Piacevolmente Ingiusto

di Doll_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Beginning of the End ***
Capitolo 2: *** Sad Celebrations ***
Capitolo 3: *** An Innocent Clash ***
Capitolo 4: *** Red Roses ***
Capitolo 5: *** Dodgem Cars and Cotton Candy ***
Capitolo 6: *** Jealousy Takes Us To Make Crazy Things ***
Capitolo 7: *** Tear My Soul ***
Capitolo 8: *** Warwick Avenue ***
Capitolo 9: *** Together ***
Capitolo 10: *** The Big Day ***
Capitolo 11: *** One Face ***
Capitolo 12: *** Strange ***
Capitolo 13: *** Things We Never Wanna See ***
Capitolo 14: *** Silly Boy ***
Capitolo 15: *** The Costume Party - part I ***
Capitolo 16: *** The Costume Party - part II ***
Capitolo 17: *** If I Could Turn Back Time ***
Capitolo 18: *** The End Of The Beginning ***



Capitolo 1
*** The Beginning of the End ***


Salve Ragazze!
Questa per me non è la prima storia..
Diciamo che ho voluto tentare la sorte e scriverne un'altra, sperando che abbia almeno la metà del "successo" che ha avuto Un Gigolò In Affitto (altra mia storia..).
Ho paura di aggiungere altro e spero davvero che questo primo capitolo sia di vostro gradimento!
Ditemi se è troppo lungo e se è meglio che la finisca qui. Accetto ogni tipo di commento, negativo o positivo che sia..
Pretendo solo un po' di rispetto se la storia non vi piace...
Grazie mille per l'attenzione.
Buona lettura, vostra: Doll_







 

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Questa storia è dedicata
a tutte le ragazze che hanno dovuto soffrire
per degli stronzi maschilisti,
che si divertono a spezzare i cuori,
e che ancora non hanno capito
che meravigliose donne si sono persi...
June.




The Beginning of the End




 

Ed ero ancora lì. Davanti a quella porta color prugna piena di ricordi e sensazioni ormai messe da parte. Mi ripetevo che per quell'anno sarei cambiata, che non avrei più creduto alle solite chiacchiere e che avrei dedicato più tempo a me stessa. Mi ripetevo che ero un'altra e che non avrei sofferto per...
“Ehi, Jackiiiie!” La voce di Alicia risuonò così prepotentemente per l'intero Istituto da far voltare anche gli studenti della scuola affianco, destando me da quei pensieri che avrebbero dovuto darmi forza e farmi coraggio per l'intero anno.
Involontariamente mi voltai anche io, tanto per la curiosità di vedere com'era cambiata in quell'estate, facendomi però del male da sola poiché accanto a lei c'era anche lui. La mia malattia.
“Ciao, Alicia.” Fece, salutandola freddamente come al solito. Lui non era cambiato.
“Mi sono divertita troppo in piscina, la settimana scorsa!” Squittì lei di rimando. Nemmeno Alicia era cambiata.
“Anche io mi sono divertita!” Intervenne Francine, improvvisamente accanto a loro.
“Avete visto mio cugino?” Chiese lui, fermandosi accanto alla colonna, a pochi passi da me, senza però vedermi.
“Credo che non sia ancora arrivato.. Ma che hai?” Francine e Alicia erano le sue migliori amiche dal primo anno di liceo anche se tutti erano a conoscenza della cotta che aveva la seconda verso il suo amico. Dal canto suo, la ignorava completamente.
“Niente... Non ho dormito bene.” Biascicò, girando la testa per schivare una carezza di Alicia e così, voltandosi verso di me.
I nostri occhi si incrociarono ma appena notai la solita aria di disinteresse, entrai in classe velocemente come scottata o punta da un insetto velenoso.
“Già il fiatone di prima mattina?” Scherzò Holly, appena mi vide entrare di corsa.
“Eh, già...” Borbottai, sedendomi e prendendomi la testa fra le mani.
Quanto avrei voluto dimenticare tutto e continuare a vivere come se non fosse accaduto nulla... Quanto avrei voluto non averlo mai incontrato.
Cosa avevo fatto di tanto sbagliato per meritare una simile tortura? Perchè proprio a me doveva capitare di innamorarmi del più stronzo farabutto della scuola!?
Jack O' Connell mi aveva sedotta, usata e poi abbandonata come una delle peggiori cortigiane dell'universo. Mi aveva incantata con parole dolci, con discorsi intelligenti, con atti romantici e con la sua bellezza disarmante, facendomi innamorare irrimediabilmente di lui. Era il classico belloccio misterioso a cui non interessava l'effetto che faceva sugli altri. Era lunatico, strafottente, sgarbato, maleducato e scontroso. Camminava fra i corridoi come se appartenesse ad un altro mondo, ignaro delle occhiate che tutte le ragazze gli lanciavano, continuando a vivere la sua vita con costante indifferenza e superficialità. Suo cugino John era tutto il contrario.
Era socievole, divertente, simpatico ed estroverso. Faceva amicizia con tutti e non si preoccupava di non far capire agli altri che adorava essere messo al centro di ogni attenzione. Lui era il classico belloccio consapevole del potere che aveva il suo aspetto.
John era castano, con occhi scuri e carnagione olivastra, mentre Jack era biondo, con occhi verdi-azzurri e carnagione bianca latte. Avevano scoperto di essere parenti di primo grado solo in primo liceo per chissà quale motivo, e da lì erano diventati inseparabili anche se frequentavano due corsi differenti. Avevano lo stesso giro d'amicizie e fino a pochi anni prima si passavano anche le ragazze -tanto per far capire quanto poco interessava a loro dei sentimenti altui-, smettendo solo per noia. Ora entrambi cercavano il vero amore ma John era solito tradire, mentre Jack era così insensibile da far rompere il cuore ad ogni povera ragazza... Me compresa.
Eppure una parte di me era convinta che lui poteva cambiare veramente, che io sarei stata in grado di “aiutarlo” ma, ovviamente, mi ripetevo che le fantasie di un'innamorata non portavano mai a nulla di buono.
“Ancora nel mondo delle favole?” Mi riscosse, Maggie, seduta affianco a me.
“Mi hai spaventata.” Sussurrai, sempre nella solita posizione.
“Mmm... L'hai rivisto, eh?” Andò al punto, facendomi annuire amaramente.
Maggie, Abby e Holly mi erano state accanto per tutta l'estate, sorbendosi i miei monologhi su Jack e i miei pianti per il suo comportamento da bastardo.
Era stato il mio primo. Avevo perso la verginità con lui perchè lo amavo ma purtroppo non lo conoscevo bene, a quanto pareva. Eppure lo avrei rifatto lo stesso solo per accontentare il mio cuore che ancora si disperava per lui.
Che caso penoso che ero diventata...
“Oh, avanti! Vedrai che quest'anno si risolverà tutto!” Cercò di alleggerire l'atmosfera, Holly, alla mia destra.
“Non meriti di soffrire ancora per lui, tesoro. Tirati su, avanti!” Sorrise Maggie, facendomi riscuotere e riprendere forza.
“Avete ragione, ragazze. Io sono cambiata. Lui non potrà mai più farmi del male!” Risollevai il capo e mi risedetti composta al mio posto, sorridendo e cercando di sembrare credibile. Volevo davvero poter cambiare anche i miei sentimenti...

Alla ricreazione, una mandria di belve si abbatté sul povero pizzaiolo della scuola per la merenda, tanto da trasformare l'atrio in una vera e propria giungla.
Ero anche io lì fra quelli della prima fila per cercare di afferrare un misero crostino quando, affianco a me, notai Francine prendere una pizza con patate, senza pagarla, proprio quando il pizzaiolo si stava per voltare verso di lei beccandola, senza però riuscirci a causa della spinta che le diedi, spostandola direttamente fuori dalla fila e parandomi di fronte al tizio, iniziando così a blaterare senza sosta.
“Scusi, vorrei una pizza rossa... Anzi no, questa qui... Con cos'è?” Feci, continuando a sorridere falsamente, mentre lui mi guardava come se fossi un alieno a tre teste. Almeno ero riuscita a distrarlo.
“Oh, ehm.. Funghi.” Rispose, facendo per prenderla prima che lo bloccassi.
“Funghi? No, allora questa.” Ne indicai un'altra dall'aspetto indistinto.
“Peperoni.” Assentì, allungando la mano.
“NO!” Ribattei, facendolo sbuffare e ricevendo lamentele dagli alunni dietro di me. E allora, voltandomi e notando che Francine era riuscita ad andare fuori con la pizza, ritornai con gli occhi sul pizzaiolo. “Prendo un crostino, grazie.” Dissi di getto, sorridendo per poco e sgattaiolando subito via.
Appena sorvolata quella massa di gente, mi diressi verso il termosifone dalle mie compagne con la merenda in mano, come fosse stato un trofeo delle Olimpiadi.
“Pensavo ti avessero mangiata.” Esclamò Abby, quando riuscii ad addentare il mio sudato cibo.
“Mmm.. Quasi.” Ridacchiai dopo aver mandato giù il boccone e sentendo subito dopo, qualcuno tamburellarmi sulla spalla.
Mi voltai e mi ritrovai Francine davanti, evidentemente intenta a volermi parlare. Oddio, avevo già paura che mi avrebbe urlato contro senza capire la ragione della mia spinta...
“Sei June, vero?” Mi chiese, con accanto Alicia che mi squadrava da capo a piedi.
“Oh, ehm, sì, sono io.” Balbettai, pulendomi la mano alla svelta per stringerla a lei.
“Ti devo ringraziare per avermi coperta prima col pizzaiolo, sei stata grande.” Mi sorrise sinceramente.
“Figurati, chiunque l'avrebbe fatto.” Minimizzai, sentendo gli sguardi incuriositi delle mie amiche, dietro le spalle.
“Non credo.” Rise lievemente. “Comunque volevo chiederti se ti andava di uscire fuori a passare la ricreazione con noi, visto che è il minimo che io possa fare. Se quello mi beccava chissà cosa sarebbe successo!” Continuò, ridacchiando.
“Veramente io... Non c'è bisogno...” Farfugliai, indecisa se accettare il loro invito, consapevole della presenza di Jack, o rifiutarlo proprio per questo.
“Possono venire anche loro.” Disse Alicia, facendo un cenno dietro di me.
“Uuuh, allora accetta!” Intervenne immediatamente Maggie, sorridendo estasiata.
Certo, lei non vedeva l'ora di poter conoscere qualcuno dell'ultimo anno..
Ma io... Come avrei dovuto comportarmi quando davanti a me avevo l'uomo della mia vita? E, soprattutto, come avrebbe reagito lui? Sarebbe stato indifferente come al solito, o avrebbe sbuffato infastidito? Forse sarei dovuta rimanere dentro o essermi fatta gli affari miei e lasciare che il pizzaiolo scoprisse Francine... Ma non ci sarei mai riuscita perchè dopo i sensi di colpa mi avrebbero torturata, quindi in quel momento avrei dovuto semplicemente affrontare ciò che il destino mi aveva riservato. Jack, solo ed unicamente Jack.
Maggie mi prese sottobraccio mentre Abby e Holly mi guardavano quasi dispiaciute ma comunque ansiose ed elettrizzate all'idea di conoscere qualcuno dell'ultimo anno, soprattutto se della cerchia dei belli e dannati, come li chiamavamo noi.
Uscite di fuori, il sole quasi mi accecò e mi maledissi ripetutamente, ad ogni passo che facevo e che mi avvicinava nuovamente a lui e al suo profumo, per aver accettato quell'assurda quanto masochista proposta.
Francine, sempre sorridente, si passò una ciocca di capelli rossi scuri -tinti-, dietro l'orecchio, volgendo lo sguardo verso i suoi amici evidentemente incuriositi dalle nuove arrivate, iniziando così a presentarci mentre Jack fumava con nonchalance la sua sigaretta e guardava raramente dalla nostra parte, come se, tanto per cambiare, non gli interessasse proprio nulla di ciò che lo circondava. Ormai ero così abituata alla sua indifferenza che riuscivo quasi a farmene un'idea. Quasi.
Ma faceva comunque male.. Troppo male. Un male che ti toglieva il respiro...
“E' stata lei a salvarmi prima!” Ridacchiò Francine, indicandomi e facendomi quasi tremare sotto lo sguardo di tutti i suoi amici, John compreso.
“Quindi sei tu che l'hai spinta tanto forte da farla quasi cadere..” Chiese proprio lui, riservandomi uno dei suoi sorrisi accattivanti che, però, non mi facevano lo stesso effetto di quelli di Jack. Peccato...
“Ehm... Già.” Feci spacculle, cercando il più possibile di non guardare Jack che, invece, prese a fissarmi subito dopo, ininterrottamente.
Lui era fatto così. Non si faceva mai problemi; se voleva guardare qualcuno, era capace di farlo per tutto il tempo che voleva. I giudizi degli altri non lo sfioravano nemmeno.
“Ma cosa hai fatto?” Mi sussurrò Holly fra i denti, mentre rivolgeva a loro un sorrisetto forzato a causa dell'agitazione. Ovvio che le mie amiche non ci avessero capito nulla.
“Poi ti spiego...” Borbottai, cercando di fare un passo indietro ma venendo trascinata da Francine, subito al suo fianco, fra lei ed Alicia.
“Che corsi frequentate?” Domandò Chase, uno degli amici più stretti di John e Jack.
“Io il corso di designer, mentre Holly quello di catalogazione e Maggie ed Abby quello di moda e costume.” Tentai di sorridere anche se falsamente. Non mi piaceva affatto quella situazione, tutte quelle attenzioni, quegli occhi puntati addosso ma, soprattutto, non riuscivo proprio a reggere la disinvoltura che aveva Jack in mia presenza, come se l'anno scorso non mi avesse riempito di frottole per portarmi a letto. Ma, almeno era stato sincero e non aveva mai detto di amarmi; e comunque neanche io lo avevo fatto. L'orgoglio me l'aveva proibito e poi me ne resi conto solo quando mi lasciò per ritornare con la sua ex.
Eh, già.. Era stato anche un colpo duro scoprire di essere servita solo come rimpiazzo. Jack era fidanzato con una certa Vanessa fino a quando però, non venne a scoprire che lei lo aveva tradito proprio di fronte agli occhi del cugino, in discoteca; da lì si erano lasciati, lui aveva cercato di dimenticarla -sì, con me- ma appena aveva terminato di spiazzare il mio stupidissimo cuore, si era rimesso con lei, lasciandola quella stessa estate per un motivo ancora sconosciuto.
Mi sentivo a disagio a ricordare quelle cose a due passi da lui.
“Strano, di solito il corso di designer lo prendono i ragazzi...” Fece John, destando l'attenzione di Jack su di me per guardarlo. Evidentemente non stava prendendo molto bene i sorrisini che mi rivolgeva suo cugino...
“Infatti siamo solo due ragazze nell'aula.”
Non serviva che anche uno sconosciuto mi faceva presente che ero un vero e proprio maschiaccio. Mi piaceva stare con le ragazze poiché con i ragazzi mi sentivo leggermente fuori luogo, ma non mi comportavo mai in modo femminile.. Non ero neanche volgare, ovvio, ma di certo non sarei mai potuta essere paragonata ad una first lady.
“Interessante. Anche io frequento quel corso, ma non ti ho mai vista prima.” Logico, mi sedevo sempre all'ultimo banco insieme alla mia compagna Sarah.
Non mi impegnavo nemmeno troppo a farmi vedere dagli altri, soprattutto se nella mia testa c'era una sola persona in grado di destare il mio interesse.
“Siamo in tanti, poi non sono una che spicca molto all'occhio.” Ammisi, abbassando lo sguardo, sentendo quello di Jack perforarmi.
Intanto, Holly, Abby e Maggie avevano già fatto amicizia con altri tizi della comitiva, allontanandosi di poco da me ma abbastanza da farmi sentire come abbandonata in mezzo ad un branco di leoni. Io ero il coniglio.
“Come siamo modeste...” La voce di Jack riecheggiò nella mia testa come un allarme, annullando tutto ciò che mi circondava e zittendo immediatamente tutti gli altri.
Mi aveva rivolto la parola... ma mi aveva anche provocata.
“Jack!” Lo riprese, nascondendo una risata, Alicia, sempre pronta ad assecondarlo.
“Non ti preoccupare, non mi ha dato fastidio.” La rassicurai, senza neanche guardarlo, parlando di lui come se non ci fosse.
“La reincarnazione della bontà.” Continuò però, prendendoci quasi gusto a torturarmi.
Finalmente gli rivolsi una delle peggiori occhiate, incrociando nuovamente i nostri sguardi e facendomi dimenticare di tutto il resto.
“Dovrei prenderlo come un complimento?” Ormai eravamo solo io e lui, alle prese con uno dei nostri soliti battibecchi come l'anno prima. Peccato che quando prima discutevamo, facevamo subito pace a modo nostro..
“Prendilo come ti pare.” Ammiccò, facendomi diventare rossa dalla rabbia.
Gli altri, intanto, restavano a guardarci mezzi sorpresi e mezzi divertiti.
“Che razza di...” Ma la mia imprecazione si fermò giusto in tempo al suono della campanella che segnò la fine della ricreazione più lunga della mia vita.

Le settimane passarono e così volarono due mesi pieni di conoscenze, chiacchiere e tante, tantissime discussioni. Io e Jack avevamo ripreso a parlare.. Sì, peccato che non facevamo altro che scannarci a vicenda. Ogni discorso era buono per provocarmi e mandarmi in tilt tutte le volte che, rendendosi conto di essere riuscito ad innervosirmi, mi rivolgeva un sorriso talmente bello e speciale che spesso e volentieri mi tappava la bocca all'istante. John invece, oltre a riprendere suo cugino, sembrava proprio non darsi per vinto, continuando a lanciarmi frecciatine e a provarci con me anche quando era palese a chiunque che il mio interesse non era rivolto di certo a lui.
Le ricreazioni le passavamo tutti insieme, e con Holly, Maggie ed Abby ormai eravamo diventati un unico gruppo e probabilmente era la cosa che mi rallegrava maggiormente. Francine ed Alicia avevano iniziato a prendere molta confidenza soprattutto con me e mi invitavano spesso ad uscire con loro o a delle feste alle quali non avevo ancora accettato fino a quando..
“Domani sera i miei zii partono per il week-end e lasciano casa libera a mia cugina che non vede l'ora di organizzare un party con i fiocchi, ci sarai vero, June?” Domandò speranzosa, Alicia, unendo le mani in preghiera.
“Non credo che i miei me lo permetteranno.” Deglutii, dispiaciuta veramente, anche se la verità era tutt'altra... Ci sarebbe stato anche Jack e non avrei sopportato di vederlo civettare con tutte le invitate sotto i miei occhi; era già difficile vederglielo fare ogni giorno a scuola! Certo, erano le ragazze a venire da lui perchè a Jack non importava mai di nulla se non del suo mondo immaginario nel quale non faceva entrare nessuno, ma comunque poteva anche scacciarle se gli davano apparentemente così tanto fastidio!
“Ohh, avanti, gli dirai che sei invitata ad un compleanno qualsiasi! Non puoi mancare!” Strano come Alicia gradisse la mia presenza... Se fosse venuta a conoscenza dei sentimenti che provavo per il suo migliore amico, di certo non sarebbe stata così tanto cortese con me.
“Io...” Tentai, ma venni interrotta per l'ennesima volta da una voce che si divertiva fin troppo a martoriarmi.
“Ha paura.” Fece lui, beffardo.
“Non iniziare, Jack.” Lo ammonì, John.
“Io non ho paura!” Biascicai, paonazza.
“O hai paura dei tuoi genitori, o di ciò che potrai trovare alla festa.” Continuò, senza dare il minimo ascolto al consiglio di suo cugino, parlando con quel solito tono indifferente e distaccato.
“Ti ho già detto che non ho paura di nulla! Sei sordo, forse?” Lo attaccai, affrontandolo a brutto muso, come al solito.
“Allora qual'è il problema?” S'intromise Chase.
“E' che... Non conosco nessuno, non so..” Borbottai, sentendomi improvvisamente minuscola.
“Ma dai, ci saremmo noi a tenerti compagnia, June!” Sorrise Francine, dandomi un'energica pacca sulla spalla che, stranamente, non mi fece presagire nulla di buono...
“Allora?” Chiese Jack, col massimo disinteresse.
“Vabbene.” Sorrisi impacciatamente.
Avevo firmato la mia condanna a morte.

Se vai ad un party con quelli dell'ultimo anno, e cioè Francine, Alicia, Jack, Chase, John e company, sarai costretta a partecipare a tutti gli altri. Lo avrei scoperto a mie spese.
Quel sabato sera, l'ultima cosa che volevo fare era vestirmi elegante o provocante per andare ad una festa dove non conoscevo nessuno, nella quale, oltretutto, ci sarebbe stato il ragazzo che amavo, tanto vicino quanto metaforicamente e sentimentalmente lontano da me, per poi sbronzarmi e ritrovarmi fra le braccia di chissà chi.
Da incubo.
“Oh-oh, penso che dovrò prestarti io un vestito, tesoro.” Sostenne Alicia, squadrandomi da capo a piedi.
“Tu credi? Cos'ha che non va questo?” Domandai incredula, guardando l'abito bianco con tanto di spalline, collo alto e gonna lunga fino alle ginocchia, tutto di seta, che avevo appena tirato fuori dalla borsa, a casa di Alicia, dove ci saremmo dovute preparare prima di andare al party.
“Sembrerai un angioletto con quel coso... Si mette in chiesa non ad una festa.” Continuò Francine, iniziando a svestirsi.
“Tieni, prova questo.” Fece subito dopo, Alicia, porgendomi un pezzetto di stoffa nera, che secondo lei sarebbe stato in grado di farmi da vestito.
“Ma sei impazzita? E' cortissimo!” Squittii, presa dal panico.
“Avanti!” Esclamò, sbattendomi direttamente nel bagno.
Cinque minuti dopo, mi trovavo davanti a loro, sotto esame, con quel vestitino vergognosamente corto che mi faceva sentire a dir poco nuda.
“Sei uno schianto!” Sbottò dopo vari secondi, Francine.
“Mh-mh, condivido!” Assentì l'altra, irrimediabilmente euforica.
Il trucco era così esagerato che sentivo su di me come una maschera, i tacchi avrebbero rischiato di farmi cadere ridicolmente a terra appena scesa dalla macchina ed il vestito era talmente corto da farmi entrare aria ovunque. Mi avevano piastrato i capelli, cotonandoli un poco, per poi continuare a maneggiarmi come una bambola di pezza, inutile ed inerme fra le loro mani.
Ero presa talmente tanto, ormai, da quell'ambiente che riuscivo a stupirmi di tutto, a partire dal modo in cui parlavano a ciò che preferivano mangiare.
Jack di tanto in tanto mi lanciava occhiate quasi di fuoco dal finestrino e John non faceva altro che girarsi e mirarmi le gambe, facendomi sentire ancora più a disagio e fuori luogo. Loro due sedevano ai posti davanti, con Jack al volante, mentre io, Alicia e Francine, eravamo ai sedili posteriori e gli altri ci seguivano in auto diverse per raggiungere la casa o, meglio, la super-villa della cugina di Alicia.
Uscivano persone da ogni stanza ed il giardino era quasi pieno, per non contare le coppie nascoste dietro ai cespugli... Un caos di anarchia e puro svago. L'inferno dei viventi.
“Amore mioooo!” La cugina di Alicia quasi ci assalì, con un bicchiere di brandy in mano ed un'aria già svampita per l'ora che era; la festa era appena iniziata eppure erano già tutti brilli e pronti a darsi da fare. La piscina era strapiena di gente anche vestita e l'unico posto che sembrava essere isolato era il parco che si teneva poco distante dalla casa, privo di luci ma immensamente adatto per una come me e la voglia che avevo di evadere da quel paese dei balocchi.
“Pensavo non veniste!” Continuò ancora la cugina che, a quanto avevo capito, doveva chiamarsi Stacy.
Stacy era una bionda tinta, con capelli tanto lunghi da poter essere utilizzati come carta igienica ed un abito così trasparente e decisamente poco casto da poter essere scambiato da semplice fazzoletto decorativo.
“Come potevamo mancare?” Rispose Alicia, imitando un abbraccio ma senza contatto. Oddio.
Sentivo accanto a me, Francine sorridere e muoversi agitatamente sul posto, come se avesse una mosca nel vestito. Sentivo la sua stizza verso Stacy da un metro di distanza.
“Oh, Francine! Quanto tempo! Come sta Thomas?” Le chiese, con quella finta cortesia che avrebbe riconosciuto chiunque.
“Non lo sento da un po', veramente. Credevo che voi due...” Ma non continuò, evidentemente toccata dall'argomento.
“E' un po' che non lo vedo. Ma non importa, è una storia vecchia, giusto?” Le sorrise, scoprendo i suoi incisivi sporchi di rossetto.
“Jack, John, oh, santo cielo, sembrate due modelli! Più passa il tempo e più vi fate tremendamente eccitanti!” Trillò nuovamente, andando vicino a loro, lanciandogli dei bacetti volanti, pateticamente ridicoli. Probabilmente solo una forza superiore in quel momento mi stava aiutando a trattenermi dal riderle in faccia.
“Ti trovo bene anche io, Stacy.” Le sorrise, maggiormente gentile, John.
“Già.” Assentì al suo commento, Jack, insistentemente scazzato.
“Uuh.. E qui chi abbiamo? Una nuova arrivata?” Oh, no, era già arrivato il mio turno?
Mi era venuta incontro come una iena pronta a divorare la sua piccola preda, con quegli occhi tanto spiritati quanto spaventosi a studiarmi ogni minimo centimetro di pelle.
“Ehm, piacere: June.” Alzai una mano ma, dietro di lei, Alicia mi fece cenno di abbassarla poiché, evidentemente, il contatto fisico non le era troppo gradito.. Almeno non con le femmine.
“Ma che graziosa! Mio fratello vorrà provarci subito con te! Non vedo l'ora di fartelo conoscere!” Cos'era? Un appuntamento al buio? Non avevo certo bisogno di altre preoccupazioni, io.
“Veramente...” Provai a rispondere con il massimo garbo, quando venni interrotta nuovamente da Jack. Oh, no, non voleva rovinarmi anche davanti a quell'arpia!..?
“Veramente lei non è contrattabile.” Incisivo e coinciso. Nessuna emozione trapelava dal suo sguardo o dal suo tono. Era semplicemente una constatazione.
Una constatazione che mi aveva fatta sentire improvvisamente accaldata.
“Mmm.. Sei occupata?” Mi chiese lei, venendomi ancora più vicina.
“No.” Deglutii, indietreggiando di poco.
“Allora sei innamorata.” Esclamò, gelandomi il sangue.
Non risposi, non serviva. Dalla mia esitazione, l'avevano capito tutti, ormai.
“Okay, allora sei libera... Vieni Alicia, devo farti vedere una cosa!” Ritornò col suo tono assillante verso la cugina, prendendola sottobraccio e andandosene così dentro casa, lasciandomi sola con Francine, dato che, voltandomi, John e Jack erano stati già accalappiati da due tipe decisamente poco serie.
“Ehi, tutto okay?” Chiesi quindi a Francine, notandola ancora scossa dalla piccola conversazione con Stacy.
“Alicia mi aveva detto che era un'altra cugina, non lei.” Continuava a guardare avanti a sé, con uno sguardo rancoroso e deluso negli occhi.
“Io odio Stacy.” Fece poi, sedendosi sul prato.
“Mi sembra di averlo capito. E comunque non credo che sia una tipa abituata ad essere simpatica alla gente.” Feci spallucce, facendola ridacchiare lievemente.
“Sei davvero forte, June. Però hai ragione... Non è simpatica a nessuno, eppure alle sue feste ci vengono tutti.” Disse con amarezza.
“Vengono per strafogarsi e divertisi, non di certo per lei.” Spiegai con nonchalance.
“Pensi che io sia meglio di lei?”
“Penso che chiunque sia meglio di lei.” Risposi, facendo una smorfia al ricordo del rossetto sui denti.
“Non mi hai chiesto nemmeno perchè la odio.” Sorrise debolmente.
“Credevo fossero affari tuoi.”
“Quel Thomas di cui ha parlato.. Era il mio ragazzo. Il mio primo amore e, si sa, il primo amore non si scorda mai.” Iniziò a raccontare, bisognosa di sfogarsi con qualcuno, evidentemente; e chi meglio di me? Io che sapevo fin troppo bene quanto fosse difficile dimenticare chi si aveva amato.
“Una sera, Alicia ci invitò ad una festa, dove conoscemmo entrambi Stacy per la prima volta. Io e lei non siamo mai andate d'accordo e per semplice dispetto, fece in modo che Thomas si invaghisse di lei, rovinando la vita a me. Non immagini nemmeno quanto si possa soffrire per amore, June. Sono stata malissimo..” Biascicò, lacrimando subito dopo. Oddio, e ora? Okay che la conoscevo da pochi mesi, ma non ero mai stata una brava consolatrice, soprattutto in certi campi, diamine!
“Francine... Io, non so cosa dire.” Le cinsi le spalle con un braccio, anche se titubante. Certamente un pessimo inizio serata.
“Non devi dire niente, scusami. Sono stata patetica.” Si riprese, asciugandosi le lacrime con una mano e tentando di sorridermi.
“No, non sei stata affatto patetica. A quest'età è normale che si soffra per amore... Ma è pur vero che ogni sofferenza ha il suo insegnamento. Evidentemente quello stupido di Thomas non ti amava abbastanza. Evidentemente non era quello giusto per te.” La strinsi forte a me, con più convinzione. Mi sentivo come protagonista di quella storia perchè in quel periodo buio, a causa di Jack, era sempre bello sentirsi dire certe cose.
“Me lo dicono tutti.” Disse giustamente.
“Stacy ha fatto la stronza, ma pensaci, come è stata lei poteva essere chiunque altro... Devi lasciarti quella storia alle spalle perchè sei una ragazza che merita di meglio, Francine.” Le sorrisi, prendendole il viso fra le mani e guardandola negli occhi.
“Hai ragione, June. Ma non riesco a non starci male...”
“Ti capisco, è vero. Ma non ti aiuterà a niente. Dovresti essere arrabbiata, furiosa, non triste. Lui è stato lo sciocco, non tu. Lui ha sbagliato, non te. Quindi alzati e riprenditi i momenti persi che hai dovuto trascorrere con lui, goditeli come avresti dovuto fare tempo fa. Divertiti, Francine, è l'età giusta per farlo.”
Ci eravamo alzate insieme e dalla sua espressione potevo capire quanto le mie parole avessero fatto effetto, così da caricarsi e riprendere il suo bel sorriso per poi andare a divertirsi come le avevo suggerito.
“Grazie, June. Grazie di cuore.” Mi abbracciò e si defilò dentro lasciandomi così definitivamente sola.
Allora mi diressi verso quel parco immenso e deserto, mettendomi seduta ed iniziando a pensare e ricordare, come facevo sempre, al periodo più felice della mia vita, al fianco di Jack, fino a quando..
Come mai tutta sola soletta?”








PS: UN GRAZIE INFINITO ALL'ARTISTA DELLA FAVOLOSA IMMAGINE DA COPERTINA SparksFly!!!! Non so cosa avrei fatto senza il tuo aiuto ;)

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Capitolo 2
*** Sad Celebrations ***



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Sad Celebrations


John si era seduto accanto a me sul prato, offrendomi la sua giacca per coprirmi dal freddo dato che quel vestitino era come insesistente.
“Pensavo.” Risposi solamente, rivolgendo lo sguardo davanti a me. La luna era piena nel cielo scuro e coperto di stelle. Il prato era umido ma faceva abbastanza caldo da essere sopportabile.
Avevo sussultato appena era venuto a cercarmi, sperando vanamente che fosse un'altra persona, ma comunque preferivo la sua compagnia a quella di molta altra gente lì in mezzo. Io e John ci scambiavamo spesso qualche parola e sapevo che ci era rimasto deluso quando aveva scoperto che i suoi metodi di conquista su di me non avevano alcun effetto e la sua bellezza il minimo potere. Mi dispiaceva per lui ma i miei sentimenti non ne volevano sapere. Nessuno li avrebbe costretti...
“Sei una tipa molto pensierosa tu, eh?” Chiese gentilmente, avvicinandosi.
“Abbastanza.” Sorrisi. Non ero proprio in vena di cercare di essere perfetta per loro. Quella sera la mia autostima era calata sotto terra. Come al solito, quindi...
“A cosa pensavi, se posso.” Domandò, cercando evidentemente di attaccare bottone.
“Ti sei mai sentito tanto inutile da pensare che se ci fossi o meno, non farebbe la differenza?” Sbottai, voltandomi a guardarlo, girando di poco il busto.
Lo avevo colpito impreparato, fu chiaro anche per l'albero davanti a noi.
“Scusami... E' logico che tu non possa capirmi. Sei il leader della scuola.” Continuai, parlando più a me stessa che a lui. Sapevo di star parlando a vanvera, che poche settimane prima o anche quella mattina stessa, non avrei mai avuto il coraggio di rivolgermi a lui in quel modo, ma al momento ero così presa dai miei pensieri che la realtà sembrava essere solo un lontano sogno sfocato.
“Ti sbagli.” Mi riscosse lui, facendomi rialzare il viso. “Anche io mi sento spesso così. E' dura dover mantenere ogni giorno una certa reputazione, tener conto di ogni gesto per paura di qualche giudizio... Non dico che porto una maschera ma ogni tanto vorrei comportarmi diversamente da come sono costretto a fare.” Spiegò, seriamente preso da quei discorsi. In quell'istante conobbi il vero John.
“Nessuno è costretto a fare qualcosa. Se piaci per quello che sei, e sono sicura che è così, sei libero di comportarti come più preferisci.”
“Forse ti stai confondendo con Jack. E' lui quello che può fare quello che vuole e continuare ad essere adorato da tutti. Semplicemente, perchè a lui non gliene frega niente di nulla e nessuno. E probabilmente è quello più furbo di tutti.” Fece spallucce, amareggiato ed evidentemente deluso da quella consapevolezza.
Mmm.. E così John aveva dei complessi d'inferiorità verso suo cugino Jack?
“Hai mai provato a fare qualcosa al di fuori degli schemi?”
“Una volta ho aiutato una professoressa a raccogliere dei libri che le erano caduti a terra.. Una sciocchezza, ma per una settimana non fecero altro che dire che mi ero rammollito, che volevo fare il ruffiano e, addirittura, che mi piaceva quella professoressa... Quella di biologia! Che ha cinquantasei anni, un marito e tre figli!” Fece, indignato ma facendomi comunque ridacchiare da quella inaspettata reazione. Si stava sfogando con me. Me che non aveva mai conosciuto. Non sapevo se esserne lusingata o terrorizzata. “Per rovinarti sarebbero in grado di fare qualunque cosa.”
“Forse proprio perchè sanno che a te dà fastidio, cercano di attirare la tua attenzione. Con Jack non ci provano nemmeno perchè sanno che lui non reagirebbe neanche sotto tortura, quindi non c'è divertimento.” Sorrisi dolcemente, osservando i suoi bei lineamenti sotto la luce fioca della luna.
“Jack ha capito tutto della vita.” Sentenziò infine, facendomi sussultare.
“Non dire così. Sembra che tu invece non abbia capito niente solo perchè hai un carattere completamente diverso dal suo. Non ha senso. Ognuno è unico a suo modo..”
“Francine mi ha detto quello che hai fatto per lei. Sei stata molto carina.” Cambiò improvvisamente argomento, non riuscendo a sostenere il precedente.
“Non ho fatto nulla.” Minimizzai, come mio solito.
“Hai detto lo stesso quando l'hai aiutata col pizzaiolo. Sei buona, June, ammettilo.” Mi sorrise, finalmente, tranquillizzandomi un po' di più. Infondo mi dispiaceva averlo rattristato a causa dei miei stupidi pensieri e i miei dubbi da adolescente depressa.
“Non mi conosci, John, non puoi dirlo.” Feci, misteriosa come sempre.
“Ma vorrei. Per ora ho capito che sei riservata, ma la prima a farsi avanti se c'è da aiutare qualcuno. Strano che fin'ora nessuno ci abbia mai provato con te.” Avvicinò ancora di più il viso al mio, costringendomi a guardare il buio di fronte a me.
“Beh, ineffetti non è che io abbia una scia di spasimanti alle mie spalle... Ed è per questo che ti dico che non mi conosci bene affondo. Evidentemente c'è qualcosa che proprio non va in me.” Probabilmente perchè sono una fredda, cuore di pietra, ragazza testarda ed insensibile fino al midollo, continuai mentalmente.
“Immagino che sia solo perchè sei troppo complicata da decifrare ed estremamente impenetrabile.” Possibile che una persona riuscisse a conoscere il tuo carattere, la tua personalità, anche senza averti parlato troppo a lungo? Ero un libro tanto aperto?
“A me sembra che tu sia riuscito bene a.. decifrarmi.”
“Ho detto quello che avrebbe capito chiunque. E' per questo che i ragazzi non ti si avvicinano. Li allontani tu con la tua inconsapevole freddezza.”
“Mmm.. Grazie. Peccato che non sei il primo che me lo dice.” Risposi, amareggiata.
“Ma io trovo tutto questo infinitivamente eccitante... Te l'ha mai detto qualcuno, questo?” Mi sorprese, facendomi ricordare con tristezza che Jack aveva detto molte altre cose simili a questo, ma più poetiche. Dio, quanto mi mancava...
“Mi dispiace ma sono tutto fumo e niente arrosto. Le tipe come me sono eccitanti da scoprire ma da buttare appena si arriva alla sorpresa. Succede sempre così.”
“Ma ci sono persone che sono sempre da scoprire.” Mi sorrise, ritornando il belloccio pieno di sé.
“Beh, io non sono fra queste.” Assentii, ricambiando il sorriso.
“Sei troppo cattiva con te stessa, June.” Mi guardò negli occhi, seriamente. Ora era fin troppo vicino a me.
“Ma è la verità.” Sussurrai, agitata per la vicinanza.
“Non credo proprio.” Sussurrò di rimando anche lui, avvicinandosi ancora di più e volgendo lo sguardo sulle mie labbra. Oh, cavolo.
Feci giusto in tempo a spostarmi, così che con le labbra toccasse solo il lato delle mie in un bacio casto e senza significato.
“Scusami, non dovevo. Sono stato troppo affrettato.” Fece subito, allontanandosi da me e alzandosi come se si fosse scottato.
“Non ti preoccupare...”
“Ho rovinato tutto, lo so. Scusami, davvero.” Continuava senza nemmeno sentire le mie rassicurazioni.
“John, no..” Stavo per ribattere, ma lui se ne andò improvvisamente lasciandomi nuovamente sola e con il doppio dei dubbi precedenti.
Che avesse fatto la classica tecnica del pentito per poi aspettarsi una mia reazione positiva, e cioè che mi alzassi, lo raggiungessi e lo ribaciassi, oppure era davvero dispiaciuto e risentito?
Non lo avrei mai saputo, almeno in quel momento.
Passarono altri minuti nei quali la mia fantasia e i miei pensieri continuarono a vagare nella mia mente senza meta o punto d'incontro.
Fatto stava che avevo addosso ancora la giacca di John, così feci per alzarmi svogliatamente per andare a riconsegnargliela, quando una sagoma scura mi bloccò all'istante.
“John, avevo io la tua giacca...” Iniziai, sperando davvero che fosse lui.
“Non sono John.”
“Jack?” Biascicai, improvvisamente senza più respiro e col cuore in gola.
“Stavi con mio cugino?” Lo sentii avvicinarsi fino a quando la luce di un lampione leggermente lontano, riuscisse ad illuminarlo del tutto.
In quell'istante invece fui sicura dell'esistenza degli angeli... seppur demoniaci.
“E' andato via quasi mezz'ora fa.” Spiegai, risultando, almeno alle mie orecchie, come una patetica giustificazione.
“Ma hai la sua giacca.” Constatò, col minimo turbamento. Continuava a guardarmi come se non mi stesse realmente vedendo.
“Avevo freddo e me l'ha prestata.” Ancora con le giustificazioni.
“Ti stava bene. Potevi tenerla, poi gliela riporti più tardi.” Fece con nonchalance, sedendosi a terra dove poco prima ero seduta io.
“V-vuoi rimanere qui?” Deglutii, sentendomi una vera e propria cretina.
“E' vietato?” Domandò, continuando a guardare di fronte a sé.
Sbuffai. Inutile parlare normalmente con un individuo talmente testardo come Jack. Mi rassegnai e mi risedetti a terra, leggermente distante da lui.
“Perchè devi sempre parlarmi così, me lo spieghi?” Me ne uscii di getto, facendolo voltare a guardarmi come fossi impazzita e, sì, lo ero proprio se in quel momento avevo davvero detto quello che credevo di aver detto.
“Così, come? Parlo a tutti così.” Spiegò, colto leggermente di sorpresa.
“Beh, non farlo con me. E' fastidioso.” Già che c'ero, tanto valeva vuotare il sacco.
“Mi dispiace per te, ma io faccio quello che voglio e non mi metto certo ad ascoltare le lamentele di una ragazzina come te.” Spiegò anche lui, con estrema calma, come se mi stesse elencando la lista della spesa e non mi avesse appena ferita ingiustamente.
“Con questa ragazzina che disprezzi tanto ci hai fatto l'amore, Jack. Non mi sembra che in certi momenti mi detestassi tanto.” Sputai come veleno, lasciandolo quasi senza parole. Ecco, quasi.
“Immaginavo che prima o poi avresti tirato fuori questa storia.” Biascicò, spazientito.
“Se ti ha fatto così tanto schifo scoparmi potevi anche rifiutarmi!” Ero diventata persino volgare, adesso. Ma era colpa di Jack. Tutta colpa sua che riusciva a tirare fuori il peggio di me.
Fu un decimo di secondo che mi ritrovai sdraiata sul prato con lui completamente sopra di me.
“Taci, non sai nemmeno di cosa stai parlando.” Sussurrò, come lama tagliente.
Non replicai. Rimasi ferma e immobile sotto di lui, senza nemmeno respirare per non rischiare di inalare il suo profumo e perdere la testa. Restammo così per qualche minuto fino a quando Jack non si rialzò in piedi e lanciandomi un'ultima occhiata indifferente, se ne andò definitivamente e, nuovamente via da me.

Jack era abituato a lanciare il sasso e a nascondere la mano. Prima parlava, poi lasciava la frase a metà, e infine scappava facendoti restare con l'amaro in bocca per la curiosità.
Ora: cosa aveva voluto dire con quella frase intimidatoria?
Stufa di restare lì seduta a non fare nulla, constatando anche che erano solo le dieci, mi alzai e mi decisi ad andare alla festa per riconsegnare, come prima cosa, la giacca a John.
Risalita dalla collinetta, non era nulla cambiato, anzi. Era anche peggiorato! Dalla casa si sentiva della musica assordante che le coppie nascoste dietro i famosi cespugli non sembravano nemmeno sentire, date le esclamazioni di godimento che ne provenivano. Camminavo a testa bassa, alzandola solo per vedere dove andare, con quei tacchi allucinanti, nel prato, sentendomi lo sguardo di non pochi ragazzi allupati addosso. Fortuna che Francine mi aveva assicurata di non lasciarmi mai sola... Tzè.
Entrai in casa giusto in tempo per vedere arrivare una bottiglia vuota di non ricordo cosa, diretta dietro la mia testa che, fortunatamente, abbassai al momento giusto per non restarci uccisa.
“June, tutto bene?” John mi era venuto subito incontro, notando la mia espressione sconvolta dallo shock.
“S-sì..” Deglutii, mentendo alla grande. No, che non stavo bene! Stavo per morire!
“E questa chi sarebbe?” Un'altra voce maschile mi sorprese, facendomi voltare nella sua direzione e scorgere un ragazzo alto, biondo e con gli occhi castani, non bellissimo ma di certo non brutto.
“Bruce, questa è June, un'amica di Alicia e Francine. June, questo è Bruce, il fratello di Stacy.” Ci presentò gentilmente, come suo solito.
Ma io non ero ancora in condizioni di capirci qualcosa quindi annuii percettibilmente, e mi riportai una mano sul petto, come a cercare di controllare i battiti.
Poi, perchè John aveva detto che ero solo un'amica di Alicia e Francine? Non ero anche amica sua, forse? Certo, non ci conoscevamo molto, ma avevamo parlato spesso e quella chiacchierata di poche ore prima era stata comunque un passo avanti.
“Mmm... Davvero un bel bocconcino.” Apostrofò quel licantropo, squadrandomi da capo a piedi, facendomi pensare che al posto degli occhi avesse una vista a raggi X.
“Uhm.. Sì, piacere anche mio.” Borbottai, levandomi la giacca di John e porgendogliela alla svelta, non volendo altro che andarmene da lì. “Ero venuta a darti questa, grazie.” Sorrisi per poco, sentendo ancora di più, ora che mi ero definitivamente “denudata”, lo sguardo insistente di Bruce.
Girai velocemente i tacchi ed uscii dal salone, non prima di aver sentito il cugino di Stacy, dire a John: “Non te la sei ancora fatta, quella...?”
Sarei tornata indietro se non fosse stata per la voglia incontrollabile di uscire a prendere un po' d'aria.
Mi sentii improvvisamente al sicuro, ma purtroppo la calma durò poco perchè fui raggiunta subito da Stacy, che sembrava aver bevuto più del dovuto.
“Ehi, tesoro! Come mai quel muso? Su, bevi questo!” Gridò nel mio povero orecchio, appoggiandosi alla mia spalla come salvagente, mentre mi porgeva il suo bicchiere pieno di un contenuto rossastro. “E' buono!” Alitò sotto il mio naso, un misto fra menta e fragola.
Fortuna che non le piace il contatto fisico con le ragazze, pensai, sentendomi inevitabilmente a disagio.
“Ehm, veramente io.. non bevo.” Deglutii, cercando di deviare la strada del bicchiere verso la mia bocca.
Solo io e alcune mie amiche potevamo sapere perchè era meglio che stessi alla larga dall'alcol.. E anche Jack lo sapeva bene.
Non lo reggevo affatto. Un goccio era capace di mandarmi subito in tilt, facendomi parlare a vanvera, spifferare la verità su tutto e sparare cavolate a più non posso.
Mi rendeva esageratamente euforica, ecco.
“Ohh, avanti! Non devi mica guidare! Scaldati un po', sembri un ciocco di legno! Così non ti divertirai mai...” La sua voce aveva dei sbalzi di volume pazzeschi, tanto da farmi venire il mal di testa all'istante e farmi accettare solo per farla stare zitta.
Presi il bicchiere e, tappandomi il naso, mandai giù tutto il contenuto senza fermarmi neanche a riprendere fiato, sentendo poi il liquido ghiacciato scendere fino allo stomaco e stordirmi il cervello.
“Oddio! Spero che tu abbia mangiato qualcosa, almeno, ragazza!” Urlò, sostenendosi da sola per battermi le mani come se avessi vinto la maratona.
“Veramente... no, perchè?” Chiesi, ancora leggermente lucida.
“Sei fottuta, allora. Quel coso ti uccide ogni neurone!” Fece, attaccando a ridere subito dopo, senza più fermarsi e dirigendosi verso altra gente per raccontare l'avvenuto.
Oddio, e adesso? Adesso nulla, era troppo tardi. Avrei dovuto ficcarmi all'istante due dita in gola in modo tale da rivomitare tutto il contenuto, ma il tempo di trovare un bagno e l'alcol avrebbe fatto subito effetto.
Ero fottuta...
Sentivo già la lucidità scivolare via da me come sabbia fra le dita e la vista appannarsi senza una ragione ben precisa...
“June, ehi, mi senti?” La voce di Francine risuonava come se fosse a mille miglia distante da me e non ad un centimetro dal mio orecchio.
Non mi accorsi nemmeno di essere caduta a terra.
“Mhm?” Mugugnai, deglutendo e risentendo quel sapore strano in bocca.
“Cosa hai bevuto?!” Mi chiese, preoccupata.
“Mmm.. Non so... Me l'ha offerto Sssssstacy!” Farfugliai, strascicando ogni parola.
“Oh, Gesù!” Biascicò, portandosi le mani sulle labbra mentre io mi rimettevo in piedi e mi dirigevo imperterrita verso un tavolo apparentemente allettante.
“Ehi, dolcezza!” Mi venne vicino, fin troppo vicino, Bruce, con lo stesso bicchiere di Stacy in mano.
“Oh, ciao.. coso.” Sorrisi falsamente, continuando a camminare verso il tavolo.
“Hai bevuto, eh?” Mi chiese con quel sorriso stomachevole sul volto.
“No, macchè!” Borbottai, sbattendo contro il suo petto.
“Che ne dici se andiamo a divertirci un po', eh?” Non voleva proprio mollare.
“Perchè no?” Feci spallucce, appoggiandomi al suo braccio per non rischiare di ricadere a causa di quei tacchi maledetti.
Ci stavamo avvicinando alla porta di casa quando una mano afferrò il mio braccio e mi spinse dalla parte opposta a Bruce, facendomi sbattere nuovamente contro un altro petto.
“Ehi!” Sentii esclamare dal fratello della festeggiata.
“Ma non ti vergogni? Approfittare di una ragazza ubriaca!” Questa era la voce di John, lontana dalle mie orecchie anche se la sua presenza era vicina.
“Ma io volevo divertirmi!” Protestai, dimenandomi fra le braccia del mio 'salvatore'.
“Sta ferma.” Mi ammonii quella che riconobbi come la voce ferma e tagliente di Jack.
“Ohh! Adesso mi dai anche gli ordini!” Sbottai, accecata dal rancore e dalla rabbia verso tutto il male e la sofferenza che mi aveva causato.
“Sei ubriaca.” Senteziò, come a voler giustificare la sua mancanza di risposte.
“Lasciami in pace! Voglio divertirmi!” Mi dimenai ancora, capendo che quello a cui ero addossata era lui.
“Hai sentito che ha detto? Vuole divertirsi!” Ripeté Bruce, alle mie spalle.
“Lei non va da nessuna parte.” Fece John, ricomparendo nella conversazione.
Non vedevo nulla. Riuscivo solo e a malapena a distinguere le voci dei soggetti.
“Io.. voglio...” Ma la mia ennesima protesta non ebbe modo di essere finita dato che svenni all'istante proprio davanti a tutti, sentendo solo delle braccia forti sorreggermi prima che mi sfracellassi sull'asfalto e terminando, almeno per me, quella stancante serata piena di pressioni e tristi festeggiamenti...

“Ferma la macchina, Jack! Si è risvegliata!” Gridò la voce squillante e preoccupata di Francine, mentre i miei occhi anche se faticosamente, cercavano di riaprirsi.
A quanto capii dalla frenata successiva, Jack aveva seguito il consiglio di Francine.
“Voglio voooomitare...” Biascicai, dolorante.
E la mia richiesta venne subito messa in atto perchè improvvisamente mi sentii alzare e portare fuori dall'auto, all'aria aperta. Okay, né la mia testa, né tanto meno il mio stomaco stavano reggendo quel cambiamento di clima.
“Io e Alicia restiamo con lei.” Continuò lei, sostenendomi per un braccio mentre l'altro, probabilmente, era sorretto dalla sua amica.
“Dddove stiiiamo andaaando?” Biascicai, pentendomene subito dopo.
Iniziai a vomitare quella sostanza rossastra in men che non si dica, su quella che, alla luce della luna, doveva essere erba ai limiti della strada nella quale si era fermata la macchina.
Sentivo la mano di una delle due tenermi la fronte e un'altra reggermi i capelli mentre continuavo a tirar fuori quello che sembrava veleno mangia neuroni.
“Come ti senti?” Chiese Alicia, scandendo le parole come se fossi ritardata.
“Come se mi avessero appena presa a calci..” Ammisi.
“Beh, almeno non parla più in quel modo strano..” Constatò lei, diretta verso Francine, parlando di me come se non ci fossi.
“Già.” Assentì, l'altra.
“Grazie..” Ribattei, sarcastica, tanto per far capire loro che c'ero anche io e che mi ero momentaneamente ripresa.
“Scusa..” Ridacchiò la rossa “Ti riportiamo in macchina.. Riesci a camminare?”
“Se mi tolgo queste maledette scarpe, sì!”
“Ehi! Non offendere le mie Prada!” Esclamò, falsamente indignata, Alicia, mentre mi aiutava a togliermi quei tacchi spaventosi che tanto avrei voluto bruciare, se non fossero costate più di tutto il mio guardaroba messo insieme.
Un po' gattonando e un po' camminando stile homo erectus, riuscii a raggiungere la macchina e a risedermi ai posti dietro, senza però affrontare lo sguardo di Jack dal finestrino.
“Come stai?” Furono inevitabili la domanda e l'espressione premurosa di John, che si era girato subito per vedere in che condizioni ero ridotta.
“Meglio..” Borbottai, cercando in tutti i modi di nascondere la mia faccia sicuramente peggiore di quella di Franken Stein.
“Che insolente! Sei stata una stupida, lo sai!?” E come un fulmine a ciel sereno, neanche l'avesse studiato, Jack mi aggredì, colpendomi impreparata.
“Che ho fatto??” Chiesi incredula, sentendo già le lacrime brucarmi gli occhi.
Perchè quel tono così cattivo? Avevo vomitato... Mi ero sentita male. Forse era stata la bibita che mi aveva offerto Stacy, ma non avevo fatto nulla di male che io ricordassi; poteva capitare a chiunque! Non aveva alcun diritto di sgridarmi in quel modo come se avessi tre anni.
“Ohh, certo! Adesso nemmeno ti ricordi! Per tua informazione stavi per farti il fratello di Stacy, o meglio, lui stava per fare te, perchè non credo saresti stata molto partecipe in quelle condizioni...” Continuò a rimproverarmi, raccontandomi quelle cose che non stavano né in cielo né in terra.
Bruce? Quel tipo? Io, con quel... coso? Impossibile.
“JACK!” Alicia, John e Francine cercarono di placare la sua ira, richiamandolo all'unisono ma senza ricevere alcuna risposta dal diretto interessato.
“Non dovevamo portarla!” Disse invece, sempre più irritato.
“Non credo a quello che hai detto.” Deglutii, mordendomi il labbro a sangue.
Solo lo sguardo che John mi lanciò, mi fece capire che quello che aveva detto Jack era la verità... “Oh, mio Dio...” Biascicai, quindi, addolorata.
Stavo iniziando a disperarmi quando John cercò di tranquillizzarmi, posando la sua mano sulla mia gamba, cosa che a Jack non sfuggì.
“E chi le ha prestato quel vestito?! Non vedete che è mezza nuda!” Jack sembrava incontrollabile. Non riusciva a calmarsi e fortunatamente non aveva ripreso a guidare altrimenti, come minimo ci saremmo schiantati da qualche parte.
“Era una festa, Jack, tutte le ragazze erano vestite così!” Cercò di giustificarsi Alicia, mentre la mia testa ricominciava a girare come una giostra senza freni.
In quel momento, però, un dolore lancinante al braccio mi riscosse e distrasse dalla discussione fra l'improvviso isterico Jack e Alicia.
“E questo livido?” Chiesi, strabuzzando gli occhi, prima che Jack potesse ribattere alla frase di Alicia, facendolo zittire subito.
John ancora mi guardava con quel misto di dispiacere e compassione, come uno che voleva dire qualcosa, senza rischiare di dire troppo... E allora stava zitto.
In macchina regnò il silenzio mentre io guardavo quella grossa macchia nera sul mio braccio, farmi sempre più male al tocco.
“E' stato Jack.” Parlò Francine, con voce timorosa. “L'ha fatto per tirarti via dall'abbraccio di Bruce.” Spiegò, volgendo prima lo sguardo a me, poi a Jack e viceversa.
“Ma.. E' ernome!” Deglutii, con voce spezzata.
“Preferivi farti violentare da quell'animale!?” Ecco che Jack ricominciava a sbroccare come un pazzo psicotico.
“Mi spieghi perchè urli e ti alteri tanto!?” Sbottai, stufa di quelle riprese umilianti.
“Io faccio quello che voglio!” Ripeté, mandandomi il sangue al cervello.
“Mmmm... DIO QUANTO TI ODIO!!!” Strillai infine, con i nervi a fior di pelle, uscendo dall'auto anche se scalza e dirigendomi verso il prato lì vicino.
Lo odiavo perchè in quel momento avrei voluto sentirmi dire che si stava comportando in quel modo perchè era preoccupato.. perchè teneva a me. Come una sciocca avrei voluto sentirmi dichiarare cose che da Jack non avrei mai sentito dire.
Rimasi in piedi, a guardare il cielo schiarirsi per un po', prima di sentire altri passi dietro di me farsi sempre più vicini.
Sicuramente era Francine, o John... Non mi aspettavo di certo Alicia o...
“Sali in macchina, altrimenti prederai freddo.” No, che venisse lui non me l'aspettavo affatto. Ma quanto poteva piacergli darmi ordini?
“Fammi indovinare.. Ti hanno costretto a venire, vero?” Domandai, acida come non lo ero mai stata con lui, senza nemmeno voltarmi a guardarlo.
“Indovinato. Ma dico sul serio..”
“A te non è mai importato nulla di me, perchè dovrebbe importartene ora?” Probabilmente un po' d'alcol era rimasto nel mio cervello, perchè da lucida non avrei mai detto quelle cose.
“Lo pensano tutti, ed io non mi spreco troppo a spiegarne il motivo.” Ammise, avvicinandosi e mettendosi di fianco a me, guardando anche lui l'alba.
E' tardi. Voglio andare a casa.” Feci, rigirandomi e cercando in tutti i modi di non far vedere le lacrime di quella consapevolezza a lui, che amavo sempre più di me stessa.

 

PS: UN GRAZIE INFINITO ALL'ARTISTA DELLA FAVOLOSA IMMAGINE DA COPERTINA SparksFly!!!!

