Inferno segreto

di TheMask
(/viewuser.php?uid=138953)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eloin ***
Capitolo 2: *** Cosa si respira all'inferno? ***
Capitolo 3: *** Troppo pazzo per l'inferno ***
Capitolo 4: *** Non si può resistere all'inferno ***
Capitolo 5: *** L'inferno dentro ***
Capitolo 6: *** Sfogarsi all'inferno ***
Capitolo 7: *** Piccole vittorie dell'inferno ***
Capitolo 8: *** Inferno per due ***
Capitolo 9: *** Follia infernale ***
Capitolo 10: *** Infernalmente folle ***
Capitolo 11: *** Capisci l'inferno? ***
Capitolo 12: *** Decisioni infernali... ***
Capitolo 13: *** Amore alle porte dell'inferno ***
Capitolo 14: *** Imbarazzo ***
Capitolo 15: *** Arriva un inferno ***
Capitolo 16: *** Due inferi che si incontrano ***
Capitolo 17: *** Demoni insospettabili ***
Capitolo 18: *** Sviluppi nell'inferno ***
Capitolo 19: *** Raggi di ombra ***
Capitolo 20: *** Accordo ***
Capitolo 21: *** Fuga ***
Capitolo 22: *** Los Angeles ***
Capitolo 23: *** Raccontami di lui ***
Capitolo 24: *** L ***
Capitolo 25: *** Ricordi pt.1 ***



Capitolo 1
*** Eloin ***


Questa storia è stata scritta con la collaborazione morale di Gatta Blu, una delle mie migliori amiche.
 

 
Ero steso sul letto sopra le coperte, con le mani dietro la testa, e osservavo il paesaggio dalla finestra sbarrata della mia camera. Il sole era sorto da circa due ore, e un fascio di luce colpiva in pieno, come ogni mattina, il pavimento, mettendone in risalto la sporcizia. Il pulviscolo danzava in questa luce con delicatezza. Fuori si vedeva ben poco: si era al 15 piano, e pochi altri edifici raggiungevano quell’altezza. Comunque guardavo. E vedevo un celo terso senza una nuvola. Nient’altro.
Sospirai, ma non mi mossi di più. Oggi, ci avevano avvertito, sarebbe arrivato qualcuno.  La mattina per precisione. Alle 9.30 per precisione. Mancava solo mezz’ora. Sono sempre stato molto curioso, ed era per questo che, quella mattina, i miei pensieri vagavano sull’argomento “nuovo arrivato”. Come al solito, ce lo avrebbero presentato in “Sala Grande”. Una grande sala appunto, dove venivamo riuniti in occasioni quali un nuovo componente di quella che Roger chiamava la “Grande famiglia”, l’annuncio di morte improvvisa e inaspettata di uno di noi, o l’umiliazione di qualche testa calda.
Sentì l’approssimarsi, finalmente, di una serie di passi. Erano due uomini, che si avvicinavano. Li sentii entrare nella prima camera del corridoio, e uscire poco dopo con un'altra persona. Subito dopo ne arrivarono altri due. La cosa si ripeté per 5 volte. Era il mio turno.
La chiave girò nella toppa e la porta si aprì ben oliata sui cardini. Tre uomini grandi come un armadio a due ante entrarono.
“Perché per me in tre?” dissi con voce ironica, ridacchiando fra me e me. “Sono così pericoloso?”
Non ricevetti risposta, ma uno di loro mi mise in piedi di peso e mi afferrò i polsi bruscamente, per tirarli dietro la schiena. Tirò fuori le manette, mentre gli altri due si guardavano intorno.
“Beh… accomodatevi, eh..” bofonchiai, leggermente turbato dalla scarsa buona educazione dei tre energumeni.
Prendendomi per le braccia mi scortarono fuori. Percorso il corridoio entrammo nell’ascensore a destra, quello grande, che funzionava solo con l’apposita chiave. L’altro era un inutile ammasso di ferraglia utilizzato solo dai bambini per giocare, ma che nessuno per quanto cretino avrebbe provato a usare.
Poco dopo ecco che si arrivò alla Sala Grande. Mi fecero sedere su una delle pericolanti sedie di metallo scomode come un porcospino incavolato, e mi lasciarono li, per prelevare gli altri detenuti e portarli nello stesso luogo. Eravamo circa 250 in quell’istituto, ma solo una cinquantina era in grado di muoversi e di usare il proprio cervello senza causare danni. Le sedie erano quasi tutte piene, ne mancavano giusto 10, e anche quelle si riempirono in fretta.
Roger discorreva con un paio di sorveglianti a bassa voce. Mi trovavo nella terza fila delle 5 disposte a semicerchio nella Sala e di fianco a me si trovavano due ragazzi della mia età: Mello a destra, e Near a sinistra. Fra me e Mello c’era uno strano rapporto. Non era quello che si dice un amico per me, ma un paio di volte avevamo avuto modo di divertirci insieme architettando scherza a scapito della nostra vittima preferita: Near. Un omuncolo bianco, arrogante e saccente. Era forse per questo che si era leggermente allontanato da me. Sorrisi leggermente, e ripresi a lasciare che il corso dei miei pensieri girasse  vuoto sui soliti argomenti. Solo dopo una quindicina di minuti, qualcosa accadde: Roger liquidò velocemente i sorveglianti e si rivolse a noi.
“Buongiorno ragazzi.” Esordì con la sua voce illusa che gli rispondessimo senza che dovesse chiederlo per una volta.
“Cosa mi dovete rispondere?” chiese con una leggera e ben celata aria di minaccia.
“BUONGIORNO ROGER” rispose all’unisono la sala.
“Buongiorno scassa-palle” si distinse Mello senza essere sentito.
Mi ripromisi di chiedergli se cercava qualcuno con cui litigare, quel giorno, lui non si ritirava mai a una richiesta di fare a botte.
“Oggi, come vi avevo detto, si aggiunge alla nostra Grande famiglia- continuò Roger, muovendo energicamente le braccia, quasi a volerci abbracciare tutti come suoi figli -un componente nuovo! Mi aspetto che lo accogliate con l’educazione che vi insegno ogni giorno. Mi auguro sinceramente- e qui guardò me- che non abbia problemi a integrarsi!”
Alzai gli occhi al celo. Sembrava che avessimo due anni dalle sue parole.
“Lascio che sia esso stesso a presentarsi.” Concluse dunque, facendo un piccolo gesto all’indirizzo di un uomo e facendosi da parte.
E finalmente, entrò, in mezzo a due guardie.
Era una ragazza.
Sui 17 anni direi, si. Lungi capelli boccolosi le ricadevano sulle spalle, neri, ma con una qualche sfumatura bionda. I suoi occhi, anch’essi neri, lampeggiavano per la sala, guardandoci tutti uno a uno.
Si levò qualche fischio: erano poche le belle ragazze li.
Lei reagì fulminando tutti con lo sguardo e continuando a camminare, con un portamento fiero che subito ammirai.
Indomabile, mi venne in mente.
Era vestita in modo semplice, senza fronzoli, solo una collanina d’oro e una treccina, che le ricadeva graziosamente sul viso, ricordando qualcosa di infantile.
Aveva delle mani dai movimenti veloci, molto automatici, e portava,  lo notai dopo poco, delle lenti a contatto spesse.
Si fermò al posto di Roger, e indugiò, senza sapere bene cosa fare.
“Presentati, prego” la invitò infine lui, incoraggiante.
“Umh… salve.” Cominciò con voce un po’ perplessa. Aveva una voce forte, mi dissi subito.
“Io mi chiamo Eloin Edud… ho 17 anni e sono qui… perché… beh… mi sono infiltrata nei computer della CIA e dell’FBI e ho usato i dati trovati come… come mi pareva” concluse con un certo orgoglio.
Un’haker, quindi.
Sorrisi leggermente, e continuai a osservarla.
Non passò molto che ci scortarono nuovamente nelle camere. Erano le 10, la colazione, che di solito si teneva un’ora prima, quel giorno era proprio a quell’ora. Uscii, dunque, e, seguito come sempre a vista dalle telecamere, mi avviai alla mensa.
Ora. Vi chiederete perché tutto il casino di prima se potevamo benissimo andare da soli. Beh, fino a due mesi fa facevano così. Ma poi ci fu un omicidio fra i detenuti, proprio mentre si radunavano, e non si fece in tempo a fermarli. Non guardatemi così, io non c’entravo! Comunque sia, dopo il fatto, ci scortarono sempre. Una pizza…
Arrivai alla mensa, una grande sala con una serie di lunghi tavoli in file orizzontali e in fondo, un lungo bancone dove bisognava passare con un vassoio per ricevere il cibo. Di solito, dopo essermi seduto a un tavolo, nessuno mi disturbava o mi si sedeva vicino, tutti conoscevano il mio cattivo carattere, ma quel giorno non accadde. Infatti, Mello si lasciò pesantemente cadere alla mia destra, e cominciò a mangiare. Aspettai che parlasse. E infatti, dopo poco…
“BB.. ti va di fare qualcosa al nano?”
“Mello non lo vedi che sto mangiando, lasciami in pace” risposi atono.
“Si ma- continuò lui imperterrito- mi è venuta un’idea grandiosa, davvero!”
“Mello vattene o giuro che fra poco ri spedisco fuori da quella fottuta finestra.”
Mello fece spallucce, abituato sia al mio linguaggio colorito, sia ai miei modi bruschi, e si cercò un altro posto. Ma il danno era fatto. La nuova arrivata, infatti, si era avvicinata. Se nessuno mi avesse disturbato avrebbe capito che non lo doveva fare anche lei probabilmente, ma grazie a Mello…
Si sedette davanti a me, e senza rivolgermi parola, sistemò il vassoio e incominciò a sfamarsi.
Non la guardai, ma lei guardava me, lanciandomi qualche occhiata di sfuggita, per capire chi fossi.
“Ciao. Come ti chiami?” disse poi, con un tono gentile.
Non risposi, ma alzai lo sguardo per un momento. Di solito bastava. Di solito non appena le mie iridi venivano viste negli occhi degli altri arrivava il ribrezzo, la paura, e ciò bastava a tenermeli lontani.
Lei, invece, tranquillissima mi chiese: “che hai, sei muto? Ti ho chiesto come ti chiami!”
Alzai un sopracciglio. “E perché dovrei dirlo a te?”
“Perché te l’ho chiesto, e perché se no ti chiamerò tenerone davanti a tutti!”
“Che te ne frega di come mi chiamo?”
“E a te che te ne frega di sapere che me ne frega di come ti chiami?” rispose prontamente lei, seguendo la stessa logica.
“Senti: non mi rompere i coglioni, chiaro?”
“Oh, no grazie! Ma non mi hai ancora risposto!”
La guardai molto male.
“Lasciami in pace”

“Si, dopo. Ora rispondimi.”
Ostinata e cocciuta ragazza!
“Allora?”
Non risposi fino a che ne ebbi la forza, giuro. Ma dovetti cedere.
“Beyond Birthday” esalai quasi fosse il mio ultimo respiro.
“Eloin Edud” rispose lei allegramente porgendomi la mano.
Era cominciata.
A nulla era servito il mio caratteraccio, a nulla il mio ostentare voglia di stare da solo.
Infine, era cominciata.
La mia prima amicizia era cominciata.
Mi presi la testa fra le mani e mi chiesi perché.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cosa si respira all'inferno? ***


Ecco il secondo chappy di questa ff!

Lasciatemi un segno, anche di disprezzo, che attesti il fatto che ci siate passati si vi va! :)

Mina 

Mi alzai dal tavolo e buttai gli avanzi e le cartacce nel cestino, per poi mettere il vassoio sopra gli altri sporchi. La ragazza, dopo avermi estorto il nome, aveva mantenuto ciò che detto, e era stata sulle sue per il resto del pranzo. E io l’aveva molto apprezzato devo dire. Salii le scale marmoree, e arrivai al mio piano. Solo allora mi accorsi che mi aveva seguito.
“Dovete avere tutti delle gambe e dei polmoni assurdi qua dentro!- esclamò ansimando- ma non c’è un cappio di ascensore?!”
“Un che?”
“Un ascensore!”
“No, ma com’è che l’hai chiamato?”
“Ah… cappio… sai, io non dico le parolacce…”
“Uh..”
Mi fermai, seriamente preoccupato che avesse intenzione di venire in camera mia.
“Ma… ti hanno detto a che piano è la tua stanza?” le chiesi.
“Ah! Ma allora non parli solo a monosillabi! Comunque si, Roger mi ha dato un foglietto con scritto tutto credo…” disse frugandosi nelle tasche con aria incerta.
Dopo un’accurata ricerca, eccola spiegare un foglio delle dimensioni di un post-it, piegato all’inverosimile. Lo lisciò un po’ con le mani e lo avvicinò agli occhi, per decifrare le parole quasi completamente illeggibili.
“Piano 15… st… stanza… dev’essere un… un… 345… si… o 46…”
“Dev’essere 345, la 346 è la mia”
“Ah grazie, allora credo che andrò a mettere via la mia roba!”
“Io veramente non ho fatto nulla…” ci tenni a precisare. Solo che lei non parve minimamente farci caso.
“Allora… dopo mi porti a fare un giro?”
Parlava come fosse in un college… in carcere era! Che aveva da essere tutta propositiva e allegra?! Comunque sia, non potei fare a meno di accettare, avendo ormai appreso che quello che voleva lo otteneva.
“Beh, allora busso fra mezz’oretta! Ciao!”
“Mmmh… ” le risposi, chiudendomi la porta dietro le spalle. Mi ci appoggiai e alzai gli occhi al celo. Dopodiché mi sedetti sul davanzale interno della finestra, chiusa, a guardare ancora una volta in basso. La strada era un filo grigio, di quelli lasciati in giro dai gatti, con tanti piccoli puntolini di diversi colori che la percorrevano in tutta la sua lunghezza. Le persone non si poteva pensare di distinguerle da quell’altezza. Sbuffai. Sarei dovuto rimanere in quel poso di merda per tutta la vita. Avrei visto passare gli altri come una persona particolarmente longeva si vede morire davanti gli altri. Se non avevo un amico li, era anche per questo. Non volevo legarmi a nessuno, anche per altri motivi, ma non è il momento adatto per parlarne. Mi alzai, e camminai avanti e indietro per la stanza. Poi mi fermai, e tesi l’orecchio.
“MA SANTI GIAVELLOTTI!!!”
Udii, affievolito dalla parete. Alzai nuovamente gli occhi al celo.
“MIFFULO DI UN CARICATORE DEL CAVOLO!!! MA DOVE L’HO MESSOOOOO!!!!????’”
La nuova arrivata si stava sistemando. Mi sedetti poi sul letto. Mi sentivo come un animale in gabbia: costantemente sorvegliato e costretto a reprimere le proprie voglie, i propri desideri, i propri sogni, le proprie realtà, il proprio modo di essere… per sempre. Per quanto mi sforzassi di distrarmi quelle parole mi rimbombavano in testa come insormontabili macigni non sono oscurabili allo sguardo di chi vi è legato davanti. Mi alzai. Andai ancora avanti e indietro. Guardai fuori dalla finestra. Accarezzai con lo sguardo la lucentezza di Lost Breath, ma non la impugnai, non ancora. Lei era l’unica cosa che mi salvava dal delirio assoluto. Non appena sentivo di non farcela più, la prendevo e le trasmettevo tutto, perché lei lo trasmettesse al mondo per me. Anche lei era un animale in gabbia. Ma lei poteva diventare pazza eccome. Sorrisi al suo ricordo. Certo, non mi avevano lasciato l’amplificatore, ma lei c’era, e bastava. Mi incantai a guardarla. Era una Ibanez, nera come la pupilla di un gatto, e potente più di un ciclone. Appesa al muro luccicava ai solitari raggi di sole, ammiccandomi provocante. Mi avvicinai, vinto, alzai la mano e la accarezzai, togliendo il pulviscolo che vi si era intrappolato.
Tock tock
“Avanti” risposi al suono poco convinto.
Subito la porta venne aperta da una mano energica.
“Ciao Beyond, come va? Allora, mi porti a vedere sto posto?”
“BB”
“Cosa?” non capì lei.
“Chiamami solo BB. Comunque, dove vuoi andare? Siamo in un carcere, non in un college” le risposi, come sempre atono, esplicando i pensieri di poco prima.
“Boh… fammi conoscere i tuoi amici!”
La guardai un po’ sperso. Io non avevo amici. Che si aspettava? Non si vedeva che ero molto poco propenso a conoscere persone?
“Senti. Non so cosa ti aspetti di trovare qui, ma io evidentemente non sono la persona che pensi. Fai pure amicizia, tu, ma lasciami stare, d’accordo? Io non mi faccio amici. Io vivo da solo. Così è.. quasi sempre stato. E così sempre sarà”
“Muoviti! Dai!” si limitò a rispondermi, senza dare minimamente peso alle mie parole.
“Ma ti ho detto che..”
“Ho detto di muoverti BB, su.”
Sospirai. Testarda. Cocciuta. Rompiscatole. Uscii,e mi avviai alla camera di Mello. Lei mi seguì, standomi di fianco. Era un po’ più bassa di me, io avevo 19 anni e lei 17 in effetti....
Percorso il corridoio, salii due piani di scale, e mi fermai alla camera 516. Lei si apprestò a bussare, ma prima che potesse farlo, aprii la porta con bruschezza, ed entrai. Mello stava picchiandosi col migliore amico, Matt, ma sentendo la porta aprirsi si ristabilì a una velocità esorbitante, rimettendosi in piedi mentre diceva una cosa come “Non-stiamo-facendo-niente-lo-giro-può-testimoniare!”, indicando Matt. Io alzai il sopracciglio. Appena collegò il fatto che si trattava di me, mi lanciò uno sguardo stupito e interrogativo.
“Che ci fai qui BB?”
Sbuffai e mi scostai, mostrando Eloin ai due. Lei li osservò bene, dopodiché fece un passo avanti e esclamò, tendendo la mano:
“Piacere, io sono Eloin, BB mi sta portando a conoscere i suoi amici- e qui ci fu uno scambio di sguardi nei quali Mello mi guardò più stupito e divertito e malizioso di un procione, che ricambiai con uno di odio, impotenza e minaccia- voi chi siete?”
Matt si tirò su, tentando di ricomporsi un minimo, e raddrizzandosi gli strani occhiali arancioni che aveva sempre addosso, e salutò con la mano.
“Io sono Matt! Ho sentito che sei un haker anche tu!”
“Già! ” esclamò lei allegramente, stringendogli la mano con energia.
“Aehm… io invece sono Mello.” Disse l’altro già disinteressato, senza tendere la mano, bensì dirigendosi alla finestra, per guardare fuori.
“Ciao! Che nomi strani che avete tutti.”
“Già… fra poco ne avrai uno anche tu.” Rispose quasi divertito Mello.
“In che senso?”
“Lascia perdere.” Rispose lui.
“BB, vieni un momento, giacchè sei qui ti faccio vedere il progetto di cui ti ho parlato, per il nanetto.”
Io alzai gi occhi cielo, chiedendomi perché cazzo ero li.
“Non credo.” Risolsi infine, uscendo dalla stanza, e avviandomi alla mia.
“Ma che ha?” sentì dire Eloin, dispiaciuta.
“Bah.. è fatto così” rispose Matt.
Sapevo che lasciarla sola con quei due era sbagliato: Mello era un pervertito scazzoso, Matt gli andava dietro, con l’aggiunta di una puzza di nicotina tale da stordire. Ma per me, era già tanto, davvero.  Una volta tornato in camera ritornai davanti a Lost Brath.
“Ciao piccola” le sussurrai, specchiandomi nel suo splendore.
Ma no. Non ancora.
Mi allontanai da lei, resistendo alla tentazione, e mi sedetti sul letto, guardando il pavimento.
Sentii dei rumori provenire dalla camera di fianco, la 457. Urla. Folli urla. Un’altra crisi di nervi. Mi alzai, teso. Tonfi, altre urla, stavolta di spavento. In quella camera erano in due, come Mello e Matt. In due. Assassino e ladra. In due. Stavo per accorrere, neanche sapevo bene se per aiutare la vittima o per dar manforte all’altro. Ma una serie di passi salirono le scale correndo. Quattro persone o cinque. Una entrò in camera sua, lo vide in piedi fermo e richiuse la porta. A chiave. Gli altri erano già la. Ma. Lui lo sapeva. Era troppo tardi. Altre urla, pazze urla trionfali. Passi. Imposizioni a voce dura. Non mancava mai posto in quel carcere. Ogni giorno se ne liberavano alcuni. Sucidi, assassinii, crisi, erano all’ordine del giorno. Non ci si stupiva se qualcuno scompariva. Non si diceva nulla. Nessuno diceva una parola su quelle persone, ma era come se centinaia di persone lo urlassero con tutta la loro forza. Una risata da pazzo. Ancora passi, rumori. Qualcuno aprì la sua porta. uscii. Mi guardai  intorno. A terra, una piccola scia di sangue imbrattava il cemento del pavimento. Entrai nella 457. Non feci una piega. Lei giaceva a terra, coperta di sangue, morta. La camera era uno sfacelo. La sua faccia era irriconoscibile, un pastrugno di sangue, suo e non . La pelle della morte. Osservai tutto. Uscii e tornai in camera. Sbattei la porta dietro di me. Afferrai Lost Breath violentemente, e suonarla fu come picchiare qualcuno di colpevole all’orrore del Wammy’s Carcere, fu come dare coscienza alle persone di cosa accadeva li dentro, fu come liberare tutti, fu come fare l’amore con una donna, fu come affondare un pugnale nella carne, fu come immobilizzare tutti nelle peggiori azioni commesse, e mostrarsi al mondo.  Poi aprii gli occhi, la riappesi, e mi lasciai cadere a terra, appoggiato al letto, chinando la testa. Qualcuno si sedette di fianco a me, ma nono lo percepii. Ma quando quel qualcuno mi toccò, alzai la testa di scatto. Era Eloin. Mi alzai.
“Ciao” dissi controllando la voce.
“Ciao… suoni fantasticamente.”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Troppo pazzo per l'inferno ***


Ebbene, a gran velocità, ecco qui il terzo capitolo... che dire... spero vi lasci qualcosa la lettura...
Al prossimo chappy, ringrazio tantissimo i recensori e i lettori silenziosi! :)
Mina


“Che fai.. camera mia?” riuscii a dire.

“Oh.. scusa. Volevo ringraziarti per avermi fatto conoscere Mello e Matt. Ma non ti volevo interrompere. Vabbè.. allora vado” rispose, alzandosi anche lei, e avvicinandosi alla porta.
“Se vuoi.. resta…” sussurrai. Per poi accorgermi di ciò che avevo fatto.
Allora mi avvicinai alla finestra e non la guardai più, osservando il già noto paesaggio. Lei non uscii, ma non parlò. Si guardò intorno, avvicinandosi alla libreria, per leggere i titoli dei pochi libri che mi avevano permesso di tenere. Uno strato di polvere ricopriva i ripiani della libreria vuoti.
“BB…?”
Mi morsi il labbro.
“Che c’e?”
“Perché sei qui?” chiese con cautela.
“Io.. non sono affari tuoi.”
“Oh.. ok… scusa”
Si avvicinò a me, e guardò anche lei dalla finestra.
“BB…”
“Eh?”
“Perché… c’è del sangue in corridoio?”
“Io.. io non… che dici?”
“Guarda, vieni a vedere!” esclamò lei, prendendomi per il braccio. Io mi scansai velocemente.
“NO! No.. io.. lo so. Ma non devi parlarne, ok?”
“Per-perché?”
“Perché no!”
“Ma.. ma potrebbe essersi fatto male qualcuno!”
“POTREBBE… !” la presi per i braccio e la trascinai fuori, per aprire con violenza la porta 457.
“GUARDA!” urlai, mettendola di peso nella stanza e mettendomi in mezzo alla porta per impedirle di uscire.
Lei si coprì gli occhi dall’orrore, e le sfuggì un singhiozzo.
Impazzii.
Le presi i polsi, costringendola a veder il macabro spettacolo.
“NO! TU DEVI GUARDARE! TUTTI DEVONO GUARDARE! DEVONO SAPERE IN CHE MERDA VIVIAMO! E VIVREMO.. PER SEMPRE, CAZZO!!”
Continuai a urlare, insieme a lei, io di rabbia, lei di terrore.
Poi ancora, i passi si approssimarono. Tre uomini entrarono, mi separarono da lei, mi sbatterono per terra prendendomi a calci, mi tirarono su semisvenuto, e mi portarono via, intimando a Eloin di andare in camera sua e di restarci.
L’orrore.
Non era mai troppo.
Non per me.
Mi svegliai lentamente.
Per primo, ripresi il senso del tatto: ero seduto  su una di quelle scomode sedie che ci riservano. Qualcosa impediva alle mie braccia di staccarsi dai braccioli, e mi facevano male. Qualcosa non mi permetteva di staccarmi dalla sedia, come una.. corda. Ero legato. L’aria era ferma, come un gatto su un calorifero, d’inverno. Mi facevano male le costole, forse qualcuna era rotta, ma non ne ero certo. I capelli mi ricadevano sul volto, mi davano fastidio. Avevo la testa chinata. Poi l’odorato. Puzza di… di fumo. E nessun suono, a quanto potevo udire, interrompeva la stanzialità della mia situazione. Una brutta situazione. Infine, socchiusi gli occhi, per rendermi conto di dov’ero. Anche se già lo sapevo. Non mi mossi, per non far capire che ero sveglio, e ciò che vidi fu un pavimento bianco, immacolato, e le mie stese gambe. Legato a una sedia. Feci un sospiro leggermente più profondo.
“Sei sveglio B, inutile fingere. Prego alza la testa, non ti ho insegnato un po’ di buona educazione?”
Alzai la testa a denti stretti. L’uomo che aveva parlato mi fissava attraverso a un paio di occhiali, dietro a una scrivania, comodamente seduto sulla sua poltrona rossa. Roger, pensai con disprezzo.
“Buon giorno. Ha qualcosa da dirmi?”
Lo guardai con un misto di disprezzo, rabbia e rassegnazione. “Ho sete” constatai più che altro, infine.
“Si, ma a proposito di ciò che hai fatto, B.”
“Perché, cos’ho fatto?” lo presi in giro, fingendo di non averne idea.
“Lo sai benissimo” mi rispose, con aria grave, mentre si risistemava gli occhiali e scorrevva con lo sguardo alcuni fogli che teneva in mano.
“E Lei cos’ha fatto?”
“Io, B? Niente di grave, al contrario di te. Infatti, in caso ti sia sfuggito, siamo qui per parlare di te.”
Sbuffai contrariato. “Siamo qui perché sono costretto. E, in caso le sia sfuggito, Lei, mi ha fatto picchiare fino a che non sono svenuto nel sangue, non so neanche se mio o di quella bambina ladra, perché dopo cinque cazzo di anni, ho estraniato ciò che pensavo in modo poco ortodosso, ma senza, in fin dei conti far male a nessuno. Allora… chi è che dovrebbe parlare di ciò che ha fatto legato a una sedia, e chi lo dovrebbe giudicare con aria saputa dietro una scrivania?”
Roger alzò di nuovo lo sguardo.
“Notevole. Continuerò a dire per sempre, che se solo tu fossi un po’ più collaborativo, saresti un ottimo politico. Ribalti le situazioni in due parole, certo. Ma c’è un piccolo problema, B.” disse, alzandosi e avvicinandosi a me.
“Anzi, due. Il primo”proseguì, portandosi dietro di me “è che menti, in questi tuoi discorsi.”
Non risposi, provando, lo ammetto, paura e impotenza, verso ciò che stava per succedere. Roger prese qualcosa in meno.
“Il secondo, B… è che io” continuò, poggiando qualcosa di metallico sul mio collo, sempre da dietro, e provocando in me un sussulto “ho il potere” finì, con una nota sadica, premendo un piccolo bottone sull’oggetto che teneva.
Una potente scarica elettrica mi attraversò, costringendomi a urlare. Tutto sembrava esplodere attorno a me, tutto un vortice di dolore, fisico, psicologico, e nel punto in cui l’oggetto poggiava, dolore ancora più forte, quasi freddo.
Ma tutto questo durò non più di un attimo.
“Allora B, che ne pensi, ora vorrai parlare con me?”
Il mondo ritornava dov’era nei miei occhi, ma il dolore in quel preciso punto del collo persisteva, oggetto di distrazione dalle parole di Roger.
“Lei… potrà fare quello che vuole di me…  potrà persino costringermi a dire che credo che lei sia nel giusto… ma i miei pensieri non cambieranno… io non mi piegherò mai a lei… non nello spirito e nella morale… e scusi il lessico volgare… ma vaffanculo…”
Lo sentii sospirare.
“Beh, allora mi dai la speranza di vedere in te collaborazione dal punto di vista delle parole, almeno. Quindi forza, parlerai con me?”
“Non oggi, vecchio babbu..” non mi lasciò finire la frase.
Ancora li, ancora, ma più forte. Le mie mani ebbero uno scatto, ma riuscii solo a farmi male.
“Stronzo figlio di…”
“B… non vorrai costringermi a farlo un’altra volta! Fa male anche a me!”
“Mi piglia per il culo? Ripeto: vaffanculo!”
“B… non vorrei dover passare a metodi più… avanzati”
“Sono curioso di sapere quali sono. ”
Sospirò di nuovo.
“B, tenta di ragionare. Fai del male a te stesso! Se tu mi dicessi solo.. una parola di scuse! Ti lascerei andare in camera tua!”
“Senta… qualcuno le ha già indicato la mappa per l’allegra cittadina di Fanculo? No, perché se vuole le dico come arrivarci, eh!”
“B, così sei solo volgare!”
“Beh… se vuole sentire discorsi filosofici potrebbe anche non scaricarmi addosso 100 watt ogni secondo, no?”
“B, B… cosa devo fare con te?”
“Uccidermi”
“Non lo farei mai!”
“Se è capace di torturare così, non vedo che ci voglia a iniettare veleno del mio sangue!”
“Piantala di dire stupidate! Piuttosto chiedi scusa per ciò che hai fatto! ”
“Cos’ho fatto?” ripetei
“Hai traumatizzato una ragazza per cominciare!”
 “Ah, io vengo torturato perché perdo le staffe con una novellina, e lei ha il poter di lasciare che una povera bambina muoia per mano di un pazzo assassino senza che nessuno le dica niente? ”
“Che hai? Non hai mai fatto storie per cose di questo genere.. cos’è, ti stava simpatica?”
“ STAI PARLANDO DI UNA RAGAZZINA DI MASSIMO 12 ANNI CHE è MORTA! MORTA CAZZO! ”
“B, contieniti perfavore!”
“NON MI CONTENGO AFFATTO, GRAN PEZZO DI MERDA! ”
“Bene… ”
Prese qualcos’altro, non vidi cosa. Poi  tornò nel mio campo visivo.
Un coltello da cucina in ceramica, di quelli che se tocchi la lama ti tagli, in mano.
Sorrisi ironico.
“Se vuoi finalmente uccidermi, grazie!”
“Non questa volta.”
Chiusi gli occhi e sospirai.
“Veda di fare in fretta allora.” Dissi ostentando una tranquillità che non avevo.
Si abbasso, sul mio braccio destro, e alzò il coltello.
“Sei ancora in tempo B, per evitarti questa brutta cosa.”
“Le ho chiesto di fare in fretta, vecchio racchio”
Alzò gli occhi al cielo.
Dolore. Dolore sordo, intenso, infetto. Dolore crudo, improvviso, lungo.
Sull’avambraccio.
Mi morsi violentemente il labbro, per non urlare: sapevo che avrei chiesto che si fermasse, e così facendo, mi sarei solo contraddetto.
Continuò imperterrito, il coltello incideva con facilità.
Quando smise, non aprii gli occhi: dentro di me, non avevo ancora finito di urlare.
Quando, un minuto dopo lo feci, per prima cosa vidi il sangue. Rosso lucente, fresco, mi bagnava l’avambraccio, scendendo copiosamente dalle ferite, inflitte da mano esperta che andavano a formare:
Mi scuso
Richiusi gli occhi, provando ribrezzo. Mi sarebbe rimasta la cicatrice per.. per sempre. Quanto odiavo quelle parole. Per sempre.
Riaprii gli occhi.
Roger era rivolto alla scrivania, il coltello poggiato su di essa. Quando si girò, si stava pulendo la mano destra con uno strofinaccio pulito.
“Vuoi essere disinfettato?”
“Se ti rispondo che se tu non mi toccassi più in vita tua sarei felice va bene lo stesso?”
“B, ora sei disposto a parlare?”
Feci un lungo sospiro, ricalando la maschera di seria indifferenza sul volto.
“No.” Chiaro, secco, conciso. La parola perfetta.
“Male, B, male… ” uscii dalla stanza e quando rientrò, altri due uomini lo seguivano.
Era qui che arrivava la parte più brutta.
Mi slegarono, e mi presero per le braccia.
“Sapete dove. ” disse solo Roger, seguendoli, fuori dalla porta.
“Roger” dissi debolmente.
“Cosa c’è?”
“Vaffanculo”
“Diventi ripetitivo, B”
Dopo un relativamente breve percorso, entrammo in una stanza insonorizzata dei sotterranei.
“Allora B.. ci siamo già passati alcune volte… quando chiederai scusa uscirai… ci vediamo!” disse Roger, assistendo allo spettacolo di un ragazzo 19venne sanguinante che veniva sbattuto a terra in una piccola stanzetta da due armadi-uomini.
La porta si chiuse sbattendo. La stanza era piccola, 5 per 5 massimo, e sapevo perfettamente cosa mi aspettava. E nessuno avrebbe aperto quella porta se io non avessi detto ciò che volevano. Ero però tenuto sotto controllo attraverso telecamere e microfoni. Come sempre avrei resistito. Fino all’ultimo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Non si può resistere all'inferno ***


DUE GIORNI DOPO

Fino all’ultimo. Continuavo a ripetermelo. La mia gola era riarsa, e se avessi tentato di parlare credo che avrei provato la stessa sensazione di avere una grattugia in essa. Il braccio si stava infettando, era arrossato, faceva un male cane. E la fame… la fame per me è sempre stata difficile da affrontare. Ma dovevo resistere. Fino all’ultimo. Per sempre. Fino all’ultimo. Perché io ero un predatore che non poteva cacciare. E non mi sarei mai piegato all’ammettere di essere una preda. Mai.

La mia chitarra. Ecco di cos’avrei avuto bisogno. Il suo manico elegante, la sua potenza, il suo suono superbo, le sue a me ben conosciute corde. Chiusi gli occhi, figurandomela.  Nella sua aura di candida verginità. Era così… bella. Mi dava una sensazione di pura felicità. Quello che si prova quando ci si sveglia al mattino nel letto di una donna e si sa di essere stati il suo angelo. E si è felici.

Dormivo.

Ho ero svenuto, forse.

Ma la vedevo, questo era certo. Era li davanti a me, sembrava invitarmi a dare inizio alla nostra folle infinita danza di assoli. Era li, davanti a me, e la potevo toccare, percorrere in tutta la sua lunghezza. Era li, davanti a me. Davanti a me.  Ma i bei sogni non durano mai a lungo.

E fu così che mi svegliai. Fu allora, che dovetti cedere.

Come se voi aveste davanti la persona che amate, e non la poteste prendere se non dicendo parole che non pensate. Parole che per altro, avete incise nel braccio. Cosa fareste? Sapendo che i vostri pensieri non cambieranno per quello?

Probabilmente quello che feci io.

Mi alzai, barcollante.

“Mi scuso” rantolai velocemente.

“Ma… sei sempre uno stronzo Roger” riuscii a dire ancora, prima di cadere e svenire di nuovo.

Quando mi svegliai, sul mio letto. Saranno state le 10 di mattina, il sole entrava ordinariamente dalla finestra senza tapparelle o tende alcune Il mio braccio era fasciato da bende pulite, e probabilmente era anche stato disinfettato. Sul comodino c’erano quattro barattoli di marmellata e acqua. Mi ci buttai, anche se riluttante. Sull’ultimo barattolo c’era un biglietto. Lo presi con curiosità. Era da Roger. Un biglietto a quadretti, pezzo di carta strappato con poche righe:

Sei stato un bravo ragazzo, te li meriti.

Colto da una crisi di rabbia improvvisa, lo feci a pezzi, e lo appallottolai, per buttarlo nel cestino.

Provai a parlare: la voce c’era grazie a dio.

Mi alzai, e senza esitare andai da Lost Breath. Non mi persi in convenevoli, suonai e basta.

Rabbiosamente, ma anche con dolcezza.

Con dolore perverso, ma anche con amore.

Sentii qualcuno bussare, e mi fermai di colpo. Non ero abituato a ricevere “visite”, quindi ero sospettoso, temevo fosse ancora Roger.

Poggiai Lost Breath con cautela, e mi avvicinai lentamente alla porta, per poi aprirla, sfoggiando la mia migliore aria ostile.

La persona che mi trovai davanti era l’ultima che mi aspettavo di vedere: Eloin Edud, proprio lei.

“Ciao BB, posso entrare?”

Mi scostai, senza una parola. Non credevo me ne avrebbe rivolte altre dopo l’episodio di un po’ di giorni prima. Comunque sia, chiusi la porta e mi sedetti sul letto, aspettando che parlasse. Lei era in piedi davanti a me, un po’ imbarazzata.

“Emm… BB… scusa… è colpa mia se ti hanno fatto del male. ”

La guardai molto stupito.

“Perché ti dispiace? Insomma, mi sono fatto male io, no?”

“Ma che c’entra, io l’ho causato!”

“Oh… beh… allora… non ti preoccupare per me, sono abituato a questo cose. In questo posto è così. Ti converrà abituarti.”

“Davvero BB, mi dispiace tantissimo, è tutta colpa mia!”  si sfogò la ragazza, lasciandosi cadere di fianco a me e abbracciandomi. Io arrossii leggermente.

“Ma no, no, non è colpa tua… stai.. stai tranquilla” cercai di calmarla. Lei mi guardò e sorrise, cogliendo il mio imbarazzo.

“Senti BB… ” disse poi. “Siamo amici?”

La guardai, scoprendo di provare un sentimento quasi… fraterno. In qualsiasi caso il primo sentimento umano dopo tanti anni. Sorrisi.

“Si”

 

La luce stellare e leggera della notte filtrava dalle tende bianche di stoffa economica. La camera era avvolta in un pallore lattaceo e traslucido che niente rifletteva. Io non dormivo. Mi faceva male il braccio, sotto la benda. Un dolore pulsante. Avrei voluto disinfettarla con qualcosa ma non avevo acqua ossigenata o simili, e di notte le camere erano chiuse a chiave, quindi non potevo neanche andare in infermeria a chiederne un po’. Il fatto di non poter dormire non mi disturbava: anche normalmente soffrivo di insonnia. La cosa che più mi dava fastidio era proprio quel dolore, e il pensiero di chi l’aveva procurato. Quel fottuto.. ma non volevo pensare a lui. Mi misi così a riflettere a quella strana ragazza, così ostinata ad allacciare rapporti. Ma perché? perché legarsi alle persone, quando sai che presto o tardi, o ti tradiranno o moriranno, o se ne andranno? In questo luogo l’amicizia non esiste, è impossibile. Convivenza, tolleranza, rassegnazione in stile “se non c’è niente di meglio mi accontento”, questo lo capirei. Ma … amicizia… è una parola che qui non si una neanche più… scomparsa dal vocabolario. Qui non ci sono amici. Non si può contare sulle persone. Ma… cos’è una persona senza amicizia? Uno zombie… un robot.. ma non un essere umano…

Appena arrivato a questo pensiero però lo scacciavo. Non mi volevo assumere la responsabilità di sapere quello che ero. Perché avrei dovuto rimediare. Avrei dovuto fare amicizia. E si ritornava al discorso di prima…

Dopo un’ora che andavo avanti così, mi alzai, snervato dagli stessi monotoni pensieri. Camminai avanti e indietro, come sempre, come una di quelle povere bestie allo zoo. E come loro mi sentivo. Ma che potevo fare? La fuori… gente libera.. che ne sanno loro di morte? Che possono pretendere di sapere, loro, di morte?

