ALMOST FAMOUS (Il successo ti cambia la vita) di NiNieL82 (/viewuser.php?uid=6229)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 53: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 54 ***
Capitolo 55: *** Capitolo 55 ***
Capitolo 56: *** Capitolo 56 ***
Capitolo 57: *** Capitolo 57 ***
Capitolo 58: *** Capitolo 58 ***
Capitolo 59: *** Capitolo 59 ***
Capitolo 60: *** Capitolo 60 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Salve a tutti
Salve a tutti. Prima di
tutto mi vorrei scusare per la mia lunghissima latitanza, dovuta ai numerosi
impegni che ho avuto in questi ultimi mesi e al fatto che ho avuto problemi con
il collegamento internet e con il pc.
Ma sono tornata. E spero di farlo alla grande con una storia che vi possa
affascinare.
Prima di tutto vorrei dirvi che questa storia è nata grazie all’aiuto di tre
persone. Due le nominerò, una terza non la potrò nominare, per motivi che non vi
posso spiegare.
Allora. Ringrazio Egle, una mia grandissima amica che, quando ho cominciato a
scrivere questa storia, ha dato vita a Edith, la protagonista di questa fan
fiction, regalandole questo bellissimo nome. A Nina, che ha dato vita a uno dei
personaggi che io più adoro. Posh. Scoprirete più avanti di chi parlo.
E naturalmente alla persona che mi ha chiesto di far nascere Edith. Spero che
possa leggere la storia e che le piaccia come è venuta su.
Naturalmente ringrazio chiunque leggerà la mia storia e lascerà una recensione.
Spero di non deludere nessuno.
Bene.
Se avete letto la trama nel commento sotto il titolo, credo che capirete a
grandi linee di cosa si parla. Quindi…
Si parte con il solito monotono, ma doveroso commento.
IMPORTANTE:
la storia che vi apprestate a leggere è solo il frutto della
mia fantasia (piuttosto malata). Qualunque cosa che riguardi i personaggi che
citerò è puramente inventata. Non conosco Orlando Bloom e tanto meno so se ha
mai vissuto la situazione, abbastanza banale (ma ormai le situazioni da
descrivere sono state usate tutte) che gli faccio vivere nella storia. Inoltre,
la protagonista della storia è inventata, Edith è una mia invenzione, così come
i nomi della della sua famiglia e di tutti i suoi amici.
Questa è la mia storia. Che, spero con tutto il cuore non offenda nessuno.
Orlando Bloom per primo.
Che dirvi allora. Pronte? Io
si.
Come tutte le altre volte spero di intrattenervi e di darvi un sorriso.
Buona lettura…
Niniel.
ALMOST
FAMOUS (il successo ti cambia la vita).
Capitolo 1: Insopportabilmente
belli, insopportabilmente famosi
Entrò ticchettando sulle scarpe decolté color
bordeaux, dal tacco vertiginosamente alto, parlando con qualcuno al cellulare –o meglio
urlandogli contro- e ancheggiando tra i tavoli dell’Hard Rock, uno dei locali più trendy
di tutta Londra.
Nessuno, va detto, al suo passaggio rimase indifferente.
Il corpo magro, ma non troppo, fasciato in un elegantissimo completo pantalone
nero, trasudava sensualità da ogni poro. E anche nei movimenti c’era una certa
grazia, una certa natura felina che traspariva e lasciava ogni uomo
completamente incantato dalla sua figura.
Il viso, con occhi obliqui, azzurro verde, alle volte tendenti ad una tonalità
di grigio, erano resi ancora più belli da pagliuzze dorate che rendevano lo
sguardo della ragazza ancora più bello.
I capelli, erano di biondo non troppo chiaro, ondeggiavano lisci e
luminosi sulle sue spalle, attorniando un viso regolare, munito di zigomi alti,
un naso piccolo e labbra carnose, laccate da un lucidalabbra chiaro –ultimo
tocco di un make-up perfetto- ma non esageratamente grandi, sopra le quali
spiccava un piccolo neo nella parte destra.
Questa era Edith Norton, di anni venticinque, londinese, giornalista di
successo del rotocalco femminile Vanity Fair: Alcuni la consideravano una delle giornaliste più promettenti del panorama inglese e tanti altri ammettevano che cominciava ad essere abbastanza famosa, vista la sua notevole capacità nello svolgere il suo lavoro. Edith era una stacanovista, perfezionista appasionata del suo lavoro. E come amavno ricordare i suoi colleghi, altrettanto stronza.
Sotto le grinfie della giornalista erano passati tutti i pezzi grossi del
governo Blair e perfino il principino William, unico a seconda della
giornalista a saper trattare con una donna e con la stampa, specialmente se
queste erano unite in unica persona.
Le interviste di Edith, spesso e volentieri, fruttavano un gran numero di tirature in più
nella ristampa del mensile. Infatti, non trattando argomenti propriamente
leggeri nelle sue interviste o inchieste, Edith aveva raggiunto l’obbiettivo di far leggere ad un pubblico sempre più
ampio la rivista.
E ci riuscì benissimo. Tanto da godere della stima del suo capo, che le affidava
importantissime interviste, sapendo di non rimanere deluso.
Ed Edith accettava tutto, senza fiatare.
Le piaceva essere messa alla prova e poter scrivere pezzi che la potessero
stimolare nel campo lavorativo.
Questo fino a quella sera.
“Non me ne frega niente di questo Orlando Bloom, non so se hai capito, Laura. Di
pure al boss che questa me la paga. Non me lo sarei mai immaginato che avrebbe
fatto una cosa simile!” esclamò Edith dirigendosi verso l’entrata del privè,
dove avrebbe tenuto l’intervista.
Come detto prima era impossibile non rimanere folgorati dalla bellezza di Edith.
Ma nonostante moltissimi uomini si fossero girati al suo passaggio, altrettanti,
specialmente lo staff del locale, si spaventarono alquanto davanti a tutto
quello strepitare.
“Ma miss Norton, Orlando Bloom e un attore di fama mondiale, il capo ha affidato
a lei questa intervista proprio per questo motivo” rispose una terrorizzata
Laura, segretaria personale di Edith, dall’altro capo del telefono.
Edith sbuffò forte a quella giustificazione. Non ce l’aveva contro la povera
Laura. Non quella volta, almeno. E alzando ancora di più la voce disse:
“Di al capo che farò questa intervista, ma che non si aspetti che mi muova la
prossima volta che farà una cosa simile. Lo volete capire in quella cavolo di
redazione che sono una giornalista seria io, mica la prima arrivata. Le faccia
lui le grandi interviste alle star del cinema adolescenziali. E lasci in pace
me, che nemmeno sapevo esistesse questo Orlando Bloom” e senza aspettare una
risposta da parte di Laura, Edith chiuse la chiamata, riponendo il cellulare
nella borsetta bordeaux.
Questo era il carattere di Edith. Una stacanovista, alle volte, seria nel suo
lavoro, incapace di mancare o ritardare la consegna di un articolo. Ma anche
capace di essere eccessivamente autoritaria e aggressiva. Persino irosa se le
cose non venivano fatte come desiderava.
Si avvicinò ad un tavolino vuoto e si abbandonò in una sedia, poggiando sul
tavolo la borsetta e sistemando la camicia di seta nera, aperta fino a far
intravedere la linea del seno tonico e generoso.
Diede una rapida occhiata all’orologio Bulgari che aveva al polso e sospirò
leggermente infastidita. Erano le 18:30 spaccate e la ‘star’ non si vedeva.
Prese quindi le fotocopie che aveva stampato qualche sera prima e si mise a
leggerle.
Si vergognava di ammetterlo, ma aveva passato un’intera serata a cercare notizie
sull’attore di cui non conosceva l’esistenza fino a una settimana prima e di
cui, sicuramente, avrebbe fatto a meno di farla.
Passarono cinque minuti prima che il cellulare di Edith la distraesse dalla sua
lettura per segnalare l’arrivo di un nuovo messaggio.
La giornalista prese il telefono e lesse la missiva elettronica.
“CIAO AMORE! SONO BRIAN. HO PRENOTATO DUE POSTI SULL’ULTIMO AEREO PER PARIGI
DELLA GIORNATA. ALLE OTTO PASSO A PRENDERTI. FATTI TROVARE PRONTA. TI ASPETTANO
SEI GIORNI MEMORABILI AL RITZ.”
Era Brian. Ragazzo di Edith da ormai due anni.
Ricco da fare schifo persino ad uno sceicco e a Bill Gates, Brian Stephenson,
alla morte del padre, Edward, magnate nel campo finanziario e industriale
inglese ed europeo, avrebbe intascato una delle più grandi eredità della storia
moderna, comprendente uno svariato numero di azioni (tra cui una buona fetta di
quelle del giornale Vanity Fair), una grandissimo numero di ville e appartamenti
sparse non solo per Londra e un po’ tutta l’Inghilterra, ma in moltissime parti
dell’Europa e in alcune delle più grandi città statunitensi. Per non parlare dei
tre centri commerciali costruiti a Londra, Manchester e Liverpool, delle due
fabbriche di famiglia e del titolo che Edward aveva comprato dieci anni prima,
diventando nobile a tutti gli effetti.
Edith dal canto suo non era per niente sconvolta dalla ricchezza del compagno.
Certo! Edith era conscia del fatto che se fosse convolata a giuste nozze con Brian
sarebbe diventata ricchissima, ma era poi così tanto sicura che alla luce di molti fatti
–di cui parlerò più avanti- questa possibilità potesse essere attuata. Per
questo preferiva pensare da sola al suo futuro nella sfortunata ipotesi in cui
la sua storia con Brian potesse finire.
Ma questo non significava che non le piacesse il fatto che, quando meno se lo
aspettava, Brian prenotasse due posti su di un aereo di linea e la portasse in
qualche capitale europea o in qualche grande città americana o, meglio ancora,
in qualche lussureggiante spiaggia tropicale.
Brian Stephensons, nonostante questo, era la causa di molti problemi di Edith, dal momento ch spesso e volentieri era bersaglio delle malelingue della
redazione. Certo che Edith, dentro di sé,sapeva di non poter biasimare i suoi colleghi: bella, stronza e in futuro prossimo ricchissima, solo perché, a detta dei
loro, aveva saputo chi portarsi a letto.
In realtà niente era più falso. Nonostante la sua storia con Brian fosse cominciata due
anni prima, l’amicizia tra i due risaliva a molto prima l’inizio del loro
idillio amoroso. Tra l’altro fu proprio un’intervista a Vanity Fair, una delle
prime di Edith per il giornale, fatta appunto al giovane imprenditore Brian
Stephenson a farli incontrare.
Tutto sapevano, alla redazione come erano andate le cose, ma l'invidia
rendeva ai più sopportabile pensare che Edith avesse giocato bene le sue carte e
che, grazie alla sua furbizia e non alla sua bravura, fosse arrivata tanto in
alto.
L’invito di Brian inatteso ma non troppo migliorò un po' l’umore nero di
Edith che sorridendo dolce rispose al messaggio. Ma bastò una rapida occhiata
al display luminoso del cellulare per vedere l’ora e riportarla al suo
malumore.
Era in quel locale da più di dieci minuti e quel damerino non si era ancora
fatto vedere.
-Ma stavolta il boss me la pagherà. E come se ma la pagherà!- pensò Edith cupa
prendendo la Mont Blanch e cominciando a scrivere veloce su un foglietto
immacolato di un vecchio taccuino.
Orlando entrò nell’Hard Rock Cafè tranquillamente. O meglio, apparve all’interno del
locale anche se non gli poteva essere possibile.
Forse nemmeno si era reso conto del fatto che era arrivato non in ritardo, ma
molto, molto lontano da poter definire in quel modo la sua venuta.
