I labirinti del cuore

di etienne86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Il ritorno di Fersen ***
Capitolo 2: *** 2-Un uomo nuovo ***
Capitolo 3: *** 3- Cuore di donna ***
Capitolo 4: *** 5- Il vincitore ***
Capitolo 5: *** 4- La camelia bianca ***
Capitolo 6: *** 6- Il risveglio ***
Capitolo 7: *** 7- Figlio del popolo ***
Capitolo 8: *** 8- Memorie ***
Capitolo 9: *** 9- Il fidanzamento ***
Capitolo 10: *** 10- Notte fonda ***
Capitolo 11: *** 1- L'ultima sfida ***
Capitolo 12: *** 12- Una nuova vita ***
Capitolo 13: *** 13- Un affare di stato ***
Capitolo 14: *** 14- Ricordi di famiglia ***
Capitolo 15: *** 15- Il bacio che conosco ***
Capitolo 16: *** 16- I figli del diavolo ***
Capitolo 17: *** 17- La beffa ***
Capitolo 18: *** 18- Il mio Andrè ***
Capitolo 19: *** 19- Pezzi di vetro ***
Capitolo 20: *** 20- Caccia al ladro ***
Capitolo 21: *** 21- Buio ***
Capitolo 22: *** 22- Il ritorno di Oscar ***
Capitolo 23: *** 23- Solo una donna ***
Capitolo 24: *** 24-L'amore sbagliato ***
Capitolo 25: *** 25- Confessione ***
Capitolo 26: *** 26- Oltre il limite ***
Capitolo 27: *** 27- Una sola parola ***
Capitolo 28: *** 28- La mia vita, il mio destino ***
Capitolo 29: *** 29- Il mio posto nel mondo ***
Capitolo 30: *** 30- Primavera ***



Capitolo 1
*** 1- Il ritorno di Fersen ***


1- Il ritorno di Fersen 1-Il ritorno di Fersen

Sapevo sarebbe successo.
Come un animale fiuta il pericolo, anch'io sentivo che il tuo ritorno era nell'aria.
In quella maledetta aria di fine estate.
Allo stesso modo, guidato dallo stesso istinto, sapevo che lei non ti aveva dimenticato.
Aveva trascorso gli ultimi sette anni in una sorta di quiete prima della tempesta.  
Tranquilla e pacata, più del solito, nello svolgimento dei suoi compiti.
Metodica e ripetitiva  nella sua vita scandita da parate militari  e da giornate sempre uguali, alla reggia di Versailles, lontano ormai anche dalla regina, ritirata in una condizione assurda ed irreale, coi figli, al Petit Trianon.
La guardavo e sapevo di avere davanti una vita in attesa, una crisalide che lentamente, nel suo involucro, cresceva e diventava farfalla.
Eppure tutto questo non mi ha impedito di restare ferito a morte da quel colpo di fucile.
E quella mela, finita in mille pezzi, sembrava la metafora del mio cuore.
Quando ti ha riconosciuto, con la tua risata spavalda, dell'uomo che sa come conquistare gli altri,  e ti è corsa incontro, inciampando nel suo cuore improvvisamente impazzito, io mi sono sentito morire.
E sono davvero morto ai suoi occhi.
Da quel momento non ci sei stato che tu, Hans Axel  di Fersen!
Pende dalle tue labbra, mentre davanti  ad un bicchiere di cognac, racconti della guerra e del Nuovo Mondo.
I capelli lunghi e l'aria vissuta, così lontani dal volto incipriato del nobile più chiaccherato di Versailles, ti conferiscono ulteriore fascino.
Oscar ti ascolta, rapita, cercando di stemperare le proprie emozioni.
E la capisco, sono diventato un maestro nell'arte di dissimulare l'amore.
Ti invita a restare. Dopo un breve momento di indecisione, accetti.
C'è uno strano gioco di sguardi tra voi, stasera.
Io sono tagliato fuori.
E  mi dissolvo come una piccola stella della notte, quando al mattino risplende la luce del sole.

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Capitolo 2
*** 2-Un uomo nuovo ***


2- Un uomo nuovo Ho pubblicato due capitoli insieme, essendo brevi. Nel caso apriste subito questo...

2- Un uomo nuovo


Il cinguettio degli uccelli mi sveglia dolcemente.
Apro gli occhi  e seguo i delicati tratti dell'affresco sopra di me, nella camera degli ospiti di Palazzo Jarjayes.
Sto bene qui.
Sono lontano dagli sguardi curiosi dei nobili di corte, che, nonostante siano passati sette anni, non hanno dimenticato il mio nome. Qui posso tenere i miei capelli lunghi e ribelli, non devo truccarmi, mi vesto semplicemente, una camicia senza fronzoli, comodi calzoni e stivali, senza nessuna etichetta.
Non mi si chiede di fare niente. Non ci si aspetta nulla da me.
La vita qui è essenza, e la trascorro con due persone essenziali: Oscar ed Andrè.
Lui è la mia compagnia principale durante il giorno.
Mi distrae con continue sfide, a cavallo o con la spada,  e mi sembra di essere tornato  ragazzo, quando gareggiavo su tutto con i miei compagni di accademia.
Oscar è la mia compagnia  della sera.
Quando rientra da Versailles e si toglie la divisa, cena insieme a me e concludiamo la serata rilassati, davanti al camino acceso.
Oscar è di poche parole, eppure riesce a riempire il tempo con la sua particolare presenza più di chiunque altro. Ti parla con gli occhi, col suo sorriso appena accennato,  e ti capisce coi suoi silenzi, con piccoli, preziosi gesti.
Adesso che la frequento al di fuori del suo ruolo di comandante, mi rendo perfettamente conto che è una donna.
Ma la sua femminilità è impalpabile, indefinibile, perchè nessuna donna ha studiato, imparato e sperimentato quello che ha fatto lei.
Una qualsiasi  altra nobildonna della sua età , adesso, sarebbe sposata da almeno dieci anni,  dovrebbe occuparsi della casa, dei figli, della carriera del marito.
Invece Oscar vive  da sempre la stessa vita, scandita dagli stessi obblighi, guidata dai medesimi affetti:  il dovere per il suo casato e la Corona, l'affetto dei genitori,  della sua balia  e del suo unico vero amico, Andrè.
E' una persona sempre fedele ai suoi valori, non ha dovuto svenderli  per adeguarsi a quelli di qualcunaltro.
Mi dà serenità la sua presenza, non mi costringe a fingere e a nascondere niente di me.
Vorrei fermare le lancette del tempo per poter dilatare la mia permanenza qui.
Ma già oggi ho ricevuto l'invito da una nota famiglia aristocratica, vicina al mio parentado. Organizza un ballo in onore del fidanzamento della propria figlia, e non posso rifiutare.
Eppure  mi sento mancare l'aria al solo pensiero di andarci, da solo.  
Confido le mie perplessità ai miei amici, dopo cena.
"Non dovreste recarvi da solo, secondo me. Se avrete compagnia non sarete costretto a far conversazione con gli altri ospiti. Ancora meglio se foste accompagnato da una dama.  Nessuno oserebbe fare domande  sui vostri attuali interessi..." ha osato dirmi Andrè.
Adesso sto tornando da un allenamento con la pistola, insieme ad Oscar.
Camminiamo fianco a fianco, tenendo i rispettivi cavalli per le redini.
Andrè è dietro di noi, a debita distanza.
Continuo a pensare all'idea del ballo, di andarci in compagnia di Oscar.
"Madamigella Oscar..."
"Si?"
"Come sapete ho ricevuto l'invito per il ballo in onore della contessina De Lamballe e non parteciparvi significherebbe recare offesa  ad una famiglia molto cara alla mia"
Mi guarda, in attesa.
"Volevo chidervi se sareste disposta ad accompagnarmi..."
"Certamente!" Mi interrompe, sorridendo.
Mi fermo. Lascio che Andrè ci superi e ci distanzi di una decina di metri. La fisso negli occhi e le prendo le mani. Il suo sguardo è turbato, confuso. Le parlo a bassa voce, senza staccare gli occhi dai suoi.
"Vorrei che veniste come...come la mia dama, Oscar"
Ecco, l'ho detto. Temo di averla offesa, di averla messa in imbarazzo, ma non abbasso lo sguardo.
E nemmeno lei.
"Io sono un soldato, Fersen"
"Anche io, Oscar. Ma questo non significa  che non possa togliermi l'uniforme, indossare un abito elegante e prendere parte ad un ricevimento"
Sembra spiazzata, a corto di parole.
Mi sento in dovere  di dirle che non voglio nascondermi dietro le gonne del suo vestito, non dovrà essere il paravento per gli sguardi indiscreti dei nobili presenti.
Gradirei  davvero stare con lei, ma al di fuori  dei nostri ruoli militari, e anche delle mura protettive del suo palazzo.
Abbassa lo sguardo e  sento di provare una certa ansia, mentre attendo la sua risposta.
Il mio cuore accelera improvvisamente. Mi accorgo che lo desidero realmente, forse più di quanto mi sia reso conto quando l'idea ha preso forma nella mia mente .
Il cielo dei suoi occhi (1) è tornato a risplendere e le sue guance avvampano, mentre mi dice di si.

(1) Dedicato a Serelalla, che ama questo genere di descrizioni...

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Capitolo 3
*** 3- Cuore di donna ***


3- Cuore di donna 3- Cuore di donna

Non dimenticherò mai come mi sono sentita, quando ti ho rivisto.
Ho capito che eri quello che stavo aspettando, in questa mia vita così calma e ripetitiva.
In questi anni, che passavano senza la percezione che nulla stesse cambiando, sentivo sotto la pelle l'insoddisfazione dell'attesa di qualcosa di grande.
Non ho mai voluto trovare un nome per questo desiderio.
Ma adesso è davanti ai miei occhi ed essi lo hanno riconosciuto.
Il mio cuore, muto da troppo tempo, ha finalmente gridato, colmo di gioia.
Hans, era il tuo ritorno che aspettavo! Era il tuo rientro nella mia vita, per darle finalmente un senso!
Perchè ogni volta che ti guardo, sento una voce che mi parla e senza appello dichiara che sei l'unico uomo che io possa amare, l'unico capace di far tremare il mio cuore.
E non riesco a impedirmi di gioire al pensiero che, reduce da una guerra così lontana, tu sia tornato in Francia, da me! Conosci tante famiglie illustri qui a Parigi, ma sei ventuo proprio a Palazzo Jarjayes.
Lo senti anche tu questo legame, sai che ci unisce qualcosa di speciale.
E mi sembra così naturale averti qui, ora che hai accettato la mia ospitalità.
Adesso ha uno scopo  tornare a casa dopo una giornata trascorsa a Versailles,  e magari anticipare il rientro, per godere delle ultime ore di luce.
Mi sto abituando a cenare con te, in un clima libero da formalismi, come fossimo una famiglia.
Mi piace ascoltare i tuoi racconti, sorrido dell'entusiasmo  con cui ci narri gli episodi della guerra che hai combattuto o i luoghi straordinari che hai visitato.
Ma soprattutto sono felice  di non  leggere nelle tue parole alcun legame col passato, con la tua vita precedente, da aristocratico nullafacente, votato ad una relazione impossibile e nefasta.
Non nomini neanche una volta la regina, non mi parli di recarti a corte.
So che sei informato, come tutti, della nascita dell'erede al trono di Francia, e della vita ritirata che ora conduce Maria Antonietta al Trianon. Ma voglio credere che davvero non ti interessi più quello che succede a Versailles, che ormai il tuo futuro sia proiettato altrove.
E in questo uomo nuovo, scopro  qualcosa di diverso anche nei miei confronti.
Apprezzi la mia compagnia, come è sempre stato, ma intuisco che qualcosa è cambiato.
Hai un tono più confidenziale con me, ti piace passeggiare insieme e parlare, mentre riservi i duelli e le corse a cavallo ad Andrè. Indugi con lo sguardo sulla mia persona, mi sorridi quando parlo e...mi cedi il passo quando attraversiamo una porta!
Ho quasi paura a dirlo a voce alta, ma...mi tratti come una donna! E non l'avevi mai fatto prima.
Nessuno l'ha mai fatto, non l'avrei permesso. Ma con te... mi viene quasi naturale, e un po' mi spaventa.

Stasera ho avuto la conferma di non essermi ingannata.
Mi hai chiesto di essere la tua dama, ad un ballo.
Ho pensato che non ci sarei riuscita, che non ne sarei stata capace, che mi avresti trovato ridicola. Poi mi hai posto l'unica questione che davvero conta

"Se lo desiderate..."
Ed anche la più piccola particella del mio corpo mi ha urlato "Si"   

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Capitolo 4
*** 5- Il vincitore ***


5- La rinascita Capitolo molto  breve, a cui farà seguito il pensiero di Oscar. Lo so che lo odiate, ma ogni personaggio parla per sè e racconta  ogni momento dal suo punto di vista, anche Fersen. 

5- Il vincitore

Mi sento un uomo nuovo, stasera.
Tutti gli sguardi degli ospiti erano per noi.
Per il Conte Hans Axel von Fersen, tornato dalle americhe dopo sette anni, e per la sua misteriosa accompagnatrice, dalla bellezza abbagliante.  E noi
abbiamo vissuto questa serata come due divinità dell'Olimpo, in mezzo a tutti gli invitati, eppure lontani da loro, isolati in un'altra, eterea dimensione.
Ho danzato con Oscar, solo con lei, mentre mille occhi ci seguivano con invidia.
Mi sono sentito forte, ammirato, invincibile.
Non sono più l'oggetto di malevoli commenti, lo spregiudicato libertino da tenere a distanza.
Sono un aristocratico che ha viaggiato per il mondo, che ha combattuto una lunga guerra, che torna vincitore sui nemici, vincitore nello spirito.
So che devo ad Oscar queste meravigliose sensazioni.
Non ho mai trovato unite in una sola donna tanta forza e tanta bellezza. Si muove leggiadra, eseguendo perfettamente i passi di danza, e non diresti mai che ha passato gli ultimi dieci anni nascosta dietro ad una divisa da ufficiale, partecipando ai balli solo come un colonnello in servizio, immobile e lontano dagli ospiti, quasi costretta a presenziarvi.
Colgo la sua naturale timidezza, l'iniziale imbarazzo ad esporsi alle critiche e ai commenti  dei nobili presenti, ma dopo aver incatenato i suoi occhi ai miei la paura sembra passata.
Terminato l'ultimo ballo, le porgo il braccio per condurla fuori, nei giardini.  
Ci avviciniamo ad una splendida fontana, illuminata da una miriade di candele galleggianti.

Le stringo la mano e la avvicino alle mie labbra.
"Grazie per questa meravigliosa serata, Oscar. Avete riportato alla luce  lo spirito di un giovane uomo  piegato dalle disillusioni e dalle amarezze. Avete fatto riemergere in me il desiderio di godere della vita, delle bellezze che essa ci offre e che avevo dimenticato.."
La guardo, non sa cosa rispondere.
"No, non parlate..." Sfioro con le dita quelle labbra appena schiuse, rosse ed innocenti.
Sono così vicino che sento il suo respiro sul mio viso. Ha abbassato lo sguardo, ma non mi allontana.
"Se solo sapeste cosa provo quando sono con voi, Oscar..."
A queste parole mi fissa, stupefatta.
Le mie dita sono ancora appoggiate delicatamente sul suo mento e la sua bocca cattura i miei occhi e sembra  chiamarmi, in modo irresistibile. Quasi impercettibilmente  avvicino le nostre labbra, ma un attimo prima che si uniscano,  veniamo interrotti dalle grida  stridule delle dame all'interno del palazzo.
"Al ladro, al ladro!"
Una vetrata si infrange sotto il peso di un corpo avvolto in un mantello nero. Rotola per un paio di metri, poi si alza, scuote le schegge di vetro e si allontana di corsa.
Il giardino è subito invaso dai numerosi ospiti, che si parlano in modo concitato, studiandosi a vicenda per capire l'entità dei rispettivi danni, senza in realtà concretizzare nessuna reazione efficace alla rapina messa in atto questa sera.
Mi distraggo un attimo e Oscar è già troppo lontana, volgendomi le spalle mi chiede di riportarla a casa. 

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Capitolo 5
*** 4- La camelia bianca ***


4-la camelia bianca 4- La camelia bianca

Sono qui, nascosto nell'oscurità, come un ladro.
Sento il fruscio del vento che attraversa gli alberi accanto a me; nell'aria vedo solo gli sbuffi di alito caldo del mio cavallo. Io non respiro nemmeno.
Mi sembra di non esserne più capace e sto vivendo le ultime ore come in apnea.
E' la grande sera. La vostra sera.
Mia nonna ha trascorso ore rinchiusa nella tua stanza, al colmo dell'eccitazione, dando il massimo perchè tu fossi stupenda per il ballo dalla Contessa Lamballe.
Io ho dovuto preparare la vasca per il bagno del conte, ho dovuto aiutarlo mentre si agghindava per uscire con te. Continuava ad ammirare la propria immagine riflessa nello specchio, non mi ha degnato di uno sguardo.
Sa cosa provo per te, ma è convinto che sia irrilevante.
La mia è considerata al pari dell'affezione di un animale per il proprio padrone, niente di più.  
Niente di simile all'amore di un uomo per una donna.
Quando sei stata pronta per uscire, Fersen ti aspettava già nel salone, davanti al camino acceso.  
Ho sentito mia nonna chiamarmi a gran voce perchè venissi ad ammirare la tua bellezza, ma non ce l'ho fatta.
Ti ho spiato in lontananza, con le maniche rimboccate, tracce di sudore sulla pelle,  per tutto il lavoro dei preparativi di questo pomeriggio.
Volevo vederti senza che tu vedessi me, nella mia palese condizione  di servo.
Fersen ti ha raggiunto alla rampa della scalinata, ha alzato il suo sguardo su di te, e i suoi occhi hanno brillato di una luce nuova, pieni di estasi.
Ti si è avvicinato, ti ha detto qualcosa tipo che eri più bella del sole nascente, e ti ha legato al polso un piccolo presente per la vostra serata: un nastro di velluto blu, con  una camelia bianca.
Poi ho sentito arrivare la carrozza da Parigi, quella che vi porterà al ballo, senza che lo stemma dei Jarjayes tradisca la tua identità, senza che la mia presenza  riveli chi si cela dietro quel leggiadro vestito d'angelo.
E non ho voluto più sentire altro.
Ma cosa ti aspettavi, Grandier?  
Non sei stato tu ad incoraggiare il conte a fermarsi a palazzo?
Non hai fatto il possibile perchè si trovasse a suo agio, ospite di Oscar?
Credevi che la sua bellezza gli sarebbe rimasta indifferente?
Ad uno come lui,  a cui forse piace maggiormente affascinare e sedurre che essere sedotto?
Ad uno che cerca sempre l'amore, incessantemente, negli occhi di tutte le donne che incontra, dopo aver rinunciato all'unica che vorrebbe e non può avere?
La verità è che soffro, senza scopo, senza requie, da anni ormai.
E se la mia sofferenza fosse il prezzo per la tua felicità, avrebbe una ragione, almeno per me. Di certo, avrebbe più senso che convincermi di non poter avere aspirazioni su di te solo perchè non sono di sangue blu.
Mi torturo, mentre le note di un minuetto  in lontananza  accompagnano le immagini create dalla mia mente ...la scena di  voi due che ballate, delle sue mani che si intrecciano alle tue, dei suoi occhi che ti accarezzano.
Di te che hai vinto la tua ritrosia a mostrarti donna, apertamente, dopo tanti anni, solo per lui.
Adesso la musica è cessata, non rimane che il silenzio.
Non so che ore siano, il tempo si è fermato da quando sono qui.
Devo tornare a palazzo.
Domani per voi due sarà una giornata di ozio, per riprendervi dalle fatiche del ballo, ma per me sarà un  giorno qualsiasi, con le solite incombenze, con le mansioni che mi spettano.
Giro il cavallo. Basterà guidarlo fino alla strada, poi  seguirà da solo  la via del ritorno, potrò  estraniarmi dal mondo, ancora per un po'.
Ma un fruscio di rami richiama la mia attenzione. C'è qualcuno, oltre a me, nel bosco.
Dai cespugli esce furtivamente una figura, snella, vestita di nero.
Si muove agilmente, come se la notte fosse il suo elemento. Stringe nelle mani una piccola borsa.
E' a pochi metri da me, ma non mi ha visto.
Emette un fischio acuto, infilando due dita in bocca, e dopo una manciata di secondi il silenzio è rotto dal suono degli zoccoli del suo destriero, nascosto chissà dove.
Solo allora si volta e mi vede. Resta immobile, mi fissa.
Il viso nascosto da una maschera nera.
Ci scrutiamo e, probabilmente, ci poniamo le stesse domande l'uno sull'altro.
Allunga lentamente la mano verso l'impugnatura della sua spada. Ma io sono disarmato, inoffensivo.
Mi sorride ironicamente e si inchina in modo elegante, aprendo il mantello che gli copre le spalle.
Senza una parola, salta rapidamente in sella al suo cavallo e si gira a guardarmi un'ultima volta.
Sento il secco rumore degli speroni sulla pelle dell'animale e in un attimo si dilegua nella notte.

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Capitolo 6
*** 6- Il risveglio ***


7-Il risveglio del colonnello Mi scuso con Mina72, Elisa85 e Jelore che avevano già recensito questo capitolo. L'ho cancellato per problemi di formato

6- Il risveglio 

La luce dell'alba filtra delicatamente dalla finestra.
Nessuno verrà a svegliarmi, oggi, prima che il sole sia alto. Non andrò a Versailles.
Un piccolo privilegio che mi sono presa dopo questa serata danzante.
I miei occhi si posano sull'abito che ho indossato fino a poche ore fa, abbandonato su una sedia, accanto al bustino e alle scarpette di raso.
Non avrei mai creduto di poterlo pensare, un giorno, ma...è stato bello.
Non mi sono soffermata a riflettere sull'impressione che avrei dato agli altri ospiti, ho visto solo Hans, per tutta la sera. Ha condotto le danze in modo magnifico, sicuro, e per la prima volta  mi sono rilassata, sapendo che dovevo solo seguire il mio cavaliere, e la musica. Non avevo responsabilità, non c'era nessuno a dipendere da me per la propria incolumità, non c'era tensione.
E i suoi occhi mi hanno finalmente guardata, come una donna.
Non mi sto ingannando, vi ho letto stupore, ammirazione, delizia. Non si sono staccati da me nemmeno un istante, neanche quando i passi di danza ci separavano, quando qualche altro ospite si frapponeva tra noi.
I nostri sguardi erano come due calamite, separati ma attratti da una forza invisibile.
Non mi sono mai sentita così.
Ho avvertito di possedere un potere diverso da quello che conosco da sempre, derivato dai miei gradi militari, dalle mie capacità, dal mio titolo nobiliare. E' il potere della mia femminilità, espressa nella sua pienezza.
E' stato inebriante.
Ma l'incantesimo  si è spezzato.
Quando in giardino   siamo stati interrotti dalla fuga del Cavaliere Nero, ladro che riserva le sua malefatte esclusivamente alle dimore dei nobili e, si dice, doni ai poveri di Parigi il maltolto, inconsciamente ho cercato con la mano destra  l'impugnatura della spada. E se non mi avessero bloccato le stecche del panier (1) , mi sarei gettata al suo inseguimento.
Mi sono controllata in tempo, Hans non si è accorto di nulla. Ma io mi sono spaventata per il risveglio del mio spirito battagliero.
L'uomo che è cresciuto in me in tutti questi anni, educato ed allenato all'azione ed all'intraprendenza, ha messo ancora da parte la mia natura di donna.
Mi rendo conto che sono due aspetti inconciliabili nella mia vita. Che, come in un gioco beffardo, mi ritrovo ancora al punto di partenza. Come  quattordici anni fa,  sono di fronte ad una decisione  da cui dipende il resto della mia esistenza.
Sul manichino accanto al letto spicca il rosso amaranto della mia uniforme. La guardo con distacco.
Ho creduto di amare quella realtà, fatta di parate, addestramenti, presenze silenziose e costanti nelle giornate dei sovrani, senza avere quasi una vita che fosse mia. Non so se voglio continuare così, forse sono già cambiate troppe cose perchè sia possibile.
Lentamente mi alzo e mi vesto, avvicinandomi alla finestra. 
Fersen si è già alzato. Seduto sul bordo della fontana, osserva in cielo uno stormo di uccelli, lontani.
Avverto nuovamente il desiderio di raggiungerlo.
So che cosa mi interessa scoprire. Dopo che il suo sguardo mi ha accarezzato, dopo aver vissuto dei momenti con me, con la donna che si cela sotto la divisa di colonnello, voglio sapere se ho vinto il confronto con la signora del suo cuore. Devo sapere cosa prova per la regina Maria Antonietta!
Sono i miei passi a portarmi da lui.
Si volta e mi saluta con un sorriso velato di amarezza.
"Che mortificazione vedervi in abiti maschili, dopo aver ammirato la vostra figura così femminile!"
Sono parole che mi gelano il sangue, vorrei correre di sopra  e strapparmi quello che indosso come se fossero la cosa più immonda che esista. Ma sorrido pacatamente, senza  replicare.
"Persino il vostro nome,"Oscar",   mi sembra stridere con la vostra persona, oggi.
Evoca l'immagine di divinità guerriere,  di paesi lontani..." Scuote la testa e torna a guardarmi.
"Se me lo consentite, vorrei chiamarvi solo Francoise da questo momento"
Spalanco gli occhi, riesco solo a balbettare timidamente un assenso.
Volge nuovamente lo sguardo al cielo.
"Ho deciso di tornare in Svezia, madamigella Francoise.  
Non dimenticherò mai questo meraviglioso paese, ma la mia casa è là...La mia famiglia attende da anni che torni ad occupare il posto che mi spetta."
Sono spiazzata da questa rivelazione.
"Non intendete recarvi a corte e salutare Sua Maestà?"
Ecco la fatidica domanda, l'ho fatta. Chissà se Fersen si è accorto del leggero tremito della mia voce.
"No, madamigella. La Regina farà sempre parte del mio passato, ma ormai appartiene solo ad esso.
Sono fuggito da lei, lanciandomi in una guerra lontana, quasi augurandomi che una pallottola nemica mi concedesse una morte onorevole, dove non vedevo la possibilità di una vita che lo fosse altrettanto.
Ma non sono morto.
Ho visto perire tanti ragazzi, molti amici, nel pieno della giovinezza, e  non intendo gettare al vento il dono  incommensurabile che Dio ha voluto concedermi.
Credo che sia l'unica cosa che davvero ho imparato nella mia avventura in America: la vita è un bene prezioso, deve essere spesa pienamente, con coraggio, senza compiangersi.
Ognuno di noi ha il suo posto nel mondo. Quello di Maria Antonietta è di essere la Regina di Francia.
E' un ruolo gravoso, impegnativo, che la obbliga certamente a numerose rinunce, ad annullare determinati sentimenti.
Luigi XVI è l'uomo che il destino ha messo al suo fianco, non io.
Se davvero voglio giungere alla fine dei miei giorni senza rimpianti, devo impegnarmi a trovare il mio scopo  in questo mondo. E non credo sia alla reggia di Versailles, nella parte di uno scomodo amante da tenere nell'ombra.
Ritengo di meritarmi di meglio..."
L'ho ascoltato senza dire una parola. Tremo di fronte ai suoi propositi di andarsene e fare ritorno in Svezia.
Ma ora mi fissa in silenzio  e mi sorride.  
Continuando  a guardarmi, si avvicina e mi sfiora i capelli con la mano.
"Come vorrei, Francoise, che anche voi foste alla ricerca del vostro posto nel mondo, e vi accorgeste che non è dentro quell'uniforme..."
Non so cosa mi succede, mi sembra di essere tornata bambina, gli occhi mi si riempiono di lacrime.
Non riesco a capire cosa mi stia commuovendo: la sincera confessione del conte, il modo nuovo con cui si rivolge a me, i ricordi di una lotta interiore iniziata durante la mia infanzia, e mai cessata, che le sue parole fanno affiorare...
"Sapete cosa mi piacerebbe fare oggi?"
Scuoto la testa, tenendo a freno le lacrime.
"Vorrei pranzare con voi. Raggiungere qualche angolo incantevole della vostra tenuta e fare colazione all'aperto, seduti in un prato. Vorrei che mi accompagnasse la deliziosa fanciulla che ha danzato con me la scorsa notte..."

