Umanamente Elfica

di kety100
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** La mia vita era normale, assolutamente e completamente normale ***
Capitolo 3: *** addio, prof. ***
Capitolo 4: *** Rapimento, e che cavolo! ***
Capitolo 5: *** Wivern ***
Capitolo 6: *** Lunick ***



Capitolo 1
*** prologo ***


 Svegliarsi la mattina, andare a scuola, litigare con i compagni, picchiare qualcuno e poi prendersi una nota  dal prof. Rompiscatole di turno … non avrei mai creduto che queste cose potessero mancarmi.
Cose normali, da persone umane, perché io non potevo vivere una vita così?
Sono dieci anni che me lo chiedo, e ancora non ho trovato una risposta.
Ma lasciate che mi presenti: io sono Katherine Moonstone, principessa degli Elfi della Luce.
Figlia di Animea e di Atrideo, re e regina di Aureos Blanco.
Cosa sono gli elfi? Facile a dirsi: sono, anzi, siamo delle creature bellissime, i nostri capelli sono, per lo più, verdi, azzurri, indaco, colori che per gli umani sono strani, insomma;
la nostra pelle è liscia e alabastrina durante l’età adulta, mentre da piccoli siamo neri come carboni, il colore cambia in una notte, chiamata “Notte d’Inferno”, perché si patiscono dolori incredibili mentre il colore e l’innocenza escono attraverso i pori, tutto questo porta via il nero, facendoci diventare bianchi e magici, sì, magici, perché durante l’infanzia la magia ci è preclusa a causa della nostra innocenza, che sparirebbe con la venuta dei sogni premonitori, tipici della nostra stirpe;
inoltre noi misuriamo non l’età anagrafica, ma quella mentale, infatti finche la mente di un elfo non è maturata e cresciuta la pelle resta nera, solo gli adulti possono uscire dalle nostre foreste e avventurarsi nel mondo umano, e solo coloro che padroneggiano tutte e quattro le arti magiche e possiedono i rudimenti della Magia della Luce, di sicuro la più complessa e difficile.
Per gli elfi avere più di un figlio ogni duemila anni è una cosa alquanto singolare, per non dire impossibile, infatti la gestazione delle donne elfiche dura per molti secoli, alcune addirittura per  millenni, ancora una volta la psiche è fondamentale: finche entrambi i genitori non sono pronti a ricevere il nascituro esso non vedrà la luce.
Questa è la legge stilata dai nostri padri, nati agli albori dell’Universo, con le stelle e i buchi neri, le nostre “Divinità”, se così si può dire, perché gli Elfi della Luce sono atei.
Ovviamente esistono delle eccezioni, io e le mie sorelle siamo cinque di queste.
Noi siamo gemelle, un fatto inaudito nella nostra razza, capita, a volte quando i genitori hanno una grande pace mentale, che vengano al mondo più bambini nello stesso millennio, ma cinque gemelle?! No, non era mai successo prima, e tutti si auguravano che non accadesse mai, perché è presto detto: esiste un Antica Profezia.
E ti pareva, eh? A quanto ho capito le queste Profezie esistono solo ed unicamente per rovinare la vita a gente che vuole solo vivere in pace.
Cosa dice questa Antica Profezia? Ora vi riporterò quello che è scritto nel foglio della biblioteca di Aureos Blanco:
fra molti millenni, in un mondo in cui elfi della Luce e del Buio non si odiano, ma cercano comunque di vivere il più lontano possibile gli uni dagli altri, nasceranno cinque gemelle, figlie di re e regina elfici, destinate a spianare la divergenze fra i due popoli e ad acquietare l’odio.
La prima avrà l’oro nei capelli, gli occhi color del ghiaccio e un carattere apparentemente frivolo, ella però rappresenterà la giustizia e saprà vedere nel cuore di ogni creatura vivente; verrà allevata nel Palazzo d’Estate, fra gli agi e i lussi, ella prima del suo viaggio non conoscerà nulla di malvagio in modo diretto.
La seconda avrà il fuoco nei capelli, le foreste negli occhi e un carattere docile e tranquillo, sarà studiosa e rappresenterà la saggezza, ella conoscerà ogni cosa, dalle barbarie della guerra alle dolcezze della pace; verrà allevata nel Palazzo d’Autunno, là, nella freschezza e la tranquillità imparerà a pensare con la mente e a ragionare in modo lucido.
La terza avrà l’acqua del mare nella chioma, la spuma marina negli occhi e il carattere irruento del mare in tempesta, tuttavia essa rappresenterà la calma e la pazienza, nulla potrà fermare la forza nascosta che si nasconde in lei; crescerà nel Palazzo di Primavera, ove la freschezza e la calma della natura le insegneranno ad essere forte come il mare in tempesta e calma come uno stagno.
La quarta avrà il cielo nei capelli, l’arcobaleno negli occhi e il carattere leggero e spensierato del vento, rappresenterà, però, la ragione, che vince sulla paura, imparerà a pensare in fretta, a reagire velocemente e a ragionare in maniera lucida sotto pressione; verrà allevata nel Palazzo d’Inverno, dove il suo carattere leggero verrà temprato dal gelo dei ghiacciai e dalla calma dei monaci.
La quinta, infine, avrà il buio nella chioma, il blu negli occhi e il carattere forte e insicuro tipico degli uomini, ella rappresenterà la speranza, una luce bianca piena di ombre; ella verrà allevata nel mondo degli uomini, al fine di insegnarle a dominarsi, non saprà nulla del suo potere e della sua forza, ne della sua vera natura finche tutte le sue sorelle non avranno superato la Notte d’Inferno e avranno imparato i rudimenti della magia: allora e solo allora la si potrà riportare nel mondo degli elfi e svelarle la sua vera natura.
È essenziale che le gemelle non sappiano della presenza l’una dell’altra e che vivano all’oscuro di questa profezia fino al compimento dei sedici anni di età.
 