Entrò appunto nel locale, spargendo sorrisi e a destra e a manca, a tutte le
donne e -perché no- anche agli uomini presenti nel locale, ignorando il fatto che fosse in ritardo. Si fermò a firmare
autografi a ragazze sognanti che poco ci voleva accogliessero il suo passaggio
con lanci di petali di rose e fece anche qualche foto, non pensando al fatto che
pochi metri più avanti la tensione per via del suo incalcolabile ritardo si
potesse tagliare col coltello.
E dopo aver dato l’ultima pacca sulle spalle ad un ragazzo che gli aveva chiesto
una foto per mandarla alla sua ragazza, Orlando si avviò al privè.
Capelli neri e arruffati. RayBan scuri calati sugli occhi, bandana nera e
gialla legata al polso. Jeans Diesel nuovi ma abbastanza sdruciti da sembrare
vecchi di un paio di anni. Golf dolce vita nero e aderente e un sorriso beota
stampato sulla faccia.
Questo era Orlando. O meglio quello che apparve agli occhi di Edith, con ben
ventisette minuti di ritardo.
Ma Edith non sapeva che quello che aveva di fronte era lo stesso che doveva
intervistare. O meglio. Non lo riconobbe.
Cercando le notizie aveva tralasciato tutte le foto. E così quando Orlando
entrò nel privè guardandola sorridente, ricevette da Edith
un’occhiata glaciale, atta a sbirciare tutta la figura e accertarsi chi
si trovasse di fronte. E dopo averlo studiato per bene, chinò la testa e disse
qualche cosa che avrebbe cambiato l’andamento di tutte l’intervista e non solo.
“Scusi? Potrei avere un espresso e una mezza minerale naturale, per favore!”
Quelle parole ebbero lo stesso effetto di una bomba nella testa di Orlando, che
seguì, con gli occhi sbarrati perfino il dito indice della giornalista che dopo
l’ordinazione che gli era stata fatta, tornò a poggiarsi sul tavolo.
Il labbro dell’attore cominciò a tremare. Una leggera sudorazione imperlò la
fronte coronata di riccioli mori del giovane, accompagnata da un incredibile
senso di smarrimento.
Per la prima volta in tre anni di carriera, una DONNA e quindi un individuo di
sesso FEMMINILE, non lo aveva riconosciuto. E questo per Orlando era come se
per un cristiano rinnegasse l’esistenza di Gesù.
Certo. Non si sentiva un messia. Ma in quegli ultimi anni, tra giornali
scandalistici, pubblicità, foto, siti internet e film, credeva di aver acquisito
una certa notorietà.
Ed essendo più che conscio del fatto che la maggior parte delle persone che
usufruivano di questi mezzi di comunicazione erano donne rimaste affascinate dal suo bel visino,
non riusciva a capacitarsi del fatto che proprio un esponente del gentili sesso
non l’avesse riconosciuto.
Su! Lui era Orlando Bloom. Veramente cool, veramente trendy. Beh! Ci siamo
capiti.
Quindi, quando Edith sollevò di nuovo la testa e disse:
“Su ragazzo. Ti potresti dare una mossa e portarmi l’espresso e la mezza
minerale che ti ho chiesto, per favore?” ad Orlando cominciò a girare la testa. E non solo.
Era tutto davvero troppo strano, troppo impossibile affinché potesse sembrare
vero. E grattandosi la testa, guardandosi intorno quasi cercasse una telecamera
di candid-camera pronta ad uscire da dietro qualche tenda da un momento all’altro annunciando uno dei
suoi ennesimi scherzi idioti, sorrise imbarazzato e disse:
“Questo è uno scherzo, vero?”
A quelle parole Edith sollevò la testa e replicò cercando di tenere un tono
serio, nonostante la riposta sarcastica:
“No caro. Sto aspettando che tu muova il tuo culetto rinsecchito e mi porti da
bere. Ora! Perché aspetto da mezz’ora l’arrivo di una stella del cinema che
crede che la puntualità sia una dote necessaria solo per comuni esseri mortali e
non per star di Hollywood, e mi sto davvero stufando. E visto che non ho altro
da fare, ti chiedo di portarmi una cavolo di mezza minerale e un espresso, così
potrò così potrò in qualche modo occupare il mio tempo, visto che mi sto annoiando a morte come, per quanto spero tu
possa aver capito, sto facendo da un po’"”
Era rimasta calma. Non si era arrabbiata. E questo aveva avvalorato la tesi
dello scherzo di Orlando che, irritandosi un po’, rispose cercando
di sorridere:
“Se questo è uno scherzo solo perché sono arrivato in ritardo, bene, sappiate che è lo
scherzo più idiota che qualcuno possa avermi fatto in tutta la mia vita”
Edith sollevò la testa e disse:
“Senti.. Io sto davvero perdendo la pazienza. Ti ho spiegato che sono stanca e
sono veramente irritata. Se vuoi che me la prenda anche con te, solo perché hai
voglia di fare il cretino, fai pure. Ma prima mi arrabbio e poi, dopo che mi
sono calmata, vado dal tuo capo a fare rapporto sul tuo disdicevole
comportamento. Vediamo se ti sembra uno scherzo, ora!”
Lo disse con un tono aspro e seccato. E questo bastò per far capire all’attore
che quello era tutto meno che uno scherzo. E prendendo una sedia –scatenando tra
l’altro un grido di disapprovazione di Edith - cercando di mantenere una certa
calma, ribatté:
“Tu non sei normale, vero? No! Non ti arrabbiare. Ora ti spiego perché. Primo: hai mai visto un cameriere
vestito come me in uno qualsiasi dei locale in cui sei stata? Non credo. Secondo:
l’attore che stai aspettando... ‘MIO DIO!!’ sono io” e sorridendo, prendendo in
giro la giornalista, continuò: “E ora se vuoi vai dal direttore del locale. E ti
giuro. A meno che non venga a sculacciarmi per il mio imperdonabile ritardo,
vizio, che per quanto mi risulta, si coprono anche moltissimi
comuni mortali, non credo che possa farmi molto…”
Edith aprì e chiuse la bocca per due volte, cercando di articolare una frase ma
senza riuscirci. Solo quando riuscì a riacquistare l’uso della parola, sbottò:
“Quindi tu sei…?”
“Orlando Bloom? Ma brava! Per aver risposto correttamente non hai vinto nulla se
non l’opportunità di intervistarmi. So che è poco, ma potresti accontentarti.
Non trovi?”domandò Orlando sorridendo falsamente.
A quelle parole, Edith, reagì come una furia e disse:
“La vuole sapere una cosa, grande star di Hollywood? In meno di dieci minuti che
parlo con lei mi sono reso conto che è una delle persone più maleducate e
antipatiche che abbia mai conosciuto in tutta la mia carriera. E giuro, caro
attoruncolo da strapazzo, per una che ha intervistato tutto il Parlamento
inglese, è davvero un primato!”
“Stai forse dicendo che è colpa mia?” chiese Orlando sorpreso.
“Sono arrivata io in ritardo? Scusi se glielo dico, ma non mi sembra proprio”
rispose Edith sprezzante e dura allo stesso tempo.
“Si. Io sarò arrivato in ritardo, ma questo non significa che tu, una volta
entrato nel locale, abbia il diritto di aggredirmi e darmi del cameriere idiota!”esclamò Orlando
contrariato.
“Bastava che lei mi dicesse subito di essere Orlando Bloom. Ci saremmo risparmiati
un bel po’ di fatica” sbottò a sua volta Edith.
“Scusate?”intervenne una terza persona.
“CHE C’È?” chiesero in coro Orlando ed Edith girandosi assieme.
Un ragazzo mingherlino, stringendo un blocco note tra le mani tremanti, replicò
spaventato:
“Sono qui per le ordinazioni”
“Quindi sei un vero cameriere?” chiese Edith guardandolo.
Il ragazzo annuì più volte e disse:
“Si”
La voce flebile del cameriere arrivò comunque all’orecchio di Edith che
sarcastica, prendendogli il braccio e trascinandolo vicino al tavolo, inscenando una divertente scenetta, esclamò:
“Sei un vero cameriere, quindi! Ma che gioia incommensurabile! Ti prego vieni
qui, accanto a me e deliziaci con la tua presenza.”
Orlando sollevò un sopraciglio e guardò Edith ribadire la sua ordinazione
scandendo le parole:
“Caf-fè es-pres-so e una mez-za mi-ne-ra-le na-tu-ra-le”e si trattenne a stento
dal ridere forte.
E dopo aver ordinato un caffè lungo macchiato e una minerale naturale, si mise a
sedere di fronte alla giornalista aspettando l’inizio dell’intervista.
Ma affinchè la conversazione cominciasse, Orlando dovette aspettare oltre
l’arrivo delle ordinazioni. In questo modo -e di certo di questo non si lamentò-
poté studiare affondo la giovane donna che nel frattempo guardava gli appunti
e sollevava appena la testa sporadicamente, tanto per sbirciare meglio i
movimenti dell’attore.
Edith ci mise poco per rendersi conto delle continue occhiate che lui le rivolgeva.
E fu appunto mentre Orlando sorseggiava il suo caffè lungo che Edith,
augurandogli che le andasse di traverso, dopo aver dato una rapida occhiata alle
mani pieni di anelli, ebbe un lampo di genio e disse:
“Scusa... Posso infilarmelo?”
Inutile dire che Orlando non era rimasto indifferente alle curve di Edith
lasciate, senza che la padrona se ne rendesse conto, in bella mostra
dall’apertura della camicetta. E dire quindi che non avesse fatto un solo
pensiero concupiscente, sarebbe stata una grossissima bugia.
Si può quindi dire che, a quella frase, Orlando reagì come un qualsiasi ‘comune
mortale’, dato che una piccola parte di quello che aveva appena bevuto gli
andò di traverso e tossendo dissereplicò con voce rauca:
“Come? Scusa?”
Edith sorrise e indicando la mano rispose:
“L’anello. Puoi prestarmelo?”
In realtà quella frase l’aveva studiata. E vedere quella reazione, ripagò Edith
del ritardo dell’attore, dando inizio alla vera a propria intervista dopo che,
la vera che la giornalista aveva indicato, –la stessa che tutti gli attori della
trilogia tolkieniana avevano ricevuto in dono dal regista- finì in un dito lungo
e affusolato della ragazza sorridente, che mise un registratore sul tavolo e lo
fece partire, schiacciando un piccolo pulsante al lato.
L’intervista si mostrò ben diversa di quello che gli esordi avevano suggerito.
Parlarono di tutto. Dall’ultimo film di Orlando, ai progetti suoi futuri, per passare dalla
guerra ed arrivare alla pace, aggiungendo in coda qualche considerazione
sulla religione professata dall'attore: il buddismo.
Scoprirono che parlare di cose come la meditazione, la ricerca della forza
interiore, potevano rendere la loro chiacchierata meno dolorosa per entrambi.
E infatti lo fu davvero.
Della tensione iniziale non rimase nulla, almeno finché continuò l'intervista. Poi, quando il tasto dello stop risuonò nel silenzio della sala con un suono metallico,
premuto da Edith, l’incanto si spezzò e tornò la
freddezza iniziale.
“Allora” disse Edith prendendo la sua roba e guardando Orlando con indifferenza:
“La rivista con la sua intervista, arriverà tra un mese, una settimana prima
della pubblicazione ufficiale. Sarà un omaggio della redazione.”
“Allora è finita?” chiese Orlando sorridendo.
“Direi di si” rispose Edith sorridente quasi si sentisse liberata.
Orlando percepì il messaggio e disse:
“Sembri felice?”
