Di gaie sedute in palestra e rossori

di bambolinazzurra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una scoperta sconvolgente ***
Capitolo 2: *** Prima seduta: decidere gli obiettivi ***
Capitolo 3: *** Nuove amicizie e tuffi nel passato ***
Capitolo 4: *** Un ammiratore ***
Capitolo 5: *** Dannata, benedetta discoteca! ***
Capitolo 6: *** Zaffiri e mirtilli ***
Capitolo 7: *** Neve in primavera ***
Capitolo 8: *** Confessioni e gelosie ***
Capitolo 9: *** Una giornata perfetta ***
Capitolo 10: *** Confronti ***
Capitolo 11: *** Ventisei senza Roxas? ***
Capitolo 12: *** Mens sana in corpore... davvero molto molto sano! ***
Capitolo 13: *** Il torneo ***
Capitolo 14: *** Una logica che è tutta una grinza ***
Capitolo 15: *** Campo di sopravvivenza ***
Capitolo 16: *** Seme e uke al sapore di paopu ***
Capitolo 17: *** Xion ***
Capitolo 18: *** Elementare, Naminè... ***
Capitolo 19: *** Got it memorized? ***



Capitolo 1
*** Una scoperta sconvolgente ***


Era ormai più di un anno che Roxas sapeva di essere gay. L’aveva scoperto nel modo più imbarazzante possibile alla fine di una seduta in palestra decisamente spossante. Stanco che i suoi amici lo prendessero in giro per il suo fisico così mingherlino, aveva deciso di fare il grande passo e sborsare quei 400 munny al mese, scoprendo poi che gli piaceva molto.
Il giorno fatidico, dunque, si era diretto verso le docce massaggiandosi la parte bassa della schiena e imprecando con sentimento contro l’istruttore. Mentre il suo corpo veniva accarezzato dall’acqua tiepida dell’impianto sgangherato, si accorse che un altro ragazzo, un po’ più grande di lui, si stava lavando proprio nel cubicolo di fronte al suo.
“Ma proprio lì doveva mettersi, con tutte le altre postazioni vuote?!” aveva pensato Roxas, non poco seccato.
Senza accorgersene si era ritrovato a osservare il corpo di quel ragazzo: evidentemente era più allenato di lui. Aveva un accenno di pettorali, una vaga tartaruga e muscoli di braccia e gambe definiti, anche se non enormi. E un atteggiamento da duro.
Roxas si era accigliato, a quel punto: avrebbe voluto raggiungere anche lui quello stadio di allenamento, ma la strada da fare era ancora lunga. Poi era rimasto sconcertato nell’accorgersi che stava fissando i glutei tondi e sodi dell’altro e che una parte di lui mostrava di gradire alquanto lo spettacolo.
Aveva tentato di nascondere le sue vergogne, ma proprio in quel momento il ragazzo si era voltato e aveva notato il gesto.
- Ehi, marmocchio, che stai…? Ma che cazz…! Sparisci, razza di… -
E il ragazzo se n’era andato più in fretta possibile, continuando a borbottare improperi a voce non propriamente bassa.
Pieno di vergogna e deciso a evitare l’altro, Roxas era rimasto sotto la doccia fino a farsi diventare le dita rugose e poi si era rivestito più lentamente possibile, prendendo con riluttanza consapevolezza della propria omosessualità.
“E ora come lo dico ai miei?”
Mentre usciva dalla palestra immerso nei suoi tetri pensieri, una voce maschile gracchiante lo raggiunse.
- Ehi, Seifer, è quello il frocetto  che ti ha importunato? –
Risposta secca da parte dell’altro, dopodiché Roxas si era trovato la strada sbarrata da un ragazzo grosso come un armadio a due ante, il classico tipo tutto muscoli e niente cervello.
- Lasciami in pace – aveva provato a fare lo spavaldo, ma quello si era limitato a ridacchiare stupidamente e a spintonarlo.
Roxas si era ritrovato col sedere sul duro asfalto e la mano avvolta intorno a qualcosa di stretto e duro, di metallo. Si era rialzato a fronteggiare l’aggressore stringendo quella che scoprì poi essere una grossa chiave vecchio modello, di una trentina di centimetri, argentata e con sopra una patina di umidità che la rendeva opaca. L’aveva calata con tutta la sua forza sulla testa dell’armadio umano, tramortendolo, ed era scappato via come una furia, incurante della stanchezza e del borsone pesante, con le risate di quel ragazzo – così dannatamente sexy - della palestra che gli echeggiavano nelle orecchie.
Roxas ritornò al presente con un sospiro. Inutile dire che dopo quella clamorosa figuraccia aveva dovuto abbandonare la palestra per la vergogna. Ma aveva deciso che i tempi erano maturi per ricominciare.
“Palestra nuova, vita nuova” pensò Roxas ed entrò nell’edificio, respirando con piacere l’odore di polvere e sudore tipico delle palestre.
- Salve – disse ad un ragazzo dai capelli rossi dietro il bancone, che stava ruminando una gomma con aria annoiata – Vorrei iscrivermi – e abbassò lo sguardo per paura di compromettersi.
L’altro sollevò lo sguardo.
- Ma certo, dolcezza! – trillò battendo le mani.
- Co… Cosa?! – boccheggiò Roxas, spalancando gli occhi.
- Ho detto che sono 400 munny al mese e altri 100 per l’iscrizione – fece quello, sbuffando annoiato e guardandolo ad occhi socchiusi – Lì ci sono i moduli che devi riempire –
Roxas arrossì e distolse di nuovo lo sguardo. Possibile che si fosse immaginato tutto? Scosse la testa e iniziò a compilare i moduli, ben attento a non guardare il ragazzo di fronte a lui.
- Vedo che hai già il borsone con te. Cominci subito, dunque? –
- Oh, sì – bofonchiò il biondo.
- Io sono Axel, il tuo istruttore. A-X-E-L, got it memorized? –
- Certo. Io sono Roxas. R-O-X-A-S! – gli fece il verso prima di riuscire a trattenersi, omettendo solo il finale.
E scappò a tutta birra verso gli spogliatoi.
Axel rimase lì a guardarlo allontanarsi, ridacchiando. Era sempre uno spasso prendere un po’ in giro i ragazzini “gay da poco” facendo la messinscena della checca isterica, per poi far loro credere di averlo solo immaginato, ma era la prima volta che veniva preso in giro da uno di loro.
Si sarebbe divertito con quel fringuello biondo, c’era da scommetterci!

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Capitolo 2
*** Prima seduta: decidere gli obiettivi ***


Roxas scaraventò il borsone nel primo armadietto libero, senza darsi la pena di chiuderlo a chiave. La prima cosa che fece fu controllare le docce. Bene, qualche cubicolo aveva un’economica  tendina di plastica semitrasparente come copertura, per i clienti più timidi.
Fece un sospirone e affrontò risolutamente le scale per accedere alla palestra vera e propria.

- Abbiamo un nuovo iscritto, Lex –
Lexaeus, il proprietario della palestra, annuì lievemente, dimostrando di aver capito ciò che l’altro aveva detto.
Era un omone altissimo e muscoloso, che non amava particolarmente parlare e non lo faceva se non era indispensabile.
- Se non ti dispiace, vorrei occuparmene io – cianciò Axel, che al contrario aveva la parlantina sciolta.
Lexaeus inarcò un sopracciglio cespuglioso. “Perché?” sembrava voler dire. Axel lo conosceva da parecchio, quindi non ebbe particolari difficoltà ad interpretare.
- Il ragazzo sembra nuovo di questi posti. Voglio aiutarlo ad ambientarsi. E poi mi è simpatico –
- Se ci tieni – buttò fuori Lexaeus con difficoltà.
- Grazie! –

Roxas trovò Axel che lo aspettava in cima alle scale. Aveva stampato in faccia un sorrisetto che non prometteva niente di buono.
- Benvenuto all’inferno! – sibilò.
Appunto. Non si degnò di rispondere e si limitò a fissare torvo lo strano ragazzo, che con quei capelli rossi e appuntiti poteva quasi sembrare un diavolo. Un bel diavolo, ma quelli erano dettagli. Non gliel’avrebbe data vinta, se le cose stavano in quel modo.
- Oh, andiamo ragazzino, stavo solo scherzando! –
Ma, come a contraddirlo, la canzone cambiò all’improvviso.

Burn baby burn!
Disco inferno!
Burn baby burn!

Roxas guardò Axel con un’espressione che sembrava dire “Mi stai prendendo in giro?!”.
Axel, spiazzato, si voltò verso il banco poco lontano, dove sedeva Lexaeus, che li stava guardando. L’uomo sbuffò e distolse lo sguardo. Ma per un attimo Axel fu certo di aver visto un angolo della bocca dell’omone che si sollevava leggermente.
“Andiamo bene, perfino Lex si prende gioco di me!”
Portò il ragazzo davanti a un tapis roulant.
- Hai idea di cosa farci con questo? – gli chiese provocatorio.
- Mi prendi per scemo?! – rispose seccato Roxas, guardandolo negli occhi per la prima volta – Ti richiamo tra mezz’ora – e gli fece ciao ciao con la manina.
“Pazzesco, il nanerottolo mi ha dato il benservito! Sono io l’istruttore, qui!”. Ma nondimeno si allontanò.
Allora si diresse verso il banco all’ingresso, deciso a chiedere spiegazioni a Lexaeus sullo scherzetto di prima, ma venne preceduto.
- Quindi è questo il tuo modo di mettere a loro agio i ragazzini? Un “benvenuto all’inferno”? –
Axel incrociò le braccia sul petto e piegò la testa verso destra.
- Non capisco cosa ci sia di male in una semplice battuta, Lex. E tu cosa avevi in mente, di grazia? Perché hai messo su Disco inferno? –
- Volevo aiutare anch’io il ragazzino ad ambientarsi, nella tua maniera – rispose derisorio, lo sguardo stranamente puntato al di sopra delle spalle di Axel, anziché sul suo viso – E comunque ho come l’impressione che, nonostante l’aspetto angelico, sarà lui a farti vedere l’inferno. Buon lavoro! –
Lexaeus ghignò apertamente e sparì nel suo studio.
Axel non sapeva cosa pensare, se non che Lexaeus aveva proprio uno strano senso dell’umorismo. Figuriamoci, uno scricciolo del genere farlo dannare?
Non sapeva ancora quanto si sarebbe rivelata azzeccata quella previsione.

Accensione del macchinario. Riscaldamento a passo svelto. Salita. Corsa.
Fiato corto e sudore che già scendeva sul suo viso bollente.
Roxas aveva le orecchie tese al suono della musica stimolante e ritmata che passavano gli altoparlanti, che si mischiava con il suo stesso respiro. Gli occhi fissi nel riflesso dello specchio da parete davanti a lui, tramite cui sbirciava di nascosto il suo nuovo istruttore e quello che aveva l’aria di essere il proprietario della palestra. Il ragazzo dai capelli rossi era di spalle e aveva la testa piegata.
"Non guardargli il sedere, Roxas, non guardarlo affatto se non è assolutamente necessario."
D’un tratto si accorse che l’omone lo scrutava attentamente, come per valutarlo. Roxas non sapeva se lo stesse facendo per compilare la sua scheda o per altri motivi, ma sostenne fieramente lo sguardo. L’altro invece lo distolse e si dileguò, con una frase mormorata e un sorrisetto rivolto al più giovane.

Axel aveva lo sguardo fisso sulle griglie della stufetta davanti alla quale stava rannicchiato. Fuori stava piovendo a dirotto, mentre poco prima c’era un sole sfolgorante, per essere pieno inverno.
Inutile dire che il ragazzo odiava la pioggia e il freddo esattamente come i gatti.
“In realtà dovrei stare solo al banco a riempire le scartoffie e incassare le quote degli abbonamenti. Che cavolo mi sono messo in testa, io fare l’istruttore?! Spero solo di aver imparato qualcosa da Lex, in questi anni”
Era talmente assorto che non sentì il ragazzo che arrivava alle sue spalle.
- Axel – lo chiamò Roxas, toccandogli una spalla.
Il rosso si voltò di scatto con un singulto, una mano premuta sul petto in maniera molto poco virile.
- Accidenti, basta così poco per spaventarti? – ridacchiò Roxas, prima di riuscire a trattenersi.
Axel lo ignorò.
- Bene, ora che ti sei riscaldato – disse e gli spiegò gli esercizi che avrebbe dovuto fare la prima settimana. - Voglio vedere cosa sai fare, prima di passare agli esercizi seri –
- Quel tipo, cosa mi dici di lui? – fece Roxas all’improvviso.
- Chi? –
- Quella specie di montagna che ho visto prima –
- Oh, Lexaeus? È il proprietario. Perché, ti interessa? –
Roxas arrossì violentemente.
- Non dire stupidaggini! E poi, come puoi sapere… - ma s’interruppe di botto, turbato. Era così evidente il suo orientamento sessuale?
Axel parve intuire cosa passava per la mente del biondo: abituato com’era ai silenzi di Lex, ormai non gli servivano molte parole per capire le persone che aveva di fronte.
- Scusa, non volevo metterti a disagio. Solo che gran parte delle persone che vedi qui dentro è gay. Ho imparato a riconoscerli, tutto qui, ma tu lo nascondi particolarmente bene. Non sei per niente effeminato – e sorrise gentilmente.
- Sì, ecco… non me l’aspettavo – borbottò imbarazzato – Comunque l’ho chiesto per curiosità, non perché mi interessa –
- Tanto meglio, perché Lex è sposato e con prole a carico –
Passarono molti minuti in silenzio, mentre Roxas eseguiva le sue serie di esercizi. Poi passò Lexaeus e chiese a Roxas come stesse andando.
- Bene, grazie. Ma secondo lei quanto potrò sviluppare i muscoli? – chiese senza riuscire a trattenersi, salvo poi arrossire subito dopo.
Lexaeus, schietto e brutale come le asce indiane che collezionava, lo esaminò brevemente prima di rispondere.
- Potresti arrivare a uno sviluppo discreto, ma te lo sconsiglio –
- Perché? – Roxas sembrava mortificato.
Lexaeus si ammorbidì un pochino.
- Sei piccolo di statura. Ho letto sui documenti che hai diciotto anni, quindi potresti ancora crescere, ma dubito che arriverai al di sopra del metro e settanta. Poi sei esile e con le spalle piuttosto strette. Lavora soprattutto sull’irrobustirti un po’ e definire i tuoi muscoli e, al massimo, datti a qualche pratica di arti marziali. Così arriverai al livello di Axel –
Roxas sembrava dubbioso: scrutava il ragazzo più grande come se non gli sembrasse il massimo a cui aspirare. Infatti lo stesso Axel sembrava piuttosto esile, pur essendo più alto. In effetti Roxas non capiva come mai facesse l’istruttore. Tutti gli altri erano molto più muscolosi.
- Hai ragione – fece Lexaeus – Così non si capisce. Axel, togliti la felpa –
- Non ci penso proprio, Lex, mi fa freddo –
- Adesso! – il tono dell’uomo non ammetteva repliche.
Axel sospirò e fece come gli era stato ordinato e rimase in canotta. In effetti, notò Roxas, i suoi muscoli erano saldi e scolpiti, seppur non enormi. Lexaeus gli sollevò la canottiera, ignorando sia l’occhiataccia di Axel che il rossore di Roxas e rivelò addominali e pettorali che sembravano disegnati da un abile artista.
Sotto i loro occhi la pelle lattea del ragazzo si ricoprì di pelle d’oca.
- D’accordo, spettacolo finito! – sbottò Axel, seccato, rivestendosi.
Anche lui era piuttosto rosso in viso.
Roxas, dal canto suo, sembrava soddisfatto. Ringraziò Lexaeus e andò a lavarsi allegramente, pensando che dopotutto quella palestra era meglio dell’altra.
Axel invece pensò che non avrebbe dovuto farsi coinvolgere in quella storia e che il ragazzino portasse più problemi e grattacapi di quanto valesse realmente.


Ed ecco qui il secondo capitolo. Non so quando potrò postare di nuovo, visto che avrò 10 giorni piuttosto pieni (esami in arrivo), ma alla peggio riuscirò a mettere il nuovo capitolo entro la prima metà di Marzo, spero che mi perdonerete il tempo di attesa.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e quelli che si fermeranno a lasciare un parere.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Nuove amicizie e tuffi nel passato ***


ATTENZIONE! Questo capitolo contiene, a partire dalla seconda metà, una gran quantità di melensaggini che potrebbero cariare i vostri denti. Si astengano coloro che sono in dieta stretta, i malati di diabete e coloro che non amano un po’ di sano fluff. Se fosse così, vi invito a leggere direttamente il prossimo capitolo (quando uscirà). Grazie.
Per tutti gli altri, buona lettura!

Roxas arrivò presto in palestra, quel pomeriggio. Aveva avuto una brutta giornata e voleva sfogarsi con un bel po’ di sano esercizio fisico. Non vedeva l’ora di iniziare gli allenamenti veri e propri che gli aveva anticipato Axel alla fine della quinta seduta.
Dopo i suoi esercizi di riscaldamento si buttò a peso morto su una panca, per riposarsi un po’ prima di cominciare con l’allenamento vero e proprio, come gli aveva consigliato Axel.
- Ma tu guarda – arrivò una voce da un punto imprecisato dietro di lui – Ogni volta che manco per un po’ di giorni poi mi ritrovo con qualcuno di nuovo da conoscere! –
Roxas si voltò solo per ritrovarsi davanti un… una… Ma era un uomo o una donna?! La voce di prima apparteneva sicuramente a un uomo, ma era un vocione spropositato per l’aspetto femmineo del nuovo venuto.
Alto e abbastanza muscoloso, bisognava ammetterlo, ma il viso era liscio come quello di una fanciulla e contornato da lunghi capelli rosa. Il sorriso svenevole che gli stava rivolgendo poteva solo definirsi inquietante.
- Ehm, salve. Sono lieto… uhm… di conoscerla – disse tendendo educatamente la mano.
- Oh, sciocchino, dammi pure del tu! Io sono Marluxia – fece quello, appropriandosi della sua mano, gli occhi blu che scintillavano.
- Io sono Roxas –
- Roxas. Che nome incantevole – gli soffiò sul viso.
Finalmente lo lasciò andare.
- Allora, Roxas, come ti trovi qui? –
- Bene, credo –
“Fino ad ora” pensò Roxas, rabbrividendo mentalmente. Desiderò ardentemente di poter andare via immediatamente, ma avrebbe destato sospetti.
- Scommetto cinque a uno che se Marluxia inizia a prestargli la sua piena attenzione, il piccolo Roxas fuggirà a gambe levate! – si intromise un tipo con i capelli probabilmente ossigenati, mentre si accarezzava il pizzetto e faceva saltellare una moneta.
Beccato.
- Ma sentitelo, il maniaco del gioco d’azzardo! Secondo me il ragazzino è più tosto di quanto non lo crediamo tutti quanti – intervenne un uomo maturo con la coda di cavallo zebrata e una benda su un occhio – Ehi, ragazzo, prendi! –
E gli tirò contro una biglia di ferro che Roxas, preso alla sprovvista, afferrò con una mano sola prima che lo colpisse in piena faccia.
- Bella presa! Chissà se la tua mira è altrettanto buona. Un giorno vieni da me al poligono di tiro, ti insegno a mirare di precisione! –
- Grazie, ma… - Roxas esitò.
- Mh? – lo incoraggiò quello.
- Come fa uno con un occhio solo ad avere una mira talmente buona da insegnarlo ad altri? Voglio dire, la tua precisione non è gravemente compromessa? –
I tre uomini scoppiarono a ridere.
- È una buona domanda però, Xigbar – sorrise Marluxia.
- Perché tu lo sappia, tigre, un occhio solo, se perfettamente funzionante, vale più di due miopi – disse gioviale.
- Non chiamarmi così – s’infiammò Roxas, che cominciava davvero a irritarsi.
- È un bel soprannome, invece. Azzeccato, direi – si aggiunse un’altra voce.
- E tu che ci fai qui, Axel? – Marluxia sembrava infastidito.
- Non ti riguarda. Cosa vuoi dal ragazzo? –
- Volevo solo dargli qualche consiglio – ghignò l’altro.
- Figurati se vorrebbe dei consigli da uno con dei capelli così bizzarri… -
- … disse quello con un porcospino rosso in testa! – completò Marluxia.
Axel non si scompose.
- Almeno i miei non sono rosa, principessa – lo schernì – Comunque al momento me lo state distraendo – accennò a Roxas.
- Te lo stiamo distraendo? –
- Sono il suo istruttore –
- TU?! – esclamarono i tre all’unisono.
- Che c’è di strano? – chiese Roxas.
- Per quanto mi riguarda – fece il biondo ossigenato – L’ho sempre e solo visto al banco d’ingresso. Ovviamente potrei sbagliarmi –
- Il ragazzo è il mio primo incarico. Se non ti sta bene parlane con Lex, Luxord –
E trascinò via Roxas senza indugio.
- Uhm… –
Roxas voleva davvero ringraziare Axel per averlo tratto d’impaccio, ma per qualche ragione le parole non gli uscirono di bocca. Non fu un problema.
- Non c’è di che, ragazzino – sorrise Axel – Vedo che ti sei già fatto dei nuovi amici! Comunque – si incupì – Stai attento a Marluxia –
Roxas non aveva bisogno di un consiglio del genere, gli bastavano le sue prime impressioni, ma lo tenne prudentemente per sé. Sollevò un sopracciglio.
- Gli altri due sono a posto, anche se un po’ eccentrici, ma Marluxia ha davvero qualcosa di depravato, in lui. Non capisco perché Lex non lo butti fuori a calci – mormorò in tono da cospiratore.
- Davvero? – Roxas si sentiva a disagio.
- Il problema è che ti ha puntato, sembra, quindi cerca di non dargli corda –
Roxas annuì.
- Torniamo a noi, oggi iniziamo a fare sul serio! – Axel prese un bilanciere dal suo sostegno – Fammene 15 – disse con un ghignetto.
Roxas soppesò il bilanciere con lo sguardo. Era piuttosto grande, ma Axel lo reggeva con una mano sola e senza sforzo apparente, quindi sarebbe andato bene anche per lui, giusto?
Sbagliato.
L’aveva appena afferrato che Axel mollò la presa e Roxas si sentì trascinare giù come un sacco di patate. Lo mollò immediatamente e balzò indietro appena in tempo per evitare che gli cadesse sul piede. Il bilanciere si schiantò sul pavimento con un gran fracasso.
- Perché diavolo l’hai fatto?! – esclamò Roxas infuriato.
Axel sorrise all’ingenua indignazione del ragazzo. Ci era passato anche lui, che tenerezza!
- Per metterti alla prova, ovvio! – rispose serio – Durante i tuoi allenamenti potrebbe capitare che io ti richieda, senza volerlo, di fare cose che vanno oltre le tue possibilità. Quindi se trovi una cosa troppo difficile da fare, se senti che un esercizio ti mette troppo sotto sforzo, alleggerisci il carico. Io posso consigliarti gli esercizi e aiutarti con la tecnica, ma i valori che ti do sono solo indicativi. Tu conosci il tuo corpo sicuramente meglio di me, quindi fidati dei suoi segnali – e gli lanciò uno sguardo che a Roxas parve vagamente allusivo, però il consiglio era giusto.
Nell’altra palestra il suo istruttore gli aveva detto cosa fare e come e stop. Axel aveva fatto di più: gli aveva dato il pieno controllo del suo allenamento. Sembrava poco, ma era molto e Roxas sentì una specie di nodo alla base della gola, completamente secca.
Axel si accigliò: perché il ragazzino sembrava così meravigliato? Non dicevano una cosa del genere in tutte le palestre? In realtà Axel non lo sapeva, perché quella in cui si trovava era la prima e l’unica che avesse mai frequentato. E quasi senza accorgersene aveva fatto col ragazzino più o meno la stessa cosa che Lexaeus aveva fatto con lui anni prima.
Anche Axel era stato desideroso di allenarsi, fin dai suoi sedici anni, perché piccolo e magrolino. Era entrato spedito ed entusiasta nella palestra di Lexaeus per chiedergli di allenarlo. Quando l’uomo aveva sentito la sua età, si era rifiutato di accettare la sua iscrizione perché temeva che, testardi com’erano i ragazzi, potesse esagerare e procurare qualche danno irreversibile al suo giovane corpo non completamente sviluppato. L’aveva visto succedere più d’una volta e l’avrebbe evitato a ogni costo. Aveva mandato via il ragazzo, esortandolo a presentarsi di nuovo nel giro di un paio d’anni, quando, presumibilmente, avrebbe avuto un po’ più di sale in zucca: l’avrebbe accettato sicuramente.
Axel era andato via furioso, deciso più che mai a trovare una palestra che lo accettasse, ma stranamente aveva ricevuto solo rifiuti da tutte le parti. Era anche deciso a non iscriversi mai a quella palestra, ma quando, compiuti i diciotto anni, tutte le palestre l’avevano rifiutato di nuovo, si era visto costretto ad abbandonare i suoi propositi di vendetta.
Se il giovane Axel si fosse dato la pena di indagare, avrebbe scoperto che Lexaeus, già allora molto rispettato nella comunità sportiva, aveva espressamente chiesto agli altri proprietari in città di non accettarlo, di lasciare che la sua palestra fosse l’unica alternativa possibile, per lui. Infatti aveva istantaneamente preso a cuore le sorti del giovane ribelle e voleva essere lui a insegnargli il meglio che fosse possibile. Ma Axel non si era dato la pena di fare quel paio di domande e fu costretto, con sua somma umiliazione, ad abbassare la cresta, per quella volta.
Nonostante tutto, Axel si era subito sentito a suo agio, con il silenzioso giovane uomo e quando gli aveva giocato lo scherzetto del bilanciere aveva perfino riso e accettato il consiglio con buona grazia.
Più o meno.
E se in quel momento, a distanza di sette anni dal suo primo vero allenamento, Axel avesse veramente ripensato ai primi insegnamenti di Lexaeus, si sarebbe odiato da solo per il suo comportamento così sentimentale. Ma non stette lì a pensarci, come invece fece l’uomo che osservava i due ragazzi, semi-nascosto in un angolo in penombra, sentendosi piuttosto fiero del suo allievo prediletto, che sembrava davvero aver imparato qualcosa.
E se Lexaeus avesse provato a scavare dentro di sé, forse avrebbe ammesso, almeno a se stesso, che voleva bene a quello sfacciato dai capelli rossi come se fosse un suo stesso figlio.
Forse.

Non sapevo di essere capace di scrivere una cosa del genere, davvero. Non so nemmeno se l’ho scritto bene o no, perché non sono abituata. Comunque credo di aver inserito gran parte del fluff della storia in quest’unico capitolo, quindi i prossimi saranno senz’altro più leggeri.
Come avrete notato, non parlerò degli allenamenti di Roxas seduta dopo seduta, infatti siamo passati dalla prima all'equivalente della sesta. Parlerò da qui in poi solo di quelle più importanti per qualche ragione, senza più numerarle.
Il quarto capitolo non è ancora pronto, ma il quinto sì, quindi penso che li avrete entrambi in tempi ragionevoli.
Ringrazio tutti voi che leggete questa storia!

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Capitolo 4
*** Un ammiratore ***


Si pregano i lettori di leggere le note finali. Grazie e buona lettura!


Era quasi primavera. Erano passati tre mesi dal suo ingresso lì dentro. Roxas si sentiva a suo agio e accettato senza riserve nella palestra “Kingdom Body”. Lexaeus era molto più gentile di quanto il suo aspetto e modo di fare burberi potessero far sembrare e ascoltava volentieri quello che Roxas aveva da dire, anche se di solito non rispondeva: si esprimeva prevalentemente con alzate di sopracciglia, deboli mugolii e qualche raro sorriso.
Axel era… beh, Axel. Con le sue battutine e i suoi sprazzi di gentilezza e soprattutto con il suo modo di stuzzicarlo che, anche se Roxas non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, lo divertiva immensamente. Peccato che si ostinasse ancora a chiamarlo “ragazzo” o  “ragazzino”.
Quella sera, oberato di compiti com’era, aveva fatto particolarmente tardi, quindi fu solo verso le otto di sera che si fece vivo per gli allenamenti. Non vide Axel, ma sapeva ciò che doveva fare, quindi non se ne preoccupò.
Aveva appena completato una serie di sollevamenti ed era seduto immobile sulla panca a riprendere fiato quando sentì la familiare voce del ragazzo.
- Ehilà, ragazzino! –
Contemporaneamente gli arrivò una pacca sulla schiena talmente forte da mandarlo quasi col naso sulle sue stesse ginocchia.
- Accidenti, Axel – mugolò senza voltarsi – Chi l’avrebbe mai detto che quelle manine di fata che ti ritrovi nascondessero la grazia e delicatezza di un elefante?! –
Un secondo di silenzio dietro di lui, poi Roxas decise di voltarsi per scoprire cosa ci fosse di strano: Axel aveva la lingua lunga e la risposta pronta, non era da lui starsene zitto.
E infatti subito dietro di lui c’era Lexaeus, il viso impassibile. Axel era decisamente più distante, almeno tre passi.
- Oh… - Roxas si sentì arrossire. Da quando era lì gli pareva di non fare altro che quello.
Le larghe spalle di Lexaeus tremolarono e le sue labbra si dischiusero lentamente. Poi…
- Eh… eh… eh… - ne uscì fuori a stento.
Axel, che dopo il commento di Roxas aveva iniziato a fissarsi perplesso le mani, puntò lo sguardo sull’uomo.
- Eh eh eh! – stavolta il suono era più deciso.
Roxas non riusciva a crederci: Lexaeus stava ridendo!
- Eh eh eh! –
Lexaeus si ritirò nel suo studio senza smettere di ridacchiare.
Axel invece si avvicinò e gli rivolse un sorrisetto divertito.
- Manine di fata, mh? –
- Sì, esatto! – esclamò scarlatto Roxas, imbarazzatissimo per ciò che gli era sfuggito di bocca: aveva un debole per le mani maschili in generale, per quelle di Axel in particolare. Erano grandi ma sottili, lievemente callose sui palmi, ma piuttosto curate, per il resto. E forti. Le mani di un uomo. Un bell’uomo, sì. In effetti l’espressione “mani di fata” non gli si addiceva, ma in che altro modo si poteva esprimere il concetto? Si diede un tono – Da far quasi invidia a Marluxia! –
Axel continuò a sorridere malizioso.
- Certo, Marluxia – ghignò, gli occhi scintillanti.
Si stava decisamente divertendo nel vedere quella specie di bambolotto che annaspava. Non l’aveva mai visto annaspare parlando con Marluxia. O agitarsi. Nauseato, al massimo.  
Per fare la prova del nove portò in modo deliberatamente lento una mano a massaggiarsi la nuca e vide con piacere che gli occhioni blu la seguivano rapidamente, per poi abbassarsi all’istante quando Axel focalizzò di nuovo l’attenzione su di lui.
Sorrise apertamente: l’ingenuo interesse del ragazzino lo lusingava più di quanto volesse ammettere. La cosa che più lo intrigava era che non cercava affatto di nascondere le sue emozioni, né raccoglieva poi tanto spesso le sue frecciatine.
In altre parole, con lui i suoi trucchetti non attaccavano. Quindi o era più navigato di quanto pensasse (ma lo escludeva decisamente) o non aveva mai avuto un uomo.
In compenso sicuramente faceva impazzire le ragazze, con quel visino d’angelo e lo sguardo deciso. In realtà piaceva parecchio anche ai maschietti in palestra: ne aveva visti diversi che lo fissavano, mentre si allenava.
Mentre il suo sguardo vagava per la sala, Axel si ritrovò, come spesso gli capitava, a riflettere su quanto fossero rumorosi gli uomini mentre si allenavano. Di solito la palestra risuonava dei loro “Ouuuff!” e “Waurgh!” e la musica non riusciva del tutto a coprirli. Invece dalle sue spalle non giungevano particolari suoni, solo il respiro pesante del ragazzino sotto sforzo, nella sala ormai quasi deserta. Axel lo trovava quasi ipnotico e iniziò a rilassarsi, sentendo lo stress della giornata che gli scivolava via di dosso. Ma poi…
- Axel! –
“Oh no! Non lei!”. E invece sì, Larxene. Perché non lo lasciava in pace?
Sentì il ragazzino sibilare come un gatto arrabbiato: l’urlo stridulo l’aveva colto alla sprovvista e aveva perso la presa sul macchinario.
Axel si diresse sospirando verso l’irritante fonte di strida.
- Ciao Axel, ti trovo in forma! –
- Grazie – Axel non si sforzò nemmeno di essere gentile – Cosa fai qui? –
- Oh, andiamo, non sei contento di vedermi? –
- Vuoi la verità, giusto? – chiese sarcastico.
- Il solito giocherellone! – disse in tono ingannevolmente dolce, portando un dito verso il viso del ragazzo, come per sfiorare uno dei piccoli tatuaggi che aveva sotto gli occhi.
Axel si scansò e cercò una scusa per mandarla via.
Poi qualcuno accanto a loro si schiarì la voce: il ragazzo.
Larxene lo fulminò con gli occhi.
- Fila via, marmocchio! – disse duramente.
Axel vide gli occhi di Roxas stringersi leggermente e le labbra assottigliarsi appena, ma per il resto non fece una piega.
- Avrei bisogno di parlare con il mio allenatore – disse noncurante.
- Arrivo – rispose all’istante Axel.
- Oh, che tenerezza, ti occupi dei bambini, adesso – flautò la ragazza.
- A proposito, Larxene, cosa ti sei fatta in testa? –
- Che carino, l’hai notato! È un’acconciatura all’ultima moda –
Ad Axel non piaceva per niente: tutti i capelli erano pettinati all’indietro con la cera (o con una leccata di mucca), tranne due ciuffi che si levavano ai lati della testa. Stava per ribattere, ma per una volta qualcuno aveva la risposta pronta ancor più di lui.
- Cosa? Adesso è di moda assomigliare ad un insetto? Perché quelle sono le antenne, vero? – disse Roxas indicandole.
Larxene lo schiaffeggiò all’istante con un sonoro “SCIAFF!”, lanciando un grido.
- MA COME OSI! –
Il ragazzo incassò il colpo senza un gemito, né la guancia gli si arrossò più di tanto, come invece fece la mano di Larxene.
Roxas cambiò strategia alla velocità della luce. Si finse addolorato.
- Le chiedo davvero scusa, signorina, non era mia intenzione offenderla. Una fanciulla tanto aggraziata non dovrebbe mai essere trattata male e ciò che l’ha disturbata non si ripeterà più –
Axel era stupito: il ragazzino aveva parlato in modo talmente realistico che Larxene non aveva colto il sarcasmo nel suo tono. Lui stesso si era accorto della recita solo perché aveva visto l’angolo sinistro della bocca del giovane che tremolava leggermente (gli occhi di Axel erano estremamente acuti). Poi fu sorpreso ancora una volta: il ragazzo si piegò in un mezzo inchino, guardò brevemente Larxene negli occhi, le prese la mano con cui l’aveva schiaffeggiato e la sfiorò galantemente con le labbra.
Larxene rimase senza fiato. Guardò stupefatta il ragazzetto che aveva davanti a lei, gli posò incoerentemente una mano sulla spalla e uscì dalla palestra senza dire una parola, ondeggiando come se avesse le rotelle sotto le scarpe.
“E bravo il piccolo Roxas! A quanto pare ci sa fare, con le donzelle!”.
I due si allontanarono di qualche metro, poi scoppiarono a ridere quasi contemporaneamente.
- Mai vista una cosa del genere – sghignazzò Axel.
- Lo rifarei mille volte! – ansimò Roxas.
Si calmarono dopo qualche istante. Nel frattempo furono superati da Marluxia, che ignorò completamente Axel e scompigliò affettuosamente i capelli di Roxas. Non si accorsero del sorrisino malizioso e soddisfatto che aveva stampato in faccia.
- Ti ha fatto male? –
- Chi, Marluxia? –
Axel scosse la testa.
- Larxene –
- Nah, è stato più rumore che altro –
- Uhm. Allora, cosa volevi chiedermi? –
- Niente – rispose semplicemente Roxas.
Axel lo guardò incredulo e per la prima volta vide una scintilla di cameratismo negli occhi del biondo, che crebbe a dismisura mentre si guardavano. Quindi era semplicemente accorso in suo aiuto. Fece per dire qualcosa, ma…
- Non c’è di che, mani di fata
Axel sorrise.
- Sai, sembravi un filino irritato con Larxene. Certo, è stato piuttosto sgarbato da parte sua chiamarti ma… -
- NON DIRLO! – lo interruppe all’istante Roxas, a voce molto più alta del necessario – Scusa – aggiunse subito – Detesto quando mi chiamano così, non succede mai niente di buono –
- Beh, stasera sei stato schiaffeggiato, che è successo le altre volte? – Axel era davvero curioso.
- Non mi va di parlarne, ti basti sapere che è il motivo per cui ho lasciato l’altra palestra –
- Beh, quando ne vorrai parlare… - concesse Axel – Siamo amici, dopotutto. Got it memorized? – disse picchiettandosi una tempia.
Roxas sorrise suo malgrado e annuì.
“Peccato solo che gli amici si chiamino anche vicendevolmente per nome” pensò, avviandosi stancamente alle docce.
Ma quella sera le sorprese non erano ancora finite.
Roxas entrò nello spogliatoio deserto strappandosi di dosso la maglietta e la canotta, entrambe inzuppate di sudore. Non vedeva l’ora di essere a casa per riempire la voragine che si era aperta nel suo stomaco. Ma qualcosa lo costrinse a immobilizzarsi: sul suo borsone giaceva in bella vista un cartoncino, con accanto una singola rosa scarlatta.

A Roxas, il ragazzo più carino e in gamba della palestra.
                                                                                                        Un ammiratore

Accidenti. Qualcuno lo stava corteggiando! Rimase molti minuti in silenzio, fissando l’omaggio floreale. Chi poteva averglielo lasciato? Poi l’immagine di un uomo dai capelli rosa si affacciò prepotentemente. Roxas rabbrividì. Nonostante questo, però, non potè che sentirsi lusingato.
“Le attenzioni fanno piacere a tutti, ovvio”.
Sperò contro ogni logica e buon senso che Marluxia non avesse niente a che fare con quella storia.
Sognò ad occhi aperti che quella rosa venisse da un’altra persona. Magari un giovane uomo dai capelli rossi come i petali del fiore. Magari lo stesso che di lì a poco sarebbe entrato nello spogliatoio per cercarlo.


- Siamo in chiusura – borbottò Lexaeus in tono significativo.
- Già – rispose Axel – Sto aspettando che il ragazzino torni su per fare il giro di controllo –
- Stai facendo un buon lavoro con lui – disse inaspettatamente Lexaeus.
- Grazie Lex. Vado a controllare perché ci mette tanto –
Quando entrò negli spogliatoi Axel si portò istintivamente le braccia intorno al corpo: laggiù era parecchio più freddo che in sala. Eppure scorse il ragazzino a torso nudo, che indugiava lì immobile ad occhi spalancati.
- Stiamo per chiudere – disse pacato – Che stai…? –
Poi vide la rosa e il cartoncino e Roxas portò lentamente lo sguardo su di lui. Sembrava ipnotizzato.
- Sì… uh… io… faccio in un attimo – concluse.
Afferrò un asciugamano e saltò nel cubicolo coperto più vicino.
Protetto dal suono scrosciante dell’acqua, Axel si avvicinò e raccolse il cartoncino.
Un ammiratore, eh? Se lo aspettava che sarebbe successo, era un bel ragazzo. Ma tanto il biglietto quanto lo stile gridavano “MARLUXIA” talmente forte da non poterlo ignorare. Probabilmente l’aveva colto anche Roxas. L’unica questione era: come avrebbe reagito? Poi chissà, magari il ragazzino aveva i gusti dell’orrido e condivideva l’evidente attrazione che Marluxia aveva per lui.
Tornò di sopra e iniziò la parte finale del suo lavoro, facendo segno a Lex che era tutto a posto. L’uomo annuì e spense un po’ di luci.
Alla fine il ragazzo apparve, trafelato, col borsone in spalla. La rosa a stelo lungo sbucava di traverso dalla tasca principale.
- Scusa, ho fatto tardi – mormorò imbarazzato.
- Hai idea di chi sia? – chiese schiettamente Axel.
Roxas lo guardò di traverso, serio.
- Un’idea ce l’ho. Spero solo di sbagliarmi. Ci vediamo! –
Axel sospirò sollevato e sorrise.
“Beccati questa, Marluxia!”


Come promesso ecco qui un altro capitolo in tempi non troppo lunghi. Ora avrei da chiedere un piccolo favore a voi che leggete e seguite questa storia: i prossimi due capitoli saranno essenzialmente lo stesso da due punti di vista diversi. Ovviamente non è tutto pari pari, c’è qualcosa di esclusivo in ognuno. Quello che vorrei sapere da voi è se preferireste averlo tutto in un unico capitolo, un po’ più lungo, o in due capitoli separati. Vi pregherei di farmi sapere sotto forma di recensione o messaggio privato, perché per me non fa differenza, ma forse per voi sì. Considerate anche che se doveste richiedere la fusione dei capitoli verrebbe circa lungo il doppio rispetto ad uno normale, ovvio.  
Pubblicherò il prossimo appena avrò avuto qualche parere, non siate timidi. A presto!

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Capitolo 5
*** Dannata, benedetta discoteca! ***


ROXAS P.O.V.


Sabato sera. Amici. Discoteca. Niente di strano, giusto?
“Non nelle prime due!”
Roxas non riusciva a capire come avessero fatto i suoi amici a convincerlo ad andare a quella stupida, sordida e seccante serata in discoteca.
Si lamentò ancora una volta, mugugnando a mezza voce, insofferente.
- Non puoi più tirarti indietro, bello, la tua quota l’hai pagata ormai – fece allegramente Hayner, un passo davanti a lui.
- Non me lo ricordare, 120 munny buttati! Avrei potuto prenderci un bel po’ di ciambelline salate –
- O un sacco di dolcetti – fece eco Pence, anche lui imbronciato per essersi lasciato persuadere – Almeno sarebbe valsa la pena spenderli –
Olette, che lo trascinava entusiasticamente tenendolo per mano, gli rivolse un’occhiata di rimprovero, cui lui rispose con una di scuse, ma non di rimorso.
- Non lamentarti, Roxy, almeno possiamo passare un po’ di tempo insieme, non ci vediamo da settimane! – sorrise Naminè.
- Tutto quello che vuoi, Nanà, ma non chiamarmi Roxy! –
- Né tu Nanà! –
Sora, suo cugino, sorrise ammiccante stringendo Kairi, mentre Selphie li guardava sognante.
Roxas era esasperato: era evidente che Naminè aveva una gran cotta per lui, ma per ovvi motivi lui non ricambiava, quindi non le aveva mai dato false speranze. Ovviamente, però, tutti credevano che sarebbero stati una bellissima coppia, entrambi biondi e con gli occhi azzurri, eccetera eccetera. Ma dato che lì in mezzo l’unico a sapere delle sue tendenze era Hayner, lui era costretto a sentirsi chiedere in continuazione perché non si facesse avanti con Naminè.
Sbuffò un’altra volta e meditò la fuga, fregandosene dei soldi spesi, ma ormai erano arrivati a destinazione.

Sotto la luce stroboscopica si aveva l’impressione di muoversi al rallentatore.
Roxas, una bibita in mano, osservò la porzione di pista davanti a lui, dove si trovavano i suoi amici. Naminè sembrava passarsela piuttosto bene, c’erano ragazzi che la invitavano a ballare a destra e a manca, ma di tanto in tanto lei gli faceva segno di raggiungerla. Lui sorrideva e scuoteva la testa, sollevando il bicchiere come per brindare alla sua salute.
Olette, le braccia che ondeggiavano in alto, muoveva i fianchi e il bacino in modo sensuale, accanto a un impacciato Pence, che cercava goffamente di muoversi al ritmo di quella “musica” assordante. Roxas sorrise un tantino sadicamente al palese imbarazzo dell’amico, contento di non essere al suo posto.
Riku teneva soprattutto d’occhio Selphie, che ingenuamente accettava inviti dai ragazzi con molta leggerezza, ma ogni tanto ballava anche lui. Riku fu davvero una sorpresa, in quel senso: si muoveva a tempo con incredibile eleganza, oltre ad essere un gran figo. Peccato solo per i capelli, tinti di un colore così innaturale, per un giovane. Ma del resto i capelli di colori strani sembravano di moda, in quella città. Roxas fece una smorfia e cercò di non pensare a Marluxia, ma posò la bibita e si allontanò dal tavolo, in preda a un improvviso attacco di nausea.
Sora e Kairi sembravano ballare il “Rock del Francobollo”, ma ogni tanto Roxas poteva vedere Sora pestare i piedi della ragazza. Il solito imbranato!  Eppure si muoveva abbastanza bene, riflettè Roxas, accigliato, solo dal bacino in giù era scoordinato, come se avesse imparato a ballare con una coda da sirena o qualcosa del genere.
Hayner continuava a sbucare a sorpresa dai più svariati punti della pista da ballo, ogni volta in compagnia di una ragazza diversa, quindi le ipotesi erano due: o spopolava davvero, con il gentil sesso, o aveva già preso diversi pali. Conoscendolo, Roxas era più convinto della seconda.
Proprio in quel momento Hayner emerse dalla folla e lo portò fuori dalla sala per chiacchierare un po’.
- Proprio sicuro di non aver cambiato idea riguardo alle ragazze? – chiese a un certo punto, ridacchiando – Perché ce ne sono diverse che ti hanno notato. Oltre Naminè, ovvio –
- Lusingato, ma continuo a preferire i maschietti –
- Oh, beh, le condizioni per non perdere la mia amicizia le sai – scherzò Hayner portando le braccia dietro alla testa.
Roxas se la ghignò di gusto.
- L’amicizia non ha condizioni, Hayner – disse Roxas insinuante, fissandolo dalla testa ai piedi con finta aria di apprezzamento – Comunque rilassati, non sei il mio tipo: troppo biondo –
Hayner fece uno starnuto che suonò stranamente come “Seifer!”.
Roxas avvampò.
- Razza di bastardo, questa la paghi! – e iniziò a picchiarlo per gioco, provocando l’immediata reazione dell’amico.
- Ehi, ragazzi! Interrompo qualcosa? – esclamò Naminè, comparendo all’improvviso accanto a loro, con il viso arrossato dal ballo e acceso di entusiasmo.
- Sì – rispose all’istante Hayner, fingendosi indignato – Ci stavamo creando un momento romantico –
- Oh, potrei quasi crederci… Di te intendo, Hayner! – e gli fece l’occhiolino.
I due ragazzi si guardarono un istante negli occhi. Poi risero. Risero incontrollabilmente, le mani l’uno sulle spalle dell’altro, come a sorreggersi a vicenda e le lacrime che scendevano sui loro visi deformati dal divertimento. Naminè li osservava sorridendo, pur non avendo ben capito il senso di tanta ilarità; ma d’altra parte l’allegria dei migliori amici per eccellenza era sempre contagiosa.
I tre non si accorsero del solitario osservatore appoggiato al muro dietro di loro a braccia incrociate.
Solo diversi minuti dopo Roxas si calmò abbastanza da chiedere a Naminè perché fosse fuggita dalla sua miriade di ammiratori.
- Oh, sì, l’hanno appena annunciato. Indovinate chi hanno invitato come ospite della serata –
- Un grosso topo parlante? – chiese Roxas.
Hayner gli diede un pugno sul braccio.
- Certo che no, idiota! È una permalosissima papera magica! –
Naminè alzò gli occhi al cielo: a volte i ragazzi sapevano essere così infantili!
- Piantatela, pagliacci! Il nome Demyx vi dice qualcosa? –
- Chi?! – fece Hayner.
- Non è il tipo che ha partecipato a quel programma, “Nemici”*, dove ti insegnano a cantare e tutto il resto? –
- Proprio lui! – fece Naminè, in preda all’eccitazione.
- E tu come lo sai? – chiese Hayner, leggermente schifato.
- Ne parlavano in palestra –
- Oh, andiamo, dobbiamo prendere posto, pare che sarà uno spettacolo coi fiocchi e mancano solo 10 minuti! –
Detto questo, Naminè si abbarbicò allegramente al braccio di Roxas, senza dargli possibilità di scampo, mentre Hayner, dall’altro lato, lo prendeva affettuosamente per la collottola.
Il solitario osservatore sparì attraverso la porta riservata al personale con un piccolo svolazzo del lungo soprabito nero.
- Che ha di speciale quel tipo, Naminè? – chiese Roxas, una volta che furono al tavolo con gli altri, in una sala ora caritatevolmente silenziosa.
- Ha una bella voce e suona divinamente una strana chitarra indiana, il sitar, credo… -
- … che è un grosso fallo blu – completò Olette – Non mi stupirei affatto se fosse gay – disse con una risatina.
Naminè mise su il broncio, ma non replicò.
- Che hai contro i gay, tu? – chiese invece Hayner bruscamente.
Olette parve sorpresa.
- Assolutamente niente! Era solo una semplice considerazione –
- Meglio per te –
- Ma che ti prende, Hayner? –
- Niente, non mi piacciono gli omofobi –
- Comunque – intervenne Kairi per spezzare la tensione – Secondo me lo tenevano a Nemici soprattutto per il suo aspetto e perché fa ridere –
Una musica molto dolce li costrinse tutti al silenzio e così fu anche per il resto della sala.
Gli sguardi, che fossero eccitati o indifferenti, impazienti o insofferenti erano tutti puntati sul palcoscenico arrangiato semisommerso da una strana nebbiolina bianca, sul quale pochi istanti dopo apparve la figura vestita di bianco di un ragazzo dai capelli di un biondo-castano, con un buffo taglio, pettinati a spazzola. Questo sorrise dolcemente, accompagnando la melodia con il suo sitar blu. Sembrava proprio un angioletto.
Ma ovviamente lo spettacolo non poteva essere tutto lì. Infatti si udì all’improvviso una specie di tuono e un uomo ammantato di nero sembrò comparire dal nulla.
Il nuovo venuto si volse verso il fondo della sala e tese lentamente la mano destra coperta da un guanto nero, il palmo aperto verso l’alto, come ad invitare qualcuno.
Roxas ebbe la stranissima impressione di essere lui quel qualcuno, perché si sentiva decisamente osservato e, quindi, a disagio. Improvvisamente provò molto più interesse per l’esibizione.
Il silenzio in sala era palpabile. Molto lentamente l’uomo in nero riportò l’attenzione sull’angelico Demyx e lo indicò con la mano ancora tesa, ma portando il palmo verso il basso.
Quindi iniziò una musica anni ’70, che Roxas non riconobbe subito, così come molti altri in sala. Dopotutto la folla era formata esclusivamente da ragazzi molto giovani.
Ma poi…

Burn baby burn!

Roxas trasalì: ormai aveva riconosciuto la dannatissima canzone.
A perfetto tempo con le parole si levarono delle lingue di fiamma e l’uomo in nero si tolse il cappuccio, rivelando capelli rossi appuntiti e brillanti occhi verdi.
Axel?! Lui e quella fottuta canzone!” pensò con una stretta allo stomaco. Quella fottuta canzone che tuttavia l’aveva fatto fantasticare per ore, giorni prima; quella che aveva pensato di inserire nel suo i-pod, una volta ricevuto per il compleanno. La stessa che ora probabilmente non avrebbe mai più voluto ascoltare perché lui la stava per ballare con un altro ragazzo.
Roxas si lasciò sfuggire un debole rantolo, che per fortuna notò solo Hayner, che però era troppo assorto da ciò che vedeva per voltarsi.
“Accidenti Roxas, controllati! Lui non è mica di tua proprietà! E probabilmente non è neanche gay. Che spreco!
Era evidente che Axel rappresentava un diavolo venuto per corrompere l’angelo. I due iniziarono un duello a ritmo musicale parecchio movimentato, che si concluse con Demyx che si strappava di dosso la tunica bianca, rivelando anche lui un mantello nero, e si chinava sconfitto ai piedi del vincitore, che guardava la folla ghignando in modo malvagio. Appena si fu spenta l’ultima nota, Axel proruppe in una risata satanica.
A quel punto la folla impazzì e la sala risuonò di applausi e grida entusiaste. I due ragazzi fecero un piccolo inchino e Demyx afferrò il microfono.
- Salve a tutti e grazie per il calore che ci state riservando! Anche se confesso che di calore qui ce n’è fin troppo – disse facendosi aria con la mano.
Risatine dalla folla.
- Ma andiamo con ordine, prima di tutto devo ringraziare il mio amico Axel per aver fatto da coprotagonista in questa coreografia – Applausi scroscianti dalla folla, cui Axel rispose con un cenno disinvolto della mano.
- In realtà avrei voluto fare io la parte del diavolo – proseguì Demyx – Ma non sarei stato credibile, temo. Qualche minuto di pausa per noi, allora. Voi godetevi la prossima canzone, ci rivediamo tra poco! –
E Demyx si diresse verso le stanze del personale.
Axel, invece, iniziò a vagare per la sala, venendo intercettato più e più volte, soprattutto dalle ragazze, che gli si assiepavano attorno eccitate.
“Visto, Roxas? È pieno di ragazze”
- Ditemi se non è stato grandioso! – squittì Naminè.
- Stavolta sono d’accordo con te, è stata una performance ben fatta, dopotutto, si sono mossi bene – ammise Olette.
Pence si accigliò un pochino, ma in fondo pensava la stessa cosa.
Selphie e Naminè, che erano entrambe single, a quel punto si sentirono libere di fare commentini maliziosi sulla figaggine dei due che si erano appena esibiti.
“Ci mancavano pure loro”
Roxas non aveva ancora aperto bocca. Non era esattamente sotto shock, in fondo aveva solo scoperto che gli piaceva il suo allenatore. Anche se qualche sospetto già ce l’aveva. Ora era solo ufficiale.
- Che ti prende, amico ? –sussurrò Hayner.
La replica di Roxas fu sovrastata dagli improvvisi squittii eccitati delle due ragazze libere e dalle esortazioni degli altri a darci un taglio. La ragione di tutto quel fermento fu presto chiara: Axel si stava dirigendo senza alcuna esitazione verso il loro tavolo.
Le ragazze furono allo stesso tempo deliziate e deluse nel vederlo fermarsi davanti a Roxas.
- Ehi! – disse Axel con un vago cenno di saluto alla tavolata – Bella serata per divertirsi, ragazzi! –
- Già – fece Roxas.
- Che sorpresa vederti qui, ragazzino! –
- La sorpresa sei stato tu a farla a me con quella manfrina – replicò Roxas, le sopracciglia inarcate al massimo.
Lo guardò come se lo vedesse per la prima volta. Gli spinosi capelli rossi, i brillanti occhi verdi, i piccoli tatuaggi viola sotto gli occhi. Colori che contrastavano terribilmente tra loro, ma erano suoi. Colpiva come un pugno in un occhio: l’unico pugno che Roxas trovasse piacevole.
Gli altri, ammutoliti, seguivano avidamente gli scambi.
Axel sorrise compiaciuto, sventagliandosi con la mano, piuttosto rosso in viso.
- Almeno stasera non hai freddo – commentò sarcastico Roxas offrendogli la sua bibita per rinfrescarsi. Sapeva quanto il rosso fosse freddoloso, ma ora sembrava davvero accaldato.
Axel bevve d’un sorso.
- Grazie, ragazzo, ci voleva proprio. Ops! – aggiunse poi, accorgendosi di avergliela finita tutta – Te ne devo una! –
- A buon rendere, allora! – Roxas sperò che non fosse solo un modo di dire - Ehm… Che ci fai con quel tipo? –
- Io e Demyx ci conosciamo da quando eravamo bambini e per la musica abbiamo sempre avuto una certa sintonia- spiegò Axel - chi meglio di me per lo spettacolino? Ci siamo allenati parecchio ultimamente –
- Questo spiega molte cose – ribattè mordace Roxas: non si erano visti per ben quattro sedute e Marluxia era stato piuttosto difficile da tenere a freno, in sua assenza.
Axel scosse la testa con condiscendenza, sorridendo divertito.
- Buona serata a tutti, ragazzi e signorine! Ci si vede presto, Roxas! –
E se ne andò dopo avergli dato una piccola pacca sulla spalla. Roxas lo seguì con lo sguardo finche potè, assorto: era la prima volta che lo chiamava per nome.
Naturalmente le ragazze assalirono subito Roxas e anche, con sua gran sorpresa, i ragazzi.
- Calmatevi – borbottò lui, seccato – è il mio istruttore in palestra –
- Beato te, Roxas! – sospirò Selphie.
“Già” pensò lui con un mezzo sorriso “Beato me”.
Qualcosa nell’espressione di Hayner gli disse che quel pensiero era stato in qualche modo intercettato.

