Give love a try, one more time.

di rose_jh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Living the dream, baby! ***
Capitolo 2: *** I think I hate you. ***
Capitolo 3: *** Total eclipse of the heart. ***
Capitolo 4: *** His smell drives me crazy. ***
Capitolo 5: *** I hate all these secrets. ***
Capitolo 6: *** You're just a liar. ***
Capitolo 7: *** Can we try, one more time? ***
Capitolo 8: *** Anyway, I like you. ***
Capitolo 9: *** She looked like a panda. ***
Capitolo 10: *** "You're mine." - "I don't think so." ***
Capitolo 11: *** "Do, do you like him?" ***
Capitolo 12: *** "I'm sorry." ***
Capitolo 13: *** Yes, I was an asshole. ***
Capitolo 14: *** What if I get drunk? ***
Capitolo 15: *** I should've kissed you. ***
Capitolo 16: *** Physical attraction. ***
Capitolo 17: *** The best day of my life. ***
Capitolo 18: *** "You can't change." ***
Capitolo 19: *** I fell in love with you. ***
Capitolo 20: *** This feels like fallin' in love. ***
Capitolo 21: *** Live while you're young. ***
Capitolo 22: *** “I think I’m in love with your freckless” ***
Capitolo 23: *** You want war, I'll give you war. ***
Capitolo 24: *** To give up is the only way. ***
Capitolo 25: *** Falling apart. ***
Capitolo 26: *** Something to forget. ***
Capitolo 27: *** Page ninety-six. ***
Capitolo 28: *** I knew she was trouble. ***
Capitolo 29: *** Irresistible. ***
Capitolo 30: *** And I've hurt myself by hurting you. ***
Capitolo 31: *** Tell me a lie. ***
Capitolo 32: *** Masculine instincts. ***
Capitolo 33: *** I'm giving up, so just catch me. ***
Capitolo 34: *** Lovebugs. ***
Capitolo 35: *** Epilogue. ***



Capitolo 1
*** Living the dream, baby! ***


Prefazione;
 
Alex, Taty, Marty, Frenk e Rose sono cinque ragazze italiane, migliori amiche dalle elementari.
 
Alex è una ragazza alta e bella; ha i capelli castano chiaro mossi che le arrivano alle spalle e gli occhi castano scuro; è simpatica, solare, ha il sorriso perennemente stampato sulle labbra ed ha compiuto i suoi diciassette anni il  20 luglio 2011.
È una calamita naturale per i ragazzi, ma non si concede a nessuno di quelli che le si avvicinano. Fino ad ora è sempre stata single, in cerca del vero amore. È molto romantica e le piace vestire alla moda. La timidezza non è parte di lei e stare al centro dell’attenzione non le da per niente fastidio, anzi, è molto disinvolta in tutto.
Il suo sogno è pattinare: volteggia su pattini a rotelle e sul ghiaccio nella stessa facilità con cui respira e si è inscritta a Settembre nella rinomata scuola di Pattinaggio sul Ghiaccio di Londra “ Olympic Dream Ice School” (http://www.olympicdreamiceschool.com/). Grazie alle numerose gare che vince, riesce a mantenersi tra affitto e retta scolastica.
 
Taty ha gli occhi verdi e i capelli castani e lisci; è bella, dolce, romantica ma davvero molto timida ed impacciata con i ragazzi; ha compiuto i suoi diciassette anni il 31 marzo 2011.
Il suo sogno è la medicina: nonostante la sua natura facilmente impressionabile, adora in particolare la chirurgia. Dopo aver frequentato brillantemente i primi tre anni del liceo classico campano, si è inscritta allo University College London (http://www.ucl.ac.uk/) nella capitale inglese, per studiare medicina chirurgica e troverà lavoro a Settembre come libraia durante il pomeriggio, proprio a Londra.
 
Marty è una ragazza molto aperta che ama ridere, ma spesso la timidezza prende il sopravvento su di lei. Però, attraverso i suoi stupendi occhi nocciola, riesce a trasmettere tutto ciò che prova, senza aver bisogno di parole. Ha compiuto diciassette anni il 15 ottobre 2011.
Il suo modo di vestire è romantico e delicato, adora i colori chiari. La sua passione è la moda: ha un senso estetico eccezionale e confeziona i propri abiti da sé la maggior parte delle volte, e spesso anche per le amiche. Frequenterà il London College of Fashion (http://www.fashion.arts.ac.uk/) a Settembre, lavorando in una boutique londinese molto rinomata, pagandosi, come le altre, studi e affitto.
 
Frenk è un classico esempio di sfacciataggine, ma nel senso più positivo al mondo. È simpatica, scherza persino con gli sconosciuti ed è spesso grazie a lei che le altre riescono a sorridere nei loro giorni più brutti.
Ha due grandi occhi castani, dei capelli mori cortissimi ed il ciuffo tinto di rosso. È diventata maggiorenne il 27 agosto 2011, prima di tutte le altre.
È sempre disponibile ad aiutare il prossimo e la amano tutti: bimbi, giovani, anziani… persino gli animali.
Il suo sogno è diventare una veterinaria professionista, in quanto riesce ad esprimere la sua dolcezza al meglio proprio col mondo animale. Anche lei come Taty ha frequentato tre anni in un liceo in Campania, ma adesso frequenterà lo University College London (http://www.ucl.ac.uk/) studiando medicina veterinaria e lavorerà da assistente veterinaria.
 
E infine Rose, una ragazza dai capelli lunghi castani e gli occhi castani.
Dopo essere stata debole sempre, adesso è forte, decisa, pronta ad affrontare la vita di petto, perché non vuole ulteriori delusioni. È chiusa e riservata, odia essere al centro dell’attenzione e respinge tutti i ragazzi che le si avvicinano, anche se vogliono essere solo suoi amici, perché non vuole rischiare di innamorarsi ed è decisa nell’essere single: vuole esserlo fino alla maggiore età, in quanto non crede neanche alla squallida favoletta del “vero amore”.
Le piace occuparsi del suo aspetto; nonostante non lo dia a vedere, è sempre in cerca della perfezione, ha bisogno di sentirsi perfetta a livello estetico per nascondere le sue insicurezze. Ha compiuto diciassette anni l’8 giugno 2011.
Il suo sogno è scrivere: il suo mezzo migliore di comunicazione e proprio battere a computer tutte le sue emozioni, ma fino ad ora non ha scritto nessun libro. Ha frequentato i primi tre anni del liceo classico campano e adesso si è inscritta alla London School of Journalism (http://www.lsj.org/) e lavora come barista in un’importante discoteca Londinese.



 
Capitolo 1 : "Living the dream, baby!"
 
Era il 3 settembre 2010. Con la mano che ancora mi tremava, e con lo sguardo di quattro ragazze agitate, ma emozionate, su di essa, lentamente girai la chiave all’interno della serratura.
La porta si aprì.
Ci guardammo negli occhi velocemente, e dopo aver preso un respiro profondo, spalancai la porta di ingresso.
- Benvenute nella nostra nuova e bella casa, bambole. - ci disse Frenk interrompendo quell'imbarazzante silenzio, con un sorriso a trentadue denti.
Iniziammo a guardarci intorno con delle espressioni ebeti, poi, come per telepatia, buttammo a terra le valige e iniziammo a saltare e urlare come pazze per tutta la casa.
- Ehi, ma qui dentro fa freddo! -  urlò Taty che smise di saltare, imitando la voce di una bimba.
- Infatti, ma anche fuori… è appena iniziato settembre e quasi nevica! - mi lamentai, adocchiando il cielo dalla finestra del salotto.
- Quasi, tesoro. Niente neve tutto l'inverno. - ribatté subito Marty.
Spalancammo tutte gli occhi.
- Che?! - le domandò Alex. - Ah, sì, l'avevo sentito anch'io. Quest'anno stranamente non nevica, dobbiamo aspettare l'inverno del 2011. - continuò Taty. - Che cazzata mondiale. - sbuffò Alex.
- Adesso basta parlare del tempo. Siamo a Londra, e io la voglio vedere tutta! - interruppi la loro breve conversazione.
Ci catapultammo per le scale trascinandoci a catena, non appena finii di chiudere la porta.
Una volta fuori il portone di casa ci bloccammo sulla soglia, ancora tenendoci le mani.
Londra era bellissima e noi eravamo a bocca aperta.
Non potevamo ancora credere che i nostri genitori ci avessero lasciate andare a vivere nella capitale di un altro Paese. D'altronde eravamo quattro sedicenni e una diciassettenne, e nessuna di noi era molto affidabile.
A differenza di Taty e Frenk, Marty, Alex ed io non andavamo molto d’accordo con i nostri genitori.
I genitori di Taty e Frenk, sapendo che sarebbero andate a Londra per frequentare il college, non hanno fatto storie. E poi si fidavano ciecamente di loro.
Quelli di Marty invece erano venuti a mancare quando lei era piccola, ed era stata affidata ad una sua vecchia zia ancora zitella, la quale la odiava senza motivo. Un po’ come Cenerentola e la matrigna.
Infine, io ed Alex avevamo un rapporto complicato con i nostri genitori. Tutti e quattro erano sempre presi dal lavoro, non erano mai a casa. Io ero figlia unica, mentre Alex aveva un fratello di ventiquattro anni con cui aveva un rapporto splendido, che però aveva approfittato del suo matrimonio per scappare dalla prigione che molti chiamano “casa” a soli diciotto anni.
Dalla nostra prigione, noi, siamo scappate a sedici anni, venendo a Londra.
Avremmo trovato dei lavoretti part-time per mantenerci gli studi e l’affitto della casa, insieme a qualcosina che ci spedivano i nostri genitori verso la fine del mese.
 
- We’re living the dream. - sussurrai ricordando la famosa frase dei miei idoli, mentre tutte trattenevamo il fiato tenendoci per mano e guardandoci negli occhi nervosamente.
Le ragazze mi sorrisero e insieme urlammo: “LIVING THE DREAM, BABY!” , per poi scoppiare a ridere guardando gli sguardi dei passanti che pensavano fossimo matte.
Girammo tutto il giorno per Londra, divertendoci a prendere i Double-decker , mentre io scattavo foto a non finire e Marty comprava roba da mangiare in ogni bar, solo per conservarne le confezioni. Era una sua assurda mania, che però noi altre appoggiavamo ogni volta. In effetti non potevamo fare altrimenti: avevamo tutte manie strane, e dovevamo "sopportarci" l'una con l'altra.
 
Tornammo a casa verso le sei, sfinite, solo per aver girato un piccolo quartiere londinese, che rispetto ai nostri italiani sembrava enorme.
Dopo aver disfatto tutte le valige e sistemato i mobili di tutta la casa, già ammobiliata, a nostro piacimento, ci sparpagliammo sulle poltrone e sul divano che avevamo piazzato davanti la nostra Tv.
Dopo un lungo combattimento per avere il telecomando, Alex si alzò in piedi e lo fregò a tutte le altre.
Iniziò a girare i canali.
- X FACTOR! - urlò lei dopo un po'.
- Sì, stupendo, lascia qui! - le disse Marty.
- Cavolo, ci siamo perse già tre puntate! - continuò Frenk dispiaciuta.
- Non so che ci troviate in questo programma così demenziale. - dissi, scocciata. Sospirai. - Vado a ordinare le pizze, voi divertitevi con tutti questi idioti. - Feci un gran sorrisone finto e mi diressi in cucina, col sottofondo dei loro sbuffi, e chiamai la pizzeria più vicina. Dopo neanche venti minuti portarono le nostre pizze e, come cinque ubriaconi che mangiano come porci guardando la partita, armate di Pizze Margherite e Coca-Cole davanti la Tv, iniziammo a seguire X factor.
Guardavamo attente le esibizioni e trovammo critiche per ogni singolo concorrente.
Dopo un po’ il presentatore introdusse un gruppo che avrebbe cantato Only Girl di Rihanna.
Erano cinque ragazzi, quattro castani ed uno biondino, che cantavano con un corpo di ballo alle spalle.
- Quanto è bono quello sulla destra! - sbottò all’improvviso Frenk fissando lo schermo.
- Il biondino ha un non so ché di dolce! - continuò Marty.
- Questo qui sembra proprio un orsacchiotto! Che dolce! - disse Alex assumendo un’espressione buffissima, che provocò la mia risata.
- Oh, quest’altro riccio ha degli occhi bellissimi! -  aggiunse infine Taty con gli occhi che le brillavano.
Poi guardarono me aspettando che dessi un commento all'ultimo rimasto.
- Cosa ne pensi, Rose? - mi spronò Taty.
- Per me non sono niente di che, anzi. Credono di essere stupendi, visto il loro atteggiamento sul palco, ma non lo sono. Non basta essere carini, bisogna avere una bella voce per cantare. - risposi, e le altre sbuffarono ancora. Pazienza, non mi piaceva il loro modo di… “atteggiarsi” sul palco. Volevano fare i fighi, in poche parole.
- Ma ce l’hanno una bella voce! Ascolta! - Alex prese il telecomando e alzò il volume a settanta.
- Sì, sono dotati. Ma dilettanti. -  ribadii.
- Ma ti prego, sono fantastici! È normale che siano dilettanti, sono ad X factor. A me già piacciono un mondo, però. - mi disse Marty sperando di farmi cambiare idea.
Non risposi, alzai solo le spalle.
- Niente da fare, non la smuovi questa qui.  - affermò Frenk dandomi delicatamente e amichevolmente una spallata.
 
MERCOLEDì 28 NOVEMBRE 2011, un anno dopo.
- L’avevi promesso, però! - Taty mi si posizionò di fronte con le braccia incrociate, bloccandomi la strada.
- Ti prego! E poi non puoi rimanere da sola a casa, noi non ci siamo mai divise… solo per andare a scuola o al lavoro! - mi disse Frenk sedendosi accanto a me sul mio letto.
- Bene. Questi cinque cretinetti ci divideranno per la prima volta. - risposi io.
Marty mi fulminò con lo sguardo. - Cretinetti?! Ehi, stai parlando dei One… -
- Sì sì, certo. Non mi importa chi sono, so solo che mi stanno fin troppo antipatici, non mi piace come cantano, ed io non ci vengo a conoscerli, occhei?! - Mi impuntai: li odiavo.
- Come fai a dire che ti sono antipatici se non sai neanche come si chiamano, né chi sono realmente? E non hai MAI ascoltato una loro canzone, non puoi dire che non ti piace come cantano. - ribatté Alex fredda.
- E poi sai quanto sarà importante per noi quattro questa Signing Session, le altre le abbiamo perse tutte! - mi ricordò malinconica Taty.
- NON mi sono antipatici, va bene così? - mi arresi, e sbuffai. - È solo che non voglio conoscerli, punto. Vi accompagno. Però rimango fuori. - Ormai ero stata sconfitta da quelle quattro pesti, che tanto amavo.
Dopo qualche urlettino di gioia, mi si buttarono addosso e ci abbracciammo.
- Va bè, andiamoci a preparare, è tardi! Sono le cinque e tra un ora iniziano! - ci ricordò Marty con gli occhi illuminati di gioia.





Macciao :3
Allora, questa è la mia prima Fan Fiction che pubblico su Efp, quindi siate buone çwç
Prima di tutto, GRAZIE PER AVER LETTO IL PRIMO CAPITOLO :'D
Spero che recensiate in tante! E se vi è piaciuto, potete anche aggiungere la storia alle preferite, alle seguite o a quelle da ricordare, mi farebbe davvero piacere *--*
Non sono molto brava a scrivere, quindi se c'è qualche errore potete anche dirlo, io apprezzo molto ^^

Detto questo... boh, niente, grazie ancora :3 Spero vi piaccia anche il prossimo capitolo u.u


Rose♥.
 

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Capitolo 2
*** I think I hate you. ***


Capitolo 2 : I think I hate you.

Quel giorno le altre si vestirono molto carine, sotto consiglio di Marty: vestitini corti, calze ricamate e ballerine o stivaletti a mezza gamba; per l’occasione “speciale”.

Io invece indossai solo un jeans, una felpa bianco latte con Puffetta e le mie immancabili Air Max.
Non mi piaceva mettermi in tiro, e non l’avrei fatto neanche per quelli lì.
Trucco semplice: mascara, matita e un velo di fard.
 
Entrammo tramite un portone in un edificio imponente, dagli interni in marmo lucido e brillante, di colori beige e bianco e rifiniture in nero.
Poi, attraverso una porta più piccola, in una sala enorme. Le ragazze riuscirono ad intrufolarsi nella folla fino ad arrivare verso i primi posti e trascinarono anche me, purtroppo.
C’erano cinque ragazzi seduti l’uno accanto all’altro, ma da dove ero seduta io non si vedeva niente, avevo quattro testoline saltellanti davanti, e neanche mi interessava vederli, preferivo guardare altrove. Sembravano tutti uguali, schematici. L’unico che si distingueva un po’ era il biondino, ma solo per il colore dei capelli.
Il “nostro” turno si avvicinava sempre più, e la nausea incominciava a farsi sentire. Più mi avvicinavo a quei ragazzi, più mi sentivo male (veramente era la claustrofobia, ma c’entrava anche la mia repulsione nei loro confronti). Quindi decisi di uscire fuori a prendere un po’ d’aria, ma l’ingresso era troppo lontano. Individuai una porta subito affianco al palchetto dove c’era la loro scrivania e velocemente la raggiunsi per poi scappare fuori, senza neanche degnarli di uno sguardo, di nascosto alle altre, che mi avrebbero bloccata lì con loro di sicuro. Non avevo mai visto quei cosetti bene in faccia e non mi interessava neanche sapere come erano fatti.
La porta affacciava sul retro, evidentemente. Era una piccola piazzola impolverata e silenziosa. Sembrava essere entrati in un altro mondo: Londra non era mica così silenziosa!
Una volta fuori mi diressi ad un muretto, mi ci sedetti sopra, presi il mio libro di Conan Doyle, Sherlock Holmes, ed iniziai a leggere, ma dopo neanche un minuto mi arrivò un sms di Marty:
- Perché sei scomparsa?! -.- Comunque hanno deciso di fare una pausa proprio adesso, purtroppo, e il nostro turno deve ancora arrivare. Siamo rimaste in poche che devono ancora avere gli autografi, quindi forse andranno più con calma con noi! :3 Sono stupendi *-* Cè, ERANO perché si sono dileguati tutti (?). Porci come sono, saranno andati a mangiare qualcosina =P Non vedo l’ora anche solo di sfiorarli. <3 -
Le risposi:
- Non mi sentivo molto bene. E “COMUNQUE” tu sei impazzita. Se avessi io l’opportunità di sfiorare uno di quelli avrei difficoltà a trattenermi dall’ucciderlo. Pazienza, tanto loro sono i TUOI idoli, non i miei. -
Ripresi a leggere.
Nonostante il naso chiuso dal freddo, avvertii una puzza di tabacco da voltastomaco e iniziai a tossire come una cretina, sentendomi addirittura mancare l’aria.
Mi girai e mi accorsi che sul muretto di fronte a me c’era seduto un ragazzo che fumava. Non l’avevo neanche visto uscire lì fuori e forse neanche lui aveva visto me.
La mia tosse iniziò a diventare sempre più forte, non respiravo più e avevo le corde vocali praticamente secche e appiccicate.
Il ragazzo si girò verso di me e mi guardò negli occhi per un po’.
“Carino” pensai distrattamente. Al solo pensiero che potesse interessarmi mi imbarazzai e scacciai via quella stupida parola dalla mia mente.
Si alzò dal muretto e, ancora con la sigaretta in mano, si avvicinò a me.
- Ehi, tutto bene? Vuoi un po’ d’acqua? - mi chiese in inglese perfetto, sorridendo. Mi accorsi di un velo di rossore sulle sue guance.
Purtroppo per lui quel giorno ero fin troppo irascibile. - Idiota, vorresti allontanarmi questa sigaretta?! - Chiusi il libro di scatto, lo appoggiai violentemente sul muretto e ripresi a tossire nervosamente.
- Ehi, modera i termini, ragazzina! Volevo solo aiutarti! - mi rispose spegnendo a terra la sigaretta che appiattì sotto le sue Nike candide con aria indifferente.
- RAGAZZINA LO DICI A TUA MADRE! - gli urlai guardandolo negli occhi con aria di sfida. Mi alzai dal muretto e lo scansai, toccandolo apposta con la spalla.
 
Andando via gli diedi, per la prima volta, una rapida occhiata da capo a piedi. Era molto alto rispetto a me - o ero io che ero molto bassa? Aveva i capelli con un ciuffo alzato al centro e più rasi sui lati, gli occhi color cioccolato amaro e le labbra abbastanza carnose, ma sottili. Indossava un cappottino beige appuntato, lungo fino ad un po’ più sopra del ginocchio, dei pantaloni marroni e delle Nike bianche.
Dirigendomi di nuovo verso la porta sentii le guance avvampare; succedeva dopo ogni volta che facevo la dura con qualche ragazzo carino, o al massimo decente.
 
Tornata dentro, individuai le altre e le raggiunsi. - Ragazze, un deficiente lì fuori mi ha praticamente fumato in faccia e adesso sto morendo asfissiata. - Sbuffarono in sincrono, per poi ridere. Gli sorrisi appena. - Vado nel bar qui fuori a prendere qualcosa, dopo raggiungetemi lì, preferisco aspettare da sola in un bar che stare in questa gabbia di matti! - Cercai di sembrare ironica, ma più che altro ero sarcastica.
Annuirono sorridendomi come delle ebeti. Sapere di essere in un raggio di pochi kilometri dai loro “idoli” le faceva uscire fuori di testa e sembravano non capire nulla.
Adesso volevo solamente uscire da quella sala enorme, che a confronto con tutta quella gente lì dentro sembrava la tana di un topo.
E volevo uscire anche dai miei pensieri, che continuavano ad avere come soggetto quel ragazzo che mi aveva sorrisa dolcemente quando mi aveva chiesto se stessi bene. Mi era capitato una sola dannata volta di interessarmi ad un ragazzo in Italia; veniva a scuola con me, e non avrei voluto cadere nello stesso errore. Sicuramente sarebbe finita come la prima volta: il tuo “lui” si fidanza con un’altra lei, visto che non ti caga di striscio.
Una volta uscita da quel grande edificio (che precisamente non sapevo cosa fosse, sembrava fatto apposta per congressi e sedute giornalistiche, ma al momento neanche mi interessava) mi diressi al bar della mia amata piazzetta, il “Cotton Candy”. Adoravo quel bar: come diceva il nome, profumava di Zucchero Filato. Mi sedetti ad uno dei graziosi tavolini bianchi, sprofondai nel rispettivo divanetto rosa ed ordinai un Frappé panna e cioccolata.
Dopo averne bevuto un po’ e giocherellato col mio cellulare, mi venne in mente di intrattenermi col mio libro, così iniziai a frugare nella borsa, senza risultati. Mi iniziai ad agitare; tenevo molto a quel libro. Respirai profondamente e decisi di cercare un’altra volta, ma ancora niente: non c’era. Mi alzai in piedi e, presa dal nervosismo assoluto, appoggiai la borsa sul tavolo cercando quel fottutissimo libro.
“Cazzo, l’ho perso!” pensai.
Mi sentii toccare la spalla sinistra e mi girai.
I miei occhi si congelarono nello sguardo di un altro paio di occhi, a me familiari, color cioccolato amaro. Di nuovo lui.
- Avevi perso questo, vero? Calmati, è solo un libro. - mi disse strafottente accennando una risatina, con quel suo sorriso malizioso sulle labbra. Mi dava i nervi.
- Per TE sarà “solo un libro”, per ME invece è importante, signor “Sono troppo intelligente da leggere Sherlock Holmes”. - ribattei prendendogli il libro dalle mani e infilandolo nella borsa.
- Sì, ha fatto piacere anche a me rivederti, splendore. - mi disse facendomi l’occhiolino. La sua voce calda mi rimbombò nella testa. “Nessuno mi aveva mai chiamata così.” pensai.
- Non chiamarmi splendore.- Inarcai un sopracciglio. - Cosa vuoi da me? -
- Nervosetta, eh? - domandò cercando invano di essere gentile, ma sempre con un fare irritante a mio parere.
Non risposi; lui ridacchiò piano.
- Perché prima eri alla conferenza? -
- A te che importa? - rimandai scocciata. Incrociai le braccia e mi appoggiai con un fianco al tavolino sulla mia destra.
- Curiosità. - Questa volta mi sorrise e aspettò un po’ la mia risposta. Esitai un attimo guardandolo negli occhi. - Andiamo, mica ti ho chiesto la carta di identità! Ti assicuro che non sono uno stalker. - Sorrise ancora. Il sorriso era quasi accecante, e riuscii a trovare un filo di dolcezza nel suo modo di fare, insieme ad un rossore sui suoi zigomi. Non sembrava un cattivo ragazzo, era solo un po’ troppo antipatico e saccente per me; ma era la seconda volta che lo vedevo arrossire.
Sbuffai. - Ho accompagnato quattro mie amiche alla conferenza di quei sei… o cinque, non ricordo… che si credono tanto dei fighetti. -
- A te non piacciono proprio, eh? - Sorrise scuotendo appena la testa.
- Ma a te che importa ancora? - Inarcai di nuovo un sopracciglio.
- Curiosità. - Fece spallucce.
Esitai di nuovo; stava per uscirmi un sorriso, ma trattenni l’espressione seria che avevo avuto fino ad allora.
- No, a dir la verità mi stanno molto antipatici, occhei? -
- Non giudicare dalle apparenze. - rispose, confondendomi.
- Che…? -
- Sei italiana, vero? - mi interruppe. Sbuffai sonoramente. - Altra curiosità. - continuò prima che potessi rispondergli male. Poi mi fece un sorriso sghembo sulla sua destra.
Non potevo trattarlo male; annuii. - Sì, italiana. Adesso vado, che le mie amiche mi aspettano… -
Feci per prendere la borsa e azzardai un passo in avanti.
Lui mi si mise davanti come per bloccarmi. - Veramente sei tu quella che sta aspettando loro qui. -
- E tu che ne sai? - chiesi quasi spaventata, dopo aver boccheggiato come una stupida.
- Una si chiama Frenk? - Rise piano. - Mi ha detto lei che eri qui. - continuò. Accennò un sorriso; “dolce” era l’unico aggettivo che mi alloggiava in testa. - Aspetta, so il nome della tua amichetta e non so il tuo? - Mi alzò il mento con le dita, inchiodando il mio sguardo nel suo. “Occhei, rimangio tutto” mi dissi in mente pensando alla sua acidità nel dire “amichetta”.
Le sue mani fredde mi fecero salire un brivido dietro la schiena. Ma forse non era il freddo, era solo il contatto fisico con un ragazzo a farmi questo effetto. Ero fatta così. Estremamente timida col sesso opposto.
Mi persi per un secondo nei suoi occhi, osservando le sfumature delle iridi, poi abbassai lo sguardo e stranamente imbarazzata, col dorso della mia mano, spostai via la sua.
Mi schiarii la voce. - Senti, non so cosa vuoi da me, perché sai queste cose di me e mi stai spaventando. Mi chiamo Rose, adesso mi fai andare via?! - Mi resi conto di essere stata leggermente acida; sembrò ci fosse rimasto male.
- Mi dispiace Rose, non volevo spaventarti. Te l’ho detto, volevo solo essere gentile… e farmi perdonare per l’incidente del fumo di prima. Comunque piacere, mi chiamo Zayn. - Mi porse la mano sorridendo, adesso si era addolcito. Proprio per questo gliela strinsi e sorrisi. Subito ritirai la mano, imbarazzata. Abbassai lo sguardo. Odiavo essere così impacciata, ma faceva parte del mio stupido carattere.
- Ehi, era un sorriso? Bene, allora almeno un po’ ti sto simpatico. - Mi rispose lui alzando il sopracciglio come avevo fatto io poco prima, tornando a fare l’irritante.
Feci scomparire rapidamente il sorriso. - Non farti strane idee. Adesso vado, davvero.  Addio. - Afferrai la borsa e la cioccolata con la mano sinistra e cercai di andar via, ma lui mi fermò per il polso destro.
- A presto, Rose. - mi disse con un tono basso, che lì per lì trovai quasi sexy. Mi sorrise ancora, guardandomi insistentemente negli occhi. Quel suo ripetere il mio nome mi mandava in tilt.
Non risposi, ma stavolta perché ero rimasta pietrificata. Aveva un sorriso mozzafiato.
Abbassai lo sguardo ancora più imbarazzata di prima, e col respiro corto me ne corsi via da quel bar, lasciandolo in piedi come un ebete.
Camminai velocemente fino ai giardinetti di fronte per scappare da quel bar, mi sedetti su una panchina e mi fermai un secondo a realizzare quello che era successo.
Mi accorsi che mi ero incantata solo quando mi vidi sventolare una mano davanti la faccia.

 


 

Chiedo infinitamente scusa a voi stupendi panda chiatti e coccolosi (?) che avete letto con pazienza questi due obbrobri di capitoli, per aver postato dopo tutto questo tempo. çwç

Grazie mille per le 5 recensioni al primo capitolo, mi hanno fatto molto piacere *^*

E grazie ai due panda che hanno aggiunto la storia alle preferite, all'unico panda che l'ha aggiunte alle ricordate e ai tre panda che l'hanno aggiunta alle seguite. 

NON SAPETE COME MI SENTO ORGOGLIOSA, PER ME E' GIA' TANTISSIMO *---*


Rose♥.
 

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Capitolo 3
*** Total eclipse of the heart. ***


Dal capitolo precedente.
Camminai velocemente fino ai giardinetti di fronte per scappare da quel bar, mi sedetti su una panchina e mi fermai un secondo a realizzare quello che era successo.
[...]
Mi accorsi che mi ero incantata solo quando mi vidi sventolare una mano davanti la faccia.
 
Capitolo 3: Total eclipse of the heart.
- Rose, ci seeeeei? - Taty mi guardava ad occhi spalancati e bocca aperta, seduta affianco a me sulla panchina.
Risi e dissi: - Sì, scusami, ero immersa nei miei pensieri! -
- A che pensavi? -
- Io? No… cè, ehm… la cioccolata! Prima ho ordinato questo Frappé panna e cioccolata, ma la panna non c’era… ci stavo riflettendo, ecco. - Finsi un sorriso ebete per convincerla. Con un gesto rapido e tutt’altro che furtivo, buttai il Frappé nel cestino affianco la panchina.
- Certo che sei strana. Ah, lo so che non ti importa ma comunque… alla fine li abbiamo incontrati. Subito dopo che sei uscita fuori, hanno concluso la loro pausa, sono rientrati e… ecco, erano stupendi. - Mi guardò con le lacrime agli occhi. - Credo sia stato il giorno più bello della mia vita, ti giuro. Io… io e le altre… beh, li amiamo più di noi stesse. - Delle lacrime le rigarono il viso. Le asciugò in fretta, sostituendole con un sorriso soddisfatto.
La abbracciai forte; la capivo. Anche io ero innamorata persa dei miei idoli, tre ragazzi americani che mi avevano rubato il cuore. Sì, le capivo tutte. Non erano pazze, erano semplicemente loro fans.
Si staccò da me e disse: - Dai, raggiungiamo le altre, ci stanno aspettando là in fondo… E tu dovevi rimanere nel bar! Perché sei andata via?! - Alzò un sopracciglio con quel suo modo buffo; non irritante come il moro che fumava. Mi ritornò alla mente. “Zayn.” Cacciai via il pensiero.
- Ah, sì. Ehm, scusami baby, mi sono dimenticata! Mi è venuto naturale venire ai giardinetti. Come mi hai trovata? -
- Ti abbiamo vista uscire da lì dentro e io sono venuta a prenderti. Hanno mandato me solo perché ero andata in bagno. - Sbuffò sonoramente. - E comunque erano strane. Avevano le facce sconvolte, ti giuro! Quasi come la tua. - Rise di gusto, io la guardai seria, per poi scoppiare a ridere con lei. - Quindi muoviamoci ad andare perché voglio sapere che cavolo è successo! -
- Signor sì, signora! - Risposi, ritrovando il mio buonumore della giornata.
 
Uscimmo dai giardinetti e notai il moro uscire rapidamente dal bar, con le mani in tasca per sembrare disinvolto.
Sentii qualcosa nello stomaco.
“Come si atteggia, cavolo. È… irritante!” Quasi riconobbi l’isterismo della mia voce nella mia testa.
Io e Taty raggiungemmo le ragazze davanti l’edificio di lusso, che intanto stavano parlando tra loro, e mentre camminavamo mi convincevo sempre più di dovergli raccontare tutto su quel ragazzo che mi aveva lasciata quasi… sconvolta.
- Ragazze, dobbiamo dirvi una cosa, non potete sapere chi ci è venuto a parlare! AAAH! - sbottò Marty notandoci, con gli occhi che le brillavano.
- Sono senza parole! - aggiunse Alex piena di emozione.
- Non ci credo ancora! - disse Frenk battendo le mani in preda all’eccitazione.
- Prima devo dirvi una cosa importante. - dissi.
I sorrisi delle ragazze si spensero, e rimasero in attesa delle mie parole. 
- Ehm… ho incontrato un ragazzo. Rincontrato, veramente… era quello che mi aveva “fumato in faccia”. Avevo scordato il libro nel retro dell’edificio e me l’ha riportato. Sapete come sono io, no? Respingo qualsiasi ragazzo mi si avvicini, infatti ho fatto così anche con lui. Però… beh, con lui… è stato strano. Diverso. Come se… ecco, mi interessasse. Però non è così, insomma… l’ho visto una volta sola. Cè, in teoria due. E quando mi ha chiesto come mi chiamassi mi ha toccato il viso per alzarmi il mento. E mi ha sorriso più volte. Mi ha chiamata splendore. E aveva uno sguardo… - Sospirai, non volendo apposta continuare la fase. - Sono confusa. E poi… è come se anch'io interessassi a lui, ecco. Però…-
Marty mi interruppe emettendo un gridolino e Alex e Frenk le diedero una gomitata su ogni lato.
- Rose, forse sappiamo di chi parli. - mi disse Alex.
- È per caso il ragazzo che ti ha riportato il libro? - mi chiese poi Frenk. - Ehm… lui è… -
- Davvero carino, no, ragazze? Sì, l’abbiamo conosciuto perché ci ha chiesto dove fossi e noi abbiamo detto che eri al bar.- la interruppe Marty molto più tranquilla di prima.
Alex aveva un’espressione confusa. - Ma Rose non dovrebbe sapere che lui è…? - 
- Bello? Sì, questo già lo saprà. È proprio bello. - la interruppe Frenk. - Ed è stupendo che tu gli piaccia. - continuò guardandomi. 
- Gli piaci? - mi chiese Taty, emozionata dell’evento unico ed irripetibile.
- Ma io non… -
- Ma soprattutto è stupendo che lui piaccia a te, almeno un po’. No, Alex? - le chiese Marty; lei annuì sorridendo.
- Oh, ma che vi sta venendo in mente?! Non ho detto né che mi piace, né che io piaccio a lui! Lo sapevo, non avrei dovuto dirvelo! E poi lui è molto antipatico e sembrava anche molto presuntuoso. Non credo possa piacermi uno così, quindi scordatevelo.-
Ed ecco che il malumore si rimpossessò di me.
- E che cavolo, era destino che lo odiasse! - esclamò Alex con una risata, che ricevette l’ennesima gomitata da Marty.
- Destino? - chiese Taty confusa.
- DESTINO?! - ripetei irritata.
- Lascia perdere, bambola, è ancora sotto shock. Ha parlato con i one direction prima, la ragazza. E non solo lei. Tutte e quattro! - disse Frenk emozionata, per cambiare discorso. Non ci diedi peso.
- E' stupendo, sono molto felice per voi ragazze. Ceh, siete delle fans stupende, secondo me. Non ci avevo mai pensato, ma sembra che la vostra ossessione… cioé, no, il vostro “amore” per quei sei…-
- CINQUE! - mi ammonirono in coro.
- Uh, giusto… CINQUE creti… uhm, ragazzi… ehm, che dicevo? - Socchiusi gli occhi per concentrarmi. - Uffa, ho perso il filo del discorso, lasciate perdere. - Ridemmo tutte.
- Comunque, cosa dovevate dirci? - chiese Taty alle altre. - Quando mi avete mandata a prendere Rose eravate sconvolte, con chi avete parlato? -
- Nessuno! - risposero loro all'unisono.
- Che ci nascondete? - inchiodandole con lo sguardo.
- Niente! - risposero ancora insieme. Mentivano spudoratamente, si vedeva.
Taty le guardò male. - Vabbè, lasciamo stare dai, ci stanno prendendo per culo. -  Io sbuffai.
­- Torniamo dentro? Ho freddo! - chiese Frenk.
- E sono le otto e mezza, tra poco li vedremo di nuovo, perché devono uscire da qui! - aggiunse Alex sorridente indicando il portone alle spalle.
- Ragazze, se voi andate io vorrei restare un po’ a passeggiare qui. Non ci sono problemi, vero? -
- Dai, facci compagnia! - mi disse Marty sorridendo.
- Amour, non chiedermi questo… sono stanca… e di quei… - esitai perché mi sforzai di ricordare il nome, ma ricordai solo il numero. - …di quei cinque… non ne posso più, non so come ho fatto a non andare in esaurimento nervoso, visto che ci sono loro manifesti ovunque. Beh, è bastato non guardarli. - Sospirai, quasi per convincermi che fosse tutto finito. - Poi sono un po’ giù, scusate. -
Fortunatamente mi capirono e tornarono dentro, io invece andai di nuovo ai giardinetti. Mi rilassava passeggiare al freddo sotto la luce soffusa dei lampioni con l’unico rumore delle foglie che frusciavano attorno a me. Poi avevo il mio I-Pod, non ero sola.
 
Infilai gli auricolari e mi estraniai dal mondo. Sulle note dei miei Jonas, camminai per circa un quarto d’ora lì dentro.
Poi Frenk mi mandò un sms:
- Amour, ancora sana e salva? :D I signorini stanno per uscire, tra un po’ ti raggiungiamo, dove sei? ♥ -
Io risposi:
- Ohi, splendore. Sì, viva e vegeta. E comunque voi tornate a casa, io rientro più tardi. Voglio stare un po’ da sola ai giardinetti, mi rilassano, lo sai. :) Vi adoro tutte, ricordatelo. A dopo ♥ -
Raggiunsi una panchina isolata, mi ci sedetti sopra ritirando le gambe al petto e, appena rinfilai le cuffiette, la mia Play list mi propose Total Eclipse of the heart di Bonnie Tyler.
Quella canzone, anche se vecchia, era stupenda, le parole erano stupende. Ed io mi emozionavo ogni volta.
Iniziò e, mai come quella volta, ascoltai davvero molto attentamente ciò che diceva.
“Turn around.
Every now and then I get a little bit lonely and you're never coming round…
{Girati. Ogni tanto mi sento un po’ sola e tu non ci sei.}
Mi scese la prima lacrima, quindi chiusi gli occhi e mi lasciai andare, tanto non c’era nessuno.
…Turn around.
Every now and then I get a little bit tired of listening to the sound of my tears…
{Girati. Ogni tanto mi sento un po’ stanca di sentire il suono delle mie lacrime.}
Eccone altre due, scesero in sincrono. Sì, STANCA di tutte quelle lacrime. 
…Turn around.
Every now and then I get a little bit nervous that the best of all the years have gone by…
{Girati. Ogni tanto mi sento un po’ nervosa perché il meglio dei miei anni è andato.}
…Turn around.
Every now and then I get a little bit terrified and then I see the look in your eyes…
{Girati. Ogni tanto mi sento un po’ terrorizzata e poi vedo lo sguardo nei tuoi occhi.}
Ancora altre lacrime. Dio, quanto desideravo avere qualcuno a cui dedicarla, qualcuno di cui amare gli occhi, il sorriso, il profumo.
…Turn around, bright eyes.
Every now and then I fall apart…
{Girati, occhi luminosi. Ogni tanto cado a pezzi.}
Quante volte ho sentito di cadere a pezzi? Beh, credo troppe. 
…Turn around, bright eyes.
Every now and then I fall...
{Girati, occhi luminosi. Ogni tanto cado a...}
All’improvviso non sentii più la musica, quindi riaprii gli occhi trovandomene due davanti che mi fissavano, brillando nel buio di quella sera.
Lui era in piedi davanti a me e teneva in mano le mie cuffiette.
Asciugai velocemente le lacrime che avevo lasciato scorrere sul viso indisturbate, misi giù le gambe e gli presi gli auricolari dalle mani infilandoli insieme all’I-Pod in borsa.
- Che cosa vuoi? - gli domandai fredda.
- Passeggiavo di qui e ti ho vista… Tutto bene? - Mi domandò lui, con quegli occhi che, a mio parere, brillavano davvero.
- Benissimo. - Mi alzai rapidamente dalla panchina e presi la borsa.
Iniziai a camminare, volevo andare via da lui.
- Ehm… R-Rose… - mi sentii bloccare il braccio destro da una mano forte e possente. Mi girai per riflesso verso di lui, trovandomi per la seconda volta troppo vicina al suo viso. - Ti va di raccontarmi cosa avevi? - Continuò fissandomi.
- Perché dovrei? A te non interessa. - risposi con la voce ancora infastidita dalle lacrime. Guardai altrove per non incrociare il suo sguardo. Lui levò la mano dal mio braccio. 
- Non ti fidi per niente di me, vero? - Lo guardai di nuovo. Socchiuse gli occhi, quasi volesse leggermi dentro.
Sospirai; non volevo sembrare antipatica o ché, però… volevo stare per i fatti miei. - Piangevo perché ascoltavo una canzone che mi fa emozionare molto. Adesso posso andare? - Alzai un sopracciglio, ma lui sorrise.
- Quale canzone? -
Esitai, ma poi risposi. - Total eclipse of the heart. Sono molto emotiva e quindi è semplice che pianga anche solo per una canzone. - Fece un piccolo cenno con la testa, come stesse per annuire, ma non gli diedi il tempo. - Ma perché te lo sto dicendo?! - Mi misi una mano sulla fronte e, dopo aver sbuffato rumorosamente, iniziai a camminare velocemente via da lui. Non volevo fargli sapere niente di me, eppure qualcosa mi diceva di aprirmi con lui. Mi dava uno strano senso di sicurezza, nonostante non lo conoscessi benissimo.
- And I need you now tonight, and I need you more than ever… - Sentii una voce angelica cantare quella canzone che poco prima mi aveva provocato un buco allo stomaco, avendo la stessa reazione. Un pugno al centro dell’addome. Mi voltai di scatto, rimanendo pietrificata.


Ma c-c-c-ciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaao *--*
Ditemi che vi è piaciuto il capitolo, su çwç
Scusate se questo è un po' palloso, forse troppo lungo, o non so che altro. Ma non mi piace proprio e.e
Ci sono parti che vi sono piaciute di più? Parti che vi hanno fatto cagare? 
DITEMELO.
Apprezzo moltissimo anche le critiche, sì sì u.u

Cooomunque, volevo ringraziare i sei panda chiatti e coccolosi che hanno recensito :')
E grazie anche ai quattro panda chiatti e coccolosi che hanno aggiunto ai preferiti, all'unico panda chiatto e coccoloso che ha aggiunto alle ricordate e ai quattro panda chiatti e coccolosi che hanno aggiunto alle seguite :3
FATECI L'ABITUDINE: ORMAI SIETE I MIEI PANDA CHIATTI E COCCOLOSI. FUCK YEAH (?).

So so so so so (?) much love, babez♥♥.


Rose♥.
 

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Capitolo 4
*** His smell drives me crazy. ***


Dal capitolo precedente.
- And I need you now tonight, and I need you more than ever… - Sentii una voce angelica cantare quella canzone che poco prima mi aveva provocato un buco allo stomaco, avendo la stessa reazione. Un pugno al centro dell’addome. Mi voltai di scatto, rimanendo pietrificata.

Capitolo quattro: His smell drives me crazy.
- …And if you’ll only hold me tight, we’ll be holding on forever…- Cantava ad occhi chiusi e con una mano sul cuore.  
- Sssh, zitto! - Gli andai in contro guardandomi attorno, per controllare nessuno l’avesse sentito, ma quelle poche persone che c’erano lì si girarono a guardarci.
Aprì gli occhi e sorrise appena. - Canto così male? -
- No, sei bravo… - Sussurrai sorridendo un po’ anch’io. Il suo sorriso diventò quasi un ghigno, quindi prima che dicesse qualcosa che sottolineasse la sua modestia, continuai. -… però ci guardano tutti. Cioè, guardano te. A me darebbe molto fastidio. -
- Ci sono abituato, non passo inosservato, modestamente. - Sorrise maliziosamente. “Aaaarg!” mi uscì un suono che rimbombò nella testa. 
- Presuntuoso. Sei proprio antipatico quando fai così, sai?! -
- Beh, anche tu non sei il massimo della dolcezza, tesoro. - Fece spallucce.
- Ci sarà un motivo se non sono dolce con te! - ribattei pronta.
- Sì, cè un motivo: ti piaccio, vero? - continuò.
- No, non mi piaci! - quasi urlai, appena concluse la frase. Non rispose, mi guardò solo… triste? Occhi da cucciolo, sguardo infranto… Mi sentii male. L’avevo offeso? Oh sì. “DIO! CHE STUPIDA!” mi dissi. - …Ma perché non ti conosco neanche, come potresti piacermi così presto? -
Questa volta mi addolcii un po’, ma lui no.
 - Cosa c’entra?! - sbottò acidamente. - Neanche io conosco te da tanto, ma tu già…-
Sbarrò gli occhi e aprì la bocca come per dire qualcosa, ma non disse nulla. Rimanemmo per un po’ in silenzio guardandoci come dei cretini.
Sentii le guance arrossire. "In effetti anche lui un po' mi piace" pensai. "Ma che dico? Non puo' piacermi, non lo conosco neanche!" I miei pensieri sembravano fare a botte. Se fossi rimasta un altro po’ con lui davvero avrei cambiato idea molto facilmente. Dovevo andare via, lontano da lì, lontano da lui.
Interruppi il nostro silenzio imbarazzante: - Ehm, io… mi sa che adesso devo andare… C-ciao Zayn. - Alzai le spalle, sorrisi rapidamente e sistemai la borsa sulla spalla, per poi girarmi e iniziare a camminare.
- Ehi, uhm… ti va se ti accompagno a casa? - Mi voltai e sorrisi; non a lui, alle mie scarpe. - Sei sola ed è anche tardi… non vorrei stare in pensiero per te stanotte. -
Avrei voluto dirgli di no, però qualcosa mi bloccò. Sarebbe stato in pensiero per me. Mi limitai a sorridergli sinceramente e lo fece anche lui, quindi ci avviammo verso casa mia.
- Hai notato che oggi non abbiamo fatto altro che litigare? Mi hai chiamato idiota lì fuori, e neanche sapevi il mio nome. - Mi guardò sorridendo, ma sapevo che mi aveva mandato una frecciatina.
- Tu mi hai fumato in faccia, che avrei dovuto fare? Mi stavo strozzando. - dissi acida girandomi a guardare a sinistra, nella parte opposta alla sua.
Lui si fermò di scatto e mi fermai anche io, automaticamente. - Ehi, ti sei offesa? - Non lo degnai di uno sguardo. - Bene, se io sono presuntuoso tu sei molto permalosa! - Lo guardai, era superbioso e irritante, non mi stava simpatico neanche un po’.
- Occhei. - Sospirai per mantenere la calma. - Credo che tornare a casa da sola e al buio, col rischio di essere attaccata da un maniaco di diciassettenni sia davvero molto meglio che tornarci con un ragazzo che non fa altro che parlare dei tuoi difetti. - gli dissi cercando di essere irritante quanto lui ma, evidentemente, non riuscivo a fare la cattiva della situazione, mai.
Si lasciò scappare una risata, per poi tornare serio. - Uhm… allora… lo sai che hai delle labbra molto belle? - Lui mi sorrise dolcemente, per la prima volta. Iniziò a fissarmi le labbra con quel velo di rossore sugli zigomi ormai a me familiare. Arrossii anche io.
Sì, era molto bello e assolutamente antipatico, ma forse anche gentile. Anzi, no, non lo era per niente.
“Stupide lotte interiori” pensai.
Lo guardai male. - Che c’è, adesso sto parlando dei tuoi pregi, e neanche va bene? -
- No, non mi piace ricevere complimenti. - abbassai lo sguardo.
- E invece dovresti abituarti…- Mi si avvicinò leggermente, mettendosi precisamente di fronte a me con le gambe un po’ aperte, come si fosse inchiodato lì. - Hai anche due occhi bellissimi…-
Mi spostò una ciocca di capelli dagli occhi con le sue dita fredde. Ci fissavamo negli occhi. Le sue iridi color cioccolato brillarono, come fossero due stelle. Adoravo vedere quell’effetto nei suoi occhi. Sentii una folata del suo profumo misto al vento gelido che mi stava paralizzando. All’inizio mi pizzicò un po’ il naso, ma poi lo inalai lentamente, era stupendo.
Rabbrividii, stavo congelando dal freddo e il contatto della sua mano col mio viso mi fece uno strano effetto.
- Tremi? - Sussurrò con quel suo timbro caldo, ancora molto vicino a me. Sentii le farfalle svolazzare nel mio povero stomaco.
- Ehm… sì, io… ho freddo. - gli dissi. “No, sei tu” avrei voluto rispondergli, invece. - Quindi muoviamoci, torniamo a casa. - Continuai, parlando velocemente. Fuggii via dalla trappola dei suoi occhi abbassando lo sguardo per l’ennesima volta in quella sera.
Lui si sfilò il cappottino beige rimanendo con una felpa bianca e rossa, con una M gigante sulla parte sinistra. Lo aprì verso di me, quindi io ci infilai le braccia dentro e me lo strinsi addosso. Era un po’ grande per me, ma davvero caldo.
- Grazie. - sussurrai. Odorai il colletto di quel cappottino chiudendo gli occhi. Le narici mi si riempirono del suo profumo acre che poco prima mi era piaciuto tantissimo. Quando aprii di nuovo gli occhi, lui mi rivolse un sorriso a trentadue denti e le gambe stavano per cedermi dalla debolezza, era bello davvero. Mi sentii un’idiota, avevo fatto una figuraccia enorme odorando il suo profumo. Non ero in me: mi era venuto naturale farlo, non volevo.
Lasciai perdere la figura, riprendemmo a camminare, in silenzio.
Sentivo spesso il suo sguardo insistente su di me, ma non mi giravo perché sentivo le guance avvampare di rossore ogni volta.
Appena girammo l’angolo entrando nella strada di casa mia, gli squillò il cellulare.
L’inizio della canzone mi era molto familiare, ma non la riconobbi.
Incominciò una musichetta, poi la voce di un ragazzo: “You’re insicure, don’t…” Lui coprì l’auricolare del cellulare appena riuscì a sfilarlo dalla tasca del pantalone e rispose in fretta.
- Ehi, che c’è?! - rispose brusco. -… Adesso?! Veramente io sarei occupato… - Mi guardò un secondo, quindi lo feci anche io, ma poi lui distolse lo sguardo). -… Capisco. A dopo, Lù. -
 “Lù”? Oh, giusto, la sua ragazza. Era molto probabile che Lù fosse il diminutivo di Lucy.
Ci rimasi male, anche se a me non sarebbe dovuto importare.
Infilò il cellulare in tasca, poi mi disse: - Rose, devo scappare, i miei amici mi aspettano perché… ecco… ehm… - I suoi amici, certo.
- Non preoccuparti, il mio appartamento è questo. - Indicai il mio palazzo e feci per sfilarmi il cappottino, ma lui mi interruppe. - No, tienilo. Lo vengo a prendere domani, devo scappare davvero! A domani, 'notte Rose. - Mi diede un bacio rapidamente sulla guancia e andò via, camminando molto velocemente, quasi correndo.
Mi lasciò pietrificata. Mi aveva dato un bacio. La cosa mi mandò in iperventilazione.
Un bacio sulla guancia, da amici. Qual’era il problema? Sbuffai, non sapevo neanche io quale fosse il mio problema.
Riflessi un po’ su di lui, era strano.
E quella suoneria? Mh, troppo familiare.
Lasciai perdere ed iniziai a camminare di nuovo.
Salii sopra e quando mi vennero ad aprire, le mie quattro, dolci, piccole pesti mi assalirono.
- Ehi, quel cappotto mi è familiare! - sbottò Marty sgranando gli occhi.
- Anche a me! E poi è maschile… chi te l’ha dato? - mi chiese Frenk con uno sguardo strano.
- Che profumo forte… anche l’odore è familiare! - fece stavolta Alex.
- Hai incontrato di nuovo quel ragazzo? - mi chiese Taty.
- Calma. Rispondo a tutte, se mi date il tempo. - dissi infastidita, dirigendomi all’attaccapanni. - Allora, l’ho rincontrato. Stavo ascoltando la musica ai giardinetti, mi sono… ehm… emozionata, lui mi ha vista e abbiamo iniziato a parlare. Mentre stavo andando via mi ha persino cantato una frase di Total eclipse of the heart. E poi mi ha accompagnata a casa… Ceh, all’inizio della strada, veramente. L’ha chiamato una certa “Lù”, credo intendesse “Lucy” o una cosa del genere. La suoneria era molto familiare. Comunque sicuramente è fidanzato, quindi non c’è speranza. Ma che dico?! Io neanche la voglio quella speranza, quindi… -
- Lucy? Mannò! - disse Taty ridendo.
- E poi Zayn non è fidanzato! - disse Marty sicura. - Ceh, spero che questo certo Zayn non sia fidanzato, ma io non lo so, quindi… -
- Ma tanto a me non importa. E comunque lo viene a prendere domani il cappottino, quindi lo lascio qui, se sto dormendo portateglielo voi. - Lo appesi all’attaccapanni e mi andai a chiudere in bagno.
Mentre facevo la doccia sentii di nuovo quella canzone familiare…
*You’re insicure, don’t know what for, you…*
- Levala subito! - urlò Alex, e la musica si interruppe.
- Giusto, mi ero dimenticata! Dio, come faccio senza ascoltare i One… -
Marty tossì forte interrompendo Frenk.
- Auricolari? - ribatté Taty.
- Ehm… Rigiusto. - disse Frenk.
Odiavo il fatto che mi nascondessero qualcosa.
Prima lui che copriva l’auricolare del telefono per non farmi sentire quella suoneria, poi anche le mie amiche che erano strane nascondendomi un’altra canzone. Riflettendoci, mi accorsi che era la stessa.
Ma perché nascondermela?
 
Dopo cena andammo presto a letto, Frenk si doveva svegliare presto: lavorava in uno studio veterinario, credo il più famoso di Londra, quindi non poteva permettersi ritardi; Alex invece doveva andare a provare alla sua scuola di pattinaggio.
Il giorno dopo, quindi, ci saremmo state solo io e Marty in casa, visto che anche Taty era fuori, all’università.
 
GIOVEDì 29 NOVEMBRE 2011.
Dormivo a pancia in giù col viso sprofondato nel cuscino, ma fui svegliata da un suono non esattamente delicato.
- È ARRIVATO! È QUI SOTTO! SVEGLIATI! - urlò Marty, strattonandomi per il braccio da sotto le coperte.
- Marty, ho sonno! Portaglielo tu quello stupido cappotto e lasciami dormire! -
Mi rimisi sotto le coperte. Marty me le sfilò da testa e mi disse: - Io? Non posso! Ceh… non voglio. -
- E perché? - bofonchiai ancora con la testa dentro il cuscino.
- Senti, tu lo conosci, non io. -
Sbuffai. - Ma tu mi accompagni giù, vero? - sorrisi a trentadue denti, non poteva dirmi di no. Non volevo incontrarlo da sola.
- Hai paura di perderti per le scale?! - domandò ironica. - Te l’ho detto che ho vergogna. -
- Sì, bella scusa. Lascia la tua amica nella merda, brava! - Mi sedetti al centro del letto incrociando le gambe.
- Dai, mica ti morde! -
*Driiiiiiin*
- Certo che non sa proprio aspettare, che maleducato. Senti, vestiamoci e scendiamo, adesso. - le ordinai ancora assonnata.
Appena scesi l’ultima rampa di scale, vidi dal portone trasparente due ragazzi. Uno era Zayn, lo riuscivo a vedere in viso. L’altro non lo riconobbi: aveva dei capelli biondo cenere. Più mi avvicinavo più riuscivo a definire il colore degli occhi: erano azzurro cielo. Mi stavo avvicinando al portone, ma Marty si fermò di scatto come pietrificata, fermando anche me per il braccio. Mi girai verso di lei e vidi che iniziò a piangere. Rimasi scioccata.
- Amore, che hai?! - le chiesi spaventata, cercando di essere dolce.
- Io… io… io non posso farlo! - mi disse piangendo istericamente.
La abbracciai. - Cosa non puoi fare, tesoro? - Non mi rispose. - Ehi, vuoi tornare di sopra? Posso stare anche da sola, me lo racconti dopo, non ci sono problemi. -
- Oh, no… non fa niente. Adesso mi calmo, dimentica quello che ho detto, occhei? - Mi sorrise, feci altrettanto. Si diede una sistemata allo specchio e, per la mano, ci dirigemmo al portone.
Allo scatto della serratura i due ragazzi, che erano appoggiati al muretto, si girarono a guardarci spostandosi da esso. Il biondino ci mostrò un sorriso davvero dolce. Era sicuramente più simpatico del suo caro e presuntuoso amichetto.
- Ciao Rose. - mi salutò Zayn accennando un sorriso, che ricambiai stentandolo anche io. Gli diedi il cappotto, lui se lo appoggiò al braccio con quella sua indifferenza e strafottenza odiosa. - Lui è Niall. - disse rivolgendosi al biondino.
- Piacere. - gli dissi sorridendo: già mi era simpatico.
- Tutto mio! - rispose lui, che subito spostò i suoi stupendi occhi azzurri su Marty, aprendosi in un sorriso che gli illuminò il volto. Sembrava avesse visto un angelo.
- E lei è… -
Marty aveva di nuovo gli occhi pieni di lacrime. La guardai, era pietrificata nel guardare il biondo. A differenza sua, lei sembrava avesse visto un fantasma. - Marty? -
Le incominciarono a scendere lacrime, lacrime e ancora lacrime, mentre guardava pietrificata quei due, con la mano sulla bocca. Singhiozzava. 



ASDKASHDBASKDASD, CIAO MIEI ADORATI PANDA CHIATTI E COCCOLOSI *--*
Sì, lo so, vi ho rotto i coglions (?) con questa cosa dei panda, ma mi piace èwé
Ah, scusate il ritardo. çwç 
Spero che mi sia fatta perdonare con questo capitolo :3 
Nella prima parte, e' tutto Rayn *---* O Zose (?), come vi pare u.u Facciamo una cosa, votate quale dei due preferite e io inizierò a chiamarli così :')
Comunque, dicevo,  la prima parte e' tutta incentrata su di loro, e spero vi sia piaciuta. Ripeto: A ME NON PIACE TANTO, VISTO CHE IL CAPITOLO L'HO SCRITTO MOOOOOOOOLTO TEMPO FA, MA HO PROVATO A CORREGGERLO AL MEGLIO :D
Nella seconda, invece, spunta quella testa bionda irlandese che tanto amo.  :'D

Ringrazio i 6 panda recensori (?), i soliti 7 panda che hanno aggiunto ai preferiti, il solito unico panda che aggiunto alle seguite, e i soliti 6 panda che hanno aggiunto alle ricordate :)

Grazie mille, le vostre recensioni mi emozionano davvero tanto. E' bello sapere che qualcuno legge la mia storia, visto che ci metto tanto impegno e ci lavoro tantissimo su. C:

Rose♥.
 

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Capitolo 5
*** I hate all these secrets. ***


Dal capitolo precedente.
- Ciao Rose. - mi salutò Zayn accennando un sorriso, che ricambiai stentandolo anche io. Gli diedi il cappotto, lui se lo appoggiò al braccio con quella sua indifferenza e strafottenza odiosa. - Lui è Niall. - disse rivolgendosi al biondino.
- Piacere. - gli dissi sorridendo: già mi era simpatico.
- Tutto mio! - rispose lui, che subito spostò i suoi stupendi occhi azzurri su Marty, aprendosi in un sorriso che gli illuminò il volto. Sembrava avesse visto un angelo.
- E lei è… -
Marty aveva di nuovo gli occhi pieni di lacrime. La guardai, era pietrificata nel guardare il biondo. A differenza sua, lei sembrava avesse visto un fantasma. - Marty? -
Le incominciarono a scendere lacrime, lacrime e ancora lacrime, mentre guardava pietrificata quei due, con la mano sulla bocca. Singhiozzava. 

Capitolo cinque: I hate all these secrets. 
Zayn e il biondino si guardarono per un secondo in faccia, poi Niall improvvisamente si avvicinò a Marty e la abbracciò stretta in vita, come si conoscessero da anni. Lei stranamente ricambiò l’abbraccio; avvolse le sue braccia attorno al collo di quella specie di angioletto, singhiozzando ancora peggio di prima. Si abbracciavano stretti e Niall le accarezzava la schiena per consolarla.
- Che succede qui che io non so? Vi conoscete? - Sciolsero l'abbraccio, e Marty continuava a cacciare lacrime.
- Ehm… non credo si conoscano. Vero Niall? - gli chiese Zayn.
- No, mai visto prima! - lo precedette Marty che ancora piangeva.
- Io… sono così, quando vedo piangere una nostra… una… uhm… persona!… la… ehm… abbraccio. - balbettò il biondo. Lo fulminai con lo sguardo, lui sorrise distrattamente, per poi riguardare Zayn.
- Ehm… Piacere, io sono Zayn. - disse Zayn a Marty sorridendo. Poi l’abbracciò anche lui, e lei smise di piangere, per fortuna.
- Adesso anche tu abbracci quelli che non conosci? - chiesi a Zayn sempre più confusa, con una punta di gelosia. 
- Sì, io abbraccio tutti. - Socchiusi gli occhi, nel tentativo di capire se tutto ciò avesse un senso. - Abbraccio anche te? - 
- Sì! Ci abbracciamo? - Aggiunse Niall con un mezzo sorriso ebete sulle labbra, cercando di appoggiare quell’impazzito di Zayn.
Mi si avvicinarono entrambi a braccia aperte, ma io li bloccai mettendogli una mano sul petto. - Ma che cavolo avete in testa tutti e due?! Voi non state bene, davvero. Avete bisogno di uno specialista. - Si guardarono negli occhi rapidamente. - Io torno sopra. - continuai, girando i tacchi. 
Arrivata alle scale, sentii Marty quasi urlare: - Horan! - 
- Che ho fatto? - le rispose il biondo.
Bene, conosceva anche il suo cognome.
Salii le scale velocemente ed abbastanza incavolata. 
Zayn si era improvvisamente rincoglionito e quel biondino sembrava più rincoglionito di lui, Marty piangeva senza motivo, loro si abbracciavano senza motivo, volevano abbracciare me senza motivo.
"O un motivo c’è ma me lo stanno nascondendo?!" pensai ancora.
Appena entrata di nuovo in casa, mi diressi verso la mia camera, ma sentii il campanello suonare.
Ovviamente, mi ritrovai Marty di fronte.
- Ma che cazzo ti è successo?! - le urlai.
- Ehm… niente. Comunque sono andati via… -
- Come se mi importasse. - la interruppi alterandomi. - Vado a fare un giro, a dopo. -
Preso il cellulare dal mobile all'ingresso, la scansai e uscii di casa sbattendo la porta.

{Marty}

Sbuffai. Non avrei mica potuto raccontarle tutto. 
Presi il cellulare e chiamai Alex, fu la prima cosa che mi venne in mente.
- Alex, è successo un casino! - 
Le raccontai tutto più rapidamente possibile.
- Mio Dio, Marty! Lo so che sei innamorata di Niall, però avresti potuto contenerti. Comunque non preoccuparti, le passerà subito l’incazzatura. E poi non ha scoperto nulla, quindi possiamo continuare a mentire. Ricordati che è per il suo bene. Cè, il LORO bene, della loro futura e molto probabile coppia. -
Ridemmo entrambe. - Come vuoi. A dopo, amour! -
 
{Rose}
 
Erano le undici del mattino e il sole splendeva leggermente dietro la perenne coltre di nubi che sovrastava la città. 
- Credo che quando lo scoprirà, si incavolerà di brutto. Non hai detto che ci odia? - 
Sentii la voce di un ragazzo; parlava in un inglese perfetto, ed il suo tono di voce assomigliava a quello di un uomo.
Indietreggiai e, girandomi a sinistra, vidi che dalla fine del vicoletto cieco che avevo appena oltrepassato, stavano passeggiando dei ragazzi con occhiali da sole e sciarpe voluminose che gli coprivano mezzo viso. Mi sembrò di riconoscere i capelli biondi del ragazzo che avevo conosciuto poco prima, così, presa dalla curiosità di sapere se con lui ci fosse anche Zayn, decisi di fermarmi. Per non farmi vedere, mi appoggiai al muro e cercai di sentire cosa dicessero.
- Credo che abbia ragione Liam. Ma potresti farle cambiare idea, Malik. - disse un altro con una voce più acuta.
- Sì, anche io penso che potresti riuscirci. Ma devi cambiare atteggiamento, amico. Non fare il presuntuoso con lei, abbiamo capito che non le piace. Sii più gentile, non è difficile. - disse un altro ancora con una voce scurissima.
- Ma è parte di me! Io sono fatto così, se non le piaccio non mi importa. - 
Fui più che sicura di aver appena sentito la voce di quel moro. Scoprii quindi che il suo cognome era Malik. Mi affacciai rapidamente al vicolo. Erano lontani, ma vidi di nuovo un biondo e riconobbi il suo ciuffo. 
- Dovrebbe importarti invece, Zayn! - Quello era Niall. - Dacci retta, cambia atteggiamento. Tu non sei davvero così. - 
- Cazzo. - sbottò il moro. - È che con lei divento un’altra persona, ma non so perché, davvero. - Lo sentii sospirare.
Mi investì una sensazione di gelosia inaudita. Zayn parlava di una "lei" che non ero io. 
I miei occhi si riempirono di lacrime. "Stupida" bofonchiai ricacciando indietro le lacrime. Mi capitava spesso di illudermi di essere importante per qualcuno, quando in realtà valevo meno di niente. Ripresi a camminare, ma stavolta verso casa.
 
Una volta tornata a casa, la giornata passò stranamente molto in fretta. Trascorsi tutto il pomeriggio chiusa in camera ascoltando della musica dal mio adorato I-pod. La sera io e Marty andammo a lavoro, lei nella sua cara boutique all’angolo ed io come barista nella discoteca, per me, più bella di Londra.
 
VENERDì 30 NOVEMBRE 2011.
- Rose? - Mi sentii scuotere il braccio. - Sveglia, dormigliona. - continuò dolcemente la mia migliore amica. 
- Mh, Frenk? - borbottai ancora ad occhi chiusi.  
- Buongiorno! - urlarono in sincrono Alex e Taty entrando dalla porta della nostra camera.
Mi stropicciai gli occhi e mi sedetti al centro del letto. - Bonjour. - sussurrai assonnata, sorridendo a tutte e tre. Alex e Taty si sedettero ai piedi del mio letto, mentre Frenk alla mia sinistra. - E' venerdì, eh? - continuai.
- OGGI TUTTE A FARE SHOPPING! - urlò Marty da fuori la porta, facendoci sobbalzare.
Ridemmo tutte; ero di buon umore quel giorno. - Sì, dobbiamo fare compere… e non fare storie. - mi disse poi Taty, sicura di sé.
- Devi rinnovarti il guardaroba, e quale giorno migliore se non il nostro Venerdì? - mi chiese Alex sorridendo, senza aspettarsi una risposta.
- Ma oggi scegliamo noi cosa comprerai. - mi disse Frenk guardandomi di sbieco.
- Non dimenticarti che mi sono specializzata in Moda. Oggi, mademoiselle, saVai la mia modella peVsonale. - disse Marty imitando l’accento francese con l’erre moscia e accompagnando le sue frasi con dei gesti plateali delle mani.
- Non posso obbiettare, vero? - chiesi ridendo.
- NO! - Risposero le mie adorate pesti, per poi buttarsi su di me, strapazzandomi di solletico.
Finita la nostra seduta giornaliera di pazzia e coccole, ci andammo a preparare. Era Venerdì, l’unico giorno della settimana in cui nessuna di noi lavorava, studiava o ché. Il giorno prima facevamo provviste, e non dovevamo fare neanche la spesa. Era il NOSTRO giorno, e lo trascorrevamo tutte e cinque insieme, uscendo dalla mattina alla sera. 
E quel giorno, controvoglia, avrei fatto shopping anche io con loro.
 
- CHE BELLE SCARPE! - mi urlò Taty nel timpano sinistro.
- Scarpe?! Trampoli, direi. - ribattei io coprendomi l’orecchio.
- Decolleté con plateau, precisamente. - ci ammonì Marty ALIAS “L’esperta di moda”.
- Qualsiasi cosa siano, mi piacciono! - esclamò Alex attaccandosi alla vetrina di quel negozio del centro di Londra, seguita a ruota da Frenk. - E molto! - aggiunse lei.
Mi guardai alle spalle: qualche metro davanti a noi, al centro di quella enorme piazza, c’erano i giardinetti, che io amavo tanto.
Allo stesso modo, quindi, adoravo anche la piazza intera. Mi trasmetteva tranquillità, lì dentro sembrava uno di quei paesini sperduti e silenziosi, e c’era un’atmosfera intima. Era la parte più bella di quella capitale caotica.
Mi rigirai rapidamente verso le altre. Marty si sfilò il cellulare dal suo bel cappottino rosa confetto e, credo, lesse un messaggio. Lo infilò di nuovo in tasca. - Dobbiamo andare al Cotton Candy! -, con la sua voce squillante.
- Dobbiamo? - chiesi confusa.
- Ooooooooh, ho capito! - urlò Frenk. - Ci aspettano cinque bei…-
- EHM! Gelati, ecco cosa ci aspetta, Frenk! - urlò Alex dandole una gomitata. Taty rise semplicemente.
Quel loro modo di essere misteriose, interrompere sempre delle frasi a metà e nascondermi le cose mi irritava.
- Sì, ragazze: gelati. Ho fame. - ripeté Marty, facendomi insospettire ancora di più.
- Potevi dirlo cinque minuti fa, ci siamo passate accanto! - sputai, inacidita dai loro atteggiamenti. - Adesso dobbiamo anche tornare indietro! Andateci voi, io continuo a vedere le vetrine di questi stupidi negozi tutti rosa e brillantinati, non ho fame. - 
Ripresi a camminare, ma mi sentii tirare la felpa da dietro e il braccio sinistro. 
Frenk e Marty mi si piazzarono davanti. 
- TU VIENI E BASTA! - mi urlò la prima spingendomi indietro con una mano sul petto.
- Zitta. - disse Marty seria, aiutando Frenk a farmi indietreggiare.
Intanto Taty e Alex mi tiravano da dietro e, senza neanche farmi fiatare, mi spinsero fino al bar dove qualche giorno prima Zayn mi aveva riportato il libro. Pensando a lui un brivido mi accarezzò la schiena.
Le ragazze si guardarono velocemente l’una con l’altra negli occhi, poi si fermarono un secondo davanti all’entrata. Sembravano agitate. Marty aprì la porta d’ingresso, poi entrarono in ordine Taty, Frenk, Alex ed infine io.
Nell’angolo più nascosto del bar, che alle tre del pomeriggio era davvero poco affollato, se non semideserto, c’era un gruppetto di ragazzi seduto ad un tavolo, tra cui riconobbi subito Zayn e Niall.
Li osservai tutti, erano cinque e si guardavano intorno come se aspettassero qualcuno. Erano proprio quei cinque del vicoletto.
All’improvviso uno di loro, quello dai capelli ricci, alzò lo sguardo, si levò in piedi di scatto con un sorriso sulle labbra da far invidia allo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, e urtò violentemente il tavolino, dove erano adagiate cinque cioccolate fumanti. Una di quelle cadde direttamente sui pantaloni di un bellissimo ragazzo moro con gli occhi azzurri, il quale diede un urlo di dolore che spaventò tutti, compresa me. 


asdkasbdhask, CIAO AMATI PANDA *w*
Chi avrà mai visto Harry da sorridere a 349273 denti? éwè Lo scoprirete nel prossimo capitolo u.u
Spero che un giorno riuscirò a farmi perdonare
(?) tutto questo ritardo. E' che, ad essere sincera, ME NE DIMENTICO PROPRIO DI AGGIORNARE çwç E' la mia primissima FF su Efp, quindi devo ancora prendere confidenza con tutto ciò che comporta essere un'autrice qui sopra.
Questo capitolo è scritto DAVVERO male; lo scrissi tantissimo tempo fa e l'ho lasciato marcire sul pc fino a ieri sera. Poi l'ho corretto, per salvare il salvabile. Ah, e poi è abbastanza noioso, ma necessario. Volevo farvi sapere che anche il resto della combriccola (?) di Zayn è al corrente di tutto ciò che riguarda Rose e.e E POI volevo farvi capire che anche loro saranno i protagonisti. Sì, ci sono DIECI protagonisti ed è straziante organizzare tutto; ve ne accorgerete col seguito èwé Però non mi andava di incentrare tutto su Zayn e Rose; per me hanno tutti la stessa importanza :')
Cooooooooooooooomunque, ringrazio le solite panda recensitrici:
Le mie migliori amiche, nonché protagoniste: Alessandra, Antonella, Martina e Francesca. :'D
Jimmyprotestedx , _loveHora97_ e more_ , tre stupende scrittrici che, con tanta pazienza, recensiscono i miei capitoli e mi danno tanti consigli che apprezzo tantissimo *-*
Infine Angie, quella dolcezza di ragazza (?) che sopporta questi sormoni e.e 
Ringrazio i bei panda che hanno aggiunto alle preferite, ricordate e seguite. 

Spero di aggiornare presto :)


Rose♥.
 

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Capitolo 6
*** You're just a liar. ***


Dal capitolo precedente.
Li osservai tutti, erano cinque e si guardavano intorno come se aspettassero qualcuno. Erano proprio quei cinque del vicoletto.
All’improvviso uno di loro, quello dai capelli ricci, alzò lo sguardo, si levò in piedi di scatto con un sorriso sulle labbra da far invidia allo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, e urtò violentemente il tavolino, dove erano adagiate cinque cioccolate fumanti. Una di quelle cadde direttamente sui pantaloni di un bellissimo ragazzo moro con gli occhi azzurri, il quale diede un urlo di dolore che spaventò tutti, compresa me. 

Capitolo sei: You're just a liar.
Intanto il riccio si era avvicinato a Taty, incurante di aver quasi procurato un’ustione di quinto grado al ragazzo dagli occhi azzurri, e la fissava con un sorriso da ebete. Lei invece lo guardava con gli occhi a stelline. Colpo di fulmine? Credo di si. Quei due erano carinissimi. Nonostante non credessi all’amore a prima vista, sembrò fosse stato proprio così per entrambi. 
Niall seguì il riccio, salutando con un bacio sulla guancia Marty che si era immobilizzata a guardarlo come il giorno prima, poi iniziarono a chiacchierare per fatti loro, cosa che il riccio e Taty non fecero, visto che erano entrambi pietrificati l’uno negli occhi dell’altra.
Frenk era china sul ragazzo che ancora urlava dal dolore, tamponandogli le gambe con dei fazzoletti che aveva appena preso dalla sua borsetta.
Io e Alex guardavamo la scena a bocca aperta. O almeno così pensavo, perché poi lei si diresse verso quel ragazzo che a mio parere assomigliava ad un orsacchiotto di peluches, sedendogli accanto e iniziando a chiacchierare.
Alla fine erano tutti impegnati a far qualcosa, tranne io e Zayn, che era ancora seduto a guardarmi con uno sguardo vuoto, inespressivo.
Non mi voleva salutare, evidentemente. Aspettava che andassi io da lui? Neanche per sogno. Se lui rimaneva seduto, io restavo lì in piedi sull’uscio della porta. Dopo un po’ scosse la testa come si fosse “risvegliato”, e mi accennò un sorriso sghembo, di quelli che adoravo anche dopo qualche giorno dall’averlo conosciuto.
Pian piano realizzai che era tutto organizzato. Lui, i suoi amici, le mie amiche. Non mi andava di essere trattata come una marionetta, volevo poter fare le mie scelte da sola. E se la mia scelta fosse stata di non vedere Zayn mai più, non avrei permesso a nessuno di impedirmelo.
Non risposi al sorriso; girai le spalle, uscii dal bar sbattendo la porta ed iniziai a camminare velocemente verso i miei famosi giardinetti, che erano sempre lì, proprio di fronte al bar, sempre pronti ad accogliermi e farmi sfogare.
Poi sentii un dolore forte al braccio destro. Mi sentii strattonare violentemente e farmi girare come una bambola di pezza e mi ritrovai davanti di nuovo quegli occhi color cioccolato scuro che mi guardavano.
Mi stava stingendo il braccio, facendomi anche molto male. Aprì la bocca per dire qualcosa, quando sentimmo un urlo che lo interruppe.
- AAAAAAAAAAAAAAH! QUELLO E’ ZAYN MALIK DEI ONE DIRECTION! -
Ci girammo entrambi di scatto alla nostra sinistra e notammo che una miriade di ragazzine correva nella nostra direzione, indicandoci.
Lui mi guardò con uno sguardo spaventato, i suoi occhi luccicavano. Lasciò all’improvviso la presa. Corrugò le sopracciglia, come se avesse provato… dolore. Il mio braccio rimase indolenzito dalla sua presa. Corse di nuovo verso il bar, lasciandomi come una cretina lì, impietrita, senza dirmi nulla. Non capivo più nulla, dentro avevo un misto di emozioni, avevo voglia di piangere, ero confusa.
Le ragazzine mi avevano raggiunta e forse mi stavano parlando, io però tenevo il mio sguardo fisso all’interno del bar. Attraverso le vetrate vidi Zayn che disse qualcosa ai ragazzi e alle ragazze, che si alzarono di nuovo dai comodi divanetti rosa confetto e, quindi, dai tavoli, guardandosi con gli occhi sgranati. Poi corsero da qualche parte nel bar, dileguandosi.
In neanche un minuto mi incominciarono a passare per la mente tantissime immagini che fino a poco prima erano pensieri sconnessi, confusionali.
La suoneria di Zayn. Sia lui che Alex me l’avevano nascosta, lui tappando il microfono, lei mettendo pausa al cellulare di Frenk.
La reazione di Marty nell’aver incontrato Niall. Piangeva, come se avesse visto… il suo idolo. Idolo, cazzo, un idolo.
La voce angelica di Zayn che mi cantava Total eclipse of the heart. Quella… di un cantante. Cantante professionista da… circa un anno, come se avesse partecipato ad un talent show. X factor, forse.
Gli abbracci insensati, che all’improvviso si spiegarono nella stupida teoria di un idolo che abbraccia una sua fan emozionata per consolarla.
I One Direction, a me fin troppo poco famosi, erano cinque; Zayn e i suoi amici erano cinque.
"QUELLO E’ ZAYN MALIK DEI ONE DIRECTION!" La voce stridula di quell’ochetta mi rimbombava in testa.
Ecco cosa mi nascondevano tutti: quelli non erano semplici ragazzi londinesi, erano cinque star di cui le mie quattro migliori amiche erano innamorate alla follia.
“Come ho fatto ad essere così stupida?” pensai. “Ma io non potevo saperlo, non avevo mai visto delle loro foto. Però, cavolo, che stupida, avrei potuto capirlo. Almeno prima di… provare qualcosa per lui? No, Rose, no. Non provi niente per lui, NIENTE.”
Me ne auto convinsi.
 
- Allora?! - Mi urlò una ragazzina con l’affanno, con dietro un centinaio di bimbe al di sotto dei dieci anni, completamente impazzite. Mi avevano fatta riprendere, mi ero bloccata a fissare il nulla.
- Eh? -
- Era Zayn Malik quello con cui parlavi prima o no?! - ripeté acida.
- Oh, no. Lui… lui era un mio amico che gli assomiglia molto. No, non era lui. - Le finsi un sorriso.
“Che ho mentito a fare? Potevo anche farlo trovare dalle sue care fans isteriche, e lasciarlo al suo atroce destino.” pensai sarcastica.
- Cavolo, un infarto per niente! Vabbè, grazie mille! - mi rispose con un sorriso finto quanto le sue ciglia.
La “leader” se ne andò dopo avermi sorriso a malavoglia, seguita da tutto il gruppetto.
Spinta da non so che, forse rabbia, forse dolore, iniziai a correre verso il bar. Spalancai la porta sbattendola e i pochi clienti che c’erano si girarono a guardarmi, ma non mi importò più di tanto. Volevo sapere dov’erano; iniziai a guardarmi intorno e la porta dell’uscita di servizio che si aprì attirò la mia attenzione: uscì Frenk.
- Rose… - mi sussurrò con dolcezza. La ignorai e uscii dalla porta che affacciava su un terrazzino pieno di scatoli, con un’ampia vista su una strada desolata.
Avanzando, passo dopo passo, mi guardavo a destra e a sinistra. Notai che dietro ogni scatolone c’era qualcuno. Marty e Niall erano accucciati in ginocchio dietro il primo scatolo sulla mia sinistra, naso a naso, sorridendosi.
Idem per Taty e il riccio. Lui giocava con una ciocca dei suoi capelli sorridendole a trentadue denti e lei ricambiava.
Dietro uno scatolone gigante invece c’erano Alex, Zayn e gli altri due ragazzi dal nome sconosciuto, in piedi.
- Rose! - mi chiamò di nuovo Frenk, facendo accorgere tutti della mia presenza.
Zayn venne verso di me, mentre gli altri uscirono solo dai loro nascondigli rimanendo in piedi in disparte. A loro si aggiunse anche Frenk.
Si mise di fronte a me senza parlare, di nuovo, quindi lo feci io.
- Via libera…- respirai profondamente prima di continuare: ancora stentavo a credere a tutto quello che era successo da lì a meno di cinque minuti. - … “Zayn Malik dei One Direction”. - Gli ripetei la frase che ormai riecheggiava nella mia testa. - Sei salvo. - continuai fissandolo negli occhi.
Fece di nuovo una smorfia di “dolore”. Evidentemente non sapeva come stavo io in quel momento. - Rose, mi dis… -
- Ssh. - lo zittii. - Sei solo… un bugiardo. -
Mi si riempirono gli occhi di lacrime.
“Stupida” continuavo a ripetermi. “Non è il momento per essere emotiva, smettila.”
- È che io… stavo aspettando il momento per…- Qualcosa lo fermò. Forse qualcosa di bagnato che mi scivolò sulla guancia. - Ehi no, non piangere, ti prego! - mi disse afferrandomi per le braccia e stringendole con la stessa forza di prima, facendomi male. - Non posso essere così importante da farti piangere… o forse si? - Avvicinò il suo viso al mio, guardandomi insistentemente negli occhi, e conquistando il mio sguardo.
- Vedi come sei presuntuoso?! Non puoi far a meno di pensare di piacere a tutte le ragazze che incontri; anche nei momenti meno opportuni cerchi di piacere a tutti i costi! Mi dispiace ma con me non è così semplice. - dissi tutto d’un fiato ricambiando a pieno il suo sguardo. Mi scrollai le sue mani da dosso con difficoltà, ma ci riuscii, quindi ripresi a parlare, con le lacrime che continuavano a scendere: - Non mi piaci neanche un po’, sei antipatico e presuntuoso. E in più mi hai mentito, insieme a quelle che credevo fossero le mie amiche. - Mi interruppi guardandole, notai che avevano tutte il viso chiuso in un’espressione triste. Mi concentrai di nuovo su di lui. - Mi hai presa in giro! Pensavi di potermelo nascondere per sempre?! A parte che un PER SEMPRE tra me e te non ci sarebbe mai stato! E sai che ti dico?! NON CI SARA’ MAI! Addio, coglione! -  Gli diedi una spinta con entrambe le mani sul suo petto, e andai via.
Camminavo velocemente piangendo, come in una di quelle scene dei film, solo che qui ero nella vita reale. Mi guardavano tutti per strada come fossi pazza e in più non sapevo neanche dove andare. Al primo vicoletto isolato che trovai, lo imboccai.
Percorsi qualche metro e per non entrare nel buio totale, mi fermai. Mi appoggiai al muro e, lentamente, scivolai sedendomi a terra. Mi coprii il viso con le mani e iniziai a singhiozzare.
Perché piangevo? Sicuramente non perché le mie amiche mi avevano mentito, in quel momento non volevo pensarci, sapevo che le avrei perdonate: le amavo troppo, qualsiasi cosa facessero.
I miei pensieri erano offuscati dai suoi occhi, dal suo sorriso, dalla sua voce… da lui.
Continuavo a ripetere che di lui non mi sarebbe dovuto importare più di tanto, ma come facevo a non pensarci? Era famoso, aveva milioni di ragazze ai suoi piedi di tutto il mondo e in più era maledettamente bello. Chi potevo rappresentare io per lui? Niente. E poi mi aveva mentito, non potevo passarci su così facilmente. Era un bugiardo.
Non mi era mai capitato prima di piangere per un ragazzo, non ero mai stata innamorata. Non lo ero neanche allora, veramente. Però… c’era qualcosa di lui, oltre il suo stupido carattere infantile e narcisista, che mi piaceva. E avrei dovuto sbrigarmi a reprimere i miei sentimenti.
Riuscii a convincermi del fatto che avrei dovuto iniziare ad odiarlo.
 
- Eccola! - Era la voce di Alex. Mi voltai e vidi le mie amiche corrermi incontro. Si inginocchiarono tutte affianco a me.
- Scusaci. - mi dissero in coro, dispiaciute.
- Perché non me l’avete detto prima? Sarebbe stato meglio saperlo dall’inizio. -
- È che se avessi saputo che era uno dei One Direction, l’avresti odiato senza motivo. - mi rispose Frenk.
- E poi sei stata fortunata ad attirare la sua attenzione: non sai quante ragazze vorrebbero essere al posto tuo. - continuò Taty sorridendomi leggermente.
- Sì, ma io… mi ci sono affezionata. E adesso che so che è famoso mi si è spezzato il cuore. - Abbassai lo sguardo.
Alex mi alzò il mento. - Ma perché, amour? Al contrario, è una favola. Tu gli piaci, lui ti piace… -
- No, lui non mi piace. - la corressi fredda.
- Non dire cretinate, tesoro. - mi disse Marty guardandomi male.
- Come fa a non piacerti Zayn Malik? - disse Taty ridacchiando.
- Non capite? È questo il punto. Lui non deve piacermi perché è famoso e perché è bello. Lui dovrebbe piacermi per quello che è dentro, e lui è solo un antipatico, stupido e infantile. Si crede chissà chi, come anche i suoi amici. I “One Direction”. Non mi ero mai sbagliata, sono cinque coglioni. -
- Come fai a dirlo se non li conosci? Sì, forse Zayn è quello più presuntuoso di tutti, ma ti assicuro che non sono male, tutti e cinque. Se solo volessi conoscerli meglio… - 
- No Frenk, non voglio conoscerli, non voglio sapere più niente di loro e vorrei che voi rispettasse la mia decisione. Adesso torniamo a casa. -
Annuirono, ci alzammo e riprendemmo la strada di casa.
Adesso volevo solo dimenticarmi di quel giorno, e dei due precedenti in cui nella mia vita “Zayn Malik” aveva occupato una piccola parte, ma fin troppo significante per me.
 
VENERDì 07 DICEMBRE 2011
Passò una settimana, era di nuovo Venerdì.
Come tutte le altre settimane, sembrava non vivessimo neanche insieme. Ci dividevamo tra scuola e lavoro e ogni volta che avevamo tempo libero, le altre erano appiccicate ai loro stupidi cellulari. Anzi, ai loro stupidi cantanti.
Marty era completamente rincretinita per il biondo, Niall; Frenk ogni giorno parlava di quel Louis, il ragazzo moro con gli occhi azzurri che aveva salvato dall'ustione, come fosse un dio; Alex e Liam, quello che mi sembrava un peluche, erano diventati molto amici, e Taty e il riccio, Harry, parlavano al cellulare fino alle due di notte: erano insopportabili.
Li odiavo sempre più: mi avevano portato via le mie migliori amiche e se le avessero fatte soffrire, li avrei uccisi con le mie stesse mani, rischiando anche il carcere.
 
- Allora, oggi che facciamo? - mi chiese Marty spegnendo la Tv.
- Che ne dite di fare un giro nel bosco di Londra? Siamo qui da Settembre dell’anno scorso, ora siamo ai primi di Dicembre e ancora non l’abbiamo visitato. - ricordai loro.
- Sì, è un’idea stupenda! Picnic? - domandò Alex entrando in salotto e sedendosi in mezzo a me e Marty.
- Dicono che accendono falò su richiesta! - continuò Taty che era seduta sulle gambe di Frenk, entrambe sulla nostra poltroncina color caffè.
- Picnic con falò al bosco ore 18, così è deciso, l’udienza è tolta. - disse Frenk seria, poi scoppiammo tutte a ridere.
Mi mancavano le mie amiche, ero ancora dell’idea che quelli lì me le stavano rubando. Loro erano la cosa più preziosa che avessi al mondo.
Ma quel giorno sarebbero state finalmente solo mie.




buonasera panda :')
mi scuso per il ritardo, sono davvero imperdonabile (?)
spero che il capitolo vi sia piaciuto, tutto sommato. 
immaginavo vi chiedeste perché Rose non avesse ancora scoperto tutto e... TADAAAAN C:
ah, non lasciatevi condizionare dal fatto che nel prossimo capitolo PENSATE si tratterà di una giornata al femminile, perché potreste sbagliarvi. NON DICO ALTRO e.e
detto questo, volevo precisare una cosa: CONTINUO A 8 RECENSIONI
vorrei che tutti quelli che leggessero il capitolo, lasciassero una recensione, MI VA BENE ANCHE NEGATIVA. voglio solo sapere cosa ne pensate della storia, delle idee, del modo di scrivere. 
ah, ovviamente ci sono delle autrici/lettrici che mi soddisfano a pieno, e sanno benissimo se sto parlando di loro u.u

poooi, volevo chiedervi un favore. questa è la mia nuova pagina facebook, potete passarci? 
https://www.facebook.com/pages/Under-Londons-r%CE%B1in%CF%9F/374445575906803?bookmark_t=page grazie mille :3
beeeene, adesso scappo.
TANTISSIMO AMORE PER TUTTI I PANDA CHE HANNO RECENSITO. VI ADORO *w*


Rose♥.

 

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Capitolo 7
*** Can we try, one more time? ***


Ciaaaaaaaaao a tutti. Sì, lo so, di solito scrivo alla fine, ma volevo dirvi una cosa prima che iniziaste a leggere u.u
Vi consiglio di vedervi il video di Gotta be you, prima di leggere il capitolo. Rende tutto più suggestivo, fidatevi e.e
Se siete così pigre (?) da non voler neanche andare su You Tube a cercarlo, ve lo metto qui.
 http://www.youtube.com/watch?v=nvfejaHz-o0&ob=av2e :'D 
Occhei, adesso mi dileguo. Ci rivediamo alla fine del capitolo :3





Dal capitolo precedente.
- Allora, oggi che facciamo? - mi disse Marty spegnendo la Tv.

- Che ne dite di fare un giro nel bosco di Londra? Siamo qui da Settembre dell’anno scorso, ora siamo ai primi di Dicembre e ancora non l’abbiamo visitato. - ricordai loro.
- Sì, è un’idea stupenda! Picnic? - aggiunse Alex entrando in salotto e sedendosi in mezzo a me e Marty.
- Dicono che accendono falò su richiesta! - continuò Taty che era seduta sulle gambe di Frenk, entrambe sulla nostra poltroncina color caffè.
- Picnic con falò al bosco ore 18, così è deciso, l’udienza è tolta. - disse Frenk seria, poi scoppiammo tutte a ridere.
Mi mancavano le mie amiche, ero ancora dell’idea che quelli lì me le stavano rubando. Loro erano la cosa più preziosa che avessi al mondo.
Ma quel giorno sarebbero state finalmente solo mie.

Capitolo sette: Can we try, one more time?
Ci armammo di occhiali da sole e borse che riempimmo di tutto ciò che ci capitò a tiro: Mp3, I-Pod, blocchetti da disegno, penne, matite, fazzoletti, portafogli, bottigline d’acqua, cellulari, macchine fotografiche e make up.
Erano le sei del pomeriggio, quindi decidemmo di partire. Andammo alla stazione e scoprimmo che c’era un treno che portava i turisti proprio al Regents Park, il magnifico e famoso bosco di Londra. Non era un semplice treno moderno, anzi: era vecchio stile, tutto grigio ferro, con tanto di ciminiera da cui usciva del fumo seguito da fischi acuti. Dentro era altrettanto bello ed elegante: i sedili erano rosso porpora e le pareti in legno, il soffitto aveva dei piccoli lampioncini circolari dalla luce soffusa che ci servivano un’atmosfera rilassante. Iniziai a scattare migliaia di foto al panorama dalle finestre, le avrei scannerizzate e stampate, per poi attaccarle in camera. Il cielo era limpido, il sole tramontava e faceva sempre più freddo.
Il treno fece un percorso di collina davvero bello, pieno di alberi; poi attraversammo una cittadina fatta di casette in pietra e legno molto belle, era un panorama indescrivibile. Non sapevo ci fosse quella parte di Londra, pensavo fosse solo una città caotica e moderna, ma scoprii che c’era un suo aspetto nascosto che mi piaceva tantissimo.
Il treno ci lasciò proprio davanti l’entrata principale di Regents Park: era bellissimo.
Stavamo per entrare quando mi sentii colpire la caviglia. Guardai a terra e notai che c’era uno scoiattolino che mi tirava il jeans con le zampette. Mi guardò un secondo negli occhi, poi andò via e iniziò a trotterellare verso un viottolo alberato; lo percorse per un po’, si girò e rimase immobile a guardarci tutte e cinque.
Non potemmo fare a meno di scoppiare a ridere.
- Ma dove cavolo siamo, nel paese delle meraviglie?! - chiesi incredula, ridendo ancora.
- Vuole che lo seguiamo! - sbottò all’improvviso Taty.
- Ti senti bene? - le chiese Marty piegata in due dalle risate.
- Uhm… credo anche io. Guarda… - Alex fece un passo avanti e automaticamente lo fece anche lo scoiattolo, appena si fermò lei, si fermò anche lui. Poi ci lasciammo scappare un’altra risata.
- Dai, andiamo, che ci costa? - disse Frenk tra se e se, avviandosi. - Allora? - Ci sorrise, quindi la seguimmo e ci incamminammo nel viottolo alberato, dietro lo scoiattolino.
Le chiome folte degli alberi sopra di noi filtravano il sole e il viottolo era abbastanza illuminato, ma non riuscivamo a vederne la fine, perché era attorniato da centinaia di alberi che impedivano la visuale. Per fortuna vedemmo un varco tra gli alberi e lo scoiattolino, che era rimasto con noi, fece una corsa, vi si infilò e si dileguò, scomparendo alla nostra vista. Ci aveva portate a destinazione, evidentemente.
Attraversammo anche noi quel buco tra i due alberi giganti e rimanemmo a bocca aperta: davanti a noi c’era un qualcosa di magnifico. Un lago gigante che occupava tutta la visuale da sinistra a destra, su cui affacciava una piattaforma di prato circolare, con al centro un falò di pietra, ancora spento. Alla nostra sinistra c’era una piccola casetta in legno, assomigliava ad una baita di montagna.
Gli occhi di Taty si illuminarono. - Cazzo! Ma questo è il posto dove hanno girato il video di… -
- Il video di Adele! È stupendo, magico! - aggiunse Frenk.
- Davvero, di Adele? Dio, è bellissimo! - domandai incredula.
Ad Alex vennero le lacrime agli occhi.
- Amor, che hai? - le chiesi preoccupata.
- Niente, è bellissimo qui. - rispose accennandomi un sorriso.
- Infatti, è davvero magico. - sussurrò Marty. - E quello scoiattolo? Sembra di stare in una fa… -
Della musica interruppe la sua voce.
Le ragazze sorrisero, riconoscendola. Posarono le borse ai loro lati e iniziarono a guardarsi intorno, aspettando qualcosa.
O qualcuno.
Posai la borsa a terra anch’io, aspettando la scena sdolcinata a braccia incrociate.
“Altro che video di Adele” pensai. “Almeno Frenk ha avuto il buon senso da non farglieli nominare”.
I famosi cinque spuntarono da dietro la baita, insieme ad un tipo che li accompagnava con la chitarra classica. Si schierarono di fronte a noi, in fila.
“L’orsacchiotto” iniziò a cantare guardando Alex. “Girl I see it in you eyes you’re disappointed, ‘cause I’m the foolish one that you anointed with your heart, I tore it apart. And girl what a mess I made upon your innocence, and no woman in the world deserves this! But here I am, asking you for one more chance…” 
“Can we fall, one more time?” cantò il ricciolino fissando Taty. “Stop the tape and rewind… Oh, and if you walk away I know I’ll fade, ‘cause there is nobody else…”
“It’s gotta be you, only you, it’s gotta be you, only you…”
Harry cantava, gli altri facevano il coro e, credo, le seconde voci.
E Zayn mi fissava cantando, inespressivo. Quegli occhi mi erano mancati tantissimo in quella settimana, ma facevo di tutto per non pensarci.
Mi guardai velocemente attorno e notai che Liam era di fronte ad Alex sulla sinistra, Niall di fronte a Marty, Harry di fronte a Taty, Louis di fronte a Frenk e Zayn di fronte a me. Una risatina silenziosa e nervosa mi salì per la gola nel notare quella stupida coincidenza.
Poi risentii quella voce, quella stupenda e angelica voce, che proveniva dal ragazzo per me più bello al mondo. Non potevo fare altro che esserne incantata. Nonostante sentissi che da un lato era sbagliato, dall’altro mi ripetevo che l’unica cosa giusta che potesse esserci, sarebbe stato un possibile “noi”.
“I’ll be here, by your side. No more fears, no more crying… ” Sentivo le farfalle allo stomaco; iniziò ad avvicinarsi a me. “But if you walk away I know I’ll fade, ‘cause there is nobody else.” Mi avvicinò una mano alla guancia, iniziando a sfiorarla con le dita.
Sembrava stesse sussurrando quelle dolci parole, sembrava ci fossimo solo io e lui, sembrava quella canzone fosse solo e unicamente per me. Essere di quell’idea non mi dispiaceva affatto, mi sentivo importante.
Da lì non capii più niente: il riccio riprese a cantare insieme a gli altri tre, ma Zayn teneva inchiodato il suo sguardo nel mio ed io mi sentivo quasi morire. Non mi importava più di nulla di quello che mi stava succedendo intorno. Ero di fronte a quegli occhi luminosi e quel sorriso sghembo che sapevano farmi impazzire.
Poi, però, mi tornò in mente tutto. Cantante famoso, One Direction, presunzione, narcisismo, antipatia, orgoglio, bugie. E addio “Principe Azzurro dagli occhi al cioccolato”.
Mi si riempirono gli occhi di lacrime, iniziai a corrugare le sopracciglia e sentivo un nodo in gola. In quel momento avevo solo voglia di urlare e di prenderlo a pugni.
Mi sentii bagnare la coda dell’occhio. Non volevo piangere per la terza volta davanti a lui; non feci in tempo. Mi scivolò una lacrima sulla guancia destra. La asciugai nella stessa velocità in cui cadde, girai le spalle e cercai di andar via. Lui mi prese per il polso e, con quella sua “delicatezza” a cui mi ero ormai abituata, mi strattonò prepotentemente facendomi girare e incastrandomi anche l’altro polso nelle sue mani.
“Oh, girl, can we try one more, one more time? One more, one more…? Can we try one more, one more time? I’ll make it better…” Si interruppe un attimo, mentre gli altri continuavano a fare il coro, poi continuò. “Can we try one more time? I’ll make it all better.” Guardai i miei polsi aggrottando le ciglia, li stava stringendo troppo forte e mi stava facendo male. Credo che capì, perché addolcì subito la presa e fece scivolare le sue mani tra le mie, tenendole delicatamente, adesso. 
Mentre gli altri concludevano la canzone, rimanemmo per un po’ a guardarci, lui smise di cantare. Gli vidi illuminarsi il viso con un sorriso, poi realizzai che era stata una risposta al mio. Sentivo le farfalle nello stomaco e mi sentivo davvero una stupida ad avergliela data vinta.
Mi girai verso le altre: si erano buttate al collo dei ragazzi che avevano davanti, erano tutti abbracciati.
Mi accorsi anche che intanto il chitarrista si era dileguato, lasciandoci soli.
Zayn mi lasciò una mano per girarmi il volto verso di lui, poi mi disse: - Possiamo provarci un’altra volta? -
Gli sorrisi automaticamente a trentadue denti, riconoscendo la frase della canzone. Lui iniziò ad avvicinare lentamente il suo volto al mio fissandomi le labbra.
Ero inesperta, ma non stupida. Sapevo cosa volesse fare e se gliel'avessi permesso, avrei mandato a puttane tutto quello che avevo fatto fino ad allora per levarmelo dalla testa.
Il mio sorriso svanì, e gli bloccai le labbra con un dito, respingendolo.
- Riproviamoci… da amici. - aggiunsi guardandomi le scarpe. Anche il suo sorriso si spense.
- Ma le tue amiche… beh, loro… con gli altri… - balbettò come un bambino.
- Le mie amiche sono vostre fan da quando vi hanno visti ad X factor la prima volta. - lo interruppi. - Vi conoscono da un anno, ed è un anno che vi amano davvero, anche senza avervi mai visti. E adesso si fidano di voi proprio perché sanno chi siete e perché conoscono bene il vostro carattere. Invece io non ti conosco, non so niente di te, Zayn. - dissi, cercando di essere convincente.
- Lo sai che il mio nome detto da te suona davvero bene? - mi chiese sorridendo; lo trovai… tenero.
- Smettila! - lo sgridai ricambiando il sorriso e sentendomi le guance avvampare. Abbassai lo sguardo per l’ennesima volta.
- Va bene, non c’è verso. Allora… amici? - Mi porse la mano.
- Amici. - ripetei stringendogliela. Il contatto con la sua mano mi fece rabbrividire; lui se ne accorse. Ci guardammo automaticamente negli occhi. Rovinai quel momento lasciando la stretta rapidamente e ritornando a guardare a terra. Gli altri ragazzi si erano intanto avvicinati a noi.
- Piacere Rose, io sono Liam. - mi disse il ragazzo/peluche sorridendo timidamente. Avevo dimenticato che ancora non ci eravamo presentati. Ricambiai con un sorriso e sentii di nuovo andare le guance a fuoco.
- Io mi chiamo Harry Styles, mademoiselle. - Mi fece il baciamano, poi guardò Zayn che lo fulminò con lo sguardo. Quel segno di… gelosia?… mi fece sentire importante.
- E io sono Louis, ma puoi chiamarmi anche… ehm, LOU. - disse il ragazzo dagli occhi chiari con uno splendido sorriso sulle labbra. Poi ridacchiò. - L.O.U. - mi fece lo spelling. -… che non significa Lucy. - concluse infine.
- E tu come fai a…? - Lasciai la frase in sospeso. - Ah, Frenk. - pensai a voce alta, rispondendomi da sola. La guardai male, lei si limitò ad imitare il sorriso di quel bel ragazzo che aveva affianco. Sorrisi anche io.
- Allora, pensi ancora che siamo antipatici? - mi chiese il biondino teneramente.
- Diciamo che avete guadagnato punti. -
Mi mostrò un sorriso splendente ed io ricambiai in automatico, era proprio dolce quel ragazzo. Forse avevo capito perché Marty ne andava pazza. - Sì, però oggi era il nostro Venerdì, ragazze. - continuai, guardando tutte e quattro male.
- Ma noi non sapevamo niente! - si giustificò Alex; le altre annuirono dandole ragione.
- Vostro venerdì? - mi chiese Zayn.
- L’unico giorno della settimana dove siamo completamente libere, lo trascorriamo sempre insieme. -
- Oh, scusa… È che, sapendo che venivate qui, abbiamo organizzato tutto alla svelta, non sapevamo che… -
- Fa niente. - lo interruppi facendo spallucce. Gli sorrisi e lui ricambiò con uno de suoi dolcissimi sorrisi stentati sulla destra.
- Vi è piaciuto lo scoiattolo? È stata una mia idea. - disse poi Louis soddisfatto, facendomi riprendere dai miei stupidi pensieri.
- Ma che bravo bimbo che sei, amore della mamma! - gli disse Frenk con una voce stupida, tirandogli entrambe le guancie.
- AHIA! Questa me la paghi! - le urlò sgranando gli occhi per sembrare cattivò.
Frenk scattò e Louis iniziò a corrergli dietro, fino a che entrambi non caddero, iniziandosi a fare il solletico a terra. Li guardai abbastanza sorpresa, non pensavo che neanche dopo una settimana fossero diventati così “amici” da farsi il solletico, addirittura. Io non me lo sarei mai sognato con qualcuno che conoscevo da una settimana.
O forse ero troppo indietro con la mentalità, ragionavo come mia nonna avvolte.
Liam si accorse della mia espressione. - Vanno molto d’accordo, hanno dei caratteri identici. - mi chiarì.
Risposi solo sorridendo, mi sentivo impacciata con loro cinque. Forse solo perché erano ragazzi ed io non avevo mai avuto contatti con l’altro sesso.
- Sono le sei e mezza, cosa facciamo? - ci chiese Marty.
- Facciamo un giro prima che si faccia buio! Siete venute qui per questo, no? - propose Niall sorridendole. 

Trascorremmo molto tempo passeggiando senza meta in quel bosco. Sembrava tutto troppo perfetto: io e Zayn non litigavamo mai, forse perché non ci parlavamo neache, visto che io mantenevo le distanze; i ragazzi erano simpaticissimi e nonostante fossi sempre silenziosa, mi divertivo insieme a loro.



Rieccomi :')
Allora, che ne pensate? Spero di non avervi deluse C: Volevo si sistemasse tutto tra loro due, anche perché non potevo lasciarli così (?) dopo aver litigato.
QUINDI, mi è venuta questa idea :3
Spero proprio che abbiate fatto le brave e che abbiate visto il video di GBY prima di leggere, visto che la location di questo capitolo è proprio il bosco Gottabeyouese (?), insieme al treno e al percorso che fa Zayn, tra le montagne e le colline. 
Passando alle recensioni, ringrazio i cinque panda che hanno recensito :)
Però, sinceramente, ci sono rimasta male. Volevo OTTO RECENSIONI, ma ovviamente non mi avete cagata di striscio. Non chiedo tanto, eh. Solo che mi scriviate se vi piace o no quello che scrivo. Tutto qui.
Se adesso ho aggiornato, è solo perché ho visto che è passato tanto tempo. 
Mi raccomando, adesso ne voglio otto di recensioni; altrimenti NON CONTINUO.

