Goodmorning sunshine

di sonnysh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** free-dreams ***
Capitolo 2: *** sunbeam ***
Capitolo 3: *** best friend ***
Capitolo 4: *** sleeping beauty ***
Capitolo 5: *** fight and fears ***
Capitolo 6: *** memories ***
Capitolo 7: *** covered by snow ***
Capitolo 8: *** a cup of camomile ***
Capitolo 9: *** moonlight ***



Capitolo 1
*** free-dreams ***


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  Il vestitino nuovo si era sgualcito nella fretta di rincorrere la palla e afferrarla prima che cadesse a terra, sorrise debolmente per avercela fatta e aver dimostrato a quel ragazzino insolente che non era una “femminuccia” come tutte le altre. Non si era nemmeno accorta di essere caduta fino a quando non sentì le spine bucargli la pelle e strappare l’abito, Shea non aveva mai pensato che le rose potessero fare male. Erano troppo belle per ferire e avevano un profumo e dei colori meravigliosi, il suo papà gliene portava sempre una quando tornava da un lungo viaggio di lavoro,  invece ora sentiva bruciare la pelle in corrispondenza dei piccoli fori appena aperti e gli occhi bruciare nello sforzo di non mostrare al bambino che stava correndo nella sua direzione di essersi fatta male, non si sarebbe mai mostrata debole di fronte a qualcuno. Tutto per colpa di quel ricciolino, ora odiava quel bambino che aveva appena conosciuto, era il figlio di alcuni amici di papà e come tutti i bambini l’unica cosa che voleva fare era giocare a pallone. Lei odiava il calcio ma la sua mamma le aveva detto di essere gentile e fare amicizia e lei era una brava bambina, non avrebbe mai deluso i suoi genitori anche se le dispiaceva giocare correndo il rischio di sporcare il vestito che la mamma le aveva comprato la settimana prima. E ora quel bambino stava immobile con la bocca aperta, spaventato, lei sospirò sonoramente, non solo si era fatta male ma ora aveva scoperto che le rose non erano così belle come pensava, non voleva più essere come una rosa. Gli occhi nocciola del bambino, che nel frattempo si era precipitato correndo verso di lei, la raggiunsero e li trovò così vicino da spaventarsi, quasi, - lei non aveva paura di niente – lui dal suo canto l’aiutò a tirarsi su senza dire una parola guardandola timoroso che si mettesse a piangere e i suoi genitori lo sgridassero. La bambina fece ondeggiare i boccoli castani, prese il pallone sotto braccio e tornò a giocare come se non fosse successo niente, il piccolo tornò dov’era prima e ripresero a giocare tranquillamente, era dispiaciuto che la bambina si era fatta male ma era davvero in gamba e si ritrovò a pensare che fosse anche strana. Non aveva mai incontrato una femmina così, loro erano sempre così stupide e superficiali, si sarebbero messe a piangere, anzi probabilmente non avrebbero proprio giocato a palla con lui. Così si ritrovò a pensare che non era decisamente una femminuccia quella bambina, voleva essere suo amico a tutti i costi.
 
***
 
Mi svegliai di soprassalto sentendo la sveglia, ero sbalordita. Non ricordavo di aver mai fatto un sogno sulla sua infanzia da tanto tempo, o almeno non da quando avevo litigato con i suoi genitori. Erano le sette e mezza e non riuscivo a capacitarmi come mai avevo programmato la sveglia tanto presto quella mattina, ero in vacanza non dovevo fare niente visto che mi ero licenziata la settimana prima perché.. l’inizio dell’università! Mi ero completamente dimenticata ed ora ero irrimediabilmente in ritardo. Mi preparai nel minor tempo possibile, e in dieci minuti ero nel cortile della scuola. Gli studenti del primo anno sono già arrivati, nessuno avrebbe fatto tardi oggi, essere qui è come aver fatto un terno al lotto; cerco qualche viso familiare ma dei ragazzi che hanno fatto il provino con me non riconosco nessuno fino a che non scorgo una chioma di capelli biondi che agita le mani in aria per richiamare la mia attenzione.
«Sto per morire» Fu tutto quello che mi disse venendomi incontro ed abbracciandomi. Guardando Cornelia, a prima vista, chiunque avrebbe detto che era la classica bambolina bella fuori e vuota dentro essendo la barbie bionda, alta, bellissima e frivola. C’eravamo incontrate qualche mese prima ai colloqui con i professori della nostra futura scuola e, ammetto, che anche io inizialmente pensavo fosse stata la figlia di papà raccomandata che non sapeva fare niente ed era lì non certo per meriti suoi, ma mi ricredetti quando la vidi ballare. Non avevo mai amato la danza classica, l’avevo praticata come quasi tutte le bambine nel periodo dell’infanzia ma non mi aveva particolarmente attratta. Quando la vidi ballare mi ricredetti aveva un talento innato e sicuramente amava quello che stava facendo più di molta gente che si era esibita prima di lei. La nostra amicizia è nata da lì in quella sala dove entrambe abbiamo realizzato il nostro sogno, ancora oggi la gente ci guarda stupita nel vederci insieme lei sempre perfetta e impeccabile – come ogni ballerina di danza classica dovrebbe essere – mentre io sono sempre con la prima cosa che mi è  capitata sotto mano. Il suo unico problema, appunto, era proprio quello di essere troppo perfetta. La sua era una ossessione quasi maniacale e spesso la rendeva vulnerabile a tal punto che le persone si prendevano gioco di lei come fosse una bambola di porcellana di una delle sue tante esibizioni, odiava però essere seconda a qualcuno e questo causava tra di noi battibecchi di vario genere. Anche oggi era perfetta, indossava una gonna a vita alta rosa antico con una camicetta di lino leggero panna e ballerine ai piedi, mentre in testa portava un fiocco intonato al colore della gonna.
« Siamo arrivate fino a qua, non credo che qualcuno ci fermerà proprio ora» Le sorrisi e insieme entrammo all’interno della scuola. Il preside ci accolse nel teatro principale e ci fece accomodare in mezzo a un centinaio di altri ragazzi  che come noi stavano realizzando il loro sogno, iniziò a blaterare di cose che tutti noi già sapevamo ma nessuno osava fiatare e l’omino grassoccio andò avanti per tre buoni quarti d’ora fino a quando non ci congedò e dichiarò iniziato il nuovo anno scolastico. Gli studenti iniziarono ad uscire dalla sala per dirigersi ognuno verso la propria aula e così mi separai da Cornelia che aveva lezione di danza classica e io mi diressi verso la mia di pop, non avevamo molte lezioni in comunque se non quella di canto e inglese. Le ore passarono molto piacevolmente, tutti davano il loro meglio ed eravamo costantemente in competizione anche se era solo il primo giorno tutti volevano impressionare l’insegnante e iniziare a prepararsi per le gare che ci sarebbero state durante l’anno. Le lezioni non erano certo una passeggiata, i professori erano severi e spesso ci facevano pesare il fatto che se eravamo là al posto di altra gente che aveva fallito e che non ammettevano errori altrimenti non ci meritavamo di stare là. La mia intera vita era incentrata sul ballo, essere lì era il mio sogno da quando ero bambina e ora che lo stavo rendendo realtà non avrei certo permesso a qualcuno di mettermi i bastoni tra le ruote. Durante la pausa pranzo ritrovai la mia amica che, lo capii dalla sua faccia entusiasta, aveva milioni di cose da raccontarmi.
« Non immaginerai mai quello che ho scoperto! » Mentre parlava sprizzava felicità da ogni poro e si avvicinò a me come a dovermi rivelare un segreto, ma proprio mentre lo stava facendo un ragazzo si avvicinò al nostro tavolo e chiese di sedersi con noi. Cornelia lo guardava con occhi spalancati, come se ci stava concedendo un grande onore a farci quella domanda e rossa in volto balbettò una risposta che – a mio parere – non aveva alcun senso logico. Ora mi era tutto chiaro la mia amica si era presa una sbandata al primo giorno per il ragazzo che ora stava seduto di fronte a me, certo era un bel ragazzo ma avere una reazione del genere per un ragazzo che conosci da due ore era assolutamente esagerata. Guardai il ragazzo e mi presentai, infondo che male avrebbe fatto conoscere nuova gente e fare un po’ di amicizia?
« Mi chiamo Shea, sono una ballerina di pop piacere di conoscerti. » Il ricciolino sorrise contento, mi guardò e si presentò anche lui.
«Il piacere è tutto mio, io sono Nicholas e sono un cantante. » Quel ragazzo aveva qualcosa di familiare, ero sicura di aver visto la sua faccia almeno un’altra volta in vita mia ma non riuscivo proprio a collegarlo con nessuno dei volti che conoscevo. Finimmo di mangiare e poi ci separammo dal ragazzo appena conosciuto, Cornelia non stava più nella pelle e vedevo che aveva sicuramente tonnellate di cose da raccontarmi per fortuna che l’ora successiva l’avremmo passata insieme. Come previsto la mia amica si era presa una forte sbandata per il ragazzo appena conosciuto e aveva dimenticato totalmente la cotta precedente  - che lei aveva giurato fosse amore vero – e ora era decisa a fare di tutto pur di avere il ricciolino. La lezione successiva era canto e ci trovammo a seguire il corso con Nick che ci sorrise gentile, il professore ci fece provare a turno un pezzo di una delle canzoni che ci era stata assegnata ai provini “Total eclipse of the heart” di Bonnie Tyler e dovevo ammettere che il ragazzo aveva una voce niente male, anzi ad essere onesta era veramente bravo. Subito dopo di lui si esibì Cornelia e il ragazzo si posizionò al posto precedente occupato dalla mia amica.
« Pensavo facessi finta di non ricordarti di me, ma a quanto pare mi hai completamente rimosso dalla tua memoria.»  Allora avevo ragione che quel ragazzo aveva qualcosa di familiare e che non era semplicemente una mia invenzione mentale, lo guardai stupita perché seriamente non riuscivo a ricordare chi fosse e in quale occasione incontrai quel ragazzo prima di allora. Visto che non rispondevo e che lo guardavo allibita sorrise e tornò a fissare Cornelia giusto in tempo per il finale, e lei si pavoneggiò un po’ troppo per fare colpo. Ora capivo perché la gente a volte la reputasse un oca, si stava comportando come una bambina che voleva il giocattolo nuovo solo per far spendere denaro ai genitori non perché lo vuole veramente come se una volta ottenuto non le servirà, improvvisamente, più. Le parole del ragazzo l’avevano turbata, odiava non sapere le cose soprattutto quando sapeva che era una cosa che le apparteneva – in quel caso un suo ricordo visto che il riccio le aveva dichiarato di “averlo rimosso dalla memoria” – tornata al suo posto Cornelia mi guardò sospettosa e risposti alla sua domanda senza che lei ebbe il bisogno di formularla, tanto era papale quello che stava per chiedermi.
« Mi ha detto che mi conosce già. » La sua faccia si tramutò da sospettosa a sorpresa fino a quando con un guizzò negli occhi capii che aveva un piano, e per quanto le volessi bene i suoi piani erano sempre pericolosi e assolutamente assurdi, soprattutto quando si parlava di ragazzi.