* Chiara caricatura del programma "Amici". Non ho niente contro il programma in questione, ma non mi piace e non lo seguo. Non me ne vogliano quindi quelli che lo apprezzano. Ho solo pensato che fosse adatto allo scopo.


Bene, ecco a voi il capitolo dal punto di vista di Roxas. A tempo di record, aggiungerei!
Posterò tra qualche giorno quello di Axel, il tempo di scrivere qualche altro capitolo: voglio averne sempre almeno un paio di riserva, in caso avessi qualche imprevisto e non riuscissi a scrivere per un po’. Così voi non rimarreste a bocca asciutta per troppo tempo.
Spero che questo vi sia piaciuto.
Grazie a tutti quelli che mi leggono e a chi si ferma sempre a commentare, vi adoro!
Alla prossima! ^^

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Capitolo 6
*** Zaffiri e mirtilli ***


AXEL P.O.V.


Erano già tre settimane che provavano quel dannato spettacolo. Il “gran giorno” era alle porte e lui non aveva lavorato per un’intera settimana, anche se col benestare di Lexaeus. Ma non aveva potuto prendere in giro Roxas, pensò mettendo su un piccolo broncio.
- Andiamo Axel, non fare quella faccia, sarai perfetto! –
- Questo lo so, Demyx, è l’idea della discoteca che non mi garba affatto. Mi ripeti come mi hai convinto ad aiutarti? –
- Ho un grande ascendente su di te, ecco come! –
- Ringrazia che ti devo un favore da quella volta che mi riaccompagnasti a casa ubriaco fradicio –
- Già. La cosa migliore è che ti sei tolto il vizio –
Ridacchiarono. Quella serata a casa di Saïx era stata memorabile, soprattutto quando Axel era salito ballando sul tavolo, aveva dichiarato amore imperituro al cane-lupo che dormiva sbavando sul tappeto e aveva improvvisato un tango con la bambola gonfiabile che avevano regalato a Saïx per scherzo, inciampando su una bottiglia vuota e finendo con la faccia sugli avanzi della torta di compleanno.
Inutile dire che il tutto era stato filmato e che le prese in giro da parte di Demyx e Saïx, soprattutto, si erano sprecate.
- Non mi hai ancora detto come hai avuto la fantastica idea di usare quella canzone. È parecchio azzeccata –
- Segreto! Ti basti sapere che parte tutto da uno scherzetto che mi ha giocato Lex –
- Chi l’avrebbe mai detto che sa anche scherzare - Demyx si gettò un’occhiata dietro le spalle.
In quel momento di Lexaeus non c’era traccia alcuna. Demyx era sempre un tantino in soggezione davanti a lui, eppure l’uomo era stato molto gentile a concedere loro di usare la palestra durante il giorno di chiusura settimanale, la domenica; ogni tanto, quando Demyx non era impegnato, anche dopo la chiusura in giorni feriali. Si rimisero all’opera senza sprecare una parola di più.

Era arrivato il momento. Come c’era da aspettarsi non esisteva nessun camerino e Axel e Demyx furono costretti ad indossare i loro costumi di scena semplicemente dietro le quinte del piccolo palcoscenico improvvisato. Non era un granchè ma, come aveva detto Demyx, per cominciare va bene qualsiasi cosa. E in fin dei conti, se stava bene a lui che era il diretto interessato, Axel che diritto avrebbe avuto di lamentarsi? Alla fine a lui di quella serata non importava niente, per se stesso. Voleva solo che il suo amico si divertisse e avesse successo. Il suo unico problema era che si stava annoiando terribilmente.
- Non c’è proprio niente che si possa fare, Dem? Non possiamo, che so, provare o qualcosa del genere? –
- Sei pazzo?! Provare subito prima di andare in scena rovina la performance! –
Axel sbuffò con enfasi e diede una sbirciata attraverso le “quinte”. Le luci stroboscopiche gli fecero dolere gli occhi sulle prime. Per fortuna durante lo spettacolo non ci sarebbero state.
Di ragazzi ce n’erano tanti, in sala, belli, brutti, che ballavano, che cercavano – spesso invano – di rimorchiare. C’erano quelli e quelle che sulla pista parevano esserci nati, quelli che pur essendo goffi ci provavano lo stesso. Infine c’erano quelli che sembravano assolutamente fuori luogo. Più o meno come quel ragazzotto che, seduto da solo ad un lungo tavolo in fondo alla sala, guardava pensoso verso la pista, salutando qualcuno di tanto in tanto. D’un tratto il suddetto ragazzo si avvicinò, probabilmente per avere una visuale migliore, e Axel potè scorgere, sotto una zazzera di capelli biondi, due intensi occhi azzurro scuro.
Roxas.
Un altro ragazzo, con i capelli di un biondo sporco, si avvicinò a lui e gli disse qualcosa all’orecchio, passandogli confidenzialmente un braccio intorno al collo. Roxas sorrise e annuì immediatamente.
Il suo cuore mancò un battito. Dunque era così che stavano le cose? Axel si sentì stranamente deluso. Pensava di essere lui a piacere a Roxas.
“È davvero così importante, Axel? È solo un ragazzetto alle prime armi”
- Taci, cervello – disse ad alta voce.
- Parlavi con me? – chiese Demyx.
- No, pensavo -
I due ragazzi uscirono dalla sala, presumibilmente diretti all’ingresso.
Axel si avviò a sua volta verso la porta che portava fuori dalla zona del personale. Voleva esserne sicuro.
- Dove vai? Ormai manca poco! – strillò Demyx, eccitato e nervoso come una primadonna.
Davvero, a vederli così, tutti e due, non si sarebbe mai detto che quello gay fosse lui e Demyx fosse etero.
- Sta’ calmo, mi sgranchisco solo un po’ le gambe –
Demyx fece per parlare di nuovo, ma fu subito messo a tacere da un:
- No, non mi faccio vedere da nessuno – sulle note del quale Axel si tirò sulla testa il cappuccio del lungo soprabito nero.
Ritrovò i due ragazzi nell’androne. A poca distanza l’uno dall’altro, chiacchieravano amabilmente. Axel si avvicinò silenziosamente e li spiò dall’ombra.
- Lusingato, ma continuo a preferire i maschietti – stava dicendo Roxas.
Buono a sapersi.
- Le condizioni per non perdere la mia amicizia le sai – Quindi l’altro ragazzo non era interessato a Roxas come aveva pensato.
- L’amicizia non ha condizioni, Hayner – ad Axel servì molto autocontrollo per non scoppiare a ridere alla finta occhiata libidinosa di Roxas, sottolineata dall’espressione vagamente ansiosa dell’altro – Comunque non sei il mio tipo: troppo biondo –
A quel punto Axel non riuscì a capire ciò che seguì. L’altro ragazzo starnutì, o almeno così sembrava, e all’improvviso Roxas era tutto rosso. Era adorabile quando arrossiva, per questo gli piaceva tanto fargli dei piccoli dispetti, in palestra.
Poi apparve una ragazzina bionda. Hayner disse qualcosa su un momento romantico che stavano vivendo (perché in effetti picchiarsi a vicenda era mooolto romantico!) e quella rispose che se lo aspettava, da Hayner.
I due ragazzi risero, appoggiandosi l’uno all’altro in maniera così spontanea che Axel riuscì a intuire la lunga e profonda amicizia che c’era dietro, un po’ come quella che condividevano lui, Demyx e Saïx , che però era molto più serio e posato degli altri due. Tranne quando si trattava di prenderli in giro, ovvio. Lì dava il meglio di sé.
Finalmente la ragazzina, eccitatissima, spiegò il motivo dell’interruzione, che si rivelò essere lo spettacolo di Demyx.
“Ora di tornare!”
Axel esitò solo quel tanto che bastava per vedere i tre rientrare in sala, con la bionda appiccicata al braccio di Roxas.
“Mi dispiace, caschi male, bambolina!” pensò con una certa soddisfazione.

- Finalmente! – sbottò Demyx, irritatissimo – Dove diavolo sei stato?! –
- La parola è azzeccata, sai – rispose Axel indolente.
- Siamo in ritardo sul programma! –
- Pensi che quelli lì fuori abbiano fretta? – sbuffò Axel.
Poi notò la tensione sul viso dell’amico e si addolcì. Era evidente che, nonostante non fosse niente di speciale, ci teneva davvero a quell’ingaggio.
- Scusami, Dem. Vedrai che andrà benissimo, siamo o non siamo perfetti, insieme? – gli posò un bacetto sulla tempia, come faceva quand’erano bambini.
Demyx ridacchiò.
- Sai Ax, se non ti conoscessi direi che ci stai provando! –
- Allora è una fortuna che tu mi conosca davvero bene. Ora va’! –
Demyx fece un cenno al tipo che curava gli effetti di scena, che fece partire la musichetta che avrebbe accompagnato la primissima parte dell’esordio del suo amico. Poi sentì il tuono: il suo segnale.
“Si va in scena!”
Una volta sul palco, Axel gettò una rapidissima occhiata verso il tavolo di Roxas. Le ragazze erano ammaliate, i ragazzi interessati; solo Roxas sembrava piuttosto distaccato, ma Axel era sicurissimo che presto avrebbe cambiato registro. Gli piaceva guardarlo, no? Lui avrebbe fatto in modo di attirare la sua attenzione da subito.
Guardò apertamente verso di lui e gli tese lentamente una mano in un gesto di invito. Gli annoiati occhioni blu ritornarono alla vita con un guizzo.
Ecco, quel gesto era un fuori programma, ma sapeva che Demyx non avrebbe obiettato, perché era un accanito sostenitore dell’improvvisazione. Il piccolo intoppo fu che, una volta stabilito il contatto visivo con Roxas, concentrarsi di nuovo gli richiese un grande sforzo: quello sguardo era magnetico. Alla fine, però, riuscì di nuovo a puntare lo sguardo su Demyx e lo indicò.
Quello era il segnale per il ragazzo dietro le quinte, che fece partire la musica.
Da quel momento in poi non ci fu più spazio per le distrazioni: aveva promesso a Demyx che l’avrebbe aiutato al meglio, glielo doveva.
Mentre si guardavano negli occhi, Axel capì che Demyx era tornato nel suo elemento. Si sorrisero a vicenda: sarebbe andata alla grande.
Quando alla fine, più o meno cinque minuti dopo, concluse il numero con la sua migliore risata satanica di sempre e la sala rimbombò di applausi, Axel si sentì davvero soddisfatto.
Demyx ormai aveva ritrovato la sua disinvoltura, non aveva più bisogno di lui.
Si fece largo tra le gente, ma le ragazze continuavano ad accalcarsi intorno a lui con le scuse più disparate: evidentemente era piaciuto tanto quanto Demyx, se non di più. Axel era sicuro che se ne avesse scelta una a caso, quella sarebbe stata disposta a mollare tutto e ad andare via con lui. Davvero, spesso chi aveva il pane non aveva i denti!
Ma lui non voleva essere adulato, voleva solo andare dal suo giovane amico. Quando si avvicinò al suo tavolo, finse di non sentire gli squittii eccitati delle ragazzine.
Salutò Roxas, finalmente, sentendo molto caldo. Di solito era il contrario, ma quella sera si era mosso parecchio.
Sì, doveva essere per quello che aveva il viso bollente, non aveva niente a che fare con i due grandi zaffiri concentrati su di lui. Il cuore non gli stava battendo furiosamente. Non stava desiderando intensamente di essere a tu per tu con Roxas. Assolutamente no.
“Accidenti, Axel, è appena maggiorenne e tu sei il suo istruttore!” urlò di nuovo la ragione. Come se lui non fosse comunque giovane abbastanza da non doversi sentire in colpa. Non era mica un pedofilo, che cavolo!
Se non sei sicuro di cosa fare ascolta il tuo cuore, non le voci nella tua testa!
Era quello che gli diceva sempre suo padre, morto cinque anni prima mentre cercava di salvare dei dispersi in una bufera di neve. Motivo per cui Axel non sopportava il freddo. Ma si era sempre trovato bene con quel consiglio.
Si fece aria, non si respirava lì dentro.
- Almeno stasera non hai freddo – commentò Roxas e gli porse la sua bibita.
Axel l’afferrò con riconoscenza e bevve. Accidenti, il ragazzino aveva scelto bene: mirtillo, arancia e zenzero. Forse era un po’ troppo buona, perché la finì in un solo sorso.
- Ops! Te ne devo una! – esclamò e lo intendeva sul serio.
- A buon rendere, allora – gli rispose indifferente, mordicchiando il ciuffo di menta che aveva tolto dal bicchiere prima di porgerglielo.
Poi gli chiese di Demyx. Mentre Axel raccontava guardava di sottecchi l’amico di Roxas, che spostava lo sguardo dall’uno all’altro come per valutare la situazione.
- Ci siamo allenati parecchio, ultimamente – concluse Axel.
- Questo spiega molte cose – lo sguardo di Roxas ora era lievemente accusatore: l’aveva lasciato solo.
Axel sorrise, sentendosi incredibilmente allegro.
- Ci si vede presto, Roxas – si congedò.
Era la prima volta che lo chiamava per nome e lo sapevano entrambi.
Mentre si allontanava, sebbene fosse di spalle, Axel riuscì a sentire lo sguardo del ragazzo fisso sulla sua nuca. E chissà, forse anche un po’ più in basso, pensò con un ghigno, ignorando le tre ragazzine ridacchianti che cercavano di attirare la sua attenzione.

- Ti ho visto, sai? – disse Demyx, che si stava cambiando.
- Mh? – Axel si tolse la mantella nera, indifferente – Ovvio che tu mi veda, Dem, sono proprio qui davanti a te –
- Intendo prima, con il biondino –
- Oh, Roxas? È uno dei clienti di Lex, me ne sto occupando io. Dovevo ben salutarlo, no? –
- Immagino di sì –
Demyx sorrise malizioso. A chi credeva di darla a bere? L’unica cosa che gli veniva da chiedersi era se il giovane sarebbe stato per Axel una fiammella, un falò o un vero e proprio incendio. Perché, lo sapeva, Axel era fatto per bruciare col suo entusiasmo chiunque gli stesse attorno, subito o un po’ alla volta che fosse. In senso buono, certo, solo che pochi potevano resistere.

E anche questo è concluso, ne ho altri due già quasi pronti, solo da revisionare.
Se vi state chiedendo perché il capitolo sembri essersi concluso un po’ bruscamente con la riflessione di Demyx, sappiate che era intenzionale: lascia – o almeno dovrebbe lasciare – al lettore la possibilità di continuare il ragionamento come più gli garba, spingendolo a immaginare come potrà evolversi la situazione, per poi trovarne conferma o esserne smentito.
Grazie a tutti voi che seguite e che vi fermate a lasciare un commento, mi avete commossa il capitolo scorso, cinque recensioni! Veramente, non pensavo di arrivare a tanto, in questo fandom, solo con la mia prima storia!
Nel caso vi chiedeste che razza di abbinamento fosse, mirtillo, arancia e zenzero, l’ho trovato su internet, cercando dei cocktail analcolici e mi è piaciuto. Spero di riuscire a inserire il link, in caso contrario vi metterò l'indirizzo della pagina.

Cranberry Crush

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Capitolo 7
*** Neve in primavera ***


Era martedì pomeriggio, dopo il famoso sabato sera in discoteca. Roxas era annoiato e assetato, dopo oltre venti minuti di cyclette. Sì, cyclette, visto che delle ragazze senza nessuna seria intenzione di allenarsi avevano occupato tutti i tapis roulant disponibili, usandoli per andare a passo di lumaca, chiacchierando incessantemente. Ogni tanto si giravano verso di lui e lo guardavano ridacchiando. Ecco, in quei momenti era contentissimo di essere gay, assolutamente!
Mentre Roxas, davanti alla macchinetta, si frugava pigramente nelle tasche in cerca di spiccioli, una voce dietro di lui lo interruppe.
- Ti dispiace se prendo io qualcosa, mentre tu decidi? –
Roxas si fece da parte senza rispondere. Axel gli sorrise in segno di saluto, prese due succhi di frutta e gliene posò uno in mano.
- Per l’altra sera – biascicò con la cannuccia già in bocca.
Poi si voltò e fece qualche lentissimo passo in direzione dello studio di Lexaeus.
Roxas, che nel frattempo aveva trovato gli spiccioli, rimase di sasso. Si sentiva terribilmente deluso. Esitò un istante, ma solo uno, non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione che probabilmente non gli si sarebbe più presentata.
- Non penserai mica di cavartela così, vero? – lo affrontò, deciso.
Axel si voltò lentamente, cercando di nascondere un sorriso soddisfatto: il cucciolo tirava fuori gli artigli… Così sì che gli piaceva giocare!
- Mh? – fece il finto tonto.
Roxas gli lanciò una moneta che corrispondeva al prezzo del succo.
- Voglio una bibita vera, non una presa dal distributore! – scandì, ghignando sfacciatamente.
Axel sorrise e lo guardò negli occhi. Poi intascò ostentatamente la moneta.
- Conosco un posto niente male, che fa degli ottimi cocktail di frutta. Che ne dici di domenica sera alle otto, qui davanti alla palestra? –
Roxas fece del suo meglio per rimanere impassibile, anche se dentro di sé stava alternativamente gridando dalla gioia e urlando dal disappunto: domenica gli sembrava troppo lontana!
- Beh, ecco, perché no? – il suo tono disinvolto non suonò convincente neanche alle sue stesse orecchie, ma Axel non parve farci caso.
- Ottimo – e, dimenticatosi di Lexaeus, si avviò verso la sua postazione dietro il banco di ingresso.
Roxas, invece, si buttò a capofitto negli esercizi del giorno, per scaricare la tensione accumulata in quella manciata di minuti.
Poco distante da lui, tra la solita combriccola di “amici” della palestra, si stava svolgendo un’animata conversazione che il ragazzo non potè ignorare.
Parlavano di conquiste amorose e regali poco azzeccati.
- … E quindi ho aperto il pacchetto e mi sono ritrovato con in mano un paio di slip rossi, nientemeno! – stava dicendo Luxord – Come se avessi voglia di mettermi una roba del genere! –
- Perché? – chiese Xigbar – Non ti piace il rosso? –
- Stai scherzando, vecchio?! Io uso solo boxer! –
- Oh? In effetti ti ci vedo proprio con un paio di boxer bianchi a cuoricini rossi – lo sbeffeggiò il più anziano – Beh, se ti sta bene che le palle ti ballonzolino nelle mutande io non ho niente da ridire –
- Bene, amici, ora che abbiamo assodato che Luxord è un tipo da boxer e Xigbar da slip, suppongo di dovermi unire alle vostre confidenze: io preferisco i tanga – fece Marluxia.
- Porti intimo femminile? –
- Ma certo che no, sciocco, esistono quelli da uomo! – poi si voltò verso Roxas, che ora seguiva la conversazione in corso asciugandosi il viso madido – E tu, piccolo mio? Che intimo porti? –
Marluxia si leccò leggermente il labbro superiore.
Roxas in un altro momento si sarebbe allontanato, fingendo di non aver sentito, ma non aveva fatto i conti con il tasso di adrenalina estremamente alto che gli scorreva in corpo, quella sera.
- Non vedo che importanza possa avere, Marluxia, visto che non ti ci infilerai mai – gli uscì detto, contro ogni aspettativa.
Risero tutti, Marluxia compreso.
- Bella risposta, tigre! –
- Quando cambierai idea, dolcezza, mi troverai qui ad aspettarti –
- Roxas cambierà idea? Se sì, entro quanto tempo? Si accettano scommesse! – declamò Luxord a gran voce.
- 300 munny che non cambia idea nemmeno sotto tortura! – esclamò subito Xigbar.
Roxas lo gratificò con un sorriso radioso e l’uomo rispose strizzandogli il suo unico occhio.
Iniziò un giro di battibecchi tra i presenti, accompagnato da puntate varie, chi in favore dell’uno, chi dell’altro.
Marluxia si accarezzò i capelli con fare seducente, prima di parlare.
- 1000 munny che cadrà ai miei piedi entro due o tre mesi – disse in tono teatrale, lanciando uno sguardo languido a Roxas.
Questo impallidì e fece un passo indietro, sentendo subito dopo una mano sulla spalla: Xigbar. Rassicurato, rispose per le rime.
- Solo se dovessi inciampare, Marluxia –
La stretta sulla sua spalla si strinse improvvisamente, avvisandolo di non andare oltre.
Marluxia andò via con un bacio volante al biondo. Quest’ultimo si voltò verso Xigbar.
- Non tirare troppo la corda, tigre –
- Perché, che potrebbe fare? Violentarmi? –
- Macché. Semplicemente non è piacevole quando si intestardisce. Ora è niente. Ma non preoccupartene troppo –

I giorni seguenti trascorsero lenti e spossanti, tra interrogazioni pressoché quotidiane a scuola e sedute in palestra. Roxas aveva la testa perennemente tra le nuvole. Messo alle strette da Hayner, gli confessò che sarebbe uscito con qualcuno, ma che non voleva che pensasse a qualcosa di serio, perché non c’era niente di ufficiale. Hayner si limitò ad avvisarlo che dopo avrebbe dovuto raccontargli tutto.
- In fondo sono la tua best! –
Roxas gli diede un pugno in testa, facendogli passare la voglia di prenderlo in giro.


Era domenica sera. Le 7.30, per la precisione.
Roxas cercò nervosamente di sistemarsi i capelli, con un’imprecazione mormorata di tanto in tanto. Voleva apparire in forma, certo, ma anche noncurante, come se non lo considerasse un vero appuntamento.
In quel momento passò sua madre.
- Ehilà! Chi è la fortunata? –
- Cosa? Chi?! – chiese Roxas senza capire.
- La ragazza con cui stai uscendo –
- Nessuna ragazza, mamma, mi vedo con un amico –
- Allora perché sei così nervoso? –
Colpito e affondato.
- Perché i capelli non vogliono stare al loro posto, non lo sopporto! –
- Mmm. Beh, copriti e portati l’ombrello. Fa freddo e sta per piovere –
“Altro che piovere!” pensò Roxas, uscendo di casa. Il cielo era invaso da grosse nuvole grigie. Sarebbe stato un bell’acquazzone.
La palestra era a quasi venti minuti a piedi da casa sua e, com’era prevedibile, di tram neanche l’ombra. Per fortuna la camminata lo aiutò a scaricare un po’ della tensione.
Axel era già lì ad aspettarlo, quando finalmente arrivò.
- Yo, Roxas! – esclamò con la consueta allegria.
- Ciao – ansimò lui.
- Come mai quest’aria affannata? –
Mentre si avviavano, Roxas iniziò a spiegare.
- … quindi me la sono fatta a piedi quasi correndo – concluse.
- Pensavo abitassi nei dintorni. Strano che tu venga fin qui, con un’altra buona palestra a poca distanza da casa tua –
Roxas scrollò le spalle ed evitò il suo sguardo. Non gli avrebbe certo spiegato l’imbarazzante verità. Alla disperata ricerca di qualcosa che distogliesse l’attenzione del rosso dall’argomento scabroso, Roxas tirò in ballo la serata in discoteca.
- Giusto, Roxas! Che ci facevi lì? Non sembravi divertirti granchè –
- Mi avevano costretto, che domande. Lì in mezzo siamo solo io e Pence a detestare serate come quella, ma la maggioranza vince. Per quanto riguarda te? Fai spesso quel genere di cose? –
Axel fece una smorfia.
- Diamine, no! Stavo solo ripagando un debito, per così dire. Sono uno di parola, io! E a proposito di debiti… -
Roxas si accigliò: non gli piacque affatto l’ultima parte. Non voleva pensare a quell’uscita come a uno “sdebitarsi”. Erano amici, no?! Glielo disse senza mezzi termini.
- Ehi, vacci piano fringuello, è solo un modo di dire! Accidenti, siamo nervosetti… - Axel lo spinse gentilmente dentro il locale, aggiungendo in tono casuale – Si direbbe che sia la prima volta che esci con qualcuno! –
Roxas trasalì e Axel lo sentì irrigidirsi appena sotto la sua mano, ancora posata mollemente sulla sua schiena; capì di aver fatto centro: non era mai uscito con un altro ragazzo. Beh, questo indubbiamente complicava un po’ le cose.
Il locale era quasi vuoto e Axel potè sedersi con Roxas al suo tavolo preferito, ad angolo, accanto ad una finestra. Da lì la vista era magnifica, si poteva vedere tutta la strada acciottolata che scendeva dolcemente fino all’area del tram, meravigliosamente illuminata dalla luce arancione che diffondevano i lampioni, piacevole contrasto contro il cielo cupo. Solo che quella sera era più interessante ciò che c’era all’interno del pub.
Roxas si stava guardando nervosamente in giro, ignaro degli occhi del rosso fissi su di sé. Si sentiva molto a disagio, non sapeva assolutamente come comportarsi: questa non era una delle sue uscite con Hayner.
Accorgendosi del suo disagio, Axel tirò fuori le solite domande di circostanza, come la scuola, gli amici e cose del genere. Roxas ci si aggrappò con sollievo e passarono quasi due ore parlando degli esami di stato in arrivo e della tesi di laurea in fase di completamento di Axel, finchè il discorso scivolò sulle questioni private, dando modo ad Axel di scoprire che Roxas, una volta superata la prima timidezza, era più loquace di quanto chiunque potesse immaginare.
- … e perciò non so come fare, capisci. So che dovrei essere sincero con lei, anche se tecnicamente non si è ancora fatta avanti, ma come si fa a dire a una così brava ragazza una cosa del genere senza ferirla? –
- Situazione delicata, senza dubbio. Potresti dirglielo come l’hai detto ai tuoi –
Roxas rise senza allegria. Abbassò lo sguardo sul suo piatto, diede un morso alla piadina e masticò lentamente, come intento a soppesare le parole. Alla fine inghiottì e sospirò.
- Altro tasto dolente, loro non lo sanno. Non posso mica entrare saltellando in cucina, domani, esclamando “Buongiorno famiglia, mi piacciono gli uccelli!”. Sarebbe un terribile spreco di cibo –
Axel stesso sputacchiò un po’ per la scelta di parole così esplicita dell’amico e soffocò malamente una risata.
- Io lo farei – rispose cautamente – Sarebbe una scena molto interessante –
E in effetti era più o meno così che Axel aveva annunciato a sua madre di essere omosessuale, riflettè con un ghigno.
Era stato all’incirca tre anni prima, quando era ormai passato un bel po’ di tempo dallo “shock” della scoperta.
Era entrato col suo passo molleggiato in cucina, dove sua madre era ai fornelli, si era seduto al tavolo e aveva esclamato in tono casuale:
- Yo, mamma! Non ti aspettare nipotini da parte mia, perché mi piacciono i ragazzi –
Sua madre si era limitata a spanciarsi dal ridere, facendo cadere il mestolo che aveva in mano. Axel invece ci era rimasto un po’ male.
- Non stavo scherzando – aveva detto arrossendo, indignato.
- Lo so, ma avresti dovuto sentirti! – aveva risposto lei. E con gran sorpresa di Axel aveva accettato la cosa senza la minima riserva, come se già lo sapesse.
Axel tornò a concentrarsi su Roxas, ancora ghignando.
- Non fa ridere – mormorò quello. Ma sorrideva anche lui.
In quel momento si udì un suono: era il promemoria che Roxas aveva impostato sul telefono per ricordarsi di non fare troppo tardi.
- Domani c’è scuola – disse con disappunto.
- Lo so. Meglio andare, allora -  
Axel fece segno alla proprietaria di mettere tutto sul suo conto – tra le proteste di Roxas, che voleva pagare almeno la sua consumazione solida – poi uscirono in strada.
Furono subito investiti da un vento gelido, che scaraventò su di loro una miriade di piccoli pallini bianchi.
Neve in primavera. La strada ne era già ricoperta da chissà quanto tempo, visto che i loro piedi affondavano completamente nel soffice manto bianco e intorno a loro continuava a fioccare con grande intensità.
- Come abbiamo fatto a non accorgercene? – chiese incredulo Roxas.
- La conversazione era più interessante delle previsioni meteo, suppongo – e in realtà per tutta la serata entrambi non avevano avuto occhi che per l’altro, anche se nessuno dei due l’avrebbe ammesso tanto facilmente.
Muoversi era molto difficoltoso. Il tempo di fare qualche passo e i due erano già completamente congelati, con i pantaloni fradici fino ai polpacci.
- Vieni con me – intimò Axel – Casa mia è dietro l’angolo. Dobbiamo aspettare che smetta –
Roxas obbedì senza discutere e in men che non si dica si trovava già nel minuscolo bilocale in cui viveva il rosso. Sembrava un classico appartamento da studente squattrinato, a prima vista, tuttavia l’ambiente era caldo e confortevole, tenuto in discreto ordine. Si respirava aria di casa.
Axel gli fece cenno verso il divano e i due si accomodarono e ripresero il discorso, tenendo d’occhio la finestra.
Roxas si sentiva allo stesso tempo ansioso ed euforico: stare con Axel gli piaceva da matti, come allenatore andava benissimo, come amico anche meglio! Ma non voleva farsi altre illusioni, andare oltre con la fantasia l’avrebbe portato ad una cocente delusione.
Da parte sua, Axel non riusciva a smettere di sorridere come un idiota: vedere Roxas comodamente seduto sul suo vecchio divano era una soddisfazione enorme. Tuttavia, pur sapendo che se ci avesse provato con lui Roxas probabilmente ci sarebbe stato, non voleva assolutamente fare il primo passo, per diverse ragioni. Prima di tutto per la poca esperienza del biondo. Non aveva intenzione di saltargli addosso col rischio di spaventarlo e passare per un pervertito al pari di Marluxia. Per di più Roxas era ancora un po’ in contrasto con la propria natura, quindi non era proprio il caso di gettargli addosso altri problemi. Altro motivo, non meno importante, la complicata questione del loro rapporto – per così dire – lavorativo. Si era sempre attenuto alla regola che si era autoimposto, cioè di non legarsi a nessun cliente della palestra, per rispetto a Lexaeus. Ma Roxas gli piaceva e non sapeva assolutamente come comportarsi.
Ad un certo punto Roxas saltò su come se una vespa l’avesse punto.
- Accidenti, è tardissimo! Devo tornare, Axel! –
Prima che Axel potesse fare alcunché, Roxas si era infilato il giaccone. Il rosso lanciò uno sguardo verso la finestra: la neve turbinava ancora, se possibile più fitta di prima.
Roxas si avvicinò alla porta e improvviso, velocissimo, Axel ebbe un flashback: suo padre che usciva di casa in una sera come quella, per non fare più ritorno.
Prima di rendersene conto, Axel si ritrovò davanti alla porta d’ingresso, le braccia spalancate e la schiena premuta dolorosamente contro la maniglia gelida.
- TU NON VAI DA NESSUNA PARTE! – gridò, pallido come un cencio.
Roxas si immobilizzò, colto alla sprovvista.
- Non posso permetterti di uscire con questo tempaccio – proseguì Axel, ritrovando la calma.
Per sicurezza mise il catenaccio alla porta. Poi afferrò il cordless e lo passò a Roxas.
- Chiama per avvisare che rimani da me, stanotte –
- Ma… ma… Passare la notte qui? –
Di fronte all’occhiataccia dell’altro, Roxas telefonò a casa. Subito rispose la voce ansiosa di sua madre.
- Roxas, è un sacco che cerco di rintracciarti, mi stavo preoccupando –
- Scusa, forse il cellulare si è scaricato –
- Dove sei? –
- A casa… -
Prima che potesse finire la frase, Axel gli sfilò il telefono di mano.
- Signora, salve, le dispiace se Roxas passa la notte qui da me? –
- Con chi parlo? – la madre di Roxas sembrava parecchio confusa.
- Un amico di suo figlio –
- Oh, io in realtà pensavo… una ragazza, sai… -
- Ragazza? No, Roxas ha passato la serata con me –
Axel cercò disperatamente di non scoppiare a ridere alla vista dello sconsolato facepalm del ragazzo e proseguì come se niente fosse.
- Ci siamo ritrovati nel bel mezzo di questa specie di bufera e casa mia era la più vicina. Dato che è tardi non vorrei che tornasse a casa a piedi con questo tempo –
La madre del ragazzo non sollevò obiezioni.
Axel si volse verso Roxas.
- Bene, ora leviamoci di dosso questa roba bagnata, che ne dici? –
Senza aspettare risposta lo guidò nella camera da letto occupata solo da una libreria, una scrivania e un letto da una piazza e mezzo. E un vecchio cassettone nell’angolo. Come se niente fosse si tolse il maglione pesante e sbottonò i jeans.
- Ehm… Se vuoi esco – mormorò Roxas, distogliendo lo sguardo nel più completo imbarazzo.
- Nah, non c’è bisogno. Perché invece non ti spogli anche tu? –
- Cosa?! –
- Andiamo, non penserai mica di dormire vestito! Ecco –
Axel, il pantalone del pesante pigiama blu infilato solo a metà sopra i ridottissimi boxer neri aderenti, gli lanciò una specie di tuta grigia, ridendo del suo rossore.
Roxas si spogliò a sua volta, cercando di non guardare troppo Axel, che pareva non avere nessuna fretta di coprirsi. Dov’erano finiti i brividi e la pelle d’oca? Se non fosse stato sicuro del contrario, Roxas avrebbe pensato che Axel volesse mettersi in mostra.
Nel frattempo Axel fissava Roxas con la coda dell’occhio. Non andava bene così, niente affatto: si stava comportando troppo da cacciatore. Scosse la testa e finì di vestirsi, per poi girarsi e guardarlo in modo più oggettivo. Era evidente che l’allenamento stava cominciando a dare i suoi frutti. Il corpo di Roxas non era più disperatamente magro come all’inizio. Ora il ragazzo, piuttosto che un filo d’erba, aveva più l’aspetto di un giunco: snello, robusto e flessibile al tempo stesso. Si soffermò con lo sguardo sul ventre vagamente incavato, sotto la canotta aderente: qualche altro mese e si sarebbero notati dei lievissimi bozzi, in quel punto. Passò al petto, contrastando con un gesto autoritario della mano il movimento di Roxas, che cercava di infilarsi la felpa. Lì aveva toppato completamente, a quanto pareva: gli aveva prescritto gli esercizi sbagliati.
Roxas si era stufato di essere esaminato in quel modo.
- Fai una foto, durerà più a lungo! – sbottò acidamente.
Axel sorrise e ignorò la provocazione. Anche se una foto gliel’avrebbe scattata volentieri, in effetti.
- Stavo valutando quali esercizi sostituirti – spiegò paziente – A quanto pare dobbiamo cambiarne alcuni, se vuoi sviluppare anche i pettorali –
Roxas lasciò cadere all’istante l’aria infastidita e non protestò quando Axel lo fece voltare e una mano gentile andò a saggiare i muscoli della schiena.
- A posto, bambino – lo prese in giro alla fine – Ora puoi anche andare a fare la nanna –
- Sì, nonno! –
- Nonno? Di solito per situazioni del genere si dice “papà” –
- Scusa, papà, ti avevo scambiato per il nonno. Dev’essere colpa del pigiama da vecchio… -
- Oh cribbio, Roxas, mi deludi! Questa scenetta per una battuta così scadente… -
- Beh, ho imparato dal maestro – fece Roxas, il tono provocatorio che non lasciava dubbi su chi fosse il cosiddetto “maestro”.
A quel punto iniziarono a lottare scherzosamente, accapigliandosi sul pavimento senza esclusione di colpi. Inutile dire che Axel ne uscì irrimediabilmente vincitore.
- Non ho neanche usato tutta la mia energia – fece in risposta alle proteste di Roxas, rimanendo comodamente seduto sulla sua schiena.
- LEVATI! Non respiro più –
- Stai dicendo che sono grasso? – disse Axel in finto tono lacrimoso.
- Sì. ORA ALZATI! –
Alla fine si calmarono. Axel propose di andare davvero a dormire, l’indomani avevano entrambi una giornata faticosa da affrontare.
- Ma dove vai? – chiese Roxas, quando Axel si accinse ad uscire dalla stanza.
- Sul divano –
- Ma non posso spodestarti dal tuo letto! Al massimo vado io di là –
- Nah, non posso mica far dormire un ospite sul divano –
- E allora dormiamo insieme, c’è spazio per due! – esclamò Roxas, per poi arrossire subito dopo, realizzando ciò che aveva detto.
Axel lanciò uno sguardo tentato al suo letto, così soffice e caldo, reso ancor più irresistibile dal biondino che ci era seduto sopra a gambe incrociate. Ma si costrinse a distogliere lo sguardo.
- Passo, per questa volta. Non preoccuparti, il divano è comodo. Lo uso anche quando vengono Demyx e Saïx. Buona notte –
- ‘Notte – sospirò Roxas, sollevato e deluso al tempo stesso.
Quando non giunsero più rumori dall’altra camera Roxas si decise a infilarsi sotto le coperte. Tutto si sarebbe aspettato, quella sera, tranne di finire nel letto di Axel. Dopo quell’ultimo pensiero razionale, Roxas scivolò dolcemente nel sonno.

E rieccomi, un filo in ritardo, forse, ma spero che il capitolo mi abbia fatto perdonare. Lo so, è un pochetto più lungo dei precedenti, proprio per questo la revisione mi ha portato via più tempo…
Ringrazio calorosamente tutti voi che continuate a seguirmi e tutte le persone che dedicano un po’ del loro tempo a lasciarmi un parere. ^^

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Capitolo 8
*** Confessioni e gelosie ***


Il mattino dopo, Roxas si svegliò presto e si stiracchiò, sentendosi in corpo una meravigliosa sensazione di beatitudine. Un caldo raggio di sole lo accecò momentaneamente mentre le sue orecchie registravano il sonoro cinguettio degli uccelli. Non riconobbe subito il luogo in cui si trovava e in un primo momento pensò che si trattasse ancora di un sogno. Questo almeno finchè non udì il rumore di qualcosa di pesante che cadeva e un’imprecazione soffocata. A quel punto balzò a sedere, ricordandosi improvvisamente dov’era.
 
Axel si voltò al suono ovattato dei passi in avvicinamento di Roxas: quello sciocco era a piedi nudi. Non si era accorto di quanto fosse freddo il pavimento? Ma un attimo dopo il ragazzino fece il suo ingresso e Axel non potè fare a meno di sorridere per la tenerezza.
Il viso di Roxas era arrossato, gli occhi socchiusi per il sonno da cui era uscito da poco. La tuta gli penzolava di dosso, lasciandogli scoperta una spalla: era decisamente troppo grande per lui, sembrava quasi un bambino con addosso i vestiti di un adulto. Si affrettò a distogliere lo sguardo per resistere alla repentina tentazione di scompigliargli i capelli sconvolti. E posare un piccolo bacio su quelle labbra imbronciate.

Quando Roxas entrò nella stanza che fungeva da cucina-salotto, trovò Axel che, già completamente vestito, si affaccendava tra tavolo e credenza. Gli rivolse un breve sorriso e si voltò di nuovo.
- Buongiorno, dormiglione! – disse pimpante - Mi dispiace di aver fatto rumore, ma sarei comunque venuto a svegliarti nel giro di pochi minuti –
- Mmm – grugnì Roxas, rendendosi conto che Axel doveva per forza averlo visto addormentato, se era entrato in camera sua per vestirsi.
Per Roxas questa era una cosa più intima di cambiarsi nella stessa stanza.
Axel gli fece allegramente segno di raggiungerlo al tavolo, dove li attendevano due grosse tazze di latte, biscotti, marmellata, fette biscottate e cereali.
- Forza, forza, al cervello servono zuccheri per attivarsi, soprattutto se hai davvero intenzione di farti interrogare in scienze! –
- Quante persone hai invitato a colazione, Axel? – si informò Roxas, fissando tutta quella roba con tanto d’occhi.
- Che domanda stupida, Roxas, ho semplicemente messo a tavola un po’ di tutto, non so mica cosa preferisci –
Roxas, scoprì subito il rosso, preferiva indubbiamente le fette biscottate con la marmellata. Sembrava avere una smodata passione per la frutta, quel ragazzo, poco importava che fossero ciliegie, arance o albicocche.
Dopo colazione Axel volle a tutti i costi riaccompagnare personalmente a casa Roxas.
- Altrimenti non arriverai mai a scuola in tempo –
- Ma non sono neanche le sette! –
- Sbaglio o devi lavarti, vestirti e fare la cartella? –
- Sembri mia madre, quando fai così – sbuffò Roxas, ma senza riuscire a evitare di sorridere – Comunque grazie di tutto – mormorò poi, talmente piano che Axel quasi non lo sentì.
- È stato un piacere – rispose nello stesso tono.
E quando arrivarono sua madre era sul balcone ad aspettarlo. Fece segno a entrambi e rientrò.
- Nel suo gergo quello significa “Sali, che ti offro un caffè” – disse Roxas – Rivolto a me invece vuol dire “Stai per vivere un momento davvero imbarazzante, giovanotto” –
Axel rise.
- Sento che tua madre e io andremo molto d’accordo –
Roxas si limitò a sbuffare.
Come previsto Axel fu accolto con tutti gli onori a casa di Roxas, nonostante l’orario. Mentre il rosso chiacchierava allegramente con i suoi genitori, Roxas filò dritto a prepararsi, sperando di non dover subire davvero delle scene imbarazzanti.
In meno di un quarto d’ora tornò in cucina vestito di tutto punto.
- Buongiorno, famiglia! – esclamò allegramente.
Axel si immobilizzò, ricordando ciò di cui avevano parlato la sera prima. Quello scemotto non aveva mica intenzione di dichiararsi proprio in quel momento, vero? Con lui lì davanti?
Roxas intercettò il suo sguardo e gli sorrise divertito: sapeva perfettamente, all’apparenza, cosa stava passando per la testa del rosso. Ma fortunatamente Roxas continuò a parlare come se niente fosse, dicendo qualcosa che aveva a che fare con Hayner.
- Ah, eccolo – fece poi, passando davanti alla finestra ancora aperta.
L’amico si avvicinava sempre di più e sorrideva malignamente: l’aveva visto, ma aspettò di arrivare proprio lì sotto, prima di parlare.
- Oh, quale luce vedo sprigionarsi lassù? – giunse chiara e forte dalla strada la voce di Hayner – È l’oriente, lassù, e Giulietta è il Sole – continuò imperterrito con voce da attore consumato. Evidentemente si era preparato ad esibirsi.
I genitori di Roxas lo guardarono sghignazzando pieni di aspettativa, evidentemente avvezzi alle scenette dei due.
- Oh, povero me! – esclamò Roxas, rosso in modo spettacolare e senza alcuna pretesa di recitazione. Stavolta quel sadico bastardo del suo migliore amico stava esagerando.
Ma Hayner l’aveva sentito – era quello lo svantaggio di abitare al primo piano – e colse la palla al balzo.
- Lei parla! Parla di nuovo, angelo di luce! – e si udì una risatina soffocata.
A quel punto Roxas, davvero stufo, si affacciò al balcone.
- Oh Romeo, Romeo – declamò ad alta voce, in tono languido – Perché non vai a cag***? –
Mentre il padre di Roxas e Axel scoppiavano a ridere, sua madre gli diede una botta sul braccio.
- Non era una cosa molto gentile! – esclamò, nascondendo anche lei un gran sorriso.
- In qualche modo dovrò pur difendermi, no? Se gli do corda ci ritroviamo entrambi stecchiti –
Poi Roxas afferrò la cartella.
- Ci vediamo a pranzo! – si congedò.
- Aspetta, anche io devo andare –
Axel salutò educatamente i genitori del biondo, ringraziandoli. Gli parve di sentire il ragazzo borbottare qualcosa che suonò molto come “ruffiano”, mentre scendevano, ma fece finta di niente.
- Ehi, Rox – esclamò Hayner nell’istante in cui Roxas aprì il portone – Non pensavi mica di scamparla, vero, mi devi ra… - ma si interruppe di botto quando vide Axel dietro l’amico e lo fissò curiosamente.
- L’attore shakespeariano in persona! – sorrise il rosso con calore, sopprimendo una risatina e afferrando la mano di Hayner, che ghignò in risposta, con un’occhiata a Roxas.
- Tu sei il tipo di sabato scorso, eh? Non avevo idea che Roxas avesse ospiti –
- Che differenza avrebbe fatto? – chiese quest’ultimo.
- Beh, semplice! Se l’avessi saputo ci sarei andato giù molto più pesante! –
Axel rise fragorosamente.
- Mi piace molto questo ragazzo! –
Roxas mise su un adorabile piccolo broncio.
- Ridi, ridi pure, prima o poi arriverà il mio turno – Roxas gli mostrò la lingua, gettando un’occhiataccia a Hayner, che continuò a ghignare.
Axel sorrise e gli tirò giocosamente una ciocca di capelli.
- Io vado, fringuello. Noi quando ci vediamo? Va bene domenica prossima? –
- Ma la palestra è chiusa, la domenica! – esclamò Roxas senza riflettere.
Il sorriso di Axel si allargò di fronte all’ingenuità del ragazzino.
- Appunto – disse semplicemente, guardandolo in attesa di una risposta.
- Va bene alle sette, sempre lì? –
- Perfetto. Buona giornata, ragazzi! –
Axel si allontanò lentamente col suo caratteristico passo molleggiato e saltò in macchina con un ultimo cenno. Mentre guidava in direzione della palestra, il rosso cercò di non sentirsi in colpa nei confronti di Lex, con scarsi risultati. Anche se non riuscì ad evitare di sorridere per tutto il tempo.
- Ehi Roxas – bisbigliò Hayner, una volta che l’auto fu scomparsa alla vista.
L’interpellato lo guardò in attesa: per una volta l’amico sembrava serio.
- Nel caso, ha la mia approvazione. Nel caso, eh – sottolineò, prevenendo le proteste dell’altro.
Roxas arrossì e gli sorrise.

- Oggi hai battuto ogni tuo record, Lex. Perché farmi addirittura assistere all’apertura se dovrei iniziare il doppio turno alle 10? – disse Axel, ma il suo tono non era davvero dispiaciuto.
Al contrario, il giovane sembrava di ottimo umore. Lexaeus sembrò accorgersene, perché sorrise lievemente.
- Volevo semplicemente fare una chiacchierata con te –
Axel sgranò gli occhi.
- Sai davvero come si fa?! – rise incredulo, impertinente come sempre – Ti ascolto – aggiunse subito dopo, tornando serio.
- Hai imparato molto in questo periodo – esordì Lexaeus, facendogli cenno di sedersi di fronte a lui – E ho sempre apprezzato la tua dedizione –
… ma? – incalzò Axel, nervoso. Strinse forte i braccioli della sedia, trattenendo il respiro.
- Nessun “ma”, ragazzo. Allenare Roxas ti ha fatto bene; penso che dovresti farlo anche con altre persone, a tempo pieno. Se sei d’accordo cercheremo un’altra persona per il banco. E ovviamente dovremo metterci d’accordo per i dettagli tecnici –
Axel lo fissò sbalordito. E non solo per la lunga frase che l’uomo era riuscito a mettere insieme, tutta in una volta.
- Cioè una promozione? Davvero? –
- Sei un vero allenatore, ora. Te lo meriti –
Un sorriso gioioso si allargò incontenibile sul volto di Axel.
- Grazie, Lex! –
Grazie a te – rispose burbero.
- Per cosa? –
Lexaeus lo guardò con l’aria di chi la sapeva lunga, non senza sorridere.
- Da quando lavori qui ne ho viste tante e tanti metterti gli occhi addosso. So che a volte avresti voluto ricambiare, ma non l’hai mai fatto. Non serve un genio per capirne il motivo –
Axel si agitò sulla sedia, a disagio.
- Per quanto ne so è successo solo una volta che tu sia uscito con un nostro cliente. Ed è stato ieri –
Axel sembrava una statua di cera: non si aspettava certo che Lexaeus lo sapesse.
- Non fare quella faccia, Axel, ti sembra forse che non abbia gli occhi? Lo guardi nello stesso modo in cui lui guarda te. Forse potrai ingannare altri, ma io ti conosco –
- Mi dispiace, Lex – mormorò Axel, arrossendo.
A me no. Quello che fai nel tuo tempo libero riguarda solo te, purché tu sia professionale mentre sei qui –
Axel si grattò la nuca, come faceva sempre quando era nervoso o imbarazzato.
- Come sapevi di ieri? –
- Le voci girano e io ascolto ciò che si dice. E a proposito di questo: Marluxia ha ufficialmente scommesso che entro un paio di mesi conquisterà Roxas –
L’espressione di Axel si indurì.
- Lui lo sa? – chiese aspro.
Lexaeus annuì, sorridendo leggermente.
- Pare che gli abbia detto chiaro e tondo che non entrerà mai nelle sue mutande –
Axel non potè trattenersi dal ridacchiare: era proprio da Roxas, adorava la grinta che tirava fuori di tanto in tanto!
- Xigbar lo appoggia –
Il rosso sorrise, molto più tranquillo. Si fidava di Xigbar, era un tipo in gamba.
- Ora metti a riposo le tue povere corde vocali, Lex, fa male parlare troppo, se non si è abituati. A dirla tutta è anche un po’ inquietante – aggiunse irreprimibile.
- Lo è anche vederti fare la persona seria, una volta tanto, quindi dacci un taglio, eh? –
E Lexaeus gli diede una gran manata sulla schiena, facendolo barcollare.
- Che mi venga un colpo, Roxas aveva ragione quando ha detto che hai la delicatezza di un elefante! –

Durante la mattinata scolastica, Roxas aveva attentamente riflettuto ed aveva deciso cosa fare per risolvere una piccola parte dei suoi problemi.
Perfino mentre parlava del Sistema Solare, delle fasi di Venere e delle lune di Giove, il ragazzo racimolava il coraggio di fare ciò che andava fatto. A malapena si accorse di ritornare al proprio banco con un 8 pieno sul registro.
- In bocca al lupo, amico – gli augurò Hayner, una volta suonata la campanella che segnalava l’ultima ora.
Roxas annuì meramente e si fece largo a spintoni nella calca. Finalmente trovò la persona che stava cercando.
- Naminè – le disse all’orecchio – Posso accompagnarti a casa? –
I due camminarono in silenzio fino a che non furono a debita distanza dall’istituto.
- Cosa volevi dirmi, Roxas? – chiese allora lei.
Roxas prese un respiro profondo.
- Sei una ragazza speciale, Naminè, dico sul serio… -
- … ma non ti piaccio in quel modo – concluse lei, rassegnata.
- Esatto – Roxas abbassò lo sguardo – Mi dispiace –
Ci fu un momento di silenzio, poi Naminè gli prese la mano.
- Non ce n’è bisogno –
Roxas azzardò un’occhiata al suo viso. Gli occhi chiari di lei erano un po’ più brillanti del solito, ma sorrideva coraggiosamente.
- Lo so da tanto tempo, cosa credi? Non mi sono mai davvero illusa –
- Penso che tu ne debba sapere il motivo, Na' –
Naminè annuì, un po’ tesa questa volta.
Roxas sospirò pesantemente, cercando le parole giuste. Poi la guardò e capì che doveva dire la verità. Così aprì il suo cuore, semplicemente.
- Io penso che mi sarei innamorato di te, Naminè, se solo mi piacessero le ragazze –
- Quindi è per… questo? – esalò Naminè.
Roxas annuì.
- Solo che non mi sento ancora pronto a parlarne con gli altri, lo sa solo Hayner.
- Capisco. Questo rende senza dubbio le cose più semplici da accettare, Roxas, almeno so esattamente cos’è che non va in me – la ragazza azzardò un sorrisino complice.

