Nebbia e Nuvole

di Hao49
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nebbia e Nuvole ***
Capitolo 2: *** Stai con me ***



Capitolo 1
*** Nebbia e Nuvole ***


Nebbia e Nuvole

Il fumo che sale dalla tazza di tè, la tranquillità del suo giardino in stile giapponese e il suo uccellino che, nonostante l’età, era pieno di forze e continuava ad intonare l’inno di Nanimori.
Hibari era appena tornato da una missione e ora si stava godendo la sua meritata pace; Kusakabe sapeva che non doveva disturbarlo così come tutti quelli che lo conoscevano, tranne uno.     
La sua risata e l’espressione satanica di cui era capace gli affollavano la mente: doveva calmarsi.                     
Buttò il tè, ormai freddo, in giardino e tornò nella sua stanza, anche per ripararsi dal freddo della prima sera.
In camera lo sorprese una risata che fin troppo bene conosceva, un tonfa nero volò in direzione del proprietario di quella risata che ovviamente lo evitò, mandando su tutte le furie Hibari                                         
- Kufufu, kufufu, oya, Hibari. È questo il modo di trattare gli ospiti?- chiese sarcastico il ragazzo uscendo dalle tenebre e rivelandosi per quello che era: Mokuro Rokudo.                                                                                         
Il guardiano della nebbia del X° boss dei Vongola, l’uomo che odia di più e che, come se nulla gli importasse di questo, continuava a stuzzicarlo.                                                                                                                                               
– Quelli indesiderati si e tu lo sei, quindi … o te ne vai o ti morderò a morte- gli rispose Hibari dandogli le spalle.
Mokuro approfittò di quell’attimo per cingergli la vita con un braccio e il collo con l’altra mano
- Lasciami maledetto Mokuro- l’espressione di Hibari cominciava a dare segni di insofferenza, ma, nonostante ci provasse, non riusciva a liberarsi dalla presa di Mokuro.
Il ragazzo dalla lunga coda di cavallo blu stringeva come se volesse spezzare il collo ad Hibari, ma non era quella la sua intenzione.
Veloce, per non dare modo alla sua preda di liberarsi, lo fece voltare verso di lui e lo baciò.
“Strafottente ed impertinente” pensò Hibari non cedendo alla pressante e prepotente egoistica richiesta di Mokuro che si staccò molto deluso.
- Uhm,non mi puoi lasciare con l’amaro in bocca dopo tutto questo tempo- affermò la nebbia, con quel ghigno che aveva perennemente stampato sulla faccia e che tanto dava fastidio a Hibari, liberando le nuvole che lo guardarono storto ed interrogativo
- Che cazzo intendi, erbivoro?!- riuscì finalmente a dire Hibari, togliendosi la cravatta, prima di finire di nuovo preda della labbra di Mokuro che lo avevano colto di sorpresa
- Sono 12 anni che aspetto questo momento- cominciò il guardiano della nebbia – Ho intenzione di farti mio, Hibari Kyoya- sussurrò all’orecchio del diretto interessato che per tutta risposta gli sferrò un destro con tutta la potenza che aveva.