Detto questo, mi dileguo per la seconda volta. 
Spero abbiate gradito, davvero.
Tanti baci appiccicosi (?), 

Rose♥.

 

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Capitolo 8
*** Anyway, I like you. ***


Zalve. (?)
Prima che leggiate, vi volevo dire che questo capitolo è lungo un capitolo e mezzo u.u L'ho riscritto tutto oggi :) Mi sento una figa (?), perché succederà una cosa bellissima tra la signorina Frenk e il signorino Louis. NON ACCENNO ALTRO *wwww*
Poooooooi, oltre a questo, non succederà nient'altro di speciale. Per ora i capitoli sono molto monotoni, e vi chiedo scusa per questo, però sinceramente non so come migliorarli. Io sono una che mette 4972394824 particolari, perdo tempo sulle cose, faccio durare dieci secondi un'eternità. Quindi è tutta colpa mia se, alla fine, i capitoli sono lunghi ma con poco succo. Chiedo DAVVERO, DAVVERO scusa.
Spero apprezzerete lo stesso C:




Capitolo otto: Anyway, I like you.

Accettammo la proposta del biondo e, dopo aver preso le nostre borse, ci incamminammo.
Trascorremmo molto tempo passeggiando senza meta in quel bosco, sembrava tutto troppo perfetto: io e Zayn non litigavamo mai, forse proprio perché non ci parlavamo neanche ed io mantenevo le distanze, i ragazzi erano simpaticissimi e le mie amiche sembravano sempre più innamorate di loro.
 
In quella sera nuvolosa del sette dicembre riuscii a conoscerli meglio. Mi resi conto di aver avuto impressioni abbastanza sbagliate su di loro.
Harry era un ragazzo che, a primo impatto, sembrava timido, ma conoscendolo un po’ meglio capivi che era molto estroverso, amava ridere ed aveva anche un sorriso bellissimo, quanto i suoi occhi verde smeraldo e i suoi boccoli scuri e definiti. Da quanto capii era molto aperto anche con le ragazze, infatti ne prendeva e lasciava una con la stessa facilità in cui respirava.
Eppure non mi diede l’impressione di un cattivo ragazzo, era semplicemente un… ragazzo.
Non mi stupivo, comunque, che avesse migliaia di ragazze ai suoi piedi: le faceva innamorare con quelle sue splendide fossette.
Niall invece era il suo opposto, sognava il vero amore, lui. Aveva degli occhi chiarissimi, sembravano di ghiaccio, e ti lasciavano inevitabilmente senza fiato, dei capelli biondo cenere, una risata contagiosa e uno stomaco senza fine. Sembrerà strano, però quel ragazzo mi trasmetteva energia positiva. Con uno dei suoi semplici sorrisi, anche accennato, mi migliorava l’umore, forse lui non lo sapeva neanche.
Liam, quello che a me piace chiamare l’orsacchiotto, era un ragazzo timidissimo, si imbarazzava per qualsiasi cosa e aveva una fobia per i cucchiai. Sì, cucchiai. Quando me lo raccontarono non potei far a meno di ridergli in faccia. Rise anche lui, timidamente. Mi piaceva il suo carattere, era molto simile al mio.
Era sfegatato per Toy Story e il suo motto era appunto “Verso l’infinito ed oltre”, come quello di Buz Lightyear. Aveva degli occhi color nocciola/cioccolato chiaro, dei capelli dello stesso colore del caramello e delle labbra abbastanza carnose e rosee. Perfette, direi.
Louis era l’allegria in persona: era simpaticissimo, estroverso, aveva sempre la battuta pronta ed un sorriso bellissimo sempre stampato sulle labbra. E poi era bellissimo. Anche lui, come Niall, aveva gli occhi chiari, ma andavano dal blu mare all’azzurro cielo, erano decisamente più scuri dei suoi. I suoi capelli castani sembravano essersi affidati al vento, erano spettinati come gli fosse passato un uragano in testa. Il suo taglio rappresentava in pieno il suo carattere: un pazzo.
E Zayn… mi sembrava di non conoscerlo proprio, a volte. Tutto quello che posso dire è com’era esteticamente, perché la sua personalità non la riuscivo proprio a capire.
Bello, molto bello. Forte: aveva due braccia che sembravano due tenaglie, l’avevo provato a mie spese. I suoi occhi color cioccolato a me sembravano brillare, sempre. Mattina o sera, sembrava avesse due stelle al posto delle iridi. Gli occhi, incorniciati dalle sue sopracciglia scure e folte, erano luminosi, e quando le sue labbra sorridevano, sembravano sorridere anche loro; eppure aveva un velo di malinconia impresso sul viso, che non mi sfuggì. Il ciuffo di capelli che portava in testa, era sempre perfettamente arricciato, come se andasse dal barbiere ogni giorno, e magari era proprio così. Più li osservavo, più mi veniva voglia di metterci le mani dentro, sembravano soffici. Le sue labbra, poi… erano bellissime. Quando era serio e non sorrideva, quindi la maggior parte del tempo che trascorreva con me vicino, il labbro superiore assumeva la splendida forma di un cuoricino. Aveva un viso dai contorni marcati, duri; delle gote che, nonostante il complesso, erano delicate.
 
Senza neanche accorgercene, formammo delle coppie. Come al solito, mi ritrovai a camminare fianco a fianco a Narciso, dietro le altre quattro coppiette.
Eravamo entrambi silenziosi. Ascoltavamo quello che dicevano gli altri, senza mai parlare fra noi. Lui mi fissava, io fissavo altrove.
 
Camminammo così per circa tre quarti d’ora. Mi stavo decisamente annoiando. Presi il cellulare dalla tasca e lo sbloccai. Sarà stata la ventesima volta in quel lasso di tempo. Quella volta però lo feci con attenzione; notai l’orario. 19.17.
Mi guardai finalmente intorno e mi fermai.
- Ehm… ragazzi? - azzardai, parlando per la prima volta da quando avevamo iniziato a camminare. Si girarono tutti verso di me, fermandosi. - Ditemi che sapete dove siamo, vi prego. - continuai.
- Oddio. - sussurrò  in mia risposta Niall, che iniziò a guardarsi intorno preoccupato. Eravamo circondati da alberi altissimi da ogni lato e non c’erano stradine che indicassero un percorso. Taty sembrava essere ancora più preoccupata del biondo, visto il suo sguardo.
Anche io lo ero, in verità. Forse anche più di quanto lo fossero entrambi. Gli altri formarono un cerchio intorno a noi “chiudi fila”.
- Chi ha una bussola? - chiese all’improvviso Louis serio; Zayn gli diede una gomitata, ridendo finalmente dopo tutto quel tempo. Mi guardò, ancora sorridendo, ma io distolsi subito lo sguardo da lui.
- Una cartina geografica? - aggiunse dopo Alex; sta volta ci pensò Marty a punirla per la cretinata.
- Cellulari? - chiese Niall.
- Non prendono. - rispose Taty agitata guardando lo schermo del suo. Io feci lo stesso e feci cenno di no con la testa: anche a me non prendeva.
- Ehm… chi ricorda da dove siamo venuti? - chiese intelligentemente Liam.
- Da qui! - disse Frenk indicando dietro le sue spalle.
- No, da qui! - contestò Marty indicando alla nostra sinistra.
- Ehm… Veramente io ricordavo da qui. - disse piano Zayn, indicando la sua destra, intimidito.
- Occhei, ci siamo persi. - sussurrai quasi a me stessa in un sospiro.
- CHE?! - urlò Taty.
- Ehi, ci sono qui io, piccola. - le disse il riccio. La abbracciò facendole adagiare la testa sul petto.
Marty si accorse dell’agitazione di Niall, quindi gli sorrise e infilò la mano tra le dita del biondo, che le rispose con un sorriso tenero. “Eccone altri due” pensai.
- Per caso… hai paura? - chiese Liam piano alla sua bella mora, sorridendole dolcemente.
- Non fa niente, basta che ci sei tu. - gli sussurrò Alex di getto. Il volto dell’orsacchiotto si illuminò con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, e lei avvampò di vergogna. Continuò balbettando: -… ehm… cè, veramente, volevo dire… -, poi stette in silenzio per un po’ e, non sapendo cos’altro dire, gli sorrise semplicemente facendo spallucce.
Guardai Louis, sperando che almeno lui non facesse la stessa fine dei suoi amichetti, ma purtroppo andò a fanculo anche il suo cervello. Lui e Frenk erano spalla a spalla, i palmi delle loro mani si sfiorarono, si guardarono negli occhi e… successe in neanche quattro secondi: Louis si girò verso Frenk, le prese il viso tra le mani e le diede un rapido bacio a stampo con gli occhi chiusi, mentre lei rimaneva immobilizzata con le braccia lungo i fianchi, ad occhi sbarrati.
Lui si staccò subito dal suo viso, guardandola impietrito, spaventato.
Frenk gli sorrise a trentadue denti, gli avvolse le braccia al collo e iniziò a baciarlo, noncurante di noi spettatori.
- SCUSATE?! - li interruppi dopo un po’, attirando tutti gli sguardi su di me. - Noi ci saremo persi, ma intanto quei due giocano al principe e la principessa, Marty quasi salta addosso a Niall, Liam quasi chiede ad Alex di sposarlo, voi due mi state facendo ammalare di diabete, E SE NON VE NE FOSTE ACCORTI, IO STO MORENDO DI FREDDO! - sbottai.
- Il tuo romanticismo se l’è mangiato la tua acidità? - mi chiese sarcastico Zayn, che era ancora alla mia destra, con un sopracciglio alzato e quell’espressione da saputello che tanto odiavo.
- Tu non sei certo meglio di me, Malik. - gli risposi guardandolo seria negli occhi.
- Adesso mi chiami per cognome? - Sorrise maliziosamente.
- Che c’è adesso? Poco fa hai detto che il tuo nome “suonava bene” detto da me. - dissi sottolineando quelle due parole. Gli altri ridacchiarono.
- Ti è rimasto impresso in mente il complimento, eh? -
- No, l’hai solo detto circa mezz’ora fa e, dato che non ho l’Alzheimer, lo ricordo ancora. - Sentii i ragazzi ridacchiare di nuovo, ma non mi importò. 
- Come se a te non avesse fatto piacere, poi. - Rise, come per prendermi in giro.
- Ehm… scusate, noi…- Niall provò a dire qualcosa, ma lo interruppi riprendendo la conversazione con Zayn.
- Davvero pensi che i tuoi complimenti mi facciano piacere? Non mi smuovono neanche di un centimetro. -
- Non ne sarei così sicura. -
Mi si iniziò ad avvicinare come volesse farmi intimorire.
- Che vorresti dire? - Mi avvicinai anche io a lui guardandolo negli occhi con aria di sfida, volevo vedere fin dove arrivasse, ma non rispondeva. - Allora? - continuai io avvicinandomi ancora a lui.
- Ti importa, ma non vuoi ammetterlo. - Si avvicinò anche lui.
- Perché dovrebbe importarmi di te? - Non superai il “mio” limite di distanza dai nostri volti, rimasi dov’ero guardandolo solo male.
- Ragazzi, forza, smettetela di lit… - Si intromise Louis.
- Ti importa, invece. - mi disse non calcolando l’amico e facendo svanire il suo sorriso malizioso dalle labbra, che sostituì con un’espressione seria, di sfida. Si avvicinò di molto con un solo passo ed io indietreggiai istintivamente nella stessa rapidità in cui lui si avvicinò a me.
Esitai un po’: odiavo averlo vicino, e odiavo ancora di più che questo mi mandasse in confusione. Mi lasciai andare in un gridolino di rabbia. - Non ti sopporto, Malik. - gli dissi calma, per poi passargli affianco e inserirmi tra Marty e Taty.
Lui, ovviamente, mi seguii. Me ne accorsi, perché mi sentii prendere da una mano possente per il gomito. Mi voltai e incrociai il suo sguardo, congelandolo. - Sappi che non ho intenzione di sentire la tua voce per tutto il giorno, quindi stammi lontano. -
Mi lasciò subito. - Ehi, calma, tesoro. - disse, con quel suo fare presuntuoso di sempre.
Se proprio era dolce, timido e gentile come dicevano le mie amiche, perché non me lo dimostrava?
Alzai un sopracciglio. - Tesoro? - Risi sarcastica, per poi voltarmi di nuovo verso gli altri. - Allora, abbiamo trovato un modo per andare via? - chiesi, irritata.
- Mmh, no. - mi rispose Liam.
- ASPETTATE, IL MIO PRENDE! - urlò Harry, mostrandoci lo schermo del cellulare, trionfante.
Gli altri urlarono di gioia, io sospirai e sorrisi.
Poi, ancora sorridente, il riccio riguardò il cellulare; il sorriso si spense. - Ah, no, falso allarme. -
Sbuffammo all’unisono. Mi sbattei una mano sulla fronte. - Non abbiamo speranze. - Presi dalla mia borsa il mio amato I-Pod. - Quando trovate un modo per tornare, fatemi un fischio. -
Girai le spalle e andai via, senza aspettare una risposta, infilando gli auricolari.
- Rose, non dovremmo separarci! - mi urlò Frenk.
- Non vado troppo lontano, occhei? Voglio solo stare in santa pace. - le risposi non guardando neanche indietro.
Schiacciai “play” e iniziai ad ascoltare le prime note di S.O.S, dei miei Jonas: uno dei loro primi singoli.
Dopo aver passeggiato un po’, mi sedetti alla base di un albero abbastanza alto, attenta a sedermi sulle radici, per non sporcarmi i pantaloni di quel terriccio umido e quell’erbetta appiccicosa.
Guardando verso gli altri, vidi che erano seduti in cerchio a parlare e scherzare.
Frenk mi guardò rapidamente. Non volevo che prendesse male il mio gesto, ma mi conosceva bene, e mi avrebbe perdonata per quella mia apparente scostumatezza. Le sorrisi appena; lei ricambiò con uno dei più bei sorrisi che avessi mai visto.
Zayn, che era di spalle, si girò a guardarmi. Con fare incavolato, girai lo sguardo alla mia borsa e iniziai a frugarci dentro. Presi il mio blocco da disegno e una matita, iniziando a disegnare l’albero che avevo di fronte.
Tra una canzone e l’altra, completai il disegno. Insoddisfatta della mia opera, lo stracciai e riposi i pezzi del foglio in borsa.
Ispirata dalla musica, iniziai a scrivere le parole delle canzoni che mi proponeva l’I-Pod, a riproduzione casuale.
Dolci note al pianoforte presero posto nelle mie orecchie, nella mia testa e nel mio cuore. “Critical”, di uno dei tre fratelli Jonas.
“C’è una tempesta in arrivo, sento come dovessi prepararmi. E questo sentimento aumenta giorno per giorno. Qualcosa avanza dentro me, tutto sta per cambiare. Devo affrontare la realtà: non posso scappare via. Questo è critico, mi sento senza aiuto. Così isterico, non può essere salutare. Non posso mangiare o dormire quando non sei con me. Piccola, sei l’aria che respiro. È critico. Così incollato a te.”
Una lacrima scivolò dal mio occhio sulla mia guancia, per poi finire affianco allo “you” alla fine della frase. “Cattiva idea” mi dissi passando alla canzone successiva.
“Shelf”, altro loro vecchio successo. Posai gli attrezzi da disegno in borsa e mi appoggiai ad occhi chiusi con la testa al tronco dell’albero, cullata da quel rock che era l’unico col potere di riuscire a rilassarmi.
 
- Ehi. - mi sussurrò una voce scura e familiare. Aprii gli occhi lentamente e li sbattei più volte, poi guardai alla mia sinistra, dove avevo sentito provenire la voce, ritrovandomi davanti un sorriso dolce e un paio di occhi scuri. - Ben svegliata, signorina. - continuò Narciso, che era nella mia stessa posizione rispetto all’albero.
Sfilai le cuffiette e gli sorrisi involontariamente; poi portai le mani agli occhi e li stropicciai con delicatezza.
- Che ore sono? -
- Le otto. - mi rispose guardando in un punto di fronte a se.
- Cazzo. - commentai.
- Sempre molto fine, eh? - Si girò verso di me e sorrise.
- Sono fatta così. - ammisi ridendo, sentendo le guance arrossire davanti quel suo bel sorriso.
- Mi piaci lo stesso. - mi disse guardandomi profondamente negli occhi.
Non so come mai, riuscii a guardare altrove. Purtroppo non riuscii ad impedire alle mie guance di prendere un colorito roseo. Sbuffai, e mi alzai rapidamente da terra, pulendomi il pantalone. Afferrai I-Pod e borsa, poi lo guardai.
- Torniamo dagli altri? - gli chiesi cercando di sembrare indifferente a quello che mi aveva appena detto.
Lui annuì, poi scosse la testa in disappunto. - Sei proprio strana, sai? - disse una volta in piedi.
-  Ti piaccio lo stesso. - riuscii a dire superando la timidezza; feci spallucce e mi avviai verso il gruppetto.
Mi sentii sfiorare la mano sinistra, poi afferrarla. Mi fermai. Un brivido veloce mi accarezzò la schiena, facendomi venire la pelle d’oca. Lo guardai negli occhi. Lui mi accennò un sorriso; io, inespressiva, guardai le nostre mani intrecciate, poi lo riguardai in attesa di qualcosa.
- Ti… ti da fastidio? - mi chiese insicuro.
Mi morsi un labbro. - Non penso. - dissi dopo un po’ ridacchiando nervosamente, per poi arrossire in neanche due secondi, e riabbassare lo sguardo.
Riprendemmo a camminare, rimanendo mano per mano. Arrivammo al gruppo dei ragazzi che, quando ci videro, si alzarono tutti in piedi.
- Abbiamo una coppia? - chiese il biondo sorridendoci, come sempre allegro.
- No. - dissi pronta lasciando la mano di Zayn in fretta. Mi rivolse uno sguardo rapido, ma io non mi voltai.
- Ma… - azzardò Taty.
- No. - ripetei interrompendola.
- Quindi voi… - Stavolta parlò il moro dagli occhi azzurri, che teneva la mano di Frenk.
- No, Louis. - lo interruppi.
- Però…- provò Marty.
- Cosa non vi è chiaro della frase “NON STIAMO INSIEME” ? - chiesi io, alterandomi un po’. Guardai Liam, non so perché. Quel ragazzo mi trasmetteva serenità, riusciva a rendermi docile anche quando mi sentivo di sbranare qualcuno. Mi sorrise e alzò le spalle con una faccia da “non uccidermi, io non so nulla”. Io ricambiai il sorriso e presi un respiro; mi calmai.
- Amici, semplice. - aggiunse Alex sorridendomi, quasi stesse parlando tra se e se.
- E voi? - chiese Zayn che indicò col mento quei due che prima si erano baciati davanti a tutti, con tanta disinvoltura.
- Credo di aver trovato la mia anima gemella. - gli rispose Louis guardando Frenk. Stavolta sorrisi, erano davvero dolci insieme.
Frenk gli sfoggiò un sorriso a trentadue denti e, alzandosi sulle punte, gli diede un bacio sulla guancia.
Dopo, ovviamente, mi sarei fatta raccontare i retroscena.
- Ah, comunque sono già dieci minuti che il cellulare prende. - parlò Harry guardandoci spaventato.
Lo guardammo tutti male, lui però sorrise e ridemmo tutti. Come si faceva a incazzarsi con un ragazzo così dolce?
Chiamammo la guardia del parco e ci facemmo venire a cercare dai Ranger che, borbottando, in quanto ci eravamo allontanati dal territorio di loro competenza, ci riportarono al luogo di partenza, il lago con la baita e il falò.




Diciamo che ho già detto tutto quello che dovevo all'inizio del capitolo u.ù
Adesso passo ai ringraziamenti, che non devono mai mancare e.e
Grazie mille per le recensioni, OTTO recensioni stupende.
Volevo provare una cosa: vogliamo arrivare a DIECI recensioni? VI PREEEEGO. So per certo che siete circa dieci lettrici, se non di più, ma non recensite tutte.
Ricapitolando: a meno di otto recensioni NON continuo. Però vorrei arrivare a dieci. Fatelo, forza, so che potete (?).
Infine do un grazie speciale alle signorine, di cui non faccio il nome ma capiranno (?), il cui nick name compare SEMPRE tra le recensitrici.

Detto questo, credo di dovervi salutare, anche perché è mezzanotte meno un quarto e domani ho scuola. MA BEEEENE.
Vi amo, tutte.

Rose♥.

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Capitolo 9
*** She looked like a panda. ***


HELLO, DEAR BITCHES (?).  *vi voglio bene*
Mi sto abituando a mettere le note sia all'inizio che alla fine, spero non vi scassino tanto le ovaie (?). 
OGGI SONO PARTICOLARMENTE FINE e.e
Questo capitolo sarà lunghissimo, vi avviso, ma solo perché volevo farmi perdonare per l'assenza u.ù
Beh, volevo avvertirvi anche che in questo capitolo, per la prima volta ANYWHERE IN THE WORLD *imita quello che presentò GBY per la prima volta in radio (?)*, ci saranno altri Point of view, oltre Rose. Per l'esattezza, di... NO, NON VE LO SVELO ADESSO èwé
L'unica cosa che faccio ora è evaporare, poi ricompaio alla fine.
SO MUCH LOVE FOR YOU, ASSHOLE (?). *si scherza*



Capitolo nove: She looked like a panda. 

Visto l’orario ed il mio scetticismo su una conclusione felice della serata con quei cinque, esitai tanto prima di concedere alle mie amiche di rimanere con loro, ma alla fine dovetti cedere, davanti quegli occhi dolci. Delle ragazze, ovviamente.
 
Ci sistemammo davanti al falò e, guarda caso, Zayn capitò seduto proprio di fronte a me, sull’altro tronco d'albero. Il suo sguardo insistente mi aveva portato più volte ad innervosirmi, ma nonostante tutto riuscii ogni volta a calmarmi, e non gli urlai qualcosa di poco fine per me, che ero, o dovevo almeno sembrare, una dolce ragazza.
Tra un marshmallow e l’altro, iniziammo a chiacchierare del più e del meno. Non ero molto partecipe alle discussioni, per questo iniziarono ad inserirmici, ma con scarsi risultati, visto che parlavo comunque a monosillabi.
- Allora, da quant’è che siete qui? - mi chiese Liam che era seduto affianco a me.
- Settembre dell’anno scorso. - risposi, rimanendo sulle mie.
- Ti piacciono le carote? - mi chiese Louis sorridendo da un orecchio all’altro.
Annuii facendomi scappare una risata. Era buffissimo.
- E le tartarughe? - continuò Harry, sempre sorridendo, guardando rapidamente il moro che avevo affianco.
Annuii di nuovo. - Piacciono molto anche a me. - dissi comprendendo fossero una delle strambe passioni di Liam.
- E i cucchiai? - mi domandò poi Niall ridendo, contagiando tutti.
Liam mi guardò sorridendo timidamente. - Quelli un po’ meno. - concessi, e risi anche io, pensando a quella sua strana fobia.
- E Zayn? - mi fulminò improvvisamente Frenk, ricevendo subito una gomitata da Taty. La guardai male. Lui si girò a guardarmi, io arrossii di nuovo abbassando per l’ennesima volta lo sguardo ai miei jeans.
- Ehm… Che ne dite di farle sentire What makes you beautiful? - propose Liam, salvandomi da una situazione alquanto imbarazzante.
- Uhm… sì, certo. Adesso vado a prendere la chitarra! - rispose Niall a nome di tutti, sorridente. Andò a recuperare la chitarra nella baita e una volta tornato, iniziò ad intonare le prime note della canzone, insieme alla voce di Liam.  
“That’s what makes you beautiful!” cantò dopo un po’ il riccio in conclusione al primo ritornello. Quei due avevano proprio delle belle voci. E anche i ragazzi Occhi Cielo non erano da meno: le loro seconde tonalità erano spettacolari, arrivavano a dei falsetti stupendi.
“So c-come on, you got it wrong. To prove I’m right I put it in a so-o-ong.”
Mi persi completamente negli occhi e nella voce, a mio parere angelica, di Narciso, sentendo un brivido scorrermi dai reni fino alla nuca.
“I don’t know why you’re being shy…” ridacchiai nervosamente; ero timida, e anche molto. Preferii guardare il fuoco scoppiettarmi davanti, non riuscendo a tenere testa al suo sguardo. “…and turn away when I look into your e-e-eyes.” continuò. Cazzo, lo avevo appena fatto. Mi sentivo così squallidamente stupida. Decisi di riguardarlo, non potevo sempre fare la figura della timida della situazione.
Sorrise lentamente sulla destra, insicuro. Ricambiai con un sorriso accennato, quasi inesistente, per poi girarmi a fissare gli altri uno ad uno mentre cantavano, orgogliosi.
Mi complimentai sincera, erano davvero bravi, e rimasi incantata dalla loro perfetta polifonia. Le loro voci sembravano essere fatte per cantare insieme.
 
- A chi va di fare un gioco? - chiese il riccio a un po’ dalla fine della performance;  non aspettò neanche la risposta. - Obbligo o verità. - ci impose sicuro di se, con uno strano sorriso pieno di malizia sulle labbra.
Gli altri annuirono tutti; mi arresi a quel gioco che avevo sempre considerato spregevole. Lo odiavo dalle elementari. Ero sempre stata timida e riservata e, per paura di dire la verità su qualcuno, sceglievo l’obbligo ed ero costretta a dare baci e abbracci ai ragazzini della mia età. Adesso ero sicura che avrei fatto la stessa brutta fine.
- Chi fa le domande? - chiesi, cercando di dimostrare loquacità, anche se la mia intelligenza sembrava eguagliare quella di una gallina quando ero con loro.
- Io! - urlò Harry.
- No, io! - protestò Frenk guardandolo in cagnesco, ma trattenendo una risata.
- Senti, ciuffo rosso, ho io la precedenza: sono riccio! - ribatté Harry, scoppiando poi a ridere insieme a lei, che alzò le mani rassegnata. - Si gioca in coppie, però. - continuò rivolgendosi a tutti. Alternò lo sguardo da Zayn a me, per poi sorridere maliziosamente. Sgranai gli occhi e scossi la testa, sperando di fargli pena, ma lui alzò le spalle.
- Non provarci. - mimai con le labbra, ma lui mi sorrise fingendo innocenza, e si girò verso Taty.
- Obbligo o verità, piccola? -
- Uhm… Obbligo. -
- Dammi un bacio. - Indicò la propria guancia con l’indice.
Taty si sporse e gli scoccò un piccolo bacio, per poi rimettersi al suo posto. Lui le sorrise teneramente.
- Obbligo o verità? - chiese stavolta a Frenk e Louis, in coppia.
- Verità? - si chiesero l’uno con l’altro, per poi annuire e sorridere.
- Louis, chi trovi più bella tra Frenk e Megan Fox? -
- Decisamente Megan! - disse lui ridendo e ricevendo un pizzicotto da Frenk sul braccio. Storse il naso, poi si fece serio e disse: - Ovviamente scherzavo, Frenk. Per me sei la più bella del mondo. -
Si sorrisero, e noi tutti ci lasciammo scappare un - Aaaaaaaaaww - per prenderli per culo, per poi ridere, come sempre.
- Quanto è bello Zayn per te? - chiese il riccio a Frenk, riprendendo il gioco; mi guardò per un secondo, forse per istigarmi, ma non lo calcolai minimamente.
- Beh, è un figo della Madonna. - rispose lei ridendo insieme al moro. Istintivamente, e stupidamente, provai gelosia.
- Prenditi lui, allora. - le disse Louis, fingendo di essere arrabbiato. Lei lo zittì con un bacio a stampo, provocandogli poi un sorriso. Anche qui non mancarono tutti i fischi e gli - Ooooh - dei ragazzi, che a volte sembravano cavernicoli con quei loro versi.
- Obbligo o verità? - chiese Harry spostando improvvisamente lo sguardo sul ragazzo che aveva affianco e su di me. Sbarrai gli occhi, di nuovo, sorpresa del fatto che avesse saltato altre due coppie, in senso orario.
Le nostre voci si mischiarono: io urlai - Verità - , lui - Obbligo - . Che stronzo.
- Obbligo. - ripeté subito dopo.
- Verità. - mi impuntai.
- Obbligo! - esclamò imperterrito alzando un sopracciglio.
- Smettila, Zayn. - gli dissi calma, ma alzando il tono. - Ti odio quando fai così. - Cercai di rivolgergli uno sguardo incazzato, ma non so se ci riuscii esattamente.
- Che c’è di male? - mi chiese malizioso, non calcolandomi minimamente.
- Sei un bambino. -
- È solo un gioco, cosa vuoi che succeda? -
- Esattamente quello che tu vuoi che succeda. - Sospirai. - Non voglio… farlo. - continuai, alludendo al bacio, imbarazzata, ma tenendo testa al suo sguardo insistente.
- È solo un gioco innocente, Rose. - finse di non capire. Mi rivolse uno dei suoi sorrisi sghembi, infilando la lingua tra i denti, come suo solito.
- No che non lo è! Possibile che devi sempre riuscire a farmi incazzare, tu?! - urlai, poi sospirai. Ci guardavano tutti, in silenzio. Ormai ci avevano fatto l’abitudine alle nostre litigate.
- Sei tu che sei una nevrotica. - disse, non smuovendosi neanche un po’.
Spalancai la bocca teatralmente. - MA NEVROTICA CI SARANNO TUA MADRE E TUA SORELLA, COGLIONE! - urlai alzandomi di scatto e guardandolo con uno sguardo infuocato, che lui ricambiò, ma senza ribattere.
Sapete la rabbia che ribolle dentro quando avete voglia di tirare uno schiaffo a qualcuno? Beh, a me era peggio. Diciamo che mi avrebbe fatto piacere prenderlo a calci nello stomaco, lasciandolo senza fiato accartocciato su se stesso a terra, a piangere aiuto. Non doveva permettersi di offendermi.
Alzai gli occhi al cielo sbuffando e scuotendo istericamente la testa, per poi alzarmi dal mio posto e dirigermi verso la baita.
Sentii Harry e Niall iniziare a ridere sguaiatamente, poi iniziarono anche Louis, Liam e le ragazze.
Allungai la mano alla maniglia della porta della casetta, ma due mani grandi si appoggiarono sui miei fianchi e mi fecero voltare sgarbatamente. Mi ritrovai naso a naso con lui. Le risate cessarono improvvisamente. - Scusami, tesoro. Non volevo offenderti. - soffiò piano prima che potessi aprire bocca, inchiodando i suoi occhi nei miei.
Bruscamente levai le sue mani dai miei fianchi, sentendo però le guance andare a fuoco. Mantenni lo sguardo alto ai suoi occhi, nonostante il suo profumo di menta e sigarette, sempre lo stesso, che riuscivo a percepire, vista la vicinanza, mi mandasse in confusione. Mi sentii “coraggiosa” per questo.
- Sai solo chiedere scusa? Caccia le palle qualche volta, Malik. - dissi a voce bassa tutto d’un fiato, per poi voltarmi di nuovo ed entrare dentro la casetta, con sottofondo di altre risate sguaiate.
 
Sbattei la porta, sperando con tutta me stessa di avergli sfigurato il volto, accesi la luce e la chiusi a chiave da dentro: non volevo rompipalle appresso.
La baita era abbastanza grande e spaziosa. C’era uno di quei tavoli da picnic in legno, con le panche attaccate ai lati sopra un tappeto, al centro della stanza; un piccolo angolo cottura con un frigo sulla mia destra; in un angolino c’era una porta che dava su un bagno e alla mia sinistra una porta che dava su una piccola stanza con un divanetto beige e una libreria. Per il resto, era arredata in mobili in legno, come le pareti e il parquet.
Dopo aver individuato la mia borsa, iniziai a cercarvici l’I-Pod, inginocchiata a terra.
Lo afferrai trionfante e, proprio mentre stavo per sedermi sul divanetto della ministanzetta alla sinistra della stanza maestra, sentii bussare la porta.  
- Ehm… sono, sono Liam. - sentii quasi sussurrare da dietro la porta. - Ti va di parlare? -
Mi stupii di tutto quell’interesse, d'altronde eravamo due estranei, ma mi fece piacere in quel momento. Forse ne avevo bisogno.
Sospirai profondamente, ritornai all’ingresso e aprii la porta, ritrovandomi davanti quel viso così dolce.
- Ehi. - gli dissi sorridendo, mentre la timidezza iniziava a congelarmi i muscoli. Riuscii ad abbozzare un sorriso, che subito ricambiò.
- Non vieni a finire di giocare? -
- Non credo, questo gioco non mi è mai piaciuto. - Alzai le spalle.
- Capito. - Mi sorrise, io ricambiai. Poi mi spostai, lasciandolo entrare. Narciso ci fissava inespressivo da lontano, seduto ancora davanti il falò; in risposta, ricambiai lo sguardo alzando un sopracciglio, e sbattei di nuovo la porta, per poi sospirare profondamente.
Liam rise, poi si schiarì la voce e tornò serio. - Zayn non è come lo vedi tu. Forse ti sarà sembrato antipatico e presuntuoso, ma lui è davvero un ragazzo dolce. - cercò di convincermi.
Me l’avevano ripetuto migliaia di volte anche le mie amiche, ma non riuscivo a crederci, se non me lo dimostrava.
- Se sei venuto a giustificarlo, lascia perdere. Non vedo tutta quella dolcezza che dite voi nell’insultarmi e chiamarmi nevrotica. - risposi fredda.
- Quindi sei arrabbiata con lui per questo? -
Ci pensai un po’ su. - In effetti… già ci sono passata sopra. - mi arresi, appoggiando la schiena alla porta.
- Ma sei triste. - aggiunse deciso.
- No, è che… voglio solo stare un po’ da sola, tutto qui. - Abbassai lo sguardo, visto che se l’avessi guardato negli occhi avrebbe capito tutto.
- Sono sicuro che non è così. - Mi alzò il mento con un dito, mi guardò serio, di sottecchi, poi mi sorrise. - Ehi… ho capito che sei cotta di Zayn. -  
“Cazzo.” pensai.
Mi morsi un labbro, nervosa. - Non prendermi in giro, scemo. - cedetti, infine. Gli diedi un colpetto sulla spalla, per poi ridere insieme a lui. - Forse è abbastanza esagerato: non sono cotta. Mi attira, ecco. Ma di certo non è il suo carattere ad attirarmi. Credo più l’aspetto esteriore. - ammisi. Con lui, non sapevo neanche perché, non mi sentii di mentire. Inevitabilmente, arrossii.
- Non preoccuparti, mi cucio la bocca. - E se la coprì con due dita incrociate, sorridendomi. - Ah, ho capito anche che sei a disagio con noi ragazzi, sai? Ma è normale. Siamo praticamente degli estranei per te, visto che ci siamo conosciuti oggi, e poi sei anche molto timida. Non si direbbe, visto che tratti Zayn uno schifo. - Ridemmo di nuovo insieme; era bello farlo, mi sentivo… leggera. - Ma sotto questo tuo modo di fare “scorbutico” c’è un cuore dolce, che sa amare. Hai solo paura di farlo. -
Alzai di nuovo le spalle e abbassai lo sguardo: non sapevo come rispondergli. Aveva ragione, su tutto.
- Dovresti fare lo psicologo, non il cantante. - commentai ironica, guadagnandomi un bel sorriso da parte sua, per poi iniziare a fissarmi le scarpe ancora.
- Sembrerà strano detto da uno che conosci da una sera, però mi sono affezionato da subito a te, quindi… per qualsiasi cosa, io ci sarò, occhei? - continuò tutto d’un fiato, quasi avesse paura della mia risposta. Alzai gli occhi a lui.
Quel ragazzo mi capiva tremendamente. Sembrava mi leggesse nel pensiero ed io avevo bisogno di qualcuno come lui.
Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Ci fissammo un po’, poi mi abbracciò. Era il primo ragazzo con cui avevo un contatto fisico del genere: non mi ero mai lasciata abbracciare da nessuno. Mi accarezzò i capelli, e in quel momento mi sentii estremamente piccola, fin troppo fragile.
- Anche io mi sono già affezionata a te, e… ci sarò sempre. - sussurrai contro il suo petto, per poi staccarmi.
- Grazie, piccola. - disse lui ridacchiando, per poi darmi un pizzicotto delicato sulla guancia.
- Grazie a te, Liam. -
- Quindi vuoi rimanere qui ancora un po’? - Io annuii sicura.
- Ascolto qualche canzone e riesco. - gli assicurai. Mi fece un occhiolino e andò via.
Entrai nella stanzetta, mi sedetti sul divano e azionai la play list, ancora pensando alla dolcezza di quel ragazzo.
Iniziai ad ascoltare gli accordi di Someone like you: quella canzone andava obbligatoriamente ascoltata ad occhi chiusi.
Alzai le gambe e le strinsi al petto cingendole con le braccia. Appoggiai la testa sulle ginocchia e mi lasciai trasportare dalla stupenda voce di Adele. A mano a mano abbandonai quella posizione scomoda e mi rannicchiai nell’angolino del divano, chiusi gli occhi e presi sonno, involontariamente.
 
{Zayn's point of view}
Liam uscì dalla baita, ma da solo, senza di lei. Sarei andato io stesso a cercare di convincerla a tornare se non mi avesse fermato, dicendo che l’avrebbe fatta tornare lui.
Mi alzai e gli andai incontro. - Non esce? - chiesi preoccupato, con una punta di gelosia. Tutti quei sentimenti mi irritavano. Non volevo affezionarmi a lei così tanto da provare gelosia, soprattutto per il mio migliore amico.
- Ha detto che ascolta qualche canzone dall’I-pod e viene. - Sospirai. Mi diede una pacca sulla spalla e tornammo ai nostri posti.
I ragazzi ridevano e scherzavano. Io mi incantai a guardare il fuoco scoppiettarmi davanti ed iniziai a perdermi nei miei pensieri.
Non la capivo. Perché mi aveva umiliato così, davanti a tutti? Non avevo mai sentito una ragazza parlarmi in quel modo. Non lo avevo mai permesso a nessuna, in verità. E poi non ne avevano il motivo. Erano sempre gentili e disponibili. Fin troppo disponibili con me… Ragazze facili. Ma lei era diversa dalle altre con me. Mi trattava letteralmente uno schifo, mi urlava in faccia cose che nessuno mi aveva mai detto senza aver paura di ferirmi, mi credeva un antipatico, narcisista e scorbutico e non aveva timore di dirmelo. Nonostante questo, ero attratto da lei. Sì, ero antipatico e superbioso, in effetti, ma solo con lei. Nessuna delle ragazze che avevo conosciuto aveva resistito a me così a lungo e questa era l’unica “tattica” che conoscevo per conquistarla. Iniziò tutto per una questione di orgoglio. Volevo averla a tutti i costi, proprio perché lei mi rifiutava. In effetti si vuole sempre quello che non si può avere. Ma col tempo mi resi conto che ero decisamente attratto da lei, sia a livello fisico che caratteriale. E la cosa mi preoccupava, non poco.  
Mi sentii tirare la felpa. - Tutto bene, amico? - Harry mi guardava preoccupato e avevo altri sette paia di occhi puntati addosso.
Scossi la testa, tornando alla realtà. - Sì, tutto bene. Pensavo. - ammisi in un sospiro. - Ehi, da quant’è che è lì dentro? - domandai, alludendo a Rose, nella baita.
Niall guardò l’orologio. - Circa un quarto d’ora. -
Annuii distrattamente, riflettendo sul fatto che per loro era tutto fottutamente semplice; non potevo che invidiarli. Ritornai a fissare il falò. Rose mi odiava ancora senza sapere chi fossi, solo perché ero famoso. L’incidente del fumo poi peggiorò le cose già dal nostro primo incontro, così come tutte le volte che mi comportavo da antipatico e da presuntuoso con lei, tutte le volte che cercavo di avvicinarmi alle sue labbra. Avevo sempre agito da stupido, quindi se mi odiava era anche colpa mia.
Sbuffai rumorosamente, scocciato da quelle riflessioni, e si girarono tutti a guardarmi, ma continuai a guardare il fuoco. - Sarà ancora incazzata con me? - chiesi, non so neanche io se a loro, o a me stesso.
- Adesso hai i rimorsi di coscienza, Zayn? - mi chiese Frenk. La guardai e alzò un sopracciglio.
- Fai bene, l’hai offesa, deficiente. - mi accusò Niall, stranamente serio.
- Non posso farci niente se mi fa incazzare. - borbottai rude.
- Dovresti provare a chiederle di nuovo scusa. - mi suggerì Liam.
- Ma neanche se mi pagano. - sbottai, schifato.
- Poi non rompere le palle a noi se non ti guarda più in faccia dopo stasera. - mi fulminò Harry.
- Non mi terrà il muso a lungo. - affermai spavaldo.
- Non la conosci. - sussurrò in una risata Taty.
Sbuffai, poi mi alzai. - Se non torno entro dieci minuti, venite a cercarmi, potrebbe avermi ucciso. - dissi sarcastico, ma serio, mentre gli altri risero.
Con fare strafottente mi diressi verso la baita.
Aprii la porta lentamente, cercando di non fare rumore. Nonostante volessi dimostrare agli altri, o forse solo a me stesso, che ero lì solo perché mi avevano costretto, non riuscivo a scacciare quell’angoscia che avevo dentro quando non era accanto a me, quella morbosità con cui avevo bisogno di sapere che era almeno viva. In quel momento quella casetta mi sembrò una villa, talmente che era vuota e silenziosa. Lei non c’era, ed iniziai ad agitarmi. Sentii una specie di fruscio provenire dalla stanzetta sulla mia sinistra e mi ci diressi.
Aprii anche quella porta e la vidi sul divano che dormiva. Respirava, almeno. Mi sentii sollevato. Mi appoggiai allo stipite della porta e iniziai ad osservarla: aveva le cuffiette infilate nelle orecchie ed era da lì che proveniva il fruscio, per la musica troppo alta; mi accorsi che per me era bellissima, anche in quel modo, con i suoi capelli lisci spettinati e la sua postura da panda, rannicchiata su se stessa. Non avevo intenzione di svegliarla. Era decisamente meglio così, innocua.
Rendendomi conto del sorriso ebete che mi era comparso sul viso, decisi di riuscire fuori e fermare quegli stupidi ed esageratamente dolci pensieri su di lei.
- Ragazzi, si è addormentata. - dissi, una volta arrivato da loro. Sorrisi al pensiero, poi mi schiarii la voce e tornai serio. - Torniamo a casa? -
- Aspettate, ma che ore sono? - ci chiese Taty sbiancando.
- 22 e 38. - le rispose Louis guardando lo schermo del suo cellulare. Le ragazze si guardarono tra loro preoccupate.
- Cazzo, il treno! L’ultimo è passato alle otto! - sbottò Alex sbattendosi una mano sulla fronte.
- Vi accompagniamo noi, non è lontano. - propose Liam.
- Infatti, siamo venuti anche con due macchine. - aggiunse Niall facendo l’occhiolino a Marty.
- Quindi vi accompagniamo noi. Ma non svegliamo Rose, è più docile così. - dissi ridendo, guadagnandomi un’occhiataccia dalle ragazze. - Che c’è? - chiesi strafottente; loro sbuffarono, ma poi sorrisero. Non ero l’unico a pensarla così, evidentemente.
Le ragazze ed io andammo alla baita, Harry e Niall spensero il fuoco e Louis e Liam andarono a recuperare le auto.
Non appena aprimmo la porta mi diressi da lei nell’altra stanzetta. Aspettai che le ragazze prendessero le loro borse e uscissero, per evitare che si svegliasse. Mi avvicinai al suo viso e sorrisi ancora, inebetito. Forse perché era strano vederla dormire, fin troppo bello. Era tranquilla, niente a che vedere con quando era sveglia.
Le sfilai gli auricolari dalle orecchie e l’I-pod dalle mani. Prima di spegnerlo lessi sullo schermo “Jonas Brothers - Invisible”, poi lo misi nelle tasche della sua felpa.
Le accarezzai una guancia: da sveglia non me lo avrebbe mai permesso. E se lo avessi fatto, sarebbe arrossita. E a me dava fastidio metterla in imbarazzo. Con tutta la delicatezza a me possibile, la presi in braccio. Lei, credo involontariamente, si mosse e mi avvolse le braccia al collo, accoccolandosi nel mio petto ancora con gli occhi chiusi.
Sentii un brivido dietro la schiena e il fiato diventare corto. Non mi aveva mai abbracciato, forse perché era troppo riservata e timida per farlo. Credo fosse quello l’aspetto di lei che mi piaceva. La timidezza, che spesso sostituiva con una finta e faticata antipatia e acidità.
Uscii fuori con lei in braccio, ritrovandomi davanti le ragazze, il riccio e il biondo, che chiuse la porta alle mie spalle.
- Ma che bel quadretto! - mi sussurrò Harry all’orecchio. Lo fulminai con lo sguardo e Niall gli diede una gomitata. Le ragazze mi guardavano sorridendo intenerite.
Mi sentivo abbastanza in imbarazzo, soprattutto con Rose attaccata al mio collo come un koala. Strano, visto che non mi facevo tanti problemi ad avere contatti fisici con le altre. Ma sorvolai.
 
Louis decise di portare con se tutte le ragazze, mentre con Liam andammo noi altri ragazzi e Rose, ancora accoccolata a me. Dopo buona parte del viaggio, fui lieto di convincermi del fatto che Rose aveva un sonno davvero profondo, quindi non si sarebbe svegliata facilmente, e a me faceva più che piacere, almeno non avremmo litigato ancora. Era un po’ come me, in quanto a sonno. Neanche una cannonata l’avrebbe svegliata.
L’auto di Louis, sempre davanti la nostra, girò nel vialetto della casa delle ragazze. Prima che potessimo girare anche noi, squillò il cellulare di Niall, lui si sbrigò a rispondere per non far svegliare quella dormigliona di Rose. Liam accostò.
- Ehi, Marty! - Sorrise, fissando il parabrezza. - Cosa?! Cavolo. - si incupì. - Sì, hai ragione, meglio andare a casa nostra, tanto per noi non c’è problema… Stupendo, a dopo, splendore. -
- Che succede? - sussurrai.
- Ci sono i paparazzi sotto casa delle ragazze, sicuramente per colpa nostra. - rispose Liam dispiaciuto, al posto del biondo.
- Quindi stasera stanno da noi? - chiese Harry con un sorriso malizioso sul volto.
- Sì, ma non farti strane idee, deficiente. - lo fulminò Niall guardandolo, ma il riccio rise.
- Qualche volta puoi evitare di fare il pervertito? -
- Tu non sei tanto diverso da me, Zayn. - mi rispose freddamente, poi diventò improvvisamente silenzioso e appoggiò i suoi riccioloni al finestrino, perdendosi con lo sguardo nel vuoto. A volte era molto strano.
Guardai Rose, che aveva la testa appoggiata nell’incavo del mio collo. “Non sei tanto diverso da me”, ripensai alle parole di Harry. Mi rabbuiai, corrucciando la fronte. Ero sempre stato consapevole di non prendere tanto seriamente le mie storie con le ragazze. D’altronde ero ancora un ragazzo, non avevo intenzione di fare nulla di serio. Eppure quella frase mi aveva ferito nell’orgoglio, come se il vero me rifiutasse quello che ero. Un puttaniere, come Harry Styles. 



*puff*
Tada', sono ricomparsa C: 
Beh, allora, ho da dirvi delle cosine.
Prima di tutto, non mi siete proprio piaciute; avevo chiesto otto recensioni, ma ne ho avute solo sei. MI VOLETE MALE, VERO? çwç
Poooooi, mi scuso se non succede niente di particolarmente piccante in questo capitolo, però volevo, come sempre, far litigare quei due, visto che ci provo sfizio a mettere a figura di merda Malik. AHAHAHAH  :'3 E poi volevo anche sottolineare il fatto che Liam e Rose iniziano ad essere amici, perché hanno caratteri abbastanza compatibili, YO!, quindi... boh, spero che nel complesso vi sia piaciuto, anche se a me non mi convince ancora del tutto. L'avrò riscritto centinaia di volte, giuro °-°
Comunque, volevo chiedervi un favore. Vi va di dirmi cosa ne pensate di come scrivo? Ceh, il fatto che metto tanti particolari mi sta sulle palle, perché rallento la storia, quindi sto cercando di correggerlo. Idem per il fatto che seguo l'ordine delle cose, non faccio trascorrere neanche un'ora senza parlarne nella storia. çwç Consigliatemi, perché ne ho bisogno, davvero.
Concludo col ringraziare chi ha seguito, preferito e ricordato la storia. GRAZIE MILLE *--*

Ricordatevi che senza OTTO RECENSIONI non continuo, quindi vi conviene recensire e.é


Grazie ancora per la lettura,

Rose. xx

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Capitolo 10
*** "You're mine." - "I don't think so." ***


Capitolo dieci: "You're mine." - "I don't think so."

 
- Porto Rose in camera mia. - annunciai sottovoce una volta entrato in casa, prima di dileguarmi verso il piano di sopra con lei in braccio. La adagiai piano sul letto, si accucciò di nuovo su se stessa, come… un panda.
Scesi velocemente di sotto, li trovai a discutere, sparsi tra il divano, le poltrone e il pavimento.
- Dato che abbiamo cinque letti da una piazza e mezzo e due letti matrimoniali, dovremmo farcela, giusto? - chiese Liam.
Il volto di Harry si illuminò. - Per i letti matrimoniali… -
- Ci dormiranno le ragazze, Harry. SOLO le ragazze. - lo interruppi spegnendo il suo entusiasmo. Lui sospirò, le ragazze risero divertite, poi ritornarono silenziose. Sembravano molto in imbarazzo a stare in casa nostra.
- Uhm… ma se…- sussurrò Liam pensieroso, per poi continuare ad alta voce. -… se Rose adesso dorme di sopra nel tuo letto rimangono quattro letti singoli. - si rivolse a me.
- Io e Harry possiamo dormire insieme. - propose Louis schioccando un bacio sulla guancia del riccio, che rise di gusto. Se non sapessi che sono come fratelli, penserei che siano due… “dall’altra parte”, come dice mia madre. - E tu, Zayn, nel mio. - continuò il moro sorridente.
- Ah, vi prestiamo delle felpe, magari state più comode. - dissi alle ragazze, che mi sorrisero.
- E se volete farvi una doccia, fate pure, vi portiamo tutto in bagno. - aggiunse Niall.
Così salimmo di sopra e recuperammo degli asciugamani, delle felpe e dei calzini, sistemandoglieli in ciascuno dei quattro bagni.
 
{Taty’s point of view}
Ero alquanto terrorizzata all’idea di dormire in casa con cinque ragazzi, conoscendo Harry e il suo “vizio” di girare nudo per casa. Sperai avesse almeno il buonsenso di non farlo, avendo ospiti donne.
Uscii dalla doccia e, dopo essermi asciugata le punte dei capelli più umide, infilai la felpa verde di Zayn e i calzini che ci avevano prestato.
Uscii in corridoio per cercare le altre, e per fortuna uscirono anche loro in quell’istante. Ci avvicinammo tutte davanti la camera di Zayn, dove dormiva Rose.
- Sono mezza nuda: io di sotto non scendo conciata così. - sussurrò Marty agitata.
- Non sei mezza nuda, Marty. - le disse Alex ridendo.
- E poi li conosciamo bene, non sono dei pervertiti come gli altri ragazzi. - affermò Frenk sicura, aiutandosi con un cenno della testa.
- Io avrei qualche dubbio. - sospirai pensando a quel cretino di Harry. Mi guardarono confuse, e finsi una risata. - Vabbè, non ci pensate, andiamo a vestire Rose. -
Prendemmo la felpa azzurra che ci aveva dato Liam, entrammo in camera di Zayn e le mettemmo “il pigiama” (se si poteva chiamare così) senza farla svegliare; e non perché eravamo delle brave mammine, ma perché se si fosse svegliata e avesse capito dove eravamo, ci avrebbe prima uccise tutte e quattro, poi sarebbe scappata nel primo albergo più vicino, pur di non rimanere a casa loro.
La parola “casa”, poi, era riduttivo, quella sembrava una reggia, almeno per me. Due piani, tutta in bianco con pavimenti e mobili in legno. Il cortile fuori era carinissimo, con tante aiuole e un sentiero di sassolini bianchi che collegava il cancelletto in legno bianco con gli scalini dell’entrata. L’ingresso era stretto e lungo, portava direttamente alle scale. Sulla sinistra c’era la cucina, sulla destra il salotto. Il piano di sopra era pieno di camere e bagni privati per ciascuna di esse. Quello di Harry profumava della sua colonia; era un profumo acre, ma delicato. Ci avrei passato ore, era come averlo vicino.
Ancora stentavo a credere di essere nella loro casa; li avevo da sempre immaginati come inavvicinabili, e adesso grazie a quella brontolona di Rose, potevo godermi molto spesso i due occhioni verdi di cui ero innamorata.
Decidemmo di scendere; i ragazzi erano tutti davanti la Tv.
Mi schiarii la voce. - Noi… avremmo fatto. - dissi piano entrando, seguita da Alex, Frenk e Marty.
Come immaginavo, dopo essersi alzati dal divano, rimasero per un po’ a fissarci con espressioni inebetite, mentre noi avanzavamo verso di loro.
- Da quant’è che non vi scopate qualcuna? Sembra che non vedete un paio di gambe da una vita! - Frenk alzò un sopracciglio e rise scuotendo la testa.
- Frenk! - la ammonii lasciandomi scappare una risata.
- È che non capita tutti i giorni di avere cinque belle ragazze in casa. - le rispose Louis. Si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla guancia.
- Quattro, per te. - ruggì serio Zayn alle sue spalle. Sorrisi a quel suo segno di gelosia; sicuramente alludeva alla dormigliona al piano di sopra.
- No, tre per lui. - lo corresse Liam guardando il moro con la stessa espressione. Ridacchiai ancora.
- Due. - disse invece Niall, sorridendo a Marty. Chinai la testa sulla destra e sorrisi, era dolcissimo.
- Una, solo Frenk. -  concluse il riccio. Mi accennò un sorriso, e sentii lo stomaco ingarbugliarsi improvvisamente. Ricambiai e abbassai lo sguardo. Anche lui era “geloso” di me, anche se poco, anche se di Lou, che era come un fratello, anche se ero solo una delle tante ragazze di Londra.
- Gelosi, eh? - li punzecchiò quindi Louis in una risata guardando un secondo quei quattro, per poi riportare lo sguardo alla sua ragazza. - Vado a farmi una doccia, ci metto poco. - le sussurrò, e le rubò un bacio a stampo veloce, prima di sparire al piano di sopra.
- Idem. - annunciò Zayn rivolgendoci un sorriso e seguendo Lou.
- Ehm, allora vado anche io. - disse il biondo sorridendo. Passando accanto a Marty, le pizzicò rapidamente la guancia e corse di sopra. Lei si sfiorò la guancia e sorrise; io invece risi piano, era dolcissima anche lei.
- A dopo. - ci disse Liam scrollando le spalle. Fece un occhiolino ad Alex e seguì gli altri.
Infine Harry mi si avvicinò, portò una mano alla mia guancia e sull’altra posò le sue labbra morbide per qualche secondo. Rimasi pietrificata, mentre le farfalle, che nel mio caso erano elefanti in tutù, si scatenavano nello stomaco. Poi sfoggiò uno dei suoi sorrisoni e scappò di sopra. Guardai Marty allibita, Alex scoppiò a ridere.
- Sei cotta. - appurò Frenk soddisfatta una volta che tutti e cinque fossero saliti al piano di sopra, buttandosi sul divano.
Non riuscii neanche a risponderle, avevo ancora il cuore che batteva impazzito contro il mio povero petto.
Mi sedetti accanto a lei, Alex mi seguì, mentre Marty si sedette a terra, come suo solito.
- Sto per innamorarmi. - le sussurrai sorridendo come un’ebete e appoggiando la testa sulla sua spalla.
 
{Zayn’s point of view}
Dopo una doccia veloce, infilai rapidamente il pantalone di una tuta e scesi di sotto. Ero più che convinto di essere stato l’ultimo, come mio solito. Mi appoggiai allo stipite della porta del salone. Alex, Frenk, Niall e Taty erano sul divano, Liam e Marty sul pavimento davanti a loro; erano tutti intenti a guardare uno stupido programma in tv, con la luce spenta.
- Dove sono Hazza e Louis? - mi decisi a parlare dopo un po’, entrando nel salotto.
- Doccia. - mi rispose semplicemente Liam, dandomi una pacca sulla spalla. Niall mi salutò con un cenno della testa, mentre le ragazze mi sorrisero. Mi sedetti a terra accanto a Marty. Le sue guance, illuminate dalla tv, arrossirono; sicuramente era in imbarazzo per colpa mia.
Risi piano. - Se vuoi mi metto una maglia. -  
Mi guardò e sorrise imbarazzata. - Non preoccuparti, ci farò l’abitudine prima o poi. - Alzò le spalle ridendo.
All’improvviso sentii un calcio arrivarmi dietro la testa; mi girai e trovai Niall a sorridermi angelicamente, seduto proprio dietro di me.
- Non fare il geloso, Mister Irlanda. Non la sfioro neanche. - lo stuzzicai; Marty si lasciò scappare una risatina e si morse il labbro, continuando però a fissare la tv, fingendo indifferenza. 
- Meglio per te. - Il biondo si sporse verso di me e mi scombinò il ciuffo, che riaggiustai subito dopo avergli dato una gomitata sulla gamba, seguita da un suo gemito esagerato.
Sbadigliai, avevo un sonno terribile.
- Ma quei due non tornano più? - chiese Taty guardando la porta.
- Sei gelosa di Louis? - Alex le diede qualche gomitata leggera ridendo.
- Non preoccuparti, non può toccartelo il tuo adorato riccio, finché ci sono io. - continuò Frenk ridendo insieme all’amica.
- Zitte un po’ voi due, vorrei sentire la TV. -  le fulminò lei, infastidita.
- È gelosa. - appurarono contemporaneamente Marty e Liam sorridendosi.
- Non me l’aspettavo da te, Payne. - gli disse Taty fingendo di essere offesa.
Liam si voltò all’indietro verso di lei. - Potrai mai perdonarmi, tesoro? - le disse teatralmente con una mano sul petto. Risero entrambi.
Risi silenziosamente anch’io, poi sbadigliai ancora.
- Poca confidenza, brutta copia di Bieber. - ruggì il riccio entrando in salotto, per poi sedersi alla sinistra di Liam, quindi esattamente davanti Taty.
- Ooooh! - lo schernimmo io e Niall, beccandoci un’occhiataccia.
- Quante volte devo dirvi che è stato lui ad aver copiato i miei capelli? - sbuffò Liam.
Sbadigliai per la terza volta. - Cavolo, sto per addormentarmi. - sussurrai tra me e me.
- Anch’io. - ammise Frenk.
- Ma sono solo le undici! - sentii urlare Louis dal corridoio.
- Abbassa la voce, idiota. - lo fulminai una volta fu entrato nel salotto. Si sedette su una delle due poltrone ai lati del televisore.
- Stai calmo, Jawaad, tanto la tua bella non si sveglia tanto facilmente. - Si scambiò uno sguardo complice con Harry, poi risero.
- Che vorresti dire?! -
- Niente, cretino, volevo solo farti incazzare. - mi rispose ridendo di gusto. - E ci sono riuscito. - continuò con un sopracciglio inarcato. Mi limitai a guardarlo male.
Sbadigliai per l’ennesima volta. - Dio, non ce la faccio più. Ho sonno. -
- Andiamo a dormire? - propose Niall.
- Ma è presto! - si lamentò Harry.
- Io tra poco crollo. - sussurrò Taty, appoggiando la testa allo schienale del divano.
- Idem. - Frenk si appoggiò sulla sua spalla.
- Io vado a letto. - annunciai alzandomi da terra.
- A questo punto andiamo tutti. - disse Liam.
Louis sbuffò. - Avete la vitalità di un settantenne. -
Ridemmo tutti insieme, e gli altri si alzarono.
Ci demmo la buonanotte e salimmo di sopra.
Come d’abitudine, aprii la porta della mia stanza, poi mi ricordai che era già occupata. Stavo per andare in camera di Louis, ma il desiderio di rivedere il suo viso prese il sopravvento.
Fortunatamente entrava della luce dal corridoio, quindi riuscii ad arrivare fino al lato destro del letto senza fare casino.
Questa volta era a pancia in giù, il braccio destro appoggiato sul cuscino e il sinistro lungo il fianco, con addosso solo la felpa bianca di Liam e il lenzuolo attorcigliato ai piedi del letto.
Risalii il suo corpo con lo sguardo dalle gambe nude fino al viso. Sentii una strana sensazione allo stomaco, ma non ci feci caso. Mi chinai su di lei appoggiandomi delicatamente con una mano sul letto e le diedi un bacio sulla fronte.
Corrugò la fronte, poi sospirò beatamente. Sgranai gli occhi e mi allontanai di colpo; speravo con tutto il cuore che non si fosse svegliata.
- Zayn… - sussurrò ad occhi chiusi.
“Merda” pensai. - Rose…? - la chiamai piano dopo un po’, insicuro, e mi morsi il labbro. Mi chinai su di lei per la seconda volta per vedere se avesse aperto gli occhi, ma sembrava ancora dormire. Forse mi stava sognando. Sorrisi solo al pensiero e le sfiorai una guancia. Poi si mosse, e con la sua mano destra prese quella che io avevo appoggiato affianco a lei.
- Merda - sussurrai stavolta. Provai a sfilarla dalla presa, ma non voleva saperne di lasciarla. Mi tirò sempre più verso di lei, fino a farmi perdere l’equilibrio e fui costretto a sedermi sul letto. “Perché cazzo sono entrato?!” mi rimproverai in mente.
Si accucciò, come aveva fatto in auto, attorno al mio braccio, mentre io ero ancora immobilizzato al suo fianco.
Provai a mettere le gambe giù dal letto, ma mi strinse ancora di più. Evidentemente, anche se non era del tutto cosciente, voleva le restassi vicino.
Mi arresi, così decisi di trovare una posizione comoda: avrei passato la notte facendole da peluche personale, e la cosa non mi dispiaceva poi così tanto.
 
SABATO 8 DICEMBRE 2011.
{Rose’s point of view}
Sentivo uno strano calore sul viso, e addosso una sensazione di stanchezza terribile. Ancora ad occhi chiusi, cercai di prendere coscienza. Mi resi conto che i capelli, stranamente, non erano adagiati sulla mia faccia come paglia secca, cosa che succedeva ogni mattina, ma li sentivo scendere ordinati sopra la mia spalla destra. Socchiusi gli occhi e sbattei le palpebre qualche volta, per poi corrugare la fronte, accecata dal raggio di sole che entrava dalla finestra. Inizialmente, non mi accorsi neanche che a casa mia, non avevo una finestra che affacciava sul mio letto.
Sentii qualcosa accarezzarmi i capelli, dalla testa alle punte. Immaginai fosse una delle ragazze.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile, e controvoglia aprii gli occhi.
Realizzai che sotto il mio viso c’era un petto nudo e muscoloso. Alzai ancora lo sguardo, sempre più confusa, ritrovandomi davanti un viso angelico, con un sorriso sghembo sulle labbra.
I nostri corpi erano appiccicati: io ero a pancia in giù, e fino a cinque secondi prima, avevo la testa appoggiata sui suoi pettorali; con un braccio mi cingeva la vita, con una mano mi accarezzava i capelli. La mia mano destra era avvinghiata al suo collo e la mia gamba destra era attorcigliata con la sua.
- Buongiorno, piccola. - mi sussurrò allargando il sorriso.
Mi staccai da lui e istintivamente urlai, terrorizzata, per poi alzarmi in piedi e allontanarmi dal letto, fino a toccare la scrivania alle mie spalle e appoggiarvi le mani, dopo aver perso l’equilibrio.
Si sedette al centro del letto, ancora sotto le coperte, e rise scuotendo la testa. Mi squadrò dalla testa ai piedi, mettendomi in imbarazzo.
- SPIEGAMI CHE CAZZO CI FACCIO QUI, ADESSO! - gli urlai in preda al panico cercando di ignorare il suo sguardo su di me.
Mi guardai addosso e vidi che avevo solo una felpa. Cercai di abbassarmela il più possibile, ma non scendeva più della metà coscia. Lui rise nuovamente. Cercai di pensare alla sera precedente ma non ricordavo nulla. - Dio, non dirmi che… io e te… No, cazzo, NO! - balbettai istericamente.
- Ehi, calma… - mi disse sorridendo, scendendo dal letto e mettendosi di fronte a me. - Io e te non…-
Si spalancò la porta con violenza ed entrambi ci girammo verso di essa.
Spalancai gli occhi; vi spuntò il riccio, in mutande, tutto assonnato, che ci guardò entrambi rapidamente. - Chi ha urlato? - chiese  con le sopracciglia aggrottate. Trattenni il fiato e mi girai verso Zayn, cercando di tenere lo sguardo ai suoi occhi.
- Cosa ci fa lui in mutande e tu a dorso nudo?! - Ero a dir poco in imbarazzo.
Una testa bionda si affacciò in camera, per poi entrare. Fortunatamente Niall aveva tutto il pigiama. Guardò prima me, poi Zayn.
- Cavolo, sapevo che avrebbe reagito così. - sussurrò lui sbattendosi una mano sulla fronte. Tutti e tre iniziarono a ridere.
- Non è successo… quello che pensi… tra noi, Rose. - mi disse Zayn affannando, tra una risata e l’altra. Finalmente smisero di ridere, visto che la cosa mi dava sui nervi.
Louis e Liam piombarono in camera, con gli occhi sbarrati. Anche loro avevano solo un pantalone addosso, ed il corpo dannatamente bello e scolpito, come quello degli altri due. Guardarono un secondo prima me, poi gli altri tre, e sospirarono. Liam si mise una mano sul petto nudo, sospirò e poi sorrise.
- Ci eravamo spaventati per niente. - ammise, poi.
Sospirai anch’io, cercando invano di calmarmi. - P-perché sono mezza nuda? E dove… dove sono i miei vestiti? - balbettai arrossendo di colpo. - Spiegatemi cosa faccio qui e smettete di ridere, per favore. - continuai calma, fulminando il biondo e il riccio che invece continuavano a ridacchiare come coglioni.
Harry si schiarii la voce e iniziò a camminare verso di me. - Ieri sera… -
- Tu, fermo. Non avvicinarti a me prima che ti sia rivestito. - urlai fredda puntandolo con l’indice e coprendomi gli occhi con l’altra mano. Gli altri ragazzi risero ancora. - La smettete di prendermi per il culo?! - li fulminai.
- Le altre sono di sotto, Rose. - mi disse Liam sorridendomi. Spalancai la bocca, lui si rifece serio. - Andiamo, non mi dire che ti sei arrabbiata! -
- Potevate dirmelo che volevate portarvi a letto le mie amiche, io sarei andata a casa mia! - gli risposi fredda, avviandomi verso la porta, cercando di non guardarli, visto che la cosa mi mandava in confusione.
- No! Ma noi non… - riuscii a sentir dire da Louis, prima che fossi uscita dalla stanza e corsa giù per le scale.
Sulla mia destra in cucina c’erano le ragazze sedute al tavolo a chiacchierare tranquille, con la televisione in sottofondo.
Mi fermai fuori la stanza. - Non so stanotte cosa avete fatto con quei quattro porci e non mi interessa…-
- Oh cazzo. - sussurrò sotto la mia voce Alex guardandomi spaventata, insieme alle altre.
- …però potevate avvertirmi, visto che mi sono trovata in un letto con Zayn! - continuai, fingendo di non aver fatto caso al suo commento.
- È stato tutto un malinteso, Rose. - mi disse Liam scendendo le scale, seguito da Narciso e il resto della combriccola, la quale però si sedette al tavolo con le ragazze, facendo finta di niente.
- Malinteso o non malinteso, so solo che non è per niente bello ritrovarsi in un letto con un ragazzo e non sapere come esserci finita, soprattutto per una come me! - risposi a Liam incazzata, ma arrossendo. Lui sorrise, “intenerito” dalla mia reazione. La cosa che più odiavo era quando mi trattavano come una bambina, quindi inspirai incavolata e scossi la testa in disappunto.
- Occhei, senti, mi… mi dispiace. - mi disse Zayn dopo aver fatto qualche passo verso di me, fino a che me lo ritrovai di fronte. Sentivo lo stomaco attorcigliarsi. Notai per la prima volta che aveva un tatuaggio sul suo petto sinistro, scritto in una lingua straniera; aveva gli addominali scolpiti e le braccia fin troppo robuste, muscolose. Ecco perché spesso anche solo sfiorandomi sembrava farmi male. - Ieri sera volevo salutarti prima di andare a dormire…- Si interruppe per sorridermi un secondo, poi continuò.  -…ma poi tu mi hai trascinato nel letto, ed io non riuscivo più ad alzarmi. Stavi dormendo, non te ne sarai neanche accorta. - Alzò le spalle. - E non volevo svegliarti. - aggiunse infine, sorridendo angelico. Io sospirai, se era andata così non potevo arrabbiarmi con lui. Sarebbe sembrata una cazzata a chi non sapeva cosa ero capace di fare quando ero addormentata.
- Capito. Quindi… scusami tu se ti ho fatto dormire scomodo stanotte. - Mi arresi a me stessa e accennai un sorriso.
- Io sono stato benissimo… vicino a te. - mi sussurrò.
- Uuuuh! - gli fecero il verso Niall e Louis; risero tutti.
Ridendo piano nervosamente, mi allontanai da lui di un passo e guardai Marty implorante, sperando che mi salvasse da quella situazione imbarazzante.
- Ma ieri sera non mi ero addormentata alla baita? - le chiesi poi confusa dopo aver riflettuto un attimo.
- Sì, per questo Zayn ha deciso di tornare a casa senza svegliarti. - mi rispose però Taty sorridendomi dolcemente.
- Ti ha portata in braccio! - mi disse Liam, che era ancora affianco a me, con la voce in falsetto, per imitare una ragazza. Zayn gli diede una gomitata; io risi e scossi la testa, cercando di non arrossire per la centesima volta.
- Ma… perché non siamo a casa nostra? -
- C’erano i paparazzi lì, e non volevamo darvi problemi. - si giustificò Louis sorridendomi.
Annuii e sospirai. - La prossima volta preferisco essere svegliata. - dissi infine a Zayn; lui scrollò semplicemente le spalle in un sorriso.
- Ah, comunque buongiorno, bimba. - mi disse Liam pizzicandomi la guancia.
- Giorno. - Risi e lo abbracciai di scatto, pentendomene subito. Il contatto con la sua pelle nuda mi provocò una strana sensazione, ma almeno con lui dovevo riuscire a non essere timida. - Non immagini che spavento che mi sono presa. - gli dissi piano all’orecchio, ancora abbracciandolo.
- Sicuramente ha fatto piacere a tutti e due, comunque. - mi ribatté in una risata, ricevendo uno scappellotto dietro la testa.
- Finito? - chiese piano Zayn facendoci separare; mi morsi il labbro e trattenni un sorriso. Liam mi scombinò i capelli e raggiunse gli altri in cucina, lasciandoci soli in corridoio.
Mi schiarii la voce. - C’è qualche problema? - chiesi a bassa voce, per non farmi sentire dagli altri. Inarcai un sopracciglio.
- Sì. - disse, anche lui in un tono basso, annuendo. Iniziò ad avvicinarsi a me ed io, come una stupida, indietreggiai dimostrando di essere impacciata e nervosa. Una volta che fummo nascosti dalle visuali dei ragazzi, si avvicinò alla mia guancia. - Tu sei mia. - soffiò al mio orecchio bloccandomi per un polso.
Il mio respiro diventò sempre più affannato e i battiti del cuore più irregolari. - Non direi. - riuscii a rispondere calma ritraendo il polso dalla sua stretta.
- Non ancora. - mi corresse, riprendendo a guardarmi fisso negli occhi. Sospirai e cercai di scansarlo. - Aspetta. - mi disse mordendosi il labbro inferiore. - Per la cosa del, uhm, gioco…- balbettò abbassando lo sguardo.
- Ah. - lo interruppi, mentre mi ritornava in mente il suo atteggiamento odioso del giorno prima. - Ci sono passata sopra. - gli concessi. - Ora posso tornare dalle mie amiche? -  
Scosse la testa. - Devi prima spiegarmi perché ti ha dato fastidio che avessi scelto l’obbligo. - Arrossii, non so neanche perché.
- Devo? - lo guardai male, ma senza fare polemiche scelsi di continuare. - Sai bene cosa ci avrebbe fatto fare Harry. -
- E quindi? Cosa c’era di male? - mi chiese innocente; non capiva quale fosse il problema.
- Non… non volevo. - Deglutii e abbassai lo sguardo. Lui non rispose, come se aspettasse che continuassi. - Non volevo baciarti, Zayn, occhei? Non mi andava! - sbottai rapidamente. - Non volevo che per uno stupido gioco avrei dovuto dare davanti a tutti il mio primo…- mi bloccai, rimanendo con le labbra chiuse in una “B”. Spostai subito lo sguardo altrove e mi morsi il labbro. Non volevo lo sapesse, ma ormai…
Mi sorrise. - Quindi tu sei… completamente… ? - boccheggiò qualcosa, ma non continuò.
- Vergine, sì. Intoccata e pura, come una bimba. - sospirai infastidita. Non voleva saperne di levarsi quel suo sorriso intenerito, come quello di Liam poco prima, dalle labbra. E la cosa mi faceva innervosire ancora di più. Odiavo essere una santarellina ai suoi occhi, una bambina, una bambola di porcellana. Non ero dolce e fragile come una bambola; non più.
- Se hai finito l’interrogatorio, torno dalle altre. - ruggii quasi. Con forza riuscii a scansarlo ed entrai in cucina, ma con lui al mio seguito.
- Che avete fatto qui dietro voi due? - ci chiese subito Louis malizioso con un sopracciglio alzato mentre Frenk ridacchiava accanto a lui.
Zayn, che era in piedi affianco a me, rise scrollando le spalle, ma io lo fulminai con lo sguardo.
- Voi due stamattina non dovevate andare a scuola? - chiesi prontamente a Marty e Frenk per cambiare discorso.
- È festa per fortuna! - disse Alex precedendo le altre.
- Oggi vi va di restare? - chiese Niall. Grazie al suo splendido sorriso, sorrisi anche io.
- Giusto, oggi è l’otto dicembre, dobbiamo fare l’albero! - continuò Harry eccitato, che si voltò verso Taty per aspettare una risposta. Lei annuì convinta.
- Per me va bene. - rispose Frenk, anche lei con un sorriso.
- Idem! - dissero Alex e Marty in coro, per poi ridere della loro telepatia.
- Però io devo andare lo stesso a lavoro, quindi dovremmo fare un po’ presto. - aggiunsi catturando lo sguardo di tutti.
- Tu lavori? - mi chiese Harry.
Annuii. - In una discoteca, faccio la barman. - Ricambiai il sorriso.
- Figo! - commentò, provocando la risata di entrambi.
- Che ne dite di andare in discoteca tutti insieme, stasera? - propose Liam mandandomi un’occhiatina.
Risposero con tanti “Sì” entusiasti ed io sorrisi sincera, ne rimasi felice: significava che un po’ gli importava di me, anche se non ero loro fan.
Zayn, che era ancora affianco a me, si voltò a guardarmi. Lo guardai anche io; - Io non mancherò. - disse piano. Il cuore iniziò a raddoppiare i battiti come se volesse uscirmi dal petto. Ci sorridemmo e quell’attimo mi sembrò infinito.




M-ma, ma ciao *w*Sappiate che mi sento una figa, perché questo capitolo è lunghissimo, e finalmente l'ho concluso. Ameeeeeeen (?).
Sappiate anche che sono alquanto incazzata, visto che non ho avuto le otto recensioni richieste. EPPURE AL CAPITOLO PRECEDENTE NE HO AVUTE NOVE.
WTF?!
Ho aggiornato SOLO per pena: dieci giorni esatti, e a stento sette recensioni. 
Ma non fa niente, sorvoliamo.
Vi è piaciuto questo capitolo? :') 
Volevo spiegare una piccola cosa, che non so se vi è arrivata dalla storia. In tutto questo casino, gli unici a stare insieme sono Frenk e Lou, giusto? Quindi SOLO loro due hanno un motivo per vedersi, gli altri potrebbero benissimo non cagarsi mai più, visto che si piacciono semplicemente. Allora, cerco di far succedere eventi a catena; ad esempio, dopo il pic nic al lago, sarebbero potuti tornare ciascuno a casa loro, MA! (?), ho fatto in modo di collegare i due giorni, altrimenti si sarebbero "abbandonati", e non sapevo come fargli passare altro tempo insieme. Spero si arrivato il discorso contorto (?). Di solito, nelle mie storie, cerco di rendere tutto molto naturale, cosa che non è accaduta nel caso dei due piccioncini sopramenzionati (?). Se vi state chiedendo il perché, ripensate a come è accaduto il bacio. Voi lo fareste mai? AHAHAHAHAH, non penso. Quindi mi scuso per la banalità e la poca semplicità, ma la trovavo una cosa estremamente romantica e volevo metterla. askdhbasd*-* Scusate ancora u.u
Adesso mi dileguo, babies, spero VIVAMENTE che recensiate, perché a me fa piacere. Invece è una delusione orrenda trovare poche recensioni al capitolo, ma tante visualizzazioni. LEGGETE SENZA RECENSIRE?! NON SI FA, NO NO. e.e
Quindi, scrivetemi cosa ne pensate; ne ho bisogno.
Tanto amore,
lavostradolcepandaRose (?). xx

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Capitolo 11
*** "Do, do you like him?" ***


Sì, lo so: sono imperdonabile. Da quand'è che non aggiorno? Settimane? Mesi? ANNI? (?) 
Scusate, davvero.
Sono rimasta un po' delusa per le recensioni; sinceramente, me ne aspettavo qualcuna in più. 
Ah, e questa storia non vi piace o non avete voglia di leggerla, non fatelo. (Anche se siete le protagoniste.) Se siete costrette, mi dispiace. Quindi se non volete leggerla, potete anche abbandonarla qui.
Anyway, ho ritardato molto a causa della scuola e della poca ispirazione. Questo capitolo, infatti, fa un po' cagare proprio perché ero completamente svogliata e poco motivata per scrivere. Scusate ancora.
Spero vi piaccia lo stesso, però. :)
Grazie per seguire la storia, ve ne sono grata. E vi ricordo che una vostra recensione mi farebbe DAVVERO bene, ho bisogno di sapere se la storia vi piace, se dovrei cambiare qualcosa sia nella trama che nel modo di scrivere. Ho davvero bisogno del vostro aiuto.
Quindi... grazie :)

Rose. xx




Capitolo undici: "Do, do you like him?"
 
- Non l’avrei mai detto. - disse Harry appoggiandosi con disinvoltura al frigo guardando orgoglioso la tavola che aveva appena apparecchiato.
- Perché? - domandai senza guardarlo, e accesi la fiamma sotto la pentola dove avevo versato l’olio d’oliva.
- Non hai la faccia di una che sa cucinare. - Rise, arrogante, incrociando le braccia e facendo spallucce.
Lo guardai con un sopracciglio alzato. - Neanche tu hai la faccia di un cantante. - Poi spostai lo sguardo all’aglio che buttai in pentola. - Ti vedrei di più a lavorare dietro il banco di una gelateria. - continuai, distaccata.
Sorrise ancora; sentivo i suoi occhi verdi puntati sul mio viso.
- Com’è vero che sei permalosa. - sussurrò, alludendo, forse, a tutte le critiche su di me che Zayn faceva in sua presenza. Lo guardai male. - Intendo che prima scherzavo. - continuò, serio.
- Non sei nato per fare il comico, evidentemente. - ribattei, fingendo un sorriso che spensi subito. Lui, però, continuò a sorridermi angelicamente, come se le mie frecciatine non lo sfiorassero neanche.
Guardai l’orologio appeso sopra la Tv della cucina; quei quattro erano in ritardo.
Il riccio sospirò e si stropicciò gli occhi, per poi portarsi le sue mani grandi fra i capelli.
- Quanti problemi che ha un diciassettenne, eh? - gli chiesi sarcastica, non aspettandomi una risposta.
- Tu invece sei molto divertente, mora. - Scosse la testa, io lo imitai, e presi a guardare l’aglio sfriggere in pentola. - Comunque… pensavo. - continuò. La sua voce roca così scura era davvero bella, e forse inadatta per un ragazzo così giovane.
Stare in quella cucina, in silenzio, da soli mi metteva a disagio, soprattutto se sapevo che quelle altre quattro, al posto di farmi compagnia, stavano rassettando la casa come delle cameriere.
- A Taty. - aggiunse poi, guardandomi insicuro. Mi voltai verso di lui e, fortunatamente, riuscii a placare il desiderio di sfregiargli il viso d’angelo che si ritrovava con un coltello da cucina.
- È sensibile. -
- Già. - mi appoggiò spostando lo sguardo altrove e facendosi scappare una risata nervosa, mentre le sue labbra sottili si aprivano in un mezzo sorriso.
Alzai gli occhi al cielo. “Bello, ma stupido.” pensai. Poi ritornò a guardarmi, ma aggrottò la fronte confuso; dopo un po’ la distese, come se avesse capito cosa intendessi, e mi guardò come fosse sorpreso.
- No, Rose, ma io non ho intenzione di… -
- Di fare il coglione con lei? Lo spero per te. - lo interruppi inarcando un sopracciglio.
- Ma chi sei, sua madre? Non ha bisogno di qualcuno che la difenda, soprattutto da me. - Si alterò, e la cosa mi fece incavolare.
- Ah, no? - spalancai teatralmente la bocca fingendomi stupita. - Giusto, avevo dimenticato che Harry Styles era un santarellino e non giocava con i sentimenti delle ragazze! -
Rise sarcastico. - Come fai a dirlo se non sai niente di me? - mi sfidò, spalancando le braccia e staccandosi dal frigo, per avvicinarsi. Mi ricordava tanto Zayn con quel suo atteggiamento strafottente e irritante.
- Ti ricordo che è più di un anno che ho quattro ragazze nelle orecchie che, ridendo, come se fosse la cosa più normale del mondo, hanno sempre detto “il riccio è il puttaniere del gruppo”. E mi sembra che qui l’unico con un cespuglio in testa sia tu! - ribattei pronta gesticolando animatamente e continuai prima che potesse rispondere. - Quindi cosa dovrei fare se non provare a difenderla? Le altre sono tutte accecate dal tuo bel faccino e dal fatto che sei un cantante famoso ed io sembro l’unica a ragionare! -
- “Ragioni” un cazzo, moretta! - Si alterò ancora di più, e mi si piazzò davanti, inchiodandomi nei suoi grandi e limpidi occhioni verde smeraldo. Nonostante tutto, sostenni lo sguardo. - E ti ripeto che non sei tu quella che decide della sua vita, quindi, se lei fosse d’accordo, potrei anche portarmela a letto, e tu non potresti evitarmelo. - mi disse serio, puntandomi con un dito.
Sentii il rumore delle chiavi nella serratura della porta di ingresso, ma non ci feci caso. Forse erano tornati i ragazzi, ma avevo altro a cui pensare.
- Prova a toccarla e te la vedi con me. - ruggii quasi, infastidita dal suo modo di fare, mentre le risate di Niall e Louis iniziavano a farsi più vicine.
- Oh-oh! Già tremo! - ribatté, aggiungendo una risata irritante e presuntuosa. - Ma se per arrivare a me devi alzarti sulle punte? - mi provocò, e in quel momento vidi con la coda dell’occhio qualcuno comparire in cucina.
- Un calcio nelle palle e l’altezza non sarà più un problema. - ribattei, sostenendo ancora il suo sguardo, che fortunatamente non mi aveva ancora intimidita. Non sapendo cosa rispondere, si limitò a fissarmi, ancora molto vicino a me.
- Ehi, calmi! Che succede qui? - esclamò Liam che, insieme a Louis, posò le buste della spesa sul bancone della cucina. Mi allontanai di colpo da Harry, e finsi un sorriso a Liam, scuotendo la testa.
Louis si avvicinò a noi due e diede una pacca sulla spalla di Harry, che mi lanciò un’occhiataccia. - Non possiamo lasciarvi soli neanche un’oretta che quasi vi scannate! - Rise rumorosamente e mi schioccò un bacio sulla guancia, lasciandomi impietrita. Gli sorrisi assente e imbarazzata. La discussione con il riccio mi aveva scombussolata.
- Vorrei vedere te a stare anche cinque minuti con questa qui, è insopportabile. - borbottò Harry in risposta, e si diresse verso la porta con fare incavolato. Con violenza spinse via Zayn dall’uscio e, dopo un po’, sentimmo la porta di casa sbattere.
Liam mi guardò confuso, come gli altri tre, ed io sentii gli occhi iniziare a pungermi.
- Io… non volevo, scusate. - sussurrai a testa bassa, e sparii rapidamente anch’io dalla cucina, con quattro paia di occhi su di me.
Avevo rovinato tutto, come sempre.
 
{Harry’s point of view}
-Non mi sono mai rivolto così ad una ragazza prima d’ora. - borbottai, guardando con invidia la sigaretta del moro, che mi aveva appena raggiunto fuori, in giardino.
- Riesce a tirare fuori il peggio di una persona. - mi appoggiò. Fece un altro tiro, e mi offrì la sigaretta, sedendosi anche lui sulla panchina del terrazzo.
- Perché ti sbatte in faccia la verità. - continuai, lasciandomi calmare dalla nicotina.
Mi guardò confuso, poi sospirò e si riprese la sigaretta, riprendendo a fumarla.
- Per quale motivo avete litigato? - mi chiese dopo un po’.
Esitai, ma poi decisi di liberarmi da quel peso. - Per Antonella. È così… protettiva con lei, la considera una bambina. E io le sembro il classico ragazzo “cattivo” da una scopata e via. - Sospirai ancora.
- E non ha ragione? -
Spostai lo sguardo ai suoi occhi, e poi ridemmo insieme. - Tu sei quello meno adatto a farmi la predica. -
Consumata la sigaretta, mi diede una pacca sulla spalla e decidemmo di rientrare in casa. Ero riuscito a sbollire la rabbia.
 
{Rose’s point of view}
Bussai sulla porta aperta della stanza degli ospiti in cui avevano dormito le ragazze; tutte e quattro si fermarono dal rifare i letti e mi guardarono.
- Ma che ca…? -
- Ho litigato col riccio. - spiegai subito interrompendo Frenk, e sentii le lacrime allagare completamente i miei occhi. Mi sedetti sulla punta del letto e le ragazze mi vennero vicino.
- Perché? -
- Non lo so, so solo che come al solito ho fatto l’antipatica e sono riuscita a farlo incazzare, come faccio con Zayn ogni volta che litighiamo. - risposi riuscendo ad evitare l’argomento della nostra litigata.
- Gli passerà subito, fidati. - mi rassicurò Alex, e tutte e quattro mi sorrisero.
- È che… mi dispiace. - sussurrai. Mi buttai fra le braccia di Marty, e lei mi strinse forte a se.
 
Presi un gran respiro e superai l’uscio della porta, trovando il biondo con Liam ad occuparsi dei fornelli e Louis a sistemare l’ultima busta della spesa.
Alex chiese di Harry e Zayn, e Liam le rispose che erano fuori a parlare. Mi sorrise dolcemente, e provai a ricambiare, anche se avevo voglia di andare via da quella casa. Non mi sentivo a mio agio; non era il mio mondo, quello. Non facevo altro che litigare, innervosirmi, litigare e ancora innervosirmi.
Il rumore della porta di ingresso che sbatteva ci annunciò che erano rientrati, ed io mi irrigidii.
Cercai lo sguardo rassicurante di Liam ed ovviamente, appena i suoi dolci occhi scuri incontrarono i miei, riuscii a calmarmi. Forse ero preoccupata per niente.
Infatti, quando Harry entrò in cucina mi sorrise. Credo che diventai rossa fino alle orecchie.
- Harry, io… -
- No, aspetta. Scusami per quello che ti ho detto. - disse piano interrompendomi. Sorrisi involontariamente.
- Devo scusarmi io. So che sono insopportabile, e mi… mi dispiace davvero. - Riuscii a spiccicare parola torturandomi le dita e fissando a terra.
- Non sei insopportabile! - si intromise Niall; lo guardai e risi. - Vabbeh, forse un po’. - aggiunse scoppiando a ridere con tutti gli altri.
 
 
- Sapevo che sareste andati d’accordo, avete dei caratteri che stanno bene insieme. E poi vi vedo bene come amici. - mi rispose Alex tutta sorridente.
Alzai un sopracciglio.
- Occhei, occhei! Sono un po’ gelosa, ma è normale! - continuò, e ridemmo entrambe. - Ma me lo farò passare, visto che dovrei essere gelosa di chiunque tranne che delle mie migliori amiche. - continuò poi, seria.
Sospirai nuovamente, e sorrisi. - Grazie. Liam è l’unico con cui sono diventata amica fino ad ora e… -
- Sssh! - mi zittì. - Lo capisco, è tutto occhei! - Mi strinse forte in un abbraccio e mi accarezzò i capelli.
- Ti adoro. - sussurrai ricambiando la stretta.
Tornammo nel salotto portando l’ultimo scatolone, e trovammo Louis e Frenk inginocchiati a terra alle prese col montaggio di un albero verde scuro con le punte innevate. L’aria natalizia mi aveva invaso solo entrando in quella stanza; erano tutti indaffarati con degli scatoloni, compreso il moro, che rigirava attento le palline tra le mani e le selezionava in base al colore, mentre rideva e chiacchierava con Harry. Sembrava davvero essere passato tutto tra noi. Avevamo pranzato tutti insieme e mi avevano fatta sentire a mio agio. Più passava il tempo più mi sentivo a casa.
- Oh, ma che tristezza! Avete una radio? - chiese Alex ai ragazzi appena appoggiammo lo scatolone impolverato a terra.
- Subito, mademoiselle. - Liam lasciò cadere uno dei tanti festoni sul divanetto e corse ad accendere la radio, che in quel momento trasmetteva “Last Christmas”, rendendo il tema. Mi chiedevo ancora come fosse possibile che il sette dicembre fosse come un giorno qualsiasi, e il nove già sembrasse Natale.
- Cosa posso fare? - chiesi al biondo che cercava di sbrogliare un festone dorato da uno rosso.
- Aiutami qua, sto per stracciare tutto! - urlò esasperato.
Ci sedemmo sulla minipoltrona e iniziammo ad armeggiare insieme con i due festoni, ma i miei occhi ricadevano puntualmente sulla figura slanciata che rideva insieme al riccio in fondo alla stanza. L’ultima volta in cui guardai dalla sua parte lo trovai che mi guardava. Mi accennò un sorriso; lo ricambiai e arrossii come una bambina, e spostai lo sguardo.
- Ti, ti piace? - balbettò a bassa voce Niall, spostando i suoi occhioni azzurri da Zayn a me. Sentii le guance arrossire nuovamente mentre sostenevo quello sguardo dolce e profondo, e maledissi la mia carnagione candida, imprecando in tutte le lingue nella mia testa. - Scusa. Non volevo metterti a disagio. - Sorrise, comprendendo il mio silenzio.
- Non mi va di parlare di certe cose, tutto qua. - lo rassicurai subito, sfilando la parte finale del festone da un nodo, mentre le sue mani allargavano gli spazi tra i due grandi fili. - Invece, tu e Marty? -
Mi sorrise mostrando fiero il suo apparecchio. - Un giorno riuscirò a dirle che mi piace, ma voglio aspettare un po’. Sono un ragazzo serio e non mi piace giocare con le ragazze, preferisco la Nintendo. - Continuò a sorridere. Il viso di quel ragazzo metteva allegria.
- Ce ne sono pochi di ragazzi come te. - gli dissi, e stavolta fu lui ad imbarazzarsi come un bimbo.
Appena finimmo di sbrogliare i due festoni, dalla radio si iniziarono a sentire dei campanelli natalizi di una nuova canzone, poi la voce di Mariah Carey riempì la stanza. Adoravo quella canzone, era la più romantica tra quelle natalizie.
Mi alzai e raggiunsi Taty, aiutandola ad aprire uno scatolone. - Questa canzone è stupenda. - le sussurrai all’orecchio mentre canticchiava.
- I just want you for my own… - La voce di Zayn si confuse con quella della Carey dopo qualche battuta. Mi voltai lentamente e incrociai il suo sguardo. - …more than you could ever know. - Mi sorrise e fece liberare le farfalle nel mio stomaco.
“Ti voglio tutta per me, più di quanto potresti mai immaginare”.
Mi morsi un labbro e pietrificata dall’imbarazzo mi accarezzai la nuca con una mano. Non andavo matta per quel tipo di attenzioni in pubblico.
“Fai realizzare il mio desiderio” continuò in inglese con i suoi occhi fissi su di me, insieme a quelli di tutti i presenti. “Tutto ciò che voglio per Natale sei tu” concluse mostrandomi uno dei suoi sorrisi sghembi.
Ricambiai il sorriso. Per la prima volta riuscii a non calcolare le gomitate di Taty, le occhiate maliziose di Harry e Louis o il commento di Liam - Hai capito Malik! - che fece scoppiare a ridere il moro. Mi limitai a sorridere a quel Narciso che, tutto sommato, non era poi così tanto male.
 
Quel pomeriggio mi resi conto che il proverbio “il tempo passa in fretta quando si sta bene” era più che veritiero. In effetti, ero stata proprio bene. L’imbarazzo mi aveva accompagnata tutto il tempo, ma ero riuscita a sentirmi bene anche in mezzo a cinque ragazzi come loro. Sembravano del tutto normali; mi ero persino dimenticata che tutta Londra, e forse anche l’intera Inghilterra o l’intera Europa, li amava.
In più con quella testa riccia avevo risolto tutto. Parlando civilmente, capii che forse era davvero disposto a cambiare per “la mia cucciola”, e che magari ero anche esageratamente protettiva nei suoi confronti. Mi aveva abbracciata dicendomi - Spero di non litigare mai più con te. - e l’avevo trovata una cosa stupenda. Notando il rossore sulle mie guance era scoppiato a ridere, ed io l’avevo colpito con un pugno, ma guadagnai un sorriso sincero da parte sua. A mano a mano stavo riuscendo a conoscerli uno ad uno in modo positivo ed ero sulla buona strada per diventare amica di tutti e quattro, prospettiva da me lontana anni luce giusto cinque minuti prima della nostra riappacificazione.
 
Una volta uscite dal retro della casa dei “One Direction”, suonava ancora strano dirlo, le ragazze decisero di andare a fare shopping per la serata, io invece tornai a casa. In un’oretta mi preparai e per le otto e mezza ero già in servizio dietro il mio bar; da lì a due ore avrei rincontrato quei cinque, e forse non ero neanche pronta psicologicamente alla serata. Non sapevo cosa aspettarmi. Non sapevo se Zayn sarebbe venuto. E soprattutto non sapevo cosa avrebbe fatto se fosse venuto. O forse sì. Avevo una forte sensazione che si sarebbe divertito, scordandosi improvvisamente di tutte le parole dolci che mi aveva detto, di quelle due giornate passate insieme, dei sorrisi, delle canzoni che mi aveva in un certo senso dedicato, di me che avrei lavorato tutta la notte al posto di stare con i ragazzi. Eppure una parte di me non lo riteneva capace di farlo.
E così servendo i vari drink ai vari clienti - la maggior parte erano ragazzi che ci provavano con me con scarso risultato - continuavo ad assistere alle mie lotte interiori inerme, da spettatrice. In quel momento volevo solo che Narciso fosse piombato lì a dimostrarmi che tutto ciò che mi frullava in testa non aveva neanche una virgola di verità. 

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Capitolo 12
*** "I'm sorry." ***


MADONNA, MI SENTO COSì IN COLPA AD AGGIORNARE DOPO TANTO TEMPO D:
scusate.
è che... boh, giuro, l'ispirazione non c'è, non esce, non viene.
minchia.
infatti questo capitolo... ammettiamolo: fa cagare. magari si riprende giusto alla fine, ma per il resto fa cagare. e vi chiedo scusa, anche perché è chilometrico.
comunque, spero vi accontentiate lo stesso çç
grazie mille per seguire ancora la storia ^^
vi voglio bene!


rose. xx




Capitolo dodici: “I’m sorry.”
 
{Frenk’s point of view}
Erano passati già una quarantina di minuti, e in quella boutique non avevo trovato nulla. Niente che potessi mettere alla prima uscita ufficiale col mio ragazzo, niente che mi stesse bene, niente di adatto, niente del colore giusto: niente di niente.
Il cellulare squillò e lo recuperai dalla tasca della camicia. Era un messaggio.
“Non vedo l’ora che venga stasera. Mi manchi già. Lou xx”
Al posto di sorridere come ogni volta che ricevevo un suo sms, sbuffai e gettai il telefono sul grande pouf azzurro fuori i tre camerini delle ragazze.
- Cazzo, ma così non aiuta! - urlai esasperata, e mi infilai le mani fra i capelli.
- Non preoccuparti tesoro, adesso che finiamo qui cerchiamo qualcosa anche per te. - mi rassicurò Marty spuntando con la testa dietro la tenda del suo camerino.
- E Rose! - ci ricordò Alex uscendo dal suo e facendomi segno di tirarle su la zip del vestito.
- Quella minimo ci uccide. Sapete com’è fatta. - borbottò Taty uscendo anche lei.
- Pazienza, o mette il nostro completo, o si arrangia. E non penso voglia lavorare tutta la sera mentre noi ci divertiamo. - ribattei, e intanto anche Marty uscì dal suo camerino. Le guardai tutte e tre da capo a piedi. - Siete bellissime. -
Mi sorrisero soddisfatte; - Magari! - sospirò Taty rientrando nel suo camerino. Anche Alex e Marty entrarono a cambiarsi, ed io mi ricordai di dover rispondere al messaggio di Louis.
“Mi manchi anche tu. Però sono in crisi: non so cosa mettermi. Frenk xx”
Lo inviai e ripresi a vagare nella boutique di Marty, che ormai alle nove di sera era deserta, in cerca di qualcosa.
Dopo un po’ il cellulare squillò ancora.
“A me vai benissimo anche nuda. :D xx”
Iniziai a ridere come una cretina.
“Hazza, restituisci il cellulare a Lou, SUBITO.”
- Frenk, dove cavolo sei?! - urlò Taty.
- Qui, capo! - le risposi, distratta dal nuovo sms.
“Dio, scusalo. Sai com’è fatto. Ancora non riesce ad accettarti. ahahah”
- Che ne dici di questo? - Taty richiamò la mia attenzione su un vestito a fiori lungo fino al ginocchio, senza spalline.
- Il motivo mi piace ma… è troppo elegante. - Storsi il naso. Lei sbuffò e girò i tacchi, così risposi all’sms.
“Digli da parte mia che non interferirò mai in Larry. E salutalo. :)”
Ebbi presto la risposta:
“Mmh. Ti manda un bacio, ma a quello ci penso io stasera.  ;) Adesso vado a cercare anch’io qualcosa da mettere, Zayn mi sta rompendo le palle da quando siete andate via. Ciao, ti adoro. A stasera xxx”
Stavolta sorrisi e mi rilassai. Ancora non ci dicevamo “ti amo”, un “ti adoro” bastava. Non mi aveva mai chiamata “amore”, e scoppiavo dalla gioia di sentirglielo dire la prima volta. Sapevo fosse troppo presto, ma valeva la pena aspettare.
“Non farti troppo bello altrimenti io e Styles stasera ti incateniamo. Ti adoro anch’io xxx”
Risposi e finalmente infilai il cellulare in tasca.
- Gurls! - urlò stavolta Alex, forzando un accento americano.
La raggiungemmo tutte e tre ridendo e lei si appoggiò un completo addosso.
- Questo va bene per Rose. - continuò maliziosa.
- Pensi davvero che si metterà ‘sto coso? Preferirebbe rimanere con la felpa e le superga tutta la sera. -
- O così o niente. - disse subito Marty facendo l’occhiolino.
- E come la mettete con Emily? Sapete che non le da una sera libera neanche se la paga. -
- Pensa positivo! Troveremo il modo. - ribatté Alex.
- Quella lì ci fa male. - ripeté Taty dopo un po’. Noi tre alzammo gli occhi al cielo, poi scoppiammo tutte a ridere.
 
{Rose’s point of view}
Erano quasi le undici e avevo ormai perso il conto delle volte che guardavo l’ingresso con la speranza di vedere i cinque visi familiari che aspettavo, quando finalmente notai la testa bionda di Niall spuntare tra la folla all’ingresso. Insieme a lui c’erano Harry e Liam, e subito vennero assaliti da un gruppetto di ragazze che da lontano sembravano molto belle. Dopo aver scattato qualche foto con quelle lì, iniziarono a guardarsi intorno. Liam trovò il mio sguardo, richiamò gli altri due e mi indicò. Mi sorrisero tutti e tre ed Harry mi salutò con la mano. Ricambiai il sorriso e mi sentii mancare il fiato dalla timidezza che mi invase all’improvviso. Speravo solo che prima o poi l’avessi superata.
Lasciai il bar e gli andai incontro. Salutai tutti e tre con un bacio sulla guancia, dovendomi sporgere un po’ sulle punte. Erano terribilmente alti rispetto a me. Sentii le guance andare a fuoco, ma sotto le luci della discoteca non si notava, quindi svampai in fretta.
- Ma Louis e… Zayn? - chiesi, abbassando il tono nominando Narciso. Niall ed Harry mi guardarono maliziosamente e ridacchiarono. Io sbuffai, ma ridendo. Mi ero promessa di non incazzarmi quella sera.
- Ci avevano detto di avviarci dentro, tra poco entrano. - mi rispose Liam comprensivo guardando male quei due in mia difesa.
Tornammo al bar e loro si sedettero sugli sgabelli del bar.
- Avete sentito le ragazze per caso? Non è da loro essere in ritardo. - chiesi preoccupata riguardando l’ingresso, fingendo di sperare di vedere loro, e non chi davvero cercavo.
- Ho sentito Marty, ha detto che avevano avuto problemi a trovare dei vestiti o qualcosa di simile. - mi disse l’irlandese guardando insieme a me l’ingresso.
Feci spallucce, e vidi arrivare due ragazze al bancone. Erano vestite molto eccentricamente, persino rispetto al look delle classiche ragazze londinesi. Una era davvero bruttina, molto magra, quasi scheletrica, con un naso biforcuto e lungo. L’altra era abbastanza in carne e portava vestiti decisamente troppo stretti per la sua taglia. Harry le squadrò, poi iniziò a ridere alle loro spalle, contagiando Niall; Liam si trattenne. Li guardai male, servii le ragazze sorridendo più che potessi e sperando che non si accorgessero di quei due dementi.
- Siete due bambini. - li rimproverai una volta che si erano allontanate, facendoli smettere di ridere. Scossi la testa, il riccio alzò le spalle. 
 
Mentre il biondo e il riccio erano occupati in un’interessantissima conversazione su FIFA, riguardai ancora l’ingresso e finalmente vidi Louis entrare, seguito dal moro. Anche loro si guardarono intorno, poi le stesse ragazze che poco prima avevano fatto le foto con gli altri tre, gli andarono incontro. Una ragazza dai capelli rossi, mossi e a caschetto, si buttò fra le braccia di Zayn che inizialmente guardò Louis confuso, poi ricambiò l’abbraccio e fece scivolare distrattamente le mani fino alla fine della schiena, poco prima del sedere.
Spalancai gli occhi, mentre sentivo lo sguardo di Liam sul viso. In conseguenza alla mia reazione si voltò nella direzione in cui guardavo e rimase a fissarli, poi riguardò me. Intanto i miei occhi non si erano ancora distratti dalla figura del moro, mentre i suoi finirono diretti sulla scollatura della rossa. Alzai le sopracciglia e sentii la rabbia salirmi dal centro dello stomaco fino alla gola, poi sentii gli occhi pungermi. Sbattei le palpebre un paio di volte e presi un breve respiro.
Liam sospirò. - Rose, lui… -
Alzai lo sguardo ai suoi occhi, poi scossi la testa e sorrisi, facendolo interrompere.
- Non importa. - sussurrai, sbattendo di nuovo le palpebre appena sentii le lacrime riaffiorare. Cercò di ribattere, ma io mi voltai e iniziai a sistemare le bottiglie di alcolici nella cristalliera, girandole dal verso giusto, per evitare la conversazione.
Dopo neanche due minuti, due mani grandi si posarono sui miei occhi ed un fortissimo profumo al sapore di vaniglia mi invase. Mi salì il cuore in gola, ma presi quelle due mani e le tirai bruscamente via dal mio viso. Mi voltai ritrovandomi a pochissimi centimetri di distanza dal viso di Zayn, e mi si mozzò il fiato.
- Buonasera. - sussurrò sorridendo appena e avvicinò rapidamente le sue labbra alla mia guancia, ma io mi ritrassi e lo spinsi via per quando le mie braccia potessero. Al contatto col suo petto mi salì un brivido lungo la schiena, visto che lo scuro maglioncino largo che indossava era abbastanza sottile che al tatto sembrò quasi inesistente.
Corrugò le sopracciglia e mi guardò confuso, riprendendo in fretta la nostra distanza iniziale.
- Che c’è? - mi soffiò, facendomi percepire il suo respiro sulle labbra.
- Sto lavorando. - risposi fredda senza guardarlo, e lo spinsi ancora una volta via da me. Mi spostai da lui e cercai di passargli affianco, ma mi bloccò per un braccio. Scrollai la presa e feci incrociare i nostri sguardi.
- Veramente sei incazzata. - appurò alzando le sopracciglia. - Oggi pomeriggio era tutto a posto, mi pare. -
Sbuffai.  - Pensavi ti avrei accolta saltandoti addosso? - chiesi sarcastica.
- No, ma non pensavo neanche che avresti rifiutato un semplice bacio sulla guancia. - mi rispose in tono accusatorio. - Non mi dai neanche il tempo di respirare che sei già incazzata con me. Non posso stare sempre a chiederti scusa, tesoro. - continuò freddo; alzò le spalle e uscì da dietro il bar, dirigendosi di nuovo all’entrata della discoteca. Lo seguii con lo sguardo fino a che non lo vidi aprire incavolato la porta d’uscita e sbatterla alle sue spalle.
Mi voltai e trovai i ragazzi a guardarmi. - E quello ad incazzarsi è stato lui! - commentai.
- Non si è reso conto di quello che aveva fatto, per lui è normale. -
- Oppure non sapeva l’avessi visto, il che peggiora le cose, Liam. - ribattei.
- Ma perché, che ha fatto? - chiese Louis ai ragazzi prendendo posto accanto al riccio. - Comunque ciao bella. - mi salutò con un cenno della testa e sorrise. Provai a ricambiare, ma sentivo la rabbia fumarmi persino dalle orecchie.
- Per quella rossa che li ha salutati? - mi domandò Harry sorpreso.
Alzai un sopracciglio in risposta. - Rose, è un uomo. Cerca di capire che non sono tutti dei santi. - continuò Niall.
- Infatti io non ero arrabbiata con lui! - mi difesi. Risero tutti e quattro per schernirmi. - No, infatti. - ribattei. - Mi davano solo fastidio le sue mani su di me dopo che aveva toccato quella lì in tutti i posti a lui possibili, tutto qui. - dissi rapidamente e feci spallucce. Loro ridacchiarono ancora.
- O forse ti eri ingelosita talmente tanto da incazzarti. - mi provocò Louis.
- Ma da che parte state voi? - lo accusai ridendo. - Parlando seriamente, io non sono gelosa di lui, non ne ho motivo. -
- Certo. - disse scocciato il riccio per prendermi in giro. Sbuffai e lo fulminai con lo sguardo senza ribattere ancora: avremmo continuato tutta la sera.
- Comunque è meglio che qualcuno lo fermi prima che si fumi tutto il pacchetto. - ridacchiò Liam alzandosi, e lo seguì.
 
