Amortentia: profumo di neve, di libri e... di Onlyna (/viewuser.php?uid=62969)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***
Capitolo 9: *** IX. ***
Capitolo 10: *** X. ***
Capitolo 1 *** I. ***
Nick
Autore: Only_ (Only_Me)
Pacchetto scelto:
Passaporta
Pairing scelto: Draco
Malfoy/Theodore Nott (personaggio a scelta)
Titolo della
storia: Amortentia:
profumo di neve, di
libri e...
Rating: verde
Avvertimenti:
Raccolta di Flashfic (e una One-shot), Slash, Sesto
anno/libro
alternativo
Genere: introspettivo,
sentimentale
Introduzione: “Da quando ho memoria,
Theodore è sempre stato il mio migliore amico. […]
Non
avevo mai pensato che l'affetto sincero e profondo che provavo per
lui potesse essere qualcosa di diverso da una semplice amicizia.
Eppure mi dava fastidio vederlo chinare lo sguardo davanti alle
avance delle ragazzine che stravedevano per lui [...].
Perché?
A quel tempo non avrei saputo cosa rispondere.”
NdA:
partendo dal presupposto che adoro questa coppia e
che ho una
visione tutta mia dei Serpeverde, questa storia è ambientata
in un
sesto anno alternativo. Tutto ciò che ho scritto
è un grosso
cliché, a mio parere xD però spero che ti piaccia
perché a me il
risultato soddisfa molto (e la cosa, di per sé, è
incredibile). Il
titolo della raccolta è molto random, ha molto poco a che
vedere con
l'intera raccolta; diciamo che è legato più che
altro al primo e
all'ultimo capitolo.
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
I.
Da
quando ho memoria, Theodore è sempre stato il mio migliore
amico.
Lo
conosco da sempre, siamo praticamente cresciuti insieme;
gli
ho sempre voluto molto bene, come poteva essere altrimenti?
Non
avevo mai pensato che l'affetto sincero e profondo che
provavo
per lui potesse essere qualcosa di diverso da una semplice amicizia.
Eppure
mi dava fastidio vederlo chinare lo sguardo davanti
alle
avance delle ragazzine che stravedevano per lui,
con
un sorriso delicato e sincero a piegargli le labbra.
Perché?
A quel tempo non avrei saputo cosa rispondere.
–
Credo
che tu sia innamorato, Draco.
La
voce di Pansy mi risvegliò dai miei pensieri.
Eravamo
nell'immensa biblioteca di Hogwarts, chini sui nostri manuali di
Pozioni per una ricerca che il professor Piton ci aveva assegnato per
la lezione successiva. Ero sempre stato affascinato da quel luogo,
così pieno di conoscenza, con il profumo delle pagine
ingiallite e
impolverate di vecchi tomi. Mi ricordava quella del Manor, eppure era
diversa: mi sentivo a casa, tra le mura del castello, una sensazione
che provavo raramente tra le pareti della villa della mia famiglia.
Alzai
gli occhi dalla pergamena sulla quale stavo scrivendo il procedimento
lungo ed elaborato della pozione, ed incrociai lo sguardo della mia
migliore amica: mi scrutava attentamente, le labbra strette in
un'espressione pensierosa e le iridi scure che scavavano nelle mie.
Era
proprio nel suo stile uscirsene con frasi di quel genere durante lo
studio; sorrisi mentalmente del mio pensiero, inarcando un
sopracciglio con aria impassibile.
–
Dici?
– domandai, e lei annuì. – In effetti
trovo molte affinità con
l'Amortentia, Pansy, credo che tu abbia ragione.
Alzò
gli occhi al cielo, infastidita dal mio sarcasmo, e sbuffò:
era così
bello sentirla sbuffare, quel suono mi ricordava una volta in
più
che eravamo a Hogwarts e non rinchiusi nelle nostre ville dove avere
certe reazioni era considerato segno di maleducazione.
–
Guarda
che non sto scherzando, – ribatté seccata,
tamburellando le dita
sul tavolo in legno scuro e ricominciando a fissarmi come se fossi un
interessante soggetto di studio. – Ti sei innamorato.