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Capitolo 3
*** An Innocent Clash ***


An Innocent Clash

 

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“Tesoro, come mai così tardi?” La mia mamma era sempre così premurosa che mi sentii in colpa di ciò che avevo effettivamente combinato quella sera, ma cosa avrei dovuto dirle? 'Tranquilla mamma, Francine e Alicia, due amiche di cui non conosci nulla, mi hanno solo prestato un vestitino che potresti benissimo utilizzare come pezza per asciugare i piatti, in seguito mi sono solo ubriacata rischiando di andare a letto con uno sconosciuto maniaco, poi ho urlato, preda dall'ira, al ragazzo che amo con tutto il mio cuore, che lo odio, mentre suo cugino, molto prima che mi ubriacassi, ha cercato di baciarmi. Nulla di grave, quindi, mamma, puoi tornare a letto a fare sogni tranquilli.' .. Sì e come minimo sarebbe morta d'infarto.
“Mmm... Con Holly e Abby abbiamo visto un film che è finito più tardi del previsto..” Mentii spudoratamente, sentendomi la peggiore figlia del mondo.
“Uhm.. E come mai hai la maglietta al contrario?” Inarcò un sopracciglio, la mia mamma falsamente addormentata. Devo dire che anche appena sveglia nel bel mezzo della notte era un detective più astuto di Sherlock Holmes.
La risposta più veritiera sarebbe stata che mi ero cambiata velocemente nella macchina di Jack mentre lui e suo cugino restavano fuori in modo tale da non sbirciare mentre Alicia e Francine, ridacchiando, facevano da guardia e mi aiutavano, ma poi avrei dovuto raccontarle tutte quelle cose prima e allora optai per una semplice scrollata di spalle e un sorrisetto birichino.
“Holly mi aveva prestato un maglione più comodo...” Dio, ero davvero un'attrice nata. Da Oscar, dovevo ammettere.
“Un maglione? Con questo caldo?” Okay, era ovvio che non si fidasse molto di me in quel momento e forse era per l'odore che avevo ancora addosso, per i capelli quasi elettrici, per le occhiaie, la pelle bianca e gli occhi vitrei, ma come potevo esserne al cento per cento, certa?
“Mh-mh” Annuii “Ora vado a letto, mamma. Ho un sonno pazzesco.”
E proprio quando stavo per raggiungere le mie adorate scale, parlò nuovamente.
“E' quasi mattina, tesoro, e ho provato a chiamarti per tutta la serata, sai quanto potessi essere in pensiero per te?” Ma certo! La ramanzina mi mancava! Infatti il suo tono accondiscente mi sembrava un po' troppo strano..
“Scusami mamma, è che avevo il cellulare lontano.. Ci siamo ammazzate di telefilm per tutta la notte...” Tentai, ancora.
“E quel trucco? La mamma di Holly non sapeva che eravate ancora lì?”
“Mamma! Ho diciassette anni! Non devi più preoccuparti di queste cose. Sono tornata, okay? Sto bene, ti ho detto. Fidati.” Oddio quanto mi sentivo cattiva, falsa, sporca, bugiarda, schifosa... In quel momento mi sarei presa a schiaffi per il resto della giornata.
E anche se ancora titubante e insicura, mia madre acconsentì con un cenno del capo a farmi intendere che aveva capito e che potevo, finalmente, andare a letto e dedicarmici per l'intera domenica...

Il mio sonno, dopo tutto quello che era successo, stava diventando piacevolmente pesante ma prima che potessi realmente rilassarmi, dopo varie ore di rigiramenti incessanti, il campanello di casa suonò così insistentemente che mi fece venir voglia di urlare e mettermi a frignare dalla disperazione di constatare anche di essere rimasta da sola a casa dato che i miei mi avevano già avvertita di dover andare in un centro commerciale per immobili e la mia sorellina era rimasta a casa della nonna, fui costretta così ad alzarmi e andare a rispodere.
“Sì?” La mia voce da morto vivente doveva essere già un palese invito per quel paese per l'interlocutore, ma ovviamente esso non capì...
“June! Avanti, scendi!”
“Francine??? Ma voi non dormite mai!?” Quasi sbraitai dallo stupore.
Lei non rispose subito, ma sentii percettibilmente la sua risata cristallina attraverso il citofono.
“E' mezzogiorno! Quanto vuoi dormire, ancora?” Sentivo il suo sorriso anche se non potevo vedere la sua faccia.
“Mmm, vediamo... Tutta la domenica!!!?”
Altra risata che constatava quanto poco mi stesse prendendo sul serio.
“Dai! Scendi e vestiti leggera! Portati anche il costume e un asciugamano!”
“P-perché?” Chiesi con un grosso groppo in gola.
“SI VA IN BARCAAA!” Strillò euforica, rompendomi definitivamente il timpano che era stato già danneggiato da Stacy la sera prima.
Ma non fu solo quello a preoccuparmi al momento.
“E... Ci saranno tutti?” Deglutii agitata.
“Sì, le tue amiche ti stanno aspettando in macchina!”
Okay, mi faceva piacere che ci fossero le mie amiche e che sicuramente sarei stata in macchina con loro fino al porto, poiché Abby aveva la patente, ma non era esattamente quello che volevo sapere...
“Ma.. Ci saranno proprio tutti, tutti?” Se non capisci ora sarò costretta a sventolarti un cartellone con scritto “ci sarà anche Jack?” sotto il naso!
“Sì! Avanti sbrigati o Jack comincerà a sbraitare come ieri sera!”
Perfetto avevo ricevuto la risposta che volevo.
“Senti, Francine, io non sono nelle condizioni per venire in barca con voi, oggi, mi dispiace...” Mentii, sperando con tutta me stessa che se la bevesse.
“Ma che dici? Ci siamo tutti! Manchi solo te!” Tentò, imperterrita.
Ma prima che potessi ribattere ancora, sentii un rumore forte dall'altra parte che mi fece gelare il sangue.
“F-Francine?” Chiesi, per paura che fosse caduta a terra.
“Vuoi scendere, sì o no?” Oh, mio Dio, oh, mio Dio!!! Era Jack. Jack che parlava con me. Jack che parlava con me attraverso il citofono come aveva fatto spesso l'anno prima.. Jack!
“I-io... No.” Più titubante di così non si poteva essere.
“Dai, vieni, June!” Questo era John.
“Se non scendi John si dispererà come un moccioso.” Di nuovo Jack, col suo tono freddo che non consentiva dinieghi.
“Ehi! Io non sono un moccioso!” Si lamentò l'altro, facendomi inevitabilmente sorridere.
“Ma ti dispererai come tale.” Fece suo cugino, poi rivolto a me: “Scendi, tu.”
Ed ecco che al posto del sorriso mi venne un'espressione che avrebbe fatto invidia al peggior killer del mondo... Odiavo quando mi dava degli ordini. Assumeva quel tono tanto irritante e strafottente che mi costringeva a litigarci come al solito.
“No.” Brava June! Sentivo il pubblico fare la hola ed applaudirmi con commozione, data la mia decisione nella risposta.
Ma la cosa che mi fece rallegrare maggiormente era l'assenza di risposta. Jack si era arreso! Tutti si erano arresi! Avrei passato la mia adorata domenica in santa pace a dormire sul mio bel let...
Stavo finendo di fantasticare quando un tonfo alla porta non mi fece sussultare.
Qualcuno stava bussando pesantemente sulla mia porta quasi a volerla rompere...
“Sì? C-chi è?” Chiesi, cercando di mantenere la sicurezza di poco prima.
“Apri!”
“J-Jack?? Ma che ci fai qui? Come hai fatto a entrare!?” Squittii, più che agitata.
“Mi ha aperto la vicina. Ora scendi.”
Ma certo! La vicina! L'anno scorso lo aveva sempre fatto.. Avrei dovuto farle un bel discorsetto a quell'impicciona!
Quando litigavamo e lui veniva sotto casa per parlarmi, io mi rifiutavo sempre di farlo entrare, consapevole che se avessi incontrato quegli occhi ipnotici, ogni mio buon proposito sarebbe andato a farsi un bel giretto, ma lui, da quando aveva capito che citofonando alla signora Kingsoon, sarebbe potuto salire, non si era fatto alcun problema a ripetere il rito anche questa volta...
Ma ora era diverso... Io volevo cambiare e ci sarei riuscita!
“Forse quando la smetterai di darmi ordini!” Ribattei, quindi, stizzita.
“Apri subito, June!” Ma poi, potevo sciogliermi solo nel sentirlo pronunciare il mio nome?
Ero incoerente, sì, ma lui riusciva a renderlo talmente bello, con la sua voce forte e melodica da vero uomo...
Il mio cervello si era disconnesso all'istante, come se avesse pronunciato la password esatta per far muovere il mio braccio e aprire la porta.
E solo in quel momento, quando lo vidi appoggiato allo stipite in una delle posizioni più sexy che potesse assumere, mentre mi faceva la lastra da capo a piedi, mi diedi della stupida ripetutamente.
Ero ridicola. Ero stata tutta la notte a rigirarmi nel letto ed i miei capelli erano uno schifo, la mia faccia senza trucco era orrenda ed il pietoso pigiamino estivo rosa e viola mi rendeva come minimo la ragazza più inguardabile dell'Universo... Il tutto, di fronte a quello che per il mio cuore rimaneva costantemente l'uomo della mia vita.
Non fu difficile leggere lo stupore nei suoi occhi e le sue labbra piegarsi in quello che riconobbi come un sorriso che stava cercando di nascondere con tutte le sue forze per non scoppiare a ridere.
“Che vuoi!?” La mia stizza raggiungeva le vette più alte del mondo.
“Sono venuto a prenderti ma non credevo che stessi ancora... in tenuta da notte.” Okay, in quel momento l'unico punto positivo era che ce la stava mettendo davvero tutta per non ridere e su questo potevo anche ammirarlo.
“Ho detto che non vengo.” Ero irremovibile.
“Se mi dici che l'unico motivo per cui non vieni è perché devi andare a comprarti un nuovo pigiama, ti lasciamo stare, giuro.” Fece, ritornando per un solo attimo il Jack che avevo conosciuto l'anno scorso e che mi aveva fatto innamorare di sé.
“Ah-ah, davvero divertente. Ma io dico sul serio, non voglio venire.” Risposi, mantenendo la mia credibilità seppur con quel ridicolo pigiama addosso che aveva raffigurato un cane con una corona e dietro i pantaloni, all'altezza del sedere, aveva scritto “Queen”.
Strano.. Ricordo che una volta ti piaceva tanto venire.” Sorrise sghembo, facendomi arrossire inevitabilmente e infuriare a causa di quella sua sfacciatagine sfrontata!
“JACK!”
“Vieni.”
“I-io...” Quegli occhi, no, quegli no! NO! “Okay...”
L'applauso del pubblico questa volta non lo udii.

“Finalmente! Credevamo fossi morta!” Francine mi venne incontro, abbracciandomi come se non mi avesse vista solo la sera prima o, meglio, poche ore prima...
“Ci ho messo un po' a trovare un costume decente...” Borbottai, ricordando nuovamente la scelta pessima che avevo fatto.
Avevo preso il costume nero, quello che avevo messo la prima volta che ero andata in piscina con Jack...
Eravamo stati insieme pochi mesi, ma erano stati i più intensi e pieni di avventura di tutta la mia intera vita.
“Scommetto che ti divertirai tantissimo! Dai, ora sali in macchina!” Trillò, sempre col suo tono euforico.
Stavo per dirigermi, tutta sorridente -l'entusiasmo di Francine era davvero contagioso- verso la macchina di Abby quando ciò che vidi mi immobilizzò all'istante.
Abby, al volante, Holly -con un insolito muso sul viso- accanto a lei, Maggie, Chase e Freddie... dietro. Era piena. La macchina era piena ed io...? Io dove sarei andata?
Con chi sarei andata??
“Ehm.. Scusa, June, ma ci mettevi così tanto a scendere che abbiamo fatto venire Chase con noi..” Spiegò, Maggie, falsamente dispiaciuta, mentre si avvicinava di più al ragazzo accanto a lei.
Okay, avevo capito l'antifona. Maggie voleva provarci spudoratamente con Chase e questo, ovviamente, fu chiaro anche a Freddie ed Abby che sorridevano sornioni, anche se il cattivo umore di Holly mi stava preoccupando.. Lei era l'unica del gruppo che manteneva il sorriso ventiquattro ore su ventiquattro...
Bah, forse aveva il ciclo, pensai.
“Oh.. Non fa niente... Me ne resterò a cas...” Ma il mio ennesimo tentativo fu brutalmente troncato dalla mano di John, calda e salda sul mio braccio che mi fece voltare a guardarlo.
Aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro.
“Vieni con noi, June.” Fece, portandomi con sé, verso quella che riconobbi come la Mustang di Jack.
“E.. chi saremmo in macchina?” Deglutii. La giornata non si stava presagendo molto buona per il mio povero cuore.
“Io, te e... Jack.” Sorrise, come se nulla fosse.
“Solo noi tre?”
“Sì, gli altri si sono già sistemati... Le macchine sono molte. C'è qualcosa che non va?” Mi chiese, visibilmente preoccupato.
“Ehm.. No, no. E' solo che, non so, in macchina di Abby sono in cinque...”
“Vogliamo andare? Guarda che ti lascio qui, eh.” Ed ecco che nuovamente Jack si stava spazientendo. Non capivo perché ultimamente era così nervoso...
John mi rivolse un sorriso d'incoraggiamento, e allora capii che dovevo arrendermi ancora una volta al destino.

“Secondo me era più comoda la Jeep.” Ripeté John, per la centesima volta da quando eravamo partiti.
“Ho capito, ma ormai stiamo con questa.” Sbuffò Jack, cercando di trattenersi, anche se... Non so, mi dava fastidio. Perché a John, che per di più era suo cugino, non sbraitava per così poco come faceva con me da quando ci eravamo rivolti la parola alla ricreazione di pochi mesi prima..?
“Tu che ne pensi, June?” Mi sorprese, il moro, voltandosi dal sedile del passeggero, provando nuovamente a farmi entrare in qualche discorso. Era dall'inizio del viaggio che non fiatavo e guardavo sovrapensiero fuori dal finestrino.
La strada per arrivare al porto, a quanto avevo capito, doveva essere molta e questo non aiutava il mio buonsenso.
“Uhm?” Mi riscossi momentaneamente.
“Preferisci questo catorcio di quasi quarant'anni o la mia Jeep ultimo modello?” Mi sorrise infine, col suo solito sguardo da marpione che, purtroppo, su di me non aveva il benché minimo effetto.
“I-io.. Non ricordo la tua Jeep.” Ma ricordo bene i particolari di questa Mustang, visto che io e Jack eravamo soliti appostarci per le nostre effusioni furtive...
Incrociai per pochi secondi il solito sguardo indifferente di Jack dallo specchietto dal quale non faceva altro che spiarmi, infastidendomi non poco.
Sapevo che non dovevo illudermi ma il mio cuore era così contento di riavere accanto a sé l'uomo della sua vita, che riuscivo a malapena a frenare l'istinto di far frenare questa macchina per saltargli addosso...
“Come no? Ci sei stata ieri sera!” Sorrise ancora. Sapevo che stava solo cercando di farmi sentire a mio agio ma, chissà com'è, in quel momento stava accadendo tutto il contrario. Più John mi parlava, più Jack mi fissava.
“Oh, già! Beh... Sono belle entrambe.” Mentii, logico che amavo la nostra Mustang.
John mi rivolse uno sguardo come a volermi far capire che anche se non l'avevo detto era ovvio che adorassi la sua Jeep, così si rigirò e accese la radio.
“E perché ieri guidava Jack?” Chiesi d'un tratto, ricordando frammenti della sera prima.
“Guarda che io sono qui. Potresti chiederlo direttamente a me.” Fece Jack, nuovamente stizzito.
“Pensavo che non avessi seguito la conversazione.” Esclamai, giustificandomi come una cretina.
“Non sono mica sordo.”
Ed ecco il sangue al cervello ed i nervi che si preparavano per un nuovo match.
“Sordo no, ma menefreghista, sì.” Ribattei, sbuffando.
Sapevo di star esagerando, ma erano mesi che andava avanti così ed io non potevo più tenermi dentro tutto... Peccato che nessuno sapesse della nostra relazione.
Vecchia relazione, ricordai amaramente.
Io e Jack avevamo deciso di tenerla segreta almeno per un po', perché lui sosteneva che i suoi amici lo avrebbero preso in giro ed io volevo prima accertarmi che fosse quello giusto prima di andarlo a sbandierare ai quattro venti, anche se la storia non durò abbastanza per farmelo capire.
Ma ripensandoci, non potevo che darmi della sciocca. Che scusa era quella degli amici? Lui mi aveva spiegato che ogni volta che si frequentava con una ragazza, gli altri cercavano sempre di metterli in imbarazzo fino a farli esasperare, ma se Jack davvero teneva a me, non doveva neanche farseli certi problemi... Ma, probabilmente era come avevo sempre pensato io: a lui non interessava nulla di me.
“Senti, mocciosetta, tu sei l'ultima persona dell'universo che può giudicarmi, chiaro?” Ribadì, col suo tono pacato da chi sapeva di avere sempre ragione.
Certo, sapevo che Jack s'innervosiva ogni volta che si toccava il suo carattere. Non sopportava quando la gente lo riprendeva per i suoi comportamenti maleducati...
“Non chiamarmi mocciosetta, testa di rapa!” Trillai, già rossa dalla rabbia e.. dall'imbarazzo.
L'anno scorso, quando discutevamo, io lo chiamavo sempre in quel modo che detestava e lui mi chiamava sempre in quel modo che detestavo... Solo in una cosa eravamo simili: la testardaggine.
Testa di rapa, io??? Vuoi davvero rischiare di affogare accidentalmente oggi, mocciosa?”
Ed ecco che montava la rabbia di entrambi, mentre di John ce ne eravamo nuovamente dimenticati.
“Prima dovresti togliere di mezzo i braccioli, caro.” Sorrisi, strafottente, consapevole che mi avrebbe vista dal finestrino.
“Mi stai dando del poppante?”
“Io non ho detto nulla. Hai la coda di paglia, per caso?”
Non ti rigirare la frittata, sei tu la più piccola qua in mezzo.. Dovresti stare lontana da ragazzacci come me.”
E questo fu davvero troppo.
Sapeva che mi avrebbe fatta scoppiare con questo. Sapeva che odiavo quando rinvagava vecchie discussioni...
L'anno prima avevo litigato con mia madre perché, vedendo Jack, lo aveva definito un ragazzaccio. Presa dal panico che lei avesse potuto dividerci, riferii a Jack che non potevo stare, appunto, con ragazzacci come lui. Ma questo, logicamente Jack non lo prese bene e ad ogni nuova litigata, seppur sciocca, non faceva altro che metterci in mezzo quel discorso.
Ma io non lo avevo detto perché lo pensavo veramente, ma solo per riferire le parole esatte di mia madre, che lui non capì o, meglio, non volle capire mai.
Io e lui non litigavamo troppo spesso ma quando lo facevamo, era sicuro che ci avrebbero sentito anche i cinesi per quanto sbaitavamo.
Giuro che stavo per scoppiare, la mia mano si stava muovendo da sola, ma improvvisamente Jack frenò e John cercò immediatamente di salvare la situazione.
“Bene, siamo arrivati! Ora basta battibecchi, okay? E' ora di divertirsi!”

No, quella non era una barca. Almeno, non una barca comune.
Sapevo, per sentito dire, che John avesse soldi a palate, così come Alicia, ma non avrei mai immaginato... tanto.
Lo yacht di John, soprannominato da lui, Cecil, era la più grande imbarcazione nella quale fossi mai salita. Somigliava più ad una nave da crociera che ad una barca, a pensarci.
“Ti piace? E' del mio patrigno.” Fece lui, venendomi vicino.
Mi ero bloccata con gli occhi spalancati e la bocca aperta, a fissare quella bellezza che galleggiava tranquillamente sul mare, ignara di tutti gli sguardi di invidia e ammirazione che i turisti le lanciavano.
“N-non ho parole per descriverla.” Sospirai, cercando di riprendere lucidità, mentre gli altri iniziavano a portare asciugamani e cose da mangiare sullo yacht.
“Bill se la passa bene..” Borbottò, mettendosi una mano sulla fronte per pararsi gli occhi dal sole.
Bill, a quanto potevo intuire, doveva essere il nuovo marito della madre.
“Si vede. Devi ritenerti molto fortunato.” Sorrisi, come a volerlo rilassare per qualcosa che non capivo nemmeno io. Forse pensavo che il suo patrigno non gli andava a genio e allora volevo fargli capire che invece doveva solo che ringraziarlo per ciò che poteva offrire a lui e alla sua famiglia.
John, a quella mia esclamazione, si voltò a guardarmi e ci rimase per un bel po', inchiodando il suo sguardo nel mio, cercando di leggerne qualche soluzione.
“Già.. Dovrei.” Biascicò alla fine, invece, assumendo una serietà quasi spaventosa per un tipo come John.
“Ehi, piccioncini, volete aiutarci??” Gridò Chase alle nostre spalle, con una grossa borsa sulle spalle, accanto ad uno Jack palesemente scazzato.
John si girò alla svelta e, sorridendomi, andò dai ragazzi a caricare le “provviste” sullo yacht.
Non sapendo cosa fare, decisi di entrare e ciò che vidi dentro non fu meno di quello che avevo visto fuori.
I mobili ed il pavimento erano rivestiti di legno e parquet; le pareti erano beige e le stanze sembravano essere almeno una decina, con tanto di letti più che comodi.
Fuori, o meglio, sopra, a poppa, c'erano già Holly, Francine, Alicia, Abby, Maggie e... Stacy e Carol a prendere il sole.
Già, non vi avevo ancora dato la più brutta notizia delle peggiori notizie: c'erano anche Stacy, per l'appunto, con la sua amichetta del cuore, che, oltretutto, ci provava spudoratamente con Jack. Il mio Jack.
Carol era castana, con capelli lisci, lunghi e fluenti che dondolavano da una parte all'altra ogni volta che si girava -e lo faceva spesso-, aveva degli occhi di un marrone scuro intenso, una carnagione olivastra che metteva in risalto ogni eccentrica curva del suo corpo, delle labbra grandi e carnose e delle gambe chilometriche... Insomma, era l'incrocio fra un Dio ed un'umana. Il ché la rendeva a dir poco perfetta, seppur la perfezione non esiste.
La madre era spagnola o argentina -fa lo stesso, no?- mentre il padre americano.
Mentre la guardavo e la mia autostima calava a livelli mai visti, pensavo a come mai non avessero deciso di restarsene a Cuba -o dove cavolo era nata la madre-, invece di venire a rovinare la vita a me, in America.
“Uuuh, June! Ti presento Carol. Carol, questa è June.” Si alzò rapidamente, Stacy, prendendomi per mano e spingendomi verso la dea delle dee.
“Ehm... P-piacere.” Balbettai, troppo presa a scrutarle il viso, privo di imperfezioni o acne adolescenziale, cercando vanamente di trovarne qualche difetto.
“Piacere mio!” Squittì.
Ooooooohhhh! Finalmente avevo trovato un santissimo difetto!
La sua voce. Era tremenda...
Sembrava un incrocio fra un topolino ed un uccello strozzato, il ché non era assolutamente piacevole.
Dopo quella breve quanto imbarazzante presentazione, mi diressi velocemente da Holly ed Abby -Maggie era troppo presa dall'arrivo di Chase-, salutandole poiché c'eravamo a malapena parlate quella mattina, e raccontando loro del battibecco in macchina.
“Jack è un pazzo.” Sussurrò, Abby, per non farsi sentire da Francine, accanto a lei.
“Già...” Borbottò, Holly, col solito muso.
“Mmm.. Ti sei sprecata in commenti, Holly, ma che hai??” Le chiesi, finalmente, cercando di mettermi seduta fra loro, prima che una mano mi afferrasse per il braccio leso della sera prima, facendomi rialzare nuovamente.
“Dove pensi di andare, così?” Trillò, Alicia, sorridendomi, mentre io cercavo di capire dove stesse esattamente guardando dato che aveva gli occhiali da sole.
“Io.. Veramente volevo sedermi.” Era una semplice frase, e allora perché mi senitivo come colpevole di chissà quale omicidio?
“Sei vestita.” Constatò e quello mi fece capire tutto.
“Oh, giusto.. Dov'è il bagno?”
“Ma non ce l'hai sotto i vestiti?” Aveva l'occhio lungo la ragazza, pensai...
“S-sì, ma...”
“Nessun ma! Togliti 'sta roba qua e poi sdraiati con noi!” Esclamò, euforica quasi quanto Francine che sembrava essere entrata in coma sull'asciugamano.
Eh, ti credo, pensai, era logico che avesse dormito poco e che fosse stanca.
D'un tratto lo yacht partì ed il resto della compagnia ci raggiunse a poppa, iniziando a togliersi i vestiti e a sdraiarsi a terra come le ragazze.
Ebbene, sì, anche Jack si era spogliato.. ed il mio cuore era letteralmente saltato fuori dal petto.
Non poteva avere un corpo più meraviglioso. Snello, ma non troppo magro e muscoloso, ma non palestrato. Si vedevano i pettorali ed una leggerissima tartaruga, mentre dei peli biondi creavano una striscia da sotto l'ombelico fino in basso...
La peluria di Jack era tutta bionda, tanto che sembrava neanche averla, almeno sul petto.
Okay, lo stavo fissando e probabilmente stavo anche sbavando, ma non era colpa mia se il mio cervello aveva recepito ogni suo movimento -dallo sbottonamento dei jeans, allo sfilarsi la maglietta-, a rallentatore. I suoi capelli, lunghi e lisci tirati indietro a riscendere sul collo, erano disordinati quanto estremamente sexy.
Un concentrato di adrenalina allo stato puro.
“June? Ci sei? Allora, che aspetti?” Mi riscosse, Alicia, sventolando la sua mano davanti ai miei occhi, poco delicatamente.
“Oh, ehm.. Sì, ecco.” Borbottai, agitata, mentre iniziavo a togliermi le scarpe, la maglietta ed infine quei maledetti pantaloni, fino a restare nuda, se non per quel costume pieno di ricordi, davanti a tutti, compresi gli sguardi di John e.. Jack.
“Bel corpicino che ti ritrovi!” Sbottò Sam, sorridendomi.
“G-grazie...” Biascicai, sdraiandomi rapidamente sul mio asciugamano, fra Holly ed Abby.
“Il costume nero...” Mi sussurrò, Abby, che aveva subito capito il perché del mio imbarazzo.
“Il primo che ho trovato.” Deglutii, sentendomi ancora più stupida.
Ma cosa volevo dimostrare? Jack avrebbe subito pensato che fossi solo una sciocca ragazzina che non vedeva l'ora di rimettersi con lui, il ché, in parte, era anche vero...
“Stai bene.”
“Sono ridicola.”
“Sei bella.”
“Questa potevi risparmiartela, Abby.” Ridacchiai, sentendo la tensione allentarsi sempre più.
“E Jack ti sta fissando insistentemente.” Continuò, facendomi gelare il sorriso sul nascere.
“D-dici davvero?” Deglutii, sicuramente rossa in viso.
“Ora John gli sta parlando. Dal suo sguardo sembra volerti uccidere.” M'informò, con la giusta dose di sincerità disarmante.
“Così non mi aiuti.” Le lanciai un'occhiataccia. “Ora mi spieghi cos'ha Holly?” Le chiesi in un sussurro, per non farmi sentire dalla mia vicina nonché diretta interessata.
“E' da quando siamo arrivati a casa tua che è così...” Spiegò, scrollando le spalle. Strano che Abby non sapesse nulla, di solito era sempre aggiornata sui fatti di ogni singolo essere vivente.
“Pensi che le dia fastidio la mia presenza?”
Sapevo di essere un tantino paranoica ma, beh, forse con questa frase mi ero davvero superata.
Io, Abby e Holly eravamo amiche strette dal primo anno di liceo e tutti sapevano che bel rapporto c'era fra noi, soprattutto fra me e Holly.
Evidentemente anche alle orecchie di Abby la mia domanda sembrò estremamente ridicola quanto stupida, tanto che mi scrutò con quei suoi occhi neri, come a volermi dire: “una più cretina di te non esiste sulla faccia della terra, ne sono certa.” ma invece si limitò allo sguardo assassino, per poi riprendere a parlare.
“Non credo proprio sia per questo, scema. Mentre Francine stava al citofono con te, ho sentito, anche se non benissimo, John chiedere a Chase di cambiare macchina per farti stare da sola in auto con lui...” Fece, ma venne interrotta da una mia constatazione poco felice
“E Jack.” Quasi ringhiai.
“Sì, beh, comunque ha quel muso da quando Chase è entrato in macchina con noi. Poco prima ha parlato al telefono con la madre e credo che ci abbia litigato quindi propabilmente è questo il motivo esatto del suo umore nero.” Arrivò alla conclusione, la reincarnazione di Sherlock Holmes.
“Credo che sua madre non voleva farla venire. Caspita che tristezza...” Borbottai, sovrapensiero.
“Ben detto, Watson.” Rise Abby, seguita subito dopo da me.
Grazie alla mia amica avevo riacquistato un po' di sicurezza.

Era già passata un'ora dall'inizio del piacevole viaggetto in 'barca', quando John portò lo stereo fuori e accese la musica, mentre io mi rialzavo per non rischiare di diventare un peperone intoccabile e dolorante, e mi sedevo accanto alla balaustra dalla quale, se mi ci fossi affacciata, avrei notato il mare rigato dal passaggio dello yatch.
Alla guida c'era Freddie che adorava Cecil più di sua madre, a quanto aveva detto.
Nella compagnia non era difficile capire che fossero tutti ricchi sfondati.
In particolare John, che doveva ringraziare solo il divorzio di sua madre con suo padre avvocato e il successivo patrigno Bill, super milionario.. E Jack, che invece aveva entrambi i genitori, uno giudice e l'altra avvocato. Le loro madri erano sorelle -separatesi per una ragione a me ancora sconosciuta- che si erano ritrovate solo quando i loro figli avevano iniziato a conoscersi in primo liceo, riallacciando rapporti ormai dissoluti. Almeno all'apparenza.
I miei pensieri stavano vagando fino a mete impensabili, quando la voce gentile di Francine non mi distrasse.
“Ehi, June, visto che stai in piedi, potresti gentilmente andare a prendere qualcosa da bere di sotto? Ci dovrebbero essere dei succhi e uno spumante..” Mi sorrise, con le sopracciglia corrugate a causa del sole, nonostante avesse anche gli occhiali da sole.
“Certo, vado e torno!” Esclamai, più euforica di quanto potessi aspettarmi in quella circostanza.
Mi affrettai a raggiungere le scalette, ritrovandomi di fronte un piccolo salotto e subito attaccata la cucina, la quale aveva accanto la camera da letto ed il bagno.
Stavo per raggiungere il frigorifero, sorridente ed ignara dell'imminente futuro, quando una mano forte e calda mi afferrò il polso, mi tappò la bocca in modo tale che non potessi urlare dallo spavento e mi scaraventò letteralmente nell'enorme stanza da letto, la quale non riuscì, anche in quella situazione, a non farmi sgranare gli occhi dallo stupore; ma maggiore fu comunque quello nel vedere in faccia e in una vicinanza quasi paurosa, il mio assalitore, che in quegli occhi perfettamente azzurri e grigi, scorreva un misto di odio e... qualcosa che non riuscii a decifrare.
Mi accorsi subito dopo di essere incastrata fra la parete e Jack, che mi sovrastava con il suo metro e ottantacinque, -se non di più- una mano sulla bocca e l'altra sul mio ventre come a fissarmi sul muro stile Monnalisa.
“Mmmh!?!??!” Ringhiai, cercando di voler dire: “che diavolo stai facendo?”.
Anche se, accidenti al mio cuore, non potevo non essere segretamente felice per averlo nuovamente così attaccato a me.
“Shh, non fiatare.” Ed ecco anche un nuovo ordine.
“Mmm..” Il mio era un assenso rassegnato e accondiscente.
Restammo a fissarci, occhi negli occhi, per oltre dieci minuti belli e buoni, senza fiatare e dire niente, come se solo i nostri sguardi e la sincronia dei nostri battiti riuscissero a comunicare pacificamente.
..Anche se lui sembrava volermi fulminare ed io sembravo pronta a morire per lui.
“Tu piaci a John.” Non era una domanda, ma una semplice e coincisa constatazione che parve essere, invece, alle mie orecchie, una cosa vergognosa.
“MMM!” Esclamai, come a dire: “e questo che cavolo c'entra? Ha cercato di baciarmi, grazie al cavolo...” ma il mio lamento non riuscì a continuare poiché riprese a parlare con quel solito tono freddo, distaccato e accusatore.
“Penso sia una cosa inconcepibile.” Ammise poi, spostando il suo sguardo un po' più in basso... sulle mie labbra, per poi risalire velocemente.
Non risposi. Mi limitai ad inarcare un sopracciglio.
“Ora, anche se so che per te, essere sincera non è una cosa semplice, cerca almeno stavolta di dirmi la verità: a te piace mio cugino?” No, dico... Stava forse scherzando? Cos'era quel tono di scherno, adesso? Per me, era difficile dire la verità??? PER ME?
Voleva forse farmi intendere che lui non aveva mai avuto fiducia in me? Che aveva sempre creduto che fossi una bugiarda..?! Che insolente! Io che più di chiunque altra gli avevo donato il mio cuore!
Stava per togliere la sua forte mano sulla mia bocca, quando aggiunse “Non urlare e non usare la bocca per qualcosa di cui potrai pentirti. Parla e basta.” Fece, duro come il marmo.
Finalmente, quando lasciò entrambe le prese potenti, facendo qualche passo indietro, sentii la rabbia esplodere ed uscire come una bomba dalle mie labbra.
“Brutto stronzo, bastardo, codardo, farabutto, pezzo di merda!!! Come cazzo ti viene in mente di dire queste cose.. A ME!? Non ti ho mai mentito e quelli fra me e John sono solo affari nostri! Capisci? NOSTRI!” Anche se mi aveva detto di non urlare, fu inevitabile inveirgli contro in quel modo tanto selvaggio.
Lui rimase interdetto per qualche istante ma si riprese subito dopo.
“Ti sbagli, carina. Ciò che riguarda mio cugino, rigurda anche me. So che non sei interessata a lui e se provi a farlo soffrire o illudere solo per vendicarti, giuro che pagherai per questo e per ciò a cui sei scampata tempo fa!” Ringhiò, più tagliente che mai, ribloccandomi fra lui e la parete, decisamente più schaicciata di prima. “O forse per quello potrei vendicarmi già da subito.” Sorrise sadico, facendo scorrere lentamente la sua mano sul mio fianco e raggiungendo il pezzo sotto del mio costume.
Non capivo più nulla. La situazione mi era sfuggita di mano appena aveva detto che dovevo stare lontana da John e tutte le altre cose cattive che non credevo pensasse di me. Evidentemente Jack pensava che io gli avevo fatto davvero qualcosa di terribile o che fossi una ragazza veramente orribile, per farlo reagire così brutalmente. Dal canto mio, non riuscii a proferire parola. A malapena respiravo. Sentivo solo che la mia unica barriera era stata metaforicamente e fisicamente distrutta lasciandomi inerme fra le sue mani che fino a poco fa desideravo ardentemente.
“I-io.. Non capisco..” Biascicai poi, sentendo la sua mano sfiorarmi la natica per poi stringerla forte, facendomi scappare un forte gemito di dolore, per avvicinare il mio bacino bruscamente al suo. Ora le nostre intimità erano a stretto contatto.
“Smettila di mentire!” Sussurrò con rabbia, il respiro spezzato.
“N-non sto mentendo! Non ferirei mai John.” Deglutii, cercando di fargli capire la mia pure innocenza.
Mi fissò nuovamente e strinse di più la presa.
“Ma con me non hai esitato a farlo.” Tagliò corto, facendomi gelare il sangue.
Ma cosa diavolo gli avevo fatto!?!

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Capitolo 4
*** Red Roses ***


Red Roses


 

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Ma cosa diavolo gli avevo fatto!?!
Jack.. Io non capisco.” Sussurrai flebilmente, mentre cercavo di calmare tutti i bollenti spiriti.
Continui a dire di non capire, ma l'unica cosa che non capisci è che è più semplice dire la verità che mentire.” Mi congelò nuovamente col suo sguardo, ribadendo la mia falsità come se gli avessi fatto uno dei peggiori torti quando, dal mio punto di vista, ero stata la sola a volergli realmente bene fra i due.
Ma io non ti ho mentito!” La mia voce uscì disperata e rotta, consapevole della testa dura del suo interlocutore.
Mi sentivo come di fronte ad una giuria la quale non faceva altro che darmi della colpevole.
Sono stufo di te e... di tutto, diamine! Lascia stare John! Puoi prendere in giro lui, ma non me.” Sbottò infine, lasciandomi da sola nella stanza mentre con passo veloce e arrabbiato si diresse di sopra dagli altri.

Perché ci hai messo così tanto?” Mi chiese Holly, appena mi sdraiai fra lei ed Abby sull'asciugamano.
Mi sono fermata al bagno.” Mentii, ripetendomi che quello non era né il momento né il posto giusto per raccontare loro dell'accaduto con Jack.
Stai bene? Sei pallida.” Fece Abby, portando una sua mano sulla mia fronte per sentire se avessi la febbre.
Mmm.. Ho un po' di mal di testa. Sicuramente sarà per colpa della bevanda di ieri.” In fondo, prima o poi dovevano arrivare 'sti postumi da sbornia.
Tentai di sorridere, alzando lo sguardo ma maledicendomi subito dopo poiché, dietro di lei, potevo chiaramente vedere Carol parlare amabilmente con Jack. Il mio Jack.
Quello che fino a pochi minuti prima mi aveva quasi aggredita, accusata e ferita come, d'altronde era solito da lui.
Stavo soffrendo. Stavo patendo le pene dell'inferno e disperando come un animale. E non lo meritavo. Questo era certo... Lui mi aveva insultata e continuava a farmi del male eppure il mio cuore non voleva capirlo.
Ma questo sarebbe stato l'anno del cervello. Della razionalità e quest'ultima aveva messo ben in chiaro che non avrei mai più avuto niente a che fare con Jack.
Si vede proprio che fai palestra!” Squittì quella sottospecie di vipera, toccando i pettorali di Jack che, a quanto sembrava, non gli dispiacevano affatto quelle attenzioni.
Mm.. Dici?” Le chiese, retoricamente, come per cercare di salvare la conversazione e di non farla morire in un silenzio imbarazzante, ma non perché avesse davvero voglia di parlare con quel coniglio strozzato.
Non ho mai conosciuto uno come te, Jack! M'incendi tutta..” Gli sussurrò all'orecchio, provando ad essere almeno un minimo sensuale ma risultando comunque una ragazza- poco-seria.
Mi stavo sforzando con tutta me stessa per sentire quel che si stavano sussurrando ma purtroppo parlavano così sotto voce che riuscii a carpire solo dei discorsi disconnessi...
A casa mia...” Lei.
Io non credo che...” Lui.
Ma davvero?” Lei.
Penso di sì....” Lui.
Quindi...” Lei.
No.” Sì, sì, sì, sì!!! Le aveva detto NO, l'aveva rifiutata, sì!!!... Ma... Ma allora perché si stava facendo prendere per mano? E perché la stava seguendo fin sotto le scale? Perché.. Perché?? Avevo forse capito male?
Il risolino stridulo di lei, allora, mi fece intendere che, sì, avevo frainteso certamente.

Premetto che sono sempre stata una tipa molto indipendente.
Ho sempre sentito solo ed unicamente la mia ragione e mai prima d'allora ero stata tanto incline ad un ordine, tanto che avevo davvero seguito il 'consiglio' di Jack e avevo categoricamente smesso di parlare e scherzare con John anche se la cosa iniziava veramente a starmi stretta.
John provava ad attaccare bottone, facendomi delle domande per farmi entrare nella conversazione ma nelle seguenti settimane, gli rivolsi a malapena uno sguardo.
E mi sentivo un'autentica stronza.
John ci sta male.” Fece Abby, un giorno a ricreazione, mentre, un po' distanti dagli altri, ce ne stavamo sedute su un muretto a spettegolare.
Non siamo poi così legati.. Mi sembra esagerato.” Cercai di sminuire la tragedia.
E' da un po' che non lo vedo prendere nemmeno la pizza.” Constatò nuovamente, facendomi innervosire. Sapevo che lo stava facendo apposta e che le dava fastidio il fatto di non sapere il motivo del mio improvviso allontanamento da lui ma, contenendomi, provai a non farmi scappare nulla dalla mia bocca fin troppo incoerente.
Abby sbuffò.
Sei davvero cocciuta alle volte, lo sai!?” Ecco, si stava agitando.
Uno dei difetti di Abby era quello di immischiarsi eccessivamente nelle questioni altrui. Ed io ero un “altrui” decisamente riservata. Almeno su questo argomento.
Non puoi capire, Abby. Lascia fare a me, andrà tutto bene.” Feci, per calmarla, anche se dovevo essere io quella che aveva bisogno di essere tranquillizzata.
E invece no! Io so bene quello che stai facendo, June. Pensi che allontanandoti da John eviterai di illuderlo e sei convinta di non poter provare i stessi sentimenti che potrebbe provare lui per te, solo ed unicamente perché hai ancora nella testa quel bastardo di suo cugino!!” Sbottò, stupendomi non poco.
Rimasi letteralmente a bocca aperta per la sua sfuriata e per quasi cinque minuti non seppi cosa dire...
Un'altra caratteristica di Abby: era maledettamente sveglia.
Ehi, Abby, che urli?” Si avvicinò, Holly, cadendo dal mondo delle nuvole.
Almeno non ero l'unica ad aver cambiato atteggiamento nelle ultime settimane.
Holly si era inacidita più del solito e per seguire i nostri discorsi, dovevamo ripeterle ogni singola parola per quasi tre volte di seguito!
Sto semplicemente dicendo quello che penso.” Si giustificò lei, incrociando le mani al petto.
E non potresti farlo con dieci ottave di meno?” Ironizzò Holly, sedendosi accanto a me.
Infatti.” Borbottai, prendendo a fissarmi le scarpe, non sapendo effettivamente cosa dire dopo quella dose di sincerità disarmante.
June non parla più con John! Ti sembra normale? Sta rifacendo lo stesso errore commesso con Michael e Alex.” Sentenziò l'avvocato dei miei stivali.
Un'altra volta, June? Perché non impari ad affrontare semplicemente i problemi?”
Eh, sì.. La buttava facile lei.
Lo sapevo. Non potete capire. Credetemi, è meglio così.”
E sperai vivamente di avere ragione...

Quello stesso pomeriggio, però, il caso volle che proprio i miei problemi venissero a cercare me.
Stavo chiudendo il cancello di casa quando una strana sensazione mi pervase il corpo; mi voltai ed ogni presentimento prese vita.
John! Che ci fai qui? Mi hai fatto venire un colpo!” Ansimai, con una mano sul cuore a causa del salto che avevo fatto.
S-scusami. Non volevo spaventarti, ma devo parlarti.” Fece, prendendo a fissarmi così intensamente da farmi sentire nuda sotto il suo sguardo da cucciolo frustrato.
O-kay... Dimmi.” Deglutii, incrociando le braccia e seguendolo, fino a sederci su una panchina nel parco davanti casa mia, sempre deserto.
Io so perché fai così.” Mi spiazzò, facendomi sussultare dallo spavento.
Avrei voluto urlare Sì, è colpa mia! Ho ucciso io il signor Robinson! Ma la decisione di rimanere in silenzio e basita per un attimo fu sicuramente migliore.
C-così.. Come?” Balbettai, iniziando a tremare.
Lo sai. Non mi parli, non mi guardi nemmeno! Inizialmente non capivo, ma ti comporti così da quel giorno in barca e le motivazioni possono essere due...” Oh, no, no! Signore, ti prego, no! “Tu e Jack siete rimasti soli per un po', giusto?”
Oh, cazzo.
Non potei fare a meno di annuire percettibilmente.
Penso allora di aver capito il motivo...” Abbassò lo sguardo, palesemente dispiaciuto.
Non riuscii a sopportare quell'espressione tanto martoriata sul volto di un ragazzo tanto bello e buono. Non ci riuscii.
Così poggiai le mani sulle sue guance e feci alzare il suo viso fino a guardarmi.
John, io avrei voluto dirtelo, giuro! Mi dispiace tantissimo.” Tentai di giustificarmi pateticamente.
Avrei ucciso Jack. Infondo così tutte le mie pene si sarebbero ben risolte, no?
Non avrebbe dovuto parlarne con nessuno. Tanto meno con John e soprattutto senza il mio permesso! Brutto farabutto... E chissà cosa gli aveva raccontato!
Immaginai che inizialmente si fosse vantato di essere riuscito a portarmi a letto e poi gli avesse rifilato le peggiori accuse e parolacce nei miei riguardi. Dandomi della bugiarda, della falsa...
Non ti devi dispiacere di nulla.. E' solo colpa mia.”
..Della ragazza-poco-seria, della.. Un momento. Cosa? Colpa sua?
Ops.
John.. ma cosa stai dicendo?” Corrugai la fronte in un'espressione che poteva essere chiaramente sostituita con la frase poco fine: “non ci sto capendo una ceppa”.
Non volevo che tu lo venissi a scoprire in questo modo, davvero. Non capisco perché Jack abbia voluto dirtelo ma sicuramente è meglio così. Mio cugino era l'unico a saperlo ma.. Oh, accidenti!” Continuava a parlare e solo il pugno che diede alla panchina mi riscosse dal mio momento di...shock.
Stavamo decisamente parlando di due cose diverse!
Ti giuro che avevo intenzione di finirla presto. Appena ti ho conosciuta ho preso la mia decisione ma il tempo non mi ha permesso di metterla in atto.” Mammamia.. Non sapevo che quando era agitato, John parlasse tanto a raffica.
Mi stava innervosendo ancora di più.
Sono sicuro che lei la prenderà malissimo..” Continuò, incuriosendomi all'istante.
Ma.. John... Lei chi?” Chiesi allora, inarcando un sopracciglio.
Come 'lei chi'? La mia ragazza.” Spiegò con ovvietà.
No. Ora ero decisamente sotto shock.
Ero rimasta immobile. Paralizzata. La mia bocca era diventata un porto per le mosche e i miei occhi due palle da biliardo.
John... era fidanzato???
June, ma.. Tu non lo sapevi?” Domandò allora, notando la mia espressione perplessa.
I-io...” Io non riuscivo a spiccicare parola.
Credevo che era questo il motivo del tuo allontanamento.” Disse, sempre più confuso.
Uhm...” Balbettai, ma venni nuovamente interrotta; ormai cercare di spiegare le cose ad uno John palesemente agitato era impossibile.
Okay.. Non potevo certo dirgli che in verità credevo si stesse riferendo alla relazione che avevamo avuto io e Jack l'anno prima, anche perché, effettivamente lui non ne sapeva nulla. Ma almeno poteva farmi parlare invece d'interrompermi alle prime tre lettere..!
Vedi, io e Jack non abbiamo neanche un segreto e non pensavo che te l'avrebbe detto ma sono convinto che l'abbia fatto per il mio bene.”
Che ingenuo...
Per il nostro bene.” Ribadì, poi, gelandomi il sangue.
N-nostro?” Deglutii ancora, col cuore in gola.
June,” mi prese la mano nelle sue, “Ho deciso definitivamente di lasciare Rosemary perché.. Ormai non penso più a lei. Io.. Penso solo e sempre a te, June.” Dichiarò, facendomi sentire male alla svelta.
Oh, no..
John, io..” Stavo quasi per lacrimare dal dispiacere. Non volevo che la nostra appena nata amicizia finisse tanto presto.
Non sarei mai potuta stare nella stessa stanza con lui e sicuramente questo gli altri lo avrebbero capito e mi avrebbero detto di non farmi più vedere..
Ma perché la mia vita doveva essere tanto complicata?
Neanche fossi Megan Fox!
No, non dire nulla, ora. Capisco che ho sbagliato molto con te. Non ci conosciamo nemmeno tanto bene ma sappi che sono disposto a qualunque cosa per averti.”
Avermi? E che ero, un oggetto?
Non ce n'è bisogno, perché...” Ma m'interruppe ancora!
Ti corteggerò e non mi arrenderò finché non mi avrai detto di sì, June. Abbiamo molto tempo ed io intendo iniziare già da ora, soprattutto per farmi perdonare quel bacio inaspettato a casa di Stacy.” Sorrise, tirando fuori dal suo zaino, un mazzo di rose rosse.
E fu inevitabile per me, ricordare i Lilium che mi regalò Jack per farsi perdonare alla nostra prima litigata.
Lui si era ben informato ed era riuscito a sapere quali fossero i miei fiori preferiti.
Jack mi ha detto che adori le rose rosse.”
..E sapeva bene che odiavo le rose rosse, poiché le ritenevo fin troppo banali e scontante.
Jack. Sempre e solo colpa sua.
Ma almeno aveva mantenuto il nostro ed il loro segreto...
Oh, ehm.. Beh, grazie mille, John. Non dovevi.” Arrossii, più per la vergogna che la felicità.
Se solo avesse saputo che ero innamorata pazza di quel farabutto di suo cugino, di certo non si sarebbe sprecato a farsi perdonare per così poco dato che a causa di Jack ero abituata a molto peggio.
Per te questo e altro, piccola.” Ammiccò, avvicinandosi e lasciandomi un lieve bacio sulla guancia per poi alzarsi e dirigersi verso la sua macchina.
Se ne andò in meno di due secondi mentre io rimasi su quella panchina, con quelle rose in mano, per un'altra mezz'ora.

E non si è rinsecchito?” Questa fu l'unica domanda che mi porse Abby, dopo tutto il resoconto dell'incontro.
Chi, John?” Chiesi, inarcando un sopracciglio.
Le avevo detto che era venuto sotto casa mia, che in verità aveva una ragazza, che l'avrebbe lasciata per me, che mi aveva regalato delle rose rosse -sotto consiglio di Jack, segno che lui sapeva già tutto- e la sola cosa che sapeva dirmi era quella???
Macché! Il mazzo di fiori. L'ha tenuto per un po' dentro lo zaino...” Constatò, mentre io cercavo di non inveirle contro e di scaraventare a terra il telefono.
Abby... Ma chissene frega delle rose! Hai capito qual'è il vero dramma?” Dissi, gironzolando per la stanza e buttando ogni tanto l'occhio sul mazzo di rose, ben sistemato in un vaso sulla scrivania della mia camera.
Sì, sì. Lui vorrebbe mettersi con te ma tu ami ancora coso..” Sbuffò sulla cornetta.
Al telefono Abby era sempre poco perspicace... Probabilmente perché intanto chattava su internet mentre la sua presunta migliore amica tentava di ricevere dei buoni consigli!
Per tua informazione, coso ha un nome.”
Fa lo stesso... Tu che intendi fare?” Chiese con nonchalance.
E cosa dovrei fare?” Feci spallucce, come se mi potesse vedere.
Secondo me devi parlare con Jack.”
Che?? Ma sei impazzita? Quello mi si mangia!...” Partii in quarta, sentendo già il cuore battere a mille poiché anche io avevo preso in considerazione quella opzione.
Perché era l'unica giusta da prendere.
A quanto ho capito è molto affezionato a suo cugino. Vedrai che se gli spiegherai quello che è successo, sempre se non lo sappia già, ti starà ad ascoltare.”
Spiegò tranquillamente.
Per te è facile... Non so nemmeno se riuscirei a spiccicare mezza parola in sua presenza.. Con quegli occhi che mi fissano... Oddio.” Tremai, protandomi una mano sulla faccia, sconsolata nel constatare nuovamente quanto mi mancasse.
Su, non fare così ora! Andrà tutto bene!” Fece, ridacchiando lievemente.
Lo spero, Abby.. Lo spero.”

007 mi faceva un baffo.
Ero abituata ad arrivare a scuola almeno con cinque minuti di ritardo e raramente riuscivo ad entrare in classe puntuale, ma stavolta ero riuscita persino ad arrivare in anticipo!
La verità nuoceva gravemente alla salute.
Jack nuoceva gravemente alla salute.
Mi ero appostata accanto allo sgabuzzino ma appena sentii la voce di Alicia e Francine che parlottavano fra di loro insieme ad una voce maschile, chiaramente appartenente a Jack, mi nascosi dentro la piccola stanza, in attesa che lui passasse lì davanti perché sapevo perfettamente che per raggiungere l'aula tredici avrebbe dovuto farlo e così, quando il suo odore mascolino carezzò lievemente le mie narici, tirai fuori un braccio e lo afferrai per la maglietta, da dietro, e lo scaraventai letteralmente dentro, per poi richiudere la porta alle mie spalle e accendere la luce fioca che mi fece chiaramente vedere l'espressione sconvolta dell'uomo che padroneggiava i miei pensieri da ormai fin troppo tempo.
Ma che...!?” Cercò di sbraitare, prima che gli mettessi una mano sulla bocca, poco delicatamente.
Shh! Non fiatare! Dobbiamo parlare.” Deglutii, sentendo le sue belle labbra a contatto con la mia mano.
In tutta risposta, lui inarcò un sopracciglio, decisamente confuso.
Ieri è venuto a parlarmi John, sotto casa mia.” Iniziai, facendolo passare dall'espressione perplessa all'espressione di compiacimento.
Che c'è? Sei contento di vedermi in difficoltà? Sapevi che mi avrebbe aspettata sotto casa e mi avrebbe regalato delle rose rosse, vero!?” Sussurrai, anche se con così tanta furia da farlo indietreggiare -sotto il mio avanzamento logicamente, perché lui non ero affatto il tipo da spaventarsi di una come me- e sbattere contro la parete tappezzata da non si sa quanta polvere.
Sei un meschino bastardo, che si diverte solo nel vedere le disgrazie altrui!” Gli sputai contro, preda da mille emozioni scatenate unicamente dalla sua presenza.
John è tuo cugino, diamine!” Sbottai ancora, stavolta con voce spezzata e sconsolata di chi non sapeva più che pesci pigliare. Ed effettivamente era così.
Ma poi Jack si divincolò dalla mia presa, afferrando entrambi i miei polsi, rivoltando le posizioni e sbattendo me su quella perete polverosa, mentre faceva distendere le mie braccia sopra la mia testa in una posa non propriamente comoda.
Infatti non riuscii a reprimere un gemito di dolore.
E cosa avrei dovuto dirgli!?” Ora era lui che sussurrava malignamente ed irritato al mio orecchio, fin troppo vicino al mio viso, tanto che le nostre guance si sfioravano “Di starti lontana perché sei ancora innamorata di un meschino bastardo, che si diverte solo nel vedere le disgrazie altrui?” Chiese retoricamente, scosso anche lui da più emozioni incontrollate come mai prima di allora lo avevo visto.
E chi ti dice che io sia ancora innamorata di te!?” Sbraitai, indignata ed offesa.
Era stato quell'ancora a fregarmi.
Perché Jack non sapeva che neanche prima lo ero.
Gli avevo sempre detto che per me, lasciarsi andare in una relazione era sempre complicato, ma poi c'era stata la prima notte insieme e tutte le altre e, beh, innamorarsi di lui fu quasi automatico. Ma questo non avrebbe mai dovuto saperlo.
Ancora?” Chiese infatti, il farabutto.
Mi aveva nuovamente ingannato con le sue parole, mi aveva tratta in trappola, facendomi ammettere ciò che mai avrebbe dovuto sapere.
Mi.. Mi sono sbagliata. E comunque non c'è nulla che possa fartelo credere.” Balbettai, perdendo punti.
Ma almeno il mio orgoglio rimaneva intatto.
Però Jack annientò anche quello, spostando il suo viso di fronte al mio, occhi negli occhi, tanto vicini che stavolta erano i nostri nasi a sfiorarsi ripetutamente.
Non disse nulla per qualche secondo, fissandomi con quello sguardo ancora compiaciuto ed un mezzo ghigno sulle labbra.
E invece hai sbagliato ancora, June. I tuoi occhi me lo fanno ben capire. Con me sei trasparente, ricordi?” Rigirò il coltello nella piaga, divertendosi anche lui a ritornare indietro nel passato per torturarmi e farmi capire che, dopotutto, non aveva dimenticato la nostra relazione come invece avevo sempre creduto.

Devi dirmi la verità. Ti piace ancora quel tipo?” Mi aveva chiesto, con un fastidio che mi rese solo più euforica.
Eravamo nella sua auto, davanti casa mia, e prima che scendessi mi aveva trattenuta per il polso, dicendomi che mi aveva vista parlare col mio ex per qualche minuto e domandandomi se provassi ancora qualcosa per lui.
No.” Gli risposi, più sincera che mai.
Davvero?” Inarcò il sorpacciglio.
Jack, se dubiti di me, se qualche altra volta lo hai fatto e se ricapiterà, ti basterà guardarmi negli occhi per capire se ti stia mentendo. Loro non possono sbagliare, saranno sempre e comunque sinceri. Quindi ora guardali, perché io con te sono trasparente, ricordatelo.” Dissi, con così tanta disinvoltura come mai prima d'allora, ammettendo il mio più grande punto debole a quello che non mi sarei mai aspettata che diventasse il mio più grande nemico.

Quei ricordi mi vennero addosso come una tormenta ed il mio corpo fu inevitabilmente scosso da un leggero brivido.
J-Jack.. Ti prego.” Mi ritrovai quindi a supplicarlo, sentendo tutta la tensione scivolare via da me, rendendomi ancora vulnerabile sotto i suoi occhi.
Cosa vuoi da me?” Ringhiò, ritornando spaventosamente serio.
Che tu ti faccia gli affari tuoi perché come ora John ha intenzione di conquistarmi, io non ho intenzione di farmi ancora intimorire da te e dalle tue minacce.” Riacquistai tutta a un tratto la forza di volontà e la fiducia in me stessa, ritornando combattiva e furiosa come poco prima.
Jack rimase basito per un attimo, ma poi si riscosse velocemente.
Vuoi illudere anche lui?” Domandò, guardandomi come se fossi la peggior bugiarda dell'universo.
Se sei sicuro che i miei occhi non mentono, perché continui ad incolparmi di qualcosa che non ho fatto!?” Sbottai, avvicinando -sempre per rabbia e non per altro- il mio viso al suo.
Perché io non sono cieco.”
Mi vuoi spiegare di che diavolo parli!?” Chiesi, più irritata, più stufa e più confusa che mai.
Restò ancora in silenzio. Non fiatò, non disse nulla. Semplicemente, rimase a fissarmi negli occhi mentre i miei andavano frenetici fra i suoi e la sua bocca.
Non lascerò che rovini anche mio cugino.” Esclamò poi, invece di darmi una vera spiegazione.
Io non ho mai rovinato nessuno. Sei tu che hai rovinato me quando mi hai lasciata.” Ammisi, ormai stanca di tutti quei battibecchi, di quelle bugie, di quei sentimenti.. Stanca di ogni cosa e vogliosa solo di rinchiudermi nella mia bolla e lasciarmi tutte le sofferenze che quell'amore impossibile -ed insensibile- comportava.
Ancora rimase in silenzio, fino a quando la campanella non riscosse entrambi.
Perché gli hai detto che i miei fiori preferiti erano le rose rosse?” Domandai, consapevole che invece avrei dovuto dirgli molte altre cose o che, semplicemente, avrei dovuto solo lasciarlo parlare.
Perché volevo divertirmi.”
Oppure farlo stare zitto.
Perché in quel momento, anche io mi sentii banale, scontata... Proprio come quelle rose rosse.

