Tentazione di Sibilla Delfica (/viewuser.php?uid=114867)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bryan ***
Capitolo 2: *** Paride ***
Capitolo 3: *** Sono un Angelo ***
Capitolo 4: *** Dolore nel cuore ***
Capitolo 5: *** storie ***
Capitolo 6: *** La cosa giusta ***
Capitolo 7: *** Sfida ***
Capitolo 8: *** Ambra ***
Capitolo 9: *** Un'amica ***
Capitolo 10: *** Buio ***
Capitolo 11: *** Vicolo cieco ***
Capitolo 12: *** Inaspettata. ***
Capitolo 13: *** Spiegazioni ***
Capitolo 14: *** Ti amo ***
Capitolo 15: *** La Scelta ***
Capitolo 16: *** L'avviso ***
Capitolo 17: *** una cena romantica ***
Capitolo 18: *** Partenza ***
Capitolo 19: *** La perfezione ***
Capitolo 20: *** travestimento ***
Capitolo 21: *** Sogno. ***
Capitolo 22: *** Il male. ***
Capitolo 23: *** La rivelazione ***
Capitolo 24: *** Pioggia di vita ***
Capitolo 25: *** Il cancello ***
Capitolo 26: *** L'incontro ***
Capitolo 27: *** L'attore ***
Capitolo 28: *** Confusa ***
Capitolo 29: *** Il verdetto ***
Capitolo 30: *** La luce ***
Capitolo 31: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Bryan ***
Nel
mio mondo esistevano tre regole importanti: la prima era, mai cedere
alla tentazione, come se non l'avessi già fatto, la seconda
diceva
di non lasciarsi trasportare dalla passione carnale per una persona e
terza mai avere rapporti con gli umani.
Naturalmente
accompagnate da quelle più ovvie non uccidere e non rivelare
la
propria vera natura agli umani.
Non
sono umano.
Sono
un Angelo, la creatura più bella che esista nel intero
universo, io
sono la tentazione vivente per ogni umana esistente sulla terra.
Mi
crederete buono, saggio e misericordioso, ma non è proprio
così, io
sono una delle poche eccezioni tra gli angeli.
Odiavo
quel mondo costruito sul buonismo e sul perdono, mi sembrava debole,
e io non volevo farne parte.
Per
questo andavo sulla terra a incantare belle ragazze, e per provare
piaceri carnali a noi proibiti.
Lo
so non avrei dovuto, e ho avuto i miei guai con il
“capo” del
regno dei cieli, ma tanto al misericordioso Signore bastava che
cantassi una nenia per tre giorni in questo modo espiavo i miei
peccati , poi ripartivo di nuovo per la giostra.
Era
una catena, un giorno di peccato, tre di nenia, peccato e nenia.
Quel
giorno dopo aver espiato i miei peccati, dovevo proprio partire alla
ricerca di nuove ragazze.
Mi
stavo guardando allo specchio, vidi come sempre i miei occhi scuri
color cioccolato, i miei capelli neri ribelli, le mie ali candide che
erano ripiegate dietro la mia schiena e il mio corpo statuario
emanava una strana luce, la luce della sapienza, veniva chiamata.
Il
mio aspetto aiutava sicuramente a trovare ragazze disposte a unirsi
con me nel peccato, ma se esso non funzionava riservavo di poteri per
convincerle.
I
miei amici angeli dicevano che ingannavo quelle povere ragazze, che
non era giusto, ma a loro in fondo cosa importava, non facevano
niente per quelle umane.
Vivono
nel loro regno dorato,dove tutto è così
schifosamente perfetto,
sono io l'unico difetto del loro stramaledetto regno.
-Terra-
sussurrai, concentrandomi e subito mi ritrovai dove richiesto.
Sulla
Terra doveva ancora spuntare il sole, tutto era avvolto nel silenzio
più totale, doveva essere mattino presto.
Non
sapevo di certo dove ero capitato, e non mi importava.
Ero
su una strada pedonale, di fianco a me c'era un piccolo canale sporco
e maleodorante, e non c'erano tante case intorno .
Sentii
dei passi veloci, e subito sussurrai – invisibile- il mio
corpo si
smaterializzò all'istante.
Dalla
via sbucò una ragazza, di media altezza, magra, ma con forme
sinuose
e provocanti, uno splendido viso a forma di cuore incorniciato da una
folta chioma nera ondulata, e a completare la sua faccia c'erano due
grandi occhi verdi luminosi come due fari nella notte.
Indossava
un paio di jeans attillati, che risaltavano le cosce ben tornite, e
un cappotto corto.
Una
sola parola si poteva usare per definirla: splendida.
Dovevo
rendermi subito visibile, ma così all'improvviso l'avrei
spaventata... da quando mi preoccupo per le umane?
-rendimi
visibile- sospirai piano, comparsi esattamente davanti a lei.
La
ragazza si fermò, non sembrava però spaventata,
mi guardava solo
incuriosita e intravedevo in quegli occhi bellissimi già una
punta
di desiderio.
-ciao-
la salutai in modo malizioso, nel mio solito modo di fare.
-chi
sei?- chiese subito.
-importa
qualcosa?- a questo punto di solito le incantavo, c'era qualcosa nei
suoi occhi questa volta che mi impediva di farlo, mi sembrava
ingiusto ingannare una creatura così fragile e di rara
bellezza.
-importa
e come! Di solito non c'è tanta gente a quest'ora che spunta
dal
nulla, e per di più mi blocca la strada- tosta la ragazza!
-già...
ma per me puoi fare un eccezione...- le sfiorai lievemente un
braccio, non riuscivo a usare i miei poteri su di lei, o meglio non
volevo, la mia testa mi diceva che lei non se lo meritava, ma io
volevo quella pelle candida, perché mi stavo facendo queste
paranoie?
-
per caso sei uno stupratore? O qualcosa del genere?- domandò
sostenendo il mio sguardo – no perché hai
sbagliato proprio
persona...ora se per favore ti puoi spostare io andrei- cosa? Cosa ?
Mi stava rifiutando? Stava rifiutando un essere perfetto? Un angelo?
In questi quattro mila anni non mi era mai capitato!
-no
non sono nulla del genere... ma dove stai andando con tutta questa
fretta?- dissi concentrandomi per rimanere calmo, ma anche con una
certa curiosità.
Io
curioso di una umana? Forse ha ragione il Signore del regno dei cieli
quando blatera sui misteri della vita.
-sai
sono le sette meno cinque, e io devo prendere un pullman per andare a
scuola, ma mi sa che oggi dovrò tornare a casa!- mi
urlò contro.
Doveva
andare a scuola, quel posto dove gli umani imparano a leggere a
scrivere, certo, certo.
-allora
visto che ormai non puoi più andare a scuola, magari
potresti venire
a fare un giro con me?- le stavo dando la possibilità di
scegliere?
Ma cosa mi stava succedendo?
Mi
guardò prima spaesata, poi il suo sguardo divenne sempre
più
deciso, e diede la risposta con un filo di voce -Va bene... ti
potresti presentare?- aveva detto sì, vittoria!
-Bryan
piacere, e tu?- volevo stranamente conoscere il suo nome.
-Mi
chiamo Giada- portava il nome di una pietra preziosa, sicuramente a
parità di bellezza il nome era appropriato.
“ ti
prego oh mio angelo fai...” una preghiera rimbombava nella
mia
testa, ma questi umani per cosa pregavano?
Non
avevano ancora capito che dai Serafini fino alla schiera più
bassa,
cioè gli Angeli di cui io faccio parte, tutti sono impegnati
a tener
sistemato il loro regno luminoso e bianco.
Ormai
non è più come una volta il Signore sta
invecchiando e per quanto
si dica che lui sia onnipotente, non riesce più a governare
il regno
come faceva qualche secolo fa.
Se
avessi commesso questi peccati al tempo di Lucifero mi avrebbe
già
espulso dal regno.
Mentre
pensavo a tutto ciò Giada camminava accanto a me, guardava
in basso
e non aveva più parlato, mi seguiva e basta, il che
è normalissimo,
agli umani viene naturale fidarci di noi messaggeri del Signore.
-Giada
dove vorresti andare?- sembrò che si fosse appena svegliata
da chi
sa quali pensieri, distolse i suoi occhi dal terreno e
ritornò a
guardarmi, questo semplice gesto riaccese dentro me un desiderio
devastante.
-non
so potremmo avviarci verso un bar e...- si abbassò per
raccogliere
qualcosa lasciando la frase a metà.
Teneva
tra le mani una piuma candida lievemente luminosa grande quanto il
palmo della sua mano, la guardava come ipnotizzata, la portò
lievemente verso il naso e la annusò – mm...-
miagolò.
Quella
era sicuramente una piuma delle mie ali, che sulla terra diventavano
magicamente invisibili, era difficilissimo che le piume delle ali si
staccassero, questo accadeva ogni cento anni ad un sola creatura
angelica che abitava il regno dei cieli.
Era
la prima volta che mi capitava una cosa del genere.
-E'
stupenda! Chissà magari ho trovato la piuma di un Angelo-
per un
attimo pensai che mi avesse scoperto, poi capii che era
soltanto una battuta anche se inconsapevolmente
era molto vicina a scoprire la verità.
-beh
stavo dicendo si può andare ad un bar e prendere una buona
cioccolata calda con panna- mentre diceva questo sorrideva, un
sorriso così luminoso e caldo più del sole
estivo, che era ormai
alto nel cielo.
Sentii
il mio cuore tremare e per un attimo il respiro si bloccò,
era
troppo bella.
-certo
signorina, come posso disubbidire a lei- il suo volto
arrossì, e
questo la rese ancora più invitante...lo so...
sembrerò un pazzo
maniaco!
La
segui in silenzio fino a un piccolo bar all'angolo di una via.
-eccoci-esclamò
ancora con quel sorriso troppo bello stampato in faccia...cazzo!- che
te ne pare?- mi domandò.
Se
avessi dovuto dire la verità, avrei detto che questo locale
come
d'altronde tutti quegli stupidi posti per gli umani era proprio uno
squallore, naturalmente se paragonati ai luoghi del regno delle
creature angeliche, ma siccome non mi sembrava la cosa più
carina da
dire dissi esattamente l'inverso- splendido...proprio il mio genere-
gli
occhi già splendenti si illuminarono di gioia, e il sorriso
si
allargò ancora di più.
-ne
sono felice...- disse con entusiasmo.
Io
galantemente gli aprii la porta e feci un piccolo inchino invitandola
ad entrare, lei sembrò sorpresa da questo mio gesto, il che
mi
pareva piuttosto strano era impossibile che qualcuno non avesse fatto
un gesto ancora più eclatante con una ragazza
così dolce e
fisicamente perfetta.
Si
sedette sul primo tavolo che trovò libero, e io la seguii a
ruota.
Subito
arrivò il cameriere – allora cosa porto qui?-
Aprii
il piccolo menù che conteneva una vasta lista di tipi
differenti di
cioccolate, con tono roco e sexy al punto giusto dissi – una
cioccolata fondente al peperoncino con aggiunta di panna- mentre
parlavo continuai a guardare gli occhi verdi di quella umana che per
bellezza si poteva paragonare ad un Angelo.
-Io
invece vorrei una cioccolata normale con panna- disse accavallando le
gambe, non era possibile, lo faceva apposta voleva farmi impazzire.
-arrivano
subito- annunciò il cameriere correndo via.
Giada
aspettò che il cameriere si fosse allontanato poi
cominciò a
parlare -Allora come mai stamattina sei spuntato così
all'improvviso
e mi hai bloccato la strada?- domandò tutto di un fiato.
-Beh
non volevo rinunciare alla compagnia di una ragazza così
interessante...- risposi con tono roco.
Il
suo viso divenne paonazzo per l'imbarazzo, che cercava di nascondere
mantenendo un sorriso rigido.
-Non
ti ho mai notato da queste parti, ed strano perché sei un
ragazzo
così...- si fermò rendendosi conto di aver detto
troppo e non
sapendo più come andare avanti.
-Forse
vuoi dire stupendo? Perfetto? Angelico?- chiesi dimostrandomi lo
spavaldo e lo sbruffone quale ero.
-Sei
un po' presuntuoso non credi?- era chiaramente una domanda retorica.
Avvicinai
lentamente il mio viso al suo fino a trovarmi praticamente a pochi
centimetri dalle sue labbra.
-Non
credi che sia una tentazione?- sussurrai, Giada guardava le mie
labbra ipnotizzata, e sapevo perfettamente a cosa stava pensando,
perché lo stavo pensando anche io: le miei labbra sopra le
sue che
viaggiavano di pari passo in una danza senza fine, e un turbine di
colori di cui il rosso era il principale ci avrebbe sommersi fino a
tal punto che le nostre menti si sarebbero svuotate di ogni pensiero,
di ogni ricordo, neanche il nostro nome sarebbe sopravvissuto.
Era
la prima volta che anche se non usufruivo dei miei poteri, mi sentivo
così in simbiosi con una ragazza.
Ero
spaventato dalle nuove emozioni che stavo provando, ma anche felice
di aver scoperto che potevo ancora provarne e trovarne di nuove.
Il
suo viso si avvicinò pericolosamente al mio, proprio quando
le sue
labbra stavano per toccare le mie, ecco che con uno scatto improvviso
si allontanò.
-scusa,
io...- la sua voce era agitata e impaurita.
Perché
non mi ha baciato? Ho qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa che non
dovevo?
Avrei
dovuto andarmene, oppure avrei dovuto usare i miei poteri e prendermi
ciò che volevo, ma tutte le due opzioni non potevo e non
volevo
metterle in pratica.
-Devo
andare- farfugliò dopo pochi secondi.
Si
mise in piedi, e cominciò a muovere i primi passi verso la
porta
d'uscita, io le presi il braccio per fermarla, appena la toccai una
scossa fortissima attraversò il mio corpo come un fulmine.
-Aspetta,
non bevi la cioccolata?-mi sentivo un cane bastonato.
Fortunatamente
in quel momento arrivò il cameriere con le nostre due
cioccolate,
gli occhi incantevoli di Giada si posarono pensierosi prima nei miei
occhi poi sulle cioccolate.
Alla
fine annuì con la testa e tornò lentamente seduta
al suo posto.
Il
cameriere ci guardò di sottecchi, ed elegantemente ci
consegnò le
cioccolate fumanti e con un odore inebriante.
Era
un peccato anche bere quella cioccolata, gli Angeli non potevano
cedere ad alcuna tentazione, quindi neanche alla golosità.
Ma
questo piccolo peccato non mi avrebbe procurato alcun guaio ai piani
superiori, sicuramente non se ne sarebbe accorto nessuno.
Bevemmo
la nostra cioccolata in silenzio.
Un
silenzio troppo rumoroso per i miei gusti, un silenzio che per
qualche strano motivo mi devastava fisicamente e mentalmente.
-Io
adesso devo proprio andare- disse Giada guardandomi con quegli occhi
luminosi.
Si
alzò e io la segui come attratto da una calamita.
Rimase
ferma per un attimo, poi successe qualcosa che non mi sarei mai
aspettato.
Giada
si lanciò sul mio petto, e le sue labbra divorarono le mie
in un
bacio travolgente, pieno di desiderio.
Volevo
che questo bacio potesse non finire mai, allora la strinsi ancora di
più a me, anche lei sembrava della stessa idea
perché le sue mani
trovarono i miei capelli e li strinsero forte per tener ferma la
testa.
Non
so quanto durò quel bacio governato solo dalla lussuria, ma
so per
certo che fu lei la prima ad allontanarsi da me.
-Bryan,
voglio poterti rivedere...potresti darmi il tuo numero di telefono?-
diceva queste parole diventando sempre più rossa.
-So
che può sembrare strano, ma quando mi vuoi rivedere devi
soltanto
dire queste parole, Bryan aiutami, vieni da me, e io sarò
subito da
te- gli avevo detto la frase segreta.
La
frase per cui un Angelo è obbligato a recarsi sulla terra e
aiutare
l'umano che l'aveva pronunciata.
Sbatté
le palpebre pensierosa- va bene ti credo...allora ci vediamo...ciao-
si avvicinò, mi diede un bacio a stampo e uscì
dal bar.
Rimasi
per molto tempo bloccato vicino al tavolo, ebbi solo la forza di
sedermi.
Mi
sentivo le gambe molli e il mio cuore batteva all'impazzata.
Però
ero felice, per la prima volta nella mia lunga carriera di angelo ero
veramente felice, anche se poi alla fine il mio obbiettivo per cui
ero venuto apposta sulla terra non era stato proprio centrato.
Ma
non mi importava, ora non riuscivo a vedere altre ragazze a letto con
me se non lei, stavo impazzendo! Cazzo!
Qualcosa
stava cambiando dentro di me l'avevo percepito da quando avevo visto
quella ragazza dal viso angelico.
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Capitolo 2 *** Paride ***
Ero
seduto su una nuvola e guardavo il mio regno.
Tutto
era bellissimo e perfetto, ma era proprio questo che odiavo di
più.
-Bryan-
una melodia mi fece sobbalzare, si perché questa voce si
poteva
paragonare ad una bellissima canzone.
Mi
girai, e vidi una luce che brillava come una stella.
-Sono
un Serafino- l'avevo già capito questo, solo i Serafini sono
formati
solo dalla luce, la luce della sapienza e della speranza.
-Questo
l'avevo capito da me, cosa vuoi?- gli chiesi bruscamente, palesemente
seccato dalla sua presenza.
-Ho
sentito il tuo stato d'animo, cosa ti fa sentire così
tormentato?-
in effetti il mio stato d'animo non era dei migliori.
Ero
tormentato dal viso di quella umana stupenda, il cui nome era Giada.
Quel
viso perfetto, che si colorava di rosso ogni qual volta mi guardava,
quel bacio così passionale che mi aveva regalato, avrei
voluto
ricontrarla.
Non
ero riuscito neanche ad andare a letto con altre ragazze dopo di lei,
desideravo solo lei.
Avevo
tentato di ritornare alla stessa ora, alla stessa strada in cui
c'eravamo incontrati, ma niente non l'avevo più trovata.
-niente...-
risposi per essere vago.
-Io
percepisco quando tu dici cose false o incomplete, quindi dimmi la
verità, non andrò a dirlo al grande Signore, lo
giuro- ero incuriosito da questo Serafino, era strano che si
preoccupasse per un
semplice Angelo, però ero anche sicuro che potevo
raccontargli
tutto, perché se un Serafino da la sua parola la deve
mantenere
sempre e comunque.
E
poi avevo bisogno di sfogarmi.
-beh
sono tormentato da una ragazza...Giada la voglio, la desidero...il
problema che da quando l'ho incontrata non riesco ad andare a letto
con nessuna altra ragazza... nella mia testa rivedo sempre il suo
viso colorato di rosso, e il nostro primo bacio- mentre dicevo questo
i miei occhi fissavano il vuoto.
-Allora
sei tu l'angelo peccatore che ha procurato tanti guai sulla terra-
disse con molta calma il Serafino.
-Presente!-
Esclamai.
La
luce fluttuò fino a trovare posto vicino a me, si sedette
sulla
nuvola e cominciò a parlare.
-Io
lo so cosa senti, e so anche quanto è proibito
ciò che senti-
queste frasi enigmatiche mi facevano parecchio innervosire.
-Senti
non ho bisogno di frasi misteriose- questi Serafini sono tutti fatti
con lo stampino, cosa mi aspettavo?
Feci
per andarmene, ma il Serafino mi bloccò la strada.
-no
aspetta!- cosa voleva ancora da me quel maledetto Serafino.
-Cosa
vuoi ancora?- domandai più acido di uno yogurt.
-è
amore... si è amore puro quel che provi...- che cos'era una
barzelletta? Io che provo amore e per lo più puro?
Scoppiai
a ridere, come un pazzo. Certo che questi Serafini sono proprio degli
idioti. Io che provo amore puro? Ma come ha fatto ad inventarsela.
-Certo,
ora per favore togliti dai piedi!- gli dissi sghignazzando.
Il
Serafino non ne voleva sapere di togliersi, e io non lo volevo di
certo costringerlo.
-Vieni
con me...- mi prese per un braccio e cominciò a trascinarmi.
Passammo
per le stanze dorate, che non si devono pensare come le stanze degli
umani, ma come una vasta pianura completamente di color oro.
Infine
ci addentrammo nel bosco immacolato, luogo incontaminato, in cui
regnano sovrane piante di un verde innaturale.
-Siamo
arrivati ecco la grotta- mi annunciò il Serafino, la
scorgevo,
quella era la grotta delle meraviglie, le leggende narravano che in
quel luogo si riunissero creature angeliche contrarie allo sfarzo del
regno e alle antiche regole che vi vigevano, il nome della setta era
gli angeli neri.
Era
proibito per tutte le creature angeliche entrarvi.
Il
Serafino andava a passo veloce e deciso, ed entrò proprio
nella
grotta delle meraviglie.
-Saprai
le leggende su questo posto...- Ecco perché il buon Serafino
si era
tanto preoccupato per me, sapeva il mio dissenso verso il regno, e
sapeva anche le marachelle che avevo combinato, mi voleva sicuramente
offrire un posto nella sua setta.
-Certo
che le so le leggende, e io non voglio entrare nella tua setta, mi
sembrava strano che un Serafino si preoccupasse tanto per un semplice
Angelo!- gli urlai contro senza pensarci.
-No
cosa stai dicendo io non ti voglio offrire alcun posto, gli angeli
neri non danno la possibilità tanto facilmente di entrare in
questa
setta- allora cosa voleva da me.
-Tu
saprai cose false su questa setta, noi non intendiamo togliere le
regole antiche, ma rinnovarle, noi non vogliamo togliere la bellezza
del regno, ma soltanto togliere un po' di oro che a noi non serve.-
Questa filosofia non mi sembrava così sbagliata.
-Tu
come ci sei arrivato fino qua?- gli domandai.
-Io
ero un Serafino fedele al Signore, poi mi sono accorto che nel regno
c'era corruzione, anzi c'è corruzione, e che anche il
Signore
purtroppo ne è rimasto immischiato, e tutto questo
è colpa di
Lucifero.- Lucifero?
-Come
Lucifero? Non era stato esiliato?- chiesi molto incuriosito da tutta
questa faccenda.
-Da
un po' di anni è tornato a minacciare il nostro regno, e da
quando è
tornato tutto il sistema si sta danneggiando, noi vorremmo evitarlo a
modo nostro...- poi continuò- Naturalmente noi abbiamo
provato a
spiegarlo al Signore, ma non ci vuole dare ascolto- Ero veramente
stupito da tutta questa storia, Lucifero a piede libero, il Signore
onnipotente immischiato nella corruzione, l'avevo sempre detto che
questo regno è bello solo all'apparenza!
-Posso
chiedere se è lecito, come vorreste aggiustare il sistema?-
La luce
rimase in silenzio per qualche secondo prima di rispondere.
-Vorremmo
neutralizzare per sempre Lucifero, ucciderlo- Adesso capivo
perché
il Signore era contrario: una delle più antiche regole
diceva che
non si poteva uccidere.
-Come
ti chiami?- chiesi.
-Mi
chiamo Paride- Il nome mi suonava bene.
-
Bel nome- esclamai divertito.
Io,
in tutto ciò che questo Paride stava dicendo, in cosa
centravo? Non
mi voleva offrire un posto all'interno della setta degli angeli neri,
allora con che scopo mi aveva portato fin qui?
-E
io cosa centro in tutto questo?- domandai.
Paride
mi guardò, come se avessi dovuto capire tutto da solo.
-Tu
ami quella ragazza anche se ancora non te rendi conto, tu sei
l'esempio che le regole devono essere rinnovate, che tutto deve
essere rinnovato, sia chiara una cosa, anche io sono contrario alle
tue scappatelle compiute prima che quella ragazza arrivasse!- ancora
con sta storia dell'amore! Io non amavo proprio nessuno!
-No
non sono l'esempio per niente, io non amo nessuno, sono solo un
Angelo che si vuole divertire ecco tutto...- questa volta fu lui che
rise, era una risata cristallina, il suono più bello che
avessi mai
sentito.
-Perché
ti ostini a mentire a te stesso...- ma in quel momento qualcuno mi
stava chiamando, “Bryan aiutami, vieni da me”.
Quel
richiamo a cui gli angeli non possono resistere, e le uniche labbra
che lo potevano pronunciare erano quelle di Giada.
Le
labbra più dolci che avessi mai assaggiato.
-
Devo andare!- dissi e un sorriso inaspettato mi spuntò sulle
labbra.
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Capitolo 3 *** Sono un Angelo ***
Il
viaggio fu veloce come al solito.
Arrivai
in una stanza calda, arredata da un letto, un armadio e una
scrivania su cui c'era posizionato un computer.
Seduta
sul letto c'era Giada , aveva i capelli corvini arruffati, i due
grandi occhi verdi erano lucidi e il respiro era affannato.
Non
era molto vestita: indossava solo una culotte rosa, e una canottiera
abbinata.
Sembrava
che non mi avesse notato.
Quindi
mi avvicinai a lei.
Giada
saltò dal letto, e si acquattò vicino al muro,
allontanandosi da
me. percepivo la paura che arrivava dal suo corpo. Ora
qual'è il
problema non sono mica un mostro? E poi mi ha chiamato lei!
-Bryan?-
domandò.
-Sì,
sono proprio io chi pensavi che fossi? Mi hai chiamato tu...- mi
guardò con gli occhi pieni di sorpresa.
-Io
non ho chiamato nessuno- allora com'era possibile? Mi aveva per forza
dovuto chiamare, la voce che rimbombava nella mia testa era la sua!
-Come
hai fatto a entrare?- Giada era sospettosa lo sentivo dalla voce, e
questo era un problema per me, non potevo rivelare agli umani la mia
vera natura.
-dalla
porta – risposi cominciando ad usare il mio tono
più seducente, il
tono più angelico.
-Ok...Ok...-
come ok? OK? Ma questa ragazza era veramente strana. Tutte le
ragazze avrebbero pagato oro per essere in una stanza sole con me,
come lo era ora lei.
Non
riuscivo proprio a capire cosa passava per la mente di questa ragazza
da favola, di solito le umane sono prevedibili, i loro gesti e parole
sono scontate.
Invece
lei no, forse non era umana? Opzione plausibile se avesse tre teste e
sei occhi!
-Giada
stai bene?- chiesi abbastanza preoccupato, perché le sue
mani
avevano cominciato a tremare.
-Si,
solo che non capisco come fai ad apparire sempre in modo
così
improvviso, però resta, ti prego ho appena fatto un incubo e
ho
bisogno di qualcuno- le sue parole erano lievi e dolcissime.
Sembrava
un cucciolo che doveva trovare un rifugio per ripararsi dall'uomo
cattivo, che tenera, che amore...niente amore Bryan, niente amore,
cosa ti salta in testa?
-Io
ci sarò sempre- l'avevo detta io quella frase? Io Bryan in
pieno
delle mie facoltà mentali?
-Grazie,
sai non ho più l'età per andare a dormire nel
letto dei miei
genitori- disse lei .
Si
allontanò dal muro, e venne verso di me con una lentezza
esasperante.
Quando
fu abbastanza vicina, mi abbracciò e mi sussurrò
nell'orecchio -
Grazie Bryan, anche se non so cosa sei, grazie- allora aveva capito
di già che non ero proprio umano, come potevo biasimarla
nessun
umano arriva se non è chiamato da un telefono, e per di
più così
improvvisamente.
-Bryan
adesso devo proprio dormire, sdraiati accanto a me e abbracciami- mi
dava degli ordini precisi, ed io ribelle e autoritario non volevo
disubbidire, anzi mi sarei frustato da solo se avessi provato a
farlo.
Si
stese sul letto prima lei, e io rapidissimo feci la stessa cosa.
Giada
era così bella avvolta nelle lenzuola, e la luce lunare che
filtrava
dalle finestre la faceva sembrare irreale.
L'abbracciai
forte al mio petto, come se fosse un importante tesoro, in quel
momento non avevo le voglie animalesche che hanno caratterizzato il
mio passato di Angelo ribelle, piuttosto volevo proteggerla,
accudirla.
La
mia piccola Giada, una pietra preziosa di eccezionale bellezza,
volevo solo lei per sempre.
Era
il mio cielo, era il mio cuore, era il mio tutto in questo niente che
mi circondava.
La
mia ancora di salvezza in questo mare burrascoso in cui ero
precipitato.
Tutta
la mia sfacciataggine, la mia arroganza e la mia presunzione si erano
sciolte come neve al sole.
Tutto
quello che ero stato sparito scomparso portato via da un piccolo
uragano che dormiva sorridente tra le mie braccia.
Paride
aveva ragione, i Serafini hanno sempre ragione, loro rappresentano la
lealtà, la saggezza e la verità.
Non
potrei provare questo mi è proibito.
Ma
io sono un Angelo peccatore, io non sono un santo.
Io
amo Giada, io la voglio, io la desidero lei solo lei per sempre.
Guardai
il volto del mio amore, e sentii una musica crescere dentro il mio
animo, una musica stupenda più bella della voce di qualunque
Serafino, anche il più maestoso.
Quella
musica era pacifica, infondeva una tranquillità e un amore
immenso.
Con
un dito sfiorai il suo viso, la pelle vellutata e delicata come la
porcellana.
-Bryan
ti amo Bryan – il suo dolce sospiro avvolse la stanza,
sembrava
sveglia, ma io sapevo benissimo che stava dormendo profondamente.
Mi
stava sognando, e mi amava.
Adesso
capivo tante sensazioni provate appena l'ebbi incontrata, adesso
capivo della mia ribellione, io non volevo essere un Angelo, io
voglio essere Bryan, libero di amare una donna, libero di essere
umano.
Libero
di amare Giada.
Fuori
era l'alba, l'alba più bella della mia vita, se
così si può
definire.
Tra
poco si sarebbe svegliata, e avrei potuto godere della stupenda
visione di quegli occhi così belli.
Intanto
continuai ad accarezzarle i capelli setosi.
Quando
il sole splendeva nel cielo il mio angelo personale aprì gli
occhi –
Bryan – disse.
-Si
sono qui cosa c'è?- domandai con tutta la dolcezza che avevo
acquisito questa notte.
-Bryan
io ti...a..., ti volevo chiedere se hai dormito bene- forse mi stavo
sbagliando, ma avevo sentito un ti amo interrotto.
-Si
è stata la notte più bella della mia esistenza-
stavo esagerando
forse, oppure mi dovevo sbilanciare di più.
-Certo,
ma adesso dimmi cosa sei e cosa vuoi- in un attimo la voce di Giada
si era trasformata, era diventata forte, quasi aggressiva.
-Non
voglio proprio niente, se non poterti vedere e conoscere, beh quel
che sono...io non posso!- Non potevo, non solo per me, ma anche per
lei, gli umani non dovevano sapere, e se questo accadeva anche loro
subivano una punizione.
Si
dice che queste punizioni erano molto pesanti sia per l' Angelo che
per l'umano, non avrei mai permesso che facessero del male a Giada.
-Ascolta
Bryan io devo sapere la verità, è importante per
me- ora stava
piangendo, e la sua voce era di nuovo un dolce suono.
Perché
ora piangeva? Si era fatta male? Non ero pratico con queste emozioni.
-Io
da quando ti ho incontrato penso solo a te, al tuo viso, a quel
bacio, che non so neanche io perché te l'ho dato, adesso non
so
neanche perché piango, è impossibile che
già ti ami, ti ho visto
solo due volte.- era molto confusa, non osavo però
interrompere il
suo monologo, stava esprimendo i suoi pensieri ad alta voce, ed io
egoista li volevo sentire.
-Bryan
ti prego non stare lì impalato, ti prego dimmi
qualcosa-Giada mi
stava implorando di parlarle, di dirle qualcosa, se l'amavo forse le
avrei dovuto dire la verità, tutta la verità.
Non
ero certo di quello che stavo per dire, e forse non avrei mai dovuto
fare quello che stavo per mettere in atto.
Mi
alzai e mi allontanai dal letto con passo lento, non avrei dovuto, ma
d'altronde non “avrei dovuto” per tante altre cose.
-Io
sono un Angelo- dissi solenne, questo però non bastava
dovevo farle
vedere il mio vero aspetto così mi avrebbe creduto- rendi a
me la
mia vera immagine-
le
ali divennero visibili, erano ali perfette, il loro uso non era
quello di volare, ma erano il contenitore dei miei poteri, senza di
quelle sarei stato un normale umano.
Il
mio corpo cominciò a illuminarsi di una strana luce.
Il
mio falso aspetto umano era già strepitoso, ma questo,
questo lo
superava di gran lunga.
Giada
si era inchinata davanti a me – Bryan sei bellissimo-
continuava a
ripetere convulsamente.
Non
si preoccupava del fatto che ero un Angelo, e che questo poteva
comportare non pochi problemi.
-Ora
che sai la verità sei in pericolo Giada, tu devi sapere che
è
proibito vedere l'aspetto di un Angelo- Era ancora inginocchiata
mentre parlavo.
Si
alzò con uno slancio, e mi piantò il suo sguardo
addosso, senza
dire niente si avvicinò a me, sempre di più,
sempre di più.
Il
suo viso era a qualche millimetro dal mio, non riuscivo a muovermi,
con le mani iniziò a tracciare i tratti del mio viso,
sembrava una
cieca che cercava di riconoscere il viso del proprio amato.
Ero
in Paradiso finalmente in quello vero!
Poi
cominciò a baciarmi, lentamente, ma con molta passione, ed
io
partecipai con altrettanto ardore.
-Bryan
Angelo cattivo- sussurrava quando lasciava la mia bocca, la mia Giada
non era poi così impacciata.
Il
mio corpo era incollato al suo, la sentivo fremere di desiderio, e io
invece era infuocato dalla tentazione, e perso ormai nel peccato
più
nero.
Mi
stava trascinando sul letto, ma era sicura ? Lo voleva veramente?
Infondo non mi conosceva neanche.
-Giada,
aspetta- dissi con tutta la gentilezza possibile.
-C'è
qualcosa che non va?- chiese con l'affanno.
-Non
c'è niente che non va anzi, ma sei sicura?- domandai, io
dovevo
essere certo che era una sua volontà vera, sicura.
Mi
guardò e sorrise, cosa aveva da ridere ora?
-La
prima volta che ci siamo incontrati eri tu che mi volevi portare a
letto, ora che sono io vuoi essere sicuro che sia veramente
ciò che
voglio? - si era accorta del mio intento di quella prima volta,
osservatrice acuta la ragazza.
Ridacchiò
ancora, poi ricominciò a baciarmi il collo, dopo
intrufolò le sue
piccole mani nella mia maglia, e con rapidità me la tolse.
Con
delicatezza mi fece sedere sul letto.
Quel
letto fu un vortice di passioni inaudite, un letto di fuoco.
Note
dell'autrice: Ciao, prima di tutto vorrei ringraziare le
persone che hanno visitato la mia storia e la persona che ha messo la
mia storia tra le seguite.
Forse
questo amore vi può sembrare un po' precipitoso, ne sono
consapevole, ma per me per innamorarsi può bastare anche
solo uno sguardo,
beh non vorrei essere logorroica, un bacio Erica.
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Capitolo 4 *** Dolore nel cuore ***
Era
sdraiata accanto a me, e dormiva ancora tra le mie braccia.
Quello
che era appena successo era stato indescrivibile, era stata la cosa
più bella che mi fosse mai capitata, mai mi ero sentito
così come
mi sentivo in quel momento.
Ti
amo Giada, ti amo, l'avrei voluto urlare al mondo, avrei voluto
correre per strada e urlarlo con tutta l'aria che avevo nei polmoni.
Non
avrei mai pensato di sapere amare ed ero felice di avere scoperto di
poterlo fare tranquillamente, senza essere più falso con me
stesso.
In
casa non c'erano rumori, niente, sembrava non ci fosse nessuno oltre
che noi due abbracciati stretti in quel piccolo letto.
Stava
aprendo nuovamente gli occhi, sbatté le palpebre infastidita
dai
raggi caldi del sole che penetravano dalla finestra.