(1) Sottogonna formata da stecche di balena che dava ampiezza alla gonna, fino a 2 metri

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Capitolo 7
*** 7- Figlio del popolo ***


7- Il figlio del popolo Ci tengo a precisare che questo capitolo è estremamente simile ad un passaggio dell'attuale fic di Mina72. Tuttavia, essendo già compreso nella storia, ho preferito non cambiarlo, nella sostanza sarebbe rimasto sempre lo stesso.

7- Figlio del popolo

Annuisco stancamente alle parole di mia nonna, accentuando il movimento del mio corpo, dondolato dal calesse  lungo la strada sterrata.  La sto accompagnando alla colazione all'aperto  che Oscar e Fersen hanno organizzato per oggi.
Dietro di noi, la cesta con tutto l'occorrente.  La nonna deve assolutamente essere presente: Oscar non può restare così a lungo sola, in compagnia di un uomo, senza una figura che vigili sulla sua integrità.
Mi fa quasi ridere  se penso a tutto il tempo trascorso noi due soli, senza che questo fose considerato scandaloso o riprovevole.
Quasi che lei non fosse una donna, sotto l'uniforme. Come se io non fossi un uomo, oltre che il suo attendente.
Ma tra noi c'è sempre stato l'invalicabile muro della diversa estrazione sociale, mentre il Conte di Fersen...

Ci ha superati pochi minuti fa, sfrecciando nel verde in sella al suo purosangue, affiancato da Oscar, che per questa occasione sfoggia un elegante abito da amazzone, sottratto al guardaroba di sua madre.
Nanny si sta adoperando instancabilmente per confezionare in breve tempo tutta una serie di abiti femminili che Oscar possa utilizzare nelle più svariate occasioni.
Mi è sembrato che lei si sia voltata verso di me, solo un istante, quando ci ha oltrepassato a cavallo.
Ma non ne sono sicuro. Ho riposto tutta la mia attenzione alla guida del calesse e ho stretto le redini fino a farmi male.  
Mi tormenta vederla così, improvvisamente trasformata in una gentildonna, corteggiata da un aitante cavaliere venuto dai ghiacci!
Le sagge parole di mia nonna sono il sottofondo di questa gita infernale.
"Vedi, Andrè, anche se sei cresciuto con lei, se hai studiato quasi quanto lei, se hai frequentato il suo ambiente,  tu resti comunque un figlio del popolo, uno che non possiede altro che il frutto del lavoro delle proprie mani!
Io ti ho avvisato  di non entrare troppo in confidenza con madamigella  e con un mondo che non ti appartiene. Sei il suo attendente e a questo avresti dovuto limitarti.  Ho sempre avuto dispiacere  nel vederti insieme a lei anche per desinare, o per trascorrere il tempo libero. Non hai mai frequentato il resto della servitù, nemmeno da ragazzo, ed è per questo che, nonostante tu sia un uomo piacente, sei ancora senza  moglie!"  
Affermazione alla quale fa seguito  una  poderosa gomitata nel fianco.
So che ha ragione, anche se avverto un'ingiustizia profonda alla base di questi ragionamenti.
Tuttavia è vero che non mi sono mai mescolato agli altri membri della servitù di casa Jarjayes, in ogni occasione mi sono  escluso da tutti i momenti di condivisione e di svago di quelli come me.
Quando accompagnavo Oscar da qualche parte, a cavallo o in carrozza,  non restavo mai ad attenderla  nelle scuderie o nelle cucine, come gli altri servitori.  La seguivo, come un'ombra, discreto e silenzioso.
Perchè mi faceva piacere stare con lei. Perchè lei aveva sempre voluto così. Finora.
Mia nonna continua la sua predica, ma io, distratto, mi guardo attorno.
Non c'è piano erboso o macchia di alberi che non mi riporti alla mente la mia vita con Oscar, qualche sfida, qualche lite, qualche momento di complicità, solo nostro.  
Mi ridesto solo quando la sento stringermi il braccio e parlarmi in modo accorato.
"Ho sempre saputo che alla fine ti  saresti innamorato di lei!"
"Innamorato! Che parola grossa!" Cerco invano di mentirle sui miei sentimenti più segreti.
"Si, innamorato! Non si può non amarla standole accanto, per quanto è bella ed incantevole! Sembra circondata da un'aureola, come un angelo! Ma sai cosa significa questo, vero, ora che il conte passa così tanto tempo con lei?" Abbasso gli occhi e mi mordo il labbro. Le sue velate supposizioni  cominciano a ferirmi senza pietà.
"Sai come andrà a finire questa vicenda, se solo il Generale tornerà sui suoi passi?"
Non rispondo, ma nel mio silenzio e nel mio viso, che ostinatamente le nascondo, ci sono tutte le risposte che già conosce.
Solo per un attimo, mi trovo a sperare che le attuali frequentazioni di Oscar e il suo nuovo stile di vita tra le mura domestiche giungano alle orecchie del Generale, in questi giorni lontano da casa.
Poi  mi pento immediatamente del pensiero egoista di un padre che neghi la felicità alla figlia per obbligarla ad una vita senza amore.

                                                                                    *     *     *

Nelle orecchie solo il rumore  del boccale quasi  vuoto, che spingo da una mano all'altra sul legno ruvido del tavolo.
A pochi metri da me una piccola folla  circonda  alcune coppie di uomini e donne che ballano, al suono di una fisarmonica,  battendo le mani. L'oste mi ha spiegato che stanno festeggiando il passaggio, la notte precedente, del Cavaliere Nero, che ha distribuito ori e gioielli alle famiglie povere del quartiere.  
E pensare che io me lo sono trovato davanti solo due giorni fa!
I miei occhi si posano su  una mano tesa verso di me. Alzo lo sguardo sul volto sorridente e intrigante di una ragazza , che, ansimando  dopo l'ultimo giro di danza,  mi sta invitando ad unirmi a lei.
L'ultima cosa che desidero, in questo momento, è ballare. L'ultima cosa che cerco è  fare conoscenza con una donna.
Attende qualche istante, mentre  le sorrido scuotendo la testa, poi viene trascinata via da un omone corpulento, che la riporta al centro dell'improvvisata sala da ballo.
"Lascialo perdere, Marie-Anne, ci ballo io con te!"
Mi spiace averla delusa, ma sarei stato una pessima compagnia.
E poi non sono certo di saper ballare come loro. Le coppie si uniscono e si scambiano, come ho visto fare negli eleganti saloni di Versailles, ma qui è tutto più veloce, le prese sono più decise, i corpi più vicini (1).  
Le ragazze indossano corsetti leggeri, che non impediscono l'evidente movimento dei loro seni mentre saltellano, e, volteggiando, sollevano le ampie gonne libere dai  rigidi panier , mostrando le gambe nude fin quasi alle ginocchia.
Si avverte un'allegria contagiosa e la sensualità dei movimenti investe anche me.
Niente a che vedere con i volti  cerei, cosparsi di cipria,  che ho sempre osservato ai balli di corte. 
I sorrisi trattenuti, per non esporsi,  i pettegolezzi  che serpeggiano dietro ai ventagli, i passi di danza innaturali, distaccati.
E' così che hai ballato con Fersen? Oppure lui ti ha stretto a sè, prendendoti per i fianchi e premendo sul tuo petto, come vedo fare qui?
Lo penso mentre svuoto il mio boccale di birra. Non posso ubriacarmi, anche se, lo ammetto, mi piacerebbe.
Devo tornare a prendere la nonna, si accorgerebbe all'istante che ho alzato il gomito.
Pago subito quanto consumato, prima che mi venga la tentazione di chiederne ancora.
Mi sto alzando quando lei si siede davanti a me, senza invito. Uno sguardo sfrontato, sicuro di sè.
Potrebbe essere l'abbordaggio di una  sgualdrina, ma guardandola bene non sembra far parte della categoria.
Non è formosa, e tantomeno vestita in modo succinto.
Ha i capelli castani, raccolti in modo disordinato, le guance rosse per lo sforzo del ballo, gli occhi scuri, come il mare profondo, impenetrabili, come acque agitate.
"Non mi avete voluto offrire la vostra mano al ballo, allora dovrete sdebitarvi  pagandomi   da bere!"
Parole che hanno il tono di un comando, più che di una richiesta.
Faccio un cenno all'oste, che le porta un boccale di birra.
Non dico una parola.  Non le stacco gli occhi di dosso, mentre beve  la bevanda, lentamente ma tutta di un fiato. E lei non smette di fissarmi. Poi nasconde le labbra, appoggiandole al dorso della mano, in un gesto denso di involontaria sensualità.
C'è qualcosa che mi intriga, in lei.
Il suo atteggiamento sicuro, ma privo di volgarità, nonstante le apparenze.
Il  suo comportamento quasi... maschile. Forse semplicemente perchè, in qualche modo, mi ricorda Oscar.
"Avete  un nome?" Ancora il tono di un ordine perentorio.
"Mi chiamo Andrè"
"Allora grazie, Andrè. Con la vostra generosità avete placato la sete di  Marie-Anne Valois (2)"
Accompagna questa insolita presentazione porgendomi la mano, come un uomo.
Ma io gliela sollevo delicatamente, e la sfioro con le labbra in un leggero baciamano, dove ancora persiste l'aroma di birra.
"E' stato un piacere, mademoiselle"
Ride di stupore, senza tradire alcun imbarazzo.  Replica con un inchino appena accennato.
"Allora...arrivederci, Monsieur"

(1) Questo fa molto Dirty Dancing....
(2) Ispirato da personaggio realmente esistito (vedi wikipedia)

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Capitolo 8
*** 8- Memorie ***


8- Diventare donna Solo per lettrici dai nervi saldi, con i sali per rianimarsi a portata di mano. Ma, prima di svenire (o rimettere), leggete bene...

8- Memorie


Mi guardo attorno, e tutto mi sembra familiare: il laghetto, il piccolo bosco di salici che lo circondano, e questo angolo di verde, leggermente in pendenza, lontano dalla strada.
Ma se volgo lo sguardo sulla mia persona e sull'uomo che ho accanto, mi sembra di essere in un'altra realtà.
E' come vedere te stessa recitare la vita di qualcunaltro.
Hans è magnifico. Sta leggendo un capitolo di "Molto rumore per nulla" di Shakespeare, seduto sull'erba, tenendo il libro con una mano, mentre con l'altra si appoggia, teso verso di me,  e io sono qui, davanti a lui e ai resti della nostra colazione sul prato, in abiti femminili, mentre la mia balia sonnecchia pochi metri più in là, appoggiata al tronco di un albero, il ricamo a cui lavora mollemente abbandonato in grembo.
Il posto che abbiamo scelto è incantevole, come è sempre stato. Era da tanto che non ci tornavo.
La sua voce è melodiosa, gradevolmente caratterizzata dal suo accento straniero, e sapientemente modulata per il tema di questa lettura, eppure...eppure la mia mente si allontana senza ragione dal presente ed è rapita dai tanti ricordi che questo luogo riporta alla luce dalla mia memoria.
I raggi di sole sprigionano mille bagliori sulla superficie dell'acqua, come se  scintillasse.
Sono costretta a socchiudere gli occhi...
Mi sembra di vederlo, il viso stupefatto di Andrè, quando lo avevo portato qui, la prima volta.
Era arrivato da poco a palazzo, ed io cercavo di stupirlo in tutti i modi, dando continue dimostrazioni delle mie abilità e della mia superiorità. Andrè veniva dalla città, dai quartieri più poveri. Non aveva mai visto una casa come quella dei Jarjayes e tantomeno angoli come quello.
Era rimasto a bocca aperta, davanti al luccichio riflesso sul pelo dell'acqua, ed io  mi ero sentita  così potente, avevo pensato che lui non avrebbe mai potuto mostarmi niente di così stupefacente. E invece mi aveva strappato di dosso tutta l'arroganza, quando, voltandosi verso di me,  avevo notato il suo sguardo triste, i suoi occhi lucidi di lacrime trattenute.
"Chissà se adesso la mia mamma è in un posto così bello? Grazie per avermici portato. Ora quando voglio immaginare dove si trova, penserò che sia qui. "
E si era seduto sull'argine del laghetto, senza dire più una parola.  Lo aveva raggiunto,  e mi ero messa accanto a lui.
"Sai cosa mi fa soffrire davvero?"
Avevo scosso la testa
.
"Ho paura di dimenticarmi di lei, di non riuscire più, un giorno, a ricordare il suo volto."

Adesso mi viene in mente  che non gliel'ho più chiesto, non so se Andrè rammenta ancora i lineamenti di sua madre. Non so più tante cose di lui.
Fersen sembra essersi accorto della mia distrazione, alza leggermente la voce ed io mi volto a rassicurarlo con un sorriso.
Ma è solo un attimo, e la mia mente torna al ricordo di una rissa tra me ed Andrè, una in particolare, che ha avuto questo luogo come teatro.
Temevo che stesse eseguendo gli ordini di mio padre, che mi avesse portato qui per convincermi ad indossare l'uniforme  e servire la delfina di Francia. E anche se il suo atteggiamento e le sue parole dimostravano  tutto il contrario di ciò che pensavo, si era lasciato malmenare da una quattordicenne presuntuosa  ed irascibile. Poi mi aveva stretto la mano, senza neanche guardarmi, e mi aveva detto che ero forte, forte davvero. E sono certa che non si riferisse alla mia prestanza fisica. 
Solo per un attimo, quando mi stavo già allontanando in sella a Cesar, si era preso la libertà di dirmi la sua personale opinione, e anche se avevo finto di non sentire, ricordavo bene quelle parole gridate al vento.
"Fai ancora in tempo a diventare una donna!"
Rivolta verso il laghetto e persa in questi ricordi, non mi accorgo che Hans ha smesso di leggere e mi fissa insistentemente. Chiude il libro e mi sorride,  mentre avvicina il suo volto al mio, in un modo che non lascia dubbi sulle  sue intenzioni, nemmeno ad una sprovveduta come me.
Mi giro istintivamente verso Nanny, ma mi ferma  trattenendomi con le dita sulla  guancia, e riportando le mie labbra vicinissime alle sue.
"Sta dormendo, Francoise..."
Le sue parole arrivano
sulla mia bocca , leggere come una  carezza .
Abbasso le palpebre, in attesa di un contatto più profondo.
Ma lui non mi bacia, continua a sfiorarmi mentre mi parla, come in un sussurro, alternando alla voce piccoli baci appena accennati vicino alle mie labbra.
"Venite via con me, Francoise, seguitemi in Svezia! Non mi abbandonate ora che la vostra presenza mi è indispensabile più dell'aria!"
Sono stordita da quei suoni, così suadenti, così vicini, dal fugace contatto dei nostri volti, dalla sua presenza così virile, così sicura del proprio effetto su di me!  Quando finalmente cattura le mie labbra tra le sue, sento qualcosa dentro di me rompere l'incanto, un istante prima che lo faccia realmente la voce stridula della mia balia, con piccole grida di rimprovero.

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Capitolo 9
*** 9- Il fidanzamento ***


9- Il fidanzamento Avviso alle lettrici: munirsi di Plasil gocce come antiemetico, numero del 113 sul display del cellulare e Beghelli stretto in pugno!
Il titolo dice tutto, se è troppo.... passate al prossimo!



9- Il fidanzamento


"Mio padre è a casa..."
E' stata la prima cosa che ha detto quando, di rientro dalla nostra gita, ha notato il cavallo del generale nelle scuderie. Ho colto una nota di apprensione nella sua affermazione.
Non credo che Francoise abbia condiviso col proprio genitore la decisione di indossare abiti femminili con me, in questi giorni. Forse teme una sua reazione negativa.
Le sorrido e le stringo le mani.
"Ottimo, non ho ancora avuto il piacere di scambiare due parole  con vostro padre..."
"Fersen, io..."
Ci guardiamo negli occhi, in silenzio, mentre  le sue ultime parole restano sospese nell'aria, tra noi.
Un'improvvisa consapevolezza si impossessa di me. Una folgorazione.
"Volete sposarmi, contessa de Jarjayes?"
Mi esce così, senza pensarci, senza premeditazione.
Ma mi sembra la decisione giusta,  la naturale conseguenza di ciò che sta accadendo tra noi, dopo il mio ritorno.
"Siete una donna bellissima e colta, intelligente e sensibile, di nobili origini e ...sto bene con voi, Francoise, mi sento felice e sereno. Non riesco ad immaginarmi accanto a nessun'altra!"
Mi trema la voce un attimo, mentre pronuncio queste parole.
L'eco di un lontano ricordo, di pensieri simili ma rivolti ad un'altra donna, in un angolo dei giardini di Versailles, affiora alla mia mente. Lo scaccio immediatamente, rivolgendo il mio sguardo a quello smarrito  della donna soldato, a cui ho rivolto per la prima volta in vita mia questa richiesta.
"Non so cosa rispondere, Hans"
Abbassa  gli occhi, le sue guance  sono tinte di rosso, forse per le mie parole, forse per la luce infuocata del tramonto.
"Se siete d'accordo, parlerò stasera stessa con vostro padre, e da quel momento potrete frequentarmi in qualità di mia fidanzata"
Cerco di semplificare la faccenda, perchè so che lei sta pensando a tutte le difficoltà che dovrà affrontare e, in particolare, al giudizio di suo padre. Ma questo è un timore che deve vincere da sola.
Alza nuovamente lo sguardo e mi sorride.
"Allora è deciso?" concludo io.
"Va bene, Hans"
Queste due piccole parole hanno il potere di travolgermi, avverto un entusiasmo incontenibile.
Voglio cambiarmi d'abito, e rendermi immediatamente presentabile per conferire con il generale.
Subito dopo intendo scrivere a mia sorella Sophie
(1), che si trova nel Sud della Francia, per invitarla a raggiungermi. Desidero che conosca Francoise prima del matrimonio e mi aiuti ad organizzare il nostro rientro in Svezia. Potremmo sposarci qui, a Parigi, e poi partire immediatamente...
Sono ancora immerso in questi pensieri quando veniamo raggiunti dall'immancabile Nanny, già accigliata per la nostra permanenza, soli, fuori dalle scuderie e lontano dalla sua sorveglianza.
Ma sono così felice da non potermi infastidire per così poco!
La saluto cordialmente e la scuoto bonariamente, afferrandola per le spalle,  mentre le chiedo di occuparsi della futura  Contessa von Fersen!

                                                                  *          *         *

L'incontro con il Conte de Jarjayes è stato meno complicato del previsto.
Gli ho apertamente dichiarato le mie intenzioni riguardo a sua figlia: desidero  sposarla e fare al più presto ritorno in Svezia. Mi ero preparato tutta una serie di argomentazioni, ben sapendo di non godere delle sue simpatie a causa della pessima reputazione che mi sono fatto a corte,  e consapevole che i suoi progetti per la figlia non comprendevano il matrimonio.
Invece, stranamente,  non ha opposto ragioni al mio  fidanzamento con Francoise, sebbene non apparisse entusiasta.

Mi ha dato il suo consenso, previo colloquio in privato con sua figlia, che non ha rinunciato a chiamare "Oscar".
Per questo, dispensato dall'obbligo di cenare con i miei ospiti,   ho preferito trascorrere la serata lontano da palazzo, da solo.
Voglio festeggiare, come un giovane e brillante gentiluomo può permettersi in una città  sfavillante come Parigi e concedermi un'uscita di puro divertimento, e di gusto maschile .
Ho ordinato ad Andrè di prepararmi la carrozza e di accompagnarmi al Fleurs Magiques, un cafè molto noto in città per l'eleganza degli ambienti, la raffinatezza dei suoi clienti e, ovviamente, l'attenta selezione dei suoi fiori, le più incantevoli ed esclusive fanciulle di piacere  che si possano incontrare.
E' un locale dove la discrezione nei confronti degli avventori è assoluta, e proprio per questo ho deciso di non porre limiti ai vizi che voglio concedermi. Dopotutto, è dal mio ritorno dalla guerra  che non sfioro una donna, e l'assidua vicinanza con una giovane attraente e intoccabile come Francoise ha solo potuto  accrescere il mio desiderio.
Tuttavia, prima di darmi ai bagordi, ho deciso di fermarmi nella Piazza dei Mercanti, dove abita Monsieur Davers, il più noto commerciante di gemme e preziosi della città e forse dell'intera Francia.  
Intendo ordinare uno splendido anello di fidanzamento per la mia futura moglie.
Con Andrè, che mi segue attento ed impeccabile, mi reco nel privee del noto gioielliere, accolto con tutti gli onori. Estrae da un forziere  un astuccio di pelle nera che srotola sulla scrivania in ebano, davanti a noi.
Sotto la tremolante luce delle candele compaiono, come tante piccole stelle, numerose gemme e pietre iridescenti.
"Per voi, conte, ho davvero dei preziosi la cui bellezza e perfezione  sono secondi solo a quelli della vostra futura sposa!"
La mia attenzione è subito catturata da un rubino di ottima fattura, e di svariati carati.
Lo raccolgo e lo ammiro brillare nel palmo  della mia mano.
"Oh, complimenti per la scelta, signore!" mi elogia subito l'orefice. "Il rubino simboleggia l'amore eterno e la passione  travolgente! La pietra che state osservando è una delle più preziose della mia collezione, si chiama Cuore di Venere, come appunto la dea dell'Amore" 
Mi rivolgo per un attimo al mio accompagnatore, in cerca di consenso.
Andrè è alle mie spalle. Mi sembra di cogliere uno sguardo distaccato.
"Non mi intendo di gioielli, signore" afferma,  respingendo qualsiasi coinvolgimento.
"Ma certo, ovviamente..." Torno a fissare Monsieur Davers.
"Va bene questo. Pensavo ad una montatura in oro, con qualche decorazione, ma niente di eccessivamente ricercato, è per una donna sofisticata ma... concreta."
Mi trovo in difficoltà nel trovare aggettivi che possano descrivere Francoise a chi non la conosce direttamente.
"Certamente, signore. Provvederò a farvi un calco in gesso sul quale mi darete il vostro consenso per eseguire l'opera"
Lascio la dimora del commerciante pienamente soddisfatto, anche se con le tasche notevolmente alleggerite. Ma per un uomo nella mia posizione, questo non rappresenta un problema.
Fermo sui gradini  che dalla casa conducono in strada, con la giacca di broccato aperta e le dita infilate nei taschini del gilet, mi fermo un momento ad assaporare il dolce gusto degli ultimi eventi.
Poi raggiungo con un balzo la carrozza.
"Forza Andrè, Parigi mi aspetta!"

