Un uomo, due storie

di BeaterNightFury
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guarda Avanti ***
Capitolo 2: *** Non voltarti ***



Capitolo 1
*** Guarda Avanti ***


Non so cosa ci faccio ancora alzata a quest’ora quando domattina ho un esame di Genetica.

Va beh, ho questa storia pronta e ve la volevo mostrare.

Può ricollegarsi alla mia long “Assassin’s CreedInheritance” in quanto il personaggio di Giovanni appare anche lì, ma può anche essere vista come una storia totalmente a sé.

MA se state leggendo la long e NON volete spoiler sul personaggio – se non avete già notizie storiche su di lui, dato che è realmente esistito – fermatevi qui, perché ci sono delle informazioni che nella long ancora non sono state rivelate.

Detto questo... fatemi gli auguri per l’esame e aspettate il sequel tra qualche giorno!

 

(Questo capitolo si è classificato secondo all'Assassin's Creed contest indetto da Silvar tales)

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Parte 1

Guarda Avanti

 

12 Marzo 1513, Roma, nei pressi dell’Aqua Marcia

 

Una figura esile, di ragazzo, coperta di abiti bianchi, arrancava sulle antiche pietre dell’Acquedotto Marcio.

Si tirò su un’ultima volta, appoggiando finalmente i piedi su una superficie orizzontale.

Le arrampicate non sarebbero mai state il suo forte. Se la cavava molto meglio quando c’era un colosso davanti a lui, possibilmente qualcuno da picchiare a sangue.

Si sedette sull’orlo dell’enorme costruzione e guardò all’orizzonte, verso nord.

Sapeva che molti Assassini erano nati con un dono, quello di riuscire a guardare oltre ciò che vedevano.

Lui non era uno di loro.

Sua madre era stata una nobildonna molto conosciuta, e quanto a suo padre, un ambasciatore fiorentino del quale gli era rimasto soltanto il nome, era stato un uomo come tanti. Non l’aveva nemmeno conosciuto abbastanza da poterlo chiamare “babbo”.

Avrebbe potuto vivere da nobile.

Ma non era la vita che voleva.

 

“Mamma, mi racconti una storia?”

 

Aveva avuto cinque anni, quando sua madre era tornata da Roma, con i capelli striati di bianco e il cuore pesante.

 

“Un’altra storia dell’eroe con il cappuccio!”

 

Non era più stata la stessa, anche se era sempre stata brava a nascondere le cose.

 

“E dai mamma, per favore!”

 

Ogni sera c’era stata una storia.

L’Assassino che trovava la lama di suo padre e uccideva l’uomo che l’aveva mandato al patibolo.

L’Assassino che salvava Lorenzo il Magnifico.

L’Assassino che spazzava via i nobili corrotti da Venezia, che salvava i suoi fratelli maggiori dagli Orsi, che sollevava il popolo fiorentino contro Savonarola.

L’Assassino che fermava il Papa corrotto.

 

“Giovanni, e se ti raccontassi un’altra storia stasera? Che ne dici... il corvo e la volpe?”

“L’Assassino! L’Assassino! L’As-sas-si-no!”

 

Erano passati dieci anni.

Eppure, anche a cinque anni, Giovanni aveva capito che quell’Assassino era una persona speciale.

 

“... e fuggimmo da Castel Sant’Angelo al galoppo”

“Mamma, ma è l’Assassino il mio babbo?”

“Giovanni, tuo padre è in cielo. Non voglio farti illusioni, non tornerà”

 

Non sarebbero passati altri sei anni, e anche sua madre sarebbe “andata in cielo”.

Giovanni era stato affidato ad un lontano zio e a dei precettori, ma la vita che gli si parava davanti non era stata quella che voleva.

Aveva cercato di scappare di casa. Prima da sua sorella Bianca, poi a Roma. E puntualmente era stato acciuffato dalle guardie, riportato a casa e aveva assaggiato il frustino.