Il pomeriggio successivo Roxas entrò allegramente in palestra, ma si fermò appena oltrepassata la porta, allarmato. Seduta dietro al banco c’era una ragazza un po’ più grande di lui, bassina ma atletica, che lo salutò allegramente. Lui ricambiò il saluto, sconcertato: dov’era Axel? Perché c’era quella lì al suo posto?
Scaraventò il borsone nel suo solito armadietto, senza far caso a un ragazzo che gorgheggiava sotto la doccia, evidentemente credendosi solo. Fece i gradini due alla volta e, uscendo, andò a sbattere contro Luxord, anche lui appena arrivato.
- Ciao, Roxas! Carina la nuova banconista, eh? Meglio di ciò che c’era prima – sghignazzò. Evidentemente Luxord era uno dei pochi uomini in palestra a cui le donne piacevano.
- Oh, beh… – e senza finire la frase scrollò le spalle e si diresse all’area fitness.
Prima che potesse arrivarci, tuttavia, scorse un lampo di capelli rossi. Tirò un sospiro di sollievo: allora Axel non era stato licenziato. Anzi, sembrava parecchio in forma. In quel momento stava parlando con una signora robusta di mezza età e di tanto in tanto indicava un macchinario. Sollevato, iniziò il suo programma.
- Ehi, Axel – sbuffò Roxas alla fine del riscaldamento.
- Ciao! Dov’eri finito ieri? –
- Troppi compiti – Roxas si mise l’asciugamano intorno al collo e lo guardò incuriosito.
Axel si limitò a ghignare.
- Sì? –
- Muori dalla voglia di dire qualcosa – disse Roxas.
- Muori dalla voglia di sapere ciò che ho da dire – rispose l’altro.
- Uno pari, palla al centro. Dai, spara –
- BANG! – esclamò gioviale Xigbar, spuntando davanti a loro.
Roxas rise.
- Ciao, tigre! –
- Ciao, zebra! –
Xigbar gli scompigliò i capelli.
- Finalmente cominci a rispondere, eh? Ottimo, ragazzo. Beh, vi lascio alla vostra conversazione di allenamento  –
E se ne andò con un gran ghigno stampato in faccia.
- Allora, Axel? –
- Non hai notato nessuno all’ingresso? Non ti sei chiesto chi è quella ragazza? –
Roxas si sentì come se gli avessero appena tirato un pugno alla bocca dello stomaco.
- È la tua fidanzata? –
Axel lo fissò, scioccato: il ragazzino credeva davvero…? Non aveva capito…? Provò un piccolo spasmo, insieme di lusinga e dispiacere nel vedere l’espressione ferita che il biondo non era riuscito a nascondere.
Gli diede un buffetto sulla testa.
- Certo che no, sciocco. Lei mi sostituisce e basta –
Gli raccontò brevemente.
- Wow, Axel! Sono davvero contento per te! –
- E lo devo tutto a te, ragazzino, se non avessi tanto voluto prenderti in giro Lex non avrebbe mai notato le mie potenzialità –
- Idiota, sai che non è vero. Se è successo è perché lo meritavi –
- Beh, ora vado, eh? – memore degli avvertimenti di Lexaeus sull'essere professionale, finchè era lì, Axel si allontanò con un cenno.
Lui e Roxas avrebbero avuto tutto il tempo di parlare domenica sera.

Axel guardò pensieroso la busta di cartone nascosta nelle profondità del suo armadietto. Si chiedeva se quel giorno sarebbe riuscito a vedere Roxas. Ultimamente, oberato di impegni com’era, non era riuscito a dedicargli molto tempo. D’altra parte aveva dovuto star dietro ai suoi nuovi “allievi” e contemporaneamente istruire Yuffie, ancora un po’ goffa con i suoi incarichi, anche se erano passate due settimane.
Ma almeno quel giorno sperava di poter parlare con lui e dargli il suo regalo, sperando che gli sarebbe piaciuto. Il guaio era che mancava poco più di un’ora alla fine del suo turno e Roxas non si era ancora visto. Forse non sarebbe venuto, dopotutto.
Axel sospirò deluso, poi si voltò verso la ragazza che lo chiamava timidamente, sorridendo incoraggiante e facendola arrossire.
Nella mezz’ora che seguì Axel fu così indaffarato che non si accorse del biondo che entrava e si allenava proprio alle sue spalle. Quando alla fine il giovane si voltò spalancò la bocca per l’orrore, poiché vide Roxas immerso in una fitta e, a quanto pareva, interessata conversazione con nientemeno che Marluxia, che non riusciva a trattenere un sorrisetto compiaciuto.
“Roxas, come puoi fare una cosa del genere? Come puoi cascarci dopo così poco tempo? E perché proprio lui tra tutti quelli che avresti potuto avere?!”
Fortunatamente poco dopo Marluxia si congedò con un sorriso e Roxas si diresse verso la zona pesi, pensieroso. Axel lo aspettava appoggiato al muro con le braccia incrociate.
- Ti ha dato di volta il cervello? – chiese noncurante.
- Sono contento anch’io di vederti, Axel! –
- Mhf. Ti ho avvisato di starci attento, bambino, poi fai come ti pare. Se ti piace, alla fine, sono fatti tuoi –
Con enorme sorpresa di Axel, Roxas scoppiò a ridere.
- Di che diavolo stai parlando?! Ci sto molto attento al signor Principessina Fatata! Ma quando si rivela capace di sostenere anche lui una conversazione interessante, o quanto meno sensata, bisogna approfittarne, ti pare? –
E senza indugi iniziò a fare gli addominali.
- Che tipo di “conversazione interessante”? –
- Denti – borbottò Roxas, senza sprecare altro fiato.
Axel non ci aveva capito molto, ma si sentì senza dubbio sollevato. Quando Roxas si tirò su ansimando scoprì con suo enorme disappunto che il rosso non era più lì. Non l’avrebbe rivisto fino alla fine dell’allenamento, con ogni probabilità. Ultimamente si era sentito quasi… abbandonato. Ora che Axel era un vero allenatore aveva sempre altra gente intorno, visto che Kingdom Body era molto frequentata.
Poi notò che il rosso si stava spostando verso la zona pesi con un altro ragazzo che Roxas ricordava vagamente come uno dei nuovi iscritti. Riuscì a cogliere le parole “fare sul serio” e sorrise, pronto a godersi la scena: si aspettava che Axel gli giocasse lo scherzetto del bilanciere, ma il rosso si limitò a dargli una spiegazione rapida ed efficiente, prima di dirigersi verso lo studiolo del personale.
- L’allievo speciale è uno solo – borbottò Lexaeus, facendo sobbalzare Roxas.
L’uomo era sorprendentemente silenzioso nel muoversi, quando voleva.
- Di cosa stai parlando? –
Lexaeus non rispose e lo piantò in asso.
Quella sera Roxas uscì dalla palestra sospirando pesantemente. Strana giornata. E uscendo non aveva nemmeno visto Axel… Si incamminò verso casa mugugnando.
- Ehi, musone! – lo richiamò una voce ben nota.
- Axel! Accidenti, mi hai quasi fatto prendere un colpo! –
- Scusa. Ti accompagno a casa? –
- Non disturbarti – Roxas arrossì – Hai sicuramente di meglio da fare -
- In effetti ho un appuntamento… -
Roxas sentì il suo cuore sprofondare.
- … ma Demyx e Saïx non si arrabbieranno certo per qualche minuto di ritardo –
Mentre erano in macchina, Axel lottò contro la tentazione di accarezzare la mano di Roxas, negligentemente posata sul suo ginocchio mentre Roxas gli raccontava con entusiasmo della conversazione che aveva avuto con Marluxia.
- … E ha detto che l’estrazione è durata più o meno dieci secondi e il dentista non ha dovuto nemmeno usare la pinza –
- Ma dì un po’, perché sei così interessato al dente del giudizio di Marluxia? –
- Ai denti in generale, piuttosto! Vorrei fare il dentista –
- Oh, sei un sadico! –
Nel frattempo erano arrivati di fronte al palazzo del biondo.
- Aspetta un po’, Roxas – lo fermò Axel quando questi diede segno di volersi congedare.
Gli tese il regalo che aveva conservato gelosamente nel suo armadietto per più di una settimana. Roxas non la prese.
- Cosa diamine…? –
Buon compleanno! – esclamò allegramente Axel – Non fare quella faccia, quanto pensi che ci voglia a sbirciare i documenti della tua iscrizione? Era il 13 aprile, no? – gli fece l’occhiolino.
Roxas annuì. Poi arrossì e aprì timidamente la busta. Era piuttosto semplice in realtà: un libro, un famosissimo thriller, divenuto best seller. E un segnalibro in legno con un’estremità intagliata in modo da rappresentare una tigre. Lui adorava leggere, quindi non poteva sperare in un regalo migliore.
Sentì un sorriso farsi prepotentemente strada sul suo viso e dovette resistere all’impulso di slanciarsi contro Axel e…
“Calmati un po’, Roxas!”
- Grazie, Axel! – disse semplicemente – Mi piace molto, davvero! E Xigbar approverebbe di sicuro –
Prima che Axel potesse fare qualunque cosa, Roxas gli posò un rapidissimo bacio sulla guancia e lo salutò, dandogli appuntamento per la domenica dopo.
- E niente scuse! – aggiunse perentorio.
Ma Axel non aveva certo intenzione di lamentarsi. Guardò il biondo entrare in tutta fretta nel portone.
Per il resto della serata  Axel si sfiorò la guancia destra, uno stupido sorrisetto stampato in faccia.


Ritardo, ritardo, ritardo. Scusate!
Beh, questo capitolo è piuttosto denso e spero che non sia risultato troppo pesante, dato che era piuttosto statico. Ma ho ritenuto necessario inserirlo perché, come ho già accennato nella risposta ad una recensione, volevo far vedere l’evoluzione del rapporto tra i nostri cari protagonisti e, visto che non mi piace che in un rapporto del genere si faccia tutto di corsa, ho dovuto dedicarci un po’ di tempo, nonché di spazio.
Ebbene sì, in questo capitolo Lexaeus parla! Quasi quasi non ci credo nemmeno io.
Per il momento è tutto, prometto che il prossimo capitolo vi farà aspettare mooolto di meno e vi piacerà mooolto più di questo.
A buon intenditor… 

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Capitolo 9
*** Una giornata perfetta ***


ATTENZIONE! Elevate quantità di zucchero e miele sono presenti in questo capitolo. Buona lettura!
 *L’autrice, inseguita da uno sciame di api furiose, se la dà a gambe*

Era finalmente estate. Con gli esami di maturità ormai alle spalle, Roxas sperava solo di potersi finalmente rilassare. Peccato per quel trascurabile dettaglio: non aveva ancora controllato i risultati. Ed era proprio quello che lui e i suoi amici stavano per fare in quel momento, dato che erano nel cortile della scuola, tutti molto nervosi.
Roxas strinse da un lato la mano di Hayner, dall’altra quella di Sora. Era sempre stato uno studente piuttosto mediocre, rispetto i suoi desideri, aveva la media del sette scarso, ma da quando aveva capito cosa voleva fare della sua vita ci aveva messo l’anima e il corpo. Quell’anno era stato durissimo per lui, soprattutto con gli esami di stato in avvicinamento, visto che per poter accedere alla facoltà di odontoiatria doveva conseguire un voto finale di almeno 80/100 alla maturità. *
- Novantacinque – disse Naminè.
- Cento! – squittì Olette.
- Settantasette. Non male – osservò Hayner.
- Settantotto – sospirò sollevato Sora.
Roxas trovò il suo nome, lesse il piccolo numerò lì accanto e si afflosciò, pallidissimo. Non era possibile…
Hayner si voltò immediatamente per sorreggerlo.
- Che c’è Rox? Non dirmi che… -
Roxas annuì, poi scosse la testa. Aprì e richiuse la bocca più volte senza che ne uscisse alcun suono. Indicò il foglio dei quadri e rise istericamente. Hayner si avvicinò, lesse anche lui e buttò un grido che fece girare i loro amici.
- Chi? Cosa? –
- Roxas! NOVANTUNO! Roxas! –
- Questo sì che è inaspettato! – Sora sorrise, un po’ provocatorio e un po’ felice per il cugino.
Hayner, da bravo migliore amico, strinse in un fortissimo abbraccio un Roxas tremante per il sollievo. Quest’ultimo gli buttò le braccia al collo… e scoppiò in lacrime; e rise ancora. Rideva e piangeva. Tutti loro sapevano cosa significasse per lui e si affrettarono a portarlo via di lì, lontano dagli occhi indiscreti degli altri studenti, e finalmente ci fu l’esplosione di gioia.
- Oggi Axel aveva un esame, ora che ci penso – disse alla fine Roxas.
- Cosa c’entra questo? –
- Gli avevo promesso di fargli sapere –
I cinque amici stavano giusto passando davanti all’ateneo.
- Allora noi ti aspettiamo qui mentre controlli se c’è, eh Rox? Anzi, magari ci prendiamo un gelato! –
Roxas non ebbe difficoltà a trovare Axel: stava appunto uscendo da un’aula in compagnia di una ragazza riccia e di un energumeno muscoloso dalla testa rasata. Si spintonavano gioiosamente l’un l’altro. Poi Axel lo vide e si illuminò.
- Yo, Roxas! Che ci fai da ‘ste parti? – esclamò tutto contento, facendo per andargli incontro. Ma l’energumeno si mise tra i due.
- Guarda guarda che bel funghetto! – rise gioviale.
Roxas rispose al sorriso, mentre la ragazza canticchiava “Un funghetto trallallà!” facendogli pensare che ne avesse mangiato uno, sì, ma allucinogeno.
- Io ci andrei piano coi soprannomi, zucca pelata! –
Axel rise e gli scompigliò i capelli.
- Allora vi lascio soli piccioncini, come vedete ho trovato di meglio da fare –
Si allontanarono insieme.
- Appena finito – disse il rosso allegramente – Un bel 28! Peccato solo per la terza domanda… -
Roxas si alzò in punta di piedi e gli diede uno scappellotto.
- Non lamentarti, Rosso Malpelo, è andata bene! –
- Che ti aspettavi, Puffo! E tu perché hai gli occhi rossi? –
Si sedettero davanti a una fontana nel cortile. Roxas gli raccontò mentre il sole picchiava sulle loro teste.
- Accidenti, bravissimo! Ora potrai entrare nella facoltà di aspiranti torturatori –
In quel momento li raggiunsero gli altri e fecero una rapida presentazione, tranne che per Hayner, impresso spassosamente nella memoria del rosso.
- Gelato? Ne voglio uno anch’io! – esclamò Axel, goloso ed entusiasta come sempre – Tu Roxas? –
- No, io preferisco le cose salate. O la frutta fresca -
- Cose salate, eh? Uhm… ragazzi, vi dispiace se ve lo rubo, per il momento? –
- Fa’ pure – rispose Hayner che era a conoscenza della mostruosa cotta dell’amico per il “Porcospino Rosso” ed era più che felice di lasciarli soli – Noi ci vediamo oggi pomeriggio in spiaggia, Rox. Se ti va puoi venire anche tu, Axel –
E se ne andò senza aspettare risposta. Axel e Roxas risalirono lungo la Via del Mercato.
- Sono contento che tu sia venuto a cercarmi –
- Davvero? – Roxas non osò sperare.
- Certo. È una noia in palestra senza nessuno da poter prendere in giro. Per colpa di quei dannati esami non ci vieni da un bel po' –
- Sono lusingato, Axel –
- Lo so. Ora va’, aspettami in cima alla torre dell’orologio –
Axel si allontanò correndo, diretto chissà dove. Roxas borbottò a proposito delle sue stranezze, ma salì sulla terrazza completamente deserta. La vista era magnifica, tutta la città si snodava ai suoi piedi nel trionfo della luce rossastra del perenne tramonto di quella città.
“Perché non ci sono mai salito prima?” si chiese il ragazzo e passò diversi minuti perso nella contemplazione, fino all’arrivo di Axel.
- Ecco qui! – Axel gli porse una specie di ghiacciolo azzurro pallido.
- Che cos’è? –
- Un gelato al sale marino – rispose orgogliosamente Axel – È il mio preferito –
- Un gelato al sale?! È la cosa più balorda che abbia mai sentito –
- Assaggialo prima di dirlo – rise il più grande, guardandolo con aria di attesa.
Poco convinto Roxas leccò uno degli angoli dello strano ghiacciolo con la punta della lingua. “Dolce?” altra leccatina “Salato?” altro assaggio “Che strano!”.
Axel nel frattempo faceva finta di ammirare il panorama, ma in realtà si gustava le strane espressioni del biondo insieme al proprio gelato, che aveva già praticamente finito.
Roxas raccolse in fretta con la lingua una goccia che scivolava lentamente, minacciando di finirgli sulle dita, per poi risalire per tutta la lunghezza del gelato fino a lambirne la punta, succhiando un po’, tutto concentrato. Axel deglutì a vuoto: il ragazzino si rendeva conto di quanto fosse dannatamente eccitante quella scena?!
Apparentemente no perché continuò imperterrito, mentre il rosso sentiva sempre più caldo, fino a che tirò su le ginocchia fino al petto per nascondere il proprio… turbamento.
Tuttavia la sua fantasia erotica fu bruscamente interrotta quando il biondo diede un morso secco al dolce, scoprendo finalmente perché fosse chiamato “gelato” e non “ghiacciolo”.
- OUCH! – si lasciò sfuggire Axel mentre Roxas si godeva ad occhi chiusi il cremoso ripieno nascosto dal sottile strato di ghiaccio.
- Cosa c’è? – chiese alla fine Roxas, ancora immerso in chissà quale fantasticheria.
- Uh? Oh, niente. Mi sono morso la lingua – improvvisò l’altro.
- Che imbranato! – esclamò Roxas, buttando il bastoncino nella spazzatura.
- Che impertinente! –
Finsero di tenersi il muso guardando in silenzio l’orizzonte, le loro mani appoggiate a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra. Entrambi lo sapevano, ma nessuno dei due colmò quella distanza infinitesimale.
- Axel –
- Mh? –
- Grazie per il gelato – era stato una rivelazione, pensò Roxas.
- Di niente. Meritavi una piccola ricompensa per l’impegno che hai dimostrato, no? –
Roxas si voltò a guardarlo.
- E tu? Quale ricompensa vorresti per l’esame che hai dato? –
Axel spostò lo sguardo dall’orizzonte al ragazzo seduto alla sua sinistra. Il sorriso che gli stava rivolgendo era sicuramente il più bello che gli avesse mai visto in viso. Era quasi… invitante.
- Direi che la mia ricompensa l’ho già avuta quando sei venuto a cercarmi – mormorò – Tutto quello che vorrei adesso è un piccolo extra –
Senza ulteriori indugi Axel si sporse verso Roxas e posò le labbra sulle sue.
Roxas si sentì sommergere da una marea di sensazioni: sentiva uno strano torpore e una specie di vuoto nello stomaco, che diventò un piacevole risucchio quando Axel mosse un po’ le labbra, come a mordicchiare le sue.
Le sue labbra formicolavano, il suo cuore batteva impazzito, il cervello pareva essere completamente andato in vacanza; ma se Roxas fosse riuscito a formulare un qualche pensiero avrebbe probabilmente desiderato che quel momento non finisse mai.
Peccato solo che, preso da ciò che provava, dimenticò di ricambiare il bacio.

Le labbra di Roxas avevano conservato il sapore del gelato al sale marino, che ora Axel adorava più che mai. Dolce e salato, proprio come il bel biondino.
Ma all’improvviso Axel avvertì una sensazione di allarme crescente: Roxas non stava rispondendo al suo bacio!
Si allontanò pian piano, riluttante, per valutare la sua reazione. Il biondo era lì, immobile, quasi pietrificato, gli occhi spalancati che fissavano il vuoto. Solo il ritmo lievemente accelerato del respiro tradiva che si era accorto di quanto era appena successo.
Che idiota! Evidentemente il ragazzo non era ancora pronto! Axel si rimproverò aspramente. Cosa gli era preso? Un piccolo sorriso e lui perdeva la testa in quella maniera?! Un altro pensiero agghiacciante lo colpì: e se tutto quel tempo avesse semplicemente frainteso? Forse Roxas dopotutto non provava alcun interesse per lui, forse era solo troppo amichevole. In quel caso lui aveva appena rovinato tutto. Magari se correva subito ai ripari poteva salvare qualcosina del loro rapporto.
Mentre pensava tutto questo gli occhi di Roxas tornarono lentamente a focalizzarsi su di lui e il ragazzo divenne rosso come un pomodoro.
Axel portò una mano alla propria nuca, ma proprio quando stava per aprir bocca e scusarsi furono le labbra del biondo a premere sulle sue con una dolce e irruenta inesperienza che Axel trovò assolutamente adorabile.
E tutto il resto svanì. Per un po’ non ci fu più la torre, né il meraviglioso panorama cittadino, né il sole cocente. Soltanto le loro labbra impegnate in una lieve esplorazione reciproca, la mano di Axel delicatamente posata su quella di Roxas.
Questo almeno finchè la campana suonò in modo assordante per avvisare che era mezzogiorno e i due furono costretti a separarsi, tenendosi le mani premute sulle orecchie fino all’ultimo rintocco.
- Roxas… - cominciò Axel, riluttante.
- Devi andare, vero? –
- Sì, Lex mi ha chiesto il turno anticipato. Pranziamo insieme e poi lui si prende il pomeriggio libero –
- Ultimamente ti lascia spesso a gestire la palestra in sua assenza –
- Sa che può fidarsi ciecamente. Tu che farai? –
- Penso che raggiungerò gli altri, ormai ci saranno tutti. Poi pranzo a casa e in spiaggia nel pomeriggio –
Al momento di separarsi erano entrambi un po’ a disagio dopo quanto era successo: bacio o non bacio?
- Beh, ci vediamo – si risolse Roxas, scrollando le spalle.
- Sì, ci… vediamo – Axel sembrava interdetto: si sentiva lui stesso come un adolescente alla prima cotta – Roxas! –
Il biondo si voltò.
- Ti chiamo –
- Accidenti, Axel, non sono una ragazzina in cerca di rassicurazioni! – lo sbeffeggiò Roxas – Dovrebbe essere uno dei vantaggi di uscire con i maschietti – continuò sfacciatamente, strizzandogli l’occhio.
Poi corse via ridendo, lasciando Axel rosso come ben raramente gli succedeva.
- Beh, me lo sono meritato – commentò Axel, una volta rimasto solo.

- ‘Giorno! – esclamò Roxas entrando nel ritrovo con un sorriso da un orecchio all’altro.
- Cos’hai da essere così contento, Rox? – chiese Olette.
- Forse dimentichi, cara mia, che ho preso 91. N-O-V-A-N-T-U-N-O! – fu solo con estrema difficoltà che il biondo non aggiunse il “Got it memorized?” tanto caro ad Axel.
- E quelle labbra rosse e gonfie? – chiese Riku – Sono labbra da pomiciata? –
- AH! Ho capito! Roxy ha una ragazza! – esclamò Sora.
E tutti iniziarono a cantilenare.
- Roxy ha una ragazza, Roxy ha una ragazza! – Hayner e Naminè compresi, ridendo più degli altri (la cotta di Naminè era passata da un pezzo).
- Niente affatto, idioti, io sono GAY! – sbottò Roxas prima di accorgersene.
Un istante di silenzio gelido. Due. Ma poi tutti ripresero, ancor più allegramente di prima.
- Roxy ha un ragazzo, Roxy ha un ragazzo! –
Un altro istante di silenzio, molto più divertito, mentre tutti arrivavano contemporaneamente alla stessa conclusione.
Roxy sta con Axel, Roxy sta con Axel!
- Piantatela di fare i bambini! Comunque no –
- Questione di tempo – cinguettò Selphie, sognante, mentre gli altri continuavano a prenderlo in giro.
Roxas si lasciò cadere sul divanetto polveroso accanto a Pence, sorridendo imbarazzato. La spiaggia sarebbe stata la ciliegina sulla torta, ma prima aveva un’altra cosa da fare. E non poteva più rimandarla.

Axel era seduto di fronte a Lexaeus nella tavola calda a due passi dalla palestra per un pranzo anticipato. Con un piccolo sorriso sulle labbra gli raccontò il proprio esame nei dettagli, per poi scivolare sull’argomento della tesi e sui progetti a lungo termine che aveva per “dopo”.
- Ma non pensare minimamente che abbandonerò il lavoro, Lex, non ti libererai di me tanto facilmente – ghignò – Non mi sarei mai aspettato che lavorare in palestra fosse tanto piacevole, sai? –
- Roxas? –
- Non solo, ma anche, sì –
- Come va? –
Axel ridacchiò davanti all’evidente – per quanto silenziosa – curiosità di Lexaeus. Era quello che gli piaceva dei loro occasionali incontri fuori da contesto lavorativo: per un po’ non erano più datore di lavoro e dipendente, ma due semplici amici che passavano un po’ di tempo insieme.
Axel provava una strana sensazione, con lui, che non riusciva del tutto a spiegarsi. Un profondo affetto per quel gigante buono che andava ben oltre l’amicizia: era a lui che correva a raccontare i suoi successi, sempre a lui che chiedeva consiglio se aveva qualche dubbio.
- Che male c’è, hai trovato una nuova figura paterna – gli aveva detto una volta sua sorella.
Axel aveva scosso la testa, ammutolito, gli occhi pieni di lacrime: era davvero molto legato a suo padre.
- Non fare così, Axel – l’aveva consolato Aerith – Papà non l’avrebbe considerato un tradimento, sarebbe stato contento di vedere che c’è qualcun altro che si prende cura di te come avrebbe fatto lui –
E Axel sapeva che quella era la pura verità. Tornò al presente e allungò il braccio per toccare quello di Lexaeus che continuava a guardarlo interrogativo, senza fare una sola mossa per interrompere il suo filo di pensieri.
- Va molto bene, solo che ci sto andando piano, con lui: voglio fare le cose come si deve –
Lexaeus sorrise: un vero, largo sorriso.
- Meglio per te, Axel. Ma non farlo aspettare troppo –

- Ciao, mamma! –
- Oh, Roxas! Com’è andata? –
- Te lo dico tra un momento. Chi c’è in casa? –
- Tutti. Tuo padre è nello studio e Tidus è appena tornato, sarà in camera sua o al computer –
- Ottimo –
Roxas prese una campanella di ottone dalla credenza e la scosse, facendola tintinnare ininterrottamente per circa un minuto. Quello era il richiamo alla “riunione di famiglia”. Lo usavano quando dovevano parlare di qualcosa che richiedeva l’attenzione di tutti.
Nel giro di cinque minuti erano riuniti intorno al tavolo della cucina. Roxas aveva la campanella davanti a sé, a simboleggiare che era stato lui a chiamarli lì; gli altri lo guardavano in silenzio. Era una delle regole più sentite della loro famiglia: rispetto assoluto per chi chiedeva una riunione.
Roxas sospirò profondamente, facendo scorrere lo sguardo su di loro. Suo fratello Tidus, che gli assomigliava solo per colore di capelli e occhi, sembrava incuriosito, che evento! E dire che l’aveva costretto a schiodarsi dall’amato computer. Sua madre sorrideva incoraggiante, nascondendo a stento l’impazienza. Suo padre lo fissava con un sopracciglio inarcato.
- Ho una notizia buona e una… non è cattiva, è solo… beh, lo deciderete voi –
- Prima quella spinosa, allora – decise suo padre.
Roxas deglutì: era arrivato il momento. Incrociò mentalmente le dita e si costrinse a non abbassare lo sguardo.
- Ecco, io… sono gay – sussurrò. Aspettò ansioso la reazione, che non tardò ad arrivare.
Se in quel momento qualcuno fosse passato lì davanti avrebbe sentito una giovane voce maschile che urlava istericamente:
- COSA DIAVOLO VUOL DIRE “FINALMENTE”?! –
I suoi stavano ancora ridendo per il suo grido.
- Vuol dire, idiota – spiegò inaspettatamente Tidus – che lo sappiamo da una vita. Forse addirittura da prima che lo scoprissi tu. Insomma, guardati, sei un figo (o almeno così dicono le mie amiche) e non ti abbiamo mai visto, né tantomeno beccato, con una ragazza –
- Più altri piccoli segnali qua e là – aggiunse suo padre.
- Allora perché, nel nome dei cavoletti di Bruxelles, fingevi di pensare il contrario? – Roxas puntò lo sguardo accusatore sulla madre.
- Per farti uscire allo scoperto –
Roxas si nascose il viso tra le mani. Aveva mai vissuto un momento più imbarazzante? Perché davvero non se lo ricordava. Prima di accorgersene si ritrovò a ridacchiare come uno scemo. “Fanculo! Tanta paura per niente!”
Tornato nella sua camera, Roxas prese dal comodino il libro che Axel gli aveva regalato per il suo compleanno, guardandolo con affetto e ripensando a quella sera. Si era accorto solo una volta arrivato a casa che all’interno, sulla prima pagina, c’era una piccola dedica.
Roxas lo aprì e lesse le brevi frasi per quella che immaginò essere la millesima volta.
Ricordati che i libri non sono fatti solo per studiare: ti regalano un’emozione.
Ed è quello che io vorrei regalare a te, indipendentemente dalla storia che stai per leggere.
Spero che capirai…
                                                                                                                                        Axel
Roxas non aveva capito quelle parole, nonostante gli avessero spedito un brivido su per la schiena. La domenica sera al bowling gli aveva chiesto spiegazioni su cosa avrebbe dovuto capire. Axel aveva riso e scosso la testa.
- Se non l’hai capito non sei ancora pronto a saperlo. Lascia perdere, per ora –
Roxas aveva messo il broncio.
- Sei assolutamente impossibile, Axel! –
- Può darsi, ma sono anche molto paziente, ragazzino –
- Ah, ora devo meditare pure sulla tua pazienza? –
- No, per ora devi solo accettare la sconfitta! – aveva esultato, facendo un altro strike.
- Non è ancora detta l’ultima parola! –
Quella sera Roxas aveva perso. Due settimane dopo si era preso la rivincita. Tre settimane dopo si erano impelagati in una discussione stupida quanto scherzosa sul motivo per cui il tramonto fosse rosso, senza smettere un attimo di ridere. Cinque settimane dopo avevano parlato diffusamente di Demyx e Saïx e degli amici di Roxas. Quest’ultimo pareva non essersi accorto che stavano ufficiosamente uscendo insieme; non ancora.

Axel era in macchina, diretto contro ogni previsione in spiaggia. Aveva una voglia pazzesca di rivedere Roxas, di guardarlo negli occhi e assicurarsi che fosse successo davvero. Accidenti, sperava di essersi lasciato alle spalle quell’insicurezza adolescenziale. E in realtà non si sentiva così da anni. Rise spensierato appena il mare fu in vista: il posto non poteva essere che quello, non c’erano altre spiagge libere per chilometri e chilometri. Per fortuna, dato l’orario tardo – erano quasi le sette, dopotutto – non c’era molta gente.
Li trovò quasi subito, un po’ discosti da tutti gli altri per non dare fastidio con la loro esuberanza. Infatti c’erano due ragazzi che giocavano a fare la lotta, uno bruno e uno coi capelli argentei. Il bruno somigliava parecchio a Roxas ed era sicuramente più agile dell’altro, che però aveva dalla sua una maggiore forza fisica. Era una bella sfida e una coppietta bruna faceva il tifo mentre li guardava.
Due ragazze erano sedute vicine su un grosso telo colorato e chiacchieravano ridacchiando. Quella coi capelli castani lo vide. Spalancò la bocca e fece per urlare qualcosa, ma la bionda le mise prontamente una mano sulla bocca per zittirla e gli fece l’occhiolino. Axel la riconobbe, era Naminè, la ragazza che una volta faceva il filo al suo Roxas. Ma ora lo stava aiutando, pareva. Le fece un gran sorriso. “Nessun rancore, bellezza!”
E poi, finalmente, eccolo lì. Roxas ed Hayner erano distesi sulla pancia l’uno di fronte all’altro, in modo da potersi guardare negli occhi. Roxas era di spalle rispetto ad Axel, che colse un frammento della loro conversazione bisbigliata, che comprendeva parole come “sorrisino idiota” e “ingoiare una manata di sabbia".
Hayner vide Axel e ghignò. Il rosso si avvicinò silenziosamente, si tolse le scarpe e si mise a sedere… sulla schiena di Roxas.
Ouf! – esalò il biondo, col fiato corto – Ma chi cavolo… -
Allungò una mano per capire chi gli stesse schiacciando la colonna vertebrale e tastò una spalla solida e un braccio piuttosto muscoloso. La sorpresa lo fece balzare in piedi malgrado il fardello.
- Axel! –
- Non si dimentica facilmente il mio dolce peso, vero fringuello? – Axel lo squadrò compiaciuto – Vedo che sto facendo un buon lavoro, con te, questa volta sei riuscito ad alzarti –
- Smettila di darti tante arie, sono stato io a lavorarci! –
Si sorrisero. Poi Roxas arrossì e distolse lo sguardo.
- Credevo che avresti lavorato fino a tardi –
- Lo credevo anch’io, ma poi Lex è tornato e mi ha buttato fuori a calci. Così ho pensato di accettare l’invito di Hayner e venire a darvi fastidio –
Il sorriso del rosso si allargò e lui andò a salutare gli altri. Per fortuna nessuno fece commenti su quanto sapevano di quella mattina.
- Dai ragazzuoli, andiamo a fare il bagno! – propose Axel, che sembrava essersi ambientato subito.
Sora, prevedibilmente, accettò l’invito con entusiasmo, seguitò da Riku, Kairi e Naminè.
- Roxas, se non vieni di tua spontanea volontà ti ci porto io di peso – minacciò allegramente il rosso.
Roxas si alzò e li raggiunse, ignorando Pence e Olette che scommettevano sottovoce le loro ultime ciambelline salate su ciò che sarebbe successo una volta in acqua. Si buttò in mare con uno slancio, spruzzando leggermente Axel, ancora fermo sulla riva.
- Vacci piano, piccoletto, l’acqua è ghiacciata! –
Il biondo ghignò sadicamente e iniziò a schizzarlo, facendolo tremare dal freddo.
- Piantala, Roxas, o giuro che vengo lì e te ne faccio pentire! –
- Che paura! –
Axel si tuffò a sua volta, riemergendo completamente zuppo. Roxas lo guardò con tanto d’occhi mentre avanzava verso di lui. Piccole gocce salate gli scendevano lentamente lungo il petto scolpito, attraversando con calma la zona degli addominali. Inutile dire che Roxas stava mentalmente accendendo un cero in favore dell’inesistente dio del mare, ringraziandolo che l’acqua fosse davvero molto fredda, ottimo antidoto ai suoi bollenti spiriti.
Sora e Riku intercettarono Axel prima che potesse raggiungerlo per ingaggiare con lui una battaglia acquatica, cui il rosso aderì volentieri. Roxas invece iniziò a “giocare” con le ragazze, facendo gare di apnea e tuffi dal banco di scogli lì vicino e dirigendo scherzosamente l’improvvisato nuoto sincronizzato delle due, che erano inaspettatamente coordinate.
E poi all’improvviso c’era solo Axel. E il banco di scogli li nascondeva alla vista. E Axel era arrossito incredibilmente. Roxas pensava che quella fosse una sua prerogativa.
Ed erano troppo vicini.
- Axel… -
Il più grande lo guardava intensamente, il respiro aspro e irregolare. Roxas allungò una mano tremante e la posò sul suo viso, coprendo con il pollice uno dei piccoli tatuaggi viola. Axel chiuse gli occhi al contatto, lasciandosi sfuggire un piccolo sospiro.
- Non riesco a farti uscire dalla mia testa, Roxas – sussurrò con voce roca.
Roxas rabbrividì, ma non per il freddo. Rimase in silenzio e continuò a guardare il ragazzo che era costantemente nei suoi pensieri da mesi e mesi, il ragazzo che aveva frequentato senza sapere di avere una possibilità con lui.
- Ho provato a uscire con altri, ho provato ad essere professionale, ho provato di tutto – confessò.
- Dall’inizio, vuoi dire? – il biondò sgranò gli occhi.
- Sì, più o meno dall’inizio. Ora lo sai –
- Sei stato stupido – Roxas sorrise – Ma sono contento che tu abbia aspettato –
Axel lo baciò di nuovo, come quella mattina. Roxas rispose immediatamente al bacio, ma si staccò quasi subito e abbassò lo sguardo.
- Cosa c’è? –
- È troppo, per me. È tutto talmente bello da spaventarmi, Axel. Ci deve essere una fregatura – la voce del ragazzo era dura, ma i suoi occhi tradivano tutte le emozioni che provava in quel momento: gioia, euforia, insicurezza e infine sì, proprio quella. Paura.
Axel rise amaro; fece un passo indietro, incrociò le braccia e parlò schiettamente.
- Hai ragione, Roxas. Dovrai lottare contro i pregiudizi, là fuori, contro l’omofobia e la sensazione di inadeguatezza, come tutti noi… - la sua espressione si addolcì di nuovo mentre gli tendeva la mano – Lotta al mio fianco, Roxas, non da solo –
Roxas sorrise.
- Solo se mi prometti di non essere troppo smielato –
- Affare fatto –
Roxas gli buttò le braccia al collo e si baciarono di nuovo, con molta più passione questa volta. Axel si sorprese non poco quando il biondo dischiuse le labbra e chiese il permesso di approfondire il bacio: lo credeva più timido. Comunque era un baciatore niente male, pensò, con un po’ di pratica sarebbe stato perfetto.
Ma Axel non era intenzionato a lasciargli condurre il gioco, niente affatto. Spostò la loro piccola battaglia nella bocca dell’altro, accarezzandogli dolcemente la mandibola.
Roxas sentì le ginocchia diventargli di gelatina mentre Axel iniziava a guidare il bacio e non riuscì a capire più niente. Emise un fievole gemito, sopraffatto dall’emozione: se Axel l’avesse baciato così sulla torre lui sarebbe sicuramente caduto giù – morendo felice, tra l’altro.
Quando si separarono Axel sorrise malizioso, sorreggendo il biondo.
- Lo so, faccio quest’effetto – disse.
- Idiota – Roxas lo spinse via – Andiamo dagli altri –
- Pronto a dichiararti agli amici? –
Roxas rise.
- Già fatto. E comunque aspetta e vedrai, si accorgeranno da soli di cosa è successo –
- E come? –
Roxas indicò le proprie labbra: rosse e gonfie, decisamente invitanti. Axel sorrise e ci posò un altro bacio.
- Visto? Le tue non sono messe meglio. Non mi stupirei se ci accogliessero con un coro di “Labbra da pomiciata” o di “Roxy sta con Axel” come stamattina –
- È così che è andata, allora? –
Axel rise, Roxas pure.
- Sì, ti sarebbe piaciuto assistere –
La spiaggia era ormai deserta, a parte loro, il sole stava tramontando, ma sul serio.
Appena furono a riva Roxas scrollò la testa come un cane bagnato. Pence e Olette li guardarono subito in faccia con un sorriso malandrino.
Labbra da pomiciata! – gridò Pence, facendo accorrere gli altri.
La mano destra di Axel volò a grattare la sua nuca bagnata mentre Roxas gli lanciava un’occhiata in stile “Che ti dicevo?”.
- Allora, cosa avete da dire a vostra discolpa? – Naminè puntò scherzosamente il dito contro di loro.
- Non lo so, Na’, io sarei più interessato a sapere se stanno insieme oppure no – fece Sora.
- Accidenti, Rox – esclamò Axel – Non abbiamo potuto tenercelo per noi nemmeno cinque minuti! –
- Benvenuto nel mio mondo. Fai ancora in tempo a scappare –
- Non sono così vigliacco, sai –
Gli altri assistevano agli scambi ridacchiando.
- E allora vogliamo un bacio! Datemi una B; datemi una A; datemi una C; datemi una I; datemi una O! Un B-A-C-I-O! – gridò Selphie, saltellando come un’invasata.
Got it memorized? – si lasciò sfuggire Roxas.
Axel ridacchiò appena, prima di sollevargli il mento con due dita.
- Diamo al popolo ciò che chiede, cosa ne dici? – sussurrò.
E mentre il suo nuovo ragazzo gli dava l’ennesimo bacio e i suoi amici ridevano e li festeggiavano, Roxas si rese conto di aver vissuto una giornata perfetta.

* Non ho idea se serva un voto base per entrare a odontoiatria, l’ho scritto perché mi faceva comodo ai fini della storia, quindi potrebbe tranquillamente essere frutto della mia fantasia.

Passiamo alle note conclusive del capitolo. Inizio col dire che ho iniziato a pensare a come sviluppare questa parte della storia da quando ho incominciato a scriverla, solo che mi sono accorta che man mano che la componevo mi venivano più idee che non potevano essere inserite in un capitolo successivo, né potevo dividerlo in due per non incorrere nella vostra ira funesta, quindi questo è probabilmente il più lungo che abbia mai scritto.
Ora ho una piccola confessione da fare, o meglio una dedica.
È per la da me stimata autrice Sick, che mi ha ispirato la scena del gelato con la sua magnifica raccolta su Axel. Non posso mettere il titolo perché sarebbe considerato spam, ma ehi, cara, questo capitolo è per te!
Spero che sia piaciuto anche a tutti voi che mi seguite, grazie mille! 

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Capitolo 10
*** Confronti ***


- Allora, amico, come vanno le tue conquiste? – chiese Demyx.
Lui, Axel e Saïx erano seduti nel suo salotto impegnati in una pigra partita a Risiko.
- Non c’è malaccio – rispose Axel, indifferente – Ma come vedi è Saïx che sta vincendo –
Infatti Saïx in quel momento era in possesso di tutta l’Europa, l’Asia e gran parte dell’America del Sud. Il ragazzo alzò lo sguardo.
- Ovvio, sono lo stratega migliore, qui dentro. Ma in realtà il nostro artista ti chiedeva quanto culo ti sei procacciato negli ultimi tempi –
Axel scosse la testa.
- Sono parecchi mesi che non vado a letto con nessuno se non con me stesso, ragazzi –
- Cosa? Come mai, Ax? – chiese Demyx, mentre Saïx ghignava a ciò che l’affermazione dell’amico implicava.
- Che tu ci creda o no, Dem, non ne avevo voglia –
- E quel tipo con cui sei uscito ultimamente? Non ci hai mai fatto niente? –
- No –
- Ok, sputa il rospo, Axel – Saïx sembrava indifferente, ma in realtà era curioso: aveva subodorato qualcosa – Sei uscito sempre con lo stesso ragazzo e non per andarci a letto. State insieme o cosa? –
- Il tuo intuito è buono come sempre, caro –
- E QUANDO PENSAVI DI DIRCELO?! –
- È successo appena l’altro ieri. Secondo te perché ho insistito tanto per vederci? –
- Pensavo a una rimpatriata o qualcosa del genere – Demyx mise il broncio – Avresti potuto anche farcelo conoscere, prima! –
- Non fare così, sono sicuro che vi piacerà. Anzi, volete conoscerlo adesso? Posso vedere se è disponibile –
Detto fatto, Axel prese il telefono e chiamò Roxas.
- Ehi fringuello, dove sei? –
Si allontanò per parlare, un leggero sorriso in volto.
- Accidenti, è disgustoso – sussurrò Saïx scuotendo la testa – Non so se riuscirò a reggere nel vederli tubare –
- Oh, sì che lo farai, mio caro –
Il tono di Demyx fece sollevare un sopracciglio all’altro.
- Perché dici questo? –
- Perché poi potremo divertirci il doppio a prenderlo in giro! –
Un sorriso scherzosamente malvagio comparve sul volto di Demyx, per poi riflettersi su quello di Saïx, che si rivolse all’amico.
- Lo sai, vero, che ti adoro fottutamente tanto quando fai la piccola merda sadica? –
- Lo so –
In quel momento ricomparve Axel, che guardò dall’uno all’altro in completa confusione. Poi sorrise.
- Interrompo forse un momento magico? –
- Sì – risposero in coro.
- Oh, ragazzi, sono così orgoglioso di voi, finalmente avete fatto il grande passo! I vostri posti nel mondo dei finocchi erano pronti da anni – fece in finto tono sognante. Poi rivolse loro uno sguardo di divertita ferocia: li conosceva bene – Ma se scopro cosa state tramando sono cazzi amari –
- Non succederà, Ax –
Venti minuti dopo i tre erano in centro ad aspettare Roxas, che aveva detto di essere da quelle parti. Era stato più che felice della chiamata di Axel, visto che in qualche modo Naminè e Olette erano riuscite a costringerlo ad andare per negozi con loro.
- Oh, eccolo –
Saïx guardò in quella direzione e…
- Fai il baby sitter, Axel? –
Axel si voltò, accigliato. Poi capì: l’amico doveva aver pensato che fosse il ragazzino bruno che camminava assentemente nella folla leggendo un fumetto. Sbuffò.
- Un filo più a sinistra, genio –
- Fai il baby sitter, Axel? – ripeté Saïx, che stavolta aveva visto la persona giusta.
- Falla finita, non è così piccolo –
- Lo sembra, però –
Roxas si fece largo verso di loro, palesemente a disagio: chiaramente non aveva idea che ci sarebbero stati anche gli amici di Axel.
Ommioddio, è assolutamente adorabile! – esclamò Demyx nell’istante in cui Roxas fu davanti a loro e li salutò con un sorriso timido.
Le guance del biondo, già arrossate dal caldo e dall’imbarazzo, si scurirono ulteriormente all’affermazione.
- Ehm… - fu tutto quello che riuscì a dire.
- Andiamo, Roxas, non ti mangiano mica –
- Roxas? Lo stesso della discoteca? – al cenno affermativo di Axel, Demyx strinse il biondo in un abbraccio esuberante – Piccolo, è un piacere conoscerti! Io sono… -
- … Demyx – lo interruppe Roxas, la voce soffocata dal petto dell’altro.
- Fallo respirare, Dem – rise Axel – Non farci caso, Rox, è molto espansivo –
Roxas si voltò verso il ragazzo dai capelli azzurri, che non aveva ancora spiccicato parola.
- Quindi tu sei Saïx, giusto? –
- Infatti –
Saïx guardò Roxas con espressione indecifrabile. Il biondo deglutì. Quegli occhi di ghiaccio lo rendevano nervoso. Alla fine il ragazzo parlò in tono piatto, senza smettere di fissare il più piccolo.
- Te ne sei scelto uno inesperto per evitare le critiche? Mi deludi, Axel –
Axel rimase senza parole all’atteggiamento dell’amico. Vide Roxas lanciargli una brevissima occhiata prima di tornare a fronteggiare Saïx, che lo guardava in attesa di una reazione. Poi vide il volto del ragazzo farsi ancora più rosso, ammesso e non concesso che ciò fosse possibile, notò che si irrigidiva  e stringeva le mani a pugno. Le sue spalle tremavano e l’espressione piatta del suo viso sembrava preannunciare un’esplosione imminente.
Axel era allo stesso tempo preoccupato e contrariato. Da un lato era irritato con Saïx per il commento quantomeno inopportuno; dall’altra sperava che i suoi amici sarebbero piaciuti al suo biondo preferito. E viceversa.
Roxas alla fine scoppiò. A ridere. Era davvero divertito, incredibilmente, aveva già le lacrime agli occhi!
- Penso che sia un talento riuscire a prendere in giro due persone con una sola frase, potrebbe davvero tornarmi utile – ansimò – Me lo insegneresti? –
Finalmente Saïx sorrise.
- Andremo d’accordo – concluse.

- … e dato che la palestra chiude per tutto agosto puoi semplicemente pagare metà quota e frequentare due settimane per poi riprendere a settembre –
- Grazie, Yuffie, penso che farò così –
La ragazza lasciò cadere il tono professionale.
- Sei masochista o cosa, Roxas? Seppellirti qua dentro ora che potresti riposarti e fare quello che ti piace… -
- Ciò che mi piace è venire qui e allenarmi, non riesco a restare troppo tempo senza far niente –
- E immagino che i bei ragazzi non c’entrino niente con la tua decisione… -
Roxas si allontanò senza degnarsi di rispondere. O lui era decisamente ovvio, nelle sue preferenze, o Yuffie era una ragazza inopportunamente acuta. O semplicemente inopportuna, una delle due.
- Ciao Roxas! – lo salutarono in coro i suoi tre amici della palestra. Beh, due più la Principessina Fatata, comunque.
- È da un bel po’ che non ti vediamo, tesorino –
- Il mio nome mi piace così com’è, Marluxia –
- Oh, Roxy caro, mi hai fatto già perdere 1000 munny, non ti basta? – Marluxia sbuffò in modo poco elegante.
- Non è mica colpa sua se tu hai scommesso, Marl –
- A me invece ne hai fatti guadagnare 300, tigre. Ricordami di offrirti un caffè uno di questi giorni –
- Mi sembra giusto – sorrise Roxas.
Quando venti minuti dopo Roxas si avviò verso la sala attrezzi Marluxia lo seguì, chiacchierando amabilmente e iniziando una conversazione ragionevolmente interessante sulla gestione dei canili e sul randagismo in generale. Sorprendentemente Roxas si trovava d’accordo con gran parte delle opinioni dell’altro, nonostante l’uomo fosse un po’ troppo drastico, ogni tanto: per esempio pensava che ci volesse l’ergastolo per chi abbandonava un animale per strada. Secondo Roxas era sufficiente una multa molto mooolto salata, seguita da qualche centinaio di ore di servizio sociale, magari a contatto con animali feroci e supervisori molto stronzi.
Proprio mentre il biondo esprimeva la sua “pacata” opinione passò Axel. Marluxia gli lanciò un’occhiataccia, Roxas gli rivolse un sorriso radioso, un po’ rosso in viso. Marluxia spostò lo sguardo dall’uno all’altro, pensieroso: a quanto pareva Axel era un ostacolo tra lui e Roxas… Decise quindi di correre ai ripari e fare qualcosa allo stesso tempo.
- Axel, che gran rubacuori – sospirò estatico quando il rosso fu fuori portata.
- Ah sì? – l’espressione di Roxas era indecifrabile.
- Oh, sì! Pensa, proprio l’altra sera l’ho visto in compagnia di una brunetta decisamente niente male. E sembrava molto preso, sai? Che carini! –
Roxas scoppiò a ridere.
- Sì, me l’immagino, gli sono sempre piaciute le brune! –
- A me invece sono sempre piaciuti i biondi, Roxas – disse piano l’altro.
Con uno scatto improvviso Marluxia intrappolò Roxas contro il muro tra due macchinari, mettendogli le braccia ai lati della testa. Il biondo sgranò gli occhi, allarmato.
- Che diavolo fai?! Lasciami andare! – disse ad alta voce.
Qualcuno si voltò a guardarli.
- Non credo proprio, carino. A quanto pare non sono ancora riuscito a convincerti che mi piaci, e tanto. In qualche modo riesci sempre a sfuggirmi. Ma io sono stanco di giocare –
Roxas vide con la coda dell’occhio che Axel si stava avvicinando. E sembrava furibondo. Sporse in fretta una mano dietro la schiena di Marluxia e gli fece cenno di fermarsi, di non intervenire. Le persone in palestra bisbigliavano; Lexaeus si fermò alle spalle di Axel e guardò la scena a occhi socchiusi.
Mentre Marluxia abbassava la testa per cercare di baciarlo, Roxas gli piazzò in fretta un gomito appena sotto lo sterno, dritto alla bocca dello stomaco. Il più alto indietreggiò un po’, col fiato mozzo, e il biondo non esitò ad approfittare del vantaggio. Gli fece un rapido sgambetto portando il piede dietro la sua caviglia e Marluxia incespicò e indietreggiò più in fretta per cercare di mantenere l’equilibrio, andando però a sbattere con le gambe contro un vogatore, finendoci seduto sopra.
Roxas si chinò per guardarlo dritto negli occhi.
- E a quanto pare io non sono riuscito a convincere te che non sono affatto interessato – ringhiò sottolineando il concetto – Smettila una buona volta di provarci con me, sono già impegnato! Chiaro? –
Marluxia spalancò gli occhi, inorridito: fino a quel momento aveva pensato che il ragazzo fosse solo un po’ – un po’ tanto – timido. O che gli piacesse giocare.
- Roxas, io… davvero, non avevo idea… - balbettò.
Ma Roxas non lo stette a sentire. Con passo rigido si avviò verso le panche situate nella parte opposta della palestra e vi si lasciò cadere con uno sbuffo, gli occhi chiusi e il viso rivolto al soffitto.
Gli altri avventori stavano ancora commentando l’accaduto, ma Axel non li stava ascoltando. Seguì Roxas dopo appena un paio di minuti; non lo sfiorò neanche l’idea di andare da Marluxia e dirgliene quattro, la sua lezione l’aveva già avuta. Il suo sangue stava ancora ribollendo per le avances fatte al suo ragazzo, ma si costrinse a ignorare quei pensieri. In realtà era anche un po’ arrabbiato con Roxas: gli aveva deliberatamente impedito di difenderlo. Perché? Axel era il suo ragazzo, dopotutto, era suo diritto – oltre che suo dovere – prendersi cura di lui.
Il biondo era stravaccato su una delle panche, gli occhi stretti come se fosse stanco morto. Il cuore di Axel accelerò incredibilmente i battiti e il rosso provò i due forti istinti contrastanti di riempirlo di baci e scuoterlo finchè la testa non gli fosse caduta dalle spalle. Dominò entrambi e si limitò a guardarlo fissamente.
- Ehi, Axel – disse Roxas, senza disturbarsi di aprire gli occhi.
- Perché l’hai fatto? –
- Cosa? –
- Impedirmi di… -
- Impedirti di prenderlo a calci e perdere il posto? – Roxas rise incredulo – Lo so che potresti mangiartelo a colazione, Ax, ma anche se stiamo insieme qui non puoi permetterti di fare passi falsi, dico bene? –
Axel non ci aveva pensato affatto. batté in fretta le palpebre con un’espressione perplessa e Roxas sorrise.
- Torna al lavoro, oh mio eroe, prima che ti ci spedisca io volando! – lo prese in giro – Io invece andrò a raccogliere le lodi di tutti quelli che volevano vedere la “principessa” mandata a quel paese –
Axel ricambiò il sorriso, sentendo un piacevole calore nel petto e un piccolo groppo in gola. Come gli era capitata la fortuna di trovare un ragazzo del genere, che gli impediva di fare stupidaggini avventate? Promise a se stesso che, se mai avesse incontrato il tipo che aveva in qualche modo spinto Roxas tra le sue braccia, gli avrebbe stretto la mano e ringraziato di cuore.
Non aveva la minima idea che avrebbe avuto la possibilità di mantenere quella promessa entro un paio d’ore.
- Roxas – chiamò una voce cavernosa.
Il diretto interessato si voltò e vide Lexaeus.
- Scusa – gli disse subito – Non avevo intenzione di dare spettacolo –
- Legittima difesa, ragazzo, frena il cavallo. Volevo chiederti se saresti interessato a imparare qualche tipo di arte marziale –
- Ehm… veramente non saprei. Non credo di essere molto portato, per questo –
- Stai scherzando, Rox? Hai steso Marluxia che è praticamente il doppio di te (e anche molto preparato, se è per questo) senza nemmeno un filo di allenamento – si intromise Axel.
- Forse l’ho preso alla sprovvista. Comunque senza allenamento non direi, in fondo sono cresciuto facendo la lotta con Hayner, Sora e Riku. Ma vere arti marziali? Dici che va bene per me, Lexaeus? –
Lexaeus annuì serio.
- Pensaci – gli disse – Axel, il tuo turno è finito, oggi –
- Ma Lex… -
- FINITO – l’uomo lo guardò storto come per dire “Non farmelo ripetere o saranno guai”.
- Uff! Vado a raccogliere la mia roba, tu va’ a farti la doccia, ti aspetto all’ingresso –
Roxas annuì e si allontanò a testa alta; quando passò davanti a un gruppetto di ventenni o giù di lì i ragazzi applaudirono e fischiarono: apparentemente anche alcuni di loro avevano subito le attenzioni di Marluxia, che si erano totalmente interrotte con l’arrivo di Roxas.
Il biondo arrossì violentemente, sorrise imbarazzato e fece un piccolo inchino, solo per venire sommerso di chiacchiere amichevoli e pacche sulla schiena, mentre il gruppo lo seguiva nello spogliatoio.
Poco dopo, nella sala del personale, Axel stava raccogliendo le sue cose, come al solito sparpagliate in giro, quando avvertì lo sguardo di Lexaeus perforargli la nuca. Si voltò. L’uomo non parlò – non che quella fosse una novità – e lo guardò intensamente. Axel sostenne lo sguardo per un po’, mentre un largo ghigno gli compariva lentamente in viso. Oh sì, sapeva perfettamente ciò che Lexaeus gli stava silenziosamente chiedendo: l’uomo era avido di notizie.
Si chiese pigramente se dovesse tenerlo sulle spine e costringerlo a parlare per ottenere le informazioni che voleva. Esitò un altro paio di minuti, poi decise di darci un taglio. Tanto comunque non avrebbe mai battuto quell’uomo nel gioco del silenzio.
- Sì, è proprio come sembra – disse con disinvoltura.
Lexaeus sorrise e lo spinse fuori sbuffando. Quella dannata testa rossa otteneva sempre quello che voleva, in un modo o nell’altro. E lui ne era contento.