“Tu no?” chiese Edith mettendo il registratore nella borsa passando per la prima volta al semplice 'tu' con l'attore.
“Te lo hanno mai detto che sei la persona più insopportabile che esista sulla
faccia della terra?” chiese Orlando serio.
Edith sorrise e rispose:
“Tranquillo. I miei colleghi dicono molto peggio…” e mettendo la borsa tracolla
disse: “Visto come è andata…” tese la mano e continuò: “Vorrei poter dire è
stato un piacere, ma non lo farò. Sarei bugiarda e non è il mio stile…” e
sorridente, dopo aver stretto energicamente la mano dell’attore si allontanò,
lasciando Orlando interdetto.
L’uscita dal locale di Orlando fu completamente diversa dal suo ingresso
trionfale.
Indispettito dal comportamento della giornalista, l’attore camminò tra i tavoli
evitando i fan che si accalcavano, tenendo a mente il comportamento della donna.
Era stata una giornalista impeccabile. Non aveva fatto domande stupide ma serie
e non le solite stupidaggini trite e ritrite. Poi era ritornata la stessa vipera
di quando l'aveva incontrata meno di un'ora prima.
Era sconvolto. Arrabbiato. O meglio… Incazzato nero.
Dentro di se sapeva di non poter ammettere che tutto quel risentimento cominciò
a serpeggiare quando Edith non lo riconobbe.
L’aveva vista bella ed elegante e, per quanto fosse fidanzatissimo, sapere che
una donna del genere lo aveva riconosciuto lo avrebbe riempito di orgoglio.
Ma non lo poteva ammettere. A se stesso per primo. Il suo orgoglio ne avrebbe
risentito davvero troppo. E per uno vanitoso ed egocentrico come lui, sarebbe
stata una mazzata non indifferente.
Stava pensando a questo quando, mentre usciva dal locale si rese conto di una
cosa.
Quella donna si era tenuta il suo anello. E calciando forte un bidone
dell’immondizia, gridò avvilito e guardò la strada, cercando Edith.
Fu inutile.
Lei se era andata. E l’anello con lei.
E questo non era un bene.
Sapeva che quello sarebbe stato il loro unico incontro. E aveva la certezza che
l’anello regalatogli da Peter, dopo quella sera, non lo avrebbe mai più rivisto.
E a testa china si allontanò sotto la pioggerellina, voltandosi ogni tanto per
vedere se qualche taxi si avvicinava.
Qualche metro più in la, una mano lunga e affusolata, toglieva da una delle dita
dell’altra mano un anello che calzava un po’ grande.
Edith sorrise e ripose l’anello nella taschina interna della borsa.
Sì! Ora lo poteva dire. A quel pallone gonfiato aveva dato una bellissima
lezione.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Allora grazie a Adrienne Buovier
Allora grazie a Adrienne
Buovier, a Uriko, Paddina e Fefe (loro tre recensiscono sempre e per questo le
ringrazio.. E Fefe.. Come faccio a dimenticarmi di te??), poi ringrazio Bebe e
Keike, Carlottina e Chicca. Vi ringrazio per aver letto il primo capitolo e vi
chiedo umilmente scusa per il ritardo che, purtroppo, non sarà l’ultimo. Ho
problemi al pc e una mia amica mi aiuta nella battitura dei capitoli, quindi non
potrò aggiornare costantemente. Chiedo umilmente perdono.
Vi ringrazio anche di aver accolto amorevolmente Edith. So che è molto
scontrosa. Forse troppo. E il fatto che non sia dispiaciuto il suo
comportamento, mi ha reso felice.
Spero che il prossimo capitolo vi piaccia. E di riuscire a scrivere almeno
qualche capitolo in più questi giorni. E che vi appassionino, come credo, abbia
fatto il primo.
Un bacio grande a tutte.
Niniel 82.
Capitolo 2: I casi del
destino.
Brian Stephenson era un uomo abituato ad ottenere
sempre tutto quello che voleva. Ed Edith fu di sicuro una delle sue prede più
ambite.
Si conobbero durante un'intervista, la terza della giovanissima Edith per la
rivista Vanity Fair, che la ragazza doveva fare al figlio del magnate Edward
Stephenson.
Tra loro non nacque subito l’amore. Edith, sempre molto forte e decisa e
parecchio realista, prima di innamorarsi di qualsiasi persona, valutava sempre i
pro e i contro, ferma nella sua decisione che la sofferenza, specialmente
quella per amore, sia solo una perdita di tempo. Sia che la dovesse subire sulla
sua pelle che su quella del partner.
Così, per ben un anno, Edith e Brian vissero una bellissima amicizia finché,
un giorno il cellulare di Edith squillò.
Era Brian che la invitava a passare tre giorni a Parigi.
E visto che nessuna donna sana di mente rifiuterebbe un invito del genere,
Edith accettò.
Così dopo aver passato un romantico fine settimana Brian, in un ristorante con
vista sulla Torre Eiffel, le chiese di diventare la sua compagna…
Il resto è storia.
I due cominciarono ad uscire assieme fino a che la stampa colse in flagrante i
due che non poterono più nascondersi e dovettero ammettere la loro relazione.
E le cattiverie cominciarono a piovere dal cielo.
Infondo non si può essere belle, ricche e famose e stare anche con un
miliardario che ti da tutto quello che vuoi senza batter ciglio. Naturalmente qualcuno inizierà malignare su di te. Perché la natura umana è questo infondo: non ammettere mai che qualcuno merita ciò che ha ottenuto lavorando duramente. In particolar modo se si è la compagna di un uomo ricco e prepotente come Brian Stephensons
Edith arrivò nella sua casa situata nella zona uno, vicino a Piccadilly.
Appena chiuso l’uscio alle spalle poggiò la borsa e piegando appena le gambe
tolse le vertiginose decolté bordeaux, camminando scalza per il salotto.
Poi si avvicinò alla segreteria e l’accese.
[Questa è la segreteria telefonica di Edith Norton. In questo momento non sono
in casa. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico. Appena possibile vi
richiamerò]
Edith, dopo aver sentito che c'erano due messaggi, aveva riavvolto il nastro e successivamente aveva cominciato a caricare
qualche vestito nel trolley, ascoltando le chiamate registrate sulla segreteria.
“MESSAGGIO NUMERO UNO” annunciò la voce metallica della segreteria.
“Edith. Piccola. Sono Rachel. Ti devo dare una notizia pazzesca. Sei la prima a
saperlo... La Saatchi ha accettato! Esporrò lì le mie foto. Dal 27 dicembre
2004 al 23 febbraio 2005. Non è grandioso? Appena puoi richiamami. Un bacio.”
Edith sorrise e mise della biancheria nella tasca più piccola. Rachel era la sua
migliore amica. E quel successo Edith lo sentiva anche un po’ suo. Un po’
perché conosceva Rachel da quasi dieci anni; un po’ perché aveva fatto di tutto
per convincerla a mostrare le foto che aveva fatto durante il loro viaggio in
Afghanistan. Viaggio che tra l’altro ispirò un libro che scrissero a quattro mani e che
valse alle due parecchi premi nazionali ed internazionali.
Nel mentre sistemava ancora qualche cosa, la segreteria annunciò il secondo
messaggio con la solita voce metallica.
“MESSAGGIO NUMERO DUE”
“Edith! Sono Frank. Laura mi ha detto che eri molto arrabbiata per via
dell’intervista ad Orlando Bloom. Beh... Ti ho chiamato perché volevo farti
sapere che, per quanto può sembrare strano, io non volevo affidarti quell’intervista.
È stata la manager di lui ad insistere affinché la facessi tu. So che dovevo
dirtelo prima, ma ti giuro, non ne ho avuto il tempo. Fammi sapere… Ciao.”
Edith sbuffò infastidita. Quella non era una chiamata sincera. Lo sapeva. Era un
tentativo piuttosto flebile che il boss usava per non ammettere che aveva fatto
una stupidaggine.
E con un mezzo sospiro, infastidita, cacciò con estrema forza i vestiti dentro
la valigia.
Poi, tranquilla, entrò nella camera, si spogliò e si avvicinò alla doccia. Una doccia rigenerante dopo la serata passata era il giusto premio che si meritava.
Si rilassò sospirando felice mentre il getto scendeva veloce riempiendo di piccole gocce
calde il corpo della giornalista, mentre il vapore tiepido saliva. Edith era priva di pensieri e con
gli occhi chiusi, come ogni volta che si concedeva un po' di relax, si abbandonò completamente a quel piacere, estraniandosi completamente dal mondo.
Poi, dopo aver asciugato il corpo e i capelli aprì l’armadio, per l’ennesima
volta, senza nascondere la sua nudità.
Aveva la certezza più che matematica di avere un bel corpo. E sapeva di essere
desiderabile. Infatti, molte volte, aveva usato questa sua dote per ottenere
qualche intervista.
Sono pochi a saperlo, ma un sorriso languido e uno sguardo dolce potevano
portarti molto lontano e aprirti altrettante porte, aggiunti ad una buona dose di tenacia.
Si preparò indossando un paio di jeans a vita bassa scuri, abbinando un golfo bianco
con il collo ad anello. Piegò i capelli e si truccò appena. Poi si mise a
sedere, leggendo un libro e rimanendo illuminata solo dalla lunga lampada che
stava vicino al divano dove era seduta.
Stavolta la sua attesa non fu lunga.
Ci vollero meno di cinque minuti prima che Brian si presentasse alla porta
di casa sua.
Madre americana e padre inglese, ricco e famoso.
I capelli di un biondo slavato e occhi non grandissimi e di un azzurro ghiaccio.
Alto, mascella squadrata e labbra fini, più una notevole altezza abbinata ad un
ottima prestanza fisica.
Questa era la descrizione di Brian, trentatreenne di successo, che quella sera
si presentò a casa di Edith avvolto nel suo impermeabile, appena bagnato dalla
fitta pioggerellina inglese, con un sorriso stampato sulle labbra.
“Sei pronta?”chiese quando Edith aprì la porta.
“Sì! Entra” rispose Edith baciandolo e dicendo piano: “La puoi portare tu giù la
mia valigia?”
“Certo” disse Brian dandole un altro bacio. “Fai in fretta. Giù c’è un taxi che
ci aspetta…”
“Prendo le chiavi e il portatile e sono da te” sorrise dolce Edith.
“Va bene” sorrise Brian sparendo dietro la porta, con la valigia di Edith
appresso.
La giornalista sorrise e prendendo le chiavi e il portatile uscì
dall’appartamento e chiuse la porta.
Parigi e un romantico fine settimana con il suo compagno l’attendevano.
Orlando entrò in casa sbattendo forte la porta d’ingresso.
Non solo quella giornalista non aveva fatto altro che indisporlo per tutto il
tempo, trattandolo come un perfetto idiota. No!
Si era presa anche il suo anello. E non uno qualsiasi. Quello che gli aveva regalato Peter!
Non si poteva definire arrabbiato. Era troppo riduttivo. Era furente. Nel vero
senso della parola.
Poggiò – o meglio lanciò – le chiavi sul tavolo e lanciò la giacca di renna
sulla sedia.
Fu allora che si accorse che nel salotto c’era qualcuno. E quel qualcuno era
seduto nel divano dal quale spuntava una piccola testa bionda.
Non poteva essere lei. Era lontana e non si sarebbero visti per un po', almeno per quello che aveva detto lei.
“Kate?” chiese lui stupidamente, cercanndo conferma a quello che vedeva. Gli mancavano solo le allucinazioni ed era apposto.
Ci volle poco perché Orlando capisse di non essere preda della pazzia. Kate Bosworth, bionda ancora per poco viste le imminenti
riprese di ‘Superman Returns’, a sorpresa era andata a casa del suo ragazzo storico.