Una delle volte era stato fermato alla porta meridionale di Firenze da un uomo con i capelli scuri e una spalla storta.

 

“Cosa stai cercando di fare, ragazzo?”

“Sono affari vostri?”

“So chi sei. So dove sei diretto. Chi stai cercando”

 

Era stato così che Giovanni aveva conosciuto il suo maestro, Niccolò Machiavelli.

Una nuova pagina della sua vita era iniziata. Era tornato a casa, ma filava via ogni volta che poteva, imparando ad arrampicarsi sui tetti e tirare di spada.

Per un certo periodo, la sua vita aveva avuto di nuovo uno scopo. Stava imparando qualcosa di utile. Avrebbe cambiato il mondo, come aveva fatto sua madre. Come aveva fatto l’eroe delle storie che sentiva da piccolo.

 

“Maestro, voi conoscevate Ezio Auditore?”

“Se lo conoscevo, Giovanni?”

Un raro sorriso.

“Ci sarebbero fin troppi aneddoti che potrei raccontarti su di lui, ragazzo. Te ne ha parlato tua madre, vero?”

 

Machiavelli sapeva.

Sapeva della sua vana speranza, di quello che l’aveva scatenata.

Sapeva che lui si sentiva solo.

 

“Sapete dov’è adesso?”

 

Aveva scosso la testa e risposto di no.

I due, tre anni che aveva passato con Machiavelli erano stati i migliori della sua vita. Non sarebbe mai stato né sua madre, né Ezio, ma era quasi come uno di famiglia.

Poi Machiavelli era stato arrestato, e Giovanni si era fatto bandire dalla città come un qualsiasi delinquente nel tentativo di liberarsi delle guardie che lo stavano portando via.

Era riuscito ad uccidere soltanto uno di quei soldati, il più giovane, appena più anziano di lui. Prima che fosse riuscito a tirare fuori il pugnale dal cadavere, un’altra guardia lo aveva tramortito da dietro.

 

Era successo tutto soltanto un mese prima.

Il suo tutore l’aveva portato a Roma, e lì era stato accolto subito dalla Confraternita.

Aveva conosciuto altri Assassini, tra i quali un suo coetaneo e omonimo che gli aveva fatto fare un giro notturno della città, e Claudia, la sorella di Ezio, nonché l’unica ad avere sue notizie.

 

“Dovrebbe tornare a giorni. Adesso è a Venezia”

 

Nei giorni precedenti, Giovanni aveva passato delle ore a cercare di essere il primo a vedere Ezio tornare.

Aveva passato quasi tutte le ore della giornata a guardare la strada dall’acquedotto, ma aveva visto andare e venire gruppi di persone, nessun uomo solo.

Aveva visto truppe di mercenari, gruppi di ragazzi, persino un uomo piuttosto avanti con gli anni che viaggiava con una donna dai capelli rossi che non poteva che essere sua moglie, più giovane di lui e visibilmente incinta.

Piccolo o piccola che sei, sei fortunato ad avere ancora i tuoi genitori, aveva pensato rivolgendosi al bambino che sarebbe dovuto nascere, spero che il tuo babbo possa vivere abbastanza per vederti crescere... e magari anche darti un altro fratellino.

Spero che tu possa avere quello che non ho avuto io.

 

Non aveva parlato più con Claudia dal giorno dopo che aveva visto quella famiglia, ma gli era parsa talmente infuriata che aveva preferito non infuriarla ulteriormente.

Probabilmente Ezio stava facendo decisamente troppo ritardo.

 

“Ehi, Medici!”

L’altro Giovanni della Confraternita, quindici anni anche lui, e anche lui con una storia di fughe da casa e decisamente troppi fratellastri, si era appena fermato sotto l’acquedotto, e appariva raggiante.

“Nuove, Borgia?”