{Harry’s point of view}
Guardai l’orologio. Erano quasi le undici e mezza e le ragazze erano in ritardo. Il cellulare vibrò e lo sfilai dalla tasca, per poi appoggiarlo scocciato sul bancone del bar di Rose. Mi affrettai ad aprirlo subito dopo aver letto il mittente e aver sorriso come un ebete.
“Ciao riccio :) Siete già lì? Noi arriviamo tra cinque minuti. ;)”
Con uno strano nervosismo iniziai a scrivere freneticamente.
“Ehi tesoro!” iniziai. Poi cancellai. “Ciao bellezza.” Cancellai ancora. “Sera piccola!” Cancellai per l’ennesima volta e diedi un leggero pugno sul bancone. Sbuffai e mi guardai intorno.
- Oh, che hai? - Niall mi guardò con uno sguardo indagatore. Gli porsi quasi sbattendolo il cellulare.
- Non so come risponderle. - gli risposi a bassa voce.
Lesse il messaggio dal cellulare, poi mi guardò un secondo e mi scoppiò a ridere in faccia. - Che hai da ridere, deficiente?! - risposi rude riprendendo il cellulare.
Ridacchiò ancora. - Che ne dici di un semplice “Ehi Taty! Sì, siamo già in discoteca e vi aspettiamo. A dopo!” ? -
Inarcò un sopracciglio. Sospirai e annuii, poi scrissi esattamente quello che mi aveva consigliato il biondo. Di solito lui non sbaglia mai. Le ragazze lo considerano sempre il più dolce e romantico del gruppo, stranamente, e qualsiasi cosa faccia è sempre giusta per l’altro sesso. Solo per questo seguo i suoi consigli.
Intanto Liam e Zayn erano rientrati, e la mora incazzosa dall’altra parte del bancone si scambiava degli sguardi assassini col moro. Sembravano odiarsi. Eppure non scambiavano parola.
Un ragazzo si avvicinò al bancone, chiese una birra e fece un occhiolino a Rose prima di andar via. Avrei potuto scommettere che le sue guance si fossero colorate di sangue per l’ennesima volta, mentre lei rimaneva con le sopracciglia alzate, stupita dal gesto. Zayn guardò la scena in silenzio, lo vidi serrare la mascella. Poi si scambiò uno sguardo complice con Niall, e il biondo rise di lui come poco prima l’aveva fatto di me.
Louis, intento a messaggiare, alzò lo sguardo e ci avvisò che le ragazze erano arrivate.
Persi un battito e mi voltai, ancora seduto, verso l’ingresso.
- Non… non dovremmo andare ad accogliere le fanciulle? - domandai guardando ancora nella stessa direzione e rapidamente scesi dallo sgabello. Così mi avviai verso il portone senza aspettare risposta. Sapevo che mi avrebbero seguito.
Mentre ancora camminavo disinvolto verso la porta, questa fu attraversata da Frenk. Louis le andò in contro quasi correndo e la salutò con un lungo bacio sulla guancia. Lei socchiuse gli occhi. Volevano mantenere la cosa segreta per un po’; io non avrei resistito a trattare la mia ragazza come un’amica qualsiasi.
“Cavoli suoi” pensai liquidando quei pensieri appena la ragazza di cui mi importava di più al mondo quella sera oltrepassò la soglia della discoteca dopo Marty e Alex fissandosi le scarpe. Aveva un cappottino bianco da cui spuntavano dei jeans e un paio di tacchi neri con un piccolo fiocco sulla punta decisamente alti. I capelli erano raccolti in una coda ed il ciuffo le svolazzava libero sulla sinistra. Se anche avesse avuto del trucco, nessuno avrebbe potuto accorgersene. Era tutta naturale, aveva solo del rimmel sulle ciglia, forse.
“Ma che mi importa?!” mi chiesi ancora cogliendo la stupidità di quei particolari che notavo. Si sfilò il cappottino lasciando scoprire la camicetta rosa attillata che indossava, e poi lo porse alla ragazza del guardaroba, sorridendole gentilmente.
- Taty! - la chiamai appena fui abbastanza vicino a lei.
Si voltò di scatto verso di me e il volto le si illuminò. Ci sorridemmo, poi si buttò tra le mie braccia, avvolgendo le sue attorno il mio collo.
- Ciao riccio. - mi disse affondando la testa nel mio petto. Nonostante i tacchi era comunque più bassina di me.
- Buonasera principessa. - riuscii a sussurrarle ricevendo una fitta allo stomaco. Cercai di ricambiare l’abbraccio varie volte, fino a che trovai il coraggio di posarle le mani dietro la schiena, provando ad essere meno indiscreto possibile. Era la prima volta che mi succedeva di essere impacciato con una ragazza. Spesso era il contrario.
Quando sciogliemmo l’abbraccio mi guardò con quei suoi piccoli occhi verde mare, insicura, poi abbassò lo sguardo. Era meravigliosamente timida.
Non sapevo cosa dire per farle alzare lo sguardo: improvvisamente diventai timido anch’io. Mi guardai intorno e notai che le altre ragazze avevano già salutato i ragazzi, e si stavano avviando di nuovo verso il bancone di Rose.
- Ehm, devi… devi salutare Rose? - balbettai, e nella mia testa iniziai ad imprecarmi contro. “Fai l’uomo” mi ripetevo.
Lei annuì e sorrise, così insieme tornammo al bancone, e il tentativo di fare l’uomo andò a puttane quando continuai a sorriderle come un idiota tutto il tempo.
 
 
Rose alzò lo sguardo dal cocktail che stava preparando per un cliente. - Avete intenzione di rimanere qua tutta la sera? Andate a divertirvi, per me non c’è problema. - disse alle ragazze, poi servì i ragazzi che si affrettarono ad andare via.
- Sicura? - le chiese Frenk.
- Ma è ovvio! Non vi voglio fra i piedi mentre lavoro. - rispose seria. - Aria! - ci cacciò ridendo.
Così ne approfittai per afferrare la mano di Taty e trascinarla verso la pista. Da quanto mi aveva detto, amava ballare.
 
{Rose’s point of view}
- Non mi va di ballare, seriamente. -
Sentii Narciso rifiutare l’invito di Liam e Niall, ma non distolsi lo sguardo dal quarantaduesimo cocktail della serata. Portavo il conto ogni sera, solo per sfizio. Sapevo che prima della fine della serata l’avrei perso, ma continuavo a farlo ogni volta.
Così servii alle tre donne i loro drink, e mi accorsi che Zayn era appoggiato ad una colonna alla sinistra del bar con le braccia incrociate che osservava distrattamente la gente andare avanti e indietro. I nostri sguardi si incrociarono per un secondo, poi io guardai altrove. Con la coda dell’occhio vidi che sempre distrattamente, quasi fischiettante e con le mani nelle tasche dei pantaloni iniziò a camminare verso di me. Saltellò il gradino con un’espressione buffa sul viso e mi si piazzò di fronte. Finalmente si decise a guardarmi, e sorrise.
- Sei ancora incazzata, senza motivo, con me? - mi domandò.
Ero terribilmente tentata dal sorridergli, così spostai lo sguardo e iniziai a mordermi le labbra.
- Che ho fatto da non meritarmi neanche il saluto? - Mi inchiodò con lo sguardo spostandomi delicatamente il mento verso di lui e si avvicinò lentamente ai miei occhi, mentre il mio cuore iniziava a battere sempre più forte.
- Quello che ho detto prima valeva anche per te. - balbettai. - Non ti voglio tra i piedi. - continuai più sicura.
Si allontanò di un passo e sospirò pesantemente, si voltò di spalle e si prese la testa tra le mani. Poi si girò di nuovo verso di me.
- Sei… sei impossibile. -
- Ha parlato mister simpatia. - mi affrettai a ribattere calma. Lui sospirò ancora esasperato.
- Cavolo, ma te ne rendi conto almeno?! Sei irritante! -
- Anche tu mi irriti, quindi direi che stiamo pari. - risposi con la stessa calma di prima. Non avevo voglia di litigare ancora. Prima che potesse parlare, lo interruppi per riprendere. - Senti, non so per quale motivo ti ostini a cercare di essermi amico. Qui quello che non si rende conto di qualcosa sei tu, tesoro. Non siamo fatti per essere amici, e neanche conoscenti. Non facciamo altro che litigare ogni cinque minuti, se non te ne fossi accorto. E in più tu continui ad aggiungere un mio difetto alla lista delle cose che, ormai ho capito, tu odi di me, ogni volta che proviamo solo a parlare. Quindi sai che ti dico? Mi sono rotta le palle di sentirmi disprezzare da qualcuno di cui me ne sbatto altamente. Vattene semplicemente a fanculo, sparisci dai miei occhi, e sparisci dalla mia vita, Malik. -
Ci fissammo per un po’ negli occhi, i suoi mi sembrarono brillare. Poi lui abbassò lo sguardo a terra e si morse un labbro. Girò i tacchi e andò semplicemente via, senza dire nulla. Prima che raggiungesse l’uscita, vidi Liam fermarlo. Si dissero qualcosa nell’orecchio, Liam annuì e lui riprese a camminare. Si chiuse la porta alle spalle senza neanche guardarsi indietro.
Mi salì un nodo in gola. Non potevo crederci, non volevo crederci. Non riuscivo ancora a rendermi conto di averlo appena cacciato via. Volevo riuscire a trovare un modo, una soluzione per sistemare tutto ma mi sentivo presa dal panico. Pensai di chiamare una delle ragazze al cellulare, poi scacciai l’idea. Senza neanche pensare alle conseguenze col lavoro, iniziai a correre ringraziando Dio di avere un paio di Superga al piede. Attraversai la discoteca in pochi secondi e raggiunsi l’uscita. Aprii la porta e mi fiondai fuori, iniziandomi a guardare intorno. Vedevo solo coppiette scambiarsi “effusioni” non caste e degne di questo nome sparsi sulle varie panchine. Finalmente vidi del fumo svolazzare in lontananza da dietro un muretto, e tirai un sospiro di sollievo. Raggiunsi quel muretto e riconobbi il suo ciuffo inconfondibile che fuoriusciva, più alto del muro.
- Ehi… - lo chiamai. Si voltò, e mi guardò sorpreso da sopra la spalla. Era seduto a terra, con i gomiti sulle ginocchia e riuscivo a malapena a vedergli il viso, quel lampione sulle nostre teste non serviva a tanto.
- Non volevi che sparissi dalla tua vita? Perché sei qui? - La sua voce sembrò ancora più cupa. Era incavolato nero con me.
- P-posso sedermi? - gli chiesi insicura. Fece spallucce e riprese a guardare davanti a se, quindi non persi tempo e mi avvicinai a lui, per poi sedergli affianco. Continuò a fumare come se non ci fossi, guardando il cielo.
- Senti, io… non pensavo davvero quello che ti ho detto. - iniziai. - Forse… boh, sono stata un po’ dura con te. - ammisi, e iniziai a torturarmi le dita. Lui fece un altro tiro di sigaretta e soffiò il fumo lontano da me. Poi mi guardò inespressivo. - Malik… - sussurrai, e mi morsi il labbro. Guardai altrove e sbuffai. - Lo sai che non sono brava con le parole, cosa pretendi? Non so come… - mi interruppi e sbuffai ancora, prendendo la testa tra le mani. - Almeno dì qualcosa. - lo implorai, e lui mi riguardò per un secondo, poi perse ancora lo sguardo al cielo, e sospirò un altro tiro di sigaretta.
Non sapendo cosa fare, lo guardai ancora, ma lui non ricambiò lo sguardo. Gli sfilai la sigaretta dalle dita e la portai lontana da noi; mi sporsi lentamente e posai le mie labbra sulla sua guancia. Le lasciai lì per qualche secondo, mentre sentivo letteralmente le farfalle nello stomaco, poi le staccai, nonostante quei secondi sembravano essere durati un’eternità. - Scusami. - gli soffiai all’orecchio, mentre lui rimaneva immobile. Mi allontanai un po’ dal suo viso, lo guardai negli occhi e gli accennai un sorriso, sperando che funzionasse. Ero dovuta ricorrere agli occhi dolci e l’espressione da cucciola.
Mi alzai da terra e gettai la sigaretta, per poi spegnerla sotto la scarpa. Non mi era neanche sfiorato per la testa il pensiero di restituirgliela, non volevo fumasse.
Non gli rivolsi neanche uno sguardo, ero fin troppo imbarazzata per quel bacio, così andai semplicemente via, sperando che quello squallido “scusa” gli avesse fatto capire che mi dispiaceva avergli detto quelle cose, che poi neanche pensavo davvero. Stupida gelosia.
Perché poi alla fine antipatico, narcisista, irritante e presuntuoso che fosse, Zayn mi piaceva. 

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Capitolo 13
*** Yes, I was an asshole. ***


ma buonasera! :')
ho tante cosine da dirvi, ma devo per forza farlo dopo il capitolo, visto che non posso anticipare nulla. 
quindi, a dopo. 
rose vi saluta. meow (?).




Capitolo tredici: Yes, I was an asshole.
 
No, in effetti non credevo di essere il classico esempio di maturità.
Dare un bacio su una guancia ad un ragazzo e poi scappare via imbarazzata non mi rendeva una diciottenne matura. Devo ammettere che il mio carattere era più appropriato ad una timida e impacciata quattordicenne alle prime esperienze amorose.
Nonostante la figura di merda appena fatta, i miei pensieri non erano occupati solo dalla situazione di cinque minuti prima. Più che altro prendeva il sopravvento tra i miei squallidi pensieri la partaccia che entro una manciata di secondi avrei dovuto sopportarmi.
- Quante volte ti avrò detto che devi stare inchiodata qui dietro per tutto il turno?! - mi disse con voce stridula la mia eccentrica datrice di lavoro, una volta arrivata barcollando sui suoi tacchi centoventi.
- Scusi Emily, io… -
- Hai anche la faccia tosta di chiedere scusa?! Sai benissimo che ci metterei poco a licenziarti, come ho fatto con le tue ex colleghe! - mi puntò con l’indice. O avrei dovuto dire con l’unghia finta chilometrica che le pendeva dal dito.
- È che…-
- Non puoi assentarti dalla tua postazione per tutto questo tempo! Ti rendi conto quanti clienti mi fai perdere così?! - continuò a sbraitare con quella sua voce assolutamente acuta ed irritante, che si addiceva in pieno al suo viso spigoloso e sformato.
- Ne avete guadagnati altre cinque, mademoiselle. - si intromise una voce, che associai subito al viso del riccio appena spuntato dalle spalle della vipera. Lei lo guardò confuso. - Piacere, Harry Styles. One Direction, ha presente? - le disse facendole il baciamano e mandandole un’occhiata maliziosa. Riuscii a trattenere una risata. - Deve ringraziare Rose se stasera i One Direction sono qui. Poco fa era assente perché stavamo giusto parlando della bellezza della sua discoteca. - Ci scambiammo uno sguardo di intesa.
- Ma avresti potuto dirmelo, tesoro! - mi disse Emily cordialmente.
- Ci ho provato. - risposi ricambiando il sorriso finto.
- Cosa ne dice di conoscere il resto della band? Lasciamo pure Rose al suo lavoro. - le disse Harry ammaliandola con lo sguardo. Le porse il gomito, da gentlemen, e la portò via dopo esserci scambiati un altro sguardo complice. Gli mimai un grazie giusto prima che voltasse le spalle e portasse via quella vipera da me.
 
 
- Davvero mi lascia la sera libera? - le chiesi incredula sorridendole per la prima volta sinceramente da quando lavoravo nella sua discoteca.
- Ma certo tesoro, lo sai che non ci sono problemi per me. Buona serata! - si liquidò Emily gentilmente barcollando via sui suoi trampoli.
Rapidamente lasciai tutto sul bancone e corsi dalle ragazze, che mi aspettavano qualche metro più il là, nella folla della discoteca.
- Adesso spiegatemi come avete fatto! - esclamai appena arrivai da loro.
- L’hanno convinta i ragazzi. - mi rispose Taty sorridendomi.
- A loro modo. - aggiunse Frenk facendo ridere tutte.
- Però… non sono vestita esattamente… da discoteca. Magari è meglio se torno a casa, no? Voi state con i ragazzi e… -
- Ma zitta tu che hai il culo di avere quattro fate madrine! - mi disse Marty ridendo. Spalancai gli occhi.
- Perché le fate bere?! Sapete che non regge l’alcol! - urlai nel panico prendendole il viso tra le mani e guardandole gli occhi in cerca di un rossore, sperando non fosse completamente ubriaca.
Si scrollò le mie mani dal viso. - SONO SOBRIA, DEFICIENTE! - sbottò seria posandomi le mani lungo i fianchi.
Frenk e Taty iniziarono a ridere come due matte.
- Intendeva che ti abbiamo preso dei vestiti prima di venire qui, amore. - spiegò Alex sorridendo, e mi pose una borsa.
Stavolta spalancai la bocca per la felicità. - Cristo, ma io vi adoro! -
Mi buttai praticamente fra le loro braccia. Il pensiero di rimanere in jeans e t-shirt tutta la sera mi stava davvero scomodo.
- Adesso però muoviti a cambiarti che è quasi mezzanotte, e io non voglio ritirarmi di nuovo alle sei! - sbuffò Taty, e al pensiero della nostra ultima uscita ridemmo entrambe.
- Ehm, noi avvertiamo i ragazzi che siete qui. Veniamo tra poco! - Alex prese Marty e Frenk per mano e le trascinò via con se, mentre Taty mi spinse in bagno mandandogli un’occhiataccia furiosa, che lì per lì non capii.
Mi fu tutto chiaro non appena Taty tirò fuori gli abiti dalla borsa.
- MA SEI MATTA?! QUESTO STRACCIO NON MI COPRE NEANCHE UN CENTIMETRO DI PELLE! - le sbraitai contro.
- Calmati, mora! - mi disse scuotendomi le spalle. - O così, o jeans tutta la sera. Vuoi sembrare una bambina, per caso? Non ci farai una bella figura davanti l’intera discoteca. - Provai a protestare, ma mi interruppe. - Adesso tu ti infili questa roba senza discutere e sappi che non uscirai da qui dentro finché non ti sarai cambiata.- Mi sbatté i vestiti sul petto, minacciosa e stranamente sicura, guardandomi male.
- Va bene, scricciolo, ma adesso sei tu quella che deve calmarsi. Fai quasi paura. -
- Me l’ero preparata venendo ‘sta parte, sapevo avresti fatto i capricci. - ammise ridendo. Io sospirai e visto che ormai mi aveva sconfitta, iniziai a cambiarmi. Taty mi aggiustò il trucco e i capelli col suo arricciacapelli portatile. Guardandomi allo specchio, nonostante gli abiti non fossero nel mio genere, mi sentii carina, per la prima volta.
 
{Zayn’s point of view}
- Evita almeno di saltarle addosso appena esce. - mi schernì Niall ridendo mentre si avvicinava a me.
- Già, aspetta che ce ne andiamo prima. - aggiunse Louis, che mi diede un pizzico sulla guancia.
- Non ci va di vedere la scena! - continuò Harry dandomi una pacca sulla spalla.
- Potremmo scandalizzarci. - concluse Liam con una voce ridicola.
- Dateci un taglio! - risposi freddo scrollandomeli da dosso, e smisero subito di ridere.
- Dai Zayn, lo sai che scherzano. Ridi un po’ qualche volta! - mi disse Alex.
- È che sono dei cretini, e voi lo sapete meglio di me! - mi giustificai guardando le ragazze, facendole ridere.
- Che razza di amica sei? Lo appoggi anche? - Liam guardò male Alex, le si iniziò ad avvicinare minacciosamente fino a portarla con le spalle ad una delle numerose colonne della discoteca, per poi iniziare a farle il solletico, mentre lei perdeva letteralmente il fiato dalle risate. Sorrisi: ero felice che Liam avesse trovato una ragazza sincera, finalmente.
Mi accorsi che Harry si staccò improvvisamente dalla colonna alla quale era appoggiato, e assunse la sua solita espressione ebete di quando guardava Taty, fissando alle mie spalle. Si girarono tutti, quindi lo feci anch’io.
Finalmente le ragazze erano uscite da quel bagno, erano lì dentro da circa un quarto d’ora.
Quasi non la riconobbi subito. La guardai più volte da capo a piedi per rendermi conto che fosse lei. Era totalmente diversa: i capelli adesso erano diventati una cascata di riccioli castani; portava un top blu con un eccessivo scollo sul seno, che si richiudeva attorno al collo lasciando scoperte le spalle; i pantaloncini di jeans neri erano abbastanza corti, forse le lasciavano un po’ troppo scoperte le gambe per i miei gusti, ed erano leggermente alti in vita; al piede aveva un paio di tacchi blu con dei fiocchi neri sui lati. Non avrei mai pensato di vederla conciata così, si vedeva che non era a suo agio in quei vestiti. 
Taty raggiunse Harry, lei invece si fermò. - Perché mi fissate? - ci chiese, e sicuramente le sue guance diventarono rosse dall’imbarazzo, ma sotto le luci della discoteca era impossibile capirlo. - Lo sapevo, adesso vado a cambiarmi. - Abbassò lo sguardo e fece per andare via. Girandosi ci fece notare che aveva la schiena completamente scoperta dal top, che le copriva solo il davanti.
- ROSE! - la ripresero le ragazze in coro, per poi ridere. Lei si fermò e si girò di nuovo. - Non pensarci neanche. - la minacciò Marty alzando un sopracciglio. Rose sbuffò e la guardò in cagnesco.
- Se fossi il tuo ragazzo non ti farei uscire di casa vestita così. - le dissi. Si voltò verso di me e mi guardò confusa. - Sei troppo scoperta. - chiarii con tono distante.
- Come se poi a te dispiacesse. - si intromise Niall prima che lei potesse rispondere, facendo ridere tutti; intanto Rose continuava a guardarmi inespressiva. Capii che mi scrutava per capire se fossi ancora arrabbiato per la questione di poco prima.
- Come reagiresti tu se Marty fosse mezza nuda? - chiesi a Niall calmo, ma non mi aspettavo una risposta; era una frecciatina per Rose. Mi rigirai verso di lei e continuai a sostenere il suo sguardo, aspettando che mi rispondesse con quel suo modo di fare acido e scorbutico.
Stranamente, non reagì come mi aspettavo. Prese Alex per mano e le disse a bassa voce - Andiamo a ballare. -; mi guardò male per un ultima volta, poi se ne andò via insieme a lei, verso la pista della discoteca.
Le guardai per un po’ mentre andavano via, poi guardai Liam. Gli feci cenno di seguirle, e iniziammo a rincorrerle. Non potevo lasciarla scappare per l’ennesima volta.
 
 
{Marty’s point of view}
Dopo aver assistito alla scena, decidemmo di continuare la serata. Ero sicura che in qualche modo avrebbero fatto pace, come sempre.
Harry, Louis, Taty e Frenk avvisarono me e Niall che sarebbero andati a ballare, così ci lasciarono soli.
Il biondo mi si avvicinò all’orecchio. - Ti va di andare in un posto più silenzioso? - mi chiese. Sentii un brivido lungo la schiena. Mi succedeva ogni volta che si avvicinava al mio viso.
Annuii, non avevo neanche la forza di parlare, e gli sorrisi. Senza perdere tempo mi afferrò la mano, e iniziò a camminare diretto da qualche parte, io lo seguivo e basta. Ogni tanto si voltava a guardarmi, mi sorrideva. Avevo lo stomaco letteralmente sotto sopra.
Arrivammo davanti una porta di servizio, Niall la aprì senza esitazione, e ci ritrovammo davanti una rampa di scale. Una volta salite, ancora mano per mano, mi accorsi che portavano alla terrazza della discoteca.
Ci avvicinammo alla ringhiera, non era altissimo ma c’era un bel panorama.
Entrambi guardavamo di sotto, senza parlare. Era strano stare lì, con lui.
- Sei, sei molto bella stasera. - balbettò a bassa voce dopo un po’ rompendo il ghiaccio, e finalmente si voltò a guardarmi. -  Veramente lo sei sempre. - Sorrise e alzò le spalle. Mi sentii mancare il respiro.
Gli sorrisi. - Posso abbracciarti? - chiesi, senza neanche rendermene conto. Il sorriso sul suo viso si allargò.
- È ovvio, piccola. - rispose un po’ confuso, per poi allargare le braccia. Mi ci fiondai dentro e gli strinsi le mie in vita. Mi sentivo sicura con lui. Appoggiai la testa sul suo petto e presi un respiro profondo.
- Ho paura. - sussurrai. - Ho paura che questo sogno finisca all’improvviso. -
Ci staccammo leggermente, ritrovandoci naso a naso. - Perché? -
- Sei sempre Niall Horan dei One Direction, tu; e io solo una ragazza di Londra che lavora in una boutique. Ho paura di perderti. E io non voglio perderti solo perché sei uno famoso. - Solo al pensiero mi venne una fitta allo stomaco; o forse era perché sentivo il suo respiro sulle labbra.
- Non mi perderai. Ti lascerò solo quando ti stancherai di me. - Rise, contagiando anche me.
- Prometti? - domandai di nuovo seria.
- Promesso. - disse sorridendomi. Mi abbracciò di nuovo iniziando ad accarezzarmi i capelli. - E tu non lasciare me. - soffiò al mio orecchio, facendomi rabbrividire.
- Mai. - sussurrai contro il suo petto. Anche la mia era una promessa.
 
 
{Louis’ point of view}
- Quanto ci scommetti che stasera se la porta a letto? - dissi a Frenk guardando Harry e Taty scatenarsi in pista. Ricevetti una gomitata pesante nello stomaco.
- Ricordati che è la mia migliore amica, non una poco di buono qualsiasi. - mi rispose incavolata accavallando le gambe e aggiustandosi la minigonna sul divanetto su cui eravamo seduti.
Risi e mi massaggiai la pancia. - Ma scherzavo, bambola. -
- Meglio per te. Certi commenti potresti anche conservarli per quei pervertiti dei tuoi amici. - Mi lanciò un’occhiataccia.
- Non mi dire che ti sei arrabbiata! - esclamai sorpreso, per poi sospirare nel capire, dalla sua espressione, che invece lo era.
Appoggiò il mento sul palmo della mano, il braccio sul ginocchio e si voltò alla sua sinistra, evitando il mio sguardo.
Mi avvicinai lentamente al suo viso, incrociai gli occhi e feci al mio meglio un’espressione buffa, che la fece scoppiare a ridere. - Bastardo! - mi urlò dandomi uno schiaffo sulla spalla. Le sorridi e le rubai un bacio sulla guancia.
- A proposito di baci, devo ancora rimediare a quello che ti mandava Harry oggi pomeriggio. - le dissi all’orecchio.
Mi sorrise e ci alzammo in piedi, per poi dirigerci insieme verso l’uscita di servizio. Almeno avremmo avuto un po’ di privacy, e di silenzio.
Una volta fummo sul retro della discoteca, ci sedemmo su un muretto e le presi la mano.
- È frustrante dover nascondere tutto. - le dissi serio, guardandole gli occhi. Finalmente mi regalò il suo sguardo.
- Non pensarci. - provò a rassicurarmi, dandomi un veloce bacio a stampo.
- Che ne dici di dirlo? - le chiesi; il cuore iniziò ad accelerare i battiti.
- Lou… forse è troppo presto. - mi disse, stringendo ancora la mia mano. - Magari è meglio aspettare ancora un po’. No? - Inchiodò i suoi grandi occhi scuri nei miei.
- Già, hai ragione. - Finsi un sorriso a trentadue denti.
Mi scompigliò i capelli e mi sorrise timidamente. - Lo sai quanto ci tengo a te. È semplicemente troppo presto. -
Non le risposi. Ero rimasto leggermente deluso, ma cosa pretendevo? Sapevo che in fondo aveva un po’ paura del mondo a cui appartenevo io.
Le accarezzai una guancia, lei affondò il viso nel mio palmo sorridendomi dolcemente. Mi avvicinai a lei e posai le mie labbra sulle sue; chiuse gli occhi. Adoravo quando lo faceva, era dolcissima.
Continuai a giocare con la sua bocca per un po’, poi mi allontanai e la feci accoccolare su di me. Le baciai la fronte.
Presi un respiro. - Penso che mi sto innamorando di te. - dissi rapidamente mordendomi le labbra. Era da un po’ che cercavo il coraggio di dirglielo.
Mi si staccò improvvisamente da dosso, ci guardammo negli occhi. Boccheggiò sorpresa, poi mi sorrise e mi abbracciò. La strinsi a me più che potessi, poi si allontanò e mi sorrise ancora; era bellissima.
- Anch’io. - sussurrò con gli occhi lucidi, per poi attaccarsi di nuovo alle mie labbra.
Avrei voluto rimanere così per sempre.
 
{Taty’s point of view}
Sentivo il cuore battermi così forte che sembrava volesse uscirmi dal petto.
Stavo ballando con quella testa riccia da circa cinque minuti, con le braccia avvolte al suo collo, mentre le sue cingevano i miei fianchi; appoggiò la sua fronte alla mia e mi sorrise.
- Sei brava a ballare. - mi disse compiaciuto.
- Visto? Non sei l’unico a sapersi muovere, Styles. - dissi alzando un sopracciglio. Ridemmo, ancora fronte a fronte, era bellissimo.
Tornò improvvisamente serio e mi accarezzò una guancia con le dita. - Mi fai andare fuori di testa, Taty. - Alternava lo sguardo tra i miei occhi e le mie labbra, sentivo il suo respiro su di me… andai in tilt.
- C-cosa? - balbettai confusa allontanandomi da lui, sciogliendo le braccia dal suo collo.
- Sei così bella… - Mi sorrise piano e mi attirò di nuovo a se con forza, avvolgendomi le mani dietro la schiena. - Sei stupenda. - continuò, e avvicinò pericolosamente le sue labbra alle mie.
Voltai il viso e mi ritrassi, spingendolo leggermente con le mani sul petto. - Harry, io… - lo guardai un secondo, poi abbassai lo sguardo e corrugai le sopracciglia.
- Qual è il pro…? -
- … non ce la faccio. - lo interruppi. Spostai le sue mani dai miei fianchi e senza neanche guardarlo, andai via.
Raggiunsi il bagno quasi correndo, e mi ci chiusi dentro. Mandai un sms a Marty.
“S.O.S.: ho appena rifiutato Harry. Mi sento una cogliona, e sto per scoppiare a piangere. Sono alle toilettes. Aiuto.”
Mi appoggiai con la schiena al muro, sentendo ancora la musica rimbombarmi dentro. Presi un respiro profondo e sospirai. Avevo bisogno della mia migliore amica.
 
{Marty’s point of view}
- E tu non lasciare me. - soffiò al mio orecchio, facendomi rabbrividire.
- Mai. - sussurrai contro il suo petto. Anche la mia era una promessa.
La suoneria del mio cellulare ci fece dividere. Era un messaggio di Taty.
Lo lessi e spalancai gli occhi. - Niall, devo… devo andare da Taty. - balbettai, rispondendo con “Arrivo!” all’sms.
- Certo… Va tutto bene? - mi chiese preoccupato.
Finsi una risata. - Sì, sì, niente di grave. -
Mi sorrise in risposta, e mi diede velocemente un bacio sulla guancia, facendomi arrossire come una cretina.
Una volta di sotto, dissi a Niall di andare da Harry e raggiunsi Taty nel bagno. Mi si buttò fra le braccia.
- Voleva baciarmi, lì, in mezzo a tutta quella gente. - piagnucolò, per poi staccarsi e guardarmi negli occhi. - L’ho lasciato come un cretino, ma la cretina sono io. L’ho rifiutato, ti rendi conto?! Ho rifiutato Harry Styles. Cazzo, che mi prende?! Non lo so neanch’io! -
- Prima di tutto: respira. - Seguì il mio consiglio, e prese un respiro profondo. - Perché? - le chiesi dolcemente, sperando di non mandarla in crisi ulteriormente.
- Voleva baciarmi davanti mezza discoteca, capisci? Non voglio essere sul web entro ventiquattrore, etichettata come la sua nuova puttanella di turno. E poi il romanticismo dov’è? Non è così che voglio dare il mio primo bacio. Come ha potuto solo pensarlo? Lo odio, lo odio! - Parlava velocemente, a stento spiccicava le parole. Era nel panico.
- Sì, tesoro, ma adesso esageri. Avresti anche potuto bloccarlo e dirgli che non era il caso, no? Adesso caccia le palle e affrontalo. - le afferrai un braccio e provai a portarla fuori.
- Marty, ti prego, non ce l’ho le palle, sono una ragazza. Lasciami marcire in questo bagno fino a domani. - piagnucolò teatralmente ritirando il braccio.
- Senti, io ero beatamente abbracciata con Horan su al terrazzo, mi hai interrotta e adesso fai quello che dico io. - la minacciai puntandole l’indice contro. Le riafferrai il braccio e la trascinai fuori; in qualche modo li avrei fatti parlare.
 
{Liam’s point of view}
- Posso rubartela cinque minuti? - Sfoggiai un sorriso ampio, sperando di convincerla.
- Certo cucciolo, divertitevi. - Rose ricambiò il sorriso con uno decisamente più spento e andò via da noi rapidamente, con lo sguardo basso. Avrei voluto fermarla e chiederle cosa avesse, ma Zayn ne aveva subito approfittato per rubarla e parlarle. Speravo facessero pace.
- Ti va di ballare, vero? - chiesi ad Alex con un’espressione buffa, facendola ridere. Adoravo farlo. Annuì, così le sorrisi e la presi per mano, portandola al centro della pista. Davano Moves like jagger dei Maroon 5, uscita da qualche giorno. Iniziai a cantarla, sempre in modo buffo, e lei rideva in continuazione insieme a me. Sembrava splendere.
- Ma di che ti sei drogato? - chiese tra una risata e l’altra, mentre continuavamo a ballare.
- Hashish. Si nota tanto? - ribattei ridendo.
Nel muoversi le era caduta una ciocca di capelli sul viso. Per quanto fosse scontato e squallido, prima che potesse spostarla lei gliela aggiustai io dietro l’orecchio, sorridendole. Ne approfittai per accarezzarle la guancia, poi ritirai la mano. Non ero bravo in certe cose, ma lei mi sorrise dolcemente. Sapeva fin troppo bene quanto fossi impacciato.
Continuammo a ballare per un po’, poi la presi ancora per mano e la portai su uno dei tanti divanetti rossi di quella discoteca. Ogni volta che la sfioravo, sentivo una sensazione strana alla bocca dello stomaco. Finalmente ero riuscito a sentirla di nuovo dopo tanto tempo, e tante delusioni.
Ci sedemmo sul divanetto, e presi coraggio per parlarle.
- Che ne dici di uscire domani? - le chiesi tutto d’un fiato.
- Sì! - urlò appena conclusi la frase, facendo spuntare un sorriso sul suo viso. Automaticamente le sorrisi anch’io. - Ceh, mi farebbe piacere. - disse dopo più calma e imbarazzata.
- Figo. - dissi toccandomi la nuca e sorridendole inebetito.
- Figo. - ripeté mordendosi un labbro e spostando lo sguardo altrove.
Ero pazzo di lei.
 
{Zayn’s point of view}
Come d’accordo, Liam portò Alex lontano da Rose, lasciandola sola in modo che potessi parlarle. La raggiunsi e le afferrai il braccio; si girò spaventata verso di me. Riconoscendomi alzò un sopracciglio e scrollò la presa.
- Che ci fai qui? Non vorrai mica rischiare di perdere la reputazione facendoti vedere con una puttana tutta scoperta? - urlò per superare la musica della discoteca che sbatteva persino fino dentro le mie vene. Fece un ghigno malizioso e provò a voltarsi e andare via. Ovviamente la bloccai di nuovo per il braccio, e lei si rigirò.
- Sai che non intendevo questo prima. - le risposi freddo. - Parliamo da un’altra parte, qua c’è troppo casino.-
- Non dobbiamo parlare noi due. - Cercò di nuovo di scrollare la morsa della mia mano sul suo polso, ma stavolta non ci riuscì.
- Invece sì. - ribattei quasi con un ringhio, e iniziai a trascinarla via da mezzo a tutta quella gente, mentre lei provava a dimenarsi.
- Cazzo Malik, mi fai male! - urlò una volta fummo fuori la folla che ballava. Non le diedi credito, allentai solo un po’ la presa al suo polso. Era esageratamente delicata rispetto alle altre ragazze, non capivo perché si facesse male con poco. Mi diressi verso un angolo della discoteca dove fortunatamente non c’era tanta gente a dare fastidio e la bloccai con davvero poca delicatezza con le spalle al muro e saldai le mie mani su di esso, bloccandole una possibile fuga.
- Levati, Zayn! - urlò spingendomi sul petto, senza avere il risultato che sperava. Mi appiatti ancora di più su lei, facendo combaciare i nostri corpi.
- Aspetta. - le sussurrai. Ci guardammo per qualche secondo negli occhi. Sentivo che anche lei aveva il fiato corto, sapevo che avermi ad una distanza minima dal suo viso non la lasciasse completamente indifferente. - Non mi piaceva fossi così scoperta perché avresti attirato troppo gli altri ragazzi. - le spiegai guardandola fisso negli occhi, sperando di aver usato un tono dolce che non la facesse incavolare come ogni volta che parlavamo. - Vuoi capire che sei solo mia? - Non mossi lo sguardo dai suoi occhi, nonostante la sua scollatura lo richiamasse peggio di un’insegna al neon di un bar in centro.
- Io non sono di nessuno. - ribatté. Anche lei sussurrava nel parlare. Le guardai le labbra, avevo una voglia incredibile di baciarle. - E possibilmente guardami negli occhi quando parlo. - disse stavolta più ad alta voce, e provò a spingermi ancora. Mi allontanò di qualche centimetro, ma mi riavvicinai subito al suo viso guardandola negli occhi, mentre sentivo il suo cuore battere quasi sul mio, adesso che aveva una decina di centimetri in più.
- Sei solo mia. - ripetei convinto. Non l’avrei lasciata andare neanche se mi avesse pregato, volevo un bacio. Mi avvicinai alle sue labbra, quasi a sfiorarle, ma prima che potessi appoggiarvici le mie, voltò il viso e mi ritrovai a baciarle l’estremità della bocca.
- Io non sono di nessuno, e tu sei uno stronzo. - appurò di nuovo, spingendomi via e riuscendo a fuggire.
Sì, ero uno stronzo. La conoscevo solo da meno di due settimane, ed ero riuscito a farmi odiare ogni giorno di più.




e comunque la stronza qui sono io, che vi ha fatto penare a leggere sto capitolo piu' lungo della divina commedia.
I'M SORRY. 
però oggi mi ci sono davvero applicata, quindi fatemi un applauso. :') *aspettagliapplausimavolanosolomosche* 
anyway, ho deciso di fare un capitolo del genere, cioè con parti dedicate ai diversi personaggi, perché la storia era nata con cinque protagoniste, non una. mi dispiaceva che rose stesse sempre in mezzo (?), in poche parole, allora mi sono "sfogata" con mielosità e romanticismo vario che tra zayn e rose non posso mettere.
chiedo scusa se però le parti sono molto brevi, cercherò di dedicare capitoli INTERI, o quasi, a ciascun personaggio, tanto per far felici tutti c':
AH, FERME TUTTE, DOVEVO DIRVI UNA COSA FIGA (?).
la parte in cui zayn dice "se fossi il tuo ragazzo..." mi è venuta grazie alla figaggine di bieber nella sua nuova canzone, quindi fate un applauso anche a lui, visto che mi ha fatto venire in mente il modo di far litigare ancora quei due. MUAHAHAHAH #swaaaaggie! (non sono una belieber, ma lasciatemelo dire, PERCHE' SWAGGIE E' FIGO(?). )
comuuuuuunque, penso di aggiornare solamente se riceverò minimo sette recensioni (sono stata buona, visto che una volta siamo arrivate a dieci. ora dove sono tutte? çç), mi dispiace.

ultima cosa, giuro.
ho iniziato una fan fiction sui jonas brothers su facebook, vi andrebbe di leggere almeno il primo capitolo, anche se non siete fan? giusto per farmi sapere cosa ne pensate. https://www.facebook.com/media/set/?set=a.388774681180228.89102.195147320542966&type=3
spero almeno recensiate questo, voglio capire se vi piacciono o no tutti i casini (PEGGIO DI BEAUTIFUL, LOL) che fatico a creare.

grazie mille, VI ADORO.

rose, meow (?). xx 

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Capitolo 14
*** What if I get drunk? ***


Capitolo quattordici: What if i get drunk?
 
{Harry’s point of view}
- Cosa cazzo l’è preso?! - urlai al biondo spalancando le braccia innervosito. - Pensavo di piacerle! -
- È che sei un coglione, Styles! - mi urlò in risposta. - Ti rendi almeno conto del casino che avresti scatenato? - Alzò la voce per sovrastare la musica, con scarsi risultati.
Boccheggiai, ancora col fiato corto per le urla.
- Appunto Harry, tu non pensi mai. Secondo te perché Louis e Frenk vogliono tenere tutto segreto? La stampa, le fan… lo sai come vanno queste cose. Quindi non incazzarti se ti ha rifiutato. Sei tu che stai correndo troppo, come sempre. -
Mi calmai; non risposi, ero davvero a corto di parole. - Adesso che faccio? - piagnucolai dopo un po’ mettendomi le mani fra i capelli.
- Chiedi scusa, amico. È l’unica cosa che puoi fare. - disse mettendomi una mano sulla spalla.
- Ma come?! - domandai ancora più disperato. - Mi sento un cretino. -
- Lo sei. - ribatté ridendo.
Lo guardai male pensando a cosa rispondergli, ma prima di poterlo fare Niall mi interruppe indicando con un cenno del mento alle mie spalle. Mi girai, ritrovandomela davanti, insieme all’amica.
- Taty… - sussurrai sorpreso mordendomi il labbro inferiore.
- Noi vi lasciamo soli. - annunciò il biondo prendendo Marty per mano, ed andarono via.
- Scusa, non so cosa mi sia preso. - le dissi guardandole il viso, nonostante lei guardasse il pavimento. - Non… non avrei dovuto neanche provarci. Scusami, è che… non penso subito alle conseguenze di quello che faccio, come potrai immaginare, e…-
- Va tutto bene. - mi interruppe, e alzò finalmente lo sguardo a me, sorridendomi timidamente. Ricambiai il sorriso insieme ad un sospiro; dal modo in cui era andata via, avevo capito fosse arrabbiata. Forse le era semplicemente passato.
- Uhm… domani sei a casa? - le chiesi dopo aver sentito una lampadina accendersi nella mia mente, come nei cartoni animati.
- Domani pomeriggio sono all’università, però… -
- Stupendo. - la interruppi sorridendole più che potessi. - Ti va di prendere qualcosa al bar adesso? - cambiai discorso. Annuì, anche se abbastanza confusa, quindi le presi la mano e ci avviammo lì, scambiandoci un altro sorriso.
Avevo corso troppo, è vero. Ma avevo tutto il tempo del mondo, e ne avrei approfittato stesso dal giorno seguente.
 
{Rose’s point of view}
Continuavo a ripetermi quanto fosse un bastardo, che non avesse rispetto per me e per i miei sentimenti, ma l’immagine del suo viso così vicino al mio e delle sue labbra che quasi toccavano le mie mi confondevano sempre più, provocandomi ogni volta le farfalle nello stomaco.
Buttai giù il bicchiere che avevo ordinato al mio collega chiedendogli “un alcolico qualsiasi, possibilmente pesante” e me ne pentii subito. Sentii tutto il condotto respiratorio e la gola andarmi in fiamme.
- Potevi avvertirmi prima che era Vodka, Mark! - lo sgridai dopo qualche colpo di tosse, per poi ridere.
Il biondo sorrise angelicamente e servii il cliente al mio fianco. Una volta fummo da soli di nuovo, spostò ancora gli occhi su di me.
- Che hai? - mi chiese con quella sua voce squillante, quasi da mal di testa. - Mi fai preoccupare così.  
Lo ignorai. - Mi prepari una vodka lemon? Questa qui non mi piaceva. -
- Non ci pensare neanche. L’ultima volta tu e la tua amica stavate finendo male. - rispose premuroso, guadagnandosi un mio sbuffo, poi risi.
- Stasera le altre rimangono sobrie, quindi non corro pericoli. Servimi come se non mi conoscessi. -
Finsi indifferenza, facendolo ridere. Peccato fosse gay; aveva un sorriso così bello, solare come quello di Harry, e gli occhi dello stesso colore di quelli di Niall. Sbuffò e mi preparò il cocktail, anche più pesante del normale. Mi sporsi dal bancone e lo ringraziai con un bacio sulla guancia.
- Dopo questo non ti avvicinare più a questo bancone o ti strozzo con le mie stesse mani, tesoro. - Mi avvicinò il bicchiere e alzò gli occhi al cielo.
- La discoteca è grande, non c’è solo un barista. - gli ricordai mentre mi alzavo dallo sgabello, guadagnandomi una sua occhiataccia veloce. Alzai le spalle con un sorriso e mi diressi, tra un sorso e l’altro di quel miscuglio roseo, alla postazione dell’altra barman, Nicky. Non avevo intenzione di divertirmi come tutti quelli che decidevano di ubriacarsi, volevo solo distrarmi e far passare in fretta quella sera, senza trascorrere un altro minuto da lucida. Era l’unico modo.
 
{Niall’s point of view}
Rideva, rideva senza freno, a qualsiasi cosa facessi o dicessi. Non conoscevo nessun sorriso più bello del suo.
All’improvviso il cellulare le squillò ancora; alzò gli occhi al cielo in modo buffo sfilandolo dalla tasca del suo pantaloncino e rispose, tappando l’altro orecchio a causa del casino della discoteca. Sorrisi in modo involontario davanti i suoi modi di fare.
- Cavolo, mi ero dimenticata! - rispose all’altra voce dal cellulare. - Va bene, arrivo. - disse dopo un po’ semplicemente, per poi riagganciare. - Io e Alex dobbiamo tornare a casa prima delle altre stasera. Sono quasi le due…- mi annunciò triste.
- Oh. - sussurrai deluso. Mi schiarii la voce. - Perché? -
- Lavoro. - Alzò le spalle. - Lei torna a casa con Liam e… -
- ... e tu vieni con me. - continuai al suo posto la frase sorridendole. Ricambiò il sorriso e annuì, visibilmente più felice di prima.
Avvisò anche Frenk, Taty e Rose tramite messaggi, io feci lo stesso con gli altri ragazzi. Raggiunti Liam e Alex all’entrata, le accompagnammo a casa a piedi.
 
- La stai consumando. - dissi a Liam vedendolo impegnato a chiacchierare con Alex. Si guardavano negli occhi come se il resto del mondo non esistesse.
Risero entrambi, Liam arrossì come un pomodoro. Era un caso perso.
Avvolsi il braccio attorno le spalle di Marty; abbassò lo sguardo imbarazzata, come sempre. Sapevo che però le faceva piacere, almeno un po’.
Quando arrivammo sotto casa quasi mi dispiaceva di doverla lasciare, anche se sapevo che in quei giorni l’avrei rivista. Avevamo tutto il mese di dicembre libero, fortunatamente. Niente impegni di lavoro, solo familiari, ma quelli si potevano gestire facilmente.
L’abbracciai ancora, sapendo che adorava stare tra le mie braccia.  
- Buonanotte principessa. - le dissi baciandole la guancia. Mi rispose con un semplice “ciao”, per poi scappare da Alex, che aveva già salutato Liam con più confidenza e adesso aveva già oltrepassato il portone. Ci salutarono un’ultima volta e poi scomparirono dai nostri occhi.
Io e Liam sospirammo nello stesso istante, poi ridemmo insieme.
- La adoro. - ammisi, pensando ancora ai suoi occhi scuri e le sue labbra, che mi avevano sorriso tutta la sera.
- Me ne sono accorto. - rise lui dandomi una pacca sulla spalla.
Decidemmo di tornare alla discoteca solo per gli altri: la nostra serata si era conclusa insieme alla loro.
                                                                                                       
 
{Zayn’s point of view}
- Vi rendete conto che è impossibile trovarla in tutto questo casino?! - sbuffai rivolgendomi a Liam e Niall, che setacciavano con me la folla in cerca di Rose.
- E tu ti rendi conto che è per colpa tua che è scomparsa?! - ribatté Liam incavolato zittendomi. Sospirai a denti stretti, cercando di mantenere la calma.
Volgevo lo sguardo a destra e a sinistra, cercando di trovare il suo volto in quelli che guardavo. Ero preoccupato, e sentivo i sensi di colpa esattamente al centro della gola soffocarmi. Quella discoteca era enorme, e lei sembrava davvero scomparsa nel nulla. Non rispondeva neanche a Frenk e Taty al cellulare, e nessuno l’aveva vista dopo che l’avevo provata a baciare con così poca gentilezza. Mi sentivo uno stronzo, non avevo mai provato a forzarla in quel modo. Sentivo davvero i sensi di colpa rodermi la gola.
- Non dovrebbe neanche importarmi… - borbottai tra me e me dopo un po’, cercando di convincermi che forse non era neanche colpa mia che fosse scomparsa da più di mezz’ora senza avvertire nessuno. Non era neanche vista uscire dalla discoteca dai bodyguards e i suoi vestiti da lavoro erano ancora nel suo armadietto.
- Non è il momento dei tuoi discorsi di auto-convincimento, Zayn. - ruggì Niall fermandosi improvvisamente dal camminare e piazzandosi di fronte a me. - Ti importa di lei?! Bene! Non ti importa?! Pazienza! Non devi per forza scopartela o capire se hai avuto un colpo di fulmine, adesso dobbiamo solo trovarla prima che le ragazze ti facciano un culo enorme! - Vedevo dai suoi occhi che era particolarmente arrabbiato, non gli capitava spesso. Almeno credevo.
- Nessuno ti ha chiesto di aiutarmi, posso risolvere da solo la situazione senza il tuo aiuto. - ruggii acido a mia volta, trovandomi a sfidarlo con lo sguardo, come fosse un estraneo qualunque e non uno dei miei migliori amici.
- Lo faccio anche per Rose. Non sei l’unico ad essere preoccupato. - ribatté stringendo i denti.
- La smettete? Non aiuta discutere adesso. - Liam ci separò infilandosi tra noi, per poi guardare male entrambi.
Abbassai lo sguardo colpevole e sentii Niall sospirare. - Scusa fratello. - mi disse dandomi una pacca sulla spalla. Lo attirai a me e lo abbracciai.
- Scusami tu. Sono una testa di cazzo. - Ridemmo entrambi e ci separammo rapidamente. Non eravamo tipi da abbracci, ma qualche volta servivano.
- Meglio dividerci, magari la troviamo prima. - disse Liam facendoci finalmente un sorriso, intenerito dal nostro momentaneo scambio di affetto.
Io e il biondo annuimmo, per poi prendere strade diverse l’uno dall’altro.
Finalmente ebbi il lampo di genio di chiedere ai baristi se l’avessero vista; d’altronde erano colleghi, dovevano pur conoscerla.
 
- Cosa?! - urlai spazientito al barista per la seconda volta, non perché non avessi sentito a causa della musica assordante, ma perché mi sembrava alquanto improbabile.
- Bello ma sordo, eh? - fece lui malizioso, facendomi trasalire. Mi ero appena accorto CHE fosse gay. Nulla in contrario, ma il modo in cui mi guardava mi metteva a disagio. - Hai capito bene, ha preso due vodka ed è andata all’altro bar. Adesso dovrei sbrigare altri clienti, se permetti. - Mi liquidò con un sopracciglio biondo inarcato.
- Grazie. - risposi altrettanto acido girando le spalle.
Mi fermai un secondo per riflettere, cercando di estraniarmi dalla musica e crearmi un silenzio personale.
Ripensai a due pomeriggi prima al bosco, quando Rose, dopo essersi incavolata con me, aveva preso l’i-pod e aveva deciso di andare per conto suo. Era una tipa solitaria, le piaceva il silenzio, ed evidentemente era scappata dalla discoteca. Ma se non era uscita, dove sarebbe potuta andare?
Mi guardai intorno in cerca di un’uscita di sicurezza che portasse ad un retro o un qualcosa di simile, e finalmente adocchiai una porta di servizio. Senza neanche pensarci, mi diressi verso quella porta e la spalancai, trovandomi davanti una rampa di scale. Mi guardai un secondo indietro, ma poi la salii, tanto non avevo niente da perdere. Alla fine della rampa c’era un’altra porta; aprii anche quella, ritrovandomi su un terrazzo. Il cielo era limpido, la luna quasi piena, riuscivo a vedere tantissime stelle; c’era un’atmosfera bellissima, soprattutto per la vista da lì, nonostante le altezze mi piacessero poco.
Mi ricordai del motivo per cui ero lì e dopo aver cercato con lo sguardo in giro, notai una ragazza seduta a terra che osservava il cielo dandomi le spalle, con le braccia intorno alle gambe e la schiena appoggiata ad uno dei tanti muretti su quella terrazza.
Sospirai. Presi il cellulare e inviai lo stesso messaggio a tutti i ragazzi.
“Ho trovato Rose, è con me. Rassicurate Frenk e Taty.”
Riposi il cellulare in tasca e mi avviai verso di lei. - Ma che ti è preso?! Ti rendi conto che ci hai fatto preoccupare? Pensavamo ti fosse successo qualcosa! - sbratai facendola voltare verso di me.
- Cosa urli, Malik? - borbottò confusa, ma con il solito sopracciglio alzato. Si rigirò e riprese a guardare di fronte a se, bevendo un sorso da una bottiglia in vetro che aveva in mano, forse birra.
Non immaginavo le piacesse bere; veramente non pensavo neanche fosse il tipo, per questo non avevo creduto al barista.
Mi sedetti alla sua destra senza dire nulla prendendo un bel respiro, mi bastava sapere che non le fosse successo niente e che adesso fosse al sicuro.
- Premetto di non essere completamente sobria. - sussurrò con una risatina puntandomi con l’indice e stendendo le gambe nude per terra. - Quindi, qualsiasi cosa faccia o dica, ricorda che non sono nelle mie piene facoltà mentali. - continuò guardandomi per un secondo avvicinando di poco il suo viso al mio, per poi sorridere al cielo stranita e bere ancora. Inclinò la testa sulla sua destra e corrugò la fronte, per poi deglutire. - Perché ci sono due lune? - mi domandò poi, girandosi ancora a guardarmi, e arricciò le labbra sulla sinistra. Rise piano e ritornò a guardare il cielo, attaccandosi per l’ennesima volta a quella stupida bottiglia.
Non era leggermente brilla; era ubriaca fradicia, ed odorava di alcol. Non riuscivo a vederla in quello stato.
Appoggiò la bottiglia accanto a lei e si accarezzò il collo sospirando stanca; poi sbadigliò e stirò la schiena. Io la osservavo in silenzio, era Liam quello bravo in queste cose, non io. Mi chiedevo se fosse il caso di doverlo chiamare in soccorso.
Lentamente appoggiò la testa sulla mia spalla, poi riprese la bottiglia e bevve ancora un po’ di quella che, dall’odore, sembrava birra, incurante che le fossi affianco.
- Non dovresti bere, ti fa male. - le dissi dopo aver trovato finalmente il coraggio di parlarle. Mi sporsi verso la bottiglia per provare a prenderla, ma lei la allontanò dalla mia mano, spostandosi poi dalla mia spalla e guardandomi in cagnesco. - Avanti, dammi questa bottiglia. - provai a convincerla severo mentre mi sporgevo ancora, per poi ritrovarmi naso a naso con lei.
La stessa voglia che avevo prima che si ubriacasse di posare le mie labbra sulle sue mi colpì ancora, facendomi mozzare il respiro.
Alternammo entrambi varie volte gli sguardi dalle nostre bocche ai nostri occhi.
- L-la vita è mia e faccio quello che voglio. - balbettò insicura allontanandosi dal mio viso, per poi alzarsi in piedi forzando sulle braccia. Non riusciva a reggersi in piedi. La imitai, ricordandomi di doverla tenere d’occhio, qualsiasi cosa decidesse di fare. Era pericolosa.
Fece qualche passo verso la ringhiera bevendo ancora, ma prima che potesse arrivarci perse l’equilibrio e fu costretta a fermarsi, per poi barcollare un po’ con una mano sulla fronte, mentre con l’altra teneva stretta il collo della bottiglia. Mi avvicinai in fretta a lei, reggendola per un braccio.
- Sei troppo ubriaca Rose, torniamo a casa. - Le accarezzai dolcemente una guancia, non sapevo se dover essere duro o dolce. Provai comunque ad essere convincente per quanto potessi, guardandola fisso negli occhi.
- Con te non ci vengo. - ribatté acida scrollandosi entrambe le mie mani da dosso. Appoggiò la bottiglia ormai quasi vuota a terra, per poi barcollare ancora un po’.
- So che è difficile, ma prova a ragionare. Sei ubriaca, e da qui ad un’oretta inizierai a sentirti male. Lo dico per te. - Le accarezzai ancora una volta una guancia sorridendole gentilmente. Col palmo della mano spostò bruscamente la mia e si avvicinò al mio viso.
- Con te, io, non ci vengo. - ripeté più lentamente inchiodando il suo sguardo nel mio, finendo per guardarmi le labbra, ed il battito del cuore mi accelerò inevitabilmente. Ritornò ai miei occhi e sbatté le palpebre, corrugando la fronte. - E con te non dovrei neanche starci. - sussurrò più a se stessa che a me, allontanandosi rapidamente dal mio viso e indietreggiando, sempre con poco equilibrio, di qualche passo.
Poi portò una mano alla tempia ed accennò un sorriso, cambiando totalmente espressione. - Secondo te sono del tutto ubriaca, giusto? - mi chiese ridendo. La guardai confuso, chiedendomi dove volesse arrivare. - Prima hai lasciato qualcosa in sospeso. - mi ricordò abbassando il tono della voce, e capii alludesse all’ennesimo rifiuto che mi aveva rifilato. Mi sorrise maliziosamente avvicinandosi di nuovo; mi avvolse le braccia in torno al collo accarezzandomi la nuca, per poi finire con una mano fino alla mia guancia, sfiorando leggermente il profilo dagli zigomi alla mascella. Rabbrividii, sentii il respiro accelerare, insieme al battito del cuore che era appena impazzito. Non la sfioravo neanche, avevo le braccia lungo i fianchi; sapevo che mi sarebbe sfuggito tutto di mano se le avessi toccato solo un centimetro di pelle, e non volevo approfittarne per poi dovermela vedere con i sensi di colpa… e le sue amiche.
Appoggiò la sua fronte alla mia guardandomi ancora negli occhi, come se volesse sfidarmi. Voleva vedere quanto riuscivo a resisterle. Sorrise, e avvicinò le sue labbra alle mie, molto lentamente, per poi schiuderle di poco. I nostri respiri fin troppo rapidi si confusero, mentre con le sue labbra quasi sfiorò le mie, respirandoci sopra.
Deglutii. - Non è il caso adesso, Rose. Sei ubriaca. - le ricordai, non muovendomi neanche di un millimetro e rischiando di toccarle le labbra. Aspettavo si allontanasse lei.
- Ma tu no. - soffiò sulle mie labbra, ridendo ancora e avvolgendomi per bene le braccia attorno al collo. Sapeva di alcol in una maniera incredibile. - Cosa c’è? Improvvisamente sei diventato un bravo ragazzo? - Con le dita mi accarezzò il labbro inferiore, per poi passare la sua lingua sulle sue.
- Non sono mai stato un cattivo ragazzo. - ribattei fingendo di essere calmo, anche se dentro lo stomaco sentivo girare tutto. Mi decisi finalmente a prenderle i polsi e sciogliere le sue braccia da me.
Rise. - Oh, davvero? - Si finse sorpresa, col suo solito sorrisino sulle labbra. - Non ci credo per niente. - sussurrò con l’ennesima risatina maliziosa mentre si avvicinava, e appoggiò entrambe le mani sui miei fianchi, scendendo fino al bacino; alzò lentamente il maglioncino e ve le infilò al di sotto, appoggiandole sulla mia pelle. Rabbrividii al contatto, aveva le mani congelate.
- Ti diverti a provocarmi? - le domandai facendomi sfuggire un sorriso, dopo essere stato serio tutto quel tempo, e allontanai di nuovo le sue mani da me.
Sostenne ancora lo sguardo, poi rise. - Mi dispiace, ma stasera non cedo. - l’avvertii. Inarcai un sopracciglio, lei rise e fece spallucce.
Riprese la bottiglia da terra e bevve ancora. Mi urtava vederla così.
- Adesso basta. - le dissi serio prendendole la bottiglia dalle mani dopo quel sorso, cogliendola alla sprovvista.
Provò a riprendersela invano, finché non si arrese sbuffando. - Non decidi tu della mia vita, Malik. - borbottò imbronciata come una bambina. Da ubriaca era ancora più dolce ai miei occhi; sorrisi.
- Per questa sera sì. Adesso noi torniamo a casa, e tu non farai storie. - le dissi ritornando serio e con lo sguardo severo.
Si schiarì la voce e deglutì, per poi mettersi una mano sul petto con una smorfia di dolore. L’alcol iniziava a fare effetto evidentemente.
- Io ti odio. - sussurrò corrugando le sopracciglia. Prese un respiro profondo. - E non ci vengo con te, mi dispiace. - continuò, per poi levarsi entrambe le scarpe ed iniziare a dirigersi, barcollando, verso la porta che dirigeva alla discoteca con fretta. Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Mi bastò camminare col passo accelerato per arrivare alle sue spalle e richiudere con violenza la porta che aveva appena aperto con un colpo di una mano, facendola sobbalzare e girare verso di me, con la mano che aveva libera posata sul cuore. Lasciai la mia mano accanto a lei mentre si appiattiva con le spalle alla porta leggermente imbarazzata, ed ebbi un flashback. Mi guardò spaventata da qualche centimetro più in giù del mio viso, finalmente era di nuovo più bassa di me.
Ebbi solo il tempo di mostrarle un sorriso che si portò una mano alla bocca e si piegò su se stessa, trattenendo un conato di vomito. La scollatura le si allargò, ed in automatico spostai lo sguardo.
- Merda! - sbottò prendendo un respiro appoggiandosi una mano sullo stomaco.
Mi decisi a riportare lo sguardo su di lei, tenendolo solo sui suoi occhi. - Te l’avevo detto che avresti iniziato a stare male. Andiamo? - le chiesi gentilmente prendendole le spalle e riportandola dritta. Annuì debolmente con un sospiro, quindi aprii la porta e la accompagnai tenendola per un braccio per le scale, che scese barcollando tra una risata e l’altra, blaterando qualcosa riguardo una certa band americana.
Aprii anche la seconda porta, e la musica assordante della discoteca ci investì completamente. Mi guardai intorno, ma ovviamente non c’era traccia di nessuno dei ragazzi nel raggio del mio sguardo.
Ritornai a guardare nella direzione di Rose, ma era scomparsa. Di nuovo.
Borbottai qualche imprecazione fino a che non mi accorsi che aveva rimesso quei trampoli e adesso stava per ordinare qualche altra schifezza al bar. Sbuffai sonoramente correndo verso di lei e afferrandole un braccio.
- Scusala, ma non prende nulla. - dissi gentile alla ragazza di colore dietro il bancone trascinando via la mora. Le afferrai anche l’altro polso e la costrinsi a mettersi di fronte a me, guardandola fisso negli occhi. - Non ti azzardare a scappare di nuovo. Devo metterti delle manette o cosa? - le chiesi esasperato, considerando seriamente quella opzione.
Socchiuse gli occhi guardandomi male. - Ti ho già detto che ti odio? - sputò acida, ricordandomi tanto quando era lucida e irritantemente fredda e distaccata con me.
- Questa è la seconda volta, per tua informazione. - risposi altrettanto acidamente, sfilandomi il cellulare dai jeans. Chiamai il numero di Liam, mentre mi dirigevo verso l’uscita dell’ingresso trascinando Rose, borbottante, per il braccio.
- Sono fuori la discoteca, e ho trovato Rose. È completamente ubriaca e senza controllo ed io non so cosa fare, aiutami, ti prego. - implorai Liam al cellulare, accorgendomi che Rose si stava scambiando occhiatine con un ragazzo distante qualche metro. Alzò una mano salutandolo e gli sorrise. Incastrai il cellulare tra l’orecchio e la spalla e presi con poca delicatezza l’altro braccio della mora, per poi girandola verso di me evitandole di comunicare con quello lì, guadagnandomi una sua occhiataccia.
- Adesso vi raggiungiamo, tanto gli altri volevano ritirarsi. - rispose dall’altro capo Liam, mentre Rose si scrollò la mia presa dai polsi, per poi imbronciarsi come una bambina di cinque anni.
Sospirai in risposta.  - Ehi, stai tranquillo amico. Basta solo che la tieni d’occhio, ci mettiamo davvero poco. - mi assicurò avvertendo il mio disagio.
- Grazie Liam. - gli dissi, per poi riagganciare in fretta e riporre il cellulare in tasca.
- Ooooh, era Liam? Volevo parlarci! - sbottò Rose arricciando il naso, per poi sporgere il labbro inferiore.
- Tanto adesso arriva. - la rassicurai spostandole un riccio dagli occhi, che però rimbalzò subito di nuovo sul suo viso. Lei sorrise, e mi accorsi di un velo di rossore sulle sue gote, nonostante il buio e la poca luce dai lampioni. Riconobbi addirittura della dolcezza nella mia voce, e sul suo viso. Poco prima mi stava provocando con fare sexy e adulto, e adesso sembrava una piccola bimba indifesa, con ciglia lunghe e piene di rimmel. E non cambiava così facilmente completamente a causa della sbronza, era lunatica anche da lucida. Era proprio il suo carattere, e a me piaceva lo stesso.
- Zayn! - mi sentii chiamare da una voce familiare. Era Louis che si stava avvicinando a noi, seguito da tutta la combriccola. Tirai un sospiro di sollievo. Rose si voltò e corse, per quanto riuscisse, verso di loro. Si fermò davanti a Liam e gli scompigliò i capelli.
- Ehi cucciolo! - lo salutò cordiale sorridendogli molto più di quanto lo facesse a me, e la cosa mi infastidì. - Lo sai che stasera ci sono due lune? Le abbiamo viste prima io e Zayn. E ci sono anche tante stelle! Forse una delle due lune è il mio Joseph che vuole salutarmi dall’America. O magari è il sole? - blaterava senza freno, Liam le sorrideva dolcemente, mentre Louis, Harry e Niall iniziarono a ridere come tre cretini.
- Voi da ubriachi siete molto peggio. - la difesi avvicinandomi ai ragazzi, mentre le sue amiche le corsero vicino.
- Mio Dio, ma che ti è successo? - ridacchiò Frenk abbracciandola.
- Puzzi di alcol in una maniera assurda! - esclamò Taty scoppiando poi a ridere.
- Volevo solo far passare la serata in fretta, non ridete di me! - Rose si finse offesa, incrociando le braccia al petto e imbronciandosi di nuovo in maniera infantile. Le riusciva bene, sembrava avesse davvero una quindicina d’anni in meno.
- È uno spettacolo indecoroso. - la schernì Harry aggiustandosi il ciuffo. Lo guardai male, ma Rose si affrettò a rispondergli.
- Ti riferisci al nido di rondine che hai al posto dei capelli? - gli domandò sarcastica, iniziando a ridere insieme a noi. Tranne Harry, ovviamente.
- Rispondile ancora e ti faccio male. - sussurrai all’orecchio del riccio, per poi sorridergli.
- Nah, non c’è sfizio se non è sobria. - ribatté ad alta voce pizzicandole amichevolmente una guancia.
- Che ne dite di tornarcene a casa prima che Rose combini qualche altro guaio? - propose Louis battendo le mani e sfregandole.
- Ma per chi mi hai presa? - gli chiese Rose ridendo e arricciando di nuovo il piccolo naso che si ritrovava, nel modo in cui solo lei riusciva a farlo. - Non sono un pericolo pubblico! - continuò avvicinandosi al moro puntandogli l’indice, per poi inciampare nei suoi stessi passi e finire tra le braccia di Louis che prontamente la riportarono in piedi senza alcun imbarazzo da parte sua. Rose invece rise piano e abbassò lo sguardo, iniziandosi a torturare le dita.
- No, infatti. - rise Niall strizzando gli occhi e scuotendo la testa alla sua maniera.
Sospirai. Finalmente quell’inferno di serata stava finendo. Saranno state le ore più lunghe della mia vita. 




CRISTIBUUUUUUUUUUS, SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE.
saranno passati decenni da quando ho aggiornato l'ultima volta, spero mi abbia fatto perdonare con questo capitolo COSì FATICOSAMENTE LUNGO, QUASI DA PARTO. 
ceh, non immaginate quanto ci abbia sudato, nel vero senso della parola visto che fa un caldo della madonnina :O
anyway, avevo le farfalle nello stomaco nella parte ''zose'' o ''rayn'' o come minchia volete chiamarli. sono pucciosi, oh yep.
aaaaaaaaaaspettate, non dimentichiamoci della parte di harry e niall. gksnksdhbajsdajda, cavolo, me ne sono innamorata di quelle parti. nella mia mente contorta era tutto piu' dolce e romantico di quanto sia riuscita a dimostrare, ma spero vi vada bene anche così. ho fatto del mio meglio. :)
confido che il prossimo capitolo venga migliore di questo, anche perché vorrei, ehm, farvi una sorpresina con altri due personaggi. 
la la laaaa, non dico niente, la la laaaaaa. 
NO, NEANCHE A TE ELISA, MI DISPIACE. MUAHAHAHAHAH (?). so che tu sai tutto, però questo te lo risparmio, anche perché non lo so neanch'io. #lol
vabbe', ho capito, devo smetterla di rompere le palle. 
MA PRIMA DOVETE ASSOLUTAMENTE FARE UNA COSA.
ci sono due ff che NON E' CHE VI CONSIGLIO, VI ORDINO DI ANDARE A LEGGERE. *please* 
le trovo splendide, e sono di due mie migliori amiche. 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1112160&i=1
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1118288&i=1

i capitoli sono pochi e brevi, quindi fateci un salto. VI SCONGIURO, MERITANO DAVVERO.

vabbe', adesso basta, seriamente.
ciau, vi adoro. grazie per le dieci recensioni. fgksnashbdjfsdg

rose. xx

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Capitolo 15
*** I should've kissed you. ***


Capitolo quindici: I should've kissed you.

{Taty’s point of view}
Guardare le mie migliori amiche soccorrere Rose tutta la notte a causa della sua continua nausea non aveva fatto altro che torturarmi per sei ore, facendomi ritrovare due occhiaie scure sotto gli occhi il giorno dopo, quando mi svegliai a causa di una insistente bussata al campanello.
Sbuffai e ancora con gli occhi chiusi tastai sotto il mio cuscino, riuscendo ad afferrare poi il cellulare e vedere l’orario. Erano solo le dieci di mattina di una domenica che, fino a quando nel pomeriggio sarei andata all’università, avrei voluto trascorrere a letto.
Controvoglia mi alzai e saltellai verso l’ingresso iniziando ad acquistare vitalità come mio solito. Prima che la porta potesse suonare ancora e svegliare Rose che sicuramente avrebbe dovuto continuare a subire i postumi della sua sbornia pesante della sera prima, non giovando al mio stomaco e la mia grande sensibilità per queste cose, mi affrettai a guardare dall’occhiello, non vedendo però nessuno. Aprii lo stesso la porta e guardai rapidamente a destra e sinistra, ma sul pianerottolo non c’era un’anima.
Prima di richiudere infastidita e un po’ confusa la porta di casa, notai che sullo zerbino c’era un fascio a dir poco enorme di rose, tenute insieme da della splendida retina blu, insieme ad una scatola dello stesso blu scuro, con un fiocco azzurro di seta lucida sopra.
Spalancai la bocca appena mi accorsi di una H incisa in basso a destra sulla scatola, rimanendo ancora con la mano sulla maniglia della porta.
- Mio dio. - sussurrai tra me e me decidendomi a prendere quella roba e portarla dentro, visto il freddo che entrava da fuori. Portai tutto sul tavolo della cucina e mi accorsi, dal bigliettino su cui c’era il mio nome per intero, che erano destinate a me. Sfilai un foglietto arrotolato stretto da dentro un nodo di seta, appeso vicino le rose. - Oh mio dio. - ripetei balbettando a bassa voce, per poi aprire il foglietto e leggerlo.
“Ben svegliata, principessa. Buona domenica.
H.S.”
Sorrisi ed appoggiai l’altra mano sulla bocca, mentre il foglietto mi tremava letteralmente tra le dita.
Saranno state una cinquantina di rose rosse, alcune appena sbocciate, altre ancora chiuse. Aprii lo scatolo con un sorriso ebete sul volto, scoprendo una composizione di cioccolatini a forma di cuore che ne componevano uno più grande.
Corsi in camera di Frenk e raggiunsi il suo letto. La scossi per un po’ sorridendo angelicamente, fino a che fui costretta ad urlarle uno “svegliati” nell’orecchio che la fece sobbalzare.
- Che cazzo vuoi da me all’alba, Taty? - mi rispose acida aprendo finalmente gli occhi. Mi sporsi a darle un bacio sulla guancia con un sorriso e la trascinai giù dal letto fino in cucina, indicandole il tavolo senza parlare.
Si scrollò malamente dalla mia presa iniziando a stropicciarsi gli occhi, poi guardò il tavolo.
- Uao. - fece perplessa.
- Harry, è stato Harry, le ha mandate lui! Le ha mandate Harry Styles, non sto sognando, ci sono le sue cavolo di iniziali su questo biglietto! - blaterai riaprendo il bigliettino e piazzandoglielo davanti agli occhi.
Sorrise, ancora mezza assonnata. - Cristo Santo, quel ragazzo è un demente. - appurò pettinandosi il ciuffo con le dita, per poi abbracciarmi. - Però tu sei troppo agitata, dovresti calmarti un po’. - mi suggerì una volta sciolto l’abbraccio. Annuii e mi lasciai scappare un gridolino, portandomi di nuovo una mano alla bocca per non urlare come un’assatanata.
Alle spalle di Frenk sulla soglia della cucina vidi comparire la mora reduce della sbornia, che si appoggiò a peso morto con la schiena contro il muro, posandosi una mano sulla fronte.
- Che succede? - chiese poi con gli occhi socchiusi a causa della luce che le infastidiva la vista. Aveva il viso cadaverico ed un paio di occhiaie ancora più scure delle mie, sembrava un mostro.
- Guarda cosa mi hanno regalato! - strillai ancora col cuore in gola, prendendo i cioccolatini ed il biglietto, per poi sbatterglieli sotto il naso come avevo fatto con Frenk.
Sorrise dolcemente dopo aver letto anche lei le iniziai sul biglietto, poi odorò i cioccolatini.
- Che pensiero cari… Oh, aspetta. - Appoggiò una mano sulla bocca, l’altra sullo stomaco, impallidendo improvvisamente e sbarrando gli occhi. Ebbi giusto il tempo di scambiarmi un’occhiata veloce con Frenk che Rose scomparve di nuovo dalla nostra vista imprecando con davvero poca finezza, come sua abitudine, e correndo a vomitare per l’ennesima volta.
 
 
{Alex’ point of view}
- Mi ha chiesto di uscire. - dissi all’improvviso, richiamando l’attenzione di tutte le ragazze su di me, che poco prima erano concentrate in un discorso sul nuovo, bello e giovane fattorino della gelateria in piazza. - Liam, ieri in discoteca, mi ha chiesto di uscire. Insieme. Stasera. - chiarii abbassando lo sguardo al mio piatto, giocherellando con l’insalata.
- E non sei felice? - mi chiese Marty masticando il suo pollo. Rialzai lo sguardo con un sospiro.
- Ovvio, lui mi piace. Ma se ci vedessero insieme? Se ci fotografassero? I paparazzi sono ovunque, e i ragazzi sono abbastanza famosi qui in Inghilterra. Scoppierebbe un casino tra le fan, e noi più di tutti sappiamo com’è quando uno di loro esce con qualcuna. -
- Sai com’è Liam. Ha la testa a posto e se ha deciso di fare un’uscita ufficiale con te non vedo perché sia tu quella a preoccupartene. - mi rassicurò Taty, mangiando poi qualche boccone.
- Già. - la appoggiò Rose a bocca piena, per poi deglutire. - Magari sa dove vuole arrivare con te ed ha in mente di iniziare a farti conoscere al “pubblico” - imitò le virgolette con le dita - per preparare le fan e non… non dare una botta diretta, se un giorno voi due doveste… ecco, mettervi insieme. - Si sforzò di trovare le parole giuste, e sorrise per rassicurarmi.
Sospirai ancora. - Non so se sono pronta a quello che mi aspetta. Lo adoro, lo sapete, ma non so se avrò il coraggio di affrontare le critiche, l’odio e la rabbia di molte fan. - Abbassai di nuovo lo sguardo, e solo al pensiero sentii le lacrime bagnarmi gli occhi.
- Secondo me non devi preoccupartene. Un’uscita tra amici non vuol dire che due persone stanno insieme, giusto? -
Annuii, non del tutto convinta. - E tu e Louis? - chiesi a Frenk cambiando discorso.
- Beh…- esitò guardandoci insicura. - Ieri sera mi ha chiesto se volessimo farlo sapere a tutti. E con tutti intende le fan. - disse rapidamente, mutando la sua espressione da insicura a spaventata.
Sbarrammo tutte e quattro gli occhi.
- Ed io gli ho detto di aspettare. - continuò rapidamente. - Ho lo stesso problema di Alex. E poi, ci pensate? Io e lui, Marty e Niall, Taty ed Harry, Alex e Liam, Rose e Zayn... sembra tanto una cosa fatta apposta: noi cinque con loro cinque. -
- Iniziate a levare me dai giochi. Non voglio proprio entrarci nel casino del mondo dei famosi, tantomeno nella vita di quello lì. - la interruppe Rose, come sempre con quel suo tono di acidità nei confronti di Zayn, guadagnandosi degli sbuffi spazientiti da parte di tutte noi. Non capivo perché cavolo non le andasse a genio, Zayn era perfetto come ragazzo, non aveva difetti. O almeno io non gliene riuscivo a trovare neanche uno.
- Levate anche me da mezzo, visto che non penso che tra me e Niall succederà mai qualcosa. - aggiunse Marty, che venne poi interrotta da una specie di grugnito di Taty.
- La smetti? È palese che tu gli piaccia. - le disse; annuii con foga per sottolineare che fossi d’accordo. Anche secondo me il biondo aveva preso una cotta per lei.
- Appunto, come tu piaci ad Harry, Alex a Liam e così via! Vedete com’è? È strano, fin troppo. - sbottò Rose appoggiando la tesi di Frenk. - E quelle pazze delle loro fan non la prenderanno bene vedendo i loro cari One Direction fidanzarsi uno alla volta. Fidatevi, state correndo un rischio. - concluse girando poi lo sguardo alla tv accesa in cucina, come se a lei non interessasse più l’argomento.
Sbuffai. - Perfetto, allora lo chiamo e gli dico che non posso uscire! - sbottai afferrando il cellulare dalla tasca.
- Santo Dio, Alex, non essere paranoica! - mi bloccò Frenk spazientita. - Uscite e basta, poi si vedrà: semplice.- Sospirai ancora e feci spallucce. Non sapevo come riuscisse a prendere tutto alla leggera mentre io mi facevo mille complicazioni. Non era così semplice come lo faceva sembrare lei.
 
Mi riguardai allo specchio per l’ennesima volta, stirando il jeans con le mani. Infilai una giacca beige per abbinarla ai decolleté e, con un sospiro, decisi di uscire finalmente dalla mia camera e raggiungere l’ingresso, ancora convinta del fatto che uscire con Liam non fosse una buona idea.
Sfilai il cellulare dalla tasca in seguito ad una vibrazione, e mi lasciai sprofondare nella poltroncina del salotto appena vidi l’orario sul display. Mancavano ancora cinque minuti alle otto e mezza, pensai avrei dovuto aspettarlo per molto. Visualizzai il messaggio.
“Sono sotto casa tua; scendi o cali la treccia? :D”
Scossi la testa ridendo e mi alzai dalla poltroncina. “L’ho sempre detto che soffrivi di qualche problema neurologico. Ti sembro per caso Raperonzolo? Pft! Scendo subito. :)”
- E’ arrivato Liam! - avvisai Taty e Frenk che erano rimaste a casa, per poi aprire e richiudermi la porta di ingresso alle spalle. Scelsi di prendere l’ascensore, non ero così impavida da scendere con i tacchi alti due piani a piedi.
Mi avvicinai al portone; Liam era appoggiato con le spalle al muro e fissava l’orologio da polso. Sorrisi, chiedendomi se quello fosse un sogno, e sperando che se qualcuno avesse dovuto svegliarmi, l’avesse fatto prima di farmi illudere completamente di qualcosa che non sarebbe mai esistito.
- Ciao. - sussurrò alzando gli occhi sulla mia figura dopo aver sentito il portone aprirsi. Si schiarii la voce e si avvicinò a me, guardandomi da capo a piedi. - Stai benissimo stasera. - disse più ad alta voce, sorridendomi appena. Feci lo stesso, e uno strano ed insolito senso di timidezza prese il sopravvento su di me, e sulla mia voce. Annuii e sorrisi, consapevole che in quel momento non avrei potuto fare altro. - Tutto bene? - chiese ridendo, ma scorsi del nervosismo anche in lui.
Mi guardai intorno, ricordando il motivo per cui io ero nervosa, e cercai a stento con delle occhiate rapide in giro qualche macchina fotografica. Sospirai, annuii ed abbassai lo sguardo, sull’orlo di una crisi di pianto.
- Ehm, dove mi porta stasera, signor Payne? - Sforzai un sorriso dopo aver notato la sua espressione confusa.
Rise. - Si fida di me, principessa? - domandò a sua volta, per poi porgermi il gomito.
Ci sorridemmo. - Come potrei non farlo? -
 
In sottofondo si potevano sentire le note di “My heart will go on”; sullo schermo qualcuno avanzava tra il varco di una folla che applaudiva. Quel qualcuno camminava a passo lento, fino a che raggiunse una rampa di scale, lo scalone del Titanic; salì lentamente i vari scalini, fino a ritrovarsi di fronte un Leonardo Di Caprio giovane e bello, in tenuta elegante, che afferrò la mano di quel qualcuno, rivelandosi una graziosa mano di una donna. L’inquadratura si allargò, rivelando Jack e Rose uniti in un bacio passionale, mentre tutte le altre vittime del naufragio applaudivano sorridenti e beate, come se tutto quello che le prime due ore di film avevano mostrato non fosse mai accaduto.
Nello stesso istante in cui comparvero i titoli di coda, le luci si accesero. Liam si girò verso di me, aveva gli occhi lucidi. Io ero crollata a piangere già da una buona mezz’ora; avevo le guance inondate di lacrime.
Ridemmo entrambi l’uno delle condizioni dell’altro, mentre mi asciugavo invano il viso con le dita.
- Magari non è stata una buona idea venire qui. - mi disse sfilando un fazzoletto di carta e me lo pose.
Risi ancora, asciugando le lacrime. Ringraziai mentalmente il rimmel waterproof di Frenk; se avessi usato il mio avrei avuto il viso pieno di macchie nere. - Ma che dici? È stato bellissimo. Il Titanic è uno dei miei film preferiti. Il problema è che è commovente. -
Annuì in risposta e mi sorrise. - Non ti immaginavo così sensibile. -
Presi un respiro profondo, calmandomi dal pianto, e feci spallucce.
Prima di uscire dal cinema costrinsi Liam ad aspettarmi cinque minuti mentre mi rifacevo il trucco in bagno. Avevo gli occhi decisamente provati dal pianto, ma mi convinsi che di sera nessuno l’avrebbe notato più di tanto.
Andammo a mangiare qualcosa in un ristorante lì vicino; Liam sapeva come rendere perfetta ogni cosa. Aveva prenotato un tavolo sulla terrazza, e da lì si poteva vedere benissimo la London Eye, insieme a tantissime luci di città. Era davvero tutto perfetto, quando ero con lui; mi accorsi di essermi fatta troppe paranoie inutili.
Chiacchieravamo tanto. In effetti lasciavo parlare lui: volevo mi raccontasse tutto quello che in un anno mi ero sempre chiesta, come era stato X factor per lui, il tour, il nuovo album e il secondo tour da iniziare dopo Natale.
Eppure, nonostante fossi stata così bene con lui, per tutta la sera non ero riuscita a smettere di pensare che magari, appostato da qualche parte, ci fosse qualcuno con una macchina fotografica pronto a rovinarmi l’esistenza.
Quando fummo sotto casa mi guardai intorno per l’ennesima volta. Ero spaventata, avevo paura che il giorno dopo o nel giro di un paio d’ore sarebbero comparse magicamente su internet delle foto che ci ritraevano insieme, e che avrebbero fatto scoppiare un casino colossale tra le fan.
- Tutto bene? - mi chiese Liam, proprio come me l’aveva chiesto appena ero scesa di casa qualche oretta prima, ma stavolta non sorrise. Sembrava spazientito da quel mio atteggiamento, e non lo biasimavo.
Come in un flashback, annuii ancora e abbassai lo sguardo alle mie scarpe.
- No che non va tutto bene, Alex. Credi che non mi sia accorto di come ti sei comportata tutto il tempo? - mi disse con voce dura. - Spiegami cosa c’è, sei stata strana tutta la sera. - ammorbidì il tono e con l’indice mi alzò il mento, inchiodando il mio sguardo al suo.
Sospirai e sentii le labbra tremare. Distolsi lo sguardo alzando gli occhi al cielo, mentre li sentivo pizzicare ancora. Non ero mai stata una ragazza molto emotiva o sensibile, ma quella sera riuscivo a sentire persino io che ero diversa.
- Ehi piccola, cosa... che succede? - mi chiese balbettando; si era accorto di quel mio cedimento. Tornai a guardarlo, e riuscii a cacciare indietro le lacrime. Scossi la testa e sorrisi. Mi avvicinò una mano al viso e mi sfiorò una guancia col palmo, in cui sprofondai il viso chiudendo gli occhi.
- Così va meglio. Quando sorridi sei ancora più bella. - sussurrò avvicinandosi a me perché potessi sentirlo. Quando riaprii gli occhi, il suo respiro era già sulle mie labbra. Sentii le farfalle liberarsi improvvisamente nello stomaco e i brividi sulla pelle quando i nostri sguardi si incrociarono. Stava iniziando a far scomparire la distanza fra i nostri visi, intanto rimanemmo a fissarci, l’uno nello sguardo dell’altra, come in uno di quei film muti in bianco e nero che avevano accompagnato la mia infanzia. Ero completamente persa nei suoi occhi color cioccolato e mai avrei voluto distogliere l’attenzione da essi.
Sapevo che stava per appoggiare le sue labbra sulle mie, e non aspettavo altro. Avevo sempre sognato di poterne scoprire il sapore, un giorno, e ancora non riuscivo a crederci che Liam Payne stesse regalandomi il mio primo vero bacio.
Subito, nella mia mente, collegai al suo nome la sua fama e mi ritornò nei pensieri quello che mi aveva angosciato tutta la sera, ma che l’imminente bacio era riuscito a farmi dimenticare, anche se non del tutto. Sentii il mio sorriso ebete affievolirsi fino a scomparire dalle mie labbra, e guardai ancora alle sue spalle, prima a sinistra e poi a destra, spaventata del fatto che sarebbe potuto spuntare uno di quegli uomini che temevo come da bambina temevo i mostri nell’armadio.
Liam si allontanò brusco da me. - Mi dici che ti prende? - mi chiese aggrottando le ciglia, confuso e alquanto irritato.
- Ehm... - Come potevo spiegarlo? Mi avrebbe presa per una paranoica. Decisi di rinunciare. Sospirai e abbassai lo sguardo. - Buonanotte Liam. - Gli baciai rapidamente una guancia. - E scusami. - sussurrai riguardandolo per l’ultima volta negli occhi, prima di allontanarmi del tutto da lui e scappare dentro il mio palazzo, come una codarda.
Per la centesima volta, non ero riuscita ad affrontare il mio problema, scegliendo la strada più semplice: scappare.




buonsaaaaaaaaaaaaaalve. c:
inizio col chiedervi scusa (non so quante volte l'ho fatto da quando ho iniziato questa storia AHAHAH) per aver fatto passare tutto questo tempo dall'ultimo aggiornamento. mi odio, ma ho ancora il blocco dello scrittore, sempre se posso chiamarmi tale, quindi scrivo in modo così forzato che... boh, si vede, esce una merda. mi scuso anche, quindi, del fatto che il capitolo è decisamente più corto dell'ultimo. sto prendendo in considerazione di iniziare a postarli di nuovo di questa lunghezza, magari è meno faticoso sia per me che per voi.
comunque, riguardo la storia, mi scuso in anticipo per gli eventuali errori ma talmente che fa schifo l'ho riletto giusto ieri e ho corretto quanto potevo. spero vi abbia fatto piacere sentir parlare più di taty e alex, in uno dei prossimi capitoli spero di dare più spazio a marty e frenk e poi ritornerò alla pallosa, incazzosa, antipatica, scorbutica Rose e al povero e succube Zayn. sì, sappiate che mi diverto a trattarlo male. AHAHAHAH 
aaaaaaaaspettate un secondo, prima di lasciarvi, vi faccio una domanda. 
qual'è la vostra coppia preferita? 
abbiamo lenk, lalex, haty, narty e zose. 
devo dire di avere un debole per haty, non lo so, li trovo stracarini. ieri appunto ho riletto tutte le parti che li riguardavano. gkfbashbgkdhg, mi piacciono troppo.
VABBE', GIURO CHE ADESSO MI DILEGUO.
ultimissima cosa: vi avviso, non aggiornerò se non avrò almeno otto recensioni. 
detto questo, penso di aver finito di ammorbarvi. :3

ai lov iuuuuuuuuuuuuu.
rose. xx

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Capitolo 16
*** Physical attraction. ***


Capitolo sedici: Physical attraction.
 
{Liam’s point of view}

Sbattei la porta così violentemente che quasi uscì dai cardini, salii le scale in fretta e corsi in bagno a farmi una doccia fredda, continuando a chiedermi cos’avessi di sbagliato. Lei mi piaceva, io le piacevo, cosa c’era di così complicato? Mi sembrava di essere un quindicenne in piena crisi adolescenziale.
Provai invano a rilassarmi sotto il getto d’acqua ghiacciata, ma avendo ancora i nervi a fior di pelle scesi di nuovo al piano di sotto a prendere un bicchiere d’acqua in cucina, trovandovi Louis in mutande ad armeggiare davanti il lavabo con una moka da caffè, e il cellulare tra l’orecchio e la spalla.
- Allora a domani. Ti adoro anch’io. Buonanotte piccola. - Riagganciò e appoggiò il cellulare sul ripiano alla sua destra.
- Metti qualcosa addosso o prenderai una bronchite. - gli suggerii mentre raggiungevo il frigo. Versai un bicchiere d’acqua e iniziai a berla lentamente.
- Certo papà! - esclamò ridendo, ma il suo sorriso si spense appena notò di non essere riuscito a contagiarmi. Mi guardò sottecchi, appoggiò la moka sul fornello e mi si avvicinò, scrutandomi con occhi indagatori. Poi sospirò.
- Hai provato a baciarla ma ti ha rifiutato. - espose la sua diagnosi con un sopracciglio inarcato. Mi appoggiò una mano sulla spalla e mi sorrise. - Non vuol dire necessariamente che non le piaci. -
- Stava andando tutto così bene... - bofonchiai, nascondendo il viso per bere un altro sorso d’acqua.
- La smetti di fare il depresso? Forse Alex vuole andarci piano. O forse sei tu ad aver corso troppo. Beh, io non potrei proprio parlare, ho baciato la mia Frenk dopo neanche una settimana... -
- La mia Frenk - ripetei interrompendolo - ma come ti sei ridotto? - Risi, e lo fece anche lui, ritraendo poi la mano dalla mia spalla.
- E io che provavo a consolarti! Sei un ingrato. - Scosse la testa, sorridendo ancora. - Sai cosa puoi fare? - domandò in modo retorico con tanto di ciglia aggrottate per la concentrazione. - Far finta di niente. Amici come prima, semplicemente. Quando arriverà il momento ci proverai ancora. -
Annuii, poco convinto, e mi persi ancora in un sospiro. E se quel momento non fosse mai arrivato?
 
MARTEDì 11 DICEMBRE 2011.

{Frenk’s point of view}


- Gli occhiali da sole! - ricordai a Taty prima che uscisse dalla sua stanza.
- Giusto! - rispose, andandoli probabilmente a recuperare, per poi raggiungermi con un sorriso a trentadue denti sulle labbra. Era più che emozionata, e devo ammettere che lo ero anch’io, solo che riuscivo a contenere più di lei l’entusiasmo.
- Sono già di sotto, vero? - mi domandò quando fummo in ascensore, iniziando a mordicchiarsi il labbro con nervosismo.
- Sì, ma tu stai calma, va bene? È solo una colazione al bar con due amici. Adesso respira profondamente. - le consigliai, e sorrisi per tranquillizzarla. Annuì, sospirò e appoggiò gli occhiali da sole in testa, pronta ad abbassarli agli occhi una volta fuori del palazzo; lo feci anch’io, e finalmente uscimmo da quei quattro metri quadrati di ascensore che avrebbero fatto soffocare anche una mosca.
Ancora prima che potessimo raggiungere il portone, i ragazzi si accorsero di noi. Louis spalancò il portone con una mano rischiando di farlo sbattere contro la parete adiacente. Camminò deciso fino ad arrivare di fronte a me, ed Harry fece lo stesso con Taty. Mi dimenticai completamente di quei due e mi persi nei suoi occhi e nel suo sorriso.
- Ehi... - sussurrò, appoggiando la sua fronte sulla mia - ...qui non ci vede nessuno, vero? - mi chiese allargando il sorriso. Ebbi solo il tempo di scuotere leggermente la testa, poi sentii le sue labbra premere sulle mie mentre le sue mani mi attiravano contro di lui dietro la mia schiena. Infilai le dita tra i suoi capelli e mi abbandonai al bacio. Mi accorsi di quanto avessimo l’uno voglia dell’altra e continuai a baciarlo anche quando lui aveva provato ad allontanarsi semplicemente per respirare, ignorando che qualcuno stesse tossendo animatamente, probabilmente per farci separare. - Ti rendi conto di quanto mi sei mancata? - mi domandò approfittando di una manciata di secondi per riprendere fiato, poi riprese a baciarmi.
Iniziai a ridere silenziosamente contro le sue labbra del modo in cui la situazione si era ribaltata improvvisamente, ignorando le voci del riccio e della mora che chiacchieravano come se non ci fossimo. Adesso era lui a non volersi staccare da me.
- Lo sto notando adesso. - sussurrai in risposta. Le sue labbra iniziarono di nuovo a giocare con le mie appena smisi di parlare, ma lo sentii sorridere ugualmente. - Sembri un polipo! - esclamai sorridendogli, per poi staccarmi da lui, anche se a malincuore.
- Pensi sia facile averti vicino per circa mezz’ora e non poterti neanche sfiorare in pubblico? Devo farmi una scorta di coccole. - Assunse un’espressione infantile con tanto di labbruccio, così mi avvicinai ancora alle sue labbra e vi posai un bacio a stampo, ritornando poi ad una distanza di sicurezza.
- Gli anni passeranno, e tu non cambierai mai. -
Mi sorrise in risposta, ed io abbassai lo sguardo sorridendo inebetita. A volte riusciva a mettermi in imbarazzo solo con quei suoi occhi color ghiaccio.
- Se avete finito di... -
- Risparmiaci il tuo sarcasmo Styles. Possiamo andare. - bloccai Harry prima che mi imbarazzasse ulteriormente, indossai gli occhiali da sole e iniziai a camminare spedita fino all’uscita del palazzo.
 
 
- Cause you’ve got that one thing! - urlai insieme a Taty mentre ci scatenavamo come delle tredicenni sulle note di One Thing in salotto. Scoppiammo a ridere e ci lasciammo cadere sul divanetto, poi Taty prese il portatile dal tavolino adagiandolo sulle sue gambe. Mentre accedeva su Facebook e Twitter mise in sottofondo Stole my heart, ed iniziai a canticchiarla distrattamente, mentre io pensavo alla colazione fatta con i ragazzi, al fatto che ci avevano proposto di accompagnarci entrambe all’università e di riportarci a casa alla fine delle lezioni. Ogni volta che pensavo a Louis mi sembrava ancora tutto un sogno. Avevo fantasticato talmente tante volte su come sarebbe stato essere la sua ragazza e adesso che lo ero mi sembrava stessi ancora immaginando ad occhi aperti un mio possibile futuro con lui.
- Oddio! - sbottò Taty, facendomi sobbalzare. - Guarda qui! - urlò, portando la mia attenzione su una foto sfocata e scura nella sua home di facebook. Socchiusi gli occhi e cercai di capire cosa rappresentasse, poi lessi la didascalia che la fan page sui ragazzi aveva scritto postando quella foto, iniziandola a leggere ad alta voce.
- “Sembra che ieri sera Payne sia uscito con questa ragazza, abbiano fatto un giretto a Londra e l’abbia riaccompagnata a casa, da vero gentleman. Questa foto ritrae il bacio di fine serata che Liam le avrebbe regalato, eppure le sue labbra non sembrano essere su quelle della mora. Non si vede molto, essendo Liam di spalle. Sinceramente? Se Liam l’ha baciata, o l’ha quasi fatto, sarà stato perché gli piaceva, e tanto. Lui non bacia ragazze come capita, quindi dev’essere una speciale.” Beh, almeno non l’ha insultata.- Mi scambiai uno sguardo con Taty.
- Alex! -  urlammo poi entrambe, e la mora trotterellò in salotto canticchiando allegra, come al solito.
- Cosa c’è? - chiese, spostando lo sguardo tra me e Taty. Questa le pose il portatile, e lei mutò subito espressione appena lesse le prime righe.
- Lo sapevo. - sussurrò semplicemente per poi prendere posto sulla poltroncina di fronte a noi. Per qualche secondo lesse qualcosa sullo schermo in silenzio, finché non alzò un sopracciglio. - “Se questa stronza si permette di toccare il mio Liam giuro che la metto sotto con un tir”. Ma sentite ‘sta brutta troia! Il tir te lo ficco… -
- Oh, calma! - la interruppe Taty ridendo. - È solo una ragazzina infantile, lascia stare. Non vale la pena… -
- “Cosa insultate a fare quella povera ragazza?” – la interruppe, sorridendo appena, leggendo forse un altro commento. – “Non siete contente che Liam abbia trovato finalmente qualcuna con cui poter stare bene? Era da prima di X factor che non usciva con qualche ragazza, ha semplicemente capito di doversi lasciare alle spalle la stronza che lo tradì. E se ha deciso di farlo con questa ragazza non possiamo che essere felici per lui.” Questa qui mi sta simpatica. - concluse allargando il sorriso, e ci guardò soddisfatta. - Non è stato così tragico come immaginavo. - 
- Visto? - le chiesi, riprendendo il pc. - Vediamo se c’è qualcos’altro… - dissi, controllando ancora la home di Taty. - Oh, sentite qui: “Rumor: sembra che Louis ed Harry siano usciti con due ragazze. La fonte dice che erano entrambe more, portavano degli occhiali scuri e hanno fatto colazione in un bar, per poi lasciarlo e salire in macchina di Louis.” Spiegatemi come cavolo sono riuscite a saperlo così presto! Sono peggio dell’FBI! - esclamai ridacchiando. - Uh, eccovi un’altra bimbaminchia: “Cosa?! No, vi prego, se Harry si fidanza io mi sparo!” Ma sparati che fai un piacere alla comunità. - Risi di gusto, ma entrambe mi guardarono male. – Che c’è? Mi fanno pena quando fanno così – mi giustificai – e poi non vedo perché farne un dramma. Questa qui a stento ha undici anni! – appurai guardando schifata le sue foto private, per poi tornare alla home.
- E se dovessero scoprire che siamo noi? - mi chiese Taty preoccupata, come sempre, riprendendosi il computer.
- Ne parleremo con i ragazzi. - la rassicurai. Personalmente non ero agitata quanto loro, non capivo perché gli importasse così tanto del giudizio delle poche ragazze gelose dei loro cantanti preferiti che pur di scoparseli avrebbero ucciso il papa o la regina Elisabetta. Quelle non potevano neanche essere considerate loro fan. Mi preoccupavo di più delle Directioners, che a loro cinque tenevano davvero, e volevano il loro bene.
 - Ho paura. – sussurrò poi Alex con gli occhi lucidi. – Come fai ad essere sempre così tranquilla e spensierata? Ti invidio un botto. –
- Foto. – bofonchiò Taty. Mi sporsi sopra la sua spalla e vidi che l’immagine, stavolta più definita della prima, ritraeva Louis seduto al tavolino del bar, quella mattina, e Taty al suo fianco che gli sorrideva mentre beveva il suo cappuccino. Harry non era entrato nella foto, ed io ero di spalle, nascosta da una delle tante piante esterne che coprivano quasi completamente le grandi vetrine a finestrone del bar. – “Ma quanto sono lunghi i capelli di questa cogliona? Vuole fare concorrenza alla Madonna di Lourdes?” –
I suoi occhi si riempirono di lacrime e una scivolò inevitabilmente sulla sua guancia. Gliel’asciugai in fretta e le strinsi una mano.
- Ehi tesoro… – sussurrai dolcemente avvicinandomi meglio a lei.
- L’hai detto anche tu prima, non vale la pena arrabbiarsi. – disse Alex rattristandosi per lei.
- Sto incominciando a pensare che frequentare i ragazzi non sia una buona idea. – ammise con la voce provata a causa delle lacrime che continuavano a bagnarle le guance, poi richiuse con un gesto secco lo schermo del portatile e si scrollò la mia mano dalla sua. Lo appoggiò sul tavolo e si diresse verso il corridoio che portava alla zona notte.
- Sei davvero disposta a rinunciare ad Harry per delle cretinate simili? È gelosia, solo gelosia! –
Mi ignorò bellamente e scomparve in corridoio.
Dopo qualche secondo sentimmo la porta del bagno chiudersi, con tanto di doppia mandata.
 
 
MERCOLEDì 12 DICEMBRE 2011.

{Rose’s point of view}


Una delle cose che più odiavo al mondo era quando il telefono squillava senza freno e nessuno in casa si degnava di rispondere. Mi passò per la mente di aspettare e vedere fino a quanto nessuna delle ragazze si fosse smossa da quello che stava facendo e avesse raggiunto il cordless all’ingresso, ma poi mi ricordai che oltre a me, in casa, c’era solo Marty, per di più sotto la doccia.
Sbuffai, sfilai gli auricolari dalle orecchie, mi sollevai dal letto e dopo l’ennesimo squillo irritante di quell’aggeggio che stava beatamente stravaccato nella sua postazione di carica, risposi.
- Ehm... Rose? - sentii sussurrare in risposta dall’altro capo del telefono.
- Chi è? - ripetei, non riconoscendo la voce.
- Sono Niall! - urlò sempre sussurrando, in modo alquanto buffo. - Sei sola in casa, vero? Volevo parlare con te, ma ho preferito non dirlo a nessuno qui perché mia avrebbero preso in giro a vita e... -
- Tranquillo, Marty sta facendo la doccia e per il resto sono sola. Cos’hai? Mi stai mettendo paura. - Risi, intuendo di cosa avesse bisogno: qualcosa che i ragazzi non avrebbero potuto dargli.
- Ho bisogno di una mano. - “Come non detto” pensai tra me e me. - Domani pomeriggio avevo intenzione di invitare Marty a casa e volevo organizzare qualcosa di carino per passare il tempo e avrei bisogno di qualche dritta. Non sono bravo con queste cose pratiche, vado meglio a dare consigli. - Mi sorpresi di quanto riuscisse a parlare veloce quel ragazzo; forse era il nervosismo, e forse neanche respirava.
- Musica. Marty è innamorata della musica, e tu sai suonare la chitarra. Potresti cantarle qualcosa, visto che sei il suo cantante preferito - gli sentii sussurrare qualcosa in segno di assenso - o potresti noleggiare un film romantico, ma non di quelli esageratamente strappalacrime o smielati, non sopporta piangere davanti gli estranei. -
- Non immagini quanto mi stia aiutando Rose, io ti adoro! - esclamò facendomi ridere. - E riguardo agli argomenti di cui parlare? Di solito non parlo molto quando sono con lei. -
- Parlale di te, sicuramente le interessa. Se tu avessi il tuo idolo davanti non ti piacerebbe conoscere tutto di lui, più di quanto sai? -
- Mh mh… - rispose, incitandomi anche a continuare.
Riflessi per qualche secondo. - Non dire nulla che la metta in imbarazzo, altrimenti arrossisce, abbassa lo sguardo e si chiuderà in se stessa per tutto il tempo. E falla ridere, trova qualcosa che la faccia divertire, magari inizierà a rilassarsi e scioglierete il ghiaccio. -
Sospirò. - Quindi ricapitolando: musica, film romantici, me, niente di imbarazzante, qualcosa che la faccia ridere e poi… mio Dio, sono nervosissimo. Spero accetti l’invito. -
- Sicuramente accetterà. Andrà tutto bene Niall, non preoccuparti. - lo rassicurai, intenerita dal suo atteggiamento.
- Grazie mille Rose, sei davvero l’amica migliore che potessi trovare. -
- Per così poco? - risi ancora, poi sentii il rumore dell’acqua cessare improvvisamente e la chiave del bagno girare nella serratura. - Uhm, Marty sta uscendo dal bagno, credo di dover andare… - sussurrai, spostandomi verso la finestra, sperando non sentisse. - Se vuoi posso non dire nulla neanche alle ragazze di questa chiamata. -
- Già, meglio così… grazie mille ancora tesoro. Ti voglio bene. -
Sorrisi. - Ti voglio bene anch’io biondo, a presto! - Riagganciai rimanendo con un sorriso inebetito sul volto; era il primo dei ragazzi che me lo diceva, e sapevo fosse sincero.
Non avrei mai pensato di dirlo fino ad allora, ma forse conoscere Narciso non aveva portato solo cose negative nella mia vita.
 