“Hi! My love!” disse la giovane saltando in piedi e allargando le braccia,
mentre le labbra si allargavano in un perfettissimo sorriso che non celava il
forte accento americano."Ho corrotto il portiere e sono salita quando tu non
c'eri per farti una sorpresa" continuò dolce la giovane attrice.
Orlando, in un attimo, dimenticò la serata passata e corse ad abbracciare e
baciare la giovane ragazza.
“Ma non dovevi essere a Parigi?” chiese Orlando sorpreso.
Kate baciò languidamente il ragazzo, poi poggiando la fronte contro quella di
Orlando rispose mordendosi il labbro inferiore:
“Mi mancavi e ho approfittato di venire a Londra appena mi hanno dato qualche
giorno di ferie”
Orlando sorrise e baciando Kate e prendendola in braccio, stringendola forte a
se, mormorò:
“Bene! Ho molti arretrati da farti pagare... Ora tu vieni con me”
Kate urlò e quando Orlando la buttò sul letto, fu inutile fargli il solletico.
La passione, visto il lungo periodo di lontananza, avvolse i due giovani che
abbandonarono i giochi per assaporare la meritata intimità.
Edith scribacchiava qualche cosa sul portatile.
Stava seduta sul letto, un matrimoniale nella stanza 205 del Ritz, il famoso
albergo parigino anche per essere stato l’ultima meta del viaggio di Lady D
prima di morire.
La piccola lampada illuminava la parte dove stava la giornalista, che attenta e
veloce cominciava a intavolare il testo dell’intervista di Orlando Bloom.
Brian si mosse tra le lenzuola e dopo essersi svegliato, ammirò il corpo
statuario della compagna che nuda, seduta sul letto lavorava con il portatile poggiato sulle
gambe incrociate.
Si mise a sedere a sua volta e baciò la spalla della compagna, cercando così di attirare la
sua attenzione.
“Sto lavorando!” disse Edith scansandolo.
“Spiegami come puoi pensare al lavoro quando siamo al Ritz, a Parigi, lontani da
impegni di lavoro e dal caos di Londra.” finse di lamentarsi Brian baciandole il collo
stavolta.
Edith sospirò infastidita. Non sopportava di essere disturbata mentre lavorava e
si allontanò ancora un po’ dal compagno.
Brian sorrise e avvicinandosi di nuovo baciò il collo della compagna e abbassò
lo schermo del portile.
Edith risollevò il coperchio e alzandosi dal letto si mise a sedere nella
poltrona.
Brian la guardò contrariato e senza dire nulla, si vestì in fretta e uscì
sbattendo la porta.
Edith trasalì appena, ma continuò a lavorare.
Non era di sicuro il primo litigio con Brian, ma non sarebbe stato nemmeno
l’ultimo.
Orlando accarezzava la schiena nuda di Kate che abbracciava il cuscino
sorridendo al compagno.
“Mi sei mancata” disse Orlando baciandole la fronte.
“Anche tu” disse lei e accolse il bacio socchiudendo gli occhi.
Dopo, con un gesto veloce, spostò le coperte e andò in bagno, lasciando Orlando
da solo nel letto. E una volta entrata disse:
“Ti arrabbi se ti dico che sono a Londra anche per un altro motivo?”
Orlando, che si era messo a sedere nel letto, corrugando la fronte domandò mentre
sistemava il cuscino dietro la schiena:
“Perché credo che quello che stai per dirmi non mi piacerà nemmeno un po’?”
Kate sorrise e rispose:
“E fai bene a pensarlo”
“Viene tua madre dall’America per caso?” chiese preoccupato Orlando.
“No” rise Kate affacciandosi alla porta e facendo una smorfia al compagno. Poi
rientrando dentro aggiunse: “Conosci Brian Stephenson?”
Orlando si grattò la testa pensando e poi rispose:
“Chi? Il figlio di Edward Stephenson, il riccone?”
“Bravo” disse Kate “I miei sono stati invitati ad una festa che lui darà tra una
settimana e alla quale parteciperà tutta la Londra che conta.” e dicendo questo cominciò a
riempire la vasca.
“Immagina che bella festa!” disse ironico Orlando.
“Infatti” ironizzò a sua volta Kate. “Sai quelle feste fatte con gente
fintissima? Ecco queste sono le feste tipo di Brian Stephenson. Pensa che
trovare una persona che non parli solo di vestiti e di shopping lì è come cercare
l’acqua su Marte.”
I due risero. E Kate continuò immergendosi nella vasca.
“Quindi, la prossima settimana, il giorno prima che io torni a Parigi, mi devi
accompagnare a questa festa.”
“E cosa ci faccio io lì? Non sono nemmeno nobile!” disse Orlando contrariato.
“Quanti nobili credi ci siano, OB?” rise Kate.
“Tutti?” replicò ironicamente Orlando.
“Ti basta pensare solo che Stephenson senior, dieci anni fa, ha comprato il suo
titolo, con tanto di stemma... Ora, dopo aver costruito una fortuna dal nulla,
non solo vede fruttare i profitti dei suoi commerci, ma ritira anche una buona
uscita che ogni nobile, mensilmente, ritira” disse sdegnata Kate.
“Un poveraccio direbbe che piove sempre sul bagnato”sorrise Orlando.
“E non è finita” continuò Kate.
“A no?” chiese Orlando sollevandosi dal letto.
“Non solo sono ricchi sfondati. Non fanno nemmeno beneficenza. Né Stephenson
senior, Né Stephenson junior… E se lo fanno, lo fanno solo per loro tornaconto.
E Brian, è un viscido. Ha una fidanzata bellissima e ci prova con tutte, me
compresa.”ribatté Kate strofinando la gamba con la spugna.
Orlando, poggiato alla porta, guardando Kate immersa nella vasca disse:
“E allora sono costretto a venire a questa festa.. Sono un tipo geloso io e non
sopporto che ti diano troppe attenzioni senza il mio permesso...”
“Allora dovrò assumere una guardia del corpo” rise Kate.
Orlando guardò contrariato Kate e gettandosi nella vasca sollevò una grossa
quantità d’acqua, mentre Kate, ridendo, gridava:
“Lasciami.. Daiiii”
Edith mangiava tranquilla la sua porzione. I capelli biondi erano raccolti e ai
lobi spendevano i due pendenti che alla luce lieve del ristorante mandavano tiepidi bagliori arcobaleno.
Il vestito bellissimo nero di taffettà, doveva servire per incorniciare il finale di
una grande serata. Ma non fu così.
Nonostante Brian la guardasse sorridente, Edith non gli aveva ancora rivolto la
parola. Fu allora lui il primo a rompere il ghiaccio, dicendo:
“Sei ancora arrabbiata”
“Non dovrei?”chiese Edith sollevando appena il sopraciglio.
“Dai, dillo... Avanti. Sono sempre il solito avventato che non pensa a quello che
dice o che fa” rispose Brian incrociando le mani sotto il mento.
“Come se bastasse!” esclamò Edith attaccando un pezzo di insalata.
“Dai non puoi fare l’arrabbiata per tutta la vacanza…” rispose Brian prendendo
un tovagliolo e aprendolo lo poggiò sulle gambe.
“Vuoi mettermi alla prova?” chiese Edith ironica.
Brian sapeva che la minaccia della compagna non sarebbe caduta a vuoto e
correndo ai ripari, disse:
“Dai.. Mi da fastidio stare a litigare con te…”
“Prima mi è sembrato il contrario” disse Edith poggiando la forchetta e pulendo
le labbra con il suo tovagliolo.
“Armistizio?” propose Brian mettendo le mani avanti “Facciamo che per farmi
perdonare, domani ti porto a Versailles. Ti piace così tanto...”
“Non vengo” disse Edith risoluta.
“E invece si… Tu verrai…” sibilò quasi Brian che cominciava a perdere la pazienza.
“Non sono una dei tuoi dipendenti, sono la tua ragazza!” disse Edith tra i
denti.
Brian la guardò e sospirando disse:
“Tu non mi vieni incontro. Anzi… Non fai altro che mettermi i bastoni tra le
ruote, qualsiasi sia la cosa che voglia fare per noi due…”
“Sei tu che non mi vuoi capire…” disse Edith seria, guardando in faccia il
compagno. “Non puoi pretendere di scarrozzarmi per tutta l’Europa e aspettarti
che sia pronta a soddisfare i tuoi appetiti sessuali. Non sono un oggetto. E non
puoi trattarmi come tratti tutti quelli che ti circondano. Ribadisco! Non sono un oggetto.
E tanto meno, ti permetterò di trattarmi così.”
Brian la guardò e disse:
“Io voglio solo che tu sia felice. Sto dando anche una festa in tuo onore questo
mese...”
“Cosa!” lo interruppe Edith lasciando cadere la forchetta sul piatto.
Qualcuno nel locale si girò verso la coppia, guardandoli con fastidio per il
rumore. Brian, per evitare una scenata, corse ai ripari:
“Amore. Io volevo dirtelo in maniera diversa. Ma ho deciso di farti un regalo. E
una festa mi sembrava la cosa giusta…”
“A me non importa nulla delle tue feste e delle persone noiose che frequenti. Lo
vuoi capire che a me non interessa la vita mondana?”domandò Edith punta.
“Perché tu non devi difendere la tua immagine. Io sono un personaggio pubblico
cento volte più famoso di te…” disse Brian serio. “Martedì 13 novembre, nella
mia casa vicino a Oxford Street darò la festa in tuo onore. E ti voglio bellissima. E per farmi perdonare
ti farò anche un gran regalo...”
Edith sorrise e sollevandosi dalla sedia, sbattendo il tovagliolo sul tavolo,
disse:
“Continui a non capire. Io torno in camera...”e camminando velocemente lasciò
Brian da solo.
Quello che Orlando ed Edith non potevano sapere era che il destino, in quei
giorni, intrecciava ancora una volta le loro strade.
E che si sarebbero rivisti per merito dei rispettivi compagni.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Bebe e Anima Bianca
Bebe e Anima Bianca..
Grazie per aver recensito il mio capitolo. E vedo che vi intriga, almeno per
quello che ha detto Keike che colgo l'occasione di ringraziare per la sua
recensione... Bene.
Allora, visto che ho tirato il sasso e nascosto la mano (aspettatelo ancora a
dirlo eheheheheh) vi presento il terzo capitolo che introdurrà due personaggi
molto importanti. Rachel. Ditemi che ne pensate della pazza migliore amica di
Edith. Ed Emma… Di lei non vi dico altro… Sono cattiva lo so.
Piccola domanda. Che ne pensate di Brian??
E ho notato che nessuno ha attaccato Kate. Sono davvero felice. Vuol dire non
l’ho resa odiosa (spero o__O).
Spero che sia una buona lettura. Un bacio a tutte Niniel.
A spasso con Rachel.
(La festa a casa di Brian..)
Rachel Brown era uno dei mezzi busti più conosciuti
di tutta la Gran Bretagna dato che lavorava per il network principale della
nazione: la BBC.
Aveva due anni più di Edith. Le due si erano conosciute all’università grazie a delle amicizie in comune.
Inizialmente i rapporti tra Edith e Rachel non furono idilliaci. Al contrario, Edith era
sempre troppo scontrosa e dal sarcasmo pungente e fece di tutto per non rendere facile la vita della
ventiduenne Rachel finendo, così, per creare una sorta di tensione tra le due che, un giorno, senza una vera e propria ragione, almeno agli occhi dei più, si cancellò come per magia.
