Prove me wrong di JoJo (/viewuser.php?uid=4512)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Bloody suite ***
Capitolo 3: *** Seeking truth ***
Capitolo 4: *** Invisible murderer ***
Capitolo 5: *** Animal I have become ***
Capitolo 6: *** The past comes back to bite you ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
L'atrio del palazzo che ospitava i laboratori della squadra di indagine scientifica del dipartimento di polizia di Miami Dade era luminoso ed ampio, quasi un'oasi dalle pareti di vetro che risplendeva nel caldo sole della città della Florida.
Horatio Caine si sfilò lentamente gli occhiali scuri che portava calcati sul naso e accolse con piacere la sensazione di freschezza provocata dall'aria condizionata che lo inondò non appena mosse i primi passi nell'edificio.
Come al solito nel palazzo regnava il fervore tipico che caratterizzava qualsiasi centrale di polizia di una grande metropoli. Horatio era avvezzo al continuo via vai di persone, poliziotti e non, che rendeva simile quell'atrio a un formicaio brulicante. Tuttavia, gli occhi attenti del capo della scientifica individuarono immediatamente la nota distorta che modificava impercettibilmente il familiare ingresso del suo posto di lavoro.
La ragazza si trovava in un angolo, completamente addossata alla parete come un animale braccato. L'occhio clinico del tenente Caine registrò immediatamente come le scarpe che indossava, dal tacco vertiginosamente alto, non fossero affatto adatte all'abbinamento con quella camicia da uomo stretta in vita da una cintura improvvisata e con i bermuda da spiaggia, sempre maschili, che indossava come aggiunta a quel completo decisamente assurdo.
Ma la cosa che catturò di più l'attenzione di Horatio fu che aveva bisogno di aiuto. Aveva imparato a riconoscerlo negli anni, quello sguardo, quella strana aura di bisogno che avvolgeva le persone in difficoltà. E quella ragazza, che si stringeva le braccia intorno alla vita, come se cercasse di evitare di rompersi in mille pezzi, aveva di certo bisogno di aiuto.
L'uomo dai capelli rossi si avvicinò a lei con passo agile e fluido “Mi scusi, signorina?- disse, cercando di richiamare la sua attenzione- Le serve aiuto?”
I capelli biondi e arruffati della ragazza brillarono sotto la luce che filtrava dalle finestre quando alzò la testa di scatto per fissare il proprio inaspettato interlocutore.
Notando che non aveva intenzione di rispondere alla sua domanda, Horatio inclinò leggermente la testa, guardandola intensamente mentre si presentava “Sono il tenente Horatio Caine, sono il capo della scientifica di Miami Dade. Posso aiutarla in qualche modo?”
La giovane donna lo scrutò con attenzione, facendo scorrere i propri occhi scuri sulla sua figura, a qualche passo di distanza da lei.
“Lei è Horatio Caine?” domandò incerta.
Il rosso annuì leggermente “Lo sono.”
“Io...Io so che potrei sembrarle una pazza, ma sono già stata alla centrale di polizia e lì non mi hanno per niente preso sul serio, non volevano credermi e...- la ragazza scosse la testa e sospirò pesantemente, ansiosa- Ho saputo che lei si è occupato di un sacco di casi complicati e quindi pensavo che forse potrebbe essere in grado di aiutarmi...”
Gli occhi di Horatio brillarono, completamente vigili e attenti “Si calmi, signorina. Perchè le serve il mio aiuto?”
La giovane prese un grosso respiro, prima di rispondere con tono grave.
“Perchè ho ucciso un uomo.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Bloody suite ***
L'InterContinental
Miami Hotel non era certo un albergo a buon mercato.
Offriva
ai propri clienti un'incantevole vista sulla baia e sul Bayfront
Park, oltre che un servizio impeccabile e una certa riservatezza per
chiunque la richiedesse.
“Questo
posto è assurdo.- commentò Natalia Boa Vista,
mentre si aggirava
per la lussuosa suite- Solo il salotto è più
grande del mio intero
appartamento. Compreso il terrazzo.”
La
stanza in cui si trovavano, in effetti, sembrava più un
lussuoso
monolocale piuttosto che una camera d'albergo. Le finestre
panoramiche aprivano gli occhi sulla baia dove i motoscafi lasciavano
sull'acqua cristallina scie bianche, totalmente ignari del fatto che
quella vista era stata l'ultima per la sfortunata vittima di
quell'omicidio.
“Magari
è quello che ha pensato anche la nostra vittima.”
ribatté Ryan
Wolfe con una scrollata di spalle.
Avevano
appena finito di scattare le foto alla camera da letto e,
benché
avessero già trovato numerose macchie di sangue i due CSI
sapevano
che, stando al commetto che era sfuggito fra i denti al dottor Loman,
era nel bagno che avrebbero trovato il loro cadavere.
“Dottor
Loman?- chiamò Natalia, affacciandosi nella stanza attigua-
Hai
qualche informazione da darci?”
Il
medico legale si alzò dalla posizione piegata in cui si
trovava
facendo un grugnito “Certo, certo. Ho appena finito la mia
analisi.”
Ryan
si avvicinò e il corpo che vide abbandonato nella vasca da
bagno di
marmo, parzialmente sommerso dal suo stesso sangue, lo
riportò per
un istante alla prima vera autopsia cui aveva assistito appena era
entrato nella scientifica.
“Uomo
bianco, difficile definire un'età al momento, ma posso
assicurarvi
che non era un ragazzino. La morte risale a circa dodici, quindici
ore fa. - cominciò a spiegare Loman, additando la vittima-
Mancano
la testa e le mani, in seguito ad un'analisi più
approfondita saprò
dirvi con che cosa sono state staccate.”
“Quelli
sono ematomi?” domandò Wolfe, indicando con un
dito avvolto nel
guanto di lattice una striatura bluastra che circondava
l'avambraccio, proprio poco più su della mano ormai mancante.
“Ci
sono segni di legatura a polsi e caviglie e diversi lividi e
bruciature ante-mortem.” confermò quindi il medico
legale,
annuendo.
Natalia
aggrottò le sopracciglia ben delineate “E' stato
torturato.”
“Così
sembra. C'è una ferita d'arma da fuoco al torace,
probabilmente la
causa della morte.- continuò a dire Loman, indicando il foro
sulla
discutibile camicia arancione della vittima- La decapitazione
è
avvenuta post-mortem.”
“Gli
ha anche staccato le mani.” disse casualmente la donna,
facendo di
nuovo passare il proprio sguardo attento su quel corpo martoriato.
“Forse
aveva paura che ci fossero le sue impronte nel AFIS.-
ipotizzò Ryan-
È per questo che ha pensato di amputarle.”
“Disarticolarle.”
precisò Loman, mentre riponeva la propria attrezzatura.
“Come?”
domandò il giovane CSI, voltandosi verso il medico legale.
“Non
le ha semplicemente amputate, ma le ha disarticolate.”
chiarificò
l'altro, con ovvietà.
“C'è differenza?” domandò
Natalia
alzando le sopracciglia, confusa.
“Molta
più di quanto possa pensare, signorina Boa Vista.- la
informò il
dottor Loman agitando l'indice come un vecchio professore durante una
lezione noiosa- Vuol dire che la vostra assassina ha un'ottima
conoscenza dell'anatomia umana ed è andata a recidere le
mani
esattamente nella congiunzione delle ossa del polso, incidendo solo
carne e tendini.”
“Una
psicopatica con ottime conoscenze anatomiche.- riassunse Wolfe con
una smorfia- Proprio quello di cui Miami aveva bisogno.”
Il
medico legale si strinse nelle spalle, mentre camminava verso la
porta della stanza “Questo non sta a me dirlo. Vi lascio alla
vostra scena, qua ho finito.”
Con
l'uscita di scena del patologo i due CSI si lanciarono un'occhiata.
“Tu
prendi il bagno, io la camera?” propose Natalia, stando bene
attenta a mettere nella propria domanda una sfumatura democratica
quando, in realtà, stava già tornando nella
stanza principale.
Il
giovane scosse la testa, con un lieve sorriso divertito dipinto sulle
labbra sottili, e iniziò a scandagliare il lussuoso bagno
con
sguardo analitico.
C'era
una lunga scia di sangue, e diverse tracce da sgocciolamento, che
partivano dalla porta fino ad arrivare alla vasca in marmo dove
giaceva il corpo. Wolfe inclinò leggermente la testa di lato
mentre
riconosceva una nota stonata in quel quadro già di per
sé
assurdamente macabro.
Con
movimenti ormai automatici, cercò all'interno del proprio
kit un
cotton-fioc con cui prelevò un po' della sostanza scura e
granulare
che deturpava una delle gocce di sangue. La osservò per
qualche
secondo, pur senza riuscire a riconoscerla, e infilò il
tutto in un
sacchetto che sigillò immediatamente, pronto a revisionarla
più
tardi una volta tornato ai laboratori.
“Guarda
cos'ho trovato!” lo chiamò la collega dall'altra
stanza.
Ryan
si affrettò a raggiungerla, trovando poi Natalia additare
una sedia
dallo schienale imbottito.
“Nastro
adesivo isolante.- spiegò, indicando i residui che
imbrattavano le
due gambe di legno anteriori- Scommetto che coincide con quello su
polsi e caviglie della nostra vittima.”
“E
se siamo fortunati potremmo anche trovare delle impronte o del DNA
che confermino l'identità della nostra assassina.”
continuò per
lei Wolfe.
Boa
Vista annuì “Quindi l'uomo è stato
legato a questa sedia e
torturato. Sembra una di quelle punizioni da crimine
organizzato.”
“Già,
il trattamento coincide.” borbottò Ryan mentre il
ricordo di
quando era lui ad essere legato ad una sedia e in balia di un uomo
della mafia russa lo trafisse per qualche istante.
“Qui
deve esserci stata la prima colluttazione.”
continuò a spiegare la
donna, additando la zona antistante al piccolo soggiorno. Il tavolino
da caffé era rovesciato e il divano a due posti spostato in
modo
irregolare e spruzzato qua e la da macchie di sangue.
Wolfe
strinse gli occhi mentre si avvicinava al tavolo, puntando lo sguardo
sull'angolo insanguinato : a fare capolino fra l'incrostazione
ematica rappresa vi erano dei fili dorati “Che cosa sono
quelli?”
“Sembrano
capelli.- rispose Natalia, sollevandone un po' con una pinzetta-
Manderò il campione a Valera in laboratorio per vedere se
trova
qualcosa con il DNA.”
Frank
Tripp entrò nella stanza proprio in quel momento, sollevando
con un
gesto abituale la striscia gialla che intimava a tutti i non addetti
ai lavori di non entrare. Era già stato sulla scena, prima,
quando i
due CSI avevano fatto il primo sopralluogo, ma poi li aveva lasciati
al loro lavoro. Era sceso di nuovo nella hall e aveva cercato di
estrapolare più informazioni possibili sugli occupanti di
quella
stanza da una receptionist dal viso deformato dal botox e una voce
squillante estremamente fastidiosa.
“Bella
stanza.- commentò il detective mentre osservava la suite in
cui era
appena entrato- Scommetto che fra i servizi speciali offerti non
c'era l'omicidio.”
Natalia
non rispose a quella battuta, ma si alzò e raggiunse l'uomo
sfilandosi i guanti di lattice dalle mani affusolate “Hai
scoperto
chi è la vittima?”
“No,
nessuno pare averlo mai visto prima né notato il suo arrivo,
ieri
sera.- spiegò l'uomo, sfogliando il proprio taccuino che
stringeva
ancora fra le mani- Il nome dato alla reception per la prenotazione
della stanza è femminile, ma non corrisponde a quello
dichiarato
dalla nostra rea confessa.”
L'altro
CSI scrollò le spalle “Probabilmente ha usato un
documento falso.”
“Già.-
annuì distrattamente Frank, prima di continuare- La
receptionist ha
anche detto che la ragazza veniva qui spesso, quasi ogni settimana.
Dice che usava la suite come base per i suoi incontri di
lavoro.”
“Che
tipo di incontri?” indagò quindi Boa Vista.
Tripp
scosse la testa, infastidito “Non l'ha saputo dire. Ha detto
che è
sempre stata estremamente riservata e che, dato che ha sempre pagato
in anticipo e in contanti, nessuno si è mai posto il
problema di
indagare oltre. Avete scoperto qualcosa?”