Il
viso di Theodore irruppe all'improvviso, per un secondo, nei miei
pensieri; solo per un attimo, poi scomparve lasciandosi dietro una
strana sensazione di incompiutezza.
–
D'accordo,
d'accordo, – soffiai in tono condiscendente, tornando a
leggere e
trascrivere il procedimento della pozione; quell'immagine, dopo
ciò
che Pansy aveva detto, mi aveva lasciato addosso un certo nervosismo,
ma lei era l'ultima persona a cui avrei lasciato ad intendere che
fossi rimasto turbato. – Ora torna a lavorare, non voglio che
Serpeverde perda punti per colpa tua.
–
Se
Piton mi punisce divento la migliore amica della Brown, –
disse
lei, sottolineando quanto fosse improbabile che il professore
togliesse punti alla nostra Casa. – Lo giuro.
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Capitolo 2 *** II. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
II.
Pansy
era quel genere di ragazza che non si fa problemi
a
dire le cose come stanno: era schietta, sincera a tal punto
da
dimostrarsi quasi crudele con le sue constatazioni.
Non
mi piaceva essere l'oggetto di tali constatazioni.
–
Pansy
dice che ti sei innamorato.
Nel
silenzio sonnacchioso del nostro dormitorio, il sussurro di Theodore
risuonò chiaro e forte come un grido. Non mi ero accorto di
non
essere l'unico ancora sveglio, troppo perso nei miei pensieri e nella
tormentata ricerca di risposte che non riuscivo a trovare, quindi
sobbalzai tra le lenzuola color verde smeraldo quando la voce del
ragazzo mi arrivò alle orecchie.
Sospirai
appena, chiedendomi perché fosse capitato proprio a me di
finire nel
mirino di Pansy.
–
A
quanto pare ne è convinta, – bofonchiai in
risposta. Lo sentii
aprire le tende del suo letto ed accendere alcune delle candele che
galleggiavano a mezz'aria; lo imitai, ringraziando intimamente
Merlino di poter trascorrere con la compagnia del mio migliore amico
quella che sarebbe sicuramente stata una, l'ennesima, notte insonne.
–
Non
lo sei? – mi chiese, incrociando il mio sguardo appena
illuminato
dal tenue bagliore delle candele appena accese. Mi sembrò di
leggere
tristezza sul suo volto pallido, prima che un'ormai familiare
sensazione di leggero stordimento mi costringesse a sfuggire ai suoi
occhi.
Theodore
era un bel ragazzo, lo sapevo. Possedeva quel tipo di bellezza che
è
il perfetto connubio tra pelle chiara, occhi azzurri e capelli del
colore delle piume di corvo, tra quella sua perenne ed inconsapevole
aria pensierosa e un poco malinconica e la scintilla di genuina
curiosità verso il mondo che brillava sempre nelle sue iridi
celesti.
Continuavo
a chiedermi perché fosse stato proprio il suo volto ad
entrare nei
miei pensieri quel pomeriggio, quando Pansy aveva insistito con la
sua teoria sull'innamoramento, ma più ci riflettevo e
più la
risposta diventava talmente chiara da farmi paura e costringermi a
scacciarla.
–
Le
ho detto di mandarmi un gufo quando scoprirà il nome della
ragazza
mi ha rubato il cuore, – ribattei con leggerezza, piegando le
labbra in un sorrisetto ironico; con la coda dell'occhio lo vidi
chinare il capo tirando le labbra in una smorfia, e mi chiesi
perché
continuassi a percepire quella strana tristezza.
–
Ragazza,
ovvio, – sussurrò con un'amarezza che mai, prima
di allora, avrei
potuto associare a lui.
Mi
si strinse lo stomaco, mi pentii delle mie parole e cominciai a
cercare con una furia quasi disperata qualcosa da ribattere, la
sensazione di incompiutezza di quel pomeriggio che tornava lenta ma
prepotente a farsi strada in me.