Benissimo, questa è la profezia che mi ha rovinato la vita.
Ma cosa sono gli Elfi del Buio?
Sono creature strane e misteriose, più potenti degli Elfi della Luce, eppure molto schivi (quasi quanto gli Elfi Silvestri), dicono che siano i nostri più grandi nemici, poiché tendiamo ad avere meno contatti possibili, ma a dire la verità non ci sono mai stati degli scontri, neppure verbali, più che altro, tendiamo ad ignorarci a vicenda.
Tutto questo fino a, circa, mille anni fa, quando il malvagio Neboulos salì al trono degli Elfi del Buio, egli è un re malvagio e privo di scrupoli, capace di tradire un amico e di uccidere anche i propri figli pur di raggiungere i suoi scopi.
Egli vuole conquistare il mondo e sottomettere ogni creatura vivente, ma per fare questo ha bisogno dei quattro elementi più la Luce e il Buio, sei Elfi in tutto, peccato che ne esistano milioni al mondo.
Ma tornando agli Elfi del Buio, i loro capelli hanno per lo più tonalità molto scure, tendenti al viola,al nero o al castano/nero, il colore più chiaro è il biondo scuro.
La loro pelle resta chiara per tutta la vita, poiché loro possiedono la magia dalla nascita, essa però si manifesta solo ed unicamente verso i mille anni, la vita di ogni elfo, non importa se è del Buio o della Luce, è estremamente lunga, si può quasi dire che siamo immortali: possiamo morire solo in seguito a grandi catastrofi.
Per esempio: quando la bomba atomica venne sganciata su Hiroscima i rappresentanti della nostra razza che vivano nei boschi vicini morirono tutti.
Alcuni studiosi pensano che gli elfi siano strettamente collegati agli umani, che abbiamo il dovere di aiutarli e di far loro del bene, balle, se volete sapere come la penso io, gli elfi non possono far del bene agli umani;
se un uomo vedesse un elfa impazzirebbe per la bellezza di lei;
se una donna vedesse un elfo non potrebbe più procreare.
Non che lo facciamo apposta ad essere così, ben inteso, semplicemente nasciamo così, non possiamo farci nulla.
Esiste poi una terza categoria di elfi: gli Elfi Silvestri (o Silvani).
Sono delle creature che abitano le foreste, grandi come la mano di un bambino, piccole e aggraziate.
Hanno due ali sulle spalle, loro si dividono in molte sottocategorie a seconda del colore e della forma di queste ultime.
Ma alcuni di loro non hanno ali e non sanno volare: sono quelli più anziani e potenti.
A dire il vero non so molto degli Elfi Silvestri, nessuno può dire di conoscere questo popolo antico e misterioso, di sicuro sono elfi potenti, i più potenti di tutti.
Sono gli unici ad avere degli Dei, che però non hanno mai condiviso con i loro cugini della Luce e del Buio.
Sì, cugini perché se gli Elfi del Buio sono fratelli di quelli della Luce, gli Elfi Silvestri non possono essere considerati così simili a noi, possiamo quasi dire che fanno parte di un altro mondo, cosa probabilmente vera, a mio parere.


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Capitolo 2
*** La mia vita era normale, assolutamente e completamente normale ***


 CAPITOLO 1: LA MIA VITA ERA NORMALE, ASSOLUTAMENTE, COMPLETAMENTE NORMALE!
“Un ragazzo, un ragazzo con gli occhi viola e i capelli biondo scuro.
Seduto su una sedia grigia vestito di grigio accanto ad un trono grigio in un palazzo grigio pieno di gente grigia.
Insomma, quello che i comuni mortali definirebbero un mortorio.
Arriva un messaggero vestito di … grigio, cha noia! Un po’ di fantasia e colore è chiedere troppo!?
-Mio Signore- mormora con tono neutro inchinandosi di fronte al trono.
-Alzati e dimmi ciò che hai ssscoperto-sibila il tipo grigio seduto sul grande scranno accanto al ragazzo.
-Mio Signore, ho scoperto che la ragazza è nel mondo umano, più precisamente a Riccione, in Italia- sussurra l’uomo, sempre con quel tono deprimente e monocorde.
-Eccellente, eccellente davvero …- il sangue mi gela nelle vene, quelle parole mi terrorizzano.
-Cosa devo fare, Mio Signore?- chiede la prima figura, sempre con gli occhi al pavimento … grigio, che noia.
-Trovala, spiala, scopri tutto su di lei e poi portala a me- la frase si conclude con una risata malvagia.
-Sarà un onore, Mio Signore- il tipo sorride, mostrando i denti aguzzi e scomparendo in una nuvola … grigia.
Lo dico e lo ripeto: quel posto è un mortorio.”
 
