Bad Romance di Melanyholland (/viewuser.php?uid=1195)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The King and Two Queens ***
Capitolo 2: *** The Kissing Bandit ***
Capitolo 3: *** Mean Girls ***
Capitolo 4: *** War of the Roses ***
Capitolo 1 *** The King and Two Queens ***
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Titolo:
Bad Romance
Autrice:
Melanyholland
Summary:
Chuck Bass era abituato
ad ottenere sempre ciò che voleva. Il suo piano era infallibile e la vittoria
avrebbe avuto il dolce sapore delle labbra di Blair.
Timeline:
dopo la 2x04 (The Ex Files)
Rating:
Arancione
Personaggi Principali:
Chuck Bass,
Blair Waldorf, Serena Van der Woodsen, Dan Humphrey; Chuck/Blair, Serena/Dan.
Disclaimer:
Gossip Girl non mi
appartiene, ho solo preso in prestito i personaggi per giocarci un po’.
Nota Introduttiva:
la 2x04 è
uno dei miei episodi preferiti. È geniale nella sua costruzione e vede Chuck al
suo massimo splendore. Non ho mai sopportato che il suo piano non avesse seguito
alcuno nell’episodio successivo, se non in un fiacco approccio a Blair. Perciò,
dopo una lunga e difficoltosa gestazione, ecco la mia versione dei fatti in cui
Chuck continua a muovere i fili della lotta fra Serena e Blair a suo vantaggio.
Mi sono presa un’unica
libertà rispetto all’episodio: dal confronto finale con Chuck, Blair non capisce
che dietro l’ascesa al trono di Serena ci sia lui.
Credo di aver detto
tutto.
Buona lettura!
Bad
Romance
1. The King and Two
Queens
“La gelosia è un’emozione potente.
Ho dovuto creare un mostro per detronizzare
Blair.”
“Perché hai voluto detronizzare la regina?”
“Ho le mie buone ragioni”.
Chuck & Amanda, 2x04 The Ex Files
Il piano era riuscito
alla perfezione. Chuck aveva sempre saputo di essere un genio della
manipolazione, ma quello che aveva creato in quei giorni era di gran lunga
superiore ad ogni astuzia precedente. Non solo tutti avevano fatto esattamente
quello che lui voleva che facessero, ma né Humphrey, né Serena, né la stessa
Blair avevano capito che a muovere i fili era stato lui. Si era goduto ogni
minuto di quel gioco perverso e ora sorrise, malignamente soddisfatto, mentre
osservava le ragazze sui gradini fissare rapite Serena, senza curarsi
minimamente di Blair. Quest’ultima se ne stava in silenzio accanto alla sua
migliore amica, con le mani congiunte in grembo e le gambe accavallate. A
guardarla, altera e algida come al solito, si sarebbe pensato che andava tutto
bene per lei; ma Chuck, che conosceva Blair meglio di chiunque altro, notò
compiaciuto la stretta spasmodica delle sue graziose mani e lo sguardo
angosciato dei suoi grandi occhi, prove inconfutabili dell’immenso disagio che
la tormentava. Oh, era talmente deliziosa che gli si strinse il cuore.
Tuttavia il gioco non
era ancora finito, ricordò a se stesso. Gioire del successo andava bene, ma non
doveva perdere di vista l’obiettivo vero, che era e sarebbe sempre stato far sì
che Blair tornasse a fargli le fusa nell’orecchio, sensuale e focosa fra le sue
braccia. Era giunto il momento di passare alla seconda fase del piano ed errori
di distrazione non erano contemplati.
Prima di tutto era
necessario che lei gli chiedesse aiuto per riguadagnare il trono. Chuck avrebbe
sfruttato il tempo trascorso insieme per riconquistarla e fargli mollare il
frigido Piccolo Lord. Era piuttosto sicuro di sé, perché sapeva che Blair, a
discapito delle sue dichiarazioni, era ancora fortemente attratta da lui. La
foga con cui l’aveva baciato e toccato durante il black-out non lasciava dubbi
in proposito. Si godette il ricordo per qualche secondo, prima di abbandonarlo a
malincuore per riprendere le sue riflessioni: come aveva detto, la
concentrazione era essenziale e non era auspicabile passare il resto della
giornata con i pantaloni dolorosamente stretti.
Il piano di seduzione
sarebbe andato a buon fine solo se Serena avesse continuato a comportarsi da
stronza, quindi Chuck doveva stare attento a rinfocolare in continuazione il suo
dolore e la sua ira, contro Humphrey, certo, ma magari anche contro Blair. Non
erano ammissibili rimorsi e indietreggiamenti da parte della nuova regina,
almeno finché quella vecchia non avesse capitolato di fronte a lui. Non sarebbe
stato facile impedirlo, dato il carattere arrendevole e fondamentalmente dolce
di Serena, ma Chuck era certo di riuscire, perché… beh, perché lui era Chuck
Bass.
Mentre ragionava, si
era concesso il piacere di accarezzare con lo sguardo la figura attraente di
Blair; la adorava con ogni abito, soprattutto ovvio la adorava nuda, ma i
completi che prediligeva per la scuola esercitavano su di lui un fascino
incredibile. Quella camicette candide e quelle gonne fino al ginocchio la
facevano sembrare così innocente, e dato che Chuck sapeva bene che
innocente lei non era proprio –e in gran parte per merito suo, si beò tronfio-
l’immagine d’insieme era piuttosto erotica.
All’improvviso, Blair
si accorse del suo scrutinio e gli lanciò un’occhiata torva, prima di voltarsi
bruscamente da un’altra parte. Chuck non smise di sorridere, divertito.
La vittoria era vicina
e avrebbe avuto il sapore delle labbra di Blair.
*
“Volevo congratularmi
di persona con te, sorellina. La tua ascesa è stata così trionfale e rapida che
Blair non si è accorta di essere caduta finché non si è ritrovata i lividi sul
sedere”.
Serena fece una smorfia
alle parole con cui l’aveva salutata.
“Chuck, sei rivoltante.
E comunque che ci fai in camera mia?” domandò scocciata, lasciando cadere la
borsa dei libri sul pavimento.
“Te l’ho appena detto.”
rispose lui. A volte gli venivano seri dubbi sulle facoltà intellettive di
Serena; ma in fondo non poteva aspettarsi granché da una che era stata amica di
Georgina Sparks e che per di più era bionda.
“Beh, vattene.”
“Credevo che rendere
omaggio alla nuova regina fosse d’obbligo.” proseguì Chuck, mellifluo. Il suo
vero scopo era ben diverso da quello che aveva enunciato e non se ne sarebbe
andato prima di averlo raggiunto.
“Non sono la nuova
regina”. Fu la scontata replica della sua cara sorellina, seguita da un sospiro.
“Ero arrabbiata con Dan. Volevo solo…” si morsicò un’unghia, alla ricerca di una
scusa. “…dargli una lezione, ecco.”
“Non devi giustificarti
con me.” ribatté lui e le sorrise complice; Serena non ricambiò ed era
prevedibile anche quello. Chuck si avvicinò a lei finché non furono uno di
fronte all’altra.
“E sei la
regina. Le ragazze ti seguono e non puoi farci niente. Tu sei una vincente, lo
sei sempre stata, e loro lo sanno. Lo sentono”. Prese una lunga ciocca di
capelli biondi fra le dita e l’annusò allusivo, provocando la reazione
disgustata di lei, che si ritrasse di colpo. “Chuck!”
“Blair è, beh, era
la regina solo perché tu glielo concedevi.” continuò, imperterrito. “E lei
lo sa. Per questo ti odia.”
“Blair non mi odia!”
protestò Serena, veemente. “È la mia migliore amica! Tu vuoi metterci una contro
l’altra per vendicarti di lei”.
Forse non era così
lenta come sembrava, rifletté Chuck, ma sorrise, tranquillo.
“Ti vuole bene, è vero.
Ma ti odia anche un po’, perché non potrà mai essere alla tua altezza. Non far
finta di non averlo notato”, la zittì perentorio, quando lei aprì la bocca per
obiettare. “Oggi ti ha odiata quando l’hai messa da parte, e non si preoccuperà
del fatto che siete amiche nel momento in cui deciderà di vendicarsi. Perché lo
farà, puoi starne certa.” le assicurò, e fu soddisfatto quando la vide perdere
fermezza. Serena gli credeva, ed anche quello era stato previsto. In fondo, come
poteva dubitare delle sue parole, dopo quello che Blair le aveva combinato
durante l’Ivy Week l’anno prima?
“Le parlerò, se è
arrabbiata con me.” mormorò, e Chuck capì che stava rassicurando se stessa, più
che lui. “Non voglio litigare con lei”.
Lui sospirò, scuotendo
la testa.
