così, tirando un forte respiro, aspirando l’odore
di vecchio che stagnava tra i
libri, oltrepassò quella finestra.
Nessuno si accorse della sua scomparsa dalla villa.
Una vista terribile si parava davanti
lui: un’atmosfera che,
fino ad allora, aveva trovato solo nei libri.
Non era stato difficile oltrepassare il muro di ferro; essendo un
residente
degli Stradivari non avrebbe avuto problemi ad uscire ed entrare dalla
reggia.
Il cancello era dotato di un cervello elettronico con memorizzati tutti
i dati
di tutti i residenti del complesso, inclusa la servitù.
Almeno quel cancello,
non si sarebbe dimenticato di Micky.
“Ehi principessa, ti vuoi
divertire
con noi?”, tre ragazze, vestite alla buona, sbucarono da
dietro una stretta
viuzza, attanagliando il topo; non capendo cosa stesse accadendo,
chiese
istintivamente, “Conoscete Snake? Uhm, è un
ragazzo estremamente alto e… credo
possa definirsi bello.”. Il trio sentendo quel nome,
indietreggiò; decidendo di
non volersi immischiare svanì nel buio sporco tra le due
strette pareti.
Micky vagò per venti minuti, o forse un ora, prima di
ritrovarsi in quella situazione.
Con i suoi occhioni grigi, il suo corpo quasi efebico, dalla candida
pelle; si
ritrovò steso con il petto poggiato a terra, le braccia
bloccate dietro la
schiena. Due uomini, alti, riconosciuti come “iene”
l’avevano trascinato con la forza in un vicolo cieco.
Allettati dalla bellezza del piccolo, vogliosi di sporcare la sua pelle
bianca.
Micky sentì le zampacce dei due ovunque, sul petto; qualcuno
strusciò il
proprio membro, già in erezione, contro il sedere dello
sfortunato. Non
riusciva ad emettere alcun rumore, riuscì solo a piangere ed
ansimare; così
iniziò a rimuginare sul perché fosse uscito dalla
sua amata campana di vetro,
la biblioteca. “Le mie
mollette…”,
pensò fra se’ e
se’, “Snake…
aiutami”.
Una mano scivolò verso la cintura del giovane,
nello slacciarla le iene
risero; Micky aprì la bocca per chiedere aiuto. Aiuto alla
persona che, a
pensarci bene, lo aveva cacciato in quel guaio; urlando al vento il
nome di
Snake.
Le iene si bloccarono nell’udire il
nome; probabilmente avrebbero preferito uccidersi per aver pensato di
fare “quello”
al moccioso: “Tu, come fai a
conoscere quel nome..?”, disse uno, allontanandosi, come
l’altro, permettendo
al topo di rialzarsi e riprendersi
dallo shock subito.
“C-cosa volete da me..?”
“Rispondi!”, urlò l’altro; le
iene sono animali furbi, i due sapevano benissimo
che il ragazzino fosse qualcuno di speciale.
Il piccolo rimase quasi sconvolto, dalle molestie, le urla, non aveva
mai
provato nulla di simile. I libri, non potevano far
“sentire” lo squallore sul
proprio corpo, “I-io… Mi ha portato via qualcosa
di importante e voglio
incontrarlo per riprendermela…”,
balbettò.
I due risero pensando di potersi tirare fuori dal guaio,
“Senti coso, se
dimentichi quello che stava per
succedere, noi ti porteremo dal Capo. Allora? Che farai?”
“C-cosa stava per succedere?”, continuò
a sussurrare il piccolo.
“Bravo, vedo che hai capito al volo! Seguici, forza.
C’è molta strada da
fare…”, conclusero, caricando il piccolo su una
jeep lungo la strada adiacente
a quella dove si stava svolgendo la violenza.
Partirono per la City, il centro della nazione.
Tutti si staranno chiedendo, ora, se
Micky nel chiedere cosa stava per succedere,
fosse serio o
meno.
Lui era un vero e proprio topo da
biblioteca, non aveva mai, in vita sua frequentato una
scuola, però aveva
imparato tutto quello che c’è da sapere nei libri.
Non sapeva cosa volesse dire
arrabbiarsi, o innamorarsi; fino a quel momento aveva solo letto i suoi
libri.
Forse, di quelli, era innamorato; non lo avrebbero mai ferito; solo
impresso in
lui tutte quelle parole, quei termini, le emozioni di altre persone.
Detto questo, il piccolo, come avrebbe potuto sapere cosa sarebbe potuto succedere?
Ovviamente, sapeva cosa voleva dire “masturbarsi”;
dopotutto era un ragazzo. Semplicemente, tutti quei libri, non gli
avevano mai
spiegato come si facesse sesso;
ne’
lui stesso si era mai posto delle vere domande in proposito.
Micky non aveva mai visto un edificio di quelle dimensioni,
ne’ tantomeno ne
aveva letto nei libri.
“Cos’è questo?”, disse un
po’ titubante rivolgendosi alle iene
che lo avevano scortato fino lì, “Moccioso, sei
serio? È un
grattacielo. Credo che abbia un centinaio di piani, non
saprei.”, rispose uno,
fissando incredulo il ragazzino.
“Adesso ti accompagneremo nell’ufficio del Capo, se
lui vorrà vederti ti
riceverà subito.”, i due spiegarono velocemente al
topo come avrebbe dovuto
comportarsi in quella struttura; ma, il topo, talmente sbalordito, non
ascoltò
una parola di quello che gli dissero i due.
“Dobbiamo portare ‘sto qui dal Capo,
sbrigati”, l’altro scagnozzo si rivolse ad
una segretaria, entrando nella hall del palazzo, che semplicemente
indicò
l’ascensore.
Il piccolo, titubante non conoscendo il funzionamento di “un
ascensore”, li seguì senza fiatare; ma
mettendo,
involontariamente, in risalto la sua enfasi nel vedere così
tante novità.
“Settantaduesimo piano. Siamo arrivati.”, Micky
zompò fuori dall’ampio spazio
rivestito di stoffa sanguigna ricamata con fili d’oro;
“Siamo qui per
incontrare il Capo. Abbiamo un regalo per lui…”,
disse ridendo, quello che
sembrava essere più vecchio, verso una donna indaffarata
davanti ad una pila
infinita di cartelle da riordinare, guardando con la coda
dell’occhio il topo.
“Adesso il Signor Snake è dentro con una cliente.
Credo ne avrà per mol…”, non
ebbe il tempo di concludere la frase che al suo fianco si
spalancò la porta che
sembrava essere dipinta sulla parete. Ne uscì fuori una
bellissima donna, alta,
dalla lunga chioma dorata e gli occhi dorati, scuri e profondi come la
giungla,
una bellissima leonessa in tailleur porpora sorrise verso la povera
segretaria
indaffarata salutando tutti i presenti con un ampio sorriso.
Micky non si accorse quasi della magnificenza di quella donna,
notò solo il
profilo di Snake dietro la porta nel mentre si stava richiudendo. Un
suo scatto
gli fece oltrepassare le mura; le due iene cercavano di allungarsi
verso di lui
per bloccarlo, mentre la ragazza continuava indisturbata a svolgere il
suo
lavoro.
Il topo, la prima volta che vide Snake, pensò fosse un angelo.
Adesso poteva affermare, con una certa sicurezza, che era
maledettamente bello.