Wolfe
indicò con un gesto vago della mano la scena alle proprie
spalle “A
quanto pare, la vittima è stata torturata prima di essere
uccisa. Il
cadavere è poi stato smembrato in bagno probabilmente per
ritardare
l'identificazione.”
“Abbiamo
qualche elemento che possa aiutarci con quella?” si
informò di
nuovo il detective, ansioso di trovare almeno l'identità
della
vittima al più presto.
Natalia
fece dondolare la testa e le morbide onde dei suoi capelli imitarono
immediatamente quel movimento “Abbiamo diverse serie di
impronte
che potremmo passare nell' AFIS, ma se si è curata di
eliminare mani
e testa per il riconoscimento dubito che potremmo trovare
qualcosa.”
“D'accordo.-
disse Frank, strizzando un poco gli occhi chiari a causa del
riverbero che entrava dalle finestre panoramiche- Io torno di sotto,
una squinzia con la puzza sotto al naso è andata a chiamarmi
il
ragazzo del parcheggio. Dice che se c'è qualcuno che
può aver visto
qualcosa, quello è lui.”
“Ok.- annuì Wolfe mettendo mano al
proprio cellulare- Chiamo Horatio e gli dico cosa abbiamo
scoperto.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Seeking truth ***
csi
Horatio annuì prima di congedarsi dal
proprio interlocutore “D'accordo. Grazie, signor Wolfe.”
Di fianco a lui, Eric Delko seguì la
direzione del suo sguardo, che puntava oltre il vetro della sala
interrogatori “Era tutto vero?”
“Un cadavere smembrato è stato
ritrovato in una delle suite dell'InterContinental.- riassunse quindi
l'uomo, rigirandosi gli occhiali da sole fra le dita- Tutto
coincideva con la descrizione che ci ha fornito la ragazza.”
Delko
non commentò, limitandosi ad abbassare gli occhi scuri sul foglio
che stringeva fra le mani “Frank mi ha passato le informazioni che
avevi chiesto: Juliet Robinson ha la fedina immacolata, neanche una
multa per eccesso di velocità e nessun precedente per quanto
riguarda fenomeni psicotici o comportamenti sadici. Che cosa spinge
una brava ragazza ad uccidere in quel modo un uomo?” domandò
quindi, voltandosi verso il proprio capo.
“E'
quello che dobbiamo scoprire.” disse Horatio, senza staccare gli
occhi dalla figura rannicchiata sulla sedia nella sala interrogatori.
Juliet
Robinson sembrava assorta in una riflessione di qualche tipo mentre
si mordicchiava con nervosismo crescente l'unghia del pollice. La
tuta arancione da detenuta che le era stata consegnata, dopo che i
suoi vestiti erano stati sequestrati e imbustati per essere poi
spediti al laboratorio tracce, creava un contrasto grottesco con il
suo pallore spettrale.
Quando
sentì lo sbattere della porta sobbalzò vistosamente sul posto,
puntando i propri grandi occhi scuri sui due uomini che l'avevano
raggiunta nella stanza.
Horatio
mosse qualche passo fra quelle mura di vetro e si fermò vicino alla
finestra, lasciando che il proprio sguardo indugiasse sulla vita che
continuava a scorrere frenetica al di fuori del dipartimento di
polizia. Sentì il rumore di una sedia trascinata e seppe che Eric si
era accomodato di fronte alla sospettata, pronto a far partire
l'interrogatorio. Con la coda dell'occhio il capo della scientifica
guardò Juliet Robinson: aveva visto il panico e la paura nei suoi
occhi e non riusciva a capacitarsi di come quella che sembrava a
tutti gli effetti una ragazza inerme, fosse la stessa assassina che
aveva torturato un uomo prima di ucciderlo, per poi smembralo come se
fosse stato un animale da macello.
“A
quanto pare quello che ci hai detto è vero.” iniziò a parlare
Delko appoggiando rumorosamente il fascicolo del caso sul tavolo.
Al
sentire quel rumore la ragazza sobbalzò sul posto, nonostante non
avesse perso di vista nessuno dei movimenti fatti dai due uomini dal
momento in cui avevano messo piede nella sala interrogatori.
Horatio
si voltò mettendosi le mani sui fianchi “Abbiamo trovato il
cadavere nella vasca da bagno della stanza d'albergo.”
Juliet
non rispose, troppo impegnata a far saettare gli occhi spalancati e
terrorizzati fra i due uomini, con la stessa espressione di un
cerbiatto sorpreso in mezzo alla strada dagli abbaglianti di un'
auto.
“Sei
sicura di non volere un avvocato?- si ritrovò quindi a domandare
l'uomo dai capelli rossi, in qualche modo incuriosito da
quell'espressione così anacronistica rispetto al brutale omicidio
compiuto dalla giovane solo poche ore prima- Se non puoi
permettertene uno, possiamo fartene avere uno d'ufficio.”
La
ragazza prese un bel respiro e ripeté quanto aveva già detto ad
Horatio al momento della sua prima confessione “Niente avvocato.”
“Niente
avvocato.- ripeté lui con tono calmo- Sei ancora convinta di quello
che mi hai detto questa mattina?”
“Sì.”
rispose di nuovo Juliet, la voce tremante nonostante il chiaro
tentativo di mantenere un tono neutro.
Eric
la fissò con sguardo determinato “Chi è l'uomo che hai ucciso?”
“Non
lo so.” le parole le uscirono dalle labbra come un sospiro, mentre
abbassava lo sguardo sul tavolo davanti a sé.
“Dove
sono la testa e le mani?” incalzò il CSI di origini cubane.
“Non
lo so.”
“Non
lo sai.” ripeté Delko alzando un sopracciglio.
Juliet
sospirò di nuovo, vinta “No.”
“Che
mi dici della pistola, allora?- domandò di nuovo lui, lanciando
un'occhiata inquisitoria ad Horatio che non sembrava ancora
intenzionato ad intervenire in quell'interrogatorio- Quella con cui
hai sparato a quell'uomo prima di decapitarlo?Nemmeno quella sai
dov'è?”
“Non
mi ricordo.”
“Non
ti ricordi?”
“I-io...Non
so dove possa essere.- balbettò la ragazza, torturandosi le mani-
Non so dove posso averla nascosta. Mi dispiace.”
Eric
sbuffò sonoramente, appoggiando la schiena alla sedia “Ok. Quindi
non sai chi sia quell'uomo, non sai dove sia finita la pistola che
l'ha ucciso e non sai dove sono la sua testa e le sue mani. Se sei
venuta qui a confessare, perché non ci racconti direttamente tutto
quello che è successo?”
Juliet
spalancò gli occhi e si ritrasse, spaventata dalla nota secca che
aveva preso la voce dell'uomo sull'ultima domanda. Fu a quel punto
che Horatio mosse qualche passo verso di loro e l'attenzione della
ragazza fu immediatamente calamitata dalla calma severa che
trasmettevano quegli intesi occhi blu.
“Perché non ci parli del tipo di
affari di cui ti occupavi all'hotel, allora.” propose il capo della
scientifica, inclinando leggermente la testa di lato.
Lei sbatté le palpebre, sorpresa da
quella domanda “Affari?”
“La receptionist sostiene di
conoscerti.- specificò il tenente Caine- Dice che frequentavi spesso
quel posto e che avevi affittato una stanza come base operativa per
il tuo lavoro.”
“Questo è impossibile.” sentenziò
la Robinson, riacquistando improvvisamente una certa sicurezza.
Horatio
alzò un sopracciglio nella sua direzione “Perché?”
“Io
sono una veterinaria, non posso lavorare in una stanza d'albergo.”
spiegò la ragazza, riabbassando di nuovo lo sguardo quando un flash
del luogo del delitto le ricordò cos'era successo in quell'hotel.
“Eppure
in molti all'Intercontinental sostengono di averti vista ogni
settimana.- intervenne di nuovo Eric- Ci sono le registrazioni di
sorveglianza a dimostrarlo.”
“Perché
dovrei mentirvi?-domandò con tono stanco- Vi ho già detto di essere
stata io ad ucciderlo.”
Delko
la fissò con sguardo severo “Forse perché stai iniziando a
pensare che confessare sia stata una pessima idea.”
“No,
io...- la giovane si passò una mano fra gli arruffati boccoli
biondi, iniziando a balbettare sconclusionatamente- Quello che vi ho
detto è la verità. E anche questa lo è. Ho ucciso un uomo. L'ho
fatto e questo è vero, quindi che differenza fa se non so dov'è la
pistola o se non ricordo il suo nome o...”
“Vedi,
Juliet, ci sono molte cose che non quadrano in quello che mi hai
raccontato.- la interruppe Horatio stringendo gli occhi- Il perché
ti trovassi in quell'albergo, ad esempio, e che tipo di relazione ti
legasse alla vittima. Il motivo che ti ha spinto prima ad uccidere in
quel modo quell'uomo e poi correre a confessare tutto. Analizzeremo
le prove e verificheremo tutto quello che ci hai detto. Lo capisci
questo?”
La
ragazza annuì debolmente, incerta su cosa dire.
“Eric?”
chiamò Horatio, voltandosi verso l'uomo che capì immediatamente che
cosa volesse il proprio capo. Delko uscì dalla stanza per poi
tornare qualche istante dopo con uno scanner portatile fra le mani.
“A
che serve, quello?” domandò Juliet, osservando l'oggetto che il
CSI aveva appoggiato sul tavolo.
“A
prendere le tue impronte.- rispose Eric, girando intorno al tavolo
per essere in grado di posizionare in modo corretto le sue mani sulla
macchina- Le confronteremo con quelle che abbiamo ritrovato sulla
scena del crimine.”
“Ok.”
“Ci
serve anche un campione del tuo DNA.- continuò a spiegare l'uomo-
Prenderò solo un po' di saliva, non è niente di complicato.”
“Va
bene.” concordò nuovamente Juliet, annuendo piano.
Eric
le fece segno di posare i palmi sullo schermo, ma qualcosa attirò il
suo sguardo e afferrò i polsi della giovane, sollevandole le mani
per un'osservazione più accurata “Guarda Horatio.”
“Ematomi
ed escoriazioni sulle nocche e segni di bruciature.” commentò il
tenente Caine, inclinando la testa di lato.
La
ragazza aggrottò la fronte, facendo saettare lo sguardo fra i due
membri della scientifica “Che significa?”
“Coincidono
con le ferite della vittima e confermano che sei stata tu a
picchiarlo.” spiegò Delko, mentre lo scanner iniziava a registrare
le sue impronte.
“Ci
serve il tuo anello.” aggiunse quindi Horatio, facendo un cenno
verso la mano sinistra della Robinson.
“Il
mio...?” cercò di ripetere la giovane, ma le parole le morirono in
gola quando i suoi occhi si fermarono sul grosso diamante che
svettava sul suo anulare sinistro.
“L'anello.-
ripeté Horatio, mentre Juliet lo fissava come se non l'avesse mai
visto prima- Dobbiamo analizzarlo.”
La
bionda se lo sfilò con mano tremante, lasciandolo poi scivolare nel
piccolo sacchetto trasparente che Delko le aveva sventolato davanti
al viso.
“Perché
non mi racconti di nuovo quello che è successo?” propose Horatio,
avvicinandosi e appoggiandosi al bordo del tavolo.
“Io...io
non ricordo chiaramente.” riuscì a balbettare Juliet, mentre
fissava l'uomo dai capelli rossi. Non riusciva a capacitarsene, ma
quegli occhi indagatori, blu e determinati, le diedero immediatamente
la sensazione che era tutto sotto controllo. Anche se, molto
probabilmente, la cosa non sarebbe caduta a suo vantaggio.
Il
tenente Caine non sembrò accontentarsi di quella risposta “Ma mi
hai detto di aver ucciso quell'uomo.”
“Perché
l'ho fatto.”
“Allora raccontaci cos'è successo.”
incalzò Eric con voce ferma.
La ragazza annuì, per poi abbassare il
capo e iniziare a torturarsi le mani “Abbiamo litigato. Non ricordo
il motivo, ora mi sembra così stupido, ma mi sembrava davvero di non
essermi mai infuriata tanto in vita mia. Lui mi ha picchiato e io mi
sono difesa. Lui è caduto, ha battuto la testa e ha perso i sensi,
così sono riuscita a legarlo. E poi...” la sua voce, già di per
sé bassa, si affievolì ulteriormente, fino a sparire, lasciandola
con la bocca schiusa a fissare davanti a sé, senza in realtà vedere
niente.