Mi sedetti alla piccola ipocrita scrivania. Tirai fuori un foglio e una penna. Scrissi.

http://www.youtube.com/watch?v=6FuQhZSc8Fs&NR=1&feature=endscreen


Hai mai dato uno sguardo fuori dal cerchio
che ti sei costruito intorno?
Ti sei mai chiesto che cosa succede
al di fuori del tuo piccolo mondo?

Nessuno qua ha mai avuto bisogno di te..

Racchiudi tutta la tua frustrazione
in ipocrite prediche sulla morale.
Da sempre lotto per non diventare
mai come voi,
cosa vuoi?
Non hai capito che
io suono solo per me?
E per dare fastidio a chi
prende tutto sul serio
e non capirà mai che
finché avrò qualcosa da dire,
suono solo per me.
Ho sempre odiato predicare
facili consensi per piacere
e far parte della scena
dei tutti amici. Falsi amici.

Le vostre vite governate
dalle vostre infinite censure e paure.
Nascosti, spiando e giudicando le vite degli altri.

L'orologio continua a battere
e voi ogni secondo continuate a morire
.

 

La mattina è come la crema al mascarpone. Si riversa pesante, molle, pigra, nelle strade, nelle case nei cantucci…

La mattina disincanta dall’irrealtà della notte.

Si, il tempo è passato, mentre andavi avanti e indietro, mentre pensavi, mentre non dormivi, mentre i secondi diventavano impossibili da contare, il tempo passava fregandosene. La mente si svuota.

La tua esistenza non fa rumore.

Ma la mattina poi ti riscuote. E allora si riparte.

 

Erano circa le 9.00, quando qualcuno bussò alla mia porta. Andai ad aprire, prevedendo chi fosse, ma chiedendomi che ci facesse li. Come da me previsto, davanti alla mia porta c’era Eloin, con un sorriso in volto.

“Ciao BB, come va?”

“Al solito. Cosa c’è?”

Lei alzò gli occhi al soffitto e incrociò le braccia.

“Dobbiamo proprio cominciare dalle basi, veh? Allora, quando una persona ti saluta, specie se chiedendoti come va, si risponde aggiungendo le parole – come stai?- … capito? Beh, comunque sono qui perché così possiamo andare a fare colazione insieme, no?”

Io, dopo un pesante sguardo inquisitorio- era più allegra del solito- uscii, rassegnato alla sua ostinatezza, bofonchiando un veloce “Come stai?” al suo indirizzo.

“Bene grazie! Sai che c’è da mangiare stamattina?” rispose lei prendendomi per un braccio e trascinandomi per il corridoio.

Poco dopo, in mensa, prendemmo i vassoi e ci dirigemmo verso il medesimo tavolo: quello dei dolci.

Io adoravo (e adoro) la marmellata, specie alle fragole e in generale lo zucchero, mentre, a quanto intuii dalle improponibili quantità che ne metteva sul vassoio, per lei era lo stesso col miele… io il miele non lo sopporto. Dolce appiccicaticcio… bah…

Comunque sia, dopo esserci seduti, come previsto, arrivarono quei due rompiscatole di nome Mello e Matt a salutarci, sentendone a quanto pare il diritto, in memoria del fatto che li avevo presentati a Eloin con la precisa parola “amici”. Povero me…

“BB!! Ti sei rimbambito?” mi sventolò la mano davanti Matt. Trassi un sonoro sospiro: tutta la cattiva fama che ero riuscito a costruirmi stava scemandomi davanti a me…

“No Matt, tutto a posto, ma se non metti giu la mano ti rompo il polso, e sai che lo farei”

“Can che abbaia non morde!” esclamò prontamente lui, togliendomi però, la mano da davanti.

Gli lanciai uno sguardo che avrebbe elettrificato un armadillo, e ritornai al mio piatto.

Fu una lunga colazione. No, dico proprio lunga, eh! E dopo questa, io e Eloin risalimmo insieme le scale. Fu allora che mi pose la domanda che avevo immaginato che mi avrebbe posto prima o poi. I suoi occhi, color nocciola con pagliette marrone scuro, che le conferivano un’aria dolce, si fissarono nei miei, mentre pronunciava le parole:
“BB, perché non hai mai avuto un amico fin’ora? Sei qui da anni!”

Io evitai prontamente il suo sguardo, facendo un brusco gesto con la mano, lo stesso che si fa quando si scaccia una mosca e accelerai.

“Non ho voglia di affrontare certi argomenti.”

“Ti do tempo sino a oggi pomeriggio!”annunciò lei squillante.

“Ne ora ne mai.” Conclusi io, invece.

“Si, certo BB. Così come, ne ora ne mai, mi avresti fatto fare un giro in questo posto, pochi giorni fa!”

“Eloin, lasciami stare, non mi piace parlare”

“Mmmh… e cosa ti piace fare?” chiese lei senza scomporsi.

“Suo… niente…” mi lasciai quasi sfuggire. Ma la ragazza non si lasciò sfuggire nulla.

“Suo che?” inquisì infatti.

“Niente. Non ho detto niente…”

“Si, certo, e io sono William Shakespeare!  Senti facciamo così: io non ti secco con domande cui non vuoi rispondere, e tu concludi la parola!”

“Ma io… uff… sei veramente snervante! ” esclamai, poggiando il piede sull’ultimo gradino della 15esima rampa.

In silenzio, percorremmo il corridoio, e si fermò con me, alla mia porta, mentre la aprivo.

Un po’ incerto azzardai un “Vuoi… entrare?”

“Volentieri!”

Mi feci da parte, e richiusi la porta. Lei si era seduta sul letto.

“Allora?” chiese, riferendosi al suo ultimatum di poco prima.

“Mmmh… mi piace… suonare… ”

“Davvero? E che male c’è?”

Nessuno, ecco la risposta… ma non mi piaceva rivelare cose sul mio conto.

“Anche a me piace suonare… avevo una bellissima batteria, 20 pezzi, davvero incredibile ma… non l’ho potuta portare con me… ” s’intristì un poco, ma si riprese subito.

“Tu che strumento suoni?”

“Chitarra elettrica. ”

Il mio sguardo corse a lei, come chiamato da voce impellente e amata. Mi avvicinai, e la presi , non sapevo neanche bene perché. Eloin si alzò, e mi venne vicino, per osservarla attentamente, in ogni suo dettaglio.

“è proprio una bella chitarra! L’altro giorno ti ho sentito suonarla… beh, sei davvero bravo! Come mai te la fanno tenere? Ne Matt ne Mello hanno niente di personale nelle loro stanze!”

Sorrisi amaramente a quella sua prova di capacità d’osservazione.

“Loro non hanno l’ergastolo.”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'inferno dentro ***


“Loro non hanno l’ergastolo.”
“Oh… mi dispiace…”
“Non fa nulla.” Risposi, rimettendo la mia piccola a posto.
“Posso… posso farti una domanda?” chiese cautamente, mentre mi avvicinavo alla finestra.
“Per qual motivo sono qui, è questo che desideri sapere? Sono qui perché sono un serial-killer. E mi hanno preso un momento prima che compissi la mia opera. ”
Lei non si spaventò. Sembrava forse ingenua, ma in realtà sapeva benissimo che era in prigione, e che in posti come questi la gente non è del tipo più raccomandabile. Ma io la incuriosivo.
“Che opera?”
“Il caso perfetto… io ero l’ultimo.. non sono riuscito… io dovevo ma lei… lui… ha vinto… ”
“Cosa… di cosa eri l’ultimo?”
“Delle vittime” mi lasciai andare al suono. Io non vedevo la ragazza che mi faceva le domande.
Io sentivo una voce. Una voce amica. Una voce che si interessava a me. E non mi dispiaceva. E le rispondevo.
“Nel senso che ti saresti ucciso?”
“Si. E con la mia morte… BB QQ BB… avrebbe tutto avuto senso… un senso che lui non poteva capire! E avrei vinto! Ma lei mi ha fermato.”
“Lei chi?”
“Naomi Misora, agente in temporanea sospensione dall’FBI, contattata da lui per investigare sul BB murder case”
“Tu sei… sei quel BB?”
“Si.”

“E lui… lui è L, il più grande investigatore del mondo!”
“Si.”
“E come mai, l’hai sfidato?”
Mi tornarono in mente immagini sfocate dagli anni. Una lacrima stava per scendere sul mio volto.
“Questo lo so io.” Mi riscossi.
“E ti ho detto abbastanza.”
“Oh.. scusa.. ”
“Forse è meglio che tu vada. Fra poco passa il medico.”
“Certo. Beh… a dopo BB. ”
“Ciao.”
Il medico passa tutti i giorni a controllare che stiamo bene, sentendoci la pressione. Io tutti i giorni trattengo quelle immagini, ricacciando indietro le lacrime.
Mi ero addormentato sul letto, con le mani dietro la testa, mentre come al solito rimuginavo tra me e me. Fra il sonno dovuto alla notte in bianco, la luce calorosa del sole e i troppi pensieri che ora dovevo come mio solito analizzare da capo a fondo, schedare e psicoanalizzare, gli occhi si erano chiusi da soli, e senza consultarmi, il mio cervello si era preso una pausa. In qualsiasi caso, l’ora di pranzo era giunta, e Eloin, coerentemente alla mattina stessa, stava per passare a prendermi per andare a pranzo. Arrivò alla porta e bussò. Non ricevendo risposta dopo due volte che bussava si insospettì. O si incuriosì. Comunque sia decise di entrare.
 
THINK OF ELOIN EDUDE
Entrai cautamente, pronta a tutto, dopo l’episodio, chiamiamolo così, della mattina stessa. La porta naturalmente era aperta,e no, non cigolava affatto. Mi si spalancò dunque davanti facilmente, rivelandomi la sua camera. Uguale alla mia a dire la verità. Solamente una manciata di dettagli la distingueva: i libri sulla impolverata libreria, completamente diversi dai miei, l’ordine della piccola scrivania e la bella chitarra appesa al muro. BB dormiva sul letto. Non me l’aspettavo, e feci un passo indietro. Mi immaginavo di trovarlo alla finestra, luogo che a quanto avevo capito prediligeva e ero pronta a essere cacciata dai suoi modi bruschi, che racchiudevano un carattere delicatamente complesso. Invece dormiva, profondamente. Il suo respiro era regolare, e nulla in lui si muoveva se non appunto la cassa toracica. I suoi capelli erano disordinatamente sparsi sul cuscino bianco, in contrasto col nero corvino di essi. Era così… normale. Un normale ragazzo sui vent’anni, che schiaccia un pisolino.  Mi avvicinai, socchiudendo la porta, dietro di me. Mi abbassai, a osservarlo, in quella sua apparente innocenza. Ebbene era lui il famoso BB. Uno dei casi più riportati sui giornali. Mi ero interessata molto a quel caso. Era accaduto alcuni anni prima, quando, una mattina, avevo letto come sempre il giornale ed ero rimasta colpita da esso. Dalla freddezza dell’assassino, dalla freddezza di L, dal celato velo di sfida che avvolgeva i due, unendoli nel mistero. Avevo continuato a informarmi, sia sui giornali sia infiltrandomi nei computer dell’FBI (che in effetti non ne sapeva molto) e quando infine quella… Naomi, l’aveva preso, era stato come finire di leggere un libro. Insomma… li vedevo così irreali.
Non sembravano veri.
E quando, poco prima, avevo scoperto che era proprio lui l’assassino che mi aveva tanto incuriosito… beh… tutto si era trasformato. I fatti, prima così avvincenti, si erano rivelati in tutta la cruda realtà. Il fascino era svanito dal caso, ma era rimasto sulla persona, non tanto perché si trattasse di quel BB, ma perché veramente la sua persona mi incuriosiva.
“Attaccabrighe, scorbutico, sarcastico, sadico e crudele”
Così me l’aveva descritto Mello.
“Tieniti alla larga da lui. Non ama la compagnia. E neanche parlare. La sua unica idea di “interazione” è prendere a pugni qualcuno. Tieniti alla larga.”
Aveva aggiunto Matt.
E mentre lo guardavo, l’innocenza sparì, mano a mano che raccoglievo le informazioni che avevo di lui, e mi si trasformò in una fiera, dormiente, coi muscoli tesi sotto il pelame, pronta a drizzarsi, ad uccidere, ad affondare i denti nella carne e a ridere di ciò.
Ma scacciai subito quest’immagine.
Avevo intuito sin dal primo momento, ossia quando lo avevo notato celatamente, mentre mi presentavo, quanto fosse intelligente nello sguardo, riflessivo nei pensieri, impulsivo nei movimenti, e solo in tutto se stesso.
La prima cosa che pensai di lui, fu che nascondeva qualcosa al mondo. Qualcosa di terribile, nel suo passato, che non voleva assolutamente richiamare a se, per mostrarlo agli altri.
“Non ha nessun amico. Ti ha portato da noi perché siamo gli unici cui abbia mai rivolto parola. ”
Aveva ancora detto Matt.
Noi suoi amici, ma per favore!” aveva soggiunto ridacchiando Mello “Lo conosco per due motivi: il primo è che quando sono arrivato, il primo giorno, ci siamo presi a botte. Il secondo è che condividiamo l’odio per il nano bianco!” concluse.
Nessun amico. Nessuno a cui parlare. Carattere schivo. E tanti segreti.
E cosa potevo chiedere di più? Inizialmente mi ero detta: questo ragazzo mi aiuterà a passare 5 anni qua dentro, volente o nolente.
Ma subito dopo il primo incontro intuii che non mi aveva tirato un pugno solo perché ero una ragazza più piccola di lui e quindi lo scontro non sarebbe stato interessante, e che se avesse voluto, mi avrebbe potuto fare qualunque cosa. l’avevo capito dai suoi sguardi profondi e analitici, che scorrevano su di me come brividi, dalla violenza controllata degl’arti…
Ed era più allettata dal conoscerlo più di prima, stavolta non per passare il tempo in qualche modo.
E poi…
“BB… siamo amici?”

“Si.”
Ma cosa voleva dire per lui, essere amici?
La sua solita maglietta nera di cotone si alzava e si abbassava ritmicamente.
Lo osservavo, imprimendomi i suoi lineamenti, in quel momento così dolci, naturali, nella mente: sarebbe stato difficile rivederlo così.
Sembrava irreale, abituata com’ero a vederlo tetro, scontroso e più serioso di un giudice.
Ora invece, tranquillo, sembrava un’altra persona.
La sua pelle era priva di imperfezioni, e stranamente chiara, in contrasto con la folta capigliatura.
La mia mano si mosse da sola verso il suo viso… delicato.
Sembrava fragile. Non tanto lui come persona, quanto per la situazione in se e per se…
Insomma… quando mai mi sarebbe capitato di nuovo, di vederlo così?
Sfiorai appena, i suoi zigomi, chiari, morbidi.
Aprì gli occhi di scatto.
 
THINK OF BEYOND BIRTHDAY
Aprii gli occhi di scatto, sentendo un corpo estraneo sul mio volto.
Ciò che vidi furono dei curiosi occhi nocciola che conoscevo bene.
La sua mano aveva invaso il MIO territorio.
Chiamateli pensieri infantili, ma quando ciò che hai sei tu e una chitarra, sei così.
La ritirò subito, quella mano così ben curata e piccola, femminile insomma.
Consapevole di essere parso delicato, glielo si leggeva negli occhi, mi alzai di scatto.
“Come mai sei entrata?” chiesi un po’ aggressivo.
“Il pranzo, sai… andiamo assieme?”
“Certo… Eloin…”
“Si?”
“Io non ho bisogno di compassione. ”
La colsi di sorpresa, e farfugliò per un attimo “Ma.. io… lo so.. ”
“Andiamo” la interruppi uscendo dalla stanza velocemente.
Odiavo essere compatito.  Le persone mi compativano ogni volta che mi vedevano.
 
Ma lei mi compativa?

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sfogarsi all'inferno ***


Anche il pranzo era passato, e Eloin lo aveva trascorso, come d’altra parte anche io, quasi in completo silenzio. Dapprima perché era imbarazzata dal fatto di avermi svegliato, poi si era fatta pensierosa. Mah…
Tornato in camera ragionai sul da farsi, e decisi di andare da Mello. Circa una volta alla settimana ci incontravamo e sfogavamo i nostri pensieri prendendoci a pugni… Roger aveva ormai smesso di sgridarci.
Arrivato davanti alla porta in legno, entrai senza bussare. Mello era sul letto, leggendo un fumetto o un libro e si lamentava che ormai lo sapeva a memoria, mentre Matt si annoiava, per terra, con la testa appoggiata sul letto, fumando una sigaretta.
La mia entrata non li allarmò o stupì troppo, le conseguenze uniche, furono che Matt mi fece un cenno di saluto e Mello si alzò deponendo il libro e chiedendo perché non avessi bussato.
Quella domanda era una specie di segnale per noi. Il pretesto che usavamo sempre. Anche Matt lo sapeva,  e si sedette sul letto ridacchiando e osservando la scena, divertito.
“Non sei tu che mi dai il permesso di entrare o uscire da una stanza”
“Si, se si parla della mia!”
“Non direi, questa stanza è dell’istituto, M” odiava essere chiamato M.
“Si, ma si da il caso che ancora per un paio di anni qui ci stia io!”
“Ciò non toglie ciò che ho detto poco fa”
“Ti ripeti BB”
“Anche tu M”
Ci avvicinavamo sempre di più, verso il centro della stanza.
Mello, arrogante e sprezzante come al solito e senza l’ombra di altri sentimenti sul volto mi guardava negli occhi. Era più piccolo di me di un anno, e in altezza mi raggiungeva al pelo, ma riusciva lo stesso a guardarmi dall’alto al basso.
“Perché sorridi BB?”
“Tu lo provochi”
“Ridi di me?”
“No, rido del sangue”
“Solo i pazzi ridono del sangue”
“Allora mi stai dando del pazzo?”
“Si”
“Ma io non lo sono, M”
“Io dico di si. Sei uno psicopatico pazzo”
“Oh… così mi offendi”
“Poverino..”
“Perché vedi… Micheel… io non sono pazzo… io sono matto”
“Non vedo la differenza.”
“Non puoi”
“E perché, sentiamo!”

“La tua stupidità ti frena”
“Io non sono stupido”
“Dici?”
“Dico.”
“E io invece dico di si, o almeno lo sei più di me, visto che vedo chiaramente cose a cui non arrivi”
“Sono gli occhi della follia”
Ormai eravamo a pochi centimetri di distanza, la tensione era palpabile.
“Errato Micheel: sono gli occhi dello shinigami”
Era il segnale.
Mi tirò un pugno, che fermai prendendogli velocemente il polso e facendolo cadere a terra con uno sgambetto.
Gli tirai un calcio, ma rotolò di lato, e si tirò su in fretta, per riavventarsi contro di me.
Mi prese i polsi, e facendo forza su essi mi tirò un calcio nello stomaco, ma il contraccolpo lo fece cadere di schiena, permettendomi tirargli una serie di calci che lo fecero rotolare di nuovo.
“Beh, è il caso di dirlo M, mi rotoli ai piedi come un cane” constatai.
Lui ringhiò, e si tirò su di nuovo, stavolta più cauto.
Matt, sul letto gli lanciò uno svogliato incitamento.
Lo bloccai per le spalle, e lo sbattei per la terza volta a terra, ancora di schiena.
Stavolta però, non fu così veloce da schivare, e si ritrovò la mia furia addosso.
In quei momenti i miei pensieri si riassumevano in questo: picchia, schernisci, vinci.
Lo presi a pugni finché non mi fecero male le mani. Poi mi fermai e lo guardai come si guarda una zanzara spiaccicata su un muro.
“Ho vinto”
Mi alzai e così fece lui, squadrandomi con diffidenza, e uscendo insieme a me, per andare in bagno.
Gli usciva un filo di sangue dal naso, e zoppicava.
In bagno, c’è una fila di circa cinque lavandini con un unico specchio orizzontale, ai quali ci approssimammo.
Mi sciacquai le mani con cura, mentre Mello si lavò la faccia, e il rosso diveniva arancione sotto il getto dell’acqua.
Uscimmo insieme, e poco prima che io scendessi le scale per tornare in camera mia mi disse una frase strana.
“Quella ragazza ti frustra molto, eh? Cazzo, mi hai fatto un male cane stavolta!”
Perché aveva nominato Eloin?


Entrai in camera e chiusi la porta dietro di me. Sbuffai: non c’era mai niente da fare in quel posto. Mi avvicinai ancora una volta, del tutto svogliato, alla finestra, e ripensai alla mia vicina di stanza. Sempre più spesso, per quanto la cosa mi seccasse, ella entrava nei miei pensieri con prepotenza.
Sapeva tanto di me, per i miei standard, e la cosa mi rendeva inquieto.
Pochissime persone conoscevano la mia storia per intero, e si trattava di persone che probabilmente non avrei visto mai più. Diciamo pure sicuramente.
Mi spaventava, inoltre, riaprire le vecchie ferite, riaprire me stesso, anche se non lo ammettevo.
Però, Eloin mi incuriosiva molto. Mi chiedevo spesso che storia fosse la sua. O perché mai fosse sempre così allegra. E perché io la incuriosissi, con le tante persone strane e matte del carcere.
A fagiolo, ella entrò nella mia stanza in quel momento. Probabilmente non l’avevo sentita bussare, immerso com’ero nei miei pensieri.
“Ciao BB, si va a cena?”
“Si, andiamo”
Quando uscii, notai che, dal pranzo, il suo morale si era tirato su, anche perché così, di punto in bianco, mi prese a braccetto, e partì come se niente fosse con la sua andatura esuberante.
“Eloin, che fai?” le chiesi subito, ma lei non mi badò, e solo sulle scale mi lasciò andare, per sedersi sull’instabile corrimano e lasciarsi scivolare su di esso.
“Eloin, che fai, è pericoloso! Potresti cadere!”
Corsi subito alla fine del corrimano, e lei mi arrivò in braccio. Arrossii di colpo, e la rimisi in piedi.
Lei mi guardò, e scoppiò a ridere, abbracciandomi all’altezza del petto e mettendomi ancora di più in imbarazzo.
“M-m-ma che hai?” le chiesi preoccupato.
“Eddai BB! Lasciati un po’ andare! Hahaha! Sei tutto rosso!”
“Eloin… ti prego… che hai?”
“Sono pimpante perché mi hanno detto che posso tenere il mio portatile!!!”
Finalmente mi lasciò andare, e riprese a comportarsi entro certi limiti, come una persona normale.
“BB, devi imparare ad abbracciare la gente”
“Non dire stupidate Eloin, se tu che ti devi.. contenere! ”
“Se una persona è veramente felice, fa ben di peggio! C’è gente che urla dalle finestre!”
“Bah…”
“BB.. è perfettamente normale!”
“Beh Eloin… segui il mio ragionamento: se sei in un posto pieno di gente che vorrebbe suicidarsi, o che dovrà restarci fino alla fine dei suoi giorni (il che in effetti include il desiderio di suicidio), di solito dovresti tendere a evitare di danzare come una cretina o… o buttarti in braccio al primo che passa!”
Lei alzò il sopracciglio guardandomi e mi rispose, con la bocca piena di pane e miele:
“Si, ma tu non sei il primo che passa! E piantala di arrossire!”
In quel momento arrivarono M&M, e si sedettero con noi.
“Questo non è il vostro tavolo” constatai come al solito.
“Neanche il tuo BB!”
“Hai ragione, ma se non vi cercate un altro posto…”
“BB, dai, oggi ci siamo già picchiati, propongo che rinviamo a domani e intanto non ti diamo fastidio!”

Sbuffai.
“Vi siete picchiati?” captò subito la ragazza. Mello alzò le spalle.
“E allora?”
“Ma.. perché?”

“Così…”
“Senza motivo?”
“Aha… che c’è di male?”

“Perché dovete farvi male così alla cavolo, scusate?”
“Mah… lo stress… beh, a proposito BB, complimenti! È stato più divertente del solito!”
“Ma ragazzi! Non…”
“Non si fa?” concluse ridendo Mello
“Stai dicendo “non si fa” a due maggiorenni incarcerati per assassinio uno e per tortura e sequestro di persona l’altro? Hahaha!”
Lei scosse la testa, e ricoprì un’altra fetta di pane con il miele, sotto il mio sguardo disgustato.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Piccole vittorie dell'inferno ***


Ritornato in camera mia, riflettei sullo strano comportamento di Eloin. Tutta quell’esuberanza, quell’affabilità. Era ciò che temevo.
La sua curiosità si stava tramutando  in affetto.
 
Anche quella notte, non riuscivo proprio a prender sonno…
A tormentarmi insieme al braccio si era insinuato un presentimento poco bello, riguardante Roger.
Succedeva, di rado, ma succedeva, che uno dei prigionieri si facesse… di troppo.
Mi spiego: molti fra quelli sani di mente, decidevano, ogni tanto di ribellarsi segretamente a Roger, di tentare di fuggire salvandosi il culo e i più nobili pensavano anche di denunciare il carcere.
Senza speranze, naturalmente.
Fatto sta che, quando succede, Roger mi manda a chiamare, mi da il numero di una stanza, mi mette un coltello in mano e mi ci butta dentro dicendo “Bussa quando hai finito.”
Era già successo circa… 6 volte, e io non mi ero mai rifiutato di…  beh…
Comunque, quello che sentivo era che nei prossimi giorni mi avrebbe chiamato ancora. E non avevo voglia di piegarmi a questa sua dittatura di morte panico e ipocrisia ancora una volta.
“Fai il tuo lavoro d’assassino, da bravo, se lo farai ti darò un barattolo di marmellata”
Censure, paure, spie, infiltrati, morte, ingiustizie, menefreghismo… ne avevo abbastanza da tempo.
Ma… poi vedevo quel coltello, il mio coltello, quello con il quale ho portato avanti al sfida più importante della mia vita. Quello che ho tenuto tante volte in mano, ridendo… e mi chiedevo cosa ci fosse poi di sbagliato… morirebbero  lo stesso… e allora entravo, e li guardavo negli occhi mentre urlavano, mentre mi chiedevano perché, mentre… morivano.
I loro occhi si spegnevano nei miei, annegavano nei miei, e luccicavano l’ultima volta, lanciando un appello silenzioso, disperato, al loro assassino. Che cosa stupida, mi ero più volte trovato a pensare… insomma, è come se un topo chiedesse aiuto al gatto che lo sta cacciando…
Ma è la loro ultima speranza. E con quello sguardo, io guardo loro nel profondo, io li vedo.
Li vedevo davvero, non come si mostravano agli altri, non come sembravano…
Come erano.
E la cosa dava i brividi…
Ma poi non sapevo far altro che uscire, e riconsegnare il coltello nelle loro mani, non sapevo far altro che pensarci, pensare che non avrei dovuto, che mi sari dovuto opporre. E allora… stavo male. Perché lo sapevo che rea sbagliato. Sapevo che così li aiuto a completare il loro disegno di corruzione.
Ma la volta dopo rivedevo il coltello e lo rifacevo. E ancora. E ancora.
Perché era una droga.
Non potevo smettere.
Ma dovevo.
Dovevo , cazzo!
Strinsi forte i pugni, quelli con i quali avrei tanto voluto picchiare, martoriare, deformare, il viso di Roger, e di tutti. Di tutti.
Perché  nessuno li fermava?
Non mi importava molto di me ne degli altri, ma avvertivo che coloro che avrebbero dovuto essere giustizia, erano peggio di noi.
Noi. Chi eravamo noi?
Mi posi questa domanda, rigirandomi nel lenzuolo bianco.
Il mio inconscio mi portò il suo nome con la velocità con la quale cambia il mio umore.
Eloin.
Noi eravamo quindi… io e lei?
Io e Eloin?
La stanza fremeva, come se la conclusione dei miei pensieri ripetitivi fosse a un passo da me, e volesse vedermi arrivare a essa. Noi e Loro. Che voleva dire?
Voleva dire che anche io ero… di troppo.
Ma Loro non lo sapevano. E io lo sapevo? Si, l’avevo sempre saputo. Sapevo che oltre al naturale odio verso di Loro c’era voglia di ribellione, la rabbia, la volontà, ma che erano represse, celate, dal resto della mia persona.
E che erano quelle le cose che punivano.
Rimasi elettrizzato dal sapere che l’indomani, che dall’indomani, io non avrei ucciso a comando mai più. Che mi stavo disintossicando. Mi rilassai, sul duro materasso, vecchio troppi anni.
Eloin… in pochi giorni era riuscita a farmi chiarire alcuni punti della mia vita, della mia persona, che erano rimasti sempre punti nebulosi, confusi nella mia mente.
Nel buio, formulai un pensiero che, fino a allora, ero riuscito a reprimere, a nascondere a me stesso meglio che agli altri.
Ecco il perché dell’avere un amico. Perché nel buio, t’illumina, e ne è inconsapevole.
Mi sedetti di scatto, nella piccola stanza. Non dovevo tornare indietro dalle mie convinzioni, me lo ero ripromesso tante volte. Avevo promesso che nessuno mi avrebbe distolto da quei giuramenti.
Già uno era andato in fumo, un poco onorevole decoro, alla piccola tomba grigio chiaro che nascondevo nella mia mente. 
Avevo promesso io stesso che non avrei mai avuto più nessun amico. E Eloin era riuscita a strapparmi quel si. No, non era vero, non me lo aveva strappato, lo avevo detto di mia spontanea volontà, mi corressi.
E ancora: prometto che nessuno distorcerà il mio modo di pensare, e che nessuno ucciderà le mie convinzioni. Mai più.
E ora invece… la logica stessa, mi aveva portato a concludere cose che ritenevo sbagliate.
Passai una notte strana. Niente di ciò che contenevo poté però distogliermi dal fatto che se avessi ucciso, l’avrei fatto perché volevo, non perché dovevo.
 
Tock tock.

Tock tock tock.
….
“BB…. BB! Mah… ”

“BB!!!! LA MATTINA HA IL CIOCCOLATO IN BOCCA SAI? PERCIò MUOVI IL CULO!!” “Mello, non imprecare!” “Impreco eccome se quel panda minore non si muove… ”
Mi svegliai di soprassalto, alle urla di Mello.
Mi alzai velocemente e mi cambiai in tre secondi, per poi aprire la porta, e ritrovarmi davanti il terzetto di persone che potete immaginare anche da soli.
“Alleluia! Muoviti ho fame!”
Camminavamo uno di fianco all’altro, e se ci fosse stata l’opzione “rallentatore”, saremmo sembrati il tipico gruppo di amici. Accade a metà de corridoio che portava alla mensa. La nostra trionfale marcia, che cominciava a divertirmi, venne interrotta nel momento in cui una mano mi si poggiò sulla spalla con decisione, fermandomi. Mi girai di scatto, facendo contemporaneamente un passo indietro, e mi ritrovai davanti Roger stesso. Eloin, mi prese per un braccio, scrutando preoccupata la mia espressione si puro disprezzo, mentre gli altri due erano andati avanti, abituati dalla routine.
“Cosa vuole?”
Lui mi guardò con un sorrisino nervoso rivolto alla ragazza alla mia destra, e mi pregò di seguirlo. Fece per girarsi, ma si gelò, sentendo le mie parole.
“Cosa vuole?”
Si girò, fissandomi con una diversa espressione.
“Ti ho detto di seguirmi BB, e tu lo farai, chiaro?”
“Non stavolta” conclusi e mi voltai, per avviarmi al tavolo della colazione.
“BB! Girati e non mancarmi di rispetto!”
Mi girai di nuovo, con Eloin sempre al fianco. Le sorrisi, quando mi chiese cautamente se volevo che andasse avanti.
“Non ti preoccupare Eloin, non devo andare da nessuna parte. ”
“Invece devi seguirmi, e subito, BB!”
“No.”
“Come hai detto?”
“Quale parte della parola NO non le è chiara?”
“Ti ho detto di non mancarmi di rispetto. E di seguirmi! ”
“Perché?”
“Perché devi fare una cosa per me”
“Cosa?”
“Lo sai benissimo, non fare il finto tonto! Non mi sembra ti sia mai dispiaciuto, perciò ora mi seguirai e farai ciò che ti chiederò. Lo sai meglio di me, che lo farai”
“Credo che lei non abbia afferrato il concetto: non stavolta. Ora se mi da il permesso vado a colazione.”
“Non ti do il permesso! Vuoi un altro paio di giorni dove sai?”
“Oh, non lo farebbe, se no dopo non avrei abbastanza forza nel braccio per affondare una lama di trenta centimetri buoni nella carne, nei muscoli eccetera eccetera, no?” chiesi, con toni ironici.
Eloin spalancò gli occhi, tentando di celare la sorpresa. Alcune persone si erano fermate, e ascoltavano il dialogo, con interesse mal nascosto.
“BB, mi sto arrabbiando.”
“Mi dispiace molto, non dovrebbe affaticarsi alla sua età, vuole che chiami qualcuno che la accompagni in ufficio? Faccio in un attimo!” esclamai fingendo propositività, e scivolando via.
Fui di parola, tornando dopo pochi secondi con un’ infermiera, mentre un rossissimo Roger urlava, cercando di trovarmi in mezzo agli altri. Glielo indicai, e mi avvicinai dietro di lei. Lo vidi venir scortato via, e lo salutai con la mano, sorridendogli luminosamente.
Sapevo che se ne sarebbe riparlato e che sarebbero stati cavoli ma…
Non mi importava affatto! Per una volta l’avevo vinto. Mi ero vinto. AVEVO VINTO.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Inferno per due ***


Ero  sdraiato sul letto, ed Eloin era seduta sulla mia scrivania.

Ero  passate alcune ore, e ci stiamo decisamente annoiando.

“Che facciamo?” chiese annoiata per l’ennesima volta, tirandosi indietro i capelli con un gesto fluido della mano.

Sbuffai , osservando il soffitto. Quelle crepe le saprei vedere a occhi chiusi.

“Boh... che vuoi fare?”

“Ho fame”

“Vieni”

Uscimmo  dalla stanza, e ci sgranchimmo le gambe, camminando verso la mensa, per chiedere un vasetto di miele per lei.

Quando dopo poco tornammo a mani vuote, lei era ancora più annoiata e depressa di prima.

Stavolta fu lei a lanciarsi acrobaticamente sul letto, e io a sedermi poco convinto sulla scrivania.

“BB, ti piacciono gli animali?”

“Mmmh… non lo so… non ne ho mai avuti…”

“Si, ma se ti dicessero che puoi avere un cane, che faresti?”
“Ma non succederà mai!” ribattei.
“Si, lo so, ma metti caso…?”

“è impossibile che succeda”

“Eddai! Ti ho detto che lo so! Ma se succedesse?”

“Che senso ha porsi un problema che non si creerà mai?”

“Uff… se io ti chiedessi cosa vorresti fare che mi risponderesti?”

“Che tanto non posso fare niente.”

“Ma tu ce li hai dei sogni?”

Non risposi, ma sbadigliai,

“Come puoi non avere dei sogni?”

“Fai dei discorsi strani, Eloin… ”

“No, rispondimi, si cosa sei, senza sogni?”

“Questo non è luogo per sogni”

“Al contrario BB, non capisci che nei luoghi con meno speranza, i sogni sono di più? Cosa si può sognare se si è davvero felici?”

Era la prima volta che mi contraddiceva, di solito la mia logica era inattaccabile, ma la verità era che stavolta aveva toccato un punto delicato.

“Non ci sono persone felici. Nessuno può essere felice.”

“Lo so. E per questo… tu hai sogni?”

Sbuffai, volgendomi alla finestra. Sogni. Certo che ne avevo, ma cercavo di pensarci il meno possibile, poiché sapevo che erano irrealizzabili.

“Io… uff… non ho voglia di parlarne.”

“La verità è che hai pura BB! Non sono stupida, perciò piantala di dirmi cavolate! Perché svii tutti gli argomenti seri che cerco di affrontare? Perché non hai mai cercato un amico, per cominciare! E.. quali sono i tuoi interessi, o perché hai sfidato L, o quali sono i tuoi sogni! Tu hai paura di avere un’amicizia vera BB! Tu non vuoi che io sappia qualcosa di te! Ed è una cosa seccante e stupida!” esclamò lei, alzandosi, e avvicinandosi a me. Io mi voltai a mia volta.

“E se davvero non vuoi avere un’amica, io che ci faccio qui?” mi chiese infine, facendo per girarsi.

La mia mano si mosse da sola, e la fermai per una spalla, causando uno scatto dei suoi occhi sui miei, il rosso dei quali brillò, senza spaventare per una volta, nessuno.

“Che c’è?”

Già. Emm… non avevo idea di cosa dire, ma non volevo che se ne andasse. L’aria era tesa, e i suoi occhi lampeggiavano di impazienza e rabbia.

Ancora una volta, il mio corpo agì da solo, e, sempre con una mano posata sulla sua spalla, mi alzai, guardandola dritto negli occhi. Non avevo la benché minima idea di ciò che stavo facendo, e a quanto era facile dedurre, neanche Eloin, i cui occhi nascondevano un fondo di curiosità.

Insomma, la abbracciai.

Spalancò gli occhi, e per un momento rimase ferma e stupita, ma un attimo dopo, ricambiò il mio abbraccio impacciato, con affetto e dolcezza.

Il calore che mi trasmetteva il suo corpo, la sensazione di avvolgerla, mi faceva sentire come la madre di un uccellino appena nato, che lo stringe a se, sotto le ali. Tutta la tensione era magicamente scivolata via, e entrambi speravamo che quel momento, momento nel quale l’imbarazzo aleggiava lontano, momento nel quale il mondo non sembrava il nostro, e dove ci sentivamo semplicemente bene, non finisse mai.

Ma non esistono cose infinite, tranne, forse l’universo.

E fu così, che, a spezzare la magia fragile, una voce sconosciuta, o conosciuta fin troppo, si alzò, sarcastica e provocatoria.

“Ma che bel quadretto”

Eloin, colta la situazione in meno di un secondo, si girò, davanti a me. Si trattava di quattro degli uomini di Roger. Sembravano riempire tutta la stanza, ma non mi spaventarono tantissimo: sapevo che sarebbero arrivati, e anzi, mi ero stupito che ci avessero messo così tanto.

“Cosa volete?” chiese invece la ragazza, ostentando sicurezza.

Uno degli uomini sorrise, facendo un piccolo passo avanti, simile a una iena, davanti a due passeri inermi, e pronto a squartarli.

“Noi non vogliamo proprio niente carina, ma Roger gradirebbe discorrere con BB della sua condotta.” Disse ironicamente, sogghignando.

“Io dico che dovrebbe essere Roger a rivedere la sua condotta!” esclamò con freddezza lei, facendomi sussultare. Che stava facendo? Non si poteva parlare così a quei tipi, non erano certo inclini al perdonare facilmente, anche sapendo di poter tranquillamente abusare del potere concesso loro.

La spostai, e mi avvicinai loro, parlando con la mia solita voce atona e disinteressata, anche se faticavo a costringermi a quello che si può chiamare… suicidio…

“Non credo che EE dicesse sul serio, è piuttosto incline agli scherzi. Conducetemi pure da Roger, sono impaziente di parlargli.”

Eloin fremette di rabbia.

“NO!” esclamò, poco prima che mi mettessero le manette.

“Ha qualcosa da dire lettera E?”

“Certo! Anche io fremo dalla voglia di incontrare il nostro stimato direttore, e mi piacerebbe accompagnare BB.” Disse dopo pochi secondi con voce decisa, affiancandosi a me.

Le lanciai un’occhiata allarmata.

“EE, non ce n’è bisogno” dissi con voce un po’ più urgente- “Mi hai informato di ciò che vorresti dire a Roger, quindi posso farlo al tuo posto!”  affermai, fermando gli uomini che stavano con sadica accondiscendenza, prendendole i polsi.

“Ma, BB, desidero dirgli ciò che credo di persona!”  ribatté lei.

Stavo per risponderle a tono, ma mi interruppero.

“Insomma se proprio vuole, che così sia, ma piantatela di blaterare!”

Tentai allora di catturare il suo sguardo, per dissuaderla da quella follia, ma lei fissava davanti a se, decisa.

Lasciammo la stanza, affiancati da quegli energumeni, e percorremmo il corridoio in silenzio.