***
 

per chi non mi conosce ancora sono sonny,
questa è la seconda long che pubblico e devo dire che ci tengo particolarmente. 
è una storia su cui lavoro da molto tempo e ci sono veramente affezzionata,
spero che voi l'apprezziate tanto quanto io ho amato scriverla
vorrei dire solo che ci ho messo settimane per scriverla e che, avendo poco tempo,
un briciolo di motivazione in più per scrivere mi sarebbe veramente d'aiuto.
Ci terrei tanto a trovare delle recensioni, anche negative!
le critiche sono sempre ben accette, ma anche consigli
 e se mai ci saranno apprezzamenti
spero di tornare a scrivere in questo spazio presto
sonny 

 

per chi non ha mai letto niente di mio potete trovare una one shot tell me that you'll stay presa proprio da capitoli futuri di questa long (se mai arriveremo a quel punto della storia) oppure Disaster Diaries  che è una raccolta di OS stile comico - demenziale su the vampire diaries




 
 

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Capitolo 2
*** sunbeam ***


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Quello che più mi spaventava della mia cara amica Cornelia non erano le sue idee strampalate che intendeva realizzare tramite piani inverosimili e impossibili, ma il modo in cui mi metteva sempre in mezzo. Ricordo il primo “favore” che le feci, all’epoca ero terrorizzata dalle cose folli che uscivano dalla testa di quella ragazza e avevo accettato di aiutarla solo perché avevo paura che mi avrebbe tagliato a fettine se le avessi risposto di no – il che era effettivamente vero, aveva minacciato varie torture in caso di rifiuto – la mia bionda amica si era fissata di voler andare in discoteca vestita con addosso solo pochi pezzi di guardaroba e fare a gara di quanti ci provavano, ovviamente però non dovevamo andare con nessuno perché altrimenti la scommessa era persa. Fatto sta che mi fece andare in giro “vestita” di aria, e ovviamente la bionda non si controllò e dovetti tirarla via da un ragazzo australiano prima che la violentasse su un divanetto. Questa volta la sua richiesta era molto più accettabile con l’unico problema che non ricordavo assolutamente chi era quel ragazzo per me,  e se mai l’avessi incontrato prima di quella mattina, ma dovevo assolutamente sforzarmi e far combattere gli ultimi neuroni rimasti se non volevo diventare pappa per squali.

« Allora affare fatto? » Sorrise contenta quando mi vide annuire, era incredibile quanto poco bastasse a renderla felice, quando otteneva quello che voleva andava in giro con una faccia beata fino a quando non trovava qualcos’altro, sembrava una bambina. Il suo piano consisteva nell’andare da Nicholas,  fare finta di ricordarmi chi fosse e parlare dei vecchi tempi poi, improvvisamente, ricordarsi di avere un impegno inderogabile e offrire come scusante una cena per finire di raccontare dei tempi passati solo che io accidentalmente mi ricordavo che avevo un impegno inderogabile e, sempre casualmente, Cornelia era disponibilissima quella sera a prendere il mio posto per non mandare all’aria la prenotazione. Facile? Bhè se mi fossi ricordata chi era quel ragazzo magari si.

Salutai Cornelia sulla porta di casa con la promessa di fare il possibile per incontrare casualmente il tanto desiderato ricciolino, presi Ronny il mio fedele pastore maremmano e lo portai a fare una passeggiata nel parco poco lontano da casa mia. Ancora non riuscivo a spiegarmi come mai quel ragazzo mi fosse tanto familiare ma allo stesso tempo non ricordavo minimamente chi fosse.

«Ho sempre amato i tuoi castelli in aria. »  Com’è che si dice.. Parli del diavolo e spuntano le corna. Il ricciolino, prossima vittima degli artigli di Cornelia, mi si era appena affiancato mentre passeggiavo portando a spasso Ronny  e aveva buttato lì una frase ambigua come se fosse la cosa più normale del mondo, come se lui salutasse le persone dicendo “amo i pensieri idioti che fai mentre porti a fare la cacca al tuo cane” al posto di “ehi ciao, come va? Tutto bene?”. E poi lui cosa ci faceva lì? Non doveva essere a fantasilandia con la sua principessa dai capelli biondi e il vestito rosa scintillante?

«Mi dispiace, ma mi avrai confusa con qualcun’altra. »  Sorrise continuando a camminare al mio fianco, come se la nostra fosse una conversazione normalissima tra due amici che facevano una passeggiata insieme. Si mise ad armeggiare con il telefono rispondendo, probabilmente, ad un messaggio proprio quando stavo per aggiungere che se mi avrebbe spiegato come mi faceva a conoscere magari saremmo potuti andare un po’ più in là con quella conversazione.

«Sono sicurissimo di quello che dico, raggio di sole. » Ora iniziava veramente ad urtarmi, come si permetteva tutta quella confidenza? L’avevo conosciuto la mattina precedente e mi chiamava già con un nomignolo – che odiavo – ma dall’apparenza molto intimo. Nessuno prima d’ora mi aveva chiamato così, non che io ricordassi, ma l’aveva detto come se chiamasse tutte così; al posto di ‘hey’ o ‘ciccio’ lui la gente la chiamasse ‘raggio di sole’ mi auguravo l’avesse fatto apposta altrimenti la gente l’avrebbe preso per maniaco.

«Si può sapere cosa vuoi da me? » Sbottai dopo che aveva tirato fuori il cellulare e scattato una foto, mentre mi ero fermata a liberare Ronny, sembrò non curarsi di quello che avevo appena detto infatti continuò a pasticciare lo schermo con le dita al posto di prestarmi attenzione. Odiavo essere fotografata, ma quello che odiavo ancora di più era essere ignorata, oltre che presa in giro con i suoi nomignoli idioti,   così feci retrofront per tornare a casa. Sarei riuscita a finir di fare la passeggiata dopo, possibilmente quando quel ragazzo sarebbe sparito dalla faccia della terra o comunque lontano abbastanza da non farmi innervosire.

«Possiamo parlare senza che tu scappi via? »  Ora aveva riacquistato l’uso della parola, ma non si era curato di rispondere alla mia domanda.

«Se ti decidi a parlarmi e spiegarmi tutto magari sì » Cornelia sarebbe stata fiera di me, sicuramente sarei riuscita ad ottenere un appuntamento per me lei e avrebbe smesso di tormentarmi fino a che non avrebbe trovato un nuovo giocattolino. Però non me ne sarei andata fino a che quel ricciolino non mi raccontava come faceva ad essere sicuro di conoscermi, infondo sarebbe stato utile alla mia amica che mi aveva commissionato quell’odiosa missione. Arrivammo fino alla porta di casa mia e sicuramente si aspettava che lo facessi entrare, ma l’ultima cosa che feci fu prendere il telefono e segnare il mio numero dopodiché chiusi la porta senza aspettare risposte o altro.

Passai il resto della serata a guardare telefilm e mangiare pizza da asporto, non contavo certo che il mio nuovo compagno di scuola mi chiamasse ma gli avevo lasciato il mio numero seguendo la scrupolosa lista di “come attuare un piano senza incidenti” che Cornelia era solita citare per ricordarmi che anche i più piccoli dettagli erano indispensabili e lasciare il tuo numero non voleva dire che eri interessata ma che era suo compito farsi vivo e, nel caso tu non avessi avuto niente di meglio da fare, rispondere.
 

***
 

«Anche io voglio un principe da baciare.  »  Esclamò la bambina al termine della scena dove la principessa Aurora era stata, finalmente, svegliata dal suo sonno col il bacio del suo amato principe Filippo.

«Io non bacerei mai una principessa. » Il bambino al suo fianco rispose con una voce schifata, come se dopo che compisse un’azione del genere doveva disinfettarsi la bocca e non mangiare più cioccolata per una settimana intera. Improponibile!

«Perché tu non sei un principe. Solo i principi possono baciare le principesse. » Era ovvio quello che stava dicendo, ma a quanto pare il suo amico queste cose non le sapeva perché passo un bel po’ di tempo prima che rispose e lei lo vedeva corrucciare le sopracciglia e passarsi una mano tra i ricci ribelli. Lei sapeva bene che lo faceva solo quando era in difficoltà e cercava il modo migliore per rispondere e uscire dalla situazione senza rimetterci niente, avendola sempre vinta.

«Nemmeno tu sei una principessa, allora perché vuoi baciare un principe? » Odiava quanto, a volte, il suo amico ricciolino sapeva dimostrarsi intelligente. Ora si che mostrava quell’anno in più e lei non sapeva cosa rispondere, non le piaceva quella situazione di inferiorità momentanea.

«Allora non bacerò più un principe, però voglio almeno un bambino carino. »  Appena la bambina finì di dire quelle parole si trovò la faccia del suo amico vicina, troppo vicina, fino a quando lui non unì le sue labbra alle sue mettendo fine alla discussione appena creata con un modo tanto semplice quanto spaventoso, a detta di Shea. Ora aveva dato il suo primo bacio, non poteva più conservarlo per il suo principe, per il suo primo amore, però non era così male baciare il suo amico. No Shea non poteva pensare una cosa del genere,  era imperdonabile. Si staccò dalle labbra del bambino e lo fissò con lo sguardo pieno di domande, che però non ebbe bisogno di formulare perché lui rispose da solo.

«Ora entrambi abbiamo dato il nostro bacio, e non è stato né con un principe né con una principessa. » Le sorrise e le tese la mano per invitarla ad alzarsi da terra e andare a giocare nel giardino. Shea era sorpresa, non si aspettava certo una cosa del genere però era soddisfatta. Aveva dato il suo primo bacio, ora era una ragazzina, e infondo il suo amico era carino quindi aveva tutti i requisiti per essere baciato anche se non era un principe. Infondo nemmeno lei era una principessa, e anche se le costava ammetterlo avrebbe di gran lunga preferito essere una ballerina che danzava leggera per la stanza che starsene tutto il giorno chiusa dentro un castello ad aspettare di venire liberata da uno stupido principe che ci metteva sempre troppo tempo.

Si era contenta, quel giorno non se lo sarebbe dimenticato tanto facilmente. Chi dimentica il suo primo bacio, infondo? Nessuno. Shea si fece una promessa, non avrebbe più sognato di diventare una principessa ma sarebbe diventata qualcuno che non poteva aspettare il suo cavaliere scintillante perché era troppo impegnata a realizzare i suoi sogni per perdere tempo in simili cose, qualsiasi sarebbero stati i suoi sogni.

Ora tutto quello che voleva era andare a giocare a pallone con il suo amico, non le importava del domani o di quello che sarebbe accaduto poco dopo.

