Sogni evanescenti e “zucchero”
Firenze,
Rinascimento.
Delle grida sommesse, unite a
gemiti che è meglio non specificare, provenivano da un punto non precisato di
un’abitazione abbastanza suntuosa, piena di bella gente e di tante donne
amichevoli e sorridenti in particolare verso gli uomini. Questo adorabile
posticino era uno dei tanti bordelli che di quei tempi spuntavano come funghi a
Firenze, per lo sconosciuto volere di qualcuno che non faceva altro che correre
dietro alle donne.
Da uno di questi provenivano
le risate di un giovane fiorentino, che eseguiva lo stimato e fruttuoso lavoro
di assassino a domicilio, circense per hobby e assiduo frequentatore di
bordelli.
Praticamente, quel cascamorto di cui si parlava prima.
Il suo rinomato nome era Ezio
Auditore e…
“Aspetta, aspetta, aspetta…
Fammelo dire a me, ti prego!” gridò supplichevole una voce fuori campo.
“Ezio, non rompere i maroni e
torna a bere, che fra poco compari!”
“Voglio presentarmi da solo,
ti prego!”
“…”
“Eddai!”
“Va bene, ma dopo torna fra le
tue donne! Muoviti, abbiamo già sprecato mezza pagina con questo inutile
discorso!”
“Ah, bene. Allora”, cominciò
lo sconosciuto, schiarendosi la voce, “sono Ezio Auditore, e sono un Assassino”
Detto ciò, il giovincello si
mise in una posa assurda, così all’improvviso, seduto com’era sui divanetti di
velluto rosso in mezzo a tante prostitute. Forse voleva apparire sensuale per
tutte le sue fans, ma forse non sapeva che loro non potevano vederlo e che non
doveva essere a conoscenza di essere un personaggio di una storia.
Le donne intorno a lui, vedendolo
contorcersi per assumere una posa sconcia, si allontanarono con circospezione,
soprattutto perché si erano rese conto che parlava da solo.
In quel momento, fra la
baldoria generale del bordello, entrò in scena un vecchio e caro amico di Ezio: Leonardo da Vinci.
Il poveretto si guardò intorno titubante e con l’aria di uno che non si trovava
nel luogo adatto; scorgendo però l’amico, si avvicinò a lui sorridendo a
trentadue denti, dente più, dente meno.
“Ezio, amico mio!”
“Oh, Leonardo! Che ci fai
qui?” lo salutò l’altro, risistemandosi a dovere.
“Perché eri in quella posa
sconcia?”
“Per accontentare le mie fans”
“Quali fans?”
“Lascia stare. Ma dimmi,
piuttosto, cosa ti porta qui? Voglia di donne?” domandò Ezio, tirandolo per un
braccio e facendogli l’occhiolino.
“In verità, le donne non mi
interessano molto… Tu lo sai, vero, che io ho altre preferenze più… Insomma,
con persone simili a me…”
“Non riesco a comprendere”
ammise Ezio, non avendo capito una benemerita mazza di quello che aveva detto
Leonardo: per forza, era ubriaco!
“Vabbè, non importa. Ma tu non
dovresti essere a lavorare?”
“La compagnia di Moira Orfei
ha lasciato la città, ma mi richiamerà se dovesse servirgli un altro
trapezista…”
“Non quel lavoro, ma l’altro!”
“Ah… Intendi l’Assassino?”
“Eh, beh, direi di sì… Ma non
volevi vendicarti e riportare l’ordine dal dominio dei Borgia?”
“Aaaaah,
sì, è vero! Ma come vedi, ora, ho fatto una piccola pausa…”
“E io le tue nuove armi dove
accidenti le metto? Sul sofà?!” sbraitò Leonardo, rischiando di avere un’altra
crisi di nervi.
Sinceramente, lui amava e rispettava Ezio, ma quando
faceva così lo avrebbe volentieri preso a bastonate. E l’amico faceva ben poco
per rimediare a queste voglie di vino e donne.
“Appoggiale lì in un angolo, e
dammi altri cinque minuti che poi vado a fare una ronda notturna… Ma scusa, che
fretta c’è, poi? I Borgia non andranno certo a rompere i coglioni alla gente di
notte?”
“In realtà, lo fanno sempre…”
“Dettagli, Leonardo, dettagli!
Piuttosto, cos’è quel sacchetto che tieni in mano?” chiese Ezio, indicando con
mano tremante un piccolo pacchetto fra le braccia dell’amico.
“Ah, non lo so. Si tratta di
una polvere che vorrei usare per i miei esperimenti di piccolo chirurgo, ma
ancora non conosco i suoi effetti…” spiegò Leonardo.
Poi ebbe un’illuminazione e la
lampadina di Edison si accese sulla sua testa. Poco importa se a quei tempi
nessuno sapeva chi era Edison…
E se avesse fatto provare la polvere a Ezio? Era già abbastanza su di
giri, di sicuro non gli avrebbe fatto altro male di quanto gliene poteva
causare il vino.
Ma siamo sicuro che questa polvere non sia mortale per il mio amico?,
si domandò Leonardo.