L’uomo in giacca e cravatta ha il suo fascino, dopotutto, ma
se quella persona
è proprio Snake, è tutta un’altra
storia. Lui era perfetto, fisicamente era
l’uomo ideale.
L’uomo maledettamente bello che in quel momento dava le
spalle al nostro quasi
efebico Micky, fissando l’intera città dalla
parete completamente fatta di
vetro.
“Snake!”, gli strillò contro il piccolo
per attirare la sua attenzione.
Il fascinoso si voltò, aveva riconosciuto la voce del topo;
non poteva crederci
neanche lui alla sua vista. Lui era lì. Per rivederlo?
“Micky..?”, sussurrò la serpe incredula,
mostrando i suoi occhi dorati lucidi e
i capelli intrisi di gel, aderenti alla cute; sembrava
un’altra persona, quasi
più adulto.
“Chi altri sennò?!”, questi
notò subito le sue mollette, erano messe come ferma
cravatta; sentì un impulso omicida salirgli dal profondo del
cuore, nonostante
gli fosse impossibile non rimanere incantato da lui.
Snake si avvicinò a lui, lentamente. Micky al contrario,
mantenendo aria di
sfida fece pesanti passi; appena fu alla giusta distanza, estrasse il
libro
dalla sacca appesa tra le spalle, contrasse il braccio e
tirò il pesante volume,
dritto, sulla faccia del serpente, che non aspettandoselo prese una
brutta
botta in pieno naso. “Ma sei cretino?! Arrivi fino qui per
prendermi a
librate?!”, alzò la voce Snake puntandogli il dito
contro e facendogli notare
il sangue colante dal naso.
“Ma cretino ci sarai te! Ridammi quelle maledette mollette o
ti ammazzo con questo
libro!”, strinse il pugni fissandosi i piedi, la
verità è che si sentiva in
colpa per aver rovinato quel bel faccino.
“Eh..? Le mollette..?”, si fissò la
cravatta, “Queste mollette?
Scherzi vero?”, chiese ironicamente, pulendosi il sangue;
lui non avrebbe mai creduto di
averlo
potuto rivedere, per questo, come ricordo gli aveva lasciato la sciarpa
rossa
in cambio dei fermagli.
Adesso però, sperava dal profondo del cuore che il piccolo
lo avesse raggiunto
per rivederlo, per abbracciarlo e sussurrargli che non se ne sarebbe
mai andato
da lì.
“Micky…”, Snake aveva bisogno di lui.
Aveva bisogno del topo che lo aveva
salvato, nonostante fosse uno sconosciuto. Snake voleva che diventasse
completamente suo. Improvvisamente ebbe un lampo di genio.
“Micky. Io ti ridarò
le mollette se verrai ad abitare con me. Se non posso avere un tuo
ricordo, ti
avrò al mio fianco.”, concluse la vipera.
Il topo rimase scioccato, “Io che..?”
“Hai capito benissimo. Se rivuoi le mollette, dovrai venire
ad abitare con me”.
Alzò lo sguardo dal pavimento, fissando gli occhi caldi e
brillanti dell’altro,
cercava una risposta, non capiva il senso di quell’assurda
richiesta.
Un calore lo avvolse improvvisamente, sentiva il suono di un cuore
battere
velocemente.
Non era il suo, era quello di Snake.
“Ormai sei scappato di casa, no? Cosa ci guadagneresti a
tornare in quel
carcere? Vieni da me.”, infine aggiunse, nascondendo la paura
di essere
rifiutato.
Micky non sapeva cosa l’avrebbe aspettato.
Non aveva idea di che persona fosse Snake.
Rivoleva semplicemente le sue mollette.
“Ok.”, affermò, il topo, con una certa
sicurezza; abbracciò a sua volta il più
grande, stringendosi contro il suo petto, ascoltando il suo cuore.
Snake dall’alto del suo metro e novantadue,
spalancò gli occhi, credendo di
star sognando; semplicemente, decise di godersi il momento, annegandosi
nel
calore di quella stretta.
**Come inizierà la convivenza tra i due? Micky si
accorgerà dell’amore di
Snake? Si innamorerà a sua volta?
Lo scopriremo nelle prossime pubblicazioni! [? Mi scuso per
l’esaltazione.]**
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Capitolo 5 *** Come home ***
3.0 Come home:
Micky si alzò placidamente
dal letto a due piazze, fissò per
qualche secondo la sveglia sul comodino adiacente a lui. “Le
dodici e mezza…”, squadrò il
letto sfatto e vuoto; si mise la
solita camicia di Snake che portava per girare in casa. Era talmente
grande da
fargli da vestito.
Spinse il proprio corpo verso la cucina, alla ricerca di cibo, per la
fame che si
faceva sentire.
Ormai erano sei giorni che andava avanti così.
Micky si attaccò alla bottiglia del latte, fottendosene
delle buona maniere.
Ormai erano sei giorni, dopotutto, che viveva da solo in quella enorme
casa.
Snake, prima di abbandonarlo in quel piccolo paradiso, gli aveva
lasciato soldi
e cibo, sufficienti per un esercito.
“Quel coglione quando ha intenzione
di
tornare?”, ormai la dolcezza e ingenuità
del piccolo stava svanendo, come
la sua pazienza. Doveva rimanere a casa, eppure aveva voglia di uscire,
cercare
Snake e prenderlo a schiaffi.
Il topo si sedette sul divano ad angolo al centro nell’enorme
salone, fissando
l’intera City da tutt’intorno le pareti, essendo
fatte di spesso vetro
trasparente. Ripensando per l’ennesima volta a quel giorno.
Pensando, per
l’ennesima volta, quanto
fosse stupida la serpe.
I due dovevano arrivare al 102. Il
centoduesimo appartamento, l’attico.
Micky era terrorizzato all’idea di dover vivere
così in alto, tanto da quasi
pentirsi di aver accettato quell’assurda richiesta. Almeno
adesso era felice:
riaveva le sua mollettine, rosse, a tenere composti i capelli.
Tenendosi anche
la sciarpa -anch’essa rossa- come
“ricordo”.
“Senti, perché tieni così tanto a quei
fermagli? Insomma, non deve essere stato
facile trovarmi.”, diceva Snake fissando serenamente il
più piccolo, non nascondendo
l’entusiasmo.
“Erano di mia madre. È l’unica cosa che
ho di lei.”, rispose l’altro, mostrandosi
leggermente ansioso per la situazione; stava per entrare nella casa del
serpente, e non aveva mai dormito fuori casa. Poi chissà
quali stranezze vi avrebbe
trovato all’interno.
Un imbarazzante silenzio calò nell’ascensore.
Mancavano altri ventuno piani.
Snake guardava l’altro, come se non riuscisse a staccargli
gli occhi di dosso.
Così piccolo, delicato e indifeso.
“Micky io…”, la
serpe, mentre si sporgeva
verso questi, venne interrotto dal “bip”, segno che
si era arrivati a
destinazione.
“Chissà che voleva dirmi.”,
disse a voce alta, rivolgendosi contro il
televisore mastodontico di fronte a lui, chiedendosi come Snake potesse
guardare quei programmi cretini che mandavano ogni giorno.
Buttò la testa indietro, fissando il soffitto bianco,
socchiudendo gli occhi.
L’innocente topolino si sporgeva titubante verso
l’ingresso; quando,
spalancando gli occhi, notò l’ampio salone
ricoperto da parquet scuro -quasi
sul nero-, l’enorme divano rosso al centro della stanza;
l’appartamento era
incorniciato dalla City. Da lì, si poteva vedere tutta la
città, fino ai
confini con la periferia.