***

eccoci qua con il secondo capitolo, dire che sono contenta è poco! 
grazie a tutti quelli che hanno recensito la storia e inserito tra preferite - ricordate - seguite
spero che apprezzerete anche questo secondo capitolo
se trovo 5 recensioni (solo una in più per favore *w*) posto entro martedì, prometto! 
spero non vi dispiaccia che metto anche un pò di flashback,
ma mi servono per spiegare meglio tutto quello che accadrà
mi auguro apprezziate questo capitolo,
sonny

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Capitolo 3
*** best friend ***


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Amavo andare a scuola, so che può risultare ridicolo dirlo ma quando fai quello che veramente desideri fare  - anche se questo comporta essere a scuola – ti senti finalmente appagata. Le lezioni erano sempre più entusiasmanti e finalmente avevo l’opportunità di dimostrare il mio valore di ballerina e musicista. Io oltre a ballare hip pop, danza moderna e contemporaneo amavo suonare, era stata una passione che mi aveva tramandato mia mamma.

Ricordo che quando ero piccola passavamo i pomeriggi a suonare al grande pianoforte a coda che si trovava nel salone della nostra casa e fu proprio lei ad insegnarmi le prime note e poi a consigliarmi di prendere lezioni se mi piaceva davvero, e mi piaceva veramente tanto, quando suono riesco ad isolarmi, ci sono solo i tasti bianchi e neri sotto le mie dita e la musica che riesce a farti sentire per tutta la durata della canzone libera, leggera e finalmente te stessa. Da allora non avevo mai spesso di suonare il pianoforte anche se non parlavo potevo più suonare il grande al grande pianoforte che c’era nella casa dei miei genitori, non li vedevo da un bel po’ e di sicuro non sarei andata a trovarli io di prima persona.

Le prove per le assegnazioni dei ruoli principali delle recite di fine trimestre sarebbero cominciate la settimana prossima e tutti si stavano già iniziando a preparare per i provini, io avevo puntato ad uno dei ruoli principali per le scene di pop e passavo tutto il mio tempo libero tra una lezione e l’altra a provare e riprovare la coreografia che intendevo portare davanti ai giudici.

Cornelia come al solito puntava in alto, troppo in alto questa volta, voleva competere con i ballerini dell’ultimo anno e per quanto fosse brava loro studiavano da molto più tempo e avevano accumulato esperienze che lei al momento poteva solo sognarsi, ma era fissata e non c’era niente che potevo dire e fare per farle cambiare idea.

«Se solo Nick ballasse sarebbe tutto perfetto. »

Mi destai di soprassalto dalle mie riflessioni era incredibile quanto fosse in fissa con quel ragazzo, e per giunta lui non aveva nemmeno dato qualche segno di interessamento o simili. Si limitava a salutarci quando ci incontrava nei corridoi o a scambiare qualche parola quando avevamo lezione insieme ma niente più di quello. Finii di mangiare il mio muffin e poi le risposi sinceramente

«Per me devi lasciarlo perdere, è solo uno spreco di tempo. »

Ero stata sincera, non volevo illuderla più di quanto non faceva lei da sola. Magari non era quello che voleva sentirsi dire perché finì di bere il caffè, prese la borsa e se ne andò senza degnarmi di una risposta. Se non la fermavo in tempo poteva finire nei guai, quando si puntava così combinava cose inimmaginabili e sicuramente ci sarei andata di mezzo anche io.

Limitati a pensare al tuo fidanzato. Posso cavarmela da sola con Nick, se ti interessava potevi dirlo da subito”

Lessi il messaggio e sospirai sonoramente, l’egocentrismo di quella ragazza a volte toccava i limiti massimi della sopportazione umana.  Non le avrei risposto, la soddisfazione di vederla ghignare sapendo che ero ancora disposta a fare di tutto per lei sarebbe stata troppo anche per me che la sopportavo nelle sue stramberie e idiozie varie. Sapeva benissimo che con Dave le cose non andavano bene e soprattutto non stavamo insieme, non ufficialmente almeno, da quando avevo incominciato la scuola l’avevo visto talmente poche volte che la nostra relazione era praticamente finita.

«Sei veramente brava, meriti tu il ruolo da protagonista. »

Mi girai verso il ragazzo che era appena entrato nella sala prove di danza messa a disposizione per gli studenti durante le ore di ricreazione e nelle pause.

«Grazie. Stavi cercando Cornelia? Perché non è qui mi dispiace. »

Mi sorrise come se la domanda che gli avevo appena rivolto fosse di una banalità e scontatezza tale che non doveva nemmeno essere pronunciata. Quel ragazzo era impossibile prima ti fa un complimento e il secondo dopo sembra ti sta prendendo per i fondelli, avrei perso presto la pazienza se continuava in quel modo questo era poco ma sicuro.

«No stavo cercando te, mi piacerebbe parlarti un pò. »

Stoppai la musica e mi asciugai la fronte con una salvietta che avevo appoggiato sulla sedia prima di iniziare. Ci aveva messo una settimana e passa per rendersi conto che aspettavo ancora che mi spiegasse chi era, come faceva a conoscermi e tutte le altre cose? Poi perché venire proprio mentre mi allenavo, non poteva dirmelo a lezione o in qualsiasi momento mi vedeva passare per il corridoio?

«Io sono ancora in attesa di una risposta, quindi parla pure »

Risposi semplicemente, più per cortesia che per altro. Nicholas si girò per chiudere la porta della sala prove e poi tornò verso di me, dapprima a passo lento mentre mi fissava cercando di capire se veramente ero convinta di non conoscerlo o se invece era solo una messa in scena per tenerlo sulle spine. Il tempo di un secondo e me lo ritrovai davanti, i suoi occhi nocciola talmente vicini che riuscivo a scorgere ogni piccolo particolare, la sua mano che mi accarezza i capelli e le sue labbra sulle mie. Fu un bacio dolce, casto, ma che dentro di me rievocò una sensazione strana un déjà vu come se quella scena l’avessi già vissuta una volta, in un altro contesto, da un’altra parte.

«Sta sera, a casa tua alle otto. Porto la pizza e un film»

Quel ragazzo non era normale, veniva da me diceva di volermi parlare, mi baciava e infine se ne andava autoinvitandosi a casa mia a cena. L’assurdo di tutta quella storia e che se Cornelia lo sarebbe venuta a sapere mi avrebbe sgozzato viva,  quando puntava un ragazzo tutte le altre che gli giravano attorno potevano ritenersi bersagli fissi delle sue ire. Come se non bastava quel messaggio che mi aveva mandato poco prima quando avevamo avuto quella discussione, che avesse previsto che lui provava qualcosa per me? Non che lo sapevo con certezza perché era stato un semplice bacio di poco conto ma nessuno va da una ragazza appena conosciuta e la bacia.

Ora mi trovavo letteralmente tra l’incudine e il martello perché se avessi raccontato tutto alla mia bionda amica lei mi avrebbe sgozzato per non avergli impedito di farlo ma magari mi avrebbe perdonato a patto che le avrei lasciato la mia casa e lei si sarebbe fatta trovare al posto mio quella sera, se invece non le dicevo niente poteva non venirlo a scoprire e quella sera a cena avrei finalmente risolto il “mistero” di come quel ricciolino mi conosceva ma se lo sarebbe venuto a sapere potevo dichiararmi morta a tutti gli effetti. Decisi che se lei mi avrebbe cercato e si sarebbe scusata per quel messaggio poco gentile nei miei confronti entro le sette di sera le avrei raccontato tutto se invece non si sarebbe fatta sentire avrei partecipato alla cena con il ricciolino.

Ovviamente per Cornelia l’orgoglio veniva prima di tutto e non mi scrisse per tutto il giorno così apparecchiai il tavolo per due e alle 8 precise Nicholas suonò al mio campanello. Lo feci accomodare in cucina e mangiammo tranquillamente parlando del più e del meno, ma non rispose a nessuna delle mie domande su quello che doveva dirmi da quando mi aveva vista.

«Così ti sei trasferita qua da poco, è stata dura adattarsi? »

«Non così tanto, non mi sono lasciata nessuno dietro. Gli amici che ho sono qua. »

Era vero, quando avevo lasciato Los Angeles per venire a studiare a New York non avevo avuto nessun rimpianto. Soprattutto perché non c’erano persone che mi ero lasciata dietro che avrebbero sentito la mia mancanza, né i miei vecchi “amici” né i miei genitori. Non avevo nessun rimpianto per quello, ero partita per realizzare il mio sogno e se mai sarei tornata l’avrei fatto soddisfatta, vincente.

«Quindi ho una possibilità di essere tuo amico? »

Lo disse con tono ironico come se fosse per tutto quel tempo aveva cercato di farmelo capire e stufo di una risposta mai arrivata si era deciso a pronunciarlo a voce.

«Io non ho amici maschi. »

Sorrise ma non rispose come a confermare quello che aveva pensato prima. Finimmo di mangiare e ci spostammo sul piccolo divano per guardare il film che aveva portato.

«Posso sapere almeno il titolo? »

La mia era solo sana curiosità visto che ero abbastanza scettica in fatto di film preferivo sapere in anticipo a cosa dovevo prepararmi, se era uno di quelle pellicole dove c’è solo sangue e spari o invece pieno di alieni e marziani provenienti da chissà dove.

«Sono sicuro che ti piacerà, l’abbiamo già visto insieme una volta. »

Lo guardai di sottecchi, continuava a lanciare frecciatine su un passato in comune che io non ricordavo e lo faceva come per svelarmi la cosa più semplice di questo mondo. Mentre lui armeggiava con il DVD io andai a prendere altre due birre dal frigorifero, mi sedetti affianco a lui sul divano proprio mentre sullo schermo appariva un logo che conoscevo fin troppo bene e dopo poco il cartone animato incominciò.

Tutto fu talmente chiaro che mi diedi della cogliona da sola, com’era possibile che non l’avevo riconosciuto per tutto quel tempo? In fondo non era così tanto cambiato se non contavo tutti i muscoli e la leggera barbetta che a volte si lasciava. Era sempre lui, con quei suoi occhi ipnotici color del cioccolato, la sua timidezza esagerata e la sua voce meravigliosa, perché non me lo ero ricordata prima? Forse perché avevo rimosso qualsiasi ricordo legato alla mia infanzia ma lui non potevo averlo dimenticato, non potevo aver dimenticato il mio migliore amico


 

***

eccoci giunti al terzo capitolo,
spero che continuate a seguirmi anche se ho visto
che alcuni mi hanno già abbandonato ç____ç
vi chiedo scusa per il ritardo ma mi ero
demoralizzata un pochino dopo l'ultimo capitolo
spero che questo lo apprezziate altrimenti ditemelo, vi prego

a presto, sonny

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Capitolo 4
*** sleeping beauty ***


Mi girai verso di lui e lo abbracciai di getto, non avevo mai fatto una cosa del genere verso di lui nemmeno quando eravamo piccoli ma avevo sentito il bisogno assoluto di averlo vicino e mi era sembrato il modo più veloce anche se appena me ne sono resa conto mi sono subito allontanata rossa in volto. Lui è scoppiato a ridere e mi ha riabbracciato, non ha detto niente e lo ringrazio per questo.