- Che giornata per la principessa, eh? – fece Axel mentre lui e Roxas si incamminavano verso casa sua per lasciare le borse – Prima ha dovuto sborsare 1000 munny a Luxord, poi si è preso un palo dritto in… ehm… faccia – Axel rise.
- Come sapevi…? –
- Della scommessa? Le voci girano, ti stupiresti di sapere chi me l’ha detto –
- Oh, risparmiami allora. Ehi, hai presente quei tipi che mi hanno seguito? Al momento sono il loro idolo, a momenti mi chiedevano l’autografo –
- Non ti hanno seguito fin sotto la doccia, vero? –
- Fai il geloso, ora? Comunque io uso sempre quella coperta –
- Meglio così, quella palestra è piena di gay –
- Noi compresi, non dimenticartene –
Axel sbuffò e aprì la porta di casa, gettando senza tanti complimenti la sua borsa a terra.
- Vado a cambiarmi, tu fai come a casa tua, eh –
“Non andare a sbirciare, Roxas, anche se è il tuo ragazzo. E no, non importa quanto sia sexy”. Per resistere alla tentazione Roxas parlò.
- Hayner mi ha appena mandato un messaggio per dire che tra un’ora saranno tutti al ring di sabbia –
- Per fare cosa? –
- Per valutare se iscriverci a quel torneo di Struggle che c’è ogni anno a fine estate –
- Oh, quello. Saremo lì per tempo. Certo, non si aspettano anche me, forse, ma ho intenzione di autoinvitarmi –
Roxas rise mentre Axel ricompariva a torso nudo e con una maglietta in mano. Prese due bottigliette d’acqua dal frigo e bevve qualche lungo sorso dalla sua, lasciando l’altra sul tavolo per Roxas che, inutile dirlo, in quel momento se lo stava mangiando con gli occhi.
- Ti piace ciò che vedi? – il ghigno di Axel era evidente dalla sua voce.
- Ovvio che sì – rispose il biondo senza scomporsi – E del resto tu volevi farti guardare, altrimenti non saresti venuto qui mezzo nudo –
- Touché –
Finalmente Axel si voltò, le braccia incrociate sul petto.
- Mi hai fissato per tutto il tempo, vero? –
Roxas inarcò un sopracciglio come a dire “E se anche fosse?”.
- Andiamo Rox, lo so che sono irresistibile, non cercare di negarlo –
Risero.
- Smettila di darti tante arie, sono figo almeno quanto te! –
Dannatamente vero
Axel si gettò famelicamente sulle labbra di Roxas, mordicchiandole e succhiandole. Roxas si lasciò trasportare e ricambiò con entusiasmo, non ne avrebbe mai avuto abbastanza dei sublimi baci del rosso, delle sue bellissime mani che gli accarezzavano pigramente i capelli, vagavano sulla sua schiena, si insinuavano lentamente sotto la sua maglietta…
Un momento, cosa?!
Caldi brividi di piacere percorsero il corpo di Roxas, che si accorse solo in quel momento che le sue mani stavano vagando a loro volta sulla schiena nuda di Axel.
Quest’ultimo era stregato dal sapore delle labbra di Roxas, dal profumo della sua pelle, dalle piccole dita forti che sembravano voler scavare dei solchi sulla sua schiena. Quasi non si accorse del proprio respiro accelerato mentre posava una scia di piccoli baci umidi lungo la mandibola del ragazzo, giù fino alla gola, per poi arrivare a premere le labbra su una zona sensibile tra il collo e la spalla. Mordicchiò e succhiò leggermente quel punto.
Roxas emise un lungo sospiro tremolante e Axel parve tornare in sé, accorgendosi che aveva le mani sotto la maglia di Roxas, su i suoi fianchi, le dita che tendevano pericolosamente verso l’alto. Il ragazzo lo guardava ansimando leggermente, le guance deliziosamente arrossate e le labbra dischiuse.
Axel ritirò di scatto le mani, come se si fosse scottato, e fece un passo indietro, grattandosi nervosamente la nuca.
- Iniziamo ad andare, che ne dici? –
Senza aspettare risposta raccattò la maglia che gli era caduta sul pavimento e se la infilò in fretta, voltandosi nella manovra per permettere a Roxas di recuperare a sua volta il controllo di sé.
Il biondo guardò Axel, incerto se sentirsi sollevato o deluso. Da una parte aveva paura di andare troppo oltre, dall’altra… lo desiderava, ovvio. Era un essere umano e la carne, si sa, è debole.
- Sì, andiamo. Fammi solo usare un attimo il bagno –
Axel annuì e qualche istante dopo sentì l’acqua scorrere. Probabilmente si stava buttando dell’acqua fredda sul viso. Il ragazzo ricomparve in meno di un minuto, visibilmente tranquillo.
- Potrei provarci, sai? – disse pensieroso Roxas quando erano ormai nei pressi del ring di sabbia.
- A fare cosa? –
- Il torneo. Voglio dire, se si iscrivono anche gli altri sarà divertente –
- Immagino di sì. Per il momento diamo un’occhiata alla fauna locale, eh? –
Lo spiazzale non era molto affollato; proprio nel centro era stato costruito un grande palco, come ogni anno, solo che Roxas non lo sapeva perché non aveva mai assistito personalmente al torneo. Un grande tabellone poco più avanti recitava in caratteri cubitali “Grande torneo annuale, le iscrizioni sono aperte! Let’s Struggle!”.
Poi sentirono una voce arrogante parlare alle loro spalle.
- Ah, eccone altri due. Pensate forse di iscrivervi? Perché non avete speranze di vincere contro di me, questo è il mio anno –
Axel si voltò e guardò colui che aveva parlato piegando leggermente la testa di lato.
- Non abbiamo ancora deciso, amico, comunque dovresti sapere che non si sottovalutano gli avversari – rispose in tono calmo e leggermente cantilenante – Got it memorized?
Roxas rimase immobile, ancora di spalle: aveva riconosciuto quella voce.
“Merda merda merda merda MERDA!”
- Ehi, biondino! Parlo anche con te, quindi non ignorarmi, marmocchio! –
Axel si pregustò lo spettacolo: Roxas non accettava quella parola da nessuno. Il biondo si voltò lentamente, gli occhi ridotti a fessure. Seifer spalancò i suoi. Evidentemente l’aveva riconosciuto anche lui, nonostante ormai fossero passati due anni da quel giorno.
Ma che cazz…?!
- È la stessa identica cosa che hai detto l’ultima volta. Dovresti davvero aggiornare il tuo repertorio – sibilò Roxas.
- Tu! –
- Io –
- Roxas, lo conosci? – chiese Axel, aggrottando le sopracciglia.
- Non esattamente –
- E quello chi è, frocetto, il tuo ragazzo? –
Come l’hai chiamato? – la voce di Axel era bassa e pericolosa. Sembrava un lupo pronto ad attaccare.
- L’ho chiamato frocetto. Ora che vuoi fare, rosso, sfidarmi? O lascerai che il piccoletto si difenda da solo? –
Seifer lanciò una mazza da Struggle a Roxas, che l’afferrò al volo, ma l’abbassò subito.
- Non combatto contro di te, Seifer – disse.
- Paura? – lo provocò l’altro e Axel notò che una ragazza dai capelli argentei e un ragazzo moro e abbronzato si avvicinavano per fiancheggiare il gradasso.
- No, è che non ho niente contro di te. E poi non voglio togliere a lui – indicò Axel, che stava praticamente fremendo di rabbia repressa – il piacere di darti una lezione –
Roxas ghignò a dispetto di tutto, poi proseguì.
- Del resto ho un conto in sospeso con il tuo amico, lì. Dagli una mazza, che giochiamo –
Axel vide l’aspirante teppista consegnare la propria mazza al ragazzo abbronzato, che era un po’ più basso del rosso e decisamente più muscoloso, anche se i muscoli non erano sempre garanzia di potenza. Tuttavia…
- Rox, sei sicuro? – sussurrò con urgenza – Possiamo sempre scambiarci gli avversari e… -
- No, lui è mio! –
Axel tacque e si fece da parte, subito affiancato da Seifer.
- Noi siamo i prossimi – disse. Poi alzò la voce, evidentemente per farsi sentire anche da Roxas – Te l’ha detto? Ci siamo incontrati in palestra e lui si è fatto pensieri sconci su di me sotto la doccia –
- Non è andata esattamente così, Seifer – ringhiò Roxas e Axel si ritrovò a pensare che quella voce bassa e rauca fosse terribilmente eccitante.
- Può darsi, eppure non ti ho più visto in palestra dopo quella volta –
- Ne ho trovata una migliore –
- Vedo –  
In quel momento si avvicinò un uomo panciuto, guardando da Roxas al suo avversario e viceversa.
- Una sfida? Permettetemi di arbitrarla, adoro le lotte di allenamento. Bene, chi di voi, in tre minuti, riuscirà a far cadere in ginocchio o di schiena l’avversario sarà il vincitore –
- Ehi, buon uomo. Noi siamo i prossimi, se non le dispiace –
- Beh, buona fortuna a te, ragazzo. Seifer è arrivato in finale nel torneo per quattro anni consecutivi. Pronti? –
Cenno di assenso dai due.
- Let’s Struggle! – tuonò l’uomo, attirando l’attenzione dei pochi presenti, che si avvicinarono per guardare.
Roxas non se ne accorse, i suoi occhi erano concentrati sull’armadio a due ante che aveva davanti. Era piuttosto lento, quindi scansò gran parte dei suoi attacchi. Parò un colpo, che si spedì vibrazioni per tutto il braccio per la sua potenza. Abbassò un po’ la guardia senza volerlo e l’altro ne approfittò per spingerlo quasi in ginocchio. Ma Roxas finse di cedere e si scansò all’ultimo momento e gli diede un colpo sulla nuca e, quando questi si voltò, mezzo intontito, utilizzò il lungo della mazza di gommapiuma per farlo cadere, con un preciso colpo sullo sterno.
Axel applaudì esclamando qualcosa in inglese che suonava molto come “Roxas, alright! Fight fight fight!”. Poi gli posò una mano sulla spalla, mentre Roxas ansimava, le mani sulle ginocchia.
- Non male, ragazzo, due minuti netti. Spero che vorrai iscriverti! D’accordo, ora Seifer e… uhm… -
- Axel –
Seifer si avvicinò all’amico, che si stava rialzando.
- Stai bene, Rai? –
- Sì, il ragazzino mi ha solo stordito. È più forte di quanto sembri – gli tese la mazza.
Axel sfoderò un sorriso storto mentre puntava l’”arma” contro Seifer, che fece oscillare la sua.
- Let’s Struggle! –
Axel aveva uno strano stile di combattimento, molto molleggiato. Si muoveva con leggerezza, come se danzasse e questo confondeva l’avversario. Ben presto Seifer cadde in ginocchio, lasciando cadere la mazza con un piccolo sbuffo quasi divertito. Rai si mise in mezzo.
- Seifer è solo stanco, oggi! Si sta allenando molto per il torneo – esclamò.
- Non lo metto in dubbio – rispose Axel.
E, con gran sorpresa di Roxas, tese la mano a Seifer per aiutarlo a rialzarsi, scuotendola leggermente e borbottandogli qualcosa molto piano, in modo che solo lui potesse sentire. Di seguito, seguendo il buon esempio, anche Rai e Roxas si strinsero la mano. Poi gli si avvicinò Seifer.
- Non fraintendere, questo non vuol dire che siamo amici – gli disse freddamente.
- Certo che no – concordò Roxas.
Lui e Axel si allontanarono.
- Cos’è successo quella volta? – chiese Axel.
- Più o meno quello che ha detto lui. Ci stavamo facendo la doccia, lui era nel cubicolo di fronte al mio e io guardandolo senza volerlo mi sono eccitato – buttò fuori Roxas – Non ci ho certo fantasticato sopra, è semplicemente successo. Che figuraccia! È per questo che ho cambiato palestra ed è così che ho scoperto di essere gay. ecco, ora puoi ridere –
Axel fu felice di non doversi trattenere e ridacchiò.
- Ora capisco perché non avessi voglia di parlarne. Comunque poteva andare peggio – poi spalancò gli occhi – Ma tu guarda chi si vede! – esclamò.
Davanti a loro c’erano Demyx e Saïx.
- Ciao Tinto! Ciao Spazzolone! –
- Ciao, Puntaspilli – risposero in coro.
- Siamo venuti a dare un’occhiata –
- Anche noi, ora stiamo aspettando gli amici di Roxas –
- Piccolo, che bello vederti! – disse Demyx con entusiasmo.
- Roxy! – esclamò contemporaneamente un’altra voce e Naminè gli si buttò tra le braccia.
- Cosa avevamo detto di questi soprannomi, Nanà? –
Naminè rise; poi vide Demyx e arrossì. Nel frattempo li raggiunsero gli altri e decisero di passare la serata tutti insieme.
- Allora, Rox, ci iscriviamo? – Sora era eccitatissimo e aveva una gran voglia di mettersi alla prova.
- Noi pensavamo di partecipare, in effetti – rincarò Riku.
- E va bene – sospirò Roxas.
- Grande! Così chiunque di noi vinca il trofeo sarà esposto nel ritrovo! –
- Potremmo anche non vincere noi, Hay –
Roxas guardò apertamente verso Axel, che sorrise.
- Io non partecipo, Rox, però potrei aiutarti ad allenarti –
- Certo, allenarsi. Si dice così, adesso, vero? – insinuò Demyx, facendo arrossire i diretti interessati.
- Taci! – sbottò Axel. E gli diede una manata sulla nuca.
- OW! –
A poca distanza due ragazzi e una ragazza guardavano con diffidenza il gruppo che rideva e scherzava.
- Cosa ti ha detto quello svitato, Seif? – chiese piano la ragazza.
- Testuali parole, Fuu: “Grazie per essere stato un tale imbecille, amico. Te ne devo una” –

Quando Roxas tornò a casa, Tidus gli si avvicinò porgendogli un succo di frutta.
Roxas lo fissò in attesa.
- Cosa ti serve? – chiese. Suo fratello non era mai gentile e servizievole, a meno che non volesse un favore.
- Ecco, domani sera vado al cinema con Rikku… -
- Buon per te! E quindi? –
- Non è che mi presteresti la tua camicia nera di lino? –
Roxas alzò gli occhi al cielo.
- D’accordo, prendila pure –
- Grazie, Rox, sei il fratello maggiore migliore del mondo… Ehi, aspetta, ma quello lì è un succhiotto? -  fece Tidus, gli occhi fissi sul colletto della maglia allentata del fratello.
- Ehm… no? –
Roxas si eclissò in fretta in camera sua, ridendo sotto i baffi per l’espressione di Tidus.
Quest’ultimo rimase lì impalato per un attimo, poi scosse la testa e si allontanò.
- Credo di non volerlo sapere, dopotutto… -


Qualche piccola precisazione per questo capitolo:
- Tidus nella mia storia ha 17 anni, quindi due meno di Roxas.
- Marluxia non è poi perverso come sembra, ma questo lo vedrete in uno dei prossimi capitoli.
- Saïx ha l’aspetto di Isa, non del suo Nessuno. Così mi è più facile renderlo simpatico o almeno sopportabile.
Credo che questo sia tutto, a meno che non abbiate altre domande, nel caso fatemi sapere. Piccolo avvertimento, questa storia passerà dal rating giallo a quello arancione ^^
Avrei aggiornato prima, ma purtroppo ho dovuto subire un piccolo intervento e non avevo molto la testa di rivedere la storia, quindi vi chiedo di scusarmi. Grazie a tutti voi che seguite questa storia! :D

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Capitolo 11
*** Ventisei senza Roxas? ***


Sono tornata! Questo capitolo sarà dal punto di vista di Axel, nonché dedicato interamente al nostro rosso preferito. In alcune parti è un po' descrittivo, ma spero che vi piacerà lo stesso! Fermatevi a leggere le note, alla fine!
Enjoy! ^^

Era l’8 Agosto.
Fino a quel momento Axel aveva trascorso una pessima giornata. Roxas era partito per una breve visita fuori città con i suoi, quindi non avrebbe potuto passare il suo compleanno con lui. Non che il ragazzo sapesse che era proprio quel giorno, Axel non gliel’aveva detto. Quando Roxas glielo chiedeva, lui rispondeva sempre in modo evasivo con un “Ad Agosto”. E Roxas s’imbronciava. Poi ridevano.
Axel era abbattuto per aver passato tutta la mattinata da solo. Certo, Lexaeus l’aveva buttato giù dal letto alle 7 per fare colazione insieme – e gli aveva regalato un telefonino ultimo modello, visto che il suo era mezzo rotto -  poi aveva pranzato coi parenti e si era un po’ distratto. Ma il suo biondo non si era fatto sentire e aveva risposto ai suoi messaggi a monosillabi, lasciando intendere di essere molto occupato.
Ora era tardo pomeriggio e Axel stava cercando di distrarsi con un buon libro. Che tristezza… Ma almeno era ancora attiva la tradizione della serata con Demyx e Saïx. Chissà dove l’avrebbero portato quella sera. Di solito per il compleanno di ognuno di loro gli altri due cercavano di trovare l’idea più strampalata possibile per divertirsi tutti insieme. Proprio mentre ci pensava il suo telefono prese a squillare.
- Pronto! –
- Oh, beh, lo spero bene! – disse la voce di Demyx, molto più acuta del solito per via dell’eccitazione – Alle 20.30 sono da te per prepararti alla serata più… ehm… più e basta! – evidentemente il ragazzo temeva di farsi sfuggire qualcosa aggiungendo un qualsiasi aggettivo.
- Non vedo l’ora, Dem! –
- Festeggiato, com’è andata la tua giornata? –
- Uno schifo quasi totale, credimi… Per di più Roxas è fuori città, quindi non possiamo nemmeno coinvolgerlo nella serata come avevi sperato. In realtà ci avevo sperato anch’io –
- Oh… - Demyx gli sembrò davvero deluso – Vorrà dire che sarà per un’altra volta, immagino. Non hai intenzione di lasciarlo presto, vero? –
Certo che no! – Axel era scioccato al solo pensiero di perdere il suo Roxas.
- Bene, allora avremo altre occasioni. Tanto il mio compleanno è il prossimo –
- Già, anche se mi sarebbe piaciuto passare il mio anche con lui –
- Una serata con noi e ti passerà la tristezza, vecchio mio! Ma bando alle ciance, ora devo proprio andare. A dopo! –
E chiuse. Ora Axel era eccitato e un po’ preoccupato alla prospettiva: quando Demyx era così esagitato succedeva sempre qualcosa di molto imbarazzante. Ma anche divertente, bisognava ammetterlo. Sospirò con impazienza e riprese il suo libro.
Quando alle 20.30 suonò il campanello Axel era già vestito di tutto punto e in attesa. Spalancò la porta e si lasciò abbracciare da un Demyx molto su di giri, che aveva in spalla un borsone molto sospetto.
- Puntaspilli, sei in forma smagliante, per essere già così vecchio! – trillò.
Axel rise e gli diede un pugnetto sul braccio.
- Dov’è Tinto? Dove andiamo? –
- I dettagli a tempo debito e Saïx ci aspetta sul posto. Ora vieni –
Axel si lasciò guidare senza proteste nella propria camera da letto.
- Spogliati – fece Demyx in tono suadente.
- Dem, che diavolo…?! –
Fu zittito da un lungo dito sulle proprie labbra e sgranò gli occhi, soprattutto alle parole che seguirono.
- Se non lo fai da solo ci penso io, Ax – minacciò – Ma non costringermi o faremo tardi – aggiunse.
Un po’ più tranquillo, Axel si spogliò fino a rimanere con addosso un paio dei suoi ridottissimi boxer, che era verde scuro. Guardò l’amico, in attesa, con atteggiamento vagamente minaccioso.
- Quelle te le puoi rimettere – Demyx indicò le sue scarpe.
Quando ebbe finito, Demyx gli legò strettamente una spessa benda nera intorno agli occhi e ridacchiò come un pazzo.
- Che razza di scherzo è questo?! –
- Oh, avanti Axel, non ti fidi di me? –
Axel non rispose, anche perché sentì il rumore di una zip che scendeva.
- Che stai…? –
- Taci, scemo. Devo ben cambiarmi anch’io. Tu non toglierti quella benda o saranno guai, sono stato chiaro? –
- Cristallino. Sai, per un attimo ho temuto che volessi sedurmi –
Demyx rise.
- Mio Dio, no! Sei tu quello dell’altra sponda qui! E poi sei di Roxas –
- Già – Axel s’incupì al pensiero del suo piccolo biondo.
- Oh, non iniziare a mettere il muso, vedrai che ti divertirai un sacco! –
Dopo un paio di minuti di fruscii, Axel si sentì avvolgere in qualcosa di morbido e le sue braccia furono dolcemente guidate in maniche lunghe e strette. Sui suoi capelli fu posato qualcosa di tondo e duro, fissato in loco con quelle che sembravano grosse forcine.
- Perfetto, sei magnifico! Ora andiamo, ti guido io –
- Demyx, dimmi che questa che ho addosso non è una fottuta gonna –
- Ok. Quella che hai addosso non è una fottuta gonna – ripeté allegramente il ragazzo.
- Molto rassicurante – fece Axel in tono rassegnato – So già che me ne pentirò –
Demyx guidò Axel giù per le scale, poi in macchina e partirono, col castano che cianciava vivacemente di quanto fosse contento di vederlo e di altre cose assolutamente senza senso, chiaramente cercando in tutti i modi di distrarre Axel da ciò che stava per succedere; Axel glielo permise e risero insieme di cose stupide, come due bambini troppo cresciuti.
Una volta a destinazione, Demyx guidò l’amico lungo quello che ad Axel sembrò un grande portico, perché i loro passi rimbombavano nel silenzio. Rimasero un minuto immobili, come in attesa di qualcosa, poi fecero qualche altro passo e si udirono tre colpi netti, come di un batacchio su una porta di legno massiccio.
In tutto quel tempo Axel aveva dovuto esercitare una notevole pressione su se stesso per impedirsi di sbirciare sotto la benda, ma conoscendo quei due sapeva che ne sarebbe valsa la pena.
Una porta si aprì, riversandogli addosso uno sbuffo di aria fresca che compensava – e in un certo senso spiegava – le maniche lunghe. Dopo qualche passo sentì la benda scivolargli via dagli occhi, lasciandolo comunque nel buio più assoluto. Demyx si allontanò in fretta e lui fu accolto solo dal silenzio.
- Dem? – chiamò incerto – Saïx? –
Udì un lieve respiro accanto a sé, ma non vide nessuno. Poi mani sorprendentemente delicate gli afferrarono il braccio e lo guidarono lungo una specie di corridoio, o un passaggio, o qualcosa di simile. Tutto ciò sempre in un buio tanto fitto da spaventare una talpa.
- Cos’è, una specie di casa del terrore? – chiese apparentemente al nulla – Non riuscirete a spaventarmi! –
In quel momento si diffuse nella stanza la musica di uno strumento a corde pizzicato dolcemente. Poi la voce di Demyx parlò, costringendolo a voltarsi completamente, impacciato dalla gonna – o tunica, o quello che era – lunga fino ai piedi.
Madame e messeri,
Contadini, nobili e soldati,
Che siate servi o siate signori, restate con me
E vi racconterò la storia
Di una fiera e focosa regina
E del suo quieto e ardito re

Le luci si accesero per rivelare Demyx che, vestito da menestrello, pizzicava sorridendo il suo amato sitar. Chinò la testa in segno di rispetto quando incrociò lo sguardo di Axel. Questi, la bocca dischiusa, guardò il proprio abbigliamento, che si rivelò essere un abito color rubino con un’ampia e vaporosa gonna e un corsetto aderente dotato di seni finti di gommapiuma, ricoperti da stoffa dello stesso colore della gonna. Intontito, si voltò lentamente per fronteggiare il resto della sala, trattenendo il respiro.
Tutto rispettava lo stile di una corte medievale. C’erano Kairi e Naminè, vestite da dame di corte, Selphie e Olette in costumi da sguattere di cucina, i capelli coperti da fazzoletti colorati. C’era Hayner, perfetto ciambellano. C’era Riku, nelle vesti di un ricco feudatario. C’era Saïx, alto dignitario di corte, seduto alla destra di quello che sembrava un trono regale. E su questo, fasciato da un sontuoso abito blu marino, che rispecchiava perfettamente il colore dei suoi occhi, c’era Roxas. E aveva un aspetto decisamente regale, mentre gli sorrideva con calore e condiscendenza.
- Mia diletta consorte, venite e prendete posto, vi attendevamo tutti con ansia –
Hayner si inchinò e gli porse il braccio con fare discreto e professionale. Sorridendo selvaggiamente, Axel accettò l’invito i si lasciò scortare fino al piccolo trono alla sinistra di Roxas. Tutti si alzarono dalle rispettive sedie, inchinandosi al suo passaggio, tranne il “re”, ovvio.
Quando i presenti ripresero posto, Roxas batté le mani con autorità e subito comparvero Selphie e Olette, spingendo carrelli carichi di cibo, che depositarono sul tavolo con rapidità ed efficienza, seguite da Pence, nel ruolo di chef di corte. Anche loro sedettero al lungo tavolo.
- Ciambellano – Roxas si rivolse ad Hayner – Siamo pronti. Fate entrare il giullare –
E Sora fece la sua comparsa, saltellando, ridendo e facendo capriole, per poi iniziare un piccolo spettacolo più cabarettistico che giullaresco, facendo battute – non sempre divertenti, ma Axel ne rise lo stesso, apprezzando l’impegno – e caricature dei vari presenti.
Alla fine anche lui si accomodò.
Saïx invece si alzò e tutti focalizzarono l’attenzione su di lui.
- Facciamo gli auguri alla nostra amata regina – ghignò – Per il suo ehm-ehm-esimo compleanno –
Applausi e fischi a cui Axel, rosso e impacciato, rispose annuendo e sfoderando un sorriso radioso.
- E ora suggerisco che per comodità ritorniamo tutti a comportarci normalmente – concluse Saïx.
- Finalmente! – esclamò Axel – Grazie a tutti, davvero, non mi sarei mai aspettato… - si interruppe, chiaramente incapace di esprimere ciò che pensava a parole.
Così indicò tutto ciò che aveva intorno con un ampio gesto del braccio. Iniziarono a mangiare.
- L’8 Agosto, eh? – fece Roxas, incrociando le braccia con un gran sorriso – Perché diavolo non volevi dirmelo? –
Axel inghiottì un boccone di insalata di mare - ovviamente per comodità erano tutti piatti freddi – e gli diede un casto bacio sulle labbra prima di rispondere.
- A dire il vero non lo so nemmeno io, ma sono contento che i miei due amici idioti te l’abbiano detto e vi abbiano coinvolti, visto che il risultato è stato tutto questo
- In realtà, Ax – intervenne Demyx, seduto alla sua sinistra – Si può dire che sia stato Roxas a coinvolgere noi. Inutile dire che è cascato a fagiolo, eravamo a corto di idee –
- Ma allora… -
Roxas rise all’espressione curiosa e sconcertata di Axel.
- Sul serio, quanto pensi che ci sia voluto a corrompere Lexaeus per dirmelo? –
- Corrompere Lex? Cos’è, stregoneria? Devo mandarvi al rogo, mio regale consorte? –
- Macché, era anche fin troppo contento di spifferarmelo! –
- Raccontatemi il resto –
Saïx si sporse verso di lui mentre gli altri intorno al tavolo ascoltavano interessati la storia che già sapevano, senza smettere di lavorare di mandibole.
- Il tuo fringuello, qui – iniziò, guadagnandosi subito una scherzosa occhiataccia da Roxas – Ci ha contattati due giorni dopo l’iscrizione al torneo di Struggle per chiederci che piani avessimo per il tuo compleanno –
- Ci siamo incontrati il giorno dopo e gli abbiamo raccontato della nostra tradizione di fare qualche cavolata per i nostri compleanni. Ovviamente gliene abbiamo raccontate alcune… -
- … e mi hanno chiesto qualche idea. Al momento ho potuto solo chiedere perché non avessero mai pensato a una festa a sorpresa, ma a quanto pare è troppo cliché per i vostri gusti –
- Almeno finchè non hai suggerito di farla a tema, Rox. Quella è stata una chicca – sorrise Demyx.
- Ma quanto ci avete messo? Tempo, lavoro, pazienza, organizzazione. Tutto in segreto poi! –
- Beh, abbiamo dovuto iniziare subito a lavorarci – rispose Hayner – Dopo che Demyx e Saïx ci hanno proposto di unirci alla combriccola. Dandoci da fare tutti insieme non è stato troppo difficile. Saïx ha preso il controllo dei lavori e ha organizzato i dettagli tecnici; Naminè si è occupata degli sfondi e ha disegnato i modelli. Pence è stato un grande con il taglio dei vestiti e nel montaggio del filmato che vedremo più tardi –
- Io ho pensato ai sottofondi musicali, naturalmente – fece Demyx.
- Abbiamo lavorato tutti insieme per cucire i costumi e fare gli sfondi di cartapesta – Riku sorrise al pensiero.
- Selphie ha ideato il piano principale di farti credere che Roxas fosse fuori città. Sai, per rendere la sorpresa più… sorprendente. Nel frattempo ha stabilito la disposizione di mobili e illuminazione e Olette e Kairi hanno organizzato i dialoghi, la recitazione e hanno cucinato quasi tutto ciò che stiamo mangiando – aggiunse Sora.
- E Roxas – Saïx diede al ragazzo un amichevole pugno sul braccio – Si è dato davvero da fare, bisogna ammetterlo. Ha trovato le stoffe e gli accessori, si è procurato gli attrezzi per la costruzione e li ha usati – batté una mano sulle decorazioni rimovibili delle sedie-trono, che non erano di cartapesta come il resto, ma di legno intagliato – Ha anche impedito a Sora di inserire nel suo numero alcune delle battute più atroci, che non è poco –
Il diretto interessato rispose con un divertito “Ehi!”. Roxas invece scrollò le spalle, come a dire che non era stato un grande sforzo.
- È stato zio Cid ad aiutarmi con gran parte dell’intaglio, io ho fatto poco o niente –
Ma Axel si ricordò di aver notato, ultimamente, che le mani del ragazzo erano spesso piene di piccoli tagli e graffi, anche se il biondo ne aveva incolpato un gattino randagio vicino casa sua, amichevole solo in apparenza. Axel strinse Roxas in un mezzo abbraccio e fece scorrere lo sguardo su tutta la tavolata.
- State cercando di farmi commuovere, eh? Beh, non vi darò questa soddisfazione – scherzò, ma la voce tremolante lo tradì.
- Figuriamoci – sbuffò Saïx – Piuttosto ci sarà da ridere quando si arriverà al video, vero Pence? –
Pence sghignazzò.
- Mi servirà solo qualche minuto per integrare le ultime cosucce, più tardi – disse allegramente.
Nel frattempo stavano finendo con entusiasmo le pietanze che avevano preparato insieme quella mattina, provocando non poco scompiglio nella cucina di Demyx.
Quando la torta fu in tavola, Axel si lasciò sfuggire un “Wow” di ammirazione. Era grande e rettangolare e rappresentava la copertina di un libro su cui era illustrato in primo piano un Axel vestito da regina e circondato da alte fiamme e, sullo sfondo, un castello e delle piccole figure umanoidi che presumibilmente rappresentavano gli altri invitati. Il tutto disegnato con glasse colorate su una base di panna montata.
- Dove siete andati a pescare una torta così figa? –
Guardò i visi sorridenti e arrossati degli amici e capì.
- Oh, non è comprata. Chi l’ha fatta? –
Tutti distolsero lo sguardo dal suo, tranne i suoi due migliori amici, che di certo però non potevano essere stati, visto che non avevano nessun talento culinario.
Hayner e Sora fischiettarono per cercare di distogliere l’attenzione del rosso dal resto della tavolata.
- Insomma, la mangiamo o no questa torta? – intervenne allegramente Selphie, porgendo la paletta ad Axel che si arrese mentre partiva l’immancabile coro di “Tanti auguri”, pesantemente remixato e guidato da Demyx col sitar.
- Vi torchierò tutti per costringervi a parlare, più tardi – ghignò, per poi spegnere le candeline che mostravano con decisione il numero 26 e dare il primo taglio.
- Veeecchio! – gli canticchiò dietro Demyx.
- Senti chi paaarla! – rispose Axel a tono.
- Beh, non aspettarti regali, Ax – lo prese in giro Saïx.
- Non me lo sogno nemmeno, Tinto, non so se riuscirei ad essere più felice di così –
E in effetti Axel non aveva smesso di sorridere e ridere neanche per un istante, da quando era lì: solo vedere quanto tutti si fossero dati da fare per lui lo faceva sentire come sul punto di esplodere. E si sentì ancora meglio quando Roxas gli si adagiò contro, sorridendogli da sotto in su, la testa sul suo petto. Il biondo di solito non si lasciava andare a piccole tenerezze se non erano soli.
- Fate attenzione con quella corona, Maestà – scherzò Axel ricambiando il sorriso.
- Avete ragione, mia diletta, ma il vostro seno è molto comodo, sembra quasi un guanciale –
Un CLICK improvviso li informò che quell’attimo di allegra dolcezza era stato immortalato. Roxas sbuffò divertito e si rimise seduto composto, lasciando che Axel assaggiasse finalmente la torta.
Mhm… soffice e cremosa. Forse un po’ meno dolce di quanto ci si potrebbe aspettare, pensò aggrottando la fronte. A chi è che non piacevano i dolci?
- ROXAS! – tuonò.
Il ragazzo sobbalzò e quasi soffocò con il suo boccone. Tossì e lo guardò con aria di rimprovero.
- Cosa c’è? – chiese indignato.
- Non dirmi che… -
- Ok, non te lo dico – sembrava parecchio confuso.
Pence era sparito insieme a Saïx, presumibilmente per finire il video. Demyx si stava letteralmente rotolando sul pavimento con Hayner, mentre Sora e Riku facevano il tifo. Le ragazze avevano formato un allegro capannello intorno a Naminè, che aveva in mano una specie di album e una matita.
- Che stanno facendo? –
- Probabilmente preparano i giochi, ma tu non farci troppo caso, eh? –
- Non siamo tutti un po’ cresciuti per il gioco della bottiglia? –
- Infatti, ma a me non dispiacerebbe affatto vedere Riku baciare… Saïx, tanto per dirne una. Sarebbe perfetto fare una foto e ricattarli se esagerano a fare gli stronzi –
- Sai, questo è un piano molto alla Saïx. Quanto tempo avete passato insieme? –
- Parecchio – Roxas sorrise – Vieni con me –
Lo condusse nella cucina, in un angolo dove giaceva il suo vecchio zaino di scuola.
- Roxas, perché hai fatto tutto questo? Non è come se ci conoscessimo da una vita, stiamo insieme da poco. Non che io mi stia davvero lamentando, sia chiaro. Semplicemente non capisco –
- Non sono stato solo io – ma il ragazzo arrossì e distolse lo sguardo, aggiungendo qualcosa a voce talmente bassa che Axel non riuscì a distinguere le parole.
- Ti spiacerebbe ripetere? –
Roxas lo guardò negli occhi con determinazione.
- Ho detto che volevo che il primo compleanno passato con me ti rimanesse impresso, ok? Lo so che è stupido e infantile, visto che non sono il primo e probabilmente nemmeno l’ult… -
Ma Roxas non riuscì a finire la frase perché mani forti gli circondarono il viso e le labbra di Axel coprirono in fretta le sue.
- Nessuno – disse infine – Nessuno si è mai preso il disturbo di coinvolgere i suoi e i miei amici, lavorare sodo per una festa a sorpresa e prepararmi perfino la torta. No, taci, so che sei stato tu. E non considero la tua idea né stupida né infantile, anzi è dolcissima –
Roxas sorrise e gli fece chiudere gli occhi.
- E va bene, ho preparato io la torta, ma non da solo. Kairi l’ha farcita e ricoperta di panna, io non sarei stato capace. E Naminè ci ha disegnato sopra con le glasse, è lei l’artista –
Mentre il biondo parlava Axel sentì qualcosa di freddo e sottile scivolargli intorno al collo e due piccole mani calde posarsi sulla base della sua nuca; poi, dopo un “A proposito, buon compleanno!” fu coinvolto in un bacio dolcissimo e a dir poco bollente che gli fece dimenticare tutto il resto.
- Wow – commentò la voce di Demyx quando i due si separarono per riprendere fiato – Un altro paio di minuti e mi avreste mandato a fuoco la cucina –
Difficile dire se in quel momento fossero più rossi i capelli di Axel o il suo viso. Ma Roxas prese il controllo.
- Non è questo il modo di rivolgersi ai propri sovrani, cantastorie –
Demyx filò via a tutta velocità con in mano quella che sembrava una fotocamera. Gli altri due invece rimasero lì abbracciati per un po’, guardandosi semplicemente negli occhi, senza parlare.
Qualche minuto dopo qualcuno si schiarì dolcemente la gola.
- Chiedo scusa, Altezze Reali –
- Sì, Lady Naminè?  -
- Il video è pronto e i giochi sono stati scelti –
Si diressero tutti in salotto mentre Axel commentava:
- Figo, non vedevo l’ora di farmi mettere in ridicolo! –
- Quanto hai ragione, Puntaspilli – sorrise Saïx mentre i “sovrani” prendevano posto vicini su un divano – Stasera il nuovo gruppo vedrà qualcosa di molto interessante –
- Oh, no… - cominciò il rosso.
Ma il video stava già partendo con una diapositiva che recitava “Axel: la sua pazzia dalle origini ad oggi”. Il resto era composto prevalentemente da foto montate con un sottofondo musicale e raccontate dalle voci registrate dei suoi amici d’infanzia.
- Axel è sempre stato un bambino allegro e sincero – cominciò la voce di Demyx – Come dimenticare le prime parole che mi ha rivolto il primo giorno di scuola… -
- Oh, me le ricordo anch’io. Sono state “Trattieni il respiro, le scarpe della maestra puzzano di cacca!” –
Risatine mentre l’immagine cambiava per mostrare la foto di tre bambini nei loro grembiulini blu che si tenevano per mano. Fu sconcertante vedere un piccolo Saïx con i capelli neri che sorrideva spensierato. La voce di quello adulto proseguì.
- Insieme ne abbiamo passate tante e abbiamo sperimentato cose che avrei sperato di dimenticare, ma purtroppo non è andata così –
- Comunque uno dei miei ricordi preferiti è quando dicesti a tutti che volevi diventare un vigile del fuoco, Ax. Sai, dopo quella gita alle elementari in cui ci portarono in caserma… -
Qui apparve l’immagine di un Axel di otto o nove anni che guardava rapito un alto uomo in divisa nera e gialla che gli sorrideva gentilmente.
- Chi l’avrebbe mai detto che nel giro di pochi anni saresti piuttosto diventato un piromane – ridacchiò Saïx, mentre l’immagine cambiava ancora per mostrare un Axel sedicenne in un laboratorio che rideva mentre cercava invano di spegnere un miscuglio di sostanza chimiche che aveva misteriosamente preso fuoco.
Qui Pence fu costretto a mettere il filmato in pausa perché tutti ridevano troppo forte per concentrarsi.
- Te l’ho raccontato, Rox. Ti ricordi? –
- È da lì che mi è venuta l’ispirazione per quella – Roxas puntò il dito contro il collo di Axel, che solo in quel momento si accorse della sottile catena che effettivamente il biondo gli aveva infilato mentre erano in cucina.
Una semplice collana argentata da cui pendeva un ciondolo a forma di fiamma. Axel la guardò e fece per parlare, ma Demyx gli diede una forte gomitata che lo costrinse a concentrarsi sul resto del filmato. Questo comunque non gli impedì di stringere a sé il piccolo biondo.
- Hai avuto tanti amori, Axel – proseguì la voce di Saïx e il rosso sentì Roxas irrigidirsi appena nel suo abbraccio – Alcuni davvero molto strani… -
Ci fu l’improvviso spezzone di un filmato che mostrava un Axel molto rosso e chiaramente ubriaco che ondeggiava e barcollava su un tavolo ingombro e biascicava parole d’amore a un grosso cane lupo che non lo degnò nemmeno di un’occhiata. Tutti risero di nuovo mentre l’Axel sul divano si copriva gli occhi con una mano per l’imbarazzo e scuoteva la testa.
- Ma siamo felici di poter affermare – disse allegramente la voce di Demyx – Che col tempo i tuoi gusti sono decisamente migliorati! –
Apparve lentamente la foto di Axel vestito da regina che guardava con dolcezza un sorridente Roxas con la testa poggiata sul suo petto e, pochi istanti dopo, quella del loro bacio nella cucina di Demyx. Le ragazze fecero partire un coro di “Ooohh!” e il Saïx seduto accanto a Demyx fece finta di vomitare, facendo scoppiare a ridere Riku. Axel non sembrò troppo contento di questo, ma per qualche motivo Roxas gli sussurrò all’orecchio che Riku sceglieva sempre “sfida”.
- E immagino che tutto questo sia per augurarti un felice compleanno, Axel, da tutti noi – aggiunse la voce amichevole di Pence, mentre scorrevano le foto finali, con nomi correlati.
Hayner e Sora che pasticciavano con la cartapesta; Saïx che diceva qualcosa a Olette, tenendo in mano una cartellina, le teste vicine mentre confabulavano; Demyx tutto pensieroso con il sitar alla sua sinistra e una penna in bocca; Roxas che lavorava su un grosso pezzo di legno con uno scalpello, troppo concentrato per accorgersi dell’obiettivo, il viso rosso e sudato; Selphie e Riku che lavoravano ai vestiti, l’una con un metro in mano, l’altro che teneva la stoffa tesa, con alcuni spilli tra le labbra; Kairi e Naminè che pitturavano delle sagome di cartone; infine Pence che strizzava l’occhio e salutava con la mano.
La stanza piombò nel silenzio e Axel si asciugò furtivamente una lacrima fuggitiva. Gli altri fecero finta di niente – anche se il gesto non sfuggì a nessuno – e iniziarono a parlottare allegramente dei giochi.
- Pff – fece Saïx – Siamo un po’ cresciuti per queste cose preadolescenziali –
- Non fare il guastafeste, Tinto! – lo rimproverò Demyx – Non c’è niente di meglio di qualche giro di “Verità o Sfida” per conoscerci meglio –
- È chiaro che ti stai offrendo volontario! – saltò su Sora – Verità o sfida? –
- Verità –
- Si vocifera in giro che sei gay. È vero? –
- Mi dispiace deluderti ma è una bugia, mi piacciono le fanciulle. Kairi! –
Proseguì su questo tono per un po’, finchè Naminè si rivolse ad Axel, che scelse verità. Il festeggiato si aspettava una domanda sulla serata, invece…
- Raccontaci cos’hai pensato quando hai conosciuto Roxas – a quanto pareva la ragazza era molto curiosa di scoprire gli sviluppi della loro storia dall’inizio.
- Oh… Sono una brutta persona se dico che lo volevo avvicinare per prenderlo un po’ in giro? Perché è così che è andata, all’inizio –
Pence e Hayner risero e Axel si grattò la nuca.
- Nah, non scherzo. Ho visto arrivare questo piccoletto, presumibilmente gay e ho pensato “Evviva, carne fresca!”. E mi sono messo nei guai da solo –
- Ben ti sta! – Roxas gli mostrò la lingua.
- Comunque… Riku, a te la scelta –
- Sfida – il ragazzo sembrava impassibile, ma si ritrasse alla vista del ghigno malizioso di Axel.
- Molto bene – risatina malvagia – Bacia Saïx, tenendo gli occhi chiusi, per non meno di trenta secondi –
- COSA?! –
- Festa mia, mie le regole. Avanti –
Riku e Saïx si guardarono vagamente disgustati, poi il più grande sospirò.
- Forza, facciamola finita. Ma lingua a posto –
- Non chiedo di meglio – mormorò Riku prima di eseguire gli ordini.
- Yuppie! Yaoi! – esclamò Selphie.
Mentre i due si baciavano Pence e Roxas scattarono delle foto e tutti loro ridacchiarono e bisbigliarono. Alla fine, senza fiato, Riku e Saïx si separarono.
- I trenta secondi più lunghi della mia vita – biascicò Riku, passandosi il dorso della mano sulla bocca.
- Prova con due minuti, ‘Ku – sghignazzò Sora e Riku inorridì.
- Perché non ci avete avvisati? –
Naminè si portò solennemente una mano sul cuore e spalancò gli occhioni azzurri.
- Pensavamo che avreste tenuto voi il conto! Come potevamo sapere che vi sareste lasciati trasportare in quella maniera? – e poi se ne uscì con un ghignetto assolutamente non da lei.
- È così che si gioca, ragazza! – esclamò Demyx con ammirazione, offrendole il “cinque”.
Naminè sorrise. Lavorando a stretto contatto con lui si era accorta che il Demyx di Nemici non era un personaggio costruito, come spesso succedeva in programmi del genere; il ragazzo aveva sempre mostrato la sua vera personalità. Ed era divertente passare del tempo con lui.
Con gran sorpresa di tutti Saïx fu il primo a ridere, nonostante fosse stato uno dei bersagli dello scherzo. Posò una mano sulla spalla del suo compagno di sventura.
- Riku, ce lo siamo meritato. E comunque baci bene – scherzò.
Riku sorrise e scosse la testa. Di solito era lui a fare lo stronzetto, ogni tanto era anche giusto assaggiare la sua stessa medicina.
- Grazie, anche tu – rispose quindi, prima di ridere a sua volta.

Quella serata, riflettè Axel mentre giaceva ad occhi aperti sul suo letto, era stata decisamente una delle più memorabili che avesse mai potuto associare al suo compleanno. Sospirò contento e scivolò serenamente nel sonno, accarezzando con dita delicate la piccola fiamma argentata della sua nuova collana.


Lo so, non ho scuse per questo ritardo atroce. A mia discolpa posso dire solo che non è facile trovare il tempo per scrivere e aggiornare mentre si studia per gli esami universitari e contemporaneamente si lavora…  :(
Comunque questo era il nuovo capitolo, il prossimo non vi farà aspettare così tanto e sarà a rating arancione (finalmente, direte voi XD).
Nei prossimi giorni risponderò alle recensioni che mi avete lasciato la volta scorsa, che sono tantissime (yay!) e vi ringrazio tantissimo per questo.
Appena dato il prossimo esame mi dedicherò anche a recensire le storie che sto seguendo e di cui non ho avuto proprio il tempo di leggere gli ultimi capitoli. In particolare quelle della mia adorata autrice Sick e di Eugenia Psyche Rox. Scusatemi… *Fa la faccia da cucciolo*
Grazie per la pazienza, un bacio a tutti! ^^

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Capitolo 12
*** Mens sana in corpore... davvero molto molto sano! ***


ATTENZIONE! Questo capitolo è a rating arancione. Avrei voluto modificare le caratteristiche della storia (e, credetemi, questo sarà fatto quanto prima), ma il sito sta facendo delle modifiche e mi ha momentaneamente reso impossibile riadattare le caratteristiche della storia. Io vi ho avvisati, ora potete leggere in pace. ;)
Non saltate le note a fine capitolo!