1: nel manga compare effettivamente tale Sophie, sorella di Fersen

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Capitolo 10
*** 10- Notte fonda ***


andrè a ma 10- Notte fonda

Sono uscito per controllare i cavalli ed anche per prendere aria.
Non sopporto più di stare al Fleurs Magiques. Questa serata mi dà il voltastomaco.
Per non parlare della visita al gioielliere per la scelta dell'anello di fidanzamento.
Sento il cuore stretto in una morsa.
Davvero la mia Oscar sposerà il conte di Fersen? Davvero lascerà la Francia e non potrò più vederla?
Mi sembra impossibile, non riesco a credere che potrò sopravvivere a questa prospettiva.

Mentre sto seduto a cassetta, con la testa tra le mani,  le dita strette ai miei capelli,  mi sento chiamare dalla strada.
Mi volto mentre una sagoma femminile mi si avvicina, allontanandosi da un piccolo gruppo di donne.
La riconosco solo quando abbassa il copricapo. Marie Anne Valois, così si era presentata.

Mi sorride e senza chiedere permesso, nè aiuto,  sale sulla carrozza, accanto a me.
"Buonasera, mademoiselle" balbetto con voce incerta, come se avesse letto i pensieri che hanno attraversato la mia mente negli ultimi minuti.
"Buonasera, Andrè. Siete in attesa di qualcuno?" mi domanda mentre volge gli occhi sull'ingresso del Cafè.
"Si, no...volevo dire si, ma non credo che il mio passeggero farà presto ritorno...."
Dal suo sguardo è evidente che ha compreso.
"Allora, se non è di disturbo, posso chiedervi di accompagnarmi a casa?"
"Certo" Una passeggiata ed un po' di aria fresca mi faranno solo bene.
Attendere Fersen qui fuori e continuare a tormentarmi non mi sarà di alcun aiuto.

"Non preferite accomodarvi all'interno?"
Scuote la testa.
"Qui ho il privilegio di poter conversare con voi..."
Sorrido. I suoi modi lusinghieri mi confondono.
Mi indica la direzione e sprono i cavalli.
"Non credevo che il vostro padrone frequentasse locali del genere"
La guardo incredulo. Come può conoscere per chi presto servizio?
"Cosa può mai trovare il colonnello de Jarjayes in un  locale simile? O devo forse supporre che le basse insinuazioni di mia sorella fossero vere (1)?"
Sto quasi per cadere all'udire le sue parole.
"Siete la sorella di Jeanne Valois? E di Rosalie?"
"Sorellastra, a dire la verità. Nostro padre, che Dio l'abbia in gloria, aveva la spiccata tendenza  a sedurre  qualsiasi giovane donna avesse la sfortuna di avvicinarsi. Se fosse stato abile a fare quattrini come a mettere al mondo  figli, saremmo stati una delle famiglie più ricche di Parigi!  Adesso girate qui..."
Mi conduce davanti ad una dimora dall'aria maestosa ma decadente, in uno dei quartieri dimenticati della città. La villa mostra ancora i segni di un incendio che ha completamente distrutto un'ala della costruzione, mentre ciò che rimane ha tutta l'aria di crollare da un momento all'altro.  Riconosco questo luogo: era la casa di Madame de Boulainvilliers, la benefattrice di Jeanne Valois, morta in un incendio dalle origini sospette, dal quale la stessa Jeanne e suo marito Nicolas de La Motte uscirono incredibilmente illesi.
"Vivete...qui?" La domanda mi viene spontanea.
Scendo dalla carrozza e stavolta Marie Anne attende che l'aiuti a smontare.
Il contatto delle mie mani sui suoi fianchi mi dà un leggero brivido. Non sono abituato a  toccare una donna, nemmeno per servirla.
"Sono tornata qui, dopo un lungo peregrinare tra orfanotrofi  e conventi. Seguitemi e potrete vedere coi vostri occhi..."
Non attende la mia risposta, che dà per scontata, e scompare dietro ad una piccola porta dall'aspetto pericolante.
La seguo senza un apparente motivo, avvertendo tuttavia un sottile timore. Marie Anne ha una forza che mi attrae e al contempo mi spaventa.
Dopo aver attraversato corridoi nella più totale oscurità, guidato dal rumore dei suoi passi, arriviamo ad un piccolo locale che sembra essere sfuggito alla forza distruttiva delle fiamme ed all'incuria del tempo.
Marie Anne si toglie il mantello ed accende un candelabro.
Un leggero chiarore mi svela il contenuto della stanza: un letto, un vecchio catino di ceramica, un armadio ed un piccolo caminetto. Mi avvicino ad un oggetto che brilla sulla parete, nonostante la fioca luce delle candele.
"E' la spada con lo stemma della gloriosa famiglia dei Valois, Re di Francia! L'ultimo simbolo dei fasti passati, lasciato in eredità al ramo bastardo del reale casato!"
C'è sarcasmo nelle sue parole, ma anche tanta amarezza. La stessa che ho sempre colto negli occhi fiammeggianti di Jeanne. 
Sento il suo sguardo fisso su di me mentre mi soffermo a guardare i tre gigli dorati sull'impugnatura della spada,  e ad un tratto mi sento di troppo.
"Restate ancora un po'..."
Lei deve avermi letto dentro.
Mi volto sorpreso: è questo che mi colpisce, la sua capacità di interpretare i miei pensieri, di guardare dentro di me, come fossi un libro aperto.
Io, abituato a passare inosservato, senza sentimenti, apparentemente senza idee, opinioni, giudizi.
Mi accorgo di quanto mi è vicina quando le sue dita corrono leggere sul tessuto del mio abito.
"Che fate?"
La afferro per le braccia e la allontano da me, con fermezza.
"Non confondetemi con i consueti avventori del Fleurs Magiques! Non sono alla ricerca di questo genere di compagnia!"
"Lo so Andrè, e io non sono una prostituta, non voglio il tuo denaro"
Afferma, con calma, passando improvvisamente a darmi del tu.
"Non voglio il tuo amore"
Una strana luce nei suoi occhi, mentre pronuncia quella parola. E ancora la sensazione di essere trasparente davanti a lei.
"Voglio solo te. Per un attimo possiamo dimenticare chi siamo, abbandonare la sofferenza che ci portiamo dentro, come un fardello, senza fermarci mai..."   
Mentre sussurra queste parole  le sue dita slacciano lentamente i bottoni del gilet e si insinuano sotto la camicia, sulla mia pelle. 
E il mio cuore è così leggero, ora, e così grato che qualcuno abbia ascoltato il suo grido di dolore, da cessare per un istante di respingere quanto gli viene offerto. Il mio corpo attende da così tanto tempo una mano gentile che si accorga di lui, che lo renda reale, che lo faccia sentire desiderabile, con le sue carezze, che smetto di lottare e mi arrendo.
Lascio che le labbra di Marie Anne brucino la mia pelle, sul petto e sempre più giù e infine mi vincano, là dove per un uomo sono un'arma troppo  forte (2)


                                                 *              *               *


E' notte fonda quando finalmente facciamo ritorno a palazzo .
Ho accompagnato Fersen nella sua stanza, troppo poco in sè per farlo da solo, e poi mi sono appoggiato alla balaustra , guardando nel vuoto, cercando di mettere ordine nei pensieri che mi agitano la mente.
Poi vedo un lieve bagliore arrivare dallo studio di Oscar, al piano inferiore. Penso ai liquori custoditi nella credenza, e avverto l'urgenza di bere qualcosa di corposo.
Ma varcata la soglia la tua presenza mi colpisce, come uno schiaffo.
Indossi la camicia da notte ed una vestaglia pesante. Dormi, abbandonata sulla poltrona, davanti alle braci del caminetto.
Resto un attimo immobile a guardarti.
Ho sempre creduto che tu fossi mia, in qualche modo, forse perchè finora non sei stata di nessunaltro.
Non è una questione di possesso carnale. No. Sono sempre stato il depositario dei tuoi pensieri più segreti, dei tuoi più reconditi sentimenti. E non è una mia opinione presuntuosa.
L'ha sempre saputo tuo padre, che più di una volta mi ha usato per arrivare a te, e persino il tuo secondo, Girodel.  Motivo per cui non mi ha mai avuto in gran simpatia...
Ma adesso, cosa sei diventata, Oscar?
La futura moglie di un uomo che festeggia nel letto di una sgualdrina la gioia di averti conquistata?
Non prima di aver acquistato un anello degno di una regina, quasi volesse comprarti?
Sarai davvero felice sposando il conte di Fersen?
Ti sollevo tra le braccia per portarti a letto. Non è la prima volta che assolvo a questo compito, ma stasera mi accorgo di piangere mentre lo faccio.
Piango per te, e anche per me.
"Dobbiamo parlare..."biascichi nel sonno, mentre lentamente salgo la scala che conduce alla tua camera.
Non rispondo: mi hai scambiato per Hans?
Mentre mi chino per adagiarti sul letto, le tue mani scivolano dalla mia nuca lungo il collo, sfiornado il mio volto.
Il tuo tocco risveglia le sensazioni che ho provato poche ore fa, nel letto di Marie Anne.
Sto tremando.
"Dobbiamo parlare, Andrè..."   



(1) Nell'anime Jeanne, durante il processo per lo scandalo della collana, accusa Oscar di essere l'amante di M.Antonietta, insieme alla Polignac, scatenando lo sdegno di Oscar, tenuto a freno da Andrè. Questo in lingua giapponese, ovviamente la traduzione  italiana ha cambiato questo passaggio.
(2) Opinione del tutto personale...

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Capitolo 11
*** 1- L'ultima sfida ***


11- L'ultima sfida Piccola precisazione: questo dialogo si colloca la sera in cui Fersen esce con Andrè

11- L'ultima sfida

Nanny bussa delicatamente alla porta della mia stanza mentre mi sto rivestendo con i miei consueti abiti maschili. So che mio padre vorrà parlarmi e preferisco affrontarlo così. Immagino che l'arrivo della mia balia significhi proprio che mi sta aspettando.
Lo raggiungo scendendo lentamente le scale, cercando di controllare il nervosismo che questo colloquio mi sta trasmettendo. Devo dire a mio padre che ho deciso di buttare via tutto quello che mi ha insegnato, la posizione che occupo, per la quale lui ha lottato duramente ed io ho lavorato in tutti questi anni, e soprattutto che non sarò più il suo erede maschio all'interno della vasta gerarchia dell'esercito francese.
Diventerò la moglie del conte di Fersen, andrò a vivere in Svezia, farò la stessa vita di mia madre e delle mie sorelle. Ma con l'uomo che amo.
Continuo a ripeterlo, nella mia mente, e aspetto che questa visione cessi di suscitare in me  una sorta di  incredulità, un persistente stupore. Ma non è così.
Immagino che mio padre  vorrà persuadermi che è un errore, o che è troppo presto, anzi troppo tardi, per me.
Invece mi trovo di fronte ad un uomo che pacatamente mi annuncia di aver acconsentito al mio  fidanzamento, e di avere  definito col mio futuro sposo anche la data del matrimonio, la nostra permanenza nelle tenute di famiglia, nel nord della Francia, prima di raggiungere la Svezia, quando la primavera  sarà alle porte.
"La questione che invece dovrai affrontare tu, Oscar, è il tuo addio alle Guardie Reali e il passaggio di consegne al conte  Victor Girodel, perchè immagino che tu abbia pensato a lui come tuo successore..."
"Si, certo."
"Bene, pensavo di organizzare una cena proprio con la famiglia 
Girodel per definire i dettagli.
Sarebbe auspicabile gestire la faccenda in modo che la Regina sappia della tua nuova...condizione  quando avrai già lasciato Parigi"
Penso che di solito mio padre non sia così diretto, ma in effetti non ci sono molti modi per vedere questa situazione.
"Concordo con voi in tutto, padre, ma c'è solo un problema che desidero risolvere di persona, prima del mio congedo"
Il generale alza lo sguardo, finora concentrato sulla sua pipa, che stenta ad accendersi.
"Voglio catturare il Cavaliere  Nero.
Voglio sapere chi si cela dietro quella maschera, e quali sono le sue reali motivazioni"
"E' solo un ladruncolo, Oscar! Non mi darei tanta pena per lui. Ma se ci tieni, devo riconoscere che ti guadagneresti l'ammirazione dell'intera aristocrazia parigina, che subisce le sue malefatte da diversi mesi ormai.
Ripensandoci, ritengo sarebbe un modo molto  eroico di lasciare per sempre la tua vita militare."
"Bene padre, allora..."
"Ma- mi interrompe immediatamente- non voglio che tu agisca direttamente.
Ci manca soltanto che le nozze debbano essere rimandate perchè la sposa si ferisce mentre dà la caccia ad un malvivente! Non dovrai farti coinvolgere in prima persona...puoi delegare questo compito a Girodel o ad Andrè. Siamo d'accordo?"
Non ho altra scelta.
"Bene, padre, allora se questo è tutto..."
"Io spero che tu abbia considerato ogni conseguenza della tua decisione, Oscar"
Lo fisso in modo interrogativo.
"Ho accettato che tu divenga la moglie di Fersen, che tu viva da donna quando ti togli la divisa.
Ma pretendo che tu ti comporti come tale, al di là dell'abbigliamento.
Ci sono regole molto chiare a riguardo, non so sei hai soppesato propriamente quello che significherà per te"
Se si riferisce all'onnipresente Nanny che vigila sulla mia purezza, è un prezzo che posso pagare, e che in fondo non durerà a lungo.
Sento un  tono di sfida in queste ultime parole di mio padre, e non posso che sorridergli di rimando, con sufficienza.
"State tranquillo, non sono più una bambina..."

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Capitolo 12
*** 12- Una nuova vita ***


12- Un nuovo inizio
12- Una nuova vita

Anche questa lunga e noiosa giornata a Versailles è finita.
Lentamente conduco Cesar verso casa.
Stasera finalmente parlerò con Andrè. Ieri ho atteso inutilmente il suo rientro dalla serata insieme a Fersen e  stamattina Nanny lo ha trattenuto a palazzo, affermando che aveva delle commissioni improrogabili da sbrigare.
Oggi ho affrontato l'argomento del mio congedo con Victor Girodel.
Credevo sarebbe  stato felice della notizia: erediterà la mia posizione, a cui ambisce da 14 anni,  invece mi è sembrato sinceramente dispiaciuto. Alla fine, quasi per sfuggire al suo sguardo addolorato che non mi abbandonava neanche un secondo, ho lasciato la postazione alla reggia e mi sono diretta a cavallo verso il Trianon.
La regina stava eseguendo una piccola rappresentazione teatrale, con tanto di costumi e scenografia, compreso un piccolo gregge di agnelli bianchissimi, ed era talmente coinvolta che non mi ha praticamente notata.
Ormai sembra davvero vivere in un mondo di pura fantasia, completamente distaccata dalla realtà.
Un mondo che può essere adeguato per i suoi figli, ma che è davvero improprio per la carica pubblica che riveste. Non può pensare di aver assolto ai suoi compiti con la nascita dell'erede  al trono.
Nei corridoi di Versailles si sparla ormai apertamente di lei, peggio di quando si vociferava sulla sua relazione con Fersen. La sua completa assenza dalla vita sociale di corte, unitamente ai continui attacchi alle proprietà dei nobili, con atti di vandalismo  e di ruberie, come quelle sempre più spesso perpetrate dal Cavaliere Nero, inducono la stessa aristocrazia francese a criticare i sovrani, soprattutto la regina austriaca, come la definiscono in tono dispregiativo.
Eppure il suo totale disinteresse per ciò che la circonda, che oggi ha compreso anche me, per la prima volta passata inosservata sotto ai suoi occhi,  è una consolazione.
Non avverto alcun dispiacere ad allontanarmi da questo ruolo, per di più insieme all'uomo che  un tempo ha amato.
Probabilmente anche lei ha relegato in fondo all'anima i suoi sentimenti per Fersen e ha occupato il suo cuore, orfano di un così grande sentimento, con l'amore per i suoi figli.
Ancora immersa in questi pensieri raggiungo Palazzo Jarjayes e mi dirigo alle scuderie, dove intravedo Andrè già pronto per occuparsi di Cesar.
"Devo parlarti, Andrè" gli annuncio mentre lascio che mi prenda dalle mani le redini del cavallo.
"Lascia solo che tolga la sella e i finimenti a Cesar "
"Francoise, finalmente! Ho una grandiosa sorpresa per voi!"
Mi volto ed incrocio lo sguardo radioso di Hans. Qualsiasi eccesso abbia raggiunto ieri notte, non ne vedo traccia  nel viso perfettamente curato e sorridente che mostra oggi il mio fidanzato.
"Vi siete già ripreso dalla sbornia di ieri sera?" gli dico, fingendo un tono di rimprovero.
"Dovevo dare sfogo in qualche modo all'incontenibile gioia dell'assenso ricevuto da vostro padre, Francoise! Spero mi perdonerete se ho rinunciato alla vostra compagnia, per una sera"
Sto per rispondere, quando noto per caso lo sguardo truce che Andrè gli sta rivolgendo.
Qualsiasi cosa sia accaduta ieri tra i due, non voglio assistere alle solite schermaglie  tra uomini e lo allontano dalle scuderie.
Nell'androne del palazzo mi attende una donnetta minuta, quasi sommersa da un abito ricco di fronzoli fino all'eccesso, con una piccola montatura di occhialini, dai quali mi osserva sconcertata.
"Di certo Francoise, ricorderete M.me Bertin, la più famosa sarta di Parigi"
Che mi venga un colpo! Mi torna subito alla memoria il color pulce, ispirato da una battuta di Andrè, che ha spopolato nei guardaroba delle più sofisticate dame di corte per un'intera stagione!
"Ho chiesto a M.me Bertin di selezionare per voi un campionario di abiti , tra i quali uno splendido costume per il prossimo ballo in maschera a cui parteciperemo!"
"Ma Hans, la mia balia si sta già  occupando..."
Vengo interrotta dalla risatina stridula della sarta.
"Mademoiselle, spero non vogliate paragonare le mie opere d'arte con quattro stoffe cucite insieme da una servetta?"
Comincio ad innervosirmi.
"Ascoltate, Francoise. Cominciate a scegliere il costume per il ballo, quello certo non può confezionarlo la vostra cara Nanny. Poi, se sarà di vostro gradimento, potrete usufruire dei servigi di M.me Bertin anche per altre occasioni..."
Mi sembra ragionevole, anche se in questo momento preferirei parlare di come catturare il Cavaliere Nero, piuttosto che di travestimenti carnevaleschi!
"Di che ballo si tratta?" chiedo mentre  salgo le scale, sfilandomi i guanti.
"Oh, mademoiselle! E' il famoso ballo in maschera che si organizza a Parigi l'ultima domenica prima dell'Avvento!"  Mi informa M.me Bertin, quasi scandalizzata che io ne sia all'oscuro.
"Quest'anno il tema è 'Le creature alate'. Per voi il conte suggeriva un costume da cigno bianco..." continua la donna, arrancando per tenermi il passo.
Giunta all'ingresso della mia camera mi fermo improvvisamente, dando modo alla sarta di raggiungermi, boccheggiando.
Una ragazza col volto incorniciato da una cuffietta bianca, e con un  sorriso di circostanza , mi accoglie davanti alla porta dei miei appartamenti.
"Oscar, bambina mia, aspettate!"
Nanny mi chiama  mentre  si affanna a salire  le scale. Una volta giunta accanto a me ed alla giovane sconosciuta, si sistema il vestito e prende un grosso respiro.
"Questa è Colette. Colette, lei è la contessa de Jarjayes, futura contessa von Fersen"
La ragazza mi studia, senza staccare gli occhi dalla mia uniforme, mentre io mi volto ormai seccata verso la mia balia.
"Cos'è quest'altra novità?"
"Ma cara, adesso siete una damigella, fidanzata per giunta! Non avrete pensato che si potesse occupare ancora di voi  un uomo come  Andrè? La sua stanza è proprio qui, accanto alla vostra. Sarà sempre a vostra disposizione, per aiutarvi a  vestirvi ed acconciarvi, ora che, insieme al vostro  fidanzato,  comincerete a frequentare cene e feste mondane"
Non so cosa rispondere, ma so cosa provo: sono irritata, agli occhi di tutti senza motivo.
Adesso capisco di cosa si è dovuto occupare il mio attendente durante la giornata: ha dovuto liberare la stanza che occupa da una vita per lasciarla a questa insipida...ho già dimenticato come si chiama!

Entro come una furia nella mia camera, seguita dalle tre donne, di cui sembra non riesca proprio a liberarmi.
E mentre M.me Bertin mi stordisce, elogiando i modelli  dei più assurdi abiti piumati che abbia mai visto, accompagnata dai gridolini di meraviglia di Nanny e Colette, intravedo dalla finestra Andrè che lava Cesar, nella grande fontana del giardino (1), ed una struggente nostalgia, a cui non so dare un nome, entra nel mio cuore e cancella tutto ciò che mi circonda.

(1) Mi sembra evidente che l'immagine di Andrè che lava un cavallo è per me particolarmente "evocativa"....

Questo capitolo è molto sarcastico, a cominciare dal titolo, che è identico a quello dell'episodio  29 dell'anime, ma esattamente opposto nei contenuti. Per farvi capire lo spirito con cui l'ho scritto, ridevo mentre battevo sulla tastiera del pc, immaginando certe scene nella mia mente. Non posso pretendere che lo viviate anche voi così,  è solo per dirvi che non era nelle mie intenzioni  suscitare ira o peggio.

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Capitolo 13
*** 13- Un affare di stato ***


bozza 13- Un affare di stato

La sagoma del conte Girodel si staglia all'orizzonte, mentre lo attendo composto davanti all'ingresso di Palazzo Jarjayes.
Arriva direttamente da Versailles, convocato dal generale, per parlare della questione del Cavaliere Nero.
Scende da cavallo e ci fissiamo, senza salutarci.
Non ci siamo mai piaciuti, io e Victor. Ma stasera leggiamo lo stesso dolore dipinto ciascuno sul volto dell'altro. Non mi ero sbagliato quando avevo intuito che i sentimenti che prova per Oscar vanno ben oltre la fedeltà e la stima per il proprio comandante.
Quando ritorno dalle scuderie, lo trovo ad attendermi fuori dal palazzo, nonostante si sia levato un vento gelido, che solleva in piccoli vortici le foglie secche sul selciato e ulula in modo sinistro attraverso i cipressi del viale.
"Com'è possibile che il  generale permetta questo?"
Lo sussurra, senza alzare il capo, mentre si sfila i guanti. Forse rivolto più a se stesso che a me.
Fingo di non aver sentito."Prego, seguitemi"
Entriamo in silenzio nel palazzo e lo accompagno nello studio del generale.
Ci investe immediatamente il calore emanato dal caminetto acceso e la risata di Fersen, comodamente seduto con le gambe accavallate su una poltrona davanti  al fuoco.
"Venite, venite carissimo Victor!"
Come sempre, un accoglienza calorosa da parte del padre di Oscar.
Il conte Girodel saluta senza scomporsi, molto serio anche nel rivolgersi a Fersen.
E' d'obbligo felicitarsi per il suo ritorno dalla guerra, sano e salvo.
"Anche vostro cugino, se non erro, è partito per la guerra poco dopo di me..." aggiunge Hans.
"Purtroppo ad oggi non abbiamo notizie di un suo imminente ritorno"
Dall'espressione di Girodel, credo che Fersen sia riuscito a toccare un altro tasto dolente per il conte.
"Beh, signori, credo sia il momento di affrontare l'argomento per cui vi ho chiesto di essere qui, stasera"
Accenno un inchino mentre indietreggio verso la porta, ma  il generale mi ordina di rimanere.
"Un ladruncolo da strapazzo sta imperversando nelle ville e nelle residenze dei nobili di Versailles.
Vorrei che voi, conte Girodel, avvalendovi dell'aiuto di Andrè, riusciste a catturare questo malfattore, come ultima missione prima del congedo di mio ...volevo dire di mia figlia Oscar"
"Come sapete la mia fidanzata è molto occupata con i preparativi delle nozze, e tra pochi giorni sarà raggiunta da mia sorella Sophie, venuta apposta dalla Provenza per conoscerla e consigliarla.
Non vorrei che  mettesse in pericolo la sua persona nel tentativo di catturare questo fantomatico Cavaliere Nero, che inspiegabilmente, da settimane,  continua a sfuggirvi" interviene Fersen, rivolgendosi a  Girodel con tono sarcastico.
E' evidente il  godimento del nobile svedese davanti al sordo dolore che il vicecomandante delle guardie reali è costretto  a mascherare.
"Dovrete presenziare a tutti i balli che si terranno a Versailles e nei palazzi dei nobili più in vista della città- continua de Jarjayes- Prima o poi quel malvivente farà un passo falso..."
"Agli ordini, generale"
"Bene bene, se questo è tutto- conclude Fersen- non voglio fare attendere oltre la mia Francoise, che mi aspetta per deliziarmi nella sala del pianoforte..."
Senza attendere un saluto da parte nostra,  lascia la stanza, con sollievo di tutti.
Il padre di Oscar mi ordina di servire del liquore al suo ospite.
"Generale Jarjayes, mi congratulo con  voi  per le imminenti nozze di vostra figlia Oscar"
Gli trema la voce nel pronunciare quel nome, e mai come stasera mi sento vicino a quell'uomo.
"Non avrei mai immaginato  che fosse nelle vostre intenzioni concedere la sua mano..."
Ancora un pensiero a voce alta.
"No, non lo era, conte Girodel. E comunque avrei sicuramente caldeggiato la scelta di un pretendente più...beh, lasciamo perdere, è inutile parlarne!"
"Ma , generale..."
"Sapete bene che io sono un umile e fedele servitore di Sua Maestà, Girodel.
E che a volte si può proteggere e favorire  un sovrano combinando un utile matrimonio più che sguainando la spada"
Sono appoggiato al muro, sorpreso e sbigottito da quello che odono le mie orecchie.
"In confidenza, devo confessarvi che ho avuto un colloquio riservato con Sua Maestà.
Era al corrente del rientro dall'America del conte di Fersen e del suo soggiorno qui.
Il ritiro della regina dalla vita di corte, le sue infantili preferenze per la famiglia dei Polignac, lo scandalo della collana  hanno messo in cattiva luce la nostra amata sovrana. Adesso finalmente c'è un po' di pace .
Cosa immaginate sarebbe successo se Fersen avesse ripreso le sue frequentazioni a Versailles?
Il sovrano mi ha caldamente consigliato di non oppormi a qualsivoglia situazione che porterebbe lontano dalla Francia il comandante dei Dragoni Svedesi.
Oscar, sposandolo e seguendolo in Svezia, assolverebbe in primis al suo obbligo di fedeltà alla corona.
E poi credo non le dispiaccia...
Quanto a me, ho ottenuto dal mio futuro genero la promessa di dare il nome del mio casato al primo figlio maschio che nascerà, e di condurlo in Francia come mio erede"
Chiudo gli occhi.
Adesso è tutto chiaro.
Il Re ha fatto una precisa richiesta: Fersen è un pericolo per la famiglia reale e va allontanato, nel modo più indolore e rapido possibile. L'infatuazione per Oscar è arrivata nel momento perfetto, e il generale ha comunque preservato la possibilità di una discendenza in linea diretta.
Girodel non riesce ad obiettare nulla,  e si congeda immediatamente.
Quando sto per chiudermi la porta dello studio alle spalle, il conte de Jarjayes mi richiama.
"Quando questa vicenda sarà finita, Andrè, dovremo parlare della tua futura sistemazione. Hai pensato all'offerta del conte di Fersen?"
Certo, non l'ho considerata nemmeno un istante.
"Vi ringrazio per l'interessamento, generale. Ho già deciso ."