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Capitolo 5
*** Dodgem Cars and Cotton Candy ***


Dodgem Cars and Cotton Candy

 

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Ad una tipa tranquilla e taciturna come me, di solito cose come le giostre non dovrebbero neanche interessare, e invece ne sono una patita!
Amo la velocità, l'altezza e tutto ciò che comporta salire su una giostra del Luna Park.
Stasera vi voglio tutti fuori l'entrata alle nove, chiaro?” Sorrise, in un giorno d'ottobre, una raggiante Francine, proponendoci appunto di “inaugurare” il Luna Park appena aperto.
Uuuh, non vedo l'ora!” Squittì Alicia, agganciandosi al braccio di Jack.
Tu verrai, vero June?” Chiese John, improvvisamente accanto a me.
Di colpo avevo quattro paia di occhi puntati addosso in attesa di una risposta.
Mmm... Certo!” Feci, leggermente indecisa; non che non volessi andare al Luna Park ma, più che altro, non volevo andarci con Jack.
Ci sarà anche Carol e una sua amica.” Annunciò Francine, sotterrando tutti i miei buoni propositi.
Vedrai, ci divertiremo tantissimo.” Mi sussurrò John, facendo scivolare una mano sulla mia schiena fino a poggiarla sulla mia vita, essendosi sicuramente accorto della mia faccia sconsolata.
Quel tocco, comunque, non mi fece sentire tanto meglio.
Jack si schiarì la voce subito dopo e mi lanciò uno sguardo semi-divertito, come a farmi ricordare la chiacchierata di quella mattina, che mi fece infuriare maggiormente.
Se mi prometti che passerai tutto il tempo con me.” Sussurrai di rimando a John, sorridendogli e ammiccando come se davvero volessi provarci con lui, facendolo deglutire nervosamente e arrestare il fiato.
Girandomi cautamente verso Jack, potei vedere la stessa reazione, se non con un bel po' di rabbia al posto dello stupore di John.
Francine e Alicia stavano parlando fra loro, organizzandosi su quale giostra fare prima, quindi non badarono affatto al nostro scambio di battute e sguardi.
Quindi è deciso? A stasera?” Fece Alicia, elettrizzata.
Tutti annuimmo e alla fine si decise che anche quella sera avrei dovuto sopportare le avance di Carol al mio Jack.

Io ho paura dei pennuti. Si chiama ornitofobia. Te hai paura di qualcosa?” Gli chiesi e allora lui distolse lo sguardo da davanti a sé e mi perforò con i suoi occhi di ghiaccio.
Io non ho paura di nulla.”
Restai per qualche secondo interdetta, ma poi con sorriso mi ripresi.
Non puoi non aver paura di nulla. Qualcosa ci sarà, no?”
Forse.”
Forse?”
Forse qualcosa c'è..”
Rimasi zitta in attesa che continuasse, senza volerlo forzare, ma i secondi passavano e lui non si decideva a parlare così, proprio quando stavo iniziando a pensare a qualche altro discorso, aprì bocca e la sua risposta mi paralizzò.
Ho paura di essere amato.”

Stavo ricordando una delle tante conversazione in cui Jack era riuscito a stupirmi, quando una voce annunciò che gli autobus non sarebbero passati per sciopero.
Di male in peggio, pensai sconsolata.
Non è possibile, però!” Inveì, Abby affianco a me.
Dovremmo chiedere una passaggio a qualcuno.” Borbottai, afflitta.
Da me c'entra solo una persona.” Fece Holly, che si stava già dirigendo verso la macchina.
Io ed Abby ci guardammo e dato che spesso mi era venuta in contro ed erano state più le volte in cui era stata lei ad aiutare me in ogni situazione possibile, con un sorriso le feci cenno che non c'era alcun problema per me e che se me la fossi fatta a piedi non mi avrebbe sicuramente fatto male dato che avevo bisogno di rassodarmi un po'.
Entrambe se ne andarono con un saluto un po' dispiaciuto mentre io, sospirando, iniziai a munirmi di buona pazienza e a sistemarmi bene lo zaino sulle spalle per affrontare la lunga camminata quando però, avendo fatto appena il primo passo, una mano mi bloccò proprio per lo zaino, rischiando quasi di soffocarmi.
Mi voltai con un espressione truce che si modificò nell'istante in cui riconobbi Jack, alto e possente, alle mie spalle, con un ghigno sornione da sovrano dell'universo.
Dove credi di andare?” Chiese, somigliando ad un leone che aveva fra le mani la sua preda e che voleva giocarci prima di mangiarsela.
A-a casa.” Balbettai stupidamente.
E come?” Inarcò un sopracciglio, con la medesima espressione famelica.
A piedi.”
Mi stava facendo innervosire, tanto valeva che mi dicesse subito cosa voleva.
Sei proprio sciocca.” Stavolta il ghigno era più derisorio del soltio.
Volevi dirmi solo questo?” Deglutii, rimandando giù tutta la rabbia e il rancore.
In un secondo ritornò serio, afferrò il mio polso con forza e mi trascinò dietro di sé fino alla sua meravigliosa Mustang nella quale mi ci mise quasi come se fossi un pacco postale decisamente non fragile.
Ehi!” Protestai di rimando, anche se lui mi ignorò beatamente.
Smettila di lamentarti.” Esclamò prima di mettere in moto, col solito tono da ordine che detestavo. “E allacciati la cintura, non vorrei finire nei guai a causa di una mocciosa.”
Sei... sei...” Stavo andando in iperventilazione per la rabbia, quando lui si voltò e sorridendomi mi bloccò il cuore in gola.
Gentile? Bellissimo? Sì, lo so, grazie.”
No, sei odioso.”
Uuuh, che fantasia.” Mi derise, ancora.
Credimi, è meglio se non continuo.” Lo ammonii, cercando di regolarizzare i battiti del cuore, troppo euforici per la sua vicinanza.
No, dai, sono curioso.” Continuò a stuzzicarmi, mettendo in moto e accendendo la radio.
Lasciami in pace, Jack.” Lascia in pace il mio povero cuore.
Cos'è? Adesso si sono invertiti i ruoli?”
Se vuoi che sia io a lasciarti in pace, basta dirlo e me ne torno a casa da sola.”
Ero voltata dalla parte del finestrino perché ero sicura che se l'avessi guardato in faccia, le parole sarebbero state ben altre.
Ma senti che ingrata!” Sterzò paurosamente e si fermò in un'area di sosta al litime della strada già deserta. “Non mi hai neanche ringraziato!”
Ora era arrabbiato. Paurosamente arrabbiato.
Ti avrei ringraziato se fosse stato un piacere per te avermi dato un passaggio, ma invece sembra solo un gran peso!” Mi voltai rossa dalla rabbia, guardandolo dritto negli occhi senza alcun timore, troppo accecata dalla furia.
Rimase per un po' a guardarmi e non mi sfuggì il breve sguardo che lanciò alle mie labbra, ma di colpo, come se fosse stato scosso da un defebrillatore, i suoi occhi si rifecero duri e freddi e aprì quel forno che era la sua bocca, sempre pronta a ferirmi e a deludermi, contrariamente ai suoi gesti.
E infatti lo è!” Come volevasi dimostrare.
E per la prima volta, l'ira batté la pigrizia.
Non ne vado molto fiera ma ero veramente una ragazza pigra e avrei accettato tutto pur di farmi portare a casa in macchina.. almeno un tempo.
Ma in quel momento l'irritazione raggiunse il limite massimo, o anche più, ed uscii dall'auto senza ripensamenti ed iniziai a camminare verso casa con lo zaino...
Oddio.
Lo zaino!
Non potevo certo voltarmi e ritornare sui miei passi... Avrei fatto la figura dell'incoerente bambina stupida.
Ed io non lo ero di certo.
Semmai lo era lui, il bambino stupido. L'infantile che pur di ammettere che almeno un minimo teneva a me, continuava ad inveirmi contro come se gli avessi ucciso qualcuno. Come se avessi realmente la colpa di qualcosa.
Nell'istante in cui tutti quei pensieri stavano camminando allegramente nella mia testolina, Jack mi afferrò per i fianchi e mi ritrovai in meno di un secondo seduta sopra il cofano della macchina, non più meravigliosa ma improvvisamente scomoda.
Ehi!” Inutile dire che la mia protesta venne soffocata dalle mani di Jack che strinsero forti le mie e la sua presenza fra le mie gambe.
Perché non la smetti mai di parlare? Con tutte le tue paranoie rovini sempre tutto.”
Era una constatazione dura che sapeva fin troppo di rimprovero.
Ero sempre stata contraria a questo suo comportamento dittatoriale ma appena finì di parlare, io rimasi in silenzio.
Volevo ripagarlo con la sua stessa moneta.
..E adesso non parli per niente.” Borbottò con un sorrisetto amaro, poi si allontanò e mentre si avvicinava allo sportello disse: “Sei sempre la solita mocciosa testarda.”
Deglutii e cercai di reprimere il groppo in gola che sembrava volermi strozzare.
Pochi secondi dopo, presi lo zaino, me lo misi sulle spalle e mi avviai verso casa.
Jack non mi raggiunse più.

Ommioddiommioddio!” Holly non smetteva di guardarsi intorno come se si trovasse su marte mentre Abby continuava a fissarmi come se fossi la cosa più interessante del mondo.
E ovviamente mi metteva in soggezione.
Avete visto quella giostra? E quella? Oddio, guarda quella!” E Holly non si dava pervinta e blaterava senza sosta avvicinandosi ad ogni giostra.
Ma quando arrivano?” Alicia sembrava agitata e non vedeva l'ora che Jack e John ci raggiungessero davanti all'entrata.
Al contrario di me, le mie amiche e Francine, Alicia era vestita come se dovesse andare in discoteca e non al Luna Park per essere sballottata di là e di qua da un braccio meccanico, ed il trucco iniziava già a colarle dagli occhi e i capelli arricciarsi inevitabilmente.
Ma nonostante ciò, rimaneva pur sempre una bellissima ragazza.
Come se li avesse chiamati con la forza del pensiero, intravedemmo ben cinque figure tra le quali Jack, con due ragazze avvinghiate stile cozze allo scoglio ed una attaccata a John, anche lei come un mollusco.
Inutile dire che Jack fosse maledettamente irresistibile, con la camicia a quadri con diverse tonalità di azzurro a risaltargli gli occhi, i jeans chiari, le converse bianche e una sigaretta in bocca.
Quanto avrei voluto essere quella sigaretta.
Buonasera, ragazze.” Ci sorrise un allegro John, mentre si avvicinava a me e mi dava un lieve bacio sulla guancia, un po' troppo vicino alle mie labbra...
Finalmente! Ora possiamo andare?” Anche Francine non vedeva l'ora di divertirsi e fremeva dalla voglia di provare la nuova giostra che avevano messo ultimamente.
Dobbiamo aspettare ancora Maggie e Chase..” Ma Abby non finì neanche la frase che una macchina gialla fece immediatamente la sua entrata, rischiando anche di investirci tutti.
Salve ragazzi, scusate il ritardo!” Squittì un'euforica Maggie, entrando mano nella mano col suo accompagnatore Chase.
Accanto a me sentii subito Holly irrigidirsi e vidi il suo sorriso mutarsi e diventare una maschera di puro astio.
Tutto bene?” Le sussurrai, non volendo entrare troppo nei dettagli.
Sia io che Abby ultimamente ci eravamo messe ad osservare la nostra amica e i suoi perenni cambi d'umore, arrivando alla conclusione che evidentemente Holly aveva una cotta per Chase e odiava a morte Maggie per ciò che le stava facendo.
Alla grande.” Borbottò, tentando di sorridere.
Allora? Da quale vogliamo iniziare?” Esclamò Stacy, ancora avvinghiata a Jack, insieme alla sua amichetta Carol che si era anche portata a sua volta un'altra amica francese.
Non avevo mai odiato gli spagnoli -o quello che era- e i francesi come quella sera.
Piacere, io sono Charlotte.” Si presentò quella, una volta entrati tutti e aver dato un'occhiata a tutto il Luna Park.
Eravamo davanti alla giostra chiamata Marco Polo -non chiedetemi il perché-, quando Charlotte strillò euforica: “Uuuuh, sì! Facciamo la Marco Polò!” Con la sua pessima pronuncia e il suo battere freneticamente le mani come una scimmia da circo.
E' Polo.” La corressi, non riuscendo a trattenermi.
Tutti si voltarono verso di me come se avessi appena pregato il diavolo, mentre John e Jack cercavano di trattenersi dal ridere.
La francesina lasciò stare il povero braccio di John e mi venne vicino ripetendo, con la sua faccia da falso angelo confuso, il nome del povero esploratore: “Polò.
Con quell'accidenti di accento sulla O finale.
Polo.” Non demordevo.
Polò.”
Polo.”
Polò.”
Probabilmente Marco Polo in quel momento si stava rigirando nella bara.
Senti, Charlotte, ti piacerebbe se io d'ora in avanti ti chiamassi Ciarlotte invece che Charlotte? Non ti darebbe fastidio?” Provai a farglielo capire con un metodo più elementare ma al mollusco francese sembrò una presa in giro e allora si alterò così tanto da diventare rossa come un peperone.
Ora Jack e John non riuscirono a trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Basta, June, siamo venute qui per divertirci non per litigare.” Mi ammonì Abby all'orecchio, trascinandomi via da lì prima che potessi aggiungere altro.

La serata trascorse fra giostre, risate e urli fino a mezzanotte, quando poi ci rincontrammo tutti alle macchinette a scontro, intenti a prendercene una prima che ce la rubasse qualcun'altro.
Dal canto mio, lo facevo solo perché mi avevano costretta, dato che Holly aveva seriamente rischiato di rimettere tutta la cena appena scesa da una giostra consigliatale da me.
Era l'unico gioco che detestavo con tutta me stessa. Non ci trovavo alcun senso nel dover andare a sbattere contro altre macchinine; faceva male e non era istruttivo per chi doveva prendere la patente. Non capivo come potesse divertire tanti ragazzi, compresi John e Jack che, essendosi messi volontariamente in due macchinette diverse, andavano addosso a chiunque avessero davanti, ridendo come chissà cosa avessero fatto in realtà.
Proprio mentre mi stavo felicemente facendo una ragione del fatto che non sarei mai riuscita a prendermi una macchinetta e giocherellavo con i due gettoni che avevo in mano, Maggie dietro di me, mi spinse appena finito un giro, in una giostra a caso, contro la mia più grande volontà.
Guardai avanti a me e notai il volante che sembrava volermi divorare ma la cosa che mi paralizzò maggiormente fu quel che trovai alla mia destra.. O meglio, chi trovai.
Hai intenzione di metterlo 'sto gettone o no?” Jack inarcò il suo elegantissimo sopracciglio e mi scrutò da cima a fondo.
Senza fiatare e con la rabbia a mille ancor prima di cominciare, decisi che forse sarebbe stato meglio sfogarla contro le altre macchinette; Jack senza che glielo chiedessi, spinse il piede sull'acceleratore e stupendolo, riuscii a farlo veramente sballottare di là e di qua mentre, ridendo, andavo incontro a chiunque.
Dopo un po' di smarrimento, Jack si riprese alla grande e anche lui iniziò a ridere, suggerendomi poi contro chi dovevo andare a sbattere.
Ogni volta che un'altra macchina ci andava incontro, come se per lui fosse automatico, si stringeva addosso a me come a volermi proteggere dalla botta. E ad ogni contatto, il mio cuore sussultava di felicità.
Le macchinette a scontro erano diventate il mio gioco preferito.
Al secondo e ultimo giro, avevamo adocchiato una macchinina verde che sembrava impossibile raggiungere quando, facendo una manovra da paura, riuscii a scontrarmici con tutta la potenza che conoscessi, facendo così urlare Jack dalla gioia.
Poi, probabilmente senza rendersene conto, mi posò una mano dietro la schiena ed esclamò: “Brava, amore!”
Il mio cuore si fermò per qualche secondo facendo subito dopo una tripla capriola mentre lui sorrideva ancora troppo preso dal gioco per accorgersi di ciò che mi aveva appena detto.
Dato che spingeva lui l'acceleratore la macchina non si fermava ma le mie mani si erano momentaneamente bloccate quindi finimmo addosso al recinto di ferro, poi la macchinina si fermò ed il giro terminò.

Siete stati grandi! Avete preso quasi tutti!” Ci batté le mani, Francine, mentre ci dirigevamo verso l'uscita.
Sia io che Jack rimanemmo in silenzio, entrambi a guardare l'asfalto come se fosse la cosa più interessante del mondo.
Evidentemente si era reso conto di ciò che aveva detto.
Mi aveva chiamata “amore”... Come mai mi aveva chiamata.
Le opzioni erano due: o era stato troppo preso dal gioco e data l'euforia del momento si era fatto scappare quella parola che avrebbe potuto dire anche ad un'altra ragazza che fosse stata al posto mio, oppure l'inconscio aveva avuto la meglio e Jack teneva ancora a me, in quel senso.
Non volevo di certo illudermi ulteriormente, quindi senza troppi indugi considerai ovvia solo la prima spiegazione.
Jack era imprevedibile e questo era ormai un dato di fatto, ma non gli avrei più permesso di farmi del male perché fino a quando mi chiamava stupida, potevo starci, ma quando si trattava di prendere in giro i miei sentimenti e di chiamarmi amore solo per illudermi o deridermi, la questione si faceva decisamente più seria.
Quindi, sorridendo alla conclusione che dovevo levarmi Jack e tutte le sue parole senza ormai alcun senso, dalla mente, i miei occhi notarono proprio accanto all'uscita una bancarella di zucchero filato.
Aspettate!” Esclamai, facendoli fermare tutti ed impaurire come se da lì a qualche passo potesse scoppiare una bomba. L'atmosfera si calmò solo quando, diventando rossa dalla vergogna, continuai: “Voglio lo zucchero filato.”
Con mia enorme sorpresa, anche Jack sorrise e mi sorpassò per prendersene uno gigante e pagarlo, per poi offrirmelo.
Sei stata brava alla macchinetta. Te lo meriti.” Fece, donandomi uno dei suoi più bei sorrisi.
Gli altri rimasero per un gran quarto d'ora a bocca aperta per lo stupore mentre io continuavo a guardarlo negli occhi come se fosse la mia unica ragione di vita.
Che avevo detto prima? Levarmi Jack e tutte le sue parole senza ormai alcun senso dalla testa? E dove mi era uscita questa?
Il mio cuore e di conseguenza anche le mie labbra non poterono non sorridere anche loro ed essergli grati per avergli donato ancora un minimo di speranza.
Dato che ci eravamo organizzati per dormire da Alicia, eccetto Stacy e le sue due amichette, dovevamo andare tutti in due macchine; quindi decidemmo di farci un ultimo giro per farmi finire lo zucchero filato, che non sarebbe entrato in auto dato che sicuramente mi sarei dovuta mettere in braccio a qualcuno per fare spazio a Francine o Alicia nella Mustang di Jack, e dare un'occhiata ai fuochi d'artificio che stavano colorando meravigliosamente il cielo.
Mentre tutti stavano guardando lo spettacolo io cercai con ogni forza di continuare a mangiare nonostante mi stesse venendo da vomitare per la nausea causata dal troppo zucchero.
Da' qua.” Jack mi era venuto accanto, avendo notato la mia espressione affaticata e si sporse per dare un morso al mio zucchero filato.
Hai fatto il voto del silenzio, ora?” Mi chiese poi, sorridendomi sornione.
Hai dato un morso gigantesco. Con un altro del genere avresti potuto finirlo subito.” Non badai alla sua domanda ma (in)consapevolmente gli risposi.
Mancavano davvero pochi morsi per finirlo ma proprio mentre io stavo dando il mio, lui si avvicinò e diede il suo, facendo così toccare inevitabilmente le nostre labbra in quello che poteva sembrare un vero e proprio bacio zuccherato.
A quel contatto nessuno dei due si sottrasse ed io ricordai quanto fosse buono il sapore della sua bocca che baciava la mia.
Quanto mi mancavano quelle labbra... Avrei dato qualsiasi cosa per un suo ultimo bacio.
Gli altri stavano davanti a noi di spalle, troppo presi dai fuochi d'artificio per notare me e Jack che eravamo rimasti attaccati a quello zucchero filato che aveva contribuito a darmi ultreriori speranze.



Angolo Autrice:
PERDONATEMI! Lo so.. Il ritardo è indecente ma ho delle ottime motivazioni... O meglio LA motivazione...
Senza troppi giri di parole, mi hanno tolto il computer per un po' di tempo e quindi non ho potuto né scrivere e quindi nemmeno aggiornare. Mi dispiace tantissimo ma vi prometto che farò di tutto per rimettermi in carregiata ;)
Intanto ringrazio tutte coloro che hanno recensito e che semplicemente leggono questa storia. Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e spero che andando avanti le recensioni aumentino.
Un bacio enorme dalla vostra Doll_!

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Capitolo 6
*** Jealousy Takes Us To Make Crazy Things ***


Jealousy Takes Us To Make Crazy Things 

 

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Come avevo già detto, quella sera restammo tutti a dormire da Alicia, tranne Stacy e “le sue amiche poco perspicaci”.
Dovevo essere felice, in fondo la serata era andata abbastanza bene.
Eppure c'era ancora quella sensazione di vuoto in me. Come se non fossi completa.. E la cosa più frustrante era che sapevo benissimo cosa mi mancava.
Io, Holly ed Abby eravamo andate con la macchina di quest'ultima a casa di Alicia e arrivammo per ultime non conoscendo bene l'indirizzo.
Pensavamo foste morte!” Sorrise Chase, scompigliando i capelli ad Holly, cosa che non piacque di certo a Maggie che da molto tempo era a conoscenza della cotta che aveva la nostra amica per il suo appena ragazzo.
Andiamo, Chase, accompagnami un attimo di fuori.” Fece Maggie, avvinghiandosi a lui e trascinandolo letteralmente via con un ghigno quasi.. maligno.
La gelosia ci porta a fare cose folli.
Portato il pigiamino?” John apparì all'improvviso dietro di me, sussurrandomi all'orecchio e facendomi sussultare dallo spavento.
Mi voltai e alle spalle del mio interlocutore, c'era suo cugino che cercava di reprimere una risata, probabilmente ricordando il ridicolo pigiama con cui l'avevo accolto settimane prima; il famoso giorno dello yacht.
Mmm.. Sì, ma più che altro è una canottiera con dei boxer.” Feci spallucce, ritenendo la cosa di poca importanza che però fece scurire il viso di Jack e accendere una strana luce negli occhi di John.
Boxer?” Chiese, infatti quest'ultimo.
Mutande che fanno da pantaloncini. Come li chiamate voi?” Sorrisi, confusa da quella domanda.
John deglutì mentre Jack, stupendomi, se ne andò senza dire una parola e raggiungere Alicia intenta a fare chissà cosa.
Ti sei divertita stasera?” Mi chiese poi, John, cambiando argomento.
Sì, ho sempre adorato il Luna Park!” Sorrisi raggiante.
Sulle macchinette a scontro ti ho vista.. non so... diversa.” Cercò di spiegrasi, passandosi una mano fra i capelli e sorridendomi imbarazzato.
Io quel ragazzo non lo capivo davvero.
Non capivo perché si vergognasse di certe cose che a me sembravano tanto normali.
E.. è un bene?” Domandai, un po' timorosa di sapere la risposta ma pur sempre col sorriso sul viso.
Beh, sì, certo. Insomma, che tu fossi diversa già lo sapevo, ma stasera.. Sembravi quasi una guerriera. Mi.. mi sei piaciuta davvero molto.”
Diversa.
Odiavo quella parola. Non vi trovavo alcun senso. I ragazzi erano soliti usarla solo per fare un piacere alle ragazze che volevano conquistare, ma alla fine... Cos'era davvero la diversità?
Tutti siamo diversi da tutti, quindi perché continuare a ripetercelo? Non aveva senso e ogni volta che qualcuno mi diceva che ero “diversa” mi veniva sempre da pensare alle altre povere ragazze.
Se io ero combattiva sulle macchinette a scontro non voleva dire che ero più intelligente, più bella o più affascinante di Francine.
Avrei preferito che mi dicesse: “Sei diversa per me” che quello che ormai aveva detto.
Sai bene come Jack riesce a tirare fuori il peggio di me.” Cercai di mascherare le mie battaglie interiore e di non fargli notare il mio rossore per aver introdotto anche Jack in quella conversazione.
Oh, sì che lo so...” Rise, contagiandomi. “Ti va di andare un po' fuori? C'è una piscina, possiamo sederci sul bordo, sempre se vuoi..” Mi sorrise, impacciato, portandosi una mano fra i capelli, ancora una volta.
Mmm.. Va bene, certo.” Deglutii... Se avesse cercato nuovamente di baciarmi, pensavo di potergli staccare le labbra a morsi.
Insieme raggiungemmo l'uscita e ci ritrovammo l'immensa piscina di fronte, seguita da un bel prato e alcuni alberi.
La casa di Alicia era simili anche se più piccola di quella di sua cugina Stacy.
John si levò le scarpe, arrotolò i pantaloni e si mise seduto sul bordo proprio come mi aveva proposto, con le gambe nell'acqua, venendo poco dopo imitato da me.
E' fredda..” Tremai leggermente, cercando di sorridere.
Vuoi che sia io a riscaldarti?” Fece lui, con un ghigno da predatore.
John...” Lo ripresi, alzando gli occhi al cielo e smettendo di tremare.
Non volevo di certo dargli altre speranze; sapevo bene quanto potesse essere dolorosa un'illusione nata con inconsapevole innocenza.
Scusa, hai ragione, è che non ti resisto.” Ammiccò, sorridendo pienamente ma di sbieco, disegnando sul suo volto un'espressione da bello e dannato.
Aveva recuperato il suo egocentrismo e sembrava proprio non volersi fermare con le sue avance...
Buon dio, che incubo.
Non che John fosse brutto, anzi, era davvero un bel ragazzo, con i suoi occhi nocciola contornati da lunghe ciglia nere, la pelle olivastra e i capelli ribelli castani, ma..
Ma non era Jack.
Non aveva gli occhi color del mare in tempesta, non aveva la carnagione chiara e non aveva dei perenni e spettinati capelli biondo cenere.
Si vedeva che John si scompigliava i capelli di proposito, mentre Jack sembrava proprio non conoscere l'oggetto “spazzola” o “pettine”.
Il ché continuava a renderlo sempre più maledettamente attraente.
Se continui me ne vado.” Provai ad essere dura ma non riuscii ad arrabbiarmi troppo con quel cucciolo troppo cresciuto.
Ok, ok, la smetto.” Alzò le mani in segno di resa, sorridendomi. “Sai.. Ieri ho lasciato Rosemary.” Mi avvisò, ritornando serio e penetrandomi con quei occhi castani.
Ahio.
John, non dovevi farlo. Magari lei ti amava e adesso starà soffrendo tantissimo per te ed io...” Io stavo ricominciando uno dei miei sproloqui perché inevitabilmente mi ero immedesimata nella povera Rosemary.
Ehi, frena, frena... Rosemary avrebbe sofferto ancora di più se io fossi rimasto con lei mentre..”
Mentre...?” Accidenti a me e alla mia indole da masochista.
Mentre desidero te.”
E fui certamente sicura che in quel momento il mio cuore avesse perso così tanti battiti da stupirmi di essere ancora viva.
I miei occhi erano rimasti fissi e stupiti in quelli di John, mentre il mio petto sembrava aver ricevuto un calcio potentissimo ed il tremito era più dovuto al caldo che al fresco della piscina e dell'aria.
T-tu.. mi.. desideri?” Balbettai come una sciocca.
Non si era capito?” Mi sorrise, facendomi arrossire.
Ma cosa cavolo mi era preso!?
Era John, accidenti! John, il cugino di Jack! Jack, l'uomo che ami! E perché ti senti lusingata, ora, June!?

Ma.. John, io...” Deglutii, cercando le parole giuste.
Lo so, tu non provi lo stesso, ma non fa niente. Io posso aspettare.”
Beh, aspetterai a lungo, John.” Ripresi la mia fermezza, tentando di rialzarmi.
Aspetta, non andare, resta!” Chiese gentilmente, afferrandomi per il polso aspettandosi una mia imposizione che però non ci fu e che, quindi, mi trascinò letteralmente dentro l'acqua gelida.
Avevo provato a sorreggermi a John ma questo aveva causato anche la sua caduta, ritrovandoci entrambi nella piscina, bagnati come pulicini. Si dice così, no?
Oh, mio dio, mi dispiace June, non volevo!” Fece, portando le sue mani sui miei fianchi poiché lui, essendo più alto di me -non che ci volesse tanto-, in quel punto toccava mentre io mi dimenavo come un'anguilla per tenere la testa fuori.
Con il suo tocco non fece che peggiorare la situazione perché, anche se avevo smesso di sforzarmi per nuotare, di certo dopo lo sguardo di Alicia, Francine, Abby, Holly, Steve, Freddie, Chase, Maggie, e soprattutto quello di Jack, avrei mille volte preferito affogare.

Hai ancora freddo?” Mi chiese premurosamente, Holly, mentre uscivo dalla stanza con il mio “pigiama” composto da canottiera e boxer ed un asciugamano per il mare, sulle spalle.
P..passerà.” Balbettai a causa del solito tremore dei denti.
Avevamo sentito un urlo e siamo usciti subito per vedere se era capitato qualcosa a te o a John, non credevamo che.. Beh.. che vi stavate divertendo.” Spiegò, imbarazzata e impaurita dal mio sguardo assassino.
Noi non ci stavamo affatto divertendo, Holly; John mi aveva trattenuta un attimo per il polso per non farmi alzare, ma ci mise quella forza in più da farmi scivolare dritta nell'acqua. Io, per cercare di aggrapparmi, però, ho trasportato dentro pure lui. Fine della storia, nessun divertimento!”
Mmm.. Però eravate vicini.. Mooolto vicini. Direi quasi appiccicati. Anzi, senza il quasi...”
Colpa della mia.. bassezza. Lui toccava e aveva provato a sorreggermi per i fianchi, per non farmi sforzare troppo nel nuotare.” Feci spallucce, sentendo già più caldo.
Ma che carino.” Questa non era stata Holly.
La voce era maschile...
Anche se non servì, poiché già avevo capito a chi apparteneva, mi voltai comunque e trovai Jack appoggiato mollamente sullo stipite della porta, che mi guardava col classico sguardo da scazzato.
Il tono era stato derisorio, ma non me ne curai, era solito da lui.
Mi limitai a trafiggerlo con lo sguardo.
Holly, intanto, con una scusa futile, si era già dileguata.
Non si bussa? E se fossi stata nuda?” Lo ripresi, mentre lo vedevo avvicinarsi lentamente come un cacciatore intorno alla preda.
Non c'è nulla che io non abbia già visto.” Ribatté, maligno, ma con quella voce roca che riuscii a farmi avvampare, sentendo nell'asciugamano un peso di troppo.
Ti sei divertita anche con mio cugino, vedo, nonostante le mie avvertenze.” Continuò; ora era fin troppo vicino.
Hai una considerazione così bassa di me?” Mi stupii a guardarlo senza timore.
Lo sai come sono fatto. Prendo le persone così come sono. E a te ti ho presa fin troppe volte...” Sorrise, ma non di un sorriso genuino, ben sì di uno cattivo, amaro..
Quell'esclamazione mi aveva fatta incazzare talmente tanto che alzai una mano intenta a schiaffeggiarlo come meglio potei, ma che poi venne immediatamente bloccata a mezz'aria da quella forte e potente di Jack che, mosso dall'ira, mi sbattè addosso alla parete così forte da farmi gemere dal dolore e sentirmi schiacciare subito dopo dal suo corpo teso.
Mi.. ah, mi stai... facendo ma.. ahhh.. le!” Gemetti ancora, chiudendo gli occhi per un solo attimo.
Vi siete baciati, June!? Lo hai baciato??! Dimmelo! Ti ricordi come si fa? Come ti ho insegnato!? Lo hai baciato come ti ho insegnato io!?!?” Sussurrò al mio orecchio, soffiandoci dentro.
Non seppi capire mai se fu più il suo tono o ciò che disse a colpirmi di più.
Oppure il fatto di desiderarlo intensamente anche in una situazione del genere.
Dio, come mi ero ridotta.
Improvvisamente la paura che qualcuno ci potesse scoprire come era accaduto a me e a John mi attanagliò così da farmi voltare per guardare la porta della stanza ma.. quest'ultima era chiusa e la chiave che prima c'era dentro era sparita.
Oddio.
Ero in trappola. Da sola. Con Jack.
Oddio.
Non ricevendo ancora una risposta ma solo i miei gemiti e i miei ansiti addolorati, strinse di più la presa sul mio polso che aveva portato sopra la mia testa.
Ahhh.. N..non sono.. ahh.. affari tuoi!”
Oh, sì, invece!” Mi sbatté nuovamente sul muro.
I-io.. Non ho baciato nessuno.. Nessuno!” Dio, quanto mi sentivo sporca in quel momento.
Stava vincendo lui, come al solito, ed io mi ero giustifiata.
Nessuno, June!? Nemmeno quest'estate!?!”
Il suo corpo era completamente attaccato al mio, tanto che il mio seno stava già iniziando a provare dolore a sentirsi premuto così sul suo petto.
M-mi fai male, Jack!” Gemetti ancora.
Rispondi!! Hai baciato qualcuno quest'estate!?” Ringhiò..
Ma chi era diventato Jack!? Perché si comportava così?
I-io... Sì.”
Ma perché volevo dimenticarti. Perché mi mancavi. Perché, stupidamente, avevo provato a cercare le tue labbra in quelle di altri.
Silenzio. Jack non rispondeva ancora, ma potevo chiaramente sentire il suo corpo fremere e tremare.
Dalla rabbia? Dalla... gelosia?
Quanti?”
Una domanda. Stava a me scegliere fra la verità o la menzogna.
D-due..” Provavo a respirare ma mi era difficile dato che, inevitabilmente, il mio petto nell'alzarsi e nell'abbassarsi, di schiacciava sempre di più a quello di Jack.
E come sono stati June? Meglio o peggio di me? Scommetto che non sono stati in grado di insegnarti come ho fatto io.”
Quel tono dispregiativo non faceva altro che ferirmi sempre di più.
Insegnarti.

Cos'hai?” Mi chiese lui, staccandosi dalle mie labbra dopo che mi ero rifiutata di aprirle per un vero e proprio bacio.
I-io..” Arrossii. “Non so baciare.”
Era.. il tuo primo bacio?” Domandò, senza deridermi o scioccarsi.
A stampo ne ho dati.. Ma.. non so andare oltre, e mi vergogno.”
Dio, come mi sentivo stupida.
Il tuo ex non ti ha mai baciata veramente?”
Jack era premuroso, mi gingeva le spalle e aveva preso ad accarezzarle in un leggero massaggio.
Sì ma.. mi ha detto che non ero capace.” Ammisi, sentendo le guance andare a fuoco e le lacrime urlare per uscire data l'umiliazione.
E nessuno gli ha ancora spaccato la faccia a 'sto cretino?!”
Scossi il capo con lo sguardo ancora basso.
Poi Jack con un dito mi alzò il mento e riavvicinò le sue labbra alle mie e prima di baciarmi, ci sussurrò: “Potrei sempre insegnarti io.”

Ma Jack non si era fermato ad insegnarmi come si baciava.
Mi aveva insegnato la passione e.. l'amore.
L'amore forte e incontrollabile che sentivo pure in quel momento, mentre mi rifilava le peggiori parole.
Nessuno.. era.. ahh.. era come te!”
Nessuno è come te. Nessuno sarà come te.
Che sciocchi... E' tanto che non sperimenti un vero bacio, vero June!?” Sussurrò ancora al mio orecchio, facendo finire il suo sospiro sul mio collo che si ricoprì di pelle d'oca.
Mh..mh..” Annuii, mio malgrado.
Mi mancavano le sue labbra. Quello che mi facevano provare. Mi mancava lui.
Ti senti pronta per un vero bacio, June?” Stavolta il sussurro era più lieve e soave.
Dio, sì!” Accidenti a me e alla mia scarsa forza di volontà!
A quest'altro gemito, Jack non resistette più e con una foga che mai gli avevo visto addosso, si impossessò delle mie labbra e, costringendomi con la lingua ad aprirle, della mia bocca.
Lambiva ogni parte di me; il palato, la lingua, le labbra.. Leccava, mordeva, succhiava.. Non si fermava un attimo neanche per riprendere fiato ed io iniziai a sentirmi piacevolmente svenire.
Non avevo dimenticato davvero il sapore delle sue labbra e ciò che riusciva a fare con la sua lingua. Mi costringeva quasi a farla muovere insieme a lui, in una danza senza musica ma anche senza fine.
Non avevo mai ricevuto un bacio da lui, tanto passionale quanto travolgente.
I precedenti erano stati tutti pieni di riguardo, di dolcezza, delicatezza..
Ma in quel momento sembrava proprio non darsi pace.
Mmh..” Ansimai e gemetti insieme, sentendo subito dopo una presenza dura, spingere sulla mia coscia.
Jack mi teneva ancora per i polsi, ma io non avevo bisogno di essere forzata per restare in quella posizione. Si era abbassato con le gambe, leggermente, per poter essere alla mia altezza e ricoprirmi con le sue labbra, facendo così scontrare il suo inguine con il mio.
Non riuscivo più a trattenermi, accidenti a te e al tuo modo di arrossire..” Mi baciò. “Di toccarti i capelli.” Mi baciò ancora. “Di leccarti le labbra..” E mi baciò nuovamente, così intensamente da farmi perdere quasi i sensi.
La presa sui miei polsi si alleggerì e non riuscii ad impedire alla mia mano di raggiungere il cavallo dei suoi jeans per sentire la dimostrazione del suo desiderio.
Per quella notte mi sarei fatta bastare quello.
Avrei lasciato al resto della mia vita la speranza per il suo amore.
Alla mia lieve carezza Jack gemette sulle mie labbra ma mi lasciò fare mentre continuavo a strusciare la mia mano sui suoi pantaloni.
June..” Ansimò, prendendo a torturarmi il collo.
Jack..” Ansimai a mia volta, prendendo coraggio ed iniziando a sbottonargli quei maledetti jeans che da quella sera mi stavano facendo impazzire.
L'odore di Jack, come sempre, continuava a pervadermi ogni centimetro di pelle, dentro e fuori, fuori e dentro.
Sapeva di tabacco, misto a gelsomino e qualcos'altro che certamente era proprio il suo odore maschio e virile.
Finalmente riuscii ad abbassare, anche se di poco ma sufficientemente, i suoi pantaloni e i suoi boxer mentre sentivo che anche la sua mano aveva raggiunto la mia intimità, inserendosi sotto le mutande e prendendo ad accarezzarla come aveva appena iniziato a fare la mia mano su di lui.
I nostri respiri presero a farsi più spezzati, irregolari, veloci, lenti... Andavano insieme così come i nostri cuori impazziti dalla passione.
La mia mano stava saggiando tutta la sua.. lunghezza, quando lui quasi mi implorò di aumentare la velocità mentre un suo dito entrava in me, facendomi uscire un grido, bloccato sul nascere dalla mano di Jack che, facendolo impazzire, leccai.
Dio, sì. Leccai le sue dita che si erano posate sulle mie labbra mimandogli un rapporto orale ed immediatamente gli occhi lucidi di Jack mi perforarono l'anima.
Entrambi aumentammo la velocità, io della mia mano, lui del suo dito e riprese possesso delle mie labbra.
Spesso ci fermavano ad ansimarci sulle labbra, mentre le nostre fronti iniziavano a sudare.
Poi, proprio quando credevo di poter impazzire, la sua bocca scese sul mio seno creando un diversivo per poter poi inserire un secondo dito in me.
Ora sì che sarei impazzita.
Ho sempre.. ahh.. adorato.. il tuo seno.” Ansimò su di esso, mentre prendeva a torturarne prima uno poi l'altro con la lingua e i denti.
N-non ce la.. ahh.. faccio più, Jack!” Gemetti, sentendolo rallentare il ritmo proprio per farmi impazzire.
Dillo ancora.. Dì ancora il mio nome.. Voglio far durare questo momento per sempr..e..”
Ohh.. Jack! Jack..” Sussultai, sentendolo fermare la sua e la mia mano.
Si rialzò, tornando alla sua altezza statuaria che mi fece sentire una bambina accanto a lui e, stupendomi, abbassò completamente i miei boxer fino a terra, mise due mani sotto i miei glutei e mi alzò da terra, facendomi intrecciare le gambe intorno alla sua vita e sorreggermi fra lui ed il muro.
Sapevo cosa sarebbe accaduto da lì a poco e non stavo più nella pelle.
Per quasi un anno non avevo fatto altro che sognarlo e immaginarlo nuovamente con me..
In me.
E finalmente stava riaccadendo.
Non m'importava del dopo, del domani.. In quel momento mi bastava anche solo un suo scocchiare di dita che avrei fatto qualsiasi cosa lui volesse.
Era quasi un anno, appunto, che non lo facevo ed avevo paura di risentire il dolore non appena la punta sfiorò la mia intimità.
Shh.. tranquilla.. rilassati.” Sussurrò sulle mie labbra, in un soffio sensuale che mi fece distrarre dalla sua entrata lenta e dolorosa.
Non ce la faccio, Jack... Entra, cazzo!”
Jack si bloccò per un attimo a quella supplica che mi aveva fatta passare per una prostituta dei bassi borghi e sorridendomi, di quel sorriso che amavo tanto, sussurrò ancora: “Wow.. che finezza, gattina. Non ti facevo tanto impaziente.”
Gattina.
Mi aveva dato quel soprannome, pur sapendo della mia poca simpatia verso i gatti, perché, aveva detto, i miei occhi verdi somigliavano proprio a quelli di un micio.
Non attese una mia risposta poiché entrò subito dopo proprio come gli avevo chiesto io, con irruenza ma con passione, facendomi sentire il bruciore iniziale che si perse appena cominciò a spingere in me, prima lentamente poi più velocemente.
Di nuovo insieme, uniti come una volta. Come ci piaceva tanto.
Era come se in quel momento il mio corpo era diventato il suo, ed il suo era diventato il mio.
Sentivo di respirare con i suoi polmoni, di contrarmi con il suo stomaco, di baciare con le sue labbra.. di amare con il suo cuore.
Riprese possesso delle mie labbra ma ci si staccò quasi subito.
Guardami. Baciami e guardami.”
Non me lo aveva mai chiesto e non lo avevamo mai fatto prima.
Io mi vergognavo ma, annuendo, ci baciammo nuovamente con impeto ma stavolta con gli occhi puntati gli uni negli altri.
Era una scarica d'adrenalina continua fare l'amore con Jack, sentirlo muoversi dentro di me, ed in quel momento sentii anche di vedere con i suoi occhi.
Ohh, June.. Dio, santo.. June..” Ripeteva il mio nome non appena si staccava e riprendeva ad ansimare sentendo i miei gemiti ora farsi sempre più incontrollati fino a quando non mi percosse un potentissimo orgasmo.
Il corpo mi tremava e ringraziai mentalmente Jack per starmi a sorreggere perché altrimenti sarei caduta sul pavimento tanto erano forti le scosse del mio corpo, mentre il ventre si contraeva ripetutamente.
Sentivo lo sguardo di Jack assaporare ogni minimo secondo del mio amplesso fino a quando le parti si invertirono.
Ahhh!!!”
..E lui urlando uscì poco prima di venire fra i nostri corpi, sporcando un po' entrambi, mentre mi godevo il suo sguardo lucido dilatarsi, il petto alzarsi e abbassarsi incessantemente, le labbra essere morse dai suoi stessi denti che cercavano di impedire ulteriori urli per non farci scoprire.
Non esisteva ragazzo, uomo, essere umano più bello di Jack, soprattutto mentre veniva sconvolto da un amplesso tanto potente.
Mi lasciò un lieve bacio sulle labbra, mordendo quello inferiore per poi staccarsi e rivestirsi seguito da me, poco dopo esserci ripuliti.
Ero.. geloso marcio.” Ammise poi, già sulla soglia della porta. “E avevo bisogno di sentirti almeno per l'ultima volta.. mia.”
Ma io sono tua, Jack. Per sempre.. Lo sarò per sempre.
Avrei voluto urlargli, ma lui fu più veloce ad uscire non prima di avermi nuovamente pugnalato al cuore con un'esclamazione che mi sconvolse non poco.
Dimentica tutto, June. Dimentica ogni cosa.”
E chiuse la porta.

Angolo Autrice:
Ciao bellissimeeeee!!!
Vi ringrazio ancora per i vostri commenti magnifici e mi scuso per il ritardo >.<
Spero che con questo chappy mi sia fatta perdonare ;D
Bacionissimo: DolL_

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Capitolo 7
*** Tear My Soul ***


Tear My Soul

 

Parla in fretta e non pensar
Se quel che dici.. può far male
Perché mai
Io dovrei
Fingere
Di essere Fragile
come tu mi (vuoi)
(Vuoi) Nasconderti in silenzi
Mille volte già concessi
Tanto poi
Tu lo sai
Riuscirei
Sempre a convincermi
Che..
Tutto Scorre!

E..
Usami
Straziami
Strappami l’anima!

Fai di me quel che vuoi..

Tanto non cambia
L’idea che ormai
Ho di te
Verde coniglio
Dalle mille facce buffe

E dimmi ancora
Quanto pesa
La tua maschera di Cera
Tanto poi
Tu lo sai
Si scioglierà
Come fosse neve al sol
Mentre Tutto Scorre!

E..
Usami
Straziami
Strappami l’anima!

Fai di me quel che vuoi..

Tanto non cambia
L’idea che ormai
Ho di te
Verde coniglio
Dalle mille facce buffe

Sparami addosso
Bersaglio mancato
Provaci ancora
E' un campo minato
Quello che resta
Del nostro passato
Non rinnegarlo
E' tempo sprecato
Macchie indelebili
Coprirle è reato
Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagliala tu perché ho tutto sbagliato!

E..
Usami
Straziami
Strappami l’anima!

Fai di me quel che vuoi..

Tanto non cambia
L’idea che ormai
Ho di te
Verde coniglio
Dalle mille facce buffe

Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagliala tu perché ho tutto sbagliato!!




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Che stupida.. Che stupida!
Lo pensavo mentre mi tiravo su i boxer e lo ripetevo mentre andavo in bagno per sciacquarmi la faccia, come se solo con quel gesto potessi davvero dimenticare.
Dimentica, tutto, June. Dimentica ogni cosa.
Bastardo! Sapeva benissimo che non l'avrei mai fatto, che non me lo sarei mai permesso! Quei ricordi sarebbero rimasti incisi sulla mia pelle come marchi ardenti che bruciavano ancora ma non più di passione.
Le sue mani che esploravano il mio corpo, la sua bocca sulla mia...
Lui, dentro di me.
No. Non avrei di certo dimenticato, neanche se avessi voluto...
Ritornata in salone, dove tutti stavano sistemando i propri sacchi a pelo, la mia mente vagava da tutt'altra parte.
John ridacchiava alle battute di Freddie; Maggie si strusciava addosso a Chase; Alicia e Francine parlavano amorevolmente con Abby e Holly e Jack...
Jack dov'era?
“Oh, June, ma che fine avevi fatto? Possibile che sparisci sempre?” Sorrise Francine, venendomi incontro.
Oh, sai com'è, ero troppo presa a farmi scopare dal tuo migliore amico Jack..
Deglutii a vuoto reprimendo l'improvviso conato di vomito per ciò che avevo fatto e per la stupidità con cui mi ero lasciata andare, rivolgendo a Francine un sorriso storto.
“Ci ho messo un po' ad asciugarmi...”
…Con Jack.
“Va be, dai, ora però sistemati dove vuoi che iniziamo a giocare!” Batté le mani, euforica come sempre.
“G-giocare?” Balbettai, presa da una fitta di brutti presentimenti.
“Sì, giocare, June! Conosci il gioco della bottiglia?”
Oh, cazzo.

Finalmente Jack ci aveva degnati della sua affascinante presenza e, sedendosi a cerchio insieme a tutti noi, prese a fissarmi com'era solito da lui, essendosi per giunta messo di fronte a me.
Alicia, col suo pigiamino firmato rosa e bianco, iniziò a spiegare le regole del gioco:
“Allora, per chi non lo sapesse, questo non è il classico gioco della bottiglia dei baci o delle penitenze ma consiste nel rivelare le parti che di noi odiamo di più, ad esempio: io giro la bottiglia e capita a Fraddie, ciò vuol dire che lui dovrà dire una parte del corpo che detesta e, rigirando la bottiglia, il prossimo che capita, dovrà invece dire la parte che più preferisce del corpo di Freddie, e così via, chiaro?” Terminò, guardandoci tutti.
Non avevo mai sentito nulla del genere e dalle facce degli altri, credo che non ero l'unica; ovviamente l'avevano inventato Francine e Alicia in un momento di noia totale, anche se Jack, con la sua espressione indecifrabile, non mi faceva ben capire cose ne pensasse del gioco.
“Okay, allora iniziamo!” Continuò Alicia, facendo girare la bottiglia.
Sentivo uno strano senso d'ansia attanagliarmi mentre pensavo a cosa poter dire se il tappo puntava me... Io che odiavo ogni singola parte del mio corpo.
Ma stavolta mi salvai e puntò Holly: “Beh... Io detesto i miei fianchi.” Arrossì, lei.
“Devi dire anche il motivo.” La riprese Alicia.
“Perché sono troppo grandi.” Ammise, facendo poi girare la bottiglia fino a quando non fermò su Chase: “Del corpo di Holly...” Prese a guardarla tanto intensamente che sentivo la mia amica prendere fuoco all'istante mentre la gelosia di Maggie raggiungeva vette impensate.
“Del corpo di Holly mi piace il sorriso, perché quando sorride sembra risplendere.” Disse, facendomi temere che Holly svenisse da un momento all'altro.
Già me la immaginavo, sempre sorridente in ogni singola occasione.
“Ora Chase deve dire una parte del corpo che odia di sé.” Spiegò Alicia, facendomi capire qualcosa di più su quel gioco strampalato.
“Di me.. Detesto i capelli. Sono indomabili.” Disse, facendomi sorridere.
Forse non si accorgeva di quelli di Jack.
Il gioco andò avanti così, facendomi scoprire che chiunque, anche chi avevo sempre ritenuto bello e impossibile, non sarebbe mai riuscito a piacersi realmente.
C'erano aspetti di Francine e Alicia che non avevo mai notato ma che a loro sembravano così evidenti da definirsi persino “brutte”.
Ed io, in quei momenti, non facevo altro che sentirmi più insulsa e anomala.
Perché, se si definivano loro brutte, allora io dovevo essere proprio senza speranze.
“Io detesto la mia poca altezza... Mi fa sentire sempre una bambina in confronto alle mie amiche.” Spiegò Abby, girando la bottiglia che puntò me.
Dopo quasi mezz'ora, quella santissima bottiglia aveva fatto precipitare tutte le mie speranze di non dover parlare..
E invece eccola lì, carina carina, che continuava a puntarmi.
“Oh, ehm... Del corpo di Abby mi piacciono i suoi occhi. Sono castani scuro, ma hanno sempre una luce viva dentro ed è una cosa che adoro. Gli occhi non devono essere per forza chiari per essere belli... Bisogna sempre notare cosa sono in grado di scaturirci. E gli occhi di Abby mi mettono tranquillità.” Feci spallucce, beccandomi un super abbraccio da parte della mia amica dagli occhi scuri ma vispi.
“Okay, June, tocca a te.” Mi sorrise Alicia, dopo qualche secondo di pausa.
“Del mio corpo... fra le tante cose, detesto le mie labbra. Sono troppo fine e se a diciottanni riesco a raccimolare un po' di soldi vorrei rifarmi il labbro superiore che è troppo sottile rispetto a quello inferiore.” Ammisi, sentendomi una vera stupida ma, se Alicia aveva detto che voleva rifarsi il naso e Francine il seno, perché io non potevo dire le labbra?
Nell'istante in cui smisi di gesticolare e spiegare i miei intenti, sentii lo sguardo di tutti puntarsi sulle mie labbra... Ma che dico?
Non di tutti, ma di Jack e John.
Abbassai velocemente lo sguardo e afferrai talmente forte la bottiglietta da rischiare di romperla, per poi farla girare.
Ti prego, ti prego, fa che non capiti...
“Jack..” Il mio era stato un sussurro alle orecchie degli altri ma solo io ero in grado di tradurlo in una triste rassegna.
Lui non parlò subito ma si concesse di scrutarmi da cima a fondo, facendomi ribollire dall'agitazione.
I suoi occhi mi scrutavano dentro ed erano in grado di mettermi soggezione.
Però, da una parte, ero elettrizzata dal conoscere la sua risposta.
Speravo con tutto il cuore che non dicesse gli occhi perché ero fin troppo abituata a sentirmelo dire. Certo, avere gli occhi verdi poteva essere un vantaggio, ma sentirselo ripetere come complimento da qualsiasi ragazzo, era diventata anche una condanna.
Non che non mi facesse piacere, ma sembrava essere l'unico pregio estetico che avessi e nel quale chiunque si andava a rifugiare per poi credere di lusingarmi appena me lo faceva presente.
Ma da Jack mi aspettavo altro.. Mi aspettavo di più.
E proprio quando parlò, sentii il mio cuore smettere di battere.
“Del corpo di June, fra le tante cose..” Sì, l'aveva detto. L'aveva detto davvero e che sia stato per prendermi in giro o sul serio, in quel momento non fece altro che farmi piacere. “Adoro le sue labbra. Ma è un peccato che sia tanto sciocca da non apprezzarle.”
Sbuuuum!
Tutto silenzio. Jack continuava a fissarmi con un'espressione fra il malizioso ed il presuntuoso; fra il divertito e l'odioso.
Ed io morivo.. Morivo dentro, fuori.. Morivo e basta.
“Ehm...” Alicia si schiarì la gola, evidentemente sorpresa come tutti gli altri. “N-non hai.. spiegato il motivo, Jack.” Gli ricordò, facendomi sprofondare sempre più.
L'unica che sembrava calma ed era anche sorridente era Francine.
“Le adoro perché June non le inumidisce quasi mai e per questo sono spesso screpolate e, beh, quando sono screpolate l'unico pensiero che ti viene in mente è di inumidirle tu stesso. Poi mi piace il fatto che il superiore sia più sottile del labbro inferiore.. Ogni volta che lo guardi ti viene voglia di morderlo.” Spiegò, infine, sorridendo poi con indifferenza, come se non avesse appena ammesso davanti a tutti che si sarebbe volentieri sporto a baciarmi e a mordermi le labbra.
Okay, non mi sarei rifatta per nulla al mondo.
Aveva detto che adorava le mie labbra.
Mi aveva fatto un complimento dopo tanto tempo e non l'aveva detto con cattiveria.
Ed io, beh... Io morivo. Continuavo a morire perché, nonostante mi avesse nuovamente portato al settimo cielo, sapevo bene che sarei potuta ricadere a terra in un battito di ciglia.
Dimentica, tutto, June. Dimentica ogni cosa.
“Del mio corpo, invece, detesto..” Proseguì lui, allentando la tensione e pensandoci su.
Non c'è nulla da detestare del tuo corpo, Jack, nulla.
“La scarsità di muscoli, il motivo è inutile dirlo.” Sorrise.
Che sciocco... Io adoravo il suo corpo snello e slanciato.
La tartaruga e i bicipiti non avrebbero reso qualcun'altro migliore di lui.
Era impossibile.
La bottiglia poi riprese a girare ed il gioco continuò.
Chi aveva già detto ciò che detestava, doveva solamente dire quel che gli piaceva del corpo dell'altro se ancora non l'aveva detto, in caso contrario, la bottiglietta doveva rigirare.
Quando capitò a John di dire ciò che gli piaceva di me, il sorriso calmo e tranquillo di Jack, scomparve all'istante.
“Del corpo di June.. mi piacciono i capelli.” Sorrisi, almeno non aveva detto gli occhi, e comunque i capelli erano un'altra cosa che detestavo di me... “Danno l'impressione di essere indomabili come lei, e adoro guardarla mentre ci rigira le dita in mezzo, assorta in chissà quali pensieri. E' una cosa che m'incanta.”
John era partito da un particolare banale fino ad arrivare a dettagli più intensi.
Inutile dire che mi stupì, anche se rovinò tutto con la sua ammiccata finale che, sì, mi lusingò, ma scurì il viso di Jack al quale, capii, non ero poi così tanto indifferente.
Quando il gioco stava per terminare e cominciavo a rilassarmi, di colpo, quel dannatissimo tappo blu mi ripuntò e, così, fui costretta a guardare chi l'aveva fatto girare.
Oh, cazzo.
Jack riprese a fissarmi in quel modo (fra il divertito e il malizioso), in attesa di ciò che avrei detto sul suo aspetto.
Adoro tutto di te!!!
No, non potevo dirlo. Sarei stata banale.
Con la mente, allora, rivisitai tutti i momenti passati insieme e ciò che più mi faceva scaldare il cuore, di lui, era...
“Il sorriso. Di Jack, adoro il sorriso.” Parlai, spinta da non so quale coraggio. “Ma, a differenza di quello di Holly o a quello di chiunque altro, il suo è.. particolare, perché è raro. Se Holly risplende, Jack fa risplendere. Può sembrare che alcune volte sorride ma in verità quelle sono solo delle piccole smorfie di circostanza. I sorrisi veri di Jack vengono da dentro. Quando apre le labbra e fa vedere i suoi denti perfetti.. Quando agli angoli degli occhi gli si formano delle rughe d'espressione e ai lati delle guance delle tenere fossette; ecco, quando sul suo viso si presentano queste cose, vuol dire che sta sorridendo.. Ma sorridendo davvero. Di quel sorriso raro che non concede a nessuno come se credesse che, così facendo, potesse mostrare una propria debolezza. Ma è un peccato che sia tanto sciocco da non apprezzarlo, perché solo quando sorride sembra tirare fuori il vero se stesso. Quel Jack rilassato e un po' bambino... Manca un po' quel Jack, sai?”
Avevo forse esagerato con la sincerità?