“Ritiro quello che ho
detto, sorellina. Non hai le palle per essere qualcosa di più dello zerbino di
Blair.” commentò, e sorrise nel vedere l’irritazione sbocciare sull’attraente
viso di lei. Era il momento di darle il colpo di grazia. La squadrò lascivamente
da capo a piedi e inclinò la testa, leccandosi le labbra. “Beh, consolati: ti
resta sempre un corpo davvero sexy.”
“Vai fuori.” sbottò
lei, infuriata. Chuck obbedì, congratulandosi ancora una volta con se stesso.
Le cose non potevano
andare meglio.
*
Blair ricacciò indietro
le lacrime, stringendo le labbra. Tutto quello che le era accaduto negli ultimi
due giorni le pesava come un macigno sul petto, troncandole il respiro.
Prima la torbida e
vomitevole storia di Marcus e Catherine; Blair si chiese cosa non andava in lei,
se tutti i ragazzi con cui aveva una relazione finivano con l’andare a letto con
altre donne. Marcus aveva preferito a lei addirittura una quarantenne acida con
la faccia imbottita di botox! Era stato così umiliante che si
sentiva male solo a ricordarlo e, come se non bastasse, la pezzente di Brooklyn
era venuta a conoscenza di tutto prima di lei e l’aveva vista trattenere
faticosamente il pianto di fronte alla foto che dimostrava il tradimento. Il
pensiero di essersi mostrata così vulnerabile di fronte a Vanessa le
bruciava dentro come se avesse avuto un uncino rovente conficcato nello stomaco.
Poi era tornata a
scuola, per ritrovarsi davanti le sue minions tutte agghindate con
foulard invece di cerchietti. Non aveva fatto in tempo a chiedersi cosa fosse
successo, che Serena era comparsa, solo che non era più l’amica leale e preziosa
che si era dimostrata da quando era tornata dal collegio, no, quella era la
Serena che se l’intendeva con Georgina Sparks e trattava Blair con sufficienza,
facendola sentire sempre inferiore, fuori posto, sbagliata. Il modo in
cui le aveva avvolto il foulard al collo, come se fosse il suo cagnolino, quel
“Vai, corri”, pronunciato con condiscendente arroganza, avevano fatto
riaffiorare quelle sensazioni degradanti in un istante. Era stato come essere in
un incubo, perché Blair sapeva che doveva dire qualcosa, voleva chiedere
a Serena che cosa stava succedendo e perché all’improvviso si comportava da
stronza, ma era bloccata, le parole le erano rimaste incastrate in gola e
tutto quello che era riuscita a fare era balbettare fiocamente qualcosa su un
libro e poi fuggire via, scappare proprio come un animaletto impaurito, sotto
gli sguardi di derisione di Penelope, Iz e Hazel.
E di Chuck.
Chuck che aveva infierito, invece di aiutarla. Blair ripensò all’anno prima, a
come lui si era ovviamente schierato al suo fianco contro Serena, collaborando
alla sua vedetta. Si domandò se le cose fossero cambiate. Dopotutto, Serena era
sua sorella adesso e Chuck sembrava preoccuparsi sinceramente per lei. Di certo
si era impegnato molto per liberarla dall’opprimente problema di Georgina,
rischiando addirittura di arrivare al matrimonio di suo padre senza discorso del
testimone. Quella considerazione le fece avvertire una fitta bruciante al petto
che si rifiutò categoricamente di chiamare gelosia. Più che altro, si sentiva
tradita da Serena: se Georgina era stata costretta a lasciare la città
era stato soprattutto grazie a Blair. La sua “amica” avrebbe anche potuto
ricordarselo, quando si era presentata a scuola per conficcarle un pugnale nella
schiena; come del resto avrebbe potuto tenere a mente tutte le altre cose che
Blair aveva fatto per lei nel corso degli anni, in primis perdonarla per lo
sporco affare con Nate.
Blair sentì la rabbia
montarle in petto e l’accolse con il sorriso sulle labbra. Molto meglio essere
infuriata che essere disperata, rifletté, perciò continuò a rimuginare su quanto
Serena era stata ingiusta con lei finché il dolore non fu seppellito sotto
collera e risentimento. Non le avrebbe permesso di spadroneggiare nel suo
regno.
Il cellulare trillò dal
comodino e Blair guardò il display con una smorfia. Se Serena credeva davvero
che poteva comportarsi da vipera e poi telefonarle come se niente fosse, si
sbagliava di grosso. Anche ammesso che volesse scusarsi, come era legittimo
pensare, Blair giudicò che la sua amica dovesse faticare di più per farsi
perdonare. Non bastava una chiamata a riparare il danno, il minimo che Serena
poteva fare era presentarsi di persona e implorare la sua clemenza, se la
voleva. Magari di fronte a Penelope, Iz e Hazel, aggiunse mentalmente dopo una
pausa, sorridendo maligna.
Blair rifiutò la
chiamata e decise di andare a fare un po’ di shopping da Bendel’s. Borse
e scarpe nuove la mettevano sempre di buonumore e quel giorno ne aveva davvero
bisogno.
Quando uscì di casa,
non si accorse della limousine parcheggiata dall’altra parte della strada, ma di
certo chi c’era all’interno notò lei. Era lì per questo.
*
Blair ruotò la caviglia
di lato per ammirare meglio l’effetto che facevano ai suoi piedi i sandali
Manolo che stava provando. Aveva lasciato che la commessa la complimentasse
un po’ prima di spedirla via, rendendosi conto che quelle lodi cinguettate in
tono tanto gentile quanto fasullo non la facevano sentire meglio, tutt’altro.
Concentrata sul riflesso dei propri piedi nello specchio, si accorse di Chuck
solo quando la raggiunse la sua voce:
“Carine. Mi piacerebbe
vederti con addosso quelle e nient’altro”.
Blair non si voltò, ma
lo specchio le permise di osservarlo mentre con un sorrisetto faceva scorrere
vizioso gli occhi sul suo corpo, soffermandosi sulle gambe slanciate dai tacchi
alti. Sbuffò, seccata.
“Bass, sei l’ultima
persona che vorrei vedere in questo momento.”
“Davvero? Credevo fosse
Serena.” replicò lui, con uno sguardo scaltro.
Blair lo ignorò,
focalizzandosi di nuovo sulle scarpe. Aveva provato quelle blu, ma forse le
sarebbe stato meglio un altro colore. Rosso?
“Il modo in cui ti ha
soffiato il trono è stato incredibile.” lo sentì proseguire, in tono ammirato.
La fitta al petto tornò e Blair maledì se stessa per quella sciocca reazione.
Era di Chuck che si stava parlando, uno che apprezzava qualsiasi donna
respirasse.
Ma questo non era
esatto e Blair non riuscì a lasciarsi passare quella bugia. Chuck trovava
attraenti le donne, Chuck voleva fare sesso con le donne, ma non le ammirava.
La sola verso cui provava quel sentimento era sempre stata lei.
Le cose però dovevano
essere cambiate. Quando aveva visto Serena arrivare in tutto il suo splendore e
trattarla come un animale domestico, di sicuro Chuck aveva pensato che lei fosse
grandiosa e che Blair fosse patetica. Dopotutto, era stato proprio lui a dirle
che il ritorno al trono di Serena era “prevedibile”. Certo che lo era, quando
Blair nel confronto era stata così palesemente… inferiore.
All’improvviso, Blair
non ebbe più voglia di fare shopping. Fu costretta tuttavia a continuare a
fissare i sandali per non dover incontrare lo sguardo derisorio di lui.
Purtroppo per lei non era così semplice evitare di ascoltare.
“Avevo quasi
dimenticato quanto Serena potesse essere fantastica. Povera la mia Blair,
stavolta non sarà così facile riconquistare ciò che avevi. La piccola Humphrey
non aveva scampo contro di te, ma Serena è tutta un’altra storia”.
Chuck si era reso conto
del disagio crescente di Blair e proprio per questo stava calcando la mano. La
sua affascinante ex era maledettamente orgogliosa, perciò, se voleva convincerla
ad accettare il suo aiuto, doveva far sì che fosse davvero disperata.
“Serena non sa fare la
regina.” protestò Blair freddamente, alzando il capo con fierezza. “Ai suoi
tempi non faceva che bere fiumi di alcol e fare sesso con chiunque le palpasse
il didietro. Prima di me, la regina della Constance non aveva alcuna classe.”
“Dimentichi che è
cambiata”, insisté lui, e Blair era così rigida che sembrava pronta a spezzarsi
al più piccolo movimento. “Ammettilo, Waldorf. Hai un bel problema.”
“Non vedo come tutto
questo sia affar tuo” ribatté lei e finalmente si voltò a guardarlo. Aveva lo
stesso atteggiamento di quella mattina, tutta gelo e austerità, ma di certo
ribolliva di furore e desiderio di vendetta. Il freddo fuori, il fuoco dentro.
Dio, quanto la adorava.
Chuck resistette
all’impulso di abbandonare ogni piano intellettuale per saltarle direttamente
addosso e replicò, in un sussurro: “Mi fa male al cuore vederti così.”