Micky non aveva mai provato una tale sensazione di potenza, come se
avesse
l’intera nazione ai suoi piedi.
Snake diede una pacca sulla spalla del topo: “Beh? Ti
piace?”
“Ovvio! Io… Io non avevo mai visto niente del
genere! È assolutamente…
Magnifico!”, l’euforico esponeva uno per uno tutti
gli aggettivi che più si
addicevano per quell’enorme casa; la serpe lo guardava,
mostrando un dolce
sorriso, pensando a quanto fosse carino il nuovo convivente.
“Fatti un giro, è molto grande, sai?”
“Immagino!”, disse infine, volteggiando intorno al
divano.
“È un solo piano, ma il bagno è enorme
e la cucina non è da meno. Non dovrai
preoccuparti di niente, una volta ogni tre giorni viene una donna a
pulire e
cucinare”, entrambi sprizzavano felicità da tutti
i pori, chi per un motivo,
chi per un altro.
Micky, il piccolo tenero Micky, dimenticò quasi
l’esistenza dei suoi amati
libri nel visitare quel tempio fatto d’oro.
Improvvisamente spalancò gli occhi, “Il
libro.”.
Snake si girò verso di lui perplesso, “Non
c’è bisogno che ti scusi! Sto
benissimo, figurati se un libro possa ferirmi!”
“Maledizione! Il libro! Non può essere!
L’ho lasciato nel tuo ufficio!”, il
topo affondò il viso tra le mani, sembrava davvero
disperato, e il serpente non
ne capiva il perché; era solo un libro,
“Dubito tu possa ritrovarlo
allora, credo sia ormai carta straccia… Micky, mi
dispiace…”.
Nel tentare di abbracciarlo, il piccolo, tirò su con il naso
e fece un bel
sorriso, “Mi fai vedere la cucina e la camera da letto?
Devono essere
fantasmagoriche!”.
Il topo tornò al presente,
per qualche secondo, continuando
a rivolgere i suoi occhi cinerei contro il bianco soffitto.
“E’ passata una settimana. Odio questa
casa.”, aggrottò le sopracciglia, “Che
diavolo starà combinando?! Mi aveva detto tre
giorni al massimo!”. Finì per
innervosirsi ancora di più, così socchiuse
nuovamente gli occhi, poggiandosi una mano sulle tempie.
“Q-questa
è la camera
da letto?!”, disse l’esaltato fissando il letto
contro il muro.
Una stanza spaziosa, con le pareti in mattonato, rozze, dipinte da
chissà quale
stravagante artista; sul pavimento, in un angolo della stanza, una
massa
informe di CD musicali di ogni genere; la solita stupenda, pazzesca
vista sulla
City.
A Micky non quadrava solo una cosa. Si sentiva stranamente osservato.
Alzò lo
sguardo al soffitto e cacciò un urlo, “Ma che
diavolo è?!”
“Che c’è? E’ solo uno
specchio.”
“No, non è solo uno specchio! È un
soffitto fatto a specchio!”, disse
rabbrividendo.
“Beh, che devo farci? L’arredamento l’ha
scelto il Boss… Non che mi dispiaccia
questa stanza in particolare, ci si possono fare molti giochini,
sai?”, ammiccò
l’alto, sedendosi sullo spesso letto, sorridendo
maliziosamente al piccolo che,
dalla faccia, poteva capirsi perfettamente che non aveva carpito la
malizia in
quella frase.
“Che tipo di giochini?”, sorrise, mettendosi
davanti all’altro.
“Beh, giochini molto intimi, che si fanno in due, in camera
da letto.”, il
serpente continuava ad ammiccare, non rendendosi conto
dell’ingenuità candida
del piccolo.
Micky saltò improvvisamente al collo di Snake, spingendolo
sul letto sotto il
suo esile peso.
“M-ma che combini?!”, disse incredulo, quasi
incapace dal reagire e pensare a
qualcosa di senso compiuto.
“Grazie.”, si strinse sul petto di quelli, come ad
aspettare che ricambiasse
l’abbraccio, affondando il viso tra i setosi capelli bianchi
di Snake, “Non
capisco davvero perché vuoi che io abiti con te,
però, mi rende felice. Credo
di volerti bene Snake.”.
La serpe, non sapendo cosa dire, ne’ cosa fare, lo strinse a
se’, sussurrando
dolcemente, “Anche io Micky.”.
Dalla coda degli occhi di Micky scese
una lacrima; era
tornato al presente, ed era solo.
Si sentiva solo, e gli mancava tanto
l’odiosa serpe, tanto da non riuscire neanche più
a mangiare.
“Mi avrà
abbandonato?”, pensava di
continuo, “Sì
sarà trovato qualcuno più
carino e simpatico di me?”, ancora, non riuscendo a
capire quello che lui
stesso iniziava a provare.
“Adesso se la starà
sicuramente
spassando… Nessuno se ne andrebbe il giorno dopo aver
chiesto ad uno
sconosciuto di convivere con lui, lasciando questi da solo poi! E tutto
per
colpa di quel Boss. Snake
è una
serpe, non il cagnolino di quel tizio! E anche se mi ha detto che era
per un
lavoro urgente…
Perché mi sto comportando così? …
Questa è gelosia?”, in preda al panico
più totale, si strofinò gli occhi per asciugare
la lacrima che ancora pendeva
dalle gote, si strinse ad un cuscino sul divano.
“Perché non sei qui? Snake, mi manchi. Ti prego,
torna da me.”, sospirando appena
queste parole si assopì; ormai era aprile, la primavera alle
porte, e il
piccolo topo annoiato venne trascinato nel regno di Morfeo.
“Micky! Micky ti prenderai
un accidente se dormi sul divano,
forza ti porto a letto!”
“Eh?”, il topo schiudeva lentamente gli occhi;
stava sognando ancora, forse,
“Che ore sono?”
“ Sono le ventuno, credo. Mi dici perché indossi
una mia camicia?”.
Il topo ancora non connetteva che lì, parato davanti a lui,
c’era il tanto
agognato Snake.
Spalancò gli occhi, che si riempirono di lacrime,
“Snake!”, gli urlò, aggrappandosi
al collo, stringendosi al calore che tanto gli era mancato;
“M-Micky?”, la
serpe lo abbracciò a sua volta, sollevandolo da terra con
forza, pur non
capendo il perché di tanta enfasi.
“Dove sei stato per tutto questo tempo?”
“Come dove? A lavoro, che dici te?”
“SignorSonoalavoro, hai tre giorni di ritardo!”
“Hai ragione, e per farmi perdonare…”,
la serpe poggiò Micky, indicando il
mazzo di rose bianche sul tavolino basso.
“E quelle..? Per me?”, la serpe annuì,
con semplicità e dolcezza, “Guarda, tra
le rose c’è un altro regalo.”, Micky si
sedette a terra di fronte al tavolino,
ficcando la testa tra le rose.
“Romeo e… Come hai fatto a trovare questa
edizione?! Io non so che…”, era
emozionato, felice, euforico.
“Snake, mi sei mancato.”, concluse infine, fissando
la copertina color borgogna
che tanto amava, sfiorando appena le scritte dorate.
"Anche tu, mi sei mancato.”.
** Questo capitolo è
dedicato completamente a Micky. Deve
capire cosa prova per Snake, no?
