Cultural exchange

di Sidera_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** King's Cross ***
Capitolo 2: *** Griffindor VS Slytherin ***
Capitolo 3: *** Enchanted ***
Capitolo 4: *** Sleepwalkers ***
Capitolo 5: *** This is Halloween ***
Capitolo 6: *** Expecto ***
Capitolo 7: *** The Poison ***
Capitolo 8: *** Four Lessons ***
Capitolo 9: *** Secrets ***
Capitolo 10: *** Cold lips ***
Capitolo 11: *** Mistake ***
Capitolo 12: *** Let go ***
Capitolo 13: *** Something ***
Capitolo 14: *** Need to talk ***



Capitolo 1
*** King's Cross ***


Ehm ehm.

Salve :]

Il 90% di questa ff è autobiografico
(immagino siate in grado di riconoscere cosa lo è e cosa è frutto della mia fantasia);
non aspettatevi una fic chissà quanto impegnativa
è più che altro un sogno ad occhi aperti
su cui ho fantasticato tanto, prima di decidermi a scriverlo :3
è la prima ff che pubblico, ma non vi chiedo di essere clementi,
tutt'altro, assoluta sincerità nelle recensioni, grazie :)

 


 

 

Prologo.
 


- Sidera de Simone, della casa della Fenice, quarto anno.

Un applauso scrosciante esplose alle parole del preside. Le mie migliori amiche ululavano "Sidera, ce l'hai fatta!". Qualche invidioso mormorava alle mie spalle "Stronza". Ma ero troppo sconvolta per ribattere, come avrei fatto di norma. Avevo superato tutte le selezioni, per le quali avevo sudato e pianto. Avevo vinto. Vinto! sarei andata in scambio culturale in un'altra scuola. Non potevo crederci. Anzi sì, cazzo! Avevo dato il meglio di me, nel superare quelle prove. Ora stavo ricevendo la mia ricompensa.
Mi alzai dalla panca e mi diressi verso il tavolo dei professori. La preside Acciaia mi strinse vigorosamente la mano e mi consegnò solennemente il Lasciapassare che l'anno dopo mi avrebbe permesso di entrare alla scuola straniera a cui sarei stata spedita.

- Hogwarts, Regno Unito.

Altro boato festoso. Mi resi a malapena conto di quello che stava dicendo la vecchia Acciaia. La scuola del Bambino Sopravvissuto. Il caso aveva voluto che, pescando nel recipiente, la preside tirasse fuori proprio il bossolo d'orato con incise le parole: Hogwarts, Regno Unito.
Respirai a fondo la gloria del momento e fantasticai sul futuro sbrillucciante che mi si presentava davanti.
 



 

Primo Capitolo
King's Cross.




Stazione di King's Cross. Tra il binario 9 e 10.
Iniziai a pensare che si trattasse di uno scherzo.
"Molto divertente. Che diavolo vuol dire binario 9 e tre quarti?"
Maledizione. Erano le otto meno cinque. Ero lì, ferma, da tre quarti d'ora. Mamma e Papà li avevo salutati a casa, ero arrivata a Londra con un'accompagnatore della mia scuola, che però mi aveva smollata là davanti senza spiegarmi nulla su come arrivare al treno. Che sarebbe partito presto. Senza me sopra.

- Maledizione! - imprecai.

La mia gatta, Spuma, miagolò. Sapevo che in quel momento mi stava odiando, perchè l'avevo rinchiusa nella gabbietta. Lei non lo sopportava.

- Sto pensando, va bene? Sono furiosa quanto te, al momento. Quell'incapace mi ha abbandonata qui... se perdessi il treno farei una figuraccia... ti immagini fare ritardo il primo giorno nella scuola in cui sarò ospite per tutto l'anno? "Sono mortificata, professor... uhm... ah, già! Silente, ma non sono riuscita a trovare il suo fottutissimo treno!"

Un gruppo di pendolari babbani mi superò affrettando il passo, guardandomi con un misto di compassione e divertimento. Tra loro, non credo sia comune vedere una ragazzina inveire contro un gattino rinchiuso in una gabietta, con un ingombrante carrello carico di baule e borsone.
Mi sedetti per terra, in preda allo sconforto. Per rialzarmi di scatto, nell'udire la frase:

- L'Espresso per Hogwarts partirà a momenti! Allunga il passo, Ginny!

Mi rialzai immediatamente e mi vidi venire incontro un drappello di teste rosse.
Feci un respiro profondo e chiamai a raccolta tutte le mie forze per esprimermi nel miglior modo possibile in inglese:

- Mi scusi - dissi rivolgendomi a quella che sembrava essere la madre di famiglia - sto cercando l'Espresso per Hogwarts e non... riesco a trovarlo.
- Oh, certo cara - disse sorridendo - non devi fare altro che camminare verso il muro - lo indicò - tra i binari 9 e 10, dritto davanti a te. Anche i miei ragazzi sono diretti lì.

Guardai i "suoi ragazzi". Avevano tutti i capelli rossi, tranne uno, che li aveva neri ed arruffati. Uno era alto e robusto, la ragazza doveva essere la più piccola del gruppo e gli arrivava alla spalla. Gli ultimi due erano assolutamente identici, sembravano l'uno il riflesso dell'altro.

- Ragazzi, mostratele come fare. - disse la donna.

I primi ad attraversare il muro furono i due gemelli, un dopo l'altro.

- Oh... credo di aver capito. La ringrazio. -spinsi il carrello ed anche io, finalmente, riuscii a raggiungere il binario. Dall'altra parte del muro era tutto un gran casino. C'era una marea di gente che si salutava o tentava, come me, di farsi strada fino al treno.

Riuscii a mettere in equilibrio il borsone e la gabietta sul baule e spinsi quest'ultimo sul treno.
Vagai per il corridoio per un po', sentendomi una completa idiota, non riuscendo a trovare un solo scompartimento libero, intralciando il cammino degli altri. Un ottimo modo per iniziare l'anno in una scuola dove non mi conosceva ancora nessuno.
Esasperata, quando sentii che il treno stava per partire, aprii la prima porta che mi trovai davanti, spinsi dentro il baule ed entrai.


- Salve. - sbuffai, rossa in faccia. Caricai la mia roba nella rete sopra i sedili, senza guardare in faccia nessuno dei presenti e mi abbandonai sul sedile, guardando di lato. Poco a poco girai lo sguardo verso l'interno dello scompartimento e riconobbi immediatamente i due gemelli della stazione.
- Oh... salve di nuovo. - sorrisi, imbarazzata - gli altri scompartimenti sono tutti pieni ed io...

I due gemelli non sembravano troppo turbati dalla mia entrata brusca. Mi sorrisero e mi porsero contemporaneamente la mano.

- Fred.
- George.

Non sapendo quale stringere per prima, le presi entrambe, una con la sinistra, una con la destra, incrociando le braccia.

- Sidera. - dissi sorridendo, sentendo il rossore sulle mie guance affievolirsi. - spero che non sia occupato, gli altri scompartimenti...
- Nessun problema. - disse il gemello affianco al finestrino, Fred.
- Tra poco arriverano i nostri compagni di corso. - disse il gemello seduto di fronte a me, George
- Ma non credo ti costringeranno ad andare via. - riprese Fred.
- Forse sarai piuttosto tu a non poterne più di noi, tra poco. - ridacchiò George.
- Bene. Non ho alcuna intenzione di rimettermi a vagare in cerca di un posto libero. Se pure dovessero infastidirmi, me li farò piacere.
- Ottima risposta. Ehi, Angelina! Katie! da questa parte! - George attirò l'attenzione di due ragazze nel corridoio.

In poco tempo lo scompartimento si riempì. Nel vero senso della parola.
In tutto dovevano esserci almeno venti persone, là dentro. Probabilmente, in tutto il treno quello era lo scompartimento più rumoroso.

-Lee, devi provare questa. - George schiaffò nelle mani di Lee Jordan quella che sembrava una caramella rossa.
- Magari un'altra volta Weasley. - rifiutò lui, ridendo.
- Come? non ci sarà una prossima volta, Jordan! devi provarla ora. - insistette Fred.
- Avanti Lee, e che sarà mai? - rise Alicia Spinnet dandogli una spintarella.

Lee rivolse un'ultima occhiata suppichevole ai gemelli, che scossero insieme la testa.
Un po' ridendo, un po' nervoso, Lee ingoiò la caramella.

- Come ti senti? - domandò Fred.
- Ti gira la testa? - chiese George.
- No... mi sento... bene. Molto bene.

Guardai i gemelli sogghignare. Per un momento incrociai lo sguardo di George, che ammiccò verso di me.
Mi girai di nuovo verso Lee, che all'improvviso sembrava diverso, sembrava... i suoi capelli stavano scolorendo, anzi... diventavano rossi, rosso fuoco, più acceso del rosso della locomotiva. Anche il suo viso gradualmente diventava rosso, e le sue mani, e infine i suoi vestiti. Poi cambiò colore: divenne tutto giallo, poi tutto verde, infine di nuovo tutto rosso.

- Cosa... Cosa... - balbettava Lee, tra le risate dei compagni di scompartimento.
- Sei un semaforo Lee!

Fred e George non sembravano particolarmente soddisfatti.

- Mi è sembrato più divertente, quando lo abbiamo provato su Ronald. - osservò Fred.
 - Forse perchè lui sembrava davvero sconvolto, non si limitava a balbettare "Cosa-cosa".- replicò George, annoiato.
- Sei una delusione, Lee. - disse Fred, fingendosi amareggiato.

In quel momento la porta dello scompartimento si aprì. Le risate cessarono, l'atmosfera mutò bruscamente. Alla porta stava appoggiato un ragazzo alto e magro, dai capelli neri e cortissimi. Dietro di lui un paio di ragazzi dallo sguardo truce.

- Weasley. Jordan. – fece un sorriso sprezzante nel vedere Lee cambiare colore gradualmente. I suoi occhi indagarono per la stanza e si soffermarono un momento più a lungo su di me - Grifondoro vari.
- Nott. - salutò Lee, freddamente.
- Hai perso di nuovo l'orientamento, Nott? Lo scompartimento dei Serpeverde non è difficile da trovare. - Osservò Fred.
- Basta seguire la scia maleodorante. - proseguì George
- La risata stridula della Bulstrode.
- O potresti avvicinarti ad ogni scompartimento e controllare...
- ...quello in cui senti dire più stronzate. - completò Fred.

Nott lanciò loro un'occhiata sprezzante. Poi, inaspettatamente, si rivolse a me:

- Non ti ho vista in giro prima. Sei tu quella dello scambio culturale?

Annuii, sentendo gli sguardi di tutti puntati su di me.
Nott sorrise e fece un cenno a quelli che lo accompagnavano.

- Ti va di seguirci in uno scompartimento più largo?

Lo fissai qualche secondo.

- Sto bene qui, grazie.

Mi guardò storto.

- Preferisci stare tra questi...
- Assolutamente sì. - Il mio tono non ammetteva repliche. Mi stupii di quanta forza avevo infuso in quelle parole. Nott uscì dallo scompartimento e gli occhi di tutti ripresero a fissarmi.
- Scambio culturale?
- Da dove vieni?
- Starai ad Hogwarts tutto l'anno scolastico?
- Chissà in quale casa la sistemeranno!
- Onestamente ragazzi - esclamò George circondandomi le spalle con un braccio - Qualunque sia la tua provenienza, credo che sarai sempre la benvenuta nel club Weasley. In segno di apprezzamento per il modo giustamente brutale con il quale ci hai liberati velocemente dal parassita, eccoti un dono della ditta Weasley.

Mi porse la sua mano aperta. Al centro del palmo spiccava una caramella rossa.
 

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Capitolo 2
*** Griffindor VS Slytherin ***




Secondo Capitolo
Griffindor VS Slytherin



Due settimane dopo



 

Passeggiavo lentamente per il castello. Non finiva mai di stupirmi. Ogni giorno scoprivo una stanza nuova, un nuovo passaggio o un angolo dove potermi fermare a pensare e scrivere sul mio diario. Secondo gli accordi, gli studenti in scambio dovevano essere smistati nelle Case della scuola ospitante. E così, sul termine della cerimonia di inizio anno, anche io ero salita sullo sgabello ed il preside in persona mi aveva calato il vecchio Cappello Parlante sulla testa. Era stato interessante vedere la reazione della folla all’udire il nome della casa in cui ero stata assegnata. Stavano tutti col fiato sospeso, poi una delle bancate centrali era esplosa in un applauso scrosciante. Sentendomi un po’ smarrita, avevo cercato con lo sguardo le persone sui cui più sentivo di poter fare affidamento. Avevo individuato Fred e George proprio nella bancata più chiassosa. Applaudivano come gli altri, forse un po’ più forte, con più entusiasmo. Soprattutto George. Erano entrambi rossi in viso, accaldati. Vederli festeggiare mi ha tranquillizzato. Avrei potuto frequentarli ancora, non ci stavamo affatto separando. Al contrario.

Fin dal primo giorno di scuola mi erano stati accanto. Correvano da un angolo all’altro della scuola per accompagnarmi nella classe dove si sarebbe tenuta la lezione successiva. Infatti, nonostante condividessimo la stessa Sala Comune e la stessa Casa, io frequentavo il quinto anno scolastico, loro si trovavano al settimo ed avevamo orari diversi. Così capitava a volte che dall’aula di Pozioni i gemelli corressero fino al quarto piano, dove mi trovavo per l’ora di Incantesimi, e da lì mi conducessero correndo fino alla serra, dove si sarebbe tenuto il corso di Erbologia, per poi correre nuovamente all’interno della scuola per frequentare a loro volta la lezione di Incantesimi. Era veramente il massimo.

Fred e George, trenta centimetri buoni più alti di me, correvano avanti gridando “Largo, largo! Fate passare! Permesso…” creandomi un varco tra la folla. Altre volte mi afferravano ciascuno per un braccio, trascinandomi per il corridoio. Una volta addirittura mi accompagnarono in sella ai loro manici di scopa, portandomi a turno. Arrivammo puntuali a lezione, sia io che loro, per una volta, ma questo era costato loro l’espulsione dagli allenamenti per il Quiddich per una settimana. Gazza aveva protestato vigorosamente per lo scompiglio creato in corridoio.

Mi sentivo tremendamente in colpa. Ed era per questo motivo che mi dirigevo tranquillamente verso uno dei miei angoli preferiti del castello, dalle parti del campo di Quiddich: per pensare ad un modo in cui rimediare.

Scesi lo scalone principale in fretta, attraversai l’atrio ed uscii in giardino, nell’aria fresca di settembre. Calpestai l’erba umida e mi infangai la suola delle scarpe, producendo un suono molliccio. Sarei dovuta rientrare con qualche passaggio segreto, o Gazza mi avrebbe rincorso per tutta la scuola lanciandomi dietro alcuni dei suoi epiteti preferiti.

Più mi avvicinavo al campo, più sentivo distintamente delle voci, ma non riuscivo a capire a chi appartenessero. Mi avvicinai ancora ed infine decisi di salire sugli spalti. Al centro del campo c’erano due gruppi di studenti. A giudicare dalle divise, da una parte dovevano essere Grifondoro, dall’altra dei Serpeverde.


- Nott, evapora. Sparisci.
- No Weasley, il professor Piton ci ha dato il permesso di utilizzare il campo per tutta la giornata. Tra l’altro, mi risulta che tu non sia autorizzato ad allenarti a Quiddich.

- E chi si allena? Ci stiamo semplicemente godendo la giornata sui manici di scopa.

- Dando un colpetto ai bolidi per scansarli, di tanto in tanto.

Nott fece una risata priva di emozione. Poi mi vide e mi fece un cenno di saluto. I gemelli si girarono.
- Sidera, anche tu da queste parti?


Agitai debolmente la mano e mi avvicinai al gruppo.


- Ehilà.
- Ehilà. – disse Fred, ma senza sorridere. Mi mise un braccio intorno alle spalle, imitato da George. Mi stupii di quel gesto che, più che calore ed affetto, mi suggeriva protezione e quasi gelosia.
Nott fece uno strano sorriso freddo, a metà tra lo sprezzante e l’amareggiato.
- Come te la passi, Sidera?

- Benissimo. – rispose George per me.

- Goditi la giornata, Nott.

- Sarà meglio andarcene, qui l’aria è irrespirabile.

- Attento a non cadere dalla scopa, Nott. Potresti avere un trauma cerebrale, o romperti qualcosa.
Mi trascinarono lontano da lì in fretta. Mi voltai a guardare Nott, che sorrideva soddisfatto ai suoi compagni di squadra. Per un attimo i nostri occhi si incrociarono, ma Fred mi fece voltare bruscamente.
- Ehi. Ehi, ehi! Ma che vi prende? – sbottai, puntando i piedi. Furono costretti a fermarsi e a guardarmi in faccia.
- Nott non ci piace. – disse Fred dopo un po’.

- È un idiota. – confermò George - E poi il campo è suo, ha il permesso di Piton. Non aveva senso restare ancora a lungo. Ehi, Lee ci aspetta ad Hogsmade alla Testa di Porco, ha detto di aver fatto acquisti da Zonko di recente. Deve avere roba interessante. Andiamo. – aveva cambiato espressione alla velocità della luce, in maniera decisamente poco convincente.

- Andate pure, io… ho delle cose da fare. - George mi guardò con aria delusa.
- D’accordo, allora… ci vediamo in Sala Comune stasera.
- Ok. Ciao ragazzi.
 


 

Un mese dopo.



 

C’era un clima febbricitante tra gli studenti. Da quando Dolores Umbridge aveva consolidato il proprio potere nella scuola grazie al mandato del Ministero, la situazione ad Hogwarts era diventata difficile.

Trovandomi a frequentare lo stesso corso del Prescelto, ebbi anche la sfortuna di incontrarla spesso durante le lezioni. Indubbiamente adorava controllarlo in qualunque momento e luogo. Era inevitabile che spesso fossi presente anche io.

Avevo stretto un discreto rapporto con tutti i miei compagni di Casa. Ogni sera, in Sala Comune, spettegolavo con Lavanda e Calì, Ginny ed Hermione. A volte anche con quella sgualdrina di Vicky Probisher e la sua amica Romilda, se sapevano qualcosa di interessante sugli ultimi espedienti della Umbridge tesi a complicare la vita degli studenti.
- È inconcepibile che gli studenti non ricevano un’adeguata istruzione di Difesa contro le Arti Oscure!

- Dicono che il Ministero ignori completamente cosa fa la Umbridge qui.

- Oh, Caramell non ha la più pallida idea di quello che combina quella vecchia abominevole. Se anche lo venisse a sapere, dubito che farebbe qualcosa.

- Ragazzi, guardate!Si fece largo tra la folla un ragazzino del terzo anno.
- Non posso crederci… un altro. – mormorò Hermione.Il ragazzino tentava di ricacciare coraggiosamente indietro le lacrime, mentre stringeva al petto il braccio sinistro. Tra le dita della mano destra, che reggeva il braccio, affioravano delle lettere rosse, alcune ancora sanguinanti.  Colin Canon invitò suo fratello a mostrare agli altri la scritta sul suo braccio.

Non devo interrompere la lezione con domande inopportune.

- Ho chiesto a Nigel a bassa voce, durante la lezione, se secondo lui i anche i Mangiamorte utilizzano i metodi punitivi della Umbridge. Quella vecchia stronza ha un ottimo udito.
Ebbi voglia di stringerlo forte a me e di coccolarlo. Dennis Canon era ancora più minuto di suo fratello e dall’aspetto fragile. Ma avrei rovinato il suo momento di gloria, così mi limitai a guardarlo con ammirazione, benché fosse stato poco saggio. La folla si strinse ulteriormente intorno a lui ed io poco a poco ne restai fuori. Mi abbandonai su una poltrona, osservando gli altri grifondoro discutere animatamente. Fred e George iniziarono presto a prendere in giro la Umbridge, imitando il suo modo di fare ed il suo ridicolo atteggiamento da rospo, alleggerendo così la tensione e suscitando facilmente il riso. Ma sotto le risate, la preoccupazione per la piega che avevano preso gli eventi tormentava tutti.
 

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Capitolo 3
*** Enchanted ***



Terzo Capitolo
Enchanted



Halloween si avvicinava. Il professor Vitious aveva già iniziato a darsi da fare con le prime decorazioni. Nuove ragnatele dalla trama intricata apparivano nei corridoi, gruppi di pipistrelli si aggiravano per il castello esibendosi in aggraziate coreografie. Una mattina un’enorme zucca intagliata era comparsa tra i dolci della colazione, azzannandomi la mano e seminando il panico sulla tavolata. Fred e George l’avevano fermata con un elegante colpo di bacchetta e trasferita con un inchino al tavolo dei Serpeverde.
Ripensai a Nott, che era dovuto correre in infermeria col braccio sanguinante, anche lui morso dalla zucca gigante. Aveva guardato i gemelli con aria truce e qualcosa mi aveva fatto pensare che la zucca fosse stata spedita davanti a lui appositamente.
In quel momento ero accoccolata sulla poltrona davanti al fuoco morente. Era da poco passata la mezzanotte, la Sala Comune era ormai vuota. Mi godevo il tepore delle ultime braci accese, nella penombra, tirando le somme della settimana.
Avevo stretto amicizia con Fred e George.
Fred e George erano dei miti.
Riuscivo a stare al passo con le lezioni.
La Umbridge aveva iniziato ad acquisire potere e a seguire le lezioni.
Odiavo quella megera.
Si vociferava di un’imminente rivolta, ma sapevo bene che non avevamo la minima possibilità contro di lei.
Tuttavia, se c’era qualcosa che potevamo fare, era resistere di nascosto, in un’associazione organizzata. Avevo sentito Hermione e Ron  confabulare tra loro, cogliendo le parole “Difesa” e “segreto”. Aspettavo solo l’occasione opportuna per chiederle se aveva in mente qualcosa.
Mi strinsi ancora di più nelle coperte e socchiusi gli occhi. Forse mi addormentai. Fatto sta che poco dopo sentii qualcosa di morbido e leggero sfiorarmi la guancia, risalire sulla punta del naso e posarsi in fine sulla mia fronte. Lentamente aprii gli occhi e guardai il mio riflesso nello sguardo nocciola di uno dei gemelli Weasley. Impiegai alcuni secondi per riconoscerlo, infine capii.

- Ben svegliata. – sorrise.
- Ciao George… che ore sono? – sbadigliai, coprendomi la bocca con la mano.
- Le nove e mezza del mattino. La McGranitt mi ha mandato a cercarti.

Soffocai un urlo e saltai in piedi, correndo verso il dormitorio per prendere i libri, ma George mi afferrò la mano, ridendo, e mi tirò a sé.

- Sto scherzando, Sidy. Ero alla voliera dei gufi e sono appena rientrato in Sala Comune. Non mi aspettavo di trovare ancora qualcuno, qui. Perché non sei a letto?

Mi staccai da lui, imbronciata.

- Potrei farti la stessa domanda. Che facevi alla voliera?
- Sentivo la mancanza di Leotordo. – mi guardò con un’espressione esasperata – Dovevo spedire una lettera.
- A quest’ora di notte?
- Non ho avuto tempo di farlo prima.
- Che genere di lettera?
- Uhm… ordinavo degli scherzi da Zonko.
- Era così urgente?
- Accidenti Sid, sembri mia madre – rise – quando è particolarmente in vena di interrogatori.

Gli feci una linguaccia.

- Non credi sia ora di andare a dormire?

Sbuffai.

- Non mi va. Non ho sonno.
- Ah no? Si può sapere che stavi facendo prima?
- Riposavo gli occhi.

Rise di nuovo.

- Hai parlato sai?

Il sorriso svanì dal mio volto, sostituito da un’espressione di orrore.

- Cosa… cosa ho detto? – chiesi, con voce strozzata.

