Sotto una pioggia di stelle cadenti

di ilanana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si ritorna a La Push ***
Capitolo 2: *** Vita nuova ***
Capitolo 3: *** La "Scuola" ***
Capitolo 4: *** Intorno al fuoco ***
Capitolo 5: *** Sei uno scocciatore ***
Capitolo 6: *** Naha Taigh ***
Capitolo 7: *** Curiosità ***
Capitolo 8: *** Dolore ***
Capitolo 9: *** Pensieri ***
Capitolo 10: *** Antichi Ricordi ***
Capitolo 11: *** Odore di miele ***
Capitolo 12: *** Una lunga notte ***
Capitolo 13: *** La radura maledetta ***
Capitolo 14: *** Segreti e Paure ***
Capitolo 15: *** Sentimenti ***



Capitolo 1
*** Si ritorna a La Push ***


Mi chiamo Katie avevo sedici anni all’epoca di quella storia che vi stò per andare a narrare, ero e sono tutt’ora particolarmente bella per la mia età... almeno é quello che dicono tutti io non ci trovo niente di così “bello” in me. Non sono molto alta per la mia età, ho un corpo snello, la pelle ambrata, i capelli lunghi fino al sedere, neri e alla fine ciò che tutti adorano di me, e che sinceramente mi piace pure a me: i miei occhi! Verdi smeraldo, talmente luminosi da fare il contrasto con tutto il resto del mio corpo.

Però lasciamo perdere il mio aspetto e quello che dicono gli altri di me e meglio se spiego il motivo per cui mi sono messa a scrivere questa storia.

Partiamo dal fatto che mio padre viveva in un posto chiamata La Push, una piccola riserva naturale ai confini con la città di Forks, la tribù di cui faceva parte era quella dei Quileute. Per qualche strano motivo gli abitanti della tribù non potevano avere legami di alcun tipo con coloro che vivevano al di fuori, o più che altro che vivevano a Forks. Così quando aveva vent’anni scappò di casa perché aveva scoperto di aver messo in cinta una ragazza  di Forks Lena Tuties. Si trasferirono in Europa, Amsterdam, da questa coppia nacqui io!

Bella la storia fin’ora... però non vi ho raccontato la cosa peggiore: tipo un anno prima dei miei sedici anni io cominciai ad avere degli strani cambiamenti. 

Vi chiederete di sicuro che tipo di cambiamenti? Da prima cominciai a sentire dei suoni e degli odori che non avevo mai notato prima d’ora, poi la mia temperatura corporea era aumentata di botto tant’è che mia madre mi rinchiuse in casa per tipo due mesi pensando che mi fossi presa qualche strano tipo di malattia. Ma mio padre sapeva esattamente che cosa mi stesse succedendo ed era arrivata ormai l’ora di dirlo sia a me che a mia madre... e io direi di cominciare la storia da quel giorno.

 

Un mese prima del mio sedicesimo compleanno:

 

Eravamo seduti intorno al tavolo della cucina, papà mi aveva chiamata mentre mi stavo facendo la doccia quindi indossavo ancora l’accappatoio e i miei capelli sgocciolavano.

«Papà che ti prende ora? Che succede?»

«Succede che é arrivata l’ora che tu e tua madre sappiate una cosa... che può spiegare anche il perché hai questi strani cambiamenti.»

A quelle parole si fece un silenzio di tomba in casa che mi pareva d’impazzire.

«Allora amore non ci tenere sulle spine!»

«Lena... Katie... voi sapete perfettamente da che tipo di tribù io provengo ma non vi ho mai raccontato tutto fino in fondo. Lena ti sei mai chiesta il perché noi Quileute non potevamo avere rapporti con persone che fossero nate e vissute a Forks?»

«Si... molte volte!»

«Beh! Noi nascondevamo un segreto, cioè penso che lo nascondino tutt’ora ma so che sono cambiati i tempi là dalla fuga mia e tua, Lena. Però lasciamo perdere e torniamo sul segreto che noi custodivamo tanto gelosamente...»

«Cioè papà?»

«Da generazioni nelle vene di alcuni Quileute scorre anche il sangue di un lupo... non si sa esattamente come sia successo, alcuni pensano che si trattasse di un antico morbo che poi é rimasto in circolazione. A parte questo; sappiamo per certo che il “morbo” si aziona solo quando la propria terra é minacciata e si risveglia solo nei più giovani.»

«Che cosa stai cercando di dirci Abel?»

«I giovani... diventano dei licantropi. E... Katie é una giovane licantropessa e stà per avvenire la sua trasformazione.»

Ero paralizzata non ci volevo credere, come potevo essere un licantropo?

«Non sei spaventata Lena?»

«No, perché già conoscevo la leggenda che girava a Forks sui licantropi, sinceramente non ci credevo ma é stata un ottima preparazione a una cosa del genere. Però... lei ha anche i miei geni nel sangue potrebbe essere solo una coincidenza?»

«Ed é proprio qua che ti volevo: il motivo per cui, prima, non potevamo stare con voi che vivevate da generazioni a Forks! A quanto pare le due antiche tribù firmarono questo patto perché a quelli di Forks non andava giù che predominasse solo il nostro di gene e così ci “dividemmo”. Però a quanto so ora hanno eliminato questa legge perché agli abitanti di Forks é parso al quanto strana perché non ricordano.»

Mamma stringe una mano a papà, forse questa é una delle poche cose che ho ripreso da lei, oltre gli occhi,: il coraggio! E in quel momento me n’é servita una quantità industriale.

«Quindi mi trasformerò in un lupo.» Guardai speranzosa papà sperando con tutta me stessa che fosse tutto uno scherzo o che stessi dormendo.

«Già! Però non é come nei film e nei libri i licantropi quelli veri si trasformano quando vogliono e dove vogliono. Non hanno bisogno della luna piena. Però abbiamo bisogno di una mano o la tua prima trasformazione potrebbe essere l’ultima.»

Quella volta pensai “Oh-Mio-Dio!”

«E cioè?» Lo disse mia madre, molto probabilmente sapendo quale sarebbe stata la risposta di mio padre.

«Dobbiamo tornare a La Push.»

«Ma Abel, siamo fuggiti sedici anni fa non possiamo ripresentarci così dal nulla.»

Mio padre strinse le mani di mia madre e la guardò dritta negli occhi:«Vuoi che nostra figlia rimanga viva?»

«Si!»

«E allora lo dobbiamo fare.»

 

Ed é così che mi ritrovai in viaggio verso una città che non conoscevo, verso persone che avrebbero dovuto fare parte della mia famiglia e da cui i miei genitori erano scappati.

«Katie smettila di sbuffare vedrai che ti troverai bene a La Push.»

«Si papi!»

Avevamo dovuto passare nove ore di aereo, che fra parentesi io odiavo e odio tutt’ora, e poi dovetti passare tre ore in macchina fino ad arrivare in una città dove il cielo era un immensa nube grigia e nera. La cosa buona era che c’era il mare, cosa che avevo sempre amato fin da bambina.

Arrivammo davanti ad un bivio un cartello indicava a destra Forks e a sinistra La Push, e papà svoltò proprio a sinistra. Mi sentivo di voler morire non volevo andarci, andare in mezzo a tutta gente che sapeva benissimo a cosa andava incontro mentre io sarei stata l’ignorante di turno.

Definirla “cittadina” era un po troppo, erano tutte case sparse qua e là sulla pianura pensavo che ognuno di essi avesse il proprio territorio. Mio padre si fermò davanti ad una casetta di legno che si affacciava sulla foresta, lui scese facendo segno a me e mia madre di seguirlo.

«Dobbiamo scaricare la macchina?»

«No! Prima dobbiamo chiedere una cosa, senza di quella non possiamo avere il permesso di vivere a La Push.»

Mi ricordo che mia madre si affiancò di corsa a mio padre e gli strinse forte la mano, io rimasi dietro di loro, in realtà non volevo assistere a niente di ciò che sarebbe dovuto accadere ma a volte pensavo che fosse proprio per colpa mia se i miei genitori dovettero scappare dai loro luoghi di nascita. Papà bussò alla porta e dall’interno qualcuno lo incitò ad entrare e lui non se lo fece ripetere due volte.

Attraverso lo spazio fra i miei genitori vidi l’uomo davanti il quale mio padre si fermò, era su una sedia a rotelle, aveva i capelli lunghi e portava un capello da cowboy in testa. Però la cosa che mi rimase più impressa fu la sua faccia, direi che non si aspettava di rivedere mio padre.

«Abel Pookie!?»

«Eh già! Quanto tempo Billy!»

«Che fine avevi fatto?»

Mio padre fece notare la mano intrecciata con quella di mia madre, e Billy fece un immenso sospirone.

«La vecchia legge!»

«Già!»

«Ma se l’amavi solo perché siete arrivati fino al punto di scappare?»

«Billy noi siamo scappati perché di mezzo c’era qualcosa di molto più grande.»

I miei si spostarono da davanti a me e Billy per la seconda volta rimase senza parole, mia madre mi fece segno di avvicinarmi.

«Lei...»

«Lei é nostra figlia: Katie! Questo é il motivo per cui scappammo, con la vecchia legge Lena sarebbe stata costretta ad abortire e ora non avremmo questa meraviglia di figlia.»

Billy mi si avvicinò e mi tese le mani io gli poggiai le mie sulle sue.

«Sei calda... é per questo che siete tornati?»

«Si, Billy! Katie si stà per trasformare, é una Quileute al cento per cento. Io e Lena siamo qua per chiedere perdono per il fatto che siamo fuggiti e abbiamo disubbidito a una vecchia legge. E se ce n’é bisogno chiederemo in ginocchio che addestriate nostra figlia, che la prepariate per la trasformazione e la facciate diventare una dei Quileute come era giusto che fosse fin dalla sua nascita.»

Billy sorrise davanti a mia madre e mio padre che sembravano non sperarci più.

«Io vi perdono... e prenderò vostra figlia sotto la mia protezione e gli insegnerò tutto. Ma ci sono due cose che chiedo in cambio.»

La felicità che si era dipinta sul volto dei miei genitori improvvisamente divenne preoccupazione.

«Cioè?»

«Almeno per un anno vi chiedo di andare a vivere a Forks, per poterla aiutare ho bisogno che voi stiate lontani da lei, non perché la potreste distrarre ma perché alcuni genitori reagiscono male davanti alla prima trasformazione dei propri figli. E seconda la ragazza starà alla vecchia legge, quella che voi avete infranto.»

A quel punto loro mi guardarono, dovevo farlo per loro e poi se non mi fossi mai inoltrata nella cittadina di Forks non ci sarebbe stato alcun rischio.

«Accetto!»

«Sei coraggiosa e questa é una qualità molto nobile. Ora saluta i tuoi genitori, io ti assegnerò una casa che si trova a due passi da qua in questa maniera per qualsiasi cosa puoi rivolgerti direttamente a me.»

Ringraziai Billy per la sua gentilezza e assieme raggiungemmo la macchina dove io salutai i miei genitori che per un anno non avrei né visto né sentito. Però ci promettemmo di scriverci una volta al mese delle e-mail.

Vidi la macchina allontanarsi lungo la strada...

 

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Capitolo 2
*** Vita nuova ***


«Sono andati via!»

Lo sapevo, dopo tutto sulla strada non c’erano macchine a parte quella sull’erba che doveva appartenere a Billy.

«All’ora Katie vieni con me, ti faccio vedere dove vivrai per i prossimi dodici mesi.»

Billy fece retromarcia avviandosi sulla strada nella parte opposta a dove erano andati i miei, io recuperai le valige da terra e lo seguii. La casa era veramente vicina come diceva, partendo da dietro la casa di Billy bastava contare dieci passi e si arrivava alla “mia” nuova casa. Era piccola ma abbastanza accogliente. C’era un semplice angolo cottura, un tavolino quadrato con due sedie, un divanetto e un televisore tutto in una sola stanza; poi in due camere a parte c’erano un bagno più o meno di medie grandezze e affianco la mia camera. Non era grande come quella dove ho vissuto fino a poco tempo prima però era ugualmente accogliente, un letto a una piazza e mezzo era poggiato sotto una delle due finestre, l’armadio di legno era poggiato sulla parete opposta e c’era anche una scrivania dove avrei potuto sistemare il mio computer portatile. 

«Se hai dei libri ci sono delle mensole in quella sottospecie di salotto.»

Mi voltai verso Billy e gli sorrisi, in fondo era stato gentile ad accogliermi perché si potrebbe dire che io ero la figlia di un traditore.

«Pul troppo la cucina é vuota quindi per sta sera verrai a mangiare da me, anche perché avrei tanto bisogno di un po di compagnia.»

Mi ricordo che quella volta guardai stranissimo Billy:«Ma scusa non c’é nessuno che ti faccia compagnia?»

«Oh Katie ho tre figli, due gemelle che però vivono una nelle Hawaii e una va all’università. Il mio terzo figlio invece vive ancora con me, ma é uno dei ragazzi che si é trasformato e solitamente resta fuori assieme al resto del gruppo fino a tardi. A volte non rientra proprio a casa, é successo più di una volta che non ritornasse a casa anche per giorni interi.»

«All’ora sarò contenta di farti compagnia.»

Lasciai le mie valige in camera e prima di uscire notai che Billy stava guardando fuori dalla finestra, quella che si trovava sopra al letto. Notai che di fronte c’era una delle finestre della casa di Billy, da la mi pareva che si trattasse di una camera da letto.

«Che c’é Billy?»

«Ho notato che hai la finestra che si affaccia sulla camera di mio figlio. Ora non é in casa però ti consiglio di chiudere le tende tante volte rientrasse e non te ne accorgessi. Ti assicuro che sarebbe meglio così.»

Allora non sapevo che cosa intendesse, ma ora lo so perfettamente e direi che Billy aveva proprio ragione.

Lasciammo perdere la cosa e uscimmo da casa mia, Billy mi consegnò delle chiavi: quelle per la mia casa. 

«Immagino che tu non abbia un mezzo di trasporto.»

Io feci di no con la testa.

«Tranquilla per ora non ne avrai bisogno, la scuola della riserva si trova a due passi da qua e poi se avrai bisogno di un passaggio basterà chiamare mio figlio.»

«Va bene, ma comunque non penso che ne avrò bisogno. Dopo tutto dove vuoi che possa andare? Meglio se rimango all’interno della riserva senza dover arrivare fino a Forks.»

Billy mi sorrise.

Quella sera gli cucinai una cosa proprio velocissima e dopo che avevamo chiacchierato del più e del meno decisi di sparecchiare per poi andare dritta a nanna visto che stavo morendo dal sonno.

«No, Katie! Lascia perdere. Intanto questa sera dovrebbe rientrare mio figlio, così almeno appena torna troverà qualcosa da fare.»

«Ok Billy come preferisci.»

Lo salutai e andai diretta a casa, mi dovetti fare il letto con delle coperte che Billy mi aveva dato prima che andassi via. Chiusi le tende della finestra, aveva detto che suo figlio sarebbe rientrato quella sera quindi meglio non rischiare.

 

Quando mi svegliai erano forse le cinque di mattina decisi di farmi una doccia e poi di andare da Billy per preparargli la colazione, diciamo che era una maniera anche per ringraziarlo per il giorno prima.

Quando entrai nella casa sembrava essere vuota, la tavola per di più non era sparecchiata. Così, facendo abbastanza silenzio, ripulii tutti i piatti e cominciai a preparare la colazione. La preparai solo per me e Billy visto che se la tavola era ancora in quello stato significava che il figlio, alla fine, la sera prima non era rientrato.

«Buon giorno Katie!»

Mi voltai e vidi Billy già bello che pronto.

«Buon giorno Billy.»

«Indovino... hai sparecchiato tu, vero?»

«Già! A quanto pare tuo figlio non é rientrato questa notte.»

«Non so nemmeno più io che cosa dirti, mi dice una cosa e ne fa un’altra. Ormai va avanti così da due anni, ad un certo punto uno dice basta! Ma é un licantropo e ha bisogno del suo spazio. Capirai di cosa parlo quando avrai completato l’addestramento.»

«Intendi dire che non c’é bisogno della trasformazione per poterlo comprendere.»

«Si!» Billy mi sorrise e proseguì con il dirmi una cosa:«Ieri sera, quando sei andata via, ho chiamato il capo branco: Sam! Sarà lui a farti da insegnante senza doverti inserire in nessuna nuova classe. In questa maniera procederai molto più rapidamente con gli insegnamenti.»

«Perché lui li ha provati sulla sua pelle e sa spiegarmi meglio le cose?»

«Diciamo di si!»

“Wow”: ciò che io avrei voluto dire ma che mi trattenni dal fare, si trattava pur sempre di una persona che mi voleva aiutare.

Misi a tavola i cereali e della pancetta, a me sinceramente non mi era mai piaciuto mangiare queste cose di prima mattina ma doveva essere una cosa legata alla trasformazione. Finimmo di mangiare in assoluto silenzio.

«All’ora se siamo pronti possiamo andare. Non voglio prendere la macchina e poi seguendo la strada principale si arriva in un batter d’occhio.»

Io feci di si con la testa, così presi la borsa a tracolla di stoffa dove avevo messo dentro un quaderno e un astuccio pieno di penne di qualsiasi tipo e colore. Chiudemmo casa e ci avviammo, in fondo aveva ragione Billy la scuola era abbastanza vicina e poi io ero abituata fin da piccola a percorrere grandi distanze a piedi. 

Ci fermammo davanti ad un edificio di mattoni che si divideva su due diversi piani, non era recintato a parte la piscina che si intravedeva. 

«Questa, Katie, é la scuola della riserva. Non é grandissima perché comunque i ragazzi che vivono qua non sono tanti e la maggior parte di loro sperano di diventare dei licantropi.» Billy mi indicò un altro piccolo edificio non poco distante. «Quella é la palestra dove si allenano i ragazzi che si preparano alla trasformazione. Ed é là che tu passerei tutto quest’anno poi si vedrà l’anno prossimo in quale classe inserirti.»

Vidi uscire dal piccolo edificio un ragazzo che accortosi di noi ci si avvicinò, egli era molto più alto di me, non era esattamente “grosso” ma era molto muscoloso e io rispetto a lui sembravo un ramoscello. Aveva i capelli corti un po dritti sulla testa come se non se li pettinasse da giorni, gli occhi marroni e le orecchie un po a sventola.

«Eccoti finalmente Billy, cominciavo a preoccuparmi.»

«Sai com’é Sam, quand’hai in casa una ragazza che ti prepara da mangiare non disprezzi mica.»

«A chi lo dici.»

Billy si girò verso di me:«Sam lei é Katie!»

Sam rimase stupito:«Wow! Billy mi aveva detto che somigliavi a noi ma che avevi delle piccole differenze, ma non m’immaginavo delle così enormi differenze. Sei molto più magra di una qualsiasi licantropessa e i tuoi occhi sicuramente non sono tipici dei Quileute.»

«Li ho presi da mia madre.»

Lui mi sorrise e ci invitò ad entrare.

La “palestra” non era grande ma sicuramente era ben attrezzata per preparare un giovane licantropo/essa. Mi guardai attorno mentre Billy e Sam parlavano di non so cosa, ma sicuramente si trattava di qualcosa che riguardava me direttamente.

«Vieni un attimo qua Katie?!»

Billy mi aveva chiamata così mi avvicinai ai due.

«Abbiamo deciso io e Sam, di comune accordo, che comincerai subito. Farai una settimana di addestramento base assieme a lui, poi dalla settimana prossima ti unirai al resto del gruppo. In questa maniera il processo di trasformazione si accelererà.»

Aggrottai le sopracciglia senza capire, forse perché ero troppo stupida per capire o chissà cosa:«E perché si dovrebbe accellerare stando con tutti loro?»

«Perché il licantropo che risiede in te vedendo che gli altri si divertono, visto che sono tutti già trasformati, vorrà uscire a tutti i costi.»

«Capito.»

«Ora io tolgo il disturbo, ci vediamo questa sera Katie, passa da me per ritirare la spesa.»

«Ok, grazie Billy.»

Prima che uscisse dalla palestra egli si voltò verso di me e mi sorrise. Appena la porta si chiuse alle spalle di Billy, Sam, si sfregò le mani.

«Ok piccola licantropessa direi di cominciare la nostra prima lezione.»

Quella volta ebbi come l’impressione che le lezioni in palestra sarebbero state una passeggiata rispetto a quello che mi aspettava fuori una volta trasformata, e direi che la mia intuizione fu al quanto esatta.

 

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Capitolo 3
*** La "Scuola" ***


«Allora Katie... intuisco, guardando il tuo corpo, che tu abbia fatto diversi sport.»

«Ehm... si!»

«Che tipo di sport?»

«Dai miei sei anni fino ai nove anni ho fatto danza classica, dai nove agli undici anni ho fatto nuoto e poi fino all’anno scorso ero nella squadra delle cheerleaders.»

«Tutti sport che possono avere le basi per la tua trasformazione, immagino che sia stato tuo padre a consigliarti questi sport.»

«Esatto! Secondo te lui mi ha aiutato sapendo che molto probabilmente sarei diventata... una licantropessa?»

«Molto probabile. Vediamo un po... hai un quaderno su cui prendere appunti?»

Io non risposi e tirai fuori dalla borsa il quaderno degli appunti e una penna, mi voltai verso Sam e lui mi fece segno di sedermi a terra.

