Voci nella testa

di mamie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Voce 3 - Nostalgia ***
Capitolo 2: *** Voce 2 - Margherite ***
Capitolo 3: *** Voce 4 - una luce in fondo al bosco ***
Capitolo 4: *** Voce 5 - Il cielo ***
Capitolo 5: *** Voce 6 - Pioggia ***
Capitolo 6: *** Voce 7 - Goccia dopo goccia ***
Capitolo 7: *** Voce 9 - Sprofondare ***
Capitolo 8: *** Voce 4 - Aspettami ***
Capitolo 9: *** Voce 3 - Non si torna indietro ***
Capitolo 10: *** Voce 2 - Dolore ***



Capitolo 1
*** Voce 3 - Nostalgia ***


VOCE 3 - Nostalgia
 
Quasi è solo rumore. Di notte dal finestrino del treno non vedi nulla. Senti. La doppia cadenza delle ruote che passano sopra le giunture, lo sbuffo compresso di un muro, il fruscio sfumato degli alberi, il ritmico affollarsi del colonnato nelle altre stazioni, lampi nel buio. Non riesci a leggere i cartelli. Troppo veloce.
 
I treni di notte sono un’onda stanca, un buco vuoto che si infila nel buio, aprendo e richiudendo l’aria come un mantice.
Torno a casa. Torno a casa sconfitto, e non ci sarà ad aspettarmi il calore di un luogo che non è più mio. Torno a casa dopo aver sputato l’anima in questa città che inghiotte e tritura, che vuole lavoro, che vuole efficienza, che vuole risparmio. Città prigione in cui crescere figli prigionieri modello.
Torno a casa, ma la mia casa non c’è più. Torno da straniero come da straniero sono vissuto. Questo treno che fa mille chilometri in realtà non si muove. E’ solo un acquario abbandonato, dove poco a poco l’acqua diventa torbida e tutti i pesci muoiono.
 
Dalla nostalgia non si guarisce. Neanche col ritorno. Una volta che ti ha preso sei sua preda per sempre.
Il suono si fa più vasto. Come un’eco. Finalmente il mare.
E’ blu come i tuoi occhi. 
 

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Capitolo 2
*** Voce 2 - Margherite ***


VOCE 2 - Margherite
 
Emma, mia cara Emma, perché penso a te adesso? Sono passati così tanti anni, è cambiata una vita intera. Tu no, tu sei sempre lì, nel prato folto e pieno di margherite che ora non c’è più, con quell’assurdo cappello verde a fiori che stranamente si intonava con l’erba. Sei sempre lì che sorridi come se dovesse essere primavera per sempre, per l’eternità.
 
La foto non la trovo più, ma sono sicura che è da qualche parte, e poi non ne ho bisogno. Ricordo tutto chiaramente ora, le nostre risate, le nostre piccole follie, i libri che leggevamo insieme, i compiti di greco su cui sudavamo e ci deliziavamo. Oh Emma, non so se fossimo felici; felicità era una parola che nessuno osava pronunciare.
Avevamo sempre qualche grande amore impossibile o qualche libro da leggere, qualche progetto per il mondo da ricostruire.
Felicità è una parola che non ha senso nell’adolescenza.
 
Tu che sorridi, che ti frughi nella borsa in cerca delle ultime sigarette stropicciate – fumare è così da grandi …
 
La vita normale, il mare la domenica con la sabbia dentro il gelato e le collane di conchiglie. La vita normale, Emma, quella che da giovane ti sembra così vuota e noiosa, quella che rimpiangi quando, crescendo, non ce l’hai più. O quella che rifiuti, come hai fatto tu una mattina di aprile, la bicicletta abbandonata sull’erba, i libri lì vicino legati con la cinghia verde menta, il fischio del treno che passa indifferente.
 
Emma, mia cara Emma, perché penso a te ora? La lapide di marmo all’ombra del vecchio cipresso, tua madre che ti sistema ancora i fiori. Noi che ce ne siamo andate per strade diverse, alcune perse per il mondo e mai più ritrovate. A volte la vita pesa così, come una macina al collo. A volte vogliamo scendere dall’autobus a metà del solito percorso e andare da un’altra parte. Emma, mia cara … riposa tu e sorridi come allora, anche per me, anche per noi.
 
Forse avevi ragione a voler scendere da quell’autobus e andare da un’altra parte e il tuo sorriso ci accompagna mentre veniamo sballottate a destra e a sinistra da un autista distratto, e ci saluti con la mano, e l’autobus passa avanti, e tu sfumi via.
 
