Will be

di war
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO SECONDO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO TERZO ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO SEI ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO SETTE ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO OTTO ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO NOVE ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO DIECI ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



Cercai di reprimere lo sbuffo annoiato che mi era salito da dentro e lanciai uno sguardo all'ora. Quel pomeriggio pareva che qualcuno avesse inchiodato le lancette dell'orologio o molto più realisticamente, essendo impaziente di affrontare la serata che mi si prospettava, non avevo una corretta percezione dello scorrere del tempo, che mi pareva immobile.
Ancora un'ora prima di liberarmi del mio lavoro e poi un'altra ora dal parrucchiere, per domare i miei capelli che sfuggivano le leggi della gravità, e, infine una mezz'ora di macchina nel traffico caotico di Parigi per raggiungere il mio appartamento e poi... E poi... Sentii la scarica di adrenalina attraversarmi la schiena sotto forma di brivido. Finii registrare l'ultimo numero identificativo del neotesserato figlio di papà che aveva deciso di iscriversi presso il centro di benessere per cui lavoravo e spostai lo sguardo sulla ragazza al mio fianco: Jess mi osservava con aria più sognante della mia. Per fortuna ero alla fine del turno pomeridiano dal momento che avevo la testa nel pallone e di sicuro non avrei retto il ritmo infernale dell'orario che copre il primo pomeriggio finendo per fare qualche pasticcio e prendermi una ramanzina dal capo.
Quell'impiego non era certo la mia massima aspirazione ma dato che dovevo ancora finire l'università e che proprio per questo motivo ero a Parigi, a più di mille chilometri lontano da casa, non volevo, per orgoglio, continuare a chiedere ai miei genitori i soldi! Decidere di fare l'Erasmus in una università europea era stato un mio capriccio e in quanto tale mi sentivo in dovere di provvedere almeno in parte alle mie esigenze, soprattutto a quelle secondarie. Sorrisi pensando che Parigi era stata la mia seconda scelta. Se lo avessero saputo, questi francesi con la puzza sotto il naso, mi avrebbero dato fuoco. In realtà avevo segnalato come prima preferenza Amburgo, ma dato il mio praticamente inesistente vocabolario di tedesco mi ero sentita caldamente consigliare dal docente che mi aveva preso sotto la sua ala protettiva di andare a Parigi e con un bel sorriso stampato sulle labbra. Alla fine ero capitolata, dicendomi che forse, almeno masticare qualche parola di un idioma straniero era preferibile che non trovarsi da sola in un posto in cui non capivo un'acca di quello che mi veniva detto.
E così mi ero messa in viaggio per Parigi, approfittando dei voli Low-cost e avevo trovato dapprima una sistemazione e poi, un po’ per volta avevo portato le cose che mi servivano da casa e pagato un sproposito di UPS, anche se a conti fatti si era rivelato più economico che fare la spola fra Parigi e Milano. E poi, quell’anima pia di mio padre mi aveva lasciato il mio vecchio macinino, facendosi i quasi mille chilometri che separavano le due città, sorbendosi quella piaga di mia mamma (che a guidare era capace solo lei!), per poi tornare a casa in treno solo per essere certi che non fossi finita in qualche postaccio innominabile e che avessi davvero un tetto sopra la testa.
Avevo conosciuto Jess il giorno che di ritorno dall’Italia mi accingevo a iniziare la mia nuova vita da single. Era sul finire dell’estate, mi ero giusto presa una decina di giorni prima che cominciassero le lezioni all’università per ambientarmi del tutto a Parigi, anche se per tutto il mese di agosto, come accennavo prima mi ero divisa fra i due stati affinché fosse tutto pronto e a posto. Da buona amante dei paesaggi e delle osservazioni, mi ero fatta il viaggio in treno, e non la linea TGV ma un normalissimo Eurocity pensando ingenuamente di godermelo un mondo. Per me il viaggio costituiva parte integrante dell'avventura e non avevo nessuna intenzione di privarmi di un tale piacere solo in virtù di una maggiore comodità o celerità. Tutto sommato avevo a mia disposizione ben un anno intero!
Se avessi saputo prima quali erano i reali inconvenienti di questa scelta, l'avrei di sicuro ponderata meglio.
Ero appena scesa alla Gare de Lyon che la mia attenzione venne attratta dalle grida quasi isteriche di una ragazza dalla fluente chioma rossa. Il ragazzo con cui stava litigando era un tipo piuttosto stano. Nonostante lei lo stesse ampiamente insultando, lui continuava imperterrito a bere dalla lattina di birra con la cannuccia e quando lei interruppe il flusso di parole, per fare una pausa, credo per respirare, lui le ruttò sonoramente in faccia per poi risalire sul treno.
La rossa, ancora incredula si guardò attorno, picchiò con rabbia il piede in terra e afferrò la grossa valigia azzurra da viaggio e a passo spedito si volse verso l'uscita per poi fermarsi di botto e iniziare a cercare furiosamente qualcosa nello zaino che aveva sulle spalle. Sospirai e mi incamminai verso di lei, sperando di passarle a fianco inosservata... Invece...
"Scusa tu con gli occhialetti tondi!" Lo avevo sempre pensato che quegli occhiali tondi, con le lenti a specchio blu erano qualcosa che mi portava sfiga! Adesso ne avevo la prova. Mi indicai il petto con un dito e lei annuì euforica. Aveva un bel sorriso e adesso che la sua espressione non era più collerica potevo vederne i tratti delicati, gli occhi grandi e scuri, molto dolci, in realtà. "Sono straniera... Non so se potrò esserti d'aiuto." iniziai a dire. "Anch'io sono straniera! Sono tedesca. Mi chiamo Jessika Kreuz e sono qui per uno scambio culturale. Tu chi sei?" "Micaela Salemi. Sono italiana e sono appena arrivata..." "Quel sacco di palta di mio fratello, che doveva accompagnarmi fino a scuola, in realtà si è limitato a sbattermi giù dal treno dicendomi che ero grande abbastanza per cavarmela, aveva una fretta tremenda di tornare a Marsiglia per farsi quella gallina rugosa della sua ragazza!... Tu non hai mica una piantina della città?" chiese speranzosa. "Per la verità no, ma ho giusto visto un'edicola... Magari se chiediamo lì possiamo acquistarne una con pochi euro." avevo proposto.
Una volta arrivati al campus ci era stata affidata una persona che ci aiutasse ad ambientarci e che ci facesse visitare la scuola. Questa persona era Rajanka Derhassen. Ben presto diventammo tre amiche praticamente inseparabili.
La piantai con il mio viaggio mentale nel passato quando un ragazzo tamburellò la lunghe dita sulla superficie vetrificata del bancone dietro al quale sedevo. "Ciao trucciolo! Hai tempo per un caffè?" Mi sentii inevitabilmente arrossire un po'. Trucciolo era il soprannome che mi aveva dato Remy, il ragazzo che mi stava sorridendo con la profonda convinzione di essere bellissimo e che per tale ragione ogni donna era ai suoi piedi. "Mi chiamo Micaela, comunque oggi non posso, mi riservo l'invito per la prossima occasione, va bene ciccio?" risposi tranquillamente. Lui ridacchiò e disse "Ne avrai almeno una quindicina di questi bonus, se vai avanti così ti dovrò offrire una cena, non un caffè!" "Tranquillo, tale possibilità non si avvererà mai. Non apprezzo la cucina di cuochi sconosciuti, quindi mangio solo a casa mia." I suoi occhi azzurri si fecero brillanti e maliziosi "E' un velato invito?" indagò allungandosi sul bancone e mettendo in evidenza i muscoli delle braccia scoperte. "Lungi da me tale pensiero! A proposito, ciccio, la tua agenda dice che hai la lezione di tango con la signora Blanchet... Sei in forma?" ironizzai. La signora in questione era moglie di un prestigioso avvocato e nonostante avesse superato la cinquantina e il suo fisico fosse ampiamente in soprapeso, aveva la passione per i balli 'calienti'. Remy gemette di disappunto e si rivolse a Jessika "Posso darmi malato?" chiese ruffiano. "Direi di no anche perchè la Signora sta entrando adesso" sorrise lei, indicando con un cenno del mento la porta che si aprì automaticamente, facendo suonare il campanello e permettendo alla signora Blanchet di raggiungere il bancone, con la sua camminata pesante su tacchi troppo alti e sottili per lei.
In breve fummo di nuovo sole.
Tutto sommato, se si prendevano gli orari buoni, questo era un lavoro che lasciava anche parecchio tempo per farsi gli affaracci propri ma soprattutto, dato che si lavorava su turni, potevo organizzarmi per tempo le giornate. Insomma, per farla breve era il genere di lavoro che ci serviva in quel momento.
Se solo mi fossi decisa un po' prima, probabilmente la mia domanda di ammissione al campus non sarebbe stata respinta per assenza di posti ed io non mi sarei dovuta cercare un appartamento in affitto che tra l'altro non era nemmeno comodo per la mia università. L'abitazione però, aveva incontrato subito il mio favore, era spaziosa ed economica e soprattutto vicina a Montmaitre, il quartiere da sempre prediletto dagli artisti.
Parlavo un buon francese scolastico e dopo due mesi di permanenza a Parigi, avevo imparato anche molte espressioni che a scuola non insegnano di certo, merito soprattutto di Jess, di Raja e dei ragazzi che avevo conosciuto al lavoro. Dopotutto ero sempre stata una mente vivace, pronta ad apprendere e piuttosto propensa a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, anche quando un po' più di diplomazia mi avrebbe evitato parecchie seccature. Effettivamente a Milano ero considerata una pecora nera delle facoltà che frequentavo. Sorrisi pensando che lo sarei stata ben presto anche qui, e non solo per uno stupido pregiudizio nei confronti degli stranieri! Il fatto era che come ogni buon artista che si rispetti avevo i miei momenti di ispirazione che generalmente coincidevano con il sorgere della luna... Mi capitava sovente quindi, di dormire in aula, scatenando più di una volta le funeste ire dei docenti più puristi e anziani. La sola cosa che mi aveva evitato l'odio intenso e profondo da parte di tutto il corpo insegnanti e il conseguente allontanamento dal mondo studentesco era che portavo i risultati. Mai un ritardo ad una consegna, mai un esame saltato o rinviato. E per inciso, mai un esame passato di straforo. Il mio libretto scolastico poteva contare un solo venticinque, nel mare di ventinove e trenta. In sostanza, una media eccellente. Avevo vinto anche quell'anno la borsa di studio e ciò era per me fonte di orgoglio. Non fraintendete, non era la mia vanità ad essere impettita, poichè ero fermamente convinta che saper dipingere bene era un dono e non qualcosa che si poteva imparare. La scuola poteva solo affinare la tecnica che si possedeva ma dipingere, così come suonare o scrivere era qualcosa di innato, una qualità che le persone possedevano o meno e quindi non c'era motivo di sentirsi lusingati dalle possibili lodi per un bel dipinto. Ci si poteva sentire fieri di se stessi se si riusciva a dipingere qualcosa che trasmetteva emozioni, ma fare una cosa del genere era tutt'altro che facile. Tirar fuori sentimenti da colori, pennelli e tele richiedeva un talento che in me si stava ancora sviluppando, infatti a volte i miei quadri, per il mio occhio attento, mancavano di... calore. Riecco il mio peggior difetto: la divagazione. Ero contenta di aver preso la borsa di studio per due ragioni, la prima era che mi pareva di poter far sentire ai miei genitori che mi stavo davvero impegnando e che i loro sacrifici per farmi studiare non erano inutili e la loro fiducia in me era ben riposta e il secondo, molto meno nobile, era che dovevo chiedere meno soldi a casa. Mamma e papà non mi avevano davvero mai negato nulla, anzi, dal momento che la loro esuberanza giovanile era stata spesso limitata dalla poca disponibilità di soldi, avevano cercato di regalare a me tutte le cose che loro non avevano potuto avere, il punto quindi si concretizzava nel mio orgoglio personale che a ventidue anni sentiva il bisogno di dimostrare un po' in generale di essere un po' più indipendente dal punto di vista economico e decisionale. Desideravo uno spazio tutto mio, per me.
"Stasera voglio fare un figurone! Devo essere più che bella e tu non sarai da meno! Se ti vedo in jeans giuro che te li brucio addosso!" disse Jess posando un gomito sul bancone e sfogliando la rivista di moda che teneva sulle ginocchia con aria incerta. Da dove aveva fatto magicamente apparire il giornale era ancora un mistero. Lanciai uno sguardo al locale deserto e risposi "Tu sei già più che bella, Jess! Non metterti troppo in tiro altrimenti ci farai sfigurare!" "Ma senti chi parla! Guarda che il servizio fotografico come modella lo hanno proposto anche a te!" ribattè lei ed io sorrisi.
Per la verità io non credevo affatto a quel genere di cose, il mondo della moda non era il mio. Non che non trovassi interessanti le riviste di tal genere o le sfilate in tv, ma un conto era osservare degli abiti, un altro era sputare sangue, scendere a compromessi e a patti, stare perennemente a stecchetto e solo per fare un po' di successo per una manciata di anni. E poi? Che cosa mi sarebbe rimasto? Preferivo di gran lunga laurearmi in Arte Moderna e trovare un lavoro che mi permettesse di viaggiare parecchio. Dopo aver fatto una notevole esperienza, magari sarei riuscita a diventare una gallerista e a gestire autonomamente le mostre che per adesso mi dovevo accontentare di vedere o come turista o come aiuto all'addetta alle didascalie. Mah, per ora era un sogno, chissà se si sarebbe poi avverato!
Tornando alla proposta di fare la modella, era chiaro che essendo una donna mi ero sentita lusingata di fare quei provini e alla fine sia io che Jess ci eravamo presentate agli studi, ma avevamo preso il tutto come un gioco. Cosa ci poteva essere di serio nell'essere abbordate all'uscita di una discoteca? Niente. Però Jess aveva trovato l'idea divertente ed era riuscita a farla apparire tale anche a me. Solo qualche scatto fotografico mentre si recita una parte, si fa un po' di autoironia col proprio corpo. E poi era gratis, perchè non approfittarne per vedere cosa sarebbe uscito?
Raja venne a prenderci alle sei e mezza con la macchina e tutte insieme andammo di filato dalla parrucchiera per farci dare una sistemata in occasione della grande serata. Lei non lavorava, si dedicava solo allo studio e probabilmente a ragion veduta, dal momento che la facoltà di Lettere Antiche era una delle più difficili, che aveva un numero di ritirati maggiore delle altre facoltà e che richiedeva un numero di esami a dir poco allucinante. Il suo ramo preferito era l'iconografia simbolica e quando ci aveva fatto notare in quante cose questi simboli apparissero senza che nemmeno ce ne rendessimo conto mi ero sentita accapponare la pelle.
Jessika 'mani di fata' invece era nata per il restauro. Che si trattasse di dipinti, di affreschi, di arazzi o di statue, quando bisognava ricostruire parti mancanti o rovinate lei era davvero la migliore. Da qui era nato il soprannome 'fairyhand' appunto.
"Ma è sicuro che quei figaccioni del club di calcio saranno proprio in quel locale?" chiese Jess che non era ancora convinta. "Me lo auguro dato che per pagarmi l'entrata ho dovuto fare i salti mortali!" ritorsi io "Tranquille me lo ha garantito il mio fratellone che è il massaggiatore ufficiale della squadra... Ahh!!! Se ci fossi io al suo posto!" sospirò Raja. "Se fossi al suo posto non te ne fregherebbe nulla perchè non saresti gay!" "Per Wakashimizu potrei anche diventarlo! Ha due occhi neri così così..." "Si, si... Perchè scusa, gli altri quanti occhi hanno?" sbuffò Jess che non condivideva il gusto per il tenebroso tipo 'bello e dannato' della nostra bionda amica. Ed era stano sentire la timida e introversa Raja parlare così ma Jess sapeva tirar fuori la parte più animale anche da un sasso! Sospettavo che ogni tanto si mettessero d’accordo per incendiare anche la mia di ormonella ma per ora avevano sempre fallito."Quando fai così mi viene voglia di buttarti fuori dalla macchina!" protestò la ragazza risentita. "E a te chi piace Miky?" "Nessuno. E poi non è che io segua molto il calcio..." "Però quei bei ragazzoni in sella a sfreccianti saette di metallo, tutti bardati nelle tute multicolori che corrono in un circuito, con i caschi neri che li distingui l'uno dall'altro solo per il numero che hanno stampato sulla schiena, sono un altro paio di maniche, eh?" scherzò Raja. "Per non parlare di quel tipo short e canotta che le si spalma costantemente sul bancone, con due occhioni azzurri così languidi che mai soprannome fu più adatto a pesona..." "Dolce Remy?" chiese Raja divertita. "Già anche oggi l'ha invitata a bere il caffè... So ben io che ci si potrebbe fare con un manzo simile!" rincarò generosamente la dose Jesse. "E' un collega! Perchè dovi sempre essere così maliziosa? Mi porti anche Raja sulla cattiva strada! Comunque Ffa noi non c'è nulla! E poi è pure sposato! In quanto a quelle specie di alieni che hai descritto, sottolineo che io adoro le moto, le moto, capito?" protestai arrossendo. "Io non so più come spiegarti che devi adorare i piloti, i piloti, non le moto! Per l'altro invece... Mai sentito parlare di divorzi?" proseguì imperterrita Jess, facendomi anche il verso. Alzai gli occhi al cielo. "I divorzi costano una cifra! Chi se lo prende uno vecchio e sbollettato?" ragionò Raja che era decisamente su di giri e iniziai seriamente a chiedermi che cosa le avesse fatto la nostra amica rossa. "Ragazze, il vostro materialismo fa schifo!" ringhiai. "Ma dai che scherziamo! E' così bello vederti addosso quell'espressione indecifrabile! Corrughi talmente tanto la fronte che le tue sopracciglia paiono toccarsi!" rise Jess ed io non potei far altro che accettare lo scherzo.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO SECONDO ***








I ragazzi della squadra di calcio dell' università, arrivarono a spizzichi e bocconi, non in branco come mi ero aspettata che facessero. Chissà perchè poi avevo creduto che si muovessero tutti insieme. Essere una squadra, un gruppo non voleva certo dire muoversi in simbiosi. Però un pochino ci avevo sperato. Giusto per l'effetto scenico che avrebbero fatto...
Riportai la mia attenzione alla birra rossa che stavo bevendo. Si capiva proprio che non ero francese, infatti non amavo particolarmente il vino in generale e nemmeno il sidro, di un bel biondo dorato, ma che aveva un sapore acquoso e poco consistente... Preferivo alcolici dal gusto più dolce ma deciso. Cognac o Cointreau, anche il Benedectine se dovevo restare sulle produzioni nazionali. Ma generalmente stavo sulle birre, di un colore ambrato o addirittura ramato. Erano leggermente amare ma lasciavano un retrogusto dolce e morbido... Mi concessi uno sguardo per il locale. Era una specie di discoteca ma la pista da ballo stava molto più in basso rispetto a dove eravamo noi, che sedute ad un tavolino stavamo studiando l'ambiente e rispettando la tradizione del venerdì sera... Ovvero alzare un po' il gomito.
Jess si accese una sigaretta e lo sfolgorio della fiamma dell'accendino attirò la mia attenzione. Le mani di quella ragazza erano davvero bellissime. A parte le unghie perfettamente curate e di una lunghezza che le rendeva intriganti ma non volgari o esagerate, erano proprio le dita ad attirare lo sguardo. Lunghe, affusolate e perennemente in movimento. L'altro particolare che attirava subito in Jessika erano i capelli. Erano di un rosso stupendo. Per nulla inquinati dal biondo, ma semplicemente rossi, intensi, vibranti... Vivi. Parevano lingue di fuoco che le danzavano sulle spalle e lungo la schiena. Erano mossi e scalati intorno al viso, in modo che esaltassero gli occhi. Contrariamente alle aspettative, infatti gli occhi erano di un caldo castano, dalla forma ovale. Indossava un vestitino molto succinto di un azzurro intenso, anche se con quelle luci non si capiva bene e ai piedi calzava stivali bianchi dai tacchi a spillo decisamente alti.
Jess non passava mai inosservata, soprattutto fra i ragazzi. L'avevamo amichevolmente soprannominata Barbie (scatenando la sua funesta ira) per il suo fisico praticamente perfetto, ma era una delle persone più intelligenti che frequentavo e non certo perchè il mio standard era basso! Era iscritta alla facoltà di Architettura e le mancavano un paio di esami e la tesi per ottenere la laurea.
Raja invece per quanto ci provasse non si mischiava mai con la massa, sebbene non facesse nulla per attirare l'attenzione. Era una bella ragazza ma viveva come una nerd. Se qualcuno la osservava per un tempo più prolungato del necessario, lei arrossiva improvvisamente e abbassava il capo. La sua estrema timidezza non le permetteva di mostrarsi per la bella persona che era in realtà. Per poterla apprezzare bisognava avere la costanza di frequentarla e non lasciarsi scoraggiare dalle sue fughe. Forse era la metà indiana del suo sangue a renderla così schiva. Sicuramente in lei convivevano due culture opposte: psicologicamente meditativa e contemplativa, fisicamente un'occidentale. Suo padre era olandese e da lui aveva ereditato i capelli biondi, dritti e fini come seta e gli occhi quasi violetto, grandi e gentili. Parevano essere sempre spalancati con stupore sul mondo. Questo le era valso l'appellativo di Bambi. La pelle ambrata invece, e il portamento aggraziato ed etereo erano decisamente opera di sua madre.
Per l'occasione indossava un abito a pantalone di un cangiante viola, che si sposava a meraviglia con i suoi colori, ma ciò che attirava subito lo sguardo era il seno, generoso e abbondante ma allo stesso tempo così compatto da parere quasi impertinente. Anche la curva dei fianchi era piena e abbondante ma lei conviveva benissimo con le sue forme e proprio questo suo accettarsi senza problemi la rendeva una ragazza da seconda occhiata per la strada, nel senso che i ragazzi si voltavano due volte per osservarla.
Infine venivo io, che per l'occasione non avevo rinunciato al mio colore preferito, ovvero il nero. Indossavo un abito lungo, con un profondo spacco laterale e sandali a listini sottili, anche se avevo lasciato in macchina un paio di tennis. La macchina di Raja serviva a suo fratello ed io non avevo avuto problemi a prendere la mia, dopo essere uscire dal parrucchiere ed essere passate da me per una ritocattina al trucco. Ad ogni modo le tennis non erano certo adatte al look della serata, ma comodissime per guidare!
Di solito tenevo i capelli raccolti perchè mi davano fastidio quando mi cadevano sul viso, ma quel giorno ne avevo approfittato, dato che per una volta tanto, i miei riccioli simili davvero a truccioli di legno, parevano avere un senso e una forma... Erano scuri, ma non abbastanza per arrivare al nero ed i miei occhi erano azzurri. Ma di un azzurro strano, non chiaro e limpido come quello delle popolazioni del nord... Erano più cupi, profondi... Mia madre diceva che ricordavano un po' le acque del mare. Ma piuttosto che sentirmi definire una bellezza preferivo sentirmi dire che ero simpatica o intelligente, anche se Jess diceva sempre che quando un ragazzo usava il termine ‘simpatica’ per definire una ragazza era per il novanta per cento delle volte da intendersi che la tipa in questione era una cozza.
Dalla piega che stava prendendo la conversazione, ovvero argomento uomini, capii che l'alcol stava facendo il suo effetto nel nostro sangue e che noi stavamo diventando un po' brille. Non certo da stare male ma quel tanto che bastava per essere sfacciatamente euforiche. "Sono mesi che non ho una relazione stabile... Oddio, mi basterebbe avere anche solo una relazione..." ammise Raja. "A chi lo dici! L'ultimo deficiente che il mercato ha offerto riteneva che la donna dovesse stare a casa a fare il pane ai figli e a fargli da sguattera! Che esperienza da dimenticare!" fece eco Jess.
Cercai di astenermi. La mia ultima esperienza... Risaliva a due anni prima e dopo sei mesi, dico sei mesi, il coglioncello se ne escì con la frase che forse era ancora innamorato della sua ex e che in me ricercava lei... Roba da rifargli il deretano a calci. Così mi ero detta che per un po' non ne volevo più sapere e mi ero messa sotto con lo studio. Prima avrei finito l'università, mettendo una bella ipoteca sul mio futuro e poi avrei pensato all'amore. Se ne avessi avuto voglia. Troppa gente che si riduceva sulla soglia dell’esaurimento nervoso o peggio per un paio di boxer che a conti fatti non contenevano affatto il famigerato paradiso.
Jess iniziò a darmi di gomito ed io pensai che volesse sentire anche il mio commento acido ma le lunghe e ammiccanti occhiate di Raja verso il bancone del bar mi fecero dubitare. Ci misi un po' troppo a cogliere l'allusione perchè Jess, spazientita, mi prese il viso fra le mani e mi torse il collo.
In quel momento, la paura di trovarmi con l'osso del collo in frantumi svanì di colpo.
Un angelo.
Biondo.
Candido.
Lontano.
Divinamente indifferente.
Se ne stava lì, con la birra fra le mani, a guardare il mondo dall'alto in basso, con quegli occhi cerulei, come se nemmeno ci vedesse... Come se noi fossimo... Troppo miseri per lui.
Pareva una figura estremamente stonata in quel posto pieno di gente rumorosa e festante. Pareva quasi un miraggio o un'apparizione, avvolto nel suo silenzio, nel suo distacco...
Una cosa bella e sfuggente, come i fiocchi di neve che quando li catturavi, il calore della mano li trasmutava in acqua.
"E' proprio figo, vero?" disse Jess leccandosi le labbra sporche di schiuma che c'era sul bordo del suo bicchiere. Un gesto involontario ma che prese subito una connotazione sensuale. "Molto, ma non è il mio tipo. Troppo altezzoso e arrogante, sa di irraggiungibile e io non amo le sfide perse in partenza. E’ bello ma finisce lì." ammisi. "Ma se nemmeno lo conosci!" ribattè Rajanka. "Si ma guarda come si atteggia!" ritorsi "Però è figo. Io me lo farei per una sera, tu no?" "Jessika! Sei una signorina dabbene!" la ripresi adottando un tono materno che ci fece sghignazzare, ma lo avevo detto soprattutto per glissare la domanda. "Deve essere il King. Lothar Heinz De la Rose... Il capitano dei pallonari. Madre svizzera e padre tedesco. Ricco sfondato e un curriculum scolastico da far impallidire persino te Miky. Bello come il sole. Bhe, io vado e te lo porto qui!" mi strizzò l'occhio la rossa alzandosi dal tavolo. No! Non potevo permetterglielo! Mi avrebbe fatto perdere la faccia!
"Ferma! Dove vai?! Rimettiti a sedere!" buttai fuori alla velocità della luce mentre cercavo di afferrare il braccio di Jess. Raja ridacchiava divertita dal mio volto sconvolto e paonazzo.
In preda al panico e convinta che se non facevo qualcosa SUBITO me ne sarei pentita per parecchio tempo mi lanciai in un discreto inseguimento delle chiome fulve di Jessika.
Pareva che lei si destreggiasse assai meglio di me tra la folla ed io mi diedi per spacciata. Invece per un semplice caso fortuito raggiunsi in contemporanea alla mia amica il bancone. *Ok, sono sbronza e sragiono!* pensai prima di fare la cosa più assurda di tutta la mia vita. Dato che Jess era stata bloccata dallo sguardo di ghiaccio del biondino io la battei sul tempo.
Sventolai una banconota da dieci euro davanti al naso del ragazzo e con un sorriso monello dissi "Mi dai la tua bionda?" e ritenei di non essere sbronza ma assolutamente deficiente! E dall'espressione sul viso dello sconosciuto, dedussi che lo pensasse anche lui.
"Come dici?" chiese lui inarcando impercettibilmente un sopracciglio. La sua voce era bella. Piena e profonda. Un po' roca. "Ti ho chiesto la bionda." Jessika strabuzzò gli occhi. Lui parve confuso poi disse "Perchè non la prendi al banco?" "Non ho voglia di fare la fila al banco. C'è sempre chi fa la mano morta sul mio sedere e mi irrita." risposi convinta. Ok, neuroni nel cervello... Zero! "Non è che vorresti me più che la mia birra?" chiese lui con un ghigno gelido. Sapeva di essere bello e sapeva che le donne erano spesso a sua disposizione. Ma quello era un gioco che avevo imparato a giocare e sapevo essere pungente se necessario "Perchè, sei compreso nel prezzo?" ribattei sfacciata. Quando arrivava il coma etilico?! Poi vidi un lampo nello sguardo ceruleo. "Non sono in vendita!" ribattè freddo e altezzoso, fin troppo rigido, anche per un tedesco. "Dalle tue parole mi era parso di intendere il contrario. Volevi mettermi in difficoltà forse?" Adesso capivo da dove mi veniva fuori la mia faccia di bronzo. Dalla mia follia! Jess alle spalle del ragazzo faceva l'atto di strapparsi tutti i capelli e di strangolarsi con la sciarpetta di seta.
Il ragazzo biondo mi sfilò la banconota dalle dita e assolutamente serio disse "Mi metto io in fila per la tua birra, ma non bere la mia." Sbattei le palpebre confusa e riuscii solo a ringraziare. Da lui mi aspettavo una risposta peggiore, più da stronzo. Mi spiazzò e mi sorprese piacevolmente. "Ne vuoi una anche tu, prima di strozzarti?" chiese poi a Jessika. Lei avvampò quanto i suoi capelli e annuì con convinzione mentre mi dava di gomito nelle costole "Paghi tu vero?" chiese. "Ok, ma il prossimo giro è tuo e farai la fila al banco!" ritorsi sorridendo. "Sei tremenda!" sbuffò lei e in quel momento un altro ragazzo raggiunse l'angelo biondo.
Occhi neri.
Bocca da baciare.
Una piega che gli dava un broncio infantile.
Decisamente aitante.
Apparentemente esile, come lo erano gli orientali e lineamenti fini, cesellati.
Vicini, quei due parevano la luce e le tenebre.
"De La Rose... Oh, sei in compagnia? Allora mi presento. Haruy Wakashimizu" disse lui tendendomi la mano. Pareva si aspettasse un'esclamazione di stupore o un lampo di riconoscimento o qualcosa tipo una richiesta di autografo... "Ehm... Piacere, Micaela Salemi... Sei un pallonaro anche tu?" Jess mi perforò le costole con il gomito. Gli occhi neri divennero immensi e tempestosi. Mi sa che avevo detto le parole sbagliate...
"Perdonala, questa qui non aveva riconosciuto nemmeno il King! Lei vede solo il suo 'dolce Remy'..." le lanciai uno sguardo rovente e lei rettificò celermente "A dire il vero a volte non vede nemmeno quello! Lui è il migliore portiere degli under venticinque. Lo chiamano anche Puma." "Aaahhh! " dissi come se tutto fosse diventato chiaro e vedendo lo sguardo di compiacimento del giapponese non riuscii a trattenermi e aggiunsi. "Ma... il portiere... Cosa fa? La pubblicità alla marca di scarpe?" Heinz lanciò uno sguardo ad Haruy, come se si aspettasse che dovesse esplodere da un momento all'altro mentre Jess mi mise le braccia sulle spalle e sorridendo al portiere disse "Te la tengo ferma, riempila pure di botte!"
"Jess! Miky!" la voce di Raja sovrastò per un momento il fracasso della musica ed io vidi la ragazza che aveva qualche difficoltà a scrollarsi di dosso un ragazzo un po' ubriaco che continuava a tirarle il braccio. "Stavolta tocca a te!" mi disse Jess. "No. Non farò la parte della fidanzata gelosa! Scordatelo!" ritorsi aspra. "Allora stendilo con un paio di pugni. Tanto è già mezzo sbronzo!" "Questa mi piace di più!" riconobbi pregustandomi il momento. Inaspettatamente mi sentii prendere per una spalla e trattenere. Mi voltai e vidi che era stato Wakashimizu a fermarmi. "Se fai rissa ti sbatteranno fuori. Ci penso io!" disse sicuro con un sorriso da modello in volto e a passi decisi si diresse verso Raja. Sperai che la ragazza non avesse un infarto quando avrebbe identificato il suo salvatore. L'altro gli andò dietro e noi facemmo altrettanto.
Per la verità bastò molto poco per allontanare il seccatore. Un paio di frasi aspre di Haruy, la gelida occhiata di Heinz, la mia espressione dura e quella di sufficienza di Jessika... In breve Raja fu di nuovo fra amici. Vidi il suo labbro tremolare e mi preparai all'imminente crisi di pianto. Infatti pochi istanti dopo la ragazza mi aveva abbracciata e si era messa a piangere sulla mia spalla. Le accarezzai la schiena, in modo rassicurante e dissi "Dai, è passato... Stai tranquilla." Lei era la più sensibile di noi, quella che aveva la lacrima facile. Il portiere mi fissò perplesso mentre io feci un cenno del capo, per rassicurarlo e fargli intendere che sarebbe passata presto.
Jessika prese i fianchi della ragazza e disse "Con queste curve è normale che uno sbandi!" ed io notai che le labbra di Raja si incurvarono in un pallido sorriso. "Vuoi che ce ne andiamo?" le chiesi dolcemente, lei alzò la testa, fissandomi incerta. Sapevo che non voleva rovinarci la serata, ma per me era molto più importante lei che i nuovi conosciuti. "Ma si! Andiamo da qualche altra parte!" propose Haruy sfacciato. "Avverti Seymour prima che ti chiuda di nuovo fuori dalla camera. Non ho voglia di ospitarti di nuovo da me. Russi come un trombone." disse secco De la Rose. "Faccio in un attimo" ribattè il portiere sparendo fra la folla.
Ci raggiunse poco dopo accompagnato da un ragazzo anche lui di sangue misto. Aveva i capelli castani e un viso dolce e gentile. Tuttavia gli occhi erano qualcosa di incredibile. Le ciglia erano lunghe e folte, come quelle di una ragazza ma le iridi erano di un nocciola così chiaro da assumere addirittura sfumature dorate. Pareva un tipo posato e socievole, lo si capiva dalla morbida curva verso l'alto che avevano preso le sue labbra piene e dal modo di porsi verso di noi. Non aveva incrociato le braccia al petto, chiaro segnale di ostilità e ci fissava con calma, senza rendere indagatore il suo sguardo. Non provavo disagio ad affrontare quegli occhi così particolari. "Ciao. Io sono Ramon Seymour. Posso unirmi a voi?" chiese dimostrando subito un' indole amichevole e docile, sicuramente molto più dei suoi due compagni. "Ma certo!" disse Jessika entusiasta.
I ragazzi ci accompagnarono alla nostra macchina e qui Raja fece notare che eravamo in sei. "Come si fa?" chiese Ramon incerto "Qualcuno va nel baule." risposi scrollando le spalle mente mi sedevo al posto di guida e iniziavo a cambiare le scarpe. Lothar mi fissava stranito. "Io no! E' troppo stretto!" protestò Jess "Io guido. Sono quella che ha bevuto meno." sottolineai.
"Io ho la moto..." si intromise Haruy. "Bella li! Io vado con lui!" si esaltò Jessika. "Chissà come mai! Forse che ha detto la parolina magica? E poi sono io la fissata!" chiesi conoscendo la sua passione per le due ruote, ma soprattutto per i centauri. "Hai detto tu di essere la meno sbronza e di voler guidare, no?" si strinse nelle spalle lei poi proseguì "Dove ci troviamo? Da te, Miky?" "A patto che non fai il solito casino. L'arpia del piano di sotto mi ha già minacciata di denunciarmi alla polizia due volte settimana scorsa!" "Quella vecchia rincitrullita! Ti detesta perchè sei straniera!" protestò Raja, poi arrossì per la sua sparata. "Ce l'hai qualche alcolico a casa?" "Qualcosa che è sopravvissuto all'ultimo raid. Non molto per la verità..." "Bhe, potremmo farci una spaghettata... Ho giusto un po' di fame... E tu Miky cucini divinamente bene..." "Sei una ruffiana, Jess!" protestai e Raja ridacchiò. Sospirai prima di capitolare e chiedere "E sia. Mi seguite?". Non aspettai la risposta iniziando a cercare le chiavi nella borsetta. "Si, Ayrton Senna!" rise Jessika "Hey! Guarda che quel poveraccio si è impastato contro un muro! Non gufare!" sbottai sentendo la mia vena superstiziosa emergere con forza. "Ok Schummy!" "Spiritosa! Vedrò di andare piano!" ribattei sorridendo.
Inaspettatamente fu De La Rose a sedersi al posto del navigatore ed io gli raccomandai di mettersi la cintura di sicurezza, beccandomi un'occhiataccia.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO TERZO ***