Fece un sorriso enigmatico. Scaltro. Da volpe. Un sorriso in cui infuse tutto il suo fascino. Caddi vittima del suo incantesimo e mi persi nei suoi occhi brillanti.

- Sid?
- C-cosa? – dissi risvegliandomi dalla catalessi.
- È ora di andare.

Mi prese per mano e mi trascinò su per le scale, fino al bivio tra i due dormitori.

- George, cosa ho detto?
- Buona notte Sidy. – ridacchiò e salì le scale per il dormitorio maschile.Dandomi ripetutamente dell’idiota, salii le scale a due a due. Mi spogliai velocemente e mi raggomitolai sotto le coperte, attendendo il sonno, che mi raggiunse solo sul far del mattino.
 


*

 

- Sid…

Mi sentii chiamare di nuovo. Ma questa volta ero ben decisa a non dare ascolto alla voce. Così strinsi gli occhi e voltai la testa.

- Sid… Sidy… no… sveglia…

Hermione mi tirò una gomitata micidiale che mi costrinse a spalancare gli occhi e ad alzare la testa. La McGranitt era a due passi da me e controllava attentamente la pergamena di Neville.
Tirai fuori la mia pergamena dalla borsa e la distesi sul banco. Corressi con la bacchetta alcune imprecisioni, poi mi accasciai nuovamente sul banco.

- A che ora sei andata a dormire ieri? – bisbigliò Hermione.

- Un po’ tardi… non sono riuscita a prendere sonno.

- Aha… e come mai? EvanescoEvanesco si scrive senza cappa. – aggiunse dando un’occhiata alla mia pergamena.

Corressi immediatamente l’errore, arrossendo lievemente. Attesi che la McGranitt passasse davanti al nostro banco e prendesse le pergamene.

- Ero piena di pensieri.

- Ah sì? – Hermione sorrise e mi guardò incuriosita. Strano che fosse in vena di pettegolezzi, lei che era così riservata. Io, in compenso, non lo ero affatto ed avevo ancora bisogno di parecchi chiarimenti. Perciò decisi di approfittare di quel momento per informarmi dei suoi piani. Ero sicura che avesse qualcosa in mente.

- Hermione, cosa pensi di fare per resistere alla Umbridge? – chiesi, cambiando bruscamente discorso.

Si bloccò un istante, come pietrificata, poi le sue guance presero un po’ più di colore.

- Non qui. – bisbigliò.

Non mi rivolse la parola per il resto della lezione. Temetti di essere stata troppo avventata. Al termine dell’ora mi disse a bassa voce di aspettarla fuori dall’aula.
Quando l’aula fu completamente vuota mi fece cenno di rientrare, controllò che non stesse arrivando nessuno e chiuse la porta.

- Ho intenzione di proporre ad Harry di farci da insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. – disse tutto d’un fiato. Le brillavano gli occhi, era evidentemente orgogliosa della sua idea ed eccitata.

- E… come…

- Un’organizzazione segreta! Avremo una lista protetta da un incantesimo anti-spia. Ci riuniremo segretamente ad Hogsmade, o in un luogo sicuro, per esercitarci. Devo ancora chiederlo ad Harry, ma credo di riuscire a convincerlo. Credo sia la cosa giusta da fare.

- La tua idea mi piace un sacco, Hermione! Voglio assolutamente partecipare.

- Ma certo! Sarai la prima a saperlo, se riusciremo ad organizzare un incontro. Puoi giurarci!

 

*

 

- Vai da qualche parte?

- George! – sobbalzai. Poi lo guardai meglio – oh, volevo dire Fred.

- Ti vedo tesa.

- In effetti… dov’è George?
- Credo con Lee in Sala Comune.

Mi accompagnò nei sotterranei per la lezione di Piton.

- Devo ricordarmi di portarmi dietro un maglione.

- Vuoi il mio? Puoi dire che la F sul davanti sta per “fabulous”.

Risi e gli diedi una spinta, poggiando la mano proprio sulla F.

- Eccoci qua. Grazie Freddie. – gli schioccai un bacio sulla guancia. Fred mi guardò sorpreso. Mi ricordai all’improvviso di dove mi trovavo e con chi e scoppiai a ridere, rossa, in imbarazzo.

- Scusa Fred! È solo… da me è normale, non è… - tentai di spiegare, balbettando e ridendo.Anche Fred iniziò a ridere, capendo. Mi circondò con un braccio (cominciavo ad  abituarmici, era piuttosto piacevole) e mi baciò anche lui sulla guancia.

- Disturbo?

Fred si staccò da me, girandosi, ed alzò gli occhi al cielo.

- Tu. Sempre tu.

- Felice di vederti Weasley.

- Nott…

- Ciao Sidera.

- Sono sempre più convinto che Silente esageri con l’idromele, la sera prima dell’inizio delle lezioni. Altrimenti non si spiega perché tre volte a settimana Grifondoro e Serpeverde si ritrovino insieme all’ora di Piton. – commentò Fred.

- Fortuna che frequentiamo corsi diversi, Weasley. – nel dirlo spostò lo sguardo di lato, su di me.

- Già. – assentì, spostando a sua volta lo sguardo su di me. Iniziai ad arrossire.

- Ciao Fred. – lo salutai, secca, ed entrai in classe, cacciai il libro di pozioni dalla borsa, lo aprii sul banco e mi concentrai su di esso con tutte le mie forze.


 

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Capitolo 4
*** Sleepwalkers ***




Quarto Capitolo
Sleepwalkers


Una settimana dopo
.

 


Corsi lungo il corridoio. Mi appostai dietro la statua di una vecchia strega, attesi alcuni minuti, poi ricominciai a correre. Rallentai ancora una volta, fino a fermarmi del tutto prima di svoltare a sinistra. Controllai che la via fosse sgombra. Mi appoggiai alla parete, socchiusi gli occhi, respirai a fondo, tentando di calmare il mio cuore palpitante.
Forse si fermò per alcuni istanti, quando sentii dei passi avvicinarsi. Spinta dall’ansia e dall’adrenalina, iniziai a correre. Mossa poco saggia, perché facendo rumore attirai l’attenzione dell’altro, chiunque fosse. Sentii i passi dietro di me aumentare di velocità e coprire la distanza in sempre meno tempo. Cercai di rimediare rallentando, iniziando a camminare con un andatura normale, come se niente fosse. Dietro di me il suono dei passi mi suggerì che anche il mio inseguitore stesse rallentando, ma mi era comunque alle calcagna.
Analizzai il ritmo dell’andatura. Doveva essere qualcuno di alto, dal passo lungo. Lo sentivo avvicinarsi… avevo il terrore di girarmi e trovarmi davanti il ghigno di Gazza, o peggio, il naso adunco di Piton.
Riflettei: non poteva essere il custode, con la sua andatura zoppicante. Questo mi rassicurò. Inoltre il fatto che non mi avesse chiamata per nome o ordinato di fermarmi mi fece capire che non poteva trattarsi di un professore né di un prefetto. Allora chi si aggirava a quell’ora di notte per il corridoio del sesto piano, oltre a me?
Senza rendermene conto, persa nei miei ragionamenti, rallentai ancora di più, dando la possibilità al mio pedinatore di raggiungermi, fino a toccarmi una spalla.
Gettai un urlo, che soffocai immediatamente ficcandomi un pugno in bocca. Mi morsi la mano per la stizza di essermi fatta bloccare e mi girai lentamente, dandomi ripetutamente dell’idiota, tanto per cambiare.

 

- Cosa ci fai, qui?

Guardai Nott sorpresa.
 

- Tu cosa fai qui?

- Sono sonnambulo, lo ammetto. – fece lui con un’alzata di spalle.

- Oh, certo. Beh, anch’io.

- Certo.

Ci guardammo per qualche istante. Poi scoppiammo a ridere, sottovoce, un po’ per scaricare la tensione, un po’ perché non avevamo altro da dire.
 

- Bene… quindi… sarà meglio tornare a letto no?

- Immagino di sì.

Tuttavia rimanemmo immobili.
 

- I sotterranei sono…

- In basso. Già.

- E perché non vai…?

- Sto… aspettando che te ne vada tu.

- Bene.

Iniziai ad indietreggiare, molto lentamente, senza dargli le spalle, ma non feci più di tre passi che mi fermai di nuovo.
 

- Ebbene?

Anziché andarsene, fece tre passi avanti, arrivando a sovrastarmi. Istintivamente posi un braccio davanti. Com’era strano essere lì, da soli, al buio del corridoio, in silenzio. C’era solo il nostro respiro.
 

- Ma che cavolo, Nott! – sbottai, riscuotendomi da quello strano torpore.

- Che ho fatto?

- Stai… mi stai addosso senza parlare!

- E con ciò?

- E con ciò… vaffanculo! – gli diedi una spinta e corsi via. Me lo lasciai dietro a guardarmi con aria interrogativa, perché le ultime parole le avevo dette in italiano. Tuttavia in qualche modo doveva averne intuito il significato.

Corsi senza fermarmi fino ad arrivare davanti ad una parete nuda. Lì mi fermai a prendere fiato. Cercai di sgombrare la mente, decidendo di riflettere in un altro momento su quello che era successo poco prima.
Ho bisogno di un luogo in cui fare pratica di Difesa contro le Arti Oscure.
Un varco, inizialmente minuscolo, si aprì nella parete, ingrandendosi poco a poco. Feci un respiro profondo ed entrai.

 

- Sidera! Ce l’hai fatta!

- Scusate il ritardo ragazzi, avevo paura di essere seguita.

- Non importa. Abbiamo appena cominciato. – Harry Potter in persona si fece avanti e mi mostrò come Schiantare un avversario.

Ci dividemmo in coppie. Riuscii a Schiantare una Corvonero al terzo tentativo. Quando fu il suo turno mi scagliò contro l’incantesimo con tanta violenza da mandarmi a sbattere contro il muro.
La lezione durò solo un’ora: la mattina dopo saremmo dovuti tornare sui banchi ed un alto numero di studenti addormentati in aula avrebbe insospettito i professori.

 

- Tenete d’occhio i Galeoni falsi – disse Hermione, distribuendo le monete – vi informeremo con questi di data e luogo della prossima lezione.

Poco alla volta tornammo tutti nelle Sale Comuni, a gruppi. Io fui una delle ultime a lasciare la Stanza delle Necessità, insieme a Harry, Ron, Hermione ed i gemelli.
 

- Harry, è stato fantastico, davvero. Sei un insegnante geniale.

Fece un gesto come per dire “lascia stare”. Però sorrideva, visibilmente compiaciuto. Era chiaramente soddisfatto di come avevamo iniziato: l’ES aveva un futuro.



*
 


- Sid, tu ci preoccupi da alcuni giorni.

- Ah sì?

- Già. Sei… elettrica. Sempre nervosa.

Ero andata in biblioteca per rilassarmi e dare un’occhiata ad un libro di Storia della Magia. Fred era sbucato da dietro uno scaffale all’improvviso e contemporaneamente George mi era comparso alle spalle, facendomi trasalire.
 

- Sono pensierosa.

- Sobbalzi continuamente.

- Già. Senza motivo.

Sbuffai, stanca.
 

- Oggi vieni con noi ad Hogsmade?

- Non avrai intenzione di passare il week-end in biblioteca, vero? – commentò Fred allegramente.

Sorrisi.
 

- Certo che vengo. Aspettatemi dopo pranzo al portone.

- Ottimo. A dopo Sid.

Presi il libro che mi interessava e lo portai con me in Sala Comune, per poi dirigermi verso la Sala Grande. Sulle scale incrociai Hermione, che mi fermò.
 

- Ehi, Sidera.

- Hermione, che fai oggi?

- Non so, forse andrò ad Hogsmade con Harry e Ron.

- Ci vedremo lì, allora. – sorrisi.

- Uhm…

Hermione mi prese sotto braccio continuando a camminare affianco a me.
 

- Cerca di passare alla Testa di Porco, verso le sette. Sto organizzando una riunione dell’ES. Solo teoria, non faremo lezione pratica. – disse sottovoce.

- Ci sarò.

Ci sedemmo con il resto del gruppo alla tavolata di Grifondoro.
 

- Ron, devi sempre abbuffarti come un maiale! – lo rimproverò Hermione, ottenendo un grugnito in risposta.

- Sarete alla riunione, oggi, vero? – chiese Ron, dopo aver deglutito, rivolgendosi a me, Neville e Luna, che ci aveva raggiunti dalla tavolata di Corvonero.

Assentimmo tutti con la testa.
 

- Non vi sembra strano, Nott? – disse Luna all’improvviso.

Un boccone di polpettone mi si incastrò in gola ed iniziai a tossire.
 

- Perché? – chiese Neville.

- Sta guardando da questa parte da un po’. Ed è… pallido. Sembra malato, non trovate? – proseguì tranquillamente.

- Dici? – commentai.

- Sì, l’ho notato anch’io. – confermò Harry.

Sbirciai nella sua direzione. Effettivamente il suo viso era come scolorito. Draco Malfoy al suo fianco gli stava parlando animatamente, rideva, gli tirava gomitate, ma senza ottenere risposta. Ad un tratto Nott alzò gli occhi dal suo piatto ed incrociai il suo sguardo. Lo sostenni per qualche secondo, poi lo spostai di lato e mi alzai.
 

- A dopo. – salutai ed uscii. Con la coda dell’occhio vidi Nott alzarsi a sua volta da tavola, così allungai il passo. Una volta fuori dalla Sala iniziai a correre.

Stupidamente, presi le scale per i dormitori, realizzando un attimo dopo che Fred e George mi aspettavano all’uscita. Se fossi tornata indietro avrei incrociato Nott, così decisi di continuare a salire e rifugiarmi per qualche minuto in Sala Comune.

Mezz’ora dopo mi trovavo nel cortile di Hogwarts a cercare con gli occhi i gemelli, appoggiata ad una colonna. Temetti che se ne fossero andati, stufi di aspettare. Sospirai, pensando a quanto la presenza di un cellulare avrebbe semplificato le cose.
Decisi di avviarmi da sola, in qualche modo li avrei incontrati.

 

- Sidera.

Imprecai mentalmente e mi girai.
 

- Nott. Qual buon vento.

- Potresti anche iniziare a chiamarmi per nome, non ti pare?

- Nah. Preferisco Nott.

- Come vuoi. Senti… per ieri sera…

- Sid!

George mi corse incontro col suo solito sorriso stampato in faccia, ma quando vide Nott a meno di un passo da me si rabbuiò.
 

- Sid, ti stavamo aspettando. Sei in ritardo, come al solito. – mi prese per mano e mi trascinò via senza rivolgere la parola a Nott.

- Stavamo parlando, Weasley.

Ma George non si voltò, anzi allungò il passo, portandomi con sé. Mi lasciai trascinare, silenziosa, vagamente infastidita dal suo modo di fare, ma in qualche modo sollevata di non avere più Nott davanti.
 

- Cosa voleva? – chiese dopo un po’, con noncuranza.

- Non saprei. Sei arrivato prima che potesse dire qualcosa. – risposi stizzita.

George si fermò e mi guardò sconcertato.
 

- Non che mi dispiaccia che tu mi abbia portata via – mi affrettai a specificare – ma forse aveva qualcosa di importante da dirmi.

- Tipo cosa?

-Tipo… ma non lo so!

- Tipo… se sei libera il prossimo fine settimana.

- Non necessariamente. Magari voleva solo sapere come mi trovo ad Hogwarts o… e smettila! – esclamai, vedendolo alzare gli occhi al cielo.

- A volte mi sembri tanto ingenua, Sidy.

- Insomma, andiamo ad Hogsmade o no? – sbuffai, procedendo fuori dal cancello.

- Fred e Jordan sono già lì.

- Bene. Raggiungiamoli.

Ci avviammo verso Hogsmade camminando lentamente, senza fretta. Un paio di volte mi fermai per guardare la figura imponente del castello, che si allontanava alle nostre spalle.
 

- È un peccato che qui non funzionino apparecchi babbani. Sarebbe una fotografia meravigliosa. – sospirai, ammirando il paesaggio.

George annuì distrattamente.
 

- Cosa fai ad Halloween, di solito?

- Niente di che… da me non è una festa importante.

- Vieni alla festa di Halloween stasera?

- Quale festa?

- Quella che abbiamo organizzato Fred ed io. Più che altro è una campagna pubblicitaria per le nostre Merendine Marinare – disse con un sorriso a trentadue denti – ma la parola “festa” è decisamente più convincente. Durante la serata ne regaleremo qualcuna a pochi fortunati. Che potranno pagarci in comode rate più avanti.

- Mi pare che abbiate già un certo successo. – dissi sorridendo.

- Ovviamente. Comunque, ci sarai?

- Credo di sì. Dove?

- Stanza delle Necessità, con le giuste decorazioni.

Ripensai con una punta di nostalgia alla mia scuola. Alla Insula Incantii non concedevano le vacanze il trentuno ottobre. Il primo novembre sì. Il personale scolastico non organizzava feste o quant’altro. A mettersi in moto però erano gli studenti. Bastava fare richiesta alla Preside di lasciare libera la Sala del Banchetto, corrispettivo della Sala Grande di Hogwarts. Poi, con un’organizzazione sconvolgentemente impeccabile, ci dividevamo in gruppi di massimo dieci persone ciascuna, iscrivendoci sulle liste appese in bacheca nella Sala. Da tre anni ormai mi occupavo di dirigere le decorazioni ed ero piuttosto fiera dei miei risultati. Avevo guadagnato una certa popolarità.

- Ti interessa una decoratrice?


 















Bene. A questo punto mi sento in dovere di aggiungere un commentuccio personale. Ho notato che questa mia piccola stupidata finalmente inizia ad essere seguita e questo mi fa immensamente piacere ;)
Aaaaaallora, impressioni? dubbi? bisogno di chiarimenti?
Devo ammettere una cosa. Il modo in cui questa storia si è evoluta, in qualche modo, non corrisponde completamente alle mie aspettative. Forse perchè
fin dall'inizio, la mia fantasia si è concentrata sulla scena finale della storia, che, ve lo assicuro, sarà... eslposiva?
che sullo svolgimento della trama. Ma descrivere solo la scena finale della storia non avrebbe avuto troppo senso.
Per concludere... cosa ne pensate? il mio stile è di vostro gradimento? obiezioni? critiche? cosa non va, cosa avete apprezzato?
Ditemelo, recensite, votate, fatemi sapere la vostra opinione perchè mi interessa, può aiutarmi a migliorare ed io ve ne sarei grata. E... concludo :) Grazie di continuare a seguirmi e buona lettura ^^ 

 

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Capitolo 5
*** This is Halloween ***



Quinto Capitolo
This is Halloween

 



La festa di Fred e George… la festa… la festa di Halloween di Fred e George…

La porta comparve dal nulla sulla parete. Avvicinandomi iniziai subito a sentire un brusio ed un sottofondo musicale che aumentò poco a poco, fino a diventare assordante quando entrai nella stanza.
Mi guardai intorno, soddisfatta del mio lavoro. Lunghi teli trasparenti pendevano dal soffitto, creando un’atmosfera suggestiva, simili a grosse ragnatele. Raggi di luce lunare attraversavano la stanza, producendo ammalianti giochi di luci ed ombre. Un’altra fonte di illuminazione erano le candele, che galleggiavano sparse per la stanza e conferivano più colore all’ambiente. Infine ghirlande di dolci di ogni genere erano sparse dappertutto, attaccate alle pareti, pendenti dal soffitto. Infine avevo riempito di dolci una grossa zucca arancione dall'espressione ghignante.
Il centro della Stanza si era trasformato in una pista da ballo piuttosto affollata. Molti però erano comodamente accasciati sulle montagne di cuscini sparse per la stanza ed era davanti a questi ultimi che i gemelli esibivano la loro merce, Merendine Marinare e quant’altro. Fred mi vide e mi fece un cenno con la testa, sorridente. Anche George allora si voltò, ma entrambi ricominciarono subito a trattare coi loro clienti, discutendo animatamente.
Non trovando nulla di meglio da fare, decisi di lanciarmi in pista.
Non che avessi il ballo nel sangue, ma adoravo scatenarmi a ritmo. Adoravo la musica Babbana molto più di quella dei maghi. Era qualcosa di emozionante, che mi faceva sentire libera e senza pensieri. Stavo giusto per scatenarmi completamente, abbandonandomi al ritmo, quando sentii una mano sulla spalla.

- Balli? – chiese George con un sorriso canzonatorio.

- Non rompere George – risposi con un sorriso – voglio solo divertirmi, non mi importa di sembrare un’idiota.

Mi rispose con la stessa espressione beffarda.

- Questo non è assolutamente niente.

Iniziò a ballare affianco a me, muovendosi con tanta foga da travolgere quasi chi ci stava accanto. Scoppiai a ridere come una pazza e ripresi a ballare con la stessa energia di prima.
Ballammo senza fermarci per diverse canzoni, ad un ritmo sfrenato, che man mano divenne sempre più lento, finchè non partì una musica particolarmente lenta. Molti sulla pista da ballo si abbracciarono e continuarono a dondolarsi così, a ritmo, dolcemente. Arrossii impercettibilmente e mi voltai verso George, che fece un elegante inchino e mi sussurrò all’orecchio:

- Vado ad aiutare Fred con gli ultimi acquirenti.

E mi lasciò lì, con un palmo di muso, al centro della pista.
Ero certa che lo avesse fatto apposta. Forse ne aveva persino riso.
Divenni rossa, indecisa se prenderlo a parole e tirargli magari un cazzotto sulla spalla o lasciar perdere. Infine decisi che la festa, per me, era finita. E giurai a me stessa che non avrei comprato nessuna delle Merendine Marinare da George.
Senza salutare, mi avviai verso l’uscita.
Mi guardai intorno, nel corridoio deserto. Decisi di fare una passeggiata per il castello, magari fino alla Torre di Astronomia. Era inutile continuare a rimandare, dovevo riflettere su quello che mi stava succedendo. Non che mi dispiacesse, al contrario. Mi piaceva… pensare. Analizzare quello che mi capitava e schiarirmi le idee. Solo che non avevo avuto tempo di farlo, nell’ultimo periodo.
Sospirai, mentre iniziavo a salire la scala a chiocciola, un gradino alla volta.
Ero quasi arrivata in cima, quando sentii dei passi. Temetti che si trattasse di un professore o, peggio ancora, di Gazza. Chiunque fosse, mi stava venendo incontro per scendere le scale. Non avrei potuto evitarlo, così rimasi immobile. La porta della Torre si aprì. Nott uscì dalla stanza e se la richiuse alle spalle. Provai l’immediato impulso di scappare. La mia mano fremette sul corrimano ed indietreggiai di un gradino, che scricchiolò. Alzai lo sguardo di scatto, contemporaneamente a lui. Parve preso alla sprovvista e rimase fermo dov’era per un paio di secondi. Poi si mosse verso di me, ma io feci immediatamente dietro-front e corsi giù per le scale, rischiando di cadere e rotolare.

- Sidera… Maledizione… - imprecò alle mie spalle – non mordo mica! Aspetta, cazzo!

Poco a poco rallentai. Mi diedi della stupida, sì, per l’ennesima volta. Cosa diavolo mi era preso? Avevo reagito senza riflettere, guidata dall’istinto, come se Nott rappresentasse chissà quale pericolo. Avevo disonorato l’orgoglio ed il coraggio dei Grifondoro. Mi fermai completamente e mi girai verso di lui, che ormai mi aveva raggiunta e afferrata per un braccio, come per impedirmi di scappare di nuovo, e stava piegato in due col fiatone. Resistetti all’impulso di staccarmi da lui bruscamente ed attesi che si riprendesse.

- Mi dispiace Nott, non so cosa mi è preso… mi sono ricordata all’improvviso che in Sala Comune… non lo so… scusa… - tentai penosamente di giustificare il mio comportamento.

- È… da un po’… che tu hai qualcosa che non va… - disse, rialzandosi ed ansimando ancora.