                                                                     *                               *                             *


Il Cavaliere Nero.
Per tutti, stasera, solo un criminale da acciuffare, ma per me...
C'è qualcosa di misterioso dietro la figura di quest'uomo e nelle motivazioni che lo animano.
Mi piacerebbe togliergli la maschera per conoscerlo, non per catturarlo.
Sono tutti convinti che si tratti di un servitore, di qualcuno che abitualmente frequenta le dimore dei nobili.
Ma non credo che nessun domestico rischierebbe tanto.
No.
Sono convinto che si tratti di una persona colta, forse addirittura di condizioni agiate, certamente idealista.
Ricordo di avere sentito parlare di certe riunioni semiclandestine che si tengono nella chiesetta sconsacrata di St.Baptiste,  alla periferia di Parigi. Vi si radunano intellettuali e borghesi, ma anche alcuni aristocratici, uniti dal comune dissenso per le scelte economiche dell'attuale sovrano e verso la sua corte, covo di privilegiati e sfruttatori delle risorse altrui. Si discute dei provvedimenti che sarebbero necessari e di come sottoporli all'attenzione del Re e dei suoi ministri.
Decido di andare a dare un'occhiata per rendermi conto di chi frequenta queste assemblee.
Forse, mescolato tra di loro, si trova anche l'uomo che agisce col volto coperto dalla maschera nera. 
Una volta preparato il cavallo di Girodel,  mi accingo a sellarne un altro.
Sento su di me lo sguardo indagatore del conte. Sono certo che mi considera uno dei sospetti, ma non mi pone alcuna domanda.
Mi avvolgo nel mantello e guido il mio cavallo all'esterno delle scuderie.
Nel gelido silenzio di questa sera rieccheggiano le note del pianoforte che Oscar sta suonando per Fersen.
Mi volto istintivamente verso l'ampia vetrata illuminata.
Riesco ad immaginarmi perfettamente la scena che si svolge al di là di quella finestra, l'ho vissuta mille volte, da quando ero bambino e Oscar mi obbligava a farle compagnia nelle lunghe ore di esercizio di musica.
"Si, Oscar. Farò come vuoi e ti aiuterò a scoprire chi è il Cavaliere Nero.
Ma non ti prometto che mi impegnerò a catturarlo.
Non penso, come te, che si tratti unicamente di un comune ladro.
C'è qualcosa di eroico e  generoso nelle sue azioni. C'è una rivincita verso i nobili che condivido.
Ci sono momenti in cui vorrei essere come lui.
Capace di agire e non solo di compiangermi"
 

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Capitolo 14
*** 14- Ricordi di famiglia ***


xx- Ricordi di famiglia 14- Ricordi di famiglia

Mi volto a guardarla. E' sdraiata accanto a me, la schiena rivolta al soffitto, i capelli sparsi sulle spalle , gli occhi aperti, fissi nei miei. Le sfioro la guancia con un dito.
Mi sono sentito un traditore ed un lussurioso, la prima volta che sono andato a letto con lei.
Travolto e spaventato dalle sensazioni che il suo corpo aveva acceso nel mio. Ma questa sera sono tornato. 
Siamo andati insieme  alla riunione nella piccola chiesa di St. Baptiste, e poi a casa sua. Nel suo letto.
Abbiamo parlato della situazione della Francia, lungo il tragitto: secondo lei è arrivato il momento di agire, tutto questo parlarsi addosso non sfama la povera gente.
"Il Cavaliere Nero, lui si che fa qualcosa per il popolo!"esclama.
"Eppure alle riunioni ne ho sentito parlare male, è molto criticato dagli intellettuali rivoluzionari"
"Già, perchè agisce e si è conquistato il favore della povera gente. I teorici della rivoluzione si oppongono  a  tutto quello che può portare  anche un minimo beneficio ai miserabili. Vogliono che l'esasperazione  e la fame  raggiungano livelli insopportabili, tali da indurre il popolo  francese a scendere per le strade e a seguirli.
Verso e contro cosa, non si sa.
C'è chi vorrebbe abolire tutti i privilegi della nobiltà, chi si accontenterebbe di avere voce in capitolo nelle decisioni politiche ed economiche, chi vuole perfino destituire il Re!
Ma nessuno di questi grandi pensatori ha mai sfamato un solo povero di Parigi!"
Io invece intendo continuare a frequentare la piccola chiesa e i suoi oratori.
Voglio capire cosa ci aspetta nel futuro, e, nel contempo, desidero stare il più possibile lontano da Palazzo, nei momenti in cui  Oscar si spoglia della divisa militare ed si riveste del ruolo di fidanzata del conte di Fersen.
E piuttosto che finire le mie serate ad ubriacarmi in qualche bettola, preferisco ascoltare chi ne sa più di me, vissuto da sempre in un palazzo di aristocratici, lontano dalla realtà  e dai problemi del popolo francese.
Si allunga verso di me e mi bacia delicatamente una spalla.
La mia mente si affolla di domande su di lei.
A volte mi chiedo che genere di vita possa condurre questa giovane donna, apparentemente così sola, relegata in questo rudere, nascosta al resto del mondo.  Di cosa vive, come passa le sue giornate?
Si nasconde da qualcuno? Magari, come sua sorella Jeanne, è stata in prigione?
Forse sono uno stupido a pensare certe cose. Eppure c'è qualcosa in lei di misterioso, come se custodisse un doloroso  segreto dietro quello sguardo forte e sicuro di sè.
Come se il mondo l'avesse ferita più di quanto lei sia disposta ad ammettere.
"Dov'è la tua famiglia? Come sei finita a vivere qui, da sola?"
Si solleva e si appoggia sui gomiti, sorridendomi, come se si fosse aspettata questa domanda, prima o poi.
"Eravamo tanti, in famiglia.
Figli di letti diversi, a volte di origine davvero incerta, crescevamo senza che nessuno badasse a noi.
Quello che per tutti era nostro padre, Jacques Valois, sempre perso nei suoi deliri di grandezza e di riscatto; le nostre madri abbruttite dalla miseria e dal disincanto.
I miei primi ricordi sono le strade degli eleganti quartieri di Parigi,  dove mi spingevo per mendicare, con qualche fratellino stretto sulla schiena (1). Li ho visti morire praticamente tutti, chi di stenti, chi di freddo, prima ancora che imparassero a parlare, e io potessi ricordarmi i loro nomi.
Quando M.me de Boulainvilliers ci incontrò per caso e si impietosì per le nostre condizioni avevo sette anni, Jeanne otto e mio fratello maggiore Jacques dieci. Ci sistemò in un convento di suore carmelitane.
Non furono anni felici. Ci facevano sopravvivere, dandoci quel tanto da mangiare per non farci morire di fame e tenendo per sè i soldi che la nostra benefattrice elargiva.
A dodici anni Jacques entrò nell'accademia dell'esercito, sotto la tutela del marchese di Surmont. Dopo pochi mesi dal nostro arrivo in convento, Jeanne fuggì e fece ritorno dalla nostra protettrice.  Seppi più tardi che aveva  sposato  il nipote dello stesso  Surmont, Nicolas de La Motte."
"E che ne fu di tuo fratello?"
"Mio fratello aveva ereditato lo spirito sognatore di nostro padre, ma era troppo buono ed ingenuo.
Terminata l'accademia,  venne a prendermi dal convento e mi condusse a casa Surmont, dov'era ospitato,  ma poco dopo partì per la guerra in America.
Voleva farsi onore, diventare ricco e riportare agli antichi fasti il nome dei Valois."
La vedo abbassare gli occhi e tormentarsi le dita, presa da ricordi malinconici.
"Morì di febbre gialla durante il lungo viaggio in nave, nell'Atlantico. Non mise mai piede nel Nuovo Mondo...e questo è tutto."
Torna a sdraiarsi e volta la faccia verso il muro.
Con la mia curiosità ho sicuramente riportato alla luce ricordi dolorosi, e me ne pento immediatamente.
"Mi spiace, non volevo rattristarti"
"Si, lo so. Non devi preoccuparti"
Si volta nuovamente verso di me, e il suo sguardo ha riacquistato la consueta fierezza.
"Il dolore non è solo una cosa cattiva. Ti dà quella forza di agire, nel bene e nel male, che normalmente non possiedi." Mi scruta  un attimo, poi sorride.
"Tu, piuttosto, non hai ottenuto  le risposte che volevi... in ogni caso."
E mentre pronuncia queste parole, si allunga  verso di me, attirandomi ancora tra le sue braccia.
 
                                                   *                           *                           *

Ho lasciato Marie Anne mentre dormiva dolcemente. E' ancora presto per fare ritorno a Palazzo Jarjayes. Preferisco rientrare quando ormai sono tutti ritirati nelle loro stanze.
Per sfuggire al freddo pungente entro in una locanda lì vicino e ordino da bere, seduto davanti al bancone.
Alle mie spalle un gruppo di soldati gioca a carte  in modo chiassoso.
"Il dolore non è solo una cosa cattiva. Ti dà quella forza di agire, nel bene e nel male, che normalmente non possiedi."  
Penso alle parole di Marie Anne.
Penso che anche l'amore ti dà la medesima forza,  a volte si accompagna al dolore, altre lo lenisce.
E mi chiedo se questo vale anche per il Cavaliere Nero.
Non sarà stato sempre un ladro. Non uno come lui, che dona tutto ciò che sottrae ai nobili.
E' l'amore che lo guida, o il bisogno di vendetta?
Sorseggio con calma il mio boccale di birra, mi alzo e mi allontano.
Per raggiungere Palazzo Jarjayes devo ripercorrere la via dove abita la giovane Valois.
Sono avvolto nel mio mantello, e conduco il cavallo al passo, per non sentire l'aria gelida di questa notte.
La strada è illuminata dalla luce argentea della luna piena, ormai alta nel cielo.
Ed è allora che lo vedo.
Una sagoma nera vola sopra la mia testa, saltando da un tetto all'altro, spiegando un ampio mantello, nero come la notte.
Resto immobile. Ma nella mia mente si fa strada un tremendo sospetto.
Per questa notte non posso fare molto, ma domani  intendo recarmi all'Accademia Ufficiali.
Voglio sapere tutto su Jacques Valois.

(1) Ispirato alle memorie scritte dall'autentica Jeanne Valois, che pubblicò numerosi libelli autobiografici, non so quanto
veritieri...


 

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Capitolo 15
*** 15- Il bacio che conosco ***


13- Il bacio perfetto Sebbene questo capitolo sia stato tra i primi che ho scritto, e rappresenti la scelta del titolo della fic, non posso negare che sia davvero simile a tanti letti anche di recente nelle fic di questa sezione di EFP.  Tuttavia sono consapevole di essere stata "ispirata" da un'unica storia,  "Seta Nera" di Moonlight, che ringrazio per  le magiche sensazioni che sa trasmettere  e a cui riconosco l'assoluta originalità nel descrivere certi momenti tra Oscar ed Andrè.

15- Il bacio che conosco (1)


"Ecco, madamigella, siete pronta!
Oh, siete splendida, nessun'altra dama potrà competere con la vostra eleganza!"
Le parole di Colette accompagnano il mio lento movimento verso lo specchio.
Una sconosciuta, col viso pallido, velato di  cipria profumata, le labbra scarlatte, ed una parrucca contornata di lustrini e piume bianche mi osserva severamente dalla parte opposta della toelette .
Un senso di vuoto si impossessa di me. Congedo la mia cameriera personale senza un sorriso. 
La guardo uscire, osservando la sua figura nello specchio, e la vedo alzare le spalle, come se avesse colto la mia insoddisfazione ma non ne capisse la ragione. Devo apparirle davvero come una padrona stizzosa ed incontentabile!
Continuo a ripetere nella mia mente le argomentazioni con cui Hans è riuscito a convincermi a partecipare a questa mascherata, ma l'unica che mi sembra realmente convincente è la possibilità che, in una serata del genere, possa farsi vivo il Cavaliere Nero.
Questo è il motivo per cui sia Girodel che Andrè ci accompagneranno.
Avrei voluto spiegare personalmente al mio secondo ed al mio attendente (forse dovrei già considerarlo ex) il ruolo che rivestono nel mio tentativo di catturare il famoso ladro, ma ho scoperto, non senza amarezza, che mio padre e il mio fidanzato avevano già discusso la faccenda con i due uomini. Temono che possa mettermi in pericolo intervenendo in prima persona, ma mi chiedo, qualora non fosse così, come potrei entrare in azione ingabbiata in questo abito scomodo e rigido!
La parrucca, poi, è stato il colpo ferale per il mio amor proprio.
"Ma cara, è impensabile presentarsi ad un ballo in maschera senza una parrucca!- mi ha redarguita M.me Bertin- e poi come faremmo a sistemare tutte queste splendide piume?"
Già, che problema colossale! Cos'è la mia dignità  innanzi alla questione del piumaggio, che dovrebbe trasformarmi, per una notte, in un cigno?
Giro la testa per non dovermi  soffermare oltre  sul coscienzioso lavoro di M.me Bertin.
Vorrei strappare questo copricapo posticcio e  tutte le sue penne, ma mi dispiace mostrarmi a Fersen come una persona irragionevole, soprattutto incapace di divertirsi.
E' così felice del fidanzamento, cerca di inventare ogni giorno qualcosa di nuovo, con cui sedurmi e conquistarmi, con cui farmi apprezzare la sua compagnia, ed io sento di deluderlo ogni volta che non corrispondo al suo entusiasmo!
Mi faccio coraggio e scendo al piano di sotto.
"Il conte deve ancora terminare di vestirsi, Oscar.  Ti consiglio di aspettarlo nel tuo studio, dove  il camino è acceso"
La voce di Andrè alle mie spalle mi fa sussultare. Lo ringrazio senza voltarmi.
Improvvisamente ho vergogna di lui, non voglio che mi veda conciata come un ridicolo pennuto!
Il mio studio, luogo così familiare, riesce a restituirmi un po' di calma.
Sul tavolino davanti al fuoco sono rimasti il calice ed il liquore che Nanny mi ha servito al mio rientro da Versailles. Forse un altro goccio d'alcool in corpo può aiutarmi a sciogliermi un po'. Verso due dita del prezioso liquido, e poi, dopo un attimo di esitazione,  riempio il bicchiere fino all'orlo. Sento le voci di Fersen e di Andrè da dietro la porta: probabilmente il mio fidanzato, in veste di splendido pavone per questa sera, è finalmente pronto. 
Afferro il bicchiere e lo alzo, come per un brindisi, ridendo di me, poi lo svuoto tutto di un fiato.
Avverto immediatamente una fiammata lungo il collo terminare più in basso, dove il corsetto  imprigiona  il mio corpo, ed infine diffondersi lungo le membra. Chiudo gli occhi e mi appoggio al camino, colta da un leggero capogiro. Che bello, penso, che stia già facendo effetto!
Rialzo lo sguardo ed emetto un respiro profondo:"Adesso sono pronta"

                                               *                     *                       *

Il mondo è un turbinio di colori, urla e risate sguaiate, di volti rubizzi che mi ruotano attorno, di abiti variopinti che volteggiano davanti a me, come farfalle impazzite. Sono appoggiata ad una colonna di marmo, sento la superficie perfettamente levigata della pietra sulla pelle della mia schiena, scoperta dalla scollatura.
Nonostante le temperature già rigide, non ho freddo. Ho perso il conto dei bicchieri di vino che ho sottratto ai camerieri di passaggio, e questo senz'altro spiega la mia indifferenza al gelo.
Fersen è qui vicino. Ogni tanto si allontana, ride con qualche invitato, ma non mi perde di vista e incrocio spesso il suo sguardo, velato da un desiderio torbido, che forse sarebbe puro  se anche lui non fosse alterato dal troppo alcool bevuto.
Ho intravisto Girodel fuori dalla villa, avvolto in un pesante mantello, fermo ad osservare i giardini e a perlustrare l'esterno dell'edificio,  assolutamente privo di qualsiasi travestimento.
Un faro in piena notte per il Cavaliere Nero, ma
non  ho fatto osservazioni a riguardo.
Di Andrè ho perso le tracce dopo che ci ha aiutato a scendere dalla carrozza.
Non sarebbe la prima volta che mi vede dopo aver alzato il gomito, anche peggio di così, tuttavia sono felice che non sia qui, mentre mi faccio forza e resisto alla tentazione di lasciarmi scivolare per terra, senza ritegno.
Dopo un'ennesima risata, con l'ennesimo gruppo di giovani, Hans si avvicina ed appoggia le sue braccia sulla colonna, quasi imprigionando il mio viso. Chiudo gli occhi dietro la maschera, mentre sento la sua voce, suadente,  raggiungere le mie orecchie, vincendo il vociare che ci circonda e la musica dell'orchestra.
"Vi ho già detto, Francoise, quanto siete attraente stasera? E come sia felice di essere qui, con voi, soli,  senza la vostra inseparabile, onnipresente, adorabile balia?" e conclude ridendo, divertito da se stesso.
Accenno un sorriso, senza riaprire gli occhi.
"Mi perdonerete l'impudenza di approfittare di questo raro momento..."
La frase si arresta, come le sue labbra sulle mie.
E' un bacio leggero, accompagnato dal profumo delle essenze di cui fa un uso generoso, morbido come la sua bocca, che mi rapisce e mi inebria. Ma  è un attimo, e a questa sensazione si aggiunge quella del suo corpo, che preme sul mio, e delle sue mani, che si spostano sul corpino dell' abito.
Quando riprende a parlare,  sento l'odore di vino nel suo alito.
Ora non bacia più il mio volto, ma ripete con voce roca il mio nome, quasi ansimando, alternando queste invocazioni con  piccoli, insistenti assalti al collo, alle spalle, scendendo inesorabilmente verso la scollatura, verso i miei seni, sostenuti in modo invitante dal bustino.
E improvvisamente come è iniziato, il mio coinvolgimento si dissolve.
Invece di godere delle sue carezze, i miei occhi sembrano fissarmi, come se in quel momento fossi fuori da me stessa, e spiassi una estranea,  vestita di bianco e di piume, nascosta da una maschera candida come la neve,  quasi ubriaca, avvinghiata ad un uomo senza  volto, che gode di lei.
Allontano dolcemente, ma con fermezza, il mio fidanzato, con troppo alcool in corpo per opporre  resistenza, ed esco in giardino, alla ricerca di aria pulita.
Pochi passi e vengo trascinata  da una piccola cordata di ospiti chiassosi, che si dirigono al labirinto di siepi al limite del parco, lungo viottoli illuminati da fiaccole accese.
Appena entrati il gruppo si disperde. Una dama con un lungo becco di cartapesta sulla maschera mi prende per mano e mi  tira da una parte, correndo, ma la stretta si scioglie e, di nuovo sola, mi spingo nella direzione opposta, da dove rieccheggiano risate  e gridolini.
Vago in solitudine per alcuni tratti, poi mi riunisco a qualcuno, che mi afferra la mano e mi conduce da una parte, per poi separarci nuovamente.
Ormai ho perso completamente l'orientamento, ma rido e non  mi importa, e corro alla cieca, sollevando l'orlo dell'abito, certa che passerò il resto della mia vita  prigioniera di questo labirinto e della mia maschera immacolata, come un cigno incapace di alzarsi in volo.
Non so quanto tempo è passato, ma adesso comincio a sentire  freddo, e vorrei recuperare un briciolo di lucidità, per uscire dal labirinto.
E' una mano calda, forte e decisa, quella che prende la mia.
Alzo lo sguardo ed incontro una  maschera nera, circondata da un ampio pizzo teso sulla fronte, allungato sopra gli occhi come a formare due piccole punte.

Lo sconosciuto  mi fissa per un istante, poi si volta ed inizia a correre, trascinandomi con sè.
La mia vista è occupata dall'ampio mantello, nero anch'esso, che aprendosi ricorda il profilo delle ali di un  pipistrello.
Un pipistrello! Che travestimento  originale!

Per un attimo ho quasi pensato che il Cavaliere Nero mi stesse dando la caccia dentro al labirinto, invertendo i nostri ruoli. Eppure questo ospite dal costume bizzarro sembra spostarsi cercando qualcosa.
Ad un tratto si ferma. Mi spinge dolcemente contro la siepe, in un angolo che non è raggiunto dalle luci delle torce.
I nostri volti sono completamente al buio, ed il suo è vicinissimo al mio, lo sento.
Pochi istanti ed i miei occhi si adattano all'oscurità.
Riesco ad intravedere, ora,  le sue mani che,  lentamente, sollevano la maschera nera fin  sul capo e poi si spostano su di me, alzando anche la mia. Poi si appoggiano sulle mie guance e mi sembrano di fuoco, tanto è il calore che irradiano al mio volto. Adesso la sua voce  mi arriva,  vicina.

Non la sento con l'udito, ma attraverso le vibrazioni che le sue labbra provocano sulla mia pelle ghiacciata.
"Dove sei, Oscar? Dove sei andata?"
E lo riconosco, per come mi parla, per come mi chiama. Oscar.
Sento le sue dita infilarsi sotto la parrucca, dietro l'orecchio, e tirare due ciocche dei miei capelli, liberandoli e lasciandoli cadere sul collo.
"Ti prego....non ti perdere... non tradire  il tuo cuore"
Cerco di capire, di accettare quello che ho capito.
Vorrei chiedere, ma le sue labbra concludono la loro preghiera in una bacio che mi travolge, come un fiume in piena. Sono labbra che io conosco, soffici e calde,  e coprono le mie delicatamente, come se le aspirassero
(1)
Le dita della sua mano tornano a stringermi, sotto la parrucca, sfiorando il mio orecchio.
Ed inaspettatamente le mie labbra assecondano il lieve movimento delle sue, le mie mani si stringono sul tessuto della sua giacca, come per attirarlo a me, con una naturalezza  di cui ignoro l'origine.
Solo quando sento il freddo tornare a pungere la mia pelle, riapro gli occhi e realizzo di essere di nuovo sola.
Lo sconosciuto ha avvolto le mie spalle nella stola di pelliccia con la quale sono arrivata alla festa e si è dileguato.
Mi incammino lentamente, recuperando lucidità ad ogni passo, e in breve tempo imbocco l'uscita del labirinto.
Non era difficile.
Alzo gli occhi verso la luna, come un pallido viso splendente nel cielo.
E rido di me, dell'idea di essermi persa in questo prevedibile garbuglio di cespugli e sentieri.

(1) Frasi tratte dal manga

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Capitolo 16
*** 16- I figli del diavolo ***


16- I figli del diavolo Sono in procinto di partire per qualche giorno, auguro a tutte buon capodanno, ci si riscrive nel 2012!