Non avevo ben realizzato come era potuto succedere. Insomma com'era che mi ritrovavo in macchina con due sconosciute, diretti chissà dove, nel cuore della notte?
E pensare che io nemmeno ci volevo andare in quel locale! Avrei preferito di gran lunga restare in camera mia a leggermi un buon libro o ad ascoltare un po' di musica da camera. E invece mi ritrovavo seduto sul sedile posteriore di una macchina che non mi ero nemmeno preoccupato di identificare meglio, con una ragazza che mi osservava di sottecchi, un po' intimidita. Strano, di solito le persone mi reputavano un tipo solare e non facevano fatica a socializzare con me... Certo che era proprio carina... Sembrava così innocente e dolce, malgrado non avesse un fisico filiforme da modella anoressica appariva fragile e faceva lo stesso venire voglia di proteggerla. Le rivolsi un sorriso e lei mi fissò un po' incerta per poi ricambiare, mentre le gote le si tingevano deliziosamente di un tono più scuro del suo incarnato olivastro. Il contrasto intenso fra i capelli biondi, gli occhi fiordaliso e la pelle scura la rendevano una creatura esotica estremamente affascinante, anche se da quanto avevo potuto capire, la ragazza era in realtà molto timida e piuttosto riluttante ad attirare tutta quell' attenzione su di se. Rimasi incantato a fissare la fossetta che le si formò sul mento e la dentatura bianca e regolare.
Andai a sbattere con la testa contro il finestrino, risvegliandomi bruscamente dalle mie fantasticherie. Meno adorabile era la guida di quella pazza che stava al volante. Ma cosa credeva? Io ci sarei voluto arrivare vivo al campionato! Lanciai uno sguardo preoccupato a De La Rose.
Il King era un tipo decisamente singolare. Pareva sempre freddo, indifferente e distaccato. Sembrava che nulla potesse scalfire quella sua corazza di superiorità e di gelo che permeava tutti i suoi gesti. Il modo in cui si poneva agli altri e in cui si atteggiava faceva proprio pensare che lui fosse superiore al resto della plebaglia e che nessuno potesse raggiungere il suo livello. Eppure, io ero convinto che non fosse così. L'impressione che avevo di lui era quella di una persona molto sola. Forse anche un po' triste. Ed io conoscevo bene quella sensazione. Anch'io, dopo la morte di mia madre sono stato molto solo. Mio padre mi trascinava con se in giro per il mondo, alla perenne ricerca di qualcosa da dipingere o della famosa ispirazione... E non sempre riuscivamo a fare pasti decenti... Certo, avrei potuto accartocciarmi e chiudermi su me stesso, diventando un completo asociale... Invece non è successo. E tutto grazie a quella sfera bianca e nera.
Il pallone.
Il calcio.
Per me, da sempre modo per comunicare con gli altri, per farsi accettare, per entrare a far parte di un gruppo... Fare amicizia... Non sentirsi solo... Non esserlo... Anche se la solitudine è un sentimento infimo e quando ti assale puoi essere circondato da milioni di persone e tuttavia il gelo ti stringe il cuore... Però avere anche solo delle conoscenze e non degli amici per la pelle, aiuta a distrarsi e a piangersi meno addosso. Almeno questo era quanto era successo a me. E per quanto bizzarro possa sembrare, mi sentivo molto legato a Wakashimizu, con cui dividevo la camera al campus. E al capitano della mia squadra. Potrei dire che erano i miei migliori amici, nonostante ci conoscessimo da un solo anno accademico.
Erano due persone diversissime, uno perennemente con la testa fra le nuvole e il riserbo tipico degli orientali, l’altro una corazza di ghiaccio a rivestire un cuore generoso ma ferito. Eppure per tutti e due non avrebbero esitato a farsi in quattro per un amico sebbene il tedesco avrebbe prefeito amputarsi un braccio piuttosto che ammetterlo.
Heinz mi ha conquistato poco alla volta. Ci sono tante cose di lui che passano inosservate ad un esame superficiale, per questo occorre tempo per imparare ad apprezzarlo. E' come un buon profumo, che si svela in tutte le sue variegate fragranze poco alla volta. Così i gesti di gentilezza, di considerazione, di incoraggiamento che compie vanno letti fra le righe. Per esempio, più di una volta mi è capitato che in doccia fossimo vicini ed io avessi dimenticato lo shampoo. Lothar non ha mai detto nulla ma si è limitato a spingere il suo barattolo più vicino a me.
Un' altra volta mi è capitato di perdere una lezione in università, e dato che seguiamo alcuni degli stessi corsi a fine allenamento mi sono trovato il quaderno con i suoi appunti poggiato sulla sacca. Mi sarebbe piaciuto far vedere quella scrittura ad un esperto calligrafo, per scoprire qualcosa in più su di lui.
Gli appunti che lessi erano chiari e semplici, senza troppi giri di parole, andavano diretti al concetto fondamentale da ricordare. Le lettere erano tutte grandi uguali, la scrittura dritta senza nessuna propensione per pendere verso sinistra come ci si aspetterebbe da un mancino... Scriveva il famoso corsivo stampatello, lo stesso carattere che si usa per stampare i libri... Tutto era perfettamente incolonnato e per i numeri, ne scriveva uno in ogni quadretto...
Gli errori non venivano sbianchettati ma si limitava a tirare una riga sulla parola e a riscriverla... Osservandolo poi avevo scoperto che le sue emozioni passavano attraverso i suoi occhi cerulei. Quando era contento parevano più azzurri, quando era furioso assumevano un tono più grigio fino a diventare plumbei. Ma null’altro in lui faceva capire i suoi stati d'animo.
Haruy Wakashimizu invece è per me un ragazzo speciale. Da subito mi sono sentito molto attratto da lui, non in senso fisico, ma psicologico. Il mio braccio destro, la mia spalla. Ma non per qualcosa che volevo fare con lui o in relazione a lui... Semplicemente mi interessava lui, come persona. Ricordo in nostro primo incontro, nella stanza del campus.
Se ne stava sbragato sul letto, con un sacchetto di patatine al fianco, la musica nelle orecchie e la locandina a grandezza naturale del film 'La Regina Dei Dannati' su tutta la parete del letto. Sollevò appena un sopracciglio al mio ingresso e disse: "Non sono ordinato, odio le sveglie, le critiche, gli approfittatori e i pedanti. Non toglierò mai quel poster." Sorrisi a mia volta. "Reputo buona educazione salutare al mattino e alla sera, non sopporto chi si intromette nel mio spazio vitale ed è mia abitudine tenere un diario personale che tale deve restare." Wakashimizu si mise a sedere, togliendosi gli auricolari. "Vuoi due patatine?" mi offrì tendendo il sacchetto. "Sono alla paprika?" chiesi lasciando cadere a terra il borsone e avvicinandomi a lui. "Buongustaio! Purtroppo però erano finite, sono normali." "Non importa, quando ho fame non vado per il sottile. A proposito, sono Ramon Seymour. Gli amici mi chiamano Hors per i miei occhi." "Haruy Wakashimizu, mi chiamano spesso Puma, ma non perché mordo."
Una nuova brusca frenata mi fece quasi sbattere la testa contro il poggiatesta del sedile anteriore. Stavo iniziando ad averne abbastanza! Cercai di intercettare lo sguardo di De La Rose, spiando nello specchietto retrovisore ma non ci riuscii.
Heinz era freddamente indifferente. Pareva che nulla fosse riuscito a scalfire quella bara di ghiaccio in cui teneva chiusi i suoi sentimenti. Era calmo e controllato in ogni sua reazione. Anche le rare risate che qualcuno era riuscito a strappargli non erano mai fatte col cuore, spensierate e gaie. Erano sempre un po' fredde, lontane... E anche adesso, se ne stava seduto al fianco di quella ragazza che aveva indossato un paio di scarpe da tennis con una abito di classe come se fosse una cosa all'ordine del giorno e stava guidando come... Oddio, ma chi gliel'aveva data la patente?! Non lo sapeva che a semaforo arancione ci si ferma e non si va a chiodo?!
Kami Sama (significava Santo Dio in giapponese ed era un retaggio della mia frequentazione con Haruy) era meglio quando rincorrevo i miei grilli mentali, almeno non mi rendevo conto di cosa stava facendo quel pirata della strada!!!
"Ehi Raja! Ma tu sai dove siamo? Mi sa che dovevo svoltare al semaforo prima... Ma perchè non ti sei messa tu a fare il navigatore anziche questa mummia?" si decise a chiedere la ragazza dagli occhi azzurri. "Veramente era Jessika a sapere la strada ma..." "Ma ha visto una moto e non ha più capito un tubo! Ah ma se stavolta la mollano in culo ai lupi si arrangia! Io non la vado a recuperare!" "Sempre così fine?" chiese Lothar a quel punto. "Posso peggiorare, tesoro!" rispose impavida o forse incosciente l'autista.
"La, la! Dovevi girare la!" gridò ad un tratto Raja ed io le augurai di morire soffocata non appena vidi quella pazza afferrare il freno a mano e fare una specie di testa a coda che la portò sull'altra corsia di marcia. Sarei finito al creatore senza nemmeno rendermene conto! Era certo! Una macchina ci strombazzò a lungo ed io ebbi l'onore di sentire Miky pronunciare frasi che avrebbero fatto vergognare anche uno scaricatore di porto per poi sporgersi dal finestrino e con dito medio bello ritto terminò gli insulti con qualcosa di molto poco elogiativo sull'albero genealogico dello sventurato.
De La Rose si era voltato verso la ragazza, ed io potevo vederne l'elegante profilo illuminato dalla luce aranciata dei lampioni. "Prima o poi ti spaccheranno la faccia" sentenziò pacato. "Può darsi... Ma glielo renderò difficile..." riconobbe lei. Mi parve di vedere le labbra del ragazzo perdere la solita piega dura, ma forse fu solo un riflesso delle luci della città.
"Uffa! Non c'è nemmeno un'anima a cui chiedere informazioni..." sbuffò di nuovo il nostro autista poi, colta da improvvisa folgorazione si chinò tutta verso il sedile di Lothar, smettendo completamente di guardare la strada. Lui scattò come una molla ad afferrare il volante per tenere in strada la macchina mentre lei frugava rumorosamente nel porta oggetti. "Eccolo! E' un po' vecchio ma è pur sempre uno stradario!" annunciò gioviale. "Miky per l'amor del Cielo! Non c'è Jess come navigatore! Non puoi fare quello che ti pare!" gemette Raja e solo in quel momento mi resi conto che mi stava stringendo convulsamente il braccio. "Ok, farò la brava!" disse la ragazza con un ghigno da spirito maligno che mi inquietò ancora di più.
Poco dopo mi resi conto che Miky aveva preso sul serio le parole della sua amica e che la sua guida aveva subito una metamorfosi insospettabile. Adesso pareva essere la perfezione assoluta. Non una sbavatura. Non una lieve protesta del motore... Nessuna frenata brusca, niente imbarcamenti in curva... Insomma una guida da manuale! Iniziai a rilassarmi un po'.
Una macchina della polizia ci passò davanti e Miky con un'esclamazione soffocata svoltò, sulle tracce di quella vettura. "Che fai, Miky?!" esclamò Raja sconcertata. "Li seguo! Più di loro chi ci sa dire la strada? Cavolo, ma dove vanno... Aspetta adesso gli faccio gli abbaglianti... Ma guarda ‘sti stronzi! Fanno finta di niente!" e su quelle parole diede due colpi di claxon.
Se non fosse stato perchè avevo un'immagine pubblica da difendere avrei chiesto di farmi scendere...
"Ma sono scemi o cosa?!? Ancora vanno!" ringhiò Miki spazientita. "Senti, forse mi sono raccapezzato con questa cartina..." cercò di intromettersi Heinz "Adesso è una questione di principio!" sbottò la ragazza e proprio in quel momento la vettura della polizia svoltò in un parcheggio.
Chiusi la bocca facendo cozzare i denti nel momento in cui mi resi conto che avevo la mascella spalancata. Senza nessun problema Miky era scesa dall'auto, lasciandola ancora accesa e agitando le braccia era corsa verso i poliziotti, incurante del fatto che le scarpe da tennis bianche erano una nota più che stonata col resto del suo abbigliamento per non parlare poi del modo in cui agitava le braccia, che la facevano parere una pazza...
Tornò poco dopo e si sedette alla guida, esalando un sospiro amareggiato. "Allora?" chiese De La Rose "Non ho capito una parola. Parlavano un qualcosa di tanto stretto che doveva essere un dialetto per forza..." Credo che quelle parole gelarono anche il Re dei Ghiacci poichè vidi il suo sopracciglio inarcarsi di scatto e poi iniziare a fremere, man mano che capiva il senso della frase... Miky scoppiò a ridere fragorosamente poi disse "Scherzetto! Siamo vicini! Abbiamo fatto un giro strano ma casa mia è in una traversa di quella via là..."
C'era da crederle?
Bhe, non è che avessimo poi questa grande scelta.
Quando arrivammo sotto casa della pazza vidi che Haruy e la ragazza rossa si erano messi comodi sui gradini delle scale e che ridevano come due amiconi e mangiavano dallo stesso sacchetto delle patatine fritte.
"Che fine avete fatto Miky? Pensavo di mettere radici!" "Ho inseguito una macchina della polizia" rispose lei tranquilla. "Cosa?!" esclamò Wakashimizu stupito. "Tanto per cambiare ci siamo persi..." disse Raja timidamente ironica e rassegnata. "Bussola!!!!" gridò Jessika abbracciando Miky che borbottò qualcosa circa il fatto che erano le strade a cambiare e non lei a non ricordarsele... Quella era decisamente folgorata!
"Adesso dobbiamo essere silenziosi come dei ninja o il mastino ci romperà le pal..." le parole di Jess morirono sulle labbra quando una signora piuttosto attempata e dall'aria molto patronale mi sporse dalla rampa di scale.
"Ti ho sentita sai?! Salemi giuro che questa volta ti faccio sfrattare! Dannata immigrata senza rispetto!" vidi Miky stringere le labbra inghiottendo il probabile scoppio d'ira. "Signore ma non può venirle una paresi alle corde vocali a quella?" chiese Jess sottovoce. "Miky... E' sempre colpa nostra..." biascicò Rajanka veramente contrita. "Signora Martin! Ma che gioia constatare che non è ancora andata a dormire e che è così piena di energia! Vuole partecipare anche lei a quattro chiacchiere fra amici?" chiese Miky con un sorriso da angelo in volto mentre la mano che era nascosta dalla rampa di scale stava facendo ogni possibile e immaginabile tipo di gestaccio. "E' inutile che cerchi di adularmi e corrompermi! Passi il fatto che ti porti sempre a casa quelle altre due lesbiche bisbetiche con cui fate una caciara infernale e riempite la spazzatura di bottiglie di birra ma che adesso casa tua diventi anche un ritrovo per uomini no! E' uno stabile serio questo!" "Signora, da lei non mi aspettavo un controllo così accurato sulla mia immondizia! La prossima volta vede se non ho sbagliato nulla nella raccolta differenziata?" la voce di Miki era sempre melensa, ma la frecciata era grossa come una casa.
"Quella lo ha preso di traverso stasera..." sbuffò Jess e Haruy non fu solidale. "Perchè lo ha preso, credi?" fece eco. Heinz alzò gli occhi al cielo mentre Raja sorrideva imbarazzata, con le gote arrossate. Decisi di intervenire anch'io, soprattutto perchè mi dava fastidio il modo in cui trattava Miky solo perchè era straniera. Non stavamo facendo nulla di male! "Signora, staremo attenti a non disturbare più del necessario..." dissi conciliante. "Chi ti ha chiesto qualcosa brutto mezzosangue!?! E' per quelli della tua razza che il mondo è uno schifo! Tornatene da dove sei venuto!" gridò la donna prima di rientrare nel suo appartamento sbattendo la porta con un tonfo assordante.
Miky mi mise la mano sulla spalla. "Non prendertela. E' esaurita e il suo piccolo cervello non comprende che siamo tutti delle persone." "Odio queste discriminazioni. E non mi piace sentirmi chiamare mezzosangue!" protestai rivelando un lato duro del mio carattere che raramente veniva in superficie. "Non piace a nessuno" fece notare Lothar con lo sguardo tagliente come lame di ghiaccio. Miky allargò il sorriso "Io non discuto mai con un deficiente. Gli altri che ci osservano potrebbero non notare la differenza. E adesso andiamo a fare un po' di sano casino sulla testa di quella pustola anale!"
Pensai che dovevo rivalutare quella pazza. Certo era strana e un po' fuori di testa per le piccole cose ma per quelle grandi era davvero brillante. Oddio, non che la mia vita fosse una piccola cosa... E quella stava per farmi morire d'infarto con la sua guida da pilota di formula uno! Però... Aveva preso punti con quel suo atteggiamento sobrio nei confronti di una... Meglio autocensurarsi... razzista arrogante!
Quando entrammo nel suo appartamento che era in cima alle scale rimasi senza parole.
Era strano ma bello.
Non percepivo il senso di imbarazzo e di tensione che si prova il un posto mai visto, ma era come se fossi stato avvolto da una calda aura di famigliarità.
L'ingresso era semplice, un piccolo vano dove c'era un armadio a specchio dentro il quale ci fece mettere le giacche e un telefono a parete, tutto colorato. Una tenda trasparente di colore avorio nascondeva l'accesso al locale vero e proprio. Tutta la parete di destra era fatta in vetro e si dominava la città in uno spettacolo molto suggestivo di luci colorate.
C'era il parquet ovunque e un grande divano nero era appoggiato alla parete. Mancava il televisore ma in compenso c'era un impianto stereo formidabile e una serie numerosa di cd originali o rimasterizzati era stata disposta in simpatici porta-cd a forma di giraffa e di gatto... Infondo all'unico locale potevo vedere una porta chiusa e ritenni che quello fosse il bagno, mentre un po' in ombra a causa della penisola, c'era l'angolo cottura e poi... Ecco a cosa era dovuto il senso di famigliarità che avevo percepito!
C'erano diverse tele sparse per la stanza. Alcune erano finite, altre erano state solo iniziate e fogli di schizzi a matita erano sparsi sul parquet. I colori ad olio erano stati accuratamente richiusi e sistemati in ordine, mentre la tavolozza giaceva su un piccolo mobile basso vicino al bicchiere contenente i pennelli.
"Scusate la puzza ma fino a che non asciugano i quadri ad olio hanno questo odore pungente. Se volete apro un po' le finestre..." disse Miky con aria colpevole mentre con un gesto della mano ci invitava a sederci dove volevamo.
Jessika accese una candela profumata e si sedette sul divano mentre Raja si diresse verso lo stereo e Haruy la imitò subito dopo.
Lothar si guardò intorno poi andò ad aprire una finestra per vedere il panorama da oltre il vetro.
Miky raggiunse l'angolo cottura ed io la seguii. "Posso aiutarti?" chiesi disponibile. "Ma certo! Lassù ci sono i bicchieri, e da qualche parte anche un vassoio... Io prendo qualcosa da bere dal frigo e dal mobiletto alcolici!" disse lei tranquilla. Solo allora mi resi conto che metà della stanza era soppalcata e osservai la scala a chiocciola che conduceva di sopra con aria incuriosita.
Sentii la mano della ragazza circondarmi il braccio e la sua voce bassa e gentile sussurrarmi all'orecchio "Lassù c'è la mia camera da letto. E'zona off limits per ogni maschio" mi sentii arrossire, più per essere stato beccato a curiosare che per le sue parole. "Io non intendevo... sono stato invadente." riconobbi. Lei sorrise. "No, sei stato solo curioso." e per la prima volta la guardai davvero.
Non era il tipo di ragazza che attirava la mia attenzione. Era troppo esuberante e decisa. Dava l'idea di sapere fin troppo bene quello che voleva e in che modo ottenerlo. Non pareva essere il tipo timido e fragile che deve essere protetto. Infatti a me piaceva molto quel tipo di donna, non a caso la mia attenzione e la mia simpatia era andata subito a Rajanka. Eppure non potevo dire che non fosse bella. A parte il corpo disegnato dallo sport come le dune di sabbia del deserto lo erano dal vento, il suo viso esprimeva sia forza che dolcezza. Ma erano i suoi occhi ad essere sconvolgenti. Troppo scuri per dire che erano azzurri ma nemmeno arrivavano al blu. Erano così intensi e profondi... Come se in essi vi fossero celati i misteri di un mondo sommerso, come se il suo animo fosse misterioso ed grande come il mare che si rifletteva nel suo sguardo.
Haruy e Raja nel frattempo avevano fatto partire la musica, una serie di brani rock leggero che non mi dispiacevano per nulla e i due parlavano fitto fitto di cantanti a loro graditi. Jessika cercava di coinvolgere De La Rose in una qualche discussione, ma l'impresa era molto difficile e accolse con sollievo il nostro arrivo.
"E' proprio una bella casa! Anche se praticamente non hai arredamento, si sente che è comunque vissuta! Che è abitata! L'hai sistemata tu?" chiese Wakashimizu che raramente si faceva i fatti suoi se qualcosa lo interessava.
"Jessika mi ha dato una mano. A dire il vero ho ancora un po' di cose da tirar fuori dagli scatoloni ma se già così faccio i salti mortali per tenerla pulita e in ordine non voglio pensare a quello che dovrei fare se tirassi fuori tutta la roba che mia madre mi ha spedito dall'Italia." riconobbe Miky "Si, ma per Natale i tuoi ti vorranno vedere e magari faranno una capatina qui, quindi..." la mise in guardia Raja. "No, no! Ho ancora due mesi buoni per convincerli che è molto meglio se torno a casa io per quel periodo! E poi non possono infrangere la tradizione della riunione di famiglia... e saprò trovare argomenti assai convincenti!" sentenziò la padrona di casa convinta.
Notai lo sguardo di Lothar posarsi su di lei e lo trovai strano. Il King non degnava mai nessuno di più di un'occhiata nell'arco della stessa giornata. Nessuno a parte Haruy, che in un modo o nell'altro ne aveva suscitato la curiosità. Forse perchè quei due si somigliavano anche se erano molto diversi nel manifestare i loro stati d'animo. O forse perchè il Puma era stato uno dei pochi in grado di parare il suo micidiale tiro ad effetto... Per quanto strano a credersi, aver trovato qualcuno che avesse il suo stesso talento, aveva spinto Heinz a volersi interessare a quella persona, piuttosto che considerarla come un rivale o un nemico era stato più propenso per una pacifica tolleranza che era poi sfociata in uno scambio di consigli e impressioni sul modo di giocare per consolidarsi in quella che si poteva definire un'amicizia. Forse la sola del King. Haruy aveva un carattere passionale e scattava subito, cedendo agli istinti per poi magari pentirsi dei suoi sfoghi improvvisi e tempestosi, mentre Lothar quando era irritato e scocciato diventava più gelido del polo Sud.
A proposito di ghiaccio... Cos...?!?!?
"Aaaahhhh!!!!!" gridai scattando in piedi e allontanando la camicia dal mio corpo mentre esclamavo "Toglilo toglilo! E' freddo!!!!"
Raja rideva divertita come tutti gli alti mentre si alzava in piedi e mi sfilava la camicia dai jeans per far cadere a terra il cubetto di ghiaccio che Miky mi aveva infilato silenziosamente nel collo!