Mi
guardò in silenzio, i suoi occhi stavano studiando ogni mio
più
piccolo movimento, ogni mio gesto.
Non
sapevo cosa dirle, come potevo iniziare un discorso ? Non potevo
certo dire:” Piacere come hai visto sono un Angelo, e sai
adesso ti
devo raccontare un po' di cose...ah...a proposito ora stai rischiando
la vita”, no, non mi sembrava la cosa più adatta
da dire.
-Bryan
a cosa stai pensando?- chiese lei togliendomi dall'imbarazzo di dover
parlare per primo.
Come
faceva ad essere così calma, forse non aveva capito tutte le
parole
che gli avevo detto poco fa, ma avevo i miei dubbi lei è
troppo
sveglia, lei comprende tutto, lei è consapevole di ogni suo
gesto, è
decisa, è unica.
-A
te, tu sei il mio pensiero fisso, io ti amo- glielo dissi
accarezzandola dolcemente, quanto l'amavo.
-Bryan-
disse con le lacrime agli occhi e si buttò su di me con un
velocissimo scatto.
-Ti
amo, ti amo e ti amo- urlò contro il mio petto, me l'aveva
detto, mi
amava, si mi amava anche lei non era un sogno e neanche Giada stava
sognando, eravamo tutti e due svegli e ci amavamo.
Però
dovevo dirle anche un'altra cosa, più brutta, lo so, ma
doveva
sapere la verità.
-Giada,
guardami negli occhi- ero seriamente preoccupato per qualcuno che non
fossi io per la prima volta, era incredibile quanto una semplice
piccola umana mi avesse cambiato nel giro di un mese.
Appoggiò
la testa al braccio che a sua volta era appoggiato sul letto, i suoi
occhi verdi erano lucidi e inquieti.
Quando
vidi che era pronta per ascoltarmi cominciai a parlare -Tu stai
rischiando la vita ora che sai la verità su di me, dovrei
andarmene
e non farmi vedere mai più, forse è l'unico...-
la mia frase venne
interrotta da un bacio a fior di labbra.
-No,
tu sei mio, tu sei tutto ciò che conta ora per me, non
voglio
assolutamente perderti, sei tu la mia vita- Giada era così
decisa
mentre parlava che sembrava quasi arrabbiata.
Ero
contento che mi amasse così tanto, ma non voleva capire i
rischi che
correva stando con me, e sicuramente non ci potevamo nascondere da
nessuna parte!
-Giada
tu non riesci a capire...- ero disperato come potevo fargli capire
che rischiava la vita sempre di più ogni minuto che passava
con me?
-Io
capisco benissimo, ma senza di te cosa me ne faccio della vita?-
anche io pensavo che la mia esistenza senza di lei non avrebbe avuto
senso, ma allo stesso tempo era radicato ormai in me il desiderio di
proteggerla da qualunque pericolo.
Non
sapevo più come spiegarmi, e onestamente non volevo fare
altri
tentavi, perché anche a me piaceva l'idea di stare per
sempre
insieme, lo so sono un Angelo egoista, io cosa ci posso fare?
Mi
alzai dal letto e dissi – Ok, ma ne riparleremo, non
è finita
qua!-
-Angelo
testone- parlò con quel sorriso abbagliante che mi rendeva
instabile, furba la ragazza, mi prendeva per la gola!
Restai
in ascolto per sentire se qualcuno in casa si era già
svegliato,
stranamente non era passato nessuno a controllare nella camera di
Giada, ero abituato che uno dei genitori passasse sempre, e la cosa
più strampalata è che non c'era l'ombra di un
suono nel resto della
casa, e dire che grazie ai miei poteri il mio udito era più
fine di
quello umano.
-Giada,
ma sei sola oggi?- le domandai dubbioso.
si
alzò anche lei, iniziò a vestirsi e con voce
molto calma rispose –
Io vivo da sola da alcuni mesi ormai-
rimasi
seriamente stupito, una ragazza bella e intelligente come lei era
sola? Come era possibile?
-Giada
come mai vivi da sola?- a questa domanda Giada abbassò la
testa
affranta, e appoggiò una mano sul suo viso, era triste,
sembrava
che li avessi fatto ritornare alla mente qualche brutto ricordo
lasciato da parte per non soffrire troppo.
Cosa
avevo fatto? Mi avvicinai e l'abbracciai stretta, stretta a me, la
mia spalla nuda si stava bagnando di calde gocce d'acqua, stava
piangendo.
Non
insistetti per farmi dare una risposta, mi avrebbe chiarito questa
reazione quando avrebbe voluto.
Dopo
circa venti minuti si divincolò dal mio braccio, e
guardandomi
profondamente negli occhi disse- Io vivo da sola perché... i
miei
genitori sono morti... e non ho nessuno...sono sola al mondo- si
ributtò ancora tra le mie abbraccia e ricominciò
a singhiozzare da
prima meno rumorosamente, per aumentare sempre più, era un
pianto di
sfogo, di liberazione, tutto il dolore che aveva represso nel suo
piccolo, ma spazioso cuore, lo stava cacciando fuori.
Sapevo
che sarebbe stata meglio dopo questo pianto, ma non potevo fare a
meno di soffrire vedendola così fragile.
Non
avrei mai giurato che fosse così tanto emotivamente
sensibile, mi
sembrava forte, ma forse era solo uno scudo, una barriera, che
serviva a proteggersi, invece aveva bisogno di sentirsi amata e
protetta da qualcuno, e quel qualcuno ero proprio io.
Adesso
capii ancora di più quanto ero importante per lei, per la
sua vita,
ed ero ancora più dispiaciuto che il nostro futuro non fosse
una
certezza reale, ma era meglio non pensare a questo, dovevo guardare
il presente e godere del suo amore, del suo corpo contro al mio
finché potevo
-Bryan-
sussurrò al mio orecchio facendomi venire i brividi, dei
brividi mai
sperimentanti prima che entrasse nella mia esistenza e la
sconvolgesse.
-Cosa
c'è Giada?- ero dolcissimo, ero proprio cambiato, ero un po'
spaventato da questo mutamento improvviso, ma come dice il Signore:
“
Se è per amore, non è mai uno sbaglio”,
anche se non si riferisce
propriamente a questo tipo di amore.
-Ti
voglio raccontare la mia storia- affermò con voce ancora
tremante
per lo sfogo appena terminato, ero lusingato che volesse raccontare
rendendomi partecipe dei suoi pensieri e ricordi.
-Anche
io- mi sembrava equo, poi così sicuramente mi avrebbe
confidato più
volentieri i suoi segreti.
-Va
bene, andiamo in cucina- mi prese la mano, e mi accompagnò
verso la
porta per uscire dalla stanza.
Chissà
cosa mi avrebbe raccontato? Chissà forse ne sarei rimasto
stupito?
Forse l'avrei amata ancora di più, anche se non so se il mio
cuore
fino ad oggi arido avrebbe sopportato altro amore, forse sarebbe
scoppiato, ma onestamente sarei morto volentieri per amore,
soprattutto se questo amore era rivolto a Giada
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Capitolo 5 *** storie ***
La
casa era piccola ,niente di speciale, solo un piccolo salotto con
angolo cottura.
Mi
invitò a sedermi sul piccolo divano a due posti,
Giada era accanto a me e teneva forte la mia mano senza alcuna
intenzione a lasciarla libera.
Mi
guardò con i suoi grandi occhi lucidi, come se attraverso me
riuscisse a trovare il coraggio di parlare, fece un respiro profondo
e strinse ancora più forte la mia mano.
-Premetto
che non ho mai raccontato a nessuno questa storia, non ne ho mai
parlato perché così sembrava meno reale, e il
dolore l'ho rinchiuso
in un piccolo pezzo del mio cuore per riuscire ad andare avanti-
tratteneva le lacrime a stento, mi stavo preoccupando, e allo stesso
tempo ero incuriosito di sapere cosa la tormentava tanto da ridurla
in quello stato.
-Sono
sempre stata felice, ho avuto una famiglia meravigliosa, mi hanno
dato amore e non mi hanno mai fatto mancare niente.
Avevo
una sorella, mi assomigliava tanto, era più
piccola di me di due anni, eravamo complici in tutto, sapevamo l'una
i segreti dell'altra, e ci scambiavamo consigli.
Tutto
è finito, quel maledetto giorno, tutto è finito
perché purtroppo
non tutti gli uomini sono buoni, tutto è finito per un
pazzo.- si
fermò e inghiottì rumorosamente la saliva, il suo
dolore era
percepibile e riempiva la stanza, forse non avrebbe dovuto andare
avanti, forse questo bastava.
-Giada
se vuoi puoi...- non mi permise di parlare mettendo un dito sulla mia
bocca.
-No
devo andare avanti, con chi altro potrei liberarmi di questo masso?-
era una domanda retorica, la mia piccola Giada aveva trovato il
coraggio di ricordare grazie a me, e ora era lì che si
sforzava di
descrivermi i suoi pensieri.
-Era
agosto. Il 14 agosto, ed eravamo andati al luna- park. Doveva essere
una giornata magnifica, fatta di gioia e di frivolezze. Fatta per
dimenticare i problemi della vita di tutti i giorni, e lasciarsi
andare come bambini... invece...- la voce si era spenta, gli occhi si
erano riempiti ancora di lacrime, ma lei non si arrendeva, voleva
raccontarmi una parte di lei, una parte della sua vita.
-qualcuno
ci aveva seguiti, qualcuno che non si riesce più a trovare,
qualcuno
che ha spento tre vite. Le vite erano quelle di...- la sua voce
tremava di una sofferenza che solo adesso trovava una via di uscita.
La
strinsi a me il più forte possibile, per fargli capire che
non stava
affrontando tutto quel dolore da sola, aveva me, avrebbe sempre avuto
me.
-Quel
qualcuno a ucciso mia sorella e i miei genitori con una pistola, io
mi sono salvata per miracolo, per colpa di quest'uomo sono rimasta
sola al mondo, non ho nessuno zio o zia, nessun nonno o nonna. -
questa ultima frase la disse con rabbia, era arrabbiata con
l'assassino della sua famiglia, era arrabbiata con il mondo, era
arrabbiata con il destino, era arrabbiata con se stessa per essersi
salvata al massacro.
In
questa ragazza era racchiusa una storia tremenda: aveva perso tutto
quello che aveva considerato importante nella sua vita, aveva perso
un punto su cui poter sempre trovare appoggio nei momenti di gioia e
nei momenti più problematici, aveva perso l'amore, ma la
cosa più
importante è che aveva perso la gioia di vivere.
-Ora
non sei più sola- le dissi, prendendole il viso tra le mani
e
baciandole le lacrime salate rimaste sulle guance.
-Lo
so Bryan- e dicendo così si buttò sul mio petto,
vi affondò il viso e rimanemmo in quella posizione per
svariati minuti.
La
mia piccola Giada così forte e così decisa, ma
allo stesso tempo
dolce e fragile, aveva bisogno di sentirsi amata, alla fine non era
poi così differente da me, a parte per le ali e il resto.
Quando
decise che si era abbastanza protetta nel mio petto, alzò la
testa e
si allontanò giusto per guardarmi.
-Anche
tu mi dovevi raccontare qualcosa- La sua voce non era ancora del
tutto normale, di sotto fondo potevo sentire ancora qualche piccolo
tremore, ma il suo sorriso anche se un po' spento mi
confermò che si
era ripresa.
-Da
dove posso iniziare...- mormorai ad alta voce.
-beh
direi dall'inizio- disse Giada rispondendo involontariamente ai miei
pensieri.
-Vuoi
proprio sapere tutto e...- risposi scherzosamente cercando di rendere
l'aria intorno a noi meno carica di tensione.
Non
disse niente, parlava con lo sguardo, che mi intimava di iniziare a
raccontare.
-Partiamo
dal principio, gli Angeli non possono sapere come nascono o
perché
nascono, il Signore è lui che designa le vite di tutti noi
messaggeri- solo ora mi rendevo conto quanto questa regola fosse
ingiusta, perché non posso sapere come sono nato?
Perché devo
sottostare al destino che mi ha creato il Signore? Anche se credo che
trasgredendo alle regole più importanti sia già
evaso dal destino
che aveva designato per me.
-Fin
dalla mia creazione ad oggi sono stato sempre contrario al mio regno
e ho trasgredito molte volte alle regole che ci sono imposte...-
volevo continuare, ma Giada che aveva ascoltato tutto con molta
attenzione mi bloccò.
-Perché
sei contrario al tuo regno? e quali tipi di leggi vi sono?-
domandò
con foga.
-Il
mio regno è perfetto bellissimo, anche troppo, questo mi da
fastidio
perché lì tutti badano che tutto sia bello e
luccicante,ma nessuno
bada alla Terra, anche se in teoria quello sarebbe il nostro compito,
e per le leggi, ce ne sono molte, alcune ovvie per esempio quella di
non uccidere e di non mostrare la nostra natura, altre pur sempre
importanti, ma forse più strane per te, per esempio non
cedere ad
alcuna tentazione e non avere rapporti carnali con umani- gli esempi
che gli stavo facendo non erano a caso, perché forse se la
mettevo
davanti alle regole si sarebbe spaventata e si sarebbe salvata da
ciò
che le poteva capitare continuando a stare con me.
-Ho
capito... Ma quale regola trasgredivi più spesso? Anche se
forse ho
già intuito- domandò con calma, e cercando di
essere più razionale
possibile.
-Più
che altro ho avuto rapporti carnali con molte ragazze umane, per
queste mie scappatelle ho scontato una pena leggera, solo tre giorni
di preghiera ininterrotta, poi ritornavo a peccare- annuì
continuando a fissarmi.
-Avevo
intuito bene allora, quel giorno che ci siamo incontrati avevi appena
finito di scontare la tua punizione ed eri venuto a cercare una
ragazza?- mi chiese.
Questa
ragazza mi sorprendeva sempre di più, non mi giudicava, non
criticava niente, era solo curiosa di chi ero non gli interessava
cosa avevo fatto o con quante ragazze ero andato a letto.
-Sì,
esattamente, e ti ho incontrato, non me la sentivo di usare i miei
poteri su di te, però non ti volevo neanche perdere
allora...- mi
fermò un'altra volta.
-Aspetta,
quali poteri?- era una domanda del tutto legittima, anche
perché non
li avevo ancora nominati i miei poteri fino ad adesso.
-ho
il potere di persuadere gli umani a fare quello che voglio io, posso
teletrasportarmi ovunque e posso rendermi invisibile- non credo
mancasse niente.
Lei
annuì con un espressione neutra, né
scandalizzata, né troppo
spaventata.
Restai
in silenzio qualche minuto per vedere se la sua espressione cambiava
in modo da poterla leggere, ma niente il suo viso mantenne
l'espressione neutra, anche se si notava perfettamente che conservava
quell'espressione con un certo sforzo.
-Vai
avanti- mi incitò Giada.
-quello
che è successo dopo lo sai...- dissi.
-La
piuma che ho trovato era per caso...- per un momento si
tradì e il
suo viso divenne rosso, ma non sapevo esattamente il perché.
-Si
era una piuma delle mie ali- evitai di raccontare la leggenda
inerente alla caduta delle piume, anche perché credo non le
sarebbe
minimamente interessata.
Pensierosa
si sedette sopra le mie gambe, e cominciò a tracciare linee
invisibili sul mio petto, come se così facendo riuscisse a
meditare
meglio su ciò che avevo appena detto.
Mi
sembrava tranquilla, ma so per certo che in quel momento si stava
ponendo la stessa domanda che mi stavo ponendo io:” Ci
sarà un
futuro per noi?
Improvvisamente
alzò lo sguardo dal mio petto, e la sua bocca
trovò la mia, era un
bacio disperato, non era dolce come quelli che mi aveva concesso, era
il suo modo per dirmi che aveva paura.
Si
staccò da me troppo presto, e ancora con il respiro
affannato mi
chiese – Dopo che mi hai incontrata sei stato a letto con
qualche
altra ragazza?- Credeva veramente che avrei mai potuto? Dopo averla
incontrata non volevo ammettere a me stesso di amarla, però
io già
l'amavo, l'ho sempre amata.
-Dopo
averti incontrato te, ho pensato solo al nostro bacio, al tuo viso,
alla tua pelle, non sarei mai riuscito ad andare a letto con una
ragazza che non fossi te, non volevo ammetterlo a me stesso, ma ti ho
amata dal primo momento che ho posato lo sguardo su di te- adesso
sapeva tutto proprio tutto di me, eravamo pari.
-Un'ultima
domanda...- disse Giada incerta.
-Certo...-
Mi sembrava di avere detto tutto.
-Come
hai fatto a sapere dove abito? Mi hai seguito?- Bella domanda, magari
ne conoscessi la risposta anche io.
-Ricordi
quando ci siamo salutati al bar che ti ho detto che per rivedermi
dovevi pronunciare “Bryan aiutami, vieni da me” non
ti stavo
prendendo in giro- Magari ora avrebbe capito cosa intendevo io per
“chiamarmi”.
-
Strano io... Forse ho capito, ho pronunciato la frase nel sonno, sai
io alcune volte parlo mentre dormo- lo sapevo molto bene, aveva detto
anche che mi amava mentre dormiva, ma non dissi nulla, che bisogno
c'era?
Credevo
proprio che avevo detto tutto proprio tutto.
Giada
sembrava soddisfatta e ora il suo bel viso mostrava un meraviglioso
sorriso, ed io di rimando sorrisi a lei, non potevo farne a meno,
è
come se di colpo tutto ciò che era importante fosse stato
concentrato in quel sorriso, nella sua felicità, non avrei
voluto
mai più vederla piangere, lei non lo meritava.
Lei
era ciò che di più prezioso avessi mai avuto.
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Capitolo 6 *** La cosa giusta ***
Sentivo
nell'aria un odore strano, non era un odore sgradevole tutt'altro,
era l'odore dei fiori con un pizzico di menta, straordinario.
Stava
per accadere qualcosa, il problema era: cosa stava per accadere? Sono
un Angelo, ma non sono un veggente.
Giada
improvvisamente si bloccò, tentai di chiamarla, ma nulla era
come se
il tempo si fosse fermato, ed io ero l'unico che non era stato
bloccato.
Il
Signore mi era venuto a prendere? Era già qua? Se fosse
stato così,
avrei dovuto proteggere il mio amore in qualche modo, il che
però mi
apparve assai strano.
Una
grande luce apparse nella stanza, e arrivò vicino a me
fluttuando.
Era
Paride, il Serafino che mi aveva detto già prima che lo
capissi che
amavo Giada, quello della setta degli angeli neri, i ribelli del
Regno Supremo.
Cosa
ci faceva sulla terra? In teoria i Serafini non possono venire sulla
Terra, se non in casi rarissimi e importantissimi, ma siccome in
questi ultimi anni le regole si erano andate a fare benedire, non ero
così stupito nel vederlo.
-Ehi
Paride avevi ragione- dissi con leggerezza.
-La
tua stupidità non è venuta meno vedo-
ribatté lui, ma che
simpatia, certo che i Serafini si dovrebbero rilassare ogni tanto,
magari farsi una bella vacanza.
-Devo
dirti una cosa importante!- proclamò Paride, non so
perché, ma
sapevo che sarebbe stata una cosa abbastanza bruttina, anzi molto
brutta.
Paride
restò sospeso nel silenzio, attesi per qualche secondo,
però non
potevo aspettare di più, la tensione era troppa da sostenere.
-Per
favore Paride parla- lo pregai.
-Bryan
il Signore ti ha dichiarato traditore del regno, sai cosa comporta
questo?- disse tutto di un fiato.
Sapevo
perfettamente cosa avrebbe comportato, mi avrebbero processato in un
tribunale composto da Serafini con il Signore a presiedere, e se mi
avrebbero dichiarato colpevole mi avrebbero effettuato il taglio
delle ali.
Non
mi avrebbero neanche bandito nel regno di Lucifero, ero così
insignificante che neanche lì mi avrebbero accolto.
Il
taglio delle ali, è in pratica la confisca di tutti i poteri
e di
tutto ciò che di angelico hai, quando a un Angelo tagliano
le ali
questo diventa umano, il che mi renderebbe felice, ma naturalmente il
taglio delle ali comporta un dolore non indifferente, nei maggiori
casi gli Angeli che hanno subito questa punizione sono impazziti per
il dolore, altri in rari casi sono perfino morti.
Un
altro problema poi era Giada, il Signore poteva farla scomparire dal
mondo, poteva fare in modo che non fosse mai esistita, il Signore
è
onnipotente.
Cosa
potevo fare ora? Non volevo lasciare Giada, ma neanche farla
scomparire dal mondo.
Non
riuscivo a rispondere a Paride.
-Bryan
dobbiamo tornare nel regno, tu sei il prescelto vedrai che tutto si
sistemerà, però ora devi venire con me- Certo si
poteva sistemare tutto
... ma cosa stava blaterando quel Serafino senza cuore, era
tutto facile per lui, e poi cosa sarei stato io il prescelto?
Se
avessi potuto parlare l'avrei insultato pesantemente, forse era
meglio che non riuscivo a spiccicare mezza parola.
Dopo
tutto però aveva ragione per amore di Giada dovevo
scomparire dalla
sua vita, io non volevo essere causa di altri mali per lei, aveva già
sofferto troppo, sapevo anche che la mia scomparsa sarebbe stata una nuova
ferita, ma questo dolore sarebbe stato minimo in confronto al primo,
e poi dovevo cominciare a fare qualcosa per qualcuno che non fossi
io.
Trovai
la forza di rispondere – Paride, io verrò con te
ma voglio passare
un' ultima notte con lei- la mia voce nonostante il dolore, era
perfetta non un tremolio non un'incertezza, era quella perfezione
tipica del mio regno, e non la potevo sopportare.
-Certo
Bryan, capisco- No, non capiva niente, non capiva minimamente quanto
amavo quella piccola umana, Paride era una creatura angelica e non
poteva capire questo tipo di amore speciale, io ero privilegiato.
Non
sapevo perché mi fu dato questo grande dono o la mia condanna
dipende
dal punto di vista, io sapevo per certo che l'avevo ricevuto e dovevo
proteggerlo.
-Paride
grazie, so quanto ti è costato venire qui, adesso puoi
tornare nel
tuo regno- Sapevo benissimo che non si sentiva a suo agio in questo
mondo governato dal caos.
-Ci
vediamo, e ricorda che potrai sempre contare su di me- Svanì
in
pochissimo tempo così come era apparso, di certo io e Paride
saremmo
diventati grandi amici.
Il
difficile arrivava adesso: cosa avrei detto a Giada? Avrei dovuto
dirle la verità o partire e basta? Stavo entrando nel oscuro
tunnel
del panico, e stavo piangendo come un bambino.
Le
mie lacrime erano gocce d'oro puro, era la prima volta in vita mia
che piangevo, e per la prima volta vedevo quelle gocce anch'esse
perfette, alla vista delle mie gocce dorate la collera che avevo
verso il regno che fino a quel momento avevo cercato di nascondere
fuoruscì in tutta la sua prepotenza.
Urlai
come un pazzo e con un colpo secco spezzai il tavolo che c'era al
centro della stanza.
In
quel momento il tempo rincominciò a girare.
Non
sapevo cosa vide e cosa pensò Giada di me in quel momento, sapevo
solo che
non ero in buone condizioni.
Le
lacrime dorate continuavano a scendere dai miei occhi come una
cascata fatata, continuavo a distruggere tutto ciò che
trovavo
davanti a me, non avvertivo minimamente la presenza di Giada dietro
le mie spalle che mi pregava di smetterla, piangendo anche lei.
Non
mi ero mai lasciato trasportare dalle mie emozioni, ed ecco le
conseguenza, la prima volta che accadeva il mio corpo era
completamente alla merce di esse.
La
mia furia piano piano si placò, mi sedetti sul divano, e
Giada si
sedette accanto a me,però non avevo il coraggio di guardarla
negli
occhi.
Chissà
come si sentiva, chissà cosa stava pensando di me.
Sentii
le sue mani che si appoggiavano sul mio viso, mi fece girare verso di
lei e la prima cosa che vidi furono i suoi occhi rossi e lucidi,
aveva pianto con me tutto il tempo.
Il
suo volto delicato, adesso era terrorizzato, e mi stava faceva
domande mute a cui io non sapevo come rispondere.
Non
potevo vederla ancora soffrire, odiavo vederla in quello stato,
dovevo solo lasciarla vivere lasciarla stare, dovevo imparare ad
essere meno egoista.
Potevo
farcela a dirle una bugia, dovevo farcela, la verità in quel momento non
sarebbe
stata un bene per lei.
Avrebbe
peggiorato la sua situazione al tribunale del Regno, e io non volevo,
volevo lasciarla fuori da questa storia, lasciarla fuori dalla mia
vita, per quanto impossibile mi potesse sembrare dovevo farcela.
Non
riuscivo a trovare le parole adatte .
-Bryan-
stava sussurrando il mio nome, era come se mi stesse pregando di non
fare qualcosa, ma cosa? Io non avevo ancora fatto e detto niente!
-Bryan,
cosa è successo?- adesso mi stava facendo una domanda a cui
non mi
sentivo pronto a rispondere.
Le
sue mani delicate continuavano a stringermi il viso, e i suoi occhi
continuavano ad indagare il mio viso alla ricerca della
verità
assoluta.
-Giada
– feci un tentativo che non andò evidentemente a
buon fine.
-Dimmi,
puoi dirmi tutto ciò che vuoi...lo sai- lo sapevo
perfettamente, ma
era giusto dirle tutto? Era giusto metterla in pericolo?
NO! non era giusto io non dovevo in alcun modo
permettere che la
facessero soffrire.
-Giada
devo andare- lo dissi con voce fredda e dura, cercando di non essere
tradito dai sentimenti che provavo per lei.
-Dove
e perché?- chiese velocemente.
-Devo
andare via da te...- per un attimo la mia voce mi tradì, ma
subito
si riprese- perché non posso stare con te- questo che avevo
detto
era vero, ma a lei sarebbe bastata questa spiegazione? La risposta a
questa domanda la ricevetti subito.
-Come
mai così improvvisamente? E come spieghi queste lacrime e la
casa
distrutta?- io non potevo rispondere a queste domande, allora dovevo
mentire.
-Non
posso, devo andare basta, ho chiuso con te- non so con quale forza lo
dissi e con quale cuore.
La
sua reazione fu quella di lasciare il mio viso, e buttarsi totalmente
su di me fino ad aderire perfettamente sul mio corpo, e cominciare di
nuovo a piangere rumorosamente, senza alcun contegno.
-Ti
stai sentendo, Bryan, tu menti, dimmi la verità, io non ti
credo-
urlava e intanto picchiava i pugni sul mio petto come
un'indemoniata.
L'avvolgei
tra le mie braccia nel tentativo di calmarla, ma niente e nessuno
sarebbe riuscito a farla tornare in se.
-Giada,
io devo...- mi diede uno schiaffo in pieno viso, non mi fece molto
male, ma mi sorprese questa sua reazione.
-Vattene!
Mi hai usato esattamente come tutte le altre... sono una stupida!- si
alzò in piedi e con sdegno si allontanò il
più possibile da me.
Quella
frase mi colpì come un coltello al cuore, lei non poteva
sentire ciò
che provavo per lei, ma non poteva credere che fosse stata come le
altre, sapevo che nel suo cuore non lo credeva, ma era in collera per
il mio rifiuto senza spiegazione.
-Io...-
tentai di parlare, ma subito lei mi bloccò.
-Vattene!-
urlò.
Stavo
per fare una cosa che non avrei voluto fare, ma era per il bene di
Giada ne ero sicuro.
-Va
bene, vado-mi voltai dando così le spalle a Giada, non
volevo vedere
il suo viso mentre avrei pronunciato quelle parole che mi avrebbero
allontanato da lei per un po' se non per sempre. Respirai
profondamente e pensai che tutto si sarebbe risolto, che avrei potuto
rivedere Giada, e che tutto dopo sarebbe stato più facile.
-Aspetta-
sussurrò Giada.
Mi
girai verso di lei, si era calmata un pochino, il suo corpo
però
tremava ancora,speravo forse in una frase del tipo “ Ti
aspetterò
per sempre“ oppure “ Ti capisco che vuoi mantenere
il segreto”,ma
non fu affatto una frase del genere.
-Mi
devi dire che non mi ami, se no non c'è motivo che mi lasci
così
senza spiegazioni- sospirò con una calma, che onestamente
non
riuscivo a capire.
Non
potevo dirgli ciò che mi aveva chiesto, non riuscivo neanche
a
pensare a quelle tre parole, allora feci ciò che sapevo fare
meglio,
scappare, non affrontare la situazione.
-Regno
Supremo- dissi velocemente con le lacrime che mi bagnavano le guance,
per ultimo vidi il suo viso, e lo volli imprimere nella mia mente,
nel caso che... Non ci volevo neanche pensare!
-Bryan,
ti prego...-la sua voce riempì le mie orecchie, poi non
sentii altro
perché il mio breve viaggio era cominciato.
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Capitolo 7 *** Sfida ***
Ero
arrivato, in quel maledetto posto, nel regno dove si pensa che debba
regnare la felicità eterna invece tutto gira intorno
all'ipocrisia,
intorno all'apparenza, intorno a ciò che non conta davvero.
Le
lacrime mi continuavano a scendere, ero troppo debole, sicuramente
Giada sarebbe stata più forte o almeno lo speravo.
Mi
guardai attorno disgustato, lo stomaco si rivoltò e la
nausea salì
pericolosamente.
La
troppa luce mi costrinse a socchiudere gli occhi, ero abituato
ancora alla luce tenue che c'è sulla Terra.
-Bryan-
una voce melodiosa mi aveva chiamato, immediatamente la riconobbi,
era Paride.
Non
mi ero neanche accorto della sua presenza accanto a me, la sua luce
procurava bruciore ai miei occhi stressati da quelle lacrime dorate,
con le mani cercai di asciugare le mie guance devastate e ricacciai
indietro le lacrime ancora non versate, mi vergognavo a piangere
davanti a lui, non volevo che vedesse quanto ero debole.
-Eccomi,
ci ho messo meno tempo del previsto- risposi alla sua chiamata.
-Non
devi nascondere le tue lacrime, sono d'oro puro, quindi preziose,
ciò vuol dire che quando le versi è sempre per
causa giusta- poi
non disse più niente a proposito delle mie lacrime, anzi
cambiò
completamente discorso – Ascolta, io sarò il tuo
difensore, per
favore non parlare troppo davanti alla giuria, lo so ti sarà
difficile io conosco il tuo carattere, ma per favore fai in modo di
non peggiorare la tua posizione-
Non
commentai, non avevo la forza, annui con la testa e basta.
Mi
fece segno di seguirlo, io obbediente gli fui dietro a testa bassa,
un dolore immenso mi colpì il cuore e ricominciai a
piangere
silenziosamente, sperando che Paride non lo notasse, ma sapevo
perfettamente che poteva sentirmi.
-Bryan,
adesso ricomponiti siamo quasi arrivati- la traduzione era “
Bryan,
smettila di piangere devi presentarti in modo dignitoso davanti alla
corte”, il suo discorso sulle lacrime era stato molto carino,
ma
comunque le lacrime erano la dimostrazione dei miei sentimenti d'amore, così sarebbero subito passati al taglio delle ali.
Mi
asciugai le lacrime e cercai di scacciare via il dolore che mi
opprimeva.
Eccola
la corte bellissima, luminosa e spietata.
Una
cinquantina di Serafini erano seduti a semicerchio intorno a me e a
Paride, le loro sedie erano soffici e bianchi pezzi di nuvole, al
centro del semicerchio c'era un trono di nuvole più grande
vuoto per
il momento.
Quello
era il posto del Signore.
Un
Serafino si alzò e guardandomi con disprezzo,
cominciò a elencare
le mie colpe.
-L'Angelo
Bryan qui presente si è macchiato di orribili peccati: primo
fra
tutti ha mostrato la sua vera natura angelica a un'umana, si
è
lasciato tentare da questa stessa umana, che per altro ha sedotto il
qui presente Angelo nella consapevolezza della sua natura, per di
più ha già espiato molti peccati- aveva nominato
anche Giada, quel
lurido non si poteva permettere.
-Tu
non ti devi neanche permettere di nominare Giada e addossarle colpe
che non ha- urlai.
Paride
mi guardò malissimo, mi aveva avvertito di non parlare
– Bryan per
favore – tentò di farmi zittire, ma io continuai.
-Io
amo quella umana che si chiama Giada, lei è la mia unica
ragione di
vita e voi non lo potete capire, voi vedete ciò che volete
vedere,
io l'amo- lo dissi con una tale rabbia, con un tale ardore che per un
attimo zittii tutti quei Serafini.
Un
altro Serafino si alzò e cominciò a parlare
– Tu non sei stato
creato per amare, tu non puoi amare e per questo tu sarai punito per
la tua arroganza- mi misi a ridere, adesso le avevo sentite proprio
tutte.
-Perché
tu sai come sei stato creato? Nessuno qua sa dove e quando è
nato, è
la legge , solo il Signore lo sa, si spera- esclamai sghignazzando,
il Serafino non osò controbattere, mi guardò
esterrefatto e si
risedette al proprio posto.
Improvvisamente
sul trono centrale si materializzò una luce sfavillante, la
luce più
bella che avessi mai visto nella mia intera esistenza, neanche la luce che emanavano
quei cinquanta Serafini era paragonabile a questa luce nuova.
-Tu
come ti permetti Angelo!- tuonò la luce, aveva una voce
profonda e
stupenda.
Non
so dove trovai il coraggio di rispondere, ma lo feci – Io so
molte
cose, non vorrei ricordargliele Signore- ero molto educato, ma allo
stesso tempo prepotente.
-Ricordami
peccatore- suonava come una minaccia.
-Lucifero-
ero risoluto, sicuro di me come non lo ero mai stato.
I
Serafini cominciavano a vociferare e il Signore si sedette sul suo
trono senza controbattere, avevo toccato il gusto punto, forse c'era
ancora qualche speranza per me, ma il processo sarebbe stato lungo.
-La
tua sorte non sarà decisa oggi, ma faremo più
sedute con te sempre
presente, devi sapere che potremmo sottoporti al taglio delle ali-
guardai intensamente quella luce.
-
Lo so- dissi e sorrisi.
- Un'ultima cosa se
dovessi vedere l'umana, non devi lasciarti andare
in alcun modo- disse e poi sparì.
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Capitolo 8 *** Ambra ***
PovGiada
Piegata
sul pavimento mi disperavo, sentivo un dolore lancinante allo
stomaco, con Bryan un pezzo di me era andato via, perché se
ne era
andato? Non mi voleva più?
Corsi
verso il bagno, stavo per vomitare, abbassai la testa sul water, e
cominciai a rigettare tutta la mia sofferenza.
Non
mi poteva lasciare anche lui, io non ce l'avrei fatta a vivere.
Mi
alzai e andai verso lo specchio per controllare la situazione, il mio
viso appariva malaticcio due occhiaie contornavano i miei occhi di un
verde intenso.
Pensai
al suo viso, quegli occhi scuri colmi d'amore che mi guardavano come
se avessero visto il sole per la prima volta, i suoi capelli neri
ribelli, le sue labbra sorridenti che erano una dolce tentazione,
ricominciai a piangere buttandomi a terra.
Lo
odiavo, perché mi aveva lasciato da sola, non mi aveva
neanche avuto
il coraggio di dirmi che non mi amava, mi aveva lasciata sospesa, io
lo amavo.
Mi
trascinai verso il letto, non riuscii a salirci sopra ero troppo
debole, quindi mi sdraiai sul pavimento.
Ero
a pancia in su, sentivo le piastrelle fredde dietro la schiena,
rabbrividii, guardavo il soffitto, bianco, vuoto, che rifletteva
ciò
che sarebbe diventata la mia vita in un futuro non molto lontano,
allora perché continuare a vivere?
Non
lo volevo ammettere a me stessa, ma sapevo esattamente la risposta,
perché speravo che Bryan prima o poi sarebbe tornato, anche
lui
avrebbe capito che non poteva continuare a vivere senza di me,
stupida!