Mi sveglio con un urlo completamente sudata.
Ok, ora devo ricordarmi chi sono … già, chi sono?
Oh, sì, Katherine Moonstone, figlia di Jim e Cristina Moonstone, orfana di entrambi e convivente con un cugino rompiscatole e due zii adorabili.
“Kety, si può sapere che hai da urlare?! Sono le cinque di mattina!” sbuffa mio cugino, Miguel, guardandomi assonnato dal letto dall’altra parte della stanza.
“Ho solo avuto un incubo, scusami se ho svegliato vossignoria, prometto che la prossima volta che rischierò l’infarto sarò più silenziosa!” ribatto scocciata buttando le coperte da una parte e rabbrividendo nel sentire il pavimento freddo sotto i piedi.
“Noiosa … torna a dormire …” borbotta, voltandosi dall’altra parte e rimettendosi a dormire.
Che cretino! E pensare che la mia migliore amica ne è innamorata … penso con un sorrisetto, già, Alice, la mia migliore amica, l’esatto contrario di me: capelli biondi, occhi marrone cioccolato.
Inutile dire che mezza scuola è cotta di lei, o anche di più, visto cha la maggior parte degli studenti all’Agrario di Pesaro sono maschi.
Sento mio cugino che russa sonoramente nel suo letto, ora sono certa che non riuscirò a dormire.
Mi stiracchio leggermente entrando in bagno e guardando con il solito disappunto la mia immagine nel grande specchio a muro: capelli nero pece, grandi occhi blu elettrico, fisico asciutto e atletico.
Uhm, no, sul fisico non ho nulla da dire, ma perché devo avere questi cavolo di occhi!? Perché non potevo nascere con uno sguardo normale? Insomma, tutti quelli che fisso, insegnati compresi, tendono ad abbassare lo sguardo e parlarmi guardandosi le scarpe! Secondo Alice è perché sembra quasi che io riesca a leggere il cuore delle persone, con questi occhi, che cavolata, io faccio fatica a capire che cosa passa per la testa di mio cugino, figurarsi se riesco a leggere il cuore delle persone!
Sta di fatto che la gente se può evita di guardarmi negli occhi, che a quanto pare sono uguali a quelli di mamma.
Da papà invece ho preso i capelli, lui a detta della zia aveva anche gli occhi verdi e la pelle chiara, mamma invece era bionda e la pelle abbronzata, perché la nostra famiglia viene dalla Spagna.
Sospiro uscendo dal bagno, vorrei almeno ricordarmi qualcosa dei miei genitori, che so, uno sguardo, un sorriso, e invece no, non so nulla di loro, tranne che sedici anni fa sono stati investiti da un tizio che è passato col rosso.
Mamma è riuscita a buttarmi sul marciapiede, lei e papà sono morti sul colpo.
Mi consola sapere che non hanno sofferto.
Mi fa rabbia sapere che li hanno cremati senza chiedermi nulla.
Va bene, non avevo neppure un anno, però diamine, quanto gli costava farmi una semplice domandina!? Secondo Miguel è esagerato, forse quel cretino ha ragione, però siccome mi arrabbio quando ci penso tendo a scacciare queste cavolate dalla mia testa.
Che cosa mi metto oggi? Mi chiedo aprendo l’armadio e guardandoci dentro con la torcia accesa fra i denti, credo che anche se accendessi la luce Miguel non si sveglierebbe, ma mi piace il buio, e vestirmi nella semioscurità mi piace.
Vediamo, oggi che giorno è? Lunedì, e il lunedì non bisogna vestirsi troppo bene, ma neppure sportivi … uhm, in che stagione siamo? Fine primavera, uhm, vediamo … penso frugando nel mio armadio alla ricerca di qualcosa di comodo da mettermi, non che fossi una persona frivola e amante della moda, è che questa settimana voglio provare a vestirmi bene, non so neppure io perché, pur restando nei limiti della comodità!
Oh, al diavolo! Urla la mia mente, stufa di guardare in ogni angolo e farsi seghe mentali sul ragazzo più carino della scuola.
“Ok, Gus, facciamo come dici tu …” borbotto a Gustavo (alias il mio cervello), chiudendo gli occhi e infilando la mano nel guardaroba, decisa ad indossare quello che mi capita.
Vediamo che mi è toccato in sorte … penso aprendo gli occhi e scoprendo che in mano ho i miei jeans preferiti e una canottiera non troppo scollata, completamente nera con sopra delle farfalle fucsia, beh, che dire? È la volta buona per metterla!
Dopo essermi vestita e aver rifatto il letto prendo il mio zaino e guardo l’orologio: 6:00 in punto.
Chi ho messo un ora per preparami, mi faccio schifo da sola.
Sarà ora svegliare quel pigrone di Miguel mi dico, avvicinandomi al letto di mio cugino.
“Miguel? Sveglia! È ora di andare a scuola!” gli dico scuotendolo.
“Lasciami di dormire, mamma! Sveglia prima Kety!” borbotta come tutte le mattine, io sorrido cattiva: qui ci vogliono le maniere forti.
“SOLDATO! IN PIEDI E CENTO FLESSIONI!” urlo nelle orecchie di quel cretino del mio cuginetto, vuole fare l’Accademia Militare? Che si abitui!
“Eh? Cosa? Quando? Come? Perché?” esclama sedendosi di scatto con il respiro mozzo.
“Ah ahahahaha (risata) Miguel, dovresti vedere la tua faccia!” rido seduta sul pavimento, dove lui mi ha letteralmente scaraventato con il suo movimento improvviso.
“Ma sei impazzita?! Mi è quasi venuto un infarto!” mi dice con una mano sul cuore e gli occhi chiusi, mamma mia che frignone!
“Hai un talento da attore drammatico, altro che militare!” sbuffo io alzandomi e spazzolandomi i pantaloni.
“Kety, hai dimenticato le scarpe” mi ricorda lui.
“Lo so, me le stavo mettendo!” sbuffo piccata prendendo le mie hall stars nere consumate e comode.
Aspetto con impazienza che si vesta, credo di essere la prima sedicenne sulla faccia della terra a cui, non dico piace, ma se non altro non odia andare a scuola.
“Miguel, muoviti! Così perdo il treno! E prima che tu me lo chieda: no, non me ne frega un accidente se hai la macchina!” esclamo bussando alla porta della camera di mio cugino.
“Ok, ok, sono pronto, Kay!” esclama con una risatina usando il soprannome che mi sono guadagnata all’età di cinque anni, ovvero quando lui ne aveva nove, grazie ad una luuunga storia i cui protagonisti siamo io, un mantello da batman e il cane dei vicini, Kay, appunto.
“E piantala! Non sono un cane! E soprattutto non sono quel cane bavoso!” sbuffo guardando male la porta.
“Eccomi, contenta?” mi chiede aprendo la porta e osservandomi con gli occhi neri, in effetti mio cugino ha uno sguardo ancora più strano del mio, infatti i suoi occhi non sono marrone scuro: sono proprio neri con un punto al centro in cui entra tutta la luce.
Aggiungendo a questo sguardo magnetico un fisico da fotomodello palestrato e i suoi capelli biondi, non c’e da meravigliarsi se quasi ogni ragazza che incontra si innamora di lui.
“Uhm, sì, molto, e ora spicciati, mi hai fatto perdere anche troppo tempo! E grazie a te ho perso l’autobus, quindi mi devi portare alla stazione in macchina!” lo avverto, sperando che la sua sensibilità, a patto che l’abbia, gli faccia venire parecchi sensi di colpa.
“Come vuoi, Miss Non m’Importa!” ridacchia, dimostrandomi per l’ennesima volta la sua scarsa, per non dire nulla, sensibilità.
Io ringhio e prendo lo zaino, purtroppo finche non mi ha accompagnato devo fare buon viso a cattivo gioco.
Arriviamo alla stazione con qualche minuto di ritardo, risultato? Devo fare una corsa pazzesca per non rimanere a Riccione.
Per fortuna le mie amiche mi hanno tenuto il posto …
Chiacchieriamo per tutta la durata del viaggio, come sempre, oltre ad Alice ci sono anche: Sara, con capelli castano chiaro e occhi marroni e Claudia, anche lei con occhi e capelli marrone scuro.
Appena arrivate scendiamo in fretta dal treno e prendiamo la navetta piena di studenti come noi, che come sempre prendiamo il posto davanti.
Pochi minuti e l’Agrario ci appare davanti: inizia un'altra giornata di scuola.
 