“Tu non hai un cuore.”
“Perciò voglio
aiutarti.” proseguì ignorandola, e trattenne un sorriso compiaciuto quando la
vide esitare, soppesando la sua proposta. Infine Blair scosse la testa, ma Chuck
non ne fu scoraggiato.
“Non voglio il tuo
aiuto. Non ne ho bisogno”, si corresse, con orgoglio. “Posso vincere
contro Serena anche da sola.”
“Non sembrava, questa
mattina.” commentò Chuck in tono di scherno e lei accusò il colpo, voltandosi di
nuovo in un frullo di boccoli castani.
Blair rifletté che
quella giornata stava peggiorando di minuto in minuto. Non solo aveva avuto la
conferma che Chuck era affascinato dalle abilità di Serena, ma addirittura lui
pensava che Blair non avesse alcuna possibilità di vincere da sola. La riteneva
una povera incapace bisognosa di aiuto e la pietà di Chuck Bass era troppo da
sopportare.
Si sfilò i sandali in
vendita e si rimise in fretta le sue scarpe.
“Devo andare, adesso.”
annunciò sbrigativa, dirigendosi verso l’uscita del negozio. Trasalì quando
percepì la mano di lui stringerle il braccio per trattenerla.
“Lasciami!” gli intimò
all’istante, cercando di divincolarsi. Le pizzicava la gola e il macigno sul
petto era sempre più opprimente. Molti clienti si voltarono verso di loro.
Stavano facendo una scenata e non poteva esserci niente di più patetico,
pensò Blair, sentendosi sempre meno una regina.
“E tu lasciati
aiutare.” ribatté lui, in un tono di comando che la infastidì.
“Ho detto che non ne ho
bisogno!”.
Chuck mollò la presa
all’improvviso e Blair, che si stava sporgendo in avanti con tutte le forze per
liberarsi, perse l’equilibrio sui tacchi. Finì a terra su ginocchia e mani e
sentì le lacrime affiorare agli angoli degli occhi, ma non era stato il dolore.
Si sentiva così
umiliata.
Chuck non aveva avuto
intenzione di farla cadere e si maledì mentalmente, soprattutto quando si
accorse dei cellulari puntati su Blair da un paio di ragazze. Un altro
aggiornamento degradante su di lei su Gossip Girl l’avrebbe forse resa ancora
più disperata e quindi più propensa ad accettare il suo aiuto, ma Chuck sapeva
che c’era un limite preciso fra gioco e crudeltà e anche se in passato non si
era fatto scrupoli a superarlo, non si sarebbe comportato in modo simile con
Blair.
Un ragazzo diverso da
lui, uno come Nate, ad esempio, l’avrebbe aiutata cavalleresco a rialzarsi.
Chuck si diresse invece verso le due clienti ridacchianti che avevano scattato
la foto della caduta, sperando che non l’avessero già inviata. Erano studentesse
della Constance e vedendolo arrivare, sorrisero deliziate; ma cambiarono
atteggiamento quando si accorsero dell’espressione buia del suo viso.
“L’avete inviata?”
domandò, brusco.
“Ora lo facciamo.” lo
rassicurò una, fraintendendolo completamente.
“Non ci provate.”
sussurrò, tagliente. Non aveva bisogno di minacciarle dicendo altro, perché
sapevano chi era. Infatti, anche se si scambiarono sguardi confusi e stupiti,
annuirono obbedienti. Soddisfatto, Chuck fece per andarsene.
“Ci prendiamo un drink
una di queste sere, Chuck?” cinguettò una delle due allusiva, attorcigliandosi
una ciocca di capelli biondi con il dito e guardandolo con occhi languidi. Lui
la squadrò dal volto pesantemente truccato fino alla punta delle scarpe Gucci
e poi sorrise, sprezzante.
“Ho già assaggiato quel
drink. È facile da mandar giù e ancor più facile da dimenticare.” commentò
indifferente, lasciandosi alle spalle la smorfia offesa di lei. Voltandosi, si
accorse che Blair, ora in piedi, lo stava fissando. Una delle calze si era rotta
lasciandogli intravedere il ginocchio graffiato e arrossato. Chuck fu tentato di
chiederle se voleva che le desse un bacio dove faceva male, ma Blair sembrava
davvero provata, gli occhi decisamente troppo lucidi, e lasciò perdere le
battute.
“Tutto bene?” le chiese
in un sussurro, quando furono di nuovo vicini.
“Mi hai fatto cadere di
proposito.” lo accusò lei, accigliata; ma l’aveva detto più per dovere che per
reale convinzione.
“Andiamo, Blair. Se
avessi voluto farti del male, sarei stato più sottile di così. Lo sai”.
Blair pensò che solo
nell’universo di Chuck Bass una frase del genere poteva considerarsi una difesa.
Sospirò, scuotendo la testa. Malgrado tutto, gli era grata per aver impedito che
la foto della sua imbarazzante goffaggine finisse sul sito di pettegolezzi.
Poteva immaginare i crudeli giochi di parole che Gossip Girl avrebbe inventato
sulla sua caduta metaforica e fisica ed era davvero felice di non doverli
leggere.
“Ti accompagno a casa.”
disse lui. Riusciva ad essere arrogante perfino quando voleva fare un favore,
rifletté Blair. Insomma, era tanto difficile alzare il tono alla fine quel
pizzico necessario a farla diventare un’offerta invece che un ordine?
“Chiamo un taxi.”
“Non c’è motivo.
Andiamo”. Blair non si mosse e lui sospirò. “Dai. Non dobbiamo parlare per
forza”.
Lei esitò. “Non si
parlerà”, stabilì infine e lo seguì, salendo sulla limousine. I taxi non le
piacevano granché e immaginò di dovergli un favore, dopo quello che lui aveva
fatto in negozio. Peggio per Chuck se si era giocato così male
quell’opportunità.
Viaggiarono in silenzio
per un po’. Blair osservava New York scorrere attraverso il finestrino; una
delle cose che adorava delle limousine era che potevi guardare tutto senza
essere scrutata a tua volta. Quando si fermavano ai semafori, molte persone
scoccavano occhiate curiose dalla loro parte, chiedendosi probabilmente quale
personaggio famoso o importante si trovasse al di là del vetro oscurato.
In limousine, Blair si
era sempre sentita ammirata e speciale.
“Qualche bel ricordo?”
l’apostrofò Chuck allusivo e lei si accorse solo in quel momento che le era
affiorato un sorriso sulle labbra.
“Avevamo detto che non
avremmo parlato!” gli ricordò, risentita. Lui fece un sorrisetto insolente.
“Tu l’hai
detto”.
Blair sbuffò e, decisa
ad ignorarlo, si concentrò di nuovo sul mondo all’esterno.
“Programmi con il
Piccolo Lord per stasera?” le domandò lui d’un tratto, in tono casuale. Blair
sorrise perfida nel percepire la gelosia dietro quell’apparente disinvoltura, ma
smise di colpo quando si ricordò che Marcus non era più il suo ragazzo.
Chuck scorse le
emozioni che si susseguivano sul viso di lei grazie al riflesso sul finestrino e
ne fu parecchio interessato. Sospettò che ci fossero guai in paradiso e ne fu
ancora più convinto quando lei, dopo un’esitazione, rispose: “Certo. Marcus non
sa stare senza di me. È così dolce”, con voce fin troppo vivace. Le lasciò
passare la bugia, comunque.
Per ora.
Blair, da parte sua,
sapeva che prima o poi Chuck avrebbe scoperto la verità, ma non voleva
affrontare l’argomento dopo quella giornata disastrosa. Era semplicemente
troppo. Attese col cuore in gola che lui insistesse sulla questione, tirando un
sospiro di sollievo quando dopo molto tempo non le arrivò alcun commento.
Finalmente, la
limousine parcheggiò di fronte al suo palazzo.
“Grazie del passaggio.”
disse automaticamente, mordendosi la lingua subito dopo. Sperò che Chuck non
cogliesse il riferimento, ma quando lo guardò, ovviamente lui stava sorridendo,
divertito dalla sua gaffe.
“Se ti dico che sei
stata fantastica, ripetiamo anche tutto il resto?” sussurrò seducente, facendo
scorrere uno sguardo arroventato su di lei.
“Scordatelo, Bass.”
ribatté ostile, e avrebbe potuto finirla lì, ma non riuscì a trattenersi
dall’aggiungere, piccata: “Fai le tue proposte oscene a Serena. Sei un suo fan
adesso, no?”.
“Gelosa?” la schernì
lui, compiaciuto.
“Vai al diavolo”.
Gli diede le spalle e
fece per scendere, ma Chuck la afferrò di nuovo per il braccio. Blair si voltò
di scatto, ma la protesta rabbiosa che aveva pronta sulla lingua fu soffocata
dagli occhi di lui, che la guardavano con intensità, e dalla sua voce, che disse
in un sussurro:
“Sei sempre tu la mia
preferita, Blair. Lo sai”.