- Più o meno da quando sono nata, credo. – risposi, tentando un sorriso.

Anche lui sembrò tranquillizzarsi e sorrise a sua volta. Lasciò andare il mio braccio.

- Beh… che facevi da queste parti?

- Niente di interessante. Avevo voglia di restare da sola a pensare.

- La Torre di Astronomia è un ottimo posto per riflettere. Vado sempre lì.

- Eri pensieroso anche tu?

- Un po’.

Il suo sguardo si concentrò sui miei occhi.

- Hai… gli occhi verdi. – commentò.

- Ahm, sì… tu li hai grigi.

- Sì…

- Beh, io vado. La Torre di Astronomia mi aspetta.

- Ti accompagno.

Non so perché non gli dissi di andarsene. Avrei potuto benissimo dirgli che, come avevo già spiegato, avevo voglia di riflettere da sola. Forse perché, in effetti, avevo voglia di un po’ di compagnia.
Nott aprì la porta e mi fece entrare per prima, elegantemente.
Andai a guardare il panorama affacciandomi sul parapetto, appoggiandomi sui gomiti. Il sole era tramontato da un pezzo. Altre stelle brillavano sulla volta scura del cielo. Una sottile colonna di fumo si levava dalla capanna di Hagrid. La Foresta Proibita era una macchia d’inchiostro sulla valle. Chissà cosa si aggirava là dentro, a quell’ora di notte.

- È magnifico, no? – dissi, accarezzando con lo sguardo il paesaggio sterminato.

- Sì. – rispose appoggiandosi alla colonna, affianco a me.

Ci fu un breve silenzio, durante il quale non osai spostare lo sguardo su Nott. Poi fu lui a prendere l’iniziativa. Mi chiese come mi trovavo ad Hogwarts, se era molto diversa dalla mia scuola, cosa facevo alla Insula Incanti. Poi fu lui a parlarmi del suo primo giorno ad Hogwarts, della casa di Serpeverde, del Torneo Tremaghi che si era svolto lì l’anno prima. Conversare con lui era piacevole.

- Un momento… com’è possibile che il Calice abbia sputato anche il nome di Harry?

- Non ne ho idea. Lui l’ha sempre negato, ma è ovvio che desiderava conquistare altra gloria. Avrà chiesto a qualche amico di mettere il suo nome nel Calice per lui.

Lo guardai storto.

- Non intendevo questo. Perché quattro nomi anziché tre? E non è affatto come lo descrivi. Harry Potter, intendo. È una persona modestissima.

- Hai avuto modo di conoscerlo a fondo? – disse, con una punta di malizia e allo stesso tempo vagamente acido.

Gli rivolsi un’occhiataccia.

- Frequentiamo lo stesso corso, no? E condividiamo la stessa Sala Comune.

- Un vero peccato.

- Perché?

Fece un’espressione strana, un misto di rammarico e fastidio.

- Non mi piace la gente che frequenti.

- Sei un Serpeverde, ovvio.

- Ma di tutti i Grifondoro della scuola, tu frequenti decisamente i peggiori.

- Ovvero? – chiesi, sfidandolo.

- Lo sai benissimo. – rispose guardandomi torvo – I Weasley, per esempio.

- Sono fantastici.

- Certo.

- Non li conosci nemmeno! – esclamai, accalorata.

- Immagino che non ti abbiano raccontato di quello che mi hanno fatto durante il terzo anno.

Lo guardai, interdetta.

- Mi hanno reso la vita un inferno con quei loro stupidi scherzi. – proseguì – Sono stato una delle loro vittime preferite per un periodo di tempo.

- Andiamo Nott – dissi scettica – Fred e George fanno scherzi a chiunque.

- Theodore. O se preferisci, Theo.

- Preferisco Nott.

Alzò gli occhi al cielo.

- Cos’ho che non va per te, Sidera? – disse facendo un passo verso di me.

- Non hai niente che non va, Nott. – risposi indietreggiando – è solo che… sono io… sono completamente pazza, schizzata… non sono…

- Cosa?

Mi ritrovai con le spalle al muro. Il mio cuore iniziò a battere fortissimo, temetti che Nott potesse sentirlo agitarsi freneticamente nel mio petto.

- …la ragazza giusta per te. – dissi in un soffio.

Si avvicinò ancora di più a me, fin quasi a toccare il mio ventre con il suo, ma vi frapposi la mia mano, il palmo rivolto sul suo addome. Ne sentii i muscoli tesi sotto la camicia della divisa ed un tremito mi attraversò. Poggiai anche l’altra mano, per respingerlo, ma non ci riuscii, anzi, si protese ancora di più su di me.
Spostai lo sguardo di lato e riflettei velocemente, decisa a non fare idiozie per una volta.
C’era qualcosa di sbagliato in quello che stava accadendo. Era estremamente… in qualche modo piacevole… era eccitante… lui era…
Alzai lo sguardo, per osservarlo. I suoi occhi grigi erano fissi sui miei e per un istante lo trovai molto carino. Nott interpretò il mio gesto come un consenso ed iniziò ad  abbassare il suo viso sul mio, inclinando il collo.
Tentai di ritrarmi, piegando le ginocchia. Lui si appoggiò al muro con un braccio e tentò di avvolgere l’altro intorno alla mia vita. Socchiuse gli occhi.

- Nott… - sussurrai.

Si fermò. Mi guardò negli occhi. Sospirò.

Mi si annodò lo stomaco. Non riuscivo più a reggere il suo sguardo.
Mi strinse più forte con un braccio e mi circondò anche con l’altro. Non capendo più quali fossero le sue intenzioni, lo lasciai fare. Appoggiò la testa sulla mia spalla, voltò il viso e mi baciò sul collo. Poi, forse un po’ troppo velocemente, mi lasciò andare ed uscì, senza guardarmi in faccia.
 









Eh già. Mi domando se siate più intenzionate ad uccidermi, che curiose di sapere il seguito ^^
Non è ancora finita ;)
Recensite ditemi che ne pensate! adieu ^^
 

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Capitolo 6
*** Expecto ***


Sesto Capitolo
Expecto


 

Gennaio.
 
Quella mattina mi sentivo strana. Sarà stata l’aria umida, che gelava le ossa, il cielo freddo ed incolore, che si rifletteva nelle pozzanghere, la mancanza del sole. La natura era come addormentata, la terra fangosa, le foglie morte incollate al terreno.
Era come tristezza, ma non mi sentivo triste. Solo spenta.
Forse era la nostalgia di casa, dove avevo passato le vacanze invernali. Mi avevano assalito con le loro domande e tutti erano stati molto carini con me, avevo potuto raccontare la mia esperienza e condividere con loro tutto ciò che mi era capitato… quasi tutto.
Una folata di vento spinse una foglia sul mio viso, riportandomi alla realtà. Affrettai il passo per raggiungere la Stanza delle Necessità.
Attraversai l’atrio, gettando uno sguardo sui numerosi decreti della Umbridge che cominciavano ad affollare la parete.
L’ultimo di essi vietava esplicitamente la nascita di unioni studentesche. Eravamo certi che sapesse qualcosa. Un solo passo falso avrebbe significato la rovina dell’Esercito di Silente. L’atmosfera era tesa, ma continuavamo a venire alle riunioni con la stessa frequenza.
Arrivata finalmente davanti alla Stanza formulai mentalmente la mia richiesta, dopo essermi guardata intorno con circospezione.
La porta si aprì ed entrai.
 
- Oggi faremo pratica su una magia di livello avanzato. Inizialmente forse avrete difficoltà, ma scoprirete presto che è fondamentale conoscerla. – Harry Potter aveva atteso che ci fossimo tutti. Quella sarebbe stata una delle lezioni più importanti ed era fondamentale che tutti capissero ogni passaggio. Fece un paio di passi per la stanza, creando un po’ di suspence.

- L’incanto Patronus è la prima arma di difesa contro i Dissenntatori. – tutti si raddrizzarono all’udire il nome “Patronus” e iniziammo a fissare Harry intensamente. – Non è poi tanto difficile da evocare, bisogna soprattutto concentrarsi. Ora vi chiedo di pensare ad un ricordo felice. Non uno che vi faccia ridere. Uno che vi faccia emozionare, che vi renda profondamente felici.

Attese. Ognuno di noi ripescò dalla memoria un ricordo importante. Sul viso di ciascuno di noi si dipinse un’espressione dapprima pensierosa, assorta. Poi, poco a poco, sul viso di qualcuno affiorò un sorriso. Poi un altro, poi un altro ancora.
Quando Harry ricominciò a parlare ci stavo ancora riflettendo su.
 

- Bene. L’incantesimo da pronunciare è Expecto Patronus. Coraggio, provate. Concentratevi.

Dopo pochi minuti nella Stanza c’era un caos assordante. Ogni tanto un argentato getto fumoso compariva da una bacchetta, per svanire subito dopo. Gradualmente, tutti impararono ad emettere un getto sufficientemente potente. Qualcuno riuscì persino a dare una forma animale al suo patronus. La lepre di Luna Lovegood saltellò per la stanza per alcuni minuti, insieme alla lontra di Hermione Granger, mentre un cigno volteggiava aggraziato attorno alla corvonero Cho Chang. Quel giorno non riuscii ad emettere un Patronus corporeo. Dalla mia bacchetta fuoriuscirono solo sporadici sbuffi di fumo. Ad un tratto mi era sembrato di vedere un musetto appuntito e dei baffi, ma l’attimo dopo era sparito.
 

- Sidera, non vedi com’è facile? – mi prese in giro George, il cui Patronus gironzolava allegramente intorno a lui.

- Davvero Sid, mi meraviglio di te. – rincarò Fred.

Sbuffai e continuai a concentrarmi.
 

- Pensieri felici, Sid, pensieri felici…. – ripetè Harry passandomi accanto.

Certo, pensieri felici. Ne avevo tanti, accidenti! C’erano le vittorie di Quidditch della nazionale italiana, il Natale in famiglia, le feste con le mie migliori amiche, il mio primo bacio dell’estate precedente…
Bruscamente, l’immagine del viso di Nott chino su di me, si interpose nei miei ricordi. Sussultai ed il fumo argenteo che iniziava a fuoriuscire dalla punta della mia bacchetta si dissolse velocemente.
 

- Al diavolo. – ringhiai, frustrata.

- Qualcosa non va? – George si avvicinò a me.

- Non ci riesco, accidenti! Non ci riesco.

George alzò gli occhi al cielo.
 

- Che razza di atteggiamento idiota è mai questo?

- Il mio atteggiamento idiota.

Mi guardò storto, forse deluso dal mio comportamento insolito. Forse perché aveva intuito che qualcosa non andava. Il suo Patronus, un animale simile ad una volpe, fece un paio di giri intorno a me, per poi dissolversi.
 

- Ma cosa…

La porta si aprì e si richiuse. Un Elfo Domestico sgattaiolò fino ad Harry Potter e tra convulsioni e tentativi di picchiarsi gli disse qualcosa. Poi se ne andò correndo. Harry si girò versi di noi, guardandoci con un’espressione sconvolta.
Un attimo dopo era il caos. Tutti si ammassarono verso l’uscita. Io seguii a ruota la folla, spingendo, cercando freneticamente di arrivare all’uscita. Se la Umbridge ci avesse presi, sarebbe stata la fine dell’ES, avrebbe utilizzato anche su di noi i suoi orribili metodi punitivi… e questo era solo il minimo.
 

- Sid, da questa parte. – disse George afferrandomi per un braccio.

- Ma i dormitori sono…

- …più lontani della biblioteca e dei bagni e sono anche il primo luogo dove la Umbridge andrà a cercarci. Vieni qui. – spiegò trascinandomi in biblioteca.

- Fred…?

- Dalla parte opposta del corridoio, con Lee. Se la caverà.

Ci infilammo in fretta nel reparto sul mondo Babbano della biblioteca e ci fermammo, appoggiati agli scaffali, per riprendere fiato. Respirammo a fondo per qualche secondo, sorridemmo tra una sorsata d’aria e l’altra. Ad un tratto sentimmo un concitato rumore di passi. Il suono si avvicinava sempre di più. Erano entrati in biblioteca. George mi lanciò in mano un libro e ne prese subito dopo un altro in mano, cominciò a sfogliarlo con aria noncurante ed io lo imitai.
 

- Bene… ecco l’altro Weasley. – esultò qualcuno alle mie spalle.

- In buona compagnia.

- E va bene, lo ammetto. Stavo davvero leggendo “Manufatti Babbani dell’ultimo secolo”. Ma ora che ci penso, non credo sia illegale, giusto? – commentò George, tranquillo.

- Fai poco lo spiritoso, Weasley. Sembri accaldato, per caso stavi correndo? Anche tu – immaginai che Blaise Zabini si stesse rivolgendo a me, così mi voltai. – hai l’aria di chi si è fatto una corsetta. Dovete seguirci nell’ufficio della Umbridge, ora.

- Non mi muovo da qui da due ore. Non ho fatto nulla per cui voi possiate incolparmi, quindi credo che andrò a finire la mia lettura da un’altra parte.

Feci per dirigermi verso un angolo lettura, guardando George con la coda dell’occhio, aspettando che mi seguisse. Ma prima che potesse fare un passo, Pansy Parkinson gli aveva puntato la bacchetta alla gola, immobilizzandolo.
 

- Onestamente, Parkinson, penso che dovresti cambiare il tipo di approccio, se il tuo intento è quello di… “fare colpo”…

- Chiudi la bocca, Weasley. E tu, muoviti, vieni con  noi.

Estrassi a mia volta la bacchetta, improvvisamente furiosa.
 

- Abbassala subito, Parkinson.

- Perché altrimenti…? – mi rise in faccia.

- Abbassa la bacchetta. Ora.

- Non posso dare fastidio a Weasley? Non ti piace che a Weasley venga dato fastidio? Eh?

Un largo sorriso le si dipinse sulla faccia. Si avvicinò di più a George e lasciò correre la sua mano sui suoi pantaloni. Indugiò qualche secondo sulla fibbia della cintura, ma poi scorse fino alla tasca e ne estrasse la bacchetta. Mi sentii avvampare per quella stupida e volgare provocazione. Non osai guardare in faccia George, che doveva avere un’aria vagamente confusa.
 

- Questa la prendo io… - cantilenò.

- Abbassate le bacchette, tutti. – ordinò una voce autorevole. Nott.

Non mi mossi dalla mia posizione, continuai a mantenere la bacchetta puntata su di lei.
 

- Abbassa la bacchetta… - scandì lentamente, spingendo il mio braccio verso il basso.

- Allora, li portiamo dalla Umbridge? – sbadigliò la Parkinson.

Il viso di Nott non tradiva nessuna espressione. Era freddo, gelido.
 

- Da quanto tempo sono qui? – chiese a Zabini.

- Immagino da poco. Quando li abbiamo trovati erano visibilmente accaldati, col fiatone.

Nott annuì.
 

- Stavamo solo leggendo. Siamo stati qui tutto il pomeriggio.

- E come mai quando siamo entrati sembravate reduci da una maratona? – incalzò Zabini.

- Il fatto che respirassimo più velocemente e fossimo accaldati non significa niente. In questa biblioteca si soffoca ed io ho addosso due maglioni.

- Certo – sogghignò la Parkinson – può anche darsi che stessero facendo un altro tipo di attività fisica…

Prima che le lanciassi contro una fattura, Nott mi afferrò per un braccio, mi strappò di mano la bacchetta e mi spinse verso l’uscita, facendo segno agli altri di seguirlo, e continuò a spingermi fino all’ufficio della Umbridge, strattonandomi forte, stravolgendo il mio maglione.
 

- Nott, se continui a trattarla così ti faccio rotolare giù dalle scale. – minacciò George ad un certo punto, iniziando a dare forti strattoni per liberarsi dalla presa di Zabini.

Pansy Parkinson scoppiò a ridere e fece apparire un bavaglio sulla sua bocca. George tentò di strapparselo, senza riuscirci. Quando finalmente arrivammo davanti alla porta dell’ufficio, Nott mi lasciò andare ed io corsi a togliergli la benda.
Con una gomitata George si liberò da Zabini e si tolse la benda, prima che potessi sfiorarlo. Aspettammo che la Umbridge ci facesse entrare e ci interrogasse, seduti per terra, la schiena contro il muro di pietra. Blaise e Pansy si appoggiarono alla parete, in piedi, dividendoci, impedendoci anche solo di guardarci negli occhi.
 

 *
 

La Umbridge non ci interrogò nemmeno. Il fatto che fossimo davanti a lei nel suo ufficio bastava a renderci colpevoli. Ci liquidò con una delle sue ridicole risatine infantili ed un “Punizione!”.
A partire da quella sera, una volta a settimana, io,George, Fred e tutti i membri dell’ES che non erano riusciti a scappare, incidemmo col nostro stesso sangue le sue parole nella nostra carne.
Seguendo l’esempio di Harry, resistetti alle lacrime che premevano per uscire ad ogni lettera e non osai lamentarmi davanti a lei. Una volta al sicuro, da sola nel dormitorio, scoppiai in lacrime un paio di volte, guardando inorridita il mio braccio deturpato da quel perverso tatuaggio. Poco a poco mi abituai alla sua presenza e al dolore, mentre il mio odio verso la nuova preside cresceva di giorno in giorno. Sulla fuga di Silente circolavano diverse voci, non tutte attendibili. La cosa peggiore era essere ormai privi di qualsiasi difesa dallo strapotere della Umbridge. Ad Hogwarts era stata istaurata una tirannide e chiunque non appartenesse alla Casa di Serpeverde ne era succube.
 

- Non potrò resistere ancora a lungo qui. – mi trovai a confidare a George, stupendomi delle mie stesse parole. Visitare la famosa scuola britannica era sempre stato il mio sogno.

- Neanche io. – replicò, con uno strano sorriso.

- Perché quella faccia? – chiesi sospettosa.

- È top secret.

- Top secret un corno. Avanti, c’è qualcosa che non so?

- Potrei riempire cento Hogwarts facendo un elenco di tutte le cose che non sai.

Gli lanciai un cuscino dal divanetto della Sala Comune, che lui evitò con un pigro movimento della testa. Gliene lanciai un altro, lui lo afferrò al volo e me lo rilanciò, colpendomi in pieno.
 

- Mi manca il Quidditch. – sospirò, preparandosi ad evitare un altro cuscino.

Mi fermai a guardarlo un momento. Aveva un’aria insolitamente nostalgica. Gli lanciai il cuscino più forte che potei e non si preoccupò nemmeno di evitarlo.
 

- Sai, c’è un gioco Babbano molto simile al Quidditch. Cioè, per quanto riguarda il battitore.

- Ah sì?

- Sì. Si chiama baseball. Solo che non puoi colpire gli altri giocatori, lo scopo è colpire la palla e lanciarla più lontano possibile. E naturalmente non si vola sulle scope, ma non è male.

- E tu come lo conosci?

- Forse non lo sai… i miei genitori sono Babbani. Ho sempre vissuto tra i Babbani e frequentato una scuola babbana, fino all’arrivo della lettera di iscrizione alla mia scuola. Conosco moltissima gente babbana e sono tutte persone fantastiche. Per la maggior parte, almeno. E vivo in una casa tipicamente babbana, con elettrodomestici e tutto il resto. Non puoi immaginare quanto senta la mancanza della mia musica… il mio mp3 e la mia chitarra.

- In effetti non lo sapevo. Mi parli ancora di quel gioco… paceball?

- Baseball. Ho un’idea migliore, te lo mostrerò domani.

- E come pensi di fare?

- Non ti hanno sequestrato la mazza vero?

- No, è nel mio baule.

- Bene. Ci vediamo domattina al limitare della Foresta Proibita, porta la mazza con te. – sbadigliai, alzandomi – è ora di andare a letto.

Si alzò con me e mi accompagnò fino al bivio tra i due dormitori.
 

- Parli ancora nel sonno? – chiese di punto in bianco, sfoderando un largo sorriso beffardo.

- Fatti gli affari tuoi. – risposi brusca.

Poi cambiai completamente tono di voce:
 

- Cosa… avevo detto… l’altra volta?

Sogghignò soddisfatto, mi stampò un bacio sulla fronte e mi diede la buona notte.

 

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Capitolo 7
*** The Poison ***


Settimo Capitolo
The Poison

 



- E ora… colpisci!

La palla si schiantò contro la mazza con uno schiocco e volò lontano, oltre le cime degli alberi.
George sorrise soddisfatto, schermandosi gli occhi con la mano per proteggerli dal sole.


- Non è Quidditch… ma non si può avere tutto dalla vita. -

Una folata di vento mi investì la faccia, sollevando la polvere. Richiamai la palla con un incantesimo Appello e mi preparai a lanciarla di nuovo.
Mi soffermai un istante a guardare George prendere posizione come gli avevo spiegato.
Aveva un’espressione concentrata, ma addolcita da un sorriso buffo.
Non avevamo parlato di quello che era successo con Pansy e Nott. Lui non sembrava minimamente a disagio, come se davvero non gli importasse.
Come se non fosse successo nulla.
Da parte mia, mi sentivo morire ogni volta che ripensavo al ghigno di Pansy e alle sue insinuazioni. Se per lui era lo stesso, non lo dava minimamente a vedere. E questo mi permetteva di comportarmi normalmente in sua presenza. Se non fosse stato per il tacito accordo di non discutere più sull’accaduto, probabilmente avremmo smesso di frequentarci. Sarebbe stato troppo imbarazzante.


- In giornata, Sid.

Lanciai la palla, più forte di prima. George lanciò un ululato di vittoria guardando la palla volare ancora più lontano, colpita dalla mazza. Si girò verso di me con le braccia ancora alzate.

- Quella era decisamente una home run. – commentai allegramente.

- Mi merito un premio.

Il mio cuore mancò un battito. Per qualche motivo, l’averlo davanti sudato e sorridente mi aveva suggerito di saltargli addosso, per dargli il mio premio. Mi voltai di scatto sentendo il mio viso avvampare, con la scusa di richiamare la palla.

- Per oggi può bastare, credo. – borbottai.

- Sì. Ho bisogno di una doccia. – constatò.

- Concordo pienamente.

- Stai insinuando qualcosa?

- Ma chi, io?

- No Sid, parlo con gli alberi della Foresta Proibita.

- Ma se la tua media in Erbologia oscilla tra Scadente e Desolante.

- Quindi non ti dispiace se faccio così. – si avvinghiò a me, stritolandomi tra le sue braccia sudate.

- Aaah, che schifo George! – cercai di svincolare dalla sua presa umida, forse senza mettercela proprio tutta per liberarmi.

- Così impari a ferire i miei sentimenti. – disse con aria drammatica.

Scoppiai a ridere e lui mi lasciò andare, ma continuò a guardarmi come se lo avessi offeso a morte.

- Ci vediamo in Sala Comune?

- Non lo so. Più tardi dovrei andare con Alicia ad Hogsmade. – disse con l’aria più tranquilla del mondo.

Impiegai un secondo per elaborare l’informazione. Il mio cervello caricò i dati ed il sistema di allarme entrò immediatamente in azione. Un’ondata di panico mi travolse.

- Uscite insieme? – quasi balbettai.

- Sì, diciamo di sì.

- Lee e Fred?

- Ah, credo che poi verranno anche loro.

- Angelina, Katie…

- Non so quali siano i loro programmi. Suppongo che le vedrò in giro. Tu non esci?

- Io? Io… non lo so. Sì, probabilmente uscirò anche io. Ad Hogsmade… non so, di certo avrò qualche impegno, insomma, non starò tutta la giornata in Sala Comune. – dissi in fretta.

- Ok. Allora vedrò in giro anche te.

- Sì, credo di sì.

- Bene. Dunque… le docce mi aspettano. A dopo. – mi stritolò per salutarmi e questa volta dovetti resistere con tutte le mie forze all’impulso di trattenerlo, di non lasciarlo andare. Si avviò, dandomi le spalle.
 