Certo
che ero cambiata da quando lo avevo incontrato: non ero mai stata una
ragazza che dava confidenza alle persone con così tanta
facilità, e
pure con lui tutto mi era sembrato così semplice, normale
come
respirare, e lo avevo baciato senza quasi rendermene conto quella
prima volta al bar.
Era
lui che mi aveva fatto uscire dalla mia eterna solitudine che
opprimevano le mie giornate, quanto lo amavo, non so neanche se il
mio cuore avesse ancora spazio, o se tutto fosse occupato da questo
amore insano.
Le
lacrime scorrevano lente sulle mie guance, erano calde e salate,
segno di quanto soffrivo al solo vederlo nei miei pensieri.
Mi
sentivo rifiutata, come una carta di credito scaduta, ma cosa
pensavo? Che un ragazzo così stupendo fosse veramente
rimasto con me
? Si poteva sicuramente permettere di meglio.
Il
freddo pavimento era diventato a un tratto spinoso, per il fastidio
cominciai a muovermi come in preda ad un raptus.
Io
non potevo odiarlo, no perché lo amavo con ogni fibra del
mio
essere, e mai avrei dimenticato quei pochi, ma bellissimi momenti
passati insieme, mai avrei dimenticato il suo viso anche se mi
provocava un dolore assurdo nell'anima, mai sarei riuscita a smettere
di amarlo.
Questa
era quindi la conclusione, ero addolorata di non essere capace di
dimenticarlo, forse sarebbe stato tutto più semplice, ma un
po' ero
sollevata, perché capii che Bryan non sarebbe mai uscito
definitivamente dalla mia inutile vita.
***************************************************************************
Era
passato solo un mese da quando mi aveva lasciata sola nella mia
piccola casa in preda alla mia pazza disperazione.
In
quel momento stavo viaggiando su un pullman diretta ovunque pur di
scappare dal fuoco che mi logorava.
Osservavo
il paesaggio cittadino che mi si presentava fuori dal finestrino,
c'erano piccole palazzine l'una affiancata all'altra, persone che si
affrettavano verso le fermate dei mezzi pubblici, bambini per mano
alle loro mamme con un sorriso smagliante stampato in faccia e sulle
spalle uno zaino, per la maggior parte delle volte più
grande dei
loro piccoli corpicini.
Quei
bambini mi ricordarono la scelta che avevo appena compiuto, avevo
appena lasciato la scuola e per sempre, un po' per il fatto che non
potevo più frequentarla per ragioni economiche, un po'
perché non
volevo più vedere sempre gli stessi visi spensierati e senza
problemi che mi si avvicinavano per chiedermi cosa mi era successo,
ormai ero finita per diventare un'emarginata con la e maiuscola.
Avevo
bisogno di facce nuove di aria nuova, che non fosse impregnata di
quel orribile profumo usato dalla mia prof di italiano.
Oggi
mi ero finalmente decisa a lasciare quella squallida scuola, e
trovarmi finalmente un lavoro, magari anche dignitoso, ed ero partita
subito alla ricerca, viaggiavo da quella mattina, ma ancora alcuna
possibilità concreta mi si era presentata.
Il
sole brillava alto nel cielo, assomigliava a...
La
mia vista si annebbiò improvvisamente, il paesaggio perse
ogni
forma, ogni colore, i bambini sorridenti scomparvero insieme alla
loro mamme, e quel nome che cercavo invano di non pensare si
presentò
nella mia mente ormai distrutta dallo sforzo di non pensare al mio
amore.
Bryan,
colpiva come trapano senza sosta.
Bryan,
ricompariva sempre come i fiori in primavera o come la neve fredda
dell'inverno.
Bryan,
il nome impronunciabile era sempre lì a punzecchiarmi come
una
fastidiosa zanzara mai sazia di sangue.
Di
solito gridavo a questo punto, ma non ero a casa, la gente seduta sul
pullman si sarebbe spaventata, oppure mi avrebbero pensato una mezza
matta e sicuramente mi avrebbero fatta internare in qualche manicomio
di quelli dove praticano ancora l'elettro shock, e forse non avevano
neanche tutti i torti.
La
giornata era ufficialmente finita, dovevo tornare a casa, ora la
gente sarebbe stata solo un fastidio da cui scappare al più
presto,
ecco un altro motivo per cui lasciare la scuola.
Il
paesaggio riprese stranamente i contorni e i colori, giusto in tempo
per vedere una stupenda e grandissima libreria, mi attirò,
dovevo
andare dentro quel posto, da sempre i libri mi affascinavano, e ne
leggevo di ogni genere mi si presentava anche se fosse il manuale di
costruzione di uno stupido giocattolo, e quel mese lo avevo passato
in pratica tutto il tempo nella biblioteca di quartiere per evadere
dalla mia orrenda realtà.
-Si
fermi!- urlai, andando verso la postazione dell'autista.
-Non
posso signorina, non c'è la fermata- ascoltai la sua
giustificazione, ma non mi arresi.
-Sto
male, si fermi- e non era affatto una bugia.
-Signorina
se sta male chiamo...- lo fermai subito, chiunque volesse chiamare,
nessuno avrebbe curato la mia malattia, che si chiama amore.
-Ho
solo bisogno d'aria- dissi risoluta.
Senza
controbattere l'autista si fermò qualche metro
più lontano dal mio
obiettivo, con passo veloce mi affrettai a scendere, e solo allora mi
accorsi che tutti mi stavano guardando stupiti, ma cosa importava di
quegli stupidi, forse qualcuno aveva fatto anche qualche commentino
cattivello, ma neanche di quello mi importava più di tanto,
potevano
dire e fare ciò che volevano per quanto mi riguardava, io
volevo
soltanto scendere!
Corsi
fino alla libreria, in cinque minuti mi ritrovai davanti all'entrata,
mi fermai un attimo davanti alle porte scorrevoli e poi entrai.
Subito
un forte odore di inchiostro e pagine nuove colpì il mio
naso senza
alcuna pietà e mi sentii veramente meglio, ero
più leggera come se
il dolore che si era aggrappato all'animo senza preoccuparsi se fosse
troppo pesante si era accorto solo adesso che non era affatto leggero
e avesse deciso di darmi un po' di tregua.
Certo
il dolore era ancora lì e non ne sarebbe mai andato, ma per
lo meno
mi sentivo meglio.
Non
c'era molta gente giovane all'interno, ma onestamente non feci per
niente caso alle persone vicino a me.
Il
mio genere preferito in assoluto in questo periodo era il fantasy, il
massimo per evadere dalla realtà, stavo ore china sui quei
libri
lasciandomi trasportare solo da storie di draghi, maghi e paesi
lontani che in questo mondo non potrebbero mai esistere.
Mi
fiondai alla ricerca di qualche libro carino proprio di quel genere,
mi ritrovai davanti a un immenso scaffale pieno zeppo di libri e
cominciai la mia ricerca come un'affamata, visionai ogni titolo, ma
c'era sempre qualcosa che mi faceva ricordare quel nome
impronunciabile e ogni volta trasalivo, non potevo avere un minimo di
pace.
Dopo
non so quanto tempo qualcuno si avvicinò a me, me ne accorsi
solo
perché la persona in questione mi toccò una
spalla, mi voltai verso
la persona mal volentieri, non avevo troppa voglia di parlare.
Era
una ragazza dal viso dolcissimo che mi guardava con un sorriso
luminoso stampato in faccia, risposi automaticamente al suo sorriso
senza quasi rendermene conto, non era molto alta sarà stata
sul
metro e sessanta, capelli lisci e castani e due occhi color del
cielo.
-La
posso aiutare?- mi chiese cordialmente, evidentemente era una
commessa.
-Beh...
non so neanche io cosa stia cercando...- le dissi la verità,
ero
proprio una pazza!
-Non
ti preoccupare, ti piace il fantasy?- mi sembrava cordiale e dolce e
per forza era il suo lavoro, stupida!
-In
realtà leggo un po' di tutto...- ma perché allora
avevo il
desiderio di raccontare tutta la mia storia a questa piccola ragazza?
-Una
nuova pazza lettrice, benvenuta nel club- la sua voce irradiava un
calore e una gioia, che riuscì addirittura a farmi ridere. -
Come ti
chiami?- mi chiese subito dopo.
-Giada,
e tu?- le domandai.
-Ambra,
vedo che anche il tuo nome può essere una pietra preziosa,
esattamente come il mio, abbiamo già due cose in comune-
continuava
a sorridermi.
Poteva
essere che la forza che mi attirato qui, non era stata un caso, ma
era stata proprio per farmi incontrare questa ragazza? Il destino
è
scritto?
Vide
che non avevo intenzione di continuare la conversazione allora fu lei
ad andare avanti – Cosa sei venuta a fare qui?- mi chiese.
-Non
lo so...- risposi, ed era vero non sapevo il perché fossi
entrata là
dentro, ma credevo sempre di più che la causa che aveva
scatenato la
mia attrazione fosse Ambra.
-Hai
proprio le idee chiare...- la sua voce mi apparve un soffio, mi era
appena venuta un'idea straordinaria.
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Capitolo 9 *** Un'amica ***
Ci
contavo seriamente sull'idea che mi era venuta, forse sarei stata un
po' meglio, ed era perfetta per concentrarmi totalmente su me stessa.
-Ambra
lavori qui?- chiesi, i suoi occhi sorridevano, Ambra sembrava la
felicità fatta persona e non mi avrebbe per niente fatto
male
averla accanto a me per mezza giornata.
-Esattamente,
per servirla- parlava in tono scherzoso.
-Per
caso state cercando una commessa?- volevo seriamente andare a
lavorare in quel posto, avevo sempre sognato di essere sommersa dai
libri e poi il lavoro mi sembrava dignitoso, magari non pagato
profumatamente, ma comunque sempre meglio di finire a fare la cubista
in qualche postaccio.
Rise
– Una commessa si è appena licenziata, la fortuna
è dalla tua
parte Giada- feci una smorfia.
Quale
fortuna? Oh certo dimenticavo, ero sola al mondo, i miei genitori
sono stati uccisi da uno sconosciuto pazzoide e l'unico appiglio su
cui avevo contato era un angelo bellissimo che mi aveva lasciato senza
uno straccio di spiegazione, questa era veramente fortuna sfacciata!
-ho
detto qualcosa di sbagliato?- mi domandò con tono seriamente
preoccupato.
-Scusa,
io... Devo fare un colloquio?- Le stavo per dirle tutto, io non era
mai stata una ragazza così, prima di fidarmi delle persone e
raccontare tutto di me ci mettevo almeno un anno buono, cosa mi stava
accadendo?
Ambra
continuava a mantenere il suo splendido sorriso, sembrava quasi
paralizzata o forse lo era? Poteva essere un ipotesi.
-Si...In
teoria...Ma se vuoi faccio due chiacchiere con il capo e sei assunta-
Non mi conosceva neanche e pure eccola pronta a raccomandarmi al
gestore del negozio per farmi avere un lavoro, era la ragazza
più
carina che avessi mai conosciuto, ormai al mondo sono rare o quasi
inesistenti questo tipo di persone.
Tutti
sono troppo indaffarati per accorgersi dei problemi degli altri.
-Grazie!-
urlai e l'abbracciai con slancio.
-Non
c'è bisogno- commentò dolcemente.
-Ho
finito per oggi, andiamo a bere qualcosa?- Mi chiesi, subito dopo aver
sciolto quel goffo abbraccio.
Veramente
voleva andare a bere qualcosa con una perfetta sconosciuta? Mi dovevo
fidare? E se...
I
“Se” nella mia vita stavano diventando troppi,
dovevo lanciarmi,
insomma basta con queste stupide paranoie.
-Certo
andiamo- lo dissi con entusiasmo.
Mi
prese per mano e mi trascinò verso la fermata dell'autobus,
poi mi
fece salire sul bus, quella ragazza era un vulcano in eruzione, non
stava un minuto ferma nella stessa posizione, però mi
lasciava il
mio spazio, non invadeva il mio silenzioe il silenzio non sembrava
infastidirla.
Guardava
assorta il paesaggio fuori dal finestrino e canticchiava a bassa
voce canzoni che non conoscevo.
Quando
vidi che ancora non eravamo scese e che non sembrava volesse farlo
ruppi il silenzio – Dove stiamo andando?-
-Oh
è vero, non te l'ho detto, comunque a casa mia, sai non mi
posso
permettere molto, prendo un stipendio misero, è un po'
lontana- per
dirlo si girò verso di me senza togliersi quel
sorriso da viso.
-Va
bene- dissi.
Ambra
intanto si era fatta più seria in volto -Dimmi un po', cosa
ti è
successo?- mi domandò poi continuò- mi sembri
come dire infelice- era la prima a farmi questa domanda, tutti mi
chiedevano “ Ti senti
bene?” oppure “ C'è qualcosa che non
va?” e appena io
rispondevo “si sto bene” o “ no
niente”, subito si
dileguavano, come se fossero obbligati a fare quella domanda per
convenevoli, ma non perché li interessasse realmente la
risposta, nessuno si
interessava a me era quella la verità, Ambra era la prima a
cui
interessava realmente da che cos'era causato quello sconforto
chiaramente visibile sul mio viso.
-Io...
Io...- volevo raccontarle tutto, ma non riuscivo a trovare le parole
giuste, non avevo detto a nessuno ciò che mi era successo,
mi ero
crogiolata nel dolore da sola, avevo paura che le parole avrebbero
reso il dolore ancora più tangibile, ancora più
insopportabile.
-Se
non vuoi raccontarmelo ne hai tutto il diritto, insomma ci siamo
appena conosciute- era comprensiva, un altro pregio da aggiungere
alla lista già stracolma.
-Non
è questo, ho paura che dicendolo diventi più
reale, e il dolore che
già mi sovrasta mi annienti definitamente- mentre parlavo mi
guardava dritta negli occhi, e sembrava che riuscisse a leggermi
dentro, forse aveva già capito tutto... No non poteva!
-Siamo
quasi arrivate, se vuoi me ne parli davanti a una buona bibita- e
aggiunse – sai una cosa Giada, sembra che ti conosca da una
vita
anzi che da mezz'ora, ti voglio già bene- mi sorrise e
sembrò che
un raggio di sole fosse spuntato sul mio viso, le sorrisi anche io di
rimando, in modo naturale, semplice, era un sorriso ritrovato, che
avevo perso da tanto tempo.
-Ambra
anch'io ho la stessa sensazione e ti voglio già bene anche
io,
sento che diventeremo grandi amiche- continuai a sorridere, felice di
aver alleviato un po' la mia sofferenza.
-Ancora
dieci minuti e siamo arrivate- disse poi Ambra.
Quei
dieci minuti li passammo in silenzio, un silenzio rilassante, senza
alcuna tensione o imbarazzo, era bello potermi sentire così
leggera,
quasi se con lei accanto tutte le mie preoccupazioni fossero
scomparse, quasi se la mia vita fosse diventata più semplice
dopo averla incontrata.
Era
un illusione, perché ero ancora avvolta in quel abisso
oscuro,
freddo e ostile, avevo solo trovato un po' di ossigeno, la mia vita
ormai era racchiusa in quel nome impronunciabile.
Bryan,
eccolo di nuovo a tormentarmi.
Respiravo
affannosamente, cercando un modo per non piangere, ma le lacrime
ormai stavano uscendo senza sosta.
-Giada
– sussurrò Ambra, prese la mia mano e la strinse
come se volesse
farmi forza
-Scusa-
di cosa si scusava? - Dobbiamo scendere...- questa volta non mi
trascinò, ma mi accompagnò dolcemente verso
l'uscita con fare
materno, si sembrava proprio mia madre.
È
vero, ecco a chi assomigliava, alla mia mamma, alla mia dolce mamma,
capivo tutto ora: capivo perché le avevo dato
così confidenza,
inconsciamente l'avevo associata alla figura rassicurante,
protettiva e di cui mi fidavo ciecamente di mia madre.
Ricordando
la mia mamma le lacrime uscirono più copiose di prima, avevo
perso
tutto, perché la vita era stata così ingiusta con
me?
Forse,
anzi sicuramente avevo guadagnato una grande amica quel giorno,
Ambra, si era certo.
|
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Capitolo 10 *** Buio ***
Non
capii bene a quale fermata eravamo scese, o quale strada avevamo
preso per arrivare a casa sua, il mio cervello si era bloccato,
vedevo soltanto una massa indistinta di colori e sentivo un
fastidioso ronzio nelle mie orecchie.
Mi
svegliai soltanto quando sentii sbattere una porta, mi accorsi che
ero nell'appartamento di Ambra.
Non
era molto più grande del mio, però era molto
più carino: i muri
erano spugnati di arancione, l'angolo cottura era di un arancio
acceso che si intonava perfettamente ai muri, il tavolo al centro era
rotondo e contornato da tre sedie, e accanto a me c'era un divano a
due posti giallino chiaro.
Tutti
i colori erano ben mescolati, creando un atmosfera rilassante quasi
surreale.
-Bello...-
mormorai a bassa voce.
-Sei
sveglia allora, beh grazie- la sua voce era sempre rilassata, come se
la mia scenata non fosse mai avvenuta.
Avevo
finalmente smesso di piangere, cercai di asciugarmi le guance senza
molto successo.
-Dai
siediti- mi invitò gentilmente Ambra, non me lo feci
ripetere due
volte.
Ambra
si avvicinò al frigorifero – The, coca, aranciata
o acqua?- mi
chiese.
-vada
per il the- certo che era più fornita di un bar.
Prese
due bicchieri, li riempì fino all'orlo, e con cautela li
trasportò
fino al tavolo, uno lo spinse dalla mia parte, poi si sedette di
fronte a me, bevve un sorso di the e appoggiò il suo
bicchiere sul
tavolo.
Mi
accorsi improvvisamente di avere sete, e sorseggiai il mio the, era
veramente dolce e fresco.
-Allora
mi vuoi dire per cosa stavi piangendo?- esordì Ambra.
Smisi
subito di bere, sbattei senza volerlo il bicchiere sul tavolo di
legno chiaro e per un attimo trattenni il respiro.
-é
una storia lunga...- sussurrai, ma lei continuava a guardarmi
-Io
amo le storie lunghe- dovevo superare la mia stupida paura e
raccontare, sfogarmi, esattamente come avevo fatto con... Bra..., ed
eccolo, non riuscivo mai ad evitarlo era più forte di me!
Il
dolore sarebbe rimasto lo stesso, non poteva diventare più
grande di
così.
-Ok-
presi un bel respiro e comincia a parlare come un automa –
devi
sapere che i miei genitori sono stati uccisi,era agosto e avevo
appena compiuto diciotto anni.
Mi
hanno lasciato una grossa eredità e sono riuscita a vivere
di
rendita fino ad oggi, giorno in cui ho lasciato definitivamente la
scuola.
Ho
passato giorni orrendi, ma alla fine ho deciso di chiudere questa
storia nel mio cuore e continuare a vivere come se non fosse successo
niente, naturalmente non ci sono mai riuscita bene.
Poi
è arrivato lui, Bry...an, lo amo veramente tanto e pensavo
che anche
lui mi amasse allo stesso modo, ma mi ha lasciato senza darmi
spiegazioni... capisci? Sono di nuovo sola... Bryan è...
tutto!
Tutto!- mi accasciai sul tavolo, nascosi il viso tra le braccia e
ricominciai di nuovo a piangere, ero disperata esattamente come il
primo giorno, mi ero illusa che forse con il tempo avrei potuto
sopportare invece eccomi di nuovo qui a distanza di un mese con la
stessa afflizione che mi attanagliava lo stomaco.
Avvertii
un leggero tocco sulle spalle, probabilmente era Ambra, divenne una
certezza quando il tocco si trasformò in un abbraccio.
Mi
alzai e contraccambia la sua stretta, avevo un disperato bisogno di
conforto, e questa ragazza così somigliante alla mia mamma
era la
persona giusta.
Ogni
lacrima lasciava una scia di fuoco che bruciava sulla pelle del mio
viso tormentato, ogni volta che il suo nome attraversava la mia
mente, il supplizio si triplicava.
Ora
mi chiedevo se avevo fatto bene a sfogarmi, magari non ero ancora
pronta per raccontarle la mia noiosa storia, avevo solo riaperto la
ferita?
No,
la ferita era già aperta, già sgorgante di
sangue, non si può
riaprire una ferita già aperta, però ci si
può buttare sopra del
sale, forse era ciò che avevo fatto?
Intanto
Ambra continuava a sussurrarmi nel orecchio -Giada ci sono io
calmati, non sei sola-
la
sua voce sembrava lontana anni luce, divenne un eco, poi
sparì del
tutto, come se avessi perso l'udito.
I
colori si mischiarono fino a diventare indistinguibili, poi anche
quelli sparirono, e tutto divenne nero: un nero sinistro, che mi fece
ghiacciare il sangue nelle vene.
La
vista, dunque, mi aveva abbandonato.
Gli
unici sensi che mi rimanevano erano l'olfatto e il tatto, ma ben
presto anche questi mi lasciarono.
Ora
ero veramente in quel abisso buio, ero sprofondata così
sotto che mi
sembrava di dover morire da un momento all'altro, avrei proprio
gradito in quel frangente la morte.
La
morte mi pareva una buona soluzione.
Ad
un tratto anche i miei pensieri sparirono, tutto il mio corpo si
lasciò trasportare solo dal suplizio straziante, non avrei
mai
pensato di poter soffrire così tanto.
Quando
il cervello si ricollegò al resto del mio corpo, la prima
cosa che
notai era di essere stesa su qualcosa di comodo e morbido,
probabilmente un letto.
Il
buio era ancora lì, avrei dovuto aprire gli occhi, ma
sentivo le
palpebre pesanti, pareva avessi un sasso pesante a tenermele
schiacciate verso il basso.
La
testa era straziata da colpi di martello di dubbia provenienza, che
rimbombavano fastidiosamente.
La
sensazione era tale e quale a quella di quando ti risvegli da una
nottata passata tra sconosciuti a bere qualunque bevanda
purché
contenesse del buon ( si fa per dire ) alcol, dopo esserti scolata
tutto ciò che era possibile e rimani senza soldi torni a
casa, e
qui in seguito a una bella vomitata svieni sfinita nel tuo letto.
La
differenza sta nel fatto che l'alcol ti fa dimenticare, mentre io
ricordavo perfettamente cosa era accaduto.
Mossi
le dita, per vedere se i comandi arrivano in modo corretto.
Quindi
strizzai le palpebre, e piano piano con uno sforzo non indifferente
le spalancai, vidi un soffitto di colore bianco e niente altro, avrei
dovuto guardarmi in giro, ma non volevo, non volevo incontrare gli
occhi azzurri di Ambra, che ora mi stava tenendo la mano.
-Giada-
chiamava Ambra, sembrava volesse sollecitarmi a voltarmi per
guardarla. -Non ti vergognare, io non sono qui per giudicare le tue
scenate, sono qui per aiutarti, per farti capire che non sei sola,
perché con te ora ci sono io- le sue parole erano piene di
affetto,
un affetto che all'apparenza non aveva alcun motivo di esistere.
Con
calma voltai la testa fino ad incontrare il suo viso minuto, appena
incontrai il suo sguardo le sue labbra accennarono un sorriso.
Non
era assolutamente un sorriso di godimento del mio stato, ma piuttosto
un sorriso di incoraggiamento, come quello di una mamma quando il
bimbo cade dopo il suo primo passo.
-Giada
mi hai fatto veramente spaventare non farlo mai più- mi
sgridò con
dolcezza, non c'era un pizzico di autorevolezza nella sua voce.
-Cosa
?- ero ancora un po' stordita.
-Giada
sei svenuta, fortunatamente sono riuscita a portarti a letto, non ti
ho portato all'ospedale solo perché sapevo che lo svenimento
era
dovuto allo stato di shock- mi asciugò le lacrime con un
fazzoletto
in modo delicato.
Guardai
verso la finestra e non vidi assolutamente niente perché la
tapparella era giù, avrei voluto sapere che ore erano,
cercai un
orologio, ma non c'era nulla che poteva dare un indizio sul orario.
-Che
ore sono?- chiesi solo allora.
-Sono
le nove, hai dormito quasi tutto il tempo, da quanto è che
non ti
fai una bella dormita?- era veramente tardi, volevo tornare a casa
mia, non ne capivo il motivo, ma volevo sedermi sul mio letto ad
ascoltare la musica fino a tardi e bere del buon caffè caldo
nel mio
piccolo salotto.
-Devo
andare- mi alzai con un unico fluido movimento, e con passi veloci
cominciai a muovermi verso la mia meta.
-Giada
aspetta- gridò Ambra -Ti senti bene? Sei sicura di non voler
passare
la notte qui?- mi domandò con una certa apprensione.
-Sto
bene, voglio solo andare a casa mia, mi capisci?- ricominciai a
camminare senza aspettare la sua risposta.
-Aspetta-
mi fermò ancora Ambra davanti alla porta -ti ricordi
dov'è la
fermata? Se vuoi ti accompagno... comunque l'ultimo pullman passa
alle nove e mezza- era proprio preoccupata, ma io non avevo
intenzione di fermarmi.
-Si
mi ricordo vado da sola, grazie per tutto, ah... domani posso
già
iniziare a lavorare?- le domandai.
-Si,
dalle dieci fino all'una, allora a domani- l'abbracciai, e la
ringraziai nuovamente, poi uscii dalla sua casa, adesso finalmente
avrei raggiunto la mia meta.
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Capitolo 11 *** Vicolo cieco ***
Era
tardi, e ancora giravo tra le strade buie.
Ogni
volta speravo fosse la fermata del pullman, ogni volta pensavo fosse
la strada giusta, invece poi si rivelava un vicolo cieco o un luogo
senza neanche un po' di luce.
Iniziavo
a tremare, ma non per il freddo bensì per la paura di
essermi persa,
sarei dovuta stare a casa di Ambra, io e le mie strane idee!
Oppure
avrei potuto farmi accompagnare fino a quella dannata fermata, ma ero
troppo testarda.
Sarà
stata quasi mezzanotte ormai e non c'era un'anima viva in giro, il
quartiere non sembrava molto promettente anzi sembrava molto
malfamato, vedevo solo pattumiera e palazzi palesemente da
ristrutturare.
Continuavo
a camminare, sperando di ritrovare le luci rassicuranti del centro
della città popolato anche a quell'ora della notte,
camminavo alla
cieca senza una vera propria ragione, l'istinto mi guidava, ma con
risultati pessimi.
Tutto
intorno a me continuava a essere uguale, pareva girassi in tondo,
forse qualcuno lo stava facendo apposta per ridere di me.
Il che
non era per nulla possibile.
Niente,
ancora nulla di famigliare, di rassicurante e il panico continuava a
crescere: il respiro accelerava, il cuore sobbalzava nel petto e il
mio corpo era percorso da spasmi violenti, conclusione stavo per
svenire un'altra volta, se fossi svenuta sarei stata aggiunta nei
record mondiali come l'unica donna che è svenuta per due
volte in un
giorno senza nemmeno soffrire di qualche rara malattia.
Mi
dovevo assolutamente fermare.
La
strada sembrò avermi letto nel pensiero, infatti davanti a
me c'era
un nuovo vicolo cieco, mi avvicinai al muro, appoggiai la schiena su
di esso e lentamente mi trascinai fino a terra sfinita.
Il
panico non si decideva a scendere.
Volevo
andare a casa.
Volevo
sentirmi protetta.
Volevo
una famiglia.
Soprattutto
però, volevo Bryan, il mio angelo peccatore, che sembrava
desiderarmi tantissimo in quella notte d'amore, che ora mi sembrava
lontana secoli se non millenni.
Quegli
occhi scuri infuocati, ora me li sentivo addosso, ma lui non era
lì,
non sarebbe più tornato, me ne dovevo fare una ragione, non
potevo
andare avanti così.
Improvvisamente
mi ricordai ciò che mi aveva detto “Ricordi
quando ci siamo
salutati al bar che ti ho detto che per rivedermi dovevi pronunciare
“Bryan aiutami, vieni da me” non ti stavo prendendo
in giro” la
sua voce era un lontano suono
nella mia mente.
Ci
dovevo provare, dovevo assolutamente.
Ma
se avessi sofferto ancora di più? Forse non avrei mai
dovuto, ma
ormai avevo preso la mia decisione, non mi importava quanto dovessi
stare male volevo vedere il suo viso ancora una volta.
-Bryan
aiutami, vieni da me- lo dissi insicura e timorosa, avrebbe veramente
funzionato?
La
risposta apparve davanti ai miei occhi.
Eccolo
il suo corpo perfetto a pochi metri da me, la maglia aderente
lasciava intravedere il suo pettorale statuario, i jeans sembravano
essergli cuciti addosso in modo straordinario.
Sul
viso mi spuntò un sorriso.
Salii
verso il suo viso, quello era un miracolo, i suoi occhi scuri e
profondi mi scrutavano e la bocca carnosa era serrata, ma rimaneva
comunque la più dolce tentazione esistente nell'intero
universo e
non esageravo affatto, i riccioli ribelli ricadevano sulla fronte
liberi.
Ogni
cellula del suo corpo mi chiamava, gli sarei corsa volentieri
incontro, mi sarei rifugiata nel suo petto forte e non l'avrei
lasciato mai più, ma lui lo voleva?
-Giada-
la sua voce pareva il suono mancante nella melodia della mia vita e
il sollievo nel risentirla fu immediato.
-Non
sei un sogno vero?- chiesi continuandolo a fissare estasiata.
-No
Giada, sono qui- la sua espressione non tradiva alcun sentimento,
sembrava freddo e insensibile davanti al mio sguardo penetrante.
-Di
cosa hai bisogno?- domandò meccanicamente.
Ed
io d'impulso risposi -Ho bisogno di te- e poi aggiunsi -Per sempre-
il
suo viso non mutò espressione, non era il mio Bryan
passionale,
c'era qualcosa che lo tormentava, c'era un muro invisibile che lo
divideva da me.
-Perché?-
glielo avevo già chiesto prima che se ne andasse, ma tentare
un
altra volta non è mai troppo.
-Non
dipende da te, io..., non posso dire il nome di quel sentimento, se
no...- si fermò – basta, ti ho già
detto troppo, lo faccio per
te- misurava le parole mentre parlava come se qualcuno lo stesse
controllando.
-Bryan
io ti...- non riuscii a finire perché lui mi
bloccò.
-No!
Lo so, ma lo faccio per te- cosa voleva dire, perché non
poteva
dirmi esplicitamente che mi amava? Perché io non potevo
dirlo a lui?
-Perché
sei qui tutta sola e per giunta di notte?- notavo anche che cercava
di guardarmi il meno possibile, quando mi fece questa domanda per
esempio guardava l'asfalto.
-Mi
sono persa- non avevo tempo per raccontargli tutta la storia, avevo
la sensazione che non sarebbe stato lì ancora per molto.
-Non
avere paura ora ti riporto a casa- il tono della sua voce irradiava
più dolcezza.
-Poi
te ne andrai? Mi lascerai di nuovo sola?- non avevo calcolato che
sarei stata colpita da una crisi di nervi, le parole uscivano come un
fiume in piena, poi ritrovai la calma.
-Bryan
resta...- mentre lo dicevo allungavo la mano verso di lui come se
volessi prenderlo e portarlo accanto a me, l'acqua salata bagnava
ancora le mie guance.
-Non
posso...Giada ti prego non fare così devi essere forte per
me, fallo
per me- mi stava letteralmente pregando, ma non aveva intenzione di
avvicinarsi a me neanche di un millimetro.
-Non
capisci quanto io stia soffrendo, io ti amo troppo, Bryan devi
restare qui con me- adesso era pensieroso, ma sempre con il viso
deciso a rifiutare la mia richiesta. -Giada basta devi andare a
casa- in quel momento tutte le emozioni che aveva represso si
presentarono insieme davanti ai miei occhi: dolore, tristezza,
impotenza e forse un po' d'amore, ma non ne ero del tutto sicura. -Ti
prego Bryan!- ecco ancora la crisi di nervi. -Basta!- la violenza nella
voce di Brayan mi spiazzò, cosa pensava che io mi ero
dimenticata di
lui? Che avevo un colapasta con cui scolavo i ricordi? Mi alzai con
rabbia -Tu non mi ami dillo e basta,
non ne hai il coraggio? Non inventarti strane scuse!- -Giada io non
posso dire
niente! Miei poteri trasportate Giada a casa- no, lo aveva fatto
ancora, pur di non affrontarmi aveva usato i suoi stupidi poteri per
allontanarmi, dopo tutto adesso avevo capito che potevo vederlo in
qualsiasi momento, sarò stata una masochista, ma vederlo mi
faceva
sentire completa. una frazione di secondo ed eccomi a
casa, sul mio letto, stranamente trovai subito il sonno.
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Capitolo 12 *** Inaspettata. ***
Sognai
tutta la notte Bryan.
Sognavo di baciarlo con avidità
senz'alcun imbarazzo, di abbracciarlo con amore e lui ricambiava con
eguale passione e tenerezza, ero felice nel sogno i nostri cuori
battevano all'unisono creando una musica perfetta, la musica
dell'amore puro.
Quando mi svegliavo e mi accorgevo che
lui non c'era, ed ero soltanto sola nel mio letto, quel sogno
stupendo, si trasformava in un orrendo incubo, Bryan non sarebbe
più
stato così dolce con me, non sarebbe più stato il
mio Bryan. Avrei voluto dormire per sempre
solo per sentire i brividi delle mie labbra sopra le sue, solo per
sentire le sue braccia accogliermi e stringermi, come se fossi la sua
ancora di salvezza.
Le lacrime di
amarezza allora ricominciavano a scendere, piangevo troppo, ma io non
ero mai stata così forte, non sapevo serrare il mio dolore,
avevo
provato con i miei genitori, ma avevo tenuto nascosto per poco il mio
strazio.
Avrei potuto
chiamarlo, ma a cosa sarebbe servito? Non mi avrebbe mai dato
ciò
che stavo cercando, aveva costruito un muro tra noi ed io non potevo
certo distruggerlo. Guardai la sveglia erano già le otto,
dovevo
andare a lavorare, non avevo molta voglia, ma forse mi avrebbe
distratto un po'. Andai in bagno decisa a farmi una doccia calda, mi
misi la cuffia per non bagnarmi i capelli e aprii l'acqua.
La doccia non diede gli effetti
benefici che di solito aveva sul mio corpo, ero troppo tesa e
agitata, uscii e mi accoccolai nel mio accappatoio.
Mi vestii velocemente: indossai il primo
jeans che trovai nell'armadio e una maglietta a maniche lunghe rossa,
le mie solite scarpe da tennis, ed eccomi pronta per andare a
lavorare. Presi
al volo la borsa e uscii di casa di corsa, mi avviai verso la fermata
del pullman e attesi che arrivasse.
Il viaggio durò si e no dieci minuti ed eccomi di nuovo
davanti alla
libreria, entrai e l'odore della carta e dell'inchiostro mi infuse
una tranquillità innaturale.
Chiusi gli occhi e mi
concentrai su quell'odore inebriante, la mia mente volò ai
giorni in
cui stavo rintanata nella biblioteca per non pensare a Bryan, poi
apparve l'ultimo ricordo che avevo di lui della scorsa notte, il
sogno di baciarlo... aprii di scatto gli occhi, poiché
qualcuno mi
aveva toccato una spalla. Vidi il viso sorridente di Ambra,
dall'espressione
pareva sinceramente sorpresa di vedermi, ma sempre e comunque felice.
-Onestamente pensavo non saresti venuta- cominciò
Ambra.
-Perché mai non dovrei essere venuta?- le
domandai sicura che mi avrebbe dato una risposta sincera.
-Forse perché ieri ti ho fatto soffrire, e
sembravi arrabbiata con me quando te ne sei andata- pensò ad
alta
voce guardandomi fissa negli occhi.
-Primo non è colpa tua la mia sofferenza, secondo non
ero arrabbiata con te ieri volevo semplicemente andare a casa il
più
presto possibile- mi dispiaceva averle dato l'impressione di essere
in collera con lei, in verità non so neanche io cosa mi
aveva fatto
scattare la voglia di tornare a casa ieri sera, forse il destino era
scritto? Forse qualcuno voleva che incontrassi Bryan? Non lo
saprò
mai!