Rachel, invece, in quei dieci anni aveva vissuto una vita talmente piena da farla sentire, alle volte, molto più veccgia dei suoi ventisette anni. Giovanissima aveva sposato Johnny dal quale aveva avuto una bambina che
aveva chiamato Charlotte e solo tre anni prima dei fatti narrati aveva divorziato, in un modo non del tutto indolore. Non mancarono infatti le
cause in tribunale, i piatti rotti, le visite dallo psicanalista, con il rogo
finale del meraviglioso e sontuoso abito da sposa.
In ogni modo le differenze tra le due amiche saltavano sempre all'occhio. Immediatamente.
Se Edith era sarcastica, snob e molto ritrosa a qualsiasi apertura verso il
mondo esterno, Rachel era una ragazza solare nonostante le varie disavventure
della vita. Le piaceva fare baldoria, bere fino a stare male
e cercare di sedurre tutti gli uomini che incontrava. Almeno quando non c'era Charlotte, sua figlia. Solo allora ritornava ad essere una persona responsabile. Per sua
figlia Charlotte, Rachel, avrebbe dato persino l’anima. E lo faceva. Infatti, nonostante
cercasse di sedurre qualche uomo la maggior parte delle volte, Rachel cercava una relazione stabile, che potesse regalare a Charlotte
quella stabilità che non era riuscita a darle con John, il suo ex marito.
Era di sicuro questo uno dei motivi per cui Edith voleva sinceramente bene a Rachel e Charlotte. E
cercava di proteggerle sempre. Anche se, come in ogni amicizia che si rispetti, c'era anche tra Edith e Rachel una cosa su cui non andavano d'accordo.
Rachel non riusciva a digerire il giovane rampollo, né tanto meno il suo
comportamento un po’ troppo festaiolo e -a detta del mezzo busto- abbastanza
libertino. E in quel caso, Rachel non aveva avuto torto. Al contrario. Brian
aveva tradito Edith. Due volte in tre anni. E non erano poche e tanto meno da
definire scappatelle. Una era stata una vera e propria storia che Brian aveva
cominciato con Emma Norton, la sorella minore di Edith.
Naturalmente alla scoperta della tresca con sua sorella, Edith lasciò Brian,
trovando il sostegno di tutti i suoi amici, in particolar modo quello di Rachel. Poco tempo dopo la loro rottura, quando Edith tagliò tutti i ponti con usa sorella e litigò con la sua famiglia, distruggendo i vecchi equilibri di sempre della famiglia Norton, Brian si ripresentò dalla giornalista. Voleva riconquistarla. E ci riuscì promettendo di non ricadere più nel suo vecchio errore.
Quella fu la prima volta in cui Edith e Rachel litigarono
davvero. Nemmeno nel loro primo periodo di amicizia avevano litigato cosi tanto
e così forte.
Fu solo grazie alla stima reciproca e la forte amicizia che le due ricuciorno lo strappo, nonostante Rachel, delusa, dovette ammettere con tutti e con sè stessa che la sua migliore amica era davvero innamorata di Brian.
Tempo dopo le due donne partirono assieme per un lavoro che avevano intavolato
da tempo, facendo un giro in Africa, Asia e Europa con il fine di descrivere i modi di
vivere delle donne nel mondo. E fu un viaggio illuminante per entrambe.
Rachel scattò foto bellissime ed Edith con un diario che scriveva
quotidianamente, registrò emozioni, paure e speranze di quell’esperienza, lunga
tre indimenticabili mesi.
E tutto si concluse con la pubblicazione di un libro, scritto a quattro mani
dalle due e dalla mostra che Rachel avrebbe dato alla Saatchi Gallery, quel 27
dicembre.
E naturalmente, con il rafforzamento del rapporto delle due ragazze.
“Non è che non sopporto Brian, piccola. Dico solo che non è l’uomo adatto a
te. Ci sono un infinità di uomini non solo più belli, ma anche più
intelligenti di Brian, che farebbero la fila, pur di uscire con te”disse
Rachel mentre guardava con interesse una vetrina nei pressi di Piccadilly Circus, camminando al fianco dell'amica.
Edith, dal canto suo, conosceva troppo bene Rachel e sapeva che era inutile intavolare una
conversazione senza fine sul suo compagno. E sorridendo, con una punta di
sarcasmo, rispose:
“Sai cos’è? Brad Pitt non mi ha ancora chiamato, da quando si è messo con
Angelina. E poi dovresti averlo capito che io sto con Brian per i suoi soldoni.
Ormai lo dicono tutti, come faccio a nasconderlo? E ADORO le feste che da
mensilmente, su tutto. Anche per celebrare l'allargamento del buco nell'ozono!”
Rachel rise e cercando di tornare seria ribatté:
“Ah! Lo avevo immaginato, sai? Feste senza senso come quella di stasera, vero?”
“Specialmente quella di stasera, Mrs Brown..” rise Edith fermandosi poi a
guardare una vetrina della Gap.
Rachel sorrise e rispose:
“Potresti sempre fingerti malata e venire da me stasera?”
“Lo sai che non posso. Brian mi ha incastrata” disse Edith malinconica, vedendo sfumare la possibilità di una bella serata assieme a Rachel e aggiunse:"La festa è in mio onore. E tu hai mai visto una festa senza l’ospite
d’onore?”
“Le pensa tutte Stephenson per incastrarti!” esclamò contrariata Rachel.
“Perché non vieni tu, invece?” chiese Edith con un sorriso sornione rivolto all’amica.
Rachel la guardò e scuotendo la testa più volte disse:
“Non se ne parla. L’ultima volta che sono venuta ad una di quelle dannatissime feste un barone mi ha fatto la corte…”
“E ti lamenti?” rise Edith.
“NO! DOVREI FORSE? TI SEI DIMENTICATA IL PICCOLO DETTAGLIO CHE AVEVA SETTANTANNI?” sbottò Rachel facendo ridere più
forte Edith.
Le due si presero in giro per un po’ quando Rachel disse, quasi colta da
un’illuminazione:
“Devi comprare un vestito per stasera, allora!”
“Rachel... Sono piena di vestiti! Non ne ho bisogno di un altro vestito” le fece notare con un sorriso Edith.
“Non se ne parla proprio!”disse Rachel prendendo l’amica sotto braccio e
dicendo:”La festa è in tuo onore. Quindi stasera devi essere bellissima...” e
guardando l’orologio disse, infine: “Abbiamo due circa prima che Charlotte esca
da scuola. Quindi, mano alla carta di credito bambina. Stasera sarai talmente
bella che perfino i morti risusciteranno per vederti…”
Edith scosse la testa sorridendo, ma suo malgrado si fece trasportare dalla sua
amica a fare shopping sfrenato.
Orlando, assonnato per via dei bagordi della sera prima, si guardava preoccupato allo specchio,
cercando di fare il nodo alla cravatta non riuscendoci.
Aveva delle occhiaie enormi, nonostante Kate continuasse ad affermare il
contrario. Parlava bene lei che nonostante fosse andata a dormire alle quattro
del mattino e si fosse alzata solo cinque ore dopo era fresca come una rosa. E
ora canticchiava felice in bagno, truccandosi.
Sospirando l’attore si voltò e subito vide il trolley della ragazza vicino
alla porta. Possibile che quella fosse l’ultima serata che passavano assieme e
fossero costretti ad andare a quella festa noiosa? Indispettito dalla situazione e
dalla cravatta che non ne voleva sapere di stare annodata,disse:
“KATE!!! MA DOBBIAMO ANDARE PER FORZA A QUESTA STUPIDA FESTA?”
Kate uscì dal bagno agganciando un orecchino e sorridendo rispose dolcemente:
“Come unica esponente della famiglia Bosworth a Londra sono obbligata ad andare
a quella festa. Che ti piaccia o no. E tu...” e fece un perfetto nodo alla
cravatta di Orlando: ”... tu sari il mio cavaliere senza macchia e senza paura.
Dopo che avrai finito di prepararti, naturalmente!” e allungandosi un poco lo
baciò sulle labbra pulendo poi le tracce di rossetto rimaste.
Orlando sorrise a sua volta. E prendendo tra le sue e baciando le mani di Kate poggiate sul
suo petto disse, fregando il naso contro quello della ragazza:
“Allora andiamo a toglierci questo dente!”
Kate sorrise e annuì. Poi, aiutata da Orlando, mise il cappotto e aspetto che Orlando facesse lo stesso per poi,
mano nella mano con lui, uscre dall’appartamento del ragazzo.
Quando arrivarono all'appartamento di Brian, Orlando e Kate trovarono già un sacco di gente.
I camerieri assoldati per servire da bere agli ospiti, giravano solerti per la
sala con il loro gilè rosso e con i vassoi argentati poggiati sulle mani tra gli invitati fasciati
in elegantissimi abiti da sera.
Una sorta di maggiordomo, very english style tra l’altro, prese in consegna i
cappotti dei due nuovi arrivati, mentre Orlando poggiando una mano sulla schiena di Kate,
disse sottovoce, guardandosi intorno:
“Amore! Siamo ancora in tempo ad andare via”
Kate rise appena e portando un dito sotto il naso rispose:
“Dai! Stiamo qui un paio di ore e poi andiamo via… Te lo prometto”
Orlando stava per rispondere, quando una voce stridula, interruppe la sua
conversazione con la fidanzata.
“KATLEEN!”
“Katleen?” chiese Orlando, voltandosi di scatto verso Kate che, con aria
implorante sussurrò al ragazzo:
“Ti prego amore! Lasciala fare. Sarebbe molto peggio se non lo facessi” e
guardando la donna con un sorriso, allargò le braccia e disse: “CHERYL!”
“My darling!” disse la donna sorridendo e prendendo le braccia della ragazza,
allargandole per vederle meglio disse untuosa, tanto che Orlando sentì un
brivido di disgusto corrergli lungo la schiena: “Amore sei bellissima stasera” e
l’abbraccio sorridendo e baciandole le guance.
Fu allora che si accorse di Orlando e sollevando un sopraciglio, disse:
“E questo, mi sembra di capire, è il tuo ragazzo, quello tanto decantato da mia figlia…”
e tendendo la mano all’attore, disse: “Sono Cheryl Davis. Conosco Kate da quando
ha messo il primo dente...” e scrutando meglio il corpo di Orlando fasciato
nell’elegante completo nero disse: “E devo dire che crescendo ha migliorato
tantissimo i suoi gusti in fatto di uomini!” e uno sguardo pieno di cupidigia
scrutò ancora più approfonditamente Orlando tanto da metterlo in imbarazzo.
Kate, che conosceva la grande fama di mangiatrice uomini di Cheryl, disse:
“Allora dov’è la piccola Cecil e Debra?”e guardando Orlando con faccia
implorante si allontanò sotto braccio con la donna.
L’attore londinese si guardò intorno e constatò che a quella festa non c’era una
band che suonasse qualche pezzo per animare la serata. E che, tanto meno, ci
fosse qualcuno con cui fare una seria chiacchierata.
Si guardò intorno e si mise a cercare qualche cosa da fare.
Fu proprio nel momento in cui Orlando lasciò l’ingresso, che qualcuno suonò il
campanello e il maggiordomo aprì la porta…
Emma entrò nell’appartamento e consegnò la pelliccia di visone al maggiordomo,
sistemando poi, con un gesto veloce della mano, i capelli.
Il suo corpo perfetto, molto più asciutto di quello di Edith, era fasciato da un
vestitino corto e nero, con le spalline incrociate dietro la schiena. Ai piedi
gli immancabili tacchi a spillo che la slanciavano parecchio e che mettevano in risalto il fatto che nel suo sangue corresse pane, passerella e cat walk, la famosa camminata sinuova delle fotomodelle.
Molti degli uomini presenti nella sala si voltarono al suo passaggio,
guardandola rapiti. Perfino Orlando lo fece.
Ma la giovane modella fece in tempo a prendere un bicchiere di champagne da uno dei vassoi voltanti che una
mano l’afferrò per la spalla e la fece voltare.