Loro andavano in fretta, costringendoci alla loro andatura, e vidi solo di sfuggita Matt che, uscito dal bagno, si pietrificò alla vista di Eloin, con gli occhi pieni di paura per lei. Avevo in effetti colto, il loro legame, ancora non molto profondo ma destinato a diventarlo, che si andava solidificando man mano che avevano occasione di parlare.

Ma il rossino non poté far altro che osservare il nostro passaggio, con l’impotenza nei movimenti.

Andammo ancora avanti, fino al conosciuto ufficio di Roger. Quando entrammo nella purtroppo familiare stanza, Eloin si guardò intorno, mentre l’uomo alla scrivania si alzava e chiedeva come mai fossimo in due.

“Hanno insistito tanto” commento disinteressato il mio aguzzino.

“Poco male. Avevo giusto intenzione di avere un piccolo colloquio anche con la lettera EE, per iniziarla al carcere in modo migliore. A quanto pare non ha ben capito dove siamo e si prende un po’ troppe libertà. Per esempio, tenere un diario! Beh,portate un’altra sedia, no?”

Quando essa arrivò, ci fecero sedere (leggasi ci sbatterono sulle sedie) e, sotto lo sguardo stupito di Eloin, venni legato come al solito.

Quando sembrò volere chiedere il motivo per il quale era stata esonerata, Roger la precedette.

“Vedremmo come si comporterà, EE, e agiremo di conseguenza, com’è giusto che sia. Bene.” Disse, sedendosi e scrutandoci attraversi gli occhiali, mentre gli uomini uscivano.

Abbassai la testa, reso rabbioso dalla situazione. Eloin non sapeva che perversione nascondesse Roger. A lui piaceva torturare la gente. Provava gioia a ogni gemito.

“Allora signorina, forse questo ragazzo potrà esserci utile per fornirle un esempio di cattiva condotta. Oggi infatti mi ha mancato di rispetto,e se c’è una cosa che qui non bisogna fare, è proprio questa. Infatti credo che sarà necessaria una piccola punizione, vero BB?”

Parlava come si parla a un ritardato.

“Ma ora parliamo di lei, EE. Come ho accennato prima, mi trovo costretto a fermarla da questa sua.. assurda attività. E se proprio vuole continuare a scrivere, beh, mi troverò costretto a legger ogni giorno ciò che annota.”

“Perché? chiese un po’ intimorita lei.

“Beh, signorina, lei non è qui per domandare, perciò si limiti ad ascoltare attentamente. Io sono il capo, giusto?” chiese.

Silenzio.

“Le ho fatto una domanda”

“Oh… si…”

 “Esatto, brava! Quindi, se io dico che lei non deve tenere un diario.. lei non lo deve fare, chiaro? Bene! Ora, affrontiamo la questione della voce. Ecco, io apprezzo la sua bella voce, ma dovrebbe evitare di ridere in questo posto, grazie!”

“Ma… ridere è il linguaggio dell’anima.. o almeno così diceva Neruda…”

“Signorina le ho già detto come stanno le cose!” ribatté Roger alzando di poco la voce.

Lei sbuffò, muovendosi sulla sedia.

“E ora, direi che possiamo utilizzare l’altra lettera per metterla in guardia. Non pensi che non abbia capito che è una da tenere d’occhio. Dunque… BB… oggi hai agito in maniera molto scorretta.”

Alzai il volto di scatto, fissandolo negli occhi.

“Non dica cazzate” scandii, osservando i due punti nero lucido oltre i suoi occhiali

“Cominciamo bene” sospirò lui di rimando, distogliendo nervosamente lo sguardo.

“Facciamo così: tu ora mi chiedi scusa e non se ne parla più.”

Inclinai leggermente la testa, contenendo la mia rabbia, e continuando a guardarlo.

“Sa che non lo farò. Avanti, mi faccia male. Faccia vedere a Eloin che cosa succede quando uno si ribella all’ingiustizia di coloro che dovrebbero punire la sua.”

Roger strinse gli occhi, ed Eloin, si voltò verso di me.

“BB, spero non dovremmo ripetere la stessa scenata dell’altra volta.”

“Se mi slega le assicuro che stavolta finisce diversamente. Crede che le piacerebbe l’ospedale?”

“Insomma BB! Non mancarmi di nuovo di rispetto!”

“Non ne ho mai nutrito per persone come lei” dissi con disprezzo.

“Mi costringi a reagire. E tu EE, osserva attentamente.”

Si alzò, sospirando con ipocrisia. Mi stavo proprio credendo cos’avrebbe fatto stavolta, che metodo avrebbe adottato. Avevo ancora delle bruciatura dietro il collo. E una ferita sul braccio. Ma era dietro di me, non potevo certo vederlo. Ma Eloin si. E il suo sguardo era sempre più terrorizzato.

Quando rientrò nel mio campo visivo, nella sua mano destra stringeva una mazza da baseball. Non lasciai trasparire nulla, ma dentro di me avrei voluto urlare. Un inferno, sarebbe stato un inferno.

“Allora BB… cambiato idea?” chiese ironico, alzando la mazza per prendere la mira.

“Mai. Figlio di puttana. Coniglio di merda.”

Il primo colpo. Sussultai, spalancando gli occhi. Per poco non mi lasciai sfuggire un gemito. Mi aveva colpito sulla spalla destra, così forte che avevo sentito il mio osso.. vibrare.

Eloin lanciò un piccolo urlo, alzandosi, e mettendosi davanti a me.

“Lei non può!” esclamò scioccata.

“Levati Eloin. Tanto succederà lo stesso” dissi amaramente, con fermezza.

“NO!”

“EE, e ho chiesto di osservare, non di intervenire. Si faccia da parte.”

Ma lei non si mosse, e anche se non li vedevo, i suoi occhi brillarono, rivelando un animo ribelle.

“Lo lasci stare.”

“ELOIN LEVATI!” urlai, scorgendo di sfuggita un mezzo sorriso di Roger, che stava rialzando la mazza.

“NO!” urlai, mentre la abbassava su di lei, con sadismo. I miei polsi si segarono sulle corde mentre mi dimenavo.

Eloin urlò, e cadde a terra.

Dietro di lei, quello che uomo non è. Sorrideva. Sorrideva.

Urlai ancora, di rabbia, di impotenza.

Ma la mazza calò anche su di me.

E fu il buio.


Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Follia infernale ***


Di nuovo, i miei sensi si risvegliarono a distanza.
Qualcosa mi teneva in piedi per i polsi, contro un muro. Qualcosa di duro e.. cerchi di metallo. Freddi, stretti, causavano alle mie mani un leggero formicolio. Potevo udire un respiro regolare, facendo attenzione. C’era un odore anonimo, uguale a quello dei corridoi. La mia mente ricostruiva velocemente gli eventi, e ogni secondo, mi veniva più voglia di rompere il collo a quel grandissimo gigolò, figlio di losca madre. Avevo un mal di testa pulsante. Infine, lentamente, aprii gli occhi, e vidi innanzi tutto i miei capelli, che vi ricadevano sopra. Poi un pavimento bianco, di cemento, e miei piedi su di esso. Tentando di non muovermi, spostai lo sguardo in alto, ma il mio campo visivo era molto limitato. Infine, chiedendomi chi fosse il possessore del respiro lieve che udivo, alzai il capo.
Era Eloin.
Era sulla parete di fronte alla mia, anche lei con due cerchi di metallo ai polsi che la tenevano in piedi.
La visione della sua persona in quello stato di abbandono, mi provocò una scarica di dolore peggiore di quelle di Roger e dei suoi metodi di tortura.
Nel momento in cui realizzai ciò che avevo visto, tentai di liberarmi in tutti i modi, ma invano. In compenso mi guadagnai alcune ferite sulle mani, e uno stato maggiore di angoscia.
I miei pensieri erano solo su di lei, e sulla rabbia, irrazionale, incondizionata. Così come il cane, se bastonato, amerebbe  lo stesso, io, odierei anche se lusingato come un dio.
Ripresi a divincolarmi, con frenesia, incurante del fatto che era ormai più che evidente che ero sveglio.
Potrò mai ridere?
Portò mai non provare desiderio di cambiare la situazione in cui mi trovo?
Potrò mai semplicemente essere felice?
Mi fermai di scatto, riacquisendo la freddezza e il distacco, almeno in parte.
Pensai, con sistematicità, realizzando una previsione di quello che sarebbe successo.
Sicuramente Roger non aveva finito li. Probabile che volesse rimettere alla prova Eloin, punendomi ancora. E se non fosse stato soddisfatto… l’avrebbe sottomessa a torture. Era fondamentale che la scena non  si ripetesse. Non appena Eloin si fosse svegliata, sarebbero arrivati. Sbuffai, frustrato. Dovevo assolutamente avvisarla di stare da parte. Ma come? Parlandole, avrebbero sentito anche loro, presumibilmente c’erano telecamere e microfoni.  L’unica mia speranza era che capisse le labbra. O se no avrei potuto improvvisare un codice. Pensavo ancora, quando sentii un gemito, che mi fece sobbalzare. Si era svegliata. Ora o mai più.
“Eloin!”
“Mmmh… ” alzò la testa
Cercai disperatamente il suo sguardo, e lo incrociai poco dopo.
Mossi le labbra lentamente, assicurandomi che se ne accorgesse. Ripetei le due parole per più volte. “Non intervenire”
Lei aveva uno sguardo determinato e concentrato. Annui. Ma poi mi guardò di nuovo, e nei suoi occhi lessi paura, per se e per me. Sapevamo entrambi che se non avesse resistito agli impulsi, sarebbe finita male per entrambi. Non sentimmo i passi che si avvicinavano, e sobbalzammo quando quattro persone entrarono, e si avvicinarono a noi, due ciascuno, tirandoci giu, e scortandoci di nuovo in quel tunnel degli orrori, l’ufficio di Roger.
Quando entrammo, si stava bevendo un caffè, un caffè molto buono a giudicare dall’odore. Ci guardò beffardamente, mentre venivamo tutti e due legati alle sedie, Eloin solo per i posi, io anche per le gambe, ma non trovò la soddisfazione di leggere qualcosa nei nostri comportamenti, ne paura ne altro. Tutti e due avevamo adottato la tipica tecnica del distacco.
“Rieccovi qui- cominciò l’uomo- “spero che stavolta vi comporterete meglio! Dunque, EE, non credo ch elei abbia capito cosa voglia dire obbedirmi! Quindi credo che- e qui sogghignò- dovremmo imprimere meglio la lezione!”
Detto ciò finì velocemente il caffè, osservandoci attentamente.
Po si alzò, e andò di nuovo dietro di me.
“Bene BB… che fare? Mmmh… ”
Stava scegliendo. Che cosa snervante.
“Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti.” Disse poi, ritornandomi davanti con quella stessa mazza da baseball.
Chiusi gli occhi per una frazione di secondo, preparandomi al dolore fisico e psicologico che avrei provato. Stavo per aprire la bocca, quando mi colpì, cogliendomi alla sprovvista, sempre nello stesso punto.
Mi lasciai sfuggire un lieve gemito, che sembrò nutrire i suoi occhi.
“Figlio di…”
“Non essere volgare davanti a una minorenne! È segno di cattiva educazione!”
Strinsi i denti, ricevendo un altro colpo, sul polso. Provavo un dolore fisico lancinante, tale da farmi venire le lacrime agli occhi.
Non potevo vedere Eloin, ma intuivo cosa provava. Io al suo posto non avrei resistito.
Un altro colpo sul polso. Credevo di stare per esplodere.
Trovai la forza di guardarlo negli occhi, con odio.
“Fottuto stronzo!”
“BB, ti ho detto di non essere volgare!”
“Vaffanculo! ”
“BB!” esclamò compiaciuto il mio aguzzino, poggiando la mazza, e uscendo ancora dall mia visuale.
In quei pochi secondi, tentai di riacquistare lucidità.
Poi lo rividi, e la mia mente vacillò. Quella era… una mannaia.
Sgranai gli occhi, e lo guardai stupito: non si era mai spinto così oltre. Mai danni mortali, o mutilazioni!
“BB… vedo che sei sempre più ostinato. Quindi, ricorro a metodi poco belli!” parlava come se stesse facendo la predica a un bambino.
“Ora… se non mi chiedi scusa- alzò l’arma sulla mia mano- di addio al tuo indice. So che suoni la chitarra.”
Non potevo essere più inerme che a quell’affermazione. Non credevo a ciò che avevo appena sentito, e sono allora mi resi conto di quanto fossi in balia di quell’ essere.
“No…” sussurrai
“Si!” esclamò Roger.
“Lei.. non può!”
“Posso invece. Ora muoviti. ”
“Io… ” respirai più forte.
“Io… io mi…”
“Bravo, così!”
Trassi un profondo respiro.
“Scuso.”
“Dillo bene!”
“Oh cazzo! Cos’altro vuole che le lavi il pavimento?”
“No, non ce n’è bisogno per ora”
“Vaffanculo fottuto gigolò di merda!”
“Oh… ma così ti devi scusare di nuovo!”
“VADA A FARSI FOTTERE!”
“Calmo BB, calmo!” esclamò, felice di se.
“Credo di voler testare una cosa…” disse poi, spostandosi davanti a Eloin. Mi ero dimenticato di lei.
La guardai. Era in lacrime, e stringeva i braccioli spasmodicamente. Stava guardando Roger, fermo davanti a lei, con la mannaia.
“Facciamo così, BB. Io non tocco la tua chitarra, ma se non mi chiedi scusa, la tua vicina di stanza perde una mano.”
Osservai la scena a bocca aperta. Eloin era inorridita, e aveva chiuso gli occhi.
“NO! LEI LA LASCI STARE!” gridai in preda all’ira.
“Io faccio quello che voglio. E ora… ti scusi?”
“Si”
“Dillo”
“Mi scuso” esalai, fissando Eloin.
“Bravo, BB, bravo” disse Roger, poggiando l’arma e avvicinandosi a me. Alzò la mano, per darmi un buffetto ironico sulla guancia.
“Non ci provi.”
“Perché no?” chiese guardandomi dall’alto, con la mano ferma a metà.
“Perché non voglio che lei mi tocchi.”
“Non mi interessa quello che vuoi, Bakup. ” mi rivelò infine, abbassando definitivamente la mano, e poggiandola sulla mia spalla.
Tremavo di rabbia.
“Che hai BB?” chiese con sarcasmo.
Fremetti ancora di più. Il contatto con quell’essere mi rendeva più simile a un animale, mi privava di razionalità, di lucidità. Sentivo solo rabbia, non riuscivo a pensare ad altro, per quanto, una piccola parte di me tentasse di calmarmi. Roger mi guardò, come si guarda un perdente, mentre piegavo la testa in un estremo tentativo di dominarmi, mentre i miei occhi  lampeggiavano d’ira profonda.  E fece ciò che non avrebbe dovuto fare.
Lentamente, sorridendo per il proprio sporco potere, la sua…  la sua mano mi sollevò il mento, portando i miei occhi a lui. Quasi non riuscivo a muovermi dalla rabbia… più che rabbia… desiderio primoridiale di dilaniare, squartare, linciare, martoriare, portare morte e ridere di ciò.
Quella piccola razionale parte di me venne annullata.
La mia forza fremeva dentro di me, e in un secondo, non riuscii più a controllarla come facevo sempre. Tutto uscì, in una volta sola. Frustrazione, senso d’impotenza… tutto. E in un secondo, non so come, mi ritrovai in piedi. La sedia era in frantumi, a terra, mentre non riuscivo a calmarmi. Non potei neanche chiedermi come avevo fatto, che i miei occhi dannati si posarono di loro volontà su Roger, con uno sguardo che avrebbe perforato il platino. La piccola parte razionale era tornata, benché impotente, e urlava dentro di me, tentando di fermarmi. Ma il corpo non le rispondeva più.
Roger mi fissava a bocca aperta.
Scoppiai in una risata di scherno e follia.
E poi…

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Infernalmente folle ***


THINK OF ELOIN EDUD
Lentamente, sorridendo per il proprio sporco potere, la sua…  la sua mano sollevò il mento di BB, portando i suoi occhi a lui.
Vidi BB fremere, scosso da qualcosa che risiedeva dentro di lui, e che voleva uscire. I suoi occhi erano dilatati, e un aura di violenza aleggiava su di lui. Fu in quel momento che rividi la fiera che vi avevo scorto guardandolo dormire.  Pronta a dilaniare, squartare, linciare, martoriare, portare morte e ridere di ciò. Ma stavolta non riuscii a scacciare l’immagine, perché non era frutto di dicerie. Era davvero li davanti a me, e nonostante il BB che conoscevo tentava di fermarla, sapevo che non ci sarebbe riuscito. Successe in un secondo, un rumore sonoro di legno che si spezza, e fu in piedi, in tutta la sua statura, simile al Dio della morte. I suoi occhi erano gli occhi di un folle, i suoi lineamenti quelli di uno psicopatico, il fremito mal controllato dei muscoli, sotto la pelle, quelli di un assassino, tutto il suo essere, una creatura primordiale.
Roger fermo immobile, lo fissava a bocca spalancata, ma apparentemente non troppo terrorizzato.
Poi, però, gli occhi rubino di BB, si posarono sulla mannaia, la stessa con la quale ci avevano minacciato.
L’espressione di Roger cambiò, divenendo più consapevole del pericolo.
E al’improvviso, un suono che non dimenticai mai, segnò la completa follia di Beyond Birthday. Quella che usciva dalla sua bocca non era una… risata…  era qualcosa di assolutamente inumano. Qualcosa che mi fece correre i brividi lungo la schiena.
Mi sentii… sola fra le belve, legata a una sedia, in loro balia. BB non era più la persona che conoscevo, mi faceva paura, temevo uno scatto dei suoi muscoli, un lampeggiare dei suoi occhi.
“Beyond Birthday” disse con voce controllata Roger.
Lui reagì, con uno scatto innaturale del collo, mentre la risata si affievoliva, lasciando un sorriso grottesco sulle sue labbra.
“Sai che posso chaimare le mie guardie del corpo quando voglio. Perciò datti una calmata. Siediti e passerò sopra questo tuo scatto.”
Ma il ragazzo non parve ascoltarlo, e si limitò ad accentuare il sorriso di follia. Poi si avvicinò a Roger, lo osservò, e ridacchiando, constatò:
“Tu morirai! ”
Era pazzo…
Scoppiò a ridere di nuovo, continuando a ripetere quelle parole. Roger lo guardava, con stupore, ma anche con curiosità.
Io, impotente assistevo, con la paura che mi percuoteva. Beyond Birthday, smise di ridere di colpo, si fece serissimo.
Portò i suoi occhi a pochi centimetri da quelli di Roger.
“Tu morirai”
E poi, passò alla rabbia. Lo disse con disprezzo, ancora una volta.
“Tu morirai”
Alzò una mano, chiusa a pugno, e la guardò, con interesse. Poi guardò il volto dell’essere davanti a lui. Inclinò la testa e proprio quando Roger stava per lanciare un urlo alle guardie, i muscoli si tesero, elegantemente, con forza misurata, scagliando il pugno sul suo naso e facendolo cadere a terra.
Non stette poi troppo a guardare il suo operato, bensì, alzò le spalle, e sorrise lievemente. Cominciando a prenderlo a pugni, con le mani, che lentamente si tingevano di rosso, scuro e lucido. Roger non poté fare niente.
Io non potevo fare altro che osservare, mentre tentavo freneticamente di liberare le mie mani, sudate.
Alla fine, disperata, lanciai un grido relativamente forte
“BB! FERMO!” quasi glielo imposi.
Lui si fermò di scatto. Roger sembrava aver perso conoscenza, e il sangue gli permeava la faccia.
Il ragazzo mi dava le spalle, ma potei vederlo, perfettamente immobile, per un minuto buono, mentre il suo respiro si regolarizzava. Si raddrizzò, finalmente. Aveva i palmi aperti, e lasciava scivolare via il liquido rosso da esse.
Si girò, e il suo sguardo si piantò nel mio con forza. Un ghigno era stampato sui suoi lineamenti, il suo viso era distorto, ma ciò che più mi fece paura erano i suoi occhi. Erano come entità proprie, completamente sacrificate alla morte. L’unico desiderio che vi potevo leggere era quello di uccidermi. Si avvicinò, e mi si inginocchiò davanti, per guardarmi faccia a faccia.
Cominciavo a pensare di non aver fatto la scelta giusta. Mi scrutava, divertito dal potere che poteva esercitare su di me, visto che io ero legata a una sedia, mentre lui, libero in una specie di sala per le torture, a giudicare dall’arsenale di piccoli oggetti che certo non volevo provare sulla mia pelle poggiati su un piano alle mie spalle, che avevo osservato precedentemente.
Con la mano destra, mi sfiorò il viso, inclinando la testa, leggermente, come un bambino che vede per la prima volta un giocattolo. Senti le sue dita bagnate di sangue che sporcò anche me, lasciando una scia.
Lui sorrise, raddrizzò il collo, e tirò fuori una voce che mi fece tremare, tanto era crudele, falsa, non sua.
“Eloin Edud… anche tu… morirai…”
“BB! BB ti prego! ” tentai di richiamare la sua razionalità.
Come pronunciai il suo nome, gli occhi gli si illuminarono, e un sorriso ancora una volta lo distorse, eternamente pedina della pazzia.
“Si? Sono io BB! Hahaha!” di nuovo quella risata.
“No… tu non puoi essere BB! ”
Ritornò serio, rispondendomi.
“Tu non mi conosci… ”

Sentivo le lacrime che mi spuntavano dagli occhi. Dov’era BB? Non certo li davanti a me, non ci potevo credere. Così crudele… il ragazzo che io conoscevo era un altro…
La sua mano si mosse di nuovo, la alzò a mezza’aria, si fermò un momento, e mi spostò i capelli dal viso.
“Tu… sei bella… ” constatò.
“BB… ”
“Anche lei… era bella…” disse con voce persa.
I suoi occhi si spostarono dai miei, cercando qualcosa, nella memoria.
“Lei… ”
BB fremette, e quando riuscì di nuovo a incatenare il suo sguardo al mio, vi potei scorgere smarrimento, paura, dolore. E poi, dal dolore, nacque una nuova rabbia, una nuova luce folle.
“è tutta colpa sua… ”
“Di… di chi?”
Ma lui non mi stava più ascoltando. Continuava a ripetere quella frase, sussurrando.
“Qualcuno deve pagare, per questo. ” disse infine., alzandosi in piedi.
“Perché ora, ogni volta che vedo qualcosa di bello… mi ricorda lei… ” disse, guardandomi ancora.
“E tu sei bella.” Disse con rabbia.
La mia paura aumentò. Cosa voleva fare?
“Io devo distruggere le cose belle.” Sussurrò.
“DEVO.”
“NO BB! NON DEVI!”
“TU STA ZITTA!” scattò.
Sussultai. Non mi aveva mai urlato addosso prima d’allora.
“BB… ascoltami!” ritentai, ma ottenni solo una maggiore rabbia da parte sua.
“NO! STAI ZITTA! IO SO COSA DEVO FARE! TU NON MI CONOSCI! TU NON SAI COS’HO PASSATO! NON HAI IDEA DI CHI SONO! NON PROVARE A GIUDICARMI, O A DIRMI COSA FARE!” lo urlò con sprezzo.
“E tu non provare a disprezzarmi solo perché ti ricordo qualcuno che non c’è più!”
“LEI… lei c’è ancora… me lo ha detto…. Dentro di me… mi ha detto che se me la ricordo… vivrà per sempre…” stava tentando di controllare il tono della voce, timoroso di apparire debole, continuando a urlare.
Scorsi Roger dietro di lui, che si muoveva flebilmente, verso un pulsantino rosso sulla sua scrivania, che avrebbe richiamato le guardie. Esitai. Dirlo a BB? Ma avrei rischiato di essere poi uccisa io stessa, ormai aveva perso la testa. Se le guardie fossero arrivate, invece, lo avrebbero fermato, e mi avrebbero salvato la vita. Ma l’avrebbero salvata anche a Roger. Ero pronta a sacrificarmi per uccidere, indirettamente, Roger? No. No, perché in seguito, BB sarebbe stato ucciso, o messo in isolamento a vita, e io sapevo che quella follia non era il suo vero essere.
BB era ancora fermo davanti a me, ma i suoi occhi si posarono sulla mannaia, caduta durante la colluttazione, vicina a lui. Dopo averla contemplata per qualche istante, la raccolse, e la soppesò. Si portò la lama davanti agli occhi, e la sfiorò, sporcandola di sangue. Fece un espressione soddisfatta, e il suo terribile sguardo fu di nuovo su di me. Il suo essere era ora malizioso, compiaciuto, ma ancora affamato di sangue. C’era un sorriso… scusate, un ghigno, sul suo viso.
“BB no!”
Mi guardò con più insistenza.
“BB… si…” sussurrò, in risposta.
Impugnò con decisione malata la mannaia,  e la alzò, osservando il mio corpo, e decidendo dove colpirmi. Infine,  le sue pupille si stabilizzarono, e parve ancora più compiaciuto.
“Ultime parole?” chiese con sarcasmo.
Tentai un’ultima volta di svegliare la parte di lui a me nota.
“BB… non lo fare… ti prego… ” ma la mia preghiera fu vana.
“Sicura di voler morire pregandomi di risparmiarti?”
“Idiota! Non ti sto chiedendo di risparmiarmi, ma di tornare te stesso!”
“Io sono, me stesso.”
Lo guardai sconsolata, mentre si preparava a squartarmi, con freddezza. Nonostante più lacrime mi bagnassero il viso, la mia vista non era offuscata, vedevo benissimo la sua follia.
Ma un attimo prima che tutto andasse perduto.
Un attimo prima che il sangue scorresse copioso.
Un attimo prima.
Roger premette il pulsante. un rumore forte, penetrante, di allarme, riempì le nostre orecchie. Subito, le porte vennero aperte da alti energumeni, vestiti di nero, che, vista la situazione, in due andarono a soccorrere Roger, in dieci a fermare BB.
Il ragazzo era un unico ammasso di rabbia, per ciò che stava succedendo. Sapeva di non poter opporsi a tutti quegli uomini. Aveva perso, ormai. La mannaia ferma a mezz’aria, chiuse gli occhi per un istante, traendo un profondo respiro, in attesa di sentire il freddo metallo attorno ai polsi. Io, al contrario, venni slegata, e qualcuno mi chiese se stavo bene, mentre venivo portata fuori. Vidi confusamente BB a terra, mentre i calci lo investivano senza che potesse difendersi, e un uomo raccoglieva la mazza da baseball. Ma non ebbi la forza di reagire, e un attimo prima che intorno a me ci si convincesse che stavo bene, i miei occhi si chiusero, e caddi nel vuoto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capisci l'inferno? ***


THINKS OF ELOIN EDUD
Quando il mio cervello riprese a funzionare,  ero su un materasso… il mio materasso. Aprii gli occhi. ero stata adagiata sul letto della mia camera/cella. Non c’era nessuno nella camera, solo un grande silenzio. Immagini vivide mi ritornarono con prepotenza nella mente, facendomi rabbrividire. Mi sedetti, e misi i piedi per terra, in procinto di alzarmi, ma qualcosa mi fermò. Sul piccolo comodino di un indefinito bianco-sporco, era poggiato un foglio di carta e un piatto di pane e miele. Lo osservai per un momento, prima di afferrare un pezzo di pane e mangiarlo, resami conto di avere una gran fame. Ero molto in ansia, e i miei occhi spaziavano nervosamente dal comodino, al pane al resto della stanza.
Dov’era BB?
Il silenzio era rotto ogni tanto da urla di dolore, nevrosi o rabbia cui ormai mi ero abituata. Rabbrividii di nuovo, decidendomi a prendere in mano il foglio di carta, terrorizzata da quello che avrei potuto trovarci.
Trassi un profondo respiro e lo spiegai, accingendomi alla lettura.
 
Carissima E,
mi dispiaccio enormemente per quanto accaduto di recente. Devi sapere che alla lettera B, capita di avere eccessi di rabbia incontrollata, nonostante venga spesso sottoposto a cure e simili dei nostri dottori. Per cercare di capire che problema abbia, è stato fatto di tutto, dalle analisi del sangue a…
il punto della questione è che, recentemente, in tua presenza, se ne è verificato uno alquanto spiacevole, e è stato per me interessante, notare come lei, E, sia stata capace di, se non fermare, ritardare, le catastrofiche conseguenze delle azioni prive di controllo razionale della lettera B, grazie al fatto che dal suo arrivo è riuscita, ancora non capisco come, a stabilire con tale lettera, un rapporto esente dalla violenza e dall’odio. È per questo unico motivo che mi vedo costretto a darle una notizia che non apprezzerà, temo.
Dopo quanto successo, ritengo infatti saggio che lei, rimanga in questo istituto fino a quando vi rimarrà anche la lettera B, e la invito a saldare il suo rapporto con essa, fino al suo controllo completo dei suoi attacchi patologici. Dopotutto però, la nuova non dovrebbe abbatterla troppo, giacché , a quanto è scritto sul suo schedario, i suoi genitori sono morti due giorni dopo la sua nascita, e lei abita da sola in un monolocale nella periferia della caotica città degli angeli, se non vado errando.
Purtroppo ho un’altra spiacevole notizia per lei. Deve sapere che la lettera B ha ucciso delle persone, e in quanto assassino, è stato condannato all’ergastolo. E di questa decisione mi prendo tutto il merito effettivamente: lo volevano uccidere, ma io mi opposi, offrendomi di ospitarlo nel mio carcere, in quanto i suoi occhi, la sua persona, il suo odio, andavano a parere mio studiati e in quanto ero smanioso di conoscere i segreti che celava nella sua mente. Deve sapere che io posso estorcere di tutto, ai carcerati. Ma il punto è che se la data lettera è condannata all’ergastolo lo è anche lei, E.
In quanto costretta a stare qui con la lettera B, però, credo di poterle concedere alcuni privilegi. Pertanto, domattina, la sua batteria verrà portata in camera sua. Dovrà fare a meno della scrivania, ma mi sembrava in grado anche di fare a meno del letto, quando la ha richiesta al sottoscritto, poco tempo fa, non è così?
Bene, spero che almeno codesta novella l’abbia rallegrata, e con questa speranza la saluto cordialmente.
Roger
ANOTHER THINKS
Eloin era spiazzata. La sua mente non rispondeva ai comandi, avendo concepito l’inconcepibile. Il suo corpo era in paralisi, essendo la mente impegnata nel rifiuto. Gli occhi diventavano lucidi da soli, essendo il cervello in stato di improvvisa depressione e disperazione. Le mani tremavano in quanto tremava la concezione di quello che era la sua vita. Di quello che era lei. Le parti della lettera in cui l’essere cruento che era Roger si poteva scorgere, le rimbombavano nella testa.
Indomabile, testarda, ostinata.
I primi pensieri che BB aveva rivolto a lei, trovarono conferma, quando corse alla finestra, e l’aprì, salendo sul davanzale e guardando di sotto, boccheggiando dalla disperazione, mentre i capelli venivano sbalzati all’indietro.
Le sue mani erano strette sugli stipiti con forza, ma la mente già volava.
Ma tutto questo finì, in un istante, quando la ragazza si ricordò di BB, e di come era quando l’aveva conosciuto. Poi si ricordò di quando l’aveva trovato dormiente. E a quando l’aveva protetta. E a quando… a quando era scomparso, nonostante il suo corpo fosse li. A quando aveva tentato di ucciderla. Ma anche a quando era riverso a terra nel suo stesso sangue, e veniva picchiato, nello stesso momento in cui il luccichio dei suoi occhi tornava quello di sempre ed era rivolto a lei, a Eloin, ed era di disperata scusa.
Lentamente, ancora sotto shock, scese dal davanzale, e si fermò, appoggiandosi con le mani alla parete, per sostenere il peso di ciò che le era arrivato simile ai pugni che in quel posto erano gratis.
Le lacrime avevano cominciato a solcare con grandi fiumi, le pianure dei suoi zigomi e delle sue guancie, in una muta manifestazione di disperata tristezza. Sconsolata, la ragazza andò a sedersi sul letto, tentando di calmarsi. In quel momento avrebbe voluto la mente vuota, ma in essa, un pensiero incontenibile la squarciava.
I respiri si fecero però più regolari, anche se dentro di se, Eloin si sentiva come svuotata, per fare spazio alla sua nuova vita. Alla sua nuova lei.
Roger la voleva come falsa amica, ipocrita domatrice di una belva in gabbia. Voleva che lei diventasse la pedina principale del suo circo,  facendo coppia con la fiera più difficile da sedare.
Voleva che Eloin ingannasse Beyond per conto di Roger.
Ma Eloin avrebbe ingannato Roger per conto di Beyond. Insieme a Beyond.
 
DUE GIORNI DOPO (ANOTHER THINKS)
Eloin era davanti alla sua  batteria, e un leggero sorriso stava scomparendo dalle sue labbra, mentre vi poggiava sopra le bacchette. Sospirò, tornando seria, e infine tormentata.
BB ancora non si era visto.
Ne Roger, per fortuna.
Quella notte aveva sognato di nuovo BB morto. Irriconoscibile nel suo sangue, ma indescrivibilmente lui.
Il suo inconscio terrore era in tal modo manifesto.
Le era sovvenuto un tic nervoso alla mano destra.
Non sarebbe riuscita a sostenere ancora per molto lo stress.
Ora capiva perché quello strano attaccamento di BB verso la finestra. Anche lei lo provava, ora. Si era spesso chiesta, in quei giorni, cosa l’avesse trattenuto dal suicidio negli anni precedenti.
A un trattò, rilevò un rumore: dei passi. Allarmata e tesa, mentre la mano destra cominciava a muoversi da sola, nervosamente, ascoltò più attentamente. I passi, dapprima molto lievi, si fecero più vicini. Non riusciva a capire quanti fossero, ma sperava ardentemente che fra gli individui che stavano percorrendo il corridoio ci fosse lui. Aspettò, non volendo illudersi.
Ma non poté fare a meno di sorridere luminosa, quando la porta di fianco alla sua si aprì e venne dopo pochi secondi sbattuta. Attese che i passi si allontanassero alleggeriti, e non appena non li poté più udire neanche immaginandoseli, si precipitò fuori dalla sua stanza.
Aprì la porta del vicino con foga, e vide il suo migliore amico mentre si rialzava: probabile che lo avessero sbattuto di malo modo nella stanza. Non appena entrò egli si girò a fissarla.
 
THINKS OF BEYOND BIRTHDAY
Sentii la porta che veniva spalancata di nuovo, mentre mi rialzavo, e il mio sguardo scattò con ira: pensavo fossero ancora loro. Ma si ammorbidì automaticamente, non appena scorse Eloin. La ragazza era più magra di come l’avevo lasciata, e un po’ spettinata. Nello specchio dei suoi occhi leggevo paura e tormento, ma si faceva strada una gioia pura che mi spinse a rendere il mio sguardo amichevole.
Mi guardò per un minuto, mentre la gioia di cui sopra diventava sempre più evidente, e nel momento in cui si affermò, la giovane mi corse addosso ridendo, e facendomi cadere di nuovo, mentre mi abbracciava con troppa energia per la mia sorpresa.
“Eloin! Alzati! Ma che fai?”
Lei si ricompose, un po’ imbarazzata, e si alzò, per poi porgermi una mano che non accettai. La guardai un momento e solo allora capii quanto sarebbe stato difficile fare quello che avevo deciso.
“Eloin…” cominciai, esitando.
“BB! BB, non sai quanto mi sono preoccupata in questi giorni! Spero che tu stia bene! Mi sei mancato un sacco!” rispose, tuffandosi in un torrente di parole affettuose.
“No.. no Eloin aspetta.” La fermai.
“Che c’è?”
“Eloin… esci dalla mia stanza.”
Ecco, l’avevo detto. La stavo mandando via. Mi guardava aspettandosi un mio scherzo, che non sarebbe venuto.
“Eloin, esci.”
“Ma che hai? Ah… vuoi stare solo un po’?” mi chiese pronta alla comprensione.
“No. Voglio che tu esca ora. E non voglio vederti in questa stanza mai più. Vattene.” Tentai di usare un tono irritato, e purtroppo ci riuscii.
“BB…?” ora era sorta in lei nuova preoccupazione.
“Ti ho detto di andare via!”
“Ma cosa dici? ”
“ELOIN VATTENE VIA!”
Nei suoi occhi ora leggevo dolore, incomprensione… restò a fissarmi, stupita.
“CAZZO ESCI DALLA MIA STANZA! È TANTO DIFFICILE?”
Ma come facevo a urlarle contro? Quanto ero abituato alle bugie? All’odio al’inganno…
“No.”
Rimasi spiazzato da quel no. Secco e deciso. Ma che? Nessuno mi aveva mai contraddetto la dentro.
“Cosa?”
“Hai capito benissimo” disse con voce ferma”Ho detto no.”
“Ascolta Eloin…”
“NO, ascolta TU BB! Sono stanca di essere presa in giro come se fossi scema! Perché è evidente che è questo che pensi di me! Come credi di poter venirmi a dire che la nostra amicizia è finita, dopo quello che abbiamo passato? Sono l’unica persona qui, che ti conosce per quello che sei!”
“Uno psicopatico? Beh, ti assicuro che lo sanno già tutti…”
“No BB. Una persona. Persona! Ficcatelo bene in testa! E piantala di nasconderti dietro il tuo oscuro passato! Ora sei qui! Davanti a me! E ci resterai finché non mi fornirai una spiegazione che stia in piedi per quello che  hai appena detto! E non prendermi in giro!”
 
Così la mia decisione non andava da nessuna parte.
“Eloin, vattene subito altrimenti giuro che ti sbatto in camera tua a calci.”
“Ah si? Benissimo, voglio proprio vedere. Forza, picchiami!”
La guardai spaesato. Giocava a un gioco che non era il mio.
“Beh che aspetti? ”
“Eloin…”
“Si? Ti vuoi decidere a picchiarmi?”
“Ti prego… va via. ”
“No. Non vado via. Io non scappo davanti a te, BB.”
“Beh, dovresti!”
“No. E vuoi sapere perché? perché sono tua amica. E anche questo ficcalo in testa. Chiaro? Se vuoi che me ne vada, dovrai trascinarmi via.”
“Anche io sono tuo amico… e per questo, te ne devi andare.”
“Ma non ha senso!”
“Si invece! E lo sai! Tu lo hai visto!”
“Cosa? forza BB, dillo!”
“Io… io…”
“FORZA! Dillo!”
“IO HO TENTATO DI UCCIDERTI!”
“Si, lo hai fatto! Ma non m’importa! ”
“NON DIRE CAZZATE! E VA VIA!”
“MA MI ASCOLTI? HO DETTO DI NO!”
“COSA VUOI?” mi stava facendo incazzare ora.
“CHE TU SIA SINCERO!”
“LO SONO! VOGLIO CHE TU TE NE VADA!”
“PERCHE’?”
“NON VOGLIO… non voglio ucciderti!”
“Lo sappiamo entrambi che è stato un caso. Che non succederà più.”
“E INVECE NO! IO SONO COSI’! ”
“NO, non lo sei. Tu sei… così. Quello che ho visto non eri tu.”
“Si che lo ero… io sono così. Sono un… mostro…
“No BB, non dire così. Io ti conosco, entro i limiti della nostra amicizia e posso affermare che anche se sei brusco e devi re imparare a mostrare i tuoi sentimenti alle persone cui vuoi bene, non sei un mostro. Si è vero, hai perso la testa l’altro giorno, e in effetti alla gente normale non capita. Ma che tu non fossi normale lo sapevano già tutti. In realtà, neanche io sono molto normale. E forse se lo fossimo non saremo amici. Io credo che in questo posto, per non rischiare di suicidarsi, le amicizie che si riescono a trovare bisogna tenersele strette. Perciò non sperare neanche per un momento che io ti lasci buttare la nostra amicizia al vento. Ergo… io ora vedo in camera mia, così puoi rimuginare col tuo bel cervellino su quanto si è detto e domattina passerò alle 9.30 per andare a fare colazione insieme.”
Detto ciò, si voltò, e con molta eleganza, uscì dalla mia camera, richiudendo la porta e lasciandomi li, solo.
Sbuffai, chiedendomi perché, con lei, fosse tutto così complicato.
Era stato complicato… no, era stato impossibile evitarla.
Era stato altrettanto impossibile non parlarle.
E così anche per il fare amicizia.
E ora era stato impossibile troncarla.
Mi lasciai cadere seduto sul letto, e decisi di controllare come stava messo il mio corpo.
Dunque… avevo un bel po’ di lividi dappertutto, il labbro spaccato, un polso slogato al quale avevo applicato una fasciatura e la mia scapola probabilmente non sarebbe mai più stata la stessa: solo il tocco della maglietta provocava dolore pungente, e quando Eloin mi era caduta addosso avevo visto le stelle. Inoltre, la ferita sul mio braccio era stata “ricalcata”, ed era più profonda, e avevo un certo mal di testa causato dalla mazza da baseball.
Sbuffai, rialzandomi e riavvicinandomi, in quello che ormai era un istinto impossibile da frenare, alla finestra, simbolo della mia prigionia volontaria. Perché si, come aveva capito Eloin, quella è la via che i più scelgono per fuggire dalla pena. Mi affacciai ancora una volta, con celato disio, e sospirai, abbattuto.
La strada era come sempre un continuo affaccendarsi di persone, a me ignote per sempre. Ignoti i loro pensieri, ignote le loro bugie, ignoti i loro affetti, ignote le loro esperienze, ignoti i loro volti anonimi nel conformismo o nell’anti-conformismo di moda ora. Ignoti i loro amori, ignoto il loro credo, ignote le loro risate, ignoti i loro rancori, ignoti i loro problemi, sicuramente importanti. Ignote le loro vite. Prigionieri anche loro, ma senza saperlo. E allora che dolore è quello che possono provare, nell’illusione della libertà?
Eloin, mi mancava, la sua allegria, quel suo modo leggero di vedere le cose, ma non superficiale, la sua voglia di ribellione, la sua intelligenza modestia, la sua ostinatezza.
Sentii dalla sua stanza una batteria che suonava, e mi si spalancarono gli occhi, mentre lo stupore e l’incomprensione mi giungevano con prepotenza.
Corsi davanti alla sua  porta, e li mi fermai, incerto sul da farsi. Ma poi, respirando forte, entrai, e la sorpresi seduta davanti alla batteria che mi aveva descritta. La guardai interrogativo. Guardai allo stesso modo il foglio sul suo comò. Con quella scrittura obliqua. E mi mancò il fiato.
Il suo sguardo fiero me la offrì, ma io non la presi.
“Cosa… ?”
“Leggila. Forza.”