{Zayn’s point of view}

Continuavo a rigirarmi tra le mani il cellulare e a fissare quel nome sul display, seguito dal numero che avevo salvato di nascosto approfittando del fatto che quella mora incazzosa – soprannome gentilmente consigliatomi da Harry - fosse ubriaca fradicia; da sobria non me l’avrebbe mai dato.  
Le immagini di quella domenica sera continuavano a ripetersi nella mia mente: quando aveva rifiutato il saluto a serata appena iniziata, le sue labbra sulla mia guancia in segno di pace, le mie quasi sulle sue quando l’avevo sbattuta letteralmente contro il muro, e di nuovo i nostri volti a poca distanza quando, ormai completamente più che brilla, continuava a provocarmi. Avrei potuto approfittarne, ma il fatto che fosse ancora vergine del primo bacio mi aveva bloccato. Avrei potuto non importarmene, da quand’è che mi importava di quello che provavano le ragazze con cui andavo? Un idiota, ecco cos’ero. E lei ci aveva preso persino dalla prima volta in cui ci eravamo incontrati.
Continuavo a chiedermi come mai uno come me dovesse arrivare a dipendere psicologicamente da qualcuno, per di più una ragazza. Non era mai successo, e mai sarebbe dovuto succedere.
- Le scarpe giù dal tavolo, Zayn - mi ammonì una voce alle mie spalle trascinandomi finalmente via dagli occhi quelle immagini che mi chiudevano lo stomaco solo al pensiero. Mi girai e vidi Liam passarmi dietro, lasciarmi una pacca sulle spalle, dare un’occhiata a quello che avevo in mano, cosa che stranamente non mi infastidì moltissimo, e avvicinarsi al frigo.
Feci come mi aveva ordinato e risi. – Scusa papà. – sussurrai fingendo una voce infantile; si voltò e mi sorrise scuotendo la testa. Ormai chiamarlo papà era diventata un’abitudine, se ci avesse sentito qualcuno ci avrebbe presi per pazzi.
- Perché non la chiami? - mi domandò prendendo una coca dal frigo.
- Chi? - Stappò la coca e iniziò a berla. - Vacci piano con gli zuccheri. - cambiai argomento guardandolo serio.
- E adesso chi è che fa il papà? Ho tutto sotto controllo. - mi rassicurò. Il fatto che avesse un solo rene mi perseguitava e preoccupava ogni giorno di più, ma lui sembrava essere sempre sereno e tranquillo a riguardo.
- Liam, voglio anch’io qualcosa da bere! - urlò il riccio dal divano salone interrompendo il discorso.
- Alza il culo e vienitela a prendere - ribatté Liam con la sua solita calma. - Comunque mi riferivo alla ragazza di cui fissi il numero da circa un’ora. - Ridacchiò bevendo ancora.
- Non lo sto fissando da un’ora - bofonchiai posando il cellulare sul tavolo, per poi continuare con tono più alto dopo essermi schiarito la voce - e poi stavo solo decidendo se cancellarlo o no, tanto non l’avrei mai usato. -
- E noi dovremmo anche crederci? - Il riccio comparve all’improvviso in cucina, facendomi sobbalzare leggermente. “Ma perché spuntano tutti come Mago Merlino in questa casa?” pensai infastidito. - È talmente evidente che sei cotto di Rose, lo capirebbe chiunque anche solo da come la guardi. -
Sospirai, trattenendomi dal rispondergli male. - La guardo come guardo qualunque altra ragazza - mi difesi - non sono “cotto” di lei. - sputai mimando le virgolette.
- Vorresti dire che non ti piace neanche un po’? - mi domandò Liam, che prese posto a capotavola.
Esitai nel rispondere, e intanto Harry prese una birra dal frigo e si sedette di fronte a me. - Anche perché io non ci credo. - continuò il riccio bevendola.
- Magari leggermente - non mi sbilanciai, odiavo quegli argomenti - potrei dire che mi attrae, ma neanche tanto, ed è solo attrazione fisica. Sì, forte attrazione fisica, solo… solo quella. - balbettai con i pensieri che facevano a pugni, e per fingere disinvoltura guardai l’orario sul cellulare. Quella doveva essere l’unica spiegazione.
- Cioè vorresti scopartela. - tradusse il riccio con un ghigno malizioso.
Stavo per ribattere in modo scortese, ma la suoneria del cellulare di Liam mi interruppe, dandomi il tempo di pensare ad un’altra risposta. - Già, proprio come vorrei scoparmi anche Taty. - ribattei quindi sorridendo per guadarmi un’occhiataccia infuocata da Harry, ed iniziai di nuovo a giocare distrattamente col cellulare.
Liam guardò il display del cellulare e sorrise. - Parlando del diavolo spuntano le corna. -
- Taty? - domandò speranzoso il riccio, che intanto prendeva in giro me ma era quello messo peggio.
- No, Rose. - Al sentire il suo nome drizzai letteralmente le orecchie. Alzai lo sguardo su Liam che mi sorrideva in modo provocatorio.
- Rose? - gli chiesi incredulo, e lui mi sbatté il display sotto il naso. Mi sorrise per l’ennesima volta facendo spallucce e si alzò dal tavolo lasciando la coca a metà.
- Buonasera bimba, come va? - gli sentii dire prima che scomparisse dalla cucina per parlare con lei.
- Bimba?! - urlai irritato in tono quasi stridulo ad Harry, che rise come un ossesso per una manciata di secondi.
“Come si permette di chiamarla così?!” pensai, decidendo di tenere per me quel secondo pensiero.
Sbuffai, mi alzai dal tavolo afferrando il pacchetto di sigarette e l’accendino, e uscii fuori casa innervosito. Ultimamente il numero di sigarette giornaliere era aumentato. 
Ora ne ero sicuro: da quando conoscevo quella ragazza non aveva fatto altro che portare cose negative nella mia vita.



ed eccomi qua! c:
contente di rivedermi? (?)
devo dire che ultimamente sto riguadagnando l'ispirazione; mi aiuta molto stendermi da qualche parte, rilassarmi, chiudere gli occhi e pensare a come continuare questa storia. il silenzio è proprio stimolante.
beh, credo che di questo capitolo non ci sia molto da dire. sto cercando semplicemente di dare spazio in modo equo a tutti e dieci i personaggi, e non pensate sia una cosa facile. al contrario, mi fa impazzire, giuro. çç
comunque, come avrete notato, zayn è l'unico che sta rimanendo con le mani in mano - cosa che mi ha fatto notare Jimmyprotestedx, e la ringrazio ** - quindi spero di risolvere questa situazione con qualcosa di interessante in seguito, anche se non so esattamente cosa. uù
ringrazio le sei recensitrici, i quattordici che hanno aggiunto ai preferiti, i sei che ricordano e i ben ventiquattro *si commuove* che seguono questo schifo di storia. grazie mille♥.
nel precedente spazio delle minchiate - credo che ormai si sia capito che è questo il nome del sormone che vi sorbite ad ogni fine capitolo - avevo chiesto quale fosse la coppia che preferite, e nessuno ha risposto. TOO BAD.
potete recuperare facendolo adesso, mi raccomando, sono molto curiosa di saperlo. c:

ho esaurito le cavolate da dire, quindi vi lascio. grazie ancora, vi voglio bene, tutte tutte.*u*
rose. xx


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Capitolo 17
*** The best day of my life. ***


questo capitolo è interamente dedicato a te, scimmietta.
spero ti piacerà.
ti voglio bene migliore amica,
la tua adorata puzzola. ♥




Capitolo diciassette: The best day of my life.
 
{Marty’s point of view}
Quel pomeriggio, mentre ero davanti la porta sul retro di quella casa che, nonostante ci fossi stata già una prima volta continuava a sembrarmi imponente e incutermi una certa insicurezza, riflessi per la prima volta sul fatto che un freddo del genere, a Londra, non avrebbe dovuto essere legale. La cosa che più mi innervosiva, poi, era che noi poveri londinesi dovevamo sopportare quel freddo gelido e non essere mai premiati da della neve. Era il secondo inverno che ero a Londra e ancora non ero riuscita a godermi lo spettacolo mozzafiato di quella città completamente innevata; al contrario, avevo sopportato miliardi di volte lampi, tuoni, tempeste, vento e freddo glaciale. Dio doveva proprio odiarmi.
Chiusi l’ombrello, ormai riparata dal piccolo tettuccio davanti quell’ingresso secondario e guardai rapidamente l’orario sul cellulare che avevo nella tasca posteriore del jeans: era passato qualche minuto dalle cinque del pomeriggio, quindi ero abbastanza in orario. Presi un respiro e bussai al campanello, lasciando che dalla punta dell’ombrello sgocciolassero le rimanenze della tempesta che quel giorno aveva deciso di abbattersi sulla città, su di me e sulla mia quasi decente messa in piega, che aveva finito per lasciare spazio a dei riccioletti qua e là tra le altre ciocche prima perfettamente lisce.
- Arrivo! - Sentii l’inconfondibile voce di Horan strillare in lontananza. Per quanto possibile il sangue mi si gelò ancora di più nelle vene. Dopo neanche un paio di secondi la porticina in legno scuro si spalancò improvvisamente, facendomi sobbalzare leggermente.
- Ciao dolcezza. - sussurrò Niall, quando me lo ritrovai di fronte tutto sorridente; mi prese l’ombrello dalle mani, e con una delle sue afferrò dolcemente la mia, trascinandomi in casa. Infilò delicatamente l’ombrello grondante d’acqua nel portaombrelli, poi mi si fermò di fronte e improvvisamente mi strinse in un abbraccio quasi soffocante, che ricambiai, probabilmente arrossendo, avvolgendogli le braccia attorno al collo. Il suo profumo mi avvolse letteralmente. Colonia, forse; molto dolce ma diversa dall’ultima che gli avevo sentito addosso.
- Niall, sono tutta bagnata - gli ricordai, per poi sentirlo ridere, cosa che mi mozzò il fiato.
- Non importa. - rispose, lasciandomi un bacio sui capelli e sciogliendo per mia sfortuna le sue braccia da me. - Vieni di là, magari ti scaldi un po’. - mi sorrise e prese di nuovo la mia mano. Rabbrividii per la seconda volta; mi sfiorava con così tanta naturalezza, non sapeva cosa provocasse il contatto col la sua pelle nel mio stomaco. Aveva una morbida tuta grigio chiaro della Jack Wills addosso, una di quelle che amavo quando gliele vedevo indossare da una foto al computer, ed iniziavo ad assillare Rose perché ero fermamente convinta che li vestissero alla perfezione.
Una volta arrivati in salotto sciolse la stretta, permettendomi di sbottonarmi il cappottino con entrambe le mani.
Me lo sfilai, e lui lo prese gentilmente dalle mie mani, per poi avvertirmi che sarebbe andato a riporlo sull’appendiabiti nell’ingresso.
- I ragazzi? - chiesi per sciogliere il ghiaccio mentre aspettavo che ritornasse in salotto. In genere non ero molto adatta a conversare, figuriamoci con il sesso opposto, e figuriamoci con Niall Horan dei One Direction.
Notai in fondo alla stanza una chitarra che a primo sguardo mi sembrò fin troppo familiare; avvicinandomi mi accorsi che era proprio quella che avevo visto spesso suonare da Niall: era tutta beige sul davanti, le fasce laterali erano in marrone scuro, come la tastiera. Passai le dita sulle corde dal basso verso l’alto, provocando quel fruscio che tanto adoravo sentire.
La pioggia batteva delicata sui vetri, faceva da rilassante sottofondo alla situazione, e ringraziai chiunque sovrastasse le nostre teste che avesse fatto piovere quel pomeriggio, perché altrimenti l’aria sarebbe stata decisamente più imbarazzante se fossimo stati avvolti dal silenzio.
- Zayn e Louis sono appena usciti, Liam è di sopra che dorme e Harry è uscito senza avvertire nessuno di cosa dovesse fare. - rispose, mentre la sua voce si faceva sempre più vicina. - Come suo solito. - aggiunse poi una volta in salotto. Mi voltai verso di lui e gli sorrisi, poi tornai a scrutare la chitarra. Lo sentii avvicinarsi a me, infatti dopo qualche secondo era già dietro le mie spalle.
- È tua? - gli chiesi, distogliendo un attimo lo sguardo per portarlo ai suoi splendidi occhi. Annuì fiero. - È bellissima. - continuai, per poi tornare a sorridere a quel gioiello.
- Tu sai suonarla? - mi domandò sorpreso, ma mi affrettai a scuotere la testa.
- Purtroppo no, anche se ho sempre avuto un debole per le chitarre, o qualsiasi altro strumento che producesse musica. - risposi tutto d’un fiato.
Mi morsi metaforicamente la lingua. Nonostante la timidezza quando si trattava di musica avrei potuto parlare a sproposito per ore.
- Che ne dici di imparare? -
Gli bastò notare il sorriso involontario che mi comparve sul viso per afferrare la chitarra con una mano, e la mia con l’altra, per poi trascinarmi verso il divano. Amavo che mi prendesse per mano quando voleva portarmi da qualche parte, non era la prima volta che lo faceva, era una specie di suo vizio.
Ci accomodammo sul divano, io alla sua sinistra; lui portò la chitarra sulle gambe e posizionò le dita della mano sinistra sulla tastiera, per poi afferrare un plettro dal tavolino che avevamo di fronte con la destra.
- Inizio a farti vedere le prime note di What makes you beautiful, è una delle più semplici - disse; mentre parlava gli brillavano letteralmente gli occhi, si vedeva lontano chilometri che amasse la musica incondizionatamente. Un po’ come me. - questi tre accordi sono quelli che servono per l’introduzione. - mi spiegò sorridendomi rapidamente, per poi tornare a guardare la chitarra.
Posò tre dita su tre tasti, forse, e fece vibrare le corde una prima volta, poi spostò le dita su altri tre tasti e suonò ancora, e fece lo stesso un’altra volta. Poi, usando quei tre accordi che mi aveva fatto ascoltare, riprodusse esattamente l’introduzione della canzone, lentamente, per farmi capire. - Visto? È semplicissimo! - esclamò sorridendo.
Mi porse la chitarra, ma notando che da sola non sapevo neanche tenerla me l’appoggiò lui stesso sulle gambe facendo coincidere l’incavo con la mia coscia destra. Prese con la sua solita delicatezza la mia mano destra e fece il modo che il mio gomito si appoggiasse sulla chitarra. - La posizione di questo braccio è questa - mi spiegò, mentre gli lasciavo liberamente fare di me un burattino fra le sue mani. Si sporse per afferrare anche la mia mano sinistra, e per farlo si trovò quasi ad abbracciarmi; il suo corpo toccava il mio, ma la cosa non sembrava sfiorarlo neanche. Il suo respiro sul mio collo, alla mia destra, mi mandava in iperventilazione, non riuscivo a respirare regolarmente, soprattutto col suo dolce profumo che mi inondava le narici. Provai a calmarmi e a convincermi che non stesse facendo niente di particolare, eppure avevo l’impressione che fosse davvero molto vicino al mio viso, come avrei potuto calmarmi? Sembrava che se mi fossi girata all’improvviso mi sarei potuta ritrovare a baciarlo, e l’ultima cosa che volevo era creare situazioni imbarazzanti.
Delicatamente la sua mano fredda posizionò la mia sinistra in modo da tenere salda in mano la tastiera, e al contatto rabbrividii.
- Sicura di non aver mai preso in mano una chitarra? Sei molto portata, la tieni bene - disse tutto felice ignorando che dentro me sentivo quasi di svenirgli tra le braccia. Mi limitai a scuotere la testa e deglutire. - Brava, le dita vanno così. - sussurrò poi, vedendomi prendere le note che poco prima gli avevo visto toccare. Sorrisi e provai a rilassarmi un po’. - Adesso tieni il plettro tra il pollice e l’indice, così - mi porse il plettro giallino che aveva usato per suonare, poi lo posizionò lui stesso tra le mie dita. Mi strinse la mano dal dorso e suonò il primo accordo insieme a me. - perfetto. - sussurrò. Trovai il coraggio di guardarlo e mi accorsi che, come immaginavo, era davvero vicino a me, non mi ero drogata di niente prima di andare a casa sua. Ci trovammo quasi naso a naso. Gli sorrisi velocemente e distolsi lo sguardo.
Lo sentii schiarirsi la voce e si allontanò bruscamente da me. Con la coda dell’occhio lo vidi imbarazzarsi con quella sua dolcezza unica, poi si accarezzò la nuca nervoso. - Scusami, ero preso dalla spiegazione e... - lasciò la frase in sospeso. - Ricordi gli altri due accordi? - mi chiese balbettando sulla prima parola. Lo guardai ed annuii mordendomi un labbro per trattenere un sorriso: era tremendamente dolce quando arrossiva o si imbarazzava, nonostante i suoi diciott’anni compiuti.
Presi un respiro profondo e trovai il coraggio di spiccicare parola. - Quindi devo fare così? -
Suonai lentamente i primi battiti della canzone, e con mia assoluta sorpresa, anche se leggermente storpiati, suonarono bene. Sorrisi soddisfatta e lo guardai. - Non è tanto male, vero? - gli chiesi ridendo, lui scosse la testa sorridendomi di rimando.
- Sei stata bravissima. -
Abbassai lo sguardo avendo sentito le guance accaldarsi, poi gli porsi di nuovo la chitarra. - Mi suoni tu qualcosa? - gli domandai facendo il labbruccio, per poi ridere. Sorrise e prese il plettro e la chitarra, appoggiandosela sulle gambe. All’improvviso gli si illuminò ancora di più il viso.
- Ho trovato una canzone perfetta! - esclamò, schiarendosi la voce e preparandosi a suonare.
Già dalle prime note riconobbi stesse suonando I’m yours. Amavo quella canzone. Mi chiesi come facesse a saperlo, ma magari non lo sapeva neanche, forse piaceva semplicemente anche a lui.
Con mia sorpresa iniziò anche a cantare, pensavo si sarebbe limitato alla musica. Rimasi a bocca aperta, come ogni volta in cui la sua voce melodiosa mi riempiva l’anima. Ne ero innamorata, e in quel momento mi resi conto di esserlo anche di lui.
Più andava avanti, più capivo quanto amasse cantare, era uno spettacolo indescrivibile. Era davvero magnifico.
Come ogni volta in cui lo ascoltavo cantare, gli occhi iniziarono ad annebbiarsi. Sperai con tutta me stessa che non si girasse, che continuasse a suonare guardando di fronte a se o fissando le corde della chitarra, perché quelle lacrime proprio non volevano saperne di farsi ricacciare indietro. Una mi rigò la guancia, ma la asciugai prontamente, rimanendo con gli occhi lucidi fino alla fine della canzone.
- So I won’t hesitate no more, no more, it cannot wait, i’m sure: there’s no need to complicate, our time is short... - per la prima volta alzò i suoi occhi a me, rimanendoci per scrutare, forse, i miei occhi lucidi - this is our fate: i’m yours. - concluse, per poi sorridermi. - I’m yours. - ripeté in un sussurro, sempre intonandolo come facesse parte della canzone, ma quello l’aveva aggiunto lui, ne ero sicura.
“Sono tuo”.
Me l’aveva dedicato?
Mi mancò letteralmente il fiato e battendo le palpebre caddero un paio di lacrime. Risi di me stessa e le asciugai, mentre lo guardavo sorridere fiero, e forse anche intenerito dalle mie lacrime. Far emozionare qualcuno deve rendere un artista davvero orgoglioso di sé.
- So di essere solo una dei miliardi delle persone che te l’hanno detto e che lo pensano, ma hai una voce meravigliosa - ammisi, vedendogli ampliare il sorriso - e poi questa canzone è... è davvero bellissima. -
Ci scambiammo un sorriso. Niall si avvicinò al mio viso e mi lasciò un rapido bacio sulla guancia, lasciandomi impietrita. Quei contatti all’improvviso facevano scatenare uragani in tutte le cellule del mio corpo.
- Comunque... uhm, ho preso qualche dvd, se magari ti va di vederne uno. - farfugliò riponendo la chitarra affianco al divano. - Mentre scegli quello che ti piace di più vado a preparare un po’ di cioccolata calda, sempre se ti piace. - continuò, passandomi una piccola pila di dvd che prima erano appoggiati sul tavolino, e non so come non avevo neanche notato. Annuii, andavo pazza per la cioccolata, più del thé o del caffé, che a dire la verità odiavo. - Mi fai compagnia? - mi domandò poi con un sorriso tenero. Arrossii per l’ennesima volta e dopo aver preso la manciata di dvd lo seguii in cucina.
Mi appoggiai al muro affianco la porta mentre lo guardavo preparare il tutto, poi iniziai a sfogliare i film.
Ne aveva presi cinque o sei, di cui non ne conoscevo neanche uno. Scelsi a caso “Don’t say a word” di Gary Fleder del 2001, sembrava interessante.
- Che ne dici di Don’t say a word? - domandai, dopo aver letto alla svelta la trama. Sembrava uno di quei thriller che di solito mi piacevano, e lo preferivo alla moltitudine di film romantici che aveva preso: mi emozionavo con poco, e farlo davanti ad un film d’amore con Niall al mio fianco mi avrebbe costretta a non guardarlo più in faccia per l’eternità.
- Quello lì? - chiese sorpreso mentre mescolava latte e cioccolata in polvere, dandomi le spalle. Poi si fermò e si girò verso di me. - Come vuoi, basta che non ti fa paura! -  disse come se volesse prendermi in giro, per poi ridere, vedendomi scuotere la testa in disappunto.
- Io non ho paura di niente - borbottai incrociando le braccia.
Un lampo illuminò la cucina, e subito dopo un tuono rimbombò fra le pareti della stanza. Deglutii.
A parte i temporalipensai poi, sperando che smettesse di tuonare, o sarei corsa tra le braccia della prima persona amica che mi sarei ritrovata di fronte piangendo come una bambina.
 
 
- Credo che tra poco avrò una crisi isterica di pianto - bofonchiai prima di bere un po’ della dolce cioccolata bollente che Horan era riuscito finalmente a preparare.
Ridacchiò piano, quasi come se non volesse disturbare la tutt’altro che serena atmosfera creatasi grazie al film che era già ad un quarto dalla fine, forse. La musica in sottofondo incuteva non poco terrore.
- Vuoi che spenga? -
Scossi la testa e riappoggiai sul tavolino la mia tazza accanto alla sua. - Non è il film. È il temporale a renderlo... inquietante. - dissi, mentre la pioggia sembrava intensificarsi sempre più e i tuoni, anche se leggeri, si ripetevano ad intervalli quasi regolari accompagnati da numerosi lampi che illuminavano il salotto e la casa intera ad intermittenza.
Tornai a guardare in quella benedetta televisione l’immagine della figlia del protagonista scrivere su un pezzo di vetro coperto di brina il numero della tomba del padre e come se il cielo quel giorno mi stesse prendendo per il sedere, scaricò un tuono che mi fece sussultare e rabbrividire allo stesso tempo. Mi si mozzò il fiato.
Strinsi meglio le braccia attorno alle gambe che avevo in grembo. Ormai i miei Ugg giacevano insieme alle Supra di Niall affianco al divano su cui eravamo seduti; ci eravamo tolti le scarpe per stare più comodi, come se fossimo amici da anni, ed io ero davvero riuscita a rilassarmi, più di quanto sperassi.
Sospirai ed appoggiai il mento sulle ginocchia.
- Ho capito, vieni qui. - sospirò Niall dopo un po’ allargando leggermente le braccia. Lo guardai; gli sorrisi riconoscente per il gesto e con lo sguardo basso mi avvicinai a lui, fino ad appoggiare la testa sul suo petto. Involontariamente vi appoggiai anche una mano, ma decisi che ritirarla avrebbe peggiorato l’imbarazzo della situazione e la lasciai lì.
Inspirai sonoramente dopo l’ennesimo tuono, e Niall mi strinse di più a se, rassicurandomi. Sembrava sapesse calmarmi anche solo respirando, quel ragazzo. Mi chiedevo come ci riuscisse.
Continuammo a vedere tutto il film in quella posizione, spesso avevo sentito la sua mano accarezzarmi lentamente i capelli ed avevo iniziato a sorridere come un’ebete alla televisione, perdendo totalmente il filo del film. Come avrei potuto seguirlo sentendo il battito del suo cuore rimbombarmi fin dentro l’anima?
 
 
- Credo sia uno dei temporali peggiori di sempre. - appurò il biondo mentre armeggiava col lettore dvd cercando di farne uscire il dischetto. Ammiravo la sua figura magra e perfettamente scolpita che mi dava le spalle, come fosse stata una statua di un dio greco, mentre ero seduta ancora sul divano e mi torturavo le dita. Con la fine del film era ritornato a regnare l’imbarazzo.
- Continuerà per molto? - gli chiesi come una bambina che chiede il perché della pioggia al papà, decidendo di infilare di nuovo gli Ugg e sistemare i capelli che si erano arruffati durante il film. - Se tuona così a casa non ci torno. - borbottai incrociando le braccia. Avrei preferito rimanere in quella casa per sempre - il che non era un’idea spiacevole - pur di non uscire fuori con quel temporale.
- Per me non c’è problema - rispose girandosi a sorridermi, per poi riporre il dvd nell’apposita custodia e abbandonarlo sul tavolino. - Vado a prendere qualche CD in camera, così possiamo ascoltarci qualcosa aspettando che spiova. - propose. Annuii, per poi vederlo scappare in corridoio con un rapido “torno subito”.
Ne approfittai per sfilarmi il cellulare dalla tasca e controllare se qualcuno mi avesse cercata.

 

yo, scusate la breve interruzione. 
da qui in poi vi consiglio di ascoltare moments a ripetizione.
se volete, ve la linko anche: http://www.youtube.com/watch?v=HTy54hMMr44
non sono impazzita: è che a me ha aiutato davvero, davvero, davvero molto in quanto ad ispirazione, quindi magari potrebbe rendere il tutto più suggestivo.
enjoy. xx

Ebbi giusto il tempo di leggere “12 chiamate perse” sullo schermo, sgranare gli occhi e spalancare la bocca, prima di sentire un tonfo - non poco pesante - provenire da dove era scomparso Niall. Gettai il cellulare sul divano e mi alzai di scatto. Esitai un secondo, poi mi decisi ad uscire dal salotto, ritrovandomi in corridoio. Guardando alla mia destra trovai Niall seduto sulle scale completamente avvolto nel buio che si accarezzava una tempia con un’espressione dolorante sul viso.
Mi guardò e iniziò a ridere a crepapelle. - Piccolo incidente di percorso: sono inciampato sul tappeto. - si giustificò appena riuscì a prendere fiato, facendomi scoppiare a ridere insieme a lui. Sospirai rassicurata mettendomi una mano sul cuore.
- Mi ero spaventata! Ti sei fatto male? - gli chiesi, per poi vedergli scuotere la testa. Accesi la luce con l’interruttore vicino allo stipite dell’ingresso alla cucina, per poi avvicinarmi a lui e scrutarlo un po’, per capire se stesse mentendo.
Si alzò in piedi facendosi leva con le mani sugli scalini. - Sto bene, piccola. - mi rassicurò sorridendo con un’alzata di spalle.
- Sicuro? - domandai ancora. - E se hai sbattuto la testa? Fammi controllare. - Ignorai di essere sembrata una mammina apprensiva e mi alzai sulle punte per poter arrivare alla sua altezza, visto che normalmente a stento arrivavo alla sua spalla, e spostai i ciuffi biondi che gli coprivano una tempia con le dita, notando del rossore. Aggrottai le sopracciglia e chinai il viso su un lato, cercando di capire cosa fosse successo.
- Non preoccuparti Marty, sto bene. - rispose quasi sussurrando, e lo vidi sorridere con la coda dell’occhio. Nonostante la mia preoccupazione - che ripensandoci adesso sarà sembrata anche esagerata - mi permise di controllare cosa avesse.
Accarezzai delicatamente con un dito il punto del rossore in cui era affluito più sangue e gli notai fare una smorfia. Stava diventando livida.
Riflettei un istante. - Magari dovremmo metterci del... - incrociai il suo sguardo e mi interruppi. - ... d-del ghiaccio. - balbettai, ritornando ad altezza normale. Mi morsi un labbro. Mi ero resa conto solo in quel momento, purtroppo, di essermi avvicinata troppo al suo viso. Lottai contro me stessa, cercai di convincermi ad allontanarmi da lui, ma i suoi occhi color cielo sembravano avere l’effetto di una calamita su di me.
Sentii il cuore iniziare a battere più rapidamente e il respiro diventare sempre più veloce. Anche il suo era corto, riuscivo a percepirlo sulla pelle tanto che era vicino a me.
Deglutii e indietreggiai di scatto, arrivando a toccare con la schiena il corrimano della scala, fortunatamente senza inciampare. Mi maledissi tremendamente per quello sconveniente incidente, non avrei dovuto avvicinarmi così a lui. Stupida, ingenua, infantile mi ripetevo.
Un lampo illuminò per un attimo il corridoio dalle finestre aiutando la fievole luce proveniente dal lampadario.
Subito dopo, un tuono pesante squarciò il silenzio che si era abbattuto in meno di un minuto, facendomi sobbalzare e perdere un battito.
Grazie a quel tuono, almeno, trovai il coraggio di distogliere lo sguardo da Niall ed abbassarlo ai miei stivaletti. Lo scrosciare della pioggia si intensificò al tal punto da picchiettare forte contro le finestre.
Alzai lo sguardo quando mi accorsi che Niall si era distaccato dal muro su cui era poggiato poco prima, e adesso era di nuovo di fronte a me. Mi sorrideva dolcemente dall’alto del suo metro e ottanta, forse, se non di più, e mai come in quel momento sentii ogni piccola particella del mio corpo sciogliersi davanti uno spettacolo del genere. Non avevo mai scherzato nel dire che quel ragazzo sembrava un angelo sceso dal cielo, e non era solo il colore dei suoi capelli o dei suoi occhi a farmelo credere.
Fece un altro piccolo passo in avanti e mi persi letteralmente nel suo sguardo. Indietreggiai appiattendomi contro la ringhiera e, mentre il mio petto si alzava e abbassava ad intervalli decisamente troppo irregolari, iniziai a giocare con le dita. Avercelo così pericolosamente vicino mi mandava in confusione, non sapevo cosa fare, e non ero neanche esperta in certe cose. Lui appoggiò la sua mano destra sul corrimano, proprio accanto a me, i nostri corpi si sfiorarono, lentamente iniziò ad avvicinare il suo viso al mio.
Pregai Dio di non svegliarmi mai se quello era solo un sogno.
Io, Niall, silenzio totale e rumore della mia amata pioggia in sottofondo: fin troppo inverosimile, magari ero semplicemente addormentata e quello era uno dei mille sogni in cui avevo immaginato di aver avuto l’opportunità di conoscere quel ragazzo e di poterlo amare.
Ma era vero, era tutto vero, non potevo immaginarmi persino il dolce profumo della sua colonia. Sorrisi. A pochi centimetri dal suo volto, col suo respiro delicato sul mio viso, sorrisi. Era davvero lì, di fronte a me, nella sua solita perfezione. Sorrise anche lui. Lentamente una sua mano si avvicinò al mio viso, per poi sfiorarmi la guancia con le dita, accarezzandola con dolcezza per secondi infiniti.
Erano letteralmente gli attimi più lunghi della mia esistenza.
Finalmente avvicinò il mio viso al suo e chiudendo gli occhi posò delicatamente le sue labbra sulle mie. Vi lasciò un veloce bacio casto, puro, proprio come lui, separandosi subito dopo e guardandomi insicuro, incerto della mia reazione.
Dentro il mio stomaco esplosero i fuchi d’artificio, miliardi di brividi mi percorrevano la schiena, mi accarezzavano le gambe, e il mio cuore iniziò a battere impazzito, più forte di quanto avesse mai battuto in tutta la mia vita.
Allontanò l’altra mano dal mio viso e appoggiò anche quella sul corrimano alle mie spalle, facendomi ritrovare in una dolce trappola fra le sue braccia. I nostri respiri rapidi finirono per confondersi ancora una volta, ma stavolta le nostre labbra schiuse si unirono, dando vita ad un bacio che Niall decise di approfondire, ma sempre lento, delicato, pieno di tutta la dolcezza che avessi mai potuto desiderare.
Non era come l’avevo sempre immaginato. Era milioni e milioni di volte meglio.
Mi decisi finalmente a sfiorarlo: con una mano afferrai la tasca della sua felpa e con l’altra, che appoggiai sul suo collo, lo attirai ancora di più a me.
Chiusi gli occhi, lasciai che lui continuasse a giocare con le mie labbra come se io non ci fossi. Sentivo che sarei potuta svenire all’improvviso, lì, tra le sue braccia. Ero troppo debole per poter provare così tante emozioni nello stesso istante; emozioni così forti, così piene da scavarti l’anima.
Lentamente qualcosa di umido scivolò da uno dei miei occhi, arrivando fino al punto in cui le dita di Niall erano tornate a tenermi il viso. Aprimmo entrambi gli occhi, le mie labbra persero con dispiacere le sue. Dopo aver battuto ripetutamente le palpebre anche l’altra guancia si rigò di qualcosa, e solo allora mi resi conto che erano lacrime. Lacrime di gioia. Gioia, perché ero la ragazza più felice del mondo in quell’istante.
Avevamo entrambi il respiri affannati; sentivo che le gambe stessero per cedere, non avevo più equilibrio né stabilità sapendo di non avere più lui come punto di riferimento, come ancora di salvezza. Era come se in quel momento dipendessi a tal punto da lui da non riuscire a vivere senza che le sue labbra morbide e rosee fossero sulle mie. Grazie alla mia mano che era posata sul suo collo riuscii ad attirarlo di nuovo a me, e gli rubai un altro rapido bacio, come il primo, e poi ancora un altro, e un altro ancora. Sorridemmo entrambi e le nostre labbra schiuse si legarono in un altro bacio, mentre il cielo tuonò una seconda volta. Ma in quell’istante non avevo paura, c’era lui con me.
Con entrambe le mani asciugò lentamente le lacrime che avevano continuato a scendere lungo le mie guance e sorrise ancora. Continuavo mentalmente a chiedergli, pregargli, implorargli di continuare a farlo. Il suo sorriso era tutto per me.
- E ora? - sussurrai dopo un po’ appoggiando entrambe le mani sul suo petto; era come se la mia voce fosse scomparsa all’improvviso.
- E ora vuoi essere mia per sempre? - sussurrò di rimando appoggiandomi una mano sul fianco, mentre il suo splendido sorriso non smetteva di illuminargli il volto.
Mandai mentalmente a quel paese tutti quelli che mi avevano sempre detto che il principe azzurro non esisteva; io l’avevo trovato. Anche il mio aveva gli occhi azzurri ed era biondo, anche se tinto.
No, non era a cavallo di un destriero e non stringeva una spada. Il mio stringeva un microfono e una chitarra.
- Lo sono sempre stata. - risposi in un sussurro.
Il suo viso si avvicinò ancora al mio e le sue labbra catturarono ancora le mie.
Quello è stato il giorno più bello della mia vita.




salve dolci panda! 
sono di nuovo qui a rompervi con un nuovo capitolo. non vi libererete molto facilmente di me. e.é
ammetto di non essere completamente convinta di questo capitolo, ma ho postato per disperazione. lo trovo leggermente noioso in molte parti, ma ce l'avevo in mente da giorni. che dico? settimane. nella mia mente era decisamente migliore, devo dire la verità; ma pazienza, arrangiamoci con quello che è uscito. ah, e scusate se è lunghissimo, ma volevo far succedere tutto in un capitolo solo. perdonatemi. cwc
dovete sapere che la mia migliore amica, alias martina, marty, marti, marta, scimmietta, ghiro o quant'altro, è quella a cui ho rotto maggiormente le scatole riguardo i capitoli, chiedendogli consigli ogni santo giorno, e credo che dedicarle un capitolo intero sia il minimo.
non c'è molto da dire a riguardo, penso.
forse solo che non sono tanto brava a scrivere cose romantiche; mi riesce più semplice scrivere litigate e insulti vari. lol
anyway, spero apprezziate lo stesso.
ringrazio le sei recensitrici al precedente capitolo, che nonostante tutto continuano a seguire questa storia che sta diventando abbastanza monotona, lo so. mi dispiace.
grazie ancora a tutte, vi voglio bene.

rose. xx

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Capitolo 18
*** "You can't change." ***


ehila' gurlz.
scrivo qui, prima del capitolo, perché non ho molto da dire.
mi scuso per l'abnorme ritardo, ma stavo aspettando qualche commentino in più.
sono rimasta davvero delusa per le poche recensioni del capitolo precedente. di solito c'è qualcuna in più a recensire.
anyway, spero questo vi piaccia più dell'altro, che forse non vi ha particolarmente emozionato.
peccato, era uno dei miei preferiti, se non l'unico. 
ringrazio comunque le recensitrici e chiunque segua la storia, spero mi facciate sapere cosa ne pensate anche questa volta.
love you,
rose.xx




Capitolo diciotto: "You can't change."

Taty’s point of view

Alzai gli occhi al cielo nuvoloso di quel pomeriggio che ormai si stava concludendo e storsi il naso percependo qualche gocciolina leggera colpirmi il viso.
Sospirai e svoltai nella mia strada ed ebbi giusto il tempo di sperare mentalmente di arrivare a casa prima che scoppiasse a piovere che vidi un fulmine illuminare un pezzo di cielo; un tuono rimbombò per tutta Londra e dopo neanche un minuto la pioggerella iniziò ad intensificarsi al tal punto da trasformarsi in una pioggia via via sempre più profonda.
Perché diamine non ho portato l’ombrello?! mi chiesi, sentendo la pioggia battere accanita sull’asfalto - e su di me - mentre qualche auto sfrecciava a velocità poco contenuta lungo la strada. La prima regola di un londinese è averne sempre uno a portata di mano nel caso in cui il cielo decidesse di farti uno scherzo.
Affrettai il passo, anche se ormai i miei capelli erano totalmente impregnati di pioggia, così come i miei vestiti e la mia povera tracolla.
Ti prego Dio, fa che non si siano bagnati i libri, ti prego pensavo, guardandomi distrattamente attorno. Erano tutti muniti di un ombrello, tranne me. Oh, e tranne un ragazzo vestito di scuro con un cappellino verdino in lana intento a fissare il suo cellulare appoggiato ad un muro dall’altro lato della strada, riparato da un piccolo tettuccio spiovente di un’abitazione. Guardandolo mi tornò in mente Harry. Era da un po’ che non ci sentivamo, ma ormai era diventato il mio chiodo fisso. Non riuscivo neanche più a seguire le lezioni all’università, il suo pensiero mi tormentava ogni singolo minuto della giornata. La sua presenza mi mancava, come l’aria. I suoi occhi, il suo viso, i suoi ricci, le sue labbra, la sua voce; poterli fissare era stato un privilegio per me, un regalo dal paradiso. Lui lo era stato: era stato un angelo. Troppo bello per durare.
Raggiunsi il mio portone totalmente fradicia ed iniziai a cercare le chiavi nella mia borsa, con la pioggia che continuava ad abbattersi furiosa sopra di me. Il cielo tuonò e la ormai dimenticata pioggerella diventò un temporale in piena regola. Un aspetto negativo del mio palazzo è che quei cinque centimetri di tetto non riuscivano a riparare neanche un moscerino dalla pioggia.
Borbottai fra i denti un’imprecazione continuando a cercare quelle chiavi, poi mi fermai, illuminandomi. Le avevo dimenticate a casa.
- Cazzo, no! - dissi stavolta ad alta voce, battendomi una mano sulla fronte incurante del fatto che mi avrebbero potuta prendere per una pazza che parla da sola. Lasciai andare la borsa e presi un respiro profondo, poi alzai gli occhi in alto lasciando che le gocce d’acqua mi inondassero completamente anche il viso. - Grazie, eh! - urlai al cielo, guardando quelle nuvole grigie e dense sopra la mia testa. Sospirai ancora e mi coprii il viso con entrambe le mani, asciugandolo.
Una mano mi sfiorò un fianco; mi voltai di scatto spaventata, ritrovandomi un paio di occhi verdi davanti. Appoggiai una mano sullo stomaco e sospirai sollevata - più o meno - riprendendomi dallo spavento.
Mi chiesi come avessi fatto a non riconoscerlo poco prima, dall’altro lato della strada, scambiandolo per un estraneo qualunque.
- Allora sei viva. - disse in tono sarcastico con un sopracciglio inarcato.
Quanto mi era mancata la tua vocepensai, fissando i suoi occhioni chiari.
Aveva un’espressione abbastanza arrabbiata. Anche lui era tutto bagnato, ma la cosa non sembrava seccarlo più di tanto.
Poi deglutii. Piombandomi sotto casa mi aveva presa alla sprovvista.
- Che... che ci fai qui, Harry? - balbettai ignorando il suo commento ironico, stringendomi dentro il cappotto impregnato d’acqua. - Potrebbero vederti e... -
- Dovevamo parlare, e visto che mi eviti sono venuto di persona. - mi interruppe freddo, con la fronte corrugata infastidito dalla pioggia, mentre il cielo continuava a scaricarci addosso una tempesta.
- Ma io non... -
- Non negare. - mi interruppe avvicinandosi un po’ perché potessi sentire la sua voce senza che il rumore della pioggia la sovrastasse. Rabbrividii. Non mi aveva mai parlato in quel modo, così distante, così duro. - Se tu poi staccare le chiamate e non rispondere ai messaggi non lo chiami evitare... - sospese la frase e accennò per un secondo un sorrisetto sarcastico.
Finsi una risata e mi portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio, nervosa. - Non ti stavo evitando! Ultimamente ho semplicemente tanto da fare, tra l’università e il lavoro non ho più molto tempo. -
- Non mentirmi, Taty. Che cosa è cambiato? Pensavo ci tenessi a me. - sussurrò, reprimendo un paio di centimetri della nostra distanza.
Boccheggiai come un’idiota, per di più perdendomi nei suoi occhi. Abbassai lo sguardo. Odiavo il suo modo di essere diretto nelle cose. Mi coglieva impreparata ogni volta.
- Non è questo il problema. - dissi evitando i suoi occhi, per poi iniziare a giocare con le dita.
- E allora qual è? -
- Non possiamo essere amici. - continuai. Mi morsi il labbro inferiore spostando distrattamente lo sguardo alle sue spalle.
- Cosa? - Tornai a guardarlo, aveva il viso contratto in un’espressione buia, cupa. Mi dispiaceva vederlo così. Abbassai di nuovo lo sguardo alle mie scarpe. - Che cosa ho fatto? - mi chiese, afferrandomi dolcemente il braccio con una delle sue mani possenti. Alzai gli occhi a lui, e i miei iniziarono a pizzicare. - Ho sbagliato in qualcosa? Ti ho ferita? - continuò a domandarmi, mentre sentivo le lacrime affiorare. Rendeva tutto più difficile. La mano che poco prima mi teneva il braccio, passò ad accarezzarmi delicatamente la guancia. Ritrassi leggermente il viso riprendendo a guardare ovunque tranne che ai suoi occhi, e la sua mano mi si allontanò, chiudendosi in un pugno. Lasciò il braccio cadere lungo il fianco e serrò la mascella, innervosito.
- Posso cambiare. - sussurrò dopo un po’. Non avrei mai pensato di sentirglielo dire; ero sul punto di scoppiare a piangere. Scossi lentamente la testa. - Dimmi almeno che cosa ti ho fatto! - esclamò con voce dura spalancando le braccia, poi abbassò il tono - davvero non capisco dove ho sbagliato, se tu me lo dicessi io potrei... proverei a... - lo interruppi.
- No. - bisbigliai impercettibilmente, scuotendo ancora la testa. - Non devi cambiare. Tu non puoi cambiare, Harry. Il punto è che... - lo guardai rapidamente negli occhi sospirando leggermente, poi distolsi lo sguardo - non voglio essere niente per te, neanche un’amica. Conoscendoti ho capito che il vero Harry Styles non era chi mi aspettavo. Non possiamo essere amici. - spiegai, mentre mi sentivo morire dentro.
Bugiarda. Non fargli del male, smettila. Abbraccialo e digli che invece lo ami.
Stette per un po’ in silenzio, lasciò parlare la pioggia. Ricacciai in dentro le lacrime e chiusi gli occhi ispirando lentamente. Era stato più difficile di quanto pensassi.
- Guardami negli occhi e dimmi che vuoi davvero che io vada via. Abbi il coraggio di farlo, e io scomparirò. - Mi alzò il viso con le dita fredde e bagnate. Rabbrividii, notando i suoi occhi lucidi e le sue guance arrossate dal freddo, mentre il suo cappello gocciolava pioggia sulle sue spalle.
Deglutii ed esitai per un attimo. Dovevo farlo.
- Voglio che tu scompaia dalla mia vita. - dissi sicura di me tenendo testa al suo sguardo.
Sbatté ripetutamente le palpebre, poi corrugò la fronte e allontanò le sue dita dal mio mento. Si morse il labbro superiore, poi strinse i denti, annuendo piano con uno sguardo spento, vuoto.
Sentii di nuovo le lacrime riempirmi gli occhi ed iniziai ad affannare il respiro. Ma non tradii nessuna emozione, non potevo permettermi di fargli capire quanto tenessi a lui.
Senza dire altro si avvicinò al mio viso e poggiò le sue labbra morbide sulla mia guancia, lasciandole lì per qualche secondo. Si allontanò a testa bassa, girò le spalle e lo guardai allontanarsi con le mani nelle tasche dei jeans, mentre la pioggia continuava a bagnare entrambi.
Non riuscivo a credere di averlo fatto davvero.
Ma era la cosa giusta.
Rose l’aveva detto dall’inizio. Erano famosi; ci eravamo messe in un gran casino frequentandoli, e dopo averci pensato a lungo in quei giorni capii che la cosa migliore era far finta che Harry non fosse mai entrato nella mia squallida, semplice e stupida vita.
 
 
Marty’s point of view
Taty avrebbe voluto uccidermi, lo sapevo. Dodici chiamate perse, tutte da lei. Aveva lasciato a casa le chiavi ed era rimasta fuori sotto la pioggia, in parte anche per colpa mia. Se avessi risposto sarei potuta correre prima da lei, ma diciamo che ero abbastanza impegnata.
Avevo salutato rapidamente Niall con un bacio sulle labbra e lasciato i miei saluti a Liam; Mark, un collega di Rose che ormai era diventato anche nostro amico, era stato tanto gentile da accompagnarmi fino a casa in auto per risparmiarmi il temporale, e una volta tornata ritrovai la mora completamente inzuppata d’acqua, riparata sotto il tetto di un altro palazzo. Le avevo implorato di perdonarmi migliaia di volte, ma lei in risposta annuiva semplicemente. Sembrava fin troppo distratta per accettare le mie scuse.
Le avevo chiesto il perché, ma era corsa in bagno a farsi una doccia, lasciandomi come una demente all’ingresso.
Sospirai e mi spogliai di quegli abiti umidi, indossando il mio caldo pigiama. Non importava l’orario, quando tornavo a casa volevo stare comoda. Decisi di guardare un po’ di tv, ma una volta seduta sul divano, prima di accenderla, ricevetti un sms.
Lo visualizzai.
“Non scorderò mai questo giorno, piccola mia. Ti adoro, Nialler. xxx”
Sorrisi. Neanch’io lo scorderò, mai.
 
 
Rose’s point of view
Erano le dieci di sera ed ero appena tornata dal mio turno lavorativo in discoteca. Mi sentivo distrutta. Stavo pensando seriamente di licenziarmi e trovare un altro lavoro, visto che quello che inizialmente doveva essere il mio impiego per permettermi l’affitto si era trasformato in un incubo.
Dopo una doccia rapida uscii dal bagno ancora in intimo e decisa a rimanerci, visto che non avevo voglia di cercare un pigiama: quando era Alex ad aggiustare le stanze la mattina, faceva scomparire qualsiasi cosa non fosse al proprio posto infilandola nei posti più improbabili pur di tenere l’ordine in casa, e la cosa mi dava sui nervi. Non mi sarei sorpresa se avesse fatto scomparire anche il mio armadio.
Afferrai il cellulare dal letto e notai di aver perso una chiamata. Lessi “Liam” sul display ed aggrottai le sopracciglia confusa, chiedendomi perché mai avessi il suo numero salvato in rubrica. Anzi, perché lui avesse il mio.
Alzai le spalle non facendoci tanto caso e mi convinsi che rimanere in mutande a dicembre non avrebbe giovato alla mia salute, quindi indossai il primo maglioncino slabbrato che avevo trovato nell’armadio e mi stesi finalmente sul letto con un sospiro. Pensai di dover richiamare Liam, magari voleva dirmi qualcosa di importante e sarebbe stato scortese ignorarlo.
Accessi alla rubrica ed iniziai a scorrere velocemente i contatti per arrivare a quelli che iniziavano per elle, ma mi bloccai notando un altro contatto a me nuovo: il numero di Harry. Scorsi ancora la rubrica, superai il numero di Liam e, fedeli all’ordine alfabetico, trovai tra gli altri contatti anche i numeri di Louis, Niall e Zayn.
Decisi che avrei chiesto spiegazioni al moro e chiamai il suo numero. Rispose dopo un paio di squilli.
- Buonasera bimba, come va? - sorrisi al sentire quel soprannome. Non ci ero molto abituata; in Italia i miei amici a stento mi chiamavano per nome. Solo uno era qualcosa di più che un amico, direi un fratello, e solo lui dispensava soprannomi smielati a destra e manca, in particolar modo a me. Mi invase uno strano senso di vera e propria malinconia, per la prima volta da quando ci eravamo trasferite a Londra. Lui, forse, era l’unico con cui avevo un rapporto sincero d’amicizia, là in Italia. Arrivare in Inghilterra mi aveva fatto tagliare tutti i ponti con la mia vecchia vita, e automaticamente mi ero dimenticata di lui e di quanto mi avesse aiutato nei primi anni al liceo, che si erano rivelati un inferno. - Rose? - mi richiamò Liam, forse perché ero stata in silenzio per un paio di secondi.
- Ehm, sì, scusami, mi ero… distratta. Tutto bene, comunque - finsi sicurezza e provai ad essere il più cordiale possibile.
- Sicura di star bene? Sei strana - Mi schiarii la voce e mi misi a sedere al centro del letto con le gambe incrociate.
- Non preoccuparti, sono solo stanca, stasera ho lavorato molto - mentii, e gli sentii mugugnare qualcosa in segno di assenso - e tu come stai? -
- Beh, era per questo che ti avevo chiamata… avevo bisogno di un’amica - sussurrò, facendomi quasi mancare l’aria. Era la prima volta che lo sentivo parlare in quel modo, di solito irradiava allegria ventiquattr’ore su ventiquattro ed era sempre sorridente. - non che i ragazzi non siano d’aiuto - continuò in fretta, come per giustificarsi - loro ci sono sempre per me, ma a volte neanche loro possono fare qualcosa. - Era particolarmente triste, ed automaticamente io stavo male al pensiero che potesse soffrire in qualche modo. Liam era fin troppo fragile, secondo me; non meritava del male. Eppure era forte: d’altronde poco prima era riuscito a nascondermi che stesse male solo per chiedere a me cos’avessi, mettendo da parte i suoi problemi.
- Vuoi che venga da te? - domandai di getto, maledicendomi subito dopo. - Se vuoi mi preparo e vengo, non ci sono problemi, magari potrei essere un po’ più di aiuto. -
- Non immagini neanche quanto potrebbe servirmi, ma penso non sarebbe corretto nei confronti di… -
- Zayn - sputai fra i denti con forse troppo astio, per poi sospirare. Era sempre tra le scatole quello lì, in qualche modo.
Rise. - Poco fa si è ingelosito del fatto che fossi tu al cellulare. - mi rivelò. Sorrisi e mi morsi il labbro inferiore così forte tanto da iniziare a sanguinare, cosa che succedeva molto frequentemente, quindi non ci diedi peso. - Sei ancora lì? - chiese poi ridendo. - Mi sa che Zayn ha fatto intrusione nel cuoricino di una certa persona. -
Iniziai a ridere a crepapelle, non solo per l’affermazione, ma anche per il modo in cui l’aveva detto. Quando fingeva la voce di una ragazza era a dir poco ridicolo. - Ma ti senti? Sei peggio di una di quelle vecchiacce che non si fanno gli affari loro! - esclamai tra le risate. - E se proprio vuoi saperlo Zayn non ha fatto intrusione nel mio cuoricino, al massimo mi si è fermato in gola non prende la decisione di scendere. -
Ridacchiò di nuovo. - Come vuoi! - sospirò poi arrendendosi.
- Comunque stavamo parlando di te e Alex, o sbaglio? - 
- Non l’avevo neanche nominata… ma ci hai preso. - ammise. Lo incitai a continuare. - L’altra sera siamo usciti, penso tu lo sappia, e stava andando tutto perfettamente, poi quando l’ho riaccompagnata a casa … - Sospirò, lasciando la frase a metà.
- Non preoccuparti, me l’ha detto già. - dissi, evitando l’imbarazzo che stava iniziando a crearsi. - Credo che l’abbia fatto perché ha paura della tua fama; non le affascina il pensiero di essere conosciuta da tutte le tue fan, e credo non te l’abbia detto solo per non farti star male. Ma non è colpa tua. -
- A volte vorrei non essere diventato quello che sono. Magari avrei potuto avere una vita normale. -
- Non dirlo neanche per scherzo, Liam - Per un po’ cercai invano di trovare delle parole che potessero consolarlo. - Se tu e gli altri ragazzi non foste diventati famosi molte delle vostre fan adesso si sentirebbero perse, senza dei punti di riferimento. Pensa a tutte le ragazze a cui avete rivoluzionato la vita con la vostra musica. Ti parlo per esperienza personale, e perché so quanto avete aiutato le mie migliori amiche. - Riuscii ad articolare finalmente un discorso sensato, probabilmente solo perché mi stavo riferendo alla band che era riuscita a rivoluzionare la mia di vita.
- Lo so, ed è stupendo - avvertii, non so come, forse dal tono di voce, che stesse sorridendo - ma è per questo che tra me e Alex molto probabilmente non succederà mai niente. -
- Mai dire mai. - ribattei. - Forse c’è un modo per far sbloccare le cose: dovresti farle dimenticare per un po’ che tu sei Liam Payne dei One Direction. Magari trascorrendo un po’ di tempo insieme in privato lontano da occhi indiscreti potresti riuscire ad ottenere quello che vuoi. -
Esitò per qualche secondo. - Idea! - sbottò poi recuperando l’allegria. Sorrisi automaticamente; era quello il Liam che mi piaceva. - Avete già organizzato qualcosa per le vacanze di Natale? -
- Perché? - chiesi confusa, ma poi risposi senza aspettare una risposta. - Io e Marty pensiamo di fare un viaggetto insieme da qualche parte, le altre vanno in Italia dalla famiglia, e ci stanno fino al ventisei mattina.-
- Oh… - sospirò quasi deluso.
- A Capodanno siamo libere. - proposi ironica ridendo appena, non sapendo neanche il motivo per cui mi avesse fatto quella domanda.
- Perfetto! - esclamò in risposta; evidentemente non aveva colto il sarcasmo.
- Calma Toy Story, ti sei capito da solo. Spiega anche a me! -
Rise sinceramente. - Bel soprannome! - esclamò spiegando la risata. Scossi la testa sorridendo. - Comunque è meglio che chieda prima ai ragazzi, poi giuro che sarai la prima a saperlo. -
- Non mi piace quando fate i misteriosi con me - borbottai - ah, dovevo chiederti una cosa! Come mai ho i vostri numeri salvati in rubrica? -
- Uhm, ecco…- borbottò insicuro. - Forse non ti farà piacere saperlo, ma è stato Zayn, domenica sera. Ha deciso di salvarti i nostri numeri nel caso in cui ne avessi avuto bisogno, semmai non ci fossimo stati noi con te… -
- Mi ha preso per un’ubriacona?! - lo interruppi, e sfiorai la soglia dello stridulo.
- Immaginavo. - Liam rise piano. - Scommetto che se li avessi salvati io non avresti fatto storie. -
Decisi di limitarmi a sbuffare senza ribattere. - Piuttosto, dimmi cos’ho combinato quella sera, ti prego. Sono consapevole di essere ridicola quando non sono sobria. -
- Più che ridicola sei stata divertentissima. Almeno durante il tragitto di ritorno, posso assicurarti che non hai fatto nulla di peggio rispetto a quando si ubriacano i ragazzi. Stranamente rispetto alle altre volte parlavi molto, non so neanche quante volte hai ripetuto la parola “Jonas” in quei dieci minuti. - disse ridendo. Più raccontava più arrossivo al pensiero di quella sera. - Poi riguardo al resto della serata dovresti chiedere a… - si schiarii la voce - Zayn. È stato lui a starti vicino tutto il tempo, solo lui. -
Spalancai gli occhi. - Vuoi dire che io ero ubriaca fradicia ed ero sola con Zayn chi sa dove? Oh mio Dio, Liam! Perché hai permesso che accadesse? Non voglio neanche immaginare cosa ho combinato quella sera! - sbraitai gesticolando animatamente con l’unica mano libera, come se poi potesse vedermi.
- Che sarà mai? Qualsiasi cosa tu abbia fatto o detto sei giustificata perché eri sotto l’effetto di una sbronza, Rose. Stai tranquilla. -
- Tu chiedi lo stesso a Zayn, e fammelo sapere. Ti prego. -
- Se proprio devo, proverò ad informarmi. - mi rassicurò.
Sentii qualcuno - forse Louis - chiamare il suo nome, e Liam rispose con un rapido “arrivo”. - Rose, adesso dovrei andare… - sussurrò.
- Certo, vai pure - dissi subito - scusa se ti ho annoiato con queste stupidaggini ma…-
- Ehi, non sono stupidaggini se tu le ritieni importanti! - mi interruppe. Sorrisi. - Ci sentiamo presto, buonanotte piccola. -
- Buonanotte Payne. - risposi rimanendo sulle mie, come sempre, per poi riagganciare, sbattere il cellulare sul comodino al mio fianco e crollare a distendermi di nuovo sul letto.
Sospirai. Nonostante le cose andassero bene in quel periodo, sentivo sempre la sensazione che mi mancasse qualcosa, e provare a capire cosa mi aiutava solo ad avere crisi emotive almeno una volta al giorno. Mi arresi e decisi che quel qualcosa, prima o poi, sarebbe dovuto uscire fuori; per quella sera, mi limitai ad addormentarmi cercando di non pensare al resto del mondo.

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Capitolo 19
*** I fell in love with you. ***


Capitolo diciannove: I fell in love with you.

Taty’s point of view

L’aveva fatto davvero. Era davvero scomparso. Aveva davvero creduto che allontanarsi da me era quello che volevo in realtà.
Beh, ero riuscita nel mio intento, allora. Ma perché in quei tre giorni mi ero sentita così spenta, così vuota?
Avevo fatto una stronzata, lo sapevo. Stavo male, soffrivo con tutta me stessa. Immaginare che anche per un secondo lui l’avesse fatto a causa mia peggiorava ancora di più la situazione.
Parlai con le altre, finalmente. Trovai il coraggio di confessare cosa avevo fatto. Rose era stata l’unica ad appoggiare la mia decisione, come avevo immaginato. Le altre erano uscite di testa, si erano incavolate come belve. Come biasimarle? Avevo trattato come un idiota il ragazzo più importante della mia - e della loro - vita, era più che comprensibile.
Anch’io ero arrabbiata. In verità mi odiavo; odiavo me stessa incondizionatamente per essermi lasciata scappare un’opportunità irripetibile.
Giorno per giorno mi rendevo conto che la speranza di rimediare al casino che avevo combinato andava fin troppo velocemente scomparendo, e prima o poi quella luce fioca che intravedevo alle mie spalle si sarebbe spenta lasciandomi nel buio totale.
Non potevo permetterlo.
Così quel quarto giorno mi svegliai, mi feci una doccia veloce, indossai qualcosa di pesante che mi tenesse al riparo da quell’insopportabile freddo inglese e da quella pioggerella leggera onnipresente su Londra; decisi quella mattina stessa che quel giorno avrei pure potuto saltare le lezioni all’università: avevo una questione da risolvere.
Ancora in camera afferrai il cellulare e chiamai Niall assicurandomi che Harry fosse in casa; il biondo era quello con cui avevo più confidenza, e quello che dopo Harry mi trasmetteva più sicurezza. Con lui potevo essere me stessa, era l’unico a cui sentivo di poter dire di tutto. Raccontai persino l’accaduto con Harry. Non l’avrei mai detto, ma avevo varie cose in comune con lui, nonostante fossimo abbastanza diversi all’apparenza.
Corsi all’ingresso e sbattei la porta di casa senza neanche salutare le altre, che intanto si stavano ancora preparando per i rispettivi impegni.
Uscii dal palazzo ed il vento pungente mi travolse, graffiando con poca gentilezza il mio viso. Alzai la sciarpa su metà viso e montai sulla mia bicicletta incurante della leggerissima pioggia a cui ormai avevo fatto l’abitudine; iniziai a pedalare insicura verso casa dei ragazzi.
Cosa avrei dovuto dirgli? Scusa? Ti amo? Sono stata una stupida? Non pensavo quelle cose che ti ho detto? Mi avrebbe presa per pazza.
Appurai che in quel momento avrei dovuto prestare attenzione più alla strada umida su cui le ruote avrebbero potuto facilmente scivolare che ai miei pensieri; avrei trovato qualcosa da dirgli una volta arrivata lì.
Appoggiai la bicicletta sul muretto dal lato opposto della villetta. La pioggia continuava a picchiettare dolcemente sopra i miei vestiti, inumidendoli leggermente.
Presi il cellulare e chiamai di nuovo il numero di Niall, che rispose dopo qualche squillo.
- Ehi Taty! - mi salutò appena rispose al cellulare, allegro come sempre.
- Porta sul retro? - chiesi, sicura della risposta.
- Affermativo, signore - scherzò lui, regalandomi la prima risata della giornata - mando direttamente Harry ad aprire. - continuò poi serio, capendo al volo cosa volevo, come sempre.
Sospirai per calmarmi, invano. - Grazie mille, per tutto. Non avrei mai pensato che il mio cantante preferito avrebbe potuto diventare mio amico, e più ci penso più mi sembra di sognare. Ti devo tantissimo, Niall, non immagini...- 
- Ssh, ti voglio bene - sussurrò zittendomi. Era la dolcezza fatta persona. - ah, buona fortuna. - fece ridendo.
Risi anch’io. - A dopo! - lo salutai riagganciando. Attraversai la strada e mi diressi verso il retro della casa, passando per il giardino. Entrare dall’ingresso principale degli ormai troppo famosi One Direction avrebbe attirato troppa attenzione, quindi ci eravamo abituate ad entrare dalla porticina sul retro, lontana da occhi indiscreti.
Fissai per un po’ il campanello.
Cosa merda ci faccio qui? Sono una demente patentata. Dovrei essere a scuola, adesso.
Bussai e deglutii, per poi prendere un respiro. Avrei semplicemente dovuto fargli le mie dovute scuse e andare via, tanto ne ero sicura: che le avesse accettate o meno, non sarebbe mai stato nulla come prima. Sicuramente non avrebbe più voluto vedermi. Quella ad averci perso ero stata io, lui di ragazze come me (e migliori di me) ne avrebbe potute trovare a migliaia. Niente lo legava a me; ero io quella a dipendere dal suo sorriso, dai suoi occhi, dalla sua voce, dalla sua anima.
La porta si aprì rapidamente, e appena alzai lo sguardo trovai i suoi occhi verdi a fissarmi e il suo viso contratto in un’espressione confusa. Aveva i capelli scombinati, come sempre, ma adesso indossava una tuta blu e sembrava si fosse alzato da una decina di minuti dal letto. Ma era bellissimo. Non c’era stata volta dai tempi di X factor in cui guardandolo non l’avevo pensato.
- Scusa l’orario, ma fino a mezz’ora fa neanch’io sapevo di dover venire da te - spiegai, prima che potesse dire qualsiasi cosa - spero di non averti svegliato, comunque. - continuai.
Aprì bocca per parlare, ma lo interruppi. - Ti prego, lasciami parlare senza interrompere, è più difficile di quanto immagini essere qui e dirti quello che devo. -
Aspettava che parlassi. Presi un respiro profondo e mi ordinai di non versare neanche una lacrima. Non volevo condizionare in nessun modo la sua decisione di mandarmi via senza pietà. - Mi... mi dispiace per quello che ti ho detto quella sera - balbettai, per poi continuare a parlare con lo sguardo basso alle mie mani che non smettevano di torturasi l’una con l’altra. Guardarlo negli occhi non era tra le mie intenzioni, era fin troppo imbarazzante chiedergli di perdonarmi così esplicitamente. - Io... non credevo davvero quello che ti ho detto. - aggiunsi. - Sono venuta qui semplicemente per chiederti scusa, ma se adesso sarai tu a mandare via me lo capisco, visto che quello che ci perde in tutto questo non sei tu. - rialzai lo sguardo ai suoi occhi e mi resi conto di avere il respiro affannato e le lacrime sul punto di uscire. Lui intanto mi scrutava confuso, respirando irregolarmente, e non sembrava intenzionato a dirmi nulla. Aggrottò le sopracciglia e chinò leggermente il viso, per poi schiudere leggermente le labbra e scuotere appena il viso.
Non capii se quello era un no di “non voglio perdonarti” o un no di... di qualcos’altro. Speravo col cuore fosse la seconda opzione, ma realizzai che la prima era quella più sensata. Sentii le labbra tremare quindi mi morsi il labbro inferiore per smetterla, e sbattei varie volte le palpebre per reprime le lacrime.
- Sapevo che non sarei neanche dovuta venire qui, mi sento un’idiota. - balbettai rapidamente a bassa voce, abbassando lo sguardo e girando le spalle. Mi sentivo umiliata.
Mossi il primo passo insicura per scappare lontano da lui il prima possibile, ma sentii bloccarmi per un polso. Mi girai, ritrovandomelo di fronte, che mi guardava inespressivo, come sempre, e le farfalle si liberarono nel mio stomaco.
- No, tu non... non sei... - balbettò con la fronte aggrottata, per poi deglutire rapidamente - ... non sei un’idiota. -
Si avvicinò lentamente a me continuando a stringermi delicatamente il polso. Appoggiò la sua enorme e morbida mano sulla mia nuca sotto i miei capelli iniziando a sfiorarmi dolcemente la guancia col pollice, e represse un po’ della distanza tra i nostri corpi fino a che mi ritrovai a dover guardare il suo viso da una decina di centimetri più in basso. La sua altezza non mi aveva mai trasmesso così tanta sicurezza come allora. 
Il mio cuore e il mio respiro ormai erano impazziti, avevo le braccia lungo i fianchi inerme, non avevo la forza di fare e dire niente.
Un angolo della sua bocca si inarcò insicuro, formando un sorriso stentato sulle sue perfette labbra a cuoricino che fissavo ad una manciata di centimetri di distanza. - Devo confessarti una cosa... - disse finalmente, quasi in un sussurro, spostando rapidamente lo sguardo tra entrambi i miei occhi. Notai il suo petto sollevarsi ad intervalli davvero molto brevi; il suo respiro fresco e profumato mi accarezzava il viso, e i suoi occhioni verdi ormai possedevano i miei.
Prese un respiro per un paio di secondi, poi finalmente fece per parlare. -... mi sono innamorato di te. - sussurrò, allargando di poco il sorriso.
Sentii le gambe cedere, avevo voglia di piangere, di urlare, di sentire le sue braccia possenti abbracciarmi stretta a lui, di dirgli quanto lo amavo e quanto l’avevo amato per tutto quel tempo. Ma niente, non reagivo, non sapevo più come si faceva a parlare.
Il timido sole mattutino fece per un secondo capolino tra delle nuvole grigie, accecandomi leggermente e riscaldandomi un po’, per quanto potesse.
Riuscii semplicemente a sorridergli, sentendo ancora la presa di entrambe le sue mani su di me. Mi alzai sulle punte con le gambe che tremavano; mi aiutai appoggiando la mano libera sul suo fianco. Chiudendo gli occhi, poggiai le mie labbra sulle sue. Riaprii gli occhi, ritornando ad altezza normale, e le dita della sua mano che stava ancora stringendo il mio polso, scivolarono lente tra le mie. Mi sorrise a trentadue denti e stavolta fu lui ad abbassarsi alla mia altezza, catturando le mie labbra con le sue leggermente aperte, e iniziò a baciarle con dolcezza e lentezza. Non aveva fretta, era a conoscenza di avere tutto il tempo del mondo.
Mi lasciai guidare da lui in quel bacio decisamente più passionale, sapevo fosse esperto, e lo era ovviamente più di me che non ero mai andata oltre un bacio a stampo dato ad undici anni.
Dopo un po’ si levò un applauso e qualcuno urlò dei versi da stadio; Harry si allontanò rapidamente da me, ed entrambi guardammo l’uscio della porta, dove c’erano tutti e quattro i ragazzi ad applaudirci con foga, con dei sorrisoni stampati sulle labbra.
Sorrisi e spalancai la bocca, Harry mi guardò ridendo. Mi coprii il viso con entrambe le mani, completamente imbarazzata dalla situazione, poi sentii un suo braccio avvolgersi intorno le mie spalle, con i soliti applausi in sottofondo. Rivolsi di nuovo lo sguardo ai ragazzi, trovandoli a sorriderci con i pollici in su. Scossi la testa e spostai lo sguardo ad Harry. Mi avvicinai al suo orecchio, alzandomi di nuovo sulle punte.
- Anche io sono innamorata di te. - sussurrai, per poi baciargli velocemente la guancia e tornare ad abbassare gli occhi a terra.
Mi spostò il viso con le dita verso di lui, e mi sorrise dolcemente. Notai i suoi smeraldi luccicare. Si chinò leggermente e lasciò un dolce bacio sulle mie labbra, ancora sorridendomi. - Ragazzi, vi presento la mia ragazza. - disse poi fiero al resto della band. Probabilmente ero arrossita fino alle orecchie. Ci scambiammo un altro sguardo; aveva quel sorriso sghembo sulle labbra che mi faceva impazzire. Scossi la testa guardandolo. Sei sempre il solito, Styles.
 
- some days later -
 
Zayn’s point of view
- Merda, ragazze, ma dove siete?! Andate ad aprire! -
Io e Louis ci scambiammo un’occhiata veloce, poi scoppiammo a ridere seguiti dal resto dei ragazzi.
- Ma cosa...? - chiese il riccio sottovoce con una risata, per poi infilare le mani in tasca ed appoggiarsi sul muro del pianerottolo subito accanto al campanello della porta.
- Un secondo! - urlò ancora la stessa voce, che solo allora realizzai fosse quella di Rose.
Il sorriso mi scomparve dalle labbra, quasi involontariamente. Mi irrigidii e incrociai le braccia al petto, serrando la mascella. Fino ad allora non avevo riflettuto su come avrei dovuto comportarmi con lei.
Era da un bel po’ che non ci sentivamo né vedevamo, io e lei. Louis, Harry e Niall erano rimasti in contatto per tutta quella settimana o poco più con le rispettive ormai ragazze, e Liam e Alex avevano risolto il malinteso e continuato ad essere amici come se non fosse accaduto niente. Rose ed io ci eravamo praticamente persi e con mia grande fortuna quel minimo che avevo provato nei suoi confronti era svanito nel nulla, facendomi rendere conto del fatto che mi ero semplicemente affezionato a lei in amicizia. Splendido.
Dire di averla dimenticata, però, non sarebbe esattamente corretto. Sentivo Liam parlare con lei al cellulare ogni santo giorno che era praticamente impossibile non averla costantemente tra i pensieri. Nonostante questo avevo già dimenticato il suono della sua voce, il colore dei suoi occhi, il suo viso, il suo profumo. Era scomparso tutto, con mio dispiacere. C’era solo il suo nome nella mia mente, niente di più. Ma se da un lato più di qualche volta avevo sentito terribilmente la sua mancanza, dall’altro mi sentivo più che fiero di aver dimenticato ogni aspetto di lei che mi aveva fatto impazzire come un bambino; ero riuscito a controllare i miei sentimenti, decidendo io stesso di cosa farne.
- Ma quanto ci mettono? - sussurrò stavolta Liam - ah, ragazze! - sospirò poi scuotendo la testa divertito. Niall alzò le spalle e sbuffò, proprio nel momento in cui si spalancò la porta d’ingresso, con un rumore dei cardini.
- Buonasera ragazzi. - disse dolcemente la sua voce, che non potei associare al suo viso perché Niall, in tutto il suo metro e ottanta circa, copriva completamente il metro e sessanta di Rose.
Risentire il cinguettio melodioso della sua voce dopo quel tempo mi liberò una scarica strana di energia addosso. Capii che avevo bisogno di rivederla, riguardare i suoi occhi e respirare ancora il suo profumo, litigare ancora con lei, fare pace, sfiorarla, parlarle. Sì, mi era mancata, troppo, e in quel momento non potevo far altro che guardare in faccia la realtà e mandare a puttane tutti i presupposti sull’indifferenza che avrei dovuto esercitare nei suoi confronti.
- Ciao tesoro mio! - fece il biondo particolarmente felice di vederla, per poi avvicinarsi a lei e stringerla in un abbraccio soffocante. La sollevò di peso e fece un giro su se stesso, facendo svolazzare il vestito della mora che intanto ridendo gli implorava di farla scendere, mentre i ragazzi sorridevano inteneriti dalla scena.
- Ma che carini! - fece Louis in falsetto, per poi ridere e darmi una gomitata ammiccando con lo sguardo. Lo spinsi via infastidito e guardandolo male, sotto lo sguardo severo di Liam che come al solito voleva regnasse sempre la pace tra noi.
- Dovevo ancora ringraziarti decentemente per Marty. - si giustificò poi il biondo una volta essere entrato in casa e averla messa giù, ignorando il commentino di Louis.
Rose gli sorrise gentilmente e nervosa stirò con le mani il vestitino sulle gambe fasciate da delle calze chiare decorate con motivi floreali, scuotendo la testa.
- Le altre stanno poltrendo in salotto - avvisò ridendo mentre salutava anche Louis e Harry, poi tutti e tre scomparvero nella prima stanza sulla sinistra del corridoio.
- Buonasera piccola - la salutò Liam, chiudendo la porta d’ingresso al suo posto. Rose gli si buttò letteralmente fra le braccia. - mi sei mancata tantissimo. - sussurrò poi, sciogliendo l’abbraccio.
- Anche tu - ribatté Rose, sorridendogli a trentadue denti.
Mi schiarii la voce abbassando momentaneamente lo sguardo per la situazione imbarazzante. Mi sentivo il terzo incomodo.
Perché non guarda me in quel modo? mi domandai, stringendo i denti.
Liam le sorrise ancora, poi alternò lo sguardo tra me e lei. - Occhei, io... vado a salutare le... le altre. - balbettò lasciando un bacio sulla guancia a Rose. Cavolo, non sfiorarla, lei è mia. pensai, senza neanche rendermene conto, e mi morsi un labbro. Stupido, è il tuo migliore amico.
Liam seguì la direzione degli altri, lasciandoci finalmente soli.
- Ciao Zayn. - bisbigliò distaccata senza neanche guardarmi negli occhi, giocando con le dita come una bambina. Ne aveva anche l’aspetto, in effetti; il vestitino beige che indossava ricordava tanto quello di una di quelle bimbe delle fiabe, in più subito sotto il seno aveva un grande nastro rosso, dello stesso colore delle scarpe, che si concludeva con un fiocco enorme dietro la schiena, ed un altro uguale che le reggeva i capelli in una coda alta. Aveva anche del rossetto rosso abbinato che le definiva perfettamente il contorno a cuoricino delle labbra, risaltando moltissimo sulla sua carnagione chiara. Si era preparata molto più quella sera che per andare in discoteca. Adesso avevo capito quale fosse il suo vero stile.
- Ehi Rose - la salutai, e deglutii rapidamente, prima che i suoi occhi incontrassero di nuovo i miei, ma stavolta ci stettero per più di qualche secondo. Le sorrisi, non sapevo cosa fare, ero fermo di fronte a lei come un idiota, perso nei suoi dolci occhioni scuri, a drogarmi della sua vista, dei tratti delicati del suo viso, del colore dei suoi capelli, della sua timidezza sotto il mio sguardo. Ricambiò il sorriso, poi abbassò gli occhi torturandosi le labbra con i denti.
Chissà perché è così nervosa. Dio, è così... dolce.
- Dovremmo raggiungere gli altri.. penso. - disse a bassa voce, ritornando a guardarmi. Annuii distratto dai suoi occhi profondi, lei mi sorrise timidamente, per poi muovere un passo verso il corridoio.
- Ehi, aspetta - la interruppi, e si voltò verso di me con uno sguardo interrogativo - io un abbraccio non lo merito? - le domandai con un sorriso, riuscendomi finalmente a sbloccare. Spalancai le braccia con un sorriso sincero sulle labbra e lei mi si avvicinò insicura guardandomi curiosa negli occhi, ma poi finalmente si lasciò scappare quel sorriso che stavo aspettando e mi avvolse le braccia in vita appoggiandomi la testa sul cuore. La strinsi forte a me, inalando lentamente il suo profumo, e le lasciai un bacio tra i capelli.
- Sei mancata molto anche a me, sai? - sussurrai. Non so come ho fatto a starti lontano tutto questo tempo. pensai anche, ma decisi di tenerlo per me. Alzò lentamente lo sguardo ai miei occhi e mi sorrise. In quel momento realizzai che quello era il nostro primo vero abbraccio.
Le guance iniziarono ad arrossirle dolcemente, poi improvvisamente sciolse le sue braccia da me. Automaticamente lo feci anch’io, e lei indietreggiò, schiarendosi la voce mentre portava nervosamente dietro l’orecchio una ciocca di capelli - inesistente, visto che erano tutti legati in quel fiocco - come se fosse sua abitudine. Mi limitai ad un sorriso, trattenendomi dal ridere di quella sua timidezza che a volte sembrava assalirla come un uragano. C’erano momenti in cui della timidezza non ne aveva neanche il ricordo. Mi chiedevo come facesse a cambiare in così tanta facilità; me l’ero sempre chiesto.
- Meglio andare. - appurò con la voce tremante, ma stavolta riuscii a scappare in salotto senza che la interrompessi. 
Sospirai. Sì, mi era mancata. E forse non aveva portato solo cose negative nella mia vita da quando l'avevo conosciuta.




sì, odiatemi pure, è comprensibile. lol
aggiorno come fosse niente ultimamente, non capisco perché ho ispirazione in questa maniera. mi ero prefissata di utilizzare i tre mesi estivi per scrivermi TUTTA la ff fino alla fine, ma poi non sono riuscita a scrivere manco cinque o sei capitoli. adesso che è iniziata da pochi giorni la scuola invece ho ispirazione, e tadaaaan, questo è il risultato. 
giuro, giuro, giuro che nella mia mente è tutto milioni di volte migliore. non immaginate la frustrazione che ho nel sapere che non riesco a trascrivere quello che immagino al meglio. nella mia mente è tutto così perfetto, porca trota. kashbdjabkhfbg che odio, poi mi ritrovo con capitoli di cacca in questo modo. 
sorratemi.
ringrazio le nuove recensitrici, mi ha fatto piacere sapere che non ce ne sono così poche come immaginvo. :O
e poi boh, chi altro ringrazio? ah, sì, la solita mia scimmietta a cui rompo le scatole ogni giorno, come già accennai, riguardo questa storia. incolpate lei se poi aggiorno così velocemente, a volte. è lei ad ascoltarmi sempre, e a consigliarmi sempre. quindi è colpa sua. lalalaaa (ailoviumarta)
uuh, ultima cosa. 
riguardo haty: DITEMI SE VI E' PIACIUTA QUELLA PARTE, E COSA DOVREI MIGLIORARE, PERCHE' HO LE PARANOIE PARTICOLARMENTE RIGUARDO HARRY, QUINDI HO BISOGNO DI TANTI PARERI, POSITIVI O NEGATIVI CHE SIANO. 
ora mancano solo liam e zayn, e sono tutti accasati. MA CI STO LAVORANDO. AHAHAH
e vabbe', basta, ho finito di sparare idiozie.
alla prossima, vi amo tantissimo, vi sono letteralmente devota per leggere la mia storia. 
grazie grazie grazie.

rose. xx

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Capitolo 20
*** This feels like fallin' in love. ***


Capitolo venti: This feels like fallin’ in love.
 
Zayn’s point of view
La seguii, ed una volta nell’altra stanza mi scappò una smorfia. I ragazzi avevano già preso postazione accanto le proprie ragazze: chi amoreggiava di qua, chi si sorrideva di là, chi stringeva la mano all’altro, chi rideva e scherzava con gli occhi a cuoricino, e tutto il quadretto era completato da delle canzoni in sottofondo che non riconobbi, sia per il volume basso che per la melodia poco familiare.
Incrociai lo sguardo di Rose, trovandola con la stessa mia espressione, poi ridemmo insieme.
- Sembra non vi vediate da anni - appurò con una piccola arricciata di naso - io vado a preparare qualcosa da bere! - annunciò ironicamente disgustata facendoci ridere tutti, per poi sorriderci gentilmente.
- Allora servi a qualcosa! - esclamò Frenk, guadagnandosi una sua amichevole linguaccia.
- Cioccolata calda o tè? - chiese Rose a ciascuno di noi ospiti ignorandola, con quella dolcezza che tanto la caratterizzava molto spesso. Prese le ordinazioni avvisò che sarebbe andata in cucina, e fuggì via in un’altra stanza in corridoio. Riguardai la situazione in salotto e mi convinsi che l’imbarazzo che avrebbe regnato tra me e lei in cucina sarebbe stato mille volte più sopportabile.
Bussai piano sullo stipite, facendola voltare sorpresa. - Ti da fastidio se sto qui? - chiesi, preparato anche ad una sua risposta positiva - in salotto c’è un’aria... strana. - mi giustificai, e ridemmo insieme.
- Stai pure. - rispose con un’alzata di spalle, per poi sorridermi e girarsi di nuovo verso il lavello. Mi appoggiai al tavolo con le braccia conserte, lei iniziò ad armeggiare con pentolini vari; la guardavo a bocca aperta destreggiarsi tra tutti quegli affari e quegli ingredienti che non avevo mai utilizzato in tutta la mia vita. Non mi era mai sembrata esattamente un tipo di casa, ed era già la seconda volta che mi sorprendevo vedendola preparare qualcosa di commestibile.
Il silenzio che si era venuto a creare non mi piaceva. Non ero uno di molte parole, ma lei era fin troppo timida per iniziare un discorso, quindi ci provai io.
- Tutto bene al lavoro? - le domandai, per poi battermi silenziosamente una mano sulla fronte, alle sue spalle. Che merda di domanda è? Non è mica una donna in carriera.
- Uhm, sì, diciamo di sì - farfugliò incerta. - beh, in effetti stavo proprio pensando di licenziarmi appena ricevo l’ultima paga prima delle vacanze di Natale - ammise ridacchiando appena - la mia datrice di lavoro mi stressa troppo e mi ha stancata, troverò qualcos’altro. -
- Oh, capisco. -
Molto loquace, complimenti.
- Sai già Liam cosa deve dirci? - cambiò discorso girandosi a guardarmi, sorridendo un po’.  
Quei suoi sorrisi accennati mi facevano andare fuori di testa.
- Ehm...sì, l-lui ci ha... ci ha... - balbettai, sorpreso di quell’improvviso contatto visivo, che però persi subito, visto che si rigirò in avanti sorridendo, o forse ridendo, di me. Imprecai in tutte le lingue nella mia mente e mi affrettai a continuare. - ...ci ha anticipato qualcosina, ma ha detto di non dirvi niente. - conclusi in fretta, pronto a zittirmi.
Coglione, coglione, coglione. Non hai dodici anni, sei un uomo, comportati da tale.
- Oh - sospirò delusa, non facendomi pesare fortunatamente la recente gaffe - muoio di curiosità. - spiegò, alzando ancora le spalle, stavolta senza girarsi. Mi sentivo un tale deficiente, Dio. Stavo costruendo la figuraccia peggiore della mia vita davanti a lei, quella sera. Eravamo diventati come estranei, improvvisamente, solo per aver perso i contatti per una decina di giorni. In più quella era una delle prime volte in cui avevamo iniziato a conversare come due persone normali, non avevamo mai portato avanti un discorso, avevamo scambiato massimo qualche parolina, ma finivamo sempre col litigare. Sorrisi al pensiero; nonostante i litigi in qualche modo avevamo sempre fatto pace.
- A proposito di Liam... ho notato che ultimamente vi sentite davvero molto spesso. - le sottolineai con una punta di irritazione dopo aver riflettuto un po’. - A quanto vedo hai trovato un nuovo amichetto. - mi lasciai sfuggire con acidità, maledicendomi quasi contemporaneamente. Si voltò, interrompendosi dal prendere le tazze in cui avrebbe dovuto mettere le cioccolate ed il tè. Mi guardò male, boccheggiando appena, sorpresa, evidentemente, del mio cambiamento repentino di tono. Me n’ero accorto io stesso, ero sembrato scortese probabilmente.
- Ci siamo trovati da subito, ma ultimamente ci stiamo affezionando un po’ di più. - spiegò riprendendo il tono distante con cui mi aveva salutato ad inizio serata, con un’espressione abbastanza irritata, per poi voltarmi le spalle e ritornare ad appoggiare le tazze sopra un vassoio bianco.
- Sai, ho notato anche un’altra cosa... - iniziai sorridendo quasi automaticamente, avvicinandomi un po’ a lei, e mi appoggiai al ripiano alla sua destra - in questi giorni Liam si è molto interessato riguardo cosa abbiamo fatto io e te domenica sera. -
Mi guardò confusa, fingendo di non capire. Che attrice eccellente.
Riprese ad armeggiare con i pentolini dove ormai le bevande erano quasi pronte, ed iniziò a versare la cioccolata nelle prime tazze.
- A meno che non si sia invaghito anche di te, oltre di Alex, e sia diventato geloso di te tutto di un botto, e il che è alquanto improbabile... - iniziai a spiegarle, prendendo esempio dal tono che spesso aveva usato lei stessa con me - …sei stata tu a chiedergli di domandarmelo, perché ti interessa, e non poco. - esposi la mia teoria sorridendo ancora di più di quando avevo iniziato, e una volta conclusa alzò lo sguardo dalla teiera sul fuoco e mi mandò un’occhiata infuocata con tanto di sopracciglio inarcato, che ricambiai di rimando.
- Non so di che parli, Malik. - negò l’evidenza, provocandomi un sorriso. Mi aveva addirittura chiamato per cognome; adoravo quando lo faceva. Alzai un sopracciglio e scossi la testa divertito.
- Certo - risi - a chi vuoi farlo credere? So che hai paura di esserti... spinta un po’ troppo oltre, quella sera - inserii quanta più malizia potei, giusto per spaventarla un po’ - ma ormai non puoi tornare indietro, bambolina. - giocai a prenderla in giro chinando la testa su un lato, e pronto a qualsiasi sua reazione. Le arrivai praticamente di fronte, e mi accorsi che iniziò ad innervosirsi. Appoggiò con un movimento lento il contenitore della cioccolata calda sul fornello spento e si appiattì con la schiena al ripiano del lavabo, guardandomi interrogativa, quasi spaventata, forse chiedendosi quello che stessi per fare. Era esattamente quello che volevo. Mi piaceva intimidirla, metterla a disagio, godevo nel vedere i numerosi e svariati modi in cui reagiva, mi piaceva guardare le sue guance arrossire e l’imbarazzo prendere il sopravvento su di lei, anche se spesso mi sentivo in colpa. Era comunque un bello spettacolo ai miei occhi.
- Sono più che sicura che non sia successo proprio niente, so che mi stai prendendo in giro. - la prese sul ridere, alzando gli occhi al cielo serena. - Anche se poi non è per niente divertente. - aggiunse sospirando, tenendo testa al mio sguardo.
- Davvero non ricordi nulla di quello che hai fatto? - le chiesi iniziando a sfiorarle lentamente un braccio col dorso delle dita. Non mosse lo sguardo duro dai miei occhi, si morse semplicemente appena appena le labbra, nervosa. Sorrisi; era soddisfacente innervosirla, anche se vederla arrabbiata sarebbe stato ancora meglio. Pensai attentamente a qualcosa che potesse farla scoppiare.
- Peccato, è stato davvero bello. - sottolineai a voce e tono bassi, dopo aver esitato un po’, ma lei non si sbilanciò più di tanto, evidentemente non sapeva se credermi o meno. Notai solo che il suo respiro iniziò ad accelerare, proprio come il mio, appena repressi un paio di centimetri della nostra distanza. - Se vuoi posso provare a fartelo venire in mente. - sussurrai con un sorriso malizioso, ed appoggiai le mani sul ripiano alle sue spalle, intrappolandola con entrambe le braccia.
Sentivo il cuore uscirmi dal petto, ma riuscii ad ignorarlo. Almeno fin quando non la vidi avvicinarsi pericolosamente a me con molta lentezza, prendendomi letteralmente alla sprovvista. Mi faceva impazzire, non capivo i suoi scopi, non prevedevo le sue mosse. Mi afferrò il colletto della camicia schiudendo di poco le labbra e il mio respiro si mozzò letteralmente. Trattenni il fiato, illudendomi che stesse per poggiare le sue labbra sulle mie, ma poi sorrise beffarda e deviò la direzione, rimanendo all’altezza della guancia.
- Magari un’altra volta. - soffiò sottovoce al mio orecchio, per poi allontanarsi di nuovo da me sorridendo soddisfatta. Era riuscita a farmi venire le farfalle nello stomaco per l’ennesima volta. Non c’era essere al mondo per cui provavo così tante emozioni contrastanti tra loro. Attrazione e odio in modo particolare; era l’unica che riusciva ad attrarmi come una calamita, e tirare fuori contemporaneamente il peggio di me.
Scossi la testa sorridendo, e lasciai passare si fosse appena presa gioco di me. Mossi una mano arrivando fino alla sua guancia, e l’accarezzai lentamente. - Quando smetteremo con questi giochi stupidi? - Fece finta di non capire, di nuovo, guardandomi ancora lontano una manciata di centimetri dal mio viso. - hai capito a cosa mi riferisco. - dissi, con un tono accusatorio.
Ci scambiammo un sorriso rapido, poi lei abbassò lo sguardo ancora sorridendo imbarazzandosi improvvisamente. Iniziai a giocare con la sua coda, avvolgendomi le punte dei suoi morbidi capelli scuri attorno alle dita per un po’.
Mi riferivo proprio a quello: avrebbe potuto spingermi via se non le avesse fatto piacere avere il mio fiato sul collo in quel modo, ma non l’aveva fatto. Mi permetteva di stare a pochi centimetri dalle sue labbra, senza rifiutarmi nettamente né prendere iniziativa. Sapevo bene quanto anche lei provasse quello che provavo io. C’era la stessa attrazione, ne ero sicuro, lo capivo dai suoi atteggiamenti. Quello che non capivo era perché non lasciasse che accadesse qualcosa tra noi. Io lo volevo, lo desideravo, desideravo lei, ma finché non avessi trovato una qualsiasi conferma da parte sua avrei continuato a fare il gentleman, come mi ero prefissato dall’inizio, aspettando un suo segnale. Per la prima volta, con quella domanda, provai a sbloccare la situazione.
Le vidi prendere un respiro profondo, poi alzò gli occhi a me. - A me piacciono. - ammise fingendo di imbronciarsi, poi sorrise.
- Anche a me - risposi in fretta, e azzardai poggiando con lentezza la mano che poco prima giaceva sul ripiano alle sue spalle, leggermente più in alto del suo fianco. Deglutì, e credo rabbrividì; mi sorrise, con le labbra, con lo sguardo, col viso. Capii le piacque quel contatto fisico e sorrisi anch’io, poi presi un respiro. - Non possiamo continuare così per sempre. - aggiunsi; il suo sorriso si spense. - Lascia che succeda, Rose. - sussurrai serio - è naturale che... che succedano cose del genere tra due persone. - iniziai a spiegarle insicuro, portando la mano dietro la sua nuca e avvicinandomi leggermente a lei. Le parole di Niall riguardo la questione di Liam e Alex mi iniziarono a rimbombare in mente. “Hanno solo paura”, ma di cosa? Non riuscivo a capirlo. - Di cosa hai bisogno per convincertene? - le chiesi infatti. Spostai lo sguardo alle sue labbra, poi mi morsi un labbro e lo riportai ai suoi occhi. Non volevo darle l’impressione di un ragazzo con una sola cosa in testa, quale probabilmente pensava che fossi. Con lei dovevo fare particolarmente attenzione.
- Certezze. - rispose seria, aggrottando la fronte. Mi appoggiò una mano sul petto, ma senza fare alcuna pressione per spingermi via, e rabbrividii al contatto. Stavolta fui io a sorridere per la sua presa di iniziativa. - Ti conosco da così poco... sai di essere il primo per me, e... -
- Lascia che succeda. - ripetei a bassa voce interrompendola. Provò a dire qualcosa, mentre i miei occhi continuavano a ricadere sistematicamente sulle sue labbra. Mi avvicinai di poco, ormai stregato da lei. Sentivo fosse il momento adatto.
- Zayn... - mi ammonì sottovoce quando realizzò le mie intenzioni, e strinse forte il mio maglioncino nella sua presa, ma continuò a non allontanarmi da lei. Il mio nome detto dalla sua voce suonava così dolce. Si morse piano il labbro inferiore e trattenne un sorriso, provocandone uno a me.
Baciami. Ora che puoi, fallo. Baciami.
Le risate sguaiate di Niall e Louis insieme ad un’altra femminile interruppero i miei pensieri, diventando sempre più vicine alla cucina. Rose sgranò gli occhi spingendomi via con la sua risaputa poca forza, riuscendo ad allontanarmi quel poco che le sarebbe bastato per voltarsi e prendere in mano la teiera per fingere di stare versando il tè nelle tazze, come infatti fece. Io rimasi a fissarla, col battito del cuore che non voleva saperne di rallentare, lei aveva il respiro affannato, ma essendo di spalle riuscì a mascherarlo.
Eravamo così vicini... pensai, per poi distogliere lo sguardo dalla sua figura minuta notando Frenk entrare in cucina seguita dai due ragazzi. Mi appoggiai al ripiano alle mie spalle disinvolto mentre Frenk si diresse ad aprire il frigo e ne prese una bottiglia d’acqua.
- Abbiamo interrotto qualcosa? - domandò Niall, più interessato che malizioso, oscillando lo sguardo tra me e lei, ma entrambi scuotemmo la testa.
- Nah, stavamo parlando delle solite cose! - ribatté Rose di spalle, tutta tranquilla, molto più di me, mentre Frenk versava dell’acqua in dei bicchieri.
- Mh mh - la appoggiai, per poi schiarirmi la voce accorgendomi di averla ancora tremante per quello che era accaduto poco prima - anzi, avete fatto bene a venire, così ci aiutate a portare tutte le tazze di là. - sorrisi ai ragazzi, per poi avvicinarmi al vassoio che Rose stava riempiendo ed afferrare due delle tazze.
- Noi due non abbiamo ancora finito. - le sussurrai all’orecchio. Si irrigidì improvvisamente, il che mi fece sorridere, come ogni volta. Sorrisi ancora ai ragazzi e Frenk e sparii dalla cucina in fretta, raggiungendo gli altri.
- Chi voleva la cioccolata calda? - domandai entrando in salotto con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Non smettevo di pensare a quello che era appena successo.
- Io! - urlarono le ragazze e Liam. Porsi le cioccolate a Marty e Taty, e poco dopo entrarono in salotto anche Frenk, Rose, Niall e Louis con due tazze ciascuno, che poi distribuirono.
Presero tutti posto sui divani, io decisi di rimanere in piedi e mi appoggiai con la schiena al muro. Feci segno a Rose di avvicinarsi a me, lei scosse piano la testa giocando con le dita. Provai ad insistere, ma lei si morse un labbro e abbassò lo sguardo scuotendo ancora la testa.
- Siediti qui, Rose - le propose poi il riccio battendo la mano sul bracciolo del divano su cui era seduto. Rose spostò lo sguardo tra me ed Harry varie volte, poi annuì sorridendogli ed iniziò ad avvicinarsi a lui. Le rivolsi un’occhiataccia: le dava così fastidio starmi accanto in pubblico?
Scavalcò i piedi di Frenk appoggiati sul tavolino, poi alzò lo sguardo a me continuando a camminare. Stavo per aprire bocca e domandarle perché l’avesse fatto, ma notai Alex sorridermi e sporgere un piede in avanti, facendole lo sgambetto. Inciampò sui suoi piedi, proprio come quella domenica sera, solo che adesso non era ubriaca. In automatico mi staccai dal muro sporgendomi in avanti per prenderla al volo, e me la ritrovai letteralmente tra le braccia. Ritornò in piedi, e talmente eravamo finiti vicini sentivo il suo respiro affannato sulle labbra. Non so esattamente cosa riuscii a trattenermi dal baciarla lì, davanti a tutti. La tentazione era enorme, come poco prima.
Al contrario mi limitai a sorriderle. - L’equilibrio non è il tuo forte - appurai a voce bassa scuotendo leggermente la testa, e trattenendo quella nostra distanza. Mi fulminò con lo sguardo alzando un sopracciglio e provò ad allontanarsi da me; mosse un passo alle sue spalle ma strinsi la presa impedendole di voltarsi per raggiungere il divano e alzai i polsi all’altezza del mio petto, tenendola ancora vicina a me.
- Mi lasci, Malik? - mi chiese con acidità ad alta voce, facendo girare tutti a guardarci, per poi provare a scrollare la presa. Mi domandai come avesse fatto a cambiare atteggiamento in quel modo. Poco prima sembrava tenere a me, e non poco, e adesso era tornata a disprezzarmi senza pietà.
Per quanto fosse strano, lo adoravo.
- No, sei mia. - ribattei strattonandola leggermente per farla avvicinare a me.
- Per favore, Zayn - mimò con le labbra guardandomi severa.
- Cristo, baciatevi! - urlò Louis, facendo scoppiare tutti a ridere; evidentemente avevamo l’attenzione di tutti i ragazzi su di noi. Risi anch’io nervosamente, lei rimase seria.
- Neanche a pagarmi. - rispose al moro, ma continuando a fissare me con un sopracciglio inarcato.
Entrambi ignorammo i versi di quegli animali che avevo come amici che mi prendevano gratuitamente in giro con degli ‘Uuuuh’ degni di un licantropo. C’eravamo solo io e lei, con gli occhi fissi a quelli dell’altro, e i visi a distanza ravvicinata. Cercò ancora di scrollare la presa ma ovviamente avevo più forza di lei, e riuscii a tenere le mie mani strette attorno i suoi polsi.
- Vorresti gentilmente levarti questo sorriso strafottente dalle labbra e lasciarmi i polsi, coglione? - sbottò poi incavolata. Gli altri risero, io continuai a sorriderle. Ormai avevo capito fosse solo finzione perché le dava fastidio far sapere agli altri cosa c’era tra noi - perché qualcosa doveva esserci - quindi decisi di continuare ad infastidirla. Scossi la testa in risposta e le diedi un veloce bacio sulla guancia, prima che riuscisse a ritrarre il viso.
- Lasciami - mi intimò a denti stretti.
- Altrimenti? - le domandai sarcastico, avvicinandomi di botto alle sue labbra. Quella volta però ero sicuro che non avrei fatto nulla.
Serrò la mascella e strattonò ancora la presa, mantenendo il controllo nonostante quella situazione. - Se non l’avessi capito ancora, te lo ripeto per la terza volta: io ti odio, Narciso. - Sorrisi dell’appellativo, e per ciò che aveva detto. Come potevo crederle?
Io invece ti amo.
Smisi improvvisamente di sorridere. Deglutii e mollai la presa ai suoi polsi. Iniziò ad accarezzarseli e mi rivolse un’occhiataccia, per poi allontanarsi e andarsi a sedere accanto ad Harry.
Mentre loro continuavano la loro discussione che io e Rose avevamo interrotto, mi riappoggiai al muro e persi lo sguardo al pavimento, chiedendomi se avessi pensato davvero quelle parole. Dopo qualche secondo appurai fossero state solo frutto della mia contorta immaginazione, non potevo aver prodotto autonomamente quel pensiero.
Avevo bisogno d’aria.
Mi avvicinai ad Alex e le chiesi all’orecchio se avessero un balcone. Annuì sorridendo - evidentemente capendo al volo la mia necessità - e mi fece da guida fino al balconcino della cucina. La ringraziai e una volta uscito all’aperto afferrai una sigaretta, l’accendino, e l’accesi. Lasciai che la prima boccata di fumo mi calmasse i nervi e mi liberasse la mente.
Non poteva essere amore.
Non era neanche una cotta, come l’aveva fastidiosamente definita Harry. Solo forte attrazione fisica mi ripetei, convincendomene, così come avevo continuato a dire ai ragazzi da quando l’avevo conosciuta. Solo forte attrazione fisica.


pretendo un applauso.
ho aggiornato dopo una decina di giorni. sono un genio, yo.
comunque, ciao a tutte. lol
questo capitolo è un misto di schifo e dolcezza. schifo per il modo in cui l'ho scritto, sono consapevole che il mio lessico sta peggiorando, i'm sorry; dolcezza per le cose che ho fatto succedere. le idee a volte mi piacciono tanto, ma poi la messa in pratica rovina l'entusiasmo. :(
sono felice che vi continui a piacere, comunque. ho perso qualche lettrice, ma ne ho guadagnate altre - credo - e mi fa taaanto piacere. adoro sapere cosa ne pensate, e adoro le critiche perché prendo esempio e modifico quello che scrivo, in modo da sentirmi più sicura di me se corrispondono ai consigli che mi date. grazie mille.♥
anyway, all'ultimo capitolo ho avuto solo cinque recensioni. spero vivamente che sia solo colpa della scuola e degli impegni, perché se qualcuno ha abbandonato o messo da parte questa storia perché fa schifo sono pronta a rinchiudermi in un angolino buio e rimanerci per sempre.
questo angolo dell'autore sta diventando troppo lungo. AHAHAH 
quindi adesso scompaio. 
grazie per aver letto, vi amo, tantissimo. e grazie per il sostegno.
(ancora un grazie alla mia scimmietta akjdhakadbjdbfdk i love you)

alla prossima.
rose. xx

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Capitolo 21
*** Live while you're young. ***


Capitolo ventuno: Live while you’re young.
 