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***






Decisamente quella sera non ero in me. Non solo mi ero fatto abbordare in una discoteca da tre ragazze che parevano una più stonata dell'altra ma mi ero pure permesso di coinvolgere nella mia follia ben due miei compagni di squadra. E proprio quei due!
Passi per Ramon, che comunque era un ragazzo che aveva girato il mondo e che con gli altri si sapeva porre e relazionare meglio di chiunque altro, sicuramente meglio di me e di Haruy... Urgh! Rieccolo a fare il cretino con le donne! E pensare che lo scemotto diceva di innamorarsi sul serio di loro! Ya, peccato che quello si innamorasse trenta volte al giorno e per trenta cose diverse! A lasciarlo andare si sarebbe innamorato anche dei ciuffi d'erba che crescono sul ciglio della strada... Anzi, una volta lo aveva proprio fatto! Ricordo ancora di averlo trovato accucciato sul vialetto che conduceva al campus, con la cartella posata a terra e tutto ripiegato su se stesso. In un primo momento avevo creduto si sentisse male e un po' preoccupato, per quelli che sono i miei canoni, mi ero avvicinato.
"Ti senti male?" avevo chiesto cercando di essere cortese, anche se il mio tono era freddo. Lui aveva sollevato di scatto la testa e mi aveva fissato con i suoi occhi di petrolio, poi aveva incurvato le labbra verso l'alto e mi aveva candidamente detto "Non trovi che sia semplicemente meraviglioso?" Sul momento avevo pensato a qualcosa di grave, tipo una commozione cerebrale. "Cosa?" avevo osato chiedere "Quella pianticella. Guarda, ha spaccato l'asfalto pur di emergere e crescere e a primevera metterà i germogli e poi i fiori e poi..." "Tsk!" avevo ribattuto girando sui tacchi e dirigendomi verso il campus. Erbaccia, fiori, asfalto... ed io che credevo stesse male!
Haruy... Che sorrideva in quel suo particolare modo, sempre a metà strada fra l'ironico, lo strafottente, e il sognante alla ragazza dai capelli rossi.
Jessika, aveva detto di chiamarsi. Strano come io, che di solito non ero mai interessato a nulla, ricordavo sempre con tanta semplicità e precisione i nomi delle persone. Io che non cambiavo mai espressione. Che solo nel calcio riversavo ogni mio sentimento... Io, che in ogni situazione ero sempre... Distante, lontano, sfuggente... Freddo e insensibile. Ogni cosa scivolava addosso senza mai fermarsi, come le goccioline di pioggia scivolavano via da una tenda impermeabilizzata.
Nessuna emozione mi restava addosso troppo a lungo. Ero io a non permetterlo. Perchè avevo da tempo scoperto che quello era il segreto. Il segreto per non soffrire. E di sofferenza ne avevo veduta fin troppa. Ne avevo avuto abbastanza per due vite intere. Tuttavia il passato non mi aveva distrutto. Ne ero uscito vivo. Per tanto tempo avevo convissuto con la sensazione di essere un sopravvissuto, uno scampato per un pelo alla tragedia e mi ero chiesto spesso perchè io. Perchè a me quel regalo... Se lo si poteva chiamare regalo... E mi ero sentito in colpa. Mortalmente in colpa per essere vivo. Ed ero stato anni, in attesa di un perdono, da parte di chi poi, nemmeno io riuscivo più ad immaginarlo, che non era giunto mai.
Mi strappai a viva forza da questi pensieri cupi. Non era il momento di abbandonarsi a qualcosa di così lontano nel tempo. Dieci anni, non ditemi che sono pochi!
Notai un lieve lampo negli occhi scuri di Haruy. A quanto pareva la rossa tutte curve aveva acceso il suo interesse, e conoscendo i gusti del portiere potevo dire con certezza che quel corpo era uno dei suoi preferiti. Magro ma non secco, voluttuoso ma non flaccido e soprattutto la ragazza in questione aveva un modo tutto suo per rendersi sexy anche con i gesti più semplici e casuali, come quello di leccarsi le dita per togliere le tracce di cioccolato che il biscotto aveva lasciato...
"Non è avvelenato, giuro!" la voce di Micaela mi riportò al presente e notai che mi stava tendendo un bicchiere di succo di frutta. A giudicare dalla sua espressione doveva essere un po' che me lo stava porgendo e aspettando una mia mossa. Quella ragazza era assolutamente fuori dagli schemi. La mia memoria corse all'inseguimento fatto alla vettura della polizia... E di conseguenza al suo tipo di guida. Da criminale. Roba da sbatterla in galera e gettare la chiave! Eppure nel suo modo di condurre la macchina c'era sempre qualcosa... Qualcosa che non mi aveva mai trasmesso, nemmeno per un momento l'idea che lei non avesse il controllo. Che lei non sapesse cosa fare, insomma che non fosse preparata. Anche quando mi si era gettata addosso, cercando alla rinfusa nel portaoggetti quel vecchio stradario, sapevo che almeno uno dei suoi occhi era incollato alla strada.
La fissai in quegli occhi azzurri, che alla luce artificiale delle lampade parevano assumere una connotazione più scura e mi resi conto che lei sosteneva il mio sguardo. Pensai che fosse di uno sfacciato senza eguali, ma era anche affascinante. Presi il bicchiere che mi porgeva con un impercettibile mossa del capo.
Miky prese un biscotto al cioccolato dalla confezione che giaceva sul tavolino davanti al divano e disse "Razza di ingordi! Ne avete lasciati solo due!" E si affrettò a porgere quello che aveva in mano a Ramon. Lui sorrise cordiale come sempre e parve incerto sull'accettarlo. "Dai! Apri la boccuccia che arriva la pappa! Guarda... Arriva sulla moto! Fai Aaaahhhhh.... Brum brum... guasto al motore!" sostenne Miky che aveva atteso che Seymour aprisse la bocca per poi deviare la traettoria del biscotto e mangiarselo lei. "Mi sa che è il tuo cervello ad essere guasto!" rise forte Jess. "Guasto forte direi!" sentenziai acido.
Rajanka diede una carezza alla gota del mio compagno di squadra e disse "Povero c'è rimasto di un male! Certo che quando ti ci metti sei just a little shit!" Effettivamente l' espressione del mediano la diceva lunga sulla delusione provata. Pareva provare un misto di sconcerto e rammarico nonchè sano stupore. Notai che i suoi occhi nocciola chiaro si stavano accendendo e poco dopo la sua risata argentina riempì l'aria coinvolgendo anche gli altri. Io mi limitai ad un lieve incurvatura della bocca, nemmeno percettibile.
"Heinz perchè non vieni ad aiutami a preparare la pasta? Tanto vedo che qui non fai molta conversazione..." mi disse Miky con un sorriso gentile sul volto. "Perchè non lo chiedi a me! Sei ingiusta! Lui è nostro ospite, non deve lavorare!" "Non lo chiedo a te cara Jess, primo perchè non ho abbastanza digestivo per tutti e secondo perchè per quanto tu possa trovare deliziosi gli spaghetti con tonno, cipolle e Rochefort (è un formaggio francese che puzza peggio del gorgonzola!) ti assicuro che questo locale diverebbe una camera a gas ed io non ho ancora optato per il suicidio di massa!" ribattè molto seria la ragazza. "Però riconoscerai che le sardine con la marmellata di arance erano buone!" si difese lei. "Ragazze, per favore... Lasciamo stare questo argomento... Quella volta ho rischiato davvero la vita!" si lamentò Raja. "Macchè, macchè! e' stata solo la tua prima, colossale, indimenticabile sbornia!!!! " sentenziò Jessika sollevando il dito indice al cielo, come se stesse dispensando un'importante lezione di vita. Miky ridacchiò poi si diresse verso l'angolo cottura ed io la seguii.
"Come preferisci che ti chiami?" chiese lei mentre metteva una grossa pentola piena d'acqua sul fuoco. "Preferirei non mi chiamassi affatto!" ribattei a tono con il mio stile. "Ma come siamo permalosi, Vostra Maestà!" ridacchiò lei. "De La Rose. Se non puoi farne a meno." "Non se ne parla nemmeno! Devo usare ben tre parole per chiamarti, no, no, troppo lungo e impegnativo. Potrei morire di vecchiaia prima! Ti chiamerò Lot, va bene?" "No!" ho ringhiato, lo so. Ma in quel modo mi ci chiamava sempre mio nonno ed io non lo sopporto. E' come accarezzarmi in contropelo. Gli occhi azzurri di Miky mi fissarono un lungo momento, attenti. Sembrava quasi mi stesse leggendo l'anima. "Va bene. Posso chiamarti Heinz?" chiese seria. Mi rilassai anche se non lo diedi a vedere e feci un cenno di assenso con il capo. "Splendido! sai come tagliano carote e zucchine alla parisienne?" Questa era del tutto deficiente! Ma che razza di domande faceva? E che termini usava?! Mi aveva per caso preso per un cuoco?! "Non ne ho la minima idea" la informai con il mio usuale aplomp. "Bhe, non siamo nati tutti maestri..." sospiro lei mettendo in tavola uno strano aggeggio con la manovella. Necessitava preoccuparsi? Come se nulla fosse, iniziò a lavare le verdure per poi tornare da me e allacciarmi in vita un grembiulino bianco con disegnati sopra dei pulcini gialli, con tanto di scritta 'pio,pio'. Se l'avessi strozzata e ne avessi scaraventato il cadavere nella Senna, ci sarebbero stati troppi testimoni da mettere a tacere? Haruy ci raggiunse e iniziò a ridere come un malato di mente, attirando l'attenzione di tutto il gruppo. Bastarono un paio di occhiate come si devono per ristabilire l'ordine. Internamente mi ritenni soddisfatto di me.
A parte questo irritante particolare devo ammettere che quando la pasta fu pronta si sentiva nell'aria un profumino delizioso che stimolava l'appetito. Lanciai uno sguardo all'orologio e restai fermamente convinto che le quattro di notte fossero un orario decisamente più civile per dormire che non per mangiare, ma percepii che il mio orologio biologico interno reclamava a gran voce un po' di quella pasta, quindi evitai di lanciarmi in un succinto commento nutrizionale e iniziai a mangaire con tutti gli altri.
Non avevo mai fatto una cosa simile.
Mi era capitato spesso di mangiare in mensa con tutti gli altri ragazzi, ma non avevo mai avvertito questo senso di 'unione'. Pur considerando che il cibo della mensa, per noi atleti, non era il massimo dal momento che si teneva conto del valore nutritivo degli alimenti e del giusto apporto di essi più che del gusto; e che per la pausa pranzo avevamo quaranta minuti da quando suonava la campanella dell'ultima lezione mattutina a quando dovevamo ritrovarci negli spoglaitoi e alla sera, la maggior parte delle volte si era così distrutti che la sola cosa che si desiderava era finire alla svelta di mangiare per andare a dormire... Da Micaela era diverso. Migliore, forse. Almeno per quello che mi riguardava.
Nel gruppo universitario c'erano elementi come Joseph e Joshua che avevano sempre voglia di fare un po' di casino dopocena e coinvolgevano qualche altro malcapitato in partitelle di biliardo o tornei di scacchi. Ma era difficile che si protraesse il tempo passato seduti a tavola per chiacchierare allegramente o scambiarsi opinioni. Oltretutto era capitato che un paio di volte si giocasse a soldi. Il mister, venutolo a sapere ci fece una tale strigliata che l'idea non sfiorò mai più nessuno di noi. Adesso ogni tanto si scommettevano i turni di pulizia dello spogliatoio. A me non aveva mai chiesto niente nessuno, però non ero mai stato un osservatore distratto e non avevo bisogno che le cose mi venissero dette in faccia per capirle. Proprio per questa mia attitudine sapevo dei miei compagni di squadra molto più di quanto loro stessi credessero possibile e se ritenevo che qualche atteggiamento era deleterio ed eccessivo per la buona armonia del gruppo non avevo mai esitato ad intervenire a modo mio. Non ero mai stato uno spione o un ruffiano ma nella mia squadra le cose dovevano girare come io pretendevo. Era sempre stato così. Per questo non sono mai stato considerato uno del gruppo ma solo il Capitano. Il King. La cosa non mi aveva mai infastidito più di tanto. Stare lontano dagli altri e da ogni tipo di rapporto era sempre stata una buona difesa. La migliore. Aver sempre avuto una meta da perseguire, un obbiettivo da raggiungere... Un sogno da realizzare mi era sempre parsa una condizione avvantaggiata rispetto agli altri ragazzi della mia età. Chi poteva dire a dodici anni di sapere già cosa voleva dalla vita? Ho sempre creduto pochi eletti, ed io ero uno di essi. Avere chiaro il mio scopo mi aveva spesso 'tagliato fuori' da tribolazioni adolescenziali che mi risultavano quantomai ostiche quando vissute dai miei compagni... Piangere per essere stato scaricato da una ragazza, come era capitato a Thomas, mi era del tutto inconcepibile. Non che io avessi preferenze maschili, riconoscevo le belle donne alla prima occhiata ma messe a confronto con il pallone... Perdevano miseramente.
Sul campo di calcio io mi sentivo vivo. Mi sentivo a casa. Al posto giusto... Al mio posto. Volevo stare lì.
Corrugai la fronte e lanciai uno sguardo tagliente e Miky, che mi aveva strappato ai miei pensieri. Se ne stava tutta china verso di me, con la testa che quasi mi sfiorava la spalla e mi aveva sussurrato all'orecchio qualcosa tipo "Ti annoi?". Mi ero ritratto bruscamente mentre per puro istinto difensivo avevo sibilato "Non avvicinarti così tanto!" Lei aveva sbattuto le palpebre confusa poi si era stretta nelle spalle e aveva automaticamente risposto "Scusa". Non era quello che avrei voluto... Cioè non erano le sue scuse che mi ero aspettato ma spiegarlo mi parve eccessivo quindi mi limitai ad accettarle e tornai a osservare gli altri.
L'atmosfera intorno a quella tavola però era così diversa, rispetto a quella di ogni altro ambiente che anch'io iniziai a sentirmi strano. Anche se eravamo seduti: chi su sedie da pic nic, chi su sgabelli e chi su un mobiletto basso, non afferravo la componente psicologica... Si respirava un'aria rilassata, meno ostile, quasi complice... Qualcosa che avrebbe potuto ricordare l'atmosfera di casa che spesso si vedeva nei film o nelle pubblicità. Un ricordo infantile, lontano. Si ridacchiava, ci si contendeva giocosamente un pezzo di pane, come stavano facendo adesso Raja e Jess... Haruy e Ramon stavano combattendo una lotta all'ultimo spaghetto con la pentola e all'improvviso mi sentii di nuovo addosso lo sguardo azzurro di Miky.
Mi voltai verso di lei con aria indifferente e un po' scocciata ma lei non arrossì e non abbassò gli occhi, come avrebbe fatto chiunque altro colto in flagrante; si limitò a prendere il suo bicchiere pieno d'acqua e a fare un muto brindisi al mio indirizzo.
Quella notte era stata la più assurda e strana della mia vita. Un gruppo di sconosciuti che si era riunito attorno ad un tavolo, a mangiare degli spaghetti ad un orario improponibile e che si comportava come una famiglia!

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***






Ero un genio! Un genio totale e assoluto! A me Einstein avrebbe fatto un baffo! Questi erano i pensieri che stavo facendo quella mattina in facoltà, anzichè ascoltare la noiosa lezione sui colori che stava tenendo il nostro insegnante. Miky stava prendendo diligentemente appunti e aveva la solita massa di riccioli scuri legati in una coda alta. Pareva un uovo di Pasqua con tutti i fiocchetti tirati al punti giusto. Sapevo che detestava quando glielo facevo notare, ma sapevo anche che era un incollerirsi scherzoso perchè se si fosse offesa per davvero, innanzi tutto, sarebbe stata molto pungente nel rispondermi e poi non si sarebbe più pettinata in quel modo. Avevo infatti notato che se qualcuno la prendeva in giro per qualcosa che aveva fatto e di cui non era pienamente convinta, quella cosa non l'avrebbe più rifatta. Un esempio? L'accostamento marrone e azzurro. Qualche idiota le aveva detto che quei colori non erano adatti a lei ed io non glieli ho più visti indossare insieme. Comunque, tornando al mio stato euforico, era dovuto al piano che avevo ingegnosamente ideato da una settimana a quella parte per organizzare una nuova uscita con i ragazzi del calcio. Dopo la serata a casa di Miky infatti, i tre bei fustoni del Dixan... Cioè, i tre bei ragazzi avevano perso a salutarci quando ci incrociavano nei corridoi dell'università. Oddio nel caso di Heinz, salutare era una parola grossa... Diciamo che girava la testa nella nostra direzione, il che era già tanto!
Dicevo, dopo ore di cervellotica attività della mia materia grigia ero arrivata a pensare che se saremmo andate a vedere la partita domenica mattina, si poteva poi approfittare del tempo ancora clemente e organizzare una bella gita in bateaux - mouche (battelli mosca) sulla Senna. Sarebbe stato bellissimo! Mi ero informata circa i prezzi, gli itinerari e quanto altro c'era da sapere. Il grosso era convincere i ragazzi ma era una settimana che mi esercitavo a fare gli occhioni dolci da cucciolo e Raja era capitolata quasi subito accettando di darmi manforte. L'unico ipotetico problema avrebbe potuto essere Miky, che aveva la consegna di un quadro per la fine della settimana e data la sua espressione quasi feroce, capivo bene che non era a buon punto. Immancabilmente quando la sua ispirazione vacillava e lei non aveva pronto il compito con almeno quattro giorni di anticipo iniziava a diventare nervosa. Io non ero soggetta a quel genere di patologia. Profondamente convinta che le mie opere migliori fossero quelle che mi scaturivano di getto, avrei pensato al quadro da realizzare solo il giorno prima della consegna e sarei stata tutto il giorno e la notte davanti alla tela, tanto la frequenza non a tutti i corsi era obbligatoria.
Bhe, effettivamente questo quadro era piuttosto difficile... Non ci era stata data nessuna disposizione sulla dimensione, sulla tecnica da utilizzare e nemmeno alcuna limitazione rappresentativa. Quel sadico di Ficher a volte ci proibiva magari di inserire in un'opera persone, oppure triangoli o a volte le sue limitazioni riguardavano proprio i colori ed erano quelle più odiose. Detto così pare una sciocchezza ma dipingere un intero quadro senza usare il nero, piuttosto che l'azzurro si era spesso rivelata una tragedia.
Dicevo, il mio genio sublime era entrato in piena attività e avevo messo negli armadietti dei ragazzi un invito scritto per tale gita. Una cosa carina, con tanto di orario e programma della giornata. Avevo anche dipinto ad acquarello un piccolissimo paesaggio sulle buste. La 'consegna' aveva avuto luogo quella mattina stessa. Adesso restava solo lo scoglio Miky... Le lanciai un biglietto sul banco. Lei lo fece sparire sotto il banco.
Cinque minuti dopo mi arrivò la risposta.
- Ok! Magari mi viene l'ispirazione per quel dannato quadro! L'arte dal mio punto di vista... 'zo neanche si dovesse redigere un trattato su quella tela! Ci sto perdendo il sonno! -
Bene! Questo era un invito a nozze! La lezione stava annoiando lei quanto me, quindi un po' di sana chiacchiera femminile era perfetta!
- Cosa c'è di più artistico del corpo nudo di Heinz? *_* - scrissi rapidamente
Vidi che erano arrossite anche le punte delle sue orecchie.
- Cretina! >.< A proposito poi mi devi ancora raccontare che hai fatto con Haruy, svergognata!^^ -
- Ma come ti permetti? Non sono il tipo di persona che allunga le mani sulla proprietà privata! -
- Come? E' già fidanzato? -
- No! Piace a Raja, sei la solita tardon....
"Molto bene signorina Kreuz, a quanto mi è dato di vedere, lei è così povera da non potersi permettere nemmeno un blocco per gli appunti..." mi sentii gelare il sangue nelle vene. Di fianco al mio banco svettava l'inconfondibile sagoma di Ducray. La pancia prominente, il viso rubicondo e la pelata lucida. Un aspetto apparentemente innocuo che in realtà celava invece la più fetente carogna dell'università.
Mentre stavo ancora vagliando l'ipotesi di mettermi in bocca il foglio e inghiottirlo... non si era mai sentito di allergia alla carta, vero?... Il docente mi tolse letteralmente dalle mani il corpo del reato e dandomi le spalle si diresse verso la cattedra, leggendo a gran voce.
Vittima delle mie tipiche crisi di impulsività scattai in piedi e lo raggiunsi con due ampie falcate, afferrandogli il braccio e costringendolo a voltarsi verso di me.
Se leggeva il mio commento in merito al corpo di De La Rose la sospensione non me la toglieva nessuno! Ma cosa assai più grave Miky non mi avrebbe mai perdonata!!!!
"Non lo sa che leggere la corrispondenza altrui è da cafoni?!" sbottai riprendendomi il foglio e appallottolandolo me lo ficcai in bocca. Avrebbero dovuto farmi un monumento commemorativo!
Stonk!
Volsi lo sguardo a sinistra e vidi che la mia amica aveva sbattuto la testa contro il legno del banco, chiaro segno di disperazione. Tutta la classe scoppiò in una fragorosa risata mentre l'insegnante diventava violaceo... non sapevo bene se per il mio gesto incosciente o per quello che era comunque riuscito a leggere.
"Madamoiselle Kreuz, Madamoiselle Salemi, per la prossima volta che ci incontreremo voglio che mi consegnate il seguente compito: da pagina sessata a pagina ottanta del libro di testo ricopiato venti volte in bella grafia dalle vostre eleganti manine. Un fiato a tale proposito e andrete a fare visita al preside, tutto chiaro?"
Non mi fidai a parlare e mi limitai a fare un si molto energico con la testa. Ducray si voltò verso Miky che annuì con aria contrita. Quella maledetta campanella suonò in quel momento, ormai troppo tardi per salvarci! Aprii la bocca e tirai fuori il foglio ormai umido di saliva. "Se non altro non ho dovuto ingoiarlo" sospirai facendo scoppiare tutti a ridere per l'ennesima volta.
In pausa pranzo ci incontrammo con Raja sulle scale della facoltà di Lettere Antiche. Dato che era quella più vicino alla mensa rispetto alla nostra, era ormai consuetudine che fossimo io e Micaela a passare a prenderla. Mentre la ragazza dai ricci selvaggi raccontava la mia sventura odierna a Raja e si lagnava del castigo inflitto in qualità di complice, la bionda iniziò a ridere talmente tanto che le lacrime inumidirono i suoi bellissimi occhi viola. "Cielo Misericordioso Jess! Pagherei oro per poter essere in classe con voi almeno una volta! Da noi non accade mai nulla di tanto eccitante!" "Io non lo definirei eccitante..." borbottai mogia.
Osservai Miky che passava al setaccio l'insalata, alla ricerca di eventuali foglie appassite o con i bordi scuriti, evidente segno di mancata freschezza. "Perchè non ti prendi altro se tutte le volte devi analizzarla ai raggi X ?" le chiesi cacciandomi in bocca la patatina fritta. "Perchè l'insalata mi piace, ma non ho la pazienza di pulirla e le buste che vendono nei supermercati bastano per una decina di capre!" "Ottima risposta! Hai preso il pollo?" ammisi prima di volgere lo sguardo al pranzo di Raja. "No. Sai benissimo che sono vegetariana. E' una cotoletta di soia. Vuoi assaggiare?" Chiese lei gentile e disponibile come sempre. "No, resto fedele al mio merluzzo. A proposito, ho dato uno sguardo a quella poesia d'amore che hai scritto. Per me è sublime! Hai pensato a Wakashimizu mentre la componevi, vero?" Lei arrossì un po', come era nel suo standard ma rispose "All'inizio si, ma poi, mi sono ispirata un po' anche a Ramon. Mi è parso un ragazzo molto sensibile." "Si è davvero un tipo dolce..." ammise Miky mentre con la forchetta cercava di infilzare le foglie di lattuga. "Ti piace?" indagai subito. Non ero ancora riuscita ad inquadrare il tipo che poteva piacere all'italiana. Remy era un bel ragazzo ma a lei restava indifferente. Del suo ex non aveva conservato nessuna foto anche se ci aveva detto che era un tipo un po' rozzo, con i capelli lunghi fino alle spalle piuttosto chiari e gli occhi scuri e non esattamente un peso piuma. Però aveva detto che lei non dà molta importanza all'aspetto fisico, di solito era il carattere a conquistarla e che dati i precedenti i bastardi erano la sua specialità.
"Me lo mangerei a colazione. Direi che per me ci vuole un tipo... con più polso di ferro." "Heinz è ideale!" promuovetti. "Te l'ho detto, quello se la tira troppo, finirei per distruggerlo moralmente." sospirò lei. Però fisicamente le piaceva, dunque... Bhe, oggettivamente Lottie era bellissimo! "E tu che ne pensi di Wakashimizu? Ti ha persino riaccompagnata a casa con la sua moto!" indagò Raja. "Mi trovo molto bene con lui, viaggiamo sulla stessa frequenza d'onda, ma fra noi ci potrà essere solo una bella amicizia" dichiarai. "Non ti piace? Per me è un bel ragazzo" proseguì Raja arrossendo per le sue stesse parole. "Si, lo è. Ma piace a te, quindi non lo considero territorio di caccia" usai parole un po' comiche ma il concetto era quello. "Non farti questo genere di problema. Se lui ti piace e tu piaci a lui io non ho nulla in contrario! Harui fisicamente è il mio ideale di ragazzo ma la cosa inizia e finisce lì." "In ogni caso alla fine è lui che dovrebbe scegliere chi le piace, no?" sentenziò Miky.
"Jess, posso riavere la poesia?" chiese a quel punto Raja. E fu l'inizio della catastrofe.
"Ma certo! Ecco qui!" le dissi soddisfatta porgendole una busta bianca che avevo preso dalla cartelletta blu che avevo nello zaino.
Lei aprì la busta e notai che le sue gote divennero smorte. "Rajanka ti senti male?" "Mon Dieu..." alitò lei sgranando gli occhi. "Lo dicevo io che quella roba vegetale fa male! Ti accompagno in bagno? In infermeria?" scattai in piedi preoccupata ma lei scosse la testa. Notai che anche Miky era scattata in piedi e la osservava preoccupata. "Raja, possiamo fare qualcosa? Vuoi che chiamiamo casa tua?" Lei scosse la testa poi le sue gote divennero incandescenti e alla fine gli occhi le si riempirono di lacrime. "Che c'è?" chiese Miky chinandosi su di lei. "La mia poesia... No so come... Ma è finita nell'armadietto di uno dei tre ragazzi del calcio..." "Cosa?!" sbottammo all'unisono io e la ragazza dagli occhi azzurri. Presi la busta e mi sentii gelare. Conteneva davvero il programma di domenica! "Non posso aver fatto una cazzata simile!" gridai contro me stessa. Veniva da piangere anche a me. Che figura ci avremmo fatto?
"Tranquille. Jess in che armadietto hai messo gli inviti?" "Uno per ognuno...." "No, in quelli della facoltà o in quelli dello spogliatoio?" "Spogliatoio, erano quelli più lontani da occhi indiscreti." "Allora corriamo, forse ce la facciamo!!!!" gridò Miky scattando come un razzo verso le palestre. La bidella ci gridò qualcosa circa il pavimento bagnato ma in quel momento non me ne poteva fregare di meno del suo lavoro e tantomeno del rischiare una caduta. Raggiungemmo lo spogliatoio che per fortuna era deserto e Miki lesse rapidamente i nomi degli atleti.
"Accidenti!" sibilò quando si rese conto che io avevo fatto scivolare dentro al lettera da una delle tre fessure parallele che si aprivano sul davanti ma che recuperarla non sarebbe stato altrettanto facile. "E adesso? E adesso che facciamo?!" chiesi in pieno panico. "Tranquilla, ho un futuro come scassinatrice!" sorrise lei prendendo una forcina dai miei capelli. "Ma quella cazzata funziona solo nei film!" protestai. "Sarebbe meglio se tu facessi da palo..." suggerì lei. "No, tu apri gli armadietti ed io controllo le buste! Ma come ho potuto?" mi lagnai di nuovo.
Quella di Wakashimizu era giusta. Idem quella di Seymour. Se non era sfortuna malefica quella! Proprio in quella di De La Rose, il meno tollerante di tutti! Sicuramente non avrebbe capito se avessimo cercato di spiegare!
"Cosa state facendo al mio armadietto?" la voce maschile alle nostre spalle ci fece cacciare un urletto. "Ma dico, sei matto?! Volevi farci venire un infarto?!" sbottai di getto. "Ok, ho scoperto di avere il cuore forte." fece eco Miky portandosi una mano al petto, nel quale il battito del cuore, se assomigliava al mio, aveva un ritmo furioso. Mi sentivo gelare da quegli occhi cerulei e nel contempo avvampare per la vergogna. "Cosa state facendo al mio armadietto?!" ripetè lui con aria cattiva. "Io... Io... Ci ho messo una cosa... Per sbaglio..." i suoi occhi di ghiaccio mi avevano tolto ogni sicurezza e baldanza, come quella sera in discoteca... Sentivo le gambe mollicce e avevo voglia di piangere. "Raccontala ad un altro!" sbottò lui afferrandomi per il polso e allontanandomi di colpo. A quel punto vide la forcina con cui Miky stava forzando la serratura e l'aria intorno a lui parve congelarsi. "Non è come sembra..." iniziai a dire. Miky non gli toglieva gli occhi di dosso, come se non fosse spaventata da lui e forse non lo era davvero. Lo stava studiando e forse in qualche modo anche sfidando. "Vi farò sospendere" sentenziò asciutto. Sentii le lacrime scorrermi sulle gote. Non riuscii a fare nulla per impedirlo. Ma tanto bastò a scatenare Miky.
"Sono stata io. Lascia fuori Jess da questa storia!" esordì in un tono imperioso che non ammetteva repliche. "Io ho visto tutte e due" ribattè lui. "Ho detto che sono stata io. Hai la mia confessione, che altro vuoi?" Gli occhi di Lothar divennero un cielo in tempesta quelli di Miky due abissi blu. "Credo solo a ciò che vedo" ribattè lui trinceato sulla sua posizione. La ragazza strinse la mascella. Si voltò con noncuranza e continuò a forzare la chiusura dell'armadietto sotto lo sguardo incredulo di Heinz. Si udì lo scatto metallico della serratura e l'anta si aprì. Miky prese la busta e me la mise in mano. "Esci da qui, subito." Scossi la testa. Non volevo. Non potevo lasciare lei nei guai. "Sei oltre la sfacciata insolenza!" sbottò lui. Era la prima volta che lo vedevo inquietarsi e per me era spaventoso. "Tsk!" fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lothar la strattonò per il braccio. Lei si divincolò. Lui cercò di afferrala di nuovo ma lei gli sfuggì. Ci fu un agitarsi di braccia e mani. Poi si udì il suono di uno schiaffo. Lei sgranò gli occhi, incredula mentre la molletta che legava i capelli si spezzò in quel momento, lasciando cadere una massa di riccioli scuri che parvero dotati di vita propria. Subito dopo le polle azzurre dei suoi occhi parvero diventare inchiostro. Lothar si guardava la mano piuttosto incredulo... "Jessika esci dallo spogliatoio. Lo stronzo qui non può farti niente." "No" "Non ci ha ancora visto nessuno. Davanti al preside sarà la sua parola contro la mia. Vattene e non incasinare oltre la situazione." "Vieni anche tu..." "No. Prima ho un concetto da mettere in chiaro con questo arrogante verme!" ribattè lei mollandogli uno schiaffone con una buona dose di enfasi. Gli occhi di Heinz mandarono fulmini grigi. "Sei diventata scema di colpo!?" ruggì. "Ne vuoi un altro?" sibilò lei pronta a colpire di nuovo ma lui intercettò il colpo e le bloccò il polso. Era meglio se andavo a chiamare qualcuno e subito! Di solito sono le ragazze che si accapigliano e i ragazzi che fanno a pugni ma con quei due chi poteva mai dirlo!? E con questa certezza mi fiondai fuori dallo spoglaitoio.
Incrociai Haruy e Ramon appena dietro l'angolo e li afferrai tutti e due per il polso mentre raccontavo quello che era appena successo con frasi concitate e sconnesse. Ramon mi fece sedere a terra, nel corridoio e si accucciò al mio fianco. Haruy lo imitò. "Fai un respiro profondo e ricomincia da capo... Con calma." mi suggerì il ragazzo dagli occhi dolci come il miele. "Volevamo invitarvi domenica pomeriggio, dopo la partita a fare un giro in barca sulla Senna. Credevamo che un invito scritto nei vostri armadietti fosse un modo carino per chiedervelo." "Volevate? Chi?" "Io, Raja e Miky." "Volevate che venissimo io e Ramon?" "Anche Heinz, pensavamo potesse essere... Divertente. Siamo stati bene insieme l'altra volta, no?" "Si. E' stato un pensiero molto gentile" mi rassicurò Ramon. "Solo che... Solo che io sono la solita incapace! Anzichè l'invito in quello di Heinz ho messo una poesia d'amore scritta da Raja..." "A Raja piace il King?" chiese Ramon perpelsso. "Ma non scherziamo! La poesia era un compito per letteratura moderna e Raja voleva sapere cosa ne pensavo... Solo che.. che... e' finita per errore nella busta che ho messo nell'armadietto di De La Rose!" Haruy sospirò "Non la prenderà bene, detesta queste cose... Raja si è firmata?" "Il fatto è che io e Miky stavamo cercando di recuperare la busta in segreto, ma... Lui ci ha beccate mentre forzavamo il suo armadietto..." Gli occhi di miele di Ramon si fecero preoccupati mentre incrociavano quelli del giapponese. "Dove sono adesso De La Rose e Miky?" "E' questo il punto! Sono nello spogliatoio a menarsi! Li dovete fermare!!!!" mi misi a gridare di nuovo.
Ramon schizzò verso lo spogliatoio mentre Haruy mi circondò le spalle con un braccio. "Adesso calmati, va bene? Vedrai che risolveremo tutto..." "Non mi interessa se sospendono me, ma Miky... Lei voleva solo darmi una mano... E si è presa pure quello schiaffone... Non è... Giusto!" e ricominciai a piangere. "Cosa? Lothar che schiaffeggia una ragazza? Ma... Ma..." Haruy era completamente spiazzato da quella rivelazione mentre pochi istanti dopo apparvero Ramon e Micaela.
"Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace..." continuai a mormorare fra le lacrime. Miky si inginocchiò al mio fianco e mi abbracciò. "Ehi, dai! Non fare così... Non è mica successo niente" Raja arrivò in quel momento portando con se anche le nostre borse. "Che è successo?" chiese apprensiva fissando Ramon. Nel frattempo il quadro si completò con l'arrivo di De La Rose, con aria veramente truce. Miky mi prese dalle mani la busta e la diede a Raja. "Ecco il tuo compito. Non lo ha letto nessuno, tranquilla!" "Grazie, grazie..." annuì lei aprendola e estraendo il foglio. Riconobbe subito la sua scrittura e sorrise stringendoselo al petto. "Meno male, non so se sarei stata in grado di riscriverla uguale..." "Posso vederla?" chiese inaspettatamente De La Rose. La nostra amica arrossì e fece un passo indietro... Poi tese il foglio. "E' solo una poesia..." mormorò. Lui la prese e lanciò un rapido sguardo al testo, troppo veloce perchè l'avesse letta davvero e la rese a Raja. "E l'invito?" chiese accigliato. Raja si chinò sulla sua borsa ed estrasse una busta bianca, non sigillata, che in silenzio pose a Lothar. Lui l'aprì e la fissò più a lungo.
"Non dirò nulla al preside, ma resta inteso che reputo il vostro comportamento ingiustificabile e riprovevole." sentenziò. "Io ti biasimo. Fa' quello che ti pare!" ringhiò Miky alzandosi in piedi, afferrando il suo zaino e andandosene.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO SEI ***


Era notte fonda.
La luna splendeva argentea e piena nel cielo.
Parigi era agghindata di mille luci artificiali.
Io ero semplicemente furibonda.
Dovevo dormire girata sul fianco opposto a quello solito perchè lo schiaffo di Heinz stava manifestando ora tutta la sua forza e un livido per fortuna non troppo scuro si stava formando sulla mia gota e mi impediva di appoggiarmi al cuscino.
Con un gemito di frustrazione mi alzai in piedi. Il parquet era freddo sotto le piante nude dei miei piedi, ma non era gelido come la ceramica. Scesi la scala a chiocciola senza nemmeno accendere la luce. Non ne avevo bisogno. C'era chiaro a sufficienza.
*Dovrei mettere delle tende, però così mi priverei di questa fantastica vista... la luna è propio splendente questa notte... Mi sta entrando nel sangue... Manco fossi un uomo lupo... Quel pezzo di cacca di Heniz! E' colpa sua! Solo sua! Ma chi si crede di essere?! Che voglia di prenderlo a schiaffi! Quanto mi prudono le mani... Miky, concentrati e fai qualcosa... Smettila di pensare a quel biondino con le pigne nel cervello... L'uomo tutto d'un pezzo... Un idiota integrale ecco cos'è!* il flusso di coscienza ronzava nel mio cervello. Raggiunsi il gas e misi a scaldare dell'acqua per farmi una tisana, nel frattempo raggiunsi una tela bianca. Ormai sapevo che il sonno era perduto per sempre. Quando quella rabbia mi invadeva c'era poco che potessi fare. L'ideale sarebbe stato prendere a pugni il cuscino ma l'ultima volta che lo avevo fatto, la federe si era rotta e piume bianche si erano sparse per tutta la stanza. Ripulire era stato disastroso... Raccoglievo un po' di piume e al primo passo che facevo, spostando l'aria esse svolazzavano in giro...
Decisi di far fruttare quel tempo. L'idea di rappresentare il rapporto che mi legava all'arte stava prendendo forma. Iniziai a dividere gli spazi della tela e poi andai a prendere la tisana dal buon profumo degli agrumi. Come se il quadro fosse già stato tutto tracciato nella mia mente, la matita correva veloce, scoprendo linee, curve, forme che prendevano sempre più consistenza, chiarezza e definizione. Più dipingevo e più mi rendevo conto che erano quegli occhi cerulei, simili al cielo in tempesta, così carichi di nuvoloni di pioggia e scariche elettriche di fulmini e saette che mi conducevano, che mi portavano, quasi per mano, verso la realizzazione del quadro.
In quel momento, provavo per Heinz quello strano sentimento che mi aveva tanto profondamente legata all'arte. Una sorta di amore e odio, una ribellione al suo modo di essere, desiderando infrangere quegli schemi precostituiti, in modo che non ci fosse mai nulla di sempre uguale, di scontato... E poi la rabbia per non riuscire a capire, per non essere in grado di cogliere la sua essenza più intima... E il dispiacere per questo, il percepire la distanza, come se fossimo su due piani diversi... Una meta irraggiungibile... Così eterea da sfuggirmi fra le dita qualdo le allungavo nella sua direzione...
Il pennello iniziò ad intingersi nel colore e solo allora mi resi conto che non avevo acceso la luce. Non potevo dipingere al buio! I colori erano findamentali ed era estremamente necessario riconscerli e amalgamarli con cura. Accesi la luce d'angolo e mi portai la tazza alle labbra. La tisana era diventata fredda. Arricciai il naso un po' scocciata ma mandai giù il sorso. Tutto sommato non era male, nemmeno fredda, ne venivano esaltati altri sapori. Perdeva un po' l'aroma dell'arancio in favore di quello del mandarino e del limone... Limone.. Giallo... Biondo... Quello spocchioso, arrogante, sputasentenze di un completo idiota!
Gettai indietro il capo e mi lasciai sfuggire l'urlo liberatore
"LOTHAR HEINZ DE LA ROSE SEI L'IDIOTA PIU' IDIOTA DI TUTTO IL CREATO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!" il senso di profonda liberazione sciamò ben presto quando udii i tre colpi, in rapida successione battuti con una certa ferocia contro quello che era il mio pavimento e il soffitto della signora Martin. Per fortuna, lo spessore dei muri non mi permise di comprendere gli insulti che seguirono.