Emma, i cui occhi, meno obliqui di quelli di Edith e tendenti al giallo verde,
si allungarono in un sorriso di scherno. E portando il calice alle labbra ne
bevette un lungo sorso, dicendo poi:
“Brian. Il mio cognatino preferito!”
Brian la guardò bere e domandò:
“Che ci fai qui?”
Emma sollevò un sopraciglio e rispose:
“Edith è mia sorella. Quindi ho lo stesso diritto che hai tu di stare qui”
Brian, irritato per la risposta, prese il braccio della ragazza e sibilò:
“Vattene. Non voglio che ti veda”
Emma si divincolò dalla presa vigorosa di Brian e sarcastica disse:
“Ah! Che stupida che sono. Mi sono dimenticata che quella santarellina della mia
sorella maggiore perdona solo chi le scalda il letto. Non quella gran puttana di
sua sorella!”
Brian strinse le labbra trattenendo l’impulso di urlare contro Emma e
mormorò con durezza:
“Vattene. Non ti voglio qui. Hai capito?”
Emma lo guardò e fingendosi stupita, disse:
“Pensare che qualche mese fa non mi dicevi queste cose, vero Brian?”
“Stai superando ogni limite. E sei davvero patetica” rispose Brian irritato.
“Voglio vedere mia sorella” replicò Emma.
“Lei non è qui. È in una camera. Non sta bene. E se devo essere sincero
non sono per niente sicuro che lei abbia lo stesso desiderio”
Emma serrò la mascella e sollevando un sopraciglio, alzò un po’ il bicchiere
e aprendo la mano lasciò che si schiantasse per terra.
Solo dopo che tutti si furono voltati a guardarli e avevano cominciato a mormorare in maniera concitata, ritornò all’ingresso prese la sua pelliccia e andò via.
Orlando, ignaro del piccolo battibecco famigliare avvenuto a pochi metri da lui,
continuava a guardarsi intorno e ad annoiarsi.
Era a quella festa da nemmeno dieci minuti e già era sull’orlo di una crisi
isterica tanto da voler prendere Kate in braccio e portarla a casa sua, dove
avrebbero fatto tutto meno che annoiarsi.
Conscio però del fatto che la noia si uccide solo buttando giù qualche boccone,
si avvicinò al tavolo del buffet per guardare che cosa ci fosse da mangiare.
E fu allora che la vide.
Edith spostò con una mano il ciuffo da davanti agli occhi e sospirò leggermente
rattristata.
Poco prima, Brian era entrato in quella camera, dove lei stava finendo di
prepararsi, con un mazzo di rose bianche e gliele aveva regalate. Bastò poco
affinché la ragazza notasse il piccolo astuccio nero in mezzo alla composizione.
Ricordava di averlo preso tra le mani e averlo aperto, con le gambe che
cedevano. Ma non per l’emozione. Aveva sempre avuto paura di quel momento. Aveva
sempre avuto una paura matta di impegnarsi troppo. E guardando l’anello che
riconobbe solo tra se era di un discutile gusto chiese:
“Che significa?”
Brian sorrise e prendendole il viso tra le mani domandò a sua volta:
“Vuoi sposarmi?” e la baciò.
Edith rispose fiaccamente al bacio, per poi tornare a guardare l’anello. Si
sentiva imbarazzata. Sapeva che dopo due anni assieme Brian avrebbe cercato di
rendere la loro unione ‘legale’, per via del suo bruttissimo vizio di vedere le
cose in un lato pratico. Ma lei sapeva di non poterlo fare.
Guardò l’anello e Brian e veloce, imbarazzata, rispose:
“Non sono ancora pronta…”
Quella parola esplose nelle orecchie di Edith anche mentre si guardava nello
specchio. E la sua immagine venne oscurata da quella di Brian, o almeno dal ricordo
della sua espressione dopo la sua risposta.
Non aveva fatto una piega.
Non era stupito, nemmeno deluso. Era, come sempre pronto a tutto. E per questo
aveva reagito con un sorriso alla sua risposta negativa. E la lasciò con un
bacio sulla guancia.
Ora era lì, mentre tutti fuori si univano in un unico coro in un unico gran brusio che
racchiudeva suoni, discorsi, sorrisi di persone diverse, mentre lei, dentro la stanza dal quale non era mai uscira, sentiva la testa esplodergli per via della forte emicrania, dovuta alle
forti emozioni che aveva vissuto meno di due ore prima.
Decise di uscire dalla stanza e quando lo fece, veloce si avvicinò al banco del
buffet.
E prendendo un piatto cominciò a guardare le pietanze.
Magari mangiando avrebbe messo a tacere quella strana sensazione che le
attanagliava le viscere e che le urlava di scappare e di lasciare quella
dannatissima casa.
Orlando si avvicinò al tavolo quando notò una donna alta quasi quanto lui, con
un bellissimo vestito bianco, che aveva una profonda scollatura dietro la
schiena, mentre dal collo pendeva una catenella argentata che fungeva da
chiusura del vestito e che dondolava sbattendosi dolcemente contro la pelle nuda
e liscia. La gonna fasciava i fianchi, scendendo poi morbida e lasciando
intravedere i sandali platinati. I capelli biondi erano intrecciati in un
elegante nodo, che lasciava scappare solo qualche piccolo ciuffo attorno al
collo perfetto e magro.
Orlando, attirato dal corpo statuario, si avvicinò e con tono allegro, disse:
“In mezzo a tanta roba da mangiare è sempre difficile scegliere cosa prendere,
vero?”
La ragazza si voltò e fece risaltare i due pendenti di brillanti che portava ai
lobi mentre il ciuffo si spostò un po’ dall’occhio sinistro.
Era straordinariamente bella. Ma quello che colpì Orlando fu che quel viso non solo era di
una bellezza da mozzare il fiato ma era lo stesso di una persona che lui, per due
settimane aveva creduto non avrebbe più rivisto. Lo stesso sguardo che lo aveva
deriso.
Quella era Edith Norton.
E mentre gli occhi di una tonalità grigio azzurra si spalancarono facendo notare
qualche pagliuzza dorata attorno all’iride, mostrando un’immensa sorpresa per
l’incontro -quasi uno strano divertimento, come pensò Orlando guardandola-
l’attore domandò:
“Tu che ci fai qui?”
Edith sorrise e disse:
“Pensa tu! Mi hanno invitata!” e guardando Orlando da capo a piedi, disse:
“Piuttosto che ci fa qui?” e inarcò le sopraciglia senza cercare di velare il
sarcasmo nella sua voce e nel suo sguardo.
“Sono stato invitato anche io!” esclamò Orlando. “La mia ragazza è amica del
padrone di casa…” aggiunse trionfante.
“Ma davvero!” lo prese in giro Edith.
“Si! Proprio così…” disse Orlando secco. E guardandola, disse: “E tu, invece?”
Edith stava per rispondere quando qualcuno dietro di lei la chiamò:
“Amore! Ma allora sei qui! Ti ho cercato dovunque!”
Era Brian. E quando Orlando lo vide sbarrò gli occhi e prima che il rampollo
Stephenson si avvicinasse chiese sottovoce, rivolto ad Edith:
“Allora tu conosci...?”
“Diciamo!” rispose vaga Edith per aggiungere maliziosa: “Se conoscere è un
termine appropriato!”
In quel momento si avvicinò Brian che cingendo le spalle di Edith, vide Orlando e
disse sorridendo:
“Orlando vedo che ci sei anche tu stasera. E che hai conosciuto la mia
compagna. Edith Norton…” e guardando Edith disse: “E tu hai avuto l’onore di
conoscere Orlando Bloom, uno dei più grandi attori di tutta l’Inghilterra…”
“Sì. L’onore diciamo…” disse Edith prendendo un bicchiere da un vassoio e
guardando Orlando con lo stesso sarcasmo malcelato.
“Lei, Orlando, è una delle più grandi giornaliste di tutti il Regno Unito. Lo
sapevi Bloom?” disse pavoneggiandosi Brian.
“Non esagerare” lo bloccò un po’ imbarazzata Edith.
“Ma amore è la verità” rispose Brian baciandole la tempia. Poi rivolgendosi
verso Orlando, chiese: “E la piccola Kate?”
Edith inarcò le sopraciglia e disse:
“Kate Bosworth è la tua ragazza?”
La sorpresa di Edith accompagnata dalla solita ironia, fece indispettire
Orlando. Sapeva ora di chi aveva parlato Kate per tutta la settimana. La
ragazza di Brian, che Kate idolatrava definendola intelligente, bella e non
banale come poche persone lo erano nell’ambiente che frequentava abitualmente,
era la stessa che lo aveva trattato come un deficiente. E pensare che meno di
due giorni prima le stava parlando di quell’intervista e di come si era sentito
stupido.
Ma, facendo ricorso al suo grande auto controllo, disse, serafico:
“Si! Qualche problema?”
“No!” disse Edith scuotendo la testa con noncuranza “Solo che sono stupita. Ecco
tutto!” aggiunse con un mezzo sorriso. Poi guardando Brian disse: “Amore... Esco
un po’ in terrazza, ho bisogno di prendere un po’ d’aria…”
“Che hai?” chiese preoccupato Brian.
“Solo un po’ di mal di testa. Tutto qui. Deve essere colpa del fumo e del
caldo…” e baciandolo disse “Tranquillo!” e voltandosi verso Orlando, concluse sarcastica guardando Orlando.:
“Bene, Bloom è stato un piacere!” e dopo aver baciato il compagno si allontanò dai due uomini muovendosi
lentamente.
Brian la guardò allontanarsi e disse:
“Non la trovi bellissima?”
Orlando che guardava Edith annuì e Brian disse:
“Faresti meglio a lasciar perdere Bloom. E non solo perché è la mia ragazza, ma
perché potrebbe finire molto male se ci provassi con lei!” e aggiunse piano
“Devo forse ricordarti che stai con la piccola Kate?” e voltandosi verso un uomo
che aveva attirato la sua attenzione si allontanò senza aggiungere altro.
Orlando lo guardò con la mascella stretta. Poi si voltò verso la finestra del
balcone. Era aperta e stranamente invitante. E con passo veloce la raggiunse e
la superò.
La trovò sulla terrazza, che massaggiava il collo nudo con un mano, sollevando
la testa, rilassata dal movimento.
"Sei la fidanzata di un pezzo grosso a quanto vedo" fece Orlando caustico, cercando di attirare l'attenazione della ragazza, riuscendoci tra l'altro.
“Geloso?” chiese Edith voltandosi a guardarlo, dopo l'iniziale momento di sorpresa.
Orlando sospirò forte e disse:
“Dov’è il mio anello?”
“Sto pensando a tutto meno che a quella patacca” rispose Edith con un sorriso.
“QUELLA PATACCA? QUELLA PATACCA! MA TE NE RENDI CONTO CHE QUELL’ANELLO CE
L’HANNO SOLO NOVE PERSONE SULLA FACCIA DELLA TERRA?” sbottò Orlando
Edith si voltò di nuovo a guardare il panorama e disse:
“Fai parte di qualche associazione segreta? Guarda che è illegale”
Orlando si avvicinò e sibilò:
“Per me quell’anello è importante”
“Che vuoi che ti dica” rispose Edith calma: “... lo avrò buttato!”
“COSA!” gridò Orlando cominciandosi davvero ad arrabbiare.
“Come sei puerile… Tranquillizzati. È solo un anello” e poggiando i gomiti sul
parapetto guardò Orlando e disse: “E poi, come ti ho già detto pochi minuti fa che
sono stanca e ho mal di testa… Sto male, quindi e preferirei essere lasciata in
pace…” e tornò a guardare il panorama.