- A dopo. Mi raccomando, usa molto sapone, o Alicia non potrà starti vicino! – balbettai, sforzandomi di sorridere.

Voltò la testa per farmi un sorriso, senza smettere di camminare. Aspettai che girasse l’angolo, poi iniziai a correre verso il lago, pensando solamente: Aria, ho bisogno d’aria, mi manca il respiro.
Quasi rotolai a terra quando finalmente arrivai sulle sponde del lago. Mi sdraiai sull’erba, guardando il cielo plumbeo, facendo respiri profondi.
Ma che diavolo stava succedendo? Alicia e George? Ma da quando?
Forse non stavano insieme, stavano solo uscendo come amici.
Cosa credevo? Fred e George erano fatti così, erano amici di tutti! Non ero “speciale” per loro, si comportavano con me come con Lee e gli altri.
Ma io credevo che ci fosse qualcosa…
Mi ero sbagliata. Non avevo capito niente! Ed ora ne stavo pagando le conseguenze.
Quali conseguenze? Io stavo benissimo.
No, non era vero, io non stavo bene.
Perché mai mi era venuto in mente che… in qualche modo… ci fosse qualcosa?
Forse qualcosa c’era, in realtà.
Ma solo da parte mia?
Finalmente iniziai a capire.
Chiusi gli occhi, come si fa quando si comprende di aver fatto un errore molto stupido e quasi lo si vorrebbe nascondere, fingere di non averlo fatto davvero. Come quando per scacciare un brutto sogno si aprono gli occhi e si riemerge nella rassicurante realtà.
Ma la realtà era questa: avevo combinato un casino.
 

*

 
Pensavo che l’atteggiamento migliore fosse l’indifferenza. Fare finta di niente. Come se non ci fosse assolutamente alcun problema. Ma non era affatto facile.
Innanzitutto Alicia e George avevano iniziato a sedersi vicini al tavolo dei Grifondoro. Il che accresceva il mio disagio e confermava le mie paure. Inoltre molte cose iniziavano ad avere senso, altre a perderne. Ad esempio, iniziai a capire perché George non fosse rimasto sconvolto, o quantomeno infastidito, turbato, dalle insinuazioni della Parkinson. Semplicemente non aveva dato loro peso, perché riteneva che fossero tutte idiozie. In altre parole, non aveva mai preso in considerazione l’idea di stare con me. Ogni volta che ci pensavo il mio umore toccava il fondo ed io iniziavo a sentirmi davvero patetica.
Non sapevo quanto a lungo avrei potuto resistere in quello stato. Era già stupefacente che non avessi attaccato Alicia ogni volta che me l’ero ritrovata davanti. Il che accadeva non di rado, in Sala Comune o in Sala Grande.
L’unica nota positiva della situazione era che miracolosamente quando ero con George riuscivo perfettamente ad essere me stessa, nulla era cambiato tra di noi. Con un altro ragazzo probabilmente sarei diventata acida e scontrosa, avrei iniziato ad allontanarmi da lui, ma con George no. Con lui era sempre divertente, c’era sempre qualcosa di cui chiacchierare. Era come se stando con lui dimenticassi ogni cosa. Quando però arrivava il momento di separarci e prendere direzioni diverse, non volevo più lasciarlo andare, presa dalla paura irrazionale di non rivederlo.
Non smisi di frequentarlo, insomma, ma i nostri momenti, quei piccoli ritagli di tempo solo per noi due erano diminuiti.
Ci pensò Fred a sostituirli, in un certo senso. Sapevo bene che non era la stessa cosa: George era George, Fred era Fred, indipendentemente da quanto fossero simili. Ma volevo bene anche a lui e riuscii a divertirmi anche con lui e Lee, quando George non era nei paraggi, una volta stabilito che non avrei affrontato mai l’argomento Alicia.
Intanto era passato del tempo. Gennaio era volato, seguito da Febbraio e Marzo.
Il mio tempo era agli sgoccioli. Mancavano pochi mesi alla fine della scuola. Pochi mesi che sarebbero trascorsi ancora più velocemente. La mia permanenza ad Hogwarts sarebbe terminata il trentuno di Maggio. E non avrei potuto sopportare di andarmene e lasciare la questione in sospeso.
Avrei dovuto agire prima… ma ovviamente era più facile a dirsi.
Questo tipo di pensieri mi attraversavano continuamente la testa, mentre mangiavo, mentre studiavo, durante le lezioni. Persino nell’aula di Pozioni, tra gli sbuffi di fumo dei calderoni.

- La maggior parte dei vostri compiti potrebbe andare ad alimentare i fuochi delle cucine.  – commentò il professor Piton riconsegnando le pergamene – tuttavia fortunatamente c’è qualche eccezione che salva la drastica media della classe. Temo di doverle annunciare che lei non è tra queste eccezioni, signorina De Simone.

Mi riconsegnò una pergamena piena di cancellature. Sospirai senza rispondere. Sapevo di meritarmi quel triste “Scadente”.

- Invece… signorina Parkinson… molto bene… signor Malfoy… Ecco, Nott, forse lei potrebbe provvedere a dare qualche ripetizione alla nostra studentessa in scambio.

Deglutii, senza sollevare lo sguardo dal mio compito. Piton continuò a fissarmi per qualche secondo.

- Sono certo che le farebbero più che bene. – concluse infine – le insufficienze vanno recuperate in settimana. Per la prossima lezione, voglio sulla mia cattedra le relazioni di chi ha avuto l’insufficienza sullo stesso argomento del compito, ma ampliato di tre pergamene.

Gemetti.

- Professore… non credo di farcela in una settimana. Ho anche le altre materie a cui pensare…

- Allora ti consiglio di seguire il mio suggerimento e farti dare ripetizioni. – mi liquidò con un’occhiata ed uscì dall’aula.

Strinsi la pergamena tra le mani fino ad accartocciarla. Non mi servivano ripetizioni, mi serviva solo più tempo. Avrei dovuto rinunciare alle pause nelle ore buca per studiare furiosamente. Sospirai e decisi di iniziare subito a lavorare. Raccolsi le mie cose nella borsa e mi avviai verso il dormitorio, un po’ scocciata all’idea di salire tutte quelle scale fino al settimo piano. Per di più, senza la compagnia di Fred o George.
Ma ben presto mi resi conto che non potevo farcela senza un aiuto. Riuscivo a malapena a stare al passo con le altre materie, nel giro di tre giorni non ero ancora riuscita ad aprire il libro di Pozioni.
Avevo supplicato Hermione di aiutarmi, ma lei mi aveva detto che non poteva farcela, che seguiva troppi corsi e che non avrebbe mai trovato il tempo di darmi ripetizioni. E nessun altro grifondoro era disponibile ad aiutarmi. Avevo provato a chiederlo a Luna Lovegood, ma nonostante il mio impegno non riuscivo a seguirla nelle sue spiegazioni, che puntualmente divagavano sul tempo, animali magici mai sentiti nominare prima e complotti del Ministero.
Quando arrivò il giorno della consegna, mi presentai a mani vuote davanti alla cattedra. Fortunatamente, quasi nessuno era riuscito a terminare la relazione, così Piton ci concesse un’altra settimana di tempo. Che probabilmente si sarebbe conclusa come la precedente.

- Torno a ripetere che sarebbe opportuno prendere delle ripetizioni, per i casi più disperati.

Mi indirizzò un’occhiata eloquente ed io, afflosciandomi stancamente sul banco, non potei fare a meno di pensare, con una punta di esasperazione, che quei due si fossero messi d’accordo. Sbirciai Nott in una fessura tra le mie dita.
Chiacchierava tranquillamente con Draco Malfoy, gettando di tanto in tanto uno sguardo alla sua pergamena. L’ultima volta che avevo parlato con lui era stato sei settimane prima, quando, incontrandolo da solo in corridoio, avevo finalmente avuto l’occasione per dirgli quello che pensavo di lui, per essere entrato a far parte della Squadra di Inquisizione della Umbridge. Non era stata una conversazione piacevole. Mi aveva detto che non avevo il diritto di giudicarlo e questo era vero. Ma nulla mi impediva di esprimere la mia opinione, quindi gli diedi chiaramente del verme e dell’idiota. Dubitavo fortemente che mi avrebbe aiutata, se glielo avessi chiesto. Senza contare che il mio orgoglio mi impediva di rivolgergli la parola.
Con un rumore secco, una pila di fogli di pergamena venne depositata sul mio banco. Alzai di scatto la testa, che avevo tenuto tra le braccia poggiate sul tavolo per cinque minuti, senza accorgermi che l’aula si era ormai svuotata.

- Sono i miei appunti delle ultime lezioni di Piton. Vedi di restituirmeli in buone condizioni. – spiegò laconico Nott.

Diedi un’occhiata veloce ai fogli.

- Non mi servono. – replicai, guardandolo negli occhi.

- Sì, invece. – ribattè – Sono scritti in maniera ordinata e chiara. Non dovresti avere problemi.

- Puoi tenerteli.

- Prendili e basta! – esclamò spazientito, poi prese i fogli e me li ficcò in mano.

Li guardai meglio.

- Non capisco la tua scrittura.

- E allora arrangiati. – si riprese i fogli, mi diede le spalle ed uscì dall’aula.

- Accidenti!– borbottai,  gettai in fretta le mie cose nella borsa e lo inseguii.

- Nott Nott, aspetta.

- Che vuoi?

- Mi serve il tuo aiuto.

Mi porse i suoi appunti, ma io scossi la testa.

- No. Ho bisogno di ripetizioni. Ho trascurato Pozioni per un po’ troppo tempo e mi trovo indietrissimo con il programma. – ammisi.

Valutò la richiesta.

- Ti servirà più di una settimana per recuperare tutto il programma.

- Non sono così indietro. Un paio di settimane al massimo.

Mi fissò.

- Non posso farcela da sola. – mormorai, inghiottendo l’orgoglio – Mi serve il tuo aiuto.

Il suo sguardo si fece più acceso per un istante.

- Ci penserò.

- Bene.

La sua risposta non tardò ad arrivare. Quella sera stessa, dopo cena, un ragazzino di Serpeverde mi consegnò un biglietto di Nott.
Ci vedremo ogni sera alle sei e mezza a partire da domani nell’aula di Pozioni. Non lamentarti, non hai molto tempo.





















Commentate, recensite, recensite!! e grazie infinitamente di continuare a seguirmi,
senza i vostri consigli e i vostri giudizi questa storia sarebbe finita presto nel dimenticatoio!

Alla prossima ;3


 

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Capitolo 8
*** Four Lessons ***


 Ehm ehm.
Come avrete notato, ho dovuto inserire un nuovo capitolo
e fare qualche modifica perchè,
grazie anche alla recensione di Krixi19
mi sono resa conto di aver tagliato un po' troppo...
accidenti, non vedo l'ora di arrivare al finale!!
Un grazie speciale a Krixi19, Angii, Lady Oonagh, K.K. e Ginger
per il sostegno ed i loro preziosi consigli
e a tutte le altre lettrici che hanno lasciato una recensione,
le apprezzo davvero tantissimo!
In particolare a quelle che, senza saperlo
hanno azzeccato qualche spoiler dei prossimi capitoli...
;] a prestissimo!

Ottavo Capitolo
Four Lessons

 

 

 
 Prima Lezione 

 

Mi preparai ad affrontare la prima lezione di pessimo umore. Avevo rotto tre boccette d’inchiostro nel giro di un’ora e mi era salito un tale nervoso che non ero riuscita a far Evanescere il liquido sparso sul pavimento, diventato appiccicoso. Hermione era arrivata appena in tempo per evitare che cominciassi a sbraitare contro degli innocenti Grifondoro del primo anno. Mi aveva promesso che avrebbe pensato lei a mettere tutto a posto, permettendomi di correre a lezione da Nott, in ritardo di quindici minuti. Per le scale mi ero imbattuta in Pix, che si era divertito a lanciarmi contro delle uova che ero riuscita ad evitare correndo a destra e sinistra come un’idiota, salvo scivolare sul tuorlo dell’ultimo uovo spiaccicato in fondo alla gradinata e sbattere dolorosamente il fondoschiena sul freddo marmo. Quasi in lacrime per il nervoso mi ero rialzata in piedi ed avevo corso senza fermarmi fino ad arrivare davanti alla porta dell’aula di Pozioni. Lì tutta la mia determinazione aveva fatto fagotto.
E se avessi fatto qualcosa di stupido? Se Nott avesse voluto prendermi in giro? Non avevo ancora le idee chiare su quello che pensavo di lui. Lo trovavo carino, si era anche dimostrato gentile nei miei confronti. Però…
Sentii quasi bruciare la cicatrice sul braccio che la Umbridge aveva fatto sì che io e gli altri dell’ES ci procurassimo. E mi tornò in mente lo sguardo freddo di Nott di quella sera in biblioteca.
Ma soprattutto, c’era qualcos’altro. Qualcun altro. A cui mi sentivo legata da un patto, che lui lo rispettasse o no.
Finchè c’era George nei miei pensieri, non avrei mai pensato a nessun altro. In qualche modo soddisfatta di essere riuscita a mettere ordine alle mie riflessioni, mi sistemai i capelli, spinsi la porta ed entrai.
La luce delle torce e delle candele era decisamente troppo fievole per illuminare l’intera stanza.
Depositai le pergamene di appunti su un banco e cercai Nott con lo sguardo.

 

- Beh… solo mezz’ora di ritardo. È un ottimo inizio.

Mi girai verso il fondo dell’aula. Nott prese un paio di libri dallo scaffale e avanzò verso di me.
 

- Mi dispiace… Pix mi ha… è tanto che aspetti? – arrossii.

- Esattamente mezz’ora. Non che mi dispiaccia avere l’aula di Pozioni tutta per me, ma la prossima volta cerca di essere puntuale. – sorrise – Da dove dovremmo cominciare?

- Dunque… l’ultimo argomento che ricordo bene credo sia il Distillato della Morte Vivente.

- Pensavo peggio. Dunque, mettiamoci al lavoro.

Fui costretta ad ammettere che Nott era un ottimo insegnante. Era paziente, a volte divertente e questo mi permetteva di lavorare con tranquillità, cosa che con Piton mi riusciva estremamente difficile. Passarono un paio d’ore e alla fine ero riuscita a creare un Distillato decente e a scrivere tutti i passaggi correttamente sui miei fogli di appunti.
Uscimmo dai sotterranei dopo aver dato una ripulita, raggiungemmo insieme la Sala Grande per la cena, ormai semi vuota, chiacchierando lungo il tragitto e salutandoci prima di dirigerci verso i rispettivi tavoli.
Mi diressi subito verso Fred e George, seduti l’uno di fronte all’altro. Mi aspettavo un’accoglienza calda e scherzosa, come sempre, ma quando mi avvicinai mi accorsi che la loro espressione era piuttosto cupa.

 

- Ehilà. – salutai tranquillamente.

- Ehi. Come va? – rispose Fred.

- Direi bene. – mi sedetti affianco a lui.
- Forse riuscirò a recuperare il voto di Pozioni dell’ultimo compito. – commentai allegramente.

- Ah sì? e in che modo?

- Facendomi dare ripetizioni da Nott.

George lasciò cadere sul tavolo la forchetta e mi guardò con gli occhi sbarrati. Fred si fermò per un attimo, fissandomi senza espressione, come per capire se stessi scherzando o no. Infine alzò le spalle e riprese a mangiare, con aria leggermente infastidita.
 

- Forse non ho capito bene. – disse George.

- Nott mi da ripetizioni di Pozioni – ripetei – ed è un ottimo insegnante. Oggi mi ha…

- Ma l’hai sentita? – chiese esasperato al fratello, senza più ascoltarmi.

Fred alzò di nuovo le spalle e gli lanciò un’occhiata d’intesa.
 

- Ho bisogno di ripetizioni di Pozioni e Nott è stato gentilissimo ad aiutarmi – spiegai, cercando di mantenere la calma – e non vedo perché in qualche modo questo dovrebbe darvi fastidio o riguardarvi.

Fu come se li avessi schiaffeggiati.
 

- In effetti non ci riguarda affatto. – asserì Fred, glaciale.

- Ma non potrai dire che non ti avevamo avvisato.

- Non vi capisco. Sembra che ce l’abbiate con lui senza motivo.

- È un motivo particolarmente semplice da individuare, in effetti.

- E quale sarebbe?

George alzò gli occhi al cielo, senza rispondere.
 

 
 
Seconda Lezione 

 

 - Sid, sono arrivato qui tre quarti d’ora fa, com’è possibile che tu ti faccia viva solo ora?!

- Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace! Ti supplico Nott… ti prego… – mi scusai mortificata, a mani giunte – non te ne andare! Davvero, mi dispiace tantissimo! Ti giuro che non volevo, non mi sono proprio resa conto del tempo che passava, ti prego scusami!

Lo tirai per la manica della divisa per impedirgli di uscire dall’aula. Mi rivolse uno sguardo truce, si divincolò, riuscì a liberarsi ed uscì, sbattendosi dietro la porta. Rimasi a fissarla per qualche secondo, poi andai ad accasciarmi sul banco, con la testa nascosta tra le braccia.
Avrei voluto prendermi a calci! Perché per una volta non avevo mantenuto un impegno? Ne andava della mia carriera scolastica! Chissà se Nott si sarebbe più fatto vivo…
La porta si splancò di colpo ed io trasalii, alzando di scatto la testa. Nott era sulla soglia. Indugiò un secondo, poi rientrò nella stanza ed iniziò a parlare a raffica, mentre appoggiava dei libri stretti in una cinghia sul banco.

 

- Prendi subito 150 g radice di artemisia, 1 cuore di erumpent, 25 cl pus di bubotubero.Sono gli ingredienti della…?

Lo guardai, confusa.
 

- Della…? – ripetè spazientito.

- Oh, ehm… della… Pozione Corroborante.

- Bene. Avanti, porta tutto qui.

- Non vorrai…

- Sì, dai muoviti.

- Ma Piton non ci ha mai chiesto di farla, ce ne ha fatto studiare solo gli effetti!

- Ed il procedimento. Tu sai qual è?

- Io… no.

- E allora forza, prendi quello che ti ho chiesto.

Corsi a cercare gli ingredienti nel ripostiglio, rischiando di rovesciare provette e contenitori per la furia con cui rovistavo sugli scaffali. Finalmente tornai da Nott con le braccia cariche.
 

- Bene. – approvò Nott dopo aver controllato la qualità degli ingredienti – ora possiamo iniziare. Ti ricordi qual è la prima fase?

- No. – ammisi.

- Merlino… - chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. – devi sminuzzare la Radice, poi metterla nel calderone con il Pus di Butoburbero.

- Eseguo. – dissi estraendo un coltello d’argento dalla mia borsa.

Lavorammo per ore. Io ce la mettevo tutta. Nott poco a poco sembrò capirlo ed apprezzarlo, nonostante fossi un po’ maldestra. Quando finalmente terminai, mi accasciai sulla panca esausta e con la fronte umida di sudore. Pensò Nott a ripulire tutto. Prima di svuotare il calderone facendone Evanescere il contenuto, ne riempì una fialetta e me la porse.
 

- Per ricordarti i risultati che sei capace di ottenere quando ti impegni. – spiegò, sollevando appena gli angoli della bocca.

- Grazie. – mormorai prendendo la fiala.

Uscimmo.
 

- A domani sera. Giuro che se…

- Non si ripeterà più, te lo prometto. – lo anticipai – Ti do la mia parola.

Nott fece un’espressione che voleva dire “sarà meglio”.
Prendemmo strade diverse, ciascuno diretto verso il proprio dormitorio.
Nei giorni successivi decisi di arrivare mezz’ora prima ad ogni appuntamento. Col risultato di arrivare con solo cinque minuti di ritardo ogni sera. Un altro piccolo traguardo. Nott si accorse del mio netto miglioramento, e quando gliene spiegai il motivo scoppiò a ridere senza riuscire a smettere per qualche minuto.

 
 
Terza Lezione 


 

 - Dove corre la nostra Sidera così in fretta?

- Levati George… uff… rischio di fare tardi…

- Ah, ho capito. Sta andando a ripetizioni da Theodore. – lanciò un’occhiata al gemello, come per dire: “Hai visto?”

- Ormai vi chiamate per nome, immagino. Ogni tanto lo chiami Theo? O Notty, magari?

- Fred, quanto sei idiota.

- Mi sto solo informando! Allora, vi siete già dati dei soprannomi ridicoli e mielosi?

- Perché mai dovremmo?! – sbottai.

Cercavo disperatamente di aggirarli e correre avanti, ma non era affatto facile.
Essendo molto più alti di me, riuscivano a starmi dietro mentre correvo senza sforzo, accelerando appena il passo.
Si divertivano a passarmi davanti, tagliandomi la strada, costringendomi a inchiodare per non cadere sopra di loro.
Finchè, per evitare di inciampare nella gamba tesa di Fred, incespicai nei miei stessi piedi e finii con la faccia contro il pavimento di pietra.
Sentii un gruppetto di ragazzini scoppiare a ridere sonoramente. Tentai di rialzarmi, lentamente, tremando di rabbia. Il corridoio era affollato. I miei fogli di pergamena svolazzavano tra gli studenti, i miei libri erano sparsi per terra. Fred si chinò immediatamente a raccoglierli, leggermente più colorito in faccia.

 

- Ehm… scusa Sid, non volevo. Tutto okay?

Gli strappai i libri dalle mani e mi ravviai i capelli all’indietro. Mi precipitai a raccogliere le mie pergamene, dando loro le spalle, per nascondere i miei occhi ormai umidi. Li asciugai nervosamente, dandomi della stupida. A che scopo piagnucolare come una ragazzina? Ero solo caduta, non era successo niente di grave. Eppure mi sentivo furiosa. Mi avevano rovinato l’umore.
 

- Accio pergamene. – disse George.

I fogli volarono tra le sue mani. Mi diressi verso di loro e tentai di strapparglieli dalle mani.
 

- Sid, non l’abbiamo fatto apposta. – disse tranquillo, tirando indietro il braccio per impedirmi di afferrare le pergamene.

- Ah sì? Bene, allora è tutto a posto. Nessun problema. Certo. Ora posso andarmene? Vi siete divertiti abbastanza? O magari non siete ancora soddisfatti? – sbottai, con un tono di voce leggermente isterico.

Fred e George si scambiarono un’occhiata che non seppi interpretare.
 

- Bene. Ciao.

Girai sui tacchi e mi incamminai speditamente verso i sotterranei.
Scesi le scale velocemente, saltando alcuni gradini. Entrai nell’aula sbattendo la porta.

 

- Ehi. – salutò Nott, accigliandosi.

- …ciao.

- Tutto ok?

- Sì. – sospirai, tagliando corto. – Cosa ripassiamo oggi?

- Pietra di Luna in polvere e sciroppo di Elloboro – disse allegramente – gli ingredienti della…?

- Mmm… Pozione… della…

- P…?

- P…

- Pa…?

- Pa…

- Pace. – concluse Nott, divertito.

- Ce l’avevo sulla punta della lingua.

- Certo. – commentò sorridendo.

Presi gli ingredienti ed iniziai a sfogliare il manuale di Pozioni, in cerca del procedimento, in silenzio.
Nott passeggiava per la stanza.
Ad un tratto sentimmo delle voci. Delle risatine da ragazza. La porta cigolò.
Due Tassorosso entrarono nell’aula, avvinghiati l’uno all’altra. Si abbracciavano con tanta foga che pareva che si stessero strangolando convulsamente. Non era decisamente un bello spettacolo.
Erano talmente presi da non accorgersi di me e Nott. Amoreggiarono beatamente ignari per qualche minuto, appoggiandosi al muro, al tavolo, agli scaffali, poi improvvisamente se ne andarono, veloci come erano arrivati.
Io e Nott ci guardammo. E scoppiammo a ridere.

 

- Ma… hai visto chi erano? – chiese Nott, ancora scosso dalle risate.