Enjoy! ^^


- Rox, ora di merenda! – disse allegramente Axel un pomeriggio di fine agosto.
Lui e Roxas erano a casa del rosso a studiare, l’uno per un esame che avrebbe dovuto dare a metà settembre, l’altro per il test d’ingresso della facoltà di odontoiatria.
- Cosa ti andrebbe? –
- Una mela, per favore –
- Ecco a te –
Roxas tese la mano senza sollevare lo sguardo dal libro dei test. Sul suo palmo fu posata una banana. Il biondo guardò il suo ragazzo e inarcò ironicamente un sopracciglio.
- Beh, questa è senz’ombra di dubbio la mela più strana che abbia mai visto –
- Il cervello ha bisogno di zuccheri per funzionare e una banana matura ne contiene di più di una mela, lo sai –
- Oltre ad essere una buona fonte di potassio – sospirò Roxas – K sulla tavola degli elementi. Urgh
- Bravo bambino! –
Roxas guadagnò qualche pacchetta sulla testa, come se fosse un cane e si scansò roteando gli occhi. Poi gli venne un’idea perversa e nascose un ghigno.
- Hai ragione – disse ad Axel – Vada per la banana –
E abbassò di nuovo lo sguardo sul libro, giocherellando distrattamente con l’estremità della buccia giallo scuro, facendoci scorrere sopra il pollice.
Axel gli lanciò un’occhiata, ma scrollò le spalle e si dedicò al proprio yogurt. Roxas sbucciò lentamente la banana, segnando ogni tanto una risposta, valutando e facendo calcoli a mente o su un foglio scarabocchiato, molto assorto, all’apparenza. Portò lentamente la banana alla bocca e la lasciò qualche attimo lì, a sfiorare a malapena le sue labbra mentre fingeva di accigliarsi di fronte a una domanda complessa. Vide con la coda dell’occhio che Axel lo guardava e di nuovo si costrinse a sopprimere un ghigno. Premette dolcemente la punta del frutto contro la propria bocca semiaperta e vide Axel spalancare gli occhi e abbassare la testa sul libro più in fretta possibile. Si sforzò intensamente di non cambiare espressione quando il rosso lo guardò di nuovo.
“Ora arriva il bello!” pensò maliziosamente e mordicchiò delicatamente l’estremità della banana usando solo le labbra.
Un cupo rossore inondò le guance di Axel, che ormai fissava il biondo come ipnotizzato.
Ridendo internamente, Roxas sferrò il colpo di grazia: leccò assentemente la punta della banana mentre segnava una risposta e Axel lasciò cadere la testa all’indietro, gli occhi serrati, mordendosi le labbra. Era evidente che stesse cercando invano di calmarsi. Il biondo non sapeva se quella scena fosse più comica o più erotica, ma decise comunque di spingersi un pochino oltre.
Sollevò lo sguardo.
- Ti senti bene, Ax? – chiese innocentemente – Sei tutto rosso e sudato –
- Sì, io… Sì. Ho solo caldo – la sua voce tremava appena – Sai cosa? Penso che andrò a farmi una bella doccia. Fredda
Detto questo uscì dalla stanza, avendo cura di voltare la schiena al biondo mentre si alzava, probabilmente per nascondere il palese gonfiore nei suoi pantaloncini piuttosto aderenti – e ora anche un po’ stretti sul davanti.
Appena sentì l’acqua scorrere Roxas scoppiò a ridere: la faccia del suo rosso era stata impagabile. Anche se forse aveva un po’ esagerato, ma si sarebbe fatto perdonare in qualche modo.
Axel rabbrividì mentre l’acqua ghiacciata gli scorreva su tutto il corpo. Così andava meglio, molto meglio. Sospirò pesantemente; quel ragazzino lo stava facendo impazzire di desiderio e questo, pensò, non andava affatto bene: il rapporto uomo-uomo era completamente diverso da quello uomo-donna e Axel non voleva forzare Roxas. Del resto i suoi baci da soli erano così dolci da fargli quasi esplodere il cuore per l’emozione. Ma il suo corpo bramava quello del biondo.
La sua erezione, che si era un po’ attenuata a contatto con l’acqua fredda, tornò suo malgrado. Axel non se ne sarebbe sbarazzato tanto facilmente, a meno che…
Fece scorrere lentamente la mano lungo il suo addome scolpito, avvolgendola attorno al suo sesso e accarezzandosi con vigore. Non sarebbe durato molto, lo sentiva.
Buttò la testa all’indietro quando raggiunse il culmine con un gemito soffocato.
Ansimò per qualche secondo, pensando a ciò che gli aveva detto Lexaeus quando il biondo si era iscritto in palestra: “Ho come l’impressione che, nonostante l’aspetto angelico, sarà lui a farti vedere l’inferno”.
“Che io sia dannato” pensò Axel “Aveva ragione!”.
Comunque quando il ragazzo si fosse sentito pronto Axel sarebbe stato lì per lui e allora…
Roxas, che era ritornato a esercitarsi in chimica, si interruppe all’arrivo di Axel, che si presentò di nuovo in pantaloncini, ma a torso nudo, come faceva quasi sempre in casa, anche quando c’era Roxas. Il rosso fu sollevato nello scoprire che la maledetta banana non era più in vista. Si lasciò cadere sul divano. Roxas si alzò e lo raggiunse.
- Scusa – disse piano, afferrandogli una mano.
Axel si guardò sospettosamente intorno. Sembrava tutto in ordine.
- Che hai combinato? –
- Alla casa niente. A te, piuttosto. Ho un po’ esagerato eh? – lo guardò in modo significativo e Axel spalancò la bocca.
L’hai fatto apposta? Perché?!
Roxas scosse la testa come per scacciare un pensiero molesto.
- Diversi motivi. Te ne dico qualcuno. Prima di tutto – ghignò – Sei stato tu a darmi quella banana al posto di ciò che ti avevo chiesto. Già questa è stata una provocazione –
Axel fece per parlare, ma Roxas lo zittì con un bacio mozzafiato e tutto ciò che uscì dalla bocca del rosso fu un lieve mugolio di approvazione.
- Secondo – proseguì Roxas, indicando il petto nudo dell’altro – Ogni volta che siamo qui da soli a studiare tu ti presenti così “per stare fresco”. Hai idea dell’effetto che ha su di me? Beh, te ne ho appena dato una dimostrazione –
Tracciò con una mano il petto nudo di Axel, sfiorandone i capezzoli, che si irrigidirono all’istante. Il rosso si morse ferocemente le labbra per non farsi sfuggire alcun suono.
- Ultimo, ma non meno importante. Trovo davvero molto dolce che tu non voglia correre perché ho… poca esperienza – Axel notò che aveva detto “poca esperienza” invece di “non ho esperienza” e sollevò un sopracciglio, ma decise di non indagare oltre – Ma, solo perché il sesso vero e proprio non è previsto nell’immediato futuro, ciò non vuol dire che dobbiamo astenerci completamente. Ti ricordi com’è avere diciannove anni? –
- Ti assicuro che averne ventisei non è poi tanto diverso – Axel sorrise debolmente. Poi inchiodò Roxas allo schienale del divano – E tu hai idea di cosa mi hai costretto a fare? L’acqua fredda non è stata di grande aiuto, sai. Quindi, dato che abbiamo assodato che tu non vuoi andarci troppo piano… -
Lasciò la frase in sospeso e si avventò sulle labbra del suo ragazzo. Le loro lingue iniziarono un appassionato duello per la dominanza, che Axel vinse senza troppe difficoltà. Quando si separarono per riprendere fiato il rosso ne approfittò per sfilare la maglietta a Roxas, buttandola senza riguardi su un bracciolo. Il ragazzo trasalì arrossendo, ma non si fece scoraggiare.
- Era ora – mormorò invece, concedendosi più che volentieri a un’altra serie di baci furiosi, tra i quali Axel mormorò parole sconnesse come “letto”, “comodi” e “inferno”.
I due si fecero strada incespicando fino alla camera da letto, dove Axel spinse il biondo sul materasso piuttosto rudemente e si limitò a fissarlo per qualche momento, col fiato corto.
- Cosa c’è? – chiese Roxas.
- Niente, mi piace guardarti –
Axel si avvicinò lentamente al ragazzo, fissandolo, come chiedendosi da dove cominciare. Poi ghignò e gli pizzicò un fianco. Roxas trasalì. Un altro pizzico. Roxas gli afferrò i polsi e lo tirò a sé con forza. Axel atterrò sopra il biondo e gli sorrise malizioso.
- Ehilà, baby! – mormorò in tono seducente, baciandogli la clavicola.
Roxas affondò entrambe le mani nella criniera rossa e strinse leggermente tra i denti il lobo dell’orecchio dell’altro, facendolo rabbrividire.
Le mani di Axel vagarono dolcemente sul petto del biondo e le sue labbra si chiusero su uno dei capezzoli già tesi. La schiena di Roxas si inarcò e Axel sorrise tra sé.
- Siamo sensibili eh? – sembrava molto compiaciuto.
Continuò ad occuparsi dei capezzoli del ragazzo con le labbra, mentre con una mano riprese l’esplorazione di quel giovane corpo, fino a sfiorare in modo delicato la protuberanza sul davanti dei suoi pantaloni.
Roxas trattenne bruscamente il respiro e chiuse gli occhi, tenendoli stretti.
- Sì, esatto, Roxas. Tieni gli occhi chiusi e goditi le sensazioni che stai per provare, perché questo è solo l’inizio –
- Ma io… vorrei anche… - la voce di Roxas era molto roca e si spezzò quasi subito, ma Axel capì lo stesso.
- Ci sarà tempo per quello. Ore, giorni… mesi, se necessario, non vado da nessuna parte –
Mentre gli parlava quietamente all’orecchio, Axel si adoperò a sbottonargli i pantaloni e Roxas sollevò i fianchi in modo collaborativo per permettergli di toglierli. Dopo un attimo di esitazione l’intimo fece la stessa fine.
Axel rimase qualche istante in contemplazione. “Chi l’avrebbe mai detto?”. Considerate le dimensioni del suo corpo, Roxas era ben messo, lì sotto. Non che avesse importanza, ma Axel era abbastanza sicuro che la differenza tra loro fosse minima.
- C’è qualcosa che non va? – chiese il biondo senza aprire gli occhi.
Axel sorrise guardando il viso arrossato da imbarazzo e desiderio del suo ragazzo. Gli piaceva troppo metterlo a disagio, ma non era quello il momento dei giochetti. Li avrebbe riservati per un’altra volta.
Gli sfiorò il viso con le labbra e salì per leccargli leggermente la parte esterna dell’orecchio, circondando finalmente con le dita il suo membro eretto, strofinandolo dolcemente. Quando Roxas aprì leggermente la bocca per emettere un sospiro tremolante, Axel non riuscì a trattenere una domanda curiosa.
- È la prima volta che qualcun altro ti tocca così, Rox? –
Roxas mormorò qualcosa di indistinto e Axel fermò il suo movimento.
- Cos’hai detto? –
Roxas sollevò appena la testa.
- È importante che mi sia già successo oppure no? –
- Nah, solo curiosità. Allora, hai intenzione di rispondere? –
- No – il più piccolo si lasciò cadere di nuovo sul materasso.
- No “non è mai successo” o no “non ti rispondo”? –
Roxas ghignò e richiuse gli occhi.
- Non te lo dico –
Anche Axel ghignò.
- Per me è abbastanza come risposta –
“Non saltare troppo alle conclusioni” pensò il biondo.
Axel ridacchiò e tornò al “lavoro”, tracciando il petto del più piccolo con la mano libera e lasciando una scia di morsetti verso il basso.
Poi all’improvviso Roxas avvertì qualcosa di caldo e bagnato scorrere sul suo sesso e aprì gli occhi di scatto. Axel lo guardò innocentemente dal basso – malgrado la situazione, per ovvi motivi, fosse tutt’altro che innocente – la lingua ancora in movimento. Sollevò un sopracciglio interrogativamente.
- Ti dà fastidio? Smetto? –
- Nooo – gemette Roxas – Continua –
Axel ridacchiò e questo, dato che il rosso aveva scelto proprio quel momento per accogliere il biondo fra le proprie labbra, spedì vibrazioni lungo tutta la lunghezza di Roxas, facendolo gemere più forte. Poco dopo Axel iniziò a fare qualcosa di davvero incredibile e Roxas fremette e si contorse, artigliando strettamente la trapunta leggera.
- Axel – la sua voce era molto roca – Spostati, sto per… -
Ma Axel emise una specie di ringhio e incrementò il ritmo.
Roxas non riuscì a trattenersi. Raggiunse l’apice del piacere con un basso mugolio e rimase lì ad ansimare, sempre ad occhi chiusi. Li riaprì lentamente quando sentì Axel spostargli delicatamente i capelli dal viso e dargli un bacio sulla fronte sudata, distendendosi accanto a lui.
- Grazie – mormorò allora il biondo, nascondendo il viso contro il petto nudo dell’altro in un improvviso attacco di timidezza.
Axel lo strinse a sé e rimasero qualche minuto in silenzio, finchè Roxas si accorse che il rosso era ancora eccitato: ciò che gli premeva contro il basso ventre non poteva certo essere il suo ginocchio, pensò divertito. Si accorse che i capezzoli dell’altro erano a poca distanza dal suo viso e ne stuzzicò uno con la lingua, mentre con la mano scendeva verso l’elastico dei suoi pantaloncini.
Axel, preso alla sprovvista, emise un gemito più sonoro di quanto entrambi si sarebbero potuti aspettare.
Roxas si stava avventurando in un campo sconosciuto: prima di allora non aveva mai toccato un altro ragazzo in modo così intimo, ma quando le sue dita si chiusero attorno al calore pulsante dell’eccitazione di Axel e lui sentì il cuore del rosso battere all’impazzata contro il suo viso, Roxas capì che il più grande era emozionato dal suo tocco incerto non meno di lui.
Ciò lo rese un po’ più sicuro di sé e si prodigò a rimuovere completamente i fastidiosi indumenti superstiti. Poi, dopo un’occhiata al corpo nudo del suo ragazzo, ridacchiò senza riuscire a trattenersi.
Axel lo guardò stranamente e arrossì.
- Cosa c’è? Mi trovi divertente? O ciò che vedi non ti soddisfa? – sembrava un po’ preoccupato.
Roxas gli sorrise dolcemente e gli diede un bacio appassionato, riprendendo la sua precedente attività.
- Niente del genere, anzi hai un corpo semplicemente perfetto e dovresti saperlo. Semplicemente non mi aspettavo un colore così… acceso… anche quaggiù – strizzò leggermente la zona interessata.
- Oooh! Sì, lo so. Uhmf!  È piuttosto imbarazzante – rispose ansimando leggermente.
- Perché? A me piace – sussurrò Roxas, muovendo la mano un po’ più in fretta.
Axel sibilò e inarcò il bacino e il biondo ne approfittò per afferrare con la mano libera una delle natiche marmoree dell’altro, stringendola con una certa forza mentre gli mordicchiava i capezzoli. Quanto aveva sognato questo momento! Finalmente una delle sue fantasie stava diventando realtà.
Axel mugolò e si strinse a Roxas, che notò che il rosso era molto vocale in quei momenti; gli piaceva, gli dava una sensazione di controllo e “dominanza” che di solito non aveva. Sollevò appena lo sguardo e, senza interrompere il movimento delle sue labbra sul petto dell’altro, lo portò all’orgasmo. Axel mugolò vagamente il suo nome, il viso rosso e sudato, gli occhi chiusi e l’espressione stravolta. Era lo spettacolo più dolcemente erotico che Roxas avesse mai visto.
Dopo essersi ripuliti con un paio di salviette, i due si addormentarono l’uno tra le braccia dell’altro.

Roxas si svegliò un’oretta più tardi. Si sentiva intontito e tenne gli occhi ben chiusi. Era molto consapevole del corpo del suo ragazzo accanto al suo e della loro completa nudità a causa di tutto quel contatto di pelle bollente contro pelle rovente.
Aprì gli occhi lentamente. Come già detto Axel era lì accanto a lui, ancora nel mondo dei sogni, tenendolo stretto come un orsacchiotto. Gli venne da sorridere guardando il viso sereno del ragazzo, semi rannicchiato su un fianco. Era proprio dolce.
Roxas si rigirò cautamente nell’abbraccio in modo da poggiare la schiena contro il petto dell’altro, imitandone la postura.
Axel mormorò qualcosa, ma non si svegliò.

Axel fu destato dal suono di un telefono che squillava, seguito quasi subito dalla voce di Roxas, che parlò piano nella speranza di non disturbarlo. Peccato che la persona dall’altra parte non avesse simili scrupoli. Roxas si irrigidì appena.
- Mamma, quante volte ti ho detto di non urlare al telefono? Ci sento lo stesso –
Axel strinse più forte Roxas e gli diede qualche leggero bacio su una spalla. La zona si ricoprì subito di pelle d’oca e il ragazzo, sempre al telefono, gli si rannicchiò contro.
- Sì, sono a casa di Axel, finiamo di studiare e poi mi aiuta ad allenarmi per il torneo di Struggle. Aha. Aha. Aha… no, aspetta, TIDUS COSA?! –
Axel trasalì al grido improvviso.
- No, non si può. Ma mam… mamm… MAMMA! Siamo ad agosto, la palestra non è nemmeno ufficialmente aperta. È diverso, io sono cliente e sono stato invitato. Non sono così sfacciato da chiedere… - Roxas emise un sospiro esasperato.
Axel si mise a sedere e parlò ad alta voce.
- Che succede, Rox? –
- Mio fratello vorrebbe assistere e partecipare al nostro allenamento. Sai, si è iscritto anche lui al torneo –
- Perché no… -
- Eh?! –
- Ma sì, fallo venire, mi prendo io la responsabilità con Lex –
- Uff! digli di farsi trovare davanti a Kingdom Body tra mezz’ora. Può prendere il mio skate, ma se mi ci fa anche solo un graffio me lo ricompra nuovo –
Sua madre disse ancora qualcosa. In risposta Roxas sospirò di nuovo, scosse la testa e passò il telefono ad Axel, che lo prese perplesso, ascoltò per qualche istante e sorrise.
- Anche per me è un piacere sentirla. Come? Ma… uhm… d’accordo Cynthia. Nah, non disturbarti, avrei comunque accompagnato Roxas, sarà un piacere avere anche Tidus –
Roxas spalancò la bocca. Sua madre aveva appena incoraggiato Axel a darle del tu? Sul serio?
Poi Axel boccheggiò e Arrossì. Sì, con la A maiuscola. E iniziò a balbettare.
- Ecco, io… sì, insomma… Va bene, a dopo allora. Ciao –
Axel chiuse la conversazione e si lasciò cadere sul letto a peso morto, ancora molto rosso in viso.
- Che succede? –
- Roxas, hai detto ai tuoi di… noi? –
Il biondo assunse un’aria imbarazzata.
- Beh, no. Non è che mi vergogni di te, solo non mi è sembrato il caso visto che mi sono dichiarato da poco e anche se non voglio fare le cose in segreto… -
Una mano bollente interruppe il suo pigolio agitato.
- Sora? –
Roxas scosse la testa e borbottò qualcosa che gli sembrò un “Sa come la penso”.
- Ok… quindi l’invito a cena non è la scusa per un terzo grado –
Roxas strappò via la mano di Axel dalla propria bocca.
- Ti ha chiesto di darle del tu e restare per cena! Dovrò ricordarle che è sposata –
- O semplicemente farle notare che questo corpo meraviglioso – indicò la propria nudità in tutto il suo splendore – è tuo –
Roxas arrossì, ricordandosi solo in quel momento di ciò che era successo tra loro. Axel sghignazzò, ma si preoccupò enormemente quando anche l’altro emise una risatina maliziosa e quasi malvagia.
- Mio, eh? Giustissimo! –
E all’improvviso un Roxas molto nudo e davvero molto determinato si lanciò su Axel in modo giocoso. Quest’ultimo, credendo che volesse fare la lotta, cercò di divincolarsi, ridendo, ma la risata s’interruppe bruscamente quando le mani di Roxas iniziarono a vagare su tutto il suo corpo e il rosso sentì una specie di piagnucolio emergere dalla propria gola, mentre le labbra dell’altro – e i suoi denti – erano impegnate sulla suddetta zona.
- Roxahhs! Se continuiamo così l’allenamento va a farsi benedire completamente. Lo sai che “sesso” e prestazioni sportive non vanno d’accordo – esclamò, cercando di stroncare sul nascere una nuova erezione.
Roxas ridacchiò e lo lasciò libero, raccattando i propri vestiti e infilandoseli come se niente fosse.
- Hai ragione. Tu fa’ pure con calma, io torno a studiare nel frattempo –
Quando il ragazzo uscì dalla stanza Axel si grattò pensosamente la testa.
Roxas gli era sembrato piuttosto timido all’inizio, ma quando aveva preso l’iniziativa pareva avere un’idea piuttosto precisa di come muoversi; certo, la tecnica andava perfezionata, ma… forse Roxas aveva un po’ di esperienza, dopotutto.
Axel cercò di sopprimere una fitta di gelosia. Chi era lui per lamentarsi, in fondo? Aveva certo avuto molti più amanti di Roxas, con sette anni di “vantaggio”. Già… sette anni e Roxas riusciva comunque a farlo sentire come un ragazzino alle prime armi.
Sospirò e si vestì.

- Sei in ritardo! – sbottò Roxas.
- Dammi tregua, ho rallentato per non rovinare il tuo prezioso skate –
Roxas sbuffò e trascinò Tidus all’interno, dove Axel e Lexaeus li stavano aspettando. Dopo aver presentato il più giovane a Lex – Axel aveva conosciuto Tidus il giorno dopo il suo primo appuntamento con Roxas – il rosso si fece avanti.
- Bene, io e Lex stavamo pensando che, visto che Tidus vuole allenarsi con noi, dovresti prima di tutto combattere contro di lui –
- Vuoi che io mi batta con Tidus? Non se ne parla! –
- Paura di perdere, Rox? –
Roxas roteò gli occhi con un sospiro impaziente, ma per il resto ignorò il fratello.
- Sarebbe una lotta impari – disse invece.
- Fallo e basta, Roxas – lo rimbrottò Lexaeus in tono severo – Potrebbe comunque capitarti di doverlo affrontare durante il torneo –
Roxas ammutolì e scrollò le spalle.
Axel aprì l’armadietto dove tenevano le “armi” di allenamento e Tidus si fiondò su un lungo bastone; Roxas prese la sua solita spada di legno, facendo ridacchiare il fratello, che borbottò qualcosa a proposito di “giocare a fare l’eroe”, mentre invece quella era quanto avessero di più simile a una mazza da Struggle e Roxas voleva farci l’abitudine.
Tidus era più alto e robusto di Roxas e presentava una struttura fisica che sembrava predisporlo per il combattimento, per questo i due istruttori avevano deciso di far lottare quei due uno contro l’altro.
Ma effettivamente il duello non era alla pari.
Tidus aveva costretto Roxas a una posizione di difesa e il ragazzo pareva in difficoltà.
- Roxas! – lo rimproverò Axel – Smettila di trattenerti! –
- Cosa?! – sbottò Tidus, facendo emergere quella somiglianza così rara col fratello – È per questo che sei così deludente? Avanti fammi vedere quello che sai fare veramente, posso reggere! –
- Per quanto tu sia un cretino, Tid, non vorrei farti male. Ma se è questo che vuoi… -
Nel giro di un minuto Tidus era seduto sul pavimento a deprimersi per la sconfitta subita, perché in fin dei conti “Anche io sono cresciuto facendo la lotta con te e gli altri”.
Axel prese due cerchi spinati in legno, con al centro due maniglie a forma di croce e li fece roteare, reggendoli mollemente.
- Spero che Axel ti dia una bella lezione –
- Oh, lo farà sicuramente –
E cominciarono. Tidus seguì l’allenamento a bocca aperta. Non si aspettava certo che quel piccoletto di suo fratello (un “orgoglioso” metro e sessantasei contro l’1,75 di Tidus ancora in fase di crescita) potesse tener testa – anche se con una certa difficoltà) a una forza della natura come Axel. Si voltò verso Lexaeus, che guardava i suoi allievi sorridendo con un certo orgoglio.
- Axel si sta trattenendo, vero? –
Lexaeus scosse la testa.
- Se lo facesse non sarebbe certo di grande aiuto, visto che Roxas vuole un vero allenamento –
E comunque quei due sembravano spassarsela alla grande, lanciandosi reciprocamente affettuosi insulti e ansimando, interrompendosi solo quando uno dei due non riusciva più a trattenere una risata idiota; di solito l’altro seguiva a ruota.
Ciò per qualche motivo sembrava mettere di buon umore Lexaeus, riflettè Tidus, di sicuro c’era un nesso che lui non conosceva.
Alla fine i due decisero di essere troppo stanchi per continuare.
- Oggi abbiamo fatto davvero schifo – disse Axel – Chissà perché… -
- È vero – rispose Roxas – Ma tu hai fatto più schifo di me –
- Sarà, ma io ho due “scuse”, tu solo una –
- Credevo che scherzassi quando mi hai accennato alla prima –
Axel sembrò imbarazzato.
- Avrei preferito anch’io che fosse uno scherzo quando è arrivata la seconda –
Strizzò l’occhio a Roxas, facendolo arrossire e guardare altrove.
Tidus seguì gli scambi incuriosito; Lexaeus invece sembrava piuttosto divertito, soprattutto perché quei due avevano combattuto davvero al di sotto delle loro possibilità, ma in compenso sembravano più complici che mai. Erano una gioia per gli occhi e il modo in cui si guardavano gli fece tornare in mente il periodo in cui lui e sua moglie, dopo sette lunghi anni di amicizia fraterna, si erano accorti di essere pazzamente innamorati l’uno dell’altra.
Lexaeus sorrise al pensiero del loro primo bacio al campo di sopravvivenza: erano sfiniti e sporchi di terreno, ma gli occhi scuri della sua Rita scintillavano come pietre preziose.
Il suo sorriso si allargò. L’indomani sera avrebbe lasciato i bambini a qualcuno per portare sua moglie fuori a cena, decise.
Aprì gli occhi che non ricordava di aver chiuso e si ritrovò a guardare tre giovani visi curiosi a poca distanza dal suo.
- Sei impegnato domani sera, Axel? –
L’interpellato si portò una mano alla nuca e ghignò.
- Oh, Lex, lo sai che sono già fidanzato! –
Roxas fece una piccola smorfia a quelle parole: da quanto tempo Lexaeus sapeva che lui e Axel stavano insieme? Lui aveva lasciato solo intendere che erano buoni amici, quando gli aveva chiesto del compleanno di Axel… Imbarazzante.
Tidus si accorse della strana espressione del fratello e spalancò gli occhi scioccato a quello che credeva di aver capito: a Roxas piaceva Axel, però lui era già impegnato, quindi Roxas doveva accontentarsi della sua amicizia.
“Sì, ma allora quel succhiotto che aveva l’altra volta? Un’avventura?”
Tidus rabbrividì disgustato e decise di concentrarsi di nuovo sulla conversazione.
- … con Dem e Saïx – stava dicendo Axel in tono apologetico.
- Io però sono libero, se hai bisogno – si offrì Roxas.
Lexaeus annuì e ringraziò e in men che non si dica i due fratelli erano sotto le docce dello spogliatoio maschile (Axel era andato nel bagno del personale per non mettere a disagio Roxas).
- Ehi, Rox? –
- Mh? –
- Mi dispiace che… sì, insomma… che Axel… -
Roxas lo guardò stranamente.
- Di cosa stai parlando? –
- Uhm… niente, lascia stare –

- Siamo a casa! – gridò Tidus nell’istante in cui Roxas aprì la porta.
Axel prese un respiro profondo, cercando invano di rilassarsi. Non capiva nemmeno perché fosse così nervoso, in fondo era una semplice cena, i genitori di Roxas non sapevano che erano una coppia.
Che fosse proprio quello il problema?
Roxas sembrò captare il suo nervosismo, perché sorrise incoraggiante e gli accarezzò dolcemente un braccio.
- Oh, non preoccuparti per me, fringuello. Vedrai che farò di tutto per metterti in imbarazzo! –
Roxas si limitò a ghignare sadicamente mentre sua madre faceva capolino dalla porta dello studio.
- Ricorda che sei nel mio territorio – bisbigliò di rimando.
Cynthia si avvicinò con un gran sorriso. Era una donna bassina, con capelli biondo scuro e gli occhi azzurri che aveva passato a Roxas, ma non a Tidus, che li aveva più chiari.
- Axel, da quanto tempo! –
- Yo, Cyn… -
Prima che potesse finire, però, l’energica donna l’aveva preso per il davanti della maglia, tirandolo con forza e costringendolo a piegare la schiena per potergli stampare un bacio sulla guancia.
Whoa!
- Scusami, ma sei così alto! Non capisco come faccia Roxas a guardarti negli occhi senza prendere il torcicollo –
Roxas e Tidus si scambiarono un’occhiata, ma distolsero subito lo sguardo per non scoppiare a ridere alla faccia sconvolta di Axel.
- È lui che deve piegarsi per guardare me, mamma – disse Roxas impassibile.
Cynthia lo guardò confusa, ma si strinse nelle spalle e lasciò perdere.
- Mio marito non è ancora arrivato e manca un po’ per la cena, quindi avete un po’ di tempo da perdere – poi guardò meglio il rosso e gli sfiorò un punto sotto la mandibola – Axel, devi stare più attento quando ti radi –
- Uh? Perché? –
Cynthia frugò in un cassetto e gli porse un piccolo specchio. Axel esaminò il proprio riflesso. Il punto indicato da Cynthia presentava una piccola macchia circolare di un rosso-violaceo. Era proprio la zona in cui…
“Bastardo. L’ha fatto apposta!
- Oh… eh eh eh… pare proprio di sì. Devo avere la pelle delicata – disse imbarazzato.
- Solo a me sembra un succhiotto? – chiese sfacciatamente Tidus.
Axel si portò una mano alla nuca e la grattò furiosamente, sempre più rosso. Roxas guardò altrove borbottando “Tu i succhiotti ce li hai in testa” e “Saranno pure fatti suoi”, cosa che fece inorridire Tidus, chiaramente convinto di aver rigirato il coltello nella piaga.
- Hai ragione, non sono fatti miei. Scusa Axel –
Il rosso sorrise e scosse la testa e Cynthia riprese allegramente.
- Tid, vieni ad aiutarmi con la cena e la tavola –
- Io? Perché non può farlo Roxas? –
- Roxas deve intrattenere il suo ospite –
La donna fece un brusco cenno con la mano per zittire tanto le proteste di Tidus quanto quelle di Axel, che si era offerto di aiutare anche lui. Roxas lo prese per il polso.
- Vieni, ospite, ti intrattengo – ridacchiò aprendo una porta e trascinandolo dentro.
Axel si guardò intorno: così quella era la camera di Roxas. Era tanto interessato che si dimenticò di dare al biondo una tirata d’orecchie per lo scherzetto che gli aveva giocato lasciandogli addosso i segni delle loro precedenti attività.
Una scrivania ingombra di fogli, pezzi di legno semi intagliati e strumenti da falegname – probabilmente presi in prestito da “zio Cid” e mai restituiti – era posizionata contro un muro laterale, su cui erano appese delle foto incorniciate di Roxas con i suoi amici; la foto centrale, sviluppata in formato leggermente più grande delle altre, lo vedeva ritratto con Hayner in una stradina.
I due non erano rivolti verso l’obiettivo, ma si guardavano negli occhi, gli avambracci destri posati l’uno sull’altro e un’espressione insieme intensa e complice sui loro visi. Sulla cornice di legno scuro era inciso a lettere verniciate d’oro, con scrittura un po’ incerta “È una promessa”. In quella foto non dimostravano più di quattordici o quindici anni.
Axel si ritrovò a sorridere accarezzando le lettere irregolari.
- La mia prima incisione – disse Roxas.
- Ne hai fatta di strada – commentò Axel, spostando lo sguardo sul resto della stanza.
Non si soffermò sul piccolo televisore piuttosto impolverato, scegliendo invece di dare un’occhiata alla libreria. In uno scatolone aperto sul pavimento c’erano i vecchi libri di scuola di Roxas, forse in attesa di essere rivenduti o qualcosa del genere. Due mensole centrali erano vuote, probabilmente destinate a libri universitari fotocopiati, da sottolineare e riempire di appunti sulle lezioni e scarabocchi annoiati durante le stesse.
Tutte le altre mensole erano stracolme dei libri più disparati. Libri di fiabe usurati, romanzi fantasy, avventurosi, storici, gialli. Qualche manuale scientifico come astronomia, informatica e, tanto per gradire, psicologia. Alcuni classici della letteratura e alcuni volumi decisamente più strani e inquietanti come “I classici del sovrannaturale”, “I classici dell’occulto” e “I classici della magia nera”. Da tutti i libri, nessuno escluso, spuntavano foglietti e post-it.
Axel si voltò verso Roxas, una domanda che gli bruciava tra le labbra. Fu sorpreso di riceverne la risposta senza nemmeno dover aprire bocca.
- Sono dell’idea che qualsiasi libro, per quanto bizzarro o apparentemente noioso, meriti di essere letto per intero almeno una volta. Gli altri lo sanno e spesso mi regalano qualcosa di decisamente fuori dalle righe – Roxas ridacchiò e indicò i tre volumi che avevano turbato Axel – Hanno pensato che sarebbe stato divertente regalarmi quelli il giorno del mio diciassettesimo compleanno, convinti che non li avrei mai aperti. E dato che non prendevano le mie convinzioni sul serio sai cosa ho fatto? – mormorò cupamente.
- Cosa? – sussurrò Axel, stregato dal racconto. Era affascinante ascoltare gli aneddoti del piccolo biondo.
- Mi sono impegnato a leggerli solo nei giorni “sfigati”, nelle ore più buie. Il che vuol dire ogni giorno 13 e 17 del mese, dopo il tramonto. A qualsiasi ora se era di venerdì. E non dimentichiamo il 31 ottobre e il giorno dei morti. Ci ho messo un bel po’ a finirli –
Axel aprì a caso “I classici dell’occulto” e vi trovò una serie di foglietti con appunti e commenti come “Non ho mai letto tante stronzate in vita mia!” o un più sarcastico “Affascinante, ora sì che ho voglia di buttare in un pentolone code di lucertola e ali di pipistrelli”. Su un foglio giallo c’erano le date e gli orari di lettura dei vari capitoli.
Axel scosse la testa divertito e rimise il volume al suo posto, voltandosi e scorgendo l’ennesimo libro sul comodino di Roxas. Lo riconobbe, era quello che gli aveva regalato lui stesso e dalle pagine spuntavano un sacco di foglietti di colori diversi. Il segnalibro a forma di tigre era tra le pagine di un altro volume lì accanto. Un block notes e una penna erano posati su una cartellina rigida, pronti all’uso.
- Wow, sei un lettore molto accanito. Quali altri segreti nascondi? –
Roxas scrollò le spalle e sorrise.
Mens sana in corpore sano, giusto? E comunque nascondo segreti – la sua voce calò di un’ottava e diventò piuttosto roca – davvero molto oscuri. Vorresti scoprirli? –
Axel lo guardò con gli occhi pieni di un desiderio malamente celato e gli si avvicinò con fare seducente.
- Oh, sì, voglio scoprirli tutti – sibilò, leccandosi le labbra.
Proprio quando erano a meno di mezzo metro di distanza l’uno dall’altro, Tidus aprì di scatto la porta, senza degnarsi di bussare.
- Rox, papà è arrivato, muovete i vostri culi muscolosi – disse allegramente.
E se ne andò, lasciando la porta aperta, ignaro della situazione che aveva appena interrotto. Roxas sospirò.
- Tre hurrà per i fratelli minori. Hip hip… -
Hurrà! – esclamò Axel con entusiasmo.
Lui era un fratello minore, dopotutto.
- Sì, sì, moltiplichiamo per tre… Ora vieni, ci tocca andare, papà ci aspetta –
Improvvisamente Axel si sentì molto meno allegro.


Da-da-dan! Suspense! Sì, vi ho fatti aspettare, ma questo capitolo è stato un parto, un parto molto sofferto per di più. Scrivere scenette yaoi è molto più difficile di quanto sembri, spero di non essere sembrata troppo banale o – ancora peggio – troppo volgare, considerando che il rating è arancione e non rosso. Comunque come vedete quei due non riescono a starsi lontani. E Roxas è un bel birbantello quando ci si mette. Perché sì, questo è il mio Roxas, nella mia fantasia lui è così.
Comunque sono arrivata a una conclusione: questa storia ha una volontà tutta sua e si scrive da sola nella mia testa, perché anche se la trama è quella e non la cambio, certe cose si aggiungono senza che io le abbia mai pensate. Amiche autrici e amici autori (se ci sono maschietti che mi seguono), a voi è mai capitato?
Tanti sentiti ringraziamenti a tutti voi che mi seguite, soprattutto per la pazienza che state dimostrando. Siete davvero tantissimi a leggere questa mia sciocchezzuola e vi adoro tutti!
Baci e abbracci, ci vediamo presto col prossimo capitolo, stavolta per davvero, la stagione è quasi finita e smetterò con gli orari impossibili. Comunque il prossimo capitolo è già tutto scritto, aspetto solo di leggere i vostri pareri su questo, quindi non siate timidi, fatemi sapere! ^^

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Capitolo 13
*** Il torneo ***


La cena fu, tutto sommato, abbastanza tranquilla. “Quasi noiosa” pensò Roxas “Rispetto agli standard di Axel, comunque. Non voleva mettermi in imbarazzo? Beh, potrei sempre farlo io, mi serve solo un’occasione”.
- E la tua ragazza cosa ne pensa del tuo lavoro, caro? – sua madre non era il massimo della discrezione.
- Ehm… - Axel sembrava incerto su come rispondere: se avesse detto che era gay i genitori di Roxas sarebbero subito saltati alla conclusione più ovvia (e veritiera) – In che senso? –
Cynthia gli sorrise.
- Un bel ragazzo come te è sicuramente pieno di ammiratrici –
“Perfetto!”
- E anche di ammiratori – disse Roxas con un ghigno.
Axel rispose con uno dei suoi.
- Ti stai inserendo nel numero, Roxy? –
Roxas arrossì appena. “Accidenti alla sua risposta pronta!”. Ma non mollò.
- Ti piacerebbe, eh? –
Axel gli strizzò l’occhio.
- Lo sai! –
Tidus, che vedeva chiaramente confermati i suoi sospetti, seguì la scena con vaga preoccupazione: non voleva che il suo fratellone soffrisse ancor di più. I loro genitori invece sembravano piuttosto divertiti, soprattutto Eric.
- Questo dovrebbe essere il momento in cui dico “Se fai soffrire mio figlio ti ammazzo”  o qualcosa del genere, non è vero? – scherzò allegro, evidentemente ignaro della situazione.
- Ehm… - fece Axel grattandosi la nuca.
- Mi spiace di darti questa notizia, pa’, ma quello si fa con le figlie. Con le femmine
Tidus non riuscì a trattenersi.
- Perché, tu cosa sei? – scherzò.
Roxas non si scompose, al contrario, il suo sorriso si allargò.
- In tal caso non dovresti proprio andar fiero dell’allenamento di oggi – disse malizioso.
Tidus smise immediatamente di ridere, con grande soddisfazione di Roxas che, senza smettere di sorridere trionfante al fratello, allungò una mano verso la ciotola della frutta e afferrò la prima cosa che gli capitò in mano, che era, ironicamente, una banana. Axel gliela tolse e la rimise al sicuro nella ciotola, sudando freddo.
Tutti lo guardarono perplessi e Roxas trattenne un sorriso sadico. Axel arrossì leggermente.
- Uhm… eh… Rox, niente frutta troppo zuccherina, la sera. È dannosa per l’allenamento, lo sai. Ecco, questa è meglio – fece, posandogli in mano una mela.
Roxas la fissò per dieci secondi buoni prima di ridere e mormorare un “Signorsì!”.
Dopodiché l’addentò con entusiasmo.

Quella sera, dopo essere andato via, Axel chiamò Roxas.
- Ehi – lo accolse la voce preoccupata del ragazzo – È successo qualcosa? –
- No, sono a casa sano e salvo. Volevo solo parlarti e non potevo farlo liberamente a casa tua –
- Oh –
- Roxas, credo sia meglio che tu lo dica ai tuoi –
Silenzio dall’altra parte e Axel fece una smorfia. Accidenti, ciò non prometteva bene.
- Roxas, dì qualcosa –
- Perché… perché tanta fretta? –
- Voglio sapere se gli sta bene che tu stia frequentando un… un uomo più grande di te –
- Non sei tanto più grande e io sono comunque maggiorenne –
Axel esitò.
- Ma sono pur sempre sette anni. E io sono un adulto e tu un ragazzo –
- Ci stai… ripensando? –
- Cosa? No! No, assolutamente! Lo sai, se ci stessi ripensando non suggerirei di dirlo ai tuoi. A meno che non sia tu ad avere dei dubbi –
- No! Io… sono solo nervoso, immagino. Non ho mai parlato delle mie storie a casa –
- Capisco. Ma non potrà essere più difficile di dichiararsi, no? Voglio dire, ormai se lo aspettano –
- Già –
- Rox – mormorò dolcemente Axel – Di norma non insisterei, ma non mi sono mai… uhm… non sono mai stato con un ragazzo (né una ragazza, per quello che importa) così tanto più piccolo. Non sono due o tre anni e… beh, sono spaventato anch’io. Ma non voglio nascondermi –
- Lo so. Glielo dirò prima possibile. Axel? –
- Mh? –
- Ti… - pausa significativa - … ti faccio sapere quando glielo dico –
Quella notte rimasero entrambi insonni a lungo, pensando alla loro conversazione, chiedendosi se quella fosse davvero la decisione migliore o se alla fine li avrebbe allontanati, in caso la reazione dei genitori del biondo non fosse stata delle migliori. Nessuno dei due voleva davvero prendere in considerazione una simile eventualità, in fondo i genitori di Roxas avevano reso chiaro che Axel gli piaceva.
Si addormentarono entrambi alle prime luci dell’alba, uno stravaccato con un braccio a coprirgli gli occhi, l’altro rannicchiato nel punto in cui Roxas aveva dormito il pomeriggio prima.

- … e se hai problemi chiamaci pure – si raccomandò Rita.
Roxas sorrise e li rassicurò. Lexaeus fece un cenno di ringraziamento e i due uscirono.
La piccola Claire, che aveva i capelli di un castano rossiccio come quelli del padre, gli chiese immediatamente di poter guardare un dvd. Roxas le arruffò i capelli e le mise su “Aladdin”.
Nel frattempo Ienzo, otto anni appena compiuti e occhi chiari e indagatori, lo scrutò in sospettoso silenzio.
- Non mi piaci – disse alla fine.
Roxas lo guardò perplesso.
- Uh? –
- Dov’è Axel? Perché sei venuto tu? –
- Axel era impegnato e io sono… un suo buon amico –
Ienzo strinse gli occhi e incrociò le braccia.
- Rispetto la decisione di mio padre, quindi rispetterò te, ma non mi piaci comunque –
- Mi sta bene – Roxas represse una risatina: mai visto un bambino così serio e compunto – Cosa vorresti fare? –
- Mi piace studiare. Axel mi fa fare dei temi quando viene qui –
- Se proprio ti diverte… Ma mi sembri troppo intelligente per un tema a piacere, quindi facciamo così: pensa all’ultimo libro che hai letto, scrivine un breve riassunto, cosa ti è piaciuto, cosa non ti è piaciuto e perché. Che ne pensi? –
- Penso che tu sia davvero amico di Axel, ma lui mi piace di più –
Roxas si limitò a ridacchiare e ad accomodarsi in poltrona con un libro il cui titolo recitava “L’arte di avere sempre l’ultima parola”.
Quando Lexaeus e Rita tornarono a casa trovarono i bambini placidamente addormentati e Roxas che ridacchiava come un matto mentre scarabocchiava furiosamente qualcosa su un post-it arancione.

- Anticipato! Di solito li spostano a data successiva, non precedente! Mancano solo cinque giorni!
Demyx si mise una mano sul cuore e iniziò a cantare.
- Cinque giorni che ti ho perso, quanto freddo in questa vita… -
- Falla finita, è una cosa seria! –
- Sei proprio una primadonna, Axel – commentò Saïx, scuotendo la testa.
- Che dici, Tinto! Io sono un vero uomo! –
I tre si guardarono negli occhi per qualche attimo.
I vicini mandarono la polizia da Saïx con una lamentela di “Schiamazzi notturni sotto forma di risate”.

Axel e Roxas erano a metà strada tra il ring di sabbia e l’università, entrambi molto tesi.
- Mi spiace di non poter essere lì a fare il tifo per te – disse Roxas.
- Questo è precisamente quello che dovrei dire io – ribattè Axel – Ma almeno togliendomi l’esame oggi sarò sicuro di poter assistere al resto delle tue gare –
- Nel caso superassi le eliminatorie, vuoi dire –
- Ho la massima fiducia in te –
- E io in te –
- In bocca al lupo! – esclamarono all’unisono.
Dopodiché uno, tracolla in spalla, si diresse verso l’ateneo mentre l’altro si avviò dalla parte opposta, pronto a sgomitare per emergere tra la folla dei partecipanti al torneo.

Axel guardò scoraggiato la folla in aula. Non poteva crederci, volevano dare tutti l’esame quel giorno? Si afferrò la testa con entrambe le mani: di questo passo si sarebbe davvero perso tutte le eliminatorie, erano lì già da due ore e adesso il professore aveva avuto la geniale idea di fare una pausa caffè e fumarsi anche una sigaretta. Non che non ne avesse il diritto, povero diavolo, anche Axel si sarebbe stancato a morte a sentirsi ripetere sempre le stesse cose, ma la tensione lo stava uccidendo. Strizzò gli occhi e si massaggiò con vigore le tempie.
- Sembri nervoso – fece una voce pacata accanto a lui e il rosso sospirò, senza aprire gli occhi.
- Puoi scommetterci, amico, ho un sacco per la testa, non vedo l’ora di togliermi questo esame. Sai, per quanto la materia possa essere affascinante e il prof un mito mi sto comunque consumando lo stomaco per… ma tu come mai sembri così tranquillo? –
- Forse perché io non devo preoccuparmi delle domande e del voto, solo guardarvi sudare freddo – rispose la voce, decisamente divertita.
Axel spalancò gli occhi e guardò terrorizzato l’insegnante.
- Professore, mi scusi, se avessi saputo non mi sarei mai permesso di… -
- Di fare cosa? Darmi del tu o parlare in tutta franchezza? Rilassati, amico. Tu sei il prossimo, ma sappi che non ci andrò leggero… uhm… -
- Axel Flame –
- Ma tu guarda, proprio lo statino che avevo pescato – ridacchiò l’uomo, mentendo spudoratamente e lo sapevano entrambi.
L’esame fu effettivamente molto impegnativo e il professore gli fece un paio di domande a trabocchetto, cui Axel rispose quasi rabbiosamente, ma andò piuttosto bene e il giovane uscì in tutta fretta dall’aula, cercando di ricordarsi la strada più breve per il ring di sabbia.
Quando finalmente arrivò, trovò l’area stipata di persone che chiacchieravano, ridevano, gridavano e incoraggiavano – o sbeffeggiavano – i partecipanti. Si fece largo tra la folla per arrivare vicino al palco, ignorando alcune rumorose proteste, troppo impegnato nella ricerca di qualche viso conosciuto. Fortunatamente furono gli altri a trovare lui.
Tidus e Sora gli corsero incontro – o, per meglio dire, sgusciarono come anguille nel mare di gente – con aria molto eccitata.
- Sora, Tidus! Datemi notizie! –
- Abbiamo superato le eliminatorie, siamo nei quarti di finale! – sbraitò Tidus, mentre Sora gli saltellava accanto, incapace di star fermo.
- Tutti? –
- Beh, tranne Roxas e Riku che… -
- NON CI CREDO, NON È ASSOLUTAMENTE POSSIBILE CHE ROX SIA STATO ELIMINATO! –
- No, Axel, non è così! È solo nell’ultimo turno delle eliminatorie, tra poco ci saranno gli incontri finali! –
Axel sospirò sollevato.
- Chi altro è passato oltre voi ed Hayner? –
- Un tipo coi capelli rossi, un bruno enorme e un biondo che passa ogni anno – rispose Tidus mentre raggiungevano gli altri.
Axel fece per chiedere se gli ultimi due fossero Rai e Seifer, ma in quel momento un familiare uomo panciuto salì sul palco e le chiacchiere si spensero.
- Per favore, i concorrenti rimasti del gruppo D mi raggiungano sul palco –
I cinque ragazzi lo raggiunsero cautamente, tutti evidentemente perplessi.
- Vi chiederete dove sia il sesto sfidante dell’ultimo gruppo. Ebbene, sono spiacente di annunciare che per problemi di natura personale si è ritirato, appena pochi minuti fa –
Mormorii sdegnati eruppero dagli spettatori. Roxas e Riku si scambiarono un’occhiata interrogativa.
- Ovviamente – proseguì l’uomo – questo ci porrebbe in difficoltà, perché uno di questi baldi giovani rimarrebbe senza avversario. Quindi anticiperemo la fase del “Tutti contro tutti”. Ciò vuol dire che ne rimarranno solo due. Siete pronti? – Cinque cenni d’assenso – E allora let’s… -
- STRUGGLE! – urlò la folla.
Axel fu sconcertato nel rendersi conto che Riku e Roxas si erano gettati l’uno contro l’altro, gli occhi che sprizzavano scintille. Non si sorprese che gli altri se ne tenessero alla larga e lottassero tra loro. Si guardò intorno; gli altri del gruppo non sembravano minimamente sorpresi del comportamento dei due e Axel capì: gli amici, sapendo di essere in inferiorità numerica, stavano prendendo tempo per poter ingaggiare un duello alla pari e si “scontravano” tra loro tenendo al minimo le proprie forze. Infatti appena uno degli altri concorrenti fu dichiarato fuori gioco, Riku e Roxas si posizionarono fianco a fianco per fronteggiare i due rimasti, che fecero due smorfie identiche e decisero a loro volta di allearsi.
Parvero concentrarsi soprattutto su Riku, che a quanto pareva era visto come la minaccia maggiore; ma Roxas intercettò alcuni dei colpi che avrebbero potuto farlo cadere dal ring, rispedendoli agli avversari.
Finalmente sul palco rimasero solo lui e Riku e l’arbitro annunciò il risultato e i concorrenti partecipanti alle fasi successive del torneo, mentre la folla ruggiva impazzita.
- Roxas, Riku! Ben fatto! – esclamò Axel con un gran sorriso quando finalmente il grosso della folla si disperse.
Roxas parve piacevolmente sorpreso e, incurante di tutto e tutti, gli saltò al collo e iniziò a blaterare.
- Ax! Sei qui, non posso crederci! Com’è andato l’esame? È stato difficile? Quanto hai preso? Che domande ti hanno fatto? Quanta gente c’era in aula? Ci hai visti lì sopra? Sai che siamo passati tutti, anche Tidus? È stato grande, il mio fratellino! Ma insomma, perché non dici niente?!
Axel aveva avuto a malapena il tempo di ricambiare l’abbraccio e sollevare il biondo esagitato come fosse un bambino piccolo, prima che il fiume in piena di domande lo investisse.
- Whoa, whoa, Rox! Calmati, mi sembri Sora! –
- Ehi, sono proprio qui! – fece il diretto interessato, come se lui non si fosse comportato nella stessa identica maniera con Kairi, appena sceso dal palco.
Tidus invece spostò lo sguardo dall’uno all’altro, decisamente contento della reazione di Axel e di come si stava comportando nei confronti del fratello e non riuscì a resistere alla tentazione di prenderli in giro. E, chissà, forse perfino dare una mano a Roxy… a modo suo, ovviamente.
- Voi due siete così gay – commentò con un sorrisetto.
Roxas aveva  ancora le gambe avvolte intorno alla vita sottile di Axel, ma si guardò cautamente intorno: tutta la folla era sparita da quella zona e la gente rimasta non stava facendo caso a loro.
Sorrise malandrino al fratello e baciò appassionatamente il suo ragazzo che, dopo un attimo di incertezza, iniziò a ricambiare.
Tidus dovette combattere contro l’impulso sempre più forte di sedersi in un angolo, le ginocchia contro il petto e dondolarsi avanti e indietro mormorando “Fateli smettere, fateli smettere, fateli smettere!”. Invece tutto quello che uscì dalla sua bocca fu un “Oh. Mio. Dio!”.
Axel e Roxas si separarono con un piccolo rumore umido, imbarazzati e Axel mise giù il suo piccolo biondo, che borbottò tra sé qualcosa riguardo ai suoi e a qualcosa da dover fare al più presto.

Quella sera stessa, a cena, Roxas decise di prendere il toro per le corna. Ora che si era deciso niente l’avrebbe fermato. No, neanche il potenziale spreco di cibo.
- Ehi, mamma, papà? –
- Mh? –
- E se… ehm… e se vi dicessi che mi piace qualcuno? –
Tidus tossicchiò e Roxas gli diede un calcetto sotto il tavolo.
- Beh… uhm… Buona fortuna, credo – fece suo padre, a disagio. Come ci si comportava con un figlio gay adolescente che confessava una cosa del genere?
- E se vi dicessi che non ho bisogno di fortuna perché lui mi ricambia? –
- Allora buon per te, Rox –
- Grazie. E… ehm… se vi dicessi che è un po’ più grande di me? –
Sua madre posò la forchetta e lo guardò con apprensione.
- Quanto più grande? –
- Un po’ –
- Un po’ quanto? –
Roxas fissò il proprio piatto e non rispose. Ecco che si arrivava alla parte difficile.
- Roxas. Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Stai uscendo con un adulto? Oh, ti prego, dimmi che non stiamo parlando di quell’uomo con un occhio solo che abbiamo incontrato al ristorante, quello che ti ha chiamato “tigre” –
Questo riscosse Roxas dal suo torpore.
- Xigbar? Oh, no! Diamine, no!
- Roxas! – sibilò Tidus – Falla finita e diglielo prima che ci ritroviamo orfani di madre! –
- D’accordo. Sette anni di differenza –
Roxas chiuse gli occhi e aspettò l’esplosione, che però non venne.
- Beh – disse lentamente sua madre, pur sembrando ancora preoccupata – Suppongo che sette anni siano una differenza d’età ragionevole, considerando che sei maggiorenne e tutto. Cerca solo di assicurarti che lui non voglia, sai, usarti
- Mamma! – esclamò Roxas, indignato – Axel non mi farebbe mai una cosa del… - ma il ragazzo spalancò gli occhi e si schiaffò entrambe le mani sulla bocca: non aveva intenzione di dire chi era il suo ragazzo. Non ancora, almeno.
I suoi genitori lo fissarono a bocca aperta. Eric scosse la testa e continuò ad aprire e chiudere la bocca come un pesce fuor d’acqua.
- Axel? – sussurrò infine, sgomento.
Cynthia ghignò trionfante.
- Visto? Axel è gay. Mi devi 500 munny –
- Dannazione! – esclamò Eric. Ed estrasse il portafogli.

- … e mia madre era tutta “Ah! Te l’avevo detto!” e “Almeno Axel sembra un bravo ragazzo, approvo”. E mio padre era tutto “Accidenti, i miei 500 munny!” e “Ma è così virile!” –
Lacrime scendevano copiose dal viso di Axel mentre rideva, accasciato sulla panchina del parco in cui erano seduti. Gli faceva male la pancia e sperò che Roxas non avesse altre imitazioni dei suoi da fare, perché era già senza fiato.
Gli ci volle qualche minuto per calmarsi, comunque: la risata isterica non era dovuta solo allo strano scambio di battute tra i genitori del biondo e al fatto che avessero scommesso sulla sua sessualità, ma anche dal sollievo stesso della loro reazione pacata – senza contare il fatto che Cynthia avesse pensato a Xigbar, in un primo momento, anche quello faceva sbellicare! Xigbar con Roxas, quella sì che era bella!

Axel camminava allegro per le vie del centro, in cerca di ispirazione per un regalino a Roxas, un pensiero di congratulazioni da dargli in caso di vittoria. O da dargli in ogni caso, non lo sapeva ancora.
All’improvviso una voce sgradevolmente familiare attirò la sua attenzione.
Marluxia gli andava inconsapevolmente incontro, immerso in una fitta conversazione telefonica. Una volta stabilito un riluttante contatto visivo entrambi si immobilizzarono e Marluxia chiuse di scatto il cellulare, senza preoccuparsi di dare preavviso al proprio interlocutore.
- Marluxia –
- Axel –
- Morivo dalla voglia di fare due chiacchiere con te a tu per tu – disse Axel in tono pericolosamente dolce.
- Scusa, Rosso, non sei il mio tipo –
- No, non lo sono. Pare che il tuo tipo siano i ragazzini biondi quindici anni più piccoli di te… Come Roxas
Con sua gran sorpresa Marluxia fece una smorfia sentendo quel nome e sospirò pesantemente.
- Credo di essere stato punito abbastanza per il mio debole nei suoi confronti. E comunque a te cosa importa se ci provo con lui? – fece un sorrisetto – Certo mi sarebbe piaciuto togliermi lo sfizio di portarmelo sotto la doccia e… -
Ma Marluxia non potè finire la frase perché si ritrovò inchiodato al muro più vicino con un avambraccio muscoloso che gli premeva dolorosamente contro la gola.
Accidenti, stavo solo scherzando! – mormorò rabbiosamente, cercando invano di scrollarsi l’altro di dosso – Mi credi davvero così perverso da violentare qualcuno?! –
- In ogni caso – ringhiò Axel con malcelata ferocia – Lascia stare Roxas. E per la cronaca, hai presente quando ti ha detto di essere già impegnato? –
Marluxia annuì, anche se con una certa difficoltà.
Parlava di me! Quindi stagli alla larga e se proprio devi parlare con lui, mi aspetto un tono rispettoso e niente battute a doppio senso o nomignoli. Sono stato chiaro?
Marluxia annuì freneticamente e Axel lo lasciò libero, ma per buona misura gli diede un gran pugno nello stomaco che lo fece piegare in due, lottando per riprendere fiato. Dopodiché il rosso se ne andò senza voltarsi indietro, canticchiando qualcosa che assomigliava a “We all live in a yellow submarine…”, facendo seriamente pensare al più grande che fosse bipolare o qualcosa del genere.

Era un’assolata domenica di metà settembre e quel giorno si sarebbe concluso il torneo annuale di Struggle. I concorrenti erano riuniti davanti al tabellone principale e stavano guardando increduli gli abbinamenti.
- Io sono il primo contro Seifer – commentò Sora sottovoce – Chi è Seifer? –
- Il biondo che arriva ogni anno in finale. Sei sfortunato, So – rispose Roxas, che sembrava piuttosto abbattuto: lui avrebbe affrontato Hayner.
- Beh, farò comunque del mio meglio –
- Lo stesso vale per me! – esclamò grintosamente Tidus, occhieggiando il suo avversario dai capelli rossi.
- Quel Rai sembra un osso duro – Riku sembrava nervoso.
- Non farti intimidire, per essere forte lo è, ma è anche lento e si lascia cogliere di sorpresa facilmente – spifferò Roxas.
- E tu come lo sai? –
- L’ho battuto una volta –
Gli incontri di quelle ultime fasi avrebbero avuto un tempo massimo di 10 minuti ognuna e 30 minuti di pausa tra un incontro e l’altro per permettere ai partecipanti di riprendere fiato. Ciò voleva dire che se non ci fossero stati ritardi il tutto si sarebbe concluso entro mezzogiorno o giù di lì.
- Non trattenerti, Roxas – disse Hayner – Ricorda il nostro obiettivo: quel trofeo nel nostro ritrovo. Ciò vuol dire che solo i più in gamba di noi devono passare, se vogliamo avere possibilità –
- Puoi scommetterci, quel trofeo deve essere nostro! –

Axel guardò i quarti di finale insieme ai suoi amici e a quelli di Roxas, anche se ormai era piuttosto inutile fare quella distinzione, dato che passavano tutti un sacco di tempo insieme, nonostante la differenza d’età.
Sora fu sconfitto da Seifer, con suo grande disappunto. In compenso Riku eliminò Rai senza troppe difficoltà, grazie alle utili dritte di Roxas.
Ogni incontro era di norma preceduto da una stretta di mano tra gli sfidanti, ma Hayner e Roxas preferirono appoggiare i propri avambracci destri l’uno contro l’altro, con identiche espressioni intense e complici sul viso, entrambi estremamente determinati. E ad Axel, che li stava guardando con attenzione, venne in mente quella foto appesa in camera di Roxas e si ritrovò a sussurrare sorridendo.
- È una promessa –
- Sì, è quello che dicono sempre quando assumono quella posizione – disse Olette, tutta intenerita – E se non lo dicono è comunque quello che intendono –
E forse fu proprio per questa loro complicità che Hayner non sembrò affatto deluso quando fu sconfitto dal proprio migliore amico.
Tidus invece sembrò decisamente scornato quando il suo rivale, un tipo di nome Wakka, fu dichiarato vincitore in sua vece per una manciata di punti. Ma il ragazzo non era affatto tipo da tenere il muso, tutt’altro; i due si presero subito in simpatia e parlottarono allegramente per tutto il tempo fino all’inizio delle semifinali.
- Il mio prossimo avversario è il piccoletto? – si lamentò scherzosamente il rosso – Dov’è il gusto della sfida? –
- Ti troverai davanti un boccone anche troppo saporito se lo sottovaluti – rise Tidus, difendendo Roxas – E credimi, parlo per esperienza personale! –
- Perché, lo conosci? –
- È mio fratello –
Riku era deciso a “vendicare” Sora, ma Seifer si limitò a parare molti dei suoi colpi come se fosse un gioco da bambini.
- Sei più in gamba di quanto pensassi – disse ansimando leggermente – Ma questo non ti farà vincere –
E con un gran fendente della sua mazza, Riku era fuori combattimento.
- Accidenti – sibilò rialzandosi e raggiungendo gli amici, che cercarono di tirargli su il morale – Roxas farà meglio ad arrivare in finale, ormai è la nostra ultima risorsa! –
Axel guardò preoccupato verso il palco: sapeva che il suo biondo era in gamba, ma Seifer sembrava decisamente in splendida forma ed era effettivamente più forte di quanto avesse mostrato il giorno dell’iscrizione.