–
Be',
Draco, buon per te, – disse Theodore, prima che riuscissi a
trovare
le parole da dire, tornando a sdraiarsi e voltandomi le spalle. Per
chiudere le tende smeraldine del suo baldacchino, mormorò un
incantesimo sfiorando la bacchetta che, lo sapevo, teneva sempre
sotto il cuscino. – Buonanotte.
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Capitolo 3 *** III. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
III.
Ricordo
di non aver chiuso occhio, quella notte, sommerso
da
sensi di colpa che cercavo di scacciare senza esito.
Mi
ero trovato a odiare Pansy per non aver tenuto la bocca
chiusa,
odiare lo stesso Theodore per quello strano comportamento
che
aveva avuto durante la nostra conversazione notturna;
avevo
pure odiato me stesso, per non essere riuscito a
trattenere
il mio migliore amico, per aver detto qualcosa
capace
di ferirlo senza nemmeno rendermene conto.
Il
giorno dopo, Theodore ed io non scambiammo neppure
una
parola, per la prima volta nelle nostre vite.
Pansy
continuava a fissarmi, fastidiosa ed irritante come una zanzara in
un'umida serata estiva, mentre prendevo appunti sulla lezione di
Storia della Magia, noiosissima come sempre. La voce pesante e
strascicata del professor Rüf rischiava seriamente di farmi
addormentare, dopo la notte trascorsa in bianco, ma la sensazione
degli occhi di Pansy che cercavano di perforarmi la nuca mi faceva
rimanere sveglio. Naturalmente non le ero grato per niente grato del
gesto, visto che proprio lei, con il suo comportamento, era una delle
cause della mia insonnia.
Segnai
un paio di date di battaglie importanti sull'angolo in alto a destra
della mia pergamena, prima che il professore ci comunicasse che la
lezione era finita.
Ci
fu un forte tramestio di sedie, libri chiudi di colpo e studenti
dalle voci impastate di sonno che blateravano parole senza senso,
sorretti da amici nelle stesse, vergognose condizioni.
Infilai
il grosso tomo di studio nella tracolla che indossavo ogni giorno e
superai tutti gli altri, ancora mezzi addormentati, per uscire
dall'aula affiancato come sempre da Vincent e Gregory.
–
Si
può sapere cos'hai? – sbottò Pansy non
appena mettemmo piede nel
corridoio, appiccicandosi al mio fianco dopo aver sorriso con
distratta gentilezza a Vincent per averle ceduto il posto. La
ignorai, come avevo fatto per tutta la mattina, evitando di
incrociare il suo pressante sguardo pieno di invadente
curiosità.
Come avevo fatto con Theodore, dopotutto.
–
Continua
pure ad ignorami, nessun problema, – aggiunse acida,
innervosendosi
ancora di più per il mio ostinato silenzio. – Che
Salazar mi
pietrifichi all'istante se dico una balla, ma tu e Theodore quando
litigate siete più isterici di me e Daphne messe insieme in
fase
pre-ciclo! Cos'è successo stanotte, eh? Ieri sera eravate
culo e
camicia come sempre, stamattina sprizzate negatività da
tutti i pori
e non vi parlate neppure.
Continuai
a tacere, camminando a spedito verso l'aula di Incantesimi, e
sperando con tutto me stesso che Pansy si arrendesse presto
perché
la mia poca pazienza stava giungendo velocemente alla fine. In un
altro momento avrei sorriso davanti al suo forbito vocabolario, ma in
un altro momento.
–
Voi
sapete che cosa è successo? – domandò,
rivolgendosi a Vince e
Greg, quando finalmente capì che era inutile insistere con
me. Non
mi voltai a guardarli, ma seppi che avevano entrambi scosso la testa
quando sentii Pansy sbuffare e bofonchiare qualcosa riguardo la
stupidità maschile.
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Capitolo 4 *** IV. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
IV.
Pansy
aveva tentato di farmi parlare, senza esito,
tutto
il giorno. Vince e Greg sembravano divertiti dalla
situazione,
anche se potevo percepire chiaramente che
fossero
a loro volta preoccupati per il cattivo sangue che
sembrava
esserci tra me e Theodore.
Avrei
voluto chiedergli perché se la fosse presa tanto,
ma
il mio orgoglio mi impediva di fare il primo passo:
dopotutto
sono un Malfoy, certe cose le abbiamo nel sangue.