Poteva anche apparire strano, che il figlio di Lucrezia Borgia e il figlio di Caterina Sforza non solo avessero lo stesso nome, ma fossero diventati amici. Ma in quel mese, complice l’età, l’omonimia e un passato decisamente simile, lo erano diventati. Soltanto, il maestro di Borgia, Francesco Vecellio, era un’autentica rottura di scatole.

“Per te, sì. È stato eletto un nuovo Papa. Uno della tua famiglia”

“E allora?”

“Non ci arrivi, tonto?”

“Non sono di quella parte dei Medici, Borgia” concluse Giovanni scendendo dalle antiche arcate “Cosa potrebbe importare a me se il mio secondo o terzo cugino o chissà che salisse al potere massimo?”

“Non parlavo del Papa, infatti” rispose Borgia con un sogghigno malandrino che ricordava i parenti Templari rinnegati da fanciullo “Ma a Firenze hanno ordinato l’amnistia. Machiavelli è uscito di prigione”

“Sul serio?”

A quel punto, Giovanni pensò di tornare da lui. Poi si ricordò che lui era ancora al bando: nessun messaggio lo aveva revocato, o si sarebbe trovato davanti un corriere, e non il suo amico.

“Ah, giusto, non ci puoi tornare” Borgia indovinò i suoi pensieri “Beh, andiamo, forse se ti impegni abbastanza per il tuo cugino di secondo o terzo o chissà quale grado, magari ti farà ritirare il bando”

“Sai una cosa, amico? Credo che sarà proprio quello che farò” disse Giovanni prendendo la strada che riportava in città.

Rivide la piccola famiglia che aveva visto qualche giorno prima: l’uomo anziano, la moglie con i capelli rossi, e il bambino che ancora doveva nascere. Stavolta erano diretti a nord.

Borgia doveva conoscerli, perché fece loro un sorriso fino alle orecchie e agitò la mano in segno di saluto.

 

“Buon viaggio, Mentore! Buon ritorno a casa!”

 

Giovanni rimase fermo, ma non si voltò.

Si sentiva uno stupido.

Ezio Auditore gli era passato davanti, e non una, ma due volte.

E lui non l’aveva riconosciuto.

Non solo: Ezio Auditore aveva guardato avanti. C’era un’altra donna nella sua vita, un altro bambino.

Giovanni sarebbe sempre rimasto una delle tante persone del mondo per lui.

Non poteva più illudersi di poter trovare un altro padre: quella porta si era chiusa, e per sempre.

Probabilmente era anche destino che lui non avesse potuto riconoscerlo.

 

Giovanni de’Medici non si voltò.

Se Ezio Auditore aveva guardato avanti, allora era tempo che lo facesse anche lui.

Avrebbe ripreso il nome che aveva perso.

Avrebbe ritrovato il suo maestro, il suo vero maestro.

Avrebbe continuato per la sua strada.

Per sé, non per ottenere l’amore di un padre che non era il suo.

 

Giovanni de’Medici riprese a camminare.

 

 

 

 

E alla fin fine... ecco come è stata giudicata la prima parte della storia!

 

Correttezza grammaticale: 10/10 
Stile: 9/10 
Originalità: 9/10 
Trattazione dei personaggi: 9/10 
Uso del prompt: 3/5 
Gradimento personale: 5/5 
Tot. 45/50 

 

