Animal Crossworld

di Kieart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Micky ***
Capitolo 2: *** Snake ***
Capitolo 3: *** Red Wool ***
Capitolo 4: *** Any sex, any drugs ***
Capitolo 5: *** Come home ***
Capitolo 6: *** Pure morning ***
Capitolo 7: *** Do you want to ***
Capitolo 8: *** Passive agressive ***
Capitolo 9: *** Sleep Away ***



Capitolo 1
*** Micky ***


0.0 Micky:

Una tenue luce, un tonfo, un forte sospiro, un esile corpo cercò di arrampicarsi sulla ripida parete di libri arrivando a stento contro il quarto scaffale; ma non si arrese: salì ancora, fino al culmine delle sue forze, allungò il braccio verso quel libro incastrato tra pezzi d’antiquariato e una lunga tavola di legno che pareva non finir più.
Improvvisamente si ritrovò a terrà con il tesoro tanto ardito in grembo, chiedendosi per l’ennesima volta perché mai un tale capolavoro debba trovarsi proprio sugli scaffali più alti, per lui irraggiungibili se non aiutato da non si sa quale forza mistica; soddisfatto strinse il tesoro al petto, con il cuore a mille, e si diresse verso la fonte di luce che aveva acceso prima della sua piccola arrampicata.

Si sedette, con calma, tirò un forte respiro per assaporare l’odore della vecchia carta stampata, con le dita sottili toccò le scritte d’oro sulla copertina color borgogna e lesse nella sua mente, pensando “Sarà la 100esima volta che lo leggo” e a bassa voce sussurrò “Romeo e Giulietta” socchiudendo gli occhi come fosse sopraffatto dalla felicità. Aprì il libro, leggendo quelle prime fatidiche righe e continuò così per tutta la notte…

Se una persona come noi, adesso, fosse entrata nell’enorme  biblioteca del casato Stradivari e si fosse voltata verso il piccolo Micky, vedendolo di spalle avrebbe pensato fosse un mostro con una lunga coda color carne e delle grigie orecchie rotonde, come quelle di un topo.
Se il piccolo a questo punto si fosse voltato avreste sicuramente notato la sua espressione triste, essendo stato disturbato dalla lettura, delle adorabili efelidi in corrispondenza degli zigomi e gli occhi grandi di un colore soprannaturale che sembrava simile al grigio scuro, ma non era. Il volto del 17enne sarebbe stato, come al solito, incorniciato da dolci capelli castano chiaro, mossi, trattenuti da una parte con due mollettine rosse.

Ma non sarebbe mai accaduto dato che, persone come noi, non esistono in questo mondo. Qui tutti hanno un “animale totem” che si individua nell’aspetto con coda, occhi e orecchie.  Il piccolo Micky era un vero e proprio “topo da biblioteca”.

Il suo amore per la lettura nacque con lui: sin da piccolissimo la madre gli leggeva le favole di Italo Calvino, le struggenti storie Shakespeariane, educandolo all’amore per il prossimo. Micky amava quella donna, amava la donna che l’aveva messo al mondo, la donna che lo stringeva a se’ nelle notti di tempesta.

Il piccolo cercò quella donna per ore nell’enorme residenza, perdendosi infinite volte, salendo e scendendo per infiniti scalini. Finalmente raggiunse la stanza della madre, chiedendo distrattamente a chiunque passasse per di lì dove ella fosse. Nessuno gli rispondeva, nessuno lo guardava, c’era molta agitazione e Micky iniziava ad avere paura, allora si aggrappò alla gonna di una serva, che nervosamente indicava la strada per la stanza dell’ossessione del bambino ad un dottore panciuto.
Micky lentamente apriva la bocca trattenendo a stento le lacrime: “Dov’è la mamma..?”
La serva si accucciava all’altezza del piccolo di soli tre anni e stringendolo forte contro il proprio seno gli sussurrava che sarebbe andato tutto bene. Micky non capiva cosa intendesse la giovane, fino quando si rese conto che la mamma era andata via. L’unica cosa che gli era rimasto di lei erano le due mollettine rosse con cui la donna era solita acconciarsi i capelli appena sveglia.
Il piccolo non pianse, si rinchiuse semplicemente in uno “splendido isolamento” . Nessuno lo cercò, tantomeno il padre, sempre occupato con i suoi affari all’estero. Giorno e notte nell’enorme biblioteca a leggere libri su libri nella speranza che “qualcosa” cadesse dal cielo e cambiasse la sua monotona vita di topo da biblioteca. Nella speranza che la madre tornasse da lui.

**Mi scuso infinite volte, ma adesso, dopo aver riletto e sistemato come ho potuto i capitoli li riposto nella speranza siano più scorrevoli e allettanti!**

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Capitolo 2
*** Snake ***


0.5 Snake:

“Merda, devo scappare o rischio di lasciarci la pelle…”
Gli occhi penetranti colore dell’oro fissavano doloranti la ferita da arma da fuoco inflitta al braccio destro;
stringeva i denti e strappando un lembo dei pantaloni militari cercava in ogni modo di bloccare l’emorragia.
“Se uscirò vivo da questa missione giuro di picchiare a sangue il Boss per avermi immischiato in questo casino.”
Il sangue continuava a fuoriuscire, colando lungo il braccio, lasciava una scia rossastra sul pavimento e l’odore dolciastro del liquido denso.
Snake correva disperatamente verso l’enorme cancello che divideva la zona periferica dalla zona residenziale delle Family, i potenti della nazione, nella speranza di poterla far pagare ai suoi inseguitori (anche se prima avrebbe desiderato massacrare il suo capo) un giorno. Dietro di lui poteva percepire distintamente il rumore dei passi di 17 uomini armati di mitra e revolver, pensò che se fosse stato armato li avrebbe fatti fuori in 45 secondi netti; si sentiva svenire, fissò la Luna illuminandosi del suo colore biancastro, mostrando la propria vera natura.
La pelle bianca, sembrava quasi essere squamata, come quella di un serpente, gli occhi risplendevano e i capelli, lunghi, tirati all’indietro, seguivano la brezza mostrandosi in tutta la loro magnificenza;  il ragazzo apriva la bocca ansimando per la disperata fuga mostrando due affilati canini.

 

Fissava il cancello mastodontico come per cercare di oltrepassarlo con il pensiero stesso, sbigottito alla vista di tale enormità e udendo le voci degli inseguitori, “ O la va, o la spacca.”,  si lasciava il braccio ferito, deciso a scalare quel muro di ferro: delle fitte lungo tutto il braccio lo facevano tremare dal dolore ogni volta che provava ad aggrapparsi ad una trave, sua unica via di fuga.
Oltrepassava finalmente quello spesso spazio che sembrava voler dividere due diverse realtà, balzando per terra da un paio di metri di altezza, rischiando di rompersi una caviglia, pensando che, finalmente, avrebbe potuto riposarsi qualche secondo. Scrutava l’orizzonte, intuendo che quella residenza fosse la più vicina. Infrangeva nuovamente lo sguardo contro la Luna piena e socchiudendo gli occhi si rilassava per pochi istanti, sentendo sempre più lontane le voci dei mafiosi…

Il felino si avvicinò a degli uomini alti quasi il doppio di lui, li fissò con i suoi occhi azzurri,  estrasse dallo zaino un pacchetto di droga, profumatamente pagato con tre centoni dai due spilungoni. Questo era il lavoro del Boss, spacciare la droga.
“Boss!” l’esile corpo della vipera rise sonoramente legando le braccia attorno al collo del randagio.
“Snake! Quante volte ti ho detto di non cercarmi sul lavoro! Forza, torna a casa i tuoi saranno preoccupati.”, l’amico si strinse a suo volta in quell’abbraccio.
“La mamma sta lavorando con un signore così mi ha mandato via di casa… Posso tornare solo appena finisce.”, la voce di Snake si spense lentamente mentre stava parlando.
“Quella donna non ha ritegno”  il Boss solo 12enne prese in braccio il bambino, assopitosi essendo stata ormai notte fonda; portandolo con se’, nella sua umile dimora, stringendosi corpo a corpo su una brandina scomoda e fredda, riscaldandosi a vicenda, cuore contro cuore.

Snake sorrideva riaprendo gli occhi, come dopo aver fatto un “bel sogno”, si alzava in piedi e riprendeva la sua corsa verso il palazzotto da lui scelto antecedentemente come propria salvezza. Leggeva in un sospiro l’enorme quadrante in ferro battuto sopra il cancello della villa “Stradivari…” proseguì stringendosi il braccio con la mano opposta “Spero siano ospitali.”

** Nel capitolo successivo a questo ci sarà l’incontro dei due ragazzi, spero “venga fuori” come voglio io, See you next time! **

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Capitolo 3
*** Red Wool ***


1.0  Red Wool

Improvvisamente l’enorme finestra, che dava sul giardino principale della residenza, sì spalancò, facendo penetrare tra i libri della biblioteca la fresca brezza serale di fine marzo. Le pesanti tende di velluto si spostarono appena, ma la piccola luce che illuminava il volto di Micky si spense, provocando le ire del giovane tutto impegnato nella lettura del suo libro. Si alzò dall’antica e rigida sedia (sulla quale riusciva a toccare a stento terra) per serrare le vecchie finestre, nella speranza di poter continuare a leggere indisturbato; ma, quando si avvicinò alle tende, notò una luce diversa dal solito. Lo sguardo del piccolo si era pietrificato davanti a quella Luna: così grande e vicina; così luminosa da far brillare qualsiasi cosa, dando agli occhi grigi e scuri di Micky sfumature argentee, donando alla sua pelle una lucidità ultraterrena, rendendo l’esile “topo da biblioteca”, uno di quegli adorabili topolini da compagnia.
Il buio denso della biblioteca, misto alla luce lunare, rese lo spazio intorno al ragazzo terrificante e perfetto; la Luna stessa non osava far rumore pur di non interrompere quella visione paradisiaca.