So che ha capito che l’ho riconosciuto ma ha preferito lasciarmi finire di guardare il mio cartone animato preferito, d’altronde non è mai stato un tipo chiacchierone e pensando ai giorni precedenti mi stupisce molto che mi abbia parlato così tanto ma forse era solo deluso dal fatto che non avevo capito subito chi era.

Ancora non mi capacito di come posso averlo fatto, certo erano anni che non lo vedevo ma non era una scusa valida, forse quando avevo deciso di rimuovere tutti i ricordi che avevo dei giorni passati con i miei genitori ho preferito eliminare anche quelli belli. Ora non volevo certo pensare a loro, non se lo meritavano e di sicuro non mi meritavo io di stare male ancora una volta.

«Se sapevo che bastava un vecchio film per farti ricordare di me l’avrei fatto prima. »

Sorrise alzandosi dal divano per togliere il disco inserito nel DVD visto che ormai era rimasta solo la schermata nera, segno che sia il film che i titoli di coda erano terminati. Ora che avevo ritrovato un pezzo della mia vita di Los Angeles, e anche se fino a poco tempo prima avrei negato di volerla portare con me anche lì, Nick era sicuramente una sorpresa gradita anzi graditissima!

«Perché non me lo hai detto da subito? »

«All’inizio pensavo mi stessi prendendo in giro, dopo ho capito che invece non ti ricordavi veramente di me»

Lo disse con una punta acida nella voce, quasi deluso, mi dispiaceva un botto saperlo ora. Non mi ero comportata affatto bene ma sicuramente lui non sapeva cosa era successo nella mia famiglia e aveva preferito farmelo ricordare da sola.

Gli presi una mano e la strinsi forte, avevo voglia di abbracciarlo nuovamente ma poi sicuramente si sarebbe chiesto cosa mi era capitato e se mi avevano scambiato con qualche altra persona così decisi di compiere un gesto decisamente più nel mio “stile”.

Ridacchio e sta volta fu lui a soffocarmi in un abbraccio prima di scompigliarmi tutti i capelli e iniziare a farmi il solletico.
Inizia ad urlare con le lacrime agli occhi, e a implorarlo di fermarsi ma sembrava una specie di punizione per averlo ignorato in tutti quei giorni. Odiavo il solletico, lo soffrivo tremendamente e da bambini ogni volta che voleva una cosa e io non gli permettevo di averla o mi rifiutavo di giocare con lui per convincermi mi sottoponeva a quella tortura.

Sentii scattare le mandate della portala che si aprì lentamente fino a mostrare la figura di un ragazzo che dapprima insospettito dalle mie urla sbiancò letteralmente quando mi trovò sdraiata sotto il mio amico d’infanzia che nel frattempo aveva smetto di farmi il solletico. 

«Scusate non volevo disturbarvi.»

La punta di sarcasmo rese ancora più dura la sua voce mentre i suoi occhi nero pece continuavano a guardarmi con disprezzo. Non mi mossi da quella posizione fino a quando non sentii Nicholas farsi di lato e sedersi normalmente sul divano, poi si girò a guardarmi con aria interrogativa come a domandare “chi è quel tizio e perché ha le tue chiavi di casa?” Sospirai pensando che era meglio rimandare le spiegazioni a dopo e mandare fuori di casa il mio ex fidanzato.

«Dave vattene, per favore. E lasciami le chiavi di casa. »

Notai la sua faccia diventare rossa di rabbia quando sbattè con forza le chiavi sulla mensola che stava affianco alla porta prima di chiudersela alle spalle sbattendola. Ovviamente non si risparmiò di insultarmi prima di uscire urlando un «Puttanella da quattro soldi. » mentre scendeva dalle scale per uscire.

Le cose tra di noi non andavano bene da più di un mese e mi stupivo di come quella situazione fosse ridicola, non era venuto a casa mia nemmeno quando avevamo litigato violentemente e veniva proprio quando c’era Nicholas? Non aveva alcun senso.
Nicholas. Mi ero completamente dimenticata che continuava a fissarmi con aria interrogativa sperando di ricevere delle spiegazioni per la scena assurda a cui aveva appena assistito. Sospirai alzandomi e sigillando nuovamente la porta di casa, volevo essere sicura che nessun’altro aveva intenzione di entrare e fare altre scenate.

«Era il mio ex ragazzo. »

Non sembrava stupito dalla risposta, sicuramente l’aveva già intuito e si aspettava qualche cosa in più che quelle banalissime parole, ma sinceramente non sapevo cos’altro dirgli. Io e Dave ci eravamo lasciati tempo fa a causa del suo carattere assillante e possessivo, era stato lui uno dei motivi per cui non avevo amici maschi lì a New York e aveva preteso di avere le mie chiavi di casa. Quando la situazione era diventata troppo pesante avevo deciso di tirarmene fuori e dopo solo un mese che stavamo insieme lo lasciai e – a detta di Cornelia – gli spezzai il cuore.

«E’ un pazzo schizzo frenico, non mi aspettavo certo che venisse qua »

«Ti ha mai fatto del male?  »

Disse con aria seria, aveva capito che era un tipo violento ma fortunatamente non mi aveva mai toccato. Scossi la testa e poi mi scusai per l’accaduto, ero veramente dispiaciuta che una bella serata come quella fosse stata rovinata da quello stupido. Sicuramente qualcuno gli doveva aver detto qualcosa perché non c’erano alternative non era mai venuto prima d’ora e mi suonava tanto di presa in giro.
Infondo quella mattina Nick mi aveva baciato, che qualcuno ci avesse visto e glielo avesse detto? Poi perché mi aveva baciato? C’erano tanti modi per farmi capire chi era ed era vero che avevo dato a lui il mio primo bacio, e non solo quello, ma noi non ne parlavamo mai perché ci imbarazzavamo entrambi con la paura che qualcuno ci chiamasse “fidanzatini” oltre ai nostri genitori e ai fratelli di lui.

«Perché mi hai baciato oggi? »

Sembrò stupito dalla mia domanda, sicuramente non se l’aspettava e tolse immediatamente lo sguardo dai miei occhi iniziando a fissare la porta di casa. Sicuramente l’avevo messo in imbarazzo, ma in fondo non mi importava così tanto sapere la risposta mi aveva fatto piacere e quella serata quasi perfetta era stata già rovinata abbondantemente.

«Lascia stare, non ti preoccupare era solo una curiosità. Ma non mi è dispiaciuto. »

Sorrise e poco dopo annunciò che se ne andava a casa, guardai l’orologio e scoprii che era mezzanotte inoltrata, sicuramente la mattina dopo non ce l’avrei mai fatta ad alzarmi alle 6 per la mia solita corsa mattutina con Ronny.  
Lo accompagnai alla porta e lo salutai, ma poco prima di chiuderla mi baciò nuovamente. Rimasi immobile, non riuscivo proprio a capire perché si comportava così, prima quando glielo chiedevo non mi rispondeva e dopo lo faceva di nuovo?

«Non mi dispiace nemmeno a me, penso continuerò a farlo raggio di sole. »

Rimasi basita sulla porta di casa mentre lui si allontanava dalle mie labbra e si girò per andarsene. Era uno dei ragazzi che meno riuscivo a capire, ma era vero non mi era dispiaciuto affatto. Tornai dentro e il mio telefono iniziò a vibrare segno che stava per arrivare un nuovo messaggio

“Grazie, sei la migliore amica che tutti vorrebbero.”

Ero sicura fosse da parte di Nick ma lessi il mittente ed era Cornelia. Non sapevo come interpretare quel messaggio ma sicuramente l’indomani mi sarebbe aspettata una bella discussione, questo era poco ma sicuro, sospirai prima di infilarmi nel letto e prendere a dormire.

 ***

 ecco qua un nuovo capitolo
devo dire che mi dispiace che non tutti quelli
che hanno iniziato a leggere la FF hanno continuato a seguirla
spero non sia perchè vi sto annoiando
se la storia sta procendendo così lentamente vi chiedo scusa
ma è il mio modo di scrivere e cercherò da adesso in avanti
di rendere il tutto più scorrevole, se avete idee/suggerimenti/critiche
dite pure, sono sempre tutti ben accetti

se trovo 4 recensioni entro mercoledì posto due capitoli questa settimana
altrimenti cercherò di postare nel prossimo fine settimana
a presto, sonny 

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Capitolo 5
*** fight and fears ***


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***

Le mattine a New York potevano essere scambiate per quelle del polo nord tanto faceva freddo, avevo sempre vissuto al caldo e temperature del genere non le avevo mai credute possibili. Presi la sciarpa e uscii di casa, mi ero svegliata tardi e non avevo avuto il tempo necessario per la mia corsa quotidiana quello mi disturbava parecchio, era un rituale che facevo sempre come un augurio di buona giornata.

C’è gente che aspetta gli oroscopi o consulta le stelle io invece avevo bisogno di correre e sfogarmi appena sveglia così da evitare tutte le ‘sfuriate’ che sarebbero potute inscenare nel corso della giornata, una sorta di yoga per il corpo al posto che per l’animo.
Come diceva il mio professore“ L’unica cosa che ha un ballerino è il suo corpo, senza di quello siete niente. Trattatelo come se fosse tutto ciò per cui vivete.”

Detta così poteva sembrare tragica, anche perché tra un paio d’anni nessuno avrebbe più avuto le forme che avevamo ora, ma al momento era veramente una delle poche cose di cui dovevo preoccuparmi.

Arrivai a scuola in ritardo così non ebbi il tempo di fare caso a chi era presente alla prima lezione che iniziai a prendere appunti, sentivo che qualcuno mi stava fissando e anche abbastanza insistentemente ma non riuscivo proprio a capire chi fosse, mi girai e scorsi Cornelia intenta a sistemarsi il ferma capelli a forma di corona che aveva indossato quella mattina.

Dopo il messaggio di ieri sera non le avevo più risposto e sinceramente non avevo nessuna voglia di iniziare una discussione nel bel mezzo di una lezione, così cercai di evitarla fino a quando non suonò la campanella.

Lei schizzò fuori dall’aula senza nemmeno darmi il tempo di fermarla, doveva essere veramente arrabbiata quella volta anche se – a mio parere – era stata lei ad esagerare e io non dovevo fare assolutamente niente.

Non avevo altre lezioni con lei quel giorno, così mi rassegnai e decisi che le avrei parlato appena ne avrei avuto l’occasione e magari quella sera sarei passata a trovarla con una scatola di cioccolatini e un peluche per farmi perdonare, l’ultima lezione della giornata era piano e non avendo voglia di fare l’intervallo decisi di andare prima in aula e approfittarne per esercitarmi un poco senza nessun’altro.

Mi sedetti e iniziai a sfiorare i tasti bianchi e neri, le mie dita scivolavano leggere e mi persi completamente nella melodia tanto che non mi accorsi che qualcun altro aveva iniziato a suonare insieme a me. Quando smisi mi girai e ritrovai Nicholas che fissava il piano.