–
La
coppia del secolo è scoppiata, eh?
Eravamo
in dormitorio, quando Blaise diede fiato alla bocca con quella frase.
Non
eravamo mai andati d'accordo, lui ed io; secondo Pansy
perché i
nostri caratteri erano troppo simili, secondo me perché era
una
grandissima testa di cazzo, per dirla finemente.
Stavo
piegando la divisa per metterla sul baule, e mi bloccai con il
mantello tra le mani. Con la coda dell'occhio vidi che Theodore si
era irrigidito nella stessa posizione; eravamo cresciuti serviti e
riveriti da schiere di Elfi Domestici che si occupavano di tutte le
faccende domestiche e avevamo entrambi sviluppato un certo astio nei
confronti degli abiti spiegazzati. A Hogwarts ci eravamo abituati a
tenere i nostri vestiti in ordine, piegati e riposti nei nostri bauli
per evitare che si stropicciassero.
Lanciai
un'occhiataccia a Blaise, appoggiando il mantello sul letto ed
incrociando le braccia pronto ad affrontarlo.
–
Non
sono affari tuoi, Zabini.
Vincent
e Gregory si erano spostati dietro di me in modo stranamente
silenzioso, come sempre pronti a difendermi: a volte mi dava fastidio
quanto avessero preso sul serio le parole dei nostri genitori, ma
altre mi faceva piacere essere spalleggiato da due energumeni come
loro. Non che pensassi che sarei mai passato alle mani in una
discussione, ma nel caso mi fosse servito un aiuto “poco
ortodosso”
ero sicuro che loro non si sarebbero fatti problemi a picchiare
qualcuno.
Blaise
rise davanti alla mia espressione truce ed io fremetti dalla rabbia.
–
Mi
capita raramente di sbagliare nel giudicare qualcuno, Malfoy, ma
sembra che lo scopo della tua vita sia quello di sorprendermi: sei
più stupido di quanto immaginassi, –
ribatté con tranquillità,
prima di darmi le spalle e cominciare a cambiarsi per andare a letto.
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Capitolo 5 *** V. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
V.
Theodore
ed io eravamo rimasti stupiti dalle parole
di
Blaise: oltre ad avermi fatto innervosire, infatti,
mi
avevano aperto gli occhi su quanto potesse essere
semplice
la soluzione del mio dilemma.
– Theo,
posso parlarti?
La mattina dopo, nel
dormitorio eravamo rimasti solo noi due: Blaise si svegliava sempre
prestissimo, volatilizzandosi prima che anche noi ci alzassimo, e
avevo chiesto a Vincent e Gregory di lasciarci soli per qualche
minuto.
La notte precedente
non ero riuscito a prendere sonno finché non avevo preso la
decisione di parlare con Theodore di ciò che era successo.
Toccava a
me, quella volta, calpestare il mio orgoglio: mi bruciava, devo
ammetterlo, ma l'idea di perdere il mio migliore amico era molto
peggiore. Non avevo l'assoluta certezza che mi avrebbe ascoltato, ma
ne ero abbastanza sicuro.
Senza guardarmi,
annuì; mi stava dando le spalle, mentre piegava il pigiama e
lo
riponeva sul cuscino, e mi dava abbastanza fastidio. Mi trattenni
dallo sbottare solo per il timore di perdere l'occasione di mettere
in chiaro le cose.
– Perché
te la sei presa tanto, l'altra notte?
Sono sicuro che si
aspettasse la mia domanda, non era uno stupido, ma
s'irrigidì
comunque.
Lentamente si voltò,
fino ad incrociare i miei occhi con i suoi, e si lasciò
cadere sul
letto con un piccolo sbuffo. Sembrava imbarazzato, un sospetto
rossore aveva cominciato a colorargli le guance, e arrossii di
riflesso: se era a disagio, mi sembrava ovvio che lo fossi anche io.
Quel pensiero mi fece sorridere.