  

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Capitolo 3
*** Voce 4 - una luce in fondo al bosco ***


VOCE 4  - Una luce in fondo al bosco       
 

Il dolore non se ne va.
Forse è questo invecchiare. Vecchie cicatrici che fanno male, il dolore che piano ti consuma le ossa finché sei così stanco, così tanto stanco che vorresti solo sussurrare: - Lasciami andare.
 
Forse è questo. Quando sei giovane non lo sai. Il dolore non ti fa paura, è nuovo; la morte non ti fa paura, cos’hai da perdere? Quando sei giovane sei veloce. Invece quando tutto comincia a farti male devi faticare a trovare la strada … ti perdi.
Gli uccelli hanno beccato tutte le briciole e nel bosco fa buio.
 
Ma non puoi scappare da niente, né da quello che sei né da quello che ti aspetta. Domani dovrai agire senza pensare, dovrai essere veloce come un tempo. Ma il pensiero ti rallenta e quel corpo indisciplinato non ti obbedisce più. Sei diviso nei tuoi elementi come il giocattolo che un bambino capriccioso ha buttato per terra.
 
E’ questo che sono? Il giocattolo disprezzato di un dio capriccioso? E’ questo che siamo tutti?
Domani. Giocattoli rotti, pupazzi senza più le molle, cose insensate, giocate come se fossero serie.
Ricordi che ti artigliano come lupi fino a sbranarti.
 
Volevo salvarti.
 
Forse dio è l’unico capace di perdonarsi. Forse per quello è dio.
Volevo salvarti, volevo salvare ogni singola cosa, volevo proteggerti dal mondo. Ma non è così che funziona, non è vero?
 
Dovrei dormire. Non dovrei bere. Non dovrei neanche fumare. Sono già abbastanza lento così, ma non importa.
C’è una luce nel bosco, lontano. C’è una casa con una porta.
Forse è la casa dell’Orco. Forse c’è dentro una fata o forse ci sei tu, lì seduta in cucina che mi aspetti come facevi una volta.
Forse c’è solo il buio di una notte che non finisce.
Spero di arrivarci in tempo. 

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Capitolo 4
*** Voce 5 - Il cielo ***


VOCE 5 - Il cielo
 
Quando mi alzo non guardo dalla finestra. Una volta lo facevo sempre, anche se si vede solo un muro e un pezzo di cielo. Il cielo non è mai uguale. Una volta lo guardavo. Cercavo una nuvola, un uccello, qualcosa. Anche le pietre del muro non sono mai uguali, cambiano con le stagioni, riflettono in modo diverso la luce, si disfano piano. Sono pazienti le pietre.
Vorrei essere una pietra. Paziente. Che le stagioni e il cielo mi scorrano sopra lasciando i loro segni. Vorrei essere una pietra e non un animale inquieto che misura la sua gabbia girando in tondo.
 
Non lo guardo più il cielo, ormai mi è indifferente, nel mio girare in tondo non c’è più nulla, solo le pareti della stanza, il letto di ferro, il comodino con la bottiglia di acqua minerale – di plastica, qui non ci danno robe dure o taglienti – il lavandino nell’angolo.
Giro in tondo finché arriva l’uomo verde e mi dice qualcosa. La stessa cosa tutti i giorni, ma io non capisco le sue parole. Ha la faccia allegra, ma si vede che non gli ridono gli occhi. Ha la faccia allegra di chi deve averla, ma non è un’allegria che ti scalda, e le sue parole sono solo un rumore.
 
Giro in tondo. E’ un modo per aspettare che finisca. Giro in tondo e aspetto che finisca. Giro in tondo e non guardo il cielo. Non lo guardo. Perché è lontano.
Un giorno lo guarderò di nuovo. Allora saprò che posso andare via.
Ci saranno nuvole che corrono o forse un battito d’ali. Forse ci sarà solo la luce del sole. Lo guarderò e andrò via.
E non dovrò più girare in tondo. Non dovrò più preoccuparmi di niente, sarò diventato una pietra, paziente, o forse un soffio di vento, leggero. 