Davanti ad Edith si vedeva il panorama notturno del centro della capitale
inglese. Il grattacielo con su scritto Point Centre, Oxford Street e Piccadilly.
E se ci si voltava, si poteva vedere il Big Bang.
E Orlando, a quella luce, notò la bellezza luminosa della ragazza. Se non ci
fosse stata Kate, se non fosse stato fidanzato, avrebbe fatto di tutto per poter
invitare quella ragazza a cena. Ma Kate era a pochi metri dalla terrazza e
Orlando, visto l’insopportabile comportamento che Edith aveva avuto nei suoi
confronti, cancellò subito il pensiero.
E preso dallo sconforto la fece voltare in malo modo e disse:
“Ti diverti vero?”
Edith, stupita dal comportamento del ragazzo domandò:
“Scusa?”
“Ti diverti, vero?” ripeté Orlando.
“Non capisco. Che cosa mi dovrebbe far divertire?” chiese Edith calma quasi
quanto l’attore.
“Ti diverti a trattare tutti come degli stupidi, non è così? E lo so perché lo
fai. Perché vuoi nascondere quella che sei realmente. Solo una che vive di
luce riflessa. Che da sola non fa strada...”
“Ancora non capisco cosa c’entri tutto questo con il tuo anello.” disse Edith
secca.
“C’entra… Eccome se c’entra! Non hai fatto altro che sfottermi. E poi… Tu vieni
a dirmi che sono puerile, che non sono professionale e tu, pur di avere successo,
ti scopi uno ricco sperando che un giorno ti sposi e ti offra l’occasione che
più aspetti da una vita: continuare a fare la snob e vivere nel lusso
sfrenato..”
Edith e Orlando avevano annullato ogni distanza e la ragazza, scossa dalle
parole e dal profumo del ragazzo, faticò a tenersi in piedi, scossa da un
fortissimo capogiro. E cercando di ironizzare disse:
“Non sei per niente originale Bloom!”e seria disse: “E lascia che ti dica una
cosa… Non hai capito nulla della sottoscritta…”
“Invece si…” ribatté Orlando. "Sei solo un arrivista. Una che non vale nulla…” ma
il fiume di parole venne bloccato da uno schiocco fortissimo.
Edith scossa da quelle parole aveva percosso il viso di Orlando che voltandosi
si rese conto che aveva reso vulnerabile Edith con quelle parole. Lei invece era ancora troppo scossa dai
troppi avvenimenti e sapeva, dentro di sè- che aveva esagerato reagendo in quel modo.
E con le lacrime agli occhi gli disse:
“Questa è la dimostrazione che non mi conosci, caro Orlando. E per quanto
riguarda il tuo adorato anello. Tranquillo. Lo riavrai… Non sono così stronza
come pensi . E ora se mi vuoi scusare...” e disgustata si allontanò.
Orlando rimase nella terrazza dove, subito, lo raggiunse Kate che baciandolo
disse:
“Amore! Sei qui!” e accarezzandogli una guancia gli chiese: “Che hai? Sembri
arrabbiato!”
“Andiamo via per favore…” disse secco Orlando.
“Ma siamo appena arrivati” disse contrariata Kate.
“Io voglio andarmene. E se tu vuoi rimanere, fai pure. Io prendo un taxi e
torno a casa…” e con un gesto stizzoso allontanò Kate lasciandola perplessa
sulla bellissima terrazza dell’attico al centro di Londra.
Orlando in macchina rosicchiava le unghie. Kate, che alla fine lo aveva
seguito, lo guardò e sorridendo, accarezzandogli una guancia e
baciandogli la bocca, disse:
"Che hai amore? Ti vedo teso da quando abbiamo lasciato la festa"
Orlando, cercando di farsi perdonare la reazione precedente, sorrise e disse:
"Mi ha infastidito il comportamento scostante della ragazza di Brian. Quella
non è una persona. È un mostro..."
Kate sorrise e disse:
"Ecco cosa avevi!” e poi, guardandolo stupita, chiese: “Scusa? Ma come fai a
detestare una donna come Edith Norton. È una delle migliori persone che conosca.
Nonostante sia una persona troppo intelligente, per poterci chiacchierare, anche
solo per poco tempo.. Ma non è male. Te lo posso giurare"
Orlando guardò fuori dal finestrino e disse:
"A me è sembrata solo un'arrivista, capace di utilizzare un uomo ricco per
entrare in un giornale che per quanto possa essere leggero è tra i più letti
di tutto il mondo."
Kate sollevò le sopraciglia e disse:
"Edith Norton è diventata famosa dopo aver conosciuto Brian è vero. Ma a Vanity
Fair è entrata solo perché era davvero una persona dall'enorme talento. Brian
Stephenson non c'entra nulla. Pensa tu che ha ottenuto un'intervista con Blair
senza nemmeno essersi fatta presentare come la ragazza di Brian. È arrivata a
intervistare il primo ministro come Edith Norton, giornalista di successo. E non
come 'la ragazza di...'. Non lo sopporta. È troppo intelligente per farlo.. Ed è anche
troppo orgogliosa..."
In un attimo nella testa dell'attore si materializzò l'immagine della ragazza
che, scossa, lasciava la terrazza. Era vero. Non aveva fatto nulla per
offenderlo come lui aveva offeso lei.
E lei aveva detto una cosa che solo ora capiva: lui non la conosceva.
Un terribile senso di disagio lo invase. E poggiando la testa sulla sedile,
sopirò coprendosi gli occhi.
Quella sera la stella del cinema Orlando Bloom si era comportato da vero e
proprio stronzo.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Un sincero grazie a tutte le persone che mi hanno recensito
Un sincero grazie a tutte le
persone che mi hanno recensito. Sono davvero contenta che la storia piaccia.
Comunque mi scuso per la mia latitanza e vi chiedo di aver pazienza se non
pubblicherò continuamente. Ma ho troppi problemi con il pc. Credo che dovrò
aspettare e comprarne uno nuovo. Sigh.
Nel frattempo, spero che il quarto capitolo sia di vostro gradimento.
Un bacio a tutte.
Niniel.
Capitolo 4: Prime
avvisaglie di ripensamento.
Edith correva sul tapin roulant, asciugando di
tanto in tanto il sudore con l’asciugamano che teneva intorno al collo.
Rachel, con il fiatone, accanto all’amica si stava reggendo alle maniglie
dell’attrezzo quando, voltandosi verso Edith, chiese:
“Allora il mascellone ti ha chiesto di sposarlo?”
Edith sorrise e affannata rispose:
“Sì! E mi ha regalato anche un bellissimo mazzo di fiori con dentro l’anello…”
“E tu? Cosa gli hai risposto?” chiese Rachel bevendo un sorso del suo
integratore.
“Gli ho detto di no!” disse Edith guardando l’orologio al polso.
Rachel, nonostante fosse sul tappeto mobile, si bloccò e -come era giusto che
accadesse- venne trasportata all’indietro e cadde rovinosamente non prima di
aver emesso un piccolo urlo di sorpresa.
Poi, riguadagnando a fatica la vetta, come uno scalatore del K2, disse a Edith
che la guardava ridendo:
“GLI HAI DETTO NO!”
“Shh!” disse Edith divertita dalla situazione.”E poi... Non gli dirò no per
sempre… Questa è solo una cosa momentanea. Voglio pensare a me…”
“Gli hai detto no!!” continuò Rachel stupita, guardando davanti a se, mentre
correva sul tappeto.
“Appunto!” puntualizzò Edith. “Ho detto no. Non l’ho lasciato.”
“Sappi che il giorno che lo farai suonerò le campane di Westminster a festa.
Personalmente” ironizzò l’amica.
Edith rise e bloccandosi lentamente disse:
“Devo assolutamente andare. Sono molto indietro con l’intervista di quell’ameba
di Orlando Bloom. E poi dobbiamo andare a quella riunione dell’Unicef...”
Rachel rise e bloccandosi a sua volta disse:
“Io, invece, devo andare in redazione. Devo condurre l’edizione delle sei..” e
sospirando, disse: “Per non parlare della capatina che devo fare alla Saatchi
per la mostra...”
“Miss BBC, non dimenticare che dobbiamo scrivere un discorso sul nostro libro!”
le fece notare sarcastica Edith.
“Miss Vanity Fair… Devo forse ricordarle che la sottoscritta Rachel Brown, oltre
ad essere una giornalista di successo e una grande fotografa, è anche una
mamma? Quindi, per il discorso, mi affido a te”rispose Rachel fingendosi
solenne.
“See! Sfotti. Voglio proprio vedere cosa faresti senza di me” disse Edith
fingendosi infastidita.
“Farei la mamma, la giornalista, la fotografa e il discorso che stasera
scriverai… Ti voglio bene” e baciandola guancia di Edith corse via.
L’eleganza di Edith si sapeva vedere anche quando era vestita in maniere sobria.
Proprio come in quell’occasione.
I capelli legati in una coda alta, con il solito ciuffo che copriva l’occhio
sinistro; un trucco leggero e le labbra laccate da un lucidalabbra chiaro.
Una camicia bianca, con un colletto rigido, come i polsini, giacca lunga e
pantaloni.
Sul podio parlava sicura del libro che aveva scritto con Rachel sulla loro
esperienza in giro per il mondo, che puntava a mostrare la vita delle donne in
qualsiasi età e in qualsiasi continente.
“Può anche sembrare assurdo. Ma è così. Nel mondo ci sono donne maltrattate,
bambine costrette a prostituirsi, a mendicare. Bambine schiave che non possono
giocare o che si troveranno, una volta donne, costrette a subire. E non crediate
che queste cose succedano solo in paesi lontani. Nella nostra ricerca abbiamo
scoperto che in occidente molte donne vengono violentate da parenti, amici,
alle volte dagli stessi compagni. E la cosa peggiore è che sono costrette al
silenzio. Silenzio che le rende due volte vittime…”
Il pubblico ascoltava rapito le parole di Edith. Parole dure e di effetto, che
condannavano la guerra in Afghanistan e in Iraq. Parole che raccontavano di
bambini mutilati o costretti morire di fame.
“Quello che vogliamo, io e la signora Brown, che ha scritto il libro con me, è
che nessuno possa dire, un giorno, ‘io non lo sapevo’… Questa è solo una scusa.
Bisogna sapere. E bisogna capire che nel mondo non tutto è perfetto. E non tutto
è semplice. Grazie”
Le ultime parole di Edith vennero accolte da uno scroscio di applausi che si
bloccò solo quando il presentatore della serata, prese parola dal podio.
“Le parole della signorina Norton, supportate dalle foto della signora Brown,
sono la testimonianza più vera che qualcuno poteva lasciarci riguardo ai
problemi mondiali. È per questo che, all’unanimità, la commissione ha deciso di
insignire le due giornaliste con una delle nostre nomine più importanti:
ambasciatrici UNICEF nel mondo”
L’ennesimo scroscio di applausi, mentre alle due donne veniva dato un
foglio che ufficializzava la decisione presa.
Nel frattempo, tra la folla, un ragazzo, guardava stupito il podio, tamburellando
sulla gamba i Ray Ban a goccia. Era Orlando, anche lui invitato alla
manifestazione.
Possibile che quella fosse Edith Norton, la stessa arpia che lui aveva
incontrato all’Hard Rock?
Possibile che anche dentro di lei si potesse celare un animo così dolce?
Sospirò e applaudì senza entusiasmo.
Forse, alla festa, Edith, aveva detto bene. Non la conosceva affatto.
“Dove hai trovato il tempo per scrivere quel discorso?” bisbigliò sorridendo
Rachel mentre due ricchissime signore si congratulavano con loro.