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Decisioni infernali... ***


Mi avvicinai, lentamente, e la presi fra le mani. Cominciai incerto a leggere. Le parole mi scorrevano sugli occhi veloce, ma rimanevano impressi nel mio cervello…
 
…grazie al fatto che dal suo arrivo è riuscita, ancora non capisco come, a stabilire con tale lettera, un rapporto esente dalla violenza e dall’odio…
…rimanga in questo istituto fino a quando vi rimarrà anche la lettera B…
…i suoi genitori sono morti due giorni dopo la sua nascita, e lei abita da sola in un monolocale nella periferia della caotica città …degli angeli…
…i suoi occhi, la sua persona, il suo odio, andavano a parere mio studiati e in quanto ero smanioso di conoscere i segreti che celava nella sua mente…
 
Alzai lo sguardo. Lei mi stava ancora fissando, attendendo qualche mia reazione. Ero davvero scioccato.
“Eloin… non me lo hai detto prima.”
“Io non voglio ceh tu scelga di essere mio amico solo perché se no ti sentiresti in colpa. Quindi ho deciso di non influenzare la tua scelta.” Si alzò, e sempre guardandomi negli occhi che non l’avevano mia spaventata nonostante la loro ignota natura, continuò a parlarmi. “Allora, BB, vuoi ancora troncare i rapporti solo per paura?”
La mia voce si fece molto seria. “No. Lo voglio fare per te.”
“Oh… dovrei ringraziarti perché mi togli l’unico amico che ho in questo posto?”
“Ma è colpa mia se ci dovrai rimanere! E se ti hanno picchiata! Non ha senso quello che dici!”
“No BB! Non ha senso ciò che dici tu! Possibile che non capisci?” esclamò scocciata.
“Ma Eloin, io sono la causa del tuo ergastolo! Tu dovresti volermi morto!”
“No, se sei mio amico! Una mia amica una volta mi rubò il fidanzato! Ma non smisi di volerle bene, nonostante ci abbia litigato furiosamente! ”
“Come puoi confrontare cose del genere? Devi rimanere qui per sempre! Lo capisci?”
“Meglio di quanto tu non creda BB. Ti prego, ora lasciami da sola.”
“Io… non… ”
“Ne parliamo domani. Per favore.”
Sembrava davvero stanca, triste. Mi sentii distrutto all’idea del fatto che la sua situazione era colpa mia. Ma la cosa più terribile era che sentivo che aveva bisogno di me… ma non sapevo cosa fare, come aiutarla. Così uscii, e rientrai in camera mia, alienato.
Capii cosa veramente era successo. Non era possibile. Quel bastardo di Roger. Mi venne un’incredibile desiderio di distruggerlo pezzo per pezzo. La rabbia cresceva dentro di me senza che io riuscissi a controllarla. Strinsi gli occhi, seduto sul letto, con la testa fra le mani. Dovevo fare qualcosa per lei. Dovevo cercare di mettere da parte il mio orgoglio e la mia apatia, per una volta. Dovevo. Ripensai a quando era caduta davanti a Roger… per me…
Si, dovevo in qualche modo dimostrarle il mio affetto, sarei stato in torto se non l’avessi fatto.
Così, decisi di accettare la sua strana mentalità. Chissà perché mi voleva come amico? Decisi di mettere da parte anche questa domanda, e cominciai a pensare come si comporta di solito un amico.

Panico.
Non ne avevo la benché minima idea.
Come fare?
All’improvviso seppi con certezza di aver ancora una volta confermato la mia follia, con uno dei miei pensieri assurdi. Però… era l’unico modo…
Ma cavolo, avrei dovuto prendere la mia dignità e ficcarla sana sana nel muro! Provai un senso di rifiuto, ma pensai di nuovo alla figura di Eloin, e i costrinsi, ad alzarmi, nonostante consistente parte dalle mia testa mi urlasse contro improperi non ripetibili.
Con la morte nel cuore e senza capire bene cosa stessi facendo, salii le scale e mi fermai, esitante , davanti alla porta di Mello e Matt.
Era giunto il momento. ideai velocemente un piano, ed entrai, aprendo violentemente la porta, e notando lo sguardo divertito, come sempre, del rossino, e quello incavolato del biondo.
“Perché non hai bussato, idiota?“
Non sei tu che mi dai il permesso di entrare o uscire da una stanza”
“Si, se si parla della mia!”
E il resto del dialogo. Sembrava recitassimo da un copione. Ma se di solito lasciavo a Mello una qualche remota possibilità di atterrarmi, stavolta, lo presi semplicemente per le spalle e lo sbattei per terra, senza lasciargli via di fuga. L’altro non se l’aspettava, e non riuscì a schivare i colpi che gli piombarono addosso.
“Vacci piano BB, abbiamo appena fatto a botte!” esclamò Matt, godendosi la scena.
Non lo ascoltai, e tirai un altro calcio a Mello, stavolta in pieno viso, spaccandogli il labbro e lasciandolo a terra.
Il ragazzo si alzò a fatica, e stupito, mi guardò un momento negli occhi, per prorompere poi in un ghigno.
“Hey, Eloin ti stressa molto, eh? Non è che…”
Gli tirai, con molta semplicità, un pugno in faccia, facendolo barcollare all’indietro, e convincendolo a rivolgere la sua malizia altrove e ad andarsi a pulire in bagno senza aggiungere altro.
Quando il biondo uscì zoppicando, guardai intensamente Matt, perso in tutt’altri pensieri, e riflettei che forse non era la migliore cosa da fare. Tuttavia respirai profondamente e senza pensare, perché avrei sofferto troppo, presi il mio orgoglio e lo buttai nel cesso.
“Emm… Matt…”
L’interpellato, alzò la testa da un fumetto con stupore.
“Si?”
“Devo chiederti una cosa.”
La sua faccia aveva un’espressione ancora più stupita: raramente gli parlavo.
“Senti… cosa fa… di solito un… - esitai, a disagio-  ecco… un amico?”
Ecco, l’avevo fatto. Ormai era andata. E a un tratto, mi resi conto che quella che avevo appena fatto era la più grande cazzata della mia esistenza. Vidi Matt stare fermo a fissarmi a bocca aperta per qualche secondo, senza riuscire a concepire quello che avevo detto. Poi lanciò il fumetto per aria e scoppiò a ridere come un idiota.
Disagio.
Molto disagio.
Dopo un minuto buono si fermò, mi fisso e per poco non scoppiò di nuovo a ridere.
Dopodiché, si alzo e mi fece ceno di uscire.
“Andiamo prima che torni Mello. Se lo sa, capace che ti prende in giro per tutta la vita!” esclamò, trattenendo le risa.
Lo seguii leggermente indispettito, mentre qualcosa che  conoscevo da anni ribolliva dentro di me, orami consapevole che Matt  mi poteva ricattare. Che casino… ma perché perché perché! Giusto, Eloin…
Matt mi condusse in una camera stranamente vuota.
“Sarebbe la mia” spiegò. Che strano… ero convinto che ne avessero una in due…
“Dai, siediti pure” mi invitò, indicando con  un cenno vago il letto. Sempre più a disagio seguii il suo consiglio, e incerto su cosa aspettarmi lo osservai, mentre si lanciava con agilità sulla sedia a rotelle davanti alla scrivania, e “rotellava” davanti a me.
Mi guardò. Fece un profondo respiro. Si scompigliò i capelli con la mano, e cominciò a parlare.
“Senti BB… devo ammettere che sei praticamente un caso perso… ma… in qualche modo… - ridacchiò-  ti insegnerò…. Ma che ti è saltato in mente? Anzi no!- si corresse subito dopo- Non voglio saperlo!”
Lo guardò negli occhi e tornò serio per un momento.
“E non ti preoccupare, Mello non lo saprà. Senti, lo so che tu sei uno orgoglioso, perciò tenterò di non farti pesare la cosa, ok? Anche se c’è da dire che… emmm… sto zitto ok… ”
Un momento…. forse avrei dirgli grazie… no, ho già fatto tanto.
“Ecco, per esempio! Se lei ti dicesse quello che ti ho appena detto o ti facesse un favore anche stupido, devi sempre dirle grazie, ok?”
Uau. Ovvio che avesse intuito che volevo diventare amico di Eloin. Che disagio!
“BB… rilassati!” esclamò.
Si, certo. Rilassarsi. Come no.
“Quando la vedi la prossima volta?”
“Emmm… domani mattina…”
“Perfetto! Allora, appena la vedi, la abbracci e intanto le chiedi come sta, ok? L’ho vista tesa, in questi giorni…”
“Cosa?” esclamai.
“La devi abbracciare BB.”
“Ma… ma non posso!”
“E perché di grazia?”
“Ma… perché no!”
“Ma piantala,  dai,  è perfettamente normale! E non fare quella faccia! Cos’è non sei capace?”
“Io… ”
“Ho capito, alzati.”
Lo feci, ingenuamente. Povero me…
Anche lui si alzò.
“Devi solo fare questo!” esclamò giocoso, abbracciandomi.
Credo, in quel momento, di aver scoperto una nuova tonalità di rosso tanto sono arrossito.
“Ma che fai, lasciami!” esclamai, facendo un balzo indietro e tirandogli una violenta spinta che lo fece quasi cadere.
“BB, piantala, non mordo!” ridacchiò. “Devi superare il tuo imbarazzo! Eddai!”
“Ok… ” mi condannai.
Mi abbracciò di nuovo, mentre la mia mente, stavolta al completo, provava un istinto suicida più forte che mai.
“Vedi? È facile! Ce la puoi fare anche tu!”
Alzai il sopracciglio, scettico.
“Insomma BB, un po’ di brio! Comunque! Come dicevo, abbracciala il più possibile, mostrati disponibile, rispondile sempre e dico sempre, in modo sincero. Dimostrale il tuo affetto, insomma… possibile che tu non abbia mai avuto un amico?”
“Lasciamo perdere… ”
“Allora, domani a che ora la vedi?”
“Alle 9.30”
“Ci sarò, vedrai! Muahahhahaah!”
“Emmm… ”
“Ops, scusa, mi sono lasciato trasportare dalla foga del momento!”
Fece un sorriso e se ne andò.
Scossi la testa, sconsolato, e ritornai in camera. Lo sapevo. Lo sapevo che era una pessima idea!
“Stupido, stupido, stupido!” sussurrai a me stesso. Ma che mi era saltato in mente?
 Ancora la batteria risuonava attraverso il muro in cartongesso.
Istintivamente presi la chitarra, la accarezzai con la manica, e cominciai a suonare.
Non fu la solita sonata, triste e vibrata, forte e veloce.
Era una prova, per me. Si, inconsciamente la mettevo alla prova. La brezza che entrava dalla finestra mi accarezzava il viso, mentre mi impegnavo in una battaglia con quel pulsare che ritrovavo sempre sotto il mio suono.
Fu incredibile.
Sempre più veloci, ci rincorrevamo, passandoci assoli. Ci sentivamo. Ci sentivamo davvero. Come una persona sente le braccia, noi sentivamo l’altro. Eravamo un tutt’uno, fra di noi e con la musica.
Che ragazza strana!
Mi sdraiai svogliato sul letto, e ripensai a quello che mi aveva detto Matt… dopotutto aveva ragione. Però per me era inconcepibile mettermi in una posizione di vulnerabilità, di chiunque si trattasse.
Mi venne in mente di Roger, di quando avevo perso il controllo, e mi incupii. Non doveva più succedere una cosa del genere, me ne rendevo conto. Ma per me era quasi impossibile controllarmi. Già quando Matt aveva cominciato a ridere, quel qualcosa dentro di me, voleva uscire a spargere sangue. Non era… normale.
Ammetto che mi faceva paura. Non me ne aveva mai fatta in effetti, ma dopotutto prima di allora non mi ero mai dovuto preoccupare di chi mi stava intorno. Ma ora era diverso. Non potevo fare correre un simile rischio a Eloin. In un gesto di determinazione, strinsi gli occhi, e come sempre, la sentii.
Ogni volta che chiudevo gli occhi succedeva.
Come qualcosa che premeva dentro di me, qualcosa che stava appena sotto la mia pelle, pronta a uscire. Mi tentava facendomi percepire la sua potenza, ma ero conscio della sua incontrollata follia.
Respirai a fondo, tentando di capire cosa fosse e concentrandomi, saggiando con cautela il terreno, dentro di me.
La sentivo respirare nei miei polmoni, vivere nel mio cuore, correre con il mio sangue. Mi faceva venire i brividi. A un tratto sentii la sua folle tristezza. Aprii gli occhi di scatto, rizzando mi a sedere: aveva tentato di convincermi a lasciarla uscire.
Richiusi gli occhi, e la sentii di nuovo, più cattiva.
Mentre tentava di vincere i miei muscoli, di entrare nelle mie mani, mi ostinai a resisterle. Lottammo, finché non mi venne il fiatone. Era impossibile dominarla, ma bastava aprire gli occhi per farla scomparire.
 
 
Mi svegliai alle nove meno dieci, e dopo essermi vestito, uscii per andare in bagno. Entrai nel bagno e sobbalzai.
Il rossino era appoggiato alla parete in fondo, intendo a giocare con il suo DS.
“Che fai, mi pedini?” gli chiesi con un filo di ironia.
“Eh? Ah, ciao BB! Come va? ”
“Che c’è?”
“Ecco, già qua, sappi che alla tua lei devi rispondere con un filino più di delicatezza! Comunque, sono qui perché non mandi a monte tutto il mio progetto. Quindi ti controllo mio caro! ”
“Vattene”
“Ei, ho detto più gentilezza!”
“Vattene”
“Eddai! Ti do una mano no?”
Non risposi, tornando in camera, seguito, purtroppo, da quel maledetto nerd.
“Tu non entri” gli dissi chiaramente, davanti alla mia porta.
“Si certo. E sai cosa? Mello sarebbe felice di sentire gli ultimi pettegolezzi su…”
“Stronzo” dissi aprendo la porta, e andando a scegliere uno dei libri che ormai sapevo a memoria, sulla mia minuscola libreria, per poi sedermi a leggere sul letto.
Matt, sbuffò, e tirò di nuovo fuori il suo stupido gioco.
Andammo avanti così fino a quando qualcuno, fino a quando lei, bussò alla porta.
Mi alzai,  lasciando il libro sul letto, e dirigendomi alla porta, con Matt dietro.
Aprii la porta, e me la ritrovai davanti, con un sorriso sulla faccia, pronta a scostarsi. Prima che io potessi uscire come mio solito, senza neanche che l’idea di abbracciarla mi sfiorasse, quel deficiente cronico mi spinse verso di lei, e senza che io capissi bene come, me la ritrovai fra le braccia.
Mi ripromisi di ucciderlo.
Bastardo.
Eloin, anche se decisamente stupita, ricambiò il mio “abbraccio”,  e quando uscimmo, salutò Matt con strana euforia.
“Allora hai deciso BB?”
“Va bene Eloin, se sai quello che fai.”
Sorrise.
Grazie a Dio, almeno a qualcosa ero servito.
 
Finita la colazione, Matt invitò Eloin da lui, e io tornai in camera mia ‘chiedendomi come potesse aver accettato l’invito di un tale mongoloide. Mah…
Sorrisi fra me e me, pensando che in fondo era stata un’ora divertente.
Rileggendo ancora una volta quel vecchio libro, mi sentivo per la prima volta vagamente felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Amore alle porte dell'inferno ***


THINK OF MAIL JEEVAS
Entrai  nella stanza con Eloin al seguito. Eravamo , com’è naturale, nella stanza di Mello. Quest’ultimo era sdraiato sul letto giocando con la MIA Wii… lo ucciderò un giorno quel ragazzo.
“Hey Mello!”
“Hey Matt!” rispose lui con voce annoiata,
“Senti… non è che potresti tipo… emm…”
Alzò  lo sguardo, vide Eloin, frenò una risata e prendendomi in giro solo con lo sguardo, si alzò e la salutò.
“Ho capito, ho capito, vi lascio soli!” esclamò, cogliendo l’occhiata che tentavo di lanciargli da tre ore.
Arrossii  fino alla punta delle orecchie, e quando se ne andò sbattendo la porta come suo solito, mi ritrovai, con mio grande imbarazzo, senza avere idea di cosa dire.
Già.
Io, il più grande casanova, sciupa donne e focoso amante di tutto questo stramaledetto posto, non avevi la benché minima idea di cosa fare!
Ma vedi te…
“Emmm…. Beh… se ti va potremmo…. Non lo so… giocare al… computer, tipo…. ”
“Certo!” rispose lei con il suo solito entusiasmo, sorridendo.
Che bel sorriso… quanto è cariiina quando sorride….
“Emmm… Matt? Ci sei?”
“Eh? Ah, si certo! Lo accendo subito!!”
Idiota!
Recuperai il suddetto, un portatile, dalla scrivania piena di roba di Mello, e lo accesi. Lei si era seduta sul letto, e io feci lo stesso.
ORE DOPO
“Mi sono divertita un casino!” esclamò allegramente Eloin, saltando giu dal letto: era ormai ora di cena.
“Bene, ne sono felice!” risposi altrettanto euforico. Ora l’imbarazzo era scomparso, e conversavamo  allegramente sull’uccisione di orchetti verde vomito, mostriciattoli blu e altre cose simili da ore, davanti al magico schermo.
Mi alzai anche io decidendo di accompagnarla fino alla camera. Adoravo stare con lei. Era così spigliata, ma anche un po’ imbranata, semplice e intelligente. Già, con orrore e terrore, mi accorsi di essere stracotto!
Maledizione! Perché a me?
La prima cosa che avevo notato di lei, erano i polsi.
Hey, non fate quella faccia, non stavo in un carcere per psicopatici col cervello fumato senza motivo eh!
Ebbene, la cosa di lei che avevo notato per prima e che per prima mi aveva ammaliato, erano i polsi, ok? Ci sono altri problemi? Perché ho un piccolo quaderno nero fra le mani, e un amico con gli occhi rossi, chiaro? Bene!
Ebbene, mentre camminavamo per il corridoio le guardai i polsi, e mi stregai ancora di più. Poi le guardai il collo… un’altra cosa di lei che adoravo era il collo. Era così dolce armonioso, elegante…
Notai che i suoi occhi cercavano i miei, e subito mi persi, non nelle sue iridi cioccolato, ma nelle sue pupille, in cui brillava tutta lei. Mi guardava intensamente, come se volesse farmi capire qualcosa, ma non sapevo che cosa.
Improvvisamente, mi accorsi che eravamo fermi davanti alla sua porta, in silenzio. E improvvisamente, mi prese le mani, continuando a guardarmi. Quel contatto mi fece arrossire leggermente, e notai che anche lei aveva le guancie arrossate. La lasciai, e parve un po’ delusa. Poi, indispettito da quell’ombra poco serena sul suo viso, le accarezzai la guancia, per mandarla via, e le scostai la treccina dal viso, cogliendo uno sguardo diverso dal solito, nei suoi occhi, timido e pudico.
Innamorato?
Presi allora il coraggio a due mani, e avvicinai il mio viso al suo, incatenando gli occhi ai suoi, per capire se le andava bene.
Lei fece un leggero sorriso.
Finalmente, dopo tanto tempo, le nostre labbra si incontrarono, in un gesto insicuro e sicuro allo stesso tempo.
Eloin, con un timido gesto, portò le mani fra i miei capelli, e mi tolse i googgles, per guardarmi negli occhi per la prima volta senza di essi.
Mi sentii scoperto, e sentivo che riusciva a leggere nei miei occhi come in un libro aperto: non avrei mai potuto mentirle.
Mi guardò con tenerezza, e mi scostò i capelli dal viso, per poi baciarmi di nuovo dolcemente.
 
THINKS OF BEYOND BIRTHDAY
Sentii i suoi passi per il corridoio affiancati da quelli che probabilmente appartenevano a Matt.
In quel momento ero steso sul letto, a pensare come al solito, a quello che Eloin mi aveva detto a proposito dei sogni una settimana o forse più prima.  Guardavo una mosca, arrivata chissà come a quell’altezza, che volava e si posava ovunque, tranne che su di me, e mi chiedevo perché. dopo diversi minuti, mi resi conto che non avevo sentito la porta di Eloin aprirsi e chiudersi, ne i passi di Matt allontanarsi.
Mi chiesi che stesse facendo, non si sentiva una parola. Così, visto che comunque non avevo nulla da fare, mi alzai, pigramente, e dopo essermi passato una mano fra i capelli, aprii la porta e mi affacciai.
Vidi Eloin che toglieva gli strani occhiali che Matt portava sempre, e che faceva una cosa molto strana.
Era da così tanto tempo che non vedevo due persone baciarsi, che mi ci volle qualche secondo per capire cosa stesse realmente accadendo.
La mia prima reazione fu quella di alzare un sopracciglio, e chiedermi cosa volesse mai dire quel gesto. Poi me lo ricordai, e dopo aver realizzato, inquietante fatto, che non ci pensavo da anni, mi chiesi cosa trovasse Eloin in un idiota di tale portata. Poi pensai che un idiota di tale portata avrebbe anche potuto ferirla e notai crescere dentro di me, a quest’idea, una rabbia strana… non la solita follia omicida… qualcosa di diverso.
Mi resi conto con sorpresa e rifiuto di essere protettivo nei confronti di Eloin e mi parve di sentire la sua voce nella mia testa.
“Ma BB, è perfettamente normale, anzi è una cosa bella!”
Alzai gli occhi al cielo.
A quel punto, mi venne da ridere, e di brutto, vedendo gli occhiali di Matt cadere, e quest’ultimo avere un riflesso evidentemente ansioso nei loro confronti, ma poi, e questo glielo lessi in faccia, decidere che baciare Eloin era un’attività decisamente più interessante che raccoglierli e rovinare tutta la presunta atmosfera romantica che si era creata fra i due.
Al mio ridere ironico, i due ebbero uno scatto che mi fece ridere ancora di più. Più veloci di due gazzelle affamate verso l’ultimo ciuffo d’erba, si separarono e si allontanarono il più possibile, diventando rosso sangue.
“Emm, beh, ciao Eloin, ci… ci vediamo in giro, eh! Ciao BB… ” esalò Matt, dandosela a gambe nel corridoio senza lasciar in alcun modo capire cosa intendesse con “in giro” in un posto simile.
Eloin, mi guardò terrorizzata, e fuggì anche lei, in camera.
Rientrai anche io, senza riuscire a smettere di ridere con quella scena stampata nella mente.
Ok, mi devo calmare, Eloin sarà preoccupata che… non approvi la loro relazione?, pensai, per un momento smettendo di ridere, ma ricominciando appena finita la frase.
No, sul serio, ora basta. Così sei imbarazzante. Piantala. Controllati. Eddai! Ok, ci sono. Se, come no… su, BB, un po’ di dignità! Alleluia! E se provi a ricominciare io…. un momento… sto parlando da solo…
Riuscii a calmarmi, e mi resi conto che non ridevo così da anni. Non ridevo, da anni. da un lato ero grato a quella ragazza di essere riuscita in una cosa che ormai reputavo impossibile  in un posto del genere, da un lato, realizzai che la rabbia di prima non era calata.
Dopo un paio di minuti, capii perché e cosa fare per calmarla. Ora era il momento di preoccuparsi per la povera Eloin…
Così, presi la chitarra, e dopo averla accordata, cominciai a suonare, una melodia che aveva bisogno di una base. Aspettai pazientemente che si decidesse a capirlo, e quando cominciò timidamente qualche lieve colpo di batteria, resi la melodia più gioiosa. Dentro di me morivo a farlo, odiavo simili idiote smancerie, ma visto che avevo deciso di essere per Eloin l’amico che voleva, dovevo farlo. Così, a poco a poco, la batteria venne fuori, e il ritmo aumentò.
Si, lo ammetto, un po’ mi divertii.
 
Fu solo a sera, che mi resi conto di non aver pranzato. Avevo sentito Eloin scendere, ma mi ero detto che sarei andato più tardi non avendo molta fame. E me ne ero dimenticato. Mio tipico perdermi in pensieri che mi fanno impazzire per ore, dimenticandomi il resto del mondo.
In ogni caso, alle 9, cominciai ad avvertire una certa fame, così, uscii dalla camera.
Indugiai, nello sporco e stretto corridoio. Avrei dovuto chiamarla? Mah… odio dover pensare a cose di questo genere. Potrebbe essere tutto così semplice! Ma quando ci sono di mezzo sentimenti e simili, una cosa che Eloin mi aveva insegnato, è che sono completamente senza senso. È lecito perderci la testo dietro a queste cose. Io, comunque, non le capirò mai.
Ebbi una fitta di dolore alla spalla e, mordendomi il labbro,  mi ricordai di quando avevo perso la testa. Rividi gli occhi di Eloin che non mi riconoscevano, e dopo essermi odiato ancora una volta per un lasso di tempo dai 2 ai 3 secondi, sospirando, mi avviai alla porta della ragazza.
Bussai, e lei aprì quasi subito.
“Ciao.” Dissi senza intonazione, sovrappensiero.
“Ciao BB! Come… come stai?”
“Mh? Bene, bene. Tu?”
“Tutto a posto.”
Silenzio.
“BB?”
“Si?”
“Emm… cosa c’è?”
“Ah, volevo chiederti se vieni a cena.”
“Certo!” esclamò, mentre mi rendevo conto di dover imparare a pensare a quello che facevo, al posto che perdermi in altri pensieri.
Ci avviammo giù per le scale, e notai che era arrossita.
“Che c’è Eloin, mi sembri silenziosa…”
“Tutto bene, non ti preoccupare. Senti… volevo chiederti una cosa.” dichiarò, arrossendo ancora di più e fermandosi.
Mi fermai anche io, notando che guardava di tutto fuorché  me. “Eloin, sono qua” le feci notare”
“è veramente una cavolata, eh… niente di importante… ” disse, temporeggiando, e continuando a ignorare che non mi trovavo ne spappolato a terra, ne attaccato al soffitto.
“Cosa?”
“Ecco… riguardo oggi… vo-volevo chiederti una cosa… insomma… tu… tu cosa ne pensi di.. di Matt e..  e, si beh, e me? Te l’ho detto è proprio una cavolata, lo so…”
Evidentemente la guardai molto male.
“Io?” chiesi scettico.
 “No, guarda il corrimano!” esclamò.
Questa poi! E ora cosa le dicevo?
“Beh, io reputo Matt un idiota- cominciai, notando subito la delusione nei suoi occhi- ma forse riuscirai a farlo diventare un individuo meno cretino. Si, insomma, lui da solo lo potrei uccidere. Ma insieme a te potrebbe anche uscire qualcosa di intelligente direi…” dissi, un po’ sovrappensiero.
Mi sorrise, ricominciando a scendere. Sono strane le donne… insomma, che cosa gliene frega di cosa penso io?
“BB, spero che tu capisca che in quanto mio migliore amico, è per me importante cosa ne pensi tu.”
Oddio… mi legge pure nel pensiero ora, sto messo bene…

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Imbarazzo ***



Mi svegliai nella luce timida dell’alba, e mi alzai. Andai subito in infermeria: durante il sonno la mia ferita sull’avambraccio si era riaperta, e dovevo cambiare la garza. Tornato in camera, attesi. Percepivo con un certo compiacimento quella rabbia protettiva che dal giorno prima non mi aveva abbandonato per un istante. Era piacevole, stare davanti alla finestra vedendo il sorgere di un giorno nuovo e nuovamente uguale, e sentire qualcosa di nuovo, di estraneo alla quotidianità in cui ero entrato come un automa in quegli anni.
Appena un’ora, dopo, quando già la luce assumeva un carattere più autoritario e illuminava la scarna stanza con prepotenza, andai in bagno, e come avevo ipotizzato, vi trovai Matt, appena arrivato, che estraeva il suo DS.
Lo osservai per un momento. Si capiva che era in imbarazzo, e che nonostante mi avesse notato, e nonostante fosse li per me, tentava in un infantile gesto, di affondare nel suo game boy, sperando di estraniarsi da quella situazione.
“Non demordi Matt?”
“No… ” rispose, lui, lanciandomi appena un’occhiata al disopra del suo gioco.
Mi avvicinai a lui, continuando a osservarlo diventare sempre più nervoso.
“Che hai Jeevas, ti faccio paura?” gli chiesi ironicamente, abbassando con la mano il suo gioco e guardandolo negli occhi attraverso le sue lenti arancioni.
“N-no BB… però se tu ti allontanassi un minimo ti sarei grato, sai?” rispose.
“Sai cosa sto pensando?”
“Che devo lasciare stare Eloin? Ma io l-”
“No. Che tu stia con lei non mi crea alcun problema, anzi, se è più felice e mi sta meno addosso in stile koala mi va solo bene- lo interruppi- No, sto pensando a un’altra cosa. Sto pensando che tu sei andato con tutte qua dentro, per non più di una settimana, o sbaglio?”
Quanto mi faceva ridere quell’espressione da cerbiatto impaurito.
“Si, ma con lei è-”
“Mi basta un si. Statisticamente parlando c’è un’elevata probabilità che tu la tradisca, no?”
“Non lo farei mai!”
“Ecco, quello che stavo pensando prima, è che se lo farai, la potresti far soffrire, giusto?”
“Ti ho detto che non lo farei mai, BB!” esclamò lui, spingendomi più lontano da se. Poi si rese conto di quello che aveva fatto, e ripensando a Mello che veniva preso a calci da me, si morse il labbro.
“S-scusa BB, ti prometto che le starò sempre vicino, ok? E ora ti lascio in pace e vado.”  Disse, tagliando per la porta.
Sbuffando annoiato, quando mi passò di fianco lo presi per la maglietta, e con un gesto veloce lo riportai indietro, con le spalle al muro.
“Ahia!”
“Scusa.” Dissi sovrappensiero .
“Senti Matt- dissi guardandolo negli occhi- se vieni meno alla promessa che da bravo ragazzo hai fatto di tua spontanea volontà… sappi che  ti distruggo.”
E fu allora, che constatai la precoce idiozia che avevo ipotizzato, moltiplicata per mille nella testa del rosso.
“Che c’è sei geloso?” mi chiese ridacchiando.
Alzai un sopracciglio.
“Di Eloin?” risposi, più a me steso che a lui. Non ci avevo mai pensato in quel senso.
“No, sarebbe troppo… no! È più una specie di sorella per me! Ma tornando a noi- dissi riprendendo a essere serio- ti è chiaro il concetto?”
“Certo! Io la lascio = tu mi uccidi! Chiaro come il sole a mezzodì!”
“Bene!” esclamai lasciandolo e tornando in camera.
“Hey BB! Oggi, dopo averla abbracciata, voglio che le dici che è bella!”
Mi girai a guardarlo peggio che potevo.
“Che c’è ora? Sei proprio una palla,sai?”
“Perché?”
“Oddio, siamo a questo punto… BB, sei un caso perso! Tu fallo e basta ok? Un giorno capirai perché…. ma dico io se un uomo fa queste domande… tsk!”
Alzai gli occhi al cielo, e mi misi a guardare fuori dalla finestra, aspettando le 9 e 30.
Le giornate si susseguirono in tal modo per una settimana, durante la quale Eloin e Matt superarono l’imbarazzo, facendone però venire a me. Cioè. Immaginatevi la scena. Loro due seduti dallo stesso lato del tavolo intenti a lanciarsi occhiate tenere e baci, cosa che già faccio fatica a sopportare (insomma, se proprio vi dovete slinguare, fatelo in privato, risparmiatecelo!), e dall’altro io e Mello che lanciamo occhiate di mal celato disgusto alla coppia e ci dedichiamo all’arte della contemplazione del nostro piatto, io vergognandomi per loro (ripeto: effusioni in privato!!!! Insomma, ti vedono tutti!), e il biondino che si annoia e sbuffa come un toro.
Poi di solito ci guardiamo, ci lanciamo uno sguardo disperato, e ritorniamo a guardare i piatti.
Ma d’altra parte, Eloin ha smesso di trattarmi come un peluche.
E questo è un gran bene. 
In quel momento, Eloin era appena tornata da camera di MattemMello, e aveva bussato alla mia porta. Mi alzai dalla scrivania, e andai ad aprire un po’ svogliato.
“Ciao BB!” esclamò con un gran sorriso sul viso.
“Hey, come va?”
“Tutto a posto, tu?” rispose, entrando e chiudendo la porta pur senza essere invitata.
“Ok. Cosa c’è?”
“Niente, è che ci vediamo di rado per…- arrossì- per Matt…. E quindi pensavo di stare un po’ con te!”
“Mh, ok” accennai, risedendomi alla scrivania. Non era il momento adatto per una visita. Non che non le volessi come sempre bene, non fraintendiamoci, ma in quel momento non avevo voglia di vederla perché… ero occupato.
Così la ignorai, sperando che sparisse in tal modo, e provai per quella che doveva essere la millesima volta durante il pomeriggio a chiudere gli occhi e a vincere contro la Cosa che sentivo. Imparavo sempre di più su di essa. Avevo capito che non potevo scacciarla, perché faceva parte di me. Ma potevo vincerla e quindi controllarla. Dunque in ogni momento in cui chiudevo gli occhi, duellavamo fino allo strenuo delle forze, concludendo la partita con la mia, è dura ammetterlo, sconfitta.
Il sole serale scaldava la stanza, e illuminava di una luce arancio-gialla i nostri volti.
Lei probabilmente stava cercando di capire cosa facessi.
Come al solito, sentii qualcosa scorrermi dappertutto, una presenza che mi sussurrava all’orecchio zizzania, e che mirava a prendere il controllo delle mie mani, per uccidere chiunque si trovasse a tiro.
Ma Eloin non era d’accordo nel sentirsi esclusa, e posandomi una mano sulla spalla chiese cosa stessi facendo. Sospirai.
“Niente” dichiarai poi, per girarmi verso di lei aspettando che parlasse, che intavolasse una conversazione.
“No, sul serio, che stavi facendo?”
“Niente ti ho detto.”
“Daiiiiiiii”
Perché, perché, perché Eloin era così cocciuta? E perspicace, pure!
“Nien-te. Piuttosto- e da qui improvvisai- come sta Matt?”
“Bene bene, come mai me lo chiedi? Non è da te! E non sviare l’argomento!”
“Riposavo gli occhi”
“Si, certo. O me lo dici o racconto qualcosa a Mello”
“Cioè?” chiesi sarcastico.
“Che gli vuoi bene!”
“Eh?????” esclamai balzando in piedi. “Non puoi!”
“E perché no?”chiese lei con aria di sfida, fissandomi negli occhi.
“Lasciami in pace!”
“Allora, o mi dici questo, oppure… oppure mi dici qual è il tuo sogno recondito!”
“Eloin, piantala. Non sei divertente. Non puoi costringere le persone a parlare di cose di cui non vogliono parlare!”
“Stando con te, ho imparato che spesso non vuoi parlare di cose importanti, o che reputi importanti perché hai paura, ma visto che siamo fra amici non dovresti averne, quindi ogni tanto ho bisogno che tu ceda e mi dica qualcosa, altrimenti come faccio a sapere che per te non sono solo una rompiballe?” rispose lei sorridendo con una logica inattaccabile.
“Io non ho paura!”
“Allora forza, cosa stavi facendo?”
“Non sono affari tuoi! Se vuoi parlare di qualcosa è un conto, se vuoi solo sapere tutto di me per passare il tempo è un altro, chiaro?”
 