Rose’s point of view
- Qualcuno dovrebbe andare a chiamare Zayn, dobbiamo ancora dirvi quella cosa per cui siamo venuti qui - disse Liam serio, per poi bere l’ultimo sorso di thé dalla sua tazza. Si girarono in automatico tutti verso di me, ed io sbuffai.
- Siete voi i suoi migliori amici! - dissi ai ragazzi, puntandoli rapidamente tutti con un dito.
- Sei tu quella che l’ha fatto innervosire - ribatté Harry, che era al mio fianco; mi persi un paio di secondi nei suoi occhioni verdi, erano davvero splendidi, ma non mi ammaliarono al tal punto da trattenermi dal rivolgergli un’occhiata carica d’astio.
- Non si è mai offeso per un mio “ti odio”, figuriamoci se l’ha fatto ora - borbottai in risposta, ed incrociai le braccia al petto come una bambina.
- Ti spetta - ripeté il concetto il riccio, e prima che potessi controribattere afferrò i miei fianchi e mi portò poco gentilmente in piedi. Rabbrividii come una stupida e mi sgridai mentalmente per essermi intimidita di quel contatto. Quando avrei imparato una buona volta che tra amici ci si può sfiorare tranquillamente senza doversi imbarazzare?
- Occhei, occhei! - sbuffai ancora - sappiate che odio anche tutti voi. - conclusi, raggiungendo la cucina. Ero brava a nascondere l’imbarazzo, a volte.
Intravidi la sua figura snella appoggiata alla ringhiera del balcone attraverso i gomiti, e delle nuvole di fumo che si sollevavano in aria per poi dissolversi nel buio.
Bene, sta anche fumando. pensai, lasciandomi scappare una piccola smorfia. Odiavo il fumo.
Rettifica: odiavo vedere lui fumare anche se era decisamente, esageratamente, dannatamente sexy con una sigaretta tra le labbraperché sapevo che gli facesse male. Mi irritava e basta. Avevo anche cambiato idea sulle sigarette in generale; da quando avevo conosciuto lui e il suo vizio, avevo iniziato a nutrire una certa curiosità sul sapore del tabacco. Il mio odio per il fumo era anche diminuito, adesso non mi infastidiva neanche più di tanto.
Presi un respiro profondo, sistemai il vestitino e mi incamminai verso la porta-finestra della cucina.
- Ehi Narciso, ti aspettiamo di là - lo avvisai sicura di me, e mi avvicinai a lui appoggiandomi a mia volta con le braccia alla ringhiera. Poco prima ero riuscita a rivelargli il soprannome che gli avevo affibbiato dal primo giorno in cui l’avevo visto, adesso l’avrei usato più spesso. - Liam vuole che ci siano tutti per... ma stai sempre a fumare? - lo provocai poi, scuotendo la testa.
- Fumo solo quando sono nervoso - disse in tono distante dopo avermi scrutato un po’ con quei suoi occhi scuri che mi avevano torturato l’anima da quando era entrato in casa nostra, poi fece un lungo tiro dalla sigaretta. - Arrivo appena finisco anche questa. - mi avvisò, riferendosi a quella cosa che aveva tra le dita. Evidentemente non era stata neanche l’unica. Annuii distrattamente, riflettendo un po’.
- È semplice usarla come scusa, quella del nervosismo - iniziai a ragionare con tono severo; volevo cercare di fargli passare il vizio. Forse potevo riuscirci, magari nessuno aveva ancora provato a fargli la morale.
Mi guardò confuso. Il suo sguardo mi fece mancare il fiato, ma ignorai le farfalle nello stomaco provocate dal recente contatto tra i nostri gomiti e cercai di continuare a parlare come se non stesse succedendomi niente nello stomaco. - Ogni volta in cui ci siamo visti hai fumato.. possibile che sei sempre nervoso? - gli chiesi, più per curiosità della sua strana ma interessante personalità, che per sarcasmo o altro.
- Possibile che sia la tua presenza ad innervosirmi? - ribatté in malo modo. Non riuscii a tenere testa al suo sguardo e fui costretta ad abbassare il mio. Mi sentii morire, non so esattamente perché.
Indietreggiai lentamente dalla ringhiera e girai i tacchi, pronta ad andare via, ma la sua mano afferrò il mio avambraccio, stranamente in modo dolce e delicato. Mi girai per educazione, ma avrei voluto scomparire, o magari sciogliermi davanti a lui direttamente.
- Scusa - farfugliò; alzai lo sguardo e lo trovai a sorridermi dolcemente. Lasciò con rapidità la presa sul mio braccio. - Dimentica quello che ho detto, non è del tutto vero. Cioè… - si interruppe per mordicchiarsi piano il labbro, cosa che mi fece impazzire. - … in realtà lo è completamente, ma non nel senso negativo della cosa. - mi spiegò lentamente; ci misi un po’ a capirlo, ma quando realizzai non riuscii a trattenermi dal sorridere. Odiavo ammetterlo ma amavo sentirmi dire qualcosa di enigmaticamente dolce da quel ragazzo.
Si schiarì la voce e lentamente tornò ad appoggiarsi alla ringhiera, per poi continuare a sospirare quel succhia-vita di una sigaretta.
- Comunque… hai mai pensato di smettere? - ritornai sul discorso, imperterrita.
Cacciò una nuvola di fumo che il vento spinse esattamente sul mio viso, costringendomi a respirarla. Tossii e alzai gli occhi al cielo, facendo finta di nulla.
- Non ne vedo il motivo, fumo raramente e non credo mi faccia poi così tanto male. - mi rispose dopo aver riflettuto un po’, poi inchiodò il suo sguardo curioso nel mio. - Perché ti interessa? - mi domandò con un sorrisino irritante, che ignorai bellamente nonostante avessi sentito rodermi lo stomaco dalla rabbia. Non avevo voglia di litigare.
- Perché fa male alla tua salute, e io ci tengo alla tua salute - risposi in fretta. Avrebbe anche potuto darlo per scontato, comunque. Sapeva mi importasse di lui; l’avevo capito anch’io, ed ero riuscita anche ad accettarlo purtroppo. - cioè, tengo… t-tengo a te. - mi corressi poi sottovoce, spostando lo sguardo dai suoi occhi al panorama. Sentii le guance arrossirmi fastidiosamente; certe cose non potevo neanche pensarle che subito avevo una strana reazione. Dannatissimo carattere di merda.
- Anch’io tengo a te. - sussurrò guardando di fronte a se, con uno strano sorriso sulle labbra. Per quanto possibile, arrossii peggio di prima e guardai dal lato opposto al quale era lui, strizzando per un po’ gli occhi per sforzarmi di cercare il coraggio di fare qualcosa.
Situazione imbarazzante.
- Vuoi provare? - spezzò il silenzio; mi porse la sigaretta, che era ancora a più della metà. Non sapevo se fosse serio, ma feci comunque per prenderla, guardandolo insicura, ma lui la allontanò rapidamente e rise. - Non ti lascerei fumare neanche se mi pregassi. -
Lo guardai male; chi era, mio padre? Avrei potuto fumargli sotto gli occhi senza neanche che se ne accorgesse. Ero maggiorenne, non avevo genitori nei dintorni che mi mettessero in punizione. Anche se quella delle mie amiche equivaleva alla loro autorità…
- E poi pensavo odiassi… - lo interruppi.
- Potrei essermi resa conto di averlo sottovalutato e cambiato idea. - ribattei con un’alzata di spalle. - E sentiamo, perché non mi lasceresti mai fumare? - gli chiesi sorridendo, giocando al suo stesso gioco di poco prima.
- Perché mi sta a cuore la tua salute. - ribatté sereno sorridendo e tenendo testa al mio sguardo.
- Ohw! - gli feci il verso, chinando anche la testa su un lato. Lui rise e scosse la testa, fumando ancora.
Lampo di genio.
- E per caso ti sta a cuore anche la mia felicità? - gli domandai, provando a tirar fuori con fatica una voce sensuale. Mi trattenei dall’insultarmi mentalmente in turco avendo realizzato che il modo in cui avevo deciso di raggiungere il mio intento era abbastanza pericoloso.
Perché non rifletto mai e poi me ne pento? Impulsività;da aggiungere alla lista dei miei difetti.
Sorrisi appena e mi avvicinai un po’ a lui, iniziando a giocare col colletto del suo cardigan con entrambe le mani, e sfiorandogli di proposito il collo con le dita ogni tanto. Notai strinse la mascella, trattenendo il respiro. Aveva lo stesso profumo della prima volta in cui ci eravamo incontrati: menta mista a tabacco.
Adoravo l’odore della menta, adoravo sentirlo su di lui, adoravo sentire il suo profumo in genere, adoravo stargli vicina... cercai a tutti i costi di rimanere calma e non distrarmi. Tenni testa al suo sguardo a fatica, i suoi occhi scuri mi lasciavano difficilmente indifferente. - perché forse potresti fare qualcosa per rendermi felice, stasera - continuai lentamente e con serietà, scendendo con calma a giocare con i bottoni del cardigan. Rabbrividii, sentivo le farfalle torturarmi lo stomaco, ma mi costrinsi ad essere forte per riuscire nella mia impresa.
Non staccai i miei occhi dai suoi, che mi guardavano divertiti, strinsi la presa sul cardigan e lo spinsi rapidamente con le spalle contro il muro affianco la porta-finestra.
- E cosa dovrei fare? - mi chiese a bassa voce per stare al gioco, tradendo un sorriso. La tenerezza della sua espressione mi costrinse a sorridergli di rimando. Pensai addirittura fosse ingenuo, non capendo lo stessi solo prendendo in giro. Appoggiai una mano dietro la sua nuca, con l’altra iniziai ad accarezzare tutto il profilo del suo braccio sinistro, arrivando fino al polso della mano con cui teneva la sigaretta. Infilai le mie dita tra le sue, gli sfilai lentamente la sigaretta dalle mani e lasciai persino sfiorare i nostri nasi, avevo tutto sotto controllo.
Entrambi i nostri respiri erano tremendamente affannati, sembravamo essere sul punto del fatidico bacio. Ma non ero pronta, non sapevo ancora nulla di lui e non ero intenzionata a fare il mio “grande passo” con una pop star. Ma mi piaceva lo stesso giocare con lui così, anche se un po’ mi dispiaceva rovinare quel momento mozzafiato in quel modo, per un capriccio dettato dalla sua provocazione di poco prima. Rimasi qualche altro secondo a guardare i suoi occhi, poi inevitabilmente i miei caddero sulle sue labbra così vicine alle mie. Non avevo il coraggio di allontanarmici.
Perché mi metto sempre nei casini?! mi chiesi stavolta.
Proprio per peggiorare la situazione, Narciso decise improvvisamente di prendere iniziativa, facendomi ritrovare alla sprovvista; provò deciso a sfiorarmi le labbra con un movimento rapido del viso, ma altrettanto rapidamente mi allontanai quanto bastò per non rimpiangere a vita l’idiozia che mi era presa quella sera. Finsi un sorriso malizioso, che lui ricambiò - ingenuo - tornando a fissarmi il suo splendido sguardo nel mio.
Mi decisi che il gioco era durato anche troppo a lungo. - L’hai già fatto - gli risposi, e stavolta sorrisi a trentadue denti. - grazie! - indietreggiai velocemente mostrandogli la sigaretta, trionfante, e quasi non gli feci una linguaccia.
Quando realizzò, spalancò la bocca, ma era un misto tra l’arrabbiato e il divertito. - Dio, ma sei proprio una stronza - fece scuotendo la testa; alzai un sopracciglio sorridendo con malizia, e provai a mettere la sigaretta tra le labbra, ma la sua mano possente strattonò la mia mano lontano dalla mia bocca. - Non provarci - grugnì serio.
Strinsi letteralmente i denti dal dolore e provai a liberarmi, ma era riuscito a bloccarmi entrambe le mani, mentre continuavamo a “lottare” per quei cinque centimetri o poco più di nicotina.
- Malik, ti prego, mi stai facendo male - mi lagnai sporgendo leggermente il labbro inferiore, e aggrottai le sopracciglia. Pensai che se mi fossi ritrovata dei lividi l’avrei preso a pugni.
La sua espressione, però, non voleva saperne di mutare dall’incavolata all’intenerita - come invece mi aspettavo e speravo - né tantomeno le sue mani volevano saperne di lasciare i miei polsi. - E poi tu non sei nessuno per dirmi cosa devo o non devo fare! - sbottai quindi incavolata; strattonando la presa con violenza riuscii a liberarmi, e a trattenere ancora la sigaretta tra le dita. - Potrei farlo anche davanti i tuoi occhi, come d’altronde tu fai con me, e tu non potresti certo impedirmelo. Vuoi averne la conferma? - lo provocai. Era diventata una questione d’orgoglio. Non era nessuno per me, non poteva vietarmi di fare quello che volevo.
- Non ne avresti il coraggio - mi provocò anche lui con un sorrisino irritante, provando di nuovo a rubarmi la sigaretta. Inarcai le sopracciglia, non avresti dovuto dirlo.
- Davvero? - chiesi in tono di sfida. Avvicinai la sigaretta alla mia bocca, gli rivolsi un’occhiataccia e tirai un lungo sospiro. Metà di quella roba riuscii a sputarla fuori, il resto la sentii scendere pesante ed ingombrante lungo l’apparato respiratorio, sembrava decisa a rimanere lì a vita, ostruendomi la respirazione.
Iniziai a tossire istericamente, ricordandomi perché odiassi la nicotina, e mi afferrai il collo, dentro il quale le corde vocali parevano andare a fuoco.
- Sei contenta adesso? - chiese severo per poi prendere la sigaretta, spegnerla e buttarla al volo nel cestino qualche metro dietro di lui. - Guarda in su e continua a tossire, tira fuori quello che è rimasto… - mi ordinò, alzandomi il mento con le dita.
Lo guardai male e mi ritrassi bruscamente dalla presa, tossendo ancora.
Pessima idea, è stata una pessima idea. Come mi è saltato in mente? Ho sempre odiato quella roba.- Grazie, ma ho bisogno che mi aiuti tu - lo scansai e raggiunsi la porta-finestra; mi bloccai sull’uscio - e ricorda che ti aspettano. - aggiunsi, per poi scomparire in cucina.
 
 
Spalancai letteralmente la bocca. Liam era pazzo. Ora potevo dirlo con sicurezza.
Perché coinvolgere tutti - in particolar modo me - nella sua disperata conquista di Alex? E perché non avevo chiuso la mia boccaccia e non mi ero trattenuta dal suggerirgli di passare del tempo con lei in privato, “lontani da occhi indiscreti”?
Non mi riferivo mica alle vacanze di Capodanno.
E di certo non mi riferivo ad una vacanza tra coppiette in una delle più grandi metropoli al mondo; l’idea di trascorrere circa due settimane insieme ai ragazzi non mi scendeva proprio giù. Io continuavo a non conoscerli quanto le altre. Perché doveva valere così poco la mia opinione?
Mi limitavo ad oscillare lo sguardo tra tutti i presenti, cercando qualcuno che fosse stato d’accordo con me, ma sembravano tutti fin troppo entusiasti dall’idea appena proposta per dare conto alla borbottante e incalcolabile Rose che era assolutamente contraria a quell’idiozia.
- Andare a New York è sempre stato il mio sogno - rivelò Alex, sorridendo innamorata a quell’orsetto improvvisamente impazzito.
- Sarà splendido, me lo sento! - urlò Frenk battendo le mani tutta allegra.
- Sì, sarebbe una bella esperienza e un bel modo per stare insieme! - disse Taty. Harry le strinse la mano in risposta, sorridendole smielatamente. Bleah.
- Quando dovremmo partire, se decidessimo di venire? - domandò Marty ai ragazzi. Come al solito, l’unica più ragionevole, con le idee più simili alle mie.
- Il ventisei, se a voi va bene - le rispose con un occhiolino il biondo tinto.
- New York durante il periodo natalizio è ancora più bella. - parlò timido Zayn, incrociando il mio sguardo per qualche secondo. Ero ancora imbarazzata per quello che era appena successo, in più il suoi occhi mi mettevano in soggezione anche normalmente, quindi fui costretta ad abbassare lo sguardo. Ne approfittai per pensare ad un modo per rifiutare con gentilezza.
- Dobbiamo solo prenotare i biglietti e… -
- New York è lontana - interruppi Louis, scrollando le spalle. - Il viaggio sarà lungo e straziante. -
- Le ore di viaggio non le senti neanche, quando arrivi! - ribatté Tommo (ormai ero innamorata di quel soprannome).
- Appunto… i nostri aerei hanno tutti i confort che vuoi. - lo assecondò Niall.
- Occhei, ma gli alberghi saranno già tutti occupati per quel periodo, no? -
- Non staremo in un albergo - rispose Zayn - gli zii di Harry hanno una villa lì… -
Dannazione.
- Già, ne ho anche parlato con loro, ce la prestano per quanto vogliamo a costo di tenere d’occhio il gatto. - mi sorrise il riccio angelicamente.
Sospirai. - Ragazzi, è una pazzia ed è troppo avventato… provate a ragionare! -
- Secondo me invece è tutto già organizzato alla perfezione - mi contraddì Marty con mia sorpresa. Santa Martina... - come ha detto Louis dobbiamo solo comprare i biglietti. -
- New York è anche molto cara - aggiunsi guardandola male.
- L’ultimo nostro, e quindi vostro, problema è quello economico, Rose. Lo sai. - provò Liam. Storsi il naso; sicuramente non avrei fatto in modo da dipendere economicamente da loro.
- Ti prego, Rose - fece ancora Payne - sei l’unica... -
- L’unica con un briciolo di senno? Sì, evidentemente sì! - sbuffai. - Non mi sembra assolutamente una buona idea. -
- Hai mai fatto qualche pazzia? - mi domandò il moro, lasciandosi sfuggire un sorrisino strano. Lo guardai confusa. - Nella tua vita, dico - chiarì - sei mai uscita dai limiti? Hai mai infranto delle regole? - il suo sguardo insistente mi fece avvampare all’istante, quindi spostai lo sguardo alle mie mani che avevo in grembo. - Per una volta puoi cercare di non seguire la ragione? Non crolla il mondo se lasci per un po’ la tua mente libera. Sei giovane, divertiti, prendila alla leggera. Non c’è nulla di male. - Quando tornai a guardarlo scrollò semplicemente le spalle.
Boccheggiai in cerca di una risposta adatta ma in quel momento valutai tutto da un altro punto di vista; mi sembrò tutto più limpido, più semplice. Con lui era tutto così... giusto.
- Qui ci vuole un applauso! - proruppe Louis con serietà per poi iniziare a battere convulsamente le mani, scatenando l’ilarità di tutti.
Sospirai. - Non credo che la mia presenza faccia la differenza, no? Potete anche andare da soli. -
- La tua presenza è fondamentale! - mi interruppe Frenk fulminandomi con lo sguardo.
- E poi senza una di noi non è lo stesso. - aggiunse Marty.
Scossi la testa e provai a ribattere, ma Liam mi interruppe. - Per favore! - Sporse in avanti il labbro inferiore sbattendo le palpebre. Quella espressione era irresistibile.
Sbuffai, chiusi gli occhi e sprofondai lentamente nel divano. - Vi odio tutti - mi coprii gli occhi con una mano - anche per me va bene. -
 



hi everyone:)
come andiamo? parlatemi un po' della scuola, su. come è stato il primo mese?
io non mi lamento. ho conosciuto persone nuove, splendide.
ma soprattutto c'è un ragazzo che è la copia spiccicata di harry, giuro.
non so perché ve lo sto dicendo, ma okay. AHAHAH
ha il suo sguardo e il suo sorriso, anche se somaticamente sono abbastanza diversi. una cosa che hanno uguale sono le sopracciglia. ah, le labbra. e anche gli occhi. okay, un po' tutto. fskahbsfkjasndk e novità? ho una cotta per lui. 
anche perché poi hanno una personalità davvero molto simile.
ma l'unico mio grande primo e infinito amore sarà joe jonas, yep.
aaaaaaaaaanyway, so che questi capitoli sono noiosissimi, ma mi sto impegnando per portare qualcosa di nuovo - possibilmente positivo - in questa long. speriamo bene (y).
intanto vi ringrazio per le recensioni. dio, quanto le amo. siete splendide.
ringrazio tutte quelle che continuano a seguire questo parto di fan fiction. 
spero di trovare ispirazione al più presto perché vi confesso che non ho la minima idea di come continuare. C:
tanti bacini, 
la vostra rose. xx

vi lascio con uno styles idiota con una lingua chilometrica, i denti perfetti e un profilo della mascella meraviglioso che alza e abbassa le sopracciglia come un maniaco.
non è la perfezione?

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Capitolo 22
*** “I think I’m in love with your freckless” ***


Capitolo ventidue: “I think I’m in love with your freckless”.
 
Rose’s point of view
Menomale che avevano parlato di discrezione.
Strano da pensare, ma erano quasi riusciti a convincermi. Ovviamente mi era bastato vedere da vicino quello che avevano definito aereo - ma era senza dubbio uno di quei jet privati delle super celebrità - per capire che la discrezione poteva pure rimanere un desiderio lontano.
Aprii la portiera del grande taxi bianco che ci aveva portate fino al jet stesso e andai a recuperare la valigia dal bagagliaio con l’aiuto del tassista insieme alle altre ragazze, attenta a coprirmi completamente con l’ombrello da quella dolce pioggerella invernale che raramente ci veniva a trovare; ogni volta era un temporale, dovevamo ringraziare Dio se le goccioline scendevano leggere sulle nostre teste di tanto in tanto.
Intanto, tenevo il broncio alle ragazze; fino alla Vigilia ero stata sicura che ormai avessero anche dimenticato il miniprogetto di quella sera in cui erano venuti per la prima volta i One Direction a casa nostra, invece mentre io ero andata a passare le vacanze di Natale a Parigi, tutte e quattro - compresa Marty (con mia sorpresa, visto che era con me) - avevano definito tutti i dettagli del viaggio e della vacanza senza consultarmi. Poi mi avevano avvisata con due giorni di preavviso. Come avrei potuto non arrabbiarmi?
Non parlavamo da quando avevo chiuso l’ultima chiamata con Liam. L’avevo chiamato per avvertirlo che non sarei andata, ma era tutto emozionato della partenza, proprio come un bambino a Natale - appunto - quindi non ci ero proprio riuscita.
E adesso mi ritrovavo sul punto di entrare su un jet privato con cinque pop star e quattro traditrici.
Per questo mi era passata pure la voglia di parlare.
Mi guardai rapidamente intorno, il cielo era nuvoloso ma non estremamente spaventoso. Afferrai la valigia, strinsi bene l’ombrellino in una sola mano e mi finsi attenta al cellulare, seguendo però la direzione delle ragazze. Quando alzai lo sguardo le ritrovai tutte già con le braccia al collo di Niall, Louis, Liam ed Harry. Poi posai lo sguardo sul moro, anche lui fingeva - lo sapevo - di usare il cellulare e camminava distrattamente un po’ più indietro ai ragazzi, proprio come me. Dal cappotto si intravedeva il colletto di una camicia e un maglioncino arancione, il tutto sopra un jeans scuro a vita bassa. Adoravo il suo modo di vestire.
Sollevò la testa e i nostri sguardi si incontrarono. Ci scambiammo un sorriso di cortesia, io tirai un gran sospiro, principalmente per sciogliere il nodo che avevo alla bocca dello stomaco, e riposi il cellulare in borsa vedendogli allungare il passo.  
Accelerai anch’io, fino a che ci ritrovammo l’uno di fronte all’altro.
Mi sorrise, poi cinse deciso il mio fianco con un braccio, io avvolsi il mio al suo collo abbastanza titubante.
- Ciao piccola - Lo sentii respirare forte e stringermi ancora con più forza nella sua presa. Il mio respiro andò a farsi benedire. - hai un profumo bellissimo. - aggiunse. Non riuscii a trattenermi dal sorridere; mi fece piacere che l’avesse notato, era la prima volta che lo mettevo. Probabilmente arrossii, ma il freddo poteva essere una buona scusa. Si allontanò da me ancora sorridendo, e per una ragione a me sconosciuta rimase poco distante dal mio viso, con una mano dietro la mia schiena.
Gli sorrisi. Dire che mi riuscii a perdere letteralmente nei suoi occhi forse rende poco l’idea; ne rimasi incantata, brillavano di una luce così diversa, lui era diverso.
- Grazie - balbettai in un sussurro. Odiavo che per l’emozione mi mancasse addirittura la voce. Abbassai lo sguardo e mi schiarii la gola, facendo in modo che capisse di doversi allontanare, cosa che fece in fretta.
- Uhm, credo che ormai abbiano già tutti scelto la propria compagna di viaggio e viceversa... - disse per spezzare il silenzio e indicò gli altri facendo spallucce - rimaniamo solo io e te. Siamo costretti a stare insieme. - si morse un labbro sorridendo. Arrossii di getto, fraintendendo il senso dell’ultima frase, e risi nervosamente. - Cioè, intendevo i posti in aereo. - balbettò, per poi deglutire.
Arricciai il naso, sperando che le guance divampassero. - Penso sia l’unica alternativa. - finsi un sospiro di sufficienza, lui rise.
- L’importante è che mi sei vicina. - disse velocemente, posando rapido un bacio sulla mia guancia. 
- Zayn! - Controllai che i ragazzi non avessero visto nulla e gli rivolsi un’occhiataccia. 
Sembrò rimanerci male. - Non farti tanti problemi, loro non mi sembra che se ne facciano. - Abbassai lo sguardo ma le dita della sua mano si intrufolarono tra le mie e fui costretta a riportarlo ai suoi occhi. Il contatto tra la mia pelle calda e la sua congelata mi fece rabbrividire. Con quella stretta mi inondò di un senso di sicurezza meraviglioso. - Posso tenerti per mano o anche questo è vietato nel raggio di tre metri dai ragazzi? - inarcò un sopracciglio ridendo.
- Non è questo il punto. - Chiusi l’ombrello con la mano libera e lo misi in borsa. 
- E allora qual è? - Entrambi prendemmo le valige e iniziammo a raggiungere gli altri.
Boccheggiai come un’idiota. - Non vorrei che pensino ci sia qualcosa che non... che non c’è - deglutii - t-tra noi. - 
Distolse lo sguardo da me portandolo in avanti ed annuì distrattamente, deluso. Iniziò lentamente a sciogliere la presa, ma io la saldai bene, non volevo mi lasciasse. Non ebbi il coraggio di ricambiare il suo sguardo in reazione al mio gesto, che sentivo insistente su di me, né riuscii a proferire più parola fino a quando raggiungemmo il gruppetto. 
Salutai tutti e quattro i ragazzi stringendo ancora la sua mano; fortunatamente si limitarono a guardare le nostre mani intrecciate senza commentare. 
Riponemmo le valigie senza problemi nel portabagagli, poi salimmo sul jet; io e Zayn fummo i primi. Mi posò entrambe le mani sui fianchi e dalle mie spalle mi sussurrò all’orecchio di prendere posto su un divanetto più appartato alla fine della cabina; obbedii, riacquistando solo più tardi la capacità di respirare. 
Gli altri si sistemarono al loro meglio sui sedili rimanenti; erano poltroncine color caffè come il divanetto su cui avevo appena appoggiato la mia borsa, ma a due posti soli, disposte una per lato. 
Mi sedetti affianco al moro, guadagnandomi un suo sorriso.
- Quanto dovrebbe durare questo viaggio? - gli domandai, sistemando la mia borsa accanto al suo zaino. Riportai al suo posto una ciocca di capelli che mi scivolò fastidiosamente sul viso.
- Otto ore, arriveremo lì quando saranno le dieci, considerato il fuso orario. - Mi sorrise tranquillo, io annuii in risposta ricambiando il sorriso. Prima che potessi farlo io, avvicinò la sua mano al mio volto e con le sue dita fredde vi spostò di nuovo la ciocca di capelli ricaduta poco prima. Sentii le farfalle liberarsi nel mio stomaco e fui costretta a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, mi mettevano fin troppo in soggezione a volte.
- Tutto bene là dietro? - domandò Liam, seduto in uno dei primi posti, facendo ovviamente girare tutti verso di noi.
Il moro ritrasse la mano con uno scatto. Arrossii violentemente e sperai nessuno l’avesse notato.
- I due piccioncini si sono appartati, lasciateli in pace! - urlò però Louis ridendo, contagiando anche Harry e le ragazze.
Incrociai lo sguardo di Zayn, trovandolo a sorridermi con dolcezza, sentendo Niall sussurrare un “idiota” a Louis.
Sprofondai nel divanetto. “Solo otto ore”.
 
Aprii lentamente gli occhi cercando di mettere a fuoco dove fossi, e realizzai di essere ancora in aereo.
Avevo la testa poggiata sulla spalla di Zayn e la sua mano era intrecciata alla mia, entrambe poggiate sulla sua gamba. Sentii delle dita fredde accarezzarmi con lentezza una guancia ed alzai lo sguardo a lui, che sollevò un angolo della bocca.
- Ben svegliata - sussurrò, non smettendo di accarezzarmi il viso. Gli sorrisi, tenendo attentamente lo sguardo solo ai suoi occhi, nonostante sentissi il suo respiro sulle labbra. - penso di aver trovato qualcuno più pigro di me, dovrei segnarlo al calendario. - ridacchiò, iniziando a guardarmi le labbra. Mi si strinse lo stomaco e fui costretta ad allontanarmi, ritornando a sedermi normalmente.
- Comunque ti ho svegliata perché è la terza volta che squilla il tuo cellulare. - me lo porse con un sorriso gentile, cos’era tutta questa galanteria?
- Grazie - gli dissi, senza neanche domandarmi perché ce l’avesse lui. - Pronto? - risposi poi. Vidi Zayn fingere indifferenza guardando fuori il finestrino. Mi lasciai scappare un sorriso, era più educato di quanto lo dimostrasse.
- Rose, sei tu? - fece l’altra voce che non riconobbi subito, ma mi era estremamente familiare.
- Sì, chi è? -
- Sono Joseph baby! - urlò euforico in italiano il ragazzo dall’altro capo.
Esitai per qualche secondo, poi spalancai la bocca stupita. - Joe del liceo? Dio, sei davvero tu? - risposi anch’io in italiano, aprendomi in un sorriso enorme e sincero. Era il mio migliore amico. Ovviamente lo fu fino alla mia partenza, da quando arrivai a Londra non ebbi più contatti con l’Italia, a parte qualche volta con la mia famiglia.
Notai Zayn girarsi verso di me, probabilmente avendomi sentito nominare il suo nome.
Continuai a sorridere fingendo di farlo solo per la chiamata ed evitai il suo sguardo, sentendo le guance arrossire inevitabilmente. Gli vidi abbassare lo sguardo con la coda dell’occhio.
- Certo scricciolo, sapevo non mi avresti dimenticato - disse la sua voce scura, totalmente diversa da com’era due anni prima. Sorrisi dell’appellativo, l’avevo sempre amato. - Come va la vita? -
- Benissimo - finsi, guardando per un secondo il moro al mio fianco, con lo sguardo di nuovo perso fuori il finestrino. Anche se in effetti essere contro la proprio volontà su un aereo per l’America non era il massimo. - a te? -
- Perfettamente! Sono in vacanza qui a Londra, tra qualche ora parto ma volevo incontrarti prima, mi è tornato in mente che vivevi qui quindi ho pensato sarebbe stato bello rivedere il mio amore. - Sorrisi sinceramente, era davvero l’amico perfetto che tutte le ragazze vorrebbero avere.
- Oh mio Dio, io sono su un aereo per New York! Se me l’avessi detto prima… -
- Sei seria? - mi interruppe - io sto venendo proprio lì, ci abito! -
- Non ci credo! Vuol dire che ci vedremo? -
- Puoi scommetterci! Ci conto, devi vedere casa mia, non importa se sei in compagnia del papa, ti porto via lo stesso. -
Risi. - Abbiamo tutto il tempo, io riparto verso gli inizi di Gennaio - gli risposi, iniziando mentalmente il conto alla rovescia.
- Perfetto Rosellina mia - storsi il naso; odiavo quel soprannome.
- Non.. -
- Scusa scusa scusa! Mi mancava chiamarti così - mi interruppe ancora, come se mi avesse letto nel pensiero. Quasi non mi stonava un timpano; era quel suo modo di fare che avevo sempre amato di lui, fortunatamente era sempre lo stesso. - giuro che è l’ultima volta. -
Non riuscii a trattenere una risata fragorosa, guadagnando un ulteriore sguardo sottecchi da Zayn. - Mh, per questa volta te lo concedo. - ribattei, imbarazzandomi ancora per i suoi occhi su di me.
Sentii la sua risata riecheggiare nel cellulare. Realizzai mi fosse mancata tantissimo, eppure risentendola sembrò come se non l’avessi mai cancellata dalla mia mente. - Piccola, ora devo scappare, ho da sistemare le ultime cose in valigia. Ti chiamo appena atterro a New York, promesso! -
- Certo, ci sentiamo più tardi -
- I love you, darling  - fece in inglese, per poi ridere.
Sorrisi. - I love you too Joseph! -
Attaccai ed infilai il cellulare in tasca, il moro si schiarì la voce. Ero consapevole che di tutto il discorso in italiano avesse capito solo il suo nome ed il ti voglio bene, sempre se l’aveva interpretato in quel modo.
- Chi era di bello? - domandò indifferente, quasi come convenevole.
Boccheggiai, non sapevo come spiegarglielo. - Uhm, un mio vecchio amico. - dissi semplicemente, incerta della sua reazione.
- Italiano? - Annuii, scrutandolo attentamente per trovare un minimo di gelosia nei suoi occhi. - Devi insegnarmi qualcosa della tua lingua, è interessante - aggiunse tranquillo, con indifferenza totale. Per poco non lasciai cadere la mascella dalla delusione. Non mi aspettavo una scenata, ma almeno un interessamento diverso. E invece il massimo dell’interessamento l’aveva rivolto alla mia lingua. Bene. Benissimo.
- Certo - sospirai, alzando le spalle. Mi rivolse un occhiolino, per poi sfilare il suo cellulare dalla tasca del giubbotto.
- Se vuoi la mia spalla è ancora disponibile, tanto manca poco alla fine del viaggio, abbiamo dormito un bel po’ prima. - Sorrise, per poi mordersi leggermente un labbro.
Dio, sei perfetto.
 Non me lo feci ripetere due volte; accettai annuendo e mi accoccolai a lui lasciandomi accogliere dal suo braccio, mandando a quel paese la timidezza. Se proprio mancava poco avrei goduto del viaggio per quanto mi sarebbe stato possibile.
 
Aprii gli occhi di getto, sentendo mancare il respiro. Ero reduce di un incubo, sicuramente, ma non realizzai subito di cosa trattasse. Ero ancora con la testa sul petto di Zayn col suo braccio che mi cingeva le spalle, ma questa volta lui dormiva ancora. Sorrisi alla meraviglia del suo volto addormentato dimenticandomi dello strano effetto che aveva avuto su di me quel sogno, e appurai fosse decisamente più angelico di quand’era sveglio.
Rivolsi un’occhiata veloce al resto dei ragazzi, erano tutti impegnati a fare qualcosa, non ci avevano proprio notati.
Mi sporsi verso il suo viso e gli lasciai un bacio sulla guancia, vicino all’angolo della bocca, approfittando del suo stato di incoscienza.
Aggrottò la fronte e aprì piano gli occhi, per poi sbattere varie volte le palpebre. Infine, mi sorrise. Sembrava un bambino.
- Ehi - lo salutai, ricambiando il sorriso.
- Ehi - ripeté con la voce impastata dal sonno, per poi ridere - come hai fatto a svegliarti per prima? - si finse imbronciato, facendo ridere anche me.
- Ho avuto un incubo - gli spiegai, rabbuiandomi a causa del senso di ansia di poco prima che tornò a pesarmi sullo stomaco. - Non riesco neanche a ricordare cos’era, so solo che ero... spaventata. - aggrottai la fronte concentrandomi sul sogno, ma proprio non riuscivo a ricordare nulla.
- Mi dispiace - sussurrò, distendendo lentamente la mia fronte con le dita. Sorrisi in risposta. - Era solo un incubo, ora è tutto finito. - mi rassicurò, iniziando a giocare con i miei capelli; amavo quella situazione. Per quanto fossi in imbarazzo, tra le sue braccia mi sentivo protetta, al sicuro. Io giocavo con un bottone del suo giubbotto, e preferivo guardare le mie dita che i suoi occhi. - Io invece ho dormito benissimo - aggiunse dopo un po’. - Sai perché? - Rialzai lo sguardo, deglutendo, poi scossi la testa. - Sei tu a farmi stare bene. - sussurrò, trapassandomi l’anima con quegli occhi scuri.
Il battito del mio cuore raggiunse un ritmo più che frenetico. Non ebbi il coraggio di rispondere, mi limitai a sorridere leggermente. Era la cosa più dolce che mi avesse mai detto un ragazzo. Era la cosa più dolce che mi avesse mai detto lui.
- E penso di essere innamorato delle tue lentiggini. - fece serio, mordendosi un labbro per non ridere.
Lo colpii con la mano libera, gemette appena. - Io le odio. - ammisi arricciando il naso. Poi mi coprii le guance con una mano - al contatto le sentii scottare, maledicendomi - ma lui la allontanò subito, per poi infilare le sue dita tra le mie.
Contatti improvvisi del cavolo. Respira, respira, respira.
- Non dovresti, sono… dolci - sorrise imbarazzato - come te. - sussurrò piano quelle due parole, con non so quanta tenerezza.  Gli sorrisi anch’io, immobile, col fiato corto e il cuore a cento all’ora. Apprezzai il fatto che non avesse provato ad andare oltre, come spesso era successo. Forse aveva capito che insistere non serviva a niente.
Mai come allora avrei voluto avere la stessa scioltezza nel rispondergli qualcosa di carino di quando gli urlavo qualcosa contro. Perché mi era così complicato?
Optai per un bacio sulla guancia. Mi sporsi, gliene lasciai uno rapido e tornai al mio posto con lo sguardo fisso al suo petto.
Lo sentii ridacchiare. Alzai lo sguardo solo per rivolgergli un’occhiataccia, ma non riuscii a trattenere neanch’io una risata.
- Dovresti apprezzarlo. - dissi inarcando un sopracciglio.
- Lo apprezzo infatti. Anzi, lo adoro. - Prima che potessi ribattere, le sue labbra premettero contro la mia fronte. Sorrisi come un’ebete, non curando delle guance costantemente arrossate. Ormai ci avevamo fatto entrambi l’abitudine.
Uno squillo del cellulare di Zayn lo avvisò di un messaggio, forse. Fu costretto a lasciare la mia mano per sfilarselo dalla tasca.
- Liam? - domandò ad alta voce, visualizzando il messaggio. Poi, ridendo, girò lo schermo verso di me.
“Atterriamo tra poco, - diceva - spero di non avervi disturbato. P.S. vi guardano tutti :D xx”
Sgranai gli occhi e mi girai verso gli altri, trovando effettivamente tutti i loro occhi puntati su di noi, mentre le loro labbra erano curve in sorrisoni ebeti. 
Sbuffai e levai malamente il braccio di Zayn da me, tornando a sedermi normalmente. Sentendolo ridere silenziosamente mi voltai verso di lui rivolgendogli un’occhiata infuocata e gli diedi un colpo sul fianco. - Tu lo sapevi! - dissi isterica a bassa voce. Alzò le spalle ridendo ancora.
Lo colpii di nuovo. - Tu lo sapevi e non mi hai detto niente! - sbottai poi, a tono normale. - Ho sbagliato a darti fiducia, sei solo un egocentrico del cavolo, ti odio troppo Mal… -
- Sssh! - mi tappò la bocca con una mano, con l’altra avvicinò il mio viso al suo attraverso la mia nuca e mi baciò a lungo la guancia, provocando degli “uuh” e delle risate dei ragazzi. - Penso di preferirti mentre dormi. - appurò sorridendo sulla destra.
Provai ad allontanarlo da me con le mani, inutilmente, quindi mi arresi e gli morsi un dito. - Cazzo - imprecò ritraendo la mano e massaggiandosela. - devo chiamarti leoncino. - fece poi ridendo.
Mi sistemai i capelli e mi allontanai leggermente da lui, incrociando le braccia, senza neanche degnarlo di uno sguardo.
- Non dirmi che ti sei arrabbiata davvero! - esclamò accarezzandomi la schiena con una mano.
Mi girai a guardarlo e scostai la sua mano da me, incavolata. Alzai lo sguardo ai suoi occhi, ritrovando il suo viso in un’espressione infantile, con tanto di labbro sporto. Risi. - Vaffanculo, idiota! -



no, ok, odiatemi pure.
è un capitolo pallosissimo e lunghissimo, ma non riuscivo a stopparlo prima, non so per quale motivo. #wtf
anyway.
domani esce take me home. cristo, non posso farcela gkjfnkhssdkfg piangerò.
sì, sto parlando di altro perché so che questa ff sta letteralmente andando a prostitute. non so come farla riprendere, credetemi. ci provo, ci rifletto a lungo, le idee sostanzialmente sono carine ma nella realizzazione perdo tutta l'ispirazione e l'entusiasmo, quindi escono sormoni noiosi del genere. perdonatemi.
bene. solo quattro recensioni all'ultimo capitolo.
mi sento come se non avessi più neanche una ragione di vita (?). ho reso il concetto? 
uso questa storia per sfogarmi, scrivo, posto, aspetto che leggiate, non recensite perché magari vi scocciate o non vi piace più la storia, e io ci rimango male perché nonostante sia consapevolissima di quanto sia diventata monotona, vorrei la apprezziaste solo per essere soddisfatta di me in qualcosa. e invece no, evidentemente qualcuno lassù mi odia davvero. :O
MA PAZIENZA.
spero apprezzerete lo sforzo di questo capitolo. 
ci ho provato. ricordatelo, ci ho provato.
comunque ringrazio le quattro recensitrici, con tutto il cuore.
il numero dei seguaci (vale dirlo anche qui oltre che su twittah?) di questa storia è aumentato. mi ha fatto sorridere notarlo gfknashkdg.
e vabbé, basta. non continuo sto sermone con cose inutili.
ah, sappiate che i jonas brothers adesso sono in puglia, e io a casa mia, in provincia di caserta. O ESTREMO NORD, O ESTREMO SUD. NON NE AZZECCANO UNA OH HAHAHAAHAHAH sto per andare a suicidarmi. 

ok, io vado che mamma orsa (alias la mia tanto amata madre) sfracassa i cosiddetti coglioni.
MI ERA MANCATO DIRE COGLIONI GURLZ, VE LO GIURO.
anyway, io scappo seriamente se non voglio una sediata dietro i reni.
pace e amore,
rose. xx

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Capitolo 23
*** You want war, I'll give you war. ***


Chapter twentythree: You want war, I’ll give you war.
 
Zayn mi cinse i fianchi con un braccio, e mi ritrovai a stringere il suo maglioncino in una mano -mentre l’altra l’avevo lasciata lungo il mio fianco- appoggiando la mia testa sul suo petto. Numerosi brividi pervasero il mio corpo, non ero convinta fossero tutti causati dal freddo pungente che ci aveva appena investito.
Mi posò un bacio all’altezza della tempia per qualche secondo; sorrisi sinceramente, con le farfalle che volavano libere nel mio stomaco e il suo profumo che insistente mi inebriava a tal punto da farmi quasi girare la testa dall’emozione. Le sue labbra sorrisero contro la mia pelle, forse in risposta al fatto che trovai il coraggio di avvolgere il mio braccio attorno al suo fianco, ricambiando finalmente l’abbraccio.
- Che ne pensi? - mi domandò in un sussurro, alludendo al paesaggio che ci eravamo trovati davanti appena scesi dal jet.
- Sono senza parole. - risposi, non riuscendo a staccare gli occhi dall’enorme distesa di neve posata su tutta New York. Dal tetto del grattacielo sul quale eravamo atterrati riuscivo persino a notare la Statua della libertà in lontananza, anch’essa abbastanza innevata.
Era la prima volta che i miei occhi potevano guardare una meraviglia del genere; nel sud Italia era a dir poco impossibile veder nevicare. Da bambina, ogni sera del ventiquattro dicembre mi attaccavo col naso al vetro freddo della finestra della cucina di casa mia, con le dita incrociate, sperando di vedere improvvisamente dei fiocchi bianchi scendere leggeri dal cielo e posarsi sull’asfalto delle strade semideserte del periodo natalizio, ma ogni Natale era una delusione da aggiungere all’elenco. La stessa cosa era accaduta l’anno precedente, quando arrivai a Londra insieme alle mie migliori amiche: ancor prima che potessi iniziare a sperare di scoprire la neve, dagli inizi di ottobre tutti i telegiornali avevano già spezzato le mie ali avvertendo che quello sarebbe stato il primo inverno a Londra senza neve. Arrivai a domandarmi se fosse stata tutta colpa del mio arrivo.
Infine, proprio per lasciarmi credere che Dio mi odiasse, durante il recente week end trascorso a Parigi con Marty aveva piovuto talmente tanto da far sciogliere ogni residuo di neve giusto poco prima del nostro arrivo.
Tutte le sciocchezze simili accadutemi in diciassette anni di vita mi avevano portata a smettere di sognare, ad essere sempre realista e avere i piedi per terra, per quanto potessi. Riposi il mio naturale spirito sognatore nel più profondo recesso della mia mente, e forse era per questo che ai miei occhi mi vedevo sempre così noiosa, spenta, vuota. Non ero interessante, almeno non quanto lo erano le quattro ragazze che erano sempre al mio fianco: costantemente con un sorriso sulle labbra, radiose, piene di buon umore. Mi sentivo la pecora nera.
- E’ bellissimo. - sussurrò, interrompendo i miei pensieri. Alzai il volto verso il suo viso, lui rivolse il suo sguardo verso il mio abbassando la testa. Mi regalò un sorriso sghembo, forse imbarazzato, ma sicuramente dolce e luminoso. Realizzai di avere ancora gli occhi lucidi per le riflessioni di poco prima, così le spinsi indietro sbattendo ripetutamente le palpebre.
Guardando il suo viso il pensiero che forse era stato il destino a volere che quel ragazzo e la mia prima vista di un paesaggio innevato -uno dei miei sogni più grandi della mia infanzia- fossero collegati.
Qualcuno si schiarì la voce, quindi mi staccai dall’abbraccio con Zayn, per poi guardarmi alle spalle e ritrovarci Alex e Liam, costantemente appiccicati e troppo sorridenti per i miei gusti.
- V-vado a... prendere la valigia con le altre. - balbettai oscillando varie volte lo sguardo tra loro e Narciso, per poi scappare via frettolosamente e raggiungere le ragazze che sentivo ridere e chiacchierare dall’altra parte dell’aereo, ormai non più in moto, insieme al resto dei ragazzi.
- Ehi! - le salutai con un sorriso ampio, lasciandole interdette.
- Ehi - sussurrarono Taty e Marty all’unisono, entrambe confuse.
Frenk alzò un sopracciglio, poi sorrise. - Prima di partire non ci odiavi? -
- New York potrebbe avermi fatto cambiare idea - annunciai tutta entusiasta, per poi fiondarmi tra le braccia della mia mora. Mi strinse forte a se, inondandomi del calore di cui avevo bisogno in quel momento. I suoi abbracci erano stupendi. - Sai che ti amo di bene, Frenk? -
La sentii ridere e rafforzare la stretta. - Cos’è tutto questo affetto? -
- Bellezze, sono geloso - annunciò Louis, che vidi comparire con la sua valigia tra le mani fingendosi imbronciato. Ci separammo dall’abbraccio; Frenk gli sorrise ed io provai a ribattere, ma prima che potessi farlo continuò. - voglio anch’io un abbraccio da te! - mi disse, sporgendo il labbro. Frenk lo colpì sulla spalla, facendolo gemere. Io mi limitai a ridere imbarazzata e scuotere la testa. - Lo voglio davvero, eh - aggiunse serio, con un’alzata di spalle. Mi scambiai uno sguardo con Frenk come per chiederle il permesso, e vedendola annuire mi lasciai stringere dalle sue braccia.
- Bacio di giuda o...? -
Rise. - Veramente volevo vedere se eri arrabbiata perché avevo preso in giro te e Zayn tutto il tempo in aereo. - rispose.
Sciolsi l’abbraccio e spalancai la bocca, trattenendo un sorriso. - Non me l’aspettavo Tomlinson, davvero! - dissi, per poi ridere. - Comunque non sono una che tiene il broncio a lungo... -
- Certo - borbottò Marty avvicinandosi con la sua valigia, e Niall al suo fianco - non ci parli da ventiquattr’ore solo per aver organizzato questo viaggio! -
Le rivolsi un’occhiataccia, mentre i ragazzi si scambiavano degli sguardi confusi. Mimò un “ops”, per poi mordersi un labbro.
- Non volevi venire? - domandò Harry senza peli sulla lingua, spuntando con Taty per mano dalle spalle del biondo e la ragazza.
- Certo che volevo - mi difesi, aggrottando le sopracciglia in cerca di una scusa. - dovevo solo rendermene conto, ci ho messo un po’. - scrollai le spalle e sorrisi imbarazzata, guardando i ragazzi sorridermi educatamente; sperai di non averli offesi. C’era ancora un certo imbarazzo tra me e loro, nulla avrebbe smosso la situazione. Magari solo la convivenza che ci aspettava, e a cui non volevo neanche lontanamente pensare.
- Un po’ tanto - commentò Alex ridendo, che si aggiunse al gruppo, immaginai con Liam.
In un secondo sentii due mani posarsi sui miei fianchi ed il mento di qualcuno posarsi sulla mia spalla. In automatico, appoggiai le mie mani su quelle che mi tenevano i fianchi, quasi spaventata. Louis mi sorrise malizioso, e mentre qualcuno ridacchiò qualcun’altro si schiarì la voce indifferente.
- L’importante è che l’abbia fatto, e che sia qui. - sentii dire dalla voce ormai familiare di Zayn, che mi invase di brividi. Mi strinse in un abbraccio alle spalle; ci guardavano tutti, come al solito. Arrossii inevitabilmente e tirai le mani di Zayn via da me. Lo sentii sospirare innervosito, ma non trovai, né cercai, il coraggio di girarmi a guardarlo.
Tutte quelle moine -tra l’altro in pubblico- mi imbarazzavano.
- La mia assenza non avrebbe comunque fatto alcuna differenza - dissi, riprendendo un colorito normale mentre con la coda dell’occhio lo vedevo affiancarmi.
- Per me sì. - ribatté, continuando con quei giochetti che tanto odiavo. Spostò i miei capelli sulla spalla destra e si sporse di nuovo velocemente verso di me fino a baciarmi la guancia sinistra, senza che potessi evitarlo. Rabbrividii, sia dal freddo che per il contatto di poco prima delle sue dita sopra il mio collo.
Trovai finalmente la forza di voltarmi. - Vorresti smetterla? - sbottai infastidita e acida, a bassa voce; era da un po’ che non gli parlavo in quei toni.
- Sapevo che era troppo bello per essere vero - ribatté inarcando un sopracciglio e stampandosi un sorrisino irritante sulle labbra. - sei sempre la solita acida. - Sentii la rabbia nascermi dallo stomaco e arrivarmi alle mani, avrei voluto prenderlo a schiaffi.
- E io sapevo che non potevi starmi affianco cinque minuti di fila senza farmi venire voglia di pestarti a sangue. - Sentii di nuovo qualcuno schiarirsi la voce mentre assistevano al nostro scambio di frecciatine.
- Eppure durante il viaggio non hai avuto problemi a stare fra le mie braccia. - disse poi tranquillo, mettendomi in imbarazzo davanti a tutti. Mi lasciò senza parole, costringendomi a boccheggiare. Sentii solo stringersi un nodo in gola e gli occhi pizzicare. Odiavo che mi mettesse in quelle situazioni.
- Ragazzi, smettetela.. - provò Alex, probabilmente capendomi al volo.
- O sbaglio? - insistette ancora il moro ignorandola, e alzò un sopracciglio sorridendo appena, amaramente. I suoi occhi scuri mi bruciarono il viso come una lama fredda e affilata passata sulla pelle. Deglutii lentamente e abbassando lo sguardo nascosi il viso con i capelli, mentre le labbra iniziavano a tremarmi. Mi odiai per quella reazione infantile e sperai che nessuno l’avesse notata.
- Uhm, ok, che cosa ne dite di andare subito a casa? - balbettò Liam, spostando appositamente -forse- l’attenzione su di se. - sta iniziando a fare davvero freddo. - Lo ringraziai mentalmente mentre li sentivo iniziare una discussione diversa, ma non sollevai lo sguardo da terra. Aspettavo che la lucidità dei miei occhi si decidesse a scomparire.
Notai il moro avvicinarsi di nuovo a me, mi accarezzò un braccio con la mano per richiamare il mio sguardo a lui ma alzai semplicemente il viso evitando i suoi occhi e mi allontanai da lui di qualche passo affiancando Liam, che portò una mano dietro la mia schiena e me la sfregò con dolcezza, avendo intuito il mio stato d’animo, come sempre.
Mi ritrovai quindi a pensare di non poter fare a meno della sua presenza al mio fianco, soprattutto in quei giorni.
 
Da quando avevo lasciato il suolo inglese non smettevo di sorprendermi, per tante ragioni.
Mi ero sorpresa principalmente dell’atteggiamento di Zayn durante il viaggio, il suo essere dolce, romantico, il suo dirmi cose tenere. Mi sorpresi del suo saper dire tante belle parole ad una ragazza, peccato che a livello pratico aveva sbagliato tutto, almeno con me. Mi sorpresi del fatto che ero riuscita a cambiare idea tre volte in cinque minuti su quella vacanza; ero partita senza alcuna voglia di trascorrere quei giorni con loro, poi avevo cambiato idea grazie a quel narcisista, infantile e egocentrico che si era dimostrato tanto gentile, poi l’avevo cambiata ancora dopo essermi stupita per l’ennesima volta -appunto- del suo cambiamento nei miei confronti, e infine l’avevo cambiata di nuovo avendo capito che uno come lui non avrebbe dovuto rovinarmi una vacanza con dei miei amici. D’altronde c’erano altre otto persone con noi, potevo semplicemente ignorarlo.
Dal punto di vista pratico risultò abbastanza più difficile.
Dopo essermi sorpresa anche per l’imponenza di quello che Harry aveva definito semplicemente un villino dei suoi zii, Zayn era riuscito ancora una volta a farmi innervosire più del dovuto; quale stanza poteva occupare insieme a Louis e Liam se non quella di fronte alla mia e di Marty? Mi limitai semplicemente ad uno sbuffo, senza rispondere alla sua provocazione.
- Non c’è niente che puoi fare, piccola - aveva detto, facendomi tremare di rabbia; si era avvicinato pericolosamente, in quei modi che odiavo, spostandomi i capelli dietro l’orecchio per mettermi a disagio. - dovrai sopportarmi fino a quando ripartiremo. - aveva aggiunto poi con un sussurro, davvero vicino alle mie labbra, prima che lo spingessi via con una mano sul petto e gli sbattessi la porta in faccia. Appunto, sopportazione era il termine adatto per esprimere di cosa avrei vissuto per tutti quei giorni, che si prospettavano come lenti ed infiniti.
Ci sistemammo al meglio nelle varie camere, poste al piano superiore della villetta, e dopo un rapido giro turistico per la casa ci riunimmo tutti nel salotto, proprio come facevamo in Inghilterra, con l’unica differenza che l’arredamento tutt’altro che rustico ma principalmente lussuoso di quella casa incuteva una certa freddezza con tutto il mobilio in colori chiari e principalmente in marmi bianchi; grandi colonne erano sparse in tutto il piano inferiore, donando un’aria principesca e vagamente romantica, solo perché ricordavano i castelli dei film di Barbie, ed uno splendido pianoforte bianco a coda della Baldwin era posto subito di fronte uno dei due grandi finestroni del salotto, da cui si poteva vedere parte del cortile e un panorama innevato mozzafiato. Non riuscivo a levare gli occhi da dosso quel pianoforte; mi ricordava troppo quello usato nella maggior parte dei concerti dei Jonas Brothers dall’inizio della loro carriera. Vederlo la prima volta senza preavviso mi aveva fatto perdere un battito.
Nonostante tutto riuscimmo ad ambientarci in poco tempo, iniziando a chiacchierare di ciò che avevano in programma per quella vacanza e di come avremmo dovuto dividere i compiti in casa.
 
 
- Che amiche siete?! - urlai incavolata, per poi sospirare a denti stretti. - Vi ricordo che se siete le ragazze dei vostri idoli è anche merito mio - gli rinfacciai spudoratamente, subito dopo aver chiuso la chiamata con Joe.
- Forse era destino... - fece Frenk tranquilla, mangiando una patatina dal suo pacchetto. Mi limitai a trafiggerla con lo sguardo, lei rispose sorridendo angelica, stravaccata sul suo letto.
- Dio, vi costa tanto? - passai al tono implorante. - Dovete solo accompagnarmi da lui all’aeroporto, gli avevo promesso che sarei stata lì tra circa mezz’ora! Non ci vorrà molto, solo il tempo di salutarlo e... -  
Alex mi interruppe con uno sbuffo pesante, per poi posizionarsi di fronte a me. - Ci sono nove esseri viventi in questa casa oltre a te, dieci se conti il gatto - mi prese per le spalle fissandomi bene negli occhi per chiarire il concetto - possibile che se diciamo noi di no noi quattro non puoi chiedere a nessun altro? -
- Con i ragazzi non ho confidenza, se è quello che intendi - mi scrollai malamente la sua presa da dosso.
- Manco Zayn? - ribatté.
- Neanche morta! - incrociai le braccia e mi andai ad appoggiare con la schiena al muro, affianco alla scrivania dietro cui era seduta Marty. - Perché dovete sempre associarmi a lui? Non vi sopporto più, davvero! Cercate di capire che tra me e lui.. -
- Harry? - propose Taty interrompendomi e sospirando.
- E’ l’ultimo a cui chiederei, con lui sono particolarmente... a disagio. - Sospirai anch’io. - Seriamente, cosa vi costa? -
Marty sbuffò in risposta, per poi illuminarsi. - Liam, giusto! - esclamò - siete una cosa sola ormai, non devi avere vergogna con lui. E poi Payne accetta qualsiasi cosa se gliela chiediamo noi, sai com’è fatto - mi rivolse un sorrisone, si alzò dalla scrivania e spalancò la porta della camera che dividevamo, invitandomi ad uscire con lo sguardo.
- Tu adesso vai in camera sua e glielo chiedi, lui dirà di sì, raggiungerete l’aeroporto, incontrerai il tuo Giuseppe stile C’è posta per te e vivrete per sempre felici e contenti.- Vedendomi sbuffare ed incrociare le braccia, decisa a non muovermi, mi spinse fuori in corridoio e non mi diede neanche il tempo di ribattere. Fece un sospiro di sopportazione e tornò in camera, chiudendosi la porta alle spalle, lasciandomi da sola in corridoio. L’unica cosa che mi rimaneva da fare era bussare.
- Liam? - domandai, dopo aver picchiettato leggermente la porta. - sono Rose -
- Entra pure, bambolina! - urlò, facendomi sorridere inebetita. Ogni volta la sua dolcezza mi irradiava di buon umore.
- Devo chiederti un favore di vital... - dissi entrando, per poi bloccarmi con ancora la mano sulla maniglia. Zayn era sdraiato su uno dei tre letti, quello più vicino al muro e subito di fronte l’ingresso, e stava ascoltando della musica dal cellulare con gli auricolari, mentre sembrava scarabocchiare su un blocco da disegno che aveva poggiato contro il ginocchio con un pennarello. Alzò gli occhi dal foglio e quando si accorse di me sfilò entrambi gli auricolari dalle orecchie, riponendo con fretta il blocco sul letto al suo fianco, capovolto. Mi guardò per qualche secondo negli occhi, poi si morse un labbro; mi sembrò in imbarazzo, forse quanto me. Distolsi lo sguardo da lui e lo posai su Liam, fingendo indifferenza, ma i suoi occhi non mi avevano lasciata completamente indifferente. Non parlavamo dall’ultima litigata, ero riuscita ad evitarlo fino a quell’ora del pomeriggio in un modo o nell’altro, e adesso me l’ero trovato di fronte per una mia mancanza.
- ... di vitale importanza. - continuai poi, e mi schiarii la voce. Liam intanto mi guardava sorridente come suo solito.
- Tutto quello che vuoi - Mi fece l’occhiolino e infilò parte delle mani nelle tasche strette dei suoi jeans scuri attillati; per la prima volta pensai a quanto fosse bello effettivamente, e convenni che Alex era davvero fortunata a piacergli così tanto, aveva trovato un ragazzo... perfetto.
- Dovrei andare all’aeroporto - confessai, iniziando a giocare con le dita. Vidi Zayn con la coda dell’occhio alzare nuovamente gli occhi e posarli su di me, quindi iniziai ad innervosirmi. - ho promesso ad un mio vecchio amico che l’avrei incontrato lì tra mezz’ora, appena scenderà dal suo aereo. Non lo vedo da due anni, ho proprio bisogno di abbracciarlo - gli spiegai - per caso puoi accompagnarmi? - Presi un respiro profondo e portai le mani dietro la schiena, incrociando le dita: Liam era la mia unica opportunità.
- Certo, non c’è problema - accettò gentile facendo spallucce. - sono pronto anche adesso. - mi sorrise come suo solito.
Battei le mani ricambiando a pieno il sorriso. - Dio, grazie mille! - Istintivamente mi venne di abbracciarlo, così mi fiondai tra le sue braccia, che mi accolsero subito insieme ad una sua risata addolcita e un leggero “di nulla”. Mi allontanai dopo qualche secondo realizzando lentamente cosa avessi appena fatto e sentii le guance infuocarsi poco a poco.
Sgranai gli occhi desiderando di non averlo abbracciato con così troppa enfasi e così poco preavviso; il cuore raddoppiò i battiti sotto i loro due sguardi e rivolsi il mio sguardo imbarazzato a Liam, che si limitò a ridere ancora, seguito dal moro steso sul letto.
- Ehm, credo di dover andare a... a cambiarmi - balbettai, poi deglutii indietreggiando fino alla porta. Sorrisi a Liam, guardai Zayn inespressiva, mentre sul suo volto era dipinto quel sorriso irritante e intenerito che mi faceva sentire piccola come una briciola e infantile come una bambina; scomparvi frettolosamente dalla loro camera imprecando tra me e me in tutte le lingue.
Sussurrai un vaffanculo in italiano dando un pugno leggero al muro appena chiusi la loro porta, per poi accarezzarmi le nocche e imprecare di nuovo nella mia lingua, stavolta dal dolore.
Guardai l’orario dal cellulare, scoprendo che erano le cinque e mezza, mentre l’aereo di Joe sarebbe atterrato entro le sei e un quarto. Sbuffai; non c’era neanche una volta in cui non fossi in ritardo. Voltai le spalle e posai la mano sulla maniglia della porta della mia camera, ma prima che potessi aprirla quella da cui ero precedente uscita si spalancò di nuovo.
Mi girai, ritrovandomi ancora Liam di fronte. Il mio cuore riprese a battere forte, ancora provato dalla brutta figura che avevo fatto poco prima. - Uhm, Rose... per caso ti da fastidio se viene anche Zayn? -
Aprii la bocca per ribattere, ma poi la richiusi con una smorfia e sospirai. - Perché dovrebbe venire? -
- Farei da terzo incomodo senza qualcun’altro con me, solo per questo. Sono stato io a chiederglielo. - Distolse lo sguardo dai miei occhi giocando con un lembo della sua camicia. Mentiva.
- Sicuro? - alzai un sopracciglio, lui tornò a guardarmi esitante, poi annuì.
Non gli credevo, ma ero in ritardo e l’unico modo per troncare la discussione era dirgli di sì. - Non vedo perché non dovrebbe... - cedetti poi, sospirando. Se quello che Zayn voleva era rovinarmi l’incontro con Joe, non gliel’avrei permesso. - vado a dirgli una cosa. - lo avvisai, per poi scansarlo riacquistando lentamente sicurezza e spalancare quasi violentemente la porta, facendola sbattere appena contro il muro. Il moro -che aveva ripreso a scrivere su quel foglio- sobbalzò leggermente ed incrociò il mio sguardo. Ripose di nuovo il blocco al suo fianco.
- Se devi venire anche tu fai presto a prepararti - feci con voce dura - non voglio fare tardi per colpa tua, Malik. -
Gli rivolsi un’occhiataccia, lui si limitò a rivolgermi un sorriso sghembo irritante che non fece altro che aumentare il mio nervosismo.
Vuoi la guerra Malik? E guerra sia.
 
Zayn’s pov
Per la seconda volta mi affrettai a nascondere il mio blocco da disegno dai suoi occhi, non volevo scoprisse che mi piacesse disegnare: conoscendo la sua curiosità magari avrebbe potuto cercare di scoprire i miei soggetti, ed era l’ultima cosa che volevo.
Ciò nonostante finsi indifferenza, aspettando che facesse quello per cui era rientrata in stanza.
- Se devi venire anche tu fai presto a prepararti - disse poi, tenendo testa al mio sguardo - non voglio fare tardi per colpa tua, Malik. -
Non riuscii a trattenere un sorriso davanti il velo di dolcezza onnipresente sul suo viso, anche quando provava a fare la dura o, come in quel caso, cercava di trafiggermi con lo sguardo.
Con un alzata di sopracciglio girò le spalle e uscì dalla stanza.
Mi morsi un labbro e lasciai cadere la testa sul cuscino, sospirando.
Dio, era così strana: poco prima era scappata via da quella stanza rossa in viso dall’imbarazzo per aver abbracciato Liam di getto, adesso invece aveva addirittura sbattuto la porta ed era quasi riuscita a sovrastarmi con uno sguardo carico d’astio.
Non la comprendevo, forse per questo Rose mi... stimolava. Creava una strana sensazione in me ogni volta che parlava, rideva, si imbarazzava, si arrabbiava o semplicemente stava in silenzio, chiudendosi nella sua solitudine. Avevo voglia di scoprirla, analizzarla, capire il perché della sua personalità. Catturava il mio interesse in ogni circostanza e atteggiamento, magari era quello ad attrarmi: la sua personalità, quello che aveva dentro.
Effettivamente non era solo quello che mi attraeva di lei. I suoi occhi scuri erano così pieni di sentimenti, spesse volte contrastanti, così profondi e misteriosi, che erano come una calamita per i miei. Sentivo sempre il bisogno di guardarli, di incrociare il suo sguardo, forse solo per la sensazione che mi provocavano. A volte mi sentivo appagato, altre mi caricavano di adrenalina -che poi sfogavo con felicità o nella maggior parte dei casi rabbia-, e in tutti i casi questi accendevano qualcosa in me, mi facevano sentire vivo.
Il rossore della sua bocca, invece, mi faceva impazzire, sia a livello fisico che psicologico. Sentivo l’istinto di baciarla in ogni istante, anche in quelli meno opportuni. Le torturava mordendole miliardi di volte al giorno, me n’ero accorto dopo una lunga osservazione; era diventata un’abitudine, quasi, che i suoi denti le lambissero in ogni occasione, e sicuramente era un atteggiamento dettato dalla sua insicurezza, dal suo nervosismo, dalla sua timidezza, come quando giocava costantemente con i suoi capelli. Il rossore della sua bocca esprimeva quel lato sofferente di se che riusciva a nascondere con così tanta semplicità, ma che a me non era sfuggito.
Era la prima persona che avevo speso così tanto tempo ad osservare, e la cui osservazione aveva dato frutti così profondi ma insoddisfacenti, e mi irritava non conoscere il perché di tutti gli aspetti che contraddistinguevano il suo carattere. Avevo così tante domande da porgli, ma poco coraggio per farlo. O semplicemente poco tempo, in quanto nove volte su dieci in cui eravamo vicini, da soli, litigavamo e non poteva esserci un discorso civile.
Sebbene sentissi il bisogno di conoscere Rose e i nostri battibecchi me lo impedissero, farla innervosire era appagante quasi quanto lo era il suo sguardo o il risultato dell’osservazione delle sue labbra. Quando era arrabbiata abbassava la guardia, lasciando emergere il suo lato aggressivo, pronto ad attaccare, nascondendo tuttavia la dolcezza che la caratterizzava in molte situazioni.
Sospirai, chiedendomi finalmente il perché delle mie innumerevoli attenzioni su quella ragazza, che dal primo incontro mi era sembrata una delle tante ragazze appetibili con cui attaccare bottone, magari baciare e poi scomparire il giorno dopo, ma si era rivelata uno scrigno di emozioni. Erano cambiate tante cose da quando l’avevo conosciuta un mese prima. Mi aveva letteralmente sconvolto la vita, i pensieri, i sentimenti. Ero diventato più fragile per colpa sua, o grazie a lei. Più... sensibile.
Il ricordo di una sua risata sincera riecheggiò nella mia mente, infilandosi a forza tra i miei pensieri, nonostante fossero già troppo affollati dalla sua presenza, e mi ritrovai improvvisamente a sorridere come un ebete, fissando il soffitto dal letto.
Malgrado mi fossi ripromesso di non permettere che la forte attrazione provata nei suoi confronti degenerasse, dovetti ammettere a me stesso di provare interesse anche in qualche altro piccolo einsignificante aspetto di quella ragazza.
In ogni caso, continuavo ad essere dell’idea di poter tenere la situazione sotto controllo.
Scossi la testa per scrollarmi quel sorriso inebetito dal volto e mi alzai con un gesto secco dal letto, decidendo di darmi una sistemata prima di uscire insieme a lei e Liam.
Non ti lascerò diventare importante, non ci riuscirai.




ma buonsalve!
fondamentalmente non ho tantissimo da dire, quindi potete pure iniziare a tirare un sospiro di sollievo. non vi romperò a lungo le palle. lol
se devo essere sincera, l'ultima parte di questo capitolo mi è piaciuta abbastanza. 
mi riferisco alle riflessioni di zayn... ho cercato di descrivere rose al meglio, nonostante lei debba rappresentare me al cento per cento. in questa ff ho fatto in modo che rose mi assomigliasse tanto, eppure quando devo dire cose positive di lei mi viene così difficile che mi ritrovo ad ingigantire stronzate che fanno parte di me. tipo le labbra rosse, è vero che ce le ho costantemente, ma non penso una persona sana di mente faccia tali riflessioni del genere su di me. in tal caso sarebbe da rinchiudere, penso.
anyway, ringrazio con tutto il cuore le recensitrici.
vi voglio bene.

un ringraziamento speciale alla mia scimmietta, dio solo sa quanto la amo e quanto mi sia d'aiuto con questa ff. ti amo piccolina mia.

grazie dell'ulteriore attenzione, spero di aggiornare al più presto. (:

rose. xx

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Capitolo 24
*** To give up is the only way. ***


Chapter twentyfour: To give up is the only way.
 
Zayn’s pov
Infilai il cappotto di pelle e scesi le scale mentre sentivo Liam urlare per l’ennesima volta di muovermi.
Sbuffai e sbottai un - Ho fatto! - entrando in salotto, da dove avevo sentito provenire la sua voce.
Vi trovai infatti Liam ad abbottonarsi il giubbino con l’aiuto di Alex -lui e le cerniere non erano mai andati d’accordo- e tutti gli altri sparsi in giro a parlottare, come sempre. - Grazie a Dio - borbottò fulminandomi con lo sguardo. - sai che Rose non vuole fare tardi - con un cenno della testa mi invitò a guardare alla mia sinistra.
Girando lo sguardo notai la mora di fronte uno specchio a muro intenta a mettere del rossetto rosso sulle labbra; era di spalle, ma potevo vederla dal riflesso con un’espressione concentrata sul viso. Sembrava non essersi neanche accorta che Liam avesse nominato il suo nome. Sentii letteralmente il cuore bloccarsi alla sua vista e rimasi a guardarla appoggiato allo stipite della porta come uno stupido, impotente davanti quello che mi provocava dentro. Le riflessioni che avevo fatto sulle sue labbra poco prima in camera non mi erano mai sembrate più vere.
Avanzai deciso verso di lei, fino ad arrivarle alle spalle. Sobbalzò appena e i nostri sguardi si incrociarono nel riflesso di fronte a noi; sorrise, lo feci anch’io.
Posai una mano sul suo fianco e con l’altra afferrai una sua mano, facendola voltare dolcemente verso di me.
Appoggiai la mia fronte alla sua, le presi il volto in una mano e mi avvicinai alle sue labbra con lentezza, fissandole. Queste sorrisero e non riuscii a trattenermi. Le catturai in un primo bacio veloce, e appena mi allontanai lei si avvicinò ancora alle mie. Schiusi leggermente le labbra intuendo il suo intento, lei ne approfittò per baciarmi il labbro inferiore e dopo un nostro sorriso lasciò incontrare le nostre lingue, mentre io ricambiavo a pieno il bacio.
Mi riscossi e battei più volte le palpebre, tornando alla realtà: ero ancora appoggiato con un fianco allo stipite, e lei era ancora intenta a truccare le sue labbra.
Sentivo lo stomaco aggrovigliato, il cuore battere fin troppo lento e il respiro leggermente affannato. Mi passai una mano sul viso e deglutii.
Improvvisamente si voltò -probabilmente aveva concluso la sua opera- tenendo lo sguardo ancora sul rossetto su cui stava infilando il tappino, poi lo alzò verso Liam e gli rivolse un sorriso angelico. Quando si accorse di me il sorriso si spense; rimanemmo a guardarci senza dire nulla, col battito accelerato del mio cuore che sembrava sovrastare ogni rumore. Deglutii per la seconda volta per cercare di buttare giù il nodo che avevo in gola, osservandola rapidamente da capo a piedi. Indossava un maglioncino rosa antico leggermente lungo che le arrivava a metà coscia, stretto in vita da una cintura nera come la sciarpa di lana che aveva al collo, e un leggings nero, con delle scarpe rosa abbinate al maglioncino. I suoi lunghi capelli scuri erano sciolti, liberi sulle sue spalle.
Era davvero bella. Avrei voluto dirglielo ma le parole mi morirono in gola quando avvisò Liam che ci avrebbe aspettato in taxi, rivolse un saluto generale ai ragazzi e lasciò il salotto passandomi affianco senza neanche degnarmi di uno sguardo.
Mi scambiai uno sguardo complice con Liam, scuotendo la testa divertito. Era ancora arrabbiata per le mie avance davanti i ragazzi, evidentemente. Adesso che avevo scoperto cosa la facesse innervosire potevo andare sul sicuro.
Salutai velocemente i ragazzi e le corsi dietro, raggiungendola all’ingresso. Prima che aprisse la porta afferrai con quanta più delicatezza a me possibile il suo polso e la feci voltare verso di me. Le sorrisi, e attirandola leggermente a me provai a baciarle la guancia, nonostante fossi ancora scosso per quello che avevo solo sognato immaginato. Appoggiò la sua mano libera sul mio fianco e mi spostò da lei sospirando -rifiutando quindi il bacio-, però il suo sorriso non mi sfuggì.
- Stai sorridendo! - esclamai come un bambino, puntandola con un dito.
Abbassò lo sguardo ridendo, poi lo riportò ai miei occhi. - Veramente ridevo della tua testardaggine - ribatté alzando un sopracciglio, mantenendo quel sorriso splendido sulle labbra.  - non hai intenzione di arrenderti, vero? -
- Mai. - risposi sicuro, avvicinandomi di nuovo a lei. Il suo sorriso scomparve lentamente ed indietreggiò, fino a toccare la porta d’ingresso e sussultare. Era imbarazzata, e la cosa mi faceva impazzire. Le presi una mano accarezzandola lentamente con le dita, mentre i suoi occhi fissi nei miei mi innervosivano sempre più; fortunatamente ero bravo a nasconderlo. - Comunque oggi sei davvero... - Mi interruppi, mordendomi un labbro. Non è così difficile pensai, mentre iniziavo a respirare in modo affannato vista la nostra vicinanza. - ... s-stai molto bene. - mi arresi poi, serrando la mascella. Bella, Cristo santo, bella! Non ci voleva tanto.
Abbassò lo sguardo allontanandomi di nuovo da lei con una leggera pressione sul mio petto, senza però rispondere a quello che avrebbe dovuto essere un mio complimento.
- Penso sia abbastanza tardi. - disse infastidita, voltandosi e aprendo la porta.
Provò ad uscire ma riuscii a mettermi di fronte a lei rapidamente, e le impedii il passaggio appoggiando una mano sopra lo stipite. Le sorrisi ancora senza che ricambiasse, mentre un vento gelido colpì in pieno prima me e poi lei facendo rabbrividire entrambi. Alzò lo sguardo al cielo sospirando. - Mi spieghi per quale motivo hai deciso di venire? Liam avrebbe potuto benissimo stare da solo,  non ha bisogno della guardia del corpo! - sbottò acida, cercando di scansarmi. Risi, tra me e me, e non mi mossi da lì.
- Volevo prendere un po’ d’aria - mentii indifferente. In effetti avevo proprio voglia di conoscere questo tipo, giusto per sapere chi avrei dovuto uccidere se le avesse messo una mano addosso.
- Capisco - disse alzando un sopracciglio, poco convinta - adesso possiamo andare? - Passò sotto il mio braccio, scappando fuori di casa. Socchiusi la porta d’ingresso, tanto sapevo che sarebbe uscito Liam da lì a poco, e prima che scendesse le scale afferrai per la seconda volta il suo polso. Quando si voltò, pronta ad incenerirmi con lo sguardo, l’attirai a me, facendo scontrare i nostri petti. I suoi occhi adesso intimiditi guardavano i miei da qualche centimetro, sentivo il suo respiro sul mio volto. Le posai entrambe le mani dietro la schiena e stavolta riuscii a darle un bacio sulla guancia, mantenendo il contatto per qualche secondo. Come immaginavo si allontanò di getto da me aiutandosi con una spinta sul mio petto, e mi rivolse uno sguardo carico d’astio. Sbuffando voltò le spalle e scese velocemente le scale per raggiungere il cancelletto d’uscita. Fui più rapido di lei e mi piazzai per la seconda volta esattamente di fronte alla mora per impedirle di uscire, provocando un suo sbuffo abbastanza spazientito.
- Mi domando come mai la frase “Non voglio fare tardi per colpa tua” non ti sia arrivata fino in fondo. Se non vuoi finire castrato con un calcio nelle palle ti conviene allontanarti da me al più presto - mi intimò calma, ma con uno sguardo duro. Adoravo che qualsiasi sua espressione sprigionasse dolcezza, persino quelle più incavolate.
- Uuh - le feci il verso, mordendomi un labbro inferiore per trattenere a stento una risata. - la dolce e piccola Rose che ricorre alla violenza, non ti avevo mai immaginata così - ammisi, spostandole i capelli dietro un orecchio e accarezzandole una guancia, con lo sguardo fisso nel suo. - da arrabbiata sei sexy. - aggiunsi, convinto di imbarazzarla. Alzò gli occhi al cielo e -come immaginavo- in un paio di secondi le sue guance assunsero un colore più che roseo, ancora più delle altre volte.
- Zayn, te lo dico con le buone, mi stai innervosendo come mai in tutta la mia vita - Scostò con un gesto secco la mia mano dal suo viso, nel momento in cui la porta d’ingresso un paio di metri dietro le sue spalle si aprì.
Le sorrisi, riuscendo a farla arrabbiare ancora di più. Notai Liam spuntare dalla porta e sorridermi, mentre ci scambiavamo uno sguardo complice: ormai sapeva perfettamente quanto amassi metterla in imbarazzo alla prima occasione, quindi aveva immaginato lo stessi facendo anche in quel momento. - entra subito in quel taxi, idiota. - con un colpo di mento indicò un punto alle mie spalle. Risi piano di lei, come avrei potuto prendere seriamente quel visino da bambina? Non spaventava neanche una mosca.
- Prima dammi un bacio! - esclamai sporgendo il labbro inferiore e puntandomi una guancia.
- Non ci penso proprio, Malik - ribatté abbandonandosi finalmente ad una semplice e meravigliosa risata. Ne fui felice, anche se poi con lo sguardo basso si fece spazio spingendomi su un lato, e sgattaiolò via fino a quel taxi giallo -il cui autista immaginai avesse assistito a tutto il teatrino.
Non riuscii a spostare il mio sguardo da lei fin quando Liam, dandomi una pacca sulla spalla, mi riscosse. Mi resi conto di avere un sorriso idiota sulle labbra, quindi mi schiarii subito la gola e tornai serio.
- Sei completamente cotto di lei. - appurò con un sorrisino, scuotendo la testa e lasciando la mano sulla mia spalla.
- Non credo proprio, Liam - ribattei in fretta - e ora è meglio che saliamo in quel taxi prima che venga a decapitare entrambi. -
 

- Tesoro, te lo chiedo per favore, smettila di andare avanti e indietro! - sbottai sospirando, dopo buoni cinque minuti in cui Rose aveva continuato a ripetere i suoi passi nervosa, ininterrottamente. - Mi stai facendo venire un mal di testa incredibile - aggiunsi quando finalmente si fermò, guardandomi male.
Da quando eravamo arrivati all’aeroporto non aveva fatto altro che spostare i suoi occhi dal tabellone degli arrivi alla porta affianco il bancone con dietro l’hostess. Andava avanti e indietro torturandosi le mani, come se stesse aspettando l’arrivo della regina d’Inghilterra, mentre io e Liam aspettavamo seduti sulle sedie scomode nella enorme sala d’attesa.
Durante il viaggio in taxi, invece, i suoi occhi erano rimasti incollati sullo schermo del suo cellulare, dove fissava l’orologio del display, come se quei numeri potessero rallentare il loro ciclo solo con la forza del pensiero, mentre eravamo nel pieno delle trafficate strade americane.
Si era persino persa la meraviglia del paesaggio che scorreva lento fuori il finestrino; una New York innevata non era cosa da poco, non pensavo fosse da lei. L’avevo immaginata come una di quelle persone che amano i paesaggi, un po’ come me. Così sembrava, appena scesi dal jet quella mattina -e forse lo era- eppure in quel momento era troppo impegnata a pensare ad altro per godersi quello splendore; era troppo impegnata a pensare ad altro per fulminarmi a suo modo con uno sguardo quando per sbaglio le avevo sfiorato una coscia con la mano; era troppo impegnata a pensare ad altro per rispondere alle mie frecciatine mentre parlavo con Liam; era troppo impegnata a pensare ad altro per accorgersi del fatto che durante tutto il viaggio avevo fissato il suo viso e le sue labbra, con una voglia matta di baciarla e cambiare finalmente qualcosa tra noi.
Era troppo impegnata a pensare ad altro, mentre io pensavo a lei. E quell’altro sarebbe sceso da un aereo da lì a qualche secondo.
- Non chiamarmi tesoro - ribatté la mora, rivolgendomi uno sguardo rude. - te lo ripeto, avresti pure potuto fare a meno di venire con me e Liam, stai solo rompendo le palle. - disse schietta andandosi a sedere alla destra del mio migliore amico. Io, seduto invece alla sua sinistra, puntellai i gomiti sulle mie ginocchia congiungendo le mani.
- Non penso a te dispiaccia che sono qui - dissi, guardando però fisso di fronte a me. Con la coda dell’occhio le notai accavallare le gambe e sistemarsi i capelli indispettita. - di solito non ti dispiace quando ti sono attorno. -
- Invece non mi sfiora neanche, Malik. - ribatté, anche lei fingendo indifferenza, come se non stessimo discutendo noi due.
- A me risulta il contrario, piccola. - sottolineai con malizia.
- Strano - sospirò. - Ah, giusto, troppe canne fanno male. -
Mi sfuggì una piccola risata a causa della sua acidità, e mi trattenei dal voltarmi a guardarla. - Beh, anche troppo orgoglio fa male. Non hai semplicemente il coraggio di ammetterlo. -
- Ti ripeto che la tua presenza non mi cambia per niente la vita - insistette -  mi sei indifferente, e quello troppo narcisista per accettarlo sei tu. -
- Cavolo, basta! - esclamò Liam spazientito prima che potessi risponderle ancora a tono, passandosi una mano tra i capelli. Entrambi ci girammo a guardarlo, lui passò severo lo sguardo dai miei occhi a quelli di Rose. - riuscite a stare in pace per più di cinque minuti? - suonò più come una imposizione che una domanda. Automaticamente ci zittimmo entrambi, e gli occhi di Rose incontrarono i miei.
Inarcò un sopracciglio e girò il viso altrove.
Il suo cellulare iniziò a squillare, facendola sussultare. Lesse il mittente della chiamata e sorrise, portando il cellulare all’orecchio.
- Dove sei? - domandò semplicemente in inglese, guardandosi intorno attenta. Dopo aver ricevuto la risposta iniziò a vagare con lo sguardo alla sua sinistra, fino a che non lo posò su un ragazzo che la guardava sorridente con un cellulare all’orecchio e una valigia in mano, a una ventina di metri da noi.
Rose si alzò in piedi, sorridendo a trentadue denti. Il ragazzo iniziò a venirle incontro, quasi correndo, lei avanzava verso di lui.
Si incontrarono a metà strada, lei gli saltò letteralmente addosso e lui la abbracciò stretta, tutto questo a qualche metro da me, praticamente sotto i miei occhi.
Strinsi i denti e afferrai il polso di Liam, che era appoggiato sul bracciolo in comune, quando vidi quel tipo infilarle una mano tra i capelli e respirare ad occhi chiusi il profumo dolce di essi, stringendola forte a sé. Col poco della dignità restatami riuscii a non spalancare la bocca come un idiota.
- Stai calmo Zayn - mi sussurrò Liam, inutilmente, lasciandosi torturare il braccio.
Ero costretto a rimanere inerme davanti le mani di quell'idiota che accarezzavano tutta la sua schiena, quasi a raggiungere un punto che non avrebbe dovuto neanche minimamente sfiorare. Rimasero per dei secondi infiniti in quell’abbraccio, mentre quella che capii dovesse essere la comitiva del tipo iniziava ad avvicinarsi a loro. Ridevano, indicandoli e dicendo chi sa cosa sulla mia Rose e il loro amico.
Strinsi la presa al braccio di Liam, passandomi l’altra mano fra i capelli e prendendo respiri profondi. Sentivo il suo sguardo preoccupato addosso, ma non riuscivo a ricambiarlo: i miei occhi non ne volevano sapere di staccarsi da quei due.
Finalmente l’italiano sciolse i suoi tentacoli da Rose dicendole qualcosa che in quel casino non riuscii a sentire. Le afferrò le mani e le allargò le braccia, per poi guardarla attentamente da capo a piedi e dirle qualcos'altro, ancora con quel sorriso stupido sulle labbra. Immaginai fu un complimento. Le fece fare un lento giro su se stessa per guardarla e quando lei fu di spalle i suoi occhi saettarono sul suo fondoschiena.
- Lo uccido - ringhiai scattando dalla sedia in direzione di quell’idiota, ma Liam riuscì a fermarmi e strattonarmi per riportarmi indietro di qualche passo.
- Mantieni la calma - ripeté lentamente alzando la voce. Staccai momentaneamente i miei occhi da Rose e guardai quelli di Liam, che per la prima volta non riuscirono a alleviare la mia rabbia. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene.
- E’ mia - sussurrai a denti stretti, ritornando a guardarla. La combriccola si era avvicinata, erano in cinque o sei, e adesso erano alle spalle del tipo, mentre Rose gli diceva qualcosa sorridendo educatamente come suo solito.
Un altro scossone di Liam mi costrinse a ricambiare per la seconda volta il suo sguardo, abbandonando l’altra scena. - No Zayn, non lo è. Non è la tua ragazza e non puoi pretendere che non abbia amici all’infuori di te. - mi disse con tono sicuro. La verità delle sue parole mi ferì come un pugno allo stomaco.
- E’ mia - ripetei per orgoglio, ma meno convinto. Adesso la sua mano stava stringendo quella di un ragazzo del gruppo, come se si stessero presentando. - e quei coglioni devono saperlo. - aggiunsi, ed iniziai a camminare verso di loro. Liam ovviamente mi seguì, ma stavolta non provò a fermarmi, forse perché vedeva che stavo provando a calmarmi tirando dei respiri profondi.
Quando arrivai alla sinistra di Rose -Liam si piazzò invece alla sua destra- mi rivolse uno sguardo interrogativo, corrugando la fronte. Probabilmente dovevo avere un’espressione strana in viso. Le sorrisi per rassicurarla, facendo scomparire la nostra discussione di poco prima, e le cinsi il fianco con un braccio attirandola delicatamente a me. Mi avvicinai al suo orecchio trattenendola contro il mio corpo. - Non so chi siano questi tipi, ma farebbero meglio a non prendere troppa confidenza con te - le sussurrai, attento a mantenere un tono basso - ricordati che tu sei solo mia. - conclusi lentamente, poi mi allontanai sfiorandole una guancia con le labbra, e volsi il mio sguardo alla combriccola, bloccandolo negli occhi dell’italiano mentre cercavo di conservare un sorriso falsamente cordiale sulle labbra. Occhi verdi, capelli neri sistemati in un’acconciatura vagamente simile a quella di Niall, denti perfettamente bianchi e labbra sottili curve in un mezzo sorriso incerto gli regalavano un aspetto quasi angelico ed infantile; se non avessi saputo precedentemente che aveva l’età di Rose l’avrei potuto scambiare benissimo per un sedicenne.
Per osservare quel tipo mi ero quasi perso il modo in cui la mora si era imbarazzata per quello che le avevo detto all’orecchio. Aveva iniziato a torturarsi nervosamente le mani e dopo aver boccheggiato riuscì a proferire parola.
- Uhm, l-loro sono Liam e Zayn - balbettò indicandoci, per poi deglutire. La guardai e sorrisi, mentre una strana sensazione mi colpì lo stomaco. Poi tornai a guardare i ragazzi, fingendo ancora un sorriso di cortesia.
- Joseph - si presentò l’italiano, stringendo la mano a Liam e poi porgendo la sua a me. Gliela strinsi perdendo a malincuore il contatto con Rose e nonostante cercassi di controllarmi, involontariamente saldai particolarmente la presa. Lui ricambiò la stretta, i nostri sorrisi diventarono quasi dei ghigni e ci ritrovammo a scambiarci uno sguardo strano. Quel tipo non mi era per niente simpatico.
Con la coda dell’occhio notai Rose oscillare lo sguardo tra noi due quindi la guardai, scorgendo quasi della preoccupazione sul suo viso. Le sorrisi rassicurante per la seconda volta e mi affrettai a mollare la presa della mano di quel metro e ottanta di idiozia per sostituirla con quella della piccola mano tiepida della mora. Intrecciai le mie dita con le sue e notai che trattenne forzatamente un sorriso sincero spostando lo sguardo altrove mentre io continuavo a fissarle il viso.
Tornai anch’io a guardare quei ragazzi, notando che i loro sguardi continuavano a cadere sulla mano di Rose stretta nella mia. Forse stavano pensando esattamente quello che volevo dimostrargli.
Avevo seriamente l’impressione che la mora sciogliesse la presa da un momento all’altro, ma non lo fece, e non ne capii neanche il motivo. Di solito odiava dare spettacolo della nostra... amicizia.
- Bene...- Joseph spezzò il silenzio, sfregandosi le mani. - visto che dobbiamo posare le valigie, che ne dici di venire con noi? Ti faccio vedere casa mia, mi sono sistemato in un appartamentino non male in centro con i ragazzi - si rivolse a Rose, con quel sorriso irritante sulle labbra. Mi domandavo perché il concetto non gli fosse ancora arrivato: lei era di mia proprietà, e non aveva neanche il diritto di sorriderle. - sempre se le tue guardie del corpo te lo permettono - aggiunse sarcastico, rivolgendo prima un’occhiata gentile a Liam e poi uno sguardo duro a me. Serrai la mascella in risposta alla battutina squallida, ma sorrisi.
Prima che la mora potesse rispondergli la interruppi; - In effetti prima che uscissimo Frenk ci aveva avvisato di non fare tardi - le dissi falsamente dispiaciuto - gli altri avevano già organizzato un’uscita... - Rose inchiodò i suoi occhioni scuri nei miei, credeva mentissi.
Le bugie dette a buon fine sono bugie a metà, mi pare.
- Se non mi credi chiedi a Liam - continuai scrollando le spalle e sistemando la presa sulla sua mano; nella mia sembrava scomparire.
La mora saettò con lo sguardo sul mio migliore amico che alzando le spalle e sorridendo angelico disse un - Confermo! - fingendo al meglio sicurezza. L’avrei ringraziato più tardi.
Rose si rivolse ancora verso il tipo con una smorfia. - Credo proprio che ora non sia il caso - rifiutò, riempiendomi di soddisfazione. Mi trattenni dallo sfoggiare un sorriso degno dello Stregatto. Iniziai ad accarezzarle il dorso della mano col pollice, e notai iniziò ad innervosirsi ancora. - ma m-magari ci sentiamo più tardi e ci… organizziamo meglio per un’altra volta - balbettò infatti sorridendo a Joseph, per poi voltarsi rapidamente verso di me. Sorridendo appena e con un sopracciglio alzato ritrasse la mano in modo brusco, le notai tirare un sospiro di pazienza. Ridacchiai in risposta.
- Sicuramente - ribatté Joseph facendole un occhiolino. Infilai le mani nel giubbotto e mi scambiai uno sguardo complice con Liam, mi chiedevo perché quei due avessero tutta quella confidenza. Non erano solo vecchi amici? - beh, quindi.. penso sia anche ora di tornare a casa. - le sorrise. Mi dava l'impressione di stare flirtando con lei e il suo atteggiamento mi stava facendo ribollire il sangue nelle vene. - Noi ci rivediamo presto, vero? -
Rose annuì con foga e sorrise. - Ovvio! -
Basta che ne sei convinto, idiota.
Aprì le braccia verso di lei, Rose si lanciò in esse stringendogli la vita. Mi schiarii rumorosamente la voce e sciolsero l’abbraccio; incontrai rapidamente lo sguardo di quel tipo, che mi sorrise provocatoriamente.
Serrai per l'ennesima volta la mascella e il mio respiro iniziò ad affannarsi, stavo per saltargli addosso.
- Ciao Joe - fece Rose con dolcezza, ignara di tutto. Si sporse verso di lui e riuscì giusto a sfiorargli la guancia con un bacio stentato prima che le afferrassi il polso di Rose e la tirassi -quasi strattonandola- verso di me.
- E’ stato un piacere conoscervi ma noi ora dobbiamo proprio andare - provai a falsare l’ennesimo sorriso con meno credibilità delle altre volte e girai le spalle, portandomi dietro Rose. - buona serata. - tuonai a denti stretti quando fummo lontani di qualche passo.
La tenni per il polso fino a che non fummo fuori dell’aeroporto -non mi guardai neanche le spalle per controllare che Liam ci stesse seguendo, sapevo fosse dietro di noi- sopportando numerosi suoi sbuffi e varie sue strattonate per provare a divincolarsi.
- Ora potresti anche lasciarmi Malik! - sbottò, facendomi voltare verso di lei con l’ennesimo strattone.
Le mollai il polso, subito iniziò ad accarezzarlo con l’altra mano. Mi girai verso di Liam - Chiama il taxi - gli dissi, notando della preoccupazione nel suo sguardo, poi ripresi a guardare Rose negli occhi. Avevo tante cose da dirle, cercavo le parole per riprenderla del comportamento che aveva avuto con quel coglione, ma la rabbia mi offuscava la mente.
- Non hai proprio idea di cosa sia la delicatezza - borbottò piano, fissandosi il polso. Vi lanciai un’occhiata notando con dispiacere di averle provocato del rossore, dovevo aver stretto troppo. Notai che Liam si era allontanato, lasciandoci “soli” in quel via vai di gente che entrava ed usciva dalle porte scorrevoli dell’aeroporto con milioni di valige al seguito.
- Ti rendi conto della scenata che hai appena fatto?! - mi domandò poi retorica, ribaltando improvvisamente la situazione. Adesso cercavo delle parole per giustificare quel gesto che sembrava aver perso tutte le ragioni che aveva avuto poco prima. Abbassai lo sguardo. - E poi Dio, che figura di merda - Tornai a guardarla e vidi che si era portata una mano sulla fronte e aveva chiuso gli occhi mentre prendeva un respiro profondo. - Non voglio immaginare cosa staranno pensando Joe e i suoi amici di me e te, adesso - riprese la ramanzina, con una voce autoritaria e lo sguardo duro. Non sopportavo che tenesse così tanto a quel tipo dal farsi persino dei problemi su cosa credesse di me e lei. - Se proprio sei... geloso - sputò la parola, come se solo l’idea le desse ribrezzo - puoi almeno evitare di dare spettacolo in questo modo? -
- Non sono geloso - ribattei, trattenendo la rabbia che iniziava a riaffiorare - solamente quel tipo mi è sembrato fin troppo viscido per starti accanto. - mi giustificai.
- Viscido? - domandò innervosendosi con un sopracciglio alzato. - io non credo che il mio Joe, il ragazzo che conosco più di me stessa e con cui ho condiviso due anni della mia vita, sia viscido come pensi tu, Malik! - lo difese, facendomi andare su tutte le furie. - e tu non hai certo il diritto di dire questo di lui! - ruggì poi, mentre il suo petto si alzava e abbassava ad un ritmo frenetico per le urla.
- Non ne ho il diritto - ripetei fra me e me a denti stretti. Come poteva schierarsi dalla sua parte in quel modo? - beh, si da il caso che il tuo Joe  ti abbia guardato il culo come un pervertito, Rose! Scusami tanto se mi sono limitato a portarti via da lui per trattenermi dal mettergli le mani addosso, scusa se io non ti ho mai guardata con così poco rispetto quanto lui! - sbottai, sentendo il cuore accelerare.  
Non rispose; rimanemmo a fissarci, entrambi col fiato corto. Abbassò lo sguardo, poi lo rialzò lentamente.
- In ogni caso, non permetterti più di trattarmi così, non sono il tuo cane o una bambola - disse tenendo testa al mio sguardo, sicura di sé. - tantomeno la tua ragazza. - I suoi occhi riuscirono a penetrarmi fin dove possibile, sentii lo stomaco stringersi in un nodo.
- Non preoccuparti, non penso ce ne sarà più occasione. - ribattei col filo di voce rimastomi.
Una mano sulla mia spalla richiamò la mia attenzione facendo sciogliere l’intreccio dei nostri due sguardi. Liam cercava di sorriderci ma avendo intuito la nostra discussione aveva uno sguardo piuttosto dispiaciuto.
- Scusate se vi interrompo - disse, guardando prima me e poi Rose; era abbastanza in difficoltà - il taxi è arrivato, ma se dovete dirvi altre cose posso pure aspettarvi in auto... -
- No, io ho finito con lei. - risposi a Liam, riprendendo a guardare la mora. Aggrottò la fronte e aprì leggermente la bocca per dire qualcosa ma le parole sembrarono morirle in gola. Immaginai avesse capito a cosa alludessi.
Spostai il mio sguardo dai suoi occhi a quelli del mio migliore amico che tutto quello che riuscì a fare fu chinare la testa su un lato e rivolgermi una smorfia tra l'imbarazzato e il dispiaciuto. Abbassai lo sguardo e iniziai a dirigermi verso il taxi giallo che aveva parcheggiato qualche metro distante da noi.
Era esattamente per quel motivo che odiavo le discussioni, in particolare le nostre. Iniziavamo battibeccando sopra delle idiozie e finivamo per dirci cose spiacevoli. Veramente era principalmente lei a farlo.
Quando litigavamo sembrava non smettere mai di parlare, mentre invece la voce le scompariva ogni qual volta le dicevo qualcosa di carino.
Rose era impossibile, noi due lo eravamo; eravamo impossibili, incompatibili, inavvicinabili l’uno all’altra e l’avevo appena realizzato.
Non era la mia ragazza, parole sue. Aveva lasciato intendere che non lo era e non lo sarebbe mai stato, perché continuare quella stupida lotta contro il nostro orgoglio?
Rinunciare era l’unica via rimasta da seguire già da un po’, ora non avrei più rimandato a farlo.



*si guarda intorno spaventata*
ehm, salve.
first of all,
PERDONATEMI.
ho fatto schifo, lo so, non aggiorno da un bel po', ed ora me ne esco con questo capitolo stralungo e insostenibile.
dovete sapere che lo sto scrivendo esattamente da quando ho postato l'ultima volta, rigo per rigo, giorno per giorno. con quale pausa.
occhei, molte pause.
ogni tanto l'ispirazione mi abbandona letteralmente, lasciandomi nella merda.
non posso farci niente, non è colpa mia! anche lei ogni tanto va in vacanza, e poi è natale...
uh giusto,
HAPPY CHRISTMAAAAAAAAAAAAS!
spero stiate passando bene queste vacanze natalizie, io invece da quando il ragazzo che amo sta con un'altra -una certa blanda eggcazzo, il cognome non lo imparerò mai- ho il cuore in frantumi, e questo ragazzo -alias joe jonas- me lo calpesta sempre più postando le foto di questa ragazza sopra il proprio istagram. lo odio, si. troppo.
e haylor non aiuta, nono.
forse è anche per questo che è uscita questa conclusione a questo capitolo; ero semplicemente frustrata, i miei capitoli rispecchiano il mio umore.
vabbé, smettendo di parlare di me, spero davvero che nonostante tutto vi piaccia questo... parto. è stato un parto, lo giuro.
perché forse a me un po' piace.
forse.
un po'.
zayn è geloso e nel suo cuoriSCino sta nascendo qualcosa, ma non lo ammetterà mai, sappiatelo AHAHAH
amo i capitoli dal suo poin of view.
e poi ho in testa 49823454 cose da far accadere nei prossimi capitoli, tutto questo grazie alle canzoni di quei cinque coglioni, ai lunghi viaggi in auto, alle riflessioni nel pieno della notte, ma soprattutto alla mia migliore amica, CIAO MARTA, TI AMO TANTISSIMO, GRAZIE DI TUTTO -ho imparato a ringraziarti in ogni capitolo, lol-.
detto questo, ringrazio immensamente tutte le lettrici e le recensitrici abituali e non, mi riempite il cuore di gioia.
grazie per seguire questa ff, la porto avanti con tanta fatica, per me la scrittura di questa storia è più di un passatempo o di un hobby, sta diventando davvero un punto fisso per me, penso solo alla scrittura, sono una fissata in poche parole. AHAHAH
e vabieeeeen, vi ho ammorbate già troppo, quindi penso di dover pure andare.
UH, ULTIMA COSAAAAAAAAAAAAA! per la litigata dobbiamo ringraziare 'over again', perché mi è venuta in mente proprio all'ultimo momento ascoltandola, volevo interrompere il capitolo quando zayn porta via rose ma poi BAM, mi si è accesa la lampadina. 
aaaah, l'amour.

credo di dover smettere seriamente di scrivere idiozie. :O
ci vediamo al prossimo capitolo, recensite o niente one direction per la scopata di capodanno (?). 
e voi li volete a capodanno immagino. eé
yep.
SEE YA!
rose. xx

 

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Capitolo 25
*** Falling apart. ***


Era esattamente per quel motivo che odiavo le discussioni, in particolare le nostre. Iniziavamo battibeccando sopra delle idiozie e finivamo per dirci cose spiacevoli. Veramente era principalmente lei a farlo.
 
Chapter twentyfive: Falling apart.
 