Feci per alzarmi, da lì a poco sarebbe iniziata la lezione, ma mi prese per mano e mi baciò. Di nuovo. Stupita mi staccai quasi immediatamente, poi vidi i suoi occhi nocciola carichi di tristezza e lo ribaciai sta volta senza freni, le nostre lingue danzavano insieme e le nostre labbra si cercavano bramose le une delle altre.

Non riuscivo a spiegare il mio comportamento nemmeno a me stessa, cosa stavo facendo? Non lo sapevo e non volevo nemmeno pensarci, quando ci staccammo mi abbracciò per poi lasciarmi un bacio sulla fronte e sussurrarmi un «devo parlarti, possiamo.. » si girò e notò che alcuni nostri compagni stavano per entrare in classe, si girò e si diresse al suo posto mentre io lo fissavo con un aria interrogativa.

Finita la lezione mi ritrovai Cornelia davanti alla porta che mi trascinò nel giardino della scuola senza darmi il tempo di fermarmi a chiedere spiegazioni a Nick o anche solo chiedergli di vederci dopo, era una furia mi tirava per una mano come fossi uno dei suoi tre gatti siamesi che usava come bambolotti portandoli al guinzaglio.

«Cornelia smettila, mi stavi facendo baciare l’asfalto! »

Mi riferivo al fatto che per poco non finivo con la faccia per terra tanto mi aveva strattonato non facendomi vedere il gradito del marciapiede. Mi fulminò con gli occhi e si fermò davanti ad una panchina.

«Almeno baci qualcuno che non sia impegnato, mia cara. »

La sua voce era di ghiaccio così come i suoi occhi che mi scrutavano con aria di superiorità. Ecco la sua facciata da bambolina perfetta che usciva fuori, la vedevo quando assumeva quell’atteggiamento quando si trovava di fronte a persone che lei riteneva ‘inferiori’ ma con me non si era mai permessa di fare una cosa del genere.

La guardai stupita, non capivo veramente cosa avevo fatto per meritarmi una cosa simile e sinceramente non avevo voglia di litigare, non ora, non oggi. Mi girai per andarmene quando mi riprese nuovamente con la sua voce tagliente

«Cos’è ora sei anche una codarda? »

«Si può sapere cosa ti prende? Continui a lanciare frecciatine come se fossi colpevole di chissà quale crimine imperdonabile.»

Inscenò una di quelle risate finte e forzate che sapeva tanto di presa per i fondelli, quando tirò fuori dalla borsa il suo telefono ultimo modello con la custodia coperta di strass e mi mostrò un messaggio come se fosse la prova evidente di quello che io cercavo di nascondere.

“Avevi ragione, era con un altro. Il ricciolino che tanto ti interessa era sotto di lei quando sono entrato, non si poteva certo dire che non si conoscevano!”

Non ebbi nemmeno bisogno di leggere il mittente per scoprire che era stato il mio ex ragazzo, nonché suo cugino, a mandarle quel messaggio la sera precedente quando aveva fatto visita a casa mia.

«Hai qualcosa da dire in tua discolpa? »

Odiavo quell’aria di superiorità che la stava avvolgendo, stava cercando in tutti i modi di farmi sentire un verme ma si stava sbagliando di grosso io e Nick non stavamo insieme e si avevamo passato la serata a casa mia ma non a fare quello che Dave aveva insinuato nel messaggio.

«Non ho fatto niente, te lo avrei detto altrimenti. »

«Certo, come no. Ora non provare nemmeno più a parlargli perché è mio.»

Marcò le ultime parole intingendole di puro veleno, stranamente ci rimasi peggio di quello che pensavo. Non riuscivo a spiegarmi come poteva essere possibile una cosa del genere, quando si erano messi insieme? E perché Nick mi aveva baciato ieri sera e prima alla lezione di piano quando era già impegnato con la mia amica? Avevo milioni di domande ma ora dovevo cercare di parare il danno nel modo da rimanere più integra possibile, cercare di arginare le perdite.

«Cos’è il tuo ultimo accessorio? Non ti preoccupare, non sono io quella che devi controllare.»

Alludevo ovviamente al fatto che era il suo, cosiddetto, ragazzo a baciarmi non appena ne aveva l’occasione.  E certo io avevo risposto tutte e tre le volte, ma non avevo certo preso l’iniziativa. Girai i tacchi e mi diressi verso casa, ero alquanto amareggiata dal comportamento di Nick poteva dirmelo e non farmi litigare con Cornelia.

Arrivata nel mio piccolo appartamento mi buttai subito in doccia e passai il resto del pomeriggio sui compiti a studiare e ripassare per le verifiche e interrogazioni che mi aspettavano nei giorni seguenti. Mangiai una tazza di cereali davanti al telegiornale per cena, non avevo voglia di cucinare e nemmeno di ordinare qualcosa al ristorante dietro casa e i cereali mi erano sembrati un buon compromesso.

Sentii il campanello suonare, guardai dallo spioncino e riconobbi la chioma riccia del mio amico di infanzia dietro la porta. Non avevo voglia di litigare anche con lui, non dopo la sfuriata/rivelazione che Cornelia mi aveva fatto quel pomeriggio.

Tornai a sedermi con la speranza che se nessuno gli apriva se ne sarebbe andato pensando che non fossi in casa, ma dopo poco risuonò e ancora, ancora e ancora. Fino a quando esasperata non alzai il volume della televisione per cercare di coprire quello del campanello.

«Shea lo so che sei in casa, per favore aprimi. »

Ignorai totalmente le suppliche e preghiere varie che mi rivolgeva fino a quando non cessarono totalmente, abbassai il volume del televisore fino ad azzerarlo quasi totalmente. Guardai dallo spioncino e scoprii che non se n’era andato semplicemente se ne stava seduto sulle scale, mi ero dimenticata quanto fosse testardo ma se pensava di guadagnarsi il mio perdono così era decisamente fuori strada.

Andai a dormire sicura che se ne sarebbe andato una volta raggiunta una certa ora, quando mi alzai alle due per bere un poco però non potei fare a meno di guardare di nuovo attraverso il piccolo forellino della porta d’ingresso e, con grande sorpresa, notai che era ancora là seduto sulle scale mezzo addormentato e circondato da tre confezioni di caffè d’asporto.

«Non ti facevo così tenace.»

Appena aprii la porta si tirò  in piedi e mi guardò prima come se voleva ammazzarmi per averlo costretto a stare seduto per ore su dei gradini e dopo con un senso di conquista. Gli feci cenno di entrare senza più rivolgergli la parola, spostandomi a lato quando si avvicinò per salutarmi, non volevo pensasse che solo perché lo facevo entrare gli avevo perdonato tutto.

«Per favore, lasciami spiegare.»


 

***
 

vi chiedo scusa per l'immenso ritardo, peeerdono!
sono stata piena di verifiche e interrogazioni ,per farmi perdonare mi sono messa anche a fare l'immagine
(quell'obrobio che vedete all'inizio, esatto)
il prossimo capitolo sarà molto speciale e importante
se riesco lo posto entro venerdì, che poi parto

tra due capitoli inizierà la vera parte della storia 
e capirete il perchè ho deciso di scegliere proprio
il raiting arancione, come dicono
"molti nodi verranno al pettine"
ma non tutti altrimenti mi tocca finire la FF

ci vediamo al prossimo capitolo,
più recensioni ci sono più in fretta aggiorno
grazie a tutti quelli che leggono,
sonny

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Capitolo 6
*** memories ***


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***



Io non ci volevo andare a quella stupida festa, di quello stupido ragazzo con quello stupido sorriso, non dopo quello che mi aveva fatto. Ero stata costretta dai miei genitori a vestirmi per bene e a salutare cordialmente tutti quelli che incontravo e soprattutto tutti quelli che mi parlavano, ma io di stare lì proprio non volevo, era un’ingiustizia che non potevo andarmene a leggere nella mia stanza come facevo di solito la domenica pomeriggio.

Passare ore e ore sulle pagine che odoravano di carta stampata a leggere e immaginare avventure meravigliose che io vivevo come uno specchio riflesso dalle emozioni dei protagonisti, mi faceva sentire bene, ero me stessa anche se stavo fingendo di essere una giornalista, un animale fantastico o semplicemente una ragazza più grande alle prese con i primi problemi di cuore.

Era quello il problema, il mio cuore. Era stato fatto a pezzi dal mio amico – e festeggiato quel giorno – quando mi aveva detto contento che aveva una nuova amica, anzi che era più di una semplice amica era la sua prima nuova fidanzata.

Nessuno mai aveva preso il mio posto, ma lui mi aveva detto espressamente che non poteva proprio parlarmi perché altrimenti la sua amichetta Hope si sarebbe arrabbiata e lui non voleva certamente farla arrabbiare, quella volta sembrava proprio che non se ne importasse niente della mia amicizia.

Ragion per cui io non volevo trovarmi a quella stupidissima festa, in quella stupidissima stanza , con quegli stupidisissimi palloncini colorati ovunque e ciliegina sulla torna con quello stupidissimo bambino e quell’odiosa smorfiosetta che gli stava sempre appiccicata.

Uno strattone mi fece svegliare dai miei pensieri minatori nei confronti del festeggiato, era mia madre che mi aveva praticamente spinto addosso alla vittima delle mie torture immaginarie incitandoci a fare pace, ovviamente le nostre mamme sapevano tutto e facevano l’impossibile per farci “tornare amici” come dicevano loro.

Il ricciolino mi guardò e fece un segno con la mano che doveva corrispondere ad un saluto e io ebbi l’impulso di prendere una torta dal tavolo e stampargliela su quel suo faccino da ebete, ma per evitare di tirargli qualcosa dietro davanti a tutti lo trascinai in camera sua e chiusi a chiave la porta.

Mi seguì senza fiatare ma notai l’espressione di panico quando nascosi la chiave nella tasca posteriore del mio pantaloncino e mi sedetti sul suo letto,  sicuramente aveva capito che non me ne sarei andata via senza prima delle spiegazioni.

«Si può sapere cosa stai facendo? »

Fu tutto quello che disse, era tutto quello che mi diceva da un mese, un mese! Non mi parlava da quattro lunghissime settimane per colpa di quella cosa che si era messa in mezzo a noi due, alla nostra amicizia, ai nostri giochi e ai nostri momenti insieme e mi chiedeva anche delle spiegazioni?

Dopo la rabbia momentanea causata dalle parole appena pronunciata e dalle numerose domande retoriche mi facevo su quanto fosse idiota  a chiedere proprio quello quando era talmente palese che non c’erano bisogno di spiegazioni.

Mi sentivo in imbarazzo come se dovessi confessare chissà quale peccato mortale così cominciai a torturare le mani in cerca di una risposta adatta e fino a quando smisi di pensare e iniziai a fissare un punto

Spostai lo sguardo verso la punta delle mie scarpe che in quel momento mi sembravano di un importanza mortale e che richiedevano tutta la mia attenzione, sentii lo spostamento verso destra segno che si era seduto affianco a me. Presi fiato e confessai

«Rivoglio indietro il mio amico, mi annoio senza di lui.»