Angolo Me:
Salve!
Ancora niente che somigli anche solo in modo vago al Fantasy, ma nel prossimo capitolo succederà qualcosa ...
Quindi, che ve ne pare di Kety?
Forse è troppo poco "umana"?
Oppure lo è troppo?
Chissà!
Oh, a proposito; se avete altre idee per il titolo vi prego di dirmele!
Hola,
Kety100

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Capitolo 3
*** addio, prof. ***


DRIIIIIIIIIIIIIN
La campanella suona interrompendo il mio sonnellino nell’aula di Tecnica, una materia a mio parere noiosa ed inutile, ma per essere promossa è necessaria, quindi mi tocca studiarla.
“Allora, signorina Moonstone, dormito bene?” mi chiede la signorina Rossi, scrutandomi da sopra i suoi occhiali a fondo di bottiglia.
“Benissimo, signorina, il mio banco in fondo a destra è davvero comodissimo! Lo consiglio a tutti quelli che vogliono dormire bene!” esclamo con un sorriso a trentadue denti e trapassandola con i miei occhi blu notte.
“Ne sono felice, spero che la prossima volta mi saprà dire tutto quello che ho spiegato!” sorride la donna, che in teoria ha meno di sessant’anni, ma ne dimostra almeno un ottantina.
“Ma certo! Voglio mantenerlo il mio nove!” esclamo, non senza una nota di fastidio nella voce: odio quella vecchia racchia!
“Certamente cara, certamente …” mormora lei facendomi cenno di uscire dalla classe e di raggiungere i miei compagni per la ricreazione.
Io le rivolgo un ultimo, falsissimo sorriso e corro dalle mie amiche.
“Allora? Che cosa ti ha detto?” mi assale subito Sara, come previsto si sono fiondate subito a chiedermi che cosa è successo.
“Nulla di particolare, non mi ha neppure messo una nota!” rispondo con un sorriso calmo.
“Ma come fai!? Hai dormito per almeno metà lezione!” sbuffa Alice, lei è proprio sfortunata: continua a prendersi note al posto degli altri.
“Beh, sai, una buona media aiuta …” commento con un alzata di spalle avvicinandomi al camion per prendere una pizza.
“Non è solo la media! Insomma, sembra quasi una cosa … magica! Sei la prima ad essere risparmiata dalla Megera!” esclama, forse a voce un po’ troppo alta, Claudia.
Risultato? Tutti quelli accanto si voltano sorpresi.
“Credimi, se ho fatto qualcosa non me ne sono resa conto! Chissà, forse somiglio ad una sua figlia segreta o simili, ma sinceramente non mi sembra di avere una faccia diversa questa mattina!” sbuffo alzando gli occhi al cielo e guardando male tutti quelli che ci circondano, manco a dirlo tutti se ne vanno lasciandoci sole.
“Ma noi siamo serie! Santo Cielo, avrai pur fatto qualcosa!” commenta Alice.
“Oh, certo, le ho risposto a tono! Secondo me si è stufata di essere chiamata Megera e di essere trattata da tutti con terrore! Probabilmente voleva solo divertirsi un po’!” esclamo allargando le braccia.
“Facciamo finta di crederci. A proposito, che materia abbiamo dopo?” Si arrende Sara, che ben conosce la mia cocciutaggine.
“Chimica, oggi c’e la pratica” sospira Claudia, che odia quella materia con tutto il cuore.
“Bene! Non vedevo l’ora! Io AMO chimica!” neanche a dirlo, io vivo per quella materia.
“Secondo me da piccola i tuoi genitori ti hanno fatto bere dell’Acido Cloridrico, Moonstone” commenta Gennaro, il tipico bulletto della scuola.
“Chissà, non ho mai chiesto, ma se vuoi quando trono a casa lo faccio” commento leggera allontana domi e facendogli ciao, ciao con la mano.
La ricreazione è finita, entriamo nell’aula di chimica, come sempre l’odore delle sostanze chimiche è forte, forse troppo, mi pizzica il naso e stranutisco.
“Ragazzi, sono io o oggi l’aula di chimica puzza ancora più del solito?” chiede un ragazzo con i capelli neri, un certo Spadazzi, se non erro, ma non ne sono sicura.
“No, è vero, chissà che cosa starà facendo il vecchio pazzo!”
“Fumo! Ecco che è quest’odore! Lo sapevo che il vecchio si dopava!”
Ecco i commenti dei miei compagni, per quanto stupidi ci hanno preso giusto: l’aula di chimica è invasa dal fumo.
Anzi, dalle fiamme.
È uno spettacolo a dir poco orribile, alcune ragazze urlano, i più coraggiosi si fanno avanti, io mi avvicino con loro.
“Secondo voi il prof. era qui?” domanda retorica, perché appena lo chiedo uno dei miei compagni solleva una asse semi-carbonizzata: sotto c’e Vespucci, il prof. di  chimica.
Morto.
I capelli, prima bianco latte, ora sono neri, carbonizzati.
La pelle scurita, le mani ancora strette attorno ad un immaginaria fialetta.
Ma la cosa peggiore sono gli occhi: spalancati, vitrei, secchi.
Per un attimo rimaniamo tutti pietrificati, quasi schiacciati dalla consapevolezza di ciò che è successo.
Poi, l’Inferno: le ragazze che urlano e piangono i ragazzi che cercano di uscire e chiamare qualcuno.
Solo io resto immobile, sconvolta.
Mi tornano in mente le ultime parole dell’uomo del sogno: ucciderò tutti quelli che le sono vicini …
Scuoto la testa, non è possibile, non è affatto possibile, è stato solo un caso.
Faccio lentamente un passo indietro e mi volto: bisogna fare qualcosa.
“Dobbiamo chiamare un adulto” lo dico con voce chiara e forte, non so neppure dove trovi il coraggio di parlare.
Vedo un paio di ragazzi annuire.
“Usciamo, qui rischia di crollare tutto, e francamente preferirei non essere fra i morti!” le parole di Sara forano il silenzio.
Quasi in trance usciamo dall’edificio pericolante.
Io faccio cenno agli altri di aspettare li, mentre vado a chiamare un prof.
Corro.
Corro cercando di ignorare la morsa che mi attanaglia il petto, non cerco neppure di ricompormi prima di piombare in un aula, non so quale, non m’importa, come un fulmine a ciel sereno.
“Moonstone! Insomma! Si può sapere che succede?! È per caso scoppiato un incendio a chimica!?” esclama sdegnata la megera di tecnologia.
“Sì, è scoppiato un incendio … il professor Vespucci …” sussurro con un  fil di voce, probabilmente la mia faccia e il tono con cui pronuncio quelle poche frasi sconnesse devono impressionare la prof.  che non mi ha mai visto in questo stato.
“Ok, ora Katherine calmati, sistemeremo tutto, tranquilla” mi dice, stavolta con tono più dolce.
“Alghieri! Vai a chiamare la preside! Sonetti! Una bidella!” esclama, tornando ad essere la prof. autoritaria temuta da tutti.
“Devo andare dai miei compagni …” mormoro alzandomi e muovendo dei passi incerti verso la porta.
“Veramente dovresti andare in infermeria, hai una brutta ferita al braccio,cara” mi fa notare la Megera.
Mi guardo il braccio, in effetti ci sono tre lunghi tagli rossi, aggrotto le sopracciglia: sono certa che pochi minuti fa quella ferita non ci fosse.
“Non è niente Prof. solo dei graffi” dico incerta.
“Benissimo, allora andiamo” mi sorride, cosa rarissima!
Mi alzo in piedi e mi dirigo il più velocemente che posso verso quella che un tempo era l’aula di chimica.
“Hai trovato qualcuno!?” chiede Alice, spaventata.
“La Signora Rossi” rispondo con una mano su quegli strani graffi.
“Ti sei fatta male?” Claudia è preoccupata, che carina!
“Non è nulla di grave!” o almeno lo spero …
Da qui in poi rimaniamo tutti in silenzio.
Non ci sono parole, non servono: sappiamo alla perfezione che i nostri pensieri coincidono.
Arrivano i soccorsi, per un attimo mi chiedo perché, non c’e nessuno da soccorrere …
  