16- I figli del diavolo

Il pesante portone della caserma si chiude alle mie spalle.
Non ho ottenuto molte informazioni, ma in fondo era prevedibile.
Nessuno è disposto a parlare nell'esercito.
L'unico dettaglio che mi è stato svelato circa la vita militare di Jacques Valois è il reggimento a cui apparteneva ed il nome del suo comandante, il conte Pierre de Vergennes.
Non ho avuto conferme riguardo il  suo effettivo arruolamento per la guerra d'America.
Il campanile  di Notre Dame batte le tre del pomeriggio.
A breve dovrò far rientro a palazzo e prepararmi per il ballo in  maschera di questa sera.  
Monto in sella  e mi avvio verso casa, ma sul Pont Royal sono costretto a fermarmi per lasciare passare una piccola processione di religiose, che si avviano a passo veloce, col capo chino, verso la cattedrale per la recita dei vespri.
Un'idea attraversa la mia mente! Il convento delle carmelitane dove Marie Anne e i suoi fratelli sono stati accolti dopo essere stati strappati dalla strada!
Con un movimento rapido volto il cavallo e mi dirigo al galoppo al monastero di Notre Dame de Couets (1).
Anni di pratica alla corte di Versailles mi hanno reso un abile ascoltatore, capace di indurre anche le persone più reticenti a raccontarmi quello che voglio sapere.
Con una religiosa, reclusa in un convento da una vita e con poche occasioni per chiaccherare, il compito è stato davvero facile, complici alcuni fiaschetti di vino, in donazione per le sante messe, ovviamente.
"Certo che li ricordo, che Dio mi protegga!" esclama Suor Magdalene, appena nomino i fratelli Valois.
"Furono accolti nonostante le loro umili condizioni perchè sapete, la nostra beata fondatrice, Francesca d'Amboise,  era stata  la nuora di Giovanna di Valois, sorella del Re di Francia Carlo VII, circa tre secoli fa (1)"
E si interrompe per compiere un rapido segno della croce.
"Ma quei bambini erano figli del diavolo, date retta a me!"
Comincio a pensare che la religiosa vaneggi. Forse mi sono rivolto ad una sorella troppo in là con gli anni.
Adesso abbassa la voce, e mi si avvicina con aria complice, come se stesse svelando un inconfessabile segreto.
"Tutti quelli che si sono occupati di loro hanno fatto una fine tremenda!
La povera contessa de Boulainvilliers morta in un incendio, il marchese di Surmont trovato ucciso col cuore trafitto,  sul lungofiume..."
"Ma loro, i fratelli Valois che avete accolto, che fine hanno fatto? Jeanne de la Motte è morta, ma sua sorella? Suo fratello Jacques? "
"Spariti entrambi, alla morte del marchese, che generosamente li ospitava.
Si sospettò immediatamente di loro, ma non lasciarono traccia.
E  si pensò che fossero coinvolti anche nell'improvvisa partenza per le Americhe  del conte Pierre de Vergennes, comandante e grande amico di Jacques Valois"
E, dettaglio che voi sorella non potete conoscere, cugino  del vicecomandante delle Guardie Reali,  Victor Girodel (2).


(1) Dettagli storici veritieri relativi all'ordine delle carmelitane, tranne l'ubicazione del convento, che si trova a Nantes
(2) Citato da Fersen nel  capitolo 13


                                                                         *                           *                             *


Al nostro arrivo la villa già brulica di ospiti in maschera dai costumi sgargianti.
Li osservo con distacco e un velo di irritazione.
Sembrano tanti bambini sciocchi e immaturi, che giocano vicino ad un burrone.
Ignari del mondo che si disfa attorno a loro, perpetuano uno stile di vita  irreale, falso, impossibile.
Ma stasera non ho pensieri per loro, e nemmeno per Oscar.
Troppo lontana dal mio cuore la donna che ho visto sfilare al braccio di Fersen. Quasi irriconoscibile.
E certamente già ubriaca al suo arrivo.
Non ho voglia di intirizzirmi al freddo aspettando il Cavaliere Nero.
Ho bisogno di pensare, di riordinare le idee.
Libero i cavalli dai finimenti e li conduco nelle scuderie.
Qui trovo diversi servitori attorno ad un fuocherello improvvisato, con le rigide divise slacciate, molti senza la parrucca che sono costretti ad indossare.
Li guardo con occhi nuovi, restando in disparte, appoggiato ad una trave.
Hanno i volti scarni, l'espressione amareggiata, sembrano tristi anche quando ridono a qualche battuta colorita.
Penso alla differenza rispetto agli aristocratici per i quali prestano servizio, ed anche verso quelli sospesi nel limbo tra questi due mondi estremi. Coloro che magari non sono nobili di nascita, ma non hanno mai conosciuto la fame e gli stenti, come me,  o quelli come i fratelli Valois, cresciuti in una realtà miserabile a cui però si sono aperte le porte del benessere in virtù dei loro antichi natali.
Sono tante le informazioni che ho raccolto nel pomeriggio, ma come un gioco ad incastri, fatico a mettere insieme tutti i pezzi  e a capire la verità.
Tra gli uomini viene fatta passare una bottiglia di vino, qualcuno la allunga anche a me.
"Sei Andrè Grandier, dei conti Jarjayes,  vero?" Mi chiede uno degli stallieri. Annuisco.
"Ti ho riconosciuto per quel bel codino che porti, con tanto di fiocco colorato, come un vero damerino!"
E scoppia a ridere, provocandomi. Bevo un sorso  e mi allontano, senza replicare.
Fuori stanno cadendo piccoli fiocchi di neve ghiacciata, ma nonostante il clima rigido,  molti ospiti si aggirano per il giardino, illuminato dalle fiaccole.
Tra questi riconosco subito un cigno bianco, dall'andatura incerta. Senza il suo cavaliere.
Sto per raggiungerla quando si unisce  ad un gruppo di giovani  ed entra nel labirinto.
Su una panchina, accanto a me, uno degli invitati si è sdraiato, completamente ubriaco. Veste un costume da pipistrello.
Le mie mani agiscono senza che quasi me ne renda conto.
Gli sfilo la maschera ed il mantello e li indosso.
Poi, appena prima di varcare l'ingresso del labirinto, estraggo il mio coltello a serramanico, mi taglio la coda di capelli con un colpo secco e la getto tra i cespugli. 

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Capitolo 17
*** 17- La beffa ***


17- La beffa E' un capitolo breve, in cui ho "cercato" ancora una volta di essere ironica (speriamo bene...)

17- La beffa

Le grida del generale rimbombano per la casa. E' rientrato da Versailles appena ricevuta la notizia.
Erano anni che non lo vedevo così furente.
La notte scorsa, mente la figlia, in compagnia  di Fersen, si divertiva alla festa in maschera  ed io e Girodel facevamo i cani da guardia, il famigerato ladro ha fatto visita a Palazzo Jarjayes.
Quello che ferisce maggiormente il padre di Oscar non è tanto l'enitità dei preziosi rubati, quanto l'offesa arrecata alla sua dignità ed al suo onore.  
Io trovo la situazione davvero divertente, e se sapessi chi è, mi congratulerei personalmente col Cavaliere Nero!
Rido segretamente pensando che l'oggetto di maggior valore custodito nella cassaforte svuotata stanotte era l'anello di fidanzamento di Fersen, con quell'enorme  rubino che gli è costato una fortuna!
Mentre il generale fa mille domande a mia nonna, che singhiozza in preda alla più totale confusione, e al resto della servitù, riunita  nell'androne del palazzo, compare Oscar, impeccabile nella sua divisa.
La vedo scendere le scale, mentre fissa la scena che ha di fronte.
Incrocia il mio sguardo e non lo lascia finchè non affianca suo padre.
"Padre, ascoltate. Tormentare la povera Nanny non servirà a nulla. Da questo momento mi occuperò io di scoprire chi è questo ladro, e vi garantisco che riuscirò a strappargli la maschera."
"Non se ne parla nemmeno, oggi è previsto l'arrivo della tua futura cognata, Sophie von Fersen, con la quale dovrai organizzare la cena per il tuo fidanzamento!"
Un lampo d'ira le attraversa lo sguardo. Ed io lo adoro, da troppo tempo mancava di infuocare  quegli occhi!
"Ho un piano..."
"Benissimo- la interrompe il generale- va di corsa da Girodel e spiegaglielo! Poi torna subito qui e renditi presentabile per la tua ospite!"
Negandole il tempo di replicare, si volta di scatto e lascia la stanza.
Lentamente tutti i domestici si allontanano, tornando ciascuno alle proprie mansioni e restiamo soli, io ed Oscar, uno di fronte all'altro.
Ricambio il suo sguardo, severo.
Forse ieri notte non era abbastanza incosciente e ricorda che l'ho baciata, nel labirinto.
O forse ricorda come lei ha baciato me.
Io non lo dimenticherò, finchè avrò vita. Complice, senza difese, senza paure.
Non ho grande esperienza, è vero, ma il suo era un bacio consapevole, nonostante fosse ubriaca. Perchè, sebbene il vino avesse confuso la sua mente e il suo cuore fosse sordo al mio richiamo, il suo corpo mi ha riconosciuto e corrisposto.
Mi guarda con un'aria leggermente sorpresa, poi mi chiede di sellare due cavalli e di accompagnarla a Versailles. Quando le volto le spalle per uscire, sento la sua voce, bassa, quasi temesse di farsi sentire.
"Stai bene con i capelli corti"
Sorrido. Con la confusione di stamattina è l'unica ad averlo notato.

                                      *             *          *

Pensavo che dopo l'ordine di suo padre si sarebbe lanciata al galoppo verso la reggia, invece mantiene l'andatura al passo e sceglie di allungare leggermente la strada, seguendo la via lungo il canale.
Questo inverno ci regala ancora una giornata soleggiata e tiepida.
Cavalchiamo in silenzio per un po', io dietro a lei, come sempre.
"Affianca il cavallo, Andrè"
La raggiungo, ma entrambi manteniamo lo sguardo fisso davanti a noi, sulla strada.
"Penso di aver trovato il modo per indurre il Cavaliere Nero ad uscire allo scoperto"
"E' davvero così importante catturare quest'uomo? In fondo aiuta i poveri con il superfluo che sottrae ai ricchi..."
Sento il suo sguardo su di me, scandalizzato.
"Un ladro è sempre un ladro!"
Già, e allora perchè non vai a catturare metà dei cortigiani di Versailles?
"Allora, pensavo che se qualcunaltro cominciasse ad emularlo, a rubare nelle dimore dei nobili, con un travestimento simile al suo, e si tenesse ben stretta la refurtiva, questo lo indurrebbe ad intervenire..."
"Ottima idea, Oscar. Anche se faccio fatica ad immaginarmi il conte Girodel che con la sua chioma fluente si cala con una corda..."
"Non pensavo a Girodel"
"Non vorrai farlo tu!? Tuo padre non te lo permetterà mai!"
Adesso si volta verso di me, in silenzio.
"Io?!"
"Saresti perfetto!"
Si, diciamo pure che sarei l'unico pazzo a seguirti in questa impresa altrettanto folle!
Non voglio catturare il Cavaliere Nero, io lo ammiro!
Poi penso che può essere conveniente anche per lui se sarò la sua esca. Potrei anche fallire, e farmelo scappare...
Non sto rispondendo e negli occhi di Oscar leggo mille domande. Che non osa rivolgermi.
Ma io sono già lontano con la mente.
Il vero nome  del Cavaliere Nero mi fa pensare ancora ai fratelli Valois. E al loro nobile amico, il conte de Vergennes.
Credo che mi rivolgerò  alla contessa de Noailles per raccogliere ulteriori informazioni, visto che mi è stata tanto utile quando cercavo l'identità della madre di Rosalie.
Proseguiamo in silenzio,
ciascuno immerso nei propri pensieri , 
fino alla reggia di Versailles.

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Capitolo 18
*** 18- Il mio Andrè ***


 Ho aggiunto una fanart splendida di Elisa85, ispirata al capitolo 15

18- Il mio Andrè

Sono sveglia, nel mio grande letto.
Avverto un leggero indolenzimento dovuto al troppo bere e al freddo della notte scorsa.
Mi riscuoto, mentre dietro la porta dei miei appartamenti  sento i passi frettolosi della servitù e la voce perentoria di mio padre. Non capisco cosa sia successo, il generale non si occupa mai dei rapporti con i domestici, delega completamente questa incombenza a Nanny.

Colette entra dopo aver bussato con tocco quasi impercettibile alla mia porta e lascia il vassoio della colazione.
"Aspetta !"La ragazza si blocca al mio richiamo.

Afferro la parrucca che ho indossato ieri al ballo e gliela allungo.

"Non voglio più vederla"
Mi guarda con occhi interrogativi e un po' impauriti.

"Dove volete che io..."
"Bruciala!" Esclamo di slancio, interrompendola.
Non so per quale motivo, ma quel innocuo oggetto mi ripugna in modo assoluto, soffro al solo  ricordo di averlo indossato.

Mi alzo e mi vesto. Consumo la mia colazione distratta, lentamente.
Da quando il vino mi fa sentire così...strana?

Prima di uscire, mi avvicino allo specchio e, come ogni mattina, da più di dieci anni, ripeto il gesto consueto di sistemarmi il colletto dell'uniforme  e la fascia che la lega in vita, ma i miei occhi, seguendo un richiamo sconosciuto,  si fermano sul riflesso delle mie labbra.
E il mondo si ferma. Sparisce l'immagine del mio corpo, avvolto nel rigido tessuto della divisa, lo sguardo severo e freddo dei miei occhi, il trambusto, oltre la porta. C'è la brezza di una gelida notte invernale, la calda luce delle fiaccole, una musica lontana, e  dita leggere  che cercano e liberano i miei capelli, imprigionati e nascosti sotto la parrucca, uno sguardo che mi entra dentro, superando il buio che mi avvolge, una voce quasi impercettibile, che arriva al mio cuore da strade sconosciute  e una bocca, dolce e carnosa, che trova la mia e vi si unisce, come fosse la sua naturale metà.
E' un incantesimo senza tempo, di un istante o più, non ricordo, ma che torna, con la medesima intensità di quando  l'ho vissuto. E mentre mi sfioro le labbra, in un gesto che sembra avere la magia di riportarmi in quella dimensione, nella mia mente prende corpo l'immagine di un volto. Andrè.
 
Andrè bambino, davanti al laghetto di salici, e poi più grande, insieme a me, chino sui libri di storia, Andrè con lo sguardo concentrato e fiero, mentre mi affronta con la spada, Andrè che addenta una mela,  con gli occhi bassi e l'aria  pensierosa, Andrè che mi sorride, mentre galoppiamo sotto la pioggia e mi copre con un mantello, Andrè che si volta a guardarmi, mentre cavalchiamo sulle bianche spiagge della Normandia, Andrè che mi stringe le braccia e contiene la mia ira, mentre mi scaglio contro il conte di St.Germain, Andrè che balla con Rosalie, Andrè sdraiato al mio fianco, su un prato, un filo d'erba stretto tra le labbra....
Giro il volto improvvisamente, come per interrompere questo flusso di ricordi, che mi scioglie dentro, in un dolce dolore
(1).
Lascio immediatamente la mia stanza e mi sporgo dalla balaustra della scala.
Nell'androne c'è mio padre e tutta la servitù di casa Jarjayes, compresi i giardinieri e i cocchieri.
Siamo stati colpiti dal Cavaliere Nero la scorsa notte.
Sotto di me vedo Nanny, in lacrime,  severamente interrogata da mio padre e tutti i domestici, col capo chino, per sfuggire ai suoi occhi fiammeggianti di rabbia.
Tutti, tranne Andrè.
Lo guardo e  la realtà che mi circonda si dissolve. Non sento più  la voce di mio padre, le deboli proteste di sua nonna, non vedo più i gradini, che le mie gambe percorrono per avvicinarmi a lui, vedo solo il suo sguardo, saldo nel mio, e percepisco la calma in mezzo alla furia del momento, avverto la sicurezza  e la forza di un uomo grande, la stessa che ho da sempre letto nei suoi occhi, limpidi e sinceri, quando uomo non era ancora.
Cerco di calmare mio padre, ma ottengo solo di essere richiamata ai miei obblighi di ospite nei confronti della sorella di Fersen. Devo recarmi a corte, ma solo per conferire con Girodel. Poi mi aspettano a casa.
Stavolta però, desidero che Andrè venga con me a Versailles.
Cavalcare insieme, lungo l'argine del canale, riscaldati dal tiepido sole di inverno, parlando poco, perchè ci capiamo anche senza parole, dondolati dal corpo dei nostri cavalli, circondati dai rumori ovattati della natura...Come riesco a godere di questi momenti, dopo esserne stata privata!
Lo guardo di sottecchi, sperando che non se ne accorga.
Gli ho chiesto di affiancarmi, per osservarlo meglio.
I capelli, non più trattenuti dalla coda, si muovono sospinti dal vento in modo capriccioso, cambiando in ogni istante la curva del suo profilo.
I miei occhi fissano alcuni istanti, quasi senza rendermene conto, le sue mani forti  e delicate al contempo, che trattengono senza sforzo le redini di cuoio, intrecciate alle sue dita, e le sue gambe, fasciate dai pantaloni scuri, che stringono i fianchi del cavallo e accompagnano il movimento fluido del suo corpo sulla sella...
E sento le guance avvampare, perchè mentre lo guardo, soffermandomi su particolari forse insignificanti, mi  torna alla mente un ricordo vergognoso, quando colsi una coppia di cortigiani avvinghiati contro un albero, in un angolo dei giardini di Versailles, durante una delle mie prime giornate a corte  come capitano delle Guardie Reali. Non capii subito cosa stavo osservando, non vidi i loro volti, nascosti nell'abbraccio in cui si stringevano, ma mi rimase impresso il movimento dell'uomo, oscillante sul corpo di lei, che lo stringeva a sè con le mani, gemendo di piacere.
Riporto la mia attenzione sulla strada, cerco di concentrarmi  sui miei progetti per il Cavaliere Nero, finchè intravedo luccicare in lontananza i cancelli splendenti di Versailles.
E un piccolo dolore, come la spina di una rosa, mi raggiunge, perchè avrei voluto cavalcare così, a fianco di Andrè, fino al tramonto...
Girodel già mi attende, mentre smonto da cavallo e con un sorriso porgo le redini di Cesar al mio attendente.
Victor è dispiaciuto per il furto a palazzo Jarjayes, si sente quasi responsabile.
"Chissà che rammarico, per voi, aver perduto l'anello che il vostro fidanzato aveva scelto ..."
Solo in quell'istante realizzo di non aver dedicato un solo pensiero a Fersen, oggi, di non averlo salutato, come faccio ogni mattina da quando è ospite da me, di non provare nulla per la sparizione del mio anello di fidanzamento.
"Vi giuro, comandante, che riuscirò a catturare quel ladro, fosse l'ultima cosa che faccio nella vita..." continua il mio secondo, mentre percorriamo i corridoi della reggia, ma i miei occhi intanto cercano  Andrè.
Lo vedo ai piedi della scalinata, mentre conversa amabilmente con la contessa de Noilles. Lei gli sorride continuamente, e si allontana con lui, porgendogli il braccio.
Non avevo mai notato l'effetto che Andrè può avere su una donna.
Girodel ha colto lo sguardo apprensivo che ho rivolto al mio attendente.
"Sapete, ho sospettato anche di lui..."
Mi giro di scatto, con un'espressione colma di stupore. Come può  credere che Andrè sia il Cavaliere Nero?
"State tranquilla, l'ho fatto seguire con discrezione. Ma si limita a  partecipare a riunioni sediziose e a frequentare una donna di Parigi... non fa nulla di illegale!"
Lo lascio senza parole quando, voltandomi nuovamente  verso di lui, replico con un filo di voce
"Chi? Il mio Andrè?"
 
(1) sempre dal manga...

                                 

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Capitolo 19
*** 19- Pezzi di vetro ***


18- Pezzi di vetro 18- Pezzi di vetro

Mi sento nervoso ed irritabile, e i postumi del ballo di ieri sera non cessano di tormentarmi.
La scoperta del furto di stanotte mi ha gettato nello sconforto.
Non mi ha mai particolarmente interessato la vicenda di questo ladro in costume, ma da questo momento lo odio, con tutto me stesso.
Ce l'ho con Girodel e l'intera Guardia Reale, una massa di damerini incapaci di fare il proprio dovere,  con Andrè, che non mostra alcuna iniziativa in questa impresa e ogni tanto, come ieri al ballo, sparisce senza lasciare traccia, e un po' anche con Francoise, che ha legato alla cattura di questo ladruncolo il momento del suo congedo dall'esercito!
Ora vorrei trovarmi lontano da Parigi, essere già in viaggio per la Svezia, aver già sposato la mia fidanzata ed essere altrove, con lei!
E' stato uno sforzo notevole stamane alzarmi dal letto e rendermi presentabile e l'ho fatto solo per l'arrivo di Sophie.
Ma è stata una grande delusione scoprire che Francoise era già andata a Versailles, senza nemmeno darmi il buongiorno.
E' tornata poco fa ed è stato quindi inevitabile che la prima presentazione con mia sorella sia avvenuta  mentre ancora indossava l'uniforme.
"Non me lo avevi detto, Hans!"
Mi ha bisbigliato Sophie,  nascondendo le labbra col ventaglio.
Sono certo che l'abbia fatto apposta, e questo accresce il mio risentimento.
Ma tutto svanisce non appena ritorna per la cena: i suoi splendidi capelli raccolti a scoprire la pelle diafana delle spalle, il corsetto che mette in risalto il suo meraviglioso corpo di donna e le sue mani affusolate, che ormai ogni notte sogno tracciare strade di carezze sulla mia pelle! Non riesco a portarle rancore, tanto è il desiderio che accende in me, quando si muove, inconsapevole della sua sensualità!
Dopo cena ci riuniamo  nella sala del piano ed ascoltiamo mia sorella, in una breve esibizione di canto.
Francoise ha chiesto ad Andrè di presenziare e francamente speravo che avesse perso l'abitudine di portarselo dietro in ogni occasione. Lo so, in fondo è innocuo, eppure stasera il mio malumore si riversa su di lui.

