Le regole del gioco.

di Ilmaredentroognicielo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thomas. ***
Capitolo 2: *** Conoscenze. ***
Capitolo 3: *** La scommessa. ***
Capitolo 4: *** Con gli occhi di un giocattolo. ***
Capitolo 5: *** Mia madre. ***
Capitolo 6: *** L'inizio della verità. ***
Capitolo 7: *** Ti amo o ti voglio. ***
Capitolo 8: *** Ti voglio bene. ***
Capitolo 9: *** Dopo le feste, ci si ama di più. (?) ***
Capitolo 10: *** Prendersi una pausa. ***
Capitolo 11: *** Dentro la testa di un uomo. ***
Capitolo 12: *** Perdonami Helen. ***
Capitolo 13: *** Si finisce per ricominciare. ***



Capitolo 1
*** Thomas. ***


 
Dentro le regole del gioco



Guardai smarrita il professore di filosofia, mentre distribuiva strani braccialetti a ognuno di noi. Verde, giallo, blu, rosso.
Affondai il viso tra le mie braccia, poggiate indiscussamente sul banco. 
Sapevo già cosa aveva in mente e per qualche strano motivo, mi sentii mancare.
"Agganciateli bene al polso ragazzi e non toglieteli, fino alla fine dell'anno, sono due per colore e ho abbinato, di conseguenza,due compagni di corso ; vi informo che avrete un compito alquanto complesso da portare avanti e che io, non sarò per niente comprensivo. " Ghignò lui, quasi soddisfatto. 
Fissai l'orologio appeso al muro insipido dell'aula e il professore mollò anche poco gentilmente, sul mio banco, un braccialetto blu, con su scritto un nome. 
Thomas Leocata.
Nome strano, pensai. 
Mi guardai intorno, intenta a trovare qualcuno col mio stesso braccialetto e notai il professore che lo teneva in mano, con un aria solenne. 
" Signorina Castelli. " sorrise, quasi titubante. Il mio viso intanto si era fatto scuro, gli occhi neri erano appannati e stanchi. Infondo avevo passato quasi sei ore tra appunti e riquadri insignificanti. 
Un'alunna modello, mi dissi : era la mia unica soddisfazione, infondo. 
Mia madre comunque non se ne ricordava mai; vivevo ormai da due anni da sola e avevo puntato il mio futuro su quello :una borsa di studio, che mi offriva un alloggio decente e la possibilità di fare sempre meglio. 
I miei genitori avevano accettato a stento l'idea che una delle loro figlie, si allontanasse da casa, per seguire gli studi.
La strana sequenza dei fatti aveva colpito anche me. Ma avevo diciotto anni, ero maggiorenne e vaccinata e quindi, a scapito di problemi vari, i miei genitori mi avevano seccatamente lasciata andare. 
Di sicuro non avrei mai raggiunto, così facendo, la loro stima, ma poco importava, io ero fiera di ciò che avevo fatto, ero fiera degli studi che conducevo e mi rompevo la schiena sotto i libri, per rendere le cose un po' meno complicate.
Socchiusi gli occhi, immaginando la frase sconclusionata del mio professore ancor prima che la pronunciasse. 
"Ti ho inserito con Thomas, non so esattamente per quale motivo, sappiamo tutti che il nostro Leocata è poco costante, spesso assente e per nulla serio. Ma d'altra parte, tu sei efficiente, determinata e puntuale. Non ti sarà di peso, spero. " 
Lo guardai perplessa, sperando in uno scherzo. Non sapevo chi era Thomas, perché non l'avevo mai visto al campus, e saltava di frequente l'ora di filosofia. Mi girò la testa e pensai che fare tutto da sola sarebbe stato difficile.
"Comunque, Helen è ovvio che non posso fare differenze, Il compito deve essere portato a termine da entrambe le parti, quindi, dovrai, in qualche modo, motivare il nostro giovanotto e renderlo partecipe." Sorrise trionfante. 
Brutto stronzo, pensai io invece.
Mi ero fatta in mille pezzi, per arrivare dov'ero e adesso, stranamente, voleva distruggermi. 
Non sapevo dove trovare Thomas, non sapevo che tipo era, non potevo appoggiarmi seriamente a qualcuno che neanche frequentava seriamente le lezioni. 
Eppure, un cattivo voto equivaleva alla mia bocciatura e addio borsa di studio; filosofia era particolarmente importante al campus. 
Strinsi i denti e sbiancai di colpo. 
" In che consiste, quindi, il compito? " Chiese qualcuno dagli ultimi posti, quasi eccitata. 
Io non avrei voluto far altro che sprofondare e nascondermi per sempre. 
Ero sempre stata un tipo abbastanza insicuro. Ero piena di paranoie e complessi epocali, la classica ragazza del " niente sesso senza amore." ero l'asociale di turno, noiosa e sempre sulla difensiva. Non mi fidavo di nessuno e sicuramente, non morivo dalla voglia di finire immersa in un progetto, dipendente da un tizio sconosciuto. 
Era ingiusto. 
Sgranai gli occhi, colpita dalla domanda eloquente. 
" Beh. " Si allontanò il professore. " ragazzi, non è affatto difficile. Voglio che interagiate, dovete consocervi dal profondo, nell'intimo di ognuno di voi, voglio vedervi presi l'uno dall'altro, scacciare l'uno le paure dell'altra." 
" Solo questo? " Ridacchiò qualcuno. 
" No, Carl. Vi verrà assegnato un argomento. Droga, alcol, animali, natura, famiglia, amore, sport. Dovrete approfondirlo, scrivere qualcosa, fare un video, una stupida recita, incidere un canzone. Qualcosa di originale che sottoponga voi e le vostre idee in comune, sotto una luce perfetta. " 
Le mani avevano cominciato a sudare. 
Dove lo trovavo adesso io quell'idiota di Leocata? 
Il professore prese una scatolina color argento ed estrasse, tutto contento, fogliettini a destra e a manca, distribuendoli ad ognuno di noi. 
" Sport. " Disse a qualcuno. 
" Animali." Continuò.
Sapevo che fortunata com'ero, mi sarebbe uscito il peggio.
" Castelli, con la tua indole romantica non poteva non uscirti ' amore '." Sgranai gli occhi aprendo il bigliettino. 
Odiai con tutta me stessa, il giorno in cui mi iscrissi a filosofia. 
Non ero brava con queste cose, non ero brava con le persone, soprattutto quando non le conoscevo affatto. A casa mia, solo due anni fa, non ero riuscita ad instaurare un rapporto decente con nessuno. 
Avevo conosciuto alcuni ragazzi e avevo considerato 'amiche' alcune mie compagne di studi; ma niente che si potesse considerare serio. Solo Celeste, mia unica fonte di salvezza, mi era rimasta vicina. 
In linea di massima ero un problema. 
Alzai gli occhi e sentii il suono della campanella prendere spazio tra i miei pensieri. 
Benvenuto casino. Sussurrai alla mia testa. 
Raccolsi svogliatamente le mie cose e mi avvicinai al professore. 
" Senta.. " Provai con le guance infuocate e la voce isterica. " Non credo che Thomas sia un buon compagno. Potrei, insomma, fare il compito da sola? " 
Il professore roteò stanco gli occhi e mi fissò con aria di sufficienza. 
" Il compito, tesoro, è questo. Prova a cercare il signorino e chiedigli una mano. L'indirizzo è questo.. " mi porse un fogliettino con un indirizzo e sorrise restio. 
" Non accetterà, non è mica colpa mia se.. " 
" Niente ma e niente se, avevo avvertito che il mio corso per alcuni sarebbe stato... come dire, complesso : o mi porti Thomas qui, insieme al progetto, oppure, mi a cara Helen tu sei fuori dai corsi. "
Mi si gelò il sangue a quelle parole e lo guardai quasi in preda al panico, ero sempre stata rispettosa ed educata con i miei professori ma adesso, avrei volentieri fatto a meno del mio buon senso. 
Uscii dall'aula col cuore che batteva più del dovuto. 
Non potevo tornamene a casa, dicendo che mi avevano buttata fuori. Non ero di certo l'orgoglio dell famiglia, a causa della mia scelta, ma tornare a casa annunciando la sconfitta sarebbe stato un delirio.
Aprii il bigliettino e mi diressi al dormitorio. 
Bussai tre volte e quando qualcuno finalmente si decise ad aprirmi, sbuffai scocciata. 
" Chi saresti, tu? " Guardai la figura davanti alla porta. 
Un ragazzo, circa un mentro e novanta, prorompente, muscoli pronunciati quanto bastava, occhi di un verde prato fuori dal comune, in canottiera e box, mi fissava con aria divertita. 
Lui era divertito, certo. 
" Helen Castelli. Tu sei Thomas?" Dissi, ricomponendomi dalla vista quasi scioccante di ciò che effettivamente doveva essere il mio compagno di corso. 
" Leocata. Esattamente cosa vuoi? " Mezzo sorriso e mi girò la testa. 
Pensai che era un bel ragazzo e mi sorpresi, cosa che comunque durò meno di cinque secondi in quanto l'immagine della mia bocciatura spazzò via l'attrazione e mi catapultò alla realtà. 
" Tu sei al corso di filosofia.. " boccheggiai diventando rossa in viso. " Il professore, ha deciso di mettermi in un corso.. " 
" Un corso che tu, secchiona dell'anno, vuoi portare a termine. " Sorrise sornione. 
"  Stronzo." Mi sorpresi io stessa, del tono in cui lo dissi. 
" Entra dentro. " Mi afferrò per un polso e mi strattonò letteralmente nel suo appartamento.
Il professore aveva i giorni contati. 
" Senti, Thomas. Ho bisogno di questo corso, ho bisogno di un buon voto in questo compito. Io ci vivo con questo e beh, non voglio dare una delusione a mia madre o meglio " Sospirai. " Non voglio dimostrarle che aveva ragione. Io non ti conosco e tu non conosci me, bocceranno anche te, comunque se non lo porti a termine e visto che sei qui, suppongo che ripetere l'anno non sia un granché. " 
Convinsi anche me stessa mentre il cuore era uscito dal corpo. 
La mia timidezza infondo era sempre stata un problema e anche adesso, si faceva sentire di tanto in tanto. 
Quel ragazzone, sorrise un'altra volta e si mise a sedere sul suo letto. 
" Non ho frequentato il corso perché non è obbligatorio, la materia la porto a termine comunque." Annunciò lui, soddisfatto. 
" Solo se porti a termine il compito." Lo informai. 
" Che consiste.." 
" Vuole che interagiamo, dobbiamo consocerci dal profondo, nell'intimo di ognuno di noi, vuole vederci presi l'uno dall'altro e...scacciare le nostre paure, tu le mie, io le tue." Il mio viso si colorò un altra volta di rosso. " Dobbiamo parlare d'amore. Dobbiamo approfondirlo e spiegarlo attraverso una canzone o un video o.." Mi fermò prima che potessi continuare. 
" E quindi.." Si avvicinò lentamente. " Dobbiamo conoscerci.. " 
Mi perquisì e arrivò agli occhi. Per un attimo ci sprofondai dentro, ammettendo, a me stessa la bellezza indefinita che producevano. 
Avevo già capito che tipo era Thomas e ricordavo anche, adesso che ce lo avevo d'avanti, i pettegolezzi che si dicevano su di lui. 
Era strafottente, stronzo, era particolarmente popolare ( non per quelle come me, certo.), scostante, ritardatario.
Impresa ardua. 
Era bello, particolarmente bello. 
I tratti del suo viso erano marcati ma non troppo scuri, un sorriso parecchio sensuale anche per chi, come me, non lo conosceva affatto. 
" Parlami di te, allora. " Annunciò, tranquillo trascinandomi sul letto. 
"Di... di me? " Balbettai insicura. 
" Cosa ti piace fare, cosa ti piace mangiare, cosa fai nel tuo tempo libero." Si stava divertendo e lo vedevo dalla sua espressione e dal ghigno che aveva stampato in faccia. 
" Non è un gioco. " Dissi seria.
" Helen, ti sto solo conoscendo. " Si avvicinò, accarezzandomi una guancia. 
Mi alzai, nervosa, mi stava prendendo in giro. 
" E io me ne sto andando." Lo guardai un'altra volta e uscii di fretta dalla camera. 
Era palese il fatto che lui, non conoscendomi, si stava divertendo. Probabilmente non gli importava nulla del compito, della scuola o del corso. 
Era il solito strafottente, figlio di papà. 
Tornai a casa, nel mio appartamento, rilassandomi completamente sotto il getto caldo dell'acqua. 
Era stata una giornata anche troppo complicata, quella. 
Il professore mi odiava e io avevo firmato la mia condanna a morte. Dovevo ufficialmente decidermi a dire a mamma e a papà che era vero, che allontanarmi era statoun errore, che studiare non mi avrebbe portato a nulla, che potevo andare a lavorare con loro, in azienda. 
Formulai ipoteticamente tutte le frasi e non me ne uscì neanche una.
Ero sfortunata. 
Asociale e sopratutto sfortunata. 
Thomas non mi avrebbe aiutata e io avrei perso il corso. 
Mi cambiai svelta, legando i miei capelli in una coda di cavallo.
Ripassai anatomia e poi, quasi senza rendermene conto, mi addormentai esausta. 
 
 
***
 
La suoneria del cellulare mi svegliò. 
Avevo ancora sonno ma il cellulare non smetteva. 
Guardai il display e mi misi a sedere. 
" Celeste! " Urlai, impazzita. 
"Hel, Come stai? Novità? " La sua voce mi tranquillizzava.
Ne avevamo combinate di tutti i colori, era sempre stata il mio porto sicuro e sentirla mi faceva sentire, nonostante tutto, meglio. 
" Beh. Considerando che il professore di filosofia ha assegnato un compito a coppia e che la mia dolce metà.. -
accentuai troppo le parole dolce e metà, prima di continuare il discorso.
" si chiama Thomas ed è uno stronzo, sfaccendato, figlio di papà che non vuole aiutarmi. No, nessuna. "
Continuai per un ora, circa e le raccontai ogni cosa.  Scoprii con mio disappunto che Celeste lo conosceva,
visto che veniva dall'Italia anche lui e che avevano fatto insieme le medie. 
" Era il più popolare, tesoro. Ricordo che quando passava lui, si giravano tutte con la bava alla bocca! "
" Adesso suppongo che non sia cabiata la situzione; vedessi come si atteggia. "
Sentii la risata così famigliare di Celeste che risuonava dall'altro capo del telefono e benché mi mancasse parecchio, mi sentii in dovere di riprenderla. 
" Non c'è nulla da ridere, Celeste. " La rimproverai, quindi. 
" Scusa Hel, ma non posso pensare a te, mentre vai a casa di quel tizio, insicura e timida, e che addirittura ti metti a spiegare ogni cosa ad un completo estraneo, che per giunta è bello e stronzo, come pochi a questo mondo."  
Sorrisi anch'io all'idea. 
" Ok, ma adesso sono incasinata." Ammisi. 
" Una soluzione la trovi ! Vedrai che il tuo professore capirà; si vede che ci tieni, hai già fatto molto per questo progetto. E poi, d'altra parte, io non la prenderei come una cosa brutta. Thomas è bello, alto, muscoloso.. fossi in te ci penserei bene. " Celeste era completamente, indiscussamente impazzita. Lo era sempre stata, per questo la definivo il mio sole personale, il buon umore che mi lasciava dentro, ogni volta era quasi inimmaginabile.
" Questo è il mio ultimo problema, signorina. Devo trovare un modo per uscirne fuori, sul serio. " Ripresi seria.
Il fisico, indiscussamente perfetto di Thomas non aiutava per niente. 
Parlammo per un'altra ora buona, mi riempì di consigli e frasi carine e poi, di malavoglia, la salutai e andai a fare una doccia. 
La filosofia mi aspettava.
Avevo due piani. 
A. Chiedere pietà al professore. 
B. Chiedere pietà ai miei genitori. 
In ogni caso ero in un bel casino. 
Arrivai leggermente in ritardo quella mattina e mi posizionai, come al solito al mio banco, trovando,  con mai cauta sorpresa, Thomas. 
" Buongiorno Castelli. " Annunciò felice. 
Non sapevo se mettermi a ridere o piangere a dirotto. 
" Che diavolo ci fai qui? " Sussurrai, per non dare nell'occhio. 
" Ho valutato la tua proposta e.. accetto. Facciamo questo benedetto compito." Sembrava serio. 
" Dov'è la fregatura? " 
Lo guardai e notai il mezzo sorriso sul suo volto. 
" Nessuna.. insomma. Conosciamoci. Io abbatterò le tue paure e tu.. ammesso che ce ne siano, le mie. Solo.. " Ecco, pensai subito al peggio. 
" Solo.. eccola la fregatura." 
" Devi fidarti. Fare quello che ti dico io e.. lasciarti andare. Non in quel senso, insomma." Alluse prontamente a qualcosa e subito dopo, da bravo diciottenne, chiarì il concetto. 
Non avevo altre strade da seguire e quindi accettai. 
Guardai il professore e lo vidi fissarci con un ghigno sul viso.
Aveva una folta criniera di capelli corvini e due occhi castani piccoli ma accesi, poteva avere sui quarant'anni e mi sorprese il carattere infantile che stava dimostrando. 
Spiegò in ogni attimo e per ogni momento ciò che voleva da noi, da tutti i poveri martiri che per superare l'anno dovevano portare a termine un compito assolutamente fuori dal comune ;
Thomas, di tanto in tanto si sporgeva per guardarmi. 
Era imbarazzante e soprattutto mi rendevo conto di essere ridicola. 
Parlare d'amore con uno come lui, per quanto l'avessi conosciuto da poco, era un po' come parlare di musica con un sordo. 
Lo guardai, di soppiatto e mi accorsi, ancora una volta che era veramente un bel ragazzo. 
Indossava, adesso, un paio di jeans scuri, una polo blu con il colletto alzato e un giubbotto di pelle nera.
Mi sorpresi del mio modo strano di guardarlo e diventai rossa. 
" Non fissarmi troppo o mi sciuperò." Sorrise sornione mentre io volevo sprofondare. 
Rimasi in religioso silenzio per il resto delle ore, sperando in qualche modo che nessuno disturbasse il mio quieto silenzio. 
Una volta fuori, sospirai stanca. 
" Allora, casa mia o casa tua? " Sarebbe diventato il mio peggior incubo, me lo sentivo e poi, con quel sorriso, non riuscivo a concentrarmi. 
Non mi piaceva, su questo punto non avevo bisogno di soffermarmi, ma alla fine dei conti non potevo nascondere il fatto che Thomas aveva un bel po' di fascino.
Scossi il capo, interdetta. 
" Cosa vuoi, Thom? " 
" Te. " Mi fissò divertito. 
Stava giocando e io ero il giocattolino nuovo. 
" La  smetti? " Idiota, ecco cos'era, un idiota. 
" Hel, stavo scherzando, non te la prendere. Per conoscerci dobbiamo passare del tempo insieme. Andiamo a casa tua." 
Non era capace neanche di un po' di educazione e mi strattono, leggermente. 
" Non sai neanche dove abito e non puoi autoinvitarti a casa mia! " Urlai. 
In due giorni mi era capitato di tutto e diciamo anche che in quel tutto ci stava Thoas.
Avevo i nervi a fior di pelle e sapevo che comunque aveva ragione. 
Lo aveva specificato, proco prima il professore e se ne sarebbe accorto, voleva anche le prove della nuova amicizia che dovevamo costruire. 
Mi dava fastidio, il professore non era nessuno per me, non poteva costringere le persone a stare insieme a forza. Non aveva nessun diritto di costringere me a passare del tempo con un ragazzo che neanche conoscevo, per raggiungere una media decente e una borsa di studio per continuare; mi sembrava assurdo. 
" Infatti io seguo te. " Annunciò cauto. 
Si assottigliò e cominciammo a camminare l'uno accanto all'altra. 
" Ti piace studiare, eh? " Mi chiese divertito. 
Avrei voluto spaccare quel bel faccino che si ritrovava. 
" Lo devo fare. E.. si mi piace." Il tono della mia voce era parecchio acido e non mi importava, avevo già capito dove voleva andare a parare. 
" Colore preferito? " Mi guardò, con un altro lampo negli occhi. 
" Blu." 
" Blu? " Mi chiese mentre giravamo l'ennesima via stretta che portava a casa mia. 
" Sei sordo? Si, ho detto esattamente blu."
Lo vidi sorprendersi stranamente e avvicinarsi a me, portandomi contro al muro; il mio respiro nel frattempo accelerò, sentivo il suo peso sul mio e ,maledissi con tutto 
il cuore il destino che mi aveva portata a quel punto. 
" Mi sembravi il tipo da, camera rosa e vestitini rosa e scarpette rosa." Le sue parole arrivarono dritte al punto e il fiato che aveva speso per pronunciarle mi solleticò il collo.
Sentivo il fuoco avvampare dentro di me e isintivamente lo spinsi lontano. 
" Smettila.. di.. provocare." Dissi provando a riprendermi. 
Arrivammo a casa mentre lui mi guardava col solito sorriso divertito. 
Neanche mi conosceva e si comportava come un perfetto idiota; inserii la chiave sulla toppa e feci leva sul portone. 
" Benvenuto nel mio mondo." Sorrisi. 
Vidi Thoas entrare serio e girarsi intorno come un bambino che scruta lo spazio.
Era divertente, vederlo così curioso, con gli occhi verdi socchiusi e le labbra strette e rosse.
Pensai per un momento allo scontro di poco prima, mentre il suo soffio aveva lasciato un brivido sul mio collo e me ne vergognai immensamente.
Era uno stronzo. 
" Questo è il tuo appartamento? " Chiese. 
" Evita di commentare, Thom. Vieni e sediamoci. " Prima ci saremmo conosciuti, prima avremmo finito. 
" E' un invito? " rividi il lampo di malizia nei suoi occhi e mi pentii della frase pronunciata. 
" Idiota." Lo riproverai. 
Lui, per nulla offeso si mise a sedere con me sul letto e sorrise, guardandomi. 
" Allora, Hel. Voglio le domande." 
" Perché in giro dicono che sei stronzo? " 
" Perché lo sono. " Ammise, senza problemi. 
Per un attimo credetti che ne era quasi soddisfatto e mi rabbuiai.
Non mi piaceva, non mi andavano bene quei pochi comportamenti che mi aveva presentato. 
Pensai alle parole di Celeste e sorrisi senza scrupolo. 
" Perché ridi? " Mi chiese. 
" Questa vale come domanda? " 
Mi scontrai contro i due occhioni verde prato e tornai seria. 
" Prendila come ti pare.."
" Nulla, tu lo fai sempre o sbaglio? " 
" No, non sbagli.. " Si portò una mano sulla testa per poi cadere a mò di elefante, sul cuscino del mio letto.
Che maleducato. 
" Hei, siamo a casa mia, hai presente!?" 
" Cosa pensi dell'amore, Hel? " Ignorò il mio rimprovero e tornò sui miei occhi. 
La domanda era centrata e non potevo non rispondere. 
" Non... prendermi...in giro. " Dissi cauta. 
" Promesso. " 
Stavo provando a dire le cose giuste, senza rendermi troppo ridicola, pensai di esserlo comunque e abbassai gli occhi. 
Nella mia vita, l'amore non era facile. Nella vita si poteva amare ogni cosa, amare il cielo, amare la musica, il blu di una maglietta, le parole. 
Portai una mano sui capelli lunghi e notai ancora una volta lo sguardo di Marx. Lo sentivo addosso e mi dava alla testa.  
" Io.. amo le parole. Dirette ma discrete, semplici o complesse, tue e di tutti gli altri. Universali." Mi fermai in attesa di una risposta ma Thomas continuava ad aspettare me. 
"Comunque di solito, la maggior parte di noi, ama e si innamora di qualcuno. Giusto?" 
" Di solito." Disse. Aveva un lampo di curiosità negli occhi e ne fui estremamente lusingata. 
Pensai seriamente alla piega che avrebbe potuto prendere quella discussione. 
Di solito le persone si innamoravano di qualcuno con un buon profumo, due occhi grandi,qualcuno con un sorriso contagioso e mi era successo una volta, una sola volta. 
" Questa penso sia la forma più complicata dell'amore. Amare qualcuno." Presi fiato e lui sorrise. " Neanche te ne accorgi, succede e basta. 
Ti ritrovi a scarabocchiare ovunque un nome che detto sinceramente neanche ti piace. I battiti del cuore fuori controllo e completamente priva di respiro." 
Comunque, che rimanga tra di noi, non si sentono le campane, l'amore non è una favola, non comprende nessun 'felici e contenti'.
Sin da quand'ero piccola, era così per me e per un attimo pensai di avere ragione. Sembrava stupido ma mi capitava di smentire ogni cosa e sorridere al pensiero
che un finale del genere potesse esistere.
" Leggende. " Confermò lui. 
" Piuttosto, l'amore, è un sentimento,amore è viversi, arrivare a fine mese senza un euro e sperare lo stesso che arrivi il prossimo, per esserci, insieme. 
amore è aspettare la sera, per scambiarsi carezze tenute nascoste tutto il giorno. Amore è litigare per il caffè amaro, la mattina. 
Fare la spesa e accettare che per qualche strano motivo, l'amore della tua vita, compri ogni cosa e mai quella giusta. Amore è telefonarsi mentre si lavora per sapere 
se è tutto occhei, se lui ha mangiato, se lei ha smesso di pensare al mare. Chiedersi continuamente se la luna, sia destinata a due occhi così speciali come i suoi. 
Amore è restare insieme la vigilia di Natale, noncuranti del pranzo che ci si aspetta.Amore, è guardarsi allo specchio con i capelli bianchi ma accettarsi lo stesso 
sapendo che nell'altra stanza, c'è lui, che ti ama,ti ama anche se sei cambiata. Comunque l'amore è una delusione, una bellissima delusione. " 
Alzai lo sguardo e mi sentii profondamente stupida. Avevo appena rivelato una parte di me ad un perfetto sconosciuto. 
" Rivelatorio. " Thomas si avvicinò serio e coinciso, mettendomi una mano sulla guancia.
Non vidi nessun ghigno sul suo volto, solo.. mi sembrò di sparire nel nulla mentre il tocco caldo del suo gesto mi bruciava addosso. 
" Ti hanno ferita, delusa, lasciata. Tu credi all'amore e sostieni, stranamente che non ti innamorerai mai più." Annunciò distratto.
Mi aveva capita.
Si avvicinò ancora una volta e sentii il contatto delle sue labbra umide contro il mio collo.
" Non mi va di parlare di questo." la frase uscì quasi a fatica in quanto ero incapace di resistere al suo respiro flebile e ai suoi baci caldi." Mmmh." 
Io non lo conoscevo, che diavolo stavo facendo? 
" Aspetta. " Mi alzai in piedi perdendo quasi l'equilibrio. " Stupido,  arrogante, presuntuoso, sfacciato..." Gli puntai un dito contro, costringendolo a sdraiarsi completamente sul mio letto. " Non provarci mai più, non pensarci neanche lontanamente! " 
Stupidi ormoni in subbuglio. 
Thomas si alzò in piedi e sorrise. 
" Sono stupido,arrogante, presuntuoso, sfacciato ma attraente. Soprattutto attraente, giusto Hel? " 
Avvampai improvvisamente. 
Perchè doveva capitare a me?? Per quale motivo dovevo stare dietro ad uno come lui? 
" Oh, mister Sesso, sicuramente non per me! Mi hai colto alla sprovvista! " Dissi con vocina stridula. 
Era strano ma di solito, io ero la persona più timida dell'universo e gli atteggiamenti di quel dannato ragazzo, facevano perdere ogni traccia di timidezza, infrangendo semplici irritazioni. Era irritante. 
" Cadrai ai miei piedi, come sono cadute tutte. " Mi riferì. 
" Ma smettila e siediti. " Lo schernii. 
Mi fissò per qualche minuto e poco dopo abbassò lo sguardo. 
" E tu? " Chiesi mentre tremavo. 
Avevo ancora il calore del suo respiro sul collo e sapevo che era pura elettricità. 
" L'amore non esiste. " 
" Plateale. " 
" Realistico. " 
Mi ero rivelata, poco prima e lui, aveva semplicemente risposto con " non esiste." che fregatura. 
" Ti piaccio? " Mi chiese, di rimando. 
" Neanche un po'. " Ero sincera, questo me lo doveva.
Lo vidi cambiare espressione e alzarsi in piedi. 
" Devo andare. " Se ne uscì, poi. 
Rimasi interdetta, immobile come una statua e confusa su ogni angolo del mio mondo. 
Chi era Thomas? Pensai seriamente al suo bacio, portandomi una mano sul collo. Mi aveva incendiata e lo sapevo; il mio problema era il grado di astinenza che avevo indiscussamente portato avanti da un anno a questa parte, il che significava che io, avrei potuto scendere nei più fondi piani, presa letteralmente dall'istinto di una donna, comunemente chiamato, uomo. 
Sapevo che quel ragazzo, conosciuto da solo un giorno aveva il potere di attrarmi come una calamita e non perché fosse bello o attraente, semplicemente perché io, al minimo tocco sbagliato prendevo fuoco. 
Fino ad adesso, comunque, nessuno aveva neanche mai provato a sfiorarmi e Thomas, con un solo bacio aveva scaraventato in me anche troppi dubbi. 
Mi sdraiai sul letto e chiamai Celeste. 
" Hel! " Mi salutò allegra. " hai trovato un modo? " 
Dentro di me sentivo distintamente di stare sbagliando. Thomas mi avrebbe reso il lavoro un inferno e nessuno mi assicurava che il progetto avrebbe avuto buon rendere. 
Raccontai alla mia migliore amica di come era andata la giornata e mi sentii meglio. 
Anche solo quello bastava per rendere le cose un po' meno aggrovigliate. 
Celeste mi serviva e soprattutto mi mancava da morire; era andata al college ed era presa dagli studi : voleva diventare avvocato, un bellissimo e preparatissimo avvocato e io, personalmente, la stimavo. 
La sua famiglia l'aveva sempre appoggiata, la manteneva negli studi, era presente in una maniera assurda e soprattutto, la incoraggiava. 
L'opposto della mia, ovviamente, sempre pronta a darmi contro. 
Chiusi il telefono e comincia a studiare, ordinai pizza e sorrisi mentre guardavo qualche film in televisione; non uscivo spesso o meglio, non uscivo mai, non che non mi piacesse uscire ma non avevo le giuste compagnie e preferivo la tranquillita della mia canotta scura e il mio termosifone caldo. 
Mangiai un'altra fetta di pizza e poco dopo sentii bussare alla porta. 
Chi diavolo era? 
Mi avvicinai alla porta, non ero spaventata e quando la aprii sentii la rabbia addossarmi.
" Cosa diavolo vuoi da me, Thomas?? " Mi informai prima di cadere nel banale. 
" Dobbiamo conoscerci. " Disse. 
" Possiamo farlo in un altro momento, che dici? " 
Thomas alzò le mani in segno di resa. 
" Va bene, ho bisogno di ospitalità questa notte. " 
Sgranai gli occhi e lo vidi scendere sul mio corpo per guardarlo con interesse. Avevo un paio di pantaloncini neri ed una canotta scura. 
" Senti. " Lo richiamai con la mano, mentre era impresso sul mio bacino. " smettila di fare il bambino, vai da un'altra parte. Hai tante amiche o sbaglio? Celeste ti conosce. " Mi ricordai caldamente del discorso di Celeste. 
" Celeste? " Mi chiese entrando in casa e chiudendo la porta con leggerezza. 
" Celeste Campeotto." Sussurrai. 
" Vi conoscete? "
" E' la mia migliore amica." 
" Andavamo alle medie insieme." Sorrise lui, semplice come un bicchiere d'acqua. 
Cominciò, poi, quasi senza vergogna a spogliarsi e infilarsi sotto le coperte del mio letto.
L'avrei ucciso, su questo non avevo dubbi. 
" Cosa... cosa diavolo stai facendo? "
Chiesi rossa in viso e tremante, mentre si toglieva la felpa e rimaneva a torso nudo. 
" Fa caldo qui dentro, Hel e .. ho sonno." Aveva lo sguardo intenso e movimentato, mi scioglieva. 
" Smettila! " 
" Di fare cosa?" Disse, calmo e pacato. 
" Di fare quello! Di guardarmi in quel modo! Di spogliarti! Di infilarti nel mio letto! " Urlai. 
Non sarebbe finita più quella situazione. 
" Non hai un altro letto? " Mi chiese tranquillo. 
"No. "
Lo vidi cambiare espressione, sorrideva malizioso. 
" Allora dovremmo dividerlo. " 
" Non devo dividere niente! Alzati da qui! " 
Ero arrabbiata e se ne accorse. Non avevo nessuna intenzione di condividere il letto con uno come lui, con un estraneo. 
" Buona notte Hel! " Si alzò impercettibilmente e mi lasciò un bacio sulla guancia. 
Mi sedetti a gambe incrociate ai piedi del letto, attendendo chissà quale miracolo, Thomas era sprofondato in un sonno profondo e non si era neanche preoccupato della mia situazione, io, secondo il suo sano modo di vivere, avrei dovuto dormire con lui, nel letto ad una piazza e mezzo. 
Ero scomoda e sentivo la necessità di dormire. Mi alzai titubante e mi avvicinai nel letto, tremante. 
" Vaffanculo Thom." Sussurrai. 
Entrai tra le coperte e mi voltai di lato.
Avrebbe solo dovuto provare ad avvicinarsi e l'avrei fatto fuori. 
 

Ciao ragazze. 
Amo scrivere da quand'ero piccola. 
Dentro ho un mare in tempesta e spero davvero che questa storia vi piaccia, almeno la metà di quanto piace a me. 
Helen è fragile, innamorata dell'amore. 
Helen è schietta e non riesce a rinunciare alla vita, convinta che dietro ad ogni piccola cosa ci sia un mondo da scoprire; 
Thomas è bello, interessante, passionale fino all'ultimo sorriso. 
Forse un po' superficiale in principio, ma col tempo, Thomas si dimostrerà talmente irresistibile da farvi perdere la testa. 
Vi prego di lasciare le recensioni perché voglio migliorare, voglio sentirmi felice, se a qualcuno piaccio. 
Il prossimo capitolo lo posterò tra pochissimo. 
Grazie per chi mi legge..
... 
Grazie mille.
Tiziana. 

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Capitolo 2
*** Conoscenze. ***


 
Conoscenze.

Mi trovavo con il professore di filosofia, immersa quasi letteralmente tra le scartoffie. 
Erano tutti i miei compiti, superati col massimo dei voti.
Ero profondamente soddisfatta e nonostante tutto sentivo un peso schiacciarmi lo stomaco. 
Mi alzai da terra, spostando i fogli rigorosamente scritti. 
Vidi Thomas, serio e coinciso e mi girò la testa. 
Non aveva lo stesso colore di occhi della sera prima, era spento, quasi invisibile. 
" Thomas... " Tentai. 
Nessuno rispose e mi sentii sola, in una stanza con Thom e il professore, ma sola. 
Mi ricordai del grosso problema che mi attanagliava da un paio di giorni : il progetto che io e lui 
dovevamo portare a termine. 
Mi avvicinai al professore e notai che era seduto sulla cattedra, quasi inerte.
Poco prima lo avevo visto a terra, accanto a me e adesso stava sulla cattedra.
Che diavolo stava succedendo? Pensai. 
" Professore.." Sussurrai per poi guardare Thomas. 
Di nuovo silenzio e allora guardai alla porta ritrovandomi mamma e papà, arrabbiati. 
" Potevi dircelo.. " mi accusarono. 
" Mamma.. volevo, ma.. " 
" Ma tu nella vita non combinerai mai nulla di buono.. "
La verità delle sue parole mi colpì come un pugno sullo stomaco. 
" Possiamo ancora finirlo perché Thom mi vuole aiutare " Mi girò la testa e vidi il mio compagno di corso sorridere ed allontanarsi con un mezzo sorriso sul volto. 
"Thomas.. " urlai. 
"Thom!!" 
" Helen , stai bene? "
" Thomas!! " 
Sentii strattonarmi e aprii involontariamente gli occhi mettendomi seduta. 
" Hel, stavi urlando.. è tutto ok? " Mi sorprese il suo tono di voce, per niente derisorio, solo.. preoccupato. 
" Si.. " Boccheggiai, ancora scossa. 
" Hai urlato il mio nome.. cos'era, un sogno erotico?" Di nuovo il ghigno sul viso, divertito e sexy. 
" Idiota." Mi alzai dal letto, sospirando cauta. 
Una cosa di lui l'avevo imparata. 
" vado a farmi.. " mi disse mentre si intrufolava in bagno. 
" Non provarci...! " Dissi. 
" Sarò veloce! " Lo vidi sorridere e chiudersi la porta alle spalle. 
Idiota, stupido, presuntuoso, maleducato che non era altro.
Comunque ero ancora scossa per ripetere gli insulti ad alta voce, immaginai mia madre, mentre effettivamente si rendeva conto che ancora una volta avevo fallito. 
Non riuscivo a combinare nulla di buono, sin da quand'ero bambina. 
Mentre mi dilettavo a pensare alla mia vita privata, vidi aprire la porta ed uscire, tutto tranquillo Thomas, con la tovaglia legata ai fianchi; ne approfittai per andarmi a fare un doccia, prima che quell'idiota tornasse dentro.
Non volevo soffermarmi al suo torace, nè alle sue gambe ed entrai quasi senza respirare. 
In mezz'ora ero già fuori e lo trovai ad aspettarmi, sorridente.
Di sicuro, da svestito era molto meglio.
" Andiamo, oggi niente scuola. " 
" Stai scherzando. " 
" Dimmi il posto dove adori andare? " No, non scherzava. 
" Al mare. " 
Mi prese per mano e mi mostrò la sua moto, Era blu ed enorme; 
adoravo il blu e senza mezzi termini adorai subito la sua moto.
Salii titubante e mi agganciai a lui, come una piovra. 
Avevo paura ma arrivammo in poco tempo. 
Il mare era sempre li e si scontrava con la riva, era perfetto, isolato, profumato. 
Lo adoravo e Thomas se ne accorse subito. 
" Sembri una bambina che guarda un acquilone. " Mi annusò, mentre si avvicinava tutto contento. 
" Non lo so, però il mare.. lo amo.." 
Altra rivelazione. Stare con Thomas, adesso, non mi sembrava molto massacrante. 
" Perché non credi all'amore? " Lo guardai e il vento spostò i miei capelli, lo vidi appoggiare la sua testa sulla mia spalla e guardare dritto davanti a se. 
" La mia ragazza, Lidia, è morta quattro anni fa. Nessuno lo meriterebbe, nessuno meriterebbe di perdere qualcuno di veramente importante. Per tre anni mi sono 
chiesto il perché dobbiamo affezionarci, crescere, amare, vivere per una persona e con una persona, se poi qualsiasi cosa riesce a portarcela via. 
Poi ho semplicemente capito che non esiste una risposta. Da quel giorno ho spento i miei sentimenti, uno ad uno. "
Lo guardai con gli occhi lucidi, lo aveva fatto, si era aperto e adesso mi guardava serio e livido. 
" Ah.. " Sussurrai e mi avvicinai ad abbracciarlo; non era un abbraccio di due estranei, quella rivelazione mi aveva avvicinato a lui, stranamente. 
Forse potevamo essere amici. 
" Perché non frequenti i corsi? " Cambiai argomento. " Celeste mi ha detto che avevi il massimo dei voti alle medie.. quindi.." 
" Quindi se chiedi al professore, ti dirà che sono scostante, poco puntuale, poco serio, ma ho il massimo dei voti in filosofia. Non mi conosce, perché non ho mai 
frequentato i corsi, a scuola. Preferisco prepararmi a casa, quando posso. Il professore sapeva che io sono un portento.." E sorrise. " Ti ha messo con me, in gruppo solo perché sapeva che mi avresti cercato e mi avresti costretto a frequentare, per un buon voto in filosofia. Vuole accertarsi che sia davvero così bravo." 
Quindi, il professore non voleva distruggermi. 
" Oh.." Dissi, stanca. 
" Andiamo a casa, Helen. " Mi porse una mano e ci alzammo.
Speravo, benchè la bella mattinata, che Thom tornasse a casa sua, ammesso che ne avesse una. 
Mi era un po' meno antipatico, è vero, ma avevo bisogno di rilassarmi un po', per conto mio. 
Tornammo a casa e lo vidi sedersi, stranamente sul mio letto. 
" Non ce l'hai una casa? " 
" Dai, che la mia presenza non ti dispiace. " Ammiccò. Eccolo, adesso lo riconoscevo.
Presi i libri, ignorando e studiai un po'. Thomas mi guardava in silenzio e sentivo il verde dei suoi occhi in ogni angolo del mio corpo. Era imbarazzante e forse era anche 
per quello che insisteva. Lo vidi, dopo parecchio, alzarsi e dirigersi in bagno. Lo sentii mentre apriva il rubinetto dell'acqua e riempiva la mia vasca da bagno. 
La sua educazione era praticamente inesistente.
Dopo poco, uscì e mi bloccai, incapace di parlare; 
" Sei.. nudo! " Urlai, coprendomi gli occhi. 
" Lo so,Hel,  sai dirmi dove è l'accappatoio? " 
Maledetto lui e la mia astinenza al sesso. 
" ... Sullo scaffale bianco, in bagno." 
" Prendilo tu... eh? " Mi avvicinai a lui, facendo bene attenzione a non guardare in certi punti intimi. Il suo fisico, sembrava perfetto .
Entrai in bagno e notai la vasca da bagno piena fino all'orlo. Che sprecone, pensai. 
" Potevi riempirci l'intero bagno, con l'acqua, eh?  " Urlai per farmi sentire ma mi accorsi che non ce n'era bisogno, lui era dietro di me. 
" Senti, Thom, copriti, intesi?" Il mio volto aveva raggiunto un rosso lampone, sconsiderato. 
Si avvicinò imperscrutabile e mi girò la testa. 
Sentivo gli ormoni salire e scendere dentro. 
" Perché? " Sottolineò la domanda, attaccandosi al mio torace. 
" Perché.. insomma... tu... sei... " mi guardò con aria sospettosa. 
" Sono...? " Mi incitò. Feci un passo indietro e come mi aspettavo, lui mi seguì. 
" Nudo, sei... nudo! " Urlai, stizzita. 
" Non dovrebbe essere un problema... per te non sono attraente." Annunciò, con una certa soddisfazione sul viso. Indietreggiai ancora e senza rendermene conto 
scivolai proprio dentro la vasca da bagno. 
" Merda! " Urlai. " Aiutami ad uscire fuori di quì! " Ero arrabbiata e odiavo quello che mi stava facendo, a scopo personale. Non avevo capito bene, un paio di ore prima sembrava essere.. diverso.
Insomma, sembra aver preso sul serio la cosa e adesso, me lo trovavo davanti col solito ghigno sul viso, intendo a provocarmi come si doveva, forse non era abituato a ragazze che non cadevano ai suoi piedi e si voleva riscattare. 
Lo vidi sghigniazzare prima di infilare un piede sulla mia vasca da bagno con me dentro. Provai allora, ad alzarmi riscivolandoci dentro e allagando completamente il pavimento. 
" Non.. avrai problemi, quindi se mi avvicino più del dovuto. " Sorrise. 
Il suo sguardo e quel suo modo di parlare mi mettevano in crisi.  Con un movimento si sdraiò aderendo completamente al mio corpo e lo guardai provando inutilmente a 
dimenarmi. 
Cominciò a sprofondare sul mio collo bagnato, un'altra volta e compresi per un attimo che se solo ci avesse provato, adesso, sarei finita a letto con lui. 
Aveva i capelli castani,zuppi e nel suo modo di fare, non c'era niente che potesse essere frainteso come un gioco, sembrava essere tornato serio. 
" Thomas.." Lo chiamai. 
" Hel.." Mi rispose, mentre mordicchiava il lobo dell'orecchio sinistro. 
" Perché? " 
" Perchè sei bella. " 
Non riuscivo a respirare, mentre sentivo a contatto il suo corpo completamente e perfettamente nudo.
Caldo e morbido a contatto con le mie mani, fredde e tremanti.
Odiavo il professor Gold, perché mi aveva messa in coppia con un ragazzo, bello, stronzo, determinato e scostante. 
Non potevo affatto negare che, in  qualche modo ci stavamo conoscendo, anche per gioco.
Non provò minimamente a spogliarmi, forse sapeva che l'avesse fatto, avrei dato di matto. 
Lo vidi alzarsi e pregai non so cosa, per rivederlo su di me, smaniante del suo contatto. Che casino. 
Si avvicinò al mio viso e mi baciò, era un bacio caldo, umido, sicuro. 
" Non sono il tuo gioco. " Dissi, neanche sicura di ciò che stavo dicendo. 
" Sei sicura.. di non essere attratta da me? " Mi arrabbiai. 
" E se anche fosse? Avrai anche un bel corpo ma sei solo un idiota." 
Thomas sorrise, si alzò ancora nudo e alla fine, ancora divertito, si girò di spalle e prese l'accappatoio. 
 