“L'hai torturato?” incalzò Delko
aggrottando la fronte.
“Sì.- confermò Juliet, sobbalzando
al suono della sua voce- E poi ho sparato e poi, quando ho capito che
era davvero morto...”
Le immagini del cadavere smembrato la
colpirono come uno schiaffo, accompagnate da un conato di vomito. Non
poteva rimanere lì dentro: sotto gli sguardi severi dei due uomini
sentiva l'aria venirle meno velocemente e l'improvvisa tachicardia
che di solito accompagnava un attacco di panico la stava assalendo.
Juliet si alzò, dondolando
pericolosamente “Posso andare in bagno?Non mi sento molto bene.”
“Quando avremo finito, signorina
Robinson.”
“Davvero, non sto bene...” disse di nuovo lei,
con tono supplichevole, mentre appoggiava entrambe le mani sul
ripiano del tavolo per cercare di non cadere nonostante il violento
giramento di testa.
“Si sieda, signorina Robinson.-
ordinò Horatio avvicinandosi, prima di voltarsi di nuovo verso
l'altro CSI- Eric, chiama un'ambulanza.”
Il
cubano tirò fuori immediatamente il cellulare, pronto ad eseguire
quell'ordine, ma non poté fare a meno di osservare il proprio capo
con espressione confusa mentre digitava il numero “Che c'è?”
“Le
sue pupille.- spiegò Horatio, spostando lo sguardo dal volto sempre
più pallido della giovane- Sono estremamente dilatate. Credo che
abbia un trauma cranico.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Invisible murderer ***
Calleigh Duquesne
uscì con passo
svelto dal laboratorio di balistica, il suo regno. Aveva analizzato
attentamente la pistola che Wolfe le aveva portato quella mattina, la
possibile arma del delitto.
Una Glock, calibro 45: un modello
piuttosto compatto ma i cui grossi proiettili suggerivano che in
realtà fosse qualcosa di più rispetto a una
semplice arma da
difesa. L'aveva analizzata attentamente, con il proprio occhio
esperto, sparando qualche colpo di prova che poi aveva confrontato
con il proiettile che il dottor Loman aveva estratto dal corpo della
vittima ancora sconosciuta.
Calliegh allungò il passo quando
riconobbe una figura familiare camminare in uno dei luminosi corridoi
del laboratorio.
“La pistola che ha trovato Ryan non è
quella che ha sparato alla nostra vittima.”
annunciò la bionda,
affiancandosi ad Eric che stava camminando svelto, probabilmente
diretto da Benton per scoprire qualcosa sui nastri di registrazione
dell'albergo.
Delko aggrottò le sopracciglia,
sorpreso “Ne sei sicura?”
“Sì.- confermò la donna scostandosi
dal volto una lunga ciocca di capelli biondi- Quell'arma non spara un
colpo da diverso tempo. E, oltretutto, sulla bocca non sono
presenti
residui di alcun tipo.”
“All'uomo è stato sparato a
bruciapelo, se quella fosse davvero l'arma che cerchiamo dovrebbe
avere del tessuto e delle fibre.” concluse quindi il Csi di
origine
cubane, aggrottando la fronte pensieroso.
“Lo so.- annuì di nuovo Calleigh,
mentre additava una porta di vetro alla propria destra- Sto andando
proprio ora a vedere se invece sono riusciti a trovare qualcosa sui
vestiti.”
Eric le fece un cenno di saluto, mentre
la vide entrare con passo aggraziato nel laboratorio tracce.
La stanza era piuttosto piccola
rispetto all'ampio spazio in cui svolgeva le proprie analisi
balistiche, ma era ben arieggiata e, soprattutto, piena di strumenti
in grado di aiutare nell'identificazione di quasi ogni tipo di
campione di origine animale o sintetica. Un sorriso cordiale le si
allargò sul volto mentre si avvicinava al grande tavolo
illuminato
intorno al quale due uomini stavano lavorando indaffarati.
“Hey, Walter!- disse la bionda
esperta di balistica salutando il grosso e bonario CSI di colore- Hai
trovato qualcosa sui vestiti della Robinson?”
Simmons scosse la testa, sul volto una
smorfia obliqua rendeva palese la propria frustrazione
“Niente di
niente. A quanto pare non mentiva quando ha detto che li ha rubati
dalla lavanderia dell'albergo dopo aver abbandonato i propri sporchi
di sangue che abbiamo trovato sulla scena. Ho mandato dei campioni a
Valera per il DNA, ma per quanto mi riguarda non ho trovato
né fibre
né altre sostanze particolari.”
“Io ho analizzato le sue scarpe:
sulle suole c'è il sangue della vittima.” aggiunse
Travers alzando
gli occhi dalle suddette calzature, il proprio accento inglese che si
faceva largo prepotentemente nella frase.
“Quindi significa che l'ha calpestato
dopo che l'ha ucciso.- ricapitolò Calleigh- Però
non capisco, non
dovrebbero esserci delle macchie anche sopra?”
Walter incrociò le braccia al petto
“Forse quando ha compiuto l'omicidio non le indossava. Il
tacco è
piuttosto alto, forse le ha tolte durante la colluttazione per non
rischiare di rimanere svantaggiata nello scontro.”
La bionda CSI annuì concorde “Hai
ragione. Hai trovato tracce di polvere da sparo sui vestiti che la
Robinson indossava durante l'omicidio?”
“Nessun residuo.- rispose Walter
scuotendo piano la testa- Anche il test fatto da Delko sulla pelle
non ha portato a nessun risultato, ma la ragazza ha ammesso di
essersi pulita per eliminare ogni traccia, quindi può averli
cancellati lei stessa.”
“Non capisco.- borbottò Calleigh
aggrottando la fronte- Si è cambiata e lavata, ha nascosto
le prove
chiave per la sua incriminazione ed è scappata dalla scena
del
crimine, eppure subito dopo è venuta qua a confessare, non
ha voluto
né chiamare un avvocato né avere un difensore
d'ufficio e ci ha
dato il via libera per qualunque test senza nemmeno obbligarci a
richiedere un mandato.”
Simmons puntò sulla donna i propri
occhi scuri e ugualmente perplessi “Hai ragione. È
piuttosto
strano.”
“Forse da quando ha lasciato l'hotel
a quando ha parlato con Horatio qualcuno le ha fatto cambiare
idea.”
concluse quindi la CSI, con una nuova luce determinata nello sguardo
smeraldino.
“Orso.”
Ryan Wolfe sbatté le palpebre più
volte, confuso, mentre fissava Maxine Valera alzare lo sguardo dal
suo microscopio per fissarlo con sguardo vivace.
“Scusa?” riuscì quindi a
ribattere, alzando un sopracciglio con perplessità.
La tecnica di laboratorio strizzò un
occhio in sua direzione, divertita dalla sua reazione “Quello
che
mi hai portato stamattina, che hai trovato appiccicato a quel
terriccio sotto le scarpe della vittima.- specificò quindi-
Non sono
capelli, ma peli. Di orso.”
Ryan aggrottò la fronte “Che cosa ci
facevano dei peli di orso là sotto?”
“Non chiederlo a me, sei tu
l'investigatore, io sono solo un topo di laboratorio.”
ribatté la
donna alzando le mani in segno di resa, assolutamente incapace di
trovare uno scenario di qualsiasi tipo per cui un pelo d'orso possa
essere finito nella suite di uno dei più rinomati alberghi
di Miami.
“Forse la cosa potrebbe aiutarci a
scoprire l'identità della vittima.- meditò Wolfe,
passandosi una
mano sotto il mento- Chi ha a che fare con gli orsi?”
Valera increspò le labbra mentre
pensava ad ogni opzione “Uhm...Ranger?Guardie
forestali?Cacciatori?Imbalsamatori?Appassionati di pic-nic
all'aperto?”
“O, veterinari.- concluse il giovane
CSI con un sorriso soddisfatto- Juliet Robinson è una
veterinaria,
giusto?”
Maxine alzò le sopracciglia,
leggermente divertita dalla conclusione cui erano arrivati
“Anche
il mio vicino di casa è un veterinario, ma credo che
l'animale più
esotico con cui abbia avuto a che fare sia stata una tartaruga di
terra.”
“Vale la pena provare, no?- ribatté
Ryan mentre muoveva passi veloci verso la porta del laboratorio di
analisi del DNA- Chiamo Walter: dici che avrà voglia di fare
un giro
allo zoo?”
“Juliet Robinson è la donna del
mistero.- dichiarò Frank Tripp mentre sfogliava il proprio
taccuino
di fronte a una incuriosita Natalia- La madre è morta quando
lei
aveva poco più di un anno e suo padre è un
ufficiale dell'esercito,
hanno vissuto insieme a Seattle, dove lei è stata spedita a
una
scuola militare non appena ha avuto l'età adatta, poi se ne
è
andata al college. Si è laureata in medicina veterinaria e
si è
specializzata nei grandi predatori, dopodiché ha aperto uno
studio
proprio e ha iniziato a collaborare con zoo, parchi naturali e
allevamenti di animali esotici nella zona.”
“Grandi predatori?- ripeté Boa Vista
mentre lo sguardo gli si illuminava- Come gli orsi. Questo la collega
alla nostra vittima: Valera ha identificato il pelo trovato sotto le
sue scarpe come un pelo d'orso.”
“Già.- annuì il grosso detective
texano- Wolfe e Simmons sono già andati allo zoo per fare
qualche
domanda e cercare di identificare il nostro uomo senza testa.”
“E dopo?- domandò di nuovo la bella
CSI- Come è arrivata a Miami?”
“Non ne ho assolutamente idea.-
ammise suo malgrado Tripp- Quello che so è che è
praticamente
scomparsa per due anni per poi ricomparire qui a Miami dove, in ogni
caso, non c'è nessuna proprietà registrata a suo
nome. Nessuna
prenotazione in alberghi o motel, nessun noleggio di auto, nessun
contratto di affitto, nessun contratto di lavoro. Niente di niente.
È
qui, ma è come se fosse invisibile.”
Natalia rifletté per qualche secondo
su quanto aveva appreso negli ultimi minuti sulla loro sospettata
primaria “La receptionist ti ha detto che pagava la stanza in
contanti, giusto?”
“Esatto, perché?” confermò
Frank,
per poi domandarsi cosa passasse per la testa dell'investigatrice
della scientifica.
“Ci servono quei soldi, mi è venuta
un'idea.” annunciò quindi la donna con tono
determinato.
Horatio Caine si rigirò gli occhiali
da sole fra le dita con fare apparentemente noncurante, mentre un
medico dal camice mal stirato gli si avvicinava con passo svelto.
“Dottor Aller?” domandò, gettando
un'occhiata fulminea al cognome cucito sulla stoffa bianca.
“Tenente Caine?- gli fece eco l'uomo,
sistemando la cartella piena che stringeva fra le mani mentre
aspettava un cenno di assenso del capo della scientifica, che non
tardò ad arrivare- Mi hanno detto che avrei dovuto parlare
con lei
delle condizioni della paziente che è stata portata qui
stamattina,
la giovane sotto custodia con un trauma cranico.”
Horatio confermò di nuovo, con un
breve movimento della testa “Che cosa mi dice delle sue
condizioni?”
“È stabile ora.- annunciò quindi il
canuto medico- Ma quando è arrivata era in preda a una forte
crisi
di panico. Le abbiamo somministrato dei calmanti e poi l'abbiamo
messa sotto anticoagulanti per impedire la formazione di un trombo,
ma le condizioni sono un po' particolari...”
Caine inclinò la testa per scrutarlo
più a fondo “Che cosa intende, dottor
Aller?”
“E' una commozione cerebrale di
quinto livello.- specificò quindi Aller con tono grave-
C'è un
ematoma che comprime il lobo temporale sinistro, ovvero il centro di
memoria, linguaggio e pronuncia. E questa emorragia ha causato
un'amnesia retrograda a quanto sembra.”
“Mi sta dicendo che quello che ha
Juliet Robinson potrebbe compromettere le sue abilità
cognitive?”
riformulò quindi il tenente, mentre rifletteva sulle
possibili
implicazioni di quanto appena appreso.
Il dottore si passò le dita sui baffi
bianchi e ben curati “Solo per quanto riguarda gli ambiti che
ho
menzionato. Abbiamo fatto qualche test e a quanto sembra pare che la
memoria della paziente abbia subito un serio danneggiamento.”