«La cosa principale da sapere é che la prima trasformazione può essere dolorosa, se non si sa che posizione assumere. Per poterla accelerare basta mettersi a carponi a terra con la testa fra le braccia, in questa maniera la trasformazione sarà un pochino meno dolorosa, ma non ti assicuro niente la cosa dipende da persona a persona.»

“O da mostro a mostro” Questo é quello che pensai quando me lo disse.

Quella volta ebbi come l’impressione che Sam mi avesse letto nel pensiero perché mi guardò e mi sorrise, ma era una cosa che sentivo gli proveniva dal cuore.

«Poi... meglio se ripartiamo dalla nascita dei Quileute e l’inizio di questa sorta di “morbo” che infestò la nostra tribù e il perché solo alcune generazione si trasformano.»

Lui fece una lunghissima pausa, probabilmente lo fece per farmi innervosire perché sapeva che ero curiosa.

«Bhé?»

Sam scoppio a ridere constatando che la sua tattica aveva funzionato, solo quando si fu ripreso cominciò il racconto di una tribù che per difendere le proprie terre i loro guerrieri impararono a distaccare lo spirito dal proprio corpo imparando a scatenare poderosi venti.

Tutto pareva andare bene sotto la guida del capo Taha Aki; però c’era un guerriero, uno dei più forti, che non era felice: Utlapa! Era invidioso del potere del capo tribù, però non aveva fatto i calcoli con un potere speciale che apparteneva solo al capo: poteva leggere nella mente dei suoi guerrieri.

Così Utlapa si andò a rifugiare nei boschi, meditando vendetta. Un giorno trovò il corpo di Taha Aki, che probabilmente era da qualche parte a controllare la propria tribù, così Utlapa si impossesso del corpo del capo e cominciò a dettare legge all’interno del villaggio.

Per prima cosa proibì ai guerrieri di entrare nel mondo degli spiriti, se no qualcuno avrebbe potuto scoprire l’inganno. In quel periodo la tribù stette troppo male.

Un giorno lo spirito vagante di Taha Aki si imbatte in un immenso lupo, egli gli chiese il permesso di poter condividere il corpo con lo spirito del lupo ed egli accettò. Così facendo tornò nella tribù riuscì a convincere uno dei suoi guerrieri ad entrare nel mondo degli spiriti ma Utlapa lo scoprì e l’uccise. Taha Aki fu invaso di rabbia e il suo spirito si fuse con il corpo del lupo... creando così il primo licantropo. Quella volta riuscì ad uccidere Utlapa ma questa caratteristica di trasformarsi rimase anche alle generazioni a venire.

Conosco quella storia a memoria per quante volte me la sono fatta raccontare, ma torniamo al mio primo giorno di lezione.

«Va bene, ma continuo a non capire perché improvvisamente non tutte le generazioni riescono a trasformarsi.»

«Questa é un altra storia... ma dobbiamo far avanzare i tempi quindi direi che per domani sera organizzo un falò per i racconti. Così capirai il perché solo alcune generazioni si trasformano.»

«Va bene!»

Ormai quelle sei ore di lezione erano finite, ma quella volta quanto avrei voluto andare avanti ad ascoltare Sam che raccontava storie sulla tribù, era un ottimo insegnante e riusciva a trascinarmi all’interno delle storie.

Uscimmo dal piccolo edificio e notai subito che fuori dalla scuola non c’era quasi più nessuno, probabilmente erano tutti corsi a casa chi a studiare o a lasciare la roba per andare a divertirsi fuori con gli amici.

«Mi ha detto Billy, ieri sera, che la tua camera é finita proprio di fronte a quella del figlio, che brutta storia.»

Era dalle sera prima che non riuscivo a capire quale fosse la gravità della cosa, si era un ragazzo ma che c’era di così “brutto”?!

«Non capisco.»

«Direi... vediamo come posso fartelo capire senza traumatizzarti... anzi no! Te lo spiego domani anche perché domani sera incontrerai tutto il resto del gruppo quindi conoscerai anche il figlio di Billy. E se domani arrivi che hai capito gli girerai alla larga.»

Continuavo a non capire, mi pareva sempre di più che a Sam gli piacesse una marea la suspense. Però quella volta lasciai perdere e salutai Sam avviandomi verso casa, passai prima da Billy a prendere la spesa che lui gentilmente mi aveva fatto.

«Se vuoi Billy anche questa sera ti vengo a fare compagnia a cena.»

«No Katie, tranquilla. Questa sera viene mio figlio e ho bisogno di stare un attimo da solo con lui. Anche perché Sam mi ha avvertito che domani vi incontrerete quindi é il caso che io ci faccia due chiacchiere.»

«Va bene! Però se ti da buca come ieri sera chiamami che vengo più che volentieri visto che anche io stò da sola a casa.» 

Ma quella sera Billy non mi chiamò così mangiai, scrissi un e-mail ai miei genitori e andai dritta a letto. 

 

La mattina dopo mi svegliai abbastanza presto, mi era rimasta l’abitudine perché dove abitavo prima la scuola era lontana e non ci arrivava nemmeno lo scuola bus e io dovevo farmi un tratto a piedi quindi mi dovevo alzare di buon ora. Così anche quel giorno andai a casa di Billy a preparargli la colazione, ma a differenza della mattina precedente trovai tutto sparecchiato e pulito. In quel momento pensai che ci fosse anche il figlio di lui ma quando mi stavo per mettere ai fornelli:

«Non ti preoccupare per mio figlio Katie lui é uscito un paio di ore fa ha ricevuto una chiamata da dei vecchi amici.»

«Ah! Ok!»

Così preparai da mangiare e io corsi a scuola per la mia seconda lezione con Sam, lui già sapeva che cosa gli avrei chiesto e penso che quella volta si fosse preparato tutto il discorso da farmi.

«Ok Katie, direi di partire dalle basi...»

«Ancora con queste basi? Non ti pensavo poi così monotono.»

«E io non ti pensavo né così chiacchierona né così commentina.»

Scoppiammo a ridere ma poi lui tornò serio.

«Quando si diventa licantropi può avvenire ad alcuni di loro una cosa chiamata imprinting.»

«Che cos’é esattamente?»

«Diciamo che é simile a un colpo di fulmine, però é differente da esso per due aspetti: innanzitutto perché é eterno e poi perché, al contrario del colpo di fulmine, l’imprinting si può avere anche con un bambino di due anni o con un neonato e non viene considerato pedofilia come nel caso degli umani.»

«Wow! Davvero siamo in grado di una cosa del genere?»

«Si, e io ne sono la prova vivente. Io ho avuto l’imprinting e ti posso assicurare che é una cosa meravigliosa.»

«Ok, però ciò non spiega il perché io debba stare lontana dal figlio di Billy.»

«Ed é proprio qua che io ti rivolevo! Un licantropo che non riceve l’imprinting e non é innamorato é assetato di sesso sfrenato e se sente odore di licantropessa poco lontano da lui la vuole a tutti i costi. Non che con l’imprinting questa voglia sfiorisce però stranamente i licantropi sono alquanto assatanati su questa parte. Vivono per il sesso. Come per la caccia.»

Sam in quel momento alzò gli occhi su di me e scoppiò a ridere penso che lo fece a causa della faccia strana che feci. Perché io immaginavo me nei panni di un assatanata di sesso sfrenato e pazzie varie.

«Oh mio dio! Sei riuscito a scandalizzarmi con un solo argomento.»

 

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Capitolo 4
*** Intorno al fuoco ***


 

Mi ero talmente scandalizzata per quello che mi aveva detto Sam che stavo per arrivare al punto d’inventarmi una qualche scusa per non andare al falò quella sera. Ma non potevo farlo dopotutto Sam l’aveva organizzato proprio per farmi raccontare da qualcuno le storie più antiche dei Quileute. Durante quella serata avrei scoperto il perché solo alcune generazioni dei Quileute si riuscivano a trasformare.

Così presi coraggio e dopo essermi fatta una lunga doccia mi vestii, lo feci in bagno perché non avevo chiuso le tende della finestra in camera e avevo paura che fosse a casa il figlio di Billy. Misi una cosa semplice jeans scuri, maglietta viola a maniche corte, sopra una giacchetta nera corta sulla pancia e lunga sulle maniche (si é vero che non sentivo più il freddo ma l’abbigliamento per me era [ed é tutt’ora] tutto anche se rischiavo di morirmi di caldo) e alla fine misi le ballerine viola. Asciugai i capelli e li legai in una treccia laterale, per quanto erano lunghi i miei capelli alcune volte preferivo tenerli legati più tosto che averli in mezzo ai piedi (o più che altro braccia). Non mi truccavo mai, odiavo tutte quelle schifezze che le ragazze si mettevano in faccia.

Uscii di casa che mancavano pochi minuti all’inizio del falò, non avevo mangiato niente prima d’uscire perché Sam mi aveva avvisata che avrebbero cucinato qualcosa là sul momento. Prima di svoltare l’angolo, così finendo sul davanti della casa di Billy, mi bloccai e restai in ascolto: c’erano tante voci e parevano che si stavano divertendo da morire, c’era lo scoppiettio del fuoco con il suo odore di cenere.

Devo dire che sentire tutte quelle voci che si divertivano faceva non poco male, per natura ero sempre stata una ragazza chiusa in me stessa non amavo fare amicizia... o più che altro le persone mi evitavano. Non perché io fossi pericolosa, almeno non fin quando non mi sarei trasformata, però dicevano tutti che grazie alla mia troppa bellezza ero inavvicinabile, questo era quello che pensavano i ragazzi, le ragazze (sempre per colpa della mia “bellezza” [che sinceramente avrei ceduto volentieri al primo che passava]) mi odiavano a morte e non perdevano nemmeno il loro tempo per fare le bulle con me.

Ormai era troppo che ero là dietro e visto che quelli là erano tutti licantropi, e pure già belli che trasformati, da un momento all’altro avrebbero avvertito la mia presenza.

Così uscii dal mio “nascondiglio” e piano piano mi avvicinai al gruppo, c’erano solo due ragazze e tutto il resto erano ragazzi e pure al quanto muscolosi, che mettevano in mostra i loro bei fisici, intravidi pure Billy e un altro tizio che però sembrò che lo stesse salutando, come sé se ne stesse andando via. Il primo ad accorgersi di me fu Sam che mi corse in contro tenendo per mano una delle due ragazze.

«Eccoti finalmente non aspettavamo altro che te.» Sam m’indicò la ragazza accanto a lui.«Lei é la ragazza con cui ho avuto il mio imprinting: Emily!»

Lei non era molto alta, forse poco più di me, aveva i capelli neri come i miei ma lisci e gli occhi color nocciola. La cosa che mi sconvolse era lo squarcio che aveva su tutta la parte destra del volto. 

Sam si allontanò per andare a chiamare gli altri, per potermeli presentare, e io rimasi da sola con Emily che si rivolse molto gentilmente dalla mia parte.

«Lo so cosa stai guardando... questo é quello che succede a una ragazza umana quando stà con un licantropo. Non hai alcuna difesa contro la loro ira e le conseguenze le paghi tu, ma la cosa buona é che se hai avuto l’imprinting con esso sei certa che non potrà fuggire.»

Emily mi sorrise e io divenni rossa. «O mio dio! Scusami non volevo...»

«Tranquilla Katie, penso che sia tuo diritto sapere cosa mi é successo se vogliamo essere amiche.»

In quel momento si avvicinò Sam in compagnia di tutto il resto del gruppo.

«Allora io direi di partire dall’altra ragazza del gruppo Leah, lei é una licantropessa a differenza di Emily.» La ragazza che mi si parò davanti era alta quanto me, capelli neri a caschetto e occhi neri. Lei mi sorrise però a me sembrò quasi che stesse facendo uno sforzo immane nel farlo.

«Loro sono Quil, Paul, Jared...» I tre ragazzi erano tutti poco più bassi di Sam, da questo conclusi che fossero più piccoli di lui. Però entrambi avevano un bel fisico muscoloso, capelli corti neri (che sembrava che non se li pettinassero da mesi anzi da anni) e degli splendidi occhi neri e/o marroncini.

Sam mi butto sotto gli occhi un ragazzino che si e no aveva tredici/dodici anni:«E lui é il più giovane licantropo mai esistito: Seth!»

Il ragazzo molto simile agli altri ragazzi, unica differenza la corporatura ancora molto esile probabilmente non aveva ancora sviluppato la corporatura massiccia dei suoi amici.

«Piacere!»

«Katie non ti far abbindolare dal suo bel faccino ti posso assicurare che é una vera belva. E pensare che ha solo quindici anni.» Mi voltai stupita verso Jared, avevo capito bene? Seth aveva quindici anni?

Mi riguardai stranita il ragazzino che si trovava davanti a me, era così piccolo e tenero che sinceramente non mi sarei mai immaginata né che aveva quindici anni né che era un licantropo.

«E chi di loro é il figlio di Billy?»

Sam scosse le spalle:«Non é ancora arrivato, ti assicuro che lui si farebbe notare molto di più di tutti noi.»

L’aria calma e silenziosa della foresta venne interrotta da un rombare di chissà quale tipo di moto, però dal suono mi sembrò una di quelle che si utilizzava per fare motocross e il suo guidatore doveva essere uno spericolato, dal suono sembrava che stesse andando a 130-140 Km/h.

«Appunto!»

Mi voltai appena in tempo per vedere fermarsi sul vialetto davanti casa di Billy una motocross blu e nera, il guidatore spericolato non indossava il casco però sembrava stare benone. Il resto del gruppo corse a salutare l’ultimo arrivato mentre io me li guardavo da lontano, già cominciavo a vedere le differenze fra me e questo misterioso ragazzo lupo.

Lui amava mettersi in mostra, io no! Lui aveva molti amici, io nemmeno uno! Lui amava l’adrenalina da velocità, io quella che si formava grazie a tutte quelle cose pericolose (avevo anch’io fatto motocross ma quella con i salti)!

Sam mi si avvicinò e mi mise una mano sulla spalla come per rassicurarmi, come se avesse potuto leggere quali erano le mie preoccupazioni: il fatto di non piacere a questo ragazzo e di conseguenza essere lasciata in disparte.

«Non ti preoccupare lui ha una buona presenza ma non é cattivo e poi sono io il leader quindi comando io! E poi ad Emily già stai simpatica.» Mi sorrise e poi corse anche lui a salutare il ragazzo appena arrivato.

«Sei in ritardo!» 

«E su via Sam ero da Bella aveva bisogno di una mano, Alice non la lasciava in pace voleva per forza impacchettarla con uno di quegli abiti rosa pieni di merletti. La dovevo salvare dalle sue grinfie malefiche.»

«E va bene lupacchiotto! Però ora vieni ti devo presentare una persona: la tua nuova vicina di casa.»

Davanti a me si parò un ragazzo alto, pelle ambrata, fisico sicuramente migliore di quello degli altri, capelli neri spettinati, naso un pochino a patata e all’insù. Ma la cosa che mi colpì di più furono i suoi occhi piccoli, a mandorla e... neri! Erano il completo opposto dei miei così verdi e luminosi.

Mi accorsi quasi subito, forse un pochino in ritardo, che mi ero incantata e cercai di rimediare all’enorme anzi no... allo stratosferico errore di farmi vedere debole davanti a un licantropo (torniamo sempre al discorso del sesso).

Gli sorrisi e gli allungai la mano:«Piacere io sono Katie.»

Lui guardò prima la mia mano un po titubante poi mi guardò dritta negli occhi e dopo un attimo, che a me parve un secolo, dove i nostri sguardi furono fissi l’uno nell’altro lui mi sorrise e mi strinse finalmente la mano:«Il piacere é tutto mio Katie, io sono Jacob... Jacob Black!»

Mi ricordo che non riuscivo a capire il perché mi avesse detto anche il suo cognome mentre io non gliel’avevo nemmeno accennato, ma non m’importò. In quel momento avrei tanto voluto fare un sospiro di sollievo come se mi fossi tolta una parte del grosso peso che mi portavo appresso, però mi trattenni dal farlo perché mi sentivo osservata e la mia mano era ancora stretta con quella di Jacob. Così tutta imbarazzata lasciai la sua mano e lui corse ad aiutare il padre con le salsicce che già stavano cuocendo da prima del mio arrivo.

«Vieni Katie, mettiti seduta fra me e Leah.»

Sentendomi chiamare per nome e per di più da una persona che cercava di essere mia amica a me parve quasi un miracolo, fino a nemmeno due settimane prima i ragazzi mi chiamavano principessa e anche solo chiamarmi per cognome era uno scandalo, invece alcune ragazze mi chiamavano o troia o zoccola. Possiamo dire che almeno il mio “soprannome” non era sempre lo stesso con loro (per metterla sul ridere).

Felicissima mi andai a sedere su uno dei tronchi che si trovavano davanti al focolare, mi misi fra Emily e Leah che mi sorrisero, anche quest’ultima che prima non era parsa molto amichevole.

«Ragazzi sono pronte le salsicce, ne prendete qualcuna per le ragazze senza che le fate alzare?» 

Billy era sempre stato un galantuomo anche se a prima vista non si sarebbe mai detto.

Sam portò due salsicce ad Emily, Quil le portò a Leah che gli tolse bruscamente il piatto dalle mani, a me lo portò Seth.

«Oh-oh! Seth si é preso una cotta per una ragazza di un anno più grande di lui.»

«Ma fa silenzio Jack le stò solo facendo una cortesia visto che voi due stavate facendo non si sa cosa.»

«Prendevamo la legna!» Jared alzò un bastone per mostrarcelo mentre sotto l’altro braccio ne teneva un’altra ventina, stessa cosa Jacob.

Loro lasciarono cadere la legna accanto al falò, Billy si avvicinò ai due ragazzi porgendo due piatti con le salsicce mentre sulle ginocchia ne teneva un terzo. I ragazzi si accomodarono sui tronchi che si trovavano attorno al falò e Billy cominciò a raccontare.

«La storia che questa sera, ragazzi, vi stò per raccontare voi già la conoscete bene...»

«Ma Katie no!»

«Fa silenzio Jared!»

Sam mollò uno scapaccione in testa a Jared che si trovava accanto a lui, poi fece segno a Billy che poteva tranquillamente ricominciare a raccontare.

«Allora, se non ci saranno altre interruzioni forse riusciamo almeno ad iniziarla.» Partì una  risata generale, quella volta io mi esentai non ero ancora abbastanza in sintonia con il gruppo per sentire che avevo il permesso di ridere assieme a tutti loro. «Quindi stavo dicendo... la storia che stò per raccontarvi parla di uno dei discendenti di Taha Aki. Quest’uomo era come il suo antenato il capo tribù dei Quileute ma lui non si dovette imbattere in un guerriero troppo assetato di potere. No!... Lui s’imbatte in qualcos’altro, in una razza che per i nostri antenati era sconosciuta, loro li chiamavano: i freddi! Ora più semplicemente vampiri. Fatto stà che uno di questi esseri invase il nostro territorio facendo strage dei Quileute, ma il capo tribù fu molto svelto e scoprì che il morso dei lupi li potevano uccidere. Così sembrava che il pericolo fosse scampato, ma aveva abbassato la guardia troppo presto. Pochi giorni dopo sulla spiaggia, La Push, si presentò la fidanzata del vampiro che era furibonda e nessuno riusciva nemmeno ad avvicinarla, dopotutto si sa quanto può essere più pericolosa una donna quando perde il proprio amore. Comunque i nostri antenati stavano quasi per arrivare alla conclusione di fuggire lasciando le loro terre quando la moglie del capo tribù comprese come poteva distrarre la vampira. A lei piaceva il sangue ed era quella l’unica cosa che la poteva distrarre, ma doveva fuoriuscirne talmente tanto che lei non avrebbe potuto fare altro che dare precedenza all’istinto di caccia. Così la prima moglie del capo si conficcò un coltello nel torace e la vampiressa abbassò la guardia quel poco per poter essere sbranata dai cacciatori.»

«Allora cosa hai capito?» 

Leah mi aveva rivolto la domanda ad alta voce e io me la guardai storcendo bocca e naso.

«A parte il fatto che ho scoperto che esistono pure i vampiri non ho capito cosa centra questo con la trasformazione delle generazioni.»

«Allora capirai di più se ti racconto quest’altra storia... Più o meno pochi anni dopo quest’avvenimento un’altro gruppo di vampiri provò ad avvicinarsi a La Push, ma loro erano diversi dagli altri della loro specie. Erano i primi freddi, che la tribù incontrasse, che non succhiavano il sangue dalle persone ma dagli animali. Così fecero un patto i vampiri potevano vivere dentro a Forks ma non potevano oltrepassare il confine con La Push e in cambio loro non avrebbero mai toccato sangue umano. Questa famiglia esiste tutt’ora e vive qua ma fra poco si dovranno trasferire perché hanno con se una nuova arrivata.»

All’improvviso era come se si fosse accesa una lampadina nella mia testa:«Il patto: é questo che aziona il processo di trasformazione, l’istinto di difesa del proprio territorio anche se si sa che quelli non sono pericolosi.»

«Mamma mia quanto sei furba Katie!» Era come se Quil avesse provato a fare la battuta, ma direi che gli era proprio venuta male.

«Ma io non ho mai vissuto qua, com’é possibile?»

«Perché hai comunque sangue Quileute dentro alle vene e l’istinto di protezione ti é rimasto, così ogni volta che arriva un freddo ai confini del nostro territorio noi lo avvertiamo.» Sam era tranquillissimo come se non fosse la prima volta che qualcuno gli facesse una domanda del genere.