Il giorno dopo, arrivai in ritardo in università, con una faccia da fare spavento. Avevo dipinto per tutta la notte e quando i raggi del sole avevano illuminato la mia casa mi ero resa conto di non aver riposato per nulla. Restai un momento incerta se disertare le lezioni e infilarmi a letto per recuperare il sonno o fare uno sforzo di volonta, spararmi una dose da elefante di caffeina nel sangue, e andare in università. *Do buca!* risolvetti quasi subito mettendo i pennelli a mollo nell' acqua e balsamo e nascondendo lo sbadiglio dietro il dorso della mano. Due minuscole lacrime mi si formarono agli angoli degli occhi stanchi. La voce del mio orgoglio mi sferzò con forza, bloccandomi mentre avevo già le lenzuola in mano. *Così sembra che stai scappando da quello che è accaduto ieri con De La Rose...* Mi scappò un gemito di profonda frustrazione mentre cambiavo improvvisamente i miei piani e prendevo abiti puliti dal guardaroba. Dunque, prima di tutto feci una doccia per scrollarmi di dosso la stanchezza e la puzza dei colori a olio, poi un bel caffè forte con la mia inseparabile moka portata dall'Italia e magari un salto alla panetteria all'angolo per un paio di croissant... Presi la metropolitana fino a scuola, cercando di non addormentarmi su di essa... Ma ne dubitavo, data l'ora di punta era stato un miracolo riuscire a salirci su quei vagoni...
Mi lasciai cadere pesantemente al banco dell'aula di storia. Dato il ritardo accumulato optai per la felice soluzione di lasciare perdere la lezione di inglese, tanto metà di essa era già perduta e non avevo per niente voglia di sorbirmi la ramanzina della signorina Lange per il poco intresse che avevo da sempre mostrato per la sua materia, la quale per la verità era piuttosto proprensa a farmi dei richiami verbali e se gliene fornivo l'opportunità, anche non.
Posai il capo sul banco e chiusi gli occhi, pensando che un solo momento non mi avrebbe certo fatto male. Non avevo tenuto conto della mia reale stanchezza. Piombai in un sonno profondo.
Qualcosa mi solleticò il naso. Cercai di scacciare quel fastidio facendo una smorfia. Non volevo aprire gli occhi... Stavo tanto bene nel mio mondo onirico... Un leggero soffio nel mio orecchio mi strappò un gemito. Sentii una risata lieve, ma al contempo profonda, maschile, che mi costrinse ad aprire gli occhi. Ci misi qualche istante a capire che non ero a casa mia, nel mio letto, e per la sorpresa sollevai la testa di scatto, andando a urtare contro qualcosa di duro.
"Ahi!!!" protestammo all'unisono mentre io mi portavo le mani sulla testa il ragazzo dai lucenti capelli neri si stava toccando il mento. "Sempre così gentile con chi ti sveglia?" chiese Haruy "Scusa... Che ci fai qui?" Lui sorrise. "Buondì. Sono nel tuo stesso corso di storia, non te n'eri mai accorta?" "Per la verità no." borbottai. Lui si chinò sul mio viso, facendo sfiorare i nostri nasi. "Che occhietti rossi e che cerchi neri... Hai rivegliato stanotte?" Mi sentii arrossire, mentre affondavo nella cioccolata calda che erano i suoi occhi. "L'ispirazione mi ha fatto visita" riconobbi aumentando la distanza fra noi. "Lo sai che hai degli occhi proprio belli? Sembrano le placide acque di un lago di montagna... Parlano di sincerità e di decisone..." "Cos'è qualche arte orientale? Psicoanalisi degli occhi? Tipo il reiki?" Haruy scoppiò a ridere di gusto. "Proprio per niente. Diciamo che è l'intuizione del portiere!" Rise di nuovo lui sedendosi al mio fianco. Mi sfregai di nuovo gli occhi e lui riprese a parlare. "Domenica sarai dei nostri, vero?" "Non se c'è De La Rose." risposi sinceramente. Haruy iniziò a dondolarsi su due gambe della sedia. "Lothar a volte è insopportabile. Ma non è cattivo. Non vorrei che tu ti facessi di lui l'idea sbagliata." "Non credo che lui sia cattivo. Però è la classica persona che con me non potrà mai andare daccordo." "Perchè?" Ci pensai su un po'. "Perchè siamo troppo diversi, e non intendo solo come educazione ma come modo di pensare. Heinz non si fa grossi problemi a calpestare tutto quello che gli intralcia la strada, lo si capisce dal modo in cui guarda le persone, come se fossero tutte un metro sotto di lui. E' un tipo piuttosto individualista e la solitudine non lo spaventa nè lo impensierisce. E' piuttosto rigido nelle sue posizioni e sicuramente non è avvezzo a manifestare i suoi sentimenti. Credo che sia anche un tipo piuttosto metodico e puntiglioso che non tollera la minima infrazione alla regola vigente, indipendentemente da quanto questa sia giusta." "Caspita, ne hai capite di cose sul capitano per averci trascorso insieme una sola serata! Sei ancora arrabbiata per la storia dell'armadietto?" chiese lui fissandomi con curiosità. "Per la verità no. Non sono una persona che resta in collera per molto tempo. Anche se sono convinta che quello schiaffo se lo poteva benissimo evitare!" "Tu non lo temi, vero?" "Temerlo? No. Per quanto possa essere forte il suo potere di soggezione a me non fa paura. Forse perchè anche mio padre è un tipo così. Tutto d'un pezzo. E ti assicuro che con lui ho avuto un ragionevole numero di discussioni per rassegnarmi al fatto che su tante cose è meglio far morire la questione ancora prima che nasca." "E di me? Cos'hai capito?"
"Ti intressa?" "Per la verità si. Tu mi piaci!" disse lui. Mi sentii arrossire di nuovo e mi mossi a disagio sulla sedia. "Ti da fastidio che lo abbia detto?" chiese lui divertito "Oh, mi hai colta di sorpresa. Ho piuttosto fisso in mente lo stereotipo che gli orientali sono delle persone miti e riservate." "Mi stai dicendo che sono stato indiscreto?" "Direi piuttosto diretto. E la schiettezza è una qualità che apprezzo." gli sorrisi e lui tornò alla carica "Che altro hai scoperto di me?" "Che sei un tipo dalla cotta facile. Ti piace sentirti sempre innamorato, vero?" "Si, le sensazioni di quando sei innamorato sono fantastiche. Vedi tutto più bello." "Sei un tipo intelligente e sa ben usare l'arma dell'ironia. Mi piace anche questo. Inoltre hai un carattere deciso e non ti piace condividere le tue emozioni con gli altri. Preferisci viverle sulla tua pelle e conservarle fra i tuoi pensieri o i tuoi ricordi." "Caspita sei una psicologa nata! Non è che hai capacità medianiche?" scoppiai a ridere. "No, è solo che... sono un'artista. Sono abituata ad osservare e vedere anche quello che di solito non si vede così facilmente. A proposito, Ramon è preoccupato per questa storia?" "Un po', ma spera che domenica si possa risolvere tutto. E' un ragazzo fiducioso e ottimista." "Bhe, cercherò di non deluderlo, almeno per quello che riguarda la mia parte." "Volere è potere, non lo sai?" "Solo quando non si interagisce con altre persone." riconobbi e mi resi conto che l'aula si era riempita di studenti.


Sbuffai irritata. Era quasi tutta la settimana che mi sentivo puntato addosso uno sguardo piuttosto fastidioso. Eppure non ero mai riuscita a capire a chi potesse appartenere. Quello sguardo mi coglieva di sorpresa in vari momenti della giornata e aveva in se qualcosa di inquetante. Forse ero solo nervosa per la consegna del quadro e tendevo ad essere ipersensibile a tutto. Non era la prima volta che mi succedeva, quindi decisi di non stare a confidarmi con le ragazze. Era inutile preoccupare anche loro o farle ridere di me.
"Oggi vado in biblioteca. Ho bisogno di consultare alcuni libri per una ricerca che sto facendo, venite anche voi?" Jess inghiottì alla svelta quello che stava mangiando e disse "No, io oggi lavoro. Remy farà la solita partaccia per la tua assenza. Vuoi che gli riferisca qualcosa? Un messaggino piccante?" ammiccò lei. "Non dire assurdità! Non voglio mica che la moglie mi stangoli! Di scontri fisici ne ho avuti a sufficienza per questa settimana!" Jess soffiò nella sua cannuccia, facendo fare diverse bolle alla sua aranciata. Raja mi rivolse un dolce sorriso. "Io vado a vedere gli allenamenti di Ramon..." "Cosa?!" sbottammo io e Jess sgranando gli occhi. "Bhe, lui mi ha chiesto se ne avevo voglia... Mi sembrava maleducato rifiutare, considerando quello che ha fatto in quella brutta storia delle lettere... Ha intercesso per noi preso De La Rose, no?" Mani di fata fece un soriso sornione che arrivava da un orecchio all'altro mentre io mi limitai ad inarcare un sopracciglio. Raja arrossì furiosamente. "Non è come pensate... Non fate quelle facce!" "Certo, certo... Ti consiglio di portarlo all'Harome, fanno di quei dolci che sono la fine del mondo e il posto è così romantico... Ma se volete fare un aperitivo il Poison è il migliore... Mmmmhhhh che voglia di assaggiare quelle tartine... Miky perchè non ci andiamo io e te a fare l'aperitivo questa sera?" "Perchè tu lavori, Jess. Potremmo andarci domani. e' sabato, non c'è scuola e io lavoro nel pomeriggio. Ti va Raja?" "Sarebbe bello. Dove ci vediamo?" e così prendemmo accordi poi mi allontanai da sola per andare in biblioteca.
Sospirai un po' stanca e aprii il cassetto dello schedario dove vi erano catalogati tutti i testi. Generalmente i ragazzi preferivano usare il computer per avere accesso a quei dati e l'archivio cartaceo veniva bellamente ignorato. Il problema era che avendo solo due pc a disposizione, a volte capitava che la fila di attesa fosse piuttosto lunga e che a conti fatti, la buona ricerca manuale non era così deprecabile.
Il sole entrava dalle grandi vetrate a volta dal alto destro del locale. Si poteva notare il pavimento di granito luccicare a causa delle venature di quarzo rosa. Alti scaffali di massiccio legno scuro erano disposti in ordine perciso, su diverse file e nascondevano alla vista i grandi scrittoi a cui gli studenti si sedevano per studiare o fare ricerche. Di nuovo mi sentii addosso quell'inquietante sguardo e mi guardai intorno. Niente. Nessuno che conoscevo o che pareva interessato a me. C'erano i ragazzi in fila per la ricerca del libro, c'era una coppietta che si stava allontanando mano nella mano, probabilmente in cerca di un luogo isolato dove pomiciare, e un paio di altri ragazzi che reggevano fra le braccia diversi tomi e andavano verso gli scrittoi.
*Sono paranoica. Lo stress mi sta davvero facendo sbroccare* pensai chiudendo lo schedario e dirigendomi a passo sicuro verso la fila di scaffali che conteneva i testi sulla pittura.
Iniziai la ricerca in base alla lettera alfabetica, iniziando a girare fra le diverse fila.
Di nuovo quello sguardo che pareva pungermi la nuca. Stavo davvero degenerando. Scossi il capo e alzai una mano, per sfiorare con le dita la pelle ruvida e screpolata dei testi. Alla fine lo vidi. Sul quinto ripiano. Provai ad allungarmi il più possibile per prendere quel libro ma non ci arrivai. Crucciai la fronte pensando che non avevo per niente voglia di andare a cercare una scaletta e che se ero fortunata, magari con un paio di salti sarei riuscita a prendere quel libro. Piegai un po' le ginocchia, pronta a spiccare il salto quando sentii una mano posarsi sulla mia bocca e un corpo spingermi contro lo scaffale.
In preda al panico, conscia del fatto che non potevo gridare, sollevai le braccia ad afferrare quella mano e la spostai quanto bastava per sferrare il miglior morso della mia vita. "Aaahhh!!!" un grido soffocato di dolore e la caduta di un libro al mio fianco attirò l'attenzione generale.
La responsabile arrivò a passi rapidi. Ed io mi voltai di scatto, pronta a fare nero l'assalitore ma rimasi pietrificata davanti a due occhi cerulei stupiti e dei capelli biondi come l'oro. Che diamine voleva fare Heinz?! Accampai una scusa credibile con la bibliotecaria, profondendomi in scuse per il disturbo e poi lanciai uno sguardo duro al ragazzo. "Piccola tagliola umana! Volevo solo prenderti il libro!" sibilò lui guardandosi la mano sulla quale i segni dei miei denti erano ancora piuttosto evidenti. "I-io..." balbettai rendendomi conto che stavo ancora tremando. "Ehi, che ti prende?" chiese lui perplesso, fissando le mani che stringevo sulla copertina del libro con tanta forza da sbiancare le nocche, senza tuttavia riuscire a fermare il tremito. "Micaela?" chiese lui chinando il volto vicino al mio. "A-adesso passa..." biscicai. "Ti ho spaventata" ragionò lui scoprendo l'America. Chiusi gli occhi, facendo un profondo respiro e sentii la sua mano posarsi sulla mia testa, fra i riccioli scuri. Non mi accarezzò, si limitò a farmi sentire la sua presenza in quel modo fino a che il mio cuore riprese a battere regolarmente.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO SETTE ***



Non sapevo perchè ma quella ragazza dagli occhi simili a laghi montani aveva attirato la mia attenzione. Non potevo certo dire che lo avesse fatto volontariamente, perchè non ero uno stupido e capivo benissimo che a lei non andavo particolarmente a genio. Avrei voluto poter dire che era una di quelle cretinette che si invaghivano del mio bell'aspetto o una di quelle oche che non andavano oltre le apparenze ma non potevo. L'onestà era un valore che mio nonno mi aveva inculcato per bene anche a suon di schiaffoni. E paradossalmente ora io non ero in grado nemmeno di mentire a me stesso. Lei mi attraeva. Forse per il piglio deciso con cui affrontava le situazioni di ogni giorno, forse perchè a differenza mia pareva che lei vivesse alla giornata. Per ora si limitava a fare quello che più le piaceva senza guardare troppo al futuro. Io invece per quel futuro avevo sacrificato tutto.
Tenevo ancora la mano sulla sua testa ma percepivo chiaramente che il temito era cessato e lei si era tranquillizzata. Probabilmente la paura era sparita, in poco tempo, come lei aveva assicurato. "Non era mia intenzione spaventarti." ripetei il concetto e la vidi annuire. "Il fatto è che sono un po' di giorni che mi sento spiata e questo mi aveva un po' inquietata. Ti fa ancora male la mano?" chiese con una nota di preoccupazione nella voce. "No." mentii. In realtà ancora mi pulsava e mi pareva di sentire i suoi denti conficcati nella carne. "Chimica del colore... Un testo interessante?" chiesi spiando il titolo del libro che ancora teneva fra le braccia per rompere il silenzio che ci aveva avvolti.
Stavo facendo diverse cose che non erano da me. Lothar Heinz De La Rose non si mischiava con la plebaglia andando in biblioteca, e non perdeva tempo prezioso parlando con una ragazza, figuriamoci poi se usava loro qualche gentilezza! Però non riuscivo a togliermi dalla testa Micaela. Stava diventando una specie di ossessione. La notte scorsa non avevo chiuso occhio. Appena lo facevo, il volto deciso, gli occhi scintillanti di quella ragazza mi riempivano ogni senso ed io ero costretto a spalancarli per vedere il soffitto bianco della mia stanza e non permettere al groviglio di emozioni che avevo nello stomaco di sopraffarmi.
"Senti... Per quella storia degli armadietti..." iniziò il discorso lei facendomi trasalire e catturando tutta la mia attenzione. "Ho un po' esagerato... a volte sono una persona troppo impulsiva... Non avrei dovuto schiaffeggaiarti." mi presi mentalmente a calci. Ero io, ero io a dovermi scusare! Solo che quelle parole erano così maledettamente difficili da dire! Il mio orgoglio non me lo avrebbe mai permesso. "Tsk" allora ero un vero somaro! Come cavolo mi era uscito quel versetto sprezzante? Eppure non potevo assolutamente far trasparire uno solo di questi pensieri. "Ok, capisco perfettamente che le mie scuse non ti servono a niente però, che tu le voglia o no io te le faccio." poi accadde una cosa inaspettata. Il mio stomaco brontolò rumorosamente ricordandomi che avevo saltato il pranzo. Gli occhi di Miky si socchiusero appena mentre lapislazzuli azzurri di divertimento danzarono in quelle iridi. "Ormai non sei più in tempo per un salto in mensa, anzi, se non ti affretti farai tardi agli allenamenti. Ci si becca De La Rose!" mi salutò con un cenno della mano mentre si allontanava a passo deciso dalla biblioteca. La confusione morì sotto il ghiaccio in cui la seppellii e quando scesi in campo e iniziai a sbraitare ordini e a pretendere il massimo dai miei compagni di squadra nessuno di loro ebbe più il dubbio che fra i miei antenati si annoverassero generali nazisti.
"Lothar se continui a tirare con questa forza la farai scoppiare quella povera sfera!" mi informò Wakashimaru "Tu pensa a parare! Ti ho già segnato tre gol! Il tuo dovere è di parare tutto, anche l'impossibile!" ringhiai in risposta. Seymour sbattè le palpebre e si allontanò in silenzio, andando a recuperare il pallone più lontano dal campo.
"Simon!!!!!! E quello lo chiami assist?!?! Vuoi per caso favorire gli avversari?!? Devo farti un disegnino per ricordarti in che squadra e soprattuto in quale ruolo giochi?!?! Molla la palla e fatti dieci giri del campo! Subito!!!" il ragazzo biondo diventò ancora più rosso sulle gote e mordendosi il carnoso labbro inferiore iniziò a correre intorno al campo come gli avevo appena ordinato.
"Paul!!!!! Che cosa sei diventata una ballerina di danza classica?!?! Intervenire con decisione sul pallone! Fare una buona difesa significa lottare per il pallone non dedicarsi ad eleganti svolazzi!!!!!" sicuramente per la fine dell'allenamento mi sarei ritrovato senza voce ma non me ne importava niente. Sperai solo di potermi trovare anche senza pensieri. Sarebbe stata una soluzione comoda.
"Oggi al capitano deve aver morso una tarantola... E' più tiranno del solito!" Mi voltai di scatto e fulminai con un occhaitaccia Eric che aveva osato mormorare quella frase al compagno.
"Lasciate i palloni, anche tu Wakashimaru! E tutti sulla linea di fondocampo!" gridai
"E adesso che si inventa?" bisbigliò qualcuno già piuttosto a corto di fiato, sentii il ghigno soddisfatto formarsi sulle labbra del mio io interiore.
"Adesso facciamo un po' di scatti. Corriamo dalla linea di fondocampo a fino a quella di centro, la tocchiamo, ci voltiamo e correndo all'indietro raggiungiamo l'altra linea di fondo. Partiamo a gruppi di cinque. Il gruppo successivo parte quando tutti i componenti del primo gruppo hanno passato la metà campo. Tutto chiaro?!" "Heil il Palazzo!!!!" (Citazione presa dall'anime di Excel Saga, andato in onda tempo fa su MTV... Non ricordo nè l'autore nè di chi siano i diritti, comunque questa frase non mi appartiene! e non è usata a scopo di lucro!) qualcuno dalle ultime fila osò fare il simpaticone, peccato che la voce di Haruy per me sia stata inconfondibile. Lo raggiunsi con ampie falcate e gli sussurrai "Dato che hai voglia di farci fare quattro risate perchè non ti metti davanti a tutti e ti fai una serie di cinquanta flessioni?" "Lothar che diamine ti è preso oggi? Sei fuori di te!" ribattè lui tenendo testa al mio sguardo furioso. "Lo volete vincere o no questo campionato?! Allora vediamo di impegnarci seriamente!!!!! I buffoni si iscrivano al club di teatro!" notai Ramon mettere una mano sulla spalla del portiere come se lo volesse trattenere poi si voltò verso di me. "Io la penso come Haruy, quindi gli farò compagnia nelle flessioni." Nessuno degli altri osò imitarlo.
Il campo era deserto e ormai buio eppure io continuavo a calciare quel pallone, a correre e a driblare i birilli. Fino a che le gambe mi avessero sorretto, fino a che mi sarebbe rimasto fiato nei polmoni io avrei continuato a giocare. Distruggermi fisicamente era il solo modo che io avessi per annullare ogni pensiero e senza sapere nemmeno il perchè, dopo tanti anni, provai il profondo desiderio di piangere.
Le gambe mi cedettero di colpo mentre stavo correndo verso la porta e mi ritrovai steso a faccia in avanti in mezzo al campo. Il mio naso percepiva l'odore di erba e di terra, il mio cuore batteva furioso contro il petto premuto a terra e i polmoni mi bruciavano per la velocità con cui respiravo ma non mi importava nulla... Feci un ultimo sforzo e mi voltai sulla schiena, allargando braccia e gambe. Il king... In quel momento mi sarebbe piaciuto sapere Re di che cosa... Socchiusi gli occhi e vidi un cielo blu trapunto di stelle e poco dopo due occhi gentili mi fissarono con aria che da preoccupata divenne divertita. Sentii i morbidi riccioli che facevano un tuttuno con la notte sfiorarmi le gote e quasi lo ritenni un sogno se non che la voce della ragazza me ne tolse l'illusione.
"Pensavo saresti andato avanti fino a domattina!" "Che ci fai qui?" chiesi aspro. "Ma come siamo gentili! Sempre così quando sei stanco?" "Mph" "Ok. Ti avevo portato qualcosa da mangiare, perchè dubito che tu sia riuscito a pranzare ma tu non la finivi più e così... La macedonia che avevo preso per te ho finito per mangiarmela io!" ammise lei allegra poi si sedette al mio fianco e sollevò lo sguardo al cielo. "E' proprio una magnifica notte!" ammise. "Che ci fai ancora in giro?" Miky fece spallucce poi si decise a rispondere "Sono praticamente stata sbattuta fuori dalla biblioteca perchè chiudeva e per tornare a casa sono passata di qui e ho visto che qualcuno si stava ancora allenando... Ero curiosa di sapere chi fosse il pazzo dato che Raja aveva una specie di appuntamento con Ramon, volevo essere sicura che non gli avesse dato buca. Sinceramente non me la sono sentita di vestire i panni della spia in incognito. Quando ho scoperto che eri tu il folle che stava continuando a giocare ho pensato di girare sui tacchi e andarmene ma poi il tuo tiro in porta mi ha incuriosita. Sono andata a prendermi qualcosa da sgranocchiare e mi sono detta che non sarebbe stato male guardarti un po'. Il resto lo sai." "Che ore sono?" "Credo le nove e mezza... Senti... Dato che mi sono mangiata la tua cena... Che ne diresti se andassimo a mangiare qualcosa fuori? Offro io, ovviamente." "Non mi piace mangiare fuori. Ho la mia dieta da seguire..." la informai atono. "Una bistecca e dei pomodori, non ho altro a casa." sospirò lei. "Si potrebbe fare..." "Allora muoviti a farti la doccia" ridacchiò lei tendendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi.
Mentre l'acqua mi scorreva sui muscoli stanchi e irrigiditi, lavando via sudore e fatica la mia mente tornò a quella stranissima ragazza. Davvero ritenevo stupido il suo modo di fare? Davvero reputavo così riprovevole quello che aveva fatto solo pochi giorni prima? Non potevo dire che la sua azione era stata onesta, ma sicuramente era stata una splendida prova di amicizia. Un carattere forte e generoso, che non aveva esitato a mettersi in mezzo e a fare il possibile per aiutare un'amica. La stavo forse giustificando? Eppure non potevo fare a meno di chiedermi se era davero così bello, così appagante e totalizzante avere degli amici. Io non ne avevo mai avuti. Per me il mondo si divideva in due categorie. I vincenti, che brillavano come stelle solitarie nel mare degli anonimi e i perdenti che andavano ad aumentare i ranghi di quel mare. Io volevo essere un vincente. Io dovevo esserlo. Per quale motivo nemmeno io me lo sapevo spiegare, forse perchè fin da bambino mi era stato detto che quello era il mio futuro... Perchè per me non vi era altro futuro; non lo avevo mai visto... E poi, cos'era quell'invito a cenare con lei? Secondo i miei ragionamenti lei avrebbe dovuto detestarmi... Perchè era così capace di sorprendermi e cogliermi impreparato? Perchè aveva l'enorme potere di confondermi? Sicuramente non averei ottenuto quelle risposte continuando a restare sotto la doccia, quindi tanto valeva seguire quella sbroccata e vedere fin dove sarebbe arrivata.
Raggiungemmo casa sua tre quarti d'ora dopo, a causa di una coincidenza persa per la quale dovemmo restare in attesa del successivo passaggio del metro. Effettivamente a quell'ora della sera non era affatto raccomandabile che una ragazza girasse sola, ma Miky non pareva per nulla impensierita. Non fece nulla di quello che generalmente facevano le ragazze con cui ero uscito. Non mi si stringeva contro, non cercava un contatto fisico a tutti i costi e non parlava a ruota libera. Si limitava a starmi difianco. La sua espressione era serena e tranquilla, persino dolce a tratti. Salutò un signore piuttosto anziano che stava portando fuori uno di quegli asurdi cagnolini che hanno le zampe fini come grissini e le dimensioni di un gatto. Il pelo era bianco sporco e il musetto un po' schiaccato ma in compnso aveva due orecchie così grandi da sembrare la parodia persino di Dumbo(NDWAr: I diritti sono riservati a Walt Disney...)
L'aborto della natura scodinzolò festante e si strofinò contro le gambe di Miky che guardò il proprietario come se attendesse il permesso per fare qualcosa.
"Tu lo vizi, mia cara ragazza..." sorrise l'uomo lasciando intendere che il permesso era accordato. Miky scartò una caramella di quelle che sembrano tavolette di zucchero alla frutta e la cosa del cane si agitò ancora più furiosamente mentre si appoggiava con le zampette anteriori al suo polpaccio. Non credevo alle mie orecchie quando sentii il cane emettere guaiti di eccitazione mentre si divorava lo zucchero. "Ah, ho sempre adorato i cani, sia di piccola che di grossa taglia ma siccome ho sempre abitato in appartamento e mia madre è allergica al loro pelo non mi è mi stato concesso averne uno..." "A me Niege fa molta compagnia e piccolo com'è non occupa nemmeno molto spazio, però devo ammettere che è piuttosto impegnativo. Un po' come un bambino piccolo! Ed io ne ho cresciuti ben quattro di bambini! Spero che mia nuora si rimetta presto, così finalmente mia moglie potrà tornare a casa... Ormai non ho più camicie stirate da mettermi!" Miky rise allegra alla battuta poi disse "Spero sua nuora guarisca in fretta, nel frattempo se vuole qualche camicia gliela stiro io. In cambio le chiedo solo difarmi passare qualche ora con Niege..." "Stai chiedendo un appuntamento al mio cane?" "Molto di più! Sto chiedendogli di farmi da modello!" asserì lei seria. "Credo che questo bel giovanotto ne sarà geloso..." "Ma figuriamoci! Lothar è solo un amico mica il mio ragazzo! Io sono single, o zitella che dir si voglia!" "Se avessi trent'anni di meno mi metterei in lista d'attesa! Anche se immagino che sia molto lunga" "Mah, nessuno me l'ha mai fatta leggere! Certo che osno proprio maleducata, non vi ho nemmeno presentati! Il biondone al mio fianco è Lothar Heinz De La Rose mentre il signore è Monsieur Philippe Duval" "Piacere" asserii stringendo educatamente la mano. "Non dirmi che sei il famoso calciatore, quello che tutti conoscono come Il King! Ho visto parecchie tue partite ragazzo mio e lasciati dire che sei il migliore!" Non sapevo se essere seccato o un po' onorato per i complimenti che mi vennero fatti. Generalmente mi avrebbero solo infastidito e avrei etichettato la persona come arrivista ma in quel momento le parole di quell'anziano signore mi parvero solo sincere e percepii una punta di rancore verso mio nonno che mai una volta mi aveva lasciato intendere di approvare i miei risultati, pareva che essi fossero dovuti. Immerso in questi pensieri seguii la ragazza su per le scale. "Ben cotta o al sangue?" chiese lei togliendosi le scarpe da tennis nell'ingresso dove posò lo zaino. Lasciai cadere anche la mia borsa degli allenamenti e mi tolsi le scarpe come lei. Notai che potravamo tutti e due la stessa marca di scarpe da ginnastica e gli stessi calzettoni bianchi di spugna. Lei entrò gettando il giubbetto di jeans sul divano e raggiunse subito la cucina lavandosi le mani prima di iniziare a cucinare.
"Ben cotta... I piatti sono qui?" chiesi indicando l'aramdietto sopra il lavandino. "No, in quello" disse lei indicandomi quello a fianco. In silenzio apparecchiai la tavola mantre lei sospirò affranta. "Spero ti piacciano grissini e craker, sono senza pane" riconobbe. "Vanno benissimo." risposi spostandomi per il suo appartamento.
La mia attenzione venne catalizzata da un quadro coperto da un telo cerato. Doveva essere qualcosa di nuovo perchè ero sicuro che la volta prima esso non ci fosse. Sollevai la tela e sgranai gli occhi.
"Hei! Che fai?! Non è finito!" protestò lei mentre le gote le andarono a fuoco. Lasciai ricadere la tela e spostai lo sguardo sul panorama offerto dalle enormi vetrate. Secondo me, non era bello quanto il suo quadro... Mi ripromisi di volerlo vedere finito anche se già si intuiva molto.
La parte destra era occupata da una statua di bronzo raffigurante un uomo... Un guerriero o forse una divinità greca come Apollo o Ares, definita in ogni suo minimo dettaglio, come se fosse il coronamento della perfezione.
Sullo sfondo si vedevano degli alberi e forse il mare, i cui toni azzurri erano stati sapientemente mischiati a quelli del tramonto e del sole che si spegneva in esso... Un ombra scura copriva mezzo lato sinistro, quello in basso e vicino alla statua c'era la figura di una donna. L'abito bianco era appena accennato, le gambe parevano fondersi o nascere dal verde dell'erba e dal grigio marrone del terreno, il volto non era ancora stato definito ma era chiaro che stava protendendolo verso la statua, come se volesse baciarla...
Il messaggio di quel quadro era chiaro. Solo la statua così particolareggiata mentre il resto, perdeva di definizione man mano che si allontanava dal protagonista che contrariamente alle aspettative non era stato posto al centro... Io non me ne intendevo di pittura dato che studiavo Scienze dell'Educazione, ma potevo semza ombra di dubbio dire che Miky aveva talento. Dopocena la ragazza mi invitò ad accomodarmi sul divano mentre lei riordinava la cucina. "Purtroppo non ho ancora la tv, ma puoi accendere lo stereo e attingere alla mia biblioteca personale" ridacchiò indicandomi una serie di mensole. Romanzi di avventura.
Thriller.
Romanzi storici.
Libri di testo.
Qualche manga.
Ne presi uno a caso, comunque non ero molto intenzionato a leggere e mi accomodai sul divano. Non so come accadde ma mi addormentai. Stavo bene lì. Ero tranquillo e rilassato. Registrai vagamente che qualcuno mi sfilava qualcosa dalle mani e poi qualcos'altro di soffice e caldo mi avolse ma non riuscii ad aprire gli occhi o a tornare lucido a sufficienza per svegliarmi.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO OTTO ***