- E come potevo? Non sono riuscita a distinguere le loro facce nemmeno per un secondo!

- Lui è un Tassorosso del nostro anno Justin-Finch Fletchely.

- E lei?

- E lei… è Eloise Midgen.

- …No! – spalancai gli occhi – Non ci… davvero era lei?

Nott ricominciò a ridere.
 

- Era lei, ne sono certo.

- Ma come…

Arrossii. Mi dispiaceva pensare male della ragazza, ma non potevo farne a meno. Eloise Midgen era una delle ragazze più brutte che avessi conosciuto.
 

- E non è la prima volta sai?

- Cosa?

- Ha già avuto altri ragazzi. Ne ha avuti tanti.

Alzai le sopracciglia. Nott rispose con un’occhiata eloquente.
 

- Aah… capisco. È una facile, insomma.

- Ma non è solo questo…

Nott mi aggiornò sulle storie avute da Eloise nei suoi cinque anni ad Hogwarts. Il nostro tempo trascorse velocemente senza che ce ne accorgessimo.
 

- Oddio, Nott, guarda che ore sono.

- La Pozione della Pace non è granchè impegnativa, comunque. Puoi ripassare il procedimento sul manuale.

- Mi fido di te.

Raccolsi le mie cose nella solita borsa.
 

- È stato bello comunque. – mi sfuggì dalla bocca.

- Già. – sorrise.

 
 
Quarta lezione


 

 - Effetti dello zucchero sulla pozione Antilupo?

- Annulla l’efficacia della pozione.

- Corretto. Effetti collaterali dell’Elisir dell’Euforia?

- …pizzicore al naso ed eccesso di euforia che… spinge a canticchiare.

- Sì. Funzioni basilari dell’Essenza di Dittamo?

- Fa ricrescere la pelle e cura le bruciature.

- Ingredienti della Pozione Polisucco.

- Erba Fondente, da raccogliere durante la luna piena, Corna di Bicorno, Centinodia, Mosche Crisopa, stufate 21 giorni prima della preparazione, Sanguisughe e Pelle di Girilacco, oltre a qualcosa della persona in cui ci si vuole trasformare, un capello di solito. – risposi tutto d’un fiato.

- Okay. Ora…

- Nott, basta! Ti prego… - esclamai, con un mezzo sorriso, alzando una mano per fargli cenno di fermarsi. – possiamo fare cinque minuti di pausa?

- Se proprio non ce la fai più… - acconsentì.

Chiuse di scatto il libro di Pozioni, al quale aveva dovuto solo dare un’occhiata.
Probabilmente lo sapeva a memoria, parola per parola.

 

- Non me la sto cavando male, vero?

- Diciamo che sei un po’ sintetica, per la verità. – puntualizzò Nott – A Piton piacciono risposte lunghe ed esaurienti.

- Diciamo che ho il prezioso dono della sintesi.

Roteai il collo per sgranchirlo, mi stiracchiai le gambe e le braccia.
 

- Mmm… non sei stanco?

- Di cosa dovrei essere stanco? – chiese, sorridendo.

- Di stare qui, di sentirti ripetere cose che sai già…

- Nah.

Passeggiò un po’ per la stanza.
 

- E tu sei stanca?

Alzai le spalle. Iniziai a camminare anche io, seguendo i suoi passi. Soffiai via la polvere che copriva i grossi tomi sugli scaffali.
Con la coda dell’occhio sbirciai Nott, dietro il banco di Piton. Sembrava concentrato sulle provette, ma avevo la sensazione che fino a qualche secondo prima stesse guardando nella mia direzione.

 

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Capitolo 9
*** Secrets ***


Ehm ehm.
Come avrete notato, ho dovuto inserire un nuovo capitolo
e fare qualche modifica perchè,
grazie anche alla recensione di Krixi19
mi sono resa conto di aver tagliato un po' troppo...
accidenti, non vedo l'ora di arrivare al finale!!
Quindi date un'occhiata al capitolo precedente :)
Un grazie speciale a Krixi19, Angii, Lady Oonagh, Kelly Kee e Ginger
per il sostegno ed i loro preziosi consigli
(scusate se non ho risposto a tutte le vostre recensioni >.<)
e a tutte le altre lettrici che hanno lasciato una recensione,
le apprezzo davvero tantissimo!
In particolare a quelle che, senza saperlo
hanno azzeccato qualche spoiler dei prossimi capitoli...
;] a prestissimo!

 

 

Nono Capitolo
Secrets

 

  
Una sera dopo l’altra, migliorai notevolmente in Pozioni e riuscii a portarmi alla pari con il programma della classe. Alla vigilia della verifica decisiva mi trovavo con Nott nell’aula di Pozioni, per l’ultimo ripasso generale.

 

- Allora… è tutto giusto vero? – chiesi speranzosa, mentre Nott esaminava la mia relazione.

Scorse un paio di volte sulla stessa riga, accigliandosi. Infine riuscì a decifrare la mia scrittura e fece un sorriso incoraggiante.
 

- Bene… mi pare che non ci siano errori.

- Yay! – esultai saltando con le braccia alzate.

Nott rise.
 

- Credo che tu non abbia bisogno di altre lezioni.

Il mio sorriso si oscurò appena.
 

- Uhm. Sai, se io… se avessi bisogno di te potrei comunque… contare su di te? cioè… credi che… - balbettai.

Mi rivolse uno sguardo penetrante.
 

- Certo. – disse infine – Se ti servissero altre ripetizioni…

- Ma non solo per Pozioni… insomma…

Si accigliò. Forse in un primo momento pensò che volessi scroccargli ripetizioni per tutte le altre materie, ma poi, poco a poco, iniziò a capire quello che io stessa riuscivo a malapena ad esprimere a parole. Mi stavo rendendo conto, con mio grande stupore, che non mi sarebbe dispiaciuto affatto continuare a frequentarlo. Ma come amico, certo. Nel mio subconscio, temevo che questa condizione non risultasse chiara.
 

- Insomma, possiamo continuare a vederci, a…

- Certo, credo di sì. – sorrise di nuovo, ma in maniera diversa. Non il suo solito sorriso che gli dava un’aria di superiorità. Un sorriso sincero.

- Okay. Allora io vado a cena… anzi, me ne vado direttamente a letto… muoio dal sonno.

- Buonanotte Sid. – salutò, raccogliendo i fogli di pergamena sul banco.

- Buonanotte… Theo.

Uscii, senza soffermarmi a guardare la sua reazione. Forse avrei dovuto farlo. Mi avrebbe dato un’idea dei suoi sentimenti. Che lo avessi incoraggiato troppo?
D’altra parte negli ultimi tempi il nostro rapporto era stato quello di due normalissimi amici. All’inizio Nott era un po’ contenuto, ma oramai… sì… eravamo amici. Ridevamo insieme, parlavamo del più e del meno, persino di pettegolezzi, a volte. Mi sentii più tranquilla. Forse sarebbe filato tutto liscio e la nostra sarebbe rimasta una bella amicizia.
Varcai il passaggio per la Sala Comune. Era piuttosto affollata. Strano per quell’ora, di solito dopo cena la maggior parte degli studenti approfittava delle ultime ore prima del coprifuoco per uscire nel parco o fare un paio di tiri a Quidditch.
Erano tutti riuniti in un punto, altro fatto piuttosto strano, con Fred e George al centro del gruppo. Quando mi videro, ammutolirono tutti. Inarcai le sopracciglia e loro, con un paio di colpi di tosse per dissimulare l’imbarazzo, finsero di ricominciare a parlare di sciocchezze.
Mi sentii molto confusa. Che diamine succedeva?
Stavano… parlando alle mie spalle? …oh Merlino! Per via di Nott, magari?
Mi cadevano le braccia. Sul serio, ero diventata oggetto di pettegolezzi? Io?
Non ero abituata a fregarmene di quello che la gente diceva di me, al contrario, mi innervosivo facilmente e tendevo a diventare un filino paranoica.
Me ne andai subito in dormitorio, mi svestii in fretta e furia e mi raggomitolai sotto le coperte, sforzandomi in tutti i modi di pensare ad altro… a qualsiasi altra cosa.
Senza riuscirci, naturalmente.
Il mattino dopo i miei occhi erano cerchiati di viola ed il mio viso più pallido che mai.
Mi trascinai a fatica in Sala Grande per la colazione, soffrendo la nostalgia di un buon caffè espresso, in mancanza del quale dovetti accontentarmi di dolce succo di zucca.

 

- Sid, sembri uno zombie.

- Grazie, Fred. Sei un tesoro a farmelo notare.

- Figurati. – replicò senza scomporsi.

- Cosa ti ha tenuta sveglia tutta la notte, se posso chiedere? – intervenne George, addentando un pezzo di pancetta.

- Uhm… pensieri… - risposi vaga – oggi ho il compito di recupero di Pozioni.

- Ah, capisco… le ripetizioni di Theodore non sono bastate?

Alzai gli occhi al cielo.
 

- Di che parlavate ieri sera, in Sala Comune? – chiesi, sia con l’intento di ottenere risposte, sia approfittando dell’occasione per cambiare discorso.

- Ieri sera? Quando? – Fred finse di cadere dalle nuvole, in maniera decisamente poco convincente.

- Quando sono entrata in Sala e avete smesso di parlare all’improvviso. Pare che tutti i Grifondoro conoscano questo segreto, tranne me. Potrei sapere anche io di che si tratta?

- In effetti no, non credo che tu possa.

- E perché mai?

- Vedi Sid… - iniziò George, fingendo di spiegare un concetto particolarmente complesso – ci sono cose che…

- Occazzo! – esclamai battendomi la mano sulla fronte – non ho ripassato gli appunti sulle fasi della pozione Antilupo! Devo andare.

- È sempre un piacere fare quattro chiacchiere con te.

- Auguratemi buona fortuna!

Mi diressi speditamente verso l’aula di Pozioni, dove avevo lasciato i miei appunti.
Venti minuti più tardi l’aula si riempi, Piton entrò ed assegnò a ciascuno una pozione diversa da preparare entro la fine dell’ora. A me toccò il Distillato della Morte Vivente.
Mi misi all’opera immediatamente e riuscii ad ottenere un liquido trasparente, limpido come l’acqua, secondo le istruzioni. Soddisfatta, riempii una fialetta con il contenuto del calderone e la depositai sulla scrivania di Piton al termine dell’ora.

 

- Com’è andata Sid? – mi chiese Nott all’uscita.

- Distillato della Morte Vivente – alzai il pollice in segno di vittoria – me la sono cavata. Tu?

- Non ho avuto problemi. – replicò con finta nonchalance. – Dovremmo festeggiare, no? – aggiunse.

- Non puoi dirlo! Porta sfiga. – mi portai l’indice alle labbra.

- Fesserie. – commentò scettico. – Ma se per te è così importante, possiamo aspettare che domani Piton ci dica i voti. Ora scusa, ma devo andare…

E si incamminò frettolosamente verso la Sala Grande. Lo seguii con lo sguardo, confusa.
 

- Ehi Sid!

Mi voltai. George mi veniva incontro facendomi cenno con la mano.
 

- Ne abbiamo discusso a lungo e abbiamo deciso che possiamo condividere con te il nostro segreto. A patto che tu lo mantenga.

- Avanti, spara!

- Dopodomani sera, in Sala Comune, faremo una festa.

- Una festa. E non credi che… avrei notato comunque una festa in Sala Comune?

- Sì, probabilmente sì. In effetti avevamo comunque intenzione di dirtelo, ma abbiamo preferito farti stare un po’ sulle spine.

- Capisco. Beh, che si festeggia? – chiesi allegramente.

- Uhm, è una sorpresa.

Inarcai le sopracciglia.
 

- Non lo sanno neanche gli altri. – proseguì – Ma solamente io e Fred.

- Neanche io posso saperlo?

- Tu sei l’ultima persona che possa saperlo. – fece un sorriso strano, per un momento mi parve triste.

Alzai gli occhi al cielo e feci un sorriso.
 

- Mi arrendo. Allora, quando e dove?

- Sala Comune… credo che per le dieci di sera dovremmo cominciare.

- Okay. Che tipo di festa sarà? Ancora propaganda per le vostre Merendine?

- Nah, ormai non c’è uno studente in tutta Hogwarts che non le abbia provate tutte. O quasi. – mi rivolse un’occhiataccia – tu e la Granger forse siete le uniche.

- Siamo due brave ed oneste ragazze.

- Sì, certo. E la Umbridge è la fan numero uno di Silente.

- Beh, devi ammettere che Silente ha un certo stile.

Fece un’espressione insolitamente affettuosa e mi diede un buffetto sulla guancia. Lo guardai sorpresa e in parte divertita da quel suo eccesso di tenerezza.
 

- Bene, abbiamo chiacchierato anche troppo. Arrivederci. – disse in italiano, calcando un po’ troppo sulla “d” – Lee me aspetta davanti alla Sala Grande

- Okay. Aspetta. George, come va con Alicia?

Non so perché all’improvviso feci quella domanda. Mi era salita alle labbra da sola, quasi senza che me ne accorgessi. Stavolta fu lui a rivolgermi un’occhiata divertita e sorpresa.
 

- Ehm… immagino bene… perché?

- Così. Non vi ho visti molto spesso insieme, ultimamente…

- E perché avresti dovuto? – chiese, sempre più divertito.

- Non… oh. Non uscivate insieme?

- Che vuoi dire?

Avevo oltrepassato abbondantemente il mio limite giornaliero di figure imbarazzanti.
 

- Niente, niente, lascia stare. Ciao.

Mi dileguai, avvampando in viso.
 

*
 

Non potevo credere ai miei occhi quando lessi sull’etichetta incollata alla provetta contenente la mia pozione una grossa ed inequivocabile “O”: avevo preso un bellissimo “Oltre Ogni Previsione”.
 

- Okay, via libera ai festeggiamenti! Ho ufficialmente recuperato le insufficienze. E tu? Come sei andato? – chiesi a Nott a fine lezione.

In tutta risposta lui ostentò la sua provetta contrassegnata da una elegante “E”.
Sbuffai con un sorriso sarcastico.
Ovviamente, il suo talento oscurava completamente il mio piccolo successo.

 

- Bene. Che te ne pare di… domani sera?

- Okay. Ottimo. E… che si fa?

- Lascia fare a me. – rispose con un sorriso enigmatico

- …certo. Okay…

- Puoi fidarti! – rise.

Gli diedi una debole spinta verso il muro, ricambiando il sorriso.
 

- Non sarebbe male lasciare questo posto con una buona media scolastica… - commentai, incupendomi appena al pensiero del giorno della partenza. Poco più di un mese di tempo… poi sarei tornata all’Insula Incantii per l’ultimo mese di lezioni, necessario perché l’anno scolastico risultasse valido.

- Non pensarci ora. – disse Nott, come leggendomi nel pensiero.

Lo guardai con la coda dell’occhio. Sembrava essersi incupito anche lui.
 

- Ma sì, meglio lasciar stare fino all’ultimo. – cercai di sorridere.

- Esattamente. D’accordo, allora domani sera… uhm… facciamo un’ora prima del coprifuoco?

- Okay. Dove ci vediamo?

- Facciamo davanti alla statua della strega orba, da lì andiamo insieme.

- E dove andiamo?

- Sarà una sorpresa. – fece un altro sorrisetto dei suoi, di quelli che gli davano un’aria di superiorità, tornando ad essere il solito Nott.

- Comincio ad essere stufa di questi segreti. 

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Capitolo 10
*** Cold lips ***


Decimo Capitolo
Cold lips


Era ora di festeggiare. Me lo meritavo! Avevo faticato non poco su quelle pergamene e sui libri.
Ma ce l’avevo fatta, grazie a Nott. Certo, non solo grazie a lui. Però gli dovevo molto.
Mancavano poche ore al tramonto. Erano le sette di sera, ed il sole iniziava solo ora a calare sull’orizzonte. Le giornate si erano allungate. L’aria era ormai tiepida. Spirava una brezza dolce fra le fronde degli alberi del giardino, diretta a Sud.
Mi stiracchiai e rotolai di qualche metro lungo un pendio, distesa a terra, prima di decidermi a rialzarmi. Mi guardai intorno. Com’era bella Hogwarts, a quell’ora di sera. Erano le ultime ore per stare all’aperto, sull’erba, sul lago del castello.

- Sid! Che ci fai qui?

Agitai la mano in risposta. Fred e George mi venivano incontro, seguiti da Lee.

- Un’attività insolita. Forse ne avete sentito parlare: penso.

- E questa voleva essere una battuta? – sorrise George, beffardo.

- Ammetto che potrei fare di meglio.

- Voglio sperare! Ma piuttosto mi chiedevo…

Mi mise un braccio intorno alle spalle ed iniziò a camminare.

- Come sta Notty?

- Accidenti George! – esclamai puntando i piedi e liberandomi dal suo braccio.

- Oh, andiamo, scherzavo. Scherzavo! Sid, non fare la scema. Torna qua.

Mi voltai e gli rivolsi un’occhiataccia.

- Scusa. – alzò gli occhi al cielo. – Se ti da fastidio, la smetto. Perlomeno, nel caso tu fossi nei paraggi, forse potrei evitare…

Roteai gli occhi, riavvicinandomi. Fred e Lee parlavano tranquillamente poco lontano.
George aspettò che tornassi da lui. Rimise un braccio attorno alle mie spalle come se niente fosse, distrattamente. Riprendemmo a passeggiare.

- Allora. Sei pronta per stasera?

- Stasera? Ah, stasera. No, stavo per andare a prepararmi. Non vuoi ancora dirmi…

- Neanche una parola. – ammiccò – Lo vedrai coi tuoi occhi.

- Allora ci vediamo tra poco.

- Ti ci vogliono davvero tre ore per prepararti?

- Ho anche altre cose da fare. Ciao George, a dopo.

Mi avviai a passo svelto verso il castello, con una strana sensazione addosso.
Sarei rimasta lì con il suo braccio intorno alle spalle per tutta la vita. Ma avevo paura che notasse che stavo arrossendo violentemente e che si accorgesse del mio battito cardiaco impazzito, che avevo tentato di coprire con qualche colpetto di tosse. In più, tutto a un tratto sentivo un gran caldo. Feci un cenno di saluto a Fred e Lee. Mi chiedevo cosa non andasse. Qualcosa non tornava. Ma cosa? Non mi veniva in mente niente! Forse non era importante. Forse…
Mi fermai di colpo. Un pensiero lontano ed indefinito iniziò a prendere forma nella mia testa.
Poi mi attraversò, come un fulmine. Dovevo festeggiare con Nott. Maledizione, dovevo festeggiare con Nott! Che stupida! Per giunta l’appuntamento coincideva anche di orario. Come venirne fuori?
Iniziai a correre. Speravo di riuscire a incrociarlo e avvisarlo che avremmo dovuto rimandare i festeggiamenti. Non potevo certo chiedere a George di spostare la festa, ormai era tutto pronto, tutti la aspettavano. Nott invece avrebbe dovuto organizzare qualcosa di semplice, per due persone soltanto. Si poteva rimandare.
Imboccai la strada per i sotterranei, iniziai a scendere le scale di pietra fredde e scivolose, saltando due gradini alla volta. Mi scontrai con diversi ragazzini, che mi coprirono di insulti.
Arrivata davanti all’aula di Pozioni, mi fermai, non sapendo bene dove andare. Dov’era la Sala Comune di Serpeverde? Magari avrei potuto aspettarlo all’uscita…
Una forte spallata mi fece cadere a terra. La parolaccia che stavo pensando mi si bloccò in gola, rimasi senza fiato. Mi rialzai in fretta, appoggiandomi al muro e mi voltai.

- Ups. Permesso. – ghignò Pansy Parkinson.

- Tu… razza di… Parkinson, hai visto Nott in giro? – mi affrettai a cambiare tono.

Pansy mi squadrò dall’alto in basso, inarcando le sopracciglia.

- Perché ti interessa saperlo?

- Dovrei parlargli.

- E di cosa? – chiese con aria maliziosa

- Non ti riguarda.

- Allora va pure a cercare Nott da qualche altra parte.

- Questioni scolastiche, mi ha dato ripetizioni di Pozioni.

- Oh, certo.

- Pansy, dov’è Nott?

- Anche se lo sapessi, non credo che te lo direi. – fece un sorriso strafottente. – Pensavo ti piacessero i rossi. Invece ora salta fuori che…

Avvampai.

- Va al diavolo, Parkinson.

Le voltai le spalle e mi diressi verso la Sala Grande. Lì cercai Nott con lo sguardo, ma non lo trovai. Aspettai un paio d’ore. Verso le nove e mezza la Sala si svuotò ed io mi affrettai verso il dormitorio per prepararmi. Decisi di andare all’appuntamento con Nott e stare con lui per un po’, per poi correre alla festa dei gemelli. Chiesi ad Hermione di dire agli altri che sarei arrivata un po’ più tardi, poi finalmente mi avviai verso la statua della strega orba.
Nott tardava ad arrivare. Ironia della sorte, o forse il karma: per una volta che arrivavo puntuale, lui era in ritardo. Nell’attesa sistemai i capelli in una treccia bassa, laterale.
Ad un tratto qualcuno bussò sulla mia spalla, facendomi trasalire.

- George! Che ci fai qui?

- Dimmelo tu! Ti avevo detto che avremmo iniziato per le dieci.

- Non sai che le vere star arrivano sempre in ritardo?

- Per questo io sono ancora qui. – sorrise.

- George, mi daresti una mano?

Fred sbucò da dietro la statua reggendo due grossi involti di carta. George ne prese uno e gli tese la mano, aiutandolo ad uscire dal passaggio.

- Abbiamo fatto qualche spesa ad Hogsmade. – spiegò Fred. – Allora, andiamo?

- Sì… tra mezz’ora sarò in Sala Comune, ho da sistemare alcune cose…

- Che genere di cose? – domandò George, accigliandosi.

- Ehi, io mi avvio. – Fred si allontanò.

- Arriviamo subito. – disse George, senza spostare lo sguardo da me a lui. – Sid, che hai da fare che non possa aspettare domani?

- Ehm…

- Non mi dire che hai appuntamento con Notty. No. Cosa? – spalancò gli occhi vedendo la mia espressione. – Non ci posso credere. Dai buca a noi per stare con…

- Non vi do buca, George! Arrivo presto! Devo ringraziarlo per le ripetizioni e…

- E non puoi proprio farlo domani?

- N-no… è che ci eravamo dati appuntamento qui e non sono riuscita a dirgli che avevo un impegno, non posso dargli buca e basta…

- E allora lo aspettiamo qui insieme, gli dici grazie e ce ne andiamo.

- George! Ci metterò al massimo venti minuti. Se entro mezz’ora non sono tornata mi venite a cercare. Farò presto. Avanti, vai pure.

Mi dispiaceva moltissimo lasciarlo andare così. I sensi di colpa mi tormentavano e mi spingevano a desiderare che la serata con Nott finisse al più presto. Non vedevo l’ora di tornare in Sala Comune, attraversare il varco dietro il quadro della Signora Grassa e lanciarmi tra le sue braccia e dirgli “Sono qui!” e…
Iniziai a tossire, ritornando nella realtà. George mi guardò con aria scettica per un momento. Poi, roteando gli occhi, fece un passo avanti, mi cinse con un braccio e mi schioccò un bacio sull’angolo destro della bocca, senza però sfiorare le labbra.

- Ci vediamo dopo. – disse.

- Okay…

Girò sui tacchi e se ne andò, con passo molleggiato. Come se niente fosse.
Mi portai lentamente la mano al viso, nel punto in cui mi aveva baciata.
Non era stato un gesto casuale, ne ero certa. Ma che voleva dire?
Forse era una specie di avvertimento. Come se avesse voluto dirmi che… lui c’era prima di Nott.
Mi venne da ridere. Ma tutto quello che riuscii ad emettere fu una specie di risolino isterico.
Cinque minuti dopo Nott apparve in fondo al corridoio.