Finalmente mi sorrise, cosa alquanto rara da parte sua che aveva sempre avuto il timore di compiere quel semplice gesto davanti agli altri, adesso che ci pensavo bene aveva paura di esprimere le sue emozioni in generale.

L’unico momento in cui ti faceva veramente capire come stava era quando suonava, non importa chi era presente quando lui prendeva la chitarra in mano c’erano solo loro due nelle stanza nessun’altro aveva importanza, mi prese la mano e mi fece alzare.

Senza musica e senza niente mi fece fare una piroetta e poi iniziò ad intonare a cappella una canzone, la stessa che gli avevo sentito suonare decine di volte ma che per me non aveva mai avuto parole adesso mi sembrava che non poteva esistere quella musica senza quelle bellissime parole.

«E’ bellissima, veramente »

Sussurrai non appena finì di cantare e mi guardava timoroso, il mio giudizio era sempre stato a lui fondamentale e sapeva che non avevo peli sulla lingua. Senza darmi il tempo di aggiungere altro mi abbracciò così, felice e appagato.

«Sei insostituibile. »

Rimasi sorpresa dalle sue parole, le stava veramente pronunciando dopo che giusto un mese prima mi aveva detto che ora tutto quello di
cui gli importava in quel momento era stare con quella là  e mi aveva fatto perdere totalmente la fiducia che avevo risposto in lui.

Ricambiai l’abbraccio un po’ imbarazzata ma poi mi sciolsi, infondo per me le cose erano esattamente le stesse lui era l’unico che mi capiva, l’unico che come me aveva il sogno di diventare un cantante e lavorare con la musica.

«Perché ti sei fidanzato con Hope? »

Dovevo chiederglielo, la curiosità mi stava divorando e non riuscivo veramente a comprendere il motivo di quella sua decisione che aveva preso per giunta senza consultarmi o senza prima nemmeno parlarmene come invece facevamo di tutte le altre cose che ci riguardavano o che entrambi le ritenevamo importanti, e fidanzarsi era una di quelle cose.

«Ero geloso..»

Notai che nel pronunciare quelle parole era diventato di un colore rosso pomodoro e aveva spostato lo sguardo alla finestra nell’intento di distrarsi e riprendere un colorito normale e non balbettare mentre parlava – l’avevo sentito balbettare solo dopo che sua mamma scoprì che mi aveva baciato –  riprese fiato e appiccicò insieme una serie di parole pronunciandole talmente tanto a bassa voce che dovetti avvicinarmi non poco per poterle sentire

«Di te e di Joe, lui è mio fratello. Volevo farti ingelosire, ecco la verità»

Trattenni il respiro, come faceva a sapere di quello che era successo tra me e suo fratello? Che alla fine mi aveva solamente baciato pensando che fossi abbastanza grande per dare il mio “primo bacio” senza pensare che ci aveva già pensato il fratellino più piccolo qualche anno prima.

Ora mi era tutto chiaro, Nicholas doveva aver pensato che mi ero fidanzata con suo fratello ed era geloso così aveva deciso di ripagarmi con la stessa moneta chiedendo alla scorbutica bambina di diventare la sua amichetta preferita.

«Ma io non sono fidanzata con tuo fratello, te l’avrei detto altrimenti! »

Tornammo al piano di sotto mano nella mano e questo scatenò le furie si Hope che decise di rompere il fidanzamento mangiandosi l’anello di liquirizia che lui le aveva regalato come promessa proprio mentre Nick soffiava le candeline del suo undicesimo compleanno.
 

***
 

Quella non fu l’ultima volta che litigavamo per questioni di cuore e di ragazzi per poi fare pace dopo lasciando i rispettivi fidanzati-momentai perché non tolleravamo qualcun altro tra di noi , fu solo la prima di una lunga serie e ora era esattamente la stessa cosa solamente che parlavamo della mia migliore amica.

Non avevamo più undici anni ma diciannove e le cose non erano così facili come tornare al piano di sotto mano nella mano e fare mangiare l’anello di fidanzamento all’ormai ex fidanzata.

Ora si parlava di scoprire perché mi dava tanto fastidio vederli insieme ridere, scherzare, tenersi per mano e baciarsi dopo che avevo chiarito con Nick che non volevo mettere a repentaglio la mia amicizia con Cornelia, avevo scelto lei nonostante tutto.

Perché stavolta era successo l’irreparabile ovvero avevamo perso la nostra amicizia barattandola, io, con quella di una ragazza troppo diversa da me e lui con l’amore per quella ragazza troppo facile e troppo vuota che non voleva nient’altro da lui se non un altro nome sulla sua bellissima lista scarlatta.

Cercavo di giustificarmi con le parole che Nicholas mi aveva pronunciato, convincendomi che era stato lui a decidere che andasse in quel modo che se avessi avuto la possibilità di scelta le cose sarebbero andate diversamente e che non era colpa mia.

“Cornelia mi piace vogliamo le stesse cose, non è una cosa seria è solo stupido e banalissimo sesso. Tu sei una vera amica, so che starai ancora ad aspettarmi quando tutto questo finirà”.

Mi aveva letteralmente messo in standby come se avesse chiuso il monitor del computer senza veramente spegnerlo, ero in attesa che lui prendesse una decisione, che lui lasciasse Cornelia, che lui tornasse da me, che lui facesse qualcosa.

Io ero una statua, immobile e senza sentimenti. Mi ero vietata di provare qualcosa, anche solo di pensare a lui non volevo stare male, non volevo né  vederlo, né parlarci perché era questa la condizione che la mia bionda amica aveva messo alla nostra amicizia.

La scelta più difficile da accettare è sempre quella che fanno gli altri al posto tuo, ma infondo perché io non volevo accettarla?




 

***
chiedo umilmente perdono, veramente
sono stata stra presa dalla scuola e da problemi di salute
ma oar sono tornata, spero non vi siate già dimenticati di me
chiedo perdono anche per la seconda parte della storia
non doveva uscire tanto malinconica pre-suicidio
ma mi serviva scrivere una cosa del genere 
per spiegare meglio delle cose che avverranno nel futuro
se siete brave e entro il 26 trovo 5 recensioni
aggiorno con un capitolo speciale
sotto la neve che ci terrei molto a scrivere e a postare


 

faccio anticipatamente gli auguri di buon natale e felice anno nuovo nel caso in cui non dovessi aggiornare 
passate tutte delle bellissime vacanze, se non aggiorno il 26 dovrete aspettare fino al 15 gennaio
perchè io parto, chiedo perdono ma non credo riuscirò a postare mentre sono in vacanza

con affetto, sonny 

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Capitolo 7
*** covered by snow ***


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***

Nicholas e Cornelia ormai facevano coppia fissa da più di un mese, ero sbalordita che ancora non si erano lasciati a vicenda o avessero litigato, sembravano Barbie e Ken bellissimi, innamorati alla follia con la casa da sogno e accessori vari.

L’unica soddisfazione che avevo era dalla scuola mi impegnavo al massimo e per fortuna i risultati c’erano, volevo veramente eccellere in qualcosa e vedere il mio sogno realizzarsi mi faceva dimenticare tutte le parole mancate e i cenni che fungevano da saluto con il mio amico di infanzia.

Ora che avevamo le vacanze la scuola era chiusa e molti studenti ne avevano approfittato ed erano tornati dalle loro famiglie per passare il Natale compresa Cornelia, io l’avevo passato da sola con il mio fidato amico a quattro zampe e devo ammettere che non mi è dispiaciuto passare un po’ di tempo da sola.

Capodanno l’avrei passato con gli altri studenti che erano rimasti al college e avevano deciso di andare, come me, alla settimana bianca che organizzavano ogni volta per tutti gli allievi che decidevano di passare le feste a New York.

Così mi trovavo davanti ad un pullman con un’altra ventina di studenti, non riconobbi nessuno e pensai che era una buona occasione per fare nuove amicizie e riuscire a staccarmi dall’ombra che Cornelia mi aveva messo addosso.

Stavo caricando la mia valigia contenente i vestiti e l’attrezzatura necessaria per passare sette giorni sulle piste da sci, dovevo aver esagerato perché non riuscivo a sollevare da sola tutta la roba, per fortuna un ragazzo alto e moro mi aiutò e dopodiché si presentò

«Piacere di conoscerti, mi chiamo Darren. Tu devi essere una del primo anno, giusto? »

Mi sorrise gentile ed annuì, lui frequentava il 3 anno e da quando era arrivato aveva sempre passato le feste a scuola e mi assicurava che era divertente e non c’era l’aspetto serioso che era solito aleggiare durante le giornate i scuola.

Vidi che mi fissava con interesse, finsi di notare che mi aveva fatto cenno di sedermi accanto a lui e mi posizionai negli unici due sedili liberi rimasti, non volevo offenderlo ma non avevo voglia di passare il viaggio a fare risatine oscene per far colpo, non ero proprio in vena.

Misi su le cuffie e mi posizionai meglio per prendere sonno, infondo erano un paio d’ore di viaggio, ero anche abbastanza comoda visto che avevo due sedili tutti per me, o almeno li avevo fino a quando lui non mi si sedette affianco a me.

Mi spostai nel sedile verso il finestrino e feci finta di niente, sembrava pensieroso ma non proferì parola e la prima mezzoretta la passammo ad ignorarci a vicenda facendo ognuno i fatti propri, alzai il volume della musica come per un chiaro segno che non volevo essere disturbata.

Non ero sicura di essermi addormentata fino a quando non iniziai a distinguere i borbotti dei miei compagni di scuola provenienti dai sedili dietro il mio, mi era anche caduta una cuffia feci per rimetterla quando sussultai sentendo poche parole sussurrate al mio orecchio.

«ben svegliata raggio di sole, sei bellissima quando dormi. »

Deglutì a fatica, cercando di non urlare o mandarlo a cagare per quello che mi aveva appena detto, ma soprattutto per il fatto che ora mi stava lasciando una serie di piccoli baci lungo tutta la mandibola, avevo avuto ragione sin dall’inizio non era cambiato per niente sempre il solito cretino.

Mi tirai a sedere e senza rispondere mi girai dall’altra parte, se iniziavamo a lanciarci frecciatine ora finiva con l’attirare troppo l’attenzione di tutti i nostri compagni di classe e non era certo mia intenzione, lui si rassegnò e passammo il resto del viaggio il religioso silenzio.

La vista dalla mia stanza era magnifica, eravamo in numero dispari così non mi era dispiaciuto prendermi la stanza da sola senza doverla dividere con qualcun altro, dopo aver sistemato le mie cose mi infilai la tuta da sci e tutti insieme ci dirigemmo sulle piste.