Lothar quel giorno pareva davvero un invasato. Non aveva fatto altro che stillare ordini a destra e a manca, ringhiando contro chiunque avesse l'ardire di dire una sola sillaba di troppo. Questo suo atteggiamento non fece che aumentare la soggezione che provavo per lui. Ad esere sincera un po' mi spaventava quel tipo di ragazzo. Così metodico, deciso, sicuro... Se non avevi un carattere altrettanto forte saresti finita in brevissimo tempo ed essere la sua schiavettina. Ed io non ero mai stata forte di carattere. La persone mi mettevano a disagio, mi facevano sentire spesso inadeguata e inadatta. Avevo costantemente paura di deludere le loro aspettative perchè ero perfettamente consapevole che facevo molta fatica ad esternare i miei sentimenti e finiva spesso che per paura delle conseguenze delle mie azioni, non agivo affatto e mi lasciavo semplicemente trascinare dagli eventi.
Le uniche ragazze con cui riuscivo a togliermi di dosso quella maschera, costruita solo per difendermi, erano Jess e Miky. Non avevo dubbi sul fatto che loro mi avessero accettata e presa per quella che ero. Non avevano mai fatto domande invadenti, circa la mia famiglia o il mio passato e anche quando qualcosa mi affliggeva difficilmente insistevano per sapere di che si trattava ma facevano di tutto per permettermi di percepire la loro presenza e cercavano in tutti i modi di distrarmi. L'appuntamento con Ramon è stata una cosa consequenziale ad una chiaccherata che ci stavamo facendo davanti alla macchinetta del caffè. Siccome avevo lezione a breve in un aula piuttosto lontano dal bar mi ero fermata a prendere il caffè ad uno di quei distributori automatici che ogni tanto si trovano nell'edificio scolastico. Stavo prendendo a leggeri pugni quell'affare di metallo che si era mangiato le mie monetine senza darmi la bevanda che mi sentii salutare e voltandomi incontrai il calciatore. "Ciao..." mormorai chinando il capo e arrossendo per la figura barbina che avevo appena fatto quando sentii che lui sferrava un pugno deciso alla macchinetta e pochi istanti dopo si sentì il ronzio degli ingranaggi e mi ritrovai teso davanti al naso il caffè.
"G-grazie..." balbettai sorridendo e accettando il bicchiere di plastica marroncino. "Figurati! Non ho fatto proprio niente! Anzi, già che ci sono ne bevo uno anch'io! Hai tempo di farmi compagnia o devi correre in classe?" chiese lui allegro e gentile. guardai l'orologio e risposi che avevo una decina di minuti a disposizione e così iniziammo a chiaccherare un po'. Scopri che lui era iscritto alla facoltà di Lingue e che aveva qualche difficoltà per l'esame che stava preparando e così, dato che io ero molto brava in latino gli proposi di aiutarlo.
"Sarebbe una vera benedizione! Senti, perchè stasera , dopo gli allenamenti non ci andiamo a bre qualcosa? così definiamo meglio la questione e gli orari, ok? " Non sapendo che dire mi limitai ad arrossire ed il ragazzo, con un sorriso gentile sul volto pulito mi disse "Chi tace acconsente!" e corse via a lezione.
L'idea di dovermi incontrare con Ramon, stranamente non mi fece sprofondare nella crisi di panico che avevo pensato e nemmeno fui assalita dai miei soliti attacchi di ansia. Mi sentivo tranquilla e serena. Dopotutto si trattava solo di un aperitivo e quando lo dissi alle ragazze non ci misero molto a prendermi bonariamente in giro.
Ramon si rivelò essere un ottima persona. Era simpatico e spigliato e pareva non dare troppo peso alla mia eccessiva timidezza. "Allora, che te ne è parso degli allenamenti di oggi?" chiese allegro. "Non me ne intendo molto di calcio ma direi che De La Rose era sul piede di guerra!!!!" affermai. "Si, oggi è stato più tremendo del solito. Credo che senta molto la tensione per l'imminente campionato. Dopotutto ha gli occhi di mezzo mondo puntati addosso. E' il suo grande momento e non può permettersi degli errori." "A volte ammiro molto le persone come lui, sai, quelle che sanno cosa vogliono da tutta una vita... E hanno il coraggio di non guardare in faccia a niente e nessuno pur di raggiungere il loro scopo." " Per la verità a me fanno un po' di tristezza. A parte il loro sogno non hanno molto altro. Sono persone sole." "Si, ma credo lo siano per scelta, quindi sicuramente non sono infelici." affermai prima di bere un sorso del mio margaritas alla fragola. Passammo piacevolmente il tempo insieme e ci accordammo per trovarci in biblioteca, dopo i suoi allenamneti di calcio per tre giorni alla settimana. Poi ci accordammo anche per la gita in battello di quel fine settimana.

Per fortuna la giornata era splendida. C'era un bel sole caldo che illuminava un cielo azzurro intenso e a quanto avevo capito anche le cose tra Lothar e Miki si erano un po' sistemate. I due diretti interessati si erano mantenuti piuttosto sul vago circa il come, dove, quando e perchè avessero appianato i loro contrasti. Mi voltai per vedere che cosa stesse facendo la mia bruna amica che da fin troppo tempo se ne stava seduta al mio fianco, su quelle scomode gradinate di cemento a guardare una partita di calcio di cui capiva solo che c'erano due squadre, identificate per i colori diversi di maglia e che lo scopo principale del gioco era cercare di buttare la sfera bianca e nera dentro la porta dell'avversario. Sorrisi notando che Miki si era messa un album da disegno sulle ginocchia e che la sua matita scorreva veloce sul foglio bianco. Osservai il suo profilo delicato e pensai che era davvero una bella ragazza. Lei era bella anche dentro. Una persona schietta, leale e sincera. Una persona di cui fidarsi. Quel giorno si era legata i capelli in una treccia bassa e indossava dei jeans alla pinocchietto pieni di strappi e a vita bassa mentre sopra si era messa una canottiera azzurra in tinta con le scarpe da tennis. Jess come al solito era esagitata e faceva un tifo scatenato per i ragazzi della nostra università, saltando come una cavalletta impazzita sui gradoni e fregandosene del fatto che indossasse una gonnellina a balze di Jeans e che ad ogni salto rischiava di mostrare più del necessario. Sopra si era messa una maglietta bianca con due cuori blu sovrapposti e ai piedi portava delle comode ballerine. Io avevo optato per un vestitino color lavanda che si intonava perfettamente ai miei occhi, dal taglio molto semplice e un paio di infradito comodissime.
I ragazzi vinsero la partita senza grandi sorzi e questo contribuì a tenere il morale alto e quando le squadre si ritirarono negli spogliatoi mi decisi a gettare uno sguardo sul disegno che stava facendo Miki. Rimasi molto stupita. I volti dei giocatori non erano ancora stati tracciati, ma il corpi lo erano alla perfezione. Quel disegno esprimeva forza, tensione, sfida... Era come se improvvisamente tutte le emozioni che avevo sentito scorrere sul campo di gioco si fossero trasferite al foglio da disegno. Chiusi gli occhi, per cercare di rievocare i dribling che avevo visto fare o le lotte per il possesso di palla ma non riuscii a ricomporre l'immagine che lei aveva ritratto.
"Quando lo hai visto fare?" chiesi incuriosita.
"Cosa?" chiese Miki sollevando lo sguardo dal disegno e sorridendomi in cerca di spiegazioni.
"Insomma, nessuno di loro si è messo in posa per farti da modello... come sei riuscita a disegnare una cosa tanto realistica?" "Oh, a dire il vero non è che per fare degli schizzi preparatori occorra un vero e proprio modello... Non è come quando fai un ritratto... Insomma, quando un'immagine o una scena mi colpisce particolarmente, se ne ho la possibilità inizio a fermarla su carta per non perdere i dettagli. Certo, potrei mandare a memoria l'immagine ma se passa troppo tempo, nel momento in cui provo a diseganrla mi rendo conto di aver dimenticato un sacco di cose... In verità non è importante cogliere ogni sfumatura della scena ma la sua essenza perchè è poi intorno ad essa che si ricostruiscono i dettagli... Mi sa che non mi sono spiegata per niente bene..." sospirò lei. Jess rise allegramente. "No, sei stata chiara, ma potevi sintetizzare così: Lo spunto viene preso da ciò che osservi ma è il talento a creare il quadro." "Modesta come sempre, vero?" ridacchiò Miky infilando l'album da disegno nello zaino.
"Ciao ragazze!" ci salutò Haruy che a quanto pareva era stato il primo a finire la doccia e a rivestirsi. "Ciao portiere! Bella partita davvero! Non hai preso neanche un gol!" si complimentò Jess con un gran sorriso. Se non l'avessi conosciuta tanto bene avrei detto che il ragazzo poteva interessarla, ma sapevo che il razzismo nella sua famiglia era piuttosto ben radicato e quindi dubitavo che potesse scegliersi un compagno giapponese... "Sono il migliore, no?" si lodò lui andando a posare un bacio sulla gota della rossa che accettò di buon grado e anzi, ricambiò l'attenzione con un bacio altrettanto schioccante. "Ciao Miki! Non mi aspettavo di vederti qui!" disse poi passando a baciare la gota della ragazza. "Certo che sei davvero audace per essere un orientale... Ti stai occidentalizzando?" lo pungolò la ragazza. "Bhe, dato che sono qui, tanto vale che assorba i costumi di quest'assurda civiltà. Soprattutto se sono così piacevoli!" scherzò lui passando a baciare anche la mia gota ed io arrossii violentemente.
Wakashimizu era il genere di ragazzo che fisicamente mi avrebbe fatta impazzire. Un fisico perfetto, due occhi scuri come la cioccolata fondente, così espressivi e nello stesso tempo vellutati... Quei tratti del viso piuttosto delicati e poco marcati e i dritti capelli neri ne facevano un esemplare davvero fantastico e prima che lo conoscessi di persona era stato il protagonista assoluto di tutti i miei sogni romantici. Però, una volta conosciutolo... Non so, era come se non fosse scattato quel particolare meccanismo, quella strana attrazione e intesa che lo facevano un ragazzo interessante anche dal punto di vista psicologico e non solo fisico.
Il secondo a raggiungerci fu Lothar che si limitò ad un cenno del capo per saluto. "Ciao capitano" lo salutò Haruy che fra tutti era quello più abituato al suo modo freddo e altero di fare. Senza dire nulla lui si andò a sedere difianco a Miki che non parve per nulla risentita o turbata della cosa ma che continuò a prestare attenzione ai pettegolezzi che si stavano scambiando Jess e Haruy. "Ma quanto siete sciocchi! Io non credo proprio che Peret abbia una cotta per Loraine. A parte che potrebbe essere suo padre, ma il modo in cui la guarda mi fa pensare di più a quello che di solito si usa mentre si sta fissando qualcosa che è oggettivamtne bello ma che ci lascia piuttosto indifferenti." disse Miki. "Perchè secondo te Loraine è bella?" chiese Jess incuriosita. "Diciamo che sa porsi..." scrollò le spalle la mora. "Tu che dici Raja? Pensi anche tu che quel manico di scopa vestito sia una bella ragazza?" indagò la rossa. Scoppiai a ridere divertita "Non le hai ancora perdonato il fatto che ti abbia definita una ragazza dal seno prosperoso?" chiesi. "Mi ha detto che ho delle tette che farebbero invidia ad una mucca! Non mi pareva affatto un complimento, anzi!" si alterò subito Jess.
"Che mi sono perso?" chiese incuriosito Ramon che ci aveva raggiunti solo allora. "Una discussione circa le dimensioni del seno di Jess" lo informò Miki serafica. "Bhe, non mi pare ci sia molto da discutere, è davvero messa bene." "Adesso basta con questi discorsi frivoli" tacitò tutti De La Rose alzandosi in piedi e incamminandosi verso il centro di Parigi. Miki sospirò ma fu la prima a seguirlo.
La gita in battello trascorse fin troppo veloce e in piena allegria. Come da programma ci eravano portati dei panini al sacco per fare un pic nic e dopo un po' di tentativi trovammo il posto che soddisfacesse tutti. Solo Lothar pareva essere distante e lontano da noi tutti. Pareva non riuscisse ad integrare con il gruppo. Restai un po' stupita quando Miki, che aveva appena finito di scartare due panini che aveva portato lei si alzò dal fianco di Ramon e andò a sedersi difianco a De La Rose e gli tese uno dei due panini che lui guardò con aperto sospetto.
" Ho usato pane integrale, così non mino la tua dieta, non ci ho messo il formaggio nè salsine varie ma solo verdure grigliate e pomodori. E per quanto mi sarbbe piaciuto farlo non l'ho nememno avvelenato" disse lei con un sorriso un po' storto. "Per me?" chiese lui spiazzato. "No, per il primo clochard che passa!" ribattè lei pungente. Lui prese il panino e lo addentò riservandole un'occhiata di compatimento per la sua battuta. Pensai che per quanto stano fosse, quei due avevano trovato un modo per comunicare...
Ramon mi posò la testa sulle gambe de sorridendo monello mi disse "Ho bisogno di coccole, sento la mancanza di casa e il mio compagno di stanza è un tale egocentrico che mi trascura sempre!" "Ok, ti faccio le coccole ma tu non mi fare le fusa come il gatto!" "No, guarda che ti sbagli, qui l'unico felino è quello lì!" ribattè indicando Haruy che stava intraprendendo una battaglia quasi persa con i semi di sesamo del suo panino.
"Certo che potevi prendertene un altro se il sesamo non ti piaceva!" fece notare Jess che stava subendo pazientemente l'invasione dei semini sul suo tovagliolo. "Ma non ci penso nemmeno! In questo qui ci sono stati messi i funghetti e tu non hai idea di quanto io li adori!" "Ad averlo saputo prima ti avrei dato anche i miei... A me non fanno impazzire particolarmente... Ehi Miki, ma tu con cosa lo stai mangiando il panino?" si incuriosì la ragazza rossa e si sporse in avanti per curiosare meglio...
"Ma non ci posso credere!!!! Guarda che sono io quella di Grande Germaina Ya! Come puoi esserti presa quello con i wurstel?" "Oh, smettila!" sbuffò Miki "Sei una traditrice! Le amiche vere si dovrebbero dividere tutto..." pigolò Jess in modalità cuccioletto indifeso. "Ok, ok... Non c'è pesce nel tuo vero?" sospirò Miki facendo cambio di panino con quello della rossa che addentò con soddisfazione il cibo. "sei troppo buona, gliele dai vinte tutte" sospirai rivolta alla ragazza dagli occhi di lago. "Vorrà dire che mi farete un monumento o... Jess, visto che le amiche si dividono tutto... Avrei finito la china nera..." "Ecco, lo sapevo che c'era la fregatura! Ma che diavolo ci fai con la china? Te la bevi come digestivo?" sospirò Jess facendo ridacchiare tutti.
Poco prima del tramonto riprendemmo il battello per tornare al punto di partenza della gita e ammirare il tramonto sulla Senna fu davvero uno spettacolo suggestivo anche se senza il sole l'aria era davvero frizzante. Ramon mi mise la sua giacca sulle spalle e appoggiò il mento sulla mia testa mentre ci godevamo lo spettacolo. Jess e Miki si strinsero insieme contendendosi la felpa che quest'ultima aveva avuto la precauzione di mettere nello zaino mentre Haruy si sporgeva dal parapetto e faceva finta di essere Leonardo Di Caprio sul Titanic gridando che era il re del mondo.
Heinz se ne stava seduto al suo posto e l'unico segno di trasgressione stava nel fatto che avesse appoggiato le gambe sul posto a sedere davanti a lui. Osservai i suoi capelli biondi come l'oro danzare alla leggera brezza, osservai il suo profilo deciso. Il naso dritto, le labbra piene chiuse in modo serio, la mascella leggermente squadrata, il petto muscoloso fasciato dalla maglietta a metà manica nera e i jeans bianchi che gli delineavano alla prefezione le lunghe e muscolose gambe che adesso teneva incorciate all'altezza delle caviglie... Tutto in lui denotava stile, eleganza e personalità. Anche le scarpe da tennis a stivaletto. Di solito, di ragazzi del genere ci si innamora e forse, un po' cotta di lui lo ero anch'io. Mi chiesi se a Miki, questo mio interesse avrebbe potuto dare fastidio... Decisi che gliene avrei parlato al più presto perchè la sua amicizia mi era troppo preziosa e non l'avrei persa per qualcosa che forse c'era solo nella mia testa.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO NOVE ***



"Hei, com'è che hai quel muso lungo? Ti è per caso successo qualcosa?" "No..." mormorai reprimendo un sospiro. Haruy corrugò un po' la fronte ma non si arrese. "Hai di nuovo litigato con Lothar?" continuò ad indagare. "No..." sospirai apertamente questa volta. Il giapponese mi seguì ancora per qualche passo in silenzio, scrutando attentamente la mia espressione poi tornò alla carica. " Ti è andata male la consegna del compito?" "Non portarmi sfiga!" sbottai facendo il gesto scaramantico delle corna. Haruy scoppiò a ridere divertito. "Sei una sagoma! che ne dici di fare fughino? Hai lezioni importanti?" chiese con un sorriso da monello. "Per la verità ho finito i miei corsi... Stavo solo vedendo se riuscivo a parlare con il professore di arte contemporanea, avevo bisogno di un consiglio ma non è urgente... Dove vorresti andare?" "In camera mia!" rispose lui. "Si certo, per vedere la tua collezione di manga?" ribattei. "Bhe, per iniziare a rompere il ghiaccio... e' sicuramente meno macabra che una collezione di farfalle..." si difese Haruy. "Scherzi a parte, dove potremmo andare?" chiesi crucciando la fronte. Non ero molto pratica di Parigi a parte i soliti scontatissimi monumenti.
"Andiamo a vedere Notre Dame!" esclamò il giapponese dopo averci pensato su un po'. "Ok. e' tanto che non metto piede in chiesa, non mi farà certo male..." "Sai che adoro questo tuo ironizzare anche su te stessa?" "Ci stai per caso provando con me o hai un piacere da chiedermi?" Lui scoppiò a ridere fragorosamente "Sei un TGV?" ritorse "Se intendi che vado dritta al punto potrei dirti che hai ragione da vendere!" Posai i libri che avevo in mano nel mio armadietto e lo chiusi con il lucchetto di un inconfondibile blu elettrico e sorrisi al ragazzo. "Finalmente mi fai un sorriso!" gioì lui prendendomi a braccetto e trascinandomi lungo il corridoio mi portò fuori dalla scuola.
Pensai che non era male camminare in quel modo. Non che di solito fossi una ragazza che si faceva troppe paranoie su fatto di non avere un ragazzo o di restare zitella... Dopotutto avevo sempre detto che una volta raggiunto e ottenuto il mio equilibrio non potevo chiedere di più. Però Haruy mi trasmetteva un senso di familiarità e di complicità che mi faceva sentire bene. E se i passanti ci avessero scambiato per una coppietta non mi avrebbe dato alcun fastidio.
"Allora, cosa ti ha messa in crisi?" indagò di nuovo lui mentre camminavamo sul lungosenna per raggiungere la fermata dell'autobus che ci avrebbe portati a Notre Dame. "Ma no... Non è che sono in crisi... Ma mi sto ritrovando in una situazione che non mi piace..." "Problemi a casa?" "Assolutamente no. E poi, da quando i problemi degli altri ti interessano?" chiesi sulla difensiva. "Tu mi piaci. Te l'ho già detto. Vorrei conoscerti meglio." Chinai il capo verso la spalla destra e lo fissai intensamente. "In che senso ti piaccio?" lui arrossì un po' ma non distolse lo sguardo dal mio. "Non so in che senso. Mi piaci, punto. Non c'è una ragione precisa o qualcosa che abbia attirato la mia attenzione, un particolare. Mi piace il modo in cui sorridi, mi piacciono le cose che dici, mi piace come muovi le mani mentre parli... Mi trasmetti una sensazione di sicurezza e di tranquillità. Ho la sensazione che con te posso parlare di tutto senza essere frainteso" "Quindi non mi spingerai contro il muro e non ci proverai, vero? Perchè mi spiacerebbe doverti spaccare la testa" "Ma come sei prevenuta! Comunque no, non è mia abitudine prendermi qualcosa che non vuole essermi dato." "Un vero gentiluomo d'altri tempi." "Sbaglio o stai comunque cercando di non rispondermi?" "No, sto temporeggiando per raccogliere le idee... Dunque... Hai presente Raja?" "Certo! Avete litigato per un uomo? Ti piace Ramon?" "Ma che stai dicendo!?" sbottai arrossendo intensamente. "Kami, sei adorabile quando arrossisci!" "Adesso ti faccio vedere quanto sono adorabile mentre ti riempio di botte!" "Si, amore e dolore! Fammi male!" esclamò lui con voce il farsetto. "Scemo!" lo sgridai dandogli una piccola spinta sulla spalla.
Adoravo il modo di fare di quel ragazzo. Mi faceva stare davvero bene, era come se fossimo sulla stessa frequenza d'onda e poi più lo osservavo più mi rendevo conto di quanto carino fosse.
"Allora, Haruy, vuoi starmi a sentire o continui a fare il giullare?" "Vieni, andiamo a berci qualcosa!" disse lui afferrandomi la mano e iniziando a correre per la via. Per un attimo mi parve di essere tornata a quando avevo quindici anni e facevo cose da pazzi, senza una vera spiegazione logica...
Dopo qualche tempo ci trovammo seduti davanti a due frappè giganti. Lui partì all'assalto della fragola che gli era stata messa sul bordo del bicchiere e dopo averla morsa mi fissò con intensità e disse "Scusa... Magari volevi favorire..." "Guarda, dopo questo atto di estrema scortesia spero che ti venga una carie!" "Ma dai! Allora sei bastad inside!" rise lui mentre io passavo prendermi un sorso della mia ordinazione.
"Oggi ho parlato con Raja e mi ha chiesto che cosa c'è fra me e Lothar. Sinceramente una domanda del genere mi ha assolutamente spiazzata." "Bhe, non è che abbia molto senso... E' chiaro come il sole che fra voi c'è un abisso." "Già, però effettivamente non mi sono mai chiesta che ruolo abbia Lothar nel mio gruppo di amici. Quindi ho iniziato a farmi le paranoie, pensando che magari Raja abbia visto qualcosa che a me è sfuggito, perchè quando si tratta di faccende di cuore io sono un po' imbranata." "Mmmhhh... Buono a sapersi..." "Ehi! Cosa vorresti insinuare?" "Raja ti ha detto altro?" "Per la verità si. Mi ha detto che sebbene non se lo aspettasse nemmeno lei pensa di essersi presa una cotta per Heinz. Quindi ha ammesso che la sua domanda era diretta a sapere se aveva il campo libero o meno." "E tu che hai risposto?" "Che ce lo aveva eccome! Heinz è bellissimo ma il suo carattere è uno schifo. Quello che mi preoccupa è che Raja possa prendere una bella testata contro il muro con lui e mi dispiacerebbe vedere un'amica in una situazione difficile. Dopotutto io appartengo a quella categoria che crede che gli amici sono quelli che cercano di non farti versare lacrime quando possono." Lui rimase zitto a lungo poi alla fine disse "Non credo che Raja abbia qualche speranza con Lothar. A lui piace un altro tipo di ragazza, ammesso che abbia tempo e voglia di pensare alle ragazze. Comunque tutte le esperienze che facciamo, sia quelle belle che quelle brutte ci servono per completare il cammino e maturare. Non preoccuparti troppo per la tua amica, io sono certo che nessuna prova che ci viene imposta sia troppo per le nostre capacità." "Sei buddista?" "Una specie... non ho sbagliato quando ho pensato che tu fossi una bella persona." Lo fissai interrogativa ma lui non aggiunse altro.
Quando riuscimmo a salire sulla torre di Notre Dame, quella in cui avrebbe dovuto dimorare Quasimodo, secondo la storia raccontata, il sole stava già iniziando il suo percorso di discesa nel cielo ed i colori erano meno abbacinanti ma più morbidi e vellutati. Notai anche che un grosso cumulo di nubi si stava rapidamente diffondendo nel cielo sopra Parigi. Probabilmente ci sarebbe stato un acquazzone durante la notte... I tetti e gli edifici iniziavano a prendere quella sfumatura più giallognola che rendeva il paesaggio più indefinito e onirico. Haruy mi mise un braccio intorno alla vita e mi attirò un po' più vicino al suo torace. Aveva usato un profumo che conoscevo ma che sul momento non riuscivo a ricordare che nome avesse. "Ho sempre sognato di vedere Parigi da un posto diverso dalla Torre Eiffel, abbracciato ad una bella ragazza." "Grazie per 'bella ragazza'" risposi. "E' la verità. Anche se non lo sai, sei bella." "Di solito i ragazzi non la pensano così. Mi definiscono simpatica e fuori di testa, qualcuno usa il termine carina ma credo che questa sia la prima volta che mi sento definire bella. Hai dei gusti strani tu!" mi difesi. "Allora i ragazzi che frequenti sono degli accecati!" ridacchiò lui e poi, inaspettatamente mi posò un bacio sulla gota. Restai in silenzio per qualche istante poi mi decisi a chiedere "Che significa?" "Te l'ho detto, mi piaci. E alle cose a cui tengo veramente sono disposto a concedere tutto il tempo di cui hanno bisogno." "Non me lo aspettavo... Cioè, io pensavo che tu scherzassi! Anzi, pensavo che a te piacesse un po' Jess! Dio, che casino!" mormorai portandomi una mano alla fronte. Haruy sorrise e mi arruffò i capelli. "Dai, non prendermi così sul serio! Ho detto che mi piaci, non che mi suicido se mi dici di no!" sospirai profondamente poi gli sorrisi. "Ma come? Ed io che pensavo ad una di quelle assurde e patetiche razioni da film, con tanto di minaccia di spiaccicare il tuo fragile corpicino sulle guglie della cattedrale, schiazzando di sangue tutto il sagrato..." "Miki, non è che vedi troppi film horror?" "Ma no! Di solito sono tutti gialli, thriller o polizzeschi!" ribattei ridacchiando.
Con Haruy era facile parlare, ridere e scherzare. Era facile dimenticare i problemi e i pensieri perchè forse ci trovavamo sulla stessa frequenza d'onda o forse perchè lui era un ragazzo con un buon equilibrio e mi trasmetteva costantemente un senso di tranquillità che mi metteva a mio agio. A volte non mi piaceva per nulla il mio carattere troppo sensibile... Non nel senso che avevo la lacrima facile, ma nel senso che mi era molto facile capire le emozioni che muovevano le persone che mi stavano intorno. Quando Raja aveva affrontato con me il 'discorso Heinz' mi ero sentita tesa e nervosa perchè lei era agitata e mi trametteva quella sensazione. Ovviamente quando abbiamo iniziato a parlare le cose sono andare da subito molto meglio. Io mi sono resa conto che quello che voleva dirmi non era niente di brutto e lei si sentiva più sicura e meno preoccupata per quello che mi diceva man mano che mi vedeva serena e per nulla infastidita. Raja è una persona che pur di non far male ad un'amica è pronta a calpestare i suoi stessi sentimenti. Devo dire che sono contenta di non essere innamorata di Heinz, perchè la cosa avrebbe creato troppi problemi a tutti.
"Stai ancora pensandoci?" mi chiese il ragazzo moro al mio fianco mentre scendavamo i gradini della scala interna della torre di Notre Dame. A momenti non mi feci la scala a ruzzoloni. "Haruy! Mi hai fatto prendere un colpo! Non parlarmi così all'improvviso!" gli dissi. "Ok, la prossima volta che decido di parlare con te ti mando un avviso in carta bollata prima..." accondiscese lui. "Uffa! Com'è che mi ritorci contro le mie stesse parole? Dove hai imparato?" Lui sorrise e si strinse nelle spalle per dire "Quando sei il solo maschio in una famiglia di tre donne impari eccome a rigirarti le parole a tuo tornaconto!" "Io sono figlia unica, non posso capire quest'emozione!" ridacchiai. "Ehi, io sentirei un po' nostalgia di casa... Ti andrebbe di mangiare sushi? Conosco un posticino dove lo fanno davvero ottimo!" "Mi spiace darti questa profonda delusione ma odio il pesce. Tutti i tipi di pesce, anche i crostacei!" puntualizzai. "Io scommetto che invece, almeno un tipo di pesce piace anche a te..." Mi sentii arrossire e lo spintonai con decisione.
"Cosa sarebbe questa... brodaglia?" chiesi osservando con aria smarrita la scodella di udon e la ghiosa che galleggiava al centro." Haruy scoppiò in una fragorosa risata. "Kami! Guarda che non ti morde mica! E' una specie di pasta in brodo... Non essere tanto diffidente e assaggiala!" "Ho il permesso di sputartela in faccia se non mi piace?" chiesi sollevando ironicamente un angolo della bocca. "Che finezza! Però va bene, accetto di correre il rischio!" Contrariamente alle aspettative gli udon mi piacquero molto e anche il resto che Haruy mi fece assaggiare, evitando con cura il pesce. Quando lanciai uno sguardo distratto all'orologio mi resi conto che erano le dieci e mezza passate e pensai che la giornata era davvero volata... Dopo varie discussioni nate su chi dovesse pagare il conto ce la giocammo con una monetina e mi vidi sconfitta dal fato. "Allora sono in debito di una cena... Uhmmmm... Martedì sera a casa mia? Ti farò assaggiare le vere lasagne!" lo inviai. "Cos'è un nuovo modo per chiedermi un appuntamento?" "Ma sei scemo?! Figurati se devo usare questi mezzucci! Se ho voglia di uscire con un ragazzo ci esco punto e basta!" Lui scoppiò a ridere fragorosamente. "Sei incredibile! Tu non ragioni come le altre ragazze che stanno a pianificare e scervellarsi sulle mosse da fare con i ragazzi... Ragioni più come un uomo." "Non so perchè ma non mi pare molto lusinghiero sentirmelo dire..." sospirai e lui mi aprì la porta per uscire dal ristorante. Mi fermai sulla soglia alzando gli occhi al cielo.
"Ehi, hai per caso dello shampoo nella borsa?" chiese Haruy notando l'intensità della pioggia che si riversava su Parigi e osservando con aria seria la strada ridotta ad un'unica enorme pozzanghera." "No, spiacente. E non ho nemmeno l'ombrello..." "Allora non ci resta che bagnarci." "Uffa! Proprio oggi he avevo indossato queste scarpe!" sbuffai indicando le tennis di tela da me dipinte. "Mi sa che la tua opera d'arte diverrà una crosta senza valore" riconobbe lui. "Guarda che io sono una donna piena di risorse!" sorrisi togliendomi le scarpe e infilandole nello zaino. "Ma sei fuori?!" esclamò lui quando mi misi a camminare a piedi nudi sull'asfalto. "E' bellissimo! Dovresti provarci Haruy! E comunque non posso certo dire che la strada non si stia pulendo!" ridacchai allargando le braccia e sollevando il viso al cielo. La pioggia mi picchiettava addosso, in una specie di gentile, ipnotico e dolce massaggio. La sola seccatura erano gli abiti che infradiciandosi si appiccicavano al corpo. "Sei matta come un cavallo, ma lo sono anch'io!" mi informò il giapponese levandosi le scarpe e arrotolando un po' il bordo dei jeans prima di raggiungermi sul marciapiedi e prendermi per mano. Affrettarsi era inutile, non avremmo di certo evitato di inzupparci e poi... dovevo riconoscere che camminare per Parigi nella pioggia era una cosa piuttosto romantica che non tutti avevano fatto!
Incontrammo pochi passanti frettolosi che ci fissarono un po' straniti e scossero il capo, una signora addirittura sorrise, ma nessuno ci disse nulla. Osservai il volto di Haruy, liscio e umido di pioggia. I capelli neri che ricadevano appesantiti e fradici intorno al volto erano lunghi fin oltre le spalle e gli davano un'aria molto sensuale. Anche gli occhi simili alla cioccolata fusa erano magnetici e le ciglia bagnate avevano qualcosa di magico per il riverbero delle luci della città. Improvvisamente percepii tutto il suo fascino magnetico e piuttosto ferino. Il puma. Riconobbi che ne aveva lo stesso selvaggio e pericoloso potere di attrazione. Haruy tirò il mio braccio, facendolo passare dietro la sua vita e lasciò la mia mano per posare il suo braccio attorno alle mie spalle. Non protestai, anzi, con naturalezza lasciai scorrere il dito indice e in medio nel passante dei suoi pantaloni. Lui sorrise e di nuovo, a sorpresa mi posò un bacio sulla tempia. Non parlammo più, godendoci quei momenti che sapevo essere unici e irripetibili, perchè non sarebbero mai più stati tanto naturali e istintivi. Lui parve essere d'accordo e spostò lo sguardo dai miei occhi alla strada.
Una volta che rincasai lo sguardo mi andò al divano sul quale Lothar aveva dormito solo pochi giorni prima e la mia mente mi rimandò la sua immagine addormentata. Nel sonno i suoi tratti perdevano quella durezza che li caratterizzava quando era sveglio. La bocca era socchiusa e aveva assunto una linea morbida e gentile. Probabilmente sotto la sua scorza dura e fredda era un ragazzo dolce e gentile... Chissà che Raja non avesse visto proprio questo suo lato nascosto e non si fosse innamorata dell'irraggiungibile King, ma solo del ragazzo che era... Sicuramente la sua storia d'amore non sarebbe stata facile. C'erano un sacco di barriere e di difese da abbattere, da entrambe le parti. Decisi che non stava a me intervenire ma che non avrei rifiutato il mio sostegno morale a nessuno dei due. "Sarà meglio se filo a farmi un bagno caldo o qui rischio la polmonite... Devo dire che Haruy è proprio fuori di testa!" mormorai e mi parve di sentire ancora il tocco delle sue labbra sulla mia gota e sulla tempia. Chiusi gli occhi sospirando, ormai sapevo che i problemi di cuore avevano investito il gruppo ed io non potevo chiamarmi fuori. Sorrisi pensando che se dovevo davvero dirla tutta non volevo nemmeno essere messa in panchina ma per la prima volta sentivo il desiderio di vivere da protagonista tutte le emozioni dei legami che avevano unito il mio gruppo di amiche con i componenti della squadra di calcio più famosa dell'università.
Accesi la candela profumata, presi il cellulare e mi immersi nella vasca da bagno mentre rapidamente componevo il numero di telefono di Jess.