- Alla buon’ora.

Sogghignò.

- È incredibile che tu lo stia dicendo a me.

- Vero? Beh, dove andiamo?

- Seguimi.

Chiacchierammo lungo il tragitto. Il mio corpo si muoveva autonomamente, come se avessi inserito il pilota automatico. Non mi rendevo nemmeno conto di dove ci trovassimo. Ero concentrata sulla conversazione. Ad un tratto ci fermammo.
Eravamo ai piedi della scala a chiocciola che portava in cima alla Torre d’Astronomia.
Un leggero brivido mi percorse ed un dubbio indefinito mi passò per la mente.
Ma Nott iniziò a salire tranquillamente, senza tradire alcuna emozione. Così tirai un sospiro di sollievo, tentando di zittire la vocina nella mia testa che mi diceva di essere prudente.
Non c’era niente da temere. Andava tutto bene. Dovevo stare tranquilla.
Continuavo a ripetermi queste frasi per tranquillizzarmi, ma non mi aiutavano più di tanto.

- Sid, sono solo scale, non mordono, sai? – rise Nott, ormai dieci gradini più in alto.

- Oh… ahah, sì stavo solo pensando. – mi sforzai di sorridere e lo seguii.

Nott mi aspettò davanti alla porta. Con un gesto elegante aprì la porta e mi lasciò entrare per prima. Varcai la soglia. Dalla mia bocca uscì un flebile “oh”.
La stanza era illuminata da una miriade di fiammelle azzurre e verdi sospese per aria, come a formare dei festoni. Il pavimento era coperto da un largo tappeto a forma di cerchio, soffice, decorato da un motivo astratto, i cui colori preponderanti erano il verde e l’argento. Una striscia di luce argentata svolazzava per la stanza, disegnando ghirigori come il nastro di una ginnasta. Più o meno al centro della stanza poggiati su un tavolino di vetro rotondo, c’erano un paio di bottiglie di Burrobirra ed una coppia di calici di vetro.

- Non ho fatto nulla di che, ma mi sembrava il caso di fare qualche modifica…

- È… molto bello. Davvero, Nott.

- Pensavo che ormai ci chiamassimo per nome. – sorrise, stappando una bottiglia.

Versò il contenuto in entrambi i bicchieri, riempiendoli a metà. Poi me ne porse uno.

- Beh… alla nostra?

- Alla nostra. – sorrisi, facendo tintinnare il calice contro il suo.

Chiacchierammo a lungo. Stappammo la seconda bottiglia. Scoprii che non conteneva Burrobirra, ma qualcosa di più forte, che bruciava in gola e mi faceva tossire.

- Ma che roba è? – chiesi tossendo.

- È roba un po’ più forte della Burrobirra – sogghignò – ma se sei troppo delicata di gola me la finisco io senza problemi.

Gli lanciai un’occhiata di sfida.

- Certo. E poi dovrei lasciarti girare ubriaco per Hogwarts cantando l’inno dei Cannoni di Chudley? Non è il caso. – afferrai la bottiglia dal collo e feci due lunghe sorsate.

Ci sedemmo a terra a gambe incrociate. Mi versai altri due bicchieri da quella bottiglia, nonostante non mi piacesse più di tanto. La nostra conversazione iniziò a perdere senso. Ogni tanto scoppiavamo a ridere senza motivo. La testa mi girava, la stanza girava… e non riuscivo a smettere di ridere. Non mi ero mai sentita così prima. Per lo meno, non dopo aver bevuto.
Ad un tratto mi sdraiai a terra, a pancia in su, sul muschio soffice.
Le ultime risatine mi uscirono dalla bocca come un rantolo.

- Credo che possa bastare, per stasera. – rise Nott, togliendomi dalla mano la bottiglia.

- Certo… credo che possa...

Mi girai su un fianco. Chiusi gli occhi. La testa e la stanza smisero di girare.
Sbadigliai. Dovevo andare a letto… nel dormitorio…

- Merda!

Scattai a sedere con gli occhi spalancati e le mani strette intorno alla testa, colpita da una fitta per il movimento brusco.

- Cosa c’è? – chiese Nott, chinandosi vicino a me.

- Che ore sono? – borbottai, tendando di rialzarmi. Ma Nott mi poggiò una mano sulla spalla, tenendomi seduta.

- Perché vuoi saperlo?

- Devo andare…

Riuscii a mettermi in piedi, appoggiandomi alla parete.

- Sid, vuoi già andare via?

- Sì… scusa… ma non ce la faccio più… devo andarmene…

- Aspetta…

Prima che riuscissi ad aprire la porta, mi prese per una mano e poggiò l’altra sul mio fianco.
Come se stessimo per lanciarci in un valzer.
Sbattei le palpebre.

- Nott… ma che fai?

- Sid, ci sto pensando da un sacco. Forse da quando sei arrivata.

Ebbi un vago senso di nausea. Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo. Nott mi cinse con un braccio, poi con l’altro. Tentai debolmente di spingerlo via.

- E Maggio è praticamente alle porte… - continuò, iniziando a chinarsi su di me.

Tentai ancora una volta di staccarmi da lui, ma mi resi conto di non poterlo fare. Le mie gambe erano diventate di piombo. Non sentivo più le braccia.

- Nott… cosa mi hai… -  cercai di chiedere, con voce strozzata.

Iniziai a risvegliarmi dallo stato di torpore in cui ero finita. Un’ondata di odio mi pervase da capo a piedi, una rabbia così intensa e feroce che pensavo avrebbe distrutto l’intera Hogwarts.
Volevo mollargli un pugno e volevo che si sbrigasse, perché quella lentezza era terribilmente snervante. Volevo lanciargli una fattura che lo colpisse in piena faccia e volevo gettarmi su di lui e baciarlo io stessa, perchè finisse presto. Volevo...
Le sue labbra si poggiarono sulle mie, finalmente. Nonostante dentro di me ci fosse un tornado, nonostante stessi per esplodere, il contatto mi raggelò.
Fu un bacio semplice, lungo. Poi me ne diede un altro, più breve, poi un altro ancora. Si fermò un istante per guardarmi negli occhi. Non so cosa vi lesse, ma di certo fraintese tutto, perché si chinò una quarta volta su di me. Le sue labbra mi sfiorarono appena. Rialzò la testa di scatto. Qualcuno stava salendo le scale, in fretta. Immaginai immediatamente chi potesse essere. Nott non si allontanò da me, ma rimase immobile, in quella posizione.
La porta si spalancò ed entrò Fred, sudato, col fiatone. Si chinò un secondo per riprendere fiato, poi rialzò il capo e fissò me e Nott con gli occhi sbarrati.
L’aria divenne gelida. Avrei voluto urlare che non era come sembrava, che io non avevo fatto niente, tirare un calcio a Nott nel basso ventre, forte e scappare via, magari nella Foresta Proibita, scavare una fossa profonda e buttarmici dentro.
Per un istante orribile credetti che Fred se ne stesse andando. Si girò verso la porta, ma subito dopo si diresse deciso verso Nott e prima che potesse spostarsi lo spinse a terra. Io rimasi immobile, pietrificata. Mi guardò con un’espressione atroce, furiosa, forse dolorosa. Come se gli avessi fatto il peggior torto possibile. Poi notò la mia posizione innaturale e la mia immobilità. Allora capì.

- Che cosa…

- L’effetto svanisce nel giro di cinque minuti. – disse Nott, rialzandosi. – Guarda, sta bene.

Fred si voltò di nuovo verso di me. All’improvviso crollai a terra.
Respirai a fondo, poi mi aggrappai alla sua mano tesa e mi tirai in piedi.

- Beh… andiamo.

- Sid, mi dispiace! Volevo solo che tu capissi…

- Capissi cosa, Nott?!

- Sei così… snervante! Mi avresti baciato tu stessa se…

- …se non mi avessi fatto bere Pozione Paralizzante contro la mia volontà e baciata a tradimento?!

- Non è colpa mia se non sai riconoscere le sfumature dorate che la Pozione conferisce…

- È evidente che non sei poi un così bravo insegnante!

- Di’ quello che ti pare, negalo pure se vuoi, ma io ti piaccio quanto tu piaci a me, il tuo atteggiamento è davvero idiota!

- Io sarei idiota? Io… t-tu… va al diavolo, Nott! Ti stai arrampicando sugli specchi! Non puoi avere tutto, chiaro? Sarai anche un genio con una media scolastica mostruosa, un bravo giocatore di Quidditch, perché no, ma stavolta ti sei sbagliato, capito? Sbagliato! Andiamo via, Fred…

Senza farselo ripetere, Fred aprì la porta ed iniziò a scendere velocemente le scale. Lo seguii senza voltarmi.

- Due giorni! Hai due giorni di tempo per renderti conto… - mi gridò dietro Nott.

Scendemmo in fretta. Poi prendemmo la strada per il dormitorio. Per tutto il tragitto, Fred non mi rivolse la parola. Davanti al ritratto della Signora Grassa, sbottò.
 










...Taaaaaaa-daaaaaah!! xD
Il prossimo capitolo è già in costruzione :) a presto ^^


P.S. Auguri e buone vacanze a tutte ;)

 

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Capitolo 11
*** Mistake ***


Undicesimo Capitolo
Mistake

 



- Ma… hai idea… di che diamine hai combinato?

- Io mi rendo a malapena conto di quello che è successo. Non era previsto che… ci baciassimo! O meglio, che mi baciasse! Insomma, dovevamo solo festeggiare… - replicai, nascondendo il viso tra le mani.

Merlino… Nott mi aveva baciata! Non potevo credere che lo avesse fatto davvero.
 

- Certo. Chi si sarebbe mai aspettato una cosa del genere? Dopotutto è solo dall’inizio dell’anno che Nott è pazzo di te.

- Non è… pazzo di me…

- Sid! Insomma, basta! A che serve continuare con questo finto atteggiamento ingenuo? – esclamò esasperato.

Ci scambiammo una lunga occhiata.
 

- Bene. E ora che si fa?

- Ah, non so te, ma io non vedo l’ora di vedere la faccia di George quando saprà cosa è successo. – commentò sarcastico, amareggiato.

Spalancai gli occhi.
 

- Tu non devi dirglielo.

- Infatti. Tu devi dirglielo.

- Oh, no. Non… lui non può saperlo.

- Sid, ascolta.

Si pose davanti a me, poggiando saldamente le mani sulle mie spalle, guardandomi dritto negli occhi. Per una volta nella sua vita, assolutamente serio.
 

- È… impossibile. Che non venga a saperlo. E la cosa migliore che possiamo fare è evitargli una brutta sorpresa. Tu devi dirglielo.

- Ma a che scopo?! Dopotutto… è stato una specie di incidente! Cosa otterremmo? Cosa…

Mi presi la testa tra le mani, sedendomi a gambe incrociate sul freddo marmo. Non riuscivo minimamente ad immaginare la sua reazione. Se la sarebbe presa con me? o con Nott? Magari lo avrebbe picchiato? No… sarebbe stato come ammettere che Nott lo aveva in qualche modo colpito. Forse lo avrebbe tormentato con tutto il suo repertorio di scherzi, con la scusa di fare pubblicità alla ditta Weasley. E forse non mi avrebbe più rivolto la parola.
 

- Ma io cosa ho fatto di male? – sbottai, seguendo il filo dei miei pensieri. – Ho sbagliato solo a fidarmi di Nott! Non era certo mia intenzione…

Fred mi tese una mano. Alzai la testa e lo fissai. Senza abbassare lo sguardo mi aggrappai a lui e mi tirai su. Mi strinse le spalle con un braccio. Poi sorrise e mi diede un bacio sulla guancia, ricordandomi di quella volta nei sotterranei, quando io stessa gliene avevo dato uno e lui mi aveva guardato confuso…
 

- Le serpi sono disposte a tutto per ottenere ciò che vogliono. Non è stata colpa tua. Avanti, Sid. Andrà tutto ok. Bisogna dirglielo perché lo riguarda. Andiamo.

Mi sforzai di sorridere.
 

- Però non stasera. Ok?

- Ok.

- Pensi di riuscire a non far trapelare niente?

- Per una sera sì.

Sospirai. Svegliai la Signora Grassa, che si irritò notevolmente per averla svegliata a quell’ora, dissi la parola d’ordine ed entrai in Sala Comune insieme a Fred. George naturalmente era al centro del gruppo che raccontava qualche aneddoto esilarante sulla campagna promozionale dei Tiri Vispi.
 

- …non vi dico la faccia che ha fatto quando Fred ha iniziato a vomitare davanti a lui, sembrava che non avesse mai visto nulla di più straordinario che… Oh, finalmente! Dove eravate finiti? – esclamò vedendoci entrare.

Forse era il caldo della Sala Comune, forse perché ero ancora scombussolata. I capelli scompigliati e l’aria accaldata, l’espressione spensierata e sincera, la sua aria involontariamente dolce, mi travolsero. Il tempo si fermò. Esistevano solo il suo sorriso, il suo sguardo insolitamente affettuoso, la sua allegra inconsapevolezza. Fred e George non erano certo tipi da sorridere in quel modo. Però in quel momento lo stava facendo, davanti a me, ed era così strano… quasi stordente…
 

- Sid, dovrai provarle anche tu prima o poi, il vomito che producono quelle pasticche è di una tonalità di verde mai vista prima!

Ecco. Fine dell’incanto, fine delle mie fantasticherie ad occhi aperti. Il tempo aveva ripreso a scorrere vorticosamente, ed anche la stanza aveva iniziato a girare. Katie Bell girava, Angelina, Lee… c’era la musica di quel gruppo rock che a loro faceva impazzire…
 

- Sid, non ti vedo concentrata.

George mi si parò davanti, fissando i suoi occhi nocciola nei miei. Aveva recuperato la sua espressione scaltra e indolente. Non c’era più neanche l’ombra di quel sorriso tenero e vulnerabile che gli avevo visto sulla faccia poco prima. Era durato una frazione di secondo.
 

- Concentrata?

- Sulla festa. Mi sembri assente. Qualcosa non va?

Mi guardai intorno, come per analizzare la situazione.
 

- Mmmh… direi che può andare.

- Speravo in qualcosa di più. La festa è per te.

Rieccolo, il suo sorriso tenero! Ma anche stavolta durò per un attimo, forse meno.
 

- …è per me? – risposi con qualche secondo di ritardo, concentrata com’ero alla ricerca di quel lampo che gli aveva attraversato il viso.

- Sì. Per ringraziarti di essere stata una degna Grifondoro qui ad Hogwarts.

- Io… cosa? No, no, sono io che devo ringraziarvi, io ho adorato, adoro stare qui! Voi siete…

- Fermi tutti! – George alzò le braccia e la musica si fermò, tutta la Sala Comune si fermò ad ascoltare. – Sidera vuole fare un discorso!

- Comecosa? No! No, no, no, George, non fare lo stro…

Ma la folla ormai, tutta esaltata, mi incitava a continuare.
Lanciai un’occhiataccia a George, che sogghignava facendomi segno di parlare. In realtà gli ero grata. In qualche modo, prima o poi, avrei dovuto farlo. Forse lo aveva capito prima di me. Meglio farlo adesso, che la data della partenza era ancora un po’ lontana. Mi schiarii la gola e mi rivolsi alla Sala Comune, incrociando lo sguardo un po’ con tutti.

 

- Ci sono talmente tante cose di cui potrei parlare… tantissimi motivi per dirvi grazie… non credo di esagerare se dico che questa esperienza mi ha cambiato la vita. Insomma… siete stati grandi. Vorrei poter prolungare questo sogno all’infinito… - la mia voce già cominciava ad incrinarsi e la mia vista ad offuscarsi per le lacrime.

George mi diede una gomitata e mi porse un fazzolettino roteando gli occhi, come esasperato dalla mia emotività, ma con un sorriso – quel sorriso – stampato sulla faccia, provocando una risata generale che smorzò un po’ la drammaticità del momento. Risi anche io, ormai gocciolante, soffiandomi il naso.
 

- Insomma – ricominciai, dopo essermi ripresa – è stato incredibile, lo ripeterei mille volte. E naturalmente spero di tornare spesso a trovarvi, intanto casomai voleste venire in Italia vi assicuro che abbiamo alloggi per gli ospiti comodissimi, alla Insula Incantii, e sarete sempre i benvenuti. Thank you so much!

Quasi subito scoppiai di nuovo a piangere e ridere nello stesso tempo. Abbracciai un po’ tutti molto forte, e la festa riprese. Ricominciò la musica, la stanza riprese a girare…
 

 
*

 

- Sveglia Sid. La festa è finita.

Una voce lontana, proveniente da un altro universo, mi chiamava. Il vento forte mi dondolava sull’amaca, a tratti in maniera più brusca. Ad un tratto con un forte strattone l’amaca si spezzò ed io piombai a terra, sul tappeto rosso ed oro della Sala Comune di Grifondoro.
Mi stropicciai gli occhi, sbattei le palpebre, confusa.

 

- Possibile che sia sempre io a trovarti addormentata in Sala Comune? – rise George.

Mi guardai intorno. Avevo confuso il sogno con la realtà per qualche secondo.
La Sala era vuota. La festa doveva essere finita da un pezzo. Chissà che ore erano…

 

- Sono le due del mattino. Ehi? Mi segui?

Feci segno di sì con la testa, ancora troppo stordita per parlare.
 

- Bene. Sei crollata sul divano verso la fine della serata, ormai ce ne stavamo andando tutti… io sono risceso giù poco fa e ti ho ritrovata qui. Sai che dormivi nella stessa posizione dell’altra volta?

- Mmh. Uau… - replicai con poco entusiasmo, ancora assonnata.

- Forse è il caso che tu vada a dormire. – constatò.

- Sei una volpe, George – risposi comprendo uno sbadiglio con la mano. Poi gli sorrisi. – è stata una bella serata. Grazie.

- Non c’è di che. Hai intenzione di dormire sul pavimento? – mi tese la mano ed io, aggrappandomi a lui, mi tirai in piedi di scatto, quasi cadendogli addosso.

- Non mi dire che ci stai provando… – sogghignò.

- Scemo. – gli mollai uno scappellotto, ridendo. Poi lanciai un’occhiata agli scalini che portavano ai dormitori, sentendo nello stesso tempo le mie gambe pesanti come piombo. – Forse non mi dispiace dormire sul pavimento… il tappeto è abbastanza soffice.

- Credo che in quell’angolo abbiamo fatto le prime prove con le Pasticche Vomitose.

- Bene, cosa aspettiamo a salire? – replicai, tutto d’un tratto sveglia e scattante.

 Mi offrì il braccio:
 

- Andiamo?

Ci fermammo al solito bivio. Mi guardai intorno: eravamo soli, nella penombra. Attraverso i vetri della finestra filtrava la debole luce lunare. Il mio ritmo cardiaco accelerò. Deglutii piano. Mi alzai sulle punte per dargli il bacio della buonanotte, quando ad un tratto un’immagine catastrofica fece irruzione nella mia testa, seguita a ruota da altri ricordi, paralizzandomi a metà strada: i baci di Nott, Fred che mi diceva “Andrà tutto bene”, il sorriso di George. Che in quel momento mi guardava come se avessi un vaso di Tentacula Velenosa in testa.
 

- Cosa c’è?

- Niente. – mi affrettai a rispondere, e gli schioccai un bacio sulla guancia. Mi volsi verso il dormitorio, ma mi fermai subito dopo. Quando mi sarebbe ricapitata un’occasione del genere? Così mi girai di nuovo verso di lui, e dicemmo contemporaneamente:

- C’è una cosa che non sai.

Il mio cuore perse un battito.
 

- Cosa? – dicemmo di nuovo insieme. E poi ancora:

- Prima tu.

George rise, io emisi una risatina nervosa e lievemente isterica.
 

- Prima tu, insisto. – lo esortai.

- D’accordo. Dunque… come ben sappiamo, a breve tornerai alla tua scuola.

Lo stomaco mi si strinse.
 

- Ma quello che non sai è che, in realtà, noi… ci dovremo salutare un po’ prima.

Provai l’istinto di lanciarmi dalla finestra.
 

- Che vuoi dire?

- Voglio dire che io e Fred lasceremo la scuola un po’ prima. È quello di cui parlavo tempo fa… ricordi? La situazione qui è insostenibile e…

- Quando? – lo interruppi.

- Tra due settimane, più o meno.

- È proprio necessario? Voglio dire… che senso ha?

Aprì la bocca, ma prima che sparasse qualsiasi scusa ricominciai a parlare.
 

- Cosa ti costa rimandare? Insomma… io mi sento morire ogni volta che penso al giorno della partenza, invece tu… tu te ne vai, mi molli qui tra due settimane! – quasi gridai, furiosa.

- Sssh, abbassa la voce! Non è così semplice. Abbiamo un programma che dobbiamo rispettare. Poi sarà troppo tardi, sarebbe un casino. Abbiamo già rimandato la partenza due volte. Dovevamo andarcene prima delle vacanze di Natale, ma…

- Ma cosa? No, non dire niente. Lascia stare. Buon viaggio.

- Sid, non fare così...

Mi fiondai sulle scale, aprii in fretta la porta del dormitorio e mi sedetti ai piedi del mio letto, nascondendo il viso tra le braccia. Che si trattasse di nuovo del karma? No, stronzate, io non avevo fatto nulla di male. Tranne forse l’aver dedicato troppo tempo a Nott. Se mi fossi concentrata solo su George forse saremmo stati insieme. O forse no. A George non sarebbe piaciuta una ragazza pressante. Non era colpa sua, dopotutto, anche se cercavo di attribuirla tutta a lui. Anzi, sì! perché cavolo doveva partire? Non poteva semplicemente sopportare un po’ la Umbridge, come facevano tutti? Forse c’era qualcosa di più grande, dietro. Magari aveva problemi in famiglia. Chi poteva immaginarlo. Fred! Ma certo! Fred poteva! Fred doveva sapere tutto! L’indomani sarei andata a parlare con lui. Ma se George non mi aveva detto nulla, come potevo pretendere che Fred lo facesse? In effetti non gli avevo dato tanto tempo per spiegarsi…
Mi rialzai in piedi e mi spogliai in fretta. Mi gettai di traverso sul letto, fissando il baldacchino rosso.
Un batuffolo di polvere cadde quasi sulle mie labbra, lo spinsi via con un soffio.
Mi portai la mano alla bocca, come per controllare che fosse tutto apposto. Seguii il contorno delle mie labbra con due dita. Nott mi aveva baciata. Forse perché aveva ancora un briciolo di dignità, non aveva nemmeno messo la lingua. Avvampai e mi coprii la faccia col cuscino.
Stupido Nott… perché usare una la Pozione? Per insicurezza?
Le serpi sono pronte a tutto per ottenere ciò che vogliono…
In ogni caso, con me aveva chiuso. Pensavo che si sapesse controllare, invece si era dimostrato egoista e volubile come un bambino. Anche se c’era stato persino un istante, a metà tra il momento in cui volevo ucciderlo e quello in cui mi aveva baciata, in cui lo avevo trovato dannatamente attraente e avrei voluto rispondere e abbandonarmi alla sensazione di oblio del momento. Ma era durato un istante, non di più.

 

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Capitolo 12
*** Let go ***



Dodicesimo Capitolo
Let go
 


Mi svegliai di pessimo umore. Inizialmente non ricordavo neppure per quale motivo mi sentissi così mal disposta verso il mondo e non riuscivo a spiegarmi la mia irritabilità. Poi, ormai in piedi, pronta ad affrontare la lezione di Incantesimi, mi affacciai per un momento alla finestra del dormitorio e vidi una testa rossa attraversare il giardino del castello. Da quella distanza non avrei saputo riconoscere uno dei membri della famiglia Weasley, ma quella breve visione aveva richiamato alla memoria una serie di flashback piuttosto recenti.
Insieme ad altrettanti motivi per prendere a testate il muro di pietra del dormitorio e rimettermi al sicuro sotto le coperte seduta stante.
Stavo giusto prendendo in considerazione l’idea di lanciarmi dalla torre di Astronomia, quando Hermione Granger entrò nella stanza.
 