Mi sento di poter dire che in pochi paragrafi hai racchiuso un piccolo capolavoro. Sarò banale, ma ci tengo a dire che la tua è veramente una bella storia. So già che non scriverò molto - e me ne scuso in anticipo - perché il tuo è uno di quei racconti che si leggono di un fiato, si assimilano brutalmente e si guardano con ammirazione dopo un finale spiazzante, senza sapere cos'altro aggiungere. 
La cosa straordinaria di questo racconto, è come tu riesca a parlare così bene e così elegantemente dei personaggi attraverso gli occhi di altri personaggi; non solo, attraverso gli occhi di un personaggio sconosciuto al lettore. E così ci parli della malinconia di Caterina Sforza, del suo amore e della sua nostalgia per Ezio Auditore che si trasmette teneramente al figlio attraverso le storie che lei racconta. Così l'assassino diventa un modello, un mito, una fonte di ammirazione per Giovanni. Sembra quasi che la sua insistenza nel voler sentire altre storie dell'eroe con il cappuccio provochi ulteriore sofferenza alla madre; infine, così come Ezio ha abbandonato Caterina, nemmeno Giovanni può sperare di avere le sue attenzioni, ma non se ne cura più, perché ha imparato a vivere da solo slegato dalla continua ricerca di un padre che non può avere. 
La psicologia dei due, anzi tre personaggi è tutt'altro che scontata e trascurata. Solo Giovanni Borgia non è molto approfondito, anche se resta comunque un personaggio interessante ed originale perché è un assassino - sperando di non aver capito male - nonostante la famiglia cui appartiene. Devo dire che mi ha fatto un po' impressione vedere un ragazzo che porta il nome dei Borgia salutare con gioia e rispetto il Mentore degli assassini. E Giovanni de' Medici, cresciuto nel mito del grande Ezio Auditore, non lo riconosce nemmeno. E soprattutto si rende conto di dover abbandonare quel sostegno, quel sogno, e di dover inseguire il suo modello, la sua vita. 
Giovanni ha quasi quindici anni, e non si volterà indietro. 
È anche la storia di un ragazzino abbandonato, non solo da Ezio, ma in primis dal padre. Per questo ha avuto bisogno di crearsi un mito, un punto di riferimento. Quando, alla fine, Giovanni decide di non voltarsi indietro, anche se finalmente può incontrare colui che per anni ha alimentato i suoi sogni, ci si rende conto di quanto il suo percorso di formazione sia compiuto. Lo trovo molto toccante come personaggio, e dal punto di vista della caratterizzazione, hai fatto un lavoro più che distinto. 
Tutta la storia nel suo complesso è molto interessante e originale, anche se l'ambientazione non è molto significativa, è abbastanza fine a se stessa perciò non ti ho dato di più nell'uso del prompt. Lo stile è scorrevole, non ci sono ripetizioni, non s'inceppa, le frasi sono corte e chiare. Ti segnalo solo una cosa: 

• Aveva avuto cinque anni → se rileggi questa frase nel suo contesto, è meglio scrivere Aveva cinque anni. 

Tornando alla storia, mi è piaciuta la tua scelta di far comparire, per quell'attimo fugace, Ezio e la sua famiglia, e che Giovanni non si accorga di aver appena visto l'eroe delle sue storie che anelava tanto incontrare. Devo dire che per un momento il Mentore mi è sembrato assolutamente crudele, per aver involontariamente giocato con il cuore di Caterina Sforza e con le aspettative di Giovanni. Appare crudele, appunto perché ogni cosa è raccontata dal punto di vista del ragazzo. 
Inoltre, ci tengo a precisare anche l'accuratezza del contesto che hai creato attorno alla vicenda e attorno ai personaggi. È interessante assistere al dialogo tra Giovanni de' Medici e Giovanni Borgia. La storia di Giovanni de' Medici è interessante. Soprattutto è perfettamente inserita nel mondo di Assassin's Creed, e inoltre mi complimento con te per il lavoro di documentazione supplementare a quello già presente nella storia. 
So che probabilmente questa sarà la decima volta che lo dico, ma ho amato la particolarità della caratterizzazione di Giovanni de' Medici. La sua quasi disperata ricerca di un padre, la sua flebile speranza di trovarlo in Ezio Auditore, è toccante. Finché ci si lascia andare ad un sorriso quando Giovanni trova la sua strada, quando riesce a crescere, abbandonando i bisogni di affetto e di punti di riferimento. La sua voglia di appartenere ad un'altra famiglia, la sua invidia celata per le persone che Ezio ama, per non essere tra quelle persone, perché sua madre non era tra quelle persone, è toccante. È come vedere un'altra famiglia, quella che avrebbe potuto essere un'altra famiglia, quella che Giovanni, anche a causa della sofferta assenza di suo padre, sognava. 
Non finirei mai di ripeterti quanto ho trovato meravigliosa questa one-shot. Hai creato un bellissimo personaggio, e soprattutto con una bellissima psicologia, con un interessante corredo di passato, perfettamente inserito nel mondo di Assassin's Creed
Mi hai talmente incuriosito che credo che leggerò le altre storie che hai scritto su Giovanni de' Medici. Mi dispiacerebbe concludere con questa breve one-shot la storia di questo personaggio appena avviato. 
Non saprei che altro dire, complimenti, davvero complimenti. 
Hai scritto un qualche cosa di speciale, e di nuovo soprattutto.