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Capitolo 10
*** CAPITOLO DIECI ***



"Arrivo!!!! Arrivo!!!" gridai scavalcando il mucchietto di abiti che avevo raccolto ai piedi del letto mentre facevo le varie prove per decidere quale abito indossare l'indomani.
Il cellulare continuava a trillare con impazienza. Dove cavolo lo avevo ficcato?! Mi passai una mano nei capelli , prendendo un bel respiro profondo e dicendomi di calmarmi. Se potevo sentirlo suonare significava che si trovava da qualche parte lì vicino... Spostai di malagrazia il corpetto di pizzo e velluto, facendolo cadere sul tappeto già ingombro di altri abiti e finalmente vidi la borsetta da cui proveniva il suono.
L'aprii in fretta, rovesciando sul letto il suo intero contenuto. Fra fazzoletti di carta, monetine, tessere varie, chewingum, caramelle spazzola e rossetti spuntò fuori anche quell'affarino giallo canarino che trillava come impazzito illuminandosi di azzurro.
"Pronto" risposi con aria un po' affannata "Jess?" La voce di Miki, sebbene un po' incerta era praticamente impossibile da non riconoscere. D'altro canto lei era la sola svampita che poteva chiamarmi a mezzanotte. "No, sono la sua parte onirica!" ribattei sorridendo. Adesso si sarebbe profusa in scuse... Dopo qualche attimo, occorsole sicuramente per guardare l'orologio, attaccò "Oddio Jess! Scusa non ho proprio badato all'ora! Stavi davvero dormendo? Ti ho svegliata?" "Dai scema! Ti pare che se stessi davvero dormendo avrei risposto al cellulare? In verità stavo saccheggiando l'armadio in vista del mio appuntamento di domani sera" "Hai un appuntamento? Ehi! Ma cosa vi è preso a tutte?! E' scoppiata l'ormonella?" "Oh, da che pulpito! Non sei tu quella che oggi ha fatto fughino con Haruy?" indagai curiosa. "Come?! Ma no... Non è come credi... Cioè, non esattamente... Ma dimmi, tu con chi esci?!" "Non te lo dico o ti arrabbi!" "Ma figurati se mi arrabbio! Sei grande quanto basta per decidere da sola chi frequentare!" si risentì lei. "Ok. Esco con il tuo dolce Remy!" le annunciai "Ma sei scema?!?" sbottò Miki agitandosi. "Cos'avevi appena detto sulla mia maturità?" "Jess! Quello è sposato, sposato, capito?!" "Guarda che lo so benissimo! Esco solo per una cena di lavoro, non ti agitare!" "Jess, guarda che quelli come lui ci provano in qualunque frangente! Se ti fa il piedino sotto al tavolo spezzagli la gamba!" scoppiai a ridere fragorosamente. "Ma dai! Anche se amoreggiamo un po' non succede nulla di male, una volta lasciato il cliente ognuno va a casa sua!" cercai di rassicurarla. "Se si inizia ad amoreggiare con quello ti trovi inguaiata senza nemmeno accorgertene! Guarda che li conosco bene i tipi così: sono belli, sono simpatici e ci sanno fare!" "Non è che sei un po' gelosa?" "Ma sei fuori?! Ascolta, non amo complicarmi la vita più di quanto non ce l'abbia già in questo momento... E' solo che lo so che tu non sei una ragazza da una botta e via... Tu alle persone ti affezioni e gli vuoi bene da subito... E poi se le cose vanno in quel senso tu ci stai male e ci soffri. Molla il colpo! Non voglio vederti piangere tra poco!" "Dai Miki, mi parli come una dell'azione cattolica! Guarda che so come gestirmi! Domani mi accompagni a comprare un perizoma?" chiesi iniziando il mio viaggio mentale circa la cena di sabato sera.
Miki emise un profondo sospiro di rassegnazione e disse "Ecco, appunto... Sei già in autostrada... Lasciamo stare e senti un po'... Oggi... Hai sentito o visto Raja?" "No. Il deficiente di sociologia mi ha tenuta in classe per quasi venti minuti a discutere la mia diserzione, così ho dovuto saltare il pranzo altrimenti facevo tardi al lavoro... Uffa! quando ci mettono di nuovo in turno assieme?" "Spero presto! Sophie ha su di me un effetto soporifero!" ribattè lei ridendo "A chi lo dici! Ma cos'hai da raccontarmi di così importante?" indagai curiosa. "Bhe, adesso ti faccio un riassunto schematico, domani ti racconto meglio. Se non parlo subito con qualcuno do di matto..." sbottò lei. "Vuoi che ti chiami la neuro direttamente?" ribattei allegra "No, per ora no... In sostanza... Raja mi ha chiesto il campo libero con Heinz; Haruy mi ha fatto una specie di dichiarazione d'amo..." "WAAAAAHHHHHHHHH!!!!!!!!" il mio urlò scappò in modo disumano dalle mie labbra mentre mi mettevo a saltellare per la stanza. La mia reazione tuttavia scatenò le ire di tutta la corsia pechè si sentirono parecchi insulti e parecchie porte aprirsi e chiudersi lungo il corridoio del dormitorio.
Dopo una pausa di silenzio in cui mi attesi di vedere le altre ragazze precipitarsi in camera mia e imbavagliarmi per poi malmenarmi sentii la voce di Miki riprendere "Ma sei fuori?! Cos'era quell'urlo di Tarzan?! Come minimo adesso le altre vengono a linciarti!" "No, no... Mi sono nascosta nell'armadio, anche se vengono non mi troveranno mai!" ribattei e stavo pensando seriamente di farlo... Ma tanto la porta era chiusa a chiave perciò avevo tutto il tempo che volevo per darmi alla provvidenziale fuga in caso di necessità.



La mattina dopo incrociai alla macchinetta del caffè proprio il King che mi fissò freddamente e attese che fossi io a salutarlo. "Ciao Lothar... Allora, a quando la prossima partita?" chiesi inserendo le monetine per prendermi un cappuccino. "Domenica." si limitò a rispondere lui secco. "Posso offrirti un caffè?" "No, ho appena fatto colazione." rispose lui prendendo una bottiglietta d'acqua dal distributore a fianco. "Ti farebbe piacere se venissimo a tifare per voi?" chiesi cercando di intavolare una conversazione." "Nh" ecco, come inizio non era per nulla incoraggiante ma se non altro non mi aveva voltato le spalle e se ne'era andato mollandomi a parlare da sola col mio cappuccino. "Giocate fuori Parigi?" continuai a chiedere. "Si." "A che ora?" " Alle due" "Ma devo farti l'interrogatorio? Dove giocate?" "Chartres" "Mmmhhh... Io farò nottata però magari, se ci si sposta in treno potrei anche recuperare qualche ora di sonno in viaggio..." ragionai. "Nottata?" chiese lui corrugando le sopracciglia bionde. "Già. Esco con un uomo..." Lui parve ancora più perplesso. "E' un tuo parente?" "No, che il cielo me ne scampi! Se uno così bello fosse mio parente mi arresterebbero per tentato incesto!" "Tsk" fece lui completamente disinteressato alla questione. La vedevo male per la cara Raja... Quello lì non si sarebbe schiodato nemmeno a farlo scivolare su un mare di olio... "Ehi, tu che ne sai dell'uscita di Miki con Haruy?" "Cosa?" "Massì, ieri sono andati insieme a visitare Notre Dame... che cosa romantica..." "Che perdita di tempo. Haruy dovrebbe pensare ad allenarsi di più." per un momento mi sentii freddata... "Ma dai! E' solo un ragazzo! Fa bene a ritagliarsi i suoi momenti di svago e di divertimento!" lo difesi. "Quello che interessa a me è che pari i goal, per il resto sono fatti suoi" ribattè lui guardandomi un po' confuso. "Quindi anche tu dai la tua benedizione alla futura coppietta?" "Come?" "Oh ma sei davvero ottuso! Parlo di Miki e Haruy! Secondo me stanno benissimo insieme! Stesso senso dell'umorismo, stessa ironia pungente... Ehhh... Si sono proprio trovati, non credi?" "E io che ne so? Non li conosco affatto!" sbuffò lui innervosito. "Effettivamente non sei il collante del gruppo... Bhe, adesso vado a lezione o farò tardi... Ci si vede!" esclamai allontanandomi a passo veloce.
Se quell'idiota aveva un vago interesse per Miki dopo queste mie rivelazioni si sarebbe dato una mossa... Sempre che non fosse così tordo da non capire i suoi stessi sentimenti... Urgh... Forse lo era davvero!
Quando arrivai in classe trovai Raja che mi aveva tenuto il posto vicino a lei e sorridendo contenta mi affrettai a raggiungerla. "Ciao bella!" la salutai iniziando a togliere dalla borsa i libri di testo. "Ciao Jess... Miki ti ha già parlato?" "Per la verità mi ha solo fatto degli accenni veloci ieri sera per telefono... Ehi, ma tu a cosa ti riferisci?" chiesi venendo assalita da un dubbio. La vidi arrossire e iniziare a giocherellare nervosamente con una penna. "Credo di essermi presa una cotta per De La Rose." mormorò infine. "Bhè, è decisamente mooolto intrigante, se ti piace il ghiaccio." Lei sollevò su di me uno sguardo perplesso. "Ma dai... Io non credo sia il mostro insensibile che tutti dipingono..." "Bhe, forse no... dopotutto tu hai lo spirito della martire..." "Oh, Jess! Non scherzare! E' una cosa seria..." Sospirai riascoltando mentalmente la conversazione avuta con il ragazzo in questione solo pochi attimi prima.
"Ascolta, nemmeno io posso dire di conoscere bene Lothar, però una cosa l'ho capita... Per adesso la cosa più importante che lui vede è il calcio. Tu sei disposta a venire sempre e comunque dopo una sfera bianca e nera?" non conoscevo altri modi per esporre a Raja la mia peggiore preoccupazione che non quello diretto della brutale schiettezza. La ragazza mi fissò incerta per poi scrollare le spalle. "Non lo so, ma se non ci provo non lo saprò mai." rispose. Sorrisi incoraggiante. "Se la pensi in questo modo, allora buttati. La cosa importante è che stia bene tu e che non faccia nulla controvoglia. Dopotutto, ogni esperienza che facciamo è importante per farci crescere e gli errori servono per capire meglio quello che in realtà vogliamo." le consigliai. Rajanka in sostanza era una ragazza non tanto 'fragile' nel senso stretto del termine, quanto più un'insicura. Una persona che era alla costante ricerca di conferme da parte degli amici, da parte degli insegnanti e sicuramente anche da parte del ragazzo che le piaceva. Per questa ragione Lothar poteva avere un effetto positivo su di lei, data la sua estrema determinazione e sicurezza di se. Tuttavia, le persone come Raja volevano la presenza del partner come una costante nella propria vita, volevano sentirne la presenza ogni volta che allungavano la mano o che solamente volgevano lo sguardo su di lui... In questo senso Lothar non faceva affatto per lei. Mi chiesi se Miki non avesse conosciuto o iniziato a frequentare Haruy, sarebbe potuto nascere qualcosa fra lei e il biondo capitano?
Il resto della lezione lo passai a immaginare la mia serata con Remy. Sapevo bene che non era un ragazzo libero però... Lui era estremamente intrigante, soprattutto perchè essendo sposato mi dava l'impressione di saperci fare davvero molto... Sorrisi sognante e fu solo lo scoppio di risa della classe a riportarmi alla realtà... L'insegnante mi stava fissando con aria infuriata e pareva attendere da me una risposta...
"Sa proff... L'amore è proprio una cosa bellissimissima!" decretai. "Non ne dubito... E spero che l'amore sia anche in grado di svolgere correttamente la relazione che mi consegnerà fra tre giorni sulla mia cattedra in materia di alienazione infantile. Adesso, se vuole accomodarsi fuori dall'aula..." "Ma..." "Le ricordo che qui si sta tenedo una lezione scolastica non un'ora buca. Buongiorno signorna Kreuz" mi congedò seccamente. Preferii evitare di mettermi ulteriormente nei casini e lasciai l'aula...
Mentre stavo andando sul retro della scuola a prendere un po' di sole e magari a fare una pennichella sull'erbetta fresca notai che Miki stava parlando piuttosto animatamente con un ragazzo, sotto un'albero di castagne matte. Decisi di raggiungerla e per la verità la trovai piuttosto abbattuta. "Ehi, che succede?" chiesi sedendomi al suo fianco.
"Quello stupido idiota, infame , traditore, rimangia parola data di Nicolais!" "Ehi, calma! che ti ha fatto?" "Quando gli ho passato la relazione sull'impressionismo ha detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per me... Qualsiasi... E adesso invece... Si tira indietro quel vigliacco!" "Cosa doveva fare?" per la prima volta vidi Miki incerta, anzi, leggermente imbarazzata, ma alla fine disse "Doveva posare seminudo per me!" "COSA?!?!" strillai. "Ecco appunto, se tu evitassi di farlo sapere a tutta Parigi magari..." ironizzò lei. "Ma tesoro! Ci penso io! Ho la soluzione a tutti i tuoi problemi!" esclamai alzandomi in piedi e sparendo in una corsa a rotta di collo dentro l'istituto.
Bussai con forza alla porta dell'aula dove sapevo di trovare Lothar e Haruy a lezione e guadagnandomi le occhiate omicide dell'insegnate e del ragazzo biondo li chiamai fuori dall'aula con una scusa.
"Cosa può volere il preside da noi?" si chiese il moro un po' preoccupato. "Per averci chiamato fuori dall'aula deve essere qualcosa di molto importante..." riflettè Lothar. "Per la verità il preside non vi ha affatto chiamati... Era una scusa per parlarvi!" ammisi candida come la neve. "Che scherzo è questo?!" si risentì subito il capitano. "Miki ha bisogno di uno di voi due... Chi si offre?" chiesi con un sorriso malizioso. "Bisogno per cosa?" chiese Haruy diffidente. Lothar nemmeno si disturbò a domandare. Spiegai rapidamente la situazione. "No, non posso!" disse immediatamente Haruy. "Ma perchè? E' una buona scusa per stare da solo con lei e farle ammirare il tuo corpicino..." tentai di dissuaderlo "Certo come no! hai idea di che reazioni potrebbe avere questo corpicino sotto lo sguardo più che attento di Miki?" chiese lui arrossendo. Bhe... Effettivamente non ci avevo pensato... "Me ne vado..." sentenziò Lothar girando sui tacchi. Lo afferrai per il polso "Ti prego!!!!" lo supplicai con l'infallibile sguardo da cucciolo disperato. "Non intendo rendermi ridicolo davanti a tutta la scuola!" sbottò aspro "Magari ti mettiamo una mascherina sul viso..." "Smettila deficiente! Così sembrerei un depravato!" "Ti preeeeggo Lottie caro..." "Come diavolo mi hai chiamato?!?!" ringhiò lui a quella mia uscita. "Devo ricordarti forse che tu hai osato prendere a schiaffi una ragazza? Non ti pare un'azione vergognosa e indegna? Devo ricordarti chi è la generosissima fanciulla che ti ha perdonato?" visto che la tattica della dolcezza era fallita, decisi di passare a quella del ricatto. Haruy sorrise compiaciuto nel vedere il suo capitano in difficoltà... "E va bene... Le presterò il mio corpo..." capitolo il biondo. "Hey Heinz, detta così la frase può essere equivocata.." ridacchiò Haruy solo per vedere il ragazzo allontanarsi a lunghe falcate. "Fa tanto il duro in campo ma poi è un timidone..." mi disse allegro. "Ti ho sentito sai?!?! Dieci giri del campo per punizione razza di portiere insolente!" gridò Lothar dal fondo del corridoio.



Dopo pranzo io e Miki andammo in un negozio di biancheria intima. "Secondo te, questo è abbastanza sexy?" chiesi sollevando un perizoma di pizzo con una rosa ricamata sul davanti. Lei lo guardò incerta poi disse "Io credo che una mutanda classica sarebbe assai più consona e confortevole..." "OH! Parli da vecchia babbiona! E poi, mica lo devi indossate tu, no?" ridacchiai sollevandone un secondo tutto nero con gli strass al posto dell'elastico per tenerlo in vita. "Che bello! Ma questo sarebbe davvero un peccato nasconderlo..." "Senti Jess, non è che si possa andare in giro con un filo interdentale come copertura! E che diamine! Anche la foglia di fico di Eva era indubbiamente più grande!" "Lo dicevo io che hai studiato dalle suore!" sospirai sollevando un terzo indumento. Era perfetto. Nero come la notte, di velluto morbido e delicato con il davanti lavorato con del bellissimo pizzo floreale. "Si, questo è decisamente meglio degli altri... Aspetta un po'... guarda questo! E' davvero bellissimo!" sospirò Miki sollevando un perizoma di raso nero legato sul davanti da una serie di laccetti che richiamavano il bustino in coordinato. "Però! Non la sospettavo questa tua vena sadomaso... Ce lo prendiamo uguale?" proposi allegra. "Ma sei fuori?! Io non indosso certa roba e poi... Tanto non avrei nessuno a cui mostrarla..." riconobbe lei. "Perchè sei più cieca di una talpa e nemmeno ti accorgi di quando i ragazzi ti fanno la corte!" "Jess, basta! Haruy per adesso è un caro amico! Non voglio complicazioni!" "E Heinz?" chiesi con scarso interesse, mentre in realtà ero curiosissima. "Lui piace a Raja..." fece notare lei. "E allora? Guarda che toccherebbe a Lottie scegliere con chi stare!" appuntai. "Lottie?" inarcò un sopracciglio lei, spiazzata da tanta confidenza. "Comunque, il caro Lottie ha accettato di posare seminudo per te... E' una buona occasione, no?" "Cosa?!? Ma sei scema?!?! Che cosa gli hai fatto? Lo hai drogato per caso?" "Ma che vai a pensare? No, l'ho solo ricattato!" sorrisi tronfia mentre la mia amica alzava gli occhi al cielo. "Acquistiamo 'sto perizoma altrimenti tu mi farai avere un infarto prima di sera!" "Ok... Però... Perchè non te lo provi quello che ti piace tanto... solo per vedere che effetto ti fa indossato..." "Ma no..." l'incertezza della sua voce mi fece capire che se insistevo un po' avrebbe capitolato!
"Ehi Miki, hai fatto?" chiesi mettendo la testa fuori dalla tenda del camerino. "Quasi... e tu?" "Mi sta un po' stretto di seno... Mi sa che ci vuole una taglia in più... Posso vedere come ti sta?" "Stai scherzando, vero?!" ansimò lei ma io mi ero già infilata nel suo camerino. "WAAAHHHHH stai da Dio!!!!!" gridai riconfermando a me stessa che Miki aveva un corpicino da sballo. "Jess! Abbassa il volume!" ringhiò lei arrossendo per poi guardare come stavo io. "Stai molto bene anche tu..." riconobbe regolandomi le spalline del corpetto e come per magia anche il seno parve sistemarsi meglio. "Sei un genio! così mi va bene anche questa taglia..." sorrisi felice. Poi si udì il trillo della campanella del negozio e la voce di un ragazzo che chiedeva dei calzettoni di spugna al ginocchio. Sul mio viso si dipinse un sorrisone da disgraziata. "Jessika no!" gridò Miki non appena vide il mio volto riflesso nello specchio ma due secondi dopo avevo già spalancato la tenda del camerino e gridavo "Ehi ragazzo! Posso dare del gay al mio uomo se non mi salta addosso?" Miki lanciò un gridolino strozzato mentre cercava di coprirsi con la prima cosa che le era capitata a tiro ed io mi sentii gelare il sangue nelle vene: Ramon Seymour ci fissava con tanto d'occhi. Pensai che quella era la volta buona che la ragazza dagli occhi azzurri mi ammazzasse.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***