 
 
***
 
" Professore, non credo di aver capito questo passaggio." Chiesi, un po' in imbarazzo. 
Il professore sorrise e gli fui grata. La matematica non mi piaceva molto, ma tutto sommato era un po' come cadere dentro un calderone pieno di pozioni e formule varie. 
Una favola, insomma. 
Pensai improvvisamente a Thomas: di sicuro era un ragazzo insolito e non l'avevo per niente capito, i suoi comportamenti erano quasi incomprensibili, e il suo umore
cambiava costantemente. 
Un bambino che giocava a fare l'adulto, forse. 
Una cosa l'avevo capita, Thomas aveva sofferto per amore e si era chiuso dentro le sue convinzioni sporche. Era attraente e voleva giocare al gatto e al topo con me. 
Gli avevo forse dato modo di divertirsi?
Dovevo ammettere che i suoi baci, non mi erano affatto dispiaciuti in quei giorni ma avevo altrettanto chiarito che la mia indole era pressocchè tranquilla e lui la stava
stravolgendo del tutto. 
Poggiai il volto sulle mie mani, giunte e guardai un'ultima volta il professore, prima di sprofondare tra i miei pensieri. 
" Helen? " Mi chiese qualcuno. Una voce candida, squillante e a primo acchitto rumorosa. 
" Caroline. " Sorrisi tirata ma lei non ne accorse. Caroline era una mia compagna di studi da qualche anno, era un po' come una bimba dispettosa, amava i pettegolezzi
e rendeva tutto e spesso, troppo superficiale. 
" Come è andata questo fine settimana? " I suoi capelli biondi e corti a caschetto sembravano incorniciare perfettamente il suo viso, rosato e semplice. 
" E' andata. " Affermai, contrita. 
In realtà non era andato per niente bene. Thom mi dava alla testa, mi creava problemi e si era appropriato di casa mia. 
Era un bravo ragazzo, niente da dire e non lo cacciavo, non lo cacciavo perché mi piaceva, mi stavo abituando alla sua presenza e alla sua amicizia e per di più, era 
di vitale importanza per il mio futuro.
" E .. quindi come va il progetto? " 
" Alla grande. " Mentii. 
Non stava andando male tutto sommato, ma conoscere Thomas al tal punto di saper parlare di lui, mi sembrava una montagna insormontabile. 
" Oh, anch'io! Guido è talmente dolce.. e.. mi ha regalato un cagnolino, piccolo e peloso! " Dai suoi occhi mi parve di vedere una bambina, sul serio. 
" Sono felice per te, Caroline. Sembra che ti piaccia, Giudo." Le dissi, con sincerità. 
" Si, Giudo è speciale. Il professore, a mio avviso mi ha messo in gruppo con lui perché si immaginava le coppie. "  Alluse a me, lo percepii dal suo sguardo. 
" Non direi. Annabeth e Cristine, ad esempio, non mi sembrano poter fare coppia. " Sorrisi. 
" Giusto, ma.. nella maggior parte dei casi.. ! " 
" Nella maggior parte dei casi, meno quello mio e di Annabeth, ovviamente. " 
Non volevo che la gente pensasse che io e Thomas, adesso avessimo una qualsiasi relazione. 
" Ragazze, potete tornare a casa. " Annunciò il professore, felice. 
" Devo.. andare, Caroline." E la liquidai con mezzo sorriso. 
Fuori sembrava piovere e aprii l'ombrello, in preda all'ansia. Il giorno dopo avrei dovuto portare a termine un'interrogazione e avevo paura. 
Delle volte mi sentivo alle medie, una ragazzina indifesa, che ha bisogno di conoscere il suo mondo e di uscire fuori. 
Non credo che io, durante il corso della mia vita ero davvero uscita fuori; sorrisi stanca. 
" Adesso ridi da sola? " Thomas spezzò completamente la mia tranquillità. 
" Il saluto, a quanto pare, non è di tua abitudine. Ciao Thom." 
" Ti sembro il tipo? " E si indicò con il dito. 
" No, mi sembri più un bambino. " 
" Da vecchio sarò giovane, allora." Ammiccò. 
" Contento tu. "
La sera precendente avevamo preso una pizza e avevamo provato a parlare delle nostre famiglie. 
Suo padre era un importante telecronista calcistico e sua madre, una perfetta casalinga. Mi raccontò anche di suo fratello, Jason; 
a primo impatto mi sentii stranamente sua amica: parlare della sua famiglia, del suo passato, dei suoi ricordi, mi faceva sentire davvero una sua amica; 
eppure il seguito mi sembrava poco amichevole: quando mi sfiorava, per alterare il mio organismo, io perdevo la testa e quando, senza mezzi termini mi provocava, diventava un'estraneo. 
Era un'altalenare di bello e irritante, simpatico e stronzo, sexy e... sexy. 
Su quello non si poteva sindacare!
" Che facciamo oggi? " Sorrise, malizioso. 
" Io. " Il mio tono di voce era parecchio alterato. " devo ripassare inglese. " Thomas, nel frattempo si era avvicinato e mi aveva afferrato il polso. 
" Ti posso baciare?" La sua domanda mi spiazzò.
Nei giorni precendenti, mi ero resa conto che capitava, mentre facevamo qualcosa, mentre studiavamo l'amore, 
tra gli autori letterari prevalenti, che ci baciavamo. 
Avevo deciso, stranamente che era così, che non potevo farci nulla.
Conoscerci magari era anche quello. Lo conoscevo da una settimana, appena, ma non importava, quando Thomas voleva qualcosa da me, io perdevo la ragione. 
Lo attirai a me con un sospiro e lo baciai. 
" Dov' è finita la piccola Hel, timida ed introversa? " Mi chiese, tra un bacio e l'altro. 
Non lo sapevo. Quand'ero con lui spariva ogni traccia di paura, la prevalenza dell'attrazione era evidente e spazzava via ogni cosa. 
" La tua arroganza la soccombe. " 
" Se questi sono i risultati.. " E sorrise. 
" Te l'ho detto, hai vinto, tu mi attrai fisicamente, adesso perché continui a stuzzicarmi, sapendo che cedo? " Ero seria. 
"Io.. ti sto conoscendo. Mi attrai anche tu. " 
Arrivammo a casa mia e mi allontanai repentinamente da lui. 
I baci potevo sopportarli, il resto non l'avrei neanche tollerato. Comincia a studiare, mentre Thomas si sdraiò a terra, vicino a me. Ogni tanto mi guardava e dopo 
parecchio tempo lo vidi alzarsi. 
" Che stai facendo? " Domandai. 
" Dai, Hel, saranno delle ore che studi inglese, finirai per dimenticarlo del tutto! " 
Vidi improvvisamente il suo viso sorridente e spassionato. Studiavo da parecchio, era vero. Sapevo a memoria ogni passo di quei capitoli, eppure l'insicurezza mi divorava
da sempre. Di solito, ripassavo per tutto il giorno, allo sfinimento. 
Questo prima di conoscere Thom, certo. 
" Siamo andati al mare, adesso voglio andare in un posto che piace a me! " Si ribbellò a un passo dal mio viso e il mio cuore accelerò improvviso. 
" Il mare ti piaceva, hai detto! " 
" Ma non è il mio posto preferito. Andiamo! " 
Mi prese per mano e mi bendò con la mia sciarpa azzurra; personalmente trovavo la cosa parecchio imbarazzante ma a lui divertiva.
Mi strinse la mano mentre scendevamo dalla moto e come al solito, presi fuoco. 
Era stupido ma l'ultima volta che avevo sfiorato nell'intimo un uomo era stato troppo tempo fa; nella vita infondo mi ero innamorata una volta, di uno stronzo, per dirla 
tutta. Mi ero data completamente a lui e mi ero costruita i miei perfetti e saldi ( che tanto saldi poi non erano) castelli di sabbia. 
" Thom, non è che mi butti giù da una rupe, eh? " Scherzai. 
" Mmmh, non lo so.. non ci ho pensato. " Rispose. La sua voce era calda, inqueta, frizzante come nessuna; 
sentii il suo respiro avvicinarsi e cominciò a baciarmi. Thom baciava da Dio e io, imbranata com'ero, non riuscivo a resistere. Mi voltò delicatamente, come a mostrarmi un panorama che ahimè, con la benda agli occhi, non avrei visto, mentre i suoi baci incendiavano il mio collo e le mie spalle, sino a raggiungere l'altezza del seno, 
coperto da una magliettina neanche molto leggera. 
Ero entrata in estasi, completamente. 
" Se.. se vuoi che mi fermi, dillo adesso." Mi sussurrò. 
" Era questo il tuo posto preferito? " Fui coincisa e non seppi mai, da dove presi la forza di parlare. 
" Il posto... lo... vedrai ... dopo." Non lo vedevo eppure, lo percepivo. 
" Il professore non voleva questo, quando ha detto 'conoscetevi nell'intimo'. " 
" E come fai a dirlo? " Nello stesso istante in cui sentii l'ultima lettera fare capolino sulle mie orecchie, la mano, calda e rovente di Thomas entro sulla maglia e si insinuò sul mio ventre: disegnava piccoli cerchi con le sue dita. 
" Thom.. dai. " Dissi, scostandomi leggermente dal suo corpo. 
Lo volevo ma non lo conoscevo a dovere e ..non facevo mai sesso senza amore; non ero il tipo da avventure di una notte. 
Sentii Thomas sospirare e allontanarsi da me, poi lo sentii con le mani tra i miei capelli, intento a sciogliere del tutto il nodo flebile della benda. 
La visione che ne seguì mi lasciò interdetta, completamente. 
Eravamo su di un balcone, ampio e colorato d'azzurro, le mura azzurre, il pavimento azzurro, la ringhiera azzurra. Mi avvicinai allo spettacolo e sorrisi. 
Un'ampia distesa di verde si prostrava ai miei occhi; era un prato, fiori rossi, gialli, viola che facevano capolino da ogni parte e una cascata, con un piccolo fiumicciattolo, 
rendeva la visione quasi condensata in una favola. 
Mi sentivo davvero in una favola. 
" Non posso crederci. "
" Quand'ero piccolo mio nonno mi portò qui. Ricordo che rimasi per delle ore a fissare il muoversi delle foglie e il colore del verde. " 
" I tuoi occhi.. " sussurrai.
Thomas mi guardò un po' stranito. 
" Il verde di questo prato.. mi ricorda i tuoi occhi. " 
Lo sentii stringersi un po' di più a me e maledii chissà chi o cosa, per non essere rimasta lì, a baciarlo e a toccarlo, per
tutta la vita. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi. 
Lo so, il secondo capitolo l'ho aggiunto troppo velocemente. 
Mh, scusatemi.
Suppongo che comunque, avete notato che Thomas, non crede all'amore perché ha perso una delle persone più 
importanti della sua vita. 
Svelato il mistero : ecco il perché, il nostro amico ha un carattere così cinico. 
Helen è combattuta. 
Prima gli piace, poi non gli piace. 
Potrebbero diventare amici, se solo Thom la smettesse di ammiccare continuamente su ogni cosa. 
Peccato che le cose si complicano a causa di una scommessa, nei prossimi capitoli. 
Un bacio. 
Tiziana. 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** La scommessa. ***


 
La scommessa


" Ammettilo che ti piaccio. "
Lo guardai mentre cominciavo a prendere fuoco,odiavo questa parte del mio carattere ma da un po' di tempo l'avevo accettata;
benché Thomas mi rendesse parecchio acida e scontrosa e molto, molto sostenuta, il mio carattere era tranquillo e calmo. 
Ero pacifica. 
Sorrisi lievemente e lui se ne accorse, sembrava strano a credersi ma lo sorprendevo, forse erano i miei sguardi, i miei mezzi sorrisi, le mie risposte azzardate;
possibilmente era solo parecchio risoluto perché non cedevo alle sue provocazioni. 
Mi provocava, lo sentivo spesso, anche solo mentre mi guardava o portava una mano vicino alla mia, gli piaceva farmi impazzire. 
Non avevo mai avuto a che fare con molti uomini, da fidanzata diventavo insopportabile, da amica ero flebile e noiosa e questo mi preoccupava, io ero semplicemente me stessa.
Thomas si avvicinò e mi guardò con aria semplice. 
" Neanche se fossi l'ultimo uomo al mondo. " 
" Quindi.. ti attraggo ma non ti piaccio. Quando ti bacio ti gira il mondo e quando non lo faccio, divento improvvisamente l'ultimo uomo al mondo che potrebbe interessarti. " 
" Dobbiamo parlare d'amore, non di piacere, non di attrazione, non di sesso, non di .. "
Mi fermò, col solito ghigno casualmente sexy, in faccia. 
" L’amore platonico va inteso come unione tra gli amanti non sul piano puramente fisico, ma anche su quello interiore, spirituale, perciò si tratta di un’unità profonda, che dura per tutta la vita e che permane dopo la morte.
Il desiderio di vivere con la propria metà è un’aspirazione primordiale presente da sempre nell’essere umano." 
Mi sorprese il suo buon linguaggio e la preparazione: avevo imparato che da Thom ci si poteva aspettare di tutto. 
" Ha fatto i compiti a casa, signor Leocata." 
" Ti sembrerà strano ma anche a me serve portare a termine questa stronzata." Avrei dovuto ritenermi offesa, in quanto io ero una stronzata: io ero il suo compito e lui il mio, eppure mi rendevo conto di non poter aggiungere altro, quella storia era una grandissima stronzata. 
" Perché studi? " Domandai mentre prendevo gli appunti e scrivevo sul quaderno. 
" Perché in questo college, ci stanno le ragazze più belle che abbia mai visto. " Rise malizioso. 
" Perché non lo vuoi ammettere, ma studiare ti piace." 
" Direi di no. Infondo a chi piace studiare? " 
" Thomas ad un certo punto, nella vita si comincia a studiare per se stessi e non per la scuola,per la famiglia o per il caso. " 
" Eppure.. " Si avvicinò. " il caso vuole, che io e tu, adesso siamo qui. " 
" A studiare." Precisai. 
Lo vidi con un lampo di curiosità negli occhi e sentii il suo profumo così vicino che mi girò la testa: talco e menta. 
Pensai che era tutto troppo strano, io.. con un ragazzo a parlare d'amore, a sfiorare l'amore, ad evitare di finirci a letto, soprattutto.
Thomas si era avvicinato e sentii il sapore delle sue labbra sulle mie.
Studiavamo da due ore e neanche a farlo di proposito, non ci eravamo mai avvicinati come adesso. 
" Ora.. " Si staccò, lasciandomi immobile mentre cercavo ancora il suo sapore tra le mie labbra. " si deve studiare, signorina. Non stiamo mica giocando al gatto e al topo, no? " 
Che stronzo, mi stava mandando in bianco, come io avevo fatto con lui. mi stava dimostrando che lo volevo, volevo lui e il suo corpo. 
Mi stava dimostrando che il sesso prevale sull'amore e gli istinti sulla ragione.  
Abbassai lo sguardo e sentii il cellulare vibrare. 
" Pronto? " Risposi esitante, sapevo che dall'altro capo del telefono c'era mia madre;
non avevo nulla contro di lei ma mi rendeva tutto troppo difficile. 
Fin da quand'ero piccola mi aveva spinta a fare delle scelte, come quella di lasciare l'Italia per trasferirmi in America, mi aveva sopraffatta spesso, trascurando ciò volevo e mettendo nei piani alti ciò che lei voleva per me e quando, inconsciamente avevo ribaltato la situazione, il rapporto con me gli era stato stretto. 
" Helen, come stai? Tutto bene? " La sentii mentre chiedeva titubante.
" Mamma, sto bene. Che è successo? " Sussurrai e notai che Thomas mi guardava serio, niente ghigno o sorriso divertito,
era solo molto serio. 
" Il tuo professore mi ha detto che hai un compito importante e che sei finita in coppia con un ragazzo. Non conosci nulla di lui, non sai neanche che intenzioni  ha nei tuoi confronti. "
Oh, invece lo sapevo, lo sapevo eccome. Voleva sedurmi e voleva portarmi a letto. 
Pensai seriamente che quel professore doveva essere soppresso. Non sapevo qual'era il suo scopo ma stava facendo di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote. 
" Mamma, non ti è mai interessato del mio rendimento scolastico, qual'è il tuo problema? "
" Volevo sapere il suo nome. Magari conoscevo i suoi genitori.. " 
" Per fare cosa? Non è un drogato, non è un bambino e non fuma." 
Thomas rilassò la sua espressione e portò una mano sulle mie spalle, massaggiandole leggermente. 
" Tesoro, dovrai passarci parecchio tempo.. " 
" E allora? " 
" E allora potrebbe essere un brutto soggetto, il professore mi ha detto che è .. " 
" Scostante, ritardatario, salta le lezioni, blablabla. Non lo conosco bene mamma ma ti prego, smettila di parlare così, neanche tu lo conosci. "
Il ragionamento del professore non mi tornava : mi aveva messo in coppia con Thomas perché lo considerava presuntuoso, sapere che lui era preparato e superava ogni esame senza le sue indicazioni o i suoi appunti lo rendeva parecchio più calcolatore, e poi, come se non bastasse, aveva chiamato mia madre per avvertirla del brutto soggetto che avevo vicino anche se sapeva che non era così,
in quanto Thomas non era così superficiale come pensavano tutti e l'idea che mia madre si preoccupasse del tempo che spendevo con gli altri, mi dava alla testa.
Sentii Thomas allontanarsi e con un gesto svelto mi strappò il cellulare dalle mani. 
Non riuscii a capirlo ma notai semplicemente che aveva cambiato espressione del volto e ne fui infastidita. 
" Salve. " Disse con tono categorico, mentre io provavo a gesticolare rendendomi ridicola. " No, signora, non ho mai ucciso nessuno e non ho mai fatto a botte. " 
Sorrise. " Ho i voti più alti del campus, sono bello e sua figlia è molto attratta da me, pensa che l'altra volta nell docc.. " 
Lo strattonai con violenza mentre rideva con troppa foga e lui, improvvisamente cambiò discorso ed espressione, tanto che mi preoccupai seriamente. 
" Ci vediamo mercoledì pomeriggio, allora. Sarò molto felice di conoscerla. " E chiuse. 
Mi buttai nel letto con le mani sul viso. 
" DIMMI CHE STAVI SCHERZANDO. " Urlai. 
" Tua madre sembra molto simpatica. " Si sdraiò accanto a me e poggiò una mano sulla mia coscia. 
" Dimmi che mercoledì non succederà niente di quello che ho sentito. Dimmi che era uno scherzo." 
In due settimane stava cambiando il mondo e Thom si divertiva a cambiarlo. 
"Se vuoi posso dirtelo ma.. dolcezza, mercoledì andremo a mangiare da tua madre. " 
" E' solo uno stupido compito! Perché devo presentarti mia madre? Non gli piaci, Thomas. " 
Era tutto molto strano.
L'intero campus adorava Thomas, parlava assiduamente di lui, lo venerava quasi, eppure mia madre, affiancata dal mio professore di 
filosofia, sosteneva che era un brutto soggetto, riferendosi anche alla vita scolastica.
" Scommettiamo che alla fine della giornata, tua madre desidererà venirmi suocera? " 
" Ti prego, non scherzare. Questa è la mia fine e la colpa è tua! " 
" Scommettiamo,ti sto facendo un favore, Hel. Tu hai paura di tua madre e noi, che tu lo voglia o no, dovremo essere amici ancora per un po'. "
Era un casino; ultimamente lo pensavo spesso:
se in due settimane, Thomas aveva cambiato la mia vita, aveva dormito con me, studiato con me, avrebbe conosciuto mia madre e mi avrebbe resa irritabile e indisponente, alla fine dell'anno, mi sarei trasformata in un lupo mannaro. 
" Se ci riesco, se tua madre alla fine mi adorerà, tu dovrai spogliarti, davanti a me. " 
Boccheggiai. 
" Sei viscido, Thomas! " 
" E tu non sei sicura di ciò che dici. Ti smentisci sempre.. "
Quella frase mi prese in pieno e mi fermai livida in volto. 
" Ci sto,Ma se vinco io, tu dovrai smettere di alludere al tuo o al mio corpo; niente più battutine sul sesso! "
Thomas si avvicinò e sentii una delle sue mani, roventi, entrare sulla mia maglia e sganciare il reggiseno. 
" Preparati, Helen " E uscì di casa, col solito sorrisetto malizioso. 
 
 
*** 
 
 
Mi sdraiai sulla sabbia fresca e chiusi gli occhi. 
Thomas aveva detto di dover andare a lavorare: aveva trovato un buon lavoro in una fumetteria e visto che, a suo dire, non volveva dipendere dai suoi genitori, aveva provato a mettercela tutta per dividersi tra studio e lavoro. 
Non capivo come mia madre potesse pensare che Thomas fosse un cattivo ragazzo o un brutto soggetto, come lo aveva definito. 
Mi era capitato più volte di prendere la discussione con Celeste e avevo capito con mia sorpresa che Thomera perfetto: 
Suonava la chitarra, aiutava i meno fortunati ogni giovedì, studiava con diligenza e giocava a calcio.
L'unico problema era la sua indole libertina. 
Thomas era stronzo e su questo nessuno avrebbe mai potuto smentire;
sentii la rabbia prendere largo sui miei polmoni, infondo il centro del nostro universo doveva essere l'amore e mentre con me si parlava di lealtà, profondità e rispetto verso gli altri, lui, e ne ero, ahimè, sicura, si portava a letto tutte le ragazze che voleva;
 lo trovavo contraddittorio. 
Le onde si erano colorate di verde e il mare era parecchio mosso, pensai alle cose che avevo imparato sull'amore e questo stranamente mi sollevò; quanto meno, stavamo lavorando sul progetto. 
" Helen! " Sentii il tono scuro di George, che si avvicinava a me e vidi che era in compagnia di una ragazza, sconosciuta. 
" Hei. " Sorrisi, mentre abbandonavo del tutto l'idea di una giornata traquilla senza nessuno che muovesse i miei mondi. 
" Sei ufficialmente invitata al mio compleanno. " Mi disse poi, sedendosi vicino a me e facendo cenno alla ragazza di sedersi dall'altra parte. 
Non mi piacevano i compleanni, troppa musica e troppa gente. 
" Ah.. tu sei la ragazza di Thomas! " Urlò, la ragazza e per poco non mi strozzavo con la saliva. 
" Non è il mio ragazzo! " Dissi, acida e sicura. 
" E'... Thom non è impegnato? Insomma, è single??" La guardai mentre gli si illuminavano gli occhi e per poco non scoppiai a ridere. 
" Che io sappia. " 
" Non potevi dirmi una cosa più bella! Vado a dirlo alla mia migliore amica! " La vidi alzarsi e correre, prima di sparire nel nulla. 
Non riuscii a crederci del tutto; mi sembrava surreale, visto che quell'atteggiamento era stato infantile; 
" Cos'ha? Sei anni? " Sorrisi a George. 
" Oh, quel coglione se le prende tutte. Non riesco a capire che abbia di così particolare, eppure in questo campus le ragazze hanno occhi solo per lui. " 
Sembrava amareggiato sul serio. Io sapevo cosa aveva di particolare Thom, ma non lo dissi ad alta voce e mi ricordaii che anche con me, aveva usufruito del suo fascino sin dal primo giorno, con la differenza che ( e solo Dio sa come) ero riuscita a resistergli. 
" Allora, verrai al mio compleanno? " L'idea che Thomas potesse avere tutto ciò che voleva mi fece arrabbiare parecchio. 
Lo immaginai tra le gambe di qualche ragazza più carina o mentre le baciava il collo,
" Verrò. " Mi ero rincoglionita del tutto, considerato che io odiavo i compleanni, ma ormai avevo accettato e avrei lasciato spazio per nuove conoscenze, visto che il mio compagno di studi si dava da fare. 
Vidi George alzarsi e sorridermi felice; mi salutò con un bacio sulla guancia e si allontanò solenne. 
Era strano come alcune persone, nonostante i miei rifiuti continuavano a cercarmi. 
Mi alzai anch'io intenta a tornare a casa e mi strinsi sulla felpa scura. 
Arrivai quasi subito a casa e mi immersi completamente nell'acqua calda della vasca da bagno; 
pensai improvvisamente a mia madre e al casino che avrei creato tra soltando due giorni, Thomas l'aveva fatta grossa e io ero completamente rovinata. 
" Hel. " Sentii la porta aprirsi e sussultai. " Helen, sono Thomas. Casa mia è completamente allagata e ho preso il tuo secondo mazzo di chiavi e.. " Uscii dal bagno con un telo avvolto all'altezza delle spalle. 
" sei in accappatoio. " sussurrò. 
" E tu sei perspicace. " Dissi, scocciata. 
" E' mai possibile che tu abbia un problema alla volta? E le chiavi sono mie! " Le presi e le gettai sul letto. 
Quel ragazzo mi avrebbe fatta impazzire. 
Lo vidi sorridere e avvicinarsi con passo lento, mentre ogni organo si spostava dal mio corpo; era assurdo ciò che poteva fare con un solo e semplice passo. 
" Parliamone.." Incollò le labbra alle mie e io sprofondai del tutto. 
" Puoi restare, Thomas. " E lo avvicinai al muro prima di tornare a baciarlo. 
Lo vidi ancora più sorpreso mentre si staccava dalle mie labbra e mi baciava il collo; erano baci passionali, niente di calmo o tranquillo, sembrava quasi che in Thomas la tranquillità non esistesse.
Lui era solo molto, troppo passionale. 
Mi ricordai improvvisamente che il mio corpo era coperto solo da un telo e sentii l sua mano su una mia coscia. 
Ansimai e gli sfilai la maglietta. 
Il suo era il torace più sexy del mondo ed era ad un passo da me. 
" Thom. " 
" Mmh." 
" Ok, ok.. fermiamoci. " Lo stavo rifacendo, lo avevo avvicinato e allontanato. 
" Hel,io ti provoco, è vero, ma tu rischi di farmi morire. Alterni momenti di passione latente e altri di castità totale. Sei.. impossibile. " 
" E' solo che.. stai giocando e io non.. " 
" Non sto giocando, Helen." 
" Dobbiamo portare avanti un compito e se.. insomma, se finiamo a letto insieme, sarà tutto più difficile e poi.. " mi fermai, presa dall'ansia. 
" E poi? " 
" E poi tu vai a letto con tutte e.. "
Lo sentii ridere con gusto, prima di fermarsi e mettere una mano sulla mia guancia. 
" Non vado a letto con tutte, Hel. Non sono mica così ninfomane. "
Mi confondeva. 
" Comunque siamo amici e gli amici non vanno a letto, insieme. " 
" Siamo amici? " 
Cos'eravamo noi? Due amici non sono attratti l'uno dall'altro. 
" Non.. non siamo amici? "
" Hai bisogno di etichette, Hel? " 
In realtà, si. 
" Voglio essere tua amica, Thomas.. ma non puoi provocarmi, così, di continuo. " 
Lessi tra i suoi occhi un pizzico di malinconia e ne fui sorpresa; avevo detto qualcosa di sbagliato?
" Che c'è? " Domandai, mentre lo vedevo sedersi un attimo. 
" Non mi piacciono le etichette."  Si sdraiò sul letto e mi accarezzò, con calma e tranquillità.
Poi, improvvisamente lo vidi sorridere e mi attirò con forza. 
" Stronzo! " Sussurrai. 
 " Piccola, noi siamo amici, ok? " 
Era insolito e su questo non potei dire niente. Io e lui eravamo amici, anche se non potevamo ritenerci amici. Il mio mondo in due settimane e poco più era cambiato del tutto, ero attratta da lui e non potevo far finta che non fosse così.
Quando Thomas mi toccava, io mi scioglievo come neve al sole. 
" Va bene. " E sorrisi mentre mi perdevo tra le sue braccia, muscolose e forti. 
Notai, dopo, che mollò lievemente la presa e mi liberai, correndo in bagno a vestirmi. 
" Quando tua madre mi adorerà, e tu ti spoglierai, spero che frenerò l'impulso di farti mia. " Lo sentii urlare, mentre mi vestivo. 
Mi girò la testa e respirai troppo velocemente. 
Avevo dimenticato il particolare di mia madre e non volevo spogliarmi difronte a lui; era imbarazzante, infantile e soprattutto, era molto pericoloso. 
 


Ciao. Premettendo che questo capitolo è molto più corto. 
Il fatto è che i capitoli sono, in originale, parecchio più lunghi e qunidi li ho divisi a metà, per non postare degli scritti troppo lunghi. 
Spero comunque che vi piaccia lo stesso. 
La scommessa si rivelerà più elettrizzante di come i due si prospettano. 
Vi prego, lasciate le recensioni.. 
Un grosso bacio. 
Tiziana. 

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Capitolo 4
*** Con gli occhi di un giocattolo. ***



                                                                    Con gli occhi di un giocattolo. 

Thomas era imprevebile e diverso. 
Non aveva paraocchi e non gli importava di nessuno; aveva i suoi ideali e odiava le etichette. 
Mi piaceva il suo modo di pensare, quando non pensava al sesso, e mi piaceva il suo modo di fare, quando non mi provocava. 
Stare con lui mi faceva sentire meno disperata, meno sola, meno timida, meno insicura. 
Quella sera non lo sentii per niente a causa del suo lavoro e mi ricordai improvvisamente degli appunti di cui avevo bisogno per completare la tesi del compito, 
che casualmente aveva lui; senza farci neanche troppo caso, pensai di andare in fumetteria per chiederglieli. 
La strada fu breve e lo vidi, mentre ero ancora sul marciapiede che parlava con una giovane ragazza: 
capelli lunghi e scuri, occhi verdi e un portamento da gatta. 
Mi stava già parecchio antipatica e ciò che risaltava subito agli occhi era il suo modo di provarci con lui, che sorrideva gentile.
Entrai di scatto, curiosa e un po' infastidita e notai il cambiamento di espressione di entrambi. 
Era stupido, visto che io e lui eravamo semplici compagni di corso, senza alcuna etichetta o legame vario, eppure, ormai, sentivo che Thom aveva preso largo spazio 
tra le regole del mio mondo e le regole di quello strano gioco. Semplicemente ero attratta da lui, lo percepivo come il mio gioco, le regole del mio gioco. 
Era strano a dirsi; la piccola e fragile Hel, che decideva inconsciamente di considerare un ragazzo come il suo personale gioco. 
Ero possessiva e stupida. 
" Salve. " Dissi coincisa. 
" Hel! " Sorrise lui. 
Il sorriso più sensuale del mondo, che fino a quel momento aveva donato a quella bellezza caraibica. 
" Di che parlavate? " Sfoggiai uno dei miei sorrisi migliori, fingendo allegria. 
" Io sono Paola. " Mi disse lei, con un ghigno sul viso, mentre si avvicinava un po' di più a lui. 
La vidi mentre portava il braccio sinistro sulle sue spalle e mi sentii come una bambina che deve offrire il suo giocattolo preferito a qualche sua coetanea.  
Mi ricordaii delle parole di Thomas, mentre mi domandava se ero attratta da lui: mi attraeva ma non mi piaceva. 
Quando mi baciava mi girava il mondo e quando non lo faceva, diventava improvvisamente l'ultimo uomo al mondo con cui sarei stata. 
Era un ragazzo impossibile e certamente aveva un carattere particolare: era irrequieto, irritante, provocatore, fissato col sesso, fissato col mio corpo, presuntuoso, 
arrogante, malizioso, bello, bello, bello. 
Eppure, stare con Thom era rinfocillante, metteva in movimento ogni mia cellula nervosa, mi faceva ridere, mi faceva arrabbiare, lo sentivo mio. 
Mio amico, mio compagno di studi, mio 'qualsiasi cosa' ma mio. 
Strinsi i denti. 
" Io sono un'amica di Thom. Tu cosa sei per lui ? Una conoscente? " Sorrisi e sentii le gambe cedere. 
Non ero quel tipo di ragazza, così pronta e vistosa; quel personaggio così surreale non mi stava neanche bene. 
Paola guardò Thom e notai che lui sorrideva, quasi con un ghigno di divertimento sul viso. 
Forse sapeva che ero gelosa, lo aveva percepito, visto l'alto grado di possibilità che aveva, nel capirmi.
Indossava una camicia blu e un paio di jeans neri, che lo rendevano sexy e sportivo. 
Lui si stava divertendo e io mi sarei interrogata sul quel  comportamento per il resto dei miei giorni; se Thomas non mi piaceva, perché reagivo in quel modo?
" Paola, adesso dobbiamo andare, devo dare una cosa a Helen. Torna quando vuoi, naturalmente! " 
La guardai mentre si risistemava i capelli e usciva in silenzio dal negozio. 
" Che ti prende?? " 
I suoi occhi verdi puntati sui miei, scuri, mi fecero arrabbiare parecchio. 
" Non succede nulla! Volevo solo gli appunti e.. non sapevo di venire e trovarti con una ragazza; spero non abbia interrotto nulla. " 
Stavo facendo la figura della fidanzatina isterica; 
ma non ero la sua fidanzatina. 
" Sei gelosa, piccoletta. ? " 
" Per niente, Thom. " Lo avvicinai al muro e ci ritrovammo a due centimetri, l'una dall'altro. 
" Quindi non ti secca se stasera esco con quella ragazza bellissima, simpaticissima, interessantissima.. "
" Ovviamente Paola è anche levissima e purissima. " Lo fermai, mentre mi divoravo il fegato. 
Lo vidi ridere e portarsi una mano ai capelli mentre avvicinava la sua gamba alla mia. 
" Puoi uscire con chi ti pare. " Dissi, con la voce che tremava. 
" No che non ci esco, non mi piacciono le ragazze troppo perfette. Ma tu, tesoro.. dovresti dirmi che sei gelosa.  " 
" E' solo che non mi piace che gli altri giochino con i miei giocattoli! " Sussurrai. 
" E allora gioca tu, con me. " 
Portò una mano sui fianchi e mi sollevò leggermente prima di baciarmi con passione: questa volta non opposi resistenza, lo baciai con ogni forza possibile,
mentre la sua gamba si incollava alla mia. 
Non pensai più a Paola o alle ragazze che lo avrebbero voluto, non pensai al fatto che io non fossi innamorata di lui; 
ormai il suo corpo urlava di me, in ogni singolo movimento. 
" Oh, Hel." Ansimai, involontariamente. 
Mi staccai, in preda al panico da lui e chiusi gli occhi. 
" Domani c'è il pranzo con mamma. " 
" Lo so. " Lui continuava, mentre io ero completamente incapace di reagire. 
" Mi stai rovinando la vita. "
" Io direi che la sto rendendo un meno monotona. "
" Smettila... di scherzare... Thom." Tra una parola e l'altra mi perdevo tra i suoi baci. 
" Smettila di avere paura. " 
" Non ho paura. " 
" Hai paura che se io mi avvicino troppo a te.. che se ti tocco così... " 
E mi portò una mano sul ventre, entrando sulla camicetta blu; sentii la sua mano calda sulla mia pelle, completamente ghiacciata e tutte i buoni propositi volarono via. 
" Se ti bacio.. così. " E cominciò a baciarmi il collo, mentre io stavo morendo d'infarto. 
" Se.... mi avvicino... troppo. " disse, tra un bacio e l'altro prima di staccarsi completamente da me e lasciarmi a mezz'aria. 
Pensai che si divertiva a vedermi prima smaniosa di lui e poco dopo, spaurita come un cucciolo. 
" dopo ti affezionerai sul serio e allora starai male. E poi.. " 
Mi attirò di nuovo a sè e prendendomi dalle spalle, mi fece ritrovare con la schiena al muro. 
" E poi? " Chiesi.
" E poi non è buono stare bene con un ragazzo che non è il tuo ragazzo. Non è buono desiderare le carezze e i baci di un ragazzo che conosci da meno di un mese e che 
ti attrae fisicamente, non è buono.." 
Lo fermai, sicura di quello che stava dicendo.  
" Non è buono andare a letto con te. " 
"Sei troppo legata alle tue idee da perfettina. Lasciati andare. "
" Non..è una cosa giusta. " Arrancai, in cerca di un momento in cui respirare regolarmente. 
" Ma tu, mia cara Helen, lo vuoi. Tu mi vuoi, come io voglio te. E non è così difficile, perderci tra i nostri sensi.  "
La discussione stava prendendo una brutta piega.
" Hai mai fatto quello che volevi? Quello che ti andava, lasciando stare il resto? " 
Non molto spesso; seguivo nella maggior parte dei casi mia madre e l'unica volta in cui avevo seriamente portato avanti i miei progetti era stata proprio studiare. 
Lo guardai un'altra volta e lo avvicinai a me, mettendo le mie braccia sul suo collo. 
Lo baciai; lo baciai con tutto il sapore che avevo addosso, di lui o delle sue mani roventi. 
" Adesso. Adesso ti ho baciato e volevo. " Sussurrai. 
Lo vidi sorprendersi e guardarmi con stupore. 
" Vado a lavorare collega, a stasera. " E mi mollò, tornando nell'altra stanza. 
 