Horatio fece dondolare leggermente la
testa, prima di porre un'altra domanda con tono meditabondo
“Dottor
Aller, se quello che mi racconta è vero, perché
mai la ragazza
avrebbe dovuto inventarsi una storia tanto elaborata e dichiararsi
colpevole di un omicidio che nemmeno ricorda di avere
commesso?”
“La mente umana è molto variabile,
tenente Caine.- affermò il medico prima di formulare qualche
ipotesi- Forse non ha dimenticato quello che ha fatto. Può
darsi che
quando si è resa conto dell'atto appena compiuto, abbia
semplicemente ricostruito gli eventi della sera precedente usando la
logica. Oppure che non abbia dimenticato affatto: la mente umana
è
un territorio ancora molto enigmatico e imprevedibile. Può
darsi che
l'omicidio sia avvenuto dopo la perdita di memoria, oppure che non
sia stato affatto dimenticato.”
“Quindi quello che mi ha raccontato è
vero?” ricapitolò Horatio socchiudendo gli occhi
chiari.
“Probabilmente.- confermò Aller
annuendo con convinzione- Ho trovato segni di lotta oltre al trauma
cranico, quindi una colluttazione c'è stata. Quello che non
so dirle
è quanto.”
“Non si preoccupi, dottore.- rispose
il capo della scientifica infilandosi gli occhiali sul naso- Quello
lo scoprirò da solo.”
“Ah, un'altra cosa, tenente Caine.”
chiamò di nuovo il medico, poco prima che Caine fosse troppo
lontano
per sentirlo.
“Sì, dottor Aller?”
“Ho scoperto che la signorina
Robinson è già stata ricoverata qui qualche mese
fa.” lo informò
quindi Aller.
Horatio si bloccò, in attesa di altre
informazioni “Per cosa?”
“Un morso al polpaccio.- dichiarò il
vecchio dottore sfogliando la cartella medica- lei ha detto che era
stato un cane ma credo che stesse mentendo. L'abbiamo sottoposta a
una puntura addominale contro la rabbia e tenuta in osservazione un
paio di giorni per scongiurare rischi di infezione.”
“Quindi ha altre informazioni su di
lei?” domandò di nuovo pur dubitando di una
risposta affermativa.
Aller, infatti, scosse la testa in
segno di diniego “L'indirizzo che ci ha dato è
quello di un
albergo e i numeri di telefono sono falsi.”
Horatio fece un breve cenno di saluto,
prima di avviarsi verso l'uscita dell'ospedale con passo svelto. Se
qualcuno si sforzava così tanto a non far sapere nulla di
sé, a
sparire per due anni interi per poi ricomparire e non lasciare
alcuna traccia della propria permanenza a Miami significava che aveva
qualcosa di grosso da nascondere. E lui aveva decisamente intenzione
di scoprire cosa.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Animal I have become ***
Calleigh
parcheggiò l'Hummer
accostandosi al marciapiede semi-deserto.
Aveva percorso a ritroso la strada
fatta quella mattina da Juliet Robinson per arrivare al dipartimento
di polizia, ma ovunque avesse chiesto, nessuno sembrava di ricordarsi
di una ragazza bionda dall'aspetto sconvolto. Ma, dopotutto, quella
era Miami: chiunque avrebbe potuto scambiarla per una delle tante
turiste in preda a un post-sbornia particolarmente pesante.
Si era fermata da poco su quel tratto
di area pedonale quando una voce calda alle sue spalle la riscosse
dai suoi pensieri e dalle sue ricostruzioni ipotetiche “Serve
aiuto?”
La bionda CSI si voltò con un
movimento fluido “Forse. Lei chi è?”
L'uomo, un individuo alto con spalle
larghe che indossava una divisa militare si raddrizzò,
presentandosi
“Sono il sergente Mahony, mi occupo del reclutamento di nuovi
soldati per l'esercito americano.”
“Capisco.- annuì lei- Io sono
Calleigh Duquesne, della scientifica di Miami Dade. Per caso, le
è
capitato di vedere questa ragazza passare di qui questa
mattina?”
domandò quindi, porgendo all'uomo la foto della loro
sospettata.
Il sergente Mahony diede un rapido
sguardo all'immagine e riconobbe immediatamente chi vi era
raffigurata “Certo. In realtà è entrata
nel mio ufficio.”
disse, accennando con un cenno del capo alla vetrina che, pochi passi
più in là, esponeva poster e volantini
dell'esercito americano.
Calleigh alzò le sopracciglia,
sorpresa “Davvero?Cosa voleva?”
“Non me l'ha detto.- rispose l'uomo
scuotendo la testa- Ho provato a chiederle se fosse interessata a una
carriera militare, anche se è un po' più vecchia
dei soliti
aspiranti. Comunque, non mi ha risposto, sembrava davvero
sconvolta.”
“Può dirmi esattamente che cosa è
successo?” domandò di nuovo la donna, con
rinnovato interesse,
sperando così di ottenere qualche nuova informazione sulla
loro
sospettata primaria.
Mahony scrollò le spalle larghe
“Niente di particolare. La ragazza è entrata qui
dentro, le ho
parlato ma non sembrava ascoltarmi affatto. Sembrava totalmente fuori
di sé come se fosse...non so, tormentata da qualcosa. Si
è guardata
un po' intorno e se ne è andata mentre stavo ancora
parlando.”
“E l'ha lasciata andare così?- la
bella CSI non poté nascondere il proprio disappunto- Non ha
pensato
che avesse bisogno di aiuto?”
“Sì, per questo l'ho seguita.-
confermò quindi il militare- Ma quando sono uscito per
vedere se
stesse bene ho visto che c'era qualcuno con lei.”
“Davvero?Ne è sicuro?” chiese,
spalancando i grandi occhi verdi.
Il sergente Mahony annuì, lo sguardo
concentrato mentre rievocava i fatti della mattinata
“Sì. Un uomo
che la seguiva passo passo. Ho pensato che stessero insieme e che
magari avessero litigato, perché lui la seguiva piuttosto da
vicino,
era impossibile che lei non lo sapesse, eppure la ragazza sembrava
volerlo lasciare indietro.”
“Le è sembrato che avesse cattive
intenzioni?”
La mente investigativa di Calleigh e la
sua esperienza nella scientifica la informavano che quella non era
assolutamente un'informazione da trascurare. Anzi. C'era qualcosa di
particolarmente sinistro nel fatto che qualcuno si fosse preso la
briga di seguire la Robinson per tutta quella strada per poi sparire
nel nulla.
“No, affatto.- la sorprese Mahony con
la sua risposta- Sembrava preoccupato per lei, come se volesse
assicurarsi che stesse bene.”
Calleigh ponderò quelle parole e
infine annuì, risoluta “Ok. Saprebbe riconoscerlo
se lo
rivedesse?”
“Probabilmente.” disse il sergente,
accompagnando le proprie parole con una scrollata di spalle.
“E fare un identikit?” incalzò di
nuovo la CSI.
“Credo di sì.”
“Ok, sergente Mahony.- ribatté con
un sorriso ampio- Mi deve seguire in centrale.”
Ryan Wolfe imboccò il sentiero di
terra battuta indicato dalla mappa che stringeva fra le mani.
Era da quando aveva dodici anni che non
metteva più piede in uno zoo, perciò aveva deciso
di lanciare qua e
là qualche occhiata furtiva, sperando che Walter non si
accorgesse
di quel suo interesse dando inizio così a una delle loro
scaramucce
infantili e cameratesche.
Ovviamente non fu così fortunato.
“Che fai Wolfe?Senti la mancanza
delle gite scolastiche?”
“Alcuni di noi amano apprendere a
prescindere dell'età, Walter.”
“Se vuoi ti posso comprare un
biglietto, così più tardi puoi fare un tour
guidato.” lo stuzzicò
di nuovo il grosso ragazzo di colore.
Ryan si limitò a far roteare
platealmente i suoi grandi occhi verdi, ma continuò a
camminare con
passo risoluto. La mappa che avevano consultato poco prima, appesa ad
una bacheca fatta di legno grezzo posta al lato del sentiero che
stavano percorrendo, indicava che avrebbero dovuto svoltare a destra
e sarebbero arrivati alla loro destinazione: il recinto dell'orso
bruno himalayano.
Stavano per l'appunto imboccando quella
stradina laterale quando furono intercettati da una donna vestita con
un orrido completo kaki in tema safari, una cascata di voluminosi
ricci neri e un sorriso fin troppo largo sulle labbra.
“Buongiorno!- trillò, con eccessivo
entusiasmo- Posso aiutarvi? Se cercate un animale in particolare
dovete sapere che qui al Miami Metro Zoo abbiamo un assortimento di
animali selvatici che comprende sia specie autoctone che alcune in
via di estinzione e che...”
“Non siamo qui per gli animali.- la
interruppe Walter, prima di scrutarla attentamente- Lei
è?”
“Samantha Raynols, ma potete
chiamarmi Sam.- rispose immediatamente, con il tono di chi quella
frase era abituato a ripeterla troppo spesso- Sono una delle
guide.”
“Bene, Sam, noi siamo Ryan Wolfe e
Walter Simmons della scientifica di Miami Dade.” si
presentò Ryan,
indicando prima se stesso e poi il collega.
“La scientifica?- gli fece eco la
donna, spalancando gli occhi- Wow. Credevo che di Osso si occupasse
la guardia forestale.”
Walter aggrottò la fronte “Chi è
Osso?”
“Uno dei nostri orsi, quello che è
scappato qualche giorno fa.- spiegò la guida turistica-
L'abbiamo
chiamato così perché quando era arrivato da noi
era pelle e ossa
dato che prima era tenuto illegalmente da un milionario del Texas nel
suo ranch.”
Wolfe decise di interromperla di nuovo
“No, non siamo qui per quell'orso. Anche se, in effetti,
stiamo
cercando qualcuno che possa avere avuto a che fare con lui o uno dei
suoi simili.”
Samantha inarcò un sopracciglio ben
curato, perplessa “Che cosa intendete?”
“Chi si occupa dell'orso bruno
himalayano qui?” riformulò quindi la domanda il
giovane CSI.
“Gli addetti ai lavori: quelli che
sistemano il recinto e danno da mangiare agli animali.- rispose
quindi la ragazza scrollando le spalle. Dopo una breve pausa in cui
aveva riordinato le idee, riprese a parlare- E settimanalmente
c'è
anche una visita da parte del veterinario. Nessun altro entra in
contatto diretto con gli animali, soprattutto uno di questo
genere.”
Simmons capì immediatamente che
stavano per centrare il bersaglio “E di queste persone,
c'è
qualcuno che non si è presentato al lavoro oggi?”
“Sono tutti regolarmente presenti.
Anche se...”
“Anche se?” incalzò l'uomo di
colore, con impazienza.
“Non ho ancora visto il dottor Evans,
oggi.” concluse quindi la Raynols, incrociando le braccia al
petto.
“Ha provato a chiamarlo?” indagò
di nuovo Walter.
La donna riccia annuì con veemenza
“Sì, ma non ho ancora ottenuto risposta. Credete
che dovrei
preoccuparmi?”
“Non lo sappiamo ancora.- ribatté
immediatamente Wolfe, aggrottando la fronte- Facciamo così,
ci dia
il suo indirizzo: ce ne occuperemo noi.”
“D'accordo.” acconsentì Sam,
sbattendo più volte le palpebre.
“Sa dirci qualcosa su di lui?”
domandò di nuovo Walter, nella speranza di venire a
conoscenza del
legame che legava quella che potenzialmente era la loro vittima con
la loro principale sospettata.
La guida naturalistica si strinse nelle
spalle esili “Non molto, in realtà. È
un uomo estremamente
riservato, ma molto bravo nel suo lavoro e questo è
più che
sufficiente. Ditemi la verità, gli è successo
qualcosa?”
“Non ne siamo ancora sicuri, stiamo
verificando alcune ipotesi.” rispose con tono professionale
Simmons.
Wolfe impedì alla donna di fare
ulteriori domande porgendole una foto “A questo proposito, le
è
mai capitato di vedere questa donna?”
La giovane si prese qualche istante per
osservare l'immagine di Juliet Robinson. Nella foto aveva due
occhiaie estremamente pronunciate e l'aria devastata, ma Samantha la
riconobbe immediatamente.