Rose’s pov
Odiavo le discussioni.
E’ così semplice passare da un argomento all’altro: inizialmente si discute per un motivo, anche banale, poi si finisce sempre su argomenti totalmente diversi e purtroppo anche strettamente collegati al discorso principale; a volte si è talmente feriti che si usano le proprie parole per ferire a propria volta l’altro; a volte si esagera, a volte si vorrebbe semplicemente aver chiuso quella boccaccia in tempo, a volte si rimpiange di aver detto ciò che in un momento di rabbia può essere sembrato tanto sensato da dire, ma che in realtà era semplicemente una cattiveria al fine di ferire i sentimenti altrui.
A volte sono una tale cogliona.
Ero l’unica fatta in quel modo stupido, perché generalizzare?
Fottuta impulsività.
Odiavo le discussioni, e odiavo anche me stessa, terribilmente.
Scesi tutti e tre dal taxi, Zayn fu il primo ad avviarsi alla porta, per bussare insistentemente il campanello, frettoloso di entrare.
Non aveva rivolto uno sguardo o una parola né a me né a Liam da quando avevamo smesso di discutere.
Mascella serrata, occhi bui, espressione nervosa e camminata veloce, con tanto di mani strette nelle tasche dei jeans.
Mi ignorava palesemente, e non riuscivo a sopportarlo.
Era la prima volta che non ci riappacificavamo nel giro di una mezz’oretta, e con mio dispiacere realizzai di essere alquanto preoccupata di ciò.
Desideravo con tutta me stessa che riprendesse ad infastidirmi come suo solito, oppure che i suoi occhi guardassero i miei, o che mi mettesse in imbarazzo e provasse a baciarmi, anche se in automatico l’avrei allontanato; desideravo sentirmi dire dalla sua voce qualcosa di irritante, di dolce, di carino, qualsiasi cosa, pur che mi parlasse o che mi rivolgesse attenzione.
Ne avevo bisogno, allora più che in qualsiasi altro momento, e il fatto che non lo facesse non mi innervosiva.
Mi uccideva, semplicemente.
La porta di ingresso si aprì, rivelando un riccio meraviglioso in tuta, che sorrise a trentadue denti come suo solito.
- Ciao Za..- il suo sorriso scomparve non appena Narciso lo scansò entrando in casa e camminando svelto fino alle scale, ignorandolo. Lo seguì con lo sguardo -esattamente come me-, poi guardò me e Liam ancora fuori la porta. - ma che cazzo gli è successo? - bonjour finesse.
Io e Liam ci guardammo e boccheggiammo, Harry si limitò a fare una smorfia e alzare le spalle. - ah, ciao anche a voi - disse con meno enfasi. Si spostò su un lato facendoci entrare, e richiuse la porta alle nostre spalle. Liam si sfilò il giubbotto e lo ripose sull’appendiabiti.
Harry fece per tornare in salotto, ma poi si fermò a guardarmi. I suoi occhioni verdi fissavano i miei, e il suo viso era concentrato in un’espressione confusa. - E tu che hai? - si rivolse poi a me, pizzicandomi una guancia. - sembri sconvolta - chiarì.
- Uhm - balbettai appena, con voce tremante. Iniziai a vedere il suo viso fin troppo sfocato, e mi voltai subito verso Liam, come se potesse evitare che scoppiassi in un pianto isterico davanti a loro. Riguardando Harry mi morsi il labbro inferiore per evitare che iniziasse a tremare. Sbattei ripetutamente le palpebre per chiarire la vista e le lacrime scivolarono lungo il mio viso in automatico, quindi scappai rapidamente verso le scale, ripetendo purtroppo i passi di Zayn, come ad infierire.
Non mi era mai successo di essere così sensibile riguardo la questione Malik; quella volta le lacrime sembravano voler uscire per forza.
- Rose! - mi sentii richiamare dalla voce scura di Liam. La ignorai e salii svelta i primi gradini, ma dopo neanche qualche secondo una mano afferrò al volo il mio braccio. Mi fermai, voltandomi. Liam salì un paio di grandini arrivando alla mia altezza, e mi rivolse l’ennesimo sguardo carico di dolcezza, con una leggera smorfia dispiaciuta sul volto. Solo in quell’istante realizzai di avere il volto completamente inondato di lacrime. Evidentemente gli facevo pena. - non so cosa vi siate detti, ma se vuoi parlare sai che ... - si bloccò, chinando la testa su un lato e scrutando il mio sguardo. - sediamoci. - disse poi semplicemente, abbozzando un sorriso. Obbedii e abbassai lo sguardo, sentendo il suo sguardo sul mio volto. Asciugai le lacrime provando a calmarmi, non mi andava di farmi vedere in quelle condizioni da lui.
- Per quale motivo avete litigato? -
- Perché sono una stupida, che sa solo fare del male alle persone. - sussurrai, piagnucolando come una bambina. Sentii un’altra lacrima rigarmi la guancia mentre continuavo a tenere gli occhi bassi.
Posò la sua mano sul mio viso, asciugandolo della lacrima. - Non pensarlo neanche piccola. - lo guardai, trovandolo a sorridermi teneramente. Aveva degli occhi profondi, accoglienti; le mie guance iniziarono ad arrossire -erano incontrollabili- e lui ritrasse la mano. - sei una delle persone più dolci che conosca, non sapresti far del male alla gente. -
- A lui  evidentemente sì… - abbassai ancora lo sguardo mentre le labbra iniziavano a tremare, e le morsi con tutta la rabbia che provavo per me stessa in quel momento, bloccandole. - Non che ora importi, visto che ormai per lui non esisto più. -
- Sono convinto che non è così. Qualsiasi cosa tu abbia fatto se gli chiedessi scusa ti perdonerebbe. - fissai ancora lo sguardo ai suoi occhi, e scossi leggermente la testa con un sorriso amaro. Secondo me non era così semplice. - Vorrei tanto che tu capissi che lui tiene sinceramente a te, Rose. Non può lasciarti andare, non ci riuscirebbe, anche se se lo imponesse. E so che per te è la stessa cosa. - Ed è questo che mi spaventa a morte.  Prese una piccola pausa, approfittando per usare il suo sguardo indagatore, scavandomi fin dentro l’anima. Sembrava sapere tutto di me nonostante non gli avessi accennato mai alla mia vita, a ciò che provavo, alla mia personalità. Riusciva sempre a sapere cosa pensavo, mi chiedevo come ci riuscisse. Gli dovevo tantissimo. - So che anche lui sta male per questo vostro piccolo litigio - riprese poi, e sorrise appena - sono sicuro che se tu ci provassi accetterebbe le tue scuse senza fiatare. -
- Non penso di dovergli delle scuse. - dissi, ignorando che mi avesse detto che... Narciso tenesse a me. Non riuscivo mai a crederci davvero, forse non era neanche colpa sua, ma solo del mio carattere. - La discussione è degenerata quando lui ha offeso Joe, io non… non ci ho visto più. A volte sembra come se fosse sempre intenzionato a rovinarmi la giornata, trova sempre il modo di mettermi di cattivo umore quando sono con lui… - Liam sorrise.
- Non credo sia assolutamente così, adora vederti sorridere - appurò. Avvampai di getto, e fortunatamente Payne lo ignorò. - riguardo oggi ha semplicemente reagito in modo esagerato alla gelosia che prova nei tuoi confronti. È tanto geloso di te, Rose.  Ho notato che gli da fastidio anche quando io e te ci sfioriamo. - rise, facendo spallucce. Alzai gli occhi al cielo, Malik non può provare gelosia per me. In tal caso forse mi avrebbe fatto piacere di sicuro non mi avrebbe cambiato la vita. - Anche se nessuno di voi due lo ammetterà mai, siete troppo orgogliosi. - continuò poi, con un’espressione di ovvietà sul viso. Sbuffai.
- Abbiamo finito col parlare di una cosa che non riguarda il discorso di prima… - dissi in un sussurro, la voce sembrava essermi scomparsa per quello che avevo appena sentito. Uno dei miei innumerevoli modi di reagire all’imbarazzo. Sperai almeno che avesse capito che non volevo parlare di quello che c’era tra me e il moro, ma semplicemente del litigio. Magari un parere esterno mi avrebbe aiutato a fare chiarezza. - Non penso di dovermi scusare con lui, abbiamo sbagliato entrambi. -
- Si sbaglia sempre in due, ma immagino che dopo tutte le vostre altre discussioni sia sempre stato lui a mettere da parte l’orgoglio, anche se momentaneamente. - Feci una smorfia davanti la verità delle sue parole. - Un ‘mi dispiace’ non equivale a delle scuse, ma almeno aggiusterebbe le cose. - Sospirai, finendo per annuire.
- A me infatti dispiace, perché… - sussurrai poi, interrompendomi. Gli occhi tornarono ad inumidirsi. - gli ho detto con così tanta cattiveria che non avrebbe dovuto più trattarmi in quel modo in quanto non ero… l-la sua ragazza, che ho davvero paura di averlo potuto ferire in qualche modo, ed era l’ultima cosa che volevo. -
Cercai di calmarmi prendendo un respiro, ma avevo la voce rotta dal pianto che sentivo si sarebbe impossessato di me da lì a poco. - Sono un disastro, Liam - gli dissi, guardandolo rapidamente negli occhi. Mi guardò confuso, non capendo subito cosa intendessi, e credo provò a domandarmelo. Lo bloccai scuotendo la testa, poi iniziai a vagare con lo sguardo ovunque pur di non posarlo sul suo viso, avevo bisogno di aprirmi con qualcuno, almeno per una volta, ma non riuscivo a trovarne il coraggio, peggio ancora se quel qualcuno mi stava fissando. - non faccio mai niente di giusto - ripresi a sussurrare a bassa voce; non volevo che qualcun’altro in casa sentisse quel discorso, in quanto mi era già difficile dire quelle cose a Liam - dico spesso cose che non voglio dire, mi dimostro antipatica agli altri, non capisco neanch’io cosa provo davvero e perché, cerco sempre di reprimere qualsiasi cosa bella che può sembrarmi giusta solo perché ho paura che in realtà sia sbagliata, o che io non la meriti, che non ne sia all’altezza. - abbassai lo sguardo dopo che le prime lacrime avevano preso a scivolare lungo le mie guance, una dopo l’altra. Ormai non mi interessava neanche più che si sciogliesse il trucco, o che le guance si arrossassero, non mi interessava più se la maschera che mi ero costruita fosse crollata, con Liam era tutto più... semplice. - Mi faccio fin troppe paranoie e le tengo sempre chiuse dentro di me, l’unico modo che ho per sfogare quello che ho dentro sono le lacrime. In questo istante vorrei non stare piangendo come un’idiota, ma lo sto facendo, e sinceramente non so perché sto continuando ad annoiarti con tutte queste stupidaggini. Non riesco mai ad aprirmi completamente con le persone, non più. Sono cambiata, non sono più la stessa di un paio di anni fa e questa cosa un po’ mi spaventa, nonostante all’apparenza io sia più “forte”. Dentro non lo sono, per niente, non lo sono mai stata. Mi sento sempre fuori luogo, non mi vedo mai all’altezza delle persone che ho attorno, né esteticamente, né a livello caratteriale o comportamentale. Cerco tanto dei difetti negli altri, ma tutto ciò che vedo è la perfezione, il mio esatto opposto. Sono io quella piena di difetti, non riesco mai ad essere abbastanza, nonostante ci stia provando con tutta me stessa. Ed è frustrante non riuscire ad accettarsi, è a dir poco terribile. Devo convivere ogni giorno con una persona che non mi piace per niente, e non riesco a far nulla per cambiare, per migliorare. Vorrei solo essere... diversa. -
Avevo iniziato a singhiozzare silenziosamente, e un bruciore sempre più forte alla pelle delle mie mani mi fece rendere conto che stavo graffiando il dorso della mia mano con le unghie per trattenere la rabbia. Staccai le mani l’una dall’altra e me le portai in grembo, cercando di respirare regolarmente, invano.
Alzai lentamente lo sguardo a Liam per prepararmi a qualsiasi sua reazione, eppure quella che aveva avuto non aveva neanche lontanamente sfiorato la mia mente. Notai una lacrima gli avesse rigato la guancia, appena in tempo prima che si avvicinasse e mi stringesse a se in un abbraccio caldo, pieno di tutto quello di cui avevo bisogno. La sua presa salda dietro la mia schiena mi trasmetteva tanta sicurezza, sentivo che con quell’abbraccio mi avesse appena salvata poco prima che cadessi dopo essere metaforicamente inciampata.
Odiavo essermi mostrata tanto fragile; non era una cosa che facevo spesso, preferivo essere vista come una persona forte e sicura di se. Preferivo che l’aggettivo fragile fosse l’ultimo che le persone potessero affibbiarmi. Mi sentivo in colpa per aver riversato su di lui tutte le mie paranoie, mi sentivo un peso nonostante mi avesse già detto che mi avrebbe ascoltata.
Continuai a piangere con le braccia strette al suo collo, i singhiozzi avevano aumentato il ritmo ed il mio corpo era completamente percosso da essi; tremavo, tra le sue braccia. Non era per il freddo, i denti battevano letteralmente ma non per la temperatura. Per quanto fossi imbarazzata da quella situazione mi sentii bene, per la prima volta da un bel po’.
- Ssh - sussurrò; con una mano iniziò ad accarezzarmi lentamente i capelli per calmarmi.
- Scusa - dissi piano, stringendo il suo maglioncino nella presa della mia mano.
- Va tutto bene - ribatté. Sentii la sua voce tremare; odiai anche avergli causato quella lacrima e avergli trasmesso tanta tristezza. - non meriti tutto questo - disse poi in un sussurro - non dovresti pensare di non essere abbastanza, tu sei meravigliosa. Non dovresti essere così insicura di te stessa, Rose - Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo; il tremore iniziò a calmarsi. - Non meriti di star male così - esalò infine.
Mi liberai lentamente dall’abbraccio e ci riguardammo negli occhi; i suoi lucidi mi perforavano metaforicamente il petto.
- Scusami, davvero. Non so cosa mi sia preso, di solito non sono così... - farfugliai.
- Forse ne avevi solo bisogno - sorrise, e ricambiai appena. - Ora che ne dici di asciugarti il viso e far finta che non sia successo niente? - Annuii, allargando il sorriso. Riusciva sempre, sempre a capire cosa desiderassi.
Sospirai. - Grazie Liam.
- Puoi sempre contare su di me, qualsiasi cosa capiti. - disse, alzando le spalle. Sapevo che era così. Si era sempre dimostrato un buon amico, dal primo giorno.
- Per me è fondamentale - risposi. - grazie ancora. -
Si limitò ad un occhiolino. Mi sporsi a baciargli rapidamente la guancia, poi mi alzai dalle scale e corsi velocemente al piano superiore, raggiungendo il bagno e chiudendomici.
Mi guardai allo specchio. Avevo gli occhi completamente arrossati, ma il mascara waterproof rimasto intatto per metà aveva evitato che il mio viso fosse inondato da un colore nero spiacevole.
Ignorando la condizione del mio volto, sospirai profondamente chiudendo gli occhi. Mi sentivo libera, come se avessi espulso tutta la negatività che avevo custodito da un bel po’ nei recessi di me. Tutto quello grazie ad un solo ragazzo.
Non riuscivo a vedere Payne sotto occhi diversi rispetto a quelli con cui guardavo un buon amico, per quanto una parte di me forse lo desiderasse. Se quello che c’era tra me e Narciso ci fosse stato con Liam le cose sarebbero state milioni di volte più semplici, ma proprio non riuscivo a pensare a lui nel modo in cui spesso mi trovavo a pensare a Zayn, per quanto non volessi.
Quando improvvisamente l’immagine del moro si sostituì al mio riflesso nello specchio, sussultai e cercai di scacciarlo sbattendo ripetutamente le palpebre. Doveva smettere di insinuarsi nei miei pensieri senza il mio permesso, dovevo riprendere ad avere il controllo di me come qualche settimana prima, quando l’ultimo ricordo che avevo di lui era quello risalente alla serata in discoteca. Lì avevo tutto tra le mie mani, tutto calcolato. Ora la situazione sembrava sfuggirmi inevitabilmente. Mi stavo affezionando a lui e una parte rilevante di me voleva evitarlo, sembrava sbagliato.
Ma poi c’era una piccolissima percentuale che prevaleva ogni volta; per istinto sentivo che non c’era nulla di più giusto.
Riaprii gli occhi tornando al presente e scacciando davvero, adesso, tutti i pensieri riguardanti quel ragazzo. Preferivo non pensare troppo ai miei problemi, a volte. E lui rappresentava seriamente un problema.
 
 
L’orario del cellulare segnava le otto e ventitré. Non sapevo esattamente se fidarmi o meno del “ti passo a prendere alle otto e mezza” di Joe, non era mai stato un tipo puntuale.
La situazione mi inondava di imbarazzo; ero in salotto col resto dei ragazzi ad aspettare il suo arrivo, dividendo la poltroncina con Alex, che ricambiava la mia stretta alla sua mano cercando di trasmettermi serenità, quello di cui avevo bisogno in quell’istante.
I miei occhi continuavano a saettare sopra la figura di Zayn, che guardava silenzioso la televisione con uno sguardo poco interessato, mentre il resto dei ragazzi era concentrato in una discussione riguardo quello che avevano chiamato Up all night tour, che si sarebbe svolto durante tutto il 2012, iniziando a fine gennaio. Le ragazze sembravano più che interessate, io fingevo di seguire il discorso interessata quanto loro, evidentemente con una scarsa riuscita.
Non incontravo gli occhi di Narciso da un paio d’ore, e mi sentivo... strana.
Quel ragazzo mi faceva sentire in colpa più del dovuto col modo in cui mi ignorava palesemente, e adesso ero un misto tra il triste e l’irritato. Chi era lui per farmi quello? Sapevo di aver sbagliato, ma di certo non aveva il diritto di farmi sentire l’ultima persona al mondo per importanza.
- Quindi cosa farei di bello col tuo amico stasera? - sentii domandarmi da Louis, riscuotendomi dai miei pensieri.
Boccheggiai guardando confusa il suo sorriso malizioso.
- Suppongo faranno una sana e rigenerante giocata a carte - ribatté il riccio al mio posto, lasciandomi maggiormente interdetta. Ridacchiarono tutti, io sbuffai. 
- Già. Come si chiamava quel gioco di carte italiano? - fece di nuovo Tomlinson, che si girò a guardare Harry, seduto al suo fianco, fingendo di pensarci su. - ah sì, scopa - asserì dopo un po’, iniziando a ridere insieme a lui battendogli il cinque.
Alzai gli occhi al cielo notando qualcuno abbandonarsi ad una risata leggera con loro.
- Smettetela voi due - li ripresi. - tutto ciò che faremo stasera è chiacchierare da amici, come facevamo prima che andassimo a vivere a Londra. -
Louis scoppiò forzatamente a ridere a crepapelle, scatenando altre risate varie.
- Seriamente Rose, senza offesa - iniziò il biondo, esitando per cercare le parole adatte - quali credi che siano le sue intenzioni se non..? -
Sbuffai ancora e mi passai una mano sul viso. - Voi non lo conoscete, non potete giudicarlo. - risposi, cercando di non essere scortese.
- Andiamo, chi non approfitterebbe essendo solo in casa propria con una bella ragazza? - mi chiese Harry, non aspettandosi una risposta.
- Evidentemente solo noi cinque - intervenne Liam, facendo ridere anche le ragazze stavolta.
- Forse ci saranno anche i suoi amici, non saremo completamente soli - provai a difendermi.
- Oh, questo migliora davvero la situazione- fece Niall con sarcasmo.
- Sono sicura che se è rimasto lo stesso ragazzo di qualche anno fa non avrà cattive intenzioni, possono testimoniarlo anche Marty e Frenk. Loro lo conoscono quasi quanto me - mi girai verso loro due, implorando un aiuto. Non mi piaceva che  considerassero Joseph un cattivo ragazzo, lui non lo era per niente.
- Sinceramente a me non è mai andato giù - fece con mia sorpresa Frenk - e nonostante fosse un bravo ragazzo qualche anno fa... beh, le persone possono cambiare, e magari non in meglio. -
- A me stava simpatico, ma comunque non penso che sia una buona idea andare a casa sua per una cena. Non vi vedete da due anni, e lui potrebbe poter aver travisato la semplicità con cui hai accettato l’invito. O forse l’hanno fatto i suoi amici, magari ti hanno etichettata già come una ragazza facile prima di conoscerti. -
Per poco non spalancai la bocca dalla sorpresa. Pensai che almeno loro mi potessero difendere, ma avevano preferito schierarsi col nemico.
- Non penso mi giudichino una poco di buono per una cena a casa di un mio amico! - sbottai. - E non credo neanche che lui lo possa pensare visto che mi conosceva più di quanto mi conoscessi io. -
- Comunque non è questo a cui volevamo arrivare - disse Louis, serio come poche volte. - Volevamo giusto aprirti gli occhi nel caso in cui non sapessi a cosa vai in contro. -
Sospirai. - Non vado in contro proprio a nulla. E non c’è bisogno di preoccuparsi, so badare a me stessa. -
- Disse quella che da ubriaca stava per entrare in macchina di uno sconosciuto. - fece Taty guardandomi premurosa. La fulminai con lo sguardo.
- Stasera non bevo. -
- E dovremmo crederti? - mi chiese Alex ridendo, nel momento in cui il mio cellulare vibrò.
Non ribattei, portai solo gli occhi al cellulare per visualizzare il messaggio appena arrivato.
“Sono qui fuori scricciolo! <3”
- E’ arrivato - annunciai con un sospiro. Mi alzai dalla poltroncina. - ci vediamo stasera - annunciai, rivolgendo velocemente un sorriso forzato a tutti loro.
- Ehi, se proprio dovete scopare stai attenta a non rimanere incinta! -
Fulminai Harry con lo sguardo ma non riuscii a ribattere, perché un rumore mi fece sussultare bloccandomi la parola. Zayn aveva appena lanciato con violenza il telecomando che aveva tra le mani sul tavolino in vetro del salotto, si era alzato di scatto ed aveva abbandonato la grande stanza a passi rapidi. Dopo qualche secondo sentimmo una porta sbattere, e il tonfo riecheggiò in tutta la casa.
Deglutii, voltandomi di nuovo verso il riccio, il cui sorriso malizioso ormai era scomparso, lasciando spazio ad un’espressione interdetta. Guardai in automatico Liam negli occhi, rivivendo un flashback di qualche ora prima.
In quel momento avevo solo voglia di correre da Zayn e chiedergli perdono in ginocchio, cosa assolutamente non da me. Non avrebbe dovuto essere capace di farmi quello, non potevo essere così debole.
Mi riscossi sbattendo ripetutamente le palpebre. - A stasera - farfugliai di nuovo, ancora scossa, e abbandonai anch’io il salotto dirigendomi contro la volontà del mio corpo -che avrebbe voluto salire le scale- verso la porta di ingresso.
Joe mi stava aspettando. 



 
non aggiorno da una vita, PERDONATEMI. non so cosa mi sia successo in questo periodo, ma sono tornata, più forte di prima (?).
ed è tornata anche la voglia di scrivere questa ff lalalaaaa. devo ammettere che stava iniziando ad annoiarmi, ma poi ho cambiato idea. sono troppo affezionata ai zose per lasciare questa storia non conclusa.
detto questo, mi scuso per la parte a depressione, non so da dove mi sia uscita AHAHAHAHA è un po' quello che provo e che non dico mai, forse. quello che provo si riflette sempre in quello che scrivo.
by the way ho deciso di dividere il capitolo venticinque in due parti, perché era troppo lungo, lol. questa è la prima parte, tra qualche giorno dovrei già postare la seconda -che alla fine sarà il capitolo ventisei, ma moooolto più breve dei normali, credo- ma non prometto niente. 
e poooooi ci sarà il ventisette. gosh. non avete idea di quello che ho in mente *ripeto il concetto che nella mia mente è tutto meraviglioso, poi lo scrivo e fa cagare*.
sinceramente spero che questa storia non vi annoi. se è così, ditemelo. mi raccomando. qualsiasi tipo di critica può aiutarmi, soprattutto quelle negative.
spero recensiate. fatemi sapere cosa pensate di come scrivo, vorrei migliorare. mi raccomando çç
arriviamo a dieci recensioni o chiedo troppo? pleeeeeeeeease.
e vabbé, penso sia tutto. non vi annoio più con altre stronzate.
alla prossima!

rose. xx
 

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Capitolo 26
*** Something to forget. ***


Chapter twentysix: Something to forget.
 
Mi appoggiai con le spalle al muro, subito affianco la porta della camera del moro. Chiusi gli occhi appoggiandovi anche il capo e tirai un respiro profondo, non doveva essere così difficile.
Quando me ne convinsi raggiunsi la soglia della stanza, rimanendovi ferma, immobile, non riuscivo a muovere nessuna parte del mio corpo, a parte le mani che continuavano a torturarsi a vicenda.
- Malik - sussurrai. Rabbrividii del mio stesso tono di voce, sembrava più un imploro che un richiamo. Mi sentivo terribilmente in astinenza di tutto ciò che lo riguardava, e mi aiutava tanto perfino nominare il suo nome o guardare la sua figura di spalle mentre era in ginocchio di fronte l’armadio a sistemare frettolosamente dei vestiti.
Si voltò, guardandomi rapidamente da capo a piedi. Il suo sguardo mi intimidiva in modo particolare. Ero consapevole di non avere un bell’aspetto, dovevo avere i capelli leggermente scombinati e il trucco un po’ sfatto dalla serata; in più potevo scommettere di avere degli accenni di occhiaie sotto gli occhi, dovute alle varie birre che avevo consumato con Joe nel corso della serata. Sapevo di non reggere bene l’alcol, ma puntualmente quando mi veniva offerto non riuscivo mai a rifiutare, quindi ora mi ritrovavo leggermente brilla e fuori di me, anche se cercavo a tutti i costi di apparire normale.
- Sei già tornata? - chiese con voce dura, senza neanche salutarmi in alcun modo. Intuì fosse sarcastico, era quasi mezzanotte. Cosa si aspettava? Che tornassi la mattina seguente?
Tornò a piegare con indifferenza la felpa che aveva tra le mani quand’ero entrata, spostando i suoi occhi da me. - Il giro turistico di casa sua è stato più veloce di quanto immaginassi, forse avete saltato qualche stanza passando direttamente alla camera da letto. - disse poi; il tono freddo della sua voce mi fece rabbrividire.
- Mi fa piacere che tu abbia questa considerazione di me - ribattei. Avrebbe dovuto saperlo che non ero una che si concede con poco, in particolare lui. Presi un respiro per calmare il nervosismo che mi aveva provocato. - Senti - iniziai, stringendo i denti - ero venuta qui con le migliori intenzioni, non per litigare, ma con te è impossibile. - aggiunsi, e girai le spalle, muovendo un passo verso la mia stanza.
- Sai bene che non penso questo di te. - Mi fermai, e col battito del cuore accelerato mi voltai di nuovo a guardarlo, rimanendo sulla soglia della porta.
- Da quello che hai appena detto si capisce altro. - ribattei sussurrando; la voce si era affievolita all’improvviso.
Ancora dandomi le spalle, lo sentii ispirare lentamente. - Rabbia - proferì.
- E perché sei arrabbiato? - In effetti avrei dovuto essere io quella arrabbiata dopo la scenata che aveva fatto davanti a Joe.
- Ho i miei motivi - ribatté scontroso, e dopo aver riposto l’ultima felpa nell’armadio si alzò in piedi e lo chiuse, per poi voltarsi verso di me. - E’ inutile che provi a convincerti che dovrebbe essere il contrario. -
Abbassai lo sguardo, accusando il colpo. - Non sono qui per scusarmi, volevo semplicemente chiarire. - cambiai discorso, guardandomi le scarpe. Avevamo sbagliato entrambi e lui per primo... anche se forse io maggiormente, ma non gliel’avrei data vinta.
Rialzai lo sguardo a lui, trovandolo appoggiato all’armadio con le braccia conserte.
- Allora? - mi spronò a parlare con fare abbastanza duro. Stava solo peggiorando la situazione.
- Vorresti smetterla di parlarmi in questi toni? Mi stai solo irritando, non aiuti per niente. -
Sbuffò sonoramente inarcando un sopracciglio. - Allora? - ripeté, usando un tono falsamente educato.
Schiusi gli occhi scuotendo la testa, sei insopportabile Malik.
Presi un respiro profondo e inchiodai gli occhi nei suoi, potevo farcela.
- Mi dispiace averti attaccato in quel modo oggi pomeriggio, e anche di aver detto quella frase. - gli spiegai, parlando senza esitazioni. Non ebbe alcuna reazione, continuò a guardarmi come prima che iniziassi a parlare: impassibile. - sono stata male a pensare di averti potuto ferire. Mi dispiace davvero. - dissi, adesso balbettando. Non capii cosa mi avesse preso. Notai però che qualcosa mutò nel suo sguardo, poi lo perse nel vuoto spostandolo dai miei occhi.
Aspettavo che dicesse qualcosa, ma non si decideva a proferire parola.
Sapevo che da lì a una manciata di secondi sarei esplosa. Avrei voluto prenderlo per le spalle e scuoterlo per fargli avere almeno una cavolo di reazione -e considerato quello che avevo bevuto ne sarei stata anche capace, quella sera-, la cosa che più odiavo al mondo era sentirmi ignorata. E lui non era nessuno per farlo.
Merda, dici qualcosa.
Stai mettendo a dura prova la mia pazienza, Narciso.
Apri bocca, idiota!
Non vuoi? Perfetto.
Tre.
Due.
Uno.
-Bene Malik, se stai aspettando di sentire la parola “scusa” uscire dalla mia bocca sono desolata se contraddirò le tue illusioni ma non succederà! Ho messo da parte l’orgoglio venendoti a dire che mi dispiace e sto realizzando di aver sbagliato. Non l’ho mai fatto in tutta la mia vita con nessuno, evidentemente non avrei dovuto farlo neanche con te! L’unica cosa che sai fare è farmi sentire in colpa più di quanto io debba effettivamente, quindi sai che c’è?! Adesso me ne vado, se vuoi ignorarmi fino a quando non saliremo su quel dannato aereo fai pure, almeno io ci ho... -
- Sssh, stai un po’ zitta. - mi interruppe, portando il suo sguardo di nuovo a me. Inarcai entrambe le sopracciglia con il fiato provato dal mio tono innervosito; prego?
Dopo un po’ mi resi conto che sembrava non aver ascoltato neanche una parola di quello che avevo appena detto, e il suo tono non era stato neanche troppo scortese. Le sue labbra perfette si aprirono in un sorriso sghembo nel giro di qualche secondo. Uno dei suoi sorrisi più belli.
O forse pareva così solo perché non gliene vedevo rivolgermene uno da un po’.
- Cos’hai da ridere? - gli chiesi acida, sorpresa della sua reazione e alquanto interdetta.
- Nulla - rispose, continuando a sorridere. Quando si morse un labbro mi costrinsi a mettere da parte l’istinto di saltargli addosso -che fosse bello era risaputo, e forse mi ci stavo anche abituando, ma quando metteva a dura prova i miei ormoni era difficile continuare a negare che fosse sexy-, e mi limitai ad osservare la strana luce che si era accesa nei suoi occhi. Mi stava guardando in modo decisamente diverso.
- Che ti è preso? - domandai, stavolta quasi divertita, non riuscendo a trattenere un sorriso.
- Niente, sei così... - esitò un paio di secondi, i nostri sguardi sembravano avere l’uno l’effetto di una calamita sull’altro. Era bello guardarsi in quel modo, senza fiatare. - niente. - disse poi, scuotendo la testa e abbassando lo sguardo.  
Decisi di non indagare ulteriormente, prima o poi me l’avrebbe detto, e feci spallucce. - Comunque adesso è tutto apposto? - mi venne spontaneo domandargli.
Annuì lentamente, e quando rialzò lo sguardo aveva ancora quella strana luce negli occhi. Quanto desideravo sapere cosa gli passasse per la testa.
- Okay, quindi io.. torno di sotto se non abbiamo altro da dirci - balbettai, sentendo le guance avvampare improvvisamente. La situazione stava diventando imbarazzante.
- Uhm, aspetta, ti va di rimanere? Possiamo parlare un po’, non lo facciamo mai. -
Inizialmente rimasi interdetta, ma una strana sensazione allo stomaco mi suggerì che in realtà la frase che aveva appena detto mi aveva fatto più che piacere.
- Certo - balbettai appena, sorridendo. Andò a sedersi sul letto, invitandomi ad imitarlo con quei suoi irresistibili occhi scuri. Lo raggiunsi -stando attenta a non perdere quel contatto visivo in quanto avevo dovuto farne a meno per fin troppo tempo- per poi sedergli di fronte, ad una distanza di sicurezza (per la sua, in quell’occasione: sentivo che non avrei risposto di me se mi avesse anche solo provocato).
Sentii l’odore di una sigaretta appena fumata arrivare direttamente dai suoi vestiti al mio olfatto, e lo inalai lentamente. Era addirittura piacevole, se misto al suo profumo. - di cosa vuoi parlare? - gli chiesi poi, fingendo che la situazione non mi sfiorasse minimamente. Alzò le spalle.
- Non lo so - sorrise, imbarazzato. Sembrava un’altra persona rispetto a quella che mi aveva accolto poco prima in camera. - Com’è andata la serata? - mi chiese, come convenevole.
Risi appena. - Sicuro di volerne parlare? -
Rise anche lui, per poi scuotere la testa. - Forse è meglio se non parliamo di quel tipo per un po’. - Lo fulminai con lo sguardo per il tono dispregiativo che aveva appena usato. - Scusa! - disse, costretto dal mio sguardo truce, con una faccia buffa che mi fece abbandonare ad una risata che successivamente contagiò anche lui. Poi improvvisamente tornò serio - però... c’è una cosa che vorrei sapere. - disse spostando i suoi occhi dai miei. Dopo un po’ riprese a guardarmi incerto per qualche secondo, poi prese un respiro profondo, quasi uno sbuffo. - lui ti ha baciata? - mi chiese, guardandomi serio, aspettando una risposta sincera.
Boccheggiai, domandandomi il motivo per cui mi avesse posto quella domanda, poi mi affrettai a scuotere il capo. Lui annuì, il suo viso sembrò rilassarsi, e la cosa mi inondò di un senso di confusione terribile. Sembrò sollevato, e quella reazione poteva significare una cosa sola.
No, invecemi imposi. Nessuno provava nulla per l’altro, semplice. Mi aveva fatto quella domanda per curiosità, la stessa con cui i ragazzi al piano di sotto, poco prima, avevano chiesto informazioni sulla cena.
Quando le parole di Liam di quel pomeriggio riguardo la gelosia del moro nei miei confronti mi balenarono per la mente, scossi di nuovo la testa impercettibilmente per cacciare quel pensiero scomodo.
- Uhm, se proprio dobbiamo parlare di qualcosa - cambiai decisa discorso, mettendomi più comoda incrociando le gambe - perché non mi racconti del tuo lavoro? -
Un sorriso sincero e luminoso si stampò sulle sue labbra. - Beh, è stato il mio sogno da quando ho scoperto la mia passione per il canto. Realizzare un sogno non è una cosa di tutti i giorni, soprattutto se quel sogno è qualcosa di così grande.  Condividerlo con quattro fratelli è l’aspetto migliore. Il lavoro è diviso per cinque, e sappiamo sempre come divertirci. Quei quattro sono matti, giuro - rise, contagiandomi. Lo guardavo attenta e conquistata dal modo soave in cui le sue labbra pronunciavano quelle parole, completamente cullata dal suono dolce ma deciso della sua voce. - Non immagini quanto sia strano all’inizio - sospirò. - Per noi in modo particolare è stato come una doccia fredda. Siamo passati dall’essere dei normali e anonimi adolescenti all’essere conosciuti in tutta l’Inghilterra. - Alzai un sopracciglio facendo una smorfia sarcastica. Rise. - Non mi sto vantando - ribatté al mio gesto fingendo acidità, ma tradito dal sorriso dolce che gli aleggiava sul volto. - la cosa al contrario mi spaventa. Sai, tre quarti delle persone che ci conoscono ha qualcosa da criticarci, molti qualcosa per cui addirittura odiarci. Nei giorni peggiori è semplice venire buttato giù moralmente stesso dal proprio sogno, non sai quante volte è successo a ciascuno di noi. - il sorriso che lentamente si era spento iniziò a riprendere colore. - Se non avessi loro quattro e la mia famiglia costantemente al mio fianco non ce l’avrei fatta ad andare avanti e sopportare gli aspetti peggiori di questo lavoro. Essere in questa band rappresenta tutta la mia vita. - concluse, con un sospiro leggero.
Ero rimasta davvero incantata dal discorso che aveva portato a termine, e le parole che aveva detto mi avevano toccata abbastanza. - Ohw, anche tu hai un cuore - sospirai però sarcastica posandomi una mano sul petto, con un’espressione forzatamente addolcita sul viso. Ridemmo entrambi. - adesso seriamente.. non mi aspettavo una risposta del genere, Malik. Complimenti. -
Si finse sorpreso. - Incantato - forzò un accento da lord inglese accennando un inchino. Risi appena, realizzando che stargli accanto poteva risultare piacevole. - E tu? Lavoro e passione coincidono o..? -
- Oh, assolutamente no - lo interruppi, appena il ricordo del mio ultimo impiego ritornò ad occuparmi la mente. - sono stata più felice di licenziarmi da quella discoteca, e ti giuro di non aver mai avuto passione nel servire quel tipo di clientela. Mi metteva i brividi, penso sia stata una delle mie esperienze peggiori. - dissi con una smorfia non andando dei particolari, visto che cercavo sempre di dimenticarli, provocando una sua risatina accennata.
- Allora cosa ti piace? - mi chiese, sembrando davvero interessato.
- La musica - risposi di getto, sorridendo e spostando lo sguardo imbarazzata.
- Parlamene - mi impose dolcemente, aspettando che rialzassi chi occhi a lui. Lo guardai mordendomi metaforicamente la lingua.
- Ehm, io non... - mi interruppi notando che mi stava guardando in tralice. Risi. - ...occhei - sospirai poi - anche se non c’è molto da dire. Sono innamorata di una band e della musica in genere. È davvero l’unica cosa che sa dare colore alla mia vita. Magari non sarò un’artista, però sento la musica scorrermi nelle vene, letteralmente. - dissi, decisa sul non andare oltre. Sentivo la musica un po’ mia, non riuscivo e non mi andava di parlare delle sensazioni che mi faceva provare, persino con lui. Sorrise, quindi ricambiai. - È difficile da spiegare, ma penso tu mi capisca - aggiunsi non vedendolo rispondere; annuì con vigore.
- Che band? - domandò subito dopo. Mi trattenni dall’urlargli fatti gli affaracci tuoi e sospirai.
- Jonas Brothers - risposi semplicemente. Lo guardai annuire, sembrò immagazzinare l’informazione come se sarebbe potuta tornargli utile. La cosa puzzava, ma sorvolai. - qualche altra tua passione oltre il tuo lavoro? -
Boccheggiò, come preso in contropiede. - Uhm, mi... mi piace disegnare - farfugliò, sembrava quasi in difficoltà. Le sue gote sembrarono assumere un colore roseo, abbastanza in contrasto con la sua meravigliosa carnagione olivastra.
Zayn Malik sta arrossendo.
Sorrisi, assolutamente intenerita dalla sua reazione. Parlarne sembrava averlo messo in imbarazzo, come poco prima con me e la musica. - Qualche volta voglio vedere qualche tua creazione - dissi decisa, guardandomi intorno in cerca di qualche foglio o qualche album da disegno. - non hai un blocco su cui disegni? -
- Oh, no... la maggior parte delle volte non sono mai soddisfatto del risultato e lo butto via, quindi sarebbe inutile - rispose, balbettando, come insicuro. Assottigliai lo sguardo scrutandolo attentamente, stava mentendo?
- Perché balbetti? - mi venne spontaneo chiedergli, mordendomi il labbro inferiore per non ridere. Non l’avevo mai visto così impacciato.
- Si da il caso che tu lo faccia in continuazione ogni volta che mi avvicino a te più del dovuto, eppure non mi pare di averlo mai sottolineato - ribatté, acquistando di nuovo la sua solita sicurezza e sfacciataggine.
Sbuffai spazientita. - A me non risulta, Malik - mi opposi, provocandogli un’espressione esageratamente sorpresa.
- Posso dimostrartelo anche adesso - disse, e facendosi leva con una mano sul letto affianco a me si sporse fino a sfiorarmi di striscio la guancia con le labbra, per poi arrivare lentamente al mio orecchio. Glielo lasciai fare, immobile e provata. Il suo odore mi aveva invasa mandandomi pesantemente in confusione. - in più quando vuoi nascondere l’imbarazzo mi chiami per cognome per sembrare scorbutica - sussurrò con una lentezza innata, provocandomi un innalzamento improvviso della temperatura corporea, e soprattutto di quella delle mie guance. - mi sembra di averti già detto quanto mi faccia impazzire. - Sentii il respiro bloccarsi e poi riprendere affannoso. Dannazione.
- E a me non sembra di averti ancora detto che la cosa non mi sfiora neanche lontanamente, Mister Narciso - ribattei sforzandomi di non balbettare, e lo riportai seduto spingendolo per una spalla. - se vuoi continuare a parlare civilmente resto, altrimenti se devi giocare in questo modo posso pure andare via. - Mi imbronciai appena notando il sorriso malizioso e soddisfatto sul suo viso. Non sopportavo che si prendesse gioco di me in quel modo, prima o poi gliel’avrei fatta pagare.
- Su, non prendertela piccola - mi pizzicò una guancia ridendo, io mi allontanai bruscamente lasciandomi scappare un sorriso e rimanendo provata dall’odore di tabacco delle sue mani - so che odi non avere ragione, per questo ti ho dimostrato che avevi torto. -
- Bastardo - lo appellai arricciando il naso.
- Simpatia fatta persona - rispose alla provocazione inarcando le sopracciglia.
- Nessuno è perfetto - ribattei ridendo.
- Devi per forza avere tu l’ultima parola? -
- Come minimo. -
- A me piaci lo stesso. -
Il cuore saltò un battito, facendomi rivivere un flashback. Arrossii, fingendo tuttavia indifferenza. - Già sentita. - appurai alzando gli occhi al cielo.
- Mh, non sei una che si accontenta con poco -
- Esattamente - lo appoggiai annuendo. Ci rivolgemmo entrambi un sorriso divertito -piacevano a tutti e due quegli scambi di battute, evidentemente- nell’istante in cui sentii la voce di Alex chiamarmi dal piano inferiore, chiedendomi di scendere.
Sospirai. - ha bisogno della sua mamma. - spiegai facendolo ridere. Aveva una risata meravigliosa.
- Allora corri - rispose sorridendomi, mi diede l’impressione di essere triste che stesse finendo quella nostra chiacchierata.
Mi alzai dal letto, anche se in realtà neanch’io avrei voluto interrompere quell’atmosfera che si era creta. Non avevamo litigato per niente, era un enorme passo avanti.
Lui fece lo stesso, fermandosi di fronte a me. Lo guardai per qualche secondo sorridendo sbrigativa e prima che potesse fare qualsiasi cosa mi allontanai da lui muovendo un passo verso la porta. - Ah, giusto - feci poi, ricordandomi di una cosa. Mi voltai a guardarlo di nuovo. - Quando prima abbiamo fatto pace perché hai iniziato a sorridere senza motivo? - chiesi, indagando con lo sguardo.
Sul suo volto si dipinse di nuovo quel sorriso. - Un motivo c’era - ribatté arrivandomi di nuovo di fronte. Non mi ritrassi, sorpresa da quel gesto.
Per la seconda volta mi chiamarono dal piano di sotto, stavolta fu la voce di Frenk a urlare il mio nome. La ignorammo entrambi, troppo intenti a giocare con i nostri sguardi.
- Sappi che voglio saperlo, Malik - ripresi il discorso ed inarcai un sopracciglio - se stavi ridendo di me te la farò pagare, fosse l’ultima cosa che faccio - lo puntai con l’indice, guardandolo in modo minaccioso per scherzo, e lui rise.
- Non potrei mai ridere di te - rispose; si avvicinò fino a che dovetti guardarlo dal basso - tranne quando inizi a balbettare per la timidezza - sorrise teneramente, appoggiando con estrema lentezza la sua fronte alla mia, come a chiedermi il permesso, mentre i nostri nasi si sfioravano appena.
Glielo lasciai fare, e altrettanto lentamente anche le sue mani si poggiarono delicate sui miei fianchi. Quando il suo leggero odore di tabacco mi pervase per poco le gambe non cedettero, mi sentivo debole e confusa, come se quella ad aver fumato fossi stata io, e non solo sigarette. Non riuscivo a concepire che mi provocasse tutto quello, ma in quel momento la ragione era l’ultima cosa a cui stavo pensando, forse anche a causa di quelle birre di troppo.
- Non sono timida - lo contraddii con un sussurro. Sollevai le braccia fino ad appoggiare gli avambracci al suo petto, iniziando a giocare con lo scollo del suo maglioncino da cui si intravedevano le clavicole. Avvertii il suo respiro accelerato dai movimenti del suo petto, e appurai andassero in concomitanza con quelli del mio.
- Nah - fece lui sarcastico; alzò un angolo della bocca.
- No, infatti - ripetei il concetto, fissando il sorriso sulle sue labbra, che in quel momento sembravano più che appetibili. Cercai di scacciare il pensiero, ma era troppo insistente con la sua bocca ad una manciata di centimetri dalla mia, e la mia mente troppo offuscata. - quindi, perché sorridevi? - alzai lo sguardo ai suoi occhi, così vicini ai miei, appurando per l’ennesima volta quanto fossero splendidi.
Non parlò per qualche secondo; si morse nervoso il labbro -e lo notai, visto che il mio sguardo oscillava tra il suo e le sue labbra- tentandomi in una maniera assurda. Mi domandavo se lo facesse di proposito, e se percepisse le mie reazioni ogni qual volta i suoi denti lambivano quelle labbra rosee e all’apparenza tremendamente morbide. - Stavo riflettendo sul fatto che sei venuta da me appena tornata a casa, come fosse stata una priorità parlarmi per chiarire. - iniziò a spiegarmi a bassa voce, portando le sue mani sulle mie, che giacevano ancora sul suo petto, unico ostacolo a dividere in nostri corpi. Iniziò ad accarezzarle con dolcezza e staccò la sua fronte dalla mia per potermi guardare negli occhi. Deglutii, senza fiato, immobile. In effetti il pensiero del nostro litigio mi aveva ingombrato la mente tutta la serata, e se non gli avessi parlato al più presto mi sarebbe scoppiata la testa. - E poi ho capito che anche a te è dispiaciuto tanto discutere in quel modo, oggi, quindi ho pensato che.. che questo vorrà pur dire qualcosa. - balbettò, sembrando davvero in difficoltà. - anche se magari mi sbaglio - si affrettò poi ad aggiungere, mantenendo quel tono di voce sussurrato. Mentre lui mi osservava incerto io mi persi nelle strane tonalità dei suoi occhi, e troppo confusa per capire cosa stessi facendo scossi la testa, contraddendo la sua ultima frase. Sorrise appena e lo feci anch’io in risposta, col fiato corto e le gote arrossate. Liberai la mano sinistra dalla dolce trappola della sua e risalii lentamente dal suo petto fino al suo collo, appoggiandola su di esso e accarezzandogli il viso con il pollice. Per una volta la situazione era ribaltata.
Il suo sorriso svanì lentamente; sembrò innervosirsi per quel contatto, e nonostante le circostanze mi complimentai con me stessa per averlo fatto irrigidire -reazione che invece avevo sempre io a causa sua.
La sua mano libera si mosse fino a posarsi dietro la mia schiena, mentre l’altra teneva la mia esattamente all’altezza del suo cuore che batteva rapido. Mi attirò dolcemente a lui e si chinò appena verso di me, fino a che riuscii a percepire il suo respiro sul mio viso.
Schiudemmo entrambi le labbra, io mi sporsi appena in avanti per facilitare la situazione, mentre una sensazione strana mi stringeva lo stomaco al pensiero di quello che stesse per succedere.
- Rose.. - si interruppe però -con mio dispiacere- con tono interrogativo, alzando il suo sguardo ai miei occhi e staccandolo dalle mie labbra.
- Mh? - gli feci eco, il cuore sembrava uscirmi dal petto.
- Sei.. sei sicura... - farfugliò, venendo però interrotto stavolta da una terza voce proveniente dal corridoio.
- Si può sapere dove diavolo sei finita, Rose?! - sussultai bloccando un respiro a metà e guardai le sue labbra che quasi sfioravano le mie per l’ultima volta prima che entrambi ci allontanassimo, con evidente dispiacere. Sospirai sonoramente chiudendo per un paio di secondi gli occhi e feci un passo indietro.
Merda.
Gli vidi abbassare lo sguardo mentre come me indietreggiava appena e sprofondava le mani nelle tasche della tuta che indossava, serrando in modo evidente la mascella. Potei giurare di aver sentito una sua imprecazione sussurrata tra i denti.
Provai ad aprire bocca ma fui costretta a spostare lo sguardo da Zayn all’ingresso della stanza, dove vi spuntò Frenk.
- Ti costava tanto scendere un secondo? - sbuffò guardandomi male. La fulminai con lo sguardo, lei sembrò intuire qualcosa oscillando lo sguardo tra me e il moro, che ora fingeva indifferenza guardando per aria. - comunque avevamo bisogno di voi due per scegliere che film vedere stanotte prima di andare a dormire. - continuò leggermente interdetta.
Annuii distrattamente. - Vi raggiungiamo subito. - la liquidai in modo scortese, guadagnandomi un suo sguardo confuso.
Farfugliò qualcosa in segno di assenso e scomparve di nuovo dalla stanza, lasciandoci soli.
Fissai il moro finché non rialzò lo sguardo a me. Deglutì, aprendo la bocca come se volesse dire qualcosa.
La situazione era diventata alquanto pesante da sostenere. Mi ritrovai ad arrossire pensando a quello che stavamo per fare, e pensai che tuttavia mi dispiaceva che non fosse successo. Ma forse, se Frenk non ci avesse interrotto, mi sarei pentita di quel bacio a vita. Semmai fosse capitato le cose tra noi sarebbero dovute cambiare e io non volevo. Non sapevo quello che provavo io, non sapevo quello che provava lui, non sapevo quello a cui sarei andata in contro, non sapevo le conseguenze che sarebbero scaturite, e soprattutto non sapevo se -cosa più importante- per lui avrebbe avuto la stessa importanza che avrebbe avuto per me.
- Meglio andare. - dissi semplicemente, confusa più che mai dai numerosi pensieri che avevano iniziato ad offuscarmi la mente.
Annuì impassibile con uno sguardo spento e indecifrabile.
Mi morsi un labbro e con lo sguardo basso abbandonai la stanza di Zayn, lasciandolo in piedi al centro di essa, immobile.
Mi ero davvero sentita pronta per baciarlo?
Scossi la testa categorica mentre scendevo le scale.
Associai il mio comportamento stranamente spensierato di quella sera al fatto che avevo bevuto più del dovuto.
Il mio precario stato di lucidità aveva lasciato incontrollata la mia impulsività, che invece spesso riuscivo a controllare.
Promettendomi che non sarebbe più accaduto, arrivai in salotto per avvisare che avrebbero visto il film senza di me, quella sera. Rivolsi una buonanotte generale e tornai alle scale, ma saliti i primi gradini mi imbattei di nuovo nel moro.
Smise di scendere, quindi salii lentamente qualche altro scalino fino a raggiungere quello su cui si erano fermate le sue scarpe, senza mai staccare i miei occhi dai suoi.
Arrivai di nuovo a una manciata di centimetri da lui -che stranamente non sembrava prendere iniziativa- e in qualche secondo le sue labbra si aprirono in un sorriso imbarazzato, che mi ritrovai a ricambiare mentre le mie guance avvampavano.
- Ehi, per prima...- iniziò, facendo accelerare il ritmo del mio cuore.
Scossi la testa per evitare che continuasse, mi ero fermata per levare ogni suo dubbio.
Posai una mano sulla sua spalla e mi alzai sulle punte per posare le mie labbra all’angolo della sua bocca. Mi allontanai dopo un po’, sperando che avesse capito il mio gesto.
Corrugò le sopracciglia, il suo viso assunse un’espressione confusa, forse irritata.
- Buonanotte Zayn - sussurrai.
- Ma.. - boccheggiò per un po’, per poi zittirsi e guardarmi attonito.
Evidentemente ora aveva capito.
Lo guardai dispiaciuta, per poi abbassare lo sguardo e continuare a salire le scale, fino a rintanarmi in camera, chiudendo la porta e gettandomi a peso morto sul letto, a pancia in giù.
Quello che stava per succedere nella sua stanza era da dimenticare, e sperai che adesso fosse anche lui di quell’avviso.



sono insoddisfatta.
di questo capitolo, delle recensioni al precedente, del modo in cui scrivo, di tutto.
sono in crisi. pensavo uscisse qualcosa di decente ma SHIT, NON E' SUCCESSO. #sonofrustrata
spero apprezziate l'immane sforzo che comunque ho fatto, mi dispiace pure aver aggiornato in ritardo -avevo parlato di un paio di gorni senza mettere in conto che io non riesco a scrivere assolutamente nulla in un paio di giorni-.
anyway, ho voluto dedicare un capitolo intero ai zose perché era da un po' che mancavano, credo. in questo capitolo c'è un po' tutto: acidità, rabbia, timidezza, attrazione, imbarazzo. ci sono zayn e rose in tutte le varianti, lol.
qui stanno iniziando a socializzare. si stanno lasciando pian piano alle spalle i vecchi battibecchi per le idiozie, semmai dovranno litigare capiterà solo per motivi più che validi. ok, ho spoilerato senza volerlo lalalaaa. ma già che ci siamo ve lo dico, non lasciatevi ingannare dall'imminente periodo di pace, non immaginate cosa vi aspetta (secondo me arriviamo a un centinaio di capitoli per tutto quello che ho in mente ahahah)
comunque, a parte la socializzazione, in questo capitolo ho voluto anche sottolineare che rose sta cambiando nei confronti di zayn, e non in modo irrilevante. sembra più predisposta, ma non del tutto. piano piano ce la faremo.
o forse no.
forse moriranno in un incidente prima di dichiararsi (?), la vita è crudele, e la mia mente assolutamente imprevedibile anche per me. potrei cambiare tutti i miei piani. e.e
by the way penso di non aver altro da dire, a parte che VI AMO IMMENSAMENTE e se non avessi le poche, ma davvero importanti♥, recensitrici che ho davvero mi sentirei persa ed inutile. grazie mille.
e grazie alla mia marta, asgfjsdshbfd ti amo.
alla prossima.

rose. xx

ps. ho cambiato font della scrittura, spero ora sia più leggibile e provochi di meno mal di testa (visto che a me quando rileggo i capitoli la testa quasi scoppia çç). 

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Capitolo 27
*** Page ninety-six. ***


Chapter twenty-seven: Page ninety-six.

 
27th december 2011
Zayn’s pov
Sbuffando a bassa voce sollevai il cuscino del mio letto per controllare se vi fosse il mio cellulare -per qualche oscuro motivo- al di sotto, ma non fui lieto di scoprire che era lì. Era la quinta volta che lo perdevo da quando ero atterrato sul suolo americano -il numero sarebbe aumentato vertiginosamente se avessi calcolato anche le volte in cui era capitato in Inghilterra. Mi chiedevo come ci riuscissi.
Mi chinai sul mio letto e ne tastai per l’ennesima volta la superficie a tentoni, cercando di non svegliare quel dormiglione (detto da me suonava alquanto strano) di Louis; erano solo le dieci del mattino, mi dispiaceva svegliarlo. Fosse stato per me sarei rimasto a dormire fino all’una ma il mio corpo quella mattina rifiutava di rimanere a letto. Ricattato da un leggero mal di testa avevo deciso di alzarmi, per vedere se almeno si sarebbe alleviato. L’esperimento era riuscito, ma il mal di testa stava per tornare mentre sforzavo la vista al buio in quella stanza in cui riuscivo a percepire solo il respiro leggero di uno dei miei migliori amici, e delle voci lontane dei ragazzi svegli in cucina al piano inferiore.
Dovevo trovare quel dannato aggeggio al più presto o sarei impazzito -e sarebbe impazzita anche mia madre, non avendo notizie di me.
- Tesoro, sveglia - riconobbi la voce di Marty sussurrare con dolcezza nella stanza di fronte la mia, sorrisi. Quella ragazza era un concentrato di tenerezza, lei e Rose erano molto simili da questo punto di vista... mentre sul lato dell’antipatia quella brontolona la batteva senza problemi. - dai Rose, sono quasi le dieci e mezza - insistette poi, sempre in modo dolce. Al sentire il suo nome un brivido mi percorse la schiena, permettendo alla mia mente di tornare alla sera precedente. L’effettività che se Frenk non ci avesse interrotti avrei finalmente potuto baciarla continuava ad imporsi nella mia mente, insistente. Eppure se in stanza era sembrata consenziente, sulle scale poco prima di andarsene a dormire aveva rimangiato tutto con quel bacio all’angolo della bocca, lasciandomi immobile, inebetito e fastidiosamente impedito a respirare regolarmente. Non riuscivo a capire il motivo del suo gesto, tutto quello che volevo era che la situazione si smuovesse. Per quanto mi piacessero quei giochetti tra noi, non mi bastava più avvicinarmi pericolosamente alle sue labbra per poi essere costretto ad abbandonarle. E se non avesse fatto lei qualcosa per cambiare le cose, l’avrei fatto io. Non sapevo ancora come, ma ero deciso nel voler trovare un modo per ottenere quel bacio tanto bramato -lo sapevo- da entrambi.
- Rose - ripeté Marty sempre sullo stesso tono, ma stavolta appena appena spazientita.
Quando un mugugnare delicato e assonnato giunse alle mie orecchie mi bloccai, tornando dritto, per poi iniziare a fissare il buio in silenzio, aspettando di risentire la sua voce. Ringraziai il silenzio tombale del piano superiore per permettermi di poterla ascoltare, nonostante fosse ormai mattina inoltrata.
- Finalmente - sospirò l’amica - alzati pigrona, è tardi. - la sentii ridacchiare.
La mora sospirò, riuscii a sentire uno sbadiglio leggero. - lo sai che ti amo tanto, amore mio - sussurrò, la voce impastata dal sonno. Rabbrividii al sentire quelle parole, immaginando una situazione in cui quelle parole fossero state rivolte a me. Scacciai via il pensiero con un gesto secco del capo. - dai, non costringermi ad alzarmi alle dieci - piagnucolò poi con estrema lentezza, facendo ridacchiare ancora Marty.
- Non ci fai una bella figura coi ragazzi, vuoi lasciarti considerare una dormigliona? -
- Penso l’abbiano capito che lo sono, ormai - ribatté con voce strascicata. Mi resi conto del sorriso ebete che avevo e mi costrinsi a tornare serio.
Dopo un suo sbuffo ci fu uno strano fruscio, forse dovuto allo scostarsi delle coperte, e uno scricchiolio leggero del letto.   
- Brava la mia piccolina - disse quindi Marty, soddisfatta. Mi ritrovai ad immaginare di poter essere al suo posto, sentirmi dire le stesse cose, e poterla appellare con la stessa tenerezza con cui lo faceva la sua migliore amica. Scacciai via quel pensiero scomodo, ritornando ad ascoltare attento la loro conversazione.
- Scendiamo di sotto, la vena culinaria di Harold si è risvegliata, vuole preparare la colazione per tutti, ma penso abbia bisogno di una mano. -
La risatina leggera della mora riempii il silenzio, facendomi rabbrividire per l’ennesima volta. - Mi rendo presentabile e vi raggiungo. -
Ci fu un istante di silenzio. - Oh, fai sul serio? Ormai sono come fratelli, figurati se gli importa se non sei acconciata al meglio - esclamò giustamente l’amica - non voglio sapere storie, adesso tu vieni con me - le impose, forse iniziando a trascinarla via.
- No dai, seriamente tesoro - la interruppe Rose, quasi implorante - dieci minuti e scendo anch’io, giuro. - Sentii un bacio schioccare su una guancia, dopo qualche secondo un sospiro di resa e dei passi -immaginai di Marty- abbandonare la camera.
Sorrisi tra me e me e scossi la testa, era la persona più testarda che conoscessi... insieme ad Harry.
Ripresi a tastare il letto, poi iniziai a cercare sopra le varie mensole e i vari mobili. Intanto sentii uno scrosciare d’acqua, segno che Rose stesse usando il bagno. Ricordai dall’esperienza passata in cui ci eravamo svegliati nella stessa casa -anzi, addirittura nello stesso letto- che abitualmente lavava i denti appena sveglia, e collegai le due cose. Ammisi a me stesso di averla osservata davvero tanto, davo attenzione a qualsiasi stupidaggine la riguardasse.
Sospirai, finivo sempre col pensare a lei in qualche modo. Ora la priorità era trovare il mio Iphone. Dopo un’altra manciata di minuti, appena prima di imprecare dal nervosismo, riconobbi lo schermo del mio cellulare al tatto. Alzai gli occhi al cielo -nel buio più assoluto di quella stanza- sussurrando un ‘grazie’. Illuminando il pavimento col display per evitare di inciampare arrivai alla porta e la chiusi alle mie spalle.
Raggiunsi le scale mentre i miei occhi tornavano ad abituarsi alla luce mattutina, ma prima che potessi scendere il primo gradino sentii il rumore di una serratura, che mi fece indietreggiare e spedire lo sguardo alla fine del corridoio. La porta del bagno delle ragazze si aprì lentamente. Rose ne uscì camminando piano con lo sguardo fisso sul suo cellulare; i capelli, che solitamente avevano una messa in piega perfettamente liscia, adesso ricadevano scombinati sulle sue spalle, con qualche accenno di boccolo qua e là, che le conferiva un'aria assonnata ma davvero interessante. Iniziai ad andarle in contro, e la osservai mentre continuava ad avanzare distrattamente per il lungo corridoio, ignara di avermi appena provocato una fitta allo stomaco, tanto che sembrava bella: un pantalone grigio di una tuta le fasciava comodamente le gambe, mentre una felpa bianca di qualche taglia in più alla sua nascondeva la parte superiore del suo corpo.
Mi schiarii la voce per richiamarla, non riuscendo a reprimere un sorriso sincero. Quando alzò lo sguardo a me sembrò rimanere interdetta, poi mi sorrise di rimando, interrompendo subito la sua camminata. Io invece continuai ad avanzare verso di lei, fino a che torreggiai su di lei in altezza.
- Buongiorno principessa - le dissi avvolgendo con titubanza le mie braccia attorno al suo corpo che paragonato al mio pareva terribilmente minuto. Quando sentii le sue braccia circondare il mio bacino in risposta, il cuore saltò un battito.
- ‘Giorno - mugolò contro il mio petto. Le lasciai un bacio fra i capelli, provocandole una risatina. - cos’è tutta questa dolcezza di prima mattina, Malik? - mi domandò divertita sciogliendo imbarazzata l’abbraccio e indietreggiando appena per tornare ad una distanza di sicurezza da me. Mi trattenni a fatica dal ridere di quel suo comportamento leggermente impacciato.
- E’ vietato? - rimandai, alzando ironico un sopracciglio.
- Beh, penso che oggi posso concedertelo. - Fece spallucce, per poi abbandonarsi ad una risata che contagiò anche me.
- Io stavo scendendo di sotto - dissi dopo un po’, ricordandomi della sua discussione con Marty. - vieni con me? - Conoscevo già la sua risposta.
- Veramente volevo prima rendermi presentabile, appena sveglia sono inguardabile. - mi rispose ridendo.
Aveva la risata più tenera che conoscessi.
Scossi la testa in disaccordo e sorrisi, prendendomi qualche secondo per osservare il suo viso dolce. - Sei bellissima anche così. - ribattei serio, ma la mia voce fu sovrastata dal rumore insistente del motore di un aereo, che dopo una manciata di secondi scomparve.
- Cosa? - mi domandò di ripetere, come se non avesse capito. Fui sicuro che avesse compreso le mie parole quando le sue gote la tradirono assumendo un colorito più che roseo in pochi secondi. 
- Mmh - mi morsi un labbro, facendo un passo avanti verso di lei, che indietreggiò leggermente come in reazione spontanea - non sei una brava attrice - sussurrai, arrivando comunque a toccare il suo naso col mio. Sorrise guardando incerta i miei occhi e permettendomi infine di rimanere col viso così vicino al suo. Riuscivo a sentire l’odore di menta fresca del suo respiro appena affannato esattamente sulle mie labbra.
- Dammi tu qualche ripetizione, se a differenza mia sei così bravo - mormorò di rimando, conservando quella vicinanza; le nostre labbra aperte in mezzi sorrisi quasi si sfioravano, ma nessuno dei due sembrava voler andare oltre in quell’istante.
- Ohw, non arrabbiarti sempre - sussurrai ancora con dolcezza forzata, alzando una mano al suo viso fino a sfiorarle il labbro inferiore con un dito.
La sentii sussultare mentre lo accarezzavo, ma nonostante tutto sembrò mantenere la calma. Si ritrasse con un sorriso di sfida sulle labbra.
- Ricordati che mordo. - mi guardò intensamente negli occhi.
Il mio sorriso si allargò contagiando una sua risatina soddisfatta.
Mi allontanai per poterla guardare per bene. - Allora, scendiamo? - le chiesi porgendole una mano.
Sospirò. - Uhm, prima... -
Sbuffai, lasciando cadere il braccio lungo il fianco. Lo rialzai di nuovo per portare la mano ai suoi capelli e scompigliarli un po’, per poi guardare fiero il risultato. La vidi accigliarsi e arricciare il naso. Deglutii, nascondendo il nervosismo per le parole che stavo per pronunciare. - appena sveglia sei ancora più bella - ripetei il concetto che era riuscita ad aggirare, tornando a porle la mano - e non ti conviene contraddirmi. - aggiunsi, guardandola per scherzo in tralice.
Rise appena; lambì il suo labbro inferiore, nervosa, poi appoggiò il suo piccolo palmo sul mio. Intrecciai le mie dita con le sue e mi sporsi a lasciarle un bacio delicato sulla guancia, guadagnandomi un suo sorriso luminoso.
Iniziai a camminare senza fretta verso le scale trascinando Rose delicatamente dietro di me, e appena mettemmo entrambi piede sul pavimento del piano terra dopo quella rampa di scale, il pensiero di assecondare un mio improvviso desiderio mi attraversò la mente.
Rallentai il passo fino a fermarmi, Rose ebbe appena il tempo di voltarsi interrogativa verso di me dopo avermi appena superato che le sorrisi, quasi con un ghigno, e la mano che non stava stringendo la sua si posò sul suo fianco, per poi spingerla rapidamente contro il muro. Sussultò, lanciandomi uno sguardo sorpreso e alquanto divertito, considerando il sorriso accennato creatosi sulle labbra per assecondare quello che giaceva sulle mie da quando avevo visto i suoi occhi per la prima volta quella mattina.
- Malik - esclamò quando mi avvicinai rapidamente al suo volto, lo sguardo inchiodato nel suo; le creai una trappola poggiando titubante le mani ai lati del suo viso, in risposta posò le sue mani sui miei fianchi come a bloccarmi, ma senza alcuna pressione, facendomi rabbrividire appena. Le sue labbra si incresparono in un sorriso imbarazzato, mentre io non smettevo di assaporare con lo sguardo ogni piccolo particolare del suo viso, dagli occhi dolci alle gote arrossate, dal piccolo naso alle labbra carnose. - che ti prende all’improvviso? - mormorò divertita senza staccare i suoi occhi dai miei.
Mi morsi un labbro, costringendomi a distogliere lo sguardo dal suo per dare una rapida controllata che fossimo del tutto soli in corridoio, poi tornai a guardare i suoi invitanti occhi color cioccolato.
- Stavo pensando che è da un po’ che non ti ricordo una cosa, forse dovrei - dissi trattenendo una risatina sorta al pensiero di una delle sue probabili reazioni.
- E sarebbe? - domandò alzando ironica un sopracciglio. Deglutii impercettibilmente portando con lentezza estrema la mia mano destra al suo viso, mentre lei rimaneva immobile al mio tocco. Accarezzandole il viso col pollice mi avvicinai ancora un po’ al suo viso, notando le sue palpebre sbattere ripetutamente. Iniziai a sentire il suo respiro affannarsi e cadere leggero sulle mie labbra, la cosa mi distrasse abbastanza, ma non del tutto, permettendomi di dare l’ordine alla mia bocca di pronunciare quelle tre semplici parole che avevo in mente.
- Che sei mia. - soffiai senza voce, sicuro che mi avrebbe capito lo stesso. I suoi occhi mi guardavano spaesati e sorpresi, mentre il suo sorriso lentamente scompariva. Il suo petto si abbassava e alzava a ritmi frenetici, non giovando al mio autocontrollo. La mia mano scivolò dalla sua guancia al suo collo, in cui le vene pulsavano quasi impazzite, e in reazione sentii le sue dita esercitare una piccola pressione sui miei fianchi, forse dovuta alla sua tensione. Non potevo dire di essere in una condizione migliore, sentivo brividi attraversare interamente il mio corpo, incontrollati. La sua lingua inumidì le sue labbra, costringendomi ad ispirare profondamente per mantenere una calma in quella situazione ormai sfuggitami di mano.
Quando però vidi il suo sguardo spostarsi imbarazzato dal mio capii che non era quello che voleva.
Mi sporsi leggermente fino a posarle un bacio all’angolo della bocca, quando mi fui allontanato i suoi occhi erano tornati a guardare i miei, accompagnati da delle gote arrossate.
Si schiarì la voce e un sorriso si creò sulle sue labbra prima che aprisse bocca. - Sbaglio o stamattina abbiamo entrambi tanta voglia di fare colazione? - mi domandò, sorridendomi angelica. Con una mano afferrò con dolcezza la mia ancora posata sul suo collo, poi intrecciò le dita con le mie, sembrandomi sicura di se più che mai. La lasciai fare. Io, al contrario, sentivo che il cuore potesse scoppiarmi da un momento all’altro a causa del battito frenetico. Non riuscii però a trattenere un sorriso davanti il modo in cui era riuscita ad ammaliarmi con lo sguardo, distraendomi magicamente. - sto iniziando ad avere fame, Narciso - aggiunse sbrigativa appellandomi amichevolmente, e scivolò sotto il mio braccio teso parallelamente al muro del corridoio per poi trascinarmi dietro di sé per mano, saltellando leggera verso la cucina.
- Sei un qualcosa di incredibile - le dissi ridendo, sinceramente colpito dal modo in cui era riuscita a distrarmi, mentre il mio cuore tornava ad un battito nella norma.
- Lo prendo come un complimento - ribatté ridendo, ed entrando in cucina con me al seguito. - buongiorno! - rivolse poi un saluto generale ai presenti in cucina, tenendo ancora stretta la mia mano.
Marty e Liam, seduti al bancone di quel cucinotto all’americana, alzarono lo sguardo a noi, sorridendoci a trentadue denti e dicendole un “buongiorno” all’unisono mentre ci avvicinavamo lentamente a loro. Ci guardarono curiosi, senza dire nulla.
- Ben svegliata piccola - disse invece Harry dandoci le spalle mentre armeggiava con qualcosa ai fornelli. Si voltò poi con una padella in mano, e osservò con un sorriso sornione le nostre mani intrecciate mentre prendevamo posto su due sgabelli vicini attorno alla penisola, per poi tornare a rivolgerci le spalle. Strinsi la mano di Rose senza neanche rendermene conto in reazione a quel -piccola-; lei sembrò accorgersene, perché sistemò per bene le sue dita tra le mie, decisa a non lasciarle. La cosa mi rubò un battito.
- Ciao riccio - gli aveva risposto intanto, con la sua caratteristica gentilezza e il suo sorriso dolce.
- Svegliata di buon umore? - le chiese Liam, che alzò momentaneamente gli occhi dal suo cellulare. Le accarezzai il dorso della mano col pollice quando fece spallucce, dopo un po’ mi indirizzò uno sguardo imbarazzato. Le sorrisi, ma spostò di nuovo lo sguardo.
- Cosa prepara di particolare stamattina, chef? - chiese poi ad Harry, trattenendo una risata mordendosi il labbro inferiore.
A Marty scappò una risatina.
- Mi sto cimentando nelle uova strapazzate - ribatté lui, per poi voltarsi e puntarla con un cucchiaio - so che sei più esperta, ma non ti permetto di prendermi in giro, moretta. -
Rose si abbandonò ad una risata leggera, contagiando anche noi tre spettatori della discussione. - non mi permetterei mai, illustre esperto culinario. - lo appellò ancora, guadagnandosi solo uno sbuffo per niente in realtà spazientito dal riccio.
Ero stato tentato di intervenire in difesa di Rose, ma poi avevo realizzato che da sola sapeva difendersi più che bene.
Nel momento esatto in cui la mora tirò fuori il cellulare dalla tasca della felpa e lo appoggiò sul ripiano, questo vibrò, e il display si illuminò. Incrociò improvvisamente il mio sguardo per lasciare poi -sembrò con riluttanza- la mia mano, che stretta alla sua aveva giaciuto sulla mia gamba fino ad allora; prese il cellulare tra le mani per leggere il messaggio e rispondere premendo velocemente i tasti della tastiera qwerty del suo Nokia. 
La curiosità mi corrose la bocca dello stomaco in quei lunghi secondi di silenzio, desideravo sapere chi fosse e perché quel messaggio le avesse procurato un accenno di sorriso. Ma quando aprì bocca desiderai di essere rimasto col dubbio.
- Uhm, io... - si schiarì la voce, nervosa - Joe ha detto che tra un po’ viene a prendermi per fare colazione insieme, quindi.. vado a prepararmi. - annunciò a testa bassa, ancora seduta sul suo sgabello. I miei occhi saettarono sul suo viso e cercarono quasi disperatamente i suoi, come se potesse girarsi verso di me e rivelarmi con un sorriso che in realtà stava scherzando, ma questi ora erano troppo impegnati a guardare inespressivi la sua migliore amica, seduta esattamente di fronte a lei. Le sorrise forzatamente non ricevendo risposta da Marty, scura in viso, e scivolò in piedi distogliendo lo sguardo. - a dopo - farfugliò, immobile, come se non volesse davvero andar via.
Harry mugolò in segno di assenso, Liam le fece eco ripetendo cordiale le sue parole.
Io rimasi in silenzio a fissare il bancone a testa bassa, come se il buon umore mi avesse abbandonato improvvisamente, ma poi sentii delle labbra morbidi posarsi sulla mia guancia per qualche secondo; schiusi le labbra interdetto mentre il fiato mi si mozzava in gola e mi voltai per guardarla scappare via in fretta dalla cucina. Sospirai profondamente, incontrando lo sguardo incerto di Liam appena mi rigirai in avanti.
Chinò la testa su un lato scrutandomi attento.
Sospirai per la seconda volta passandomi una mano fra i capelli, Marty abbassò lo sguardo in imbarazzo.
- Se va a fare colazione con lui non vuol dire per forza che sia più di un amico. - parlò Harry, che nonostante ci avesse dato sempre le spalle sembrò aver assistito alla scena. Si voltò a guardarmi, i suoi familiari occhioni verdi sembrarono trasmettermi calore. Alzò un angolo della bocca come per solidarietà, tornando poi a dedicarsi alla colazione. Erano poche le volte in cui non mi prendeva in giro riguardo Rose, pensai.
- Non essere insicuro, Zayn - fece poi Liam, guardando per un secondo Marty e poi tornando a fissare me - penso che quel Joseph per lei sia solo un buon amico, non c’è bisogno che tu sia... geloso. -
- Non sono geloso - borbottai subito in mia difesa.
- Zayn.. - mi richiamò cauta Marty ignorandomi; si interruppe per prendere un respiro. La guardai attendendo curioso quello che stesse per dirmi. - Rose è una ragazza abbastanza complicata. - iniziò. Ora tutti i nostri sguardi interessati erano posati su di lei, compreso quello di Harry. - so che è lunatica, che un giorno dimostra qualcosa e un altro giorno dimostra altro, però so anche che è perfettamente consapevole di quello che le passa per la testa e per il cuore. Solo che non vuole, o magari non riesce ad accettare certe situazioni che possono sembrarle più grandi di lei, quindi a volte va contro persino a ciò che desidera. - mi persi nei suoi occhi, cercando di capire bene cosa nascondessero quelle parole, che avevano creato un’enorme confusione dentro me. - Quello che devi fare è assecondare le sue scelte, sta provando tutte le strade, prima o poi imboccherà quella giusta. - mi sorrise infine gentilmente, e il suo sguardo intenerito mi portò ad abbassare involontariamente gli occhi e a chiedermi se le mie guance fossero stupidamente arrossite. Un senso di quiete mi attraversò da capo a piedi, forse dovuto ai suoi occhi caldi e accoglienti. Rialzai lo sguardo ad essi e rivolsi a Marty un sorriso sincero.
Poi boccheggiai, mentre miliardi di dubbi su Rose si accalcavano nei miei pensieri. Marty sembrava conoscerla più di quanto Rose conoscesse se stessa, magari avrebbe potuto aiutarmi se le avessi chiesto qualcosa.
Come se mi avesse letto nel pensiero, sorrise scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo. - Vado a svegliare Niall - annunciò, scendendo rapida dallo sgabello e fuggendo via dalla cucina; sospirai pesantemente. Liam mi guardò e ridacchiò silenziosamente.
- Sembrano sorelle - dissi, tra me e me - hanno la stessa tendenza a scappare dalle situazioni scomode. -
 
 

Ero totalmente immerso nella lettura di uno dei miei libri preferiti, mentre me ne stavo comodamente seduto sul mio letto con le spalle appoggiate al muro e le gambe ripiegate, che non mi accorsi dei passi leggeri che fecero ingresso nella mia stanza.
Quel libro l’avrei riletto milioni di volte; mi ero precedentemente complimentato con me stesso di averlo portato con me in viaggio, avevo immaginato che ci sarebbero stati momenti in cui avrei voluto rilassarmi allontanandomi dal mondo reale per entrare in quello triste e crudo dello scrittore, in quanto libro autobiografico.
Improvvisamente il libro mi fu sfilato dalle mani, e i miei occhi si alzarono in automatico di fronte a me, trovando Rose a sorridermi dolcemente, mentre mordeva un labbro per il suo solito nervosismo. Le sorrisi, guardandola mentre lanciava un’occhiata in basso a destra alla pagina che stavo leggendo e richiudeva il libro. Salì in ginocchio sul letto affianco a me, posandomi un rapido bacio sulla guancia e tornando a sedersi.
Boccheggiai guardando il libro e poi lei, ma prima che potessi parlare mi interruppe.
- Non odiarmi - borbottò come una bimba fingendosi imbronciata con un’arricciata di naso. - pagina novantasei - mi disse - anch’io odio perdere il segno. -
Scossi la testa divertito. - bentornata - dissi, incrociando le gambe e lasciando ricadere le mie mani -ormai vuote- su di esse.
- Che leggevi? - domandò, non aspettandosi una risposta mentre portava lo sguardo sulla copertina del mio libro. Si portò i capelli dietro l’orecchio e si accigliò, schiudendo appena le labbra. Non potei fare a meno di pensare a quanto fosse bella ai miei occhi. - Un bambino chiamato “cosa”... La drammatica testimonianza di un’infanzia violata - sussurrò, per poi mordersi un labbro e riportare il suo sguardo quasi smarrito ai miei occhi. - è triste? - mi chiese con un filo di voce. Mi limitai ad annuire. - oh, io non sopporterei mai un libro del genere. - riportò lo sguardo sul viso angelico del bambino in copertina e lo accarezzò con le dita.
- Parla dell’infanzia dell’autore, la madre e il padre erano alcolisti e lo maltrattavano... è un libro bello, ma abbastanza angosciante. - le spiegai, cercando di misurare le parole. Sembrava molto sensibile, se le avessi spiegato altro l'avrebbe colpita troppo.
- Mh mh - mormorò in assenso - solo al pensiero rabbrividisco. -
- Allora non pensarci - sfilai il libro dalle sue mani come poco prima aveva fatto lei con me, appoggiandolo alla mia destra. Le sollevai il mento con le dita, incontrando lo sguardo dei suoi occhi lucidi e tristi. Poi aprii le sue labbra in un sorriso con le dita, e abbandonai il suo viso quando ridacchiò abbassando lo sguardo, sicuro che si fosse stabilizzata.
- Ti sei divertita in giro per New York? - cambiai argomento, entrando in uno che forse avrei dovuto evitare; cercai tuttavia di conservare un sorriso sulle labbra ed un tono indifferente. Non mi andava di litigare quella mattina ed evidentemente non andava neanche a Rose. Mi ero prefissato di concludere bene la giornata, così com’era iniziata: in quel presupposto rientrava soprattutto discutere con lei il meno possibile, quindi dovevo stare molto attento a non farla arrabbiare.
- Tantissimo - rispose con finta acidità ed un sopracciglio alzato; poi rise, tornando alla ragazza dolce e con cui era piacevole dividere del tempo che si era dimostrata in quei giorni. In fondo in fondo avevo saputo -e sperato-  dal primo giorno che avesse un altro lato, uno positivo, opposto a quello scorbutico, acido e irritante dei primi periodi in cui ci stavamo conoscendo. - siamo andati da Starbucks, il thé e i biscotti che fanno qui sono buoni quanto quelli del Regno Unito - mi raccontò, guardando fin troppo attenta le sue dita che giocavano con il gancetto suo bracciale. - beh forse in Inghilterra sono migliori. - si corresse ridacchiando, guardandomi per un secondo. Non feci neanche in tempo a sorriderle che riabbassò gli occhi. Mi diede l’impressione di non riuscire a sostenere il mio sguardo, e se da un lato la cosa mi fece impazzire, dall’altro non riuscii a sopportarla. Avvicinai incerto la mia mano al groviglio delle sue dita col bracciale, districandolo delicatamente ed intrecciando le mie dita alle sue. La costrinsi così a guardarmi; la luce al neon della mia stanza mi permise di notare il rossore accentuato delle sue gote mentre mi sorrideva.
Le sue dita -incapaci di stare ferme per più di un secondo- ripresero a giocare nervosamente, ma stavolta con le mie. Sollevò la mia mano a mezz’aria, solleticando le mie dita mentre con le sue vi tracciava strani disegni con un accenno di sorriso sulle labbra. La lasciai fare, assistendo ai suoi gesti interessato.
Poi iniziò ad osservare la mia mano perdendo il sorriso e aggrottando le sopracciglia come ogni volta che era particolarmente applicata su qualcosa; arricciò il naso quando portò la mia mano perpendicolarmente alla sua, paragonò il suo palmo al mio facendoli toccare e notò quanto la sua mano scomparisse nella mia per la differenza di grandezza. - è enorme - commentò infatti sbuffando in modo infantile. Mi provocò un sorriso.
- E’ normale che le tue mani siano più piccole e femminili - mi ritrovai a spiegarle, come se stessi parlando ad una bambina. Chiusi delicatamente la sua mano nel mio pugno, sorridendo anche del fatto che sembravano combaciare perfettamente, come se fossero state create apposta l’una per l’altra. Avevo avuto quell’impressione spesse volte, solo adesso ero riuscito a spiegare in parole la sensazione che mi aveva provocato ogni volta l’immagine delle nostre dita intrecciate.
- Non usare questo tono da saputello con me, Malik - sbottò acida, lasciandomi a boccheggiare mentre cercavo il suo sguardo in cerca di una spiegazione. Scoppiò a ridere quando tornò a guardarmi, contagiando anche a me un sorriso inevitabilmente.
- E tu non prendermi in giro - borbottai ridendo e dandole un pizzico sul braccio.
- Ahi - Portò la mano sul punto in cui le mie dita erano entrate a contatto con lei, sfregandolo con un’espressione esageratamente dolorante, tuttavia ridendo. - tu non provocarmi, potrei reagire in modo aggressivo. - schiuse gli occhi cercando di incutere terrore con lo sguardo.
Sorrisi. - Ho un vago ricordo del morso. - Fece spallucce falsamente angelica; mi sporsi appena e le scombinai i capelli, guadagnandomi un’occhiataccia ironica.
Imitò un ruggito, provocandomi una risata. Più che una tigre o una leonessa, sembrava un cucciolo di gatto innocuo che cerca di tirare fuori deglia artigli inesistenti. Tuttavia alzai le mani. - Mi arrendo! -
Rise sonoramente. - Okay, penso di averti infastidito abbastanza, torna pure alla tua lettura - sospirò soddisfatta, e si mise seduta mettendo poi giù le gambe dal letto. Si alzò facendosi leva con le mani, ma io mi gettai in avanti afferrandole il polso giusto in tempo.
- Ferma, dove pensi di andare? - domandai retorico, facendo in modo che si girasse. Ora ero carponi, con una mano sul letto per tenere l’equilibrio, e la strattonai appena per attirarla a me; perse leggermente l’equilibrio, ritrovandosi esattamente di fronte al mio viso quando mi alzai sulle ginocchia mentre ancora le bloccavo il polso. - prima devi darmi un bacio - le ordinai alzando un sopracciglio; osservai la sua espressione divertita mentre mi puntavo la guancia con l’indice. L’ultima volta che l’avevo fatto era riuscita a scapparmi.
- Nah, non lo meriti, Narciso - ribatté mordendosi il labbro per trattenere un sorriso.
- Ah sì? - la sfidai.
- Mh mh. - annuì sicura.
- E se me lo prendessi con la forza? -
Ebbe giusto il tempo di boccheggiare confusa che balzai giù dal letto; la mano che precedentemente le stava tenendo fermo il braccio le strinse un fianco, così come fece anche l’altra: la sollevai di peso facendola poi ricadere seduta sul letto poco delicatamente.
- Zayn! - urlò divertita provando a divincolarsi della stretta delle mie mani sulle sue braccia ai lati del suo corpo. Sbuffò, non notando alcun risultato; ero troppo forte per lei. - dai, lasciami Malik - mi pregò borbottando, ma con un sorriso meraviglioso sulle labbra.
- Oh no, prima il bacio, altrimenti non ti libero. - Le porsi la guancia attendendo che la sua bocca premesse sulla mia pelle, ma le vidi scuotere categoricamente la testa con la coda dell’occhio. La fulminai scherzosamente con lo sguardo; arricciò il naso in risposta.
Ringhiai giocosamente mentre mi fiondavo sulla sua guancia e premendo le mie labbra violentemente sulla sua pelle, provocandole una risata sonora, mentre continuavo a tenerla ferma attraverso le braccia.
- Staccati Zayn! - esclamò ridendo quando continuai a baciarle ripetutamente la guancia. Sbuffò dimenandosi. - Ok, te lo do questo cavolo di bacio, ma levati! -
Mi allontanai di scatto dalla sua guancia, la guardai sorpreso che avesse ceduto così in fretta sorridendole a trentadue denti.
Scosse la testa a metà tra il divertito e lo spazientito. - Sembri un bambino - mormorò, col fiato corto dalle risate.
Le feci la linguaccia facendola ridere. Mi sedetti al suo fianco recuperando fiato e aspettai il bacio, scatenante della mini lotta appena conclusa. Sospirò alzando gli occhi al cielo, poi si sporse fino a posare delicatamente le sue morbide labbra carnose sulla mia pelle.
- Contento? - domandò sarcastica alzando un sopracciglio.
Annuii con vigore, lei sorrise divertita. Si alzò rapidamente, recuperando il libro caduto a terra nel trambusto e me lo lanciò addosso. Feci una smorfia, per poco non mi aveva colpito una parte a me molto cara.
Guardandomi alzò un sopracciglio e si diresse verso la porta, ma prima di attraversarla e lasciarmi solo in camera a sorridere come un ebete, si voltò, sorridendo, con le guance arrossate. - Pagina novantasei, Malik. -




perdonatemi.
non aggiorno per anni e poi torno con un capitolo stratosfericamente lungo.
sì, sono imperdonabile. scusate.
by the way, sarò rapida. 
ringrazio le recensitrici al capitolo precedente, e ringrazio pure quelle che leggono senza recensire, anche se un giudizio -pure negativo- non mi farebbe poi così tanto male.
non vi prometto di aggiornare presto, ma spero vi farete  bastare sto sormone (mi scuso ancora per la lunghezza, non era nei piani çç).
questo doveva essere un capitolo di passaggio, ma poi mi sono data alla pazza gioia con la dolcezza tra i zose. non sono carucci? *-*
per tutta la giornata del 27 dicembre saranno particolarmente belli, dolci, simpatici, scherzosi, angelici e chi più ne ha più ne metta.
poi non avete manco idea di quello che vi aspetta AHAHAHAHA 
ho spoilerato un pochino pochino. ^^
ma non dico altro lalalaaaa.
a presto -se sarò ancora viva (?).

love ya,
rose. xx
peace, love and meow. 

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Capitolo 28
*** I knew she was trouble. ***


-spazio autrice-
*si ripara con una padella*
so che mi odiate.
non aggiorno da più di un mese, perdonatemi. probabilmente avete pure dimenticato la storia, mi sento terribilmente in colpa.
spero che questo capitolo mi aiuti a scusarmi, sto esagerando con la dolcezza prima di una cosa che voglio far succedere tra un po', di cui già vi parlai generalmente. 
ripeto: il bello deve ancora venire -se si può chiamare bello-. ma non preoccupatevi più di tanto, non penso muoia nessuno ahahah. credo solo ci sarà da divertirsi, forse. boh, non lo so manco io cosa farò succedere di preciso, magari avrei dovuto evitare di anticiparvelo (?) ok non fateci troppo caso.
ringrazio le recensitrici, chi segue, ha preferito o ricordato la storia, o anche chi la legge e basta, sempre se ci sono lettori silenziosi.
grazie mille.
mi era mancato tantissimo cliccare su 'aggiorna', giuro.
spero continuerete a seguirmi.
love u,
rose. xx


Chapter 28: I knew she was trouble.

27th december 2011

Zayn’s pov
- Amico, tu stai male. -
L’esagerata risata di Niall mi portò alla realtà; mi costrinsi ad abbandonare con riluttanza ciò che stavo osservando da un bel po’ ormai -ammisi a me stesso di aver perso la cognizione del tempo- per portare lo sguardo al biondo che mi stava camminando affianco.
Lo fissai senza farmi contagiare dalla sua improvvisa ilarità, limitandomi ad un sopracciglio inarcato. - Che vuoi? -
- La stai mangiando con gli occhi - osservò. Alzai gli occhi al cielo. - o dovrei dire che la stai tenendo d’occhio perché sta passeggiando fra Liam e Louis? - Sbuffai pesantemente e scossi la testa senza ribattere. Non ero geloso della mora. Mi chiedevo solo perché stesse parlando con quei due da quando eravamo arrivati, e ancora non si fosse staccata da loro per dare almeno un po’ della sua attenzione a me. Mi sentivo semplicemente trascurato. - Dovresti chiederle di fare un giro, seriamente - continuò imperterrito - siamo a Central Park, c’è un’atmosfera meravigliosa, lei è di buon umore, tu sfoggerai il tuo fascino da bad boy e Rose cadrà facilmente ai tuoi piedi. - Gli rivolsi finalmente il mio sguardo, guardandolo scettico per qualche secondo. Sperai non pensasse davvero quello che aveva appena detto. Continuai a camminare, infilando le mani in tasca. - andiamo, stare da soli vi farà bene, dovresti approfittare di tutti i momenti che avete a disposizione per... -
- Porca troia, Niall - imprecai quando capii che non si sarebbe arreso facilmente. Rise. 
- Lo faccio per te - disse solo, facendo spallucce. 
Rimasi in silenzio per un po’, rimuginando sulle sue parole. Forse non aveva tutti i torti. 
Cavolo, eravamo in uno dei parchi più importanti e famosi al mondo; non a caso avevamo scelto di portare lì le ragazze. C’era un’atmosfera mozzafiato: il cielo era completamente libero, il sole splendeva illuminando quei prati coperti da un sottile strato della neve dei giorni scorsi, e nonostante il freddo di dicembre si facesse sentire, era quasi piacevole. Più mi guardavo intorno più sentivo crescere una strana sensazione nel mio stomaco.
Lo guardai, lasciandomi sfuggire un sorriso, riconoscente. Ricambiò a pieno capendo di avermi convinto, mentre gli battevo una pacca sulla spalla, iniziando poi ad accelerare il passo per arrivare a raggiungere Rose, che qualche metro più avanti stava ridendo di gusto insieme a quei due; probabilmente Louis aveva sparato una delle sue stronzate. 
Strinsi involontariamente li denti, e quando le arrivai alle spalle mi imposi di mantenere il controllo. Afferrai gentilmente la curva sopra i suoi fianchi, facendole interrompere la camminata; sapevo quanto quel contatto la imbarazzasse. Posò le sue mani sui miei avambracci, ed io la tirai con delicatezza a me, per poi avvolgere le mie braccia completamente intorno al suo bacino. Affondai il viso nell’incavo del suo collo stringendola forte a me. Sentivo il suo respiro accelerato, e questo mi faceva impazzire. 
- Zayn - sussurrò in tono di saluto. 
- Rose - feci anch’io, sentendo una sua risatina vibrare contro il mio petto. Provò a divincolarsi dalla presa ma la tenni stretta. - hai messo il profumo che piace a me. - notai, mormorando con le labbra sul suo collo. Vidi a mano a mano la pelle sottolineare il passaggio di alcuni brividi sul suo corpo; altra cosa che mi faceva impazzire. 
- Mh mh - mugugnò in tono affermativo, cercando ancora di scivolare dalle mie braccia. La lasciai andare ridendo, consapevole del fatto che non sarebbe mai riuscita a liberarsi da sola dalla mia stretta ferrea. Mi si piazzò di fronte, schiudendo gli occhi per mandarmi un’occhiataccia giocosa. 
- Non sentirti superiore solo perché hai un po’ di forza in più. - ribatté, come se mi avesse letto nel pensiero.
- Un po’ di forza - le feci eco dubbioso, guadagnandomi un colpo sul petto che non mi scalfì più di tanto, insieme ad una sua meravigliosa risatina. - Ti va di fare un giro? - 
Le presi una mano quando la vidi annuire sorridente, ed iniziai a camminare prendendo una direzione opposta rispetto a quella del resto del gruppo; Rose mi seguì, e non sembrò le dispiacesse più di tanto.


Complicata. Ogni parte di lei urlava quella parola. 
Forse l’avevo saputo dal primo momento che era problematica, dalla prima volta in cui l’avevo vista, seduta a leggere un libro di Conan Doyle, infastidita dal fumo della mia sigaretta. Mi era sembrata interessante e avevo deciso di fare un po’ lo stupido con lei, credendola una delle tante fan venute per la nostra signing session. 
Avevo sbagliato dal primo momento con lei, e questo lo avevo capito solo col tempo: più passavano i giorni, più conoscevo aspetti di lei che come i tasselli di un puzzle andavano a completare l’opera finale. E in quel momento credevo di trovarmi ancora a meno della metà. Non si esponeva del tutto, non mi permetteva mai di conoscerla quanto volessi. Alzava muri di difesa, non permettendomi di entrare, e non me ne spiegavo il motivo, volevo solo che arrivasse a fidarsi di me.
Ora la osservavo, completamente rapito. Era bella.
Ma non di quelle bellezze particolari, costruite o esagerate: lei era semplice e spontanea, o meglio l’avrei definita graziosa. I lineamenti delicati del suo volto trasmettevano l’innocenza di una bambina, in contrasto col suo sguardo che a volte era riuscito a sorprendermi dimostrandosi malizioso e sicuro, tutto l’opposto di quello che ci si aspetta da un viso così dolce. 
Davvero era difficile pensare che Rose -quella che conoscevo io- a volte potesse essere così antipatica, irritante, fastidiosa. Sapeva apparire sicura di se agli altri, risoluta, spigliata e disinvolta, ma lentamente stavo riuscendo a capire che quella era solo un modo per difendersi. In realtà era lontanissima dall’essere una stronza, usava quella maschera per non permettere agli altri di capire quanto fragile fosse davvero. Mi sentivo onorato del fatto che avesse permesso, anche se solo in parte, proprio a me di conoscere l’altro suo aspetto, quello più vero e nascosto, che tanto mi faceva impazzire, più di quanto lo facesse il suo lato rude e pungente. 
Non era per nulla sicura di se. Le bastava entrare impreparata in una situazione più intima per diventare impacciata e mostrare quanto fosse pura, inesperta, innocente.
La visione del suo viso delicato in un’espressione sorridente e imbarazzata era una delle più belle che avessi mai visto.
Non avevo mai provato qualcosa del genere.
- Finita la radiografia, Zayn? - mi domandò ridendo, ma con un velo di rossore sulle gote.
- Oh, uhm - farfugliai, per poi schiarirmi la gola e ridacchiare nervoso - scusami, stavo pensando a una cosa - 
Solo allora realizzai di essermi messo a fissarla, come mi capitava spesso di fare ultimamente, quando però non riusciva a vedermi. Da un lato odiavo che potesse essere capace di inebetirmi in quel modo.
- A che pensavi? - 
La guardai esitante, mentre lei ricambiava lo sguardo increspando le labbra in attesa di una risposta. Sospirai. - Forse un giorno te lo dirò. - Sul suo viso apparve un’espressione confusa; le guardai poi arricciare il naso in una dolce smorfia.
- Non fare il misterioso con me, Malik - si lamentò, provocandomi una risata. 
- Ci andiamo a sedere da qualche parte? - le proposi, ancora sorridente, per cambiare argomento. 
- Certo - rispose ricambiando con uno dei suoi sorrisi timidi che mettevano a dura prova il mio autocontrollo; fin troppo spesso ero riuscito a trattenermi dal prenderla e baciarla, non sapevo fin quanto avrei resistito. - mi fanno male le gambe, stiamo camminando da quasi un’ora - ridacchiò - pensi ci abbiano dati per dispersi? - 
Risposi alla sua risata. - Mh, probabile -
- Allora avviso Liam che sono ancora con te - fece, e lasciò la mia mano per prendere il cellulare dalla tasca del suo giubbotto in pelle beige. Serrai la mascella, e la bocca dello stomaco si strinse mentre le guardavo inviare un messaggio con ‘Orsetto ♥’ come destinatario. Distolsi lo sguardo dal suo cellulare con un respiro profondo bloccato a metà in gola. Non riuscivo ancora a sopportare la confidenza che intercorreva tra loro. Come potevano essere così affiatati? Gli aveva addirittura affibbiato un nomignolo, e immaginai anche lui ne avesse uno per lei - Fatto - disse poi, e quando non ebbe risposta -visto che non riuscivo a trovare il coraggio di spostare lo sguardo da un punto indefinito che stavo fissando- sentii la sua mano esile sfilare la mia dalla tasca del mio pantalone, per poi intrecciare nuovamente le sue dita alle mie, esitante. Mi voltai lentamente verso di lei e il suo sorriso impacciato mi liberò del malumore che si era momentaneamente impossessato di me. Ricambiai il sorriso, stringendo di rimando la sua mano.
Decidemmo di sederci sotto un albero, l’uno di fronte all’altra, in un posto più tranquillo rispetto a tutto il resto del prato che ai nostri occhi appariva infinito.
Sfilai il pacchetto di Marlboro dalla tasca della mia giacca per poi prenderne una e accenderla. Feci il primo tiro e osservai Rose mentre si liberava del giubbotto e lo adagiava accanto a lei sul prato umido. Chiuse gli occhi e appoggiando i palmi sul prato dietro di lei, portò indietro la testa, beandosi completamente del calore e della luce del sole che rendeva la pelle del suo viso, del suo collo e dei suoi avambracci scoperti dal maglioncino ora ripiegato ai gomiti, talmente candida da sembrare quasi luminosa. Le sue mani altrettanto pallide e decorate da uno smalto rosso acceso decisamente in contrasto con la cute chiara -e abbastanza rovinata dal freddo- spostarono con un gesto secco i lunghi capelli dalle sue spalle, lasciandoli ricadere lisci lungo la sua schiena, fino a quasi toccare il prato con le punte. 
Fumai ancora continuando ad osservarla e sorrisi. - Ti piace tanto il sole - notai.
Riaprì gli occhi, guardando prima la sigaretta che avevo tra le dita e poi me. Nonostante il fastidio evidente, sorrise annuendo gentilmente. - Adoro giornate di questo tipo - spiegò - anche se amo di più la pioggia. -
- Capisco - risposi mordendomi un labbro e distogliendo lo sguardo dai suoi occhi. Portai la sigaretta alle labbra fumando ad un ritmo sempre più rapido, man mano che sentivo l’agitazione impossessarsi di me. Trovai piacevole il fatto che mi avesse messo al corrente dei suoi gusti in quanto al tempo. Avrei voluto farle milioni di domande, desideravo poter ascoltare la sua voce parlarmi di lei per ore e ore, e sapevo che non mi sarei annoiato.
Mi voltai ancora a guardarla, notando il suo sguardo perso in giro ad osservare il parco immenso. - È proprio bello qui - sussurrò, seguendo con lo sguardo -forse- una coppia anziana camminare a braccetto. Sorrise debolmente. 
Tu lo sei di più. - Già - mormorai. - Davvero suggestivo - mi affrettai ad aggiungere, incespicando. 
Si girò verso di me e mi sorrise timidamente, per poi portare lo sguardo al prato ed iniziare a giocare nervosamente con i fili d’erba in mezzo alle sue gambe incrociate.
Presi l’ennesima boccata di fumo per trovare il coraggio di aprire bocca. - Rose.. -
- Mh? -
- Tu.. hai detto di non aver mai avuto un ragazzo, giusto? - 
Boccheggiò sorpresa mentre, in meno di quanto avevo immaginato, le sue guance si coloravano di un rosa più acceso. Poi mugolò qualcosa in tono affermativo. 
- Perché? - domandai, per poi tirare ancora dalla sigaretta. Non riuscendo a sostenere il mio sguardo, riprese a guardare il cielo, probabilmente pensando ad una risposta. - Insomma - aggiunsi - non credo che non ne hai mai avuto occasione. Tu... non sei esattamente una ragazza che passa inosservata agli occhi del sesso opposto. - misurai attentamente le parole, ritrovandomi a deglutire quando Rose portò ancora i suoi occhi ai miei, guardandomi sorpresa.
- Oh, io sono convinta del contrario - sussurrò impercettibilmente, ma non sfuggendo al mio udito, per poi continuare a tono normale. - Penso sia perché... perché è così e basta - rise, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Fumai, prendendomi del tempo. - Beh, ci sarà stato un motivo per cui hai scelto di non legarti a nessuno - provai ad insistere, parlando sempre generalmente. Il solo pensiero di un suo possibile passato amoroso mi innervosiva.
- Nessun motivo in particolare... l’amore non fa semplicemente per me. - mi sorrise gentile facendo spallucce. - E tu, play boy? Quante ragazze hai avuto? - fece poi ridendo, lasciandomi quasi spiazzato; non avevo calcolato che avrebbe potuto rimandare la domanda.
- Uhm, non penso di averle mai contate - risposi sincero, ricambiando la risata, nervoso. - comunque tutte storie poco serie - mi lasciai scappare, inizialmente per farle capire in un certo senso di aver archiviato le mie ex, ma desiderai poco dopo di poter cancellare ciò che avevo aggiunto. Non volevo che mi considerasse un puttaniere; pensai di averla spaventata.
- Oh - fece solamente, infatti, sorridendo più per gentilezza che per ciò che avevo detto. 
- Ma non nel senso che...-
- No, certo, ho capito - mi rassicurò poco convinta, interrompendomi. Mi sorrise ancora e spostò velocemente lo sguardo. 
Serrai la mascella, imprecando mentalmente, e fumai ciò che restava della sigaretta, per poi gettarla in una ceneriera vicina. 
Indietreggiai fino ad appoggiare la schiena contro l’albero, entrando nella zona all’ombra formata dai fitti rami di quest’ultimo, e girai il volto in direzione della mora, che aveva perso lo sguardo in un punto indefinito. 
- Hey - la richiamai cauto. Si voltò a guardarmi mordendosi un labbro. - Vieni qui. - Provai ad imporle gentilmente di raggiungermi, indicandole lo spazio tra le mie gambe con dei colpetti sul prato. Mi guardò incerta, poi gattonò fino ad inginocchiarsi di fronte a me e fissarmi insicura. Annuii per spronarla, ma lei continuò a lambire prepotentemente il suo labbro inferiore, senza trovare il coraggio di avvicinarsi, così le presi dolcemente i fianchi, aiutandola a prendere posto fra le mie gambe, in modo che il mio petto combaciasse con la sua schiena. Spostai con entrambe le mani i suoi capelli su una sola spalla, e avvertii il suo nervosismo dal modo in cui si era irrigidita sotto il mio tocco, iniziando a respirare irregolarmente; ciò mi portò a sorridere, mentre una delle mie mani cercava la sua nel suo grembo per stringerla. Quando riuscii ad intrecciare le mie dita alle sue, con l’altra mano spinsi indietro la sua schiena attraverso la spalla destra fino a far appoggiare Rose delicatamente sul mio petto. Sentii lo stomaco chiudersi in una morsa stretta quando notai che i nostri corpi sembravano combaciare alla perfezione. Quella posizione innervosiva anche me, ma ero più bravo di lei a nascondere il nervosismo in certe situazioni.
- Stai comoda? - chiesi piano al suo orecchio, sicuro di renderla ulteriormente nervosa e impacciata. Si limitò ad annuire: sapevamo entrambi quanto in momenti come questi la sua voce scomparisse del tutto. Presi un respiro profondo, cercando di non farmi confondere da quel suo profumo che mi faceva impazzire, e feci toccare le nostre guance. - Ascolta - iniziai, accarezzando il dorso della sua mano che stavo stringendo col pollice - io non sono un cattivo ragazzo - soffiai piano al suo orecchio - non sono uno che gioca con i sentimenti delle persone, nonostante la maggior parte delle persone che conosce la mia immagine pensa questo di me - Osservai il ritmo frenetico con cui il suo petto si alzava ed abbassava, e il respiro uscirle lieve dalla bocca semiaperta; presto però il labbro inferiore fu catturato dai suoi denti, causandomi l’ennesima stretta allo stomaco. - volevo solo che tu lo sapessi - aggiunsi infine, provando a convincermi -senza risultati- a spostare lo sguardo dal suo viso così vicino al mio e dalla sua pelle candida, che anche all’ombra di quell’albero sembrava continuare a splendere. 
Inavvertitamente, voltò il viso verso di me, scontrando quasi il suo naso col mio. - Ora lo so - sussurrò, stringendo appena la mia mano e alzando piano un angolo della bocca. Ebbi giusto il tempo di sorriderle in risposta che il suo sguardo ricadde di nuovo verso il basso, fermandosi distrattamente sulle nostre mani. 
Strofinai il viso nell’incavo del suo collo e inspirai rumorosamente contro la sua cute morbida. - Ti ho già detto che profumi in un modo meraviglioso? - le domandai, parlando molto lentamente. Le baciai un punto sotto l’orecchio, sentendo soddisfatto dei brividi accarezzarle la pelle. 
- Mi sa proprio di sì - sussurrò quasi senza voce in risposta. - tu invece puzzi di fumo in un modo orribile - aggiunse poi ancora sottovoce, e sentii una sua risatina rimbombare contro il mio petto. 
- Hey - la ammonii ridendo - tanto so che ti piace quello di cui profumo io, mora. - 
- Non sopravvalutarti troppo, Narciso - 
Ruggii giocosamente in risposta facendola ridere, e scostai leggermente il tessuto elastico del maglioncino con le dita fredde per scoprire un punto della sua spalla che morsi piano coi denti.
Sussurrò qualcosa dal dolore allontanandosi in reazione spontanea dal mio petto. - Non ero io quella che hai chiamato leoncino? - mi domandò, voltandosi a guardarmi male per scherzo. 
- Mh, hai ragione - avvolsi un braccio intorno al suo bacino riportandola a stendersi su di me e non abbandonai quella posizione: così riuscivo a tenerla più stretta a me, e non avevo intenzione di lasciare che si allontanasse ancora. - beh, sarai pure un leoncino, ma io sono il leone. - appurai, e con un altro ruggito le provocai un’altra risata. 
Rimanemmo in silenzio per una manciata di secondi, mentre le lasciavo la mano per iniziare ad accarezzare l’onda creata dai suoi capelli che ricadevano in avanti sul suo seno. Le sue ciglia svolazzarono varie volte, fino a che chiuse completamente gli occhi adagiando la testa sul mio petto. 
- Di questo passo mi addormento, Zayn - biascicò; quando pensai al suo tono come seducente mi ammonii mentalmente, lei non avrebbe voluto. Non era quello il modo in cui dovevo vederla. Con lei deve essere diverso. 
- Fai pure - risposi gentilmente - possiamo riposarci un po’ insieme se ti va - 
- Sono tremendamente tentata dall’accettare questa proposta -
Smisi di accarezzarle i capelli e avvolsi di nuovo entrambe le braccia intorno alla sua vita stringendola a me, ignorando l’effetto esagerato che persino la sua voce aveva su di me; lei appoggiò le sue braccia sulle mie. 
- Puoi - sussurrai, iniziando a lasciare dei baci innocenti lungo il suo collo. Avvertii un respiro pesante riempirle il petto quando posai le labbra sulla sua pelle per il primo bacio, e altri sbuffi rapidi lasciare le sue labbra per i seguenti.
- Grazie Malik - sibilò con un tono imbarazzato che mi trovai di nuovo a considerare nel modo sbagliato. Non riuscivo ad incolparmi del tutto, un po’ era anche colpa sua.
Notai mentalmente di avere un autocontrollo molto più sviluppato di quanto immaginassi.
Le baciai la base del collo e lo risalii con estrema lentezza con una scia di baci, fino a premere le labbra su un punto dietro l’orecchio; sapevo bene che la stavo letteralmente torturando senza pietà, potevo avvertirlo dal battito accelerato del suo cuore che riusciva a raggiungere il mio petto. Sorrisi quasi nello stesso momento in cui vidi anche le sue labbra aprirsi in un sorriso timido, e decisi finalmente di lasciarla in pace. - Buon riposo piccola. -
 
 
Ripresi coscienza lentamente, sentendo Rose agitarsi e mormorare qualcosa di indefinibile, con tono insonnolito. Aprii gli occhi svegliandomi completamente dal sonno che si era impossessato di me qualche minuto dopo aver visto la mora addormentarsi fra le mie braccia, e mi ritrovai a sorridere della posizione che aveva assunto: adesso era accucciata contro il mio petto ad occhi chiusi, con la testa sul mio cuore, ancora nello spazio tra le mie gambe, e con le sue stese orizzontalmente al di sopra di una delle mie cosce verso l’esterno, mentre le mie braccia avvolgevano le sue spalle, facendola sembrare ai miei occhi più piccola di quanto fosse in realtà. Presi ad accarezzare la sua spalla, mentre mi sporgevo per dare un’occhiata all’orario sul cellulare, che era ancora abbandonato sul prato accanto a me, insieme alle sigarette. 
- Piccola - la richiamai dopo aver riposto il telefono nella tasca della mia giacca, scuotendola appena - sono quasi le sei, stiamo dormendo da un bel po’ - Rispose con un gemito di protesta contro il mio corpo, facendomi ridere appena e stringere lo stomaco; era difficile rimanere indifferente a qualsiasi cosa facesse o sussurrasse essendo così vicini, in una situazione così intima. - svegliati, bella addormentata - riprovai, fingendo di avere il pieno controllo di me stesso. 
Sospirò, poi aprì gli occhi molto lentamente e sbadigliò, coprendosi la bocca in modo fine con una mano. Mi trattenni dal ridere pensando a quando riusciva ad essere più volgare di un ragazzo. Quando alzò il viso verso di me, quasi fece sfiorare i nostri nasi. Rispose al sorriso che le stavo rivolgendo già da un po’ con uno altrettanto luminoso, a distanza di una manciata di centimetri dalle mie labbra. - Sei di una comodità assurda - appurò sotto voce. Mantenni la calma distogliendo lo sguardo e portandolo di fronte a me.
- Lo prendo come un complimento - 
Rise, e sporgendosi arrivò a sfiorare con le labbra un punto sotto la mascella, quasi sul collo, provocando l’immediato blocco del mio respiro. - Questo è per prima - avvisò, prima di baciare quel punto e farmi rabbrividire come uno stupido. Sapevo si riferisse alla mia piacevole tortura. Strofinò il viso nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla come un gattino che fa le fusa, prima di trovare una posizione comoda. 
- Allora sei indietro di tanti baci - le ricordai col battito un po’ troppo accelerato, senza trovare il coraggio di abbassare lo sguardo; preferivo evitare contatti imbarazzanti tra i nostri visi - me ne devi una decina. -
- Rimedierò - 
- Per me puoi iniziare anche subito -
Si allontanò leggermente per osservare la mia espressione; ricambiai il suo sguardo, trovandola con un sopracciglio alzato a mordersi un labbro per non sorridere. Non sapeva quanto mi tentasse in quel modo.
- O se preferisci posso iniziare io - aggiunsi, quasi ghignando. Infilai delicatamente una mano fra i suoi capelli appena sopra la nuca e con l’altra cinsi il suo fianco per tenerla ferma mentre lasciavo un bacio casto sul suo collo. - ora me ne devi undici - dissi ridendo, e facendo ridere anche lei mentre provava ad allontanarmi spingendo sul mio petto senza risultati. Le baciai di nuovo il collo - ora dodici - feci, lottando contro la risaputa poca forza delle sue braccia - tredici… - Rideva, senza riuscire ad allontanarmi. 
- Vai via Zayn - disse tra una risata e l’altra. 
- …quattordici - continuai imperterrito a baciarle la pelle mentre ridevamo entrambi - quindici -
Sbuffò ridendo - smettila Malik! - Le permisi di vincere la lotta lasciandomi spingere via, ma continuai a tenerle i fianchi mentre lei stringeva la mia maglia tra le mani all’altezza del mio petto. Ci sorridemmo, guardandoci per secondi infiniti. 
Dopo un po’ abbassò lo sguardo; notai solo in quell’istante un colore rosa acceso sulle sue gote, spruzzate di qualche lentiggine qua e là.
Posai una mano sul suo viso che scottava, e mi sporsi per posarle un bacio sulla fronte. Mi sorrise ancora, imbarazzata, e ritrasse le mani dal mio petto, iniziando a farle giocare l’una con l’altra.
Convenimmo di doverci alzare, e così facemmo, stiracchiandoci entrambi, di nuovo alla luce di quel tiepido sole di dicembre. 
Illuminata dai raggi solari, con gli uccelli che cinguettavano in cielo e il vento fresco che le faceva svolazzare i lunghi capelli si creò intorno a Rose un’aura quasi fiabesca, che mi portò a sollevare in automatico un angolo della bocca mentre la guardavo usare il cellulare, con le sopracciglia aggrottate per la concentrazione.
Probabilmente avrei riso di me stesso se solo avessi trovato il coraggio di fare altro che osservare quanto fosse incantevole. Non riuscivo a levarle gli occhi di dosso.
Forse sto diventando pazzo.
Alzò lo sguardo a me, probabilmente sentendosi osservata. Mi chiese cos’avessi con un cenno della testa.
- Con chi messaggi? - provai a dissimulare.
Boccheggiò prima di rispondere - Joe - sibilò, e distolse lo sguardo dopo avermi sorriso incerta.
- Oh - risposi, non del tutto certo che mi avesse sentito. Morsi violentemente il mio labbro inferiore per evitare di dire altro, limitando ad imprecare contro quel tipo mentalmente. Mi era stato antipatico a pelle dalla prima volta in cui l’avevo visto.
Presi un breve respiro e mi avvicinai a lei; quando le fui di fronte, sovrastandola con la mia altezza, alzò lo sguardo dal cellulare, interdetta. Glielo sfilai di mano e avvicinai le labbra al suo orecchio. - solo che ora sei insieme a me. - sussurrai, per poi posarle un bacio sulla guancia mentre litigavo con una tasca dei suoi jeans per infilarvi il suo cellulare. Quando ci riuscii abbandonai la sua guancia per sorriderle. Si stava mordicchiando un labbro nervosamente, e il mio sguardo ricadde automaticamente sulla sua bocca arrossata. Mi chiedevo per quale motivo non potesse provare ad evitare alcuni atteggiamenti, giusto per evitare che impazzissi.
- Dovremmo raggiungere gli altri - balbettai poi, faticando per portare lo sguardo ai suoi occhi.
- Sì, dovremmo... dovremmo andare - Mi sorrise sbrigativa indietreggiando di qualche passo, per poi andare a raccogliere il suo giubbotto. - chiamo Liam - avvisò.
- Mh mh - mormorai; improvvisamente l’aria era diventata più pesante e piena di imbarazzo.
Accesi una sigaretta mentre la mora chiedeva al mio migliore amico dove fossero, per aiutarmi a liberare il mio corpo di quel senso di confusione, fisica e mentale. Sentivo addirittura girarmi la testa.
Appurai che da quando avevo iniziato a conoscerla meglio non avevo più certezze. Non sapevo se a causa sua o di qualcos’altro.
Non capivo più cosa provavo, né perché. Non mi spiegavo più quello che mi passava per la testa, e la cosa mi infastidiva, e non poco. Non avevo più il controllo di me stesso.
Avvertivo che un cambiamento avesse completamente sconvolto quello che ero. Non ero più lo stesso di qualche mese prima, non sapevo perché, e forse in quel momento non mi andava neanche saperlo.
L’unica cosa che sapevo per certo era che avevo assolutamente, irrimediabilmente, letteralmente perso la testa.
Per lei.