 
***
 
Guardai il mio volto riflesso sullo specchio: capelli lunghi e sorriso spento. 
Avevo un fisico slanciato e chiaro, ero esile e neanche tanto alta, ma tutto sommato andavo bene.
 Non avevo mai attirato l'attenzione di molti ragazzi, avevo avuto poche relazioni, tutto sommato. 
Non avevo neanche mai pensato di entrare nella testa di qualcuno, qualcuno che mi volesse fisicamente, che mi prendendesse come faceva Thom. 
Per tutti ero la dolce, la piccola, la tenera, la semplice Hel e mai, mai la ragazza sensuale.
Sorrisi e pensai che forse neanche per lui ero sensuale, poteva darsi che neanche il mio corpo lo attraesse poi così tanto come credevo. 
Mi sentii una pazza a pensare di lui, mentre lo aspettavo; così, provai a trascinarmi sul letto, col sorriso sulle labbra.
Volevo sentirmi sua; amici, compagni, conoscenti, sconosciuti, non mi importava; Thom aveva ragione, avevo solo paura del pensiero che io stessa potevo avere di 
ciò che facevo e per di più non mi piaceva l'idea di stare con un ragazzo di cui ero attratta e basta.
Thom aveva le chiavi, gliele avevo lasciate prima di tornare a casa e pensaii al suo corpo, perfetto, sexy; 
il resoconto di quelle settimane era strano: lo avevo cercato, lo avevo odiato pur non conoscendolo e lo avevo accettato, secondo le pretese assurde del mio professore. 
Avevamo giocato e stavamo giocando; mi provocava e mi lasciavo provocare e adesso si riteneva un mio amico e io, mi ritenevo la sua. Lo avevo baciato ed era assurdo. 
Non era il mio ragazzo e quindi non avrei avevo il diritto neanche lontanamente, di pensarlo. 
Ma era vero, l'attrazione supera tutto, e lui era la mia calamita. 
Guardai il display e risposi senza pensarci due volte. 
" Celeste? " 
" Tesoro, allora, ci sei andata a letto,oppure no?? " 
" Celeste, sempre la solita tu! " 
Le avevo raccontato ogni cosa e aggiornato su tutto e lei, stranamente sosteneva che dovevo stare con lui, dovevo portarmelo a letto e al diavolo i moralismi. 
" Dio, Hele, ti rendi conto di avere uno come Thomas Leocata ogni notte, sul tuo letto? " 
" Si, Celeste. Ma è un mio compagno di corso e sai come sarebbe? "
" Sarebbe stupendo! "
" Non devi pensare solo a quello! Non voglio fare sesso senza.."
Mi fermò. 
" Senza amore. Lo so, lo so, ma lo hai visto?! "
" Non lo vedi da anni, Celeste! "
" Dalle tue descrizioni, dev'essere diventato ancora più bello! " 
E cominciammo a ridere. 
La adoravo, era un mix di forza e calore, era sempre disponibile ed era anche divertente. 
" Devo staccare, dev'essere arrivato. " 
Chiusi il cellulare e sentii fare leva sulla porta.
" Signorina, ancora in piedi? " 
" Ci avevo rinunciato." 
" Ho fatto tardi. Hai raccontato alla tua amica di quando la notte scorsa, ti sei avvinghiata letteramente a me?  " 
Mi irrigidii mentre si metteva vicino a me sul letto e il profumo che avevo sentito così frequentemente in quei giorni mi colse alla sprovvista. 
" Cosa?? " Avevo già raggiunto il colore che lui si aspettava. 
" Dai, mi hai abbracciato e hai pronunciato il mio nome. " Sorrise divertito e gli lanciai un cuscino. 
" Non ti ho mai abbracciato e non ho mai.. " 
" Libera di non credermi. Spero almeno che tu gli abbia raccontato dei miei baci. Bacio bene, giusto? "Mi stava facendo arrabbiare di proposito ma io non ero così 
ingenua come credeva. Mi piaceva giocare con lui.  
" Fammi provare. " Volevo prenderlo alla sprovvista e ci riuscii perfettamente: adoravo quando si sorprendeva per qualcosa che facevo, anche se ne era inconsapevole. 
Mi avvicinai così tanto da sentire il suo respiro e lo baciai; avevo il cuore a mille. 
" Risultato? " Mi disse, quando si scollò da me. 
" Mmmh. " Portai una mano sul mento e finsi di essere pensierosa. 
" Vieni qui.." 
" Solo.. devi darmi gli appunti. " Dissi io, sviando il discorso. 
Lui rise e portò un braccio sulla mia schiena, abbracciandomi come un amico avrebbe potuto fare; le sue mani disegnavano cerchi di ogni grandezza sui miei fianchi e 
sul ventre. 
" Ho una domanda, signorina Castelli. " 
" Non verrò a letto con te, Thom. " Mentre io dicevo una cosa, il mio stomaco ne pensava un'altra. 
Sorrisi, sapendo che a lui piaceva. 
" Anche se lo farei con piacere, non era quella la mia domanda. Comunque, se proprio insisti.. possiamo." Gli diedi una pacca sulla spalla e lui mi strinse
ancora di più, mentre la luce fioca della lampada giocava nella stanza. 
Era bello poter scherzare o giocare con qualcuno, la sera; sentirsi meno sola e meno diversa, mentre tutti andavano a qualche festa. 
Pensai alla nostra amicizia, così strana e insolita e mi ricordai che io ero insolita: scorbutica, antipatica, solitaria, semplice, lunatica. 
Infondo non potevo chiedere di meglio. Nonostante lui fosse diverso, riusciva a capirmi come nessuno sapeva fare.
Sorrisi e se ne accorse. 
" Mi odi, Hel? " 
Sorrisi e lo abbracciai anch'io. 
" Non ti odio. Sei malizioso, sei impulsivo, sei stupido " E picchiettai sulla sua testa. " ma sei un bravo ragazzo, " 
Ed era vero, lui era particolare e scostante. mi provocava di continuo e spesso mi irratava, eppure era un bravo ragazzo.
" Solo un bravo ragazzo? " E rise. 
" Solo. Accontentati. Thomas,adesso tocca a me! "
" Vieni. " Mi prese per mano e andammo in bagno. 
" Che romantico! " Ironizzai. " Che stai facendo? "
" La doccia! " 
" E' diventata un'abitudine? " 
" Vieni qui. " Mi baciò e si spogliò completamente, lasciandomi con un imbarazzo che raggiungeva ogni limite. 
" Se vuoi, puoi entrare con me. Risparmiamo acqua e facciamo i bravi bambini. 
" No io passo. Mi siedo qui fuori. " 
" Ok, allora, la domanda? "
" Mia madre morirebbe. " 
" Lo so, sapere che sei stata fuori dalla doccia quando io ero dentro deve essere difficile da digerire. " 
" Idiota! Intendevo dire che se mia madre sapesse che sono in bango con un ragazzo nudo sulla doccia che non è il mio ragazzo.. morirebbe!! "
" Io sono quel genere di ragazzo da cui tua madre ti avrebbe tenuta lontana? " 
" Tu sei quel genere di ragazzo da cui mi sarei tenuta lontana da sola. " 
" Eccitante, non credi? "
" Molto. "
" La domanda. " Mi incitò ancora.
" Io.. insomma, ti piaccio? Intendo fisicamente, il mio corpo. "
Lo sentii ridere come un matto e mi sorprese. 
" Sono settimane che provo a portarti a letto, non pensi che il tuo corpo mi piaccia?" 
" Penso che ti diverte. "
" Mi diverte vederti imbarazzata, come adesso. Mi diverte vedere il tuo viso rosso fuoco, mentre accenno a qualcosa di stupido, mi diverte provocarti e sapere che 
prima o poi tu ti lascerai andare al mio indiscusso fascino. Ma.. il tuo corpo. Il tuo corpo non mi diverte,quello mi piace. "
Finì di fare la doccia e dopo essersi rivestito, con qualche ammiccamento vario e sorriso sensuale, mi sistemai comoda sul letto, vicino a lui. 
" Comunque così non va bene. "
" Così come? "
" Mi hai visto un bel po' di volte nudo e io, invece neanche una volta." 
" E come la chiami quella volta sulla vasca da bagno? "
" L'acqua offuscava la vista. "
" La vista te la offusco io, pervertito maniaco che non sei altro. "
Lo sentii ridere e contagiò anche me. 
" Tanto vinco la scommessa. "
" Vedremo. "
Mi voltai dal lato opposto al suo e socchiusi leggermente gli occhi.
" Quindi, oggi niente? "
" Niente, cosa? "
" Niente coccole? Niente avvinghiamenti stile koala? " 
Si avvicinò a me, cominciando a baciarmi le spalle. Quel ragazzo mi avrebbe fatta impazzire. 
" Non mi sono avvinghiata a te! "
" Ma puoi rimediare. " 
Mi voltai e lo baciai con tranquillità. Non c'era passione in quel bacio, semplicemente tenerezza. 
" Dormiamo, Leocata. Domani sarà una giornata lunga. " 
Pensai a mia madre e ci abbracciammo, mentre lui mi accarezzava. 

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Capitolo 5
*** Mia madre. ***



                                                                                                                        Mia madre.


" Non posso crederci. " 
Lasciai che i miei capelli, lunghi e morbidi scivolassero sulla mia schiena; sapevo che sarebbe stato orribile, sapevo che mia madre non avrebbe approvato
il mio percorso di studi e presentarle Thom sarebbe stato un po' come un mezzo suicidio. 
Mia madre era una donna emancipata e piena di buone proposte; sempre allegra ma contro ogni tipo di trasgressione, sia fisica che mentale. 
Solo qualche anno prima mi aveva ricordato di Alex, mia cugina che stranamente aveva abbandonato gli studi per convivere con un ragazzo; l'aveva definita una poco 
di buono, una ragazza senza sani principi, una bambina capricciosa. 
Questo mi confondeva, visto che io, per studiare avevo abbandonato casa mia e che lei, dopo questa mia scelta, mi aveva messa in croce. 
Avrebbe preferito forse che cambiassi città per andare a vivere con un tizio di cui mi ritenevo innamorata?
Non ero sicura se le mie paure fossero dettate dal fatto che mia madre avrebbe conosciuto Thomas o che Thomas avrebbe conosciuto mia madre.
La mia famaiglia non era per niente tranquilla, non era serena come ci si aspettano le famiglie benestanti. 
Non mi ero mai lamentata, questo era scontato; i miei genitori nonostante tutto, mi volevano bene. 
In Italia, alle medie, ero stata troppo tranquilla per le loro aspettative, tutti i professori sostenevano che io ero strana, che parlavo poco, che ascoltavo troppo musica e 
mi concentravo solo sul lavoro che mi spettava. 
Ero indispontente e mi ribbellavo, ma non potevano negare della mia educazione e del mio strano modo di vivere le cose. 
Mi definivano matura. 
Effettivamente, però, io di maturo avevo ben poco, soprattutto perché ultimamente, mi capitava di ritrovarmi a baciare un ragazzo che non era il mio ragazzo, che non 
era un amico e che mi aveva detto chiaramente, di volerci provare solo per portarmi a letto. 
Sospirai e notai gli occhi verdi di Thomas che illuminavano quasi la stanza. 
" Tua madre non può essere così male. " 
Lo guardai con gli occhi imploranti; non volevo parlare di mia madre, perché tanto avrei dovuto parlare con mia madre, tra qualche ora. 
" Lasciamo perdere ok?  Mi hai messo in questo casino, adesso aiutami ad uscirne fuori e amen. " 
Thom raccolse le valige e sorrise sornione. 
" Non ti ho messo in nessun casino, devi superare questa paura. "
" Questa non è una paura. Non ho paura. e tu, mio caro ragazzo, non mi conosci e lo stai facendo solo per vedermi nuda! " 
Lo vidi accendersi, stranamente e poi spegnersi. 
" Pensi che sia solo questo? "
" Thom, non mi conosci poi così bene, spiegami perché stai facendo tutto questo. " 
" Il professore ha detto che dobbiamo conoscerci. Io voglio conoscerti, quando parlerò di te, voglio seriamente parlare di te. Non voglio dire semplicemente che sei 
indisponente, scontrosa, che non ti lasci andare. " 
" Non è vero che non mi lascio andare! " 
" Non voglio dire che sei sempre perennemente in disaccorto con me. " 
Infondo aveva ragione; il tema doveva essere perfetto, doveva superare quello di tutti gli altri e ( secchiona o meno ) ci tenevo, ad un buon voto. 
" Non dovrei ma.. grazie. " 
Lo avevo ringraziato, per un motivo che solo Dio conosceva. 
" Cristo, quando mi divertirò. "
" Rimangio il grazie. " 
" Sarà indimenticabile. " 
Lo guardai con un sorriso sul viso che lui ricambiò ardentemente. 
" Andiamo, Leocata. Chiudi quella bocca e prega per me. " 
Entrai nella macchina che mi avrebbe portato all'areoporto e chiusi gli occhi. 
 
 
 
" Bellezza, siamo arrivati. " 
Il viaggio era stato quasi inesistente: mi ero addormentata appena salita sull'aereo e non avevo neanche miminamente pensato al resto. 
" Mmh. " 
" Dai, Cenerentola, la tua matrigna cattiva ci aspetta. "
Il sussurro di Thomas, che giocava sull'incavatura del mio collo, mi faceva stare bene. 
Aprii gli occhi e mi alzai con due guance rosse e due occhi stanchi. 
Camminammo per un po' e neanche a farlo a posta vidi subito mia madre, seduta su un divanetto dell'areoporto.
" Mio Dio. " 
" E' lei? "
" Si." 
Sentii la mano di Thom raggiungere la mia e stringerla forte. 
" Tesoro mio! " 
" Mamma. " Sorrisi. 
Uno di quei sorrisi senza senso, falsi e parecchio tirati, oltretutto. 
" Tu saresti.. "
" Thomas! Piacere di consocerla, signora. " 
Mi voltai, quasi sorpresa dal tono di voce così pacato del mio compagno di corsi. 
Non sembrava neanche lo stesso ragazzo, sensuale e ammiccante che fino ad adesso avevo conosciuto. 
" Piacere mio, ragazzo. Vogliamo andare? " Sorrise e si rivolse a me, svogliatamente. " Papà ci aspetta in macchina. " 
Lasciai la mano di Thomas soltanto quando mia madre, si soffermò a guardarla, con due occhi che la dicevano lunga; non avevo bisogno di fraintendimenti.
Entrai in macchina e Thomas si sporse per salutare mio padre, che tutto incravattato lo guardava dallo specchietto. 
" Giovanotto, tu saresti Thomas, giusto? "
" Si, sono Thomas. Sono onorato di conoscerla, signore. Sua figlia mi ha parlato parecchio di lei e di sua moglie. " 
I suoi occhi erano un carico di energia e sicurezza che lasciavano interdetti. 
Voleva vincere la scommessa e stava fingendo, mentre si scontrava con la sua indole da giocatore professionista. 
Solo un paio di mesi prima, non mi sarei mai immaginata di ritrovarmi in macchina con i miei genitori e con un ragazzo come Thomas. 
" Da quando studi? " Chiese mia madre. 
" Da sempre, più o meno. " 
Lo vidi mentre abbassava gli occhi e mi avvicinai a lui, per accertarmi che stesse bene. 
Ogni tanto, mi fermavo a guardare fuori dal finestrino, ricordando le serate passate con Celeste, quando ancora io ero la piccola della famiglia e potevo permettermi 
di vivere la mia vita, da semplice adolescente quale ero. 
Ricordavo i sorrisi e i pianti, mentre ogni cosa poteva essere recuperabile. 
Mi mancava quella vita ma non riuscivo comunque a pentirmi di ciò che avevo fatto. 
Mollare la mia famiglia per crearmi un futuro diverso, era stata l'unica soddisfazione che mi ero permessa in diciotto anni; l'azienda era importante ma la mia vita
lo era di più. 
" Che lavoro fanno i tuoi genitori, giovanotto? " 
Thomas poggiò la sua testa sul sedile e socchiuse gli occhi. 
" Mio padre.. è un telecronista. " 
Lo guardai,sorprendendomi del tono di voce in cui aveva pronunciato il verbo essere. 
I suoi occhi si erano fatti più scuri e notavo che, per quanto potesse essere improbabile, Thomas era a disagio. 
" E tua madre? " Intervenne poco dopo, la donna che mi aveva cresciuta. 
" Una casalinga. " 
Portò una mano sulla testa e la macchina accostò, annunciandoci l'arrivo. 
La mia casa era esattamente come la ricordavo, a distanza di due anni. 
Un ampio cortile, con piante di ogni tipo e un balcone che sembrava non finire mai, sul lato del marciapiede, il solito sempre verde, che faceva ombra a quasi tutta la 
terrazza, incorniciata da un tendone verde, che formava una conchiglia non molto grande. 
" E questa sarebbe casa tua? " 
" Thomas... se, insomma, vuoi lasciar perdere questa scommessa, non preoccuparti." 
" No, Hel, mi sto divertendo. "
" Quando eravamo in macchina mi sei sembrato... "
La voce di mia madre fermò le mie parole, tempestivamente. 
" Helen! Entrate dentro anche voi. " 
Guardai gli occhi di Thomas: c'era qualcosa, nel suo sguardo, che lo aveva rabbuiato. 
Non capii se erano i miei genitori, ad averlo reso così improbabilmente spento o se semplicemente, si era reso conto della grandissima cazzata in cui si era cacciato. 
Mia madre non l'avrebbe più mollato, fino a quando, Thomas non si fosse traformato sul serio in una specie di burattino senza fili. 
Non lo conoscevo neanche io, come poteva pretendere mia madre, di capirci qualcosa di più?
Thomas era un punto scuro, era un mistero quasi irrisolvibile. 
L'unica cosa che avevo saputo della sua vita era stata la morte della sua ragazza. 
Il resto era un racconto superficiale della sua famiglia o della sua vita, che si nascondeva dietro al college. Feci un respiro profondo e strinsi i denti. 
Mia madre ci invitò, nel frattempo a sederci, sfoggiando un sorriso che andava da una guancia all'altra. 
" Allora, Thomas, parlaci un po' di te; siamo curiosi di conoscere gli amici di nostra figlia. "
Lo sentii ridere e avvicinarsi a mia madre, per parlare di qualcosa che neanche provai a capire.
Magari avevo riempito la mia testa di paranoie inutili. 
Thomas stava bene, sembrava addirittura aver ripreso tutta la sua energia mentre si dimenava frenetico, insieme a mia madre.
Mi sentivo, stranamente di troppo, come se Thom fosse il figlio di mia madre ed io, l'amica lontana, venuta da chissà dove per rovinare il week end tranquillo della
bella famigliola. 
Mia madre non poteva affermare una cosa e farne totalmente un'altra.
Mi alzai, quasi infastidita dal rapporto che i due stavano instaurando, convinta che tanto, mia madre avrebbe potuto dirmi che odiava i fiori e riempirsi la casa di 
quest'ultimi. 
Ipocrisia allo stato puro. 
Aprii la porta della cucina, e mi soffermai sulla soglia:
le mura color pesca,mi riempirono la visuale, insieme al tavolo scuro, posizionato esattamente al centro della stanza, grande e perfettamente in ordine.
" Hei, bionda. " Mi fermai, collegando il tono della voce alla mia memoria. 
Squillante e pieno di energia, decisamente femminile e un po' divertito. 
" Celeste! "
Mi voltai, con due occhi che brillavano. 
Indossava una camicia chiara, con alcuni bottoni a forma di cuore; una gonna non troppo corta che le lasciava le gambe scoperte e un paio di stivaletti che la rendevano 
molto più attraente. 
Infondo lei era il guru della moda, fissata con ogni tipo di vestito, scarpe o trucco.
Il mio opposto insomma.
" Quanto mi sei mancata." Mi disse, con un espressione seria e graziosa. 
" Che bella sorpresa. Come facevi a sapere che sarei venuta? "
" Tua madre. " Ignorai la risposta, ringraziando mia madre, mentalmente e mi allontanai di qualche centimetro, per guardare la mia amica come si doveva. 
" Sei bellissima! " 
" Anche tu. " Mi urlò, sorridendo. 
Non ci vedevamo da tanto tempo e rivederla, adesso, mi rendeva quasi immune a mia madre o a quell'idiota di Leocata.
" Come stai? " Le chiesi, mentre ci avviavamo al soggiorno, dove si trovavano praticamente tutti gli altri. 
" Dov'è il bel fusto? " 
Aprii leggermente la porta e lei si infilò nella stanza, salutando tutti con un ' ciao ' poco chiaro. 
" Dio, Leocata, sei identico a com'eri! " 
La sua energia travolgeva anche me. 
" Non posso crederci! Tu sei Celeste! " 
Si abbracciarono e io sprofondai letteralmente nel divanetto in pelle. 
La serata passò così velocemente che neanche me ne accorsi; 
mia madre continuava a chiedere a Thomas della sua vita, del suo lavoro, del suo modo di vedere le cose. 
Mi sorprese il fatto che Thomas lavorava, nonostante il lavoro di suo padre, che a mio modesto parere sarebbe dovuto essere soddisfacente; 
mi madre, invece, sosteneva che era stimabile, un ragazzo che oltre alla borsa di studio, lavorava con diligenza. 
" Sono convinta che tua madre, sia molto orgogliosa di te. " 
Disse, infine, mentre io ascoltavo in silenzio. 
" Credo che anche lei sia orgogliosa di sua figlia, o sbaglio? " 
" Mh, mia figlia ha commesso i suoi errori. " 
I miei errori; gli stessi che mi rinfacciava di continuo. 
Ero convinta che quelli non fossero errori, ma mia madre a quanto pare non ne era pienamente convinta. 
" Signora, sua figlia studia come una matta e ha i migliori voti di tutto il campus insieme ad altri. Fossi in lei, sarei più che orgogliosa. " 
Gli occhi di Thomas si riempirono di stima, mentre io mi irrigidivo, accanto alla mia migliore amica che sembrava scossa. 
" Celeste, stai bene? "
" Vieni con me. " Mi prese per un polso mentre Thomas parlava bene di me. 
Non sapevo se Thom stesse scherzando o fosse parte del suo piano per conquistare mia madre, fattostà che adoravo il modo in cui parlava di me. 
" Hel. " Mi guardò, mentre io rimanevo in silenzio, colpita dalla sua espressione. " Tu non lo sapevi? "
" Sapevo, cosa? " 
" Helen, non è vero, quello che ha detto. "
" Stai parlando del fatto che ho i voti migliori del campus? " 
Celeste mi stava preoccupando e non riuscivo a venirne a capo, mentre lei sembrava scura in viso e dispiaciuta per qualcosa.
" No, Hel, parlo del padre e della madre di Thomas.."
Mi girò la testa e restai a guardarla, mentre sentivo il rumore delle chiacchiere, provenire dal soggiorno. 
Cosa voleva dirmi, Celeste? I genitori di Thomas non lavoravano? Non erano come li aveva descritti? 
Thomas aveva mentito? 



Ciao ragazze. 
Mh, questo capitolo sarà parecchio palloso, perdonatemi ma volevo inserire Celeste e la madre. 
Anche per inserire la scommessa.
In più, c'è una domada da fare:
Cosa nasconde il nostro Thomas?
I suoi genitori sono dei nulla facenti? 
Mmmh, seguitemi per scoprirlo e GRAZIE. Grazie mille. 

Ps: Volevo ringraziare 

birillina 
Jennifer_Jareau
kyla91 
Merryweather
myllyje 
polverestellata 
Ryori
sciona 
SophieSHIVER 
soso 
GRAZIE. GRAZIE. 
 

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Capitolo 6
*** L'inizio della verità. ***


 
L'inizio delle verità. 


Guardai Celeste, mentre arrancava una risposta con il viso scuro. 
" Non ti seguo. " 
Thomas non aveva mai parlato effettivamente della sua famiglia, ma io avevo creduto che, per quanto intimità ci fosse tra di noi, voleva instaurare un grado di 
freddezza. 
Non glielo avevo neanche mai chiesto, timida e impacciata com'ero. 
Magari suo padre non faceva il telecronista o sua madre, non era così perfetta come pensavo.
Assottigliai gli occhi e mi avvicinai a Celeste mentre in soggiorno gli argomenti cambiavano di continuo. 
" Sono morti. " 
La frase mi colpì in pieno. 
Significava che Thomas mi aveva parlato di due persone che non c'erano più?
" In che senso?? " Chiesi, quasi con gli occhi lucidi. 
" In quanti sensi si può morire, Hel? " Mi disse sarcastica, lei. 
In verità di sarcastico non c'era nulla;
non riuscivo a capire se ero arrabbiata per il fatto che una persona quasi importante per me, avesse perso i genitori chissà quando e chissà come, oppure per il fatto che 
Thomas, non mi aveva detto la verità, nascondendomi ogni cosa.
Lo aveva detto lui, dovevamo conoscerci e non mi sembrava che quello era il miglior modo per farlo. 
Mi allontanai dalla mia migliore amica, tornando in soggiorno, con gli occhi infuocati e la dignità sotterrata. 
" Mamma, dovrei parlare con Thom. Ci scusi un attimo? "
Mi avvicinai al mio compagno di corsi, prendendolo per un polso, mentre mia madre, storcendo il viso, annuiva silenziosa. 
" Tra poco ci mettiamo a tavola, quindi, se volete, fatevi una doccia e scendete in cucina. " 
Mio padre, sorrise, ignaro di ciò che dentro il mio corpo si stava creando; non riuscii a ricambiare il sorriso e notai che Thomas mi guardò ammiccante. 
Quando uscimmo dalla stanza e ci avviammo su' per le scale, lo avvinghiai al muro, mettendo da parte il mio carattere. 
" Tu.." 
" Io. " 
" Tu sei la persona più falsa e bugiarda che abbia mai conosciuto. " 
" Sei gentile. " Mi sorrise con un filo di amarezza sulle labbra. " che ho fatto questa volta? " 
Mi aveva presa in giro, ecco cosa aveva fatto. 
La mia famiglia non era perfetta, mia madre era una specie di strano essere mutante, che amava e odiava la mia vita, stimava e allontanva le mie amicizie e più 
particolarmente, Thomas. 
Eppure io ne avevo parlato, ero stata sincera. 
" Mi hai metito Thom. I tuoi genitori.. " 
Sussurrai, mentre il cuore aveva cessato di battere. 
" Sono morti. " Abbassò lo sguardo e mi portò una mano sulla guancia. 
Il suo tocco, questa volta fu semplice e leggero ma, neanche a farlo a posta, mi spogliò di tutto il mio nervosismo. 
Mi spogliò delle mie fragilità, delle mie paure e delle mie freddezze; 
in quel momento mi sentivo più nuda di quando avrei potuto esserlo, senza vestiti. 
" Thomas.. hai fatto tutto quel discorso sul fatto che dobbiamo conoscerci, che devo lasciarmi andare, che devo fidarmi. Come faccio se non sei sincero? "
La storia di Thom doveva essere orribile. 
Aveva perso Lidia, aveva perso i suoi genitori. 
Cos'altro c'era da sapere?
Pensai a come ci si poteva sentire, persi, da soli, senza una realtà su cui vivere. 
Se ami, soffri.
E se non hai nulla da amare oltre ad un semplice ricordo?
Thomas era stronzo, era superficiale e non potei fare a meno di capirlo, senza una barca su cui nascondersi sarebbe affondato.
" Vieni con me. " 
Mi prese per mano, trascinandomi dentro una delle camere da letto che mia madre aveva sistemato per la notte. 
Mi lasciai andare sul letto, perfettamente preparato. 
Era una cosa che non potevo sopportare, avevo parlato così male di mia madre, non sapendo che lui una madre neanche ce l'aveva, avevo parlato con lui con un tono
di voce duro e distaccato. 
Quella era la ua vita, non un compito, non un gioco. 
" Thomas.. sono stata troppo dura.." 
Mi scusai, conscia del cambiamento di tono della mia voce, spezzata. 
" Non volevo essere bugiardo, Hel. Guardami, io sono lo stronzo del campus, io sono quello che va' a letto con chiunque, perché tanto le ragazze fanno la fila per venire
a letto con me. Non ero così, prima ero talmente ... diverso. " 
" Adesso non sei diverso, sei solo... " 
Mi fermò, avvicinandosi con passo lento e incerto. 
Lo vedevevo dai suoi occhi; come può, una persona, conoscerne un'altra, conoscerla così bene, dopo così poco? 
Come potevo capire ogni cosa, ogni movimento che voleva fare, ogni paura che lo stava attraversondo, in quel preciso istante? 
" No Hel. Dopo la morte di Lidia, io ho chiuso ogni porta, ogni finestra, ogni spiraglio di luce che mi potesse avvicinare alle persone. " 
" Come sono morti, Thom? "
" Incidente stradale. Stavamo andando al cinema e io cantavo una di quelle stupide canzoni che ti insegnano in Italia, a scuola. Era tutto così perfetto e mi sentivo 
così.. amato. Poi un camion ci è venuto addosso. Mia madre prima di morire mi ha detto che mi amava. E io le ho sorriso, perché sapevo che era vero, perché speravo 
che dopo quella sera io l'avrei rivista in casa, con il grembiule rosso e troppe cose da fare. " 
" Mi dispiace. "
Mi avvicinai, lo abbracciai e presi la sua mano, stringendola più che potevo. 
Thomas non mi aveva mentito; parlare di quello lo faceva stare male, parlarne con me, un'estranea lo torturava, forse. 
" Ho spento i miei sentimenti, Helen. Ho guardato in faccia la realtà. "
" Thomas, se non vuoi parlarne..io, insomma.." 
" Sei convinta che non ne voglio parlare con te, vero? "
" Vero. "
Infondo ero stata così poco discreta, mentre lo avevo sottratto a mia madre per accusarlo e definirlo un falso e un buguardo. 
In fatto di tatto, a quanto pare ero un disastro. 
Ma per quanto Thomas fosse maniaco, pervertito e stronzo, avevo imparato a conoscere le sue fragilità, scoprendo con poco rammarico che non era così male. 
" La realtà è che oggi posso esserci e domani, posso sparire nel nulla, posso trasformarmi in un ricordo. Che senso ha, avere dei valori, legarmi seriamente ad una
persona, pensare all'amore, alla famiglia, se anche un tizio ubriaco, con un camion enorme, può strapparti via tutto? "
" Non puoi pensarla veramente così, altrimenti non dovresti neanche studiare, non dovresti lavorare, non dovresti sorridere. " 
" L'ho promesso. "
Me ne stava parlando davvero, con quegli occhi verdi e quel sospiro spezzato, me ne stava parlando. 
" Mio padre è morto solo dopo due giorni, in ospedale. Io ho avuto qualche ferita alla testa e una frattura, quel giorno mi sistemai accanto a lui, sul letto. Hel, avresti
dovuto vederlo: mio padre era un tipo così felice, sempre pieno di sorrisi e con una voce allegra,quel giorno la voce non sembrava neanche la sua. 
Mi chiese di vivere, di sorridere, di lavorare, di studiare. Mi chiese di ricordare mia madre, con quel vestito lungo, con quel rossetto rosa, con un po' di gelato sulle 
labbra. Erano le uniche cose che voleva. " 
" Tu le hai rispettate. " 
Come diavolo potevo essere stata così stupida?
Non avevo capito nulla e credevo di aver capito tutto. 
Thomas portava dentro un macigno che nessuno avrebbe mai desiderato, per niente al mondo. 
" Cosa avrei dovuto fare? Questa adesso è la mia vita. " 
Lo strinsi così forte che per un attimo pensai che il suo respiro si fosse spento;
" Hel.. " Sussurrò, dopo, affondando il suo viso sul mio collo. 
" Thom. " 
" Scusami se non te l'ho detto. Questo è il mio carattere, non volevo che tu mi trattassi come un malato terminale, solo per questo. " 
" Thomas.. non ti avrei sopportato lo stesso. " Risi, mentre lui mi guardava con aria furbastra. 
" Grazie. " 
" Adesso andiamo, prima che mia madre ci dia per dispersi. "
" Oppure pensi che siamo finiti a letto nella suite di vostra altezza. " 
Gli diedi una pacca sulla schiena e lui mi attirò a se', incrociando le mani alle mie. 
" Scemo. "
" Non sarebbe una cattiva idea, no? " Ammiccò. 
Per una volta, vederlo in quel modo, sfacciato e sensuale, mi sollevò. 
Provavo qualcosa per lui, che non era amore : volevo che stesse bene, volevo essere sua amica. 
Anche se per lui ero un gioco, anche se per lui ero una boccata d'aria fresca, volevo essere sua amica, sentirlo ridere e sussurrargli che al mondo, qualcuno accanto, 
lui ce l'aveva. 
" Sarebbe un'idea incoscente. "
" Sono le migliori, signorina Castelli. " 
Lo baciai e dopo, mollai la sua presa per ricompormi e scendere silenziosamente le scale. 
" Scendiamo, che devo vincere una scommessa. " sussurrò lui. 
 
 
 
***
" Allora, ti piace studiare? "
Mia madre era partita in quarta e non ebbi neanche il tempo di intervenire, che Thomas sorrideva ansioso. 
I capelli spettinati, gli occhi grandi e di un verde prato meravigliso. 
Aveva fatto una doccia, e si era cambiato:
Jeans scuri e camicia bianca. 
Era bello e sembrava quasi un avvocato, serio e conciso. 
Voleva vincere la scommessa e io volevo assolutamente scappare via da quella situazione imbarazzante;
non volevo spogliarmi difronte al mio compagno di corsi, avevamo un compito da portare a termine, dovevamo essere professionali, beanchè dopo quello 
che era successo sarebbe stato tutto molto più difficile. 
" Signora, studiare è una delle mie priorità. " 
" Che bravo ragazzo. " Disse mio padre,mentre si versava un bicchiere di vino. 
Thom si girò verso di me, sorridendo malizioso. 
Mai giudicare un libro dalla copertina, non potei fare a meno di dare ragione al detto. 
Thomas, bello com'era sembrava sicuro di ciò che era, pieno di risorse e capace di attraversare il mondo a nuoto ma io, sapevo che in realtà, alla minima scossa, 
Thomas avrebbe ceduto e si sarebbe lasciato vincere dalla vita. 
" Signora, mi rendo conto che il professore abbia alcuni dubbi sulla mia personalità. Non frequento filosofia, ma come può vedere, i miei voti sono impeccabili. "
Prese dalla tasca un fogliettino e lo mostrò a mia madre che sorrise compiaciuta. 
Non capivo perché si interessasse della mia vita scolastica se neanche l'approvava. 
" Mamma, non staremo molto, io e Thomas dopo domani torniamo al campus. Abbiamo un compito da portare a termine. " 
Il tono della mia voce era freddo e distaccato. 
Non avevo nulla contro mia madre, questo lo avevo precisato parecchie volte, eppure mi rendevo conto che avere l'appoggio da parte sua, mi avrebbe resa meno 
scortese. Due genitori dovrebbero appoggiare la figlia. 
" Celeste, domani sera che farai, tu? " 
La vidi sorridere, mentre prendeva il suo cellulare, per cercare qualcosa. 
" Esco. " 
I suoi occhioni sembravano illuminati e ne fui felice. 
" Con..? "
Portò una mano ai capelli e guardò Thomas, che nel frattempo si era avvicinato a noi, lasciando mia madre e mio padre da soli, a discutere del vino. 
Quei due si amavano e discutevano di ogni cosa. 
" Te, Thomas e.. Robert. "
Mi soffocai e la guardai, mentre la sua espressione diventava divertita e imbarazzata, allo stesso tempo. 
Robert era il ragazzo che le piaceva da due anni, circa;
non aveva mai avuto il coraggio di confessarlo e aveva vissuto in segreto, per troppo tempo, soltanto un mese fa circa ne avevano parlato e avevano deciso di 
frequentarsi per capire se insieme, stavano davvero bene. 
Celeste era stata sempre la classica ragazza per cui, ogni cosa doveva aver il suo tempo. 
Secondo lei, il sesso, l'amore, l'amicizia, i ricordi dovevano legarsi in un mare indefinito di passioni; non esistevano le mezze misure, il forse, il ma o il se. 
E tutto sommato, ogni cosa, insieme a lei sembrava tornare al posto giusto. 
" Ti sei messa con Robert!!"
" Me lo ha chiesto, ieri! " 
Collegai in fretta tutti i racconti della mia amica e sentii Thomas ridere di gusto, mentre i miei occhi si trasformavano in due punti luminosi. 
Ero felice per Celeste, considerando che ci teneva più di qualsiasi altra cosa. 
" E' fantastico! " Le gettai le braccia al collo e la abbracciai con tutto l'affetto che mi era concesso. 
Il tempo trascorso, sembrava aver portato solo del bene:
Celeste si era fidanzata, avrei completato il compito, Thomas era diventato più sopportabile e mi sentivo meno sbagliata.
" Quindi, se ho capito bene. Usciremo a coppia. " Intervenne Thomas con un sorriso ammiccante. 
" Sei un tipo che coglie i particolari, compagno. " Sorrise Celeste. 
Io non avevo considerato il particolare e mi girò la testa. 
" Non sarà un vero appuntamento a coppia, noi siamo amici, quindi.. " 
Mi fermai, titubante sulle parole da usare. 
" Quindi ci vediamo domani, Celeste. Io vado a fare una doccia e .. buona notte signor e signora Castelli. " 
Thomas salutò tutti con una tale educazione e dolcezza che mi sciolsi sul posto, indecisa se correre in camera sua per spogliarmi, ignorando la scommessa. 
Guardai Celeste, maledicendola in ogni modo; era troppo intraprendente e mi metteva in imbarazzo, continuamente.
Le volevo un bene inimmaginabile ma era impossibile da sostenere. 
Mi prese a braccetto trascinandomi alla porta. 
" Questa notte, tu e Thomas! " 
" Celeste! Hai già fatto abbastanza! "
" Hel, tu e lui siete fatti per stare insieme. " 
La guardai e le lasciai un bacio sulla guancia, salutandola. 
Aveva una fantasia illimitata. 
" Allora tesoro. " Mi disse mio padre, dopo che salutò Celeste. 
" Papà. " Sorrisi io. 
" Quel giovanotto mi piace. " Sussurrò. 
Quel giovanotto piaceva anche a me. Pieno di sorprese e con un carattere forte e fragile. 
Thomas ne aveva viste di tutti i colori eppure conservava un giovinezza e un sorriso che pochi al mondo possedevano. 
"Il tuo professore si sbagliava, tesoro. "
Aggiunse mia madre. 
" Prevedibile. " sussurrai tra me e me, mentre mi si bloccava il respiro; aveva vinto la scommessa. 
Thomas in qualche modo riusciva a conquistare tutti. 
" Vado. " Mi alzai e salii le scale in silenzio. 
Nessuno dei miei genitori si ribellò al mio comportamento; mi conoscevano e si rendevano conto che non ero fatta per quelle discussioni a mezz'aria. 
Nella testa avevo il corpo di Thomas, nudo e perfetto. 
Aveva vinto la scommessa e avrei dovuto spogliarmi difronte a lui. 
" Signorina. " 
La sua voce mi tremò in testa e sussultai, mentre mi spingeva nella sua stanza, con un ghignò visibile sul suo volto. 
Quel ragazzo era un misto tra dolcezza, sensualità, perversione e semplicità. 
Resistere alla sua volontà sembrava quasi impossibile. 
"Thomas, potrebbero vederci. " Sogghignai io, presa dall'ansia. 
Si avvinghiò ai miei fianchi, portandomi nel letto e baciando ogni centimentro della mia pelle. 
" Ho chiuso la porta. " Si giustificò. 
I suoi baci erano roventi e si intensificano continuamente, mentre nella mia testa si espandeva la voglia che avevo di lui. 
La sua mano entrò sulla mia magliettina e si spostò lenta fino alla mia schiena. 
" Ho vinto la scommessa. " Mi sussurrò, mentre chiudevo gli occhi. 
" Lo so. " 
" Dai, comincia. " Non riuscivo a muovermi, con il suo peso addosso. 
" Mi risulta difficile con te, avvinghiato. " 
Lo sentii ridere e mi baciò, senza esitazione. 
Speravo che restasse immobile, per tutto il tempo, con il suo corpo sul mio, eppure, si staccò dolcemente e mi fissò per un attimo. 
" Fai tu, o faccio io? " 




Ciao ragazze!
Mh, forse questo è un capitolo abbastanza corto, non saprei. 
Volevo parlare di Thomas, per cominciare a descriverlo nel migliore dei modi;
Come qualcuno aveva già pensato, i genitori di Thom sono morti. 
Lui ha perso tutto, ecco perché in un certo senso ha spento i sentimenti. 
Chissà chi sarà la persona a farli riaccendere. 
Hel è stata un po' infantile, all'inizio, non calibrando il peso delle accuse che gli stava lasciando;
eppure è stata tenera, quando lo ha abbracciato. 
E' banale il fatto che la loro amicizia adesso si è consolidata. 
Ma ci si può spogliare davanti ad un amico, provando emozioni?
Mmmh, questo lo vedremo nel prossimo capitolo. 
Recensite, recensite, recensite. 
E grazie!

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Capitolo 7
*** Ti amo o ti voglio. ***


                                                                                                              
                                                                                           Ti amo o ti voglio.