Angolo Me:
Salve! Che gentile che sono, eh?
Ho pure fatto morire il prof. di chimica ...
No, scherzi a parte, secondo voi che cosa succederà ora?
Chissà!
Hola,
Kety100

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Capitolo 4
*** Rapimento, e che cavolo! ***


Stiamo uscendo da scuola, oggi sono tutti silenziosi, beh, ci credo, dopo quello che è successo …
All’ingresso c’e mio cugino che mi aspetta appoggiato alla macchina e mi guarda preoccupato.
“Stai bene?” mi chiede subito con evidente preoccupazione.
“Io sì, ho solo qualche graffio” una voce atona, non mia, completamente apatica ma con una rabbia sorda all’interno risponde a Miguel.
“Ah … bene … vuoi andare da qualche parte?” non mi sembra arrabbiato, solo preoccupato, in effetti mi guarda come se fossi una strana creatura aliena che ha preso il posto di sua cugina.
“In palestra, al mare, sul promontorio … ovunque tranne che qui” salgo in macchia con movimenti quasi rigidi, come se il mio corpo fosse talmente scioccato da non rispondere più al mio fido Gustavo, oppure come se quest’ultimo fosse rimasto addormentato nell’aula di Tecnica.
“Va bene, allora andiamo a farci una bella passeggiatina sul lungomare! Sai che lo stanno rifacendo? Potremmo essere fra gli ultimi a vederlo così!” perché no? In fondo, sta facendo del suo meglio per tirarmi su di morale.
“Ok, va bene! Ma solo se prometti di comprarmi il gelato!” cerco di sorridere e mostrarmi forte.
“Accordato! Oh, P.S.: fai schifo a mentire!” lo dice mentre sale in macchina per poi partire a razzo verso Riccione.
“Ah, ah, ah, ah! Molto spiritoso!” rispondo, riuscendo a ritrovare parte della mia ironia in modo quasi miracoloso. Se credessi in Dio penserei che c’e il suo zampino.
“Lo so! I’m the best!” esclama facendomi l’occhiolino e accelerando.
Se gli fanno una multa giuro che lo sfotterò in eterno! Mi dico, dopo aver sbattuto la testa (per la terza volta) contro il tettuccio.
In compenso arriviamo sul lungomare abbastanza in fretta.
Io esco dall’auto e corro verso la spiaggia, dove probabilmente farò una decina di Km in una direzione a caso e poi tornerò indietro.
Poco male, Miguel ha sempre molto da fare quando viene qui.
Corro.
Corro per sfogarmi.
Corro per dimenticare.
Corro perché non so fare altro.
Corro perché preferisco questo ad una siringa.
Davanti agli occhi continuo ad avere l’immagine di Vespucci.
Morto.
La pelle carbonizzata, i capelli bruciati …
Ma sono gli occhi a farmi venire da vomitare, li ricordo alla perfezione: spalancati, biancastri, quasi lattiginosi.
Come se si fossero sciolti per il calore improvviso e poi solidificati.
Me li ricordo, quegli occhi, quando il prof. era vivo.
Erano azzurro chiarissimo, quasi bianco, e sembravano in grado di leggerti dentro.
Il prof . Vespucci era l’unico che non abbassava lo sguardo quando lo fissavo negli occhi.
Ora quello sguardo severo, che ti spinge a dare il massimo, non avrebbe più osservato i suoi allievi, la sua amata 3° A, che aveva cresciuto fin dal primo anno.
Strizzo gli occhi, impedendo alle lacrime di solcarmi il volto.
Io sono forte, io non piango.
Una frase che mi ripeto da anni.
Una frase bugiarda.
Perché io non sono forte.
Perché se io fossi forte avrei il coraggio di piangere, di urlare, di mostrare al mondo che sono debole.
E invece sono qui, ad impedirmi di piangere per il mio prof. preferito.
Sento il mio telefono che squilla.
-Pronto?- chiedo fermandomi un istante, quel tanto che mi basta per prendere il cellulare.
-Dove sei?! Fra poco pioverà e tu sei via da più di un ora!- esclama la voce preoccupata di mio cugino.
-Sì, adesso torno, tranquillo- alzo gli occhi al cielo e riattacco mettendomi a correre con uno sbuffo nella direzione da cui sono venuta.
Circa un quarto d’ora dopo salgo in macchina, completamente sudata e bisognosa di una doccia.
Miguel arriccia il naso, ma non fa commenti.
Entriamo in casa completamente fradici, la tempesta è iniziata un paio di minuti dopo che siamo partiti e da allora è sempre peggiorata.