-Se è così...
basta perderci in stupide chiacchiere, al lavoro! Ho detto al capo
che non eri affatto una scansa fatiche vuoi o no dimostrarglielo?- il
tono era giocoso, capii che si fidava molto delle mie parole.
-Si signora!- esclamai.
Il lavoro
era abbastanza piacevole, si trattava di sistemare negli scaffali i
libri e di aiutare i clienti a trovare i testi di cui chiedevano
informazioni, non era difficile sapere se un libro era presente nel
negozio, bastava digitare al computer il titolo o l'autore e sullo
schermo appariva all'istante in quale scaffale si trovava il libro
cercato, oppure se non era presente appariva l'opzione che permetteva
di prenotarlo all'istante.
I pensieri malinconici lasciavano stare il mio corpo mentre
lavoravo, la maggior parte della gente dice che il lavoro è
stressante invece per me era l'esatto contrario.
Ambra
mi spiegò tutto ciò che c'era da sapere e mi
aiutò durante tutta
la giornata, anche la sua presenza era una sorta di antidoto, la sua
felicità era contagiosa, e per un attimo giurai che forse
avevo
dimenticato tutto. Ma ogni tanto qualche parola o qualche persona mi
faceva
tornare in mente Bryan, o la mia ormai defunta famiglia e ancora
sentivo lo stomaco schiacciato. Pareva
che qualcuno mi avesse colpito con una sorta di maledizione.
Le mie quattro ore di lavoro terminarono ben
presto.
-Per
oggi abbiamo concluso- annunciò Ambra, facendo finta di
togliersi il
sudore dalla fronte candida.
-Mi piace questo lavoro- esclamai estasiata, mi sentivo
stranamente appagata.
-Certo... io sapevo che ti sarebbe
piaciuto...- disse così e poi si mise una mano sulla bocca
come se
avesse detto qualcosa che non doveva dire.
Tolse la mano dalla bocca con un gesto teatrale, e mi
guardò con occhi terrorizzati. Non riuscivo a capire
perché
la sua espressione fosse cambiata tanto.
-Ambra c'è qualcosa che non va?- il mio tono era preoccupato
Non reagiva sembrava non
sentirmi, cosa le stava accadendo? Mi guardai attorno per vedere se
c'era qualcuno o qualcosa che
potesse averla spaventata, ma non c'era niente a parte alcuni signori
intenti a curiosare tra gli scaffali per passare un po' di
tempo.
-Ambra mi vuoi rispondere?- mi prese la mano e
mi trascinò verso una porta che conduceva nel magazzino, la
mia
preoccupazione salì e il cuore cominciò ad
accelerare. Entrate mi
fece accomodare su uno scatolone, mi guardò negli occhi con
la
stessa faccia terrorizzata.
Per la prima volta osservai bene il suo viso.
Il viso di Ambra se pur
contorto dalla paura era perfetto, bellissimo. La sua bellezza era
quasi surreale, simile a quella di
Bryan: quei tratti sembravano disegnati da un esperto pittore e poi
era avvolta da una luce strana, una luce mistica. Tutte
caratteristiche che conoscevo abbastanza bene , che avevo
già
incontrato, e che mi avevano già insospettito.
Non era possibile...Ambra era un... Adesso capivo
perché era così terrorizzata pensava che quella
la frase l'avesse
compromessa, pensava di avermi detto chiaramente che era lei la causa
di questo nuovo lavoro, perché sapeva perfettamente chi ero
e che
cosa mi piaceva. Ma cosa ci faceva qui?
Soprattutto perché era venuta da me? Con quale
scopo?
-Giada hai capito...- parlava a bassa voce.
-Sì tu sei...-
mi tappò la bocca con una mano zittendomi.
-Zitta per pietà non vorrai cacciarmi
nei guai, io ho capito che tu sai - un'altra, ma gli Angeli soffrivano
per caso di qualche virus che non permetteva loro di dire
ciò che
pensano, detto ciò mi tolse la sua mano da davanti.
-Sei qui per Bryan? Sei qui per
conto suo?- la mia voce era stizzita, ma se la risposta fosse stata
“si”, voleva dire che interessavo ancora a Bryan.
-No- il mio umore tornò a terra -Ascoltami bene,
io faccio parte di un gruppo molto famoso nel mio mondo, dei
rivoluzionari che sono contro il capo del mondo, io sono qui per
aiutarti, sono stata mandata da un uomo di nome Paride-
Così come Ambra mi era
apparsa da subito una persona speciale, così perse subito la
mia
fiducia.
Ero veramente
infuriata, non la volevo più vedere: primo perché
mi ricordava
troppo Bryan, secondo perché non ero sicura se mi avessero
condizionato i suoi poteri ad avvicinarmi a lei. Ed ora cosa stava
blaterando: mondo? Capo del
mondo? Cos'è lingua farfallina? Ma a me in fondo non me ne
fregava
un bel niente di quello che stava dicendo anche se fosse stata la
ricetta della formula della vita eterna. L'unica cosa che mi
interessava era se
avesse usato qualche strana influenza su di me! Io non volevo essere
la marionetta di nessuno!
-Hai usato qualche potere su di me? Voglio la
verità!- la sua mano ritornò sulla mia bocca per
farmi zittire,
cercai di divincolarmi, ma era troppo forte, eppure era così
piccola.
-Andiamo
alla Grotta delle Meraviglie- non ho avuto neanche il tempo di
pensare alle sue parole, che una luce accecante mi aveva abbagliato
costringendomi a chiudere gli occhi.
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Capitolo 13 *** Spiegazioni ***
Ero
spossata.
Il mio corpo
sembrava gelatina, avrei dovuto aprire gli occhi per vedere dove
quella pazzoide di un Angelo mi aveva portato o cosa mi aveva fatto,
ma gli occhi bruciavano e non riuscivo ad aprirli.
Ma cosa serviva continuare a lamentarsi, cosa serviva
aprire gli occhi?
Quando tutto sembrava non avere più senso, quando
la mia vita si stava trasformando in un mondo parallelo popolato da
creature che avrebbero dovuto aiutarmi e che invece tendevano a farmi
soffrire di più.
Quando
anche quella che sembrava la mia migliore amica non era altro che un
illusione, allora mi chiedo: l'amore che provavo anche esso era una
stupida illusione che mi ero creata per non soffrire troppo. Non
può essere così dolorosa un illusione! Gli occhi
continuavano a non aprirsi e la mia mente annegava nei pensieri
più
assurdi, nelle speranze più inutili e nella dura
realtà.
La crudele realtà, è lei che fa soffrire, lei non
guarda in
faccia a nessuno.
-Giada non puoi aprire gli occhi
qui...- una voce si faceva strada tra i miei pensieri ingarbugliati.
Non mi importava più
di tanto dei mie stupidi occhi, volevo tornare alla mia vita, volevo
tornare in dietro, non avrei mai voluto incontrare Bryan, anche se
mi sarei privata di alcune emozioni uniche, anche se non avrei mai
amato nessun altro come lui.
Mi odiavo, perché sapevo di stare mentendo a me stessa,
sapevo che anche la sofferenza mi ricordava lui e questo mi bastava.
Quando credi che tutto va puttane e proprio in quel momento che
capisci cosa vale davvero, ma è sempre troppo tardi, e
allora si
soffre.
-Giada
mi puoi ascoltare?- la voce fastidiosa di Ambra tornava.
-Sì- nella mia risposta non
c'era alcun entusiasmo. -Siamo nel Regno Supremo, in un posto speciale
che si
chiama la Grotta delle Meraviglie, qui il Signore non ci può
sentire, qui ti posso raccontare tutto- quel
“tutto” mi faceva
ben sperare, forse avrei smesso di vivere nell'illusione, ma allo
stesso tempo avevo paura di Lei: la realtà crudele.
-Vai-
portai le mie mano automaticamente al viso, per proteggermi da una
sberla virtuale che sarebbe arrivata presto.
-Tu sai già
qualcosa del Regno supremo, per esempio le regole su cui è
fondato
da sempre e quando dico sempre faccio rifermento all'inizio della
vita- Ambra si fermò un attimo, poi continuò -Io
faccio parte di
una congrega di ribelli così veniamo definiti dal Signore:
la Setta
degli Angeli Neri, il nome può incutere un po' di paura, ma
in
realtà noi vogliamo soltanto rinnovare queste regole antiche
che non
portano beneficio a nessuno, tu conosci la storia di Lucifero?-Angeli
Neri, congreghe, ribelli, la realtà non era solo crudele, ma
anche
complicata.
-Si conosco la storia, ti riferisci alla cacciata di
Lucifero e alla formazione del Regno del male- dico tentando di non
rendere percepibile la mia instabilità.
-Esatto,
Lucifero è stato cacciato, ma mai definitivamente e ora ci
minaccia,
vorrebbe impossessarsi del Regno Supremo, minaccia il Signore di far
passare dalla sua parte le sue schiere e il Signore ha paura
perché
non è più potente come una volta.
Quindi è entrato in
un circolo vizioso. Per questo sta esaudendo tutte
le richieste di Lucifero, il quale gli chiede di avere peccati per
alimentare il suo Regno e diventare sempre più potente. il
Signore, in tal modo, invece di
proteggere il suo Regno come crede stia facendo si sta distruggendo
con le proprie mani!- che situazione difficile, il Signore credeva di
stare facendo il giusto credeva che tenendosi buono Lucifero, egli si
sarebbe accontentato. Il male è bene sapere che non si
accontenta
mai!
- Capisco, ma io cosa centro in
tutto questo? Dove vuoi arrivare?- Mi dava fastidio quando non si
arrivava al nocciolo della questione.
-La mia setta vuole uccidere Lucifero, ma
questo va contro tutte le regole, come d'altronde va contro tutte le
regole l'amore che tu provi per Bryan e che lui prova per te, se si
può fare un eccezione per il vostro bellissimo amore, si
può fare
un eccezione anche per Lucifero- era una cosa del tipo, se va bene a
voi va bene anche a noi che razza di piano era? Io non volevo di
certo essere presa in giro da una massa di creature alate!
-Io non so cosa avete voi Angeli
nella testa, so solo che io non mi faccio prendere in giro da nessuno
e soprattutto da voi , io Giada non sono un test e tanto meno lo
diventerò, poi c'è un altro problema siete sicuri
che Bryan mi ami
ancora?- non so dove fosse uscita tutta quella grinta improvvisa, ma
per fortuna le mie scorte di forza non erano ancora del tutto
esaurite.
Ambra non rispose subito. Lo sapevo loro mi volevano solo usare come
prova, Bryan
non mi amava, era solo una scusa, a loro serviva solo una piccola e
inutile umana, l'unica che avevano sotto mano e che disgraziatamente
si era innamorata di un Angelo ero io.
-No Giada lui ti ama, io lo so, non dovrei
raccontartelo, ma lo farò comunque: è vero io
sono qui per conto di
un Serafino di nome Paride, il quale adesso sta tentando con tutte le
sue forze di far assolvere Bryan dalle accuse di cui è
colpevole,
per questo lui se ne è andato, non vuole che tu subisca le
conseguenze della brutta posizione in cui si trova, e non ti ha detto
niente solo perché voleva proteggerti, ma non capisce che se
quei
cinquanta Serafini vogliono metterti dentro tutta questa faccenda non
esiteranno- l'Angelo parlò improvvisamente e con una rabbia
che mi
fece rabbrividire.
-Questo vuol dire che lui mi ha lasciato per non...- io dubitavo di
lui, invece mi voleva solo proteggere, nuove lacrime cominciarono a
scendere sul mi viso, l'avrei dovuto capire, ero soltanto un
egoista.
-Si Giada Bryan ti ha lasciato per
proteggerti, e se sapesse che Paride vuole il tuo aiuto lo avrebbe
già cacciato, ma solo insieme potrete dimostrare quanto
è grande il
vostro amore è l'unica possibilità di salvezza
per tutti e due- era
stata chiara, se moriva Bryan, morivo anche io, ma di me a questo
punto non mi importava molto.
-Ah io ho usato i miei poteri solo per farti entrare nella libreria,
per il resto non ti ho mai manipolata- un altro errore, Ambra era
buona, era mia amica.
-Bene
possiamo tornare- no come tornare! Io dovevo fare ancora alcune
domande.
-No aspetta, ma non possono uccidere
Bryan, è la legge!- infatti come il Signore non poteva
uccidere
Lucifero per andare contro le sue leggi, così non poteva
uccidere
Bryan sarebbe stata un incoerenza. -Infatti, chi ha parlato
di uccidere, se risulterà colpevole verrà
sottoposto al taglio
delle ali, è una pratica molto dolorosa che però
di solito non
comporta la morte del soggetto, le ali sono la fonte di tutti i
nostri poteri in teoria Bryan diventerebbe umano, dipende
però dal
livello di sopportazione del dolore di un Angelo, c'è chi
impazzisce
e più raramente chi muore, ma in questi casi la colpa
è data al
destino-
Come dire noi sappiamo che potrebbe morire, ma è il destino
noi mica lo vogliamo far morire, ipocriti!
-Non si può eseguire il taglio delle ali anche a
Lucifero?- domandai.
-No lui è
un Serafino, e i Serafini non hanno ali, esistono pochi modi per
fargli del male e ancora meno per ucciderli, adesso torniamo sulla
Terra!- disse infine.
Neanche il tempo di
protestare che già mi ritrovavo seduta sullo stesso
scatolone di
prima, nello stesso squallido magazzino.
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Capitolo 14 *** Ti amo ***
Ambra
davanti a me sorrideva, perché sorrideva? Bryan era in
pericolo e io
sulla Terra non potevo combinare nulla, perché ce ne eravamo
andate? Io dovevo
restare, io dovevo aiutare il mio Angelo, la mia unica ragione di
vita.
Non era un
illusione, lui era tutto ciò che avevo di
prezioso al mondo e nessuno me lo avrebbe portato via, anche se quel
qualcuno era il Signore onnipotente con tutta la schiera angelica al
seguito. Intanto mi ero alzata e guardavo sospettosa quel sorriso, era
di
comprensione, di compassione oppure era un sorriso di cui
allarmarsi?
-Giada ora ti devi riprendere, devi far finta che non sia successo
nulla, io in realtà non avevo il permesso di fare
ciò che ho fatto,
ho agito in questo modo solo perché mi sembrava giusto che
avessi
qualche spiegazione, ora però devo attendere ordini da
Paride, non
posso più disubbidire- quel sorriso quindi era soltanto una
finzione, doveva dare l'impressione che non fosse successo
nulla.
-Capisco, ma io come faccio ad aspettare così senza poter
fare
niente, mi sento inutile- dissi disperata e con le lacrime che
continuavano a scendere senza sosta.
-Ambra io lo devo aiutare-
urlai, torturandomi le mani.
-Giada- disse prendendo le mie mani fra le sue -Evita di
farti prendere dal panico, devi restare calma- facile per lei dirlo,
avrei potuto non rivedere mai più Bryan, mai
più!
Forse però...
Dovevo solo resistere poco tempo...
Riuscii a racimolare quel
tanto di calma che mi serviva per ingannarla.
-Ambra hai ragione devo restare calma e tutto si risolverà-
non
sapevo mentire proprio bene, ma speravo almeno di essere stata
convincente.
-Brava...Vedi che non è
poi così difficile come sembra trovare la calma... Adesso ti
accompagno a casa e rimarrò lì con te a farti
compagnia, che ne
dici?- No! Se si fosse fermata a casa mia il mio piano sarebbe andato
in pezzi e con esso tutte le mie speranze. Ora cosa mi potevo inventare?
-Ambra non ti preoccupare per me, vado a casa da sola e poi ho
proprio bisogno di un po' di solitudine per pensare, grazie per la
tua disponibilità- speriamo che si sarebbe bevuta questa
orribile
scusa.
-Capisco che tu voglia stare sola, ti
accompagno soltanto a casa e poi me ne vado ok?- forse dopo tutto non
ero così pessima nella parte della bugiarda. Prese il
pullman con me e mi accompagnò fino a
dentro casa . -Ciao e ricorda resta calma e fai attenzione-
mi salutò Ambra prima di andarsene.
Eccomi di nuovo da sola, la mia casa non
sembrava più così ospitale come lo era sempre
stata, mi faceva
paura. Mi faceva paura
perché adesso avrei messo in atto il mio piano, la mia
ultima
speranza, avrei chiamato Bryan. Ambra non poteva sapere che io ero a
conoscenza di quella frase che
obbligava il mio Angelo a portarlo da me ovunque fossi, se lo avesse
saputo non mi avrebbe mai e poi mai lasciata da sola.
Ma adesso ero sola, e dovevo agire in fretta.
-Bryan
aiutami, vieni da me- lo dissi con fermezza, questa volta non c'era
alcun segno di esitazione nella mia voce. Ed eccolo.
Ero in piedi e
lo guardavo, il mio cuore cominciò a martellare nel petto.
Lui era seduto lontano da me, non capivo la
ragione di quella lontananza, non capivo perché non era
ancora corso
verso di me.
I suoi bellissimi occhi color cioccolato mi scrutavano,
osservavano ogni mio più piccolo movimento.
Era incerto, insicuro,e perché mai lo era
?
Sapeva benissimo che lo amavo, ero sicura che lo sapeva!
Forse proprio
per questo non sapeva cosa fare... perché non abbatteva per
una
buona volta quel muro, che lo teneva così distante da me,
così
dannatamente lontano.
Stava valutando ciò che
doveva fare, stava valutando se resistere ancora una volta ai suoi
sentimenti o rassegnarsi al suo amore verso di me.
Tentavo di intuire qualcosa
dai suoi occhi, ma ogni volta annegavo nella profondità di
quelle
pupille scure.
Dopo qualche secondo che
mi parve un eternità lo sentii respirare profondamente, si
era
arreso... lo intuivo anche dai suoi occhi accesi d'amore e di
desiderio che non poteva più starmi lontano.
Il suo braccio si alzò, e con la mano mi fece segno di
avvicinarmi.
Lentamente feci due passi
verso di lui, verso quel piccolo orsacchiotto insicuro, che si
credeva forte.
Ero davanti a lui.
Leggevo
nel suo sguardo ancora un filo di insicurezza...” ti prego
non
ripensarci...io ti voglio...io ti amo...anche se non dovrei”,
pensavo, sperando che il mio pensiero potesse arrivare fino alla sua
mente.
Un altro attimo, secondo...
ma cosa importava del tempo, la cosa importante fu quel gesto, quel
gesto che aspettavo da quando lo avevo visto per la prima volta, da
quando mi aveva detto che per noi due non c'era speranza, da quando
mi aveva abbandonato in quella strada buia nella notte più
brutta e
fredda di tutta la mia vita.
Quel
gesto che mi confermava l'abbattimento di quel muro.
Quel gesto che mi faceva capire
finalmente che mi amava.
Quel gesto così semplice, e allo stesso tempo
così raro.
Con le mani
diede una leggera pacca sulle sue cosce, si questo fu il gesto tanto
agognato, un semplice invito a sedersi sulle sue gambe fasciate dai
jeans. Mi sedetti lentamente, per
capire se veramente lo voleva, ma non vidi alcun ripensamento nel suo
sguardo, anzi per un secondo credo di aver visto solo decisione. Quando
fui completamente seduta sulle sue gambe, le sua braccia mi
avvolsero in un insicuro, ma allo stesso tempo deciso
abbraccio.
Mi
abbandonai completamente al suo corpo, al suo petto, finalmente mi
sentivo a casa, sentivo che avevo trovato il mio posto giusto.
Sentii
che si stava alzando... se ne voleva andare? No ti prego non andartene
avrei voluto urlare, ma capii che non era quello il suo
intento.
Mi voleva
solo abbracciare meglio, voleva sentire il mio corpo aderire al suo
perfettamente come due pezzi di un puzzle, lo sapevo perché
anche io
lo volevo, e lui lo sapeva perfettamente, perché noi due
eravamo due
pezzi di una stessa metà. Noi ci capivamo senza
bisogno di parole inutili. Non ci baciammo, ma il bacio non serve
quando ci si ama così profondamente, così
pazzamente e perché
no... così morbosamente.
Mentre ancora eravamo abbracciati, avvicinò la
sua bocca al mio orecchio e mi sussurrò due sole parole che
racchiudevano tutta la mia vita:- Ti amo- il suo sospiro caldo mi
sfiorò l'orecchio, mi fece
provare dei brividi mai sperimentati e quelle due parole mi diedero
una forza incomparabile e inimmaginabile, ma non era una forza
fisica, bensì una forza mentale che mi era stata negata per
quei due
orrendi mesi vissuta nella convinzione che il suo amore non fosse
altro che una mia assurda fantasia.
Una forza che mi diede nuova vita,
nuova speranza. E
finalmente riuscii a vedere uno spiraglio di luce in quel lungo
tunnel nero, in cui ero disgraziatamente stata risucchiata, e in cui
ero stara intrappolata per lungo tempo.
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Capitolo 15 *** La Scelta ***
Pov Bryan
Ancora
una volta mi trovavo davanti a una scelta dolorosa, che avevo cercato
di evitare per molto tempo.
La
ragazza della tentazione, la ragazza che non avrei dovuto amare era
davanti a me che attendeva solo una mia scelta definitiva, si questa
volta sarebbe stato per sempre, niente più illusioni, niente
più
ripensamenti.
La
guardavo, era in piedi lontana da me, i suoi occhi erano ricolmi
d'amore e quel amore era tutto per me, anche se io non lo meritavo,
perché io l'avevo fatta soffrire, solo sofferenza avevo
seminato da
quando ero entrato nella sua vita e lei non la meritava.
Lei
era un fragile fiore, da curare, da nutrire, ed io non ero quello
giusto per questo compito e lei ne era consapevole.
Lo
sapeva ma mi amava troppo per andarsene.
Ed
eccomi qui a compiere la mia scelta, lasciarla andare per sempre
verso una strada più giusta, verso una strada senza
ostacoli, senza
curve e sicura, oppure portarla con me verso ciò che non si
poteva
definire nemmeno una strada.
Quel
corpo così perfetto , mi attendeva, già
immaginavo i nostri corpi
muoversi in sincronia mossi solo dal desiderio e dal amore che ci
univa in un unico destino, in un comune futuro.
Ma
io non potevo, io non... ma al diavolo!
Non
potevo rinunciare a lei, alla mia tentazione, anche se avrei dovuto
vendere la mia anima a Satana, io la volevo per sempre, si per sempre
e ovunque!
Sospirai
pesantemente, arrendendomi ormai al desiderio...
Vidi
i suoi occhi illuminarsi di una nuova felicità, non riuscivo
a non
essere eccitato per questa nuova luce.
Quindi
non attesi molto per il gesto di consenso , alzai il braccio
lentamente e gli feci segno di venire da me.
Avanzò
verso di me con passi lenti e incerti, come una bambina che ha appena
imparato a camminare e sembra che prima o poi cadrà.
Si
fermò davanti alla mia sedia e mi guardò cercando
una conferma nei
miei occhi, lei a quella distanza faceva nascere in me istinti
proibiti per quelli della mia specie.
Volevo
sentire quel corpo finalmente sul mio, non potevo più
resistere,
basta!
Con
le mani sfiorai le mie cosce, invitandola a sedersi sulle mie gambe.
Continuando
a sostenere il mio sguardo, si sedette su di me e finalmente sentii
il calore del suo corpo, non riuscii a capire come avevo fatto a
vivere fino adesso, o meglio a esistere.
Allungai
le braccia per stringerla a me.
La
volevo sentire tutta, tutte le sue curve che fino ad adesso mi ero
negato, tutto quel calore che avevo rifiutato sfacciatamente, volevo
sentirla finalmente mia!
Quindi
per stringerla ancora meglio mi alzai.
Ora
si che era mia, mia era il mio aggettivo preferito, e sempre lo
seguiva al secondo posto come avverbio.
Solo
ora capivo quanto l'amavo, quanto la volevo...
Non
potevo tenere dentro ancora una volta tutto, dovevo farle sentire con
le orecchie quanto l'amavo, allora avvicinai le mie labbra al suo
orecchio e sospirai:- ti amo-
la
sentii rabbrividire sotto le mie braccia, rabbrividire per un
desiderio devastante quanto il mio.
La
mia anima angelica, ormai era stata segnata, avevo ceduto alla
tentazione, avevo ceduto al suo corpo, ma cosa ben più
importante
avevo ceduto all'amore passionale e carnale, quasi morboso che avevo
per quella creatura demoniaca.
Ma
ero consapevole di aver fatto la scelta più giusta, per lei
valeva
la pena vendere la mia anima a Satana.
-Bryan
so tutto- esclamò Giada ancora tra le mie braccia.
-Cosa
sai?- le chiesi di rimando.
-So
che tu sei sotto processo per colpa mia e che mi hai lasciato solo
per proteggermi, so di Paride e mi hanno anche raccontato la storia
di Lucifero- sapeva proprio tutto chi le aveva raccontato la storia
non si era proprio risparmiato nulla.
-Chi
è stato questo buono a nulla di un Angelo- dissi con rabbia,
lo
sapevo che qualche coglione di un mio compagno di merenda avrebbe
spifferato tutto, vatti a fidare degli Angeli.
-è
stata Ambra, mi ha portato nella Grotta delle Meraviglie e, anche se
ho dovuto tenere gli occhi chiusi, mi ha raccontato tutto e ha fatto
la cosa giusta- sciolse l'abbraccio dolcemente, prese la mia testa
tra le sue mani e mi costrinse a guardarla negli occhi, quegli occhi
verdi come i prati primaverili, quegli occhi che mi ricordavano la
sua sofferenza.
-Scusa
Giada...io non avrei dovuto...- le parole non uscivano, e una lacrima
oro cadde.
-Non
piangere amore mio l'avrei dovuto capire, sono stata stupida e cieca,
ti amo e non mi lasciare mai più- poi si buttò
famelica sulle mie
labbra, i polmoni tornarono a prendere vita, il cuore
cominciò a
galoppare veloce come un cavallo, le sue labbra mi fecero risvegliare
da un letargo cominciato quando l'avevo lasciata.
Ora
però ero sicuro che non sarei mai più riuscito a
stare senza quelle
labbra, senza la mia unica fonte di vitalità, ora dovevo
proteggere
il nostro amore con tutte le mie forze, e credetemi se vi dico che
dopo tutta questa storia di forze per il nostro amore ne avrei
trovate, conservate e usate nel momento più opportuno.
Il
bacio durò un eternità, sembrava che le mie
labbra si rifiutassero
di staccarsi da quelle di Giada, e lei non era da meno.
-Amore
scusa se ti ho fatto soffrire non l'ho meritavi, meritavi la
verità-le dissi con le labbra ancora a pochi millimetri
dalle sue.
La
verità non era sempre bella e facile da accettare e non
poteva
sempre essere causa di felicità, ma quando ami una persona
per
davvero quella persona merita di sapere, Giada meritava di sapere,
solo ora ho capito, d'altronde era la prima volta che amavo per
davvero.
Lei
meritava tutto ciò che potevo darle.
-Mi
volevi proteggere anche io avrei fatto la stessa cosa, l'importante e
che ora siamo qui abbracciati- non riuscii a resistere e questa volta
fui io a avventarmi sulle sue labbra perfettamente morbide e calde,
la amavo, la amo, la amerò ovunque, per sempre.
-Adesso
però forse dovremmo parlare tesoro- mi aveva chiamato
tesoro, il
desiderio mi fece tremare.
-Giada
dobbiamo per forza parlare, forse potremmo...- e avvicinai la mano
verso il bordo della maglietta rossa come il fuoco della passione che
ardeva in me.
-Ah,ah
adesso no...Fai il bravo Angelo...- disse così e mi
allontanò
posandomi una mano sul petto e sorridendo maliziosa, cattiva, quella
ragazza mi avrebbe fatto impazzire, stavo bruciando, cazzo... e quel
sorriso...l'avrei mangiata, e non stavo scherzando.
“Bryan
ricomponiti, d'altra parte cosa ti aspettavi che ti avrebbe aspettato
a braccia aperte, o almeno quelle erano aperte, io però
volevo
qualcos'altro di aperto...” dovevo fare zittire i miei
pensieri
maniaci.
-Uffa
sei cattiva, io è da due mesi che...- mi mise un dito sulla
bocca,
avvicinò la sua bocca al orecchio.
-Non
sai quanto anche io sono impaziente, ma prima dobbiamo parlare, sai
aspettare mezz'oretta- Mi voleva anche lei dovevo solo aspettare,
mezz'oretta Bryan e poi sarà tua...
-Non
ne sono sicuro, ma ci proverò- usai il mio tono angelico, mi
piaceva
vedere il suo viso arrossire e questa mia voce le faceva sempre
quest'effetto.
Le
mie braccia l'avevano fatta mia prigioniera appena si era avvicinata,
i nostri corpi erano appiccicati.
-Bryan
se mi lasci andare- la slegai da quell'abbraccio possessivo, Giada mi
prese per mano e mi portò verso il divano che conoscevo
molto bene.
-Mi
devi raccontare cosa ti sta succedendo così posso pensare a
come
aiutarti- mi ordinò sicura di sé, ma cosa voleva
fare contro quei
cinquanta Serafini ostinati una piccola e debole umana come lei,
certo bellissima e pura ( a parer di quei Serafini non era pura
anzi... ), ma pur sempre fragile, comunque non la volevo
demoralizzare o sminuire.
-Come
sai già sono sotto processo, prima di tutto
perché ti ho mostrato
la mia vera natura e secondo perché mi sono lasciato tentare
dalla
tua pelle, uso le loro parole, e se vengo giudicato colpevole
verrò
sottoposto al taglio delle ali.
In
realtà mi avrebbero già giudicato colpevole, se
non fosse che io ho
fatto capire al Signore che sapevo tutto su Lucifero, e sapevo anche
che il Signore era coinvolto in un giro di accordi e corruzioni, per
questo non mi ha giudicato subito ha paura che parli e che il suo
popolo si ribelli contro di lui- certo che aveva paura, il Signore
aveva diminuito tutte le punizioni per i peccatori per far in modo
che arrivassero una quantità maggiori di peccati per nutrire
il
Regno del male capeggiato da indovina chi? Lucifero, e lui vuole
sempre di più e lo minaccia di distruggere il Regno Supremo,
io lo
so, ma i Serafini no, che reazione avrebbero se lo scoprissero?
-In
pratica il Signore ha paura di te- concluse Giada sconcertata.
-Certo
che ha paura, per questo ha cercato di non fare più il tuo
nome
durante il processo, sa come avrei reagito, ma ora non so se
avrà
molte scelte, i Serafini vorranno anche te- in pratica le stavo
dicendo che era dentro fino al collo in questa storia ormai non c'era
più niente da fare.
-Ok
io ci sarò- dove? Voleva venire nel Regno Supremo, era
completamente
pazza?
-Tu
resti qua, non puoi venire con me è pericoloso- certo che
era
pericoloso, lei era soltanto un'umana, era fragile.
-Bryan,
sai chi ha mandato Ambra qui?- la guardai dubbioso, come qualcuno
aveva mandato sulla terra un Angelo apposta per Giada?
Continuò -E'
stato Paride, io so che lui è quello che ti difende nel
processo,
Ambra mi ha detto che Paride dice che per aiutarci dobbiamo mostrare
il nostro amore al Signore, solo così ci possiamo salvare-il
plurale
che stava usando non mi piaceva neanche un po', solo io ci sarei
rimasto immischiato in questa storia.
-Tu
resterai qui! Basta! Ora passiamo ad altro- avvicinai la mia bocca al
suo collo cominciando a baciarlo, che sapore!
-Aspetta!-
prese la mia testa con le mani e la allontanò con forza.
-Cosa
c'è ancora?- chiesi contrariato.
-Tu
non hai capito un bel niente se quei Serafini mi vogliono mettere in
mezzo lo faranno anche se non vengo con te, e loro vogliono mettermi
in mezzo, vero che Paride ti ha detto questo? Quindi tu mi porti con
te!- in effetti Paride mi aveva detto una cosa del genere ed io non
avevo voluto dargli ascolto, l'avrei dovuta portare con me? Sarebbe
stato un rischio? In fondo aveva ragione... Insomma se la vorrebbero
mettere in mezzo lo potrebbero fare in qualsiasi momento, sia che non
venga nel Regno sia che venga... Però mi serviva un permesso
scritto
con la luce di un Serafino in modo che Giada avrebbe potuto tenere
gli occhi aperti nel Regno, e avevo anche quello, Paride mi avrebbe
aiutato sicuramente, era fattibile.
-Va
bene Giada, ad una condizione però ...- gli occhi verdi di
Giada si
illuminarono di felicità.
-Quale?-
-Che
tu non faccia pazzie!- mi guardò perplessa e anche un po'
impaurita.
-Ma
non è che devo tenere gli occhi chiusi tutto il tempo?-
aveva paura
del buio ora?
-No
per questo mi farò ottenere un permesso, se no la luce che
c'è nel
Regno ti accecherebbe- annuì con la testa e si
avvicinò lentamente
al mio petto, quella la ragazza mi voleva torturare.
Guardò
la camicia con sufficienza e sdraiandosi completamente su di me,
soffiò nel mio orecchio -Non credi che questa camicia sia
superflua-
basta il mio cervello aveva perso ogni connessione con la
realtà:
sentivo solo il calore del suo corpo sul mio, il suo respiro nel mio
orecchio, le sue mani che con delicatezza sbottonavano uno a uno i
bottoni della mia camicia, e vedevo solo il suo corpo perfetto.
Buttò
sorridendo la camicia a terra lasciandomi a petto nudo, i suoi occhi
erano ormai offuscati dalla passione, la ragione aveva abbandonato
anche lei, con slancio la presi in braccio per portarla in camera.
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Capitolo 16 *** L'avviso ***
-Bryan
mi vuoi far tirar su, ho sete!- protestava la mia dolce metà
accanto
a me, secondo lei l'avrei lasciata andare tanto facilmente.
Eravamo
a terra accanto al letto che era in origine il nostro obbiettivo, ma
il desiderio non mi aveva permesso di raggiungerlo, il suo viso era
appoggiato sul mio petto, ed io con un braccio la tenevo con forza
legata a me, quanto avrei voluto stare così per sempre.
-Amore
non ti ho avuta per due mesi, ora non mi dispiacerebbe se stessi un
altro po' qui nelle mie braccia- le dissi accarezzando la sua schiena
nuda, Giada tremò e si lasciò andare contro il
mio petto, vedevo
che la sete gli era passata!
-Bryan
non sai quanto ti amo e ti voglio- le sue labbra si attaccarono al
mio collo, e poi tutto si fermò, il tempo si era fermato
un'altra
volta, un odore dolce colpì il mio naso, ci scommettevo i
miei
vestiti che qualcuno di nome Paride mi stava venendo a fare una
visita, certo che sapeva trovare proprio il momento più
adatto!
Mi
tirai su i gomiti e attesi.
Infatti
come volevasi dimostrare Paride apparse in tutta la sua
luminosità!
-Paride
non so se hai notato, ma avevo da fare...- e dicendo questo indicai
Giada accanto a me che si era bloccata con le labbra contratte
intenta a baciare un collo immaginario.
-Bryan
alzati e vestiti, se non chiedo troppo!- allora non aveva capito.
-Paride
non è che magari puoi tornare più tardi?- anche
se la risposta era
ovvia, io ci tentai comunque.
-NO!
Muoviti, devo dire che sei troppo rilassato per i miei gusti, ti
preferivo quando eri triste almeno evitavo la tua stupidità-
che
carino, a questo Serafino li dovevano dare il nobel per la simpatia.
Mi
alzai, mi diressi verso i vestiti ammucchiati in un angolo e me li
misi addosso , feci il tutto molto velocemente e fissato da Paride:
adesso non mi era concessa neanche la privasi per vestirmi!
-Ok
parla- mi piazzai davanti a lui e aspettai che parlasse ticchettando
nervosamente il piede.