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Capitolo 29
*** Irresistible. ***


-spazio autrice-
non aggiorno da quarantanove giorni. sì, mi lincerei anch'io. perdonatemi.
ultimamente sto tipo.. avendo una vita sociale? non so come definire sta cosa, lol. prima con la scuola passavo tutte le mattine fuori e pomeriggio e sera in casa, ora la mattina dormo, il pomeriggio esco spesso e la sera sto sveglia fino a tardi. 
pacchia assoluta proprio.
non è che non ho avuto tempo per scrivere, l'ho fatto ma a singhiozzi, un pezzo alla volta quando le circostanze me lo permettevano.
vi prego di scusarmi per il ritardo, spero di aggiornare prima la prossima volta.
mi scuso in anticipo per questo capitolo, la seconda parte è..  boh, e nel complesso forse è noioso. sono ripetitiva. odio sta cosa. sembra che scrivo sempre le stesse cose.
spero apprezziate lo sforzo almeno.

visto che non lo faccio da un po', ringrazio ognuna di voi immensamente, amo le vostre recensioni.
sono pochine ma vabbé, è bello  leggere almeno quelle. però su 40 persone che seguono la storia ne recensiscono solo 5? che tristezza. çç

by the way, ora vi lascio al capitolo. buona lettura, vi adoro.
rose.xx

Chapter 29: Irresistible.

27th december 2011

Zayn's pov 
- Questi dovresti spostarli - le bisbigliai, avvolgendo le punte dei suoi capelli che mi stavano solleticando il viso intorno a due dita. Avevo la testa comodamente appoggiata sulle sue gambe, ma la sua chioma lunga cadeva inevitabilmente sulle mie guance. Ridacchiò ed estrasse dalla tasca del suo giubbotto un affare dalla forma di un bastoncino, con esso legò i suoi capelli in una acconciatura che ricordava vagamente quelle orientali. - grazie - le rivolsi un occhiolino.
Un’ondata di buon umore mi aveva letteralmente assalito quando, una volta raggiunti i ragazzi, non aveva dimostrato alcun segno di imbarazzo: aveva continuato a tenermi la mano, a starmi accanto sostenendo i loro sguardi maliziosi, ignorando completamente le frecciatine che ci inviavano; e proprio lei mi aveva proposto di stendermi sulle sue gambe, notando che tutti i ragazzi avevano trovato una posizione comoda sull’area di prato che avevamo deciso di occupare, iniziando a chiacchierare per far passare il tempo. Ormai erano le sei, il sole stava man mano svanendo e da lì ad una mezz’oretta avremmo fatto ritorno a casa.
- Di nulla - rispose sorridendomi, lasciando che i nostri sguardi restassero incatenati per qualche secondo.
Mi decisi -nonostante non fosse da me- a distogliere i miei occhi dai suoi, che al sole avevano assunto un color miele meraviglioso, per voltare il viso in direzione di Louis che stava raccontando animatamente una delle sue cavolate fatte al primo e unico suo anno di college.
Avvertii il dorso delle dita di Rose iniziare ad accarezzare con delicatezza il mio viso; sfiorarono la mia pelle dalla tempia allo zigomo, e da questo lentamente scesero a percorrere il profilo della mia mascella. Intanto avevo girato di nuovo lo sguardo nella direzione dei suoi occhi, che sembravano guardarmi sorridenti, come le sue labbra. Toccò con le dita il mio accenno di barba, per poi raggiungere il mio collo ed iniziare a solleticarlo con un tocco leggero. Con l’altra mano le vidi raggiungere i miei capelli, ma riuscii a bloccarle il polso in tempo, con gentilezza, alzando un braccio.
- Questi no - le negai, vedendole assumere un’espressione buffamente imbronciata - puoi toccarmi qualsiasi cosa, ma i capelli no. - usai volontariamente quelle parole con tanta malizia, non riuscendo a trattenere una risata -sempre silenziosa, per non interrompere il discorso dei ragazzi- nel guardarle spalancare appena gli occhi per quella specie di doppio senso. Le sue guance erano avvampate nel giro di qualche secondo.
- Coglione - ormai la sua risaputa poca finezza in alcuni casi non mi turbava più di tanto, come invece accadeva le prime volte; mi colpì con un colpetto sulla guancia dopo aver alzato gli occhi al cielo - e pure vanitoso. - borbottò.
Alzai semplicemente le spalle rivolgendole un sorriso di quelli che, lo sapevo, trovava irritanti.
Sbuffò riprendendo a percorrere il mio viso con il tocco delicato delle sue dita. Ci guardammo negli occhi per secondi interminabili, finché Rose -mordendosi un labbro in quel modo che mi faceva impazzire- portò un dito a sfiorarmi le labbra, ormai schiuse a causa del respiro irregolare che vi usciva a sbuffi leggeri. Si creò un sorriso sul suo viso, ed inizialmente lo avvertii come malizioso, poi capii fosse un ghigno.
- Sei così facile da distrarre - sussurrò, e con un gesto rapido e una risata trattenuta scombinò i miei capelli violentemente.
Mi alzai di scatto dalle sue gambe allontanandomi dalle sue mani assassine, sostituendole con le mie che gentilmente provavano a riportare il ciuffo alla sua forma iniziale. - Bastarda - quasi urlai, e mi ritrovai a ridere mentre la guardavo sorridermi a trentadue denti, angelica come una bambina. Di solito mi arrabbiavo con chiunque si permettesse anche solo di sfiorarmi i capelli, ma quella volta proprio non ci riuscii. - ti conviene iniziare a scappare - la avvisai, guardandola minaccioso; i ragazzi avevano smesso di parlottare per assistere a quella scena, trovandola esilarante stando alle risate che sentivo. Ma in quel momento non riuscii neanche a voltarmi verso di loro per capire da dove provenissero, ero troppo impegnato a fulminare la mora giocosamente con lo sguardo.
Fece una smorfia di paura e si alzò rapidamente dal prato iniziando ad allontanarsi a passo più che svelto; mi alzai anch’io e le lasciai del tempo mentre mi liberavo della giacca lasciandola cadere a terra senza preoccuparmi del contenuto delle tasche, per poi iniziare a correrle dietro.
Percorremmo un bel po’ di parco sotto lo sguardo -a volte sgomentato, altre divertito- della gente, mentre Rose urlava spaventata, fino a che decisi di smetterla; stavo volontariamente mantenendo le distanze, sapevo che le sue gambe non sarebbero riuscite a competere con le mie e volevo lasciarle un po’ di terreno, ma ora l’avrei fatta mia.
- Aumenta il passo, moretta - le urlai, quando ci distanziavano ormai solo un paio di metri - così rischio di prenderti -
La sentii ridere, e si voltò ripetutamente indietro per guardare di quanto fosse al sicuro da me. - Ti odio Malik! -
- Mi odierai ancora di più tra qualche secondo - dissi, lottando contro il fiatone, per poi raggiungerla e catturarla in meno di qualche secondo. Le cingevo i fianchi tenendola sollevata da terra, mentre Rose provava ad urlarmi di lasciarla, combattendo con le sue esili mani la stretta delle mie braccia e scalciando coi piedi in aria.
- Come ti lascio andare se sei sempre in pericolo di inciampare nei tuoi stessi passi? -
Smise improvvisamente di dimenarsi, quindi la posai a terra tenendola ancora stretta fra le mie braccia. Si voltò appena per guardarmi negli occhi rivolgendomi un’occhiataccia furiosa. - Non l’hai detto davvero -
Imitai il modo in cui mi aveva sorriso subito dopo avermi scombinato i capelli, guardandole serrare la mascella. Alzò un sopracciglio e si liberò -stavolta facilmente- delle mie braccia, spingendole semplicemente via dal suo corpo. Risi, tenendo testa al suo giocoso sguardo di fuoco.
- Mi sa di si - ribattei falsamente dispiaciuto.
- Non avresti dovuto, Narciso - fece, avanzando minacciosa verso di me. Indietreggiai fingendomi spaventato; Rose combatté per trattenere una risata. - non è vero che inciampo sempre - disse però seria.
- Nah, solo un miliardo di volte al giorno - ridacchiai, ancora indietreggiando.
- Tu vuoi la guerra Malik - sorrise freddamente, spingendomi indietro con un colpo leggero sul petto.
- Beh, se poi sarai tu a curarmi le ferite a me sta bene. - dissi provocatorio, e afferrando il suo polso attirai il corpo al mio, rischiando di farla -appunto- inciampare. I nostri petti si scontrarono, così come i nostri nasi si sfiorarono; stavo per avvicinarmi alle sue labbra, giusto per spaventarla un po’, ma mi spinse ancora dandomi un altro colpo, con un’espressione che non riuscii a decifrare. Continuò ad avanzare mentre io indietreggiavo.
Ridacchiai quando scosse la testa arrossendo visibilmente. - Sei senza speranza -
Approfittai per tirare fuori un’altra squallida frase. - Ti sbagli, la mia speranza sei.. -
- Zayn! - urlò, portandosi poi una mano alla bocca e sgranando gli occhi, prima di iniziare a ridere senza freno. Ero appena inciampato su una dannata pallina da tennis, cadendo rovinosamente all’indietro col sedere sul prato.
Risi leggermente, per poi tornare serio e mettermi a fissarla mentre si contorceva su se stessa dalla risate.
- Fai pure con comodo - borbottai rude, fissandola imbronciato.
- Scusa - fece tra un respiro affannato e una risata - ora chi è quello che inciampa sempre, eh? - mi prese deliberatamente in giro.
Scossi la testa, guardandola male, e appoggiai i gomiti sulle ginocchia. Si ricompose lentamente, e ancora ridacchiando mi porse la mano.
- Tu - risposi, e dopo averle afferrato la mano la tirai verso di me per avere una vendetta, ma ottenni di averla trascinata carponi sul mio corpo, e non di farla inciampare al mio fianco come avevo meditato; ora le sue gambe erano appoggiate ai lati del mio bacino e con le braccia faceva leva sul prato per evitare di stendersi completamente su di me, che ero praticamente spalmato al suolo, colto di sorpresa dalla situazione.
La sua espressione divertita era ormai un ricordo lontano. Ora mi guardava immobile e col respiro affannato; aveva gli occhi spalancati in un’espressione imbarazzata e la bocca semiaperta, come se volesse dire qualcosa ma non avesse il controllo della sua voce; mi sollevai appena sui gomiti, per arrivarle praticamente ad un centimetro dal viso, sfiorandole il naso. Con un gesto rapido sciolsi i suoi capelli, lasciandoli scombinare dal vento fresco che ci colpiva insistente, e appoggiai il bastoncino sul prato. Era bellissima. In un’altra occasione avrei sorriso a quella visione ma ora pensavo solo a fissare i suoi occhi, come fossi in trance.
Provò ad allontanarsi quando feci completamente leva sulle mie braccia portandola a stare praticamente seduta a cavalcioni su di me, forse voleva evitare che le nostre labbra si sfiorassero, ma la fermai avvolgendole un braccio dietro la schiena, per impedirle ogni via di fuga.
Improvvisamente -e con sua grande sorpresa- ribaltai la posizione; la feci stendere delicatamente sotto di me, i suoi capelli scuri si sparpagliarono tutti intorno al suo viso candido, ed io mi posizionai sopra di lei in modo da non pesare sul suo corpo, così esile rispetto al mio. Guardai il nervosismo assalirla mentre notavo che il suo petto si stesse alzando e abbassando a ritmi frenetici. Forse per la prima volta lessi nei suoi occhi che non si era mai trovata in una situazione del genere; avvertii tutta la sua inesperienza tramite il suo sguardo che, quasi spaventato, mi penetrava arrivandomi al centro dello stomaco. Mi resi conto del motivo di tutte le volte in cui mi aveva respinto, la sua non era paura di me, Rose aveva paura di una cosa per lei del tutto nuova, aveva paura di non poterla tenere sotto controllo, come se si stesse buttando in mare aperto da una scogliera senza saper nuotare.
Deglutii a fatica quei pensieri pesanti che era riuscita a condividere con me tramite un solo scambio di sguardi, erano fin troppo grandi e oppressivi per me; distolsi quindi il mio sguardo dal suo, ma i miei occhi si posarono in automatico sulle sue labbra piene, che nonostante fossero rovinate dal freddo, in alcuni punti spaccate e arrossate, erano tremendamente invitanti; probabilmente era proprio quello che le rendeva, ai miei occhi, così baciabili.
Giorno per giorno mi chiedevo come riuscissi mai a fare a meno dei suoi baci. Dovevo fare una fatica assurda, dovevano essere imperdibili.
Mi morsi il labbro inferiore e riuscii a spostare lo sguardo anche dalle sue labbra, portandolo alla mia mano che lentamente stava prendendo la sua, appoggiandola poi affianco al suo viso. Intrecciai le mie dita con le sue, realizzando quanto fossero piacevoli al tatto; pensando alle volte in cui il suo tocco delicato aveva sfiorato la mia pelle, appurai che fosse tremendamente rilassante.
Infine, ripresi a ricambiare il suo sguardo dolce: non potevo davvero farne a meno. Mi attraeva come una calamita, e nonostante fossi combattuto tra i suoi occhi color miele e le sue labbra rosee, che avrei davvero voluto far mie con piacere in quel momento, capii quanto i primi per me fossero irresistibili.
Presi un respiro profondo prima di decidermi a parlare, giusto per calmare la mia mente che correva senza freno, anche se non ebbi l’effetto desiderato; il profumo dolce della sua pelle non fece altro che distrarmi e confondermi ulteriormente.
- Non mi importa - riuscii solamente a sussurrare. Aggrottò le ciglia confusa, ma senza dire nulla, forse non ne aveva il coraggio. Provai a pensare ad una frase che potesse spiegare quello che avevo da dire senza farmi sembrare uno stupido, ma ero come sotto l’effetto di una droga ogni volta mi capitasse di esserle così vicino. Respiravo a fatica. - Rose - deglutii, stringendo i denti quando sentii lo stomaco stringersi come in una morsa - non mi interessa quante volte mi respingerai se dovesse capitare l’occasione di baciarti. A me... a me basta questo, mi basta quello che siamo, quello che abbiamo. Non mi importa quanto dovrò aspettare per baciarti - per quanto il ragionamento fosse confuso, sapevo avesse capito cosa intendevo. Alzai anche l’altra mano, quella libera, per arrivare a posarla sulla sua guancia; un dolce rossore si era propagato per le sue gote, rendendole accaldate. Abbassai lo sguardo alle sue labbra, e presi a sfiorarle col pollice. - aspetterò - conclusi, e mi sporsi fino baciarle un punto sopra l’angolo della bocca. Quando allontanai le labbra dalla sua pelle realizzai di avere, come lei, il respiro affannato.
Intanto mi maledii mentalmente, riflettendo su quello che le avevo detto, pensando che avrei potuto fare di meglio. Le avevo soltanto espresso la mia voglia di baciarla, cosa c’era di rassicurante in questo?
I suoi occhi ora erano concentrati a fissare le mie labbra, tremendamente bramose delle sue in quella circostanza. - Ehi, così non mi aiuti mica - sussurrai per sdrammatizzare la situazione lasciandomi scappare un sorriso, e sfregai il mio naso contro il suo.
Sorrise divertita guardandomi fissa negli occhi con uno sguardo di scuse, e si morse il labbro inferiore.
Ebbi una fitta allo stomaco e il sorriso si spense di botto ad entrambi. - Cristo, neanche così mi aiuti - mi scappò di bocca, e miei occhi caddero dai suoi, sorpresi di quel commento, per l’ennesima volta sopra le sue labbra. Non riuscii a trattenermi e repressi un po’ della distanza che ci separava, ma poi chiusi gli occhi e presi un respiro profondo: non dovevo farlo. Li riaprii e mi spostai rapidamente dal suo corpo, sedendomi poi accanto a lei. Non avevo neanche il coraggio di guardarla. Mi massaggiai un po’ le tempie con le dita per rilassarmi e liberare il mio stomaco di quella sensazione fastidiosa, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. - Scusa - balbettai, per poi girarmi a guardarla. Anche lei si era seduta, e si stava sistemando i capelli imbarazzata.
- Non scusarti - sibilò. Mi alzai in piedi, poi le porsi una mano aiutandola a fare lo stesso.
- No, invece devo. Ormai so come sei... come sei fatta, e certi atteggiamenti so che devo evitarli, ma puntualmente non riesco mai a trattenermi. Non che ti consideri una bambina, infantile o non all’altezza di... certe cose, ma... -
- Zayn - mi interruppe ridendo, dopo essere arrossita. - che ti prende? -
- Non mi capita mai di straparlare - risposi, abbassando momentaneamente lo sguardo. - di solito lo fai tu -
Scosse la testa e continuò a sorridermi, poi improvvisamente si avvicinò e mi avvolse le braccia al collo. Ricambiai l’abbraccio sentendo il cuore perdere qualche battito e sorrisi.
- Sei tremendamente carino quando lo fai. -
 
 
Rose’s pov
Erano circa le nove e mezza ed erano già tutti davanti la tv in salotto; nessuno di loro aveva voglia di uscire quella sera, e mi chiedevo come fosse possibile: nonostante la giornata stancante che avevamo trascorso non avevo potuto fare a meno di accettare l’invito di Joe, volevo godermi quella vacanza visto che, nonostante gli innumerevoli casini del primo giorno, ora sembrava proseguire leggermente su un’onda migliore.
Mi schiarii la voce prima di sporgere la testa nel salotto. - Ragazzi, esco - li avvisai - non penso di fare tardi. -
Sorrisi ai loro auguri di trascorrere una buona serata soffiando un bacio generale e mi diressi verso la porta di ingresso, ma prima di poterla aprire una voce che conoscevo bene mi interruppe. - Stai uscendo? -
Mi voltai, trovando Zayn appoggiato con la spalla allo stipite della cucina -probabilmente lui non era in salotto poco prima, e in effetti non l’avevo neanche notato; il suo tono era stato alquanto duro, e mi guardava impassibile con uno sguardo insostenibile.
Annuii e abbassai momentaneamente gli occhi ai miei decolleté, giocando con le dita.
- E’ venuto a prenderti in moto - appurò. Rialzai lo sguardo e scrutai il suo volto in silenzio, notando la sua mascella contratta. Nessuno dei due staccava gli occhi da quelli dell’altro, e nessuno dei due osava parlare; restammo a fissarci fino a che non decise di rompere quel silenzio. - beh allora divertitevi, vi auguro una buona serata. - fece sbrigativo.
- Grazie - sibilai interdetta. Mi sentivo sopraffatta da quel suo atteggiamento stranamente scorbutico.
Mi rispose con un cenno della testa e con le mani sprofondate nelle tasche dei suoi pantaloni, girò le spalle e si diresse verso il salotto. - Ah - disse poi, voltandosi a guardarmi - stai attenta. -  
Mi ritrovai ad annuire senza neanche sapere il senso di quella sua raccomandazione, e lo guardai scomparire a passo rapido dalla mia visuale. Mi appoggiai con la schiena contro la porta e presi un respiro profondo. Non poteva farmi questo.
Mi convinsi che fosse ormai ora di uscire e dopo aver chiuso la porta alle mie spalle, il freddo gelido di quell’inverno Newyorkese mi travolse.
 
 
Quando Joe a fine serata parcheggiò la sua Ducati nera davanti il cancello della villa degli Styles, pensai di poter prendere finalmente un bel respiro, ma ovviamente mi sbagliavo: notai una figura appoggiata con la schiena al muro affianco la porta d’ingresso della casa, in veranda, e da essa si innalzavano nuvolette di fumo, che venivano portate via dal vento freddo della mezzanotte di quel ventisette dicembre.
Zayn, perfetto.
Scesi dalla moto in equilibrio precario sui tacchi, e pregai tutto il tempo di non fare una delle mie magre figure. Mi sentivo osservata, il suo sguardo bruciava letteralmente sulla pelle della mia schiena nonostante fossi più che ricoperta di vestiti. Convenni che sarebbe stato meglio dargli le spalle, così presi ad osservare Joe che scendeva senza sforzo dalla sua Ducati: incrociare lo sguardo di Zayn in quelle circostanze non avrebbe giovato.
L’effetto del cocktail che avevo preso quella sera non era del tutto sfumato, sentivo la testa ancora più pesante dopo quella giornata terribilmente stressante, nel complesso. Desideravo solo andare rapidamente ad infilarmi nel letto accogliente che mi attendeva al piano di sopra della villa, fuori la quale ad attendermi, però, c’era uno dei miei principali problemi.
Sfilai il casco e lo porsi al mio amico, per poi sistemarmi senza risultati i capelli che con l’umidità che c’era nell’aria avevano preso una piega più boccolosa che perfettamente liscia, e venivano ripetutamente colpiti dal vento sferzante.
Joe si appoggiò alla moto incrociando le braccia con un sorriso strano sulle labbra, e quando capii dove fosse indirizzato il suo sguardo -al posto di essere inchiodato sul mio viso, come invece avrei desiderato- il mio stomaco si strinse in una morsa. Convenni ora che quel sorriso fosse più di sfida che per gentilezza e mi sentii morire. Alzò una mano in cenno di saluto e sorridendo quasi digrignò i denti in direzione della veranda. Non mi piaceva quella situazione.
Voltai lentamente lo sguardo, sperando intanto che non fosse come pensavo, ma purtroppo avevo immaginato bene che il ricevente di quel saluto sarcasticamente educato fosse Zayn, che dal suo canto ricambiava lo sguardo truce fumando impassibile, senza neanche essersi preoccupato di rispondere al saluto.
Tornai a fissare Joe, sperando che portasse finalmente il suo sguardo a me, e così fece, fortunatamente.
- Sono terribilmente stanca - ammisi, cercando di liquidarlo al più presto. Gli volevo bene, e forse proprio per questo volevo che andasse via il prima possibile; non ne ero sicura al cento per cento, ma immaginavo che provocare Zayn fosse decisamente una missione suicida: per quanto fosse dolce e carino, aveva pur sempre un carattere facilmente irascibile. - ci sentiamo domani? -
Joe mi sorrise dolcemente. - Ovvio, bellissima - si staccò dalla moto avanzando verso di me. Quando portò una ciocca dei miei capelli dietro il mio orecchio iniziai ad agitarmi. Si era avvicinato pericolosamente prendendomi in contropiede. Dove voleva arrivare? - ci vedremo spesso prima della tua partenza, voglio approfittare di questa tua vacanza qui più che posso. -
Mi limitai ad annuire e deglutire, per provare a sciogliere il nodo creatosi alla bocca del mio stomaco, e lasciai che mi prendesse le mani. Sperai che avendo finito la sigaretta, Zayn fosse rientrato in casa. Il suo osservarci mi aveva messo non poco a disagio, non poteva semplicemente farsi gli affari suoi?
Quando però gli splendidi occhi verdi di Joe smisero di guardare i miei per mandare una lunga occhiata in direzione della villa, capii che Zayn era ancora lì, che giocava a mettermi a disagio. Joe gli indirizzò l’ennesimo ghigno, poi premette le sue labbra sulla mia guancia per qualche secondo in segno di saluto, e infine mi chiuse in un abbraccio, facendomi letteralmente scomparire tra le sue braccia.
- Ciao - sussurrai, sorpresa e provata, mentre lo guardavo rimontare sulla Ducati e infilarsi il casco.
- A domani piccolina - rispose, prima di scomparire dal vialetto. 
Sospirai profondamente, e con mani tremanti tirai fuori le chiavi dalla borsetta, armeggiando con la serratura del cancello che portava al giardino della villa. Lo richiusi lentamente, sperando che Zayn rientrasse, ma sembrava mi stesse aspettando.
Oh, fanculo pensai, avanzando spedita verso la veranda, e iniziando a sostenere il suo sguardo. Sperai di avergli fatto capire con quell’occhiata di non essere proprio in vena, che il suo atteggiamento strafottente e irritante mi aveva appena fatta innervosire, e che sarei stata capace di sbranarlo vivo se non fosse scappato al più presto da me.
Salii gli scalini arrivando alla veranda e mi fermai, continuando a fissarlo con uno sguardo di fuoco. Se ne stava appoggiato affianco alla porta con le braccia conserte, un sorrisino sghembo gli aleggiava sul volto.
- Buonasera - sussurrò, e prima che potessi rispondergli di scomparire dalla mia vista, si mosse per afferrarmi un polso e tirarmi verso di lui; persi l’equilibrio sui tacchi alti e per non finirgli del tutto addosso appoggiai le mani sulle sue spalle, mentre le sue labbra morbide si posavano sulla mia guancia e le farfalle iniziavano a volare libere nel mio stomaco. Un forte odore di tabacco misto al suo caratteristico profumo invase completamente i miei sensi. Boccheggiai, ma le parole mi morirono in gola quando, una volta che la sua bocca si fu allontanata dal mio viso, prese a guardarmi da qualche centimetro di distanza tenendomi per i fianchi mentre continuavo a sorreggermi attraverso le sue spalle. Un senso di quiete si liberò dal centro del mio stomaco, arrivando a ricoprire persino le punte dei miei capelli. La luce emessa dal neon della veranda gli rendeva gli occhi di un colore mozzafiato. Mi lasciai sfuggire un mezzo sorriso facendo scivolare le mie mani dalle sue spalle al suo petto, permettendogli così di avvicinarsi ulteriormente, mentre lui ridacchiò appena. - ti sei divertita stasera? - mi domandò sottovoce; lentamente mi guidò fino a farmi appoggiare la schiena contro il muro.
Deglutii impercettibilmente -sorpresa e confusa da quel gesto- e annuii piano, perdendomi nei suoi dannati occhi scuri che ogni volta riuscivano a distrarmi. L’avevo lasciato fare, senza dire una parola.
- Mh - mormorò, poggiando poi le mani parallelamente al muro affianco alla mia testa, come ad intrappolarmi - mi fa piacere - sussurrò al mio orecchio. Le mie ciglia svolazzarono quando posò ancora le sue labbra sulla mia pelle, stavolta sotto l’orecchio. Iniziò a lasciare una scia di baci lungo il mio collo, e il mio stomaco si chiuse in una morsa stretta, quasi a provocarmi nausea. Ero immobile, le braccia scendevano lungo i fianchi. Quando sentii i suoi denti lambire appena il mio collo sussultai, e la borsetta sfuggì alla presa della mia mano, cadendo a terra. Rise silenziosamente contro la mia pelle di quel mio cedimento, premendo poi un bacio vagamente malizioso sul punto che aveva morso. - che avete fatto di bello tu e il tuo amichetto? -
Respiravo in modo irregolare, il sangue pulsava nelle mie vene ad un ritmo impazzito, la mia voce era completamente andata a quel paese, quindi non avrei potuto rispondergli. Imprecai mentalmente, fu l’unica cosa che ero capace di fare in quel momento.
Mugolò qualcosa e smise di torturarmi, rimanendo a fissarmi tenendo sempre le mani ancorate al muro alle mie spalle. Eravamo fin troppo vicini, ma non avevo neanche la forza di spostare il viso di lato per evitare che le nostre labbra si sfiorassero. In quel momento quasi non mi importava più, sentivo che di lì a poco sarei potuta svenire tra le sue braccia.
- Non vuoi dirmelo - appurò con un finto sospiro stanco. Se avessi fiato risponderei, idiota. - stasera ti sei data allo sciopero del silenzio? Di solito parli, e pure tanto - fece ridacchiando, e mi sentii di sciogliermi sotto quel sorriso. Mi sovrastava con la sua altezza nonostante la decina di centimetri che avevo guadagnato, facendomi sentire più piccola di quanto fossi in realtà, e non si decideva a spostare i suoi occhi dai miei. Avevo paura che le gambe avrebbero ceduto da un momento all’altro.
Mi lanciò un’occhiata di sfida e dopo avermi rivolto un sorrisetto sghembo, riavvicinò le sue labbra al mio collo, stavolta dall’altro lato. - non provare a fare l’indifferente Rose, non ti riesce - le sue labbra strisciarono contro il mio collo, provocandomi un susseguirsi di brividi che già da qualche minuto non abbandonavano la mia pelle. Chiusi gli occhi abbandonandomi alla sua dolce tortura, e quando posò una mano alla fine della mia schiena, da un lato gliene fui grata: mi aiutava a reggermi in piedi. Dall’altro lo maledii, perché mi attirò a lui quasi con violenza, per poi appiattirsi contro di me e far andare all’unisono i nostri petti, che respiravano affannati. Così mi stava solo uccidendo lentamente. Ero come argilla nelle sue mani, impotente mi stavo facendo maneggiare come una marionetta, e non avevo la forza di reagire.
Presi un respiro e stringendo i denti quando con i suoi lasciò un altro morso sulla mia pelle, afferrai il suo fianco provando a spingerlo via da me con una mano, senza ottenere risultato alcuno. Rise. - dai, non sono così male da cacciarmi via. -
- Zayn - riuscii finalmente a ribellarmi verbalmente, la mia voce suonò flebile e provata - smettila. -
Smise di baciarmi il collo per riprendere a guardarmi, i suoi grandi occhi scuri erano ora fissi nei miei ad una distanza minima. Mi ignorò completamente, gli vidi serrare la mascella. Improvvisamente sembrava aver cambiato umore.
- Con me avresti trascorso una serata migliore - disse quasi arrabbiato, o innervosito. Non riuscivo a decifrare la sua espressione, confusa com’ero. - quel tipo dovrebbe sapere a chi appartieni ormai. Spero ci penserai tu, ma se vuoi posso dirglielo anch’io. - sorrise appena. - come preferisci? - domandò poi sarcasticamente, e il mio cuore prese a battere ancora più forte quando si avvicinò di poco alle mie labbra. Io, in risposta, mi allontanai quanto mi fu possibile.
- Io non appartengo proprio a nessuno - ribattei sottovoce, dopo aver deglutito per trovare il coraggio di parlare. Lo stavo odiando come non mai, quella sera. - e tu dovresti smetterla con questi tuoi atteggiamenti del cazzo, Zayn. Mi stai innervosendo - sussurrai calma.
- Peccato che non sembravi infastidita, piuttosto ho avuto l’impressione di provocarti piacere - fece, il tono duro. Non capivo se stavamo litigando o stava semplicemente provando a farmi arrabbiare.
Sentii le guance arrossire a quella frase, domandandomi perché lo stesse facendo.
Quando provai ad avanzare di un passo spingendolo appena sul petto, mi respinse in automatico contro il muro, tenendomi ferma per i fianchi con entrambe le sue grandi e possenti mani.
Sospirai chiudendo gli occhi, esasperata. - Sono stanca, Zayn. Per favore, lasciami andare - mi lamentai. Senza che potessi controllarlo i miei occhi divennero lucidi, le lacrime premevano di uscire. Mi morsi un labbro quasi con violenza e abbassai lo sguardo mentre lui, con un’espressione indecifrabile sul viso, indietreggiava di qualche passo per lasciarmi riprendere a respirare. Senza neanche guardare i suoi occhi per l’ultima volta recuperai la borsetta, ne estrassi ancora le chiavi e le infilai freneticamente nella toppa. Aprii la porta, mi sfilai le scarpe e fuggii al piano di sopra.

Sentendo qualcuno nella mia stanza decisi di rifugiarmi in bagno, dove avrei sfogato il nervosismo con un bel pianto, forse insieme alle lacrime mi sarei liberata anche di quel peso soffocante che da qualche ora tenevo sullo stomaco. 

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Capitolo 30
*** And I've hurt myself by hurting you. ***



Chapter 30: And I’ve hurt myself by hurting you.

28 december
 
Zayn’s pov
Mi svegliai quasi di colpo, sussultando. Dei brividi freddi mi accarezzavano la pelle in una sensazione sgradevole; mi portai una mano al viso, rendendomi conto di avere una temperatura corporea troppo alta: dovevo aver fatto un incubo.
Controllai l’orario dal cellulare: le 08:37; sospirai, decidendo di alzarmi. Sapevo che non avrei facilmente ripreso sonno.
Quando ormai davanti lo specchio del bagno mi stavo sciacquando il viso e pensai alla sera precedente, sentii lo stomaco chiudersi in una morsa. Tanto per cambiare, ero stato un idiota: avevo l’innata capacità di pentirmi facilmente di ciò che facevo, subito dopo l’avessi fatto.
Il punto era che non sapevo più come comportarmi con lei. Qualsiasi cosa facessi rischiavo sempre di compromettere l’equilibrio instabile che avevamo, e probabilmente era proprio ciò che era capitato il giorno scorso. Solo che ormai compievo azioni senza più accorgermene; era capace di privarmi del mio autocontrollo, e quando l’avevo vista con quel Joe  non ci avevo visto più.
Lei adesso era mia, e volevo che il mondo intero lo sapesse, partendo proprio da quella specie di individuo.
Mi guardai allo specchio e strinsi i denti, per poi asciugarmi il viso ed iniziare a camminare in direzione della stanza della mora.
Non c’era una ragione precisa, non volevo svegliarla o parlarle; ma c’era qualcosa come una calamita immaginaria che attraeva il mio corpo verso di lei senza che la mia mente potesse controllarlo, così come i miei occhi erano attratti dalla sua figura ogni volta che eravamo vicini.
Scostai la porta semichiusa della stanza delle ragazze e non dovetti neanche affacciarmi al suo interno per notare il letto rifatto di Rose. I battiti del mio cuore accelerarono mentre la mia mente correva veloce ripercorrendo quello che era successo dopo che entrambi fummo rientrati in casa la sera precedente, ma non potevo ricordare di averla vista andare a dormire in camera sua: mi ero rintanato nella mia stanza a disegnare, preso dal nervosismo, mentre gli altri guardavano l’ennesimo film insieme fino a tardi, e non ne ero uscito più.
Imprecai mentalmente e scesi di corsa al piano inferiore, sperando di trovarla lì. Magari -anche se era improbabile- aveva deciso di alzarsi presto, ed aveva persino sistemato il letto.
Diedi una rapida occhiata per tutto il piano, accendendo tutte le luci, ma non c’era. Non poteva essere scomparsa.
Mille ipotesi attraversarono la mia mente, e nessuna di queste escludeva che avesse deciso di dormire fuori casa.
E dove sarebbe andata se non da quel pervertito? Rose non era tipo da albergo, e non ci sarebbe neanche arrivata da sola. Avrebbe per forza dovuto chiedere aiuto a lui.
Assalito dal panico e dalla preoccupazione pensai di dover avvisare gli altri, così mi diressi verso le scale, ma qualcosa in cucina attirò la mia attenzione. Mi avvicinai lentamente al bancone accanto al frigorifero, col cuore che minacciava di scoppiare, e aprii quel bigliettino, fermato sotto una penna.
“Sono uscita presto stamattina, avevo un appuntamento con quel mio amico. Scusate se non vi ho avvertiti ma siete bellissimi quando dormite.
Non aspettatemi per pranzo.
Vi voglio bene,
Rose. xx”
Accartocciai il biglietto in una mano e lo lasciai cadere di nuovo sul bancone. Appoggiai le mani su di esso, respirando profondamente per provare a calmarmi, ma sentivo la rabbia pulsare sempre di più nelle mie vene. Sferrai un pugno con un ruggito di rabbia contro il frigorifero, provocando non poco rumore nella casa silenziosa.
- Coglione - borbottai tra me e me mentre camminavo avanti e indietro per la cucina. Mentre stavo a preoccuparmi per lei, Rose se ne stava tranquilla a spassarsela col suo amico chi sa dove. Battei un altro pugno, stavolta sul tavolo, per poi coprirmi il viso e appoggiarmi al lavabo alle mie spalle. Sono un coglione.
Sentii una voce familiare pronunciare il mio nome e aprii gli occhi, trovando Liam sulla soglia della cucina, che mi guardava confuso, preoccupato e insonnolito. – Cos’è successo? -
Strinsi i pugni innervosito, ricambiando il suo sguardo. - Nulla - mi avvicinai al tavolo afferrando bruscamente le sigarette dal centrotavola - non è successo nulla - feci falsamente calmo, ma con tono irritato. Con gli occhi bassi provai a scansare il mio amico: avevo bisogno di fumare. Senza che me lo aspettassi mi sentii spingere all’indietro con forza; barcollai.
- Cazzo, Zayn! Smettila di prendere quelle fottute sigarette e andartene via ogni volta! - urlò. Mi afferrò per le spalle, scuotendomi energicamente. - Reagisci, parla, sfogati. Prendimi a pugni, quello che vuoi, ma fammi capire che ti passa per la testa! -
Nascosi la mia sorpresa per quella sua reazione, Liam si innervosiva davvero poco spesso. Mi scrollai le sue mani di dosso. - Ti è mai passato per la testa che non è da me? - urlai di rimando. - Non sono il tipo che parla dei fatti propri con gli amici, dovresti saperlo visto quanto ci conosciamo. -
- Ma noi non siamo solo tuoi amici, siamo come fratelli. Facciamo l’uno parte della vita dell’altro, cosa c’è di male a renderci partecipi di quello che provi? - era arrabbiato, potevo addirittura intravedere le vene del suo collo.
- Come altro posso spiegartelo? Sono cazzi miei Liam, problemi miei che non mi va di condividere con nessuno. Grazie dell’interessamento ma ce la faccio da solo - ribattei. Aveva toccato un tasto che non avrebbe dovuto neanche lontanamente sfiorare: ormai sapeva quanto fosse difficile per me parlare di cose che consideravo fin troppo personali. Non capivo perché insistesse col costringermi ad aprirmi, se non ci riuscivo.
- No, non ce la fai da solo, altrimenti non ti ridurresti in questo stato - rispose, il tono freddo, quasi spaventoso. Nei suoi occhi leggevo di averlo ferito, ma mi sentivo ferito a mia volta.
Lasciai i miei occhi fissi nei suoi, boccheggiando, mentre una terza voce interruppe la discussione.
- Ragazzi, calmatevi - Louis si mise fra noi, oscillando lo sguardo tra Liam e me. Senza neanche accorgercene, eravamo arrivati a fronteggiarci come fossimo due sconosciuti. - le vostre urla si sentivano fino al piano di sopra, che vi prende?! Dormono tutti - ci separò, spingendoci l’uno lontano dall’altro, e chiuse la porta della cucina.
- Tranne Rose - commentai ridendo sarcastico.
I due si scambiarono uno sguardo di intesa, poi Liam mi guardò per qualche secondo, prima di deglutire. - È per lei che..? -
Non gli risposi. Distolsi lo sguardo e andai a prendere il biglietto che aveva lasciato, per poi tornare a porgerglielo.
- Non l’ho trovata in casa e mi è quasi venuto un infarto - ammisi con riluttanza mentre leggevano dalle mani di Liam. - e invece chi sa cosa sta facendo con quel demente in questo momento. - Ispirai lentamente serrando la mascella.
Alzarono contemporaneamente lo sguardo ai miei occhi, ma Liam sembrava non avere il coraggio di aprire bocca dopo quello che era successo. Magari si era reso conto di aver scelto un momento poco adatto di farmi la ramanzina.
- Andiamo Zayn, sai com’è fatta Rose - parlò Louis. - Se anche lui ci provasse figuriamoci se gli permette di.. ecco, di fare qualcosa - balbettò come fosse a disagio, forse capendo dal mio sguardo glaciale che non volessi sentire altro. - beh, non lo permette a te, come potrebbe.. - aggiunse, lasciando a metà la frase. Lo fulminai ulteriormente con gli occhi.
- È ingenua. Lui la sta manipolando a suo piacimento standole accanto così tanto tempo per ottenere la sua fiducia. Finge di esserle amico solo per provarci. Un tipo come quello non dovrebbe frequentarlo. - al solo pensiero iniziai a sentire la rabbia impossessarsi di nuovo di me.
- Amico, smettila, lo fai sembrare un serial killer – Louis rise, mettendomi una mano sulla spalla. - E poi a lei piaci tu. - la sua risata sfociò in un sorrisetto idiota.
Per quanto i suoi occhi limpidi fossero sinceri, lui come poteva saperlo?
Scossi la testa. Improvvisamente il pavimento aveva catturato la mia attenzione. - Non è così, e non mi importa neanche sapere se è vero o meno. Quel tipo deve solo smettere di ronzarle intorno. Non è con quegli occhi che si guarda una ragazza. -
Sospirarono entrambi. - Non penso che Rose se la faccia con dei depravati - commentò Liam. Lo fissai in malo modo.
- Non se ne rende conto - ribattei.
- Non è una bambina - rispose lui.
- Lo è - ruggii, trafiggendolo con lo sguardo. La mia bambina  - ora che i miei amici sanno cosa mi passa per la testa posso andarmi a fumare questa sigaretta in santa pace? - Rimasi per un po’ a guardare Liam con quello stesso sguardo, finché fissandomi di rimando non si spostò, lasciandomi passare. Lasciai la cucina e sentii Louis borbottare qualcosa, prima che mi chiudessi la porta d’ingresso alle spalle, permettendo al freddo gelido di quella mattina -concordante col mio umore attuale- di entrarmi fin dentro le ossa.
 
 
Il mio sguardo saettò ancora all’orologio appeso al muro del salotto: le 21 e 04. Era la centesima volta che guardavo l’orario in mezz’ora.
Dopo un’estenuante giornata trascorsa fuori casa a scegliere due auto da affittare per quei giorni, ora eravamo tutti riuniti davanti la tv, che trasmetteva sempre i soliti noiosi programmi, a mangiare la cena ordinata da Harry dal negozio cinese lì vicino.
Rose era rientrata da un’oretta ed era sparita subito per farsi una doccia senza dirci una parola, a parte il caloroso “buonasera” che ci aveva rivolto appena entrata in casa. Adesso era seduta sulla poltroncina in pelle color panna di fronte la mia, a mangiare serena la sua cena; a distanziarci c’erano un paio di metri.
I divani erano occupati dalle tre coppiette. Anzi, quattro considerando che l’amore era ormai sbocciato anche tra Liam e Alex e in quella giornata avevano formato ufficialmente una coppia. Nonostante il litigio di quella mattina con Liam, ero felice per lui. Gliel’avrei detto quando quello schifo di giornata sarebbe terminata. Aspettavo solo di trovare pace: ero stato tutto il giorno muto, non avevo aperto bocca con nessuno. Apparivo distratto e rispondevo male a chiunque, sapevo di essere una rottura ma non potevo proprio farne a meno.
Osservai rapidamente Niall e Marty: lei sedeva fra le sue gambe, il biondo le cingeva la vita da dietro con fare protettivo, lasciandole di tanto in tanto dei baci sulla guancia. Quella visione familiare mi riportò al giorno precedente, e dovetti deglutire più volte per buttare giù quella sensazione spiacevole.
Lo sguardo scivolò su Louis e Frenk, e proprio in quel momento lui le stava rubando un bacio a stampo.
Sospirai, guardando infine Harry e Taty. Lui era concentrato ad usare il suo iPhone, ma lo sguardo di lei era fisso sul suo volto, mentre si mordicchiava un labbro. Dai suoi occhi potei leggere tutta l’adorazione che provava per il suo ragazzo, e mi ritrovai stranamente a desiderare che un altro paio di occhi potessero guardare me in quel modo.  
- A proposito di Brooklyn - la voce della mora portò la mia attenzione sul discorso, di cui non avevo ascoltato neanche una parola fino ad allora, troppo preso dai miei viaggi mentali - Joe ed io siamo andati lì oggi per una mostra di roba vintage. - al sentire nominare il suo nome un senso di irritazione mi pervase. - Mi ero innamorata di un ritratto di Marillyn degli anni 40’ e Joe me ne ha regalato una copia, non vedo l’ora di attaccarla al muro del nostro soggiorno in Inghilterra. - sorrise, per poi mangiare un boccone dalla confezione in cartone sulle sue gambe. Quando notai le sue gote arrossire pensai che in un’altra situazione avrei sorriso, ma realizzai di non aver sorriso neanche una volta da quella mattina, e di certo non l’avrei fatto quella sera.
- E così questo Joe è un tipo da mostre? - domandò Niall, mostrandole interesse.
- Già - fece lei, un sorriso leggero sulle labbra - ha tanti bei hobbie di cui prima non ero a conoscenza. Sa suonare il piano e la chitarra, penso che andreste d’accordo. - Oh, impressionante.
- Figo - rispose il biondo ricambiando il sorriso.
- Anch’io so suonare un po’ il piano - le disse fiero Louis, che si guardò intorno velocemente nella stanza - qui ne abbiamo pure uno. Qualche volta dovresti invitarlo da noi. - Mi trattenni dall’alzarmi e prendere a pugni il mio amico, mentre confabulava come una settantenne in cerca di compagnia.
Rose annuì imbarazzata.
Sbuffai rumorosamente. - Ne ho le palle piene di questo idiota. - Gli occhi di tutti i presenti si rivolsero a me, ma io guardavo solo quelli della mora, che avevano assunto uno strano color caramello con le luci al neon. Ma ora il loro colore era l’ultima cosa a cui riuscivo a pensare con la mente offuscata dall’irritazione.
- Scusa? - fece lei sorpresa, con un sopracciglio alzato.
- Mi sono rotto il cazzo di sentir nominare il suo nome ogni secondo, di vederlo qui fuori, di ascoltare le sue lodi, e sapere quante volte va in bagno. - il sangue prese a fluire rapido nelle mie vene, portandomi un formicolio fastidioso alle mani.
- Zayn - mi ammonì sotto voce Harry, ma lo ignorai. La bocca della mora si aprì lentamente; mi guardava con espressione basita.
- Se non ti va di ascoltarmi non farlo, cambia stanza e non rompere. - replicò tranquilla.
- Beh, il punto è che mi irrita sapere che se ne parli e basta. - feci io rude, ricambiando il suo sguardo falsamente calmo, e mi sistemai sulla poltroncina mentre iniziavo ad infuocarmi.
- Mi spieghi cosa ti ha fatto di male? - domandò, la voce più alta di un’ottava, ma sempre imperturbabile.
- No, spiegami tu come fai ad essere così ingenua - il mio tono di voce iniziò ad innalzarsi. - Non capisci che vuole soltanto portarti a letto? Quel tipo è un pervertito - sputai quasi con disprezzo. Strinsi i pugni, ignorando lo scambio di sguardi dei ragazzi e delle ragazze.
Rose mi guardò esitante, corrugando la fronte. - Non hai il diritto di dire queste cose di lui. - dichiarò poi con fermezza, appoggiando violentemente la confezione di cartone sul tavolino che aveva di fronte; si alzò e scomparve in fretta dal salotto per andare chi sa dove.
Feci lo stesso, ignorando gli occhi che avevo ora puntati addosso, e la seguii. - Sei capace solo di questo - le urlai dietro - scappi dalle discussioni se non sai come affrontarle - La raggiunsi in cucina, dove stava versando dell’acqua in un bicchiere.
Senza neanche bere, lo sbatté sul ripiano vicino il lavabo, indispettita, e si voltò completamente verso di me.
- Ero semplicemente stanca di sentirti dire stronzate, va bene? Ne ho davvero abbastanza dei tuoi atteggiamenti del cazzo, non riesco più a sopportarli. E non mi importa che sei una star, nulla mi impedisce di prenderti a parole se lo meriti! - urlò, la rabbia aveva ormai travolto anche lei. Si era avvicinata a me con fare di sfida, arrabbiata.
- Dio Santo, ma ti senti?! Dovresti smetterla di fare la principessina e capire che la stronza qui sei tu - senza che potessi controllarlo le mi mani si mossero a stringere le sue braccia lungo il suo corpo, e la costrinsi contro il bancone alle sue spalle quasi con violenza. Si limitò a sussultare, senza mostrare alcun segno di timore. - Non criticare i miei atteggiamenti se fino a prova contraria sei tu a causarli - tuonai.
Con una smorfia - forse di dolore- si scrollò le mie mani di dosso, ma io non mi mossi e conservai quella distanza per continuare a rivolgerle uno sguardo duro e torreggiare su di lei in altezza, cercando di intimidirla. - Io non causo proprio nulla, Zayn, sei tu a far tutto! - Nonostante la stessi rendendo piccola come una briciola, era arrabbiata almeno quanto me e non si lasciava intimorire facilmente. Mi diede una spinta sul petto per allontanarmi, e mi fece barcollare appena vista la sua risaputa assenza di forza. Questo non fece altro che aumentare la mia rabbia.
- E cos’è che farei? Sentiamo! - urlai; avevamo entrambi l’affanno per le urla, gesticolavamo e avevamo i denti stretti, ma nessuno dei due sembrava voler smetterla. Ci stavamo tirando addosso tutto il negativo di ciò che provavamo, ma forse nel modo sbagliato.
- Questo! - strillò allargando le braccia. - Mi stai rendendo questi giorni un inferno - la sua voce iniziò ad incrinarsi - io non volevo venirci qui, cazzo! Lo sapevo che era una pessima idea - Aggrottò le sopracciglia irritata.
- E allora perché lo hai fatto? Almeno avresti evitato tutto questo! Tu... tu sei solo una bambina - gridai, passandomi una mano fra i capelli col petto che si sollevava a ritmi frenetici. Ero troppo preso da rendermi conto quanto la situazione mi stesse sfuggendo di mano.
- Una bambina - mi fece eco quasi sottovoce, spostando momentaneamente lo sguardo dai miei occhi al pavimento; si morse con violenza il labbro, e dopo una manciata di interminabili secondi tornò a guardarmi. - Sai che c’è? Mi hai davvero stancata. Ti conviene trovare un’altra bambola con cui giocare, perché io ho finito. - Quando vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime ebbi un colpo allo stomaco e improvvisamente mi sentii come vuoto. Vuoto di tutta quella rabbia, frustrazione, nervosismo, irritazione, vuoto di qualsiasi cosa potesse esserci dentro di me. - Sei stato capace di tirare fuori il peggio di me. Io.. vorrei non averti mai conosciuto. - balbettò. Mi sentii soffocare quando quelle lacrime cominciarono a rigarle il volto, mentre i suoi grandi occhi scuri attraverso i miei mi trapassavano l’anima. Stavo appena realizzando tutto quello che ci eravamo detti, e quelle sue ultime parole mi avevano graffiato il cuore come una lama affilata.
Stava piangendo, immobile, lì davanti ai miei occhi. Le lacrime scivolavano sul suo viso incontrollate, mentre mi guardava con occhi gelidi. Non sapevo cosa fare, mi sentivo inutile.
Abbassò lo sguardo e provò a fare un passo verso destra, ma la bloccai stendendo prontamente un braccio parallelamente al bancone alle sue spalle. Non avevo avuto neanche il coraggio di toccarla, come se il mio tocco avesse potuto farle ulteriormente del male in quel momento.
Tremando, le sue mani provarono a spostare il mio braccio, ma feci appello a tutta la mia forza per evitare che ciò accadesse. Non potevo permettere che andasse via, non in quel momento, non dopo quello che era uscito fuori in quella discussione. Non poteva restare non chiarito tutto ciò che ci eravamo detti.
Così feci un passo in avanti, chiudendola sempre più nella trappola creata dal mio corpo, il mio braccio e il mobile. Lei ora mi dava le spalle, provava ancora a tirar via la mia mano, respirando fin troppo irregolarmente. I capelli le coprivano il volto, che era rivolto verso il pavimento.
- Lasciami andare… ti prego - sussurrò dopo qualche secondo di silenzio, la voce decisamente provata dal pianto.
Strinsi involontariamente gli occhi, come se avessi sentito una fitta di dolore.
Non voglio lasciarti andare.
Con lo stomaco sottosopra mi decisi ad indietreggiare per lasciarle via libera, fino a toccare il tavolo alle mie spalle.
La guardai inerme camminare rapida via dalla cucina, in direzione delle scale.
Fissai il punto in cui era scomparsa fin quando il rumore sordo di una porta che sbatteva tuonò per la casa immersa nel silenzio.
Mi riscossi ed iniziai a camminare rapidamente, poi a correre, per raggiungere in pochi secondi la sua stanza al piano di sopra.
Deglutii e bussai. - Rose…- la mia voce tremava, il cuore correva veloce. Non sapevo cosa le avrei detto, ora volevo solo poter rivedere i suoi occhi.
- Vattene - sembrò quasi sussurrare. Appoggiai una tempia alla porta, e su questa anche la mano sinistra, con gli occhi chiusi.
- Andiamo Rose, apri - provai ancora, la stavo letteralmente pregando.
Non ebbi risposta. Mi lasciai cadere lungo la porta, sedendomi sul pavimento con le spalle contro di essa.
Stavo per riaprire bocca ma mi interruppi quando sentii che provò a soffocare quel pianto che io stesso le avevo provocato.
Serrai la mascella e mi presi la testa fra le mani per secondi, forse minuti interi, mentre i suoi respiri affannati dall’altro lato della porta riempivano l’aria.
Poi mi alzai in piedi e rimasi a fissare quella porta. - Rose, apri. - le ordinai perdendo la pazienza, il tono ora rude.
- Vattene via, porca puttana! - gridò disperatamente, la voce tremante per le lacrime. A quel punto sentii letteralmente il cuore sgretolarsi in mille pezzi.
Battei con violenza un pugno contro quella porta con un urlo pieno di rabbia.
Tutto ciò che feci fu portarla a singhiozzare sempre più forte. Non potevo sopportarlo un secondo di più.
Scesi di nuovo al piano di sotto, trovando Harry alla fine delle scale che mi fissava, un’espressione preoccupata sul volto. Realizzai di avere gli occhi lucidi quando una lacrima sfuggì ad uno di essi, bagnandomi una guancia. Il dorso della mia mano la asciugò prontamente.
Il mio amico boccheggiò visibilmente, incredulo, e fece un passo verso di me, ma io mi trascinai oltre il riccio. Rivolsi uno sguardo ai ragazzi in salotto come a scusarmi di quella scenata e con la poca forza rimastami raggiunsi la porta d’ingresso.
Lasciai quella casa non sapendo esattamente quando avrei trovato il coraggio di rientrarvi, e iniziai a camminare, diretto dovunque ma lontano da lei.
 

 -spazio autrice-
zaaalve.
ok so che mi odiate, infatti dirò pochissimo. 
grazie di aver letto anche questo capitolo, e grazie delle cinque recensioni. 
solo che.. boh, non potreste recensire un po' di più? so che leggete, andiamo.  non fate i fantasmini (?). 
dopo un capitolo del genere mi aspetto persino delle minacce di morte -andate piano eh- però mi va bene, basta che recensite. lol
mi scuso del titolo -possibile che mi scuso sempre per qualcosa?- però dovete sapere che per scrivere mi sono fatta ispirare da hurt di christina aguilera ed è una specie di ringraziamento, anche se non è proprio attinente al capitolo.

aaaah, ultima cosa.
vi amo.
contribuite alla mia sanità mentale. se non ci foste voi lettrici non penso che scriverei, e se non scrivessi impazzirei.
so "a massive thank you".

uh, un ringraziamento speciale alla mia scimmietta. #bff
ok vi lascio seriamente. 

rose. xx

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Capitolo 31
*** Tell me a lie. ***


Chapter 30: Tell me a lie.

30 december
 

Rose’s pov
Era passato già un giorno. Ed era stato un inferno. Chiamarla guerra fredda, la nostra, sarebbe stato riduttivo. Non sapevo come fossi riuscita a sopportare tutto quello. Sospirai, mettendomi a sedere al centro del letto e fissando un punto indefinito della stanza; sentivo che quella giornata sarebbe stata peggiore della precedente: più passavano le ore, più le circostanze diventavano sempre più tese.
Due sere prima, ero rimasta chiusa in camera decisa ad uscirne direttamente il mattino dopo, assalita dall’imbarazzo. Avevamo dato spettacolo in un modo indecoroso e non mi ero sentita di scendere di nuovo di sotto. Quando Marty era entrata per andarsene a letto avevo finto di dormire, così avrei evitato di parlare di ciò che era successo, di certo rigirare il coltello nella piaga non avrebbe giovato. 
Decisi di alzarmi e scartando in primis la possibilità di scendere al piano inferiore, mi misi a sistemare la stanza. Ripiegai dei vestiti sparsi miei e della mia migliore amica, infilandoli nell’armadio, poi il cellulare squillò per un messaggio. Lo recuperai dal letto e visualizzai l’sms.
Era da parte di Joe.
“Buongiorno bambola, ti va di vederci oggi pomeriggio? xx” 
Sospirai e gettai il cellulare sul letto. Solo il suo pensiero mi provocò uno strano senso di… repulsione, e quella non era la prima volta. Mi chiedevo cosa mi stesse prendendo.
Convenni di dover ascoltare un po’ di musica per poter mettere a tacere i miei pensieri, quindi mi diressi allo stereo e lo accesi. Vi era già inserito un CD, in pausa sulla settima traccia. Pensai fosse l’album dei Muse che condividevamo io e Marty, così schiacciai play e girai le spalle dirigendomi verso il letto per poter rifarlo, ma rimasi sorpresa nel sentire un’introduzione non familiare.
Quando una voce invece a me familiare iniziò a cantare, mi bloccai al centro della stanza.
“Non va mai nulla bene, non importa quanto duramente io ci provi… e ci ho provato.” 
Liam? 
“Beh, metto su un litigio” Riconobbi la voce di Zayn e sgranai appena gli occhi. “ma le tue parole tagliano come coltelli, ed io sono stanco.” 
Sentii come un proiettile attraversarmi il petto nel sentire quelle parole. Esattamente quello che era successo due giorni prima.
“Ecco come spezzi il mio cuore ancora una volta” aggrottai le sopracciglia terribilmente stranita, e mi girai di nuovo rimanendo a fissare lo stereo, non sapendo se il cuore in questione fosse il suo, o il mio.

Ero chiusa in bagno, erano le otto e quaranta circa. Mi guardavo allo specchio, gli occhi erano ancora gonfi delle numerose lacrime della sera precedente. Le sentii riaffiorare e chiusi gli occhi, appoggiando le mani al lavandino per sorreggermi mentre tutte le parole che ci eravamo urlati contro riattraversavano la mia mente. Ero stanca di piangere. Dovevo reagire. 
Afferrai il mascara dallo stipetto alla sinistra del grande specchio e truccai le ciglia per mascherare il rossore delle palpebre superiori e inferiori. Sciolsi i capelli, li spazzolai e provai un sorriso. Tutto sommato avevo semplicemente il viso di una appena sveglia.
Uscii dal bagno e mi avviai al piano inferiore,dovevamo organizzare la giornata e come punto di ritrovo avevamo la cucina. Proprio quando misi il piede sull’ultimo gradino, qualcuno uscì dalla porta della cucina camminando verso le scale, cioè verso di me.
Tenni la testa alta mentre Zayn avanzava, e i nostri sguardi si intrecciarono. Non diedi segno di cedimento, lui neanche. Continuammo a fissarci inespressivi mentre procedevamo per le nostre strade. 
Arrivammo a passarci affianco, gli sguardi ancora incatenati tra loro sembravano fare scintille. Mi limitai ad alzare un sopracciglio, provando a trasmettergli tutto l’odio e la frustrazione che avevo dentro. 
Sbattei le palpebre e tornai a guardarmi di fronte mentre sentivo i suoi passi salire le scale, fingendo che quell’incontro non mi avesse appena lacerato lo stomaco.

“Dimmi che sono un fottuto disastro” assolutamente. “che non ascolto mai” Oh, tu non mi dai mai ascolto Zayn.
“Dimmi che non vuoi un mio bacio” deglutii “che hai bisogno di distanza.”
“Dimmi qualsiasi cosa, ma non dire che lui è quello che ti manca, piccola.” Gettai uno sguardo al cellulare, collegando quel lui aJoe. “Se lui è la ragione per cui mi stai lasciando stasera, risparmiami quello che pensi e…” trattenni il respiro.
“Dimmi una bugia.” La voce di Liam mi fece stringere un nodo in gola.
Pensai di dovermi sedere, ma le gambe non ne sapevano di muoversi.
“Sei un tipo affascinante, quel brillio nei tuoi occhi mi conquista ogni volta.” 
Già, quanto hai ragione, Lee.

Nonostante il brutto tempo, quella mattina avevamo deciso di uscire ugualmente, programmando un pranzo fuori. L’idea di fare un giro a per Manhattan allettava in un modo incredibile, e anche se per me sapevo sarebbe stata una brutta giornata, mi imposi di divertirmi, o almeno provarci.
Quando fummo arrivati sul posto, i ragazzi ci rivelarono perché avevano deciso di portarci lì: volevano regalarci qualcosa di nuovo da mettere a Capodanno; avremmo sicuramente preso parte a qualche festa, o saremmo usciti e basta, così ci avevano portato nel luogo più adatto dove fare shopping. Non potemmo obiettare, volevano farci un regalo per Natale e dovevamo accettarlo senza storie.
Ci avevano persino costrette a comprare dell’intimo rosso, e ne approfittarono prendendo dei boxer rossi a stampe natalizie anche per loro. Niall insistette per accaparrarsi quello con le renne.
Un’oretta più tardi ricambiammo il favore costringendoli a comprare degli outfit da Capodanno anche per loro. Ognuna di noi si dedicò a qualcuno di loro, e fortunatamente non vennero rispettate le solite coppie. Se ogni fidanzata avesse abbigliato il fidanzato, io avrei dovuto aiutare Zayn, e la cosa mi infastidiva. Presi Louis sotto braccio e lo trascinai in giro per il negozio finché un maglioncino rosso fuoco dal taglio delizioso conquistò entrambi; lo vestiva alla perfezione, e i miei occhi si illuminarono letteralmente alla vista del mio amico. Alla fine lo prese, abbinandoci una camicia color panna, dei pantaloni beige e dei mocassini in camoscio rossi: avrebbe fatto un figurone.
Louis provò a parlarmi di Zayn e di quello che era successo, ma mi scusai educatamente visto che non avevo per nulla voglia di parlarne. Annuì e allargò le braccia, offrendomi un abbraccio da orso. Sorrisi, forse la prima volta in quella giornata in cui sorridevo sinceramente, e mi lasciai stringere forte fuori dal suo camerino. La suoneria del mio cellulare ci fece separare.
Joe stava chiamando. 
Deglutii e osservai il display per un po’, allontanandomi da Louis, a cui ormai si era avvicinata Alex.
Ci pensai un po’ su e silenziai il telefonino, lasciandolo continuare a squillare nella mia tasca. Tornai da loro, ed Alex euforica ci disse di aver trovato un completo perfetto per Harry, e che dovevamo vederlo. 
Quando lei e Louis si scambiarono un’occhiatina strana non capii, ma realizzai che si fossero messi d’accordo quando, dopo aver avanzato di un passo lungo la schiera di camerini, Alex aprì improvvisamente la porta di uno di questi e Louis mi spinse al suo interno. Mi vidi praticamente sbattere la porta davanti il viso. 
Istintivamente mi voltai, pronta a scusarmi dell’idiozia dei miei amici, ma mi trovai davanti l’ultima persona che avrei voluto vedere. Per di più a dorso nudo, mentre si allacciava la cintura dei jeans, e mi guardava con un sopracciglio alzato. 
- Rose - mi salutò quasi con sarcasmo, sorpreso, infilando la cintura nell’ultimo passante.
Strinsi i denti facendo a meno di rispondergli, avrei voluto mettergli le mani addosso, tanta era la rabbia che provavo; e i suoi addominali scolpiti, la sua pelle olivastra e i suoi tatuaggi non mi avrebbero distratta come le prime volte. Potevo mantenere l’autocontrollo, anche se quella circostanza lo metteva decisamente a dura prova. Non potevo definirmi completamente indifferente a lui, nonostante ciò che era successo l’attrazione fisica che provavo nei suoi confronti non era scomparsa, né era stata scalfita dai nuovi sentimenti negativi che avevano preso il posto dei precedenti: continuavo a considerarlo dannatamente affascinante. Essere stata catapultata davanti a lui così senza preavviso, avendolo di fronte in quelle condizioni, non mi aiutava a restare calma. 
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi che in quel momento definii magnetici con riluttanza, e provai a tirar giù la maniglia, ma la porta -ovviamente- non si apriva. 
- Louis - tuonai, cercando di mantenere i nervi saldi - apri questa dannata porta. -
- Ma io non mi chiamo Louis. - 
Spalancai la bocca, come mai c’entrava anche lui in tutto quello? - Harry, apri o ti faccio ritrovare calvo.- il riccio rise soltanto, ed uno strano sospiro forse spazientito di Zayn alle mie spalle gli fece eco. Lo ignorai. - Harry! - esclamai, tenendo comunque un tono di voce basso per non dare spettacolo in quel negozio, ma Styles lì fuori sembrava deciso a non rispondermi.
- Se avevi voglia di chiuderti da qualche parte con me avresti potuto dirlo e basta - sussurrò il moro intanto, per non farsi sentire.
Sbuffai piano, continuando a dargli le spalle e picchiettando le dita sulla porta. - Harry - lo richiamai innervosita, le guance arrossirono a quelle parole. Ma ero decisa a non rivolgergli la parola.
- Non c’era bisogno di mettere su questo teatrino - continuò, avvertii la sua voce più vicina. La sua mano calda si posò più in alto del mio fianco, prendendomi alla sprovvista.
- Non toccarmi - portai via la sua mano dal mio corpo e mi girai per guardarlo meglio. Realizzai fu una cattiva idea quando mi sentii costretta contro la porta dalla sua figura imponente. Aveva le braccia conserte, notai la sua mascella contratta e sentii la tensione nell’aria. Il cuore iniziò a battere più forte, sentivo quasi che le gambe tremassero.
- Oh, se sei tu a voler toccare me va bene - Fece spallucce, non tradendo nessuna emozione: era impassibile. 
Provai a far finta di non aver sentito, eppure dovetti faticare per trattenere uno schiaffo. Non mi andava che mi dicessero certe cose. - Fai aprire questa porta prima che mi arrabbi. - nonostante l’irritazione, quasi balbettai come una bimba.
Mi guardò per un po’, inespressivo, poi sussultai quando parlò. - Ci stiamo arrabbiando, aprite la porta. - fece con tono autoritario, il suo sguardo duro ancora fisso nei miei occhi. Mi mise quasi i brividi, ricordandomi i toni della nostra discussione. All’improvviso girò le spalle, infilandosi la felpa che aveva recuperato dal pouf del camerino. Abbassai lo sguardo dopo aver squadrato per qualche secondo il suo corpo quasi marmoreo, e mi sentii improvvisamente intimidita dall’imponenza che mi trasmetteva, e imbarazzata per quella strana situazione. Quella stanza era fin troppo piccola per due persone, e io fin troppo claustrofobica. 
La chiave girò nella toppa prima che il moro finisse di rivestirsi. Mi affrettai a tirare giù la maniglia e feci per uscire, dandogli a mia volta le spalle.
- Stronza - mi appellò poco prima che lasciassi il camerino, facendomi immobilizzare. Oh, non avrebbe dovuto.
- Figlio di puttana - ribattei a denti stretti, uscendo poi definitivamente e sbattendo la porta con violenza.

“E dev’esserci stato un tempo in cui” la voce del riccio -la riconobbi subito- mi fece rabbrividire “io ero la ragione di quel sorriso, quindi tienilo a mente.” Annuii tra me e me, come una stupida. 
“Ecco come getti via quello che è rimasto di me e te” sbattei ripetutamente le palpebre, provando a ricacciare indietro le lacrime mentre permettevo alla mia mente di ripercorrere i pochi ma significativi attimi che avevamo condiviso. Ammisi di aver vissuto ogni singolo secondo, con tutta me stessa. Non avrei mai pensato che quello sconosciuto avrebbe potuto fare di me quello che ero diventata, una ragazza debole e ferita. Mattone dopo mattone aveva tirato giù tutti i miei muri di difesa, ed ora li stavo ricostruendo, con ancora più fatica, ma decisamente più solidi e sicuri di prima.

- Che c’è Rose, hai paura di quello che potremmo obbligarti a fare? - 
Ricambiai lo sguardo di sfida del riccio, alzando un sopracciglio. - Siete gli ultimi di cui potrei aver paura. - 
- Oh oh - mi schernì di rimando.
Strinsi i denti. - Facciamo questo gioco. -
Tornati dal nostro tour nel pomeriggio, eravamo troppo stanchi per uscire di nuovo, così avevamo deciso di metterci comodi nel salotto. Tenendo le luci spente, creammo un’atmosfera più che rilassante: l’unica fonte di luce era il camino, da cui si sprigionava un calore molto accogliente.
Quel fuoco ci ricordò la prima delle ormai tante giornate trascorse insieme, quando a riscaldarci era un falò nel bosco di Londra, così provammo a riprodurla: i ragazzi spostarono i divani ai lati dell’enorme salone, e prendemmo posto a terra sui comodi tappeti beige. Per rimanere in tema, Louis ed Harry avevano proposto di fare un gioco simile ad Obbligo o verità.
Quando Zayn e Niall si guardarono ridendo, e Liam alzò gli occhi al cielo, noi ragazze ci guardammo confuse. 
Spiegarono poi che le regole erano le stesse, solo che ogni volta che avremmo scelto “obbligo” avremmo dovuto buttar giù un chupito, cioè un cicchetto di rhum e pera. 
Fui la prima a protestare; non avevo nessun problema con gli alcolici, ma non capivo perché, nel peggiore dei casi, voler finire ubriachi in casa propria. Ero alquanto spaventata dal numero di cicchetti che avrei potuto mandare giù per evitare verità scomode, dalla gradazione alcolica del rhum e altrettanto spaventata da quello che diventavo quando ero brilla o addirittura ubriaca persa. 
Per venirmi incontro Louis disse che avremmo potuto scegliere tra due tipi di obblighi: quello deciso al momento e quello base, cioè il rhum. Avevo rifiutato ancora, ma quando mi ero sentita sfidata mandai a quel paese la ragione e accettai.
Dopo esserci rivolti una serie di domande stupide, divertenti e tremendamente imbarazzanti, che io ero riuscita ad aggirare ed evitare bevendo quelli che credevo fossero un paio di bicchierini, mi ritrovai a dover scegliere tra il quinto cicchetto e una verità o un obbligo che il riccio aveva insistito per proporre.

- Tu e Malik, ripostiglio, dieci minuti. - sentenziò fissandomi con un sorriso sornione.
- Queste cose si portavano al liceo Styles, abbiamo quasi vent’anni ciascuno - gli ricordai con sguardo truce, ma senza mostrarmi in difficoltà. 
- Mi ritrovo a dover concordare - intervenne il moro preso in questione - e poi non vedo perché debba rimetterci io. -
Slittai rapida lo sguardo su di lui, incassando l’offesa senza voler replicare. 
- Andiamo amico, sappiamo tutti che sogni una cosa del genere ogni notte da settimane - rise Louis, lui era al sesto chupito e parlava già come un ebete. Frenk gli diede una gomitata ridacchiando, e Zayn strinse i denti continuando a fissarmi inespressivo. Poi lo vidi ghignare.
- In effetti mi è capitato spesso di farci un pensierino - alzò un sopracciglio, fissandomi con uno sguardo malizioso che mi portò ad imbarazzarmi di getto, più del commento di Lou. Sentivo lo sguardo di tutti i ragazzi addosso. Deglutii; avrei dovuto vendicarmi del modo in cui mi metteva in imbarazzo davanti agli altri ogni volta. 
- Ti conviene starmi lontano almeno due metri se non vuoi essere asportato le palle. - Niall e Alex risero in modo sguaiato, forse l’alcol aveva già fatto effetto, qualcuno ridacchiava a quel familiare battibecco, mentre Taty posò una mano sulla mia gamba come a calmarmi. 
- Mmh - schiuse gli occhi e aggrottò la fronte, fingendo di riflettere - io invece ricordo tutte le volte che sembrava piacerti stare fra le mie braccia, dolcezza - strinsi i pugni e presi un respiro profondo, mentre i nostri sguardi infuocati non ne sapevano di lasciarsi. Odiavo che uscissero argomenti simili davanti agli altri.
- Puoi pure bruciarli quei ricordi, dolcezza. - 
Il moro continuò a fissarmi, ma capii che ero riuscita a zittirlo. Incontrai lo sguardo di Marty e le rivolsi un’occhiataccia, sembrava mi stesse rimproverando e non mi andava giù. Ma non mi importò più di tanto, lo pensavo davvero.
- Magari è meglio cambiare gioco - intervenne il riccio - intanto a chi va una birra? -

 
Ancora intenta a pensare e ripensare alla frase cantata da Liam, non mi accorsi che i miei occhi erano diventati improvvisamente lucidi.
E mentre si ripeteva il ritornello, sentivo sempre più come se mi stessi sgretolando in piccoli pezzi, il rumore della cui caduta rimbombava ad ogni battuta scandita dalla canzone.
“Dimmi che sono un fottuto disastro, che non ascolto mai. Dimmi che non vuoi un mio bacio, che hai bisogno di distanza. Dimmi qualsiasi cosa, ma non dire che lui è quello che ti manca, piccola. Se lui è la ragione per cui mi stai lasciando stasera, risparmiami quello che pensi e… dimmi una bugia.”
 

- Ho notato che mettermi in imbarazzo ti soddisfa particolarmente. -
Sembrò sussultare appena, voltando lo sguardo nella mia direzione. Era seduto sul divanetto della terrazza mentre leggeva un libro che subito riconobbi dalla copertina: i flashback che ne conseguirono mi strinsero lo stomaco, ma li allontanai rapidamente dalla mia mente. L’immagine di me e lui nella sua stanza mentre lottavamo giocosamente per un bacio sulla guancia mancato, in quelle circostanze poteva solo farmi domandare come mai avessimo trovato un modo per andare d’accordo. Non sarebbe più successo, ne ero sicura.
- Io e te dovevamo stare lontani - disse spavaldo, chiudendo il libro con un gesto secco e posandolo sul tavolino di fronte il divanetto. - perché sei qui? -
- Di certo non per te Malik, avevo bisogno d’aria - mentii, perdendomi a guardare il panorama New Yorkese servito dal secondo piano della villetta. Presi un respiro profondo e mi legai i capelli in una coda, il vento non smetteva di scompigliarli. Tuttavia dei brividi di freddo mi accarezzarono la pelle appena scoperta e dovetti accarezzarmi il collo per non rabbrividire ulteriormente.
Quando riportai gli occhi sul moro, lo trovai a guardarmi. Il mio cuore accelerò stranamente sotto la stranezza di quello sguardo. Lentamente la mia mano cadde di nuovo lungo il mio fianco, e prima che potessi distogliere i miei occhi dai suoi lo fece lui, come fosse a disagio. Mi illuminai, cogliendo il suo nervosismo. Forse avrei potuto vendicarmi delle volte in cui mi aveva imbarazzata davanti ai ragazzi.
Si alzò e guardando il pavimento raggiunse la soglia della porta che divideva la terrazza dal corridoio, dov’ero stata tutto il tempo, appoggiata allo stipite. Non gli permisi di passare, intralciandogli il percorso e posando una mano sul suo petto per fermarlo. Quando finalmente i suoi occhi incontrarono i miei, scrutai al loro interno per provare a capire il motivo di quel suo nervosismo e sentii il cuore saltare un battito.
- Hai davvero paura per i tuoi gioiellini? Ti facevo più uomo - lo schernii imitando uno dei suoi sorrisetti irritanti. Stavo per ritrarre la mano, ma guardandola mi accorsi che si sollevava insieme al petto di Zayn a ritmi irregolari. Tornai a guardarlo facendo scivolare via il mio tocco dal suo corpo. Mi resi conto compiaciuta che tutto ciò che vedevo in quel momento era vulnerabilità.
- Non sono in vena - sibilò quasi arrabbiato, aspettando evidentemente che mi spostassi per farlo passare.
- Mi domando perché quando sono io quella a non essere in vena, tu continui a divertirti ed ora io non possa giocare un po’. -
Accennò un sorriso. - E cosa avresti intenzione di fare? Tu non sai giocare. -
- Davvero? - Sostenni lo sguardo e mi avvicinai talmente a lui da sentire il suo respiro sul viso.
Quando annuì lentamente feci in modo che indietreggiasse spingendolo, e dovetti fare forza data la sua stazza. Chiusi la porta-finestra alle mie spalle e lo indirizzai fino a metterlo con le spalle al muro. Era visibilmente sorpreso. - Prenderò esempio dal maestro - gli sussurrai ad un orecchio, e per farlo mi alzai sulle punte. Posai la mano destra alla base della sua guancia, accarezzandola lentamente.- cos’era che facevi sul collo? - mormorai contro di esso, lasciando un bacio lento sotto il suo orecchio, ed un altro in un punto vicino, col cuore che batteva forte.
- Rose - mi richiamò a denti stretti, provando ad allontanarmi tramite un fianco. Afferrai la sua mano e decisa la scostai da me, bloccandola contro la parete alle sue spalle. Non potevo negare di essere intimidita dai miei stessi gesti, ma guardare il modo in cui si stava innervosendo mi riempiva di adrenalina. Volevo fargli capire quanto fosse irritante essere trattati come oggetti.
- Ah, ecco cosa facevi - finsi di ricordare, facendo scivolare la mano dalla sua guancia alla base del suo collo. La sua pelle era calda, nonostante la temperatura attuale, e la mia mano fin troppo fredda in confronto. Il maglioncino color porpora con scollo a barca che indossava non evitò alla sua pelle di rabbrividire. Sorrisi soddisfatta. - mordevi - sibilai prima di lambire violentemente la sua pelle, molto più di quanto avesse fatto lui nei giorni precedenti. Aspirò l’aria fra i denti, forse dal dolore. Non smettevo di complimentarmi con me stessa, e posai un altro bacio dove avevo morso il suo collo, per poi guardare il suo viso. Il suo respiro era davvero accelerato, e il suo sguardo perso nel vuoto. - sei ancora dell’idea che io non sappia giocare, Narciso? - Infilai l’altra mano fra i suoi capelli neri e li tirai, sollevando il suo viso verso l’alto, e baciai ancora sotto la sua mascella, i muscoli del suo volto erano tesi. Con le braccia lungo i fianchi era rimasto immobile tutto il tempo.
- Sei una dilettante - parlò. Rabbrividii stupidamente al suono roco della sua voce. - non avresti mai il coraggio di andare oltre, fino a qui è semplice - abbassò il viso verso di me ed io allontanai il mio in reazione spontanea, abbandonando la presa sui suoi capelli e facendo per ritrarre la mano che giaceva all’altezza della sua clavicola. Sorrise, vedendosi confermare ciò che aveva appena detto, e fece un passo in avanti facendo indietreggiare me.
Mi sentii sfidata. - Chi te lo dice? - stavolta lo spinsi con irruenza contro il muro, tutta la rabbia che era concentrata in me minacciava di uscire sotto forma di violenza. Tenni nuovamente fermo il suo volto tramite i suoi capelli, sapevo ci tenesse e mi domandavo come mai ancora non si fosse ribellato. Dopo esserci scambiati uno sguardo di fuoco mi avvicinai, facendogli credere che stessi puntando alle sue labbra. Sentii letteralmente il suo torace sollevarsi ed abbassarsi ad una velocità incontrollabile contro il mio, data la vicinanza. Schiuse le labbra respirando affannosamente e mi guardò. Ricambiando il suo sguardo con uno di provocazione e con le farfalle allo stomaco cambiai direzione e premetti le labbra sull’angolo della sua bocca. In teoria, stavo toccando le sue labbra con le mie.
Mi allontanai giusto da rimanere a fissarlo mentre il suo fiato corto colpiva diretto le mie labbra. Il pensiero di baciarlo e farla del tutto finita stava per prendere il sopravvento su di me, ma ero fin troppo arrabbiata per dare ascolto al mio istinto. Stavo per allontanarmi del tutto quando sentii le sue braccia afferrare i miei fianchi e far scontrare i nostri corpi. Sussultai sorpresa e appoggiai le mani sulle sue spalle per tenerlo lontano da me.
- So cosa volevi fare - mormorò sotto voce, il suo sguardo duro fisso nel mio riuscì ad intimidirmi. - per quanto tu sia stata brava, non sentirti soddisfatta per esserti vendicata. Non mi hai fatto nessun dispetto. Adesso hai imparato che ai maschietti queste cose piacciono, ed anche tanto, piccola - Mi allontanai da lui spingendo con forza sulle sue spalle e lo guardai quasi disgustata mentre mi sorrideva malizioso.
Una voce maschile, che riconobbi essere di Niall, chiamò il mio nome dal corridoio. - Ti sta chiamando il tuo amico al cellulare, l’avevi lasciato di sotto -
Per quanto la luce del minuto lampadario della terrazza potesse permettermi, mi accorsi che il colore dei suoi occhi aveva iniziato a scurirsi da un paio di minuti, e ora avevano assunto una tonalità spaventosa. Pensai di getto alle volte in cui quegli occhi erano stati di un caramello mozzafiato, e a quando quelle labbra -adesso serrate a conferirgli un’espressione dura- mi avevano sorrisa dolcemente.
- Almeno hai fatto pratica per ripetere quello che hai fatto adesso col tuo Joseph, contenta? Ti do un consiglio, vestiti di meno così potrai svestirti più velocemente - disse bruscamente. Strinsi i pugni tanto da farmi male e una mia mano si sollevò per colpirgli una guancia, ma riuscì a bloccarmi il polso prima che potessi farlo.
- Non hai il diritto di parlarmi così - ribattei arrabbiata trattenendo una smorfia di dolore, prima che il biondo urlasse ancora. - Rose, non smette di chiamare! Penso sia importante -
- Non farlo aspettare - mi strattonò, avvicinandomi al suo viso per l’ultima volta, i suoi occhi guardavano duramente i miei. - Và da lui, corri. - ordinò con prepotenza, e mi lasciò andare il polso, facendomi barcollare. Non mi aveva mai trattata in quel modo.
Ci fissammo col fiato corto per qualche secondo, poi girai le spalle ed aprii la porta-finestra, rientrando in fretta in casa. Raggiunsi Niall alla fine del corridoio.
- Dov’eri? Ti cercavo da… oh, che succede? Cos’è quella faccia? - posò una mano sul mio braccio, sfregandolo gentilmente.
- Sto bene - sussurrai abbassando lo sguardo. Provò a ribattere ma lo interruppi ringraziandolo per il cellulare che presi dalle sue mani e chiusi la discussione, andandomi poi a rintanare nella mia stanza.
 

“Tell me a lie…”
Avevo iniziato a respirare irregolarmente, e dopo un giramento di testa convenni per la seconda volta di dovermi sedere.
“Tell me a lie…”
Scivolai senza forze a terra sedendomi di fianco al letto, e strinsi le gambe al petto con le braccia.
“Tell me a lie.”
Sentii del tutto mancarmi il fiato, ed iniziai a piangere perdendo l’ultimo briciolo di autostima rimastomi.
Non doveva farmi quello, non dovevo permetterglielo.
Sobbalzai all’aprirsi della porta. Alla mia vista Liam si immobilizzò sulla soglia, spalancando la bocca.
Lo guardai con le lacrime che continuavano a scendere silenziose lungo le mie guance, ero scossa da singhiozzi leggeri che cercavo di mascherare, e mai come allora con lo sguardo pregai una persona di salvarmi. Sembrò capirmi al volo.
Si fiondò allo stereo, spegnendolo, e mi raggiunse accovacciandosi al mio fianco.
- Rose - fece con dolcezza, mordendosi un labbro come se non sapesse cosa fare. Distolsi lo sguardo prendendo a fissare il vuoto, mentre Liam si sedeva al mio fianco. Mi cinse le spalle con un braccio, permettendomi di appoggiare la testa sulla sua spalla e sfogarmi con quelle lacrime amare. Rimanemmo così per minuti interi, senza dirci nulla.
 

 -spazio autrice-
ok, lo ammetto, i capitoli enigmatici non li so scrivere.
sono convinta al 99% che nessuna ci ha capito una cippa.
ve lo spiego, nel caso in cui fosse così, e mi scuso per non essermi spiegata bene: le parti in corsivo sono flashback di rose del giorno prima dovuti a determinate frasi del testo della canzone.
a tutte quelle che hanno capito regalo una caramella♥.
spero siate contente che questi due non fanno altro che litigare -so che mi amate, non c'è bisogno ricordarmelo çç- ma purtroppo per voi -ok ora potete ricordarmelo- tra poco smetteranno di litigare. 
e come potranno mai far pace 'sti due? pensateci, su. non è difficile.
ok, smetto di blaterare perché il capitolo è già fin troppo lungo.

vi adoro, alla prossima.
rose. xx

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Capitolo 32
*** Masculine instincts. ***


scusate l'interruzione pre-capitolo. u.u
mia sorella mi ha gentilmente fatto un bozzetto della stanza di cui parlo nel capitolo, mi ha aiutata tanto per ispirarmi.
per pensare a cosa scrivere ho bisogno di due cose: una canzone adatta, e focalizzare lo spazio in cui è collocato il tutto.
la canzone è 'just feel better' di santana e steven tyler -non so quanto può interessarvi sinceramente, lol - e lo spazio è appunto questa stanzetta piccola ed accogliente, vi linko la foto perché non sono brava coi collegamenti ipertestuali e tutto il casino che si fa per far aprire un link cliccando su una parola. si vede che non ci so prorio fare, eh? 
https://fbcdn-sphotos-h-a.akamaihd.net/hphotos-ak-frc1/v/999872_617088034980025_282163787_n.jpg?oh=17aec9379798bcf5a938195624371a8f&oe=51FF2A71&__gda__=1375772009_e1c827278e3be07df9fc2d6903076f1f 
non so a quanto vi possa servire, ma volevo farvela vedere lo stesso. :)
okay, vi lascio leggere in pace. 
a dopo!


 



Chapter 31: Masculine istincts.

30 december
 

Zayn’s pov
- Rose ti aspetta nello studio al piano di sotto - Mi girai; Louis mi guardava dalla soglia della nostra stanza, serio. - Vuole parlarti prima che usciamo, non mi ha detto di cosa si tratta. Siate sbrigativi - fece per andarsene ma si fermò al suono della mia voce.
- Perché dovrei volerle parlare? - gli chiesi, dandomi un’ultima occhiata allo specchio e sistemando le tasche dei jeans. Ero pronto.
- Oh, andiamo, muovi il culo e vai a vedere cosa vuole, non ci va di aspettare ancora - ribatté rude, lasciandomi abbastanza scosso, e poi sparì in fretta dalla camera.
Interdetto, afferrai cellulare e sigarette infilandoli nelle tasche dei pantaloni e scesi di sotto, domandandomi cosa volesse dirmi. Era strano che avesse mandato qualcuno a chiamarmi, in genere se avesse avuto qualcosa da dirmi si sarebbe presentata in camera e mi avrebbe affrontato senza giri di parole.
Ammisi a me stesso che, nonostante il modo in cui avevamo trascorso il giorno precedente, il suono del suo pianto ed il suo viso rigato dalle lacrime continuavano a tormentarmi, letteralmente. Le parole forti e i toni duri usati erano sembrati così vividi ogni volta che avevo ripensato a quella sera, eppure lottavo affinché questi non mi condizionassero.
Se Rose mi aveva dichiarato guerra con i suoi atteggiamenti, mi sarei battuto fino all’ultimo respiro.
Inviai un’occhiata curiosa al gruppetto composto da Liam, Niall e le ragazze che parlavano fitto in salotto e non facendoci caso più di tanto raggiunsi lo studio, in fondo al corridoio dalla parte opposta all’ingresso, dopo le scale. Vi entrai titubante, trovando la mora in fondo alla piccola stanza, proprio di fronte alla porta, che dandomi le spalle sfiorava con le dita le copertine dei libri sulle mensole dell’enorme libreria che riempiva maggior parte delle pareti. In quello studio era intriso nell’aria un forte odore di mogano, forse dovuto ai mobili rigorosamente in legno scuro e al parquet color acero. Il grande tavolo da lavoro in legno lucido con la rispettiva sedia, posto sempre verso la fine della stanza, ospitava una pila di libri sul lato, delle scartoffie sull’altro e una penna-piuma nel relativo calamaio nero. Guardandomi attorno dovetti ammettere che era arredata davvero in modo delizioso; una grande poltrona in pelle era alla mia destra, ed opposta a questa c’era il divano coordinato, con al suo fianco una di quelle lampade alte con un paralume decorato color crema. Rimpiangevo di non esserci entrato prima, sarebbe stato uno di quei posti in cui avrei piacevolmente passato molto tempo per rilassarmi, al contrario della camera da letto che condividevo con i miei due rumorosi migliori amici.
Mi schiarii la voce per farle cenno della mia presenza; era ancora di spalle a curiosare in quei vecchi libri. Si girò, e quando mi vide apparve quasi sorpresa.
- Tu che ci fai qui? - mi domandò alzando un sopracciglio.
- Non eri tu quella ad aver chiesto di me? - le chiesi di rimando, confuso.
- Veramente Alex… - Il suo sguardo saettò improvvisamente dal mio viso alle mie spalle e riuscì solo a boccheggiare prima che la porta dietro di me si chiudesse improvvisamente, con tanto di doppia mandata.
- Ma che cazzo… - mi voltai rapidamente e provai a tirar giù la maniglia, rivivendo la stessa situazione del giorno prima, nel camerino di quel negozio. Collegai tutto in pochi secondi.
Sentii Rose imprecare sottovoce ed il rumore dei suoi tacchi sul parquet raggiungermi. - Andiamo, è uno scherzo - fece stizzita, battendo un colpetto sulla porta. - vi prego, non di nuovo -
- Avete rotto con questa storia, aprite la porta. - ordinai calmo. Entrambi rimanemmo in silenzio aspettando una risposta, ma non davano segni di vita. - Ragazzi? - chiamai, iniziando ad innervosirmi. Perché non rispondevano?
Qualcosa strisciò sotto la porta. Entrambi abbassammo lo sguardo a terra, notando un foglio, e ci guardammo sconvolti. Recuperai il foglio e lessi.
 
“Avete un paio d’ore per parlare e chiarirvi, fin quando non torneremo a casa rimarrete chiusi lì dentro. Vi conviene far pace, visto che non avete altro da fare fino a stasera.
A più tardi. :)
Con amore,
tutti noi.”
 
Rimasi letteralmente a bocca aperta, mentre sentivo la porta d’ingresso della casa chiudersi e il suono delle loro voci scemare lentamente. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene; erano impazziti.
- Che c’è scritto? - mi chiese ansiosa. Le porsi il foglio senza parlare e guardai l’irritazione crescere sul suo viso parola dopo parola.
- Oh mio Dio - sibilò, e accartocciò il foglio in una mano. - io li uccido. Chiama qualcuno di loro, veloce - mi ordinò con fare irritante - se non sai essere convincente ci penso io. -
- Non fai paura neanche ad un insetto, Rose - borbottai scocciato prendendo il cellulare dalla tasca e componendo il numero di una delle ragazze. Quella che avevo davanti mi guardò molto male per ciò che le avevo detto, ma la ignorai e aspettai che qualcuno rispondesse dall’altro capo.
- Taty - feci, mettendo in vivavoce la chiamata.
- So cosa avete intenzione di fare, non provate a far cedere le ragazze - rispose Harry dopo una serie di squilli.
- Hai almeno idea di quanto sia una stronzata tutto questo? - domandai al riccio, provando a mantenere la calma. Non avevo intenzione di trascorrere la serata chiuso lì dentro, per quanto poco prima avessi lodato la stanza e l’atmosfera presente. Condividerla con Rose era abbastanza imbarazzante; di certo avremmo finito col litigare e sinceramente non mi andava per nulla quella sera. Ero stanco.
- Appunto, le cose tra noi non possono risolversi in questo modo. - convenne la mora. Ci scambiammo un’occhiata strana, poi distolse rapidamente lo sguardo.
- Almeno siete già d’accordo su qualcosa, sembra stia funzionando. -
- Io ti uccido, Styles - esclamò lei in risposta - giuro che ti metto le mani addosso se mi capiti davanti. A chi è venuta questa brillante idea? -
- Generale - balbettò - ne abbiamo discusso insieme -
- Dammi un nome. - dissi a denti stretti.
Sospirò. - Liam - io e Rose ci guardammo ancora, lei boccheggiò per poi chiudersi in uno strano silenzio. Se fossimo stati in periodo di pace, le avrei chiesto perché avesse reagito in quel modo; sospettai ci fosse qualcosa sotto, ma non avrei indagato.
- Tornate a casa e fateci uscire da questa stanza. -
- È fuori discussione - mi rispose subito Harry - abbiamo deciso che marcirete lì per un paio d’ore, e così sarà. Adesso scusate ma abbiamo da fare, divertitevi e passate una buona serata senza uccidervi. -
- Harry, non provare a riagganciare - lo minacciò la mora, ma prima di finire la frase la chiamata era già caduta. Strinsi il telefono tra le dita.
- Richiama. -
- Non servirebbe a niente -
- Tu non puoi saperlo, richiama - indicò il cellulare con un cenno della testa.
- Non dirmi quello che devo fare - la zittii innervosito. Lei si sistemò i capelli indispettita dal tono che avevo usato e se li portò su una spalla, evitando di rispondermi. Ringraziai il cielo che non avesse continuato a discutere, con quel suo fare altezzoso. - ti assicuro che sarebbe inutile. Una volta litigai con Louis e ci chiusero in cucina finché non risolvemmo. - sembrò aspettare che continuassi. - per cinque ore - aggiunsi, e sgranò gli occhi.
Poi sospirò: sembrò arrendersi. - Ho anche dimenticato il cellulare in corridoio - si lamentò alzando gli occhi al cielo, e iniziò a guardarsi in torno, forse cercando un passatempo.
- Oh, quanto mi dispiace - falsai un tono dispiaciuto mentre la guardavo superarmi e sedersi sulla poltrona in pelle accanto alla porta. Mi guardò male - così non potrai messaggiare col tuo amichetto. - feci una smorfia disgustata e andai a sedermi dietro il tavolo in legno, dopo aver recuperato una ceneriera dal tavolino posizionato di fianco alla poltrona dov’era seduta Rose.
- Avrei preferito parlare con lui che stare chiusa tutta la sera qui dentro insieme a te. - si distese sulla poltrona stendendo le gambe sul bracciolo ed incrociò le caviglie in modo fine. Ignorai quella che avrebbe dovuto essere una frecciatina e la osservai per bene mentre giocava distrattamente con le punte dei suoi capelli: era preparata per uscire. Truccata in modo leggero, i capelli perfettamente lisci, una maglia larga in lana e un pantalone chiaro, ai piedi delle scarpe alte. Semplice ma, dovevo ammetterlo, bella. Il suo rossetto color pesca mi era saltato agli occhi appena ero entrato in quella stanza e stavo combattendo contro me stesso per non pensare a quanto trovassi invitanti quelle labbra.
Smisi di guardarla e tirai fuori una sigaretta dal pacchetto, per poi accenderla.
Si schiarii la voce per attirare l’attenzione e la guardai. Alzò un sopracciglio. - Non potresti evitare di fumare qui dentro? -
- Un po’ di fumo passivo non ti farà male - ribattei scorbutico, posando l’accendino sul tavolo - in qualche modo devo sopportarti fino a stasera. -
- Purtroppo sono io a non sapere come sopportare la tua presenza - Sbuffò, poggiando la testa sul bracciolo e scrollando i lunghi capelli al di fuori della poltrona. - mi sono preparata per nulla - brontolò, lo sguardo perso al soffitto. - e qui dentro fa pure caldo. - si accarezzò di nuovo il collo, come il giorno precedente, ed io rimasi come un idiota a fissarla.
Mi morsi un labbro, e aspirai altra nicotina, senza riuscire a levarle gli occhi di dosso. A lei invece veniva facile evitare il mio sguardo, perdere il suo nel vuoto o chiudere direttamente gli occhi. Provai a concentrare la mia attenzione sulla scrivania, rovistando tra quei vecchi fogli, sfogliando quei libri e giocando con la piuma, ma mi stavo decisamente annoiando.
- Qui dentro potrebbe esserci una chiave di riserva - dissi, aprendo speranzoso i cassettini sotto il ripiano, ma contenevano solo cancelleria e scartoffie. - come non detto - commentai scocciato, e ripresi a fumare. Ciccai nella ceneriera, sbuffando, e improvvisamente la luce del lampadario iniziò ad illuminare la stanza ad intermittenza.
- Non ci credo - mormorò la mora; entrambi avevamo fissato lo sguardo al lampadario. La lampadina esalò i suoi ultimi raggi di luce e si spense, lasciando che il buio ci avvolgesse. - Oh, perfetto, ci mancava solo questo. Ma vaffanculo - Risi silenziosamente, tanto al buio non l’avrebbe notato. - puoi accendere la lampada? -
- Non mi va di alzarmi - risposi strafottente, continuando a fumare tranquillo.
- Rischio di inciampare per arrivarci con questi trampoli - borbottò.
- Come tuo solito - commentai, sapendo di infastidirla - Levali. -
Sospirò rumorosamente, e al buio sentii il rumore delle sue scarpe che toccavano il parquet con delicatezza, come se si fosse seduta di nuovo normalmente sulla poltrona. Immaginai le avesse tolte quando sentii dei passi leggeri avvicinarsi cauti a me. Mi sembrò di avvertire il calore del suo corpo avvicinarsi.
Col display del cellulare illuminai in direzione della lampada, facilitando a Rose la sua accensione. Quando una piacevole luce ambrata si propagò per la stanza e Rose girò in automatico il suo viso verso il mio, sentii una strana sensazione allo stomaco. I suoi occhi, vicino la fonte di luce, avevano assunto quel color miele che sapeva togliermi il fiato.
Nessuno dei due distolse lo sguardo; lei avanzò lungo la libreria che costeggiava quattro delle pareti della stanza dalla forma esagonale, mantenendo una certa distanza da me, eppure continuava a guardarmi. Io rimasi immobile: mi ero persino dimenticato della sigaretta.
Il cuore accelerava man mano che si avvicinava, finché lei si schiarì la voce e corrucciò le sopracciglia. Si girò esitante verso la libreria, dandomi le spalle. Iniziò a scorrere i libri con lo sguardo e ne estrasse qualcuno.
Fumai quello che restava della mia sigaretta e la spensi nella ceneriera, fissando le cicche al suo interno; quell’atmosfera sembrava soffocarmi. Era una situazione fin troppo scomoda da sopportare, non sapevo quanto saremmo andati avanti battibeccando e guardandoci come due idioti.
Tornai a guardarla ed in quel momento due dei libri che aveva tra le mani caddero a terra, provocando un tonfo rumoroso a causa delle copertine massicce.
- Potresti non combinare guai per una volta?! - la ripresi in modo rude, sporgendomi dalla sedia per recuperare i libri. Lei si accovacciò, e ci trovammo quasi naso a naso. Risentii, dopo tanto tempo, le farfalle nello stomaco e l’irritazione dettata dalla sua goffaggine sparì all’istante. Le fissai le labbra e gli occhi, mentre raccoglievo un libro dal pavimento, e deglutii.
Stava succedendo quello che entrambi volevamo evitare.
Lei mantenne il contatto col mio sguardo per un po’, poi batté ripetutamente le ciglia e serrò la mascella.
- Ce la faccio da sola - ribatté infastidita, e mi sfilò il libro dalle mani poco gentilmente, rialzandosi.
Mi rimisi a sedere sulla sedia da lavoro, vedendole inserire di nuovo alcuni dei libri nei loro spazi, con difficoltà.
Avvertire nervosismo nei suoi gesti non faceva altro che ampliare il mio ego.
Si voltò ancora, le spalle rivolte alla libreria, e iniziò a sfogliare un vecchio libro dalle pagine ingiallite e la copertina rosa antico. Finse di concentrarvi tutta la sua attenzione, ma sapevo avesse notato che stavo tenendo il mio sguardo sul suo viso, ovviamente non perché mi risultasse difficile non farlo, ma perché provavo gusto ad innervosirla.
Nonostante ciò, non alzò lo sguardo dal libro fin quando non mi alzai per raggiungere il divano. Poi incollò nuovamente gli occhi al libro, imperturbabile; dopo qualche secondo prese lentamente posto sopra scrivania, accavallando le gambe.
Guardai la sua figura, adesso illuminata in pieno da quella luce piacevole e delicata, e mi lasciai affascinare per qualche secondo da quella visione. Rivissi un momento in cui, qualche giorno prima a Central Park, guardandola l’avevo trovata angelica.
Dopo aver sgranato gli occhi, li strizzai deglutendo. Scossi impercettibilmente la testa passandomi le mani sul viso, cosa mi mettevo a pensare?
Lei non si accorse di niente, continuando a leggere indisturbata. Voltò una pagina e, lasciandomi sorpreso, si portò il libro al naso inspirando ad occhi chiusi.
Trattenni un sorriso mordendomi il labbro inferiore. - Odori le pagine? - mi venne spontaneo chiedere.
- Tu non lo fai? - mi guardò, alzando un sopracciglio, e mi accorsi che per un secondo il suo sguardo cadde sulla mia bocca. Scossi la testa. - Ti perdi uno degli aspetti migliori di un libro. - tagliò corto saccente, e riportò la sua attenzione al libro.
Non risposi, limitandomi ad osservarla ancora un po’ e domandandomi come riuscisse a volte ad essere gradevole se arrivava ad essere così fastidiosa. Mi sfilai il cellulare dalla tasca, perdendoci un po’ di tempo. Erano ancora le nove e un quarto, e qualcosa mi diceva che i ragazzi non sarebbero tornati prima delle undici, o forse ancora più tardi. Cosa avrei fatto fino ad allora?
Cinque minuti dopo, sentivo di impazzire. I miei occhi erano attratti dalla sua figura, e non potevo fare a meno di guardarla.
Scrutai il modo in cui sfilò una penna dal portamatite al suo fianco e ci si legò i capelli: si sforzò di non spostare lo sguardo dalle pagine del libro posato sulle sue gambe accavallate, e la sua finezza riusciva a stregarmi. Non facevo altro che pensare quanto fosse incantevole, e tutto ciò mi irritava. Inveii mentalmente contro di me e ciò che la mia mente produceva.
Mi alzai dal divano, ricordandomi di aver lasciato le sigarette sul tavolo su cui era seduta Rose, insieme ad accendino e ceneriera. A denti stretti mi avvicinai a lei, imponendomi di conservare la mia dignità e non lasciarmi innervosire come uno scolaretto, non era da me.
Notò che mi fossi avvicinato, ma non distolse la sua attenzione da ciò che leggeva; convenni fosse meglio così quando mi ritrovai a dovermi sporgere oltre di lei per raggiungere ciò di cui avevo bisogno. Solo quando il mio viso si ritrovò all’altezza del suo collo -adesso libero dei suoi capelli- Rose spostò gli occhi dal libro. Mi immobilizzai avvertendo il suo respiro irregolare dai movimenti del suo torace, le labbra serrate e lo sguardo perso nel vuoto. Presi un respiro profondo, ed il profumo che indossava quella sera mi riempii letteralmente i polmoni. Altro che nicotina  mi trovai a pensare, chiudendo momentaneamente gli occhi.
Non ci stavamo neppure sfiorando, ma quella situazione familiare scosse entrambi, fin troppo.
Per l’ennesima volta imprecai mentalmente sforzandomi di ritrovare lucidità e afferrai anche il pacchetto di sigarette in una mano, allontanandomi poi da lei. Si schiarì la voce, e quando ebbi girato le spalle per stendermi nuovamente sul divano, era già reimmersa nella sua lettura.
Accesi la sigaretta, deciso a non staccare gli occhi dal cellulare per almeno un’ora.
 