 

Quella serata trascorse in fretta, allegra fra mille storie e risate, per la prima volta mi sentii veramente parte di qualcosa che poteva essere alla mia altezza. Ma la parte divertente di quella serata per me finì nel momento in cui Billy andò a dormire!

Jacob mi guardava con aria interessata poi appena poteva puntava i suoi neri occhi dentro ai miei e alla fine cominciò a leccarsi le labbra tutte le volte che i nostri sguardi s’incrociavano.

«Quando dovrebbe avvenire la trasformazione di Katie?» Jacob non si stava riferendo a nessuno in particolare ma Sam gli rispose prontamente:«Più o meno a San Lorenzo, sotto le stelle cadenti.»

«Wow! Non vedo l’ora!» Jacob si leccò per l’ennesima volta le labbra e a me salì un brivido su per la schiena ma quello non era di sicuro dovuto al freddo.

Davanti a me si pararono Emily e Leah che guardarono Jacob in cagnesco, anche se Emily in realtà non era e non é tutt’ora una licantropessa.

«Jacob Black prova ad avvicinarti a lei o a toccarla con un solo dito e con la tua folta pelliccia rossiccia ci faccio il tappeto nuovo a casa.» 

Devo ammettere che Leah era tagliente con un rasoio.

«E da quando voi due avete fatto pace e vi unite per proteggere una nuova?»

«Da adesso miei cari ragazzi e tutti voi non alzerete un solo dito su questa povera cuccioletta indifesa.» Emily era sicuramente meno tagliente ma rendeva comunque l’idea.

«Allora perché vi siete rivolte solo a me?»

«Perché sei tu quello che le abita a due passi da casa e sei sempre tu che non provi più amore ormai da un anno.» Quella volta era stato Sam a rispondere.

Ma Jacob sembrò che non volesse rinunciare alla sua nuova preda e prima che le ragazze mi trascinassero fino a casa mia guardai un ultima volta quel ragazzo che come soddisfatto di qualcosa si leccò per l’ennesima volta le labbra mostrandomi i denti bianchi.

 

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Capitolo 5
*** Sei uno scocciatore ***


Quella mattina mi svegliai con molta calma, Sam mi aveva detto che la nostra lezione l’avremmo spostata al pomeriggio visto che la sera prima avevamo fatto troppo tardi. 

Mi misi seduta sul letto e, prima di mettermi in piedi per andare in cucina, mi assicurai che le tende fossero ben chiuse. Mi ero immaginata che Jacob sarebbe rimasto a dormire da Billy quella sera e dopo quello che aveva fatto la sera prima avevo un po il terrore di incrociare anche solo la sua figura dalla mia finestra.

Appena fui certa che le tende erano ben chiuse andai in cucina a prepararmi da mangiare, constatando che avevo già quasi finito le scorte. Va bene che Sam mi aveva spiegato che i licantropi mangiano per cinque persone ma così era troppo, avevo finito quasi tutto in meno di tre giorni e per lo più io non mi ero ancora trasformata. Non sapevo più cosa aspettarmi a parte il diventare un enorme lupo. Guardai l’orologio appeso sopra il divano e vidi che era abbastanza presto, erano ancora le undici e io avevo la lezione con Sam solo alle due.

Finii di lavare la mia tazza che qualcuno bussò alla mia porta, non c’era lo spioncino per controllare chi fosse così dovetti aprire, non chiesi chi era perché sinceramente non c’era niente di cui preoccuparsi... a parte la persona che mi ritrovai davanti: Jacob!

Me lo guardai e provai a sorridergli e a parlargli garbatamente trattenendomi dal chiudergli la porta in faccia:«Buon giorno Jacob, qual buon vento ti porta fino a casa mia?»

«Buon giorno Katie! Dev’essere stato per forza il vento a portarmi qua?»

«Se no cos’altro?» Glielo chiesi in maniera “calma” e cauta, non volevo che mi saltasse addosso. E va bene avevo seriamente paura di lui!

«Ehm... scusami ma io devo andarmi a vestire che fra un po ho la lezione con Sam e non é il caso che faccia tardi.»

«Su via, non ti va di divertirti un po? Da quando sei arrivata, ho saputo, che non hai fatto altro che prepararti per l’arrivo della trasformazione. Ieri sera era la prima volta che ti facevi una vera risata dal tuo arrivo.»

«Sei gentile a preoccuparti Jacob ma prima mi trasformo e prima mi leverò questo peso di dosso.»

«Ti assicuro piccola che la cosa si farà più pesante dopo, meglio se ti diverti ora.»

In quel momento non avevo più paura di lui mi stavo solo spazientendo, così mi poggiai alla cornice della porta con la spalla cercando di sbarrargli la porta.

«Ed esattamente in cosa consisterebbe il tuo divertimento?»

«Boh! Divertimento! Come ti divertivi tu nella tua vecchia città?»

«Non mi divertivo.»

Jacob ci rimase di sasso:«Come non ti divertivi? Sei una licantropessa Quileute, per natura sei giocherellona e iperattiva.»

«Iperattiva si! Ma giocherellona no! Non avevo con chi giocare quindi non so come ci si diverte quando si é in compagnia di altra gente.»

Lui mi guardò a bocca aperta e occhi spalancati, ma si riprese quasi subito.

«Questo é un buon motivo per imparare a divertirti. Ma senti invece di lasciarmi fuori come un cane perché non mi fai entrare?»

«Punto primo: tu sei un cane! E punto secondo: Sam mi ha spiegato il fatto dei licantropi che non hanno né ricevuto l’imprinting né sono innamorati. Soprattutto voi maschi siete assetati di sesso sfrenato e potete anche essere pericolosi.»

«Si questo é vero, ma chi ti dice che ci stò provando con te?»

«Vediamo...» Mi misi un dito sotto il mento e mandai gli occhi verso l’alto come se stessi pensando a qualcosa. In realtà stavo veramente pensando: dopo tutto Jacob aveva ragione. Io non mi ero ancora trasformata quindi in teoria ancora non odoravo di licantropessa e, poi, chi mi poteva dire che lui avesse puntato proprio me?

Ma non potevo lasciarlo entrare, anche perché io ero ancora in pigiama e con un licantropo non si sa mai.

«Ah si! Ieri sera!»

«Ieri sera?»

«Si, ieri sera! Ogni volta che mi guardavi ti leccavi le labbra come se fossi stata uno dei tuoi cibi preferiti, e non mi venire a raccontare che avevi fame perché non ti credo. So che per natura mangiamo tanto ma tu ti eri sparato una ventina di salsicce e due costolette di maiale.»

«E va bene!» Alzò le mani come se si fosse arreso all’evidenza, pensavo di aver vinto ed abbassai la guardia. 

Fu un gravissimo errore!

Il tempo che lui fece un sorriso sbieco che mi ritrovai dentro casa a mo dì sacco di patate su una delle spalle di Jacob che si avvicinava pericolosamente al divano.

Cominciai a scalciare, non volevo assolutamente perdere la mia verginità con quell'energumene, si era fico... e PUNTO!

«Jacob mettimi immediatamente giù o...»

«O che cosa mi fai? Ti metterai a gridare? Spiacente ma mio padre é uscito questa mattina presto e tornerà questa sera. Ci siamo solo io e te su questa parte di strada!»

In quel momento il panico mi attraversò come se avessi messo le dita dentro alla presa elettrica e la scossa mi percorresse tutta. Mi dovevo inventare qualcosa!

Mi misi a piangere!

«Eh! Su via non fare così... si é vero che odori di lupa in calore e sinceramente il divano e il tuo corpo mi attirano, però se fai così mi metti ansia e a me passa la voglia.» 

Lui mi rimise con i piedi a terra continuando a tenere le sue calde mani sui miei fianchi, ma non aveva fatto i calcoli con la mia furbizia. Non appena sentii che i miei piedi erano saldamente poggiati a terra smisi di piangere e mollai un calcio dritto agli stinchi di Jacob. Mancai le parti “fondamentali” colpendo solo la coscia, però gli feci abbastanza male da dovergli far lasciare i miei fianchi così io mi allontanai da lui e mi misi sulla difensiva.

«Ma tu sei matta. Su via non fare così!»

«Così come? Non mi dovrei difendere? Facciamo così quando tu finirai di guardarmi come una preda ma come un’amica abbasserò la guardia.»

«Già mai! Una volta che scelgo la mia preda non la lascerò mai andare. E tu devi essere mia, anche solo per una volta.»

«Tanto per divertirti!? All’ora caschi male con me.»

Jacob si ritirò su e mi guardò dritta negli occhi, mi cominciò a girare attorno e io lo seguii senza mai perderlo di vista. Quando tornò al punto di partenza ricominciò a parlare con la sua solita poca eleganza:«Ecco perché odori così tanto di lupa in calore: sei vergine!»

Io divenni rossa come un peperone anzi no come un tulipano (sono alcuni dei miei fiori preferiti).

«Ma ti pare il modo di parlarmi? Ma come ti permetti? Questi non sono affari tuoi e tu la devi smettere di annusarmi da lontano.»

«Pensa se ti annusassi da vicino. Comunque il tuo corpo é caldo e non parlo della tua temperatura corporea ma del fatto che ti stai eccitando... e sappi che é normale, dopo tutto ci sono io davanti a te.»

«Non ci sperare troppo Jacob. Ed ora esci da casa mia!»

Jacob alzò nuovamente le mani verso l’alto ma quella volta non abbassai la guardia, lui arrivò alla porta e l’aprì:«Comunque se ti volessi divertire a modo mio io sono sempre disponibile.»

Presi la prima cosa che mi capitò sotto mano e gliela lanciai ma lui riuscì a mancarla uscendo da casa, gli avevo lanciato un coltello! Quello che avevo lasciato sul tavolo e che quella mattina avevo utilizzato per mangiare la marmellata di more. Forse era stato meglio così se l’aveva schivato.

 

Alle due ero davanti alla palestra ma di Sam nemmeno l’ombra, così decisi di aspettarlo dentro visto che si stava per mettere a piovere e io sinceramente non mi volevo bagnare.

Ricordo che dentro era tutto buio e ci si vedeva poco, o almeno avrebbe visto poco una persona normale io che avevo la vista dei lupi vedevo più tosto bene.

Nella testa mi ronzava la strana idea che non fossi da sola dentro a quella palestra e sperai con tutta me stessa che non si trattasse ancora una volta di Jacob promettendomi che se era lui lo avrei castrato una volta per tutte.

Mentre ci pensavo vidi qualcosa che si muoveva alla mia sinistra, mi voltai di scatto appena in tempo per vedere Sam che con i suoi 180 chili mi piombava addosso.

Mi bastò fare un passo di lato che lui cadde a terra.

«E tu saresti il capo branco?»

«Il mio era un modo per giocare non per attaccare se no a quest’ora ero già di nuovo in piedi e tu a terra che supplichi pietà.»

«Tutte le scuse sono buone pur di non farvi vedere deboli davanti a una femmina, chiunque essa sia.»

«Perché ti riferisci a un plurale?»

«Perché una cosa simile l’ha fatta Jacob questa mattina.»

Sam parve all’armatissimo così cercai di tranquillizzarlo.

«Per potermi difendere per poco non lo ammazzo... no aspetta! Prima ho rischiato di castrarlo e poi dopo ho rischiato di ucciderlo.»

Sam scoppiò a ridere:«Lo sai che questa non te la farà passare liscia? Forse é il caso se mando Leah e Emily a dormire da te.»

«No, tranquillo! Me la so cavare, non ho mai avuto degli amici né veri né falsi quindi mi sono sempre difesa con le mie sole forse e mettendo in atto quello che mio padre mi aveva insegnato.»

«Tecniche di difesa personale?»

Feci di si con la testa così Sam quella volta si rilasso un pochino anche se sapeva benissimo com’era fatto Jacob e sicuramente sarebbe, molto presto, tornato all’attacco più agguerrito che mai.

«Comunque lo sai che per qualsiasi cosa puoi chiedere aiuto.»

«Grazie Sam, mai nessuno si era preoccupato così tanto per la mia incolumità.»

«Direi che é più che normale visto che fai parte del gruppo e poi Emily e Leah già ti adorano. Le hai intenerite.»

 

Quella conversazione finì là per poter prendere il posto a una delle nostre lezioni, quella volta m’insegnò ad ampliare tutti assieme e separatamente i miei cinque sensi. Scoprii che anche solo sentendo l’aria che mi passava fra le dita potevo sapere se c’era qualcuno nel mio cerchio percettivo.

Fu una lezione meravigliosa dove imparai non solo ad utilizzare mosse di combattimento, che già conoscevo, come difesa ma come attacco ribaltandole a mio favore.

 

Uscimmo dalla palestra che erano quasi le dieci di sera.

«Ora Katie puoi tranquillamente tornare a casa, questa sera Jack rimarrà a casa di Quil perché vanno a far baldoria non so dove visto che non hanno il turno di guardia. Quindi tu puoi dormire sogni d’oro.»

«Ma scusa, voi non andate a scuola?»

«Si, ed anche noi andiamo a questa della riserva però abbiamo un ottima giustificazione se manchiamo: dovevamo proteggere la tribù! Solo l’assenza o il ritardo di Jack e Quil non avrà un ottima giustifica.»

Io risi di gusto pensando a Jacob che chinava il capo di fronte ad un adulto, sinceramente non ci vedevo nemmeno Sam dietro a uno di quei minuscoli banchi di legno e ferro.

 

Quella sera ero stanca morta e andai diretta a letto senza toccare cibo, però non appena sentii la moto di Jack avvicinarsi scattai a sedere sul letto. Non stava venendo da me, almeno non quella volta, lo vidi dalla finestra entrare in camera sua e preparare uno zaino con alcuni vestiti poi si cambiò d’abito. Mise un paio di jeans lunghi e una maglietta nera attillata a maniche corte, ci stava bene vestito a quel modo. Mi vergognai tantissimo dei miei pensieri positivi soprattutto sapendo che ero stata considerata da lui come una preda.

Lo vidi uscire dalla sua stanza e andare a riprendere la sua moto allontanandosi nella direzione opposta a dove ero io.

E per la prima volta ebbi come una sensazione di vuoto ma non capivo il perché. 


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Capitolo 6
*** Naha Taigh ***


Come aveva detto Sam quella sera non risentii la moto di Jacob e io dormii sogni tranquilli accompagnata dall’ululare del vento che sbatteva contro la mia finestra, probabilmente il giorno dopo avrebbe piovuto a dirotto. Cosa al quanto normale visto che là ancora non avevo visto nemmeno uno spicchio di sole e la mente mi tornò ad Amsterdam anche là era sempre nuvoloso e pensai che mio padre avesse scelto quel posto per farmi abituare al fatto che avrei visto pochissime volte il sole. Però ricordai quella volta che, per il compleanno della mamma, andammo una settimana a Madrid. Il sole che m’illuminava e i raggi che mi attraversavano riscaldandomi da testa a piedi, sicuramente non avrei mai visto un sole di quel tipo né a La Push né ad Amsterdam. 

Mi svegliai che erano le cinque di mattina ma rimasi un pochino di più dentro al letto a guardare il soffitto di legno, con tutte quelle travi. Avrei potuto legarci dei fili dove appendere tutti i miei disegni... amavo disegnare!

Però mi dissi che ci avrei pensato più avanti e che in quel momento mi sarei soltanto dovuta sbrigare per non fare tardi alla lezione con Sam.

Mi vestii velocemente e feci colazione, appena chiusi a chiave casa m’incamminai lentamente verso la palestra; avevo notato che mi ero talmente velocizzata a fare tutto che ero uscita troppo presto di casa. Appena passai davanti casa di Billy vidi qualcuno seduto su uno dei tronchi che avevamo utilizzato come sedie la sera del falò. Era Jacob quello seduto e si rigirava fra le mani un libro, pensavo che sarebbe rimasto a dormire a casa di Quil... almeno era quello che mi aveva detto Sam e che io avevo constatato la sera prima vedendo dalla mia finestra Jack che si preparava uno zaino.

Guardandolo meglio, da quella distanza, faceva quasi tenerezza mentre sfogliava il libro come in cerca di qualcosa. Decisi di avvicinarmi tenendo però ugualmente la guardia alta.

Lui non si voltò verso di me ma sapevo perfettamente che mi aveva sentita arrivare.

«Buon giorno Katie, dormito bene?»

Decisi di sedermi accanto a lui in questa maniera ci saremmo potuti guardare negli occhi.

«Buon giorno Jacob, si ho dormito bene grazie! Sam mi aveva detto che saresti rimasto a dormire da Quil come mai sei qua?»

«Ieri sera Sam é venuto a casa di Quil dicendomi che ero un idiota e che mi dovevo far perdonare da te... sai che sei una grandissima spiona?» 

Lo disse scherzando così io ci ridacchiai sopra mentre lui mi guardava.

«E quale sarebbe il tuo modo di farti perdonare?»

«Questo!» Mi passò il libro che aveva in mano, aveva una copertina blu con sopra scritto “Profezie Quileute”.

«Un libro?»

«Non é un semplice libro, esso raccoglie tutte le profezie dei Quileute. Si divide in quattro categorie: profezie che si sono avverate, profezie che si credono possibili ma che non si sono ancora avverate, profezie impossibili e profezie che si credevano impossibili ma si sono avverate.»

«Wow! Deve essere al quanto interessante.»

«Io lo conosco a memoria per quante volte l’ho letto.»

«Qual’é la tua profezia preferita?»

«Una che si trova nella categoria profezie impossibili.»

Jacob non mi guardava fissava la foresta davanti a noi e per la prima volta lo vidi assorto come in un pensiero quasi doloroso.

«Di che cosa parla?»

«Di una licantropessa, profezia vuole che lei si era talmente chiusa in se stessa che per la prima volta l’imprinting arrivò in ritardo con una persona che lei conosceva bene e che già amava, un altro licantropo.»

«Ma questo é impossibile, da quello che mi ha spiegato Sam l’imprinting non si può reprimere e poi se sono due licantropi a ricevere l’imprinting almeno l’altro lo dovrebbe avvertire.»

«Si, però secondo la profezia lei avrebbe represso il suo imprinting e in qualche maniera l’impulso d’amore eterno non é arrivato nemmeno all’altro licantropo. La profezia dice che lei per paura di perderlo, pensando che potrebbe ricevere l’imprinting con un’altra persona, arriva fino al punto di fuggire da La Push.»

«Wow! Però direi proprio che una cosa del genere é impossibile.»

«Chi te lo dice? Molte profezie che si dicevano irrealizzabili si sono poi avverate. Leggiti la profezia di Naha Taigh, é veramente bella e... era una profezia impossibile!»

Jacob si alzò, probabilmente stava tornando da Quil perché notai che aveva un altro zaino vicino ai piedi.

«Ora scusami devo andare, sono venuto solo a portarti questo e a chiederti scusa del mio comportamento di ieri.»

Mi fece ciao con la mano, ma in quel momento mi venne in mente un’altra cosa.

«Jacob...»

«Chiamami Jack.»

«Ehm... Jack mi potresti fare un favore?»

«Dimmi!»

«Io non ho né un mezzo di trasporto né so dove potrei andare a fare la spesa, non é che per favore la faresti al posto mio?»

«E io che ci guadagno facendoti questo piccolo favore?»

Ok, era tornato il Jacob di sempre quello strafottente che sperava di ricevere il mio corpo in cambio di qualsiasi favore io gli chiedessi.

«Boh! Cena pronta questa sera?»

«Mh... e va bene! Anche perché se Sam, Emily e Leah scoprono che ti ho ricattata mi uccidono. E io sinceramente vorrei rimanere vivo finché non verrai tu di tua spontanea volontà da me.»

Alzai gli occhi al cielo mentre lui sorrideva di gusto, veramente sperava che avrei mai fatto una cosa del genere? 

Mi ridisse ciao, salì sulla moto e fuggì via. Io controllai l’orologio al polso e vidi che cominciava a farsi tardi così corsi verso la palestra.

 

Quella lezione fu molto veloce, ma nel vero senso della parola. Mi spiegò che un licantropo poteva correre veloce come un vampiro, che a quanto avevo capito erano già abbastanza veloci. Però noi in forma umana eravamo, si, più veloci di una normale persone e anche più resistenti. Così mi fece fare sei ore di corsa in mezzo i boschi schivando sassi, alberi, rami caduti. Sam mi spiegò anche che senza un buon orientamento la velocità non serviva a niente, così mi bendò e mi trascinò fino a un punto della foresta che non conoscevo. Mi disse di aspettare che lui lanciasse un ululato e io mi sarei levata la benda e dovevo raggiungerlo.

Appena sentii l’ululato mi voltai verso la direzione da cui avevo sentito il rumore, mi tolsi la benda e cominciai a correre. Si non conoscevo i boschi ma mi era bastato utilizzare i miei cinque sensi per poter raggiungere Sam che era tornato umano, quindi non riuscii a vederlo in forma di lupo.

 

Appena tornai a casa notai che non c’era la moto di Jack di conseguenza non c’era nemmeno lui, speravo solo che fosse andato a farmi la spesa o non sapevo più come fare.

Rientrai e mi misi ai fornelli preparando due bistecche impanate e una quantità di pasta con cui ci avrei potuto benissimo sfamare un intero esercito.

Mentre aspettavo che la pasta si cuocesse recuperai dalla mia borsa il libro che Jack mi aveva regalato, ero curiosa di leggere la storia che lui mi aveva consigliato di leggere.