Improvvisamente il silenzio notturno venne rotto da un pesante tonfo, il piccolo si girò verso l’interno della stanza, distogliendo tristemente lo sguardo dal cielo, cercando di scrutare cosa, all’interno di essa, avesse provocato quel fastidioso suono terreno. “Un libro..”
Non riuscì a concludere un pensiero di senso compiuto. Non ebbe il tempo di comprendere cosa stesse accadendo.
Si trovò sospeso pochi centimetri da terra, scaraventato con foga contro gli scaffali ricolmi di libri, che emanavano l’odore che tanto amava di vecchio.
Una creatura bellissima, illuminata dalla luce esterna, mentre lo stava fissando con i suoi occhi brillanti e dorati, stava tentando di strangolarlo. Agli occhi di Micky, quella creatura, sembrò un angelo più che un aggressore.
“Po…Posso curarti..?”, ansimò e soffocò la voce, il topo, avendo notando l’appariscente ferita al braccio.
Il rettile allentò la presa, fino a far toccare terra al piccolo affatto impaurito nonostante la situazione, anzi, incuriosito; al contrario, l’altro crollò a terra esausto, sentendosi svenire a causa della massiccia quantità di sangue perso.

“E così ti chiami Snake eh…”, Micky infilò il sottile filo di nylon nella microscopica fessura dell’ago, che avrebbe usato per ricucire la ferita “Sei fortunato, sai?  Il proiettile ti ha colpito di striscio, hai perso molto sangue, però.”, mentre si sporgeva verso il ferito, questi lo ammonì replicando con tono sarcastico, “Ehi, sai come si sutura una ferita? Dubito fortemente. Quindi, gentilmente, potresti fasciarmi e lasciarmi andare invece che usarmi come cavia?”.
Micky sbuffò, come se non aspettasse altro che infilzare il povero serpente; gli obbedì, anche se a mal in cuore, e avvolse il profondo graffio con della morbida garza bianca.
Topo, perché mi stai aiutando? Stavo per ammazzarti, dopotutto…” iniziò a parlare Snake, essendo calato un imbarazzante silenzio durante la medicazione.
“Mia madre mi diceva sempre che è importante aiutare chi più ne ha bisogno”, continuò Micky, “E mi pare che tu stessi per lasciarci la pelle, o sbaglio?”, vendicandosi per l’antecedente nota sarcastica.
Ignorando il tono canzonatorio del più giovane proseguì, “Diceva… Tua madre è…?”
“Sì, è morta quando avevo tre anni. Nessuno mi disse niente ne’ mi cercò, lo scoprii da solo, quando mi accorsi che era scomparsa da questa enorme reggia…”, Micky abbassò le spalle appena terminato di fasciare il braccio, “Finito.”.
Snake accennò un sorriso, forse commosso dall’espressione del tenero topo, o forse semplicemente perché il braccio non gli doleva poi più così tanto.
Fece per tirarsi in piedi, “Grazie, Topo, a mai più.”, ma proprio mentre il nostro forzuto eroe stava per alzarsi da terra e svignarsela come suo solito; ricadde a terra, sgraziatamente, senza curarsi del piccolo che aveva investito con il suo peso e che ora si trovava sotto di lui.
“Hai mai pensato di fare una dieta..? Mi stai soffocando, sposati!”, si lamentò il diciassettenne.
“Ma quale dieta! Questi sono tutti muscoli sai?”, mentre si atteggiava, spinse la sua mole su un fianco, lasciando respirare la povera vittima, che tirò un profondo respiro dopo aver riso con enfasi.
“Credo che per stanotte sarai costretto a sopportare sua magnificenza Micky Stradivari.”, disse altezzosamente.
“Micky, finiscila, sono ancora in tempo per ammazzarti.”
Sua magnificenza Micky, prego.”, corresse; il serpente andò su tutte le furie.

 

“Ti permetto di dormire tra i libri di storia dell’arte ottocentesca e quelli della storia circense! Posso sapere cosa non ti va bene?!”, alzò la voce il proprietario dell’enorme villa; la vipera si affrettò a rispondere a tono, “Tu, sottospecie di Coso che abita in una reggia stratosferica, stai dicendo, a me, il grande Snake, che devo dormire tra dei libri?! Stai scherzando spero! Non posso credere che non ci sia un letto nell’arco di cento metri da qui!”
“Ma infatti un letto c’è, ed è il mio. L’unico nel raggio di centro metri, Mister Irriconoscente!”, corresse, con toni talmente alti da sembrare femminili, il topo; Snake non poteva, o probabilmente non voleva credere, che quel piccolo esserino indifeso si stava prendendo gioco di lui, “Io non dormirò mai e poi mai tra dei libri come un vagabondo senza un soldo bucato.”
“E con questo? Stai insinuando di voler dormire con me..?”, nonostante Micky avesse un tono aggressivo, le guance si colorarono di rosso, tradendolo nel momento cruciale.
Il serpente rise, canzonandolo continuò, “Ehi, non ti vergognerai mica? Oh, il piccolo Micky si vergogna di dormire con Snake… Adorabile!”.
Micky replicò strizzando gli occhi, pensando a che bestia irriconoscente aveva offerto aiuto e alloggio per la notte, “Non è vero! Ti pare che mi vergogni?! È che…”
“Sì..?”, Snake sapeva di aver vinto.
“Ecco… Io non ho mai dormito con nessuno all’infuori di mia madre.”, le dolci efelidi del giovane scomparvero sotto il rossore dell’imbarazzo.
L’altro, vedendo tale scena ricolma di dolcezza arrossì a sua volta, sentendosi quasi in colpa, “Dopo questa scenetta compassionevole, possiamo andare a dormire nel tuo letto?”, sorridendo poggiò il braccio sulle spalle del topolino, come per aiutarsi a rimanere in piedi. Questi, scioccato dalla reazione del più alto, commentò con un netto “Sì”, accompagnato da un sorriso imbarazzato.
 

La biblioteca era divisa in un enorme hall principale (dove vi erano tutti i libri della villa) e un soppalco; nato inizialmente come ripostiglio; adattato poi come stanza del topo.
Un ampio e imponente letto ricoperto da una massa disordinata di libri, il pavimento cigolante, una luce su una sedia adiacente alla parete, che illuminava fiocamente l’ambiente, in perenne penombra; per Micky era un magnifico nascondiglio dove passare le giornate a leggere sotto il plaid verde smeraldo ben ripiegato sul ciglio del letto. A Snake sembrava una catapecchia.
Micky illustrò lo spazio intorno a loro come se fosse un museo, spiegando nei minimi particolari, all’amico incurante, ogni più insignificante oggetto, con enfasi.
Il serpente notò l’emozione che il piccolo ci metteva; nella sua mente si affollavano parole, domande, oggetti; poi, la “guida”, si voltò, “Ti piace?”, domandò mostrando un ampio sorriso.
 La possente mole di Snake sovrastò l’esile corpo del topo, spingendolo sul letto, premendo sui polsi di questi, bloccando ogni suo movimento.
“Sei così ingenuo, indifeso. Proprio come adesso, stanotte potrei ucciderti se volessi; dopotutto l’ho fatto infinite volte lavorando per la mafia, come avrai intuito; eppure mi hai curato, offerto un letto… Perché, Micky?”, poggiandosi sul petto del piccolo, il rettile parlò con un filo di voce; Micky al contrario dell’altro sembrò essere molto tranquillo, pur non capendo il senso della domanda, “Te l’ho detto, no? La Mamma mi ha insegnato ad aiutare chi ne avesse avuto bisogno.”. Snake parve quasi deluso da quella risposta.
“E poi… Sei la cosa più strana che mi sia mai capitata”, proseguì, “Grazie.”, stringendo in un abbraccio caldo e affettuoso il più grande.

“Micky, ti piace la mia sciarpa vero? Mentre mi stavi medicando la fissavi in continuazione.”, infine disse la serpe, dopo un imbarazzante silenzio, poggiandosi su un fianco e guardando il più giovane; “Sì, è vero. Amo il colore rosso. E poi sembra essere così calda…”, il topo avvicinò timidamente una mano verso essa, palpandone il tessuto.
Snake, con un gesto repentino, lo spinse verso di se’, avvolgendolo con l’enorme lembo di lana.
“Ah, è bollente…”, sospirò il topo percependo per primi il calore e il rumore dei muscoli contratti di Snake. Lentamente gli si chiusero gli occhi; pensando a quanto fosse stato piacevole rimanere per sempre “così”.
“Buonanotte Micky, buonanotte.”, terminò infine l’altro, stringendolo contro il proprio petto; nella speranza che non si accorgesse di quanto stesse battendo forte il proprio cuore. Sperando, ancora, che l’odore del piccolo gli rimanesse addosso per sempre…

Micky si alzò placidamente dal letto, sentendosi stordito e confuso, ma eccitato per l’accaduto della notte precedente.
“S-Snake, te ne sei andato..?”
Si toccò il collo: era avvolto con la sciarpa rossa che gli piaceva tanto.
Eppure, qualcosa non gli quadrava… Come se il serpente avesse portato via qualcosa di estremamente importante per il topo.
“Quel bastardo! Mi ha fregato le mollette!”, esultò infine Micky, passandosi una mano tra i capelli; pensando, ancora, a che bestia irriconoscente avesse offerto aiuto e alloggio.
Di certo non avrebbe lasciato impunito Snake per la sua bravata.