Non ero mai stata così sfrontata. 
Non era nella mia indole,eppure dovevo ammettere che Thomas riusciva ad estrapolare dal il mio carattere cento parti così diverse tra di loro che a volte faticavo a 
ritrovarmi. 
Ero passionale. 
La piccola Hel, passionale; soltanto l'idea mi faceva girare la testa; 
Thomas mi guardava come di solito si guarda una donna e non come si guarda un'amica, una parente lontana o una semplice ragazzina viziata. 
Vederlo e sentirlo completamente legato ai miei movimenti, anche a quelli più intimi, mi rendeva smaniosa del suo contatto, ansiosa di vederlo sorridere quando per caso 
mi sfiorava la schiena o quando per gioco mi baciava il collo.
Per quanto seria e coincisa fossi stata, lungo il percorso della mia vita, Thomas mi aveva resa vulnerabile e completamente pazza.
La luce della camera da letto era fioca e i suoi capelli sembravano dorati e morbidi a contatto con le mie dita, semigelate. 
Giocherellavo con lui come due fidanzati avrebbero potuto fare e questo, ahimè, mi sembrava distorto, infantile, sbagliato ma tanto, troppo soddisfacente, 
per la mia mente e il mio corpo. 
" Non vuoi spogliarti, vero? " 
I suoi occhi verde prato si fermarono sui miei. 
Non avevamo smesso di baciarci, fino a quando il mio cuore aveva smesso di reggere il suo corpo, incitandomi ad andare oltre e stranamente, io ero riuscita a far 
prevalere la ragione sugli istinti. 
" Non voglio. Non.. sono mai stata così. " 
Aveva un viso così familiare, ormai, che parlare con lui, non sembrava più un gesto insormontabile; Thomas avvicinò le labbra al mio orecchio e mi sembrò quasi 
di percepire un sorriso. 
" Hel.. non stiamo facendo del male a nessuno. "
" Hai vinto la scommessa e.. insomma, mi spoglierò." 
Il viso rosso e la voce impastata; sembravo una bambina dodicenne, tornata alle medie. 
"Se non vuoi.. lasciamo perdere. " 
Il tono serio e la fermezza della sua voce mi colpirono; Thomas era così sorprendente che neanche mille giorni con lui sarebbero bastati, per capirlo davvero. 
" No, hai vinto. " 
Mi alzai in piedi e sorrisi, mentre le gambe sembravano cedere; mi girai su me stessa, uscendo la lingua, per spossare l'imbarazzo che avevo inconsapevolmente 
creato. 
" Sciogliti i capelli, Hel. " 
Lo sentii, mentre si avvicinava con una tale delicatezza a me; la luce sembrava aver perso ogni tocco di luminosità, mentre illuminava lui, che splendeva di malizia e
semplicità mista a talco e menta. 
Non sapevo se quelle emozioni fossero dovute alla strana situazione in cui mi trovavo o se la causa di tutto fosse il mio carattere, legato prontamente a quello di 
Thomas. 
Sciolsi i capelli e li lasciai scivolare sulle mie spalle. 
Mi avvicinai solo un po' a lui, che sorrideva come un bambino. 
Era strano ma per un attimo pensai che per lui, io non fossi soltanto un passatempo, che dentro ai miei occhi poteva vederci il mare. 
Lasciai che la giacchetta che avevo indossato da pochissimo scivolasse a terra e chiusi gli occhi quando lui si avvicinò mettendomi di spalle e schioccandomi un bacio 
sulla guancia. 
Erano le sue regole, le regole del nostro gioco. 
Mi allontanai in silenzio, mentre i nostri occhi si cercavano e mi sedetti sul letto, consapevole del casino in cui mi stavo cacciando; con un movimento slanciato e lento
Thomas si sedette accanto a me e poggiò una sua mano sulla mia coscia, spostando flebilmente la lampada posizionata sul comodino di legno di mia madre. 
" Stiamo facendo l'amore. "
Sussurrò. 
Qualcosa dentro di me si mosse impercettibile, mentre mi mordevo il labbro inferiore, presa dal panico. 
Mi stava spogliando con gli occhi e io lo stavo baciando col pensiero. 
" Hai mai fatto l'amore con gli occhi? " Mi chiese. 
Sfilai via la magliettina sulla quale prima si era insinuato, accarezzandomi il ventre. 
Rimasi in reggiseno mentre lui incollava i suoi occhi su ogni parte della mia pelle, nuda e fredda. 
Non provò neanche lontanamente a toccarmi, Thomas mi guardava, come si ammirano i quadri di valore, su di un museo che non pensavi ti sarebbe capitato di 
visitare. 
Mi alzai e mi accovacciai vicino a lui, lasciandogli un bacio. 
Si leccò le labbra e sorrise, poi si alzò e cominciò a sbottonarmi i jeans; bottone dopo bottone. 
Quando finii di sfilare anche quelli, rimasi soltanto in intimo e stranamente, Thomas mi prese per la mano e volteggiai su me stessa.
Non era imbarazzante, semplicemente.. mi sentivo come in un involucro di plastica, nascosta dalla penombra della lampada e dal prato che il  mio compagno di corsi 
conservava dentro agli occhi. 
" Hel.. "
" Thom. "
" Non toglierli.. "
Mi fermai a mezz'aria, mentre i suoi occhi tornavano sui miei e le sue mani sfioravano i miei fianchi. 
" Perchè? " 
" Perché mi piace immaginarti e sapere che solo se un giorno ti innamorerai di me, potrò conoscere ogni parte, ogni centimetro della tua pelle. Se non succederà, 
continuerò ad immginarti.. Hel, non voglio spogliarti della femminilità che regali a chi ti sta intorno anche con addosso un cappotto e un maglione largo. " 
Lo guardai e il cuore si staccò dal resto del corpo. 
Non perché lui mi avesse detto che io, da qualche parte tenevo una certa femminilità, piuttosto perché ad innamorarmi di lui io non ci avevo mai pensato. 
" Grazie. " Sussurrai. 
Come ero finita in quella situazione da fotoromanzo rosa?
Come potevo lasciarmi andare con un ragazzo conosciuto da così poco? Come poteva pensare che mi sarei innamorata di un ragazzo che non crede più all'amore?
Mi allontanai mentre lui mi guardava e cominciò a sbottonarsi la camicia. 
" Che fai? " 
Si avvicinò con il torace ormai nudo e mi tese una mano, stringendo la camicia. 
" Mettila, così non dovrai perdere tempo a rivestirti. "
Mi guardò con un sorriso che la diceva lunga. 
Thomas era un mistero e un libro aperto, a seconda dei momenti più o meno consoni. 
La presi e cominciai a sistemarla addosso, girando la chiave e aprendo la porta. 
Avevo preso con me talmente emozioni che ne avrei potuto fare un cornice da appendere alla mia stanza. 
Dovevo parlare con qualcuno, dovevo sfogarmi e capire se ciò che provavo era semplicemente una nuvola passeggiera o un grandissimo casino. 
Presi il cellulare che avevo silenziosamente lasciato nella mia camera da letto e mi sdraiai sul letto cercando il nome di Celeste sulla ribrica. 
" Stai bene? "
A quanto pare il saluto lo saltavano in parecchi;
" Ha vinto la scommessa e mi sono spogliata.. e.. "
Raccontare ogni cosa a Celeste mi faceva stare bene, dopo tutto era l'unica persona capace di mantenere un segreto e di regalarti certi consigli che sarebbero serviti
più del dovuto. 
" Avete fatto l'amore? " Mi urlò, mentre mi sistemavo sotto le coperte con la camicia di Thomas addosso. 
Profumava di talco e menta e mi faceva sentire stranamente giusta, al posto e al momento giusto. 
" No Celeste! E comunque non sarebbe stato amore, sarebbe stato sesso. Almeno per lui. " 
" Ti prego, non dire cazzate, Hel! " 
Era più che banale, Thomas stava giocando con me e io, stavo fingendo di seguire le regole del suo gioco, le regole del gioco del professore, le regole del mio gioco. 
" Celeste, me lo ha detto lui. "
" Sei innamorata? " 
" Di chi? "
" Del lupo! Che domande, Helen! "
Era protettiva 
" No! Certo che no. Lo conosco da due mesi, circa. " 
" A volte basta anche un secondo. " 
" Sei di aiuto, tesoro! "
" Piccola, ma tu non hai visto come ti guarda? Quel ragazzo è cotto di te.. ti guarda come se ti conoscesse da una vita. " 
" Me lo avrebbe detto. " 
Thomas sembrava un tipo schietto, nonostante tutto. 
Avevo passato così tanto tempo con lui che ormai credevo di aver capito che le sue priorità erano giocare con me e portare a termine quel compito. 
Non sapevo se fossi innamorata davvero di lui;
 su certe cose non puoi soffermarti, devi lasciare che vadano in cielo e basta. 
Era successo tutto così in fretta che non ero riuscita a pensare a tutto omogeneamente;
avevo un compito da completare, avevo un sentimento da chiarire, avevo Thomas, chiaro e scuro, misterioso e schietto. 
Che per quanto le cose fossero andate male, sarebbe rimasto mio amico, avremmo portato il compito a termine. 
Pensai per un attimo a quello che sarebbe successo dopo, quando il vincolo del compito sarebbe finito e lui, avrebbe potuto spaziare sulle tante ragazze che gli giravano 
intorno. 
" Celeste, devo chiudere, ho una telefonata in corso. " 
Chiusi la chiamata e guardai il dislpay mentre si illuminava nuovamente. 
George. 
Mi aveva invitata al suo compleanno qualche tempo prima e io, non lo avevo più cercato. 
Colpo perfetto, pensai. 
Adesso George mi avrebbe considerata una stupida bambina viziata. 
" Pronto? " 
" Hel? " 
" George.. senti.." Provai, mentre sentivo la vergogna raggiungere il limite. 
Era strano come, spogliarmi difronte a Thomas non risultasse così imbarazzante come una semplice telefonata con tanto di giustificazione, ad un amico, potesse 
risultare. 
Nella mia vita avevo ricevuto parecchie porte in faccia, avevo cambiato parecchi amici, parecchie idee, troppe valutazioni e pochi ragazzi;
questo mi aveva resa timida, introversa, seccante, disposta ad accettare i cambiamenti. 
Sapevo che, superata l'idea che avevano di me, mi rimaneva un carattere neanche tanto male; 
eppure l'unico che sembrava volermi esplorare, in ogni senso, era Thomas.
" Scusami per l'orario, sabato allora ci sarai? " Mi fermò, entusiasta. 
" Non ti ho cercato perché ho avuto alcuni impegni comunque ok, certo che ci sarò."
Era il minimo che potessi fare. 
" Passo a prenderti alle nove, buona notte piccola. "
Piccola? George che mi chiamava piccola?
I cambiamente sembravano universali. 
Chiusi gli occhi, mentre immaginavo quelli di Thomas. 
Ero il suo gioco e lui era il mio compito; non potevo essermi innamorata di lui.
 
***
 
" Buongiorno mamma. "
Non avevo chiuso occhio, pensando al mio compagno di corsi;
il discorso di Celeste mi era entrato dentro. 
Potevo anche essere innamorata di Thomas, ma questo non toglieva il fatto che in quel momento, non contava; che non avrebbe mai contato. 
" Buongiorno tesoro, Thomas si è alzato presto questa mattina. " Sorrise. 
Avevo i capelli bagnati; avevo fatto una doccia e non avevo provato neanche ad asciugarli, visto la fretta che avevo di vedere Thomas. 
" Buongiorno collega! " Mi sorrise lui. 
Solito sguardo malizioso e solito sorriso semplice. 
" Buongiorno. " Sorrisi io. 
No, non ero innamorata di lui. 
" Dormito bene? " Mi chiese mia madre, mentre sistemava la colazione in tavola.
" Io direi piuttosto che ha dormito poco. " Sorrise Thomas ammiccando. 
" Ho dormito bene mamma." Dissi, pizzicandolo sul braccio. 
Aveva i capelli spettinati e sembrava un dannato figlio di papà, anche se io sapevo bene che non lo era. 
Mangiai un cornetto in silenzio mentre a tavola tutti commentavano il carattere così particolare di Thomas. 
Non avevo capito molto di lui, a volte sembrava che ogni cosa vista dai suoi occhi potesse essere più buia di come poi in realtà era, altre sembrava che spogliava
il cielo di nuvole e viveva felice con il resto del mondo. 
Aveva un approccio così strano con le cose e con le situazioni che a volte non riuscivo a capire se parlare o stare in silenzio servisse davvero a qualcosa. 
Mi aveva confessato di Lidia e dopo, quasi spontaneamente mi aveva parlato dei suoi genitori; 
adesso io, lo guardavo mentre il suo ottimismo misto a rabbia e solitudine si avvicinavano alla mia pelle. 
La cosa che si capiva subito, di me, alla fine di ogni gioco si intensificava sul fatto che ero una di quelle persone con l'anima vicino alla pelle. 
Non so se mi spiego. Piangevo per un film, piangevo per un sorriso, piangevo per una foto. 
Ero una di quelle persone che ama e basta anche se non crede all'amore.
Ero come una bambina che non chiede mai nulla in cambio e non si arrabbia quando qualcuno le dice " ok, non mi vai bene." 
Era come se per ogni volta mi aspettassi uno scontrino. 
Mi hai dato affetto, mi hai dato amore, mi hai dato sorrisi e tanti saluti. 
Quello che si capiva di me, anche mentre lo guardavo semplicemente era che mi avvicinavo al modo di essere di una di quelle persone che quando cominciano 
una storia non riescono a viverla fino in fondo, corrono subito alla fine, pensando che tanto finirà, finirà un'altra volta. 
Avevo l'anima vicino alla pelle, perché stavo male, quando qualcuno stava male, un qualcuno qualsiasi, intendiamoci. 
Pensai che forse non ero così stronza.
Io l'anima la sentivo attaccata al collo, la sentivo tra le dita delle mani, la sentivo sulla punta della lingua, sulle ossa. 
E la maggior parte delle volte mi pesava, come quando avevo ascoltato Thomas e non avevo potuto fare nulla per lui, non avevo potuto rassicurarlo, cambiare le cose.
E avevo evitato le sue carezze in grosso modo, per evitare i danni collaterali che avrei riscontrato. 
" Hel? " Mi voltai ancora pensierosa e incontrai i suoi occhi verdi. 
" Si? "
" Hel, stasera saremo con Celeste e Robert, hai presente? "
Mi ricordai di Celeste e sospirai. 
" Dai, non è così brutto passare del tempo con me, come una coppia. " 
" Non.. " I suoi mi facevano sentire all'aperto ed era strano, fino a quel momento ero rimasta sempre dentro le mura di casa mia. " non intendevo dire quello. "
Mi schioccò un bacio sulla guancia e si alzò dalla sedia facendo cenno ai miei. 
" Non preoccuparti piccola, ci divertiremo. "
I miei genitori si guardavano con un certo ammiccamento finale, come se per loro io e Thomas avessimo parecchie cose da raccontarci. 
In effetti era il nostro compito che avevamo lasciato in sospeso per quella stupida gita. 
Dovevamo ancora conoscerci, dovevamo studiare Dante e l'amore, dovevammo ancora prendere appunti e scrivere, scrivere, scrivere. 
Mi allontanai dalla tavola e sorrisi a mio padre. 
Passai il resto delle ore in camera mia a rimuginare sull'enorme danno che mi stavo recando, sul teatrino che avevo costruito per Thomas e sulle sue braccia muscolose 
che muovevano dentro di me qualcosa che neanche conoscevo. 
Sentii bussare. 
" Avanti. " Sussurrai. 
La porta si aprì e mi trovai difronte una bellissima Celeste tutta eccitata e con un viso leggermente sorpreso. 
" Non vorrai uscire così! " 
" Non vorrai...che? " Chiesi, noncurante. 
Mi ero dimenticata totalmente dell'appuntamento con la mia amica e il suo bellissimo ragazzo. 
" Dimmi che non l'hai dimenticato! "
Troppo tardi. 
" L'ho fatto, Cele. Comunque non mi va' di uscire, non è che potremmo...? "
Non riuscii a terminare che mi si avvicinò poggiandomi le mani sulle spalle con un sorriso che andava da una guancia all'altra. 
Era felice e lo vedevo dai suoi occhi. 
" Tu, adesso ti vai a fare una bella doccia e io, nel frattempo scelgo qualcosa da farti indossare! Tanto, mia cara, i ragazzi devono aspettare, è un dato di fatto."
" Ma.."
" Niente ma, Hel! Goditela, no? "
" Celeste, il problema è che io vorrei uscire con te, vorrei uscire con Thomas, vorrei stare con lui, come amica, come conscente o quello che sia ma.. "
" Tesoro, nella vita vale quello che si fa' e mai quello che si vorrebbe fare."
Me ne ricordai prontamente. 
Aveva ragione, le parole sarebbero volate via e io magari avrei perso la possibilità di uscire con Thomas e con la mia migliore amica. 
Mi alzai lasciandole un lieve bacio sulla fronte; 
l'acqua era calda e il mio pensiero invece sembrava gelarsi in testa. 
Celeste riuscì a convincermi e finii con l'indossare un vestito mini che avevo comprato e non avevo mai messo. 
Capelli sciolti e lisci; un trucco leggero ma - secondo Celeste - molto sensuale. 
Non riuscivo a riconoscermi. 
Scesi le scale attenta a non atterrare giù e trovai due occhi a fissarmi, quasi increduli. 
" Hel.. sei.." 
" Stupenda." Intervenne lei, mentre abbracciava il suo ragazzo. 
Due occhi scuri che sembrano perforare l'anima e un corpo mozzafiato; non per nulla era il ragazzo della mia migliore amica. 
" Rob! " Lo salutai con gli occhi del mio compagno addosso. 
Volevo perdermi in chiacchiere per sentire un altro po' lo sguardo di Thomas addosso che mi perlustrava e mi spogliava, senza mezzi termini, ma Celeste prese per mano
il suo ragazzo e uscimmo di casa. 
Il cielo sembrava un centro scuro di raso e la luna, la palla di vetro. 
Avere accanto Thomas in un uscita che dovrebbe essere destinata a due coppie mi faceva sentire strana. 
Non sapevo cosa provassi per lui esattamente ma dopo due mesi, il mio cuore aveva perso la ragione. 
Notai che i due piccioncini entrarono in macchina e io e Thomas in silenzio ci avviammo alla sua. 
Aveva pensato bene che suo cugino, nonchè vicino di casa dei miei genitori, potesse andarla a prendere a casa sua e lasciargliela sotto casa. 
Era impensabile ma suo cugino lo aveva ascoltato e lo aveva accontentato;
la teoria che lui riuscisse ad essere cos' convincente aveva spesso il sopravvento. 
" Allora, come stai? " Mi chiese. 
" Come ieri e prima di ieri e due giorni fa. " 
" Fantastico." 
" Posso farle una domanda, signorina? "
Sentii lo stomaco rigirarsi e abbassai gli occhi. 
" Si. "
" Insomma, io ho capito che per te l'amore non è una favola. Ma.. sembra che tu stia cercando il principe azzurro e tutte quelle cose che l'accompagnano.
 Fiori, cioccolatini, strisiconi blablabla. Sbaglio? " 
Si, si sbagliava e lo guardai quasi in cagnesco. 
Non capivo il motivo della domanda ma conscevo la mia risposta. 
"Credo che ad un certo punto della mia vita, io abbia smesso di cercare il principe azzurro per cominciare, così, quasi inconsapevolmente a cercare qualcuno 
che semplicemente mi mettesse apposto la vita.Ho smesso di cercare fiori profumati e salvataggi impossibili, per avvicinarmi ad una stretta di mano e un sorriso 
tranquillo.Ho smesso di cercare palloncini a forma di cuore per legarmi strettamente ad uno sguardo sincero e senza dubbio, questo mi è servito,
mi è servito parecchio. Non esistono principi azzurri, ne gialli, ne verdi, ne arancioni. 
Esistono soltanto innamorati e stronzi. "
Tutto ciò che lui non aveva da darmi e che io non gli avrei mai chiesto. 
" E io sono lo stronzo. " Sussurrò. 
I suoi occhi brillavano mentre erano intenti a guidare per raggiungere la mia migliore amica e il suo ragazzo; lei era così perfetta con lui. 
Invece io non ero mai stata perfetta con nessuno, neanche con me stessa. 
Non ero mai stata portata per qualcosa, brava in qualcosa, dipendente da qualcosa. 
Non ero stata sempre giusta, non avevo avuto sempre ragione. 
Pensai che la mia vita era così incasinata adesso che in passato, la ragione non mi sarebbe neanche servita.
Non mi ero mai sentita speciale per nessuno e per qualcuno, forse, lo ero stata sul serio.
Non avevo mai dato molta importanza ad alcune cose:
alle domeniche mattine passate a casa con mamma e papà, ad esempio.
A quant'era bello avere una famiglia e una casa.
Pensai che io non avevo mai trovato un posto, in questo mondo e che forse ce l'avevo. 
Non ero stata sempre simpatica e gentile e non avevo mai avuto una stabilità. 
Avevo cambiato mille volte i miei sogni e in quell'istante, mentre gli occhi di Thomas si confondevano coi miei mi convinsi che in realtà 
non avevo mai lottato per realizzarli. 
" Siamo arrivati, Hel. " Mi sorrise e mi abbracciò. 
Quella serata sembrava metter radice su pensieri che non avrei più cacciato via. 



Ciao ragazze.
Scusate il ritardo. 
Volevo ringraziarvi di cuore perché contro ogni aspettativa questa storia ha suscitato la curiosita di un po' di persone. 
Grazie grazie grazie. 
Spero che questo capitolo vi piaccia;
il principio mi piace un sacco! Spero anche a voi; ho descritto l'alchimia che c'è tra i due e dopo, più avanti ho
voluto inserire il pensiero di Hel, riguardo i principi azzurri. 
Siete daccordo con lei? Mmmh. 
Nel prossimo, magari Hel capirà se lo vuole o se lo ama. 
Seguitemi e recensite!
Un grosso bacio! 

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Capitolo 8
*** Ti voglio bene. ***




                                                                                                                   Ti voglio bene. 

" Allora Celeste, come procede lo studio? " 
Avevamo preso posto in un ristorante abbastanza carino e discutevamo del piano di studi che stava percorrendo la mia migliore amica.
Effettivamente era una ragazza emancipata e piena di sorprese, estremamente estroversa e leale, tanto bastava per cominciare a parlare e non finirla più.
Celeste sapeva essere parecchio logorroica. 
Spostai lo sguardo sul tavolino di legno su cui ero poggiata e disegnai silenziosa infiniti cerchi su ogni angolo; 
il legno era intarsiato, scuro ed elegante, ogni centimetro diventava liscio a contatto con le mie dita. 
Mi piaceva. 
" Hel? " 
" Si? " sussultai, presa dai pensieri com'ero e mi voltai in cerca degli occhi verdi di Thomas. 
" Stai bene? " 
" Stavo pensando, scusami. " 
Sospirai e raggiunsi con gli occhi il pavimento:
quest'ultimo, scuro e piattellato mi ricordò della mia prima uscita con il mio primo ragazzo. 
Josh.
Occhi scuri, capelli scuri, pelle scura. 
Aveva un corpo accettabile, nulla a che vedere con quello di Thomas, ma infondo quello che mi era piaciuto di lui erano stati gli occhi.
Era un ragazzo carino, senza troppe pretese. 
Per essere sincera non era stata neanche una vera storia, non mi era piaciuta molto, piuttosto mi piacevano le situazioni che si creavano quando stavo con lui;
il cerchio di amicizie di cui mi sentivo partecipe, le belle parole che mi regalava e le serate a parlare del sole che splendeva o del telegiornale.
Non ci eravamo mai neanche sfiorati, perché io non riuscivo a sentirmi veramente attratta da lui;
lo vedevo come un amico e me ne accorsi troppo tardi. 
Infondo quelle come me, pensai, non potevano essere diverse. 
A volte, sembrava quasi che la gente se ne accorgesse, mentre magari stavo sull'autobus e leggevo un libro o mentre rimuginavo su quel cartello così buffo.
Le guardavo e mi dicevo che forse Josh non era così speciale per i miei occhi, che forse lo volevo bene e il bene non si avvicina ad una storia d'amore.
La maggior parte delle volte mi succedeva che mi fissavo su alcune stronzate epocali come il mare o le stelle o la poesia. 
Succedeva che rimanevo sveglia fino a notte tarda, per finire di leggere un libro o per ascoltare la stessa canzone, all'infinito; 
e questo Josh non lo sapeva. 
Quando il ragazzo con cui stai non conosce queste cose, non ha mai letto una pagina del tuo libro preferito, non si è mai fermato a chiederti perché adori il mare o 
perché quando guardi le stelle gli occhi ti si bagnano, quando il tuo ragazzo non conosce la canzone che ascolti continuamente, perchè non ha mai avuto la curiosità 
di toglierti le cuffiette dalle orecchie e ascoltarla insieme a te, allora non può essere davvero il tuo ragazzo, allora non è quello giusto.
Io e Josh ci eravamo visti un paio di volte e avevamo parlato a lungo di tutto; questo dovevo ammetterlo. 
Ricordai delle cene in cui mi aveva invitato e sorrisi mentre Thomas mi guardava con aria solenne e Celeste parlava a macchinetta contro il vuoto. 
Quella sera, quando per la prima volta mi considerai la sua ragazza, indossavo un vestitino rosa pesca e un paio di scarpette non troppo alte. 
Era autunno e fuori si stava immensamente bene, nonostante il vento che si alzava di tanto in tanto. 
Ricordai delle parole che ci eravamo scambiati e dei progetti in cui mi ero tuffata senza pensarci due volte. 
La mia storia finì quasi subito a causa mia e del mio carattere spento e vuoto, a causa della mia sincerità e del mio modo poco carino di dire le cose per come stavano.
All'inizio mi dissero tutti che la persona giusta sarebbe arrivata e che non dovevo aspettarla, nè cercarla, 
che non dovevo stare male per nessuno e non dovevo pensare a come sarebbe andata o cominciata; infondo era vero ma io, dopo una premessa del genere mi aspettavo 
che almeno mi dicessero anche che cosa avrei dovuto fare, dopo. Il dopo che avevo già raggiunto. 
Adesso, ad esempio. 
Non avevo cercato, non avevo aspettato e non avevo ancora trovato nessuno: non potevo mica svegliarmi una mattina e trovare lo sposo accanto.
Notai il sorriso di Celeste e il bacio quasi troppo passionale di Robert. 
Io e Thomas non eravamo una coppia ed era stupido pensare che mi piaceva o ancora di più, che ne fossi innamorata. 
Avevo amato una sola volta nella mia vita e non Josh. 
E per di più, non potevo dire che Thomas fosse interessato ai libri che leggevo o alle canzoni che amavo ascoltare.
" E' troppo pensierosa, signorina. " Mi riferì Thom, mettendo una mano sulla mia coscia. 
" Non sono pensierosa.." Me ne uscii. 
Arrivarono le pizze che avevamo ordinato e mangiammo pieni di idee e cose da raccontare.
Accontonai per un  attimo il pensiero di Josh o di ciò che provavo per Thomas e ad essere sincera, mi divertii davvero. 
I ragazzi pagarono e io, mi sentii infinitamente di troppo mentre i due piccioncini si stringevano per tornare in macchina. 
" Amore, ci vediamo domani prima che vai a casa! " Mi strinse Celeste. 
" Va bene! Mi raccomando, attenti. " Lanciai uno sguardo eloquente a Robert che mi sorrise e mi abbracciò caloroso. 
Ci salutammo tutti e mi infilai silenziosa nell'auto di Thom che si affrettava ad aprire il tettuccio dell'auto. 
" Sul serio? " Chiesi. 
" Dimmi se non è stupendo. " Sorrise con gli occhi al cielo. 
Quella macchina mi sembrava perfetta!
" Guarda quante stelle, Thom! " Gli pizzicai leggermente il braccio e guardai con gli occhi che brillavano quella distesa di cielo buio. 
" Allora, fammi capire una cosa. Esattamente,perché ti piacciono così tanto le stelle?" 
Era serio e si percepiva dal suo sguardo la curiosità che teneva addosso. 
"Guardale. Stanno lì, in silenzio. Nessuno alza mai lo sguardo al cielo per darle un'occhiata, sembrano in perenne attesa;
 aspettano che faccia buio e aspettano che torni giorno, aspettano qualcuno che le guardi e si perda nell'attimo fuggente di ciò che avverrà dopo.Mi somigliano. "
" Ti somigliano, è vero."
Abbassai gli occhi per vedere la faccia di Thom, aspettandomi il solito ghigno sul suo volto ma con mia sorpresa stava zitto e mi guardava. 
Spostò lo sguardo e chiuse il tettuccio, mettendo l'auto in moto. 
Il bel momento tra amici era finito. 
Durante tutto il tragitto cominciai a pensare che io e Thom eravamo solo amici e che effettivamente ero parecchio pallosa.
Amici, amore, amore, amici, amici, amore. 
Adesso l'ago stava sulla parola amici e basta. 
Scendemmo dall'auto e andai nella mia stanza sedendomi sul letto, mentre Thom si sedeva a terra con un ghigno sul viso. 
" Vuoi spogliarti dinuovo? " Ammiccò. 
" No, Thom. " Sorrisi. 
" Mi spoglio io? "
" Thomas. " Lo richiamai. 
Eravamo amici, d'ora in poi il suo corpo sarebbe stato il corpo di un amico. 
" Dovresti lascarti andare, Hel. Ti serve uno psicologo. " 
Lo guardai in cagnesco e mi avvicinai a lui, con passo felino e pacato. 
" Lo psicologo? " Domandai. 
" Uh. " Ghignò lui. 
" Sai che serve a te, giovanotto? "
Mi accovacciai accanto a lui e lo guardai intensamente, 
"Ti serve un amico. " Sussurrai. 
" Un amico? Ne ho troppi, piccola. "
"Ti serve una poltrona colorata su cui perderti di notte. "
Mi avvicinai al suo orecchio e lo sentii sorridere. 
" Sei la mia poltrona? " Lasciò intendere un doppio senso e trattenni una risata.
"Ti serve un cannocchiale per guardare pianeti mai visti prima, sei troppo fissato col sesso per guardarti in giro." 
La voce era un flebile suono colorato e il mio stomaco si muoveva impazzito. 
" A te serve un disco vuoto, dove incidere la mia voce; sembra che quando mi ascolti parlare la tua lucidità vada a farsi fottere. " Sorrise. 
" Presuntuoso, neanche mi piace la tua voce. " Lo guardai mentre i nostri nasi quasi si sfioravano, ero seria e coincisa, quasi imbarazzata. 
" Ti serve un sorriso. " Disse. 
" Mi serve un mare tutto mio. " Sorrisi. 
La nostra discussione mi sembrò perdere intelligenza e lucidità, parlavamo senza un minimo di logica.
"Mi serve una chitarra, una batteria, un pianoforte. " Se ne uscì lui. 
"Ti serve qualcuno che ti insegni a suonare. " Risi io.  
"Ti serve il cielo. " 
" Che me ne faccio del cielo? " Mi guardò lui, sdraiandosi completamente, portando le mani sulla testa e guardando il soffitto bianco e liscio. 
" Abbiamo questo. " Mi indicò, ridendo. 
"Ti serve un telefono che ti ricordi di come sono importante." Sorrise ammiccante. 
Era bello giocare con lui. 
"Che ti ricordi che devi chiamarmi. " Aggiunsi. 
Thomas sorrise e mi abbracciò. 
" A chi serviva lo psicologo? " Domandai mentre ridevamo come due matti. 
" Adesso mi serve una bella dormita. " 
Si alzò e mi lasciò un bacio a fior di labbra mentre si accingeva ad andare via. 
" Thom. " Lo chiamai. 
Lui si girò e mi mostrò un sorriso semplice e colorato. 
" Amici? " Chiesi. 
" Certo piccola. " 
Mi lasciò e attraversò il corridoio per raggiungere la sua stanza. 
 
 
***
 
" Ciao tesoro. Mi raccomando, stai attenta. " 
Mia madre era fredda e coincisa mentre mi salutava. 
Non vedevo l'ora di tornare a casa mia, nel mio appartamento, nella mia scuola, per completare il mio compito. 
Eravamo arrivati all aeroporto leggermente in ritardo e non avevamo avuto il tempo di salutare tutti, compresi Celeste e Rob, come si doveva. 
Mi sarebbero mancati da morire, loro. 
Soprattutto Celeste, energetica e ottimista com'era; per fortuna esistevano i cellulari e internet che mi avrebbero tenuta in contatto con lei, mia unica salvatrice, in 
fatto di consigli. 
Tutta quella situazione, alias: la partenza, la mia nuova cononoscenza e amicizia, si era creata grazie ad un professore egocentrico, fissato con l'interazione e il rapporto
tra persone; grazie ad un compito che si era aggregato allegramente alla mia vita, che mi aveva fatto conoscere un ninfomane, bello da morire e un mondo quasi tutto
nuovo. Nuovo per me, intendiamoci. 
Conoscere Thomas aveva comportato un coinvolgimento diverso rispetto a quello che avevo avuto in passato, aveva comportato un aspetto diverso, da
quello che fino a quel momento mi era stato presentato. 
" Adesso ci tocca studiare. " Mi sorrise, gli occhi un po' spenti. 
L'idea che mi spaventava più di tutte era che una volta terminato il compito, io e lui non ci saremmo più rivolti la parola, che la sua amicizia fosse dovuta al semplice 
fatto che eravamo costretti a stare insieme. 
" A te piace studiare, infondo, no? " Gli domandai coscente di aver preso in passato l'argomento. 
"Se avessi potuto scegliere, sarebbe stato tutto diverso. " Mi guardò un'altra volta mentre si sistemava comodo sul sedile bruciacchiato ai lati. 
Quella mattina aveva messo una maglietta nera con una giacca grigia e un paio di jens chiari strappati sul ginocchio; non era semplicemente bello, sembrava dannato e
indiscutibilmente malizioso. 
" Che avresti fatto? " 
"Magari avrei pilotato aerei, avrei cantato in un palco grande e pieno di gente. Avrei avuto due occhioni blu e avrei fatto l'attore."
" Preferisco i tuoi occhi verdi!" 
" Se avessi potuto scegliere non avrei studiato. " Continuò. 
" Secondo me lo avresti fatto lo stesso. Tu vuoi apparire stronzo e risoluto; il tipico ragazzo che se ne frega di tutto e tutti; ma non sei così." 
Gli spettinai i capelli e affondai la testa sulla sua spalla. 
" Lo so che non sono così. Se avessi potuto scegliere, sarei stato meno freddo; gli abbracci, i sorrisi, i momenti, le persone. 
Magari avrei saputo sceglierli con cura. " 
Un brivido percosse ogni centimetro della mia pelle. 
" Lidia? Se avresti potuto scegliere non l'avresti avvicinata? " 
Mi sembrava impossibile rimpiangere i ricordi con una persona solo perché quella era morta. 
" L'avrei avvicinata ma.. è stato difficile, difficile non sai quanto. "
Mi guardò e sorrise flebilmente. 
Io lo vedevo, vedevo quando ogni tanto il ghigno di Thomas si spegneva e lo vedevo mentre rimaneva a fissare qualcosa, pensieroso. 
Non sapevo cosa significasse perdere davvero qualcuno di importante. 
Ero stata delusa, in passato, dalla persona che amavo, ma io ero stata libera di odiarlo per avermi lasciato, mentre Thom non poteva odiarla, non era stata colpa sua. 
" Com'era? " Sussurrai. 
Era una domanda insolita e forse indiscreta ma volevo sapere quella parte così distaccata dal resto, del carattere di Thomas. 
" Bella. Era bella. " Abbassò lo sguardo e sorrise. 
" Aveva lunghi capelli rossi che le scendevano sulla schiena; spesso li legava in una coda e io adoravo quando lo faceva, perché finalmente smetteva di nascondere il 
suo viso. " Riportò i suoi occhi sui miei e io gli presi la mano per stringerla. 
Si vedeva l'amore che lasciava ad ogni parola, i ricordi che si confondevano in ogni momento. 
Per lui doveva essere stato difficile. 
" Aveva gli occhi blu. E ad essere sincero non aveva un bel carattere, per niente: si arrabbiava se il sabato sera indossavo la camicia perché sosteneva che la maglietta
nera mi stava molto meglio. " 
Sorrisi e lo guardai. 
" E' vero, ti sta meglio. " 
Sorrise anche lui. 
Volevo essere sua amica per sentirlo ridere. 
Con i ragazzi non ci sapevo fare, dovevo ammetterlo; non rispecchiavo l'immagine esatta di ragazza, non mi piaceva fare shopping,non curavo le mie mani, 
passavo due volte lo smalto sulle unghia e il risultato era quasi sempre un disastro. 
Non riuscivo mai a tenere i capelli in ordine, non mi facevo mai problemi a giocare a calcio. 
Ero impossibile, sul serio. 
Quando ero in imbarazzo parlavo, parlavo a sproposito, avrei detto, anche in presenza di Thom, un mucchio di cose stupide in due secondi esatti.
Riuscivo a farmi male, sempre; chi stava con me - quelle poche persone che rischiavano - dovevano scongiurare un milione di volte, almeno. 
Ero l'unica persona al mondo con il terrore di ballare, che amava le stelle e che quasi ogni notte faceva sogni assurdi. 
Amavo leggere:
Un ragazzo avrebbe dovuto sorbirsi mezz'ora di me, che con gli occhi che brillavano, raccontavo di come quel tizio si era innamorato dell'altra. 
Di come non avevo chiuso occhio perché dovevo guardare il cielo.
Thomas mi avrebbe odiata se solo avessi mostrato questa parte di me. 
Lo guardai mentre accendeva l'ipod e mi avvicinai a lui togliendo da uno dei suoi orecchi la cuffietta. 
" Non posso crederci. " Sorrisi. 
" Non puoi credere a.." Mi incitò lui. 
" Ascolti i Muse. " 
" E' un problema? " 
" E' fantastico! " Urlai. 
Mi spettinò i capelli e sorrise, per poi tornare alla sua musica e io ai miei pensieri. 
Il viaggio, contro ogni aspettativa, sembrò correre alla velocità della luce e mi ritrovai finalmente tra le mura di casa mia. 
Thomas ordinò pizza e cominciammo subito a studiare. 
" Quindi, l'amore è concepito come una forza spirituale che innalza l'uomo fino a Dio ,questo sentimento puo essere provocato solo dagli atteggiamenti gentili e sensibili
della donna amata che è come un angelo. I maggiori esponenti sono Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti e Dante Alighieri. "
" Brava! Anche questo è finito. Non è stato così difficile, tutto sommato. " 
Mi poggiai sullo schienale del letto e socchiusi, esausta, gli occhi. 
Domani sarei dovuta andare al compleanno di George. 
Magari avrei dovuto anche ballare tra le luci epilettiche di una sala troppo riempita, di gente che neanche sapeva cosa stesse facendo. 
Sapevo che era tutto surreale, che non andavo alle feste, non ballavo, non ero capace di stare in un luogo con troppe persone.
" Domani hai qualcosa da fare? " 
Mi voltai e guardai Thomas; il mio collo era bianco e notai che i suoi occhi, profondi e stanchi si immersero sulla mia pelle, centimentro dopo centimetro, incavatura 
dopo incavatura. Ogni suo movimento mi faceva perdere la testa;
non importava quello che avrei voluto rispondere, quello che avrei risposto o la situazione in cui mi stavo mettendo, nessuno era capace di guardarmi come 
faceva Thom. In qualsiasi caso io avrei voluto passare altro tempo con lui, volevo stare con lui quella sera, la sera successiva e tutte le sere che sarebbero arrivate;
stranamente, però, io e il mio poco buon senso, avevamo deciso che quella festa sarebbe stata corretta, una boccata d'aria. 
" Sono stata invitata al compleanno di un amico e .. "
" Hai accettato. "
" Già. "
Lo sguardo di Thomas era così limpido che a volte mi sembrava di vederci il mare, nonostante il verde scuro dei suoi occhi. 
Sapevo che al compleanno, sarebbe stato tutto così noioso che neanche mille pensieri felici avrebbero cambiato le cose, eppure avevo accettato e non dovevo far altro
che vestirmi carina e passare una serata diversa. Me l'ero promesso, dovevo passare una serata diversa. 
George era un buon amico, gentile e sempre disponibile;
ultimamente, poi, sembrava ancora più disponibile e mi conservava delle attenzioni inaspettate.
Il naso di Thom sfiorò la mia spalla e la sua testa affondo completamente sull'incavatura del mio collo. 
" Hel. " Mi sussurrò. 
" Mmmh." Risposi. 
" Hel, ti voglio bene. " 
Mi mancò il respiro mentre quelle parole si insinuavano delicate sul mio corpo. 
" Grazie. " Mi affrettai a dire, presa dal panico. 
Notai che Thomas mi guardò curioso e mi sorrise. 
" Prego e torni al più presto. " Scherzò. 
Mi accoccolai su di lui consapevole del fatto che, quel grazie, fosse stato insipido e privo di sentimenti. 
Anch'io gli volevo bene, nonostante i suoi cambiamenti d'umore, i miei, i nostri. 
Nonostante i suoi ammiccamenti, il suo strano modo di provocarmi e i pochi mesi in cui avevamo preso conoscenza l'uno dell'altra, io ci tenevo a lui. 



Scusate, scusate, scusate. 
Ho impiegato più tempo, perché in origine questi capitoli stavano tutti su uno; quindi ho dovuto dividere le 
parti e questo implica che quando lo faccio, devo lasciare un senso compiuto ad ognuna, per dare un titolo decente. 
Non so' se la cosa sia riuscita o meno. 
Comunque spero con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia. 
Hel e Thomas sono diventati a tutti gli effetti amici. 
Si trovano bene, sono attratti, sono complici. 
Umh, sono anche compagni di scuola, ecco. 
Thomas a mio parere è da sposare. 
No?

Ps: Grazie per chi mi segue, mi rendete felice, sul serio. 
Un bacio. 

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Capitolo 9
*** Dopo le feste, ci si ama di più. (?) ***


 
Dopo le feste ci si ama di più (?)