Si erano fatte le quattro e il gioco era finito da più di un'ora. Tutti avevano preferito mettersi a dormire e dal russare pensai che ci erano riusciti alla grande.
Io però non prendevo sonno. Era buio e c'era calma (a parte il russare), però non riuscivo a chiudere occhio.
Rivivevo ogni istante passato con Jack di quella sera, dal Luna Park, alla camera di Alicia. Poi ripensai al passaggio in macchina e di conseguenza a tutte le cose brutte che mi aveva detto e al fatto che, nonostante ciò, lo amavo con tutta me stessa.
E probabilmente non avrei smesso neanche sotto tortura.
No, non ci riuscivo. Dovevo assolutamente alzarmi per bere qualcosa.
Silenziosamente, quindi, aprii la cerniera del sacco e, in punta di piedi, mi diressi in cucina per aprire il frigo.
Certo, non era casa mia, ma Alicia aveva ben detto che potevamo fare ciò che volevamo come se lo fosse, testuali parole, quindi non mi feci problemi a rovistare in cucina per cercare qualcosa da bere.
Aprii l’enorme frigo giallo canarino e vi trovai così tante bibite diverse –fra l’energetiche alle ipercaloriche- che mi ci vollero diversi minuti per sceglierne una.
Beh, avevo preso l’acqua… Almeno era sicuro che mi avrebbe dissetata.
Stavo per aprire uno sportello per il bicchiere quando mi accorsi che era troppo alto e che riuscivo a prenderne uno a malapena in punta di piedi.
“Acc..” Imprecai a bassa voce, allungando più che potevo il braccio ma vanamente poiché non riuscii nemmeno a sfiorarlo.
“Ti serve una mano, nana?”
No, non era stata una visione. C’era veramente Jack, dietro di me, in pantaloncini e canotta nera, coi capelli arruffati –sicuramente perché non riuscendo a dormire si era rigirato così spesso nel sacco a pelo fino a renderli più indomabili del solito- , e gli occhi lucidi che, con voce bassa e soave, cercava di aiutarmi.
“Oh, ehm.. Non riesco a prendere il bicchiere.” Deglutii, osservandolo mentre, senza parlare e senza alcuno sforzo, alzava di poco il braccio per afferrarne uno e porgermelo.
“G-grazie.” Lo guardai, per poi rigirarmi a versarmi l’acqua e berla silenziosamente.
Jack, intanto, aveva riaperto il frigo e si stava versando un po’ di coca cola.
“Non riesci a dormire, eh?” Mi chiese, gelandomi il sangue.
Si rivolgeva a me come faceva una volta. Senza sguardi maliziosi e accenni di fastidio. Sembrava semplicemente se stesso.
“No. Ho troppi pensieri nella testa..” Ammisi, abbassando lo sguardo per non fargli vedere le mie guance arrossate.
Potevo eccitarmi solo nel guardarlo bere?
“A che pensi?”
A ciò che dovrei dimenticare.
“Alla scuola.” Mentii, sentendomi sotto esame a causa del suo sguardo penetrante.
“Qualche materia in particolare?”
“Storia dell’arte e algebra.”
“Brutti voti?”
“Pessimi.”
“Storia dell’arte è una cavolata. Come fai ad andare male?” Inarcò un sopracciglio, poggiandosi al mobile della cucina, di fronte a me.
“Sai, non sono tutti secchioni come te, Jack.” Sorrisi di sbieco.
Jack era un genio a scuola, cosa che non si direbbe all’apparenza.
“Non sono un secchione. I secchioni sono quelli che amano studiare…”
“Sì, lo so, lo so, i secchioni sono quelli che amano studiare, io studio semplicemente per non dover studiare più in futuro.” Lo interruppi, continuando la citazione che mi ripeteva sempre quando l’anno scorso lo prendevo in giro chiamandolo secchia.
Lui, però, stupendomi, mi dedicò uno di quei sorrisi che mi fecero sciogliere all’istante.
“Mi accompagni fuori a fumare?” Chiese poi, avvicinandosi alla porta.
Una volta usciti, ci mettemmo seduti di fronte alla piscina a scrutare il buio del cielo davanti a noi, mentre non facevo altro che ascoltare il mio cuore martellarmi nel petto ed il naso odorare fino allo sfinimento il suo profumo.
Questo è Ugo Boss…
Seduti accanto su una sdraio, poi, tirò fuori il tabacco, le cartine ed i filtri, iniziando a farsi un drummino.
“Sai come si fanno?” Fece, mentre con le dita arrotolava il tabacco nella cartina ai margini di essa.
“L’ho visto farlo spesso ma non credo di esserne capace.” Ammisi, sorridendogli.
“Non è poi così difficile, basta esercitarsi.” Fece spallucce, rigirando poi la carta.
“Pillole di saggezza.” Commentai, beccandomi un’occhiataccia divertita.
“Lecca.” Disse poi, gelandomi.
“Eh!?” Mi voltai verso di lui, paonazza, ritrovando ad un palmo dal naso il drummino appena fatto.
“Lecca la carta, mi serve per sigillarla.” Sorrise sghembo.
“Oh, ehm.. Okay.” Deglutii, avvicinandomi e, sentendomi il suo sguardo famelico addosso, tirando fuori la lingua per leccare la parte superiore della cartina.
Quando finii e mi scostai, lui rimase ancora qualche secondo a guardarmi, per poi accendere la sigaretta con l’accendino ed iniziare a fumarla.
“Non hai mai pensato di smettere? Seriamente, intendo.” Gli chiesi, guardandolo con la coda degli occhi senza riuscire a non desiderare di essere quella misera sigaretta fra le sue labbra.
“Ho smesso per un periodo… Quando me lo avevi chiesto tu.” Ammise, stupendomi per l’ennesima volta.
“Pensavo che fumassi solo quando non c’ero io.”
“No, avevo proprio smesso. Avevi detto che odiavi l’odore di tabacco.”
“Ottima memoria. Ma adesso non è più così.. Ogni tanto qualche sigaretta la fumo anche io.” Dissi, cercando di non badare alla piacevole sensazione che le sue parole avevano scaturito in me.
“Sciocca. Sei una bambina troppo piccola. Il fumo a certe mocciose come te, fa male.” Mi ammonì anche se con un tono quasi.. dolce.
“Sono cresciuta.”
“Non si cresce in così poco tempo.”
“Il tempo non conta, servono le esperienze.”
“Mmm.. Pillole di saggezza.” Mi schernì, sorridendo ancora in quel modo che avevo ammesso di adorare.
Sembrava quasi farlo apposta.
Jack finì la sua sigaretta e quando la poggiò nel posacenere, riprese a scrutarmi.
“Così.. ti piace il mio sorriso, eh?” Chiese poi, facendomi tremare dall’imbarazzo.
Accidenti a lui!
“Beh.. E’ quello che ho detto. A te piacciono le mie labbra..” Feci spallucce, nascondendo alla bell’è meglio il mio rossore.
“Sì. Le adoro.”
Oh santa madonnina, aiutami tu a non saltargli addosso all’istante!
“Jack..” Provai a protestare perché il mio sesto senso aveva acceso un lieve allarme nella mia testolina, ma sembrava già troppo tardi.
“Sì, June?” Chiese, avvicinandosi.
“Io.. Non posso dimenticare.”
Mi voltai e trovai i suoi occhi così vicini ai miei che i nostri nasi stavano quasi per sfiorarsi.
Restammo a fissarci per vari minuti quando alla fine, eliminando la distanza fra noi, mi sussurrò a fior di labbra: “Allora non farlo.”
Il bacio che venne dopo non aveva niente a che fare con quello passionale e quasi doloroso del precedente nella stanza di Alicia.
Quello sulla sdraio fu lento, soffice, dolce, intenso… Non esigeva di più, ma entrambi sapevamo che una volta iniziato non saremmo riusciti a fermarci.
E così fu.
“Non ti sei inumidita le labbra.” Mi ricordò, facendomi sdraiare lentamente sotto di lui.
“Lo hai fatto tu.” Sorrisi timidamente a causa dell’eccitazione crescente.
“Giusto..”
E riprese a baciarmi, fino a quando le sue mani non iniziarono ad accarezzarmi i fianchi ed il ventre e lui prese a baciarmi il collo.
“Hai un profumo buonissimo, June.” Sussurrò, lasciandomi un lieve bacio sulla scapola.
“Odoro di te, Jack.” Ansimai, quando ormai la sua mano aveva scostato la mia canottiera.
“Allora sono io ad avere un buono odore, visto che sa di te.” Disse, scendendo a baciarmi un seno da sopra la stoffa.
Si era posizionato fra le mie gambe ed istintivamente le legai alla sua vita, come a non volerlo lasciare andare per nessun motivo al mondo.
Fra me e Jack era sempre stato così. Ogni momento era buono per saltarci addosso, anche se prima eravamo riusciti a concludere un discorso serio e profondo.
La passione vinceva su tutto.
Gemetti ancora più forte quando la sua mano scese fin sopra i boxer e prese a massaggiarmi lentamente e piacevolmente.
Dio, com’era bravo.
Le sue carezze erano quasi studiate; circolari con velocità alterne.
“Fai piano, June, o ci sentiranno.” Sussurrò ancora, aumentando la velocità e abbassando leggermente il reggiseno per prendere a torturami un seno.
Mi mordevo così forte il labbro che rischiavo quasi di romperlo a sangue.
“Oh, Jack..” Ansimai, quando ormai mi stavo avvicinando alla strada di non ritorno.
“Il mio nome, June, ripeti il mio nome… A bassa voce.” Mi supplicò quasi, con la voce roca ma comunque sensuale.
Così mi ritrovai a gemere il suo nome ripetutamente come alcune ore prima ma senza urlarlo.
Il piacere stava arrivando non esageratamente intenso ma lo stesso totale e assoluto.
Tanto che Jack fu costretto a tapparmi la bocca a baci per non farmi urlare.
Stava per rialzarsi ma non lo avrei nuovamente lasciato andare, così forzai ancora di più la presa sulla sua vita e aggrappai le mie mani dietro la sua testa per immergere le mie dita fra i suoi capelli setosi ma ribelli.
“Adoro tutto di te, Jack.. Tutto.” Ansimai fra un bacio e l’altro.
Una cosa che ero solita fare, quando rimanevano così avvinghiati, era lasciargli baci soffici su tutto il viso, in segno di affetto e non solo di passione selvaggia.
Perché quello che mi legava a Jack era decisamente più grande del sesso.
Il mio era amore.
Perché anche se Jack avesse continuato ad usarmi, straziarmi, strapparmi l’anima, io avrei continuato comunque ad amarlo in quello stesso modo incondizionato con cui un disperato si aggrappa alla vita.
Io mi sarei aggrappata a lui.



Angolo Autrice:
Mi dispiace tantissimissimissimissimooooo!!!! Oddio, ritardo indecente, lo so!
E capitolo terribile… Avevo così tante cose in mente, ma, accidenti, il tempo davvero mi permette poco!
Poi non ho potuto rispondere a tutte le recensioni e questo mi fa stare ancora peggio!
Spero davvero di riuscire a farmi perdonare andando avanti nei capitoli perché non potete capire quanto mi dispiaccia!
Farò il possibile per rendervi la lettura migliore, giuro!
Un bacione alle mie belle, dalla vostra ritardataria preferita (spero): Doll_
PS: Jack non lo capiremo mai, ragazze, bisogna farci il callo come la nostra povera June U.U

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Capitolo 8
*** Warwick Avenue ***


Warwick Avenue


 

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Non capivo cosa stava accadendo.
Era passata una settimana da quella dannata sera in cui io e Jack, apparentemente, ci eravamo riavvicinati, ma evidentemente qualcosa non stava andando come da me previsto.
Jack non mi parlava più...E forse avrei resistito a questo ma il fatto era che non mi guardava nemmeno!
Ovviamente avevo provato a farmi notare in tutti i modi, dai vestiti succinti alle frasi provocatorie ma nulla. Neanche un accenno.
Si era nuovamente rinchiuso in quel suo maledetto mondo immaginario e stavolta sembrava molto deciso a non farci entrare nessuno.
Spesso era così preso da se stesso e dai suoi pensieri che non riusciva a vedere nemmeno la persona che gli stava parlando davanti.
Me compresa.
Io lo odiavo quando faceva così.. e lo amavo.
Perché m'intrigava ed io come una sciocca mi sforzavo a captare ogni suo singolo cambiamento d'espressione e comportamento per cercare di capirlo anche se, il più delle volte, il tentativo risultava vano.
Jack era incomprensibile.
Quel giorno avevo deciso di uscire da sola per farmi una passeggiata verso un parco poco distante da casa mia -lo stesso in cui John mi aveva regalato le rose rosse- e così, sedendomi su una panchina leggermente appartata, cominciai a riflettere e a pensare ad una possibile soluzione per riavvicinarmi a lui.
Lo pensavo insistentemente mentre la musica gridava nelle mie cuffiette e davvero non riuscivo a smettere di ricordare il periodo più felice della mia insulsa vita.
Jack sembrava essere totalmente un'altra persona da quando ci eravamo lasciati o, probabilmente, era con me che era differente per cercare di apparire migliore di quello che era realmente per compiacermi.
E la cosa buffa era che, nonostante tutto, io continuavo a sbavargli dietro come un cagnolino fedele.
Hachiko doveva chiamarmi.
Avrei potuto benissimo pensare che quella dell'anno precedente era stata una sciocca cotta verso una persona che effettivamente non esisteva, ma non potevo mentire a me stessa ulteriormente. Io lo amavo anche quando mi trattava male.
Anche quando mi ignorava e si etraniava da tutto e tutti.
Avrei potuto dirmi che amavo il vecchio Jack, quello che ormai non c'era più... Sarebbe stato facile per la mia povera testolina, ma di certo il cuore non sarei riuscita ad ingannarlo! Lui conosceva alla perfezione il sentimento forte e quasi oppressivo che mi riportava sempre ed unicamente a Jack.
E ciò che mi faceva insistere nel non perdere tutte le speranze era che, ogni tanto, il vecchio Jack riaffiorava... Eccome se riaffiorava!
Forse lui adesso provava solo a reprimerlo; magari per orgoglio, per ciò che pensava io gli avessi fatto, ma non poteva del tutto eliminarlo perché faceva comunque parte del suo essere...
Del suo vero essere.
Quello che amavo alla follia.

Forse quel giorno avrei fatto meglio a rimanere a casa. In fondo, perché uscire di domenica? I negozi erano chiusi, la maggior parte delle persone passava quel giorno in famiglia e, probabilmente, io avrei dovuto passarlo sui libri di albebra e storia dell'arte visto che facevo pena in quelle materie, quindi, perché cavolo avevo deciso di uscire dal parco e andarmi a fare una passeggiata in centro?!
Magari in quel momento in televisione stavano trasmettendo un film carino, oppure su internet qualcuno aveva postato una notizia divertente....
Avrei fatto meglio di gran lunga a fare retro marcia e tornarmene da dove ero venuta... Ma questi sono pensieri di adesso. Adesso che so cosa mi avrebbe aspettato quel giorno. Ciò che i miei occhi avrebbero visto.
E videro.
Stavo ascoltando ancora la musica con una sola cuffietta però, così non rischiavo di essere investita, quando un negozio chiuso ma con le vetrine ben esposte, non attirò la mia attenzione.
Sin da bambina ero stata incantata da quei vestiti tanto appariscenti che anche in quel momento destarono la mia attenzione così da farmi quasi dimenticare del mondo circostante.
Ecco, quasi.
Stavo ammirando un bellissimo vestito da sposa viola e blu quando una voce femminile mi riscosse.
Sono così contenta che tu sia qui, Jack.”
Il mio Jack? No, impossibile. Lui che usciva con una ragazza, poi?
Mica era l'unico con quel nome! Pensai, presa dal panico.
Ma ogni mio buon proposito, si frantumò non appena lui rispose.
Figurati, è un piacere!”
Il mio Jack! Che rispondeva a un'altra con lo stesso tono spensierato e divertito col quale si rivolgeva a me!
Rimasi impietrita davanti a quella vetrina senza riuscire nemmeno ad alzare il viso per guardare la ragazza affianco a lui, anche se la curiosità mi stava uccidendo.
Avevo gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, i rossi alle guance e le orecchie a fuoco.
Stavo per scoppiare, lo sentivo.
Uh, guarda che bello questo!” Gridò la ragazza, avvicinandosi allo stesso vestito che stavo guardando anche io.
Non mi avevano vista prima poiché avevo deciso di coprire il mio viso con i capelli ma adesso che la vicinanza era a dir poco esagerata, le mie mani iniziarono a sudare per il disagio e a pizzicare per la rabbia.
Avrei voluto prendere a schiaffi quella tizia e strangolare Jack.
Viola e blu? Di solito i vestiti da sposa non sono bianchi?” Chiese lui, col solito tono diffidente, e ci avrei scommesso tutto che in quel momento aveva inarcato il sopracciglio.
La ragazza, che si era posizionata davanti a me così quasi da nascondermi, ridacchiò divertita.
Come sei antico, Jackie!” Gli diede un buffetto, facendomi ansimare a causa dello strano peso nello stomaco che sembrava volermi soffocare.
Lui.. con un'altra.
In quel momento metabolizzai il significato di quella circostanza.
Era quindi per questo che utlimamente stava sempre con la mente da tutt'altra parte? Pensava a lei!? Si stava innamorando ed io gli ero solo servita per scaricare le sue frustrazioni sessuali poiché, magari, questa tizia ancora non gliel'aveva data?
Il cervello stava letteralmente andando in fumo con tutti quei pensieri e quelle ipotesi che avrebbero fatto invidia anche a Sherlock Holmes.
Fortunatamente il cappellino mi copriva meglio, così potevo alzare di poco la testa per vedere da sotto la visiera, l'aspetto di quella ragazza che adesso si era abbarbicata al braccio del mio Jack. Che mio non era...
E, beh, in quel momento pensai che fosse stato davvero meglio rimanere a casa quel giorno, magari a strafocarsi di porcherie e a disperarmi perché Jack non mi aveva nemmeno chiamata una singola volta, ma almeno non avrei visto la vera ragione di quel cambiamento radicale.
Lei era... perfetta.
La barbie ideale; credevo di averne una identica a casa.
Era alta quasi quanto Jack, il ché era un tutto dire, con due occhi azzurri che sorridevano insieme alle sue labbra a cuoricino, i capelli lunghi biondi e lucenti, un corpo da favolta ed una pelle di procellana... Per non parlare delle sue gambe magre e lunghissime.
Dio, che sciocca che ero! Chiunque si sarebbe innamorato di una tipa simile.
Lei era... perfetta.
Ed io ero insulsa a paragone.
Esattamente così: lei uno schianto, io un pianto.
Però... sembrava molto più grande di lui. Insomma, di certo non aveva la nostra età...
Gliene avrei dati ventidue perché era davvero bellissima, ma si poteva anche azzardare coi venticinque....
Proprio mentre stavo ricominciando a formulare altre migliaia di ipotesi, la ragazza, o meglio, la donna si spostò un po' troppo verso di me e mi venne quasi addosso, facendo cadere il mio i-Pod a terra “a pancia in su” facendo instravedere ciò che stavo ascoltando e, probabilmente, proprio per questo avenne ciò che avrei preferito di gran lunga evitare.
Ops, mi scusi!” Fece la bionda mentre io, senza alzare lo sguardo per nascondere ancora il mio viso fra capelli e cappello mi accingevo a recuperare quel che mi era caduto.
Mmm.. Non fa niente.” Borbottai, così a bassa voce che a malapena mi sentii io.
Ero salva, sentivo già i cori dell'allelujia quando ormai credevo che non mi avesse riconosciuta quando...
June?”
Cazzo.
Non alzai lo sguardo e feci per andare via, quasi di corsa, venendo bloccata per un braccio da una mano grande e forte.
Avevo fatto molti passi quindi non mi spiegai come cavolo aveva fatto a raggiungermi tanto in fretta; ma comunque non ci pensai più di tanto visto che subito dopo mi fece rigirare per costringermi ad alzare lo sguardo.
Mi guardava quasi.. arrabbiato? Confuso?
Deluso...?
Lasciami andare.” La mia voce uscì, per mia sopresa, fredda ed autoritaria anche se, ero sicura, i miei occhi gridavano tutt'altro.
Che ci facevi lì?” Continuò, stringendo la presa.
Non sono affari tuoi! Ora lasciami!!” Deglutii, sentendo la mia voce abbandonarmi e la salivazione scarseggiare.
Mi spieghi che cavolo ti prende!?” Domandò poi, strattonandomi così da farmi avvicinare ancora di più a lui.
Allora, con gli occhi puntanti nei suoi, cercai con tutte le forze di reprimere le mille lacrime che smaniavano per uscire; poi volsi lo sguardo dietro di lui e vidi la donna tutta sorridente continuare a guardare la vetrina e pensai che insieme fossero perfetti... Che io, quindi, non c'entravo assolutamente nulla.
Nulla..” Sospirai, smettendo di oppormi all'evidenza.
Bugia.” Mi derise e allora ogni sitinto omicida di poco prima riaffiorò in me, tanto potente da strattonarmi così forte da liberarmi dalla sua presa e allontanarmi per poi guardarlo negli occhi un'ultima volta.
Fottiti.” Lo biascicai con così tanta cattiveria, sia nel tono che negli occhi, per tutto ciò che avevo dovuto subire, per ogni pianto, per ogni illusione... Che lo lasciai paralizzato e interdetto.
Poi, come per vendicarmi ulteriormente e dargli, quindi, il colpo finale prima di andare via, dissi con ancora più cattiveria: “Ti odio. E questa è la verità.”
Prima di andare via a passo spedito feci però l'errore di guardarlo negli occhi.
In quegli occhi spalancati, sorpresi e... profondamente feriti.

Il giorno dopo non mi sentivo nemmeno la faccia per quanto avevo pianto la sera prima.
Le gambe andavano da sole e nella mia mente c'erano solo quegli occhi e quella donna...
Davvero mi stupivo che il mio cuore continuasse a battere nonostante tutto quello che aveva dovuto patire.
Lui era innamorato di un'altra, ecco la cruda e dura verità.
E allora perché non ci credevo fino in fondo? Perché lo sguardo sofferente che mi rivolse dopo le mie parole orribili -e false-, mi gridava che non era come pensavo? Che nulla era come pensavo...
Ehi, June? Tutto bene?” Mi chiese Abby, scendendo dall'autobus dopo di me.
Sì, certo.” Quella fu la mia atona ed inespressiva risposta.
Hai due occhiaie...” Constatò, osservandomi bene.
Sto bene.” Ripetei, più a me che a lei.
Mettendo il primo piede oltre il cancello, una strana ed opprimente sensazione mi soffocò.
Infatti, come previsto, fuori la porta c'era il gruppetto di Francine, Alicia e Jack, intento a chiacchierare e fumare prima che la campanella suonasse.
Jack aveva sempre quell'espressione martoriata e quasi più malinconica del solito -ma a questo non badai più tanto proprio per non illudermi ulteriormente.
Non mi andava per niente di salutarli e rimanere a parlare, così, con nonchalance passai accanto a loro con lo sguardo basso come se neanche li avessi visti.
June! Non si saluta più?” Francine mi venne incontro con un sorriso enorme, abbracciandomi come se non ci vedessimo da anni.
Oh, ehm.. Ciao, Francine.” Sospirai, afflitta.
Jack era poco distante da noi ma non aveva nemmeno alzato lo sguardo.
Ti senti male? Hai una faccia..” Si preoccupò lei, facendo roteare gli occhi ad Abby, lì affianco a me.
Ad Abby non piaceva molto la confidenza che Francine si era presa con me anche perché era alquanto equivoca alle volte.
Troppi abbracci, troppo contatto fisico...
Ma questo, ovviamente, era ciò che pensava lei. Io neanche ci facevo caso.
No, no.. Sto bene.” Tentai di sorridere senza però esserne certa.
Francine aveva posato le mani sul mio viso e continuava a guardarmi negli occhi quando però stava per aprire bocca, la campanella suonò segnando l'inizio delle lezioni.

Nota sul registro. Meglio di così non poteva proprio andare.
La prof mi aveva beccata con i bigliettini durante il compito di matematica e mi aveva ben punita con una D al compito ed una nota di demerito.
All'uscita volevo solo morire, sotterrarmi e spegnere del tutto la spina.
Ero stufa di dover subire, subire.. Volevo che qualcosa cambiasse.
Vieni con me.” Una voce dura e virile, dietro le mie spalle, mi fece sussultare.
Mi voltai e vidi Jack incamminarsi verso la sua Mustang.
Dovevo scusarmi... Ero stata davvero una stronza il giorno prima. Mi ero letteralmente abbassata ai suoi livelli.
Quindi, nonostante il mio cervello mi dicesse di tornare indietro poiché probabilmente avrei sofferto ancora, le mie gambe si mossero verso di lui.
Non dissi nulla quando rischiusi lo sportello e per metà viaggio regnò il silenzio in auto, senza che nessuno dei due aprisse bocca.
Perché mi aveva chiesto di venire con lui? Voleva forse abbandonarmi da qualche parte e poi investirmi con la macchina!?
Ho saputo della nota.” La sua frase mi riscosse da tutti quei pensieri malsani.
Uhm.. Le notizie volano.”
Avevo detto che dovevo scusarmi, vero? Beh, purtroppo il mio tono sarcastico e pungente non aiutava di certo.
Ho chiesto ad Abby.” Spiegò, stupendomi.
Co-cosa le hai chiesto?” Inarcai un sopracciglio, notando ancora quella strana espressione triste che aveva addosso.
Perché a ricreazione ti eri chiusa in bagno. Sapevo che era successo qualcosa in classe perché ogni volta che prendi un brutto voto ti rinchiudi in bagno senza voler far entrare nessuno.” Disse, con nonchalance.
Possibile che si ricordasse ogni minima cosa!??
Magari della bionda sapeva anche molto di più...
Hn..” Il mio ringhio lo fece quasi sorridere.
Perché non ti sei esercitata a casa? Potevi prendere un buon voto.” Chiese, facendomi infuriare ancora di più.
Odiavo quando si comportava da padre premuroso e mi faceva prediche di cui non avevo nessun bisogno.
Sono stupida.” Risposi con astio, ribadendo ciò che mi ripeteva sempre lui quando lo facevo arrabbiare.
Non sei stupida devi solo esercitarti. Diciamo che sei svogliata, ecco.”
Oh, ma grazie! Non lo sapevo, sei la prima persona che me lo dice!!” Esclamai, adirata e sarcastica.
Non ero perfetta, io. Ma nonostante ciò difendevo i miei difetti con gli artigli, perché senza di loro, semplicemente non sarei mai stata me stessa.
Sei proprio irritante quando fai così.” Fece lui, stringendo i pugni sul volante.
Sai quanto me ne frega...” Ribattei, sapendo di stare a superare il limite della sua già poca pazienza. “Ora basta parlare di me, ormai li sappiamo entrambi i miei difetti! Perché non parliamo un po' di te, eh, Jack?” Sorrisi beffarda, con occhi inniettati di veleno.
Basta, June.” Digrignò i denti.
Probabilmente si stava già pentendo di avermi voluto in macchina con lui.
Eh, no, Jack! Non si fa così, però! Tu puoi rimproverarmi quanto vuoi ed io non posso neanche sapere qualcosa di te? Per esempio, mmm.. Vediamo...” Mi finsi pensierosa utilizzando ancora quel tono derisorio che tanto detestava.
June, ti avverto, sto perdendo la pazienza.”
Come previsto.
Il semaforo era rosso e davanti a noi la fila di macchine sembrava infinita.
Eravamo fermi, quindi lui si voltò cercando di avvertirmi con un'ulteriore occhiataccia di fuoco.
Ma io non avevo paura e continuando a fissarlo, proseguii.
...Come hai passato la giornata ieri? Ti sei divertito con la biondina? E' bella, hai proprio un ottimo gusto. Solo con me hai fatto uno strappo alla regola, perché di solito ti scegli delle ragazze bellissime.. Certo, però quella è un po' vecchiuccia non credi? Lei lo sa della settimana scorsa, Jack? Sa che ti sei scopato la tua ex riempendola di frasi sdolcinate e di nuove illusioni solo per divertimento!? LEI LO SA, JACK??!?!!” Sbottai, con tutta la rabbia che avevo in corpo.
Non so cosa mi fece più male dopo, se lo schiaffo o il fatto di averlo ricevuto da lui.
La tensione era salita talmente tanto da farlo scoppiare in un gesto tanto folle.
Mi aveva dato uno schiaffo, non troppo forte ma abbastanza da far voltare il mio viso e far diventare la mia guancia rossa e pulsante.
E comunque, io non piansi. Non ero la stessa di sempre quel giorno.
Ero fredda, indifferente.. Senza cuore.
Ma quello schiaffo me lo sarei ricordata per sempre perché, di certo, quello mi riscosse e mi fece pensare che, nonostante tutto, me l'ero anche meritato.
Jack rimase paralizzato a guardarmi con un'espressione indecifrabile sul volto.. Era quasi.. spaventanto da se stesso.
Mi portai una mano sulla guancia istintivamente e mi voltai a guardarlo negli occhi.
Non ero più arrabbiata, forse risentita, umiliata, ma non arrabbiata.
Quella donna, June, era mia cugina. Mia cugina che fra una settimana si sposa.” Spiegò allora lui, una volta ripreso.
C-cosa?”
Sua cugina? Ommioddio!
Che sciocca, ma certo! Erano uguali! Entrambi biondi, occhi azzurri, alti...
E poi i vestiti! Si era fermata davanti alla vetrina per lecita curiosità ed io avevo tratto delle conclusioni così affrettate che in quel momento, in macchina, mi sentii talmente stupida che, stupendo entrambi... scoppiai a ridere.
Era la cugina, diamine! Jack non era innamorato di nessun'altra! Lei si doveva sposare una settimana dopo!
Oddio, anche dopo lo schiaffo fui capace di ridere di sollievo.
Che sciocca, che sciocca!
E adesso perché ridi?” Inarcò un sopracciglio, lui, guardando davanti a sé poiché la fila si stava sciogliendo.
N-no.. N-niente!” Balbettai, fra una risata e l'altra.
Tu sei pazza.” Fece Jack, ma con tono divertito, tanto che dopo sorrise anche.
E la luce vivace nei suoi occhi si era finalmente riavvivata.
Jack.. Ma dove stiamo andando?” Chiesi, una volta calmata.
E' quasi mezz'ora che stiamo in auto e solo ora me lo chiedi?”
Sai che c'è, prima ero occupata a pensare ad altro.” Dissi sarcasticamente, facendo spallucce.
In città, al centro commerciale. Devo comprarmi uno smoking e anche tu devi comprarti una vestito.”
Io??” Domandai, strabuzzando gli occhi.
Mia cugina ti ha invitata al matrimonio.” Disse con nonchalance, facendomi quasi strozzare con la mia stessa saliva.
Che!?” Esclamai con la voce strozzata.
Non ci senti, mocciosa?”
Ma.. ma io non la conosco tua cugina, perché ha voluto invitarmi?”
Perché le ho parlato di te.”
In quel momento credetti davvero che il mio cuore non avrebbe retto tutte quelle sorprese.
E.. che le hai detto?” Deglutii, curiosa come non mai.
La curiosità uccise il gatto.” Sorrise.
A me non importa nulla del gatto!”
Che cattiva!” Ridacchiò.
Sentii che finalmente si era calmato e che l'atmosfera stava piacevolmente tornando com'era una volta.
E comunque io non ho soldi, Jack.” Ribadii, risoluta.
I soldi non sono un problema, June.” Fece voltandosi per un attimo per regalarmi un sorriso stupendo.
Di quelli che amavo io.
Te li ridarò.”
Come vuoi.”
Ovviamente non li avrebbe mai accettati.

Hai fame?” Mi chiese, un'ora dopo.
Da morire.”
Dove vuoi andare? Autogrill oppure.. Ah, ma che te lo chiedo a fare? Tanto so già cosa mi risponderesti.” Sorrise fra sé e sé, svoltando ad una curva e parcheggiando davanti al Mc Donald's.
Ma quanto mi conosci, eh?” Scherzai, uscendo dall'auto e affiancandomi a lui.
Più di quanto immagini.” Sussurrò allora, facendomi boccheggiare.
Stavo per chiedergli qualcosa quando riprese: “Vai a scegliere un posto, io intanto vado a ordinare.”
Aspetta, ti do i soldi...” Dissi, prendendo la borsa.
Non ci pensare nemmeno.” Mi ammonii, afferrando il mio portafogli e sequestrandomelo.
Jack!”
Vai.” Mi ordinò, guardandomi negli occhi e facendomi quasi sciogliere.
Sbuffai ma mi arresi.
Un men-” Stavo per dirgli ciò che volevo quando m'interruppe.
Un menù grande con CBO, kutchup e maionese.” Sorrise sghembo, lasciandomi a bocca aperta. “Te l'ho detto: ti conosco meglio di quanto immagini.”

Potresti smetterla di fare quel rumore con la cannuccia? E' odioso.” Sbottò, quando ormai nei nostri vassoi erano rimaste solo cartacce da buttare.
L'ho quasi finita.” Dissi, rivolta alla coca cola che stavo bevendo.
Me ne sono accorto.”
Senti, io ancora non riesco a spiegarmi come diamine hai fatto a mangiarti tutto il menù più due panini che erano il doppio del mio! Sei un animale.” Lo presi in giro, beccandomi un altro sorriso da infarto.
Ho lo stomaco più grande del tuo, mocciosetta.”
Gli feci una linguaccia e ripresi a tirare su il liquido nel bicchiere, facendo ancora quel rumore che detestava, fino a quando non finii.
Il pranzo era stato fantastico. Sembrava essere tornati al passato quando ci lanciavamo le patatine e lui rubava un po' della mia salsa rosa anche se poco prima, mentre mischiavo kutchup e maionese, la guardava con disgusto ed io finivo un quarto d'ora dopo di lui nonostante avessi comprato meno cose.
Sunday al cioccolato?” Mi chiese poi, dimostrandomi di ricordarsi anche il gelato che prendevo dopo il pasto.
Annuii come una bambina piccola e attesi impaziente il suo ritorno.
Una volta terminato anche quello, ci diriggemmo in macchina pieni come due facoceri.
Credo che con questa pancia non mi entrerà nessun vestito.” Dissi, facendolo ridacchiare mentre metteva in moto.
Il tempo che arriviamo, troviamo parchieggio, cerchiamo gli abiti giusti, sicuramente avremmo digerito.” Spiegò, facendo poi calare il silenzio.
Dopo neanche dieci minuti però, disse una cosa che mi fece paralizzare.
Scusami per lo schiaffo di prima, sono impazzito.” Deglutì, continuando a guardare di fronte a sé.
Sorrisi per la sua impacciatagine nelle scuse.
E tu scusami per tutte le cattiverie che ti ho detto.” Dissi quindi, trovando il coraggio.
Anche quelle di ieri?” Chiese e mi sembrò quasi speranzoso.
Soprattutto quelle di ieri.” Sorrisi, e con la coda dell'occhio, per mia sopresa, vidi sorridere felicemente anche lui.

Che noia...” Brontolai, dopo un'altra mezz'ora di viaggio dal Mc. “Quanto manca?”
Ancora un po'... Sii paziente.” Mi ammonii dolcemente.
Feci una smorfia di disappunto e mi guardai intorno per cercare di fare qualcosa.
I miei occhi si puntarono sulla radio e l'accesi.
Uuuh, carina questa!” Esclamai, inziando a canticchiare come una demente.
Britney Spears intanto intonava Till The World Ends.
Jack inarcò un sopracciglo, ovviamente non d'accordo con la mia constatazione e rispose: “Sei passata dai Sex Pistols a Britney Spears?” Chiese, disgustato.
Non ti preoccupare, il punk rock non ha niente a che fare con 'sta roba.” Spiegai.
Le uniche cantanti pop che potevo concedermi erano P!nk e Cher, la preferita di me e mia madre.
Ero cresciuta con Cher ma con gli anni avevo sviluppato questa passione per il rock che mi fece diventare più critica sui gusti musicali.
Ma Cher rimaneva pur sempre Cher...
Lo vedo.” Sorrise, reprimendo una risatina mentre mi dimenavo sul sedile imitando malamente la povera Britney ed il suo ritornello.
I can't take it take it take no more, never felt like this before! C'mon get me get on the floor, dj what you what you waitin' for...” E poi, come se non bastasse: “Woah oh oh oh oh oh woah oh oh oh...” Gridando come una matta e ridendo come non mai subito dopo, accompagnata da un Jack che si stava proprio scompisciando per le risate.
Quando la canzone finì, però, quella che seguì fece smettere entrambi, smorzando l'atmosfera giocosa e ricreando quella di imbarazzo.
Le prime note di Warwick Avenue di Duffy riempirono l'aria e proprio quando pensai che sicuramente Jack avrebbe girato, lui mi stupì nuovamente alzando invece il volume al massimo.
Quella era la nostra canzone, anche se le parole si addicevano più alla situazione di adesso che a quella di un anno fa; ma noi non l'avevamo scelta. Era venuta da sola.
Stavamo a casa sua e lui aveva acceso la radio, socchiuso le luci e mi aveva presa per mano per farmi ballare con lui.
Dopo i primi attimi di puro imbarazzo mi attaccai a lui e Duffy cantò come stava facendo in quel momento, nonostante ci vedesse inevitabilmente divisi.
Gli avevo sussurrato che adoravo quella canzone ed il giorno dopo lui l'aveva messa in macchina, prima di riaccompagnarmi a casa, dicendomi che l'aveva inserita in un CD compilation.
Mi stavo sotterrando nel sedile in quel momento, canticchiando le parole che conosceva a memoria, bloccandomi non appena con la coda degli occhi la visione di ciò che stava facendo Jack mi paralizzò per l'ennesima volta in quella giornata.
La mano appoggiata al volante picchiettava a tempo su di esso e le sue labbra ripetevano parola per parola quelle della cantante.
Lui... la conosceva a memoria. Anche Jack, quindi, l'aveva sentita fino allo sfinimento come me. E come faceva a ricordarsela dopo tutto quel tempo?

Please draw the past and be true, don't say we're okay just because I'm here.. You hurt me bad but I wont shed a tear..

Mi morsi il labbro per reprimere la domanda non appena lo vidi sussurrare, pensieroso ed ignaro dei miei occhi puntanti sulle sue labbra, le frasi di quella canzone che in quel momento si addicevano alla perfezione: “I'm leaving you for the last time baby. You think you're loving, but you don't love me. And I've been confused outta my mind lately...” Allora la mia mano pensò prima del mio cervello e strinse forte quella di lui che teneva sopra la marcia e canticchiai anche io: “You think you're loving, but I want to be free, baby you've hurt me.

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Capitolo 9
*** Together ***


Salve ragazze! (Riceve mille sguardi furiosi) Come avete passato le vacanze?
Mi siete mancate davvero molto, credetemi (sguardi scettici) ehm... Le mie vacanze sono state una noia mortale (e chissene frega? Nd tutti)
Okay, okay... chiedo immensamente scusa per essere sparita nel nulla ma l'estate mi ha completamente assorbita.
Ma adesso sono tornataaaaaa! (.-. nd tutti)
Il capitolo che vi propongo è quello più particolare di tutti e credo che simile a questo ce ne sarà solo un altro. Praticamente è diviso in due. La prima parte (my last normal day) non è sotto il POV di June mentre la seconda parte (dress and tie) sì.
La prima parte è ambientata, però, il giorno dopo della seconda (sguardi confusi) uhm, allora, vediamo se riesco a spiegarmi meglio: in ordine di tempo avrei dovuto mettere Dress and Tie e poi My Last Normal Day (e perché non l'hai fatto?-.- nd tutti).. perché mi piaceva molto come avevo consluso Dress and Tie e allora ho deciso di metterla proprio come parte finale.
Boh, meglio di così non so dirlo ragazze mie.
Spero comunque di ricevere più recensioni dello scorso capitolo che, vedo, sono diminuite...Mmmm.
Mi scuso anche per non aver risposto a tutte le vostre favolosissime recensioni. Mi hanno fatto davvero molto piacere perché capisco che l'estate non permette a chiunque di stare davanti al computer per leggere un misero capitolo anche se, invece, molte di voi ce l'hanno fatta e hanno anche sprecato un po' del loro tempo per lasciarmi scritto il proprio parere (e non te lo meritavi nd tutti. :'( nd doll)
Quindi grazie, grazie, grazie mille :D
Un bacionissimo: Doll_

 

My Last Normal Day

 

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Ad Ally
Grazie di essere quella che sei.



Sentivo il suono di quella maledetta sveglia anche dopo averle dato una manata per spegnerla malamente e con rabbia.
La canzone Vanity di Lady Gaga ora rimbombava ad alto volume mentre mi decidevo ad alzarmi e prepararmi per andare a scuola.
Sicuramente a lui quella canzone non sarebbe piaciuta affatto.
Lui che idolatrava solo ed unicamente il rock e tizi come Jimmy Page o Jim Morrison e gruppi come i Metallica o Smashing Pumpkins.
Lui che come sveglia aveva We Are The Champions dei Queen e conosceva vita, morte e miracoli di ogni singolo componente.
Lui che aveva lo stesso nome del loro leader, e Lui.. che da un mese era diventato il protagonista di ogni mio pensiero.

Sembri più felice del solito... Cos'hai?” Inarcai un sopracciglio, non appena varcai la porta dell'aula e mi ritrovai di fronte la faccia ebete, e con un sorriso altrettando ebete, di June. Quand'era felice non si preoccupava minimamente di farlo capire a chiunque le stesse accanto... Lei era fatta in quel modo ed io mi limitavo esclusivamente ad osservarla e a capire ogni singolo particolare di ciò che le passasse per la mente anche solo incrociando i suoi occhi verdi. Anche perché poi non c'erano così tante cose che le passassero nella mente, dato che da un anno il solo nome che padroneggiava il suo cervello, come il suo cuore, era quello di Jack.
Sono felice...” Sospirò continuando a guardare -ma non a vedere sicuramente- un punto indefinito davanti a sé.
Ma va? L'ho appena detto io!” Ribattei, innervosendomi ma essendo, in realtà, infinitamente contenta per lei.
Lasciala stare Abby, oggi i neuroni di June sono andati in ferie.” Mi salutò Holly dandomi una pacca sulla spalla come per solidarietà.
Non è una novità.” Borbottai, ridacchiando non appena June si risvegliò dal suo momento di coma ed iniziò a ribattere come una mocciosetta alle mie provocazioni.
Holly intanto rideva ogni volta che, invece, era June a rispondermi per le rime e continuammo così fino a quando non entrò il prof e dovemmo zittirci.
Queste erano le mie amiche e questo era l'inizio di uno dei miei soliti giorni normali e monotoni, così come la mia vita.
Un giorno normale che tanto normale non sarà stato più.. perché sarebbe stato l'ultimo.

Stavo ascoltando una delle classiche conversazioni su cosmetici e parrucchieri di Alicia quando, anche prima che mi toccasse la spalla, sentii la Sua presenza.
Buongiorno ragazze,” salutò tutte per poi abbassarsi su di me e lasciarmi un lieve bacio sulla guancia dicendo: “'giorno Abby-chan!” Con un sorriso tanto grande che avrebbe fatto concorrenza solo con quello di June.
Avrei voltuo dirgli così tante cose, avrei voluto anche io sorridergli o dargli un bacio sulla guancia... avrei voluto così tanto ma alla fine riuscii solo a comportarmi come ero sempre stata abituata a fare.
Quante volte ti ho detto che non devi chiamarmi così!?” Feci la finta stizzita.
Come posso farti capire che mi piaci?
Oh, andiamo, quand'eri piccola ti piaceva tanto!” Sorrise ancora in quel modo da infarto istantaneo che mi ci volle qualche secondo per riprendermi.
Certo, mi piaceva perché quando avevo quattro anni vedevo i cartoni animati giapponesi, ma adesso sono cresciuta!” Dissi, divenendo sicuramente rossa.
Lui era l'unico che riusciva a farmi infervorare così tanto.. Ma almeno c'era un punto positivo a quell'ennesima discussione scherzosa: Alicia non stava più parlando con me. Certo, mi dispiaceva perché stava ammorbando John ed Holly adesso, ma almeno mi aveva lasciata per un po' sola a battibeccare con Lui.
Sorrisi interamente a quel pensiero prima di sentire la sua risposta.
Sei cresciuta ma ti vedi ancora Naruto.” Esclamò, mantenendo il suo sorrisino sghembo.
Lo vedo solo perché altrimenti tu inizieresti a raccontarmi tutta la storia e preferisco tenermi aggiornata senza essere costretta ad ascoltarti!” Avvampai, facendolo ghignare maggiormente.
Sapevo che si divertiva a punzecchiarmi e, anche se non lo avrei mai ammesso, io mi divertivo quanto lui, se non di più.
Ma mentii... Perché la verità era che vedevo Naruto non solo perché mi piaceva davvero ma soprattutto perché era stato Lui a chiedermelo e quindi non mi sarei mai permessa di deluderlo.
Ti stanno bene oggi i capelli, Abby-chan.” Disse invece, con la solita luce divertita negli occhi.. anzi no, non divertita, ma felice.
Hn..” Cercai di mantenere l'autocontrollo. “Tu invece hai sempre la solita fratta di capelli in testa.” Sorrisi anche io stavolta.
Lui in risposta si passò una mano fra quei bellissimi fili castani come per aggiustarseli inutilmente e mi rivolse l'ennesima occhiata della giornata con quelle sue iridi inspiegabilmente dello stesso colore del grano scuro.
Il taglio degli occhi era affilato, quasi orientale e questo lo rendeva ancora più sexy di quanto già non fosse.
Il naso dritto anche se leggermente schiacciato e le labbra sempre rosse e perfette.
Né troppo fine, né troppo carnose.
Il corpo alto e magro con addominali stupefacenti, che venivano nascosti da quei maledetti indumenti sempre costosi e alla moda, che contrastava col mio corpo che, al contrario, era bello in carne ed eccessivamente minuto.
Sì, ero bassa... e allora?
E lui era alto... Molto alto.
Io non avevo le forme degne di Megan Fox mentre lui poteva permettersi di andare a lavorare come modello per mille riviste.
Portavo degli occhiali fucsia e delle magliette che cercavano di nascondere quel corpo che non mi piaceva ma che, sotto gli occhi di Lui, diventava quasi bello...
Io e Freddie eravamo amici. Amici diversi, per così dire.
Ci conoscevamo da quando avevamo tre anni poiché i nostri genitori erano amici di vecchia data e avevamo frequentano le stesse scuole dall'asilo al liceo.
Pur avendo due anni di differenza avevamo passato tutta l'infanzia a stretto contatto ed in lui avevo visto quel fratello che non avevo mai avuto. Mi aveva difesa quando dei bambini si erano presi gioco di me chiamandomi “cicciona” e mi aveva protetta ogni qual volta non riuscivo a rispondere e a tirare fuori il carattere che solo andando avanti con gli anni avevo sviluppato.
Avevamo dormito insieme e da bambini nessuno si spostava senza l'altro.
Poi erano arrivate le medie e le cose pian piano ci sfuggirono di mano, dividendoci poiché lui ormai era cresciuto, si era fatto nuovi amici e la sua bellezza appena sbocciata aveva indotto parecchie ragazze a provarci con il moro, mentre io ero rimasta la solita ragazzina timida ed impacciata che senza il suo migliore amico si era sentita improvvisamente persa.
In quel periodo avevo creduto che lui non mi volesse più proprio per il mio aspetto così mi misi d'impegno per dimagrire e raggiungere il peso adatto per essere onestamente soddisfatta di me stessa. A questo poi, seguì la crescita della mia autostima e la forza interiore che prima avevo represso essendo sempre convinta che al mio fianco ci sarebbe stato Freddie a proteggermi.
Anche se si era allontanato, io non mi ero mai dimenticata di lui e non avevo mai provato rancore verso i suoi confronti.
Inconsapevolmente lui mi aveva aiutata moltissimo, più di quando mi stava accanto e in tutti quegli anni di silenzio non potei fare altro che ringraziarlo interamente per avermi fatto diventare una persona orgogliosa di se stessa.
Al liceo, poi, quando lo avevo rivisto l'anno scorso non potevo crederci. Era cresciuto, diamine, e si era fatto incredibilmente bello.
Il mio essere timida con i ragazzi comunque non era cambiato e non ebbi mai il coraggio di avvicinarmi a lui per salutarlo, avendo paura che magari neanche si ricordasse di me, fino a quando l'anno dopo June venne accalappiata letteralmente da Francine e tutte ci ritrovammo nella stessa comitiva di Jack e, quindi, anche di Freddie.
All'inizio avevo sempre cercato di non parlargli e guardarlo troppo.. Lui era stato il mio migliore amico e gli volevo bene, ma da quando avevo ripreso a frequentarlo sentivo che il sentimento era decisamente cambiato e mutato in qualcosa di più grande e, solo qualche giorno dopo, compresi che avevo definitivamente sorpassato il confine e mi ero lasciata alle spalle l'etichetta di Amichetto-del-cuore.
Ora lo guardavo con brama, con desiderio... Il mio corpo era cresciuto e le forme si erano sviluppate.. Sapevo di non essere realmente un caso disperato e dentro di me speravo vivamente che potesse notarmi anche lui in maniera diversa.
Ma comunque, mi sarei accontentata di qualsiasi cosa.. Bastava che mi rimanesse accanto.
Questa volta non l'avrei lasciato allontanarsi da me per nulla al mondo.
Non ora che avevamo ripreso a vederci per qualche sciocco film, non ora che avevamo ripreso a pranzare insieme, non ora che avevamo ripreso a scherzare come un tempo... Non ora che finalmente avevamo riscoperto non solo noi stessi ma noi stessi insieme.

Niente macchina oggi, Abby-chan?” Sbucò letteralmente dal nulla dietro le mie spalle mentre aspettavo l'autobus arrivare.
Serviva a mamma.” Feci spallucce, vedendolo posizionarsi accanto a me.
Le tue amiche?”
Holly viene sempre accompagnata dai genitori mentre June.. Boh, credo sia sparita nel nulla. Meggie invece torna con Chase.” Spiegai, percependo il mio cuore aumentare i battiti non appena sfiorò la mia mano.
Allora vieni che ti accompagno io.” Fece serio.
Non era una domanda, ma un ordine. E Freddie era strano.. diverso.
Sarà forse stato per quella ragazza che ci aveva provato con lui nei corridoi?
Oh, ehm.. ti ringrazio.”
Figurati. Magari andiamo a pranzo insieme, ti va?” Sorrise ma non di uno dei suoi sorrisi.. sembrava uno di quei sorrisi che faceva June quando era accanto a Jack e questo si limitava ad ignorarla mentre lei avrebbe voluto dirgli mille cose.
Ma quello di June era anche un sorriso da persona innamorata e costretta a tenersi tutto dentro per non rischiare di rompere ogni cosa.
E, che io sapessi, Freddie non era innamorato.
Certo.” Risposi cauta, guardandolo da cima a fondo.
L'avevo detto che ero una brava osservatrice, no?
Tutto okay, Freddie? Ti vedo strano.” Chiesi dopo qualche minuto di silenzio.
Sì, sì.. tutto alla grande.” Fece, rispondendo un po' troppo presto per i miei gusti.
Che ti ha detto quella ragazza oggi al corridoio?”
Ero masochista, sì, ma non potevo rimanere col dubbio ancora per molto.
Uhm.. Niente, le solite cose.” Fece spallucce, dedicando l'intera attenzione alla strada.
E tu che le hai detto?” Domandai con nonchalance quando invece dentro morivo di curiosità.
Che non m'interessava.”
Oh.. ma-”
Siamo arrivati!” Esclamò, interrompendomi bruscamente, appena parcheggiò.
Scesi dalla macchina con un punto interrogativo al posto del cervello, grosso quanto una casa.
Ma non appena alzai lo sguardo, il cuore mi si fermò di botto.
Ma... ma, Freddie! Credevo che il CrispyRoss avesse chiuso da un pezzo!” Spalancai bocca e occhi notando che invece era proprio lì aperto davanti a noi.
Il CrispyRoss era uno dei tanti fast food della città, dove prevalentemente ci andavano i bambini con le proprie famiglie.
Ed era lì che io e Freddie ci eravamo dichiarati amicizia per sempre.
Io mi ero presa il menù più grande e ricco che avessero e dei bambini mi avevano tirato addosso delle patatine per prendermi in giro, e fu in quel momento che Freddie, che era un di quel gruppo, andò contro l'altro bambino che mi aveva derisa e lo spinse a terra minacciandolo di starmi alla larga.
Freddie poi si era unito a me e ci eravamo messi in un tavolinetto lontano a mangiare e a chiacchierare insieme fino a quando, alla fine del pranzo, lui mi aveva preso un mignolo e l'aveva afferrato col proprio dichiarandomi ufficialmente la sua amica del cuore.. per sempre.
Mi vennero le lacrime agli occhi a guardare quel posto tanto piccolo e pieno di ricordi che una volta mi era sembrato tanto immenso.
E invece eccolo qui, tale e quale a una volta.” Sorrise sinceramente, prendendomi poi una mano e trascinandomi dentro. “Non voglio sentire storie, oggi prenderai il famoso menù di quel giorno!” Mi ammonì, facendomi sbiancare.
Non posso, Freddie, sai che sono a dieta! Devo stare attenta sennò..”
Sennò, sennò, sennò...” M'interruppe facendomi il verso. “Il tuo corpo sta benissimo, Abby e per una volta non muore nessuno!” Cercò di convincermi facendomi gli occhioni dolci.
Dopo qualche minuto alle prese con le mie proteste, Freddie riuscì a convincermi davvero e a prenotare lo stesso tavolinetto di tanti anni addietro.
Come mai proprio oggi?” Chiese, una volta terminato il dolce.
Mi sentivo più piena che mai e già mi stavo programmando la dieta ferrea dei giorni successivi quando Freddie allungò il suo mignolo verso di me.
Senza esitare e guardando nei suoi occhi seri, allungai il mio mignolo e lo legai al suo attendendo col cuore in gola ciò che aveva da dire.
Dodici anni fa, precisamente in questo luogo, ti avevo chiesto di diventare la mia migliore amica.” Annunciò, incuriosendomi. “Però gli anni sono passati e tu ed io ci siamo separati per molto tempo..” Il suo mignolo stringeva forte il mio come fosse un'ancora di salvataggio. “Siamo cresciuti e tu... Tu Abby sei diventata eccezionale. Mi ricordavo di una bambina goffa sempre pronta a nascondersi ma a distanza di tempo mi sono ritrovato davanti una ragazza sveglia, ottimista e con un carattere forte.” Mi sorrise, guardando i miei occhi già lucidi. “Oggi ho preso un'altra decisione. Quando stavo parlando con quella ragazza nel corridoio, i miei pensieri vagavano da tutt'altra parte. Lei mi aveva chiesto di uscire ed io improvvisamente mi chiesi come sarebbe stato uscire con te. Lei mi aveva detto che gli piacevo, ed io mi chiesi come mi sarei sentito se me lo avessi detto tu. E fu in quel momento che sei apparsa alla fine del corridoio, come se la mia mente ti avesse richiamata a me... Ti ho guardata e tu dopo aver squadrato la tizia che mi stava parlando, hai fissato i tuoi occhi nei miei. Ci avevo visto rabbia ma io riuscivo a leggere anche qualcos'altro... Qualcosa di più grande che non avevo mai visto nei tuoi occhi.”
Oh, no... Lo aveva capito. Mi stava dicendo cose dolci per alleggerire il dolore che mi avrebbe causato dopo, lo sentivo.
Ma lui proseguì e ciò che disse in seguito non combaciò assolutamente con quello a cui stavo pensando. “E mi sono sentito.. avvolto. Sì, come se fossi stata tu in quel momento ad aver protetto me. E tutti i sentimenti che credevo di aver messo da parte sono riaffiorati prepotentemente. Io volevo il tuo sguardo su di me in quel momento, e mi sono accorto che in realtà lo avrei voluto sempre. Perché... Perché... io voglio te.” Deglutì, lasciandomi paralizzata sul posto. “Quindi come dodici anni fa, anche oggi ho intenzione di annunciarti una cosa.” Sospirò dandosi coraggio. “Io non voglio che tu sia la mia migliore amica.” Disse. “Voglio che tu sia la mia ragazza.”

Il matrimonio della cugina di Jack?” Chiesi lo stesso pomeriggio dopo, ovviamente, aver accettato la sua proposta ed essere scoppiata a piangere come un'emerita cretina dall'emozione.
Stavamo camminando verso un parco non troppo lontano.. mano nella mano.
Potevo sentire chiaramente ogni riga che aveva sul palmo e le sue dita affusolate stringermi forte l'arto.
Non ci credevo ancora... Era una frase già fatta ed in moltissimi libri si legge di questa fantomatica protagonista che, agonizzando per il suo amato, quando viene a scoprire di essere ricambiata, recita tutte frasi romantiche dicendo ogni tre secondi di essere la più fortunata del mondo, la più felice, e di non crederci ancora per paura che tutto finisca.
Ebbene sì, anche io mi sentivo così, ma non lo avrei mai ammesso.
Sapevo che sarebbe stato complicato. Io non avevo mai avuto un ragazzo. Non sapevo baciare ed ero troppo inesperta per un tipo come lui.
Ma volevo provarci. Volevo buttarmi a capofitto e donare alla mia vita qualche attimo di pura felicità.
Stare con Freddie equivaleva ad una sfida ed io non mi sarei mai più tirata indietro.
Sì, conosco Jack dalle medie e così anche sua cugina che ha voluto invitarci tutti.. Sono convinto che Jack porterà June così io voglio portare te.” Sorrise, stringendo la presa.
Ma.. sei sicuro? June non mi detto nulla.”
Però poi ricordai la faccia di quella mattina da ebete patentata e allora compresi.
Non ti preoccupare, ci divertiremo e voglio proprio vederti in un vestito elegante.” Sussurrò sensualmente, facendomi sciogliere.
O-okay..” Arrossii.
E le nostre mani si strinsero ancora di più.
Sì. Quello fu ufficialmente il mio ultimo giorno normale.