“Ma certo, era una collega del dottor
Evans, è venuta a trovarlo e a visitare questa struttura un
paio di
volte, diversi mesi fa. Me la ricordo perché non sembrava
affatto
una veterinaria, è una di quelle persone sempre estremamente
curate
che probabilmente non si sporcano mai le mani, avete
presente?”
Ryan si voltò verso il collega, che
condivideva la sua stessa espressione grave “Direi che questa
volta, le mani se le è decisamente sporcate.”
“Polizia di Miami
Dade!Dottor Evans è
in casa?”
Frank Tripp aspettò qualche secondo,
tendendo l'orecchio di modo che nessun suono al di là della
porta
d'entrata della villetta potesse sfuggirgli.
Dall'interno della casa non arrivò
alcun rumore, così il grosso sergente si voltò
verso uno degli
agenti di pattuglia, esortandolo con un cenno del capo a buttare
giù
la porta.
Due calci ben assestati dopo il piccolo
gruppetto di poliziotti si era ritrovato nell'ingresso
dell'abitazione del dottor Gilbert Evans. Non occorreva però
di
certo l'abilità di osservazione di un CSI per comprendere
che il
disordine che vi regnava, così come nel resto della casa,
non era il
semplice caos che si era lasciato alle spalle un proprietario
distratto.
“Sembra che qualcuno ci abbia
preceduto.” commentò infatti Eric, scandagliando
con sguardo
attento i mobili fuori posto e gli oggetti che giacevano abbandonati
sul parquet.
“E non credo che abbia trovato quello
che stava cercando.” aggiunse Natalia, guardandosi intorno
indecisa
su da dove incominciare ad analizzare quella scena del crimine.
Delko alzò un sopracciglio nella sua
direzione “Come fai a dirlo?”
“Le probabilità che la cosa che stai
cercando si trovi nell'ultimo posto in cui guardi sono bassissime.-
spiegò la donna, prima di aggrottare la fronte ed indicare i
fogli
che il collega aveva appena raccolto da terra- Che cosa sono
quelli?”
“Sembrano
codici.” disse il CSI cubano dopo una breve ma attenta
analisi.
Boa
Vista sembrò essere sempre più confusa
“Nel senso di
crittografie?”
“Sì.
Ce ne sono parecchi.- continuò a parlare l'uomo, sfogliando
il plico
che aveva fra le mani, prima di alzare lo sguardo per interrogare la
collega- Perché un veterinario dovrebbe aver in casa tutti
questi
codici?”
“Di
certo non perché era un appassionato di
enigmistica.” ribatté la
donna con un guizzo nei grandi occhi scuri.
Eric
sorrise a quella battuta “Già, lo credo anche io.
Probabilmente
doveva essere in contatto con qualcuno riguardo a qualcosa di
particolarmente scottante. E credo anche che abbia a che fare con il
suo omicidio.”
Stavano
per formulare qualche ipotesi che potesse collegare le crittografie
al modo in cui il dottor Evans era stato brutalmente assassinato
quando la voce di Tripp li richiamò dalla porta che portava
ad una
delle stanze laterali “Credete che questi possano centrare
qualcosa?” domandò, sventolando degli oggetti che
non riuscirono
ad identificare immediatamente.
Natalia
fece una smorfia leggermente schifata “Sono corni di
rinoceronte?”
“Già.-
confermò Frank annuendo solennemente- E ci sono anche zanne
di
elefante e altri pezzi di animali di cui ignoro
l'identità...”
Delko
assunse un'aria pensierosa “Il dottor Evans quindi non era
poi
questo grande amante degli animali.”
“Traffico
di animali esotici ed annesse suppellettili.- riepilogò
quindi Boa
Vista, l'espressione che mimava alla perfezione quella del collega-
Questo caso si sta complicando di più ad ogni scoperta che
facciamo
o sbaglio?”
Juliet guardava fisso davanti a sé, lo
sguardo perso in qualcosa che di certo non era presente negli stretti
confini di quella asettica stanza di ospedale. Le sue mani,
appoggiate sulla coperta candida all'altezza del suo stomaco,
sembravano non voler smettere di tremare.
Aveva ucciso un uomo.
Le immagini del cadavere senza testa e
di se stessa insanguinata la stavano inseguendo da quando si era
svegliata, quella mattina, in quella stanza d'albergo sconosciuta, e
da quando il sedativo che le avevano dato aveva finito il proprio
effetto i mille pensieri che l'avevano accompagnata da quando aveva
realizzato l'entità di ciò che aveva fatto
continuavano a
tormentarla.
Chi era quell'uomo?
Perché l'aveva ucciso?
Perché diavolo aveva dovuto mozzargli
anche la testa e le mani?
Quelle domande continuavano a
vorticargli nella mente, impedendole di riposarsi, come invece il
dottor Aller le aveva imposto.
Quello che non sapeva, era che gli
stessi quesiti assillavano nello stesso momento il rosso tenente
della polizia scientifica a cui aveva confessato quell'efferato
omicidio.
Horatio Caine era entrato nella piccola
stanza in cui era stata ricoverata la giovane con passo felino, tanto
che lei non sembrava essersi accorta della sua presenza a pochi passi
dal letto su cui giaceva. L'uomo si concesse qualche minuto per
scrutarla con i suoi occhi analitici: Juliet Robinson tremava e, che
lei lo sapesse o meno, quello non era uno dei soliti comportamenti
che aveva osservato durante i lunghi anni in polizia da parte di un
omicida a sangue freddo. Eppure, aveva confessato e molte prove che
avevano raccolto confermavano la sua testimonianza. Horatio
aggrottò
leggermente la fronte. Certo, alcune prove urlavano che quella
ragazza era colpevole fino al midollo, ma altre...La mancante arma
del delitto, l'assenza di residui di polvere da sparo, ed ora
quell'infortunio che probabilmente metteva in discussione qualsiasi
cosa che gli era stata confessata. C'erano troppe incongruenze e lui
era troppo meticoloso per lasciare che una giovane potesse venire
condannata all'iniezione letale senza essere sicuro al cento per
cento della sua colpevolezza.
“Signorina Robinson.” disse, a mo'
di saluto.
Gli occhi color cioccolato, circondati
da cupi cerchi violacei, saettarono immediatamente verso di lui.
“Tenente Caine.- gli fece eco Juliet,
cercando di riguadagnare un po' di compostezza- Strani posti gli
ospedali. Un'infinità di storie e tragedie tutte riunite
nello
stesso edificio. Ha parlato con il dottor Aller?”
Horatio
si limitò a rispondere con un cenno del capo e continuando a
osservare intensamente la ragazza le lasciò cadere fra le
mani una
foto.
“Conosce
quest'uomo, signorina Robinson?”
Juliet
aggrottò la fronte, concentrandosi al massimo mentre
studiava
minuziosamente la figura che aveva di fronte. Era un uomo di
quarant'anni al massimo, col viso rubicondo incorniciato da una folta
barba rossiccia, e dei piccoli occhi ridenti nascosti dietro a un
paio di lenti rotonde. C'era qualcosa, in quello sguardo, che le dava
un certo senso di familiarità, eppure la sua mente
continuava a
chiudersi a riccio, senza lasciare scappare alcun altro indizio.
Sollevò
fra le dita ancora tremanti il pezzo di carta e, mentre continuava a
fissare quel volto sconosciuto, domandò ad Horatio
“Chi è?”
“Si
chiamava Gilbert Evans.- spiegò il rosso, rigirandosi gli
occhiali
da sole fra le dita- È la vittima.”
“Io...Io
non me lo ricordo.” balbettò la ragazza,
diventando ancora più
pallida di quanto già non fosse.
“Sappiamo
per certo che lo conoscevi.- continuò a parlare Caine,
indagando
ogni sua reazione- Lavorava al Miami Metro Zoo e, come te, era un
esperto in animali selvatici.”
Juliet
rimase in silenzio per diversi istanti prima di domandare
“Eravamo
fidanzati?”
“Perché
me lo domandi?” ribatté Horatio, sorpreso da
quella domanda.
“Indossavo
un anello prima...prima di essere arrestata.- spiegò quindi
la
giovane, massaggiandosi con fare nervoso la mano sinistra- Un anello
di fidanzamento. Forse il mio è stato un...come si
chiama?Crimine
passionale?”
Horatio
scosse piano la testa “No, il dottor Evans non era il tuo
fidanzato. Un membro del mio team sta cercando di scoprire chi possa
essere stato a regalarti quell'anello. Se riusciamo a trovarlo
potremmo anche capire che cosa stavi facendo qui a Miami da tre
anni.”
La
ragazza annuì distrattamente in risposta a ciò
che le era stato
detto, ma non parlò.
“Perché
l'hai fatto Juliet?” domandò quindi il tenente
della scientifica,
inclinando il capo e perforandola con l'intensità del suo
sguardo.
“Non
lo so.- esalò stancamente la Robinson- Non so
perché l'ho ucciso.”
“No.-
la contraddisse Caine con tono sicuro- Perché hai confessato
un
omicidio che non ricordi aver compiuto?”
Juliet
spalancò la bocca, incredula per quella domanda
“Io...Tu...Tu come
fai a saperlo?”
“Ho
già avuto casi in cui erano coinvolte vittime o criminali
con
amnesia...” spiegò l'uomo, muovendo qualche passo
nella stanza e
sedendosi finalmente sulla sedia posta di fianco al letto.
“Davvero?-
domandò di nuovo la giovane- E' davvero possibile
dimenticarsi di
aver fatto una cosa del genere?”
Horatio
non rispose, decidendo invece di andare avanti col suo interrogatorio
informale “Come fai ad essere così certa di essere
colpevole?”
La
Robinson fece un respiro profondo e abbassò lo sguardo sulle
proprie
mani giunte in grembo mentre parlava con un filo di voce
“Saprei
decapitare un uomo, anche tagliargli le mani...Sono un veterinario,
ho una conoscenza sufficiente del corpo umano, oltre che animale, per
essere in grado di fare una cosa del genere potenzialmente con ogni
tipo di lama. So come usare una pistola. Non ho un alibi, forse avevo
un movente anche se ora non lo ricordo, e la logica urla che il fatto
che sia io l'assassino è l'unica possibilità
contemplabile.”
“Quello
che interessa a noi, signorina Robinson, è quello che ci
dicono le
prove.” la informò quindi il rosso guardandola
intensamente.
Finalmente
la ragazza si azzardò ad alzare lo sguardo “E che
cosa dicono
finora?”
“La
tua arma non è quella che ha sparato al dottor Evans, e su
di te non
abbiamo trovato alcun residuo di polvere da sparo.- riassunse quindi
Caine con tono professionale- Questo ti esclude come esecutrice
dell'omicidio, ma non ti scagiona per l'occultamento del
cadavere.”
“Non
avete prove che non sia stata io.” ribatté Juliet
con ostinazione.
“Signorina
Robinson...” cercò di calmarla Horatio. Il dottor
Aller lo aveva
avvistato delle potenziali reazioni che sarebbero potute scaturire da
un discorso del genere. A quanto pareva, la ragazza stava ancorandosi
a quell'unico sprazzo che poteva ricondurre attraverso la logica agli
anni di vita dimenticati, con testarda disperazione.
“Io
ho confessato, giusto?- continuò di nuovo con una certa
ansia-
Quando uno confessa non dovrebbe essere tutto più facile per
voi?”
Il
capo della scientifica mantenne un tono di voce calmo, sperando
così
di riuscire a tranquillizzare anche la giovane “Non in casi
in cui
chi confessa ha un trauma cranico del genere.”
“Quindi
la mia testimonianza non ha più valore?”
mormorò di nuovo Juliet,
gli occhi velati da lacrime.
“Faremo
parlare le prove.” disse semplicemente Horatio.
“Ok.”
Il
modo quasi infantile con cui la ragazza si stringeva le braccia
attorno al torso convinse il tenente a provare una nuova strategia
“Sai, Juliet, c'è la possibilità che tu
non sia l'assassina che
stiamo cercando.”
La
voce della ragazza gli arrivò flebile e tremante alle
orecchie
“Credevo di soffrire di un semplice disturbo post-traumatico
da
stress. Non è raro dopo cose del genere e...”
“Signorina
Robinson.” cercò di interromperla nuovamente
l'uomo.