Il titolo era: “La mezzana”

*La storia, ormai, narra di un giovane Quileute (non era un licantropo ma era un portatore del gene) che in fin di vita si presentò alla porta dell’Alfa della famiglia Uley lasciando nelle loro mani una bambina che appeso al collo aveva un ciondolo con il suo nome sopra.

Il giovane che l’aveva portata disse solo che lei era molto preziosa e dovevano proteggerla con tutti loro stessi, e morì! Senza dire più niente.

La bambina si chiamava: Naha Taigh! 

Ella crebbe senza problemi portando con se tanta felicità, però si vedeva che non era nata da una coppia di Quileute. La ragazza dalla lunga chioma riccia e rossa aveva la carnagione chiara e gli occhi quasi dorati. Ma a nessuno importava, lei conosceva tutto sul fatto dei licantropi ma non sapeva niente di se stessa.

Non si era innamorata, almeno non ancora, quando ricevette la trasformazione. Arrivarono in città un gruppo di vampiri cattivi e molti del clan Quileute si trasformarono pronti a difendere la gente che viveva nella vecchia Forks.

Per lei andava tutto bene ricevette anche l’imprinting ma quello che accadde fu una cosa improvvisa e che nessuno poteva prevedere. Il ragazzo di cui Naha si era innamorata era un licantropo come lei e durante una battaglia rimase quasi ucciso nello scontro. Naha vide la scena e presa da un’attacco d’ira fece una cosa strana, una cosa di cui i licantropi non sono capaci: fece una magia!

Così scoprì di essere anche una mezza strega, veniva chiamata la mezzana, i Quileute ne avevano già sentito parlare ma non era mai capitato che una o uno di quella razza venisse a far parte della loro tribù. Naha si sentiva isolata e persino il suo ragazzo la guardava con quegli occhi di chi non sapeva chi avesse difronte a se.

Dopo aver litigato con il suo gruppo ella scappo nella foresta fino ad arrivare a una radura, ella si ranicchio sotto un albero, per la precisione sotto un castano. Quando smise di piangere e si guardò attorno vide quanto era spazioso quel luogo e quanto potesse essere ospitale, e poi se non l’aveva mai visto lei significava che il resto del branco non ne conosceva nemmeno l’esistenza. Così decise che quel luogo l’avrebbe tenuto ben nascosto a tutti, lo avrebbe utilizzato per poter imparare ad utilizzare i suoi poteri. Perché magari un giorno le sarebbero potuti essere di grande aiuto.

Prima di tornare dal suo gruppo imparò un incantesimo per tenere nascosto al branco quel luogo e la sua idea. Quando tornò fece pace con loro e per non far preoccupare il ragazzo che amava non parlò nemmeno a lui della sua idea. E tutto pareva andare alla meglio, lei si allenava in gran segreto però per sua fortuna non arrivò mai quel momento in cui avrebbe dovuto usare la sua magia per proteggere il resto del branco.

Un giorno, un anno dopo la sua decisione, un fortissimo temporale si abbatté su La Push e lei per tutto il giorno rimase a casa continuando a sentire delle voci che la chiamavano e chiedevano aiuto. Il branco non riusciva a capire che le stesse prendendo finché un lampo tuonò forte e si abbatté da qualche parte sulla foresta, a quel punto lei saltò in piedi e corse in quel luogo segreto ai suoi compagni.

Ma quella volta la inseguirono e videro quel luogo dove lei, per tanto tempo, si era allenata con la magia a loro insaputa. Ma al posto di quel meraviglioso albero c’era solo un tronco spaccato in due e un po bruciacchiato. Naha si avvicinò al tronco e sfiorandolo fuoriuscirono alcuni fili di legno che cercarono di prenderla: l’albero la desiderava! Probabilmente voleva lei per poter rivivere perché era fatta di magia e quindi era l’unica che poteva riportarlo alla vita. Il branco la chiamava ma lei si girò solo un attimo a guardarli e fu in quel momento che sentì di nuovo quella voce ma quella volta più nitidamente: “Aiutami ti prego! Stò morendo e solo tu mi puoi aiutare... veramente vuoi tornare da loro? Loro che quando hanno visto cosa eri in grado di fare e ti hanno trattata freddamente cercando di allontanarti. Sono stato io durante quest’anno che ti ho ospitata nella mia radura e ti ho guardata mentre ti allenavi. Ti prego non mi abbandonare proprio ora.”

Aveva ragione l’albero in fondo anche il ragazzo che amava dopo un anno aveva continuato a guardarla in modo strano, cercando di tenerla alla larga. Aveva deciso doveva aiutare quel povero albero, ma prima di farlo mandò i suoi pensieri e i suoi ricordi ai suoi compagni che rimasero letteralmente di sasso.

Il ragazzo non si voleva arrendere e continuò a correre per cercare di raggiungerla prima che accadesse l’inevitabile, la chiamava a gran voce e le diceva che l’amava e che non la voleva perdere. Ma fu tutto inutile!

Non appena Naha poggiò la mano su una delle due parti dell’albero uno strano ramo che pareva vivo l’attorcigliò sollevandola da terra, l’albero ricominciò a richiudersi e con se portò il corpo di Naha rinchiudendola dentro al suo tronco per sempre.*

 

Era una storia bruttissima che, secondo quello che mi aveva detto Jacob, era accaduta veramente, riposi il libro sul tavolo e tornai a cucinare.

Sentii qualcuno che bussava alla porta e non appena aprii mi trovai Jacob con almeno quattro buste della spesa stracolme, lo lasciai passare e lui andò a posare le buste in cucina.

«La cena é quasi pronta, potresti controllare la pasta mentre io metto a posto la spesa?»

Jack non disse niente e si mise a girare la pasta.

«Ho letto la storia di Naha Taigh, é bruttissima! Alla fine lei rimane prigioniera dell’albero... l’ha ingannata.»

«Questo é quello che hanno pensato tutti quanti, ma non io! So cosa significa non essere accettati per quello che si é preferendo qualcun’altro.»

Jack si era aperto a me ed io volevo assolutamente conoscere quel ragazzo che sembrava così chiuso e che pensava solo al sesso.

«Cos’é accaduto?»

Lui fece un lungo sospiro:«Non é ancora arrivato per te il momento di sapere la mia di storia, sinceramente non mi fido del tutto di te!»

Io incrociai le braccia al petto fingendo di essere offesa:«E allora io che dovrei dire? Ieri mi hai cercato di stuprare.»

Lui scoppiò a ridere e tornò a controllare la pasta.

Mangiai per la prima volta in piena allegria, eravamo solo in due in quella minuscola casetta di legno eppure mi pareva di avere accanto l’intero branco, forse perché lui faceva casino per tutti. Mi cominciava a stare simpatico Jacob, ma senza allargarci.

 

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Capitolo 7
*** Curiosità ***


La sera prima, dopo aver mangiato, io e Jack ci mettemmo a guardare un film, non aveva tentato nemmeno una volta di provare a portarmi a letto. O aveva deciso che non ero la preda più adatta a lui oppure Sam gli aveva fatto uno di quei grattacapi stratosferici.

Comunque in uno o nell’altro caso sembrava che finalmente potessimo essere amici, ma quando decise di andare si fermò sulla porta:«Non ci prendere l’abitudine di tutta questa mia dolcezza, aspetto solo che tu ceda!»

E si chiuse la porta alle spalle, ma io dico ma un uomo può comportarsi da bambino?

Sembrava quasi che io fossi il giocattolo che il padre non gli voleva regalare e che Sam gli strappava dalle mani ogni qual volta riusciva a prenderlo.

Però ci rinunciai, non gliel'avrei ceduta mai!

In quel momento avevo preoccupazioni maggiori di Jacob, mancavano solo tre giorni alla fine della mia preparazione e meno di un mese alla mia trasformazione. Per di più, per chiudere il meraviglioso cerchio, finite le lezioni con Sam mi sarei dovuta unire al resto del branco e non ero certa di piacergli così tanto. Si Emily e Leah, da quanto mi diceva Sam, si erano già affezionate a me però mi aveva già avvertita che la sera del falò non c’era l’intero branco. Ciò significava che dovevo conoscere ancora alcune persone che, magari, come Jacob avevano una certa influenza sugli altri. 

Avevo seriamente paura!

 

La mattina seguente decisi di fare un altra strada per poter arrivare alla palestra, visto che era molto presto, mi addentri di più nel bosco e in quel momento mi feci un promemoria: dovevo chiedere a uno dei ragazzi dove si trovasse la radura di Naha Taigh. Volevo vederla e volevo vedere l’albero dove lei era ormai prigioniera da chissà quanto tempo. Jacob aveva detto che l’albero non l’aveva ingannata e che quando non ti senti accettato, da persone che magari conosci da una vita e/o a cui hai dato tutto, qualsiasi sia il modo per uscire da quella situazione va bene. Almeno penso che fosse questo il senso della frase molto breve che mi aveva detto lui la sera prima.

Arrivai in breve davanti la palestra e anche se era ancora presto ero felice di trovare Sam già là che mi aspettava.

«A quanto pare siamo stati in due a non dormire bene!»

«Penso che il fatto che io non abbia dormito sia dovuto a Naha Taigh.»

«Sei partita con il leggere una delle storie più pesanti.»

«Non importa, era ugualmente molto bella.»

Sam mi sorrise:«Sai che nella casa, che da sempre viene utilizzata come base per tutti i vari branchi, c’é un ritratto di Naha?»

«Davvero?»

«Si, là vengono appesi tutti i ritratti di colore che hanno fatto diventare vera un profezia.»

«E i ritratti di tutti gli altri?»

«Si trovano in un altro posto, ma quello lo vedrai più avanti. Almeno fra due giorni potrai vedere com’era fatta Naha Taigh e ti assicuro che era molto bella.»

«Senti, ma tu mi sai dire dov’è la radura dove lei si esercitava?»

Sam si voltò versa le montagne e puntò il dito su una di esse, capii perfettamente che la radura e l’albero non erano a La Push.

«La radura é fuori dai confini de La Push?»

«Allora io non ci posso andare.»

«Invece si, anche perché c’é un modo per arrivarci senza dover passare da Forks, l’unico problema é che nel territorio dei vampiri con cui abbiamo fatto il patto.»

«Quindi secondo te non mi ci faranno avvicinare?»

«Io penso di si, devi parlare con Jacob! Sicuramente lui saprà come convincerli, sai é amico di una delle vampire.»

Rimasi senza parole, forse era questo quello che intendeva Jack la sera precedente: il fatto che si fosse innamorato di una vampira e lei non lo poteva accettare visto che lui era un licantropo. Erano due razze che erano sempre state in eterno conflitto fra di loro, dopo tutto.

 

Quel giorno lasciammo cadere là il discorso, la nostra lezione s’incentrò principalmente sul come riconoscere vari odori. Mi aveva fatto annusare gli indumenti di tutti coloro che avrei dovuto conoscere e solo alla fine mi spiegò che l’odore dei vampiri era troppo dolce, disgustoso come se fosse stato qualcosa che non riuscivo ad ingoiare e al quanto acre.

Sperai che si sbagliasse, ma non fu così!

Scoprii molto più avanti che Sam aveva ragione e che a volte, talmente era insopportabile il loro odore, che arrivai persino a vomitare.

 

Quando tornai a casa non vidi la moto di Jacob quindi pensai che era fuori chissà dove a far baldoria, ma non finii nemmeno di pensarlo che sentii un rombo assordante e poi una frenata alle mie spalle. Mi voltai e vidi Jack con il suo solito sorriso beffardo sulla faccia.

«Jack il casco dove l’hai lasciato?» Ero preoccupata per lui? Non ne avevo la più pallida idea, non sapevo nemmeno più io se odiavo a morte quel ragazzo o se mi ci cominciassi ad affezionare.

«Non ho mai messo il casco, mi piace sentire il vento sulla faccia e fra i capelli...»

«Finché non scivolerai e non batterai la testa e allora penserai “ma guarda come sono idiota! Perché non mi sono messo prima il casco?”»

«Stì cazzi! Intanto noi licantropi guariamo in fretta, l’unica cosa che ci può uccidere é il veleno dei vampiri.»

Feci un sospirone e lasciai perdere la conversazione, con lui era inutile discutere intanto vinceva sempre.

«Allora cosa mi prepari questa sera?»

«E chi ti ha detto che ti preparerò qualcosa questa sera?»

«Io!» Fece un enorme sorriso, penso che se l’avesse fatto a una ragazza normale ella si sarebbe sciolta come neve al sole, ma io no!

«Direi anche di no! Già io mangio tantissimo e non mi sono ancora trasformata, pensa se mi metto a cucinare anche per te che già sei un licantropo completo! Finirei le scorte in meno di due giorni.»

«Senti Billy non é bravo a cucinare e quindi molte volte va dagli amici per non doversi mettere ai fornelli. E io ho preso da lui, in cucina sono un disastro! Quindi facciamo un patto: io ti vado a fare la spesa ogni qual volta serve e tu mi cucini tutte le volte che devo rimanere a casa a dormire. Ci stai?»

Ci pensai per un po su, non mi dispiaceva neanche un po l’idea! Perché avrebbe significato che non mi sarei dovuta mai fare un mezzo di trasporto e avrei avuto più tempo per me stessa e i miei studi a parte.

«Affare fatto!»

Fu lo sbaglio più grosso della mia vita, proprio da quel patto s’innescò come una reazione a catena. Provocò tutta una serie di avvenimenti che ci portarono a qualcosa di molto più grande.

«Senti ma questa sera Billy é a casa?»

«No! Va da un vecchio amico a mangiare, vive a Forks. Conosco la figlia da quando eravamo bambini.» 

Per l’ennesima volta i suoi occhi si erano spenti di quella luminosa luce che brillava nei suoi occhi, i suoi muscoli si erano tesi e lui si tratteneva dal ringhiarsi contro da solo. Quella volta mi chiesi come mai avessi notato tutti questi dettagli di lui.

In quel momento si mise a piovere e io pensai che se l’avessi fatto entrare in casa magari sarei riuscita a farmi raccontare quello che gli era accaduto con quella vampiressa, ma avrei anche rischiato grosso. Avrebbe potuto pensare che finalmente stessi cedendo a lui, anche se (per sua sfortuna) non era così!

«Jack stà per piovere vuoi entrare a casa o devi prima passare da te?»

Lui mi fece segno con la testa che “no, non doveva passare da casa” ma “si, accettava volentieri di entrare in casa mia”. Anche se non mi ero ancora trasformata capivo abbastanza bene il linguaggio del corpo... degli animali! Ed in fondo Jack era un animale... anzi lo era in tutti i sensi.

Jack entrò in casa e si andò a buttare sul divano mentre io andai in camera per poter mandare un e-mail ai miei genitori. Erano passati solo cinque giorni da quando erano andati via ma a me già mancavano come se fesse passato un mese intero.

 

Cara mamma e caro papà,

Qua stà procedendo tutto bene! Il mio istruttore (Sam) mi ha insegnato un sacco di cose e ha previsto che la mia trasformazione avvenga più o meno a San Lorenzo: sotto le stelle cadenti! Ora sono a casa, stò per mettermi a mangiare. Sono in ottima compagnia e già ho conosciuto una parte del branco e mi sembrano tutti bravi ragazzi. C’é solo una ragazza lupa nel branco, oltre me, si chiama Leah! E in fine c’é anche Emily la ragazza di Sam, sono tenere e gentilissime anche se per adesso le ho viste solo una volta.

Comunque io stò bene, mi mancate tanto e non vedo l’ora che quest’anno senza di voi passi in fretta.

         La vostra futura licantropessa

                                         Katie

 

Inviai il messaggio appena in tempo per ricevere una scia di uno strano profumo, era l’odore di Jacob che con il tempo mi resi conto di riconoscere meglio di quello degli altri. Mi voltai e lo vidi fermo sulla porta che si guardava a torno.

«Nessuno ti ha insegnato a bussare prima di entrare? E se mi stavo spogliando?»

«Se ti stavi spogliando era ancora meglio, deve essere spettacolare il tuo corpo nudo...» Io divenni rossa come le coperte rosse che c’erano sul mio letto in quel momento.

«...e comunque sapevo che non ti stavi cambiando, sentivo il suono della tastiera.»

«Ok! Allora sei perdonato... per questa volta!»

«A chi stavi mandando quell’e-mail?»

«Ai miei genitori. E poi scusa ma chi sei tu per poter controllare qualsiasi cosa io faccia? Il mio ragazzo?»

«No! Però devo essere certo che tu non ce l’abbia perché io non sono il ragazzo a cui piace divertirsi con una bella ragazza solo per fare il torto al ragazzo di lei. O magari diventare l’amante di quella ragazza senza saperlo nemmeno io!»

Il suo ragionamento aveva più o meno un qualcosa di filosofico sotto, ma non ci stetti a riflettere più di tanto. Volevo scoprire che cosa era accaduto fra lui e quella vampiressa e l’avrei scoperto in quell’istante.

Era il momento perfetto! Fuori stava diluviando e sapevamo entrambi bagnarci non era all’apice delle nostre priorità di quel giorno.

«Vieni con me, io cucino e tu... mi devi raccontare una cosa!»

Mentre mi seguiva in cucina sghignazzava, non aveva la più pallida idea di cosa io volessi sapere da lui. Ma già sapevo che si sarebbe irrigidito non appena glielo avrei chiesto.

Tirai fuori le cosa da cucinare e mentre ero di spalle a lui, seduto al tavolo, glielo chiesi:«Mi racconti cos’é accaduto fra te e quella ragazza... o più che altro vampiressa?»

Non lo sentii più ridacchiare quindi pensai che stesse prendendo la sua decisione: o scappare di nuovo però bagnandosi completamente oppure restare là e raccontarmi tutto dall’inizio alla fine.

«Devo essere sincero, speravo di non dover raccontare mai più a nessuno cosa mi é accaduto e men che meno a una nuova arrivata.»

A quel punto mi voltai a guardarlo, teneva il suo sguardo fisso nel mio intanto stringeva un pugno sul tavolo.

«Non voglio fare l’impicciona ma vorrei imparare a conoscere fino in fondo ognuno di voi e per poterlo fare devo sapere cosa assilla il vostro passato.»

«E va bene! Ma a una condizione!»

«E sarebbe?»

Ci fu un lunghissimo silenzio e mi parve di aspettare la sua risposta per secoli infiniti.

«Che dopo la tua trasformazione sarai mia!»

Non sapevo se intendeva per una sola notte o per un tempo indeterminato ma la curiosità mi spinse a fare il secondo errore più grosso della mia vita.

«Va bene!»

La curiosità era troppa e non avevo resistito all’ingannevole condizione di Jacob che già si leccava le labbra e cantava vittoria.

 

“La curiosità, quando é spinta troppo, spesso e volentieri ci porta addosso qualche malanno!”          Carlo Collodi

 

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Capitolo 8
*** Dolore ***


«Quello che mi é accaduto risale a più o meno tre anni fa e in teoria l’ho passato, se non fosse che mi ha fatto talmente male tutta quella storia che ogni volta pare che sia rimasto impigliato nel passato.»

Lo guardai e notai che si stava piano piano rilassando, i muscoli non erano più tesi come prima e respirava regolarmente.

«Cominciamo dal fatto che fin da quando ero piccolo conoscevo quella ragazza: Isabella! Ma a lei non piaceva questo nome e tutti la chiamavano semplicemente Bella. Si trasferì dal padre a Forks più o meno quattro anni fa. Tutto andava bene, io ero innamorato di lei da quando eravamo piccoli, si lei non lo sapeva ma eravamo amici e questo a me bastava. Poi... lei s’innamorò di quello stupido vampiro.»

«Si era innamorata di un vampiro?»

«Si, uno di quelli con cui abbiamo stretto il patto: Edward. L’odiavo perché mi aveva portato via Bella da sotto il naso, ma poi lui dovette andarsene dalla città perché la gente cominciava a notare che rimanevano sempre uguali... l’abbandonò. E indovina da chi venne a cercare conforto?»

«Da te!»

«Si, ed io come uno stupido ci cascai nuovamente. Pensavo che finalmente avesse capito che io potevo amarla e difenderla di più di quello sciocco di Edward, ma sapevo in cuor mio che lei non riusciva a dimenticarlo. Poi arrivò la trasformazione e avendo capito che lei mi stava solo usando la tenni alla larga da me per un po, ogni volta che chiamava a casa mio padre rispondeva dicendo che stavo male e che non era il caso di disturbarmi. Poi fu lei a venire da me per capire cosa mi stesse capitando, e beh... la cacciai! D’allora passarono i giorni e io non riuscivo a stare senza di lei, così la raggiunsi a casa e le raccontai tutto. Le dissi che ero un licantropo e che io la potevo difendere.»

Fece un lungo sospiro e suoi muscoli tornarono nuovamente ad irrigidirsi.

«Andava tutto alla grande, se fossero passati pochi giorni ancora... ma pochissimi! Lei sarebbe stata mia, avrebbe dimenticato per sempre Edward e avrebbe capito quanto io l’amassi. Ma niente, tornò Edward... o più che altro l’andò a salvare. E io rimasi di nuovo da solo, non mi cercava più e un anno fa si é pure permessa di invitarmi al suo matrimonio.»

Quello fu il colmo per me. «Ma lei lo sapeva che tu l’amavi.»

«A voglia! Con tutte le volte che gliel'avrò detto.»

«Però, la cosa che non mi ritorna, é che Sam mi ha detto che tu conoscevi uno dei vampiri ma a quanto tu mi hai raccontato Bella é umana.»