THINKS OF ELOIN EDUD
Incredibile. Allora l’aveva capito subito che il mio primo scopo era quello.
Rimasi spiazzata, a guardarlo, mentre lui incrociava le braccia e mi fissava senza lasciare trasparire niente, ma dalla frustrante rabbia che avevo colto poco prima nella sua voce, intuii cosa aveva pensato. Pensava di essere un giocattolo per me? Ma come? Dopo tutto quello che avevamo passato, dopo Roger!
Poi, evidentemente pensando ciò che avevo pensato io, il suo sguardo si ammorbidì.
“Scusami”disse voltandosi verso la finestra.
“Dobbiamo piantarla di litigare sempre. ”
Non ottenni risposta, così mi avvicinai a lui.
“Il punto è che mi chiedi troppo. Io non… non so come dirti certe cose. Praticamente nessuno sa tutto di me e tu chiedi di saperlo. Dopo che  per anni ho fatto in modo di disperdere le tracce, di non pensare al mio passato. Capisci?”
“Certo, capisco. Però non puoi fermarti qui, sarebbe come una sconfitta.”
“Per me… o per te?”
Rimasi ferita da quella diffidenza, da quella freddezza. Insomma, cosa dovevo fare per guadagnare la sua fiducia? Sospirai scoraggiata.
“Se proprio non sei disposto a perdonarmi, ti posso capire… ”
Si girò con una punta di esasperazione negli occhi.
“Io non riesco a capirti Eloin. Ti dico quello che mi passa per la testa perché dici che così è un’amicizia, ma se lo faccio ti offendi!”
Mi venne da ridere.
“Sei proprio scemo!” esclamai, notando lo stupore nei suoi occhi.
“Che cosa ho fatto adesso?”
“Sei buffo! E ti voglio bene!” dissi abbracciandolo a tradimento.
Ultimamente avevo notato che Matt lo stava costringendo a fare cose insolite tipo dirmi che avevo dei begl’occhi, abbracciarmi e simili. Ma di certo ancora non capiva il motivo di tali effusioni.
Mi guardava con serietà ora, come sempre.
“Tu perché mi conoscevi?”
“Eh? Io? ma se non ti avevo mai visto prima di capitare qui!”
“Si, ma sapevi che ero un serial killer quando ti ho detto il mio nome. Insomma, conoscevi il caso BB. Perché?”
“C’era su tutti i giornali. E poi me ne ero interessata, per curiosità personale. Ma perché l’hai fatto?”
“”Perché, perché… devi sempre fare domande tu? Non hai un briciolo di spirito investigativo?” mi chiese scherzosamente.
“Hey! Guarda che se avessi una connessione internet potrei scoprire quando finirà il mondo, data, ora e secondo! Non insultare- e qui mimai Matt, facendo ridere BB- l’haker che c’è in me! Hahaha!”
“Tu stai troppo con Matt… ”
“Si forse è vero… emm… comunque! Sai che stiamo conversando? Da quant’è che non-”
“Mai.”
“Già… BB posso farti una domanda?” gli chiesi
Sospirò, tornando a guardare la finestra.
“Vuoi chiedermi se conoscevo L?”
“Ma come cavolo hai fatto???”
“Me lo vuoi chiedere da tempo Eloin.”
“Non ti posso nascondere niente eh?”
“L’ho conosciuto, si. In un orfanotrofio.”
“E…. com’è?”
Non rispose.
“Ok, cambiamo argomento. Sai che ore sono?”
“Le 7.30”
“Di già?”
“Come mai, devi fare qualcosa?” mi chiese con un’impercettibile nota di ironia.
“In questo posto? Non direi… ho sentito che fra un paio di giorni arriva uno nuovo. Ne sai qualcosa?”
“No, non lo sapevo, tu?”
“So solo che lo stanno trasferendo da un altro posto, non è un novellino. Roger l’ha richiesto personalmente.”
“Chi te l’ha detto?” mi chiese, andando a sedersi sul letto, seguito da me.
“Mello, l’altro giorno. BB ho saputo che l’hanno condannato a morte dopo qualcosa che ha fatto nell’altro carcere, ma Roger lo ha… preso sotto la sua ala protettrice” dissi, calcando con disprezzo le ultime parole.
“Beh- constatò lui- gli do due settimane e scommetto che dirà che avrebbe preferito la morte.”
“Io sono curiosa. Secondo te che ha fatto per la condanna a morte?”
“Ucciso?”
“Mah… ”
“Beh, tu stacci lontano.”
“Ei che fai ti preoccupi per me?”
“No, solo che potresti cacciarti nei guai e… insomma vedi tu!” esclamò lui.
“Comunque io non capisco perché gli assassini uccidono, cavolo, ma non possono pensare prima che stroncano di netto una vita umana? È una cosa bastardissima!” dissi senza pensare da brava idiota, e lui mi guardò, senza che io riuscissi a cogliere niente dal suo sguardo, ma mi mise lo stesso in soggezione.
Mi guardava e basta, negli occhi.
“Non puoi generalizzare” dichiarò infine. Dentro di me feci un profondo respiro.
A quel punto sentimmo dei passi pesanti risalire il corridoio, e pochi secondi dopo, un uomo spalancò la porta con un solo gesto, e BB assunse un atteggiamento difensivo, alzandosi e lanciandogli uno sguardo in cagnesco. Poi però, si avvicinò e gli porse i polsi continuando a guardarlo.
“Ciao Eloin.” Mi disse poi, per scomparire lasciando dietro di se una porta che sbatteva e dei passi che si allontanavano.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Arriva un inferno ***


THINKS OF BEYOND BIRTHDAY
Che cazzo volevano da me ora? Non avevo fatto niente!
Questo era quello che pensavo mentre due uomini di Roger mi trascinavano per il carcere, verso il suo ufficio. Nei corridoi si vedevano pochissime persone, ma coloro che per caso capitavano, si scansavano in fretta rivolgendomi uno sguardo spaventato. Tutti mi conoscevano li, solo perché ero l’unico che era andato più di due colte in quell’ufficio ed era ancora vivo.
Guardavo per terra, quegli sguardi mi facevano troppa rabbia e troppa pena.
Arrivammo, e mi fecero sedere, per poi uscire. Roger non c’era. E non mi avevano legato.
Mi guardai in torno, sicuro che ci fosse qualcosa sotto. Cosa stava succedendo? C’era qualcosa che non andava.
L’ufficio era naturalmente normalissimo. Quando mi voltai vidi tutto l’arsenale di Roger, e rabbrividii. Il possessore, arrivò solo dopo qualche minuto, e si sedette alla sua scrivania, con due caffè in mano. Me ne porse uno, ma io ero troppo occupato a guardarlo con gli occhi sgranati. Ma cosa cazzo faceva?
“Beh, B, non lo vuoi?” mi chiese con quella falsità che ormai faceva parte della sua voce.
“Cosa vuoi da me?”
“Come siamo freddi! E vedo che sei anche dimagrito, come mai? Non ti piace più la marmellata?”
“Cosa vuoi?” ribadii.
“Tranquillo, si tratta di una formalità. Vedi, credo che tu l’abbia sentito, ma in ogni caso: sta per arrivare un nuovo componente di questa grande famiglia, e visto che anche tu ne fai parte credo di doverti dire alcune cose prima che tu-”
“Sono arrivati molti nuovi da che sono qui. Cos’ha questo di speciale?”
“Beh B… se tu non avessi la cattiva abitudine di interrompere la gente quando parla lo sparesti. Dunque, questo nuovo componente, è un po’ particolare, capisci?” chiese come se stesse parlando a un neonato, sorseggiando il caffè. Poi poggiò la tazzina, e mi porse alcuni fogli.
Li presi, lanciandogli alcune occhiate al di sopra di essi per capire le sue intenzioni. Speravo di non dover uscire di li ancora più dolorante di quanto non fossi.
Guardai i suddetti fogli e riconobbi in essi una specie di test che Roger faceva fare per “Capire chi si unisce alla famiglia!”  a coloro che stavano per arrivare nel carcere.
Erano anonimi e c’erano poche domande, che io personalmente avevo giudicato stupide.
 
Come mai hai ucciso?
Che te ne frega?
Chi hai ucciso?
Come se non lo sapessi.
Ti sei pentito/a?
No.
Hai compiuto altre violzioni alla legge?
Questo test comincia a stufarmi.
Ti senti triste all’idea dell’esgastolo?
Immagino che questa sia per capire se sono debole.
Vuoi parlarne con qualcuno?
Ma cos’è uno psicologo o il direttore di un carcere?
 
E andava avanti così per un pezzo. La cosa che mi stupì, fu che quelle risposte erano quasi le stesse che avevo dato io. alzai lo sguardo, come sempre impassibile.
“Cosa vuoi da me?” chiesi per la terza volta scandendo insistentemente le parole , guardandolo negli occhi e appoggiando i fogli sul tavolo.
“Ma come BB, non tradisci neanche un po’ di stupore?”
Sbuffai, annoiato.
“Il punto è BB, forse la tua mente perde colpi e non se lo ricorda, che le sue risposte, sono quasi uguali alle tue, mi segui?”
“Quante volte ti devo dire che non sono idiota?”
“Ah-ah, BB, lo sai che devi darmi del lei! Ma a questo pensiamo dopo, d’accordo? Ora,  devi sapere che la lettera che presto arriverà, è un soggetto molto… particolare. E non vorrei che tu, ne tantomeno la tua amica, E, stimolaste, come dire, la sua follia, oltre il necessario. Devi sapere che nel vecchio carcere, ha compiuto molte azioni illecite fino quasi a fuggire! Pensa un po’! E non voglio che questo episodio si ripeta, è chiaro BB?”
“Cristallino.”
“Bene, allora passo a rimproverarti una mancanza che porti avanti da molto tempo- dentro di me alzai gli occhi al cielo- ovverosia quella di dimenticare che io sono un tuo superiore. Sappi che al prossima volta potrei arrabbiarmi BB.”
“Posso andare ora?” fu la mia risposta, con una voce ancora più annoiata di prima.
“Certo, ma ricorda che io posso sentirti e guardarti in ogni momento e in ogni luogo, va bene?”
“Perché concludi le tue frasi con una domanda?”  chiesi alzandomi.
“Per sapere se ti è chiaro tutto. Ma a quanto pare non è così!”
Ebbi un momento di incertezza. Che avevo… ma certo, avevo dimenticato completamente di dare del lei a quel rospo sputacchioso!
A un suo cenno entrarono due guardie che mi fecero sedere di nuovo, e mi legarono come al solito. Sospirai. Cazzo, mi faceva ancora male tutto, specie quella maledetta spalla, e sicuramente mi avrebbe colpito li, vista la sua schifosa perversione verso il dolore. Altrui.
Lo guardai, chiedendomi come sarei uscito di li.
Egli andò dietro di me, fischiettando. Ma come faceva? Che uomo era? Era un vigliacco, uno che aveva paura delle sue azioni, era…
Ritornò nel mio campo visivo  con uno strano pezzo di ferro. Era una specie di braccio di metallo, di cui non volevo capire la funzione. Sotto il mio sguardo, Roger lo aprì mediante una cerniera metallica, e potei capire.
Al suo interno c’erano alcuno punte, abbastanza sottili e profonde per fare male senza essere fatali. Una specie di vergine di Norimberga, a dimensione braccio.
 “Sai BB, questo è un nuovo acquisto, che sarai il primo a provare! Non sei orgoglioso?”
Distolsi lo sguardo.
 
IL GIORNO DOPO
Venni sbattuto di malo modo in camera, e mi permisi di chiudere gli occhi per un momento e rilassare i muscoli. Ero messo abbastanza male devo dire.  Sospirai, e mi alzai.
Tre secondi dopo, come immaginavo, Eloin irruppe nella stanza, fermandosi sulla soglia.
“Si può sapere cos’hai fatto ora a quel-”
Prima che continuasse la frase, la raggiunsi di scatto, e le tappai la bocca.
“Va tutto bene, ok?” le dissi, nonostante mi tremasse il braccio dal dolore.
Ella annuì, e io la lasciai. Era pieno di microfoni e videocamere in quel posto. Figuriamoci in camera mia.
…ma ricorda che io posso sentirti e guardarti in ogni momento e in ogni luogo, va bene?
“Cos’è successo?” mi chiese poi guardandomi negli occhi.
Stemmo li a guardarci per un po’, mi venne persino da sorridere, vedendola tutta preoccupata per uno come me. Per una volta, nessuno dei due aveva voglia di chiedere perché con aria critica. Accettavamo semplicemente la nostra amicizia per quello che era.
 
Erano passate un paio di ore, ed Eloin era appena uscita per andare dal suo ragazzo a giocare a Need for Speed. Io ero rimasto in camera a riflettere su quanto mi era stato detto da Roger. Avvertii una punta di curiosità verso l’indomani, verso l’arrivo di qualcuno che magari, anche se non ci speravo, poteva capirmi. Qualcuno che era quasi riuscito a scappare! Mi convinsi che il carcere in cui era, doveva avere molte meno forme di controllo che li. Non c’è possibilità, mi dicevo, che si scappi qui. Eppure in me si era insinuato quel raggio che è la speranza, raggio che da troppi anni non vedevo, e per millenni, per qualche secondo, mi cullai in quella luce divina che faceva vedere tutto più chiaramente distorto.
Sentii il bisogno di confrontarmi con quello ch era la realtà, per non perdermi e per punirmi della mia leggerezza, e strinsi gli occhi, provando quasi subito quella strana percezione con la quale mi tormentavo da giorni. Ce l’avrei mai fatta a vincerla?
 
Era notte ormai. Saranno state le undici. Eppure, Eloin non dormiva. La sentivo muoversi ansiosa come un animale in gabbia. Cos’aveva? Riusciva a trasmettermi tanta irrequietezza che, preso da uno strano coraggio che non mi apparteneva, uscii dalla stanza e spalancai la sua porta, mandando lampi di impazienza, curiosità e irritazione allo stesso tempo. Eloin mi guardò, percependo quei lampi, e mi chiese come mai fossi entrato con tanto furore.
“Ma che hai? Avanti e indietro avanti e indietro, ma non stai mai ferma? Si può sapere che cosa ti impedisce di stenderti sul letto e dormire?”
Alzò un sopracciglio, nella luce artificiale della stanza, scoppiando subito dopo a ridere.
“Scusa BB, non volevo metterti ansia. È che… non posso fare a meno di tormentarmi- disse tornando seria-  come mai oggi Roger ti ha fatto chiamare? E cosa ti è successo al braccio?”
“Tutto qua?”
“Si…” ammise, spostando il peso da una gamba all’altra.
“è per il nuovo. E il braccio… beh… sai cos’è una vergine di Norimberga?”
“Tipo una tomba piena di spunzoni in cui si chiude una vittima per trafiggerla e dissanguarla?”
“Si. Immaginatela dimensione braccio.”
Fece una smorfia di dolore, e il suo sguardo cominciò a tentare di evitare il mio braccio, ottenendo un effetto contrario. Sbuffai.
“Ora dormirai?” le chiesi, senza guardarla, irritato da quella repulsione.
“Si, si, non ti secco più.” Mi rispose con un filo di freddezza.
Vedendo che si voltava, aspettandosi un saluto spiccio e una porta sbattuta, sospirai dentro di me, chiedendomi cosa avessi di sbagliato per riuscire a toglierle sempre l’allegria che la caratterizzava, con due parole. È un’arte, mi risposi. D’altra parte, ciascuno ha la propria arte, la mia è questa evidentemente, continuai. Volendo però rimediare, rendendo esplicito il mio sospiro, le parlai tentando di rendere la mia voce più amichevole.
“Scusa Eloin se non so sempre essere l’amico che vorresti. ” e me ne andai, sperando di aver fatto la cosa giusta.
 
La mattina seguente, come sempre, vennero a ammanettarci e a trascinarci per i corridoi, e come sempre fui compiaciuto dagli sguardi di timore e rispetto che mi lanciarono alcuni, distinguendosi dalla pietosa massa di occhiate compassionevoli dei loro compagni. Al solito, avevo a un fianco Mello e all’altro Near, che mi lanciò uno sguardo nervoso, come quello che un coniglio lancia a una volpe. Tentai di sedermi in maniera da rendere sopportabile la scomodità delle sedie, e attesi, con uno sguardo freddo e tagliente che mi isolava dagli altri, che accadesse qualcosa. Eloin mi disse poi che era stupita e anche divertita da come tutti si muovessero e dimenassero, o bisbigliassero, facendo un netto contrasto con la mia immobilità. Lei stessa si mise a raccogliere chiacchiere sul conto del nuovo arrivo, tendendo le orecchie e ponendo domande ai suoi vicini. Quando Roger entrò calò uno strano silenzio, interrotto solo da colpi di tosse trattenuti, e da chi si muoveva sulle sedie. Allora, con questi silenzi da concerto, è facile lasciarsi prendere dalla’arte fine dell’ascolto. E puoi sentire i fruscii più intimi di due maniche di amanti nascosti che si sfiorano impercettibilmente, o lo scricchiolare delle rare scarpe nuove, o il rumore metallico di un orologio che viene consultato di nascosto, o infine, i rari se non unici bisbigli incuriositi da chi è qui da meno tempo e ha più voglia di vivere, spettegolare, scoprire.
Vivere, spettegolare, scoprire. Ma com’è possibile che qua dentro si pensi a cosa del genere? Perché c’è chi sembra non rendersi conto dell’aria di morte, degli sguardi in cui leggi il suicidio imminente, delle ferite e dei lividi di alcuni, e degli occhi di altri, dalle pupille dilatate e cicatrici sulle braccia?
L’uomo a causa del silenzio piacevole solo a me, camminò sino ad arrivarci davanti, e poi si fermò, guardandoci con un grande quanto finto sorriso.
“Buongiorno ragazzi!” esclamò poi, come un grande orso benevolo.
“BUONGIORNO ROGER” rispondemmo con funerea esasperazione.
“Oggi, come avrete saputo, si aggiunge alla nostra Grande famiglia- continuò Roger includendoci in un unico cerchio con le braccia  -un componente nuovo! Mi aspetto che lo accogliate con l’educazione che vi insegno ogni giorno, ma vi devo mettere in guardia rispetto a costui: stategli lontano o vi ridurrà a quello che anche lui è- disse rendendo la voce più seria e guardando la porta da cui sarebbe arrivato- ovverosia, un perdente.”
Pronunciò l’ultima parola caricandola di disprezzo, e causando curiosità fra le fila delle sue bestie da macello.
“Lascerò che si presenti.” Concluse poi, discostandosi e facendo cenno alle guardie  di portarlo dentro.
Chiusi per un secondo gli occhi, tentando di non illudermi che chi sarebbe uscito da quella porta avrebbe potuto avere qualche possibilità di comprendermi o anche solo di farsi osservare da lontano. Mi aspettavo un qualcuno di ombroso, di scuro. Un ragazzo che avesse come me vissuto cose che non doveva vivere, per sua spontanea volontà. Sapevo che non avrei dovuto farmi illusioni, ma non riuscivo a estirpare da me quel filo di speranza che si era insinuato con prepotenza nella mai testa.
Infine, dopo milioni di anni, dopo pochi secondi, entrò.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Due inferi che si incontrano ***


Ci furono attimi di silenzio mentre veniva portata davanti a noi.
Portata.
Portat-a
Non riuscivo a pensare dallo stupore. Si, insomma, datemi pure del maschilista, ma non me lo aspettavo!
Mello mormorò un “Cosa?”, ma fu l’unico a dare segni di stupore.
Per cominciare la grafia era concisa, schietta, semplice e calcata. Poi… non so, quello che c’era scritto me l’aveva fatta intendere come qualcuno di simile a me, e dunque l’avevo visualizzata come maschio. Inoltre, se lo fosse stata, avrei potuto parlarci, ma così diventava imbarazzante per me, devo confessarlo.

Infine, la guardai oggettivamente, e per un momento rimasi pietrificato, fisso nei suoi occhi. Erano grigi, pieni di sfumature, nicchie di segreti, di pensieri. Erano gli occhi più profondi che avessi mai incontrato. Ci stava soppesando, proprio con quegli occhi. Passavano su tutti, inesorabilmente, e quando arrivarono ai miei, notai che nessuno stupore incrino quell’espressione così ermetica, ne nessun altro sentimento la sfiorò vedendo dentro di me il sangue.
Mi lasciai cullare per un momento in una strana sensazione, che mi aveva attanagliato lo stomaco, facendo scorrere il mio sguardo sulla sua figura snella e decisa. Indossava dei semplici jeans e una maglietta nera con un teschio, a maniche corte. Alle mani però, aveva dei guanti a mezze dita di lana nera. Gli anfibi di vernice nera scintillavano mostrando una minacciosa punta metallica, e i capelli erano tenuti corti ed erano biondo chiaro. Avevo sempre pensato che una ragazza dovesse avere i capelli lunghi, pensavo che i loro lineamenti fossero fatti apposta, ma lei… aveva un che di diverso, e inquietantemente bello.
I suoi lineamenti erano dolci, armoniosi, in contrasto con lo sguardo duro. Una cosa certa era che non si sarebbe lasciata mettere i piedi in testa tanto facilmente.
Quando Roger le chiese di presentarsi fece un mezzo sorriso sarcastico.
“Statemi alla larga. Stop.” Dichiarò poi, con voce chiara e forte. Ancora non potevo staccarle gli occhi di dosso, e chissà perché mi sarebbe piaciuto esserle più vicino, per poterla osservare meglio, dappertutto, avevo il forte desiderio di conoscerla.
E dentro di me, in un punto imprecisato nella pancia, sentivo una sorta di calore indistinto.
Ma mi riscossi con durezza da ciò, mi bastò chiudere gli occhi e sentirla sempre in agguato.
Li riaprì in tempo per vedere un’occhiataccia lanciata da Roger, che però, subito dopo, fece un gesto stanco alle guardie, e ci fece portare via.
 
Tock tock
Aprii la porta, vedendo Eloin con un sorriso stampato sulla faccia che mi salutava.
Passammo a prendere le due M, e le dovemmo aspettare non meno di 15 minuti, visto e considerato che si stavano picchiando di santa ragione. Appena fummo di nuovo nei corridoi, Eloin li interrogò sul motivo del bisticcio. Notai Matt lanciare un occhiata strana a Mello, ma egli, con un sorriso beffardo, le disse che secondo lui la nuova meritava un 8, e secondo l’amico un 9.  Matt tossicchiò imbarazzato.
“Così schedate le ragazze, eh?” si informò Eloin con ironia.
“Emm.. no, noi vermente.. ”
“Si sempre!” esclamò Mello.
“Ah, capisco. E come mai?”
“Beh… così… per passare il tem-”
“Beh, in realtà Matt me lo ha proposto un paio di anni fa, e da allora non è soddisfatto se non fa il giudice una volta al giorno!” esclamò il biondo ridacchiando, e ricevendo un’occhiata a metà fra il disperato e l’omicida dal compagno.
“Bene bene…. E io che voto avrei?” chiese lei.
“Ma 10 amore!” esclamò il fidanzato cogliendo una speranza.
“Ma all’inizio era 8!” s’impuntò Mello.
“Ah, meno della pelata?” chiese Eloin con un’occhiata che non presagiva niente di buono per Matt.
“M-ma Eloin, ecco, io…”
“Ne parliamo più tardi.” Chiuse lei secca.
Mello dichiarò che amava essere sincero e Matt gli tirò di nascosto un pugno nello stomaco.
Entrai dunque per primo nella mensa, e subito un senso di rabbia affiorò in me. Al mio tavolo, era seduta la nuova, a mangiare in silenzio. Schermava gli sguardi curiosi con occhi gelidi come una lama di ghiaccio.
Eloin mi disse di non farla tanto lunga e di prendermi da mangiare. Ma non appena ci fummo seduti, lei, senza nemmeno alzare gli occhi, fece una cosa che fece affiorare di nuovo la rabbia, insaporita a quella sensazione di follia.
“Alla larga mocciosi.”
Mello alzò lo sguardo minaccioso, ma il primo a rispondere, fui io.
“Per quanto mi riguarda, io sto dove mi pare” dissi infatti con voce distaccata, continuando tranquillamente a mangiare.
“Se non te ne vai con i tuoi amichetti giuro che ti spedisco fuori da quella cazzo di finestra, è chiaro?” disse con un tono che voleva apparire forte.
“Perché non ci provi? Forse dopotutto, se ti stendessi abbasseresti la cresta piccola” le risposi, sapendo che l’appellativo l’avrebbe fatta arrabbiare.
“Come mi hai chiamato, stronzo?” chiese infatti indurendo il tono.
“Ehy, già ci scaldiamo eh?” la presi in giro.
Matt e Mello si erano allontanati per godersi la scena senza finirci in mezzo, ed Eloin continuava freddamente a mangiare, imitandomi.
“Cerchi grane?”
“Se mangiare vuol dire cercare grane… si.”
“Tu sei Beyond Birthday, vero?”
“Forse ti riguarda?” risposi, celando lo stupore. Poi capii: Roger.
“Ero curiosa di conoscerti. Mi hanno parlato di te.”
“Posso dire la stessa cosa.”
“Mi hanno detto che sei pazzo.”
“Ma davvero? Dove vuoi arrivare?”
“Volevo informarti che io, a differenza tua, faccio sul serio. Non uccido per gioco.”
“Ti hanno detto che uccido per gioco… strano, tutti sanno che non è così.”
“Allora avevo ragione”
“Su cosa?”
“Tu hai ucciso quelle persone per tentare invano di superare L, perché volevi dimostrargli che tu eri l’originale e lui la copia.”
Come sapeva quelle cose? O aveva parlato con L stesso… o le aveva dedotte.
Invano….
“Non proprio. ma mi sto chiedendo se per caso tu non abbia paura di me, visto che svii un argomento che potrebbe condurti a essere messa KO con furbizia.”
“Io non ho paura di nessuno qua dentro.”
“Ma hai paura di qualcuno la fuori. Chi? Kira?”
Sussultò. “Sei bravo anche tu a sviare gli argomenti.”
“Sei decisa a fare a botte per un tavolo quindi. Davvero intelligente.”
“Se vuoi evitare, forse per salvare la tua dignità, puoi andartene subito.”
“Sai che non lo farò.” Dissi con calma, passando al secondo.
 
THINKS OF ELOIN EDUD
Assistevo a uno scambio di battute durante le quali i due interlocutori avevano dimenticato la mia esistenza. E quando giunsero alla fine, mi preparai a vederli andare tutti e due in escandescenze, Mello mi aveva avvisato che si diceva in giro che la nuova fosse territoriale, forte e furba.
Già la odiavo. Come si permetteva di insultare così BB? È da dire che lui non sembrava prendersela, ma mi dette proprio fastidio quella saccenza scandita dalle sue parole.
Comunque sia, notando che continuavano a mangiare tranquillamente, mi stupii. Li osservai finire ordinatamente i cibi nei piatti, e infine alzarsi e uscire, seguiti da me. Camminavano fianco a fianco come BB non mi aveva permesso di fare se non dopo tante insistenze. Provai una punta di gelosia, ma mi dissi che BB di sicuro non la sopportava come me, quella presuntuosa. Non poteva sperare di batterlo, mi ripetevo.
Entrarono in camera di lui, chiudendo la porta. Sospirai, andando nella mia e sedendomi sul letto.
 
THINKS OF BEYOND BIRTHDAY
Come un tacito accordo, in perfetta sincronia, salimmo, entrammo, e infine ci guardammo un momento negli occhi per cominciare una macabra danza dettata da una miscela di esperienza, istinto e una serie di arti marziali imparate in precedenza.
Eloin sentiva i colpi secchi, e non sapeva cosa fare, se non ignorarli.
Non riuscivamo a farci male veramente , ci difendevamo troppo bene tutti e due. Non riuscivamo a sfondare l’uno la difesa dell’altro.
Ci fermammo dopo una trentina di minuti, col fiato corto. L’uno da un lato della stanza e l’altro dall’altro capo. Ci fissammo.
“Non sei così male” mi concesse.
“Neanche tu” ribattei, scostandomi i capelli dalla fronte.
“Allora, suoni?” chiese incuriosita avvicinandosi alla mia chitarra.
“Vattene.”
“Oh, scusa, ero solo curiosa, hai una bella chitarra.”
“Cosa vuoi da me?”
“Lo ammetto, qualcosa lo voglio, ma non te lo dirò ora.”
Accennava alle telecamere e ai microfoni, me lo sentivo.
“Allora cosa ci fai qui?”
“Intanto mi assicuro che tu sia quello che speravo.”
“Cosa dici?”
“Che mi servirai.”
“Non mi farò certo usare da te, dolcezza.”
“Probabile, ma vale la pena provare” disse, soppesandomi con lo sguardo.
“Perché’?” chiesi, stupito da una tale concessione.
Si avvicinò alla porta, cioè a me.
“Beh- cominciò, calma- non sei male come ragazzo.” E detto ciò, se ne andò.
Tranquillissimo, andai a sedermi alla scrivania.
Ma chi prendo in giro? Con un rossore sospetto sulle guancie, rimasi immobile per un minuto buono. Nessuno mai mi aveva detto una cosa simile. Mai. In venti anni. neanche quel… nessuno.
Eloin comparve.
“L’hai battuta o no, quella meretrice?”
“Che?” esalai stupito, ancora un po’ in shock.
“BB, stai bene?”
“Si si, credo. Devo pensare.”
“Dimmi che non stai pensando che è simpatica. Oh no non fare quello sguardo lo conosco! No! Ma sei scemo!?”
“Devi piantarla di leggermi nel pensiero, sei inquietante!” esclamai, cercando di metterla sul ridere.
“BB. Non metterla sul ridere. Pensaci bene. Ho sentito che ti ha detto, sta solo tenendo fede alle tue parole. Per usarti. Stalle alla larga, chiaro?”
“Eloin, ora stai esagerando. Anche se avessi ragione, fino a prova contraria non mi puoi imporre niente.”
“BB, per favore! Dammi retta!”
“Mh” risposi, già perso nei miei pensieri.
“Sei un idiota sappilo.” Dichiarò, sbattendo la porta.
Risi fra me e me, e mi avvicinai alla finestra. Il cielo scintillava di azzurro, sembrava irreale. Una rondine passò nel cielo andando a posarsi sul tetto molto lontano da me. Magari avessi potuto essere quella rondine…
Ma basta, non era possibile, cosa andavo a pensare? Mi ritornò in mente il discorso di Eloin sui sogni. Cominciavo forse a intuire ciò che intendeva…
Ripensai alla giornata. Mi rivenne in mente un particolare e mi rabbuiai.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Demoni insospettabili ***


La mattina giunse di nuovo per tutti. Mi alzai presto, e mi cambiai, per poi attendere in uno strano umore l’arrivo prevedibile di Matt e del suo gioco. E infatti poco dopo, la porta si aprì, ed egli entrò con un sorriso e un saluto.
“Matt… cosa ti avevo detto riguardo Eloin?”
“Emmm… di trattarla bene?”
“E tu l’hai fatto?”
“S-si BB… ”
“A me non sembra.” Continuai, alzandomi davanti a lui.
“Ma BB, cos’ho fatto di male?”
“Guardi altre ragazze e questo a lei da fastidio.”
“Oh. Be, ma non lo farò mai più!”
“Lo sai che io non do mai seconde possibilità Matt.”
“Che vuoi fare BB? Vuoi picchiarmi?” mi chiese seccamente.
Lo guardai negli occhi. “Si, era quello che pensavo, proponi qualcosa di meglio?” dissi con schiettezza.
“Non so, parlarne civilmente?”
“Non c’è proprio nulla da dire. Non dovevi farlo e basta.” Dichiarai.
“E va bene, vada per le botte.” Disse calmo, spegnendo la sigaretta sul pavimento.
Sorrisi fra me e me. Scelsi il thai cin per l’occasione, e stavo per attaccare, quando sfilò una pistola dalla cintura, e me la puntò contro togliendo la sicura. Rimasi fermo immobile a guardarlo.
“Una cattiva parola su di me a Eloin e ti faccio fuori BB. Chiaro?”
“Tu sei di Roger.” Constatai, stupito.
“Strano che neanche Mello l’abbia capito, nevvero? Ora, se qualcun altro lo viene a sapere, tu sei morto. Non è facile cogliermi di sorpresa. Sembro sbadato, vero? Il tipico donnaiolo idiota. Si, sono un bravo attore. Ma vedi BB, con Eloin per me è diverso, e anche a costo di far saltare la copertura ed essere pestato a morte dai miei cari compagni, io non la perderò. Punto. Non mostri neanche un po’ di stupore, bravo. Fai bene. Sai, è strano che proprio tu ora, sia in mio potere, perchè così è. Posso ucciderti come un cane, ma non lo farò, non perché tu mi stia simpatico, lo sai che non ti sopporto, ma Eloin soffrirebbe per la tua morte. E poi sei il suo unico svago oltre a me. Ma mi raccomando, stai attento a ciò che dici in sua presenza. Anche perché io, lo saprò in ogni caso.”
Detto ciò, tenendo gli occhi puntati su di me, mise la sicura, e rimise a posto la pistola.
“Matt… proprio tu, l’insospettabile, eh?” disse una voce arrogante dietro di noi. Ci voltammo di scatto, per scoprire Mello, mentre addentava una barretta di cioccolato, e ci guardava attentamente.
“M-mello?”
“Mi vuoi minacciare Matt?” chiese con voce melliflua avvicinandosi a lui, e senza battere ciglio gli prese la pistola e la osservò. Matt non fu capace di ribellarsi e stette fermo immobile.
“Bel giocattolo. Allora, dopo che io stesso ti ho insegnato a usarne una, non mi dici se ne sei in possesso? Fedele amico… prima che arrivino le guardie potrei fare in tempo a farti fuori, sai? Dopotutto a me non frega un cazzo di Eloin, no?”
“Mello-”
“Sta zitto. Non ti ucciderò idiota. Ma ora le prendi.”
E gli tirò un violento schiaffo, al posto della mano, la pistola stessa. Io me ne tirai fuori, dopotutto erano affari loro., così andai alla finestra, senza ascoltare.
 
Quando Eloin entrò, era tutto a posto. A parte un labbro spaccato di Matt, ma lei non se ne preoccupò, attribuendolo a un’altra lite con l’amico.
La colazione passò in silenzio, la nuova arrivata non si fece vedere, e spesso Matt venne sogguardato  da me e Mello, ma lui schivava quegli occhi, sembrava spaventato. Non da me, da Mello.
Ero incuriosito. Quando mai Matt aveva avuto una pistola? Eppure quando – aimè- mi aveva abbracciato, non sembrava che ne avesse una.
All’improvviso, vidi Mello fare un’espressione strana, verso la porta della mensa. Alzai lo sguardo, e nella luce bianca al neon, vidi la nuova arrivata prendersi da mangiare. Mi chiesi il perché dell’espressione del biondino, ma egli fece finta di niente.
Poco dopo, anche Eloin finì di mangiare, e ce ne andammo in camera. Mello non salì però, e vidi la nuova sedersi davanti a lui.
Anche la mia amica lo notò, e chiese a Matt se si conoscevano, anche se con un po’ di freddezza, visto l’episodio del giorno precedente, ma lui le assicurò che non sapeva niente di quella ragazza, abbracciandola affettuosamente.
 
Era una fresca mattina, ma non freschi erano i miei pensieri. Come fare ad avvisare  Eloin della natura di Matt senza rimanerne ucciso? Perché chiunque sapesse che uno dei carcerati era corrotto (e non ce n’erano pochi) veniva trovato morto, spiaccicato sull’asfalto, o impiccato nelle lenzuola. Si, è stato un tragico evento, il suicidio gli è sembrata la via migliore, bla bla bla.
Si, certo.
Pensieri che si mordevano la coda, vennero spazzati via da una decisione brutale. Mi alzai, uscii e, nel corridoio freddo e stretto, i  miei passi rimbombarono, leggeri e veloci.
Spalancai una porta conosciuta.
“Già qui BB? Come mai questa frequenza di visite? E perché non hai bussato, stronzo?”
Il biondo diede un altro morso alla cioccolata che aveva in mano, e si alzò con uno sguardo strano. Ma null’altro era cambiato, e cambiò, nel nostro dialogo. Se non che Matt non ridacchiò. Matt non c’era.
Capii finalmente come Mello comprendeva ciò che provavo a seconda di come lo picchiavo. Non rise una volta, si limitò a picchiarmi con più rabbia, accortezza e forza del solito. Poi successe un fatto inaudito, fece una mossa fuori dalle regole, e mi fece cadere, sotto la scarna scrivania. Stavo per alzarmi e punirlo violentemente per quel gesto da perdente e da barone, quando vidi con la coda dell’occhio, un foglio piegato, con scritto a grandi lettere RACCOGLILO BB. Che feci? Lo raccolsi, elaborando in un secondo che era l’unico punto della camera non preso dalle telecamere. Così lo infilai furtivamente in tasca, mi alzai e, facendo finta di niente, sbattei Mello per terra e gli tirai un violento calcio nelle costole, dandogli del perdente. Ma non si concluse così in fretta la lotta. Dopotutto era Mello. Ed era veramente incazzato per una volta.
Non mi ero mai reso conto di quanto fosse forte.
Naturalmente però, vinsi. Sdraiato per terra, per un secondo chiuse gli occhi, poi si tirò su, togliendosi la polvere dai vestiti e reprimendo l’istinto di passare la mano sui capelli dorati, essendo questa sporca di sangue.
Non parlammo in bagno.
Ma prima di separarci, come un gesto di solidarietà verso un problema, un segreto, in comune, ci demmo una lieve pacca sulla spalla, e ci separammo immersi nei propri pensieri.
Arrivai in camera ancora in subbuglio. Coma leggere il biglietto non era un gran problema. Piuttosto il contenuto m’incuriosiva. E l’eloquente silenzio denso di pugni che di solito si dimostravano decisamente meno efficaci (almeno a giudicare dal mio occhio nero ) mi insospettiva. Io e Mello non ci eravamo mai considerati  più che compagni di lotta. E ora d’un tratto, sentivo che la sua opinione di me era cambiata. Ci avrei pensato dopo, mi dissi però, prendendo un libro consunto dalla libreria e sedendomi sul letto, portando con un paio di mosse casuali, il foglietto sulle pagine che mi facevano da scudo. Ci vollero dieci minuti per aprirlo senza il rischio di destare sospetti. E alla fine ebbi davanti le parole del biondo.
Ciao Beyond,
se ti fai beccare con questo biglietto, morirai. Del fatto che morirò anche io non immagino ti importi.
Leggi attentamente. La nuova arrivata si chiama  Angel  e viene da Las Vegas, anche se per molti anni ha vissuto a Los Angeles… e in un altro posto di cui solo io e Matt sappiamo la posizione. Lei fatto ha fatto parte della malavita, era una boss mafiosa fra le più temute, grazie a lei sono arrivato ad avere tanto potere su quell’organizzazione tempo fa. Ma non bisogna mai affidarsi a persone come lei. Ti avverto: il suo unico scopo è usare te, me ed Eloin per fuggire e dare la colpa a qualcun altro. Risparmia i tuoi pugni a qualcun altro. Sta alla larga. Non parlarle, o te la vedi con me. Non tengo alla tua vita, ma alla mia. E per motivi che non puoi e non devi capire se ci vai mezzo tu ci vado di mezzo io nella sua tela di bugie.  Lo so che sembra un angelo. Ma è come te, sotto c’è una merda di persona (scusa il complimento). Solo che lei non ha gli occhi rossi, e tutti cascano nelle sue trappole.
Riguardo Matt. Non ha deciso lui di avere in mano quella pistola. Ma credendosi tutt’ora innamorato, Roger l’ha costretto a stare dalla sua parte e a raccogliere informazioni su di te, in cambio della sua relazione. Inoltre, a quel che ho potuto capire, sembra che Roger gli abbia esplicitamente detto di farti capire o addirittura dirti, cosa che ha fatto, che i suoi occhi sono quelli del grande capo. Non aveva scelta.
Ma come credo anche tu, io non credo in ciò che chiamano Amore.
Per cui, a causa sua siamo nei casini per nulla, e sempre più sorvegliati. Ora, desidererei sapere perché vogliono sorvegliarti tanto e sappi che se non me lo vuoi dire lo saprò da qualcun altro, sono bene informato, lo sai.
Per mio conto, beh, diciamo che Roger non vuole che mi avvicini  Angel.
So che la forma di questo scritto e la calligrafia non sono delle migliori, ma non ho tempo e luogo di scrivere meglio o con termini e frasi meno ermetiche. Tanto non sei stupido no? Deduci.
Un affettuoso vaffanculo di cortesia.
Mello
 
Viene da Las Vegas, ha vissuto a Los Angeles era una boss rinomata. Che fosse…
Non poteva essere. Proprio lei, qui?
Dopotutto, perché no? La leggenda diceva che non sarebbe mai stata beccata, ma era una leggenda e io non ci credevo. Ma come mai non l’avevano ancora tirata fuori? Aveva appoggi potenti, perché non venivano a prenderla? Era un tassello importante della malavita, come mai la lasciavano li a marcire?
Almeno ora era chiaro perché sapeva tanto di me. Lei era Angel, o almeno così la chiamavano, per via della sua dolcezza. Che nascondeva però i più truci metodi di tortura e uccisione conosciuti. Tutti la temevano nel suo ambiente. Si diceva che potesse imbrogliare persino… persino L. si diceva che l’avesse fatto, che avesse lavorato con lui a un caso, e poi, all’ultimo momento, prima di essere presa, era svanita nel nulla, lasciando a L la consapevolezza di avere una rivale. Ma chi era veramente? Quasi nessuno l’aveva vista in volto. Ma quelli che l’avevano vista dicevano che piuttosto che Angel, avrebbero dovuto chiamarla Mask, tanto i suoi lineamenti erano in contrasto con quello che era in grado di farti con un solo pugno.
Eppure non mi aveva battuto.
Non era così esagerata la cosa.
Sapevo che Mello aveva avuto a che fare con la mafia prima di finire li, ma non pensavo che addirittura lei fosse interceduta per lui. E per Matt. Che ci fosse un legame maggiore di quello che immaginavo tra i due?
Mi aveva detto di stare alla larga, eppure sapeva che così mi sarei incuriosito solo di più… per me era una specie di invito, così. Sorrisi dentro di me.
Beh, Mello, mi dissi, abbiamo allora qualche affinità in più che la voglia di sfogarsi con le botte… così, tu non credi nell’amore… certo, lo so che avrai visto così tante coppie tradirsi da perdere fede in esso e non mi sorprendi con quest’affermazione. E effettivamente non credo neanche io che tale sentimento, per come è descritto, esista.  
Infine Matt. Se ha ceduto a un ricatto simile allora, forse, non si sta prendendo gioco di Eloin… in effetti è stato con molte altre ragazze, ma Roger non gli ha mai detto nulla, ed ora all’improvviso spunta Eloin, e Matt deve diventare di Roger, e non solo, deve farmi capire che sono più sorvegliato del solito per poter stare con lei. E il bello è che lui lo fa.
Questo era più o meno quello che pensavo, nei secondi dopo la lettura della lettera.
Finii di leggere il libro in circa 10 minuti, e fatto ciò, lo chiusi con il foglio dentro, riponendolo, per quanto sapessi che non era certo il miglior nascondiglio. Ma per il momento, non potevo fare di più.
L’atmosfera nella stanza era rimasta quella di tensione e rabbia, nonostante il mio umore fosse cambiato. Mi sentivo intrappolato. Non tanto dalla stanza, quanto dalle telecamere, dai microfoni, dal continuo controllo che avevano su di noi, dall’idea che la fuori, la gente, L, continuava a vivere senza chiedersi come le ore che per loro erano piene di attività, potessero passare anche per noi.
Andai a sfiorare delicatamente la mia piccola, chiedendomi come comportarmi con  Akira.
Ero indeciso. Da un lato, proprio per gli imperativi di Mello, avrei voluto capire cosa fosse  questa tela di bugie, dall’altro, Mello aveva anche detto che il suo scopo era usare me, Eloin e lui stesso. E non volevo mettere in pericolo la mia amica per un capriccio. Ma dopotutto il biondino avrebbe potuto citare la mia vicina di stanza proprio per trattenermi. E a confermare quest’ipotesi c’era il fatto che al suo arrivo Akira aveva avvicinato solo me e Mello, facendo anzi sentire Eloin un po’ esclusa a quello che avevo capito.
Quindi tanto valeva non dargli ascolto.
Pensai ancora a Matt. L’avrei potuto dire ad Eloin? Ma come? Se l’avesse saputo saremmo stati uccisi tutti e due. Dovevo tenere per me quel segreto anche se la riguardava tanto. 
Sbuffai, lasciandomi cadere sul letto e socchiudendo gli occhi con le mani dietro la testa. Si udì un altro grido di dolore, chissà chi era, che vita aveva… orami non me lo chiedevo neanche più, sentivo la domanda e sentivo la risposta:  non lo saprò mai, ma non le formulavo. Ricordai il mio primo giorno la dentro. Non era stato certo un bel’impatto. La viscidità ipocrita di Roger mi aveva accolto calorosa, disgustandomi, e vedere quella schiera di pazzi salutare tutti insieme come marionette, mi aveva fatto arrabbiare ancora più di quanto già non lo fossi.
Poi al tavolo, un ragazzo aveva attaccato briga, e gli avevo tirato un pugno così forte da spezzargli il collo. Già dal primo giorno torturato in quell’ufficio.  Mi scoprii a pensare che ormai ero fuori allenamento, non sarei mai riuscito a spezzare il collo a un ragazzo di quella stazza. La cosa mi dispiacque tanto che decisi che avrei ricominciato ad andare in palestra. Si, non era un bel posto e molti, se ti vedevano smilzo, provavano a schiacciarti la testa con 50 kili di pesi, che non è una bella morte, ma, pensai, non ero così tanto fuori allenamento da non tenere loro testa.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Sviluppi nell'inferno ***


Quella sera Eloin venne un po’ prima della solita ora, aveva voglia di chiacchierare evidentemente. Entrando, naturalmente senza bussare, mi sorrise. In quel momento ero seduto sul letto a pensare, e mi colse un po’ di sorpresa entrando a quel modo, ma non le dissi nulla, limitandomi invece a salutarla e a chiederle come stesse.