 

§§§

 

Dress and Tie

 

 

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Maledetta lampo!
Possibile che non avessi ancora digerito il pranzo al Mc? Erano passate delle ore, in fondo... Eppure quel vestito del cavolo non ne voleva sapere di entrarmi!
Lo specchio del camerino sembrava sbuffare spazientito guardandomi minaccioso mentre facevo dei ridicoli saltelli sul posto e ritiravo a più non posso la pancia per tirare su la lampo.
Maledetto specchio!
Non avrei preso una taglia più grande, a costo di andarci nuda o cambiare modello.
Non mi sarei mai affacciata con il solo capo dal camerino per chiedere a Jack una taglia in più.
Eppure erano già passati più di dieci minuti e dopo essere riuscita a farlo passare per i fianchi, la lampo cucita sul lato non voleva accontentarmi.
Maledetto Mc!
Stavo lanciando le peggiori imprecazioni degne di uno scaricatore di porto quando la tendina dello spogliatoio si aprì di poco per far entrare la slanciata figura di Jack facendomi quasi svenire dallo spavento.
Jack! Che diavolo stai facendo??” Squittii, reggendomi il vestito addosso alla bell'è meglio.
Mi stavo facendo vecchio lì fuori.” Spiegò con nonchalance, squadrandomi da capo a piedi con un espressione curiosa ed indifferente allo stesso tempo. “Qual'è il problema?”
Mmh..” A quella domanda abbassai lo sguardo iniziando ad esaminare mattonella per mattonella di quel camerino come se ne valesse della mia vita mentre lui attendeva una mia risposta esauriente.
Ehm.. n-non c'è n-nessun p-problema..” Balbettai, arrossendo impercettibilmente, abbassando ancora di più e nascondendo il mio viso fra i capelli.
Bugia.” Disse solo, con un ghigno mal celato.
In risposta ringhiai ma non mi decidevo comunque né a parlare né a guardarlo negli occhi.
In fondo, cosa avrei dovuto dirgli?
Il problema sta nella mia eccessiva massa corporea, in questa dannata lampo che non intende contribuire e nello specchio maligno che più passa il tempo più sembra divertirsi a ritrarmi ancora più enorme di quanto già non pensi di essere. Esatto Jack, la tue ex ragazza è una grassona che non riesce ad infilarsi una quarantadue di un vestito taglia M.”
Poi gli avrei rifilato un sorrisino compassionevole ed infine Jack mi avrebbe deriso fino alle lacrime (le sue di risa le mie di delusione) e non mi avrebbe più portata al matrimonio della cugina per non rischiare di sfigurare accanto ad una come me.
Non che io avessi mai avuto qualche avversione contro le ragazze con un po' di carne in più, anzi! Abby ed Holly stesse erano delle ragazze in carne ma allo stesso tempo con delle forme più prosperose e più delineate rispetto alle mie.
Il fatto era che se Jack si era messo con me quando ero magra, sicuramente non mi avrebbe rivoluta con qualche chiletto in più... no?
No. Stavo delirando. A Jack dovevo piacere per la personalità, non per l'aspetto, quindi al diavolo tutte le paranoie: gli avrei detto la verità!
Non mi entra il vestito.” Ammisi tutto d'un fiato, alzando lo sguardo per imprimermi la sua reazione.
Reazione che non ci fu.
Restò semplicemente impassibile e quasi più scocciato di prima, prima di inarcare un sopracciglio e rispondere: “Quindi tu mi hai fatto aspettare tutto questo tempo solo perché non avevi preso la taglia giusta?”
A quella domanda, invece, boccheggiai. Non sapevo cosa rispondere... Dovevo essere felice, no? Non mi aveva derisa. Non era schifato. Non mi aveva presa in giro.
Ma poi pensai che probabilmente era perché a lui non fregava assolutamente nulla di me, indipendentemente dai chili in più, dai capelli o da qualsiasi altra cosa.
A lui non importava, punto.
Già.. Comunque questo vestito non mi piace nemmeno. Col rosa sembro un confetto.”
Te l'avevo detto che il rosa non andava bene. Poi io non avrei mai indossato una cravatta rosa!” Esclamò come se volesse inconsciamente tirarmi su di morale; ma un particolare di quella frase mi bloccò.
Cravatta? E perché avresti dovuto indossare una cravatta rosa?” Inarcai un sopracciglio, ricordando solo in quel momento che eravamo in un camerino, che lui era entrato senza permesso senza neanche chiedersi se fossi nuda (anche se poi sapevo che mi avrebbe risposto che non c'era nulla che non avesse già visto, a parte i chili) e con una probabile fila ad aspettare che noi lasciassimo libero il camerino.
Ma la sua risposta cancellò ogni pensiero coerente che in quel momento mi stava passando per la mente.
Perché ho detto a mia cugina che ti avrei portata io e che quindi sarei stato io il tuo accompagnatore. Così, come coppia, io dovrò avere la cravatta dello stesso colore del tuo vestito. Mi sembra logico, no?” Chiese retoricamente.
Fu in quel momento che mi si aprì tutto un mondo nuovo davanti. Che ero innamorata lo sapevo, ma poteva un simile sentimento portarti su una vetta così alta? Potevo sentirmi talmente leggera per una frase che avrebbe potuto anche non significare nulla?
Vestito e cravatta.
June e Jack.
Pur sapendo da tempo che provavo un immenso amore per Jack, mi stupivo ad ogni reazione che aveva il mio corpo e, soprattutto, il mio cuore in qualsiasi occasione che vedeva come protagonista il biondo. Avrei dovuto aspettarmelo che le mie guance si sarebbero colorate, che le mani avrebbero iniziato a sudare freddo, che il cuore avrebbe accelerato irrimediabilmente i battiti e che avrei sentito il mio corpo non come un concentrato di organi ma come aria pura, fresca, che faceva volare la mia anima il più in alto possibile fino a quando non ci fosse stato nient'altro che la riportasse bruscamente a terra.
Jack, e quindi tutto quello che comprendeva e le sensazioni che mi scaturiva da dentro, capii solo in quell'istante, erano una cosa decisamente molto più grande di me.
Forse fu quello il vero momento in cui mi innamorai realmente di Jack e non dell'idea che mi ero fatta di lui o di come avrebbe dovuto essere.
Non mi innamorai di lui perché lo vidi in una qualche posizione sexy o in un momento in cui era particolarmente bello poiché... beh, tutti sapevano che era bello, ma non per questo tutti erano innamorati di lui. No, non mi ero innamorata della sua bellezza... Ma mi riscoprii innamorata per una sciocca frase. Una frase che per chiunque altro non avrebbe avuto alcun significato ma che per me equivaleva al mondo. Anzi, all'universo, perché non aveva fine...
Sentivo in quelle parole speranza e non più illusione.
Quella cravatta e quel vestito eravamo noi... E noi avevamo lo stesso colore.
Noi due avevamo qualcosa di simile che ci avrebbe caratterizzati e separati dalla massa, insieme. Non ai lati opposti, ma insieme.
Non mi innamorai perché disse: come coppia, ma perché disse: mi sembra logico.
Ebbene sì, era logico. Era contorto ma logico. Ed era logico ad entrambi.
Commettevamo errori, litigavamo, ci ferivamo e ci fottevamo... Ma era logico. Per noi era normale perché era quello che ci teneva uniti. Erano tutte quelle pazzie, tutti quei colori, tutti quegli oggetti a tenerci uniti. Erano piccole cose che ai nostri occhi apparivano enormi. Erano grandi cose che ai nostri occhi apparivano minuscole.
Era amore.
Ed io avevo iniziato ad amarlo realmente solo in quel camerino.
Prima era stato l'ideale che avevo di lui a farmi invaghire ed illudere... Perché quand'eravamo insieme era perfetto, ma io mi ero innamorata davvero dopo. Quando l'avevo visto arrabbiato, quando mi aveva sbattuta al muro, quando mi aveva chiamata stupida... E, soprattutto, quando aveva detto che era logico.
Era logico che fossimo la cravatta ed il vestito con lo stesso colore.
Era logico... perché eravamo semplicemente noi.




Sì. lo so... Vi aspettavate di meglio dato quanto vi ho fatto attendere.
Mi dispiace ma devo ammettere che io vado matta per il personaggio di Abby, come quello di Holly e di Francine.
Ho voluto dedicare questo capitolo ad una mia cara amica sulla quale mi sono ispirata proprio per il personaggio di Abby.
Ci tengo ancora a ringraziarvi per la vostra pazienza e nonostante questo pessimo capitolo, spero vivamente di ricevere altre delle vostre magnifiche recensioni :)
Un bacio: Doll_

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Capitolo 10
*** The Big Day ***


Angolo autrice:
Salve ragazzuole!
Scusatemi per il ritardo ma il mio vecchio computer mi ha definitivamente lasciata… Però ci sono anche buone notizie!

  1. Ho il computer nuovo, yeah!
  2. Da notare le immagini dei primi due capitoli che sono state create da SparksFly, le quali penso siano davvero favolose! PS: ho aggiunto immagini a tutti i capitoli ;)
  3. Per farmi perdonare del ritardo ho deciso di immettere nella storia un nuovo POV a sopresa.
Spero vivamente che anche questo capitolo vi piaccia!
Un bacione: Doll_
PS: vediamo se con questo raggiungiamo le 100 recensioni ;D

 

The Big Day 

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Il grande giorno. Proprio così.
Non ne sapevo assolutamente nulla di come ci si doveva comportare in certe occasioni, dato che tutti quelli della mia famiglia erano atei. Ma quel giorno –il grande giorno- capii di adorare quei momenti.
Adoravo la spensieratezza degli invitati, le lacrime dei genitori, le risate degli amici, gli occhi degli sposi… Adoravo l’aria di felicità, di speranza e di vita; come se finalmente tutto potesse ricominciare da capo, come se il passato fosse cancellato e lì, sull’altare, ci fossi solo tu con la persona che ami al tuo fianco mentre ti guarda negli occhi e ti promette di onorarti e starti vicino per tutta la vita.
Il padre della sposa teneva lo sguardo basso per nascondere il tremolio delle labbra mentre la madre piangeva e sorrideva allo stesso tempo. I genitori dello sposo sembravano ancora più commossi dalla situazione ed intorno a loro c’era solo quella grande atmosfera di festa e serenità.
Io li guardavo come incantata dalla penultima fila insieme ad Holly ed Abby, ma mentre loro erano troppo prese a discutere sul vestito favoloso di lei, io fissavo lui.
Lo sposo era… raggiante. L’osservavo e sapevo che realmente lui non si trovava lì insieme a tutti noi. Lui era in un mondo completamente diverso, perso negli occhi della sua amata.
Una volta avevo letto che quando una ragazza è innamorata lo si capisce dal suo sorriso mentre quando un ragazzo è innamorato lo si capisce dagli occhi.
Ebbene, quelli erano gli occhi più innamorati e più belli che io avessi mai visto.
M’illudevo e mi riempivo di storielle mentali, fantasticando che un giorno anche lui avrebbe avuto quello stesso sguardo rivolto a me. Però fissando Phil –lo sposo-, improvvisamente non m’importava più di nulla. Io sapevo solo che volevo quello sguardo e non m’interessava da chi venisse perché chiunque fosse stato, sicuramente avrebbe meritato di gran lunga anche il mio di amore.
La cerimonia, dopo quasi un’ora, terminò e tutti ci dirigemmo verso le macchine per raggiungere l’immensa villa della cugina di Jack dove si sarebbe tenuto il rinfresco ed il pranzo.
“Questo vestito è favoloso, June.” Mi sorrise, Abby.
“Nahh…” Feci spallucce, minimizzando sul bellissimo abito che indossavo e che Jack aveva insistito di pagare. “Anche tu sei bellissima oggi, Abby!” Continuai, rimirando il suo vestito color porpora mentre un altro sorrisone appariva sul suo bel visino raggiante.
Ecco, quello ad esempio era un classico sorriso da innamorata.
E gli occhi di Freddie mentre guardava Abby erano.. Beh, erano proprio gli occhi di un innamorato.
Jack non se lo sognava nemmeno di guardarmi così e tantomeno John che, seppur mi guardava, lo faceva solo per squadrarmi le gambe.
Jack indossava un bellissimo smoking semplice ma sofisticato nero, col panciotto grigio perla e la cravatta verde scura, identica al mio vestito che invece non aveva molto di speciale, proprio come me.
Non era particolarmente sexy per risaltare ogni curva, anzi, era stretto solo sul seno e si lasciava morbido e leggero fino alle ginocchia. Un tacco non troppo esagerato e dello stesso colore del panciotto di Jack adornava i miei piedi ed i capelli erano tirati solo ai lati, lasciando la folta cascata di ricci neri dietro la schiena.
Francine invece si era piombata sul rosso acceso e provocante, rimanendo col suo aspetto sempre favolosa e mai eccessiva o volgare.
Alicia era vestita di blu, con un push-up che le valorizzava il seno a più non posso, mentre Holly indossava un vestito semplice simile al mio, nero.
John era stupendo, come al solito, nel suo abito elegante blu notte e Freddie era più sexy del previsto, tanto che ebbi anche un pizzico di invidia verso Abby… ma solo un pizzico.
“Pronte per mangiarci tutto e riempirci come scrofe?” Ci venne incontro, sorridendo, Francine.
“Puoi scommetterci!” Esclamò Maggie, che indossava un vestitino carinissimo con un motivo floreale, accanto a Chase che indossava uno smoking azzurro che valorizzava i suoi occhi.
“Ci hanno messe vicine, June.” Continuò Francine, portando il suo braccio intorno alle mie spalle e stringendomi a sé.
Le sorrisi ma con lo sguardo, furtivamente, cercai il tavolo dove invece si sarebbe dovuto sedere Jack insieme alla sua ricca famiglia e quella di John, ovviamente.
“Io sono a dieta.” Decretò Abby, facendo sbuffare Freddie al suo fianco.
“Idem.”
“Holly! Anche tu!?” Esclamai io, con gli occhi fuori dalle orbite.
Non potevo crederci! Per indossare quel maledetto vestito avevo dovuto trattenere il fiato per quasi trenta secondi, rischiando di svenire per giunta, e loro che invece non avevano di questi problemi venivano a dirmi che stavano a dieta!?
“Da mò! Ma dove vivi, June?” Fece lei, dandomi una pacca sulla spalla e facendomi accorgere che Francine ancora mi teneva stretta nel suo mezzo abbraccio.
“Su ragazze, venite, sui tavoli ci sono già i primi antipasti.” Ci raggiunse Jessie, la cugina di Jack, col suo sorriso raggiante ed il suo vestito mozzafiato.
Arrossii leggermente quando mi guardò negli occhi, ricordando la pessima figura che avevo fatto il giorno in cui avevo insinuato che i due cugini stessero insieme, per poi seguire gli altri ai nostri posti.
“Conosco Phil da una vita ed è un tipo straordinario! Era ora che si sposassero!”
Nel bel mezzo del pranzo, tutto il vociare iniziò a prendere il ruolo di piacevole sottofondo e l’ilarità, insieme a qualche goccetto di troppo, cominciava a rendere le cose sempre più divertenti.
“Da quant’è che stanno insieme?” Chiese Holly, addentando un raviolo.
“Credo.. dieci anni, tipo. Si sono conosciuti quando lei faceva ancora le medie, calcola.” Rispose Freddie, passando con nonchalance una mano su quella di Abby che stava ferma vicino le posate, e stringendogliela lievemente.
“E voi due? Da quant’è che state assieme?”
Rischiai di vedere la mia migliore amica morirmi di fronte agli occhi alla domanda precipitosa di Holly, mentre Freddie se la rideva come non mai.
“Un paio di settimane…” Rispose lui.
“COSA!?” Io ed Holly sembravamo appena uscite da un cartone animato.
“Ehm.. con i preparativi del matrimonio, la scuola e la palestra non ho mai trovato il momento giusto per dirvelo.” Deglutì Abby, diventando sempre più rossa.
“Non serviva poi così tanto tempo per dirci “ehi ragazze ciao, lo sapete che mi sono fidanzata?”.. in fondo frequentiamo solo la stessa classe!” Disse, ironica, Holly mentre si versava un altro goccetto di vino rosso nel bicchiere.
Io avevo bisogno di tempo.”
La situazione stava degenerando mentre Holly continuava a bere ed Abby si tratteneva dal saltarle al collo per il tono acido e scontroso col quale si rivolgeva a chiunque.
La solita Holly non era così. Lei era sorridente, ottimista, piena di vita, simpatica… Questa Holly era solo il ridicolo tentativo di un autodistruzione per amore.
Mentre la guardavo abbassare lo sguardo e sentirsi una completa fallita, le strinsi forte la mano e guardandola negli occhi in cui lessi tanto di quel dispiacere, sperai vivamente che nessun altro si riducesse in un tale stato.
 
La torta era arrivata ma prima che gli sposi potessero tagliarla doveva esserci il famoso discorso del testimone ma, dato che quest’ultimo era già eccessivamente brillo, la persona che si alzò e batté il coltello sul bicchiere per richiedere attenzione, fece immediatamente zittire tutti.
“Lo so che sono troppo giovane per fare certi discorsi..” iniziò il mio Jack, “Ma questa pazza di mia cugina ha insistito così tanto che alla fine ho dovuto cedere.” Sorrise, ammaliando tutti e tutto. “No, non è vero. Ha minacciato di distruggere la mia macchina con una mazza da baseball e per chi la conosce, sa bene che sarebbe in grado di farlo; mi dispiace cuginetta, ma ho dovuto dirlo.” Disse, facendo scoppiare a ridere tutta la sala, per poi ritornare serio.
“Jessie… lei è sempre stata come una sorella per me, una madre. Mi ha seguito da quand’ero bambino, quando i miei erano troppo impegnati col lavoro, mi ha dato tante di quelle botte quando marinavo la scuola e mi trovava con una canna in mano che se ci penso le sento ancora addosso; mi ha dato dei consigli di vita che non dimenticherò mai e mi ha insegnato a vivere appieno la mia giovinezza. Ora, dopo tanti anni, me la ritrovo vestita come un enorme confetto, con le lacrime agli occhi ed un sorriso che raggiunge entrambe le orecchie mentre guarda Phil e con un semplice sfioramento di mani gli trasmette tutto l’amore possibile. La mia cuginetta è cresciuta e si è innamorata di un uomo fantastico, ha vissuto la sua gioventù e nonostante questo è sempre rimasta fedele ai suoi principi. Lei è sempre stata una guida, un idolo per me, che invece ero solo capace di commettere sbagli su sbagli. Ancora oggi mi becco qualche scappellotto quando le racconto dei miei problemi e termino il tutto con un gran “ma non me ne frega niente”.. Lei sa che invece me ne importa eccome.” Jack si bloccò, abbassò lo sguardo e quando lo rialzò i suoi occhi puntarono me. Fra tutti gli invitati, lui guardava me e mentre parlava, capivo che quella lei non era più sua cugina, “Mi riempie d’insulti solo per farmi ragionare e alla fine posso dire di essere cresciuto solo grazie a lei. Grazie ai suoi incoraggiamenti, ai suoi sorrisi, ai suoi abbracci…” Mi guardò per qualche altro secondo, poi, come risvegliatosi da un incantesimo, passò in rassegna tutta la sala e rivolse nuovamente lo sguardo a sua cugina che stava ancora piangendo, “Quando Jessie conobbe Phil, ricordo benissimo di essere stato molto piccolo per capire quel tipo di sentimento, eppure quella luce che portava addosso era talmente accecante che avvolse anche me.  Entrò nella mia stanza e annunciò “mi sono innamorata, Jackie”… ricordo anche di essere scoppiato a piangere credendola una brutta malattia, dato quanto avevo sentito parlare della sofferenza in amore. Ma lei… Lei era così bella, così felice, che alla fine rese quel sentimento ancora più magico di quanto già non fosse. Devo ringraziare lei se la mattina mi sveglio sentendo quella stessa sensazione pervadermi corpo e mente, mentre anche io penso alla persona che è riuscita a farmi sperare ancora nell’amore.” La sua voce tremò leggermente, ma dopo un lento e regolato sospiro, si riprese e terminò, “Ti ringrazio di ogni cosa, Jessica, e tutto ciò che meriti è di continuare a vivere questo tuo fantastico amore con l’unico uomo che è riuscito a renderti tanto felice. Vi guardo e… spero solo di poter essere come voi un giorno. Grazie ancora e auguri, cuginetta.” Sorrise, alzò il bicchiere pieno di champagne e bevve il primo sorso.
Gli invitati, che erano ancora rimasti ammutoliti, scoppiarono in un grande applauso e qualcuno in qualche pianto liberatorio, mentre la festa proseguiva e Jessie riempiva di baci e abbracci Jack.
Lo stesso Jack che, inconsapevolmente, aveva appena ammesso di essere innamorato.
 

§§§

 
“Il discorso di Jack è stato bellissimo.” Disse Holly, che sembrava essersi ripresa.
“Già…” Annuii insieme a Francine ed Abby.
“Non me l’aspettavo da lui.” Fece Alicia, scuotendo la testa, ancora sconvolta.
Avevamo deciso di uscire e farci un giro intorno alla villa, un po’ per curiosare, un po’ per evadere da tutto quel caos.
La torta era stata divorata in men che non si dica e da lì a poco ci sarebbe stato il famoso tiro del bouquet e i balli di gruppo.
Sì, proprio così.. Balli di gruppo.
Poco più di un anno fa sarei direttamente scappata a gambe levate appena sentita questa parola, ma la mia paura era stata bella che sostituita da un indomabile entusiasmo poiché quando ancora ero fidanzata con Jack, la prof di ginnastica aveva insistito per farci partecipare a delle lezioni extra curricolari di balli di gruppo, bachata, salsa etc… promettendoci un leggero aiuto con il voto della media e, visto che io ero disperata perché avevo assolutamente bisogno di un buon voto per passare l’anno, mentre Jack voleva solo avere il massimo in tutto, accettammo senza pensarci troppo, convinti che sarebbero state delle ridicole lezioni alle quale si poteva partecipare senza il minimo impegno…
Quanto ci eravamo sbagliati.
Le coppie che vi partecipavano erano molte ma con l’andare avanti delle settimane, io e Jack diventammo i migliori. La prof ci aveva fatti sgobbare come matti ma alla fine il risultato era stato ottimo.
Bei ricordi…
“Ehi ragazze, venite! La sposa sta lanciando il bouquet!”
La voce di John pervase la mia mente e così fui costretta a raggiungere tutte le ragazze/donne urlanti nel bel mezzo della sala da ballo, sempre al di fuori della villa, all’aria aperta.
Guardavo sconcertata tutte quelle donne che si spintonavano neanche stessero giocando a rugby o gareggiando per un miliardo di dollari. Al contrario di loro, io gioivo all’interno. Speravo di poter prendere il bouquet ma non volevo di certo immischiarmi in mezzo a quelle scellerate!
Abby e Alicia però erano fra quelle, mentre Francine era sparita dalla mia visuale ed Holly si rimirava le unghie con voluto disinteresse.
La sposa si voltò dandoci le spalle, inarcò la schiena, alzò il bouquet sopra la testa e, finalmente, dopo un’energica spinta, il bellissimo mazzetto volò sopra le nostre teste che lo guardavano quasi ammaliate, fino a quando non cadde fra le braccia di…
Holly.
“Oh mio dio, Holly! Ti sposerai prima di tutte noi!” Gridò Abby, venendole incontro e abbracciandola come se avesse appena ricevuto una richiesta vera e propria.
“Oh, ma smettila Abby, è solo una stupida diceria…” Minimizzò la nostra amica stritolata, che tentava di non scoppiare a ridere.
“Non sei contenta? Ti stanno invidiando tutte. Anche quelle vecchiette lì giù.. credo siano zitelle.” Feci io, lasciandole una leggera carezza fra i capelli ben sistemati, mentre lei si guardava intorno sicuramente alla ricerca di quel qualcuno da cui avrebbe tanto voluto essere richiesta…
“Anche Chase ti ha guardata.” Continuai, facendola immobilizzare.
“Ah…sì?” Mi guardò con gli occhi pieni di speranza ai quali non potei che sorridere con tenerezza.
“Sì, Holly, ti ha guardata.”
 

§§§

 
“Pronti per i balli di gruppo ragazzi??”
Il dj rompeva il brusio di chiacchiericci con la sua forte ed estroversa voce che passava per il microfono e distraeva tutti dai propri pensieri.
Io, che mi trovavo alla fine della pista –ripeto che era stato tutto sistemato alla luce del sole e non dentro quel claustrofobico salone della villa-, fremevo guardando ovunque per cercare Jack e chiedergli di ballare.
Vedendo Holly così ancora piena di speranza nonostante sia stato ovvio che Chase stesse con Maggie come coppia fissa, mi decisi a continuare a crederci anche io che, invece, sembravo avere anche più chance di lei.
Lo dovevo fare soprattutto per la forza di volontà della mia amica.
Qualche minuto dopo la musica intonò YMCA e tutti gli invitati –vecchietti compresi-, si catapultarono a ballare senza sosta e con un gran sorriso sul viso.
Mi stavo ancora dondolando per cercare Jack con lo sguardo, quando una mano mi afferrò il polso e mi ritrovai direttamente in prima fila fra Alicia e Francine –apparsa da chissà dove- che mi guardavano come se attendessero me per iniziare a scatenarsi e, beh, come facevo a non accontentarle?
Con un altrettanto enorme sorriso alzai le braccia ed insieme a tutti cominciai a ballare e ridere senza più alcuna preoccupazione.
 

§§§
 

 

“Ti sembravano parole da dire davanti a tutti i nostri parenti e amici!?”
Lei continuava a gridarmi contro e a portarsi ritmicamente una mano fra i capelli per aggiustarsi quel cavolo di ciuffo biondo che le ricadeva sugli occhi.
“Ci hai fatto passare per dei genitori assenti!” Disse lui, senza scomporsi minimamente.
“E non lo siete?” Borbottai con la mia solita nonchalance.
Vidi nettamente il viso della strega divenire rosso peperone e le orecchie raggiungere addirittura il color prugna, mentre gli occhi si riempivano di venette e la bocca si apriva e richiudeva dalla rabbia.
Il mio vecchio intanto cercava di placare la sua ira mettendo una mano sulla spalla di sua moglie e guardandomi col solito disprezzo e disgusto, come se fossi uno scarto della natura.
“Chissà cos’avrà pensato Jennifer… sicuramente la utilizzerà come nuova scusa per martorizzarmi.”
“Sai pensare solo a questo, mamma? Che tua sorella possa usare le mie parole per vendicarsi e rinfacciarti di essere una pessima madre?” Le chiesi, inarcando un sopracciglio con indifferenza.
“Stai zitto.” M’intimò mio padre.
In realtà cercavo con tutto me stesso di non urlare proprio lì, nel corridoio della villa fra le porte delle stanze, mentre gli ospiti ballavano di fuori ignari della discussione che stava avvenendo in quel momento. In fondo, se avessi voluto urlare, non mi avrebbe sentito nessuno; la musica era troppo alta.
Ma poi ricordai che il vero Jack non si sarebbe mai permesso una simile scenata da checca isterica, quindi optai per il sempre caro silenzio che, di per giunta, faceva imbestialire i miei ancora di più delle parole.
“Dire davanti a tutti che ti ha cresciuto tua cugina perché i tuoi erano troppo impegnati… Ma come ti è saltato in mente, eh!?”
Era tipo la millesima volta che ripeteva la stessa frase con parole differenti.
Mi ero proprio stufato di quei due deficienti che si credevano ancora i miei genitori.
“Te l’ho detto, Janice, ho semplicemente detto la verità.” Spiegai, facendo spallucce e chiamando mia madre per nome, proprio come non sopportava lei.
L’unica cosa a cui era riuscita a pensare non era stata “forse ho davvero trascurato mio figlio” ma, “mia sorella avrà una nuova ragione per deridermi”.
La sorella in questione, era appunto mia zia, la madre di John.
Le due sorelle non si erano mai sopportate e dopo un lungo periodo di silenzio, quando io e John ci “conoscemmo” in primo superiore, le vecchie decisero di riallacciare i rapporti, non perché “è giusto per i nostri figli” ma perché “è meglio non far parlare troppo la gente”.
Che brutto vivere in mondo tanto critico.
“Sei in punizione, Jack. Ti proibisco di usare sia la moto che la macchina fino a quando non ti scuserai con il sottoscritto e tua madre.” Disse mio padre, perforandomi con quegli occhi tanto azzurri, quasi bianchi, per poi trafiggermi ancora più a fondo e rigirare il coltello con la frase: “Sei una vergogna per la nostra famiglia”.
Non resistetti più. I miei occhi si fissarono nei suoi, pieni di rabbia, mentre venivano ricambiati dal suo sguardo indignato e freddo, come se stesse parlando di uno scarafaggio e non con il suo primogenito.
“Ora vai.” Continuò, tenendo stretta mia madre che rimaneva immobile come un cubetto di ghiaccio del cazzo.
Vaffanculo, accidenti! Girai i tacchi e per l’ennesima volta nella mia vita gliel’avevo data vinta. Era sempre così… facevo la cazzata e dopo non avevo il coraggio di portarla a termine. Ero un codardo. Un fottuto codardo che a causa dei suoi problemi si sfogava su chiunque gli passasse davanti agli occhi.
Ero così furioso che non seppi neanche quanti ne avevo scontrati per dirigermi di fuori verso la pista da ballo. Ripresi a respirare solo quando i miei occhi incontrarono la mocciosetta dal vestito verde che si dimenava in pista con Francine ed Alicia a ritmo di musica, mentre rideva spensierata e muoveva il bacino sensualmente senza nemmeno farci caso.
Sì, perché lei era così. Prima provocava, poi faceva la finta tonta.
Non sarei mai riuscito a capirla quella testolina nera piena di ricci. Con quegli occhi grandi e verdi prima mi guardava quasi con.. amore(?), poi con odio.
Ed io, come un pazzo, ritornavo anche in quei casi sui miei passi e cercavo di trovare una risposta con l’arroganza e l’indifferenza.
Ma avevo bisogno di questo, perché lei era l’unica che riusciva a farmi evadere da quello schifosissimo mondo critico nel quale vivevo, continuando a farmi sperare in un sentimento nuovo, migliore…
E mentre ballava ed anche i suoi occhi pieni di luce sorridevano a chiunque, il mio cuore riprese a battere come se in presenza dei miei genitori si fosse momentaneamente spento. Riprese a fare le sue capriole e senza pensarci due volte mi tolsi la giacca ed i miei piedi si mossero da soli.
 

 

§§§
 

 
 

Avevo la fronte imperlata di sudore ma proprio mentre stavo per voltarmi, andai a scontrarmi con il petto di qualcuno.
Alzai lo sguardo ed i miei occhi incrociarono quelli di Jack.
Era… diverso. Era successo qualcosa, poco ma sicuro.
L’azzurro delle sue iridi somigliava al colore del mare in tempesta in quel momento e nonostante ciò continuava a tenermi stretta a sé fino a quando il dj non fece partire una canzone cubana che entrambi conoscevamo alla perfezione dato che ce l’avevano fatta ballare centinaia di volte a scuola.
Non capii il suo intento fino a quando non mosse i primi passi.
Jack stava ballando con me… una bachata.
La pista andava pian piano ad allargarsi e quando mi voltai, notai che tutti gli invitati, compresi gli sposi, si erano messi ai lati della pista per guardare noi.
Il cuore mi salì in gola ma senza pensarci seguii il mio istinto e, di conseguenza, anche il mio piede destro.
La musica continuava e Jack non mi toglieva gli occhi di dosso. Sembrava ipnotizzato ma allo stesso tempo agitato.
Il mio cuore batteva all’impazzata e quando la canzone terminò e credetti che tutto fosse terminato, proprio prima di lanciare un sospiro liberatorio, una mano di Jack si insinuò fra i miei capelli e l’altra dietro la mia schiena, per farmi avvicinare al suo viso e baciarmi proprio lì.
Davanti a tutti.
“Resta con me stanotte, June. Resta con me…”
Fu in quel momento che mi sentii come se fossi realmente io la sposa.
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 11
*** One Face ***


One Face

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Vaniglia.
Odore inconfondibile.
Appena entrata in quell’enorme stanza fu la prima cosa che notai.. o meglio, annusai.
Jack stava vicino alla finestra, lo porta chiusa a chiave, e la luna era l’unica nostra complice.
“Si possono vedere gli invitati da quassù.” Esclamai scioccamente, sporgendomi accanto a lui.
“Che noia.” Borbottò invece Jack, iniziando a togliersi la cravatta.
“Io mi sono divertita invece. Tua cugina è fantastica.” Cercai di sorridere, nonostante notassi in Jack qualcosa di diverso. Come il fatto che non mi guardasse negli occhi.
“Lo so.”
“Qualcosa non va, Jack?” Non ero arrabbiata. Più che altro ero curiosa. Ormai i suoi sbalzi d’umore non mi preoccupavano anche se spesso facevano soffrire, sentivo fosse mio compito perdonarlo e aiutarlo a superare ogni difficoltà.
“Qualcosa non va, June?” Il suo sguardo impertinente stava quasi per farmi cedere, ma riuscii a riprendermi e a sorridergli dolcemente come se le sue parole non mi sfiorassero nemmeno.
“Io sto alla grande, e tu?”
Jack rimase a fissarmi per un po’, fino a quando i suoi occhi non assunsero quell’aria tanto devastata e sconfitta che solo poche volte ebbi la sfortuna di vedere.
Quando il suo viso si faceva così cupo e tutte le ombre si impadronivano di lui, come della sua anima, improvvisamente anche io riflettevo i suoi stessi sintomi.
Come se sulle spalle portasse un enorme scoglio, si sedette sul letto con un sospiro frustrato, poggiando i gomiti ai ginocchi piegati e lasciando a penzoloni le mani.
Lo sguardo rivolto verso il parquet.
“Perché?” Chiese con voce tanto basse che fui costretta a farglielo ripetere, “Perché!?” Ripeté, puntando i suoi occhi vitrei nei miei.
“I-io…” Balbettavo e cercavo di far smettere il mio cuore dal battere così forte e tanto velocemente.
“Perché hai accettato anche questa volta? Perché non mi rifiuti mai? Perché…sorridi?”
Quelle parole sembravano dei piccoli e taglienti pezzetti di vetro, come se nel dirli –o nel sputarli fuori-, essi gli avessero lacerato ogni organo interno.
Era straziante vederlo e sentirlo così.
Nonostante ciò, la domanda mi aveva letteralmente bloccata. Non sapevo cosa rispondergli, anzi, lo sapevo eccome, ma mai avrei potuto dirgli “ti amo”, poi in una situazione simile, quando mi ero abbassata di nuovo a concedergli il mio corpo in cambio di un po’ del suo calore e delle sue attenzioni.
“C-cosa dovrei fare secondo te? Mettermi a piangere? Non ne sento il bisogno e non servirebbe a nulla.”
Risposi con convinzione ma di nuovo sotto il suo sguardo mi risentii ancora più sbagliata.
“Dovresti andare via.”
“Sei stato tu a chiedermi di rimanere!”
“Ma avresti dovuto rifiutare!”
Si era alzato in piedi e il tono della sua voce era aumentato.
Mi sovrastava con la sua altezza ma sapevo che fra i due, l’unico a sentirsi realmente piccolo fosse lui.
Quando Jack si sentiva minacciato, passava all’attacco.
Io però non mi sarei fatta intimorire.
Sostenni il suo sguardo fino a che non fu lui a parlare nuovamente.
“Perché lo fai, June?”
“Perché mi va, Jack.” Ribadii, risoluta.
“Bugia.”
Ed ecco l’accenno di quel sorrisino furbetto che solcava il suo viso.
“Perché insisti tanto, si può sapere? Cosa vuoi, Jack? Non volevi forse un po’ di piacere per evadere dai tuoi problemi? Cos’è, credi che sia stupida e che non me ne sia accorta? Ma sai una cosa? Va bene così a me. Non ti ho mai chiesto di più di quello che potevi darmi, quindi smettila di fare la vittima e tira fuori le palle, cristo santo! Preferisco che inizi ad urlarmi contro tutte le tue frustrazioni piuttosto che riempirmi di domande tanto sciocche solo per il gusto di farmi sentire in imbarazzo e farmi andare via in modo tale da far sentire te nuovamente al centro dell’attenzione, come se fossi sempre l’unico ed il solo ad essere abbandonato e rifiutato. Ma ti devo dare una brutta notizia, Jack. Non sei solo. Anche io sono stata rifiutata spesso. Anche io sono stata abbandonata e, cosa ancora peggiore, continuo. Continuo a comportarmi come una deficiente solo per te, perché… anche se è ingiusto… io… io lo trovo comunque piacevole. Sì, per me Jack, tu sei piacevolmente ingiusto.”
Amen.
Questa era la mia dichiarazione di condanna a morte, lo sentivo.
Il mio cuore pulsava a più non posso mentre i miei occhi rimanevano fissi dentro quelli di Jack, il quale petto si alzava e abbassava in una maniera quasi spaventosa.
Sentivo che era agitato, furioso forse ma, soprattutto, lo sentivo messo alle strette.
Come un grande leone costretto in una gabbia.
A lui piaceva essere solo, triste… Non cercava di nasconderlo e si chiudeva in se stesso, perché questo lo rendeva speciale, unico.
Non accettava che qualcuno lo comprendesse, che qualcuno capisse ciò che gli passava per la mente perché questo significava essere scoperto.. Nudo di fronte a qualcosa che non si conosceva.
Ed in quel momento era questo che leggevo nel suo sguardo tormentato.
Jack non era tranquillo.
“Tzé…” Esclamò poi, rompendo l’atmosfera tesa e rindossando la sua maschera di indifferenza, “Parli come una sciocca ragazzina innamorata, June.”
Boom.
Lo scoglio era caduto sopra di me. Mi aveva letteralmente schiacciata, oppressa.. dolorante ed immobile senza alcun punto di forza, tentavo di ritrovare aria e dare un senso ai miei pensieri sconnessi.
Jack aveva rivoltato la faccenda ed ora ero io quella nuda di fronte a lui.
Sentivo il respiro pesante e tante frasi urlate nella mia testa.
Testa di cazzo.
Questa fu la prima cosa a cui pensai.
“I-io..” Respirai affondo, “Beh, se questo ti fa sentire meglio, io me ne vado allora. Non ho nulla da aggiungere.” Deglutii e, riprendendo sottobraccio la mia dignità ferita, mi diressi verso la porta come se portassi legati alle caviglie, due blocchi di ferro.
“Adesso scappi, quindi.”
Mi rivoltai e lo fissai nuovamente.
“Sei tu che mi stai cacciando.”
“Non ho mai detto questo.”
“Me lo hai fatto intendere.”
“Beh..” Lo sguardo da felino malizioso si avvicinò a me e le sue mani mi artigliarono i fianchi, “Hai inteso male, mocciosa.”
Non feci nemmeno in tempo a formulare una plausibile risposta nella mia mente, che in men che non si dica mi ritrovai la sua lingua nella bocca.
Le sue mani vagavano ora su tutto il mio corpo fino a quando non trovarono la lampo e non mi denudarono.
Una volta in biancheria intima –bianca con merletto, neanche a farlo apposta-, Jack mi sollevò da terra e mi buttò sul letto, fra mille cuscini e coperte morbidissime.
Mi sembrò di essere caduta fra le nuvole, soffici e leggere.
Jack si stava togliendo la camicia davanti ai miei occhi ed entrambi i nostri sguardi rimanevano incatenati gli uni agli altri.
Ci stavamo lanciando delle sfide.
-Vediamo se ora riesco a farti pentire della tua scelta, mocciosa.
-Illuso. Mai e poi mai riuscirai a farmi desistere. Se vuoi prendermi, non devi fare altro che avvicinarti e farlo.
Questi più o meno erano i nostri dialoghi silenziosi.
Una volta con solo boxer –neri per la precisione, come se volesse pe forza far risaltare il bellissimo contrasti fra pelle e stoffa- mi raggiunse sul letto e si posizionò a cavalcioni su di me.
Le sue mani afferrarono delicatamente i miei polsi e, con studiata lentezza, li riportò entrambi sulla mia testa.
Questa posizione faceva impazzire sia me che lui.
“Hai paura?”
“Mi fai solo pena.” Ribattei, facendolo ridacchiare.
“Con quanti altri hai fatto così, June?”
Anche se quella domanda aveva lo scopo di farmi arrabbiare o offendere, in me provocò solo tanta tenerezza.
No, non ero pazza. Io comprendevo il suo atteggiamento.
Jack aveva un grosso problema sulle spalle, un enorme frustrazione lo avvolgeva ed, essendosi accorto di aver agito istintivamente senza pensare, chiedendomi di restare con lui la notte, ora voleva riscattarsi ferendomi.
Vuole proteggermi da se stesso.
“Uh, non immagini nemmeno, Jack.” Gli sorrisi maliziosa.
Io rimarrò accanto a te, amore mio.
“Sei incredibile.” Ringhiò, abbassandomi le mutandine di scatto, facendomi sussultare e gemere dalla sorpresa. “Stanotte ti prenderò così tante volte da non lasciarti nemmeno il tempo di respirare fra un intervallo e l’altro.” Soffiò sul mio volto, sfiorando le nostre labbra.
Ansimavo ridicolmente senza rendermene nemmeno conto e solo una semplice risposta balenò nella mia mente, uscendo da sola dalla mia bocca.
“Non vedo l’ora.”
Così la sua mano non si fece attendere un secondo di più, iniziando a massaggiare la mia intimità senza alcuna traccia di forza o violenza nel gesto.
Io e Jack potevamo riempirci di parolacce ma mai, mai, aveva usato la violenza su di me durante il sesso.
In quei momenti, anche se i suoi occhi lanciavano saette, i suoi movimenti erano dolci e delicati, come non fosse la mia pelle quella che toccava, ma porcellana.
Qualcosa di fragile e prezioso.
Che mi faceva sentire unica ed estremamente importante.
Il piacere che mi avvolse poco dopo non potrebbe mai essere comparato con gli altri avvenire.
Subito dopo ben due delle sue dita entrarono in me, stimolando ogni punto possibile del mio corpo.
L’altra mano intanto aveva slacciato il reggiseno ed ora le sue labbra si dedicavano prima ad un mio seno, poi all’altro.
Jack mi stava facendo già impazzire dal piacere, rischiando di farmi schiattare lì senza troppe cerimonie.
Infilai una mano fra le ciocche lunghe dei suoi capelli e, man mano le sue dita scivolavano più a fondo e aumentavano di velocità, le mie dita tiravano senza inibizione.
Una volta finito quel preliminare, volli dedicarmi completamente a lui, per fargli capire che non era il solo in grado di far destabilizzare la gente.
Anche io avrei avuto la mia rivincita.
Con un colpo di reni rivoltai le posizioni, scendendo man mano fino ad arrivare faccia a faccia con i suoi boxer e la sua eccitazione già risvegliata.
“Ora ti faccio vedere io, campione.” Sussurrai abbassandogli definitivamente quelle mutande che non erano altro che da intralcio.
Quel che venne dopo potete ben immaginarlo.
Sensazioni che a parole non si possono descrivere.
Avevo la sua virilità fra le labbra e, anche se non l’avevo mai fatto prima, sembravo già sapere cosa fare.
“Ahi, attenta ai denti..” Gemette ad un punto, facendomi sghignazzare.
Lo avevo fatto ovviamente apposta.
“Oh, dio, June..” Ansimò subito dopo, posando le sue mani sulla mia testa per facilitarmi i movimenti.
Quando le mie compagne e amiche mi raccontavano di aver fatto cose simili ai loro ragazzi, avevo sempre interpretato il gesto come un qualcosa di sporco e di volgare ma mai come in quel momento, mi ricredetti.
Solo con Jack, probabilmente, sarei riuscita a sentirmi così bene e completa pur facendo certe cose.
Mi sembrava così giusto che, beh… sì, per me lo era davvero.
Quando ritornai su, posizionandomi di fianco a lui e sorridendogli notando i suoi occhi lucidi e chiarissimi, lui non riuscii a non chiedermi: “E questo.. dove diavolo lo hai imparato?”
“Vuoi davvero che te lo dica?”
Okay, quella frecciatina potevo evitarla davvero.
Ora Jack mi sovrastava nuovamente e con sguardo duro pronunciava: “Sarai punita amaramente per ciò che hai detto, mocciosa. Non sopporto che altri tocchino le mie cose.”
Non sopporto che altri tocchino le mie cose.
E adesso era la sua testa immersa fra le mie di gambe, mentre mi procurava un cos’ intenso piacere che non avevo mai raggiunto prima.
“T-ti prego..” Farfugliai in un momento di estremo godimento.
“Cosa?” Jack mi guardava dal basso all’alto, fermando le sue favolose attenzioni.
“F-fammi.. fammi venire!” Ansimai, tirandogli i capelli.
“Eh, no, cara… Mi ci vorrà ancora un altro po’.. sai com’è, le punizioni non sono mai piacevoli.” E mi sorrise, per poi rifiondarsi sulla mia intimità.
Pochi secondi dopo ricevetti la visione più orgasmica che avessi mai visto.
Abbassando lo sguardo su di lui, notai che… Jack non aveva mai smesso di guardarmi un attimo.
Mentre.. faceva quello che faceva, i suoi occhi seguivano come incantati ogni mia reazione.
Non resistetti più e finalmente scoppiai lanciando un grido liberatorio.
..E pensare che gli invitati erano ancora tutti di sotto.
Questo non fece altro che eccitare maggiormente entrambi.
Una volta che Jack ebbe finito di armeggiare con il profilattico, entrò definitivamente dentro di me, attendendo qualche secondo prima di prendere a spingere.
Non riuscii a fermarmi e, come mio solito, presi a lasciargli scie di bacetti su tutto il viso, in segno di affetto e devozione.
Era un gesto che avevo sempre fatto in quei momenti di pura unione.
“Dimmi.. che.. non sei stata con altri… June.” Mi chiese, baciandomi poco dopo.
“Te.. te lo giuro.. ahhh!!”
Le spinte si fecero sempre più veloci e potenti e sia io che Jack non potemmo non accorgerci che la pace era stata fatta…

§§§


“Non mi hai detto quale era il tuo problema.” Gli chiesi, sospirando.
Avevamo appena finito il terzo round ed ora ce ne stavamo abbracciati nudi sotto le coperte, l’uno attaccato all’altra.
“Io non ho nessun problema.” Disse, accarezzandomi una spalla.
“Sei un bugiardo, Jack.” Lo schernii, dandogli un buffetto sulla guancia.
“Ho solo avuto l’ennesima discussione con i miei, niente di che.” Fece spallucce, guardando altrove.
“Ah.”
I suoi genitori.
Francine mi aveva parlato spesso di quanto fossero insensibili ed arroganti i genitori di Jack e ricordavo anche che quando stavamo ancora insieme, il suo umore era sottoterra sempre a causa di quelle leggendarie discussioni.
“Mi hanno tolto la moto e la macchina, adesso.” Sorrise amaramente.
“Oh, quindi dovrai prendere il bus come tutti noi poveri mortali, adesso.” Ribattei, facendolo sorridere.
“Eh già, purtroppo da domani dovrò iniziare ad immischiarmi con voi esseri umani.” Sbuffò, falsamente indispettito.
“Beh, mi dispiace mio grande dio onnipotente!” Risi, venendo seguita subito dopo da lui.

“Jack, posso.. farti una domanda?”
“Me l’hai appena fatta.”
“No, non intendevo quella. Un’altra..”
“Dimmi.” Sospirò.
Lo avevo svegliato proprio quando era riuscito a chiudere gli occhi.
Avevamo appena finito il quinto round.
“Quel giorno sullo yacht…” Pronunciato quel veicolo sentii il suo corpo irrigidirsi, “Tu… hai fatto qualcosa con Carol quando siete scesi entrambi di sotto?”
Volevo davvero saperlo? Volevo davvero farmi così male?
“June…” Jack sbuffò ma già solo da questo compresi tutto.
..Ed il mio cuore cedette un altro pezzo infranto.
“Non mi devi alcuna spiegazione, davvero. Lo capisco, io e te non stiamo insieme e tu sei libero di fare quello che vuoi.” Deglutii, non riuscendo a guardarlo in faccia mentre lui prese a scrutarmi insistentemente.
“E’ stato noioso.” Disse solo, ammettendolo, “Perché lei non era te.” Continuò però, bloccandomi il respiro.
“Sembra la classica frase da film.” Sorrisi, ma con sguardo triste e velato di lacrime silenziose.
“Ma è vera.” Spiegò poi, alzandosi sui gomiti e prendendo a toccare la mia schiena con un dito.
Eravamo entrambi sdraiati a pancia in sotto, vicini ed accaldati, mentre lui guardava me ed io fissavo il buio da un'altra parte.
“Stai piangendo?” Mi chiese poi, facendomi sussultare e, accidenti a me, tirare su col naso.
“N-non è vero!” Se solo la mia voce non avesse tremato probabilmente grazie al buio sarei parsa convincente.
“Bugia.”
Ed ecco nuovamente il solito sorrisetto che mi faceva sciogliere.
Mi voltai e, facendomi asciugare le lacrime da lui, non riuscii a non sorridere di fronte a quegli occhi che, nonostante la poca luce, potevo vedere.
“Mi dà solo un po’ fastidio, tutto qui.” Mentii, mentre dentro mi logoravo il fegato e mandavo le peggiori bestemmie a Carol.
“Anche a me dava fastidio il tuo ex quando stavamo insieme.”
“E adesso che c’entra Dan in tutta questa storia? Io non ti ho mai tradito.”
“Nemmeno io.” Disse semplicemente, ammutolendomi. “Ma quel Dan non l’ho mai sopportato.”
“Siamo solo amici, Jack.”
“Ne sei sicura?”
Quella domanda… Quel tono di voce…
Perché Jack sospettava così tanto di me e di Dan?

“…Giuro che pagherai per questo e per ciò a cui sei scampata tempo fa!”
...Per ciò a cui sei scampata tempo fa...
“Smettila di mentire!”
Mentire…
“Non ferirei mai John!”
“Ma con me non hai esitato a farlo!”
…Non hai.. esitato.. a farlo… ?

Improvvisamente decina e decina di frammenti delle accuse che mi aveva rivolto Jack ritornarono alla mia mente come tante spine conficcate nella testa.

“Vuoi illudere anche lui?”
Illudere chi?
“Se sei sicuro che i miei occhi non mentono, perché continui ad incolparmi di qualcosa che non ho fatto!?”
“Perché io non sono cieco.”

Io non sono cieco…
“Mi vuoi spiegare di che diavolo parli!?”
“Non lascerò che rovini anche mio cugino.”
Anche. Chi altri avevo rovinato?

“Jack ma tu per caso…” Stavo per chiedergli se sospettasse qualcosa fra me e Dan e se fosse stato proprio questo il motivo della nostra rottura, quando lui decise bene di cambiare argomento fiondandosi direttamente sulle mie labbra e facendo ricominciare tutto da capo…
Come i miei dubbi che, però, piano piano stavano prendendo una forma.
Ed anche una faccia.





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Capitolo 12
*** Strange ***


Strange


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“Io penso sia formaggio.”
“No, è mozzarella.”
“Formaggio!”
“Mozzarella! Non vedi che fila?”
“Ma dove!? E’ praticamente di pietra!”
“Sei un cretino, John!”
“E tu un presuntuoso!”
Alla ricreazione i ragazzi non sembravano interessati ad altro se non alla pizza che avevano comprato da poco, chiedendosi quali misteriosi ingredienti vi fossero all’interno per renderla così… schifosa.
“Jack, secondo te è mozzarella o formaggio?” Chiese Freddie, ridestandolo dai suoi soliti viaggi mentali.
Ci eravamo messi tutti seduti su un muretto, tranne John, Freddie e Chase che invece erano in piedi di fronte a noi, accesi dalla discussione insensata.
Jack alzò pigramente lo sguardo e buttando fuori dalla bocca un po’ di fumo, rispose con una semplice scrollatina di spalle.
“Francine dov’è?” Chiesi invece ad Abby che se la rideva guardando il suo ragazzo.
“Oh, non la vedo da stamattina… Forse è in bagno.”
“Ultimamente anche lei è strana.” Constatai, beccandomi un’occhiata da parte di Jack.
“Dimmi chi non lo è! John è strano per te, Holly è strana per Chase, tu sei strana per Jack e Jack è semplicemente strano di suo. Ora ci manca anche Francine e stiamo apposto!” Sussurrò, agitando le mani come suo solito.
“Io non sono strana per nessuno.” S’intromise Holly nella conversazione, come se si fosse appena risvegliata dopo un lungo letargo.
“Se lo dici te.” Borbottò Abby.
“Beh, se tu hai trovato l’amore non significa che tutti gli altri debbano sentirsi come te!”
“Ma che stai dicendo, Holly?”
“Dico solo che tutti questi sentimenti stanno iniziando a farmi venire il mal di stomaco!” Sbottò, alzandosi in piedi e dirigendosi dentro scuola senza nemmeno voltarsi indietro e guardare le nostre espressioni basite.
“Ma che cazzo…?” Se ne uscì Jack, finemente come suo solito, avendo chiaramente ascoltato la sfuriata di Holly.
“Lascia perdere Jack, ultimamente non la capiamo neanche noi.” Spiegò Abby, sospirando afflitta.
Ci dispiaceva moltissimo per ciò che stava passando la nostra amica, ma purtroppo non potevamo farci niente. La natura aveva creato l’amore e, forse, sbadatamente, nell’insieme ci aveva aggiunto anche una grande quantità di dolore. Io ed Abby potevamo solo osservare le sue azioni come degli spettatori, aspettando pazientemente fino a che le acque non si fossero calmate.
“Veramente dicevo a voi. Lei la capisco, in fondo è normale per voi donne scaricare ogni tensione sugli altri, ma voi che siete sue amiche dovreste starle accanto invece di sorridere a tutto e tutti come se nulla fosse.” Disse però Jack, dandoci l’ennesimo colpo di grazia.
“Non c’è una soluzione al suo problema, Jack, perché in fondo neanche si tratta di un problema vero e proprio! L’amore fa fare sciocchezze, ti fa essere triste e felice allo stesso tempo, ti fa cambiare, ma ti fa anche crescere, e adesso è arrivato il momento per Holly di maturare ed iniziare a guardare la vita per quella che è. Non è tutto rose e fiori e probabilmente un giorno ci ringrazierà quando ripenserà che, anche se apparentemente ce ne stavamo ferme, in verità stavamo semplicemente lasciandola camminare con le proprie gambe.”
Quel discorso mi era uscito fuori dal nulla, neanche lo avevo mai pensato. Mentre le parole uscivano dalla bocca ed i miei occhi si puntavano in quelli di Jack, improvvisamente la Holly della situazione ero io e l’amore che la faceva soffrire a tal punto era lui.
E questo probabilmente lo capì, perché non disse niente. Però si alzò e se ne andò anche lui.
“Che giornata del cazzo.” Commentò Abby, scuotendo la testa.
Ed infine, come se non bastasse: “Ohi, June, secondo te è formaggio o mozzarella?”

§§§

 

“Ciao.”
“Ciao.”
“Possiamo parlare un secondo?”
“Certo June, tutto quello che vuoi tu.”
Dan stava sorridendo, ma i suoi occhi erano affilati come lame di coltello e la voce gli era uscita più severa che sarcastica di quanto volesse.
Mi tremavano le mani perché in sua presenza sentivo che tutte le cattiverie che mi aveva lanciato alle spalle ancora non erano state ripagate come dovuto, ed il pizzicorio agli arti me lo ricordava continuamente.
Lasciò i suoi amici e mi raggiunse sulle scale antiincendio dove avremmo avuto comunque pochi secondi per parlare dato che la ricreazione stava per terminare.
“Come stai?”
Non riuscii a trattenermi dal chiederlo perché, nonostante tutto, ero comunque una ragazza educata io.
“Potrei stare meglio. A te come va? Ho saputo che il biondo ti ha mollata.” Ghignò senza preoccuparsi di nascondere il suo compiacimento.
“Brutto str- senti… non sono qui per litigare ma ho una domanda importante da farti e anche se so che per te la verità è un concetto astratto e decisamente complesso, desidero che tu sia sincero, almeno stavolta.”
“Spara.”
Magari.
“Hai parlato con Jack qualche volta, per caso?”
“No.”
“La verità, Dan, ti prego.”
“E cosa ricevo in cambio? Uno dei tuoi baci particolari?” Ammiccò, facendomi quasi vomitare.
“Neanche morta e poi ricordo che i miei baci non ti sono mai piaciuti, giusto?” Tentai un sorrisetto bastardo ma quella che mi uscì fu probabilmente più simile alla faccia di un killer pronto all’attacco.
“Ma dai, Junery, lo sai anche tu che mentivo perché ero arrabbiato.” Si avvicinò. Troppo.
“Odio quando mi chiami in quel modo.” Ringhiai, facendo un passo indietro, “Ora dimmi la verità.”
“Te l’ho detta,” sbuffò “Non ho mai parlato con O’Connell. Io e quel punk non andiamo molto d’accordo.”
La campanella era suonata.
“Se mi stai mentendo nuovamente giuro che te la farò pagare cara, stronzo.” Gli puntai l’indice sul petto.
“Uh, e che hai intenzione di farmi? Mi salterai addosso e mi succhierai via ogni-..”
Ma Dan non continuò.
La mia sberla fermò prima tutto quel fuoriuscire inutile di parole cattive e derisorie.
Non so perché, ma ogni volta che mi capitava di incrociare o, ancora peggio, di parlare con Dan, mi sentivo sempre più delusa da me stessa. O forse sì, forse lo sapevo.
Non avrei dovuto abbassarmi così tanto e mettermi con un cretino simile.
Eppure a recitare era bravo… avrebbe vinto il premio Oscar per miglior racconta balle della terra.
“E questo è solo un assaggio.” Ringhiai furiosa, facendo qualche passo indietro per poi voltarmi e sbattere contro qualcosa… no, non qualcosa. Ma contro qualcuno.
Qualcuno con un odore misto a tabacco e menta.
“J..Jack?” Boccheggiai come un pesce fuor d’acqua.
“E’ ora di rientrare in classe, June.”
La sua voce era bassa e roca, arrabbiata, e mentre mi diceva questo guardava fisso Dan come se solo con gli occhi potesse strappargli la testa a morsi.
“S-sì. Vado.” Deglutii e senza aggiungere altro me ne andai, lasciandoli da soli.
Ma non potevo sapere che all’uscita Dan avrebbe avuto un enorme ed ambiguo livido sullo zigomo destro.