– Non
posso chiederti di lasciar perdere, vero? –
domandò con un
sospiro, alzando una mano per coprirsi gli occhi. Non voleva una
risposta, per cui non gliela diedi. – Io... vedi, io...
Salazar,
non pensavo che potesse essere così difficile! –
sbottò tutto
d'un tratto, sbilanciandosi all'indietro per sdraiarsi. Non so
esattamente cosa mi spinse a farlo, ma mi alzai dal mio letto e mi
sedetti sul suo, accanto a lui. Sembrava stupito quanto me per il mio
gesto, ma sorrise appena.
– Sono
messo davvero male, eh? In sedici anni che ci conosciamo non ti sei
mai seduto sul mio letto di tua spontanea volontà,
– scherzò,
prima di sospirare e mettersi di nuovo a sedere sul letto. –
Tanto
vale approfittarne, visto che questa è la prima e
sarà sicuramente
l'ultima volta.
Stavo per chiedergli
spiegazioni riguardo ciò che aveva appena detto, ma la sua
bocca
premuta contro la mia mi diede tutte le risposte che cercavo; erano
risposte spaventose.
Ad occhi sbarrati lo
spinsi via e corsi fuori dal dormitorio.
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Capitolo 6 *** VI. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
VI.
Le
mie labbra bruciavano: era una sensazione
strana
e sconosciuta, ma non del tutto sgradevole.
Evitai
Theodore per
tutta la mattina, rifugiandomi prima in biblioteca con la scusa della
ricerca di Trasfigurazione e successivamente in Sala Comune. Vince e
Greg avevano capito da soli che qualcosa non andava, così mi
avevano
lasciato in pace, senza chiedermi nulla. Non si poteva dire lo stesso
di Pansy, che cercava di attirare la mia attenzione ogni due minuti
facendomi domande su domande. L'occhiata assassina che le avevo
dedicato non appena aveva cominciato a parlarmi non era bastata a
farla desistere, per cui avevo semplicemente deciso di ignorarla.
Mi sentivo un po' in
colpa, forse, per il modo in cui la stavo trattando; ma, tutto
sommato, tutto ciò che era accaduto in quei giorni era stato
possibile solo a causa delle sue chiacchiere circa il fatto che mi
fossi innamorato. Ero troppo confuso per decidere se era stato un
merito o una colpa; sapevo, però, che ciò che era
successo con
Theodore avrebbe cambiato completamente il nostro rapporto.
Mi sfiorai
sovrappensiero le labbra, gli occhi puntati sulle fiamme verdi del
camino; potevo ancora sentire la pressione delicata della sua bocca
sulla mia, e al pensiero un calore sconosciuto mi invadeva lo
stomaco. Arrossii, rendendomi conto che quel bacio mi era piaciuto.
– Vi
siete baciati!
L'esclamazione
esaltata di Pansy mi fece trasalire; non mi ero accorto, troppo preso
nei miei pensieri, che si era seduta al mio fianco sul divano. Mi
voltai a guardarla con aria truce, ma lei non diede peso alle minacce
insite nella mia occhiataccia e continuò a sorridere.
– Pansy,
stai zitta, – sibilai, senza riuscire ad impedirmi di
arrossire. Il
suo sorriso si allargò ancora di più, e una luce
birichina le
illuminò le iridi scure.
L'arazzo si aprì
proprio in quel momento e Theodore entrò nella Sala Comune
con
un'espressione cupa sul volto, gli occhi azzurri puntati verso il
pavimento.
Mi sentii in colpa
per averlo respinto in quel modo e l'angoscia mi strinse le viscere
in una morsa: potevo rimediare in qualche modo per la reazione di
quella mattina? Ero capace di chiedergli scusa, dando il colpo di
grazia al mio già a pezzi orgoglio? Avevo il coraggio di
dirgli che
quel bacio, dopotutto, mi era piaciuto?
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Capitolo 7 *** VII. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
VII.
No,
non sarei stato capace di fare nulla di ciò che avevo
pensato.
Quella
conclusione mi lasciò amareggiato, arrabbiato
con
me stesso e con i miei invalicabili limiti.