Ormai la storia inizia a prendere forma, quante ne passeranno ancora
Micky e
Snake? Riuscirà la loro convivenza? Vi ringrazio
infinitamente per seguire
questa storia! E recensite! Di
certo
non mi dispiace leggere un vostro commento! Alla prossima
pubblicazione!**
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Capitolo 6 *** Pure morning ***
4.0 Pure morning:
Micky strofinò gli occhi
assonnati, emettendo un sonoro
sbadiglio; si stiracchiò, voltando lo sguardo verso la parte
di letto che fino
al giorno prima era fredda e vuota, e dove adesso c’era lui.
Dalle pesanti tende avorio penetrava la tiepida luce
primaverile che
illuminava parte dell’addome della serpe, ancora
addormentata. La sua pelle
risplendeva, mettendo in risalto i possenti pettorali e il bicipite
gonfio e
contratto. Micky si avvicinò, sedendosi sopra
l’incosciente, poggiando la sua
esile mano sul petto del compagno; percepiva il cuore pulsare,
un’emozione
unica, secondo lui, che indisturbato continuò a fissarlo,
quasi indeciso su
cosa fare.
Snake iniziò a sentire sulla propria pelle il tepore della
luce che filtrava
dalle tende; una rilassante sensazione, si sentiva come una lucertole
sotto il
sole estivo. Lentamente aprì gli occhi dorati, profondi,
sentendo il “peso” dei
suoi quasi vent’anni. Si accorse, solo dopo, che quel
“peso” era Micky.
“Buongiorno!”, il tenero piccolo -ed indifeso-
topolino, iniziò così la
giornata, con un ampio sorriso.
“B-buongiorno…”, la serpe ancora
assonnata rispose senza pensare, sentendo solo
il rigonfiamento dell’inguine che cresceva poco a poco.
“Hai dormito bene?”, continuò a
sorridere, docilmente, senza l’intenzione di
spostarsi da dove stava, “M-Micky, ti conviene spostarti,
appena sveglio sono
molto… Uhm… Sensibile?”, rispose
l’altro; ormai l’inevitabile era accaduto, si
stava eccitando.
“Mh?”, il topo non capì,
così, semplicemente, Snake lo spostò gentilmente
sull’altro lato dell’immenso letto.
“Micky, devo confessarti una cosa.”,
“Certo, dimmi”, il piccolo manteneva il suo
adorabile sorriso; era felice
adesso che c’era la serpe.
Snake prese tra le sue mani il volto del giovane, guardando nei suoi
profondi
occhi cenere, “Ecco io… Ti ho chiesto di vivere
con me perché, beh, mi piaci.
Micky, tu mi piaci.”
“Snake, anche tu mi piaci.”, quel caldo, dolce
sorriso, avrebbe fatto impazzire
chiunque, “Micky, no, tu mi piaci in un altro
senso… Cioè io vorrei restare per
sempre con te, io vorrei toccarti e…”
“Adesso mi stai toccando.”
“Sì, ma in un modo diverso...”
Micky avvicinò il suo volto con un movimento repentino,
premendo le proprie,
candide labbra su quelle lucide e morbide di Snake, legando le braccia
intorno
al collo del più grande.
I due si strinsero in un forte abbraccio durante quel caldo bacio
primaverile,
per poi sciogliersi, rimanendo vicini uno all’altro. Snake
non riusciva a
mettere due parole in fila, mentre Micky, nonostante
l’imbarazzo, sembrava
essere molto pacato.
“Sai, questa settimana senza di te, mi sono reso conto quanto
sei diventato
importante in pochissimo tempo. Ho pensato di ucciderti, è
vero, però ancora
prima, ho pensato di volerti stringere forte e fare quello.
Sui libri c’è scritto che quando ci si vuole molto
bene, ci
si bacia. L’ho anche
visto su un
illustrazione.”
“Mi vuoi molto bene..?”, il topo si
mostrò titubante a quella domanda, per poi
distogliere lo sguardo e annuire timidamente, colorando le dolci
efelidi di
rosso.
“Snake, oggi non devi
andare a lavoro?”, Micky finì la
propria colazione, ringraziando la serpe per il cibo preparatogli.
“Assolutamente no! Diamine, anche io ho dei giorni liberi,
sai? Dopo quella
missione del cazzo credo che un giorno di ferie me lo sia meritato,
no?”, la
serpe sorrise al più piccolo, notando ancora il rosso
colorito sulle guance, “Vorresti
visitare la City? Magari facciamo un po’ di shopping, e
perché no, andiamo
anche a cena fuori?”, “Sicuro non sia un
problema..? Mi piacerebbe, ma…”, “Non
c’è nessun problema, anzi.”.
L’enfasi del piccolo avrebbe messo allegria a chiunque.
“Micky, sei pronto?
È un ora che ti stai preparando!”, Snake
iniziò a spazientirsi, chiedendosi come un ragazzo potesse
impiegarci così
tanto a vestirsi.
“S-Snake, mi vergogno ad uscire così!”
“Forza! Erano gli unici vestiti che avevo della tua taglia in
casa!”, Snake era
solito ospitare in casa le svariate ragazze con cui era andato a letto,
per poi
mollarle dopo appena una settimana. Queste solitamente dimenticavano
sempre
qualcosa, come abiti o biancheria.
“Q-questa me la paghi…”, Micky
aprì la porta della stanza, indossava dei
pantaloni stretti fino al ginocchio ripiegati alla fine ed una maglia
larga a
casacca con varie tonalità di rosso, abbinata agli
immancabili fermagli della
madre. Da qualsiasi punto lo vedeva Snake, Micky, sembrava una ragazza
conciato
in quel modo.
“Che ti guardi?! Forza, ridi!”
“Perché dovrei ridere..?”
“N-non lo so… Forse sono ridicolo vestito
così…”
“Sì, talmente ridico da non farmici capire
più niente.”, Snake prese sotto
braccio il piccolo e lo trascinò fuori
dall’immenso appartamento.
Micky non aveva mai passato un pomeriggio così divertente.
Micky, non aveva mai avuto un appuntamento, tanto meno con un uomo
di
quella bellezza.
Snake tra la gentaglia comune, con i suoi occhiali da sole scuri e i
lunghi
capelli bianchi, comunque lo si guardava, era perfetto.
I due passarono il pomeriggio a comprare per lo più mucchi
di abiti, eleganti e
casual, per il topo, che nel provare tutti quegli abiti costosi e
–a volte-
anche eccentrici, si vergognò non poco. Il sole eclissava
all’orizzonte per
dare spazio al blu intenso del crepuscolo.
“Micky, hai fame?”
“Un pochino… è stata una giornata
fantastica, sai? Non potrebbe andare meglio
di così!”, il topolino strinse Snake,
trasmettendogli un’ondata di affetto.
Micky arricciò il naso
sedendosi al tavolo nella PrivateRoom,
del famoso ristorante Florida,
prenotata per quella sera da
Snake, “Ehi, che cos’è questa storia?!
Pensavo avremo mangiato takeaway!”, la
serpe ne rimase stupita, “Cosa c’è che
non va? Sai, fanno un ottimo cheesecake,
cosa ordini?”; il piccolo topo arrossì abbassando
lo sguardo, facendo
trasparire il proprio imbarazzo.