Ma scosse subito le spalle con
noncuranza, fregandosene altamente una volta tanto del destino di Ezio.
“Ezio, potresti fare una
favore per me?” chiese con voce mielata Leonardo.
“Che favore?” ribatté Ezio,
gettando la testa all’indietro e tentennandola con un moto molto ipnotico.
“Vorresti provare un po’ di
questa polvere? Dicono che abbia
degli effetti strabilianti, che però durano poco tempo…”
“Quali effetti? Non morirò,
vero?” biascicò Ezio, mettendosi le mani fra i capelli per fermare un
impellente mal di testa.
“Ecco… Sarai più… Più…”
Entra nella sua mentalità, entra nella sua mentalità!
“Più figo con le tue fans! E
forse ti farà passare questa emicrania…”
“Da’ qua!” gridò con giubilo
Ezio, che prese il sacchettino senza ascoltare alcuna parola dell’amico.
Lo aprì con uno strappo secco,
facendo cadere la maggior parte della polvere bianca sul pavimento, e ne versò
il resto del contenuto in una coppa di vino. Aspettò che si sciogliesse e lo
bevve d’un fiato.
Se i lettori si stanno
domandando se Ezio era lucido in quel momento, la risposta è no: non sapeva
assolutamente quello che stava facendo e avrebbe potuto ingurgitare del veleno
senza nemmeno accorgersene.
Bevve però qualcosa di molto
simile.
Leonardo aspettò impaziente
che accadesse qualcosa, osservando l’amico con insistenza. Ezio aveva gli occhi
vacui e guardava un punto fisso nel vuoto con faccia da ebete.
E all’improvviso sbottò.
“Brucaliffo,
arrivo!” urlò alzando le braccia al cielo e cadde con un tonfo secco sul
pavimento.
La gente intorno cominciò a
correre spaventata senza un apparente motivo, sbattendo addosso agli altri e
rialzandosi per poi correre di nuovo, gridando: “Assassino, assassino!”.
Leonardo restò al suo posto,
senza soccorrere l’amico in difficoltà. Lo sentì poi russare sonoramente e
sospirò di sollievo nel vedere che almeno era ancora vivo.
E che parlava nel sonno.
“Leonardo, ti amo… Scemenze!”
O meglio, delirava in mezzo a
tante nuvole grigie ed evanescenti che si concentravano intorno ai suoi occhi,
impedendogli di vedere oltre quella coltre. Intanto, però continuava a parlare
a vanvera, in quel sogno assai strano e privo di donne, dove c’erano invece un
tanfo insostenibile e un’aura di mistero e malvagità.
Nel suo vagare senza meta,
Ezio sorpassò un cartello fatiscente nascosto dalla nebbia verdognola, che
riportava a caratteri cubitali la località del posto in cui era finito.
BENVENUTI A SILENT HILL.
Luogo sconosciuto,
data sconosciuta.
Violet
si alzò dal suo letto, dopo aver sentito l’ennesimo cigolio.
Che cazzo è stato?! Ci sono i ladri, fantasmi, mostri, macellai,
infermiere, vermi volanti, dentisti, formule matematiche, Uomo Nero, Justin Bieber…
La sfilza di nomi durò ancora
a lungo nella sua mente, mentre cercava a tentoni una torcia per andare in
cucina e bere un bicchiere d’acqua. Dopo aver sbattuto contro lo stipite della
porta, contro l’angolo del suo comodino e contro la sedia messa lì in mezzo,
riuscì a prendere la torcia agognata e ad illuminarsi il cammino. In mano,
oltre alla torcia, teneva anche un enorme vocabolario di greco che, dato sulla
testa, poteva indurre allo stato vegetativo un essere umano e, forse, perfino
un mostro.
Era pronta a qualsiasi attacco
naturale, soprannaturale e sottonaturale.
Arrivata in cucina, accese la
luce e poggiò il vocabolario sul tavolo. Trovò però già pronto con suo grande
stupore un bicchiere di acqua con accanto una bustina di zucchero.
“Chi li ha preparati?”
“Non farti troppe domande e
bevi” disse una voce davanti a lei.
Violet
alzò lo sguardo e si ritrovò davanti un enorme cane, un doberman a chiazze
marroni e bianche, seduto a tavola con davanti un bicchiere contenente uno
strano liquido dorato. La scena le ricordò quel dipinto dove c’erano alcuni
cani a giocare a poker; l’animale che era lì davanti lo riconobbe però subito.
“Odino, cosa ci fai qui? Non
dovresti essere un peluche? E non dovresti trovarti in camera mia?” domandò la
ragazza con la più assoluta naturalezza.
“Forse sì, o forse è solo un
sogno…”
“È una risposta da cane…”
“Grazie”
“Sto sognando?”
“Sì, Violet,
è solamente un sogno da cui presto ti sveglierai e io tornerò a essere un
comune e muto peluche…”
“Vorrei che durasse ancora a
lungo questa conversazione”
“Allora bevi quel bicchiere,
versandoci dentro la bustina di zucchero”
“Che schifo l’acqua
zuccherata!”
“Non puoi tirarti indietro:
perfino il bicchiere te lo dice” disse calmo il cane, indicando con la zampa un
biglietto che prima non c’era.