**Dedico questo capitolo a  ScratchingOut, persona importante per me, amante del fluff  e sostenitrice di Micky!
Con questo si entra nel vivo della storia, cosa farà il povero topo per vendicarsi di Snake?**

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Capitolo 4
*** Any sex, any drugs ***


2.0 Any sex, any drugs:

Micky continuò a fissarsi davanti lo specchio per infinito tempo quella mattina.
I suoi capelli, mossi e disordinati, sembrarono ispidi e quasi crespi agli occhi del giovane, senza quelle due mollette.
Prese la sacca contenente del cibo e un libro, il suo preferito, Romeo e Giulietta; indossando la sciarpa rossa aprì l’immensa finestra della biblioteca; fissò l’orizzonte: in lontananza vide l’enorme cancello di ferro che divideva le due realtà; aveva ben chiaro quello che avrebbe fatto, ma non quello che sarebbe successo.
Quand’era bambino, ricordò nitidamente, che la madre gli raccontava sempre storie tristi sulla periferia; Micky sapeva che avrebbe trovato Snake in quel luogo, dopotutto l’infame era un mafioso, no?
Così, tirando un forte respiro, aspirando l’odore di vecchio che stagnava tra i libri, oltrepassò quella finestra.
Nessuno si accorse della sua scomparsa dalla villa.

Una vista terribile si parava davanti lui: un’atmosfera che, fino ad allora, aveva trovato solo nei libri.
Non era stato difficile oltrepassare il muro di ferro; essendo un residente degli Stradivari non avrebbe avuto problemi ad uscire ed entrare dalla reggia. Il cancello era dotato di un cervello elettronico con memorizzati tutti i dati di tutti i residenti del complesso, inclusa la servitù. Almeno quel cancello, non si sarebbe dimenticato di Micky.
“Ehi principessa, ti vuoi divertire con noi?”, tre ragazze, vestite alla buona, sbucarono da dietro una stretta viuzza, attanagliando il topo; non capendo cosa stesse accadendo, chiese istintivamente, “Conoscete Snake? Uhm, è un ragazzo estremamente alto e… credo possa definirsi bello.”. Il trio sentendo quel nome, indietreggiò; decidendo di non volersi immischiare svanì nel buio sporco tra le due strette pareti.
Micky vagò per venti minuti, o forse un ora, prima di ritrovarsi in quella situazione.
Con i suoi occhioni grigi, il suo corpo quasi efebico, dalla candida pelle; si ritrovò steso con il petto poggiato a terra, le braccia bloccate dietro la schiena. Due uomini, alti, riconosciuti come “iene” l’avevano trascinato con la forza in un vicolo cieco.
Allettati dalla bellezza del piccolo, vogliosi di sporcare la sua pelle bianca.
Micky sentì le zampacce dei due ovunque, sul petto; qualcuno strusciò il proprio membro, già in erezione, contro il sedere dello sfortunato. Non riusciva ad emettere alcun rumore, riuscì solo a piangere ed ansimare; così iniziò a rimuginare sul perché fosse uscito dalla sua amata campana di vetro, la biblioteca. “Le mie mollette…”, pensò­­­ fra se’ e se’, “Snake… aiutami”.
Una mano scivolò verso la cintura del giovane, nello slacciarla le iene risero; Micky aprì la bocca per chiedere aiuto. Aiuto alla persona che, a pensarci bene, lo aveva cacciato in quel guaio; urlando al vento il nome di Snake.
Le iene si bloccarono nell’udire il nome; probabilmente avrebbero preferito uccidersi per aver pensato di fare “quello” al moccioso: “Tu, come fai a conoscere quel nome..?”, disse uno, allontanandosi, come l’altro,  permettendo al topo di rialzarsi e riprendersi dallo shock subito.
“C-cosa volete da me..?”
“Rispondi!”, urlò l’altro; le iene sono animali furbi, i due sapevano benissimo che il ragazzino fosse qualcuno di speciale.
Il piccolo rimase quasi sconvolto, dalle molestie, le urla, non aveva mai provato nulla di simile. I libri, non potevano far “sentire” lo squallore sul proprio corpo, “I-io… Mi ha portato via qualcosa di importante e voglio incontrarlo per riprendermela…”, balbettò.
I due risero pensando di potersi tirare fuori dal guaio, “Senti coso, se dimentichi quello che stava per succedere, noi ti porteremo dal Capo. Allora? Che farai?”
“C-cosa stava per succedere?”, continuò a sussurrare il piccolo.
“Bravo, vedo che hai capito al volo! Seguici, forza. C’è molta strada da fare…”, conclusero, caricando il piccolo su una jeep lungo la strada adiacente a quella dove si stava svolgendo la violenza.
Partirono per la City, il centro della nazione.

Tutti si staranno chiedendo, ora, se Micky nel chiedere cosa stava per succedere, fosse serio o meno.
Lui era un vero e proprio topo da biblioteca, non aveva mai, in vita sua frequentato una scuola, però aveva imparato tutto quello che c’è da sapere nei libri. Non sapeva cosa volesse dire arrabbiarsi, o innamorarsi; fino a quel momento aveva solo letto i suoi libri. Forse, di quelli, era innamorato; non lo avrebbero mai ferito; solo impresso in lui tutte quelle parole, quei termini, le emozioni di altre persone.
Detto questo, il piccolo, come avrebbe potuto sapere cosa sarebbe potuto succedere?
Ovviamente, sapeva cosa voleva dire “masturbarsi”; dopotutto era un ragazzo. Semplicemente, tutti quei libri, non gli avevano mai spiegato come si facesse sesso; ne’ lui stesso si era mai posto delle vere domande in proposito.

Micky non aveva mai visto un edificio di quelle dimensioni, ne’ tantomeno ne aveva letto nei libri.
“Cos’è questo?”, disse un po’ titubante rivolgendosi alle iene che lo avevano scortato fino lì, “Moccioso, sei serio? È un grattacielo. Credo che abbia un centinaio di piani, non saprei.”, rispose uno, fissando incredulo il ragazzino.
“Adesso ti accompagneremo nell’ufficio del Capo, se lui vorrà vederti ti riceverà subito.”, i due spiegarono velocemente al topo come avrebbe dovuto comportarsi in quella struttura; ma, il topo, talmente sbalordito, non ascoltò una parola di quello che gli dissero i due.
“Dobbiamo portare ‘sto qui dal Capo, sbrigati”, l’altro scagnozzo si rivolse ad una segretaria, entrando nella hall del palazzo, che semplicemente indicò l’ascensore.
Il piccolo, titubante non conoscendo il funzionamento di “un ascensore”, li seguì senza fiatare; ma mettendo, involontariamente, in risalto la sua enfasi nel vedere così tante novità.
“Settantaduesimo piano. Siamo arrivati.”, Micky zompò fuori dall’ampio spazio rivestito di stoffa sanguigna ricamata con fili d’oro; “Siamo qui per incontrare il Capo. Abbiamo un regalo per lui…”, disse ridendo, quello che sembrava essere più vecchio, verso una donna indaffarata davanti ad una pila infinita di cartelle da riordinare, guardando con la coda dell’occhio il topo.
“Adesso il Signor Snake è dentro con una cliente. Credo ne avrà per mol…”, non ebbe il tempo di concludere la frase che al suo fianco si spalancò la porta che sembrava essere dipinta sulla parete. Ne uscì fuori una bellissima donna, alta, dalla lunga chioma dorata e gli occhi dorati, scuri e profondi come la giungla, una bellissima leonessa in tailleur porpora sorrise verso la povera segretaria indaffarata salutando tutti i presenti con un ampio sorriso.
Micky non si accorse quasi della magnificenza di quella donna, notò solo il profilo di Snake dietro la porta nel mentre si stava richiudendo. Un suo scatto gli fece oltrepassare le mura; le due iene cercavano di allungarsi verso di lui per bloccarlo, mentre la ragazza continuava indisturbata a svolgere il suo lavoro.