“Secondo te come stanno mamma e papà?” mi chiede Miguel, chiaramente in pensiero per la sorte dei genitori.
“Alla perfezione! Almeno ora avranno una scusa per passare una nottata in santa pace senza noi due!” esclamo, ritrovando in colpo solo l’allegria di sempre.
“Se lo dici tu … spero solo che ci sia luce …” borbotta lui, per niente convinto.
Io per tutta risposta gli mostro una torcia con un sorrisetto.
Miguel alza gli occhi al cielo e sorride.
Circa due ore dopo, con la pancia piena e una parvenza di buonumore andiamo a dormire(dopo che mi sono fatta una doccia), è stata una giornata davvero pesante!
Ma prima che io possa anche solo pensare di svestirmi sento uno schianto in corridoio e un urlo.
Mi paralizzo.
Apro lentamente la porta della camera e guardo fuori, la scena che si presenta ai miei occhi è la più stravagante che abbia mai visto: Miguel, intrappolato in una specie di sfera nera semitrasparente, è bloccato davanti ad un ragazzo con un mantello.
Ora, non sono mai stata un genio, ma in quel momento ci sarebbero molte cose da dire, da un “AIUTO!!!” pregando che i vicini sentissero, a un “Ehi, tu! Solo io posso picchiare mio cugino!” cercando di mascherare il terrore fino ad un incosciente “A noi due, bimbo!” sperando ardentemente che nessuno ci senta.
Anche l’idea di restare in un angolo a tremare non sembra malvagia.
In quel preciso istante, però, Gustavo decide di fare cilecca e andarsene a dormire.
Maledetto neurone del cavolo!
“Ma che accidenti state facendo? Vi rendete conto che ho appena pulito?!” chiedo, uscendo allo scoperto con le mani sui fianchi e l’espressione indignata.
“E così, tu saresti l’Elfa … molto interessante … e chi l’avrebbe mai detto che mi sarei trovato di fonte ad un ragazzina?” il ragazzo, dopo aver pronunciato quelle frasi senza senso con un tono di voce neutro, ridacchia con aria malvagia.
In quel preciso istante capisco che sono in guai seri e maledico Gustavo.
Lui fa un passo avanti.
Io uno indietro.
Continuiamo questo giochetto fin quando io non mi ritrovo con le spalle al muro, mi sembra di aver già visto questa scena, probabilmente in un film, visto che tanto in quelli dell’orrore la povera vittima (alias io) si ritrova sempre spalle al muro, prima di essere squartata dal maniaco/killer psicolabile e con problemi di alitosi (alias il tipo in nero).
“Ok, scommetto che ora mi ammazzerai con una grossa ascia spuntata fuori dal nulla, vero? Oppure userai una motosega … o un semplice coltello da cucina … tipo quelli che la zia usa per tagliare le torte! Hai mai assaggiato una torta della zia? Le fa buonissime!” sorrido, cercando di ritardare la mia morte imminente.
Beh, hai fatto una bella vita, Kety, forse un po’ breve … ma comunque bella! Commenta il lato ottimista di me.
Io non voglio morire! Ho ancora tante cose da fare in questo mondo! Non ho mai baciato un ragazzo, ne preso un diploma! Non sono mai diventata veterinaria! Non ho ancora scoperto di colore Miguel ha le mutande! Non sono stata al suo matrimonio! E non conosco la sua ragazza! Devo finire di vedere i Pokemon, andare a prendere una pizza con le mie amiche giovedì sera! Ho ottime ragioni per continuare a vivere! E poi devo anche … Frigna la mia parte un po’ meno ottimista ma più piagnucolosa.
“No, affatto, per quanto mi piacerebbe … devo portarti dal mio Re” mi smentisce il tipo, interrompendo il mio monologo interiore.
“Ah, davvero? E scommetto che una volta che sarò da lui prima verrò torturata, poi verrò torturata ancora, dopo mi tortureranno ancora e ancora, e infine mi uccideranno in modo doloroso!” ribatto acida, mentre la me frignona riprende il sopravvento.
“Beh … sì … a dire il vero sì …” commenta il tipo, o elfo o qualunque altra cosa sia.
“Grazie per l’incoraggiamento … addio Miguel …” sorrido a mio cugino, che mi guarda pietrificato, prima di seguire l’elfo verso la mia morte.
  