Il suddetto biglietto portava
una scritta a caratteri eleganti: BEVIMI.
Poi Violet
si accorse che anche accanto alla bustina c’era un altro biglietto, stavolta
con la scritta: VERSAMI. Più chiaro di così non poteva essere il suo
subconscio.
“Oh, beh, se me lo dici tu,
allora non posso certo tirarmi indietro…” disse Violet,
scrollando le spalle.
Prese dunque la bustina e
versò lo zucchero – forse un po’ troppo polveroso – dentro il bicchiere,
aspettando che si sciogliesse. Dopo ciò, si portò il tutto alle labbra e bevve
d’un fiato: solo dopo si accorse che l’acqua non aveva quel sapore zuccheroso e
nauseante che conosceva bene, ma un altro tipo di sapore le inondò il palato.
“Sei sicuro che fosse proprio
zucchero, Odino?” domandò Violet, sentendo le
palpebre chiudersi.
“Forse no, o forse sì…”
rispose in tono serafico il cane.
“Ho sonno, e non mi sento
neanche tanto bene…” biascicò la ragazza, cadendo con un sonoro tonfo a terra e
addormentandosi lì, sul freddo e sporco pavimento.
“Alla tua salute!” le augurò
Odino.
Prima che scivolasse in un
sonno senza sogni, Violet ebbe il tempo di pensare un’ultima
cosa.
Ma siamo sicuri che fosse proprio zucchero?
Masyaf,
1191
Altair si accasciò stancamente
sul suo letto improvvisato, che costituiva in una cassa per la frutta e la
verdura con una coperta posata sopra. Purtroppo, da quando era stato retrocesso
al rango di Novizio, gli era stato tolto tutto: armi, privilegi, rispetto. E soprattutto
il letto. Quello di ora era lo stesso di tutti i Novizi e, a quanto diceva Al Mualim, serviva solo per risparmiare sui costi.
“Hai idea di quanto costino le
cucce per cani?! Fidati, la cassa della frutta va benissimo!” lo assicurò il
suo Maestro, quando Altair si era andato a lamentare del suo nuovo giaciglio.
Sebbene l’Assassino non fosse
molto d’accordo, non poté lamentarsi di questo, soprattutto perché si era
procurato questa umiliazione con le sue stesse mani. E i suoi fratelli non facevano molto per
infondergli coraggio e fiducia…
Sospirò esausto, chiedendosi
quanto ci sarebbe voluto per tornare come prima.
Mentre si toglieva quel poco
che aveva addosso, Altair si ricordò di quel sacchetto che gli aveva dato un
mendicante folle, a cui aveva acconsentito di prenderlo solo per toglierselo
dalle scatole. Lo estrasse da sotto la cintura e se lo rigirò fra le mani:
dentro c’era qualcosa di morbido, ma non sapeva dire bene che cosa.
Incuriosito, Altair aprì il
sacchetto e ci infilò il naso, come farebbe un cane con il suo nuovo pasto;
parte di quella strana polvere che si trovava al suo interno la aspirò per
sbaglio e l’Assassino allontanò di scatto la testa, infastidito da quella
polvere bianca e inodore.
Nel fare ciò, sbatté la testa
contro il muro e per un attimo vide tanti Templari corrergli davanti agli
occhi. Poi lo sguardo dell’Assassino si fece vacuo e sentì la strana polvere
salirgli al cervello, stordendolo. Dondolò la testa come se fosse ubriaco e le
palpebre si appesantirono, facendo scendere su di lui il buio più totale.
Così, Altair cadde in avanti,
portandosi dietro la cassa della frutta e la coperta, che gli finirono sulla
schiena, e lanciò un rantolo strozzato, chiedendo debolmente aiuto. Infine,
sentì il sonno prendere possesso delle sue membra.
Ma fu in tempo a elaborare un
ultimo pensiero lucido.
Promemoria: non prendere più nulla dagli sconosciuti e uccidere tutti
mendicanti che mi capiteranno a tiro. Da domani, però…
ANGOLO DELL’AUTRICE:
questa cosa sta diventando
sempre più stupida, o forse pare solo a me…
Comunque, da qui inizia la
VERA storia, la VERA avventura dei nostri eroi, capitati in questa impresa solo
per aver seguito i consigli di un vecchio amico scienziato, un peluche parlante
e un mendicante sconosciuto. Ma, a parte questo, spero di non aver urtato la
sensibilità di nessuno con i miei accanimenti su Ezio (pardon, cercherò di
trattarlo meglio da qui in poi… Forse XD).
Bene, e con questa piccola
uscita, vi lascio. Ma ricordate sempre: controllate bene il vostro zucchero,
perché potrebbe non essere come sembra…
Altair: “E soprattutto, non accettate mai niente dagli sconosciuti!”
Giusta affermazione, Maestro u.u
Recensite, commentate,
leggete, altrimenti Ezio e Altair si sentiranno tanto soli… E forse il prossimo
capitolo potrei farlo commentare a uno di questi personaggi…
Ringrazio per la recensione: Warda.
Al prossimo capitolo!