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Capitolo 5
*** Voce 6 - Pioggia ***


VOCE 6 - Pioggia
 
Il cielo, visto di qui, è uno strano puzzle. Rami intricati lo tagliano in ogni direzione.
I rami sono neri, bagnati, fermi. Il cielo è bianco, screziato, vorticoso. L’odore è di foglie bagnate, di terra e di acqua.
Le gocce sono punture di spillo, feroci, gelide. Colpiscono la faccia come tanti schiaffi.
Non chiudere gli occhi. Non ancora. Nella sua prepotenza la pioggia ti sta lavando. Sotto l’acquazzone scorre via tutto: il tempo, il rimpianto, il senso che ti sfugge sempre. Via, tutto via, lavato, pulito, bianco, una pagina bianca dove ogni goccia diventa una parola, la nota di un pentagramma ritrovato. Quel suono continuo che annulla tutti gli altri, la pioggia, rumore bianco del mondo.
Non chiudere gli occhi. Ci sono altezze che non hai mai visto, profondità che non hai mai esplorato: adesso è il momento, adesso. Lo sai che non puoi più rimandare, che il tempo è scaduto, l’orologio ha fatto un suono secco e si è fermato, non puoi più implorare un altro brandello di attesa.
Non chiudere gli occhi. I rami ti entrano nello sguardo come un labirinto disordinato e implacabile e tu sai che devi trovare la strada. Trovarla senza gomitoli che ti guidino, gessetti per segnare croci, mappe o confini.
Voci.
Rumore di passi sulle foglie secche, affannati, veloci. Qualcuno sta arrivando, ma non farà in tempo.
Raccogli le forze come un tuffatore, il cielo è uno specchio in frantumi, aspetta il tuo tuffo per sbriciolarsi in migliaia di stelle.
E poi la luce tiepida del sole verrà a portarti via.
  

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Capitolo 6
*** Voce 7 - Goccia dopo goccia ***


VOCE 7 - Goccia dopo goccia
 

Goccia.
Goccia.
Goccia.
 
Non si sente neanche il rumore.
Non si sente niente. Tempo fermo. La finestra chiusa. Le coperte bianche.
 
Goccia.
 
Go-cc-ia. Lenta. Lenta.
 
Speravo che la morte fosse un po’ più veloce.
Mi aspettavo… non lo so… un lampo di luce, una scossa, una vertigine. Non la noia.
 
Goccia.
Goccia.
Goccia.
 
Guardo la flebo ipnotizzato da quel cadere e subito riformarsi. Provo a chiudere gli occhi, ma finisco per vederla anche dentro la mia testa. Il mio orizzonte resta tutto qui, in questo stillicidio lentissimo.
 
Goccia.
 
Provo a ricordarmi qualcosa del mondo di fuori… un paesaggio, un tramonto, un suono qualsiasi. Non mi viene in mente niente. Quel liquido incolore sta impregnando anche tutti i miei ricordi.
Fisso il contenitore cercando di cogliere l’attimo esatto in cui il liquido si stacca, diventa sferico, si appiattisce sul fondo. Che strano, non ci riesco. Nella sua lentezza quell’attimo è troppo veloce.
Più o meno come la vita. Ti sembra lentissima… e in un attimo è finita.
  

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Capitolo 7
*** Voce 9 - Sprofondare ***


VOCE 9
 

A volte vorresti sprofondare. Aprire le braccia e lasciarti andare giù, nella corrente. Annullare i pensieri e i sogni, cancellare ogni cosa che non sia la sensazione di cadere e dissolverti lentamente.
A volte vorresti svegliarti in un mondo diverso, in un corpo diverso, in una vita diversa.
Una vita dove non va tutto a pezzi.
Sarebbe da vigliacchi, no? Mollare proprio adesso. E’ quello che ti hanno insegnato. Devi piantare i piedi per terra e non arrenderti.
Neanche tu ti sei arreso. Sei rimasto in piedi mentre la tempesta attorno a te ti portava via un brandello alla volta. Sei rimasto in piedi mentre la crudeltà della sorte ti si rovesciava addosso indifferente al bene e al male, al merito e alla colpa.
Perché io? Ogni dio tace a questa domanda.
Perché tu?
Non troverai la risposta in diecimila anni.
Dovrai solo aspettare, inchiodato al mondo come l’insetto di un collezionista, che la sua indifferenza ti strappi via. 