–
Hai
smesso anche di dormire, adesso? – domandò Pansy,
indicando con un
cenno le mie occhiaie; un sorrisetto malizioso le piegò le
labbra,
potevo immaginare senza problemi cosa stesse pensando, ma non ero in
vena di giochetti. Scossi il capo, abbassando gli occhi sul piatto
che avevo davanti, pieno delle uova e della pancetta che sarebbero
dovuti essere la mia colazione: era tutto intatto, non avevo nemmeno
preso in mano la forchetta, la fame mi aveva abbandonato. Anche senza
vederla, capii che l'espressione di Pansy era mutata: lo sguardo che
mi stava rivolgendo non era più invadente, era diventato
più dolce,
più delicato, e mi spinse ad alzare nuovamente gli occhi su
di lei.
– Cosa
ti sta succedendo, Draco? – domandò in un
sussurro, le sue iridi
che scavavano nelle mie come qualche giorno prima in biblioteca.
Sembrava sinceramente preoccupata per me ma, più che farmi
piacere,
il suo atteggiamento mi infastidì: odiavo essere compatito,
la pena
che leggevo sul suo viso mi fece fremere. Mi alzai bruscamente, senza
risponderle, ed uscii dalla Sala Grande.
Perso nei miei
pensieri, con gli occhi bassi per nascondere al mondo il mio volto
stanco e segnato, non mi accorsi della persona che mi stava venendo
incontro finché la punta delle sue scarpe non
entrò nel mio campo
visivo. Aprii bocca per sibilargli di lasciarmi passare ma, non
appena riconobbi il profumo fresco e pulito del ragazzo, la richiusi
di colpo: dovetti stringere i pugni per darmi il coraggio di alzare
lo sguardo ed incrociare il suo.
Theodore mi parve
stanco, il volto tirato e gli occhi infossati come se anche lui
faticasse a dormire, la notte; aveva le labbra screpolate, notai
senza rendermi perfettamente conto di aver concentrato tutta la mia
attenzione su quel dettaglio poco importante.
– Dobbiamo
parlare, – disse semplicemente, senza nessuna inflessione
particolare nel tono della voce. I suoi occhi azzurri perforavano i
miei, eppure avevo come l'impressione che non mi stesse guardando
davvero: era lì, lo potevo vedere, potevo sentire il suo
profumo,
eppure la sensazione che fosse lontano era tangibile. Annuii, senza
trovare per l'ennesima volta il coraggio di parlare. – Alle
cinque
davanti alle Serre. E vieni da solo, per favore.
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Capitolo 8 *** VIII. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
VIII.
Durante
le lezioni la mia mente vagò per conto
proprio,
senza badare minimamente né alle parole
dei
professori né a quelle di tutti gli altri.
Blaise
sembrava essere diventato particolarmente
loquace,
non si risparmiava dal lanciarmi frecciatine
che,
dalla mattina del bacio, per me avevano assunto
un
significato molto diverso da quello che avevano prima.
Mancavano
venti
minuti alle cinque, quando uscii dalla Sala Comune per dirigermi alle
Serre. Mi sentivo ansioso, forse persino spaventato, ma nel profondo
speravo che Theodore prendesse di nuovo l'iniziativa: non avrei
trovato il coraggio di parlare, lo sapevo, ed ero troppo terrorizzato
all'idea di un suo rifiuto per cercare di ricambiare in qualche modo
quel bacio. Sarebbe stato bello sorprenderlo, per una volta, ma non
ce l'avrei sicuramente fatta: era strano il legame che avevo con
Theodore, strano a tal punto che non sarei riuscito a definirlo
neppure io. Eppure, fino a qualche giorno prima, io ero per lui un
libro aperto, di semplice lettura, e lui era lo stesso per me; o,
almeno, così pensavo.
Sembrava passato un
secolo dalle notti in cui rimanevamo svegli fino all'alba
rannicchiati nei nostri letti o seduti sul divano in Sala Comune, con
il fuoco verde che scoppiettava davanti a noi, per parlare,
scherzare, ridere insieme. In quella manciata di giorni mi ero
sentito incredibilmente solo, nella mia confusione, ciò che
prima
trovavo confortante non riusciva a darmi nessun sollievo.