“Io
so
di aver ucciso quell'uomo, tenente. È come quando da piccolo
fai
qualcosa di sbagliato e il senso di colpa ti devasta finché
non
confessi. Ho la stessa sensazione, solo che è amplificata al
massimo. E poi, se anche non fossi io l'assassino ciò non mi
renderebbe meno colpevole. Le brave persone non si ritrovano in
situazioni come questa.”
Horatio
sapeva che le persone che gli si presentavano davanti mentivano, per
i motivi più disparati e sempre più spesso, e che
erano in grado di
recitare anche meglio di strapagati attori di Hollywood. Eppure il
suo sesto senso continuava a dirgli che c'era qualcosa che non andava
in quel quadro. Che doveva esserci qualcosa di più, qualcosa
che
dovevano ancora scoprire. Tornò a fissare la giovane
semi-sdraiata
sul letto, che stava cercando di recuperare fiato dopo la propria
arringa animata.
“A
questo proposito, sei mai stata coinvolta in traffici illegali?Di
animali, per esempio?”
La
domanda parve scioccare Juliet più di quanto fosse
necessario
“Cosa?!No!Sono diventata veterinaria perché amo
gli animali,
sarebbe deontologicamente scorretto se facessi una cosa del
genere.”
Il
tenente Caine annuì lentamente “Capisco. Abbiamo
scoperto che il
dottor Evans trafficava in manufatti derivanti dall'uccisione di
animali protetti e probabilmente anche in animali esotici. E sappiamo
anche che tu avevi dei rapporti professionali con lui, anche se
effettivamente non hai mai operato nel tuo campo di specializzazione
degli ultimi anni.”
“Mi
sta accusando di essere una trafficante di animali?- domandò
Juliet
con una ostilità tutta nuova nella voce- Deve
provarlo.”
Horatio
si alzò, muovendo qualche passo verso la porta.
“Lo
farò, Juliet. Lo farò.”
dichiarò, prima di uscire infilandosi
gli occhiali da sole.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** The past comes back to bite you ***
Marcus
Fuentes non sembrava il tipico spacciatore.
Non
aveva un aspetto trasandato e l'aria cospiratrice di un brutto ceffo
che si potrebbe incontrare in un vicolo buio e poco frequentato.
Marcus
Fuentes, alto, abbronzato, con abiti alla moda, si confondeva
perfettamente fra la gente che affollava le strade iridescenti di
Miami. Eppure la sua fedina penale urlava che non era un comune
cittadino o un semplice turista: rapine, aggressioni e il recente
interesse per lo spaccio di droghe di vario genere facevano di lui un
criminale in piena regola. E proprio per queste sue esperienze
passate con le forze dell'ordine, l'uomo era perfettamente in grado
di fiutare un poliziotto anche a un chilometro di distanza.
“Marcus
Fuentes?” fu tutto ciò che Eric riuscì
a domandare, mentre si
avvicinava guardingo all'incarnazione del disegno di identikit che
era stato fornito secondo le indicazioni del sergente Mahony.
Non
aveva nemmeno finito di pronunciare l'ultima sillaba che il criminale
partì a correre con uno sprint degno di un atleta
professionista, le
persone fra lui e la sua via di fuga dei meri ostacoli che scostava
brutalmente con forti gomitate e spallate ben assestate.
“Perché
va sempre a finire così?”sibilò fra i
denti il CSI cubano,
allungando il passo e partendo all'inseguimento, seguito a ruota da
Ryan. Con due balzi eccezionalmente agili il giovane CSI
superò il
collega che, malgrado odiasse ammetterlo, a causa della sua
corporatura da nuotatore era decisamente più lento nella
corsa.
Marcus
Fuentes sfrecciava fra la folla, voltandosi di tanto in tanto per
controllare se i suoi inseguitori fossero ancora così
maledettamente
vicini. Ringhiò un'imprecazione decisamente scurrile quando
si
accorse che uno dei due poliziotti era soltanto a qualche passo di
distanza. Tornando a guardare di fronte a sé, con lo sguardo
pieno
di panico di un animale braccato, decise di svoltare in una via
laterale. Il criminale approfittò del leggero vantaggio
guadagnato
cercando di individuare una via di fuga efficace. Fortunatamente per
lui, il palazzo che costeggiava quella strada aveva una balaustra
facilmente raggiungibile così, dandosi una forte spinta
sulle gambe
e saltando in quella direzione, l'uomo fu in grado di salirvi senza
troppi sforzi. Da lì sopra, riusciva ancora a sentire le
imprecazioni e richiami dei due CSI alle sue spalle che gli
intimavano di fermarsi, ma ormai Fuentes era convinto di avercela
fatta. Approfittando del vantaggio datogli dalla sua nuova posizione
rialzata, allungò nuovamente il passo, correndo a
più non posso
verso il lato opposto della via. Raggiunta la fine della balaustra
non dovette nemmeno pensarci due vole e, con un balzo agile, si
lanciò dall'altra parte della strada. Non riusciva a vedere
nessuno
dei suoi due inseguitori così si acquattò lungo
le pareti del
palazzo procedendo di nuovo verso una strada più frequentata
dove,
sperava, sarebbe riuscito a confondersi fra la folla. Stava per
immettersi sulla strada attigua, sempre più vicino alla
propria
meta, quando un clic sonoro lo fece immobilizzare sul posto.
Ad
accoglierlo dietro l'angolo che aveva appena svoltato c'era la canna
di una pistola. Fuentes spalancò gli occhi, sorpreso, ma
tutto
quello che fu in grado di fare, mentre cercava di riprendere fiato,
fu fissare in cagnesco l'uomo dai capelli rossi che gli stava
puntando l'arma addosso.
“Direi
che la tua corsa finisce qui.” lo informò Horatio,
con il consueto
tono imperturbabile.
Se
gli sguardi fossero in grado di uccidere, Delko e Wolfe sarebbero
stati due uomini morti.
Seduto
sulla sedia della sala interrogatori, incapace di stare fermo
probabilmente perché fin troppo consapevole del proprio
destino,
Marcus Fuentes faceva saettare le proprie occhiate al vetriolo da
Eric, seduto di fronte a lui, a Ryan, che se ne stava in piedi, a
braccia incrociate, pochi passi più in là.
“Allora,
signor Fuentes, è sicuro di non conoscere questa
ragazza?” ripeté
di nuovo il CSI di origini cubane, mentre picchiettava il dito
abbronzato sulla foto di Juliet Robinson che aveva fatto scivolare
sul tavolo di fronte al loro sospettato.
Lo
spacciatore non fece nemmeno l'atto di analizzare di nuovo i tratti
della donna e rispose immediatamente, senza staccare lo sguardo
dall'uomo che aveva davanti “Mai vista in vita mia.”
Wolfe
inarcò un sopracciglio “Ne è davvero
sicuro?Perché abbiamo un
testimone che ha giurato di averla vista seguirla per un'ora questa
mattina.”
Il
volto fino a quel momento fintamente rilassato di Fuentes
lasciò
cadere quell'espressione “Un testimone?”
“Esatto.-
confermò il giovane con un sorriso soddisfatto sulle labbra
sottili-
Ed è pronto a confermarlo in tribunale.”
“Ok,
ok, la stavo seguendo!- sbottò quindi il criminale,
scuotendo la
testa esasperato: come aveva fatto ad essere così stupido da
lasciarsi beccare in quel modo?- Lo ammetto. Ma non è un
reato.”
“No,
questo no. - annuì Delko, senza distogliere il suo sguardo
determinato- Ma lo spaccio di sostanze stupefacenti lo
è.”
Lasciò
passare qualche secondo, facendo intendere all'uomo che c'era
qualcosa di più dietro alle proprie parole poi, quando lo
vide
vacillare ancora di più, aggiunse una nuova domanda
“Perché la
stavi seguendo?”
Fuentes
gli rivolse un sorriso asciutto “Sembrava sconvolta, volevo
assicurarmi che stesse bene.”
“Quindi
il tuo è stato un gesto umanitario?”
ribatté Eric con tono
incredulo.
“Va
bene, d'accordo, diciamo che la conosco e che volevo controllarla.-
ammise di nuovo Fuentes stringendo gli occhi chiari- Avevo paura che
facesse qualcosa di stupido.”
“Tipo
andare alla polizia?” intervenne Ryan, avvicinandosi al
tavolo dove
erano seduti gli altri due uomini.
“Già.-
ringhiò lo spacciatore- Quando l'ho vista entrare in quel
negozio
dell'esercito pensavo si fosse calmata. Suo padre è nei
corpi
speciali, quindi è sempre stata in fissa con tutte quelle
stronzate
da militari...”
Quelle
ultime informazioni catturarono immediatamente l'attenzione di Delko
“Sembra che tu la conosca piuttosto bene.”
Fuentes
si accorse di aver parlato di nuovo troppo, quindi si limitò
a
rispondere con una scrollata di spalle.
“Forse-
continuò con la sua ipotesi il CSI cubano- Juliet Robinson
frequenta
il tuo stesso giro. O, forse, è addirittura una tua cliente,
oppure
una collega, o....”
L'uomo
si fece sfuggire dalle labbra una risata amara “Pff, come se
Juliet
potesse davvero...”
Fuentes
interruppe la frase a metà, mordendosi il labbro inferiore
per non
andare oltre.
“Potesse
cosa?- incalzò Delko appoggiando entrambi i palmi sul
tavolo- E' una
tua cliente o no?”
“Certo.-
ammise quindi il criminale- Andavo da lei una volta alla
settimana.”
Wolfe
aggrottò la fronte “Per cosa?”
Sul
volto di Fuentes si aprì un sorriso obliquo “Alla
signorina piace
la neve, a quanto pare.”
“Fammi
capire.- ricapitolò quindi il giovane CSI- Tu ti prendevi la
briga
di andare da lei una volta alla settimana e, in più, ti sei
accertato che stesse bene quando l'hai vista così
sconvolta?Sembra
che questa ragazza sia molto importante per te, eppure sono certo che
non sei stato tu a regalarle quell'anello di fidanzamento,
giusto?”
Il
sospettato si irrigidì sulla sedia “I miei
rapporti con Juliet
erano puramente d'affari, ma non sono così stupido da non
tenermi da
conto una cliente del genere.”
“Sei
stato abbastanza stupido da farti beccare.”
ribatté quindi Ryan
con un ghigno sulle labbra.
Delko
tornò a rivolgersi all'uomo seduto di fronte a sé
“Conoscevi un
certo dottor Gilbert Evans?”
“No,
chi diavolo è?” domandò Fuentes,
guardandoli con sguardo
interrogativo.
“L'uomo
che è stato ucciso ieri sera, probabilmente dalla tua cara
amica
Juliet.- spiegò quindi Eric- Ora, che ne dici di farti un
favore e
dirci tutto quello che sai su di lei?”
Durò
solo per un breve attimo, ma per qualche istante fu del tutto
visibile agli occhi dei due CSI il terrore sul volto dello
spacciatore “Sapete una cosa? Questo interrogatorio finisce
qui.
Voglio un avvocato.”
“Come
vuoi.- acconsentì Eric, mentre faceva un cenno al poliziotto
che se
ne stava di guardia in un angolo- Spero che ti divertirai col tuo
nuovo soggiorno dietro le sbarre. Ormai dovresti esserci abituato,no?
Portatelo via.”
Fuentes
non rispose, ma si alzò e seguì docilmente
l'agente che lo avrebbe
scortato fino in carcere. Prima di uscire dalla sala interrogatori,
però, si fermò e tornò a fissare i due
CSI “Ci sono rospi che si
sputano e altri che invece devono essere ingoiati. E se, ingoiandone
uno, finisco dietro le sbarre ma resto vivo, direi che preferisco
questa opzione all'altra possibilità...”
Wolfe
si voltò verso il collega, le sopracciglia aggrottate
“Che cosa
avrà voluto dire?”
“Non
ne ho idea, ma credo che sia un'ulteriore complicazione per questo
caso.- rispose il cubano, passandosi una mano fra i corti capelli
corvini- Traffico di animali, spaccio di stupefacenti, la scomparsa
dalla faccia della terra della Robinson negli ultimi anni...Direi che
c'è molto più in ballo di un semplice
omicidio.”
“Già.”
annuì gravemente il giovane CSI.
“Signori?”
La
voce calma del tenente Caine li raggiunse dall'uscio della sala
interrogatori. Il capo della scientifica non aveva bisogno di
spiegare di aver ascoltato l'intera conversazione poiché la
sua
espressione seria e meditabonda mentre si rigirava gli occhiali da
sole fra le dita faceva perfettamente intuire quali fossero i suoi
pensieri.