«Lo era! Fino a sei mesi fa, un vampiro ha attaccato la sua nuova famiglia e per difenderla si é messa in mezzo rimanendo ferita gravemente. L’unica maniera per poterla salvare era trasformandola. E quindi... si! Sono amico di uno di quei vampiri, o più che altro oramai sono amico di tutti loro visto tutte le volte che mi hanno salvato la vita.»

Non doveva essere facile per Jack superare una cosa del genere, era sicuramente molto dolorosa.

«La incontri spesso?»

«Quando capita vado a trovarla, lei va poche volte a Forks perché secondo i suoi genitori lei dovrebbe essere in un college in Alaska. Che stupidaggine! E poi fra qualche anno dovrà inventarsi qualcos’altro perché cominceranno ad accorgersi del fatto che non cresce e non invecchia mai.»

Sorrido e mi rimetto a cucinare:«Sai volevo chiederti se ti va di chiedere il permesso per andare alla valle dove si trova l’albero di Naha Taigh.»

Sentii il suo sguardo su di me, però non capii se stesse soppesando me o la mia idea, e soprattutto non sapevo se mi stava facendo la lastra completa del corpo.

«Va bene, domani pomeriggio andiamo a chiedere ai Cullen se ci lasciano andare alla valle, ma sicuramente mi diranno di si.»

«Quindi domani per la prima volta incontrerò dei vampiri.»

«Oh yes!»

Non sapevo se essere felice o strozzare Jacob e lasciare perdere la mia idea di andare a vedere quel posto. Da quanto mi aveva raccontato Sam i vampiri non avevano un odore poi così gradevole e in realtà non l’avrei mai voluto sentire, ma per la terza volta la curiosità ebbe il sopravvento. Vidi Jacob alzarsi dalla sua postazione per andare al calendario.

«Che c’é Jack?»

«Allora... San Lorenzo é fra una settimana più o meno... Io credo che per il 28 Agosto avrai ripreso le sembianze umane, quindi direi che il nostro piccolo “appuntamento” lo collochiamo al 29.»

Con tutti i pensieri che mi assillavano mi ero completamente dimenticata di quel minuscolo particolare.

«Io te l’avevo detto che prima o poi avresti ceduto.»

«Mi hai ricattata... lo dirò a Sam, in questa maniera il patto salterà»

Jacob mi guardò come per dirmi “Piccola farabutta!”, ma stette in silenzio:«Se vuoi possiamo pure farlo ora!»

Io per difendermi alzai il coltello che avevo in mano, quello che stavo utilizzando per tagliare la carne:«Prova solo ad avvicinarti e ti trituro Jacob Black!»

«Fai paura con quel coltello, però comunque é contro le regole del branco non mantenere i propri patti.»

«Ma io in realtà ancora non sono entrata a far parte dei patti. Quindi non vale assolutamente niente per me l’accordo.»

Gli feci la linguaccia mentre lui sorrideva e si leccava nuovamente le labbra.

«E sei furba, sei!»

Non sapeva nemmeno quanto, quante gliene feci passere solo perché io ero più furba di lui e ogni volta riuscivo a fregarlo.

 

Quando avemmo finito di mangiare io mi misi a lavare i piatti mentre lui, tranquillamente spaparanzato sul divano, si guardava la tv. Per la precisione stava guardando il telegiornale di Washington, ma io dico come gli potesse interessare qualcosa che accadeva al di là del proprio territorio. Ok, cominciavo a pensare veramente come un lupo.

Poi improvvisamente si alzò spegnendo la tv:«Ora é il caso che rientri a casa, Billy sicuramente non sarà rientrato e tu mi pari stanca. Devi riposare.»

Fece per uscire mentre si metteva una mano nella tasca dei jeans... e si bloccò di botto, era capitato qualcosa?

«Che c’é Jack?»

Si frugò in tutte le tasche dei jeans, uscì dalla casa andando alla moto (sotto la pioggia) lasciando la porta aperta, mi affacciai e lo vidi guardare a terra vicino ad essa. Che gli era preso improvvisamente? Poi finalmente rientrò, ormai bagnato fino all’osso, corsi in bagno a prendere un asciugamano, più che altro perché non volevo che mi bagnasse tutta quanta casa. Poi finalmente mi guardò, aveva un’aria fra il preoccupato, il dispiaciuto e... il vittorioso?

«Katie... penso di aver lasciato le chiavi a casa di Jared. Non so come tornare da lui, visto che piove a dirotto e le finestre di casa mia sono tutte chiuse.»

Mi montò la rabbia e la preoccupazione in una volta sola. «Maledizione sei un licantropo trasformati e và da Jared, non ti ospito io! Mi rifiuto... ho paura di te! Detto sinceramente.»

«Almeno l’hai ammesso, questo é già un passo avanti. E va bene che sono un licantropo però io odio la pioggia sulla pelliccia, non puoi capire quanto sia fastidiosa. Un conto é fare il bagno un’altro é sentire le goccioline penetrarti fino in fonde fra i peli.»

Finse di avere un brivido e sorrisi era davvero tenero, non appena feci quel pensiero me ne pentii. Non dovevo pensare a lui come a un povero cucciolo abbandonato sul ciglio della strada ma al mostro che mi voleva portare a letto.

«Sei un piagnucolone.»

«Lo so! Senti, su via, mi metto a dormire sul divano, anche se é scomodo, e farò il bravo.»

feci un lungo sospiro e lo lasciai entrare, dopo pochi passi si voltò verso di me.

«Ma se hai paura questa notte ti posso assicurare che io sono di ottima compagna.»

Gli detti un sonoro scapaccione sulla nuca e lui sogghignò divertito, si voltò verso di me mostrandomi i denti bianchi che facevano a botte con la sua carnagione ambrata come la mia. Mi sentii fremere come da qualcosa ma la ignorai, stavo cominciando a delirare.

 

 

“Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?”     William Shakspeare

 

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Capitolo 9
*** Pensieri ***


Appena gli consegnai le coperte e il cuscino me ne andai in camera mia mi vestii velocemente e m’infilai sotto le coperte, sinceramente non ero poi così tranquilla sapendo che nel mio salotto sul mio divano ci dormiva quell’animale pervertito di un un uomo-lupo.

Era forse mezza notte, la luna era alta nel cielo quella sera e io ancora non avevo preso sonno quando sentii che bussavano alla porta della mia camera da letto. Sapevo perfettamente chi era, dopo tutto c’eravamo solo io e Jack in casa... a meno che la casetta non fosse infestata dai fantasmi! Mi alzai dal letto e andai ad aprire tenendo la porta socchiusa in maniera che lo potessi vedere ma lui non potesse entrare. Non avevo problemi a farmi vedere in pigiama, ormai mi ci aveva già vista.

«Che vuoi Jack?»

«Non riesci a dormire?» Mi fece un immenso sorriso, davvero ci stava sperando?

«Non riesco a dormire Jack perché so che ci sei tu in casa e la cosa mi mette in agitazione, perché so che sei pericoloso.» Maledetta me e la mia sincerità.

Jacob alzò un sopracciglio sentendo la mia risposta, non se l’aspettava così tanta sincerità?

«Non sono poi così tanto pericoloso, e poi non farei fare mai ad una ragazza qualcosa contro la sua volontà.»

Lo squadrai dall’alto in basso:«Cosa vuoi?»

Mi fece la faccia da cucciolo bastonato:«Il divano é scomodo da morire e io sono troppo grosso, dalle ginocchia in giù sono fuori da esso.»

«Questo non é un problema mio Jack, dovevi fare più attenzione a dove lasci le tue chiavi di casa. Già é tanto che ti lascio restare qua a dormire senza sbatterti fuori, non puoi pretendere pure che io divida il mio letto con te.»

«Su, dai Katie, prometto che faccio il bravo e non ti tocco nemmeno con un dito! Se durante la nottata potesse capitare qualcosa sei autorizzata ad andare da Sam e farmi punire da lui.»

Guardai Jacob per tutta la sua altezza e... “larghezza”. Aveva ragione come poteva entrare in quel minuscolo divano? A malapena entravo io rannicchiata che non ero nemmeno poi così tanto alta. Però l’idea di tenermelo accanto durante tutta la notte non mi allettava nemmeno un po, però in quel momento ebbi come... qualcosa! 

Un senso di gratitudine nei suoi confronti per qualcosa che aveva fatto a me e che mi era potuto essere di grande aiuto, ma non sapevo proprio cosa. Ma fu proprio grazie o per colpa (decidete un po voi) che lo lasciai far entrare nella mia camera. Io mi sdraiai dalla parte del muro e gli diedi le spalle lui si stese accanto a me, le nostre schiene si sfioravano di poco ma io mi sentivo fremere da capo a piedi, era una sensazione strana che sinceramente non avrei voluto provare.

Però stranamente mi addormentai sentendo il suo respiro regolare, il suo calore corporeo (molto simile al mio) e la sicurezza che mi ispirava. Una sicurezza di cui, forse, non mi sarei mai dovuta fidare così ciecamente. 

A volte penso: e se io quella sera non l’avessi lasciato dormire nel mio letto?

Risposta: non sarebbe accaduto niente di quello che avvenne dopo di quella sera.

Il destino é qualcosa di strano ed imperscrutabile che io non ero in grado né di controllare né di accettare, non volevo credere che in realtà c’era qualcosa di scritto... c’era stato qualcuno che aveva deciso che io sarei dovuta venire a La Push. C’era qualcuno che mi aveva spinta a fidarmi ciecamente di ognuno di quei ragazzi che vivevano all’interno del branco, e direi che non me ne pento.

Ma non parlo di un dio come quello che predicano i cattolici o i buddisti o gli arabi... no!

Io sono pur sempre una licantropessa e la cosa in cui credo di più é che, in realtà, Madre Natura mi abbia tenuta d’occhi fin dall’inizio sorridendo fra se e se per quello che aveva combinato.

Ma per poter capire meglio di che cosa parlo dobbiamo andare avanti nella storia... 

 

La mattina seguente mi svegliai che Jack dormiva ancora beatamente accanto a me, era un pochino cascato dal letto; diciamo che anche esso non era esattamente della sua misura poi c’ero pure io a dividerlo con lui.

Lo scavalcai senza fare rumore e mi avviai in cucina per preparargli da mangiare, stavo preparando le frittelle quando qualcuno bussò. Quando aprii vidi sulla soglia l’ultima persona che mi sarei mai aspettata di vedere davanti a casa mia: Seth!

«Buon giorno Seth cosa ci fai qua a quest’ora?»

«Buon giorno a te, Katie! Buon profumino che prepari le frittelle? Buone! Ma... non sono qua per assaggiare le tue leccornie, volevo sapere se avevi visto Jacob ieri o questa mattina perché... vedi ieri ha lasciato le chiavi al quartier generale e noi ce ne siamo accorti solo questa mattina.»

Non feci in tempo a rispondergli che uscì dalla mia camera da letto Jack che si era levato la maglietta, aveva origliato tutta la conversazione e volendo fare bella figura davanti al piccolo amico facendogli pensare che mi si era scopato. Già mai.

Mi rigirai verso Seth che era seriamente colpito e appena mi guardò fece un finto sorriso:«Ho interrotto qualcosa?»

«Direi proprio di no Seth! Vedi ieri sera é passato da me Jack per portarmi la spesa e dopo aver mangiato si é accorto che non aveva le chiavi così ho accettato di ospitarlo.»

«Va bene... ma perché allora Jack non indossa la maglietta? E perché é uscito dalla tua camera?.... Oddio, quando lo verranno a sapere gli altri!»

«Oddio no ti prego Seth non ti inventare storielle che poi cominciano a girare strane voci fra i Quileute e a me non sono mai piaciuti i pettegolezzi.»

«Non mi dire che Sam non te l’ha spiegato.»

Mi voltai irritata verso Jacob che si stava versando una tazza di latte:«Spiegato cosa?»

«Va Seth... e dì agli altri che non si preoccupino per l’incolumità di Katie, non l’ho sfiorata. Giuro!»

Seth mi sorrise e corse via come una furia, chiusi la porta preoccupata.

«Ti conviene sederti Katie, perché quello che ti stò per dire non ti piacerà molto.»

Io mi preoccupai moltissimo quando me lo disse e così mi sedetti come lui mi aveva detto.

«Di che si tratta?»

«Della telepatia.»

«Telepatia?»

Ero al quanto confusa, non riuscivo a capire che cosa intendesse.

«Si, si chiama così l’unica cosa negativa dell’essere dei licantropi.»

«Cioè?»

«Cioè che non puoi avere segreti con gli altri componenti del branco perché ogni volta che ti trasformi i tuoi pensieri, ricordi e parole possono essere letti dall’intero branco.»

La cosa mi fece al quanto innervosire era come se tutte le mie cose private improvvisamente fossero state buttate al secchione della spazzatura, come aveva potuto Sam dimenticarsi di dirmi una cosa così importante?!

«Questo significa niente privacy.»

Jack mi fece di si con la testa come se fosse la cosa più normale al mondo, molto probabilmente aveva rinunciato ormai da molto tempo a nascondere i suoi pensieri all’intero branco. 

 

Cacciai via da casa mia Jack in malo modo ma io avevo fretta di andare alla lezione di Sam per chiedergli di una cosa.

Quando arrivai Sam mi sorrise:«E noi che ci preoccupavamo della tua incolumità, dì la verità cosa avete combinato voi due? Non ti devi vergognare é nella tua natura essere un po “assatanata” di sesso sfrenato.»

«Tranquillo non me ne vergogno perché non c’é stato niente, per la verità lui ci sperava ma ci é rimasto male, sono troppo furba per lui. Comunque non mi dovresti dire una cosa approposito della “telepatia fra lupi”?!»

Sam mosse la mano e fece una faccia come di uno che si é appena ricordato una cosa molta importante, io incrociai le braccia al petto e feci la faccia di chi aspettava spiegazioni plausibili per motivare quella piccola dimenticanza.

«Scusami, pensavo di parlartene all’ultimo perché é una di quelle cose che non tutti accettano fino in fondo, Jacob per primo non l’ha mai accettato.»

«Quando me ne ha parlato sembrava al quanto tranquillo, rilassato e rassegnato. Ciò significa che non esiste un modo per nascondere i propri pensieri più segreti al resto del branco?»

«A meno che tu non sia Naha Taigh... non penso proprio. Nel tempo in molti hanno tentato una maniera per nascondere i pensieri ma senza alcun risultato.»

«Questo non é giusto, cioè verrò a sapere delle serate “animate” di tutti voi. Sinceramente non m’interessa.»

«Questa é la stessa risposta che ci ha dato Leah quando l’ha scoperto.»

Gli sorrisi, dopo tutto nessuno di noi aveva scelto di sua spontanea volontà di diventare un licantropo pronto a dare anche la propria vita per difendere la sua tribù. 

Mi rilassai e cominciammo la lezione: Tagliare o no i miei capelli!

«Già mai! Sai quanto ci ho messo a farmeli crescere?»

«Lo so Katie però la lunghezza dei capelli influisce sulla lunghezza del pelo del lupo e il tuo sarà troppo lungo e ti potrebbe essere d’impiccio.»

Ci fu un lungo silenzio.

«Lascia perdere Sam.»

Ci voltammo e vedemmo Billy sorridente come la prima volta che l’avevo visto, anche quando aveva davanti mio padre che era pur sempre un traditore e fuggiasco.

«Ma Billy...»

«La famiglia di Katie é l’unica che io sappia non ha mai avuto problemi sul fatto del pelo. Mi ricordo che mio nonno mi raccontava che il bisnonno di Katie portava i capelli anche più lunghi di quelli di lei, cosa normale all’epoca, e il suo pelo era sempre rimasto corto.»

Feci un sonoro sospiro di sollievo quella volta, mi ero almeno salvata da quella tortura ero riuscita a salvare l’unica cosa bella che mi rimaneva del mio passato.

«E allora Katie, contenta?»

«Direi!»

Sorridemmo e scherzammo, mi spiegò altre caratteristiche comportamentali e fisiche che cambiavano per colpa della trasformazione, a quanto pareva noi ragazze diventavamo più minute e slanciate mentre i ragazzi più alti e muscolosi. Meglio così non mi ci sarei mai vista con dei muscoli alla Jacob. Brr! Che pessima visione!

 

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Capitolo 10
*** Antichi Ricordi ***


Finalmente erano finite tutte quelle lezioni era ora d’incontrare il resto del branco, negli ultimi tre giorni Jacob non era venuto, nemmeno la sera, a mangiare da me. Così ero stata tranquilla. Sam mi aveva detto che aveva dovuto fare dei turni extra perché Leah, assieme ad Emily, si stavano preparando per la mia trasformazione che sarebbe dovuta avvenire di là a pochi giorni.

Qualcuno stava bussando insistentemente alla mia porta mentre io stavo ancora sonnecchiando tranquilla, ma visto che quella persona non accennava a voler smettere mi dovetti alzare di mala voglia per andare ad aprire. Davanti a casa trovai il piccolo Seth in compagnia di Leah.

«Buon giorno ragazzi... cosa ci fate qua?»

«Buon giorno! Su Katie vestiti, ti portiamo al quartier generale. Emily ha preparato la colazione anche per te quindi tranquilla che riempirai la tua pancia affamata.» Leah mi parlò tutta sorridente, molto probabilmente era felicissima che un’altra ragazza venisse a far parte del branco.

Ci misi pochissimo tempo a vestirmi: pantaloncini corti jeans, canottierina nera e scarpe da ginnastica. Ero troppo agitata, non vedevo l’ora di vedere quel luogo di cui Sam mi aveva tanto parlato, quel posto che di lì a poco sarebbe divenuta la mia seconda casa per tutto il resto della vita. Uscii di casa e mi ficcai le chiavi in tasca.

Leah mi disse che avremmo preso una scorciatoia buona da fare in forma umana, passammo dentro al bosco e solo dopo un pochino che camminavamo trovammo un sentiero, lo seguimmo fino alla meta. Ci fermammo di fronte a una casa di legno molto grande che si divideva su due piani, in quel momento pensai che la base era più grande della scuola.

Seth mi incitò ad entrare. Aprii la porta:«BEN ARRIVATA!»

Tutti mi salutarono di gusto, non avevano organizzato alcuna festa ma l’accoglienza era stata calorosa e ben accettata.

«Ben venuta Katie al quartier generale, e ora ti presento il resto del branco, quella parte che tu non hai conosciuto. Loro sono: Embry, Brady e Collin. Non li hai conosciuti la sera del falò perché avevano la ronda.»

Sam me l’indicò uno ad uno, ma perché quei ragazzi erano così grossi? Cioè lo sapevo il perché... ma perché?

«Katie vieni a mangiare, so come siete fatti voi licantropi e se non mettete qualcosa nello stomaco entro un certo orario cominciate a sbraitare come bambini che avete fame...» Emily non finì la frase che la pancia di Paul brontolò rumorosamente. «O più che altro la vostra pancia.» 

Scoppiamo tutti a ridere, era una sensazione unica. Per la prima volta potevo ridere di gusto in compagnia di altre persone senza che nessuno mi guardasse male.

«Allora ti piace la nostra compagnia?» Solo in quel momento in cui mi voltai notai che c’era anche Jacob, fino a pochi attimi prima non mi ero nemmeno chiesta dove lui fosse.

«Si, siete tutti così buoni e gentili con me... tutti a parte te!»

Jack scoppiò in una sonora risata mi prese sotto braccio e mi trascinò a tavola, mi voleva far accomodare accanto a lui ma Leah ed Emily, prontissime, occuparono i posti ai miei lati. Jacob ci rimase di sasso davanti alla prontezza delle ragazze, io sarei voluta scoppiare a ridere però mi trattenni perché se no la furia di Jacob si sarebbe abbattuta su di me. Lui alzò le spalle e mandò gli occhi al cielo esasperato e andò a sedersi a qualche posto più giù del mio vicino a Embry e Seth.

Mi guardai attentamente intorno, non eravamo tanti però la casa era invasa da uno strano calore, un calore corporeo che non lo si poteva sentire, non lo si poteva toccare ma era presente... ma era reale. Quello era il calore dell’amicizia.

All’inizio non ero stata in grado di riconoscerlo perché non l’avevo mai provato fino a quel momento.

«Qualcosa non va Katie?» Emily era seriamente preoccupata, molto probabilmente aveva paura che non mi fosse piaciuta la sorpresa o che non mi trovassi bene con tutti loro, ma si agitava per un no nulla. Stavo benone in mezzo a loro e sinceramente non me ne sarei mai voluta andare.

«Tranquilla Emily, stò benone. Devo dire, però, che non me lo aspettavo. Nessuno si é mai preoccupato di fare bell’impressione ai miei occhi, io vi devo ringraziare per tutto ciò!»

Emily mi sorrise e non appena mi girai verso Leah la vidi sorridere sotto i baffi... come del resto tutti quanti anche se fingevano di chiacchierare fra di loro: stupido udito dei licantropi!

Quella volta le risate non furono sprecate e le chiacchiere sembravano di casa, niente pettegolezzi solo cose che riguardavano ognuno di loro.

«E così... fra meno di sei giorni avremo un’altra licantropessa.»

Brady mi guardava con aria assente e mi sorrideva, probabilmente anche lui sentiva odore di nuova licantropessa ma, a quanto venni a sapere dopo, Jacob gli aveva proibito di avvicinarmisi perché io ero la sua preda. 

«Già... anche se devo essere sincera...» Li guardai uno ad uno, si erano tutti già trasformati da tempo e quella volta mi guardarono con aria preoccupata: «Ho un po paura di trasformarmi.»