" Hel. " Mi rigirai nel letto, con gli occhi ancora troppo impastati;
era stata una notte così intensa e stranamente, ero sicura che non l'avrei più dimenticata. Era raro che io, fossi sicura di qualcosa;
era strano che la parola sicurezza si fondesse con il mio nome, eppure Thomas, il suo modo poco carino di essere schietto e la sua vicinanza, 
avevano alimentato la sicurezza in me; la sicurezza che Thomas in qualsiasi caso avrebbe lasciato un impronta in me. 
" Thom. Dobbiamo andare a lezione. " Sussurrai. 
Avevamo passato tutta la notte insieme, mi aveva toccata, baciata,sfiorata, stravolta. 
Sapevo che quella sarebbe stata la cosa più difficile da allontanare, una volta finito tutto, sapevo che dopo il compito, sarebbe finito tutto. 
Thomas più di una volta aveva affermato che io ero semplicemente il suo gioco. 
" Ti sei divertita stanotte? " Ammiccò. 
Era ancora sotto le coperte e aveva gli occhi socchiusi. 
Adoravo il suo sguardo di prima mattina e il suo strano modo di posizionare il braccio a coprire la fronte: 
Sembrava tanto un cucciolo, quando invece in realtà era una tigre. 
Sperai solo che non mi avrebbe mai graffiata.
Anche solo l'idea, mi mandava letteralmente in tilt. 
" Dobbiamo andare. " Dissi, mentre cominciavo a colorarmi di rosso. 
Era strano, in quanto la presenza di Thom, dopo tutto quello che era accaduto, non avrebbe dovuto causarmi alcun tipo di imbarazzo, eppure, quando ne parlava
a scapito di equivoci, io mi sentivo in fiamme.  
" Mh. Come fai a vergognarti : ti sei spogliata davanti a me, ci siamo baciati un milione di volte, la notte facciamo follie. " Sussurrò ammiccante. 
" sembri una bambina a volte." 
Si stava divertendo, lo notavo dal ghigno che adesso leggevo sui suoi occhi. 
" Thom. " Mi sedetti sul letto affondando letteralmente il mio viso sulle mani. 
" Ti lasci toccare e baciare eppure, non vuoi fare sesso con me, tu mi sembri parecchio deviata. " sorrise.
Aveva ragione; tra i due, sembravo io la bambina dodicenne, una di quelle ragazze poco di buono che giocano con il fuoco. 
" Tu. " Sussurrai prima di riprendere fiato. 
Stavo provando a spiegare qualcosa che non avrebbe capito. 
" Io. " Si avvicinò. 
" Mi attrai, insomma, ma... io ho i miei valori, non posso andare a letto con qualcuno se non ne sono innamorata davvero. " 
Lo sentii distintamente ridere. 
" Tradotto sarebbe ' ti scoperei, ma se dopo resto incinta, il bambino chi cazzo lo tiene? " 
" Smettila, idiota! " 
Gli sganciai un pugno sul braccio e lui continuò a ridere indisturbato. 
Non avevo pensato a quello, neanche per un momento. 
Fare sesso con qualcuno, significava possederlo, in ogni senso. 
E io non ero pronta a possedere Thom, visto che dopo sarebbe andato via. 
Mi rendevo conto che mentre sentivo le sue mani su ogni angolo del mio corpo, in realtà io non stessi esattamente allontanando il concetto di possessione.
Ma sentirlo dentro, sarebbe stato qualcosa di irremovibile. 
" Mi farai impazzire, prima o poi. " Si voltò dalla parte opposta e io mi alzai per raggiungere il bagno e farmi una lunga e calda doccia. 
I'acqua era calda e per la prima volta non pensai a niente; niente meno che Thomas.
Ultimamente era sempre nella mia testa, sia per bene che per male.
Ormai erano quasi due mesi che ci conoscevamo ed erano quasi due mesi che lavoravamo a quel progetto così assurdo. 
Solo il pensiero mi sembrava quasi surreale. 
Thomas era il classico ragazzo stronzo. 
Negli anni passati - mi aveva detto, anche con un certo fascino - che per dimenticare Lidia, era andato a letto con troppe ragazze e le aveva illuse, una dopo l'altra.
Non ero riuscita a capire se io ero solo un'altra; 
l'idea che lo fossi, mi fece girare la testa e uscii dalla doccia con il telo addosso e gli occhi lucidi. 
" Muoviti, il bagno e libero. " Dissi, quasi in tono canzonatorio. 
Non ero arrabbiata davvero, ero semplicemente ferita. 
Pensai che tanto per quanto mi fossi sempre sforzata, cercando di non deludere o di non essere delusa, io alla fine dei conti avrei deluso e sarei stata delusa, 
puntualmente. Era quasi' inevitabile.
Avevo conosciuto persone e quelle persone avevano conosciuto me. 
Avevo voluto bene e stranamente qualcuno mi aveva voluta bene. 
Poi, pensai, negli anni precedenti, era quasi sempre successo qualcosa. 
Avevamo cambiato scuola, avevamo cambiato amicizie, ci eravamo allontanati, può darsi anche che per un certo periodo ci eravamo odiati pure e quel certo periodo 
c'era costato caro, ma in ogni caso avevo deluso ed ero stata delusa. 
Il fatto è che di solito succedeva sempre qualcosa, sembrava quasi la legge della natura.
Sapevo già, che con Thomas ogni motivazione sarebbe andata bene, per allontanarci. 
Mi vestii svogliatamente e andai via, senza neanche avvertirlo; infondo avevo una scusante; ero già in ritardo per la lezione. 
 
***
 
 
" Buongiorno! " Thom entrò, quasi sorridente e guardò il professore. 
Non andava mai a quelle lezioni e io, sapevo che lo scopo del professore, era quello: vedere il livello di cultura di Thomas, vederlo tra i banchi di quell'aula. 
" Si sieda accanto alla sua compagna di corsi. " sussurrò quasi, soddisfatto.
Stavamo parlando dei progetti e noi, anche se a passi lenti, stavamo procedendo. 
Io e Thom avremmo scritto, alla fine dei giochi, una lunga lettera, io per lui, lui per me; avremmo parlato di ciò che siamo, di ciò che vogliamo, dei nostri sogni. 
Ci saremmo descritti e avremmo portato a termine la prima parte del compito. 
Nonostante tutto, avrei superato quel periodo e avrei portato a termine anche quella materia. 
" Allora, continuiamo. Tara, mi parli un po' del suo compagno. " Domandò. 
Voleva un anteprima del compito. 
" Francesco è un bravo ragazzo. " Sorrise. 
" Non lo metto in dubbio ma se vuole la sufficienza, veda di conscerlo meglio. " Rise di cuore e tutta la classe, meno che me, lo seguirono. 
Che conscevo di Thom, io? 
Cosa avrei detto? Che era uno stronzo? Che voleva portarmi a letto? 
Non potevo parlare della morte dei suoi genitori o di Lidia; non voleva si sapesse in giro, forse non riusciva a sopportare gli sguardi, dopo. 
Io conoscevo Thom o era solo una parte d me, che credeva di conoscerlo?
Lo guardai mentre era intendo a giocare con una matita. 
I tratti del viso rilassati, gli occhi verdi che sembravano sorridere,  due labbra perfette. 
" Mi guarderai ancora per molto? " Disse, senza staccare gli occhi dalla matita. 
Sentii le guance colorarsi di rosso e notai che il professore, passava per i banchi per chiedere delucidazioni sui progetti. 
" Non... ti stavo guardando. " Fu un sussurro ma ebbi la certezza che Thom sentì. 
" Tu hai paura che in realtà, io, non sono come sembro. " Sorrise e solo in quel momento si voltò per guardarmi. 
Aveva un capacità di capirmi che a volte, mi sembrava di essere la vittima di Edward Cullen. 
" E come sembri? " Chiesi. 
" Sembro sfacciato. " 
" Tu lo sei. "
" Appunto. Hel, non ti ho mentito e non ho voglia di mentirti. Sei diventata un'amica e anche se impazzisco all'idea di possederti, io ti rispetto. "
A quelle parole, stranamente, il cuore si spostò. 
Il professore arrivò vicino a me e sorrise, quasi come a poter percepire l'alchimia che stavamo creando, io e Thom. 
Eravamo amici e mi voleva. 
Nessuno mi aveva mai desiderata come aveva fatto Thom e questo mi faceva sentire speciale; 
speciale e meno diversa. 
non riuscivo a capire se provassi quei sentimenti così strani per Thomas soltanto per come stavo con lui o per come mi sentivo quando stavo con lui. 
Mi aveva cambiata, mi aveva resa più forte, meno imbranata, più seducente, mi aveva migliorata. 
In qualsiasi modo sarebbe andato, dopo, io e provavo qualcosa per Thomas: amicizia, amore o attrazione fisica. 
Qualsiasi cosa fosse, io tenevo a lui più di quanto potevo ammettere.
Nei giorni successivi avrei voluto guardarlo, mentre si arrabbiava con me, avrei voluto, incessantemente giocare a nascondino con lui, come avevamo già
fatto per prenderci in giro, qualche giorno prima. Avrei voluto imparare a guidare la macchina, come si doveva, tenergli la mano, mentre passeggiamo insieme, in una
giornata fredda d'Ottobre, mentre il cielo si incupiva passivo. 
Avrei voluto accarezzargli i capelli, come amica, parente, sorella, innamorata, stronza, stupida illusa. 
Volevo riuscire a scorgere un sorriso, solo perché magari avevo legato i capelli proprio come piacciono a lui.
Mi avrebbe fatta impazzire, esattamente come succedeva, quando mi baciava. 
Avrei voluto urlare, la notte o il giorno, che Thom era mio, che io ero sua, che stavamo insieme.
Ma noi, non stavamo insieme. 
" Hel? " 
Abbassai gli occhi. 
" Signorina? "
Respirai affaticata per i pensieri quasi sporchi che mi ero lasciata in testa e tornai alla realtà. 
" Signorina, sta bene? " 
" Si... si professore. Mi scusi, io.."
" Stavi pensando. " Sussurrò Thomas. 
" Come va' il progetto? " 
Sorrise sornione, fissandoci con due occhi languidi e pieni di sentimento. 
" Procede. " Disse divertito Thomas. 
Aveva due occhi verdi che avrebbero spaccato il cielo e ormai, avrebbero infuocato, in qualsiasi momento, il mio corpo. 
" Voglio un compito eccellente, ragazzi. " 
Si allontanò da noi, salutando tutti e uscendo dalla classe. 
Alla fine dei conti, io avevo consciuto Thomas, per un semplice compito. 
Per lui non ero importante, non ero fondamentale, non ero niente. 
Non mi aveva mai lasciato intendere qualcosa di diverso ed effettivamente, Thomas poteva essere ancora innamorato di Lidia, nonostante tutto. 
Mi alzai raccogliendo le mie cose e uscii dalla classe, con il cuore in gola;
sentii la risata di Thomas, mentre parlava con qualche ragazza del corso e mi ragiunse, portandomi le mani al collo e abbracciandomi da dietro. 
Ogni gesto, ogni sospiro, ogni stupidissimo momento passato con lui, mi rendeva meno fragile. 
" Thom, è tardi. " Dissi. 
Lui, ignorandomi completamente, mi portò lontano dalla folla e mi avvcinò al muro. 
Avevo le spalle contro il suo torace e le sue gambe anche troppo vicine alle mie; mi premette contro al muro e baciò il mio collo, chiaro e smanioso. 
"Thom. " Lo richiamai.
" Mi mancava. "
Ansimai, cercando in ogni modo di non pensarci, anche se non pensarci, adesso, con addosso i suoi baci, mi risultava parecchio impossibile. 
Mi spostai, con il cuore in gola. 
" Ti mancava cosa? " Sbottai. 
Thom mi guardava con occhi divertiti e un sorriso smagliante. 
" Il tuo collo. " Disse coinciso. 
" Fino a quando?" Dissi. 
Il mio problema era lui; stavo diventando dipendente da qualcosa che sarebbe scomparsa, qualcosa che mi avrebbe fatto del male. 
" Fino a quando cosa? " Si avvicinò. 
" FIno a quando ti mancherà il mio collo? Fino a quando mi rispetterai. " Feci segno di virgolette con le mani e respirai fredda. " Fino... a ... quando... vorrai essere
mio amico? " Chiesi, scandendo ogni singola parola. 
" Fino a quando tu lo vorrai, Hel. " Sorrise. 
Il suo sorriso mi mandava in bestia. 
" Tu te ne andrai, cazzo." Urlai. " Tu non vuoi me! Tu vuoi una come me, solo perché sai che da un momento all'altro io mi lascerò andare!"  Avevo la voce impastata
e sembravo quasi in bilico tra la disperazione e la malinconia. 
Non volevo piangere. 
" Sul serio? " Mi chiese, portandosi le mani ai capelli. 
Premetti le spalle contro al muro e lo guardai.
" Hel, cazzo! Sul serio pensi che sono tuo amico solo per il sesso? " Si avvicinò. " come..." respirò e si avvicinò ancora di più, sentivo ogni angolo del suo corpo
contrarsi e rimanere in attesa. " come cazzo puoi dire che sono tuo amico solo per il sesso se quando ti sei spogliata, davanti a me, io ti ho chiesto di restare in intimo? 
L'avresti fatto se non ti avessi fermata; l'avresti fatto e saremmo finiti a letto."
" Ma..." Mi opposi, flebilmente. 
" Ma niente. Io ti voglio bene. " 
" Anche... " Provai a rispondere;
" Anche tu, lo so. " Mi aiutò Thom. 
" Però, ho paura che tu andrai via, dopo. Che mi dimenticherai e amen. " Abbassai gli occhi maledicendo me stessa. 
"Ti prometto che qualsiasi cosa succederà, non ti dimenticherò, ti prometto che non dimenticherò i tuoi occhioni e il tuo sorriso. 
Qualsiasi cosa succeda e a qualsiasi costo, tu sarai sempre un mio ricordo; tu sei una stella Hel e io ti guarderò. 
Ti prometto che se un giorno dovresti andare via da me, ti penserò; non posso prometterti che ci sarò sempre, che ci sarai sempre.
Le cose cambiano,le stagioni si svuotano, le parole feriscono. 
Ma te lo prometto, io non mi dimentico. "
" L'hai detto tu; avevi detto che volevi portarmi a letto. " 
" Lo voglio. " Sorrise. 
Mi spostai da lui, alzando le mani al cielo. 
" E' questo il punto! Se io fossi venuta a letto con te, tu mi avresti lasciata perdere da giorni! " Urlai. 
Non riuscii neanche a capire bene la sua risposta ma notai il pugno che lasciò andare contro i mattoni del muro.
Lui era arrabbiato, io ero ferita.
Chi dei due stava meglio?
Thomas era semplicemente uno stronzo, io però ero la regine delle illuse. 
Volevo pensare che il cielo, prima o poi, avrebbe spento ogni mia paura, che l'amore avrebbe riempito gli spazi vuoti che le persone avevano lasciato, che la scuola, mio
pilastro da tutta una vita, mi avrebbe insegnato a credere nelle capacità che avrei dovuto possedere. 
Volevo pensare che domani, dopo la festa di George, dopo i litigi con Thom, dopo le mie paure e i miei dubbi, mi sarei svegliata e si sarebbe sistemato tutto. 
Ma non potevo. 
Di solito, quando avevo voglia di chiudere gli occhi, spegnevo la luce, ignara del fatto che se li chiudevo, la luce spariva lo stesso. 
Spengnevo la luce, quando - e ultimamente succedeva spesso - avevo bisogno di chiudere a chiave i miei pensieri. 
Esattamente come quando mi trovavo sotto le coperte e mi rendevo, improvvisamente, conto che là fuori, ci stava il cielo, là fuori le anime giocavano a nascondino 
dietro alle stelle e se uscivo fuori, mentre la luce era spenta e i miei pensieri stavano chiusi, le mie paure non sparivano, le mie paure si nascondevano e basta. 
La prima volta che avevo guardato negli occhi qualcuno, credendo che potesse entrare a far parte del mio universo, ero riuscita a sorridere;
io li ricordavo ancora, quegli occhi scuri, innocenti, semplici, quegli occhi sinceri, che sembravano parlare con le stelle:
gli occhi sono rivelatori, mi aveva detto una volta Celeste... e allora doveva spiegarmi perché dopo un po', quel qualcuno, se n'era andato. 
Gli occhi mi avevano detto che sarebbe rimasto e lui era andato. 
Continuai a camminare, immersa tra i miei pensieri, mentre Thom, rimaneva lì, fermo, a guardarmi. 
Pensai che volevo tornare ad essere una bambina. 
Quando si è piccoli, sembra che tutto può durare in eterno e in linea di massima, in quel momento e per me, pensarla così era una cosa tremendamente bella e 
tremendamente falsa. 
Quando si è piccoli, pensai, sai che ami, nel senso più ampio della parola e sai che vieni amato e questo, basta. 
" Ci vogliamo bene, siamo amici. " 
Ma l'amore, dopo, non riempie i vuoti, nella maggior parte dei casi,li alimenta e basta. 
Io e Thom eravamo amici, ci volevamo bene. A me, però, non bastava e mi faceva del male;
pensare che ero un compito per lui, mi faceva male. 
Nessuno, in effetti, a scuola, ti insegna che bisogna credere alle nuvole, che bisogna guardarsi allo specchio e sentirsi semplicemente felici. 
Che bisogna essere convinti che basti un attimo per toccare il cielo, che se ami la musica, devi cercarla, viverla, scovarla, amarla. 
Che se hai un sogno, devi suonarlo, cantarlo, fartelo amico. Che a volte, un buon voto, paragonato alla vita diventa la cosa più stupida di questo mondo. 
Che non puoi fare di una persona, il tuo compito, il tuo voto. Nessuno a scuola ti insegna che devi lottare, correre, afferrare e vincere;
l'importante, pensai, è che tu sappia che due, sommato a due, risulta quattro. 
Aprii la porta e mi gettai letteralmente sul letto. 
Ero passata al supermercato e avevo fatto la spesa, avevo perso molto più tempo di quello che immaginavo e adesso, mancavano soltanto quattro ore, per il compleanno
di George. 
Sentii il telefono vibrare e lo estrassi dalla tasca. 
" Mmh. " Risposi. 
" Tesoro. Sei già pronta? " La voce di Celeste mi inebriò del tutto. 
" Non credo che andrò. " Sussurrai. 
" Non farlo, Hel! Non pensarci neanche lontanamente! " Mi urlò. 
" Ho litigato con Thomas, Celeste. " 
" E quindi? Un motivo in più per cambiare aria. Passi troppo tempo con lui e non ci hai ancora fatto sesso. " 
" Sono innamorata. " Dissi. 
La mia voce era un misto tra amarezza e vergogna. 
" Lo so, non è difficile da capire. Ma, tesoro, devi vivere. Sono diciotto anni che non lo fai." 
Era vero e non potevo negare. 
" Come faccio a stare così tranquilla? Maledetto compito. " 
" Anche lui è cotto di te, Hel. " Sembrò sorridere ma non potei accertarmi. 
" Io ho bisogno di qualcuno che mi ami e non di qualcuno chee mi vuole portare a letto e basta, qualcuno che mi ami, hai presente?
Qualcuno che rida del mio modo buffo di arrabbiarmi, qualcuno con cui leggere un libro, la sera, mentre fuori piove a dirotto. 
Ho bisogno di qualcuno con cui litigare, perché fare pace, dopo è bello. Ho bisogno che creda in me, che mi ami, che ami le mie stupide manie, le mie paure, 
le stronzate che dico, di sera tardi, tutti i libri che ho letto, tutti quelli che vorrei leggere, i tratti chiari del mio viso, le mie labbra troppo rosse, le mie improvvise 
timidezze. Tutto. Ho bisogno di qualcuno che ami tutto. "
" Non puoi semplicemente ripensarci domani? " 
Chiusi gli occhi. 
" Domani, ok. " 
" Perfetto, Hel. Adesso corri a vestirti e fatti bella! "
" Va bene.." 
" Non mettere quei vestiti che hai tu! Metti quello che ti ho regalato io, con il fiocco azzurro! "
Ridemmo e attaccai, frustrata. 
Avrei dovuto mettermi vestito e tacchi alti: ergo, un suicidio. 
Sprofondai nella vasca da bagno e provai, seriamente a sistemarmi, il meglio che potevo:
lasciai i miei capelli sciolti lisci, sulla schiena; mi truccai, giusto un po' e lasciai che un rossetto non troppo rosso mi accentuasse le labbra. 
Alla fine, mi sentii soddisfatta di ciò che sembravo. 
" Cazzo. " La voce di Thomas entrò nel mio appartamento; mi avvicinai alla porta e lo vidi, mentre mi fissava, incredulo. 
" Che c'è? " Domandai. 
" Dove stai andando? " Mi domandò.
" A casa di George, te l'avevo detto. "
" Giusto. " 
Mi allontanai da lui mentre continuava a fissarmi nel solo modo che conosceva, per farmi impazzire. 
" Vai a piedi? " Mi urlò. 
" Mi viene a prendere lui! " 
" Non se ne parla proprio, sali sulla moto. " 
Si avvicinò e mi afferrò delicatamente. Le sue iridi verdi, mi facevano girare la testa. 
Vaffanculo all'amore. 
" Lasciami, Thom. " 
Mi spostai e accostò una macchina, dove George, mi guardava quasi con gli occhi increduli. 
Lo salutai, con un sorriso e un ' ciao' stentato. 
" Saaalve, George. " Miagolò Thomas, divertito ma con uno sguardo serio. 
Avevamo litigato, cosa voleva esattamente?
Io lo amavo, lui mi voleva bene. 
" Tu sei? " Chiese, George. 
" Una persona. In ogni caso, Hel non verrà con te, l'accompagno io. Vi vedete a casa tua, saluti. " 
Sfoggiò un sorriso soddisfatto e ci allontanammo dalla macchina. 
Non ero arrabbiata, ero furibonda. 
" Cosa cazzo hai fatto? Era il mio passaggio, quello! " Urlai. 
" Sali, Hel. " Mi disse, facendomi cenno con la mano. 
" Te lo scordi. " Cominciai a camminare e Thom salì in moto, con sguardo severo. 
Trovo il meglio di lui in ogni cosa che faceva, in ogni cosa che diceva, anche mentre respirava,
mentre era arrabbiato col mondo. Mi piacevano le persone arrabbiate col mondo. 
Quelle che quando andava storto qualcosa mollavano un cazzotto alla porta di casa. 
Thomas era semplicemente reale. 
Trovavo il meglio di lui in ogni cosa che voleva, anche se mi faceva stare male. 
In ogni cosa che chiedeva. 
Mentre respingeva, mentre faceva il duro, mentre non lo era affatto. 
Mi piacevano le persone che si fingevano dure, glaciali, stronze. 
Ed era contraddittorio. 
Mi piaceva che Thom l'idea che Thom fosse arrabbiato col mondo perché era reale, mi piaceva che fingesse di essere stronzo, perché non lo era.
Non era stronzo. 
Era tutto uno schifo di paradosso e lo sapevo, ma l'amore,l'amore è un paradosso. 
Una contraddizione. Si ama, si odia, si ama. 
Continuai a camminare, lentamente. 
Era tardi e ad essere sincera ero terrorizzata dall'idea di camminare da sola, in quella strada buia. 
" Thomas, vai via! Io vado a piedi!"
Lo vidi sorridere.
" Vuoi che vada? " Ammiccò. "Perfetto. " 
Si portò dall'altra parte della strada e tornò indietro con un rombo di motore assordante; avevo il cuore in gola, un po' per i pensieri, un po' perché ero
da sola, in una strada buia. 
Vaffanculo Thomas. 
Avevo dei trampoli e un vestito corto; 
mi odiavo e odiavo Celeste per avermelo regalato: era di un colore acceso, sul rosa, con un fiocco azzurro dietro e una scollatura mozzafiato; un bel vestito, nulla da
dire; bel vestito che addosso a me,  diventava insignificante.
" Salve bellezza. Serve un passaggio? " Mi voltai e vidi una macchina, metallizzata e pulita. 
Il conducente era un ragazzo di qualche anno più grande, neanche tanto brutto.
I suoi occhi mi misero paura e sorrisi, imbarazzata. 
" No, grazie. " Rifiutai, gentilemente. 
" Dai, sali. " Mi disse. 
Mi allontanai leggermente e sentii il rombo del motore di una moto. 
" La ragazza è con me, adesso puoi anche andare. Ciao. " Disse. 
Il tono di voce con cui parlò con il tizio della macchina e quello con cui si rivolse a me, mi lasciò interdetta. 
Nel primo caso, era stato freddo, incazzato, intimidatorio; nel secondo era il Thomas di sempre. 
" Hel, mi aspetto un grazie. " 
Abbassai gli occhi.
" Hai mandato via tu, George. " Sussurrai salendo nella moto. 
" George non aveva intenzioni tanto diverse da quello. " Disse, serio. 
Arrivammo a casa di George in pochi minuti e io, lo salutai con un bacio sulla guancia. 
La sua pelle era morbida e calda, irresistibile. 
Sapevo che sarebbe stata una serata noiosa anche se stando a quanto era appena successo, poteva sembrare di no. 
George non voleva sedurmi, ne' tanto meno aveva secondi fini o almeno, credevo fosse così. Salii le scale, in silenzio mentre osservavo la folla che si distendeva 
rumorosa in ogni angolo della casa.
La musica era troppo forte e non mi piaceva neanche un po'; non ero una ragazza che ci sapeva fare, con queste cose, non amavo ballare e dentro quel vestito così 
corto, mi sentivo in errore. 
Un pesce fuor d'acqua, ecco tutto. 
Socchiusi gli occhi e arrivai in salotto o almeno credetti, che lo fosse. 
Un lampadario enorme illuminava tutta la stanza e due grandissime casse si trovavano a destra e a sinistra;
c'era gente che non avevo mai visto e che sicuramente neanche George conosceva; trovai un posticino sul divano e sperai che finisse, il prima possibile. 
" Piccola!" Sentii la voce del mio amico, avvicinarsi di soppiatto. 
" Auguri, George! " Sorrisi. "scusami per Thomas, poco fa. " Sussurrai. 
" Non preoccuparti, davvero. L'importante è che ora tu sei qui. " Mi guardò con due occhi furbi e mi girò la testa. 
Pensai a Thomas:
ai suoi occhioni verdi e al suo modo strano di vedere le cose.
Avevo passato, effettivamente, troppo tempo a cercare, a cercare l'amore, la felicità, e a volte, addirittura, anche a cercare gli obiettivi da raggiungere.
Buona parte della nostra vita, pensai, la passiamo cercando
Passiamo più tempo a cercare che a vivere, per essere sincera. 
Cerchiamo il vero amore, la vera amicizia, il successo;  cerchiamo la popolarità, il lavoro giusto, una casa grande. Noi cerchiamo, cerchiamo troppo spesso e 
troppo spesso non troviamo nulla.  
Forse, adesso, mi trovavo in quella festa per cercare qualcosa e forse, non l'avrei trovata. 
Nella vita delle persone, ero sempre entrata in punta di piedi, in perfetto silenzio. 
Ogni tanto avrei voluto sentirmi dire che andava tutto bene, che un po' di rumore non avrebbe cambiato le cose, che ai miei gesti pacati, riflessivi, saggi e 
utili potevano aggiungersi quelli inutili, folli, per scopo puramente casuale.
Avrei voluto sentirmi dire che il suono della mia risata, il battito del cuore, la mia voce troppo squillante non avrebbero creato disturbo. 
Ma di solito nessuno mi diceva niente, si prendevano il meglio e mi lasciavano andare. 
Forse era per quello che adesso era rimasto, in me, solo il peggio. 
Non andavo alle feste, ero perfettina, noiosa, incontrollabile. 
" Come vanno gli studi?" Continuò, George. 
" Alla grande. Insomma, io e Thom stiamo lavorando su un progetto e..." 
Parlavo sempre di lui, ero diventata parecchio monotona. 
" Piacere, io sono Luca." Mi urlò, qualcuno, da dietro. 
" Piacere, Luca. "  Dissi, alzando la voce, per farmi sentire. 
Avevo troppi sguardi adosso. 
" Sei bellissima. " Mi sorrise. 
George prese a parlare con altre ragazze e io mi alzai, intenta a correre via o quanto meno, a cercare qualcuno che conoscevo. 
" Dove scappi? " Mi disse, Luca.
Aveva due occhi azzurro cielo e una cicatrice sulla fronte;
un bel ragazzo, un bel sorriso; nulla a che vedere con Thomas, certo. 
" Stavo... andando. " Dissi, indecisa. 
" Si avvicinò e cominciò a ballare. I suoi movimenti erano seducenti e spossati, ci stava provando spudoratamente e io, lo guardavo rossa in viso. 
" Non balli? " Sussurrò. 
" No. Dovrei andare, quindi...ti saluto, eh? " Mi allontanai e scesi le scale, di fretta. Non volevo avere nessun contatto con quel ragazzo, ne' con nessun altro
che non avesse gli stessi occhi di Thom. Notai il viso di Luca, soddisfatto, mentre mi seguiva,sono in quel momento mi voltai e lui mi afferrò da un polso. 
" Aspetta. " Disse. 
" Lasciami! " Urlai così piano che forse, solo lui riuscì a sentirmi. 
" Dai, magari possiamo passare una bella notte, insieme. " Sorrise. 
Cosa diavolo voleva da me? 
" Non possiamo passare nulla, insieme. "
" Ti faccio godere. " Si avvicinò e portò una mano sulla mia coscia. 
Per un attimo pensai che sarebbe finita male. L'avrei picchiato a sangue o mi avrebbe piacchiata a sangue; in ogni caso dovevo andare via. 
Quando Thomas, all'inizio, aveva ammiccato al sesso, non mi ero spaventata e non ero scappata via. 
Qualsiasi cosa facesse, Thomas non riusciva a spaventarmi; era un bravo ragazzo. 
" Non mi toccare! " Urlai e mi spostai di fianco mentre lui indugiava su di me. 
" Ti ha detto di lasciarla stare. " Sentii distintamente la voce di Thomas e mi girai, presa dal panico. 
Mi allontanai strappando una parte del vestito, già troppo corto e portai le mani sul fianco, ormai completamente scoperto. 
" Chi cazzo sei tu? " Rispose Luca, con un sorriso divertito. 
Non riusciuvo a capire se scherzasse o se davvero volesse mettersi contro Thomas.
Avevo le guance in fiamme e mi sentivo una stupida. 
" Non toccarla. " Mi spostai dietro di lui e presi la sua mano. " non provare, mai più a toccarla. "
Si avvicinò e Luca fece la stessa medesima cosa. 
Non riuscii neanche a capire cosa successe esattamente dopo, ma Thomas mollò un cazzotto nella faccia di bronzo che si ritrovava quel ragazzo appena conosciuto e
mi ordinò, quasi senza pensarci di salire sulla moto. 
Lui fece la stessa cosa, mentre Luca era a terra con il naso sanguinante e con gli occhi spenti. 
" Stai bene? " Mi chiese. 
" Si. " 
Mi abbracciò, mentre provava a mettere in moto. 
Riuscii a fermarlo e lo baciai. 
Fu un bacio semplice, quasi fraterno. 
La strada fu breve ed entrai in casa; ero andata via dalla festa senza neanche salutare e adesso ero dinuovo con Thomas. 
Ero strana e contrariata. 
Infondo, non era normale che, in quell'epoca, sopratutto, io non riuscissi a relazionarmi con nessuno,non riuscissi ad uscirne viva in una normalissima festa e che, 
quando era Thomas a provarci, io ci stavo. Non nel senso più ampio della parola ma ci stavo. 
Non vivevo per le feste, questo era abbastanza banale; 
Vivevo piuttosto per la pioggia che cadeva pesante sulle finestre di persone che conoscevo poco.
Per un 'ti amo' sulla panchina di un primo bacio. Vivevo per le foto che mi ritraevano da piccola, per le nuvole che facevano a botte con il cielo.
In quel periodo, poi, vivevo per le domeniche mattina perse in un bagno caldo e un ragazzo troppo nudo.
Possibilmente, vivevo per le lettere che solo alcune persone, ormai sarebbero riuscite a scrivere. Per le stelle che ogni notte si piazzavano sopra casa mia, 
senza chiedere il permesso. Io, in quest'epoca vivevo per delle stronzate. Niente feste, niente shopping, niente serate di sesso con il primo che ti concede qualche 
complimento. Vivevo per la musica che non ascoltavo mai alla radio e che non somigliava a quella che George aveva messo, quella sera, vivevo per le stagioni,
per l'amore e per i colori, per le emozioni che regalavo, per le cose che scrivevo. 
" Non posso lasciarti un attimo sola che ti piombano i coglioni addosso. " Mi disse. 
Non avevo voglia di parlare, stavo male. 
" Giusto." Sussurrai. 
" Ancora arrabbiata? Ti ho salvato tre volte la vita, Hel. " Ammiccò. 
" Non sono arrabbiata. " 
Si avvicinò, mentre avevo appena finito di mettere la canotta e un paio di pantaloni sgualciti. 
" Hei. " Mi prese il viso tra le mani e mi sentii morire. 
" Thom. " arrancai. 
Avevo gli occhi belli, quella sera. 
Li sentivo lucidi, sentivo che se solo ci avesse guardato dentro davvero,ci avrebbe visto il mare. 
Mi baciò e affondai completamente tra le sue braccia. 
Ero benzina e lui stava giocando con il fuoco; sapeva che ad ogni suo gesto avrebbe trovato il mio, questa volta. Lo avvicinai a me e spostai il vestito che avevo adagiato sul letto e i cuscini, che mi erano d'intralcio. 
Sentii il torace di Thom a contatto con il mio ventre, mentre le sue mani erano scivolate sui miei fianchi, ogni respiro entrava prontamente sulla mia testa, giocava
malizioso sul mio orecchio e mi rapiva da ogni suono o soffio diverso.  
Disegnava strane figure sul mio corpo, saliva e scendeva; chiusi gli occhi sdraiandomi completamente sul letto e sentii la sua presa, decisa e dolce, sul mio seno. 
Le sue mani, a contatto con con il mio corpo, freddo e insipido, diventavano cenere ardente. 
Non avevo intenzione di pensare a nulla, questa volta; io avevo la certezza, lo amavo e se questo significava, per lui, fare sesso con una ragazza, non m'importava.
Io stavo facendo l'amore, con Thomas. 
" E' quello che vuoi? "Sussurrò, al mio orecchio, mentre le sue mani si insinuavano sotto la mia maglietta, nuovamente.
" Si. " Gemetti, quando lui mi spinse in alto e me la sfilò. 
Non lasciò passare neanche un attimo e sganciò Il reggiseno, gettandolo da qualche parte sul pavimento.
Sembrava un predatore, perso negli attimi fuggenti di una preda. Lo guardavo boccheggiando come una
stupida, mentre più passava tempo, più lo volevo.
Mi guardò, mentre mi lasciavo completamente andare e comincio a lasciarmi baci bollenti su ogni angolo del mio seno, sui fianchi, sul bacino. 
Forse avrei dovuto fermarlo. 
Non bastavano tre mesi, per conoscere qualcuno. Non bastavano tre mesi, per finirci a letto; eppure, in quel momento, con lui che mi cercava, che indugiava su di me, 
che mi infiammava, non ci riuscì. Non volevo fermarlo.
" Hel. " Gemette, prima di continuare. " stasera, quando quel tizio ci ha provato. " Respirò, mentre mi sfilava i pantaloni della tuta. " avrei voluto farlo fuori. "
Perché quella rivelazione?
" Ho notato. " Ansimai, mentre mi baciava ogni centimetro di pelle: le gambe, le ginocchia, le cosce. 
Lo baciai, mentre le mie dita si nascondevano tra i suoi capelli.
Mi allontanai di qualche centimetro e lo guardai nuovamente, provando indistintamente a sbottonargli i jeans: bottone dopo bottone, mentre i secondi sembrano anni. 
I suoi occhi si perdevano tra i tratti del mio corpo, del mio viso, tra i colore dei miei capelli, spettinati ed elettrici. 
" Sei geloso? " Farfugliai, mentre si riposiziono su di me, ricominciando con i baci sul collo per scendere fino all'ombelico. 
" Si. " Mi rispose. 
" Perché? "  Indugiò sul mio intimo, prima di sfilare via anche quello. 
" Non lo so, Hel.  " 
Non mi amava, ma magari prima o poi lo avrebbe fatto. 
Gemetti, presa dal panico e con troppe paure addosso. 
" Non vuoi solo il mio corpo vero? "
Volevo avere la certezza che non fosse solo sesso, almeno quello, me lo doveva. Non volevo essere un'altra
della sua collezione. 
Stavo cendendo me stessa, gli stavo regalando una parte di me. 
" Non mi sto divertendo con te,  non sei solo un gioco, Hel. "
Bastò quella frase per lasciare che Thom entrasse dentro di me;
una frase per abbattere ogni paura e ogni incertezza che avevo costruito. 
Lo amavo, nonostante i tre mesi, nonostante il compito, il professore, e tutto ciò che ne avrebbe seguito, io lo amavo. 
Sentii finalmente ogni angolo del suo corpo sul mio, ogni profumo, ogni respiro, ogni sguardo semplice. 
Lo amavo. 



Scusate, scusate, scusate!
Ho perso tanto tempo per mettere quest'altro capitolo e spero con tutto il cuore che non ve la siate presa.
In questo capitolo succede.
Hel fa un po' di chiarezza e Thom...mh, Thom è adorabilmente gelos e quindi, beh... succede. 
Non ho potuto descrivere come si doveva la scena, perché sono in arancione!
Comunque sia, per favore fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto perché ho una tremenda paura che 
non sia così!
Volevo dirmi che ancora, ci saranno altri capitoli, moltissimi altri capitoli. 
* questo non è l'ultimo. *
Un bacione grandissimo a chi mi segue e GRAZIE.
Davvero. 

Ps: scusate se ci sono errori di grammatica o distrazione!
 

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Capitolo 10
*** Prendersi una pausa. ***




                                                                                                                 Prendersi una pausa. 