Delko
si alzò, pronto a mettersi all'opera “Dobbiamo
eseguire un test
del capello per verificare la testimonianza di Fuentes.”
“Già,
dobbiamo.” confermò Horatio con un breve cenno del
capo.
Ryan
annuì risoluto “Userò uno dei capelli
che abbiamo trovato sulla
scena del crimine.”
“Bene,
signor Wolfe.- ribatté il rosso annuendo- Credo che la
signorina
Robinson stesse nascondendo qualcosa di molto grosso prima
dell'aggressione e dobbiamo scoprire cosa.”
Se
non fosse stata lì per lavoro Natalia avrebbe faticato a
trattenere
l'entusiasmo. Entrò nel negozio senza tradire il fatto che
stava
cercando di non guardarsi intorno con più interesse del
dovuto,
mentre Frank la seguiva senza dar segno di essere toccato minimamente
dal luogo in cui si trovavano.
L'edificio
Seybold era un paradiso per adulti. In particolare per adulti di
sesso femminile.
Situato
in una delle zone più belle della città, a poca
distanza dalle
spiagge di sabbia bianchissima, il palazzo ospitava su una decina di
piani almeno duecento gioiellerie, piazzandosi così
meritatamente al
secondo posto per quanto riguarda le rivendite di gioielli negli
Stati Uniti.
Ma
quella in cui Natalia e Frank erano entrati, Buchwald, era
decisamente uno dei negozi più raffinati dell'intero
complesso. Non
appena i due misero piede nel luminoso atrio furono accolti da un
luccichio insistente proveniente dalle decine di espositori:
dall'altra parte di quei vetri lucidi centinaia di anelli, collane,
orecchini e bracciali, facevano loro l'occhiolino, i brillanti
sfavillanti come non mai.
La
commessa che si affrettò ad andare loro incontro, pronta ad
accoglierli, poteva benissimo essere stata una modella coi capelli
rossi adagiati in morbide onde sulle spalle ossute e il tubino nero
che le fasciava sapientemente un corpo sinuoso. “Benvenuti da
Buchwald, posso esservi d'aiuto?” domandò cortese,
la voce
vellutata come i cuscinetti che custodivano i gioielli del negozio.
Tripp
le fece vedere il distintivo con un gesto fulmineo “Vorremmo
parlare con il titolare del negozio.”
Gli
occhi appesantiti da diversi strati di ombretto nero si spalancarono
per lo stupore “Oh, d'accordo. Vado subito a...”
“Non
ce ne sarà bisogno, Naomi.- la voce fece voltare di scatto
Natalia e
Frank che si trovarono così a fissare una donna sulla
quarantina
dall'aspetto regale- Prego, seguitemi. Vi ho visto dalle telecamere
di sicurezza. Ne abbiamo dieci ma, dopotutto, con il tipo di merce
che trattiamo non possiamo farne a meno.”
I
due investigatori seguirono la donna lungo un corridoio laterale
nascosto alla vista dalla porta a specchio immacolata e lucente. I
suoi tacchi a spillo producevano un ipnotico ticchettio attutito
dalla moquette color vinaccia che rivestiva il pavimento. Con un
gesto elegante della mano affusolata li invitò ad entrare in
quello
che doveva essere a tutta probabilità il suo ufficio,
dopodiché si
accomodò dietro una scrivania di mogano ampia e decorata da
soprammobili di cristallo.
“Allora,
agenti. In cosa posso esservi utile?” la sua voce era
vellutata, ma
il luccichio dietro gli affilati occhi color ghiaccio faceva
intendere quanto quella donna non ammettesse problemi nel proprio
lavoro.
“Lei
è la titolare di questo negozio?” chiese quindi
conferma Tripp,
alzando un sopracciglio.
“Sì.
Sono Eloise Rendford e dirigo questo negozio da tredici anni ormai.
Ci sono dei problemi?”
Natalia
fece un passo avanti e appoggiò sul ripiano in legno della
scrivania
una busta trasparente che conteneva l'anello che avevano sequestrato
a Juliet Robinson.
Dopo
averlo portato a Valera per un'analisi del DNA del sangue che
ricopriva in parte la superficie, la bella CSI aveva infatti
proceduto con uno studio più analitico dell'oggetto,
scoprendo così
che il grosso diamante che decorava quell'anello di fidanzamento era
autentico. Boa Vista era a conoscenza del fatto che ogni diamante
venduto legalmente negli Stati Uniti doveva essere registrato e
riconoscibile grazie ad un'incisione laser sulla superficie e non le
era occorso molto tempo per scoprire da dove provenisse il gioiello.
Horatio le aveva suggerito di recarsi al negozio insieme a Tripp,
nella speranza di poter scoprire chi l'avesse acquistato.
“Questo
anello è stato acquistato nel suo negozio.-
affermò quindi Natalia,
indicando il gioiello con un cenno del capo- Lo ricorda?”
Elosie
Renford afferrò il sacchetto e ne analizzò il
contenuto
minuziosamente prima di parlare di nuovo “Certo che me ne
ricordo.-
confermò, prima di puntare di nuovo i suoi occhi dal taglio
felino
sui due agenti che si trovava davanti- Anello di fidanzamento di
platino, con diamante da tre carati e mezzo, di colore E, taglio
Ascher, contornato da due brillanti da un carato. È una
delle nostre
migliori creazioni, un pezzo unico.”
Tripp
fece un passo avanti, stupito che la donna potesse ricordarsi
così
dettagliatamente di un semplice anello “E, per caso, si
ricorda
anche chi l'ha acquistato?”
La
signora Renford scosse la testa, facendo ondeggiare la chioma color
platino “No, in genere non sono io a servire i clienti e
questo
anello è stato venduto un paio di anni fa, quindi dubito che
la
ragazza che ha effettuato la vendita possa ancora ricordarsi del
compratore.”
L'uomo
fece per aprire la bocca per porre un'altra domanda, ma a quanto
pareva la titolare della gioielleria non aveva ancora finito di
parlare.
“Questo
anello costava quarantacinquemila dollari ed è stato pagato
in
contanti.- li informò con un mezzo sorriso soddisfatto- Di
solito
cancelliamo le registrazioni delle telecamere di sicurezza dopo tre
settimane, ma in casi come questo aspettiamo cinque anni prima di
eliminarle.”
“Abbiamo
bisogno di quelle registrazioni.” affermò risoluta
Natalia.
La
donna annuì “Aspettate un attimo. Controllo nei
registri la data
dell'acquisto e vado in archivio a prendere il nastro che vi
interessa.”
Rimasti
soli nella stanza i due investigatori si fissarono increduli
“E'
stato davvero così facile?” domandò
Frank, abituato a lottare
anche con le unghie e con i denti per accaparrarsi una prova.
La
CSI si strinse nelle spalle “Pare di sì. Quello
che dobbiamo
sperare è che ciò che c'è su quel
filmato possa aiutarci a far
luce sui buchi nella memoria della Robinson e sul nostro
omicidio.”
Calleigh
entrò nel laboratorio tracce con passo leggero, sperando di
trovare
ad attenderla delle novità che fossero in grado di
sciogliere almeno
uno dei mille misteri che sembravano avvolgere il loro nuovo caso.
“Hey
Calleigh!- la salutò Michael Travers, alzando lo sguardo dal
tavolo
retroilluminato su cui giacevano in apparente disordine tutto
ciò
che Eric, Natalia e Frank avevano trovato nell'appartamento del
dottor Evans- Stavo giusto per chiamarti.”
La
bionda si avvicinò ulteriormente “Hai scoperto
qualcosa?”
“Sì,
in effetti sì.- replicò il tecnico di
laboratorio, additando una
serie di lunghi corni di color avorio sul ripiano di fronte a
sé-
Hai presente quei resti di rinoceronte che Natalia ha trovato
nell'appartamento del dottor Evans?”
“Sì,
i corni.- annuì la donna, rammentandosi della minuziosa
descrizione
fornitole da Delko- Probabilmente erano destinati al mercato nero in
Asia.”
Il
giovane inglese si strinse nelle spalle esili “Beh, non posso
dirti
se la nostra vittima volesse venderli, ma so per certo che erano
falsi.”
“Falsi?”
ripeté incredula Calleigh, inarcando un sopracciglio.
“Esatto.-
annuì Travers, ben contento di ripetere ad alta voce la
conclusione
cui era arrivato solo mezz'ora prima- I corni di rinoceronte sono
fatti di cheratina, ovvero lo stesso materiale dei capelli umani.
Ora, questo, oltre a provare l'assoluta stupidità di questo
traffico, ci dimostra anche che è possibile creare dei corni
di
rinoceronte artificiali usando semplicemente della cheratina e della
resina, ed è quello che ha fatto il dottor Evans. La
cheratina d
questi corni è umana, ho trovato resti di capelli.”
La
bionda CSI aggrottò la fronte “Quindi
può essere che sia questo
che l'ha fatto uccidere: ha deciso di provare a fregare qualche
trafficante internazionale, è stato scoperto e ha avuto la
peggio.”
Michael
sembrava condividere quella teoria “E' altamente probabile.
Di
solito dietro a traffici di questo tipo ci sono le stesse bande del
crimine organizzato che si occupano anche di droga e armi illegali.
Di certo non il tipo di persone con cui sarebbe saggio provare a fare
i furbi.”
“No
di certo.- concordò la donna- Ciò spiegherebbe
anche il tipo di
morte che è toccata al dottor Evans: il metodo
dell'esecuzione
preceduto da torture è tipico di alcuni gruppi della
malavita.”
Mentre
finiva di pronunciare quella frase la voce tonante di Walter Simmons
la raggiunse dal corridoio “Calleigh!Ti stavo giusto venendo
a
cercare.”
“Sì?”
ribatté incuriosita la bionda, notando che il grosso ragazzo
reggeva
fra le braccia una scatola.
“Ho
questo per te!” annunciò trionfante Walter,
svelando il suo
carico.
Calleigh
alzò un sopracciglio ben depilato “Che
cos'è?”
“Il
calco del morso con cui si è presentata in ospedale la
Robinson
qualche mese fa.- spiegò il giovane, soddisatto. E' appena
asciugato.”
La
CSI gli rivolse un sorriso radioso “Non ci resta che
confrontarlo
con il nostro database.”
“L'ho
già fatto: signore e signori, abbiamo di fronte mascella e
mandibola
di una Crocuta crocuta, appartenente alla famiglia degli Hyaenidae e
al genere della Crocuta.- spiegò con tono fintamente pomposo
Simmons- Animale conosciuto ai comuni mortali con il nome di iena
maculata.”
“Juliet
Robinson è stata morsa da una iena maculata?”
domandò incredulo
Travers
“Questo
è quello a cui hanno portato le nostre prove.”
disse Walter con
una scrollata delle ampie spalle.
“Ma
non ha senso.- continuò il tecnico di laboratorio inglese-
Non ha
lavorato presso nessuno zoo ed è illegale tenere una iena
come
animale domestico, o sbaglio?”
“Tecnicamente
no.- lo spiazzò Calleigh- Ho letto un articolo sul Miami New
Times
l'anno scorso e parlava di uno spogliarellista che ha fatto di tutto
per guadagnare abbastanza da comprarsi una iena.”
Anche
Walter sembrava incredulo quanto il collega a quelle parole
“Stai
scherzando, vero?”
La
bionda rise della loro reazione “No. È vissuto a
pane ed acqua per
diverso tempo pur di riuscire a comprarsi quell'animale in New
Jersey. In ogni caso, dopo aver letto l'articolo mi sono informata:
in Florida è legale avere una iena come animale, ma solo se
si
ottiene il permesso della Fish &
Wildlife
Conservation Commission.”
Walter aggrottò la fronte, meditabondo
“Se il morso di Juliet Robinson è davvero quello
di una iena,
dubito fortemente che l'animale e il suo padrone siano registrati. Il
dottore che l'ha avuta in cura sostiene che si sia rifiutata di
spiegare l'origine della ferita, cosa di per sé piuttosto
strana, e
che sosteneva che gliel' avesse procurata un cane randagio.”
“Ottenendo così un'iniezione
anti-rabica addominale.- concluse la donna- Non so te, ma io non
vorrei affatto affrontare una procedura così dolorosa,
potendo
evitarlo.”