“Scrivevo una riga dell’articolo di Orlando e una del discorso…” sussurrò a sua
volta Edith, mantenendo un espressione allegra.
“Complementi!” sorrise Rachel per poi aggiungere. “Se lo avessi saputo prima
l’avrei fatta scrivere a te la mia lettere d’addio al mio ex marito”
“E smettila” rise Edith per poi salutare un signore che strinse la mano sia a
lei che a Rachel, complimentandosi per il discorso e per il libro che avevano
scritto.
Le due amiche stavano cominciando a parlar fitto, quando sentirono qualcuno
dire:
“Edith Norton. Ma che sorpresa!”
La giornalista si voltò e... sorpresa! Davanti a lei c’era Orlando, sorridente,
con le mani nelle tasche.
“Bloom!” disse Edith tagliente fin dalla prima consonante. “Vedo che oggi ci sei
anche tu a parlare dei problemi del mondo. Sicuro che la tua testolina reggerà
il peso di tutte queste cose?”
Orlando incassò il colpo con grande classe e disse:
“Certo” e avvicinandosi disse: “E sono venuto qui per chiedermi se la strega
dopo se li mangia i bambini, appena finito di intervistarli” continuò
sarcastico.
Rachel, che sino ad allora era rimasta zitta, disse:
“Bene! Credo proprio che andrò al banco del rinfresco. Ho una fame!”
Edith guardò l’amica allontanarsi, poi, rivolgendosi all’attore continuò la sua battaglia verbale con lui:
”Stavolta sto abbastanza bene da non farmi insultare dal primo cretino
arrivato!"
"Insultare? Qualcuno ti ha insultato perché?” chiese stupito Orlando. “Io non voglio proprio insultare nessuno.
Anzi! Vengo in pace a reclamare qualche cosa che mi appartiene”
“Ancora con quello stupido anello?” esclamò Edith fingendosi spazientita. “Non
l’ho buttato, tranquillo. Lo riavrai al più presto…” e guardando verso Rachel,
disse: “Ora, se mi puoi scusare, vado a prendere la scopa che ho parcheggiato
fuori in doppia fila e volo a casa. Oggi devo cucinare un bambino di sette anni.
Sai! Ci mette un po’ a cuocere… La carne comincia a farsi dura dopo i cinque anni”e senza dirgli nemmeno ciao si allontanò a passo
spedito.
Conscio del fatto che per quella giornata non c’era altro da dire, l’attore
londinese, infuriato, a passo svelto uscì dalla sala. Ma qualcosa bloccò il
ragazzo prima che lo facesse.
Si voltò e vide una foto.
Ritraeva Edith. Non era truccata e i capelli erano raccolti in una treccia.
L’espressione sorridente e dolce era rivolta ad un piccolo fagottino, un bambino
di sicuro, che la giornalista teneva tra le braccia.
Quella foto lo spiazzò ancora di più. Possibile che potesse essere così diversa
a seconda delle persone che incontrava?
Dolce con un bambino. Simpatica con Kate. Intrattabile con lui.
Quale era la vera Edith Norton?
Scosse la testa e uscì fuori. Quella ragazza lo aveva scombussolato abbastanza
quella giornata.
“Basta Edith. Lo sai cosa devi fare! Chiarisciti con quel ragazzo. Ogni volta
che lo vedi rimani sconvolta. Hai messo in secondo piano anche la notizia che
Brian ti aveva chiesto di sposarlo per parlarmi del tuo battibecco con Orlando
Bloom!” disse Rachel guardando divertita l’amica che camminava avanti e indietro
per la sala.
Edith, che da quando era tornata a casa era furiosa, a quell’affermazione si
voltò e disse:
“Ma sei pazza? Dico, sei fuori di testa, è così? Io! Far pace con quello
sbruffone e ignorante... Non ci penso proprio” e piano aggiunse: “Almeno che non lo faccia lui per primo!”
“Ah! Allora le cose cambiano, vero?” chiese Rachel divertita.
“Guarda che alla festa la parte lesa sono stata io. Mi ha trattato malissimo,
dandomi dell’arrampicatrice sociale. Ma stiamo scherzando?” ribatté Edith
infastidita.
“Non credo che tu abbia fatto nulla per trattarlo meglio… O mi sbaglio?” domandò tranquilla
Rachel.
Edith si bloccò ed esclamò:
“Non sarò io a fare il primo passo”
“Non sei mai tu quella che fa il primo passo, Edith…” replicò Rachel che sollevandosi dal divano
aggiunse: “Io vado. Ho una figlia a cui badare. E tu un articolo da scrivere” e
guardando l’amica concluse “... e viste le premesse lo voglio davvero leggere!” e baciandole una guancia, Rachel uscì dal lussuoso appartamento e lasciò Edith da sola a pensare.
Qualche giorno dopo, Orlando stava preparando la sua valigia quando sentì il telefono
squillare. Era Robin la sua agente.
Rispose e piano disse:
“Cosa è successo? Mi hanno fotografato con Kate in qualche posto dove non dovevo
farmi fotografare?”
“NO!” rispose allegra la donna. “Al contrario. Hai ricevuto la copia di Vanity
Fair?”
“Sì” mentì l’attore smistando la posta. E trovando il giornale vide la sua foto
in prima pagina e chiese: “Allora? Sono venuto bene non trovi?” disse guardando
la foto.
“Non mi interessa della foto!” disse l’agente. “L’articolo. Edith Norton non ti
ha distrutto...”
Orlando sbarrò gli occhi e replicò:
“Ti richiamo dopo” e chiudendo la comunicazione prese a sfogliare in maniera febbrile il giornale.
Lesse l’articolo e nonostante fosse conscio del fatto che in quei giorni nei
confronti della giornalista era stato tutto meno che un cavaliere, prese il
telefono e compose un numero, sorridendo come un’ameba.
Laura, la segretaria di Edith, stava scrivendo qualche cosa su di un foglio,
quando vide arrivare un fattorino con un enorme fascio di rose rosse tra le
mani.
Disperata, più per il fatto che dovesse disturbare Edith, che per la sua
terribile allergia a qualsiasi fiore disse, quasi con un filo di voce:
“Desidera?”
“La signorina Norton” disse il fattorino.
“Sono per lei?” chiese quasi stupidamente Laura.
Il fattorino sollevò un sopracciglio quasi per dire: “Faccia lei!”
Questo fece sprofondare ancore di più la ragazza nel panico. E prendendo il
telefono con mani tremanti, premette un tasto e terrorizzata disse:
“Miss Norton?”
La voce di Edith, notevolmente alterata, arrivò subito dopo. E secca disse:
“Quante volte ti devo dire che non voglio essere disturbata mentre lavoro?”
“C’è una consegna per lei” si scusò Laura, con le lacrime agli occhi.
Edith aspettò qualche secondo e poi, con un sospiro disse:
“Firma per me e portami il pacco…”
Laura fece come ordinato e prese i fiori –cominciando a starnutire come
un’ossessa- e con gli occhi lucidi entrò nell’ufficio, dopo aver salutato il
fattorino.
Edith guardò le rose che Laura le porgeva con interesse. E senza dire nulla
lesse il bigliettino.
“SCUSA! ORLANDO”
Edith sorrise e porgendo il mazzo a Laura, togliendo il bigliettino e
cestinandolo, disse:
“Mettile fuori. È un peccato buttare dei fiori così belli, non trovi?”
Laura guardò la donna con aria supplichevole, troppo terrorizzata dall’ammettere
davanti a lei di essere allergica ai fiori. E con un filo di voce, disse:
“Sarà fatto!” e uscì dall’ufficio.
Edith guardò la porta chiedersi prima di prendere la cornetta e comporre un
numero di telefono, battendo velocemente sulla tastiera.
Ci volle poco prima che un uomo, con voce assonnata, rispondesse alla chiamata:
“Miles Shepard. Con chi parlo?”
“Miles.. Sono Edith Norton, quella di Vanity.. Vorrei chiederti un favore!”disse
Edith prendendo un foglio e una matita.
“Edith! Cazzo. Sono solo le dieci del mattino! Sai benissimo che per me è poco
più dell’alba!” rispose Miles ridendo.
Edith rise e rispose:
“Forze di causa maggiore…”
“A chi la devi far pagare stavolta?” chiese scherzoso Miles.
“Conosci Orlando Bloom. Attore pomposo come solo quelli della sua razza sanno
essere?”chiese Edith mordicchiando la matita.
Miles sorrise e disse:
“Che ti serve?”
“Il suo indirizzo. Poi potrai tornare a farti cullare dalle braccia di Morfeo…”
disse risoluta Edith.
“Certo amore! Non vedo l’ora di riabbracciarti. Dammi il tempo di finire di
preparare la valigia e corro all’aeroporto” sorrise Orlando parlando al
telefono con Kate.
“Non vedo l’ora di rivederti… Ti amo amore…”disse Kate.
“Ti amo anche io!” rispose dolce Orlando.
“A domani!”disse sempre più zuccherosa Kate.
“A domani”rispose piano Orlando.
Chiuse il telefono e il citofono suonò. Era il portiere.
“Si! Dimmi James?”disse Orlando rispondendo.
“Mr. Bloom, mi spiace disturbarla. Ma c’è un pacco per lei…”rispose il
portiere.
“Fammelo mandare su James, per favore…” disse Orlando.
“Sarà fatto signore” replicò l’uomo.
Passarono pochi minuti prima che qualcuno bussasse alla porta del lussuosissimo
appartamento.
Orlando sospirò e andò ad aprire.
“Questo è per lei, Mr. Bloom” disse gentile l’inserviente.
Orlando guardò il pacco stupito dal suo aspetto e sospirando, cercando di
sembrare gentile, chiese:
“Sei sicuro che sia per me?”
L’inserviente annuì e porse il pacco al ragazzo senza aggiungere altro.
Il pacco incriminato era composto da uno sconosciuto e oblungo contenuto,
avvolto con della carta di giornale.
Orlando, sospirando, prese il pacco e sorridendo ringraziò il ragazzo.
Chiuse la porta e lentamente, soppesando il pacco, si avvicinò al divano e aprì
il cartoccio.
Erano dei carciofi e sopra, in un foglio da blocco note, c’era scritto:
“SCUSE ACCETTATE. EDITH”
Orlando sbarrò gli occhi e guardando il foglio prima, i carciofi poi,
respirando affannosamente, si lasciò prendere dall’ira e gridò:
“EDITH NORTON SEI UNA STRONZA!”e lanciando i carciofi da una parte entrò in
camera per finire di preparare la valigia.
Rabbia permettendo, naturalmente.
Edith uscì dal suo ufficio e si guardò intorno. Non c’era più nessuno.
Sorrise pensando a quello che avrebbe detto Brian se fosse stato lì con lei:
“La solita stacanovista. Finirai per ammalarti a forza di lavorare così tanto”
Scosse la testa e si strinse forte nel suo cappotto, quando la sua attenzione
venne attirata dalle rose che Laura aveva lasciato sulla sua scrivania.
Rosse e belle brillavano alla luce della piccola lampada che la sua segretaria
lasciava sempre accesa.
Edith si avvicinò e ne aspirò l’odore.
Sorrise per l’ennesima volta, cercando di immaginare la faccia di Orlando
davanti al suo regalo; poi, accarezzando il mazzo di rose, ne prese una e
aspirandone il profumo la strinse al petto e lasciò lo studio.
Sembrava tutto finito.
Doveva solo trovare il modo di dire addio ad Orlando ridandogli l’anello.
Ma c’è un detto che afferma: IL DESTINO HA MOLTA PIÙ FANTASIA DI NOI.
Ed Edith e Orlando l’avrebbero imparato a proprie spese.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5: Feste di compleanno e un inatteso e compromettente invito...
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