Roxas schivò un colpo diretto alla sua testa e tre delle palline che ricoprivano il suo elmetto caddero rumorosamente. Sorrise divertito: il suo avversario aveva uno stile molto interessante. Si concesse tre interi, preziosi minuti giocando in difesa e tenendo le sue forze sotto controllo per studiarlo, perdendo un’altra manciata di sfere , mentre quelle arancioni di Wakka erano ancora tutte al loro posto.
- Niente male – disse in tono di sincera ammirazione al suo avversario – Ma non posso permettermi di lasciarti vincere. Guarda questo, eh? –
E con pochi, delicati colpi di mazza tutte le palline arancione scuro erano per terra. L’arbitro fischiò.
- Amico, è stato forte! – esclamò Wakka ridendo e porgendogli una manona, che Roxas strinse sorridendo – Buona fortuna per la finale! E, detto tra noi, meglio tu che io, non ero così ansioso di vedermela con Seifer –
Wakka si allontanò, diretto verso Tidus. Roxas continuò a sorridere, gli piacevano le sfide.
Dato che i concorrenti ancora in gioco non erano autorizzati ad andare in mezzo al pubblico, Roxas fu costretto a passare il tempo di ripresa con Seifer, che non perse occasione per stuzzicarlo, usando frasi provocatorie come “Mi sono proprio divertito ad eliminare i tuoi amichetti” o “Spero che tu valga qualcosa con quella mazza in mano. Ma d’altra parte dovresti ben saperci fare con le mazze, non è così?”.
Roxas sorrise divertito all’ultima battuta – se non fosse stato così ottuso e stronzo, Seifer non sarebbe stato male da frequentare, seppur solo platonicamente – e rispose per le rime.
- Beh, può darsi. Comunque per essere arrivato fin qui vuol dire che anche tu hai una certa familiarità con le mazze. Ma forse, per essere così acido, tu usi solo la tua personale da troppo tempo –
I due udirono una risatina e si voltarono, ma non videro nessuno. Poi qualcuno strillò “Setzer!” e all’improvviso il nome fu ripetuto ancora e ancora, in una sorta di cantilena che si trasformò ben presto in un coro da stadio, mentre il giudice di gara annunciava che il finalista vincitore avrebbe avuto la possibilità di affrontare il campione in carica, Setzer.
Una volta sul palco, i due biondi si strinsero la mano.
- Vinca il migliore, Seifer –
- Lo farò di certo* -
E Seifer avrebbe potuto giurare di aver sentito qualcuno tra la folla mormorare “Che razza di sbruffone!”, ma non se ne curò. Né diede granchè credito alle capacità del più giovane, nonostante fosse riuscito ad arrivare in finale durante il suo primo torneo. Era troppo sicuro di sé, per questo.
E gli andò anche piuttosto bene, all’inizio, perché costrinse quasi subito l’altro in una posizione di difesa, ma quando si buttò a capofitto in un attacco, Roxas lo schivò all’ultimo momento, con una repentina capriola all’indietro bilanciata solo sulla mano sinistra, un trucchetto che aveva impiegato settimane per perfezionare, facendosi aiutare da Sora, all’insaputa di Axel.
Quest’ultimo sentì improvvisamente il proprio viso diventare bollente perché la flessibilità del suo ragazzo gli aveva fatto venire in mente pensieri che di casto e puro non avevamo assolutamente niente. Ma non ci si soffermò a lungo perché il piccolo biondo era scattato in avanti con agilità felina e aveva fatto cadere gran parte delle palline gialle dall’armatura di Seifer, che ringhiò e si gettò di nuovo all’attacco. Peccato solo che il tempo a disposizione per il combattimento fosse scaduto…
L’arbitro annunciò a gran voce il risultato – in tono decisamente incredulo – e gli amici del biondo gridarono ripetutamente il suo nome, spingendo altri in mezzo al pubblico a fare lo stesso.
- Roxas, Roxas, Roxas! –
Tutto il resto successe molto in fretta. In men che non si dica Roxas era di nuovo su quel palco, faccia a faccia con il campione.
- Ehi, pesomorto, che ne dici di regalarmi l’incontro? Lasciami vincere e non te ne pentirai – sussurrò Setzer, un uomo dai capelli argentei sui trent’anni.
- Ma fammi il piacere! – sbottò Roxas.
Anche se non avesse promesso ai suoi amici di dare il massimo non si sarebbe mai abbassato a una cosa del genere. Se davvero doveva perdere, preferiva che ciò accadesse in un vero combattimento.
- Tutto ciò che pensi sia giusto è sbagliato –
Ma Roxas non si lasciò confondere e l’uomo fu battuto con una facilità che lo sbalordì. Setzer scese dal palco rosso e decisamente umiliato mentre la folla tuonava il nome di Roxas e l’organizzatore del torneo gli consegnava il trofeo e un cinturone.
Dopodiché i suoi amici invasero il palco e Roxas si ritrovò sollevato a un metro da terra, sostenuto da più braccia di quante ne riuscisse a contare, la folla urlante ai suoi piedi, la Cintura Master legata in vita e le braccia alzate in segno di trionfo che reggevano il pesante trofeo dai quattro cristalli lucenti.
Si accorse solo vagamente che Demyx, Hayner, Sora , Axel e Pence stavano cantando a squarciagola.
- You are the champion, our friend! And you kept on fighting ‘till the end! You are the champion, you are the champion! No time for losers, ‘cause you are the champion… of the town!

- Come promesso – disse Roxas più tardi quel giorno.
Posizionò il trofeo nel ritrovo, su una mensola davanti alla piccola finestra. I quattro cristalli brillarono alla luce del sole.


* Chi ha capito questa citazione? Non viene dal gioco (anche se in KH2 c'è una battuta simile da parte del tipo panciuto), ma da un film della Disney-Pixar. se lo indovinate avrete la mia stima a vita! ^^

Ecco il capitolo del torneo e la vendetta di Axel nei confronti di Marluxia. So che alcuni di voi c'erano un po' rimasti male che Axel non avesse ridotto il pedo-gay a una polpetta, ma non l'aveva fatto su richiesta di Roxas e per rispetto a Lexaeus. E dato che in quest'occasione non c'era nessuno dei due il nostro rosso preferito ha colto la palla al balzo! Del resto questa scena mi è venuta in mente ancor prima di quella in cui Marluxia cerca di baciare Roxas, quindi non potevo non inserirla da qualche parte...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere!
A presto! ^^

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Capitolo 14
*** Una logica che è tutta una grinza ***


Lexaeus ascoltò divertito Axel, che blaterava già da venti minuti abbondanti di come Roxas avesse vinto il torneo. Ormai l’omone era a conoscenza di tutto fin nei minimi dettagli e, pur avendo assistito di persona agli incontri, ben nascosto tra la folla – né Axel né Roxas lo sapevano – si ritrovò a fare domande sullo stile del biondo e dei suoi avversari.
Axel era visibilmente orgoglioso di Roxas e non si curò del capannello di curiosi che aveva intorno, che stavano correntemente ascoltando la conversazione. Alcuni di loro avevano assistito all’evento, ovviamente, e visto come Roxas aveva combattuto erano piuttosto fieri di poter in qualche modo vantarsi di aver visto tutto, anche se in realtà nessuno di loro si aspettava una vittoria.
All’improvviso si udirono fischi e grida, nonché un coro entusiasta di “Roxas, Roxas, Roxas!” e Axel e Lexaeus si voltarono di scatto appena in tempo per vedere un biondo molto imbarazzato che, borsone in spalla, si faceva largo verso di loro, ringraziando timidamente le persone che si complimentavano con lui e gli davano pacche sulla schiena e schivando le ragazze che lo guardavano battendo le ciglia e ridacchiando stupidamente.
Finalmente arrivò davanti ai suoi istruttori e per un po’ i tre non fecero altro che guardarsi sorridendo. Poi, molto lentamente, Roxas aprì il borsone e ne tirò fuori la Cintura Master.
Il sorriso di Lexaeus si allargò.
- Lex, ti dispiace tenerla esposta qui in palestra fino al prossimo torneo? Ho come l’impressione che sia questo il suo giusto posto, non casa mia –
- Temo che sia impossibile, Roxas – rispose Lexaeus e Axel lo guardò come se fosse impazzito. Ma l’uomo fece finta di niente e continuò – Per farti questo favore voglio prima ricevere qualcosa in cambio –
- E sarebbe? –
- Una tua foto da appendere al muro accanto alla vetrina dei trofei –
- Consideralo fatto! – esclamò Axel – Te ne procuro una al più presto! -
Roxas lo fissò tra l’esasperato e il divertito, ma prima che potesse controbattere fu praticamente assalito da Luxord e Xigbar. Anche Marluxia era lì, come spesso accadeva. I tre parevano essere inseparabili durante gli allenamenti, ma l’uomo dai capelli rosa si tenne prudentemente in disparte.
- Eravamo lì, tigre! Sei stato grande! Perché non ci hai detto che avresti partecipato? –
Dato che Roxas era chiaramente immerso nella conversazione con i due uomini, la folla si disperse.
- Beh, zebra, non volevo quel genere di pubblicità. E se poi fossi stato eliminato al primo turno? Che figura ci avrei fatto? –
- Non è andata così, però – interloquì Luxord – Nella vita comunque è tutto questione di abilità e fortuna, non puoi mai sapere quando la signora Sorte smetterà di sorriderti. Prendete come esempio il buon vecchio Setzer: spodestato dal suo trono da un ragazzo che ha poco più della metà dei suoi anni – rise di gusto e poi spiegò il motivo della sua ilarità – Io e Setzer siamo amici da parecchio tempo e proprio il giorno prima del torneo lui si stava lamentando che ogni anno gli toccava affrontare qualche bamboccio che non aveva idea nemmeno di come tenere la mazza. E di come quel Seifer, che pure è molto promettente, non riuscisse mai a sbaragliare i suoi avversari e ad arrivare a sfidarlo. Così ho deciso di proporgli una scommessa per rendergli come minimo le cose più interessanti: se le cose fossero andate di nuovo male, se non fosse riuscito a trovare un avversario alla sua altezza, gli avrei offerto il pranzo una volta alla settimana in un ristorante a sua scelta per un anno intero –
Axel, Xigbar e Marluxia ridacchiarono. Roxas si strofinò il naso per nascondere la propria ilarità.
- Cosa ti ho fatto vincere, invece? –
- Oh, ci sono andato leggero, perché avrebbe anche dovuto sopportare l’umiliazione. Dalla settimana prossima, per tre mesi, lo vedrete qui in palestra con me. Così, giusto per vederlo un po’ a disagio. Questa è una piccola vendetta per tutte le volte che lui ha messo a disagio me con delle belle signorine –
Lexaeus ghignò e si allontanò a passi pesanti.
- Mi dispiace di darti questa notizia, Lux, ma il tuo amico ha cercato di convincermi a lasciarlo vincere. Non so se fosse per paura di essere effettivamente spodestato o perché voleva davvero un anno di pranzi gratis. Effettivamente ora che lo so ha tutto più senso –
Luxord rise e non parve affatto sorpreso.
- Mio giovane amico, è così che Setzer misura i suoi avversari, dalle risposte che gli danno. Se la persona cede è un debole, arrivato in finale solo per pura fortuna. Se la persona risponde in tono spavaldo è troppo sicura di sé e Setzer sa già di avere in mano l’incontro. Poi ci sono le persone che hanno davvero voglia di mettersi alla prova e con quelle ci si diverte, prova a giocare con la loro testa –
- Beh, non è molto abile, in questo – ridacchiò Roxas – Forse gli andrà meglio l’anno prossimo -
Xigbar e Luxord andarono via ridacchiando per occuparsi delle proprie faccende. Marluxia invece era ancora lì.
- Posso parlarti, Roxas? –
Sia Roxas che Axel s’irrigidirono e quest’ultimo lanciò a Marluxia un’occhiataccia di avvertimento. Ma l’uomo scosse la testa e alzò le mani in segno d’arresa.
- Se vuoi puoi restare, Axel, ho di sicuro tanti difetti, ma non attento ai ragazzi già fidanzati. Non quando ne sono consapevole, comunque. Volevo parlargli anche di questo –
Roxas lo fissò in attesa e Axel incrociò le braccia e si fece un po’ indietro, appoggiandosi al muro.
- Vi devo le mie scuse – disse l’uomo umilmente – A te, Axel, per averci provato con il tuo ragazzo. So che tra noi non corre buon sangue e non mi ricordo più nemmeno il motivo, ma non avrei mai cercato di rubare ciò che è tuo – distolse lo sguardo dagli occhi penetranti del più giovane e parve deglutire un boccone molto amaro: scusarsi con il rosso era decisamente umiliante, seppur necessario – E ovviamente a te, Roxas, per il mio comportamento a dir poco inadeguato. Non dovrei nemmeno cercare di giustificarmi, ma… confesso di non sapere mai come comportarmi nelle relazioni. Quando qualcuno mi piace, prima o poi finisco per fare qualcosa di stupido che spaventa il malcapitato di turno. E tu mi piacevi veramente, Roxas, nonostante la… differenza d’età –
- Forse dovresti provare ad essere più te stesso, sai – disse Roxas, pensieroso – Voglio dire, a parte quei tuoi comportamenti un po’… beh, non c’è niente che non vada nella tua vera personalità, quella amante della natura e degli animali e quella che… - Roxas esitò e si grattò la testa, lanciando un’occhiata fugace ad Axel, come per scusarsi di ciò che stava dicendo - … quella che ti spinge a lasciare rose negli armadietti degli altri –
Per la prima volta a memoria d’uomo, Marluxia arrossì.
- Quindi sapevi che ero io. Credevo che avessi pensato a qualcun altro –
- No, l’ho capito subito. Avrei anche voluto ringraziarti del pensiero, ma era difficile e decisamente scoraggiante, visto che tu… -
- Oh, capisco… Quindi mi stai dicendo che dovrei essere me stesso se voglio conquistare quel biondo del laboratorio di ana… - Marluxia s’interruppe bruscamente quando vide Axel roteare gli occhi e Roxas seppellirsi la faccia tra le mani, scuotendo la testa – Ops, questo non dovevo dirlo ad alta voce. Comunque rilassatevi, stavolta non è un ragazzino, anzi, credo che sia qualche anno più grande di me. In ogni caso complimenti per la tua vittoria, Roxas! – e lasciò i due da soli.
Roxas si voltò verso Axel incrociando le braccia.
- Posso chiederti come fa Marluxia a sapere che sono il tuo ragazzo? –
- Puoi chiedermelo – rispose Axel – Solo che non ti prometto di risponderti –
- Axel! –
- Scusa, ora devo tornare al lavoro – cinguettò il rosso. E scappò via.
- Sappi che non finisce qui! – sbraitò Roxas, agitando le braccia e facendo ridere alcuni ragazzi che si allenavano lì vicino.
A quanto pareva diverse persone avevano origliato la conversazione, perché gli furono rivolti parecchi sorrisini di apprezzamento e un ragazzo arrivò fino al punto di avvicinarlo.
- Ehi, Roxas! –
- Ehm… ciao? –
- Mi chiamo Terra – si presentò il ragazzo – Non ho potuto fare a meno di ascoltare e… beh – si guardò in giro, come per assicurarsi che nessuno stese prestando loro attenzione e abbassò la voce in modo che solo Roxas potesse sentire – Tu e Axel siete una bella coppia. Sai, entrambi sexy da morire, vi siete scelti proprio bene. Poi, un biondo e un rosso… ecco, non vorrei farti pensare che voglio provarci con te o con il tuo ragazzo… -
- Per quello è già troppo tardi, amico –
- Ops… quello che volevo dire è che se mai aveste il desiderio di… uhm… trovare un “compagno di gioco” io sono disponibile. Sai, il biondo, il rosso e il bruno. Beh, niente pressioni, eh? Nel caso sai dove trovarmi –
Roxas lo fissò accigliato. Poi strinse gli occhi in modo pericoloso.
- Stai attento, Terra, Axel non è l’unico ad essere geloso –
- Beh, come ho detto, non punto solo uno dei due, ma se me lo chiederete verrò da voi. O, ancora meglio, con voi. Solo se richiesto, però. Ci vediamo, bellezza! –
Roxas rimase lì a guardarlo allontanarsi. Poi si affrettò verso la stanza del personale.
- Che ci fai qui dentro, soldo di cacio? – gli chiese Xaldin, uno degli altri istruttori.
- Ecco, io… -
- Credo sia qui per me, Xal –
Xaldin sbuffò e tornò al lavoro. Con grande sorpresa di Axel, Roxas si chiuse la porta alle spalle e gli si avvicinò fino a ritrovarsi a non più di cinque centimetri di distanza da lui.
- Ehm… per quanto mi piaccia l’idea, temo che dovrai aspettare fino alla fine del mio turno. Poi se vuoi ti trascino a casa mia per i capelli per fare sesso selvaggio contro il frigorifero, facendoti urlare talmente forte da scandalizzare i vicini – sussurrò Axel in tono seducente.
Roxas arrossì con tanta intensità da far avvertire il suo calore perfino a quella (seppur minima) distanza.
- Ottimo, la seconda proposta indecente nel giro di un minuto. Anche se devo dire che la tua mi piace molto di più –
- Bene! – esclamò allegramente Axel – Allora sulla via di casa mi procuro… aspetta, aspetta un po’… chi altro ha osato farti una proposta indecente? –
- In realtà era rivolta a entrambi. Sai, del genere “il triangolo no, non l’avevo considerato” –
- Però, sai, in quella stessa parte Renato dice “d’accordo ci proverò, la geometria non è un reato” –
Insieme cantarono “Garantisci per lui. Per questo amore un po’ articolato, woo!”
Poi Roxas si accigliò.
- Il tipo è quel ragazzo alto e bruno. Si chiama Terra. Non vorrai mica prenderlo in considerazione, vero? Perché nel caso puoi anche trovarti un altro ragazzo… -
Axel sbuffò.
- Macché! Può anche andarsene a masturbarsi con un porno, quel pervertito, non ho nessuna intenzione di dividerti con lui –
- Ottimo, nemmeno io ho intenzione di dividere te con lui. Né con altri –
Roxas lasciò la stanza senza aspettare una risposta e si rifece vivo solo alla fine del suo allenamento, grondante di sudore, per ricordare ad Axel che quella sera avevano appuntamento con Saïx e Demyx.
- Uffa, proprio oggi che mi avevi dato il via libera per intrufolarmi nel tuo intimo – si lamentò scherzosamente il rosso, sollevando lo sguardo da una scheda che stava compilando – Nah, scherzo. Ti dispiace chiamarli e avvisarli che oggi sono stanco e che quindi non ho energia per altro che non sia vedere un film tutti insieme? –
- Casa tua? –
Axel annuì e gli lanciò le chiavi.
- Fatti la doccia direttamente lì, ok? Oggi non mi fido affatto degli spogliatoi, soprattutto perché ho visto che anche Terra ha appena finito di allenarsi –
- Ricevuto. Ci vediamo più tardi –
Axel guardò Roxas andare via rigirandosi le chiavi tra le dita e sorrise tra sé. Quella volta che era stato a casa del biondo, mentre uscivano dalla sua camera per andare a cena, Axel aveva notato una grossa chiave vecchio modello appesa ad un chiodo vicino alla porta. Era di dimensioni abnormi, come se fosse stata creata per aprire un lucchetto gigante o qualcosa del genere.
- Quella cos’è? – aveva chiesto.
Roxas era scoppiato a ridere e, stranamente, aveva guardato alternativamente da lui al pezzo di metallo, come soppesando la risposta.
- Quella è la Chiave del Destino – aveva risposto infine, senza smettere di ridacchiare.
Da quel momento in poi Roxas aveva iniziato a collezionare oggetti a forma di chiave – un astuccio che aveva trovato in un mercatino dell’usato, una lente d’ingrandimento, perfino un piccolo peluche di Topolino che ne brandiva una come se fosse una spada. Quando si parlava di strane abitudini…
Eppure Axel si era scoperto sempre più spesso a curiosare nei mercatini delle pulci in cerca di altre cosucce del genere, fino ad allora senza successo.

Roxas sospirò mentre impastava con vigore. Come si era ritrovato in questa situazione? Perché stava “giocando alla piccola massaia”?
“Stupido Axel e stupidi amici che ti fanno gli occhi dolci attraverso un telefono!” pensò bonariamente.
Proprio così, Demyx l’aveva costretto a promettere che, in cambio della loro mancata cena in pizzeria, ci sarebbe stato comunque qualcosa da mangiare. Un pasto vero, non dei semplici stuzzichini. E Roxas aveva promesso. Dopo aver approfittato della doccia di Axel – con annessi e connessi – aveva dato un’occhiata a frigorifero e dispensa, sospirato profondamente e deciso di fare un salto al supermercato, dove aveva preso farina, lievito, formaggio e carne macinata.
Una volta ritornato all’appartamento aveva deciso che sarebbe stato lui a preparare tutto. Certo, Axel era un cuoco più che decente, come aveva avuto modo di scoprire in parecchie occasioni, ma il rosso era ancora al lavoro e probabilmente sarebbe stato completamente spossato alla fine del suo turno. Era in quel modo che Roxas era finito con le mani affondate nel morbido impasto con cui avrebbe preparato una pizza alla carne.
Sì, certo che Roxas sapeva cucinare. Non che gli piacesse fare queste robe da casalinga, semplicemente era stato costretto a imparare. Proprio così, un bel giorno, quando Roxas aveva diciassette anni e Tidus quindici, Cynthia li aveva portati in cucina e aveva cominciato con le lezioni. Il motivo era semplice: c’erano occasioni in cui entrambi i loro genitori erano costretti a partire per lavoro anche per diversi giorni di seguito e la donna si era stufata di dover lasciare parecchi pasti pronti, né poteva permettere che i suoi bambini mangiassero solo schifezze in sua assenza.
Roxas non amava cucinare. Tidus lo detestava con tutte le sue forze, nonostante il fatto che, se solo avesse voluto, sarebbe stato un cuoco molto migliore del fratello. Ma vista la situazione i due avevano fatto il patto che, se fosse stato sempre il maggiore a cucinare, sarebbe stato sempre Tidus a preparare la tavola, sparecchiarla e fare i piatti. Così Roxas non si era mai lamentato.
Quando Axel tornò a casa, intorno alle otto, trovò la tavola apparecchiata per quattro e una grossa teglia posata sul fornello, coperta da uno strofinaccio. Annusò soddisfatto e non riuscì a trattenere un sorrisetto.
- Tesoro, sono a casa! – annunciò ad alta voce.
- Lo so, idiota, ti ho aperto io! – sbottò Roxas, fingendosi estremamente irritato.
Axel ghignò, ma gli diede un dolcissimo bacio sulle labbra.
- Sto scherzando, mi fa piacere vedere che hai preparato qualcosa. A proposito, come mai? –
Roxas spiegò.
- Oh, giusto, hai dovuto comprare la roba per cucinare, io non avevo niente in casa. Quanto hai speso? –
- Niente – rispose Roxas, determinato – Ho sedotto la cassiera e lei si è dimenticata di farmi pagare –
Axel sorrise e scosse la testa. Non si degnò nemmeno di insistere perché Roxas era testardo e lui non aveva la forza di discutere per sentirsi parlare di “ospitalità”, “rapporto paritario”, “fare un po’ ciascuno” e “solo perché sei più grande di me non vuol dire che devi essere solo tu a viziarmi, ogni tanto posso farlo anch’io con te!”. Non avrebbe mai potuto vincere, stanco com’era.
Si lasciò cadere sul divano con un sospiro e attirò il biondo con lui, abbracciandolo stretto. Roxas annusò con piacere l’odore caldo e pulito che il rosso aveva sempre addosso. Questa volta c’era anche un accenno di profumo di bagnoschiuma al muschio bianco. Evidentemente si era fatto la doccia sul lavoro.
- A proposito di seduzione… -
- Mh? –
- Ho convinto Terra a lasciarci in pace –
- Come? –
Axel ghignò soddisfatto.
- Gli ho detto che ci piace il sadomaso. E che cercavamo da tempo un nuovo compagno di giochi da seviziare, visto che il nostro ultimo giocattolo si era rotto troppo in fretta. Poi l’ho invitato a seguirmi –
Roxas scoppiò a ridere, seguito a ruota da Axel. I due si divertirono per un po’ a immaginare possibili scenari con cui far spaventare ulteriormente il bruno – che cattiveria! – poi cianciarono di altri stupidi argomenti, completamente irrilevanti.
I due ridacchiarono per l’ennesima volta, scambiandosi un bacio di tanto in tanto, godendosi gli ultimi attimi di beata solitudine: ormai Demyx e Saïx sarebbero arrivati a momenti.
- Ti amo, Axel – sospirò Roxas, guardandolo sognante, la testa poggiata pigramente sullo schienale del divano.
L’altro fissò il biondo con espressione decisamente confusa. Poi i suoi occhi si dilatarono appena mentre Axel arrossiva, solo per impallidire a velocità impressionante subito dopo. Senza dire una parola si alzò, afferrò le chiavi e uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle con un click soffocato.
Roxas rimase lì immobile, chiedendosi che diamine fosse successo. Perché se n’era andato così? Forse l’aveva detto troppo presto? Ma non avrebbe dovuto fargli piacere? E comunque, che motivo c’era di reagire in quel modo?
Mentre il biondo si rigirava queste domande nella testa, suonò il campanello.
Roxas balzò in piedi e si fiondò ad aprire, convinto di trovare sulla soglia un Axel che si grattava nervosamente la nuca, mostrandogli un sorrisetto imbarazzato.
- Ax, che cosa…? –
Invece si trovò davanti Demyx e Saïx.
- Ehilà, interrompiamo qualcosa? –
Roxas scosse la testa e si fece da parte. Chiuse la porta alle loro spalle e tornò a sedersi sul divano, mentre Demyx chiamava allegramente l’amico assente.
- Ehi Ax! Axeeeeeeel!  -
Saïx invece prese posto accanto a Roxas e lo fissò con sguardo penetrante.
- Lui dov’è? –
- Non ne ho idea –
Roxas aveva un’aria piuttosto ferita e Saïx gli si avvicinò e gli circondò le spalle con un braccio.
- Cos’è successo? –
Nel frattempo Demyx si unì a loro, stranamente serio.
- Non ne sono sicuro. Eravamo qui, stavamo chiacchierando, eravamo così tranquilli… Poi lui si è alzato ed è andato via –
I più grandi si scambiarono un’occhiata significativa.
- Gli hai detto qualcosa di sentimentale? Hai pronunciato la parola con la “A”? –
- Sì, l’ho fatto. E con questo? –
- Ad Axel non piace sentire frasi del genere, ne è a dir poco terrorizzato… -
- … questo perché ogni volta che una persona davvero importante per lui gli ha detto quelle parole, poi l’ha lasciato in modo particolarmente doloroso o senza un valido motivo poco tempo dopo – concluse Saïx.
- Gli è rimasto il trauma – spiegò Demyx – Ma non devi prenderla sul personale, il fatto che lui non lo dica non vuol dire… -
Ma Roxas lo interruppe.
- Non volevo che me lo dicesse anche lui, Dem, so che ci tiene a me, me lo dimostra ogni giorno, semplicemente mi andava di dirlo e l’ho fatto –
- E lui è scappato. Questa è una cosa che di solito non fa, qualunque sia la circostanza –
- Ma non sono altro che parole. Voglio dire, nonostante tutto, che senso aveva andarsene così? Ferire per non essere feriti? Questa logica è tutta una grinza! –
- Roxas… -
- No, ragazzi, è tutto a posto. Beh, più o meno. Penso che me ne andrò a casa. Sul tavolo c’è una pizza di carne, non fate complimenti, eh –
E, senza aggiungere  parola, Roxas fece un piccolo cenno di saluto agli altri due e uscì a sua volta.

- Aerith, dimmi che sono un idiota –
- Sei un idiota – rispose prontamente sua sorella.
- Grazie Aer… - cominciò Axel, ma la ragazza proseguì.
- … un cretino, un imbecille, deficiente, uno scimun… -
- Grazie, sorellona – interruppe Axel, trattenendosi a stento dal riagganciare – Mi fanno sempre piacere le tue dolci parole di conforto –
- Figurati, quando vuoi. A proposito, come mai? –
- Temo di aver fatto una cazzata stratosferica e avevo bisogno che qualcuno me lo dicesse. E so di poter sempre contare su di te, per quello –
- Ma certo che puoi! Comunque, se dovessi aver bisogno di parlare di questa cazzata che hai fatto, vieni a trovarmi un pomeriggio di questi, d’accordo? –
- Lo farò, grazie –
E si salutarono. Dopodiché Axel entrò nel suo appartamento, carico di determinazione. Non fu affatto sorpreso di vedere Demyx e Saïx sul suo divano.
- Dov’è Roxas? –
- Sul tuo letto ad aspettarti, Ax – rispose seccamente Demyx che, nonostante il carattere gioviale, non si tirava affatto indietro se c’era da bacchettare qualcuno – Lo troverai lì nudo e con le mani in tasca –
- Capisco – disse piano Axel, accettando il vago rimprovero a testa bassa.
Poi afferrò il telefono e inviò una nuova chiamata. Naturalmente gli rispose l’odiosa vocetta registrata che lo tormentò con il suo “L’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La invitiamo a riprovare più tardi, grazie”.
Alla fine, numerosi tentativi più tardi, Saïx insistette perché tutti loro mangiassero qualcosa.
- Non ho fame – rispose prevedibilmente Axel.
- Ma è la pizza che ha preparato Roxas – lo incoraggiò Saïx con voce insolitamente dolce.
- Ancora peggio –
- E vuoi lasciare che il suo lavoro vada sprecato, Ax? Sono abbastanza sicuro che l’abbia preparata più per te che per noi, come minimo dovresti sforzarti di apprezzarla. Per lui –
E Axel ci provò. Boccone dopo boccone la pizza passò dal piatto nel suo stomaco e non fu nemmeno lontanamente difficile come aveva immaginato, tanto che ne prese anche una seconda porzione. Dopotutto, otto ore di lavoro mettevano un certo appetito, qualsiasi cosa pensasse e provasse la persona in questione e non si può davvero dire di no alla pizza. Ma il rosso continuò a battere in fretta le palpebre per tutta la durata del pasto, come se gli fosse entrato qualcosa in un occhio. I suoi due amici non commentarono e non provarono a rassicurarlo. Nessuno di loro sapeva esattamente cosa sarebbe successo e la politica del trio era “essere sinceri e non dare mai false speranze, né fare promesse che non si è sicuri di poter mantenere”.
Alla fine Axel si chiuse in camera sua, invitando gli amici a fare con calma, ma chiedendo loro di lasciarlo solo perché “aveva bisogno di pensare”. I due si scambiarono uno sguardo quando sentirono emergere dalla porta della camera da letto del rosso un singhiozzo soffocato, seguito da qualche altro suono del genere e diverse imprecazioni. Ma rispettarono i desideri dell’amico e lo lasciarono stare. Se ne andarono subito dopo aver messo in ordine.

Ed eccomi di ritorno con un nuovo capitolo. Sì, lo so, sono in un ritardo a dir poco spaventoso e non inizio nemmeno a scusarmi perché mi pare di non avere scuse. Mi sono semplicemente lasciata sommergere dai progetti dell’altra mia long in corso (no, non spammo XD) e, lo confesso, dall’ispirazione travolgente di una nuovissima long, che però ho promesso a me stessa di non pubblicare finchè non avrò finito questa e sarò arrivata a più della metà dell’altra. Nel frattempo godetevi questo nuovo pezzo di storia (e possibilmente non odiatemi troppo per aver interrotto il capitolo in questo modo). Prometto che pubblicherò un altro capitolo nel giro di pochi giorni, perciò, vi prego, mostratemi che – a differenza mia – ci siete e mi avete perdonata (vi prego! :’( )
Ottima notizia, comunque, vi adoro tutti, perché siete tutti meravigliosi e, lo so che non ho risposto alle vostre recensioni e ve ne chiedo umilmente perdono, ma sono davvero tantissime. Ringrazierò di nuovo tutti uno per uno ripartendo dalle recensioni per questo capitolo, ma sappiate che tutti i vostri commenti, dal primo all’ultimo, mi hanno fatto sorridere. Ma non solo i commenti, anche la lettura silenziosa dei capitoli, dai più datati ai più recenti, senza contare il silenzioso apprezzamento di tutti voi che mi avete messo questa storia tra le preferite.
Grazie di cuore, a tutti voi! 

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Capitolo 15
*** Campo di sopravvivenza ***


Nei giorni seguenti la situazione non cambiò. Il telefono del biondo era sempre spento e, quando non lo era, squillava a vuoto. Poi entrava in funzione la segreteria. Anche perché Roxas aveva preso l’abitudine di non rispondere a numeri sconosciuti o privati, temendo che fosse Axel. E aveva ragione.
- Rox, sono di nuovo io. Quando la smetterai di evitarmi? Andiamo, dovremo pur chiarire questa situazione, prima o poi. E mi rifiuto di farlo per telefono, soprattutto tramite messaggio registrato! Urgh… Diamine, Roxas, è già passata una settimana. Accidenti, spero che tu stia continuando ad allenarti, nel frattempo, visto che non stai venendo in palestra. Beh, in realtà questo non c’entra. Senti… richiamami, ok? –
Roxas sentì il messaggio, ma non richiamò. Si limitò a prendere a pugni un cuscino.
“Ah, adesso vuoi parlare? E perché non l’hai fatto quando ne avevi la possibilità? Perché non mi hai detto prima di evitare certe frasi, con te? Perché te ne sei andato, se secondo i tuoi amici tu non scappi mai? Perché, Axel?
Tidus lo guardò con aria apprensiva dalla porta socchiusa, attento a non farsi scorgere. Il fratello non era un tipo violento, dopotutto, anche se gli piaceva lottare. E il fatto che si stesse sfogando così piuttosto che intagliando pezzi di legno – cosa che faceva quand’era molto stressato – era indicativo. Poi chiamò Sora e gli raccontò tutto, come il cugino – all’insaputa di Roxas – gli aveva chiesto di fare.

Un paio di giorni dopo Axel decise di chiamare Hayner per chiedergli “udienza”. Forse avrebbe dovuto farlo prima, ma sperava che la situazione si sarebbe risolta da sola. Soprattutto perché temeva la reazione di Hayner se fosse venuto a conoscenza dell’accaduto. Ma d’altra parte a mali estremi, estremi rimedi, giusto? Il ragazzo lo invitò nel loro ritrovo. Quando Axel arrivò lì scoprì che anche Sora era presente.
- Lui che ci fa qui? – chiese il rosso, ma non era infastidito, solo sorpreso e confuso.
- Beh, ti farà comodo anche lui, visto che è uno dei pochi che conoscono Roxas davvero a fondo. Come me –
- Come sai che si tratta di lui? –
- Per quale altro motivo mi avresti chiesto di vederci, altrimenti? –
- Ehm… il piacere della tua compagnia? – ghignò Axel, per nascondere il proprio disagio.
- Cazzate – sbuffò Hayner – Sappiamo che c’è qualcosa che non va, ma lui si è rifiutato di parlarcene -
- Ma so da fonte certa che è a dir poco furioso – aggiunse Sora.
- D’accordo, carte in tavola: Roxas mi sta evitando perché mi sono comportato da cretino e io voglio chiarire –
Sora e Hayner lo fissarono interrogativi e Axel raccontò riluttante ciò che era successo – usando un lungo giro di parole per non dover ripetere quelle che Roxas aveva pronunciato – temendo che Hayner da un momento all’altro gli avrebbe urlato contro, testa calda com’era, soprattutto quando si trattava di Roxas. Ma il ragazzo lo sorprese scuotendo il capo e commentando con un vago “Gli passerà”.
- Non cercarlo più – aggiunse Sora.
Axel aprì la bocca per protestare, ma Hayner scosse di nuovo la testa e lo fissò torvo. Ecco una piccola parte della reazione che temeva.
- Rox non è una ragazza, non ti sta ignorando per ricevere attenzioni. Ti sta ignorando per non dire o fare cose di cui potrebbe pentirsi. Non che non abbia ragione ad essere arrabbiato con te –
Axel si morse le labbra e abbassò la testa con aria colpevole.
- Infatti – rincarò Sora, ignorando le ultime parole di Hayner – Non avrai mica pensato che Roxas fosse tutto pregi, vero? È una testa calda, proprio come Hayner. Scusa, Hay, ma è così. Solo che mentre Hayner si arrabbia facilmente ma dopo dieci minuti gli è passata, a Roxas ci vuole molto per perdere la pazienza e molto di più per sbollire la rabbia. Soprattutto se è anche ferito. Quindi dagli tempo e lascia che sia lui a cercarti. Lo farà, alla fine, credimi –
- Grazie, ragazzi –
- Figurati – fece  Hayner in tono burbero e scontroso – Si vede che ti dispiace sul serio. Beh, mi sembra il minimo. Ma comunque Rox non si affeziona a chiunque, quindi se lui decide di darti un’altra possibilità come penso, posso benissimo farlo anch’io. Ma vedi di non sprecarla –
E Axel seguì il consiglio, anche se con una certa difficoltà.

I giorni passavano lenti e ovviamente anche Roxas sentiva la mancanza del suo ragazzo e dei bei momenti che avevano sempre passato insieme. E si ritrovò a pensare al giorno che aveva trasformato la loro amicizia in qualcos’altro.
Ma ora Axel aveva smesso di farsi sentire e Roxas cominciò a temere che avesse rinunciato a far pace. Il pensiero gli fece mancare il respiro: e se Axel dopotutto non avesse avuto più intenzione di avere pazienza con lui? Forse Roxas aveva perso la sua possibilità di riavere il suo dolcissimo rosso. E se poi magari qualcun altro avesse preso il suo posto? Qualcuno come Terra? Non poteva permettere una cosa del genere, doveva fare qualcosa! Sì, ma cosa?
Roxas pensò che una passeggiata l’avrebbe aiutato a schiarirsi le idee e a decidere sul da farsi.
Fu questo che lo spinse ad abbandonare i libri in cui si era rifugiato per recarsi alla torre dell’orologio, combattuto tra il desiderio di chiamare Axel e la paura di dirgli qualcosa che non pensava sul serio. Sospirò pesantemente.
Mentre era ancora sugli ultimi gradini verso la terrazza, sentì una voce conosciuta. Ops…
“Ce l’hai con me, vero Karma?!”
- … no, non ancora. Credimi, sto facendo del mio meglio. Sì, così mi hanno detto! Di aspettare, dargli il suo spazio… -
Roxas capì che Axel parlava di lui. E che i suoi stessi amici avevano consigliato al rosso come comportarsi per costringere Roxas a cercarlo per chiarire la situazione. Sapeva che avevano agito con le migliori intenzioni, ma lo visse lo stesso come un tradimento. Ma il tono di Axel era stanco e dolente e il biondo sentì l’improvvisa ondata d’irritazione che l’aveva sommerso abbandonarlo all’istante.
- Sono i suoi migliori amici, mi fido di loro. Posso solo sperare che lui ci tenga abbastanza da perdonarmi per la cazzata che ho fatto, alla fine. Grazie, Dem. Ci sentiamo –
Roxas diede una sbirciata alla scena: Axel era solo sulla terrazza deserta, seduto al suo solito posto sul davanzale, un ginocchio contro il petto come al solito e lo sguardo vacuo fisso all’orizzonte. Lo udì sospirare. Poi parlò di nuovo, in tono un po’ amaro.
- Ehi Roxas, scommetto che non sai perché il tramonto è rosso – fece una pausa, come per attendere una risposta, che però non venne. Sospirò di nuovo e proseguì - La luce è formata da molti colori e il rosso è quello in grado di arrivare più lontano –
Roxas ricordava bene quella conversazione: risaliva ad una delle loro prime uscite. Quanto avevano riso quella sera! E Axel, tra le altre cose, gli aveva detto quelle esatte parole. E Roxas aveva risposto…
- Chi te l’ha chiesto?!? Sapientone – si sentì parlare ancora prima di rendersene conto.
Axel sobbalzò visibilmente e si voltò di scatto.
Roxas!
- È bello vedere che ti ricordi il mio nome, ma se hai solo quello da dire, allora è meglio se stai zitto –
Il rosso assunse un’espressione ferita e Roxas si grattò la testa.
- Accidenti, mi è uscito di bocca in modo sbagliato. Dimentica tutto, okay? –
Axel annuì e il biondo prese posto accanto a lui.
- Mi dispiace, Rox –
- Lo so –
- Quando me l’hai detto mi sono… fatto prendere dal panico. Non sapevo cosa fare, capisci, quelle parole per qualche motivo hanno sempre decretato la fine delle mie relazioni e non potevo e non potrei sopportare se questo accadesse anche con te. Mio Dio, non ho grammaticalmente senso!
- So anche questo. Uhm, non la parte grammaticale, quello che hai detto prima –
- Puoi sopravvivere senza sentirmi dire cose del genere? –
- Solo se non scappi più quando te le dico io –
Axel lo guardò interrogativo e Roxas sospirò.
- Non mi importa se tu non mi dici cazzate romantiche, Ax, ma ogni tanto io avrò voglia di dirle a te. Non sempre, solo ogni tanto e non significherà mai che sto per lasciarti. A meno che io non ti becchi con un altro, mi sembra ovvio. Per quello non c’è amore che tenga. Ma non mi metterei a comporti poemi in una circostanza del genere, non ha senso, mi limiterei a un semplice “Vai a cagare, stronzo!” –
- Non c’è pericolo che succeda una cosa del genere –
- Comunque non mi aspetto affatto che tu mi risponda, in quei casi. Nemmeno con un “anch’io” o “idem” o cose del genere. Credimi, non è necessario, basta molto meno per capire se per te è lo stesso oppure no. E io già so ciò che mi serve sapere –
Axel fece un mezzo sorriso ed entrambi rimasero a lungo in silenzio a guardare il tramonto, godendosi la reciproca compagnia. Ad un certo punto una testa munita di una folta chioma rossa si adagiò contro una piccola spalla, come in cerca di protezione.
Roxas sorrise e affondò il viso in quei capelli soffici – malgrado le apparenze – e vaporosi, che odoravano sempre come di pane appena sfornato.
- Axel – sussurrò infine – Sono entrato ad odontoiatria. Le graduatorie sono uscite tre giorni fa. E adesso che abbiamo risolto tra noi direi che è il caso di festeggiare. Mangiamo fuori, domani sera? –
- Solo se offro io! – esclamò allegramente il rosso, raddrizzandosi di scatto e sorridendogli in modo piuttosto goffo.
Roxas rise, contento che fosse tornato tutto alla normalità.

C’era un gran fermento quella sera, in palestra. Yuffie stava affiggendo dei poster nei punti strategici del locale, saltellando con aria soddisfatta.
- Quasi vacanza, quasi vacanza, quasi vacanza! – canticchiava tra sé nel frattempo.
Roxas si avvicinò e lesse.
“Campo di sopravvivenza: un’esperienza unica a contatto con la natura. Pensate di poter sopravvivere tornando alle origini o quasi? Combattere per il vostro cibo, accendere un fuoco, respirare aria pura, dilettarvi con la vita nella foresta e ritornare a casa sani e salvi? Siete davvero all’altezza?
Organizzatore: Lexaeus Humus
Capigruppo: Xaldin Wind, Rude Turks, Axel Flame.
Quota clienti: 200 munny
Quota esterni: 350 munny
Equipaggiamento consentito: sacco a pelo, coltellino svizzero, borraccia, fionda/cerbottana/fiocina vestiti, cassetta di pronto soccorso (consigliata), oggetti per l’igiene personale (da NON disperdere nell’ambiente. NO prodotti chimici quali bagnoschiuma, shampoo e simili) fiammiferi, libri e/o uno strumento musicale.
Equipaggiamento NON consentito: apparecchi elettronici, stufe o fornelli elettrici, cibo, alcol, attrezzature professionali da caccia/pesca.
Ai partecipanti saranno forniti: una bussola ciascuno (da restituire alla fine del campo), uno specchio per segnali luminosi per gruppo, dei cestini per la raccolta di generi alimentari, dei sacchetti per i rifiuti inorganici, una mappa per gruppo, una fotocamera per gruppo (per immortalare gli istanti più significativi), varie ed eventuali.
Partenza: 5 ottobre
Ritorno: 9 ottobre
Per maggiori informazioni contattare il titolare”
Roxas si grattò la testa: sembrava divertente. Chissà cosa ne avrebbero pensato i suoi amici. Di sicuro sapeva che Riku, Sora e Hayner sarebbero stati interessati, quei tre erano sempre pronti all’avventura. E Pence forse sarebbe stato perfino più entusiasta di Sora. Le ragazze? Era abbastanza sicuro che avrebbero preferito restare a casa: Naminè e Selphie detestavano il campeggio, figuriamoci un campo di sopravvivenza e le altre due, sebbene tentate, non avrebbero mai lasciato indietro le amiche.
- Interessante, vero? – gli mormorò una voce all’orecchio.
Lui si voltò è vide una ragazzina dai capelli di un biondo ramato e gli occhi molto scuri.
- Oh, sì, decisamente – le sorrise in modo gentile.
Con sua grande sorpresa e sollievo la ragazzina non ridacchiò. Ma le sue amiche sì, appena più dietro. Fecero loro un cenno di saluto malizioso e si allontanarono starnazzando.
- Lasciale perdere, pensano che io abbia una cotta per te. E quasi tutte loro ne hanno una per quell’istruttore dai capelli rossi. Quanto è cliché avere una cotta per un istruttore? –
- Ehm… già – ridacchiò il biondo con aria imbarazzata. In fondo anche per lui era cominciata così, no?
“Questa situazione mi sta proprio stancando” pensò Roxas “Perché non trovano degli altri bersagli? Axel è mio!
- Allora tu perché sei qui? Hai fatto una scommessa o qualcosa del genere? – le chiese cauto.
- Qualcosa del genere. Ma già che ci sono vorrei chiederti se pensi che il signor Humus lasci partecipare anche noi ragazze al campo di sopravvivenza –
- Non vedo perché no. Non ne sono proprio sicuro, ma non penso che alle ragazze sarebbe negata la possibilità –
- Potresti chiederglielo da parte mia? Quell’uomo mi intimidisce –
- Uhm… certo, perché no? –
La ragazza gli rivolse un sorriso smagliante e gli afferrò una mano.
- Grazie, Roxas! –
- Ehm… forse è una domanda stupida, ma… come sai il mio nome? –
- Ero nella folla al… -
- … torneo, già, avrei dovuto immaginarlo. E tu sei? –
- Lidia –
- Va bene, Lidia, questo sarà un po’ rude, ma devo dirti da subito che non sono esattamente… -
Lidia rise e lo interruppe.
- Stai tranquillo, non mi interessi. Non che tu non sia un bel ragazzo, sia chiaro, è che ho messo gli occhi addosso a qualcun altro. Hanno pensato che fossi tu perché ho detto che è biondo, ha gli occhi azzurri e ha partecipato al torneo –
- Non stai parlando di Seifer, vero? –
- Cosa?! Quel pallone gonfiato? No! Sto parlando del ragazzo che ha superato le eliminatorie ma poi ha perso contro quel tipo dai capelli rossi –
“Wakka e Tidus. Ha una cotta per Tidus!”
Roxas sorrise e si congedò con la scusa di andare a parlare con “il signor Humus”. E andò effettivamente a parlare con lui, ricevendo la conferma che le ragazze potevano partecipare eccome – Lexaeus sorrise sognante e Roxas non ne capì il motivo.
- A proposito, Lex, pensavo che non lasciassi che i minorenni si iscrivessero qui, eppure ci sono delle ragazze che non sembrano affatto avere diciott’anni –
Lexaeus ridacchiò.
- Le ragazze, a differenza dei loro coetanei maschi, non cercano di strafare –
Roxas non riuscì a cavargli altro di bocca.

Nei giorni seguenti Roxas si ritrovò a parlare con Lidia sempre più spesso, era una ragazza simpatica e intelligente e non voleva avere sempre ragione. Axel iniziò a lamentarsi scherzosamente di essere stato rimpiazzato, quando li vide scambiarsi il numero di telefono, ma il biondo alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa a proposito di “essere un bravo fratello”.
Solo diversi mesi dopo il rosso avrebbe scoperto che il suo fringuello stava giocando a fare il Cupido. Infatti Tidus era straordinariamente incapace quando si trattava di scegliersi una ragazza e puntualmente prendeva il due di picche. O peggio, era costretto ad essere rude per liberarsi dell’arpia di turno.
Ma in ogni caso la scoperta sarebbe arrivata dopo. Per il momento Axel si limitò a prendere in giro il suo piccolo biondo.

Sull’autobus, Roxas si sedette per la prima ora vicino a Lidia, con cui chiacchierò animatamente. Axel non se la prese, era troppo occupato a parlottare con Pence ed Hayner di chissà che cosa.
- Mio caro buon vecchio fratellone – lo redarguì Tidus, scuotendo la testa – Chi l’avrebbe mai detto che ti avrei mai visto flirtare con una bella ragazza. C’è forse speranza anche per te? –
Roxas ghignò, ignorando il rossore di Lidia.
- Farai meglio a non farti sentire da Axel, oh mio odioso fratellino, potrebbe rimanerci molto male –
- Ho capito bene, Roxas? Tu e Axel? –
- Temo che Tidus si sia beccato tutti i geni etero – confessò Roxas con un sorriso – E io rientro nel nutrito gruppo di persone che si innamorano del proprio istruttore -
Poi lui e Lidia risero pensando alle amiche di lei, fino a che Roxas si scusò per andarsi a sedere vicino ad Axel, raccomandando a Tidus di tenere compagnia a Lidia.
- Lo chiederei a Yuffie, in quanto l’unica altra ragazza ad aver avuto il fegato di partecipare, ma al momento sta flirtando con Luxord –
E Luxord ne sembrava estremamente compiaciuto, dato che erano mesi che cercava invano – o almeno così credeva – di attirare l’attenzione dell’iperattiva ragazza.
- Oh, beh – stava dicendo Yuffie in quel momento – Gli uomini primitivi affrontavano bestie feroci con rozzi strumenti per conquistare e sfamare la loro dolce metà. Mi aspetto di vederti competere con loro! –
- Sono debole alle richieste di una soave fanciulla – sospirò Luxord, strizzando un occhio in direzione di Xigbar (Marluxia aveva deciso di non partecipare).
Yuffie, che tutto era fuorché soave, ridacchiò compiaciuta.
- Potrei vomitare – commentò Xigbar.
- Fallo nell’apposito sacchetto – gli consigliò Xaldin.