Blair avrebbe voluto
replicare qualcosa di velenoso e scettico –Quello che so è che dalla tua bocca
escono solo bugie e oscenità, Bass-, ma il modo in cui Chuck la stava guardando
le rese impossibile parlare: era lo sguardo del Victrola, lo sguardo
della sera del suo compleanno, lo sguardo del discorso del testimone.
Confusa e tormentata da
un uragano di emozioni diverse e in contrasto, Blair preferì sfilare il braccio
e allontanarsi senza una parola. Chuck continuò a fissarla con adorazione e
affetto finché non fu scomparsa dietro le porte del suo palazzo, poi si sfilò il
cellulare dalla tasca e spinse uno dei tasti delle chiamate rapide.
“Mike? Ho bisogno che
tu scopra qualcosa per me”.
Il piano si stava
delineando ed era così facile che quasi non gli sembrava vero.
End#1
Note dell’Autrice:
[1] “Bad Romance” è una canzone del 2009 di Lady Gaga.
[2] “The King and Four Queens” è un film del 1956 con Clark Gable.
[3] Ringrazio in
anticipo tutti i lettori, per qualsiasi chiarimento, io sono qui. Per chi sta
leggendo Purple Suits and Red Lips, mi spiace che l’aggiornamento tardi
così tanto ad arrivare. La mia impazienza verso il telefilm di questi tempi
uccide letteralmente la mia ispirazione. Un altro dei motivi per cui ho voluto
tornare con questa long-fic ai bei vecchi tempi, quando Gossip Girl era davvero
un guilty pleasure e non l’imitazione di una telenovela argentina.
Al prossimo
aggiornamento!
Melany
|
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Capitolo 2 *** The Kissing Bandit ***
New Page 1
2. The Kissing Bandit
“Ehi, sorellina.”
“Ti ho detto di non
chiamarmi così.” sbottò Serena, in automatico. “E vorrei ricordarti che questo è
il corridoio delle ragazze. Il St. Jude è di là.”
“Qui il panorama è
migliore.” obiettò Chuck, occhieggiando lascivo le scollature di un paio di
matricole. Serena sbuffò e roteò gli occhi, poi aprì il suo armadietto e vi
infilò un quaderno ad anelli.
“Hai visto Blair?”
“Non recentemente.”
mentì lui, con una scrollata di spalle. Oh, sapeva dov’era Blair. Sapeva
sempre dov’era Blair.
“Devo parlarle e non
risponde alle mie chiamate.” sospirò Serena.
“Ho una cosa per te.”
“Se ti slacci i
pantaloni, giuro che ti arriva una ginocchiata lì in mezzo.” lo ammonì lei, con
un’occhiataccia. “Esattamente come due anni fa”.
Chuck rise, nostalgico.
Quelli sì che erano bei tempi.
“Eri appena uscita da
uno sgabuzzino con un cameriere del catering. Pensavo volessi cancellare il
ricordo con un’esperienza di qualità.”
“Basta, non ne voglio
parlare.” replicò Serena, con il suo solito atteggiamento da verginella
oltraggiata. Solo uno come Humphrey poteva cascarci, rifletté Chuck. Per lui,
Serena aveva smesso di essere credibile in quel ruolo di vestale innocente
quando a un party l’aveva vista tirare su una striscia di coca dagli addominali
nudi di uno sconosciuto e poi mettersi a cavalcioni su di lui per baciarlo con
la lingua.
Comunque, Chuck la
accontentò e le porse un libro di calcolo.
“Che roba è? Non ho
matematica, questo semestre.”
“È di Humphrey.”
“E allora perché ce
l’hai tu?”
“L’ha dimenticato in
classe”.
In realtà, Chuck aveva
convinto Lester Creed, un tizio di terza abile coi lucchetti, a rubarglielo
dall’armadietto in cambio di un invito assicurato per il Lost Week-End di
quell’anno.
Serena inarcò le
sopracciglia.
“Ancora non spiega
perché ce l’hai tu.” ribatté e Chuck doveva darle credito: era più arguta di
quanto ci si aspettasse da lei a una prima occhiata. “Da quando ti preoccupi di
Dan?”
“Mi preoccupo per te,
sorellina. Siamo una famiglia, ora.” sussurrò teneramente e, al suo verso
scettico, proseguì, criptico: “Credo che dovresti dare un’occhiata a pagina
ventisei. Sono sicuro che non vorresti cadesse in mani sbagliate.”
“Ma di che parli?”.
Finalmente aveva
l’attenzione di Serena, che aprì le mani istintivamente per afferrare il libro
appena lui lo lasciò cadere. Chuck non rispose. Le scoccò un sorrisetto e le
voltò le spalle per andar via, infilandosi una mano nella tasca dei pantaloni
beige.
Serena lo fissò con le
sopracciglia aggrottate finché lui e la sua andatura ciondolante non sparirono
dietro un angolo, poi aprì il libro. Era decisamente di Dan. Riconobbe la
calligrafia con cui aveva scarabocchiato il suo nome sulla prima pagina e la
carta profumava vagamente di waffle e caffé. Un odore che la riportava a
piacevoli giornate passate con Dan a casa sua, abbracciati sul letto a vedere un
film o a studiare insieme per un esame o semplicemente a baciarsi e fare
l’amore.
All’improvviso, si
sentì in colpa per come lo aveva trattato, riducendolo a un reietto, scansato da
tutti. Forse Dan non aveva avuto tutti i torti: si stava davvero comportando
come le Perfide. Certo, vederlo con Amanda l’aveva ferita –come poteva, Dan,
aver dimenticato la loro storia, aver dimenticato lei, così in fretta?
Come poteva accusarla ingiustamente? - ma forse stava dando troppa importanza
alla sua uscita con quella ragazza. A parte parlare di libri noiosi, non avevano
condiviso niente. Non come lei e Dan. Quello era prezioso e indimenticabile,
speciale.
Sospirò e sfogliò il
libro fino alla pagina indicata da Chuck. Quando ci arrivò, vide un foglio rosa
pastello accuratamente ripiegato infilato nel mezzo.
“Cosa..?”.
Caro Dan,
scusa se al club sono
stata un po’ brusca con te, ma ero davvero sconvolta per quello che mi avevano
fatto Serena e le sue amiche. Ho parlato con i miei e ho deciso di non
frequentare più la Constance. Non è una scuola che fa per me, non ho la forza di
oppormi tutto l’anno alle prepotenze e agli scherzi crudeli delle ragazze. Avevi
ragione, a proposito, sono davvero cattive e Serena non fa eccezione, anche se
finge di no. È esattamente come loro, anzi peggio, perché come dici tu, ha finto
per un anno con te di essere migliore.
Perciò lascio la città.
Spero non mi giudicherai male per questo, perché sei stato l’unico gentile con
me e vorrei che conservassi un buon ricordo del tempo che abbiamo passato
insieme, anche se è stato breve. Io di certo non dimenticherò mai il bacio che
mi hai dato dopo avermi rincorsa per consolarmi dello scherzo meschino di Serena
e le altre. E’ stato il più bello che abbia mai ricevuto.
Mi sarebbe piaciuto
stare insieme a te, ma non ce la faccio proprio. Scusa.
Tua,
Amanda
Serena sentì gonfiarsi
un nodo in gola, zuppo di lacrime trattenute e rabbia. Come aveva potuto?
Parlare male di lei alle spalle, credere davvero che non fosse diversa dalle
Perfide, come se il loro amore e il tempo in cui la guardava come se fosse la
cosa più bella che gli fosse mai capitata, non fosse mai esistito. Come se non
l’avesse mai conosciuta davvero. Proprio lui, il primo e l’unico a cui Serena
avesse mai davvero aperto il suo cuore con fiducia e onestà, completamente, ora
sputava su tutto ciò che avevano condiviso ritenendolo una falsità.
Non riusciva a
realizzare quale colpo facesse più male, se quello, o il fatto che avesse
baciato quella lì solo a una settimana di distanza dalla loro rottura, perfino
dopo quel tacito messaggio che si erano lanciati in ascensore.
Serena? Io continuo...
Lo so. Anch’io... ti
amo.
No, era troppo. Non gli
avrebbe permesso di umiliarla così. Le guance le bruciarono di vergogna appena
si rese conto che solo un momento prima si sentiva in colpa per averlo isolato
da tutti. Ma ora non più, anzi, quello era solo l’inizio. Accartocciò il foglio
nel pugno e se lo infilò nella tasca del cardigan, irata. Chuck aveva ragione,
meglio che occhi indiscreti non lo leggessero: Gossip Girl si sarebbe presa di
nuovo gioco di lei e tutti avrebbero pensato che era assolutamente patetica,
ancora lì in lutto per la rottura con Dan mentre lui se la spassava con la prima
che capitava. Al contrario, ora avrebbe dimostrato a tutta Manhattan che di Dan
non le importava proprio nulla, era acqua passata. Totalmente. Dan
avrebbe visto inerme le foto di lei che si divertiva con altri, da solo, nella
sua squallida stanzetta da quattro soldi. Perché alle loro feste di certo
nessuno lo avrebbe più invitato, ora che lei non era più al suo fianco a tenerlo
per mano.