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Capitolo 5
*** Wivern ***


Camminiamo da ore in una foresta che non ho mai visto, non che io mi lamenti, passeggiare mi aiuta a pensare.
Ma ora di pensieri ne ho fin troppi, vorrei correre, quello sì che mi aiuta di scacciare tutti i problemi … ma purtroppo non scelgo io l’andatura, ma quell’odioso tipo!
Non so neppure il suo nome, chissà come si chiama …
Sveglia, ragazza! Quel tipo ti ha appena rapita e vuole torturarti! Smettila di pensare a queste cose e trova un modo per fuggire! La solita vocina interiore mi riscuote dai miei pensieri.
Inizio a guardarmi intorno, alla ricerca di qualcosa che mi aiuti ad orientarmi, ma a parte gli alberi non vedo nulla … ora come scappo?!
“Non ci provare, io sono un Elfo del Buio e saprò sempre dove trovarti” il tipo non si volta neppure, mentre io lo osservo stupita.
Ma che cavolo … come avrà fatto? Legge nel pensiero, per caso!?
“Sì, è esattamente come stai pensando, ragazzina, e ora smettila, mi dai fastidio!” ringhia, voltandosi a guardarmi e trafiggendomi con due occhi viola.
Istintivamente mi paralizzo, non solo perché quello sguardo mi fa una paura della miseria, anche se non l’ammetterò mai, ma anche perché i suoi occhi sono magnetici, è impossibile staccare il mio sguardo dal suo.
Ehi! Terra chiama Katherine! Ripeto: Terra chiama Katherine! Quel tipo ti ha rapita! Smettila di farti seghe mentali! Che vocina fastidiosa …
“Beh, allora muoviti! Non vedi l’ora di liberarti di me, no? Benissimo: neppure io voglio vedere quel mantello più a lungo del necessario!” lo trafiggo con quel blu elettrico che mi ritrovo negli occhi, cercando di infonderci tutto l’astio che avrebbe invece voluto uscire dalla lingua sotto forma di insulti.
L’elfo grugnisce  e si volta, riprendendo a camminare a passo svelto, sono quasi sicura che non sappia dove stiamo andando.
Dopo una ventina di minuti arriviamo in una radura molto ampia.
“So alla perfezione sia dove siamo, sia dove stiamo andando, quindi smettila di pensare certe cose” mi guarda evidentemente irritato.
“Benissimo, allora dimmi, perché ci siamo fermati? Non dirmi che volevi solo farti una gita!” volto la testa verso il cielo, come sempre quando lo faccio mi viene voglia di volare.
Immagino di librarmi in cielo con due ali di tutte le sfumature dell’azzurro sulle spalle, di sentire il vento sulla pelle …
Le mie fantasie vengono interrotte da un possente battito d’ali.
No, non quelle che ho nel sogno: qui si parla di gigantesche membrane, tese fra un artiglio e l’altro.
Alzo gli occhi verso quel mare azzurro, cercando di scoprire la fonte di quel suono.
Vedo la luce tingersi di nero e la radura acquistare un aspetto sinistro, mentre un immensa viverna nera e viola atterra davanti a noi.
Resto pietrificata, soprattutto quando l’elfo si avvicina alla creatura e l’accarezza sul muso.
Sento che stanno parlando, anche se non riesco a capire le parole so che lui sta spiegando alla viverna chi sono e che cosa ci faccio qui.
Lei mi guarda con sospetto e diffidenza attraverso due grandi occhi gialli e con la pupilla allungata, da rettile.
“Katherine, lei e Wivern, Wivern, è la prigioniera, deve restare integra fino all’arrivo al castello” fa le presentazioni guardando la creatura e non degnandomi di uno sguardo.
Io non ascolto un accidente di quello che ha appena detto, incantata a guardare Wivern.
“Fossi in te chiuderei la bocca, Wivern non ama gli estranei!” lo sento ridacchiare sotto il mantello.
“Beh, scusami se vedere una creatura come questa è il sogno di tutta la mia vita, assieme a quella di accarezzare un drago! E scusami tanto se non posso credere di essere qui, in un mondo popolato da creature fantastiche come, Elfi, Draghi, Viverne o quant’altro!” lo guardo chiaramente irritata.
“Spero che tu non abbia il tempo di abituarti, allora, perché il mio signore non sopporta le fantasticherie” la sua voce sembra quasi triste, ma comunque è una secchiata di acqua gelida per me, che alla vista di Wivern mi sono completamente scordata del perché sono qui.
“Già … a quanto pare questo tizio vuole divertirsi con me …” chiudo gli occhi e sospiro, a quanto pare da questa mattina tutto mi va storto.
Non abbatterti un pensiero che, ne sono certa, non è il mio si è appena infilato nella mia testa.
Ma cosa … sussulto a batto le palpebre guardando stupita Wivern, sono certa che questo pensiero viene da lei.
“Ti ha parlato?” mi chiede l’elfo.
“C-come lo sai?” lo fisso con gli occhi spalancati.
“Lo so. Comunque è una cosa abbastanza rara, devi essere davvero depressa!” ridacchia ancora, pur continuando a mantenere quel tono neutro e senza alcuna emozione che mi fa andare sui nervi.
“Grrr …” ringhio, cercando di frenare l’impulso di strangolarlo, anche perché probabilmente sarebbe lui ad uccidere me.
“Vedo che ti sai controllare, bene, ti sarà utile davanti al Re” commenta ironico.
Resto basita.
È la prima volta che sento un emozione nella sua voce!
“Allora li hai dei sentimenti!!” ridacchio.
È un attimo.
L’elfo scatta così velocemente che neppure lo vedo.
Mi ritrovo la sua mano sulla gola e la schiena attaccata ad un albero.
Per la prima volta ho paura, una paura folle e prepotente che mi stringe lo stomaco in una morsa dolorosa.
Il ragazzo mi guarda con freddezza, se potesse mi ucciderebbe.
“Io. Non. Provo. Emozioni” ringhia con quella voce atona e completamente insensibile, che parla di un cuore freddo e senza emozioni.
“Mi fai male!” esclamo con voce strozzata, cercando di liberarmi dalla presa del giovane.
Lui aspetta ancora qualche secondo, poi mi molla.
Scivolo a terra tossendo e premendomi una mano sul collo.
“Muoviti, non abbiamo tutto il giorno” detto questo l’elfo salta su Wivern e volta la testa verso di me.
O almeno credo, visto che ha ancora il cappuccio.
Stringo i denti e mi alzo, decisa a non dargliela vinta.
“Come salgo?” sibilo una volta arrivata sul fianco della viverna.
Lui per tutta risposta scende con un balzo e, prima che possa fare qualunque cosa, mi prende per i fianchi per poi risalire sulla creatura con un altro salto disumano.
Barcollo e rischio di cadere quando Wivern  si alza in volo, ma l’elfo mi prende per un braccio, l’idea di dovergli la vita mi irrita.
E quella di non averlo mai visto in faccia e di non sapere neppure il suo nome mi mette a disagio.
Presto però tutto si dissolve di fronte all’incredibile sensazione di volare.
Sognare di librarsi in cielo è una cosa, ma realizzarlo … è una di quelle cose che non scordi mai!!!
Inspiro a pieni polmoni quell’aria che mi sembra la più fresca e pura del mondo.
Ma rimane ancora un dubbio e sento che non avrò più il coraggio di chiederglielo.
“Come ti chiami?” domando all’elfo vestito di nero voltandomi verso di lui. 

Angolo Me:
Ciao a tutti!!!! :D
Mi dispiace di aver fatto passare tanto tempo dall'ultimo aggiornamento, ma la scuola e i compiti non mi amano!!! :D""""
Ringrazio tutti quelli che hanno letto fin qui, oira vorrei porvi delle piccola domandine, potete rispondere come no, non mi offendo:
1) Come si chiamerà il nostro bel tenebroso?
2) Butterà Kety giù da Wivern per quello che ha detto?
3) Ma soprattutto, riuscirete a scoprire che faccia ha e se è un maniaco?