Il topo, la prima volta che vide Snake, pensò fosse un angelo.
Adesso poteva affermare, con una certa sicurezza, che era maledettamente bello.
L’uomo in giacca e cravatta ha il suo fascino, dopotutto, ma se quella persona è proprio Snake, è tutta un’altra storia. Lui era perfetto, fisicamente era l’uomo ideale.
L’uomo maledettamente bello che in quel momento dava le spalle al nostro quasi efebico Micky, fissando l’intera città dalla parete completamente fatta di vetro.
“Snake!”, gli strillò contro il piccolo per attirare la sua attenzione.
Il fascinoso si voltò, aveva riconosciuto la voce del topo; non poteva crederci neanche lui alla sua vista. Lui era lì. Per rivederlo?
“Micky..?”, sussurrò la serpe incredula, mostrando i suoi occhi dorati lucidi e i capelli intrisi di gel, aderenti alla cute; sembrava un’altra persona, quasi più adulto.
“Chi altri sennò?!”, questi notò subito le sue mollette, erano messe come ferma cravatta; sentì un impulso omicida salirgli dal profondo del cuore, nonostante gli fosse impossibile non rimanere incantato da lui.
Snake si avvicinò a lui, lentamente. Micky al contrario, mantenendo aria di sfida fece pesanti passi; appena fu alla giusta distanza, estrasse il libro dalla sacca appesa tra le spalle, contrasse il braccio e tirò il pesante volume, dritto, sulla faccia del serpente, che non aspettandoselo prese una brutta botta in pieno naso. “Ma sei cretino?! Arrivi fino qui per prendermi a librate?!”, alzò la voce Snake puntandogli il dito contro e facendogli notare il sangue colante dal naso.
“Ma cretino ci sarai te! Ridammi quelle maledette mollette o ti ammazzo con questo libro!”, strinse il pugni fissandosi i piedi, la verità è che si sentiva in colpa per aver rovinato quel bel faccino.
“Eh..? Le mollette..?”, si fissò la cravatta, “Queste mollette? Scherzi vero?”, chiese ironicamente, pulendosi il sangue; lui non avrebbe mai creduto di averlo potuto rivedere, per questo, come ricordo gli aveva lasciato la sciarpa rossa in cambio dei fermagli.
Adesso però, sperava dal profondo del cuore che il piccolo lo avesse raggiunto per rivederlo, per abbracciarlo e sussurrargli che non se ne sarebbe mai andato da lì.
“Micky…”, Snake aveva bisogno di lui. Aveva bisogno del topo che lo aveva salvato, nonostante fosse uno sconosciuto. Snake voleva che diventasse completamente suo. Improvvisamente ebbe un lampo di genio. “Micky. Io ti ridarò le mollette se verrai ad abitare con me. Se non posso avere un tuo ricordo, ti avrò al mio fianco.”, concluse la vipera.
Il topo rimase scioccato, “Io che..?”
“Hai capito benissimo. Se rivuoi le mollette, dovrai venire ad abitare con me”.
Alzò lo sguardo dal pavimento, fissando gli occhi caldi e brillanti dell’altro, cercava una risposta, non capiva il senso di quell’assurda richiesta.
Un calore lo avvolse improvvisamente, sentiva il suono di un cuore battere velocemente.
Non era il suo, era quello di Snake.
“Ormai sei scappato di casa, no? Cosa ci guadagneresti a tornare in quel carcere? Vieni da me.”, infine aggiunse, nascondendo la paura di essere rifiutato.
Micky non sapeva cosa l’avrebbe aspettato.
Non aveva idea di che persona fosse Snake.
Rivoleva semplicemente le sue mollette.
“Ok.”, affermò, il topo, con una certa sicurezza; abbracciò a sua volta il più grande, stringendosi contro il suo petto, ascoltando il suo cuore.
Snake dall’alto del suo metro e novantadue, spalancò gli occhi, credendo di star sognando; semplicemente, decise di godersi il momento, annegandosi nel calore di quella stretta.

**Come inizierà la convivenza tra i due? Micky si accorgerà dell’amore di Snake? Si innamorerà a sua volta?
Lo scopriremo nelle prossime pubblicazioni! [? Mi scuso per l’esaltazione.]**

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Capitolo 5
*** Come home ***


3.0 Come home:

Micky si alzò placidamente dal letto a due piazze, fissò per qualche secondo la sveglia sul comodino adiacente a lui. “Le dodici e mezza…”, squadrò il letto sfatto e vuoto; si mise la solita camicia di Snake che portava per girare in casa. Era talmente grande da fargli da vestito.
Spinse il proprio corpo verso la cucina, alla ricerca di cibo, per la fame che si faceva sentire.
Ormai erano sei giorni che andava avanti così.
Micky si attaccò alla bottiglia del latte, fottendosene delle buona maniere.
Ormai erano sei giorni, dopotutto, che viveva da solo in quella enorme casa.
Snake, prima di abbandonarlo in quel piccolo paradiso, gli aveva lasciato soldi e cibo, sufficienti per un esercito.
“Quel coglione quando ha intenzione di tornare?”, ormai la dolcezza e ingenuità del piccolo stava svanendo, come la sua pazienza. Doveva rimanere a casa, eppure aveva voglia di uscire, cercare Snake e prenderlo a schiaffi.
Il topo si sedette sul divano ad angolo al centro nell’enorme salone, fissando l’intera City da tutt’intorno le pareti, essendo fatte di spesso vetro trasparente. Ripensando per l’ennesima volta a quel giorno.
 Pensando, per l’ennesima volta, quanto fosse stupida la serpe.

I due dovevano arrivare al 102. Il centoduesimo appartamento, l’attico.
Micky era terrorizzato all’idea di dover vivere così in alto, tanto da quasi pentirsi di aver accettato quell’assurda richiesta. Almeno adesso era felice: riaveva le sua mollettine, rosse, a tenere composti i capelli. Tenendosi anche la sciarpa -anch’essa rossa- come “ricordo”.
“Senti, perché tieni così tanto a quei fermagli? Insomma, non deve essere stato facile trovarmi.”, diceva Snake fissando serenamente il più piccolo, non nascondendo l’entusiasmo.
“Erano di mia madre. È l’unica cosa che ho di lei.”, rispose l’altro, mostrandosi leggermente ansioso per la situazione; stava per entrare nella casa del serpente, e non aveva mai dormito fuori casa. Poi chissà quali stranezze vi avrebbe trovato all’interno.
Un imbarazzante silenzio calò nell’ascensore. Mancavano altri ventuno piani.
Snake guardava l’altro, come se non riuscisse a staccargli gli occhi di dosso. Così piccolo, delicato e indifeso.

“Micky io…”, la serpe, mentre si sporgeva verso questi, venne interrotto dal “bip”, segno che si era arrivati a destinazione.

“Chissà che voleva dirmi.”, disse a voce alta, rivolgendosi contro il televisore mastodontico di fronte a lui, chiedendosi come Snake potesse guardare quei programmi cretini che mandavano ogni giorno.
Buttò la testa indietro, fissando il soffitto bianco, socchiudendo gli occhi.

L’innocente topolino si sporgeva titubante verso l’ingresso; quando, spalancando gli occhi, notò l’ampio salone ricoperto da parquet scuro -quasi sul nero-, l’enorme divano rosso al centro della stanza; l’appartamento era incorniciato dalla City. Da lì, si poteva vedere tutta la città, fino ai confini con la periferia.
Micky non aveva mai provato una tale sensazione di potenza, come se avesse l’intera nazione ai suoi piedi.
Snake diede una pacca sulla spalla del topo: “Beh? Ti piace?”
“Ovvio! Io… Io non avevo mai visto niente del genere! È assolutamente… Magnifico!”, l’euforico esponeva uno per uno tutti gli aggettivi che più si addicevano per quell’enorme casa; la serpe lo guardava, mostrando un dolce sorriso, pensando a quanto fosse carino il nuovo convivente.
“Fatti un giro, è molto grande, sai?”
“Immagino!”, disse infine, volteggiando intorno al divano.
“È un solo piano, ma il bagno è enorme e la cucina non è da meno. Non dovrai preoccuparti di niente, una volta ogni tre giorni viene una donna a pulire e cucinare”, entrambi sprizzavano felicità da tutti i pori, chi per un motivo, chi per un altro.
Micky, il piccolo tenero Micky, dimenticò quasi l’esistenza dei suoi amati libri nel visitare quel tempio fatto d’oro.
Improvvisamente spalancò gli occhi, “Il libro.”.
Snake si girò verso di lui perplesso, “Non c’è bisogno che ti scusi! Sto benissimo, figurati se un libro possa ferirmi!”
“Maledizione! Il libro! Non può essere! L’ho lasciato nel tuo ufficio!”, il topo affondò il viso tra le mani, sembrava davvero disperato, e il serpente non ne capiva il perché; era solo un libro, “Dubito tu possa ritrovarlo allora, credo sia ormai carta straccia… Micky, mi dispiace…”.
Nel tentare di abbracciarlo, il piccolo, tirò su con il naso e fece un bel sorriso, “Mi fai vedere la cucina e la camera da letto? Devono essere fantasmagoriche!”.

Il topo tornò al presente, per qualche secondo, continuando a rivolgere i suoi occhi cinerei contro il bianco soffitto.
“E’ passata una settimana. Odio questa casa.”, aggrottò le sopracciglia, “Che diavolo starà combinando?! Mi aveva detto tre giorni al massimo!”. Finì per innervosirsi ancora di più, così socchiuse nuovamente gli occhi, poggiandosi una mano sulle tempie.

“Q-questa è la camera da letto?!”, disse l’esaltato fissando il letto contro il muro.
Una stanza spaziosa, con le pareti in mattonato, rozze, dipinte da chissà quale stravagante artista; sul pavimento, in un angolo della stanza, una massa informe di CD musicali di ogni genere; la solita stupenda, pazzesca vista sulla City.
A Micky non quadrava solo una cosa. Si sentiva stranamente osservato. Alzò lo sguardo al soffitto e cacciò un urlo, “Ma che diavolo è?!”
“Che c’è? E’ solo uno specchio.”
“No, non è solo uno specchio! È un soffitto fatto a specchio!”, disse rabbrividendo.
“Beh, che devo farci? L’arredamento l’ha scelto il Boss… Non che mi dispiaccia questa stanza in particolare, ci si possono fare molti giochini, sai?”, ammiccò l’alto, sedendosi sullo spesso letto, sorridendo maliziosamente al piccolo che, dalla faccia, poteva capirsi perfettamente che non aveva carpito la malizia in quella frase.
“Che tipo di giochini?”, sorrise, mettendosi davanti all’altro.
“Beh, giochini molto intimi, che si fanno in due, in camera da letto.”, il serpente continuava ad ammiccare, non rendendosi conto dell’ingenuità candida del piccolo.
Micky saltò improvvisamente al collo di Snake, spingendolo sul letto sotto il suo esile peso.
“M-ma che combini?!”, disse incredulo, quasi incapace dal reagire e pensare a qualcosa di senso compiuto.
“Grazie.”, si strinse sul petto di quelli, come ad aspettare che ricambiasse l’abbraccio, affondando il viso tra i setosi capelli bianchi di Snake, “Non capisco davvero perché vuoi che io abiti con te, però, mi rende felice. Credo di volerti bene Snake.”.
La serpe, non sapendo cosa dire, ne’ cosa fare, lo strinse a se’, sussurrando dolcemente, “Anche io Micky.”.