Serena si diresse a
passo deciso verso il cortile, mento alzato, occhi ferventi di determinazione e
chioma dorata che seguiva indomita ogni suo movimento sui tacchi alti degli
stivali di pelle. Chiunque la notò in quel momento –e furono in molti-, non poté
fare a meno di pensare che Serena Van der Woodsen sembrava una vera dea.
*
“Stasera aperitivo al
Geisha.” annunciò Blair, sedendosi al tavolo di Penelope, Iz e Hazel. Il
suo tono non ammetteva repliche. Aveva deciso che la migliore strategia per
riconquistare il potere era dare l’impressione che Serena non glielo avesse mai
tolto, come se l’incidente con i foulard fosse così di poco conto per lei da
esserle passato del tutto di mente. Purtroppo, Penelope non sembrava avere
intenzione di renderle la vita facile, come al solito:
“Viene anche Serena?”
“Se glielo chiedo, lo
farà.” ribatté Blair, sprezzante. Serena aveva provato a contattarla almeno una
decina di volte, di certo si sentiva tremendamente in colpa. Pertanto, sarebbe
stato un gioco da ragazzi convincerla a seguirle al sushi bar. Del resto, pensò
Blair piccata, glielo doveva. Insieme a un bel po’ di scuse sentite.
“Adoro il sushi.”
cinguettò Hazel e le altre annuirono, rispettose.
“Davvero un’ottima
idea, B”.
Blair sorrise
soddisfatta, in bocca già il sapore della vittoria. Chuck si sbagliava e glielo
avrebbe gettato in faccia presto: riconquistare il trono era stato
semplicissimo, anche più che con la piccola Jenny. Del resto, Serena non era mai
stata granché nei giochi di potere.
Dovette però
riconoscerle che era bravissima nelle entrate in scena a effetto. Si
materializzò al loro tavolo con irruenza, le guance accalorate e uno sguardo
feroce che Blair non le aveva mai visto. Perfino lei si sentì un po’ in
soggezione.
“Stasera ho voglia di
ballare. Che ne dite di un giro per i locali più in dell’Upper East Side?”.
Le ragazze si
scambiarono occhiate e sorrisetti, mentre Blair avvertì un tuffo allo stomaco e
il viso farsi paonazzo.
“Veramente abbiamo già
impegni, per stasera, S.” replicò risoluta, grata che la voce non tradisse la
sua profonda insicurezza. Eppure, le ragazze sembravano fiutarla lo stesso, come
avvoltoi con un animale in fin di vita. La guardavano con scherno e un sorriso
divertito a fior di labbra, appena percettibile.
“Ah, sì? Quali?” chiese
Serena, sbadatamente.
“Geisha.”
“Quel posto è una noia,
B.” si lamentò come una bambina capricciosa. A Blair venne davvero voglia di
artigliarle la gola e cominciare a stringere. Quello che fece fu restare
impalata a fissarla, incredula e sbigottita. Serena non la trattava mai in quel
modo. Non da quando era tornata.
“Ma...”
“Su, ho voglia di
scatenarmi. Chi è con me?”
“Io ci sto.” aderì
entusiasta Penelope, seguita all’istante dalle altre. Blair si sentì di nuovo in
un incubo, in balia di eventi che non riusciva minimamente a controllare,
bloccata, inerme.
“Tu vieni?” le domandò
Serena, gettandosi dietro la spalla i capelli biondi. A quel punto, Blair
esplose. La sua opinione doveva essere decisiva, doveva essere essenziale. E non
solo perché era la regina, ma soprattutto perché era la sua migliore amica!
In passato era capitato che Serena non avesse problemi a liquidarla per
spassarsela con altri, ma era sempre stato sotto l’influenza manipolatrice di
Georgina o di qualche cocktail. Ma stavolta non aveva scuse.
“A fare cosa? Ad
agitare il fondoschiena e farmi palpeggiare da un gruppo di ragazzi sbronzi e
sudati? No, grazie.” sbottò, furibonda, alzandosi in piedi di scatto. “Non sono
una simile sgualdrina, io”.
Serena sembrò cogliere
l’allusione, perché si rabbuiò, aggrottando la fronte:
“Bene. Allora divertiti
a stare a casa da sola”.
Le ragazze
sghignazzarono maligne e fu troppo. Blair dovette andarsene in fretta perché non
poteva permettersi una scenata isterica di fronte a tutti e aveva davvero voglia
di cancellare a suon di improperi quello sguardo di superiorità e condiscendenza
dall’insopportabile faccia di Serena.
Da lontano, Chuck aveva
seguito tutto lo scambio. Scoccò un’occhiata compiaciuta verso Serena,
attorniata dalle ragazze che chiacchieravano eccitate, poi seguì Blair nella sua
ritirata.
*
Blair arrivò spedita al
bagno delle ragazze, fendendo la folla di studentesse riverse nei corridoi per
la pausa di metà mattinata.
“Fuori.” sbraitò
perentoria, spalancando le porte e le due tizie davanti ai lavandini si
scambiarono un’occhiata sorpresa e divertita prima di riporre rossetto e fard
nelle borse e obbedire, chiudendo la porta alle loro spalle. Del resto, sapevano
chi era.
E ora andranno a
raccontare a tutti che Blair Waldorf è entrata in bagno sconvolta e
probabilmente si inventeranno anche che stavo piangendo o che so io ed entro
stasera sarà su Gossip Girl e l’intera scuola riderà di me. Tutto per colpa di
Serena!
Blair sferrò rabbiosa
un calcio al secchio accanto ai lavabi, che rotolò in un tragitto a mezza luna
lasciando dietro di sé una scia di salviette per le mani usate. La odiava. Era
di nuovo il primo anno di liceo, Serena era la ragazza ammirata e invidiata da
tutti e lei era solo l’amica meno bella, meno divertente, meno popolare, quella
che viveva nella sua ombra e che qualche volta chiamavano Claire. Anzi, adesso
era perfino peggio, perché i riflettori erano stati anche su di lei e Serena
glieli aveva soffiati senza sforzo, dimostrando al mondo che Blair non valeva
nulla al suo cospetto, che era regina solo per sua gentile concessione e nel
caso Serena cambiasse idea, come era accaduto, Blair doveva solo chinare la
testa e dichiararsi umilmente sconfitta.
“Oh, se lo può
scordare.” dichiarò ostile e combattiva al proprio riflesso nello specchio.
Aveva gli occhi brillanti di lacrime trattenute e le guance rosse. I capelli
erano un po’ arruffati, così estrasse una mini spazzola dalla borsa e se li
riavviò con qualche affondo brusco nel castano. Cercò di sfogare in quei
movimenti la stizza che provava, ignorando deliberatamente la porta di una delle
toilette che si rifletteva nello specchio, alle sue spalle, volgare
tentatrice di gesti che aveva promesso a se stessa di non compiere più.
Quando i boccoli
furono di nuovo domati e in ordine –così come gran parte del suo subbuglio
interiore-, ripose la spazzola, si applicò uno strato fresco di lucidalabbra
Endless Ruby e si chinò per tirare su le autoreggenti bianche, scivolate
lievemente durante la corsa. Per farlo con più comodità si era sollevata la
gonna scozzese intorno alla vita e ovviamente fu proprio in quel momento che
Chuck entrò nel bagno, incurante di limitazioni sociali di così scarso interesse
come la divisione dei servizi per donne e uomini.
“Chuck!” lo redarguì,
sorpresa e imbarazzata.
“Che fai, cominci senza
di me?” la rimproverò lui vizioso, fissando le sensuali gambe abbronzate
fasciate dalla seta candida. Prima che Blair facesse ricadere la gonna sulle
ginocchia con uno sbuffo seccato, Chuck riuscì a cogliere la V conturbante del
suo sesso racchiuso fra le cosce e avvolto in eccitanti mutandine rosse di
pizzo.
Dato che era un
adolescente prestante che non ci dava dentro da secoli, si sentì subito prendere
dalla voglia di sbatterla al muro, divaricarle le cosce e strapparle gli slip
coi denti, prima di baciarla, leccarla e succhiarla proprio lì, fra le pieghe
morbide, umide e assolutamente afrodisiache. In pochi minuti, lei sarebbe stata
bollente e lui non avrebbe avuto altro sulla lingua che quel sapore
peccaminoso e dolce che era squisitamente, semplicemente Blair.
Sarebbe stata l’estasi.