 
- Certo che abbiamo chiarito tutto, Niall - dissi paziente al cellulare - è tutto risolto, davvero, non preoccupatevi. Solo che è arrivata l’ora di lasciarci uscire, che ne dite? - Rose mi fissava, stanca e ansiosa di sentirsi dire che stavano tornando per liberarci.
Erano passate due ore e mezza.
- Mh, e a me chi dice che non stai mentendo? -
- Cristo Santo, Horan - ruggii, stanco di fingere e pregarlo - fatemi uscire da questa cazzo di stanza o vi conviene non fare ritorno. -
In reazione al mio tono duro vidi qualcosa negli occhi di Rose che non mi piacque guardare, e mi costrinsi a prendere un respiro profondo. Lei però distolse lo sguardo, fingendo di continuare a leggere, ma sapevo di averla turbata.
- Calmati, stavo scherzando - replicò il mio amico biondo, come offeso - siamo proprio fuori casa -
- Era ora - dissi in malo modo; riagganciai ed infilai di nuovo il cellulare in tasca. - sono qui fuori - mi sentii di avvisarla.
Quando sentii il rumore delle mandate della porta d’ingresso smisi di camminare in tondo al centro della stanza e mi avvicinai alla porta, appoggiando la mano sulla maniglia; non vedevo l’ora di uscire da lì dentro.
Non avevamo fatto altro che litigare su tutto, le poche volte che la sua attenzione non era stata incentrata su quel dannatissimo libro. Non capivo perché ne fosse così interessata, e non volevo neanche saperlo.
In più, stare soli in quello studio stretto mi stava mandando fuori di testa: per quanto provassi ad evitarlo, mi ritrovavo sempre ad osservarla mentre compiva gesti che non riuscivo ad ignorare, illuminata da quella luce calda e… intima.
Convenni di essere davvero uscito di senno; a mente fredda non avrei mai fatto quelle riflessioni.
Dal canto suo Rose sembrava non accorgersi di quanto stesse mettendo a dura prova i miei istinti maschili.
Eppure mi sentivo combattuto. Se da un lato mi attraeva in quel modo, dall’altro continuavo a detestarla ripensando a tutte le cose spiacevoli che ci eravamo detti e la vera e propria guerra che avevamo messo su: un combattimento che sarebbe durato fino allo stremo di uno dei due, immaginai.
La mora, che fino ad allora era stata seduta sul divano intrattenendosi ancora con quel libro che ormai leggeva da circa due ore, aveva raggiunto la porta visibilmente sollevata alla mia rivelazione, dopo aver lasciato cadere sul divano la penna con cui aveva legato i suoi capelli. La guardai arrivarmi di fronte e deglutii mentre si ravviava i capelli, pensando per l’ennesima volta a quanto fosse capace di incantarmi.
- Dio, finalmente - Sospirò, poi la sua attenzione fu attirata da qualcosa sul pavimento dietro di me - oh giusto, le mie scarpe - fece quasi tra se e se, e si sporse sotto il mio braccio teso parallelamente alla porta, chinandosi per recuperarle.
Scrutai tutti i suoi gesti senza mai trovare il coraggio di levarle gli occhi di dosso, e quando tornò in piedi fu così vicina a me da mandarmi in confusione. Persi l’autocontrollo che fino ad allora avevo mantenuto e la mia mano passò in automatico dalla maniglia al suo polso. Mi guardò sorpresa, mentre facevo scivolare il mio tocco alla sua mano e distendevo le sue dita con le mie, lasciando cadere rumorose le scarpe sul pavimento. Poi l’attirai con forza a me, i nostri nasi si sfiorarono; lei mi lasciò fare, le sopracciglia aggrottate in un’espressione leggermente confusa ma non sembrava decisa a fermarmi.
- Mi stai facendo impazzire - sibilai, appena prima di spingerla contro il muro, intrappolandola nell’angolo tra il divano e la parete. Ed era vero. Starle affianco mi agitava e confondeva.
Guardai le parole morirle in gola quando posai la mia mano tra il suo viso e il suo collo: le sue ciglia svolazzarono a quel contatto, ed io sentii lo stomaco stringersi. Mi appoggiai al muro alle sue spalle con l’avambraccio, eliminando quanta più distanza tra noi possibile. Fu lei a sorprendermi quando, guardandomi con decisione, afferrò la mia felpa tirandomi verso di se, nonostante il mio corpo fosse già contro il suo.
Presi quel gesto come una conferma; sospettavo di avere pochi secondi a disposizione prima che ci venissero ad aprire, ma sentivo che finalmente era arrivato il momento adatto.
Strinse il dorso della mia mano con la sua. Convenni fosse inutile parlare: capivo desiderasse che ciò che avevamo evitato per settimane, ora accadesse, almeno quanto me.
Le guardai chiudere gli occhi dolcemente, il mio corpo era sopraffatto da fin troppe emozioni, il suo odore mi faceva girare la testa; i nostri respiri si confusero e le mie labbra schiuse toccarono appena le sue quando il rumore della chiave che girava nella toppa risuonò nella stanza e fece sussultare entrambi. I suoi occhi si spalancarono. Ci guardammo per secondi interminabili; mi morsi un labbro e stupidamente cercai di sentire il sapore della sua bocca sulla mia, con scarsi risultati, il contatto era stato troppo leggero. Stavo per imprecare ad alta voce cacciando via chiunque ci avesse interrotti, ma quando, essendo ancora i nostri occhi legati, avvertii il suo sguardo cambiare improvvisamente, sentii il panico sopraffarmi: quella nuova luce non mi piaceva per nulla.
Non ebbi il tempo di chiederle spiegazioni, rimanemmo immobili, voltandoci semplicemente verso la porta.
- Ragazzi - ci richiamò Harry con voce ridicola e effeminata, affacciandosi nello studio. - oh merda, scusate - balbettò subito a disagio, scappando letteralmente via e richiudendo la porta.
Quando tornai a guardare la mora, cercai disperatamente il suo sguardo ma non ne voleva sapere di alzare gli occhi. Tirò via la mia mano dal suo viso ed esercitò pressione sul mio petto, provando a distanziarci.
Corrugai la fronte, quasi sgomentato. Cos’era cambiato nel giro di dieci secondi?
- Hey, no, ferma - mormorai sconnessamente, cercando di bloccarle le mani, ma continuava a dimenarsi per provare ad andare via - aspetta un secondo - dissi ancora, inutilmente. Riuscii ad afferrarla per le spalle, e si immobilizzò; la scossi leggermente, e le alzai il mento con le dita costringendola a guardarmi. - che succede? -
Decisa a non rispondermi, ritrasse il viso evitando il mio sguardo e provò a scansarmi per scappare via. Le afferrai la vita prima che potesse riuscirci, lei tirò malamente il mio braccio dai suoi fianchi e quando si girò a guardarmi mi gelò con un’occhiata.
Ci fissammo per una manciata di secondi, entrambi avevamo il fiato corto per quello che era successo in pochi secondi.
Non capivo cosa fosse successo all’improvviso, si era forse pentita di ciò che stava per fare?
Serrai la mascella, i nostri sguardi persi e confusi mutarono facilmente in astio puro. Giurerei di aver avvertito addirittura delle scosse elettriche.
- Che cazzo ti prende? - sibilai duramente a denti stretti.
Inarcò soltanto un sopracciglio, voltò le spalle e dopo aver recuperato al volo le scarpe dal pavimento sparì a passi rapidi dallo studio.
Io l’avevo seguita fino in corridoio; mi immobilizzai ai piedi delle scale guardandola scappare via, ancora.
- Porca troia, Rose! Non sbaglio a considerarti una bambina! - le urlai dietro, sotto lo sguardo confuso di Frenk e Niall che erano appena usciti insieme dalla cucina.
- Vaffanculo Malik - replicò lei - e dimentica tutto! -
Non risposi e sfogai l’irritazione sferrando un colpo sulla parete; borbottando tra me e me mi diressi in salotto, trovandovi Louis, Liam ed Harry.
Li fissai e mi arresi. - Ho bisogno di parlarne con qualcuno - mormorai riluttante; non avrei dovuto farlo, ma stavo davvero per esplodere. Dopo circa un mese mi ero deciso ad aprirmi.
I miei amici si scambiarono degli sguardi quasi ansiosi, poi contemporaneamente i loro sguardi si inchiodarono su di me, che me ne stavo sull’uscio del salotto come un prigioniero pronto alla fucilazione.
- Niall, vieni qui e chiudi la porta: abbiamo una questione importante da affrontare - strillò la voce sottile di Louis, che sorrise quasi malefico.
Sgranai appena gli occhi.
No, non avrei dovuto farlo.



 
-spazio autrice-

parto già con questo: so che mi odiate, che non volete che litighino sempre e bla bla bla.

quindi, visto che penso tra un paio di capitoli la storia è finita, devo dirvi che questo è l'ultimo dei loro battibecchi.

interpretate come volete, io non spoilero altro. 

comuuuunque, tenevo a precisare che agli occhi di zayn rose appare come una dea - o quasi - ma rose non è per nulla ispirata a me, sappiatelo. ceh ha il mio nome perché mi piace immaginare di essere la protagonista, ma fidatevi che io non ho i pregi che dipinge zayn. volevo solo dirlo perché pensandoci potrei sembrare una di quelle con aiutostima a mille, ma sappiate che io sulla mia ci faccio surf, quindi.. tutto qua. :3

detto questo, sono triste che questa storia stia per finire. la porto avanti da tipo un anno e mezzo, avete idea di quanto sia uno shock per me pensare che stia per finire? dio mio. aiutatemi. çç

anche se penso che sia arrivata l'ora, dopo trenta capitoli. 

non la considero una ff perfetta, insisto col dire che metà storia fa proprio defecare i piccioni, perché non sapevo per nulla scrivere all'inizio. ora ci ho preso la mano ma neanche mi considero una scrittrice, quindi questa storia non è esattamente fatta come vorrei. però ci sono affezionata, comprendetemi, ci sono cresciuta in tutto 'sto tempo.

mi sto seriamente dilungando, scusate.
vi ringrazio delle recensioni, ora rispondo a tutte. siete stracarine, quanto posso amarvi? non lo so gfkgkfhdafgfs vi adoro.

 

un bacio, 

rose. xx

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Capitolo 33
*** I'm giving up, so just catch me. ***


-spazio autrice- 

salve bellezze!
vi scrivo qui perché... beh, questo capitolo non voglio proprio commentarlo. 
penso sia stato uno dei più difficili. in più è anche -credo- il penultimo, quindi non avete idea di quanto io abbia sudato per progettarlo e scriverlo.
mi scuso se è venuto abbastanza lunghetto ma l'ho scritto prima a mano e poi l'ho ricopiato al pc, e ovviamente non sapevo come regolarmi. 
mi aspetto pure delle critiche, non solo complimenti, basta che mi fate sapere cosa ne pensate.
quindi vi lascio, buona lettura. 
vi adoro,
rose. xx


p.s. da notare il titolo preso da una canzone meravigliosa di quello splendore della lovato, ve la consiglio se non la conoscete. che poi non so perché ma trovo miliardi e miliardi di canzoni adatte a questa storia, ma wtf?! se dovessi scegliere una colonna sonora ci perderei la testa, lol.


Chapter thirty-three: I’m giving up, so just catch me.

 
30 december, 23:40 pm.
Zayn’s pov
- È da un po’ che ci chiedevamo se parlartene o meno - mormorò Niall, guardando poi gli altri con fare serio e quasi… professionale.
Avevano preso la mia richiesta d’aiuto un tantino troppo seriamente: ci eravamo barricati in salotto, e ci eravamo seduti tutti insieme come spesso era capitato altre volte, per parlare. Ma loro sembravano fin troppo coinvolti, l’atmosfera era diversa rispetto alle numerose volte in cui avevamo giocato a fare gli psicologi gli uni degli altri, e a me gradiva poco. Stavo già progettando di scappare al più presto da quella situazione; quando ero io il centro della questione diventava abbastanza imbarazzante parlare dei miei problemi, perché era questo che facevamo: affrontavamo i nostri problemi insieme. E se non avessi considerato quella brunetta un enorme problema per me, allora non avrei avuto la minima idea di cosa volesse dire la parola problema.
- Sei il nostro migliore amico, e ti conosciamo più di quanto immagini - disse Liam, che però venne subito interrotto da Niall.
- Che hai una cotta per lei ormai è un dato di fatto - continuò il biondo. Strinsi i denti irritato, ma mi imposi di tacere e subire; dopotutto ero stato io a decidere di parlare di quell’argomento -che fino ad allora avevo considerato un tabù coi miei migliori amici- per essere aiutato a fare chiarezza. Magari avrei davvero messo fine alle mie innumerevoli lotte interiori, magari volevo sentirmi dire che avrei dovuto smetterla di provare a far cedere Rose, che non ce l’avrei fatta e che sarebbe stato meglio arrendersi. Magari cercavo un pretesto per arrendermi, perché ero disperato a causa di quella situazione. - sbaglio? -
Abbassai lo sguardo sentendomi quasi colpevole, come un bambino trovato col naso in un barattolo di cioccolata. Perché continuare a negare? Mi ero preso una cotta per una ragazza, come era successo anche altre volte. Tutto normale.
- Lei ti provoca sentimenti contrastanti, positivi e negativi, e tutti molto forti. La gelosia ti divora e vorresti che lei fosse tua e basta - fissai Louis - non è così? - Esitai. La vedevo come una questione di orgoglio, non riuscivo ad ascoltare determinate cose. Preferivo mille volte tenerle chiuse al sicuro nella mia mente in uno di quei cassetti si sceglie di non aprire: finché rimanevano nella mia testa, erano più gestibili. Ma sentir pronunciare quelle parole era terribile. - questi sintomi vogliono dire una cosa sola, Zayn -
- Avevo detto di aver bisogno di parlare, non sentirvi dire un mucchio di idiozie - sviai l’argomento - state amplificando una stronzata di poca importanza, non è quello il punto. -
- Quello che provi per Rose non è una stronzata, e il punto è proprio questo. Altrimenti non saresti qui adesso - replicò Liam severo. - Vuoi parlare? Fai pure, ti ascoltiamo - incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale del divano, aspettando che parlassi.
Dapprima boccheggiai, sentendomi improvvisamente come sotto esame, in difficoltà. Restai in silenzio; poggiando i gomiti sulle ginocchia, scrocchiai le dita per la frustrazione.
- Non riesci ad accettare di esserti innamorato di lei. - Incrociai lo sguardo deciso di Harry.
- No - ruggii, alzandomi in piedi e passandomi una mano sul viso. Mi diressi verso la finestra, trovando una scusa per dare le spalle ai miei amici - non sono un idiota, so cosa provo e in quali limiti. La conosco solo da un mese, io non la… non… - finii ancora col boccheggiare.
- Tu la ami, Zayn - la voce di Liam si impose sulla mia - smettila di fingere che non sia così. -
- No - ripetei, ancora di spalle. Mi lasciai distrarre da ciò che c’era fuori la finestra, conquistato da quello strato di neve che ricopriva ogni cosa. - no, voi non capite - borbottai soprappensiero. Poi mi voltai verso di loro. - quella ragazza è una stronza, e riesce solo a confondermi! Sono confuso - gesticolai nervoso, e vidi Harry scuotere la testa rassegnato, poi deglutii per trovare il coraggio di tirar fuori quello che sentivo - ossessionato - sibilai riluttante. I loro sguardi si infittirono. - Da quando siamo venuti qui a New York non faccio altro che pensare a lei, non riesco a distrarmi, è un chiodo fisso. Il suo pensiero mi opprime, sento di star andando fuori di testa - spiegai. Mi sembravo una donna mestruata, e poche volte avevo trasformato i miei sentimenti in parole in quel modo. - Stasera stare chiuso con lei in quello studio non ha aiutato per niente la mia sanità mentale. Dopo due ore non ho resistito e ho dovuto saltarle addosso. Due secondi dopo ci siamo presi a parole. È spaventoso, non è normale! - senza neanche accorgermene avevo iniziato ad alzare la voce. Tirai un respiro profondo. - odio che sia capace di ridurmi in questo modo. - sibilai.
- È l’amore che fa uscire di testa, non lo sapevi? - ridacchiò Louis. Insistono ancora con questo amore? - Ne parli come se fosse una cosa negativa! -
- Lo è! Sto impazzendo, e voi in questo modo non mi aiutate - rivolsi un’occhiataccia ad ognuno di loro, stavano cercando di farmi un lavaggio di cervello o cosa? Volevano tirarmi di bocca cose che  forse  non pensavo.
- Smettila di reprimere i tuoi sentimenti - Liam mi parlò nel modo in cui si parla ad un bambino, innervosendomi sempre più - perché cerchi a tutti i costi di tenerla lontana da te? -
- Perché non potrei fare altrimenti, non sarebbe giusto - mormorai, incrociando le braccia al petto e poggiando il mio peso contro la parete alle mie spalle. - Non è semplice come pensate, ok? Tra me e lei è costantemente in atto una guerra, e i periodi di tregua sono talmente brevi che non abbiamo neanche il tempo di ricaricarci prima di tornare a combattere. Lei… mi irrita - feci, annuendo con scarsa convinzione.
- Ti irrita sapere che non è tua - replicò Niall - è un istinto naturale maschile, e tu sei un tipo orgoglioso. Ti irritano i suoi rifiuti, non lei. - touché.
- Sbagli - insistetti tuttavia - ci sono molte cose del suo carattere che odio. -
- Dimmene una - mi sfidò Harry, che giocava a fare delle entrate ad effetto resuscitando dal suo silenzio. Rise quando mi soffermai a pensare più del dovuto. - Tu adori quella ragazza, ammettilo. E lei ricambia in pieno, Zayn. Credimi, prova quello che provi tu! Magari è confusa quanto te, quindi perché non la smettete e basta con queste stronzate? Ti sei innamorato, amico, fattene una ragione come ho fatto io. E parlale. Rose davanti a quello che provi davvero non potrà dirti ancora di no. È solo un po’ più stronzetta delle sue amiche e ti darò filo da torcere, ma non è una cosa del tutto negativa, vi divertirete. Se la vuoi, prenditela. Lei non aspetta altro - concluse con sorriso sornione.
Assorbii lentamente quelle parole, deglutendo. Harry si alzò, e venne a posarmi una mano sulla spalla in modo amichevole - Pensaci, ci vorrà tempo per accettarlo. Ma devi darti una mossa: domani è capodanno, tra due giorni torniamo a Londra e se non ti sbrighi la perderai. Le sue amiche ormai sono le nostre ragazze, ma lei? Potrebbe facilmente finire tra le braccia di un altro - si chinò verso di me non spostando la mano dalla mia spalle, i suoi grandi occhi verdi mi trafissero. Sorrise malizioso - com’è che si chiamava quel suo amico? Ah, Joe. - fece spallucce con un’espressione irritante e dandomi una pacca abbastanza pesante, uscì soddisfatto dal salotto dichiarando ufficialmente chiusa quella conversazione. Senza accorgermene, i miei pugni si erano serrati tanto da conferire alle nocche delle mie mani un colore chiaro. Gli altri, intanto, ridacchiando di quella scenetta avevano abbandonato a mano a mano il salotto, lasciandomi solo coi miei pensieri.
Quella -pensai- sarebbe stata una lunga notte.
 

31 december, 02:34 am.
Rose’s pov
Fissavo il buio, rigirandomi nel letto circa una decina di volte al minuto.
Non mi capitava mai di non riuscire a dormire, eppure quella sera la mia mente sembrava più rumorosa del solito, e mi risultava impossibile addormentarmi. Odiavo pensare e riflettere su cose che avrei preferito mille volte non considerare neanche lontanamente. Odiavo non poter controllare i miei pensieri.
Mi arresi e tirai via le coperte dal mio corpo, alzandomi dal letto. Rabbrividii quando toccai il pavimento freddo, avvertendone la temperatura nonostante indossassi dei calzini.
Imprecai quando, uscendo dal bagno dopo essermi rinfrescata il viso, inciampai e scivolai sul parquet liscio del corridoio. Riuscii a rimanere in piedi e ringraziai fosse piena notte e che nessuno mi avesse vista.
Raggiunsi la cucina, facendo particolare attenzione mentre scendevo le scale, usando lo schermo del mio cellulare come torcia. Accesi la luce, la casa era fin troppo buia e silenziosa per i miei gusti. Senza neanche accorgermene iniziai ad passeggiare intorno al tavolo.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette…magari contare i passi funzionava come le pecore.
- Che ci fai sveglia a quest’ora? - Sobbalzai e mi sfuggì un gridolino dallo spavento. Mi voltai verso la porta tenendomi la mano sul cuore improvvisamente impazzito.
Zayn mi fissava a braccia conserte appoggiato con una spalla allo stipite della porta.
Inveii mentalmente contro di lui, rispolverando tutte le parolacce italiane che conoscevo. - Potrei farti la stessa domanda. -
Alzò un sopracciglio, sembrò quasi infastidito. - Non riuscivi a dormire? -
E a te che importa?
- Dormivo beata - mentii - mi ha svegliata un rumore e sono scesa a prendere un bicchiere d’acqua. -
- Capisco - Non voleva saperne di levarsi quell’espressione imperturbabile dal viso, e mi irritava. Perché non mi lasciava mai capire cosa provasse? E soprattutto, perché non ero brava a nascondere quanto lui le mie emozioni?
- E tu, invece? -
- Stavo leggendo e non mi sono reso conto dell’orario. -
- Sono quasi le tre di notte - mi sentii di ricordare ad entrambi. Fece spallucce. Ci guardammo qualche secondo in silenzio e la mia mente tornò indietro di qualche ora, in reazione alla visione familiare dei suoi occhi, provocandomi le farfalle allo stomaco.
Ciò che era successo prima che lo lasciassi impalato nello studio e me ne corressi in camera continuava a tormentarmi: ci eravamo quasi baciati, ed era stato diverso dalle altre volte.
Realizzai che il motivo per cui non riuscissi a dormire se ne stesse in piedi all’altro capo della cucina, davanti i miei occhi.
Mi schiarii la voce; quella cucina mi ricordava un po’ troppo la sera del litigio. - Io torno a dormire, ho davvero tanto sonno - annunciai, attraversando la cucina fino all’uscita.
- Hai bevuto, poi? - si spostò su un lato per lasciarmi passare.
- Cosa? Oh, sì, certo - balbettai, presa in contropiede.
Scrutò il mio viso in cerca di qualcosa. - Bene - Io mi finsi più che tranquilla - penso di andare a letto anch’io allora. -
- Bene - gli feci eco. Non riuscivo a distogliere il mio sguardo dal suo. - spegni la luce - mormorai, per poi avviarmi in fretta alle scale. Dopo qualche secondo, sentendo i suoi passi dietro di me, iniziai ad innervosirmi. Illuminavo scrupolosamente i gradini, l’ultima cosa che volevo era inciampargli goffamente davanti.
Quando raggiungemmo le porte delle nostre stanze, ci guardammo nella penombra. Sarà stato l’orario, ma entrambi sembravamo stanchi  di farci la guerra. Anche se immaginavo avremmo ripreso il giorno seguente.
Rientrammo nelle nostre stanze dopo averci sussurrato la buonanotte, richiudendoci le porte alle spalle. Mi andai a sedere al centro del letto, tornando a fissare il buio come una manciata di minuti prima. Quell’incontro non mi aveva aiutato per nulla, adesso ero soltanto ulteriormente confusa e agitata.
Sentii gli occhi pizzicare e sbuffai, prendendomi il viso con le mani.
Cosa mi è successo in queste settimane?
Dopo vari minuti mi rialzai ed uscii di nuovo dalla camera. Non potevo continuare a dare ascolto ai miei pensieri, dovevo distrarmi. Raggiunsi in punta di piedi la fine del corridoio diretta alla terrazza e aprii lentamente la porta finestra, che scricchiolò leggermente. Sperai che nessuno l’avesse sentito, e mettendo un piede fuori il freddo di quel trenta dicembre mi investii. Mi strinsi nella felpa e quando sentii qualcuno schiarirsi la voce alla mia sinistra sobbalzai, per la seconda volta.
- Oh Cristo - sussurrai spaventata, riconoscendo Zayn seduto sul divanetto, come la sera precedente in cui mi ero improvvisata una seduttrice in modo ridicolo. Al pensiero avvampai. Adesso il moro aveva le gambe tirate al petto, ed era avvolto da una grande coperta in lana a quadri nei toni dell’azzurro. La luna illuminava la sua figura creando qualcosa di meraviglioso: i tratti del suo viso erano ben definiti, e convenni per l’ennesima volta che fosse davvero di una bellezza unica. - tu non eri andato a dormire?! - gli chiesi con un velo di isterismo nella voce a causa dello spavento.
- E tu non eri tornata a letto? - replicò, con un sorrisetto divertito sulle labbra. Avermi spaventata -due volte a distanza di poco tempo, tra l’altro- lo divertiva?
Boccheggiai e non sapendo cosa rispondere spostai lo sguardo alla splendida vista fornita dalla terrazza. - Non riuscivo a dormire - ammisi poi con un sibilo impercettibile, come a volermi aprire.  
Restò in silenzio, e mi sentii una stupida. A lui non interessava.
Richiusi ermeticamente le ideali porte in ferro che separavano i miei sentimenti dal mondo circostante.
Girai i tacchi e feci per rientrare in casa ma la sua voce mi interruppe. - Nemmeno io. -
Vidi uno spiraglio. - Oh. - mi mordicchiai un labbro nervosa.
- Vieni qui - mi ordinò con voce ferma, guardandomi. Obbedii come un cagnolino addestrato, i suoi occhi avevano un effetto ipnotico su di me quella sera, più delle altre volte. Mi sedetti sulla punta del divano, standogli comunque lontana, e tenni lo sguardo basso alle mie man tremanti. Le infilai tra le gambe: stavo congelando e forse uscire lì fuori non era stata una buona idea -non solo per la bassa temperatura.
- Hai freddo? -
Maledizione.
Alzai lo sguardo e notai si fosse spostato la coperta da una spalla.
- Non… - la sua mano si posò sul mio avambraccio - …preoccuparti. - sibilai. Fissandomi, Zayn mi tirò delicatamente per il braccio avvicinandomi a lui, senza considerare minimamente cos’avessi detto. Quando mi cinse le spalle col suo braccio, il cuore iniziò a battere più forte, e mi ritrovai appoggiata al suo petto con le gambe ritratte sul divanetto. Mi sentii subito pervasa dal calore trasmesso dal suo corpo e mi resi conto di quanto avessi sentito la mancanza di quella sensazione che -ammisi- amavo.
Mi rilassai talmente da chiudere gli occhi. Inspirai il suo caratteristico profumo ed avvertii anche odore di tabacco: aveva fumato da poco.
- C’è una cosa a cui non smetto di pensare da un bel po’ - sussurrò. Riaprii gli occhi e lo guardai dal basso, ma non ricambiò il mio sguardo. Fissava di fronte a sé.
Deglutii. - Cosa? -
Si mosse sul posto, nervoso, ed io mi allontanai da lui automaticamente.
- No, sta’ ferma - Mi immobilizzai, tornando nella posizione di poco prima. La sua voce a volte mi intimidiva, anche se cercavo di non darlo mai a vedere. Mi tranquillizzai quando sentii la sua mano accarezzarmi il braccio, e il mio stomaco fece una capriola.
- Prima che i ragazzi andassero a dormire abbiamo parlato di quello che mi passa per la testa ultimamente. -
- Mh mh - annuii, ansiosa.
- E questo riguarda anche te, in parte. Beh, forse… forse del tutto. - Mi si mozzò il respiro all’istante, sorpresa dal modo in cui quelle parole apparentemente importanti uscirono dalla sua bocca con così tanta semplicità e fluidità. - non so dirti con precisione il motivo, non so neanch’io cosa mi stia succedendo, so soltanto di sentirmi diverso, e terribilmente confuso. - Allora siamo in due. Provai ad aprire bocca, ma non ne uscì alcun suono. Sentivo la testa pesante, e stavo seriamente iniziando a pensare di star immaginando tutto. - Sei tu - sussurrò, prima che potessi assorbire del tutto quelle parole - sei tu a confondermi. Non penso di… di aver mai provato qualcosa del genere prima d’ora. -
Senza fiato, mi distaccai dal suo corpo, e stavolta me lo permise senza dire una parola, sfilando il braccio dalle mie spalle. Forse capì il motivo del mio gesto: mi sentivo a dir poco disorientata.
Non mi guardò neanche un attimo. Io invece continuavo a fissarlo, incredula, il cuore sembrava volermi uscire dal petto. - Hai presente quando l’altro giorno ho detto quelle cose su… sul tuo amico, solo per attaccare te? - finalmente mi guardò, io annuii e basta. - era solo un pretesto, non ho mai voluto farti del male. - Il mio cuore si strinse davanti i suoi occhi pieni di emozioni. Forse quello era il suo modo per scusarsi dell’accaduto, e se avessi avuto un filo di voce l’avrei fatto anch’io, ormai che aveva fatto il primo passo.
- Sono geloso - disse a denti stretti, e mi sentii letteralmente di impazzire. Mi mordevo le labbra, nervosa, mentre guardavo le sue muoversi e lasciar uscire quelle parole che a mano a mano mi stavano trascinando al centro dell’uragano provocato dalle sue emozioni miste alle mie. Adesso che queste stavano prendendo letteralmente vita, era tutto diverso. - lo sono sempre stato, ed accettarlo è stato difficile, ma ho capito che sono geloso di te, perché tu sei mia. E vederti uscire con lui mi faceva innervosire. - tremai, i brividi accarezzavano la mia pelle mentre spalancavo appena gli occhi nel sentire quelle parole. Avrei soltanto voluto abbracciarlo, ma non riuscivo a muovere un muscolo. Quando si girò verso di me, mi accorsi di quanto il mio respiro fosse accelerato. Mi sistemai per stargli meglio di fronte e lo fece anche lui; la coperta scivolò dalle nostre spalle, ma non ce ne curammo più di tanto. - Avevo ed ho paura che tu possa provare per qualcun altro quello che io provo per te. - Abbassai lo sguardo, sentendo tutto il peso di quelle parole. Mi sentivo terribilmente in imbarazzo. Provavo ad assimilare tutto per bene, e avrei davvero voluto dirgli tante cose, ma non sapevo come. Rialzai gli occhi e trovai ancora i suoi su di me. - Non mi ero preparato nulla da dirti, e non saprei spiegartelo altrimenti - spiegò rapidamente, prendendomi una mano con sicurezza e portandosela sul cuore. Mi fissò intensamente. Avvertii il suo cuore correre veloce e mi sentii debole e stordita. - mi succede solo con te. -
La mia bocca si aprì lentamente, ero sotto shock. Non riuscivo a crederci.
Io provo lo stesso, pensai. Mi resi conto di quanto duramente avessi provato ad evitarlo, ma adesso sembrava tutto così… stupido. Se prima provare a reprimere ciò che sentivo, le insicurezze, i dubbi e le paure avevano senso, adesso mi sentivo estremamente sicura. Volevo fidarmi di lui e di ciò che aveva detto, e mi fidavo.
Forse era quello che stavo aspettando: una conferma da parte sua, certezze che mi portassero a sbloccarmi. Ero spaventata e fingevo di aver sempre avuto tutto sotto controllo, ma non era mai stato così, e forse infondo ne ero consapevole. Sapevo di provare qualcosa per lui ma lo ignoravo. E adesso che aveva detto di sentire esattamente ciò che sentivo io, ero sorpresa. Non avevo mai immaginato che qualcuno potesse interessarsi a ciò che ero davvero, e restare nonostante i miei innumerevoli difetti.
Lui l’aveva fatto.
- Non so cosa dire - sussurrai, ed era proprio così. I suoi occhi mi infondevano sicurezza più che mai. Pensavo a cosa dire, mentre i nostri sguardi restavano incatenati.
- È la prima volta - commentò sdrammatizzando con un sorrisino - ma ti prego di rispondermi qualsiasi cosa al più presto perché mi sento davvero un idiota - Ridacchiai insieme a lui, ma poi Zayn diventò serio. Continuò a stringere la mia mano adagiata sul suo petto -il suo cuore batteva davvero forte, come il mio in quell’istante- e posò l’altra sulla mia guancia. Avvicinandosi a me, toccò la mia fronte con la sua. Gli vidi chiudere gli occhi, e quel gesto mi intenerì moltissimo. Stava per riprendere a parlare, ed io ero spaventata ed impaziente. - Rose, io non ce la faccio più ad averti vicina e non poterti baciare quando voglio. Ho bisogno di sapere se per te è lo stesso o no. - sussultai a quelle parole, avvertivo il suo dolce respiro sulla pelle. Si allontanò per potermi guardare meglio negli occhi. - Voglio che tu sia mia. - la decisione nella sua voce mi portò a rabbrividire. Provai a calmare il mio respiro rapido, non volevo che si accorgesse della tempesta che aveva provocato dentro di me con ciò che aveva detto. Eppure non riuscivo a stare calma. D’altronde, come avrei potuto? Mai nessuno mi aveva detto parole del genere, e da nessun altro avrei voluto sentirle.
Solo da lui. In quel momento, volevo solo lui.
- Lo voglio anch’io - riuscii a rispondere dopo secondi interminabili con un filo di voce.
Accennò uno dei suoi sorrisi sghembi e guardai i suoi occhi illuminarsi; avrei davvero potuto svenire davanti la sincerità di quella sua espressione così dolce.
- Posso baciarti? -
Il panico mi travolse. Nessuno ci avrebbe interrotti in piena notte. Eravamo soli, ed io avevo ancora paura.
Mi ricordai del battito del suo cuore sotto il palmo della mia mano, e la sfilai dalla sua stretta congiungendola con l’altra che avevo in grembo. Mi accorsi di tremare, e stavolta non era il freddo. Provai a tranquillizzarmi guardando nei suoi occhi, e lui -aspettando ancora che dicessi qualcosa- mi sistemò i capelli scombinati dal vento con entrambe le mani. Si avvicinò un po’ a me senza mai distogliere lo sguardo.
- Potrei non saperlo fare - sibilai in imbarazzo. Avrei voluto evitare di dirlo ad alta voce, ma non avevo neanche un po’ di esperienza e non c’era motivo di nasconderlo, anche perché Zayn lo sapeva già. Condividere con lui le mie ansie mi aiutava, nonostante mi mettesse anche un po’ disagio.
Quando sorrise debolmente, intenerito, mi venne voglia di scomparire. Mi morsi quasi con rabbia il labbro inferiore, continuando a non sopportare che a diciassette anni mi vedesse come una bambina inesperta.
- Segui me - sussurrò in un soffio. Mi prese una mano, e si accorse che tremavo. Intrecciò le sue dita alle mie e strinse la presa; mi sentii al sicuro, e l’adrenalina cominciò a scorrere nelle mie vene. Mi aveva trasmesso coraggio.
Annuii impercettibilmente, e stavolta fu lui a deglutire. Guardandomi ancora, avvicinò il suo viso al mio.
Il cuore saltò un battito.
Divorata dal nervosismo strinsi la sua mano, e lui rese la stretta ancora più salda, infondendomi sicurezza.
Mentre io rimanevo immobile con lo stomaco sottosopra e i brividi che correvano rapidi sulla mia pelle, con frustrante lentezza arrivò a sfiorare le mie labbra. I nostri respiri affannati si confusero; annullò del tutto la distanza, lasciandovi un bacio umido ed esitando qualche secondo su di esse.
Riuscivo a malapena a respirare, e dentro me avevo appena sentito esplodere tutto.
Si allontanò di poco, e solo quando riaprii gli occhi realizzai di averli chiusi. Ci sorridemmo appena, io mordicchiai le mie labbra, incredula di aver appena scoperto il sapore delle sue. Sembrò accorgersene, ed io rabbrividii.
Riconobbi nei suoi occhi quella luce ormai familiare, probabilmente aleggiava anche nei miei; contemporaneamente ci riavvicinammo, e lentamente iniziammo a baciarci. Assecondai i suoi movimenti cercando di imparare, e automaticamente affondai le dita tra i suoi morbidi capelli scuri, mentre sentivo le sue mani vagare protettive dietro la mia schiena. Mi resi conto di adorare quella sensazione, ed arrossii all’istante pensando che proprio le labbra di Narciso si stavano muovendo amabilmente contro le mie.
Quando però provò ad approfondire quello che inizialmente era un lento e dolce bacio, come una stupida mi allontanai. Scrutò curioso i miei occhi.
- Scusami - soffiai subito sulle sue labbra, avevamo entrambi il fiato corto.
- Va tutto bene - disse piano lui, sorridendomi per rassicurarmi. Portò una mano ad accarezzarmi la guancia. - ho capito - fece, e si bagnò le labbra. Sapevo l’avesse fatto, ma non andava tutto bene. Dovevo sempre rovinare tutto.
Scossi la testa e, sorprendendo entrambi, lo afferrai per la felpa e lo baciai. Sorrise divertito contro le mie labbra, e non perse tempo a ricambiare il bacio. Le farfalle volavano libere nel mio stomaco. Stavolta lasciai che il bacio diventasse più intimo mentre rabbrividivo a ritmi frenetici: mi lasciai trasportare da tutta la dolcezza che mi sapeva trasmettere.
Con delicatezza afferrò i miei fianchi e mi trascinò su di lui, lo lasciai fare sentendo il cuore scoppiarmi in petto. Se da un lato avrei voluto ritrarmi, dall’altro mi imposi di non mostrarmi sempre impreparata ai suoi occhi per determinati contatti.
Con le gambe ai lati del suo bacino gli presi il viso tra le mani, mentre continuava a baciarmi con estrema lentezza. Realizzai di amare il modo in cui eravamo stretti l’uno all’altra, i nostri corpi sembravano coincidere perfettamente. Quando ci separammo per riprendere fiato, mi guardò come soddisfatto, con un vago sorriso. Avvolse le sue braccia intorno ai miei fianchi. Sapevo cosa stesse pensando, e gli accarezzai piano una guancia.
- Ora sei mia - disse, più un’affermazione che una domanda. Ripensai alle volte in cui me l’aveva ripetuto e avevo fatto la difficile, pur essendo a conoscenza della verità di quelle due semplici parole.
Sorrisi ed annuii, rassegnata: alla fine aveva vinto lui.
Il suo sorriso si aprì, illuminando tutto il suo volto.
Sembrava un bimbo; solo all’idea che anche lui mi appartenesse, adesso, un senso di quiete si sprigionava in me. Mi sentivo in pace con me stessa, ed era una sensazione che ormai avevo dimenticato. Zayn, però, mi aveva ricordato cosa volesse dire essere davvero felice. Sentivo come fossi in cima al mondo, e forse un giorno avrei trovato le parole adatte per dirglielo.
- Andiamo a dormire un po’? - mi domandò poi gentilmente.
- Mh mh - annuii. Feci per scendere dalle sue gambe, ma nel giro di un paio di secondi mi ritrovai in braccio a lui, che si era già alzato ed aveva preso la coperta dal divanetto, stringendomi con un solo braccio. Mi ritrovai a sistemarmi, aggrappandomi per bene al suo fisico scolpito per non cadere.
- No, mettimi giù - protestai sottovoce, ma mi ignorò; rientrò in casa tenendomi -con mia sorpresa- senza sforzo. - Zayn - lo richiamai una prima, poi una seconda volta, mentre camminava tranquillo verso le scale. Alla terza mi riprese.
- E stai un po’ zitta - ridacchiò, io mi imbronciai.
- Sei cattivo - mi lamentai, e gli baciai il colo stringendomi forte a lui mentre scendevamo al piano di sotto, al buio. A differenza mia non sembrava aver paura di inciampare.
- E tu mi provochi troppo - sussurrò ridendo appena, una volta che ci ebbe portati in quello che riconobbi come il salotto grazie alla fievole luce lunare che entrava dalla finestra.
- Ora posso - ribattei, lasciando cadere l’argomento. Mi adagiò con delicatezza sul divano e sorrisi di quel suo comportamento premuroso. Lo adoravo.
Lo osservai sistemare un paio di cuscini dietro la mia testa, prendere la pesante coperta e sedersi dove gli avevo fatto spazio; poi si stese al mio fianco coprendoci entrambi.
Esitante, mi sistemai meglio su di lui posando la testa sul suo petto. Il suo braccio mi cinse la schiena e rabbrividii. Sentii poi il viso in fiamme quando prese a guardarmi. Posò la mano libera sulla mia guancia e chinò il viso verso di me, io sollevai il mio incontrando le sue labbra. Mi lasciai baciare per qualche secondo, tremando appena per quelle sensazioni totalmente nuove per me.
- Rose - sussurrò poi, la bocca contro la mia.
- Mh? - chiusi gli occhi assaporando ulteriormente quel contatto.
- Io… - esitò, poi lo sentii sospirare - … nulla, buonanotte -
Riaprii gli occhi, e guardai curiosa i suoi. Scosse piano la testa rassicurandomi con un sorriso accennato.
Feci spallucce - 'notte Zayn. -  Mi sporsi e gli baciai a lungo il labbro inferiore. Stavolta sorrise davvero, e mi sentii soddisfatta di quel gesto che appena cinque minuti prima non avrei mai sognato di fare; affondai il viso nell’incavo del suo collo, beandomi del suo splendido profumo e lasciando che le sue braccia mi stringessero al suo corpo.
Mi sentii stranamente serena.
Ci addormentammo l’una tra le braccia dell’altro, consapevoli che dopo quella notte la nostra vita sarebbe cambiata.
Ed io non ne ero spaventata; ormai mi ero arresa, e mi ero affidata a lui.
Finché avrei avuto Zayn al mio fianco, mi sarei sentita al sicuro.

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Capitolo 34
*** Lovebugs. ***


ATTENZIONE.
non è l'ultimo capitolo, ci ho ripensato. lol
ceh, teoricamente lo è, perché il prossimo capitolo sarà l'epilogo, però comunque volevo avvisarvi prima di farvi rimanere con un'espressione da 'wtf' in faccia perché giustamente non ha una conclusione da fine storia (?) e ok sto blaterando per confondervi un po' visto che questo capitolo -di passaggio- fa tipo molto schifo e non ho aggiornato fino ad oggi perché speravo mi venissero idee migliori ma aimé non sono riuscita a pensare a nient'altro quindi ho dovuto accontentarmi, sperando che vi piaccia almeno poco poco. nel prossimo provo ad impegnarmi di più, e spero di aggiornare prima dell'inizio della scuola altrimenti siamo tutte fottute, yay.
ah, aspettate.
i just wanna say a massive thank you♥ perché siete bellissime e dolcissime e adorabilissime e ciccinissime e cucciolissime e non so cos'altro dire, siete davvero carinissime nelle vostre recensioni e vi adoro. grazie grazie grazie.
ci vediamo direttamente all'epilogo, ciau. 

rose. xx


Chapter thirty-four: Lovebugs.
 
31 december
Rose’s pov

 
Quando mi svegliai, quella mattina, sgattaiolai dalle braccia di Zayn, confusa e stordita, e scivolai via dal divano facendo molta attenzione a non svegliarlo. Se qualcuno ci avesse trovati aggrovigliati l’uno all’altra in quel modo sarebbe stato terribilmente imbarazzante, avrei preferito spiegare cosa fosse accaduto prima che giungessero a conclusioni affrettate.
Fissavo il mio riflesso nel bagno del piano inferiore della casa, cercando di trovare un’altra spiegazione al fatto che avessi passato la notte abbracciata a Zayn in salotto, ma davvero non riuscivo a trovare un’alternativa a quella che ricordavo come realtà.
Non avevo sognato, era tutto vero.
Sorrisi allo specchio, lo stomaco si strinse appena.
Raggiunsi la cucina, affacciandomi per un attimo in salotto: lui dormiva ancora, aveva un non so che di angelico con quell’espressione da bambino. Il ricordo del bacio era vivido nella mia mente, a ripensarci sentivo le gambe cedere. Adesso cosa avrei dovuto fare?
Sospirando, pensai che ci avrei riflettuto dopo, intanto volevo soltanto preparare la colazione per tutti. Quella mattina ero stata la prima ad alzarmi, e per tutta la settimana non era mai capitato. Avrei voluto farlo più volte ma non ne avevo avuto l’occasione, e adesso era la mattinata perfetta, nonostante fosse il nostro penultimo giorno lì. Meglio tardi che mai, giusto?
Misi a fare il caffé, domandandomi cosa fosse abituati a mangiare di mattina i ragazzi. Convenni riluttante di aver bisogno di Zayn, e che avrei dovuto svegliarlo.
Mi armai di tutto il coraggio possibile e lo raggiunsi in salotto, accovacciandomi affianco al divano. Mi persi a guardare il suo viso, rendendomi conto di quanto maledettamente adorassi quel ragazzo, non mi era mai successo prima.
Per un momento mi balenò per la mente di svegliarlo romanticamente con un bacio, ma scossi drasticamente la testa: non ero in un film, e quelle cose neanche sapevo farle. Dovetti ammettere a me stessa di essere esageratamente impacciata, e questo non fece altro che permettere al panico di assalirmi. Mi rosicchiai il labbro in difficoltà, e optai per il metodo classico e per niente amorevole.
- Zayn - sussurrai, scuotendogli piano una spalla. Dormiva a pancia in giù, era davvero tenero e decisamente bello.
Gli accarezzai la fronte calda, giocando coi riccioletti creatisi nei suoi morbidi capelli scombinati. Dopo che ebbi ripetutamente chiamato il suo nome, aprì stanco gli occhi, ed io ritrassi la mano. Quando mi mise a fuoco mi regalò un sorriso meraviglioso, e non potei fare a meno di ricambiare pensando a quanto fossi fortunata ad aver causato il suo primo sorriso della giornata.
- Che bel risveglio - mormorò, la voce ancora più scura del solito a causa del sonno. Puntò il gomito, sistemandosi su un lato per potermi guardare dritto negli occhi. Io posai le braccia sul divano, osservando ogni particolare del suo viso teneramente insonnolito. Non conoscevo un ragazzo più bello: capelli corvini, occhi color caramello, pelle ambrata, lineamenti decisi ma morbidi, un leggero di strato di barba a ricoprire la sua mascella perfettamente delineata, e quelle labbra -Dio, quelle labbra- rosee, piene e invitanti. Il suo viso poteva essere definito perfetto.
- Dovresti alzarti - gli dissi. Il suo sguardo mi metteva a disagio, ma i miei occhi non riuscivano, per quanto ci provassi, a lasciare i suoi.
- È presto - protestò borbottando, e mi prese una mano intrecciando le dita alle mie. Sentii mancarmi il fiato, stava cercando di convincermi a lasciarlo in pace. Sorrisi divertita.
- Ho bisogno di una mano per preparare la colazione, per favore - gli feci gli occhi dolci, e lo guardai soddisfatta mentre sorrideva addolcito. Quel lato del suo carattere mi faceva impazzire. In realtà, tutto di lui mi faceva impazzire, ci avevo solo messo un po’ a realizzarlo. Un po’ troppo, ma… meglio tardi che mai.
- Che ne dici se invece torni a stenderti affianco a me? - propose guardandomi intensamente, ed inveii mentalmente contro di lui mentre si mordeva un labbro reprimendo un sorrisetto sghembo. Sapeva che effetto avesse su di me. Provò a trascinarmi sul divano, tirandomi per il polso.
Si imbronciò come se avesse cinque anni quando ritrassi la mano e - Malik - lo ammonii.
Mi sfidò giocosamente con lo sguardo. - Bene - disse, mettendosi a sedere di fronte a me, con le gambe incrociate - baciami e mi alzo - dichiarò, inarcando un sopracciglio.
- Alzati o non ti bacio - replicai quasi offesa, nascondendo il nervosismo causato dal pensiero di dovermi trovare nella stessa situazione del giorno prima. La parola inesperienza mi tormentava.
Spalancò la bocca indignato. - Non puoi farmi questo, è sleale. Sai che vinceresti - per quanto possibile, si imbronciò ulteriormente, facendomi ridere. Feci spallucce e mi alzai in piedi, decisa a continuare col ricatto. Lui sospirò e mi imitò, solo molto più lentamente. Mi si mise di fronte, e posando le mani sui miei fianchi fece per attirare il mio corpo al suo. Guardava le mie labbra con desiderio, e il mio stomaco si aggrovigliò.
Sorrise e si avvicinò al mio viso. - Adesso.. -
- Adesso tu vieni con me e mi dici cosa vi piace mangiare a colazione - lo interruppi, e lo presi per mano iniziando a trascinarmelo dietro - io e le ragazze di solito facciamo la classica colazione all’italiana, latte, cappuccino, caffé, nutella, fette biscottate o cornetti- straparlai arrivando in cucina - però non so cosa piace a voi, quindi dovresti… - prima che riuscissi a portarlo dietro al bancone della penisola di quel cucinotto all’americana, dove avevo preparato tutto l’occorrente, mi voltò bruscamente verso di lui. Boccheggiai e sorrisi angelicamente davanti il suo sguardo ammonitore e il suo ghigno divertito. Mi cingeva la vita con una presa spaventosamente ferrea, e cercai di escogitare un piano di fuga. Intanto gli posai le mani sulle spalle, mettendo tra noi una certa distanza di sicurezza.
- Perché scappi? -
- Non sto scappando - ribattei, guardando alle sue spalle. Quando gli altri non dovevano interromperci, lo facevano; quando avevo bisogno che lo facessero, il campo era deserto. Maledizione.
- Rose, puoi dirmi tutto - scivolai via dalla sua presa appena sentii che l’avesse allentata, e mi ritrovai ad indietreggiare quando lui iniziò ad avanzare con un’espressione incuriosita. - che succede? -
- Nulla - sussultai toccando il tavolo con la schiena, intrappolata fra due sedie e Zayn. Lui portò una mano a scostarmi i capelli dietro l’orecchio, e mi accarezzò una guancia.
- Dimmi quello che provi per una buona volta - mi impose, e mi sentii improvvisamente piccolissima sotto il suo sguardo deciso e maturo.
- N-non sono abituata.. - mormorai, fissandolo insicura e a disagio.
Sorrise malizioso. - Basta fare pratica - risi sincera, lasciando che -come spesso era accaduto- il moro sciogliesse il groviglio creatosi nel mio stomaco. Annuii, ora più serena, e stavolta lasciai che arrivasse a catturare la mia bocca con un bacio lento. Infilò una mano fra i miei capelli, guidando i movimenti del mio viso. Imparai a ricambiare, e dovetti alzarmi sulle punte mentre gli allacciavo le braccia al collo. Mi afferrò i fianchi con delicatezza e mi mise a sedere sul tavolo alle mie spalle. Sorpresa, spalancai gli occhi che nel trasporto di quel bacio avevo chiuso, mentre si infilava tra le mie gambe, ed iniziò a sorridere contro le mie labbra. Finì per staccarsi da esse, ridendo, e mi guardò ancora negli occhi in quel suo modo ipnotico.
- Ti adoro - disse, soffocando una risata, e provò a tornare a baciarmi.
Toccai le sue labbra ma mi ritrassi, dandogli un colpo sul petto - Io ti odio, non prendermi in giro! -
- Non ti prendo in giro, è che sei così dolce quando ti imbarazzi per tutto - si giustificò.
- Vaffanculo - borbottai spingendo via le sue mani dai miei fianchi, e mi allontanai spostandomi verso il centro del tavolo sotto il suo irritante sguardo divertito. Avrebbe dovuto capirmi, non deridermi in quel modo. - Ci sono milioni di ragazze più esperte di me qui fuori che ti aspettano a braccia aperte, va’ a baciare una di loro. -
Continuando a sorridere, mi prese per le gambe e mi trascinò nuovamente sulla punta del tavolo. - Non mi importa, io voglio solo te - mormorò, il suo respiro accarezzava il mio viso. Sentii un formicolio attraversarmi tutto il corpo, la mia temperatura corporea si alzò di getto, poco prima che iniziassimo a baciarci ancora. Glielo lasciai fare, impotente, non avrei potuto fare altrimenti. Quando la sua lingua toccò la mia sentii le farfalle svolazzare nel mio stomaco, e presi il suo viso tra le mani mentre le sue erano posate sulla parte bassa dei miei fianchi. - e poi non preferirei le labbra di nessun’altra alle tue - parlò su quest’ultime, riprendendo a baciarmi con estrema dolcezza. Mi scappò un sorriso.
- Bastardo - sussurrai, sapeva perfettamente come prendermi, e lo odiavo per questo.
Ridacchiò, il mio cuore minacciava di scoppiare.
Quando finalmente Zayn mi permise di scendere dal tavolo gli rivolsi un’occhiataccia: per quanto trovassi terribilmente adorabile il fatto che non riuscisse a smettere di baciarmi, e per quanto amassi le sensazioni che mi provocava farlo, un lato di me continuava a spingermi ad essere scontrosa, tanto Narciso -ormai- era abituato ai miei atteggiamenti lunatici. Tuttavia, la sua risata era capace di farmi mancare il fiato, e ogni piccolo particolare di lui mi attraeva a tal punto da farmi impazzire. Sapevo che anche prima della notte precedente fosse così, ma cercavo di minimizzare tutto ciò che provavo. Adesso che invece le cose erano cambiate, in qualsiasi momento avrei potuto prendergli il viso tra le mani e baciarlo. Ma lui riusciva sempre ad anticiparmi.
 
Quasi una mezz’oretta più tardi stavamo finendo di farcire gli ultimi due cornetti dopo essere andati a svegliare i ragazzi, e quando Zayn mi sporcò il naso di cioccolata -ridendo come un bambino- non si rese subito conto di aver appena scatenato la terza guerra mondiale.
- Hey! - urlai mentre prontamente gli restituivo il favore, infilando un dito nel barattolo e spalmandogli la nutella sul viso.
Continuammo a combattere, ridere e sporcarci, finché gli vidi prendere un po’ troppa cioccolata dal barattolo e guardarmi con fare diabolico. Sbiancai.
- Non osare farlo - lo avvisai, fissando ad intermittenza la sua espressione minacciosa e il dito che mi stava puntando contro.
- Altrimenti? -
Agilmente scappai dallo spazio fin troppo stretto fornito dal cucinotto passandogli di fianco, e lui iniziò a rincorrermi. Mi nascosi dietro il tavolo della cucina, scampandogli per almeno un paio di minuti, finché riuscì ad avvicinarsi a me abbastanza da afferrarmi un braccio per bloccarmi, ed abilmente catturare entrambi i polsi nella sua stretta.
- No, ti prego, no! - lo implorai gettando la testa indietro senza fiato per aver riso insieme a lui fino ad allora. Cercai di sottrarmi ma Malik era ovviamente più forte di me, e riuscì a tenermi ferma con una sola mano. - Zayn, per favore - ridevo disperatamente, guardando il modo in cui sforzava di assumere un’espressione sadica nonostante avesse il viso tutto impiastricciato. Scoppiò a ridere, ma si ricompose in due secondi e mi sorrise con quella sua caratteristica dolcezza. Smisi di dimenarmi, con l’affanno causato dalla corsa, e mi lasciai ammaliare dai suoi occhi sorridendo, incantata da tanta bellezza. Mi liberò, e i suoi occhi sembrarono trapassarmi il cuore.
Si avvicinò al mio viso e sporcò il mio labbro inferiore di cioccolata. - Ma cosa.. - farfugliai, provando a ripulirmi, ma lui strinse prontamente il mio avambraccio -tuttavia con delicatezza- per formarmi e senza che me lo aspettassi catturò le mie labbra in un dolce bacio. Rimasi per qualche secondo immobile, interdetta, osservando il modo in cui aveva aggrottato la fronte e sentendo la sua stretta aumentare in reazione a quel contatto. Finii per chiudere gli occhi e iniziare a ricambiare quel bacio mentre le mie mani andarono ad allacciarsi al suo collo, contemporaneamente le sue strinsero i miei fianchi. Non mi importò più di tanto che avrebbe lasciato delle enormi macchie sulla mia felpa grigio chiaro.
Col forte retrogusto di cioccolata alle nocciole, quello che inizialmente sembrava un bacio casto e leggero iniziò a sfociare nella rapidità e nella foga. L’uno assaporava le labbra dell’altra, sembrammo perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Mi fece arretrare fino a toccare la parete alle mie spalle, ormai ero abituata a ritrovarmi con le spalle al muro o intrappolata dalla sua figura imponente ogni volta che avevo Zayn di fronte. Le mie mani avevano preso il suo viso, un suo braccio mi aveva avvolto la vita tenendomi stretta a lui, che doveva stare scomodamente chinato verso di me per continuare a baciarmi, data la mia altezza, e la sua mano stringeva il mio polso; eravamo aggrappati l’uno all’altra, come se fossimo pronti a precipitare insieme, o a spiccare il volo contemporaneamente. Non ci importava quale sarebbe stato il nostro destino, in quel momento fu come se ci andasse bene qualsiasi cosa purché fossimo rimasti insieme, per sostenerci, combattere fianco a fianco, affrontare tutto ciò di bello e brutto che la vita ci avrebbe riservato. Ed era una sensazione meravigliosa.
Lambì il mio labbro inferiore e sussultai dal dolore, non l’aveva mai fatto prima. Si giustificò con un - sai di buono - e non obbiettai, anche lui aveva un buon sapore. Ripresi a baciarlo e sentii un sorriso soddisfatto aprirsi contro i miei baci.
I battiti rapidi dei nostri cuori andavano all’unisono, nel silenzio di quella mattina tutto ciò che riuscivamo a sentire erano i nostri respiri affannati.
O quasi.
- Cristo, non posso crederci! -
Sobbalzammo entrambi, separandoci di botto sorpresi, io strinsi un braccio al moro dallo spavento mentre indirizzavamo il nostro sguardo all’entrata della cucina dove Niall ci fissava sbalordito.
Spalancai gli occhi e il sangue affluì rapido alle mie guance facendomi arrossire fino alla punta dei miei capelli, tirando via la mano dal braccio di Zayn.
- Che succede? - Louis, assonnato, spuntò sulla soglia affiancando il biondo che ci guardava con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. Non osai nemmeno guardare Zayn con la coda dell’occhio.
- Penso proprio che Zayn e Rose abbiano qualcosa da raccontarci - dichiarò raggiante.
Oh mamma.
 
 
I ragazzi avevano preso la notizia in modo positivo, sempre se in “positivo” rientrasse festeggiare saltando ed urlando, congratulandosi neanche ci stessimo sposando. Non avevo fatto altro che ridere ed arrossire, ma erano stati davvero dolci e adoravo l’entusiasmo che avevano avuto nell’apprendere che io e Zayn ora stavamo.. insieme.
Effettivamente non avevamo ancora discusso di quell’argomento, ma quella mattina avevo preferito non pensarci più di tanto, al contrario mi ero goduta la serenità di quelle ore.
- Io veramente un’idea su come passare la serata ce l’avrei - parlai, dopo aver deglutito ed essermi mordicchiata il labbro per dieci minuti buoni, insicura se fosse stata o meno una cattiva idea proporre ciò che stavo per dirgli. Ovviamente non ero preoccupata di ricevere un rifiuto da parte di tutti loro, di certo non mi avrebbe cambiato la vita: piuttosto, avevo paura di una reazione in particolare, e quale se non quella del moro che mi stava seduto affianco?
- Cioè? - mi incitò a parlare Alex.
Esitai, respirando a fondo un paio di volte. Potevo farcela. - Joe da una festa nell’appartamento che divide coi suoi amici a Times Square e ci ha invitati tutti. Ho pensato che sarebbe carino andarci… -
- Assolutamente no - una ventata d’aria gelida mi pervase, ma le finestre erano tutte chiuse. Voltai il viso in direzione di Zayn, non tanto sorpresa dalla risposta, ma dal tono che aveva usato. Riuscì ad intimidirmi, ma sostenni tuttavia il suo sguardo duro.
Mi resi conto improvvisamente del fatto che, a differenza delle altre quattro coppie presenti in salotto, io e lui eravamo gli unici seduti semplicemente fianco a fianco, come due conoscenti. Nessun braccio sulla spalla, nessuna mano stretta nell’altra, nessun contatto di alcun genere. Forse era proprio per quello che non sapevo se definirci una coppia, o qualsiasi altro nome indicasse una relazione tra me e lui.
Sembravamo piuttosto due estranei, con la tensione che si era creata in quell’istante, nonostante i baci di quella mattina. Da allora ero stata molto attenta limitandomi a dei baci a stampo, ed evidentemente a lui non aveva nemmeno fatto molto piacere Probabilmente avevo sbagliato anche solo a credere che quella sera avremmo preso parte alla festa di Joe, e che Zayn avrebbe messo improvvisamente da parte l’astio infondato che provava nei suoi confronti, facendo un minimo sforzo per accontentarmi, ma il mio orgoglio non l’avrebbe mai ammesso.
- Zayn - provai, guardandolo intensamente. Non capivo cosa ci fosse di male.
- Scordatelo - mi gelò nuovamente, scuotendo drasticamente la testa. Puntò il gomito sul bracciolo del divano, appoggiando il mento sul palmo della sua mano, e distogliendo lo sguardo dal mio dichiarò chiusa la conversazione. Peccato che per me fosse appena cominciata.
- Mi spieghi almeno qual è il problema? - continuai, senza arrabbiarmi più di tanto.
- Non voglio rovinarmi il Capodanno, Rose, cerca di capirmi. - sbottò lui rude, non guardandomi neanche. Serrò la mascella arrabbiato.
- Ti capisco - ribattei pronta, sentendomi quasi offesa. - e probabilmente a stento lo vedremo una volta in tutta la serata considerando la gente che ci sarà. Sarà una festa di Capodanno come un’altra -
- Non ci andremo - dichiarò provando a zittirmi con un’occhiata.
- Allora penso proprio che ci andrò da sola - incrociai le braccia al petto, appoggiandomi innervosita allo schienale del divano e guardando di fronte a me.
- Non vai da nessuna parte senza di me. -
- Ti contraddici da solo. -
Ci scambiammo uno sguardo di fuoco, poi fu Marty ad interrompere quel silenzio imbarazzante. - Siete così teneri quando litigate! -
- Non ora - la fulminai, rischiando di arrossire violentemente.
- Volevo soltanto dire a Zayn che non c’è nulla di male ad andarci. - fece spallucce.
- Effettivamente non abbiamo tante altre alternative, e l’idea di una festa in un appartamento a Times Square alletta - convenne Niall.
- Magari riusciremo a vedere la discesa della sfera di cristallo senza essere direttamente tra la folla, sarebbe figo - fece Liam sorridendomi. Ringraziai il cielo.
- Vedi? Sei l’unico a porti tanti problemi - accusai il moro sentendomi spalleggiata, con un sopracciglio inarcato.
Sbuffò infastidito, e come mai prima d’allora il suo sguardo mi fece sentire una sensazione strana allo stomaco, per nulla piacevole. Riuscì a spaventarmi. - Il tuo è solo un capriccio. Tu non metterai piede nell’appartamento di quel tipo, punto. - Prima che potessi evitarlo, le lacrime affiorarono ai miei occhi, sembrava mi stesse facendo una ramanzina e odiavo quel suo comportamento prevaricatore. Era geloso di Joe, ed io ero già stanca di quella situazione, che andava avanti da quando avevamo messo piede a New York.
Lo osservai boccheggiare mentre si accorgeva di ciò che aveva causato, e continuai a fissarlo cercando di provocargli sensi di colpa per il modo in cui si era rivolto verso di me. Mi aveva aggredita, era l’ennesima volta che litigavamo a causa di Joe.
Distolsi lo sguardo e mi voltai nella direzione opposta alla sua, incavolata. Stavo realmente pensando di alzarmi e andarmene via, mi aveva messo in ridicolo davanti ai suoi amici e le mie amiche, ma se l’avessi fatto sarei passata per una che non sa affrontare una discussione. L’irritazione mi assalì completamente.
Sentii la sua mano fredda posarsi sulla mia gamba. - Rose… - La tirai via malamente. - ok, ci andiamo. Va bene? -
Tornai a guardarlo, provando a freddarlo con lo sguardo. - Non devi farmi un favore - ribattei, ritraendo la mano quando provò a stringerla, ancora in cerca di un contatto.
- Non ti sto facendo un favore - sibilò a denti stretti, odiava sentirsi rifiutato e lo sapevo bene - se per gli altri va bene sono d’accordo anch’io. -
Feci spallucce, come se la cosa non riguardasse più me, continuando a guardarlo male.
- Penso che a noi vada bene - squittì Taty a bassa voce.
Quando il resto dei ragazzi convenne di essere d’accordo, alzai un sopracciglio in direzione di Zayn.
Vidi il muscoli del suo viso rilassarsi e un sorriso fare capolino sulla sua bocca, scosse la testa con leggerezza come se non gli importasse più di tanto ormai. Rimasi impietrita quando portò le dita al mio mento e si chinò fino a posare un bacio umido sulle mie labbra, spazzando via quel litigio. Sentii il sangue affluire alle mie guance mentre mi guardava soddisfatto, era consapevole dell’effetto che aveva su di me. Lo guardai ancora più male, se possibile, e mi alzai con uno sbuffo, lasciando il salotto fingendomi ancora indispettita, quando in realtà faticavo a trattenere un sorriso che premeva di uscire. Per quanto non sopportassi le smancerie in pubblico, non potevo resistergli in alcun modo.
Scappai verso lo studio in fondo al corridoio, certa del fatto che mi avrebbero lasciata in pace: nessuno di loro stava mai lì dentro.
Prima che potessi aprire la porta un rumore di passi lenti che mi raggiungevano senza fretta mi fece immobilizzare, la mano a mezz’aria nell’atto di posarsi sulla maniglia e il respiro trattenuto.
In una manciata di secondi le sue braccia avvolsero il mio bacino, le sue labbra premettero sul mio collo.
- Non baciarmi davanti agli altri - gli dissi decisa.
- Non ci vedo nulla di male, loro lo fanno. -
- Io non sono loro - provai a liberarmi della sua stretta senza risultati.
- Tu sei bellissima - mi colse alla sprovvista, soffiando sul mio collo. - E amo litigare con te se dopo devo insistere fino a farti cedere. -
- Non ci riuscirai - feci con sicurezza dimenandomi per liberarmi, ma pregai che continuasse a stringermi forte altrimenti non sarei riuscita più a reggermi in piedi.
Sospirò e mi fece voltare senza sforzo, stringendomi prontamente in un abbraccio. Mi ritrovai a cingergli la vita, con la testa sul suo cuore, senza neanche accorgermene.
- Sei insopportabile - ridacchiò.
- Allora lasciami - cercai di spingerlo via, senza impegnarmici poi tanto.
- Non potrei mai lasciarti - disse, senza lasciarsi scalfire dalle mie pressioni, e per la seconda volta mi lasciò senza parole.
- Allora non farlo. - sussurrai dopo un po’, stringendo forte la sua felpa mentre sentivo la sua mano accarezzare i miei capelli.
- Non lo farò. -
Chiusi gli occhi e assaporai il gusto di quella promessa, credendoci senza esitazioni.
- Cosa indosserai stasera? - domandò poi con un tono più freddo, alzai il viso per guardarlo confusa.
- Quello che avevamo comprato l’altra volta per Capodanno, non ricordi? - chiesi esitante.
- Io non l’ho visto ancora - replicò con le sopracciglia aggrottate, e per un secondo mi tornò alla mente la serata in discoteca a Londra. Si era arrabbiato per com’ero vestita. Mi morsi un labbro, non riuscendo però a trattenermi dal ridere leggermente. Sciolsi l’abbraccio fissandolo intensamente.
- Non è nulla di eccessivo, Malik, non vado in giro vestita da prostituta -
Boccheggiò, finendo col ridere insieme a me. - Non intendevo questo… -
- Ma? - inarcai un sopracciglio avvicinandomi a lui.
Mi cinse i fianchi senza perdere tempo, sorridendomi. - Ma ti starò appiccicato tutta la notte. -
- La trovo una prospettiva abbastanza allettante - sussurrai avvolgendogli le braccia al collo. Gli rivolsi un sorriso prima di lambire piano il suo labbro inferiore. Mi guardò confuso e sorpreso della mia intraprendenza, e visto che ormai ero riuscita a trovare coraggio, presi a baciare le sue labbra con decisione senza troppi complimenti.
E lui sarebbe scoppiato a ridere, se non avesse avuto altro da fare in quel momento.
 
 

 

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Capitolo 35
*** Epilogue. ***


Epilogue. 

31 december, 6 pm
Zayn’s pov

 
Continuavo a litigare con la mia cravatta rossa marcata Hermes nel vano tentativo di creare un nodo decente. Mi ero davvero impegnato per rilassarmi e non arrivare alla festa già innervosito, giusto per evitare discussioni con Rose, ma ovviamente doveva per forza esserci qualcosa di storto. Mi sfilai violentemente la cravatta dal collo e la gettai sulla poltrona accanto lo specchio sibilando un’imprecazione a denti stretti. Avere una stilista con le relative assistenti aveva pochi aspetti negativi, e non saper fare un nodo alla cravatta, o ripiegarsi i pantaloni e le maniche di giacche e camice in modo guardabile, erano alcuni di questi.
Dopo un paio di occhiate alla figura riflessa dallo specchio per autoconvincermi che avrei potuto fare a meno di quell’accessorio, dovetti ammettere di averne bisogno. Quanto avrei voluto poter fare come Harry: una giacca classica, una t-shirt sportiva ed aveva un look tutto suo, armonioso. Se avessi fatto lo stesso sarei sembrato al massimo un barbone che aveva recuperato vestiti sconnessi tra loro dalla spazzatura.
Sospirai. Per il resto ero pronto: mi spruzzai il mio Ferrari Black ed uscii dalla mia stanza dopo aver recuperato quel pezzo di stoffa dalla poltrona. Lo guardai con disprezzo. Stavo per dirigermi al piano inferiore ma la porta socchiusa della stanza di Rose attirò la mia attenzione: riuscivo ad intravederla mentre sbuffava, fissando il suo riflesso allo specchio. Riuscì a togliermi il fiato. Era avvolta in uno splendido vestito rosso scarlatto in macramé che contrastava nettamente la sua pelle chiara, scoperta da uno scollo molto largo sulla schiena. I lunghi capelli scuri ricadevano sul seno in larghi boccoli ordinati, facendo risaltare la dolcezza del suo viso. Il davanti era interamente coperto, uno scollo a barca abbastanza stretto, e le maniche lunghe fino all’avambraccio. Quel vestito le donava particolarmente: risaltava le curve che nascondeva ogni giorno con maglioni e felpe oversize, probabilmente non le considerava un granché, eppure dovetti ammettere di trovarle magnifiche. A confermare la mia supposizione fu l’ennesimo sbuffo: spostò tutti i capelli sulla destra e abbassò la cerniera posta sul lato del vestito, facendo per svestirsi.
- Non toglierlo - mormorai entrando in camera, la porta scricchiolò leggermente. Si girò verso di me sorpresa, rimanendo immobile. - ti sta benissimo. - continuai beandomi della visione della sua figura. Il mio sguardo la imbarazzò a tal punto che non proferì parola, ormai la conoscevo a memoria. Mi avvicinai a lei sorridendole appena, soffermandomi a guardare i suoi occhi scuri e le sue gote arrossate. Spostai delicatamente la sua mano, tirando di nuovo la cerniera verso l’alto, facendo attenzione a non distogliere il mio sguardo dal suo. Con lei ero attento praticamente a tutto, sapevo che avesse bisogno dei suoi tempi - per avere le sue labbra ci erano volute settimane e settimane, figuriamoci come avrei potuto mettere gli occhi su qualcosa che non avrei dovuto guardare o addirittura toccarla dove non avrei dovuto nemmeno sfiorarla. Volevo che capisse che la rispettavo, ma spesso diventava difficile resistere ai miei istinti. Deglutii. - perché non ti piace? - posai leggero le mani sui suoi fianchi, avvicinandomi a lei.
Si morse un labbro e non rispose, io sospirai. - Sei bellissima, Rose. E a me piaci più di qualsiasi altra cosa. -
Accennò uno dei suoi sorrisi, ed io appoggiai la mia fronte alla sua, chiudendo gli occhi. Lasciai che avesse su di me il suo solito effetto calmante, mi aiutò a scacciare, anche se solo momentaneamente, quelle sensazioni spiacevoli che mi stavano opprimendo il petto.
- Per caso sai come annodare una cravatta? - sussurrai poi ridendo, mostrandole la cravatta implorante - Ci sto provando da mezz’ora. -
Una risatina la scosse appena. - Sei un incapace - alzò gli occhi al cielo e me la sfilò dalle mani. Portò la cravatta ad avvolgere il mio collo, alzando quello della camicia e adagiandovela, per poi iniziare ad incrociarla e annodarla. Agiva lentamente, in modo preciso e attento, mordendosi un labbro, senza nemmeno accorgersi di ciò che stava provocando dentro me. Guardavo con desiderio le sue labbra, sperando che se ne accorgesse e mi baciasse. Per una volta volevo fosse lei a prendere iniziativa, ma era fin troppo impacciata, distratta e con la testa fra le nuvole. Ed io lo adoravo.
Feci un passo in avanti e posai le mani fredde sulla sua schiena nuda; sussultò interrompendosi all’improvviso, inchiodò i suoi occhi nei miei incerta. Riprese ad annodare la cravatta guardandomi, smettendo finalmente di lambire il suo labbro inferiore. Io mi avvicinai ulteriormente, abbastanza da sentire il profumo lieve dei suoi capelli. Lei però distolse lo sguardo per guardare soddisfatta il risultato; strinse meglio il nodo al mio collo. - Grazie piccola - sussurrai, avvicinandomi infine da lasciare che i nostri corpi si adagiassero l’uno all’altro. Con un altro sussulto spostò lo sguardo ai miei occhi. Respiravamo all’unisono, senza smettere di fissarci. Restò ancora coi gomiti appoggiati sul mio petto, adesso giocando col collo della mia camicia mentre nessuno dei due trovava il coraggio di interrompere quel momento.
Aspettai che prendesse iniziativa, inutilmente. Passarono secondi interminabili finché poggiò una mano alla base del mio viso, col pollice sfiorò le mie labbra. Mandai al diavolo l’orgoglio e con il respiro che accelerava, come fosse la prima volta che ci trovassimo in una situazione simile, mi sporsi deciso a lasciarle un lungo e casto bacio sulle sue labbra. Un brivido mi attraversò la schiena. Rose si ritrasse e mi guardò. Immaginai leggessimo l’uno negli occhi dell’altra quanto ci desideravamo. Lasciai scivolare le mani alla base della sua schiena stringendo il suo corpo minuto a me, lei lambì delicatamente il mio labbro inferiore. La sentii sorridere appena prima che iniziasse a baciarmi con estrema lentezza. Ricambiai ed ero sul punto di approfondire il bacio quando la voce di Niall dal piano inferiore che ci richiamava a darci una mossa scosse entrambi.
- Devo finire di prepararmi - annunciò con un filo di voce, la guardai implorante ma mi afferrò per le braccia allontanandomi da lei. Scivolò dalla mia stretta senza guardarmi per andare ad indossare le scarpe alte che la aspettavano sulla loro scatola affianco lo specchio. La lasciai scappare, nonostante tenerla fra le mie braccia fosse una cosa che avrei fatto praticamente ogni minuto della mia vita.
- Ti aspetto qui - risposi sedendomi sul suo letto ed osservandola mentre sceglieva gli orecchini, i bracciali e gli anelli andando da un lato all’altro della stanza per recuperare ciò di cui aveva bisogno. Spruzzò del profumo sul collo, sui polsi e con le dita sporcava la pelle dietro l’orecchio. La guardavo, stregato dai suoi gesti. Si voltò a guardarmi, imbarazzata dai miei occhi su di lei, quasi avesse udito i miei pensieri; mi fece scegliere tra due rossetti, unici vincitori di un’accurata selezione. Scelsi tra i due rossi quello più scuro, e rivissi un flashback quando per la seconda volta applicò il rossetto sulle sue labbra praticamente sotto ai miei occhi.
- Sai che non lo faremo durare a lungo, giusto? - la stuzzicai, ricevendo uno sguardo misto tra l’imbarazzato e il divertito dal riflesso dello specchio.
- Per questo le donne hanno sempre un rossetto in borsa - ribatté fintamente saccente.
- Uhm… - finsi di riflettere, alzandomi dal letto con lentezza e puntando verso di lei, la cui attenzione era fissa sulle sue labbra - quindi non ti dispiacerà ripassarlo più volte stanotte - arrivai a stringerla fra le mie braccia, sussurrando le ultime parole sulla sua spalla scoperta. Respirai a pieni polmoni il profumo appena spruzzato sulla sua pelle, godendo della dolcezza della fragranza. Mise via il rossetto, facendo scivolare le braccia lungo i fianchi. - Mh? - domandai. Le sue ciglia svolazzarono quando iniziai a lasciare una scia di baci dalla spalla alla clavicola, dalla clavicola risalii lungo il collo e spostai con le mani i suoi voluminosi e morbidi capelli d’intralcio alla mia opera; ripresi a baciare la sua pelle, lanciando un’occhiata al suo viso: gli occhi ormai chiusi, il capo all’indietro sostenuto dalla mia spalla, le vene del suo collo appena evidenziate. - Non ho ragione? - continuai ad insistere, mentre sempre più soddisfatto notavo quanto fossi capace di privarla addirittura della forza di parlare, e soprattutto di causarle la pelle d’oca. Sospirò, le labbra dischiuse. Continuai a baciare senza fretta il suo collo e raggiunsi la sua guancia. Spostò appena il viso nella mia direzione per facilitarmi il lavoro e riuscii a baciarle un angolo della bocca, prima che la voce di Liam richiamasse il nome di Rose. Sussultò impercettibilmente tra le mie braccia e sorrise, scappando alle mie labbra che richiedevano disperatamente delle sue, avvicinandosi ripetutamente quando queste insistevano ad allontanarsi, per dispetto, per farmi impazzire. I ruoli di quel giochetto si erano improvvisamente capovolti e provai senza risultati a soffocare una risatina, Rose si girò nella mia stretta, appoggiò gli avambracci sul mio petto toccandomi il viso con le dita e sfiorando il mio naso col suo. - È tardi Zayn, dobbiamo andare. - dichiarò calma a voce bassa. Avvertii tuttavia il battito accelerato del suo cuore, che andava a tempo col mio.
Mugolai qualcosa in disaccordo provando a catturare rapidamente le sue labbra in un bacio, ma riuscì a sfuggirmi per l’ennesima volta ritraendosi prontamente. Mi mordicchiai un labbro frustrato, guardando la sua bocca e poi i suoi occhi, che mi osservavano divertiti e soddisfatti, diciamo almeno quanto lo ero io poco prima che si ribaltasse la situazione.
Inarcai un sopracciglio. - Che stronza - scossi la testa lasciandomi sfuggire un sorriso.
Ammiccò, bagnandosi ironicamente le labbra per provocarmi. La strinsi forte a me con uno scatto e forzai uno sguardo sexy stringendomi un labbro fra i denti; si abbandonò ad una risata fragorosa, ed io mi unii a lei. Tornammo seri ed io annullai pericolosamente parte della distanza fra i nostri volti, all’improvviso, cogliendola di sorpresa. - che ti piaccia o no, riprenderemo più tardi. - provai a farla apparire una minaccia, mentre parlavo la mia bocca si muoveva contro le sue labbra.
- Siete pronti o no? - urlò nuovamente Niall spazientito dal piano inferiore, quindi lasciai che per la seconda volta una Rose leggermente impacciata mi scivolasse dalle braccia a malincuore. Non c’era altra sensazione che avrei preferito a quella che provavo quando la stringevo a me, quando la guardavo sorridere o ridere, quando i suoi occhi erano incastrati nei miei, quando riuscivo a sentire l’odore della sua pelle e il profumo dei suoi capelli, quando le nostre le bocche si incontravano e le nostre lingue si toccavano, quando il suo corpo era contro il mio, quando vivevo di lei, respirandola, assaporandola, tenendola fra le mie braccia.
Mi prese la mano guardandomi adesso con malizia. - Andiamo - mi sorrise con un sopracciglio inarcato, afferrò la borsa, spense la luce e mi trascinò al piano di sotto, contenta del ruolo prevaricatore che stava avendo. Permettevo che si divertisse a giocare in quel modo, mentre nuove idee si facevano spazio nella mia mente.
 
31 december,  7 pm
Rose’s pov
 
Dovetti faticare per trattenermi dallo spalancare la bocca come una bimba davanti un gigantesco albero di Natale con fiumi di regali; le porte dell’ascensore si aprirono sopra l’attico di Joe, e rimasi deliziata da ciò che vedevo. C’ero già stata una volta, ma adesso sembrava ancora più grande, la disposizione dei mobili era stata decisamente cambiata. Il salotto era gremito di gente vestita di tutto punto, bellissime ventenni chic in abiti lunghi -che probabilmente costavano più del mio appartamento a Londra- e per niente volgari, ragazzi in smoking e cravatte, eleganti e raffinati, con flute di champagne e bicchieri di cocktail raffinati tra le mani. Fui lieta di notare che effettivamente avevamo azzeccato l’abbigliamento, quella sera.
- Hey bimba! - una voce familiare arrivò a me, sovrastando la musica non troppo alta che faceva da sottofondo al vociare educato degli invitati.
Mi guardai intorno spaesata finché da quella che riconobbi come la cucina vidi uscire Joe, che stava avanzando verso di me con un ampio sorriso sul viso, una camicia blu notte spuntata dei primi bottoni, un pantalone bianco e dei mocassini abbinati.
- Joseph - ricambiai il sorriso e gli feci un cenno mentre lo guardavo avvicinarsi - complimenti, è una festa bellissima -
- Ora che siete arrivati voi lo è ancora di più - fece solare quando mi fu di fronte, baciandomi la guancia. Oscillò lo sguardo tra la mia mano intrecciata con quella di Zayn, e il viso del moro. Il mio cuore batteva forte dall’agitazione ma cercai di calmarmi. - Zayn - fece cortese, senza traccia di sarcasmo. O almeno così immaginai.
Osservai i muscoli tesi del volto di Zayn, la sua mano lasciò la mia per stringere formalmente quella di Joe. - Bella festa amico - restituì la cortesia, tornando ad afferrare saldamente la mia mano.
- Mi fa davvero piacere avervi qui, siete i benvenuti - il mio amico rispose con un cenno, cordiale. Tenne per qualche secondo i suoi occhi in quelli di Zayn. Tornai a respirare lentamente quando Joe iniziò a presentarsi ai ragazzi che ancora non conosceva e salutava le ragazze.
- Rose, affido a te la presentazione della casa, tanto ormai la conosci. - la mano del moro rafforzò la stretta sulla mia all’udire quelle parole; sussultai. - Per qualsiasi cosa mi trovate in giro, buona serata - Joe ci sorrise un’ultima volta, lasciandoci per accogliere altri invitati. Mi scambiai uno sguardo strano con Zayn.
- Non è male, avresti potuto farci un pensierino - intervenne Louis. Zayn lo fulminò con gli occhi, e risero tutti della situazione, io più nervosamente. - scherzavo Malik, lo sai che vi ho sempre voluti insieme - Tommo fece una smorfia di sufficienza, scuotendo la testa.
Guardai con apprensione il moro, che non voleva tornare a guardarmi. Mi faceva impazzire quando era geloso, nonostante a volte i suoi atteggiamenti mi preoccupassero o infastidissero. Non aveva motivo di esistere, quella sua gelosia: non avrei mai preferito qualcun altro a lui, non ci avrei neanche lontanamente pensato. Era fuori discussione. Mi era difficile guardare qualsiasi altra persona senza cercarvi i suoi occhi, le sue labbra, i suoi atteggiamenti, la sua voce, la sua risata, il suo profumo, o ogni minimo particolare tipico di lui.
Per quanto potessi provarci, non riuscivo ad immaginare me senza di lui ormai.
 
Dopo circa un’oretta eravamo tutti un po’ più sereni e meno lucidi, avevamo bevuto, chiacchierato e conosciuto gente nuova e simpatica. La tensione riguardo Joe era sparita insieme a lui, e le cose sembravano procedere lisce.
Sentii una mano afferrare il mio polso con gentilezza e mi voltai, ritrovando due occhi nocciola a pochi centimetri dai miei. Indietreggiando, mi allontanò dagli altri verso un punto più tranquillo della festa, distanti dai nostri amici. Sorrisi a Zayn, e distraendomi con un sorriso avvolse un braccio attorno alla mia vita.
- Noi avevamo qualcosa in sospeso - alzò un sopracciglio e si avvicinò alle mie labbra con lentezza, dandomi tutto il tempo per respingerlo. Tuttavia qualcosa mi spinse a lasciarlo fare, finché deviò la traiettoria puntando al mio collo. Affondò il viso tra i miei capelli baciandomi ripetutamente appena dietro l’orecchio, sembrando vi stesse semplicemente sussurrando qualcosa.
- Malik - mormorai subito, sorpresa, e provai a spingerlo via per un fianco, lottando contro il mio corpo che l’avrebbe pure lasciato fare.
- Cosa? - finse di non capire, mordendo piano la mia pelle e riprendendo poi a baciarla. Rabbrividii e faticai per ritrovare il respiro. 
- Smettila - riuscii a ribellarmi, allontanandomi. Lo guardai severa, perdendo credibilità appena alle mie guance affluì abbastanza sangue da farmi arrossire come se avessi dodici anni.
Sorrise, non facendo altro che irritarmi. - Ho bisogno di te, in ogni momento. - 
Esitai. Avrei tanto voluto dirgli che per me era lo stesso, sentivo la mancanza delle sue labbra un secondo dopo averle lasciate. Ovviamente non l’avrebbe saputo, almeno non da me.
- Non qui. - dichiarai, facendo nascere l’ennesimo sorrisino sul suo viso. Stavolta non mi irritò. Dovetti ammettere di desiderare un bacio, in quell’istante, e se non l’avessi avuto subito sarei impazzita.
- Vieni - mi ordinò con sicurezza e mi prese la mano, ma qualcosa ci interruppe.
- Rose! - Una voce femminile richiamò il mio nome. Mi guardai intorno, e individuai una ragazza dagli inconfondibili occhi verdi infondo all’enorme salotto di quell’attico. Le sorrisi, immaginando l’espressione del moro dato il suo tempismo. Lo sentii sospirare.
- Oh mio Dio, Vanessa! Da quanto tempo - esclamai andandole incontro e facendo scivolare la mia mano dalla stretta di Zayn. Ci abbracciammo in modo composto, anche lei indossava un vestito elegante ed ammisi di trovarla ancora più bella.
- Che ci fai qui? Abbiamo così tante cose di cui parlare! Dio, sei ancora più bella… questi capelli ti stanno d’incanto! Ti sei trasferita qui in America? È da tanto che non ti vedo in giro a Londra -
- Oh no, sono qui per le vacanze con.. uhm, dei miei amici - balbettai, guardandomi indietro. Feci cenno a Zayn di raggiungermi. - lui è Zayn - mi sentii in dovere di presentarlo.
Si strinsero la mano, lui mi guardò confuso per un paio di secondi. - Frequentavamo lo stesso corso di Scrittura Creativa - rispose lei al mio posto. Zayn mi indirizzò il secondo sguardo interdetto, da cui colsi tu hai frequentato un corso di scrittura ed io non lo sapevo?
Tuttavia si limitò ad annuire. - Capisco - le sorrise gentile.
- Quindi è il tuo ragazzo? - domandò la ragazza, innocente. Boccheggiai come un’idiota, Malik ebbe la stessa reazione. Vanessa oscillò lo sguardo fra entrambi. - Oh, ho capito, scusate l’invadenza - rise leggera, intavolando in fretta un nuovo argomento ed invitandomi ad accompagnarla a prendere un altro drink. Avevo sempre apprezzato la sua loquacità, era difficile starle dietro talmente quanto parlava.
- Andate pure, ci vediamo dopo - fece Zayn sorridendo ad entrambe e liquidandosi in fretta. Chiedendomi perché si fosse vaporizzato in quel modo, seguii la mia amica verso gli alcolici. La serata era appena iniziata.
 
 
Zayn adorava i muri. Più precisamente, adorava baciarmi chiudendomi tra lui e una parete, e per quanto fossi claustrofobica non mi dispiaceva per niente scomparire dietro il suo corpo e lasciarmi stringere dalle sue braccia.
Dopo una lunga chiacchierata con la mia ex compagna di corso, ci eravamo salutate ripromettendoci di rivederci più tardi e stavo tornando da Liam e Niall, gli unici che ero riuscita ad intravedere tra la folla. Una mano familiare però si posò sul mio fianco, dalle mie spalle. Mi fermai; l’avrei riconosciuto fra mille.
- Vieni con me - mi sussurrò. Sapevo avrebbe voluto aggiungere prima che qualcun altro ci interrompa.
Mi girai a sorridergli ed annuii.
- Rose, Zayn, come procede la serata? -
Non può essere vero pensai, trattenendo una bestemmia in turco. - Hey Joe - sorrisi al mio amico dopo che ci fosse spuntato davanti, dal nulla.
- Meravigliosamente - ribatté probabilmente sarcastico Zayn.
- Mi fa davvero tanto piacere - gli occhi cristallini di Joe si incastrarono in quelli scuri e profondi del moro, si fissarono per un paio di secondi. - mi ricorda vagamente quella festa in maschera a scuola dove ci travestimmo da pirati, ricordi? -
- Non penso la dimenticherò mai - risposi ridendo, senza aggiungere altro. Guardai il ragazzo che mi stava affianco e mi schiarii la voce. - comunque dobbiamo lasciarti perché Alex ci cercava, ci vediamo più tardi - inventai.
- Certo, divertitevi - mi fece un occhiolino e si allontanò.
- Era ora - Alzai un sopracciglio guardando male Zayn, ma lasciai perdere. Mi prese per mano, attraversammo la sala e ci infilammo in un corridoio deserto con le luci spente, che ricordavo portasse ad una stanza che Joe usava come studio, evidentemente chiusa. Si fermò e finalmente mi rivolse lo sguardo; non mi piaceva l’espressione seria sul suo viso e stavo per aprire bocca ma mi precedette, posando le mani sui miei fianchi e spingendomi delicatamente contro il muro. Gli avvolsi le braccia al collo, senza distogliere lo sguardo dal suo. Lui chiuse gli occhi e sospirò, toccando la sua fronte con la mia.
- Che succede? -
- Nulla -
- Zayn. - Strinse i denti, le vene del suo collo apparvero per qualche secondo.
Aprì gli occhi e mi guardò. - Quel tipo mi irrita, lo sai. - mi mordicchiai un labbro nervosa, rimanendo in silenzio per un po’ a guardarlo apprensiva.
- Sono contenta di essere qui con te, stasera. - sussurrai, lui accennò un sorriso: non riuscii a trattenermi dall’avvicinarmi alle sue labbra. Dischiusi le mie e aspettai che prendesse iniziativa, poi mandai a quel paese la timidezza e lo baciai. Infilai le dita fra i suoi capelli decisa a non lasciarli quando le nostre lingue si toccarono, ed istintivamente mi distaccai dal muro per avvicinarmi a lui. Avvolse le sue braccia intorno al mio corpo, facendole vagare lungo la mia schiena nuda provocandomi una serie di brividi. Posò una mano alla base della mia schiena respingendomi contro il muro attraverso il suo corpo, ma evidentemente quando si accorse di essersi lasciato trasportare, si interruppe bruscamente, indirizzandomi uno sguardo esitante.
- Non preoccuparti - lo rassicurai appena ebbi recuperato il respiro, non riuscendo a fare a meno di sorridere. - sei così carino e premuroso - ridacchiai, giocando ancora coi suoi capelli.
Vidi i suoi muscoli rilassarsi, sorrise appena. - Dov’è finita l’antipatica moretta che mi insulta ogni due secondi? -
- È sempre in agguato, potrebbe tornare da un momento all’altro - alzai un sopracciglio, sfidandolo con lo sguardo. - Narciso - aggiunsi. Mi rispose con una smorfia divertita. Era bellissimo.
- So come ricacciarla - mormorò, trattenendo il mio corpo contro il muro e liberando con una mano il collo dei miei capelli. Immaginai il suo intento, e non riuscii a ribellarmi in tempo. Baciò l’angolo della mia bocca, poi l’attaccatura della mascella al collo, risalì dietro l’orecchio sfiorando il lobo con il labbro inferiore. Lasciò baci umidi lungo tutto il collo, arrivando allo scollo del vestito all’altezza della spalla. Lo tirò via abbassando una manica, sorprendendomi, e baciò la spalla ora scoperta. Il mio torace si sollevava insieme al suo, in un ritmo complice; sentii i suoi denti lambirmi la pelle e strinsi la presa nei suoi capelli, mugolò qualcosa quando lo allontanai con forza per sottrarmi a quella tortura. La manica scivolò di nuovo al suo posto, Zayn mi guardò negli occhi soddisfatto. Quel giochino non ci avrebbe stancati mai: il nostro lato superbioso e presuntuoso usciva sempre fuori in quei momenti. Mandai tutto al diavolo e tirai il suo viso verso il mio per la nuca, baciandolo con foga. Mi posò una mano sul viso, l’altro braccio cingeva ancora i miei fianchi. Morsi il suo labbro intento a sorridere di me, quasi per punizione, e lui ricambiò il favore catturando il mio fra i suoi denti. Sussultai dal dolore, ritraendomi poi dal bacio e guardandolo male.
- Scusa - sussurrò accarezzandomi le labbra col pollice. Scacciai via la sua mano.
- Fanculo Malik - mi imbronciai, e lo spinsi via cogliendolo alla sprovvista. Provai a scappare dalla trappola delle sue braccia ma riuscii a fare giusto due passi in avanti prima che le sue braccia mi catturassero e spingessero nuovamente contro il muro mentre un - dove pensi di andare? - venne mormorato al mio orecchio.
Evitai il suo sguardo. - A rifarmi il rossetto. - risposi fintamente offesa, e cercai di spostarlo.
Costrinse i miei occhi nei suoi, forzando dolcemente il mio viso dritto verso il suo. Rabbrividii, lasciando che mordesse il mio labbro inferiore, per poi baciarlo e distaccarvisi.
 - Credo che tue labbra siano già impegnate con altro, signorina- sorrisi - per un bel po’. -
 
 
Non potevo osservare quella situazione senza provare un profondo senso di malinconia. Era parte del mio carattere, tendevo a rovinarmi la vita per inclinazione: pensavo.
Cosa sarebbe successo dopo la mezzanotte? Nonostante la serata stupenda, cosa avrebbe significato lo scoccare del nuovo anno?
Ero una di quelle persone che ha costantemente paura di essere lasciata sola, non che avessi avuto particolari perdite importanti, ma in genere sentivo sempre il pericolo di un abbandono imminente, in particolare quando tutto sembrava aver preso la piega giusta. Avevo trovato cinque nuove persone a cui dare quello che avevo da offrire, una in particolare a cui avrei donato volentieri tutta me stessa. Sembrava che tutti i pezzi del contorto puzzle che era la mia vita fossero scivolati da un giorno all’altro ai loro posti, una strana quiete alloggiava in me, ma avevo l’impressione che non sarebbe durata a lungo. D'altronde è così che succede: ogni volta che la vita si accorge che ti sta andando tutto bene, decide di buttare una buccia sul tuo percorso per farti scivolare e perdere la strada giusta, quella che stavi percorrendo con serenità senza intoppi o distrazioni.
Ricacciai indietro le lacrime e sorrisi guardando Zayn ridere fragorosamente ad una battuta di Niall, la luce della meravigliosa luna di quella notte gli illuminava il volto, incorniciato dai candidi fiocchi di neve che cadevano sullo sfondo della magica Times Square, alle sue spalle. Mi domandavo come facesse ad emanare quel tipo di luce con un solo sorriso.
L’enorme gazebo ricopriva gran parte del terrazzo, era stato arredato davvero con raffinatezza per l’occasione e forniva un’atmosfera intima e riservata rispetto alla festa che si stava svolgendo all’interno dell’appartamento. Osservai sottecchi Zayn accendersi una sigaretta, e spostai il mio sguardo sulla situazione in genere: i ragazzi e le ragazze ridevano e scherzavano l’uno con l’altra, per la prima volta l’aria era assolutamente tranquilla, serena e rilassata.
Ecco cos’avevo paura di perdere: non era l’aria ad essere tranquilla, serena e rilassata. Lo ero io. E non essere sicura sul futuro era la cosa che più odiavo al mondo, avrei voluto poter controllare tutto ciò che accadeva, e controllare anche ciò che sarebbe accaduto. In quelle settimane le cose, nel complesso -e drammi a parte- andavano talmente bene che non riusciva a sembrarmi vero: Zayn, i ragazzi, le mie migliori amiche, le vacanze, l’America, la magia natalizia, il Capodanno insieme, mi sembrava di vivere in una favola. Come se con l’inizio del 2012, potesse improvvisamente svanire quel sogno ed io fossi costretta a ritornare alla realtà.
Avevo lo sguardo fisso sulle mie mani ed ero talmente persa nei miei pensieri da non accorgermi della voce di Zayn che sussurrava il mio nome.
- Rose - alzai lo sguardo a lui, che ora stava al mio fianco, guardandolo interrogativa. Mi restituì uno sguardo confuso. - stai bene? Sei più silenziosa del solito. -
- Sì, stavo contando le ore di fuso orario con l’Italia, nel caso in cui dovessi chiamare i miei, sai… -
- Rose. - Sospirai. Con lui fingere veniva impossibile. Oppure ero semplicemente una cattiva attrice.
- Zayn? - ribattei tuttavia ironica. Mi guardò insistentemente ed esitai per qualche secondo, forse dirglielo non avrebbe fatto male. - Pensavo. - ammisi poi a testa bassa.
- A cosa? -
- A domani -
- Che intendi? -
Mi morsi un labbro. - Nulla.. lascia perdere, vado a prendermi un drink - feci per oltrepassarlo ma il suo braccio afferrò il mio fianco, riportandomi al mio posto con fermezza e decisione. Quell’atteggiamento mi faceva sentire piccola come una formica.
Si avvicinò a me con lentezza e prese il mio viso fra le mani, sfiorandomi il naso col suo. - Puoi dirmi tutto, ricordi? - mormorò, adesso con delicatezza. Annuii e lasciai che un suo dolce bacio calmasse il tornado di emozioni che mi aveva appena travolto. Quando si allontanò, mi sentii tranquilla.
- Pensavo a cosa succederà una volta tornati in Inghilterra… -
- Cosa deve succedere? - domandò, un velo di preoccupazione aleggiò sul suo viso; sembrò non capire.
Presi qualche secondo per respirare a fondo. - Rose, stai cercando di dirmi che… insomma, hai deciso… -
Spalancai gli occhi davanti quell’incomprensione. - No, nulla del genere! - sorrisi tristemente - Almeno non da parte mia - sibilai poi, cercando qualcosa nei suoi occhi. Assimilò quelle parole e capì finalmente il senso di quel discorso.
Alzò un angolo della bocca, cercando di sembrare malizioso, ma seppe solo come rassicurarmi. - Non ti libererai di me facilmente, va bene? - prese la mia mano e la strinse alla sua, senza mai distogliere i suoi occhi dai miei. Mi attirò a sé, cingendo i miei fianchi. - non vado da nessuna parte senza te. Una volta tornati in Inghilterra sarà tutto come adesso. -
- Sei famoso. - allacciai le braccia al suo collo, per una volta ci differenziavano pochi centimetri e quella posizione era più comoda. Riuscivo a guardarlo perfettamente negli occhi.
- Non vuol dire che non posso avere una ragazza. E visto che tu sei la mia ragazza, ti presenterò ai miei manager come tale, e loro dovranno accettarlo, che gli piaccia o no. -
Deglutii. - Sappiamo entrambi che non sarà così semplice Zayn, so come funzionano queste cose. I contratti, la fama, il management… -
- Ssh - mi interruppe, avvicinando le sue labbra alle mie. - ti fidi di me? - mormorò sopra di esse.
Annuii lentamente. Io mi fidavo di lui.
- Non vado da nessuna parte. Sono qui, e sarò qui anche dopo. Qualunque cosa succeda. - assaporai quelle parole non appena iniziò a baciarmi, e quando chiusi gli occhi mi resi conto di quanto suonassero come una promessa.
Io mi fidavo di lui.  E sarebbe stato così, qualunque cosa fosse successa.
 
Dopo aver abbondantemente chiarito lo spaventoso “dopo” , ero riuscita a rilassarmi abbastanza da essere pronta a godermi il countdown finale. Mancava poco ormai, ma ora la mia mente era sgombra di tutti i cattivi pensieri. Insieme al resto dei ragazzi avevamo discusso sul da farsi con l’arrivare del nuovo anno, e sembravamo tutti d’accordo a voler restare insieme. Avremmo ripreso le nostre normali vite, aggiungendo a quella normalità un pizzico di novità che le avrebbe stravolte positivamente.
Mi guardai intorno: ognuno sembrava sentirsi al proprio posto, cioè accanto alla persona di cui avevano bisogno.  In qualche modo avevamo tutti trovato quella serenità in qualcosa di talmente semplice e bello che potevamo davvero definirci fortunati. Nel giro di pochi mesi era nata una nuova me, avevo iniziato anche a vivere diversamente.
E tutto ciò non mi dispiaceva.
Strinsi la mano di Zayn eccitata quando il coro generale iniziò a raggiungere la decina, i nostri sguardi si incrociarono e ci sorridemmo.
Nove.
Il moro si morse un labbro e si avvicinò a me.
Otto.  - La leggenda dice che allo scoccare della mezzanotte ci voglia un bacio - sussurrò al mio orecchio, riuscii a cogliere le sue parole nonostante il rumore.
Sette. - con l’augurio di aver affianco quella persona per tutto l’anno - gli sorrisi sincera.
Sei. - vuoi essere il mio bacio, Rose? -
Annuii, più sicura che mai. Era tutto quello che desideravo.
Cinque.
Si avvicinò a me, io gli allacciai le braccia al collo.
Quattro.
- E che le tue labbra siano mie anche il prossimo Capodanno. - Sentii gli occhi pizzicare dalla gioia; rimasi in silenzio, col cuore che mi usciva dal petto.
- Tre - contò; la sua voce melodiosa mi fece rabbrividire.
- Due - disse ancora, e poi guardò sopra di noi. Feci lo stesso e spalancai appena la bocca, sorpresa, nel trovare un mazzetto di vischio sopra le nostre teste, non capendo se fosse stata opera sua o una casualità.
- Uno… - ridemmo entrambi, gli occhi dell’uno incastrati in quelli dell’altra.
- Buon anno piccola. -
- Buon anno Zayn. -
 Scoppiò un trambusto generale; su urla, applausi, fuochi d’artificio e canzoni da Capodanno Zayn baciò le mie labbra a lungo nella mezzanotte che inaugurava l’anno 2012, e fra le sue braccia mi resi conto che tutto quello contro cui avevo lottato fino a quel giorno mi aveva portata a quel punto, a scoprire cosa volesse dire provare per la vera prima volta la felicità.
Ci separammo e risi, serena.
- Rose - mi richiamò.
- Mh? - feci, inizialmente distratta da quello che mi circondava: mi persi a guardarmi intorno, poi tornai sul suo viso trovandolo improvvisamente serio.
Deglutì, esitando un paio di secondi, e poi un - ti amo. - fu sibilato, ma riuscii a capirlo chiaro e tondo.
Sentii le gambe cedere e il cuore immobilizzarsi, un - cosa? - uscì spontaneo dalle mie labbra in quella confusione generale, mi domandai tuttavia se avessi capito male.
Stavolta sorrise cristallino, l’adrenalina iniziò a scorrermi nelle vene. - Ho detto che mi sono innamorato di te. -
Mi portai una mano alla bocca, incredula. Lo abbracciai di getto.
Dopo interminabili secondi mi convinsi e proferii parola. - Anch’io Malik - sussurrai al suo orecchio. Ci separammo ed immobilizzammo, lo sguardo dell’uno incatenato a quello dell’altra, senza lasciarci scalfire da quello che succedeva intorno a noi.
Un sorriso furbo si aprì sul suo viso. - A quanto pare ho vinto io - si avvicinò al mio viso, mordendosi un labbro. - alla fine sono riuscito ad ottenerti. -
- Attento, potrei scappare da un momento all’altro - lo minacciai con un sorriso risultando per nulla credibile, e mi allontanai quando le sue labbra provarono a posarsi sulle mie.
Rise. -  Ed io ti inseguirei per sempre. -
Mi inumidii le labbra, ed infilando le mani nei suoi capelli portai il suo viso più vicino al mio, lasciando che arrivasse a quel bellissimo mio secondo bacio dell’anno, secondo -immaginai- di una lunga serie.
 

 
ehm, ciau. 
allora, la storia "give love a try, one more time" è ufficialmente giunta alla fine. e questo è l'epilogo.
lo sto ripetendo per autoconvincermene, non mi sembra vero.
iniziai a scrivere questa storia nel mio periodo -ahimé- da bimba infantile innamorata della figura di cinque cantanti, le carote, i cucchiai, la perversione di harry, liam coi capelli ricci e roba del genere. parliamo di ben due anni e mezzo fa. 
la storia si è evoluta insieme a me, credetemi. siamo cambiate entrambe, e la maggior parte degli avvenimenti raccontati qui sono stati presi direttamente dalla mia vita e trasformati in qualcosa di più adatto ad una 'fan fiction', beh forse per questo non sono mai stati chissà quanto speciali.. ma per me significavano tutti qualcosa. molti gesti, parole, li ho vissuti io in prima persona, sia prima che dopo che li scrivessi. perché dovete sapere che c'è qualcosa di molto inquietante legato alla mia scrittura.. vi prego di credermi, spesso mi sono ritrovata in situazioni fin troppo simili a quelle che avevo inserito nella storia, DOPO averle scritte. e questo sì, fa paura. 
ma comunque, non voglio parlare di me. piuttosto vorrei ringraziare tutte le lettrici, perché senza i vostri commenti positivi e senza che voi mi spronasse non avrei mai continuato. mi dispiace se questo capitolo non soddisferà a pieno la vostra voglia di un finale, perché effettivamente non è nulla di che.. l'ho scritto giusto perché aspevo che questa storia, dopo tutto quello che ho passato, non meritasse di rimanere incompiuta.
infine, per non portarla a lungo, ringrazio la mia migliore amica, perché è stata fonte di ispirazione per questa storia dal primo capitolo. mi ha sempre aiutata e dovete ringraziare anche lei se ora sono qui, all'ultimo capitolo della mia prima storia qui su efp.
concludendo, vi chiederei un piccolissimo favore.
chiusa questa, stavo cercando di iniziare un'altra storia. vi prometto, sarà decisamente migliore di questa, in tutti i sensi! più matura, scritta meglio, credetemi.. per ora c'è solo il prologo, quindi mi chiedevo se vi andasse di leggerlo, dura tipo un quinto dei miei soliti capitoli ahahah quindi non perderete troppo tempo.
ve la linko qui.
(
http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2658306 )

p.s. cambierò il mio nickname da "_hesonlymine_x" a "rose_jh" al più presto, se doveste notare un cambiamento sappiate che sono sempre io. lol

e vabbe, sembra che sia proprio finita. mi viene da piangere.
ma ora la smetto di blaterare, giuro. grazie ancora per tutto. 

sincerely yours,
rose. xx

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