-Sei
un coglione- aveva detto una parolaccia, alleluia, alleluia, il mio
Paride aveva perso finalmente la sua impostazione seria e scrupolosa
alcune volte pensavo che fosse qualcosa di più simile ad una
macchina.
-Cosa
ho fatto?- chiesi con calma.
-Bryan
cosa hai fatto? Hai aggravato la tua situazione di molto, sei caduto
di nuovo in tentazione, e adesso hanno messo in mezzo Giada in modo
definitivo- me lo dovevo aspettare, che questa mia scelta si sarebbe
ritorta contro di me, ma non pensavo che anche Giada mi avrebbe
seguita a ruota, sono un coglione!
-Sono
un coglione!- obbiettai dandogli ragione per la prima volta.
-Lo
so, io quando ti dicevo vai a prendere Giada e nascondila nella
Grotta delle Meraviglie, non intendevo vai portatela a letto e poi
accompagnala nella Grotta delle Meraviglie- in verità al
letto non
ci eravamo mai arrivati! Forse questo però non gli
interessava, anzi
forse avrebbe peggiorato la mia già squallida situazione.
-Hai
ragione, ma è colpa mia se desidero troppo quella ragazza,
è colpa
mia se la amo- sbraitai.
-Non
hai altro modo di dimostrare il tuo amore?- mi domandò
questa volta
con calma.
-Ehi
io non la vedevo da due santissimi e benedettissimi mesi, il mio
corpo ne reagisse di conseguenza e... Ma cosa parlo a fare con te di
queste cose non sai neanche cosa sono o come sono! Sono un coglione!
Chiudiamola così!- Paride mio caro Paride tu non capisci un
emerito
cazzo, ma questo lo sapevo già.
-Hai
bisogno di qualcos'altro?- mi chiese Paride con eleganza.
-Sì,
ho bisogno di un permesso per Giada la porto con me- ero deciso,
avevo deciso e non importava più se Paride avesse cambiato
idea o
avesse le palle girate o se non ne avesse voglia, mi doveva fare il
permesso se no gli avrebbero dato il nobel come miglior morto.
-Tieni-
l'aveva già fatto? Ma stava tutto il tempo a spiarci?
-Caro
Paride ti devi proprio trovare un hobby- mi guardò
perplesso, ma io
continuai comunque, mi piaceva troppo stuzzicarlo – ti voglio
fare
una domanda, ma ci hai spiato anche mentre “ero tentato dalla
sua
pelle”?- l'ultimo pezzo della frase lo dissi cercando di
imitare il
tono del Serafino che mi aveva letto le accuse.
-Bryan...-
i suo occhi erano diventati abbastanza incandescenti da farmi capire
che forse era l'ora di smettere di stuzzicare il povero Paride, alla
fine secondo me l'avrebbero fatto Santo, si Santo Paride martire (
naturalmente martire delle battute di Bryan il sottoscritto).
-L'ho
sempre saputo che sei un guardone- questa ultima mia frase ci stava,
lo so, avrei dovuto pensare al processo, ma più ci pensavo e
più mi
deprimevo, mi sembrava impossibile vincere contro quei cinquanta
Serafini, soprattutto però contro il Signore, certo io avevo
qualcosa in mano facevo paura al Signore, ma siamo sicuri che lui non
avrebbe trovato una soluzione? Insomma il Signore era sempre
onnipotente, veramente un Angelo debole come lo ero io poteva
mettergli il bastone tra le ruote?
Siccome
avevo paura di rispondere a queste domande, anche il solo ipotizzare
risposte, facevo il coglione.
-Ho
paura Paride è questa la verità, ho paura della
fine che potrebbe
fare Giada se io venissi giudicato colpevole, Paride ho paura- questa
volta parlai sinceramente senza usufruire della mia
stupidità, Paride annuì con la testa, lui
percepiva benissimo quello che
sentivo, Paride era un Serafino diverso, non si faceva condizionare
da niente, mi leggeva dentro l'anima e riconosceva che era amore vero
quello che provavo per Giada, solo per questo mi stava difendendo,
aveva capito anche lui che il Regno Supremo stava diventando il luogo
più falso che poteva esistere su questa Terra, capiva
perfettamente
che nessuno all'interno del Regno riusciva a comprendere le emozioni,
i sentimenti, aveva capito che il popolo angelico stava diventando
freddo, indifferente, spietato, caratteristiche che appartenevano
più
al Regno di Lucifero.
Questo
voleva dire solo una cosa che la conquista del Regno Supremo da parte
di Lucifero era già iniziata, e solo se qualcuno avrebbe
riconosciuto i sentimenti si sarebbe fermata, solo se quei Serafini
avrebbero riconosciuto l'amore mio e di Giada.
-Grazie
Paride, vai che soffri qua- Paride sparì all'istante, e
Giada cadde
con la faccia a terra.
-Ma
dove sei scappato?- domandò cercando i miei occhi, e
trovandoli
subito.
-Giada
dobbiamo andare-
-Così
subito? Dai Bryan vieni un po' qua...- non sa quanto avrei esaudito i
suoi desideri, ma non era il momento di ascoltare i miei ormoni
impazziti ( o dovrei dire qualcos'altro...).
-Giada
vestiti, te lo chiedo per favore- doveva vestirsi, le motivazioni
erano semplici: non volevo far processare tutti gli Angeli in massa
come si dice la carne è debole, non volevo impazzire lo
ammetto ero
debole anche io, nessuno a parte me ( Paride non conta per lui la
nudità è come un Angelo che lo stuzzica non gli
fa effetto! )
l'avrebbe dovuta vedere nuda e doveva rendersi un poco presentabile (
anche se forse per me il concetto di “presentabile”
era un
tantino diverso).
-Va
bene- mi aveva ascoltata, miracolo!
-Grazie
signorina- stavo per avvicinarmi, quando capii che forse era meglio
tenersi a debite distanze per almeno dieci minuti da ora.
-Mi
posso fare una doccia mio padrone Bryan?- aveva capito bene Giada lei
era mia!
-Questo
glielo concedo Signorina- mi guardò dubbiosa e poi mi fece
una
domanda tranello.
-Mi
vuole seguire padrone?- ecco di nuovo gli ormoni impazziti:”
respira, ragiona e comprendi la doccia voleva dire acqua e a me non
piace l'acqua, si ma quell'acqua avrebbe attraversato il suo corpo
lentamente, l'avrebbe avvolto e...” stavo sbavando, la
domanda
giusta era:”Sono un coglione?” e la risposta
era:”Sì”.
-Naturalmente, devo
controllare se ti lavi bene- ero proprio un coglione, ma cosa
ci posso fare se sono debole? E se colei che avrebbe dovuto essere la
mia preda era in realtà la cacciatrice più
pericolosa?
|
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Capitolo 17 *** una cena romantica ***
Ero
avvolto in un grande asciugamano aspettando che la signorina Giada si
vestisse, forse se avesse messo il turbo non avrebbe fatto per niente
male.
-Giada,
dai muoviti- gridai io verso la porta del bagno, dove lei era chiusa,
e chissà a fare cosa da un ora buona, i miei vestiti erano
in bagno
quindi mi toccava aspettare e pazientare.
Finalmente
uscì dal bagno, oh santi lumi, stavo sognando: Giada aveva
indosso
un vestito delizioso a balze di un azzurro delicato che arrivava
giusto sopra il ginocchio e che in vita si stringeva in modo tale da
risaltarle il seno, ai piedi portava dei sandali argento vertiginosi,
i capelli corvini e mossi le ricadevano morbidamente sulle spalle e
gli occhi erano luminosi e felici come non lo erano mai stati.
Non
capivo però il motivo per cui si era vestita
così, forse andando al
patibolo voleva far morire qualche Angelo di desiderio?
-Giada
perché ti sei vestita così elegante? Non
fraintendere sei stupenda,
ma dobbiamo andare nel Regno dei cieli- i suoi occhi si spensero,
ecco avevo detto qualcosa di sbagliato.
-Io
pensavo...va beh lascia perdere- no adesso volevo sapere dove pensava
che la stessi portando! Non mi piaceva vederla triste a causa mia,
doveva solo essere felice a causa mia.
-No
adesso parli- le dissi.
-Io
credevo che prima potessimo cenare, insomma fare una specie di cena
romantica, speravo che il Regno potesse attendere un attimo...- un
appuntamento certo, la mia Giada voleva che la portassi fuori a
mangiare come la maggior parte di questi zoticoni di umani.
Siccome
io però non ero umano non mi era mai passata una cosa del
genere
nella testa e poi comunque non mi sembrava il momento più
adatto,
dovevamo andare in fretta nel Regno Supremo, più tempo
passavo con
lei sulla Terra più la nostra situazione peggiorava.
-Neanche
io pensavo dovessimo già partire, ma Paride è
venuto qui e mi ha
consegnato il permesso per te quindi siamo pronti per partire- non
avevo detto tutto, ma non desideravo certo spaventarla e aggiunsi
-Vado a prendere i vestiti- Giada annuì continuando a tenere
la
testa bassa, certo che era un mistero questa ragazza, era
più
dispiaciuta del fatto che non avremmo cenato che non del fatto che il
Signore onnipotente ci volesse incastrare e uccidere, la cosa mi
stupiva al quanto.
Ma
ormai non mi sorprendeva più niente di questa ragazza umana
anomala,
non volevo, però vedere quel visino ancora triste per me,
dovevo
renderla sempre e comunque felice, anche se la sua richiesta fosse
stata la più pazza l'avrei esaudita se fosse servito a
rivedere il
sorriso sulle sua labbra.
Vestito
mi diressi verso di lei e dolcemente le presi il mento con le dita e
le feci alzare il viso -Amore vuoi andare a mangiare fuori?- i suoi
occhi mi ipnotizzavano e mi rendevano incapace di intendere e di
volere.
-Sì,
ma se dobbiamo andare fa niente, insomma... Lo so che per te
è una
cazzata- le misi un dito sulla bocca,.
-Dove
vuoi andare a mangiare?- chiesi.
-Possiamo
stare anche qui- disse sottovoce -Preparo io la cena- aggiunse.
-Aspetta
tu sei elegantissima, sembri una principessa- arrossì al
complimento
-ma guarda me non vado bene- in effetti indossavo jeans e maglietta,
non ero così elegante.
-Sei
sempre perfetto...non ti devi preoccupare- le stampai un bacio sulle
labbra, era così dolce, era un dono inaspettato, era l'unica
a cui
avrei dato il mio cuore.
-Aspettami
arrivo presto e sarò elegantissimo- e poi aggiunsi
– voglio andare
in un negozio prestigioso e dove possa comprare qualcosa di elegante-
Ed
eccomi in un attimo dove volevo essere, entrai subito nel negozio, una
commessa mi aiutò a scegliere.
La
commessa continuava a farmi avance con una sfacciataggine
allucinante, ma voleva capire che a me di lei non mi importava nulla,
anche dirle che l'abito mi serviva per andare a cenare fuori con la
mia ragazza non servì a niente.
Alla
fine scelsi un abito nero dal taglio moderno abbinato a una camicia
bianca attillata, con scarpe eleganti in pelle, tutto di alta
sartoria.
Chiesi
alla commessa se potevo tenerlo addosso e dopo l'avrei pagato.
Ovviamente
non avrei comprato proprio niente, l'avrei preso in prestito o
più
propriamente l'avrei rubato.
Con
la scusa di dovermi andare a rivedermi allo specchio per essere
veramente convinto della mia scelta mi defilai, pronunciai due parole
per ritornare dal mio piccolo amore.
Giada
era in cucina e aveva iniziato a cucinare.
Il
tavolo era apparecchiato in modo perfetto: la tovaglia era bianca, i
piatti raffinati erano adagiati su di un tovagliolo rosso,
all'interno dei piatti erano ammucchiate rose e calle, le posate
argentee e i bicchieri di cristallo brillavano alla luce fioca della
stanza, per finire questo bellissimo capolavoro petali di rosa erano
sparsi qua e là sulla tovaglia.
Rimasi
per qualche minuto sbalordito da quello che aveva creato, ma poi la
mia attenzione ritornò su Giada che non si era ancora
accorta della
mia presenza.
La
sua attenzione era completamente dedicata al sugo che stava
preparando, ne approfittai per farle un piccolo scherzo.
Mi
avvicinai lentamente e la presi per i fianchi, Giada
sussultò e girò
di scatto la testa per vedere chi l'aveva toccata.
-Bryan
mi vuoi morta pensavo che fosse qualche mal intenzionato- disse
sorridendomi.
-Io
sono un mal intenzionato- risposi e le baciai il collo.
-Bryan
invece di fare il cretino prendimi la pasta, comunque sei proprio
bello vestito elegante!- il suo tono era affettuoso e scherzoso, mi
sembrava la donna più felice del mondo, come se bastasse
solo la mia
presenza per farle dimenticare tutti i nostri problemi.
Presi
il pacchetto che mi aveva indicato e glielo passai, Giada lo prese lo
aprì e ne buttò il contenuto in acqua.
-Ci
vorranno ancora dieci minuti- annunciò.
Guardai
ancora quella tavola perfetta e le chiesi -Ma come hai fatto in
così
poco tempo ad apparecchiare in questa maniera la tavola? È
stupenda!- esclamai.
Un
velo di tristezza coprì i suoi occhi verdi -Mia madre
adorava
decorare e addobbare la casa nelle occasioni speciali, lei aveva
sempre tutto pronto. Per esempio i fiori all'interno dei piatti sono
finti e anche i petali di rosa, di tovaglie ne ho di tantissimi
colori e di tovaglioli ne ho altrettanti, il servizio di stoviglie
è
quello delle occasioni speciali, l'unica cosa che serve è il
gusto
di abbinare, ma credo di averlo ereditato da mia madre come tutte le
altre cose che vedi sulla tavola- finalmente aveva parlato di sua
madre, non l'aveva mai fatto volontariamente.
-Bryan
siediti l'antipasto è pronto!- la sua voce tintinnava come
un
campanellino.
-Wow
ma sei super veloce- la punzecchiai, intanto mi sedetti continuandola
a osservare mentre trafficava in cucina.
-No
sei tu che ci hai messo un'ora e mezza per comprarti un completo
elegante- in effetti la commessa continuava a farmi vedere giacche,
camicie e pantaloni di tutti i colori, di tutte le stoffe e di tutti
i modelli possibili e immaginabili, continuava a ripetere che ero
così perfetto che avrei potuto mettere qualsiasi cosa che
sarei
comunque stato bene e che quindi anche per lei era difficile
consigliare.
-La
commessa non mi lasciava più andare- mi lamentai.
-Le
commesse sono sempre state odiose- borbottò, ma io riuscii a
sentirla, era gelosa.
-Cos'hai
contro le commesse?- la sfidai.
-Niente...dico
solo che non mi sono mai piaciute, troppo appiccicose- mi avvicinai
di nuovo a lei, la presi nuovamente per i fianchi.
Avvicinai
le mie labbra al suo orecchio e sussurrai -Sei gelosa?-
-No
e solo che...- rispose Giada.
-E
solo che sei gelosa, ma sai una cosa? Mi piace che tu sia gelosa- la
feci girare verso di me, e mi avventai sulle sua labbra morbide e
carnose.
-Ti
amo- le dissi ancora affannato.
-Anche
io- rispose lei.
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Capitolo 18 *** Partenza ***
Giada
preparò una cena fantastica: iniziammo con il mangiare
antipasti
vari, di primo un piatto di penne zucchine, pomodorini e gamberetti,
di secondo una fetta di pesce spada al cartoccio condito con pomodori
e olio, e infine un po' di gelato, il tutto annaffiato da buon vino
bianco e da tante chiacchiere e risa.
-Amore
mi sa che hai bevuto troppo vino...- le dissi scherzando, stava
ridendo di gusto da una buona mezz'ora come una forsennata per
qualcosa che avevo detto io su gli Angeli, e non gli davo affatto
torto gli Angeli certe volte fanno e dicono cose alquanto buffe.
-No,
io sono lucidissima il problema sono le creature angeliche- Giada
parlò continuando a ridacchiare.
Ora
che era finita la cena era arrivato il momento di spiegarle un paio
di cose, e poi partire verso il Regno.
-Giada-
dissi serio, lei smise di ridere all'istante e mi guardò
negli occhi
aspettando che parlassi -Paride è venuto qui non solo per
darmi il
permesso, la situazione è peggiorata a causa della mia
condotta, ora
sei veramente accusata anche tu di sedurre una creatura Angelica
nella consapevolezza che non lo potresti fare, per questo volevo
partire subito; non te l'ho detto prima per non farti preoccupare- la
sua espressione rimase fredda e impassibile, stava metabolizzando il
problema.
-E
tu ? La tua posizione si è aggravata?- io le dicevo che era
stata
accusata, e lei si preoccupava per me, io non sarei mai riuscito a
capire questa ragazza, dovrebbe essere stata un po' più
egoista.
-Giada
la mia posizione non conta!- urlai arrabbiato.
-Invece
conta! - restai zitto e la guardai, piangeva, riuscivo sempre a
rovinare tutto, ero uno stronzo con la s maiuscola.
Le
presi le mani appoggiate sul tavolo -Cosa c'è? Tesoro per
favore
dimmi perché piangi?-
-Perché
ti amo stupido -Urlò esasperata, mi alzai e mi avvicinai
alla sua
sedia, anche Giada si alzò e ci cullammo l'uno nella braccia
dell'altro in silenzio, cercando di goderci quel calore e l'armonia
che crescevano nel nostro cuore ogni volta che i nostri corpi si
ritrovavano legati.
-Bryan
ho paura per te, ho paura- Sussurrò nel mio orecchio.
-Ed
io non voglio che tu soffra ancora a causa mia- gli dissi io in un
sospiro.
Allora
mi staccai giusto quel poco per guardarla in viso e continui
-Andiamo, se non arriviamo in fretta peggioreremo ancora di
più la
situazione, tieni questo foglio guardalo per qualche secondo- gli
porsi il permesso e misi fine definitivamente a quel abbraccio.
Il
permesso in questione non era altro che un foglio di pergamena
impregnato di quella luce che costituiva il Regno, essa si andava a
infiltrare negli occhi rendendoli come quelli di un Angelo,
così da
permettere ad un umano di vedere il Regno senza rimanere cieco, la
trasformazione degli occhi era permanente.
Giada
guardò il foglio.
-Quanto
brucia...- Si portò le mani agli occhi e io mi avvicinai a
lei
preoccupato.
Dopo
pochi minuti sbatté le ciglia e con cautela aprì
gli occhi.
-Bryan
sei stupendo, e le ali sembrano magiche- adesso avrebbe sempre potuto
vedere la mia vera natura.
Senza
preavviso mi prese il viso e cominciò a baciarmi, avevo
compreso che
se non l'avessi fermato sarebbe andata ben oltre il bacio, il mio
aspetto reale era la cosa più irresistibile per un'umana.
-Giada,
amore, dobbiamo andare- dicendolo l'allontanai dolcemente, Giada
ritrovò la ragione e annuì.
-Andiamo
nel Regno- la mia voce perfetta tremò, in qualche modo
questo amore
mi stava cambiando non solo interiormente, ma anche esteriormente: la
voce vibrava a seconda delle emozioni, la luce che illuminava il mio
corpo si era leggermente spenta, poi mi ricordai anche della piuma
che avevo perso quando l'avevo incontrata, un segno? Una coincidenza?
Stavo cambiando, ma cosa stavo diventando?
Eravamo
arrivati, davanti a noi c'era la Grotta delle Meraviglie e Paride che
ci avrebbe fatto una bella ramanzina per essere arrivati in ritardo,
Giada era affianco a me e continuava fissarmi, ma poi i suoi occhi si
spostarono su Paride sbarrandoli stupita.
-Piacere
sono Paride- disse il Serafino rivolto verso Giada.
-La
luce parla?- chiese sbigottita il mio amore.
-Sì
sono un Serafino e sono costituito di luce- Paride manteneva un tono
di voce calmo e rilassato, ma potevo capire dal tremare della luce
che non si sentiva a suo agio con davanti un'umana.
-Scusa,
piacere Giada- e allungò il braccio come per stringergli la
mano.
-Mia
cara non credo tu possa toccarmi- imbarazzata Giada fece ricadere il
braccio sul fianco.
-Bryan
dovevi venire subito, cosa ti dice il cervello !- urlò
rimproverando
me, in realtà la colpa era più di Giada questa
volta, ma
naturalmente non feci ricadere la colpa su di lei, rimasi zitto e mi
presi la sgridata.
-In
verità Paride è colpa mia- era la voce di Giada,
Paride la guardò
incuriosito -Sono stata io a pregarlo di poter cenare con me, e anche
a...- il suo viso arrossì, stava pensando alla doccia.
-Giada
non sei tu quella che deve essere responsabile, dovrebbe essere
Bryan, vero?- incominciai a ridere.
-Paride
ci stavi ancora spiando?- chiesi continuando a ridere, anche per
Giada la quale era diventata paonazza e mi guardava con faccia
interrogativa.
-Sì
ti devo controllare in qualità di difensore- quando tentava
di
celare il suo nervosismo scambiandolo con il lavoro era ancora
più
divertente. -E comunque...-
Giada
lo interruppe bruscamente -Paride, tu hai aiutato Bryan ed io ti
ringrazio per questo, ma vorrei dirti che esisto sono qui, io devo
capire ciò che posso e ciò che non posso fare, io
voglio prendermi
le responsabilità che mi spettano!- che coraggio!
Interrompere un
Serafino, che ora la guardava stupefatto e senza parole, e in
più
ribatterlo, nessuno osava interrompere un Serafino, neanche io
l'avevo mai interrotto!
Il
silenzio rimase finché io non lo ruppi -Paride hai trovato
pane per
i tuoi denti!- scherzai.
-Giada
hai ragione, tu sei qui esisti e devo rispettarti, quindi voglio
dirti: niente più rapporti intimi! I baci li tollero...-
Giada gli
sorrise, uno di quei sorrisi luminosi che mi lasciavano di stucco,
imbambolato a guardarla come fosse il miglior tramonto della mia vita
che non finiva mai.
-Paride
grazie- anche Paride parve quasi rispondere con un sorriso, Giada era
veramente speciale.
-Giada
all'interno di quella cavità c'è Ambra, ti vuole
salutare so che
siete diventate amiche!- capivo che voleva parlare in privato con me,
aveva bisogno di dirmi qualcosa di nuovo.
-Sì
la rivedo volentieri- Giada scomparve nella cavità, ma mi
guardò e
mimò con la bocca:”Dopo mi racconti”.
-Bryan
dobbiamo parlare, per favore fai il serio, è importante!- la
voce
tuonò maestosa e inquietante nelle mie orecchie.
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Capitolo 19 *** La perfezione ***
Pov
Giada
Il
Regno Supremo, il Regno dei cieli... luminoso, bellissimo, un
diamante dal valore inestimabile che durerà veramente per
sempre,
come Bryan che ora potevo vedere nella sua eterea bellezza che non
era minimamente paragonabile con quella che potevo vedere con gli
altri occhi.
Le
ali candide erano chiuse e all'apparenza sembravano morbide, ero
tentata a toccarle per verificare la consistenza, ma probabilmente
non era il momento migliore, il suo corpo era coperto solo da un paio
di pantaloni bianchi che svolazzavano flessuosi davanti ai miei occhi
e il suo petto era nudo e scolpito nell'ebano, provai invano a non
alzare lo sguardo verso il viso, ma non ci riuscii, il mio cuore
partì veloce la sua corsa sfrenata: le labbra carnose, il
naso
perfetto e i suoi occhi neri e profondi dove giuro di aver potuto
scorgere la mia anima.
Poi
il suo odore... la luce che adesso grazie ai miei occhi più
intensa
lo avvolgeva... era ciò di più bello potesse
esistere.
Un'altra
luce più forte mio malgrado mi fece spostare gli occhi
davanti a me,
li sbarrai intimorita.
Dopo
pochi secondi la luce parlò, dapprima rimasi un attimo
stupita, poi
la luce stessa mi spiegò che era Paride, e che era un
Serafino, e
aggiunse che i Serafini sono composti interamente di luce.
Io
a mia volta mi presentai e allungai il braccio come d'abitudine per
stringergli la mano, ma Paride cortesemente rifiutò la
stretta
spiegandomi che non avrei mai potuto toccarlo.
Detto
ciò il Serafino volse il suo sguardo verso Bryan, il quale
lo
fissava divertito, Paride lo rimproverò per non essere
subito venuto
nel Regno.
Non
trovai giusto che solo Bryan si prendesse tutte le colpe allora
parlai e dissi che il ritardo era soprattutto colpa mia, ma Paride
ribatté dicendo che la maggiore responsabilità
era di Bryan.
Mi
sentii offesa, io ero lì esistevo non ero soltanto un'umana
nelle
mani potenti di Bryan, io potevo e dovevo prendermi le mie
responsabilità in questa storia, non potevano portarmi in
questo
Regno solo come soprammobile, lo sapevo di essere debole, ma sapevo
anche che dovevo capire ciò che non potevo fare...
Stavo
per aprire bocca quando Bryan fece una strana domanda -Paride ci
stavi ancora spiando?- come spiando, Paride ci guardava anche
mentre... Arrossii all'istante.
Paride
rispose in modo calmo e diligente, ma non potevo rimandare il mio
monologo quindi lo interruppi -Paride, tu hai aiutato Bryan ed io ti
ringrazio per questo, ma vorrei dirti che esisto sono qui, io devo
capire ciò posso e ciò che non posso fare, io
voglio prendermi le
responsabilità che mi spettano!- ero convinta al cento per
cento di
ciò che stavo dicendo, non capivo bene se Paride mi stesse
guardando
o quale espressione avesse sul viso, ma il punto interrogativo sul
viso di Bryan mi fece capire che forse non avrei dovuto interrompere
il Serafino così bruscamente.
-Giada
hai ragione, tu sei qui esisti e devo rispettarti, quindi voglio
dirti: niente più rapporti intimi! I baci li tollero...-
sbottò
all'improvviso Paride sempre mantenendo un tono di voce molto
professionale, gli sorrisi caldamente per aver esaudito le mie
richieste.
-Paride
grazie- risposi sentendo l'irremovibile imposizione del mio cuore di
esprimere il mio ringraziamento a parole, ma non solo per quel
momento, ma per tutto ciò che aveva fatto fino ad ora per
noi.
-Giada
all'interno di quella cavità c'è Ambra, ti vuole
salutare so che
siete diventate amiche!- la scusa di Paride era ovvia, voleva parlare
da solo con Bryan, d'altronde non potevo certo pensare che si sarebbe
subito aperto con me.
-Sì
la rivedo volentieri- dissi e andai verso la cavità che mi
era stata
indicata, mimando con le labbra, rivolta verso Bryan, un
”Dopo mi
racconti”.
Bryan
annuì, e mi immersi nella cavità colorata da
tantissime pietre
preziose incastonate nelle pareti.
Ambra
anch'essa stupenda, era girata di spalle, potevo vedere benissimo le
sue grandi e maestose ali partire dalle scapole, chissà se
le poteva
aprire?
L'Angelo
si girò appena sentì i miei passi sicuri che si
avvicinavano , mi
sorrise appena arrivai davanti a lei e mi abbracciò
dolcemente, e
incredibile quanto quel tocco leggero e delicato assomigliasse a
quello della mia defunta mamma.
-Ciao
Giada, come stai?- mi chiese lasciandomi andare dalle sue braccia.
-Ciao
Ambra tutto bene, tu piuttosto spero che non ti sia beccata una
sgridata da Paride- le dissi sorridendo.
-Paride
sembra impostato e duro, ma è molto buono, poi lui voleva
che ti
raccontassi tutto, ma le richieste di Bryan erano ben precise e le
voleva rispettare- mi annunciò sorridente. - e poi tu hai
chiamato
Bryan, conosci la frase vero?- mi chiese curiosa.
-Sì,
e scusami non volevo ingannarti, ma non potevo stare a casa senza
fare niente- pronunciai queste parole a testa bassa, mi vergognavo
per averla ingannata.
-Non
ti devi preoccupare... qualcosa avevo capito...- con una mano
accarezzò i miei capelli.
Il
suo sorriso riusciva sempre a indurmi serenità e
tranquillità, mi
sembrava di ritornare bambina quando cadevo e mi facevo male, solo il
sorriso della mia mamma riusciva a farmi smettere di piangere e a
farmi ritrovare la calma.
Le
sorrisi e la riabbracciai forte.
Quando
mi staccai i pensieri tornarono su Bryan che era con Paride a
discutere di qualcosa di importante.
-Ambra
cosa sta succedendo?- domandai, il sorriso di Ambra si spense
all'istante, quindi era qualcosa di veramente serio e preoccupante.
-Giada
non è il momento, sono sicura che Bryan te ne
parlerà, adesso ti
devo sistemare- non so cosa intendesse per
“sistemare”, però mi
fidavo di lei.
-Cosa
devo fare?- chiesi speranzosa di ottenere una risposta chiara, e non
enigmatica.
-Tu
niente, anzi devi stare ferma- mi immobilizzai come una statua
–
L'odore umano è inconfondibile, forse dovrei cambiarti di
abito, per
il resto non credo di avere abbastanza poteri, mi sa che ci
dovrà
pensare Paride...- mormorò Ambra quasi parlasse con se
stessa.
-Voglio
vestirla con un abito simile al mio- abbassai di istinto gli occhi
sul suo abito, portava una tunica candida legata da una corda oro al
disotto del seno, le maniche erano lunghe e a pipistrello la gonna
arrivava fino alle caviglie e sia le maniche che la gonna svolazzavano
mosse da un venticello di provenienza ignota, i piedi
erano scalzi.
Neanche
il tempo di capire ciò che mi stava accadendo, che mi
ritrovai
vestita più o meno allo stesso modo di Ambra, l'unica
differenza era
che la mia veste era di colore rosa pastello.
Osservai
il mio corpo, coperto da quella veste, assomigliavo molto di
più di
quello che pensassi ad una creatura angelica.
-Questo
è tutto ciò che posso fare...Ora tocca a
Paride...Credo che tra
qualche minuto sarà qui- Ambra sparì, lasciandomi
sola nel cunicolo
a vicolo cieco, nell'attesa che arrivasse Paride.
Non
sapere mi stava logorando, cosa mi avrebbe fatto Paride?
Perché mi
stavano conciando in questo modo?
Le
domande si sarebbero risolte solo con il suo arrivo sicuramente
seguito dal mio amore.
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Capitolo 20 *** travestimento ***
Paride
entrò dalla cavità, seguito come avevo previsto
da Bryan, il suo
viso era un calvario di emozioni: preoccupazione misto qualcosa che
sembrava speranza o disperazione, una contraddizione secondo i miei
standard.
Volevo
chiedere, ma non avevo il coraggio, rimasi con la bocca spalancata
senza emettere alcuna parola, avevo paura, e poi mi sentivo strana,
come se il mio fisico stesse mutando, il che mi sembrava un'opzione
abbastanza remota.
Il
Serafino si avvicinò a me lentamente, studiando i miei
movimenti,
calibrando ogni mia espressione facciale.
Avvicinò
alla mia spalla qualcosa che per forma mi ricordava una mano, fu
allora che mi accorsi di quello che voleva fare, mi voleva toccare.
-Cosa
vuoi fare?- chiesi fermando il suo movimento.
-Ambra
non te l'ha detto?- domandò il Serafino con tono stupito.
-No,
Bryan?- mormorai implorante guardando il volto del mio Angelo.
-Il
verdetto è stato pronunciato, taglio della ali per me e...
per te...
perdita di tutti i ricordi che hanno a che a fare con me... Mi
dispiace - tuonò la voce melodiosa di Bryan.
Adesso
capivo la strana espressione sul volto di Bryan, capivo tutto ora,
capivo lo strano sguardo di Ambra quando le avevo chiesto cosa stava
succedendo, ed era colpa mia, della mia stupida umanità, di
non
sapermi fermare senza prima avere tutto il suo corpo.
Urlai.
Un
urlo di rabbia, rassegnazione, di odio verso di me, verso quel mondo
così stranamente perfetto.
Bryan
corse verso di me scansando il Serafino, afferrò le mie mani
e le
avvicinò al suo viso, implorandomi con voce dolce di
calmarmi che
non sarebbe servito a niente urlare a quel modo.
-Bryan
è colpa mia!- urlai contro il suo viso a pochi centimetri
dal mio.
Bryan
senza preoccuparsi della presenza di Paride mi baciò, quel
bacio non
era altro che un diversivo per farmi smettere per un attimo di
pensare, di ragionare, e premettere al mio Angelo di guadagnare
qualche minuto per permettergli di parlare, sapeva che quando ero
arrabbiata o nervosa niente mi poteva fermare, se non a eccezione
delle sue magiche labbra, ne ero consapevole, ma non avrei mai
rifiutato un suo bacio.
Non
fu un bacio particolarmente lungo, giusto il tempo di farmi perdere
la concentrazione sulla realtà.
-Giada
amore mio tu non hai nessuna colpa, la colpa è
dell'oscurità che
lentamente sta coprendo questo mondo, adesso dobbiamo risolvere
questo problema, ma per risolverlo Paride deve camuffare la tua
umanità, tutti quelli che ti vedranno compreso me, ti
vedranno come
un Angelo, vedrai che tutto si risolverà presto-
parlò lentamente e
continuando ad accarezzare delicatamente le mie guance. -Adesso Giada
permetti che Paride faccia quel che deve- aggiunse.
Mi
fidavo di Bryan e se lui mi diceva che avremmo risolto tutto solo se
io fossi diventata davanti agli occhi delle creature angeliche un
Angelo, non avrei esitato.
Il
mio amore si allontanò da me facendo qualche passo indietro,
lasciando passare Paride.
Il
Serafino continuò la sua opera di osservazione e
riallungò la sua
mano verso di me questa volta non la fermai, mi avrebbe fatto male?
Appena la mano del Serafino toccò la mia spalla un calore
piacevole
invase il mio corpo fino nelle viscere, quel calore in poco tempo,
però, scottò sempre di più fino a
diventare fastidioso.
La
luce avvolse il mio corpo, ed era una luce talmente intensa che
costrinse anche i miei nuovi occhi a chiudersi.
I
miei piede si staccarono da terra e mi ritrovai a fluttuare nel aria
come una bolla di sapone nella speranza che non scoppiassi.
Pochi
secondi, tutto svanì, mi ritrovai seduta a terra, con le
natiche
doloranti per la caduta improvvisa.
Sentii
Bryan che con un movimento veloce si avvicinò a me, si
inginocchiò
e prese il mio viso tra le sue mani, in automatico alzai lo sguardo e
il suo viso colmò il mio orizzonte.
-Giada
stai bene?- era preoccupato lo potevo percepire perfettamente.
-Sì...ahi!-
emessi un gridolino... mi sa che c'era un bel livido sulle mie
natiche.
-Cosa
ti fa male?- continuò poco tranquillo Bryan.
-Il
culo, la caduta non è stata proprio morbida- mi lamentai.
Finalmente
le sue labbra mi sorrisero, ed io contrassi le mie rispondendogli con
un altro sorriso.
-Se
vuoi ti posso curare...- il tono cambiò completamente: da
preoccupato a malizioso.
Non
potei neanche rispondere perché Paride mi
anticipò -Bryan!- urlò
esasperato.
-Stavo
scherzando- ribatté Bryan.
-Scusate,
ma vorrei guardarmi- protestai io.
-Specchio-
disse Bryan.
Uno
specchio alto quanto me, apparve su una parate del cunicolo, mi
avvicinai lentamente.
Riflessa
nello specchio, c'era una giovane donna bellissima, una veste rosa
cadeva a pennello sul suo corpo magro, ma perfettamente
proporzionato, il seno era risaltato dalla corda sotto di esso, il
viso dai lineamenti fini sembrava quasi essere stato dipinto da
qualche famoso e bravo pittore, i capelli neri ricadevano dolci sulle
spalle, ma la cosa più bella era il contrasto di colori
scuri e
chiari creato da quegli occhi verdi smeraldo.
Quella
giovane donna ero io.