Blair, che conosceva
fin troppo bene lo sguardo lustro che Chuck le stava rivolgendo, si sentì
arrossire quando lo vide leccarsi le labbra e socchiudere gli occhi in una
fantasia di sicuro oscena che poteva vedere solo lui.
“Chuck, non puoi
lasciarmi in pace nemmeno nel bagno femminile?” protestò, irritata. Per di più,
l’interruzione le aveva permesso di tirare su una calza soltanto, perciò la
destra continuava a starsene raggrumata all’altezza sbagliata. Era seccante e
scomodo. Tutto era seccante e scomodo in quella giornata pessima, accidenti.
Chuck posò lo sguardo
sul suo viso e rispose, in quel tono gentile che era tutto per lei:
“Ho visto che te ne
andavi di corsa e sono venuto a controllare che fosse tutto okay.”
“Beh, è tutto okay!”
esclamò Blair veemente, la voce incrinata che smentiva le sue stesse parole. Ci
mancava solo la preoccupazione di Chuck, a scombinarle i sentimenti già turbati
dal tradimento di Serena. Si voltò verso lo specchio e ricominciò a sistemarsi i
capelli già perfetti con le mani, tanto per sembrare occupata e farlo andare
via.
Ma Chuck non demorse.
Blair ascoltò i suoi passi sempre più vicini con crescente agitazione e il
movimento sempre più insensato delle dita fra i boccoli.
“Blair.” la chiamò
pacato e lei percepì la sua mano che le prendeva il mento per costringerla a
guardarlo. Sottrasse il viso dalle sue dita, ma lo guardò, mordendosi il labbro
per trattenere il fiume di parole che sentiva gorgogliarle nel petto, ansiose di
riversarsi fuori dalla bocca in un flusso isterico di confessione.
“Lo sai che a me puoi
dire tutto.”
“No, non posso.”
ribatté, algida, scuotendo la testa e inghiottendo le parole che le ardevano
nella gola. “Non ora che anche tu sei dalla parte di... di quella.”
“Non dire sciocchezze.
Io sono sempre dalla tua parte.” obiettò Chuck con naturalezza e Blair fece una
smorfia incredula, ma lui sapeva che stava per cedere. Ne aveva colti tutti i
segni: l’estrema rigidità della postura, i denti che continuavano a torturare il
labbro, le mani che tremavano appena, il respiro breve e secco.
“Se vuoi che ti aiuti a
detronizzare Serena, devi solo chiedere.”
“Non ho bisogno del tuo
aiuto.” ripeté Blair distogliendo gli occhi, cocciuta e orgogliosa.
“Lo sai che insieme
siamo invincibili.” insisté Chuck, incalzante, prendendole la mano e posandovi
un bacio galante. “Chiedimelo, Blair”.
Blair lo guardò. Chuck
sembrava sinceramente intenzionato ad aiutarla. Anzi, sembrava che la faccenda
gli stesse particolarmente a cuore. Oh, Blair non era una stupida: sapeva che
Chuck voleva approfittare della situazione per tentare di rimettersi con lei,
voltando le carte a suo proprio vantaggio.
“E sentiamo, che
vorresti in cambio del tuo aiuto?” domandò, inarcando le sopracciglia.
Chuck fece un mezzo
inchino e le sorrise, affascinante.
“Solo l’immenso piacere
di stare con te”.
Appunto.
“Quindi invece di
complottare al telefono mi toccherà vederti di persona per ogni passo del
piano?” chiese Blair, derisoria.
Chuck da parte sua era
sempre più soddisfatto: Blair aveva praticamente già accettato di lavorare con
lui, tutto andava per il verso giusto. Scosse la testa, enigmatico.
“Bass, se vuoi propormi
condizioni, sbrigati. La campanella sta per suonare e, al contrario di te, io
arrivo sempre puntuale in classe. Certo”, aggiunse, con uno scintillio arguto
negli occhi scuri: “Non significa che rinuncerò a contrattare, se ce ne sarà
bisogno”.
Chuck la lasciò sulle
spine ancora per un po’, approfittando della pausa per rievocare ancora una
volta quelle eccitanti mutandine rosse; poi, quando vide che Blair era sul punto
di ribellarsi e piantarlo lì come la gattina focosa che era, rispose:
“Voglio un
appuntamento. A cena. E soprattutto”, abbassò il tono in un sussurro
carezzevole, avvicinando il volto a quello di lei. “Voglio il dopocena.”
“Scordatelo!” sbottò
Blair, spingendolo via e ignorando il bocciolo di eccitazione nel bassoventre.
“Se speri che faccia sesso con te solo perché mi dai un aiuto, che tra l’altro
io non ti ho mai chiesto, sei pazzo.”
“Pazzo di te, Waldorf.”
sorrise Chuck, divertito. “E io non ho mai parlato di sesso. Per me”, cominciò,
seducente e ruffiano, cingendole i fianchi: “Il premio più ambito è solo un tuo
bacio.”
“Una cena e un bacio?”.
Blair rise, genuinamente sollevata. “Stai perdendo il tuo talento negli affari,
Bass.”
“Dato che la trattativa
è per te così vantaggiosa, perché non accettare?” la stuzzicò lui, gli occhi
puntati nei suoi e le mani che le accarezzavano i fianchi, possessive. Blair
ricambiò il suo sguardo per un po’, soppesando i pro e i contro. Probabilmente
Chuck pensava che, trascorrendo del tempo con lei, sarebbe riuscito a
riconquistarla. Ma si sbagliava e glielo avrebbe dimostrato. Nel frattempo,
poteva benissimo approfittare del suo contributo nella distruzione di Serena.
Un nemico alla volta,
chèrie,
un nemico alla volta.
“Beh, ho baciato un
mucchio di perdenti giocando a Obbligo o Verità. Per cui....” sorrise,
insolente. “Affare fatto, Bass.”
“Bene”.
Chuck sorrise a sua
volta, compiaciuto. Blair conosceva quell’espressione, la sfoggiava sempre
quando aveva messo a segno un punto. Si domandò se ci fosse un aspetto di quella
faccenda che stesse sfuggendo ai suoi accurati calcoli, finché il suono della
campanella la riscosse e si allontanò di un passo da Chuck, sottraendosi alla
stretta avida delle sue mani.
“Devo andare in
classe.” annunciò.
“Non hai dimenticato
qualcosa?”.
Blair lo guardò
confusa. Confusione che si trasformò in vero e proprio sbigottimento quando lo
vide abbassarsi di colpo e infilarle le mani sotto la gonna.
“Chuck!”
protestò, indignata, afferrandolo per i capelli e strattonando per fargli male.
“Ahia, Waldorf! Voglio
solo aiutarti a tirare su anche l’altra calza.” si giustificò lui, restando in
ginocchio ma sollevando la testa dalle pieghe della sua gonna con un’espressione
offesa e dolorante. “So che ti dà fastidio. Continui a toccarti la gamba con la
mano.”
“Se tu non mi avessi
interrotta prima, l’avrei fatto io. È colpa tua!”
“Allora lasciami
rimediare.” ribatté lui, in un tono ragionevole che le dava sui nervi,
considerando che le stava palpeggiando le gambe in un bagno femminile e quello
era tutto fuorché ragionevole.
Comunque, Blair sbuffò
e lo lasciò fare, perché era la migliore strategia per toglierselo dai piedi
alla svelta e perché, dopotutto, la sensazione delle sue mani che le
accarezzavano la coscia non era poi così spiacevole.
No, aspetta, questo no,
si rimproverò mentalmente. Certo che era spiacevole. Era orribile. Sì, sì.
Intanto, Chuck era in
paradiso. Fece scorrere le mani sulla coscia, poi insinuò i pollici sotto l’orlo
della calza e percepì la pelle liscia, raggiante di calore. Sollevò la
lingerie con premurosa lentezza, come era solito fare quando, un anno prima,
al contrario gliela sfilava. La gonna gli impediva di guardare, perciò in quel
momento fra lui e Blair c’era solo tatto: caldo, morbidezza, il pulsare ritmico
di un’arteria, l’indolente scivolare del tessuto fine sulla gamba liscia e viva.
Quando finalmente la calza si tese, senza poter più proseguire la scalata, Chuck
indugiò e racchiuse la coscia fra le mani per godere ancora un po’ di quella
piccola parte di lei che gli stava concedendo. Blair sopra di lui risucchiò
l’aria e trattenne il respiro: le sue dita la sfioravano in quel punto in cui
era più bollente e bisognosa, accarezzandola appena.
“Chuck...”
Chuck sollevò gli occhi
e si accorse che lei aveva serrato le palpebre, le guance accaldate e il respiro
concitato. Persa ogni inibizione, una mano salì a racchiudere nel palmo la sua
delicata femminilità.
“...stop.” sussurrò
lei, buttando fuori l’aria in un soffio allarmato. Sollevò le palpebre e lo
guardò, ripetendo, più decisa: “Fermati, Chuck, basta”.