Lamento apertamente il mio rammarico per il danno subito dal famoso ladro parigino   e mi lancio in un'erudita dissertazione sul movente del suo mascheramento, attirando l'attenzione di Francoise.
"Secondo me si tratta di un personaggio noto, qui a Parigi.
Altrimenti perchè nascondere il suo volto? Teme senz'altro che qualcuno possa riconoscerlo..."
"Forse- interviene Andrè mentre, volgendomi le spalle, aggiunge legna al camino- non nasconde la sua identità, ma quello che è..."
Sono indispettito dall'interruzione, inutile per giunta.
"Non vedo la differenza, mio caro Andrè!"
Ma lei si, perchè diventa improvvisamente seria e lo studia, con insistenza, senza proferire parola.
Mia sorella è abbastanza stupefatta nel vedere un domestico intervenire in una conversazione tra nobili, e sono costretto a spiegarle  
che, fin dall'infanzia, è stato il fedele compagno di studi nonchè attendente della mia fidanzata.
"Oh- ha riso Sophie- anche io avevo un cagnolino da bambina, e non me ne separavo mai!"
Andrè è rimasto impassibile, ma Francoise non ha trattenuto un moto di stizza e ha rivolto  a mia sorella uno sguardo carico di antipatia.
"E come farete, caro Andrè, adesso che la vostra padroncina lascerà la Francia?"
gli chiede Sophie, con tono provocante.
Andrè sorride, un sorriso di sufficienza, che non dovrebbe permettersi.
"Parlate molto bene la nostra lingua, Madame..."
Come osa  ridicolizzare mia sorella? E perchè Francoise abbassa lo sguardo, con un'espressione di complicità,  invece di rimetterlo al suo posto?
Stasera quel uomo è strano...e poi come si è conciato i capelli?
Sembra un selvaggio!
"Comunque, nonostante sia grato a vostro fratello per l'offerta di potermi trasferire, insime alla mia padroncina , e continuare a prestare servizio nel vostro paese natio, ho deciso che seguirò le sue orme, e partirò per il Nuovo Mondo.
In Francia non ho legami, a parte mia nonna, e ritengo che l'America sia un luogo che offre tante occasioni per un giovane ..."
Le sue parole sono interrotte dal rumore di un tavolino che si capovolge improvvisamente e di bicchieri che si infrangono, per terra.  
Mi volto, e mia sorella mi imita. 
Francoise è lì, in piedi, le mani strette sul tessuto dell'abito, pezzi di vetro ai suoi piedi, gli occhi spalancati, fissi su di lui. 
Che li abbassa, invece, quasi si sentisse responsabile. E invece, non può essere così.
"Oh, cara ,vi sentite male?" Cinguetta Sophie.
Mi alzo e nel medesimo istante lei  si volta e rapidamente si muove verso la porta.
La raggiungo e le parlo piano, dolcemente, mentre vedo le sue spalle scosse da singhiozzi trattenuti.
"Francoise, che vi succede?"
Silenzio. La sua mano sta già abbassando la maniglia.
"Aspettate, vi prego...ditemi...posso fare qualcosa per voi?"
Si volta verso di me, un attimo solo, prima  di lasciare la stanza.
C'è un dolore che non conosco, nei suoi occhi.
Mi sorride, ma è uno sforzo evidente. E inutile.
"No, grazie, Hans...Buonanotte"

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Capitolo 20
*** 20- Caccia al ladro ***


 20- Caccia al ladro

Piccoli fiocchi di neve stanno scendendo dal cielo plumbeo, questa sera.
E' la notte di Natale, è il mio compleanno. E tu non ci sei.
Alle mie spalle sento le risate degli ospiti: Hans e Sophie von Fersen, alcune mie sorelle con rispettivi consorti e i miei genitori. La casa brilla di luci colorate e di addobbi festosi, i vasi sono colmi dei numerosi fiori che il mio futuro marito mi ha fatto recapitare, appositamente giunti dall'Olanda.
Eppure sento che il mio posto non è qui.
Dovrei essere fuori, sotto la neve, nascosta in qualche anfratto, pronta a sguainare la spada, mentre ti seguo dare la caccia al Cavaliere Nero.  Per assicurarmi che tutto vada bene, per proteggerti.
Perchè questa è una mia sfida, ma la stiamo combattendo sulla tua pelle. E non sei neanche convinto che sia la cosa giusta.
Tengo ancora stretto tra le mani il calice con cui abbiamo brindato al mio compleanno e al mio imminente matrimonio, il prossimo 6 gennaio. Ma non ho provato alcuna gioia.
Continuo ad avvertire un senso vago di pericolo, legato a questa missione.
Ci siamo salutati prima che tu uscissi, insieme a Girodel. Perfetto nel tuo travestimento nero.
Uno sguardo silenzioso, e un tuo ironico gesto di saluto militare, portando due dita alla fronte, accompagnato da uno dei tuoi rassicuranti sorrisi.
"Ma si limita a partecipare a riunioni sediziose e a frequentare una donna di Parigi..non fa nulla di illegale"
Le parole di Girodel continuano ad affiorare nella mia mente.
Nonostante io insista a considerarle di nessuna importanza, galleggiano nei miei pensieri, senza affondare mai. E mi accorgo che  fanno male.
Come mi fa male essere qui stasera, senza di te.
Non dovrei provare questi sentimenti.
Ho trascorso sette anni senza vedere Hans, ci sono stati momenti in cui la mia vita mi è apparsa vuota e un po' incolore, ma non ho mai avvertito questa sorta di ferita tagliente nell'anima. Come se fosse una parte di me a mancare. E se credevo che l'amore per Fersen avrebbe riempito la mia esistenza, ora realizzo che l'ha svuotata di quello che c'era per riempirla di facezie.
"Dovete organizzare la cena per il vostro fidanzamento! Cosa c'è di più eccitante?" mi ha detto piena di entusiasmo la giovane sorella di Fersen.
Eccitante? Decidere il numero di portate? Se servire prima la zuppa di tartaruga o la portata di pesce? Se utilizzare le posate d'argento con lo stemma dei Jarjayes o con l'effige dei borboni?
Mi porto la mano alla tempia
(1).
Ma posso forse continuare a dirigere parate militari a corte? Seguire l'addestramento delle nuove reclute? Leggere i monotoni resoconti di Girodel ?
Perchè tutto sembra darmi noia ed essere privo di senso, di gusto? Perchè sento di aver sacrificato qualcosa di trascurabile per qualcosaltro di altrettanto vacuo?
Perchè non riesco ad immaginare una vita in Svezia con Fersen pensando che attraverserai l'oceano per raggiungere un mondo lontano e sconosciuto?
Porterai la tua donna con te?
Sussulto al contatto delle sue dita sulla mia pelle.
"Siete malinconica mia cara, stasera?"
No. Non è solo malinconia.
E' che mi sento come un falco rinchiuso in una voliera.
Questo non è il mio posto. E Hans è l'uomo sbagliato.
 

Ho fatto ricorso  alla classica  scusa delle nobildonne e mi sono ritirata prima degli ospiti, lamentando un fastidioso mal di testa. Una mezza bugia.
Mi sono cambiata, ho congedato Colette, ma non sono andata a dormire.
Avvolta nella vestaglia continuo a passeggiare per la stanza, sempre più nervosa.
La pendola del corridoio ha battuto le due di notte, eppure non sei ancora rientrato. Il fuoco del camino si è ormai spento e anche le ultime braci si sono raffreddate.
Mi siedo accanto alla finestra e raccolgo le gambe al petto: non andrò a dormire finchè non sarò certa che sei rientrato, sano e salvo.
E' il mio ultimo pensiero coerente, poi  la stanchezza mi vince.
Quando riapro gli occhi, la luce fredda dell'alba che si riflette sul candido manto nevoso, caduto nelle ultime ore, sta vincendo sull'oscurità della notte.
Mi sento intirizzita, ho le mani ghiacciate.
A quest'ora  la servitù è già in piedi e ha cominciato a svolgere le proprie mansioni. Decido di non attendere l'arrivo di Colette per consumare la mia colazione in camera; preferisco raggiungere le cucine, di certo più riscaldate della mia stanza.
Nanny sta già dirigendo alcune ragazze nella preparazione delle pietanze per la giornata.
"Madamigella, cosa fate in piedi a quest'ora del mattino? Tornate pure nei vostri appartamenti, vi farò mandare la colazione da Colette, immediatamente!"
"No grazie, Nanny. Il fuoco si è spento la notte scorsa e la stanza è fredda, preferisco bere qualcosa di caldo, qui"
La mia balia mi sorride dolcemente e con un rapido sguardo intima ad una cameriera di sistemare la tavola per me, mentre mi siedo.
"Dovrò riprendere Colette! Lasciarvi al freddo tutta la notte!"
Già, Andrè non ha mai permesso che il fuoco della mia camera si spegnesse, provvedeva sempre a rifornirlo di legna prima di andare a letto, quando magari io dormivo da ore e nemmeno lo sentivo entrare...
"Nanny, a che ora è rientrato Andrè?"
Chiedo con un filo di voce, mentre soffio sulla tazza di the bollente.
"Veramente...non è rientrato affatto."
"Non è rientrato?" esclamo, mentre un brivido  di paura mi corre sulla pelle.
"No, in effetti. "
Un velo di preoccupazione altera la sua voce.
"Stamane all'alba un messo del conte Girodel ha lasciato questa missiva per voi" continua Nanny, indicando un foglio ripiegato e  chiuso con la ceralacca, appoggiato sul caminetto.
Mi alzo di scatto e lo afferro, strappando con furia il sigillo.
Scorro velocemente la lettera, riconoscendo la familiare grafia del mio ufficiale.
Andrè ha incrociato il Cavaliere Nero, a Palais Royal, dove si teneva la tradizionale festa di Natale organizzata  dalla famiglia dei Duchi d'Orleans.
E' cominciato un duello, che dal tetto del palazzo si è spostato nei giardini. 
E qui Girodel ha perso le loro tracce.
Andrè e il Cavaliere Nero sono semplicemente...spariti.


(1) Immagine suggerita da Elisa85,  che ringrazio!

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Capitolo 21
*** 21- Buio ***


 21- Buio

Mi aggiro solo per i giardini di Palais Royal.
Alzo la testa al cielo. Piccoli fiocchi di neve, come impalpabili cristalli, scendono su di me. Chiudo gli occhi un istante, e lascio che si dissolvano sulla mia pelle.
Oscar. Oscar. Oscar.
Persisti ad occupare sempre i miei pensieri.
Chissà cosa stai facendo ora. Ti ho salutato prima che iniziasse la vostra serata,  i festeggiamenti per il tuo compleanno e per il tuo matrimonio, tra circa dieci giorni. Mi sei sembrata così bella e viva, stasera.
Nei tuoi occhi un tumulto, un fuoco, che vorrei fosse un po' legato anche a me.
So che avresti desiderato affiancarmi in questa impresa e che sei preoccupata, anche se non me lo hai detto.  E mi domando  se ti rendi conto che questa sarà la tua vita, d'ora in poi. Aspettare a casa mentre gli uomini agiscono, anche a nome tuo, ma senza di te.
Girodel mi ha scortato  fino alla tenuta dei Duchi d'Orleans, dopo avermi ripetuto allo sfinimento come entrare nel palazzo e dove trovare il forziere con i gioielli di famiglia.
Con l'aiuto di alcuni picchetti mi arrampico sulla torre di nord-ovest, per raggiungere lo studio privato del cugino del re, senza incontrare difficoltà.
"Avrei proprio voluto vedere il conte Girodel  a destreggiarsi come me..." mi dico a voce bassa, sorridendo.
Quando sto per arrivare alla finestra, noto le tende agitate dal vento sopra di me.
E' aperta. Qualcuno è già entrato da qui. Lui.
Rifletto un attimo su come agire, e sento il mio cuore accelerare.
Decido di raggiungere il tetto ed aspettare che esca con la refurtiva.
Voglio seguirlo, voglio solo sapere chi è.
Nel silenzio della notte, mentre in lontanaza si perde il chiassoso vociare degli ospiti, proveniente dal salone delle feste, percepisco con chiarezza i suoi spostamenti nella stanza, sotto di me. Guardo  nel giardino attorno alla torre per accertarmi che Girodel o qualcuno dei soldati che ha portato con sè non sia troppo vicino.
Non potrei dire quanto tempo sia trascorso prima di vedere finalmente  la sua sagoma stagliarsi sul profilo dell'abbaino e raggiungere il tetto, con un agile balzo.
Pochi passi di corsa nella mia direzione, mentre lentamente mi alzo in piedi, palesando la mia presenza.
Lo vedo fermarsi. Mi fissa, immobile.
Come tre mesi fa, al ballo dei conti Lamballe. Ma non può riconoscermi, non sa chi io sia e quali siano le mie intenzioni, stavolta. Punta gli occhi sul fioretto legato al mio fianco.
Prima che possa rassicurarlo in qualche modo, vedo baluginare davanti a me il freddo metallo della sua spada.
"E va bene, Cavaliere Nero!"
Estraggo a mia volta l' arma e lo affronto, in difesa.
E' veloce ma debole nei suoi affondi. Forse, come me, non ha intenzioni malevole.
Lascio che i suoi colpi mi spingano ad arretrare verso il limite del tetto, poi lo vedo voltarsi rapidamente e correre verso una corda legata ad un comignolo.
Lo seguo, mentre, calatosi per pochi metri, si lascia cadere pesantemente sull'erba. Avrà pensato che volessi tagliare la cima per farlo precipitare.
Lo imito e mi metto a correre per raggiungerlo.
Si inoltra nel boschetto di larici del giardino, e lo intravedo dirigersi verso il laghetto ghiacciato della tenuta.
Maledizione, è veloce!
Quando sento i suoi passi rapidi sulle assi di legno del ponticello, mi gioco il tutto per tutto.
"Aspetta! Non voglio farti del male! Dimmi solo chi sei!"
Si ferma improvvisamente e si volta, evidentemente sorpreso dalle mia parole.
Mi avvicino lentamente, con la stessa cautela che ho imparato ad impiegare di fronte ad un cavallo ancora indomito. Piccoli passi, molto lenti, ma costanti, senza staccare il mio sguardo dal suo, appena visibile nell'oscurità della notte.
Rimane immobile, ma alza la spada, portandosela con la mano proprio davanti al volto.
"Come fa Oscar" mi viene da pensare, mentre lo osservo.
Poi improvvisamente un boato, come un'esplosione, e il cielo si illumina di mille luci colorate, che si irradiano nel buio  e scendono in scie luminose, che si intrecciano e sovrappongono. Non mi lascio distrarre dallo spettacolo  dei fuochi d'artificio e compio un ennesimo, piccolo passo verso il fuggitivo, fermo nella sua posizione di difesa.
E mentre sto cercando di pensare cosa dire per non indurlo a scappare, perchè si fidi di me, vedo un particolare.
Il particolare.
Quello che cerco da giorni, quello che mi mancava per capire...
Sotto le luci artificiali dei festeggiamenti  risaltano,  sull'impugnatura della spada del mio avversario, tre gigli dorati.
Alzo gli occhi dallo stemma dei Valois e li punto in quelli nascosti dalla maschera nera.  E in un lampo il nome del Cavaliere Nero è sulle mie labbra.
Troppo tardi.
La lama della sua spada si avventa su di me ed io alzo la mia, con un gesto riflesso. Il rumore che segue è quello della staccionata di  legno che si rompe e del sottile strato di  ghiaccio sotto di noi che si infrange.
Poi è solo freddo, buio.   

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Capitolo 22
*** 22- Il ritorno di Oscar ***


 22- Il ritorno di Oscar

Non riesco  a credere alle mie orecchie.
Nanny abbassa gli occhi di fronte al mio sguardo sconcertato e si congeda rapidamente con un inchino.
Francoise è uscita stamane, molto presto. Senza aspettarmi, senza salutarmi. Ignorando completamente i suoi doveri nei confronti di mia sorella.
Tutto per precipitarsi in compagnia di  Girodel nella tenuta dei Duchi D'Orleans, dove ieri notte ha colpito il Cavaliere Nero, facendo perdere per l'ennesima volta le sue tracce, ma questa volta insieme ad Andrè.
Consumo silenziosamente la mia colazione, sotto lo sguardo indagatore di Sophie, ed infine mi alzo, gettando a terra il tovagliolo, deciso a raggiungerla.
Questa storia deve finire! Per quanto io ammiri Francoise per le sue particolari doti e capacità, per il suo coraggio e la sua determinazione, desidero ardentemente che d'ora in poi si dedichi a me, al nostro matrimonio, alla sua nuova vita!
Con l'intenzione di parlarle ed essere estremamente chiaro su questo che ritengo un concetto essenziale per il futuro della nostra unione, raggiungo Palais Royal.
Un domestico mi conduce nel parco, dove Francoise e Girodel si trovano dal momento del loro arrivo.
La vedo mentre passeggia avanti ed indietro sul piccolo ponticello di legno che attraversa, nel punto più stretto, il lago della tenuta. La staccionata di legno è visibilmente rotta.
Fissa un punto preciso sull'acqua, dove la superficie ghiacciata è solcata da numerose crepe e scissure, per poi tornare con lo sguardo sulle macchie di cespugli che circondano il palazzo. Girodel è poco distante da lei, vicino ai loro cavalli.
Non tradisce nessuna sorpresa quando mi nota. E nessuna felicità.
"Perchè siete qui, Hans? Tornate da Sophie, prenderete solo un sacco di freddo..."
"E voi, Francoise? Perchè siete qui?" replico  mentre l'afferro per un braccio, impedendole di allontanarsi da me.
Mi fissa con occhi colmi di rabbia.
"Come fate a non capire? Andrè era qui a battersi col Cavaliere Nero per obbedire ad un mio ordine, ed è sparito..."
"Andrè è un vostro servitore, non ha fatto niente di più di quanto gli compete...e se il ladro lo avesse ferito, o peggio ammazzato, lo avreste trovato!"
Passano alcuni istanti di silenzio, dopo queste mie parole. Attimi in cui mi fissa, e non vedo traccia, in quegli occhi, della leggiadra, incantevole e seducente giovane donna che ha accompagnato il primo periodo del mio rientro dalla guerra.
"Lasciatemi andare, immediatamente"
Mollo la presa sul suo polso.
" Francoise, anche io sono stato danneggiato da questo bandito, ma non per questo..."
Non mi lascia terminare la frase.
"Non una parola, Hans. Non aggiungete una sola parola!"
Mi volta le spalle e raggiunge il suo cavallo.
Una volta montata in sella  si rivolge al conte Girodel.
"Devo recarmi a Versailles"
"Versailles?" ripete l'uomo, senza capire.
Non si ferma un minuto di più. Tira le redini di Cesar e si allontana al galoppo.

                                *                       *                   *

Ho trascorso la giornata avvolto in una densa inquietudine, incapace di fermare il mio pensiero su qualcosa di diverso che non fosse lei.
Non sento nemmeno le chiacchere di mia sorella, mentre si ferma a sistemare il risvolto di pizzo della mia camicia.
Una pioggia battente si è riversata su Parigi, cancellando ogni traccia del manto nevoso caduto la scorsa notte.
Mentre sento alle mie spalle sopraggiungere gli ospiti selezionati, a cui è stata riservata questa serata,  con le loro lamentele per il maltempo e le pessime condizioni delle strade, mantengo il mio sguardo fisso sul vetro e sulle centinaia di gocce di pioggia che vi si abbattono senza tregua.
Sorrido distratto quando qualcuno mi si avvicina per congratularsi e torno alla realtà solamente quando riconosco il suo passo varcare la soglia della sala.
Nell'attimo in cui  mi volto, lentamente, nel silenzio glaciale che si è creato, so già cosa mi aspetta. Il mio cuore me lo ha sussurrato per l'intera giornata, prima che i miei occhi ne abbiano conferma.
Davanti a me c'è Oscar.
Oscar.
Impeccabile nella sua alta uniforme, la divisa scarlatta, la spada legata alla cintola, i capelli sciolti, liberi. Gli occhi severi e glaciali che hanno sempre contraddistinto lo  sguardo fiero del Comandante delle Guardie Reali.
Quando mi avvicino, tanto da sentire il suo respiro sul mio viso, li abbassa.
Non sono in grado di tollerare altro e lascio immediatamente la stanza.
Quando infine mi raggiunge nella mia camera, sto già dando ordini ai servitori per la preparazione dei bagagli.
Mi dirigo verso il camino, senza degnarla di uno sguardo.
"Mi spiace, Hans. Avrei dovuto capire prima...non volevo mettervi in una situazione di imbarazzo..."
"Imbarazzo, dite? Voi mi avete umiliato, pubblicamente, e non ritengo di essermelo meritato!"
"No, è vero."
Passano alcuni istanti, l'unico rumore è questa maledetta pioggia che si accanisce sulle vetrate. 
"Spero che possiate perdonarmi e dimenticare, col tempo, conservando unicamente il ricordo dell'amicizia che ci ha uniti per lunghi anni"
Vorrei intimarle  di uscire subito dalla mia stanza, che le sue scuse o le sue spiegazioni non mi interessano, ma quando mi volto, lei se n'è già andata.
Per sempre.


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Capitolo 23
*** 23- Solo una donna ***


 Spero riusciate a raccapezzarvi con i personaggi  che sono stati citati nei precedenti aggiornamenti (vedi "Ricordi di famiglia", "Figli del diavolo")
E' d'obbligo una OLA a Serelalla, che l'aveva intuito già dal capitolo 10...


23- Solo una donna

Spogliato dei miei vestiti fradici, col corpo avvolto in una coperta, allungo le mani verso le fiamme del fuoco che arde nel caminetto.
Quando finalmente i brividi cessano di scuotermi, mi avvicino al letto e mi infilo. Prendo tra le braccia il suo corpo, nudo anch'esso, e lo stringo al mio petto. Lentamente il suo tremore si attenua e stremati dagli avvenimenti di quella notte, scivoliamo nel sonno.
Marie Anne ed io.  Il Cavaliere Nero ed il suo sosia.
Quando riapre gli occhi, il sole è già alto.
Mi sono rivestito e la sto fissando, seduto su una sedia, davanti a lei.
Solleva debolemente il capo, poi lo lascia ricadere pesantemente sul guanciale.
"Perchè tu?" mi chiede, col volto premuto sul cuscino.
"Perchè Oscar voleva catturare il Cavaliere Nero."
Rimane immobile.
"E perchè io non volevo" aggiungo.
Mi alzo per prendere l'acqua che ho messo a bollire sul fuoco e le preparo qualcosa di caldo.
"Grazie" mi sussurra, mentre le porgo una tazza di the.
"Ti prego, non guardarmi così"
Lo dice lasciando cadere i capelli davanti al viso, come per nascondersi a me.
"Non ti biasimo, Marie. Però vorrei capire.
Mi ero convinto che tuo fratello non fosse realmente partito per le Americhe, che fosse il responsabile dell'uccisione del marchese de Surmont, che fosse lui il famoso ladro..."
"Come fai a sapere certe cose?"
Rialza il viso con un gesto rabbioso, fissandomi con sospetto.
"Non ha importanza, non credi? Raccontami  la vostra storia, al di là dei pettegolezzi che ho potuto raccogliere..."
Sospira stancamente e mi indica un vecchio libro sgualcito, appoggiato su di una mensola.
E' una copia consunta de "Le mille e una notte". Lo prendo delicatamente. Dalle ultime pagine cadono nelle mie mani alcune lettere ripiegate.
"Leggile" mi ordina, senza guardarmi.
Sono datate a quasi dieci anni fa, e sono tutte scritte dalla medesima persona, Pierre de Vergennes. 


Mio unico amore,
ti scrivo tutti i giorni, perchè non sono certo che le mie missive giungano a destinazione, tra le tue mani. Soffro in modo indicibile per la lontananza tra noi, ma al contempo nutro la speranza di poterti rivedere presto...


Mi interrompo immediatamente di fronte a quelle poche righe.
Lascio il libro e il suo contenuto e mi avvicino a Marie, ancora col volto chino, nascosto dai capelli. Il suo sguardo sembra perso in ricordi lontani, i suoi occhi non trattengono le lacrime.
Mi inginocchio davanti a lei e le prendo le mani.
Restiamo in silenzio per lunghi minuti, prima che riesca ad aprirsi in una dolorosa, sussurrata confessione.
"Ho ucciso io Surmont..."
Mi irrigidisco, sorpreso.
"...dopo che lo stesso aveva tolto la vita a mio fratello Jacques, nel corso di un duello, all'alba di una mattina di dieci anni fa, sul lungofiume. Quando ho scoperto cosa aveva intenzione di fare, l'ho raggiunto, ma era troppo tardi. Ho spinto il suo giovane corpo senza vita nelle acque della Senna e l'ho visto affondare, lentamente...non ho potuto dargli nemmeno una tomba in cui riposare"
Si interrompe, scossa dai singhiozzi.
"Marie, so perchè tuo  fratello ha sfidato il suo stesso benefattore"
Mi guarda stupita.
"Avrei agito esattamente come lui se l'uomo di cui mi fidavo, che consideravo come un padre, avesse approfittato in modo così spregevole di mia sorella, una ragazzina che aveva già tanto sofferto prima di essere ospitata in quella casa!"
"La mia esistenza è stata solo miseria e soprusi, non ho possibilità di riscatto. Volevo che per qualcuno le cose fossero diverse, volevo salvare qualche famiglia dalla fine tragica che ha subito la mia. Senza aspettare che uno dei numerosi idealisti cambiasse il mondo. Per tanti sarebbe stato tardi.
Per questo ho deciso di diventare il Cavaliere Nero.
Il travestimento serviva a nascondere..."
"..che il ladro tanto temuto è una donna, solo una giovane, coraggiosa e indomita donna" concludo io.
"Già" sorride amareggiata.
"E il giovane conte de Vergennes?"
Mi rivolge una sguardo carico di dolore, dopo aver pronuciato quel nome.
Un dolore sconfinato, che sembra superare in intensità tutte le sofferenze che ha dovuto subire nella sua giovane vita. Che le strappa persino le parole.
Con un gesto della mano, mi invita semplicemente a continuare nella lettura della corrispondenza gelosamente custodita nel suo vecchio libro di favole.



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Capitolo 24
*** 24-L'amore sbagliato ***


 Tanto per farvi orientare, questo è quello che succede a Versailles, prima che Oscar mandi all'aria il fidanzamento.