§§§


L’amore.
Tutto gira intorno all’amore.
“Ehi June, hai da fare oggi pomeriggio? C’è il mercato.”
Francine mi aveva raggiunta all’uscita e aveva messo un braccio intorno alle mie spalle per salutarmi.
“Era oggi?”
“Sì. Ci vieni con me? Non usciamo mai insieme io e te.” Sorrise.
“Perché no? Tanto non ho da studiare.”
“Perfetto, ci vediamo in piazza alle quattro, okay?”
Annuii e ci dividemmo. Lei in macchina, io ad aspettare l’autobus.
Strano, strano… Perché Francine voleva uscire con me? Non avevamo un gran rapporto io e lei, insomma ci parlavamo quando stavamo insieme agli altri, scherzavamo ma per il resto io stavo con Holly ed Abby e lei sempre con Alicia. Era bello vederle insieme, loro due.
Alicia e Francine erano l’opposto l’una dell’altra; la prima sempre attenta a manicure, abiti alla moda e riviste per capelli, mentre la seconda più portata per la musica rock, per le maglie larghe ed acconciature stravaganti. Esempio i suoi capelli rossi fuoco.
L’auto era arrivato e come al solito un’orda di ragazzi appena usciti da scuola si accalcavano per entrare per primi e prendere i posti. E come al solito io ero l’ultima fra questi e mi sarebbe toccato stare in piedi fra altri mille corpi schiacciati come sardine.
I pali non riuscivano ad evitare a chiunque di sballottarsi di qua e di là a causa delle curve o delle fermate dell’autista, quindi solitamente i contatti erano frequenti.
Tranne quel giorno, che il mio corpo fu a contatto solo con un altro che, silenziosamente, mi stava come proteggendo da tutto quel trambusto.
Jack, infatti, essendo stato privato dai genitori di macchina e moto, era costretto a prendere l’autobus come tutti gli altri ma per mia sorpresa, senza dire nulla, mi si era messo dietro, reggendosi solo con una mano al mio stesso palo, attento però a non far sfiorare le nostre mani come se bruciassero.
La prima curva non fu poi così tragica, ma la mia schiena sfiorò comunque il suo petto, mentre alla seconda non potei fare a meno di poggiarmici definitivamente.
Era bellissima la sensazione di quel momento, in mezzo a tutti ma lo stesso inosservati, i nostri corpi erano attaccati ma rimanevano fermi, sospesi nell’aria ed in religioso silenzio come se volessero lasciare la parola solo ai nostri cuori.
Il battito di Jack era calmo, lo sentivo a contatto con le spalle, ma quando c’erano ulteriori curve sentivo che piano piano accelerava e la sua mano si stringeva di più al palo.
Bello, il mio Jack.
Stavo per parlare dato che il silenzio era diventato improvvisamente opprimente, quando una buca sorprese entrambi rischiando di farci cadere all’indietro ma Jack, stupendomi ancora, mi avvolse la vita con un braccio e mi strinse di più a sé, sempre senza parlare, come se fosse normale che i nostri corpi stessero così a contatto. Come due calamite o due pezzi di un puzzle.
Un puzzle fottutamente contorto.
Sfortunatamente però, quel momento durò poco e alla prossima fermata dovetti scendere con un pesante magone nello stomaco.
“Che carino che è stato Jack!” Diceva Abby, sorridendomi.
“Eh?”
“Ho visto come ti teneva stretta per non farti cadere. E’ stato… dolce.”
“Jack non è dolce. Forse anche lui si stava tenendo a me.” Borbottai, per scacciare le mille illusioni che affollavano già la mia povera mente.
“Allora è ancora più bello. Vi sostenevate a vicenda.”
Vi sostenevate a vicenda.
Un sussulto al cuore, un’impalpabile bruciore su tutto il corpo.
Vi sostenevate a vicenda.
Sì, e sarebbe stato così per sempre.

§§§

 

Il mercato non era tanto pieno come sempre. Di gente ce n’era ma meno del solito.
Era già un’ora che io e Francine facevamo avanti e indietro perché magari ripassando ci era sfuggita qualche maglietta o qualche pantalone carino. Non era affatto spiacevole la sua presenza. Francine aveva sempre qualcosa da dire e non si preoccupava di aprirsi a me, parlava e mi raccontava di tutto. Non c’era stato mai imbarazzo fra noi e mi accorsi di quanto Francine, sotto la sua corazza da dura, fosse una ragazza estremamente fragile, in continua lotta con se stessa.
Mi stava parlando ancora di Alicia e delle loro esperienze passate quando, con un sorrisetto colpevole, si voltò a guardarmi: “Ti sto annoiando vero? Ogni volta che inizio a parlare di Alicia non smetto più.”
“Figurati! Mi fa piacere. Lei è la tua migliore amica, è normale.” Sorrisi sinceramente, cercando di tranquillizzarla.
Ma, per mia sorpresa, accadde il contrario. Una smorfia rigò il suo bel volto e le labbra sempre carnose e rosse si piegarono in giù, mentre gli occhi si velavano di malinconia.
“Tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No, no.”
Eravamo finalmente uscite dalle bancarelle e adesso ci stavamo dirigendo alla stazione, sedendoci poi su uno dei muretti lontano da tutti, sfinite dalla lunga camminata.
Francine teneva le mani in grembo e non smetteva di rigirarsele come se stesse pensando a cosa dirmi o, meglio, se dirmelo o meno.
“E’ complicato, June.” Disse infine, sospirando. “Per me Alicia è… E’ molto importante, ecco. E’ mia amica, sì, ma…”
“Ma non solo.” Conclusi, con calma.
Lei alzò di colpo il viso, i suoi occhi si erano spalancati, ma compresi comunque di aver centrato il punto.
Non lo avrei mai immaginato, ma in fondo tutti avevano capito che la loro unione non era come tutte le altre.
Si cercavano sempre, finivano le frasi l’una dell’altra, si accarezzavano e si sorridevano come se avessero un segreto proibito da mantenere, ma nonostante ciò Alicia frequentava molti ragazzi e Francine non poteva farci poi molto.
“L’ho capito sette mesi fa. Ed ho una paura fottuta. Io stravedo per lei, capisci? E ci sto male quando la vedo pendere dalle labbra di Jack.” Abbassò lo sguardo come se qualcuno le avesse appena dato uno schiaffo.
“Jack?” Anche io però ero stata colpita.
“Sì, Alicia è sempre stata un po’ cotta di lui. Ci conosciamo da quattro anni e lei non è mai riuscita a toglierselo dalla testa. Ma se n’è fatta una ragione, come me d’altronde. Non puoi capire quanto sia frustrante vederla piangere per qualcuno che non può avere e allo stesso tempo volerla abbracciare, baciare e dirle che ci sono io lì, che da me potrebbe avere qualsiasi cosa se solo aprisse gli occhi e se ne accorgesse. Ma non posso. Perché siamo amiche, perché si fida di me e perché lei non è…”
“Lesbica.”
“Ma neanche io lo sono! Io non sono attratta dalle altre ragazze! Neanche ci penso…”
“Però non sei attratta nemmeno dai ragazzi.” Constatai.
“Io voglio solo lei. Non voglio altre ragazze, non voglio altri ragazzi. Io voglio solo sentirmi sempre al settimo cielo come solo lei è in grado di farmi sentire con un solo sorriso. Capisci, vero?”
“Certo, Francine. E’ normale. E’ l’amore…” Sorrisi, prendendole la mano e stringendola per infonderle la mia sicurezza.
“No, è questo il punto, June. Non è normale. Siamo due ragazze e lei potrebbe… lei potrebbe odiarmi, non volermi più vedere, guardarmi con occhi diversi… Ed io non voglio questo, perché anche se amarla in silenzio è doloroso, almeno permette a lei di essere se stessa. Quella se stessa bellissima e piena di qualità.”
Mi stavo per commuovere, lo ammetto. Le parole di Francine erano stupende, e piene di quell’amore che tutte le persone avrebbero pagato per impadronirsene. Nei suoi occhi quella scintilla di vita, contornata dalla sofferenza e dal tormento, la portava avanti passo dopo passo.
“Secondo me invece ti sbagli. Se siete così tanto amiche come dici tu, dovresti dirglielo. Altrimenti, se un giorno questo sentimento dovrà crescere a tal punto da straripare e confessare tutto, a distanza di anni magari, lei potrà incolparti di averla tradita, di aver ferito la sua fiducia perché mentre lei credeva di avere una semplice amica al proprio fianco, questa desiderava solo il suo amore. Quindi concluderà che in verità voi due non siete state mai davvero amiche ma che il sentimento era a senso unico.”
“Ma non è così!”
“Lo so, ma come vuoi che reagisca? Che ti dica che andrà tutto bene e che continuerete ad essere come prima? E’ possibile, non è da escludere, ma sarebbe anche peggio perché tuto si romperebbe definitivamente. Quel prima non potrà mai tornare perché, se ci pensi, non c’è mai stato. Tu sotto sotto sei sempre stata innamorata di lei e lei potrebbe iniziare a ricordare tutti vostri momenti passati assieme e a tradurli in modo differente. Credo che sia meglio dirglielo ora che la cosa è fresca, per non rischiare di starci male tu, ma soprattutto lei.”
Non ne capivo nulla di quelle cose, non avevo mai conosciuto omosessuali prima, ma nonostante ciò provai comunque a mettermi nei loro panni, perché capivo Francine e conoscevo Alicia.
L’avrebbe fatta a pezzettini se non si fosse mossa in fretta.
“I-io.. non so se ci riesco, June.”
“Pensaci; potrebbe andare anche bene.”
“Non credo. Io parto dal presupposto che farà un male cane quando mi dirà che per lei non è lo stesso. Ed è per questo che non glielo dico. Ho paura di soffrire.”
“Meglio rischiare sai, che non concedersi mai.” Canticchiai, sorridendole e mettendole un braccio intorno alle spalle per tenerla stretta a me.
“Allora anche tu.” Disse dopo un po’.
“Io cosa?”
“Dovresti dire a Jack di amarlo.”
Gelo.
“I-io… io non amo Jack.” Deglutii la menzogna mentre questa logorava tutti i miei organi.
“Guarda che l’ho capito, sai? E penso che anche lui un po’ ti ami.”
“Un po’, dici?” Ridacchiai per l’agitazione.
“Un po’, perché non sono sicura che Jack sappia amare.”
Era stata sincera, mi aveva detto la cruda e nuda verità, anche se era dolorosa sentirla dire da qualcun altro, soprattutto così vicino a lui.
Io sapevo che Jack era difficile da gestire, che non poteva essere addomesticato e che sarebbe stato sempre quel bellissimo stallone selvaggio, ma faceva male.. faceva male sapere di non poter mai essere abbastanza.
“Jack.. ti ha mai parlato di me?”
“Intendi quando stavate insieme? No. Ma non perché non ci tenesse. Lui è fatto così, non parla mai di sé. Ma si notava, June, eccome se si notava! Jack era… era luce. Arrivava ed improvvisamente, solo col potere dei suoi occhi, con la luce che gli avevi messo dentro, sapeva risollevarti il morale. Sorrideva anche! Da non crederci, June! Dovevi vederlo poi quando gli chiedevamo di uscire e lui, per non dirci direttamente che voleva vedersi con te, abbassava lo sguardo sorridente e si agitava come un bambino alla prima cotta. Quando abbiamo capito che vi eravate lasciati, invece, improvvisamente era diventato tutto buio. Jack si portava dietro un ombra, ma adesso che siete entrate voi nella comitiva, piano piano il vecchio Jack, quello quasi solare e felice, sta riaffiorando.”
“Mi stai riempendo la testa di illusioni, Francine. Al mio cuore non fa bene sentire queste cose.”
Trattenevo un fiotto di lacrime, ecco la verità. Speravo che quelle parole fossero vere e non solo frutto della sua immaginazione o un modo per ripagarmi perché ero stata a sentirla mentre si sfogava per Alicia.
“Secondo me dovresti dirglielo, June.”
“Cos’è? Ora le parti si sono invertire?” Sorrisi, anche se forzatamente.
“Dico sul serio. Facciamo un patto, ti va? Quando tu lo dirai a Jack, io lo dirò ad Alicia, ti va bene?”
Sorrideva e mi porgeva la mano, sicura di sé che io non avrei accettato, ma poi le sue parole mi riempirono la testa. Quello che aveva detto su Alicia e i suoi sentimenti tanto belli da essere sprecati se tenuti nascosti, mi fecero alzare la mano e stringerla alla sua per accordare il patto.
“Affare fatto.”
Avevo un po’ di tempo, almeno.

§§§

 

Quindi, tornando a casa a piedi, la mia testa non smetteva di disegnare vari schemi per fare il centro della situazione e magari mettere un po’ d’ordine.
Allora: Holly era innamorata di Chase, che però stava con Maggie, la nostra amica. John sembrava essersi preso una cotta per me, ma io amavo Jack, e anche Alicia a quanto pareva era cotta di lui, ma lei piaceva anche a Francine, che però era la sua migliore amia, ed infine, gli unici coi cuori in pace, Abby stava con Freddie e sembravano già una coppia sposata ma con tutta una vita davanti.
Una vera e propria matassa, ecco. Un groviglio di fili dei quali non riuscivi nemmeno a capirne l’inizio e tantomeno la fine.
“Come siamo pensierose…”
Ero arrivata davanti al cancello di casa, ma una voce alle mie spalle mi sorprese e fece saltare come una molla.
“Che ci fai qui, Jack?” Deglutii, tenendo ancora le chiavi di casa sospese in mano, poco prima della serratura.
Se solo avesse provato a cercare di portarmi a letto con una delle sue frase tipo “non lasciarmi solo, resta con me” lo avrei piacevolmente castrato seduta stante.
Non perché non avessi voluto, ma perché più che altro avrei dovuto iniziare a proteggere il mio orgoglio.
“Mi annoiavo.” Scrollò le spalle nel suo giacchetto nero pelle.
“Mi dispiace, allora. Io ho da fare però.”
Con immensa fatica mi voltai ma la chiave non riuscì ad avvicinarsi che la sua mano bloccò il mio polso.
“Cos’hai?”
“Niente.” Quasi ringhiai.
La verità era che la storia di Francine mi aveva scombussolata. Non perché non me l’aspettavo o perché si trattava di omosessualità ma, perché, dopo tutte le sofferenze che aveva da patire per un amore più difficile e complesso di molti altri, continuava comunque a combattere, a non farsi buttare giù e a non cadere in altre tentazioni. Riusciva a farsi bastare un solo sguardo ed io invece mi lamentavo se non mi abbracciava, dedicava alcune attenzioni o se non mi baciava… Che razza di destino.
“Bugia.”
“Cosa vuoi Jack? Sei venuto per una botta e via? Per prenderti ancora gioco di me? Mi dispiace, ma dovrai trovartene un’altra per stasera.”
Jack ora mi perforava. Non mi stava guardando semplicemente, no… mi stava scavando dentro.
Poi, alzò la mano destra e senza ancora dire una parola, m’incitò a guardare cosa aveva da mostrarmi.
Ero furiosa, ma non con Jack. Con me, perché lui era sempre stato sincero con me, su ogni cosa: se voleva una scopata, lo diceva; se gli dava fastidio un mio comportamento, lo diceva; se capiva che mentivo, lo diceva… Sempre, diceva sempre quello che gli passava per la testa ed era colpa mia se non dicevo di amarlo, se mi tenevo tutto dentro e assentivo solo per renderlo felice, tralasciando però i miei sentimenti.
Lui non c’entrava nulla ma nonostante ciò, abbassai lo sguardo e la rabbia, improvvisamente, si sostituì alla vergogna.
“Quel…” mi schiarii la voce “Quel film l’ho già visto.” Borbottai, sentendomi una vera carogna.
In mano aveva un dvd di Marilyn Monroe -il film A qualcuno piace caldo- e un pacchetto di popcorn da riscaldare al microonde.
“Lo so,” viso inespressivo, impassibile, quasi calcolatore “ma è il tuo preferito.”
Bang

§§§


 

“Io non lo farei mai…” Disse lui, con tre enormi popcorn in bocca.
“Cosa?” Chiesi allora, cercando di raggiungere la lattina di coca cola che avevo ritrovato in frigorifero.
“Vestirmi da donna per.. per..”
“Per salvarti la pelle? Non devi tenerci molto, allora.”
“Io affronterei il problema.”
“Tsk, ma sei matto? Quelli neanche ti fanno parlare che ti ammazzano. Sono mafiosi, Jack, e se vengono a scoprire che sei stato testimone di un loro omicidio, non penso che si fermerebbero troppo a discutere.”
“Forse sono troppo orgoglioso.”
“Sicuro!” Ridacchiai, fregandogli alcuni popcorn dalle mani.
“June…”
“Dimmi.”
“Che avevi oggi? Le cose che hai detto le pensavi davvero?”
“I-io…”
Io sono un’emerita cretina senza cervello che però ti ama con tutto il cuore.
“Pensi che io venga da te solo per fare sesso? Che ti usi e voglia prendermi gioco di te?”
Strano, strano… Jack sembrava sinceramente ferito da ciò che gli aveva detto ma, in fondo, come poteva non averci mai pensato?
Ma nonostante tutto, ancora, non risposi. Abbassai lo sguardo e mi feci capire.
“Non è così, mocciosa.”
“E come posso esserne sicura?” Avevo gli occhi lucidi e senza pensarci li fissai nei suoi che sembravano tremare per l’intensità.
“Perché te lo sto dicendo io. Dovresti fidarti della persona di cui sei innamorata, no?”
Oh cazzo…











Angolo Autrice:
Capitolo pessimo, lo so. Non mi piace affatto e mi spiace ancora di più perché dopo tutto il tempo che vi ho fatto aspettare, vi meritavate un capitolo più sostanzioso...e invece ecco 'sta merda.. vabbè.
Mi scuso, ovviamente, per l'assenza ma è un periodo critico però cercherò comunque di continuare a scrivere.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e se mi riempirete di parolacce e critiche, sappiate che se potessi vi stringerei la mano u_u
Un bacio grande e al prossimo! :)
PS: mi dispiace anche per le risposte alle recensioni... purtroppo il tempo mi permette a malapena di aggiornare :(
Lo so, sono diventata un disastro... *ma lo eri già u_u ndTutti* D: ....

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Capitolo 13
*** Things We Never Wanna See ***


Things We Never Wanna See


 

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Fastidioso. Troppo.
Quel mal di testa continuava a martellarmi le tempie neanche fossero dei tamburi.
Per non parlare della nausea… E il cuore. Dio, quello sì che faceva male.
Come mille punteruoli che infilzavano l’organo senza preoccuparsi di ferire la sottoscritta.
Dovevo smetterla di pensarsi, mi ripetevo, eppure era più forte di ogni sorta di volontà. Volontà del cervello, ovvio; i sentimenti continuavano a viaggiare con conto loro. Maledetti.
Ed ora rideva… ridevano insieme. Che carini, avrebbe detto qualcuno, ma no; erano pessimi. Erano maligni, nocivi. E li odiavo. Odiavo la felicità sul suo sorriso; il battito accelerato del cuore nel suo petto. Nel suo. In quello di lei. Lei che non ero io.
Poi lo accarezzava, passava la sua mano ossuta sul suo bel viso e i polpastrelli toccavano i capelli biondi di lui… Lui, che non era mio.
“Holly.”
Ecco, il momento che odiavo di più: i loro sguardi che si incrociavano mentre gli occhi si sorridevano, come due amanti che condividessero un segreto innocente ma prezioso. E lei sprizzava gioia da ogni fottutissimo foro, mentre lo guardava scherzare con gli altri e divertirsi.
Loro si divertivano, certo.
“Holly, mi senti!?”
Ma poi che diavolo ci trovava in lei? Quel prototipo di ragazza riuscito male, con i capelli di un colore indefinito –forse rame-, gli occhi celesti, belli sì, ma vuoti. Per non parlare del corpo.. Cristo non aveva tette! Era bassa, magra e piena di acne! Come diavolo faceva a piacergli!?
Non mi ero mai considerata miss Italia, io, ma di certo meglio di lei ero!
“Ma porca puzzola, Holly!”
“June!”
“Sono tre ore che ti sto chiamando!”
June… che dolce, June. Sempre con quell’espressione un po’ persa, un po’ pensierosa, che con quegli occhi verdi ti bloccava sul posto e appena apriva bocca ti stupiva per come riusciva a prendere subito il punto della questione. June ci sapeva fare con le parole, peccato che tutti i suoi sforzi sembravano dare pochi risultati con quel cerebroleso di Jack.
Non era una ragazza che si faceva notare per la sua esuberanza, tanto per la sua presenza. Quando entrava lei, di colpo l’atmosfera cambiava e tutto prendeva un significato diverso. June e tutte le sue paranoie ti facevano vedere oltre la semplice superficie… Ti entrava dentro, ecco.
Ed io ero fortunata ad averla come amica.
“Che c’è?”
“Volevo dirti che.. dopo devo parlarti.”
Era seria. Voleva dire che c’era da preoccuparsi.
“Se me lo dici così mi spaventi. Che è successo?”
“Qui no.” Mi congedò, alzandosi e dirigendosi dentro scuola.
Adesso riuscivo a vedere Abby che, nascosta dietro a June, prima non potevo scorgere.
“Tu sai cosa vuole dirmi?” Le chiesi quindi, cercando di estorcerle qualche informazione.
“Sì.” Anche lei era seria.
“E’ qualcosa di grave?”
Avevo il cuore a mille. Lo sapevo, erano riuscite a mettermi ansia. Bastarde, lo sapevano che ero una tipa curiosa!
Abby fece spallucce, ma lentamente; socchiuse di poco gli occhi e le pupille guardarono altrove mentre con i denti teneva stretto il labbro inferiore. Faceva sempre così quando c’era qualcosa di grave.
Abby era una tipa molto discreta, forse esageratamente ficcanaso, ma mai pettegola o criticona. I suoi occhi vispi, scuri come la pece, ti studiavano anima e corpo. Se quelli di June ti comprendevano e ti entravano dentro, quelli di Abby ti prendevano ed esaminavano con la cura più minuziosa. Dopo aver sottostato al suo sguardo attento, ti sentivi come svuotata, ma in senso buono. Come se avessi appena superato senza intoppi un test difficoltoso.
“Ma riguarda me?”
“Vai dentro.. Magari se becchi June al bagno te lo dice direttamente.” Mi consigliò e senza neanche salutarla e voltarmi a guardare gli altri, e loro, rientrai dentro.
Solo un’ultima risatina spensierata mi accompagnò fino all’interno.

§§§


Chissà se le avrebbe fatto piacere… Beh, io ci speravo.
Le collanine in fondo piacevano a tutte le ragazze o, almeno, a tutte le ragazze che avevo frequentato io, erano piaciute.
Ero stato uno sciocco. Lei non era come le altre. Dovevo trovare qualcosa di più originale, non soffermarmi sull’ovvio perché se dovevo aver capito almeno un’unica cosa di lei, era proprio quella di non essere mai ovvia. Mai scontata, mai monotona.
E il bello era che non sapevo se questo mi piaceva o meno. Sarebbe stata sempre una continua sfida, un mettersi alla prova continuo con lei, ma per il momento mi andava bene.
“Ehi Francine, hai visto June?” Beccai la rossa proprio mentre stava rientrando.
“I-io.. non so, aspetta.”
Era sconvolta, sul volto un’ombra scura di preoccupazione.
Cercai di non pensarci ed uscii fuori dove trovai tutti gli altri.
“Salve a tutti! Dove sono gli altri?” Salutai con un sorrisone.
Tutte facce da morti di fame. Neanche un sorriso, neanche un cenno… eppure ero uscito io! Io, che ero il ragazzo più popolare dell’istituto.
E che facevano questi? Non mi si cagavano di striscio?
“Ciao, John.” Ecco, almeno Abby si era accorta della mia presenza.
“Dove sono gli altri?” Ripetei, passando in rassegna tutto il muretto dove ci mettevano sempre nella pausa pranzo.
“Ehm… Fra un po’ credo che arriveranno.” Rispose sempre lei, con quel faccino adorabile e solare, ora però quasi accigliato.
Ma che avevano tutti?
“Oh, Jack, sai dov’è June? Volevo regalarle questa.” Gli dissi cercando di non fami sentire dagli altri, e tirando fuori la collanina con un ciondolo a stella, per ricordare la prima notte in cui ci siamo parlati.
Jack però non sembrò molto contento e con una smorfia schifata rispose: “June non porta ‘sta roba.”
“Che!? E perché?”
“Ma non ci hai fatto caso? Non porta bracciali, orecchini e collane. Non le piacciono, fidati. Si capisce, comunque.” Fece spallucce, minimizzando la sua accurata osservazione.
“E tu come lo sai, scusa.”
“Te l’ho detto: si capisce. Se la osservassi meglio invece di costruirti castelli per aria, te ne accorgeresti anche tu.” La sua espressione fintamente indifferente mi mandava sempre in bestia.
Avrei voluto urlargli: brutto coglione che non sei altro, se la osservassi meglio anche tu, ti accorgeresti che invece lei morirebbe per te!
Ma no, meglio starsi zitti.
Probabilmente ne sarebbe rimasto sconvolto e June mi avrebbe linciato.
Ma, diamine, che cretini che erano quei due! Lui stravedeva per lei, come se fosse la sua cucciola da proteggere, mentre lei pendeva praticamente dalle sue labbra… eppure non parlavano. Lei non gli diceva di amarlo e lui non le diceva di ricambiarla.
Me ne accorsi dal primo giorno in cui la conobbi, all’inizio dell’anno, quando si avvicinò timidamente a noi neanche fossimo degli dei e lanciava delle occhiate malcelate a Jack che invece si era irrigidito e l’aveva punzecchiata come se si sarebbe fatto bastare qualsiasi cosa pur di starle nuovamente accanto, pur di parlarle ancora e… Ma che cazzo di pensieri facevo!? A me che me ne fotteva? Avrei dovuto gioire se Jack non si filava June, così avrei avuto campo libero su di lei, però… Ecco: però.
Però lei era così sensibile, così…piccola. Sentivo che un altro po’ e Jack avrebbe potuto stritolarla con le sue manone. Avrebbe fatto di lei qualsiasi cosa volesse e nonostante ciò non riuscivo a placare la situazione. June mi piaceva, mi piaceva molto, ma lei apparteneva a Jack e le cose non sarebbero mai cambiate anche se avrei provato a fare qualunque cosa –persino mettermi in mezzo e far ingelosire ed infuriare mio cugino come un matto- per fermare il dolore che provava ogni giorno guardando in quegli occhi e accorgendosi che erano perennemente freddi, indifferenti.
“Quindi non gliela do?”
“Per me potresti anche bruciarla, John.”
“Tu la osservi molto, June, vero?”
Jack iniziò a tossire fino a diventare rosso peperone. Ooh! Finalmente ero riuscito a levargli quell’espressione del cazzo dalla faccia!
“M-ma che cazzo dici!?” Balbettò, riprendendo a respirare normalmente.
“Quello che ho detto.” Sorrisi, lasciandolo basito.
“Io non la osservo proprio!”
Si stava incazzando, proprio come previsto.
Ormai lo conosceva così bene che suo cugino era diventato quasi prevedibile.
“Ah beh, peccato. Ti perderesti mooolte cose.”
“De-del tipo?” Deglutì, reprimendo la curiosità.
“E che te le dico a fare? Tanto a te non interessa, no?” Inarcai un sopracciglio e feci il classico sorrisetto da chi la sapeva lunga.
“Ehm.. sì, hai ragione. A me non interessa.”
“Già…” lo sbirciai di sottecchi, “Però carina la maglietta rosa che ha oggi, vero?”
Lanciata l’esca.
“E’ azzurra, daltonico. Lei non indossa mai il rosa, non le piace.”
…E il pesce aveva abboccato.
“Ooh! Vaffanculo, John!”
Scoppiai a ridere come uno scemo.
Piccolo momento d’ilarità.. prima dell’uragano.

§§§


Sesso. Fare l’amore. Scopare. Fottere. Impantanare.
Come si voleva chiamare, non faceva differenza.
L’avevano fatto. Sì, ed il mio cuore come previsto era precipitato.
Avevo sentito proprio un gran boom e l’improvvisa oscurità.
Se prima faceva male… adesso lacerava.
Alla notizia ero stata immediatamente avvolta dalla tristezza, dalla delusione; ma soprattutto dalla consapevolezza che ormai era troppo tardi.
E l’avevano fatto.
Maggie era riuscita a portarmi via Chase.
Il mio Chase, che mio non è.
E mai lo sarebbe stato.
Infine, come un vulcano pronto ad eruttare, la furia che mi ero tenuta dentro in quei mesi, uscì fuori come un’esplosione.
E il boom si era trasformato in qualcos’altro.. forse in un bang, forse semplicemente in un grido di battaglia. Una battaglia già persa ma che non era mai stata combattuta.
E anche se tardi, quello era il momento di affrontarla.
“Holly, aspetta, che vuoi fare!?” June cercò di fermarmi per un braccio, ma lo strattonai talmente forte che uscendo quasi me la trascinai dietro.
Lorocontinuavano a ridere spensierati, a farsi le coccole e a guardarsi in quel modo odioso.
Il segreto innocente –che tanto innocente non era proprio- e prezioso adesso l’avevo saputo anche io. Ed ora erano cazzi amari.
Abby appena mi vide si alzò prontamente per pararsi di fronte a me.
Eh brave le mie amiche. Una che mi teneva le braccia e l’altra che mi bloccava da davanti.
Mi conoscevano bene, allora, sapevano che ero anche capace di voler ammazzare di botte qualcuno.
“Holly, ma che hai?” Maggie e la sua stupidissima espressione sorpresa mi chiesero cos’avessi.
Ora te lo dico brutta troia!
“Oh, dovresti saperlo, razza di vipera succhia vite!” Sbottai, sotto gli occhi di tutti.
Jack, Francine, Alicia, Freddie, Abby, June, John e… Chase.
“Ma che diavolo dici?”
“ME L’HAI PORTATO VIA! TI SEI PRESA ANCHE LUI!”
Sentivo la pelle andare a fuoco, la gola bruciare e gli occhi troppo piccoli per contenere le lacrime che bussavano prepotenti.
“I-io.. avrei voluto dirtelo, credimi!”
Eh, no carina, ora non ti mettere a piangere. Ora non fai la vittima… Altrimenti mi istighi ancora di più dallo scroccarti un bel pugno fra capo e collo.
“Ma credimi cosa!? Tu lo sapevi! Hai sempre saputo quello che provavo per lui e hai sempre fatto finta di niente! E ora sei andata oltre! Oltre ogni limite e te lo sei preso! PUTTANA!”
“Holly! Mi dispiace!”
Ecco. Stava piangendo.
“Ma non ti fai schifo, eh!? Non ti senti una merda per quello che mi hai fatto!?”
“Ma cosa potevo farci io!? Lui AMA ME! Non te, non vuole te!”
No, davvero, ancora oggi, quando mi capita di raccontarlo, non so descrivere bene cosa mi mosse.
Ma fatto sta che dopo neanche cinque minuti, mi ritrovai il suo sangue sulle mie nocchie.
Ebbene sì, le avevo sganciato un pugno sul naso, ed ora Chase la sosteneva preoccupato.
“Holly!”
June mi stava venendo vicino per bloccarmi nuovamente ma non la vidi, sentendo solo le parole biascicare di Maggie “Lui AMA ME! Non te, non vuole te!” e per la rabbia colpii anche lei. Le diedi una potente gomitata sullo stomaco e la feci cadere a terra.
E anche quello fu un attimo. Mi voltai per vedere come stava June, per chiederle scusa, aiutarla a rialzarsi; quando Maggie, da dietro, mi afferrò per i capelli.
Me li tirava e stringeva così forte che credetti di poter rimanere pelata.
Per levarmela di dosso poi, dovetti ovviamente riempirla ancora e ancora di pugni e calci.. fino a quando non fummo separate.
Non era June o Abby a trattenermi perché di certo quelle braccia calde e forti non potevano essere femminili.
Mi presero per le braccia e poi mi afferrarono la vita, stringendomi forte e quasi sollevandomi, sussurrandomi poi, dolcemente all’orecchio: “Stai calma, calma..”
John.
Erano le braccia di John. Il calore di John. La voce di John.
E mi calmai; improvvisamente il respiro affannato –quasi da bestia- si placò ed il rossore si attenuò. Ma il caldo rimase e John non sembrava volermi lascare andare.
“Tu sei pazza, Holly! Non ti credevo così!”
Però poi le parole di Chase riuscirono a farmi sprofondare di nuovo. Giù, giù.. sempre più in basso.
Nel fondo dell’oceano più freddo e più scuro.
Ed i suoi occhi.. quel celeste sempre bello e felice… ora era arrabbiato, deluso. Quasi schifato.
Da me.
Gli facevo schifo io.. Io!?
Io che lo avevo sempre amato in silenzio, senza pretese.
Io che avevo tollerato molto di più… Io gli facevo schifo.
“Andiamo Holly; andiamo via…” John, tenendomi ancora stretta a sé, mi portò via dalla scena dal delitto, da tutti quegli occhi spaventati, sopresi, accigliati… Semplicemente: mi portò via.

§§§


“Ora mi odieranno tutti.” Brontolò lei, trattenendo un altro sussulto a causa della medicazione.
Le stavo tamponando ancora il graffio che le aveva fatto sullo zigomo Maggie, mentre Holly cercava di trattenere le lacrime ed il dispiacere per l’accaduto.
“Non ti odierà nessuno.” Ripetei, come una cantilena.
“Tu non hai visto le loro facce… Erano… Oddio, mi guardavano come se fossi un mostro!”
Ora le lacrime scendevano giù fino alle labbra, bagnando un po’ anche la garza che stavo cercando di metterle.
“Le ho viste, e nessuna era così esagerata.”
“No, John, ti sbagli! Erano terrorizzati! Ed io non sono nemmeno così, devi credermi! Io non faccio certe cose, io non mi comporto così. Cerco sempre di trovare un accordo con le parole e spesso mi tiro pure indietro per paura di andare a finire a litigare… Io non sono così.. non sono così.” La voce era incrinata ed i suoi grandi occhioni neri erano spalancati e pieni di lacrime.
Faceva una tenerezza immensa; quasi non sembrava quella belva che fino a pochi minuti prima aveva assalito Maggie.
“Allora è un bene che hai tirato fuori tutta la tua rabbia. Succede questo quando si tiene per troppo tempo tutto dentro.”
“Perché lo stai facendo, John? Perché sei qui con me ora e non sei con gli altri a vedere come sta June e come ho ridotto Maggie? Io dovrei stare sola a leccarmi le ferite senza nessun altro.”
Quanto sei sciocca.
E quanto era bella. Ora, piena di lividi, col trucco calato, gli occhi rossi ed il viso bagnato: era bellissima. Una vera selvaggia, come mai se l’era immaginata. Holly, mentre picchiava e gridava tutte le sue emozioni in faccia a Maggie, mi aveva fatto pensare che anche io avrei tanto voluto farlo un giorno. Gridare contro tutte le critiche, tutte le aspettative che avevano i miei su di me, contro le chiacchiere di corridoio e contro al destino che mi aveva sempre fatto ritrovare da solo.
Avevo visto in Holly ciò che un giorno avrei voluto diventare. Una furia, una tempesta di sensazioni scatenate così, all’improvviso.
Mi aveva praticamente sconvolto più quanto le parole profonde di June avessero mai fatto.
“Ma che dici? June non si è fatta molto e poi non è la tipa da lamentarsi, soprattutto se Jack è riuscito a sostenerla prima che cadesse a terra.”
“Non è caduta a terra?”
“Non hai visto? Jack è stato più veloce di Edward Cullen, quasi!” Sorrisi più apertamente accorgendomi di averla fatta ridere, “Poi riguardo a Maggie.. Bah, non mi interessa proprio di lei. Tu stai messa peggio.”
“Scherzi, vero? Ma hai visto che le ho fatto? Sono fortunata se non ha il naso e le costole rotte.” Disse, agitando le mani e mettendo su un finto broncio ancora più adorabile.
Holly aveva delle labbra da schianto, proprio. Bellissime, sembravano disegnate, col labbro superiore leggermente alzato e piene, rosse. Belle, belle.
Sorrisi. “Ma io non parlavo del corpo, ma di questo.” Indicai col dito la parte sinistra del suo petto.
Proprio lì, dove si trovava il cuore.
Lei mi guardava, ora, con un’espressione da bambina spaesata. Sarebbe stato bello rubargliela con un bacio.
“Scommetto che ora sarai distrutta.”
Abbassò subito lo sguardo, privandomi dei suoi occhi.
Poi, annuì piano piano. “Sono a pezzi.” La sua voce tremò ancora.
“Vieni qui, avanti.” Allargai le braccia e senza alcuna esitazione, la strinsi nuovamente forte a me.
Il suo odore mi entrò nelle narici e più su… M’inebriò.
“Ho un regalo per te.” Sorrisi, poi, allungando un braccio per tastarmi le tasche dei jeans.
“U-un regalo? Per me? E perché?” Alzò finalmente il viso, buttando i suoi occhi nei miei.
Dio, stavo per annegare in quel buio stupendo.
Senza risponderle, poi, tirai fuori l’oggetto che cercavo.
“Uuuh! Che bella!! Adoro le collanine!”
I suoi occhi ora brillarono e se la fece mettere al collo, ancora elettrizzata come una bimba il giorno di Natale. E mai, mai, soddisfazione fu più grande nel rivedere il sorriso sul suo bellissimo volto.

§§§


“Ti fa ancora male?” Chiese lui, guardandomi con sufficienza.
“No, non sono mica fatta di carta, io.” Borbottai, guardandolo male.
“Hai ragione. La carta è più resistente.” Sorrise, facendomi deglutire a vuoto.
Persino quando m’infastidiva era bellissimo.
“Sei cattivo.”
“E tu sei una mocciosa.”
Ero su uno dei lettini dell’infermeria, mentre Jack era seduto accanto a me.
“Jack.. grazie. Prima, se non ci fossi stato tu mi sarei fatta davvero male.”
Cercavo di non guardarlo troppo negli occhi, per paura di confermare ancora le sue supposizioni, così presi ad armeggiare con la bustina di antidolorifici che mi aveva dato l’infermiera.
Soffrivo di mal di stomaco da quand’ero piccola, e diciamo che il ciclo mestruale non aveva aiutato le cose.
Figurarsi la gomitata di Holly…
Holly, chissà come stava Holly.
“Sì, lo so, se non ci fossi io a quest’ora staresti già all’obitorio.”
“Ehi! Non esageriamo adesso! Non sono così imbranata!”
“No, sei solo troppo pensosa.”
“Senti chi parla!”
“Io almeno gli occhi li tengo aperti. Ti ricordi quando eravamo andati a quel mercato e sei caduta così, all’improvviso, da ferma!? Poi davanti a tutti!”
Sì, eccome se lo ricordavo. Ricordavo esattamente che era stato quello il preciso istante in cui la consapevolezza di essermi forse innamorata di lui mi aveva presa alla sprovvista. Così tanto che mi fece persino cadere a terra.. beh, quasi. Perché anche quella volta mi aveva sorretta lui.
“Avevo avuto un mancamento.” Mentii, facendolo ridere ancora di più.
Quant’era bella la sua risata…
“June…” Ora era serio, però. “Ieri, quando ho detto quella cosa…”
Quella cosa.
Che ero innamorata di lui.
“Jack, perché l’hai detta?” Lo bloccai subito, col cuore a mille.
Le opzioni potevano essere queste:

A) Non lo sapeva e stava scherzando, così, per prendermi in giro.
B) Aveva qualche dubbio e con un bluff voleva farmi confessare.
C) Lo sapeva e basta, e senza bisogno di troppi giri di parole, me lo aveva detto.
“E’ vero?” Rispose però lui, con un’altra domanda.
Amore è una parola grande e so quanto tu ne abbia paura, Jack.”
“Appunto. Per questo spero di essermi sbagliato.”
Boom.
“Lo speri?” Cuore in gola, stretta più forte allo stomaco già ormai distrutto.
“S-sì…”
“Beh, allora è così. Non ti amo, Jack.”
Ed il cuore continuava a sanguinare, a sanguinare…




ANGOLO AUTRICE:
Capitolo dedicato ad Holly e John, due dei personaggi a cui sono molto affezionata :)
Spero non sia stato troppo pesante perché ho lasciato un po' da parte la coppia principale, ma ogni tanto qualche stacco ci vuole, ecco!
Mi scuso ancora per il ritardo ma ultimamente non mi è stato proprio possibile usare il computer u_u
Poi, per chi volesse bastonarmi anche on-line, ho creato un contatto facebook, forse provvisorio, poi chissà... -->
Doll_ Efp
Grazie infinitamente a chi mi segue ancora e continua a commentare!
Un bacionissimo! :)
PS: scusate per eventuali orrori grammaticali, ma non ho proprio riletto e ho voluto aggiornare in fretta prima di uscire ._.

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Capitolo 14
*** Silly Boy ***


Silly Boy

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Io non capivo davvero cosa ci trovava la gente nelle macchinette. Vabè che io ero strana, però che mi significava andare a spendere soldi per delle merendine disgustose che poi non facevano altro che aumentare la tua fame? Era contro natura, praticamente.
Però a Jack piacevano, quindi se guardarlo trangugiare le peggiori schifezze mi permetteva di stargli accanto, allora avrei sofferto volentieri.
Dopo la discussione in infermeria della settimana prima –sì, era già passata una settimana-, non toccammo più quell’argomento ed in un tacito accordo, decidemmo di provare ad essere semplici amici.
Ma col cavolo che ci riuscivo, io! Soprattutto quando lo vedevo parlare con altre galline o quando queste –come in quel preciso istante- gli ronzavano attorno stile api col miele.
Già, erano un incrocio fra galline e api.
Quindi… Galliapi, no, Apilline… che!?
No, no.. ci serviva qualcosa di più originale…
“Ci sarai alla festa in maschera, Jack?” Gli chiese la bionda slavata alla sua destra, toccandogli inavvertitamente il braccio. In verità glielo aveva a malapena sfiorato, ma il mio radar lo aveva captato, catturato e fulminato letteralmente con lo sguardo.
“Faccio parte del comitato, come potrei mancare?” Rispose lui, con mezza merendina in bocca.
Il solito maleducato.
“Ohh, e hai già deciso da che vestirti?” Questa era la mora che lo stuprava praticamente con gli occhi da cerbiatta, mentre faceva ondeggiare le lunghissime ciglia su e giù, su e giù…
“Mmh.. non so, ancora devo decidere.” Scrollò le spalle, aprendo un pacchetto di patatine.
Il significato nascosto di tutte quelle risposte di Jack era, in realtà: “Andatevene a quel paese e lasciatemi mangiare in pace, razza di imbecilli”. Ma era ovvio che loro non volevano vederlo.
Però era palese, eh.
“E con chi ci andrai?”
Mmh.. stavolta la biondina aveva fatto la domanda giusta.
Io, che mi ero quasi nascosta dietro la schiena di Jack, mi sporsi leggermente per sentire meglio la sua risposta quando una pacca bella potente non mi slogò quasi una spalla, facendomi cadere letteralmente addosso a Jack.
“Ehi, June!”
Mi voltai. “John! Ma sei impazzito?!” Voce bassa ma acuta.
“Sai dov’è Holly?” Lui fece bellamente finta di non sentirmi.
“Holly? N-non so.. prova a cercarla nell’aula 11.”
“Grazie! Ci vediamo all’uscita.” Mi sorrise e si diresse verso la direzioni indicata mentre io, super curiosa di sapere cosa stava per rispondere Jack, mi voltai di scatto ritrovandomelo a due centimetri dal viso.
Accidenti, le ragazze si erano già dileguate –strano che mi dispiacesse, poi- e la conversazione era evidentemente già finita prima che potessi ascoltare.
“Jack!”
“June… Stavi origliando?”
“Eh? Macché! Se sei stato tu a chiedermi di accompagnarti alla macchinetta, poi! Se ti sei dimenticato di me non è un problema mio, sai?”
Le parole mi uscirono così di getto che solo dopo aver finito compresi il sorrisetto bastardo che aveva lui sul viso.
“Riprendi fiato, mocciosa. Io non mi sono dimenticato di te, ma sono convinto che ti avrebbero annoiata quelle due.”
Non risposi, non c’era bisogno. Feci una smorfia e scrollai le spalle quasi imitandolo.
Stare a stretto contatto con Jack faceva male alla salute.
Senza ancora dire niente ci dirigemmo sulle scalette anti-incendio e ci sedemmo sotto il sole che tentava di riscaldare un po’ l’ambiente umido.
“Allora? Con chi ci vai alla festa?” Decisi di buttarmi, ingoiando tutta la mia dignità.
“Nessuno.”
“Come nessuno?”
“Non è obbligatorio invitare qualcuno, sai?” Sorrise lui, facendomi il verso.
Il sole, che gli finiva un po’ sugli occhi, lo costringeva a tenere la testa bassa, ma questo, per il momento, non faceva che rendermi sollevata perché quelle poche volte che mi guardava, il chiaro delle sue iridi mi penetrava da parte a parte.
“Scommetto che hai l’imbarazzo della scelta, eh?” Gli chiesi, facendogli gomito gomito, mentre dentro di me urlavo a più non posso contro tutte le galliapi che gli andavano dietro.
“E tu con chi vai?”
Voce ferma e occhi addosso. Non stava sorridendo e aspettava con una calma da serial-killer, la mia risposta.
“Ehm.. i-io.. non mi ha ancora invitata nessuno.”
Invitami tu, invitami tu, invitami tu, invitami tu…
“Oh, bene.”
Doh!
“Bene? Non è un bene. Le mie amiche hanno tutti un accompagnatore.”
“Le tue amiche chi?”
Ovviamente Jack e la sua poca attenzione verso il mondo esterno non potevano mancare ogni tanto.
“Come chi!? Abby va con Freddie, Maggie va con Chase e penso che John vada con Holly.”
Il thè che aveva appena iniziato a bere finì a gocce, stile fontanella, sulle mie gambe e la maglietta di entrambi.
“Che schifo, Jack!”
“Sc-scusa, ma… John, con Holly??”
Se non fosse stata per la sua espressione esilarante, sarei stata ancora infuriata per avermi sputato mezzo contenuto della bottiglietta addosso.
“Sì, perché? Che c’è di strano?”
“Sei sicura che non gli spacchi il naso anche a lui?”
“Ohh, e questa cos’era, una battuta per caso? Allora sai essere anche simpatico, a volte.” Sorrisi, punzecchiandolo con un dito.
“Solo quando voglio io.” Sorrise anche lui, afferrandomi il dito e tirandomi a sé per poi fare una cosa stranissima… Una cosa non da Jack.
Per abbracciarmi.
“J-Jack?” Deglutii, col cuore a mille.
“Shh, non rovinare sempre tutto con la tua linguaccia.” Mi strinse di più, scaldandomi maggiormente.
Era.. bellissimo. Per questo non mi arrabbiai quando disse quella frase.
Da quanto era che non rimanevamo abbracciati così per un po’? A me sembrava essere passata una vita.
“Perché hai così tanta paura di essere amato, Jack?”
Sentivo che era il momento giusto per parlarne e che questa volta non mi sarei fatta scappare l’occasione.
“Quando qualcuno ama, di solito pretende sempre qualcosa. Io sono semplicemente sicuro che quel qualcosa non sarò mai in grado di darlo.” Spiegò, a bassa voce, come per non sciupare l’atmosfera serena.
“Ti sbagli, Jack. L’amore è fatto anche di questo, sai? Un abbraccio, una carezza… L’amore non è pretesa, anzi! E’ accettare con pregi, ma soprattutto con difetti, la persona che si vuole avere accanto per il resto della vita.”
Vuoto. Jack mi staccò da sé come se quell’abbraccio fosse significato davvero amore.
Beh, sì, forse per me era così. Ma sentivo che lui non era pronto, e lo comprendevo. Ecco il paradosso.
Ne accettavo il motivo e sarei stata disposta ad aspettarlo a qualunque costo.
“Il resto della vita? Ma ti senti? Parli come una delle protagoniste delle favole. Il per sempre felici e contenti, non esiste, June. L’amore può cambiare e le persone possono stufarsi. Dai retta a me, io ho un caratteraccio e proprio perché ne sono cosciente, risparmio agli altri di soffrirne insieme a me o, ancora peggio, al posto mio.” Non era alterato, solo scettico, con la classica nota sarcastica insita in ogni parola.
Io soffrirei con te. Io soffrirei anche al posto tuo.
“E quando sarai tu ad innamorarti, che farai? Scapperai come fai sempre o affronterai i tuoi sentimenti, cercando di cambiare per il bene di entrambi? Pensi davvero di poter vivere per sempre senza amore? Questo è assolutamente ridicolo, Jackie.”
Il tono della mia voce invece era calmo, pacato e dolce. Jack in certi discorsi si sentiva come una belva messa con le spalle al muro, senza via di fuga o un rifugio in cui nascondersi; per questo bisognava essere cauti e fargli capire che non c’era nulla da temere: che ero solo io.
“Io lo spero, veramente, di innamorarmi e soprattutto di rendere felice la persona a cui dedicherò questo amore. Ma ora ho paura e gli esempi che mi hanno cresciuto non sono stati dei migliori.”
“Parli dei tuoi?”
Attenta, June, campo minato.
“Dei miei nonni, dei miei zii… Solo mia cugina è riuscita a evadere e a trovare la persona con cui condividere il resto della vita.” Sorrise, come a prendermi in giro, “Io ci spero, ci spero davvero June. E non ho paura di non essere all’altezza, ma che sia quella persona, un giorno, a non essere all’altezza del mio amore.”
“Lo credo anche io, Jack. Perché lo vedo che dentro di te, in realtà, c’è tantissimo amore. Ma non devi farti frenare dalla tua famiglia. Tu sei tu, e loro sono loro. Se continui così li lascerai vincere.”
Silenzio. Jack aveva abbassato nuovamente la testa.
“Nessuno dei miei parenti si è sposato per amore. Mia madre dice che l’amore causa solo tanti problemi. Me lo ha sempre detto e come pensi possa nascere un bambino in un ambiente simile?”
L’ultima frase era quasi un ringhio e adesso l’azzurro delle sue iridi era incastrato con il verde delle mie.
“Questo è terribile, però l’amore non si ferma a questo, sai? L’amore fa tutto da solo, indipendentemente dall’ambiente in cui sei cresciuto.” Gli sorrisi, prendendogli la mano in un gesto istintivo.
La strinsi, la accarezzai. Sembrava così indifeso adesso.
“Parli come fossi già innamorata.”
“Se pure fosse?”
Quelle adesso erano saette. Era rabbia, mischiata a qualcos’altro… rancore?
Chi?” E la cosa peggiore era la voce: bassa e profonda. Sì, proprio da serial-killer.
“Ho detto se pure fosse, non che sia così.” Cercai di sorridergli, ma le bugie ormai stavano traboccando.
La sua mano si fece gelida, immobile.. senza vita. Come i suoi occhi.
“Mi stai mentendo. L’ho capito, sai? Non sono stupido. Ti sei innamorata di qualcuno, vero? Di qualcun altro.”
Di qualcun altro.
Qualcun altro… oltre lui?
Un sospiro smorzato: solo questo fui in grado di far uscire.
“T-tu.. tu non puoi.. essere.. essere arrabbiato per questo. N-non ha senso.” Balbettai, in preda al panico.
Incredibile come in pochi minuti riuscivamo ad essere rilassati e, poco dopo, furiosi.
“Dimmi chi è, June. Dimmelo…” E come se non bastasse: “Ti prego.
In quel ti prego c’era tutto. C’era la frustrazione di un ragazzo che temeva un nuovo sentimento e nell’incertezza si buttava nell’indifferenza. C’era un bambino al quale era stato insegnato a non amare e c’era un uomo. Un uomo che ora si bloccava e reprimeva il suo amore.
C’era tutto questo, ed io non riuscii a bloccare le parole.
“Sì, Jack. C’è qualcuno, e lo amo con tutta me stessa.” Deglutii, notando il cambiamento nei suoi occhi.
Lentamente, da arrabbiati passarono a stupiti, poi, piano piano… a delusi. E infine spenti, vuoti, come senza più speranze. Erano persi.
“Per questo venivi con me? Per cercare di dimenticare lui? Oppure, ancora peggio, per farlo ingelosire? E’ così, June? Mi hai usato solo per questo?”
Si alzò. La voce non aveva nessun tono e parlava come se dentro non avesse anima.
“No, Jack! Non capisci!” Mi alzai anche io per fronteggiarlo.
“E com’è? Com’è lui? Meglio di me? Riesce a darti quello che ti do io? Sa farti sentire come ti faccio sentire io? Sa farti ridere, piangere, godere e.. e…”
“Amare?” Lo interruppi, continuando la sua frase e avanzando verso di lui, facendolo però indietreggiare. “Sa farmi amare, come fai tu? Sì, riesce a fare questo e molto più, Jack. Perché tu non te ne rendi conto di ciò che scaturisci.. di come mi fai sentire.”
Capiscilo, diamine, capiscilo!
“Quindi è meglio di me.”
Abbattuto. La bestia era stata catturata. Sì, non uccisa, ma ancora peggio: catturata. Era stata messa definitivamente in gabbia, costretta a vedere scorrere fuori un mondo che non sarebbe più stato suo.
Che non avrebbe più potuto vivere appieno.
E ora lo rimpiangeva e si disperava, pensando che poteva fare di più: che poteva goderselo di più, quel mondo che ormai aveva perso.
Quello che però non riusciva a vedere era che nella gabbia c’era finita di sua spontanea volontà. No, questo ancora non riusciva ad accettarlo. E aveva anche la chiave, ma ormai era troppo impegnata a concentrarsi su ciò che c’era fuori per rendersi conto di quel che aveva sotto i suoi occhi.
E c’ero io. C’ero io, sotto i suoi occhi.
“Jack.. no… Io amo t-”
“Ragazzi, su entrate. L’intervallo è finito.”
Razza di brutta e cicciona bidella mangia crostatine e cioccolatini che non pulisce mai le stanze con la scusa che tanto le avremmo risporcate! Proprio adesso dovevi venire, quando in tutti questi anni non hai mai mosso il tuo culone per svolgere almeno un quarto del tuo lavoro!?
“Oh, ehm.. sì.”
Abbassai lo sguardo e tentai di rientrare quando la sua mano mi bloccò per un polso.
“Scoprirò chi è, June. E quando lo farò… Meglio se non ti dico quello che combino.”
Era una minaccia bella e buono ed io, temevo che avrebbe combinato davvero un casino anche se fosse venuto a sapere che il soggetto era effettivamente lui.
 

§§§

 
“Sei sicura, Alicia? Non pensi che sia… troppo?”
Mi giravo e rigiravo davanti allo specchio guardandomi da ogni angolazione per trovare un minimo difetto a quel vestito perfetto.. ma anche troppo sexy.
“Troppo, cosa, June? Ti sta benissimo!” Squittì lei, battendosi le mani da sola e facendo ridacchiare tutte.
Noi ragazze avevamo deciso di incontrarci, prima della festa, nella casa immensa di Alicia per sistemarci ed usufruire dei suoi consigli e, soprattutto, dei suoi trucchi super costosi.
“Alicia ha ragione, June.” Assentì Francine, piastrandosi i capelli.
Eh ti pareva che non le dava ragione!
Nel momento in cui Alicia si abbassava per prendere un paio di scarpe, lanciai un reggiseno qualunque in faccia a Francine, seguito poi da una smorfia derisoria ed un verso con i contro fiocchi: “Alicia ha ragione, June, gnì-gnì-gnì.”
“Perché ridete?” Alicia si era rialzata con un espressione confusa, date le nostre risa implacabili.
“N-niente.. n-non pr-preoccuparti, Al!” Disse Francine, portandosi una mano alla bocca.
“Che ne pensate? Ta-daan!
Holly era appena apparsa vestita da Pocahontas, in tutto il suo splendore.
Con tanto di collanina e capelli lunghi e neri dietro la schiena.
Avevamo deciso tutte di vestirci come le principesse Disney e, andando ad esclusione, a me era capitata Biancaneve.
Francine ovviamente non poteva non essere la Sirenetta mentre Alicia Jasmine di Aladdin, e Abby Belle di La bella e la bestia. Non a caso chiamava proprio Bestia il suo Freddie.
“Penso che moriremo di freddo appena usciremo.” Borbottai, guardandomi la gonna corta.
“Io no!” Sorrise compiaciuta, Abby, rimirandosi invece il vestito color oro, lungo fino alle scarpette dello stesso colore.
“Io invece creperò direttamente.” Commentò Francine, con solo il top verde acqua addosso, ed una finta pinna che si apriva per far uscire i piedi.
“Sei bellissima, Francine. Appena entrerai in sala ti dimenticherai subito del freddo.” Le sorrise la sua amica.
Inutile dire che gli occhi della rossa si addolcirono incredibilmente a quella frase.
“G-grazie Alicia.” Deglutì, cercando di sorriderle come meglio poteva.
“Bene! E’ ora di andare, siamo già in ritardo!” Gridò poi questa, voltando le spalle allo sguardo innamorato perso di Francine e dedicando l’attenzione a tutt’altro.
“Freddie mi ha chiamata tipo cinquanta volte.” Sbarrò gli occhi, Abby, guardando il cellulare.
“Di che cosa si è vestito? Non mi dire che gli hai fatto davvero mettere la maschera da bestia!” Chiese Holly, ridacchiando all’immagine.
“No, no… Si è rifiutato. Però il vestito blu elegante ce l’ha e penso gli stia benissimo.”
“Non l’hai visto?”
“No. Neanche lui ha visto me. E’ una sorpresa per entrambi.” Sorrise, con gli occhi pieni di luce.
Abby era bellissima e raggiante quella sera.
Solo io, forse, ero l’unica con l’espressione da morta e l’umore sotto terra.
“John era indeciso se vestirsi come il biondo del primo cartone, o il rosso del secondo. Alla fine ha detto che sceglieva la via di mezzo: il castano, perché non voleva fare il cornuto. Tanto per farvi capire quanto può essere scemo.” Rise, trascinando tutte noi, malgrado la mia pessima aurea.
“Ma state insieme?” Chiese poi Alicia, passandosi l’ultima volta il mascara sulle ciglia.
“N-no, no! Macché… lui è solo un amico. Un ottimo amico… ma è presto.”
E’ presto perché c’è ancora Chase nel mio cuore, avrebbe voluto dire la mia amica. Le si leggeva praticamente in fronte, ma decise di evitare accuratamente quel doloroso discorso.
Ma di una cosa ero convinta: John si stava pian piano facendo posto nel cuore di Holly e questo non poteva rendermi altro che felice.
Maggie si era vestita da Cenerentola e Chase dal suo principe, ma aveva constatato che fosse meglio sistemarsi a casa sua, invece che condividere la stessa camera con Holly.
“Ah beh, io non vi capisco proprio. Se uno vi piace, vi ci mettete insieme e basta!”
Il consiglio brutale di Alicia, ovviamente, non fece altro che far scappare risatine amare da chiunque.
“La fai facile tu.” Disse Holly, mettendosi il cappotto.
“Scusa eh, a te chi piace June? Puoi dirlo sai, io non ne farò parola con nessuno.”
Oh, merda.
“N-nessuno, Alicia…”
“Impossibile. Vabè, non me lo vuoi dire. Comunque se ti piace ‘sto tizio ti consiglierei apertamente di farti avanti. Magari proprio stasera che sei così sexy. Fallo impazzire!”