LOTHAR HEINZ DE LA ROSE

"Non è da me. Questa cosa non è assolutamente da me!" me lo dissi da solo, davanti allo specchio, come un perfetto cretino. Ero sempre stato molto contento del fatto di non dover dividere la camera del dormitorio con nessuno. Questo dipendeva sia dal mio carattere non propriamente facile da sopportare, sia da una circostanza fortuita nel momento della mia iscrizione al campus. Osservai la mensola davanti allo specchio nel quale si rifletteva il mio volto. Tutto era in rigoroso ordine. Nessun barattolo aperto, nessuna goccia d'acqua sullo specchio, nessun capello biondo imprigionato dai denti del pettine.
Dal mio viso, le tracce del sonno appena interrotto erano già sparite. I miei occhi cerulei erano perfettamente attenti, vigili e svegli. Io non ero mai stato il tipo che aveva bisogno di tempo per ingranare alla mattina. Dal momento in cui aprivo gli occhi sapevo dov'ero e cosa dovevo fare. Raramente avevo provato la sensazione che la mia coscienza dovesse ricomporre, come un puzzle, i pezzi della giornata precedente.
La sola critica che mi poteva essere mossa era il mio taglio di capelli. Mio nonno avrebbe voluto che li portasi a spazzola, come si addice ad un vero sportivo, ma da quando ero arrivato all'università di Parigi avevo iniziato a farli crescere. In quel momento, sebbene un po' arruffati mi incorniciavano il viso in morbide ciocche bionde. Non avevo mai portato la frangia e mi chiesi come potesse starmi... Da quando mi preoccupavo del mio aspetto fisico? Da quando avevo interesse su come potesse starmi una pettinatura piuttosto che un'altra? Non avevo sempre detto che i capelli erano capelli? Perchè adesso mi trovavo davanti allo spechio del mio bagno a studiare la mia immagine? La risposta apparve nella mia mente ma mi rifiutai categoricamente di darle credito. Non era per Miki. Non era perchè dovevo posare per lei! Scossi il capo e presi il pettine, iniziando a districare le ciocche con colpi decisi e rapidi. Non era il momento di perdersi in quei futili pensieri! Provai un nuovo motto di stizza quando aprii l'anta del mio armadio e restai con la mano ferma a mezz'aria, indeciso se prendere la camicia azzurra che si intonava perfettametne al colore dei miei occhi, rendendoli più intensi o se afferrare la maglietta bianca con la scritte colorate che avrebbe messo in risalto ma mia muscolatura e la doratura della mia abbronzatura. Vanità. "Che scemenza! Sono indeciso perchè non so ancora se farà caldo o freddo, di questo periodo il tempo è troppo capriccioso!" mi dissi a mezza voce, come se parlare avesse potuto cancellare qualsiasi esitazione e qualsiasi cosa fossero quelle strane emozioni che mi stavano accompagnando da qualche tempo.
Prima di andare da Miki passai dal fotografo a ritirare il rullino di foto che Haruy, da buon orientale, aveva fatto alla cattedrale di Chartres.
La partita era stata piuttosto impegnativa ma eravamo riusciti a vincerla con un goal da fuori area da parte mia allo scadere del novantesimo minuto. Mi ero sentito orgoglioso e fiero di quella realizzazione e anche l'abbraccio intenso di Ramon, che di solito avrebbe scatenato le mie frecciate acide e il mio sguardo di ghiaccio, mi era parso... Piacevole.
Mentre ero seduto sulla metropolitana, annoiato dallo sferragilare metallico del mezzo e dal chiacchiericcio degli altri passanti attorno a me, pensai bene di dare uno sguardo a quelle foto. Riconobbi immediatamente che Haruy era davvero portato per fare degli scatti. Le inquadrature erano particolari e riuscivano ad esaltare il soggetto, indipendentemente che fosse un particoalre o un'intero rosone. La cattedrale in questione era molto rinomata per le sue vetrate, per il senso di magnificenza che davano e per l'uso costante del blu e di tutte le sue sfumature. Blu di Chartres... Sentii le labbra tendersi in un lieve ghigno quando pensai che il blu degli occhi di Miki era qualcosa di non riproducibile... E su quel pensiero mi capitò in mano un primo piano della ragazza. Sentii una specie di vuoto allo stomaco... Era certo che avrei dovuto fare colazione prima di uscire dal campus! Passai rapidamente alle foto successive ma... Le mie mani tornarono indietro e il mio sguardo si soffermò di nuovo sul volto della ragazza. Non era una di quelle bellezze che colpiscono al primo sguardo... Al contrario, il suo viso pareva diventare più bello man mano che lo si osservava. Tanti particolari all'inizio infatti non venivano notati. E non solo il particolarissimo colore degli occhi, che cambiava di intensità a seconda delle emozioni che Miki provava, ma anche la linea decisa eppure e dolce delle labbra. Una bocca non esageratamente carnosa, ma di un bel rosa scuro, come se fosse costantemente trucata e le lunghe ciglia nere che davano una dimensione più profonda allo sguardo... anche i capelli ricci e piuttosto vaporosi all'inizio parevano solo spettinati, ma osservandoli meglio si poteva scoprire una certa armonia in quei boccoli scuri che accarezzavano le gote e il collo... Per una frazione di secondo fui tentato di mettermi in tasca quella fotografia.
BASTA! Dovevo mangiare qualcosa e piantarla con quei pensieri!
Scesi una fermata prima di quella giusta e mi incamminai per la via a passo deciso. Camminare un po' mi sarebbe servito a darmi una regolata... Probabilmente era il fatto di dover posare seminudo a mettermi in agitazione... Agitazione per cosa poi! Come se fosse stata la prima volta che qualcuno mi osservava. Come se fosse la prima volta che giravo a troso nudo! Durante l'estate era praticamente un must giocare solo in pantaloncini! E il pubblico sia femminile che non, non era mai mancato sugli spalti del campo dell'università.
Un buon profumo di croissant attirò il mio sguardo verso la pasticceria che faceva angolo e senza fermarmi a rifletterci troppo entai per prenderne una. Quando mi trovai davanti alla scelta, finii nell'indecisione totale. Non so come riuscii a sfoderare un tono tanto deciso e autoritario e uscii dal negozio con un sacchetto che conteneva, un croissant, un pain au chocolat e una crostatina alla frutta.
Con decisione bussai alla porta dell'appartamento di Miki e attesi l'invito ad entrare.
Nulla.
Guardai l'orologio per vedere se ero troppo in anticipo, ma realizzai che ero puntualissimo. Bussai di nuovo, con più forza.
"Avanti è aperto!!!" mi arrivò un grido in risposta. Alzai gli occhi al cielo e abbassai la maniglia, aprendo la porta.
Il locale era inondato di luce e i tetti delle case parevano essere più rossi contro il cielo perfettamente terso e limpido. La Senna, che si vedeva in lontanaza, pareva un serpente argentato che riluceva e la casa era come sempre piuttosto spoglia ma ben pulita. Il famigliare odore dei colori ad olio persisteva di sottofondo.
Miki mi rivolse un sorriso di benvenuto. Indossava una saloppette di jeans e una t-shirt bianca. Quegli abiti avevano tracce di una battaglia fatta con i colori. I capelli erano stati raccolti sulla nuca con un mollettone ed era a piedi nudi. "Ti va una tazza di caffè?" chiese iniziando a preparare la moka. "Volentieri... Ho portato i croissant..." "Dai! Non dovevi disturbarti... Ma hai avuto un'idea geniale!" approvò lei.
Il profumo del caffè mi faceva pensare a casa mia... Alle mattine in cui il nonno ne beveva una tazza e priobiva a me di farlo ma poi, la tata, di nascosto mi permetteva di prenderne un paio di sorsi in cucina mantre mi preparava la merenda.
"Ti sei appena alzata?" non ero solito intavolare una conversazione, ma con quella ragazza mi veniva piuttosto facile.
" Mezzoretta circa. Il tempo di preparare l'ambiente per il ritatto... Ieri sera ero partita con la convinzione di andarmene a letto presto ma mi sono trovata Jess ad aspettarmi seduta sulle scale ed è finita che se non avessi un amica tanto scema sarebbe ancora su a dormire nel mio letto!" "Vuoi dire che se n'è appena andata?" "Già. Non voleva crearti imbarazzo!" sostenne lei strizzandomi l'occhio con aria monella. "Tsk" sbuffai e solo allora notai la bottiglia di limoncello e i due bicchieri nel lavandino.
"Finirete per dover fare delle sedute dagli alcolisti anonimi" la informai acido. "Ma va! Un goccio ogni tanto non fa male!" "Di cosa avete parlato tutta la notte?" indagai e quella domanda stupì me per primo. Di solito i fatti degli altri non mi interessavano minimamente.
"Heinz, sei per caso nervoso?" "No" "Imbarazzato?" chiese lei corrugando la fronte. "No" ma la completa assenza di convinzione nel mio tono fu palese anche per me. Lei sospirò e mi mise in mano una tazza di fumante caffè poi passò alle brioches.
"Che bello! La crostatina di frutta! guarda ci sono anche le ciliegie!" "Ti piacciono?" "Si, le adoro! Anche se prima di mangiarne una la devo vivisezionare... Sai i vermi..." "Ma quanto sei cretina!" sbuffai "Mai quanto te che ha paura di un'artista!" ritorse lei. "Io non ho paura!" puntualizzai seccato. "Invece te la fai sotto!" ridacchiò lei come se la sapesse lunga. "Non è vero, smettila!" ringhiai. "Però... Ti facevo un tipo solo ghiaccio, a quanto pare non è così..." "Cosa vorrsti dire?" ribattei sul chi vive. "Che anche tu sai scaldarti per qualcosa che non sia il calcio... E' bello, non credi?" "Bello?" "Certo! Avere più interessi arricchisce le persone... Dai finisci il tuo caffè che poi ti metto sotto a lavorare!" restai un po' in silenzio, osservando il fondo del mio caffè nella tazza bianca poi mi decisi a dire "Non sono molto portato per stare ore fermo immobile..." "Non preoccuparti, non ti chiederò l'impossibile, ok?" mi strizzò l'occhio lei.
La osservai salire le scale a chiocciola che portavano alla sua stanza, chiedendomi se dovevo aspettarla lì sotto o seguirla. Se non ricordavo male, aveva detto che quella era una zona off limits per i ragazzi.
"Non sali?" chiese lei voltandosi verso di me quando si rese contro che non la seguivo. "Posso?" "Certo... Oserei dire che devi... Camera mia, oltre al bagno, è il solo locale dove non sei completamente esposto alla vista di mezzo mondo!" mi informò lei indicando con il capo il vetro di cui era costituita l'intera parete del suo monolocale.
Ringraziai l'abbronzatura che non le permise di capire che ero arrossito. Io, arrossire... Aveva dell'incredibile... Erano anni che non mi capitava più! Da quando mia cuginetta, quindici anni prima, a Natale, mi aveva dato un bacio sulla bocca davanti a tutto il parentado...
Osservai la camera di Miki e improvvisamente mi resi conto di sentirmi a mio aglio. Era completamente diversa dalla mia, ma mi piaceva. C'era un grande armadio a parete in cui era stata ricavata anche una scrivania che era ingombra di libri di testo e quaderni. Notai subito il piccolo portatile e il cavalletto su cui era già stata messa una tela bianca. Miki si era accomodata su uno sgabello e pareva voler studiare la luce che inondava la stanza. Il copriletto era di un rosso scuro, intenso, dai cangianti rilessi del sangue... "Allora, ti spogli o devo fare io?" ridachiò lei.
"Non dire cose così equivoche!" sbottai.
Lei si alzò di scatto e mi raggiunse. Mi fissò dritto negli occhi, anche se per farlo doveva alzare leggermente il capo... Mi sentii assorbire da quegli occhi...
"Guardami bene... sono una professionista, non una cretina dal cervello leggero come una piuma. La mia intenzione è quella di dipingerti non di sedurti o fare quant'altro, mi sono spiegata bene?" Sbattei le palpebre un po' spiazzato da tanta diretta schiettezza. Per il mio orgoglio di macho non era certo lusinghiero ma improvvisamente mi sentii più sicuro.
Tolsi senza esitazioni la maglietta e mi sedetti sul bordo del letto. Allargai le braccia e dissi "Bene, e adesso?" nel mio tono c'era un non so che di sfida. Non mi era mai importato nulla di queste cose ma per la prima volta desiderai che una ragazza, che lei mi trovasse bello e... seducente. Non il solito King freddo e lontano... Desiderai che lei vedesse solo Lothar...
Lei avanzò verso di me e aprendo completamente una mano ne la posò al centro del torace per spingermi con decisione sul letto.
"Così è meglio... Adesso girati sul fianco... E assumi un'aria meno composta..." "Cosa?" "Heinz, capisco la tua rigida mentalità tedesca ma sei un ragazzo non un cubetto di ghiaccio!" "Ehi!" protestai risentito. "Si, tanto lo sai già che non sono gentile..." sbuffò lei togliendomi l'elastico con cui mi ero legato i capelli in un codino basso... "No! mi danno fastidio così..." protestai sentendo le ciocche bionde accarezzarmi le spalle e il viso. "Non farmi la ragazzina modello Barbie girl!" "Ma bene! Certo che tu per mettere a proprio agio le persone sei fatta apposta! Quanto mi fai incazzare!" ringhai. "Nh, davvero?" il suo tono era piuttosto sardonico. Si spostò andando a sedersi dietro la tela ed io la seguii sia con lo sguardo sia col corpo, accomodandomi meglio sul letto. "Guarda che ti sto parlando!" "Certo, non sono mica sorda..." "Allora mi vuoi proprio provocare!" mi sentii irritato.
"Sai Jess sabato sera è uscita con Remy..." "Che mi frega?" la interruppi brusco. "All'inizio ero un po' preoccupata per lei... Sai, Remy è sposato ma è il classico ragazzo che se non stai sulla difensiva ti conquista immediatamente." "Cosa intendi?" "Oh, che è dolce e gentile. Fa un sacco di quelle cose tanto carine che i ragazzi di solito non fanno e che quindi le ragazze trovano subito conquistate da lui, senza contare che è molto bello." "Ti piace?" "Fisicamente intendi?" "In generale." "Diciamo che in quanto a bellezza gli darei un otto pieno... A carattere un quattro." "Quattro?" chiesi confuso. "Io detesto le persone che ti lisciano solo perchè vogliono ottenere qualcosa da te." "Bhe, allora la tua amicizia con Jess è assai strana..." "Jess non è tutto quello che sembra. E' spigliata, a volte un po' eccessiva e molto esuberante ma di sicuro la sua amicizia non è interessata. Lei si affeziona subito alle persone, anche quando non le conosce per niente..." "Bhe, se sono qui è solo perchè mi ha ricattato!" Inaspettatamente Miki rise. "Ricattato? Ma non mi dire! Ti sei fatto raggirare?" indagò lei. "Senti..." ma le parole mi si fermarono sulle labbra... Era vero! Non c'era stato nessun vero motivo per cui mi sarei mai dovuto piegare al ricatto di Jessika!
Dopo una lunga pausa di silenzio lei riprese a parlare "Ti dicevo, che sabato Jess e Remy sono usciti insieme per una cena di lavoro con un cliente e ... non ci crederai, a metà serata Jess e il cliente hanno mollato Remy e se ne sono andati da soli! Avrei pagato oro per vedere la sua faccia! Io lo so che quello aveva fatto più di un pensiero sconcio sulla mia amica!" "Qui ci sento del femminismo ferito..." "Ma non dire assurdità. Ti ho già detto che i tipi come Remy con me non attacano! Io voglio qualcuno che sia una specie di sfida per me stessa... Qualcuno con cui crescere un po' ogni giorno..." "Qualcuno che ti tenga testa eh? Magari col tuo stesso senso dell'ironia..." Lei crucciò di nuovo la fronte. "Non so... Qualcuno che mi somigli troppo magari finirebbe con l'annoiarmi..." "Che ragazza frivola!" sbuffai. "E tu sei troppo serio. Quadrato!" "Come osi!?" ero indignato "Oso, oso..." sbuffò lei avvicinandosi al letto con il pennello e la tavolozza di colori fra le mani.
Improvvisamente mi tracciò un segno sulla gota, ridacchiando. Mi toccai la pelle con la mano e la ritrassi sporca di giallo... Quasi non riuscivo a credere che lo avesse fatto veramente! Le strappai di mano il pennello e le restituii il favore. Mi aspettai di vederla arrabbiarsi o per lo meno che si mettesse a strillarmi contro, come le ragazze generalmente facevano davanti ad un palese dispetto. Lei invece rise e intinse il dito nell'azzurro per poi tracciare una linea sulla mia fronte. Mi misi seduto sul letto e intinsi il pennello nel rosso, segnandole la guancia...
Lei sogghignò prendendo il verde e mi segnò il petto. Il contatto con il pastoso e freddo colore a olio mi fece scorrere un leggero brivido sotto la pelle ed i capezzoli si inturgidirono. Lei osservò quella reazione del mio corpo inclinando la testa sulla spalla, incuriosita...
Non so perchè lo feci... ma prima di rendermene conto l'avevo afferrata per le spalle e l'avevo schiacciata nel letto mentre la mia bocca premeva sulla sua... Sentii le sue labbra socchiudersi e poi avvertii i suoi denti modicchiare piano il mio labbro inferiore...
Mi resi vagamente conto di aver prodotto una specie di gemito mentre la mia lingua prese a tormentare la sua bocca... Pensai alla fortuna di essere già sdraiato: sentivo le gambe mollicce... Inaspettatamete lei accettò il mio bacio...
Quando mi allontanai dalla sua bocca lei disse " Io vorrei che tu... che parlassi di più... Che esprimessi quello che hai da dire... Che provassi una volta a reagire, ribellandoti da quell'incanto per vederti lottare contro chi ti vuole in quel dannato modo... freddo e lontano, quasi privo di sentimenti... Vorrei che... questo tuo bellissimo lato tempestoso e irrequieto potessero vederlo tutti... Vorrei che le tue emozioni si liberassero anche con i tuoi amici e non solo quando rincorri una sfera bianca e nera su un campo di calcio... Heinz, tu hai così tanti colori dentro... Perchè devi mostrare solo il grigio?"
La fissai a lungo. "E' stato un errore. Tutto quanto." ammisi in un soffio. Lei spostò lo sguardo sul soffitto. Uno sguardo di un freddo turchese, distante, remoto... Lontano da me... Si alzò di colpo e andò a prendere lo straccio dei pennelli con cui si ripulì alla meno peggio il viso.
Mi dava le spalle quando mi disse "Il bagno è al piano di sotto. Puoi farti una doccia prima di andartene." poi si sedette di nuovo davanti alla tela che stava dipingendo e non mi degnò di uno sguardo, nemmeno quando raccolsi la mia maglia e uscii dalla stanza sentii il suo sguardo su di me. E mi sentii in un certo modo... Derubato.



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Capitolo 12
*** CAPITOLO 12 ***



HARUY WAKASHIMIZU

Secondo me, una delle cose più belle che esistevano al mondo erano le docce. Una doccia calda, dopo un allenamento particolarmente intenso era un toccasana inimmaginabile. L'acqua, insieme alla schiuma del sapone e al sudore portava via con se anche la stanchezza e i pensieri.
Quel pomeriggio il king era stato un vero drago. Dire che ci aveva spemuti come limoncini era ancora riduttivo... Sorrisi alzando il viso contro il getto dell'acqua e lasciai che mi picchiettasse sulle gote e sulla bocca, scivolando poi in una languida carezza sul resto del mio corpo. Sicuramente, a causa della mia origine orientale, avevo imparato più di tutti i miei compagni a godere ed apprezzare di questo massaggio naturale...
"Mi chiedo come il tuo corpo non abbia ancora riportato ustioni di primo e secondo grado..." ridacchiò Ramon al mio fianco, osservando con aria perplessa la nube di vapore che si innalzava nel mio box doccia. Lui era uno di quelli che si lavavano con l'acqua appena appena tiepida...
"Sapessi quanto è piacevole invece... Certo che oggi ci abbiamo dato dentro di brutto, eh?" gli strizzai l'occhio. "Già. Tu hai fatto delle cose da favola... Hai bloccato di tutto! Se giocherai così durante tutto il campionato abbiamo la vittoria assicurata!" si entusismò lui. "Mah... Per la verità Lothar riesce sempre a segnarmi... Ha un tiro che è micidiale..." "Certo, il nostro capitano è un fuoriclasse! Però vorrei che si ficcasse in testa che non tutti hanno il suo talento e meno ancora la sua preparazione atletica... A volte è davvero peggio di un generale nazista!" sbuffò Ramon chiudendo l'acqua e avvolgendosi nel suo accappatoio.
Lo seguii sulla panca di legno per rivestirmi e andare a mangiare un boccone in un posticino molto carino che avevo visto non lontano dalla scuola. Magari il mio compagno di stanza avrebbe accettato il mio invito a cena, dopotutto, mangiare da solo non era troppo piacevole.Sbuffai seccato quando raccolsi i guanti che avevo lasciato sull panca. Erano già tutti consumati e lisi... "Che c'è?" mi chiese il ragazzo dagli occhi d'ambra. "Ho già distrutto i guanti... Ah, dovrei chiedere un rimborso alla società!" "Secondo me il rimborso lo dovresti chiedere a De La Rose!" "Attento che se ti sente ti rifila qualche punizione!" bisbigliai complice. "Oh, sono solo le sei e mezza, il king non lascerà il campo prima di un'altra ora... Mi chiedo dove accidenti riesca a trovare tutte quelle energie, perchè non è certo uno che in allenamento si risparmia..." "Credo che dipenda dal fatto che lui ci mette molta passione..." "Si. In effetti, in campo si trasforma in una persona così diversa dal ragazzo freddo e scostante che conosciamo..." riconobbe Ramon sfregandosi con forza i capelli bagnati nel savviettone di spugna. "Che ne dici di cenare insieme stasera? Hai già qualche impegno?" "Per la verità no. Raja ha spostato la lezione a domani perchè oggi doveva ripassare per un test di non ho capito bene cosa... E' una ragazza molto insicura, scommetto che nonostante sappia il libro a memoria è convinta di non essere preparata." "Mah, io non ci ho parlato poi molto... Posso dire di conoscere assai meglio Miki o Jess." Ramon fece un sorriso malizioso, come se la sapesse lunga e poi disse "Eh già... La nostra Miki poi l'hai osservata per bene!" "Effettivamente si. Mi piace davvero tantissimo" ammisi con tranquillità. Ramon divenne improvvisamete serio. "Ne sei innamorato?" domandò a bruciapelo. "Non lo so. Lo sai che io mi innamoro di trenta cose insieme e dopo un paio di giorni mi vengono a noia... Direi che sto molto bene con lei, ed il fatto di frequentarci non mi crea problemi." ammisi. "E lei?" "Lei cosa, scusa?" chiesi perplesso. "Voglio dire, lei sa che... Insomma che da parte tua la cosa non è seria?" indagò lui. Ci pensai un attimo, rivivendo la nostra uscita a Notre Dame... Effettivamete con lei ero stato molto espansivo e dolce però... nulla nel suo atteggiamento mi aveva portato a pensare che lei pensasse ad un rapporto serio con me. Semplicemente stavamo bene insieme e ci eravamo assaporati ogni momento trascorso insieme, con naturalezza. "Non è bello ammetterlo, ma credo che nemmeno lei cerchi qualcosa di serio con me. Stiamo bene insieme, abbiamo parecchi interessi in comune e ci trasmettiamo a vicenda un senso di tranquillità e di allegria. Com'è che si dice, da queste parti? Se son rose... Fioriranno!" Ramon sorrise rasserenato poi si mordichiò l' unghia del pollice, come faceva sempre quando era molto nervoso.
"Vuoi parlarne?" mi decisi a chiedere quando ci sedemmo a tavola e aspettammo di essere serviti. Lui sollevò su di me lo sguardo aureo e poi sospirò. "Lo spevi che Raja si è presa una cotta per De La Rose?" "Come? Non scherzare!" ribattei facendomi di colpo attento alla conversazione. Se non avevo visto troppo male a Ramon, questa ragazza non dispiaceva proprio per nulla, anzi... "Non scherzo. Me l'ha confessto lei personalmente." "Davvero? Allora siete abbastanza intimi... Cioè, queste non sono mica cose che si raccontano al primo che passa!" "Si, siamo buoni amici. Però... Oh, accidenti, lo sai anche tu com'è fatto il capitano! La farà a pezzi!" sbuffò lui. "Si, penso proprio che la distruggerà moralmente... Potrebbe dirgli qualcosa tipo... L'unica femmina che mi interessa è la palla... Oppure... Donne? Servono per giocare a calcio?" dissi assumendo il tono e l'espressione che Lothar sfoggiava praticamente in qualsiasi circostanza. Il mio compagno scoppiò in una fragorosa risata "Sei uguale!" ansimò tra un accesso di risa e l'altro. "Comunque non dovresti preoccuparti troppo. Dalle delusioni amorose ci siamo passati tutti e anche quelle ferite gruariscono. Sai, anche Miki era molto preoccupata per Raja... Secondo me fate male. Non è adesso che dovete stare in ansia ma quando avrà sbattuto la testa." "Si, hai ragione... Me lo ripeto spesso anch'io ma... I sentimenti non sono qualcosa che puoi gestire con la ragione..." Sospirai riconoscendo che quella era la verità. "Già che stiamo spettegolando, Haruy, ma a te non da fastidio che Lothar posi mezzo nudo per Miki?"
indagò lui, come se volesse sentire che anch'io non ero esattamente sereno e felice... Una specie di mal comune mezzo gaudio... Certo che da quando ero arrivato a Parigi avevo imparato una serie infinita di proverbi! Il fatto era che mi piaceva tanto immedesimarmi e imparare quanto più possibile da una cultura così diversa dalla mia!
"Per la verità non molto. Non sono un tipo geloso per natura e comunque, dati i miei rapporti con Miki, non ci sarebbe nulla di cui essere gelosi. Lei non è la mia ragazza..." "Quindi l'idea che lei trovi il suo corpo molto bello e seducente... O che comunque passino parecchie ora da soli in una stanza a parlare e a guardarsi non ti tocca?" Bevvi un sorso di aranciata e mi presi il tempo per pensarci su. "Io credo che le cose belle siano fatte per essere guardate. Lothar ha un corpo da favola... La sua pelle bianca, i suoi capelli biondi e quegli occhi cerulei che paiono superfici di vetro rifrangenti... Però credo che a Miki piacciano i tipi più spontanei." "Si. Però pensa a quanto il king è passionale in campo... Non credi che la sensibilità artistica di Miki potrebbe 'vederlo' questo suo aspetto così nascosto?" "Bhe, tutto può essere , ma dubito fortemente che lui si conceda un attimo di pausa dal suo ruolo di king..." "Già. A volte mi pare davvero di avere a che fare con un ruolo e non con una persona, quando ho a che fare con lui!"
"A proposito, ma Jess che fine ha fatto? sono già due o tre giorni che non la vedo insieme alle altre..." "A quanto pare sta uscendo con un ragazzo... Uno che ha una band musicale... Ha detto che una sera di queste ci porta tutti quanti a vederlo suonare in un locale in centro... quella è fulminatissima, credi a me!" notai un leggero rossore colorare le gote del mio interlocutore. Decisi di volerne sapere di più e indagai.
A momenti non soffocai da solo quando mi raccontò della scena del camerino, tuttavia provai anche un senso di fastidio all'idea che qualcuno avesse visto per davvero Miki in una tenuta poco casta... Un conto è immaginare che certe cose succedano, un conto è sentirsi dire che certe cose sono successe! Mi trovai un po' spiazzato da questo senso leggero di gelosia... Era forse un segnale importante?

"Ciao Haruy!" la voce di una ragazza mi strappò dallo stato di coma in cui ero sprofondato. Ben presto Miki raggiunse il mio fianco lungo il corridoio dell'università. "Ciao Micaela, tutto ok?" chiesi "Non chiamarmi in quel modo, non mi piace! Senti... Cosa fai questa domenica?" "Mi stai inviatando ad uscire?" "In un certo senso... Ti dispiace?" chiese lei con un sorriso. "No, tutt'altro! Ne sono contento!" "Ma senti questo! Che modo di parlare composto!" mi derise lei. "Come va il tuo quadro?" chiesi curioso. Forse volevo essere tranquillizzato dal fatto che fra lei e Lothar non fosse accaduto niente di niente. Miki si rabbuiò un po' poi disse "Procede senza troppe difficoltà." "Miki... E' successo qualcosa fra voi due?" chiesi d'impulso mettendogli me mani sulle spalle e facendola voltare verso di me in mezzo al corridoio. Lei mi guardò dritto in faccia. "Non ci siamo ammazzati di botte... e non ci siamo insultati a vicenda." "Allora cosa è successo? non vi sarete per caso baciati!" buttai lì per fare una battuta ma il rossore che invase il volto della ragazza mi tolse ogni dubbio.
Per un momento mi sentii come se la terra sotto i miei piedi avesse tremato ma subito tutto tornò al suo posto. "Ma dai..." mormorai sogghignando. "Non fraintendere! Fra di noi non c'è un bel niente. Anzi, ancora non capisco come diamine sia potuto succedere un casino simile! Cosa accidenti passa nel cranio di voi maschietti? Me lo spieghi? Un attimo prima si sta scherzando e l'attimo dopo ti ritrovi dieci centimetri di lingua in bocca!" il suo tono era piuttosto astioso. Mi risultò difficile credere che sia stato Lothar a baciarla, ma ebbi la profonda convinzione che lei non avrebbe mai fatto una cosa simile... Miki non era la ragazza che agiva per istinto. Se faceva qualcosa era perchè ci aveva riflettuto a lungo e poi... Non era certo da lei assumere un atteggiamento che avrebbe potuto ferire un'amica. Se aveva dato il campo libero a Raja era perchè si sentiva esattametne di fare quella cosa.
"Ti è piaciuto?" certo che anch'io stavo scoprendo una vena masochistica in me! Non la volevo quella risposta! Non la volevo proprio per niente! "Ma che razza di domande fai?!" lei era arrossita ancora di più e si era sottratta alla presa delle mie mani. "Bhe, chiedevo se almeno ne era valsa la pena!" ridacchai, ma capii che i miei occhi non mentivano ed il mio sguardo era ferito. Lei sospirò. "Non lo so. E' la verità." "Non puoi non saperlo." ma allora ero davvero scemo! "E' stato un bacio. Piuttosto dolce ma nello stesso tempo deciso. E' stato... piacevole, come lo è baciare... Ma se vuoi sapere se mi sono emozionata, se ho sentito campane e cori di angeli... Bhe no. Non mi è venuta neppure un po' di tachicardia... Mi sono solo sentita irritata quando ho realizzato cos'era successo." "Irritata?" chiesi davvero spiazzato. "Già. Irritata. Come quando sei in discoteca e qualcuno approfitta della confusione per palparti." "Lothar non è quel genere di persona!" istintivamente scattai in difesa del mio capitano. Lei sorrise dolcemente e allungò una mano ad accarezarmi la gota. "Lo so. E so anche che nonostante tutto lo consideri un carissimo amico e non solo il tuo capitano. Stai tranquillo, non sarà a causa di questo che mi rovinerò l'opinione che ho di lui... Anche se dopo lo schiaffo devo ammettere che c'è poco da rovinare..." il suo sogghigno mi fece capire che le ultime parole erano dette per scherzo. Sorrisi a mia volta e dissi "Non sono pentito di aver deciso di aspettare" Lei ridacchiò a sua volta, i suoi occhi erano di un azzurro intenso, brillante, come il cielo terso dopo un temporale. Si alzò in punta di piedi e mi scoccò un bacio sulla gota. "Passo a prenderti al campus alle sei e mezza di domenica mattina...Ma non montarti la testa!" mi sussurrò prima di allontanarsi di corsa per il corridoio.

Se solo avessi immaginato cosa aveva in mente quella pazza non ci sarebbe stato nulla al mondo in grado di convincermi a scendere dal letto quella mattina! Miki arrivò puntualissima. Indossava un paio di jeans che si intonavano perfettamente ai suoi occhi e un maglioncino di cotone con lo scollo a barchetta di un verde tenue che le cadeva ammiccante sulla spalla destra. Aveva i capelli sciolti e tenuti lontani dalla fronte da una fascia dello stesso colore del maglione e portava lo zaino su una sola spalla. "Ciao!" salutò allegra posando lo zaino ai miai piedi e slacciando il giubbetto di Jeans che aveva in vita per indossarlo. "Ormai alla mattina fa decisamente freddo... Hai già fatto colazione?" "Si, sono a posto... Tu?" "Anch'io. Senti ho parcheggiato qui vicino, mi segui?" "Allora la gita a sorpresa si fa fuori Parigi?" indagai curioso. Lei sorrise come se la sapesse lunga ma non si sarebbe fatta cavare una singola parola...
La guida della ragazza era sicura e piuttosto veloce. Non aveva molte incertezze e agiva con calma anche quando azzardava un sorpasso. Mi piaceva farle da navigatore. Avevo modo di godermi il paesaggio e di distrarmi... La vidi svoltare in una stradina secondaria in mezzo ai campi e finalmente raggiungemmo quello che era a tutti gli effetti un hangar.
"Che siamo venuti a fare qui?" chiesi sentendomi improvvisamente teso. "E' da tanto che volevo provare un'emozione forte... Come un lancio col paracadute!" confessò lei sorridendo come una bimba davanti ad una coppa di gelato con panna montata.
"Tu sei pazza!" ansimai ma ben presto vidi quattro pesone raggiungere la nostra auto e capii che ormai ero irrimediabilmente coinvolto.
"La signorina Salemi?" chiese il più anziano dei quattro. "Sono io! Buongiorno!" esclamò lei carica. "Sono Mattew, il pilota. Loro invece sono Andrè che filmerà il lancio e il volo e poi c'è Oscar che scenderà in tandem con lei e infine Julyus che si occuperà di farvi il corso preparatoio e che la assisterà in ogni fase... e' convinta?" "Come raramente lo sono stata in vita mia!" asserì lei decisa. "E lei signor Wakashimizu?" mi sentii gelare sul posto e la voce non volle sapere di lasciare la mia gola così mi vidi costretto ad annuire. Dopo il corso teorico in cui sentii una certa impazienza e una certa spavalderia invadermi vidi che Miki non sorrideva più tanto ma i suoi occhi brillanti mi fecero capire che non era per paura o per qualche assurdo ripensamento, era solo che stava prendendo coscienza del momento e lo stava assaporando fino in fondo. Al momento del decollo io già sudavo come un cammello e mi ero aggrappato alla panca così forte da farmi sbiancare le nocche... Miki invece restava tranquilla fra le mie gambe, con la testa appoggiata alla mia spalla.
Il tempo parve dilatasi, con il rumore del motore del piccolo aereo che diventava un ronzio di sottofondo, la pressione della salita che si alleggeriva e l'apparecchio che si allineava su un piano orizzontale del cielo... Ci vennero controllate le imbracature e poi...
Il delirio.
Il portellone di un metro per uno e mezzo si aprì e nell'abitacolo l'aria gelida rombò in modo persino doloroso per le orecchie... Andrè sparì oltre il portellone, Miki andò a sedersi nel vano per effettuare il salto ed io sentii le ginocchia tremare... Ci venne chiesto di nuovo se fossimo ancora intenzionati a saltare e lei sorrise annuendo con convinzione. Julyus le picchiettò sulla spalla ci fece un rapidissimo ripasso e poi attese che Miki prendesse posizione. Lei non esitò. Assaporata l'emozione di restare in bilico sul portellone alzò i pollici verso l'obbiettivo e si lasciò cadere nel vuoto... Dopo di lei saltai anch'io, chiudendo gli occhi per non vedere... Fino a quando mi resi conto che stavo galleggiando in aria... La sensazione era quella... Come quando si va ad una velocità folle con la moto e una gigantesca mano invisibile ti afferra... sgranai gli occhi e vidi che Miki mi aveva preso la mano e Oscar chiudeva il piccolo cerchio.
Stranamente non si aveva la sensazione che il suolo si stesse lanciando contro di noi a velocità folle... Era una sensazione indescrivibile, bellissima... Mi ritrovai con gli occhi pieni di lacrime...
Improvvisamente la caduta ebbe una specie di frenata e poco dopo udimmo lo schiocco del paracadute che si apriva... Contrariamente alle aspettative, anche il resto della discesa fu qualcosa di unico... Vedere il mondo come lo avevo visto dai libri di geografia, vedere i particolari ingrandirsi...
L'atterraggio fu perfetto ed io mi trovai a gridare di gioia pura, cercando di scaricare l'adrenalina che avevo in corpo. Mi resi conto che Miki stava gridando con me... La strisi in un abbraccio così violento che pensai di averle fatto male ma lei pareva non essersene accorta... E poi... Non so chi dei due prese l'iniziativa ma ci trovammo avvinghiati in un bacio che toglieva il fiato.