24- L'amore sbagliato

"Ma certo Madamigella Oscar, ricordo  perfettamente la conversazione col  vostro attendente" risponde in modo civettuolo la contessa de Noilles alla mia domanda.
Sospiro con sollievo, per la prima volta da due giorni.
Ho ripensato molto al comportamento di Andrè in questo ultimo periodo e sono arrivata alla conclusione che stesse seguendo una traccia per identificare il ladro che mi affanno a cercare da settimane.  Andrè è sempre stato abile a raccogliere informazioni, a discriminare tra un semplice pettegolezzo e un brandello di verità e sono certa che l'incontro con la contessa de Noilles avvenuto durante la nostra ultima visita a corte non sia stato casuale.
Ma quando la nobildonna pronuncia il nome di Pierre de Vergennes, figlio del nostro ambasciatore all'Aia, nonchè cugino di Victor Girodel, comincio a dubitare del mio intuito.
"Oh, si, ne sono certa! Mi ha chiesto se ricordavo le circostanze della sua improvvisa partenza per la guerra oltreoceano" continua la contessa, mentre passeggiamo lungo il Salone degli Specchi, seguiti dagli sguardi curiosi dei nobili presenti oggi a Versailles.
"E voi cosa gli avete risposto?"
"Oh, madamigella, è stato facile accontentarlo!"
Qualcosa nel suo tono di voce mi irrita per un istante, ma cerco di non distrarmi.
Sembra, tuttavia, che la mia interlocutrice lo abbia notato.
"Intendevo affermare che ciò che mi veniva richiesto non era affatto un segreto, ma una storia che è stata sulla bocca di tutti, per diverso tempo..."
Ora sembra quasi volersi giustificare ai miei occhi.
Nessuna nobildonna che frequenti Versailles può ignorare la mia completa avversione per i pettegolezzi di corte.
Adesso devo superare la sua diffidenza. Cerco di sfoggiare il mio sorriso più rassicurante.
"Contessa de Noilles, vi sarei infinitamente grata se voleste ripetere anche a me le parole che avete riportato a Monsieur Grandier"
Avvicina il ventaglio di piume alle labbra e mi si accosta in modo complice.
So che la maggior parte delle nobili di Versailles coltiva  il sogno di potermi parlare in modo così privato ed esclusivo. Per la contessa de Noilles sembra sia arrivato il grande giorno.
"Il giovane conte Pierre de Vergennes era in stretti rapporti di amicizia con Jacques Valois, suo compagno d'accademia e sottoposto nell'esercito.
Un legame  del tutto inadeguato per il primo. Il suo amico era un discendente del ramo "bastardo" della  vecchia dinastia regnante, nonchè un giovinetto strappato dalla strada e dalla miseria  per merito del buon cuore di Madame de Boulainvillers e del Marchese de Surmont.
Tuttavia, finchè il legame si limitò a Jacques, la famiglia del nobile de Vergennes tollerò un rapporto così poco consono al suo status. Ma quando si invaghì della sorella del suo sfortunato amico, la famiglia non potè ignorare l'abisso che lo separava dai fratelli Valois..."
"Jeanne Valois? Mi state dicendo che il cugino del conte Girodel aveva legami con quella ...donna?"
"No, no...mi riferivo alla minore delle sorelle, Marie Anne!"
Ignoravo completamente l'esistenza di una terza sorella, oltre a Rosalie.
Dalla finestra del corridoio i miei occhi trovano l'immagine di Girodel.
Il mio vice mi ha diligentemente seguita a corte ed ora mi attende nei giardini della reggia. Mi sento un po' colpevole a scavare tra i segreti più intimi della sua famiglia.
Il mio silenzio improvviso induce la contessa a continuare il suo racconto.
"Figuratevi, poi,  quando è stato chiaro a tutti la natura dei rapporti tra la giovane Valois ed il marchese de Surmont!"
Torno a fissare la donna, severamente.
Si allontana di qualche passo, come fosse consapevole di avermi urtata, in qualche modo.
"Continuate"
"Il marchese non fece segreto delle sue attenzioni per la fanciulla ospite a casa sua, insieme al fratello. Questo risultò assolutamente inaccettabile per la famiglia de Vergennes. Non avrebbero mai acconsentito ad un'unione tra il loro erede ed una giovane dalle origini così umili e dalla reputazione segnata per sempre.
Secondo alcuni, fu lo stesso conte de Vergennes ad arruolare il figlio per la guerra di Indipendenza Americana, con lo scopo di allontanarlo dall'oggetto della sua infatuazione. Secondo altri, invece, fu proprio Pierre a decidere di partire, per sfuggire agli obblighi verso  il suo casato"
"E che fine fece Marie Anne Valois?"
"Dopo la misteriosa uccisione del marchese de Surmont, i fratelli Valois sembrarono spariti dalla faccia della terra...
Di certo, nessuno parlò più di loro nei salotti aristocratici di Parigi.  Perchè avrebbero dovuto?"
Mi volto a guardarla, non riuscendo a dissimulare l'astio provocato da questo ultimo commento.
"Grazie per questa interessante conversazione, Madame"
Congedo la contessa con un rapido inchino e mi allontano.
Non riesco ancora a capire come le vicende di Pierre de Vergennes e dei fratelli Valois abbiano potuto interessare Andrè nella sua ricerca riguardo al nome del Cavaliere Nero.
Quello che però sento è l'infinita tristezza di questa storia.
Scesa nei giardini di Versailles mi avvicino alla fontana di Apollo e chinandomi sullo specchio dell'acqua, sfioro con le dita la  superficie, increspando la mia immagine riflessa.
Esistono amori sbagliati? Sentimenti che la società giudica e condanna, senza via di uscita? Come l'amore per una persona che non appartiene alla tua stessa classe sociale?
Ripenso all'uomo che dovrei sposare tra pochi giorni.
Hans Axel è perfetto, per me.
Nobile, raffinato, eroico e decisamente attraente.
Persino mio padre ha approvato il nostro matrimonio.
Eppure...così lontano dal capire il mio cuore, da trovare la strada per rendermi felice! 
L'ombra di Girodel sul mio viso mi riporta alla realtà.
"Avete trovato le informazioni che cercavate, comandante?"
Mi volto a guardarlo.
"Girodel, voi pensate che si possa trovare l'amore...in una persona che...che non sia quella che avremmo mai potuto immaginare?"
Mi sento stupida a porre domande del genere al mio ufficiale.
Penserà che la mia nuova vita ed il matrimonio ormai prossimo mi stiano sconvolgendo definitivamente.
Mi osserva con un indecifrabile sorriso, carico di una tenerezza che non ho mai notato in lui. Poi abbassa gli occhi, e mi sembra di vederlo arrossire leggermente mentre mi risponde.
"Comandante, io penso che...  sia l'amore a trovare noi.
Da direzioni che ci è impossibile stabilire" 

 

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Capitolo 25
*** 25- Confessione ***


 Spero di riuscire nella titanica (per me) impresa di inserire una fanart di Elisa 85 ispirata a questo capitolo "preannunciato". 


25- Confessione

Conosco a memoria la strada che da Parigi porta a palazzo Jarjayes.
E per questo rallento il passo del mio cavallo quando capisco di essere prossimo ai cancelli della tenuta. 
Per quanto coinvolta nella sua imminente partenza per il nord, Oscar si sarà chiesta che fine ho fatto e soprattutto, se ho scoperto l'identità del Cavaliere Nero.
Tocco istintivamente con la mano la tasca della mia giacca, dove, avvolto in un fazzoletto, custodisco l'anello di fidanzamento di Fersen.
Marie Anne ha insistito per restituirlo, tramite me, alla legittima proprietaria.
"Non potrei mai rubare un pegno d'amore", mi ha detto fissandomi intensamente, per carpire le mie reazioni.
Nessuno è mai riuscito a  leggere nel mio animo come lei, dal primo momento che ci siamo conosciuti. Non provo nemmeno a negare i sentimenti che affiorano, prepotenti, ognivolta che qualcosa riguarda Oscar.
Mi ha sorriso e mi ha accarezzato la guancia.
"Dopo tutti i discorsi che mi hai fatto, Grandier, sei il primo a smentirli quando si riferiscono a te?"
"Pierre de Vergennes era diverso da te, era un nobile, ma ti amava e ti ama tuttora, Marie Anne! Oscar mi è affezionata come ad un fratello..."
(1)
"Se lo dici tu..." mi ha risposto sorridendo e spingendomi verso la porta.
"Adesso torna da lei. Anche una "sorella" si preoccupa e si angoscia per la sorte di un  "fratello"..." 
Il rumore di una carrozza lanciata a grande velocità  interrompe i miei pensieri e mi riporta alla realtà. Sposto il cavallo sul ciglio della strada per darle modo di passare.
Resto perplesso quando mi corre innanzi. Non mostra lo stemma della famiglia Jarjayes ed è carica di bauli.
Solo per un attimo intravedo l'interno dell'abitacolo.
Una donna col viso nascosto dal copricapo del mantello ed un uomo, col bavero alzato, posto di fronte a lei.
Fersen. Potrei giurare che si tratti di lui.
Non capisco, ma, incuriosito, riprendo il cammino e sprono il cavallo.
Uno strano silenzio mi accoglie al mio ingresso a palazzo.
Non il rumore di una porta o i passi di qualche domestico.
Raggiungo le cucine, mosso anche da un certo appetito ed entro con un sorriso radioso, che spero possa rabbonire mia nonna, di certo arrabbiata con me per la mia assenza priva  di notizie.
Invece nessuno mi degna di uno sguardo, finchè una delle serve si avvicina a mia nonna, che si dondola avanti e indietro, mordendo un fazzoletto e la fa girare verso di me.
"Oh Andrè, Andrè..."e mi si getta tra le braccia, sconvolta.
"Nonna, non dovevi preoccuparti per me, lo sai che ho la pellaccia dura!"
"Ohhhh, Ihhhhh!" sembra che non riesca a frenare le lacrime.
La accarezzo teneramente. E' una donna così emotiva e invecchiando è pure peggiorata.
Quando sembra essersi calmata un poco, alza lo sguardo verso di me e con poche parole mi lascia allibito.
"Ieri sera Oscar ha rotto il fidanzamento! Il conte e sua sorella, naturalmente offesi, hanno lasciato da poco il palazzo! E' terribile!"
Lo so, nonna, per te è terribile, ma io sono l'uomo più felice della terra.
Il cuore mi pulsa nel petto, impazzito, senza controllo.
"E...dov'è Oscar?"
"Non so dove si sia rintanata! Il Generale era su tutte le furie!
Prima ha dovuto congedare, con immenso imbarazzo, gli ospiti che erano già arrivati, sfidando il temporale. Poi l'ha cercata dappertutto, ma probabilmente si è rifugiata in uno dei vostri soliti nascondigli, chi lo sa!
Sta di fatto  che non è riuscito a parlarle e all'alba ha lasciato palazzo senza una parola! Ohhhh, che disgrazia! Ero così felice di vederla sposata come una vera donna!"
Penso al rubino che mi porto in tasca e comincio a credere che sia dotato di qualche potere  malefico per il povero conte svedese!
Dopo questo sfogo la mia povera nonna  sembra realizzare il mio ritorno insperato e comincia a guardarmi come per accertarsi che vada tutto bene.
"Ma tu, Andrè, stai bene?
Sei sparito la notte di Natale, eravamo tutti così preoccupati. Madamigella temeva che quel farabutto del Cavaliere Nero ti avesse rapito o peggio..."
"No, nonna, sto bene, davvero. Ho solo una fame tremenda. Mi prepari qualcosa mentre vado in camera a cambiarmi?"
Non le lascio tempo per rispondere e, uscito dalle cucine, mi dirigo nel mio alloggio, salendo le scale tre gradini per volta.
Mi sento leggero, mi sembra di volare.
Oscar, non ti sposi, non ti sposi più! Non lascerai questa casa, non andrai in Svezia con Fersen!
Entro nella mia camera, ebbro di una gioia incontenibile.
Non penso più alla tua caccia personale al Cavaliere Nero, non mi preparo a difendere Marie Anne dalla tua sete di giustizia!
Mi sfilo la giacca e l'appoggio alla sedia sotto la finestra.
Solo quando mi avvicino all'armadio mi accorgo della tua presenza.
Sei in piedi, accanto alla porta, dietro alla quale devi esserti nascosta quando sono entrato. Indossi i soliti abiti maschili e intravedo i tuoi capelli sciolti sulle spalle.
Ma il tuo viso è coperto da un cono d'ombra.
Mi parli e la tua voce è come un vento gelido sul mio cuore.
"E così sei tornato a casa, sano e salvo. Molto generoso, da parte del Cavaliere Nero."
Ti fisso, senza vederti. Senza rispondere.
Avanzi di un passo e la durezza del tuo sguardo mi colpisce come uno schiaffo.
"Non parli? Non vuoi rispondere?"
Ho riflettuto tanto su come affrontarti, se e come spiegarti di Marie Anne...sono certo unicamente del fatto che custodirò il suo segreto, anche a costo della vita.
Non ti permetterò di consegnarla ad un tribunale, di farla condannare e gettare in prigione.
E' arrivato per lei il momento di vivere, vivere davvero, senza nascondersi, senza temere che qualcuno le faccia del male.
E' arrivato il momento di credere all'amore.
Gliel'ho giurato e sarò fedele a quanto promesso.
Anche a costo di ferire il tuo orgoglio, di darti una delusione.
"So che conosci il suo nome, Andrè. Forse lo sapevi ancora prima di incontrarlo, non è così?"
Sostengo il tuo sguardo, che si carica di rabbia e frustazione ogni attimo che passa. Ma vi leggo anche stanchezza e tormento.
Non sei riuscita a dormire stanotte, vero Oscar? Cosa ti logora l'anima?
Scoprire chi è il Cavaliere Nero?
Aver capito che non riuscirai mai ad essere felice come la donna di un uomo come  Fersen?
Non sapere più a quale mondo appartieni, se a quello in uniforme o quello degli abiti da sera?
Ed io c'entro qualcosa, in tutto questo? O sono ancora, come sempre, il tuo sfogo, il muro da prendere a pugni e calci quando non ti rimane nessun'altro con cui adirarti? Come se non avessi un cuore, come se non sentissi nulla di quello che mi riversi addosso...
Un altro passo.
Ora la distanza tra noi è ridotta al minimo.
Come due fiere che si sfidano, nessuno dei due abbassa gli occhi.
Nei tuoi vedo lingue di fuoco.
Colpiscimi, se vuoi. Io non arretro. Io non vacillerò nemmeno.
E tu lo fai, ma non come avevo previsto.
Afferri il bavero della mia camicia e mi attiri a te, con violenza.
Mi ci vogliono alcuni secondi per capire che quello che sento è il sapore delle tue labbra premute sulle mie, con forza, con disperazione, come se stessi lottando, ma non contro di me.
Non ti resisto e il peso del tuo corpo spinto sul mio è sufficiente a farci cadere sul  letto alle mie spalle.
Sei sopra di me e divori la mia bocca, quasi con cattiveria.
E io ti lascio  fare. Anche se so che questo non è ciò che vorrei. Non è amore.
Le tue mani si spingono sulla pelle del mio petto.
Lo senti come batte il mio cuore, per te?
Cerchi di farti strada tra il tessuto di cotone che mi ricopre e con furia mi strappi la camicia.
Un suono che lacera il silenzio che ci avvolge dopo le tue ultime parole.
E che ti obbliga a staccarti da me e guardarmi negli occhi, mentre ancora stringi tra le mani  il brandello di stoffa.
Sei spaventata, smarrita, adesso.
Ti afferro un polso, prima che tu possa scappare.
"Ti amo Oscar. Da sempre. Per sempre.
Dimmi che anche per te è così. Dimmi che sono la tua vita, il tuo destino"
Sento le lacrime sfuggire ai miei occhi, mentre con fermezza ti sollevi da me e abbassi lo sguardo.
Come il petalo di un fiore,  il lembo di tessuto scivola dalle tue dita e si posa ai tuoi piedi.
"Perdonami, Andrè. Io...
Giuro che non accadrà mai più una cosa simile"
Ed è come se io non avessi parlato.
La confessione del mio amore per te è come quel pezzo di cotone, che calpesti prima di lasciare la mia stanza.


(1) Mi ripeto, lo so

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Capitolo 26
*** 26- Oltre il limite ***


 Prima nota: la fanart di Elisa85 pubblicata alla fine del precedente capitolo è ispirata al disegno originale di Citosol che potete trovare qui http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9513890
Seconda nota: capitolo senza nessuna "novità" , la versione di Oscar di ciò che accadde quella mattina...



26- Oltre il limite

Scosto appena la tenda, quel tanto che mi consente di vedere la carrozza con i fratelli von Fersen lasciare la tenuta.
Il fragore delle ruote sul  selciato si spegne  e il palazzo sprofonda in un silenzio irreale, lo stesso che si avverte nelle campagne, dopo il passaggio di una tempesta.
Sebbene sia responsabile di quello che è accaduto, mi ha ferito vedere Fersen abbandonare la mia casa così, senza altre parole tra noi.
So di aver fatto  la scelta giusta, ma ancora fatico a capire come è potuto accadere che il sogno cullato per tanti anni si sia trasformato in una gabbia dorata, una situazione dalla quale ho sentito con prepotenza la necessità di fuggire. Sentimento che non mi abbandona nemmeno ora che il mio fidanzato e il mio avvenire da donna se ne sono andati lontano su quella carrozza.
Dovrò sfidare ancora le ire di mio padre, quando scoprirà che non mi è bastato liquidare il mio matrimonio. Desidero lasciare il mio incarico alle Guardie Reali.
Non ha più significato per me quella vita.
La verità è che non so più davvero cosa dia senso alla mia esistenza.
Mi prendo il viso tra le mani. Forse sono stata abituata, da sempre,  a seguire le aspettative ed i progetti che gli altri hanno avuto su di me per capire cosa voglio davvero. Qual è il mio posto nel mondo.
Sollevo improvvisamente lo sguardo attirata dal rumore di zoccoli che si dirigono alle scuderie.
Torno a spiare l'esterno dal mio nascondiglio. La stanza di Andrè.
Un alloggio della servitù mi è sembrato il rifugio ideale per evitare un confronto con mio padre. Qui non mi avrebbe mai cercata, e così è stato.
Mi accorgo di stringere il tessuto della tenda quasi sostenendomi ad esso quando ti intravedo.

Mio Dio, Andrè, sei tornato. Sano e salvo.
Perchè mi sembra che il tempo riprenda a scorrere, solo ora?
Perchè mi sento come un animale che si risvegli dal letargo, intorpidita ma viva?
Seguo la tua immagine  finchè non la vedo sparire all'interno delle scuderie.
Mi volto e mi appoggio al muro, come se tu potessi vedermi.
Ma che hai fatto questa notte?
Mi tormenta il sospetto che tu conosca il Cavaliere Nero, che in qualche modo sia suo complice. Mi tornano alla mente tanti particolari, i tuoi sguardi , le tue parole sull'argomento. Anche le tue strane indagini. Segrete. Almeno per me.
Poi si aggiunge qualcos'altro.
Il pensiero della  donna che frequenti a Parigi. Quella nominata da Girodel. La tua donna. E in un istante il sollievo di vederti muta in un senso di vuoto, di perdita, di lontananza. Nella percezione di non sapere più chi sei e chi sono io, per te.
Sei ormai un semplice servitore, come ti ha ripetutamente definito Fersen, con la sua vita e le sue simpatie, o sei lo strano ospite che mi ha trovato e baciato nel labirinto, la notte del ballo in maschera.  
Perchè a volte dubito che  sia davvero successo, ma sogno o realtà, l'unica cosa su cui non ho mai avuto incertezze  è che fosse tua la mano che mi ha guidata verso l'uscita  e coperta con la stola di peliccia. E tue le labbra che mi hanno infuocato il corpo ed acceso i sensi.
Nella mia mente si affollano domande e sospetti, alimentate da insicurezze e dubbi, come nuvole nere cariche di lampi e pioggia.
Quando ti sento entrare e muoverti con la consueta calma e familiarità nella tua stanza, avverto con forza il bisogno di ricevere risposte definitive, di uscire dal labirinto di verità frammentate in cui vago da troppo tempo.
Ma quando ti volti e mi vedi, devo fare violenza su me stessa per non correrti incontro e cercare conforto tra le tue braccia. Per non stringerti  a me e sentire che sei realmente qui, che va tutto bene.
La durezza con cui ti affronto, le domande sul Cavaliere Nero,  diventano la corazza dietro alla quale mi sto sgretolando, inesorabilmente, man mano che mi avvicino a te.
E il tuo silenzio, la fierezza con cui sostieni il mio sguardo, mi danno il tempo di perdermi nella trasparenza disarmante dei tuoi occhi, di cercare coi miei la curva delle tue labbra, mentre sento scorrere sotto la pelle il desiderio di ritrovare le sensazioni di quel bacio avvolto dal freddo e dal buio, senza chiedermi più se sia un ricordo reale o solo immaginato.
Mentre ancora combatto nel tentativo di strappare la maschera dietro cui ti nascondi, il mio corpo si muove guidato da una forza che non controllo.
Ti cerca, ti trova, ti vuole.
E adesso sento il tuo petto sotto di me, il tuo profumo riempie i miei respiri, il sapore delle tue labbra mi spinge oltre il limite. Oltre.
Solo allora, come sul ciglio di un  burrone, avverto il vuoto sotto di me.
Un vuoto che deve essere riempito di consapevolezza, di certezze.
Ma quando sento le tue parole, la paura si impossessa di me.
Paura di un sentimento che potrebbe prendere le redini della mia vita e condurla dove nemmeno immagino, annullando la mia volontà. Quello che sono stata. Quello che gli altri hanno costruito per me.
Sono confusa, comprendo ancora meno il movente delle tue azioni in questo ultimo periodo. La tua donna, il tuo legame col Cavaliere Nero, la tua partenza per le Americhe... E l'amore per me dov'è in tutto questo? Ed io ti amo davvero o sei un abbaglio, come lo è stato Hans?
Come mi ha guidato a stringermi a te, allo stesso modo è ancora il mio corpo a decidere e ad allontanarsi.
Il brandello di tessuto che ti ho strappato sembra bruciare tra le mie dita.  
Lo lascio cadere, come le parole senza senso che sfuggono alle mie labbra.
E per la prima volta nella vita, sento in bocca il sapore della codardia mentre ti lascio solo, nel tuo letto e fuggo dalla tua stanza.



 

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Capitolo 27
*** 27- Una sola parola ***


 27- Una sola parola

Il Generale mi volta le spalle.
Fissa un punto indefinito fuori dalla finestra, verso i giardini della tenuta.
La stessa finestra dalla quale seguiva sua figlia mentre si allenava con la spada, insieme a me, circa quindici anni fa.
Mi sento quasi in imbarazzo ad essere lì, probabilmente dopo tutti i recenti eventi che hanno sconvolto la sua vita e quella di Oscar, vuole restare solo, coi suoi pensieri.
Stringo tra le mani la lettera per il Capitano de Rouge, suo amico di vecchia data, a cui mi ha raccomandato per il viaggio oltreoceano e una borsa contenente del denaro, per quando sarò arrivato.
"Vi ringrazio molto, Generale. Siete stato sempre generoso con me, non potrò mai sdebitarmi"
Silenzio. Comincio a dubitare che, rapito dalle  sue riflessioni, abbia udito i miei ringraziamenti.
"No, non ringraziarmi, Andrè. Sei la persona migliore che potessi trovare per stare al fianco di Oscar.
Adesso davvero non so cosa ne sarà di lei. "
Senza voltarsi si prende il volto tra le mani.
"Forse ho creato un mostro, guidato dalle mie cieche ambizioni...
Una donna che non saprà mai amare completamente qualcuno ed un uomo che non riuscirà mai a ritenersi soddisfatto di quello che è!"
Abbasso gli occhi e sorrido.
Avrei tante parole con cui rispondere a queste amare considerazioni, ma preferisco tacere.
Mi inchino, anche se non può vedermi e lascio la stanza.
Quando raggiungo le scuderie, con un unico sacco contenente tutte le mie cose, trovo mia nonna ad attendermi.
E' il momento più duro. Solo intravedere la sua sagoma che si staglia  davanti all'ingresso mi riempie gli occhi di lacrime.
Lei, sempre pronta a blaterare e a criticare per ore, rimane stranamente silenziosa.
Allunga una mano rugosa verso il mio volto e la lascia scivolare in una carezza tremolante, accompagnata da un sorriso che vuole infondere coraggio a tutti e due.
"Ti devo tutto, nonna. "
Non riesco a dirle altro.
"Sarai sempre nelle mie preghiere" Mi risponde, con la voce rotta dal pianto.
Entro di scatto nelle scuderie e ne esco rapidamente col mio cavallo.
"Non aspetti madamigella Oscar? Non vi siete nemmeno salutati!"
Non pronunciare il suo nome, nonna! Non farmi vacillare proprio ora!
"Le scriverò, stanne certo! Portale tu i miei saluti!"
Devo andarmene, prima che il dolore si stringa sul mio cuore, come una tenaglia.
Sprono il cavallo e in un attimo sono fuori dalla tenuta.
Lancio l'animale al galoppo fino a quando sono certo che, anche voltandomi, non  potrò più cogliere i profili di palazzo Jarjayes.
Nel momento in cui  finalmente rallento il passo e sollevo lo sguardo, la vedo.
I capelli mossi dal vento, il rosso della sua divisa acceso dai raggi del sole.
L'andatura lenta, di chi sembra portare sulle spalle un peso invisibile.
Non posso evitarla, inutile tentare di cambiare strada.
Evidentemente era scritto nel destino che ci incontrassimo qui, a metà strada, mentre ognuno comincia una nuova vita.
Io, dopo aver lasciato il mio posto accanto a lei.
Lei, dopo aver abbandonato il suo ruolo di comandante delle Guardie Reali.
Ferma Cesar ed attende che la raggiunga.
Sposta lo sguardo sul sacco legato alla sella e torna a fissarmi negli occhi.
Non porta più con sè la spada da comandante, l' avrà già consegnata nelle mani di Girodel.
"Vedo che stai partendo..."
Nessun tremito nella sua voce.
"Già..."
"Non credere che smetterò di dare la caccia al tuo amico mascherato..."
"Non sentirai più parlare del Cavaliere Nero, Oscar, te lo garantisco"
Si avvicina. I nostri cavalli ora sono perfettamente affiancati.
La mia gamba sfiora il suo stivale.
Tanta rabbia in quegli occhi azzurri.
Ma continuo a pensare che inseguire il famoso ladro sia un modo per sfuggire a se stessa e a ciò che la tormenta veramente.
"Dimmi il suo nome, Andrè. So che lo conosci."
E' questo che vuoi, Oscar? Tutto quello che desideri è apprendere l'identità del Cavaliere Nero?
Ti accontenterò.
E forse capirai, come è successo con il conte di Fersen, che ancora brancoli nel labirinto del tuo cuore.
"Si chiama Marie Anne Valois"
Stupore.
Stringi le redini. Cesar nitrisce, contagiato dal tuo nervosismo.
"La porterai con te in America, non è vero? E' così che finiranno i suoi furti, o sbaglio? "
Abbasso lo sguardo. Perchè finchè continuerai ad insistere con Marie Anne, io non sarò interessato ad ascoltarti. E non sono più tenuto ad obbedirti e compiacerti.
Quando, dopo un interminabile silenzio, torno a guardarti , sei tu che fissi le tue mani, strette attorno alle redini.
"E va bene, fa come vuoi...."
(1)
Un colpo secco con gli speroni e la tua figura si allontana rapidamente.
Solo allora permetto alle lacrime di bagnarmi il volto.
Perchè ho sperato fino all'ultimo in una tua parola, perchè avesse senso  rimanere con te.
Mi sarebbe bastata una sola parola.