Snake, inaspettatamente, allungò il collo verso il viso
dell’altro, poggiando
le labbra su quelle, sussurrandogli in un sospiro, “Piccolo,
non preoccuparti e
goditi la giornata, devo farmi perdonare dopotutto, no?”; non
ebbe da ridire,
annuì silenziosamente bevendo il bicchiere ricolmo di
liquido rosso davanti a
lui, cercando, in non si sa quale modo, di nascondere il rossore delle
guance.
Il serpente aprì la porta
del proprio appartamento e accese
la fioca luce, provocando le ire del piccolo topo che in quel momento
gli stava
in groppa, “Spegni ‘sta cosa! Ah!!! Gli occhi!
…Hic!”
“Micky, perché non mi hai ascoltato quando ti ho
detto di non bere tutto quel
vino?”, la serpe commentò esasperata,
“Adesso si va a dormire, che ne dici?”
“Ma io voglio divertir… Hic!”
“Sì sì, come no.”, Snake
poggiò il corpo esile, che non intendeva scollarsi
dalla propria fonte di calore, sul letto.
“Micky, tutto ok?”, la risposta fu un sì
appena sospirato; il volto arrossato
del giovane era così maledettamente sexy, “Vuoi
lasciarmi andare?”, il topolino
si strinse al corpo del rettile scuotendo la testa.
Snake non resistette oltre.
Spinse Micky, sul letto, bloccandolo, premendo con forza le labbra
contro
quelle, facendo penetrare la lingua calda; leccò
vogliosamente quella del
piccolo, che riusciva solo a mugugnare.
“C-cosa stai..? Hic!”
“Non volevi giocare? Adesso faremo qualcosa che ti
piacerà molto…”, dicendo
così, la serpe riprese a baciarlo; slacciò i
stretti jeans bottone dopo
bottone, lentamente, premendo la mano sul membro del topo che si
gonfiò.
Micky iniziò ad ansimare, mentre Snake, anch’egli
eccitato, alzò la maglia al
giovane, portando le labbra sul petto, leccando i capezzoli,
mordicchiandoli
appena, succhiandoli.
La mano scivolò nelle mutande del topo, provocando in questi
un forte gemito,
che gli fece inarcare la schiena. La luce soffusa, il calore, il rumore. Tutto era dannatamente eccitante.
Le labbra vellutate di Snake continuavano a scendere lungo
l’esile profilo del
giovane, fino ad arrivare tra le sue gambe. Spinse nella propria bocca,
calda e
umida, il membro in erezione, accogliendolo dolcemente. Non era la
prima volta
che la serpe faceva un lavoretto ad
un uomo.
“F-fermati.. Sto.. v-vene…”, il topo
venne nella bocca del compagno, dopo poco
tempo, provano infinito piacere. Non era così male dopotutto
farsi fare certe
cose, pensò.
Snake si spinse verso di lui, per baciarlo con forza, ma dolcezza.
“Ti è piaciuto, eh?”, sorrise
soddisfatto e compiaciuto dalle reazioni del
piccolo top; lo strinse forte a se’, aspettando una qualche
risposta, quando si
accorse che era svenuto, letteralmente, dal sonno –o forse
per colpa della
sbornia-.
Sospirò meravigliato, “Micky,
buonanotte”, baciando quelle labbra tanto
agognate, stringendo il corpo tanto desiderato.
*Wow, il sesto capitolo, come è passato il tempo!
Bene, Snake si dà da fare. Come reagirà Micky al
suo "post-sbornia"? E soprattutto, cosa ricorderà della sera
prima? Lo scopriremo nelle prossime pubblicazioni! See you
later! [Kie-chan esaltata]*
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Capitolo 7 *** Do you want to ***
5.0
Do you
want to:
Micky
imprecò scivolando dal letto.
“La testa… Male.”
Il primo post-sbornia del topo; un evento da ricordare, insomma.
Micky si spinse verso l’unica fonte di luce, la porta,
essendo la stanza nel
buio più totale. Il piccolo barcollò; a stento
riusciva a tenere gli occhi
aperti senza lamentarsi
dal dolore.
Spalancò la porta, rimase stordito dalla
luminosità penetrante dell’immenso
salone, “Saranno le
dieci…”, pensò,
per poi spostare lo sguardo verso il bellissimo e attraente Snake.
“Buongiorno principessina. Tutto bene?”,
ridacchiò, prendendosi gioco del
piccolo dolorante.
“Taci, serpe malefica!”, si buttò sul
divano poggiando le mani sul viso, come
se fosse esasperato.
“Bevi, ti farà bene
un’aspirina.”, gli passò un bicchiere e
una pasticca, che
Micky si affrettò ad ingerire.
“Gra-grazie…”, Micky fece per tornare a
letto, la luce era troppo forte e la
sua retina non reggeva quella pressione; si voltò verso il
rettile, avendo
messo a fuoco le cose solo ora. “Aspetta, perché
hai quel completo? Non
intenderai già tornare a lavoro, vero?”, lo
sguardo di Micky era quasi
disperato, come se i suoi occhi cinerei stessero implorando quelli
dorati e
profondi dell’altro di non
sparire
un’altra volta.
Snake sorrise, “Principessina, tornerò per le sei
di stasera, va bene? Purtroppo il
lavoro mi attende, sai che
indubbiamente preferirei spassarmela
con te come ieri notte.”, Snake ammiccò,
sollevò leggermente da terra il
piccolo, e gli stampò un bel bacio sulle labbra, uscendo di
casa. Lasciando il
piccolo stordito, confuso.
“Ieri… notte?”.
Micky
cadde di schiena sul letto, fissando il soffitto che metteva
in risalto le profonde occhiaie rosse e una vistosa macchia livida sul
collo.
“Vorrei morire!”, il giovane affondò il
volto nel morbido cuscino di Snake,
aspirandone avidamente il forte profumo che emanava; la testa gli
faceva così
male che a stento teneva gli occhi aperti, dalle pesanti tende filtrava
un
fascio di luce che sfiorava i piedi del letto.
Improvvisamente, in quell’estasi momentanea, il giovane
stordito sentiva
gonfiare il proprio membro. L’odore di Snake, il letto ancora
caldo e
quell’essere “storditi”. Tutto
tremendamente eccitante per il piccolo appena
sveglio.
Arrossendo strinse il cuscino, facendo scivolare la mano nei pantaloni,
intorno
all' organo eretto; emise un forte gemito. Affondò la faccia
nel morbido tessuto,
sospirando dal piacere, venendo nella propria mano, pensando al corpo
scultoreo
di Snake.
Delle immagini affiorarono alla mente del giovane. Un caldo piacere, il
sorriso
malizioso della serpe che affondava il volto tra le gambe del topo,
inghiottendo il caldo liquido che fuoriusciva vogliosamente dal membro
del
giovane.
Micky arrossì, chiedendosi perché la sua
immaginazione gli stesse facendo uno
scherzo di così cattivo gusto -ma non meno eccitante-.
“Perfetto!
Mi aspetta una divertentissima giornata da solo a
casa.”, disse sarcasticamente, fissando il salone vuoto,
stranamente in
subbuglio.
“Almeno mi è passato il mal di testa. Non ricordo
un bel niente dopo quel terzo
bicchiere di vino…”, il topo girovagava per la
cucina alla ricerca di latte.
Amava il latte. Da quando aveva iniziato la sua nuova vita beveva solo
quello
-anche perché odiava quella roba colorata che gli pizzicava
la lingua-.