William Shakespeare scrisse: L'amore non è amore che cambia quando incontra qualcosa che cambia. È un'impronta incancellabile che combatte tempeste 
e non si agita mai. L'amore non si trasforma in poche ore o in settimane, ma resiste, anche sull'orlo della morte.
Era in quel momento, mentre le mani di Thom cingevano i miei fianchi e il mio viso strusciava contro l'incavatura del suo collo, che pensavo a Shakespeare. 
Potevo dire di amare Thom, perché adesso, tra le sue braccia mi sentivo a casa e - cosa strana - non era mai successo. 
Sembrava quasi che Thomas fosse il mio mondo, il mio cielo, il mio sole personale. 
Respirai, faticando a regolarizzare i battiti. 
Era quel dannato cuore, che mi portava a un mare di pensieri. 
Thom mi amava? 
Quante altre volte aveva detto a qualche altra ragazza, più carina o più disponibile, che non era un gioco?
E quante altre volte, era sparito?
Erano le mie insicurezze, ecco tutto, ed erano sempre quelle, che ogni volta, mi avevano gettato a terra. 
Il fatto è che ogni volta che qualcuno entrava nella mia vita non ero in grado di pensare che avrei lasciato il segno ; 
invece avrei dovuto pensare, ogni volta, che se c'ero,l'unica cosa avrei dovuto fare, per una volta, era restare.
Ma nessuno forse restava. 
Mi strinsi a Thomas e respirai il suo profumo. Aveva i capelli spettinati e un viso da cucciolo che quasi sembrava sorridere. 
" Mi stai fissando? " Sussurrò. 
" No." Abbassai gli occhi e sorrisi. 
" Ti sento addosso, Hel. " 
Quelle parole si spinsero dentro le tegole del mio mondo e lo buttarono giù. 
" Promettimi che mi sentirai addosso anche dopo. " Dissi, decisa. 
" Dopo? " Si spinse lui, e aprì gli occhi schioccandomi un bacio sulla fronte.
" Dopo. Dopo che il compito sarà finito. Hai avuto quello che volevi, no? Adesso diventeremo due estranei? "
Riprendevo lo stesso argomento, ero diventata monotona e oppressiva. 
Pensai ad un mio amico. 
Un mio amico che adesso non avrei potuto reputare tale. 
Ricordai le sue parole, stranamente. 
L'ultimo giorno che ci eravamo visti, mi disse che se avessi parlato con una persona, con poche o tante persone, avrei lasciato, sempre,  una parte di me,
delle mie esperienze, del mio tempo.
Aveva ragione; 
Era una vita che regalavo parti di me, alla gente. 
Avevo regalato parti di me a persone che dopo, erano sparite, avevo regalato parte del mio tempo, anche solo per poco, anche solo per gioco, divertimento, noia. 
Anche solo tra le parole incatenate da silenzi, anche per lettera o sms,anche per amore o amicizia. 
Anche per così, perché tanto dopo le cose cambiano, le stagioni si svuotano, le persone si dimenticano. 
E allora, mentre Thomas mi guardava, mi chiesi se fosse giusto, se dimenticarsi, fosse giusto. 
Insomma, se fosse giusto incontrarsi dopo due anni e non sapere qual'è la parte giusta, se ne esiste una. 
Non riconoscere due occhi. 
Lasciare che l'indifferenza divori le parole, i significati, il tempo stesso. 
Mi chiesi se quando, dopo anni, incontri quella amica, riesci a non sorriderle, riesci a guardarla e a non pensare che lei c'era. 
C'era e adesso è un'estranea. 
Non si dimentica, perché si conserva. 
Nella maggior parte delle volte, si conserva. 
Si conserva quel segreto, scritto e riscritto nelle pagine di un diario, si conservano quegli sguardi che sembravano poter durare per sempre. 
Si conservano le esperienze, il tempo, le parti che ci si scambia e che forse si è incapaci di riprendere indietro. 
Mi sono chiesta se fosse giusto. 
Se fosse giusto trovarsi in un bar e avere vicino la persona che amavi, anni prima. 
Respirare la stessa aria di lacrime e vita nuova, incapace di un saluto. 
Ma cos'è un saluto paragonato ai sogni che vi scambiavate nelle giornate troppo calde fatte di stelle e abbracci sinceri? 
E se Thomas, era un semplice ricordo?
Se dopo un po' Thomas si fosse trasformato in un estraneo?
Era il mio terrore, avevo paura di perdere Thomas come avevo perso gli altri, di incontrarlo dopo qualche anno e ricordarmi di come il suo corpo sul mio faceva uno 
strano effetto sul mio stomaco e fegato e cuore. 
Non lo sapevo, non sapevo se in realtà, lasciare che chi si è spento, dentro la tua vita, non riesca più a raggiungerla. 
Non sapevo neanche se raggiungerla era quello che voleva, se Thomas, sarebbe rimasto o sarebbe andavo via.  
Magari avrei regalato parti di me, a persone che sarebbero sparite, 
Sapevo che avrei lasciato un album di ricordi di Thomas e me, appeso sui muri di ogni città e sapevo che l'avrei fogliato ogni volta, per caso, mentre avrei incontrato 
gli occhi di Thomas in un bar comune,  con il risultato di una delucidazione di dettagli. 
Quante persone avevano ancora parti di me, dentro loro?
Quante persone conservavano ricordi, esperienze, sorrisi, pensieri, che sono erano miei?
Forse le avevo già regalate a tutti e non mi rimaneva più nulla.
Forse l'unico vero amore di Thomas era stata Lidia e adesso, io, ero solo un'altra delle tante. 
Avevo sempre desiderato essere il cambiamento di un ragazzo. 
Insomma, volevo essere quella che:
' non ti dimenticherò mai. ' 
Non credo sia mai successo. 
Io ero una di quelle che se non le vivi, non le ricordi. 
Volevo essere il vero amore e sono sempre arrivata tardi;
ero l'altra, dopo lei. 
ero quella del ' giuro che non la penso più, adesso mi importa solo di te. ' 
Quella che adorava certe frasi, 
le stesse che erano state dette, già una volta. 
Era sempre stato quello il mio problema; Forse non ero rimasta abbastanza nella vita di una persona, abbastanza per potermi sentire dire che io, ero il vero amore, 
che io ero l'eccezione. Forse non ero nata per essere il vero amore di nessuno. 
Tanto che quando mi ripetevano le stesse frasi, stavo bene, ci credevo. 
Quando Thom mi diceva che non ero il suo gioco, stavo bene. 
Tanto che quando Thomas mi aveva stetta a se', mi ero sentita l'unica.  
Avevo sempre desiderato essere il cambiamento di un ragazzo, la frase nuova, il motivo per dire: 
'cazzo, questo non era previsto. '
Sarà che arrivavo sempre tardi, però.
Sarà che anche con Thomas, ero arrivata tardi. 
" Come faccio a dirti che sbagli, Hel? Come faccio a farti capire che non sei come le altre? "
Respirai e mi avvicinai di più. 
Sentii il respiro di Thom, farsi più pesante. 
" Hel, quando finiscono le storie, nel peggior modo esista al mondo, si inizia a credere che tutto si fermerà, da un momento all'altro. 
Ti affacci alla finestra e pensi 'ok, adesso crolla quella casa, adesso si fermano le macchine e si accorgono di quanto male mi sono fatto.'
Si accorgono che qualcosa è cambiato nella vita di qualcuno,perché qualcosa cambia sempre. Dopo un po', però ti accorgi che la vita continua e quando lo fai, quando 
te ne accorgi, hai vinto. 
Insomma, quando non ti arrabbi più perché quel vestito lei non riuscirà mai a vederlo o perché quel tuo amico non ti ha chiesto come stavi senza il suo profumo addosso, 
o perché ogni mattina ti svegli con la voglia di guardare due occhi grandi e non sono mai i suoi, ce l'hai fatta. 
Se smetti di arrabbiarti perché lei non è più accanto a te e tutto continua a girare, allora hai vinto. Perché tanto ti manca sempre, solo che non è più amore. 
Si tratta di ricordi. 
Ho sempre pensato che definire qualcuno ' una boccata d'aria fresca ' fosse squallido, eppure tu lo sei e non sei squallida. 
Non sei squallida e sono stato con te perché volevo, volevo essere tuo, anche solo per una notte. 
Tu sei sempre pronta ad aiutarmi mentre mi lecco le ferite e provo a ripararmi e anche quando ho parlato di lei, lo hai fatto, in silenzio. 
Mentre mi sorridi e sembra che ogni cosa non ti scalfisca minimamente. 
Sei la mia roccia. 
Ed è per questo che sono qui, nel tuo letto. 
Perché il grazie si nasconde dietro alle volte in cui tu sorrido e ti tengo per mano. 
Si nasconde dietro ai messaggi che ti lascio sul cellulare, alle parole stupide che respiro quando sto con te. 
Ma se non te lo dicevo. 
Se io non te lo dicevo adesso, se non ti dicevo grazie, se continuavo a nasconderlo dietro al mio mondo, forse tu non l'avresti mai afferrato. 
Quindi grazie." 
Tremai, mentre la sua mano raggiungeva il mio collo e la sua bocca si incollava alla mia. 
Mi spostai, paonazza in viso e con un cuore che faceva a pugni con lo stomaco. 
Mi stavo mettendo nei casini perché stavo diventando dipendende da lui. 
" Dobbiamo andare, eh? " 
Mi guardò con aria solenne e mi fece una smorfia semplice, di quelle che solo Thom riusciva a fare.
Chi lo definiva stronzo non lo consceva davvero. 
Thom era un misto tra sesso e amore. 
Era così, era passionale, infernale, ammiccante, profondo e sincero. 
Era bello e sexy. 
Passò circa mezz'ora ed entrambi riuscimmo a fare una doccia. 
Camminavo di fianco a lui come una fidanzata e non me ne vergognavao; e lui, non sembrava infastidito o stranito.
Era ancora la sua amica e lui il mio.
Entrammo in classe e respirai, mentre si sedeva al solito posto, la strada mi era sembrata più breve del solito e il sole, più in alto, più caldo, più bello. 
Ero solo una bambina che giocava col mondo. 
Presi posto e socchiusi gli occhi, impercettibilmente. 
" Psss. " Mi accorsi quasi subito che la classe era piena e conoscevo anche solo per sentito dire, quasi tutti. 
Facce per cui non avevo mai stravisto, facce che non mi avevano mai dato il giusto modo di farmi conoscere;
la colpa, ad ogni modo non era solo loro, anche Mad, una volta aveva provato a integrarmi nel gruppo e io, per giusta risposta, avevo rifiutato educatamente. 
Mad era una mia amica, se potevo definirla tale. Una di quelle che prendevano tutto alla leggere, che guardandosi allo specchio vedevano solo rossetto e capelli pettinati. 
Non era una cattiva persona, eppure, non riuscivo ad instaturare un rapporto reale, con lei. 
" Helen! " 
Mi voltai, con una tale calma da lasciare col fiato sospeso, era la presenza di Thom che mi tranquillizzava. 
" Stai con Thom? "
La sentii boccheggiare, quasi come per nascondere il filo di amarezza che si nascondeva sulla sua voce.
Non era la prima volta che mi veniva posta quella domanda e non era la prima volta che mi rendevo conto di desiderare che fosse reale. 
Nel mio mondo, le parole di Thomas, sarebbero state rivelatorie. 
'Mi ama.' avrei dedotto, quasi subito; eppure lui non era come gli altri. 
" No, perchè?" Chiesi, tranquilla. 
Il professore intanto aveva cominciato a parlare, insistendo, stranamente, per leggere alcune parti del nostro progetto. 
Avevo scritto una lettera a Thomas, per parlare di lui e per spiegare cosa provavo quando stavamo insieme, mi era sembrato un progetto perfetto e inoltre, il professore 
ci aveva quasi costretto a non far leggere gli ultimi progetti ai compagni che ci avevano tenuto compagnia nel corso del tempo, per uno stupido compito. 
Alla fine della conoscenza, avremmo dovuto - oltre a portare l'argomento assegnatoci - portare una lettera, un tema, un video o una canzone su cui, erano incise le nostre parole e idee, per la nostra metà. 
Ero innamorata e lui non lo sapeva, ergo, dovevo trattenermi. 
Trattenermi perché ogni volta che respiravo, desideravo respirare parole sue, ogni volta che ascoltavo una canzone, speravo di poter incollare il suo nome, su ogni singola nota.
Dovevo trattenermi perché chi ama si trattiene. 
Niente sesso, amore o frasi troppo lunghe. 
" Vi siete lasciati, per la voce che gira, su Thomas? " un finto sorriso di rammarico e mi voltai per guardare il mio compagno, assorto in un libro. 
" Che voce? " Sussurrai. 
" Non lo sai? Gira voce che il tuo bel giovane sia stato a letto con una ragazza del corso di chimica, qualche giorno fa'. " 
Mi girò la testa.
" Nel senso che..." respirai. 
" Nel senso che si è scopato una ragazza che non eri tu. " Disse, abbassando la voce. 
Non dovevo,eppure ero così talmente furiosa che niente, niente e nessuno avrebbe potuto calmare ciò che si stava creando dentro il mio stomaco. 
Le parole che Thomas mi aveva lasciato, poco prima, a casa mia, erano diventate sabbia. 
" Non... " chiusi gli occhi e assunsi una posizione più altezzosa, lasciando che una sorta di sicurezza, finta e contratta, trapelasse dal tono della mia voce. 
" Non lo sapevo, Mad. In ogni caso è libero di fare ciò che vuole. Io non sto con lui. "
" Ragazze, volete un caffè? " Si esibì il professore, interrompendo il mio teatro. 
" No, io devo andare, professore. " 
Mi alzai, guardando in cagnesco Thomas. 
Quante altre persone erano state la sua roccia?
La mia non era una stupida paranoia, la mia era realtà. 
E tutto quello che fino a quel momento mi era sembrato fondamentale, adesso sembrava perder significato. 
La scuola, l'amore, l'orgoglio. 
Io ero l'errore, ero l'unica persona al mondo, capace di aver paura delle persone, di aver paura delle stagioni, dei sentimenti, delle nuvole; avevo sempre avuto l'idea che la scuola salvasse l'anima. 
Fin dalle medie, pensavo che studiare, riuscisse, in un certo modo a curare le ferite; 
potevo imparare a vivere, acquisire fiducia, imparare che l'amore, ha mille altri modi per esistere. 
Volevo che il cielo riuscisse a spegnere ogni mia paura, volevo che l'amore riempisse gli spazi vuoti che le persone avevano lasciato,
che la scuola mi insegnasse a credere nelle capacità che avrei dovuto possedere. 
Ma non era così e ogni volta che la verità mi veniva sbattuta in faccia, io mi limitavo a spengnere la luce, anche quando, dopo una qualsiasi delusione, 
avevo voglia di chiudere gli occhi, inconsapevole del fatto che se li chiudevo, la luce spariva lo stesso. 
Percorsi il corridoio, come quando ero piccola e abitavo in Italia. 
Infondo, quando si è piccoli, sembra che tutto duri in eterno e in linea di massima è una cosa tremendamente bella e tremendamente falsa. 
Sai che ami, nel senso più ampio della parola e che vieni amato e questo, quando si è piccoli basta. 
" Ci vogliamo bene, siamo amici. " 
Ma l'amore, se non è del tutto ricambiato, dopo, non riempie i vuoti, nella maggior parte dei casi li alimenta e basta. 
Ero innamorata. In tre mesi ero riuscita a farlo e mi ero incasinata l'anima, mi aveva fregata.
Non c'era scuola o compito che avrebbe tenuto. 
Nessuno mi avrebbe insegnato che bisogna credere alle nuvole, che bisogna guardarsi allo specchio e bisogna sentirsi semplicemente felici, meno che mai la scuola. 
Nessuno mi avrebbe spiegato che bisogna essere convinti che basti un attimo per toccare il cielo, che se ami la musica, devi cercarla, viverla, scovarla, amarla. 
Che se hai un sogno, devi suonarlo, cantarlo, fartelo amico. 
Che a volte, un buon voto, paragonato alla vita diventa la cosa più stupida di questo mondo. 
Nessuno mi avrebbe insegnato che si deve lottare, correre, afferrare e vincere;
l'importante era sapere che due, sommato a due, risulta quattro. 
Uscii, accovacciandomi del tutto,al cancello. 
Stavo piangendo e non riuscivo a fermarmi, erano le delusioni, che mi giocavano uno strano effetto, nonostante la frequenza in cui mi venivano proposte. 
" Hel? " Alzai il viso, consapevole del fatto che non ero nel mio miglior stato. " Hel, stai bene? "
" Si, scusa. " Mi alzai, voltandomi dall'altra parte. 
Non doveva vedermi piangere e non avrei dovuto neanche scusarmi. 
" Perché? " Mi chiese. 
Non potevo vederli, ma sapevo che i suoi occhi, erano di un verde scuro, adesso, più che mai. 
Mugugnai a voce bassa e Thom continuò. 
" Perché stai piangendo? " 
Perché uno stronzo mi ha fatta innamorare, avrei voluto rispondere. 
Perché anche se non stiamo insieme, sempre quello stronzo, ha avuto la capacità di farmi sentire una donna tradita. 
" Non sto piangendo Thomas. " Insistetti. 
" Non fare la bambina, Hel! " Urlò. 
Non avevo il coraggio di starmene zitta, mentre lo stomaco ruotava sul corpo. 
" Non fare tu il bambino! " Mi voltai, quasi urlando.
Il suo viso si corrucciò e notai che portò una mano ai capelli; era bello come il mare e qualsiasi cosa avesse detto, non sarei riuscita a cacciarla via dalla mia testa, mai più. 
" Ti ho fatto qualcosa? " 
" Sei andato a letto con una ragazza del corso di chimica? " Sussurrai. 
Thomas non rispondeva, mi fissava, con quella bocca che mi avrebbe fatta impazzire. 
" Sei... andato... a letto con ... una ragazza di quel corso!??? " Urlai, questa volta, convinta che se qualcuno non mi avesse fermata, di li a poco, avrei spaccato la faccia al mio ' amico ' . 
" Aspetta, Hel, è successo prima e forse non..." Lo fermai. 
" Si o no!? " Gli puntai il dito contro, avvicinandomi più del dovuto. 
" Si. Ma noi non stiamo insieme,non ti sembra di esagerare? " Mi disse, poggiandosi al muro. 
" Non stiamo insieme? " Presi fiato e sorrisi, amareggiata. " sei uno stronzo, Thomas. Sono venuta a letto con te e lo sapevi. Lo sapevi che non faccio sesso se non amo." 
Respirai. 
" Hai lasciato che mi innamorassi di te, con quelle stupide..." lo spinsi via. " stupidissime parole! Con quel ' sei la mia roccia' ' non sei un gioco'  e nel frattempo, ti eri 
scopato un'altra! E chissà quante altre! E io, ogni notte, ti lasciavo dormire nel MIO letto, Thomas! Nel MIO letto. " Piangevo e Thomas sembrava frustrato. 
" Lascia che ti spieghi... io non.." 
" No, Thomas. Da oggi in poi, stammi lontano. Finiremo questo compito e sparirai dalla mia vita. " 
Ero riuscita a perdere completamente il senso di logica che avevo. 
" Aspetta, Hel! "
" No, non aspetto più Thomas. Sono tre mesi che aspetto, noi ci siamo tenuti per mano, ci siamo scambiati sorrisi, abbiamo parlato di ogni cosa, tu mi hai visto spaccare il mondo, litigare con mia madre, riempirmi di sentimenti e mi hai visto gettarli via. Mi hai visto con i capelli in disordine e ho riso di te,tu mi hai visto nuda... mi hai spogliata e sapevi... sapevi che l'ultima cosa che volevo al mondo, era essere il tuo passatempo. "
Mi allontanai, tornando a casa. 
Sapevo che nel giro di qualche ora avevo amato e odiato la stessa persona, eppure non mi davo la giusta spiegazione, non riuscivo a capire, perché Thomas, sembrasse così sincero, mentre mi diceva che non ero un gioco, che ero la sua boccata d'aria fresca. 
Io lo amavo e avevo bisogno di stargli lontano. 
Mi sdraiai sul  letto, prendendo il cellulare, solito numero e solito procedimento. 
" Celeste?!" Sussurrai. 
" Piccola. " 
" Sto male, Celeste. Ho bisogno di respirare, voglio andare via da qui. " 
" Che è successo? " 
" Non... non voglio parlarne. " 
Cominciai a singhiozzare; 
" Vieni a casa mia, Hel. Domani, fai le valige e parti. " 
Sentii il suo tono di voce, così limpido che per un attimo, smisi di piangere. 
" Davvero? " Chiesi. 
" Davvero. " 
Chiusi gli occhi, ringraziandola troppe volte e per troppi motivi. 
Sarei andata via, per qualche giorno e avrei respirato. 
Non avrei visto gli occhi di Thomas e avrei completato la mia parte di compito, a casa della mia migliore amica. 
In quel momento, mi sembrava la cosa più giusta da fare, niente problemi o cambiamenti vari e soprattutto, nessun amore nell'aria. 
Chiusi la telefonata e cominciai a fare le valige; finii subito e presa dalla malinconia mi poggiai sul letto e cominciai a leggere un libro. 
Era strano ma sentivo l'assenza del profumo di Thomas e io ero il classico tipo di ragazza che ci avrebbe pensato troppo. 
Infondo, c'erano alcuni momenti in cui mi fermavo a riflettere, magari capitava anche che ero tutta sistemata, sul mio letto o che stavo leggendo un libro, come stavo facendo adesso e allora mi rimproveravo.
'Proprio questo momento dovevi scegliere?'
Riuscivo anche a parlare da sola e non potevo giudicarmi pazza.  
Non avevo mai dedicato più di mezz'ora a me stessa, per quel discorso che magari avrei voluto fare, che si trattasse di qualsiasi discorso, intendiamoci. 
Forse perché:'Questa ragazza è sempre così silenziosa, Così riservata; sembra quasi che abbia paura del mondo, delle persone.' 
Forse perché: 'è vero,avevo paura. '
Quei discorsi che tenevo dentro, comunque li avrei dovuti uscire, esattamente, come avevo fatto, difronte a Thomas, e mi sarebbero serviti, perché solo in quel momento mi ero ricordata che c'ero, che non mi piaceva esserci, ma c'ero lo stesso. 
Ed era l'amore il centro di tutto, l'amore e le emozioni di cui non potevo fare a meno. 
L'amore per me stessa; era sempre lui, che si metteva in mezzo. 
Tutto ruotava attorno a quella parola. Amore, vero, falso, trovato, perso, amore ipotetico, reale, stronzo, gentile, per se stessi, per gli altri. 
Amore che sa dare e amore che sa prendere. Queste erano le solite stronzate che si leggevano in ogni muro, quaderno o sorriso e che si accompagnavano sempre, alle emozioni, le stesse che non avrei mai potuto evitare.
Ne' con Thomas, ne' con chiunque altro. Le mie emozioni erano sono come i saluti, Non avevano vie di mezzo, un po' come le sere passate male.
Le risate in un vecchio pub, con l'amica di sempre.
Come le farfalle allo stomaco, le mani che tremano, Il cuore che va in festa, come gli occhi di Thomas quando si facevano più scuri. 
Ecco cos'erano le emozioni; erano fuochi d'artificio nel mezzo della settimana.
Mi trascinai lenta, sotto le coperte e chiusi gli occhi. 
potevo staccare la presa per un po'??
Spegnere la luce o chiudere la porta. Potevo?
 
 
 
 
Salve. 
Scusate, scusate, scusate,scusate. 
Sono imperdonabile, ma ho avuto problemi: 
Mi sono rotta un braccio e ho la febbre, alta. 
Mi rendo conto che questo capitolo è breve, ma ho dovuto spezzarlo a metà, a causa di problemi di lunghezza; ad ogni modo, nel prossimo ci sarà una novità. 
La nostra Hel, partirà per raggiungere Celeste, sta male, è innamorata, è piena di paure e vuole staccare la presa. 
Ci lascia con una domanda, a cui spero risponderete. 
Thomas non può sparire dal suo cuore, o sbaglio?
Ma per farvi capire cosa c'è sotto il carattere stronzo di qualche personaggio che conosciamo alla perfezione,perderemo di vista i pensieri di Helen, 
per accostarci un po' ai suoi. 
Di chi sto parlando?
Thom. Parlo di Thom. 
Siete curiose di capire che passa per la testa al nostro bellissimo compagno di corsi? 
Seguitemi, vi prego!
Un abbraccio. 
Ps: Scusate gli errori di grammatica, ma non ho avuto il tempo di rileggerlo. 

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Capitolo 11
*** Dentro la testa di un uomo. ***


 
Dentro la testa di un uomo. 

I pensieri di Thomas.


Si dice che non ci rendiamo conto dei momenti significativi della nostra vita nel momento in cui li viviamo, cresciamo tranquilli e soddisfatti dando tutto per scontato, 
sia le cose, sia le persone ed è solo quando stiamo per perdere tutto questo che capiamo quanto abbiamo sbagliato e ci rendiamo conto dell'importanza di questi momenti e di quanto li amiamo e anche Katherine Anne Porter una volta disse: sembra che nell'universo ci sia un ordine preciso,
nel movimento delle stelle e nel girare della Terra e nello scorrere delle stagioni. Ma la vita umana è quasi sempre puro caos, 
ognuno prende la propria posizione. Afferma i suoi diritti e sentimenti, fraintendendo i motivi degli altri e i propri.
Il bianco di quei muri, adesso, mi sembrava troppo bianco. 
Sapevo che prima o poi sarebbe successo, sapevo che l'avrei delusa eppure, ci stavo male lo stesso. 
Hel era stata una delle poche persone che avevo conosciuto e di cui ne avevo riconosciuto una testa e un corpo. 
Di solito andavo a letto con tutte, per mescolare realtà a finzione. Non mi ponevo neanche il problema di conoscere il nome della mia amante, ne' tanto meno di sapere 
di che anno fosse. Erano semplici ragazze che quasi mi supplicavano per una serata insieme. 
Hel, invece, si era opposta. 
Insomma, aveva un caratterino difficile da sostenere e in quanto a bellezza esteriore, nonostante la sua scarsa autostima, era messa alla grandissima. 
Aveva lunghi capelli e due occhioni da cerbiatto, che avrebbero fatto a botte con l'intero mondo. 
Un fisico slanciato e delle forme da brivido. 
Era silenziosa e arrogante, Hel non amava i ricatti. 
Mi piaceva e avevo desiderato portarla a letto sin dal primo momento, forse era anche per quello che adesso, non riuscivo a spiegarmi ciò che l'aveva portata a quella reazione, così scostante. 
Avevo detto a lei che il mio corpo la pretendeva, che se solo avessi voluto, sarebbe stata mia e così era stato. 
Avevamo fatto l'amore e mi ero mescolato con le sue forme e i suoi colori. 
Non era stato un gioco, Hel non era un gioco ma non le avevo dato false speranze, ero stato sincero con lei. 
Le avevo detto che era importante ed ero stato sincero, fottutamente sincero. 
Percorsi l'ultimo tratto ed entrai in classe. 
Hel era speciale e a pensarci bene, mi ricordava Lidia.
Era come fare un tuffo nel passato e riaprire la voragine categorica che avevo affrontato. 
E non sapevo se fossi andato a letto con Glenda per quel motivo, se volessi scappare della realtà, perché fare sesso con Helen e considerarla l'unica con cui avevo fatto sesso nell'ultimo periodo, dove sembrava che le cose andassero meglio, significava rendere la cosa troppo importante, considerarla troppo vicina a quello che era prima, prendere una parte del mio passato e riportarla a galla. Forse volevo soltanto scappare, forse avevo paura che Helen le somigliasse troppo, 
che se lasciavo così poco spazio tra l'amore e il sesso, sarei finito dentro il cerchio e mi sarei fatto male. 
Il professore mi guardò con aria solenne e io, incazzato nero, presi posto accanto a Mad. 
" Ciao. " Mi voltai, con un sorriso finto. 
Mad mi guardò con gli occhi che sembravano un luccichio permanente, con quei capelli quasi arancioni e un colorito scuro e scontroso;
ero sicuro che lei, aveva detto tutto a Helen, l'avevo vista parlare con lei poco prima e volevo chiarire le cose. 
" Thomas." Sorrise. 
" Thomas un cazzo, Mad. " Dissi in cagnesco, mentre il professore sembrava fisso in cattedra. 
" Che? " 
" Senti, io non sono un tipo violento e tu sei una ragazza e io sono incazzato. Quindi rispondi e basta! Che motivo avevi di dire ad Helen che sono andato a letto con Glenda?"
Il suo viso, prese nuovamente luce e si avvicinò lento al mio. 
" Avete litigato? " Disse, ammiccante. 
" Sei una stronza. " 
" Chi tra i due e più stronzo, Thomas? " Sorrise. 
Mi fermò il gesto del professore, che picchiettando sulla mia spalla mi fece alzare. 
L'errore l'avevo fatto io ed era stupido dare la colpa ad altre persone; eppure Mad non mi era mai stata davvero simpatica. 
Mi avvicinai al professore e uscimmo di classe. 
Era un signore strano, ad essere sincero. 
Un mezzo coglione che si divertiva a seguire la vita degli altri per vedere quanto prevedibile potesse essere l'uomo. 
L'avevo capito sin dal primo giorno di corsi, uno dei pochi a cui ero stato presente. 
Aveva sempre quegli occhi vispi e un aspetto da uomo emancipato con due grandissime idee in testa. 
L'amore e la noia. 
Io ero stato il suo progetto, credo. Il suo caso umano, l'unico al mondo che da solo, secondo lui, riuscisse a uscirne sempre sano e con voti altissimi. 
" Cosa c'è? " Chiesi. 
" L'ho capito, caro ragazzo. " 
Lo guardai e per poco non gli risi in faccia. 
Non c'era nulla da ridere, lo sapevo. Hel si era incazzata con me e io volevo bene a lei, più di chiunque altro, in quel momento. 
" Cos'ha capito, professore? Che in questa classe si parla troppo e si studia poco? " 
" Ho capito chi sei. " Sussurrò. " Ho capito che tu hai paura dell'amore e ho seguito tutto, ogni cosa. " 
Non riuscivo a seguire il suo ragionamento e mi avvicinai, mettendo una mano in tasca. 
" Io non ho paura di niente. "
Solita maschera che solo con Hel, avevo abbattuto. 
"L'hai persa per sempre. " 
" Cosa cazzo ne sa' lei? Eh? " Mi allontanai e girai le spalle; aveva ascoltato tutto e infondo, considerando il tono di voce di Hel e quella gran cogliona di Mad, non era difficile da intuire. 
" Ho bisogno del tuo progetto, Thomas. Ho letto quello di tutti meno che quello tuo. Quello di Helen lo avrò domani, alcune sue comapagne,adesso ho bisogno del tuo."
Lo guardai in cagnesco e indicai la porta della classe. 
Era sul mio banco e non mi importava se l'avesse letto o meno; parlavo di Helen, in un foglio bianco e forse, non potevo neanche considerarlo una lettera. 
Adesso, l'importante era che non l'avesse letto Hel. 
Mi allontanai dal professore e uscii dalla scuola. 
Non avevo un posto dove andare e non avevo idea, di quello che avrei combinato, durante la giornata. 
Mi poggiai sul muretto e chiusi gli occhi. 
Potevo tornare a casa di Helen e chiederle scusa ma forse l'avrei ferita, una seconda volta. 
Lei, infondo era così insicura, piccola, semplice. Riusciva ad amare ogni cosa e lo nascondeva, perché aveva paura delle persone; 
amava il profumo dell'erba bagnata, dopo un temporale, le lettere scritte a mano, le recite scolastiche, la musica insignificante.
Amava tutto ed era così bella, così bella che a volte faceva male a guardarla. 
Non era bella come una normale ragazza poteva essere; lei non era bella e basta, non le importava dei capelli, del corpo, del taglio degli occhi, sotto quel punto di vista non era di certo perfetta. 
Lei era bella,bella sul serio, perchè si emozionava a guardare il cielo, perchè amava leggere e adorava il respiro di gente sconosciuta. 
E potevo accorgermene, ogni volta che mi avvicinavo a lei e diventava rossa. 
Helen era bella dentro e io, l'avevo ferita. 
Mi alzai e senza pensarci, in poco tempo, mi ritrovai sulla soglia di casa sua. 
" Helen! " 
" Vai via! Domani parto, non voglio vederti mai più! " 
" Helen, parliamone! " 
" Parlare di cosa?! " 
La porta si aprì e la chiarezza del tono di voce di Hel mi lasciò interdetto. 
" Parlare di cosa Thomas? Mi sono fidata di te, hai presente? " 
" Non..." Respirai. 
" Thom... io ho capito. L'ho capito che non è colpa tua se non mi ami. E va bene, va bene. Può andare a letto con tutte quelle che ti pare ma non voglio..." la sentii boccheggiare e riprendere il respiro come già in passato era successo. 
" Non ho intenzione di assistere a tutto questo. Ci sto male e ho sbagliato. Sapevo che mi sarei 
innamorata di te e... sapevo che tu sei stronzo e l'ho nascosto, ho lasciato che le parole lo nascondessero. Ti amo, ok? Il problema è mio. Solo... devi sparire.Mi volevi bene, me lo avevi detto... e allora potevi essere meno stronzo. Ti saluto. " 
Stava piangendo e io ero fermo, la guardavo come si guardano i quadri in un museo; i suoi occhi si fecero grandi e a passi lenti e indecisi, tornò dentro. 
Ero nato stronzo. 
Io ero quello che giocava e parlava, parlava troppo. 
Dopo Lidia, le cose erano andate sempre così, solo che adesso si parlava di Helen e io mi ero affezionato a lei .
Mi allontanai dalla porta e andai via. 
La vita era come una di quelle stelle comete che passano soltanto una volta all'anno e solo adesso, mentre fissavo il cielo, su una panchina colorata di verde, potevo 
rendermene davvero conto. 
La maggior parte di noi si preparava, si siedeva, voleva a tutti i costi viversi il momento e di solito quando passava ci si stringeva un po' di più, ci si amava per gioco,
si perdeva, si vinceva, si litigava, si odiava, si sorrideva, si piangeva, ci si innamorava. 
Alcuni si lasciavano scappare il momento, forse perchè troppo indaffarati, troppo insicuri, persi tra tormenti di un passato, di una delusione, forse perchè semplicemente
il cielo, non gli interessava e allora si perdevano lo spettacolo volontariamente. 
Esistevano anche quelli che la stella non riescivano a guardarla, perchè metaforicamente parlando, erano ciechi; 
perchè proprio in quel giorno, in quell'anno, in quell'attimo, si erano trovati lontani,non erano riusciti a guardarla e volevano, volevano con tutto il cuore. 
Nella maggior parte dei casi non era giusto. 
Nella maggior parte dei casi ci si trovava comunque spettatori della propria vita e mai artefici. 
Nella maggior parte dei casi la vita era come un 'è tutto ok', a volte troppo banale, bugiardo, superficiale o profondo; è un 'va sempre bene' e poi non andava mai bene
niente. Non riuscivo a pensare che solo quella notte, l'avrei dovuta passare fuori, chissà dove. 
Casa mia era inagibile, per motivi che sicuramente, non avrei messo in mezzo. 
Mi alzai dalla panchina e raggiunsi casa di Glenda. 
Un ampio terricciolo scuro e una porta intarsiata. 
Glenda era molto carina, alta e magra, con due occhi perlati e un sorriso colorato d'argento. 
Peccato che oltre a questo, non conoscessi nulla di lei. 
Conoscevo ogni angolo del suo corpo e neanche un centimetro della sua testa. 
Bussai con calma e stranamente, aprì subito. 
Indossava un mini corpetto e un mini slip, che a dirla tutta, mi avrebbero fatto impazzire, se solo non fossi distrutto e gli occhi di Helen non mi tormentassero da ore. 
" Ciao. " Sorrisi; era il massimo che potevo permettermi. 
" Tesoro. " La sentii ridere come un oca indispettita.
Mi serviva, casa sua e un letto su cui dormire e se il prezzo da pagare era essere semplicemente gentile, l'avrei accontentata, senza drammi. 
" Ho bisogno di un letto su cui dormire, stanotte. " Confessai. 
" Diretto, il nostro bel Thomas. Che c'è? Brutta aria con la dolce Helen? "
" Glenda, mi fai restare o no? "
" Entra pure. "
Mi fece cenno di entrare e mi accostai, con rammarico nel letto a due piazze, che avevo già provato, in precedenza. 
Quello con Glenda era stato un rapporto stupido, nessuna passione, nessun travolgimento emotivo, volevo solo avere la certezza di non essere diventato come uno di 
quei coglioni che si fanno fregare e poi perdono tutto. 
" Hai dato una sistemata, allora."
" Lo so, dovevo. Casa mia somigliava ad un porcile."
" Prevedibile. "
" E quindi oggi, Mad, ti ha incasinato, eh? " 
" Io ed Helen siamo amici, ma le voglio un bene che non immagini e non volevo ferirla. " 
Non riuscivo neanche a credere di star parlando con lei di una cosa così seria;
Glenda alzò gli occhi al cielo e si avvicinò, assumendo una posizione più rilassata. 
" E' stata anche colpa di Mad e..." Sembrava seria e per una volta, da quando la conoscevo, sembrava sincera.  
" Tua. "
" Si, mia. Insomma, non sopportavo di vederti con quella. " fece una smorfia come per scusarsi. Forse 'quella' non era il modo giusto di chiamare, Hel e lei lo sapeva. 
" Che gusto ci provi a far sapere al mondo che ti mercifichi per un bel viso e due occhi verdi? " 
" Nessun gusto. Le voci non le metto in giro io. "
" Le voci sono vere. Sai perché mi piace Hel? "
" Ti piace? "
" Si, mi piace come persona, come amica, come confidente. "
" Perché ti piace? "
" Perché lei è vera. "
" E io no? "
Sembrava meno oca, prova del fatto che anche quelle come lei, sapevano ragionare. 
" Tu... tu e le altre siete solo..." Mi bloccai. " Insomma, guardati, tutta in ghingheri, pronta a scoparti il primo che suona alla tua porta e vuole qualche aiuto. Hel 
respinge le perosone e quando le fa entrare... insomma, è un mare in tempesta. Lei è reale, non pensa solo al completino sexy o al ragazzo della scuola che le fa il filo. "
" Come fai a dire di non essere innamorato di lei?Ti senti? " 
" Non è amore questo. Le voglio un bene infinito, tutto qui. " 
La vidi sollevarsi e venire verso di me. 
" Senti, ormai la cosa l'ho fatta e mi dispiace. "
" Dispiace più a me. "
Mi sdraiai sul letto e mi girai dall'altra parte. 
" Cerca di dormire, non ho voglia di parlare. "
Era tutto un fottuto giro di parole, frasi e ricordi, sentii Glenda che si sistemava lontano da me e ne fui grato. 
Chiusi gli occhi e mi addormentai. 
 
 
 
 
***
 
 
Entrai in classe e il professore mi fermò, con gli occhi lucidi.
Cosa cazzo voleva ancora, da me?
Avevo sperato, per tutto il tragitto di vederla li', con i soliti occhi e il solito profumo di fragola e panna. 
Ero incazzato col mondo e il motivo non era solo la lontananza della mia compagna. 
Stavo andando ad un corso che odiavo e avevo un professore inciso in testa, neanche fosse mio padre, che tralaltro non avevo più. 
Ormai, in quasi tutto l'istituto, ero lo stronzo, belloccio di turno, che si crede troppo saputello per chiunque;
solo Helen aveva riconosciuto potenzialità e non perché era una ragazza e aveva gli ormoni fuori posto, semplicemente perché lo pensava. 
Helen aveva pensato cose belle di me, me lo sentivo. 
Lo vedevo da come mi guardava, da come mi prendeva per mano e addirittura da come dormiva tranquilla, di fianco a me, ogni notte. 
Non andavo matto per i finali di ogni film sentimentale, anche se, a dirla tutta, non andavo matto per i film sentimentali. 
Non mi piaceva quando uno dei due protagonisti, in uno di quei momenti critici si accorgeva di essere follemente innamorato. 
Perché diavolo non lo aveva capito prima? 
Quando quella stanza, quel cielo, quella notte poteva essere sua.
Quando anche i ricordi dimostravano che sarebbe andato bene? 
Invece no. 
L'amore deve fare pressione in uno di quei momenti impossibili, deve rendere sempre tutto fottutamente impossibile.
Eppure io non ero così, io non amavo Helen, non credo di poter amare qualcun altro. 
Ero dipendente, ma non l'amavo. 
Ero uno stronzo e non l'amavo. 
" Tieni. " Mi lanciò, quasi bruscamente una lettera e io lo guardai. 
Che razza di professore era, quello?
" Che cazzo..." Mi soffermai a leggere la firma. 
' Helen. '
" Questo sarebbe una prima parte di ciò che lei ha scritto per te. Ho fatto male a metterti nel corso con lei, Thomas. "
Me ne rendevo conto anche io. 
Mi allontanai da lui, e scivolai a terra, finendo contro il muro freddo; con una mano tra i capelli aprii il foglio bianco. 
 
 
Caro Thomas. 
Vorrei sedermi vicino a te e parlarti, parlarti senza questa voce che trema. 
Perché vorrei dirti quello che provo e so' che me ne pentirei. 
Questa mattina mi sono svegliata con te sul letto e ho sentito una scossa al cuore; 
una di quelle che ti scavano un buco addosso: 
Il buco l'hai riempito tu, mentre mi stringevi la mano. 
Forse sono stata sempre così lontana dall'amore, così praticamente lontana ma teoricamente vicina, da non essermi resa conto di come sia facile scivolare in alcune 
situazioni e renderle proprie, viverle e affondarci completamente. 
Sai cos'è? Ho un brutto carattere io. 
Te l'ho sempre detto e tu lo sai, anche se sono pochi, i mesi che ci uniscono. 
All'inizio ti odiavo. 
' Maddai, dovevo finire per forza, a fare coppia con uno come lui? ' 
Non offenderti, ma avevo un'idea di te:
pensavo fossi superficiale, fissato col sesso, stupido, arrogante;
e avevo ragione, è questo il punto, avevo ragione e tu, con quegli occhioni verdi, seri riuscito a farmi amare i tuoi difetti. 
Come cazzo hai fatto?
Dimmelo perché rischio di impazzire. 
Tu hai gli occhi che sono verdi come un prato, i tuoi tratti sembrano parlare al mondo. 
Hai una dote naturale, tanto che anche mia madre, adesso ti ama. 
E ti sto scrivendo questa stronzata perché ho un brutto carattere io e perché il professore mi ha promesso che non lo farà mai leggere a nessuno. 
' metteteci l'anima in questo compito. ' 
Se non prendo dieci, spacco il mondo e mi riprendo l'anima che ho lasciato per te, in questa lettera. 
Il fatto è che gni volta peggioro e mi affeziono alle persone e soffro, perdo il controllo e mi fido; e ogni volta divento rossa, evito gli sguardi,
evito le parole, le situazioni. Brutta cosa, Thomas, lo so. 
La prima volta che ci siamo visti mi sono detta: 'grandioso, sul serio, sono spacciata. ' 
Ma sono un caso disperato, io. 
Forse già da quel momento eri entrato nella mia testa e ti assicuro che non c'entrano nulla i fulmini, il cielo azzuro, le belle frasi scritte sui muri, 
centra di più il fatto che per la prima volta mi sono sentita me stessa, che nonostante i tuoi ammiccamenti, io mi sentissi protetta, centra che mentre guardavo 
i tuoi occhi ci vedevo i miei e che il mio sorriso era reale, era semplice,era diverso. 
C'ero io e c'eri tu. 
Il mondo l'avevo dimenticato. 
E lo so, lo so che rischio di sbatterci contro, con tutti i bei propositi. 
Ma una volta, un saggio mi disse:
' bisogna viversi tutte le situazioni, tutti gli amori, tutte le amicizie. Bisogna viversi e lasciarsi vivere. '
L'avevo promesso. 
Mai più. 
Nessun legame con nessuno, nessun'amicizia, nessuna cotta fuori dal normale, dell'amore poi, neanche traccia. 
Ma guardami adesso..
Mi sento così stupida a scrivere di te, su un compito che doveva essere solo un compito.
Dio, Thomas, dovresti essere felice, sai? 
Se potessi, ti scriverei quello che provo sul portone di casa tua, sul quaderno di matematica, ovunque...
Ma no, beh...non lo faccio, perchè io sono una codarda, perchè dopo comincio a tremare, parte la tachicardia, e allora, come sempre inizio a straparlare e poi...
poi perchè sono una codarda. 
L'avevo già scritto?
Con te non ho paura di una delusione. 
Te l'avevo detto. 
'Ho un brutto carattere, io.' 
E tu, tu sei perfetto per me.
Hai un sorriso che scioglie i ghiacciai, vesti come vuoi e per tutti sei quello stronzo. 
Tu non sei stronzo, Thomas. 
Tu sei solo spaventato. 
Hai paura che se ti concedi anche solo un attimo di felicità, dopo crollerà tutto e allora starai male. 
Hai raccolto pezzi della tua vita fino a questo momento e me ne hai parlato. 
Mi sono sentita dentro il tuo stomaco, mentre mi ricordavi di come Lidia ti mancava o di come il mondo si era fermato perché i tuoi non erano più vicino a te. 
Avrei voluto piangere e non l'ho fatto perché sono tua amica. 
Tu non sei stronzo, tu sei incazzato col mondo. 
Tu sei azzurro come il mare.
Sei come le belle giornate d'Agosto, come il sole in montagna, come le stelle piantante in cielo.
E il problema più grande è che il bello di te è che non hai assolutamente nulla di bello.
Quindi scusami, Thomas. 
Scusami se sei diventato così importante. E...
Ti voglio bene anche io e non te l'avevo mai detto. 
Ti voglio bene perchè quando sorridi mi gira il mondo. 
Perchè quando mi gira il mondo, sto bene. 
Ti voglio bene perchè ti piace rimanere in silenzio per sentire il rumore che fanno le storie vere e quando mi tocchi, mi sento viva. 
Ti voglio bene perchè sei diverso. 
Perchè anch'io sono diversa e con te mi sento sempre meno diversa.
Perchè sei stato l'unico che non ha provato a capirmi. 
Perchè avresti il coraggio di prendermi in braccio quando sono ubriaca per portarmi a casa. 
Perchè non ti lamenti dei miei silenzi. 
Perché mi provochi per vedere che effetto mi fa, desiderarti troppo. 
Ti voglio bene perchè quando sei arrabbiato ti mordi le labbra per fermare le parole cattive. 
Ti voglio bene perchè quando faccio qualche errore, mi fermi e mi urli contro. 
Ti voglio bene perchè mi piacciono le tue sfuriate,
le tue parole mancate.
I tuoi lamenti stupidi.
Tutti i silenzi imbarazzanti. 
Ti voglio bene perchè sei semplicemente te stesso.
E io adoro la gente onesta. 
 