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Capitolo 2
*** Non voltarti ***


Parte 2

Non voltarti

 

Firenze, Novembre 1516

 

Era bello essere a casa.

Certo, non era il ritorno che Giovanni si sarebbe aspettato. Niente applausi, niente festeggiamenti, niente scuse formali per il bando di qualche anno prima.

Non era il ritorno di un eroe.

Non ancora.

Oh, beh, si disse nella testa nel tentativo di consolarsi da sé, alla mia età, Ezio Auditore era ancora un fuorilegge, a Firenze.

Era solito paragonarsi al Mentore da sempre, ovvero da quando sua madre lo aveva intrattenuto con tutte le storie sul potente Assassino che aveva salvato più volte la sua famiglia, ma era da tre anni che aveva smesso di cercarlo.

Non appena era stato grande abbastanza, aveva iniziato a far parte della Confraternita, ma già allora, Ezio Auditore era andato via, sparito, chissà dove.

Giovanni intanto si era fatto un nome, nel bene e nel male. Aveva persino assassinato un soldato corrotto, a Roma, prima che potesse attentare al Papa. Si era fatto un nome, ma non era né un dannato, né un eroe.

Il ritorno a casa sarebbe stato soltanto una tappa.

Un giorno, avrebbe avuto una sua armata. Un giorno, il suo nome sarebbe stato gridato da un angolo all’altro del Sacro Romano Impero, magari accompagnato a qualche soprannome altisonante.

Al momento, però, doveva semplicemente sopportare un vecchiaccio che lo stava guardando con aria un po’ troppo curiosa.

Doveva essere un contadino di certo. Aveva l’orlo dei vestiti sporco di terra.

Per non parlare del moccioso che aveva a cavalluccio sulle spalle. In quanto tempo avrebbe sbavato sui capelli del vecchio?

Il moccioso aveva iniziato a balbettare qualcosa, indicando Giovanni con le braccia.

Oh, magnifico, ci si mette anche il piccoletto.

“Che hai visto, Marcello? Dillo a papà, che hai visto?”

Oh, che SCHIFO. Ma dico, mia madre ha parlato mai così, con me?

Non gli ci volle molto per concludere che doveva averlo fatto di certo, ma il contadino non sembrava volersene andare.

Il piccoletto aveva iniziato a protestare a colpi di “Ma, ma, ma” e pernacchie, ma l’unica cosa che l’uomo disse fu “Adesso ci andiamo da mamma e Flavia, papà sbriga una faccenda e poi abbiamo finito”

Giovanni alzò gli occhi al cielo e fece per andarsene, ma proprio allora il vecchio decise che aveva perso la pazienza. O meglio, che suo figlio l’aveva persa, a quanto pareva.

“Giovanni di Giovanni de’Medici, giusto?” chiese, mentre il pidocchio gli scompigliava i capelli grigi nel tentativo di giocare

“Che vi importa?” chiese Giovanni, la mano che indugiava pigra sul pugnale

“Io fossi in te non lo farei” disse l’uomo in tono calmo “Ho sentito dire che presto ti metteranno a capo di un esercito”

Cosa? Chi glielo ha detto?