- La Giungla Profonda? Perché questo nome mi è familiare? – chiese Hayner, picchiettandosi il mento con un dito.
- Mi sembrerebbe strano se non ti fosse familiare – rispose Saïx – Si da il caso che questa sia una foresta vergine a poche decine di chilometri da Crepuscopoli ed è come un’oasi nel deserto. Natura incontaminata, un labirinto di alberi e liane, abitato da ogni sorta di animali –
- Senza parlare di Tarzan – aggiunse Xaldin, allontanandosi col suo gruppo, che comprendeva Luxord e Yuffie.
Il gruppo di Rude, che aveva al seguito Tidus, Lidia e Xigbar, era già sparito in lontananza.
- Chi o cosa è “Tarzan”? – chiese Sora.
- Magari lo incontreremo mentre siamo in giro – esclamò Axel, entusiasta – Non sarebbe certo una novità! –
- Sei già stato qui? –
- Oh, molte volte, insieme a Dem e Saïx, ma mai come capogruppo. Un vero peccato che Demyx non sia potuto venire –
- Il lavoro è lavoro, non è vero? Anche se secondo me c’entra più un certo interesse per… - iniziò Riku.
- Taci! – esclamò allegramente Axel – La natura selvaggia ci aspetta! La nostra meta sono le cascate degli elefanti, tirate fuori la mappa e mettiamoci in cammino –
Fu un’esperienza diversa da quella che chiunque di loro – salvo chi aveva già partecipato – avesse mai potuto immaginare. Il gruppo era fortunatamente formato solo dal gruppo di amici, ma raccogliere il cibo e cacciare piccoli animali non era un lavoro affatto semplice. C’era poi il fatto di dover uccidere e sventrare gli animali catturati e questo mise i più giovani a dura prova. Tuttavia nessuno di loro si sottrasse. Fortunatamente la gran parte del cibo reperibile era frutta – con gran delizia di Roxas – ma si sperava che presto avrebbero avuto pesce in abbondanza.
- Tutto bene lì dietro, Roxas? – chiese Saïx il secondo giorno – Da che parte dobbiamo andare ora? –
Roxas si riaccomodò lo zaino sulle spalle e guardò di nuovo la cartina che Lexaeus aveva dato loro.
- Dovremmo continuare per un altro po’ in questa direzione, fino a trovare una roccia a forma di bocca di alligatore – rispose accigliato – Poi proseguire per tre chilometri e mezzo verso nord-ovest –
- Ne sei proprio sicuro? – chiese Hayner, che era in testa al gruppo, fermandosi e costringendo tutti gli altri a fare lo stesso – Perché, amico, il tuo senso dell’orientamento fa pena. Ti ricordi di quella volta al parco divertimenti, quando ti offristi di fare da guida perché ci eri già stato? Invece di andare in direzione delle montagne russe ci portasti al tunnel dell’amore –
Risero tutti, Axel e Saïx per la nuova rivelazione e gli altri nel ricordare la scena. Ma Hayner non aveva ancora finito.
- E le ragazze ci costrinsero anche a farci un giro tutti insieme! E dato che ovviamente si andava a coppie ed eravamo dispari e “Roxas e Naminè sarebbero assolutamente adorabili insieme!” io fui costretto a dividere il battello con l’enorme orango di peluche che Sora aveva vinto per Kairi! –
Sora e Riku furono i primi a spanciarsi dalle risate.
- Oh, andiamo, tu e quella scimmia formavate una magnifica coppia! – ansimò Pence.
- Sì, beh, tutto questo per dire che per quanto ne sappiamo quel nord-ovest potrebbe benissimo essere un sud-est! –
Roxas s’imbronciò e lanciò un’occhiata offesa a quello che chiamava migliore amico.
- La so leggere una fottuta cartina – sbottò – Ma se sei così diffidente leggitela da solo –
E gli piazzò rudemente il foglio in mano.
- Uhm… sembra che Roxy ci abbia dato le indicazioni giuste. Niente male per un biondo –
- E tu sei sicuro di aver letto bene? – chiese Sora con un ghigno, difendendo in parte il cugino. Solo in parte però – Dopotutto sei biondo anche tu! –
Roxas rise; Hayner si gonfiò di finta rabbia e passò la cartina a Pence.
- Beh, avete sentito i biondi. Cerchiamo la bocca di alligatore e poi tutti a nord-ovest! –
- Sissignore –
Si rimisero in cammino. Axel, qualche passo avanti rispetto al suo biondo preferito, voltò la testa per dirgli qualcosa – e magari camminare mano nella mano – ma poi si trattenne, sorpreso. Gli occhi di Roxas erano fissi sulla parte bassa della sua schiena, seguendo con palese interesse il movimento dei suoi glutei, attualmente fasciati in pantaloni di tela comodi ma aderenti. Quando Roxas si accorse di essere stato scoperto distolse in fretta lo sguardo, mormorando “Scusa”. Axel guardò altrove per nascondere il proprio sorrisetto compiaciuto e divertito, ma anche per non dover mostrare di essere arrossito violentemente. Non capitava spesso che il suo sedere fosse occhieggiato con tanto interesse, anche se era effettivamente una gran bella vista. Di solito tutti gli sguardi che riceveva, sia dai ragazzi che dalle ragazze si focalizzavano sulla parte anteriore del suo corpo; sul petto e notevolmente più in basso. Quella novità gli sembrò improvvisamente intrigante.
Una volta di nuovo in controllo delle proprie espressioni facciali, Axel rallentò quel tanto che bastava ad affiancare il suo ragazzo e gli circondò le spalle con un braccio.
- Sai – disse a bassa voce, in modo che solo Roxas lo sentisse – Non devi scusarti per cose del genere, hai tutti i diritti di guardarmi, quanto e dove vuoi. Sono tutto tuo, baby. L’importante è che non guardi così altri ragazzi
- E a che mi servirebbe guardare altri? Nessuno può reggere il confronto col mio fusto personale – rispose Roxas con un piccolo sorriso timido, ma sempre guardando altrove.
Axel arrossì di nuovo. Di solito era lui a fare complimenti ai suoi ragazzi; non che non ne ricevesse anche un sacco, solo che preferiva essere lui a far arrossire la gente.
- Beh… in ogni caso quello che è successo non è niente di che. Anche io guardo sempre quel tuo bel culetto mentre cammini – confessò con un ghigno.
Roxas, come previsto, arrossì.
- Io non ho un bel culetto! – protestò in un sibilo.
- Ma tu non puoi guardartelo mentre cammini e io, che sono in posizione per poter giudicare, dico che ce l’hai eccome! E in realtà mi fa venire in mente molti pensieri sconci – gli sussurrò nell’orecchio.
Roxas si sbatté una mano sulla fronte, rosso come un pomodoro e accelerò per raggiungere Sora e Hayner. Quest’ultimo gli punzecchiò gli zigomi.
- Che ti è successo? – chiese divertito.
- Axel – rispose semplicemente Roxas.
- Ovviamente – commentò l’amico. Poi, ad alta voce – Axel, smettila di metterlo in imbarazzo! –
- Ha cominciato lui! – rispose il rosso a tono – Comunque, Roxas, sappi che ho apprezzato molto la tua decisione di superarmi! –
Roxas boccheggiò, afferrando al volo il significato nascosto dietro quella semplice affermazione.
- Vai subito davanti! – sbottò.
Axel ridacchiò.
- Ma certo, Roxy, se vuoi goderti lo spettacolo… -
Sembrava che in ogni caso Roxas avesse perso la battaglia. Ma d’altra parte, com’era il detto? Se non puoi batterli, unisciti a loro. Ed era proprio quello che avrebbe fatto, decise.
- Spettacolo, eh? Te lo do io lo spettacolo – sibilò Roxas, le labbra sollevate in un sorrisetto sadico.
- Che hai in mente? – gli chiese Sora, sapendo che quell’espressione non prometteva nulla di buono.
- Niente di cui tu debba preoccuparti, solo una piccola vendetta –
- Di che tipo? –
- Oh, lo vedrai. O meglio, lo vedrai se hai uno specchio a portata di mano –
Sora ghignò.
- Ho quello che mi ha dato Lexaeus per i segnali luminosi –
- Perfetto, tiralo fuori! –
Sora eseguì e inquadrò Axel nel proprio campo visivo e in quello del cugino. Hayner, che non riusciva a vedere il piccolo specchio, decise di godersi la scena rallentando fino ad affiancare il rosso.
Fu in quel momento che cominciò una ripida salita.
“Perfetto!” pensò Roxas e iniziò ad ancheggiare leggermente. Hayner, avendo capito il gioco dell’amico, trattenne malamente una risata. Anche perché Axel ci era cascato con tutte le scarpe e stava fissando le cosce e il sedere in movimento di Roxas con aria a dir poco ipnotizzata. La cosa andò avanti per un bel po’ di tempo e i tre stronzetti guardarono il viso di Axel diventare sempre più rosso e sudato, finchè anche lui capì.
- Punirò presto te e quel tuo culetto impertinente! Aspetta e vedrai! – sbraitò.
Roxas scoppiò a ridere e scappò in testa al gruppo per farsi “proteggere” da Saïx.
- Fermalo! – ordinò Axel all’amico, ma Roxas evase alla presa del ragazzo con un’abile schivata.
Poi si arrampicò su un albero con l’agilità di una bertuccia. Axel lo seguì di volata.
- Voi due, noi ci accampiamo sotto quel gruppo di alberi! – gridò loro Riku.
Tenendosi ben saldo sul suo ramo con una mano, Axel inchiodò Roxas al tronco con l’altra e gli baciò il collo, inconsapevole degli occhi che li guardavano dal basso. All’improvviso uno strano rumore li distrasse. Sembravano dei singhiozzi, ma nessuno dei loro amici stava piangendo, ovviamente. Poi il rosso indicò a Roxas una specie di fagottino che tremolava sotto un albero lì vicino. I due scesero in fretta dal loro e si avvicinarono silenziosamente. Era una bambina e non dimostrava più di quattro anni.
- Ehi, piccola. Stai bene? – chiese Axel. Roxas si mantenne qualche passo dietro di lui.
La bambina lo guardò con dei grandi occhi azzurri e… emise un gridolino, singhiozzando più forte.
- Aiuto, mammina! C’è un diavolo che mi vuole portare via! – pianse.
Axel si fece indietro, estremamente teso. Come poteva aiutare quel soldo di cacio se aveva paura di lui? Infine la bambina vide Roxas e si aggrappò alle sue gambe.
- Tu sei un angelo, vero? –
Il biondo si chinò verso di lei con un sorriso.
- Sì, piccola. Come ti chiami? –
- Aqua –
- Bene, Aqua, ti svelo un segreto – sussurrò Roxas abbastanza forte perché Axel potesse sentirlo, lanciandogli allo stesso tempo uno sguardo significativo – Lo sai che c’è un modo molto semplice per rendere un diavolo buono e inoffensivo? –
- Davvero? – chiese la piccola, strofinandosi gli occhi per asciugarli – Quale? –
- Un angelo deve riuscire a dargli un bacio – rispose solennemente il biondo.
- E tu ci riesci? –
- No che non ci riesce – Axel fece una risata malefica.
A quel punto Roxas fece finta di atterrarlo e gli baciò la punta del naso. Aqua batté le manine ridendo e si avvicino ad Axel, tutta contenta.
- Aqua, non devi dire a nessuno chi siamo, è un segreto – si raccomandò Axel.
Portarono la piccola dagli altri e iniziarono a farle domande. Riuscirono a capire che era la figlia dell’amica di una certa Jane che abitava lì e che, giocando con un babbuino si era persa.
- Dobbiamo trovare… - cominciò Saïx.
Ma in quel momento risuonò un urlo disumano e Aqua si rannicchiò tra Axel e Roxas, terrorizzata. Pochi istanti dopo un uomo abbronzato e molto poco vestito piombò in mezzo a loro dall’alto.
- Ecco, questo è Tarzan – sussurrò Axel a Sora – Ciao, Tarzan – disse ad alta voce.
- Persone – rispose quello in tono gutturale – Bambina. Persa –
Axel indicò il fagottino al suo fianco.
- Aqua – proseguì Tarzan – Vieni da tua madre –
Ma la bambina scosse freneticamente la testa e si nascose dietro Roxas. Sembrava avere paura dell’uomo in “perizoma”.
- Tarzan, dov’è la madre di Aqua? – chiese Roxas.
- Vicino –
Il biondo si alzò.
- Vieni, Aqua, ti ci porto io –
Aqua balzò in piedi e afferrò la mano tesa di Roxas ed entrambi seguirono Tarzan, che li agevolò evitando di arrampicarsi sugli alberi.
Nel giro di qualche minuto i tre sparirono alla vista. Dopo una “passeggiata” di quasi due chilometri – Roxas fu costretto a prendere Aqua in braccio perché era stanca – giunsero in vista di una radura. Sedute su dei comodi giacigli di foglie c’erano due donne; una di loro aveva un’aria molto spaventata e continuava a guardarsi nervosamente intorno.
- Non preoccuparti – stava cercando di rassicurarla l’altra – Vedrai che Tarzan troverà presto… Tarzan! – esclamò alla fine.
Roxas seguì l’uomo e mostrò alle donne la bambina addormentata tra le sue braccia.
- Mio Dio – sussurrò la madre di Aqua – Dov’era? –
- Deve aver perso la via del ritorno mentre giocava con un babbuino. O almeno così ho capito. Io e i miei amici l’abbiamo trovata che piangeva sotto un albero –
Dopo qualche spiegazione e molti lacrimosi ringraziamenti, Tarzan propose a Roxas di riaccompagnarlo al suo “accampamento”. Il biondo accettò, anche perché non avrebbe mai ritrovato la strada da solo. Dopotutto era vero che il suo senso dell’orientamento era pessimo.

- È passata un’ora, non dovrebbe essere già qui? –
- Non sembri il tipo che si preoccupa facilmente, Riku – disse Axel, pigramente disteso con le braccia incrociate dietro la testa.
- Come mai tu non sei preoccupato? – rimbeccò Riku – Visto che il tuo ragazzo è tutto solo là fuori e non riuscirà a tornare da noi senza una guida? –
- Rilassati, non è solo, c’è Tarzan con lui, è sempre pronto a dare una mano –
- Certo, ora sono molto più tranquillo, Roxas è solo con un uomo praticamente nudo… -
Axel ghignò.
- Che vorresti insinuare, che se lo in… -
Fortunatamente un altro grido ritmico e sovrumano interruppe la frase non proprio gentile di Axel e Tarzan piombò di nuovo in mezzo a loro con un piccolo biondo in spalla. Roxas si raddrizzò e barcollò un pochetto, aggrappandosi al tronco dell’albero più vicino. Axel per un attimo sembrò preoccuparsi per davvero, finchè…
- È stato magnifico! – gridò Roxas, ridendo e saltando come un bambino – Possiamo rifarlo, Tarzan? Possiamo? –
Tarzan sorrise e afferrò di nuovo il biondo, arrampicandosi su una liana e facendolo ondeggiare qua e là, lanciandolo per aria e riafferrandolo per una caviglia. E Roxas, tutto rosso e sudato, rise come un matto, spingendo anche Sora e Pence a fare lo stesso. Ma alla fine Tarzan lo rimise a terra, al sicuro e si arrampicò in fretta sul tronco, dileguandosi con un altro ululato mentre tutti lo salutavano dal basso.
- Ouf – sospirò infine Roxas – Sono esausto, posso farmi un riposino? –
E, senza aspettare risposta, si accoccolò contro Axel e si addormentò. Il rosso lo strinse teneramente tra le sue braccia e, incurante degli sguardi degli altri, gli diede un bacio su una tempia e sussurrò “Benvenuto nella Giungla Profonda, Roxas”.

Ok, con un po’ di ritardo ma… Felice 2013 a tutti! Ecco il capitolo che stavate aspettando. L’ultima parte, il campo di sopravvivenza, è un po’ un in più, ma porta in qualche modo al prossimo capitolo. In ogni caso questa storia sta per arrivare alla sua conclusione, fatemi sentire il vostro amore! XD
Comunque spero che siate tutti maggiorenni, perché avrei intenzione di passare questa storia al rating rosso. Oppure no, se qualcuno dovesse essere ancora un minore mi avvisasse, così la parte a rating rosso la scrivo a parte, come one shot, così che tutti possiate arrivare “sani e salvi” alla fine della fic. Quindi, che altro dire, fatemi sapere in modo che io mi possa organizzare!
Detto questo, detto tutto. Vi ringrazio davvero per aver letto fin qui, questa è la prima fan fiction che io abbia mai scritto per KH o per un pairing yaoi,  quindi sono consapevole che il mio stile in questo senso sia ancora acerbo, ma avere un seguito numeroso è una soddisfazione immensa!
Grazie a tutti! :’)

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Capitolo 16
*** Seme e uke al sapore di paopu ***


Roxas si asciugò il sudore dal viso. Forse aveva esagerato con il riscaldamento, ma cosa poteva farci se si sentiva arrugginito, quel giorno?
Il suo stomaco iniziò a brontolare e lui ci premette una mano sopra, imbarazzato.
- Ehi, tigre! – lo apostrofò Xigbar – Mangia qualcosa prima che ti venga la tentazione di sbranare qualcuno -
Roxas sorrise all’amico.
- Sì, signor capitano – disse. Poi ci ripensò, iniziò a ridacchiare, spedì un occhiolino ad Axel, che lo guardava da poco distante e gli mimò un “roar” seducente, mimando con una mano ad artiglio. Sapeva che era una cosa molto gay da fare, ma ogni tanto ci stava, no? E poi lui era gay. Anche se non effeminato, ma prendere un po' in giro era diverso, no?
Axel arrossì e si voltò per rispondere alla domanda di una signora. Roxas rise apertamente. Quanto gli piaceva vendicarsi per tutti i momenti imbarazzanti che l’istruttore gli aveva fatto passare da quando si era iscritto…
Poi seguì il consiglio di Xigbar e si diresse verso il proprio armadietto, frugando nel suo borsone per estrarne un piccolo contenitore a chiusura ermetica che conteneva la sua salvezza.
Roxas tornò di sopra e si sedette su una panca a fare merenda in santa pace. L’allenamento gli faceva venire sempre fame, anche se quel giorno si era limitato al riscaldamento. Doveva essere una giornata no. In ogni caso per una volta aveva un’ottima merenda con sé: un grosso, succulento frutto di paopu.
Sora gliel’aveva portato solo il giorno prima, rientrato da poche ore da una brevissima trasferta alle Isole del Destino, dove aveva una villetta. Esatto, il bruno, appena tornato dal campo di sopravvivenza era subito dovuto partire di nuovo.
Buon per Roxas, comunque, perché in quel modo aveva potuto costringere il cugino a portargli una grossa scorta di paopu.
In realtà Roxas era l’unico a usare i paopu esattamente come ciò che erano: frutti. Tutti gli altri li trattavano con i guanti di seta per via della leggenda, quella secondo cui, se due persone ne avessero diviso uno, i loro destini si sarebbero legati indissolubilmente, qualsiasi cosa fosse successa. Secondo Roxas bastava un figlio per arrivare a quel tipo di legame. In ogni caso, qual era il risultato di quello stupido mito? La stragrande maggioranza di quelle delizie era destinata a marcire, se c’era carenza di coppiette che andavano alle Isole in luna di miele.
Ovviamente tutte le persone che venivano a sapere di questo suo “scempio” avevano da ridire, era inevitabile.
Roxas non avrebbe mai dimenticato quella volta che Selphie e Riku avevano spiegato la leggenda, l’una con aria sognante, l’altro in tono concreto, come se parlasse di antichi miti greci. Era successo più o meno quattro anni prima ed erano tutti sull’isola, ospiti di Sora, riuniti accanto a uno degli alberi.
Ascoltata la spiegazione con estremo scetticismo, Roxas si era sporto, aveva raccolto uno degli splendidi frutti a stella, che gli stava facendo venire l’acquolina in bocca già da un pezzo, l’aveva pulito sulla propria maglia e l’aveva addentato e finito in tre bocconi.
- Buono! – aveva commentato, mentre tutti gli altri lo fissavano scandalizzati.
- Ma Roxas! – aveva squittito Selphie – Avresti dovuto dividerlo con una persona per te molto, molto speciale… -
- E l’ho fatto – la interruppe il biondo – L’ho diviso con l’unica persona che sarò certo di amare fino alla fine dei miei giorni –
Silenzio gelido per alcuni istanti, poi la risata fragorosa di Hayner, seguita a ruota, con gran sorpresa di Roxas, da quella di Riku. Fu una sorpresa perché fino a quel momento il ragazzo era sempre stato più amico di Sora che di Roxas. A dirla tutta, quei due non si potevano soffrire, ma si tolleravano comunque per i loro amici, che ci tenevano a frequentare entrambi. Ma da quel momento in poi iniziarono a trovarsi sempre più simpatici.
E comunque Roxas era sicuro che avrebbe fatto tesoro per sempre delle facce sconvolte delle ragazze e della risata di Riku.
Da quel momento in poi Roxas aveva sviluppato una sorta di “dipendenza da paopu”.
In quel momento, sulla panca della palestra, il nostro amico stava giusto masticando con estremo piacere il secondo boccone. Era un frutto superbo, molto saporito e sperava vivamente di poterselo godere senza essere disturbato.
- Che mangi, Roxas? – chiese Axel.
Come non detto.
Roxas scrollò le spalle e non rispose, sperando che il rosso capisse l’antifona. E ne addentò un altro pezzo. Che peccato, era già arrivato a metà: finivano sempre troppo presto.
Axel, curioso e stanco di essere ignorato, decise di passare all’azione.
Gli tolse semplicemente la mezza stella mangiucchiata di mano e la morse a sua volta. Sotto lo sguardo sconvolto di Roxas lo finì tutto con un certo entusiasmo.
- Buono! – Axel si leccò le labbra, rese appiccicose dal dolce succo.
Poi si accorse che Roxas lo guardava a bocca spalancata.
– Chiudila se non vuoi che ci entrino le mosche – gli disse allegramente – Cos’è quella faccia? –
Roxas si riscosse appena.
- Ti rendi conto che hai appena mangiato il mio paopu? – chiese impassibile.
Un paio di ragazzine dietro di loro trattennero il respiro e Marluxia, che stava passando di là, sorrise tra sé e tese una mano verso Luxord, che gli porse prontamente delle banconote, sbuffando. In quella palestra non c’era un minimo di privacy, davvero!
- E allora? – fece Axel, senza capire la reazione delle persone intorno a lui.
- Ti rendi conto che era l’unico che avevo con me, che ora ho una voragine nello stomaco e che dovrò aspettare fino all’ora di cena per poter mangiare, perché finchè arrivo a casa saranno già le sette passate e mia madre non mi permetterà di stuzzicare niente? –
- È il prezzo che paghi per ignorare una bomba sexy come me – ghignò Axel.
- Beh, bomba sexy, fai attenzione a non esplodere nell’immediato futuro, o quel paopu sarà andato sprecato. A domani! –
E Roxas si diresse verso gli spogliatoi senza voltarsi indietro. In quel modo non si accorse di aver lasciato il piccolo contenitore sulla panca. Per fortuna Axel era rimasto indietro e lo raccolse, fissando la piccola foglia verde rimasta all’interno e domandandosi ad alta voce.
- Paopu… paopu… dov’è che avevo già sentito questa parola? –
- Ti do un indizio – gli disse una ragazza con i capelli castani e grandi occhi scuri – Isole del Destino. Accidenti, uno come te che divide un paopu con un altro maschio. Che dannatissimo spreco!
E se ne andò anche lei.
“Certo che in questo posto ce n’è di gente strana!” pensò Axel, ignorando alla grande il vago complimento “Beh, poco male, conosco qualcuno che è appena tornato da quelle Isole. Forse Sora saprà spiegarmi…”

Era una bellissima domenica soleggiata e ragazzi erano al parco a fare un po’ di sano esercizio fisico. Hayner, Demyx, Pence, Roxas e Saïx stavano facendo una partitina a calcio. Invece Axel era pigramente seduto su una panca a guardarli, le braccia incrociate dietro la testa.
Quando gli altri gli avevano chiesto di giocare pure lui, aveva declinato l’offerta.
- Ehi! – aveva protestato quando gli avevano dato del pigrone – Passo sei giorni a settimana, otto ore al giorno per un gran totale di quarantotto ore a settimana, in una palestra, facendo anche attività fisica, avrò pure il diritto di riposarmi un po’! E comunque il calcio non mi piace -
Sora si era appena preso una pausa e si stava sventagliando con vigore. Per essere quasi metà ottobre il caldo era ancora micidiale.
- Ehi, Sora! – fece Axel, ricordando improvvisamente la domanda che voleva fare al ragazzo.
L’interpellato si avvicinò e lo guardò con aria interrogativa, accettando la bottiglietta che il rosso gli porgeva.
- Cosa c’è? –
- Come sono le Isole del Destino? –
- Meravigliose se ti piacciono le palme, le spiagge e l’oceano, un posto perfetto sia per allenarsi che per riposarsi. Ma per il resto non c’è molto altro. Sole, mare e sabbia, tutto qui –
- Oh… non era esattamente quello che volevo sapere – fece Axel, deluso.
- Allora cosa? –
- Mi hanno detto che aveva a che fare con le Isole ma tu non ne hai parlato. E va bene. Sora, che roba è un paopu? –
- Un frutto – rispose il bruno – Molto raro, oltretutto, cresce spontaneo solo su quelle isole ed è impossibile da coltivare in qualsiasi altra zona del mondo, per questo ti hanno detto… beh, qualsiasi cosa ti abbiano detto. Roxas va matto per quella roba –
- L’ho sentito nominare un po’ di tempo fa, ma non credo di averlo mai assaggiato –
- No, beh… oltre ad essere raro, nessuno lo mangia come un frutto qualsiasi. Roxas è l’unico a farlo per quanto ne so –
- Ma perché? – chiese Axel, incuriosito. Quella storia era bizzarra…
- Non dirmi che non conosci la leggenda del frutto di paopu! –
- Dovrei? –
- Sì, è famosissima! –
Sora si guardò un attimo intorno per controllare che nessuno stesse origliando. In realtà non sapeva nemmeno lui perché si sentisse così a disagio. Era stato Axel a fare quella domanda, in fondo. Però sentiva che quella conversazione doveva rimanere privata. Ma comunque non c’era motivo di preoccuparsi, gli altri stavano tutti ancora giocando e nessuno faceva caso a loro. Sora fissò per un attimo Riku e il cugino, l’uno che cercava di passare per andare in porta, l’altro che lo marcava stretto per impedirglielo. Scosse lievemente la testa. Nonostante ora fossero buoni amici, ci sarebbe sempre stato un pizzico di rivalità tra loro.
Infine Sora si voltò di nuovo verso il rosso, che aspettava pazientemente una risposta.
- Si dice che se due persone dividono un paopu saranno parte della vita dell’altro qualsiasi cosa accada. Quindi di solito lo mangiano le coppie appena sposate, come buon auspicio, o comunque gli innamorati che vogliono stare insieme per sempre –
Axel sorrise.
- E tu pensi che la leggenda sia vera? –
- Beh, non ho prove né in un senso né nell’altro – rispose il bruno, senza compromettersi.
- Comunque è una bella storiella. Com’è fatto questo frutto? – chiese Axel. Voleva conferma.
- È giallo e a forma di stella. Del sapore non ne so niente, chiedilo a Roxas –
Axel fissò il cielo, pensieroso. Quindi quel frutto che aveva praticamente tolto di bocca a Roxas era effettivamente un paopu. E loro l’avevano diviso. Non c’era da stupirsi che le persone lì intorno l’avessero guardato così.
Roxas comunque gli era sembrato stranamente tranquillo. Forse era semplicemente felice di averlo diviso con lui? Ma il biondo non era tipo da credere a quel genere di leggenda senza fondamento. E poi le credenze popolari che riguardavano cosiddetti frutti magici erano cavolate, giusto?
Al rosso non dispiaceva affatto averne diviso uno con il suo Roxas, comunque. L’unica cosa che gli dispiaceva era non averlo potuto fare consapevolmente. Ma forse a questo si poteva porre rimedio.
- Ehi, Sora. Pensi di potermene procurare qualcuno? Mi piacerebbe assaggiarli –
Sora aveva l’aria di chi la sapeva lunga.
- Assaggiarlo, eh? Beh, ultimamente ne ho portati parecchi a Roxas, sono sicuro che lui sarebbe più che disposto a dividere il suo bottino con te –
L’enfasi che il bruno mise sulla parola "dividere" non lasciava dubbi sul significato di quella frase. Axel sentì le prime avvisaglie dell’imbarazzo, ma non era disposto a lasciarsi mettere al tappeto da un Sora qualsiasi. Gli diede uno scappellotto.
- Parla proprio quello che mormora alla sua ragazza frasi come “Oh, Kairi, sei bella e pura come una rosa bianca al chiaro di luna!” quando pensa che nessuno lo stia ascoltando. Mi sorprende che voi due non abbiate ancora diviso il vostro paopu – poi ghignò e proseguì, spietato - Ma, parlando di purezza, davvero la tua ragazza è ancora come una rosa bianca? E io che credevo che l’avessi già deflorata da un pezzo… -
Sora arrossì violentemente e non rispose e Axel scoprì con piacere di non aver perso il suo tocco. A patto di non menzionare mai “cose così imbarazzanti!” davanti agli altri, il rosso gli scucì la promessa di procurargli un paio di stelle.

- Ehilà! Sono qui! – esclamò Roxas, entrando allegramente nel ritrovo.
- Bene, vi stavamo giusto… ma dov’è Axel? – chiese Olette.
- L’ho lasciato in posta, doveva pagare un bollettino e c’era un po’ di coda –
- Tanto meglio – intervenne Selphie – C’è una parte che comunque non credo Axel abbia bisogno di sentire –
- Di cosa stai parlando? E perché non la deve sentire? –
Roxas si guardò intorno, accorgendosi per la prima volta di qualcosa di diverso nel ritrovo: c’erano due sedie sistemate al centro della stanza, posizionate davanti a un cavalletto per quadri, che il biondo riconobbe come quello di Naminè, coperto da un telo. Nella stanza, oltre lui, erano presenti tutte le ragazze, più Hayner e Sora.
- Lo capirai presto – rispose Kairi – Allora, questi due e Pence ci hanno raccontato di quella specie di campeggio che avete fatto… - Roxas non si curò di correggerla - … e di come tu e Axel sembravate pronti a saltarvi addosso –
- LORO COSA?! –
- Più chiaro di così non poteva essere, Rox – si difese Sora.
- Quindi oggi vi faremo un bel discorsetto sul sesso! – esclamò Selphie, saltellando e battendo le mani.
Roxas cercò prontamente di darsela a gambe, ma Hayner e Sora gli sbarrarono la strada e, approfittando della sua sorpresa, lo costrinsero a sedersi su una delle sedie e gli legarono gambe e braccia. Hayner fece anche per imbavagliarlo, per non sentire le sue proteste – e le sue imprecazioni – ma…
- No! – lo bloccò Naminè, ridacchiando – E se avesse delle domande da farci? –
Roxas li guardò tutti malissimo.
- Andiamo, Rox, sapevi che sarebbe successo! – esclamò Sora.
Roxas lo ignorò.
- In ogni caso voi che ne potete sapere del sesso tra uomini?! – sbottò.
- Buona domanda – commentò Hayner – Che ne sappiamo? –
Olette gli tappò prontamente la bocca e sorrise innocentemente a Roxas.
- Quanto basta. Partiamo dalle basi, visto che siamo sicuri che Axel non ne abbia bisogno –
- E perché pensate che ne abbia bisogno io?! –
- Sei mai stato a letto con un uomo? – gli chiese Kairi.
Roxas distolse rabbiosamente lo sguardo: per qualche motivo a Kairi non era mai riuscito a mentire senza smascherarsi. Era irritante e imbarazzante.
- Proprio come pensavo. Attacca Nami! –
Naminè arrossì, ma fece un ghignetto.
- Quando due ragazzi si vogliono taaanto bene… -
Urgh! – fece Roxas – Ancora peggio del discorso dei miei quando ho raggiunto la pubertà! –
Hayner rise.
- Me lo ricordo, c’ero anch’io! Stavamo giocando ai videogiochi quando ti venne un’erezione e andasti dritto dritto da tuo padre, in preda al panico –
- Beh, lo chiesi prima a te, ma ne sapevi ancor meno di me perché non ti era ancora successo. Eri così giovane e innocente –
- Zitto. Il punto è che, dato che me lo sono dovuto sorbire anch’io, comprendo perfettamente il tuo dolore. Ehi, eravamo insieme quando ti è successo, non è che…? –
- No! Cazzarola, no! –
- Smettetela di interrompere! – Olette si mise le mani sui fianchi, minacciosa.
- Comunque io comincerei da seme e uke – si intromise Selphie.
- Che che che?! –
Naminè tolse il panno dal cavalletto, rivelando un disegno di Axel e Roxas che si tenevano per mano.
- Roxas, tu sai di essere l’uke, non è vero? –
- Io non ho neanche idea di cosa significhi! –
- Parte tutto dallo yaoi… - cominciò Selphie.
- I fumetti porno gay?! –
- In un certo senso… beh, il seme è la figura dominante della coppia: più alto e in genere più grande d’età, spesso muscoloso, più mascolino e stoico. L’uke è il remissivo; più basso, occhi grandi, tendenza ad arrossire e bisogno di essere protetto –
Roxas stava per ribattere riguardo alla dominanza del… ehm… dei suoi stivali, al fatto che lui non era per niente remissivo e soprattutto che poteva benissimo difendersi da solo, ma Selphie continuò, implacabile.
- Per quanto riguarda i ruoli sessuali, il seme è… ehm… l’insertivo e l’uke è quello che riceve
Roxas se ne stava lì a bocca aperta, rosso come un peperone. Sora ridacchiò borbottando “Tipico atteggiamento da uke!”, come se lui fosse un grande esperto. Finalmente il biondo si riprese.
- E chi ha detto che io sono il fottutissimo uke?! –
- Beh, che tu sia fottuto o no non lo sappiamo ancora, per questo ti stiamo mettendo in guardia, meglio prevenire che curare, no? – rise Hayner – Ma parlando delle altre caratteristiche allora sì, mi sembra che tutto corrisponda –
Roxas strinse i denti per non dare una rispostaccia al suo cosiddetto migliore amico. Proprio in quel momento entrò Axel.
- Scusate tanto per il ritardo, c’era un sacco di gente alla posta, ma ora che sono arrivato potete anche dirci che cosa… perché Roxas è legato alla sedia?!
Axel si affrettò a liberarlo.
- Una volta Dem e Saïx l’hanno fatto anche con me – disse – È molto scomodo, sapete? –
- Beh, se non l’avessimo fatto non ci avrebbe ascoltati –
Una volta libero, Roxas si alzò e prese Axel per un polso.
- Infatti, ne ho già avuto abbastanza! Andiamocene di qui, adesso!
- Perché tanta fretta? Di che stanno parlando? –
- Sesso gay – bisbigliò Roxas, mortificato.
Axel s’immobilizzò.
- Vediamo cos’hanno da dirci – propose, gli occhi scintillanti di malizia.
- Stai scherzando, vero? –
- Nah – Axel abbassò la voce – Voglio proprio vedere cosa può saperne un branco di etero e farmi due risate –
- Ma tu non capisci! – sbottò istericamente Roxas – Dicono che io sono l’uke! –
Axel scoppiò a ridere e lo guardò ben bene.
- In effetti… -
Il  rosso indurì gli addominali appena in tempo, ma il pugno gli fece male lo stesso.
- E dai, Roxy… - fece finta di piagnucolare.
Poi prese posto su una delle sedie e se lo mise sulle ginocchia, immobilizzandogli le braccia e mormorandogli frasi rassicuranti all’orecchio. Roxas arrossì, imbarazzato nel ricevere quel trattamento davanti a tutti, ma non potè fare a meno di rilassarsi nell’abbraccio. Proprio come un perfetto uke.
- Dunque, il corpo maschile è ovviamente molto diverso da quello femminile – disse Kairi – Qualcosa in più, qualcosa in meno e una struttura di base piuttosto dissimile –
- Se non prendiamo in considerazione il bacino di Axel – ghignò Roxas.
La sua battuta gli fece ottenere diversi sorrisini d’apprezzamento – il bacino di Axel era effettivamente piuttosto simile a quello di una donna, dopotutto – e un forte pizzico sul braccio dal diretto interessato.
- Ad ogni modo – proseguì Selphie – la penetrazione è molto più dolorosa perché, come sappiamo, l’orifizio usato è creato per l’uscita, non per l’entrata. Il che vuol dire che non produce liquidi naturali per facilitare il compito. Quindi, ragazzi miei, il lubrificante è il vostro migliore amico! –
Axel annuì con aria di approvazione. Roxas invece era molto pallido. Si strinse di più contro Axel, come a cercare protezione da quei discorsi spaventosi e rabbrividì. Proprio come un perfetto uke.
- Per quanto riguarda il sesso occasionale, anche se sono sicura che non sia questo il caso – fece Naminè, guardando male Axel, come per minacciarlo di morte lenta e dolorosa se si fosse azzardato a ferire così il suo amico – la regola è una sola: preservativo sempre e comunque! –
- Ovviamente – s’intromise Kairi – ci sono altri modi per darsi piacere a vicenda senza arrivare al sesso vero e proprio –
Axel ghignò a quelle parole e lanciò uno sguardo significativo a Sora. Il ragazzo di solito era un po’ lento, ma in questo caso capì al volo. Arrossì violentemente e distolse lo sguardo. Il rosso decise di lasciarlo in pace; era uno che manteneva le promesse, dopotutto.
La “lezione” proseguì su questi toni per un po’. Roxas fissò scioccato le sue amiche, che si erano improvvisate sessuologhe. Axel ogni tanto gli affondava il viso nell’incavo tra il collo e la spalla per nascondere la propria ilarità ai presenti.
Roxas però aveva sentito qualcosa indurirsi, là sotto, quando Naminè aveva mostrato delle immagini piuttosto esplicite – e a volte spudorate, pur senza diventare mai volgari, Naminè aveva troppa classe, per quello – di loro due in diverse posizioni. E il biondo era sempre l’uke. In realtà anche Roxas si era scoperto piuttosto coinvolto da quei disegni. Fortunatamente, però, indossava una felpa taglia XL che copriva il suo problema, causato soprattutto da ciò su cui era seduto. Si era voltato verso Axel per guardarlo negli occhi, ma questi si era limitato a mormorare un “Ops!” e a rivolgergli un sorriso seducente.
- E questo è tutto ciò che vi serve sapere! – concluse Olette.
Hayner e Sora sembravano decisamente disgustati da quei discorsi.
- In realtà – fece Axel – avete dimenticato diverse cosucce, ma non preoccupatevi, insegnerò io il resto a Roxy-chan, è in buone mani – e ridacchiò.
- Aw, Axel, solo mani?! – ghignò Hayner.
- Beh, è uno dei pochi “in” che otterrà da me, dico bene? –
“Roxy-chan” si dimenò con energia e riuscì finalmente a liberarsi.
- Non scappate, abbiamo qualcosa per voi – disse Sora.
Porse ai sue una scatola di cartone appena più piccola di una scatola da scarpe.
- È solo un piccolo pensiero – Hayner posò entrambe le mani sulle spalle di Roxas e contemporaneamente gli strizzò un occhio – Tanti auguri e buona fortuna, spero che riuscirai a camminare, dopo! –
Roxas ringhiò e guardò male tanto gli amici quanto la scatola tra le mani di Axel. Quest’ultimo l’aprì. dentro c’era una confezione di preservativi – inutile dirlo – alla banana, un tubetto di olio profumato per massaggi e due di lubrificante, uno alla ciliegia e uno che si riscaldava al contatto con la pelle.
- Che gentili! – rise Axel.
Roxas si nascose il viso tra le mani, borbottando qualcosa su dove potessero infilarsi i loro regali. Che ironia…
- Beh, andiamo a lasciare a casa mia questa roba, che ne dici? –
- Se non vi vediamo tornare supporremo il peggio! – disse Hayner, malizioso.
- Allora non aspettateci – rispose a tono il rosso, strizzando un occhio.
- AXEL! NON INCORAGGIARLI! – giunse dall’esterno la voce di Roxas.
Axel fece il saluto ai presenti e seguì il suo ragazzo.
Rimasti soli, gli amici si scambiarono un’occhiata.
- Pensate che si siano offesi? – chiese Naminè con aria incerta – Roxy sembrava piuttosto irritato –
- Secondo me era più imbarazzato che altro, ma gli toccava, no? Gli passerà – rispose Sora.

All’esterno Axel raggiunse Roxas, che si stava allontanando dal ritrovo, il viso ancora rosso come un peperone.
- Non te la prendere – gli disse, passandogli un braccio intorno alle spalle – Sono stati davvero carini, sai, questa roba è piuttosto costosa, ma ora grazie a loro ci durerà un bel po’ –
- Lo so – sospirò Roxas – Ci sono andati perfino leggeri, con noi. Con gli altri siamo stati un po’ più cattivelli –
- Che vuoi dire? –
- È una tradizione, per il nostro gruppo, mettere in imbarazzo le coppie quando iniziano a mostrare segni di tensione sessuale. Io non volevo che lo facessero anche con noi, visto il nostro caso particolare. Ma ovviamente non c’era modo di scamparla –
Axel si stava sforzando intensamente di rimanere serio.
- Ah sì? E come fai a dire che con noi ci sono andati leggeri? –
Roxas afferrò la scatola e diede un’altra sbirciata al contenuto, prima di rispondere a bassa voce.
- Ci hanno dato olio per massaggi, preservativi e lubrificante – abbassò ulteriormente la voce mentre entravano nel portone – A Sora e Kairi abbiamo regalato un dildo e un anello vibrante – Roxas ghignò – E a Pence e Olette manette pelose, frustino e bavaglio –
Axel scoppiò a ridere.
- Geniale, assolutamente geniale! – si chiuse la porta dell’appartamento alle spalle e inchiodò Roxas contro la porta. La scatola cadde e sparpagliò il suo contenuto sul pavimento.
Il rosso premette tutto il corpo contro quello del suo ragazzo, facendo scontrare i loro sessi eccitati. Roxas gemette piano e gli affondò il viso nel petto, mentre l’altro muoveva il bacino contro il suo.
- Mmmh…  Axel… spostiamoci. Andiamo sul letto –
- Ottima idea – ringhiò Axel.
Esitarono solo per raccattare velocemente gli oggetti caduti.
Nella camera da letto, i due si spogliarono ferocemente a vicenda, trattando i rispettivi indumenti come se gli avessero fatto un gran torto personale.
- Vedo… che quei disegni… ti hanno davvero… ispirato – ansimò Roxas, immobilizzato di schiena contro il materasso.
- Tu mi ispiri – rispose il rosso – E ora meno chiacchiere e più azione –
Con piacere
Roxas ribaltò le posizioni e afferrò il primo tubo che gli capitò sotto le dita: l’olio per massaggi, perfetto.
Il biondo strinse gli occhi in modo scherzosamente malvagio e aprì la bottiglia, versandosi un po’ del liquido sui palmi, iniziando a massaggiarlo con vigore crescente sul magnifico corpo scolpito del suo ragazzo, accompagnando a quei movimenti la pressione delle proprie labbra in zone sensibili, evitando intenzionalmente l’erezione pulsante di Axel.
Quest’ultimo ben presto non riuscì più a tollerare quella piacevole tortura e fece in modo di ricambiarla in tutto e per tutto, riducendo Roxas a una specie di poltiglia che si contorceva in preda all’estasi.
- D’accordo, ora basta coi giochetti – sussurrò Axel, guardando con una stranissima espressione il suo biondo.
Roxas deglutì a fatica, chiedendosi cosa l’altro avesse in mente. Ma per un po’ scivolarono semplicemente nei loro soliti “modi di darsi reciprocamente piacere”, come li avrebbe chiamati Kairi, però esplorandosi l’un l’altro in modo molto più approfondito rispetto al solito, fino a scoprire che Axel uggiolava se gli si massaggiavano delicatamente i lati del bacino, in corrispondenza dell’osso pubico – sì, quello a dir poco femmineo – e che Roxas faceva le fusa (proprio come un perfetto uke) se anche solo gli si sfiorava con le labbra la parte esterna del bicipite.
- Roxas – esalò infine Axel – Tutto ciò è davvero molto piacevole, ma io non ti resisto più –
- Davvero? –
- Sì. Ti voglio. Ti va di…? –
Axel aveva un’aria eccitata ma incerta, quasi spaventato di aver detto qualcosa di sbagliato, di essersi spinto troppo oltre e faceva fatica a guardarlo negli occhi. Ma Roxas sorrise.

Il dopo. La quiete che segue la tempesta. Era stato strano, era stato goffo. Era stato comunque meraviglioso perché erano loro due. Era stato oltre modo irruento e passionale. E ora l’aria era impregnata dell’aspro odore di sudore e di sperma, addolcito appena dal delicato ma penetrante profumo di ciliegia. E i due amanti, assonnati, giacevano l’uno tra le braccia dell’altro.
- Come ti senti? – chiese Axel.
Roxas sorrise divertito.
- Un po’ indolenzito, ma c’era da aspettarselo. Tu? –
Axel rise debolmente.
- Stavolta credo proprio di essermi slogato qualcosa. Ow… -
Roxas strusciò timidamente il viso contro il petto del suo ragazzo. Proprio come un perfetto uke.
- Mhm… Ax, siamo sporchi, sudati e appiccicosi e credo che anche le lenzuola abbiano bisogno di essere cambiate –
- Lo so – Axel gemette e si tirò il piccolo biondo più vicino – Però tutto questo può aspettare, vero? Ora sono stanco –
- D’accordo, facciamoci prima un riposino –
Mentre Axel si addormentava, Roxas allungò furtivamente la mano verso il proprio cellulare per controllare l’orario e magari puntare la sveglia, accorgendosi così che aveva ricevuto un messaggio, risalente a più o meno un quarto d’ora prima. Era di Hayner.
“Allora, com’è andata? È stato molto doloroso?”
“Stronzo” rispose il biondo “Ci sentiamo domani, se proprio devo. Ma sappi che ce l’ho ancora con te. Ora lasciami dormire”
E, dimentico della sveglia e di un nuovo messaggio che faceva ronzare fastidiosamente il suo telefono (“Dormire?! Allora l’avete fatto davvero? Dai, voglio i dettagli! Anzi no, è disgustoso!”), si rannicchiò tra le braccia dell’uomo che amava e sorrise pensando ai discorsi di quella mattina. Forse avrebbe convinto Naminè regalargli un paio di quei disegni da usare come fonte d’ispirazione per la prossima volta…


Ed eccovi anche un altro capitolo. Confesso che inizio ad essere impaziente di pubblicare la conclusione di questa storia, non perché non mi piace più, al contrario, semplicemente per vedere le vostre reazioni conclusive e perché ho in mente progetti di altre long che mi piacerebbe sottoporre alla pubblica attenzione… ^^’
Vabbè, in ogni caso l’aggiornamento di oggi è soprattutto per festeggiare un esame ben riuscito, quindi gioite con me! Yay! ^^

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Capitolo 17
*** Xion ***


Ecco il 17esimo capitolo per voi. Piccolo avvertimento: se possibile si astenga chi sostiene Xion in modo sfegatato e non accetta critiche a suo carico, perché in questa storia non ne esce bene. Io ve l’ho detto. Ora precisiamo, io non disprezzo Xion, ma nemmeno l’apprezzo particolarmente. Quindi la uso come più mi fa comodo, a seconda della storia.
Le parti scritte completamente in corsivo sono flashback.
Buona lettura!


Anche quel giorno l’allenamento era finito ma, per una volta, Roxas non si sentiva minimamente stanco. In ogni caso decise di non forzarsi con esercizi in più e si diresse verso gli spogliatoi.
Aprì allegramente il suo solito armadietto, tirò fuori il borsone e iniziò a spogliarsi, sibilando per il sollievo quando la sua schiena nuda fu accarezzata dall’aria fresca.
- Ehilà, bellissimo! – disse una voce alle sue spalle.
Era Terra e aveva attorno ai fianchi solo un asciugamano. Roxas distolse lo sguardo senza rimpianti: il corpo di Axel era molto, molto più bello.
- Ehi – rispose senza compromettersi, frugando nel borsone per prendere il cambio – Tutto bene? –
Terra, non visto, fece una smorfia.
- Di sicuro sto meglio di te. Quei raschi sulla tua schiena sono piuttosto brutti. E quello che vedo sulla tua spalla è il segno di un morso?! –
Roxas, anche lui non visto, ghignò in modo malvagio.
- Oh, sì, sono piccoli segni di affetto da parte di Axel. Non è carino? –
- Segni d’affetto, dici? –
- Mhm… esattamente –
- Ho visto Axel zoppicare, oggi. Tu c’entri qualcosa, per caso? –
Roxas ripensò al giorno prima e sorrise tra sé, arrossendo. La sensazione della pelle bollente e sudata di Axel contro la sua, i suoi gemiti, le parole appassionate che gli aveva sussurrato nell’orecchio con voce roca: “Prendimi, fammi tuo”; la vista del suo viso mentre Roxas lo penetrava lentamente, sentendosi affondare subito dopo i denti del rosso nella spalla, il calore opprimente all’interno del suo corpo, il ritmo quasi animalesco della prima volta, la dolcezza infinita della seconda…
- Roxas? Ehi, Roxas! –
Il biondo si voltò e si trovò davanti un Terra completamente vestito e vagamente preoccupato.
- Stai bene, amico? Sembravi imbambolato –
- Oh, sì… pensavo –
- A cosa, se posso? –
Roxas ghignò.
- Mi chiedevo semplicemente come sarebbe fare a te quello che ho fatto ad Axel per farlo zoppicare – mentì.
- E sarebbe? –
- Vuoi scoprirlo? – chiese Roxas in tono seducente, ma con espressione sadica.
- Uhm, scusa, Roxas, ma per quanto tu possa essere attraente io non sono interessato a quel genere di cose –
E se ne andò. Appena fu sicuro di essere solo, il biondo scoppiò in una risata fragorosa.
Qualcuno, dalla cima delle scale, iniziò ad applaudire e Roxas si voltò di scatto.
- Non dovresti essere qui, Ax – gli fece bonariamente presente il biondo.
- Oh, beh, me ne vado subito. Volevo solo sapere cosa hai detto a Terra per costringerlo ad avvicinarmi dicendo che siamo entrambi pazzi –
Roxas si strinse nelle spalle.
- Ha visto questi – indicò con il pollice i segni di unghie sulla sua schiena – E te che zoppichi –
Axel arrossì, ripensando anche lui al giorno prima. Quasi non riusciva a credere che fosse successo. Che proprio lui, tra tutti, avesse ceduto la dominanza ad un ragazzo più piccolo e inesperto. E, anche se i risultati erano stati decisamente soddisfacenti (inserire espressione sognante), si era sentito estremamente vulnerabile. Soprattutto quando Roxas aveva asciugato dolcemente con il pollice la lacrima solitaria che gli era scesa sul viso quando era entrato in lui, scusandosi per la propria inesperienza e goffaggine, nonostante Axel fosse sicuro che il morso che gli aveva dato fosse stato a sua volta piuttosto doloroso.
- Mhm… fai presto a farti la doccia, il mio turno è finito e sto per andar via – disse grattandosi la nuca, prima di sparire di nuovo, zoppicando in modo piuttosto vistoso.
Quella sera avevano appuntamento in un piccolo pub con il resto del gruppo, compresi Saïx e Demyx. Roxas si morse le labbra: aveva notato già il giorno prima quanto dolorante fosse il suo ragazzo e, sapendo che avevano appuntamento con gli altri, si era detto che doveva fare qualcosa per impedire ad Axel di sentirsi a disagio e, per così dire, sputtanarli clamorosamente.
Così, una volta arrivati a casa del rosso, tirò fuori una piccola pochette che conteneva alcuni dei trucchi di sua madre e costrinse Axel a sedersi (quest’ultimo fece una piccola smorfia), sfilandogli rudemente una scarpa e sollevandogli l’orlo dei pantaloni.
- Ehm… - fece il rosso – Non sapevo che avessi l’ossessione per le caviglie –
- Non ce l’ho, idiota. Lasciami fare e fidati di me, ok? Niente domande, capirai dopo –
Axel obbedì, per quanto strana gli sembrasse quella richiesta – e nonostante l’essere, sebbene affettuosamente, chiamato idiota gli facesse venire una certa voglia di fare l’esatto opposto di ciò che gli era stato detto. Incrociò le braccia dietro la testa e si rilassò, cercando di ignorare un lieve solletico dove il suo biondo stava “lavorando”.
- Sai – disse Roxas, senza incrociare il suo sguardo – sarà complicato nascondere la verità agli altri tutte le volte che facciamo… beh… una cosa del genere –
- Nascondere la verità? – ripeté Axel – Perché mai? Non siamo mica amanti clandestini –
- Ma tu sei troppo macho per fare la figura del sottomesso, no? E poi NON VUOI essere preso per i fondelli a vita dai tuoi due migliori amici, sentendoti chiamare “uke”, “mogliettina” e tutti gli altri nomignoli che gli altri già usano con me – disse il biondo, decisamente imbarazzato e anche un po’ mortificato.
Axel non rispose, a questo non aveva pensato affatto. Si sentì allo stesso tempo commosso e imbarazzato che Roxas volesse proteggere la sua dignità, nonostante il proprio orgoglio maschile fosse già piuttosto leso. E Axel aveva contribuito in parte.
- A proposito, il “dopo” è sempre così o zoppichi solo perché non stavi sotto da molto tempo? –
Il rosso si grattò la nuca.
- Uhm… Roxas… a proposito di questo c’è una cosa che forse dovrei dirti –
- Ti ascolto –
Il rosso mugugnò qualcosa di incomprensibile.
- Cosa? –
- Hai capito –
- Veramente no – obiettò Roxas – Ti dispiace scandire meglio le parole? –
- D’accordo. Devi sapere, caro mio, che io non sto mai sotto per nessuno
Roxas lo guardò arrossire furiosamente e piegò leggermente la testa di lato, confuso.
- Ma con me sei stato sotto –
- È proprio quello che ti sto dicendo –
Finalmente Roxas capì. E rimase a bocca aperta, mentre il suo stomaco cominciava a fare capriole senza apparente motivo.
- Mi stai dicendo che eri vergine, là dietro?! –
- Beh, non ero mai andato oltre alle dita, quindi… - Axel si grattò di nuovo la nuca.
E Roxas si sciolse all’espressione timida e imbarazzata del suo ragazzo. E il fatto che gli avesse donato la sua prima volta, che non aveva mai consumato prima dei suoi 26 anni? Quanto poteva essere dolce quel ragazzo dall’aspetto vagamente diabolico?
Il biondo mollò ciò che aveva in mano e iniziò a baciarlo con tutta la tenerezza del mondo, accarezzandogli il viso e i capelli e ignorando il lieve pizzicore che gli pungeva gli occhi dietro alle palpebre chiuse. Interruppe il bacio e lo abbracciò, sussurrandogli all’orecchio che lo amava. Non potè proprio farne a meno, in che altro modo avrebbe ancora potuto esprimere ciò che stava provando in quel momento?
Axel trasalì, ma quando Roxas si staccò da lui per guardarlo, leggermente preoccupato, si accorse che l’istruttore stava sorridendo timidamente, guardando altrove, le guance tutte rosa. Per non metterlo ulteriormente a disagio, si sedette di nuovo sul pavimento e riprese ciò che stava facendo. Alla fine si alzò e rimirò il suo lavoro, soddisfatto.
A quel punto anche Axel guardò in basso.
- Cos’hai fatto alla mia caviglia? Sembra gonfia ed ammaccata! – esclamò.
- Infatti – disse tranquillamente Roxas – Ti sei preso una storta, ieri sera, inciampando su una delle mie scarpe, ricordi? –
Axel ridacchiò.
- Sono proprio goffo, non è vero? –
- Decisamente –
Roxas sorrise di rimando.