“Bene bene! Cosa vuoi che sia successo? Immagino che Mello sia la causa dell’occhio nero, vero?”

“Emm… si…” ammisi facendole posto di fianco a me.

“Ci hai mai più pensato ai sogni?” mi chiese inaspettatamente dopo un sospiro dovuto alla mia precedente affermazione.

“In realtà… una volta si.” Le dissi con onestà.

“Ah bene! Non pensavo!”  disse con una certa soddisfazione.

“Non sono poi così prevedibile alla fine, no?”

“Comunque sappi che posso leggerti nel pensiero se voglio!” esclamò, ridendo e facendomi sorridere.

“Dimmi… sai come si chiama la nuova?”

“Pensi ancora a quella? Si fa chiamare Angel, e tutti a quanto sembra la temono molto, non so perché. comunque io non voglio averla vicino, non mi piace. Hai visto che faccina angelica? Quella brutta donna a ore! Come se non sapessi che ti ha provocato apposta. Sai cosa si dice in giro? Si dice che voglia fare di te e Mello suoi complici per fuggire! Ti sembra normale? Se provasse a fuggire da qua morirebbe e con lei tutti i suoi complici, sarebbe un suicidio!”

Sobbalzai, ma poi posai una mano sulla spalla della ragazza calmandola. Mi rendevo conto che non era più un gioco quello che stava accadendo la dentro. Non era più tentare di schivare l’amicizia della gente quello che mi si chiedeva. Era scegliere fra un suicidio con un possibilità di fuga e la reclusione senza scampo.

Comunque le voci confermavano ciò che avevo pensato. A lei grazie a dio non interessava Eloin. E lei era davvero… lei, insomma.

Sospirai.

“Andiamo a cena Eloin.” Dissi con calma, sapendo che potevo aspettarmi qualche parola da Angel. Ma stavolta avrei usato le mie armi anche io.

Scendemmo le scale chiacchierando di cose che non ricordo senza molta importanza, e quando ci fummo seduti, notai che Angel si dirigeva verso di noi.  Accennò un sorriso ch emi sembrò un sogghigno e si sedette di fianco a me.

“Ciao Beyond Birthday” disse cominciando a mangiare.

“Ti piace chiamarmi per nome, Akira?” le chiesi maliziosamente, con un luccichio degli occhi. Il mio disappunto? Sembrava dalle lettere che le avevo letto sulla testa che il suo nome intimo fosse solo quello, in cognome non figurava che una con una macchia indistinta, che non mi faceva capacitare.

Sussultò per la seconda volta durante le nostre brevi conversazioni.

“Sei ben informato. Ma non è il mio nome. Il mio nome è Angel.”

Mi prendeva in giro? Capii in un momento quello che aveva intenzione di fare se avessi insistito.

“Dici? Che strano mi sembrava proprio che fosse Akira- dissi scandendo bene l’ultima parola-. Mi sarò sbagliato. Cosa vuoi?”

“Parlarti.”

“E se io non volessi ascoltarti?”

“Mi ascolteresti lo stesso. ”

“Perché?”

“Vuoi che si sappia in giro che sei una copia dell’unico orginale? Per altro una copia riuscita male.” chiese vendicandosi.

La rabbia mi salì estranea e parte di me, riportando a galla vecchi ricordi che avrei dovuto cancellare. I miei occhi scintillarono da soli, e per un momento non riuscii a pensare che a certe immagini. La mia rabbia saliva troppo e troppo in fretta, e questo Eloin lo sapeva anche solo guardandomi dalla coda dell’occhio.

Ma non fece in tempo a fare nulla, perché mi alzai di scatto, tirando su Angel, o meglio Akira, per il colletto.

La guardai negli occhi per un momento, e le sferrai un pugno involontariamente, un pugno che lei fermò anche se con difficoltà. Era ferma immobile nella concentrazione di tenermi ferma la mano, come io nella concentrazione di muoverla. ma io avevo una mano libera, e con quella le tirai una spinta violenta, che la fece cadere a terra, davanti a me. Solo allora mi calmai, e dopo averle lanciato un ultima occhiata mi sedetti di nuovo. Tutti la guardarono alzarsi e sedersi anche lei.

“Beyond Birthday, non essere così violento.” Disse una voce alle mie spalle, poco prima che Akira parlasse di nuovo chissà per dire cosa.

Repressi un brivido all’idea di entrare di nuovo nell’ufficio di Roger, ma quattro uomini all’apparenza sbucati dal nulla ci trascinarono li tutti e due sotto lo sguardo fra l’adirato e il preoccupato di Eloin.

Non ci parlammo quando venimmo sbattuti e legati su due sedie davanti all’odiata scrivania. Ma certo, per lei era la prima volta, aveva ancora uno sguardo curioso che vagava per la stanza. Il mio era solo arrabbiato.

Per colpa sua ero finito di nuovo la dentro e chissà come ne sarei uscito! Insomma, sa quando era arrivata Eloin non facevo in tempo a guarire ed ero di nuovo li! E il bello era che non era nemmeno colpa sua!

“Hei, qua non ci sono telecamere ne microfoni, lo sai?”

“Si.”

“Ascolta allora. Ti devo parlare.”

“Non mi interessa. È un suicidio la tua volontà.”

“Di cosa stai parlando?”

“Del fatto che vuoi evadere.”

“Ah, ne sai qualcosa. Mello, vero? Comunque quello che volevo dirti è che qualunque cosa ti abbia detto il biondo sappi che mentiva. Io non voglio convincerti a tentare l’evasione con me per scaricare la colpa su qualcun altro. Lo voglio perché, per prima cosa senza il tuo aiuto non ci riuscirei, per seconda perché sei tu. Non c’è tempo per spiegare.” Disse velocemente con voce concitata e calma allo stesso tempo.

Mi limitai ad abbassare lo sguardo sulle mie scarpe per non vedere la faccia di Roger mentre entrava nella stanza.

“Ancora qui BB? E tu, A, già qui?”

Non mi degnai di rispondere o di guardare. E la cosa venne notata.

“Hey come siamo cupi, ma non lo sai che non guardare che ti sta parlando è maleducazione?” chiese infatti l’uomo.

“Anche torturare le persone di cui sei responsabile lo è, Roger, eppure tu lo fai comunque.”

“Che faccia tosta BB, ti ho già detto che non mi piaci quando fai così. E allora, come mai avete litigato carini?”

“Affari nostri.”

“Non essere ostico B!”

“Roger, è stata colpa mia, BB non c’entra. L’ho provocato fino a che non ha potuto trattenersi e me ne assumo tutte le responsabilità” disse con voce calma e decisa A.

Sgranai gli occhi, pur senza spostarli. Con che leggerezza si era condannata, mi era inconcepibile!

“Bene allora verrai punita per questo. Ma BB mi ha veramente mancato di rispetto ora, disubbidendo a ordini che ormai sono anni che riceve, perciò il tuo atto di generosità non servirà a nulla. Vuoi ritirarlo?”
“Non ho detto la verità perché BB mi faceva pena, bensì perché era giusto così. ”
“Beh, non cambia i fatti.” Rispose mellifluamente Roger.
“Roger, se ti dicessi che sei un pezzo di merda, quella si che sarebbe mancanza di rispetto, ma il fatto che il ragazzo sia abbattuto per via del fatto che questa stanza è piena di strumenti di tortura, beh, questo è essere umani.” Commentò la ragazza con calma.
“Lascia che sia io a giudicare cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il fatto che siete qui indica che voi non lo sapete fare, no? Perciò zitta.” Ribatté l’uomo con un gesto brusco della mano.
“Allora, che hai intenzione di fare adesso, Roger? Mi punisci davanti a lei come con Eloin? Anche se quella volta non mi sembra che sia finita molto bene per te… o ricordo male?” chiesi ironicamente rassegnato alla mia sorte.
Sul volto del mio carnefice si creò una piega crudele.
“Perché non taci anche tu BB? Ci faresti un grande favore, sai?”
“Perché usi il plurale?” chiese allora Angel.
“Vi ho detto di tacere” ribadì, aggirandoci.
“Vuoi usare tutto quell’arsenale? Uh, non hai un minimo di senso di umanità mio caro!”
“Sai Angel, come credo ti accorgerai presto, quello che abbiamo in questa stanza non si può definire umano. Anche perché a mio parere e a parere di molti altri, è sprovvisto di ciò che ci rende tutti mammiferi. E che ci rende maschi soprattutto.” Allusi.
Forse avevo esagerato però,pensai sentendo una scarica elettrica passare per tutto il corpo, seguita in veloce successione da altre tre. Riabbassai la testa, arrabbiato, ma impotente.
“Se mi insulti ancora, passerai brutti guai B e consiglio a te, A, di stare alla larga da questo ragazzo, è un pessimo soggetto, anche se sono sempre riuscito a piegarlo alla fine. ”
Spalancai gli occhi dallo stupore. Quando mai mi aveva piegato? Non facevo risuonare abbastanza la falsità nella voce, quando mi scusavo?
“Roger, lo umili anche? Sei proprio crudele.” Commentò Angel, o Akira, o come cavolo si chiamava.
“Non ho certo bisogno della tua protezione A.”
“E io di certo non ti sto difendendo, visto che ai miei commenti Roger si arrabbia sempre di più e diventa sempre più violento.”
“Felice di esserci chiariti.”
“BB, A, insomma, abbiate un po’ di contegno alla vostra sfacciataggine! Allora, cosa vogliamo fare, mostriamo come ti piego alla tua amichetta B? Ma puoi risparmiarglielo se ti scusi con lei e con me, ora.”
Sbuffai.
“Va bene.” Disse il direttore, facendo entrare due guardie che fecero portare via Angel. Sicuramente nella camera bianca. Quella senza cibo ne acqua fino a che non risuona la tua voce rotta dall’aridità che spara ipocrisie per sopravvivere.
“E allora BB, come la mettiamo con la tua violenza? Cosa devo fare con te, tagliarti una mano? Vedo che l’idea non ti piace… allora, non so, romperti una gamba, un braccio, due costole, cosa per dio?”
“Puoi sempre uccidermi.”
“Ah già, la tua voglia di morire. Così vuoi davvero morire? Sul serio?”
Ci pensai, e lui mi lasciò pensare.
“No. Per ora. Forse fra un po’.”
“Capisco… allora posso minacciarti di ucciderti…”
“Sarebbe inutile, lo sai anche tu che sono messo sempre peggio, quindi presumibilmente un giorno cederò.”
“Cosa?”
“Gli occhi Roger. Sveglia.”
“Mh, hai ragione, non ti ucciderò. Farò di peggio.” Rispose avidamente, facendo trasparire il desiderio dell’arrivo del momento in cui gli avrei rivelato tutto. Povero illuso.
“Cosa di grazia?”
“Ti toglierò la chitarra.”
“Ok, mi scuso.”
“Sei proprio un ipocrita, e per questo vai punito. Direi che tre  giorni potranno bastare, o sbaglio?”
“Maledetto bastardo. Cos’altro vuoi da me?” gli domandai tentando di mantenere un tono calmo, nonostante dentro di me stessi facendo evoluzioni per non lasciarmi andare ala rabbia.
“Ecco un altro motivo per i quattro giorni: non impari mai. Finirai male BB, molto male.”
e così finì il nostro colloquio. Quando venni sbattuto sul pavimento della stanza mi concessi uno sbuffo adirato e forse leggermente rassegnato, poi mi sedetti appoggiato al muro, sempre con lo sguardo a terra, pronto ad aspettare come al solito, che Roger si decidesse a scarcerarmi.
“Hei ciao.” Disse una voce lugubre dall’altro lato della stanza.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Raggi di ombra ***


“Hei ciao.” disse una voce lugubre dall’altro lato della stanza. Alzai il viso e vidi Angel farmi un cenno di saluto. Non risposi, riflettendo sul fatto che se quella… come aveva detto Eloin? Ah, si, se quella meretrice non mi avesse provocato, in quel momento sarei stato in camera mia, magari a chiacchierare con Eloin senza quell’orribile sensazione che Roger e il suo aggeggio da elettricista mi lasciava, o bruciature sul collo.
“Puoi evitarti quello sguardo da duro Beyond Birthday.”
Non risposi di nuovo.
“Sai, ho sentito dire che puoi essere molto forte se vuoi, tanto da spaccare il collo a ragazzi più grandi di te.”
Riabbassai lo sguardo sforzandomi di non ascoltare, nonostante il fatto che lei sapesse così tanto di me, mi facesse arrabbiare e mi mettesse a disagio. Come se non bastasse, quella cosa bastarda dentro di me non la smetteva di ribollire e di tentarmi. Ma cos’era? Rabbia, follia, cosa?
“Ma come, sei così gracile a vederti…” si chiese, con un tono che mi parve creato appositamente per farmi arrabbiare e che non sentivo per la prima volta.
“Non sembri proprio in grado di uccidere qualcuno con un pugno… secondo me mi hanno raccontato delle cazzate… E vogliamo parlare del pugno di prima? Pfui! Se quello è un pugno-”
“Sta zitta.” Le intimai con voce dura.
“Ti ho già detto di non fare il duro, no? Non ce n’è bisogno, sta tranquillo. Non dirò n giro che non sei così forte come si dice. Forse.”
“Ti ho detto di stare zitta.”
“E come, mi chiedo, uno come te, uno così debole, un perdente, ha potuto solo pensare di sfidare il grande L? l’hai conosciuto, eh? Certo immagino che fossi lo spazzino della sua camera tanto sei stupido. Come hai sperato di riuscire a batterlo? Cos’hai pensato? Sei veramente un’idiota.”
Sentivo la rabbia crescere dentro di me, prendendo la parte del mio autocontrollo, e non riuscivo a contenerla.
“Oh, scusa, forse così ti faccio arrabbiare? Ma dopotutto cosa me ne frega di fare arrabbiare uno così sfigato, così sciocco… già non me ne frega niente.” Continuò lei, osservandomi con aria critica.
“Vuoi tacere idiota?” dissi senza quasi accorgermene. Stavo per perdere, me ne rendevo contro, solo il pensiero di cos’avevo fatto l’ultima volta mi tratteneva. Ma poi pensai alla ragazza che avevo davanti e fu la fine.
Tentai ancora di trattenermi, cosciente di quello che stava succedendo, ma impotente. Angel si alzò, chiedendomi cos’avessi: stavo tremando.
“Cosa c’è, ti ho fatto piangere? Povero piccolino!”
No, stavo tremando per fermare i miei muscoli, ma non ci riuscii.
Mi alzai e la guardai negli occhi.
“Bene. Sono riuscita a farti arrabbiare, eh?” disse compiaciuta, notando nello sguardo, che la persona con cui stava parlando era cambiata.
Ridacchiai, non riuscivo a non farlo.
Con una sola mossa la sbattei contro il muro facendole prendere una violenta botta alla testa e cadere.
La ragazza si limitò a sorridere.
la raggiunsi le presi il collo con una mano e la tirai su senza lasciare che si potesse difendere. La misi contro il muro, che mi aiutava a tentare di soffocarla.
Riuscì’ a tirarmi un pugno e a farmi lasciare per un momento la presa. Aveva il fiatone, e un colorito decisamente più rosso.
“Allora è vero” constatò senza farmi capire a cosa si stesse riferendo.
Non la sentii neanche, cominciando a attaccarla a forza di una serie veloce di pugni dai quali non riusciva completamente a tutelarsi. La presi per un braccio e lo stortai con forza per romperlo e stavo per riuscirci. Ma in quel momento entrarono due uomini di Roger e mi fermarono le mani. Ebbi un momento di lucidità.
Angel per terra, mi guardava con una punta di stupore negli occhi grigi.
Gli uomini mi trascinarono dall’altro lato della stanza, mettendomi, in stile tigre da circo, delle manette ai polsi terminanti in catene lunghe un metro, che mi bloccavano al muro. Uscirono com’erano entrati, richiudendo la porta a chiave.
mi sedetti contro il muro, riprendendo a guardare per terra, facendo sbollire la rabbia in quel cemento bianco.
La bionda si avvicinò con cautela.
“Ti sei calmato?” mi chiese con una voce quasi sprezzante, ma intuii che era semplicemente il tono di voce che era abituata ad avere.
Bastò uno sguardo a farle capire la risposta.
“Scusa, mi serviva sapere se era vero che potevi diventare…” esitò.
“Un mostro?” suggerii io frustrato, guardandomi i polsi. L’avevo fatto di nuovo, maledizione. Possibile che fossi così debole? Se ci fosse stata Eloin? Mi odiai con tutto me stesso.
“Si più o meno è quello che intendevo. Ma cosa.. cosa provi quando ti succede?”
“Lasciami stare Akira.” Le dissi seccamente.
“Senti piantala di chiamarmi Akira.”
Non risposi più, neanche la guardai. Le si sedette di fianco a me, facendomi alzare le soglie dell’attenzione. Mi dava un certo fastidio quel leggero contatto. Era a gambe incrociate, mi guardava con quegli occhi così pesanti e per un attimo mi sembrò dispiaciuta.
“Cosa c’è?” le chiesi dopo 10 minuti al limite dell’esasperazione, contando il fatto che le nostre braccia si sfioravano, cosa che mi faceva impazzire forse più del suo sguardo fisso su di me.
“Niente.”
“Perché mi fissi?”
“Perché non dovrei?”
“Perché mi da fastidio.”
“No è che stavo pensando che dovresti sorridere di più, ti donerebbe.”
“Sei stupida per caso?”
“Non credo. Tu?”
“…”
“Lo prendo come un no.”
“Cerchi di farmi di nuovo arrabbiare?”
“Sono solo curiosa di sapere se riusciresti a liberarti.” Si giustificò lei.
“Si ci riuscirei.”
“Perché non lo fai?”
“Per essere legato sempre più stretto?”
Silenzio.
Si alzò e si sedette dall’altre lato della stanza, guardandomi negli occhi. abbassai di nuovo lo sgaurdo.
Passò un giorno così. Fermi. Lei che mi guardava e io che trovavo interessante studiare il paesaggio del pavimento.
A un certo punto, mi accorsi di avere le palpebre pesanti e pur lottandovi, venni infine vinto dal sonno.

THINKS OF AKIRA  -----
Lo guardai per ore, senza pensare a lui. Poi, quando finalmente il suo respiro si fece più tranquillo e i suoi occhi si chiusero, quando, appoggiando la testa al muro di cemento, si addormentò, mi riscossi.
aveva dei lineamenti finalmente rilassati, finalmente naturali.  Mi serviva il suo aiuto se volevo scappare da li. Ce l’avrei fatta? Mi rassicurai ancora una volta che si, sarei riuscita nel mio intento. Avevo decisamente bisogno di rassicurarmi. Avevo già fallito una volta per un errore stupido. Ma stavolta, mi dissi, non sarebbe stato così. Stavolta avevo due alleati potenti. Certo, li dovevo ancora convincere, ma non era mai stato un problema per me. Immaginavo che i due non avrebbero voluto abbandonare Eloin e Matt, ma solo facendolo avrebbero potuto salvarli.
BB sembrava innocuo quando dormiva, un semplice ragazzo in balia degli eventi. Mi spiaceva avergli causato giorni di reclusione, ma avevo dovuto farlo.
Sorrisi all’idea di come mi aveva battuto ore prima: era decisamente la persona giusta. Era pure carino, constatai osservandolo ancora una volta con sguardo critico. Una bella carnagione, che vantava di un contrasto con i capelli scuri. E poi quegli occhi… mi avevano molto affascinata come i miei avevano affascinato lui. Mi scoprii a pensare che mi dispiaceva incontrarlo in quel luogo.
Dopotutto, anche se l’avessi incontrato fuori, riflettei, cosa sarebbe cambiato?
Tornai a riflettere sulla fuga.
Ti farò vedere chi sono, Angel” sussurrai con determinazione e odio verso quel nome così… falso. Quel nome, che non era il mio.
THINKS OF BEYOND BRTHDAY
Aprii gli occhi e vidi per prima cosa quelli grigi della mia compagna di torture. Ancora?
“Da quante ore mi fissi così?” le domandai con irritazione evidente.
“Ho perso il conto…” rispose sovrappensiero senza spostare lo sguardo.
“La pianti?”
Silenzio.
I giorni passarono senza grande dialogo tra i due. Akira li trovò istruttivi, io li trovai snervanti. Non mi toglieva gli occhi di dosso. Era la cosa peggiore che potesse farmi. Ma mi costrinsi a non darvi peso: i miei metodi per evitare di impazzire erano non guardarla, guardarla, guardare la sua data di morte, guardare il suo nome, non riuscire a vedere il suo cognome, scervellarmi sul perché non riuscivo a farlo, darmi per vinto e ricominciare.
Finalmente, dopo un lasso di tempo che mi sembrò davvero interminabile e che mi lasciò per settimane il fastidio per chiunque mi guardasse in faccia, ci liberarono. Era sera e mi diressi alla mensa smanioso di mangiare finalmente. Non vidi Eloin, era tardi ormai, ma riuscii a mangiare gli avanzi degli altri carcerati e a saziarmi: non molti andavano pazzi per le marmellate a cena…
Finito di mangiare in solitario (Angel non si era stranamente fatta vedere… ), risalii le scale e arrivato in alto guardai in fondo alla tromba delle scale. Provai un piccolo brivido di vertigine e mi voltai, per andare in camera. Non feci n tempo ad approssimarmi alla finestra che la mia porta si aprì violentemente.
“SEI VERAMENTE UN’IDIOTA!” mi urlò in faccia una scompostissima e agitatissima Eloin.
Sobbalzai e non feci in tempo a ribattere che mi diede quella che mi parve una lavata di capo bella e buona.
“COSA TI AVEVO DETTO, EH? COSA TI AVEVO DETTO!? MA TU NEINTE, MAI UNA VOLT A CHE MI ASCOLTI, FIGURIAMOCI, IL GRANDE BB ASCOLTARE UNA DEFICIENTE  ROMPISCATOLE COME ME! STALLE ALLA LARGA, TI DICO! E TU LE MOLLI N PUGNO! MA SEI COMPLETAMENTE RIMBAMBITO? ERA EVIDENTE COME LA LUCE DEL SOLE A MEZZODI’ CHE TI STAVA PROVOCANDO APPOSTA! E SCOMMETTO CHE NON HAI ANCORA CAMBIATO IDEA SUL SUO CONTO! MA NON TI RENDI CONTO CHE L’HA FATTO PROPRIO PER AFFASCIANRTI E TRARTI DALLA SUA PARTE? INSOMMA BB, SVEGLIA! QUELLA MENTECATTA CON LE LENTI A CONTATTO TI VUOLE USARE! LO CAPISCI U-SA-RE! E TU CHE CADI NELLE SUE TRAPPOLE COME UN TOPO CON UN PEZZO DI FORMAGGIO NEL SAHARA! COME SE NON FOSSI GIA’ ABBASTANZA TARTASSATO DA ROGER! SEMBRA CHE TU LO FACCIA APPOSTA A FARTI PICCHIARE! DI’ , TI DEVO DARE PER CRETINO? ” continuò tutto d’un fiato avvicinandosi e guardandomi dritto negli occhi senza peraltro spaventarmi troppo. Certo, non è che me l’aspettassi, mi aveva un po’… stranito tutta quella grinta…
Poi come al solito dissi una cavolata.
“Non ha le lenti a contatto.” Constati infatti.
Sembrava sul punto di saltarmi addosso e sbranarmi vivo dal luccichio omicida nei suoi occhi.
Fu allora che fece una cosa che mai in vita mia avrei immaginato possibile che mi si facesse.
strinse le labbra e, senza che io me l’aspettassi minimamente, mi tirò un sonoro ceffone con la mano destra, per poi uscire dalla stanza sbattendo di nuovo la porta.
mi toccai la guancia dolorante alzando gli occhi al cielo decisamente preso alla sprovvista.
Scossi la testa e uscii dalla stanza, per entrare in quella di Eloin. La trovai che si era lanciata sul letto a pancia in giù, con il volto affondato nel cuscino.
tossicchiai imbarazzato.
Nessuna risposta.
Reprimendo un sospiro mi avvicinai, e mi sedetti sulla sponda del letto.
“Vattene” mugolò poco convinta la ragazza.
“Emm… - esitai senza sapere molto bene cosa fare- ecco… ”
“Vattene o dimmi cosa vuoi alla svelta” disse ancora, la voce sempre attutita dal cuscino.
“Eloin... mi dispiace non averti dato ascolto. Ho… ho capito che Angel non è una persona… affidabile… e credo di doverti… delle scuse… ” dissi infine.
“Altro che poco affidabile, quella è un’idiota.” Disse lei, già un po’ rinfrancata.
“Beh, in realtà il punto è proprio che è molto intelligente. Se non lo fosse… ”
“Ha delle idee idiote però. Non si può scappare da qui. E poi se tu lo facessi moriresti… e io rimarrei sola… non è giusto… ”
“Ei, non dire così! Anche se muoio io ci sono sempre Matt e Mello, no?” la confortai.
“E tu non dire che morirai!” esclamò lei ancora senza guardarmi.
“Pace?” le chiesi cautamente dopo qualche secondo di silenzio.
“Va bene.” Bofonchiò la mora. Poi si mise a sedere di fianco a me.
“Scusa per prima…- disse alludendo allo schiaffo- è che sono molto preoccupata. Io ti conosco BB, lo so che il pericolo per te è una specie di invito, ti piace. Però… mi prometti che non mi abbandonerai?” mi chiese senza guardarmi negli occhi.
Sentii un’ondata di tenerezza verso di lei e le misi n braccio intorno alle spalle.
“Te lo prometto Eloin.”
Mi guardò con dolcezza e si appoggiò alla mia spalla.
“…”
“O scusa, ti metto in imbarazzo?” mi chiese con una nota di dispiacere.
“…no… ”mentii.
La sentivo rilassarsi sulla mia spalla e nonostante mi trovassi molto in imbarazzo mi accorsi che quando Angel mi aveva appena sfiorato, avevo provato un fastidio venti volte maggiore.
“Accidenti Eloin!” mi sfuggì.
“Cosa?” chiese lei curiosa della mia esclamazione.
“Beh… non so come dirtelo… ”
“Cosa?”
“Mah… non lo so, sai, non è affatto nel mio stile fare queste cose!”
“Quali cose? Consolarmi?”
“Ma no, è che… stavo pensando che… veramente è stranissimo!”
“Piantala di fare il misterioso caro il mio ironico, sputa!”
“Non mi prendere in giro, ma stavo pensando involontariamente che… mah… ti voglio bene, dai…”
“E ci mancherebbe! Ma guarda te! E ti stupisci pure?”
“No, è che… cioè, io lo sapevo, ma pensarlo così, a tradimento! Accidenti! Mi stai rammollendo Eloin! Da domani vado di nuovo in palestra!”
“Non sono i muscoli che fanno il carattere… ma c’è una palestra qui?”
“Già, ma non andarci, non è un bel posto.”
“Hey ti stai preoccupando per me!? Si, è meglio che tu vada in palestra a fare il macho!” mi prese in giro ridendo.
“Scema! Ho perso molto allenamento da quando sono qui, sai?” mi difesi io.
Chiacchierammo un po’, e dopo un’oretta (record battuto , dissi dentro di me) la lasciai per tornare nella mia stanza. Era notte e la vedevo stanca. Intuivo che in quei giorni si era preoccupata molto per me e mi dispiaceva, ma non potevo far altro che farle vedere che stavo bene.

MELLO’S ROOM
“Matt e che cazzo, è l’unico modo!”
“Non ci pensare neanche, non te lo permetto!” esclamò al limite di una crisi omicida il rosso, davanti alla porta.
“Cosa te ne fotte di quello che faccio, porco due?!” ribatté con la sua solita finezza da scaricatore di porto il sabato sera.
“Me ne fotte eccome!”
“E perché, sentiamo, pezzo di coprolita!?”  quasi urlò il biondo.
“Perché è un suicidio Mello, lo sai benissimo cazzo, ci hai pensato a me?”
“Si brutto stronzo, ci ho pensato! E ti ho anche spiegato venti volte cos’ho pensato!”
“Mello, per le ciabatte di Zeus, non ci riuscirete mai!”
“Se è riuscita a farci avere mezz’ora senza microfoni e telecamere, non credo che le risulterà difficile questo!”
“Ma tu stesso avevi detto che non ci si doveva fidare per nessun motivo!!” ripeté per la quinta volta Mail con gli occhi sgranati come a dimostrare il suo stupore, nell’incoerenza del compagno.
“Te l’ho già spiegato! Quante cazzo di fottuttissime volte te lo devo ripetere che non vuole nulla in cambio da me?”
“E BB?”
“Quello psicopatico non è un nostro problema” disse con un tono di voce molto più calmo , prendendo un’altra barretta di cioccolato dalla tasca.
“Ma Mello, Eloin morirebbe di dolore se Angel-”
“Cazzo Matt, ti sei mangiato le palle?! Per le forme di Afrodite (che siano benedette) la vuoi smettere di fare il rammollito? Eloin si riprenderà benissimo, capita a tutti di perdere un amico, a noi è capitato milioni di volte eppure siamo ancora qua, integri e-”
“Rinchiusi in un carcere per matti?” chiese ironicamente Matt.
“Non per molto Matt, se la pianti di fare il bambino! La conosci Angel, lo sai che ci tiene all’onore, ed è in debito con noi! Ci farà uscire senza intoppi e potremmo essere di nuovo liberi! Liberi, ma lo capisci? Non sei stufo di vivere come una mucca da macello? Ogni giorno in questa merda di posto agli ordini di quel rimbambito?”
“Guarda che lo so che non lo fa perché è in debito!” dichiarò Matt offeso, sulla difensiva.
“E perché allora dovrebbe farlo?”
“…”
“Tu lo sai?” chiese Mello spalancando comicamente gli occhi, per una volta veramente stupito.
“Si.”
“Ah, già, Roger… quel pezzo di merda… Beh, senti questo Matt, non me ne fotte più un cazzo, da ora, se vuoi o non vuoi che io lo faccia: lo farò e basta e se sei così deciso a rimanere dentro, beh, restaci!”
“Va bene, se proprio devi almeno tirami fuori. Però… per favore, tenta di parlarle riguardo a BB, riguardo a Eloin insomma…”
“Perché non le parli tu, rammollito? A me non frega un cazzo della tua moretta!”
“Ma BB è tuo amic-”
“Lo sai Matt, che ho consegnato amici ben più grandi nelle braccia della morte personalmente in precedenza. Posso resistere senza picchiarlo ogni settimana.”
Matt sbuffa, senza sapere cosa ribattere. Poi riattacca.
“Ma se tu morissi, se voi falliste?”
“Non succederà, lo sai.”
“Io so solo che quella stronza è infida come la morte, e potrebbe ammazzarti e fuggire!”
“Non lo farà, sai anche questo. Matt basta, ti stai arrampicando sugli specchi! E sono passati venticinque minuti, rimettiti a giocare alla wi o ci beccano, deficiente.”
“Io non mi fido di Angel, Mel. Non ci posso fare nulla.”
“Beh, non mi interessa. Ormai ho deciso. Resta da convincere BB, ma ha detto che ci pensa lei, chissà cos’ha in mente. E piantala di chiamarmi Mel, idiota.” Concluse il biondo andando a guardare fuori dalla finestra

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Accordo ***


THINKS OF BEYOND BIRTHDAY

Aprii la porta e la richiusi dietro di me. Poi notai un dettaglio: dei jeans e degli anfibi al di sotto della mia sedia a rotelle e mi irrigidii.
“Ciao Beyond” disse una voce arrogante, mentre gli anfibi giravano la sedia, mostrandomi una persona e due occhi grigi.
“Cosa ci fai qui?”
La ragazza si alzò e mi si avvicinò senza cambiare l’imperturbabile espressione.
“Passo a.. salutarti.” dichiarò, facendo sbocciare a tradimento uno smagliante sorriso.
“Ti rendi conto che grazie a te-”
“Non rivangare il passato, lo sai che mi dispiace. Però dovevo, capisci?” mi interruppe con voce ferma.
“Fuori Angel” dissi seccamente, arrabbiato con me stesso perché con quegli occhi riusciva quasi a convincermi di quello che diceva. Che faccia di bronzo…
“Senti, mi sono resa conto di una cosa. vuoi chiudere un momento gli occhi?” chiese, senza badarmi.
“Ti ho detto di andare fuori.” Ribadii. Come se non l’avesse sentito.
“Facciamo così: io esco dalla tua camera e dalla tua vita, ma tu chiudi un momento gli occhi, ti va?” propose serissima. Allora lo fanno tutte le donne! Di ricattare, intendo…
“Perché?” chiesi allora.
“Tu fallo e basta.”
sbuffai. Non mi piaceva il suo tono. Mi dava sempre fastidio. Ma i suoi occhi… mi entravano dentro come lame gelide e mi affascinavano: dovevo ascoltarli, mi diceva una gran parte di me, la meno saggia probabilmente. E poi… non lo so… per quanto lo volessi non riuscivo a considerarla una mia nemica. E sentivo qualcosa… di strano…  e come al solito, da vero curioso, cedetti.
Fu così che chiusi gli occhi. Passò qualche secondo e sentii due passi che sembravano quelli di un gatto, verso di me e quindi la porta.
Poi per qualche momento, silenzio, assenza di moto. Ero sempre più curioso.

Poi, del tutto inaspettato, un contatto.

Spalancai gli occhi, a mio malgrado ricambiando quello che era un bacio in piena regola.

Non sapevo come reagire, non me l’aspettavo per niente…. AIUTO!
Poi magicamente agii senza pensare, come ogni tanto mi succedeva.
La abbracciai, chiedendomi perché ne sentissi il bisogno, cosa inaudita. Per un momento avevo dimenticato cosa volesse da me Angel. Ma il momento passò, e mi staccai dalla ragazza con precipitazione, guardandola sconcertato.
“Cosa stai facendo?”
“Non è come credi.” Mi rivelò in un sussurro, tornando seria.
“Cosa-che-come??? T-tu mi hai baciato, cavolo! Ma perché l’hai fatto?” sbottai.
“Tu vuoi sempre sapere il perché di tutto, vero? Allora chiediti perché mi hai abbracciata.” Mi sfidò.
Silenzio imbarazzato.
“Ok, va bene, calma.” Esordii poi.
“Sei tu che devi stare calmo, io lo sono alla perfezione.” Mi rispose.
“Ma come, come è potuto succedere che io mi dimenticassi che non… no! Cioè! Ma insomma!”
“Stai andando in palla, calmati BB. Senti-”
“Stai zitta tu!” le intimai.
“Ascoltami BB per dio! Io devo solo… sei un tipino difficile eh?”
“Ma che dici?”
E lo fece di nuovo, maledizione a lei e a me! Poi mi abbracciò e sussurrò, udibile a malapena nonostante la vicinanza della sua bocca al mio orecchio.
“è per i microfoni idiota”
Mi immobilizzai. Allora l’aveva fatto solo per potermi parlare senza che ci sentissero.

“Stai fermo ora, ascolta fino alla fine, chiaro?”

E chi si muoveva?

“Io voglio uscire di qua, ma per farlo ho bisogno di te e Mello. Se non mi aiuterete, Eloin e Matt muoiono. Se lo farete, riuscirete a tirarli fuori di qui. Il 25 aprile, oggi è il 15, agiremo. Dovrete solo fare quello che vi dico e non ci saranno problemi. Ora, una volta fuori, mi dovete seguire se volete liberare i vostri due amici. E, sempre se lo vorrete fare, avrò bisogno dei tuoi occhi. Perché non mi tirano fuori i miei… “amici”? Fatti i cavoli tuoi. Mello ovviamente ha accettato. Stringimi la mano se ci stai. Se no saluta Eloin.”
Rimasi spiazzato, ma fui costretto a stringerle la mano.
Mi scostò con freddezza e uscì dalla mia stanza.

Si poteva essere più… stronzi?

Ero li, fermo immobile, probabilmente con una faccia da perfetto idiota, quando entrò Eloin, mi guardò negli occhi e si lasciò sfuggire un profondo sospiro.
Ma ero un po’ troppo shockato per badarle.
 “Hey Romeo, ti svegli?” mi chiese con una punta di ironia.
“Eh? Romeo?”
“Già, mio caro innamorato. Guarda che lo si vedeva lontano un miglio che ti eri appena baciato qualcuno.” Mi canzonò ridacchiando.
“Cosa? che? Ma non dire cavolate, Eloin! ”
“Si, si, certo.- cominciò, per poi avvicinar misi di scatto con fare inquisitorio ed erompere in un- CHI?”
“Eh?”
“BB, ma sei fuso? Chi-ti-sei-slinguato?”
“Tu vaneggi Eloin. Comunque. Cosa c’è?”
“Niente, è ora di cena! Ma non mi hai risposto caro mio! Guarda che lo scoprirò lo stesso!”
“Eloin, piantala!”
“Ok, ok! Andiamo dai!”
Per fortuna, per quella volta, Eloin si mostrò meno insistente.