“So cosa starai pensando al momento. Ti basti sapere che... me l’ha detto un uccellino” disse l’uomo poggiandogli una mano sulla spalla.

La mano sinistra.

Sulla quale Giovanni riuscì a distinguere una vecchia bruciatura.

Un Assassino? Con i vestiti impolverati, il moccioso in spalla e i capelli grigi? E disarmato, per giunta?

“Chi siete?” chiese, prendendolo per il polso

“Un amico. Sempre che tu mi consideri tale”

“Cosa volete?”

“Ho una spada che potrebbe interessarti, una delle migliori mai forgiate. Se ti farai trovare qui tra sette giorni, sarà tua”

Tutto qui?”

“Tutto qui. Machiavelli mi ha parlato di te, e anche molto bene devo dire. Soltanto, dovrai promettermi di non snudare mai più un’arma senza ragione”

Fece per allontanarsi.

Ma Giovanni non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Mah. Come si permetteva di dargli ordini per una semplice vecchia spada?

“Chi vi credete di essere?” sillabò a voce alta “Non siete mio padre né il mio maestro”

L’Assassino più anziano non fece una piega.

“Quando avevi l’età che i miei figli hanno adesso, saresti stato disposto ad accettare me sia per una cosa che per l’altra” disse in tono piatto “Ti sarai anche dimenticato il mio volto, ma io non ho scordato il tuo”

Giovanni rimase fermo e zitto sul posto, quasi paralizzato dalle parole dell’uomo.

Di nuovo!

Ezio Auditore. Aveva apostrofato Ezio Auditore!

Sentiva che stava per morire dalla vergogna. Non lo fermò quando si incamminò, verso quella che Giovanni riconobbe come la moglie, e una bambina appena più grande di Marcello.

Aveva avuto un’ultima occasione, e l’aveva sprecata.

Ma d’altra parte, era sempre stato un povero illuso.

Non valeva niente.

Non era niente, non comandava nien...

“Ciao Vanni!” squittì Marcello dalle spalle del padre, girando la testa verso di lui e aprendo e chiudendo il pugnetto nel tentativo di salutare

Giovanni sorrise e alzò la mano a sua volta.

“Ci vediamo!”

Forse non tutto era perduto.

 

Sette giorni dopo, stesso posto

 

Il secondo principio del Credo diceva di essere tutt’uno con la folla, e Giovanni era più che capace di applicarlo. Non era più il dodicenne che schizzava come un matto, faceva un sacco di rumore per strada e metteva qualsiasi guardia sul chi va là: Jacopo Salviati, il suo padrino, si era a malapena accorto che era uscito di casa, e nelle strade di Firenze era stato niente altro che l’ennesimo ragazzo in giro, senza fretta né destinazione.

Eppure, era in Piazza Santa Maria Novella ed Ezio Auditore non c’era.

Che gli avesse dato buca per quella brutta risposta?

Certo, a Giovanni non interessava tanto la spada. Ma voleva rivederlo. Voleva essere certo che il vecchio Mentore lo avesse perdonato.

Perché, perché gli aveva risposto male quando lui si era soltanto appellato a un po’ di senso di responsabilità?

Perché capiva le cose soltanto quando era troppo tardi?

Non era degno di fare parte della Confraternita. L’indomani sarebbe andato da Ludovico Ariosto e gli avrebbe restituito la lama celata e...

Vanni!”

Marcello Auditore era a due passi da lui, mostrando i pochi denti che aveva in un sorriso.

“Marcello! Cosa ci fai qui?”

“Papà di là” balbettò Marcello indicando una stradina laterale “Papà ha ‘ppada. Veni!”

Prese un lembo del suo farsetto e fece per tirarlo. Giovanni si chinò e gli diede la mano.