- Sid, che fai ancora qui? Non sei scesa a fare colazione?

- Uh… no, ho preferito dormire ancora un po’… stavo per venire giù.

- Andiamo insieme, allora. Ero tornata su per prendere i miei libri.

Ci avviammo per le scale. I nostri passi rimbombavano per i corridoi quasi vuoti. Mancavano pochi minuti all’inizio delle lezioni. Essere in ritardo, per me, non era una novità. Ma per Hermione sì. Perché non era già in classe a ripassare la lezione del giorno come sempre, da studentessa diligente quale era? Certo, poteva capitare  a tutti di dimenticare i libri in stanza, persino a lei. Ma perché ora non stava correndo precipitosamente verso l’aula, ma passeggiava piuttosto tranquillamente affianco a me? La guardai di sottecchi e mi accorsi che anche lei mi guardava di sbieco. Alzai le sopracciglia e lei spostò lo sguardo. Tossicchiò. Poi attaccò discorso:

- Dunque… è stata carina la festa di ieri sera, no?

- Sì. – mormorai, sentendo lo stomaco contrarsi. – davvero bella.

- Un bel pensiero da parte di Fred e George, vero?

- Mmh.

Eravamo quasi arrivate. Allungai il passo, ma Hermione rimase indietro. Mi parve che rallentasse.
Attesi che mi raggiungesse. Prima che ricominciassi a camminare, riprese:

- Sai, conosco i Weasley da quando sono entrata ad Hogwarts… sono tutte persone fantastiche. Anche loro, Fred e George… sì, insomma, a volte sono proprio idioti…

Mi sorrise, come sperando che sorridessi anche io. Un po’ scoraggiata dalla mia mancanza di reattività, continuò:

- Ma sono dei gran... dei bravi ragazzi. Non farebbero mai del male ai loro amici. Al contrario, sono davvero leali e… l’avrai capito, ti vogliono un gran bene.

Roteai gli occhi. Si stava avvicinando al nocciolo della questione.

- Dove vuoi arrivare, Hermione? O meglio, dove vogliono arrivare quei due?

Sospirò, spazientita.

- Mi hanno detto di spiegarti che c’è un valido motivo per spiegare perché faranno… quello che faranno. Non mi hanno detto di cosa si tratta e non oso immaginare... - corrugò la fronte, immersa nei suoi ragionamenti. - E che l’ultima cosa che vorrebbero fare è ferirti, che hai sconvolto un po’ i loro piani… non hanno usato proprio queste parole, ma suppongo che il concetto fosse quello…

- E che parole hanno usato di preciso?

- Oh, qualcosa come “spiegalo tu, Hermione, sei brava con le parole”.

- Capisco…

- Davvero Sid, puoi fidarti.

D’accordo, potevo fidarmi.
Però non mi andava bene lo stesso. Non volevo che mi lasciassero proprio quando più avevo bisogno di loro, anche se questo mi faceva sentire un po’ egoista. Non avevo ancora capito bene quali fossero i sentimenti di George per me. Magari per lui era tutto un gioco, il bacio all’angolo della bocca, le prese in giro a me e Nott… ma io non riuscivo a immaginare come sarebbe stato tornare alla mia vita di prima, senza di lui. L’idea era insopportabile. Mi sentivo crollare al solo pensiero. E mi rimanevano solo due settimane per stare con lui.
Mi sorse un altro dubbio. Come comportarmi? Dovevo dirgli di Nott? …Sì, ovviamente. Se non lo avessi fatto io ci avrebbe pensato Fred.
Ma poi? Ogni minima possibilità con lui sarebbe crollata?
Sospirai forte. Magari con un po’ di fortuna avrebbe continuato a rivolgermi la parola. Ma sarebbe stato divertente e spontaneo come sempre?
Forse dovevo rinunciare. All’idea di avere una storia con lui. Dopotutto mancavano due sole settimane. Se non fossi stata corrisposta, avrei rovinato tutto. Meglio lasciar perdere e godermi la loro amicizia. Anche se in realtà non mi sembrava che bastasse.
Hermione mi sventolò una mano davanti alla faccia, riscuotendomi dai miei pensieri.
Entrammo nell’aula. Prestai ben poca attenzione al professor Vitious, quella mattina.
All’uscita dall’aula un ragazzino del primo anno, con la divisa di Serpeverde, mi ficcò in mano un biglietto e se ne andò senza darmi il tempo di replicare. Diceva:
Torre di Astronomia, appena leggi il messaggio.
T.N.
Ah! Bene. Ma certo, milord, ai suoi ordini. Che diamine voleva dire? Quel tono autoritario non mi piaceva per niente. E purtroppo per lui, in genere, dal momento in cui mi si imponeva di fare qualcosa, mi passava immediatamente la voglia di farlo.
E poi cosa gli saltava in mente? Non gli avevo detto più che espressamente che doveva andare all’inferno? Non doveva azzardarsi a rivolgermi la parola. Ecco.
Motivo per cui poteva benissimo trascorrere il resto della sua giornata nella Torre di Astronomia da solo. O a farsi fottere. Come preferiva.
Stracciai il biglietto e decisi di non pensarci più. Basta, Nott era un capitolo chiuso.
C’era una questione più urgente da sistemare.
A pranzo mi ingozzai velocemente nella Sala Grande. Non potevo fermarmi a lungo, dovevo ripassare diverse materie approfittando di tutto il tempo a mia disposizione. Cercai Fred e George con lo sguardo, ma non li trovai. Decisi che avrei approfittato della prima occasione per parlare chiaro con entrambi. Intanto, in Sala Comune, i libri di Trasfigurazione mi aspettavano.
Sulle scale mi scontrai con Neville. Si scusò balbettando un paio di volte e prima che me ne andassi mi disse che Fred o George mi cercava, dalle parti della Sala di Grifondoro. Non avrebbe saputo dire chi dei due.

- E di che umore era? – gli chiesi.

- Non saprei… come sempre, credo… forse un po’ più serio del solito…

Deglutii. Fred voleva ricordarmi di parlare con George? O aveva già vuotato il sacco e George voleva chiedere spiegazioni?
Salii i gradini a due a due. Mi fermai solo davanti al ritratto della Signora Grassa.
Dunque. Cosa avrei trovato dietro il passaggio? La fine di un’amicizia o l’inizio di una storia, magari? O forse tutti i miei problemi che mi aspettavano a braccia conserte, battendo i piedi a terra, impazienti di essere risolti?

- Fortuna maior. – dicemmo all’unisono io e qualcun altro.

Mi voltai. Era proprio lui, capelli rossi, sorriso sardonico e sornione e tutto il resto.
Non fece in tempo a salutarmi con un “hey” che gli saltai praticamente addosso, cingendogli la vita con le braccia, aggrappandomi a lui stretta stretta, in una sorta di placcaggio di rugby.
Per un attimo sembrò paralizzato dallo stupore. Poi riprese la sua espressione abituale e disse imperturbabile:

- Sid, finirai per sciuparmi. Ti dispiacerebbe lasciarmi respirare?

A malincuore, poco a poco, sciolsi il mio abbraccio. Non avevo potuto farne a meno. Non volevo che se ne andasse, non volevo… come avrei potuto accettare un’esistenza senza George? Senza le sue battute e quel suo sorriso che mi mandava fuori di testa…

- Beh… che fai da queste parti? – cominciai, ancora visibilmente triste, tentando di distogliere la sua attenzione da quell’abbraccio improvviso.

- Ho un po’ di tempo libero. Dovevo vedermi qui con Fred, ha detto che dovevamo fare una chiacchierata.

Un primo campanello d’allarme iniziò a squillare furiosamente.

- Che tipo di chiacchierata? – domandai cautamente.

- Non saprei. Credo che abbia qualcosa di interessante da dirmi. Ah, aveva detto che se ti incontravo per strada avrei dovuto farti venire con me….

Partì un secondo allarme, più deciso e squillante del primo.

- Ed ora… Fred è in Sala Comune?

- Credo di sì.

- Aspetta qui, non muoverti.

Attraversai il passaggio e attesi che si richiudesse dietro di me per assicurarmi che George non mi seguisse, poi mi precipitai nella stanza, cercando Fred con lo sguardo.

- Tu! – esclamai vedendolo.

- Oh, Sid, ti cercavo. – disse sorridendo. Passò un pacchetto ad un ragazzino e contò scrupolosamente le monete che  ricevette in cambio. Le ripose in tasca, facendole tintinnare.

- Fred, mi serve più tempo.

- Prima glielo dici, meglio sarà per tutti. Lo sai anche tu.

- Sì, ma ora non posso. Devo ancora decidere bene come dirglielo.

- Dirmi cosa?

George entrò nella stanza, il suo solito sorriso stampato sulla faccia.

- Scusa Sid, mi annoiavo fuori. – spiegò – Allora, che devi dirmi?

- Io? Dovevo dirti che… va bene. Cioè… mi dispiace di aver reagito male ieri sera, capisco che ci deve essere un motivo valido perché voi… insomma... – iniziai a parlare velocemente, incespicando nelle parole, inventando.

George si finse toccato.

- Quanta tenerezza. Sono contento che si sia risolto tutto, Sid. – sorrise e mi abbracciò.

Avevo le lacrime agli occhi. Poggiai il mento sulla sua spalla e pregai Fred con lo sguardo. Lo vidi incerto per un attimo, poi annuì.
Chiusi gli occhi, sollevata. Poi George sciolse l’abbraccio.

- Vado a prendere dei libri. – li salutai in fretta, cercando di non farmi vedere in faccia.

Corsi in dormitorio ed aspettai che mi passasse.
Camminai avanti e indietro per la stanza, lo sguardo rivolto verso il soffitto, facendomi aria con le mani per asciugarmi gli occhi. Dopo aver controllato in uno specchio di avere un aspetto normale, raccolsi i libri dal baule, li strinsi in una cinghia e corsi a lezione di Erbologia.
La lezione parve interminabile. La serra era un luogo piacevole in autunno, quando la pioggia picchiettava delicatamente sui vetri e il tepore riscaldava le estremità congelate dal freddo esterno. Ma sotto il sole di Aprile l’aria diventava pesante ed irrespirabile. Dopo due soli minuti avrei voluto gettarmi nell’acqua del Lago Nero. La professoressa Pomona Sprite si aggirava tra gli studenti asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto.
Finché ad un certo punto decise che avremmo ripreso il lavoro l’indomani, quando il sole sarebbe stato meno cocente grazie ad una massa nuvolosa proveniente dalla Manica. Attraversai il giardino, respirando a pieni polmoni l’aria pulita esterna. L’ultima lezione della giornata mi aspettava. Finalmente… non ne potevo più di muovermi da un punto all’altro del castello. Controllai la mia agenda.
La lezione di Piton sarebbe cominciata entro dieci minuti.
 
 

*

 

- Bene… passabile… molto bene signor Malfoy…

Il professor Piton diede un’occhiata di sufficienza alla mia pozione Antilupo ed annuì con un impercettibile cenno del capo. Tirai un sospiro di sollievo. Finalmente era finita. Ero libera di rinchiudermi nel bagno delle ragazze per il resto della giornata e nascondermi da Fred, che non aveva del tutto digerito il modo in cui mi ero comportata. Ero sicura che avrebbe escogitato un modo per farmi cadere in una trappola, mettermi alle strette e costringermi a confessare tutto.

- Nott… da lei mi sarei aspettato qualcosa di più... Comunque sia, il suo lavoro è indubbiamente migliore di quello di molti altri studenti di questa classe…

Piton passò oltre. Con la coda dell’occhio sbirciai verso Nott. Fissava con aria assente il suo calderone. Ad un tratto Malfoy gli diede una gomitata.

- Ma che ti è preso? – lo sentii dire.

- Ho sbagliato l’ordine di alcuni ingredienti, un errore di distrazione.

- Sarà meglio che ricominci a concentrarti. Stai calando in tutte le materie.

Nott non reagì.

- Hey. Allora? – sbottò Malfoy, spazientito.

Nott continuò a ignorarlo, ma alzò lo sguardo. Incontrai i suoi occhi.
All’inizio vi lessi smarrimento. Poi, poco a poco, la sua espressione si indurì. Distolsi lentamente lo sguardo, con un leggero brivido.

- Siete liberi di andare. – ci congedò Piton.

Radunai in fretta le mie cose, presa da una strana impazienza, ma rovesciai alcuni libri e dovetti chinarmi a raccoglierli.

- Tranne lei, signorina De Simone. – aggiunse Piton, senza alzare lo sguardo dalla pergamena su cui scriveva. – E lei, Nott.

Sollevai di scatto la testa, mancando per un pelo il banco di legno. Fissai Piton con gli occhi sbarrati, poi spostai lo sguardo su Nott, che mi guardava allibito.
Ficcai velocemente tutte le mie cose in borsa e la richiusi. Mi sedetti sul banco in attesa, puntando lo sguardo sul pavimento.

- Qui. – Piton fece cenno di avvicinarsi alla cattedra.

A passi lenti e strascicati, Nott ed io arrivammo davanti alla cattedra, più distanti possibili l’uno dall’altra. Piton continuò a scribacchiare sulla pergamena per un po’. Poi finalmente alzò il capo.

- Signor Nott, vorrebbe gentilmente ricordarmi la sua media scolastica in Pozioni degli ultimi tre anni? – domandò.

- Eccellente, signore.

- Molto bene. Ora vorrebbe dirmi gli ultimi tre voti che le sono stati assegnati in questa materia?

- Scadente, Desolante e Accettabile, signore. – rispose Nott, riluttante.

- Precisamente.

Spostò lo sguardo da me a lui un paio di volte, come se si aspettasse una spiegazione.

- Io non tollero che il mio studente migliore di punto in bianco passi dalla votazione più alta a quella più bassa. – scandì lentamente – Entro la prossima lezione lei dovrà aver recuperato ogni carenza. Può andare.

- Sì, signore.

Prese alcuni libri dal banco ed uscì dall’aula. Piton attese che la porta si richiudesse, poi mi fissò negli occhi, glaciale.

- Non ho alcuna intenzione di entrare nelle faccende private dei miei studenti. Non ho mai avuto questo interesse e mai lo avrò. Tuttavia… se queste vengono ad interferire con l’apprendimento dei miei migliori alunni, – calcò fortemente sulle sue ultime parole – è mio dovere… preoccuparmene…

- Professore, io davvero non…

- Non finga di non rendersi conto della situazione, lei sa perfettamente di essere il principale motivo di distrazione…

- Ma io...

- Ma di certo saprà cosa fare per rimediare. – ribatté alzando la voce. - Altrimenti dovrà farsi venire in mente qualcosa. Da questo momento in poi ne andrà della sua media scolastica. Non le permetterò di prendere un solo “Oltre Ogni Previsione” se il signor Nott non riuscirà a recuperare.

Lo guardai allibita.

- Ma è… è ingiusto!

- È libera di andare. – tagliò corto.

Mi trattenni a stento dallo sbattere la porta, uscendo dall’aula. Corsi più in fretta che potevo sulle scale, stufa dell’aria fredda e viziata dei sotterranei, lanciando di tanto in tanto una parolaccia.
Finalmente oltrepassai il portone, lasciandomi alle spalle quei corridoi tetri. Appoggiai le spalle al muro e tirai un sospiro di sollievo.

- Sid.

Mi guardai intorno. Nott comparve dalla porta da cui ero appena passata. Troppo stanca per la corsa, non pensai minimamente ad andarmene. Dissi semplicemente:

- Sì?

- Perché non sei andata alla torre di Astronomia?

- Perché non voglio parlare con te.

- Lo stai facendo, ora.

- Tra un minuto avrò ripreso abbastanza fiato da rimettermi a correre.

Scosse la testa.

- Sei incredibile.

- No, tu lo sei. La tua media improvvisamente si abbassa ed io devo pagarne le conseguenze.

- La mia media scolastica non ti riguarda affatto!

- Vallo a dire al tuo prof. preferito.

Mi fissò, interdetto.

- Mi dispiace. – disse infine.

- Anche a me.

Ripresi a camminare.

- Per tutto. Mi dispiace per come sono andate le cose. – riprese, seguendomi a passo svelto –Ma resto convinto del fatto che io e te dovevamo stare insieme.

- Credici. – replicai, un po’ sconcertata per il fatto che per la prima volta avesse esposto esplicitamente la situazione.

Sembrò sul punto di replicare qualcosa, ma poi rimase in silenzio, continuando a seguirmi. Infine dichiarò:

- È per i Weasley, vero?

- Oh, Merlino! Nott, non sono affari tuoi. – esclamai, puntando i piedi.

- È un mio diritto sapere almeno il perché!

- Tu… a te non spetta alcun diritto. No, perché no. Chiuso.

- Se credi che ti lascerò andare così…

- D’accordo, ascolta.

Sospirai e lo guardai negli occhi.

- Nott… tu non hai niente, capito?, niente che non va. È questo il problema.

Mi guardò con aria interrogativa.

- La perfezione non fa per me, Nott. Voglio un ragazzo semplice e alla mano, che commetta idiozie, che viva con il sorriso ogni giornata… che sappia farmi ridere quando ne ho bisogno… che mi faccia andare fuori di testa con stupidi scherzi o prese in giro… ma che capisca anche quando ho semplicemente bisogno di sentirlo vicino a me.

- Ne parli come se lo avessi già trovato.

Non risposi. Nott fece una specie di sorriso triste.

- Beh, allora… casomai ti rendessi conto di quello che stai perdendo, mandami un gufo. Ma non ti assicuro che mi troverai ad aspettarti a braccia aperte.

- D’accordo. Ciao Theo.

- Ciao Sid.

Prendemmo direzioni opposte. Ci salutammo con un cenno della mano prima di svoltare l’angolo e ci perdemmo di vista. 























Ehilà! ecco che mi ritrovo a postare il dodicesimo capitolo a l'una di notte meno un quarto :'D mai sentito dire "Maggio, studente fatti coraggio"? ecco, diciamo che posso riassumere in queste quattro parole la mia situazione xD
In compenso questo capitolo è abbastanza lunghetto :) Grazie a tutte per le recensioni, le ho lette tutte anche se non vi ho ancora risposto, ma spero di riuscire a farlo presto :)
Capitoli 13 e 14 già in costruzione ^^ al più presto possibile!! :*

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Capitolo 13
*** Something ***




Tredicesimo Capitolo
Something

 


Ero piena di pensieri. Mi sentivo in parte sollevata per aver chiarito definitivamente con Nott, o almeno così pareva. Era come se finalmente fossi riuscita a sciogliere un nodo che si era stretto e ingrossato sempre di più col tempo.
Dall’altra parte c’era ancora una questione da risolvere, un pensiero che non mi dava pace. Prima o poi Fred mi avrebbe costretta a vuotare il sacco, ma speravo il più tardi possibile.
Ormai erano passati sei giorni da quando gli avevo chiesto di rimandare.
Andai a sedermi in giardino per godermi le prime ore del mattino fresco ed ancora umido di rugiada, prima dell’inizio delle lezioni, sulla riva del lago, dove mi rifugiavo ogni volta che avevo idee e pensieri confusi. Mi sfuggì un sorriso, pensando a quello che aveva detto George un paio di giorni prima. Aveva detto che prima o poi la testa mi sarebbe esplosa e che quando sarebbe accaduto avrebbe preferito non trovarsi nei paraggi: non ci teneva ad essere investito da tutta la mia follia repressa in una volta sola.


- Cosa intendi per follia repressa? – avevo chiesto.
-
Intendo tutti quei pensieri che ti fanno assumere quell’espressione. Ecco, questa, vedi?

Aveva spostato con due dita il mio viso, orientandolo davanti  a uno specchio. Inizialmente il riflesso mi aveva restituito la mia immagine. Poi il mio naso aveva assunto proporzioni terrificanti, i miei capelli erano diventati di un tristissimo verde vomito ed il mio collo si era allungato a dismisura. Mi ero lasciata scappare un urlo, che avevo tentato di soffocare tappandomi la bocca con la mano. George era scoppiato a ridere a crepapelle e la serata si era conclusa con un selvaggio inseguimento, accompagnato dagli insulti più fantasiosi che conoscevo.
Il mio sorriso si allargò.
Sentii bussare sulla mia spalla. Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con Fred.

- Mi fa piacere vederti di buonumore.

Mi rabbuiai un po’. Sentivo che era venuto con un’intenzione precisa. Non risposi.
- Ti dispiacerebbe farmi un favore? – proseguì.
-
Che genere di favore? – chiesi sospettosa.
-
Dovresti venire con me in Sala Comune.

Feci un respiro profondo ed abbassai gli occhi.
-
Non ti impegni neanche più a cercare di incastrarmi.
-
Se avessi deciso di impegnarmi a… incastrarti, Sid, a quest’ora avresti già detto tutto a George. Non mi interessa fregarti in qualche modo, devo solo convincerti a fare la cosa giusta. Oltretutto… devi davvero venire in Sala Comune. George ti cerca.
-
Come mai? – chiesi senza alzare lo sguardo. Iniziai a strappare fili d’erba intrecciandoli alle mie dita.
-
Gli ho detto che avevi qualcosa da dirgli.

Sollevai di scatto la testa e lo fissai allibita.

- Ma Fred!
-
O lo fai tu o lo faccio io.
- Accidenti Fred! Mi prendi per i fondelli?
-
No, anzi, mi sembra di essere abbastanza esplicito. – replicò tranquillo.
-
Maledizione! – gridai, calciando l’erba.

Fred mi guardò inarcando un sopracciglio.

- Forse prima dovresti darti una calmata.

Risposi con un’occhiata stralunata. Forse la mia follia compressa stava per scoppiare fuori.

- D’accordo. Io vado. – dissi infine, dopo essermi ripresa.

Ma rimasi immobile. Fred alzò gli occhi al cielo.
- Allora vado io.

E si avviò a grandi passi verso il castello. Lo seguii con lo sguardo, finchè non iniziò a correre. Allora mi lanciai anche io al suo inseguimento. Mi precipitai dentro il castello. Mi guardai intorno in fretta, cercando di scorgere la sua testa rossa nella folla che riempiva i corridoi.
Lo vidi svoltare un angolo e gli corsi dietro, scontrandomi con gruppi di studenti ed investendo ragazzini del primo anno. Ad un tratto inciampai e cercai di non cadere appoggiandomi alla parete, ma quando alzai la testa lo avevo ormai perso di vista.
In panico, iniziai a cercarlo freneticamente con lo sguardo, senza riuscire a individuarlo da nessuna parte. Vidi Hermione e mi precipitai a chiederle se lo avesse visto andare in direzione della Sala Comune.


- Fred? No, non mi sembra di averlo visto passare… però poco fa ti cercava George.
-
George? E dov’è ora?
-
Credo in Sala Comune… ah, mi ha detto di dirti che c’è una cosa importante che devi sapere e che…
-
Grazie Hermione, devo andare. – replicai in fretta.
-
No, no aspetta, ha detto che è importante! Ha detto di dirti che gli dispiace per come sono andate le cose, sai, l'altra volta, e che vuole farsi perdonare.
-
Grazie Hermione, ora devo proprio scappare.

Battendo tutti i miei record da velocista, corsi su per le scale senza fermarmi fino al settimo piano. Vidi Fred fermo davanti al quadro della Signora Grassa.

- Fred! – lo chiamai, spompata e piegata in due dalla stanchezza.

Fred si girò e mi lanciò un’occhiata quasi divertita. Forse un po’ sadica. Poi borbottò la parola d’ordine ed il quadro si spostò, rivelando il passaggio.
Quasi mi avesse morso un’acromantula, scattai a molla e mi lanciai verso il passaggio, riuscendo ad attraversarlo un attimo prima che si richiudesse. Inciampai e rotolai sul pavimento della Sala Comune fino ai piedi di Fred e George.