Quando fu finalmente sera, pensai con serietà a quello che Angel mi aveva detto.
Se non collaboravo, Eloin sarebbe morta. Ma se avessi collaborato sarei morto io.
Decisi in un nanosecondo scarso che mi sarei sacrificato. Come potevo scegliere altrimenti?

Passarono tre giorni. Eloin si sentiva abbastanza felice tra le braccia di Matt e un po’ perplessa con me. Questo perché non riuscivo a stare allegro per più di 30 secondi. Stavo per perdere quella ragazza per sempre, cercate di capirmi, come facevo a sorriderle come se nulla fosse?  Una mattina presto, con un ansia che mi rodeva le budella uscii dalla camera e cominciai a camminare a caso. Mi fermai dopo mille passi contati davanti a una stanza. L’aprii. Una ragazza coi capelli neri dormiva legata a un letto bianco. Richiusi. Altri mille passi. Altra porta. Bambino bruno, appisolato su un letto troppo grande. Altri mille passi. Un vecchio? Già, un vecchio. Mille passi. Mello che dormiva.
“Che cazzo fai BB?”
“Fatti i cazzi tuoi biondina ossigenata.”
“Cerchi rogne panda?” chiese aggressivo.
“No.”
“Allora cosa vuoi?”
“Non ne posso più di tutta questa ipocrisia.”
“’Cazzo dici?”
“Lo sai benissimo.”
“Cosa?”
Richiusi la porta e tornai in camera. sentivo qualcosa dentro di me, un misto di impotenza, di qualcosa di nuovo, sconosciuto. Mi rendeva inquieto, e disperato.
“Ma che hai BB?” chiese una voce nella mia testa, stranamente somigliante a quella di Eloin.
“Niente”
“Allora perché piangi?”
“Cosa?”
Scoprii da aver poggiato la testa alle mani e di star piangendo lacrime salate, senza un lamento. Me ne stupii così tanto che per poco mi dimenticai perché piangevo. Poi me ricordai. Perché mi sentivo oppresso. Non ne potevo più.
Avevo voglia di urlare, di fottermente di Roger, di ribellarmi.


Tok Tok.

Niente.
“BB!?”
“Che… ARRIVO!” urlai a Eloin dall’altra parte della porta.
Quando uscii scoprii che non c’era solo lei. Mello, Matt e Angel stavano dietro di lei senza guardarsi fra loro.
Evidentemente il pavimento era molto più interessante.
“Emm… ciao… come mai tutti qua?” chiesi a metà tra l’irritato e l’imbarazzato.
Mello fece spallucce sincronizzato a Matt, Angel non sembrò avermi sentito. Guardai Eloin interrogativamente.
“Matt e Mello ormai sono abituati BB. Certo – continuò con un tono acido- quella non l’ha invitata nessuno. O comunque di certo non io.”
“Ciao BB. Come te la passi?”
La guardai in cagnesco e seguii gli altri per il corridoio.
“Si può sapere cosa vuoi?”
“Niente, perché?”
“Cos’è, non sai andare in mensa da sola?”
“Scusa, pensavo-”
“Non ti voglio fra i piedi la mattina, chiaro?”
“…”
Angel si fermò al penultimo pianerottolo con mia grande gioia e ci lasciò proseguire da soli.
“Cosa farai stamani BB?”
“Niente immagino, perché?”
“Così, pensavo che sarebbe stato carino stare tutti insieme per una volta no? Passare la mattina nella stessa camera, a tenerci compagnia, che ne dite?”
Io e Matt ci guardammo male. Mello guardò male Eloin. TUTTI guardammo male Eloin.
“Beh che c’è, ho qualcosa sul viso?” chiese lei ostentando indifferenza.
“Stai scherzando spero!” esclamò Mello.
“Mello sta zitto, ormai è deciso. E la camera prescelta è la tua! Felice?”
“Voi non avete il diritto!”
“Si che ce l’abbiamo!”
“Emm…. Davvero?” chiese Matt un po’ incerto.
“Si certo Matt!” esclamò convinta lei.
“…. Sicura?”
“INSOMMA! O si fa come dico io, o giuro che vi rovino!”
La guardammo male, eravamo tutti più alti di lei.
“BEH, MAI SENTITO PARLARE DI TORTURA PSICOLOGICA?”
Abbassammo lo sguardo ridacchiando.
“E lo vedete che si sta bene insieme?”
“Si ma-”
“Zitto Mello!”
“Guarda che non sono mica un cane!”
“Cuccia! O non avrai il cioccolato!”
“Ei!”
“Ho detto o non ho detto cuccia?”
“Ma-”
“L’ho detto o non l’ho detto?”
“Si, ma-”
“E allora cuccia Mello!”
Io e Matt ridemmo alla faccia incredula di Mello che si trovò azzittito da una ragazza.
“E anche voi, miei cari!”
Ostentammo le nostre migliori facce innocenti.

Il tempo passò troppo veloce perché mi preparassi come avevo voluto. La sera prima del Giorno, entrai in camera di Eloin, nervoso come un leone da circo che deve balzare in un cerchio di fuoco per la prima volta, mi sedetti di fianco a lei, senza dire un parola e lei capì che c’era qualcosa che non andava.
“BB, cosa c’è?” mi chiese infatti.
la guardai negli occhi, senza poter dire nulla.
Sostenne lo sguardo.
Poi, con un gesto di stanca rassegnazione dettato dall’istinto, appoggiai la testa sulla sua spalla, ancora silenzioso. Sembrò stupita, ma non disse nulla.
Restammo così per un temo indefinito, con qualcosa in sospeso nell’aria. da sotto di noi arrivavano le note distorte di una chitarra che suonava una strana canzone.
Pensai che potesse essere Angel e provai un moto di odio verso di lei. mi stava strappando da quella spalla così amica verso quello che era nel 99% dei casi un suicidio vero e proprio.
Impotente, abbracciai Eloin, e feci per andare, ma lei mi trattenne.
“Cosa c’è?” ripeté.
“Niente.”
Mi guardò male.
“Niente.” Ripetei.
Le note della chitarra distorta continuavano a echeggiare intorno a noi, come un avvertimento.
Le lanciai un ultimo sguardo e uscii.

Ero seduto al tavolo della colazione, Angel ancora non si vedeva e io ero sempre più nervoso.
“Che giorno è oggi Eloin?”
“Lo sai benissimo, te l’ho già detto 300 volte! Ma che hai?”
“Niente.”
“Si certo. Senti, piantala! Non sono la tua badante, se non vuoi dirmi cos’hai bene ma non trattarmi come se fossi stupida! Lo so benissimo che hai qualcosa!” sbottò.
“…”
“Scusa.”
“Scusa io.”
“Mello, vuoi dello zucchero?”
“No. ”
“Un grazie mai eh?”
“Non rompere le palle Matt”
“Nervosini? Che, ti è venuto il ciclo?”
Mello gli tirò un ceffone che per poco a Matt non finiva la faccia nel latte.
“Scusa Mel”
“Non chiamarmi Mel” rispose lui gelido.
“Scusami.”
“Scusa tu.”
“Ragazzi? Che avete oggi però!”
“Eloiiiin! Niente!” rispondemmo in coro io e Mello.
“Ok, ok! E che barba però, eh!”
Matt abbassò lo sguardo.
Poi Angel arrivò. Si sedette davanti a me.
“Ciao Beyond Birthday. Sei in forma oggi?”
“Più di quanto tu creda.”
“Che fai, provochi?”
“Non mi permetterei mai” dissi tra i denti.
“No, guarda, mi sta bene.”
“Ah, si? Come mai, vuoi fare a botte Angel?”
“Pensa alla tua colazione psyco, se non vuoi finire a tappeto.”
Sapevo che mi stava lanciando un segnale. E che mi faceva arrabbiare apposta. Se avesse saputo chi per primo mi aveva scherzosamente soprannominato psyco, però, non avrebbe osato tanto. Due occhi neri affiorarono nella mia memoria, e mi alzai di scatto.
“BB…” protestò Eloin.
“Lascialo.” Disse Mello.
“Come mi hai chiamato stempiata?”
“Psy-co.” Esordì alzandosi a sua volta.
“Scelta tua.”
Le tirai un pugno da sopra il tavolo che lei prevedibilmente fermò e al quale rispose salendo sul tavolo e tirandomi un calcio all’altezza della testa. La schivai e la sbattei a terra, ma si rialzò subito. Mentre le guardie ci portavano via, guardai Eloin scomparire dalla mia visuale con uno sguardo che lasciava trasparire troppa disperazione perché il suo non fosse stupito. Mello mi lanciò un’occhiataccia, e io voltai la testa, sapendo che forse, avevo appena detto addio alla mia unica AMICA.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Fuga ***


“Allora ragazzi, ancora non avete capito la lezione?” chiese Roger al di sopra degli occhialini.
“Evidentemente non ce ne frega niente di quella che tu chiami lezione caro.” rispose Angel con semplicità.
“Non ti rivolgere a me con quel tono, ti avverto.”
“Quale tono?”
“Quello, sciocca ragazza.” disse minaccioso Roger.
“Beh, che vuoi Roger?” chiese con ironia lei lanciandomi uno sguardo carico.
“Taci, tu. BB che hai da dire in tua discolpa?”
ridacchiai. Avevo capito cosa Angel voleva che facessi dall’occhiata che mi aveva lanciato.
“Ebbene?”
“Perché ti importa, vecchio?”
“BB, ti avverto…”
“Di cosa?”
Angel sorrise.
“BB non sei in condizioni di-”
“Di farla arrabbiare? Ma se è lei che ha paura di farmi arrabbiare. Non si ricorda, l’ultima volta?” chiesi con una risata.
“BB, ora hai esagerato!” sbottò andando a prendere qualcosa dietro di me.
Era un collare, ma più largo del mio collo. Senza permettermi di aprire bocca me lo infilò e prese una corda che, se tirata stringeva il collare e faceva penetrare delle ingegnose punte interne nel collo della vittima, non letali, ma molto dolorose.
“Un’altra parola e esci di qui ridotto a un colabrodo.”
Sorrisi.
“Sembri un vecchio pirata Roger!” esclamò divertita lei.
“Voi due avete bisogno di una bella lezione eh!”
Sorridemmo, cosa che lo fece arrabbiare ancora di più.
“Però Roger, stavolta è colpa di BB.”
Sapevo che l’avrebbe detto, ma comunque mi diede una stretta allo stomaco sentire una cavolata così grossa.
“Allora punirò lui per primo.”
“E come, lo stuzzicherai? Sono curiosa di sapere.”
“Punirò anche te, tranquilla. E ciò che vedrai su BB ti toglierà un po’ di quella curiosità.”

Mi incuriosii.

Roger uscì e rientrò con un portatile acceso che ci mise davanti. Era a ripresa della camera di Eloin, che in quel momento stava leggendo, con gli occhi rossi. Aveva pianto? . Roger cliccò un tasto e vedemmo le finestre chiudersi… da sole...?
Sotto il mio sgaurdo inorridito Roger premette un altro tasto e si mise ad osservarmi con un ghigno che non suggeriva nulla di buono.
In pochi minuti capii perché: Eloin cominciò a tossire.
Bastardo.
Bastardo bastardo bastardo.
Stava riuscendo nel suo intento.
Mi irrigidii sulla sedia, chiusi gli occhi, ma a Roger non andava bene e il mio collo cominciò a sanguinare, dopo che le punte si strinsero intorno ad esso.
Aprii gli occhi di scatto stringendo i pugni, voltai la testa.
Non gli andò bene neanche stavolta e per poco non gemetti dal dolore della stretta sul mio collo.
Ma fu una cosa sola a farmi impazzire, un suono insignificante, stupido.

Angel. Angel scoppiò a ridere di me. La cosa mi fece uscire completamente di testa.
In un attimo ero in piedi, ma Roger continuò a ridere in faccia a un’altra sedia rotta, e guardandomi dal basso tirò la corda con forza, soffocandomi.
Bastardo.
Portai lentamente le mani al collo, piegato in due dal dolore, e le mie mani si strinsero sul metallo e sul sangue. Il mio sguardo perse anche l’ultima ombra di intelletto e Lei mi prese completamente.

 

ANOTHER THINKS

BB, con uno sguardo da belva feroce, strinse con tutta la sua forza il collare di metallo ricoperto del suo stesso sangue e tirò. Roger lo fissava allibito, chiedendosi se davvero pensava di romperlo con tanta facilità. Era evidente che si. E ci riuscì. Ora anche Angel lo guardava come se fosse pazzo, cosa non del tutto falsa, mentre gettava a terra i residui dell’arma di tortura e si voltava verso Roger, ora completamente indifeso. Egli fece per indietreggiare, ma BB lo sbatté con violenza a terra, cominciando a prenderlo a calci silenziosamente. Poi, a un tratto, si fermò.
Roger era riverso a terra, inanimato, ma vivo.
La bestia si voltò e guardò fisso Angel, ferma immobile sulla sua sedia. In quel momento BB era una figura davvero grottesca. Il sangue di Roger gli imbrattava le scarpe che posavano in una pozza di tale liquido. Questo gli era anche sceso dal collo, per colare poi sulle braccia e nelle mani.
“Tu ti chiami Akira, bugiarda.” Disse alla ragazza, che lo guardava senza l’ombra della paura, nonostante sapesse che non si può ragionare con i leoni arrabbiati.
“Dillo. Di che ti chiami Akira.”
“…”
“Dillo.”
“…”
BB fece un errore a quel punto: mise le sue pupille in quelle di Angel, calme, misurate, impeccabili.
E fu ciò che sconfisse indiscutibilmente il leone. O meglio, lo fece per un nanosecondo esitare. E quel nanosecondo diede modo alla natura umana e razionale dell’uomo di sconfiggerlo e di riaffiorare lentamente.
Rimasero fermi per un paio di minuti, poi, senza una parola, BB si voltò e vide Eloin svenuta sullo schermo.
“Cazzo.”
“Se mi sleghi lo fermo” disse allora Angel alludendo al gas sconosciuto che uccideva lentamente Eloin.
BB le si portò velocemente dietro e le libero con poche mosse i polsi e le caviglie.
Lei si alzò e premette un solo tasto sul portatile. Porta e finestre si aprirono, il gas smise di uscire da chissà quali bocche nascoste nella camera.
BB si guardava intanto le mani, stupito di cos’era fino a un attimo prima e ancor più stupito di ciò che aveva fatto Angel. La quale in quel momento estraeva dalla borsa sequestrata una maglietta pulita che venne lanciata a BB. La guardò con tanto d’occhi, ma poi lei si girò verso la scrivania di Roger e a lui non restò che cambiarsi,  facendo andar via un po’ di quel sangue. Certo però, continuava a considerare la maglietta sporca come l’ultimo dei loro problemi, chissà perché.
Angel intanto aveva aperto un cassetto della scrivania di Roger e rovistava tra i fascicoli. Trovò ciò che cercava, un plico beige che infilò nella borsa e chiamò indi a se il compagno di fuga con uno sguardo. Roger era ancora svenuto, a terra. BB si chinò a toccargli il collo. Era vivo.
In quel preciso momento, udirono degli spari nel corridoio oltre la porta lignea.
 Angel fece una faccia indecifrabile, corse al tavolo delle torture di Roger e trovò dopo poche ricerche due pistole e alcune batterie. Una pistola, una 99 mm, la diede a BB, lanciandogli uno sgaurdo di raccomandazione.
Aprì cautamente la porta.
Mello era davanti a loro, una pistola in mano. Il corridoio, dietro di lui era coperto di cadaveri e sangue.
“Presto ne arriveranno altre” disse alludendo alle guardie.
Angel fece un passo avanti, seguita da BB.

Ecco l’inferno, si disse lui.

THINKS OF BEYOND BIRTHDAY

Uscimmo dall’ufficio di Roger e da quel momento, pronto a morire in qualsiasi momento, seguii i due passo passo.
“Hai sistemato quelli delle telecamere?”
“Si, ma ci beccheranno comunque se non ci muoviamo.” rispose Mello.
Entrammo in azione prima che io avessi il tempo di capirlo. Procedevamo per alcuni corridoi vuoti, ma presto la pacchia finì: dovevamo passare davanti alla mensa e da li correre verso la vicina uscita sul retro, o almeno, questo mi parve di capire. Facemmo un profondo respiro all’angolo dell’ultimo corridoio libero, indi ci tuffammo. Di corsa, l’uno dietro l’altro, davanti Angel, poi Mello e infine io, arrivammo di fianco alla porta della mensa e ci fermammo un secondo. Per fortuna nessuno uscì in quel secondo. Angel fece un gesto a Mello che andò davanti. La porta venne aperta violentemente e entrammo di corsa, tentando di attraversare la sala più in fretta possibile. Le guardie non si vedevano ancora, ma non speravamo di avere ancora molto  tempo.
“BB!”
Lanciai uno sguardo al tavolo da cui proveniva l’urlo e gelai completamente.
Eloin.
Eloin mi guardava a bocca aperta, gli occhi spalancati dallo stupore, senza sapere cosa pensare, cosa provare alla vista di un suo amico che scappava con una persona che non sopportava abbandonandola da sola in una specie di violento manicomio.  Volevo distogliere lo sguardo dai suoi occhi feriti da ciò che vedevano, ma non ci riuscivo. Matt, di fianco a lei guardava Mello con un’espressione seria che non gli avevo mai visto sul volto.
Credo fu quello il momento in cui mi resi veramente conto di ciò che stavo facendo. Dopo così tanti anni di reclusione senza un pensiero a ciò che c’era fuori…
Guardai Eloin tentando di comunicarle con lo sguardo  le più profonde scuse per ciò che le stavo facendo, ma lei distolse lo sguardo e abbracciò Matt, come se fosse il suo ultimo appiglio. Capivo come si doveva sentire.
Quando la ferrea presa di Angel mi trascinò al di là della porta mi resi conto che mi ero fermato per qualche secondo. Qualche secondo che avrebbe potuto essere fatale per la nostra stessa vita.
Corremmo ancora attraverso un cortile posteriore, verso un cancelletto nero che ci faceva intravedere la strada verso la libertà.  Quasi ci schiantammo su di esso e subito Angel si sfilò dalle tasche del fil di ferro – era veramente piena di risorse - e si mise ad armeggiare sulla serratura, mentre io e Mello le rivolgevamo le spalle per proteggerla da eventuali guardie. Che non tardarono certo ad arrivare. Nel momento in cui ci stavamo per rassicurare di avere un certo vantaggio, sei di loro uscirono dalla porta posteriore della mensa, le pistole in mano e lo sgaurdo anonimo.
“ECCOLI LA!” urlò uno, congestionato .
Ci si avventarono contro. Io e Mello ci abbassammo subito e cominciammo a sparare, mentre Angel con un mano continuava a scassinare o a tentare di scassinare il cancello, mentre con l’altra ogni tanto sparava un colpo. Fu in quell’occasione che per la prima volta mi resi conto che Angel era davvero brava come si diceva. Nonostante sparasse la metà di quanto lo facessimo io e Mello, abbatteva tutti al primo colpo e in poco tempo, mentre si muoveva di qua e di la intorno al cancello per non farsi colpire, dimezzò il numero delle guardie vive. A quel punto ci lasciò il controllo e ritornò completamente al suo “lavoro”.
Mi sembrava una situazione molto, ma molto surreale in realtà, ma non mi posi domande, agii in modo automatico e insieme a Mello conclusi la sparatoria. Riuscimmo allo scoperto, davanti a Angel.
“Ci vuole ancora molto?” chiese Mello.
Per tutta risposta, altre guardie, stavolta una decina, uscirono dalla porticina. Mi sembrava di essere in un videogioco.
“Ho quasi fatto, un secondo.” rispose lei concitata.
Le guardie si avvicinavano con l’intento di accerchiarci e prenderci e le nostre pistole si svuotavano di nuovo, senza grandissimo successo.
“Angel muoviti, cazzo!” sbottò Mello..
Il cancello si aprì e ci precipitammo fuori, seguiti dalle ormai troppo vicine guardie. Avevano l’ordine di prenderci vivi o di ucciderci? Ucciderci, certo. Roger, mica ci aveva parlato, svenuto com’era nel suo ufficio.
I proiettili si abbattevano con violenza vicino a noi mentre correvamo dietro a Angel senza sapere dove stessimo andando.
Girammo l’angolo della strada, col fiatone e i passi dei nostri aguzzini che ci rintronavano le orecchie, a ogni battito di cuore la consapevolezza che stavamo per morire che diventava più grande e certa.
Corremmo, allora, più veloci di quanto non fosse ragionevole, scagliandoci in falcate più lunghe possibile, tanto da rischiare di cadere.
L’ossigeno bruciava i polmoni come un incendio e cominciavamo a essere ormai quasi rassegnati alla morte.
Ma ecco che il nostro sguardo si focalizzò su una macchina nera, grande, coi vetri oscurati e un uomo alla guida che sembrava un buttafuori dei più brutti quartieri di Los Angeles. Angel si dirigeva la a quanto pareva. Ci parve di vedere la salvezza. Corremmo ancora più forte e quando Angel balzò di fianco al guidatore e Mello aprì la portiera posteriore saltando su, capimmo che forse avevamo qualche possibilità. Balzai sul sedile e sbattei la portiera.  La macchina si mise subito in moto, nella fresca aria di aprile. Gli uomini di Roger continuarono a sparare finché non voltammo l’angolo, indi andarono a prendere le loro macchine per tentare un inseguimento, ma era troppo tardi per fermarci.
Riprendemmo fiato senza una parola.
Mello mi lanciò un’occhiata, che ricambiai.
“Forte la piccola, eh?” disse a mezza voce, accennando con il capo alla ragazza seduta davanti.
“Attenta a come mi chiami, biondina!” fu la risposta che giunse, ironica, da Angel.
Stranamente però, Mello non si arrabbiò, ma ridacchiò, voltandosi verso il finestrino.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Los Angeles ***


Angel era scomparsa dietro il sedile del gigantesco veicolo e il guidatore non si vedeva.
Non riuscivo a pensare, non riuscivo a comprendere ciò che stava succedendo.
Mi sentivo perso in un mondo virtuale, creato da un cacciatore che si voleva prendere gioco di me.
Poi i miei occhi arrivarono al finestrino, apertura verso il mondo che avevo appena conquistato. Case anonime che non mi dicevano nulla mi scorrevano sulle pupille, la strada di asfalto sporco e trascurato si offriva alla mia vista senza pudore, il sole sfavillava quasi con timidezza uscendo dal candore innocente di una nuvola spumante. Una vecchia signora con una sporta piena, due ragazzi, una donna al telefono, una coppia di innamorati. Un piccolo sorriso si fece strada dentro di me, mentre cominciavo a sentire che tutto quello poteva essere mio. Che era mio. La macchina scorreva sull’asfalto come una dama cupa e amareggiata e io continuavo a riempirmi gli occhi del mondo cui ero sempre stato vicino, senza mai riuscire a toccarlo. Non riuscivo a smettere di osservare famelicamente case, cielo, tetti, persone, strade, negozi e quant’altro incrociasse il mio sguardo. Il silenzio regnava padrone nell’auto, dando a tutti il tempo di metabolizzare quanto appena vissuto, ancora l’adrenalina che ci scorreva nel corpo a gran velocità, ancora le ombre delle pistole e dei proiettili nemici nei pensieri, ma ormai tutto era concepito come qualcosa di impalpabile e lontano. Mi sentivo come racchiuso in una bolla di sapone galleggiante sul mondo.
Imboccammo un’autostrada circondata dal nulla. Fu allora che Mello finì la sua contemplazione dell’esterno e diede il primo segno di vita.
“Ho fame. fra poco c’è un auto grill. Ci fermiamo?”
“Se quelli ci sono ancora dietro?” chiese con voce tonante l’autista.
Angel scacciò quell’affermazione con la mano e acconsentì alla tappa fuori programma.
“Meglio allora, devo andare al bagno” dichiarò l’autista.
“Poi guido io.” disse ancora Mello.
Nessuno lo contrariò.
Passò poco più di un minuto e la macchina parcheggiò in un tipico autogrill. Mello scese con un salto e sbattè la porta dietro di se, contemporaneamente a Angel e all’autista.
Il due si diressero all’edificio. Angel salì di fianco a me, al posto del biondo.
Non la guardai, ma continuai ad ammirare il paesaggio esterno.
“Grazie BB.”
“Non mi hai lasciato scelta.” ribattei, sebbene stupito dalla sua affermazione.
“Non hai capito. Grazie per non avermi chiesto se baciarti era l’unico modo di parlarti.”
Spalancai gli occhi imbarazzato.  Il silenzio però non venne interrotto da nessuno.
Azzardai un’occhiata dietro di me e scoprii con orrore che mi stava fissando con un’espressione indecifrabile. E non è che io volessi decifrarla, eh.
“Figurati” dissi infine, tornando a guardare fuori ostentatamente.
Ridacchiò.
“Sei proprio buffo.” Le sfuggì.
“Cosa?”
“Voglio dire, sei più imbarazzato di una foca in Africa, ma non è che tu ti sia ribellato, eh.” Disse, fra le risatine.
Che ragazza irritante.
Dopo aver pensato ciò, però, mi resi conto che aveva ragione.
Accidenti.
“Ma io… ”
“Normalmente si direbbe che non hai le palle, carino.” Rise ancora lei, divertita dal mio imbarazzo.
“Ei! Non sono termini per una signorina.” Ribattei ironicamente.
“Ti sembro una signorina?”
Silenzio.
“Se ci mettessimo insieme saremo la coppia più ovvia di tutta questa fan-fiction, lo sai?”
“Di tutta questa cosa?”
“Nah, niente, lascia perdere.”
“Si, comunque rischieremo di essere  una coppia banale.”
“Già”
Silenzio.
“Bah, sei proprio un codardo in questo campo, eh…”
Decisi di non permetterle oltre di calpestare il mio orgoglio.
Mi girai verso di lei, impassibile.
“Allora?” chiese.
“Beh, ho deciso di chiedertelo.”
“Cosa?”
“Perché mi hai baciato se avevi altri metodi per parlarmi.”
Rise ancora e lo trovai gradevole.
“Non credo di amarti e neanche tu mi ami.”
“No, infatti.”
“Però mi piaci. E io ti piaccio.”
“…”
“E ammettilo, si vede lontano un miglio!”
“Ok. Un pochino. Forse.” ammisi, più a me stesso che a lei.
“E allora, non so, devo aver pensato che  se ti avessi baciato avremo potuto cominciare a costruire qualcosa di serio. A lungo termine. Non ho mai avuto una relazione veramente seria, e credo che con te sarebbe possibile. E poi, ancora non ci conosciamo bene. È probabile che col tempo…”
“Potremo anche finire per amarci, te ne rendi conto?!”
“Si, lo so, è strano.”
“Mah.”
“Allora?”
“Cosa?”
“Ma lo devo fare io il maschio?!”
“Eh?”
“Insomma, mi baci si o no?”
“Ah… emmm…”
“Ho capito, ho capito.”
Si avvicinò e mi baciò. Di nuovo. Maledizione. Le donne sono veramente incomprensibili. Voglio dire, prima mi minaccia di morte e poi si dichiara… ma vedi te se è normale.
Quando realizzai che avevo una fidanzata e ammisi che l’idea non era male, Mello arrivò. E figurati.
“Oh, alla buon ora!” esclamò saltando su, al volante.
Io e Angel ci pietrificammo e ci allontanammo il più possibile l’uno dall’altra.
“Guardate che l’avevano capito tutti che vi piacevate! E finalmente BB, eh!”
“Tutti chi, scusa?” chiese Angel, ricomponendosi.
“I lettori, no? E poi io, Matt ed Eloin. Anche se a Eloin la cosa faceva imbestialire.”
“I lettori?”
“Si. Ecco l’autista.”
Rifiutai di capire le strane parole di Mello e mi voltai a guardare Angel, che per una volta non mi stava fissando con fare inquisitorio.
Si, mi dissi, è bella. Ed è tosta.
Grandioso, no?
A parte Mello che sogghignava, lanciandomi uno sgaurdo dallo specchietto.
Che situazioni, povero me. E meno male che non c’era Eloin.
Eloin… mi avrebbe mai perdonato?

 

THINKS OF ELOIN EDUD

Quel suo ultimo sguardo, non l’avevo visto, ma l’avevo sentito chiaramente. Forse perché dopotutto lo conoscevo bene, forse perché uno sguardo può essere forte, non lo so. Ma seppi cosa provava abbandonandomi e per un po’, questo mi consolò insieme con Matt. Ma quando in camera sua lessi nel suo sguardo così sincero e privo della protezione degli occhiali, che lui sapeva, che lui in qualche modo c’entrava, mi sentii malissimo. Esclusa, abbandonata, esiliata. Me ne andai
Perché?
Cos’avevo fatto per meritarmi tutto questo?
La colpa andò subito ad Angel.
Angel, Angel, Angel. Mi rigiravo quel nome nella mente sempre con maggiore odio. Mi rendevo conto che probabilmente BB sarebbe morto, se non per mano di Roger, per mano della ragazza. E mi rendevo altrettanto conto che avrebbero interrogato me e Matt allo sfinimento, convinti di un coinvolgimento di qualche tipo.
Come avrei fatto a perdonarlo, vi chiedete?
Io l’avevo già perdonato.
Non capivo, ma mi fidavo ciecamente.
Finalmente non solo la bocca, ma il cuore poté affermare con decisione che quello che probabilmente stava per morire era il mio più grande amico.
E fu allora che al posto di essere arrabbiata, fui spaventata, per lui e per me. Andai da Matt il quale mi riaccolse e mi consolò come solo lui sa fare.
. Fu circa allora che gli uomini di Roger arrivarono. Non ci opponemmo quando ci trascinarono via.
Torture per informazioni.

Dov’erano?

Ero così felice di non saperlo che rischiai di morire.

 

 

THINKS OF BEYOND BIRTHDAY

La tappa cui avevamo fatto sosta era un appartamento di Los Angeles che raggiungemmo dopo un giorno di viaggio. Mi piacerebbe saltare ciò che avvenne durante il viaggio, ma non sarebbe corretto, immagino. 
Diciamo che Angel mise in chiaro con molta decisione che io e lei da quel momento stavamo più o meno (testuali parole) insieme, e che nessuno ci doveva rompere i cosiddetti (questo rivolto a Mello, chissà perché… ). Non sapevo bene come comportarmi, ma visto che di problemi ne avevo già abbastanza, decisi che quello sarebbe passato in secondo piano e accettai la cosa. direi anzi che ne ero abbastanza soddisfatto dentro di me. Angel, scoprii, poteva essere anche molto dolce, oltre che rompiscatole all’impossibile. C’erano ancora molti misteri su di lei, ma come già detto, passarono in secondo piano. In primo piano invece  Eloin e il modo di uscire da quella situazione.
Comunque, come dicevo, arrivammo a questo appartamento  di Los Angeles dopo un giorno di viaggio. Era piccolo, ma ciascuno stabilì qual’era il suo spazio. Mello si appropriò del divano, io della scrivania e della poltrona ad essa annessa, Angel reclamò la brandina. L’autista?  Beh, scomparve sotto ordine di Angel evidentemente.
Mi feci velocemente una doccia, seguito da Mello.
 Quando Mello si lanciò su divano e io mi fui seduto sulla poltrona, sorse spontaneo chiedere cos’avremmo fatto. Quali erano i piani?
Quando la domanda si esplicitò da parte di Mello, Angel sbuffò e fece finta di niente.
“Allora?” insisté il biondo.
“Fra un momento lo saprete.” rispose con un tono secco che mi allarmò.
Indi si alzò e si avvicinò alla piccola finestra della camera, gesto che mi fece quasi rabbrividire.
“Per prima cosa, contatterò L.”
Sussultai.
“Cosa? L? e come pensi di fare?”
“Poi- andò avanti lei, ignorando il mio commento- gli venderemo l’identità di Kira in cambio di Matt, Eloin, la libertà e quant’altro vorremo.”
“Tu sai chi è Kira?” chiese sbalordito Mello.
“Io no, ma… ”
Lei si voltò e mi guardò.
“Lui si.”
“Che? Io?” chiesi, stranito.
“I tuoi occhi, BB. Tu puoi sapere chi è in possesso di un Death Note attraverso quelli. Tu sai cosa vuol dire, no? Sai cos’è un Death Note, vero? E visto che L sa che Kira fa parte della sua squadra, guardando negli occhi ogni suo componente, gli darai ciò che vuole, in cambio di quanto vi ho detto.”
“No, frena un momento! Che cavolate vai dicendo? BB, sta mentendo, no? Com’è possibile che tu… tu veda…- mi guardò- insomma io…- guardò Angel- OH E VA BENE, FATE TUTTO ALLE MIE SPALLE, OK!” rinunciò infine, voltandosi.
A Angel scappò un sorriso.
“So cos’è un Death Note e mi chiedo come tu sappia che io lo so. Ma immagino che non me lo dirai. Come fai a sapere tanto di L?” chiesi subito.
“Io sono Angel, io so quanto voglio.”
“Modesta…”
“Un giorno capirai… Ora dobbiamo contattare L e tu devi raggiungerlo, con un piano ben ideato. Conosco ciò che fa, ma sei tu quello che sa come parlarci.
“E perché dovrei sapere come parlarci?”
“Non ci hai passato l’infanzia? Lo conoscerai almeno un po’!”
Mello per poco non si soffocò con la birra che aveva strategicamente rubato dal frigo.
“COOOSAAAA?????? ”
“Sta buono Mello.”
“Ma! ”
“Bevi la tua birra e sta buono, la tua parte è dopo! Come dicevo, B, dobbiamo concentrarci su L per ora, poi ti darò tutti i chiarimenti che vorrai. Per prima cosa devo contattarlo. Infatti a momenti dovrebbe arrivare un’auto e io tornerò questa sera.”
“E come faccio a sapere che non te ne vai?”
“Non ti fidi?”
“…”
“Non hai tutti i torti, ma ti assicuro che tornerò. E più di ciò non posso garantire.”
“Potresti essere una sorta di spia di L”
“Non dirlo neanche per scherzo.” ringhiò Mello dal divano.
Sbuffai.
“Dopo che l’avrò contattato e avremo stabilito come vi vedrete, ci organizzeremo per l’incontro che probabilmente si terrà a breve. ”
“Capisco. Allora dobbiamo decidere che patto proporre.”
“Certo. Allora, io pensavo, come ti ho accennato prima, oltre la nostra libertà e quella di Matt e Eloin, di chiedere anche un bonifico di un tot di soldi che vi permetterebbe di vivere in tutta comodità per il resto della vostra vita, una casa in cui vivere in una città che sceglierai e i vostri effetti personali, rimasti al carcere. Per esempio, la tua chitarra.”
“Si, ci avevo pensato anche io. naturalmente dovrai chiedergli anche di non seguirci e di non cercarci. Di lasciarci in pace, in poche parole.”
“Mi sembra sensato. Allora, io vado. Stasera ci vediamo. Mello, vuoi aggiungere qualcosa?”
“Prima mi riprendo dal sapere che questo qua è una specie di zombie o qualche altra diavoleria satanica shinigamesca e che sa quando tireremo le cuoia. ”
“E non esagerare!” ridacchiò Angel, mentre io alzavo gli occhi al cielo.
La accompagnai alla porta. Lei si infilò il giubbotto di pelle e aprì la porta.
“Ciao B”
“Perchè non mi chiami Beyond?”
“Perché mi va”
“Ei, non mi saluti?”
Mi diede un veloce bacio a stampo e richiuse.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Raccontami di lui ***