Resta!  E l'avrei fatto, Oscar.
Non  avrei mai più permesso a nessuno di allontanarci.
Ma sei prigioniera del tuo orgoglio e non sai ascoltare il tuo cuore.
E di fronte a questo,  tutto il mio amore non può nulla.
Mi soffermo  a  guardarti, finchè l'oro dei tuoi capelli si confonde con il riverbero del sole e di te non rimane che un riflesso di luce.

(1) Frase dell'anime

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Capitolo 28
*** 28- La mia vita, il mio destino ***


 28- La mia vita, il mio destino

Quattro giorni che te ne sei andato. E non tornerai.
La-sol-la, il mio indice si posa stancamente sui tasti del pianoforte.
Fuori nevica, piano.
La casa è immersa nel silenzio, come sotto l'effetto di un incantesimo.
Sono partiti i nostri ospiti, tu hai lasciato il palazzo, mio padre si è allontanato per una breve missione insieme al generale Bouille....
In questo momento di quiete apparente, il mio cuore si agita, scosso da ricordi che non riesce a cancellare: l'attrazione per Hans, la passione dei nostri baci, l'ardore della tua confessione d'amore, il tarlo della gelosia per un'altra donna, che ora respira al tuo fianco.
Che dividerà la tua vita con te. Che sei disposto a portare insieme a  te, in una terra lontana un oceano da me.
Nanny entra discretamente e lascia una tazza della sua famosa cioccolata.
Non l'ho più vista sorridere, da quando sei partito.
Mi accorgo solo ora di quanto sia invecchiata.
La ringrazio e le sorrido, ma l'ultima cosa che desidero, in questo momento, è bere qualcosa.
Non ho più appetito, non ho sonno, non ho forze.
La vedo indugiare sulla porta, come se volesse dirmi qualcosa e le mancasse il coraggio.
"Nanny, non fare così. Vedrai che andrà tutto bene e ti scriverà presto"
Parole che rivolgo più a me stessa che alla piccola donna davanti a me.
"Oh, madamigella! Se solo vi avesse aspettato! Se foste riuscita a parlare con lui, sono certa che l'avreste convinto a non partire"
Una pugnalata in pieno petto mi avrebbe ferito di meno.
Scuoto la testa. Non posso confessarle del nostro incontro, lungo la strada.
"Andrè aveva già deciso il suo futuro, Nanny. E non ha lasciato la Francia da solo."
La mia  voce si alza leggermente mentre pronuncio queste parole.
"Non c'era nulla che potessi dire per trattenerlo"
No. Non è vero.
Mi volto verso la finestra, per nascondere le lacrime di quest'ultima bugia.

Dimmi che sono la tua vita, il tuo destino.
Forse bastava questo.
A te per rimanere.
A me per vivere.
Senza voler conoscere a tutti i costi il tuo particolare legame con il Cavaliere Nero e i fratelli Valois. Senza nascondermi e cercare alibi dietro la vaga figura della tua donna.
Mi avevi già detto tutto quello che c'era da sapere per decidere.
Ti amo Oscar. Da sempre. Per sempre.
Quando sento la mia balia chiudersi la porta alle spalle, la richiamo prontamente, senza voltarmi.
"Preparami un bagaglio leggero e fa' sellare Cesar"
"Ma, madamigella! Nevica, non è il clima più idoneo per intraprendere un viaggio a cavallo!"
Solo allora mi giro  a guardarla.
Da pochi istanti il mio cuore ha ripreso a battere nel mio petto.
Lei mi guarda, capisce. E non servono altre parole.


Ho cavalcato tre giorni quasi senza sosta, mettendo a dura prova le mie forze e la resistenza di Cesar, fino a raggiungere  Le Havre (1), in Normandia.
E' una giornata tersa ma gelida, il vento dell'Atlantico ha spazzato le nubi, che si rincorrono velocemente sospinte verso l'entroterra.
Non ho avvertito nè fame nè stanchezza durante il viaggio, tesa completamente ad arrivare qui in tempo.
Giunta al porto sono obbligata a  smontare da cavallo per avvicinarmi al mare, tra il via vai di carri e carretti carichi di merci, di pescatori che trascinano le reti, di piccoli gruppi di donne che si avvicinano ai diversi venditori ambulanti, stordita, dopo ore di silenzio, dal vociare e dalle grida che riempiono l'aria.
Cerco con gli occhi il veliero della Marina Francese, ma di fronte a me sono ormeggiate unicamente piccole imbarcazioni da pesca.
Resto immobile, quasi assente, mentre alcuni passanti mi urtano involontariamente e si voltano a fissarmi, con aria stupita, quasi a chiedersi cosa ci possa fare un nobile, elegantemente vestito, fermo sul molo a scrutare l'oceano.
Solo quando intravedo un giovane in divisa mi riprendo dal mio torpore,  lo fermo e gli chiedo indicazioni.
La sua risposta è un dito puntato verso la linea dell'orizzonte, dove si staglia il profilo di un vascello a vele spiegate, ormai lontano.
"E' partito solo da un'ora, ma il vento forte  gli ha permesso di prendere subito il largo..."
Parole che giungono  appena alle mie orecchie.
Solo allora la stanchezza e la fatica si uniscono al dolore, mi piegano le ginocchia e sono costretta ad appoggiare il palmo delle mani a terra per sostenermi, mentre i singhiozzi scutono il mio corpo, le lacrime offuscano la mia vista e il tuo nome arriva come un grido muto sulle mie labbra.
"Sei la mia vita, Andrè. Sei il mio destino."
Lo ripeto una, dieci, mille volte, incurante di mostrare al mondo tutta la mia disperazione.
Incurante di suscitare curiosità e sospetto con il mio comportamento.
E forse persino pietà, tale da indurre un passante ad avvicinarsi in silenzio  e a porgermi con la mano un fazzoletto candido.


(1) Ho cercato note storiche relative ai viaggi oltroceano nella Francia del XVIII secolo. Non avendo trovato molto ho lavorato parecchio di fantasia. Le Havre è effettivamente un porto francese molto sfruttato all'epoca, ma la realtà finisce qui.  Mi scuso quindi  anticipatamente per ventuali incongruenze storiche.



 

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Capitolo 29
*** 29- Il mio posto nel mondo ***


 29- Il mio posto nel mondo

Appoggiato al parapetto del vascello osservo il molo davanti a me.
Il vento soleva piccole gocce di acqua salmastra che mi bagnano il viso. Il braccio di Marie Anne sfiora il mio.
"Andrè..."
"Ormai ho deciso, Marie Anne. Niente mi trattiene qui, nessun futuro..."
"Un oceano non basta a cancellare un amore, riesce unicamente a farti soffrire, enormemente. Parlo per esperienza, sai?"
Mi volto a guardarla. Questa giovane, incredibile, impavida donna.
"Nessuno legge nel mio animo come te, Marie Anne. A volte mi fa quasi paura"
"Nessuno è mai stato così delicato con me, Andrè. Col mio cuore e col mio corpo."
Non c'è malizia nelle sue parole.
"Ma è proprio grazie a te che ho cominciato a tornare a desiderare, a pretendere qualcosa di bello  anche per me,  a  ritenermi degna di amore e felicità"
Abbasso pesantemente il capo e stringo la balaustra di legno con tutte le mie forze.
"Non è vero che in Francia non c'è nulla per te, e lo sai"
"Lei non verrà. I miei sentimenti le sono indifferenti"
"Non la dimenticherai partendo per l'America"
La fisso con aria interrogativa.
"Cosa dovrei fare?"
"Scendi da questa nave. Resta. Resta e lotta per lei, per averla!"
Questa  esortazione mi provoca una risata sarcastica.
"Ascolta, Andrè. Io sono in buone mani. Il comandante de Rouge è un'ottima persona, non corro pericoli durante il viaggio. Ho l'indirizzo di Pierre, appena sbarcata lo raggiungerò e, ovviamente, ti farò avere mie notizie...sarei più felice a saperti qui. Lo saresti anche tu"
"Tirate le cime!"
I marinai cominciano a sciogliere gli ormeggi, si salpa.
"Aspettate!" grida Marie Anne, mentre raccoglie il mio sacco e me lo  getta sulle spalle.
Con dolcezza mi spinge verso il pontile.
La guardo, i suoi occhi piangono ma la sua bocca sorride.
"Vai, Andrè..."
"Ma..."
"Non c'è vita peggiore di quella senza amore. Nemmeno se l'amore non fosse corrisposto!"
Ormai sono davanti alla scaletta che porta al molo. Un marinaio mi fissa con aria seccata.
"Allora, signore?"
Afferro Marie Anne e la stringo tra le braccia.
"Abbi cura di te, sempre!"
Un ultimo bacio e poi scendo rapidamente a terra.


Non riesco ad allontanarmi.
Ormai il vascello è una piccola figura scura sulla linea dell'orizzonte.
E' un'occasione mancata, una scelta senza ritorno.
Solo il tempo saprà rispondere ai dubbi che agitano la mia mente.
Devo tornare alla locanda dove abbiamo alloggiato, prima che i padroni vendano il mio cavallo, come avevo ordinato loro. Forse mi fermerò qualche giorno qui, a Le Havre, prima di intraprendere il mio viaggio a ritroso verso palazzo Jarjayes.
Scendo i gradini della rocca sulla quale sono salito per seguire la rotta della nave che sta riportando Marie Anne al suo unico amore e la mia attenzione è catturata da una figura singolare. Quella di un cavallo possente, bianco come la schiuma del mare, condotto da un cavaliere con un elegante abito verde salvia, che risalta sullo sfondo incolore degli abiti consunti e sporchi dei pescatori e degli uomini del porto. Ma soprattutto sono rapito dalla sua chioma dorata, agitata dal vento.
Mi fermo, come se un sortilegio mi avesse trasformato in una statua.
Perchè quello che vedono i miei occhi è irreale, impossibile...
E' Oscar.
Anche lei sembra pietrificata.
La osservo mentre fissa l'orizzonte, indifferente ai numerosi passanti, che, distrattamente, la urtano e la sfiorano.
Poi la statua si spezza.
Vedo le sue ginocchia piegarsi, le braccia tese per sostenersi e scompare alla mia vista.
Stordito, quasi temendo di aver avuto un miraggio, mi precipito  dalle scale e raggiungo Cesar.
Lei è in ginocchio davanti a lui e piange, piange travolta dalla disperazione, mentre parole confuse sfuggono alle sue labbra, come una preghiera.
Non è un sogno. Non è una visione.
E adesso voglio solo lenire tutto quel dolore, asciugare quelle lacrime.
Mi avvicino e senza parlare le porgo un fazzoletto.
Dopo qualche istante alza gli occhi e mi vede.
Non riesco a non sorriderle, perchè sono felice che sia qui, qualsiasi sia il motivo che l'ha indotta ad inseguirmi fino a Le Havre.
Per un tempo che mi sembra interminabile mi fissa, immobile, gli occhi spalancati, mentre le lacrime continuano a rigarle il viso, poi si alza e mi si getta tra le braccia.
Le stringo una mano e appoggio le labbra sui suoi capelli.
"Anche io ti amo, Andrè. Ti amo..."
Le sue parole mi raggiungono come se non ci fossimo mai sciolti da quell'abbraccio, come se stringesse ancora tra le mani il brandello della mia camicia e non un fazzoletto, come se non fosse fuggita via dopo averle aperto il mio cuore.
Alza il capo e torna a cercare i miei occhi e le mie labbra.
"Andrè, io...sento di vivere solo quando sono con te"
Mentre la bacio, dimenticandomi persino di respirare, sento di avere tutte le risposte che cercavo e di sapere  finalmente qual è il mio posto nel mondo.


Siamo tornati alla locanda da cui ero partito stamattina, senza scambiarci una parola.
"Sali, io sistemo Cesar e arrivo"
Prendere tempo occupandomi del suo cavallo non serve a rallentare i battiti del mio cuore.  Perchè la desidero, come mai prima d'ora, ma temo di spaventarla, di ferirla. Oscar non è una donna come le altre.
Esito un attimo prima di varcare la soglia della nostra camera.
Apro lentamente la porta, come per accertarmi di poter entrare.
La stanza è illuminata unicamente dalla luce che si sprigiona dal camino acceso  e lei è li, con lo sguardo assorto,  rivolto verso la danza capricciosa  delle fiamme.
Mi avvicino al catino e mi lavo le mani, prima di raggiungerla.
Quando mi siedo accanto a lei resto senza fiato.
Solo in quell'istante realizzo che è vestita unicamente di un lenzuolo leggero , mollemente stretto sopra il seno.
Mi rivolge un sorriso carico di amore, deciso.
Non si ferirà, non si spaventerà.
Mi sfiora il viso con una mano e lentamente si lascia scivolare supina, invitandomi a seguirla. Mi chino su di lei e resto sopraffatto dalla sua bellezza, dal candore della sua pelle, dalla luce dei suoi occhi.
Ho quasi paura a toccarla, come fosse di porcellana.
Non distoglie lo sguardo dal mio mentre con un lento movimento delle dita scioglie il nodo e lascia cadere il lenzuolo, scoprendo il suo corpo.
La ammiro, rapito e stregato da tanto splendore.
"Sei la cosa più bella che abbia mai visto, Oscar"
Rimango immobile a riempirmi gli occhi di lei, quasi temendo di rompere l'incantesimo con un mio gesto.
Si alza su un gomito, riducendo le distanze tra noi.
Le sue labbra sfiorano le mie.
"Allora amami, scaldami..."
Mi spoglio davanti a lei con pochi, rapidi gesti.
La guardo intensamente mentre mi abbasso sul suo viso. Poi chiudo gli occhi e da quel momento lascio che siano gli altri sensi
(1) a riempirsi di lei.
Percorro con le labbra ogni parte del suo corpo, inebriandomi del suo profumo, cogliendo i brividi che la fanno vibrare sotto le mie dita, mentre il mio nome sfugge dalle sue labbra come un  gemito di piacere.
I nostri corpi si riconoscono, si parlano e si rispondono come se da sempre usassero quel linguaggio fatto di baci, di mani strette, di gambe intrecciate, di spinte sincrone.
Sono dentro di lei, e capisco cosa signifca fare l'amore.
Sono dentro di lei, sotto la sua pelle che freme, sotto le sue dita che si stringono al mio corpo, nelle sue gambe che mi circondano, nel suo respiro che sussulta, nel suo collo teso e inarcato, nei suoi capelli in cui affondo, infine,  travolto da un piacere  che non controllo e che mi stordisce.
Sento un solo cuore che batte, veloce e felice e non so dire se sia il mio o il suo.
Mi lascio cullare riposando sul suo seno, mentre le sue mani affondano nei miei capelli, lentamente.
Quando riapro gli occhi ed alzo il capo mi accorgo che sta dormendo, serenamente, le labbra dischiuse, invitanti.
La bacio delicatamente, per non svegliarla, poi la prendo tra le braccia e la sistemo nel letto. Ravvivo il fuoco prima di raggiungerla. E silenziosamente sorrido nell'avvertire il suo corpo, che, nel sonno, cerca ed abbraccia il mio.


(1) Licenza poetica, all'epoca non erano ancora state studiate e identificate  le funzioni di percezione dell'organismo umano...

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Capitolo 30
*** 30- Primavera ***


 Ed eccoci arrivati alla fine.  
Ringrazio le tante amiche che mi hanno seguito e inseguito, recensito e commentato. Siete la parte più bella di questa fantastica esperienza. Sappiate che vi seguo e vi leggo nei commenti che dedicate alle altre storie del sito, dove spero ci ritroveremo.
Grazie, grazie, grazie.



30- Primavera

Una luce quasi accecante attraversa le vetrate e si riflette sul marmo bianco del pavimento.
E' così la primavera, in Svezia.
Dopo l'inverno, con il suo gelo, le ore di luce sempre più brevi, le giornate sempre più lunghe, ti accorgi dell'arrivo della primavera dalla luce fredda che investe ogni cosa.
Sono seduto nel salotto insieme a Sophie e mentre lei legge la corrispondenza ricevuta oggi, io fingo di interessarmi ai rendiconti dell'attività di mio padre.
In Francia è tutta un'altra cosa.
Lo senti nell'aria, l'arrivo della nuova stagione.
Dai piccoli fiori che sbocciano ovunque, riempiendo l'aria del loro profumo, dalle fontane in cui l'acqua torna a zampillare, libera dal ghiaccio, dalle carrozze che invadono le strade, perchè ricomincia la vita di società.
E non c'è luogo come Versailles per cogliere in pieno questi mutamenti della natura.
Versailles, la Francia...le uniche donne che abbia mai amato....
Mi tormenta il ricordo del mio legame con Maria Antonietta, come una veccha ferita che torni a dolere quando muta il tempo.
Non ho dimenticato l'addio a Francoise, colei in cui riponevo tutte le speranze di una nuova vita, una vita in cui l'amore non prendesse la forma di una lenta e triste agonia. Ho pensato tante volte ai nostri momenti insieme, al nostro legame, a cosa lo ha spezzato.
Credo che la regina mi abbia amato sinceramente, ma non fosse libera di assecondare il suo cuore.
Francoise, invece, ha semplicemente seguito un miraggio; in fondo è davvero diventata il soldato, l'erede maschio che il padre ha sempre voluto.
Tuttavia la Svezia non rappresenta più, per me, il nido in cui rifugiarmi.
Sono insofferente a tutto e tutti: qualsiasi sia il mio destino, sento con fermezza che è in Francia che devo tornare.
Sophie si è accorta del mio disagio, non la inganno con la scusa del matrimonio fallito. E so che, benchè dispiaciuta, non tenterà di fermarmi.
Anche adesso cerca di solleticare la mia curiosità riferendomi alcuni particolari delle epistole che sta leggendo. Chi si sposa, chi ha cambiato residenza, chi sta partendo per un viaggio e dove è diretto.
Tutte cose che non mi coinvolgono minimamente, a cui presto attenzione solo per educazione.
"Oh, giusto cielo!"
(1) la sento esclamare mentre tiene stretta tra le mani un messaggio della sua cara amica, la contessa de Lamballe.
"Hans, non crederai mai a cosa mi scrive la contessa!"
"Cosa, Sophie? Ha forse smarrito uno dei suoi cagnolini nei giardini di Versailles?
Il suo abito è stato copiato all'ultimo ballo di corte?"
Sono ben consapevole delle dimensioni che deve avere un evento per trasformarsi in tragedia  agli occhi della nobildonna.
"Hans, non potrai mai immaginare  cosa mi sta riferendo in questa missiva!"
Sospiro, impaziente e annoiato al contempo.
"Il colonnello Oscar Francois de Jarjayes! "
"Oscar?" Il mio tono diventa immediatamente serio e interessato.
Sophie alza gli occhi e mi fissa. Adesso sembra quasi esitante.
"E' successo qualcosa ad Oscar?"
Annuisce e scorgo un velo di gravità nel suo volto.
"Ti prego, spiegami...."
Si accomoda sulla sedia e trae un respiro profondo.
"Il colonnello ha lasciato la guida delle Guardie Reali"
Rimango interdetto. Perchè lasciare l'esercito, una volta annullato il nostro matrimonio?
"La contessa ne conosce il motivo?"
"Ha lasciato la casa di suo padre. Insieme al suo attendente."
Adesso nella voce di mia sorella c'è tutta la denuncia di uno scandalo imperdonabile.
"Oscar è scappata...con  Andrè?"
Il soldato, l'erede maschio del Generale...
"Ho sempre pensato che i servi più fedeli ed affezionati siano i più infidi e pericolosi!" commenta acidamente Sophie.
Mi alzo ridendo, raggiungo la vetrina dei liquori e mi verso da bere.
"Hans, misericordia, ma cosa stai facendo?"
"Brindo all'amore, Sophie!" rispondo, alzando il bicchiere.
Mi fissa allibita, poi torna a prestare la sua attenzione alla lettera.
"La contessa riferisce da fonti sicure che i due abbiano lasciato la Francia e si siano imbarcati per l'America, dopo essersi sposati a Le Havre!"
Svuoto il mio calice e sorrido.
"Così l'ha fatto per davvero ed ha portato con sè la sua Oscar..."
"Di cosa stai parlando?"
"Andrè...Non ricordi che ci raccontò di voler tentare fortuna oltreoceano?"
"Come puoi pensare che rammenti le chiacchere di un domestico....
Pensavo saresti stato sconvolto e invece mi sembri quasi compiaciuto"
La sento alzarsi ed avvicinarsi, mentre continuo a darle le spalle e a fissare il freddo paesaggio davanti a me.
"Non si può non gioire di due cuori che si trovino nell'amore, Sophie."
Poi, dopo un attimo di riflessione, un pensiero grottesco si affaccia alla mia mente.
"Mi chiedo solo se il Generale sarà sopravvissuto ad una notizia del genere!" e scoppio in una fragorosa  risata.
"Proprio non riesco a vedere il lato divertente in uno scandalo di siffatta portata! Una contessa che fugge in America col proprio servo! Mai sentita una bassezza simile!"
Adesso il suo perbenismo mi dà fastidio.
Raggiungo il tavolo e appoggio il bicchiere vuoto.
La mia voce, ora, è terribilmente seria.
"Torno in Francia, Sophie. Qualsiasi tua obiezione sarà inutile"
"Come? Adesso?"
Il silenzio che scende tra noi è interrotto dal cinguettio di un uccello, nel giardino. Un pettirosso si posa sul davanzale e sembra guardarmi.
"Si, Sophie. Adesso. Ormai è primavera..."


(1) "Giusto cielo!" imprecazione raffinata rubata  a Mrs Bingley nel film "Orgoglio e pregiudizio"




Mi sono dibattuta a lungo se tenere o tagliare questo epilogo. La storia in realtà finisce con il pensiero di Fersen. Mi spiaceva, tuttavia, non concludere col personaggio di Oscar, che avevo lasciato piangente al porto di Le Havre.  Prendetelo quindi come una sorta di scena" tagliata" dal contesto  ma conservata per le lettrici.


Epilogo

Mi sono svegliata all'alba, come al solito.
Stretta a lui, come ogni mattina. Sciolgo il nostro abbraccio e rimango a fissarlo per alcuni istanti, la mente riempita dai ricordi dell'ultima notte. Se non fosse per questa leggera nausea che mi prende al mattino, da qualche giorno, lo sveglierei per fare ancora l'amore. Probabilmente tutte queste settimane di navigazione hanno messo a dura prova il mio fisico, che necessita di terra ferma.
Mi vesto e raggiungo il ponte del vascello. I marinai stanno già lavorando alacremente. Qualcuno mi saluta con un cenno del capo.
Tutti sanno che sono una donna, la  moglie di Monsieur Grandier. Nessuno bada al fatto che indosso abiti maschili. Fuori dalla vita dorata dell'aristocrazia parigina e della corte di Versailles,  le persone sono molto meno inclini a giudicare il prossimo.
L'aria immobile è spezzata dal grido roco  del giovane mozzo, arrampicato sul pennone della nave.
"Terra!Terra!"

Insieme ai marinai presenti sul ponte mi dirigo sulla fiancata, seguendo le indicazioni del ragazzo e la vedo.
L'America.
Una costa leggermente frastagliata, avvolta da un velo di nebbia.
Mi stringo tra le braccia, percorsa da un brivido di eccitazione, senza riuscire a staccare gli occhi da quella che sarà la mia nuova patria.
Due forti e calde braccia mi avvolgono, mentre la sua voce dolcissima arriva al mio orecchio.
"Sei sempre molto mattiniera, Oscar..."
Mi volto quel tanto che basta a sfiorare le sue labbra.
"Buongiorno, marito!"
Cala il silenzio, mentre entrambi fissiamo rapiti la striscia di terra innanzi a noi.
"Siamo arrivati, finalmente..."  
Tra poco sbarcheremo da quella nave, in un paese dove saremo per tutti solo Madame e Monsieur Grandier, dove nessuno saprà del nostro passato,  dove non avrà nessuna importanza.
Cerco le sue mani e le stringo tra le mie.
Abbiamo fatto tanta strada per cercare un luogo così, dove potremo essere solo  un uomo ed una donna uniti dall'amore. Andrè non è nemmeno preoccupato dell'aspetto economico. Mi ha vagamente riferito di un  piccolo tesoro, "omaggio" del Cavaliere Nero, che ha portato con sè.
"Voglio solo amarti, Oscar. Voglio farlo alla luce del sole, davanti agli uomini, senza nascondermi, senza essere giudicato. Tutto il resto è di secondaria importanza"
Questo mi ha detto, il giorno del nostro matrimonio, nella piccola chiesetta di Le Havre. Questo è per noi l'America.


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