Si sedette soddisfatto sul divano rosso rubino con in mano la bottiglia
di latte;
fissò le mollette: pensò a tremila domande e ad
altrettante risposte, si chiese
perché aveva accettato di convivere con la serpe, si rispose
che, dopotutto,
sarebbe stata l’occasione per scappare per sempre da quel
carcere; si chiese
perché aveva baciato la serpe. Si rispose semplicemente che,
dopotutto, gli
piaceva molto quella serpe.
Già, il nostro piccolo Micky iniziò a capire
quanto quella bestia irriconoscente,
fosse dolce con lui; quanto stava diventando
speciale.
Le efelidi si colorarono di una tonalità sanguigna.
“Bene. Adesso devo cercare di ricordare cosa ho fatto ieri
sera… Magari ne ho
combinata una delle mie.”, infine sospirò,
voltando lo sguardo malinconico
verso l’immensa City.
Micky si alzò con indosso la solita camicia svolazzante di
Snake, si stiracchiò
ed emise un sonoro sbadiglio, posò il latte lì
dove l’aveva preso e iniziò la
ricerca di indizi. C’è pur da capirlo,
un’intera giornata da solo, rinchiuso in
un’immensa casa senza uno straccio di libro eccetto
“Romeo e Giulietta” -letto
per di più almeno un migliaio di volte-; per farla breve,
adesso il suo più
grande problema, era capire se aveva fatto qualche figuraccia con
l’amata serpe.
Iniziò dall’ingresso, c’erano solo le
scarpe e… La sciarpa rossa? Dov’era
finita? Solitamente Micky la poggiava sull’appendiabiti;
Micky arricciò il naso
spostandosi in camera da letto, non notando altre anomalie.
“M-ma che diavolo..?!”, il topo rimase
traumatizzato nel trovare la stanza in
quello stato pietoso. E rimase ancora più stupito del fatto
che per tutta la
mattinata non se ne era accorto.
Sulla porta c’erano la pesante giacca del topo e la sciarpa,
lunga e morbida
che si arricciava sul pavimento; Micky spostò lo sguardo sul
letto, ovviamente
disfatto. Arrossì vedendo i propri abiti buttati sul
parquet. Si portò una mano
sul viso, come per nascondere il rossore; si spinse vicino
quell’ammasso di
abiti. C’erano anche quelli di Snake, mischiati tra loro,
alla rinfusa,
stropicciati. “Mi ha messo a letto
lui,
ok, almeno so come sono arrivato a dormire…”,
pensò tra se’ e se’,
sorvolando la presenza degli abiti del rettile mischiati ai propri sul
pavimento.
Micky
sobbalzò appena sedutosi sul letto, sforzandosi di ricordare
cosa fosse accaduto la sera prima.
Qualcuno aveva cercava di aprire la porta di casa.
“Snake, aprimi! Dobbiamo uscire!”, il topo con
cautela, e senza far rumore, si
mise sulle punte dei piedi e cerco di vedere dallo spioncino chi fosse;
ma,
neanche il tempo di mettere a fuoco, che la porta si
spalancò, facendo cadere a
terra il topo. Un’imponente figura si parò di
fronte a lui: i capelli ribelli e
neri come la fuliggine, due vellutate orecchie da gatto e una lunga e
sinuosa
coda. I penetranti occhi petrolio scrutarono quelli profondi e grigi
del topo.
“Tu chi sei?”,
disse lo sconosciuto.
“Sono Micky, piacere.”, fece per dargli la mano,
che fu brutalmente ignorata;
si alzò in piedi.
“Perfetto, Topo, cosa ci
fai qui? Sei
forse una puttanella?”
“Signore, abito con Snake.”, disse infine, alzando
leggermente il tono di voce.
“Sì, certo. Dimmi, deve ancora pagarti per la
nottata, vero? Quanto ti deve?”,
l’uomo tirò fuori una mazzetta di centoni,
iniziò a contare, attendendo la
cifra dal giovane.
“Signore, forse lei non ha
ben
compreso… Io abito qui
da una più di
una settimana. Io e Snake,
abitiamo
insieme.”, concluse adirato, “Adesso, se possibile,
posso sapere chi è
lei?”.
“Se abiti con quel marmocchio dovresti conoscermi. Sono il
suo Boss.”,
sogghignò, chiudendosi la porta
alle spalle e vagando per casa, entrando per prima in camera da letto.
Micky lo
seguì ricordandogli più volte che non aveva
nessun diritto di entrare così in
case altrui.
“Vedo che avete già fatto sesso. E poi dici di non
essere una puttanella.”, si
voltò verso la porta, dove era immobile il piccolo; si
avvicinò carezzandogli i
capelli, “In effetti non sei male, devo riconoscerlo, il fratellino ha dei gusti niente
male.”, quelli occhi così intensi si
avvicinarono ancora a quegli altri, “Quanto vuoi per una scopata, ragazzino?”.
Micky alzò lo sguardo. Non era mai stato così
arrabbiato, avrebbe voluto
prendere a calci quel gatto diabolico. “Cosa intende, signore?”
“Non prendermi per il culo.”, si voltò,
lentamente girava intorno al letto
indicando qua e là oggetti, “Abiti a terra,
vasellina nel cassetto semiaperto e
tu con addosso la camicia di Snake. Di certo, non avete giocato a
carte.”,
ridacchiò sapendo di aver colto nel segno.
“Lei si sbaglia, ieri siamo andati solo a cena fuori e
poi…”, Micky non
ricordava niente. Aveva perso contro il Boss. Questa volta.
“Che faccia tosta che hai.”, Micky
poggiò il suo sguardo accigliato sul felino,
“Il tuo sguardo, mi eccita.”, lo sguardo irato
divenne più intenso.
Il Boss si avvicinò al topo, cercando di addentare le sue
labbra; ma,
fortunatamente per il nostro piccolo, squillò il
cercapersone dell’alto,
“Cavolo, devo proprio andare, il tuo compagno
mi sta cercando. Alla prossima Topo”
“Mi chiamo Micky.”
“Cercherò di ricordarlo.”,
così si avviò verso la porta d’uscita,
“Ah,
dimenticavo le buone maniere. Mi chiamo Alex. Alexander. E sono il Boss
del tuo ragazzo”.
Il silenzio cadde nel cigolio della porta chiudendosi.
“Boss,
dove diavolo sei? E io che ero uscito prima di casa per
venire in ufficio.”, si lamentò Snake al
cellulare.
“Sì, sì, sto arrivando, ho avuto un
piccolo contrattempo. Dì ai contrabbandieri
che arriverò con una decina di minuti di ritardo, niente di
così blasfemo.”,
rispose questi appena uscito dal grande palazzo dove abitava Snake, che
riattaccò subito la chiamata.
“Di questo passo Micky si arrabbierà se torno
tardi a casa.”, concluse la
serpe, portando una mano alle tempie, non nascondendo
all’autista dell’auto,
che l’avrebbe portato sul luogo di lavoro, la propria
felicità.
Il serpente, assassino a sangue freddo, si era innamorato.
**Mi scuso umilmente con chi segue la storia per il ritardo! Ma le
vacanze sono le vacanze (specialmente se passate a Sharm El Sheick!).