Dalla coda degli occhi di Micky scese una lacrima; era tornato al presente, ed era solo.
Si sentiva solo, e gli mancava  tanto l’odiosa serpe, tanto da non riuscire neanche più a mangiare.
“Mi avrà abbandonato?”, pensava di continuo, “Sì sarà trovato qualcuno più carino e simpatico di me?”, ancora, non riuscendo a capire quello che lui stesso iniziava a provare.
“Adesso se la starà sicuramente spassando… Nessuno se ne andrebbe il giorno dopo aver chiesto ad uno sconosciuto di convivere con lui, lasciando questi da solo poi! E tutto per colpa di quel Boss. Snake è una serpe, non il cagnolino di quel tizio! E anche se mi ha detto che era per un lavoro urgente…
Perché mi sto comportando così? … Questa è gelosia?”,
in preda al panico più totale, si strofinò gli occhi per asciugare la lacrima che ancora pendeva dalle gote, si strinse ad un cuscino sul divano.
“Perché non sei qui? Snake, mi manchi. Ti prego, torna da me.”, sospirando appena queste parole si assopì; ormai era aprile, la primavera alle porte, e il piccolo topo annoiato venne trascinato nel regno di Morfeo.

“Micky! Micky ti prenderai un accidente se dormi sul divano, forza ti porto a letto!”
“Eh?”, il topo schiudeva lentamente gli occhi; stava sognando ancora, forse, “Che ore sono?”
“ Sono le ventuno, credo. Mi dici perché indossi una mia camicia?”.
Il topo ancora non connetteva che lì, parato davanti a lui, c’era il tanto agognato Snake.
Spalancò gli occhi, che si riempirono di lacrime, “Snake!”, gli urlò, aggrappandosi al collo, stringendosi al calore che tanto gli era mancato; “M-Micky?”, la serpe lo abbracciò a sua volta, sollevandolo da terra con forza, pur non capendo il perché di tanta enfasi.
“Dove sei stato per tutto questo tempo?”
“Come dove? A lavoro, che dici te?”
“SignorSonoalavoro, hai tre giorni di ritardo!”
“Hai ragione, e per farmi perdonare…”, la serpe poggiò Micky, indicando il mazzo di rose bianche sul tavolino basso.
“E quelle..? Per me?”, la serpe annuì, con semplicità e dolcezza, “Guarda, tra le rose c’è un altro regalo.”, Micky si sedette a terra di fronte al tavolino, ficcando la testa tra le rose.
“Romeo e… Come hai fatto a trovare questa edizione?! Io non so che…”, era emozionato, felice, euforico.
“Snake, mi sei mancato.”, concluse infine, fissando la copertina color borgogna che tanto amava, sfiorando appena le scritte dorate.
"Anche tu, mi sei mancato.”.

 

** Questo capitolo è dedicato completamente a Micky. Deve capire cosa prova per Snake, no? 
Ormai la storia inizia a prendere forma, quante ne passeranno ancora Micky e Snake? Riuscirà la loro convivenza? Vi ringrazio infinitamente per seguire questa storia! E recensite! Di certo non mi dispiace leggere un vostro commento! Alla prossima pubblicazione!**

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Capitolo 6
*** Pure morning ***


4.0 Pure morning:

Micky strofinò gli occhi assonnati, emettendo un sonoro sbadiglio; si stiracchiò, voltando lo sguardo verso la parte di letto che fino al giorno prima era fredda e vuota, e dove adesso c’era lui.
Dalle pesanti tende avorio penetrava la tiepida luce primaverile che illuminava parte dell’addome della serpe, ancora addormentata. La sua pelle risplendeva, mettendo in risalto i possenti pettorali e il bicipite gonfio e contratto. Micky si avvicinò, sedendosi sopra l’incosciente, poggiando la sua esile mano sul petto del compagno; percepiva il cuore pulsare, un’emozione unica, secondo lui, che indisturbato continuò a fissarlo, quasi indeciso su cosa fare.
Snake iniziò a sentire sulla propria pelle il tepore della luce che filtrava dalle tende; una rilassante sensazione, si sentiva come una lucertole sotto il sole estivo. Lentamente aprì gli occhi dorati, profondi, sentendo il “peso” dei suoi quasi vent’anni. Si accorse, solo dopo, che quel “peso” era Micky.
“Buongiorno!”, il tenero piccolo -ed indifeso- topolino, iniziò così la giornata, con un ampio sorriso.
“B-buongiorno…”, la serpe ancora assonnata rispose senza pensare, sentendo solo il rigonfiamento dell’inguine che cresceva poco a poco.
“Hai dormito bene?”, continuò a sorridere, docilmente, senza l’intenzione di spostarsi da dove stava, “M-Micky, ti conviene spostarti, appena sveglio sono molto… Uhm… Sensibile?”, rispose l’altro; ormai l’inevitabile era accaduto, si stava eccitando.
“Mh?”, il topo non capì, così, semplicemente, Snake lo spostò gentilmente sull’altro lato dell’immenso letto.
“Micky, devo confessarti una cosa.”,
“Certo, dimmi”, il piccolo manteneva il suo adorabile sorriso; era felice adesso che c’era la serpe.
Snake prese tra le sue mani il volto del giovane, guardando nei suoi profondi occhi cenere, “Ecco io… Ti ho chiesto di vivere con me perché, beh, mi piaci. Micky, tu mi piaci.”
“Snake, anche tu mi piaci.”, quel caldo, dolce sorriso, avrebbe fatto impazzire chiunque, “Micky, no, tu mi piaci in un altro senso… Cioè io vorrei restare per sempre con te, io vorrei toccarti e…”
“Adesso mi stai toccando.”
“Sì, ma in un modo diverso...”
Micky avvicinò il suo volto con un movimento repentino, premendo le proprie, candide labbra su quelle lucide e morbide di Snake, legando le braccia intorno al collo del più grande.
I due si strinsero in un forte abbraccio durante quel caldo bacio primaverile, per poi sciogliersi, rimanendo vicini uno all’altro. Snake non riusciva a mettere due parole in fila, mentre Micky, nonostante l’imbarazzo, sembrava essere molto pacato.
“Sai, questa settimana senza di te, mi sono reso conto quanto sei diventato importante in pochissimo tempo. Ho pensato di ucciderti, è vero, però ancora prima, ho pensato di volerti stringere forte e fare quello. Sui libri c’è scritto che quando ci si vuole molto bene, ci si bacia. L’ho anche visto su un illustrazione.”
“Mi vuoi molto bene..?”, il topo si mostrò titubante a quella domanda, per poi distogliere lo sguardo e annuire timidamente, colorando le dolci efelidi di rosso.

“Snake, oggi non devi andare a lavoro?”, Micky finì la propria colazione, ringraziando la serpe per il cibo preparatogli.
“Assolutamente no! Diamine, anche io ho dei giorni liberi, sai? Dopo quella missione del cazzo credo che un giorno di ferie me lo sia meritato, no?”, la serpe sorrise al più piccolo, notando ancora il rosso colorito sulle guance, “Vorresti visitare la City? Magari facciamo un po’ di shopping, e perché no, andiamo anche a cena fuori?”, “Sicuro non sia un problema..? Mi piacerebbe, ma…”, “Non c’è nessun problema, anzi.”.
L’enfasi del piccolo avrebbe messo allegria a chiunque.

“Micky, sei pronto? È un ora che ti stai preparando!”, Snake iniziò a spazientirsi, chiedendosi come un ragazzo potesse impiegarci così tanto a vestirsi.
“S-Snake, mi vergogno ad uscire così!”
“Forza! Erano gli unici vestiti che avevo della tua taglia in casa!”, Snake era solito ospitare in casa le svariate ragazze con cui era andato a letto, per poi mollarle dopo appena una settimana. Queste solitamente dimenticavano sempre qualcosa, come abiti o biancheria.
“Q-questa me la paghi…”, Micky aprì la porta della stanza, indossava dei pantaloni stretti fino al ginocchio ripiegati alla fine ed una maglia larga a casacca con varie tonalità di rosso, abbinata agli immancabili fermagli della madre. Da qualsiasi punto lo vedeva Snake, Micky, sembrava una ragazza conciato in quel modo.
“Che ti guardi?! Forza, ridi!”
“Perché dovrei ridere..?”
“N-non lo so… Forse sono ridicolo vestito così…”
“Sì, talmente ridico da non farmici capire più niente.”, Snake prese sotto braccio il piccolo e lo trascinò fuori dall’immenso appartamento.
Micky non aveva mai passato un pomeriggio così divertente.
Micky, non aveva mai avuto un appuntamento, tanto meno con un uomo di quella bellezza.
Snake tra la gentaglia comune, con i suoi occhiali da sole scuri e i lunghi capelli bianchi, comunque lo si guardava, era perfetto.
I due passarono il pomeriggio a comprare per lo più mucchi di abiti, eleganti e casual, per il topo, che nel provare tutti quegli abiti costosi e –a volte- anche eccentrici, si vergognò non poco. Il sole eclissava all’orizzonte per dare spazio al blu intenso del crepuscolo.
“Micky, hai fame?”
“Un pochino… è stata una giornata fantastica, sai? Non potrebbe andare meglio di così!”, il topolino strinse Snake, trasmettendogli un’ondata di affetto.