Arrivai in anticipo
al luogo del nostro appuntamento, ma anche Theodore era già
lì.
Era seduto su uno
dei muretti che circondavano le Serre, infagottato nel suo mantello;
mi dava le spalle, così lo osservai in silenzio per qualche
istante.
Aveva la schiena incurvata e la testa bassa, sembrava estremamente
stanco; poi mi accorsi del tremore che scuoteva le sue spalle, e
trattenni il respiro sentendo una fitta dolorosa al cuore.
Non sapevo come
comportarmi, diviso tra l'impulso di andare da lui e confortarlo e
quello di scappare di nuovo verso il castello, lasciandolo
lì, solo
con le sue lacrime.
Mi lasciai scappare,
senza volerlo, un verso a metà tra un sospiro e un gemito
insofferente: bastò quello perché Theodore mi
sentisse e si
voltasse di colpo verso di me, come se avesse avuto paura di farsi
trovare in quelle condizioni.
– Sei
in anticipo, – mormorò con voce rotta,
affrettandosi ad asciugare
le lacrime che gli bagnavano il volto come se temesse di essere
deriso per quella debolezza; annuii, un groppo in gola che mi
impediva di parlare, ed avanzai lentamente verso di lui. Avevo
più o
meno messo a tacere la parte di me che mi esortava a tornare al
castello, ma non sapevo comunque come comportarmi.
Mi lasciai guidare
da quell'istinto che credevo di non possedere più, e mi
sedetti
accanto a lui sul muretto; sentii la sua tensione e mi irrigidii
ulteriormente a mia volta, l'empatia che mi legava a lui non era
svanita in quei giorni. Mi voltai a guardarlo, accennando un sorriso,
e senza rendermene conto appoggiai una mano sulla sua, abbandonata
tra i nostri corpi come una labile barriera.
Rabbrividii e lo
vidi fare altrettanto, e l'impulso di spostarla fu fortissimo: mi
bastò vedere la scintilla che illuminava l'azzurro dei suoi
occhi,
però, per convincermi che, se l'avessi fatto, non sarebbe
stato un
bene per nessuno dei due.
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Capitolo 9 *** IX. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
IX.
Ascoltare
di nuovo Theodore parlare fu come
ricominciare
a respirare dopo essere stato in apnea per giorni.
– Da
quanto?
La mia voce uscì
più flebile di quanto pensassi, ma fu perfettamente udibile
nel
silenzio che era sceso tra di noi dopo che Theodore aveva finito di
parlare; forse era una domanda stupida, la mia, ma sentivo il
disperato bisogno di capire quando si era reso conto che il
sentimento che lo legava a me non era solo amicizia.
– Quattro
anni, – rispose in un sussurro, mentre scrutava con occhi
sfuggenti
il cielo sopra di noi; sembrava che quella confessione l'avesse
imbarazzato più di tutto il resto. – Anche se
all'inizio non
riuscivo a capire cosa fosse. Pensavo di essere sbagliato, sai,
nessuno mi aveva mai parlato della possibilità che non mi
piacessero
le ragazze. Non credo che tu possa capirlo, ma questi anni sono stati
davvero pieni di confusione: ho provato ad ignorare la cosa, mi sono
convinto che doveva essere una fase, ho provato a far finta di nulla
mettendomi con Heather... ma non è andata bene. Non mi
piaceva
baciarla, non mi piaceva il suo odore, non mi piaceva lei.
Mi sono sentito uno schifo quando l'ho lasciata, l'ho presa in giro
per verificare se davvero quella che passavo era una fase o no, ma
non potevo continuare. Era come se stessi tradendo me stesso, oltre
che la sua fiducia. Non ha reagito come pensavo, però, lo
sai? Ha
capito, anche se evidentemente non ne era felice, e mi ha persino
spinto ad accettare la realtà. È stata la prima
persona a cui ho
confessato tutto, probabilmente se non fosse stato per lei non avrei
mai avuto il coraggio di baciarti, l'altro giorno. Forse è
stato un
male, Draco, so che quello che ho fatto ha rovinato per sempre la
nostra amicizia, ma... è stato bello potersi liberare di
quel peso:
mi sono innamorato di te, sono riuscito ad accettarlo e non mi pento
di averti baciato, qualsiasi cosa deciderai di fare.