Axel scostò la tenda che si trovava subito dopo il cancello aperto del ritrovo, segno che qualcuno era già all’interno.
- Salve, gente! Sentita la mia mancanza? Oh, e Roxas ha fatto un po’ tardi per un corso all’università, ma dovrebbe arrivare a momenti – esclamò allegramente.
- Roxas? Che bellezza, finalmente! –
Axel volse lo sguardo verso la nuova voce, perplesso. Apparteneva a una ragazza di bassa statura, con capelli a caschetto neri, grandi occhi azzurri e un seno che probabilmente non raggiungeva la seconda misura. Tuttavia aveva un bel visino, illuminato dall’enorme sorriso che gli stava rivolgendo.
- Tu sei un nuovo amico? Piacere di conoscerti… - cominciò, tendendogli la mano.
- Axel – rispose lui, stringendola – Piacere mio, ma… tu chi sei? Non per essere sgarbato, ovviamente, solo che è la prima volta che ti vedo –
- Ero fuori città. E sono Xion, la ragazza di Roxas –
Axel le mollò la mano, allontanando la sua di scatto, come se si fosse scottato.
- Tu cosa?! – sbottò, resistendo a stento all’impulso di afferrarle la gola.
Ex ragazza, Xion – la corresse freddamente Hayner – E vedi di non dimenticartene –
Axel si rese conto solo in quel momento che tutti i presenti – Hayner, Naminè, Sora, Kairi e Riku – stavano guardando male la ragazza.
- Esatto! – ribadì aggressivamente Naminè, cogliendo il rosso alla sprovvista – Pensavi veramente che Roxas ti avrebbe considerata ancora la sua ragazza dopo tutto quello che gli hai fatto passare?! –
- Non capisco di cosa tu stia parlando, Nami… -
- Smettila di fare la santarellina! – gridò la bionda – Lo abbiamo sempre saputo tutti, fin dall’inizio, che non andavi bene per lui e ci siamo anche sempre chiesti come facesse a stare con te in primo luogo. Tu che hai quell’aria da bambolina innocente e invece sei così esperta e navigata! –
Era il modo di Naminè di darle della poco di buono e Xion se ne rese conto. Strinse pericolosamente gli occhi, ma a parte quello il suo viso non tradì emozione alcuna.
- Perché non lasci che sia lui a decidere cosa fare? –
- Non illuderti, Xion, non sceglierà mai te. Non ora che ha finalmente trovato una persona che lo rende davvero felice. E che dimostra di tenerci a lui – si intromise Riku.
- E chi sarebbe la troietta? –
Axel scosse la testa, contrariato.
- Così sboccata, per una bella ragazzina… un vero peccato, direi – disse severo.
In quel momento entrò il “pomo” della discordia, togliendosi la borsa dei libri dalla spalla.
- Buongiorno. Cosa mi sono per… -
La borsa cadde con un tonfo sordo mentre l’espressione di Roxas passava a velocità impressionante da stupore a rabbia, per poi diventare una di puro disgusto e scivolare infine nella più totale indifferenza.
- Cosa fai qui, Xion? – chiese freddamente.
- Sono tornata, Roxas – rispose dolcemente lei – E sono tornata per restare –
- Bene. Ora sei pregata di uscire dal nostro ritrovo –
- Ma Rox… non sei contento di rivedermi? –
- Sei una ragazza intelligente. Guardami in faccia, somma la mia espressione con le mie parole e trai da sola le tue conclusioni –
- Ma io voglio tornare con te –
- Piccolo problema: anche se non fossi impegnato non ti vorrei comunque. Sei storia passata. Ora aria! Via! Sciò! –
Tutti rimasero sbalorditi della freddezza e della fermezza del ragazzo, di solito così affabile, anche se a volte un po’ brusco… Ma considerati i loro trascorsi…
- Sei proprio sicuro di ciò a cui stai rinunciando? – Xion tentò un piccolo sorriso seducente, spingendo appena in fuori il petto quasi inesistente.
Il biondo non fece una piega.
- Non so nemmeno cosa ci trovassi in te – disse indifferente.
- Sei un ingrato, Roxas! Sono stata io a renderti ciò che sei oggi! –
Un minuto abbondante di silenzio tombale, prima che si scatenasse una vera e propria esplosione di risate isteriche.
- Che diavolo avete da ridere! –
- Beh, Xion – fece Roxas, asciugandosi gli occhi su una manica – Ridiamo perché su questo hai proprio ragione. Credo che sia stata proprio tu a rendermi ciò che sono ora. Beh, forse non solo tu, ma in parte di sicuro –
- Che vuoi dire? –
Per tutta risposta Axel prese il suo biondo tra le braccia e lo baciò con abbandono, facendo sospirare Roxas di soddisfazione. Ignorando lo sguardo inorridito di Xion, i due andarono avanti ancora un po’.
- Ora lo sai – ghignò infine Axel – Roxas è il mio ragazzo. E non ho intenzione di lasciare che le cose cambino –
Tutti risero di lei e Xion corse via, decisamente umiliata.
Roxas fece per dire qualcosa, ma gli squillò il telefono. Ascoltò attentamente per un po’, mormorò un breve assenso e chiuse la conversazione.
- Vado a prendere Tidus da scuola, non sta bene –
- È un “non sto bene” per evitare l’interrogazione? – chiese Sora.
- Stranamente no. In effetti è il contrario. Ha i sintomi dell’influenza già da un paio di giorni, ma oggi è andato comunque per dare un’interrogazione per cui ha studiato per un paio di settimane. E ora che l’ha finita vuole tornare a casa, giustamente. Torno appena posso –
Quando il biondo fu lontano, Axel si voltò verso gli altri.
- Bene, ora chi ha voglia di spiegarmi questa faccenda di Xion? –
Gli amici si scambiarono un’occhiata.
- Sei proprio sicuro di volerlo sapere? – chiese Kairi.
- No, ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro. So una piccola parte della storia e se non ascoltassi il resto probabilmente non ci dormirei la notte –
- E non sarebbe meglio chiederlo direttamente a lui? –
Axel fece un sorrisetto triste e scosse la testa.
- Lo farei, se potessi, ma non voglio rischiare di perderlo, grazie tante –
Hayner, alle sue spalle, annuì con aria di approvazione. Riku lo guardò perplesso e il rosso cercò di spiegarsi meglio.
- Se inizio il discorso della sua ex, lui vorrà sapere delle mie storie passate. E non sono solo un paio, sapete. Rischierei solo di ferirlo: Rox è un po’ sensibile per quanto riguarda la mia esperienza. Cerca sempre di non farmelo pesare, ma si capisce –
Naminè prese Axel per un braccio e lo costrinse a sedersi su uno dei divanetti, prendendo posto accanto a lui, mentre Hayner si accucciava sul suo solito sgabello. Gli altri, con molto tatto, si scusarono ed uscirono dal ritrovo per andare a prendere qualcosa da mangiare.
- In un certo senso è iniziato tutto nel nostro primo anno di superiori – cominciò Naminè – Lei era già al terzo anno e l’abbiamo davvero notata solo dopo il terzo mese di scuola. Stava litigando pesantemente con il gruppo dei “popolari” del suo anno ed esponendosi al pubblico ludibrio perché quegli idioti avevano osato fare un commento malevolo su una ragazza costretta in una sedia a rotelle –
- Beh… rispetto assoluto –
- In quella circostanza sì – annuì Hayner – Tra noi esprimemmo apprezzamento per ciò che aveva fatto. Beh, fu da quel giorno che Roxas cominciò a guardarla sempre più spesso quando passava per i corridoi. E a cercare il suo sguardo. All’inizio si trattava solo di rispetto. Poi di ammirazione. Alla fine diventò una vera e propria cotta, ma lui era troppo timido per avvicinarla –
- Noi ragazze ci offrimmo di diventare sue amiche e presentargliela, ma lui rifiutò perché voleva farcela da solo –
- E ce la fece davvero con le sue forze? –
- Oh, sì. Ma passò un bel po’ di tempo. Gli capitò di conoscerla ufficialmente solo durante un’assemblea d’istituto del secondo anno e diventarono da subito buoni amici –
- Ma Roxas era talmente accecato dai suoi sentimenti da non accorgersi che lei stava cambiando, in peggio – mormorò Naminè – Xion iniziò a fare amicizia con gli stessi ragazzi con cui aveva litigato quel fatidico giorno, dicendo a Roxas che erano cambiati, che avevano capito i loro errori e ne erano pentiti –
- Cazzate, ovviamente – sbottò Hayner – Era stata lei, invece, ad assumente molti dei loro atteggiamenti e si sentiva in dovere di giustificare i suoi nuovi amichetti. Roxas per fortuna non ha mai frequentato quel gruppo, sebbene lei l’avesse invitato in qualche occasione. Intanto continuava a farsi coraggio per chiedere a Xion di uscire –
E ce l’aveva fatta. I due avevano cominciato a uscire insieme come amici durante l’estate, diventando praticamente inseparabili. Il che voleva dire che anche gli amici del biondo furono costretti a sorbirsi la ragazza piuttosto spesso. Poi, grazie al cielo, lei era andata in vacanza coi suoi per tornare appena prima dell’inizio del nuovo anno scolastico.
- E poi? – chiese Axel, affascinato dal racconto suo malgrado.
- E poi, finalmente, Roxas le confessò i suoi sentimenti. Un classico: lui timido e impacciato che balbettava dicendole di volere una storia con lei e lei che gli saltava addosso, abbracciandolo. Poco tempo dopo lei gli chiese di fare sesso –
Axel si morse le labbra e abbassò lo sguardo.
- Ecco, questo non lo volevo sapere – disse infine – Che importanza ha nella storia, comunque? –
- Tanta da non poter essere omesso – gli assicurò Naminè – E poi sei tu che hai chiesto di sapere –
- Ma perché è così importante?! – insistette il rosso.
- Perché sì! – sbottò Hayner. Poi sospirò e proseguì – E ovviamente, cos’avrebbe mai potuto rispondere un adolescente in preda agli ormoni la cui ragazza chieda una cosa del genere? Beh, lo sai meglio di me –
- E poi scoprimmo cosa c’era sotto, anche se per puro caso. Fu grazie a Olette, che purtroppo quel giorno aveva un forte mal di pancia che la relegò in bagno per gran parte della giornata –
- L’hobby di Xion era collezionare verginità maschili – disse furiosamente Hayner – E Rox era il suo “gioiello”. Probabilmente perché era il più appetibile che si fosse portata a letto –
- Cosa?! Come l’avete scoperto? –
- Olette era in bagno, giusto? –
Axel annuì.
Ebbene, Xion era entrata in bagno con un’amica durante l’intervallo e, tra una futile chiacchiera e l’altra, l’amica aveva cianciato allegramente.
- E così, Xion, hai un altro ex verginello per la tua collezione? –
- Sì, ed è anche uno dei più timidi – aveva ridacchiato lei – Si comporta proprio come un cucciolotto innamorato. È piuttosto tenero, in realtà, a quanto pare ci tiene davvero –
- Vuoi dire che ti dispiacerà doverlo piantare in asso, ora che l’avete fatto? –
Olette aveva trattenuto il respiro, inorridita. Come si poteva essere tanto meschini?
- Uhm… forse. Di sicuro è uno dei pochi che non mi farebbe fare brutte figure in pubblico. È oggettivamente carino –
Versetto d’assenso della cosiddetta amica.
- E ogni tanto è anche piacevole sentirsi amate e coccolate – confessò ancora Xion – Chissà, forse alla lunga potrebbe diventare noioso, ma per ora credo che me lo terrò. Anche se non è più vergine… -
A quel punto le due erano uscite dal bagno e Olette, furibonda e con gli occhi inondati di lacrime sia per la tristezza per Roxas che per il dolore che le trafiggeva ancora il basso ventre, si era precipitata a raccontare tutto agli amici, che poi avevano cercato il modo più gentile per riferire tutto al diretto interessato.
Roxas li aveva ascoltati attentamente, fissandoli con espressione vuota, senza battere ciglio.
- Devi esserti sbagliata, ‘Lette – aveva detto infine – Non penso che fosse Xion. Lei non è così –
I suoi amici sapevano per esperienza che insistere sarebbe stato inutile: il biondo sapeva essere straordinariamente testardo. E, d’altra parte, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma sorprendentemente non c’erano stati rancori da parte di Roxas per le “insinuazioni” fatte sulla sua ragazza.
E poi, un bel giorno, durante le vacanze di Pasqua, Xion era sparita completamente, all’improvviso. Inutili erano stati i tentativi del biondo di contattarla. Tornato a scuola Roxas, disperato, era arrivato ad avvicinare gli amici della ragazza, da cui si era sempre tenuto alla larga. Quando aveva chiesto informazioni, il gruppo si era fatto una sonora risata a sue spese, spiegando che Xion si era trasferita in un’altra città e che “Non penserai mica che fosse davvero innamorata di uno sfigatello come te?!”.
Per una settimana Roxas era stato davvero a pezzi, si era sentito  preso in giro, usato e infine gettato via dalla persona che aveva considerato la sua prima storia importante. Poi, tirato fuori il minimo di dignità e amor proprio che, sebbene stropicciati, possedeva ancora, il ragazzo aveva proseguito la sua vita a testa alta. Si era scoperto gay pochi mesi dopo ma, figura di merda a parte, era stato un sollievo sapere di non doversi più mettere in gioco con il “gentil” sesso.
- E il resto lo sai – concluse Naminè.
E Axel capì, capì molte cose. Per esempio la reazione del biondo al suo laconico andarsene di casa dopo quel primo “ti amo”. All’epoca l’aveva considerata un tantino esagerata, ma ora, alla luce di quelle nuove informazioni, tutto aveva più senso.
Il rosso di ritrovò a respirare pesantemente dal naso, le mani strette a pugno.
- Come ha osato quella… quella…!
- Sì, lo sappiamo – mormorò Hayner – Ma ora lei è davvero storia passata. Quindi con Roxas fai finta di non sapere niente e non parlare mai di lei, è il modo sicuro di farlo imbestialire –
Axel annuì.

- Naminè, spero tu stia scherzando –
- Nient’affatto! –
- Ma sai benissimo cos’ho deciso dopo lei. Dopo Xion. Che non avrei mai più fatto una cosa del genere con una ragazza. E poi… beh… Axel… -
- Già, Axel… Senti, nessuna pressione. Sei uno dei miei migliori amici e io… non ti obbligherei mai, ovvio. Ma è da un sacco che vorrei farlo e con te… sarebbe un sogno – Naminè arrossì e distolse lo sguardo.
- Nessun coinvolgimento sentimentale, vero? – chiese Roxas, teso come una corda di violino.
- Nessuno – gli assicurò la ragazza.
- Allora lo farò –
Naminè gli saltò al collo.
Nel frattempo, altrove…
- Posso ricordarti che sono il ragazzo di uno dei tuoi migliori amici? – fece Axel.
- E allora? I sentimenti non c’entrano niente, è un’azione puramente fisica –
- Sai, suona male detto così… -
- Conosci forse un altro modo per dirlo? –
Axel si strinse nelle spalle.
- Quello che sto dicendo è che non mi sembra giusto nei confronti di Roxas –
- E vuoi forse dirmi che non ti piace fare cose del genere? –
- No, anzi. Ma dovresti saperlo che preferisco i ragazzi –
Selphie ridacchiò.
- Vedrai che ti divertirai. Non fare il timido! –
- Oh, non me lo sognerei mai – ribattè il rosso, sfoggiando un ghigno lupesco – Accetto la tua proposta, gentil pulzella –

Continua… (anche se ancora per poco)

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Capitolo 18
*** Elementare, Naminè... ***


- Roxas! – esclamò Naminè, ansimando – Così mi fai male! –
- Mi dispiace – sussurrò lui, altrettanto affannato – Te l’ho pur detto che non sono pratico –
- Usi questa scusa anche con Axel? –
Roxas distolse lo sguardo.
- Vuoi davvero che pensi a lui in questo momento, Nami? Mi sento già abbastanza in colpa, ok? Ora, se vogliamo continuare… -
La ragazza sospirò e si massaggiò stancamente le tempie, ignorando la parte di lei davvero dolorante; se ne sarebbe occupata più tardi.

- Axel… per favore, dammi un minuto –
Il rosso guardò Selphie, allontanandosi da lei e incrociando le braccia contro il proprio petto sudato. La ragazza si sedette scompostamente sul divano e si sventagliò, anche lei tutta sudata.
- È stata una tua idea e ora ti tiri indietro? – le chiese ridacchiando, incredulo.
- No, certo che no… è che non riesco a starti dietro, sei troppo impetuoso!  Come fa Roxas? –
Il sorrisetto di Axel svanì.
- Che succede? –
- Mi sento un po’ in colpa a fare questo con te… alle sue spalle –
- Axel – fece Selphie in tono comprensivo ma un po’ impaziente – Sai anche tu che lui non avrebbe mai acconsentito a una cosa del genere. Non sa proprio ballare! –
Il rosso scosse la testa.
- Avrei potuto insegnarglielo! Sarebbe stato magnifico! E poi… beh, se usa il bacino per muoversi a ritmo come lo usa quando stiamo… - ma Axel arrossì e non finì la frase.
Fortunatamente la ragazza non parve aver capito l’ultima parte del suo farfuglio agitato e sospirò rassegnata.
- Hai cambiato idea? Potrei chiedere a Riku –
- Nah, non preoccuparti – Axel tornò a sorridere – Te l’ho promesso. Al massimo poi mi aiuterai a far pace con Roxas. A proposito, ma perché non posso dirglielo? –
- Perché… resti tra noi, ma so per certo che ti trova incredibilmente sexy quando balli. Ho sentito che lo diceva a Hayner una sera. Quindi volevo fargli una sorpresa, capisci? – rispose la ragazza con un sorriso birichino.
Axel si sentì arrossire. Di nuovo. Doveva piantarla di comportarsi come una ragazzina innamorata ogni volta che gli parlavano di Roxas e di cosa diceva di lui… Ma se quello che gli aveva confidato Selphie era vero… Il rosso contemplò le possibilità, ghignando.
- Selphie… rimettiamoci al lavoro –

Naminè, rimasta sola, sospirò stancamente mentre infilava i piedi doloranti in una bacinella di acqua tiepida. Aveva perso il conto delle volte che il suo amico glieli aveva pestati. Cercare di ballare con Roxas dopo anni di suo non-esercizio era un’impresa disperata. Maledetta Xion. Una volta al suo amico piaceva ballare. Soprattutto balli di gruppo, ma quelli erano dettagli, perché ogni tanto con un po’ di abile persuasione gli aveva strappato qualche lento. Ma dato che la dolce Xion amava portarlo con lei durante le serate nei club di danza, da quando se n’era andata Roxas non aveva più fatto un passo nemmeno per sbaglio.
Certo che anche lei, chiedergli di partecipare a una gara di ballo solo per attirare l’attenzione di qualcuno che probabilmente non l’avrebbe mai guardata nemmeno di striscio… scosse la testa alla propria ingenuità. Cosa aveva pensato? Di sorprenderlo con le proprie abilità di movimento quando lui era molto più allenato? Di farlo ingelosire ballando con un ragazzo gay e fidanzato per cui una volta aveva avuto una cotta? Iniziò a ripensarci e si chiese se non fosse il caso di disdire tutto, ma fu interrotta dall’arrivo di un messaggio. Era di Roxas.
“Non pensare nemmeno di tirarti indietro. Scusa se sono imbranato, migliorerò. Ma tu non arrenderti. Gli farai girare la testa!”
Naminè sorrise. All’improvviso i piedi non le facevano più così male.

Qualche giorno dopo…
Demyx si grattò la testa, scompigliando la propria capigliatura attentamente progettata. Ma per una volta non se ne curò.
- Ultimamente non ti sembra che si comportino tutti in modo strano? – chiese a Riku.
Il ragazzo parve rifletterci.
- In effetti hai ragione. Selphie e Naminè sono sparite dalla circolazione e anche la nostra coppia più gaia si vede in giro sempre meno –
- Perché non iniziamo a chiedere come stanno le cose invece di stare qui a scervellarci? – chiese Saïx.
- Dimentichi che quasi non rispondono più al telefono. E se lo fanno chiudono quasi subito –
- E tu, Demyx, dimentichi che io ho una copia delle chiavi di casa di Puntaspilli. Sai, quelle che mi ha affidato per le emergenze. E non vedere i nostri migliori amici per quasi due settimane di seguito è un’emergenza –
- Mi piaci quando hai queste idee da subdolo bastardo – confessò Hayner con un ghignetto.
I quattro ci misero ben poco ad arrivare all’appartamento del rosso e, quando si avvicinarono di soppiatto alla porta, udirono dei rumori soffocati provenire dall’interno.
- Fantastico, Ax sta facendo le pulizie di primavera, non si accorgerà neanche del nostro ingresso – ghignò Demyx, mentre Saïx infilava silenziosamente la chiave nella toppa.
Ma la scena che si aspettavano di vedere – un Axel in tenuta da casa, magari con uno stupido grembiulino a fiori legato intorno alla vita sottile, che canticchiava allegramente con uno spolverino in mano – non fu quella che si parò davanti ai loro occhi increduli.
Axel non era affatto solo e ciò che stava facendo non si avvicinava neanche alle “pulizie di primavera” che si erano immaginati. Il rosso era quasi nudo e torreggiava su un Roxas altrettanto svestito e semidisteso scompostamente sul divano. Entrambi erano accaldati e ansimanti, entrambi avevano gli occhi offuscati dal desiderio. Una mano di Axel era senza alcun dubbio infilata nei boxer di Roxas, mentre il biondo stringeva il bacino del più grande con fare possessivo.
I due rimasero pietrificati all’ingresso degli amici, Roxas probabilmente sul punto di morire dall’imbarazzo, Axel con in viso un’espressione assolutamente sdegnata.
- No, dico, che razza di modi sono questi? Interromperci proprio quando la cosa si sta facendo interessante… - strinse inconsciamente la mano impegnata.
Roxas trasalì ed emise un lieve gemito, che però non passò inosservato a nessuno all’interno dell’appartamento. Hayner, che fino ad allora era rimasto immobile, si coprì il viso con le mani piagnucolando qualcosa che sembrava molto “I miei poveri occhi!”. Riku sembrava essere indeciso tra ridere ed esibire una smorfia disgustata, infatti il risultato fu un’espressione buffissima. Saïx, completamente fuori dal personaggio, arrossì e distolse lo sguardo e Demyx, stranamente, fu quello che si riprese prima.
- Uh… scusate tanto per l’interruzione – disse – Noi… ehm… andiamo -
- Esatto – fece Axel, irritato – Tornate più tardi. Ma non prima di un’oretta! E chiudete la porta a chiave. Se la trovate ancora chiusa quando arrivate, non disturbatevi ad entrare –
La porta sbatté dietro ai quattro e subito si sentì il rumore di mandate.
- Non pensi che sia stato un po’ rude? – chiese Roxas con aria incerta.
- Certo che no! Al massimo lo sono stati loro a presentarsi qui senza avvisare. E poi… violazione di domicilio, hai presente? Che gli serva da lezione –
Roxas sorrise.
- Sì, credo che tu abbia ragione – poi ribaltò le posizioni – Allora, dove eravamo rimasti? –

I quattro amici, ancora in mezzo alle scale, sentirono un forte gemito emergere dall’appartamento che avevano appena lasciato.
- Era Axel, quello? –
Poi sentirono anche la risatina ansimante di Roxas, che disse qualcosa che suonava spaventosamente come “Basta davvero così poco a ridurti in questo stato?”.
Riku si guardò in giro e trascinò via Hayner più in fretta possibile, facendolo inciampare sugli ultimi gradini, mentre Demyx e Saïx li seguivano ridendo a crepapelle per il loro comportamento.
- Non avevo mai visto due maschi in atteggiamenti intimi prima d’ora – commentò infine Demyx – Devo dire che è piuttosto sexy
Gli altri lo guardarono come se fosse impazzito.
- Ci nascondi qualcosa, Dem? –
- Assolutamente no, Tinto! Sono quei due che insieme sono dannatamente carini –
- “Carini” non è certo il termine che avrei usato io – interloquì Hayner, rabbrividendo.
- E poi io credevo che tu fossi interessato a… -
- Io, caro Riku, sono prima di tutto innamorato dell’amore. E poi “l’amore non ha sesso, il brivido è lo stesso…” – iniziò a cantare. *
Delle ragazze che passavano di là si fermarono per ascoltare e, alla fine della piccola esibizione, applaudirono. Demyx fece un profondo inchino, evidentemente del tutto a suo agio e si fece tranquillamente fotografare con tutte le ragazze, a turno. L’unica cosa che declinò garbatamente fu l’invito a cena di una di loro, particolarmente disinibita.
- Mi dispiace – le disse – Sono già interessato a un’altra persona. Ma grazie lo stesso! –
 I tre rimasti si sbatterono contemporaneamente una mano sulla faccia. Davvero, Demyx faceva il discreto con loro e poi sbandierava la sua cotta ai quattro venti! Saïx, in particolare, era piuttosto disgustato da tutto l’amore che volteggiava nell’aria attorno a lui, nonostante il prossimo arrivo di un nuovo inverno…
O forse era solo un po’ d’invidia…
Quando i ragazzi tornarono a casa dell’amico, i piccioncini stavano tranquillamente guardando la tv, Axel comodamente seduto sul divano incriminato e Roxas a gambe incrociate sul pavimento, la testa appoggiata a un ginocchio dell’altro.
I nuovi venuti evitarono accuratamente il divano, ma non furono certo risparmiati dalle prese in giro.
- Se non vuoi sederti qui è ok, Riku, ma a questo punto io eviterei anche quella sedia
- E vogliamo parlare del tavolo? Credo che l’unico posto davvero sicuro per voi sia il tappeto –
- Stai scherzando? Non ti ricordi la settimana scorsa?! –
Alla fine si ritrovarono in pizzeria, fra le risate della coppia e il vago disgusto di tutti gli altri

Sora sbuffò, sistemandosi la camicia, sul retro della quale era appuntato il numero 5. L’attesa era troppo lunga e lui aveva voglia di cominciare, dannazione! Si voltò verso Kairi, che ingannava il tempo con il sudoku, la gonna dell’abito rosa che le svolazzava intorno al ginocchio quando muoveva la gamba in preda al nervosismo. Olette era lì accanto, accompagnata da Riku piuttosto che da Pence, che aveva decisamente puntato i piedi, questa volta. Ma la ragazza non appariva affatto turbata e sembrava invece piuttosto su di giri. Lei aveva il numero 4 appuntato sul retro del comodo vestito arancione.
In una stanza attigua Selphie si rimirava in uno specchio, vivace e sbarazzina nel suo completo color girasole, mentre Axel cercava invano di appuntarle il numero 8 sulla schiena. Il ragazzo ogni tanto le intimava di dargli una mano come minimo stando un po’ ferma, ma era come parlare al muro. Lui e Luxord, che aveva un numero 10 attaccato alla camicia e accompagnava un’esagitata Yuffie, si scambiarono un’occhiata esasperata.
Nell’ultima stanza Roxas guardava Naminè disegnare con dei pastelli a cera, controllando di tanto in tanto che non si sporcasse il delicato abitino bianco. Xion, a pochi metri di distanza, li guardava con espressione torva, piuttosto stupita di trovarli lì in realtà. Aveva sentito dire che Roxas aveva appeso le scarpe da ballo al chiodo, da quando lei se n’era andata. Ma forse non aveva poi davvero lasciato una ferita così profonda nel cuore del ragazzo. Entrambi i biondi l’avevano salutata vedendola, ma per il resto non l’avevano degnata di uno sguardo. E no, non sembrava che lo stessero facendo per ripicca, semplicemente parevano troppo immersi nel proprio mondo per prestarle attenzione. La conclusione cui la bruna era arrivata era che quell’Axel che si definiva il ragazzo di Roxas era solo una scusa per non tornare con lei e che fosse Naminè il suo vero interesse. Altro che gay, Roxy era un bel furbacchione! Anche se quella mezza pomiciata tra i due era stata abbastanza convincente…
A un tratto il ragazzo si allontanò, diretto al bagno, guardandosi cautamente attorno per chissà quale motivo. Xion vide la perfetta occasione per sferrare un nuovo “attacco” e attese il suo ritorno accanto alla porta del camerino comune. Il biondo non tardò, rientrando appena un minuto dopo, asciugandosi le mani ancora umide sui pantaloni neri della divisa da ballo e imprecando contro sapone e salviette mancanti e “bagni da autogrill”.
- Ehm… Roxy? – fece la ragazza, apparentemente esitante.
- È Roxas. Cosa c’è, Xion? –
- Possiamo parlare? –
- Non credo che abbiamo qualcosa da dirci. Non più – e fece per tornare da Naminè.
- Aspetta, per favore. Ero giovane e stupida e… non una brava persona. Ti chiedo scusa. So che può sembrare strano ma… mi stavo affezionando a te e non sarebbe dovuto succedere. Ripeto, nella mia immaturità avevo accettato lo stile di vita che mi era stato imposto, quindi ho avuto paura! –
Roxas ascoltò le parole della ragazza con entrambe le sopracciglia inarcate, appoggiato al muro con le braccia conserte proprio come avrebbe fatto Axel.
- E ti aspetti che io ci creda, vero? Che tu sia sparita senza nemmeno un biglietto, un messaggio, qualsiasi cosa, solo perché ti eri affezionata troppo? –
Xion distolse lo sguardo.
- In realtà…  ti avevo scritto una lettera, ma non ho mai avuto il coraggio di spedirtela. La… porto sempre con me –
- Guarda caso – mormorò Roxas tra sé mentre la bruna frugava nella borsetta ed estraeva un foglio piuttosto stropicciato dal portafogli. Più in là il suo amico Vanitas, uno del suo gruppetto delle superiori, li guardava con un sorrisetto sarcastico, disegnando piccoli teschi intorno al suo numero di gara, il 14.
Quando Xion gli porse il foglio Roxas, diffidente, lo prese e lo aprì. Corrugò immediatamente la fronte, ma non commentò. Si limitò a leggere in silenzio per qualche minuto. Poi ripiegò il pezzo di carta sciupato e sospirò, scuotendo la testa.
- Bel tentativo, ma insulti la mia intelligenza se pensi che io possa cascarci –
E il biondo se ne andò, lasciando Xion irritata e confusa.
- Cosa voleva? – gli chiese subito Naminè.
Roxas le raccontò brevemente l’accaduto; alla fine Naminè era perplessa.
- Ma come fai a essere sicuro che fosse solo un trucco? E se per una volta fosse stata sincera? –
Il ragazzo rise cupamente.
- Sai come si dice, Nami… “Mi imbrogli una volta, vergogna a te. Mi imbrogli due volte, vergogna a me” – le si avvicinò con fare da cospiratore, proseguendo a bassa voce – La cosiddetta “lettera” era un falso. Certo, era abbastanza stropicciata e consumata da far pensare che l’abbia portata sempre con sé per un paio d’anni, ma la sua scrittura, tanto per cominciare, era molto diversa da quando se n’è andata, e sappiamo entrambi che ci vuole tempo perché la calligrafia di una persona cambi in modo cospicuo. E poi, cosa più importante, la carta da lettere che ha usato porta lo stemma di Crepuscopoli! –
Roxas aveva l’aria trionfante di chi aveva appena risolto un complicatissimo enigma. Ma Naminè parve solo confusa.
- Non per fare l’avvocato del diavolo, Roxas, ma lei abitava qui a Crepuscopoli, non mi sembra così assurdo che avesse una carta da lettere del genere –
- Ed è qui che sta l’inghippo! – il biondo aveva ancora un’aria estremamente compiaciuta – Perché la carta da lettere di Crepuscopoli ha sempre avuto il simbolo della città impresso, questo è vero… ma sul foglio che mi ha mostrato il simbolo era filigranato, non stampato, e so per certo che quel particolare tipo di carta da lettere è stata messa in commercio solo un paio di mesi fa, il che vuol dire che la lettera è stata scritta senz’ombra di dubbio quando Xion era già tornata. La furbacchiona non si è accorta della differenza –
Naminè si portò una mano alle labbra per nascondere il suo sorriso, ricordandosi improvvisamente di avergli regalato due libri di Sherlock Holmes per il suo quindicesimo compleanno. A quanto pareva Roxas li aveva riletti di recente. Strano che non le avesse spiegato il tutto con la premessa “Elementare, Watson”. Ogni tanto il ragazzo le sembrava ancora il bambino dal visetto allegro che aveva conosciuto quando avevano sette anni.

Demyx sospirò: non vedeva l’ora che quella gara di ballo finisse. Sì, quello era l’incarico più noioso che gli avessero mai affidato, ma il lavoro è lavoro; per di più il secondo ospite della serata sarebbe stata una sua ex “collega” di Nemici, Aurora**. Una ragazza bellissima e dolcissima, senza dubbio, ma che lui associava sempre ai cioccolatini Venus***: ottimi per uno spuntino, una tantum, ma se ne mangiavi più d’uno ti veniva la nausea. Il che voleva dire che la ragazza era piacevole solo a piccole dosi, perché anche se la sua estrema dolcezza e i suoi modi da principessina delle fiabe erano gradevoli all’inizio… beh, il troppo stroppia!  Perciò fu contento quando il presentatore annunciò il ballo iniziale delle prime cinque coppie. Si aspettava il classico ballo di riscaldamento, non era la prima gara a cui presenziava. Quello che non si aspettava, però, furono quattro dei suoi amici che volteggiavano sulla pista, sorrisi enormi e tutto il resto. Ciò che lo sorprese di più fu che uno dei quattro fosse Riku. Non gli sembrava proprio il suo genere!
Aurora, seduta sulla sua poltroncina come una reginetta appena incoronata sul suo trono, dondolava leggermente la testa a ritmo di musica, canticchiando sottovoce una melodia sconosciuta che sembrava dicesse “… so chi sei, di tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu…”; ma la cosa strana era che stava seguendo con lo sguardo uno dei ballerini, chiunque fosse. Demyx roteò gli occhi e scosse leggermente la testa, ricambiando il sorriso degli amici.

Selphie rivolse un sorrisetto al suo momentaneo compagno di scorribande, che stava fissando il viso leggermente sudato di Roxas, che ridacchiava di qualcosa con Naminè. Il biondo non era stato poi molto sorpreso dalla presenza del suo ragazzo. Probabilmente, vista la presenza di Demyx come ospite della serata, se lo aspettava. Altrimenti aveva un’ottima faccia da poker. Al contrario Axel aveva quasi sbagliato i passi per lo stupore. La ragazza non poteva biasimarlo, ma lei aveva promesso a Naminè di non dire niente ad Axel del loro piano, quindi…
Selphie sospirò, un po’ stanca. Ma dopotutto era soddisfatta di essere arrivata a metà della gara e lo sarebbe stata anche se fossero stati eliminati subito dopo. Le coppie ancora in gioco erano solo sette: lei e Axel, Roxas e Naminè, Xion e il suo ragazzo (o quello che era), Olette e Riku e altre tre che non conoscevano. Probabilmente avrebbe vinto la coppia numero 10, che pareva piuttosto male assortita, visto che lui sembrava un classico gentiluomo inglese e lei la discendente di un’antica famiglia ninja, ma nonostante questo i due si muovevano assieme con eleganza e brio, oscurando tutti gli altri.
Ad un tratto Demyx, tenendo per mano Aurora di Nemici, si inserì tra i partecipanti e i due iniziarono a ballare nel bel mezzo di quel cerchio. Poi il ragazzo gridò “Scambio di coppie!” e Selphie si ritrovò a ballare con il gentiluomo inglese, che le rivolse un piccolo cenno galante.
- Con permesso, dolce fanciulla – le disse sorridendo.
La ragazza arrossì lievemente, intimidita dall’uomo più grande di lei, ma rispose al sorriso e si lasciò semplicemente trasportare dalla melodia.
Poco più in là Riku si era ritrovato a volteggiare con Aurora, che stranamente gli fece i complimenti per la sua bravura, prima di appoggiargli la testa contro il petto (sì, negli anni era diventato piuttosto alto, più o meno quanto Demyx, capelli compresi). Il ragazzo rinsaldò la presa attorno ai fianchi sottili di lei, pensando che avrebbe anche potuto abituarsi a un trattamento del genere.
Axel fece giocosamente girare su se stessa una ragazza nera che ballava divinamente, chiacchierando con lei in tono educato; lei rispondeva ridacchiando e parlottando con un accento molto esotico che fece pensare il ragazzo al sapore del mezzo paopu che aveva mangiato in palestra quel famoso pomeriggio.
Roxas non si accorse subito di avere la propria ex tra le braccia e continuò a ballare per un po’, fissando Demyx con il sorrisetto di chi la sapeva lunga.
- Oh, Roxy – sospirò Xion – Mi sei mancato così tanto –
Roxas la guardò con aria di sufficienza e non rispose, limitandosi a portare tutta la sua concentrazione sui passi che doveva fare.
- Hai perso un po’ l’allenamento – fece ancora lei. Fu ignorata di nuovo - Dai, Roxas, dimmi qualcosa –
- Vivi e lascia vivere, Xion – rispose lui con aria tranquilla – Soprattutto lasciami vivere
All’insaputa dei due, Vanitas ridacchiò alla battuta del biondo e la ragazza che stava danzando con lui lo guardò come se fosse matto o stupido. O entrambe le cose.

- Ehilà, Splinder Sorpresa***! – esclamò Demyx, afferrando una delle mani di Naminè e portando l’altra intorno al proprio collo. Lei gli sorrise timidamente.
- Perché mi hai chiamata Splinder Sorpresa? –
- Beh, dovevo pur trovare un’alternativa migliore rispetto al Venus, no? –
Naminè inclinò leggermente la testa, confusa.
- Lascia stare – proseguì Demyx e portò il viso vicino al suo, in modo che solo lei potesse sentirlo – Non ho molto tempo prima di dover cambiare di nuovo partner di ballo. Prima che i giudici prendano la loro decisione ci sarà una pausa. Ti aspetto fuori. Da sola
La ragazza arrossì.

- Naminè, mi dispiace – fece Roxas, mortificato.
I due erano stati eliminati dalla gara quasi subito dopo il secondo scambio di coppie e il ragazzo era quasi certo che fosse solo colpa sua.
- Non fare così, dai! Siamo andati bene e tu hai fatto grandi progressi rispetto a quando abbiamo cominciato. In realtà non mi aspettavo che saremmo durati tanto –
- Ma… -
- Niente ma, ora rilassati e goditi lo spettacolo – fece Naminè in tono malizioso.
Roxas sorrise e guardò con estremo interesse i movimenti dei fianchi di Axel, lottando per mantenere i propri pantaloni sempre della stessa misura. Oh, quanto gli piaceva vederlo ballare…

- Naminè? – chiamò piano Demyx, chiedendosi se la ragazza fosse già arrivata.
- Sono qui – rispose lei.
Era seduta sul bordo di una delle fontane-laghetto, una mano immersa nell’acqua. Quando si avvicinò Demyx vide che stava accarezzando la testa di una tartarughina che si era avvicinata e, a quelle carezze, ostentava un piacere che un piccolo rettile pressoché inespressivo non dovrebbe essere in grado di mostrare.
- Sei stata brava lì dentro –
- Sono stata eliminata, Dem –
- Non prendertela – sospirò il ragazzo – Se davvero ti piacciono queste gare avrai altre occasioni per far vedere chi sei. Anche se forse dovresti cambiare compagno, temo che Roxas non sia ancora al tuo livello –
Naminè sorrise.
- Va capito – disse – L’ho praticamente costretto. Ma non volevo gareggiare con qualcun altro –
- Forse – fece lui, esitante – La prossima volta potresti gareggiare con me –
- Ma poi saresti tu ad essere ostacolato, sei senza dubbio molto più allenato di me. Ti dovresti far vedere solo con persone al tuo livello, con qualche collega – ma Naminè non aveva l’aria di parlare di danza. Demyx se ne rese conto.
Prese la piccola tartaruga che la ragazza stava accarezzando e se la posò sulle ginocchia, incurante della macchia che l’acqua stagnante gli avrebbe lasciato sui pantaloni.
- Non hai ancora capito? Non mi interessa passare il tempo con le mie colleghe, mi interessa passarne con persone che tengono a me, che non mi vedono come il Demyx di Nemici. Io so che tu ora vedi solo me, perché siamo prima di tutto amici, mi conosci ormai –
- Sì, questo è vero. Era per il tuo futuro che mi preoccupavo, però –
- Lo so. Ma io voglio che ci sia tu nel mio futuro, prima di tutto il resto – le disse dolcemente.
Poi sorrise al suo rossore e la baciò.
Da un lontano punto del parco due persone, che avevano involontariamente assistito alla scenetta, si sorrisero.
- Direi che era anche ora – commentò ironicamente Roxas, giusto per nascondere la sua commozione.
Uno sbuffo divertito da parte di Axel. E dire che loro volevano semplicemente starsene un po’ da soli in privato. Invece si erano ritrovati a fare gli spioni.
- Sai una cosa, Rox? –
- Mh? –
- Credo che da adesso in poi le cose fileranno lisce… -
- È buffo, ma qualcosa mi dice che hai ragione –
E, mano nella mano, i due rientrarono nell’edificio.

*Allora, mi ricordavo di aver sentito una mia amica che canticchiava queste parole e, dopo averle cercate su internet, mi sono accorta con orrore che appartenevano a una canzone di Anna Tatangelo, che sinceramente detesto. Non me ne voglia chi l’apprezza, sono gusti miei. Comunque le parole erano azzeccate per la storia, per cui le ho usate spudoratamente. ^^’
**Sì, l’Aurora che ho citato è proprio la principessa protagonista di “La bella addormentata nel bosco”. Nemmeno lei mi piace particolarmente, non perché sia una brutta storia, ma perché ha una voce così acuta che non riuscirei mai a imitarla cantando. XD Più altri piccoli motivi personali quali lo stereotipo della principessa che aspetta di essere salvata.
***Ho dovuto modificare un filo i nomi di dolci molto conosciuti in modo da non fare pubblicità a livello ufficiale. Ma ufficiosamente l’ho fatto lo stesso, quindi consideratelo solo un modo per dare a quei dolci un tocco personale.

Ebbene sì, amici e amiche, questo è il capitolo finale, ma… RESTATE CON ME PER L’EPILOGO! Andiamo, avete letto tutta la storia e poi vi perdete la vera fine?! :)
Ok, fatemi sapere se vi è piaciuto, i vostri commenti, tutto quello che vi passa per la testa.
Piccola nota per chi, casualmente, lo volesse sapere: nelle mie intenzioni Luxord e Yuffie sarebbero arrivati primi nella gara, come già accennato, Vanitas e Xion al secondo posto e al terzo la coppia in cui c’era la ragazza nera, che ho descritto come una mia compagna di corso con cui non ho ancora avuto l’occasione di parlare. Axel e Selphie sono arrivati solo quarti. Non ho inserito i risultati dei giudici nel capitolo perché ho pensato di aver rotto abbastanza le scatole con ‘sta storia del ballo. La cosa divertente? Io detesto ballare… eppure nella storia ho inserito la discoteca E la gara. Sarò mica masochista? -.-‘

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Capitolo 19
*** Got it memorized? ***


- Non capisco come mai tu sia così capriccioso, oggi – Roxas sospirò stancamente e si asciugò il sudore dalla fronte. Erano almeno venti minuti che cercava di iniziare il suo lavoro e il ragazzo davanti a lui si dimenava e gli faceva domande, come per distrarlo dall’attrezzo che aveva in mano.
- Non darmi del capriccioso, non sono più un bambino! – ribattè il quasi diciassettenne.
- Ma ogni tanto ti comporti come se lo fossi. Dai, Ienzo, siamo entrambi stanchi e prima finiamo qui, prima potrai tornare ai tuoi esperimenti scientifici o qualunque cosa tu abbia voglia di fare. Ora però lasciati anestetizzare o dovrò curare questa dannata carie “a crudo”! –
Ienzo si finse estremamente riluttante, ma aprì obbedientemente la bocca, lanciando un’occhiata furtiva all’orologio mentre si sistemava meglio sulla poltroncina.
- Ehi, Roxas – la testa quasi calva di un uomo di mezza età fece capolino dalla porta – Che ci fai ancora qui? Non dovevi smontare venti minuti fa? –
- Lo so – Roxas sospirò di nuovo – C’è stato un piccolo incidente di percorso, ma ora torturo un po’ il ragazzo e poi vado a casa –
La “vittima” guardò di nuovo l’orologio e sorrise, nonostante l’anestetico, che aveva già iniziato ad agire, rendesse il suo sorrisetto un po’ storto e abbastanza inquietante. Ma per quella volta non se ne sarebbe curato, la sua missione era quasi riuscita.

- Yuna, sei pronta? – chiese Tidus, vestito di tutto punto.
La giovane comparve all’istante, tenendo per mano un bimbo biondo che, come lei, aveva un occhio verde e uno azzurro, ma la stessa aria sbarazzina del ragazzo. Era il loro figlioletto di appena tre anni.
I due si erano conosciuti tramite Rikku, che era una cara amica di Tidus. Tra loro non c’era mai stato niente se non una brevissima attrazione fisica, ma quando Rikku aveva presentato Yuna a Tidus, era subito scoccata la scintilla e in men che non si dica i due erano diventati la “coppia del secolo”. Beh, c’era da aspettarselo: lei allora era una giovane promessa della danza e lui la scoperta della pallanuoto professionale. Wakka, già capitano della stessa squadra, aveva subito fatto tesoro del talentuoso attaccante e Tidus si era trovato con un lavoro stabile ancor prima di aver concluso la scuola dell’obbligo. E con una piccola famiglia a soli ventitré anni. Yuna aveva abbandonato spontaneamente il mondo della danza, confessando che non era comunque adatto a lei e si era dedicata agli studi universitari, che certo si conciliavano meglio delle prove con un bambino piccolo da accudire.
Cosa aveva pensato Lidia di tutta quella situazione? Niente, la storia tra lei e Tidus non si era più sviluppata, ma lei non ne era particolarmente dispiaciuta. Anche perché ora faceva coppia fissa con Hayner.
- Forza, andiamo o saremo gli ultimi – lo esortò lei – Santo Yevon, ce ne hai messo di tempo. Poi dicono che siamo noi donne ad essere vanitose –
Tidus, in modo molto maturo, le mostrò la lingua, seguito a ruota dal piccolo Theo.

Naminè si accarezzò dolcemente il pancione di sette mesi, guardando con un enorme sorriso suo marito che saltellava qua e là con aria esagitata. Inutile, non avrebbe mai perso quell’entusiasmo, ma dopotutto era una delle cose che avevano contribuito a farla innamorare.
- Demyx! – latrò invece Saïx – Smettila di sgambettare o nel giro di dieci minuti tua moglie sarà vedova e il tuo primogenito non ancora nato si ritroverà orfano! –
- Temo – si inserì la voce sarcastica di Xigbar – che questo raggelerebbe un tantino i festeggiamenti –
- Cosa mi tocca sentire – fece Marluxia in tono teatrale, posandosi il dorso della mano sulla fronte – Un brutale omicidio tra amici. Una storia di sfrenate passioni, intrighi e tradimenti… -
- Ehi Mar-Mar! Non siamo mica in “Shina la principessa guerriera”*! – esclamò Yuffie, seduta educatamente sulle ginocchia di Luxord.
Alcuni dei presenti ridacchiarono mentre Vexen, compagno di Marluxia da ormai quasi otto anni, scuoteva la testa con aria divertita. Dopodiché per qualche minuto gli unici suoni furono quelli delle risate squillanti dei bambini che giocavano insieme. Theo e Vidinu, il figlio di Wakka e sua moglie Lulu, erano già amici per la pelle e crescendo ne avrebbero combinate di tutti i colori, ma quella era un’altra storia.
Claire si aggiustò nervosamente i capelli e si stuzzicò un brufolo che aveva sul mento, guardandosi intorno. La presenza di tutta quella gente più grande di lei la intimidiva, senza contare che non ne conosceva la gran parte. Si sistemò più vicina ad Aerith e sperò che suo fratello arrivasse in fretta.

- Roxas! Ho dimenticato il cellulare in palestra! –
Il biondo aggrottò le sopracciglia.
- Beh, te lo porterà dopo tuo padre. Se vuoi puoi usare il mio per avvertirlo –
- Ma Roxas! – piagnucolò Ienzo – Sto aspettando una chiamata importante per uno stage estivo, ne va del mio futuro! Andiamo, non puoi farmi questo! –
Roxas si trattenne a stento dallo sbattere la testa sul volante. Era tardi e tutto quello che desiderava in quel momento era riaccompagnare la piccola peste a casa e poi correre da Axel. Era forse chiedere troppo? Ma ovviamente no, doveva andare tutto storto! Ma perché proprio quella sera? Era il nono anniversario suo e di Axel e il suo rosso gli aveva detto che sarebbe stata una serata speciale!
- E va bene, ma sappi che sei in debito! – borbottò in tono scortese.
Impegnato a guardare la strada, non notò l’espressione trionfante del ragazzo e continuò a manovrare l’automobile che lo stava conducendo verso il suo Destino…

- Ehi, gente! – sbraitò Hayner – Fate un po’ di silenzio, adesso, sta arrivando! Non vorremo mica svelare la sorpresa prima del tempo –
- Non saprei, Hay. Potrebbe aver già sentito te – ridacchiò Pence.
- Taci –

- Allora, dove l’hai lasciato? Nell’ufficio? Sala del personale? – chiese Roxas, impaziente, senza notare che nonostante non fosse ancora l’ora di chiusura non si sentivano attrezzi in uso né sbuffi e grugniti.
- Non ricordo esattamente, ma è di sicuro qui da qualche parte –
Roxas sospirò per l’ennesima volta, frustrato.
- Ora lo faccio squillare, così lo troviamo più in fretta –
- Non serve, ora chiedo a papà –
Proprio in quel momento la voce cavernosa di Lexaeus attirò la loro attenzione dalla sala principale della palestra.
- Ienzo, da questa parte! – fu il laconico richiamo.
Il ragazzo afferrò Roxas per un polso e se lo trascinò dietro. Lui emise un gemito sconsolato e lo seguì a testa bassa. Ma poi udì un grido.
- Sorpresa! –
E sì, il biondo alzò lo sguardo ed erano tutti lì: amici, famiglia e…
- Axel! Credevo… credevo… -
- Credevi male, evidentemente – rispose il rosso, sfoggiando un’aria estremamente compiaciuta – Stasera festeggiamo qui –
- Oh – e Roxas per qualche strano motivo assunse lo stesso colore di una fragola matura, nonostante il “vizio” di arrossire come una ragazzina gli fosse passato almeno sei anni prima.
Ma per un po’ tutti si fecero gli affari loro, mangiando e bevendo, chiacchierando e scherzando, cercando di tenere a bada i marmocchi o, nel caso di Ienzo, convincere sua sorella ad essere più socievole, ricevendo in cambio un furtivo gestaccio dall'inquieta ragazzina.
- Oh Roxy – flautò Axel – Non credi che ci sia un piccolo scambio di regali da fare? –
Il biondo scoprì i denti in una smorfia giocosa.
- Solo se smetti di chiamarmi così –
Ma nonostante quello infilò immediatamente una mano nella sua piccola tracolla e la chiuse intorno a qualcosa, lasciandola lì dov’era.
- Ehm… - fece timidamente, guardandosi intorno: ovviamente adesso i piccioncini avevano la piena attenzione di tutti – Prima tu –
- Neanche per sogno, io devo necessariamente essere l’ultimo, non vogliamo mica rovinare la suspense, eh? –
Sospirando ancora una volta, Roxas si lascò cadere su un ginocchio, facendo emettere alla folla mormorii di stupore e, di conseguenza, arrossendo furiosamente.
Tirò fuori una piccola scatola di gioielleria e la aprì. E ora, se vi state aspettando un anello di fidanzamento con tanto di diamante e una commovente proposta di matrimonio vi sbagliate di grosso. All’interno giaceva una semplice fede d’oro e Roxas si limitò a ghignarsela di gusto.
- Whoa, Rox, per un attimo mi sono davvero preoccupato! Un viaggio a Las Vegas non è previsto nell’immediato futuro, sai –
E i presenti risero, spezzando la tensione. Ciononostante Roxas infilò personalmente l’anello all’anulare sinistro di Axel, che lo baciò in segno di ringraziamento.
- In ogni caso – sussurrò il biondo all’orecchio dell’altro – Per quanto riguarda quel viaggetto… ne riparleremo –
- Ci puoi giurare, baby! Ma ora direi che è il mio turno. Roxas… -
Axel tirò fuori dal taschino una piccola busta, di quelle trovate anche comunemente nei supermercati per confezionare regali non appositamente incartati nei negozi.
Ecco, Roxas non era affatto un tipo materialista, ma ci rimase un po’ male: lui aveva fatto un regalo davvero impegnativo, non solo per quanto riguardava il costo dell’oro di quei tempi, ma anche per il significato emotivo nascosto dietro un anello: un impegno affettivo, una promessa permanente che soltanto un qualcosa di egual misura poteva compensare. E nonostante non fosse una proposta di matrimonio ci andava abbastanza vicino, no?
Ma d’altronde cosa pretendeva, erano passati nove anni e loro si frequentavano ancora come due adolescenti, tutto rose e fiori, in un certo senso, sì, ma poi “io a casa mia e tu a casa tua”. Non erano esattamente compagni di vita, a differenza di Vexen e Marluxia, tanto per dirne una. Comunque il biondo si sforzò di sorridere e, curioso suo malgrado, prese la busta regalo e la aprì, estraendone una scatolina più o meno delle stesse dimensioni di quella che lui stesso aveva appena consegnato ad Axel, ma di legno intagliato con delle minuscole chiavi incise su tutta la superficie.
Roxas riconobbe senza difficoltà lo stile di suo zio Cid, anche perché Axel non era mai riuscito ad intagliare il legno, per quanto lui si fosse sforzato d’insegnarglielo.
Guardò alternativamente da suo zio al suo ragazzo, interrogativo. Cid incrociò le braccia, senza tradire alcuna emozione. Axel invece sembrava nervoso, per quanto ghignasse nel vano tentativo di nasconderlo.
- Aprila e basta, eh? –
E Roxas obbedì, trovando al suo interno un set di chiavi. I suoi occhi si spalancarono e subito si spostarono su Axel, che si grattò la nuca, arrossendo a sua volta.
- Non volevo dirtelo prima che fosse tutto pronto, sai… Sono anni che metto da parte per poterti fare questa sorpresa. Non è stato facile ottenere quel mutuo per poter comprare una casa tutta per noi. Certo, non posso comunque farcela da solo, ma… Beh, che ne dici di trasferirti da me? – e sorrise speranzoso.
Roxas sorrise a sua volta: aveva frainteso tutto. Si rese vagamente conto che la folla stava trattenendo il respiro e si voltò a guardare i suoi genitori e Tidus. Nessuno di loro sembrava in grado di fare altro che fissarlo, ma lui non aveva bisogno del loro consiglio, per cui si voltò di nuovo.
- Certo che vengo a vivere con te, Ax, e mi sembra assolutamente giusto che siamo in due a pagare quel mutuo. Ho solo una domanda –
- Cioè? –
- Perché non chiedermelo in privato, sapendo che non amo particolarmente essere al centro dell’attenzione? –
- È semplice: voglio che tutti lo sappiano –
- Sappiano cosa? Che andremo a convivere? –
Axel sorrise e scosse la testa. Aveva aspettato nove anni, ma ne era valsa la pena.
- Non che andremo a convivere, Roxas, ma che ti amo. Got it memorized?

* Esatto, "Xena la principessa guerriera"

E così si conclude la mia prima long fic in questo fandom. Non so se sentirmi soddisfatta per il successo che ha avuto o triste che sia finita, pur sapendo che altre sono in arrivo.
Confesso, sono rimasta un pochetto delusa dalla mancanza di recensioni nello scorso capitolo, ma il calore che mi avete comunque dimostrato è notevole e non posso fare altro che ringraziare tutti voi che avete seguito/ricordato/preferito.
Grazie di cuore! 

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