Il labbro inferiore dell’illusionista cominciò a sanguinare copiosamente, lui si asciugò il sangue con il dorso della mano, si voltò e fece per andarsene, ma venne fermato dalle parole dell’altro
- Ehi, il tonfa- gli disse Hibari indicando l’arma in un angolo della stanza.
Mokuro la prese e la restituì al legittimo proprietario, cadendo in trappola come un pollo.
Hibari prese l’arma, gliela puntò alla gola e gli serrò le mani dietro la schiena, sbattendolo contro la porta.
Il colpo stordì per un attimo Mokuro, ma fu soprattutto la sorpresa ad impedirgli di muoversi: Hibari dopo averlo bloccato gli aveva restituito il bacio senza troppi complimenti.
Non che non gli piacesse ma essere preso in giro a quel modo gli dava un fastidio tremendo, si liberò in pochi attimi dalla presa del moro e lo scaraventò sul letto (preventivamente disarmandolo) togliendosi la giacca  e avendo la testa impegnata in un solo pensiero: “TE LA FACCIO PAGARE CARA, QUEST’OFFESA”.
Si sedette a cavalcioni su gli lui sfilandogli giacca e camicia prima che se ne rendesse conto. Gli portò le mani sopra la testa  e strinse i suoi polsi insieme e, con la cravatta che aveva recuperato da terra, fece un nodo talmente stretto che fece sussultare di dolore Hibari [combinazione quasi impossibile, sussultare\gemere – dolore\piacere – Hibari di solito non stanno insieme] e, dopo avergli aperto a forza la bocca, lo baciò con foga e passione allo stesso tempo, costringendo la sua lingua a seguire la propria in un duello che aveva perso in partenza.
Certamente Hibari non stette a subire senza fare nulla. Cercò di divincolarsi, ma tutto fu inutile. Mokuro aveva messo tutta la sua prestanza fisica, nettamente superiore a quella di Hibari, nel non farlo muovere e anche con tutte le sue forze lui non riusciva a divincolarsi da quella posizione. Impossibilitato a qualunque movimento, ad Hibari non restò altro che cercare di non dare soddisfazione a quell’erbivoro sopra di lui che di certo avrebbe pagato caro questo affronto.
Mokuro fu molto felice di vedere l’espressione d’odio che il moro aveva assunto. Se non poteva averlo con le buone allora sarebbe ricorso alle cattiva anche a  costo di farsi odiare dalla persona che più ama al mondo
- La persona che mi ha dato la forza di sopravvivere all’inferno dei Vindice – si lasciò sfuggire in un sussurro forte abbastanza da essere udito solo dal guardiano della nuvola, che rimase stupito dalle parole e dalle lacrime che sfuggivano al rigido controllo di Mokuro; il quale accortosi del patetico spettacolo che stava mettendo su di fronte a lui, si asciugò le lacrime, slegò Hibari e si appoggiò sul suo petto come un bambino sul seno della madre.
Hibari non ci rifletté neppure accarezzò quei capelli blu mare e quelle guance pallide, poggiando una mano davanti agli occhi dell’illusionista come a nascondere la debolezza del compagno agli occhi del mondo.
Mokuro gli fu grato del gesto e lo baciò un’ultima volta, bacio al quale Kyoya non si sottrasse.
 