Leah mi poggiò una sua mano sulla mia e mi sorrise: «Anch’io ebbi paura all’inizio, ma dopo ti piacerà vedrai. Devi solo lasciare che: accada!»

Ripensai a quello che mi aveva detto Sam, sul fatto che la prima trasformazione era dolorosa poi quelle a venire sarebbero state fluide e rilassanti. Fissai dritta negli occhi ognuno di loro Emily compresa, anche se non era un licantropo aveva anche lei in un certo senso affrontato la trasformazione... forse guardando Sam o uno degli altri mentre faceva la prima trasformazione.

Guardai Leah:«Allora diciamo che potrò sentirmi pronta finché tutti voi rimanete accanto a me.»

«Con vero piacere Katie.»

Paul mi guardò dritta negli occhi e mi fece l’occhiolino mentre dalla parte opposta sentivo arrivare un sonoro... scapaccione?! Mi voltai e vidi Jack massaggiarsi la testa ridacchiando divertito mentre Sam teneva ancora alta la mano dopo aver mollato lo schiaffo in capoccia a quella testa calda di un... cane!

«Non ci fare caso Katie, é un deficiente.»

Guardai senza capire Emily alla mia destra: «Perché cos’ha fatto di male questa volta?»

«Meglio che tu non lo sappia o penso che si ritroverà senza qualche costola e cinque dita su entrambe le guance.»

«Allora hai proprio ragione: meglio che io non sappia cosa ha detto!»

Scoppiammo tutte e tre a ridere mentre il resto del branco ci guardava sorridente, erano come felici di qualcosa.

«Da quanto tempo non vedevamo ridere voi due assieme.»

Guardai Embry, sapevo a cosa si riferiva Sam mi aveva raccontato a lunghe linee cos’era successo fra lui, Emily e Leah. Devo dire la verità: l’imprinting non mi piaceva granché come idea!

Lo trovai pericoloso soprattutto se fossi stata con una persona per cui provo un amore sincero e reale, sarebbe stato veramente tremendo per me sapere che avrei ferito quella persona che tanto amavo.

«Penso che l’arrivo di Katie ha fatto bene ad entrambe, le ha fatte rappacificare... come una volta!»

«Ma tu che ne sai Sam, tu non le hai mai viste assieme, sbaglio ho tre anni fa era la prima volta che vedevi Emily?»

«No, ti sbagli Embry l’avevo già vista una volta di sfuggita, ma i nostri sguardi non si erano mai incrociati fino a tre anni fa...» Sam guardò Leah che piano piano sembrava diventare sempre più cupa, penso che quello non fosse né il giorno né il momento più adatto per discutere di quella faccenda:«Ma per ora lasciamo perdere. Abbiamo una preoccupazione più grande la trasformazione di Katie... bel momento hai scelto per trasformarti?!»
«Sbaglio o non sono io a scegliere il giorno o l’ora della mia trasformazione? Quindi non te la prendere con me.»

Sentii improvvisamente Leah irriggidirsi al suo posto per poi calciare via la sedia e correre fuori diretta chissà dove, stavo per alzarmi per seguirla ma vidi Jacob alzarsi di botto per inseguirla. Mi ricordo che quella volta sentii una fortissima stretta al cuore e non capii perché mi sentissi così: Male!

«Lascia perdere Katie, l’unico che può placare l’ira funesta di Leah é Jacob. Quei due hanno un certo filling.» Emily cercava di sorridermi, anche lei sembrava irrequieta.

«Non me lo ricordare!» Jared, quella volta, mi parve più tosto agitato e riconoscevo nel suo modo di parlare e di muoversi di quel momento le mie stesse emozioni.

 

Jacob tornò un paio d’ore dopo senza Leah, i corti jeans bianchi che portava fino a poco tempo prima erano stati sostituiti da un paio neri. Probabilmente si era dovuto trasformare in tutta fretta per inseguire Leah quindi non aveva avuto il tempo di spogliarsi.

A quei pensieri sentii come una pulsazione del mio cuore... anzi no, non era mio!

Era come se fosse stato il cuore di un’altra persona che batteva sempre più forte e faceva salire uno strano calore quasi insopportabile. Già un’altra volta mi era successo, quando ancora non sapevo che ero una licantropessa, ed ero svenuta sotto la doccia.

«Niente da fare Leah é fuggita via, non voleva fermarsi nemmeno un attimo.»

«Tranquillo Jack, fra un po le passerà... é colpa mia, non dovevo ritirare fuori quella vecchia storia. Però ora basta così, abbiamo un sacco di cose da fare... Jack accompagna Katie a casa. E tu...» Puntò il dito verso di me:«Dopo vai da Billy deve dirti una cosa importante non mi chiedere di cosa si tratti perché non ne ho la più pallida idea.»

Feci cenno di si con la testa anche se l’idea di dovermi rifare tutta la strada a ritroso nel bosco, solo in compagnia di Jack non mi allettava un granché.

Ci alzammo in contemporanea da tavola io salutai tutti quanti dandoci una sorta di “appuntamento” per la mattina seguente e ci avviammo verso casa, seguimmo le stesso percorso che Leah mi aveva fatto fare all’andata. L’unico rumore che si sentiva era il vento tra le foglie e qualche animale che correva via, anche io sarei tanto voluta fuggire lontano perché quel momento era veramente troppo imbarazzante.

«Tu hai una minima idea di cosa voglia chiederti mio padre?»

Lo guardai di sottecchi:«No, ma sinceramente non mi preoccupo. Dopo tutto cosa vuoi che mi possa dire di così terrificante, sono convinta che sarà un no nulla.»

Jack si voltò verso di me con aria al quanto seria, poche volte lo vidi in quello stato fra il distrutto e il consapevole di qualcosa.

«Perché prima hai rincorso Leah?»

«Non l’avrei dovuto fare?»

«Si, si... però non capisco il perché. Nessuno ti ha mai spiegato che le ragazze quando sono furibonde o quando le ritornano a galla dei vecchi ricordi vogliono rimanere da sole.»

«Non Leah, poi io la capisco fin troppo bene, so cos’ha dovuto passare a causa dell’imprinting.»

Ripensai alla sua vecchia storia d’amore e mi venne una stretta al cuore, poveri. Entrambi avevano dovuto soffrire per amore e mi venne da pensare in quel momento che chissà se avranno mai trovato la loro anima gemella che avrebbe potuto mettere pace ai loro agitatissimi cuori.

 

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Capitolo 11
*** Odore di miele ***


Ora sinceramente non ricordo esattamente cosa mi disse Billy quel giorno, però ricordo che sembrava molto agitato faceva avanti e in dietro per il salotto poi si fermava si passava una mano sulla faccia e ricominciava... però più cerco di sforzarmi nel cercare di ricordarmi almeno una piccola parte di quello che mi disse e più il ricordo e le parole mi sfuggono dalla mente.

Probabilmente quel giorno non stavo ascoltando con particolare attenzione le parole del povero Billy, ero con la testa altrove... forse ancora nella foresta assieme a Jack e le sue parole... ma cosa mi stava prendendo?

Pensavo sempre di più a lui e al suo bene più tosto che a me e al fatto che fra meno di una settimana ci sarebbe stata la mia prima trasformazione.

L’unica cosa che ricordo delle parole dette da Billy di quel giorno furono:«Oggi devo andare da un vecchio amico, non tornerò a casa ma Jacob non ha il turno di guardia quindi tornerà qua. Gli dico di passare da te.»

Ricordo che mi agitai sulla sedia su cui ero seduta, improvvisamente come se il solo pensiero di avere Jack di nuovo dentro casa mi desse non poco fastidio:«No... posso stare anche da sola, anzi lo preferisco ho bisogno di riposarmi e Jack mi distrae soltanto.»

«Katie é successo qualcosa di cui dovrei venire a conoscenza?»

«No, se non semplicemente il fatto che la presenza di Jacob comincia a turbarmi, preferirei tenerlo lontano quanto basta per un po di tempo.»

Billy mi fece cenno di si con la testa e io, senza dire più niente se non un “ciao” biascicato, me ne ritornai nella mia piccola casetta di legno che ormai per me era come un rifugio caldo ed accogliente.

Non ricordo molto di quel pomeriggio perché ero con la testa altrove, troppo lontana per poter riuscire a pensare e a volere, avevo paura di fare qualche sciocchezza, ma in realtà non ci pensai nemmeno tanto. Mi addormentai e quando mi risveglia scrissi una breve e-mail ai miei genitori, mi cucinai una cosa veloce (visto che non avevo fame [cosa al quanto strana]) dopo di che, visto che non avevo più sonno e cominciava a calare un pochino l’oscurità, decisi di farmi una passeggiata molto lunga.

 

Mi guardai attorno, guardai l’orologio al polso e poi mi guardai di nuovo attorno, non sapevo dove caspita ero finita, avevo camminato per ben tre ore di fila senza mai fermarmi e oltre tutto senza guardare dove stessi andando. E così ero finita chi sà dove nella foresta, si stavano facendo le nove di sera quindi era tutto buio. Ma io dico... ero (e sono tutt’ora) un licantropo... come feci a perdermi non ne ho la più pallida idea.

Mi guardai attorno alla ricerca almeno di un indizio, mi misi in ascolto cercando di captare almeno un piccolo movimento in lontananza magari un ululato. Ma niente!

Poi, mi ricordo, sentii un frusciare veloce poco distante era il rumore di passi ma quasi impercettibili visto la velocità a cui stavano andando.

Senza pensarci due volte mi girai nella direzione da cui proveniva il rumore, convinta di vedere uno dei miei compagni trasformato in uno di quei meravigliosi licantropi che ancora non ero mai riuscita a vedere, ma non fu ciò che trovai. Mi resi conto che non si trattava di loro fin troppo tardi, mi arrivò una zaffata di un odore dolciastro... come qualcosa che allappava i miei sensi olfattivi. Qualcosa di disgustoso!

Frenai la mia corsa davanti a un albero, davanti ad esso c’era una ragazza bella, senza alcun dubbio, elegante, capelli lunghi e mori, bianca cadaverica e dagli occhi rossi.

Una fredda...

Quell’odore nauseante proveniva da lei, mi salì il vomito alla gola non riuscii a trattenermi e mi voltai da una parte per vomitare arrivando persino a piegarmi in due dal disgusto e dalla fatica. Ci misi molto per potermi riprendere da quella sorta di “shock”, se così lo vogliamo definire.

Ma non appena tornai con lo sguardo su di lei mi resi conto che si era avvicinata e che l’odore era ancora più nauseabondo, ma quella volta cercai di trattenermi dal vomitare una seconda volta per non farmi notare debole dinanzi a lei (me l’aveva spiegato Sam, era una tecnica di combattimento).

«Ti disgusta tanto il mio odore?»

«Si... sei una vampira!»

Lei sorrise quasi divertita dal fatto che non riuscissi a parlare troppo bene perché cercavo di non respirare dal naso per non dover far entrare nelle mie narici il suo odore.

«Tu chi sei?»

«Non sono affari tuoi.»

«Provieni da La Push e lo si sente dal tuo odore, e puzzi anche di cagna. Vivi con loro?»

«Io sono una di loro stupida succhia sangue.» Quella ragazza mi dava, non poco, sui nervi! E l’avrei volentieri uccisa là sul momento, non mi era mai capitato di provare un odio così profondo per qualcuno che nemmeno conoscevo. Quella fu la prima volta e compresi che la odiavo principalmente per il fatto che era una vampira e aveva quell’odore nauseante; poi, più avanti, scoprii un altro motivo per cui la detestavo tanto.

«Wow, allora tu devi essere quella di cui mi ha parlato Jack.»

«Tu conosci Jacob?» In quel momento compresi chi era, perché era là e capii anche che ero io quella che, in teoria, si trovava nel posto sbagliato: eravamo al confine con i due territori. In teoria io potevo benissimo entrare nel loro senza alcun problema erano loro che si dovevano tenere ben alla larga. «Tu... sei Bella?!» Più che una domanda, la mia, sembrò un affermazione, come per convincere me stessa di chi avessi davanti agli occhi.

Lei mi sorrise amabilmente, aveva un cattivo odore ma era bella come poche ragazze esistenti al mondo, questo lo dovevo ammettere anche a me stessa.

«Per tornare alla riserva devi andare da quella parte.»

M’indicò il sentiero che si trovava alla sinistra dell’albero (guardandolo io che ero frontale ad esso), non sapevo se ringraziarla o correre via senza dire più niente. Ma a me é stata insegnata l’educazione quindi dissi un “grazie” a bassissima voce ma talmente bassa che se fosse stata umana (o ancora) non mi avrebbe sentita.

Corsi per un buon pezzo cercando di allontanarmi il più possibile da quella “puzza” atroce.

Quando fui certa che l’odore era sparito dalla mia scia olfattiva rallentai e mi guardai alle spalle alla ricerca, almeno, di un piccolo indizio sul fatto che lei era dentro quella foresta.

Ricomincia a camminare lentamente diretta versa la mia dolce casetta di legno, non appena fui a casa corsi a farmi una doccia per cercare di togliermi di dosso l’odore di quella vampira e quello del mio vomito.

Quando rientrai in camera, già bella che vestita per andare a dormire, sentii il rombo assordante della moto di Jacob e poi la frenata improvvisa: davanti casa mia.

Sentii Jacob bussare insistentemente alla porta:«Katie rispondi, perché hai detto quelle cose a mio padre? Mi odi? E perché? Perché, forse, ho cercato di fare sesso con te?! Ma quello é successo all’inizio, ora perché mi odi tanto?! Stavamo diventando buoni amici... dimmi perché ti stai comportando in questa maniera.» Dette un pugno più forte alla porta:«Maledizione! Apri questa porta Katie! Chiariscimi le idee ti prego! Lo so che sei là dentro sento il tuo odore.»

Ero rassegnata all’idea di dovergli aprire... ho dimenticato pure quello che gli dissi, ma una cosa é certa: gli dissi le cose peggiori di questo mondo e con una calma sovrumana. Lo so perché il giorno dopo non mi rivolse nemmeno uno sguardo e lo avevano capito tutti all’interno del branco non c’era bisogno di leggere nella mente di Jacob bastava guardare la sua faccia.

Le cose che gli dissi erano spinte da qualcosa che tempo dopo interpretai come: gelosia!

Odio questo sentimento é subdolo e anche se sai che é cattivo e sai non dovrebbe esistere sia in un rapporto di amicizia sia in un coppia, sai perfettamente che lei arriva scivolando dentro di te come una biscia o un qualsiasi serpente viscido e squamoso.

La mia gelosia era dovuta dal fatto che avevo visto Bella, era... meravigliosa! Stupenda! 

Quella volta oltre al suo odore acre sentii anche quello della sua cattiveria, della sua perfidia sotto strati di dolcezza e voglia di conoscere e sapere. Era tutto ciò che aveva attirato Jacob la prima volta, io ero solo una mutante che puzzava di cagna in calore!

Questo era quello che pensavo nel mio inconscio... com’era possibile affezionarsi così tanto a una persona che a malapena conoscevo... ancor oggi non so darmi una spiegazione plausibile.

 

Fatto sta che non ci rivolgemmo la parola né uno sguardo per un bel po’ di tempo... fino al giorno della mia trasformazione.

 

Accaddero delle cose in quella settimana d’attesa... ricordo i ragazzi che mi portarono in una radura vicino alla spiaggia (senza di Jacob, cercavano di tenermelo lontano) si nascosero fra gli alberi e pochi attimi dopo comparvero dei lupi giganteschi che camminavano in circolo intorno a me. Io cercavo di guardare e memorizzare ogni singolo dettaglio di ognuno di loro, erano tanto belli quanto letali e io lo sapevo perfettamente.

Quella volta, mentre cercavo di osservarli uno per uno, vidi nell’oscurità della foresta, di sfuggita, degli occhi gialli contornati da una folta pelliccia rossiccia: Jacob!

 

“Per la gelosia niente é più tremendo di una risata”     Francoise Sagan

 

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Capitolo 12
*** Una lunga notte ***


Di quella mattina ricordo poco e niente talmente ero tanto agitata, ricordo a malapena che Sam in compagnia di Jared vennero a prendermi a casa per portarmi al quartier generale, Emily mi aveva preparato un ampia colazione a base di frittelle (le mie preferite) e tanti muffin di tutti i tipi. Facemmo colazione tutti assieme, l’unico che mancava all’appello era Jacob che ormai preferiva non presentarsi proprio alle nostre riunioni quando ero presente pure io.

«Sta sera é il grande giorno.» Cominciò Sam tutto allegro e soddisfatto sentendo che in parte era merito suo se fosse andato tutto bene. «Andremo al dirupo per vedere le stelle cadenti e aspettare la tua trasformazione, Katie,  quel punto io porterò via Emily mentre gli altri resteranno con te affinché si assicurino che tutto vada bene. Poi ritornerò da te e gli altri e faremo dei turni per tenerti d’occhio.»

«Perché?» Chiesi incuriosita e forse anche un po ingenuamente.

«Perché é molto probabile che per un po rimarrai trasformata, così almeno per un po avrai compagnia.»

Capì in quel momento che avrei passato molto tempo in forma di lupo e che sarei dovuta stare attenta a tutto e a tutti, soprattutto agli esseri umani che si addentravano nella foresta per scampagnate in compagnia.

Emily, a quel punto, si alzò in piedi tutta contenta. «Leah, Katie, mi aiutate a preparare qualcosa da mangiare da portarci sta sera alla scogliera nell’attesa della trasformazione?!»

Leah si alzò da tavola tutta contenta mentre io rimasi seduta rigirandomi fra le mani il tovagliolino di carta giallo ocra di cui Emily andava pazza. Le due ragazze si bloccarono a guardarmi mentre i ragazzi, ignorando il tutto, uscivano tutti allegri da casa per dirigersi chissà dove.

«Che c’é Katie, qualcosa non va?» Leah mi si avvicinò molto dolcemente, come se avesse avuto paura che da un momento all’altro mi potessi sbriciolare davanti a lei.

«In realtà c’é una cosa che non va.»

«Cosa?» Emily mi si sedette accanto mentre Leah rimase in piedi.

Sospirai pesantemente. «Jacob.»
Leah a quel punto sbuffò sonoramente, lei é sempre stata quella un po più scettica su tutta questa storia, quando la conobbi io era ancora molto, come posso dire... contraria a tutti quei sentimenti che si avvicinavano anche appena al senso dell’amore. Ebbene si, tutti avevano capito cosa stava accadendo realmente fra me e Jacob tranne io e lui.

«Piccola Katie é normale litigare soprattutto all’interno di un branco come il nostro. Vedrai che farete pace prima o poi, forse sta sera stessa prima della tua trasformazione.»

Emily, a quel punto, mi rimise di buon umore ed io, tutta allegra, seguii lei e Leah in cucina pronte a preparare qualcosa di buono per quella sera. Leah in realtà non fece quasi niente era, ed é tutt’ora, una frana ai fornelli abbiamo tante volte tentato d’insegnarle a cucinare qualcosa di un minimo commestibile ma é stato tutto inutile.

Fu in quel momento che, dopo tanto tempo, rividi Jacob in carne ed ossa davanti a me: ero intenta a mischiare l’impasto per una crostata quando sentii il suo odore arrivarmi alle narici a quel punto mi voltai verso l’entrata e appoggiato al cornicione della porta c’era lui che mi osservava senza nemmeno un mezzo sorriso, di quelli suoi tipici.

«Ciao.» Lo salutai preoccupata che non mi rispondesse. 

«Ciao.» Fu una risposta breve, senza alcun che all’interno.

Non mi accorsi nemmeno che Emily e Leah se la diedero a gambe levate uscendo dalla porta sul retro. Lui, a quel punto, si staccò dal cornicione della porta per avvicinarmisi io poggiai la ciotola con l’impasto sul tavolo rimanendo immobile dov’ero.

«Hai qualcosa da dirmi?»

Io abbassai la testa sconsolata. «In realtà si... volevo chiederti scusa per le cose che ti ho detto un po di tempo fa. Me la sono presa con te quando in realtà non so nemmeno io con chi ce l’avevo...» Era a pochi passi da me e, oltre al suo odore, sentii anche in minima parte quello di Bella. «...Sei stato dalla tua amica vampiressa!»

«Questo ora che centra? E poi tu come fai a saperlo?»

Mi dava fastidio sapere che era stato da lei anche se non ne capivo il perché, mi feci prendere di nuovo dalla rabbia e da quel sentimento inutile che non sapevo esattamente di cosa si trattasse. Ma m’imposi di non arrabbiarmi, di non dire assolutamente niente d’irrazionale o egoistico.

«Sento il suo odore su di te... sai una settimana fa l’ho incrociata nei boschi.»

«Ah si me l’ha raccontato. Ma cosa centra adesso? Voglio le tue scuse solo per quello che mi hai detto.»

«Si scusami ancora... non so cosa mi sia preso.»

A quel punto lo sentii rilassarsi e tirandomi per un braccio mi trascinò fra le sue forti e calde braccia che per erano come un muro protettivo. Rimanemmo così in silenzio per alcuni secondi.

«Se per me eri una preda prima ora sei un amica preziosa a cui voglio un sacco di bene, stai per diventare una del branco e... mi hai fatto davvero male con quelle parole. Non mi riuscivo a capacitare del perché mi avessi detto quelle cose così cattive, non capivo cosa avessi fatto per offenderti così profondamente visto che fino a quel momento c’eravamo comunque divertiti a prenderci in giro a vicenda.»