Mello ridacchiò, dal divano.
“Adesso mi devi spiegare questa storia di L. E anche come fa a piacerti una assassina, per di più bastarda.” Pretese, alzandosi e andando a buttare la birra.
“Si. Non credo proprio.”
“Eddai, sono curioso! E poi me lo devi.”
“Perché ti dovrei qualcosa?”
“Perché, che cazzo, ti ho tirato fuori da quella merda di posto, no?”
“Che finezza… comunque tu non mi hai affatto tirato fuori di li. Ci siamo tirati fuori insieme.”
“Allora prendilo come un dovere affettivo.”
“Cosa? tu che parli di affetto?!”
“Ti ho già detto che sono curioso, ok?”
 “Beh, scoprilo da solo.”
“Eddai! Dimmi di L! com’era?”
“E’ stato molto tempo fa.” Tentai di concludere, sedendomi alla scrivania.
“Quanto?” chiese il biondo, lasciandosi di nuovo cadere sul divano.
“Ma insomma, la pianti? Non rompere.”
“Tanto prima o dopo lo scoprirei. Scommetto che L ti lega la motivo per cui eri dentro, vero?”
“…”
“Dai, dimmi almeno se ho indovinato.”
“Mello non è un gioco, chiaro?”
“Si che lo è. Ma tu non mi dici le regole. Se te lo chiedo per favore non rispondi. Se te lo chiedo ricattandoti non rispondi. E come te lo devo chiedere?”
“Sei un ragazzo molto strano, sai?”
“Perché considero le altre vite dei giochi? Beh, vedila dal mio punto di vista. Se lavori per la mafia, la loro mentalità ti lascia sempre un segno. E il fatto che li le persone muoiano più velocemente di quanto tu riesca a proteggerle ti aiuta a renderti conto che non esistono amici. Non perché tu non li voglia, intendiamoci, ma perché non riuscirai a proteggerli. Allora che senso ha affezionarsi? L’unica cosa che conta, dunque, è conoscere queste persone che ti stanno attorno: la conoscenza di quanto è possibile conoscere, è sempre d’ausilio in quegli ambienti. Come ti dicevo, se hai fatto quella vita ne hai i segni. Per me l’unico segno è questo  e naturalmente la capacità che però sospetto innata di essere così affascinante anche se sto uccidendo qualcuno.” disse, facendomi l’occhiolino.
“Non credevo che tu fossi così intelligente da conoscere la parola ausilio.”
“Ti sembrerò stupido, ma  resta il fatto che io conosco molte più cose su di te che non tu su di me.”
“Vedi? È una motivazione in più per non dirti nient’altro.”
Sbuffò.
“Quanto credi che starà fuori?” chiesi.
“Angel? Non so, credo fino a stasera.”disse lui con noncuranza.
“Non sei preoccupato che ci trovino?”
“No.”
“Perché?”
“Beh, la conosco. E mi basta.”
“Lei è una boss vero?”
“perché non lo chiedi a lei?”
“Tanto non mi risponderebbe” sbuffai.
“Quanto ti interessa sa 1 a 10?”
“Diciamo che è quasi una certezza. Ma non proprio. 7/8?”
“Ei, o 7 o 8!” protestò il biondo.
“Non lo so… diciamo 7.”
“Allora facciamo così. Tu mi dici di L e io ti dico se lei è una boss.”
“Facciamo che lo chiedo a lei.” risposi alzando gli occhi al cielo.
“Sei veramente antipatico B! dopo tutte le botte che ci siamo dati!”
Alzai un sopracciglio eloquentemente.
“Cosa ti costa?”
Forse non voglio pensarci. Dico forse, eh.”
“E non fare la femminuccia sentimentale! ”
“Cretino.”
“Ora insulti anche, come una femminuccia sentimentale?”
Chiusi gli occhi e feci un profondo respiro.
“Smetterò di romperti le scatole solo quando mi dirai di lui.”
“Si può sapere perché ti interessa tanto?”
“Ei, stai parlando di L! Voglio dire, il più grande e figo detective della storia dell’umanità!”
“In effetti.”
“Allora, mi racconti?” chiese speranzoso lui.
“No”
“E che palle B! non ti sto chiedendo di raccontarmi cose sdolcinate tipo, che ne so, il vostro rapporto probabilmente gay, il fatto che tu ora lo odi a causa di tradimenti e tresche degne di Beautiful o che! Solo… come era lui!”
“Frena un momento! il nostro rapporto come?”
“Guarda che il 99% delle fan fiction su voi due sono stra-yaoi, bello.”
“Cosa?”
“Stupito? Beh, alle fan piacete come coppia, che ti devo dire.”
“Non capisco di cosa stai parlando e non sono sicuro di volerlo capire, ma ti assicuro che anche nel remoto caso in cui io fossi gay, non andrei per nulla al mondo con L!”
“E perché? dicono tutti che sia un gran pezzo di… capito , no?”
“Punto primo, non so di quali “tutti” tu stia parlando, punto secondo, L sarà anche un bel ragazzo, ma non ci andrei comunque! E poi sono etero, che senso ha questa discussione?”
“In effetti alcuno. Ma voglio sapere di L e qualsiasi metodo è buono no? Si dice che il nonsense, tra l’altro, confonda le persone e che quindi poi sia più facile farle confessare.”
“Confessare? Adesso cosa sono, un imputato?”
“Eddai, hai capito!”
“Finiscila, Mello.”
Non la finì. Anzi. Per la seguente ora continuò a insistere fino all’inverosimile, fino a che, aimè, cedetti.
“Mello, sei un cazzo di parassita!”
“Dimmeloooooooo!”
“Se tu mi dici di Angel.”
“Vai prima tu” pretese, aprendo il frigo e lanciandomi una birra.
“Uff…! ”
“Attendo” mi informò, gettandosi sul divano.
“Dunque… vuoi sapere del suo carattere, giusto?” sospirai.
“Tutto il possibile.”
“Beh… partiamo dal principio. Di aspetto, allora, era più o meno come me. Aveva un paio di anni in più, ma qualche volta il suo maggiordomo ci scambiava”
“Ma dai!” contestò.
Lo guardai malissimo.
“Non che tu non sia un bel ragazzo eh, però che cazzo, io me lo immaginavo completamente diverso!”
“Beh, non ti ferisco oltre, dimmi di Angel e finiamola qui.”
“Ti piacerebbe. Avanti. Parla.”
Sbuffai sonoramente, aprendo la lattina di birra e dandole un’occhiata indecisa.
“Non è che è tipo… che ne so, scaduta? Ha un odore strano.”
“Se non ti va, dammela.”
Gliela diedi guardandolo, schifato, trangugiarla serenamente. Ok, non sarà cool, ma la birra non piace.
“Bene, L, come ti dicevo, aveva un aspetto molto simile al mio. Solo che lui aveva gli occhi neri o grigi a seconda del tempo, dell’umore o chissà cosa. E poi si vestiva in modo diverso e sempre uguale. Maglietta bianca e pantaloni larghi. Cavolo, avrà avuto armadi di magliette bianche e pantaloni larghi.”
Mi tenevo lontano dalla descrizione più psicologica, e forse Mello se ne era anche accorto. Non volevo ricordarmi nulla.  Insomma, avevo passato anni a dimenticare, o tentare di dimenticare. Non volevo vanificare tutto. Non volevo assolutamente ricordare. Ma andai avanti lo stesso, non so se per masochismo o per la fobia appena sviluppata verso le domande insistenti di Mello.
“Io lo interessavo molto allora... Più di una volta mi ha sottoposto a test supplementari… delle specie di esperimenti… ”
“Essere stato io, un esperimento di L.” esclamò lui, bevendo un altro sorso di birra.
“Mello  guardami. Come mi descriveresti?”
“Sei uno psicopatico stronzo con gli occhi rossi da pazzo?”
“Ecco appunto.”
“Non ti arrabbiare, è la verità!”
“Non ce l’ho con te. Ma se L non avesse voluto usarmi come esperimento, ora non sarei così. Perciò non invidiarmi.”
“…”
“Comunque, L era un ragazzo strano. Amava i dolci. Non so come facesse a essere così magro, ne mangiava in ogni momento- ricordai con un velo di amarezza-  se li portava ovunque, ma non li offriva quasi  mai. Era esigente e un egocentrico.”
“Non sembra tanto simpatico.” commentò deluso Mello.
“Perché non lo era, almeno non con me. Amava mettere a disagio l’interlocutore con lunghi silenzi o dimostrazioni della sua intelligenza. ”
“E che dici, era un tipo generoso? O con qualche altra dote del genere?”
“Era generoso con pochissime persone. Con le altre, te l’ho detto, esigente. Non badava molto a cosa gli altri pensavano di lui, sapendo che invece, il suo parere, li avrebbe potuti mettere tutti a tacere. Gli piaceva essere imprevedibile. Poi gli piacevano i computer e non sopportava la polvere. Non sorrideva praticamente mai, ma neanche alzava la voce o mostrava  più di tanto i suoi sentimenti. Adorava, anzi, amava, stare sveglio di notte. Mi disse che la notte per lui, era un momento in cui poteva nascondersi dietro quello che considerava un efficace paravento e sfilarsi ciò che di lui era falso. Vedi, io lo conobbi bene, perché mi teneva affianco a lui. La nostra somiglianza lo aveva colpito e … ma questi non sono fatti tuoi. Ti basti sapere che ciò che ti sto dicendo è ciò che tutti li speravano di sentire: L non era perfetto. ”
“Fa tanto concetto alla Beautiful.”
“Se tu fossi stato li avresti capito perché era importante saperlo. Vedi, crescere alla sua ombra, sapendo che se non fossi stato all’altezza saresti caduto in disgrazia, forse saresti finito in strada o in un orfanotrofio del cazzo che non ti sarebbe bastato, non dopo aver vissuto li, era abbastanza terrificante. Molti avevano continue crisi e cadevano totalmente nella follia a causa di quello stronzo. Ma a lui non fregava niente delle conseguenze di ciò che esigeva. Se ti immagini un L misericordioso, amico o che altro, beh, sei un illuso. Per lui noi eravamo giocattoli. E si comportava precisamente come un bambino, usandoci.
Per questo sapere che lui non era, come sembrava, perfetto, era una grande soddisfazione. Neanche lui, dunque, arrivava a ciò cui esigeva arrivassimo noi, chiaro?”
“Si, certo. Una specie di tiranno psicotico schizofrenico, no?”
“Beh, più o meno. Comunque, se di giorno era in un modo, la notte era l’esatto contrario. Sai, ogni tanto si metteva addirittura a fare cose tipo, non so, fumare sigarette di marche infime, scappare chissà dove e tornare prima che qualcuno se ne accorgesse.”
“Ma dai, ora mi stai prendendo per il culo! E poi tu come faresti a saperlo?”
“Te l’ho detto, mi teneva vicino. E poi era adolescente allora, che ti aspettavi?”
“Ma mi hai appena detto che era quasi perfetto!”
“No. Di giorno era completamente perfetto. Di notte doveva pur compensare, no?”
“Mi pare giusto. Non me l’aspettavo così. cioè, un po’ stronzo si, ma non così.”
“Che ingenuo”
“Hei!”
“Dai, ora dimmi di Angel.”
“Si d’accordo. Però, riguardo a L, non mi sembra che sia tanto terribile da odiarlo come lo odi tu, dai! Era solo uno stronzo, potente e intelligente figlio di una donna in rosso.”
“Che termine fine.”
“Hai capito che intendo.”
“…”
“Vaaa bene, parliamo di Angel. Se è una boss mafiosa? Non proprio. il braccio destro del più grande boss, questo si.”
“Chi?”
“Non è inerente a Angel questo.” scattò Mello, sulla difensiva.
“E poi?”
“Questo mi hai chiesto. Comunque è come se lo fosse.”
“E perché si è dovuta liberare praticamente da sola?”
“Non me l’ha ancora detto… ”
Il resto del giorno si consumò in silenzio. Riflettei a lungo sul fatto di essere fuggito e fui molto soddisfatto di non aver avuto spiacevoli flash-back mentre parlavo di L.
Angel rientrò e sbattè la porta dietro di se.
Mi lanciò un’occhiata penetrante, si tolse la giacca e si sedette sulla brandina.
“Vedrai L domani.”

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** L ***


“Vedrai L domani.”
Sobbalzai insieme con Mello.
“Non è stata una trattativa facile. Ma se tutto va bene, saremo tutti liberi e a posto, con una casa e senza nessuno che ci cerca. Ma non dobbiamo fare passi falsi domani… Beyond, mi posso fidare?”
Era da un sacco che non mi chiamavano così e, un po’ per quello un po’ per la veloce sequenza di informazioni sconcertanti fornitaci, mi sentivo un po’ spiazzato. Ma annuii lo stesso all’indirizzo della bionda.
“Bene. Mello, io e te lo accompagneremo al jet.”
“Un jet? Nostro o suo?”
“Suo. Dopodiché, B ci salirà e andrà da lui. Stai attento, non perderebbe mai l’occasione di catturare noi oltre che Kira. Comunque sia, se non fai casini sarai fuori di li per sera. Un altro jet, ti aspetterà e da li, lasceremo tutto questo alle nostre spalle, per sempre. A meno che quel gran pezzo di stronzo non rinvii e è probabile che succeda. Vorrà verificare le tue parole, no? In ogni caso, se non ci saranno complicazioni, presto saremo di nuovo liberi. ”
“Domani?”
“Su questo non sono riuscita a smuoverlo. Non vuole che ci organizziamo troppo, immagino. Ah, B, digli il meno possibile di noi.”
“Certo.”
“Cazzo, vedrai L domani! Porca paletta, non posso crederci! ” esclamò Mello squadrandomi.
Nessuno gli rispose. Angel si lasciò cadere sulla brandina e chiuse per un attimo gli occhi. poi si rimise seduta e mi sorrise. “Ce la farai.”
Non ero proprio convinto di ciò, ma annuii di nuovo.
IL GIORNO DOPO- THINK OF BEYOND BIRTHDAY
Non avevo dormito tutta la notte. Gli occhi sbarrati per ore. Nonostante fossi fuori, il senso di solitudine rimaneva, più forte di prima. Va bene, ero libero. Ma libero come quelli che vedevo dalla mia finestra.
Ero libero come un uccello in una gabbia più grande. Non ero libero.
Non sarei mai stato libero.
E nonostante fossi uscito di li, tutto andava in modo che non era definibile come positivo.
Non volevo più affrontare niente, volevo solo fermarmi e lasciarmi finire in modo anonimo, da solo, in una casa sperduta, da solo e vecchio, da solo e finalmente riconosciuto come inutile.


Tutto si svolse in fretta anche se si tentava di vivere a pieno ogni momento che ci separava dal rischio di ripiombare nelle camere singole piene di urla altrui che non potevano che rintronarci ancora in testa. Angel non poteva capire ne Mello ne me, quando prima di uscire le nostre facce assunsero espressioni funeree.
“Ragazzi andiamo a salvarci il culo, non a suicidarci! Andrà tutto bene, ok?”
Non ottenne risposta.
Salimmo sulla macchina del giorno prima e partimmo, senza alcun bagaglio.
Due ore dopo, alle nove della mattina, mi trovavo a salutare Angel e Mello.
Ci guardammo, in piedi nella polvere, senza avere bisogno di parole, o senza sapere che parole dire.
Mello mi fissò, serio per una volta. “Vedi di non farti ammazzare. Oltre che di non farci ammazzare intendo.”
“Tenterò”
“Poi dovrei fare a botte con quella mezza sega di Matt. Devi uscirne vivo, chiaro?”
Gli abbozzai un sorriso.
“Dovete andare ora, prima che arrivino, probabilmente fra non più di una mezz’ora saranno qua.”
“Hai ragione, dobbiamo andare. Dai Angel, ti aspetto in macchina.”
“Ciao Mello.”
“Non ti saluto neanche, tanto ti vedrò domani!” esclamò e mi fece un occhiolino poco convinto, allontanandosi.
“E’ sempre un po’ coglione quando non sa cosa dire.” Commentò Angel.
“Già… allora… a domani Angel.”
Lei mi abbracciò improvvisamente, prendendomi di sorpresa. Ricambiai l’abbraccio mentre Eloin mi ritornava in mente con prepotenza. Doveva andare tutto bene, o non l’avrei più rivista.
La baciai e la guardai negli occhi, vedendo i suoi, azzurri, lucidi per la prima volta da quando la conoscevo.
“Angel, andrà bene. Conosco quello stronzo, lo gestirò bene.”
“Lo so. Però è la tana del lupo, B, devi stare attento, ogni cosa che dirai sarà analizzata dal migliore psicologo del mondo, non puoi nascondergli tutto.”
“Tutto cosa?”
“Le tue debolezze B. Se le scopre… ”
“Angel, per oggi non avrò debolezze. Te lo prometto.”
“Allora non dovresti stare con me” sorrise lei dandomi un bacio.
“Un’eccezione più che accettabile direi”
“Ora è meglio che vada. Mi raccomando B.”
Vidi la macchina nera, impolverata all’inverosimile, allontanarsi. Si portava dietro due paia di occhi affilati e due capigliature bionde che rischiavo di non vedere più.
Scesi dal costosissimo jet e mi guardai intorno. Un uomo mi venne subito incontro.
Era un anziano signore, con i capelli e i baffi moderatamente grigi e un’aria molto elegante e ricercata.
“Buongiorno signorino B, vuole seguirmi?” chiese come se non fosse passato un attimo dall’ultima volta che l’avevo visto.
Repressi una sensazione di malessere. Conoscevo bene quell’uomo e non ero particolarmente felice di rivedere le sue parole sempre uguali. Dovevo proteggermi dai ricordi…
Non sarei uscito vivo di li se non avessi evitato di farmi riprendere da tutto quello che era accaduto in passato.
“Certo, Watari” risposi quindi, freddamente.
Lo seguii sulla pista d’atterraggio fino all’entrata di un enorme palazzo.
Watari mi condusse attraverso il labirinto di stanze, corridoi, ascensori e scale che mi portarono a un’altezza dalla quale una distesa infinita di case si poteva ammirare con un certo senso di vertigine.
Infine ci trovammo in un corridoio bianco con una porta nera in fondo. Il maggiordomo si fermò e mi indirizzò un mezzo sorriso eloquente, indicandomi la porta con un ampio gesto.
La guardai per un secondo, prima di camminarle incontro.
La presenza di L si sentiva in tutto il palazzo come quella di un occhio onnisciente, ma adesso che sapevo che era li, a pochi metri da me, era come se sapessi per la prima volta che l’avrei davvero rivisto.
Aprii la porta, abbassando lentamente la maniglia di metallo freddo.
Mi sentivo quasi sospeso.
Davanti a me si aprì una stanza bianca. C’erano cinque scrivanie bianche e una serie di tecnologici portatili su ognuno di essi. Dei telefoni fissi, bianchi. Una porta, bianca a sinistra. Un enorme vetrata davanti alle scrivanie. Sette sedie a rotelle grigie.
E lui.
L.
Seduto su una delle sedie a rotelle nella sua solita posizione, un pollice fra le labbra. I capelli sempre neri, come i miei. Sempre gli stessi vestiti. Gli stessi lineamenti. La stessa carnagione diafana.
E gli stessi occhi. quegli occhi così scuri, penetranti, indecifrabili. Vivi.
Mi fissava come se non me ne fossi mai andato, come se nulla di quanto era successo avesse avuto luogo.
Stava immobile come una statua, lo sguardo fisso nei miei occhi.
Con la mano richiusi la porta dietro di me e ricambiai lo sguardo.
Ero ufficialmente entrato nella tana del lupo.
“Ciao L” dissi infine, sempre sotto il suo sgaurdo.
“Ciao B” rispose lui e potei constatare che neanche la sua voce era cambiata. Quella nota di disinteresse totale, di indifferenza, di distacco era rimasta.
Come per tutto il resto: gli stessi capelli spettinati, gli stessi vestiti…
“E’ passato del tempo da quando ci siamo visti l’ultima volta” constatò come se lo scoprisse.
Girò la sedia e aprì una cartella su uno dei computer. Su tutti i monitor comparve una scheda. La scheda del caso BB, Los Angeles. Una mia foto in alto a sinistra e scritte che L finse di leggere per qualche secondo, portandosi lentamente alle labbra una tazza di zollette di zucchero e tè.
“Hai fatto un errore davvero sciocco B. O posso ricominciare a chiamarti Bakup?”
“Possiamo invece cominciare a parlare del perché mi trovo qui, L?”
“ Bene B, direi che siamo qui proprio a causa del tuo stupido errore. Anche un dilettante avrebbe evitato una cosa così grossolana, non ti ho insegnato proprio niente?” disse con un sospiro finale “Comunque, sorvolando sulle delusioni, il fatto che tu abbia commesso un errore di quel tipo ti ha consegnato nelle mani della prigione di alta sicurezza in cui sei rimasto fino a poco tempo fa. E un errore di quel tipo ti ha fatto conoscere Eloin Edud, Micheel Keehl e Mail Jeevas. Conseguentemente oggi sei qui per garantire la loro e la tua libertà, giusto?”
“Giusto” confermai  in tono piatto.
“E in cambio di quanto pattuito ieri da Akira, tu mi rivelerai l’identità di Kira, giusto?”
“Giusto.”
“Permettimi di capire: come puoi trovare Kira?” domandò lui, aggiungendo una zolletta di zucchero al tè, già compromesso dal dolcificante.
“Io non troverò Kira, io saprò semplicemente chi è. L, i miei occhi non sono diventati rossi  e basta. Essi mi permettono di vedere data di morte e nome reale delle persone che guardo  in volto. Ma se vedessi in volto il possessore del Death Note, non ne potrei leggere la data di morte. Inoltre so che hai la certezza che Kira sia nella tua squadra, conseguentemente mi basterà vedere i tuoi compagni per sapere chi di loro è Kira e consegnarlo a te. A meno che tu non abbia sbagliato.”
“Concorderai con me che devo essere sicuro di questa tua capacità, visto che ne va delle sorti della giustizia.”
“Non hai già pensato a come fare? Sei meno previdente di una volta, L.”
“Veramente un modo ci sarebbe. Supponiamo che tu mi dica il nome di chi pensi sia Kira. A quel punto il modo più semplice per sapere se è veramente lui sarebbe prenderlo senza dargli il tempo di parlare con nessuno e tenerlo isolato per un periodo di tempo. Se le uccisioni avessero fine, ti darei ragione, in caso contrario naturalmente, non ci sarà per te alcun compenso. ”
“Ma questo mi costringerebbe a rimanere qui per…”
“Due settimane B, cosa sono in confronto a tutti gli anni che hai passato in prigione?”
“Un jet verrà qui stasera a prendermi, come pensi di fare?”
“Sarai tu stesso a informare Angel. Ti metterò in contatto con lei.”
“Ci devo pensare per un attimo”
“Non hai scelta. O accetti o ti rimando subito in prigione e con te i tuoi amici, dal momento che le informazioni che mi potresti dare sarebbero del tutto infondate.”
Rimasi in silenzio per qualche minuto. Non avevo via di fuga. Aveva ragione lui.
“Va bene. Adesso vediamo di chiudere questa storia però.”
L si girò di nuovo, chiuse la mia scheda con un gesto annoiato e pigiò un bottone rosso.
“Avvicinati B. Davvero non posso più chiamarti Bakup? Sai, sarebbe estremamente più naturale per me.”
“Preferirei di no, L” risposi freddamente.
“Bene B, queste sono le foto della squadra e di tutti coloro che sono stati in qualche modo coinvolti nel caso Kira, ti chiedo di esaminarle con molta attenzione.”
Mi avvicinai e le studiai una per una. Scoprii subito l’identità di Kira. Si trattava di una ragazzo, bruno, vestito in maniera ricercata. Dava l’idea di uno molto composto. Si chiamava Light Yagami.
Ebbene era lui il famoso Kira. Mi venne quasi la tentazione di lasciare a L il dubbio, ma sapevo che mi avrebbe con molta semplicità rispedito alle cure di Roger.
“Kira è fra loro, L, ma prima di sapere chi è esattamente, devi fare quanto ti abbiamo richiesto.”
“Libererò i tuoi amici, ma essi avranno un microchip addosso fino a quando non mi accerterò della veridicità delle tue parole. Poi tu stesso potrai disattivarlo . Non sarete seguiti.”
“E Angel e Mello?”
“Mello ne ha già uno addosso. Sapevo dove eravate in effetti, ma ero curioso di conoscere il vostro piano. E direi che ho fatto bene. Comunque sia, ordinerò immediatamente il trasferimento di Eloin Edud e Mail Jeevas in questo palazzo. Avrete una camera.  Ma ora dimmi chi è Kira e potremmo procedere.”
Mi fermai per un attimo e lui mi concesse il tempo di cui avevo bisogno per valutare la situazione.
“Prima voglio vederli qui. E voglio sentire Angel e Mello.”
Senza degnarmi di uno sguardo  alzò una delle cornette telefoniche.
“Ordina lo spostamento di Eloin Edud e Mail Jeevas qui, subito. E mettiti in contatto con Angel.” Disse poi dopo qualche secondo.
“Ora ti farò portare in camera e li ti raggiungeranno domani mattina, i tuoi amici. Stasera potrai parlare con Angel. B, durante la tua permanenza qui immagino che potresti annoiarti a non fare nulla tutto il giorno. Nell’eventualità che tu voglia un passatempo, potrai aiutarmi con i miei casi.”
“Non mi interessano i tuoi casi, L.”
“Credi ancora… di essere superiore a me?” chiese con una sottilissima nota di ironia nella voce, voltandosi a guardarmi negli occhi.
“Un po’. Ora posso andare nella mia camera?”
“Watari ti ci accompagnerà” rispose alzando un’altra cornetta. “Watari, dovresti accompagnare B in camera sua.”
Mise giu e non mi guardò più fino a che l’anziano maggiordomo non bussò alla porta.
Mi avvicinai alla porta, ma venni fermato dalla sua voce.
“Forse tu mi avresti superato. Ma adesso sei tu che devi scappare e io che muovo la polizia mondiale. Riflettici. Ti sei distrutto da solo alla fine. ”
“No L. Sei tu che hai perso. Ho la tua memoria perde colpi?” risposi, mentre ricordi che cercavo di eliminare da troppi anni mi saettavano in mente, nitidi.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Ricordi pt.1 ***


“Forse tu mi avresti superato. Ma adesso sei tu che devi scappare e io che muovo la polizia mondiale. Riflettici. Ti sei distrutto da solo alla fine. ”
“Ti sbagli L. O forse te ne sei dimenticato? ”
“Allora ero molto diverso. Converrai con me che non ero neanche la metà di quello che sono ora, in tutti i sensi. L’adolescenza non è un periodo in cui si da il meglio di se, non pensi anche tu?”
“Questo non cambia le cose”
“Immagino di no, B”
“Hai perso tu, alla fine.”
C’erano due ragazzi in quella stanza  lussuosa. Uno dei due, il maggiore, stava sul bordo della finestra,  seduto in modo strano. Aveva il volto scavato dall’insonnia rivolto alla luna calante. Il minore, quasi uguale al primo, stava sdraiato su un letto al centro della stanza, senza dire una parola. Il primo fece viaggiare ancora un po’ lo sguardo nel vuoto, per poi voltarsi lentamente e chiedere:
“Le hai portate?”
“Si” rispose il secondo mettendo una mano nelle larghe tasche dei pantaloni e lanciando all’altro un pacchetto di sigarette.
Non era facile reperirle, all’interno dell’orfanotrofio e il primo ragazzo scoccò all’interlocutore un raro sguardo di approvazione, afferrando il pacchetto al volo ed estraendo subito una sigaretta.
“Ne vuoi una?”
“No, lo sai che non fumo”
“Bene, meglio per me. Se vuoi qualcos’altro, li c’è un carrello che ho richiesto poco fa a Watari.”
“Grazie, sono a posto. Stasera ho mangiato molto a mensa.”
“Perché? Ti eri forse dimenticato che saresti venuto qui?” chiese il primo.
“No. Avevo fame”
Si udì un sonoro sbuffo.
“Non riesco a capire perché ti comporti così, B.”
“Così come?” ribatté atono il ragazzo.
“Come uno snob. Sai che molti qua dentro ucciderebbero per essere al tuo posto?”
“Non ho scelto io di essere il tuo schiavetto personale,  L! Se non ti vado bene, visto che invece molti sarebbero felici di essere utilizzati a mo’ di giocattolo, scegli qualcun altro. ”
“Credevo che tu avessi imparato quanto sono possessivo. E quanto odio perdere.”
“In ogni tuo comportamento verso di me, me lo dimostri. E scusami, ma ti devo correggere: non sei semplicemente possessivo, sei peggio di un bambino viziato.”
“E visto che tu sei il gioco di un bambino viziato, faresti bene a mostrarti più bendisposto. O forse non sai che quando i bambini viziati non vogliono più un gioco, lo rompono?”
Ci fu silenzio, nel tempo in cui il primo ragazzo si accese una sigaretta sotto lo sguardo dell’altro, impassibile.
“Non potrò mai essere come te” disse infine il minore, quasi con una nota di disprezzo.
“Tu dovrai esserlo. Tu vuoi diventare il mio successore, lo so. Ma se davvero speri di esserlo, devi diventare esattamente come me.”
“Non voglio essere la tua copia, L.”
“E allora perché fai salti mortali per essere il numero uno e copi i miei comportamenti, come il modo di sedere e di parlare?”
“Perché io voglio superarti.”
“Ti sei dimenticato il significato del tuo soprannome, Bakup?”
“E’ un soprannome che mi hai messo, il mio vero nome è un altro e questo non lo puoi cambiare! Io sarò migliore di quanto tu possa solo sperare di essere.”
Il maggiore si alzò senza una parola, lasciando andare la sigaretta ancora accesa  a veleggiare fuori dalla finestra nella frescura notturna. Poi prese il minore per un braccio e lo costrinse ad alzarsi e a seguirlo. Bakup tentò di ribellarsi, ma era decisamente in svantaggio e non riusciva a liberarsi dalla presa ferrea di L.
L lo condusse fuori, fuori dalle mura dell’orfanotrofio e imboccò le strade di una città a lui sconosciuta, benché vi vivesse ogni giorno. Lo portò in poco tempo in periferia, trascinandolo in posti illuminati a malapena e lo infilò sbrigativamente in un locale che non seppe identificare. Lo fece sedere di fianco a lui, nel tavolo più appartato, vicino a una panca dove un uomo inquietante, pieno di piercing e tatuato dalla testa ai piedi parlava sommessamente con una ragazza. in capo a pochi minuti, lei si tolse la maglietta- il minore distolse lo sguardo e arrossì-  e girò le spalle all’uomo. Questo cominciò a farle un tatuaggio con strumenti che non vedevano una sterilizzazione da molto tempo, scintillanti alle luci basse del locale.  Nessuno guardava la scena a parte i due giovani. Bakup sperava di non capire quello che L voleva fare e tentava di divincolarsi e di andarsene, ma era intrappolato.
L’uomo finì di tatuare la ragazza e presto non ebbe più nessuno davanti a se.
Fu allora che L si fece avanti e gli parlò, sempre tenendo Bakup di fianco a se, a voce molto bassa. Fece sedere il minore davanti all’uomo di forza e gli prese il braccio sinistro, alzandone la manica.
In breve tempo il minore si ritrovò a trattenere gemiti di dolore, guardando impotente e inorridito l’uomo armeggiare intorno al suo braccio.
Quando uscirono da quel locale, Bakup non diceva una parola ed era infuriato. Venne in breve tempo risbattuto ai piedi del letto, mentre il maggiore estraeva una seconda sigaretta dal pacchetto lasciato sul davanzale.
Bakup guardò ancora una volta, schifato, la B gotica che avrebbe dovuto portare per sempre con se. Come aveva potuto il più grande detective del mondo, abbassarsi a una cosa così stupida e infantile?
“Tu sei di mia proprietà. E fai quello che voglio io.” dichiarò L.



Bakup era seduto sul suo letto singolo nella piccola cameretta e una ragazza lo guardava, la testa appoggiata alle sue gambe.
Era molto bella, con dei lunghi capelli del colore del sangue, gli occhi grandi e chiari, i lineamenti raffinati. Era un raro momento felice per i due. I due più bravi dell’orfanotrofio. Chiunque avrebbe pensato che avrebbero dovuto essere rivali, ma i due si amavano profondamente. Non c’era, in quel posto, un legame che fosse sincero e potente come il loro.
Erano molto sotto pressione in quel periodo, L era esigente, sempre di più. Tutti e due avevano delle occhiaie da panda e troppo sonno arretrato, ma non potevano mollare.
Si sorrisero, mentre chiacchieravano in quell’atmosfera di insolita pace. Dopo un po’ lei si tirò su di fianco a lui: doveva tornare in camera sua. Così si scambiarono un lungo bacio e poi si congedarono, chiedendosi quando sarebbero riusciti a eludere di nuovo la sorveglianza di L e a rivedersi. Le parole d’amore che si scambiarono, aleggiarono ancora nella stanza, intorno a Bakup, ma non l rallegrarono affatto. Non le aveva detto del tatuaggio che aveva, suo malgrado, impresso sul braccio. Odiava mentirle. E soprattutto lo disturbava vederla così stanca a causa di L.
Così quella sera, le parole con cui salutò di malavoglia al detective furono:
“Ci stai mettendo troppo sotto pressione. Non ce la facciamo. Devi diminuire il peso.”
“Da quando mi dai ordini Bakup?”
“Il mio consiglio è che devi diminuire il peso.”
“E’ Allied che non ce la fa, tu ce la fai benissimo.”
“Cosa?”
“Se per lei il peso è troppo non sono affari miei e certo non cambierò i miei programmi perché tu stai con lei.”
“Che io la ami  non c’entra nulla con quello che ti stavo dicendo, anche io ho delle difficoltà ultimamente!”
“Se oggi pomeriggio avessi studiato quell’ora in più… la stessa ora che hai passato con quella ragazza… è un hobby per te? ”
“Non dire così L!”
“Era pura curiosità. Se vuoi un passatempo però, ti conviene trovarti qualcosa che non ti ostacoli così. saresti un ottimo successore se solo lei non ci fosse… e naturalmente se accettassi di imparare da me. Ma immagino che tu sia troppo orgoglioso per farlo, giusto?”
Bakup  se ne andò trattenendosi dall’urlargli contro. Odiava essere costretto ad andare li ogni sera. E la B gotica era ancora troppo ben impressa nella sua mente e nel suo braccio.

Allied era in bagno a sciacquarsi la faccia dopo una lezione. Si sentiva rintronata dal sonno in quei giorni.
Entrò quello che sembrava Bakup, nel bagno.
“Ciao amore, arrivo subito, un attimo” gli sorrise.
“Non sono Bakup.”
“Cosa?” disse lei girandosi.
In effetti quello che aveva davanti era più alto, più curvo…
“Sono L.”disse lo sconosciuto, addentando un croissant.
“Mi stai prendendo in-”
“Non ti sto prendendo in giro. Lo sai che Bakup viene spesso da me, no? Non gli hai mai chiesto come sono?”
“Volevo scoprirlo da sola, guadagnarmi l’onore di incontrarla con le mie forze.”
“Se continui così non hai molte speranze, o sbaglio?”
“C-cosa intende? Io sono la prima, a pari merito con Bakup, io sono una possibile-”
“I miei possibili successori sono solo i migliori.  E tu non sei che una presuntuosa. Se vuoi permetterti di sperare di incontrarmi per i tuoi pregi, dovresti tentare di svegliarti . Il tuo impegno non è sufficiente. E se non puoi fare di più, non vedo perché tenti.”
Gli occhi di Allied si riempirono di lacrime, che riusciva a stento a trattenere.
“Ma L, ci sta facendo moltissima pressione, anche B-”
“Bakup ce la fa benissimo. Sei tu il problema.”
Questo era il dialogo che Allied aveva raccontato a Bakup, fra le lacrime, scusandosi per essere un peso per lui e dandosi della stupida. La sua autostima, che il fidanzato aveva sudato duramente, era svanita improvvisamente. La sua sicurezza idem.
La povera ragazza era distrutta, non riusciva a smettere di piangere contro la sua spalla.
“Non posso più avere speranze, allora? Dovrei rinunciare? Dovrei andarmene? Ma che scopo ha la mia vita se non posso rimanere qua e seguire il mio sogno? Perché sono così sciocca? Come mi è venuto in mente di poter solo sperare di arrivare al suo livello? La mia vita non avrebbe più un senso! Perché devo vivere se so che non sono sufficiente? Perché? Perché tu si e io no!? Dimmi perché!”
“Amore, calmati per favore, io non so perché ha detto quelle cose, io credo che fosse… il suo modo di incentivarci.. le ha dette anche a me” mentì spudoratamente.
“Lo vedi? Ha ragione lui! Tu sei più forte, non ti hanno neanche sfiorato le sue parole! Mentre io sono ridotta così! perché?” esclamò lei, staccandosi dal suo abbraccio e fissandolo con le lacrime che scendevano ancora.
“Allied ti prego, non dire così. ciascuno ha la sua sensibilità, ma questo non influisce sulla persona che sei. Tu sei perfetta così, non devi cambiare per raggiungerlo, non devi per forza essere una sua copia.”
“Possibile che non lo capisci? Io ho speso la mia vita,
tutta la mia vita, a studiare per essere come lui, per raggiungerlo, e ora che cazzo di senso ha dirmi che vado bene così? non è vero! Io non sono abbastanza così! io faccio schifo! E tu non sai che dirmi amore di qua, amore di la e intanto sbattermi in faccia che tu sei più forte! Vaffanculo!”
“Ma io non volevo dire questo! No, hai frainteso, aspetta!”
“Certo, ho frainteso, ovvio, sono io che non capisco mai un cazzo, vero?”
“Ti prego non prendertela con me… ”
“E piantala di fare l’accondiscendente, lo so che ti da fastidio che io dica le parolaccie! E mi chiedo perché quando le dico tu non mi ricordi di non farlo!”
“Non voglio mica costringerti a-”
“E non sopporto la tua indifferenza! Ti sto quasi urlando addosso per ragioni futili e lo so benissimo! E tu al posto che ribattere, incazzarti un po’, stai li a dire amore, oh no, sei perfetta!
Ma per favore! Tira fuori le palle per una volta!”
“Al non sai quello che dici, ti prego ascoltami-”
“Anche tu lo pensi? Pensi che se tu non mi proteggessi  non ce la farei? Che ti sarei seconda? Cos’è, forse mi dici che anche per te questo peso è troppo solo per non ferirmi? Io voglio essere prima a ogni costo e non cambierai le cose fingendoti meno intelligente di quanto non sei! Così mi fai solo male!”
“All  io ti amo come non ho mai amato nessuno. Non potrei mentirti.”
Guardò a lungo negli occhi celesti della giovane, pieni di lacrime, come laghetti di montagna in piena. Ne sostenne lo sguardo fino a che non cedettero e non ritrovò il calore della ragazza intorno a se in un lungo abbraccio.
La circondò con le braccia e lei appoggiò la testa nell’incavo del suo collo, sussultando di pianto.

“Stronzo!” esclamò entrando violentemente nella stanza di L.
“Buonasera anche a te, Bakup.”
“Cosa cazzo ti è saltato in mente stamattina, eh? Allied era disperata!”
“Io ho fatto solo il mio dovere. Io sono la Giustizia Bakup, non guardo ne sesso ne simpatia. Allied  ha avuto un calo e fa troppo affidamento su di te. Per me non è all’altezza dei suoi obbiettivi. Ho ritenuto opportuno avvertirla.”
“Bastardo, guarda che lo so che non è così! Allied si è sempre fatta un culo così per te e l’unico modo in cui si appoggia a me è quando mi ripete le lezioni!”
“Beh, scommetto che oggi però è venuta a farsi confortare dritta nelle tue braccia, o sbaglio?”
“Era disperata, scommetto che hai fatto lo stronzo!”
“Finiscila di dire parolaccie, sei ridicolo.”
SBAM!
La porta sbattè e Bakup scomparve.
L non fece una piega.

Allied era in piedi con lo sguardo fisso, davanti a quel maledetto foglio, affisso alla parete, circondata da altri studenti che non osavano scostarla.
Bakup le corse incontro e vide nel suo volto pallido di notti insonni solo rabbia. Alzò lo sguardo sulla classifica dell’ultimo test.
  1. Bakup
  2. Allied
“Al… ”
La ragazza si voltò e se ne andò in camera sua, dove lui la seguì solo per prendersi una porta sbattuta in faccia.
Sospirò  e si sedette sul muro di fronte alla sua porta. Dovette aspettare molto, almeno tre ore, prima che la ragazza uscisse. Andava a mensa, era ormai ora di cena, ma a vederlo li sussultò. Si fermò per un secondo.
“Al- disse lui alzandosi- non me ne frega niente di quegli stupidi risultati, non contano nulla! Noi possiamo fare molto meglio di L, insieme! Noi possiamo essere doppiamente L! senti, io ho pensato una cosa… noi potremmo… andare via… fuggire non sarebbe difficile. E poi sarebbe fantastico, Al, il mondo sarebbe nostro! Potremmo girarlo tutto, non vivere mai più rinchiusi fra quattro mura come cani al guinzaglio, potremmo diventare famosi, avremmo tutto ai nostri piedi, insieme possiamo farcela, siamo imbattibili. E potremmo vivere come vorremmo, se lo vorremmo. Potremmo superare L da fuori, finirla con le sue stupide graduatorie e le sue stupide regole! Al, potremmo fare a modo nostro!”
Lei lo guardò per qualche secondo, con gli occhi rossi dal pianto.
“Tu proprio non capisci… ”
“Spiegami. Forse ti sembra imprudente? Avventato? Ma con le nostre capacità potremmo tutto!”
“Non è questo, io partirei subito con te per non tornare mai più, ma… davvero non ci arrivi? Io sono cresciuta qui, mi hanno raccolta che ero ancora in fasce, per me questo posto è… tutto. E L è stato l’unico scopo che ho avuto mai, l’unica cosa che, quanto tu ancora non c’eri, mi ha spinto a lottare ancora, e ancora, e ancora. Era il mio obbiettivo. E ora non posso abbandonarlo così. E’ l’unico scopo di una vita altrimenti… inutile. Tu sei molto carino a dirmi queste cose, so che anche tu soffriresti ad abbandonare tutto questo. Ma io non posso farlo, capisci?”
“Certo… ma L non è giusto con te, lui ti ha-”
“L fa quello che deve fare Bakup, non puoi contestarlo.”
“Ma-”
“Quello che questo posto mi ha insegnato per prima cosa è che… L è la giustizia. Evidentemente devo studiare di più. Non è sufficiente tutto ciò.”

Erano passati sei mesi da quando Allied era diventata seconda. Si era allontanata un po’ sa Bakup e diventava sempre più bianca e irascibile. Non dormiva quasi, era tiratissima nello sforzo di superarlo di nuovo.
Quel giorno era il giorno in cui le classifiche del test decisivo, quello finale, sarebbero uscite. Erano tutti trepidanti e Allied per prima. Aveva studiato come non mai per quell’esame, non era uscita dalla sua stanza per giorni con il solo sussidio della compagna di stanza che le portava i vassoi per i pasti. Come se Allied mangiasse. Di solito, concentrata com’era, saltava il pranzo e mangiava appena l’indispensabile a cena, preoccupando Bakup per la velocità con cui dimagriva. E più dimagriva più era scontrosa. E più era scontrosa più non lo sopportava qualsiasi cosa facesse. E si allontanavano sempre di più.
 Ma Bakup aveva deciso di dare una svolta alla situazione, sbagliando apposta una delle domande del test. Doveva essere secondo, a rigor di logica.
Erano le sei di mattina quando Bakup si svegliò di malavoglia sentendo bussare alla porta.
“Chi è?”
“Sono Allied”
“Entra pure” biascicò ancora mezzo addormentato, infilandosi dei vestiti a caso.
“Fra quindici minuti affiggono la classifica. ”
“Uhu…”
“Vieni con me?”
“Aha…”
“Ti ho svegliato?”
“Mhm..”
“Scusami è che sono così in ansia! Devo essere prima, devo! Più di così non… non potevo!”
“Sarai la prima, vedrai! Hai studiato molto più di me per quel test!”
“Devo.”
Così, quindici minuti dopo erano li, e il cartello pure. Allied tirò un violento pugno alla parete, sbucciandosi le nocche e Bakup non riuscì a credere ai risultati. Era di nuovo primo. Com’era possibile? Non era assolutamente possibile!
“Al, dai, non è così importante, recupererai!” disse comunque, avvicinandosi ad Allied.
“STAI ZITTO, STRONZO!” urlò correndo via.
Bakup sospirò. Cosa poteva fare? Cosa doveva fare? Perché non poteva essere meno importante quella lista?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=958835