Micky arricciò il naso sedendosi al tavolo nella  PrivateRoom, del famoso ristorante Florida, prenotata per quella sera da Snake, “Ehi, che cos’è questa storia?! Pensavo avremo mangiato takeaway!”, la serpe ne rimase stupita, “Cosa c’è che non va? Sai, fanno un ottimo cheesecake, cosa ordini?”; il piccolo topo arrossì abbassando lo sguardo, facendo trasparire il proprio imbarazzo.
Snake, inaspettatamente, allungò il collo verso il viso dell’altro, poggiando le labbra su quelle, sussurrandogli in un sospiro, “Piccolo, non preoccuparti e goditi la giornata, devo farmi perdonare dopotutto, no?”; non ebbe da ridire, annuì silenziosamente bevendo il bicchiere ricolmo di liquido rosso davanti a lui, cercando, in non si sa quale modo, di nascondere il rossore delle guance.

Il serpente aprì la porta del proprio appartamento e accese la fioca luce, provocando le ire del piccolo topo che in quel momento gli stava in groppa, “Spegni ‘sta cosa! Ah!!! Gli occhi! …Hic!”
“Micky, perché non mi hai ascoltato quando ti ho detto di non bere tutto quel vino?”, la serpe commentò esasperata, “Adesso si va a dormire, che ne dici?”
“Ma io voglio divertir… Hic!”
“Sì sì, come no.”, Snake poggiò il corpo esile, che non intendeva scollarsi dalla propria fonte di calore, sul letto.
“Micky, tutto ok?”, la risposta fu un sì appena sospirato; il volto arrossato del giovane era così maledettamente sexy, “Vuoi lasciarmi andare?”, il topolino si strinse al corpo del rettile scuotendo la testa.
Snake non resistette oltre.
Spinse Micky, sul letto, bloccandolo, premendo con forza le labbra contro quelle, facendo penetrare la lingua calda; leccò vogliosamente quella del piccolo, che riusciva solo a mugugnare.
“C-cosa stai..? Hic!”
“Non volevi giocare? Adesso faremo qualcosa che ti piacerà molto…”, dicendo così, la serpe riprese a baciarlo; slacciò i stretti jeans bottone dopo bottone, lentamente, premendo la mano sul membro del topo che si gonfiò.
Micky iniziò ad ansimare, mentre Snake, anch’egli eccitato, alzò la maglia al giovane, portando le labbra sul petto, leccando i capezzoli, mordicchiandoli appena, succhiandoli.
La mano scivolò nelle mutande del topo, provocando in questi un forte gemito, che gli fece inarcare la schiena. La luce soffusa, il calore, il rumore. Tutto era dannatamente eccitante.
Le labbra vellutate di Snake continuavano a scendere lungo l’esile profilo del giovane, fino ad arrivare tra le sue gambe. Spinse nella propria bocca, calda e umida, il membro in erezione, accogliendolo dolcemente. Non era la prima volta che la serpe faceva un lavoretto ad un uomo.
“F-fermati.. Sto.. v-vene…”, il topo venne nella bocca del compagno, dopo poco tempo, provano infinito piacere. Non era così male dopotutto farsi fare certe cose, pensò.
Snake si spinse verso di lui, per baciarlo con forza, ma dolcezza.
“Ti è piaciuto, eh?”, sorrise soddisfatto e compiaciuto dalle reazioni del piccolo top; lo strinse forte a se’, aspettando una qualche risposta, quando si accorse che era svenuto, letteralmente, dal sonno –o forse per colpa della sbornia-.
Sospirò meravigliato, “Micky, buonanotte”, baciando quelle labbra tanto agognate, stringendo il corpo tanto desiderato.



*Wow, il sesto capitolo, come è passato il tempo!
Bene, Snake si dà da fare. Come reagirà Micky al suo "post-sbornia"? E soprattutto, cosa ricorderà della sera prima?  Lo scopriremo nelle prossime pubblicazioni! See you later! [Kie-chan esaltata]*

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Capitolo 7
*** Do you want to ***


5.0 Do you want to:

Micky imprecò scivolando dal letto.
“La testa… Male.”
Il primo post-sbornia del topo; un evento da ricordare, insomma.
Micky si spinse verso l’unica fonte di luce, la porta, essendo la stanza nel buio più totale. Il piccolo barcollò; a stento riusciva a tenere gli occhi aperti senza lamentarsi dal dolore.
Spalancò la porta, rimase stordito dalla luminosità penetrante dell’immenso salone, “Saranno le dieci…”, pensò, per poi spostare lo sguardo verso il bellissimo e attraente Snake.
“Buongiorno principessina. Tutto bene?”, ridacchiò, prendendosi gioco del piccolo dolorante.
“Taci, serpe malefica!”, si buttò sul divano poggiando le mani sul viso, come se fosse esasperato.
“Bevi, ti farà bene un’aspirina.”, gli passò un bicchiere e una pasticca, che Micky si affrettò ad ingerire.
“Gra-grazie…”, Micky fece per tornare a letto, la luce era troppo forte e la sua retina non reggeva quella pressione; si voltò verso il rettile, avendo messo a fuoco le cose solo ora. “Aspetta, perché hai quel completo? Non intenderai già tornare a lavoro, vero?”, lo sguardo di Micky era quasi disperato, come se i suoi occhi cinerei stessero implorando quelli dorati e profondi dell’altro di non sparire un’altra volta.
Snake sorrise, “Principessina, tornerò per le sei di stasera, va bene? Purtroppo il lavoro mi attende, sai che indubbiamente preferirei spassarmela con te come ieri notte.”, Snake ammiccò, sollevò leggermente da terra il piccolo, e gli stampò un bel bacio sulle labbra, uscendo di casa. Lasciando il piccolo stordito, confuso.
“Ieri… notte?”.

Micky cadde di schiena sul letto, fissando il soffitto che metteva in risalto le profonde occhiaie rosse e una vistosa macchia livida sul collo.
“Vorrei morire!”, il giovane affondò il volto nel morbido cuscino di Snake, aspirandone avidamente il forte profumo che emanava; la testa gli faceva così male che a stento teneva gli occhi aperti, dalle pesanti tende filtrava un fascio di luce che sfiorava i piedi del letto.
Improvvisamente, in quell’estasi momentanea, il giovane stordito sentiva gonfiare il proprio membro. L’odore di Snake, il letto ancora caldo e quell’essere “storditi”. Tutto tremendamente eccitante per il piccolo appena sveglio.
Arrossendo strinse il cuscino, facendo scivolare la mano nei pantaloni, intorno all' organo eretto; emise un forte gemito. Affondò la faccia nel morbido tessuto, sospirando dal piacere, venendo nella propria mano, pensando al corpo scultoreo di Snake.
Delle immagini affiorarono alla mente del giovane. Un caldo piacere, il sorriso malizioso della serpe che affondava il volto tra le gambe del topo, inghiottendo il caldo liquido che fuoriusciva vogliosamente dal membro del giovane.
Micky arrossì, chiedendosi perché la sua immaginazione gli stesse facendo uno scherzo di così cattivo gusto -ma non meno eccitante-.

“Perfetto! Mi aspetta una divertentissima giornata da solo a casa.”, disse sarcasticamente, fissando il salone vuoto, stranamente in subbuglio.
“Almeno mi è passato il mal di testa. Non ricordo un bel niente dopo quel terzo bicchiere di vino…”, il topo girovagava per la cucina alla ricerca di latte. Amava il latte. Da quando aveva iniziato la sua nuova vita beveva solo quello -anche perché odiava quella roba colorata che gli pizzicava la lingua-.
Si sedette soddisfatto sul divano rosso rubino con in mano la bottiglia di latte; fissò le mollette: pensò a tremila domande e ad altrettante risposte, si chiese perché aveva accettato di convivere con la serpe, si rispose che, dopotutto, sarebbe stata l’occasione per scappare per sempre da quel carcere; si chiese perché aveva baciato la serpe. Si rispose semplicemente che, dopotutto, gli piaceva molto quella serpe.
Già, il nostro piccolo Micky iniziò a capire quanto quella bestia irriconoscente, fosse dolce con lui; quanto stava diventando speciale.
Le efelidi si colorarono di una tonalità sanguigna.
“Bene. Adesso devo cercare di ricordare cosa ho fatto ieri sera… Magari ne ho combinata una delle mie.”, infine sospirò, voltando lo sguardo malinconico verso l’immensa City.
Micky si alzò con indosso la solita camicia svolazzante di Snake, si stiracchiò ed emise un sonoro sbadiglio, posò il latte lì dove l’aveva preso e iniziò la ricerca di indizi. C’è pur da capirlo, un’intera giornata da solo, rinchiuso in un’immensa casa senza uno straccio di libro eccetto “Romeo e Giulietta” -letto per di più almeno un migliaio di volte-; per farla breve, adesso il suo più grande problema, era capire se aveva fatto qualche figuraccia con l’amata serpe.
Iniziò dall’ingresso, c’erano solo le scarpe e… La sciarpa rossa? Dov’era finita? Solitamente Micky la poggiava sull’appendiabiti; Micky arricciò il naso spostandosi in camera da letto, non notando altre anomalie.
“M-ma che diavolo..?!”, il topo rimase traumatizzato nel trovare la stanza in quello stato pietoso. E rimase ancora più stupito del fatto che per tutta la mattinata non se ne era accorto.
Sulla porta c’erano la pesante giacca del topo e la sciarpa, lunga e morbida che si arricciava sul pavimento; Micky spostò lo sguardo sul letto, ovviamente disfatto. Arrossì vedendo i propri abiti buttati sul parquet. Si portò una mano sul viso, come per nascondere il rossore; si spinse vicino quell’ammasso di abiti. C’erano anche quelli di Snake, mischiati tra loro, alla rinfusa, stropicciati. “Mi ha messo a letto lui, ok, almeno so come sono arrivato a dormire…”, pensò tra se’ e se’, sorvolando la presenza degli abiti del rettile mischiati ai propri sul pavimento.