L'ultima
cosa che notai furono le magnifiche ali bianche dietro la mia
schiena, ne sfiorai una con una mano: era davvero morbida!
Mi
accorsi solamente dallo specchio che Bryan aveva cinto le mie spalle
e si era abbassato fino a trovare con le labbra il mio orecchio -Sei
abbagliante... ma a i miei occhi tu brilli sempre- in effetti ero
avvolta dalla stessa luce che avvolgeva Bryan.
Lo
specchio mi fece sorgere un'altra domanda, come aveva fatto Bryan a
farlo apparire, lui non aveva solo il potere di teletrasportare cose
e se stesso, di persuadere gli umani e di rendersi invisibile?
-Bryan
come hai fatto a far apparire lo specchio? Non avevi soltanto tre
poteri?- domandai curiosa della sua risposta.
-Nel
Regno e solo nel Regno tutti gli Angeli hanno anche il potere di far
apparire alcuni oggetti, ovviamente purché siano
inoffensivi- quindi
poteva far apparire tutto ciò che voleva? Utile!
Il
mio sguardo tra lo sbalordito e il confuso, rese il mio Angelo ilare,
cominciò a ridere, ma più che felicità
mi sembrava nervosismo,
voleva che pensassi il meno possibile a quello che mi aveva detto
prima, ma io non dimentico.
-Perché
mi avete camuffato? Hai detto che siamo stati condannati...- l'ultima
parola la pronunciai a bassissima voce.
-Tesoro
non siamo spacciati, dobbiamo a partire per una specie di missione ed
è meglio che ti credano un Angelo- volevo più
dettagli!
-Giada
non ho detto altro a Bryan se non di fidarsi di me!- intervenne
Paride come se mi leggesse nel pensiero.
Osservai
attentamente la luce davanti a me, non sembrava inaffidabile o
ingannatrice, Paride sentiva per qualche strana ragione che l'amore
che legava me e Bryan era puro e vero, mi pareva un tipo apposto di
cui ci si poteva fidare, se partire per questa fantomatica missione
era tutto ciò che potevamo fare, io l'avrei fatto.
-Ok-
sillabai.
-Chissà
perché la tua veste è rosa...-
borbottò tra se Paride, ma persa
nei miei pensieri non feci molto caso alle sue parole...
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Capitolo 21 *** Sogno. ***
Stavamo
camminando da ore in quel bosco incantato, sembrava di essere
nell'Eden, tutto era così verde, tutto era così
colorato, la
temperatura era perfetta, un dolce venticello primaverile
accarezzava la mia pelle, l'ansia, la paura si stava allontanando
gradualmente, mi sentivo rinata.
Quel
bosco era tale e quale a quello che mia mamma mi descriveva durante
l'ora del racconto prima di addormentarmi, irrealmente stupendo, non
mi sarei stupita se avessi trovato animali e alberi parlanti, oppure se
quel luogo fosse il nascondiglio per un popolo di fate
immortali.
Non
potevo però evitare di sentirmi stanca, mi facevano male i
piedi e
avevo una fame da lupi, mi volevo fermare, ma nessuno pareva volesse
darmi ascolto.
Ebbene
sì, non potevamo usare il potere di Bryan per
teletrasportarci nel
posto voluto, il Signore si sarebbe accorto subito della nostra fuga
e avrebbe saputo perfettamente dove trovarci, se invece andavamo a
piedi gli avremmo complicato un po' il lavoro, ma l'onnipotente non
ci avrebbe messo molto a rintracciarci.
Ecco
perché Bryan mi trascinava tendomi per mano lungo le vie
tortuose
del bosco, cercando di non ascoltare i miei lamenti, il mio Angelo
soffriva per me, ma non riusciva a disubbidire agli ordini di quel
Serafino, il quale aveva ordinato di andare avanti fino a ordine
contrario.
Io
ero umana e avevo bisogno di risposo, di cibo, se no diventavo pazza,
capivo che quel viaggio era per noi la salvezza, ma non potevo andare
avanti così.
Guardavo
sognante quei frutti colorati sugli alberi, quanto avrei voluto
assaggiarne qualcuno, sembravano così succosi!
Puntai
i piedi a terra, fermandomi bruscamente, Bryan si voltò
rivolgendomi
una preghiera con lo sguardo.
-Basta,
devo riposare, devo mangiare, insomma non sono una creatura angelica
che può camminare a oltranza senza aver bisogno di niente-
urlai
stravolta, la notizia che le creature angeliche potevano vivere senza
dormire e senza mangiare l'avevo saputa da poco, e dal mio punto di
vista era veramente un'ingiustizia .
L'espressione
sul viso di Paride era indecifrabile (ormai sapevo interpretare anche
quello che esprimeva il volto del nostro difensore), forse era
sorpreso.
La
mia forza interiore aveva colpito Paride, me lo aveva confessato
usciti dalla Grotta, pensava che i dolori che avevo vissuto mi
avevano portata ad essere determinata e forte a tal punto che
neanche un Serafino che in teoria avrei dovuto ascoltare e ubbidire
istintivamente nello stesso modo di Bryan non influiva sulle mie
decisioni.
Ero
per il Serafino “una creatura rara”.
-Bryan
fai apparire del cibo per lei, non può mangiare alcun frutto
di
questo bosco è proibito, e prendila in braccio, dobbiamo
andare
avanti- già questa soluzione mi piaceva di più,
peccato però per i
frutti.
-Cosa
vuoi da mangiare?- mi domandò Bryan, obbedendo a Paride.
-Un
panino e una bottiglia d'acqua basteranno- dissi soddisfatta che
finalmente mi avessero dato ascolto.
Bryan
mi accontentò subito, ma ripartimmo all'istante, mangiai tra
le
braccia del mio Angelo che procedeva a passo spedito, gli avevo detto
che se era un problema potevo scendere, ma Bryan aveva ribattuto
dicendo che per lui ero veramente leggera e che in più non
aveva
bisogno di riposarsi o mangiare.
Continuammo
a camminare, o per lo meno Bryan continuò a camminare, io mi
rilassavo accoccolata nelle sue braccia forti, pensavo che le mie ali
avessero dato fastidio invece creavano un sorta di materasso
naturale.
Chissà
dove stavamo andando... Paride non aveva voluto parlarne per non
rischiare che qualcuno sentisse, aveva solo detto che il posto era
lontano.
Il
bosco pareva non finire mai, era così fitto che neanche la
luce del
Regno riusciva a penetrare, gli alberi però emettevano uno
strano
luccichio, ogni cosa dentro quel Regno pareva brillasse.
Gli
alberi verdi mi sfilavano davanti, ero veramente stanca, sbadigliai,
e piano piano la mia vista si appannò le palpebre si
chiusero e mi
addormentai.
Sognai
mia madre, per la prima volta da quando l'avevo persa, probabilmente
anche il mio inconscio si rifiutava di ricordarla per non soffrire
troppo.
Era
in quel bosco con me, ma non era umana, era un bellissimo Angelo
vestito con una veste d'oro, i suoi lineamenti, i suoi capelli
castani e i suoi occhi azzurri che aveva ereditato mia sorella non
erano cambiati.
-Amore-
la dolce melodia della sua voce avvolse l'aria.
-Si
mamma sono qui- calde lacrime scorrevano sulle mie guance.
-Devi
promettermi che non ti farai male durante questo viaggio, io veglio
su di te bambina mia, ti voglio bene, mi raccomando stai attenta e
fidati del tuo cuore- disse questo e sparì nel nulla, corsi
fino
dove un minuto prima c'era mia mamma, ma naturalmente non c'era
niente.
Mi
destai dal sonno, ero molto scossa, quel sogno era stato molto
realistico.
Sbattei
le palpebre, poi le spalancai.
Mia
mamma mi mandava un messaggio? Era veramente lei? I miei pensieri
vennero interrotti dalla voce del mio Angelo.
-Buongiorno
bella addormentata- mi disse con il sorriso sulle labbra Bryan, uno
di quei sorrisi che riusciva a calmarmi,ma niente riusciva a
liberarmi dell'immagine di mia mamma, quelle poche parole che mi
aveva detto risuonavano ancora nelle mie orecchie prepotenti.
Mi
accorsi a mala pena che eravamo fermi, eravamo arrivati? -Hai dormito
ben dodici ore, eri stanca!- continuò Bryan mantenendo il
sorriso, in effetti sentivo i miei muscoli intorpiditi per effetto del
lungo
sonno.
-WOW-
riuscii solo a dire sorpresa della mia lunga dormita, ma forse mi
serviva proprio.
-Siamo
fuori dal bosco, il panorama per te da qui deve essere molto
suggestivo- parlava Paride con il suo solito tono di voce distaccato
e freddo.
La
curiosità era troppa, quindi mi feci mettere giù
da Bryan, e mi
accorsi che il bosco era alle nostre spalle e che noi eravamo su una
collina.
Il
panorama era fantastico una strada piena di tornanti e curve dorate
portava ai piedi della collina, lì si poteva vedere uno
strano
luccichio diverso da quelli già incontrati.
Tutto
era circondato dal prato verdissimo, il colore della speranza, e da
migliaia di specie diverse di fiori tutti con una caratteristica in
comune il colore azzurro intenso.
Bryan
e Paride mi lasciarono ammirare quello spettacolo senza disturbarmi
per alcuni minuti.
-Dobbiamo
percorrere quella strada?- domandai.
-Certo-
confermò Paride dietro di me.
-Cosa
aspettiamo? Andiamo!- Affermai io, felice di aver attraversato quella
strada stupenda.
-Giada
vuoi che ti prenda in braccio?- mi chiese Bryan mettendosi davanti a
me e accarezzandomi lievemente una guancia.
-No,
voglio camminare- non obbiettò la mia decisione, mi prese
per mano e
cominciò incamminarsi lungo quella strada dorata che non
sapevo
ancora dove ci avrebbe condotto.
L'immagine
di mia mamma continuava a popolare i miei pensieri, era lei che
voleva parlare con me?
Ma
la domanda principale era perché? Lasciai stare questi
strani
pensieri e non chiesi niente ai miei compagni... Sicuramente era
soltanto uno stupido sogno...
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Capitolo 22 *** Il male. ***
La
strada sembrava corta invece era più lunga di quanto mi
immaginassi,
infatti eravamo soltanto al primo tornante dei sei che ancora ci
aspettavano pazienti.
Non
ero stanca, avevo dormito così tanto, ma non sapere dove ci
stavamo
dirigendo e quali problemi avremmo incontrato mi faceva veramente
innervosire.
Odio
fare qualcosa senza avere uno scopo ben preciso nella mia testa,
certo ci dovevamo salvare, ma in che modo?
L'Angelo
di fianco a me si fermò improvvisamente sulla faccia era
dipinta una
tipica espressione di paura misto sbalordimento per qualcosa che io
evidentemente non potevo né sentire né toccare
né tanto meno
vedere.
Paride
bloccò la sua camminata, anche se era davanti a noi e il suo
sguardo
era rivolto verso la strada , pareva sentirci benissimo.
-Bryan
cosa c'è?- domandai immergendomi nel nero dei suoi occhi.
-Non
hai sentito quella voce?- era confuso, ed ora cosa aveva sentito?
Eravamo in pericolo? Perché si era spaventato
così tanto?
-No-
riuscii a rispondere.
-Mi
ha detto di proteggerti di non perderti mai di vista, ha detto che
non ti dovrò mai più far soffrire, poi ha detto
di ricordarti di
fidarti di te stessa sempre e comunque- le parole somigliavano
spaventosamente a quelle che mia mamma mi aveva detto nel sogno,
cominciavo a pensare che forse veramente mia madre si voleva mettere
in comunicazione con noi e ciò da una parte mi spaventava,
perché
le sue parole preannunciavano sventura, ma da una parte mi rendeva
anche felice di sapere che in qualche luogo la mia mamma era ancora
presente e che vegliava su di me.
-Chi
era?- domandò Paride, ed io tornai alla realtà.
-Non
lo so - Bryan aveva ancora gli occhi spalancati e velati.
Dovevo
raccontare del mio sogno, di mia madre, di quanto quelle parole che
aveva appena udito il mio Angelo fossero simili a quelle che avevo
sentito io.
Non
lo feci, il motivo può apparire stupido: l'immagine di mia
mamma
doveva rimanere una cosa personale, non avevo voglia di discutere con
loro del mio sogno e sottolineo mio, non era il momento adatto.
Paride
indagò i miei occhi, cercava di leggermi dentro, avevo
compreso che
il Serafino riusciva parecchie volte a carpire i miei pensieri, con
tutte le mie forze costruii un muro nella mia mente: il mio sogno
sarebbe stato al sicuro?
-Strano...-
mormorò Paride -Sicuro che non fosse una preghiera?- chiese
infine
il Serafino rivolto a Bryan, non distogliendo comunque il suo
sguardo fisso su di me.
-No,
sapeva il nome di Giada- Bryan mi strinse la mano, avevo
l'impressione che aveva detto qualcosa di importante, qualcosa di
così pauroso da non riuscir dire ad alta voce, ma Bryan per
me era
come un libro aperto, solo con un semplice tocco riusciva
trasmettermi un sacco di informazioni.
-Andiamo
avanti- ordinò il Serafino e Bryan procedette trascinandomi
sulla
strada dorata circondata da fiori celestiali, lo segui ben
volentieri, intanto studiavo il viso del mio amore.
Qualcosa
sicuramente lo rendeva pensieroso, lo notavo dalle sopracciglia
aggrottate e dalle piccole rughe formatosi sulla fronte, quel
qualcosa era per certo una brutta notizia perché gli occhi
erano
velati da una sorta di nebbiolina lucida e la sua mano stringeva
forte la mia.
Il
suo corpo era qui, la sua mente vagava per strade la cui esistenza
era a noi estranea.
Paride
non era per niente scalfito da ciò che era successo
continuava a
camminare davanti a noi con sicurezza.
Il
silenzio intorno al nostro piccolo gruppo era infido, maligno, non mi
piaceva affatto, il vento tipico del Regno era scomparso e i fiori
erano meno luminosi, assomigliava alla quiete prima della tempesta.
Mi
sentivo sola.
-Bryan-
tentai di richiamare la sua attenzione, non rispondeva.
-Bryan-
chiamai più forte, il mio Angelo non mi degnò di
uno sguardo,
continuava a camminare senza sosta, ma non mi udiva, cominciavo ad
avere paura.
Tentai
altre due o tre volte, eppure sentivo la sua mano nella mia, il
rumore dei suoi passi, provai anche a pizzicarmi per vedere se era un
sogno, ma purtroppo era tutto vero.
-Paride-
urlai come una dannata, ma neanche il Serafino sembrava non riuscire
a sentire la mia voce, e ciò era altamente improbabile.
Urlavo
invano contro il cielo bianco come il latte, ma continuavo a tenere
stretta la mano del mio amore non volevo lasciare quella sicurezza.
Il
mio cuore rimbalzava nel mio petto furioso e questo era l'unico suono
di vita che potevo sentire in quel mare di silenzio.
Terrorizzata
continuavo a camminare condotta dalla mano di Bryan.
-Giada-
una voce spregevole, fredda, rivoltante, un suono fastidioso e
stridente, tuonò nella valle silente.
-Chi
sei?- chiesi tremante e con voce incerta.
-Che
domanda è la tua? Sono ciò che pensi che sono,
sono ciò che porta
pianto, disgrazia, odio, male, paura, lampo, tuono, i tuoi incubi
peggiori, io sono colui che ti ha fatto incontrare il tuo amore, sono
tentazione e peccato, sono la pece nera, sono potente!- il tono
viscido come un serpente strisciante mi stringeva lo stomaco in una
morsa soffocante.
-Tu
sei Lucifero- ebbi il coraggio di sentenziare affannosamente, l'aria
tiepida primaverile che era scomparsa si stava tramutando in un
gelido vento invernale, il cielo prima di un bianco puro stava
diventando nero, inquietante, solo i lampi illuminavano la strada.
-Cosa
vuoi da me?- domandai, stringendo ancora di più la mano di
Bryan.
-Voglio
fare un patto con te- rispose con semplicità alla mia
domanda.
-Di
cosa si tratta?- chiesi in automatico.
-Non
sono mai generoso in genere, ma oggi mi sento particolarmente buono e
caritatevole- un ghigno seguì la frase -Ti voglio proporre
un buon
compromesso io lascerò Bryan per sempre con te come umano,
però
prima tu ti dovrai inchinare davanti a me, un inchino soltanto, cosa
da poco- la richiesta non era così male, un semplice inchino
e avrei
avuto Bryan per tutta la vita.
-Un
solo inchino per una vita con Bryan- Lucifero parlava con voce
suadente, mi incantava.
Un
solo inchino.
-Mi
devo mettere in ginocchio?- non sapevo come erano gli inchini qui nel
Regno Supremo.
-Sì
Giada un inchino, uno solo- la voce continuava seducente non era
più
maligna, era dolce, calda, affidabile perfino bella.
-Grazie
Lucifero- dissi completamente presa dalla sue parole promettenti.
Un
dito alla volta mi staccai dalla mano di Bryan.
Un
solo inchino.
Lentamente
cominciai ad abbassarmi.
Un
solo inchino.
Le
ginocchia stavano ormai quasi toccando terra.
Un
solo inchino per Bryan.
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Capitolo 23 *** La rivelazione ***
-Giada,
non lo fare, Lucifero ti sta ingannando, un inchino equivale a essere
sua per sempre, non lo fare! Giada ascolta te stessa- quelle parole
entrarono nella mia testa improvvisamente.
Mi
fermai.
Lucifero
era il male, era l'inganno perché lo stavo ascoltando?
Perché avevo
accettato la proposta, mi guardai attorno cercando Bryan, si era
fermato anche lui, ed era lì accanto a me, gli presi la mano
e la
strinsi alla mia, e mi misi in piedi.
-Tu
non puoi incantarmi, non puoi tentarmi, io non accetto il patto-
urlai verso il nulla.
-Come
hai fatto?- domandò Lucifero con un certo stupore. -Comunque
in
qualunque modo tu abbia fatto, sicuramente io te ci rivedremo,
insulsa umana- sentivo tutta la sua rabbia venirmi addosso e dovetti
ricorrere a tutte le mie forze per non cadere a faccia in
giù.
Intanto
tornò la pace.
Il
cielo non diventò di nuovo bianco, ma rimase scuro.
Una
luna piena stupenda mi guardava sorridente, le stelle erano
tantissime nel cielo, ed i fiori frusciavano al ritmo del venticello,
ero estasiata dal cielo luccicante e dalla tranquillità che
si era
creata intorno a me, sembrava di essere caduta in un quadro tanto
quella notte era fantastica.
Il
terrore che mi aveva infuso Lucifero, però non scomparve,
neanche
quella notte perfetta riuscì a far scomparire i miei timori.
-Giada
stai bene?- Bryan mi guardava interrogativo, la paura mi aveva
inchiodato le gambe e bloccato la parola, l'unica cosa che riuscii a
fare fu buttare le braccia al collo del mio angelo e incollare
febbrilmente le mie labbra alle sue.
Appoggiai
le mani sul suo petto caldo, perfetto e sentii come se una energia
nuova circolasse nelle mie vene fluida e potente, mi sentii
più
forte.
-Questo
lo considero un sì- annunciò sorridente, poi si
guardò intorno
dubbioso. -Paride, perché è notte? Fino a un
minuto fa era giorno?
E non sapevo che tu Giada dormissi anche in piedi...- io non ho mai
dormito in piedi, naturalmente Lucifero doveva aver creato una sorta
di visione nella mia mente e forse sembrava che dormissi per Paride
e Bryan.
-Giada
cosa hai visto? E Bryan cerca di essere meno spiritoso...- Paride era
agitato, anche se per un umano non molto pratico di Serafini poteva
sembrare perfettamente a proprio agio.
Serrai
forte la mano di Bryan nella mia e poi dissi quel nome -Lucifero-
La
luce scintillante di cui era composto Paride si attenuò per
un
attimo, Bryan spalancò la bocca e strabuzzò gli
occhi come se
avesse visto un gatto parlare tranquillamente con un topo avente
giacca e cravatta incorporati.
-Giada,
cosa ti ha detto?- Paride fu il primo a uscire dallo shock.
-Lucifero
mi ha proposto un patto...- non riuscii a finire il discorso che
Paride mi bloccò con altre domande.
-che
patto? Hai accettato il compromesso?- la velocità con cui
parlava
era sorprendente, dovevo stare molto attenta per capire tutto
ciò
che mi chiedeva.
-Mi
ha proposto un inchino per avere Bryan per tutta la vita, in un primo
momento ho accettato, poi però ho capito con chi avevo a che
fare e
mi sono fermata...- non era propriamente vero, in realtà era
stata
la voce di mia mamma a fermarmi, ma il momento di dire tutto a
proposito di mia madre non era ancora arrivato, non mi sentivo ancora
pronta.
-Tu
mi stai dicendo che sei riuscita a non farti governare dal male, lo
sai che nessun umano dopo che ha accettato il patto può
uscirne,
Lucifero dopo il fatidico “sì” tiene in
potere le proprie
vittime, come hai fatto?- forse era questo che intendeva Lucifero
quando mi aveva chiesto come avessi fatto, ero sicura che ero
riuscita a non farmi comandare dal influenza funesta di Lucifero solo
grazie a mia mamma, però né Paride né
Lucifero lo potevano sapere.
Intanto
Bryan era ancora bloccato, era impietrito.
-Bryan
dobbiamo andare avanti, dobbiamo muoverci!- solo quando Paride lo
esortò a camminare lui si sbloccò.
-Perché
è notte?- Bryan era ancora impressionato dal incontro che
avevo
avuto lo capivo dal suo tono flebile.
-Il
buio è Segno del male, la conquista sta iniziando
ufficialmente da
ora- la solennità della voce Paride mi fece tremare le gambe
e
seccare la gola, Lucifero ci aveva trovati, ed ora noi dovevamo
scappare.
Osservai
il cielo che mi si presentava perplessa: era bello come poteva essere
opera del male, era rassicurante e calmante.
Era
troppo affascinante per essere opera di Lucifero, non avrei potuto
credere che Lui fosse in grado di creare una cosa così
splendida.
-Paride
sei sicuro? È una notte talmente bella...- lo dissi
continuando a
guardare verso il cielo rapita completamente dalla sua bellezza.
-Giada
svegliati! Lucifero sa illudere, sa ingannare molto meglio di quanto
creda ed è meglio non perdere mai alla lettera
ciò che dice ed è
meglio non farsi ingannare da ciò che vedi, soprattutto
quando la
sua presenza è vicina...- la verità di quelle
parole mi fece
abbassare gli occhi, era la seconda volta che venivo soggiogata da
Lucifero: la prima con il patto, la seconda con questa incantevole
notte e ora avevo paura che ce ne potesse essere una terza.
Dovevo
parlare con Bryan e chiedergli esattamente ciò che quella
voce gli
aveva detto, sentivo che era qualcosa di importante, qualcosa che
dovevo sapere.
Tirai
il braccio del mio Angelo, gli feci segno di avvicinare il suo
orecchio alla mia bocca.
-Bryan
noi due dobbiamo parlare, portami un attimo nella Grotta delle
Meraviglie tanto ormai Lucifero sa dove siamo- Bryan ascoltò
in
silenzio, poi pronunciò due parole e davanti a me comparve
la
Grotta.
Bryan
era ancora indeciso se dirmi la verità, le sue mani erano
strette a
pugno e le pupille dei suoi occhi erano puntate nelle mie, quasi nei
miei occhi ci fosse la risposta alla sua incertezza.
Lentamente
il sguardo scese fino ad arrivare al mio ventre, lo sfiorò
con
delicatezza poi tornò a guardare il mio viso e lo
sfiorò allo
stesso modo.
Prese
la mia mano e con dolcezza mi spinse dentro la grotta ed
entrò nel
piccolo cunicolo a destra dove avevo incontrato Ambra prima di
partire.
Lasciò
la mia mano e si allontanò tenendomi le spalle, io rimasi
all'entrata del cunicolo, non so perché, ma non lo volevo
seguire.
-Giada-
pronunciò il mio nome mentre era ancora di spalle, poi si
girò
teatralmente. -Non so come dirtelo...- cosa mi doveva dire di
così
terribile?
Tante
teorie mi vorticavano nella mente: forse mia mamma gli aveva detto
che non c'era speranza per il nostro amore malato che alla fine di
questa “missione” ci saremmo salutati e ognuno
sarebbe andato per
la propria strada senza lacrime, senza stupide scenate da filmetti da
quattro soldi e senza rimpianti da parte di nessuno dei due, oppure
che nonostante il nostro amore non saremmo mai arrivati alla fine
della “missione” perché saremmo morti
prima di arrivare al
finale e il nostro amore sarebbe diventato una leggenda per le
creature angeliche sottomesse alla tirannia di Lucifero, e il male
avrebbe avvelenato la Terra e tutto ciò che avrebbe potuto
avvelenare con il suo veleno malefico.
-Io
non sapevo che poteva succedere- la sua voce si ridusse a un
borbottio a mala pena decifrabile, cosa non sapeva, e cosa era
successo, maledizione!
-Bryan
ti prego parlami- lo implorai, ma il mio Angelo rimaneva immobile,
con gli occhi fissi sul pavimento liscio.
-Giada
è difficile- non l'avevo mai visto così
preoccupato, ed
incominciavo a pensare cose ancora più orribili a quelle che
avevo
ipotizzato. -Adesso capisco perché la tua tunica
è rosa- ed ora
cosa centrava il colore della mia tunica, era solo una stupida
tunica.
Corsi
verso di lui e gli presi tutte e due le mani pensando che forse era
in una specie di trance dovuta alla paura di quello che doveva dirmi.
Bryan
alzò lentamente la testa.
-Giada
tu sei incinta- sillabò, ed io svenni tra le sue braccia.
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Capitolo 24 *** Pioggia di vita ***
La
pioggia.
Meravigliosa
con il suo ticchettio di libertà.
Ti
bagna con gentilezza.
Giulia
.
Ero
incinta, qualcuno me lo aveva detto, doveva essere stato un sogno uno
di quelli vividi che sembrano reali, era impossibile che fossi
incinta, ma poi ricordai che era tutto vero, nessuno scherzo, nessun
inganno, la voce cioè mia madre l'aveva detto a Bryan e mia
mamma
non poteva mentire su una cosa del genere.
Due
braccia mi stavano sorreggendo in quel momento, quelle braccia erano
di Bryan, il mio amore, l'unico con cui avevo fatto l'amore in questi
l'ultimi tempi, il padre del bambino che portavo in grembo.
Potrebbe
parere paradossale, però ero felice, ero gioiosa, il nostro
bambino.
Aprii
gli occhi, il viso di Bryan copriva la mia visuale, le sue linee
virili, forti, mi affascinavano come la prima volta che lo avevo
incontrato.
Lo
amavo, e avrei amato ancora di più il frutto del nostro
amore.
-Amore
stai bene? Non te lo avrei dovuto dire... lo sapevo che ti avrebbe
fatto questo effetto... tu sei giovane ed io ti ho messo nei guai, lo
so- lo guardai spaesata, lui pensava che mi avesse inguaiata, che
fossi troppo giovane? Cosa stava blaterando!
-Bryan
io sto benissimo, ma...- non mi lasciò finire la frase,
quanto mi
dava fastidio quando pensava di sapere quello che stavo per dire.
-ma
pensi che avrei dovuto dirtelo, così avremmo preso le
precauzioni
necessarie, ti chiedo scusa per la mia ignoranza avrei dovuto sapere
se avessi potuto mettere incinta una ragazza.- se avessi avuto un
masso sotto mano in quel momento glielo avrei lanciato sul quel suo
testone cocciuto, ma mi fu concesso solo di sbuffare sonoramente e
lanciargli un occhiataccia omicida.
-Vuoi
ascoltarmi per favore, io sono felice di avere un bambino da te, la
cosa mi ha solo colto con un po' di sorpresa, pensavo che mi dovessi
dire qualcosa di più pauroso, invece eri solo nervoso che io
non
accettassi la situazione, meglio così- non mi ero mai
immaginata
sino a quel momento mamma, però questo ruolo inaspettato mi
faceva
sentire più leggera, certo le responsabilità
aumentano, i
pannolini, le prime pappe, la scuola e poi c'era l'educazione
naturalmente, stranamente tutto questo non mi pesava affatto, anzi mi
rendeva più forte, mamma, io mamma: mi piaceva!
-Veramente?
Non sei arrabbiata? Io pensavo che volessi vivere ancora la tua
gioventù , che volessi essere ancora spensierata per un po'-
il mio
Angelo esitava ancora.
-Si,
sono felice e purtroppo la mia spensieratezza l'ho persa già
da un
po' di tempo.- un poco di tristezza fece capolino al pensiero della
morte della mia famiglia, e il cambiamento che avevo dovuto
affrontare da sola.
Bryan
mi stritolò tra le sue braccia e girò in tondo.
-Adesso
Bryan mi fai scendere?- chiesi un po' acida, avevo due gambe e le
volevo usare.
-certo-
piano, piano mi fece scendere.
Non
eravamo più nella Grotta, eravamo sulla strada dove avevamo
lasciato
Paride, il Serafino era poco lontano da noi, ci guardava, non
sembrava arrabbiato, non mi ero neanche accorta della sua presenza
durante il discorso con Bryan, in realtà pensavo di essere
ancora
nella Grotta delle Meraviglie.
Paride
si avvicinò a me e fissò il mio ventre quasi
potesse vedere cosa
c'era all'interno.
-Bryan
non dovevi continuare il discorso qui, adesso anche Lucifero
può
aver ascoltato, sei uno sconsiderato!- urlò il Serafino,
perdendo
le staffe veramente per la prima volta da quando lo avevo incontrato.
-Giada,
tu devi essere meno impulsiva e voglio che mi dici a chi appartiene
la voce che ha sentito Bryan!- sgridò anche me ferocemente,
avevamo
sbagliato.
-La
voce appartiene a mia madre- risposi all'istante senza raccontare
tutti i particolari.
-Vi
dovete mettere in testa che questo non è un gioco, Lucifero
farà di
tutto per ucciderci, e questo è solo l'inizio, la tentazione
non è
facile da evitare, soprattutto per te Giada, tu sei umana- Paride
parlò con calma.
Avevamo
appena gridato al mondo che ero incinta, mettendo a rischio sia la
nostra vita, che quella di nostro figlio, non avremmo mai dovuto
essere così stupidi, e pure lo eravamo stati.
Bryan
per primo, lui non si censura mai, ciò che pensa dice, ma
ogni tanto
si dovrebbe limitare, in quel momento l'avrebbe dovuto fare.
Io
avevo sbagliato, avrei dovuto rendermi conto di dove eravamo, avrei
dovuto bloccarlo, invece ero incantata dal suo viso, il suo viso mi
inebriava come un dolce vino pregiato, quando lo vedevo non riuscivo
a guardare altrove, non mi interessava dov'ero se c'era il suo viso
davanti ai miei occhi.
Ora
Lucifero sapeva in un certo senso della mia
“debolezza”, sapeva
il mio punto debole, odiavo considerare il mio bambino in quel modo,
però era esattamente così.
Poi
i miei capelli iniziarono a inumidirsi.
Una
leggera pioggerella cominciò a cadere, il cielo era
immacolato,non
c'era alcuna nube nera minacciosamente ricolma d'acqua, e pure la
pioggia continuava a scendere, creando una sinfonia inconfondibile,
rilassante, depurante.
Ho
sempre amato la pioggia, da quel senso di libertà,
spensieratezza, e
in quel momento fu un tocca sana, respirai a fondo il suo odore,
avrei avuto voglia di gridare, un urlo liberatorio, alzare le braccia
al cielo e cercare di prendere più gocce possibili, aprire
la bocca,
berla, sentirmi viva, come quando baciavo Bryan, si perché
era
quella la sensazione che mi dava, mi faceva sentire viva, reale, ed
la sensazione più bella che abbia mai provato nella vita.
Basta
sensi di colpa, il mio obbiettivo era mantenere in vita quella
sensazione, e senza Bryan non era possibile, senza il bimbo che c'era
nel mio grembo non era possibile, quel bimbo che sentivo già
tra le
mie braccia era ormai essenziale alla mia felicità.
Toccai
la mia pancia come se accarezzassi il volto di mio figlio o figlia
che sia, una lacrima dolce scese lentamente dalla mia guancia.
Dovevo
farcela per il mio bimbo, non potevo permettermi di fallire, niente
sbagli, nessun errore, io glielo dovevo, dovevo tutto al frutto del
nostro amore.
-Scusa,
sono sempre il solito, non permetterò a nessuno di far male
al
nostro bimbo, lo giuro- Bryan si avvicinò e prese il mio
viso tra le
sue mani, mi asciugò con un gesto lento la scia bagnata che
aveva
lasciato dietro di se la lacrima e poi come se fossi qualcosa di
fragile baciò le mie labbra.
Le
gocce si insinuavano nei suoi capelli, sulle nostre labbra, rendendo
quel bacio assolutamente surreale.
Lasciato
andare il mio viso si abbassò fino ad essere di fronte al
mio ventre
ancora piatto, lo baciò altrettanto delicatamente e prese ad
accarezzarlo amorevolmente.
-Lo
giuro anche a te, fosse l'ultima cosa che faccio- sussurrò
solennemente il mio Angelo e la luce che lo avvolgeva si
illuminò
ancora di più.
Paride
si intrufolò tra di noi, guardò prima me poi
Bryan -Io ammiro il
vostro amore- fu tutto ciò che disse.
Per
qualche minuto restammo immobili e in silenzio, il ticchettio della
pioggia era il solo suono udibile.
-Detto
questo, ora dovete scegliere se continuare a piedi o teletrasportarci
fino alla fine di questa strada.
Alla
fine di questa strada ci sono dei cancelli, il cui passaggio
è
consentito solo ad Arcangeli, Cherubini, Serafini e naturalmente al
Signore, io vi ho fatto ottenere un permesso speciale, non ci si
può
teletrasportare oltre il cancello, non è permesso, ci si
deve
entrare a piedi.- Paride fece terminare il silenzio.
-Secondo
te Paride qual è la scelta migliore?-chiesi, mi fidavo di
lui, ci
aveva portato fino a qui, aveva aiutato me e Bryan.
-Lucifero
ormai ci ha scoperto, adesso secondo me la nostra priorità
è la
velocità, io sceglierei di teletrasportarci fino alla fine
di questa
strada- la sua logica non faceva una piega.
-Ci
potrebbero essere conseguenze per il bambino?- domandò Bryan
a
bruciapelo.
-Non
lo so- disse sinceramente Paride.
-Io
non voglio rischiare, e credo che tu Giada sia del mio parere?- il
mio Angelo mi guardava con un espressione seria in viso, io annui,
non volevo rischiare per nessuna ragione al mondo di perdere il mio
bambino.
-Allora
è deciso Paride andremo a piedi, magari per fare
più veloce potrei
prendere in braccio Giada e correre- Bryan parlava chiaro, ed era
più
deciso che mai.
NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti coloro che sono
arrivati alla fine di questo capitolo e grazie per averlo
letto...
Ringrazio l'autrice della poesia
la mia piccola sorellina Giulia di undici anni... Brava
amore!!! <3
Colgo l'occasione anche per
ringraziare di cuore chi ha messo la mia storia tra le seguite,
ricordate e preferite e tutti coloro che l'hanno recensita!!!
Dopo la settimana di vacanza vi
farò trovare un nuovo capitolo... Alla prossima!!!
Grazie un bacione...
Erica
|
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Capitolo 25 *** Il cancello ***
La
pioggia continuava a cadere inarrestabile, fine e fredda, ero in
braccio a Bryan, lui correva, ed io avevo chiuso gli occhi, sentivo
solo l'aria gelida sul mio corpo e le gocce bagnate sul mio viso e
sulla mia tunica.
Avevo
freddo e tremavo Bryan mi stringeva sempre più forte al suo
petto
per riscaldarmi.