Ascoltai tutto senza
parlare, chiedendomi come avessi fatto a non accorgermi di niente, in
tutto quel tempo: quattro anni, per quattro anni non avevo capito
nulla.
Si voltò a
guardarmi, finalmente, ed il sorriso triste che piegò le sue
labbra
mi fece capire che il mio silenzio era stato per lui come una
conferma di tutti i suoi timori.
Forse fu proprio
quello, quell'espressione dolente ma comprensiva, che mi spinse ad
avvicinarmi al suo volto e baciarlo. Non era pietà, la mia,
speravo
che se ne rendesse conto senza farmi domande.
Il profumo della sua
pelle era familiare e dolce, le sue labbra sottili e morbide: spinto
dalla curiosità e dal desiderio di conoscere il loro sapore
dischiusi la bocca e le sfiorai con la punta della lingua. Era strano
baciare il mio migliore amico di mia iniziativa, ma sentivo che era
giusto così. Non sarei riuscito, in nessun modo, a
rinunciare alla
sua presenza nella mia vita.
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Capitolo 10 *** X. ***
Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
X.
Theodore
capì senza domandare nulla.
Agli
occhi di tutti,
la nostra riappacificazione pareva ovvia, scontata, un litigio tra
due fratelli che dopo qualche giorno fanno pace perché
l'affetto
reciproco è più forte dell'arrabbiatura
momentanea; nessuno
sospettava ciò che era accaduto tra noi, nascosti vicino
alle Serre.
A noi andava a bene
così, ovviamente; se qualcuno l'avesse scoperto non sarebbe
stato
positivo né per noi né per il nostro rapporto
appena rinato, lo
sapevamo entrambi.
A parte,
probabilmente, Blaise, nessuno sospettava che, durante i pomeriggi in
cui sparivamo per ore, fossimo insieme da qualche parte nel parco del
castello, nascosti da occhi indiscreti per poter godere l'uno del
sapore dell'altro, l'uno dell'amore dell'altro. Forse era stupido
parlare di amore a sedici anni, eppure noi eravamo sicuri che quel
sentimento che ci riscaldava dentro fosse proprio quell'amore tanto
decantato nei romanzi e nelle chiacchiere di Pansy e delle altre
ragazze.
Alla successiva
lezione di Pozioni, il professor Piton ritirò le nostre
relazioni e
ci mostrò un calderone colmo di Amortentia: come avevamo
studiato,
il suo colore era rosa, perlato, e il vapore che emanava saliva sulla
superficie in volute a forma di spirale. Mi lasciai sfuggire un
sorriso piuttosto sciocco, quando la annusai.
– Che
odore hai sentito, Draco? – domandò Pansy, curiosa
come al solito
degli affari altrui, mentre tornavamo al nostro banco e ci sedevamo
l'uno accanto all'altra. Incrociai per un secondo gli occhi di
Theodore, seduto qualche tavolo avanti a noi, e chinai all'istante lo
sguardo per nascondere il rossore che aveva minacciato di
imporporarmi il volto.
– Ho
sentito il profumo della neve, Pansy, e quello dei libri della
biblioteca, – cominciai, alzando appena lo sguardo per
guardarla.
La vidi tamburellare le dita sul legno del banco, in attesa del terzo
profumo, e mi lasciai scappare una risata. – Sai, credo
proprio che
avessi ragione.
– E
la cosa ti stupisce? – ribatté, con scherzosa
arroganza;
l'occhiata che mi regalò mi fece capire che il suo
interesse,
nonostante il cambio di argomento, non era stato completamente
saziato. – In che frangente, questa volta?
– Credo
di essermi davvero innamorato, – dissi, sorridendo davanti
alla
sincerità di quella manciata di parole. E, quella volta, non
mi
meravigliai quando il viso di Theodore irruppe nei miei pensieri,
impossessandosene completamente, e mi riscaldò il cuore.
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