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 13 ***



MICAELA SALEMI

Quella sera l'appuntamento era a casa mia per le nove. Un buon orario, che permetteva a tutti di mangiare con calma e prepararsi per quella che sarebbe stata la più lunga notte finora sperimentata.
"Non ci credo!!!!! Lo avete fatto davvero?!?! Dove, come, quando e perchè!?!" gridò Jess iniziando a saltellare nel salotto come una cavalletta impazzita. Lothar e Raja sollevarono di scatto la testa dal loro libro mentre Ramon emise un sospiro rassegnato.
Come al solito Haruy era in ritardo e sebbene gli avessi detto che avrei aspettato lui per dare i dettagli della nostra impresa Jess mi aveva tormentata talmente tanto che alla fine glielo avevo confessato.
Dopo quell'esclamazione sentii uno sguardo di ghiaccio trapassarmi la nuca e voltandomi con discrezione incrociai gli occhi cerulei di Heinz. Pareva quanto mai infastidito ed io attribuii il tutto alla confusione che stavamo facendo. "Adesso basta Jess! Ti ho detto quello che volevi sapere, per i dettagli devi aspettare Haruy!" protestai, inconsapevole che quelle parole non solo fomentavano l'equivoco ma stavano facendo innervosire parecchio il king. Notai che Raja osservava di nascosto la scena, come se non sapesse cosa fare. Doveva avvicinarsi al gruppetto composto da me, Ramon e Jess o doveva restare al basso tavolino di legno a studiare con Lothar? A volte la sua indecisione sconfinava nel ridicolo. Perchè accidenti non faceva semplicemente quello che voleva, senza porsi troppi problemi su quello che gli altri potevano pensare? E con un leggero senso di colpa mi ritrovai a pensare che una pesona così cervellotica viveva indubbiamente male.
E su quel pensiero ne arrivò un'altro, in merito ad un modo di vivere davvero troppo libero. Jess mi aveva afferrata per le spalle e aveva esclamato "Scommetto che dopo quello la tua eccitazione era a livelli stratosferici... Lo hai messo sotto?" "Non dire scemenze! Non ho messo sotto proprio nessuno!" esclamai arrossendo. "Oh Miki! Siamo solo animali più evoluti, ma dopotutto siamo animali!" si difese lei. "Ragazze, non mi aspettavo certo di sentire certi discorsi fatti da voi! Delle creature così fragili ed eteree..." si intromise Ramon, per evitare che la questione degenerasse. "Oh avanti! non dirmi che voi non parlate di certe cose negli spogliatoi! Guarda che ho un fratello maggiore e so benissimo cosa vi dite! ho origliato infinite volte alla porta della sua stanza!" ammise la rossa con aria di chi la sapesse davvero lunga. Ramon arrossì un poco, imbarazzato. "Comunque non è piacevole quando lo dicono di persone che conosci!" si difese. "Vuoi dire che non hai detto a nessuno di aver visto me e Miki praticamente nude?" chiese lei. "NON eravamo nude!" gridai avvampando e vergognandomi ancora profondfamente per quell'episodio. Lothar sollevo di scatto il capo fissando Ramon con aria di gelido rimprovero.
In quel momento qualcuno suonò al campanello di casa e anche il ritardatario del gruppo ci raggiunse. Raja andò a riceverlo all'ingresso mentre Haruy la salutò con un sonoro bacio sulla gota che la fece arrossire e con disinvoltura appoggiò il suo casco sulla testa della giraffa portacd.
"Guarda che se me la decapiti me la ricompri!" protestai vivacemente mentre il ragazzo dai capelli neri ridacchiava. "Zitta, sei in debito in un infarto! Mi sono quasi cagato im mano l'altro giorno!" "Come puoi dire così? E' stata l'esperienza più meravigliosamente bella di tutta la mia vita!" protestai mettendo il broncio. "Meglio di quella cosa là non credo proprio!" incalzò Jess. "Ma ti si è scatenato l'ormone? Non scadere nel volgare!" la riprese Ramon. "Guarda che io non ho detto nulla, sei tu il maniaco che pensa subito male!" si difese lei. Raja sorrise timidamente poi andò a prendere di nuovo posto difianco a Lothar, sfiorando appena la sua spalla con la propria. Osservai per un secondo quel gesto e mi trovai a pensare che non era quello l'atteggiamento giusto per avvicinarsi al biondo capitano. O forse, chissà, che non fossero proprio la dolcezza e la timidezza le armi adatte a vincere la sua resitenza... "Ragazzi, quando io e Miki ci siamo lanciati nel vuoto... Ah, non so come descriverlo! Era adrenalina allo stato puro! E pensate che non mi sembrava nemmeno di cadere... Se quella fulminata me lo avesse detto non credo che l'avrei mai fatto ma mi ha messo davanti al fatto compiuto... Comunque... voglio rifarlo quanto prima! Anche perchè adesso che so bene cosa aspettarmi mi godrei diecimila volte di più ogni cosa!" stava raccontando Haruy entusiastissimo del lancio col paracadute che avevamo fatto.
Mi sedetti vicino a Lothar e gli sorrisi, senza dire nulla. "Se mi ammazzavi il portiere ci mettevo te fra i pali! Come accidenti ti è venuta un'idea del genere?!" ringhiò. "Se vuoi la prossima volta salto con te..." azzardai ma lui mi fulminò con lo sguardo prima di dire "Ragazzi, basta cazzeggiare! Siamo qui per preparare l'esame di letteratura francese."
Haruy e Jess sbuffarono ma presero posto al tavolo menre Ramon si sedette senza dire nulla e recuperò i libri dallo zaino.
L'insegnante di letteratura francese, era un ometto dalla figura fragile ed eterea, che pareva vivere in un mondo tutto suo e galleggiare a dieci centimetri sopra il suolo caplestato da noi gente comune. Aveva una carnagione pallida e i capelli scuri contribuivano a rendere ancora più 'fantasmosa' la sua figura, per non parlare poi degli inquietantissimi occhi grigi sempre un po' sbarrati, come se fosse costantemente in preda alle allucinazioni, ma l'apparenza era molto lontana dal suo vero io. Purtroppo a quel docente non sfuggiva proprio nulla ed era uno dei più infami dell'università, tanto che si era creata la leggenda che nessuno sutdente aveva mai passato al primo colpo un suo esame. Per nostra immensa sfortuna, letteratura francese, era un corso obbligatorio per tutti noi. Dopo due ore in cui si legevano poesie, e noi ci eravamo più o meno immedesimati e improvvisati poeti, e dopo che si erano lette, rilette e discusse una marea di volte le note esplicative del libro di antologia, nonchè passati a setaccio gli appunti presi alle varie lezioni Haruy iniziò a dare segno di insofferenza, perdendo concentrazione e iniziando a fare battute.
"Io non capisco perchè questi due omosessuali non hanno scritto quello che pensavano come lo pensavano, senza infiocchettarlo troppo con queste figure retoriche che creano solo casino! Come si fa a definire poesia qualcosa che ogniuno può leggere come vuole e dargli il significato che gli pare?!" sbottò. "Condivido! Ci vuole un break. Miki hai della birra?" approvò Jess. "Birra?! Qui dobbiamo studiare! S T U D I A R E e non ubriacarci!" ringhiò Heinz alzando di scatto la testa dal libro.
"Non fare il disfattista, tanto tu passerai, sei un tale secchione!" sospirò Ramon. "Io faccio solo il mio dovere, branco di asini! Ficcatevi in quel cervello che se volete restare in squadra lo studio non va trascurato!" il tono del tedesco era secco e sprezzante. "Oh Lottie come ti ci vedo bene con frustino e la fascia con la svastica al braccio!" cinguettò Jess sbattendo le palpebre in finta ammirazione verso di lui. "Io non sono un razzista arrogante! E ti ho già detto di non chiamarmi Lottie! E non me ne frega un accidente di quello che volete o che fate! A me interessa solo avere i miei giocatori in campo, pronti a fare il loro dovere, ma se questi due idioti si fanno bocciare..." scattò lui con gli occhi accesi dall'ira. Raja si ritrasse un po' spaventata. Io gli posai la mano sulla spalla. "Heinz, guarda che nessuno ha preso poco seriamente questa notte di studio. E' solo che una pausa ogni tanto ci occorre... Non tutti riescono a stare dodici ore filate sull'obbiettivo." cercai di calmarlo. "Io non sono un idiota! E sono stanco di sentirmi trattare come una merda da te!" sbottò a quel punto anche Haruy alzandosi di scatto dal tavolo. "Ragazzi per favore... Non esageriamo..." disse Ramon, che come sempre cercava di placare gli animi. "Taci tu che non fai altro che accomodare le situazioni! E' ora che qualcuno dica in faccia a quell'arrogante patinato che il suo modo di fare sta sulle palle a tutti! E che non ha lo straccio di un amico e la sola ragione per cui fa il capitano è che ha l'immensa fortuna di essere un talento naturale!" "Come osi?! Io mi sono allenato come un dannato per essere quello che sono oggi! Come diavolo ti permetti di sputare sentenze in questo modo?! Per caso il tuo cervello si è diluito nella lunghezza dei tuoi capelli?" ringhiò Heinz. Ecco, com'era prevedibile, la tensione nervosa per l'esame e forse anche per altro era alla fine esplosa a quel tavolo... Per un momento pregai che non dovesse essere la mia casa a farne le spese ma ben presto mi resi conto di una cosa... Se le cose non si sistemavano alla svelta l'intera squadra di calcio avrebbe risentito di questi dissapori...
"Haruy, stai esagerando..." si intromise di nuovo Ramon che all'improvviso si vide lanciato in faccia il succo di frutta alla pera che c'era nel cartone sul tavolo. Il ragazzo sbattè le palpebre confuso poi strinse con forza i pugni mentre Haruy se ne andava sbattendo la porta di casa e Lothar lo inseguiva con agilità.
"Oddio non si picchieranno adesso..." gemette Raja con gli occhi violetto spalancati dall'ansia. "Sono uomini e ragionano con l'istinto anzichè col cervello" sbuffò Jess picchiettando sulla spalla della ragazza per tranquillizzarla. "Vieni Ramon, Ti accompagno in bagno... Se ti togli la maglia te la lavo subito, così magari non si macchia..." "Si, grazie... Spero che Lothar lo gonfi di botte!" ringhiò con gli occhi ambrati carichi di rabbia. Io sospirai. "Fra quei due c'è qualcosa in sospeso, io spero solo sia la volta buona che definiscano le loro posizioni." sbuffai come se mi fossi trovata davanti a dei bambini dell'asilo.
Una volta giunti al bagno Ramon chiuse la porta alle sue spalle, impedendomi di uscire e mi fissò seriamente. Per la verità con viso imbrattato di succo di frutta aveva ben poco di serio, ma il suo sguardo mi costrinse a prestargli la massima attenzione. "Io credo che Lothar si sia preso una specie di cotta per te." esordì tranquillamente. "Io credo solo di aver smosso i suoi ormoni." ribattei altrettanto seria. "Miki... Proprio per via del carettere freddo, introverso e difficile di quel ragazzo io credo che dovresti dare molta più importanza a questa cosa." mi suggerì lui. "Cosa vorresti che facessi, scusa?" chiesi fissandolo intensamente. Lui abbassò lo sguardo. "Non lo so... e' che per quanto sia... Indisponentemente antipatico... Non voglio che soffra..." "Non mi piace distribuire sofferenza gratuita. Però non posso e nemmeno voglio nascondere la naturale intesa che c'è tra me e Haruy perchè qualcuno potrebbe fraintendere o perchè questa cosa potrebbe dare fastidio. Non mi piace indossare maschere, me ne attribuiscono già troppe." ribattei. "E' una situazione del cavolo" sospirò lui lavandosi il viso. Osservai in sulenzio i muscoli della sua schiena, il loro giuzzare sotto la pelle ambrata e per un momento mi parve di vedere qualcosa di diverso. Non l'accomodante Ramon, che faceva sempre da pacere ma un ragazzo dotato di una grande forza e di un grande equilibrio interno. Un uomo maturo. Possibile che le tensioni dei suoi muscoli mi lascessero intendere proprio quello? Forza composta, trattenuta, incanalata e dominata dalla ragione. Chiusi gli occhi e mi appoggiai al legno della porta. "Sei stanca?" chiese lui pochi istanti dopo. "No, stavo solo pensando... Che adesso dobbiamo davvero concentrarci sullo studio. Non voglio essere stampata all'esame di domani."

Erano le quattro di notte quando chiudemmo anche l'ultimno libro. Il nostro destino era nelle mani del fato e Jess lo fece notare teatralmente per poi esclamare "Raja! Perchè non ci fai le rune? Tu sei bravissima in queste cose, ci prendi sempre!" "Cosa sono le rune?" chiese Ramon sospettoso. "Rituali magici!" esclamò Jess allegra e carica come se fosse tarda mattinata e non notte fonda. Io guardai l'altra ragazza che sorridendo appena fece un cenno di approvazione. "Non è pericoloso?" chiese Ramon ancora diffidente. "Ma no! Non è mica una seduta spiritica! Però se ti fa stare meglio ti terrrò fra le mie braccia!" lo tranquillizzò Jess con un abbraccio che lo spiazzò non poco.
"Ti servono le candele Raja?" chiesi iniziando a raccogliere dal tavolo tutti i libri che vi giacevano sopra. "Se hai quella al profumo di gelsomino... Mi aiuta a rilassarmi." "Ma certo!" dissi andando a prendere quanto richiestomi. Ramon ci fissava sempre più sospettoso e diffidente. "Raja, visto che abbiamo fra di noi un miscredente che ne dici di partire prima da lui?" proposi allegra. Lei annuì e sorrise al ragazzo mentre estraeva dal suo zaino un sacchetto di panno nero in cui si sentivano tintinnare dei sassolini... Padron, dei cristalli!
"Pesca tre pezzi a caso dal sacchetto, con la mano sinistra..." disse lei tendendo il sacchetto a Ramon. "Posso mischiarle prima?" chiese lui dubbioso. "Si. Non c'è problema." riconobbe lei. "Aspettate, che cosa chiediamo?" chiese Jess incrociando le dita sotto il mento e socchiudendo gli occhi con aria felina.
"L'esito dell'esame. e' la cosa che piùmi preme in questo momento!" ribattei seria e attenta. "Uffa... Ed io che volevo chiedere dell'amore..." "L'ho detto che hai l'ormonella sballata..." sbuffai mentre Raja ridacchiò e le assicurò che avrebbe fatto un giro anche su quello.
Ad un tratto il cellulare di Jess fece un suono stranissimo... Pareva l'ululato di un lupo. "che diavolo è?" chiese RAmon sul chi vive. Tranquillo, è Ryan che mi messaggia. Deve aver finito la sua esibizione..." "Chi è Ryan?" chiese il ragazzo perplesso. "Un ragazzo con cui sto uscendo. E' un cantante Rock... Prima o poi ve lo presento e andiamo a vederlo suonare... E' strafigo ma a volte è un po' l'uomo cozza." disse lei prendendo il cellulare e andando a leggere il messaggio. Poi fece una faccia strana. Ramon chiese a Raja cosa significava uomo cozza. "Allora, ci sono diverse tipologie di uomini con cui esci. L'uomo zerbino è quello che farebbe di tutto per te e che alla fine dimostra di non avere un grammo di spina dorsale. Poi c'è l'uomo piovra ed è quello che ancora non sei salita sulla sua macchina e già sta allungando le mani. L'uomo cozza è quello che ti si attacca addosso come una cozza allo scoglio e vuole sapere anche quando respiri. Poi c'è l'uomo gatto che è quello che si arruffiana le tue simpatie e intanto si fa bellamente i suoi comodi..." "Credo che questa diventerà una serata davvero costruttiva per me!" ridacchiò Ramon "Allora ragazzi, sentite qui che mi scrive... Smonto adesso dalla serata al pub. Successone e ragazze a frotte, ma nessuna paragonabile a te... Adesso mi berrò un po' di champagne e mi mangerò delle fragole tutto da solo... quando mi farai compagnia? Un bacio dovunque tu voglia..." lesse Jess con gli occhi brillanti di malizia. "Com'è dolce e carino!" esclamò Raja con gli occhi brillanti e un po' sognanti. "See.... Beata innocenza!" sbuffò Jess. "Gli rispondi?" chiese Ramon. "Certamente! Miki, che suggerisci?" "Sii piccante ma mantienila sullo scherzo, così puoi sempre fare marcia indietro!" suggerii. Jess sorrise bieca. Ramon ci fissò a turno, ormai consapevole di essere finito nella nostra tana. Dopo un po' di suoni vari Jess disse "Ecco fatto... Sentite se va bene!" e dopo un po' di cosultazioni il messaggio che venne impostato suonava piùo meno così...
"Di poesie d'amore platonico ne ho saturo il cervello... Se avessi a disposizione fragole e champagne non li sprecheri di certo per un fai da te... Comunque, ti concedo di sognarmi fino al prossimo incontro... Attento, quel bacio potrei davvero volerlo in un posto inimmaginabile!"
"Raja, tappati le orecchie che tu non sei come queste due...Iene!" riconobbe Ramon. "Moi?!" sbottammo all'unisono io e Jess per poi ridere allegramente. Qualcuno bussò alla porta di casa e mi chiesi chi fosse il pazzo ad essere ancora in giro alle cinque meno un quarto della mattina. Andai ad aprire e mi ritrovai davanti Haruy. La sua espressione era un po' abbattuta e un po' seccata. "Vi siete chiariti?" chiesi facendolo entrare. "Indubbiamente. Mi ha sospeso dalla squadra." annunciò rigido. "Come?" esordì incredulo Ramon. Io sgranai gli occhi e non avendo nulla da dirgli, perchè capivo bene che le parole in quel momento non servivano a niente gli presi la mano nella mia.
"Ragazzi, ho bisogno di una mano... Non ho studiato nulla e non posso certo dare l'esame domani... Anche se a questo punto una bocciatura non cambierebbe proprio niente." ammise Haruy stringendo più saldamente la mia mano. E così, per spirito di amicizia e di solidarietà riprendemmo in mano i libri e continuammo a studiare, bevendoci ettolitri di caffè.

Ci trovammo tutti tranne Heinz, in mensa il giorno dopo. Avevamo delle facce da fare spavento ma le impressioni a caldo e generali che ci scambiammo su quel compito furono positive. Sicuramente il fatto che l'infame avesse poi optato per un test scritto ci era stato di grandissimo aiuto perchè con lo stato di rintronamento che avevamo in una prova orale la lingua si sarebbe fin troppo spesso aggrovigliata. Cercai per qualche tempo la testa bionda di Lothar ma non riuscii a vederla e alla fine mi arresi a non poterci scambiare nemmeno una parola. Certo che non mi sarei mai aspettata che il king mettesse fuori il miglior portiere del campionato solo per uno scontro verbale un po' troppo acceso... Cosa accidenti c'era sotto? Che fosse geloso di Haruy? L'idea era così ridicola che l'accantonai subito. Figuriamoci se mister vivo per la palla poteva solo pensarla una cosa del genere! Se glielo avessi detto mi avrebbe fatta internare come pazza! "Ragazzi, io vado a dormire... non ce la faccio più a tenere gli occhi aperti..." pigolò Raja alzandosi dal tavolo. "Vengo anch'io. Sono devastato" approvò Haruy seguendo la ragazza. Ramon si era addormentato al tavolo appoggiando il mento sul dorso della mano e Jess lo stava fissando intensamente. "Però... Non avevo mai notato quanto fosse carino in realtà. Di solito non lo si osserva a lungo perchè pare un tipo molto comune e gentile." mi disse ed io mi ritrovai a fissare com più attenzione le linee di quel viso. Pulito. Era il termine che rendeva meglio l'idea. "Si è molto carino... Ma ho assolutamente bisogno di un caffè... Macchiato caldo per te?" "Si, grazie..." sorrise lei.
Ero in coda al bar quando sentii un profumo molto familiare e una presenza alle mie spalle. Mi voltai e riconobbi subito Heinz, anche se avrei dovuto svegliarmi molto prima dati gli urletti che molte ragazze stavano facendo per attirare la sua attenzione. "Hai qualcosa da ridire?" chiese lui duro e sprezzante. "Dovrei?" ribattei altrettanto dura. Lui parve spiazzato ed io lo lasciai macerare un altro po' nel suo brodo. "Heinz... Se Haruy ha passato l'esame con un voto sopra il venticinque perchè non annulli la sospensione?" chiesi alla fine. "Se chiederà scusa ci potrei pensare." rispose lui. "Un soldato da solo non fa la guerra... Le sue scuse in privata sede e un voto sopra il venticinque: il tuo orgoglio si deve accontentare. Lui è il migliore in porta, lo sai anche tu. Se non gioca non otterrete l'ottimo risultato avuto fin ora." "Dannazione lo so benissimo! Ma ci sono regole che devono essere rispettate e sulle quali non transigo! Se lo facessi anche una sola volta perderi credibilità. Non posso permettermelo!" "Eravate tutti e due molto tesi per questo esame... Avete detto cose che non pensate davvero, ne sono sicura... E poi, non le ha sentite nessuno..." mi parve di sentirlo sospirare e la sua espressione si ammorbidì un po'.
"Immagino che per vincere il campionato i sacrifici da fare non siano solo in termini fisici di sudore a fatica... E sia. Ma non un punto sotto il venticinque!" ribattè allontanandosi dalla fila. Mi ritrovai a sorridere... Lothar era davvero incomprensibile... si era messo in fila solo per parlarmi? Ma il suo cervello non poteva essere un po' meno complicato? E pensare che avevo sempre creduto che gli uomini fossero prevedibili, scontati e facili da gestire!

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 14 ***



JESSIKA KREUZ

"Raja! Come accidenti pretendi di conquistarlo un uomo se ti metti addosso robaccia simile?!" sbraitai non appena notai cosa indossava la ragazza sotto alla giacca a tre quarti. Miki scosse la testa con aria rassegnata e si sedette sul mio letto, incrociando le gambe come se fosse un'indiana. "Bhe, lei ha detto che non si sente a suo agio con abiti troppo aggressivi..." fece notare la ragazza dai riccioli scuri tirando fuori dal suo zaino la trousse per mettersi a posto le unghie.
"Certo! Raja si sente a suo agio solo col saio!" sbuffai spalancando l'anta del mio armadio e cercando qualcosa di più consono da prestare alla mia amica. "Ma perchè? Io penso di essere carina così... E poi... Ryan non è il mio ragazzo..." si difese la ragazza dagli occhi violetti. "Ma sei scema o cosa? Questa frase la può dire Miki, che dati i rapporti venutisi a creare fra Haruy e Lothar è sicuro che il primo stasera nemmeno si farà vedere... Ma tu... Insomma! Lottie ti interessa, no? E allora datti da fare e seducilo!" sbottai esasperata. Quelle due facevano a gara ad essere più torde una dell'altra! "Ma io non vorrei che lui mi fraintedesse e pensasse che io... Sia un ragazza poco seria..." "Oh scusa, vorresti forse dire che io mi vesto come una zocco..." "Jess! Sai bene cosa intendeva Raja!" si intromise Miki riportandomi entro gli schemi e facendomi intendere che le mie parole avevano messo Raja in una posizione difficile. Sbuffai riprendendo "Non sono arrabbiata per quello che hai detto... So che non lo pensi veramente ma per favore! Non possiamo andare in un locale dove suonano Rock dal vivo con una camicetta bianca dai polsini ricamati e un paio di pantaloni blu..." mi lagnai.
"Jess perchè non pensi a cosa mettere tu? Sei ancora in accappatoio!" mi fece notare Miki "Ma io ho già deciso! Sono tre giorni che ho i vestiti pronti!" esclamai tutta contenta. "Bene. Quindi ci pensi tu a truccarmi questa volta?" chiese la ragazza dagli occhi azzurri memore del disastro che aveva fatto l'ultima volta con il mascara... A momenti non si cavava un occhio!" "Ma certo stella! E adesso convinci Raja a togliersi quella vergogna che io finisco di asciugarmi i capelli!" Miki fece spallucce poi osservò Raja e disse "Senti... ti ricordi com'eri vestita la sera che abbiamo conosciuto Heinz e gli altri?" "Certo... Non potrei mai dimenticarmi quella sera!" "Bene... Ti pare di poter paragonare quegli abiti a quello che indossi?" chiese di nuovo la ragazza mentre soffiava sulle unghie laccate di fresco. Raja parve riflettere un po'. "Jess... Mi daresti qualcosa di più... Provocante?" chiese la ragazza dai capelli biondi con un lieve rossore sulle gote. "Alla buon ora! Scegli quello che vuoi!" le dissi facendo un teatrale gesto verso l'aramdio poi feci cenno a Miki di seguirmi.
"Senti... Ma Lothar e Haruy ancora non si parlano?" indagai curiosa. "No. Dal momento che Wakashimizu non ha fatto le sue scuse al King lui non lo ha fatto giocare nella partita di campionato, col risultato che quella sfida l'hanno persa... E adesso si incolpano a vicenda di quella sconfitta." "E tu? Non puoi vedere di sbloccare le cose?" "E in che modo, scusa? Credi che io abbia la bacchetta magica?" "Potresti parlare con Lothar... Sembra che a te se non altro dia ascolto..." "Credi che non ci abbia provato? Ha persino smesso di venire a posare per il mio quadro accusandomi che volevo impiegare quel tempo per plagiarlo circa l'atteggiamento che doveva tenere con Haruy!" ammise lei corrugando la fronte piuttosto seccata. "E tu?" chiesi curiosa. "Gli ho dato dell'imbecille al cubo e gli ho detto che poteva fare come cavolo aveva voglia." Sospirai pensando che De La Rose aveva un carattere inversamente proporzionale alla sua bellezza. "E Haruy? Ha detto qualcosa?" "Per la verità mi ha segato le gambe in partenza, sostenendo che lui era più che pronto a scusarsi e a riconoscere i suoi errori a patto che il king facesse altrettanto." "Faceva prima a chiederti la luna..." riconobbi.
Dopo qualche attimo di silenzio in cui mi stavo raccogliendo i capelli sul capo in ciocche messe in un disordine studiato gli dissi "Se tu preferisci uscire con Haruy stasera..." Miki sospirò e scosse il capo. "No. Sia io che lui abbiamo bisogno dei nostri spazi. Non voglio rinunciare una serata con i miei amici perchè nel gruppo c'è qualcuno che a lui non va. Se non è abbastanza maturo da capire che può parlare con le altre quattro persone presenti allora può starsene da solo per una sera o fare quello che gli va." "Ma voi state insieme? Non è che si sia capito bene..." "Non stiamo insieme. C'è una grande intesa fra di noi e un'affiatamento fantastico, ma non sento cori di angeli e non cammino due metri sopra la terra qualdo sono con lui." riconobbe lei. "Te lo avevo detto che facevi bene ad accettare la corte di Remy! Nessuna complicazione con i tuoi amici..." "Si, ma un sacco di paranoie psicologiche e magari se lo scopriva la moglie anche un bell'occhio nero!" ridacchiò lei raggiungendo Raja di la. "Miki, quando lo hai finito... Posso averlo io il quadro che ritrae Lothar?" chiese Raja con le gote rosse dall'imbarazzo. La ragazza sbattè le palpebre presa in contropiede. "Per la verità il quadro finito volevo darlo a Lothar... Dato che è lui il modello, ritengo giusto che ci faccia quello che vuole... Però se vuoi posso darti la migliore bozza preparatoria... " Pensai che Miki era davvero una ragazza in gamba e che trovava quasi sempre il modo per accontentare tutti. A volte le invidiavo quel suo equilibrio interno... Io ero molto più caotica e confusionaria... Mi chiesi anche come facesse riuscire a vedere Lottie come un semplice amico quando se lo trovava mezzo nudo davanti... Io di sicuro non avrei tenuto le mani a posto!

Come sempre a prendere la macchina fu Miki, perchè era quella che non aveva problemi a guidare anche in mezzo al traffico o per strade sconosciute. Raja infatti quando si decretava ufficialmente che ci si era perse si metteva a piangere e non riuscia più a guidare mentre io il più delle volte avevo un tasso alcolico tale che se ci avessero fermato ci avrebbero schiaffato tutte e tre in cella per la notte...
Fummo le prime ad arrivare al locale, e anche se non avevamo problemi di posto dato che Ryan ci aveva riservato una prenotazione, mi sentivo un po' tesa e impaziente di far vedere il ragazzo alle mie amiche. Non che cercassi la loro approvazione, anche se la cosa mi avrebbe fatto indubbiamente piacere, ma volevo vedere che impressione faceva a loro...
Sorrisi a Miki quando si tolse la giacca che indossava e ritenni che la mia amica un po' dark lady infondo lo era. Aveva indossato una minigonna nera cortissima, tanto che quando si sedeva doveva per forza accavallare le gambe, un paio di scarpe col tacco a spillo di metallo e un cinturino pieno di spille da balia che si feramva alla caviglia, collant neri e una maglietta con il seno sagomato e la schiena e le maniche di rete. Si era dipinta le unghie di nero e le sue dita parevano più affusoalte che mai mentre i gioielli in argento brillavano ammiccanti sulle dita, nella fossetta del collo e alle orecchie. Anche il trucco era semplice, Eyeliner e mascara nero e labbra un rosso cupo ma lucido e brillante. Subiva quello che io chiamavo 'effetto notte' in modo sorprendente. Forse perchè di giorno non aveva mai un filo di trucco e portava quasi sempre i capelli legati. Raja si osservava intorno, valutando l'ambiente e cercando di confondersi con esso. Alla fine anche lei aveva indossato un mio vestito sul genere della longuette con un ricamo floreale di perline nere e strass. Stava indubbiamente molto meglio e dopo il primo attimo di imbarazzo pareva essersi un po' sciolta... Comunque il resto lo avrebbe fatto l'aperitivo supermegalcolico che avevo intenzione di offrirle! Ah, già stavo dimenticando di dire com'ero vestita io... Eheh... Se Ryan non mi fosse saltato addosso avrei avuto la prova che la sua sessualità era messa molto, molto male! Avevo recuperato un paio di jeans che definire tali era davvero eufemistico... Parevano essere stati contesi da un branco di lupi famelici e poi calpestato da una mandria i bisonti e infine essere cascati nella candeggina! Per fortuna avevo indossto il perizoma perchè sennò a vedersi non sarebbe stata la mia chiappa ma le mie mutande! Sopra poi mi ero messa un corpetto giallo canarino pieno di bottoni e avevo compeltato il tutto con una sciarpa di chiffon nera che legata dietro mi arrivava fino alla vita. Ovviamente ai piedi stivali da cowboys!
Lothar e Ramon arrivarono più tardi. Stentai a riconoscere il primo. Era da stupro! Si era legato i capelli in una coda bassa sulla nuca da cui ciocche più corte sfuggivano ed incornicivano il bel viso. Gli occhi cerulei erano più freddi che mai, sembravano quelli di un predatore e indossava una camicia nera lasciata leggermente aperta sul petto e un cordoncino di caucciù si fermava alla base del suo collo sottolineandone l'eleganza e la grazia.
Ramon invece aveva indossato una canotta a collo alto e senza maniche che evidenziava ogni singolo muscolo del suo torace perfettamente scolpito e aveva avuto la mia stessa idea, indossando jeans stracciati, solo che i suoi si limitavano al ginocchio. Certo che con quei pantaloni neri così aderenti attirava molti sguardi su di se. In tutto quel nero poi erano gli occhi ambrati a risaltare come pietre preziose.
Prendemmo posto al tavolo e tra di noi scese una specie di tensione palpabile... Niente che un po' d'alcol non potesse sciogliere pensai con entusiasmo! " Che cos'è?" chiese Raja sospettosa quando il cameriere portò le ordinazioni che per evitare ogni disguido ero andata personalmente a fare al bancone. "Non preoccuparti tesoro! E' buonissimo, fidati!" declamai con un sorriso incoraggiante.
Miki prese la cigliegia sciroppata che faceva da guarnizione e mi fissò con aria di rimprovero. In effetti non era così semplice mettere nel sacco la pittrice! Lottie osservò il suo coktail azzurro con aria poco convinta e spostò lo sguado su quello verde di Ramon. Dall'espressione che gli si dipinse in volto era palese che nemmeno quello era di suo gradimento. "Senza offesa Jess, ma qualcosa dal colore più sobrio non c'era?" si decise a chiedere. "Oh, ma come la fai lunga! Non sai che nella vita bisogna sperimentare?" ribattei prendendo un sorso della mia margaridas alla fragola.
Cosa potevo dire? Il mio piano geniale di far procedere la serata verso l'ubriacatura di massa aveva dato ottimi frutti e quando Ryan salì sul palco tra di noi l'unica sana era Miki che dopo il primo aperitivo si era limitata a lemonsode...
"RYAN SEI BELLISSIMO!!!!" un gruppo di sgallettate aveva iniziato a gridare incitamenti al cantante che nei limiti del possibile le ignorava e continuava a guardare me, come se volesse chiedere scusa. Dal canto mio mi godevo lo spettacolo di lui che a torso nudo e pantaloni di pelle nera cantava e dominava la scena sul palco. I suoi capelli di un improponibile color ciclamino erano stati abilmente raccolti a ciocche appuntite e i suoi occhi di un verdeacqua stupendo erano evidenziati dalla matita nera e dell'ombretto rosa.. si, forse il fatto che avesse anche le labbra pitturate di nero era un po' eccessivo ma a me piaceva da impazzire e quando un po' di gente si radunò sotto il palco per ballare mi alzai anch'io per imitarli. "Andimo Miki!" dissi allegra, dando per scontato che comunque Raja non ci avrebbe seguite.
Ryan mi riconobbe immediatamente e quando le note della canzone successiva divennero più calde e melodiche allungò una mano e mi fece salire con lui sul palco per ballare quel lento... Bhe, in effetti diedi spettacolo perchè per via della mezza sbronza ero comunque molto audace e disinibita... e ben presto con ai gridolini del pubblico femminile si aggiunsero anche i fischi di approvazione del pubblico maschile.
Carica per la bellissima piega che stava prendendo la serata, lanciai uno sguardo verso il tavolo dove notai che erano rimasti solo Raja e Ramon... Per un momento pensai che Lothar se ne fosse andato ma lo vidi poco dopo, immobile come una colonna di marmo, con le spalle appoggiate al muro che fissva Miki ballare in mezzo alle altre persone... Pensai che fosse proprio un cretino fatto e finito! Mandai un bacio con la mano al cantante e raggiunsi Miki. "Ascolta qui fa un caldo che si soffoca... Perchè non ci spostiamo un po' più in fondo per ballare?" "Pensavo preferissi stare vicino a Ryan..." mi disse lei "Tanto ci raggiunge dopo! Dai andiamo!" la incoraggiai prendendole la mano e facendomi largo fra tutti quei corpi che si dimenavano a ritmo di musica raggiunsi il bancone. "Bevi?" chiese lei addocchaindo con aria maliziosa i cubetti di ghiaccio. Effettivamente anch'io volevo qualcosa di fresco. "Si, ma basta alcolici... Non vorrei esagerare..." dissi pensando che dopo con Ryan avrei bevuto ancora. "Ok!" disse lei facendomi l'occhiolino e si avvicinò al bancone per attirare l'attenzione del barista.
Qualche minuto dopo mi cinse le spalle con un braccio e avvicinò la bocca al mio orecchio "Se balliamo sul pianale di legno del banco ci offre da bere gratis... Ci stai?" chiese con lo sguardo di chi in realtà ha già deciso. Sorrisi pensando che a Lothar sarebbe venuto un attacco di cuore... Un istante dopo il barista, un ragazzo con i capelli rasati e un paio di piercing nel sopracciglio afferrò Miki per i fianchi e la mise sul bancone, io la seguii a ruota.
"Che figata! Qui si che si riesce a ballare!" esclamò lei iniziando subito a muoversi a ritmo di musica. Le note parevano ruggire dentro di noi e come sempre avevamo un'intesa perfetta così che raramente ci accadeva di intralciarci nei movimenti.
Ad un tratto la misica si interruppe per poi ricominciare quasi subito , ma questa volta con toni ben diversi. Si capiva che si era passati dal suono vivo della diretta a quello più impostato della registrazione in sala prove... La canzone che trasmettevano era una delle ultime uscite e chi la cantava era una ragazza di colore dalla voce calda e profonda... Io e Miki inziammo a 'strusciarci' in modo delibaratamente provocante e forse un po' troppo sensuale ma quello che accadde non me lo sarei mai aspettato: Lothar Heinz De La Rose aveva raggiunto il bancone.
Sollevò le sue braccia e agganciò la vita di Miki per poi riportarla a terra con uno sguardo che avrebbe congelato anche il Polo Nord. Lei inclinò la testa di lato. Gran brutto segno... Quando Miki faceva così era perchè stava studiando la persona che aveva davanti e nella maggior parte dei casi centrava il punto della situazione con parole che definire taglienti era eufemistico.
Ahi, ahi... La serata si sarebbe movimentata fin troppo!

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