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Capitolo 8
*** Voce 4 - Aspettami ***


VOCE 4 - Aspettami
 
In uno mondo in cui tutto deve essere perfetto, che cosa ci faccio? In un mondo in  cui nessuno può sbagliare cosa succede? E se le cose non vanno secondo i desideri come la mettiamo?
La vita e la morte sulla punta delle dita. Come fai a decidere?
Io volevo salvarti.
Volevo arrivare da te prima della morte. Volevo essere il tuo scudo e il tuo difensore. Non sono arrivato in tempo. Solo la mia morte riuscirà a pareggiare i conti.
Ma non è ancora tempo.
Sì, è questa la cosa crudele. Non è ancora giunto il tempo.
Io sarò l’ultimo.
Prima, prima, ci saranno molte altre battaglie.
Tu però aspettami. Aspettami lì dove sei ora, se sei da qualche parte. Solo se mi aspetti riuscirò a trovare qualche brandello di coraggio per andare avanti.
Quando l’unica speranza che ti rimane si riduce alla tua fine non puoi tirarti indietro.
Ma che venga presto….
Per favore. Presto. 

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Capitolo 9
*** Voce 3 - Non si torna indietro ***


VOCE 3 - NON SI TORNA INDIETRO
 
Sorrido. Cerco di calarmi sulla faccia un’espressione naturale e sorrido. Non mi viene molto bene. Sorrido ma la mia bocca vorrebbe urlare. Sorrido e i miei denti stridono urtandosi.
I miei compagni di un tempo, mi accolgono con pacche sulle spalle e file di “come stai” e “dove sei stato tutti questi anni” e “ti ricordi di…”.
Sì, mi ricordo. Non riesco a scordare niente di questo maledetto paese che mi ha fatto scappare quando ancora avevo la voglia e la forza per farlo. File di muri con l’intonaco che cade a brandelli, polvere nelle strade, odore di muffa che sale dalle cantine. Questa non è più la mia casa. La mia casa è in nessun posto.
Avevo una vita, un tempo. Avevo un futuro. Avevo la voglia di cambiare qualcosa. Sono riuscito solo a cambiare il me stesso che ero. Sono riuscito a diventare amaro e piatto, a non avere più nulla da dire.
Lavoro. Il lavoro era bello all’inizio. Era faticoso sì. Alzarsi alle cinque d’inverno. Freddo  micidiale. Buio che pare non debba sorgere mai più il sole. Fatica che ti entra nelle ossa, ti schianta e sembra che non ti vada più via, per quanto dormi o riposi. Ma era bello. Trovare i compagni nel buio come tanti fantasmi, ma col caffè caldo in mano, con le pacche sulle spalle e le risate. Condividere.
Dove sono andati? Poco alla volta anche loro si sono spenti, o sono andati via, o mandati via. Ora non c’è più nessuno per fumarsi una sigaretta sotto la pioggia o tirare una bestemmia, di quelle che dopo ti fanno stare bene. Dove sono finiti tutti? A dormire nei cartoni e morire di alcool, a cercare scorciatoie da tipi poco raccomandabili, o tornati indietro come me, sconfitti come me. Solo che indietro non si torna mai.
Sorrido.
“Ti ricordi di…”
Sì, mi ricordo. E non vorrei ricordare più nulla.
  

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Capitolo 10
*** Voce 2 - Dolore ***


 VOCE 2 - DOLORE
 
Il dolore è sempre lì, come se ti avessero conficcato qualcosa dentro, proprio al centro, con tanta forza che, per quanto tu possa contorcerti, non riesci a liberartene.
A volte si calma per poco, giusto il tempo di farti prendere un respiro, poi ricomincia più forte, tanto da farti desiderare di morire. Invece quando smette hai una gran voglia di vivere ancora e ogni istante, ogni respiro si fanno più dolci. Lo sai però che dura poco. Che ricomincerà.
 
A volte pensi “voglio morire” ma sai che non è vero. Non vuoi morire, non vuoi perché il mondo ti piace. Ti piacciono gli alberi e l’erba, e le margherite ricordi? E ti piacciono le farfalle e le nuvole, ti piacciono le rose e le api. Persino i serpenti ti piacciono. Ma che te ne fai delle api e delle nuvole e dei serpenti quando il mondo ti picchia addosso la sua bacchetta come un maestro d’altri tempi, perché non devi distrarti?
Ragno nel ragnaio, mosca nel moscaio… Un altro giro di giostra signore e signori, prendete la coda e vincete un altro giro… e se la giostra ti fa girare la testa non è mica colpa sua, sei tu che decidi di continuare a girare con lei, magari solo perché hai paura del vuoto che sta sotto. Allora chiudi gli occhi e senti il vento, e aspetti:  prima o poi, succederà di sicuro, la giostra si fermerà e ti farà scendere, anche se avresti voglia di fare un altro giro.

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