Micky sobbalzò appena sedutosi sul letto, sforzandosi di ricordare cosa fosse accaduto la sera prima.
Qualcuno aveva cercava di aprire la porta di casa.
“Snake, aprimi! Dobbiamo uscire!”, il topo con cautela, e senza far rumore, si mise sulle punte dei piedi e cerco di vedere dallo spioncino chi fosse; ma, neanche il tempo di mettere a fuoco, che la porta si spalancò, facendo cadere a terra il topo. Un’imponente figura si parò di fronte a lui: i capelli ribelli e neri come la fuliggine, due vellutate orecchie da gatto e una lunga e sinuosa coda. I penetranti occhi petrolio scrutarono quelli profondi e grigi del topo.
Tu chi sei?”, disse lo sconosciuto.
“Sono Micky, piacere.”, fece per dargli la mano, che fu brutalmente ignorata; si alzò in piedi.
“Perfetto, Topo, cosa ci fai qui? Sei forse una puttanella?”
“Signore, abito con Snake.”, disse infine, alzando leggermente il tono di voce.
“Sì, certo. Dimmi, deve ancora pagarti per la nottata, vero? Quanto ti deve?”, l’uomo tirò fuori una mazzetta di centoni, iniziò a contare, attendendo la cifra dal giovane.
Signore, forse lei non ha ben compreso… Io abito qui da una più di una settimana. Io e Snake, abitiamo insieme.”, concluse adirato, “Adesso, se possibile, posso sapere chi  è lei?”.
“Se abiti con quel marmocchio dovresti conoscermi. Sono il suo Boss.”, sogghignò, chiudendosi la porta alle spalle e vagando per casa, entrando per prima in camera da letto. Micky lo seguì ricordandogli più volte che non aveva nessun diritto di entrare così in case altrui.
“Vedo che avete già fatto sesso. E poi dici di non essere una puttanella.”, si voltò verso la porta, dove era immobile il piccolo; si avvicinò carezzandogli i capelli, “In effetti non sei male, devo riconoscerlo, il fratellino ha dei gusti niente male.”, quelli occhi così intensi si avvicinarono ancora a quegli altri, “Quanto vuoi per una scopata, ragazzino?”.
Micky alzò lo sguardo. Non era mai stato così arrabbiato, avrebbe voluto prendere a calci quel gatto diabolico. “Cosa intende, signore?”
“Non prendermi per il culo.”, si voltò, lentamente girava intorno al letto indicando qua e là oggetti, “Abiti a terra, vasellina nel cassetto semiaperto e tu con addosso la camicia di Snake. Di certo, non avete giocato a carte.”, ridacchiò sapendo di aver colto nel segno.
“Lei si sbaglia, ieri siamo andati solo a cena fuori e poi…”, Micky non ricordava niente. Aveva perso contro il Boss. Questa volta.
“Che faccia tosta che hai.”, Micky poggiò il suo sguardo accigliato sul felino, “Il tuo sguardo, mi eccita.”, lo sguardo irato divenne più intenso.
Il Boss si avvicinò al topo, cercando di addentare le sue labbra; ma, fortunatamente per il nostro piccolo, squillò il cercapersone dell’alto, “Cavolo, devo proprio andare, il tuo compagno mi sta cercando. Alla prossima Topo
“Mi chiamo Micky.”
“Cercherò di ricordarlo.”, così si avviò verso la porta d’uscita, “Ah, dimenticavo le buone maniere. Mi chiamo Alex. Alexander. E sono il Boss del tuo ragazzo”.
Il silenzio cadde nel cigolio della porta chiudendosi.

“Boss, dove diavolo sei? E io che ero uscito prima di casa per venire in ufficio.”, si lamentò Snake al cellulare.
“Sì, sì, sto arrivando, ho avuto un piccolo contrattempo. Dì ai contrabbandieri che arriverò con una decina di minuti di ritardo, niente di così blasfemo.”, rispose questi appena uscito dal grande palazzo dove abitava Snake, che riattaccò subito la chiamata.
“Di questo passo Micky si arrabbierà se torno tardi a casa.”, concluse la serpe, portando una mano alle tempie, non nascondendo all’autista dell’auto, che l’avrebbe portato sul luogo di lavoro, la propria felicità.
Il serpente, assassino a sangue freddo, si era innamorato.


**Mi scuso umilmente con chi segue la storia per il ritardo! Ma le vacanze sono le vacanze (specialmente se passate a Sharm El Sheick!).
Micky incontra il boss -alcuni penseranno "Finalmente quel figone è apparso!", perchè sì, è un grande figo-; come reagirà il nostro piccolo protagonista a quell'affronto? Snake riuscità a farsi amare? Lo scopriremo nelle prossime pubblicazioni!**

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Capitolo 8
*** Passive agressive ***


6.0 Passive agressive:

“Come stabilito precedentemente, due milioni.”, disse Snake, puntando i freddi occhi gialli verso i mafiosi --non che lui non lo fosse-.
Alexander era seduto vicino a lui, che al contrario si trovava in piedi, entrambi a capo di un lunghissimo tavolo nella conference hall dell’Hilton.
Un signore avanti con l’età si alzò in piedi e iniziò, “Come facciamo ad avere la certezza che, una volta ritirata la merce, questa non sia scadente? E poi, la merce arriverà? Signor Alex, devo forse ricordarle del buco nell’acqua che ha fatto il suo braccio destro appena dieci giorni fa? Io non ho intenzione di affidarmi ad un incapace simile.”, Snake si accigliò, “Bastardo! Era un’imboscata e se non fosse stato per…”, si calmò nel sentire su di lui lo sguardo del Boss.
“Signori, signori… Non vi fidate di me?”, l’accattivante felino sorrise maliziosamente, “Questo è un carico di droga sostanzioso confronto ai precedenti, e credetemi… Due milioni sono un prezzo di cortesia. Sta a voi scegliere se comprare o meno, è vero, ma non avrei problemi a trovare nuovi acquirenti.”. Alex, un vero uomo d’affari.
Il rettile salì in macchina invitato dal felino, sbattendo la portiera, “Che cazzo! È tutta colpa tua se adesso quei coglioni pensano che io sia un incapace!”, Snake si allargò la cravatta fino a toglierla e si slacciò la camicia, sfilando anche la giacca pesante, “Taci, non è colpa mia. Sai che non vorrei mai che succedesse qualcosa al mio adorato fratellino; credo che tra di noi ci sia una spia… Nessuno sapeva della tua partenza quella notte eccetto me e gli acquirenti.”, rispose quasi scocciato Alexander, intento a sorseggiare da una coppa di Champagne.
Snake osservò il cielo, ormai era buio da un pezzo. Sapeva già che Micky si sarebbe arrabbiato con lui; ma, in un certo senso, questo lo rendeva felice.
“Sei davvero un bell’uomo. Non capisco perché tu non voglia trovarti qualcuna con cui sposarti.”, sospirò il Boss, fissando dal finestrino le mille luci notturne della City; erano bloccati nel traffico serale.
Fratellone?! Ma che diavolo dici?!”, Snake avvampò improvvisamente, senza nascondere l’imbarazzo, “Moccioso, mi stai dicendo che non ti piace nessuno? Suvvia, ormai hai quasi vent’anni.”
“Ehm… In effetti, forse qualcuno c’è.”, si voltò anche lui verso la finestrella oscurata della limousine dove viaggiavano, avrebbe pagato oro per sfuggire da quell’interrogatorio.
“Beh? Raccontami di lei!”
“Oh, ehm… Ecco, non la conosco da molto tempo, sai? Però i suoi occhi grigi, la sua pelle candida e quelle adorabili lentiggini sugli zigomi… E poi ama leggere! Tantissimo! E anche il latte!”, Snake mise infinita enfasi nel descrivere il proprio piccolo amante; quanto avrebbe voluto che in quel momento lo abbracciasse.
Alex non capiva davvero cosa ci trovasse in quel Topo.

“Merda. Sono le 19 e 23. Questa è la volta buona che Micky mi squarta vivo.”, nonostante convivessero da praticamente due giorni, Snake già temeva il topo.
Aprì la porta dell’appartamento, senza fare rumore. Le luci erano tutte spente.
“Micky?”, Snake poggiò la giacca sull’appendiabiti e accese la luce del salone quanto bastava per vederci e non disturbare il piccolo, se si fosse trovato lì. Non si trovava ne’ in salone, ne’ in cucina. Forse in camera da letto?
Spalancò la porta cigolante, ci vedeva bene in quel buio illuminato dalla luce lunare penetrante dai vetri lucidi. Si avvicinò al letto, si vedeva la forma del corpo di Micky sotto le pesanti coperte; Snake si sedette vicino a lui, carezzandogli i capelli che uscivano da sotto le coperte.
“… Sei in ritardo.”, il corpo si strinse su di se’.
“Perdonami, sono un disastro con gli appuntamenti.”, la serpe continuava a carezzare i fini capelli dorati del giovane, facendo scendere lentamente la grande mano a sfiorare le orecchie grigie.
Sospirò, “Ti vado a preparare la cena, ok?”, fece per alzarsi. Cinque affusolate dita si strinsero intorno al polso della mano che coccolava il piccolo. Si rimise seduto, si abbassò sul corpo rannicchiato, spostò le coperte quanto bastava per stampargli un bacio sulla fronte.
“Micky, perché piangi?”, se n’era accorto da prima, già da quando stava per aprire la porta di casa. La serpe sapeva che Micky stava piangendo.
“… Ti va di metterti sotto le coperte con me?”
“Non me lo faccio ripetere due volte.”, sorrise dolcemente. Si tolse le scarpe e si avvolse tra le coperte, stringendo forte Micky a se’, che scoppiò a singhiozzare sul petto della serpe; si strinsero nel calore del loro abbraccio.