Micky incontra il boss -alcuni penseranno "Finalmente quel figone
è apparso!", perchè sì, è
un grande figo-; come reagirà il nostro piccolo protagonista
a quell'affronto? Snake riuscità a farsi amare? Lo
scopriremo nelle prossime pubblicazioni!**
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Capitolo 8 *** Passive agressive ***
6.0 Passive agressive:
“Come stabilito
precedentemente, due milioni.”, disse Snake,
puntando i freddi occhi gialli verso i mafiosi --non che lui non lo
fosse-.
Alexander era seduto vicino a lui, che al contrario si trovava in
piedi,
entrambi a capo di un lunghissimo tavolo nella conference
hall dell’Hilton.
Un signore avanti con l’età si alzò in
piedi e iniziò, “Come facciamo ad avere
la certezza che, una volta ritirata la merce, questa non sia scadente?
E poi,
la merce arriverà? Signor Alex, devo forse ricordarle del
buco nell’acqua che
ha fatto il suo braccio destro appena dieci giorni fa? Io non ho
intenzione di
affidarmi ad un incapace simile.”, Snake si
accigliò, “Bastardo! Era
un’imboscata e se non fosse stato per…”,
si calmò nel sentire su di lui lo
sguardo del Boss.
“Signori, signori… Non vi fidate di
me?”, l’accattivante felino sorrise
maliziosamente, “Questo è un carico di droga
sostanzioso confronto ai
precedenti, e credetemi… Due milioni sono un prezzo di
cortesia. Sta a voi
scegliere se comprare o meno, è vero, ma non avrei problemi
a trovare nuovi
acquirenti.”. Alex, un vero uomo d’affari.
Il rettile salì in macchina invitato dal felino, sbattendo
la portiera, “Che
cazzo! È tutta colpa tua se adesso quei coglioni pensano che
io sia un
incapace!”, Snake si allargò la cravatta fino a
toglierla e si slacciò la
camicia, sfilando anche la giacca pesante, “Taci, non
è colpa mia. Sai che non
vorrei mai che succedesse qualcosa al mio
adorato fratellino; credo che tra di noi ci sia una
spia… Nessuno sapeva
della tua partenza quella notte eccetto me e gli
acquirenti.”, rispose quasi
scocciato Alexander, intento a sorseggiare da una coppa di Champagne.
Snake osservò il cielo, ormai era buio da un pezzo. Sapeva
già che Micky si
sarebbe arrabbiato con lui; ma, in un certo senso, questo lo rendeva
felice.
“Sei davvero un bell’uomo. Non capisco
perché tu non voglia trovarti qualcuna
con cui sposarti.”, sospirò il Boss, fissando dal
finestrino le mille luci
notturne della City; erano bloccati nel traffico serale.
“Fratellone?! Ma che
diavolo dici?!”,
Snake avvampò improvvisamente, senza nascondere
l’imbarazzo, “Moccioso, mi stai
dicendo che non ti piace nessuno? Suvvia, ormai hai quasi
vent’anni.”
“Ehm… In effetti, forse
qualcuno
c’è.”, si voltò anche lui
verso la finestrella oscurata della limousine dove
viaggiavano, avrebbe pagato oro per sfuggire da
quell’interrogatorio.
“Beh? Raccontami di lei!”
“Oh, ehm… Ecco, non la conosco da molto tempo,
sai? Però i suoi occhi grigi, la
sua pelle candida e quelle adorabili lentiggini sugli
zigomi… E poi ama
leggere! Tantissimo! E anche il latte!”, Snake mise infinita
enfasi nel
descrivere il proprio piccolo amante; quanto avrebbe voluto che in quel
momento
lo abbracciasse.
Alex non capiva davvero cosa ci trovasse in quel Topo.
“Merda.
Sono le 19 e
23. Questa è la volta buona che Micky mi squarta
vivo.”, nonostante
convivessero da praticamente due giorni, Snake già temeva il
topo.
Aprì la porta dell’appartamento, senza fare
rumore. Le luci erano tutte spente.
“Micky?”, Snake poggiò la giacca
sull’appendiabiti e accese la luce del salone
quanto bastava per vederci e non disturbare il piccolo, se si fosse
trovato lì.
Non si trovava ne’ in salone, ne’ in cucina. Forse
in camera da letto?
Spalancò la porta cigolante, ci vedeva bene in quel buio
illuminato dalla luce
lunare penetrante dai vetri lucidi. Si avvicinò al letto, si
vedeva la forma
del corpo di Micky sotto le pesanti coperte; Snake si sedette vicino a
lui,
carezzandogli i capelli che uscivano da sotto le coperte.
“… Sei in ritardo.”, il corpo si strinse
su di se’.
“Perdonami, sono un disastro con gli
appuntamenti.”, la serpe continuava a
carezzare i fini capelli dorati del giovane, facendo scendere
lentamente la
grande mano a sfiorare le orecchie grigie.
Sospirò, “Ti vado a preparare la cena,
ok?”, fece per alzarsi. Cinque
affusolate dita si strinsero intorno al polso della mano che coccolava
il
piccolo. Si rimise seduto, si abbassò sul corpo
rannicchiato, spostò le coperte
quanto bastava per stampargli un bacio sulla fronte.
“Micky, perché piangi?”, se
n’era accorto da prima, già da quando stava per
aprire la porta di casa. La serpe sapeva che Micky stava piangendo.
“… Ti va di metterti sotto le coperte con
me?”
“Non me lo faccio ripetere due volte.”, sorrise
dolcemente. Si tolse le scarpe
e si avvolse tra le coperte, stringendo forte Micky a se’,
che scoppiò a
singhiozzare sul petto della serpe; si strinsero nel calore del loro
abbraccio.
Snake spinse la propria lingua nella
bocca del giovane, lo
sovrastò; il topo, dal canto suo, rimase inerme, lo strinse
a se’ e gli carezzò
i lunghi capelli bianchi.
La serpe prese a sbottonare la camicia al piccolo, le forme del corpo
erano
così dolci da farlo sciogliere.
“N-non fissarmi, è imbarazzante… e poi
perché mi hai spogliato?!”, si lamentò
il topolino arrossito.
“Come perché? Non è ovvio?”,
fece scivolare una mano lungo il suo addome fino a
sfiorare il membro del giovane eretto, “Perché sei
eccitato, e il mio dovere di
convivente è fartelo passare.”
“In che senso?”, Snake pensò che lo
stesse prendendo per i fondelli, così
semplicemente sorride e portò le proprie labbra sui
capezzoli rosei del piccolo
mentre una mano stringeva il membro eccitato.
Micky sospirò dal piacere, ansimando,
“B-basta… Non sei costretto a…
Ah!”, era
tremendamente eccitato, stava accadendo come nella sua immaginazione
di quella mattina. “Come puoi dirmi questo quando il
tuo corpo urla dal piacere?”, Snake era eccitatissimo,
inutile nasconderlo.
Vedere il corpo del topo completamente nudo, ascoltare i suoi gemiti,
sentire
il suo calore. Snake non avrebbe potuto volere di più.
Le labbra lucide della serpe scesero lungo l’addome
dell’amato, fino
l’ombelico, così tondo e perfetto, con appena un
accenno di peluria intorno.
“Micky, devi rilassarti, non ti farò niente di
spiacevole”, dicendo così riempiva
di baci dolci e profondi la zona inguinale; l’organo del
giovane era eretto e
voglioso, Snake, semplicemente, soddisfò il ragazzo,
accogliendolo tutto dentro
la propria bocca, calda ed umida. Micky non aveva mai provato un
piacere così
profondo e soddisfacente. Emise un urletto strozzato e venne nella
bocca del
compagno.