 
 
Stavo respirando?
Che grandissimo, fottutissimo stronzo. 
Che coglione che ero. 
Mi alzai,mollai un pugno al muro e gettai la lettera. 
Non potevo credere che quelle parole erano state scritte da lei e non potevo credere che non volesse più vedermi. 
Io tenevo a Helen più di ogni altra cosa e basta. 
Non potevo rinunciare alla sua presenza perché lei era innamorata di me. 
" Coglione." Mi dissi. 
" Va da lei." Il professore era vicino a me e mi guardava. 
" Non la amo. "
" Si invece. Ti appartiene e tu appartieni a lei. " 
I miei occhi erano freddi, il mio stomaco chiuso; non riuscivo più a riconoscere l'amore, forse ero troppo incazzato per poter dire 'ti amo' a qualcuno e forse lo ero 
talmente tanto, da accorgemente. 
Il fatto era che Lidia era stata tutto per me, come i miei genitori. 
La mia vita era stata spezzata e io avevo bloccato ogni cosa. 
Chi non prova nulla, non soffre. 
Io avevo deciso che era meglio così, che non potevano esserci legami, nella mia vita. 
Legarsi a qualcuno significava pretendere. 
Io avevo preteso da Helen, troppe cose. 
Volevo che fosse mia e non accettavo lo stesso che si parlasse d'amore. 
Ero diventato una specie di stronzo automa;
non avevo più dato importanza a nessuno, dopo Lidia. 
Passavo i miei giorni con ragazze di cui poco mi importava, volevo solo sesso e non ne facevo mistero. 
Avevo giocato con lei e lo sapevano tutti. 
Ma forse giocare con chi può giocare meglio non era stata una cosa molto intelligente da fare.
Hel aveva scavato un buco nel mio corpo e lo aveva riempito di qualcosa. 
Che fosse amore, bene o attrazione. 
Il mio problema adesso, era che non volevo lasciarla andare, io avevo bisogno del suo profumo, delle sue mani fredde, del suo seno, del suo corpo, avevo bisogno 
delle sue parole e non potevo amarla. 
Volevo toccarla e volevo il suo sorriso. 
La prima notte che l'avevo provocata, l'avevo vista spaurita, spaventata, incazzata nera. 
Helen non era il tipo di ragazza che faceva sesso e neanche io, avevo fatto sesso, la notte che era stata mia. 
Glielo avevo promesso. 
Se non si fa sesso, si fa l'amore.
Ero innamorato?
Avrei voluto parlare con lei, ma se n'era andata. 
Era andata via e chissà come mai, mi faceva impazzire. 
L'idea che era da qualche altra parte, mi dava alla testa, completamente. 
" Non sa cosa significa, appartenersi. " Urlai.
"Significa alzarsi ogni mattina e sentire il suo profumo, anche se non è vicino a te, significa chiudere gli occhi e vedere i suoi, che accendono il cielo. 
Significa tenere la sua mano e sentirsi a casa. 
Appartenersi significa stare in silenzio per delle ore senza sentire il bisogno di parlare. 
"Significa restare. Chi resta mi appartiene."
Sussurrai. 
Io non appartenevo a lei. 
" Tu la vuoi. " Mi disse.  
" Ho solo giocato. Non la voglio. "
" Hai preso a pugni il muro perché hai giocato?" 
Mi chiese. 
" Cosa cazzo vuole, eh? Lei è solo un fottutissimo professore, cosa vuole? Sono fatti miei, okay? Deve starne fuori, deve... starne... fuori. "
Mi allontanai serio e coinciso. 
No, non avevo giocato ma quel professore non riusciva a farsi i cazzi suoi per più di cinque minuti. 
Chissà cosa stava facendo, Helen
L'amavo?




Ed eccomi qui. 
Io sparisco per un po' e sono certa che mi odiate a morte. 
E' solo che la mia vita è incasinata e quindi boh, scusate ancora. 
Allooora, vi avevo promesso di entrare un po' nella testa del nostro protagonista, no?
Secondo voi è innamorato?
E' che la paura a volte gioca brutti scherzi. 
In ogni caso, ho provato a farvi capire meglio il malessere di Thom, la mancanza di una persona stabile nella sua vita.
Insomma, non ha più nessuno e ha imparato ad andare avanti a drammi e sesso. 
Non è stronzo e cinico. 
E ad Hel, nonostante tutto, ci tiene. 
Lui è il classico duro che poi duro non è. 
Spero vi sia piaciuto e scusate se ci sono errori. 
Un bacio!

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Capitolo 12
*** Perdonami Helen. ***


Perdonami Helen.






" Il tuo problema, mia bella addormentata nel bosco, è che ti sei innamorata di uno stronzo. " 
Abbassai lo sguardo e mi sistemai meglio sul lettone di Celeste; 
le lenzuola erano azzurre e i cuscini sembravano anche più morbidi del dovuto,
ma infondo dovevo aspettarmelo, Celeste aveva sempre avuto un buon gusto e un eccellente senso dell'ordine. 
Le mura di quella stanza, erano gialle, motivo per cui, anche le tende erano gialle.  
persino i quadri appesi al muro sembravano essere stati scelti per un fattore di abbinamento di colori. 
Sulla destra aveva deciso di mettere un comodino, con una lampada verde chiaro che, a pensarci bene, 
forse neanche funzionava,  difronte a me, invece, c'era un armadio enorme che secondo il mio modestissimo parere, era troppo grande per una sola persona, parere che restava solo mio, in quanto a giudicare dal carattere della mia migliore amica, più vestiti c'erano e più erano destinati alle sue mani. 
La sua casa era quasi perfetta a guardarla bene.
La cucina affacciava ad un terrazzo mozzafiato, con fiori d'appertutto e un altalena in bella vista, quasi a mostrare il luccichio delle lampadine che stavano adagiate sul 
pavimento, che con mia sorpresa era di un colore quasi rossiccio. 
Non era una casa particolarmente grande, anche se potevo sicuramente giudicarla enorme, pensando alla mia camera, al campus. 
Pensai improvvisamente agli occhi di Thomas e a come i suoi capelli sarebbero stati perfetti, in quel posto, tra fiori e altalene. 
Mi mancava, nonostante tutto, mi mancava nonostante ogni cosa, ogni respiro, ogni parola, mi facesse ricordare che era andato a letto con un' altra, che sicuramente aveva baciato e aveva toccato un'altra ragazza, 
ragazza che tral'altro non ero io. Ragazza che ovviamente non ero io. 
Mi alzai, quasi titubante e camminai a piedi scalzi per la casa, con gli occhi di Celeste puntati addosso. 
Il corridoio era piccolo ma i quadri lo rendevano colorato e vivo. 
Mi spostai lievemente e mi alzai in punta di piedi per guardarne uno: raffigurava una ragazza nuda e spettinata; 
gli occhi verdi, grandi e tremendavente limpidi, i capelli rossi, che ricadevano ribelli sul viso e sul collo, rossetto rosso e sorriso brillante, quasi a prendermi in giro. 
Mi fermai a pensare quanto io fossi diversa da lei. 
I miei capelli, castani, ricadevano tranquilli sulle mie spalle, minute e bianche, nessuna traccia di sorriso e neanche l'ombra di un rossetto sulle mie labbra, già abbastanza rosse; io ero l'ordinario.
Era stupido fare paragoni con un quadro, che neanche mi piaceva molto, era come essere tornate alle medie, a torturarsi con immagini di gente affascinante in stupidi giornalini; gente a cui magari avrei voluto somigliare.  
Mi rendevo conto di come fossi piatta, tremendamente anonima, senza un briciolo di personalità. 
Il quadro sembrava essere pieno zeppo di personalità, quella ragazza raffigurata, sembrava così potente, quasi potesse essere in grado di sbucare fuori da un momento all'altro e far suo il mondo, conquistare il suo ragazzo. 
Io invece ero scappata, come una stupida codarda. 
Avevo lasciato che le cose fuggissero via, mentre avrei dovuto urlare, mollare pugni alle porte, dirgli che lo amavo, lo amavo per ogni stronzata che diceva e anche per il male che mi stava facendo inconsapevolmente. 
Sospirai e feci qualche passo avanti, andando dritta in cucina. 
Notai subito il lampadario, rosa pesca, i contorni color avorio e una cesto di frutta, pitturato quasi alla perfezione. 
Mi piaceva quella casa, le mura non erano spente e sembrava tutto così ordinato e profumato da farmi girare la testa; Celeste si era traformata in una perfetta donna di casa. 
" Robert ti sta facendo del male? " Le domandai sarcastica, alzando lievemente le tende della cucina. 
" Spiritosa. " 
" Sei una maniaca della pulizia? Sei depressa? " Sussurrai, fingendo timore. 
" Che c'è di male a voler vivere in una casa pulita, ordinata e profumata? "
" Nulla, nulla. " Sorrisi. " Solo... sei diventata troppo perfetta. " 
" Grazie. " Si atteggiò, lei. 
Ero felice di avere vicino la mia migliore amica; poter scherzare con lei, mi faceva sentire meglio di quanto pensassi. 
Il viaggio mi sembrava fosse durato una vita, ero rimasta ore e ore a guardare la gente. 
Non ero una spiona e neanche stupida, ero solo curiosa. 
Mi piaceva vedere come una madre carezzava il proprio figlio, addormentato sulle sue gambe, mi piaceva guardare il sorriso di una ragazza, che nonostante la
confusione, parlava indisturbata al telefono e sembrava chiusa in una bolla di sapone, come se niente e nessuno potesse spezzare l'amore che respirava su ogni parola. 
Mi lasciavo trasportare dal volto di un ragazzo, che leggeva un libro o di un bambino che giocava con la sorellina più piccola. 
Ero curiosa di vedere come la gente, dentro ad un treno, potesse essere più semplice, più sognatrice, più innamorata; e forse soffermarmi sui miei problemi era più difficile che soffermarmi su quelli di tutti gli altri. 
Celeste mi venne vicino e mi abbracciò. 
" Mi dispiace se ti tengo lontana da Robert, mi odierà. ." Sussurrai. 
" Smettila, lo faccio con piacere. "
" Lo so, ma mi avevi detto che sarebbe venuto a vivere qui e i vostri piani li ho distrutti in pieno. " Ammisi, io. 
Quel ragazzo mi stava anche simpatico, se dovevo dirla tutta. 
Alto e molto carino, due occhi color nocciola e i capelli ricciolini e scuri; simpatico e particolarmente estroverso, con una particolare predisposizione per gli sport acrobatici. 
Era un bravo ragazzo, innamorato della mia migliore amica. 
" Robert ha capito la situazione e tu, hai più bisogno di me, in questo momento. Quindi..." 
" Quindi grazie. " Terminai io. 
Se magari avessi avitato alcune cose, adesso avrei di gran lunga evitato di dare problemi a Celeste e me stessa. 
La colpa era di Thomas e mi sentivo un mostro a pensarlo; non volevo pensare che avevo fatto 'l'amore' con lui, che lo avevo baciato e mi aveva detto che non era un gioco. 
Fosse stato per me, avrei chiuso gli occhi e gli avrei chiamato. 
' ciao. ' mi avrebbe detto, e io gli avrei urlato ' ti amo, ti amo, ti amo.' 
Poi sarebbe venuto e mi avrebbe confessato che quella era solo una e che io era la sua ragazza, la sua unica ragazza; mi avrebbe preso per mano, ci saremmo baciati e al diavolo tutto, peccato che era solo frutto della mia
mente poco malata. 
Peccato che Thomas non mi amava. 
Mi allontanai a passi svelti da Celeste e affondai sul divano, morbido e profumato; portai le mani sul viso e chiusi gli occhi, grandi e lucidi.
 Mi sarebbe bastata la persona giusta. 
Qualcuno con cui guardare il cielo, qualcuno con cui contare le stelle, qualcuno che sarebbe restato; sarebbe venuto,  mi avrebbe salutata e sarebbe restato. 
Una persona senza problemi, senza passato, senza futuro. 
Qualcuno che avrebbe avuto il fegato di dirmi che mi amava o che mi voleva.
Fegato per accettare le cose, fegato per essere sincero. Qualcuno con cui passeggiare in un centro commerciale e ridere.
Qualcuno di cui mi sarei fidata che tanto domani l' avrei trovato al solito posto, col solito sorriso e al solito orario. 
Una persona che nonostante la fiducia, si ha paura di perdere. 
Qualcuno che dura, qualcuno che ama, qualcuno che...
Forse qualcuno e basta. 
Forse avevo solo bisogno di qualcuno che si chiamasse Thomas e avesse gli occhi verdi; in ogni caso, l'idea che il mio Thomas ( sì,era diventato improvvisamente il 'mio' ) teneva spropositamente a me, non mi abbandonava. 
Come avrebbe potuto, sennò, guardarmi negli occhi e stringere le mie mani, mentre mi sentivo sua?
Forse, a pensarci bene, la colpa era anche di tutte quelle parole. 
Anche se volte le parole non bastavan; a volte le parole non servivano. 
Le parole non facevano storia, non facevano momenti, non facevano ricordi. 
Le parole le avrei ascoltate e le avrei dimenticate subito dopo;
Celeste si avvicinò, risoluta e poggiò il suo viso vicino al mio, accovacciandosi. 
" Ascoltami bene, Helen. Tu sei stupenda, guardati, sei bella, sempre gentile, disponibile, con un cuore grande, dovresti solo imparare a vivere. Dovresti uscire, sorridere, amare. "
" L'ho fatto. Per la prima volta l'ho fatto e adesso guardami: l'amore non è mai amore se non è corrisposto, hai capito? Ecco perché sto così male, perché non è come gli altri, perché non mi ama, perché passerò il 
resto della mia vita a stare di merda, per uno che si è scopato mezza scuola e mi messo da parte, come fossi nulla. "
Ricordai della festa, dei sorrisi, dell'amore che provavo per Thomas e dopo, pensai a tutte le volte che sicuramente era stato con altre e soprattutto a lui, nelle braccia di lei. 
" Piccola. "
" Mi manca, Celeste. Mi manca anche se è un coglione. "
" Devi solo alzarti, farti bella e uscire, da sola. Senza nessun ragazzo che ti faccia stare male.  "
" Sarà che sono cambiata o che sono le cose che improvvisamente sono cambiate, sarà che sono diventara una stupidissima ragazzina egocentrica, eppure non riesco a pensarmi fuori di qui senza Thomas. "
" Le cose non cambiano, al massimo noi cambiamo le cose. E comunque, la cosa è peggio di come pensavo. " Sospirò. 
" E poi non mi riconosco più. " Arrancai, provando a cacciare via le lacrime. " Guardami. "
" Lo sto facendo e vedo una ragazza che si è innamorata e che credeva di poter avere un futuro con qualcuno. Sei sempre tu, Helen; sei solo molto più consapevole; vedo sempre la stessa piccola tigre, solo innamorata."
" Io non mi vedo invece. Ormai mi sento e basta e adesso mi sento una grandissima cogliona, una di quelle che vanno a letto con un tizio e dopo se ne dimenticano. Non voglio, Celeste. Non voglio dimenticarlo; quando lui... "
Una lacrima attraversò il mio viso, cadendo sulla sua mano. " Quando lui mi ha toccata in quel modo, quando mi ha baciata e quando la mattina dopo mi ha abbracciata, io mi sentivo sua, capisci? E mi vergogno. "
" Tu lo ami, Helen. Hai regalato una parte di te, lo hai stretto a te, lo hai baciato, hai conficcato le tue mani sui suoi fianchi, hai accarezzato i suoi capelli perché lo ami. Lui è venuto a letto con te, per cosa? Perché hai un 
sedere da favola o perché eri il gioco impossibile da conquistare? E' lui quello che dovrebbe vergognarsi, non tu, Helen."
Sentire le probabili motivazioni per cui Thomas, il mio Thomas, fosse venuto a letto con me, mi lasciarono del tutto sconvolta; infondo lo sapevo, ma sentirle da Celeste, mi metteva di fronte ad una realtà che non ero capace
 di rivelare a me stessa, una realtà che mi faceva troppo male. 
Io non ero scappata da quell'incubo per dimenticarmi di Thomas, io volevo solo scappare dall'incubo; pensavo ancora a lui, come la cosa più bella al mondo e dimenticarlo significava dimenticare degli ultimi mesi della mia vita. 
Non avrei mai voluto dimenticare l'amore. 
Forse ero scappata solo per capire se fossi impazzita per così poco, se lo conoscevo davvero, se mi sarebbe mancato, se avrei sentito la sua voce, anche se non c'era, avrei visto i suoi occhi anche se non mi teneva la mano. 
" Amore." Celeste mi prese la mano. "  Io sono pronta a spaccargli la faccia, se solo vuoi. E posso tenerti la mano, posso farti da fidanzato e sono migliore di lui. "
" Lo so che sei migliore, ma sei anche presuntuosa. " Sorrisi. 
Non dovevo farle capire che stavo peggio di come dimostravo di stare. 
" Non ti aspettare baci sulla bocca, però. Non sei il mio tipo. " Sorrise anche lei e la spinsi leggermente.
" Stasera usciamo, eh? "
" Va bene, usciamo. "
Il resto della giornata passò quasi troppo velocemente; il mio telefono non squillava e quel numero sul display sembrava non comparire mai;
non so quale insano pensiero, mi spingeva a desiderare che Thomas mi chiamasse, anche solo per mandarmi affanculo, per aver mollato su due piedi il nostro compito. Mi sembrava di essere tornata alle medie, quando 
si guarda per ore un telefonino, nella speranza che si illuminasse. 
Celeste era indaffarata con Robert, che era venuto a 'trovarla' e che adesso le regalava caldi baci e sospiri languidi, di tanto in tanto, così, mi decisi ad alzarmi per andare in camera e lasciargli un po' di intimità. 
Robert sembrava così romantico e lei, con quegli occhioni da cerbiatta, mi ricordava tanto la ragazza della porta accanto. 
Vederli così affiatati, non poteva far altro che ricordarmi di come io e Thomas, nei giorni precedenti eravamo stati così diversi dalle solite coppie. 
Robert e Celeste erano il classico; continuamente appiccicati, mano nella mano, a ripetersi parole romantiche e sussurri semplici; erano il modello perfetto da seguire;
io e Thomas invece eravamo l'atto pratico.
In ogni senso, dico; tra di noi vigeva la regola del corpo, eravamo come due calamite, io e lui, vicino, eravamo in grado di appiccare un incendio, con gli occhi. 
Eravamo sempre in opposizione, c'erano ammiccamenti vari e farfugliamenti stupidi, tra di noi; mai una parola necessariamente dolce. 
Mi fermai, mentre mi sdraiavo nel letto di Celeste. 
Ero diventata pazza?
Ma era ovvio che non c'erano mai state parole dolci e che eravamo diversi da quei due pomiciatori di classe; io e Thomas non eravamo pomiciatori di classe o meglio, non eravamo una coppia. 
Thomas e io avevamo avuto una storia, comunemente chiamata, sesso. 
Questione di sesso, per lui, ovviamente. 
Per questo non avevamo mai  avuto momenti romantici, piuttosto, eravamo spinti da un immane attrazione fisica, che ci spingeva quasi troppo spesso ad attaccarci come due calamite. 
Composi il suo numero, mettendo l'animo e sospirando più del dovuto. 
Squillò quattro volte prima che si decidesse a prenderlo. 
" Pronto? " Rispose, poi. 
Sentivo un trambusto infernale non riuscivo a capire da dove provenisse; possibile che fosse ad una festa?
Mi si gelò il cuore. 
" Pronto? " Chiese una seconda volta. 
Il tono della sua voce fece risvegliare in me, paranoie nascoste. 
Chiusi la chiamata e mi sedetti sul bordo del letto. 
Ti amo, cazzo. Ti amo perchè hai una voce che mi manda in paradiso e mi getta dritto all'inferno. Ti amo perché mi hai ascoltato e mi hai sorriso tante volte in questi mesi, perché sei un coglione che non distingue i sentimenti
da tutto il resto, perché fai il duro ma la verità è che ti manca la tua vita passata; quella dove non c'ero io. 
" Helen. " Mi chiamò, poi, Celeste. 
Mi fermai sul corridoio, e sentii la suoneria del suo cellulare, chiara e forte, così prese la telefonata e cominciò a parlare tranquilla. 
" Gloria. Come stai? " Sorrise, compiaciuta. Magari era una sua compagna di studi oppure una vicina di casa. " Anche io, comunque mi dispiace tesoro, stasera esco con Robert ed è venuta a trovarmi Helen, quindi... andiamo 
tutti al Chianow. "Celeste giocherellò con i capelli di Robert e chiuse gli occhi. " Certo, tanto non ci metterai molto, visto che abiti a meno di due passi da casa mia. " sorrise. " A dopo, un bacio. "
Feci altri passi in avanti, ancora scossa dalla voce di Thomas e con le lacrime che volevano cadere neanche fosse stato un fiume in piena e mi diressi in cucina, dove mi aspettavano i due piccioncini. 
" Mh? " Chiesi, incerta. 
"Stai bene? " Mi chiese Robert. 
"A parte che il ragazzo che amo, mi considera solo come ' carne da macello' o meglio, nel vostro gergo, una ' trombamica', mh, si sto bene." Sorrisi. 
" I ragazzi a volte sono così stupidi. " Disse. 
" Sono più stupida io, invece, è solo che abbiamo passato molti mesi insieme, a causa di questo compito, io l'ho trascinato nella mia famiglia, gli ho raccontato un po' di me, sono riuscita ad aprirgli il mio cuore e lui 
ha fatto lo stesso. Alla fine mi sono innamorata. " Ammisi. 
" Non giustificarti mai per i tuoi sentimenti, Hel. " Mi disse, stringendo la mano di Celeste. 
" Hai ragione." Sussurrai, sedendomi per terra, con le spalle verso l'anta del divano. 
"E comunque non preoccuparti, ti ama. " 
Alzai il viso, incerta se mi stesse prendendo in giro o fosse serio. 
Gli occhi scuri sembravano tranquill e per un attimo mi mancò la voce per dibattere. 
" Ha detto di no. "
" Insomma, chi diavolo passerebbe tutti questi mesi con una ragazza? Chi si farebbe trascinare a casa di qualcuno che non ama? Forse deve accorgersene. " 
" Il tuo fidanzato fuma troppo, eh? " Sorrisi a Celeste. 
" Però non mi sembra sia così sbagliata, come logica. " 
" Giusto, se non fosse che mi ha fatto capire chiaramente che non prova nulla per me. " Dissi. 
Helen si allontanò dal suo fidanzato e mi schioccò un bacio sulla fronte. 
" Vatti a preparare e non pensarci più. " 
Proprio mentre mi allontanai dalla cucina, suonò il campanello e Celeste aprì, tutta contenta. 
Una ragazza, capeli rossi e ricci, occhi neri e con una tuta verde, era in bella mostra sul pianerottolo e teneva in mano una teglia, forse con pasta o qualcos'altro; la guardai incuriosita e la salutai con la mano, era molto carina 
tutto sommato e mi sembrava anche gentile. 
Sorrisi e allontandomi mi infilai silenziosamente in bagno. 
Il getto dell'acqua calda mi travolse completamente;
mi sarei divertita, avrei ballato, bevuto e avrei trovato il mio vero amore. 
Sorrisi ironica a quel pensiero e uscii in accappatoio dal bagno, quasi mezz'ora dopo; avevo intenzione di mettere un paio di jeans, solite converse e una magliettina a maniche corte, anonima e scialba, ma ovviamente 
non avevo considerato Helen, che quasi come un uragano, si piantò su di me, lasciando il suo ragazzo solo, in cucina, per sistemarmi e rendermi - a suo dire - impeccabile. 
Mi prestò un vestito senza spalline, blu scuro, corto sopra il ginocchio e un paio di trampoli vertiginosi che avrebbero dichiarato ufficialmente la mia morte prematura. 
Passò quasi due ore a decidere se il blu mi stesse meglio del rosso o se le scarpe erano troppo appariscenti - come se il resto non lo fosse - ma alla fine ebbe la meglio il vestito blu e io stessa decisi le scarpe grigie, che 
risaltavano meno agli occhi. 
Dopo quasi un' altra ora buona, ero al completo. 
Mi aveva truccata leggermente, quanto bastava per rendermi quasi irriconoscibile e mi aveva prestato un paio dei suoi orecchini che avrei lanciato fuori dalla finestra, dal fastidio che mi davano. 
Mi sedetti sul divano e la guardai torva.
" Sembra che stia andando ad un matrimonio. " Dissi. 
" Non dire stupidaggini, sei bellissima e sei molto semplice. "
Mi alzai e la lasciai insieme alle sue miserabili voglie di apparire meglio di come era; sicuramente ci avrebbe impegato di meno, visto che lei partiva avvantaggiata. 
Scesi le scale, neanche fossi  diventata un bambino di due anni e andai in cucina, sedendomi esausta sul divano, dove tral'altro Robert -quasi appollaiato - stava guardando la tv. 
" La tua ragazza è impossibile. " Dissi. 
" Lo so, però ha fatto un buon lavoro. " Sorrise. " La amo anche perché è impossibile. "
" Trattala bene o dovrò farti del male. " Gli dissi, divertita. 
" Penso che sarebbe capace di farlo da sola. " Ridacchiò. 
" Giusto. " 
La voce di Robert era divertente e semplice, mi raccontò di come lui e Celeste si erano conosciuti - particolari che già conoscevo - e di come fosse bella, quando legava i capelli, mi parlò della sua famiglia e degli studi che aveva
condotto fino a quel momento. Era come parlare con un fratello e mi faceva sentire meglio. 
Sprofondai la testa sul cuscino e passarono altri venti minuti prima di vedere Celeste, con un vestino attillato, color pesco e un paio di trampoli simili ai miei, giungere verso di noi. 
Ci alzammo in piedi e le feci la linguaccia.
Robert mi aveva anche raccontato di come lei fosse tremendamente poco puntuale, di recente, e di come gli studi gli prendevano più tempo del dovuto e poi, tra una risata e l'altra aveva inserito un particolare, ovvero, 
che quella sera ci sarebbe stato un suo amico, Lorenzo. 
Non avevo capito se il racconto divertente di come una volta era rimasto ad aspettare la sua dolce metà un'ora, vedendola poi, arrivare in pigiama, confusa su ciò che voleva indossare, fosse dovuto alla notizia a dir poco 
fastidiosa del suo amico, Lorenzo.
Non che avessi qualcosa contro questo tizio - neanche lo conoscevo - solo che non ero dell'umore adatto per fare combinazioni strane. 
Sospirai e ci mettemmo in macchina; 
dovevamo andare in un locale poco lontano; quella città mi sembrava molto caotica e rumorosa, rispetto alla mia. 
Anche dalla finestra della camera di Celeste, si sentivano in continuazione macchine sfrecciare e rumorose moto, in preda all'estasi della velocità, per non parlare poi delle urla di madri disperate che richiamavano i propri figli, che
quasi sicuramente, correvano da una parte all'altra della strada senza guardare a destra e a sinistra. 
Magari, in un altro contesto, i rumori, mi sarebbero risultati udibili, indifferenti, forse anche piacevoli, ma non adesso. 
Non mentre una moto mi ricordava quella di Thom, e una madre urlava il nome del proprio figlio che guarda caso - fortuna vuole - si chiamava proprio come l'oggetto delle mie sofferenze. 
Ero arrivata da due giorni a casa di Celeste e già mi sentivo una nuvola di polvere. 
In ogni caso ero riconoscente alla mia migliore amica. 
 In breve tempo arrivammo e io salutai cortesemente l'amico dei miei amici, che mi guardava curioso. 
Aveva due occhi blu come il cielo e i capelli che sfioravano il giallo canarino, per quanto fossero biondi; 
Lorenzo non era affatto brutto, lineamenti non troppo marcati, taglio degli occhi molto attraente, sorriso semplice e un modo di vestire che attirava l'attenzione di non poche persone. 
"Tu devi essere Helen. " Mi salutò, lui. 
" Giusto, piacere. " La mia mano strinse la sua, e viceversa. 
Il suo tocco era delicato e la sua pelle morbida e fresca. 
Entrammo nel locale, mentre Robert e Celeste si scambiavano sguardi maliziosi e furbi. 
Dovevano essere impazziti, se pensavano davvero che in una sera mi sarei dimenticata di Thomas. 
" Sei davvero molto..." mi guardò, con un sorriso che lasciava intendere molto. " bella. "
" Grazie. " Sorrisi. 
" Non sei di qui, vero? " Sussurrò. 
" No, purtroppo. " 
" Conosci Celeste da molto tempo? " 
Ci spostammo in un tavolo, mentre quei due infami si liquidarono nel giro di dieci minuti. 
" Direi da una vita e tu da quando la conosci? " 
" Da quando sta con quel folle del mio amico. " 
" Studi anche tu? " 
" No, non più. Ho deciso di mollare, per lavorare in azienda con mio padre. "
La musica si era fatta più forte e fui costretta ad avvicinarmi per ascoltare ciò che diceva. 
" Ti va di ballare? " 
Si avvicinò rapido e io lo scrutai, curiosa. 
" Come? " Chiesi, per essere sicura. 
" Vuoi... insomma, vuoi ballare? " 
Il mio viso assunze un espressione divertita e gli sorrisi di cuore. 
" Scusami ma non sono il tipo che balla. " 
Urlai quasi e lui sorrise, come conferma di aver capito. 
" Perché sei qui? " 
" E' una storia lunga." Provai a farmi sentire, nonstante il frastuono era diventato insopportabile. 
Che stavo facendo in un locale, con un ragazzo che non conoscevo e un cuore che pulsava sangue solo per una ragazzo? 
" Abbiamo molto tempo. "
Strinsi i denti e il volume della musica diminuì notevolemente, tanto da poter sentire la voce di Lorenzo anche a distanza dovuta. Pensai che qualcuno aveva chiesto esplicitamente un minuto di pausa e ne fui grata. 
" Non mi va, ma... tu che ci fai qui? "
" Celeste mi ha parlato di te, mi ha detto che sei carina e che sei anche simpatica. " Sorrise. " anche se vederti è tutta un'altra cosa. Sei... bellissima e sei di gran lunga molto più che simpatica. " 
" Grazie ma... " 
"Ti andrebbe di vederci ogni tanto? " 
Abbassai lo sguardo e pensai a thomas. 
Ma cosa potevo farci se non mi amava? E cosa poteva farci lui, se io non ero ciò che lui era per me?
In quel momento pensai che se solo ne avessi avuto la possibilità, sarei scappata via da quel locale per correre al mare.  
Sarei rimasta a crogiolarmi sulla mia identità e sui miei sentimenti per Thomas, ammirando le sfumature dell'unico posto che mi infondeva pace e tranquillità.
L'avrei guardato proprio quando si confonde con il cielo e non si riesce a vedere cosa c'è dentro. 
Pensai che se ne fossi stata capace, sarei scappata via e avrei chiuso gli occhi per respirare il profumo del vuoto, dell'ignoto, il profumo che solo qualcosa che non conosci, può avere.
Il profumo di Thomas.
Avrei lasciato Lorenzo da solo e sarei corsa ovunque, anche su un prato verde, per ricordarmi di quelle iridi che mi avevano rapita così tanto.
Infondo cambiava tutto, il colore dei fiori, il colore del cielo, delle onde.
Cambiava il giallo acceso di ogni campo di grano e di notte sarebbero cambiati anche i sentimenti.
Sarebbe cambiata la passione con il quale due innamorati si sarebbero dati la mano.
Si sarebbero scambiati baci, avrebbero sussurrato parole nuove.
Avrei sentito la voce di Thomas, avrei avuto il fegato di farlo innamorare di me. 
" Allora? Vuoi uscire con me qualche volta? "
" No, la ragazza è impegnata. "
Mi voltai e rimasi gelata. 
Lorenzo cambiò espressione e sembrò seriamente dispiaciuto. 
Non avevo ancora collegato il fatto accaduto, mi sembrava di stare in una barca e mi girava la testa. 
" Sei fidanzata e non mi hai detto nulla? " Lo vidi alzarsi e alzare di conseguenza le mani. 
" Non sono..." Provai a dire. 
" Scusa amico, non sono uno stronzo, mi piaceva, ma non credevo fosse la tua ragazza. " Si giustificò e detto questo si allontanò, con gli occhi di Thomas puntati addosso, quasi a volerlo uccidere. 
Adesso mi ero stancata dei suoi giochetti, che ci faceva li'?
Non ero la sua ragazza ma non potevo neanche parlare con qualcuno che improvvisamente ero impegnata?
" Cosa, cazzo, vuoi? " Dissi con una certa rabbia che forse lui conosceva bene. 
" Ti lascio sola un po' di tempo e ti piombano addosso i coglioni? Sono due volte che ti salvo la vita. " Sorrise. 
" Forse non volevo essere salvata, Thomas. " Il suo volto si fece scuro e cambiò espressione. 
"Devo parlarti, vieni fuori. " Mi sussurrò, portando la sua guancia contro la mia. 
Il suo profumo e i suoi occhi, così vicini, peggiorarono la situazione. 
La Helen di due ore prima, avrebbe detto di si, senza neanche pensarci, infondendosi da sola più male possibile, a patto che il male fosse Thomas, ma la Helen di adesso era arrabbiata, delusa, ferita. 
Non poteva permettersi di giocare con i miei sentimenti, neanche fossi stata la sua burattina. 
" Chi ti ha detto che ero qui? " 
" Non importa. Sono andato a casa di Celeste e una ragazza, forse la sua vicina di casa, mi ha detto che eravate qui. " 
Portai una mano ai capelli e li scostai dal collo. 
" Non hai pensato bene di scopartela, eh? " Dissi, acida e seria. 
" Posso parlarti o no? " 
" Cosa cazzo vuoi, Thom? Ti ho detto che ti amo, ti sei preso le tue soddisfazioni, io ho bisogno di stare bene. " 
" C'è troppo casino qui dentro." Disse. " Tieni un po'. " 
Mi lasciò una lettera o almeno così credevo che fosse e dopo, come se non fosse nulla, sorrise. 
" Domani sarò sotto il ponte, vicino casa di Celeste. Leggila e parliamone. Se non verrai, capirò... " 
Detto questo, si alzò e mi lasciò un lieve bacio a fior di labbra. 
Avevo paura di perdere la logica, mandare tutto a puttane e saltargli addosso, per dirgli quanto lo amavo. 
Abbassai lo sguardo e conservai la lettera sulla borsetta di Celeste, trascinandomi a forza, per cercare la mia migliore amica e supplicarla di tornare a casa. 
La trovai poco dopo,tranquilla, seduta su un tavolo con Robert.
" Stai bene? " Mi chiese.
A parte che ho il cuore in fiamme e piangerei a dirotto, si sto bene. 
" Torniamo a casa... ti prego. "
 
 
 
 
 
 
 
 
Cara Helen. 
Fammi un favore; prima di leggere metti una canzone che ti piace, una che ti lascia senza fiato, una che legherai per sempre a queste mie parole. 
 
 
 
Non lo so perché lo sto facendo;
non lo so perché mi trovo qui, con una stupida penna e il fegato di un lottatore.
Sono sempre stato sincero con te e tu sei sempre stata sincera, con me. 
Oggi ho pensato a come la mia vita era diversa. 
Sono padrone di un passato dove la mia città mi faceva un bell'effetto, dove guardando dalla finestra mi immaginavo orsi e draghi, lucciole colorate e immense cascate autunnali. 
Sai come si dice, vero? 
Da piccoli tutto è dannatamente grande. 
E ricordo che mentre dentro la macchina percorrevo con papà la strada di casa, io mi sentivo soltanto un bambino;
volevo subito tornare a casa, volevo giocare con le macchinine o uscire fuori con la bicicletta e allora non mi godevo mai il paesaggio. 
C'erano troppe cose da fare, dovevo raccontare al mio migliore amico che mi piaceva una ragazza, dovevo imparare l'inglese, dovevo aggiustare un giocattolo, leggere un libro, ascoltare una canzone. 
Non mi godevo fino infondo le chiacchiere sconclusionate di mio padre o i suoi mezzi sorrisi, persi a guardare qualche nuvola. 
Ero troppo impegnato a pensare che a casa mi aspettava la televisione. 
Helen, adesso, dopo tutti questi anni,  vorrei tornare indietro, spegnere il motore di avvio, schiacciare pesantemente quello schifo di pulsante e bloccare quella favola che vivevo ogni giorno nella mia testa.
Dopo tutti questi anni, vorrei tornare indietro e urlare a mio padre che gli voglio bene, che mi mancano i suoi 'ciao' spontanei, le sere dove sembrava incazzato con tutti e stava zitto e fermo, come una statua;
vorrei vederlo mentre aggiusta la porta o mentre cerca di studiare la mia espressione per non dovermi chiedere se c'è qualcosa che non va. 
Vorrei tornare indietro e dirgli che è mio padre, anche adesso che non lo vedo più, anche se non sento la sua voce, anche se non posso sapere se sta bene. 
Adesso anche la mia città è diventata troppo piccola per i miei sogni. 
A volte mi manca l'ossigeno, Helen. 
Vorrei urlare che non sono forte, che non me ne frega un cazzo se sono un uomo, che non anche se dovrei solo sorridere, spaccherei tutto. 
A volte vorrei solo stringere la mano di mio padre e dirgli che sto bene, fargli sapere che sto crescendo, che sto una merda da quando è andato via. 
Vorrei solo respirare, Helen. 
Tu non hai idea di come vorrei vederlo in macchina, con mia madre. 
Non puoi imagginare come mi mancano. 
Di come vorrei beccare mia madre che piange in camera sua, perché ha litigato con mio padre. 
Di come mi sento un coglione, quando penso che troppe volte ho rinunciato a loro, per uscire, quando penso che ci litigavo spesso e spesso li mandavo a quel paese.  
Helen mi mancano gli sguardi di mia madre, quando tornavo tardi a casa, mi mancano i suoi abbracci. 
A volte mi aspetto che mi chiami e mi dica se ho ricordato di mettere l'orario alla sveglia, mi aspetto che chiami e mi dica che anch'io gli manco. 
Vorrei solo poter passare anche solo mezz'ora con loro, per fargli sapere che persona sono adesso; 
vorrei solo sentire i loro respiri, anche se ho paura, perché io sono diventato uno stronzo. 
Ho paura quando penso che mio padre mi guarderebbe sconfitto e mi direbbe che sono un cazzone e pagherei oro, anche solo per sentirglielo dire. 
Ho paura che mia madre mi manderebbe a quel paese, se sapesse che tratto le ragazze come merce di scambio. 
Helen, tu lo sai che sono stato così, lo sanno tutti. 
Lo hai pagato con le tue stesse mani. 
Io ho perso troppe persone e ho paura di perdere anche te. 
Avevo paura che se avessi dato importanza alla nostra storia, mi sarei ritrovato da solo, di nuovo. 
Tu non hai idea di quante volte mi sono detto 
' corri Thomas, va' da lei e dille che la ami. ' 
Ma stavo fermo, non avevo il fegato di ammerlo e prendevo tutto come un sentimento passeggero. 
Non poteva esserci nessuno, dopo di Lidia. 
Lei, che aveva preso le mie debolezze e le aveva trasformate in punti di forza. 
Che mi aveva insegnato ad amare i colori e a mangiare cibo cinese. 
Lei che mi amava. 
Quando è morta una parte di me è andata via e pensare che tu, potessi essere in grado di riprenderla, mi faceva stare male. 
Helen, pensavo che nessuno dopo Lidia, mi avrebbe fatto sentire come tu mi fai sentire e non so come spiegartelo. 
E' che di solito scrivere mi risulta facile
Questa volta è difficile però, le frasi sembrano colonne portanti di un'edificio da demolire, ho paura che crolli prima ancora di poterle mettere in piedi. 
Hai sempre avuto le tue idee, l'amicizia legata al marciapiede di una strada troppo stretta, l'amore che gironzola felice in una spiaggia troppo grande.
Io invece sono sempre stato uno stupido, ho smesso di credere a certe cose, quando mi hanno strappato via la mia vita. 
Sono diventato un deserto, ho cominciato ad odiare il mondo, potevo permettermi troppe donne e non mi sono fatto problemi, a trattarle come semplici oggetti. 
Sono diventato uno stronzo, ho comincato a cancellare le mie precedenti idee, volevo solo vivere alla giornata.
E poi se arrivata tu.
Ingenua come un bambino e bella, bella da stare male. 
Eri così semplice, così... tremendamente sexy. 
Volevo giocare, volevo poter dire che tanto le cose passano. 
Ma non si gioca con chi è capace di giocare meglio. 
E non si scommette con chi vuole scommettere. 
Mi sono innamorato di te e devo ringraziare il professore e la tua lettera, se adesso riesco ad ammetterlo. 
E devo ringraziare mio padre, mia madre, Lidia e i miei ricordi, se sono arrivato ad una conclusione. 
Sono arrivato alla conclusione che ti amo, ti amo e basta. 
Sono arrivato alla conclusione che per quanto sia stupido, insignificante o vuoto, si cresce, si deve crescere e io sono cresciuto, una parte del mio cuore, è rimasta in quella macchina, in quella strada per tornare a casa, 
è rimasta nei rimproveri di mio padre e nell'accento buffo di mia madre, è rimasta in tutti i 'ti amo' di Lidia e nelle sue risate, ma io ho raccolto tanti piccoli pezzi della mia vita e per la prima volta non ho lottato contro
il desiderio di gettarli via. Ho imparato a guardare la vita dietro il mio vetro rotto ed è stato bello poter sognare di farne parte, sognare di poter tornare in cucina, a casa mia,per vedere mia madre che prova a fare una torta, 
o mio padre, che guarda la partita, mentre mi cerca con gli occhi per dirmi che mi vuole bene ; ho imparato ad apprezzare ciò che ho di bello, perchè mi sono accorto che mentre riflettevo su quello che mancava, le cose 
belle andavano via, ho imparato a riflettere su cos'è davvero l'amore, su cosa sono i ricordi, sul perchè, in un modo così instancabile torno nel passato.
Torno nel passato perché mi manca e adesso che riesco ad ammetterlo sono in grado di andare avanti. 
Io ti amo Helen. 
Amo il tuo modo buffo di arrabbiarti. 
Amo quando mi parli e diventi rossa. 
Amo i tuoi occhi e il modo in cui mi guardi. 
Le tue labbra e il tuo corpo. 
Il tuo modo così etereo di vedere le cose, di percepire l'amore, di credere che da qualche parte nel mondo, c'è sempre il sole. 
Io ti amo;
Voglio stare con te Helen, voglio stare con te ogni giorno e sono stato un coglione. 
Glenda non è niente, è solo la fottuta prova di quanto io possa amarti, di come non riesco più a giocare. 
Perdonami Helen. 
Amami Helen. 
Ti amo. 
 