«Mi dispiace Jack non volevo...» Sentii i singhiozzi salire in gola e le lacrime scendere copiose lungo il mio volto. Non avevo mai pianto davanti ad un ragazzo, in realtà non ricordavo nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che avevo pianto.

«Ehi piccola, Shhh!!! Ormai é tutto passato.» Si stacco da me per prendermi il volto fra le sue mani e guardarmi dritta negli occhi. «Ti ho perdonata! Ora basta piangere oggi é un gran giorno per te vedrai andrà tutto bene.»

Feci segno di si con la testa vigorosamente lui mi sorrise e, per la prima volta, le sue labbra mi toccarono fu un bacio da amici, me lo diede sulla fronte, ma io comunque avvertii come tante piccole scosse, non come quelle che si avvertono quando si ha freddo. Erano diverse e molto più potenti.

Si stacco dolcemente da me. «Ora vado dagli altri alla scogliera, ci vediamo sta sera.»

Mi saltò e andò via a quel punto tornarono Emily e Leah tutte allegre, avevano sentito tutto dalla prima all’ultima parola.

«Io che ti avevo detto.» Mi disse tutta allegra Emily.

E così sorridendo e scherzando continuammo la preparazione della cena da portare alla scogliera.

 

Quando io e le ragazze cominciammo ad avviarci alla scogliera era già calato il buio da un pezzo e i ragazzi aspettavano con impazienza la loro cena, mangiammo nell’allegria più varia ed ampia tutto quello che io e le altre avevamo preparato durante la mattinata. Finito di mangiare ci mettemmo tutti seduti sull’erba fresca con i nasi puntati verso l’alto pronti a vedere le prime stelle cadenti, Sam con Emily si erano messi molto dietro di me a distanza di sicurezza per qualsiasi evenienza. Jacob mi era seduto accanto e Leah chiacchierava a bassa voce con Quit che sosteneva di aver già visto, mentre mangiavamo, cadere la prima stella della serata.

Non so per quanto tempo stemmo con lo sguardo rivolto verso l’alto ma pareva quasi che quella sera le stelle non volessero staccarsi dalla volta celeste, come a voler fare un dispetto a me. Fu un attimo e, come non si vedeva da anni, caddero dal cielo milioni di stelle tutte assieme: come una pioggia luminose.

Rimanemmo tutti a bocca aperta e fu in quell’istante che senti come ribollirmi qualcosa nelle vene e sentivo come se le mie mani stessero cambiando. Così lasciai perdere lo spettacolo meraviglioso che avevo davanti agli occhi e mi guardai le mani incuriosita: stavano cambiando prendevano la forma di enormi e pelose... zampe.

«Jacob...» Lo chiamai quasi in un sussurro ma lui comunque mi sentii e si voltò a guardarmi. «Katie stai cambiando!» Salto in dietro a qualche passo di distanza, lo fecero tutti sentendo Jacob e vidi Sam portare via velocemente Emily.

In quel momento mi senti... strana! Quasi fuori posto pur sapendo che ognuno di loro aveva avuto la mia stessa esperienza e per un attimo non volli più saperne della trasformazione. Volevo solo rimanere me stessa.

«Jacob ho paura!»

«No Katie, la paura é una brutta bestia con la trasformazione. Ora rilassati e mettiti nella posizione che ti ha spiegato Sam e soprattutto: non la respingere.»

Feci come mi disse e mi misi carponi.

Fu un attimo, un brevissimo attimo dolorosissimo, l’attimo più doloroso che avessi mai passato. Mi sentii come se qualcuno mi stesse scuoiando viva, gli occhi mi bruciavano e le orecchie mi prudevano. In quell’istante ho pensato di voler morire, ma quando aprii gli occhi sapevo che era tutto finito e... vedevo i miei compagni un po troppo piccoli nella loro forma umana.

Jacob mi si avvicinò senza paura tenendo in mano uno specchio tondo. «Guardati. Sei bellissima. Sei la prima lupa Quileute ad avere il pelo completamente bianco.»

Ed era, ed é, vero! Avevo un bellissimo manto bianco senza ciocche di altri colori, gli occhi verdi dall’aria assai umana e poco animale spiccavano come due fari e il mio naso nero aveva un non so che di strano forse per il fatto che era quello di un lupo, ma secondo me é sempre stato un po strano.

A quel punto ci raggiunse Sam che vedendomi fece un lungo fischio di approvazione. «Wow, che magnifico esemplare di licantropo delle nevi. Non sapevo che nella nostra tribù qualcuno si portasse dietro il gene di questa specie assai rara.»

Io tirai fuori la lingua tutta contenta, in realtà la mia testa umana pensava: “comportati decentemente e non d’animale” ma a quanto pareva la mia parte lupo prevalse quella volta come tante altre.

«Ok, io direi di trasformarci tutti quanti e andarci a fare una corsa nei boschi con la nostra nuova amica.»

Io ululai tutta contenta alla proposta di Sam e così tutti quanti, sotto i miei occhi, si trasformarono. Quello che improvvisamente mi colpì come un pugno furono i pensieri di tutti miei compagni.

«Brutto vero!?» Riconobbi subito la voce di Leah che mi si stava affiancando.

«Più che brutto a me sembra assai strano e... Jared sinceramente non m’interessava la tua serata con la tua tipa.»

Jared sghignazzo mentalmente mentre Sam ci richiamava tutti all’ordine per poi partire in una corsa sfrenata all’interno dei boschi. Anche se andavo ad una velocità impressionante riuscivo a vedere tutto quello che mi circondava come se stessi camminando, vedevo anche cose che in forma umana non avrei mai notato. 

Ad un certo punto un lupo dalla pelliccia rossiccia mi si affiancò tutto allegro, riconobbi subito Jacob. «Ci vediamo più tardi lumaca!»

Ed era vero, io sono sempre stata più lenta di lui ma io, al contrario di lui, sono sempre riuscita a fare salti inimmaginabili.

Fu una lunghissima notte, meravigliosa.

Quando ormai l’alba ci avvertì del suo arrivo noi eravamo tornati alla scogliera Sam mi diede precise istruzioni di rimanere là buona e calma, con me rimase Jacob e nel pomeriggio venne a trovarci Billy portandoci alcune cose buone da mangiare. Mi feci fare i complimenti da lui mentre mi grattava dolcemente dietro al collo mentre Jack mi gridava: «Egocentrica!!!»

Quanto risi, quanto dormi e quanto mangia in quei tre giorni che rimasi in forma di lupo mentre i miei compagni facevano a turno per farmi compagnia. Ma principalmente mi rase accanto Jack sulla quale, la mattina che ripresi sembianze umane senza rendermene conto, ero addormentata tenendomi ben incastrata fra la sua pancia e la piegatura della sua enorme zampa. E fu lui a portarmi in braccio, coperta di solo un lenzuolo che aveva nascosto tra i cespugli assieme ai suoi vestiti, al quartier generale dove rimasi a dormire per tutto il giorno.

 

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Capitolo 13
*** La radura maledetta ***


Ormai erano passati quasi due mesi dalla mia trasformazione quando cominciarono i seri problemi; io e Jacob ci comportavamo come due amici d’infanzia come, dopo tutto, un po tutti noi. Ma Emily mi continuava a ripetere che sentiva che stava per arrivare una bufera enorme a minacciare la tranquillità del branco ed io sinceramente non capivo cosa intendesse.

Penso che ricorderò quel giorno per tutta la vita: quella mattina Jacob aveva deciso di portarmi nella foresta dove Naha Taigh si allenava e dove fu intrappolata. Eravamo andati solo noi due senza gli altri perché non sopportavano tanto la famiglia di cui Jacob era amico, ci avviammo in forma di lupo e sapevo perfettamente che Jack poteva leggere i miei pensieri e che avrebbe sentito tutti quei sentimenti che quel giorno che incontrai Bella nella foresta mi avevano assalito.

«Non capisco perché tu odi così tanto Bella, alla fine posso assicurarti che é la più simpatica e tranquilla all’interno della famiglia Cullen.»

Guardai di sottecchi Jack. «Non so il perché. So solo che il suo odore quel giorno mi ha fatto vomitare e poi capire chi era mi ha fatto sentire... strana.»

Lui scoppiò in una risata mentale e non ne capii il motivo, finché non fece una battuta tanto assurda che però mi lasciò sconvolta. «Sarà perché forse ti sei innamorata di me.»

Mi bloccai di botto mentre lui incurante di tutto continuò a camminare spedito verso una casa assai moderna dalle ampie vetrate. Sulla porta ad attenderlo c’erano alcune persone che lo accolsero con ampi sorrisi, fra di loro riconobbi Bella che gli strinse le braccia al collo come per salutarlo. Io rimasi a guardare la scena da lontano non so per quanto tempo finché una fanciulla dai capelli neri corti mi fece segno di avvicinarmi. 

E così assai titubante io mi avvicinai all’allegro gruppetto, sentii di nuovo quell’odore sgradevole e decisi comunque di rimanere leggermente a distanza di sicurezza.

«Qualcosa non va Katie?»

«L’odore.»

«Ti assicuro che anche per noi il vostro non é gradevole.» Voltai la testa verso un ragazzo dai capelli ramati ero spaventata: aveva letto quello che c’eravamo detti.

«Katie lui é Edward, il marito di Bella. Ha l’abilità speciale di leggere nel pensiero.»

Guardo Jacob ed annuisco senza rispondere.

«Benvenuta Katie, ma sei che sei bellissima?!» La mora mi si avvicinò pericolosamente e io di tutta risposta indietreggiai e mi misi a ringhiare.

«Alice non ti conviene avvicinarti più di tanto... ha paura.»

La ragazza parve rimanerci molto male ma ritornò tutta tranquilla tra le braccia di quello che intuì essere il suo ragazzo.

«Katie loro non sono cattivi vampiri. Ti puoi fidare...»

«Jack non dire indiozie, é la seconda volta che vedo dei vampiri quindi ancora non comprendo bene quali sono quelli cattivi e quelli buoni. In ogni caso per ora preferisco tenere le distanze di sicurezza.»

«Mi piace come ragiona la ragazza. Sono pienamente d’accordo con lei.» Commentò tutto allegro Edward.

A quel punto si fece avanti una donna dai capelli marroni e gli occhi d’orati, come un po tutti là. «Non penso sia il caso che voi andiate nella radura di Naha Taigh in forma di lupi, dietro a quel cespuglio ho nascosto alcuni vestiti per te Katie, l’ho presi dall’armadio di Bella spero ti stiano. Jacob invece a te dietro casa ho lasciato alcuni tuoi vestiti che hai dimenticato qua l’ultima volta.»

Io senza dire niente né a Jack né ad Edward che potesse riferire alla signora mi diressi al cespuglio da lei indicatomi e senza alcuna difficoltà presi sembianze umane.Dietro a tutto il fogliame trovai un vestito ben piegato di un bel bianco panna, la scollatura a barca mi stava perfetta l’unica cosa negativa era la lunghezza: mi arrivava quasi a terra. Per quanto mi fossi alzata grazie alla trasformazione non bastava per essere alta quanto l’affascinante Bella, per di più nemmeno le ballerine che mi aveva prestato mi stavano.

Uscii da dietro al cespuglio con le ballerine in mano e tenendomi su il vestito con una mano, vidi Jacob scherzare allegramente con quei... succhia sangue schifosi. Come fossero stati altri componenti del branco e quella é una cosa che non mi é mai andata giù.

Bella si voltò nella mia direzione rivolgendomi un sincero sorriso di approvazione che però a me lasciò assai stizzita. «Sei veramente molto bella. Le mie scarpe non ti stanno?»

«No, sono molto grandi! Grazie, comunque posso andare a piedi scalzi senza problemi.»

Jack mi si avvicinò con fare quasi protettivo pensai in quel momento. «Vuoi che ti porto in braccio fino alla radura?»

«Non ce n’é bisogno. Sono pur sempre una donna lupo.»

«Ok. Allora andiamo.» 

Tutti quanti partirono alla volta della radura e solo allora capii che sarebbero venuti con noi, avrei preferito andare da sola con Jack ma finsi di niente per quella volta. Tutti loro, compreso quel cane di Jacob, giocavano e scherzavano tranquillamente mentre io rimanevo a qualche passo di distanza fingendo indifferenza e anche un po di disprezzo. Soprattutto verso il mio compagno che giocava con quelli che sarebbero dovuti essere i nostri nemici. 

Improvvisamente mi si affiancò una di loro, una bionda tutte curve e dall’aria assai seria che continuava a tenere d’occhio un omaccione tutto muscoli e, parere mio, senza un briciolo di cervello.

«Nemmeno a me piace la confusione, però dalla tua faccia pare che tu ci odi.»

«E perché non dovrei? Non vi conosco nemmeno.»

«Lo pensi solo perché siamo di una razza differente dalla tua. Sai molti di noi non é che l’hanno fatto per scelta di diventare vampiri.»

«Lo so, me l’ha già spiegato Jacob.»

«E allora ripartiamo da zero... io sono Rosalie.» Si girò con la mano tesa per stringermela e io, assai titubante ricambiai la stretta di mano.

«Piacere, io sono Katie.»

«Visto alla fine non é poi così tanto difficile.»

Non le risposi nemmeno e così tutto il resto del tragitto lo passammo in assoluto silenzio camminando una di fianco all’altra mentre io tentavo di respirare dalla bocca per non sentire il suo disgustoso odore dolciastro.

 

Camminammo per ore quel giorno ma ne valse la pena, arrivammo in un immenso spiazzo completamente ricoperto di fiori dai mille colori e al centro perfetto un immenso castagno, mi resi conto che gli alberi tutti attorno gli rimanevano alla larga come se avessero paura di quell’albero che svettava maestoso al centro della radura. 

Senza alcuna prudenza mi avviai verso l’albero ma Jacob mi riprese subito tirandomi per un braccio. «Katie non ti avvicinare al castagno, rimani nascosta fra gli alberi della foresta.»

«Perché?» 

«Si dice che da quando Naha Taigh fu divorata dall’albero esso ha sempre fame di carne umana e chiunque si avvicini rischia di essere mangiato. Pure gli alberi della foresta si sono accorti che il castagno non é come loro infatti formano un cerchio perfetto attorno alla radura.»

Mi sganciai aspramente dalla sua presa e superai senza dire niente il cerchio degli alberi sapendo che nessuno mi avrebbe seguita. «Sei un licantropo e hai paura di qualche diceria? Non hai pensato che invece quell’albero oramai é proprio Naha Taigh e che si sente da sola. Forse solo i fiori qua l’hanno intuito visto che solo loro hanno il coraggio di crescergli attorno.»

Senza dire altro mi avvicinai a passo svelto all’immenso albero, non sentivo presenze né negative né positive. Mi sembrava un comune castagno come se oramai anche l’anima dell’ex mezzana fosse volata via chissà dove.

«Non  c’é alcun pericolo fifone che non sei altro.»

«Non m’interessa Katie, io comunque non fido torna in dietro andiamo a casa.»

«Va bene!»

Fu una cosa stranissima quella che accadde, fu come un lampo a ciel sereno. Sentii qualcuno che mi chiamava a gran voce e quando mi voltai verso il castagno mi resi conto che sul tronco si era formata una figura, quello di una ragazza intrappolata nel legno.

«Il tuo nome é Katie vero?» Non sapevo che fare se fuggire via lontana o restare ed ascoltare ciò che aveva da dirmi. Scelsi la seconda opzione e mi misi sulla difensiva intanto sentivo Jacob in lontananza che mi chiamava a gran voce. «Sei la prima persona che mi si avvicina dopo anni, non é vero che sono una mangia uomini. Hanno solo tutti tanta paura di me perché parlo... ed é normale avere paura ne avrei anch’io sinceramente.  Ma ti ringrazio di avermi difesa con il tuo ragazzo e gli alberi che mi circondano.»

Io ero rimasta bloccata a “ragazzo” parlava forse di Jack?

«Jacob non é il mio ragazzo.»

«Ops... allora mi sono sbagliata. Scusami a me sembrava il contrario visto come ti voleva difendere da me e da come ora si stia agitando al limitare del bosco camminando avanti e indietro indeciso se trasformarsi e venire lui stesso a recuperarti.»

A quelle parole mi voltai ed era vero quello che stava dicendo l’”albero ragazza”, Jacob sembrava veramente preoccupato e respirava a fatica come gli capitava quando, per colpa dell’agitazione, stava per trasformarsi.

«Un amico sarebbe preoccupato ma aspetterebbe paziente qualsiasi cosa accada... lui si comporta come un ragazzo pronto a difendere la propria compagna.» Guardai la mia interlocutrice pensierosa ma anche assai rossa in volto, sapevo che era così perché sentivo le guance bruciarmi per il troppo calore. «Possiamo dire di avere un piccolo segreto io e te.»

«E se avrai bisogno di aiuto mi chiamerai a gran voce come facesti con Naha Taigh che poi le chiedesti il suo corpo in cambio?!»

«Oh no! E sai perché?... Perché l’anima del castagno non esiste più, io sono Naha Taigh!»

Rimasi stupita da quella rivelazione, la figura della fanciulla scomparve all’interno del tronco del castagno dopo avermi sorriso amabilmente. A quel punto sentii Jack che mi chiamava per l’ennesima volta e senza più attendere un minuto mi avviai verso il gruppo che mi attendeva ripensando alle parole della “ragazza albero” e nuovamente mi sentii montare dall’imbarazzo. Così quando arrivai davanti a lui tenevo la testa bassa per nascondere il rossore che mi aveva imporporato le guance.

«Ma cosa ti salta in mente Katie?»

«Scusami Jack non volevo farti preoccupare, però non scaldarti come puoi vedere sono qua davanti ai tuoi occhi.»

«Guardami negli occhi quando parli con me Katie.» Stava allungando una mano nella mia direzione per farmi alzare il volto ma io indietreggiai così facendo alzai la testa rivelando il rossore che avevo in faccia. «Ohi... ma per caso hai la febbre?»

«Ma non dire fesserie Jack, sono un licantropo io non mi ammalo.»

«Allora perché sei tutta rossa in faccia?»

«E io cosa ne so? Ora possiamo andare? Vorrei tornare a casa!»

La famiglia Cullen aveva osservato la scena in assoluto silenzio solo Edward ridacchiò sotto i baffi sapendo cosa mi stesse frullando nel cervello: l’albero aveva ragione!

E anche il mio comportamento nei suoi confronti, mi resi conto in quel momento, non era quello di un amica. Non ci capivo più niente e volevo solo andarmi a buttare sul letto di casa mia o andare diretta da Emily e Leah a raccontargli tutto quanto per farmi consigliare.

Tornammo velocemente a valle e quando finalmente Jack ebbe finito di salutare tutti quanti mi fece segno di nascondermi dietro il cespuglio di quella mattina. «Lascia là dietro il vestito...»

Ma io sapevo che non mi potevo trasformare: se l’avessi fatto avrebbe letto i miei pensieri e non so cosa sarebbe potuto accadere.

«Torno a casa in forma umana.»

«Non dire indiozie Katie.» Mi rimproverò proprio come fossi stata... la sua ragazza.

«Non ho voglia di prendere forma di lupo ora. Ho voglia di camminare nella mia naturale forma qualche problema?»

Lui alzò semplicemente le spalle senza capire e mi disse semplicemente che ci vedevamo al quartier generale mi voltò le spalle e in un balzo prese sembianze umane facendo a brandelli i suoi vestiti. Lo guardai allontanarsi velocemente e sentii qualcuno affiancarmisi quando mi voltai e vidi Edward già sapevo cosa mi avrebbe detto. «Prima o poi dovrai dirglielo.»

Ignorandolo completamente cominciai a camminare, ci vollero delle ore prima che potessi buttarmi a peso morto sul divano del quartier generale dove non c’era assolutamente nessuno. Avevo incrociato Paul uscire mentre arrivavo che avendomi vista mi aveva chiesto come mai ci avessi messo così tanto ad arrivare gli avevo risposto poi ero entrata sperando di trovare almeno Emily e invece... niente.

Mi riposai per un po e poi ritornai a casa leggermente stanca morta. Sulle scalette di legno della mia amata casetta era seduto un Jacob assai silenzioso e pensieroso.

«Ehi Jack pensavo che sta sera uscivi con i ragazzi avendo la serata libera.»

«Si però prima vorrei capire cosa ti é preso alla radura.»

Sentivo che il rossore riaffiorava sulle mie guance imperterrito. «Ma niente, non avevo voglia di trasformarmi qualche problema?»

«Si molti! Sai ho avuto l’impressione che tu non volessi prendere sembianze di lupo per non dovermi far sentire i tuoi pensieri... o sbaglio?»

«Ma no Jack di fai tanti problemi per niente.»

Lui si alzò in piedi e mi si avvicinò... troppo. «Se ci fosse qualcosa che non va, Katie, tu me lo diresti vero?»

«Ma certo.»

A quel punto mi sorrise e dopo avermi velocemente salutato saltò in sella alla sua moto e corse via.

«Ma questa volta non posso dirti niente Jack... sarebbe troppo imbarazzante!»

 

“Su ciò di cui non si può parlare è bene tacere.”    Ludwig Wittgenstein

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Capitolo 14
*** Segreti e Paure ***


Quella mattina mi ero svegliata assai presto, in realtà non avevo chiuso occhio per tutta la notte rigirandomi continuamente nel letto rimuginando sulle parole che mi aveva detto Naha Taigh. Non era possibile, non ci volevo credere.