Proprio come Marcello aveva detto, Ezio Auditore era appoggiato contro un muro, una spada legata alla cintura. Per certi versi, si sarebbe ancora potuto riconoscerlo, adesso, senza bambino piccolo sulle spalle e armato.

“Bravissimo, Marcello. Ottimo lavoro” fu il suo primo commento mentre Marcello rideva e batteva le mani “Ora, Giovanni... il tuo tono l’altro giorno non mi piaceva, ma questa spada deve passare di mano”

“Non mi importa la spada, Mentore” Giovanni rispose “Volevo soltanto... il vostro perdono”

“Da che mi risulti, il Mentore adesso è Ludovico”

“Per me siete ancora voi”

Ezio abbozzò un sorriso e gli mise di nuovo una mano sulla spalla.

“Penso che quello che ti è successo sette giorni fa ti sia servito di lezione. Non snudare un’arma senza ragione... e non impugnarla senza valore, ricordalo sempre” disse slegando spada e fodero dalla cintura e mettendoglieli in mano “Le guerre riprenderanno, ne sono certo. La Confraternita avrà bisogno di uomini come te per portare la pace”

“Farò il possibile. Lo prometto.”

“Mi fido di te. Spesso la pratica è meglio di qualsiasi lezione. Fa’ che sia così anche per come ti rivolgi alle persone, e andrà tutto bene”

Giovanni si legò la spada alla cintura e fece per andarsene, ma qualcosa, o meglio qualcuno, lo tirò per i vestiti. Girò la testa e vide che Marcello sghignazzava stringendogli l’orlo del farsetto.

“Vanni!” pigolò, ma Giovanni capì dai suoi gesti che voleva dire qualcosa di più del suo nome: aveva lasciato la stoffa e alzato le braccia, aprendo e chiudendo le mani nel gesto di voler prendere qualcosa.

Giovanni si chinò per terra e gli mise una mano sulla spalla.

“Cosa vuoi, pulcino?”

Marcello fece un altro passo in avanti e gli mise le braccia al collo.

Giovanni ricambiò l’abbraccio, dando una pacca sulla spalla al bambino piccolo.

Istintivamente, la sua mente andò a quel giorno di tre anni prima in cui, come sette giorni prima, aveva incontrato Ezio Auditore senza riconoscerlo.

Quel giorno, a nemmeno quindici anni, aveva augurato al bambino che sarebbe dovuto nascere – e poi si era rivelato essere una bambina – di poter conoscere suo padre e avere un fratello minore.

Non avrebbe mai pensato che quell’augurio si sarebbe avverato, o meglio, che si sarebbe avverato in quel modo.

“Sì, ti voglio bene anche io, pulcino”

 

Gennaio 1525, Roma, Acquedotto Marcio

 

Ancora una volta, Giovanni de’Medici lasciava Roma.

Si ricordava delle prime volte che era stato in quel posto, un quindicenne dall’aria stupida e dalle idee ancora più stupide.

Era stato proprio sotto quegli archi di pietra antica che aveva preso la decisione di andare per la sua strada.

Aveva intrapreso il suo cammino da solo, eppure stavolta non era solo.

Un ragazzo di dieci anni camminava al suo fianco, voltandosi indietro di tanto in tanto, ma senza smettere di camminare.

“Non voltarti, pulcino”

“Perché... maestro?”

“Prima di tutto, non chiamarmi maestro. Per te sono sempre Giovanni, ricorda. Siamo una Confraternita... è come se io fossi il tuo fratello maggiore”

“Perché non devo guardarmi indietro, Giovanni?”

“Perché il mondo è avanti. Non devi pensare a quello che è stato, non quando dovresti pensare a quello che è, e a quello che sarà. Non si può tornare piccoli o mandare il tempo all’indietro. Però si può crescere, ed è questo che io voglio che tu faccia”

“Giovanni...”

“Sì?”

“Ma sul serio è come se tu sei mio fratello?”

“Sì, pulcino. Sul serio”

Marcello Auditore sorrise.

Grazie

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