  
 

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Capitolo 2
*** Stai con me ***


Stai con me

Mokuro e Hibari rimasero in quel modo per un po’, poi Mokuro si alzò, accarezzò una guancia di Hibari e se ne andò.
Non si videro per una settimana.
Una settimana in cui Hibari non fece altro che pensare a quella sera e alle parole che Mokuro gli aveva rivolto, parole che non erano ironiche come suo solito, ma parole che si potevano definire veritiere. Più ci pensava, più capiva che doveva chiarire ciò che il suo corpo sapeva ormai da tempo, ma che la sua mente, e più di tutto il suo orgoglio, si rifiutava di accettare.
Inevitabilmente la mente tornò a quando, appena rientrato da una missione, aveva trovato l’illusionista e due Vindice nello studio di Sawada. Ovviamente aveva indossato la sua solita maschera di freddezza , ma nel profondo, molto nel profondo, era contento di saperlo libero.
Dopo quella sera aveva piano piano compreso il motivo di quella felicità, ma aveva bisogno di una conferma senza possibilità di smentite.
Si diresse verso il salone incontrando durante il tragitto Reborn e Sawada impegnati in un’animata conversazione. Li salutò con un cenno del capo al quale risposero in maniera diversa: Reborn con il movimento del cappello e Sawada con uno dei suoi soliti sorrisi. Ripensò che proprio per quel sorriso che aveva sempre stampato sulla faccia in passato lo odiava, ma andando avanti nel tempo aveva cominciato a rispettarlo come capo; per quanto riguarda l’altro aveva sempre provato una stima profonda verso di lui.
Li superò velocemente entrando nella grande sala dove scorse una testa ad ananas che sbuffò e si alzò per andare a posare il libro e per uscire.
Ma Hibari bloccava la porta e non aveva intenzione di spostarsi almeno fin quando non avrebbe chiarito la situazione con il guardiano della nebbia
- Sono giorni che mi eviti-
- Non sono tenuto a vederti tutti i giorni e poi ero in missione sono tornato ieri, puoi chiedere al Boss se non mi credi –
La risposta di Mokuro era spavalda come sempre e, come sempre, diede un gran fastidio ad Hibari, che però mantenne la calma per dedicarsi completamente alla conversazione
- Non c’è bisogno. Ora sei qui e parli con me –
- E di cosa dovremmo parlare noi due scusa?-
- Una settimana fa sarebbe l’argomento ideale-
Al solo ricordo di quella sera Mokuro divenne paonazzo e s’affrettò ad abbassare lo sguardo, non voleva. Oggi poteva anche  farsi picchiare da Hibari, sarebbe stato meglio tutto, tranne parlare di quella sera. Così decise di andare per il sottile
- Cosa vuoi che  ti dica. Che sono innamorato di te? Che è solo grazie al fatto che mi ero sempre illuso di poterti rivedere quando ne avevo voglia se sono sopravvissuto in quel penitenziario? O che vorrei fare l’amore con te? Perché la risposta a tutte queste domande è si –
Hibari rimare di sasso a sentire tutto quello che si era immaginato direttamente dalle sue labbra. Tutto, o quasi
- Voglio sapere perché. Perché proprio di me?-
La domanda lasciò Mokuro a bocca aperta, che cercò il coraggio e le parole per rispondergli
- Il perché … il perché non lo so neppure io. So solo che da quando ti ho avuto di fronte per la prima volta, ho provato una sensazione che non conoscevo. In prigione quando il mio pensiero correva alle nostre battaglie, quando correva a te, niente mi sembrava più un inferno del non poterti vedere e non tramite un corpo fittizio ma attraverso i miei veri occhi- fece un sospiro e si diede coraggio per affrontare l’ultima parte – Ma ti ricordo che tu mi hai rifiutato, anche se durante l’ultimo bacio che ti diedi mi lasciasti divertire un po’. Il tuo rifiuto ancora mi brucia perciò non tornare più su questo argomento-
Hibari a quell’ultima affermazione scoppiò. Un colpo sferrato in pieno volto con un tonfa ed un calcio allo stomaco presero di sorpresa Mokuro e lo fecero piegare in due dal dolore.
Hibari c’era andato giù pesante. Anche se erano solo due colpi ci aveva messo gran parte della sua potenza ed ora lo guardava con un’espressione di compassione, ma anche di odio.
Rise, Mokuro, per una volta una risata normale. Rise portandosi una mano davanti agli occhi per non far vedere una seconda volta le sue lacrime al 28enne che gli stava di fronte, in piedi, con quell’aura autoritaria di chi è abituato a dare e non a ricevere. Si era illuso di poter essere lui l’unico da cui avrebbe ricevuto qualcosa di intimo, ma forse era proprio quello: solo un’illusione
- Patetico … un’illusionista fregato da un’illusione. Sono proprio patetico –
Quelle ultime parole andarono a sbattere contro l’abbraccio in cui Hibari aveva catturato Mokuro e del bacio in cui aveva unito le loro labbra.
A quel punto a Mokuro non importava più se lo stava prendendo in giro, giocando con i suoi sentimenti, perciò non si sorprese a pensare che anche un illusionista aveva bisogno delle sue illusioni. Si lasciò semplicemente trasportare, da tutta la forza e la sicurezza che Hibari gli trasmetteva attraverso quei gesti. Se era un’illusione allora avrebbe continuato ad illudersi, perché era ciò di cui aveva bisogno, ma quando le poche parole che uscirono dalla bocca di Hibari furono recepite dal suo cervello, allora crollò tra le braccia dell’unica persona che era capace di ferirlo e di amarlo in quel modo
-Ti amo, Kyoya-
- Non lo dire in giro o … ti morderò a morte
 
A volte non si  riesce a distinguere il sogno dalla realtà, a volte non si capisce quale è la verità  e quale la menzogna, a volte non si separa il vero dall’illusorio,dal falso. Ma a volte sono gli umani a scegliere l’illusione e non la verità. A volte però è proprio l’illusione a essere la verità e la verità ad essere illusione ….. complicata la vita di noi esseri umani, vero? 

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