Così quella mattina non feci nemmeno colazione anche se sentivo che il mio stomaco pregava che io lo riempissi di cibo e invece io corsi fuori da casa facendo ben attenzione che Jack non fosse a casa, non mi trasformai nemmeno, corsi a perdifiato nella radura finché non raggiunsi il quartier generale dove speravo di trovare almeno una delle ragazze. Fortunatamente le trovai entrambe: Emily era intenta a preparare qualcosa di buono da mangiare mentre Leah era seduta a tavola mentre sorseggiava quello che intuii fosse del caffè bollente, come piaceva a lei. 

«Ah buon giorno Katie, sei mattiniera come sempre.» Mi disse la prima delle due con un immenso sorriso che sparì ben presto dal suo volto vedendo, probabilmente, la mia faccia sconvolta dove sicuramente quel giorno aleggiavano due immense occhiaie nere.

Leah lasciò perdere velocemente la sua bevanda e mi venne in contro seguita a ruota da Emily. «Cos’é successo?» Insieme mi trascinarono a sedermi sullo scomodo “divano” del nostro semi salotto, mi si misero sedute ai lati attendendo in silenzio che io dicessi qualcosa.

Rimasi in silenzio per un tempo lunghissimo finché, presa dall’esasperazione, raccontai loro tutto quello che era successo il giorno prima senza mai prendere fiato e senza mai mancare nemmeno un piccolissimo dettaglio. Quando finii di raccontare buttai la testa sulle ginocchia respirando lunghissime boccate d’aria.

«Quindi... la valle non é veramente maledetta. Povera Naha Taigh si deve sentire da sola in quel luogo.»

«Leah il problema non é quello adesso.»

«Ah, si giusto!»

«Che devo fare?!» Esplosi dalla disperazione. «Non mi posso trasformare perché se no lui scoprirebbe tutto e, anche ieri, mi era anche solo difficile comportarmi come sempre.»

«Da questo tuo panico possiamo facilmente dedurre che sei più o meno arrivata a una conclusione.» Proferì Emily più o meno tranquilla.

«A quale conclusione sarei arrivata esattamente?» Chiesi sull’orlo di una crisi di nervi.

«Dovresti averlo capito da te Katie visto che sei tu quella che si stà facendo mille pippe mentali, che problema ci sarebbe di far sapere una cosa del genere a Jack se non che gli vuoi nascondere dell’altro?!»

«Cos’altro?» Alzai la testa perplessa ed osservai Leah che mi sorrideva in maniera assai sinistra, quindi mi voltai in direzione di Emily sperando di trovare una risposta al dramma che mi affliggeva ma anche lei aveva dipinta sul volto un aria assai furbetta.

«Dai Katie cos’altro stai nascondendo?» Mi chiese Emily dandomi una leggera gomitata.

«Non nascondo proprio niente... a parte la storia della radura.»

«Secondo noi c’é di più. E sai che c’é?» Leah si alzò in piedi e andò dritta verso l’uscita seguita da Emily. «Che devi arrivare da sola alla conclusione.»

Detto ciò le ragazze uscirono dal quartier generale lasciandomi da sola con mille pensieri e dubbi, non capivo cosa volessero intendere e sentivo che fra poco la mia testa sarebbe potuta esplodere per la confusione che avevo. Presi le ginocchia al petto circondandole con le braccia poggiandoci sopra la testa.

Riconobbi subito l’odore di Seth quando entrando in cucina mi vide e si bloccò di botto perplesso. «Ehi, Katie qualcosa non va?»

«Si! Tante, troppe cose!»

«Posso aiutarti in qualche maniera?»

Scossi solo la testa in segno di negazione e il ragazzino rimase per un attimo in silenzio fu allora che arrivò la persona che mi stava mandando nel pallone più totale.

«Ehi Seth... Katie?!»

Il piccolo ragazzo lupo si voltò verso l’amico alzando le spalle. 

«Qualcosa non và? Non ti senti bene per caso?!» Jack mi si sedette accanto e quando sentii che stava allungando una mano verso di me la mia reazione fu automatica saltai indietro e lo guardai con gli occhi sgranati dallo spavento. Rendendomi conto dell’immenso errore fuggi via senza dire una parola lasciando i miei amici, ma soprattutto Jacob, senza parole.

Corsi per non si sà quanto tempo, in realtà stavo girando in tondo e lo sapevo, l’unica cosa che non volevo fare era andare in un posto dove sapevo l’avrei potuto incrociare. Ogni qual volta percepivo anche solo minimamente il suo odore cambiavo strada, più gli stavo lontana meglio era. 

“Ma cosa mi prende?

é solo Jack, quello strafottente e pervertito di Jacob Black!

Quel deficiente che... che da due mesi non mi fà più proposte pervertite!

Che fosse... NO! Lui non mi ha più chiesto niente perché ha cominciato a considerarmi un amica, esattamente come considera Leah.

Allora perché il pensiero mi fà così terribilmente male?!”

Ricordo ogni minimo ed insignificante pensiero che attraversò la mia testa quel giorno, si susseguivano uno dietro l’altro come una tortura, come se mi volessero ricordare che in quel momento avevo un problema da risolvere. Ma qual’era la soluzione?

Mi resi conto di essere stata via troppo a lungo quando, davanti a me a sbarrarmi la strada, mi comparve Sam in forma di lupo che mi guardava assai minacciosamente. Mi accorsi di avere il fiatone e quando mi guardai attorno vidi tutto così buio: com’era possibile? Era corsa via dal quartier generale che era ancora giorno pieno.

Sam mi voltò le spalle e cominciò a camminare in assoluto silenzio io compresi da me che l’avrei dovuto seguire in assoluto silenzio, così feci un piccola corsetta e lo affiancai.

«Lo so che sei arrabbiato Sam, lo leggo dai tuoi occhi. E ti chiedo scusa ma... vedi... non ci capisco più niente. Perché Jack mi stà mettendo una grande confusione in testa.» A quel punto Sam si bloccò e si voltò a guardarmi. «Non capisco. Vorrei solo urlare che tutto questo finisca presto che le risposte mi arrivino in fretta eppure so che devo arrivare alla soluzione da sola.»

Sam mi diede una leggera e affettuosa capocciata e ricominciò a camminare seguito da me, in breve arrivammo al quartier generale dove trovammo tutti fuori che attendevano il mio ritorno, e probabilmente anche quello di Sam. Avevano tutti un aria preoccupata e Jack, seduto sui gradini d’entrata, stringeva forti fra se le mani come a voler reprime la forte voglia di trasformarsi e correre a cercarmi.

Fu Emily ad accorgersi per prima del nostro arrivo, strano da credere visto che era circondata da tutti licantropi, mi corse velocemente incontro e mi abbracciò forte Leah la seguì subito a ruota con la ramanzina già pronta. «Ma cosa ti é saltato in mente? Jack e Seth c’hanno raccontato che sei fuggita via come una furia e...»

«Ti prego non mi dire che é per quello che ti ha detto quel maledetto albero.» Alzai la testa  e vidi Jacob a testa bassa che parlava.

Guardai velocemente Leah ad occhi sgranati. «Nella foga del momento di volerti ritrovare ci siamo trasformati e... beh! Puoi ben immaginare quello che é successo.»

Lasciai perdere le ragazze e lentamente mi avvicinai a Jack che intanto tremava dalla rabbia, sapevo che una sola parola detta male l’avrebbe fatto esplodere e si sarebbe trasformato in lupo e avrei rischiato grosso.

«Jack... io ho preso a cuore quello che l’albero o Naha Taigh mi ha detto... perché mi hanno fatto riflettere...»

«Non m’interessa Katie! Non ti voglio ascoltare!» Lo disse a denti stetti e con una rabbia tale che mi fece male sentirlo.

In quell’istante ricomparve Sam in forma umana bello che rivestito. «Abbiamo tutti sentito il racconto che hai fatto a Leah ed é normale che tu sia andata nel pallone ma non era quello modo di reagire. Per punizione, Katie, passerai tre giorni a casa... ti proibisco di trasformarti.»

Feci appena cenno di si con la testa. «Allora io tolgo il disturbo.» Feci per avviarmi verso casa ma Sam mi bloccò nuovamente. «No, con te viene Jacob, ti riaccompagna lui a casa.»

Jack senza ribattere si alzò e cominciò a camminare senza salutare nessuno e io, per stargli dietro, diedi la buona notte assai velocemente. Camminammo in assoluto silenzio fino a casa dove finalmente lui si degnò di girarsi a guardarmi.

«Ora dimmi che cazzo ti é preso? Veramente credi a quelle inutili e stupide parole?»

«Jack non hai pensato che io, forse, sono andata nel pallone perché, secondo me, c’é del vero?!»

«Ma cosa? Cosa ne può sapere un albero di che cosa provo per te? Guarda non voglio continuare oltre questa conversazione assurda me ne vado.» 

Mi superò a passo svelto diretto verso il bosco, lo guardai alcuni secondi. «Stai andando da lei vero?! Stai andando da Bella a raccontargli tutto perché tu infondo l’ami ancora.»

Lui si bloccò di botto e si girò a guardarmi con sguardo assassino. «Non osare insinuare una cosa del genere Katie. Bella é solo un amica oramai, non provo più niente per lei da un bel pezzo.»

«Allora perché di andarti a confidare con il resto del branco, ogni volta che hai un problema o un dubbio, corri da lei. E non mi dire che non é vero. Leggo i tuoi pensieri, ricordi?! Ho visto e sentito che se c’era qualcosa che ti affliggeva pensavi: “Va beh poi vado da Bella e ne parlo con lei”.»

«Katie é normale, é come te che racconti tutto a Emily e Leah.»

«Non é la stessa cosa Jacob e non te ne rendi conto. Loro due sono parte del branco, Bella dovrebbe essere una nostra nemica.»

«Lei non si ciba di sangue umano.»

«Questo non centra niente.» Feci un lungo respiro prendendo più aria mi era possibile, sentivo che quella conversazione stava sfociando nel nulla e soprattutto sentivo la rabbia crescente di Jacob come qualcosa che mi s’infilava sotto la pelle. «é inutile parlare con te di queste cose intanto non capisci. E forse hai ragione tu... la “ragazza albero” c’ha visto male perché: come puoi mai provare quegli stessi sentimenti che avevi verso Bella per un altra ragazza se ancora li provi per lei?!»

Senza dire altro e lasciando un Jack allibito, a occhi leggermente sgranati, entrai in casa con, oltre, alla testa dolente qualcos’altro che faceva male da morire e non ne comprendevo il perché: il cuore.

 

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Capitolo 15
*** Sentimenti ***


Seduta alla scrivania con il computer acceso davanti, come pronta a scrivere un e-mail ai miei genitori, osservavo la schermata bianca ma come se non la vedessi. Erano già passati due giorni da quella sera e sentivo il cuore dolermi da morire come se qualcuno me l’avesse calpestato e non ne comprendevo il perché o il come mai. Sapevo solo che la causa era Jacob.

Quello stupido cane rognoso.

Mi aveva dato tanti di quei problemi dal primo giorno che ormai arrivati a quel punto mi era impossibile tenere a mente tutte le volte che avevamo discusso. Ma sentivo che quella volta sarebbe stato difficile rimediare a tutto quello che ci eravamo detti.

Lasciai perdere il computer sbuffando sonoramente e andai in cucina alla ricerca disperata di cibo dimenticandomi però che: senza Jack che mi faceva la spesa la mia minuscola cucina era vuota di tutti gli alimenti primari. 

Vedi? Dov’ovunque mi girassi in quella minuscola casa c’era qualcosa che mi faceva pensare a lui persino il bagno dove poche settimane addietro Jacob aveva inchiodato al muro una mensola dove potevo poggiare tutta la mia roba visto che il lavandino era già troppo pieno.

Mi buttai sul divanetto sconsolata e leggermente esasperata, fu allora che sentii qualcuno picchiettare alla finestra: Emily. Andai di corsa ad aprirle e lei tutta contenta mi presento un intero vassoio di muffin al mirtillo come piacevano a me.

«Ma salve fuggiasca. Ho pensato che potessi aver fame visto che Jack c’ha ufficialmente annunciato che tu non sei più un problema suo.»

Presi il vassoio leggermente turbata dalle ultime parole.

«Ah davvero ha detto questo?»

«Già.» Mi disse sconsolata mentre si sedeva di fronte a me al minuscolo tavolino di legno, il posto di Jack. «Sai Sam mi ha raccontato quello che tu e Jack vi siete detti l’altra sera.»

«Immagino che avrà letto tutto dalla stupida testa di lupo di lui.»

«Si... Katie mi dispiace...»

«E di cosa? In fondo sapevamo tutti che io e Jack non siamo fatti per rimanere troppo a lungo amici, a quanto pare.»

«Non dire così, la realtà é che forse tu speri in qualcosa di più da lui... per questo hai creduto alle parole di quella “ragazza albero”, come la chiami tu.»

Stavo mangiando un muffin quando sentii le ultime parole di Emily e per poco non mi strozzavo con quella prelibatezza. Ma cosa le saltava in mente?

«Ma sei matta? Io? Volere qualcosa di più da quel... quel cane deficiente? No mi dispiace ma questa te la potevi risparmiare. Cosa potrei mai volere di più da lui?»

«Forse... il suo amore?!»

Sgranai gli occhi a quelle parole. «Ma cosa ti salta in mente? Amore? Da lui? Da lui che amava una vampira?!»

«Logicamente Bella inizialmente era umana.»

«No Emily... amore da lui? Mai e poi mai.»

«Ti fà male il cuore quando pensi a lui e soprattutto all’altra sera?!»

La guardai perplesse e, come fosse stata una cosa assai normale, al pensiero mi portai una mano dritta al cuore come a volerlo alleggerire del suo dolere.

«Vedi Katie quando ci innamoriamo non ce ne accorgiamo nemmeno... é una cosa naturale.»

«Parli tu che hai avuto la fortuna di avere l’imprinting con Sam.»

«Ma se tu ci pensi alla fine ci sono stata male anch’io... lui era fidanzato e innamorato di Leah all’epoca.»

«Vero!»

«Quindi mi stai dando ragione?»

«Non proprio. Non ci capisco più niente. E ora sapere che in più lui non ne vuole più sapere niente di me mi fa ancora più male.» Sospirai rumorosamente continuando a sbocconcellare i muffin presenti sul vassoio. «Non saprei nemmeno come rimediate a tutto questo disastro. I miei genitori mi hanno sempre insegnato a dire ciò che penso, senza peli sulla lingua, quindi andare da Jack e dirgli: “guarda, scusami, ma non ero in me ho tante fesserie” sarebbe una bugia bella e buona.»

«Forse tu stai cercando la maniera migliore per fuggire da tutta questa situazione quando in realtà quello che devi fare é affrontare il momento a testa alta.»

Buttai la testa in dietro pensierosa, sapevo che Emily aveva ragione ma sapevo anche di avere una grande paura che mi attorcigliava le budella. E se la mia amica aveva ragione? Se in realtà tutta quella situazione mi stesse facendo così male perché provavo qualcosa per Jacob che andava al di là dell’amicizia?

Come mi sarei dovuta comportare?

Non mi ero mai trovata, prima d’allora, in una situazione simile visto e considerato che la maggior parte della gente in passato tendeva a girarmi alla larga non sono mai arrivata ad innamorarmi di un ragazzo, quindi non conosco le sensazioni ma soprattutto: non che sia.

«Se vuoi, Katie, io posso provare a parlare con Jacob per poterlo far ragionare...»

«Sarebbe inutile.» La guardai dritta negli occhi. «Sappiamo tutte e due che non ascolta nessuno... tranne Bella é logico, no?!» Mandai gli occhi al cielo esasperata, qualunque strada potesse anche solo minimamente portarci al risolvimento di tutto questo disastro ci riportava inevitabilmente verso quella bellissima vampira dai lunghi capelli castani e gli occhi color oro colato.

Emily mi osservava con aria dispiaciuta e rimanemmo in silenzio per tutto il resto del tempo finché io non finii tutti i muffin e lei dovette rientrare alla base per preparare il pranzo a quelle altre teste calde. «Ritornerò più tardi con qualcosa da mangiare, o al massimo ti mando Leah. Non ho voglia che i ragazzi ti vedano così so come sono fatti e se cominciassero a fare dei commenti su di te sono sicura Leah si arrabbierebbe e partirebbe una discussione senza né capo né coda.»

Feci a malapena un accenno con la testa per quanto ero sovrappensiero, l’accompagnai alla porta e appena la vidi sparire nella foresta chiusi tutto a chiave pronta a buttarmi sul letto per dormire sopra a tutti questi problemi. Fu in quell’istante che mi resi conto che c’era qualcuno fuori dalla finestra che mi osservava con occhi malinconici: Jacob in forma di lupo. Non avevo nemmeno avvertito il suo odore per quanto mi sentivo fuori dal mondo in quel momento.

Andai ad aprire la finestra. «Jack...»

Lui avvicinò semplicemente la testa e diede alcuni colpetti alla mia mano, io l’allungai per fargli qualche carezza dietro l’orecchio.

«Non é colpa di nessuno dei due. Tu eri arrabbiato perché ero fuggita a quella maniera e per una cosa che non comprendi e io... mi sentivo frustrata perché ho la sensazione di essere una pessima amica per te visto che ogni volta hai bisogno di correre da Bella.»

Lui scosse la testa in segno di negazione come a volermi dire qualcosa.

«Ti va di riprendere sembianze umane e parlare un po con me? Risolviamo questa situazione perché, te lo dico sinceramente, tutto questo mi stà uccidendo.»

Gli occhi di quell’immenso lupo rossiccio mi osservarono con aria triste, confusa, disorientata quasi quanto me, sapevo che Jack sicuramente aveva sentito i discorsi miei e di Emily. Quindi tanto valeva capire cosa stesse succedendo: insieme.

Lo vidi andare via, attesi alcuni secondi ed eccolo di ritorno con indosso degli jeans corti e un paio di scarpe da ginnastica. Senza dire niente entrò in casa dalla finestra a cui io ero rimasta affacciata e in assoluto silenzio mi trascinò fra le sue braccia stringendomi forte a se ed io non lo respinsi.

Sentii alcune lacrime scendermi lungo il volto. «Jack che stà succedendo? Cosa succede a noi due?»

A quel punto lo sentii stringermi ancora più forte. «Io lo so cosa ci stà capitando e sono sempre riuscito a fare finta di niente perché non volevo credere che a così poca distanza dall’ultima volta mi stesse ricapitando... tutte quelle emozioni...»

Si sganciò leggermente da me per prendermi il volto fra le sue mani con un immensa delicatezza, mi guardava così nel profondo degli occhi come se mi avesse potuto leggere in fondo all’anima. Sentii come delle piccole scosse elettriche non dovute a quel momento ma come se... stessi opprimendo un istinto naturale ed io quello lo sapevo.

«Se tu allora hai capito cosa stà accadendo... Ti prego Jack dimmelo, aiutami a capire.»

«Vuoi sapere cosa stà accadendo?... Beh succede questo!» Senza dire altro mi si avvicinò velocemente, forse troppo per il mio povero cuore che perse un paio di battiti. In breve mi ritrovai le sue labbra premute sulle mie, i nostri respiri avevano lo stesso ritmo, i nostri corpi si surriscaldarono più del solito, ma i miei occhi rimasero aperti dallo stupore. Spalancati.

Lui lasciò che la lingua leccasse le mie labbra alla ricerca come di una conferma, allora mi rilassai, chiusi gli occhi, dischiusi le labbra e mi lascia trascinare dal meraviglioso momento, dalla bocca esperta di Jacob che guidava i movimenti della mia lingua come in una danza sfrenata e meravigliosa.

Quando ormai eravamo senza più un briciolo di ossigeno ci staccammo delicatamente l’uno dall’altro per guardarci dritti negli occhi ormai consapevoli di quello che ci stava accadendo. Non eravamo sicuri che si trattasse di amore, per il momento, ma eravamo felici che le cose stessero così, che noi, come in una richiesta silenziosa di entrambi, stavamo assieme.

 

Non vi vado a raccontare l’entusiasmo di tutti quanti alla lieta notizia, come se tutti già lo sapessero che così doveva andare a finire. Billy poi, se avesse potuto, sarebbe saltato dalla gioia sapendo che il figlio non andava più dietro alla vampira ma finalmente seguiva la licantropa.

Nei giorni a seguire Jacob si era praticamente trasferito da me e sembravamo una coppietta sposata visto che qualsiasi cosa facevamo, strano ma vero, la facevamo in contemporanea. Come se uno potesse leggere i pensieri dell’altro anche in forma umana, buffo no?!

Passarono così dei mesi, di preciso tre, era tutto rosa e fiori e lentamente cominciavamo a capire che quello che sentivamo l’uno per l’altro era amore anche se non ce l’eravamo mai ancora detto. Ma andava bene anche così, finché Sam non disse una cosa a tutti e due, in momenti separati, che lasciò un gran vuoto dentro perché sapevamo essere la verità:

«Voi due siete innamorati e potrebbe capitare che uno di voi incontri la compagna o il compagno coi cui avrà l’imprinting, come é capitato a me ed Emily. Ed allora starete tutti male.»

Non lo faceva assolutamente per abbattere il nostro amore ma per tenerci in guardia pronti a tutto, e fu allora che le cose cominciarono ad andare veramente male: perché la paura di perdere la persona amata porta a fare tante sciocchezze assai al di sopra delle nostre possibilità, a volte.

 

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