Snake si tirò a Micky, stringendolo contro di se’;
poteva sentirsi il battito
dei due diventare uno solo veloce.
“Tutto bene?”, Snake lasciò prendere
fiato al più piccolo riempendolo di baci
sul viso e sul collo, lenti e profondi, “C-che domande
stupide che fai…”, Micky
bloccò la serpe baciandolo sulle labbra, dolcemente,
mordendo appena il labbro
inferiore; si strinsero nuovamente in un caldo abbracciò.
Socchiudendo gli occhi, il giovane topo, cadde in un sonno profondo.
Micky aprì lentamente gli
occhi cenere sentendo la voce di
Snake, “Micky, è pronta la cena!”,
strillò dalla cucina.
Il topo si avvolse con le pesanti coperte, lasciando visibili solo gli
occhi e
le punte dei piedi, la serpe rise sonoramente, “Ma che fai?
Dai, mettiti
qualcosa addosso e siediti a tavola, mi sono messo d’impegno
per cucinare,
sai?”, versò il contenuto delle pentole in vari
piatti dai colori vivaci, il
topo di tutta risposta scosse la testa. Il rettile avvicino gli occhi a
quegli
altri, “Sei davvero carino quando arrossisci, sai?”
“Come fai a vedere che sono arrossito?!”
“Ormai ho visto tutto di te, di cosa ti stupisci?”,
il piccolo, semplicemente,
abbassò lo sguardo sedendosi a tavola, avvolto dalle
lenzuola, “Davvero vuoi
mangiare conciato in quel modo?”, la risposta fu un cenno
positivo, abbassò le
coperte a scoprire il volto e prese a mangiare di gusto ciò
che gli aveva
preparato con amore il serpente.
“Mh, che palle il cellulare, chi sarà mai a
quest’ora? Aspettami.”, Snake si
alzò dalla tavola imbandita per spostarsi in salone, rispose
farfugliando a
bassa voce.
Micky sorridendo finì di mangiare e si alzò per
raggiungere il compagno
nell’altra stanza.
“Tutto bene?”, Micky si avvolse nuovamente tra le
coperte, “Ti stai…
rivestendo?”, la serpe si stava preparando per uscire.
“Il mio capo mi ha
chiamato per un
lavoro urgente. Ci sono problemi in sede, un incarico molto delicato
che vuole
che io porti a termine in prima persona, dovrei tornare per le quattro,
cinque
del mattino, non aspettarmi sveglio, ok?”
“Eh?”
“Adesso vado, a dopo piccolo.”, gli
scompigliò così i capelli dirigendosi verso
l’uscita.
Micky lo tirò per un polso, “Non andare da lui, ti
prego…”, si avvicinò e lo
baciò con quanta più passione aveva in corpo;
“Topo, che
hai?”, si staccò dall’altro stupito,
“Sei troppo espansivo,
e poi che è ‘sta storia…?”,
il telefono squillò ancora, “Devo scappare o il
Boss mi ammazza, a domani mattina!”, sparì dietro
la spessa porta.
Micky aspettò tutta la notte nell’ingresso;
aspettò il suo ritorno,
inutilmente.
**Presto, troppo presto, qualcosa sconvolgerà la vita
già sconvolta del piccolo Micky. Cosa sarà
successo a Snake?
Inizialmente il 6.0 e il 5.0 erano un unico capitolo enorme, ho
preferito dividerli. Rendono di più, no? Alla prossima
pubblicazione! Seguite ancora la loro storia!**
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Capitolo 9 *** Sleep Away ***
6.5 Sleep away:
“Alexander… Non
puoi chiedermi questo.”, Snake cadde lascivo
sul divanetto di pelle bianco nel lussuoso studio.
“Eccome se posso, invece! Tu ti trasferirai seduta stante nel
nuovo distretto
della regione ovest. Non hai scelta, mio caro fratellino.”,
continuò, “Credi che non sappia della tua tresca con quella puttanella del Topo? Tu sparirai da questa
città, ti
dimenticherai di lui e tutto il resto, questione chiusa.”.
Questo accadde quella sera primaverile.
“È
così allora..?”, Micky fissò per
l’ennesima volta lo sfarzoso
orologio situato nell’ingresso dell’appartamento,
dove aveva atteso l’infausto
ritorno dell’amato; si alzò, sconsolato, solo,
triste, sfranto, per dirigersi
verso la camera da letto, vestirsi, prendere le sue cose (non che
fossero molte)
e andarsene da quel luogo. Quanto era passato da quando si erano
incontrati? Un
mese? Così poco e struggente tempo; il piccolo Topo si
ripromise di non
piangere se, la mattina, la serpe non fosse tornata, eppure adesso la
voglia di
affondare la faccia contro il cuscino stropicciato sul letto era forte.
Rimase
qualche prezioso istante a fissare i ricordi che lo circondavano.
La porta si aprì in
religioso silenzio, come a preannunciare
la calma prima della tempesta. Snake era preparato alla sfuriata
repentina del
suo piccolo, così entrato in casa, chiamò a gran
voce il suo nome, che, seduto
sul divano, non rispose ne’ si girò verso di lui.
La serpe si avvicinò al piccolo, “Devi scusarmi,
questa volta devi perdonarmi,
questa come le altre. Micky, so di averti promesso che sarei tornato
presto, ma…”,
il topo prontamente lo interruppe, “Io me ne
vado.”. Snake fissò il capo chino
del ragazzo ancora seduto, “No, tu devi ascoltarmi!
Maledizione, piccolo
ragazzino viziato, io ti amo!”.
Ti amo, sì, quelle parole
erano
familiari al ragazzo , molto
familiari;
l’amore, un sentimento così caldo e pressante da
imprigionarti nella propria
gabbia dorata, e quelle due parole sono la manifestazione
dell’amore, “Non
dire idiozie, se tu… se tu mi
amassi non spariresti senza darmi spiegazioni ne’
giustifiche!”, la rabbia
fuoriuscì sotto forma di lacrime che inondarono gli occhi
del giovane.
La serpe non rimase troppo a guardare quella scena, lo
abbracciò a se’, “Micky,
io ti amo, ti amo, ti amo davvero, sei l’unico che abbia mai
amato, ti prego,
perdonami”, il topo si strinse a lui continuando a
singhiozzare e arrancando
parole indecifrabili tra un respiro e l’altro;
“Micky, se anche tu provi lo
stesso per me, se anche tu mi ami quanto ti amo io, vieni con me,
scappiamo
insieme da questa città che ci odia!”, lo
tirò in piedi per baciarlo con forza,
imprimendo il sapore delle proprie labbra su quelle
dell’altro.
Micky si sedette sul letto,
“Snake, forse anche io ti amo,
sai..?”, l’altro, dopo essersi tolto la propria
maglietta, passò a quella del
ragazzo, svelando ancora quel corpo efebico, “Uh, ma davvero?
Quale onore.”, la
serpe sfoggiò un ampio sorriso prima di spingere sotto di
lui il piccolo corpo,
per baciarlo ancora e ancora.
“Micky, adesso io e te faremo l’amore”,
concluse infine la serpe, stringendosi
in un profondo e caldo abbraccio.
**io come Micky questa
estate ho cambiato completamente vita, l'amore che si prova per una
persona non cambiera mai, dedico questo capitolo, quindi, al primo vero
amore, alla prossima pubblicazione C:**
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