Chuck annuì a
malincuore, mettendo da parte la sua frustrazione. La voleva. Non aveva mai
voluto nessuna così violentemente. Ma doveva essere paziente. Era solo
questione di giorni, ormai, se tutto fosse andato secondo i suoi piani.
Ritrasse la mano, ma
non rinunciò a posarle con riverenza un bacio sulla coscia, lì dove era coperta
dalla gonna scozzese blu, prima di alzarsi in piedi e tornare a sfoggiare il suo
sorrisetto vizioso marchio di fabbrica.
“Ci sentiamo oggi
pomeriggio per i dettagli, Waldorf.”
“Bene.” acconsentì lei
senza guardarlo e Chuck fu lieto di sentire che la sua voce non era ancora del
tutto a posto, incrinata e sfiatata.
Sì, ne era certo: di lì
a pochi giorni, Blair sarebbe stata sua.
End#2
Note
dell’Autrice:
[1] “The Kissing
Bandit” è un film del 1948 con Frank Sinatra.
[2] Lo scambio fra
Serena e Dan in ascensore risale alla 2x03 (The Dark Night) e in
originale è così:
Dan:
Serena? I still...
Serena:
I know. Me too. I love you.
[3] Ringrazio tutti i
lettori, spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento.
Al prossimo!
Melany
|
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Capitolo 3 *** Mean Girls ***
New Page 1
3. Mean Girls
“Non ho ancora capito
perché l’hai consegnata a lei, invece che a me.” protestò Blair per l’ennesima
volta, mentre rovistava spazientita nei cassetti di Serena. Chuck le scoccò
un’occhiata di apprezzamento, distraendosi un attimo dalla ricerca: Blair era
leggermente chinata in avanti e la posizione rendeva la curva sporgente del suo
fondoschiena ancora più accattivante.
“L’avrei fatto, se tu
avessi accettato il mio aiuto prima.” obiettò in un sussurro di velluto,
ammirando il panorama. Era chiaramente una bugia, perché che fosse Serena a
ricevere la lettera per prima era essenziale al suo piano, ma la sua
affascinante partner questo non poteva saperlo, per quanto intelligente e
intuitiva fosse.
Blair sbuffò, chiuse il
cassetto e ne aprì un altro, riprendendo la ricerca.
Appena Serena era
uscita per la sua notte di follie, indossando un abito striminzito e scollato
rosso fuoco che l’avrebbe resa il sogno erotico di chiunque posasse il suo
sguardo impudico su di lei, Chuck aveva telefonato a Blair, come d’accordo:
“L’uccellino ha preso
il volo. Possiamo cercare la lettera indisturbati, ho l’impressione che non
tornerà prima dell’alba.”
“Sei sicuro che non
l’abbia gettata via? In fondo, è la prova che Humphrey se l’è spassata con
quell’Amanda.”
Chuck aveva sbuffato:
“Stiamo parlando di Serena, Waldorf. Ricordi che ha conservato perfino lo
snuff movie di Georgina?”.
Blair aveva riso con
malignità, lieta di cogliere ogni occasione di rivalsa sulla sua avversaria. Una
quindicina di minuti dopo, si era presentata a casa Van der Woodsen-Bass con un
Yves Saint Laurent aderente nero e un’espressione combattiva
sull’attraente viso.
“Mettiamoci al lavoro.
Se Serena ha davvero conservato la lettera, dev’essere da qualche parte nella
sua camera”.
Così, Chuck si era
ritrovato a trascorrere la serata a rovistare fra gli effetti personali di
Serena. La compagnia era deliziosa, ma dovette ammettere che l’intrattenimento
poteva essere migliore, soprattutto perché Blair si era rifiutata
categoricamente di lasciarlo frugare nel cassetto della biancheria intima della
sua sorellastra. Quando Chuck si era offerto volontario per quella particolare
incombenza, con un sorrisetto di pregustazione già sulle labbra, Blair gli aveva
scagliato addosso uno sguardo tagliente e la borsa dei libri di Serena,
esortandolo a cominciare da lì.
“Ah!” esclamò Blair in
quel momento.
“L’hai trovata?” chiese
Chuck speranzoso, stufo di sfogliare libri e quaderni per trovare quel maledetto
messaggio. Avrebbe dovuto dire ad Amanda di scriverlo su qualcosa di più grande,
magari un cartellone.
“Questo è mio!”
strepitò lei indignata, ruotando su se stessa per fronteggiarlo e brandendo un
tubetto dorato di rossetto. “Gliel’ho prestato almeno un mese fa! Non le basta
rubarmi il regno, deve soffiarmi anche i prodotti di bellezza!”.
Chuck sbuffò, deluso,
poi gli venne in mente un pensiero stuzzicante:
“Dimmi, Blair: che
altro vi prestate, tu e Serena?” domandò vizioso, immaginandole che si
scambiavano le mutandine nel bagno della Constance, fra una lezione e
l’altra.
“Tutto. Siamo come
sorelle.” bisbigliò Blair, più a se stessa che a Chuck.
Lo erano. Non c’era
nulla che Blair non avrebbe dato a Serena, se lei glielo avesse chiesto. Ma
Serena non aveva bisogno di chiedere: lei se le prendeva e basta, le sue
cose. Blair ancora non riusciva a credere che, dopo tutto quello che avevano
passato insieme l’anno prima, Serena fosse disposta a tradirla di nuovo.
Chuck notò che Blair si
era rattristata di colpo e per la prima volta in tutta quella faccenda si
domandò se non stesse superando il limite, creando acrimonia fra le due ragazze.
Blair sembrava davvero provata e, ne era certo, anche Serena doveva stare male
per i dissapori sia con il suo ex che con la sua migliore amica. Poi ricordò a
se stesso che Blair e Serena litigavano in continuazione anche senza il suo
aiuto, fin da quando avevano i denti da latte, ma che alla fine facevano sempre
pace, non importava quali cattiverie si scambiassero durante la faida. Sarebbero
tornate tutte abbracci e scambi di rossetti anche alla fine di quella storia,
Chuck ne era certo. Anzi, se non ci fosse stato lui di mezzo, sicuramente
avrebbero bisticciato per qualcos’altro. Capitava ogni anno. Non c’era nulla di
male, quindi, ad approfittare di uno dei loro tanti litigi senza conseguenze a
lungo termine. Quanto a Humphrey, non era all’altezza di Serena e del loro
mondo. La sua cara sorellina meritava molto di più. Prima se ne fosse accorta,
meglio sarebbe stato per tutti.
Così, Chuck sorrise e
domandò, lascivo:
“Vi siete mai baciate?”
“Cosa?”.
Le guance di Blair si
tinsero di una deliziosa tonalità di rosso acceso.
“Ma che ti viene in
mente?”
“Non è un no.” commentò
Chuck astuto, lieto di averla distratta dai suoi pensieri malinconici e ora
profondamente intrigato da quella nuova prospettiva sul rapporto fra Blair e
Serena. “Magari in una di quelle partite a Obbligo o Verità di cui mi parlavi
stamattina...” rimuginò, umettandosi le labbra con la punta della lingua.
“Sei disgustoso.
Rimettiti al lavoro.” sbuffò Blair, ma era ancora imbarazzata e non aveva ancora
smentito la sua idea. Chuck si baloccò con immagini saffiche di Serena e Blair
in lingerie provocante e trucco aggressivo –e lo stesso rossetto sulle labbra,
ovviamente- finché non notò un cardigan grigio appallottolato che spuntava da
sotto il letto, identico a quello che Serena indossava quella mattina.
Lo raccolse e notò
subito il gonfiore della tasca destra. Quando i suoi polpastrelli incontrarono
la superficie crespa della carta, sorrise trionfante.
“L’ho trovata,
Waldorf.”
“Davvero?”.
Blair lo raggiunse con
un sorriso di trepidazione e gli occhi che brillavano. Era bellissima, così
emozionata e accalorata. A Chuck venne voglia di baciarla.
Ma quando lei tese la
mano per prendergli il messaggio, Chuck ritrasse la sua, fuori dalla portata
delle dita affusolate di Blair.
“Beh? Che ti prende?”
sbottò lei, passando dalla felicità all’irritazione in un battito di ciglia. Era
una delle caratteristiche di Blair che lo facevano impazzire: poteva
trasformarsi da dolce micetta a tigre feroce da un momento all’altro, senza
alcun preavviso. A Chuck piaceva soprattutto quando accadeva a letto: un istante
prima, Blair era lì che gli riempiva di baci il viso e di carezze il petto; un
istante dopo, le sue unghie gli marchiavano la schiena e i denti gli mordevano
le labbra. Insomma, non sapeva mai cosa aspettarsi da lei, per questo non si
stancava mai di possederla. Ogni volta era sempre una sorpresa eccitante
scoprire se si sarebbe abbandonata docile fra le sue braccia o se si sarebbe
battuta con lui per il dominio, costringendolo a una deliziosa resa.