“Infatti.- concordò il CSI di
colore- Quindi presumo che il morso sia stato davvero inferto da un
animale illegale, probabilmente che fa parte dei traffici di cui si
occupava con l'ausilio della nostra vittima.”
Soddisfatta
delle conclusioni cui erano arrivati Calleigh uscì in fretta
dal
laboratorio tracce “Vado a informare Horatio. Forse alcune di
queste informazioni potrebbero solleticare la memoria della nostra
smemorata.”
Non
sembrava pericolosa.
Fu
questa la prima cosa che Ryan Wolfe pensò quando si
ritrovò faccia
a faccia con Juliet Robinson. Eppure indossava già la tuta
arancione
del carcere femminile, segno che il crimine di cui si era macchiata
era reale, e i suoi polsi erano ornati da lucenti manette, che
dimostrava che in effetti non era così docile come poteva
sembrare.
Se i boccoli biondi, gli occhi da cerbiatta e i tratti delicati del
viso parlavano di una ragazza innocua come molte altre, tutto il
resto dell'aspetto della Robinson urlava il contrario.
Tuttavia
Wolfe non riusciva a non pensare che non sembrasse affatto
pericolosa. Ma poi si ricordò di essere a Miami. Si
ricordò di quei
genitori apparentemente normali che avevano ucciso a sangue freddo la
bulletta che aveva reso un inferno la vita dei loro figli. Si
ricordò
di un ragazzino indifeso che invece era stato in grado di uccidere il
fratello di cui era geloso. Si ricordò del ragazzo
apparentemente
amorevole e che invece picchiava la fidanzata. Lì, a Miami,
anche
quella giovane dal viso d'angelo poteva essere una spietata
assassina.
Juliet
Robinson scrutò attentamente i due uomini che erano appena
entrati
nella sala interrogatori.
“Tenente
Caine.” salutò, con un velo di timore nella sua
cortesia, prima di
lanciare un fulmineo sguardo interrogativo a Ryan.
Ad
Horatio quel gesto non sfuggì “Il signor Wolfe mi
affiancherà in
questo interrogatorio.”
“Wolfe?”
ripeté Juliet con voce incredula, prima che una risatina
nervosa le
uscisse dalle labbra.
“Che
c'è?” sibilò il giovane CSI, abituato
fin dall'infanzia
all'ironia sul proprio cognome.
La
Robinson scosse la testa, facendo ondeggiare i propri boccoli biondi
“Niente, solo che trovo piuttosto karmico che proprio nello
stesso
periodo in cui dovrei trovarmi in Colorado per occuparmi dei branchi
di lupi nelle riserve naturali, io stia per essere interrogata da un
agente di nome Wolfe riguardo a un omicidio.”
“E
come mai non ti trovi in Colorado, ma hai deciso di arrivare fin qui
per uccidere un uomo?” ribatté Ryan, le braccia
incrociate al
petto e un atteggiamento quasi di sfida.
Il
sorriso senza ironia che era comparso sul volto della ragazza
sparì
immediatamente “Non me lo ricordo.”
“Il
dottore ha detto che potresti recuperare la memoria una volta che
l'ematoma si sarà riassorbito.” le
ricordò Horatio.
“L'uso
del condizionale non è molto incoraggiante.-
ribatté lei,
rivolgendogli un sorriso amaro- Perché mi avete chiamata di
nuovo
qui?”
Wolfe
fece scivolare davanti alla ragazza la foto segnaletica di Fuentes
“Hai mai visto quest'uomo?”
Juliet
si concesse qualche secondo per analizzare i tratti di quel viso
prima di alzare lo sguardo e rispondere con sicurezza
“Sì.
Stamattina.”
“In
che circostanza?” incalzò il giovane CSI.
“L'ho
incrociato poco lontano dall'albergo.” rispose di nuovo, con
altrettanta determinazione.
“Avete
parlato?” chiese di nuovo Ryan
La
veterinaria scosse la testa “No. Non lo conosco, stamattina
è
stata la prima volta in cui l'ho visto. È
importante?”
“Lo
decideremo noi.- tagliò corto Horatio, non volendo rivelare
troppo
alla loro unica sospettata- Mentre eri all'ospedale ho parlato con il
medico che ti aveva in cura: sostiene di averti già vista in
pronto
soccorso dove ti sei recata tempo fa per curare un morso.”
Juliet
aggrottò la fronte, sorpresa “Un morso?”
“Di
iena.” specificò il capo della scientifica
inclinando la testa di
lato.
“Iena?”
ripeté in un soffio la ragazza.
“Ti
pare così strano?” domandò quindi
Wolfe, alzando un sopracciglio.
La
giovane veterinaria si passò una mano fra i capelli color
grano “Se
sono davvero stata morsa da una iena e sono ancora tutta intera
significa che sono dannatamente fortunata. Sapete che il morso di una
iena di sessanta chili equivale ad una pressione di
quattrocentocinquanta chili? Non è una cosa che proverei a
rischiare
di sperimentare.”
“Non
è il genere di lavoro a cui sei abituata?- indagò
di nuovo Ryan-
Curare animali potenzialmente pericolosi, intendo.”
Juliet
annuì distrattamente “Ho curato iene in passato,
ma in centri
qualificati un animale è sempre tenuto sedato durante gli
incontri
col veterinario.”
“Quindi
questo morso non l'hai avuto in un centro legale.” disse il
tenente
Caine, traendo la logica conclusione in base alle parole appena
udite.
La
ragazza si limitò ad annuire, mentre si stringeva nelle
spalle.
“Le
nostre indagini ci hanno portato a scoprire qualcosa di più
riguardo
Gilbert Evans, la vittima.” continuò quindi l'uomo
dai capelli
rossi.
“Pare
che il dottor Evans, stesse cercando di truffare i trafficanti con
cui collaborava.” intervenne quindi Wolfe, gli occhi verdi
ben
puntati sulla sospettata per coglierne ogni minima reazione.
Juliet
alzò le sopracciglia, confusa “In che
senso?”
“Cercava
di piazzare resti artificiali di animali.- continuò a
spiegare il
giovane CSI- Ne abbiamo trovati parecchi, nel suo appartamento,
insieme a dei codici per messaggi crittografati.”
“Se
non sbaglio tu hai frequentato una scuola militare con addestramento
particolare per entrare nei corpi speciali.- continuò a
parlare
Horatio, rigirandosi gli occhiali da sole fra le dita con gesto
abituale- Abbiamo controllato e pare che tu abbia seguito anche dei
corsi di crittografia.”
“State
ancora cercando di accusarmi di quei traffici?- ribatté con
una nota
di stizza la ragazza, l'espressione ora completamente allerta e
l'aria di volere chiudersi a riccio a quella nuova accusa-Non vi
basta che io abbia confessato l'omicidio?”
Horatio
le rivolse uno sguardo che sembrava essere quasi rassicurante
“Ti
ho già spiegato che la tua confessione non ha più
valore in seguito
alla diagnosi sul tuo trauma cranico. E poi dobbiamo sapere il
perché
del tuo gesto.”
La
giovane veterinaria alzò il mento “Avete prove a
riguardo?”
“Prego?”
“Potete
dimostrare che io sia collegata in qualche modo a questi
traffici?”
riformulò quindi la domanda.
Ryan
cominciò ad elencare le prove che avevano raccolto
“C'è il morso
di iena. Tu stessa hai detto che non puoi essertelo procurato in un
centro legale.”
“Ho
detto che non dovrei essermelo procurato in un centro legale.-
specificò quindi Juliet- È diverso, e comunque
sarebbe
circostanziale. Avete altre prove?”
“Ci
sono i codici crittografati e le parti animali.”
ribatté
prontamente Wolfe.
“Collegati
all'uomo morto.”
“A
cui tu eri collegata.”
Juliet
si passò una mano sul volto esausto “Sentite, so
che la mia
posizione riguardo a questo omicidio non è molto chiara, ma
non
potete accusarmi di traffico di animali rari solo per un collegamento
che potrebbe permettervi di capire il movente dell'omicidio. Se
troverete delle prove potrete accusarmi di ciò che volete,
ma
altrimenti...”
“Fino
a ieri confessavi di aver ucciso un uomo e oggi invece hai
già
cambiato idea?- domandò incredulo il giovane CSI- Credi che
sia uno
scherzo?”
“No!Io...Io
sono pronta a prendermi le mie responsabilità.-
spiegò la ragazza,
la voce improvvisamente più incerta- Solo che...Vorrei che
ne foste
davvero sicuri.”
Horatio
le rivolse un'occhiata determinata “E lo saremo, signorina
Robinson. Lo saremo.”
“Abbiamo
finito qui.” concluse quindi Wolfe, alzandosi.
“Tenente
Caine?” pigolò quindi la ragazza, improvvisamente
restia a
tornarsene in cella.
“Sì,
Juliet?”
La
giovane veterinaria si morse il labbro inferiore “Potrebbe
esservi
d'aiuto parlare con il proprietario della iena,
così...così
potreste scoprire come mi ha trovato e per chi altri
lavoravo...”
“Che
cosa stai suggerendo?” chiese quindi Caine, inclinando
leggermente
la testa per scrutarla meglio.
Juliet
prese un bel respiro e incominciò a parlare
“Quando si cercano
animali detenuti illegalmente, bisogna cercare ciò di cui i
loro
padroni hanno bisogno per mantenerli vivi. Veterinari abilitati alla
cura di animali del genere ricercato, fornitori di cibo e fabbri per
le gabbie o i recinti. Chi detiene un animale selvatico di solito
pianifica ogni cosa fino all'ultimo dettaglio. Soprattutto se
è
coinvolto nella vendita illegale di tali esemplari.”
Ryan
aggrottò la fronte “Credi che il padrone della
iena che ti ha
morso possa avere un allevamento illegale? Come fai a
saperlo?”
“Fa
parte del mio lavoro conoscere certe cose.- ribatté lei con
un
sorriso spento- E, inoltre, qui in Florida le iene fanno parte della
seconda classe degli animali selvatici, ovvero è possibile
detenere
un esemplare come animale domestico una volta ottenuto il regolare
permesso. Un morso a un veterinario da parte di un animale
regolarmente registrato sarebbe equivalente al morso da parte di un
cane e sarebbe catalogato come incidente sul lavoro senza conseguenze
troppo pesanti sul proprietario dell'animale.”
“D'accordo
Juliet.- annuì Horatio: i suggerimenti della veterinaria
sarebbero
potuti essere decisamente utili al suo team- Hai detto di poterci
dare delle dritte per trovare questi individui.”
“Nello
stato della Florida è proibita la detenzione di animali
selvatici
con scopo di vendita ed esposizione da parte di privati, ma questo
non vuol dire che ciò non accada.- spiegò con
sicurezza la ragazza-
Il modo più diffuso per organizzare incontri con questi
scopi è
attraverso internet. Posso darvi i nomi di chat room e siti d'asta
che nascondono dietro scambi apparentemente innocui qualcosa che
potrebbe interessarvi.”
“Molto
bene.- concluse Wolfe allungando un block notes e una penna alla
ragazza- Comincia a scrivere, Juliet.”
La
Robinson afferrò i due oggetti e iniziò a
riempire pagine con siti
web e istruzioni per partecipare alle aste senza destare sospetti e
mentre lei scriveva, Horatio riconobbe la sagoma snella e ben
proporzionata di Natalia proprio fuori dalla sala interrogatori, sul
bel volto un'espressione quasi trionfante.
Il
capo della scientifica si scusò con i presenti e raggiunse
la bella
CSI.
“Horatio?-
esordì Natalia porgendogli l'ingrandimento di una foto- Ho
il
fotogramma di cui ti parlavo.”
Non
ebbe bisogno di spiegare che si trattava del filmato che lei e Tripp
avevano recuperato alla gioielleria e nemmeno che ritraeva il
fidanzato fino a quel momento sconosciuto di Juliet Robinson.
Quando
gli acuti occhi color ghiaccio di Caine si posarono sull'immagine le
sue pupille si dilatarono quasi impercettibilmente. Tuttavia
ciò non
sfuggì allo sguardo ben allenato di Boa Vista.
“Lo
riconosci?”
Horatio
annuì lentamente “Sì. Questo
è Eduardo Rodriguez. Dovrebbe
essere morto da cinque anni.”
Natalia
aggrottò le sopracciglia, confusa “Questo
fotogramma è di due
anni fa.”
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=653175
|