La lezione passò veloce e nonostante le continue occhiate e frecciatine da parte di Nick nel corso della lezione era stato anche abbastanza piacevole, ero stata visibilmente sorpresa quando aveva visto che Darren si era offerto di portarmi a fare un giro finita l’ora di lezione con il maestro e Nicholas si era subito messo in mezzo per impedirmi di andare.

Avevo accettato ignorando completamente il ricciolino che con una punta di disappunto mi guardava vendicativo, non avevo alcune intenzione di diventare la sua proprietà privata ora che non c’era Cornelia, avevamo entrambi fatto le nostre scelte e non intendevo pentirmene.

Tornata in camera ero completamente congelata e decisi di farmi una doccia calda per rilassarmi e poi dopo mi sarei direttamente infilata dentro le coperte, ero stanchissima e non avevo affatto fame visto che io e Darren ci eravamo fermati ad un chioschetto a prendere una cioccolata.

Uscita dalla doccia ero in solo accappatoio e giravo per la stanza alla ricerca di una crema corpo, quando alle mie spalle sentii la porta aprirsi sussultai per poi strillare quando vidi il ragazzo che era appena entrato, lo avrei ammazzato.

«Cosa ci fai tu qui, esci! »

Un ghignò soddisfatto uscì dalla sua bocca quando notò l’asciugamano troppo corto con cui cercavo di coprirmi, ignorò completamente quello che gli avevo appena detto e chiuse la porta della camera e si diresse verso di me.

«Cosa non hai capito di quello che ti ho appena detto, Nicholas esci.  »

Cercavo di mantenere il controllo e non mettermi ad urlare e tirargli addosso tutto quello che mi capitava per mano, ma lui continuava ad ignorarmi fino a quando non mi arrivò davanti e sorrise, mi stava chiedendo di picchiarlo in tutte le lingue di questo mondo.

Misi le mani sui fianchi e lo fissai in tono di sfida, non avevo certo problemi a sostenere una guerra di sguardi quando l’altro  concorrente era lui, visto tutto l’odio represso che avevo potevo incenerirlo con i soli occhi.

Dopo un minuto buono che eravamo entrambi fissi a guardarci scosse la testa ridendo, stavo per mollargli un sonoro schiaffo quando mi prese e fece avvicinare le nostre facce più del dovuto fino a far incontrare i nostri nasi.

Stavo perdendo il controllo, di nuovo, non ero capace a mantenermi lucida a pensare correttamente quando mi trovavo davanti a lui e tutti i miei propositi di fargliela pagare o di non rivolgergli più la parola venivano cancellati quando mi trovavo a stretto contatto con quegli occhi.

Aveva iniziato ad accarezzarmi i capelli e la faccia lentamente, facendomi quasi impazzire quando ritrovai un briciolo di auto contegno, posai lo sguardo a terra, ispirai a fondo e parlai; per farlo ero ricorsa a tutta la mia forza di volontà e ne rimasi sorpresa, non pensavo di averne tanta.

«Ora per favore, vattene veramente. »

Mi guardò un’ultima prima di indietreggiare e andarsene, ovviamente con un ghignò più che soddisfatto in faccia visto quello che aveva appena ottenuto: la mia resa.

Avevo un nervoso addosso e ce l’avevo con me stessa per aver ceduto nuovamente e avergli lasciato tutto quel potere nei miei confronti che non mi ero nemmeno accorta che non era ancora uscito dalla stanza ma era fermo a fissarmi appoggiato alla porta della stanza.

Soddisfatto più di così non poteva essere, non potevo credere che proprio quel ragazzo con cui avevo condiviso la mia infanzia ora si prendeva gioco di me in quel modo, dovevo fargliela pagare perché non avevo mai permesso a nessuno di mettermi i piedi in testa in quel modo e di certo non avrei incominciato ora.

«Non resisterai ancora molto, la prossima volta andrà diversamente raggio di sole. »

Era una sfida? “in guerra e in amore tutto e lecito” di sicuro non mi sarei risparmiata, avevo anche i miei mezzi per farlo cadere ai piedi, l’unica parola che vorticava nella mia testa in quel momento era una sola: vendetta 

***

volevo solo fare delle precisazioni, il capitolo non doveva uscire esattamente così ma chiedo perdono
purtroppo sono stata costretta a scrivere questo capitolo perchè anche se è solo 'di passaggio' 
è l'introduzione alla storia vera e propria e soprattutto al carattere dei personaggi, 
so che ora può sembrare eccessivo tutto questo cambiamento radicale di carattere in special modo
quello di Nick ma come ho detto varie volte la storia è autobiografica e, purtroppo per me, 
la persona a cui è ispirato il personaggio è esattamente come la descrivo, indecisa e volubile 

purtroppo questo è l'utlimo aggiornamento che riesco a fare prima di partire - domani - 
e spero che mi aspetterete fino a metà gennaio che torno, non mi abbandonate ç____ç

buon anno nuovo a tutti, passate delle buone vacanze, 
vi aspetto a gennaio

sonny 

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Capitolo 8
*** a cup of camomile ***


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***

Dopo aver chiuso la porta alle mie spalle mi infilai nel letto, quel ragazzo mi stava facendo saltare letteralmente i nervi, sapevo cosa voleva da me ma se sperava di ottenerla tanto facilmente si sbagliava di grosso.

Odiavo quando mi metteva i piedi in testa e sin da bambina fino a quando non ero io a vincere o a eccellere in qualsiasi cosa facevamo non smettevo di provarci e riprovarci, la maggior parte delle volte finiva che lui si arrendeva e me le dava vinta.

“ Solo perché altrimenti non mi lasci più in pace ” mi diceva prima di darmi un bacio sulla guancia e propormi di fare qualcosa di più tranquillo e che non comprendesse sfide o vincitori, allora era tutto più facile adesso il premio in palio sapeva solo lui qual’era.

O meglio io cercavo di ignorarlo visto che dai suoi comportamenti avevo ben capito cosa voleva, ma se aveva Cornelia perché voleva anche me? Puro divertimento o lei era un mezzo per arrivare a me, o ancora io servivo per arrivare a qualcun altro o qualcos’altro.

Dannato ricciolino ora per colpa sua mi ritrovavo a passare la notte insonne, mi girai verso la radiosveglia affianco al comodo letto di legno di cui era dotata la mia stanza e guardai l’ora, era notte inoltrata e non avrei corso il rischio di incontrare nessuno se mi sarei andata a fare una camomilla per placare un po’ tutti quei pensieri che continuavano a vorticarmi in testa.

Scesi al piano di sotto, l’albergo in cui alloggiavamo disponeva di un ampio salone dove c’era a disposizione un angolo adibito alle bibite, mi avvicinai e misi a scaldare dell’acqua per la mia tisana quando sentii aprirsi la porta che conduceva all’interno e con essa un ondata di aria gelida, rabbrividii.

«Scusami non ci fossi tu, cioè volevo dire non pensavo ci fosse qualcuno. »

Notai l’imbarazzo nella sua voce quando entrò, Darren era timido e spostò immediatamente lo sguardo da me e il mio pigiama invernale alla finestra fingendo di guardare oltre lo spesso manto di neve che cadeva fuori, non mi ero accorta prima che stava nevicando abbastanza forte.

Gli feci cenno di niente e chiesi cortesemente se anche lui gradiva una tazza di camomilla, felice di aver superato il momento di imbarazzo fece cenno di sì e si tolse il giubbotto bagnato per posarlo vicino al camino in modo da farlo asciugare.

«Vuoi farmi credere che tu ti alzi nel pieno della notte per fare tisane? »

Sorrisi, da quando si era seduto per terra in attesa che l’acqua che avevo messo nel bollitore raggiungeva la temperatura giusta per la camomilla mi aveva fissato in silenzio fino a quando, preso un po’ di coraggio, avevo sentito quella domanda.

«Non riuscivo a prendere sonno, e tu invece cosa facevi lì fuori uomo delle nevi? »

Lo pizzicai un  pochino anche per metterlo un po’ più a suo agio, era un bravo ragazzo e avevamo passato un bel pomeriggio insieme non capivo perché fosse tanto teso e soprattutto sorpreso quando aveva visto me nella stanza, non stavo facendo niente di male.

«Stesso motivo ma metodo alternativo. »

Spensi la fiamma e tolsi il bollitore dal fuoco versando l’acqua in due tazze da tisana, presi le due bustine e mi diressi verso di lui, non avevo capito bene a cosa si riferiva ma visto che non aggiungeva altro e la nostra conoscenza non era così approfondita preferii non chiedere e gli porsi invece la tazza fumante.

Finita di bere la camomilla riportai la tazza nel lavandino annunciando che finalmente potevo andare a dormire, notai un briciolo di tristezza nei suoi occhi quando pronunciai quelle parole ma mi sorrise e mi diede la buona notte, era veramente un bravo ragazzo.

«Se continua a nevicare così questa sarà l’unica notte che passeremo qua. »

Ritornai in camera mia pensando al fatto che sarebbe stato veramente un peccato dover tornare a casa così presto, ma era totalmente inutile rimanere lì se non potevi nemmeno mettere un piede fuori dalla porta e soprattutto non potevi sciare e seguire i corsi.

La luce del sole mi sveglio praticamente all’alba ma rimasi sotto le coperte fino a quando non vennero a bussare alla mia stanza per avvisarmi di dirigermi in salone per la colazione, mi vestii velocemente e mentre prendevo il telefono dalla scrivania trovai sopra una rosa bianca.

Non avevo certo raccolto nessun fiore il giorno prima e tantomeno l’avevo lasciato sulla scrivania affianco al libro che mi ero portata da leggere in vacanza, ma allora chi l’aveva portata là, e soprattutto perché l’aveva fatto?

Bussarono nuovamente alla porta e spaventandomi feci cadere a terra il fiore, l’avrei riposto dentro un bicchiere con un poco d’acqua quando sarei tornata dalla colazione anche perché dovevo chiedere il tutto al personale della piccola mensa della locanda dove ci trovavamo.

Come previsto il tempo era peggiorato tanto da rendere impossibile a tutti di uscire e praticare qualsiasi attività all’aperto e di comune accordo decidemmo che saremmo partiti prima di pranzo, era un peccato ma almeno non avremmo passato quel che rimaneva delle nostre vacanze chiusi in una baita di montagna al freddo.

Tornata in camera presi a fare i bagagli e riordinare la mia roba per prepararmi alla partenza, quando fu il momento di mettere via i libri e il computer che avevo portato con me notai che la rosa era stata raccolta da terra e messa dentro un piccolo bicchiere, sotto di esso c’era un foglietto bianco piegato a metà.

“ Perdonami ”

Era tutto ciò che c’era scritto in una pagina, mentre nel retro c’era un’altra breve scritta che mi fece intuire da chi fosse stato fatto tutto quel casino e soprattutto chi era entrato in camera mia di nascosto per ben due volte.

“ Buongiorno, raggio di sole “

Raccolsi i due biglietti, gli piegai e li misi all’interno del libro che stavo leggendo per fungere da segno. Nonostante i suoi notevoli sforzi non bastava certo una rosa e un foglio con tre parole messe in croce a farmi sbollire la rabbia provocata dal suo comportamento della sera precedente, se pensava di cavarsela così era più stupido di quello che pensassi.