Questo ed altro nella prossima puntata!!! :D
No, un momento, siamo sun EFP?! Ma perchè nessuno mi avverte mai di queste cose?! Bah ... guarda te che assistendi mi sono dovuta prenderre!!! Ma cosa mi aspettavo dagli assistendi Chris?!Oh, beh, che cosa vi devo dire?
Hola,
Kety100

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Capitolo 6
*** Lunick ***


Chissà perché, dopo lo sguardo glaciale che segue le mie parole, capisco che non è stata la domanda giusta. Chissà perché …
“Stai scherzando, vero ragazzina?” il tono di voce è pericolosamente calmo. La cosa mi irrita. Santo cielo, questo ragazzo (o elfo) non può stare venti minuti senza lanciarmi occhiate assassine!?
“Se stessi scherzando a questo punto mi metterei a ridere dicendoti qualcosa di intelligente del tipo “ma certo! E ci sei pure cascato?!” o simili. Ma di sicuro, se avessi voluto farti uno scherzo, avrei scelto un momento meno adatto! Per esempio … che so, quando stavi combattendo un duello mortale o simili!” dire che sono irritata non è abbastanza. Incavolata nera? Scordatevelo. Il semplice fatto che quel tipo mi irriti da morire non c’entra proprio nulla con il fatto che stia facendo queste domande per farlo arrabbiare. È solo per dimostrare a me stessa che è umano santo cielo!
“Sono-un-elfo-del-buio. In che lingua te lo devo dire, stramaledetta elfa?!” lo sento respirare profondamente due o tre volte sotto il mantello.
“Va bene, se non vuoi dirmelo proverò ad indovinare! Uhm … Giorgio? Giampaolo? Mario? Andrea? Simone? Federico? Jacopo? Pietro? Gustavo? Michele? Alessandro? Filippo? …” continuo per molto, molto tempo a snocciolare nomi su nomi.
Una o due volte dico perfino qualcosa come “Giuseppina” e “Mariellino di mamma”. Inutile dire che non ci imbrocco neppure per caso.
“Ma sei cretina?” la domanda arriva inaspettata.
“No, sono solo impercettibilmente sconvolta dal fatto che uno sconosciuto sia piombato in casa mia traumatizzando mio cugino e raccontando baggianate sul mio essere un elfa o simili!” troppo sarcastica? Nah, almeno ora sono certa che abbia capito bene quello che ha fatto.
“Vuoi anche che ti chieda scusa?” la domanda mi coglie impreparate.
“Sarebbe carino da parte tua!” acida, acida all’ennesima potenza. Per un secondo mi sento quasi in colpa ma … ehi! Non sono io che ho rovinato la vita a lui, anzi per la precisione è avvenuto l’esatto contrario.
“Meglio tu che io” spalanco gli occhi. Piccolo …
“…” stringo le labbra. Vorrei evitare di essere scaraventata giù di peso da Wivern, grazie.
Ci ignoriamo per altri cinque minuti circa, poi io torno all’assalto. Se devo viaggiare con  questo tizio, preferisco di gran lunga farmelo amico che averlo come nemico.
“Allora almeno mi fai vedere il tuo viso? Insomma, tanto per sapere se sei un maniaco o meno!” ok, questa frase non ha senso, voglio dire: come puoi capire dalla faccia se uno è un pazzo maniaco oppure no? bella, bellissima domanda. Ma io, nella mia immensa intelligenza, ho sparato la prima cavolata che mi è venuta in mente. Come al solito del resto.
“Tsk” oh, certo, anche per me è un piacere parlarti! Spero che i miei pensieri arrivino dritti dritti in quel tuo piccolo cervellino con i superpoteri!
Quel tipo ha il potere di farmi diventare più isterica di quanto già non sia, il che è tutto dire.
“Smettila! Ora!” sibila, portandosi una mano alla testa. Sono certa di sentire un grugnito di dolore provenire da sotto il mantello.
“No, finché tu non mi dici come ti chiami!” anche perché il tuo volto ho come l’impressione di conoscerlo.
“No” e allora soffri in silenzio, piccolo egocentrico! Inizierò col narrarti la mia vita fin dalle origini …
Ok, è ufficiale: mi sono appena diplomata a pieni voti in “tortura l’elfo che legge i pensieri”! quanto mi diverto.
Mi siedo comoda sull’ampia schiena di Wivern, che sono certa di sentir ridacchiare, e continuo a raccontare la mia vita nel dettaglio descrivendo anche quello che ho mangiato tutti i giorni.
Povero, in effetti mi fa un po’ pena, però … ehi! Voglio sapere come accidenti si chiama!
Sei perfida
Sussulto, sentendo la voce di Wivern rimbombarmi nel cervello.
Ehm … solo un pochino …
Mi sento leggermente imbarazzata. Dopotutto, sto tormentando il suo cavaliere.
Ti servirà nel posto in cui stai andando, e non essere troppo severa con lui, è solo un ragazzo che cerca l’approvazione del padre.
Incredibile, la viverna è riuscita a mettermi a tacere con una frase. Ora mi sento davvero un verme …
“Scusa, non avrei dovuto, è che mi sembra tutto così … assurdo, ecco. Comunque io sono Katherine, Kety per gli amici” non gli chiedo neanche come si chiama, tanto non mi ascolterebbe.
“Lunick … Principe degli Elfi del Buio e Sicario di Re Neboulus” mi volto di scatto. Lui non sta guardando me, ma il panorama attorno a noi. Ha aggiunto la carica nobiliare e il suo ruolo per mettere le distanze fra noi oppure per farmi capire chi è sul serio? L’unica cosa chiara, è che ho come l’impressione che, se dicessi in giro quello che mi ha appena detto, le conseguenze non ricadrebbero solo su di me. 


Angolo Me:
Salve! :D Finalmente, dopo mesi, il ghiaccio che imprigionava Gustavo si è sciolto (colpa del caldo) e lui he deciso di rimettersi in moto. Facendomi peraltro scrivere quest'immensa cavolata non degna di essere chiamata "capitolo".
E così, il nome dell'elfo è Lunick ... sì, come il pokemon ranger che amo tanto (per delucidazioni vedere "Gli Otto Prescelti"), problemi?! èé
Ringrazio tutti quelli che mi hanno recensita, ovvero: Amy_ , Lorelai97, Itsgiulss e ultima ma non per importanza LailaOsquin.
Hola,
Kety100

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