Mia
madre non era più ricomparsa nella mia mente e la sua voce
non si
era più fatta sentire, mi angosciava non sentirla
più, la cosa che
però mi angosciava ancora di più era
perché solo mia madre
riusciva a comunicare con me? Mio padre, mia sorella che fine avevano
fatto? Non potevano certo far parte del Regno del male, erano troppo
buoni, allora perché non mi parlavano?
La
pioggia aumentò, ero completamente bagnata, i denti
battevano forti,
avevo bisogno di una coperta e di una tazza di tè caldo, con
le
braccia proteggevo il mio ventre, forse anche il mio bimbo aveva
freddo.
-Bryan
ho bisogno di una coperta, sto congelando- cercai di parlare
più
forte che potevo, ma in realtà il mio tono era stanco e
flebile.
-Coperta-
disse Bryan, e un plaid caldo mi avvolse, mi rilassai sotto la
coperta, chiusi gli occhi nel vano tentativo di dormire, ma non ci
riuscivo, troppi pensieri, troppe paure, troppo di tutto, avevo un
sovraccarico di emozioni.
-Bryan
tu sai dove stiamo andando e cosa stiamo cercando?- la domanda si
formulò da se nella mia mente e quasi non mi accorsi di
averla
pronunciata.
-No,
io mi fido di Paride- fu l'unica risposta che riuscii ad ottenere.
La
pioggia aumentò ancora, secchiate d'acqua venivano
giù dal cielo,
di questo passo la strada si sarebbe trasformata presto in un fiume,
avevo gli occhi ancora chiusi, ma la vista non serviva per
accorgersene, bastava sentire il rumore forte delle gocce che
cadevano sul terreno.
Ormai
neanche quella coperta riusciva a tenermi calda e asciutta.
-Bryan-
sentii la voce di Paride carica di preoccupazione e paura.
-Lo
so- avevo saltato alcune battute del loro discorso, riuscivo a
sentire solo la pioggia che scrosciava violentemente, sentivo solo
l'umidità che mi penetrava fino nella ossa, la
sensibilità tattile
delle mani e dei piedi mi stava abbandonando.
Tentai
di parlare -Bryan...- riuscii solo a biascicare il suo nome.
-Giada,
adesso ti portiamo al caldo- la sua voce sembrava amplificata, provai
ad aprire gli occhi, ma ero troppo debole.
-Paride
ora come facciamo?- un'altra frase sconnessa arrivò alle mie
orecchie.
-Dobbiamo
resistere- a cosa dovevamo resistere? Alla pioggia? Maledizione era
solo acqua, cosa stava succedendo, stavo sognando, perché
ero ancora
bagnata? Ero confusa, avevo paura.
-Bryan...
ho freddo...- cercai di dire ad alta voce, doveva portarmi via da
quella strada, da quell'acqua.
-Lo
so, Giada, ma non posso fare niente- era un Angelo lui poteva fare
tutto.
-Ho
bisogno di te- questa fu l'ultima frase sensata che pronunciai, poi
non capii più niente, ero solo bagnata, avevo solo freddo e
avevo
tanto, ma tanto sonno, mi abbandonai tra le braccia di Bryan sfinita.
Finalmente
sentivo l'aria tiepida sulla mia pelle, la mia tunica era ancora
umida, la sentivo appiccicata sul mio corpo che si stava asciugando
lentamente, qualcuno mi accarezzava il viso, la sua mano era asciutta
e rassicurante, ero sicura che fosse Bryan.
Aprii
gli occhi il viso del mio Angelo era intento a guardare qualcosa
davanti a lui , cercai di parlare, ma Bryan mi tappò la
bocca con
una mano, segui lo sguardo del mio amore, poco davanti a noi c'era
Paride che parlava con tre figure: quella davanti al Serafino aveva
quattro ali, possedeva un corpo di leone e ben quattro facce, una
inconfondibilmente dai tratti umani, la seconda aveva i tratti di
una mucca, la terza invece era incorniciata da una folta criniera
dorata che poteva appartene solo ad un leone e l'ultima dai tratti
spigolosi e con un becco a uncino probabilmente apparteneva a un
uccello rapace, o un aquila o un falco, alla destra di questo essere,
sospesa nell'aria, c'era una ruota oro di un carro, la
particolarità
della ruota era che su di essa c'erano dei piccoli fori che
assomigliavano a degli occhi.
Altre
due figure indietro rispetto al essere a quattro teste erano
posizionate alle due estremità di un cancello argentato,
queste
sembravano Angeli, però indossavano un armatura di ferro con
buchi
per permettere il passaggio delle ali e l'elmo che portavano non mi
permetteva di vedere e studiare i tratti dei loro visi.
Avevo
voglia di capire chi fossero mai quelle strane creature, e
perché
Paride intrattenesse con l'animale/uomo a quattro teste una
conversazione all'apparenza molto intima, non riuscivo neanche a
capire di cosa stessero parlando tanto il loro tono di voce era
basso, e pure ero lontana meno di un metro da Paride e
dall'animale/uomo.
Il
Serafino tirò fuori un foglio luminoso simile a quello che
Bryan mi
aveva fatto guardare prima di partire per questa avventura, il
foglio luminoso galleggiava nell'aria alla giusta altezza per
permettere alle quattro teste di controllare il contenuto.
Gli
occhi delle teste osservarono per qualche minuto il foglio, poi il
foglio si sistemò all'altezza della ruota, allora erano
veramente
degli occhi quei fori su di essa!
Anche
la ruota osservò per qualche minuto il foglio.
Capii
che Paride stava aspettando un responso, poi un flash
attraversò la
mia mente, il cancello, la fine della strada, i permessi per varcare
il cancello, forse il foglio luminoso era il permesso mio e di Bryan
per andare oltre il cancello, e quelle due creature stavano
controllando se fosse tutto in regola.
-Bryan,
Giada avvicinatevi- Paride richiamò la nostra attenzione.
Bryan
mi posò a terra, non ero sicura di poter mantenermi in
equilibrio,
sentivo le gambe molli come se al posto di quegli arti ci fossero due
enormi panetti di burro, mi aggrappai al braccio del mio amore e
camminai insicura verso l'essere a quattro teste.
Abbassai
lo sguardo, la mia tunica rosa era bagnata e poco presentabile, le
mie forme di donna erano molto accentuate, rialzai lo sguardo, e mi
accorsi che anche i pantaloni del mio tesoro, svolazzanti e bianchi,
erano molto umidi e il suo petto perfetto non si era ancora asciugato
del tutto.
Avevo
una voglia pazzesca di aggrapparmi al suo petto e non lasciarlo
più,
sentire il calore della sua pelle penetrare nella mia e poi... era
meglio chiudere lì il pensiero erotico, la mia mente
contorta
generava pensieri sbagliati al momento sbagliato.
Per
distrarmi dai pensieri mi soffermai a guardare la camminata sicura di
Bryan, ogni tanto l'essere sfacciato aiuta, e questa caratteristica
di certo al mio Angelo non mancava, non era minimamente preoccupato
dello stato dei suoi vestiti oppure se lo era non lo dava per niente
a vedere.
La
voce di mia mamma tuonò nella mia testa, mi pregava di
credere in me
stessa, di andare davanti a quell'essere sicura di me,
perché gli
Angeli sono sempre sicuri di se stessi, quasi mai un Angelo prova
paura, l'ultima cosa che mi disse fu:” fidati di quello che
hai
dentro”.
Il
cuore batteva, lo sentivo sbattere contro la schiena fastidioso, ne
sentivo il rumore nelle orecchie: tum tu tum... Il respiro era
difficoltoso dovevo pensarci, dovevo concentrarmi per far entrare
ossigeno e far uscire anidride carbonica: uno, due inspira... uno due
espira.
Non
so dove trovai la forza di mettere un piede davanti all'altro, la
creatura a quattro teste diventava sempre più vicina,
riuscivo a
distinguere perfettamente l'espressione stupita delle facce, almeno
di quella umana, mi chiedevo da che cosa fosse dato quello stupore.
Ero
davanti alla creatura, se allungavo una mano potevo toccarla, un
freddo pervase le mie membra e tremai inconsapevolmente,
però la
pioggia e la mia tunica impregnata di acqua non centravano nulla con
quel gelo e quel brivido improvviso.
Tum
tu tum... uno due inspira.. uno due espira.
-Due
Angeli affascinanti oserei dire- mosse le labbra solo la testa umana,
le altre teste si limitavano a fissarci. -emettete vibrazioni mai
sentite prima d'ora, mi aveva avvertito il Serafino, siete
interessanti- il tono estremamente cordiale mi metteva a disagio,
sembrava falso e spietato, non mi piaceva.
-La
vostra affermazione ci lusinga, mio caro amico Cherubino, se posso
osare quel è il vostro nome?- Bryan parlò in un
modo e in un tono
diverso da qualunque altro modo in cui si era espresso con me o con
Paride.
-Mio
caro Angelo parla prima tu- sembrava quasi una minaccia, oppure
semplicemente si sentiva talmente superiore a Bryan da poter non
rispondere alle sue domande.
-Bryan-
il mio Angelo non si lasciò intimorire, e rispose
prontamente
dimostrando il suo coraggio.
Tum
tu tum...uno due inspira... uno due espira.
-e
tu che non hai ancora parlato qual è il tuo nome?- ci misi
qualche
secondo a capire che il Cherubino si stava rivolgendo a me,
risultando a parer mio ancora una volta debole agli occhi di quella
creatura angelica, magari aveva già capito che ero umana e
ci voleva
solo far soffrire un po', ero troppo catastrofica come al solito.
Allora
tentai di parlare, ma avevo la gola troppo secca e salivazione
ridotta a zero.
-Vuoi
parlare mi sembra una richiesta mol...- si bloccò rimanendo
con la
bocca aperta e si avvicinò ancora di più verso di
me, sentivo il
suo respiro sfiorarmi il viso tanto quel Cherubino era vicino a me.
Il
cervello smise di pensare per un attimo.
Tum
tu tum.. uno due inspira... uno due espira.
-Straordinario
tu oltre alle vibrazioni angeliche, emetti ancora vibrazioni umane,
non l'avevo ancora sentito, dimmi per favore il tuo nome, non avere
timore- emettevo ancora vibrazioni umane, ma non era questo che mi
preoccupava, emettevo vibrazioni angeliche? Stavo diventando forse un
angelo? Oppure era l'effetto del camuffamento?
Distolsi
un attimo lo sguardo dal Cherubino, e osservai attentamente le
reazioni di Bryan, ma il suo viso non tradiva alcuna emozione.
Allora
ritornai a guardare il Cherubino e mi ricordai che mi aveva rivolto
una domanda, a cui avrei dovuto rispondere -Il mio nome è
Giada- la
mia voce era leggermente gracchiante e sforzata, sicuramente se ne
era accorto.
Tum
tu tum... uno due inspira... uno due espira.
-Bel
nome, potrei toccarti?- mi chiese pochi secondi dopo la mia risposta.
-Si-
dissi senza pensarci, non potevo oppormi a lui, avrei solo peggiorato
la situazione dovevo affrontarlo, Bryan doveva pensarla come me
perché rimase in silenzio forse pregando come me.
Il
Cherubino borbottò qualcosa in una lingua strana, una
leggera
nebbiolina lo avvolse e quando la nebbia si dissolse davanti a me
c'era un umano vestito tale uguale a Bryan, ma capii che era la
stessa creatura a quattro teste di prima poiché la testa
umana era
la stessa di poco fa, sicuramente toccarmi con le zampe era
più
difficile che toccarmi con una mano.
Mi
appoggiò una mano sulla spalla e chiuse gli occhi, sentii
una scossa
pervadermi il corpo, e anche io chiusi gli occhi.
La
sua mano rimase sulla mia spalla per pochi secondi, poi la tolse ed
io rimasi immobile aspettando quel tanto atteso responso, in quella
frazioni di minuti ripensai alla mia vita: dalla mia famiglia, alle
mie sofferenze e alle mie gioie un immagine ne susseguiva un'altra, a
un certo punto mi ritrovai a guardare un possibile futuro, la mia
bambina in braccio, un piccolo fagotto con occhi marroni scuro,
qualcun altro le stringeva la mano paffuta, era Bryan che con la
testa affiancata alla mia ammirava estasiato il nostro capolavoro.
Ritornai
alla realtà duramente, capii però il senso
dell'ultima frase che mi
aveva detto mia madre, la quale mi suggeriva di fidarmi di quello che
avevo dentro, quello che avevo dentro non era riferito a una mia
qualità o a una parte del mio carattere, ma era
semplicemente
riferito a quella bimba.
Misi
una mano sulla pancia.
Eravamo
un corpo solo, era lei che mi regalava quelle vibrazioni angeliche,
era a lei a cui mi dovevo completamente affidare.
-Passate-
il Cherubino emise il suo verdetto con decisione, i cancelli avanti a
noi si aprirono ed io con naturalezza presi per mano Bryan, e
cominciai a camminare verso il nostro destino.
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Capitolo 26 *** L'incontro ***
Varcati
quei cancelli si aprì a me uno spettacolo meraviglioso.
Il
cielo era di un azzurro terso illuminato da qualche saetta d'oro che
ogni tanto faceva capolino in quel immenso mare celeste, tutto era
invaso dal verde e
dai fiori colorati, tutto profumava, un odore dolce che penetrava nel
mio naso con gentilezza, faceva caldo, un caldo estivo, ma non afoso,
era perfetto.
Respirai
a fondo, l'aria pulita riempì i miei polmoni e
già un po' di
tensione accumulata a causa del viaggio e moltiplicatosi a causa del
verdetto mi abbandonò, ma rimasi comunque in allerta avendo
lo
strano presentimento che non avevamo ancora vinto.
Bryan
che mi stava tenendo la mano, mi tirò verso il suo petto e
mi
abbracciò con tenerezza, ed io naturalmente feci altrettanto.
Il
mio Angelo mi allontanò poi solo per guardarmi negli occhi,
sorrideva beato
pregustando il dolce sapore che ha la vittoria.
-Giada
ce l'abbiamo fatta!- gridò ridendo a squarciagola, mi prese
di peso
da terra e mi fece girare in tondo.
-Bryan-
Paride parlò, ci girammo verso di lui e ci rendemmo conto
ancora una
volta di aver ignorato la sua preziosa presenza -Non è
ancora finito
il nostro viaggio, questa è solo una piccola vittoria,
confronto a
quello che ci aspetta- il Serafino aveva detto ciò che
temevo
avrebbe detto, purtroppo i miei presentimenti non mi avevano
ingannato.
Abbassai
lo sguardo un po' affranta, vidi la mia tunica ancora non completamente
asciutta e la domanda sorse spontanea -La pioggia centra qualcosa
con Lucifero?-
-Sì,
tutte le creature angeliche odiano il freddo e la pioggia, il gelo,
il buio è sinonimo di tenebre, quindi del male- l'acqua che
ancora
bagnava la tunica divenne pesante e fastidiosa più del
dovuto, non
mi piaceva l'idea che il male poteva toccare la mia pelle, starmi
accanto.
-Certo
infatti l'acqua fredda, il ghiaccio e la temperatura bassa sono le
uniche cose che possono indebolire noi creature angeliche, dico bene
Paride?- disse Bryan sicuro di quello che diceva.
-Esatto,
Lucifero ci ha voluto mettere in difficoltà
inviandoci pioggia
fredda in abbondanza e una temperatura molto bassa- il Serafino
confermò la
spiegazione di Bryan –ma non solo ha anche confuso la tua
mente
sperando che Bryan andasse in panico vedendoti svenire, sperava che
tutti questi elementi lo facessero abbattere a tal punto che avrebbe
rinunciato alla missione, l'ha sottovalutato!- la voce di Paride,
sembrava la voce di un padre fiero dei suoi figli.
Paride
e Bryan continuarono a parlottare tra loro, io invece volli godermi
per un attimo la pace che si era creata intorno a me, ignorai le lo
loro voci che divennero appena dei ronzii nella mia testa.
Godei
del sole tiepido che riscaldava la mia pelle e mi asciugava la
tunica, il sole mi stava aiutando a disfarmi di quell'acqua gelida e
scura come il male.
Mi
sedetti sul prato, l'erba soffice sfiorava dolce le mie caviglie, mi
faceva un po' il solletico, ma era piacevole.
Alzai
gli occhi al cielo celestiale e li chiusi, respirai a fondo, l'aria
sapeva di fiori e di un odore buonissimo che non avevo mai sentito
prima.
Questo
posto sembrava fuori dal mondo, fuori da ogni problema, tutto era
così maledettamente vero, non era una pace irreale, sarei
rimasta lì
sdraiata per anni interi solo per godere di quella calma, solo per
riempirmi fino a scoppiare di questa sensazione di benessere e calore
che riscaldava ogni parte del mio corpo.
-Giada,
cosa stai facendo?- la voce di Bryan mi fece sobbalzare, guardai
verso di lui, l'espressione del suo viso era di nuovo preoccupata.
-Niente,
mi stavo solo rilassando- risposi, ancora un po' scossa a causa del
brusco risveglio.
Fissò
i suoi occhi dentro i miei, quasi volesse leggere i miei pensieri
perché insoddisfatto dalla risposta, qualcuno forse avrebbe
distolto
lo sguardo: non è affatto facile riuscire a gestire un
simile modo
di guardare.
Ma
io, io ero incantata dai suoi occhi, persa in quel nero, sguazzavo
dentro le sue pupille, mi sentivo più leggera ed era
impossibile per
me non guardarli, non avrei mai distolto lo sguardo per prima, non
potevo.
-Giada
dobbiamo entrare dentro quel edificio- aveva indicato qualcosa che
stava alle mie spalle, mi voltai ed eccolo un enorme castello
trasandato e imperioso, un po' inquietante, uno di quei edifici che
diresti abitato da fantasmi.
Stonava
in quel paesaggio così pacifico e quasi idilliaco.
Il
castello era in pietra rozza e fredda, era enorme, non avevo mai
visto niente di così grande nella mia vita, ed era
posizionato su
promontorio appena accennato e circondato da un fossato pieno di
acqua limpida, il ponte levatoio era alzato, rendendo impossibile
l'accesso, almeno per le mie capacità umane.
La
costruzione era di forma perfettamente quadrata, ogni angolo di quel
quadrato ospitava una torre massiccia, le quattro torri erano unite
fra loro da mura merlate, poi ognuna di queste torri confluiva ad una
centrale, la più maestosa ed alta torre che forse avevo
potuto
vedere .
Capii
all'istante che quel castello sarebbe stata la nostra meta, forse era
proprio quella la meta del nostro viaggio, ma non era sicuramente
l'arrivo.
Bryan
si avvicinò a me e mi prese la mano, Paride si mise davanti
a noi e
lentamente come se dovessimo fare un'entrata trionfante si
avvicinò
al ponte levatoio, si fermò esattamente qualche centimetro
prima del
inizio del fossato, ci fermammo anche noi.
Paride
pronunciò qualcosa in una lingua strana, assomigliava
vagamente al
latino, però sembrava più arcaica o forse era
solamente una lingua
che non esisteva sulla Terra, la lingua delle creature angeliche.
L'importante
fu che il ponte levatoio si abbassò e ci permise di entrare.
Probabilmente
l'entrata portava direttamente nella torre centrale.
Infatti,
mi ritrovai davanti ad un enorme biblioteca ogni parte di quel
infinita stanza , ogni alta parete, ogni angolo era coperto da libri
di varie grandezze e colori.
L'odore
della carta e dell'inchiostro mi riportò con il pensiero
alla mia
amica Ambra, a quei giorni in cui ero diventata l'ombra di me stessa,
qualcosa di più simile a un fantasma che a una persona umana.
Poi
mi resi conto che non avrei più dovuto pensare a quel
periodo era
passato ed ora Bryan era qui mi stringeva la mano e sapevo benissimo
che non mi avrebbe mai più lasciato.
Mandai
via quei pensieri dalla mia mente e ritornai al presente.
Incominciai
a esaminare accuratamente ciò che avevo attorno a me: gli
scaffali
appoggiati al muro erano di legno massiccio intarsiato, ma ormai
corrosi dal tempo, il pavimento anche esso di legno scricchiolava ad
ogni passo, a lato vicino agli scaffali c'erano grandi scrivanie di
legno messe una davanti all'altra a formare due file parallele
infinite divise da un vecchio tappeto rosso, anche queste scrivanie
erano stracolme di libri.
Tutti
i libri non riportavano autore e titolo, lasciai la mano di Bryan e
mi avvicinai a una di quelle scrivanie piene di libri, volevo
prendere e curiosare.
-Ferma!-
la voce melodiosa di Paride mi aveva bloccata.
Di
scatto ritrassi la mano come se mi fossi scottata.
-Cosa
facciamo in questo posto?- chiesi io veramente incuriosita .
-Dobbiamo
fare una ricerca- disse Paride senza dare dettagli volutamente.
-Che
genere di ricerca?- insistetti.
-Quando
la faremo capirai- con questa risposta mi zittì.
Bryan
era rimasto un po' indietro, stranamente era silenzioso quasi sapesse
cosa dovevamo fare.
Guardandolo
meglio mi accorsi che era impaurito, molto spaventato, ma non capivo
da cosa, ma qualunque cosa lo spaventava, spaventava anche me.
-Bryan
cosa faremo?- lui sapeva qualcosa me lo sentivo.
-Lo
saprai- anche lui mi rispose enigmaticamente.
Ero
un po' frustrata da tutti questi segreti, ma non impaziente, avrei
scoperto tutto nel momento giusto.
-Se
vuoi te lo posso dire io- una voce risuonò nella stanza, ma
non era
una voce qualunque, era quella voce, era la voce di Lucifero e questa
volta non era lontana, era vicina e non poco.
Un
ragazzo alto e stupendo apparve dal nulla nella stanza, nello stesso
momento la temperatura calò, tanto che il mio respiro si
trasformava
in nuvolette, la brina ricoprì gli scaffali.
Il
ragazzo aveva un viso angelico, perfetto, capelli biondo cenere
incorniciavano il viso dove risplendevano due occhi azzurro cielo, la
bocca carnosa e vermiglia completava la sua faccia che era di una
straordinaria bellezza.
La
sua pelle era chiara, vellutata ero tentata a toccarla per sentirne
la consistenza, le spalle erano mascoline, le braccia muscolose e il
petto scoperto era perfettamente scolpito.
Indossava
solo un pantalone simile a quello di Bryan di colore nero e le sue
ali erano schiuse rivelandosi fatte di piume dello stesso colore
dell'unico abito che copriva il suo corpo.
Mi
sorrideva ed io mi trattenevo per non rispondergli, quella voce
disgustosa non poteva appartenere ad un ragazzo così bello.
Scossi
la testa, mi ricordai che non dovevo cadere in fallo, lui era,
è e
sempre sarà il male.
Bryan
si avvicinò a me, mi prese i fianchi e mi strinse contro il
suo
petto.
-Ciao
Bryan, ciao Paride, ma soprattutto ciao Giada- queste sono le prime
parole che disse lucifero, la sua voce mi fece rabbrividire.
Misi
una mano sul ventre e attesi che continuasse a parlare.
Paride
si spostò davanti a noi con il chiaro intento di
proteggerci, perché
in qualche modo lui si era affezionato a noi, avevamo risvegliato
qualche sentimento morto in lui.
-Wow
i due piccioncini innamorati, sono così felice di fare la
vostra
conoscenza- Lucifero ora aveva la voce benevola , ma d'ora in avanti
non
mi avrebbe più ingannato.
Le
apparenze non mi avrebbero più ingannato, perché
dopo che un umano
vede questo posto, il cui involucro è bellissimo, un posto
da sogno,
un posto dove tutti a prima vista vorrebbero vivere, cominci a
capire che tutto è solo un illusione, un miraggio di
ciò che
nasconde realmente.
L'odio
nasconde, l'odio sporco, viscido niente paragonato a quel serpente
sibilante emblema della perfidia, della lusinga e del peccato.
Questo
posto è l'Odio.
L'ho
capito dopo aver visto il castello, quel pauroso, freddo castello,
racchiuso in una valle idilliaca, in un primo momento sono stata
colpita dalle bellezze che offriva questa valle incantata tanto da
non vedere altro, Bryan mi ha fatto notare il castello.
Quanto
di vero c'è in quel detto che dice “ l'abito non
fa il monaco”,
qui non solo l'involucro non rispecchia ciò che contiene, ma
talvolta anche le emozioni ci confondono e capire ciò che
è
illusione da ciò che invece esiste, è reale
diventa una sorta di
gioco perverso.
Lucifero
è il protagonista di questo gioco e batterlo non
è così semplice,
anche perché lui gioca ad armi impari, lui non è
condizionato dalle
emozioni e dai sentimenti a lui importa solo di se stesso.
Ma
è quando il gioco diventa duro che chi è
veramente forte per farlo
si mette in gioco.
Ed
io ero in gioco più che mai.
-Cosa
ci fai qui? Con quale coraggio ti mostri?- mentre ancora questi
pensieri mi affollavano la mente, Paride aveva parlato con una voce
così dura che quasi mi aveva spaventato.
-Paride
non ti scaldare troppo, non vorrei...- Lucifero aveva sorriso
malizioso. -Adesso per favore spostati- il suo comando fu subito
eseguito da Paride, che si allontanò da noi con la testa
bassa,
affranto.
Il
Serafino non aveva il potere necessario per disubbidire ai suoi
ordini, per troppo tempo era stato un ingranaggio di quella macchina,
la macchina del regno celestiale costruita su falsi ideali.
-Non
osare avvicinarti a lei- Bryan mi aveva avvolto con le sue braccia il
ventre e la mia schiena era completamente appoggiata sul suo petto
nudo, giuro che vicino a lui non avevo paura, sapevo che mi avrebbe
protetta a qualsiasi costo.
-Io
non voglio farle del male, devo parlarle, da solo con lei- questa
frase mi fece tremare, Bryan lo percepì e mi strinse ancora
di più
come per farmi capire che non mi avrebbe lasciato.
-Su
levati di torno Bryan- avevo paura che anche lui avrebbe obbedito al
suo ordine.
-No,
io non sono una tua marionetta- la risposta di Bryan mi
lasciò per
un attimo stupita, uno stupore bello, capivo solo in quel momento che
il mio Angelo non aveva mai fatto parte di questo regno ed io ne ero
veramente felice.
Sorrisi,
si sorrisi proprio a Lucifero, era un sorriso di sfida e lui
contraccambiò, ma nei suoi occhi non c'era soltanto sfida.
-Bryan
lasciami parlare con lei, ti do la mia parola che non le
farò del
male- questa volta Lucifero parlò con voce persuasiva, non
avrebbe
mollato l'osso tanto facilmente, lui voleva parlare solo con me,
quello era il suo obbiettivo e lo avrebbe ottenuto.
Bryan
stava per parlare, ma io lo feci per prima.
-Va
bene, parlerò da sola con te, ma promettimi un'ultima
cosa...-
dissi, stava cominciando il mio gioco.
-Certo
bellezza- rispose Lucifero sogghignando.
Bryan
a questa affermazione mi aveva tolto le braccia dal ventre e stava
andandogli incontro con la chiara intenzione di dargli un cazzotto,
ma non penso sarebbe stata
una
buona idea.
-Amore
fermati- li misi una mano sul petto e gli lanciai uno sguardo
implorante. -Lasciami fare, per una volta- continuai.
-Ma...
Io...- Bryan balbettava, per la prima volta era realmente in
difficoltà con le parole, gli misi una mano sulla bocca, per
fargli
capire che non doveva dire niente.
Il
mio Angelo annuì con la testa, forse aveva capito, tolsi la
mano
dalla sua bocca e rivolsi il mio sguardo a Lucifero.
-Promettimi
che non farai del male né a Bryan, né a Paride e
né tanto meno alla bambina che porto in grembo- ero sicura
di me stessa e la mia voce lo
rispecchiava.
-Affare
fatto e adesso se vuoi seguirmi- mi fece un piccolo inchino, si
avvicinò a me, mi mise una mano sulla schiena e seguimmo il
tappeto
rosso infinito.
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Capitolo 27 *** L'attore ***
Quando
fummo abbastanza lontani in modo da non poter essere né
sentiti né
visti, cominciò a parlare.
-Devo
dire la verità sei bella quasi quanto una creatura angelica-
esordì,
guardandomi fisso negli occhi con un sorriso malizioso appena
accennato. -Chissà se...- sospese la frase, si
avvicinò a me, il
suo viso ormai era a pochi centimetri dal mio, con una mano prese
una ciocca dei miei capelli corvini e la portò al naso per
sentirne
l'odore.
Non
avevo il coraggio di parlare.
Avrei
dovuto spostargli la mano, non avrei dovuto permettergli di annusarmi
i capelli a quel modo, ma Lucifero mi incantava con la sua bellezza,
non riuscivo a staccare gli occhi dal suo viso etereo, i suoi occhi
di quell'azzurro chiarissimo mi ipnotizzavano.
-Hai
un odore dolce, ingenuo e di donna- continuò lasciando i
miei
capelli, poi cominciò a girarmi intorno come un cacciatore
che
studia la sua preda, esaminò ogni parte del mio corpo, ed io
ero
immobile.
Mi
sentivo sola, senza protezione, senza Bryan.
Il
cuore batteva forte, avevo paura, ma continuavo ad essere affascinata
da Lucifero.
Si
fermò di nuovo davanti a me, con il viso vicinissimo al mio,
tanto
che potevo sentire il suo respiro polare sulla pelle del mio viso.
-Giada
sei bella e odori di buono, neanche io avrei saputo resistere a te-
perché mi diceva queste cose.
Presi
un respiro, l'aria era fredda naturalmente, Lucifero ovunque andava
portava con se il gelo, il suo ambiente naturale.
Dovevo
dimostrarmi forte e decisa, dovevo parlare: niente di più
complicato.
Mi
concentrai sul viso di Bryan, respinsi il freddo e accolsi il calore
del mio Angelo.
-Lucifero,
cosa vuoi?- chiesi senza alcuna esitazione.
-Giada
tu non ti rendi conto di quanto sei preziosa- mi voleva fregare a
forza di complimenti, mi sa che aveva sbagliato ragazza.
Mi
allontanai dal suo viso.
-Non
bastano quattro complimenti per conquistarmi- ogni parola traboccava
di disprezzo e anche se adesso sentivo un calore confortante sulla
mia pelle, non riuscivo del tutto ad disincantarmi dalla chiara e
misteriosa bellezza del mio interlocutore.
-Io
dico che se adesso ti bacio tu non mi respingerai- vedevo che la
distanza che avevo appena acquistato si stava di nuovo accorciando,
vedevo le sue labbra vermiglie e carnose avvicinarsi sempre di
più.
Ed
io ero immobile.
Incapace
di muovere un solo muscolo.
Non
riuscivo a formulare un pensiero compiuto.
Non
volevo baciarlo.
Ancora
pochi centimetri e le sue labbra gelide avrebbero incontrato le mie
calde, ancora un passo e non avrei più potuto guardare le
labbra di
Bryan senza sentirmi in colpa.
Ma
non incontrò mai le mie labbra, la mia mano si
poggiò giusto in
tempo sulle mia bocca e l'unica cosa che baciò fu il mio
palmo.
Un
brivido di freddo partì dalla mano e arrivò fino
alle dita dei
piedi.
-Hai
vinto- disse come un bambino capriccioso, prendendo le debite
distanze da me.
-Io
non ti bacerò mai!- e urlando alzai la mano pronta a dargli
uno
schiaffone, quelli che ti lasciano le cinque dita stampate sulla
faccia per almeno un'ora.
La
mia mano si avvicinò velocemente al suo viso, ma lui la
prese
prontamente e mi storse il polso.
Dalla
mia bocca uscì un gemito di dolore, se avesse stretto ancora
un po'
mi avrebbe rotto sicuramente il polso.
Lucifero
sghignazzava mentre mi vedeva soffrire.
-Sei
così violenta? Non va proprio bene...- dicendo
questo mi lasciò il polso.
Appena
lo lasciò il dolore mi abbandonò.
Cominciai
a pensare quale poteva essere il vero scopo di Lucifero: forse
voleva piegarmi al suo volere, come aveva già tentato di
fare in
passato, forse voleva confondermi o forse mi voleva semplicemente
uccidere, così ne avrebbe avuta una in meno e Bryan sarebbe
diventato più vulnerabile.
Tutte,
però, mi sembravano spiegazioni inconsistenti.
-Perché
sono qui?- chiesi, mi ero stancata di aspettare qualche
spiegazione da parte di Lucifero.
Io
volevo riuscire a capire e non tentare di ipotizzare situazioni
catastrofiche.
-Vuoi
sapere che luogo è questo e il motivo per cui sei qui?-
l'agitazione,
l'irritazione e la curiosità erano ormai salite alle stelle
e mi
logoravano lo stomaco.
Le
situazioni nella mia mente divennero sempre più disastrose,
nere,
senza via di fuga.
Incominciavo
a temere ciò che mi avrebbe detto, ma allo stesso tempo gli
avrei
urlato di parlare perché non ne potevo più di
aspettare.
Probabilmente
la mia attesa era incominciata il giorno che avevo incontrato Bryan o
forse quando la mia famiglia era morta lasciandomi sola al mondo, in
quel momento però sapevo solo che le parole di Lucifero
avrebbero
posto fine a questa estenuante inquietudine.
Lucifero
intanto continuava il suo piccolo spettacolo: sorrideva, si toccava i
capelli e apriva la bocca come per parlare, ma usciva solo aria che
sapeva d'inverno.
Poi
quando sembrava che stesse per aprire le labbra ancora una volta
senza pronunciar parola, cominciò il suo monologo, con
parole curate
e misurate.
-Questa
è una biblioteca- si fermò come se gli occorresse
pensare a ciò
che doveva dire, io trattenevo il respiro, con crescente
curiosità,
se non avesse continuato il discorso da un momento all'altro sarei
scoppiata.
-Ma
non è una biblioteca come tutte le altre- buttai fuori
l'aria e
inspirai nuova aria – vedi... dentro questi libri non ci sono
i
soliti romanzi... e non per questo questi sono meno interessanti, tu
che sei una lettrice così accanita saresti capace si
portarteli a
casa oggi e domani averli già letti tutti...- con questa
frase
voleva farmi intendere che non gli ero poi così sconosciuta,
naturalmente io me lo aspettavo.
Quale
cacciatore, se ne avesse l'occasione, non studierebbe la sua preda da
vicino per conoscerla meglio in modo tale da rendere la sua caccia
breve e meno faticosa?
-In
ogni libro qui dentro c'è scritta la vita, e non solo, di
ognuno di
noi- questa frase fu una novità, ma non era ancora stato
chiaro, i
libri contenevano il destino di ogni uomo compreso quello dopo la
morte? C'erano i libri solo delle persone morte? Oppure ci poteva
essere anche il mio? Con un no o un sì, si poteva dare il
via a
miliardi di ipotesi diverse, che adesso martellavano con insistenza
nella mia testa.
-C'è
anche il tuo libro naturalmente, nel tuo non c'è ancora
scritta la
parola fine...- allora eravamo qui per leggere il mio libro? -Ma
d'altronde in nessuno di questi libri c'è scritta la parola
fine-
Lucifero
sembrava un attore perfetto nel suo monologo.
Manteneva
un certo mistero, ma avvinandosi lentamente alla verità,
sviando il
discorso, allungandolo e commentandolo, facendomi restare con gli
occhi sgranati, con il respiro sospeso fino alla fine.
Sentivo
il mio cuore veloce e la sua nuova pausa non faceva che agitarmi
maggiormente.
Volevo
quel benedetto colpo di scena.
-Sto
divagando, naturalmente Bryan e Paride stanno cercando un libro
preciso- Lucifero sorrise e prese un altro respiro.
-Prova
a indovinare di quale si tratta?- mi guardò aspettando la
mia
risposta.
-Il
mio- dissi istintivamente, ma a pensarci bene, non c'era motivo per
indagare nella mia vita, insomma sapevano tutto di me, della mia
storia.
Allora
quale libro stavano cercando, forse quello di un componente della mia
famiglia, forse quello di Lucifero o forse...