- Ehilà. – dissi in un soffio.
-
Ehi Sid! – mi salutarono guardandomi dall’alto in basso – Ingresso originale.
-
Ehm… già. – mi tirai su.
-
Stavo giusto dicendo a George… - attaccò Fred – che avevi una cosa importante da dirgli…
-
Va bene, va bene! Accidenti. Glielo dico. – borbottai.

 Sul viso di Fred si dipinse un sorriso di approvazione. Sospirai e presi George  per mano, senza dire una parola. Lo trascinai dietro di me fuori dalla Sala di Grifondoro e giù per le scale, fino al corridoio del sesto piano. Volevo trovarmi il più lontano possibile dagli altri Grifondoro.
Cercai un angolo un po’ appartato, dietro un’armatura. Per tutta la strada George aveva fatto battute, ridacchiato sul fatto che lo stessi sequestrando e fantasticato sul tipo di riscatto che avrei richiesto. Ma io non gli rispondevo. Solo una volta arrivati, dopo essermi guardata intorno con circospezione, lo spinsi nel punto meno visibile dell’angolo e lo guardai negli occhi.
Iniziarono a tremarmi le gambe. Dopo quello che gli avrei detto mi avrebbe ancora guardata così? Stava ancora sorridendo, anche se ora sembrava un po’ incerto.
Fred era stato chiaro: era ora che vuotassi il sacco. O lo avrebbe fatto lui. E decisamente non potevo permetterlo.


- George… - esordii. Non riconoscevo la mia voce.
-
Sì? – chiese, divertito.
-
Ti ricordi… la sera della festa?
-
Sì. Allora è tutto apposto? hai parlato con Hermione?
-
Hermione? Ah, sì, certo… ma non è di questo che voglio parlare.

Sentivo lo stomaco contrarsi.

- E allora di cosa?

Non rispondevo.

- Sid, di cosa? Non che mi dispiaccia perdere i primi dieci minuti di lezione di Vitious, ma se non ci diamo una mossa…

E fece un passo avanti, mi cinse la vita con un braccio e la schiena con l’altro.
Non so esattamente come, ma riuscii a sottrarmi all’abbraccio, poggiargli le mani sulle spalle per tenerlo a distanza di sicurezza e sparare tutto d’un fiato:


- Nott mi ha baciata.

Inizialmente non capì. Poi gradualmente realizzò. Il suo sorriso si spense. Mi guardava come se avessi fatto una pessima battuta.

- Come scusa?
- Ecco… - iniziai a sudare freddo – La sera della festa, prima che tornassi in Sala Comune. Poi è venuto Fred e me ne sono andata con lui. E di’ qualcosa!

Fece un’espressione confusa, come se stesse ancora cercando di capire le mie parole.

- …vi siete baciati. – realizzò infine.
- Non ci siamo baciati! Lui ha baciato me. A tradimento.

Un secondo per decidere cosa rispondere.

- Okay. – disse infine.

Quanto avrei voluto picchiarlo.

- Cosa vuol dire esattamente “okay”?
-
Vuol dire okay. Va bene. Non c’è problema.
-
Cioè non te ne frega niente. – conclusi, fremendo.

Aveva la stessa espressione che avevo io quando, l’anno prima, la mia migliore amica aveva distrutto involontariamente la mia relazione di Storia della Magia. Lei continuava a scusarsi, mortificata,  io cercavo di contenere l’ira e le dicevo di non preoccuparsi e che non importava, perché non volevo ferirla, dato che non l’aveva fatto apposta.

- George di’ qualcosa! – esclamai esasperata.
- Qualcosa?
-
Accidenti! – sbottai.

Avrei voluto andarmene, ma non potevo. Rimasi lì, senza parlare.

- In effetti qualcosa da dire ce l'avrei.

Trasalii. Lo fissai con tutta l'intensità di cui ero capace, fremendo nell'attesa di avere risposte.

- Ma non a te. Ci vediamo dopo.

Se ne andò. Tranquillo, come se niente fosse. Ci mancava che iniziasse a fischiettare.
Poggiai la schiena alla parete e scivolai giù, a terra. Volevo inseguirlo e chiedergli di più, ma la paura di peggiorare le cose, le mie insicurezze per l'ennesima volta mi tenevano prigioniera. Chinai la testa sulle ginocchia ed iniziai a piangere. Il corridoio si riempì e si svuotò un paio di volte. Attesi l’ora di pranzo.
Quando finalmente il sesto piano rimase deserto, decisi di tornare in dormitorio. Lo stomaco mi faceva male per la fame, ma non avevo voglia di vedere nessuno.
Salii in fretta le scale.


- Fortuna Maior. – dissi davanti al ritratto.

Non appena il passaggio si aprì, un fitto chiacchiericcio trapelò dalla Sala Comune. Maledizione, era proprio quello che volevo evitare. La stanza doveva essere piena. Ma perché a quell’ora?
Titubante attraversai il varco.


- Sid! Non sai che ti sei persa! – esclamò Hermione appena mi vide.

Mi prese per mano e mi trascinò in un angolo.

- Nott è in infermeria. Lo hanno trovato che vomitava in condizioni pietose ai piedi delle scale che portano alla torre di Astronomia. Qualcuno lo ha confuso ed affatturato. O almeno… - disse abbassando la voce – così credono i professori.

La guardai con tanto d’occhi, senza replicare.

- Sid, io credo che tu sappia chi è stato…
-
No, davvero non ne ho idea.
-
Vomito, Sid. È praticamente la loro firma. E comunque li ha visti mezza scuola.

Feci una risatina isterica.

- E perché mai avrebbero dovuto?
-
Dimmelo tu. Perché mai avrebbero dovuto?
-
Senti Hermione, è inutile che continui a guardarmi così. – sbottai – Io. Non so. Niente. E onestamente non mi viene in mente alcun motivo per cui loro possano aver fatto una cosa del genere. A te?
-
Non so… credevo lo sapessi tu.

Ero ancora tentata di rinchiudermi in dormitorio, tuffarmi a letto e nascondere la testa sotto il cuscino, ma a che pro? Tanto valeva chiudere in fretta la faccenda.

- Dove sono ora?
-
Li ho visti avviarsi verso il campo da Quidditch.
-
 Vado a cercarli.

Mi fiondai fuori dalla Sala Comune.















Questo capitolo mi ha dato non pochi problemi! Innanzitutto è una faticaccia mantenere i caratteri dei personaggi. E sono sicura di aver fatto non pochi errori nel corso della storia, ma vi assicuro che ho fatto del mio meglio per non stravolgere le personalità dei personaggi. E' anche per questo motivo che non ho inserito una rissa in piena regola, con George che picchia furiosamente Nott, trattenuto da Fred, e Sidera che guarda la scena senza sapere che fare, anche se magari qualcuno lo avrebbe voluto... Mi sembrava un po' OOC. Forse neanche tanto, in realtà, insomma, Fred e George non sono tanto tipi da astenersi dalle risse (vedi rissa con Malfoy che causa il loro ritiro dalla squadra di Quidditch nel quinto libro), ma avevo paura di esagerare. Spero di non avervi deluse, so che aspettavate da un po' questo capitolo ^^'' fatemi sapere che ne pensate, senza peli sulla lingua ;P alla prossima :) e auguri a tutti gli studenti... - 9!!! *-*

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Capitolo 14
*** Need to talk ***


Quattordicesimo Capitolo
Need to talk


 

Per tutta la strada fino al giardino non riuscii a pensare a niente di logico. Una parte di me si sentiva euforica, irrazionalmente felice come una Pasqua. Quella piccola parte del mio cervello che riusciva a rimanere lucida gridava solo “presto, presto!”.

Sulle scale captai qualche brandello di conversazione.
 

- E allora Weasley gli fa: “Ehy Notty, va a mangiar letame!”

- Ma Nott non è il tipo da farsi prendere in giro così…

- No, infatti ha ribattuto: “Weasley, fossi in te non farei tanto lo sbruffone… almeno nella mia famiglia abbiamo tre pasti assicurati al giorno…”

Raggiunsi il giardino. Li cercai nel campo da Quidditch, sugli spalti e negli spogliatoi. Ma di loro nessuna traccia. Né di Fred, né di George. Decisi di tornare sui miei passi, sperando di incontrarli lungo la strada. Ma un attimo prima che imboccassi una scorciatoia per tornare al castello riconobbi le loro voci provenire da dietro un pilastro.

- Ottimo lavoro, George. Davvero perfetto. Abbiamo praticamente firmato la nostra espulsione. Un sogno che si avvera, no?

- Certo, splendido.

- Eppure… correggimi se sbaglio… non è per questo che hai attaccato Theodore Nott, apparentemente senza motivo.

- No, direi di no.

- Allora… magari vorresti dirmi perché l’hai fatto?

Mi avvicinai. Cercai di non produrre il minimo rumore. Ma mentre tentavo di aggrapparmi al pilastro storsi la caviglia, scivolai a terra e gemetti.
Attirati dal rumore, i gemelli si sporsero nella mia direzione.

- Ahi… ehi. – mormorai.

Senza dire una parola, George si avvicinò e mi tese la mano. La strinsi e mi tirai su.

- Riesci a camminare?

- Credo di sì… più o meno… ahi… - dissi ancora, cercando di fare qualche passo.

- Vuoi appoggiarti? – chiese, offrendomi la sua spalla.

- No, no, ce la faccio. Lascia stare. – rifiutai.

- Sicura?

- Sì.

Ci guardammo negli occhi, senza fiatare.

- Sì… ehm… George… ma che hai fatto? – chiesi infine con voce strozzata.

- Cosa ho fatto? Io?

- Sì, insomma… voi due. A Nott… - continuai, cercando di sciogliere il nodo alla gola.

- Dunque… non mi viene in mente niente di interessante, riguardo Nott.

- Dico sul serio, George. Vuota il sacco. Fred?

Ma prima che il gemello potesse intervenire, la voce della Umbridge risuonò rimbombando nel castello, nelle aule, nei corridoi e nel giardino.

- Gli alunni Fred Weasley e George Weasley devono recarsi immediatamente in presidenza.

Il messaggio venne ripetuto un paio di volte.
Li guardai negli occhi, prima uno, poi l’altro. Poi si incamminarono da soli verso l’ufficio della Umbridge, con passo molleggiato ed un sorriso strafottente stampato in faccia. Fred iniziò a fischiettare.
Li seguii con lo sguardo per un po’, poi mi resi conto di quanto poco produttivo fosse rimanere lì a fissare il corridoio e mi incamminai verso il dormitorio. Magari scrivere sul mio diario e coccolare la mia gatta mi avrebbe schiarito le idee.

 

*


- Allora?

- Allora cosa?

Hermione mi fissava insistentemente, con il mento poggiato sul palmo della mano ed il gomito sul bordo del mio letto. Fece l’ennesimo segno eloquente con la testa ed io alzai per l’ennesima volta gli occhi al cielo e mi voltai su un fianco, dandole le spalle, distesa sul letto.

- Insomma Sid. Ci hai parlato o no?

- Sì.

- Ebbene?

- Ebbene cosa?

- Sid!

Mi misi stancamente a sedere.

- Non mi hanno detto niente. Hanno finto che non fosse successo nulla. Poi la Umbridge li ha chiamati nel suo ufficio. E ora…

Mi morsi il labbro inferiore. Li avrebbe espulsi? Li avrebbe spediti al Ministero? Quel vecchio rospo sarebbe stato capace di farlo.

- Cioè… hanno evitato il discorso, come loro solito.

- Già.

Sentii il vociare in Sala Comune aumentare. Scambiai un’occhiata d’intesa con Hermione: dovevano essere tornati. Balzai giù dal letto e corsi lungo le scale, seguita a ruota da Hermione.
Fred e George erano circondati da grifondoro ansiosi di sapere le ultime novità. Parlavano insieme, concitati, palesemente furiosi.

- E ci ha liquidati così! Con quel suo sorrisetto da…

- “L’espulsione non è una punizione sufficientemente dura per punire il vostro riprovevole comportamento”, ha detto esattamente così.

- A partire da stasera dovremo pulire ogni angolo dimenticato del castello…

- Ed ha aggiunto che chiederà un’ordinanza speciale al Ministero perché la nostra punizione prosegua per tutta l’estate…

La Umbridge si era rivelata più astuta di quanto credessi. Aveva capito dove colpire i gemelli: espellendoli avrebbe fatto il loro gioco, quei due non avrebbero potuto chiedere di meglio.
Tuttavia scossi la testa. Era inutile.
Pensava davvero di riuscire a fermarli?

- E tutto perché ho cercato di dare una lezione a Nott, quel farabutto…

George l’aveva quasi mormorato, ma io lo avevo sentito perfettamente. Mi voltai verso di lui ed incrociai il suo sguardo proprio mentre pronunciava le ultime parole.
Cercai di chiedergli “Perché?” con lo sguardo, ma lui deviò il suo per puntarlo su Fred.

- Allora andiamo? Abbiamo delle cose di cui parlare, mi sembra.

E lo trascinò fuori dalla Sala Comune, per portarlo in chissà quale delle stanze segrete del castello, per discutere con lui di chissà quale nuovo piano per guadagnarsi l’agognata espulsione. O forse avrebbero lasciato la scuola di nascosto? Ma come?
Sospirai.

- Se devi parlarci è meglio che tu lo faccia subito. – sibilò Hermione passandomi accanto. – Quei due non resteranno qui ancora a lungo…

La guardai. Mi fece un cenno di incoraggiamento con la testa.

- Okay. – dissi – Okay.

Uscii dalla Sala Comune di Grifondoro. Mi guardai intorno: i corridoi erano deserti. Presi una strada a caso, iniziai a scendere le scale, seguendo l’istinto. Evitai di incrociare la McGranitt che certamente mi avrebbe chiesto per quale motivo ero risultata assente a tutte le lezioni della mattinata. Li cercai in tutti i posti che frequentavano di solito, perlustrando il castello. Com’era possibile che si fossero volatilizzati in un attimo? Hogwarts me li nascondeva per l’ennesima volta.
Iniziai a vagare alla cieca, aprendo tutte le porte che mi trovavo davanti.
Fino ad arrivare in infermeria.
Entrai in punta di piedi, evitando il minimo rumore. Li cercai con lo sguardo, ma mi resi subito conto che non li avrei trovati lì. In primo luogo perché in quella stanza bianca e immacolata avrei subito notato le loro teste rosse in forte contrasto con l’ambiente circostante.
In secondo luogo, perché era alquanto improbabile che la Umbridge avrebbe permesso loro di avvicinarsi allo studente che si trovava lì in quel momento per colpa loro.
Mi ricordai all’improvviso di Nott. Doveva essere lì, da qualche parte… già che c’ero perché non fargli un saluto o cercare di tirarlo su di morale?
Ah, già. Perché io ce l’avevo a morte con lui.
O no? Dopotutto ci eravamo chiariti, alla fine.
Ed io ero abbastanza matura da perdonargli quell’errore madornale. Senza contare che grazie a Nott avevo potuto osservare la reazione di George, dettata forse dalla gelosia. Restava da definire ormai solo una cosa… se George avrebbe deciso di prendersela anche con me. Ecco, questo poteva essere un motivo per avercela a morte con Nott.

- Sid?

Trasalii nell’udire la voce di Theodore Nott, che si era evidentemente accorto di me, che indugiavo ormai da alcuni minuti all’entrata. Mi avvicinai al suo letto. Non mi sembrava che stesse troppo male, tranne per una leggera sfumatura verdastra che attraversava il suo viso.

- Ehi, Nott…

- Non ci chiamavamo per nome, ormai?

Gli lanciai un’occhiata eloquente.

- Ah, già… capisco. – sorrise, sarcastico.

- Già. Allora… come va?

Fece una smorfia.

- Weasley… se me li trovassi davanti li distruggerei.

- Ne dubito. – sorrisi.

Mi fissò, truce.
Attesi che passasse una manciata di secondi, poi lo salutai con un cenno del capo ed uscii, per riprendere la mia ricerca. Ma per quanto chiedessi in giro se i gemelli fossero stati avvistati nel castello, nessuno sapeva dirmi dove fossero. Verso l’ora di cena mi arresi, persuasa che continuare a correre da un passaggio segreto all’altro del castello fosse decisamente inutile.
Di certo loro ne conoscevano centinaia di cui ignoravo l’esistenza. Non potevo farcela.
Mi avviai verso la Sala Grande, stizzita. Di fatto avevo sprecato un intero pomeriggio. Tanto valeva aspettarli in Sala Comune, almeno mi sarei preparata un discorso decente.
Non sapevo neanche bene cosa volevo dirgli.
Stavo giocherellando con la forchetta e la mia coscia di pollo, stracciandone la pelle con la punta, senza la minima intenzione di mangiare, quando Fred e George fecero irruzione nella Sala Grande, con un sorriso sereno e vagamente strafottente stampato in faccia.

- Ehilà!

- Buonasera!

Salutarono la tavolata Grifondoro e fecero per sedersi sulla panca, affianco a me, ma la Umbridge vedendoli scattò in piedi.

- Gazza! Li conduca immediatamente qui. – trillò, indicandoli.

I gemelli si accigliarono. Io invece fui presa dal panico. Che ci avesse ripensato? Che avesse deciso di allontanarli seduta stante dalla scuola? Mi aggrappai alla divisa di George e gli sussurrai:

- Ti devo parlare!

Il rosso mi guardò con la coda dell’occhio.
Gazza arrivò zoppicando al tavolo e li strattonò per farli scendere dalle panche. George mi fece l’occhiolino e senza opporre resistenza si lasciò condurre fino alla tavolata dei professori.
La Umbridge attese che fossero davanti a lei.
Gli occhi di tutti nella Sala Grande erano puntati su di loro.

- Ahem – esordì la Umbridge – forse non sono stata abbastanza chiara nel mio ufficio?

I gemelli tacevano.

- Ebbene. Non sono stata chiara? Su, rispondete.

Niente.

- Dunque… forse è il caso che mi rivolga anche ai vostri compagni, in modo che la vostra punizione sia da esempio per ogni studente. – sogghignò ed alzando la voce proseguì il suo discorso, punteggiato di pause enfatiche - Affinché i signori Weasley paghino… per la loro grave insubordinazione nei confronti del vostro compagno… ho stabilito che essi si dedichino a tempo indeterminato ad una serie di lavori… manuali, all’interno del castello… sperando che questo li spinga a riflettere sugli errori commessi…  e a questo stesso fine ho stabilito inoltre che fino allo scadere della loro punizione, i signori Weasley siano obbligati ad evitare qualsiasi contatto con i propri compagni, che potrebbero aiutarli ad architettare nuovi piani per il disturbo della quiete pubblica. Per questo non riesco a spiegarmi la vostra presenza qui, in Sala Grande.

I gemelli si accigliarono.

- Cioè non siamo autorizzati a cenare con la nostra Casa? – si informò Fred.

- Precisamente. E naturalmente, sarete esentati dalle lezioni finché sarete impegnati nel…

Ma la professoressa McGranitt scattò in piedi impedendole di continuare la frase.

- In tutta la mia carriera ho incontrato pochi studenti che mi abbiano dato problemi come Fred e George Weasley… tuttavia non posso permetterle di allontanare due studenti della mia Casa dalle lezioni perché vengano sfruttati in lavori destinati agli elfi domestici, Dolores!

- Si calmi, Minerva. – ribattè gelida la Umbridge. – Non mi pare che lei abbia alcun diritto di intervenire nelle decisioni della preside.

- Lei non è la preside di questa scuola! Quando Silente…

Fissavo con occhi sbarrati la McGranitt e la Umbridge accapigliarsi furiosamente.
Con il provvedimento della Umbridge i gemelli avevano praticamente assunto il ruolo di Elfi Domestici. Non riuscivo a credere che li avesse umiliati così davanti a tutta la scuola. Quella megera doveva avere il veleno al posto del sangue, nelle vene.
Di colpo mi resi conto che Fred e George non si trovavano più davanti alla tavolata dei professori. Mi sporsi per cercarli con lo sguardo.
Li scorsi appena un attimo prima che varcassero il portone della Sala Grande e si fiondassero fuori, approfittando della distrazione generale.
Poteva essere la mia ultima occasione.
Mi alzai e cercando di attirare meno possibile l’attenzione corsi fuori.
Seguii il rumore dei loro passi lungo il corridoio, senza osare chiamarli per paura che anche gli altri ci sentissero. Salirono le scale. Primo, secondo, terzo piano.
Ad un tratto non sentii più i loro passi. Mi parve di udire il suono di una pietra che veniva trascinata sul marmo, ma non riuscii a capire bene da dove provenisse. Intuii che dovevano aver preso uno dei loro passaggi segreti, di cui probabilmente non ero a conoscenza. Ricordavo solo che dal terzo piano si accedeva ad una scorciatoia per il settimo piano.
Cosa c’era di interessante al settimo piano?
La Stanza delle Necessità.
Valeva la pena tentare.
Corsi a perdifiato lungo le scale e non mi fermai finchè non raggiunsi una parete di roccia nuda, di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo. Lì finalmente ripresi fiato, piegandomi  metà, appoggiando le mani sulle ginocchia. Tentai alcune volte di entrare nella Stanza, pensando intensamente frasi come “Ho bisogno di entrare nella stanza in cui si trovano Fred e George” e “Devo parlare urgentemente con George”, ma senza successo. Così mi sedetti, spalle al muro, ed attesi.
Aspettai per ore. I minuti sembravano interminabili. Ma ero sicura di essere vicina al mio obiettivo, mollare arrivata a quel punto avrebbe reso tutto inutile.
Ad un tratto sentii un rumore. Come se qualcosa di pesante venisse spostato. Poi mi parve di riconoscere delle voci. Una porta comparve nella parete e pochi istanti dopo si aprì. Fred e George uscirono in fretta dalla Stanza della Necessità.
Scattai in piedi.

- George!

- Shhh, Sid! Cosa ci fai qui? È mezzanotte passata, se ti scoprono fuori dal dormitorio a quest’ora…

- Io devo parlarti! Adesso!

- Non possiamo. Abbiamo delle cose da fare. Domani…

- Ve ne andate, vero? mi lasciate sul serio…

- Non abbiamo alternative Sid! Ora più che mai. Senti… - mi prese per un braccio e si chinò su di me – perché non vieni con noi?

Mi morsi il labbro inferiore.

- Merlino… io…

- George, non puoi chiederle questo. – intervenne Fred. – Lei deve finire l’anno scolastico, ha altri progetti. Sarebbe da egoisti coinvolgerla.

Ci scambiammo una lunga occhiata.

- Sì… hai ragione. Sid… ci dobbiamo salutare.

- Di già? Non ti rivedrò domani? – chiesi con un nodo alla gola.

- Sì… non lo so. Credo di sì… - lanciò un’occhiata interrogativa al fratello, che annuì. – domani. Domani ci rivedremo.

Rimanemmo a guardarci alcuni istanti. Infine mi strinse un’ultima volta il braccio e mi salutò.

- Ciao Sid.

- Ciao… - mormorai con voce strozzata.

Fred mi salutò con un cenno del capo.

- Domani verso le 11 fa in modo da trovarti nei paraggi della Sala Grande. – aggiunse.

- D’accordo.

Corsero via.
 


















Ooooooossì!! finalmente!! non potete immaginare la soddisfazione che provo nel pubblicare il penultimo capitolo di questa ff! mi sento come se avessi scalato una montagna! Ragazze vi chiedo perdono per l'attesa, spero tanto che non vi siate dimenticate di me, dopo tutto questo tempo...
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate, ora più che mai ho bisogno di un vostro parere!! ormai siamo alla fine, il prossimo capitolo sarà anche l'ultimo... forse. xD
Grazie di cuore a tutte, grazie di aver recensito e seguito questa storia :)) e già che ci sono, buone vacanze!!

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