Snake spinse la propria lingua nella bocca del giovane, lo sovrastò; il topo, dal canto suo, rimase inerme, lo strinse a se’ e gli carezzò i lunghi capelli bianchi.
La serpe prese a sbottonare la camicia al piccolo, le forme del corpo erano così dolci da farlo sciogliere.
“N-non fissarmi, è imbarazzante… e poi perché mi hai spogliato?!”, si lamentò il topolino arrossito.
“Come perché? Non è ovvio?”, fece scivolare una mano lungo il suo addome fino a sfiorare il membro del giovane eretto, “Perché sei eccitato, e il mio dovere di convivente è fartelo passare.”
“In che senso?”, Snake pensò che lo stesse prendendo per i fondelli, così semplicemente sorride e portò le proprie labbra sui capezzoli rosei del piccolo mentre una mano stringeva il membro eccitato.
Micky sospirò dal piacere, ansimando, “B-basta… Non sei costretto a… Ah!”, era tremendamente eccitato, stava accadendo come nella sua immaginazione di quella mattina. “Come puoi dirmi questo quando il tuo corpo urla dal piacere?”, Snake era eccitatissimo, inutile nasconderlo. Vedere il corpo del topo completamente nudo, ascoltare i suoi gemiti, sentire il suo calore. Snake non avrebbe potuto volere di più.
Le labbra lucide della serpe scesero lungo l’addome dell’amato, fino l’ombelico, così tondo e perfetto, con appena un accenno di peluria intorno. “Micky, devi rilassarti, non ti farò niente di spiacevole”, dicendo così riempiva di baci dolci e profondi la zona inguinale; l’organo del giovane era eretto e voglioso, Snake, semplicemente, soddisfò il ragazzo, accogliendolo tutto dentro la propria bocca, calda ed umida. Micky non aveva mai provato un piacere così profondo e soddisfacente. Emise un urletto strozzato e venne nella bocca del compagno.
Snake si tirò a Micky, stringendolo contro di se’; poteva sentirsi il battito dei due diventare uno solo veloce.
“Tutto bene?”, Snake lasciò prendere fiato al più piccolo riempendolo di baci sul viso e sul collo, lenti e profondi, “C-che domande stupide che fai…”, Micky bloccò la serpe baciandolo sulle labbra, dolcemente, mordendo appena il labbro inferiore; si strinsero nuovamente in un caldo abbracciò.
Socchiudendo gli occhi, il giovane topo, cadde in un sonno profondo.

Micky aprì lentamente gli occhi cenere sentendo la voce di Snake, “Micky, è pronta la cena!”, strillò dalla cucina.
Il topo si avvolse con le pesanti coperte, lasciando visibili solo gli occhi e le punte dei piedi, la serpe rise sonoramente, “Ma che fai? Dai, mettiti qualcosa addosso e siediti a tavola, mi sono messo d’impegno per cucinare, sai?”, versò il contenuto delle pentole in vari piatti dai colori vivaci, il topo di tutta risposta scosse la testa. Il rettile avvicino gli occhi a quegli altri, “Sei davvero carino quando arrossisci, sai?”
“Come fai a vedere che sono arrossito?!”
“Ormai ho visto tutto di te, di cosa ti stupisci?”, il piccolo, semplicemente, abbassò lo sguardo sedendosi a tavola, avvolto dalle lenzuola, “Davvero vuoi mangiare conciato in quel modo?”, la risposta fu un cenno positivo, abbassò le coperte a scoprire il volto e prese a mangiare di gusto ciò che gli aveva preparato con amore il serpente.
“Mh, che palle il cellulare, chi sarà mai a quest’ora? Aspettami.”, Snake si alzò dalla tavola imbandita per spostarsi in salone, rispose farfugliando a bassa voce.
Micky sorridendo finì di mangiare e si alzò per raggiungere il compagno nell’altra stanza.
“Tutto bene?”, Micky si avvolse nuovamente tra le coperte, “Ti stai… rivestendo?”, la serpe si stava preparando per uscire.
“Il mio capo mi ha chiamato per un lavoro urgente. Ci sono problemi in sede, un incarico molto delicato che vuole che io porti a termine in prima persona, dovrei tornare per le quattro, cinque del mattino, non aspettarmi sveglio, ok?”
“Eh?”
“Adesso vado, a dopo piccolo.”, gli scompigliò così i capelli dirigendosi verso l’uscita.
Micky lo tirò per un polso, “Non andare da lui, ti prego…”, si avvicinò e lo baciò con quanta più passione aveva in corpo; “Topo, che hai?”, si staccò dall’altro stupito, “Sei troppo espansivo, e poi che è ‘sta storia…?”, il telefono squillò ancora, “Devo scappare o il Boss mi ammazza, a domani mattina!”, sparì dietro la spessa porta.
Micky aspettò tutta la notte nell’ingresso; aspettò il suo ritorno, inutilmente.



**Presto, troppo presto, qualcosa sconvolgerà la vita già sconvolta del piccolo Micky. Cosa sarà successo a Snake? 
Inizialmente il 6.0 e il 5.0 erano un unico capitolo enorme, ho preferito dividerli. Rendono di più, no? Alla prossima pubblicazione! Seguite ancora la loro storia!**

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Capitolo 9
*** Sleep Away ***


6.5 Sleep away:

“Alexander… Non puoi chiedermi questo.”, Snake cadde lascivo sul divanetto di pelle bianco nel lussuoso studio.
“Eccome se posso, invece! Tu ti trasferirai seduta stante nel nuovo distretto della regione ovest. Non hai scelta, mio caro fratellino.”, continuò, “Credi che non sappia della tua tresca con quella puttanella del Topo? Tu sparirai da questa città, ti dimenticherai di lui e tutto il resto, questione chiusa.”.
Questo accadde quella sera primaverile.

“È così allora..?”, Micky fissò per l’ennesima volta lo sfarzoso orologio situato nell’ingresso dell’appartamento, dove aveva atteso l’infausto ritorno dell’amato; si alzò, sconsolato, solo, triste, sfranto, per dirigersi verso la camera da letto, vestirsi, prendere le sue cose (non che fossero molte) e andarsene da quel luogo. Quanto era passato da quando si erano incontrati? Un mese? Così poco e struggente tempo; il piccolo Topo si ripromise di non piangere se, la mattina, la serpe non fosse tornata, eppure adesso la voglia di affondare la faccia contro il cuscino stropicciato sul letto era forte. Rimase qualche prezioso istante a fissare i ricordi che lo circondavano.

La porta si aprì in religioso silenzio, come a preannunciare la calma prima della tempesta. Snake era preparato alla sfuriata repentina del suo piccolo, così entrato in casa, chiamò a gran voce il suo nome, che, seduto sul divano, non rispose ne’ si girò verso di lui.
La serpe si avvicinò al piccolo, “Devi scusarmi, questa volta devi perdonarmi, questa come le altre. Micky, so di averti promesso che sarei tornato presto, ma…”, il topo prontamente lo interruppe, “Io me ne vado.”. Snake fissò il capo chino del ragazzo ancora seduto, “No, tu devi ascoltarmi! Maledizione, piccolo ragazzino viziato, io ti amo!”. Ti amo, sì, quelle parole erano familiari al ragazzo ,  molto familiari; l’amore, un sentimento così caldo e pressante da imprigionarti nella propria gabbia dorata, e quelle due parole sono la manifestazione dell’amore, “Non dire idiozie, se tu… se tu mi amassi non spariresti senza darmi spiegazioni ne’ giustifiche!”, la rabbia fuoriuscì sotto forma di lacrime che inondarono gli occhi del giovane.
La serpe non rimase troppo a guardare quella scena, lo abbracciò a se’, “Micky, io ti amo, ti amo, ti amo davvero, sei l’unico che abbia mai amato, ti prego, perdonami”, il topo si strinse a lui continuando a singhiozzare e arrancando parole indecifrabili tra un respiro e l’altro; “Micky, se anche tu provi lo stesso per me, se anche tu mi ami quanto ti amo io, vieni con me, scappiamo insieme da questa città che ci odia!”, lo tirò in piedi per baciarlo con forza, imprimendo il sapore delle proprie labbra su quelle dell’altro.

Micky si sedette sul letto, “Snake, forse anche io ti amo, sai..?”, l’altro, dopo essersi tolto la propria maglietta, passò a quella del ragazzo, svelando ancora quel corpo efebico, “Uh, ma davvero? Quale onore.”, la serpe sfoggiò un ampio sorriso prima di spingere sotto di lui il piccolo corpo, per baciarlo ancora e ancora.
“Micky, adesso io e te faremo l’amore”, concluse infine la serpe, stringendosi in un profondo e caldo abbraccio.

 

**io come Micky questa estate ho cambiato completamente vita, l'amore che si prova per una persona non cambiera mai, dedico questo capitolo, quindi, al primo vero amore, alla prossima pubblicazione C:**

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