Tornai a casa e per fortuna durante tutto il viaggio non gli parlai né incrociai il suo sguardo, non ero ancora pronta ad affrontare una “guerra” del genere e soprattutto non davanti ai nostri compagni di scuola, parlai invece con Darren che un po’ titubante mi chiese se avrebbe potuto rivedermi anche una volta tornati a casa; accettai contenta ero sicura fosse una persona per bene e volevo conoscerla meglio.

Mi diressi direttamente a casa, disfai le valigie e ordinai qualcosa al ristorante messicano sotto casa e solo allora mi concessi un bagno rilassante; non feci in tempo ad immergermi nell’acqua che il telefono di casa squillò, mi alzai di malavoglia e andai a rispondere

« Finalmente, è la quindicesima volta che provo a chiamare. »

Non riconobbi la voce che aveva parlato dall’altro capo del telefono e dubbiosa cercai una vestaglia per coprirmi, se quella persona mi aveva chiamato per così tante volte ero sicura che mi avrebbe tenuta per un po’ di tempo al telefono.

«Mi scusi, ma con chi parlo? »

«Questo non è importante, lei è la signorina Sapphire Abrams? »

Rabbrividii a sentire quel nome, era il nome di mia madre che io avevo deciso di fare registrare come mio secondo nome dopo l’incidente che la coinvolse qualche anno fa, l’unico che sapeva quel particolare era niente meno che

«Signorina c’è ancora? Chiamo per conto di suo padre.»

Mio padre. Appunto. Fui sul punto di riattaccare quando il mio interlocutore disse le parole che mai mi sarei aspettata di sentire in vita mia, sentii una fitta al cuore e chiusi la chiamata con gli occhi pieni di lacrime, gliel’avrei fatta pagare cara una cosa del genere.


***


in quante mi odiano? chiedo perdono in tutte le lingue del mondo
purtroppo sono rientrata nemmeno una settimana fa, ma non ho avuto tempo
sono sommersa da verifiche e interrogazioni e devo recuperare il tempo perso
ragion per cui aggiorno solo ora, scusatemi tanto.
Questo capitolo non è tra i migliori, ma è tra quelli "chiave" 
so che avreste preferito una scena solo con Nicholas e Shea ma avevo bisogno
di questo per creare altre occasioni interessanti *bhuahah*
ok no mi faccio seria, spero abbiate gradito il capitolo
se trovo 5 recensioni entro venerdì posto un nuovo capitolo
questa settimana stessa, vi va come patto? che meschina che sono D:
a presto, sonny


 


p.s. ci tenevo tanto a precisare una cosa, la scena della rosa con biglietto non sarà la prima volta che capiterà perchè è tra le cose prese dalla storia mia reale. Ci tenevo a precisarlo perchè non volevo che poi lo prendevate come "ripetizione" o "mancanza d'idee" 

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Capitolo 9
*** moonlight ***


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***

Attaccai il telefono tuonando di rabbia, da quando mi ero trasferita non mi aveva cercato nemmeno per sapere se avevo superato il test di ammissione – visto che sapeva quando io tenevo a quella scuola e a studiare quello che amava la mia adorata mamma -  o per sentire se sua figlia era ancora viva.

Invece mi faceva chiamare da un maggiordomo per informarmi che si sarebbe sposato nel giro di qualche giorno e che visto l’importanza della situazione il mio meraviglioso padre mi voleva al suo fianco come sua testimone, se si aspettava che io facevo una cosa del genere per lui era veramente messo male.

Passai il resto della serata a pensare, non potevo certo capacitarmi di quella decisione improvvisa! Insomma mamma non era ancora.. cosa avrebbe pensato lei di tutto questo? Non potevo farle una cosa del genere, presentarmi a quel matrimonio era la cosa più stupida e ingrata che potevo fare.

Era già notte inoltrata quando il rumore delle due vibrazioni annunciò l’arrivo di un nuovo messaggio sul mio telefono, mi alzai scontenta di dovermi scoprire delle mie calde coperte ma tanto non riuscivo a prendere sonno comunque, meglio vedere chi mi disturbava a quell’ora.

Dobbiamo parlare, per favore. Aprimi sono fuori dalla tua porta

Quel ragazzo era matto da legare, cosa ci faceva a quell’ora in giro e più specificamente davanti alla porta di casa mia? Mi infilai una felpa e andai ad aprire, con un gesto del capo mi chiese di accompagnarlo a fare un giro sotto.

Presi il cappotto pesante dall’appendiabiti e scesi sotto, camminammo per un po’ in silenzio senza dire niente. Continuavo a domandarmi come mai quell’improvvisa apparizione e se avevo fatto male a non portarmi dietro una mazza da baseball per picchiarlo.

«Perché non mi hai detto niente? »

Lo guardai interrogativa, come pensava che io soltanto da quelle parole e dal messaggio che mi aveva mandato prima potessi capire cosa intendeva lui, non ero mica un indovina e non disponevo dell’abilità di leggere nel pensiero della gente.

E se mai l’avrei fatto dentro quella sua testolina coperta di ricci castani avrei trovato un criceto che girava sulla ruota, o forse immagini di miliardi di ragazze in situazioni compromettenti. Che idee avevo per la testa? Arrossì, ma cercando di non darlo a vedere risposi alla sua domanda.

«Se mi spieghi di cosa stai parlando, magari posso dirtelo. »

«Della tua famiglia, di tua madre, di tuo padre! Torno a casa e mia madre mi chiama dicendo che si sposa sabato prossimo e tu non mi dici assolutamente niente. »

Sbiancai, non pensavo certo che mio papà avesse invitato anche la sua famiglia visto che il legame che ci aveva sempre unito era il risultato dell’amicizia tra le nostri madri e non quella tra il mio genitore e il suo dolcissimo e amabile padre.

«L’ho saputo anche io poco fa. »

Ignorai volutamente la parte relativa a mia madre, non mi sentivo ancora pronta a parlarne con qualcuno di quello che le era successo e non volevo certo apparire debole davanti a lui, non era quello il momento di crollare ma comunque i miei occhi diventarono lucidi al ricordo degli ultimi istanti che avevo di noi due insieme.

Girai la testa per non permettergli di vedere il mio dolore, cercai di alzare la barriera che tenevo davanti a tutti come per impedire ai miei sentimenti di uscire, o a quelli degli altri di entrare ma dopo quella notizia e il continuo pensare a lei mi avevano indebolito.

« Shea, no per favore non fare così. »

Si fermò in mezzo al parco e mi abbracciò forte, di certo non si aspettava una reazione del genere e nemmeno io, dovevo essere infuriata con quel ragazzo ma invece era là ad abbracciarmi e consolarmi quando nessun’altro al suo posto se n’era mai curato.

Aspettò pazientemente che finii di tremare, non aveva emesso una parola ma era rimasto lì ad accarezzarmi i capelli e darmi conforto, non sapevo che soffriva di una doppia personalità ma qualunque cosa l’avesse trasformato da quell’essere meschino che avevo incontrato alla baita al mio vecchio amico d’infanzia doveva sapere che gli ero eternamente grata.

«Stai meglio? »

Annuì convinta, le lacrime e il dispiacere al ricordo di mia madre si erano placate e stavo ricominciando ad indossare la maschera che tutti quotidianamente vedevano, la Shea fredda e razionale che non provava emozioni.

«Andrai al matrimonio? »

«Solo per pestarlo, non ci penso minimamente a fargli da “testimone»

Sghignazzò per tutto l’odio con cui avevo pronunciato l’ultima frase e entrambi ci accomodammo su una panchina poco distante, mi prese per mano e poi parlò nuovamente.

«Partiamo domani alle 9, vuole che siamo entrambi là prima per spiegarci tutto.»

Lo guardai sbalordita, com’è che io non sapevo quelle cose? Quello stupido maggiordomo non mi aveva detto niente prima al telefono e così mi ritrovavo a dover partire tra poche ore per affrontare mio padre e la sua ignota futura moglie il giorno seguente, meraviglioso!

«Perché ti sei precipitato qua con tanta furia? »

Sospirò, un secondo dopo che quelle parole erano uscite dalla mia bocca avrei voluto rimangiarmele e buttarle dentro come per cancellarle, ma non credevo che fosse solo per dirmi che sarei dovuta partire il giorno seguente.

«Joe mi ha detto quello che è successo a tua madre, non capivo perché non me ne avevi parlato. »

«Non siamo andati d’amore e d’accordo ultimamente, ricordi? »

Sobbalzò e si girò dall’altra parte, il tono della mia voce e l’acidità contenuta in essa lo fece ragionare tanto che balbettò delle scuse insensate provando a giustificarsi con parole a caso, sbuffai per me soffriva veramente di crisi d’identità.

«Non sapevo come fartelo capire, scusami ho sbagliato davvero. »

Quella era l’unica frase di senso logico che la mia mente elaborò da tutto quel farfugliare, lo guardai con aria interrogativa in attesa di qualche spiegazione per l’ultima frase da lui pronunciata visto che per tutto il discorso era stato ambiguo e non mi aveva fatto capire assolutamente niente.

«Spiegati meglio, per favore. Sono le quattro del mattino e tu non ti fai capire per niente. »

«Tu mi piaci, mi sei sempre piaciuta. »

Rimasi shoccata da quelle parole e lo guardai sbalordità, non pensavo che scatenavo in lui una simile cosa ero convinta fosse solo un gioco, una stupida sfida con se stesso o non so io con chi e invece no, io gli piacevo veramente!

Ma a me lui piaceva? Non avevo avuto tempo necessario per pensare a lui e a quello che era successo tra di noi durante il breve soggiorno ma non ero sicura che fosse solo “odio” quello che provavo per lui, altrimenti non l’avrei mai fatto entrare in casa a quell’ora e non mi sarei mai messa a piangere sulla sua spalla.

Ma cosa stavo pensando, erano stupide fantasie che dovevo togliermi dalla testa. Lui stava scherzando sicuramente e magari stava anche godendo delle mie guancie imporporate a sentire le sue parole, ero proprio una stupida.

«Sei stata il mio primo amore, mi dispiace di non avertelo mai detto. »

Un tuffo al cuore, e poi un altro. Uno per ogni parola contenuta in quella frase, abbassai gli occhi senza emettere un suono tornando a fissare la luna. 


*** 

so che non vi aspettavate un mio ritorno, nemmeno io sinceramente
mi ero demoralizzata tantissimo quando non avete recensito
il capitolo scorso, pensavo vi fosse scordate di me
ma ho deciso di riprovarci e vedere se c'è ancora qualcuno interessato
se non recensite potete considerarla una Fan Fiction incompiuta
io ci metto amore e impegno a scrivere ma se non apprezzate è inutile

spero vi ricorderete ancora di me e della mia storia
a presto - forse - sonny 

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