Cullato dal ricordo
conturbante dei loro precedenti amorosi, Chuck la contemplò: Blair aveva legato i capelli in una coda laterale che faceva riversare in una cascata florida di boccoli sulla spalla i capelli castano chiaro, fino a sfiorarle il seno, ma che lasciava il collo
scoperto dall’altra parte. Quel collo nudo lo stava facendo impazzire, così
allettante e sexy.
“Se la vuoi, rispondi
alla mia domanda. Vi siete mai baciate?”
“Abbiamo già fatto un
patto ed era che mi aiutassi. Quindi sgancia, Bass.” obiettò lei, asciutta. “O
forse vuoi che anch’io non rispetti la mia parte?” lo sfidò scaltra, alludendo
all’uscita e al bacio.
Chuck sospirò e, quando
Blair tentò di prendere di nuovo la lettera, non oppose resistenza, lasciando
che la carta gli scivolasse fra le dita. Doveva ammetterlo, questa battaglia
l’aveva vinta lei.
Ma era la guerra che
contava, oh sì.
Blair stirò il foglio
raggrinzito e lesse le poche righe di Amanda, mentre un sorriso sbocciava sulle
sue labbra e si faceva sempre più grande. Ormai aveva la vittoria in pugno. Non
doveva fare altro che copiare la lettera in un messaggio a Gossip Girl e Serena
sarebbe stata umiliata pubblicamente. Le avrebbe dato un assaggio della sua
stessa medicina. Scacciò ogni palpito di senso di colpa che sentì nel suo cuore:
Serena se l’era meritato. L’aveva trattata male. Cosa pretendeva, che se ne
stesse lì a guardare mentre le rubava tutto, tradendola per l’ennesima volta?
Serena si era cacciata
da sola in quella situazione. Doveva rimproverare soltanto se stessa.
Incoraggiata da questi
pensieri che misero definitivamente a tacere la sua coscienza, Blair estrasse il
cellulare e digitò rapidamente il melenso messaggio di Amanda. Lo avrebbe
spedito a Gossip Girl l’indomani, a scuola. Non poteva perdersi la faccia di
Serena quando si fosse accorta che stavano tutti sparlando e ridendo di lei.
Ripose il cellulare,
dopodichè infilò la prova cartacea nella sua borsa e sorrise a Chuck, che la
guardava ammirato. Quella era l’immagine che Chuck doveva avere di lei:
vittoriosa e astuta. Niente più ritirate patetiche in bagno, niente più
capitomboli che le smagliavano le calze. La vera regina della Constance
era bella e trionfante e il suo nome era Blair Waldorf.
“Sembra che la prima
parte del piano sia conclusa.” commentò Chuck, soddisfatto.
“Spero per lei che
questo le serva da lezione e che si arrenda. Non può competere con me.” affermò,
altezzosa.
“Con noi.” la
corresse lui, scivolando verso di lei con la sinuosità di un predatore felino.
“Per questo dobbiamo stare insieme, Blair. Siamo una coppia perfetta.
Inevitabili. Imbattibili...” sussurrò suadente, a pochi centimetri dalla sua
bocca. Blair sussultò, ritrovandosi fra le sue braccia, il cuore che le batteva
forte e il calore del suo corpo che aumentava vertiginosamente.
“Chuck...”
Blair abbassò le
palpebre e sporse le labbra, in attesa del bacio –in fondo, glielo doveva-, ma
Chuck corresse la traiettoria e le posò una serie di baci sul collo scoperto,
leggeri come il tocco di una piuma, fino all’orecchio. “Sei la mia regina,
Blair. Torna con me e regneremo insieme su tutta Manhattan”.
Le baciò l’orecchio,
adorante. Blair sospirò, schiacciandosi contro di lui e aggrappandosi alle sue
spalle coperte di seta, così solide, forti, maschili. Non faceva sesso
da... troppo. Resistere sembrava impossibile, soprattutto mentre le
labbra di Chuck si posavano in quel punto vulnerabile dietro il lobo che la
faceva sempre rabbrividire per tutto il corpo. Oh, Chuck conosceva bene tutti i
suoi punti deboli e non aveva remore a sfruttarli, seduttore sleale e
implacabile.
“Mi vuoi davvero?”
chiese lei, con un fil di voce. Chuck la strinse ancora di più a sé, baciandole
il mento, la guancia, fino all’angolo della bocca. Il profumo del suo dopobarba
la avvolgeva come le sue braccia, riportandola indietro ai momenti passati con
Chuck, momenti di pura estasi in cui Blair si sentiva la donna più bella e
desiderata del mondo.
“Ti voglio. E tu vuoi
me.” le soffiò contro le labbra, tentatore. “Torniamo insieme”. La mano le
scivolò bramosa sulla coscia, risalì la sua schiena, lenta e carezzevole. “Dimmi
solo sì e sarai mia. Stanotte e tutte le volte che vorrai”.
Il respiro le si mozzò
in gola. Era accaldata, era eccitata, non voleva altro che accontentarlo, dirgli
di sì e perdersi nel piacere che solo le carezze di Chuck, i baci di Chuck, il
sesso con Chuck sapevano donarle.
Ma non poteva, perfino
nelle spire della passione e del desiderio se ne rendeva conto. Non poteva,
perché avrebbe perso qualcosa di molto più importante, per sempre.
“Prima tu dimmi quelle
tre parole.” pronunciò, a fatica e Chuck bloccò all’istante le sue carezze e i
suoi baci, rigido. Quando si scostò da lei, Blair sentì subito la mancanza delle
effusioni, ma soprattutto, la delusione bruciante che le attanagliò il cuore fu
per il rifiuto di accontentare la sua richiesta. Sorrise, ferita:
“Forse non mi vuoi
tanto come dici, dopotutto.” provò a dire in tono faceto, ma le uscì in un
bisbiglio sconfitto e desolato. Chuck scosse la testa.
“Blair...” borbottò e
Blair aspettò, speranzosa, ma non arrivò nient’altro.
Il silenzio era
qualcosa di solido che gravava addosso a tutti e due. Blair sentiva che stava
per piangere di nuovo, come la malaugurata sera del White Party. Perché
Chuck ora non riusciva nemmeno a guardarla, e anche se erano abbastanza
vicini da permetterle di sentire ancora ogni afflato del suo respiro, Chuck era
tanto distante da essere irraggiungibile. E forse la situazione non era
destinata a cambiare, perché chi le assicurava che un giorno Chuck sarebbe stato
pronto a dirle quelle tre parole? Certe persone semplicemente non sono fatte per
l’amore, per donarsi completamente con fiducia a un’altra persona. Forse anche
Chuck Bass era fatto così.
Blair scacciò quei
pensieri che le imperlavano sempre le ciglia di lacrime pungenti e disse, in
tono squillante:
“Allora ci vediamo
domani, Bass”.
Non era il momento di
pensare alla sua complicata vita sentimentale. Doveva prima tornare regina. Di
Chuck e dei suoi irritanti, sciocchi, patetici blocchi emotivi si sarebbe
occupata in seguito.
Visibilmente sollevato
dalla finzione che quell’interludio non fosse mai avvenuto, anche Chuck riprese
il suo solito atteggiamento disinvolto:
“A domani, Waldorf”.
La accompagnò
all’uscita. Blair era appena entrata in ascensore, quando gli scoccò un’occhiata
da sopra la spalla e disse, con voce seducente e uno scintillio da bambina
cattiva negli occhi:
“Ah, Chuck?”
“Sì?”
“Era il primo anno di
liceo. Eravamo entrambe in bikini nella mia vasca da bagno e un po’ brille. Il
lucidalabbra di Serena era alla pesca”.
Gli scoccò un’ultima
occhiata impertinente prima che le porte si chiudessero. Chuck, da parte sua, si
ritrovò improvvisamente la bocca arida e i pantaloni stretti.
E io dov’ero?
Si domandò, disperato e
dolorosamente eccitato, pensando che sarebbe stata una lunga, lunga notte
insonne.
Blair nell’ascensore
sorrise soddisfatta.
La vendetta era davvero
dolce.
End#3
Note
dell’Autrice:
[1]
“Mean Girls” è un film
del 2004 con Lindsay Lohan.
[2]
Questo capitolo l’ho dedicato quasi tutto a Chuck e Blair. Nel prossimo mi
concentrerò principalmente su Serena e Blair e su Dan e Serena, così Dan
smetterà di essere un fantasma, sempre nominato e mai nei dintorni, e entrerà a
far parte ufficialmente della trama. Non so ancora quanti capitoli durerà la
storia, ma sicuramente non molti ancora.
[3]
Grazie a tutti i lettori e a chi commenta. Siete adorabili. Le risposte
individuali sono state spedite col solito metodo.
Al prossimo capitolo!
Melany
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