 
 
Angolo Autrice:
Il capitolo è corto, ma ho dovuto necessariamente tagliarlo perché nel prossimo dovrò raccontare della festa in maschera e probabilmente mi servirà un po’ di spazio. Poi volevo aggiornare in tempo, così… ta-daan! Spero vi piaccia anche se non è un granché.
Ricordo, inoltre, il mio indirizzo facebook dove potrete parlarmi o consigliarmi quanto volete -> Doll Efp
Un bacionissimo, e prego affinché ci siano più commenti dell’altro capitolo! ;)

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Capitolo 15
*** The Costume Party - part I ***


The Costume Party – part I

 

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Fallo impazzire, sì, come no.
Giusto una come Alicia poteva darmi un consiglio simile. Lei non sapeva neanche cosa fossero i problemi di cuore… Ed io ci sguazzavo dentro letteralmente.
Stavamo scendendo tutte le scale della villa di Alicia, appunto, per dirigerci fuori e andare con le macchine dei nostri –cioè loro- accompagnatori –io mi sarei aggregata ad Abby e Freddie- quando questa aprì il portone ed una visuale agghiacciante mi bloccò sull’uscio.
“Jack? Che ci fai qui?” Francine diede voce ai miei pensieri.
Lui scrollò le spalle ed aprì lo sportello dell’auto… e se l’infarto non mi era venuto vedendolo davanti casa di Alicia in un completo più che sexy; la visione che mi apparì dopo, avrebbe dovuto proprio uccidermi.
“Ciao ragazzi!” squittì Charlotte –sì, proprio lei- in un vestitino striminzito da ballerina di danza classica, mentre con una mano accarezzava il braccio del mio Jack, “Scusate se mi sono presentata qui senza avvertire ma Jack mi ha invitata all’ultimo momento. Pensate che mi faranno entrare lo stesso, anche se non sono della vostra scuola?” Chiese, col solito accento francese che mi causò un non trascurabile tic all’occhio.
Con quel vestitino da battona, pensai, ti faranno entrare ovunque.
“Oh, beh.. penso di sì.” Balbettò Holly, voltandosi verso di me e prendendomi la mano per stringerla forte, come se volesse condividere con me la propria forza.
Io la staccai velocemente e senza farmi notare mi diressi verso la macchina di Freddie che guardava la scena sconvolto affianco a John.
“Andiamo?” Borbottai, una volta di fronte a lui, seguita da Abby.
“Sì, andiamo.” Disse lei, rafforzando il mio ordine.
“Già andate via?”
Questo era Jack, che fino a quel momento non aveva aperto bocca e che con aria disinvolta ed un espressione da schiaffi si era voltato verso di noi.
In quell’istante capii perché non aveva parlato, associandolo al suo traballare e ai suoi capelli più in disordine del solito.
Aveva bevuto… insieme alla sgualdrina, magari. E poi avevano anche scopato, ma sì.
Il mio umore calò ancor più del possibile.
Deglutii “La festa sta per iniziare, Jack.”
“E neanche mi saluti?” Farfugliò, parandomisi di fronte.
“Do-dobbiamo andare…” Balbettai in preda ad un attacco d’ira e imbarazzo.
“Ti sto chiedendo solo un bacino, Junery..” Strascicò ancora, alitandomi addosso l’odore di alcol e tabacco.
Addosso avevo un enorme giubbotto che mi copriva il vestito e mi teneva al caldo, ma Jack mi aveva afferrato le braccia tanto forte che avrei scommesso mi sarebbero venuti i lividi.
“Jack, lasciala stare, ora dobbiamo andare.” John aveva preso suo cugino per un braccio e, rubando un po’ della sua attenzione, lo aveva convinto a lasciarmi andare non prima di aver biascicato:
“Ci sarà stasera il tuo fottuto amichetto, June?” risata amara, classica degli antagonisti della Disney pronti a dire qualche cattiveria malvagia, “Voglio proprio vedere la faccia che farà quando gli dirò che quando cerchi di non pensare a lui” e adesso si era avvicinato; un centimetro dal mio viso per far sentire solo a me ciò che disse dopo, “ti fai scopare a sangue da me.”

Non ricordo cosa mi tenne bloccata poco dopo; seppi solo che ero così sconvolta e ferita e arrabbiata e delusa, che la mano si mosse da sola, e lo schiaffo uscì più potente di quanto mi aspettavo.
Tanto potente da fargli voltare la faccia di lato.
“Sei un cretino.” Sibilai, puntando i miei occhi nei suoi, che ora sembravano quasi pentiti e guardavano a terra come se la mia vista li ferisse.
Qualche minuto dopo mi avevano praticamente chiusa in macchina e spedita alla festa come un pacco postale… La festa, giusto.
E chi cavolo ci voleva andare dopo quella brutta botta!?
“Riportatemi a casa.” Ordinai ad Abby e Freddie.
“Cosa!? Non se ne parla nemmeno, June! Tu verrai con noi e ti divertirai fino a far sentire Jack, ancora più merda di quanta già non sia.” Sbroccò la mia amica, venendo placata solo dal suo ragazzo.
“Ehi, Jack è pur sempre un mio amico.”
“E chi se ne frega! Hai visto come si è comportato poco fa!? Quello è un pazzo.”
“Non l’ho mai visto comportarsi così. Non è proprio da lui.” Borbottò il ragazzo, più a se stesso che a noi.
Ma io ormai non seguivo la conversazione da un pezzo.
Capivo che Jack fosse stato furioso per ciò che aveva capito, ma portare Charlotte al ballo? Bere come un ubriacone? Fare quella scenata davanti ai suoi più cari amici?
No, doveva esserci qualcosa di più. Non era per quello che ci eravamo detti pochi giorni prima sulle scale antincendio.
Magari riguardava i genitori. Sì, era probabile.
Jack era sempre stato talmente superficiale che per lui comportarsi in certi modi non avrebbe avuto alcun senso. Ed io non ero così importante per lui, lo avevo sempre saputo, e ci avevo fatto anche il callo. Sinceramente, neanche m’importava più di tanto. Lui non doveva per forza mettermi al centro del suo mondo, ed io non lo volevo, perché altrimenti non sarebbe stato il mio Jack. Quello di cui mi ero perdutamente innamorata. Bastava che lo mettessi io al centro del mio mondo, per entrambi, o che fossi semplicemente io quella che girava attorno a lui come un satellite. Del resto non m’interessava.
Consapevole di ciò, mi autoconvinsi che anche se Jack era stato un perfetto bastardo alla bad boys, io avrei comunque provato a comprenderlo, e magari ad aiutarlo, per salvarlo dal suo stesso baratro e riportarlo alla luce. Avrei rifatto da zerbino, ma se questo sarebbe servito a renderlo almeno sereno per un po’, sarei stata disposta ad annullarmi per lui. Lui che in quel momento stava peggio di tutti noi, che si era ridotto a tanto a causa di qualcosa che gli logorava il fegato. E quel qualcosa io l’avrei scoperto a tutti i costi. Perché poi non era tanto il fatto che aveva bevuto –avrei bevuto tanto anche io quella sera-, ma tanto perché si era ridicolizzato, quasi, di fronte ai suoi compagni che lo avevano sempre visto forte e potente come un gran leone, che non si faceva abbattere da niente e nessuno… Lui quella sera aveva spazzato via quegli ideali e doveva ritrovare la sua àncora di salvezza che lo avrebbe riportato in cima.
E quell’àncora volevo essere io.

§§§


“Questo cosa significa?!”
E riecco che ripartiva il cazziatone.
“Una B, papà. Cosa c’è che non va?” Chiesi stizzito, accendendomi una sigaretta davanti a quella faccia di culo.
Il vecchio aprì la bocca poi la rischiuse, mentre gli occhi si riempivano di venette e il fumo gli usciva dalle orecchie. Se lo meritava, quel bastardo.
“Jackson David O’Connell, non ti permetto assolutamente di rivolgerti a me in questo modo.” Sibilò, come una serpe pronta all’attacco.
E fortuna che non c’era l’altra vecchiaccia con lui a mettere benzina sul fuoco.
Stavolta volevo proprio divertirmi a farlo incazzare come una bestia, così magari mi avrebbe picchiato e avrei potuto ricambiare con tutta la frustrazione che avevo in corpo, a causa loro e degli insegnamenti di merda con i quali mi avevano riempito la testa da ragazzino.
“No, Jack, non puoi giocare con gli altri bambini.”
“Devi stare con noi adulti e parlare del tuo futuro”
Questo a otto anni.
“Nessun motorino: non vorrai andare in giro come un vandalo!”
“L’amore è una cosa da ragazzino e da deboli: tu sei forse una femminuccia?”
Questo a dodici.
“Devi sempre portare ottimi voti, figliolo, altrimenti saremmo costretti a portarti dai nonni a Londra.”
“E questa la chiami musica!? Razza di degenerato! Vieni immediatamente in sala a parlare con i colleghi di tuo padre!”
E questo a quindici.
Poi basta, perché da lì fino a quel momento, non feci altro che disobbedire ai loro fottuti ordini e a farmi entrare come uscire da un orecchio all’altro tutte le cazzate che sparavano per cercare di rendermi… come dicevano? Ah sì: perfetto.
“Altrimenti che fai? Mi porti dalla nonnina a Londra? Ma sì, fallo! Sai che me ne frega! Appena mi accompagnerai all’aeroporto mi rivenderò il biglietto e farò della mia vita tutto quello che non hai potuto della tua.” Gli rivomitai praticamente in faccia metà dei miei propositi per scappare da quella galera che chiamavano casa.
“Come… Come ti permetti!”
“Oh-Oh, il grande O’Connell ha balbettato!? E che è successo? Forse il suo figlioletto è riuscito a farlo scaldare?” Lo derisi, parlandogli ad un centimetro dal viso come odiava tanto.
Strano che non avesse ancora reagito, e strano che io gli parlassi così.
Certo, avevo sempre fatto il ribelle della situazione, ma aggredirlo? Di solito me ne restavo zitto e lo guardavo con sufficienza fino a portarlo allo stremo delle forze. Era come vedere una bestia che gira e rigira intorno alla preda senza mai attaccare, per poi stancarsi e accasciarsi a terra senza energie. Era divertente, ma forse non mi bastava, perché ero stufo di incassare, e volevo dar loro almeno un pizzico del dolore che mi portavo sulle spalle da quando avevo solo otto anni.

“…Ma non devi farti frenare dalla tua famiglia. Tu sei tu, e loro sono loro. Se continui così li lascerai vincere.”

Quella mocciosa in tutto il casino della mia vita, ci aveva capito più di me.
Ma anche lei mi aveva mentito, raggirato… Alla fine era stata lei a usare me! Ed io come un coglione l’avevo lasciata fare, illudendomi che forse… Ma no, tutte cazzate.
Solo su una cosa aveva ragione mio padre: l’amore rende deboli. E ciechi.
Ma se non mi avessero mai riempito di quegli ideali, forse l’avrei resa più felice prima, quando ancora ero in tempo, e stavamo ancora assieme. Prima di comportarmi da coglione e mollarla…. Prima di lasciare che se ne andasse.
Ma era stata sempre lei a tenermi in pugno, e a farmi soffrire come un pazzo. Lei non aveva mai provato nulla per me, se non attrazione fisica, e se n’era servita per rendermi il suo schiavo e dimenticare l’altro. Che non ero io.
“Un’altra parola e ti diserederò, ti renderò la vita un inferno fino alla tua morte: non potrai più trovare alcun lavoro, più nessun affetto; nulla. Non provare nemmeno a pensare lontanamente di poterti mettere contro di me, mocciosetto. Te lo sconsiglio altamente.” Mi minacciò, puntandomi l’indice al petto e perforandomi con quello sguardo di ghiaccio che tanto odiavo rivedere nei miei occhi quando mi guardavo allo specchio.
“Vorrei correggerti su un punto: tu mi hai già reso la vita un inferno.” Lo fissai per altri secondi, constatando che non sapeva come rispondermi, poi lo sorpassai con una spallata e prima di uscire mi ricordai di dirgli –fra i suoi mille urli: “E.. Ah, sono sicuro che morirai prima della mia morte, quindi divertiti adesso, perché ti rimane poco tempo.” Afferrai la giacca e le chiavi della Mustang.
“Sei in punizione, e la delusione più grande della mia vita. Non puoi prendere la macchina e tantomeno la moto!”
Incredibile come riuscisse ad inserire in una frase normale, un’altra frase talmente malvagia come quella -“e la delusione più grande della mia vita”- proprio come se niente fosse.
Avrei dovuto impararmi anche io. Eppure sin da bambino non ne avevo mai capito il motivo.
Ma mai fui tanto soddisfatto quando gli risposi: “E ‘sti cazzi??”
Boom. Chiusa la porta, presi il cellulare.
“Charlotte? Ciao… Volevo- ah sì, lo sapevi? Bene. Allora ti passo a prendere adesso. Ciao.”
Quella sera l’avrei dimenticata: avrei fatto sesso con quella portoghese o francese che fosse, e l’avrei dimenticata. Mi sarei divertito e liberato di quel peso opprimente che sentivo in petto.
Ma prima sarei andato da lei e l’avrei stuzzicata un po’… Dopo magari avrei scoperto lo stronzo che me l’aveva rubata, e l’avrei ammazzato di botte. Sì, proprio ucciso.. a sangue.
Infine, magari, avrei fatto l’amore con June, e non con quella Charlotte.
Solo in macchina, poi, mi resi conto di un fatto spaventoso: parlando di Charlotte, avevo pensato “avrei fatto sesso” mentre rivolgendomi a June, avevo pensato… “avrei fatto l’amore”.

§§§


“Ancora preoccupata per June, amore?”
Mi piaceva quando Freddie mi chiamava amore, mi ricordava ancora una volta quanto ero stata fortunata a trovarlo… e ad averlo.
“Mmmh… vorrei tanto stritolare le palle di Jack, però no, non sono preoccupata.” Risposi, rifilandogli un sorriso più finto di Pamela Henderson.
Lui mi guardò, scettico: “Perché non andiamo a ballare, invece? La festa è bellissima e tu sei.. Beh, non ho parole.” Mi sorrise poi, avvicinando i nostri visi donandomi un dolcissimo bacio a stampo.
Solo.
Erano settimane che ormai stavamo assieme, non contando poi i tanti anni di amicizia, quindi… Perché ancora non mi toccava? Ancora non… mi chiedeva nulla. Insomma, non volevo essere precipitosa ma il massimo raggiunto era stato un bacio alla francese! Ed io impazzivo, perché ricordavo quando mi raccontava delle sue esperienze con altre ragazze e sapevo che i tempi non si estendevamo mai a così tanto.
Mi dovevo preoccupare? June mi aveva detto di no, che forse proprio perché ero io, e magari per lui ero più speciale delle altre, voleva aspettare il momento migliore.
E allora di cosa mi agitavo? Perché ero sempre irrequieta quando mi stava attorno? Quando eravamo soli in macchina o a casa di uno dei due e ci limitavamo a vedere delle stupidissime soap opere?
Del resto proprio non potevo lamentarmi: Freddie era perfetto. Ma… ma. Già.
Avevo bisogno di sentirlo… di più. E avevo paura che lui non volesse andare oltre perché forse non gli piacevo già più e per pena mi faceva credere ancora di stare assieme.
Oddio! Holly mi aveva contagiata a forza di paranoie!
“Grazie bestia, anche tu non sei niente male.” Ricambiai il sorriso, volgendo il viso verso la sala per continuare a tenere d’occhio June che non la smetteva di bere e provarci con i peggiori ceffi.
Oh-oh, ora le si era avvicinato Dan.
“Freddie, vedi June? Pensi che dovrei intervenire?”
Lui si voltò e dopo qualche minuto mi riguardò con degli occhioni stupendi: “Vedi che ti preoccupi, allora? Mentre ti facevo le coccole tu guardavi lei per tenerla d’occhio!” Rise, pizzicandomi un fianco.
“Oh, ma dai! No, mi fai il solletico! Freddie! Rispondi, diamine.. dovrei intervenire?”
“E chi sei, sua madre forse? June vuole solo divertirsi, per una sera, e dimenticare, per una sera, quel coglione di O’Connell. Lasciala stare, e pensa a me che mi sento trascurato…”
Mentre mi dirigevo verso la pista, fra la calca di gente, per ballare con il mio migliore amico, il mio eroe, la mia bestia, ed il mio più grande amore… Ripensai solo un’ultima volta a June, sperando che anche lei, un giorno, trovasse ciò che stava cercando e per il quale si stava annullando.

§§§


“Li vedi? Ci sono? Stanno guardando qui?”
“Oh, andiamo Holly, smettila di nasconderti!” Mi aggredì John, togliendomi il tovagliolo rosso che stavo usando per coprirmi il viso.
“Ehi, ridammelo! Oh, no… ci hanno visti! Ridammelo!”
Gli urlai praticamente nell’orecchio mentre mi sporgevo per riprendere il pezzo di carta e lui mi allontanava con un braccio fra i nostri corpi.
“Stai tranquilla, Holly! Non ti faranno niente!” Mi rimproverò, buttando il povero tovagliolo nel cestino e poggiandomi le mani sulle spalle nude –potevo sentire quanto le sue mani erano fredde.. o quanto il mio corpo era caldo a contatto con esse- e tranquillizzandomi come era in grado solo lui.
Sì, solo lui riusciva a rimettere la calma in quelle tempeste che ogni tanto aleggiavano nella mia mente.
“Respira.” Mi ordinò, puntando i suoi occhi nei miei.
Inspira-espira-inspira-espira-inspira-espira-inspira…
“Brava, così… Ora come ti senti?” Mi sorrise.
E qualcosa dentro di me si ruppe nuovamente.
“M-meglio… grazie Jonny!” Ripresi il sorrisone mentadent e lo abbracciai più forte che potei.
“Ehi, e questo per cos’è?”
Stavo per rispondergli; stavo per dirgli: “Per avermi ricordato come si sorride, ma di un sorriso vero. Per sopportarmi ogni giorno e starmi accanto ad ogni mia crisi di nervi. Per aiutarmi senza giudicarmi e per essere sempre dalla mia parte. Per quegli occhi che mi riportano la speranza e mi sciolgono come ghiaccio al sole. Per continuare a farmi credere in persone migliori e per avermi riportato la felicità. Per tutto ciò che sei e per tutto ciò che sono io, quando sono con te.” Ma non ci riuscii, perché una voce estranea, ci ridestò dall’abbraccio.
“Holly… possiamo parlare?”
Mi staccai dall’abbraccio e i miei occhi increduli si posarono sulla figura di Chase, di fronte a me… Bello più che mai.
“I-io.. e te?” Deglutii, arrossendo improvvisamente.
E John mi vide; vide tutto. E restava zitto, a testa bassa.
“Sì. Seguimi…” Mi guardava, ma non sorrideva. Però mi prese per mano… ed io mi sentii in paradiso.

§§§


“Ho un po’ di roba buona per stasera, cucciola.. che ne dici?”
A Dan puzzava l’alito di birra. Io odiavo la birra.
Almeno Jack aveva bevuto qualche shortino di troppo… Niente birra nel suo alito, quando mi aveva parlato a pochi centimetri dal viso. Lui riusciva a profumare anche in mezzo al fango.
Dan no, Dan puzzava.
“R-roba? Che tipo di roba?” Deglutii, cercando di reggermi la testa come se potesse cadermi da un momento all’altro.
No, a me la birra proprio non piaceva; ma il vino rosso era praticamente la mia malattia.
E fortuna che non c’erano nemmeno i professori a controllarci: aveva organizzato tutto il figlioccio del preside di cui si fidavano tanto… Che imbecilli.
Il caro figlioccio però, era utile: aveva tanti di quei soldi che per quella sera l’alcool si sarebbe sprecato.
Se non ci fossi stata io.
“Erba, bellezza… Mai provata? Questa è ottima.”
“So cos’è.” Lo zittii, poi ripensai… e mentre ripensavo, Jack entrò mano nella mano con Charlotte… e si sistemava la cinta dei pantaloni mentre lei si asciugava le labbra con un fazzolettino… e il mio cuore andò letteralmente in mille pezzi: “Fammi provare ‘sta roba, va…”

“Wow, stasera sei proprio una bomba, piccola. Mai vista tanto sexy! E’ per O’Connell, vero?”
Eravamo solo io e Dan, e avevamo raggiunto il retro della scuola dove c’era a malapena qualche lucetta.
“N-no.. Su prepara lo spinello e non fare domande. Non sono in vena.” Borbottai, poggiandomi al muretto.
“No, ascolta tu me, adesso. Mi sono comportato da stronzo l’ultima volta, okay? E se proprio lo vuoi sapere il tuo ex è davvero manesco! Mi ha dato un pugno in faccia che ricorderò finché campo; ma non è questo il punto. Io sono stato stronzo solo perché mi bruciava ancora la questione della nostra relazione, e ti chiedo scusa. Sono stato immaturo. Ma tu smettila, per favore.. Smettila di farti rovinare da un tipo che non si regge nemmeno in piedi da solo. Devi capire che non puoi più essere egoista; smetti di pensare a cosa vorresti tu, e inizia a pensare a cosa vuole ormai lui… nulla.”
Ora non sentivo praticamente niente. Il vuoto… Il mio petto si era improvvisamente svuotato.
“N-non ti ho mai sentito fare un discorso così intelligente.” Sorrisi, trattenendo le lacrime.
Dan poi accese la canna e dopo tre tiri, me la mise sotto il naso.
“Sai com’è, le esperienze fanno crescere.” Ridacchiò, alzando la testa al cielo e socchiudendo gli occhi come se stesse godendo.
“Oh, certo…” Primo tiro. Nulla di male…
Andammo avanti così, fino a finircela, e lì la mente si era lievemente offuscata.
“Lo amo, Dan.. Lo amo così tanto che vorrei aiutarlo a tutti i costi. Se lui non vuole nulla da me, che me lo dica! Non avrò niente da ridire, giuro.. a me basterebbe sapere solo che sta bene.”
“E’ questo il problema. Proprio perché O’Connell è un tipo perennemente insoddisfatto della vita, tu devi iniziare a capire che andando avanti così sarà sempre lui a trascinare te nel suo baratro.”
“E se a me andasse bene? Se io mi accontentassi anche di cadere nel baratro?”
“Ma perché!? Perché tutto questo!?”
“Non capisci, Dan. Non capisci che a me andrebbe bene tutto… Tutto. Basta che ci sia lui, con me… Non importa quanto sarà profondo e buio quel baratro.. se servirà ad averlo vicino, lo accetterò.”
“Mi ricorda la conversazione che abbiamo fatto quel giorno…” Bisbigliò ad un punto, lui, sorridendo nel buio.
Quel giorno. Quando Dan era ritornato da me ed io stavo con Jack, il giorno prima che mi lasciasse.
“Volevi che ritornassimo insieme.” Ricordai, facendolo annuire.
“Ma tu mi dissi esattamente queste parole: tu di me potrai avere tutto ciò che vuoi. Potrai avere il mio corpo, sì… Ma qui sta il punto: non potrai mai avere il mio cuore. Dio, che discorso da puttana che avevi fatto!” Disse, per poi far scoppiare a ridere entrambi, fino alle lacrime.
“Sì, perché poi continuai dicendo: perché il mio cuore…
E’ già di qualcun altro.” Continuò al posto mio.
E gli apparterrà per sempre…” Proseguii.
“E allora io, furioso, ti chiesi di chi…” Sorrise.
“Ed io ti risposi: Jack.”

§§§


“Dopo quel brutto scontro non ci siamo più visti.” Constatò, senza riuscire a guardarmi dritto negli occhi.
No, la verità era che io lo vedevo sempre, ovunque, ma mi preoccupavo bene di non farmi vedere da lui.
“Ehm.. già.” Annuii, più fra me e me, che a lui.
Chase si passò una mano fra i capelli e portò il suo blu nel mio castano.
“Volevo dirti che io non ce l’ho con te per quello che è successo. Mi dispiace solo per come sono andate a finire le cose fra te e Maggie. Lei è ancora un po’ arrabbiata, ma capirà come capisco io. Tu inizialmente mi interessavi, Holly, non lo nego… Ma poi è arrivata Maggie ed è entrata nella mia vita come un vulcano. Mi ha rivoluzionato l’esistenza ed è riuscita a renderla migliore. Non so come ha fatto, ma io sono felice davvero di stare con lei. E mi dispiace dirti che mi sono innamorato e che apprezzo il tuo amore per me, ma che purtroppo non potrà essere ricambiato. Sei una ragazza fantastica e meriti molto di più, che un sempliciotto come me.” Sorrise e, fra le lacrime, fece ridacchiare anche me.
“G-grazie, Chase.” Deglutii quel masso enorme e, improvvisamente, sparì per sempre dal mio corpo.
Scivolò giù ed il mio primo pensiero fu: “ho assoluto bisogno di.. John”.
John. Volevo lui… volevo un suo abbraccio. Volevo che mi proteggesse da tutte quelle lacrime che stavano inondando il mio viso.. E volevo che sentisse e e condividesse con me questo momento importante della mia vita, nel quale chiudevo una vecchia porta, e ne aprivo una molto più grande e bella.. che mi avrebbe portata direttamente in paradiso.
“Abbracciami, su.” Disse poi, stringendomi a sé.
“Chase…”
“Dimmi.”
“Però una cosa me la fai fare?”
Non rispose. Lo presi come un sì.
Posai le mie mani sulle sue spalle per allontanarlo di poco da me e lo guardai negli occhi.
Poi Pocahontas baciò lievemente sulle labbra il bel principe di Cenerentola.
“Questo era mio. Almeno uno me lo dovevi.” Gli sorrisi, godendomi il suo stupore negli occhi.
Niente male come addio ad un vecchio e logorante amore…
Peccato però che John vide tutto di quel casto bacio.

§§§


Male, male, male..
Non mi aveva mai bruciato così tanto il petto, proprio all’altezza del cuore, prima di quel momento.
Corsi immediatamente indietro, lontano da quella visione, da quel tradimento
“John! Aspetta!”
La sua voce.
“JOHN!” Riuscì ad afferrami il braccio e a farmi voltare per guardarla negli occhi.
Quegli occhi che sembravano… diversi? Era quasi puliti.
La sporcizia che veniva trascritta dalle sue sofferenze amorose, era completamente scomparsa.
Eh, certo.. Chase l’aveva ottenuto. Cosa le importava se il mio cuore ora era praticamente distrutto?!
“Cosa c’è!?” Quasi urlai, guardandomi poi attorno. Fortunatamente, stando fuori al cortile, intorno a noi c’era solo tanto prato…
“Hai.. hai visto tutto vero?” Deglutì, col fiatone per avermi corso dietro.
“Sì, e allora? Cosa vuoi sentirti dire? Brava? Evviva?? Non contare su di me per i festeggiamenti, Holly.” Ringhiai, cercando di divincolarmi dalla sua presa, fino a quando non sentii.. la sua risata?
“Ma che hai capito, Jonny? Io e Chase non stiamo assieme.” Mi sorrise, con quel sorriso bellissimo.
Era bellissima… La Pocahontas più bella che avessi mai visto.. anche più dell’originale.
“E.. allora perché vi siete baciati?” Balbettai, sentendomi un perfetto coglione.
John O’Connell non faceva scenate di gelosia come le ragazzine isteriche. E non si riduceva tanto di merda per una ragazza… Ma che pensavo? Non si riduceva tanto una merda per una ragazza come lei?! Accidenti, sì che lo faceva! E ci godeva pure! Perché Holly valeva molto di più… valeva tutte le piccole sofferenze, tutte le pene, valeva ogni cosa, perché ciò che fece dopo ripagò di gran lunga tutte le ferite che mi aveva inflitto.
Non rispose ma con passo felino si avvicinò, si alzo sulle punte, congiunse le sue mani dietro il mio collo dopo avermi accarezzato i capelli, e… mi baciò. Così delicatamente ma così passionalmente che rimasi quasi stordito dalle sensazioni che mi pervasero.
Era… da favola. Se un bacio della Disney era così, allora capivo perché nei cartoni si facevano bastare questo invece di pretendere una bella scopata.
Finalmente mi ridestai e, stringendola a me per i fianchi, la sollevai da terra facendola sorridere.
“Quel bacio l’avevo desiderato così a lungo John, che ho dovuto prendermelo, almeno per provare.. per dirgli addio. E lo sai che ho provato? Sollievo. Come se finalmente mi fossi liberata di una faccenda spinosa… E lo sai, invece, cosa provo adesso?”
“C-cosa provi?”
“Solo tanta, tanta, tanta voglia di ammazzarti di baci!”
E mantenne la parola, eh. Su questo non ci sono dubbi.

§§§


“Come ti senti, meglio?”
Dan era viola… No, era verde… Oh, boh, forse erano le luci della festa.
Ma noi stavamo fuori…
“M-meglio, sì.” Dissi, buttando giù l’ennesimo tiro di S.S. – Sigarette Speciali.
“Ma che cazzo è O’Connell? Un vampiro? Non capisco che vestito è!” Disse Dan, spiandolo dalla finestrella che aveva alle sue spalle.
“E’ un diavolo… azzeccato, non credi?”
“Uh, sicuro.” Sorrise, buttando la cicca. “Ancora triste, Junery?”
“Mmh.. anche tu che mi chiami Junery! E su!”
“Beh, è il tuo nome..”
“Zitto… zitto…” Lo presi per il colletto e attaccai a ridere, seguita subito dopo da lui. “Mi baceresti, ora, Dan?”
“Cosa?” Ridiventò serio e sbarrò gli occhi rossi.
“Hai capito bene: baciami.”
“June, lo fai solo per Jack. Non va bene…”
“E che te ne frega a te, scusa?”
“Non posso… No. Mi dispiace.”
“Dan…” Gli occhi erano praticamente lucidi, disperati. “Ti prego…” Sussurrai ad un centimetro dal suo viso. Ti prego, fammi provare a metterlo da parte, almeno per una serata…
Lui sospirò, poi si avvicinò.
Non sentii nulla quando le nostre bocche si legarono. Solo che erano allappate entrambe a causa del fumo.
Durò poco e fu tremendo. Mi sentivo peggio di prima…
E come se non bastasse: “Oh-oh guarda guarda chi c’è qui!”
Jack-tempismo-perfetto-O’Connell ci applaudì neanche stessimo a teatro.
“Chi non muore si rivede.” Disse invece Dan, completamente calmo.
“Dove hai lasciato la tua cagna, Jack?” Gli chiesi, completamente fatta e inconsapevole di chi stavo provocando.
Il diavolo.
“Parli di te?” Sibilò, maligno, con tanto di sorrisetto diabolico.
“Brutto pezzo di mer-” Ma purtroppo il pugno di Dan –che per altro era anche fatto- venne immediatamente bloccato da quello di Jack che lo colpì direttamente nello stomaco, facendolo piegare a terra dal dolore.
E ridere contemporaneamente.
“E’ lui!? E’ sempre stato lui, vero June!? Sempre! Anche quando stavi con me.. pensavi sempre a lui!”
“No, Jack.. No!” Piangevo, e nemmeno me ne rendevo conto. Sapevo solo che somigliavo ad una fontanella per quanto piangevo…
“Perché non me l’hai mai detto!? Perché mi hai fatto questo!?” La sua voce invece tremava e gli occhi erano lucidi.
Dan provò a rialzarsi, ma Jack gli intimò di andarsene immediatamente via. E lui obbedì.
Ora soli, io e il mio demone.
“Non è come pensi, affatto. Hai fatto tutto da solo, Jack.” Deglutii, guardandolo avvicinarsi pericolosamente fino a bloccarmi fra sé e il muro.
“Mmmh.. Biancaneve non avrà mica paura….” Bisbigliò al mio orecchio, leccandomi poi il collo.
“No, smettila…” Sussurrai debolmente, solo per far valere almeno di un poco la mia dignità.
Ma a chi cavolo volevo darla a bere, eh? Io volevo Jack. Io lo desideravo.
Con le mani artigliò la gonnellina del vestito fino a tirarla su, per poi passare a toccarmi le gambe e le giarrettiere.
“Shh… Va tutto bene.. tutto bene. Ho solo.. voglia di te.” Disse poi, lasciando piccole strisce di baci sul mio collo.
“P-perché?” Deglutii ancora, trattenendo le lacrime.
“Perché sei la cosa più bella… più bella della mia vita. La cosa più bella.” Ripeté, lasciando via libera alle mie lacrime. “E sei maledettamente sexy vestita così.”
“Oh, Jack… Non è Dan che amo.”
“Non m’importa.. Non lo voglio sapere adesso. Ora ti voglio solo per me.. solo mia. Lasciami illudere che sarà così.. per molto altro tempo ancora.”
“Ma anche per il resto della vita…” Ridacchiai, vicino al suo orecchio, una volta che mi alzò da terra per far legare le mie gambe al suo bacino.
“Sì.. Anche per il resto della vita…”
“Solo tua.”
“Solo mia…” E con un movimento brusco mi abbassò le mutandine rosse, di pizzo.
Le ricordavo bene perché non erano mie: ma di Alicia.
“Uh, a-ah..attento alla… biancheria… non è mia!” Lo avvertii, infatti, facendogli alzare lo sguardo lucido.
“Beh, bisogna rimediare allora, macciosetta: dovresti comprartene un po’ per te.” Mi sorrise, calorosamente… Così bello da non crederci.
Risi, ma dentro di me piangevo… Piangevo di una gioia così seria e così intensa da perdere il fiato.
“Provvederò appena il mio ragazzo si farà vivo…”
“Tu non hai bisogno di ragazzi: hai già me.”
E dopo di questo si impossessò delle mie labbra così passionalmente e quasi violentemente che mi levò gran parte di rossetto.
“Non.. non pensi davvero tutte le cose cattive che mi hai detto stasera…” Sospirai, non appena infilò una mano nella mia intimità…
“Devo risponderti?” Sussurrò, prendendo a dedicarsi al mio seno.
E le parole non servirono più.
Jack prese a riempirmi ancora e ancora di baci fino a quando non sentì che era il momento per penetrarmi e donare ad entrambi un infinito piacere.. Di nuovo uniti, di nuovo insieme.
Di nuovo noi.

“Jack.. prima di rientrare… devi dirmi una cosa.” Gli chiesi, dopo che avevamo finito di risistemarci.
“Tutto ciò che vuoi.” Sorrise, afferrandomi per i fianchi e unendo nuovamente le nostre labbra già gonfie della nostra passione.
“Tu e Charlotte stasera avete…?”
“No.”
“Ma lei ti ha fatto un…?”
“Sì.”
“Oh… E.. com’è stato?”
“Vuoi proprio saperlo?” Inarcò un sopracciglio, posando poi le sue labbra sul mio orecchio.
No, no, no, NO!
“S-sì..”
Poi sussurrò: “Non ho fatto altro che pensare a te.”
Ed io compresi tutto.
Compresi che non volevo l’amore di Jack, perché in verità già ce lo avevo.
Jack mi dimostrava di amarmi ogni giorno, da mille piccole cose, ed ero io che non sapevo accontentarmi.
“E tu e quel Dan? Che mi significava quel bacio?”
Ora ero io a sussurrargli nell’orecchio: “Era per dimenticare te.”
E lui mi prese il viso fra le mani e mi riempì di così tanti altri baci che ne persi il conto…
“Quindi chi è che ami?”
“Ancora non lo hai capito, davvero?”
“Dimmelo…”
“Amo…” Sospirai. Lo guardai negli occhi. Mi decisi: “Amo te, Jack.”
Davvero, mi sarei aspettata ogni reazione, qualsiasi! Che scappasse, che urlasse, che mi picchiasse ma… non che ridesse! E così di gusto!
“Jack! Io ti ho detto che ti amo e tu ti metti a ridere?!”
“N-non è po-possibile, June!” Rise, ancora.
“E perché, scusa?”
Mi sentivo delusa, ma dovevo riprendermi.
“Beh perché…” Ritornò serio e si asciugò le lacrime della risata. “Sei stata tu a lasciarmi.”


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Capitolo 16
*** The Costume Party - part II ***


The Costume Party – part II
 



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“Perché sei stata tu a lasciarmi…”
 
“Ma che diavolo stai dicendo?” Stavo per chiedere, con tanto di nervosismo a mille.
La mia salute mentale ovviamente non era delle migliori, e tanto meno la sua. Insomma, eravamo una fattona ed un ubriaco, cos’altro potevo aspettarmi da lui? Ma il vino era la voce della verità, no? Quindi lui pensava davvero che fossi stata io a mollarlo. Però aveva bevuto.. parecchio.
O forse avevo recepito male io.. forse l’erba mi aveva annebbiato la mente a tal punto da distorcere anche delle frasi… e allora c’era da preoccuparsi parecchio!
Poi Jack non era di certo d’aiuto, dato che continuava a ridere come uno psicopatico.
Non riuscii a fermarmi e gli diedi una botta dietro la schiena, facendolo quasi strozzare fra le sue stesse risa.
“Ahi!” Riuscì solo a protestare, piegato e con una mano sulla pancia.
Ma proprio quando decisi di porgli la domanda fondamentale, una voce tanto squillante quanto irritante, si sovrappose alla mia, mandandomi letteralmente i nervi in pappa.
“Jackie! Ecco dov’eri finito! Ti ho cercato per tutta la serata!” Fece Charlotte, ancorandosi nuovamente a lui come una cozza sullo scoglio, spostandomi con una fiancata come se nemmeno ci fossi.
La lasciai fare. Stranamente ero più tranquilla del solito… E di certo dovevo ringraziare Dan e la roba che aveva comprato, per questo.
A proposito.. Dov’era finito Dan? Mi era dispiaciuto immensamente quando Jack gli aveva dato quel pugno senza che se lo meritasse.
Ero combattuta su cosa fare.. rimanere lì ed aspettare che Jack mi desse delle spiegazioni esaurienti e magari facendogli confessare, infine, i suoi sentimenti nei miei confronti; oppure andare a cercare Dan per scusarmi e aspettare che sia io che Jack fossimo stati in grado di formulare pensieri concreti, per ritornare su quel discorso e affrontarlo, appunto, a mente lucida?
Charlotte mi facilitò la scelta.
“Su, su, petit, andiamo a ballare! Adoro questa musica.” Trillò, trascinandoselo dietro mentre il biondo continuava a ridacchiare senza curarsi di chi aveva attorno.
Allora io mi accinsi a cercare Dan che poi non si trovava tanto distante da lì.
“Ehi, che ci fai qui?” Tentai di sorridergli, trovandolo seduto di fronte ad un alberello, da solo, di fuori al freddo.
Sbuffò. “Questa festa fa schifo.”
“No, non è vero.”
“Tu hai ottenuto ciò che volevi alla fine, no? Tutti ci sono riusciti stasera.. tranne io.” Confessò, fissando sempre davanti a sé senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
“Veramente non è che io abbia ottenuto più di quel che mi aspettavo, eh.” Spiegai con ironia, sedendomi accanto a lui.
“Hai parlato con Jack?”
Sì.. parlato. Come no.
“Uhm.. Più o meno.”
“E che gli hai detto?” Chiese, voltandosi finalmente a guardarmi.
“Che lo amo.” Sospirai, come se mi fossi tolta un enorme macigno dal cuore. “Che lo amo…” Ripetei, sussurrando.
Adesso ero io quella che aveva preso a fissare l’alberello.
Lui non sembrava sorpreso dalla cosa. “E lui che ti ha risposto?”
Feci una smorfia per mascherare il dolore che la risposta mi causava. “Si è messo a ridere.” Deglutii.
Certo che detto ad alta voce faceva ancora più pena, pensai.
Ora Dan era visibilmente sorpreso. “Stai scherzando, spero!”
“Ha detto che non è possibile perché sono stata io quella che lo ha lasciato. Uno più contorto di Jack davvero non potevo trovarlo. Chiamami masochista…” Sospirai ancora, sentendomi lo sguardo pensieroso di Dan addosso.
“Ma.. non è vero! Io me lo ricordo il giorno in cui ti ha lasciata… Me lo ricordo eccome! Eri distrutta. Però non piangevi. Me lo ricordo proprio per questo… Rimanevi immobile come se stessi metabolizzando ancora la cosa fra te e te. Non parlavi; era come se ti trovassi in un altro universo parallelo. Magari in quello dove lui non ti aveva lasciata.” Scrollò le spalle borbottando la sua ultima riflessione come se si fosse reso conto troppo tardi di averla esternata senza esser riuscito a trattenerla.
Risi amaramente. “E magari anche in quello dove mi amava.”
Stavo per piangere, me lo sentivo… E faceva un male boia perché le parole che mi disse Jack quel giorno stavano riaffiorando nella mia mente riaprendo una ferita che avevo cercato per mesi e mesi di tenere nascosta.. neanche di curare: di tenere nascosta.
Perché curarla avrebbe significato dimenticarla, sostituirla, cancellarla. Ed io non ero ancora pronta per fare quel passo.
“E chi l’ha detto che non ti amava?”
Ora ridevo io, e pure di gusto; con gli occhi lucidi però. “Se mi amava non mi avrebbe lasciata, no?”
“Magari aveva paura.”
“Senti Dan, apprezzo il tuo sforzo, ma qui non siamo in una soap opera e Jack è solo un’egoista, narcisista, che pensa solo ed unicamente al suo fottutissimo mondo preconfezionato, tralasciando alla grande i sentimenti altrui. E’ un menefreghista come pochi, credimi. Se ha fatto quello che ha fatto, è stato solo perché non ci teneva abbastanza.” Spiegai, infervorandomi.
“E tu queste cose gliele hai mai dette?”
La calma di Dan metteva quasi paura.
“Uhm.. n-no.” Ammisi, balbettando stupidamente. “Perché avrei dovuto?”
Lui mi guardò negli occhi e spiegò semplicemente. “Perché sono questi i motivi per cui lo ami.”
 

§§§

 
“Jack! Smettila di bere!” Gli dissi, tentando di levargli l’ennesimo bicchierino che voleva scolarsi tutto d’un fiato.
“Uuuh, Francine! Sei la solita rompiscatole!” Biascicò lui, reggendosi a malapena in piedi.
Se all’inizio della serata camminava normalmente, adesso aveva bisogno di un sostegno per tenersi senza rischiare di cadere a muso a terra.
“Dove l’hai mollata Charlotte?” Gli chiesi senza badare al suo insulto.
“Mmmh.. boh! Era lì a ballare poco fa.. ma io avevo sete!” Si giustificò, strascicando tutte le parole.
Adesso stava guardando seriamente concentrato la torta al cioccolato e dopo neanche cinque secondi si era infilato un enorme pezzo di questa in bocca.
“Mi fai schifo.” Dissi, deglutendo il conato di vomito che stava risalendomi.
“June.. June mi ha detto di amarmi.” Sospirò a bassa voce, come un sussurro sconfitto, dopo aver mandato giù la torta.
I suoi occhi non sembravano vedere cosa c’era realmente di fronte a loro.
Dal canto mio, mi stava quasi prendendo un infarto.
“C-cosa!?? Dimmi che ho capito male!” Lo supplicai, afferrandolo per un braccio e trascinandolo di fuori, dall’altra parte del edificio.
“Oggi non fate altro che sballottarmi di là e di qua…” Borbottò, massaggiandosi il braccio.
“Rispondi, bastardo!”
Lui sembrò pensarci su, poi con tono serio ripeté. “June mi ama. Almeno così ha detto.”
“Merda.” Avrei dovuto dirlo anche io ad Alicia, questo era il patto… Ma io non ero ancora pronta. Non potevo proprio… Mi avrebbe ripudiata, non mi avrebbe più guardata in faccia… ed io avevo bisogno di lei. Disperatamente bisogno di lei.
“E’ una cosa così brutta?” Chiese lui, interrompendo i miei viaggi mentali.
“Sì.. cioè, no! Non che lei lo abbia detto a te, intendo.” Spiegai, non riuscendo però a formulare una frase di senso compiuto.
“Dovresti dirlo anche tu ad Alicia.” Jack diede voce ai miei pensieri.
Anche da ubriaco quel bastardo era infinitamente astuto.
Lui, oltre a June, era l’unico ad essere conoscenza del mio amore per la mia amica.
“Che? E perché!?”
“Per non rischiare che dopo sia troppo tardi. Credimi… meglio che glielo dici adesso.” Borbottò lui, con aria annoiata. Sembrava afflitto.
“Non mi sembri un esperto in certi cose, Jack. Dovresti essere l’ultimo a darmi certi consigli.” Dissi sorridendo, ma nervosamente.
“Ma perché io sono un coglione! Un coglione vero e proprio dico, eh! Dammi retta adesso che non riesco a tenere a freno la lingua e tutto ciò che penso.. Vai da lei, e dille tutto quello che senti. Io dico sempre a tutti che l’amore fa schifo, che è una fregatura, che ti fa solo soffrire… Ma non è vero nulla, Francine, nulla!! L’amore è bellissimo, è il sentimento più bello che ci sia… Soprattutto se sei innamorato di una moretta con gli occhi verdi che riesce a strapparti l’anima con una sola parola… a capirti con un solo sguardo…”
Lui stava blaterando senza più accorgersi di star parlando con me. Parlava a se stesso e stava rivelando ciò che c’era di più prezioso.
“Ma.. Jack, allora tu sei innamorato di June!”
Lui si bloccò, mi guardò per qualche secondo, seriamente. Poi disse: “E non si era capito!?”
 
Era arrivato il momento.
Jack prima di andarsene mi aveva ripetuto per l’ultima volta che dovevo dirle tutto. Che non meritavamo questo; né io né lei.
Io perché soffrivo in silenzio, lei perché veniva illusa che fosse tutto come prima.
Cosa avrei dovuto dirle? Ehi Alicia, posso parlarti? Ecco, vedi, volevo dirti che ti amo. Ti amo da quasi otto mesi… ti amo tantissimo e anche se so che siamo due femmine, non me ne importa nulla. Sei la mia migliore amica e sarebbe bellissimo se potessi ricambiare questo sentimento. Sarebbe tutto completo…
Bah! La testa mi stava scoppiando come se mille tamburi ci stessero suonando sopra.
Non potevo dirle questo… Era banale, poi cosa poteva farmi pensare che lei avrebbe ricambiato?
Mi aveva sempre trattata come un’amica.. Niente di più, niente di meno. Ero stata io a farmi i castelli per aria. Lei non c’entrava nulla ed il problema era solo il mio, per questo meritavo di soffrirne.
Però l’avrei persa… E così avrebbe sofferto anche lei, ed io non volevo che lei soffrisse.
“Francine! Entra dentro, che prenderai freddo qui fuori.”
Ed eccola lì. La più bella Jasmine che avessi mai visto in vita mia, che si preoccupava sempre per me neanche fossi sua figlia.
Però era bella, bella, bella la mia Alicia.
“Ali…” Sussurrai, già affranta dall’imminente futuro.
“Cos’hai, la febbre?”
Si era avvicinata e adesso la sua mano calda mi toccava la fronte.
Tutti la prima volta che vedevano e parlavano con Alicia, pensavano sempre che lei fosse una ragazza facile, superficiale, senza niente in testa e con nessun principio. Quanto si sbagliavano.
Alicia era la ragazza più intelligente e premurosa e gentile che io avessi mai conosciuto.
Dagli altri si faceva vedere a quel modo perché le era comodo, perché pensava che così non avrebbe sofferto troppo quando qualcuno l’avrebbe poi mollata in quattro e quattr’otto. Erano in pochi, quindi, quelli da cui si faceva conoscere e fra questi c’eravamo solo io e Jack.
“N-no. Sto bene, tranquilla.” Tentai di sorriderle per rassicurarla.
“Hai una faccia strana. Qualcosa non va? Ma hai visto quella Charlotte, che razza di sgualdrina!? Non gli bastava Jackie, adesso c’è accollata anche a quel bonazzo dell’ultimo anno, quello che ti avevo detto che era carino… Eh, anche a quello, ma ti rendi conto?!”
“Ali-.”
“No, no, fammi dire. Ma sono io o stasera si sono tutti impazziti!? Mi giro e, vabbè, Abby e Freddie ballano tutti felici e contenti in pista; fino a qui ci sto, perché so che stanno insieme. Ma vogliamo parlarne di John che fa gli occhioni dolci ad Holly e se la bacia così, davanti a tutti!? E Maggie e Chase, Dan e June…”
“Un momento, un momento.. Dan e June?” Inarcai un sopracciglio.
“Beh, sì. Per venire qua li ho visti tutti intenti a parlare davanti a quel schifoso alberello che il preside non si decide a tagliare. Non so se mi spiego, ma fa davvero schifo.” Borbottò disgustata.
“Oh.. e tu perché sei venuta qua?”
“Ma che domanda, è? Per vedere dove stavi, ovvio!”
“Non devi sempre sapere dove mi trovo, Alicia. Sono grande ormai.”
Lo so che potevo sembrare scorbutica, ma quello era l’unico modo per torcere delle informazioni in più da Alicia.
“Ma.. che dici, Francine!”
Ora non ci stava capendo più niente. Quell’espressione corrucciata la conoscevo bene.
“Tu mi controlli sempre. La mattina mi chiedi se ho fatto colazione, a ricreazione guardi nel mio zaino per vedere se mi sono portata il panino da casa; vuoi sempre sapere dove mi trovo e mi invii centinaia di messaggi al giorno, per di più inutili perché quasi tutti parlano di Jack o di qualcun altro che ti piace. Poi, quando ti dico che c’è qualcuno che interessa a me, ti arrabbi perché hai paura che poi la nostra amicizia venga messa in secondo piano appena una delle sue trovi il ‘principe azzurro ’… Devi essere un po’ più coerente con te stessa, Alicia. Perché il giorno in cui ci separeremo ci sarà… ci sarà eccome.” Spiegai fermamente, cercando di non far trapelare il dolore che quella consapevolezza aveva instaurato in me.
Alicia era rimasta paralizzata. A bocca aperta. Senza fiato…
“Sta-stai dicendo che.. che non vuoi più essere mia amica?”
“No. Ti sto chiedendo cosa provi realmente per me.”
“Ma sei impazzita!? Cosa vuoi che provi!? Io ti voglio bene, ovvio!”
“Bene. Io no.”
Sarebbe stato un battibecco, stile domanda e risposta, perfetto se la mia voce non avesse tremato alle ultime lettere per l’agitazione.
Sì, perché stava succedendo. Glielo stavo finalmente dicendo.
“C-cosa?” Sussurrò, spaventata.
“Io non ti voglio bene, Alicia. No. Io ti voglio più che bene. E non so se è un tipo di bene che accetteresti.”
“Ti prego, Francine, sii chiara perché non ci sto capendo nulla.”
Vai, Francine, diglielo. E’ arrivato il momento giusto.. avanti, diglielo!
“Ti amo, Alicia. E non come possono amarsi due amiche. Io ti amo come si amano due amanti. Ti è più chiaro così?” Deglutii, accorgendomi solo in quel momento che una piccola lacrima era scivolata silenziosamente giù sulla mia guancia.
Ancora in silenzio. Stava metabolizzando la notizia. Poi sarebbe scoppiata come avevo sempre immaginato.
Chissà se mi avrebbe picchiata.. beh, potevo aspettarmelo.
“Sei.. sei lesbica, Francine?” Chiese invece, apparentemente calma.
“No. Io amo solo te. Voglio solo te.. E’ diverso.”
“Ma io sono una ragazza.” Mi disse, come per convincere anche se stessa però.
Tremavo. “Lo so. Anche io, ma questo non significa il mio amore sia meno vero di quello che ci può essere fra un ragazzo e una ragazza.”
Si era fatto talmente buio che riuscivo a malapena a vedere il suo viso, ma il suo sospiro lo sentii, come se mi stesse a due centimetri dal viso.
“Non m’importa. Io ti voglio bene lo stesso e ti accetto così come sei.”
Boom.
“E questo che significa?”
“Che non sono come te, ma che.. proverò ugualmente a conviverci.”
“Io so che tu sei come me, invece.”
“Ti sbagli. A me piacciono i ragazzi, Francine.”
“Ma ti piaccio anche io. Lo vedo, Alicia. Lo sento.” Dissi, avvicinandomi a lei e prendendole le mani.
Tremavano, ma non di paura. Sembrava quasi.. eccitazione.
“N-no. Non è vero.” Deglutì, indietreggiando ma scontrandosi con il muro.
“E allora perché eri gelosa quando stavo con Thomas, eh?”
“Anche le amiche… sono gelose.”
“No, quella non era una gelosia da amiche, e lo sai pure tu.”
Ora la sentivo davvero. Sentivo davvero quella speranza che credevo di non poter mai avere.
Lei non rispose più. Rimase in silenzio e anche io, di fronte a lei. Immobili a cercare di capire l’una i pensieri dell’altra.
Poi ci fu uno spostamento d’aria, un leggero rumore che nessuno avrebbe notato, ma dato che era stata Alicia a procurarlo, io lo sentii eccome, almeno fino a quando quel buio non diventò finalmente chiaro.
Le labbra di Alicia, sulle mie. Il suo respiro, nel mio; la sua lingua timida che cercava la mia.
Ed il mio cuore che non batteva più, ma era semplicemente sospeso nel tempo. Un tempo corto, quanto durò quel bacio, ma che mai dimenticherò.
Un bacio semplice e dolce che fu mille volte più appagante di quelli dati prima o anche solo quelli immaginati. Bellissimo.
Alicia poggiò infine la sua fronte sulla mia.
“Perché l’hai fatto?” Chiesi con tanto di voce incrinata.
“Volevo provare a sentire com’era..”
Silenzio. Poi mi decisi a chiederle: “E com’è stato?”
“Più bello di quello dei miei sogni.”
 

§§§

 
“Come mai tutta sola soletta?”
Deja-vù.
Ma questa non era la voce di John, bensì quella che avevo sperato fosse quella sera di tanti mesi prima, alla festa della cugina di Alicia.
Non mi voltai neppure, quella sera aveva fatto tante di quelle stronzate che non meritava neanche un mio sguardo. O la mia considerazione.
Non capendo il segnale, lui si sedette ugualmente affianco a me, dove prima c’era Dan, che mi aveva lasciata disgraziatamente sola dopo aver deciso di voler andare a ballare.
“Che fai, ora non mi parli più?”
Voleva fare il simpatico?
“Non eri ubriaco?” Gli chiesi solo, con voce acida, constatando il suo tono regolare e tranquillo.
“Mi sono riempito di caffè.” Ammise, con un’espressione disgustata.
“Ti ci sta bene. Da ubriaco sei anche più insopportabile di quando sei normale. Il ché è un tutto dire.”
Lui ridacchiò ancora ed io fui tentata di strozzarlo seduta stante. “Mentre facevamo l’amore però non sembravi tanto contrariata.”
Dovevo aspettarmela una battuta simile. “Beh, neanche io sono molto in me questa sera, da come hai potuto notare.” Commentai, scrollando le spalle e strappando qualche filo d’erba per tenermi occupata.
Lui intanto si stava accendendo una sigaretta.
“Così il tuo alito farà davvero schifo, lo sai? Fra alcol, caffè e sigaretta non voglio nemmeno immaginarmelo..” Gli dissi poco dopo, guardandolo mentre buttava con nonchalance il fumo dalla bocca.
“Beh, allora dovremo evitare di baciarci per stasera.” Fece spallucce, con ovvietà.
“Non sarà di certo un mio problema.”
“Strano.. Non parli come una che mi ama alla follia. Così mi offendi.” Disse con sarcasmo, mettendo su un finto broncio come quelli dei bambini.
“Sei tu quello che mi ha offesa mettendosi a ridere dopo la mia confessione.”
“Ohh, adesso fai la permalosa?”
“Smettila di scherzare, Jack!” Mi voltai a fronteggiarlo. “Io sono sempre stata sincera con te, ma se tu non riesci a fidarti di me, la soluzione è solo una.” Deglutii, cercando di mandare giù l’enorme nodo che sentivo in gola e che se solo si fosse sciolto, non so quante lacrime mi sarebbero scappate.
“E sarebbe?” Inarcò un sopracciglio com’era solito fare quando era diffidente di qualcosa.
“Ritornare degli sconosciuti. Ognuno alle proprie vite… Perché entrambi vogliamo cose differenti ed io mi sono stufata di questa situazione del cavolo.”
“Non è possibile.” Disse solo, gelandomi il sangue dalla serietà che ci mise nel dirlo.
“Lo so che tu ti diverti così, ma io ho dei principi e non voglio continuare ad essere usata da te.”
“Perché invece di farfugliare sempre mille parole inutili, non mi fai le domande che vuoi!?”
Oh, adesso era lui che si stava alterando!?
Rimasi interdetta da quella ostilità, ma mi ripresi con orgoglio e mi decisi di fargli l’interrogatorio, partendo dall’inizio.
“L’anno scorso ti sei messo con me per dimenticare la tua ex?”
“Sì.”
Sincero, certo, ma deleterio. Così voleva uccidermi.
E già avevo gli occhi lucidi. “Sei riuscito nel tuo intento?”
“Sì.”
Beh, almeno una buona notizia.
“E perché mi hai lasciata?”
Eccola, la domanda da un milione di dollari.
Jack sospirò, voltò lo sguardo, si passò una mano fra i capelli come se fosse combattuto sul da farsi, ed infine parlò: “Eri strana, davvero, June. Eri la ragazza più strana che avessi conosciuto, ma mi affezionai a te. Volevo solo il tuo bene e stavo iniziando a pensare in grande, tanto che nemmeno mi riconoscevo più. Ero.. felice, ecco. Dopo tanto tempo lo ero. E quel giorno ti stavo cercando, perché volevo parlarne con te, volevo renderti partecipe di ogni mio pensiero, perché ci tenevo. Ma io ti ho vista.. Stavi parlando con Dan e quando mi avvicinai –non l’avessi mai fatto-, quando mi avvicinai e sentii quel che gli stavi dicendo, mi crollò tutto il mondo addosso.” Spiegò, a bassa voce, come se non volesse sciupare quei ricordi dolorosi.
“C-cosa.. cosa avevi sentito?”
Lui non parlò subito stavolta. Aspettò qualche secondo, come si fa nei film. Poi alzò la testa a guardare il cielo, la luna, le stelle… E ripeté come una cantilena, come se se lo fosse ripetuto così tante volte nella testa da esserselo imparato a memoria: “Tu di me potrai avere tutto ciò che vuoi. Potrai avere il mio corpo, sì… Ma qui sta il punto: non potrai mai avere il mio cuore.”
Lo aveva sentito.
Aveva sentito quel mio maledettissimo e schifosissimo discorso da puttana.
Lui aveva sentito tutto.
Ma mi stavo consolando, pensando che avesse sentito quindi anche il resto, ma lui si era bloccato.
Non continuò più.
“..Hai.. Hai sentito solo questo?” La mia voce era bassa, roca, spezzata. Non era la mia voce.
“Sono rimasto così disgustato che me ne sono andato prima di sentire qualsiasi altra schifezza. Capisci adesso perché dico che è come se fossi stata tu a lasciarmi? Io non volevo mollarti, assolutamente, ma tu non eri quella che credevo. Tu avresti.. tu saresti andata con chiunque… insomma, ho pensato: ‘ma con chi sono stato tutto questo tempo!?’ Ero sconvolto e dopo ho provato a rimettermi con la mia ex per dimenticare te, pensando che se ci ero riuscito una volta, potevo riprovarci la seconda. E sai la cosa più divertente quale è stata? Che non ci sono riuscito a dimenticare te. Non ce l’ho fatta. E mi odiavo.. Mi facevo schifo perché pensavo che non potevo davvero essermi innamorato di una come te. Te, che odiavo e amavo allo stesso tempo. Capisci il paradosso? Mi odiavo perché ti odiavo.. ma ti amavo anche. Ho passato uno dei periodi più brutti della mia vita a causa tua. Quindi non puoi biasimarmi se ti dico che non so se riuscirò a fidarmi più di te.” Terminò, sospirando e buttando la cicca a terra.
Dal canto mio, io ero letteralmente paralizzata.
Come se avessi perso ogni parte del corpo.
Era stata quindi colpa mia? Mi ero logorata il fegato non avendo mai capito che il casino, tutto quel dolore e quelle lacrime, le avevo create io stessa!?
Ma che razza di mostro ero?
“Jack io… Tu non hai sentito quello che ho detto dopo.”
“Non importa.”
“Ma.. io ti amo, ti amo ancora e non è cambiato assolutamente nulla per me!”
Si era alzato. “Ma per me sì!”
“N-non.. non mi ami Jack?” Stavo piangendo senza nemmeno rendermene conto e toccavo la sua gamba neanche fosse la mia àncora di salvezza.
“Non puoi chiedermi questo.” La sua voce ora era instabile. Tremava anche lui.
“Ti prego, ti prego.. Non lasciarmi anche adesso. Rimani con me, te lo sto chiedendo io stavolta. Non lasciarmi sola stanotte. Da domani ricominceremo a pensare razionalmente, ma adesso non abbandonarmi, ti prego. Non ti chiederò più nulla, starò zitta… ma non andartene.”
“Mi dispiace June, ma lo hai detto anche tu… Ognuno alle proprie vite.”
E se ne andò.
Se ne andò così, lasciandomi sola, a piangere, come una cretina.
Quella sera tutti avevano ottenuto il loro piccolo premio per gli anni sprecati a soffrire per amori impossibili… mentre io ero stata realmente lasciata sola, per la seconda volta, a piangere come non mai, ad abbracciarmi da sola per il tremolio che aveva posseduto il mio corpo, e ad arrabbiarmi e disperarmi con me stessa, per me stessa, contro me stessa. Ed il tempo.
Sì, perché ormai era troppo tardi… Troppo tardi.
 