-Dalla
tua espressione vedo che tu hai capito, si mia cara stanno cercano il
libro di Bryan, stanno cercando quella storia...-
l'espressione
sul viso di Lucifero ora era compiaciuta, lui sapeva perfettamente la
storia, ma gli piaceva vedermi impaziente, vedermi pendere dalle sue
labbra, mi sentiva in suo potere e probabilmente un po' lo ero.
-Se
vuoi posso raccontarti la sua storia, dalla sua nascita- si
fermò
nuovamente per mandare giù la saliva.
-Parla
per favore- ormai ero all'esasperazione e l'avrei supplicato di
continuare.
-Bryan
nasce da un unione peccaminosa, sua madre era un'inutile umana
proprio come te, il padre invece è un Angelo si chiama
Daniele-
Rimasi
molto stupita da questa nuova informazione, non riuscivo a capire
come tutta questa storia poteva centrare con noi, ero sempre
più
confusa, la mia testa cominciava a girare e la mia bocca era arida
come il deserto del Sahara.
-Il
Signore e la sua banda di Serafini immediatamente giudicò e
punì i
due amanti, l'Angelo fu condannato a vivere al mio fianco nel Regno
del male, ed è ancora lì.
L'umana
venne condannata alla cancellazione di tutti i ricordi in cui era
presente l'Angelo e i luoghi del regno supremo- Pausa, altra tortura.
-A
questo punto sorse il problema, non potevano cancellare i ricordi ad
una ragazza incinta e in più non di un normale bambino, ma
di un
mezzo Angelo...- Lucifero sembrava una mamma che legge una favola
alla sua bimba per farla dormire, con quella voce carezzevole e
innocente -Allora il Signore pensò bene di farla partorire,
dopo di
che toglierle i ricordi e in qualche modo sbarazzarsi del bambino...
-Ma
naturalmente non poteva uccidere il bambino e non poteva neanche
dare a qualche famiglia un bambino mezzo Angelo. Così il
Signore decise di
crescerlo e per non fare accorgere a nessuna creatura angelica di
quel bambino represse la sua natura umana e fece in modo che gli
altri potessero vedere solo la sua natura angelica, ovviamente nascose
ben benino tutta la storia.
-L'unico
elemento che non aveva calcolato era io. Io avevo scoperto tutto e
minacciai di raccontare a tutte le creature angeliche chi era quel
bambino e soprattutto da chi era stato originato.
-Il
rischio era naturalmente che le creature angeliche non si fidassero
più del Signore e che si alleassero a me.
-Allora
mi propose una dose di peccati per tenere nascosta la situazione e
così accettai il patto. Ma sai cara mia che non è
consigliabile
fare patti con me: io cominciai a chiedere sempre di più e
ora sta
rischiando di perdere tutto il suo Regno perché io sono
diventato
potente!-
Nei
suoi occhi c'era la luce della gioia, sembrava un bambino quando a
Natale vede tutti quei pacchetti colorati sotto l'albero.
Però
ancora una cosa non mi era chiara, come era possibile che Bryan non
ricordasse niente della sua infanzia?
Poi
ricordai che il Signore aveva tolto la memoria a quella umana, forse
anche a Bryan era stata tolta la memoria della sua infanzia.
-Cosa
centriamo noi con tutta questa storia?- i miei pensieri senza
rendermene conto divennero parole. Lucifero mi guardò
stupito come
se la risposta alla mia domanda dovesse essere già chiara.
-Giada,
io pensavo che questo errore del Signore dovesse rendermi facile
conquistare il Suo Regno, invece era solo un illusione
perché il Suo
stesso errore Lo sta salvando o più precisamente il vostro
amore Lo
potrebbe salvare, devi capire che ora tutte le creature angeliche
compreso il Signore sono come addormentati e non comprendono pienamente
i sentimenti, sono offuscati dal Male, voi potete svegliarli.
Il
suo sguardo ora divenne crudele per un attimo, ma tornò
benevolo
all'istante.
-Ma
questo credo che tu lo sappia, quello che vorrei farti capire
che la linea tra
male e bene non è poi così netta e dalla storia
di Bryan si
intende.
-Per questo vorrei
proporti a te, a Bryan e alla tua creatura di venire a vivere nel Mio
Regno, lì il vostro amore non sarebbe perseguitato e Bryan
lo farei
diventare il mio erede e a parte il freddo non è
così male il mio
Regno come si dice di solito.-
Lo
guardai sbalordita, che strana proposta, come pretendeva che io avrei
accettato una cosa simile? Quindi non era così temibile
Lucifero,
non era così furbo, ma mai sottovalutare il nemico.
Ma
soprattutto mai sottovalutare Lucifero.
-Io
non accetto- dissi con risolutezza guardando negli occhi il mio
avversario, e mi girai per tornare indietro verso Bryan.
-Aspetta-
mi prese per un braccio e con forza mi spinse fino a che il mio corpo
venne a contatto con il suo petto.
-Lasciami-
protestai cercando di liberarmi con uno strattone, ma tutti i miei
forzi furono vani contro la forza del capo del Regno del Male.
-Tu
sei speciale è vero, tu non sei un'insulsa umana, tu sei
Giada, sei
forte, capace e decisa, ma tu non hai ancora capito una cosa se il
Signore decidesse di uccidere Bryan lo farà e io voglio solo
darvi
protezione, asilo-
-Perché?-
Urlai.
-Perché
Giada io voglio te, la tua immagine mi sta perseguitando e se per
avere te dovrò ospitare anche Bryan io lo farò,
non voglio essere costretto a farti del male per conquistare il Regno
Celeste-
Il
mondo mi stava girando in tondo, Lucifero voleva me, mi voleva
proteggere cosa voleva dire tutto ciò, non volevo stare
male, ma la
testa cominciò a dolermi pesantemente, non sentivo
più le gambe e la
vista stava cominciando a lasciarmi, non volevo svenire tra le
braccia di Lucifero, ma lo feci.
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Capitolo 28 *** Confusa ***
Quando
riaprii gli occhi ero tra le braccia di Lucifero, inerte come lui
avrebbe sempre voluto che fossi.
Gli
occhi azzurri di Lucifero mi fissavano, avevano un non so che di
infantile, si avevano proprio quella luce di curiosità e
birbanteria
tipica dei bambini.
Misi
a fuoco per bene il suo viso e ancora una volta venni colpita dalla
sua bellezza, da quelle linee dolci e fanciullesche, da quei capelli
color dell'oro e dalla sua bocca
carnosa.
-Ma
tu non dovresti essere brutto?- La domanda nata forse dalla
confusione e dal fatto di essermi appena svegliata da uno svenimento,
era veramente assurda, ma in un qual modo interpretava i miei
pensieri in quel preciso momento.
La
sua risata risuonò celestiale.
-Io
brutto? Sono pur sempre una creatura angelica e come tale sono fatta
con la luce del Signore, e la luce del Signore crea solo creature con
aspetto assolutamente magnifico, comunque grazie-
-Grazie?
E di cosa?- Domandai io confusa, non gli avevo fatto alcun
complimento, gli avevo fatto una semplice domanda.
-Grazie
perché tu mi hai appena fatto capire di essere bello per te-
Lo
guardai esterrefatta e forse in quel momento riconquistai la ragione
e mi accorsi che ero in braccio a Lucifero, il che non era del tutto
normale.
-Adesso
fammi scendere- Esclamai risoluta, guardandolo in cagnesco.
Lucifero
mi posò delicatamente a terra, all'istante sentii il freddo
pavimento sotto di me e raccolsi le braccia attorno alla pancia per
proteggere la mia creatura.
Il
legno sotto di me sembrava ghiaccio, ma non mi alzai subito.
Stetti
un momento con il viso basso, dovevo riflettere su tutto ciò
che mi
aveva detto, dovevo capire qual'era la vera causa di questa proposta,
perché non potevo assolutamente essere io.
Poi
alzai il viso e incontrai i suoi occhi chiari come le acque del mare
in una giornata assolata.
Poteva
un essere simile provare una qualsiasi emozione? Poteva un essere che
rappresentava l'essenza del male più pura tenere a una
persona?
I
suoi occhi mi dicevano di sì, le sue iridi profonde dicevano
esattamente il contrario di quello che avevo pensato di Lucifero fino
a quel momento.
-Allora
pensi davvero che io sia male?- mormorò -Pensi che cadere in
tentazione sia sempre sbagliato?- domandò ancora -Pensi che
Bryan
abbia sbagliato?-
Il
terrore attanagliò lo stomaco.
Fra
il male e il bene c'era davvero un confine così sottile, una
membrana così fine e così fragile da poter
frantumare con un
leggero movimento?
Ed
io da che parte ero?
Questa
domanda mi spaventava sempre più, pensare che il mio amore
fosse
sbagliato e che di conseguenza mio figlio fosse un errore mi faceva
soffrire.
Lucifero
mi voleva far capire che non ero poi così diversa da lui,
insomma
che non dovevo poi dare così per scontato che mi trovassi
dalla
parte del bene, anzi addirittura potevo essere stata sempre dalla
parte del male senza accorgermene.
Così
come lo era stata la mamma di Bryan.
Così
come poteva invece esserlo stato il Signore.
-Non
voglio che tu mi dia una risposta ora
,
ti lascerò il tempo necessario, adesso devo andare- concluse
e
ignorando il mio stato, le mie paure e il mio silenzio,
sparì
all'improvviso senza fare rumore e senza lasciare tracce.
Lentamente
mi alzai, intorno a me c'erano solo scaffali pieni di libri, pieni di
storie, pieni di vita e in silenzio mi avviai verso il punto in cui
sapevo avrei trovato Bryan.
La
mia vista era annebbiata e il mio cervello era in una sorta di
catalessi, non avevo voglia di avvelenarmi con altre domande, con
altro dolore.
Andavo
piano, perché avevo paura di rivedere il mio Angelo, per la
prima
volta da quando lo avevo incontrato non correvo da lui e il motivo
era che avevo paura di guardarlo negli occhi e sentire la voce di
Lucifero dire: “ Pensi che Bryan abbia sbagliato?”.
Eppure
continuavo a camminare verso il punto in cui sapevo l'avrei trovato,
come se fossi collegata a lui da un filo invisibile.
La
mia testa era pesante, avevo un emicrania allucinante, eppure
camminavo.
Stavo
tremando non sapevo se per paura o per il freddo che penetrava le mie
ossa e che me le faceva dolere.
La
mia bocca era completamente asciutta, ma non avevo sete, sentivo solo
freddo, vedevo solo libri.
Quando
davanti a me apparve un viso conosciuto.
Ero
arrivata da Bryan, i suoi occhi mi guardavano preoccupati mi prese
per un braccio e mi fece sbattere contro il suo petto e nonostante
tutto mi sentii a casa.
Rimasi
immobile nel suo abbraccio e una lacrima attraversò la mia
guancia,
Bryan si staccò da me giusto per guardarmi in viso.
-Cosa
ti ha fatto quel maledetto bastardo ? - mi domandò Bryan con
una
rabbia da far venire i brividi.
Io
rimasi in silenzio guardandolo, lui non poteva essere un errore, come
poteva essere un errore, ma cos'era un errore?
Intanto
Bryan mi scuoteva come un pazzo, continuando a urlare che gli dovevo
parlare.
-Bryan
basta non vedi che è scioccata- era la voce benevola di
Paride
quella che avevo sentito.
Solo
in quel momento smise di scuotermi, mi guardò negli occhi
profondamente.
Riuscivo
a leggervi preoccupazione, paura e sgomento.
-Amore-
Disse e mi accarezzò dolcemente una guancia -Qualunque cosa
ti abbia
detto quel... Non so neanche come chiamarlo... Non devi dargli retta
se gli darai retta farai soltanto il suo gioco-
Per
porre fine ai miei tormenti dovevo solo fare una domanda e se la
risposta sarebbe stata uguale a quella che mi aveva già
fornito
Lucifero, forse anche se egli rappresentava ciò che di
peggio esiste
al mondo non diceva solo bugie, forse dovevo rivalutare tutto
ciò
che io avevo sempre pensato di lui.
-Perché
siamo qui? Stiamo cercando il libro della vita di Bryan, vero?-
Paride
mi scrutò sconvolto -Come lo sai?- chiese.
-Lucifero
mi ha raccontato, quindi non vi serve più quel maledetto
libro, io
so- la mia voce era seria, apatica e dura.
-E
probabilmente le speranze di vincere si riducono a zero,
perché ho
finalmente compreso che tra il bene e il male non c'è poi
una
differenza così netta- continuai prendendo le mani di Bryan
fra le
mie -Il Signore ha cancellato la memoria a tua madre umana e a te, ti
ha negato la possibilità di scegliere, sì,
perché tu sei metà
umano, ma il Signore ha deciso di reprimere la tua umanità e
per non
fare venire a sapere alle altre creature angeliche della tua
esistenza ha pagato Lucifero con i peccati, questo è bene
per voi?-
-Giada...-
Paride tentò di fermarmi, ma le parole uscivano senza sosta.
-Fa
tutto questo perché due persone si amano, forse il Signore
avrebbe
potuto trovare una soluzione migliore e ciò che mi sconvolge
di più
è che l'unica proposta di salvezza l'ho ricevuta da colui
che
dovrebbe rappresentare il male per antonomasia.-
-Cosa?
Che proposta ti ha fatto?- Bryan era veramente scioccato.
-Tu
sapevi vero, sapevi esattamente lo scopo della nostra missione vero?-
domandai puntando il dito sul petto del mio Angelo.
-No,
cioè Paride mi aveva raccontato ciò che sapeva
della mia storia, ma
mi aveva detto che non ne era sicuro e comunque che trovare il mio
libro sarebbe stato soltanto il primo passo e non l'obbiettivo della
missione, quindi non so ancora lo scopo di tutto ciò- quindi
Bryan
si girò verso Paride cercando di fargli capire che forse era
meglio
rispondere.
-Lo
scopo della missione era quello di far riaffiorare in Bryan la sua
metà umana, in questo modo avremmo fatto cadere tutti i capi
d'accusa e forse Lucifero avrebbe in qualche modo perso un po' di
quel potere che ha conquistato in tutti questi anni- disse Paride
guardandomi negli occhi -Ascolta Giada, io avevo avuto alcune notizie
riguardo a questa storia e sospettavo tutto ciò da molto
tempo,
infatti l'ho sempre seguito da lontano, ma non mi sono mai fidato di
Lucifero e mai me ne fiderò, quindi se permetti io vorrei
avere tra
le mani quel libro-
Ero
infuriata, Paride sapeva.
-Bryan
io ho una teoria... Paride vuole rivelare la tua umanità,
non come
dice lui per far cadere tutti i capi d'accusa, ma per conquistare il
Regno Supremo, perché quando le altre creature sapranno non
si
fideranno più del Signore, a questo punto seguiranno Paride
e lui
diventerà il nuovo Signore-
Bryan
era completamente sbigottito si guardò intorno e
probabilmente vide
qualcosa perché si incamminò verso uno scaffale
stracolmo di libri
e ne prese uno, poi tornò indietro con passo aggraziato.
Guardò
Paride e guardò me che in silenzio lo osservavamo,
aprì il libro e
lesse avidamente, i suoi occhi si riempirono di stupore.
-Non
è possibile, allora è tutto vero-
esclamò Bryan chiudendo il
libro.
-Bryan
io non sapevo per certo, supponevo.- il mio Angelo alzò lo
sguardo
verso il Serafino, era estremamente pieno d'ira e di tristezza.
-Tu
c'eri, tu hai condannato mia madre, lei non aveva colpe allo stesso
modo in cui Giada è innocente- urlò e la sua
faccia diventò una
maschera d'odio -Quindi non supponevi, sapevi-
-No
Bryan, io non ti avevo mai visto da bambino,non sapevo che quella
donna fosse incinta, il Signore ci ha tenuto nascosta la tua nascita,
è vero tra quei cinquanta Serafini c'ero anche io, ma ho
capito di
aver fatto un errore per questo vi voglio aiutare, Bryan ti prego
devi credermi-
-No
basta andiamo Giada- mi prese per un polso e mi costrinse fuori.
Uscimmo
da quel castello in gran velocità e raggiungemmo il cancello
d'oro
in pochissimo tempo e in altrettanto poco tempo ne uscimmo.
Ma
quando fummo fuori, fummo costretti a fermarci perché una
schiera di
creature angeliche era lì ad attenderci e sembravano non
avere buone
intenzioni.
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Capitolo 29 *** Il verdetto ***
Davanti
a noi circa cinquanta Serafini brillavano e sedevano in modo regale
su delle nuvole, avente la forma di un trono.
Sembravano
guardarci con occhi severi, nessuna pietà e nessun
ripensamento.
Tutto
sembrava immobile, sentivo il mio respiro pesante, sentivo la paura
di Bryan, che mi stava stringendo la mano così forte tanto
da farmi
male.
L'altra
mano era poggiata sul ventre quasi volesse creare uno scudo
protettivo per il mio bambino.
Non
sapevo esattamente come ero arrivata in quel luogo austero, sapevo
solo che avevo camminato fino a quel punto con i polsi legati dietro
la schiena, non sapevo esattamente quanto tempo avevo impiegato per
arrivarci, minuti, ore o secondi non ne ero per niente certa.
Mi
girai verso Bryan e vidi solo terrore nei suoi occhi, ora che sapeva
tutta la sua storia aveva ancora più paura, conoscevo
perfettamente
i suoi pensieri: pensava a nostro figlio, pensava che avrebbe vissuto
nello stesso modo in cui aveva vissuto lui per tantissimi anni, senza
alcun ricordo della sua infanzia, senza affetto e senza amore.
-Creature
angeliche riunite in questo tribunale- cominciò con voce
tonante un
Serafino alzandosi in piedi e osservando tutti i presenti quasi
avesse cento occhi.
-Io
propongo la pena massima per entrambi i peccatori, vi invito a votare
ulteriormente- continuò il Serafino, poi tutti i giudici si
alzarono
in piedi senza scomporsi.
-Come
pensavo tutti sono favorevoli alla massima pena-
I
miei occhi si riempirono di lacrime.
Non
poteva finire in quella maniera, dovevo provare a parlare,
perché
era colpa mia se ci trovavamo davanti a questa corte.
-Aspettate-
urlai e Bryan mi guardò stupito e con lo sguardo che mi
pregava di
stare zitta.
-Cosa
vuoi umana?- il modo sprezzante con cui un Serafino mi fece questa
domanda mi irritò e stranamente mi indusse a parlare con
più
fervore quasi come se la rabbia mi desse una strana forza.
-Io
umana voglio raccontarvi una piccola storiella.
Sapete
che qualche tempo fa un Angelo si innamorò di un'umana,
quest'umana
era incinta e partorito il bambino gli fu tolta una parte di memoria
e poi fu rispedita come un pacco sulla Terra, mentre l'Angelo fu
mandato nel Regno del Male.
Il
bambino fu cresciuto dal Signore, quando divenne un ragazzo fu
repressa la sua parte umana e i suoi ricordi di infanzia gli furono
tolti.
Si
da il caso che Bryan è quel bambino-
I
Serafini si guardarono l'uno con l'altro poi rivolsero i loro sguardi
su di me.
Uno
di loro parlò -Io c'ero al processo di quei due peccatori e
ti posso
assicurare che l'umana non era incinta, anche perché il
Signore ha
esplicitamente chiarito questo punto : nessun Angelo può
mettere
incinta un'umana. Vuoi che tra i tuoi peccati sia aggiunto anche
quello di essere una bugiarda!-
I
miei occhi divennero di fuoco.
-Beh
chissà come io sono incinta, sarò la nuova
Vergine- I Serafini
bofonchiarono tra loro, ma io continuai -Perché il Signore
non c'è
magari lui potrebbe chiarire questa spiacevole situazione-
Subito
apparve una luce fortissima in mezzo alla folla di Serafini, quasi
accecante anche ai miei occhi che erano di fattura angelica.
-Tu
non sai quel che dici- Disse il Signore con voce profonda. -Non
datele ascolto-
A
questo punto qualcuno che io conoscevo molto bene apparve davanti a
me e a Bryan.
-Signore
sa perfettamente che quello che sta dicendo questa ragazza è
vero e
lo so anche io, tra l'altro me ne sono assicurato personalmente, io
mi sono recato alla Biblioteca della vita e lì ho
controllato.
E
sapete meglio di me che i libri non mentono mai!-
Paride
non era coinvolto per niente in tutta questa faccenda lui ci voleva
solo aiutare fin dal inizio e molto probabilmente se avessimo
ascoltato lui adesso non saremmo qua.
Lucifero,
quel maledetto era riuscito a confondermi e ottenere ciò che
voleva,
ovvero noi due separati il nostro amore soffocato dal dolore.
-Paride,
come osi?! Sai, ho scoperto tutto su di te e la tua setta che
vorrebbe profanare le nostre leggi, volete credere ad un essere del
genere? Tu verrai confinato nel Regno di Lucifero- tuonò la
voce del
Signore arrabbiatissima.
-Signore
con tutto il rispetto, non può continuare a governare in
questo modo
e sa perfettamente a cosa mi riferisco, si guardi intorno per favore,
non continui a pensare che nulla può essere cambiato, non
continui a
basarsi su ciò che appare, se lei guarda davvero
vedrà marcio
ovunque- Questo fu l'ultimo tentativo di Paride.
Queste
ultime parole furono un concentrato di verità, ma
soprattutto non
furono per niente misurate, anzi furono così dirette che
anche il
Signore per circa un minuto non riuscì a controbattere.
Io
continuavo a maledirmi per aver dubitato di lui anche solo per un
attimo, adesso sapevo che sarebbe marcito nel Regno del Male
piuttosto che lasciare che a Bryan venissero tagliate le ali.
-Basta!-
il Signore urlò esasperato -Effettuate il taglio delle ali -
e
indicò Bryan, in quel momento non tentai neanche di fermare
il
pianto e l'urlo che uscì dalla mia bocca.
-Voi...
Non...- Mi lanciai sul petto del mio Angelo, lui mi accolse e mi
abbracciò stretta.
Le
lacrime mi toglievano completamente la vista.
Tremavo
disperata, i singhiozzi erano incontrollabili, dalla bocca uscivano
parole senza senso.
Sentivo
che era colpa mia, mia e di nessun altro.
Insulsa
umana.
Lucifero
aveva centrato il punto.
Senza
Bryan, sarei diventata trasparente, un fil d'erba che si fa
trascinare dall'aria, il vuoto più totale, avrei vissuto una
vita
apatica, anzi non avrei vissuto una vita perché la mia vita
era
l'uomo a cui mi stavo aggrappando con tutte le mie forze, sperando
che in questa maniera nessuno me lo avrebbe portato via.
-Ascoltami-
la sua voce era calda, un sussurro, cercava di calmarmi -Amore mio,
la mia piccola grande vittoria, non c'è parola che possa
descrivere
il mio amore per te, non c'è cosa a cui io lo possa
paragonare, non
c'è una forma o un colore che lo possano rappresentare, io
so che è
qui - e toccò il mio e il suo cuore – E ci
starà per sempre io lo
so, tu lo sai, ma loro no, loro non sanno il nostro segreto, per
questo niente ci potrà dividere- A questo punto neanche lui
riuscì
più trattenere le lacrime.
-Può
bastare- La voce fastidiosa di un Serafino fece terminare il nostro
momento di addio, qualcuno me lo stava strappando dalle braccia.
-Lasciatemi-
urlavo come una pazza scalciando, vedendo davanti a me solo il viso
del mio Angelo.
-Ricorda,
per sempre- ripeteva di continuo davanti a me.
-Devi
venire via di qui umana, non servirà a niente continuare a
dimenarti- L'essere dietro di me parlava con voce odiosa, viscida
senza il minimo di commozione.
-Aspetta-
qualcun altro disse, penso il Signore, ma in quel momento non ero
certa. -Falla restare, diamo un esempio-
L'essere
dietro di me mi lasciò e io caddi in avanti, ma subito mi
rialzai e
corsi contro l'unica persona che vedevo, l'unica che appariva, ma
allo stesso tempo era.
-No,
vi prego non fatele questo- urlava il mio Angelo, ma le sue preghiere
erano vane perché nessuno le stava ascoltando. - Non deve
vedermi
soffrire-
Sentii
l'impatto con il suo corpo, lo abbracciai, gli baciai le labbra
mentre le lacrime mie e sue si mischiavano ricordandomi quel bacio
bagnato dalla pioggia.
Poi
qualcosa lo fece urlare di dolore e vidi del sangue uscire dalla sua
schiena.
Sangue.
Era
tutto ciò che vedevo.
Sangue.
Rosso.
Denso.
Ricopriva
le mie mani, le mie vesti.
La
ragione scivolava via dai suoi occhi.
Le
mie lacrime si mischiavano al sangue.
Disperate.
Ero
completamente nuda.
Le
mie emozioni.
Il
mio amore.
Davano
bella mostra di sé.
Ma
poco importava.
Niente
importava come chi avevo davanti a me in quel momento.
Niente.
Perché
soffriva.
Perché
io non potevo fare niente.
Perché
quel sangue che mi ricopriva era il suo.
Perché
la ragione che stava scivolando via era la sua.
Ed
io potevo solo abbracciarlo.
Potevo
solo mostrare la mia anima nuda a quei Serafini.
Potevo
solo sussurragli -Proteggerò la nostra bambina, ti amo-
Potevo
solo prendere il suo viso tra le mie mani e guardare i suoi occhi
vuoti e piangere.
Potevo
solo amarlo.
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Capitolo 30 *** La luce ***
Il
suo sangue che colava sulla mia veste, mi fece smettere di ragionare,
urlavo mentre Bryan perdeva i sensi e mi sentivo completamente
inutile.
Ma
quando il mio cervello ritornò a ragionare e mi resi conto
che il
corpo dell'uomo che amavo era disteso in una pozza di sangue.
Una
voce in quel momento attraversò la mia mente -Dopo tutto non
è così
difficile confonderti le idee, è stato estremamente facile,
ora ho
vinto, tra poco il Regno Celeste sarà mio- Era la voce di
Lucifero e
un'altra emozione si fece spazio dentro di me: la rabbia.
Mi
alzai da terra di scatto e senza alcuna paura guardai tutti i
Serafini uno ad uno, mi asciugai con il dorso della mano le guance
fradice e alzai le mani verso di loro così che potessero
vedere il
sangue di un innocente.
-Voi-
iniziai con enfasi -Siete delle ignobili creature-
Un
Serafino tentò di intervenire, ma io lo bloccai all'istante.
-No,
stai zitto!- Probabilmente pensavano fossi impazzita anche io.
-Guardate
come lo avete ridotto e lui non è neanche totalmente un
Angelo,
quindi aveva tutto il diritto di innamorarsi, ma anche se fosse stato
in tutto e per tutto un Angelo come fate a far soffrire così
una
creatura-
-è
ciò che si meritava e smettila di dire menzogne- intervenne
subito
un Serafino con voce odiosa.
-Sapete-
cominciai sbraitando-Non mi importa cosa pensate, non mi importa se
mi toglierete tutti i ricordi felici passati con Bryan
perché il
segreto è che il nostro amore non si può
cancellare.
Voi
potete cancellare i ricordi, Bryan, me , mia figlia, ma l'amore
resta, mi dispiace solo per voi che non lo potete vedere.
Io
mi sento privilegiata e sono molto triste per voi.-
Tutti
erano stranamente in silenzio, allora con l'ultima briciola di
coraggio che mi era rimasta dissi un'ultima frase rivolta
all'artefice di tutto ciò.
-Lucifero,
tu credi di essere potente, certo fra un po' tutto il regno Celeste
sarà tuo, ma l'unica cosa che mai ti apparterà
è l'Amore.-
Dissi
ciò e una luce abbagliante mi accecò, in quel
istante pensai che
stessi per morire e tutto ciò che importava era la mia
bambina che
non avrebbe mai visto la luce del sole.
Tutto
divenne bianco, forse tra un po' avrei riabbracciato la mia famiglia,
mia mamma che per tutto questo tempo mi aveva vegliata e
consigliata, mia sorella e mio padre.
Mi
ero quasi rassegnata.
Quando
una figura formata da una luce bellissima tanto da non poter
descrivere mi apparve davanti.
-Giada
creatura magnifica, pura, saggia e piena d'Amore, mi hai salvato e
hai salvato tutti noi-
Lo
guardai esterrefatta, probabilmente ero svenuta e stavo sognando.
-No
Giada, io sono il Signore e ti dico che non stai sognando, tu con il
tuo Amore per Bryan ci hai salvato, ci hai risvegliato dal torpore,
hai sconfitto Lucifero-
Non
era possibile, io da sola non potevo aver sconfitto Lucifero era una
pazzia, non ci potevo credere.
-Perché
non ci puoi credere? Tu non sei un'insulsa umana, tu hai compreso
ciò che forse a me per un po' è sfuggito, che
l'Amore deve essere
anteposto a tutto ciò che esiste, tu l'hai dimostrato e ci
hai
salvato- e poi aggiunse -Bryan è salvo, l'ho reso
completamente
umano, vi auguro ogni fortuna e adesso ci dobbiamo salutare-
Lentamente
il Signore cominciò a sparire, ma prima di andarsene disse
– Ah
dimenticavo Paride sta bene e anche Ambra, non ti preoccupare per
loro- e sparì.
A
questo punto sentii mancarmi le forze e chiusi gli occhi.
Quando
li riaprii ero nel mio letto, sdraiato accanto a me c'era Bryan che
dormiva dolcemente.
Capii
che era tutto finito, ce l'avevamo fatta e l'unica cosa che fui
capace di fare fu piangere di gioia.
Non
svegliai il mio amore, aveva bisogno di riposare, restai immobile ad
osservare il suo viso rilassato, nessun dolore ne distorceva i tratti
bellissimi.
Poi
aprì gli occhi, così scuri e profondi, gli
sorrisi all'istante,
Bryan era completamente confuso forse pensava di essere morto.
-Dove
siamo?- Chiese.
-Bryan
siamo a casa, ce l'abbiamo fatta!-
A
queste parole le sue labbra trovarono le mie all'istante, potevo
sentire tutta la felicità, tutto il suo amore che era
così tanto
che quasi ci potevo affogare, ma era naufragio talmente dolce!
-Giada-
sussurrò a un millimetro dalle mie labbra -Tu mi hai
salvato,
grazie, ti amo-
E
ricominciò a baciarmi senza darmi il tempo di rispondere ed
io non
protestai.
Finalmente
avevo ritrovato la felicità che avevo perso, finalmente
potevo
vivere una vita serena senza più paure, il mio cuore poteva
disfarsi
di quel macigno che si era attaccato senza darmi tregua, ora non ero
più sola.
Bryan
non sarebbe più sparito dalla mia vita, il nostro futuro non
era più
solo una vana speranza, era reale e lo potevamo passare insieme e con
la nostra bambina.
Mi
sentivo veramente una privilegiata.
-Bryan-
sussurrai al suo orecchio dopo che le mie labbra lasciarono le sue
-Ti rendi conto tra un po' sarai padre?-
Il
mio Angelo, ormai umano, si allontanò un po' dal mio viso
per
potermi guardare negli occhi.
-Sì
e tu sarai una splendida madre, anche se un po' più in
carne- e
sghignazzò.
Gli
feci una linguaccia, presi il cuscino e glielo tirai in faccia.
-Spiritoso-
Cominciammo
a ridere come due bambini.
Eravamo
spensierati, sorridenti come non lo eravamo da un po' e innamorati
più che mai.
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Capitolo 31 *** Epilogo ***
Non
mi sembrava ancora vero che vivevo con Bryan, anche se ormai vivevo
insieme a lui da mesi.
Il
mio Angelo si era integrato sulla Terra perfettamente, anche se i
primi tempi aveva fatto fatica a vivere senza l'ausilio dei sui suoi
poteri che gli permettevano di rubare un abito d'alta sartoria come
fosse una caramella.
Aveva trovato
lavoro e ora potrebbe essere scambiato per un comune ragazzo, ma ai
miei occhi lui sarà sempre il mio Angelo.
Il
Campanello suonò, a quell'ora non poteva essere che lui, mi
avvicinai alla porta e aprii ed eccolo in tutta la sua bellezza
abbagliante.
Entrò
e chiuse la porta dietro di sé continuando a guardarmi con
quello
sguardo carico di desiderio e passione.
Si
avvicinò a me fino a che le nostre labbra si incontrarono.
Il
bacio era talmente carico di passione che mi ritrovai sopra il
divano, le sue mani erano già sotto la mia maglietta, quando
un
pianto richiamò la nostra attenzione.
La
piccola si era svegliata con un tempismo perfetto, mi tolsi Bryan di
dosso che comicamente cadde dal divano e corsi nella camera della
mia bambina, quando piangeva diventavo intrattabile fino a che non la
rivedevo serena tra le mie braccia.
La
presi in braccio e per prima cosa controllai il pannolino, questo era
apposto, non poteva avere neanche fame perché aveva mangiato
circa
mezzora fa, quindi presi a cullarla dolcemente, in quell'istante
arrivò anche Bryan che sorridente si posizionò
dietro le mie spalle
e cominciò a farle delle boccacce.
-Devi
proprio fare il cretino- Dissi innervosita dal pianto che sembrava
non voler più smettere.
–E
tu devi proprio essere così acida- Rispose con voce quasi
infantile,
tirando fuori la lingua e facendo una nuova smorfia. -Quello che
è
caduto dal divano sono io- Aggiunse.
Sbuffai,
ma allo stesso tempo sorrisi sotto i baffi, non sarebbe mai cambiato.
La
bambina iniziava a calmarsi, sembrava che le smorfie del mio Angelo
sortissero l'effetto desiderato.
-A
Caterina piacciono, vero piccola?- a queste parole la piccola bocca a
forma di cuoricino della nostra bambina si aprì in un
sorriso.
-Traditrice-
Ribattei io ormai divertita offrendo Caterina alle braccia del padre
già pronte ad accudirla con amore.
Rimasi
incantata a guardare Bryan giocare con la nostra bambina.
Caterina
aveva ereditato i suoi occhi scuri e anche il suo temperamento
giocoso e attivo, infatti dormiva poco e questo lo si vedeva dalle
borse sotto gli occhi che avevamo entrambi acquisito e da cui
sembrava non potessimo separarci.
Ma
oltre a queste caratteristiche, nel suo aspetto vedevo chiaramente
elementi che appartenevano alla sua natura angelica, sì
perché a
lei non erano state tolte come a Bryan e questo mi spaventava un po'.
Fortunatamente
non aveva le ali, era circondata da quell'alone di luce tipico nelle
creature angeliche e ogni tanto, anche se io facevo finta di non
vedere, il suo corpo scompariva dalla culla e la trovavo sulla
coperta piena di giochi che avevo sistemato in sala e che si
può
dire non toglievo mai, era chiaro che poteva teletrasportarsi, ma non
sapevo ancora se aveva gli altri due poteri caratteristici delle
creature angeliche.
Avevo
paura per il suo futuro, anche se non lo davo a vedere, avevo paura
che Lucifero tornasse e si volesse vendicare, però Bryan mi
aveva
rassicurato anche sotto questo punto di vista, era stata Ambra a
dirglielo: Lucifero era troppo debole ormai e lo sarebbe rimasto per
sempre, niente più patti tra Signore e Lui.
Nel
Regno Celeste tutto era tornato come doveva essere, niente
più
inganni, i peccati erano giustamente puniti, ma mai più
sarebbe
esistito il taglio delle ali, lo sfarzo era stato attutito e Paride
era tornato ad essere il braccio destro del Signore.
La
nostra vita era perfetta, ma io non mi ero scordata di tutta la
sofferenza che avevo dovuto sopportare per renderla tale, ancora di
notte mi svegliavo sudata sognando il corpo di Bryan riverso a terra
in una pozza di sangue, ogni volta il mio Angelo mi doveva calmare e
far capire che quello era il passato.
Ma
come potevo dimenticare tutti i soprusi e le violenze di quel
passato, che poi tanto passato non era, ma cercavo comunque di non
pensarci guardando il mio Bryan che sorrideva alla nostra bambina, la
vita doveva andare avanti, dovevo cercare di smettere di aver paura
almeno per Caterina.
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