 
 
CIAO A TUTTI. 
Ok. non so se vi piacerà ma vi dico solo che mentre scrivevo, piangevo come una bambina. 
Finalmente Thomas ha gettato via la mschera. 
Le ha confessato che la ama. 
LA AMA.
Ditemi che vi piace, vi prego, sto troppo in ansia :S
ci ho messo i miei sentimenti nella lettera di Thomas. 
Nel prossimo capitolo ci sarà un po' la resa dei conti, quindi continuate a seguirmi!
Helen e Thomas hanno bisogno di voi. 
In ogni caso, grazie a tutti quelli che hanno recensito e grazie a quelli che lo faranno. 
Grazie per le visite e per quelli che hanno messo questa storia come preferita., ricordata o seguita.
GRAZIE. 
Posterò il capitolo appena posso, un grosso bacione!
Scusate per gli errori di ortografia o grammatica, se ne trovate qualcuno. 

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Capitolo 13
*** Si finisce per ricominciare. ***


 
Si finisce per cominciare. 
 
Se va via lei, per me tutta questa messa in scena del mondo che gira, si può anche smontare, si può portare via, puoi schiodare tutto, arrotolare tutto il cielo e caricarlo su un camion col rimorchio, possiamo spengere questa luce bellissima del sole che mi piace. Lo sai perché mi piace tanto? Perché mi piace lei illuminata dalla luce del sole, ma se va via lei, puoi portar via tutto questo tappeto, queste colonne, questo palazzo,la sabbia, il vento, le rane, i cocomeri maturi, la grandine, le sette del pomeriggio, Maggio, Giugno, Luglio, il basilico, le api, il mare, le zucchine. Puoi portar via tutto. 
 
-La tigre e la neve.

" Rilassati, ti prego. Rilassati Helen. Sei innamorata, non stai per morire. " Mi ripetevo quasi in un sussurro, mentre faticavo a respirare. 
Avevo lo stomaco in subbuglio. 
Mi rigirai più e più volte, mentre ero completamente immersa tra i miei pensieri. 
Ero esausta, forse per tutte quelle parole che avevo ingoiato senza fiatare o forse perchè sapere chi Thomas mi amava, aveva risvegliato in me una parte nascosta. 
Avevo già messo in piedi la mia vita con lui, avevo cominciato a pensare ai suoi capelli sul mio letto, al suo torace contro il mio, ai suoi gemiti e agli abbracci caldi; 
avevo pensato a come sarebbe stato tutto perfetto se solo la sua confessione fosse stata anticipata di qualche giorno, se solo il suo corpo non fosse stato a contatto con un altro, che non era il mio:
di sicuro adesso mi sarei trovata con lui, da qualche parte. 
Eppure anche solo il pensiero, mi faceva girare la testa. 
Tra tutte le persone che avevo conosciuto, c' era stato lui.  
Sicuro e pieno di risorse. 
Non credeva all'amore e non credeva all'amicizia; mi ero sempre chiesta se una cosa del genere fosse mai stata possibile, insomma, se si poteva vivere bene, senza un amico e senza una ragazza. Thomas infondo sorrideva 
spesso, sembrava solo molto stronzo e mai, mai troppo stanco e solo. 
Mi aveva detto che io non ero un'amica, che non ero neanche la tua ragazza. Infondo andare a letto con qualcuno non era il miglior modo per essere suo amico. 
Solo in quel momento mi resi conto di quello che avrei voluto infondere a lui, del progetto che volevo portare a termine:
volevo stravolgerlo. Amica, ragazza, portafortuna. Sicuramente avrei voluto entrargli dentro e distruggere i muri che si era costruito. 
Thomas era soltanto un ragazzo che aveva sofferto e io, ero soltanto una ragazza innamorata. 
Affondai il viso sul cuscino e ripresi a piangere.  
Sapere che Thomas era stato così male, mi aveva gettato in un immenso baratro di sofferenze. Immaginarlo senza un pilastro su cui poggiarsi e gridare forte, mi faceva sentire impotente. 
Io avevo bisogno di diventare il suo sole, di imparare a curare le sue ferite, volevo amarlo.
Mi resi conto che era troppo tardi per perdermi in certi pensieri, ma era di notte che prendevano forma.
Forse era proprio in quel momento che tutti i ricordi ritornavano al loro posto e non m'importava se tutto, fino a quel momento era rimasto fermo.
Quelle emozioni che nascevano violente, forse erano soltanto parole che cercavano una casa e anche il suo cuore, adesso, poteva tornare a battere e potevo ascoltarlo, tra le pareti stanche del 
mio corpo, accanto ad organi incapaci di reagire. Eppure Thomas non era li, con me. 
Stavo in silenzio troppo spesso, anche se in fin dei conti credevo di non smettere mai di parlare. 
Come quella sera, difronte agli occhioni di Thomas, il mio cuore aveva continuato ad urlare, il mio stomaco era entrato in subbuglio, avrei voluto lasciargli un ceffone, prenderlo a calci, baciarlo, baciarlo e fare l'amore con lui. 
Sin da quand'ero piccola, avevo imparato a pensare che i gesti impulsivi riuscivano soltanto a portare casini. 
Avevo sempre creduto di essere poco bella, poco brillante, poco interessante. Credevo che per ogni sospiro sarebbe potuta esserci una frase, ma ormai non riuscivo a formularne neanche una, non difronte ad una lettera 
come quella, non dfronte ad un Thomas reale, debole, indifeso. 
Ero sempre stata una bambina, infondo. 
Mia madre era sempre stata il mio più grande porto sicuro, ma anche il mio ostacolo; avevo sempre pensato che stavo meglio da sola, che in un campus, sarei riuscita a raggiungere l'indipendenza che sicuramente Thomas mi 
avrebbe ceduto in cambio di un solo sorriso da parte dei suoi genitori. 
Io ero ancora convinta che il mondo, da qualche parte, l'avesse fatto lei e mi rendevo conto soltanto ora di quanta superficialità ci fosse stata, dietro ai miei pensieri, fino a quel momento. 
Sospirai e sentii un rumore.
Robert e Celeste avevano deciso di dormire insieme, mi avevano accompagnata a casa ed erano rimasti con me, fino a quando non li avevo pregati di andare a dormire, di lasciarmi sola. 
Magari erano proprio loro; mi sentii tremendamente d'intralcio ma decisi di non pensarci, non era il momento di aggiungere pesi enormi sulla mia schiena, non quella notte, non mentre avrei dovuto decidere se stare o meno 
con Thomas. 
Sicuramente, vista da fuori, io, in tutta la situazione, sarei passata per una matta;
lo amavo, mi amava, cosa c'era da pensare?
Una persona normale si sarebbe semplicemente lasciata andare, avrebbe deciso che bastava così, che i suoi baci mancavano troppo, che le sue parole e quella lettera avevano già scavato troppo dentro il cuore, ma forse io ero
una perfetta masochista, ero una cogliona innamorata, ero una che non si sarebbe mai lasciata andare senza avere una sicurezza. 
Poggiai la testa sul cuscino e asciugai le lacrime con la mano sinistra; il rumore si fece più forte e stavolta mi resi conto che proveniva dalla finestra. 
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a quest'ultima, leggermente spaventata. 
Non che avessi paura di qualcosa o che fossi una di quelle bambine che si agitano per un rumore stupido, semplicemente in quel momento ero debole e fragile, avrei potuto urlare da un momento all'altro, interrompendo 
l'intimità dei miei amici. 
" C'è qualcuno? " Chiesi. 
La luce era fioca e mi ritrovai nel bel mezzo della stanza, in cerca di un movimento.
Dovevo essere veramente troppo distrutta, per rendermi conto dei film che mi stavo facendo, non poteva esserci nessuno, anche perché per salire dalla finestra, bisognava rischiare un bel po', i rami dell'albero del giardino sotto, 
erano particolarmente difficili da spostare e per di più, non si vedeva molto. Scendere era di gran lunga più semplice, si metteva un piede su di un ramo e si saltava. 
Sorrisi e tornai indietro, per sdraiarmi nel letto, consapevole delle paranoie che già avevo messo in piedi.
Chi potevano essere, i ladri ? Qualcuno che magari voleva prendere le enormi - si fa per dire - ricchezze della mia amica. E poi sicuramente i ladri, non sarebbero saliti da una finestra, al massimo avrebbero scassinato o 
avrebbero raggiunto la cucina dalla piccola finestra che si trovava sul soffitto. 
Chiusi gli occhi ma venni interrotta nuovamente da un rumore; cominciavo a stancarmi, che fosse un gatto o un animale, ferito?
Spostai lo sguardo sulla finestra e alzandomi, presa da un qualche coraggio improvviso, mi affacciai;  solo in quel momento mi sentii veramente male:
Vidi un ragazzo o un uomo, che tentava di arrampicarsi; 
non riuscii minimamente a scorgere i contorni del suo viso, ma sicuramente era un ladro o una specie di assassino in borghese. 
Mi allontanai quasi subito, fissando la finestra, incapace di muovermi e solo quando il ragazzo riuscì a spingersi per entrare nella stanza, decisi di parlare.
" Chi... sei? " 
Mi aspettavo addirittura una risposta, matta per come ero. Ma un ladro non si sarebbe mica messo a rispondere alle mie domande, anche perché avrebbe svelato la sua identità. 
In quel momento, così particolarmente ansioso, cominciai a pensare a Thomas. 
E se fossi morta? Come avrebbe reagito Thomas alla mia morte? Aveva già perso tutto e io non volevo smettere di pensare che tra noi, nonostante tutto ci potesse essere un futuro, anche se sapevo che ormai era anche troppo
lontano. Avrei dovuto accendere la luce ma era troppo lontana da dove mi ero immobilizzata, io. 
" Ahio. " Gemette, cadendo sul pavimento e sentii il tonfo, pensando che se Celeste si fosse svegliata, l'avrei messa in pericolo. 
Mi sentivo in un film d'azione, con la differenza che io non sapevo cosa significasse difendersi e che non sapevo cosa fare, come comportarmi, se essere spaventata o meno. 
Mi allontanai decisamente e avvicinandomi al comodino afferrai il cellulare, provando a fare mente locale. 
" Shhh. " Lo minacciai. " Non urlare! " Adesso gli davo anche ordini! Dovevo essere impazzita. 
" Senta, mi ascolti bene... se lei è un ladro, prenda quello che vuole e vada via! " Gli davo anche del voi? Avevo seriamente giocato a carambola con i miei neuroni. 
Sentii ridere lo sconosciuto e mi girò la testa. 
" Cosa ci sarebbe da ridere? " Domandai.
" Vuoi accendere la luce o preferisci farlo al buio? " 
Nell'esatto momento in cui la voce dello sconosciuto entrò nella mia testa, mi resi conto che non era affatto uno sconosciuto. 
In una sola notte mi stava crollando il mondo addosso e poco dopo, cominciava a ricostruirsi, da solo; ficcai il cellulare nella tasca dei pantaloncini che utilizzavo per dormire e respirai, cauta. 
" Thomas?! " Chiesi. 
" Aspettavi qualcun altro? " 
Mi spostai verso destra e accesi la luce, chiudendo lievemente la porta e puntando i miei occhi dritti verso i suoi. 
Doveva essere impazzito; venire a casa di Celeste, così, senza un motivo logico, era sconclusionato. 
" Cosa?... Ma sei pazzo? Cosa cazzo hai in testa? " 
" Te."
" Senti Thomas, vattene via o ti spingo con tutte le forze che ho, fuori da questa finestra. " 
" Non riusciresti a stare senza di me, questa notte."
" Vogliamo scommettere? " Gli dissi. 
Lo vidi sorridere e quel lampo di occhi verdi mi fece tremare. 
I capelli completamente spettinati e l'aria da ragazzino innamorato, un paio di jeans neri e stretti con una maglietta a maniche corte rossa e una ferita ben visibile sul braccio destro. 
Una ferita?! 
Mi sentì trasalire e notò che i miei occhi erano fissi su quel graffio che perdeva sangue.
Portò la mano sinistra a coprirla e mi sorrise. 
" Che diavolo ti sei fatto? "
" E' solo un graffio. Mentre provavo a salire qui sopra, sono caduto e... " Si morse un labbro e io volevo morire, volevo saltargli addosso, togliere i suoi vestiti e gettarli in un angolo remoto della stanza. 
Si avvicinò troppo velocemente e sentii il suo respiro su di me. 
"Speravo che mi avresti gettato i tuoi lunghi capelli ma eri troppo impegnata a sognarmi. " 
Mi lasciò un bacio sul collo e sospirò. 
Mi allontanai, facendo attenzione a non fare rumori e mi avviai in cucina, in cerca di una benda e del disinfettatore, per curare la sua ferita; Thomas mi seguì e mi prese la mano. 
" Ero impegnata a dormire, non ti ho sognato. Sai cosa significa dormire? " In realtà non avevo dormito neanche un attimo a causa sua. 
" Negli ultimi tempi, una certa Helen Castelli mi ha tenuto sveglio, hai presente? "
Gli feci segno di diminuire il volume della sua voce e lui si zittì, aspettando una mia qualsiasi risposta. 
Aprii il cassetto e presi l'occorrente.
"E questo prima di scoparti l'altra, oppure dopo? " Lasciai la sua mano e cominciai a camminare in punta di piedi per raggiungere la camera dove dormivo. 
" Anche quando non c'eri, mi tenevi sveglio. " Disse, improvvisamente serio. "ti ho pensato."
"E quindi anche i coglioni riescono a pensare?  " Gli chiesi, fredda e pungente.
" La smetti di camminare come la Pantera Rosa? " Mi fermai, girandomi di scatto. 
" Che? " Entrai in camera mia e chiusi la porta alle mie spalle, accendendo nuovamente la luce e costringendo il mio compagno di corsi a sedersi sul letto. 
" Okay, capitano. " Sorrise lui e io cominciai a picchiettare sulla ferita con il cotone pieno di disinfettatore e una benda a portata di mano. 
" Tu non sei normale. " Dissi. 
" Ho fatto tutto questo per te e tu mi dici che non sono normale? " 
Mi guardò e io provai a non sorridere. 
" Già. " Sussurrai. " domani ci saremmo visti al ponte, no? " 
" Saresti venuta? " Mi chiese, scettico. 
" Non lo so, in ogni caso, venire a casa di Celeste e rischiare di farti male sul serio, non mi sembra la scelta migliore. " 
" Quindi sei preoccupata per me? " 
" No. " Sorrisi. 
" Sei bellissima." I suoi occhi si aprirono e mi sembrò quasi che fossero capaci di sorridere al posto delle labbra. 
" Esattamente perché sei venuto qui? " 
" Perché se non l'avessi fatto, me ne sarei pentito per tutta la vita. Ahia! "  Mi guardò in cagnesco e io scoppiai a ridere. 
" Scusa. " Dissi, poco convincente, continuando a ridere. 
" Il professore mi aveva detto che per farti innamorare dovevo farti ridere... però ogni volta che ridi mi innamoro io.  "
" Ma io sono già innamorata..." Abbassai lo sguardo arrossendo. 
" Helen, vorrei toccarti, baciarti, vorrei parlare con te. "
" Non lo stai già facendo? " 
Thomas era vicino a me, una mano sulla gamba sinistra e il suo viso completamente affondato sul mio collo, a riempirmi di baci caldi e sospiri; la benda era caduta sul letto e la mia mano si era fermata a mezz'aria. 
" Ti amo. " 
Mi staccai al suono di quella frase e arrossii nuovamente, come solo io sapevo fare. 
Quelle parole significavano troppo, per me. 
Era come cadere in un morbido e lussuosissimo letto, con rose rosse e profumo di pesca. Thomas poi,era così bello da mozzare il fiato ed era li per me, si era fatto male al braccio per me, aveva scritto una lettera mettendo 
completamente a nudo le sue emozioni e i suoi dolori, per me. 
" Anche io. "
Presi la benda e continuai la medicazione, fasciandogli il braccio, incapace di staccargli gli occhi da dosso. 
" Ho finito. "Sussurrai e lo vidi allontanarsi leggermente e afferrarmi la mano. 
" Vieni con me. " Mi sorrise. 
Mi alzai e lo seguii in silenzio. 
L'amore faceva la differenza, l'amore riusciva in un modo o nell'altro a cambiare le cose, a renderle sempre troppo perfette. 
Pensai per un attimo a ciò che avevo pensato, all'inizio, di Thomas; era stato troppo ammiccante, come lo era adesso, si era rivelato arrogante e mi aveva fatto impazzire troppe volte, era per questo che volevo stare lontano 
da lui e che - per chissà quale motivo - non potevo allontanarmi, eppure Thomas era lo stesso, era arrogante, ammiccante e sexy, particolarmente sexy, eppure adesso lo amavo e stare lontano da lui significava troppo, 
significava rinuciare alla mia vita, al mio grande amore. 
Thomas non mi aveva tradito, io questo lo sapevo; non aveva mai detto a me, che ero la sua ragazza, non aveva mai chiarito il processo in cui sarebbero andate le cose. 
Lui mi aveva provocata, mi aveva detto che voleva portarmi a letto, ero stata la sua sfida, come lui era stato la mia;
non era il pensiero del tradimento a rendermi le cose più difficili, piuttosto pensavo a lui con un'altra e mi sentivo completamente e indiscutibilmente ferita. 
Il suo odore, il suo respiro, i gemiti e i baci caldi erano e dovevano essere destinati a me;
eppure quando era andato a letto con quella ragazza, io non ero nei suoi pensieri, ero solo un'amica con cui era andato a letto, non era innamorato, ci teneva e non riusciva a capire cosa fossi per lui. 
Era stato mosso principalmente, dalla necessità di spostare via l'interesse che aveva per me, cancellare il sentimento che si stata venendo a creare, perché innamorarsi avrebbe significato stare male, di nuovo.
Non potevo capire perfettamente cosa passasse nella sua testa, ma riuscivo a capirlo. 
Quando si perde una persona importante, non si riesce a guardare avanti, ma quando si perdono tutte le persone importante di una vita, beh, allora in qualche modo si cerca di spostare i pensieri e vivere alla giornata. 
" Tieniti al ramo e scendi."
Riuscii chissà come a scendere in silenzio senza farmi del male, mentre mi preoccupavo sempre di più per il graffio che il mio compagno di corsi si era fatto. 
Le strade erano quasi desolate, ogni tanto passava una macchina e l'automobilista ci guardava con due occhi sbarrati e un sorriso furbo. 
" Dove andiamo? " 
" Andiamo al mare. " 
Mi indicò la macchina e io salii, con un sorriso che andava da una guancia all'altra. 
Non l'avevo ancora perdonato e non ero neanche sicura che l'avrei mai fatto, ma stare con lui, adesso, era tutto quello che volevo fare. 
" Ti sei trasformato in uno di quelli che scrivono lettere commoventi, sbucano nelle case delle ragazze e le prendono in ostaggio, per andare al mare. Sei sicuramente tu? " Dissi, sarcastica. 
" Effettivamente se non mi perdoni dopo tutto questo, credo ti manderò a quel paese. "
" Ma se non riesci neanche a stare lontano da me per una misera notte. " Sussurrai e i miei occhi si incontrarono con i suoi, verdi e particolarmente luminosi. 
" Mentre lo dici stai pensando che vorresti fare l'amore con me,  in questa macchina. " Ammiccò. 
" Presuntuoso. " 
" Non smentisci, eh? " 
" Certo che smentisco! Non voglio fare l'amore con te. " 
Abbassai lo sguardo, rossa e completamente in imbarazzo e lo sentii ridere. 
" Che intenzione hai di fare con il compito? Lo completi e lo mandi via posta? " 
" No, lo lascio a te e lo porti tu. " Sorrisi smagliante, sapevo che gli avrebbe dato fastidio, ma le mie risposte pungenti, non potevano essere eliminate, faceva parte del mio carattere. 
" Tesoro, io non me ne vado senza di te. " 
" Allora puoi cominciare a comprare casa. " 
" C'è sempre la finestra. " 
" Devo chiedere a Celeste di chiudere la finestra, la notte. " 
" Celeste? Non puoi chiuderla tu? " 
" Non credo di essere in grado di chiuderla. "
Lo sentii ridere. Aveva una risata calda, perfetta, sexy. 
" Cosa, cazzo ridi? " Chiesi, stizzita. 
" Scusa. " Un'altra risata. " Scusami, ma non credevo fossi così impedita. " 
" Mi scusi signor Leocata, non possono essere mica tutti come te, così perfetti e stronzi e... " gli feci la linguaccia mentre lui sorrideva sornione. " C'è una specie di scatto chee non riesco a spingere come devo, per chiuderla. 
Non sono finestre normali, piuttosto sono quelle di cinquecento anni fa, secondo me sarà anche arruginita. "
" Come fai a credere di non essere bella? " Mi chiese serio, mentre accostava la macchina. 
Il mio viso già abbastanza colorito, prese a diventare prima rosa, poi rosso, dopo rosso molto, molto scuro. 
Questo modo di fare, queste domande campate in aria, mi rendevano instabile, mi facevano imbarazzare, eppure le adoravo. 
Non sapere di cosa avremmo parlato, quali domande ci saremmo posti, se saremmo finiti a letto o avremmo frenato la voglia di fare l'amore, mi faceva girare la testa, era forse la cosa che più amavo di quella relazione così 
strana. 
" Helen. " Sussurrò, avvicinandosi. 
" Thom." 
" Se adesso mi avvicino e non ti metto le mani addosson e non ti tocco, tu mi baci? " 
Rimasi spiazzata e sorrisi. 
Quello era uno di quei momenti in cui sarei dovuta sprofondare, eppure con Thomas quella parte di me, nonostante tutto, era migliorata; mi avvicinai e lo baciai. 
Era come tornare indietro, mentre le sue mani mi toccavano, mentre i suoi baci mi infiammavano, era come tornare a parlare dell'amore per Leopardi o del professore, come giocare sul mio modo poco sensuale di fare, 
come dormire insieme e pensare di poter vivere così, ancora per molto. 
Si staccò da me e per un attimo restammo con i nostri nasi a sfiorarsi e i nostri occhi a cercarsi - poi - stupida che non ero altro, decisi di staccare il mio sguardo dal suo e di scendere dalla macchina, per andare sulla 
sabbia. 
Il mare di notte era tutto ciò che amavo, della notte. 
" Vieni qui. " Thomas mi prese per mano e mi attirò a se', abbracciandomi così forte da farmi sentire il battito del suo cuore.  " Helen, io ti amo, cazzo. " 
" Thomas.." Provai a parlare ma lui mi zittì, sorridendo. 
" Lo so che sono un coglione. " 
" Allora sei diventato più intelligente! Come hai fatto a scoprirlo? " Chiesi, sarcastica e Thomas mi diede un buffetto sulla testa. 
" Sono un coglione perché sono andato a letto con Glenda. " Diventai seria, per un attimo e frenai l'impulso di lasciargli andare un ceffone. " Ma lei è stata solo la prova che ti amo. La mia storia con te, è cominciata quando 
ho scritto quella lettera e da allora io non dormo, non penso ad altro. " 
" Non riesco..." respirai. " Non posso pensare che tu abbia toccato un'altra. Non è il tradimento che mi fa stare male, io e tu non stavamo insieme, non per te, almeno. Però, sapere che lei ti ha sentito, che tu, l'hai guardata 
negli occhi mentre io pensavo a te... " 
" Come faccio Hel? Come faccio a farti capire che ti amo? Ho sbagliato e voglio rimediare. " 
Mi allontanai di pochi passi e sorrisi. 
" Regalami la luna, fammi giocare con le nuvole e dimostrami che sono tua." 
Gli stavo chiedendo l'impossibile e lui lo sapeva, era come chiudere definitivamente la mia storia con lui eppure mi sorrise lo stesso, mi prese per mano e cominciammo ad andare verso la riva. 
Il mare era mosso, sembrava incazzato con il mondo e non riuscivo a distinguere il colore del cielo. 
Ci sdraiammo e io mi accoccolai vicino a lui. 
" Non farò l'amore con te, mi dispiace. " Dissi, mentre sentivo la sua mano, posizionarsi sul mio ventre, dentro la conotta che avevo messo per dormire. 
" Lo so che vorresti, e anche io vorrei. Io vorrei, non sai quanto. Non sai quanto ti ho desiderata, quanto avrei voluto spaccare il mondo, solo per vedere il tuo corpo nudo e non mi era mai successo. Non mi era successo mai con 
nessuna. Però... " Mi guardò e io rimasi in silenzio per dargli la possibilità di continuare. " però non voglio fare l'amore con te, stanotte. Voglio solo dormire, voglio dormire con te, sentire il tuo respiro, 
lasciare che ti senta al sicuro, con me. Voglio poter toccare i tuoi capelli e regalarti una notte tranquilla. 
" Grazie. " Risposi. 
Presi il telefono dalla tasca e scrissi un messaggio alla mia migliore amica. 
 
Stanotte ho deciso di uscire un po', ci sentiamo domani mattina, non preoccuparti, un bacio. 
 
 
"Buonasera Cielo." 
" Ma con chi parli? "
" Con il cielo. " 
" Sei diventato pazzo, eh? " Sorrisi, alzandomi lievemente per scrutarlo.
Le onde del mare erano morbide e il profumo di sabbia fresca era forte; adoravo il mare dalla prima volta che i miei genitori avevano deciso di portarmici; ero rimasta ore a guardare le onde infrangersi sulla riva, ero rimasta 
troppo tempo a guardare come il cielo e il mare si confondevano, a veder l'acqua salata che si portava via sabbia fresca. 
Lo avevo adorato. 
"Stanotte sono con lei..."
Lo guardai. 
Non potevo farne a meno, non potevo evitare che i miei occhi si voltassero a cercarlo; in qualsiasi luogo mi fossi trovata e qualsiasi cosa fosse successa, avrei cercato i suoi occhi ovunque, avrei cercato quel verde nei prati 
di ogni parco, di ogni pianura, di ogni collina. Avrei cercato i suoi occhi, per perdermici. 
Era come se ogni passo che avessi fatto, ogni parola che fino a quel momento avessi detto, ogni sorriso, sarebbe andato a finire a lui. 
Era come se ogni centimetro della sua pelle, era stato destinato a me, anni prima. 
Come amarsi e non conoscersi neanche. 
Thomas mi scrutò, con aria felice, prima di tornare a guardare il cielo, pieno di stelle; il cuore aveva già cominciato a correre veloce; 
" Tu stai sempre li, non ti muovi di un passo, guarda che l'ho notato che la terra trema ma tu candido, scuro o chiaro, rimani immobile. "
Stava facendo lo scemo e ci stava mettendo dentro il cuore, per farmi capire che quando voleva, sapeva essere un ragazzo speciale; ma io lo sapevo già, io lo sapevo che era speciale. 
Socchiusi gli occhi e avvicinai la mia mano alla sua. 
" Il cielo non ha un cuore. " Gli riferii, sarcastica, ma lui mi fece la linguaccia.
Avrei voluto mandare tutto a puttane e sdraiarmi mezza nuda con lui, sotto le stelle; avrei voluto urlare che lo amavo che lo volevo, che lo avevo sognato; che per ogni passo che avrei fatto, ci sarebbe stato lui. 
Avrei voluto guardarlo; guardarlo davvero e dirgli che qualsiasi cosa fosse successo, io avrei amato quegli occhi, sempre. 
Che non era stronzo, che lo amavo. 
Lo amavo.
Lo amavo davvero, come si amava il mare, il sole, la poesia, Pablo Neruda, i libri lunghi e intensi, l'estate, i bambini. 
Lo amavo come si ama l'idea dell'amore, le belle giornate, i gesti inaspettati, le foto che passa il tempo e loro mai. 
Io lo amavo, Cristo. 
" Tu lo sai quanto la amo e quanto sono stato stronzo. Diglielo tu. " Abbassò lo sguardo. " Diglielo che sogno i suoi occhi, che vorrei stringerle la mano e passeggiare per i centri commerciali con lei, che vorrei che mi raccontasse
ogni cosa, diglielo che è mia e che sono uno stronzo. "
" Lo so, quanto sei stronzo. L'ho provato sulla mia pelle. " Avevo assunto un'aria seria e mi ero morsa il labbro inferiore, presa dall'ansia. 
Chiusi gli occhi e mi avvicinai a lui per abbracciarlo e tornare con la testa sul suo torace. 
" Però non sai quanto sei bella. " Thomas sembrava così sincero che non potei fare a meno di sorridere, imbarazzata. 
" E quindi se tu potessi scrivere una lettera al cielo, che scriveresti? " Gli chiesi. 
" Di non piovere, perché sennò siamo fottuti. " Gli diedi una gomitata lieve sul fianco.
" Mi piacevi di più prima, quando facevi il romantico. " Ammiccai e lui se ne accorse. 
" Quella era una scusa per portarti a letto. " 
" Non vedo nessun letto, mister sesso. " 
" La sabbia è comoda. " 
Ci mettemmo a ridere e poco dopo lo guardai. Aspettavo ancora la risposta alla mia domanda. 
Volevo sapere cosa avrebbe scritto al cielo, se solo avesse avuto la certezza che li' sopra c'era qualcuno.  
"Gli chiederei di insegnarmi a viverlo come fanno gli uccelli, che ogni mattina sembrano cavalcare le nuvole."  Cominciò, poi, costretto dal mio sguardo. 
" Io vorrei imparare a solcare l'infinito e visitare posti come le stelle o la luna. " Lo guardai e lui mi abbracciò. 
" Se la mia ragazza me lo permette, ovviamente, gli chiederei di trasformarmi in un'albero, per un solo giorno, magari potrei tenderti un ramo, un ramo pieno di fiori colorati. "
" La tua ragazza? " Chiesi. 
" Tu. La mia ragazza. " Sorrise lui. 
Sentire quella voce così calda, sexy, protettiva, pronunciare quelle parole, mi mandò il cervello in pappa. 
Non che prima stava tanto meglio. 
" Ah, adesso sono la tua ragazza? " Domandai, curiosa. 
" Sempre stata." Alzò le mani in segno di resa e ridemmo. 
" E poi? " 
" Poi non lo so... forse gli chiederei di portarmi sul tetto di questo mondo, perché vorrei vedere come stanno mamma e papà e ... Lidia. " 
" E io verrei con te, per stringerti la mano. "
Si avvicinò e mi lasciò un bacio lieve sulla guncia. 
Stare con lui mi faceva stare bene; mi allontanai di scatto e mi alzai in piedi con un sorriso raggiante. 
" Voglio fare il bagno. "
" Il bagno? " Mi chiese, lui. 
" Hai presente quell'acqua lì? " Feci un gesto con la mano e sorrisi. "Voglio tuffarmi. "
Si alzò, indeciso e mi prese la mano; gli sfilai la maglietta, togliendo di conseguenza la mia e notai che la sua espressione cambiò. 
Sapevo quanto mi voleva e pensavo lo stesso che sicuramente non raggiungeva neanche la metà di quanto lo volevo io. 
" Mi farai impazzire, prima o poi..." Mi disse. 
" Lo spero. " Urlai mentre correvo come una matta verso il mare.
Non potevo non essere felice, con Thomas. 
Nonostante tutto e nonostante tutti, io lo amavo. Lo amavo perché era uno coglione di dimensioni cosmiche e perché era pronto a mettere l'orgoglio da parte, quando si trattava di me. 
Thomas non era soltanto bello, era speciale. 
Aveva fatto un errori ma per la cronaca, il principe azzurro non esisteva e una persona, la si doveva amare con i propri sbagli e propri difetti. 
Non avrei di sicuro detto a Thomas che l'avevo già perdonato, in cuor mio, eppure sapevo che mancava davvero poco. 
Avevo passato momenti terribili a causa sua e se adesso ero vicino ad un Thomas sorpreso, era perché qualcosa di importante io l'avevo costruita. 
Non avevo mai creduto al destino, non mi era mai davvero importato di sapere se la mia storia fosse scritta o meno, ma Thomas era sulla mia pelle, sulle mie giornate d'autunno, era su tutti i muri di camera mia, sui quadri di
Celeste, sullo specchio in cui il mio riflesso appariva spento, era su tutti i sorrisi e i pianti. 
Thomas era stato il primo vero ragazzo che mi aveva fatta sentire veramente donna e non perché tendeva - spesso - ad essere un perfetto ninfomane, semplicemente per i suoi sguardi limpidi, per le sue occhiate sexy, per
il modo in cui mi sfiorava, per il modo in cui mi aveva presa per mano, la prima volta. Per i modi in cui mi parlava, quando mi guardava davvero. 
Thomas era l'unico ragazzo che mi aveva toccata e mi aveva incendiata, che aveva buttato a terra tutti gli ostacoli. 
Thomas era mio. 
Lo guardai un momento e ripensai al compito. 
Mi sembrava fosse passata un eternità, mentre erano passati sei mesi, solo sei mesi. 
Sei mesi da quando Thomas aveva deciso che sarei stata il suo gioco, sei mesi da quando avevo guardato il professore, con il cuore sotto lo zero. 
Mi fermai e aspettai che mi raggiungesse, per guardarlo soltanto un attimo, prima di bagnarmi i piedi. 
" Che c'è, piccola? " Mi chiese lui, mentre guardava la mia mano, prendere la rincorsa e raggiungere la sua. 
Aveva un espressione tranquilla, gli stessi occhi di sempre. 
" Perché non hai lasciato perdere? Insomma, sei andato a letto con una ragazza e... avresti potuto lasciar perdere. Sei venuto qui, invece. Mi hai cercata e..." 
" Sul serio? Sul serio non hai capito? Helen, io ti amo cazzo. Amo ogni singola parte di te, amo il tuo stupido modo di toccarti i capelli, quando sei agitata; amo i tuoi mezzi sorrisi e i tuoi occhi, ti amo, hai capito? 
Amo quando ti mordi le labbra e quando ti incazzi perché faccio il coglione, amo anche quando mi mandi a quel paese, ti rendi conto? Mi sei piaciuta dal primo momento che ti ho visto, mi sei piaciuta perché eri così determinata
e così ingenua..." Si bloccò e sentii la sua stretta sulla mia mano. " avevo solo paura che se mi fossi concesso soltanto un po' di pace, sarebbe crollato di nuovo tutto... volevo solo la prova che tu non eri nulla, che tu non 
eri importante, che andare a letto con un'altra sarebbe stato facile. " Mi guardò negli occhi e sentii un brivido. " Non è andata così. Non è andata così e sono stato talmente così male che non hai idea. Mentre toccavo lei, io 
pensavo ai tuoi occhi e... mi facevo schifo. Ero troppo incazzato per ammettere di essere innamorato di te. Adoro il fatto che tu abbia sempre, perennemente freddo. Adoro il fatto che ci metti un'ora e mezzo per ordinare 
una pizza e che la pizza che ordini, suppongo che riusciresti a mangiarla solo tu. Adoro il tuo sguardo e il tuo modo di muovere la bocca. Adoro il fatto che dopo aver passato una giornata con te, possa ancora sentire il tuo 
profumo sui miei vestiti. Sono venuto qui, perché non volevo aspettare domani, non volevo morire dentro, se non fossi venuta, non potevo darti il tempo di renderti conto di quanto coglione un solo ragazzo possa essere;
sono venuto perché quando ti rendi conto che vuoi passare il resto della tua vita con una persona, vuoi che il resto della tua vita inizi il prima possibile." 
Era esattamente il mio destino. 
Mi resi conto del mio comportamento stupido ed estremamente infantile; solo qualche ora prima avrei voluto tenerlo lontano da me, ero addirittura fuggita, per evitare di pensarci, con il solo risultato di pensarci peggio e 
adesso ero con lui e mi sentivo bene, mi sentivo giusta, al momento giusto, con la persona giusta. 
Lo amavo. 
Ci immergemmo in acqua e per tutta la notte e dico tutta la notte, giocammo. 
Lui che provava a prendermi e io, che provavo a scappare. 
Lui che mi metteva le mani addosso e io, che potevo sentirle ovunque. 
Non mi importava della ragazza con cui era andato a letto, io quella notte ero la sua ragazza e quello che era successo prima che lo diventassi, non erano affari miei. 
Quella notte fu la notte più bella della mia vita. 
Ci addormentammo solo la mattina, quando lui mi stringeva la mano e respirava i miei capelli, convinto di non voler fare l'amore con me. 
Eravamo bagnati fradici ma estremamente felici e io, sicuramente, nei giorni successivi avrei dovuto spiegare tutto a mia madre, Celeste e tutti. 
Thomas mi aveva detto che per una volta voleva solo dormire, che gli costava, ma voleva semplicemente vivermi e sentirmi sua e io non volevo dirgli che dormire con lui era tutto quello che avrei voluto fare, sempre. 
" Il tuo telefonino sta vibrando impazzito. " Sussurrò. 
Lo afferrai cercandolo nella tasca dei pantaloncini abbandonati sulla sabbia e risposi. 
" Pronto? " 
" Castelli, tutto ok? "
" Professore! " Sorrisi. 
" Thomas è li con te? " 
" Si, è qui con ... con me. Gliel'ha detto lei che ero da Celeste? " Dissi, imbarazzata. 
" Certo. " Affermò, il professore. 
All'inizio eravamo stai così troppo cinici verso di lui che adesso ero anche a disagio a parlarci come un secondo padre; il professore ci aveva aiutati, sotto ogni punto di vista;
Thomas sarebbe rimasto con me, per sempre. 
" Bene, io ho il suo compito e metà del tuo. Restate dove siete, almeno per una settimana, ragazzi; non ho bisogno di altro, li ho letti e sono stupendi e... avete analizzato l'amore molto, molto da vicino. " 
Lo sentì ridere. 
" Non vuole l'altra metà del mio? " Chiesi. 
" No, quello di Thomas basta. "
" Allora, tra una settimana saremo di nuovo a scuola e... " Sorrisi - grazie. - Il professore sospirò e chiudemmo la telefonata. 
Una settimana mia e di Thomas. 
Celeste aveva una specie di appartamento-garage-vecchio da prestarci, in ogni caso sarebbe stato piccolo, ma a noi sarebbe bastato e lei, sicuramente ce lo avrebbe lasciato.
Lo abbracciai e gli dissi che il professore era speciale. 
" Ti amo."
Sussurrai e lui mi baciò, stringendomi. 
" Abbiamo finito il compito senza finirlo. " Disse, risoluto.
" Stai zitto e tutto merito mio e... adesso possiamo stare qui una settimana piena.. " Lo ammonii sorridendo. 
" Vuoi vivere al mare? " Rise. 
" Si, mangeremo le alghe e vivremo di semplice e puro amore. " Dissi. 
" Di sicuro non moriremo di sete. " Indicò il paesaggio d'avanti a se' e mi guardò, con aria semplce e pulita. 
" Allora mi hai perdonato? " 
" Ovvio che... " 
Mi fermò la bocca dandomi un bacio caldo e passionale;
Non avremmo dovuto finire il compito e saremmo rimasti per una settimana io e lui, solo noi due. 
Era tutto fottutamente perfetto. 



Ciao. 
Okay, mi sento un po' una demente, visto che per un certo verso sono sicura che mi avrete odiata. 
Ho postato i capitoli con un ritardo infinito. 
Sono stata scostante e spesso, banale. 
Questa storia è stata solo la mia prova. Il mio inizio.
Sono piccola e amo scrivere da quando la mia maestra mi disse che chi scrive sogna e addirittura, chi è bravo a scrivere ha la capacità di far sognare tutti gli altri. 
Ci ho messo così sentimenti in questi capitoli che non ne avete idea, ci ho messo i miei personaggi e alcuni aspetti del mio carattere;
una ragazza mi ha chiesto il perché non mettevo le foto dei personaggi, prima di chiudere la loro storia. 
Non l'ho fatto, è vero. 
Non l'ho fatto perchè per me la scrittura e la lettura hanno una caratteristica in particolare. Si può immaginare tutto; ho dato solo la possibilità di immaginare, ti ho dato modo di costruirti il tuo pensiero, così chi legge può fantasticare sul colore dei capelli di Helen o sul sorriso di Thomas. Vi ho dato la possibilità di pensare a quanto belle e sensuali potessero essere le labbra dei protagonisti. 
Se avessi messo le foto, avrei distrutto la vostra immaginazione. 
Gli occhi verdi di Thomas, dovete immaginarli, non si possono fissare sul viso di un ragazzo qualsiasi. 
Nessun ragazzo avrebbe mai gli stessi suoi occhi, nessun ragazzo avrebbe gli occhi che vi siete immaginate leggendolo. 
Vi volevo ringraziare per tutte le recensioni che mi avete fatto e volevo dirvi che ho un'altra storia da postare e che la posterò a breve. 
Vi prego di seguirmi perché nonostante tutto, io ci sono. 
Questo capitolo è chiuso ma Helen e Thomas non ci abbondoneranno, eh!
Non vi preoccupate, in seguito posterò nuove avventure tra i due innamorati. 
Solo... per ora voglio chiudere con l'amore che trionfa. 
GRAZIE A TUTTE.  GRAZIE PER TUTTO, GRAZIE GRAZIE GRAZIE. 
E seguitemi nella prossima storia. 
PS: Scusate se ci sono errori. :S 

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