Angolo Autrice:
Capitolo scritto in fretta e decisamente ad alto carico depressivo. Mi dispiace infinitamente per il ritardo ed eventuali orrori grammaticali.
La storia sta raggiungendo il culmine, ma grazie a questo capitolo ormai sono stati scoperti tutti gli scheletri del passato.
Altri pochi cap e dovremmo dire addio a Piacevolmente Ingiusto mie care :(
Intanto godetevi questi strampalati capitoli e magari fatemi sapere che ne pensate!
Un bacionissimo: Doll!

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Capitolo 17
*** If I Could Turn Back Time ***


If I Could Turn Back Time
 
 


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Era passato un mese. Tre giorni e due ore, da quella famosa notte.
E Jack non mi aveva rivolto la parola, non mi aveva più guardata in faccia e appena sentiva la mia presenza, faceva qualsiasi cosa per svignarsela, e quando le circostanze non glielo permettevano, riusciva a cacciare me con la sua impossibile indifferenza.
Ed io soffrivo… Soffrivo così tanto che ancora oggi, scrivendolo, mi tremano le mani al solo ricordo. Ricordo di notti insonni, di pasti saltati, di sigarette consumate, di litigi ingiustificabili, di quella lenta e degenere autodistruzione che il mio corpo stava subendo. Incredibile quanto potere una persona come lui, potesse avere su di me.
Eppure io non smettevo mai di sperare, no, la speranza non mi aveva mai abbandonata. Speravo ancora in una sua chiamata, in un suo sguardo; oppure quando mi ritrovavo ad aspettare l’autobus in orari improbabili, di vederlo passare con la sua macchina e fermarsi per darmi un passaggio. E, beh, erano più le volte che mi davo mentalmente della stupida, pensando “perché mai lui dovrebbe fare un piacere a me??”, che invece abbassavo semplicemente lo sguardo mortificata senza però ribattere e sorvolando l’argomento persino nella mia mente.
Credevo di poter impazzire. Credevo che facendo passare ancora altro tempo, altre settimane, altri giorni, altre ore, altri minuti, avrei rischiato di perderlo inevitabilmente e di rivedermi a distanza di vent’anni zitella, frustrata e con mille rimpianti alle spalle. I filmini nella mia testa avrebbero impressionato Stephen King.
Ricordo ancora quando iniziavo a pensare che probabilmente in quel lasso di tempo, lui avrebbe potuto frequentare qualcun'altra. Che mentre con me risultava freddo ed impassibile, con lei avrebbe potuto ridere, divertirsi.. dimenticarmi.
E poi crollavo e piangevo. Piangevo così tanto che il giorno dopo il cuscino del mio letto era ancora umido.
Un giorno mia madre mi disse: “Le persone che ti fanno ridere, ti vogliono male; le persone che ti fanno piangere, tengono a te.”
Okay, l’aveva detto in dialetto e scrivendolo, sicuramente il correttore automatico di word mi segnerebbe mille milioni di righe rosse sotto le parole, ma comunque questo era il succo, che poi, non è poi sempre così… Le mie amiche non mi avevano mai fatto piangere, ma ero sicura che mi volevano bene. Mentre Jack… A ripensarci erano più le volte che mi ritrovavo a piangere per lui che a ridere con lui.
Quindi significava che teneva immensamente a me, vero? Certo mamma, come no.
Ma vabbè, la mia mammina voleva solo consolarmi perché era stufa di ritrovarsi uno zombie in casa che sembrava appena uscito dal video musicale “thriller” di Michael Jackson, quindi… come biasimarla?
Comunque sia, il tempo stava passando.
Un mese, tre giorni, due ore e sedici minuti.
Mia madre entrò nella mia stanza salendo le scale e facendo più rumore di un branco di rinoceronti con delle scarpe da tip-tap, iniziando a lamentarsi per la puzza di chiuso e per i panni lanciati sulla scrivania che si mischiavano fra quelli puliti e quelli da mettere a lavare, e solo dopo questa serie di chiacchiere incessanti che continuavano a crearmi un fortissimo emicrania, si decise a darmi la notizia che poi avrebbe cambiato il corso di tantissimi eventi futuri: “..e quelle scarpe, poi! Ah, mi sono dimenticata di dirti che stasera ci sono ospiti. Io e tuo padre volevamo conoscere la famiglia dell’amichetta di tua sorella, quindi cerca di renderti presentabile e magari scendi di sotto che ti presto il mio fondotinta per quelle tremende occhiaie, tesoro. Ancora che ti disperi? Sei bella, giovane, divertente ed intelligente, quel coglione se ne può pure andare a farsi fottere, chiaro? Ora, forza, vatti a sistemare!”
Avevo sempre ammirato il talento di mia madre nel riuscire a mettere in un unico discorso centinaia di temi diversi e rifilarlo così, senza neanche prendere fiato, e ammiravo ancora di più, la sua capacità nel rendere ogni problema –da esasperante a tragico- una stupidaggine da niente, facendoti credere che poi chiunque sarebbe stato in grado di risolverlo senza lamentarsi come invece facevi tu. E allora riusciva anche a farti sentire in colpa, per altro, perché mentre nel mondo c’erano bambini senza cibo, gente uccisa ingiustamente e ragazzi con dei genitori drogati o alcolizzati, tu invece eri lì, in una bella casa, con una bella famiglia, sul tuo comodo letto, a disperarti perché un certo Jack O’Connell ti aveva mollata come una stupida alla festa in maschera e non ti rivolgeva la parola da un mese, tre giorni, due ore e trenta minuti.
Che ingrata che ero.
Mia madre non mi diede neanche il tempo di ribattere che se andò esattamente come era arrivata: velocemente e rumorosamente.
Era sabato ed io non avevo la minima voglia di alzare il culo per “rendermi presentabile” per certi tizi che neanche conoscevo.
Sicuramente sarebbero stati quei soliti idioti che tenevano la figlioletta sul piedistallo neanche valesse miliardi.
Okay, l’ultimo era stato un commento molto cinico, ma era il malumore a farmi essere così acida e scontrosa.
Comunque mi alzai, seguita da sbuffi, crampi e molte imprecazioni contrariate, iniziando a rovistare nell’armadio per trovare qualche indumento decente da infilarmi. Di sistemare la cameretta non ci pensavo minimamente. Era al terzo piano, al posto della mansarda e sicuramente a nessuno sarebbe interessato di venirci, quindi reggiseni, mutandine e panni sporchi o puliti, restarono immobili come li avevo lasciati, mentre correvo nel mio bagno a lavarmi, mettermi dei jeans anche un po’ logori ed una felpa che l’anno prima avevo fregato a Jack una sera che avevo dormito da lui. Amavo quella felpa… Non aveva niente di che, ma era verde e nera, con dei disegni astratti sopra che mi facevano impazzire. Jack mi aveva detto di averla pagata un casino ma che potevo tenerla perché a me stava meglio… e beh, aveva aggiunto anche che mi rendeva tremendamente dolce quanto sexy.
Non avrei mai potuto dimenticare quel giorno, quelle sensazioni, neanche a volerlo.
Dei capelli non me ne importava poi molto. Li lasciai lisci sulle spalle anche se un po’ scompigliati come piaceva a me, finendo di truccarmi solo quando già si erano fatte le sette e mezza.
Sentivo mia madre e mio padre in cucina a spostare e rispostare padelle, pentole e posate neanche stesse arrivando il papa in persona. Che poi, in tal caso, non avrebbero nemmeno fatto tanto… Eravamo atei, noi.
Mi decisi poi anche a scendere le scale –stavo facendo troppi sforzi quel giorno-, raggiungendo l’allegra famigliola intenta a preparare una cena impeccabile.
Niente di nuovo quindi se mia madre sbraitava a destra e a manca, la mia sorellina April saltava sul divano emozionata che venisse la sua amichetta, e mio padre cercava di sdrammatizzare la situazione con battutine che però non facevano altro che innervosire mamma.
“Salve famiglia.” Li salutai, aspettandomi già la loro reazione: ignoranza totale.
Quando avevano da fare ed erano presi da altre cose, m’ignoravano liberamente senza neanche farsi troppi problemi se ci rimanevo male. Ma poi ci ero abituata.
Mi diressi accanto a mia madre e mi fregai un panzerotto ripieno di pomodoro e mozzarella, facendola trasformare nel classico mostro delle favole che si vede raffigurato nei libricini per bambini.
Occhi sgranati, corpo rigido, guancia rosse, capelli per aria e delle piccole venuzze che andavano a raggiungere l’iride che non smetteva di puntarmi.
Chissà com’è, si accorgevano di me solo quando stuzzicavo qualcosa di là e di qua.
“Vai a sedare tua sorella e levati da qui, non devi toccare nulla.”
Questo era il modo di mia madre per dirmi: “Carissima e amatissima figlia mia, dato che sono a conoscenza della tua stupefacente responsabilità, vorrei gentilmente chiederti il favore di badare alla tua sorellina, anche lei mia adoratissima figlia. Ah, e data anche la tua maturità, pur sembrandomi inutile, ti chiedo anche di non ingurgitare ciò che sto accuratamente preparando per la cena di stasera. Grazie.”
Sì, sì… voleva proprio dire così.
Annuii impercettibilmente e a passi da bradipo mi avviai al salotto dove incontrai subito April che, saltando sempre sul divano, cantava la canzoncina delle scimmiette imparata dal film Le follie dell’imperatore.
“Ehi bestia, mamma ha detto che devi finirla.” La richiamai, venendo bellamente snobbata.
Cinque minuti, poi la raggiungevo e la picchiavo, magari soffocandola anche con un cuscino.
“Ottantasette scimmie, saltavano sul letto, una cadde in terra e si ruppe il cervelletto…”
“Ti avverto, se non la smetti adesso non potrei rispondere dei miei gesti..” La minacciai, vanamente.
“Ottantasei scimmie, saltavano sul letto, una cadde in terra e si ruppe il cervelletto…”
Ora la uccido.
“Te lo rompo io il cervelletto se non scendi immediatamente.” Dissi, tentando di sembrare almeno un minimo autoritaria.
Se solo il mio tono non fosse stato talmente annoiato e privo di qualsiasi accento, magari lei mi avrebbe perlomeno sentita
“Ottantacinque scimmie…”
Grazie al cielo il campanello suonò prima che la peste potesse continuare.
“Uuuuh! Sono arrivati, sono arrivati, sono arrivati!!” Saltò giù April, tentando di alzarsi con la punta dei piedi per vedere attraverso lo spioncino.
“Mamma, ma quanti sono?” Chiesi, seguendola con lo sguardo mentre si asciugava le mani sullo strofinaccio per poi poggiarlo sulla sedia e andare ad aprire alla porta.
“Quattro, June. I genitori, la piccola Michelle e suo fratello maggiore… Sempre se c’è. Janice non mi aveva dato la conferma, ma io ho comunque apparecchiato per otto…” Borbottò lei, rispondendo poi al citofono.
Io feci spallucce, del tutto disinteressata alla cosa, avendo già dimenticato i nomi da lei appena detti, voltandomi di spalle e dirigendomi in cucina per rubare un altro panzerotto.
Mia madre aprì la porta facendo entrare gli ospiti, proprio quando mi ero infilata l’intero panzerotto in bocca e quasi rischiai seriamente di strozzarmi appena mi resi conto che la famiglia ospite da noi, era proprio la famiglia O’Connell.
 
La prima ad entrare fu la madre, con la sua bella giacca firmata ed i capelli fissati in testa con un’acconciatura da urlo, tenendo per mano la piccola Michelle che con i suoi lunghi boccoli biondi sorrideva ad April per poi gettarsi ad abbracciarla pur avendola vista solo il giorno prima. Al seguito entrò il padre, alto quasi due metri e con quell’aria sempre troppo seria che rovinava i suoi bellissimi lineamenti.
Quando riconobbi questi e fu troppo tardi per il panzerotto ritornare su dalla gola, poco prima che la porta si chiuse, entrò lui.
Alto quasi quanto il padre, biondo e sempre spettinato, con tanto di jeans scuri, giacca di pelle e camicetta grigia scuro che lasciava decisamente poco posto all’immaginazione.
Bello, bello, bello… ed io me l’ero lasciato sfuggire via. E lui aveva ammesso di amarmi… ma anche di odiarmi. E poi non mi aveva calcolata per un mese, tre giorni, quattro ore e sette minuti… Anche se ora… Ora era a casa mia.
Neanche a farlo apposta, appena mi vide rimase fermo immobile con le braccia alzate per togliersi il giacchetto.
Immobili. Lui con il giacchetto a metà fra l’averlo addosso e il poggiarlo sull’attaccapanni, ed io con il famoso panzerotto in gola.
A fissarci.
Poi mia madre ci risvegliò dal “brutto” sogno.
“Oh, Janice, che piacere rivederti! Venite, la cena è già pronta. Si inizia con qualche antipastino e poi…” Mia madre si stava pericolosamente avvicinando alla cucina, portando dietro di sé i famosi ospiti, mentre Janice le rivolgeva un sorriso di circostanza, tanto che anche mia sorella April se ne sarebbe accorta se non fosse stata troppo presa a saltellare ora in compagnia della sua amichetta.
“June!” Ops.. troppo tardi. “Ti avevo già detto di aspettare prima di mangiare.” Disse mia madre a denti stretti per mascherare il rimprovero, mentre mio padre si accingeva ad attaccar bottone con il padre di Jack.
Senza riuscirci, però.
Intanto, con il cuore in gola –e anche il panzerotto-, mi sbrigai a liberarmi del boccone e a tentare di sorridere mentre mi presentavo ai nuovi arrivati.
“Uh.. ehm… Buonasera.” Feci, più impacciata che mai, sentendomi addosso lo sguardo di Jack e di sua madre, che aveva preso a squadrarmi dalla testa ai piedi.
“Janice, questa è mia figlia June.” Sorrise mamma, cercando di togliermi dall’imbarazzo.
“Ah, June, tua madre mi aveva parlato di te… Ma mi sembra di averti già vista.” Rispose la donna, con un’eleganza in una frase tanto semplice, che mi stupì non poco.
“Oh, sì… Ero al matrimonio di.. di Jessica, sua nipote.” Balbettai, cercando in tutti i modi di non guardare dalla parte di Jack.
Ci furono secondi, forse minuti, che comunque parvero infiniti, nei quali restammo tutti in silenzio e Janice continuava a farmi la lastra con la sua espressione insondabile, fino a quando proprio quest’ultima proferì parola, ridendo: “Ooh, sì, ma certo! Tu sei June. Quella June!” Rise ancora, spaventandomi quasi.
Ma che diavolo si rideva? Io mi stavo sentendo male dal disagio e lei rideva?
Beh, comunque servì per scongelare l’atmosfera e far sedere tutti finalmente a tavola.
Sfortunatamente Jack capitò all’ultimo posto del tavolo –di capotavola ce n’era uno e ci era seduto mio padre- ed io dovetti sedermi alla sua destra, non riuscendo nemmeno a fiatare per paura di rompere quella pseudo tregua che si era venuta a creare fra noi per forza di cose.
I famosi panzerotti, scoprii, erano di due tipi: mozzarella e pomodoro –come piacevano a me- e funghi e formaggio –come invece odiavo.
Quindi se ne prendevo uno, purtroppo, appena lo aprivo –dato che erano di dimensioni mooolto ridotte, stile biscotti della fortuna ripieni ma leggermente più grandi- e beccavo quello con i funghi, mi toccava anche mangiarmelo oppure rifilarlo a mio padre, senza farmi vedere.
Mia sorella che era seduta di fronte a me, accanto a Michelle che invece era di fronte a suo fratello, non la smetteva di chiacchierare e porsi delle domande che non stavano né in cielo né in terra, del tipo: “I capelli delle barbie sono veri o finti? Se sono finti, perché?”; facendomi chiedere se fosse davvero mia sorella o se fosse stata mandata da noi tramite qualche astronave sconosciuta.
E Michelle le rispondeva pure!
Io a sette anni mica ero così… In quel momento lo sperai vivamente.
Nel frattempo i nostri genitori chiacchieravano indisturbati mentre la sfiga mi perseguitava facendomi prendere solo panzerotti con funghi, costringendomi a rifilarli a mio padre, appunto, o a mangiarli con disgusto, fino a quando, una mano estranea s’insinuò nel mio campo visivo porgendomi un panzerotto con mozzarella e pomodoro.
Mi si illuminarono gli occhi vedendolo, e soprattutto constatando che era per me, quando poi il sorriso si ritirò non appena alzai gli occhi e collegai quella mano al suo braccio, alla sua spalla, così fino al suo collo e così al suo viso… e a quegli occhi che mi erano mancati come l’aria.
Sentii il cuore perdere battiti e balbettando stupidamente qualche grazie, afferrai il panzerotto provando a guardarlo il meno possibile.
“Neanche a mia sorella devo accontentarla così.” Fece lui, col solito tono gelido ed impassibile.
Ormai avevo capito com’era fatto: prima faceva qualcosa di gentile poi, per mascherare il gesto e ricordare lo stesso che era sempre il solito bastardo, feriva con una delle sue frecciatine usando quella classica nonchalance senza paragoni.
Rimasi in silenzio, mangiando ed ignorandolo.
In verità, però, il mio cuore stava facendo i salti di gioia non riuscendo ancora a credere che finalmente mi aveva rivolto la minima attenzione.
La cena continuò così, io e Jack in silenzio, Michelle ed April che non smettevano neanche un secondo di ciarlare anche con il cibo in bocca, e i nostri genitori che parlavano di lavoro o di affari vari che neanche mi sprecavo di stare a sentire.
“Jack, ma tu quanti anni hai?”
Eravamo arrivati già al dolce, quando mia sorella fece quella domanda a Jack.
Lui sorrise. “Diciotto.”
“Ma allora sei più grande di June! Lei ne ha solo sedici!”
“E questo che c’entra?” Finalmente proferii parola, inarcando un sopracciglio verso quella pettegola di mia sorella. “E comunque ne ho quasi diciassette.”
“Siete carini insieme. Io vi ho visti ballare al matrimonio di Jessie.” Disse poi Michelle, con la sua voce sempre tranquilla e mai troppo alta e stridente come quella di April che ti arrivava fin dentro il cervello.
…Anche se in quel momento avrei preferito sentire mille volte la vocetta odiosa di mia sorella che quella voce pacata dire una frase così distruttiva.
Jack si schiarì la voce come se qualcosa gli fosse andato per storto ed io rimasi immobile a fissare la piccola Michelle che con un sorrisetto dolcissimo attendeva una nostra risposta.
“Ballare.. è un parolone.” Optai per sdrammatizzare, quindi, prendendo esempio da mio padre e ridendo nervosamente cercando di nascondere il rossore improvviso.
“Beh, io ballo bene.” Disse però Jack, con un espressione fra l’ironico ed il divertito, facendo ridacchiare le piccole.
“Ah, se quello lo chiami ballare…” Ribattei, con un espressione che era talmente buffa che fece piegare in due dalle risate mia sorella.
“Cosa vorresti insinuare? Se ballavo male era solo perché avevo un sacco di patate da guidare.”
“Sacco di patate a chi? Ero leggiadra come una fata.” Risposi, alzando anche le braccia per simulare delle ali e l’idea di leggerezza.
Ora Jack non riuscì a trattenersi e cercando di sputacchiare meno acqua possibile –dato che stava bevendo-, scoppiò a ridere insieme a Michelle ed April.
“Una fata, eh?” Sorrise, con una faccia dubbiosa.
“Una fatina, ecco.”
Lui rise ancora. “Io rimango al sacco di patate.”
So che forse in quel momento avrei dovuto rispondere con qualcosa di più arguto, ma il modo in cui mi guardò fu così travolgente che mi pervase completamente i sensi.
I suoi occhi erano qualcosa di fantastico; che poi, pensandoci, quando qualcuno si ritrovava a descriverlo –biondo, alto, occhi celesti- poteva anche passare per il classico principe azzurro, ma poi quando qualcuno se lo ritrovava davanti in tutto il suo metro e ottantasei, con la giacchetta da motociclista, i tatuaggi sulle braccia e qualcuno dietro al collo, i capelli nei quali potevi perderci un pettine e forse anche un intero armamentario da parrucchiere, e l’espressione perenne che sembrava dirti: “Se m’importasse qualcosa di te potrei anche muovermi e spezzarti in due, ma dato che mi sei completamente indifferente, continuerò semplicemente ad ignorarti”, si ricredeva immediatamente sul principe azzurro e lo etichettava come “ragazzo interessante ma preferibilmente da evitare”, e beh, come dar torto a certe impressioni?
Comunque, fatto sta che non riuscii a trovare le parole per rispondere e ritrovandomi a fissarlo con due occhi da innamorata pazza, il discorso venne chiuso così, fino a quando i “grandi” non decisero di mettersi di fuori per chiacchierare, le piccole di rinchiudersi nella cameretta di April per giocare ed io e Jack, però, rimanere immobili senza saper che fare, in salotto.
“June, perché non fai vedere a Jack la tua camera?” Mi chiese mia madre, pensando magari di farmi un piacere.
Se solo avesse saputo che era lui il ragazzo che mi aveva fatta stare male per tutto questo mese, tre giorni, cinque ore e quarantacinque minuti, probabilmente non si sarebbe fatta problemi a cacciarlo direttamente fuori casa.
“Ehm… Non penso che…” Tentai, ma lei m’interruppe subito con un’occhiataccia ammonitrice e quasi fulminante, obbligandomi a darle ragione. “Okay, v-vieni Jack…” Deglutii, pronunciando il suo nome e parlandogli con quella vocetta instabile che faceva trasparire ogni mia singola emozione.
Salimmo le scale in silenzio, lui dietro di me, fino a quando non ci ritrovammo davanti alla porta.
All’ultimo scalino dovetti voltarmi ed avvertirlo: “P-potresti aspettare qualche secondo qui?”
“Perché? La tua camera non è presentabile?” Chiese con nonchalance.
“Ecco… sì.”
“Sì cosa?”
“Non è presentabile.”
“Non me ne frega niente.”
Non me ne frega niente, lo disse con così tanta indifferenza che mi fece quasi male; neanche avesse detto non me ne frega niente di te… però, boh, era come se avesse detto così in un certo contorto modo.
Senza pensarci due volte, aprii la porta facendolo entrare per primo e gustandomi attimo dopo attimo i suoi cambi di espressione di fronte a quel caos.
“Queste…” Si avvicinò al mio letto, prendendo in mano un coso nero. “Sono… mutandine?” Chiese poi, sollevandole con l’indice ed il pollice.
“Uhm… Sì.” Arrossi, sbrigandomi a levargliele di mano. “Puoi guardare ma non toccare.” Lo ammonii.
“Uh, quel reggiseno me lo ricordo.” Borbottò fra sé e sé, camminando per la mia camera e tenendo conto di ogni singolo dettaglio.
Non badai a quell’osservazione e mentre cercavo di sistemare un po’ quel casino, gli dissi, quasi senza pensarci: “E’ strano vederti qui.”
Lui si fermò vicino alla porta finestra che portava al balconcino, voltandosi a guardarmi.
“Perché?” Chiese.
“Non sei mai salito in camera mia.”
“Non mi hai mai invitato a farlo.”
“Non volevo darti un’impressione sbagliata di me.” Mi giustificai.
“Beh, comunque alla fine ci sei riuscita lo stesso; a darmi un’impressione sbagliata, intendo.” Rispose infine, con un tono quasi amareggiato.
“No, Jack, io non ti ho dato nessuna impressione sbagliata. Non mi hai neanche lasciata spiegare.” Dissi, raggiungendolo e parandomi di fronte a lui.
Jack, sempre con nonchalance, si voltò e notando un lettore cd, premette semplicemente play e in quel momento partì la canzone If I could turn back time di Cher.
“Bene. Allora spiegati.”
 
“I don't know why I did the things I did. I don't know why I said the things I said. Pride's like a knife, it can cut deep inside.Words are like weapons, they wound sometimes. I didn't really mean to hurt you; I didn't wanna see you go”
 
“Tu non hai sentito il resto di quella frase, Jack. Io, sì, avevo detto quelle cose, ma solo perché Dan mi aveva portata all’esasperazione. Mi inviava ogni giorno sms, letterine, mi chiamava ogni sera e a scuola non mi lasciava un attimo di tregua. Io gli ho sempre voluto bene, ma quel giorno non ce l’ho fatta e sono scoppiata. Ma tu hai sentito solo metà di ciò che ho detto… Non è come hai pensato.”
Mi ero preparata quel discorso da un mese, tre giorni e sei ore, quindi ormai ce lo avevo stampato direttamente in testa e lo sapevo a memoria.
“E cos’è che avevi detto esattamente, sentiamo.” Fece lui, con una nota di disappunto nella voce che mascherava anche un po’ di nervosismo.
“Ho detto che lui non avrebbe mai potuto avere il mio cuore perché quello apparteneva già a te, Jack.” Ammisi, sentendomi svuotata di un peso fin troppo grande per me.
Lui rimase in silenzio, guardando un punto indefinito e con la musica in sottofondo, si ripeteva le mie parole in testa cercando di capire come avrebbe dovuto reagire. Avrebbe seguito il cuore o il cervello? Istinto o ragione?
 
“If I could turn back time. If I could find a way. I'd take back those words that have hurt you, snd you'd stay. If I could reach the stars, I'd give them all to you. Then you'd love me, love me, like you used to do. If I could turn back.”
 
“Mi amavi già a quel tempo?” Chiese poi, stupendomi.
Credevo non si sarebbe fidato e mi avrebbe semplicemente sbattuto nuovamente la porta in faccia.
“S-sì.” Deglutii, non sapendo più cosa aspettarmi.
“Perché non me l’avevi detto?”
La sua espressione era incomprensibile.
“T-tu.. tu avevi detto che avevi paura di essere amato. Così ho preferito aspettare.” Spiegai, torturandomi le mani.
Rimanemmo altri instanti in silenzio, quando poi disse, sorridendo: “Ti sta bene questa felpa.”
..E quanto poteva essere bello quando sorrideva?
“E’ tua.” Dissi solo, come se bastasse come motivazione del perché mi stesse bene.
“Lo so. Ho fatto bene a regalartela.” Annuì fra sé e sé, ripensandoci.
“Jack… Perché per tutto questo tempo mi hai ignorata?”
Era il momento di risolvere ogni dubbio.
“Dovevo capire. Magari andare avanti…”
 
“My world was shattered, I was torn apart, like somebody took a knife, and drove it deep in my heart. When you walked out that door, I swore that I didn't care; But I lost every thing darling then and there. Too strong to tell you I was sorry. Too proud to tell you I was wrong. I know that I was blind…”
 
La canzone volgeva al termine e quelle parole mi ricordavano esattamente la nostra storia fino a quella sera della festa in maschera, quando se n’era andato lasciandomi sola a penarmi contro me stessa.
“E.. ci sei riuscito?”
Non sapevo nemmeno se volevo sapere la risposta, ma preferii una dura realtà che una piacevole illusione.
“Sono ancora qui a parlare con te… quindi penso proprio di non esserci riuscito, no.” Ammise allora, posando le sue mani sui miei fianchi e tirandomi a sé.
“Questo che significa? Che mi hai perdonata? Che potremmo… tornare insieme?”
Lui sospirò. “No.”
Io cercavo di ricacciare indietro le lacrime. “P-perché?” Sussurrai, sembrando quasi una supplica.
“Ho detto che non sono riuscito ad andare avanti, non che avevo capito.”
Abbassai lo sguardo; mi sentivo sconfitta, stanca, senza più forze…
“Ti mancherò solo quando sarai tu a non mancarmi più.” Bisbigliai, con voce tremante.
Lui mi strinse ancora più forte. “June…”
“Ti piace così tanto farmi soffrire, Jack?” Chiesi allora, staccandomi da lui e puntando i miei occhi lucidi nei suoi.
Lui rimase immobile, guardandomi con un’espressione che non gli avevo mai visto prima. Sembrava.. pentito? Ferito? Stava forse provando… pena?
“Io devo solo…”
Ma non lo feci finire.
“Io ho fatto di tutto per te, per farti capire che ti amo e che ci tengo ancora a noi. Te l’ho dimostrato in ogni modo, ho pianto così tanto in questo mese che tu neanche immagini. Sono stata di merda e ho comunque continuato a farmi usare quando ti serviva a te, senza mai ribattere. Ti sono sempre stata fedele e sei riuscito a farmi sentire male anche con me stessa. Ora basta, Jack, perché io non merito tutto questo. Non più, almeno. Se ho sbagliato, mi sono scusata e ho cercato di farmi perdonare. Quindi mi devi una risposta: o tutto o niente.”
L’avevo detto. Ma.. ero veramente pronta a mettere un punto definitivo se la sua risposta fosse stata niente?











Angolo Autrice:
Lo so, non succede molto in questo capitolo, ma dovevo comunque cercare un attacco per la fine.... In qualche modo dovevano "far pace" no?
Vabbè, la verità è che non me lo so spiegare nemmeno io. Jack è sempre il solito testone, ma -forse perché sono io che l'ho creato- lo capisco anche....
Spero vivamente in qualche vostra recensione e ci tengo ancora a ringraziare tutte voi se la storia è riuscita a finire fra le più popolari!
Un bacionissimo: Doll!
PS: per chi non lo sapesse, questo è il contatto facebook -> Doll Efp

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Capitolo 18
*** The End Of The Beginning ***


Epilogo

...

Questa storia
è dedicata a tutte quelle ragazze
che non hanno mai perso la speranza
nei
propri sentimenti.
E, soprattutto, a quelle che, amando,
sono riuscite, nonostante ogni dolore,
a migliorarsi e a soddisfare i propri desideri.
Non molla
ndo mai.
June
.


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The End Of The Beginning
Total Eclipse of the Heart







“Questo vestito mi ingrassa, vero?”
“Ma sei scema? Sei bellissima. Su, sbrigati che siamo già in ritardo!”
“Io devo ancora capire come ha fatto a convincerla…”
“Basta ciarlare, dobbiamo andare.”
“Mi stai mettendo ansia, Freddie!”
“Sei una lumaca, Abby.” Borbottò però lui, nel suo bellissimo ed elegantissimo smoking da sera.
“Ehi!” Gli imbruttii, lanciandogli praticamente saette con gli occhi e contemporaneamente infilandomi i tacchi rossi.
Lui si avvicinò e con un sorriso che voleva già dire “scusami”, mi abbracciò e sussurrò al mio orecchio: “Una bellissima lumaca.”
Mi sciolsi per cinque secondi netti.. poi ritornai all’attacco.
“Hai controllato Emy?”
“Diceva che il suo vestitino pizzica.”
“E dov’è adesso?”
“Ho chiesto ad Alicia e Francine di venirla a prendere e di portarla con loro, visto che a te mancava ancora tanto…” Fece con tono scoraggiato.
“Ho fatto, ho fatto… ma questa pancia m’intralcia!” Mi lamentai, indicando il pancione di già tre mesi.
Ricordo come fosse ieri la prima volta fra me e Freddie… Le paranoie, la paura, il dolore, il piacere, l’emozione… Tutto fantastico. E probabilmente proprio per questo non eravamo riusciti più a fermarci…
“Stai benissimo, Abby.”
Però il mio carissimo compagno riuscì immediatamente a tirarmi su il morale dandomi un bel bacione sulle labbra ed una carezza sul pancione, rassicurandomi con i suoi magnifici occhi scuri.
“Ti amo, sai? Sono così emozionata.” Confessai, con voce tremante.
Era il grande giorno per una mia carissima compagna di vita e mi venivano i brividi solo pensando che mi stavo preparando per il suo matrimonio.
“Ti amo anche io.” Mi sorrise ancora. “Ora andiamo, su.”



“Te l’ho detto che con questo vestito sei assolutamente sexy, tesoro?”
Sorrisi compiaciuta. “Sedici volte, sì.”
“Perché non vi sposate anche voi due?” Chiese Emy -la figlia di Freddie ed Abby, di quasi quattro anni-, dai sedili posteriori.
Era una bambina graziosissima, con gli occhioni a mandorla di un colore simile ad uno di quei buonissimi caffè che si riuscivano ad assaggiare solo in bar italiani. Una visetto paffuto incorniciato da capelli liscissimi e castani, e la classica espressione un po’ ingenua e un po’ paracula che riportava alla mente i visi dei suoi genitori, nostri amici e coppia affiatata da quasi dieci anni.
Alicia sembrò per un momento spiazzata, ma poi, con un sorriso mozzafiato seppe riprendersi e rispondere: “Richiedilo quando avrai… vent’anni, ecco.” Ricordandomi vagamente una puntata di Queer as Folk.
Emy ci pensò qualche secondo, poi, con una scrollatina di spalle cambiò discorso chiedendo di cambiare canzone alla radio.
Intanto notai con la coda dell’occhio come la mano di Alicia si poggiava sulla mia che tenevo sulla marcia e la sua carezza sul dito come fosse tutto nella normalità.
Lei non sapeva che a distanza di tutti quegli anni, ogni singolo contatto o sguardo fra noi mi faceva sentire come se tutto accadesse per la prima volta.
Era stupendo poterla toccare, abbracciare, baciare come per quasi un anno avevo desiderato segretamente. Difficile però spiegare la reazione dei nostri genitori.
Per un periodo di quasi tre anni mia madre mi ha cacciata di casa, venendomi a ricercare solo una volta finito il college. I genitori di Alicia, invece, non fecero una piega. Dicevano che le sarebbe passata; che era una cosa nuova da provare… I sentimenti non c’entravano niente e tanto meno la sessualità. Loro figlia non era lesbica e, soprattutto, non poteva essere innamorata della sua migliore amica.
Poco male poiché adesso mi facevano ancora ridere le facce che facevano ogni volta che ad un evento di famiglia la loro figlioletta, invece che un ragazzetto, presunto fidanzatino, portava me.
Erano soddisfazioni quelle. E anche in quel momento, mentre con la macchina cercavo di parcheggiare, sentire il suo sguardo concentrato solo su di me mi riportava cento metri sopra il cielo. Avrei rifatto mille volte le stesse esperienze devastanti se sapessi che ognuna di queste mi avrebbe sempre e comunque riportata a lei.
“Pronta per entrare?”
“Pensi sia già iniziata la messa?” Chiese.
“No, siamo in orario.” Sorrisi.
Aprii lo sportello e senza pensarci due volte, mentre Alicia era impegnata a tenere con una mano Emy, io le afferrai e strinsi l’altra, entrando così in chiesa.



“Ma quando arrivano quei due!?”
“Calma amore, ho chiamato adesso Freddie, dice che cinque minuti e stanno qui.” Feci, cercando di tranquillizzarla.
“Ma guarda te se proprio la testimone doveva fare ritardo!”
“Holly, non è in ritardo, la messa ancora non è iniziata.”
“Non mi contraddire.” Mi minacciò, ridendo subito dopo. “Scusami amore, è che sono agitatissima.” Disse dolcemente, venendomi incontro per essere abbracciata.
“Andrà tutto bene, vedrai. Tu come stai?” Le chiesi, stringendola a me e guardandola in quegli occhi che mai avrei smesso di ammirare e venerare.
“Sono passati anni, John. Sto bene, come vuoi che stia? E’ stata una faccenda vecchia… Andavamo ancora a liceo!” Sorrise sincera, scoccandomi un rumoroso bacio sulle labbra e, sicuramente, lasciandomi un velo di rossetto su di esse. Quando se ne accorse, portò immediatamente le dita a pulirmelo, non smettendo un attimo di ridacchiare.
“Sei una carogna.” Sorrisi di rimando.
“Sono nervosa. Pensi che verranno?”
La strinsi ancora e le presi una mano. “Chi, loro? Sono sicuro di sì.”
“Ho il cuore che batte a mille.”
“Ma, scusa, sei più agitata oggi che il giorno del nostro matrimonio!” La rimproverai, scuotendo il capo dal suo visino da cucciolo sperduto.
“No, ma che dici! E’ solo che…”
“Ho capito. Stavo scherzando.” Avvicinai il mio viso al suo orecchio. “Ho l’ansia anche io.”



La cerimonia iniziò.
Abby finalmente era arrivata e si era posizionata affianco a me, mentre io, col mio bel vestito bianco, non riuscivo a staccare gli occhi da mio futuro marito.
Ma com’era riuscito a convincermi? Convincere me.
Lo guardavo, rimirando la sua bellissima figura fasciata da un vestito fantastico, rivivendo poi ogni momento passato con lui; dal primo all’ultimo.
I suoi occhi, i suoi capelli chiari, il suo sorriso, la sua allegria, l’amore che non aveva mai smesso di donarmi. Poi ripensai ai miei sbagli, al mio egoismo, al periodo più buio della mia vita, quando avevo iniziato a credre di essere troppo sbagliata per uno come lui. Che meritava di meglio, invece che una doppiogiochista come me.
Ma l’amore fa fare follie. Io ero impazzita per lui e anche se avevo sofferto e, soprattutto, avevo fatto soffrire altre persone a me vicine, non avrei cambiato nulla del mio passato; perché ora ero qui, con questo vestito bianco, su quest’altare, a pronunciare parole d’amore e a giurare fedeltà fino a che morte non ci avrebbe separati.
Ed io avrei mantenuto quella promessa, accidenti se l’avrei fatto!
C’era Freddie, dall’altro lato, dietro lo sposo, che sorrideva ad Abby e la guardava come se quella piccola distanza fosse troppo da sopportare anche se per un’ora o poco più.
C’erano Francine ed Alicia che, non staccandosi mai l’una dall’altra e con le mani congiunte, tenevano la testa alta nonostante le critiche e gli insulti che avevano dovuto affrontare per tutti quegli anni.
E poi c’erano Holly e John, che non smettevano di tenersi stretti l’una all’altro, o comunque cercando sempre il contatto fra loro, mentre lui cercava di tranquillizzare lei da un’emozione che non era in grado di reggere da sola.
Fra quelle coppie –le coppie dei miei migliori amici-, c’erano tenerezza, coraggio e sostegno. C’era tutto quel che avrei sempre voluto ottenere io con il mio unico e grande amore…
Chase Stuart, vuoi accogliere Margareth Freed come tua sposa nel Signore, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?”
Il cuore sembrava voler uscire fuori dalla cassa toracica mentre rispondeva: “Sì, lo voglio.”
Il prete poi si rivolse a me.
“E tu, Margareth Freed, vuoi accogliere Chase Stuart come tuo sposo nel Signore, promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita?”
“Sì, lo voglio.”
Accidenti se lo volevo!
“Bene. Lo sposo ora può baciare la sposa.”
..E la porta della chiesa si spalancò.
Sentii la leggerissima folata d’aria prima del rumore del portone che si apriva e poi, seppur avevo un bacio gradevolissimo che mi attendeva, non potei far a meno di voltarmi col cuore in gola sperando di vedere quegli occhi tanto mancati.
E fu così, effettivamente, che il suo viso apparì lasciando tutti senza fiato.
Bellissima nel suo vestito verde scuro, con i capelli mossi come una volta e quello sguardo ora adulto ma pur sempre intenso e travolgente come dieci anni prima.
Junery Morrow entrava in chiesa solo per assistere al mio matrimonio.
June si era fatta viva… Solo per il mio matrimonio, come per quello di Holly.
Lei sorrise, poi appartandosi da un lato, aspettò che la cerimonia finisse.
Ma un altro colpo di scena avvenne nello stesso preciso istante in cui la porta si riaprì.. ed entrò Jack O’Connell con un vestito raffinato e la sua bellezza selvaggia, squadrando l’interno della chiesa in cerca di qualcosa, per poi soffermarsi su di lei e muovere i passi verso quella direzione.
Fu in quel momento che ricordai un altro aggettivo che descriveva l’amore presente in ogni coppia dei miei amici… Avevo detto tenerezza, coraggio e sostegno.. dimenticandomi però di quell’amore che sapeva devastare, autodistruggere; quell’amore orgoglioso ed infinito che riusciva a durare per anni accontentandosi solo di qualche sguardo fugace e niente più.
Ed io avrei accettato anche quello, anche quel dolore piacevolmente ingiusto che legava Jack e June da anni, portandoli alle peggiori pazzie ma anche alle vette più alte della felicità.
Incedibile energia. Il prete, rimasto per qualche attimo scioccato dalla reazione avuta da ogni presente nella chiesa che conoscesse Jack e June, schiarendosi la voce ripeté: “Ora lo sposo può baciare la sposa.”
Allora fu così che, finalmente, divenni la signora Margareth Freed in Stuart.
Circondata dalle persone che più amavo in tutta la mia vita.



“Ma che accidenti di fine avevi fatto, cretina!”
Sentii l’urlo di Holly arrivarmi dritto nel cervello prima ancora che la raggiungessi all’interno della villa affittata da Maggie e Chase per il matrimonio.
“Ho dovuto comprare tutto all’ultimo. Credevo di non venire.” Spiegai, cercando di sorridere.
Lei fece una smorfia poi, non resistendo oltre, mi stritolò letteralmente fra le sue braccia. “Mi sei mancata tantissimo, June. Tantissimo! Ci hai fatti preoccupare tutti! Partita così, da un giorno all’altro… Ma tu sei matta. Non farlo mai più!” Farfugliò tenendo la testa immersa nei miei capelli e cercando di trattenere le lacrime.
“Sono maggiorenne da un bel pezzo, sai? Posso fare tutti i viaggi che voglio.” Ridacchiai alla sua espressione sbigottita. “Non mi chiedi nemmeno com’era l’Italia?”
Lei sembrò riprendersi. “Uh, è vero! Allora? Bella come l’avevamo sempre immaginata?”
“Di più. Ho conosciuto anche la famiglia di mio cugino Zac. Adesso lui e la sua compagna Victoria, hanno due gemellini. Devi vederli, che carini!”
“Due gemellini!? Ma quella casa fra poco scoppia!” Rise lei, afferrando al volo due bicchieri di Champagne da sopra un vassoio che teneva un cameriere.
“Penso anch’io. Comunque sono contentissima per Zac. Sapevo che non se la passava tanto bene prima di conoscere questa ragazza, Victoria. Lei anche è molto simpatica. Sono una coppia… bellissima.” Dissi, non riuscendo però a trattenere un sospiro sconfitto a quella confessione.
Holly sembrò afferrarlo appieno e, ridiventando seria, mi chiese: “E tu? Tu come stai, June? Davvero.”
Alzai lo sguardo. La guardai. Mi voltai, e guardai lui, la mia continua malattia. La mia unica medicina contro me stessa. Lui non aveva smesso un attimo di fissarmi.
Sentivo che voleva riparlarmi, che voleva chiedermi scusa per l’ennesima cavolata. Ma non sapevo cosa avrei mai potuto rispondere questa volta.
“Meglio, davvero. La vacanza mi ha fatto bene.” Sorrisi, beccandomi subito dopo una sberla sul braccio da Holly, falsamente arrabbiata.
“Però potevi fare una chiamata, no!? Sei una bastarda. Tre mesi in Italia e neanche una cartolina.”
“Volevo solo pensare un po’ di più a me stessa. Ma mi siete mancate tantissimo. Mi dispiace.” Dissi sinceramente, non riuscendo a trattenermi dal riabbracciarla nuovamente.
“Sei una scema..” Mi strinse anche lei, ridacchiando come se non ci fosse stato tutto quel tempo a dividerci.
“Ehi, possiamo aggregarci anche noi?” Chiese poi, una voce alle mie spalle.
Mi voltai e trovai Abby, Alicia, Francine e Maggie, -nel suo bellissimo abito- domandarmi con sguardi dolci e nostalgici di poter riavere indietro con un solo abbraccio tutti quei mesi persi.
Scontato dire che le spupazzai una ad una…

La cena stava volgendo al termine. Metà degli ospiti era ubriaca e l’altra metà o ballava in pista o intonava qualche canzone al karaoke, per il dispiacere di ogni singolo orecchio presente in sala.
Io decisi che era il momento di uscire per fumarsi una sigarettina in santa pace, lontano da tutto quel frastuono e , soprattutto, da quegli occhi che non avevano smesso un attimo di riversarmi addosso il loro dispiacere e la loro voglia di farsi perdonare.
Presi la mia Lucky Strike rossa e, accendendola, aspirai i primi tiri seduta su una panchina di fronte all’enorme piscina della villa.
Inutilizzata perché era la fine di settembre.
In quel momento, come altri, ripensai a tutti i passi della mia vita da quel lontano giorno nel quale chiesi a Jack di diventare o il mio tutto, o il mio niente.
Quella sera lui rispose “non lo so”, poi mi abbracciò e mi chiese un’ultima cosa: di ricominciare da capo.. come amici.
Ricordai il salto al cuore e la domanda che gli feci dopo: “cioè… tu mi stai chiedendo di farti innamorare di nuovo di me?
E anche quella volta io non mi tirai indietro.
Passai con lui ogni singolo giorno; gli chiesi di aiutarmi con delle ripetizioni; lo invitai ad uscire e cercai di essere me stessa ogni volta, col risultato di avvicinarmi sempre di più a lui.
Quella manfrina durò sette anni… un continuo tira e molla che non voleva vedere né una fine né un dannatissimo inizio. Ed io iniziavo a stufarmi, soprattutto quando amici o parenti mi chiedevano se fossi fidanzata o meno. Oppure quando scoprii che Holly si sposava o che Abby era incinta. Insomma.. Non ero più in grado di mantenere quella situazione e, un giorno, andai da Jack con l’intento di parlarne.
Mi disse una cosa stravolgente: che secondo lui stavamo già insieme da un bel pezzo e che ero io a non aver capito nulla in tutti quegli anni.
Quello fu il giorno più felice della mia vita… Due anni di relazione stabile poi, tre mesi fa, il boom totale. Una litigata inizialmente senza senso si era trasformata in un rigurgito pieno di rimorsi, rimpianti e rancori. Ci dicemmo così tante cattiverie che per lo shock presi il primo biglietto per l’Italia e scappai letteralmente da lui e da tutto il male che mi aveva fatto.
Ed ora eccomi lì, a ripassare in mente tutte quelle esperienze senza accorgermi della persona che si era posizionata di fronte a me.
“Jack.”
“Ciao, June.”
Silenzio.
Poi, lui disse: “Che fine avevi fatto!?”
Tipico di Jack arrivare al punto della questione senza troppi giri di parole stupidi come “è tanto che non ci si vede, eh?”.
“Ma come, non lo sapevi? Sono andata in Jamaica a coltivare piantine d’erba e a spacciarla facendo un mucchio di soldi. Ora sono ricca, eh già.”
“Non fare la simpatica adesso. Sono tre mesi! Tre! Dove diavolo sei andata e perché cazzo non mi hai avvertito!?” Sbottò, con un’espressione durissima.
Allora mi alzai per fronteggiarlo. “Perché mai avrei dovuto? Com’è che avevi detto? Ah sì, questi anni insieme sono stati solo un grosso inganno verso noi stessi; credevamo di amarci ma invece avevamo solo paura di restare soli, te lo ricordi? Io sì, praticamente mi ha creato un tarlo nel cervello!” Dissi, tentando di regolare il tono della voce.
Lui rimase zitto per qualche minuto, poi riparlò: “Mi dispiace, June. Non penso davvero quello che ho detto.. Io, senza te, sono… insulso. Non sono niente, capisci? Questi mesi sono stati orribili… Ogni volta che sentivo il telefono squillare o la serratura del mio appartamento aprirsi, speravo sempre fossi tu che ritornavi da me. Mi-mi sei mancata. Tanto. Ed io sono un imbecille, perché non è la paura di rimanere solo ma quella di poter perdere te. E ti amo come la prima volta…”
“Sì, sei un imbecille.”
“..Sì.” Si avvicinò a me abbassando il viso per essere alla mia altezza.
Occhi negli occhi.
“E non intendo perdonarti così facilmente, Jack. Non questa volta. Sono stufa delle belle parole: ho bisogno di fatti.” Deglutii, col cuore in subbuglio.
Lui sembrò pensarci sopra. Si allontanò di poco da me e mi riguardò.
“Neanche se facessi questo?” Chiese inarcando un sopracciglio e schioccando le dita verso la villa.
Assunsi un’aria incerta e curiosa, quando poi le luci intorno alla piscina si accesero e partì una canzone fin troppo conosciuta da entrambi.
Total Eclipse of the Heart di Bonnie Tyler.
L’ultima canzone ballata insieme nella nostra terza fase di relazione.
Terza perché la prima fase era stata composta da quell’anno nel quale ci eravamo conosciuti e messi insieme senza preoccuparci di ulteriori paranoie, innamorandoci inevitabilmente l’uno dell’altra per la prima volta.
La seconda fase era stata quella più lunga -a partire dall’anno dopo della prima relazione, e durata per sette anni-, formata da tira e molla continui, facendoci però unire e compattare l’uno all’altra, ed innamorare, per la seconda volta.
Ed infine la terza fase. Quella della relazione seria, della convivenza, quella tranquilla, quella totalizzante. Ma anche quella più devastante.
E la cosa più buffa, oltre al fatto di essere riuscita ad innamorarmi tre volte della stessa persona, era che sentivo di starmi innamorando di lui per una quarta volta mentre mi prendeva le mani e m’invitava a ballare, da soli, sotto le stelle con alle orecchie un’altra canzone della nostra vita.
Stava per iniziare una quarta fase.

And I need you now tonight. And I need you more than ever. And if you’ll only hold me tight. We’ll be holding on forever. And we’ll only be making it right. Cause we’ll never be wrong together. We can take it to the end of the line. Your love is like a shadow on me all of the time. I don’t know what to do and I’m always in the dark. We’re living in a powder keg and giving off sparks. I really need you tonight. Forever’s gonna start tonight. Forever’s gonna start tonight….*

“Però non è giusto..” Borbottai lievemente, stretta al suo petto.
“Cosa?” Sentivo che stava sorridendo ed il suo cuore impazzito rimbombava nel mio orecchio come una piacevole melodia.
“Che ti perdono… Sempre. Sono passati tre mesi! E tu ancora stai dietro a me?”
Lo sentii trattenersi una risata. “Perché non dovrei, spiegamelo. Noi siamo fatti così, June. Non siamo come John e Holly, come Abby e Freddi, Francine e Alicia oppure Chase e Maggie. Noi non abbiamo bisogno di vincoli perché sappiamo entrambi che, indipendentemente da tutto, ritorneremo sempre l’uno dall’altra. Ti amo proprio per questo. Perché sei uguale a me. Questi mesi sono stati tremendi ma mi sono serviti per capire che non ti avrei mai cambiata con nessun’altra persona al mondo, anche se mi avresti fatto ammattire sul serio.”
Non riuscii a non sorridere. “Sei masochista, sai?”
“Beh, anche tu.”
“Sì, anche io… Quindi ora che facciamo?”
“Innanzi tutto, dopo vieni da me. E domani riporteremo tutte le tue cose nel mio appartamento.”
“Vuoi che ritorno a vivere con te? Anche se sono disordinata?”
Soprattutto perché sei disordinata.”
“Quindi dovrei perdonarti.”
“Esatto.”
“..però ti amo.”
“Anche io. Tanto.”
“Ma è ingiusto.” Ribadii.
“No.” Mi strinse più a sé. “E’ piacevolmente ingiusto.”


Fine.










Angolo autrice:
Sorpreeeeesa! Okay, immagino starete già preparando una sommossa contro di me.
Mi dispiace, davvero, vi ho fatte aspettare tantissimo e vi ho pugnalate con questo epilogo tremendo ma.. era così che doveva andare. Non dovete fidarvi di me: sono pazza.
Mi piaceva l’idea di arrivare direttamente al punto, così. Non volevo finire tutto con un Jack improvvisamente romantico che manifesta tutti i suoi sentimenti in quattro e quattr’otto solo perché è messo alle strette e chiede a June di mettersi insieme.
Insomma, non ce lo vedevo proprio ecco.
Finisco col ringraziare tutte colore che hanno seguito questa storia sconclusionata e l’hanno messa fra i preferiti, fra le seguite e le ricordate.
Ma, ancora di più, ringrazio coloro che hanno sempre recensito rendendomi una delle persone più felici di questo mondo! ..Prima o poi, quando meno ve lo aspetterete, risponderò a tutte voi, promesso!
.. Vi avverto: ho pupplicato così senza rileggere! Appena posso correggo ogni orrore presente u_u
Vi lascio con la traduzione della bellissima canzone di Bonnie Tyler ed un caloroso abbraccio.

PS: La frase sulla foto significa: "È pazzesco pensare come sarebbe differente la tua vita se non avessi mai incontrato quelle persone che hanno cambiato tutto."
Ovviamente riferito ad ognuno dei personaggi ^-^





Total Eclipse Of The Heart


Ritorna,
Di tanto in tanto sono malinconica e tu non ci sei mai
Ritorna,
Di tanto in tanto mi stanca un po’ di sentire il rumore delle mie lacrime
Ritorna,
di tanto in tanto sono un po’ nervosa perchè i miei anni migliori se ne sono andati
Ritorna,
di tanto in tanto sono un po’ terrorizzata e poi vedo lo sguardo dei tuoi occhi
Ritorna, occhi lucenti,
Di tanto in tanto cado a pezzi
Ritorna, occhi lucenti,
Di tanto in tanto cado a pezzi

Ritorna,
Di tanto in tanto sono un po’ irrequieta e sogno qualcosa di selvaggio
Ritorna,
Di tanto in tanto sono un po’ indifesa e rimango come una bambina tra le tue braccia
Ritorna,
Di tanto in tanto sono un po’ arrabbiata e so che dovrei sfogarmi e piangere
Ritorna,
Di tanto in tanto sono un po’ terrorizzata ma poi vedo lo sguardo nei tuoi occhi
Ritorna, occhi lucenti,
Di tanto in tanto cado a pezzi
Ritorna, occhi lucenti,
Di tanto in tanto cado a pezzi

*E ho bisogno di te stanotte
E ho bisogno di te ora più che mai
E se solo tu mi stringerai saldamente
Rimarremo stretti per sempre
E noi ce la faremo
Perchè insieme non sbaglieremo mai
Possiamo arrivare fino in fondo
Il tuo amore è come un’ombra che sta su di me per tutto il tempo
Non so cosa fare e sono sempre nell’oscurità
Stiamo vivendo in una polveriera e stiamo facendo scintille
Ho veramente bisogno di te stanotte
Sempre comincerà stanotte
Sempre comincerà stanotte.

Una volta ero innamorata
Ma ora sto solo cadendo a pezzi
Non c’è nulla che possa fare
Un’eclisse totale del cuore
Una volta nella mia vita c’era la luce
Ma ora c’è solo l’amore nelle tenebre
Nulla che possa dire
Un’eclisse totale del cuore

Ritorna, occhi lucenti
Ritorna, occhi lucenti
Ritorna,
Di tanto in tanto so che non sarai mai il ragazzo che avresti voluto essere
Ritorna,
Di tanto in tanto so che sarai l’unico che mi voleva nel modo in cui sono
Ritorna,
Di tanto in tanto so che non c’è nessuno nell’universo tanto magico e meraviglioso
Ritorna,
Di tanto in tanto so che non c’è nulla di meglio e non c’è nulla che non farei
Ritorna, occhi lucenti,
Di tanto in tanto cado a pezzi
Ritorna, occhi lucenti,
Di tanto in tanto cado a pezzi…


..Dalla vostra: Doll_

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